La Scuola di Freud sottosopra. Ciò che la storia della psicoanalisi dice alla psicoanalisi e viceversa

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La Scuola di Freud sottosopra. Ciò che la storia della psicoanalisi dice alla psicoanalisi e viceversa

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Francesco Napolitano La Scuola di Freud sottosopra Ciò che la storia della psicoanalisi dice alla psicoanalisi e viceversa Quodlibet Studio

Indice

Prologo

II

15

I.

Correità

19

II.

Sottomissione

33

III.

Spostamento

37

IV.

Autobiografia

45

V.

Nomi

57

VI.

Primo(genito)

65

VII.

De-idealizzazione

77

VIII.

Paranoia

93

IX.

Lapsus

Il5

X.

Triangoli

149

XI.

Sottosopra

189

XII.

La Scuola di Freud

207

XIII.

La barba del profeta

225

Epilogo

Prologo

Le Minute della Società Psicoanalitica di Vienna•, opera che può definirsi per certi versi acroamatica, costituiscono un documento di eccezionale valore storico, un unicum nel suo genere, perché consentono di accedere ai Mercoledì freudiani e di ascoltare quasi dal vivo l'intreccio di voci dei pionieri della psicoanalisi. Furono edite per la prima volta in inglese tra il 1962 e il 1975, con una dilazione dovuta a una non meglio precisata resistenza opposta dall'cstablishment psicoanalitico alla loro pubblicazione. Sono state avanzate diverse congetture sul perché della tendenza a vietarne o almeno ritardarne quanto più possibile la divulgazione'-. Forse le Minute entravano in rotta di collisione con l'agiografia freudiana stilata da Ernest Jones3, nel suo ruolo di Tito Livio della ab analitica condita; forse mostravano quanto naif e precotte fossero le enunciazioni teoriche dei primi freudiani; forse suggerivano che è superfluo un lungo e difficile percorso di training per accedere alla pratica della psicoanalisi, visto che la prima generazione di analisti aveva potuto farne completamente a meno; forse dimostravano, contro l'aggiotaggio ippocratico di tutte le cure, che quella dell'anima non deve necessariamente svolgersi ali' ombra del caduceo, considerato che molti dei convi1

Hcnnan Nunbcrg e Emst Fcdcm (a cura di), Minutes of the Vie11na Psychoa,ialytic Society, 4 voli., lntcmational Univcrsity Prcss, New York 1962., 1967, 1974, 1975. 1 Bcmhard Handlbaucr, The Freud-Adler u,ntroversy, Oncworld, London 1998, p. 33· 3 Emcst Joncs, Vita e opere di Freud, 3 voli., trad. it. Arnaldo Novcllctto e Margherita Ccrlctti Novcllctto, Gar7.anti, Milano 1977.

12.

LA SCUOLA DI FREUD SOTTOSOPRA

tati ai Mercoledì non erano medici; o infine, col loro resoconto di battibecchi, controversie, aggressività, gelosie, invidie, rivalse e querulomanie tra i partecipanti, mettevano tristemente in mostra l'umano troppo umano che cova in coloro i quali, preda della propria, irrisolta conflittualità, accampano la pretesa di risolvere quella altrui. C'è un grano di verità in ciascuna di queste ipotesi, che vanno però, in ottemperanza al freudiano principio di sovradeterminazione, congiunte fra loro e integrate da ulteriori considerazioni. Ad esempio, il passaggio del gruppo viennese dalla dinamica movimentista degli esordi a quella istituzionale, che i verbali testimoniano a volte impietosamente passo dopo passo, fu una strettoia a elevati costi psichici, perché impose la necessità di imbrigliare il caos dei moti transferali iniziatici asservendoli a uno scopo univocamente orientato, e ratificò con ciò stesso il paradosso consistente nel normare e normalizzare una professione di per sé impossibile e sotto molti aspetti di fatto anomala - la storia successiva si è poi incaricata di dimostrare come un primo paradosso non possa che generarne altri. Ma le Minute documentano soprattutto la difficoltà di trasformare le pulsioni sessuali dirette - così le chiama Freud - in pulsioni inibite nella meta, dimostrano cioè l'impervietà di quella via che, dall'impellenza ad agire la scarica pulsionale, conduce, o meglio dovrebbe condurre, alla sua sublimazione, condizione necessaria sia della cura sia delle relazioni di gruppo: È noto quanto facilmente relazioni emotive di tipo amichevole, basate sulla stima e sull'ammirazione [per il soggetto supposto sapere], favoriscano desideri erotici (il molieresco Embrassez-moi pour l'amour du grec) [invito rivolto a un grecista da una vaporosa dama appassionata di greco ... ] Tutti i legami su cui poggia la massa sono del tipo delle pulsioni inibite nella meta◄•

Altrimenti il gruppo - cui si può applicare, fatta salva una sola differenza, la quasi totalità delle considerazioni freudiane sulle masse - si disgrega e la psiche collettiva collassa in psiche individuale, percorrendo il cammino inverso a quello che pro4 Sigmund Freud, Psicologia delle masse e analisi dell'Io (192.1), in Id., Opere, voi. 9, a cura di Cesare L. Musatti, Bollati Boringhieri, Torino 1989, p. 32.6; la battuta di Molièrc è in Le don,,e saccenti, atto 3, scena 3.

PROI.OGO

13

mosse l'identificazione del singolo ai suoi confratelli. Stentavano a essere solo e sempre inibite nella meta le pulsioni messe in campo dai viennesi del Mercoledì - questa la suddetta differenza - se è vero che, a tendere bene l'orecchio, potevi cogliere a volte sussurri del tipo embrassez-moi pour l'amour de la psychanalyse, mentre altre volte potevano assordarti le grida di chi, armato fino ai denti, vorrebbe svincolarsi, costi quel che costa, dall'asfissia di quell'amour, sussurri e grida indirizzati ora al Maestro ora a chiunque, per qualsivoglia motivo, se ne sia fatto transitorio sostituto. Per contro, se in Berggasse 19 tutto questo bailamme tacesse, se a regnare sovrano fosse sempre e solo il silenzio di pulsioni inibite nella meta, allora i membri del gruppo finirebbero per assomigliarsi tutti fra loro, diventando ciascuno una sorta di individuo medio5, come quelli che Sir Francis Galton faceva emergere sovrapponendo le foto dei volti di un'intera famiglia. Secondo Freud, il galtoniano individuo medio è per eccellenza rappresentato dagli affiliati alla Chiesa e all'Esercito, che non a caso impongono loro quell'abito talare e quella divisa che deve assolvere il compito di renderli tutti uniformi. Ma affinché questa indiscernibilità degli identici possa prendere piede e affermarsi, deve essere soddisfatta una precisa condizione: il ca po deve amare tutti di uguale amore, se tutti devono amarlo di uguale amore. E Freud non amava tutti di uguale amore. Con solo due attori in luogo dei molti che calcano la scena del gruppo, l'innamoramento e l'ipnosi sono una buona base di lancio per argomenti e controargomenti sulla psicologia collettiva, un accostamento la cui efficacia Freud non si lascia sfuggire e che pone al servizio della propria euristica con consueta maestria. Gli ingredienti della trance amorosa sono costituiti da una miscela di pulsioni sessuali dirette e di pulsioni sessuali inibite nella meta, convergenti entrambe su quell'oggetto che l'innamorato irrealisticamente idealizza arricchendolo con la proiezione del proprio narcisismo, svuotato fino a grattare il fondo del barile. Invece è unico l'ingrediente dell'innamoramento ipnotico, che si nutrirebbe esclusivamente di pulsioni sessuali inibite nella meta, di quelle che, nere o grigioverdi, cos lvi, p. 265.

LA SCUOLA DI FREUD SOTTOSOPRA

lorano abiti talari e militari. Tuttavia, questa netta demarcazione freudiana tra innamoramento e ipnosi, l'uno provvisto di pulsioni sessuali dirette e l'altra no, sembra un tantino eccessiva, frutto di una strategia allestita per mettere in massimo risalto ciò che può forse correre il rischio di passare inosservato, perché, mentre l'ipnosi possiede una santabarbara erotica nient' affatto trascurabile, a sua volta l'innamoramento ha in dotazione arsenali magnetici di tutto rispetto, degni della potenza di fuoco di una tinozza mesmerica. La relazione fra innamoramento, ipnosi e formazione collettiva ha insomma aspetti di transitività che non vanno oscurati a beneficio della retorica: La sostituzione degli impulsi sessuali diretti tramite quelli inibiti nella meta promuove in entrambi [ipnosi e formazione collettiva] la separazione tra l'Io e l'ideale dell'Io, separazione che ha già cominciato a verificarsi nello stato di innamoramento 6•

Ha già cominciato a verificarsi: è per questo che le tre condizioni intrattengono un certo grado di parentela. Ma non voglio seguire oltre queste vie del pensiero freudiano se non per fermarmi in un luogo che è funzionale ai miei scopi, là dove Freud accenna di sfuggita a una delle tante tecniche di induzione ipnotica, quella consistente nell'invitare il paziente a tenere lo sguardo fisso su un oggetto brillante. Questo espediente- dice Freud - serve solo ad attrarre gli importi della sua attenzione incatenandola a un feticcio che altri non rappresenta se non lo stesso ipnotizzatore, il quale ha il destro di accaparrarsi così, a scapito del mondo intero, tutto l'interesse dell'ipnotizzato: I metodi indiretti dell'ipnotizzatore hanno quindi, come talune tecniche del motto di spirito, l'effetto di impedire determinate distribuzioni dell'energia psichica che disturberebbero il decorso del processo inconscio [... F.

Non si tratta di un semplice paragone, ma della segnalazione di una congruenza fra le due economie psichiche dell'ipnosi e del motto, ed è questo che mi interessa. 6

7

Ivi, p. 3 2.9. Qui e altrove miei i corsivi salvo diversa indicazione. lvi, p. 3 14.

I.

Correità

«Il motto di spirito è l'epigramma sulla morte di un sentimento» -, così Nietzsche1 • Va subito detto che questo aforisma accorpa con fine retorica l'uso alla menzione perché, mentre si riferisce al motto, nello stesso tempo ne sfrutta la tecnica per attingere, quanto a efficacia, un risultato paragonabile appunto a quello di una battuta ben riuscita. Diceva bene Eduard Hitschmann, psicoanalista di prima generazione e fedele allievo di Freud, quando sentenziava: «Un aforisma è per così dire una raffinata battuta» 2 • E avendo dalla sua numerosi e fondati motivi per pensarla così, aggiungeva che non si possono fare continuamente giochi di parole, non si può satireggiare a oltranza, non ci si può dare a mordaci spiritosaggini e feroci sarcasmi su tutto e su tutti, senza essere animati da una buona dose di aggressività e di erotismo anale, questi essendo i due presupposti fondamentali dell'umorismo di razza3. Tra i principali mezzi tecnici del motto il primo è la brevità, la stessa impiegata dal laconico aforisma nietzschiano. Un Witz non ha infatti alcuna possibilità di fare breccia provocando un'istantanea collusione fra quelle contrapposte istanze psichi1

Friedrich Niemchc, Umano, troppo uma110, Il e Frammenti postumi (18781879), trad. it. Ma1.zino Montinari e Sossio Giametta, Adclphi, Milano 1967, p. 78. 1 Nunberg e Fedem (a cura di), Mittutes of the Viet1na Psychoanalytic Society, cit., voi. 2., p. 392.. Qui e altrove mia la traduzione e miei i corsivi salvo diversa indicazione. 3 lbid.

16

LA SCUOLA DI FREUD SOTTOSOPRA

che - egoica e superegoica - che di norma siedono al governo dell'austerità, non può proprio farcela, dico, se non è in grado di aggirare a sorpresa le difese degli astanti. I quali, se ridono, è solo perché c'è qualcosa di cui non si sono accorti. Qualcosa di ben nascosto. Altrimenti detto, qualcosa di rimosso: «E può anche dire [il motto] ciò che ha da dire proprio perché lo tace»4. La riuscita del Witz richiede dunque la fulminea messa in atto di una guerra lampo. Bisogna cogliere in flagranza la sentinella assopita, aggirare in un colpo solo i trinceramenti dell'altrui pensiero sabotando ogni possibile dilazione egoica, ogni stratagemma dell'attività riflessiva perché nemica giurata del riso, il cui dirompente innesco presuppone, in luogo dell'attività, una buona dose di ricettiva passività. Non a caso l'indovinello, destinato com'è a suscitare riflessione, è l'esatto contrario del motto5. Innanzitutto brevità, si è detto. Il lavoro arguto, questa prestazione psichica che mobilita investimenti e controinvestimenti al servizio della genesi del motto, è parente in primo grado di un'altra e più famosa prestazione psichica, il lavoro onirico, cui si deve la gestazione del sogno. Identiche le loro dinamiche ma diversa la loro socialità, zero quella del sogno, che non vuol dire niente a nessuno - a meno di divani analitici o di ottocenteschi breakfast vittoriani' - massima quella del motto, che vuol dire tutto a tutti - seppure, come vedremo, a patto di nasconderlo a dovere - e che senza platea muore, o meglio, non ce la fa neanche a nascere: Siamo costretti a comunicare ad altri il nostro motto perché noi stessi [da soli] non siamo in grado di riderne[ ... ]. Il riso è una delle manifestazioni di stati psichici più contagiose; quando induco un altro a ridere comunicandogli il mio motto, mi servo di lui per destare il mio stesso riso7.

4 Sigmund Freud, Il motto di spirito e la sua relazione co,i l'inconscio (1905), in Id., Opere, voi. 5, a cura di Cesare L. Musatti, Boringhieri, Torino 1975, p. 11. s Gary Shapiro, I,, the Shadows of Philosophy, in David Michacl Levine (a cura di), Modernity and the Hegemony of Visioti, University of California Prcss, Berkeley-Los Angclcs-London 1993, p. 135. 6 Sull'ottocentesca consuetudine di condire il breakfast col racconto dei propri sogni vedi Germana Pareti, La tentazio,ie dell'occulto, Scie,~ e esoterismo tre/l'età vittoriana, Bollati Boringhieri, Torino 1990. 7 Freud, Il motto di spirito e la sua relazione con l'inconscio cit., p. 139.

I.CORREITÀ

17

È in virtù di questa parentela onirica che la brevità del motto risulta nulla più di un succedaneo della condensazione. Come nelle figure composite del sogno convergono, camuffati e fusi tra loro, svariati personaggi del nostro popolo interiore, così convergono nel motto rappresentazioni e affetti destinati a evocare le proprie controparti in ciascuno dei fruitori. Una convergenza che, mentre mira a rinfocolare l'economia psichica del motteggiatore fornendogli le risorse necessarie a forzare i divieti della censura, nei fruitori serve a promuovere quella collusione fra istanze psichiche preliminare alla scarica liberatoria di piacere. La parentela onirica del motto non si esaurisce tuttavia in termini di sola condensazione. A reclamare un ruolo di pari importanza c'è anche l'altro grande operaio del sogno, lo spostamento, cui si deve quella diffrazione di accenti psichici che nella scena onirica seleziona il particolare irrilevante per porlo in proscenio laddove, con moto simultaneo e contrario, fa arretrare dietro le quinte ciò che a ragione meriterebbe un assolo da primo piano. L'importanza dello spostamento per il motto è ovvia. Perché, come potrebbe altrimenti il Witz mettere a segno sorpresa e guerra lampo, come potrebbe aggirare il censore, se non disponesse della possibilità di manometterne l'attenzione, di fletterla, sviarla, di indirizzarla altrove con un biglietto di andata senza ritorno, di deviare il fuoco dei riflettori dal sottaciuto protagonista alla più insignificante delle comparse? Diversione, così chiamano i militari questa tattica. Vale anzi per il motto una regola di proporzione inversa. Più piccolo il particolare selezionato come sostituto del protagonista, più grande l'efficacia del motto8, perché lo strumento tecnico qui impiegato è l'allusione, la sostituzione mediante un dettaglio marginale, qualcosa di tanto vagamente connesso al contesto che la fantasia dell'ascoltatore può coglierne il senso solo arricchendolo proiettivamente. Non è un'osservazione di poco conto, visto che dimostra la correità di chi ride con chi fa ridere. E infatti, poiché il motto contiene sempre una verità criptata e eccessiva9, poiché è un entimema, 8

Ivi, p. 90. Karl Kraus, Detti e contraddetti, a cura di Roberto Calasso, Adclphi, Milano 1977, p. 33. «L'aforisma, nella definizione datane dallo stesso Kraus, è "o una me1.7.a verità o una verità e me1.7.a"» (Edward limms, La Vienna di Karl Kraus, trad. it. Giovanni Arganesc e Marco Cupcllaro, il Mulino, Bologna 1989, p. 124). 9

18

LA SCUOLA DI FREUD SOTTOSOPRA

una formula verbale ipercompressa e straripante di omissis, implicature e trucchi, gli stessi che la proiezione dell'ascoltatore è chiamata a colmare, chi ride non può non sapere - formula spesso riferita agli imputati. Non può non conoscere il bersaglio del motteggiatore, non può non averne raccolto il recondito intento, nonostante la lacunosità del suo detto. Chi ride sa, anche se non sa di sapere. E del motteggiatore non è complice solo chi non ride.

II.

Sottomissione

Di regola gli incontri hanno luogo ogni Mercoledì sera alle otto e trenta a casa del Prof. Freud. La presentazione dei lavori comincia alle nove.

Nella discussione l'ordine degli interventi è estratto a sorte'.

Con l'azzardo della congettura e il beneficio dell'inventario, assegnando poco meno di un'ora al relatore e tenendo conto che Max Graf - musicologo e amico personale di Freud nonché attivo sodale di quelle soirées - ebbe la ventura di essere il secondo estratto tra i sorteggiati chiamati alla discussione, suppongo che in quel Mercoledì 1 5 maggio 1907 il suo intervento debba essere caduto intorno alle 22. Prendendo la parola, invece di entrare, secondo il costume prevalente, nel merito dell'argomento in discussione, Graf si premurò di segnalare subito, e sorvolando con discrezione su molti dettagli forse imbarazzanti, l'intensa mobilitazione affettiva che aveva accompagnato la prolusione del relatore di turno 2 • Dovette essere una tempesta che rischiò di esondare nell'intero gruppo, almeno a giudicare dal fuoco di fila di Witz che destò in Eduard Hitschmann, notoriamente talentuoso motteggiatore. Che quella sera si assunse evidentemente l'onere del capro derisorio, per dirla a mia volta con un gioco di parole degno di lui, e si fece voce del rimosso di tutti e di tutti scaricò in catartica ilarità-così presumo - una 1

voi.

Nunbcrg e Fcdcm (a cura di), Mi1,utes of the Viet1na Psychoanalytic Society, cit., p. 6. Ivi, p. 197.

1, 2

2.0

LA SCUOLA DI FREUD SOTTOSOPRA

conflittuale dinamica di gruppo che rischiava di farsi eccessivo fardello. Del resto, non era raro che a Hitschmann riuscisse di stravolgere l'altrui mimica facendola di colpo transitare da una paretica austerità a una convulsa gaiezza. Per citare un esempio tra i migliori, quando a Otto Rank, autore di una pietra miliare della letteratura psicoanalitica dal titolo Il mito della nascita dell'eroe, venne la gagliarda idea di manomettere a colpi d'ascia i capisaldi della metapsicologia con un altro libro dal titolo Il trauma della nascita, col risultato di minare la coerenza della teoria e disseminare zizzania tra gli addetti ai lavori, con un guizzo Hitschmann prese la mira e scagliò la sua esilarante saetta. Allo scopo di smontare l'assurda tesi secondo cui tutti i guai psichici derivano sempre e solo dal primordiale vagito - per quanto variegati, eterogenei, piovuti da chissà dove e cascati magari sulla veneranda testa di un disgraziato Matusalemme dimentico di sé stesso e del suo primordiale vagito - non fece altro che ridicolizzarla con un feroce sarcasmo, un vero e proprio capolavoro di condensazione, degno del migliore Karl Kraus. Combinò malignamente i due suddetti titoli e, per sottolineare la natura a dir poco fantasiosa della tesi psico-ostetrica di Rank, stentoreamente affermò che quel libro si intitolava 11 mito del trauma della nascita3. In quella sera di maggio a tenere banco era il ventisettenne Fritz Wittels, da poco meno di due mesi formalmente entrato con voto unanime a far parte della Società Psicologica del Mercoledì - allora si chiamava così prima di diventare, di lì a poco, Società Psicoanalitica di Vienna. Per associarsi aveva dovuto seguire una procedura già consolidata, essere proposto come ospite da un socio, partecipare a qualche sessione per lo più in veste di ascoltatore, per fare infine il passo ultimo e più difficile: presentare all'uditorio un proprio lavoro originale, offrendo il fianco a una discussione critica destinata a rifiutare o cooptare. Capitava spesso che il fianco del relatore di turno, soprattutto se novizio, risultasse troppo scoperto e perciò facilmente vulnerato, perché la discussione assumeva volentieri toni aspramente polemici, che risultavano offensivi e dolorosi per il relatore quando si finiva 3 Vinccnt Bromc, Freud atul His F..arly Circle, Hcincmann, London 1967, p. 186.

Il. SOTIOMISSIONE

21

immancabilmente per dire che il suo contributo era frutto né più né meno che di sintomi nevrotici ascrivibili a questa o quella diagnosi4. La cooptazione di Wittels aveva riscosso in quella occasione l'unanimità degli assensi, è vero, ma non altrettanto unanime, per dirla con un eufemismo, era stata la condivisione delle sue idee. Perché già in quel suo contributo iniziatico, che gli era valso in aprile la promozione a socio, affiora a chiare lettere l'anteprima di quelle sue tesi che in maggio scateneranno il furor ludendi di Hitschmann. Ecco l'anteprima. Wittels aveva dedicato il proprio debutto in casa Freud alla rivoluzionaria russa T atjana Leontiev e al di lei tentativo di uccidere l'alto ufficiale zarista Durnovo. L'aveva sbrigativamente inserita in una nutrita serie di assassine, tutte accomunate a parer suo dall'infamante marchio dell'isteria, a partire dalla biblica Giaele che -ci dice il Giudici5 - uccide il generale Sisara, per finire a Charlotte Corday, che uccide un Marat immerso nella sua pruriginosa vasca, passando attraverso l'altrettanto biblica Giuditta, che uccide l'assiro Oloferne, e Giovanna d'Arco che, se non è un'assassina, soffre tuttavia di allucinazioni uditive, veste da uomo ed è omosessuale. Tutte malate queste donne, tutte sessualmente frustrate, tutte forsennate criminali per negato coito, a dimostrarlo il fatto che le loro armi null'altro sono che simboli fallici, dal chiodo che Giaele conficca nella tempia di Sisara, alla spada con cui Giuditta trancia la testa di Oloferne, al revolver Browning di Leontiev «che è un ben noto simbolo del genitale maschile». E conclude, il relatore Wittels, esprimendo «la sua personale antipatia per Leontiev e per le isteriche tutte» 6• Non poteva passarla liscia. Sebbene variegato l'assemblaggio dei soci e talvolta più che stravaganti le idee da qualcuno sbandierate con credula convinzione, come rispondessero a fatti accertati e inoppugnabili, nessuno poteva sentirsela di accreditare questa troppo bizzarra equazione fra assassinio e isteria - non fosse altro perché smentita dalla Storia e dalla stessa clinica psicoanalitica - né poteva sentirsela di sponsorizzare quell'antipaHandlbaucr, The Freud-Adler Controversy cit., p. 34. 14-18, in La Bibbia concordata, voi. 1, a cura della Società Biblica di Ravenna, Mondadori, Milano 1982., p. 561. 6 Ivi, pp. 161-162.. -4

S Giudici

2.2.

LA SCUOLA DI FREUD SOTTOSOPRA

ria per tutte le isteriche, alle quali l'incauto Wittels contrapponeva, lo si vedrà nell'imminente incontro umoristico di maggio, la vera donna, colei che trasuda voluttà da tutti i pori e dà libero sfogo alla propria sessualità senza cadere in frigide rimozioni, colei che, nuda e focosa, si offre senza ritegno al maschio di turno. Vale a dire la cortigiana, l'etera, la prostituta. E pensare che alle isteriche e alle loro rimozioni, da Berta Pappenheim in poi, si deve una parte non trascurabile dell'opificio psicoanalitico! Wilhelm Stekel, primo sorteggiato a discutere il contributo del neofita Wittels, sparò senza esitazione ad altezza d'uomo: non sono le cosiddette isteriche/assassine a essere malate, ma è malato Wittels. È lui che, afflitto dalla propria misconosciuta isteria, si dà la briga di proiettare questa sua insignificante nevrosi su un'intera categoria di persone fondamentalmente innocue, le povere isteriche appunto, le quali mai e poi mai hanno fatto del male a qualcuno. A dare man forte ali' accusa secondo cui quello di Wittels è nulla più di un pregiudizio travestito da giudizio e nutrito da patologiche proiezioni, ecco intervenire Alfred Adler che, da buon socialista e convinto sostenitore dell'emancipazione femminile sul versante sociale, ma anche dell'inferiorità femminile sul versante psichico, non poteva che dissentire su tutta la linea dalle giovanili avventatezze del relatore. E che c'entra mai il genitale maschile col revolver? Che simbolo sessuale potrebbe mai essere un revolver? Da buon mallevadore del materialismo storico, Adler non può fare altro che propugnare, in questa occasione e contro una consolidata tendenza psicoanalitica, il primato della realtà materiale sul simbolo: Leontiev scelse il suo Browning non in virtù di falliche simbolizzazioni, ma solo perché si tratta di un'arma tra le più moderne e affidabili; e anche se è vero che apparteneva, la Leontiev, a un movimento contrario alla libertà sessuale, questo non vuol dire un bel niente, non è certamente sintomo di rimozione isterica; in genere i rivoluzionari, tutti i rivoluzionari, sono buoni, caritatevoli e modesti - dove si vede, nell'ascrizione di tratti quasi cristiani al rivoluzionario, chiunque esso sia, un eccesso adleriano pari agli eccessi del relatore7•

Il. SOTIOMISSIONE

23

Freud è a mezza strada tra Wittels e coloro che lo contestano, è ambivalente perché ambivalenti sono i sentimenti che nutre per lui. E infatti nel suo intervento lo elogia in quanto - sostiene ha detto in modo originale cose estremamente serie, passi pure se scaturite da complessi personali; perché è sempre l'erotismo rimosso che arma la mano di queste donne, tormentate in particolare dall'amore respinto che fomenta in loro un odio originariamente indirizzato al padre; anche l'interpretazione delle armi in termini di simboli fallici è corretta, ma gli affetti nascosti e i motivi inconsci che animano sintomi e azioni sintomatiche richiedono quella paziente tolleranza di cui Wittels si mostra totalmente privo8 - questa l'unica critica di Freud, che esprime però un suo insanabile punto di rottura col giovane relatore. Ambivalenza, dicevo. Di Wittels, Freud da un lato apprezza la verve immaginativa e l'esuberanza di idee, né per il momento gli dispiace, credo, il successo che va riscuotendo in certi ambienti viennesi, soprattutto nei Wiener Kaffeehaus dove, tra una gozzoviglia e l'altra, volentieri si fa portavoce del pensiero freudiano presso scrittori, intellettuali, attori, giornalisti e politici, tutti più o meno nottambuli e tutti più o meno disponibili a discutere e crapulare sino all'alba9. Ma dall'altro se ne sente distante, o meglio ne è agli antipodi in quanto, al contrario di Wittels, da sempre coltiva la disciplina dell'autocontrollo, sia sul versante delle relazioni umane che su quello dcli'attività intellettuale. Per dirla con una ben nota formula, Freud è particolarmente versato nel porre l'Io dove era l''Es laddove Wittels, almeno in quei ruggenti anni della sua gioventù, inclina a fare l'esatto contrario. Intrattiene infatti uno stretto sodalizio e una altrettanto stretta collaborazione giornalistica con Karl Kraus, fondatore della rivista satirica «Dic lvi, p. 1 64. Sul ruolo culturale svolto dai Kaffeehaus - tra i più importanti il Griensteidl, il Cafc Centrai, il Frauenhubcr - si veda tra gli altri Timms, La Vientuz di Karl Kraus cit.; Marino Freschi, La Vienna di fi11e secolo. La culla della cultura mitteleuropea, Editori Riuniti, Roma 1997; Cari E. Schorskc, Vienna fin de siècle, trad. it. Riccardo Mainardi, Bompiani, Milano 2.004. Ma più in genere, i caffè di tutte le grandi capitali europee - diversamente dall'irreversibile degrado odierno - erano sedi di discussioni culturali e commenti dei giornali, che svolgevano all'epoca un ruolo paragonabile a quello svolto attualmente, in autistica solitudine, dai media (si veda ad esempio Elihu Katz, Christopher Ali e Joohan Kim (a cura di], Echoes of Gabriel Tarde. What We Know Better or Different 100 Years Later, USC Annenbcrg Prcss, Los Angeles 2.014). 8

9

LA SCUOLA DI FREUD SOTTOSOPRA

Fackel» e iniziale esponente di spicco del gruppo Jung Wien, l'una e l'altro inclini a rivoluzionarie rotture col passato e con le istituzioni politico-religiose. Kraus, al cui traino notturno Wittels vagabonda da un Kaffeehaus all'altro, è un coraggioso intellettuale, individualista e anticonformista, intollerante delle ipocrisie sociali, dello stridulo e dilagante contrasto tra il pubblico apparire come tu mi vuoi e il privato essere come mi va di essere, a spada tratta schierato contro il malcostume del mondo viennese e del mondo intero, contro il maschio borghese legittimato a correre la cavallina e la femmina indigente costretta a scegliere tra il rammendo della calza e il passeggio sul marciapiede, contro le pubbliche virtù maschera di vizi privati, dedito a sfornare a getto continuo sanguigne e caustiche invettive, fatte di fulminei giochi di parole e di raffinati sarcasmi, di Witz pungenti, di brevi e urticanti aforismi che mettono ferocemente alla berlina l'avversario di turno, nella sua qualità di singolo individuo eletto a trita incarnazione di un'idea generale. Si tramanda che Archiloco abbia indirizzato alla promessa sposa e al di lei padre una satira tanto spietata da indurli a impiccarsi. Bene, certo Kraus non era Archiloco, ma dalla sua poteva contare qualche impiccato in pectore. Durante il suo tirocinio all'Ospedale Generale di Vienna, Wittels aveva dato avvio alla frequentazione delle lezioni universitarie che Freud era costretto a tenere suo malgrado di sabato sera dalle 18 alle 21 -scarse da sempre le aule per chi non appartiene alla baronia - e subito dopo aveva dato avvio anche alla collaborazione con Kraus 10• Forse i due dovevano sembrargli compagni di cordata, riformatori sociali sovversivamente schierati su un unico fronte, quello dei combattenti che, contro gli ipocriti bacchettoni della sedicente buona borghesia e i compiacenti giornalisti dell'cstablishment politico, rivendicano una completa libertà sessuale. Un errore marchiano il suo, se si tiene conto della differenza che corre tra il panegirico della sfrenatezza sessuale alla Kraus e la sollecitazione a una ragionata capacità di rinuncia pulsionale alla Freud. Errore che in seguito, una volta spenti i giovanili ardori e accesa la conoscenza psicoanalitica, ebbe a riconoscere lo stesso Wittels: 10 Gcorgc Makari, Revolution ;,, Mind. The Creatioti of Psychoanalysis, Harpcr Pcrcnnial, New York 2008.

Il. SO1TOMISSIONE

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lo ho abusato della teoria di Freud, credendo che la sua missione fosse condurci a una vita sessuale libera e sermi restrizioni. Lo consideravo uno studioso che aveva forgiato le armi con le quali Kraus e io avremmo fatto a pezzi il mondo dell'ipocrisia e dell'isteria. [... ] Credevo fossero i due campioni della libertà sessuale nella nostra città. Non potevo vedere allora la tremenda differermi fra uno scienziato e un giornalista che fa propaganda 1 1 •

Fatto sta che nel l'estate 1906, quando sulla scorta di una non meglio precisata esperienza personale Wittels pubblicò su «Die Fackel» un articolo contro la criminalizzazione dell'aborto, si appellò tra l'altro alla teoria freudiana secondo cui le restrizioni imposte alla vita sessuale a titolo di profilassi anticoncettiva, prima fra tutte il coitus interruptus, sono responsabili di gravi turbe psichiche, rappresentate per antonomasia dalla nevrosi d'angoscia. Freud, che aveva letto il pezzo di Wittels e doveva essersi sentito lusingato dalla sponsorizzazione delle sue idee e dallo spot pubblicitario offerto alla sua teoria - «Die Fackel» era un quindicinale molto letto, tiratura: 30.000 copie nel 1899u.- alla fine di una sua lezione pensò bene di prendere un'iniziativa di corteggiamento, avvicinò Wittels per dirgli che sottoscriveva ogni sua parola sulla depenalizzazione dcli'aborto e lo invitò a partecipare come ospite alle soirées psicoanalitiche 1 3. E questo fu il suo battesimo psicoanalitico. Il padrino era quanto di meglio si possa desiderare. Il 15 maggio 1907 andrebbe con buone ragioni annoverato come prova a sostegno della teoria freudiana del motto di 11

Edward Timms (a cura di), Freud a,ul the Child Womati. The Memoirs of Fritz Wittels, Yale University Press, New Haven 1995, p. 48. 12 Timms, LA Vie11na di Karl Kraus cit., p. 72, dove sono confrontate le tirature dei più importanti giornali viennesi dell'epoca, dalle 65.000 del «Neues Wiener Tagblatt» alle 6.000 della «Reichspost». 13 Makari, Revolution i11 Mind cit., p. 169. Non è raro che Freud prendesse iniziative di corteggiamento; il 19 giugno 1910 ne scrisse a Jung che, per parte sua, doveva ben saperlo: «Le persone sono in verità la cosa più preziosa che si può conquistare» (William McGuire (a cura di), Lettere tra Freud e Jung, trad. it. Mazzino Montinari e Silvano Daniele, Bollati Boringhieri, Torino 1990, p. 357); di nuovo, il 10 agosto dello stesso anno: «L'arte di conquistare le persone deve essere esercitata con cura da colui che vuole dominare» (ivi, p. 369); e il 31 ottobre: «Mi farebbe piacere se Lei, nell'interesse del futuro della 'P A, volesse applicare anche più spesso l'arte di conquistare la gente, in cui eccelle» (ivi, p. 394). «Adler lo chiamava un cacciatore d'anime e non si fidava di lui» - così Stekel (Handlbauer, The Freud-Adler Co11troversy cit., p. 110).

2.6

LA SCUOLA DI FREUD SOTTOSOPRA

spirito perché, quando in quell'occasione Hitschmann si diede a sfornare una battuta dopo l'altra, come preso da un'irresistibile frenesia di reclutare complici contro Wittels a colpi di ilari seduzioni, a sua insaputa pose le premesse per far dire al motto ciò che il motto tace, a partire dal fatto che Wittels non ne era l'unico bersaglio. Vediamo. Nella sua relazione Wittels è tornato al tema monocorde che predilige e che lo assilla, la donna nella sua duplice epifania, la deprecata isterica malata di rimozione sessuale, prototipo Leontiev, e per contro l'idolatrata cortigiana, sana e disinibita. Ha già pubblicato questa sua relazione il 3 maggio su «Die Fackel» intitolandola Le donne medico e firmandosi Avicenna, pseudonimo scelto forse per proteggere la sua reputazione 1 4 ma, credo, anche in omaggio a un uomo geniale quanto si vuole, una pietra miliare nella storia della medicina e nella filosofia, ma pur sempre portatore di quella cultura araba, ahimè!, non solo medievale, secondo cui il ruolo della donna è - ecco un termine chiave della nostra vicenda - sottomettersi all'uomo, prescrizione che il Canone di Ibn Sina, alias Avicenna, intende riferita non solo alla dimensione sociale, ma anche alla posizione che la donna deve tassativamente osservare durante il coito, la più idonea alla procreazione. La donna sotto e l'uomo sopra. Compito della donna è infatti procreare dando all'uomo e a sé stessa il più intenso piacere e per il resto starsene nell'unico luogo a lei adatto, l'harem. E a proposito di pseudonimi e del valore simbolico della loro scelta, il culto dell'etera era stato lanciato nel 190 5 proprio da un accolito della ristretta "cerchia Kraus", Karl Hauer, che aveva pubblicato su «Die Fackel» un articolo dal titolo Lob der Hetiire, Elogio della cortigiana, anche lui firmandosi con uno pseudonimo. Aveva non a caso scelto Luciano, in omaggio al virulento Luciano di Samosata e al suo Conversazioni delle cortigiane 1 5. Erano quelli gli anni in cui a Vienna e altrove facevano la loro comparsa le prime, sparute avanguardie delle studentesse in medicina. Poche, il loro numero da dita di una sola mano le metteva ancora di più in imbarazzante risalto agli occhi di una Facoltà interamente maschile. Chi legga la monumentale opera che Erna ' 4 lbid.

'STimms (a cura di), Freud and the Child Woman cit., p. 168.

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Lesky 16 ha dedicato alla gloriosa Scuola Medica Viennese fin de siècle, quanto a valore ineguagliata allora nel mondo, non tarda a scoprire l'ovvio, cioè che a occupare ogni rango universitario, dal più infimo al più elevato, c'erano sempre e solo uomini, molti gloriosamente passati poi alla storia come eponimi di famose sindromi. E in calce ali'opera, li si vede sfilare in una affascinante galleria di foto, Cari Rokitansky uno dei padri fondatori, Theodor Billroth al collegio dei professori, Friedrich Schauta con i suoi assistenti, con i suoi assistenti Edmund von Neusser, idem Ernst Fuchs a un corso estivo, idem Adam Politzer e idem tutti gli altri, tutti e solo uomini, in magniloquente posa sempre impettiti e quasi sempre barbuti, forse a ulteriore contrassegno di virili prerogative, chissà! Dovevano perciò sentirsi ben determinate nella loro scelta quelle prime studentesse, visto che erano osteggiate dalla famiglia, invise all'Università e aspramente criticate da pressoché tutta la società benpensante. Inutile dirlo, Wittels era allineato a quelle critiche, seppure bisogna riconoscergli un deciso surplus di originalità quanto alla natura dei suoi argomenti ostili. Eccone un campionario. Il lavoro, poco importa se richiesto dalla società o se liberamente scelto, comunque «impedisce alla donna di seguire la sua vera professione - che è attrarre l'uomo» 1 7; la donna studia medicina per ambizione e più è isterica meglio riuscirà negli studi, perché l'isteria le consente di deflettere la pulsione sessuale dal suo vero scopo; alcuni approvano la scelta medica femminile, è vero, ma uno studente mediamente normale non potrà esimersi dal considerare a ragione la sua collega nient'altro che una puttana; da laureata poi, non potrà visitare un uomo senza eccitarlo sessualmente e meno che mai potrà capirne la psicologia, perché integralmente differente quella femminile da quella maschile; per questo, in una struttura pubblica un uomo non dovrà mai essere subordinato, ossia sottomesso, a una donna. Conclusioni: alla base del desiderio femminile di studiare medicina c'è l'isteria, che promuove in lei l'assurdo desiderio di godere parità di diritti col maschio facendole dimenticare come la vera donna sia una sola, Erna Lcsky, The Vienna Medicai School of the 19 th Cet,tury, Thc Johns Hopkins Univcrsity Prcss, Baltimorc-London 1976. 1 7 Nunbcrg e Federo (a cura di), Minutes of the Vienna Psychoanalytic Society, voi. 1, cit., p. 196. 16

2.8

LA SCUOLA DI FREUD SOTTOSOPRA

la cortigiana, massimamente rappresentata nella Grecia classica dall'etera. La tempesta affettiva che accompagna la prolusione di Wittels dipende dalla rabbia in lui scatenata dalla donna che invece di fare sesso si mette a studiare-, è questa l'osservazione con cui il già citato Max Graf innesca la miccia che darà fuoco all'umorismo pirotecnico di Hitschmann. Esordisce in sordina, Hitschmann. Per il momento - dice - non conosciamo ancora donne medico ma solo studentesse e ci tocca dunque trovare una forma di rapporto adeguato con loro, che meritano considerazione per la loro posizione sociale così esposta; Wittels sbaglia a definirle isteriche, anche se bisogna riconoscere che sono in genere brutte, delle vere e proprie amazzoni. Fin qui il tono di Hitschmann è apparentemente pacato, anche se ha già cominciato a impennarsi con quel salace apprezzamento sullo scarso seno delle studentesse, ma ora che la miccia ha corso tutta la sua traccia, ecco esplodere le battute: Wittcls sopravvaluta enormemente la sessualità, predica la filosofia del coito ergo sum, lui guarda al mondo dalla Vogelperspektive -gioco di parole intraducibile che in vernacolo viennese allude a una vista a volo d'uccello, ma anche a una prospettiva da coito. Meglio la promiscuità delle studentesse in medicina che l'ipocrisia borghese della virgo tacta - incalza Hitschmann - e quanto all'ideale della cortigiana greca, non di Grecia sta parlando Wittels ma di Griechengasse - Vicolo Greco, un noto quartiere viennese a luci rosse. E ora il climax, la battuta finale, quella che qui ci interessa perché, da ineguagliabile risultato di condensazione e spostamento quale è, non concerne Wittcls se non in termini di personaggio di copertura, mentre dà espressione a una sottaciuta dinamica inconscia che imperversa nel gruppo dei freudiani, e in cui temi di sottomissione e sopraffazione si intrecciano con temi concernenti femminile e maschile, passività e attività, omosessualità e aggressività, tutti ruotanti attorno al patriarca Freud. Un vero capolavoro, il Witz di chiusura: «Wittels è entusiasta di un'epoca presifilitica [quella delle cortigiane greche], e ora vuole allevare das Obermensch» 18 • Nota dei curatori:

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In tedesco, il termine per l'essere umano è der Mensch (con l'articolo di genere maschile der). Se viene usato l'articolo neutro das (das Mensch), diventa nello slang austriaco un'espressione dispregiativa che si riferisce a una donna di poco conto, o a una prostituta. Quindi, das Obermensch connota una «superprostituta», mentre der Obermensch [il superuomo] è il ben noto termine introdotto da Niet"LSChe'9.

È però vantaggioso appellarsi alla polisemia delle parole: il super di superprostituta può riferirsi sia all'esuberanza sessuale di una donna, sia alla sua generica sopraffazione dell'uomo sia, più in linea col pensiero concreto, alla sua posizione durante il coito, la donna sopra l'uomo, qualcosa che Ibn Sina avrebbe certamente deprecato. Altrettanto vantaggioso è rilevare che la prima delle accuse mosse da Hitschmann a Wittels, quella di una sproporzionata sopravvalutazione della sessualità, è la stessa accusa da sempre mossa a Freud dal mondo scientifico benpensante. Questa volta la condanna freudiana di Wittels è decisamente aspra: Wittels è innanzitutto privo del più elementare senso di cortesia nei confronti della donna, che da sempre la società ha sovraccaricato di duri compiti, primo fra tutti generare figli, e in secondo luogo mostra di ignorare, Wittels, la differenza tra la cruda sessualità e i suoi esiti sublimati; il suo è il punto di vista di un giovane che adora e nello stesso tempo disprezza la donna, come un tempo ha inconsciamente adorato e poi disprezzato sua madre; quanto alla cortigiana, la donna sessualmente inaffidabile è spregevole, è null'altro che una Haderlump - espressione vernacolare viennese che significa pezzente, canaglia 20• Devo dirlo, non mi colpisce il fatto che nella sua critica Freud ceda a una interpretazione extramoenia concernente il rapporto di Wittels con la madre, da lui persa all'età di sei anni e della quale nessun ricordo conserva21 - l'ho già accennato, sin dagli inizi del movimento correva una vera e propria inflazione di queste interpretazioni ad hominem, spesso comminate come rappresaglia contro un avversario più fantasmatico che reale, un vezzo che rischiava di alimentare la già pervasiva tendenza all'aggressività e che imlvi, p. 199 (parentesi quadre nell'originale). lvi, p. 2.00. 11 Timms (a cura di), Freud and the Child Woman cit., p. 4. 19

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poneva perciò un urgente appello a contrastarlo; lo testimonia la troppo tardiva raccomandazione freudiana a Jung in imminenza della loro rottura, e dopo che entrambi avevano a lungo duellato a colpi di reciproche diagnosi: Gli abusi della psicoanalisi a cui Lei si riferisce [... ] già da molto tempo preoccupano anche mc [... ] per il momento, posso soltanto raccomandare il rimedio casalingo che ognuno di noi si occupi più della propria nevrosi che non di quella del suo prossimo 22•

E dunque lo ripeto, non tanto l'interpretazione selvaggia mi colpisce in questa occasione, quanto invece l'improvviso cedimento freudiano all'uso dello slang viennese, una caduta verticale dalla vetta di un eloquio notoriamente colto, nelle valli di una parlata da suburbio, qualcosa che contrasta con la personalità di Freud e le sue ben documentate consuetudini colloquiali, quasi tutte all'insegna di un misurato bon ton. Ora, visto che in quel 1 5 maggio 1907 il solo Eduard Hitschmann si era ubriacato di vernacolo viennese cercando di far ubriacare tutti gli altri convitati, a mia volta deliberatamente cedo a una interpretazione almeno tre volte selvaggia - se si tiene conto, primo, di ciò che Freud disse, secondo, di ciò che il segretario Otto Rank trascrisse e, terzo, di ciò che io stesso qui mi appresto a dire - e cioè che questa coincidenza di slavine dialettali non è casuale, ma segnala un moto freudiano di collusione con Hitschmann, qualcosa che va al di là della semplice condivisione di una ben ragionata critica. Dovette accorgersene Wittels, il quale si sentì «così scosso da una parola di Freud (la cortigiana è una Haderlump) che al momento non cc la fa a rispondere in dettaglio alle obiezioni» 23 • Di lì a una settimana Wittels avrebbe dovuto dare seguito alla sua relazione con un secondo tempo dal titolo La grande cortigiana, ma non ne risulta traccia nelle Minute forse perché - suggerisce qualcuno - il testo sembrò troppo scandaloso per la Società Psicologica del Mercolcdì24. Non altrettanto per «Die McGuirc (a cura di), Lettere tra Freud e ]u11g cit., p. 569. Nunbcrg e Federo (a cura di), Minutes of the Vienna Psychoanalytic Society, voi. 1, cit., p. 201. 24 Makari, Revolution in Mind cit., p. 170; limms (a cura di), Freud and the Child Woman cit., p. 169. 2.2.

23

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Il. SOlTOMISSIONE

Fackel», che lo pubblicò dopo circa un mese. Wittcls vi si esibiva di nuovo in uno sperticato panegirico della donna assatanata, ma a differenza delle isteriche sempre serena e gioiosa, tutta presa dall'esercizio dei suoi diuturni orgasmi, una donna a dire di Wittcls perfettamente incarnata un tempo dalla cortigiana greca e altrettanto perfettamente reincarnata oggi dalla diciassettenne Irma Karczewska, già da tempo amante sua e contemporaneamente di Karl Kraus. E ineguagliabile ironia della storia, «a sostegno di questa sua gloriosa visione [del libero sesso), Wittels citava Sigmund Freud» 2 5. Ma su questa intricata vicenda e sui suoi risvolti dovrò tornare più dettagliatamente fra non molto.

2.s Makari, Revolutio11 in Mind cit., p.

171.

III.

Spostamento

«Il motto di spirito è l'epigramma sulla morte di un sentimento». Un mio emendamento freudiano ali' aforisma di Nietzsche suonerebbe così: il motto di spirito è l'epigramma sulla rimozione di un affetto, dove rimozione tiene il luogo di morte perché nel Witz niente c'è di morto, mentre c'è invece qualcosa di tanto vivo e vegeto da sopraffare quella controforza che avrebbe dovuto imbrigliarne il contenuto, e dove affetto sostituisce sentimento in ragione delle proprie più nutrite credenziali metapsicologiche1. E tuttavia la locuzione epigramma sulla morte rende bene l'idea di un seppellimento nell'inconscio attuato con l'ausilio di una compiacente vanga linguistica, visto che la compiacenza linguistica - lo scrive con stringata efficacia Freud a Jung2 - gioca nella battuta di spirito lo stesso ruolo determinante che la compiacenza del caso gioca nella formazione del delirio e la compiacenza somatica nel sintomo isterico. Alle prese con la sua ricerca sul motto, Freud diventa qua e là cavilloso cartografo dell'umorismo, un Linneo la cui acribia ambirebbe tabulare tutte le specie di induttori del ridere, col risultato di rendere a volte pesante il passo al lettore, non fosse che a alleggerirglielo ci pensa il lenitivo della divertente aneddotica 1

A costo di qualche contraddizione e di qualche ambivalen7.a, Freud nega che gli affetti possano essere rimossi; per una critica a questa posizione, si veda Francesco Napolitano, lndifferetWJ versus estraniamet1to: divagazioni e problemi, «Notes per la psicoanalisi», 7, 2.016, pp. 9-2.6. 1 McGuire (a cura di), Lettere tra Freud e ]ung cit., p. 2.37.

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LA SCUOLA DI FREUD SOITOSOPRA

intercisa. Ma ci sono anche pagine in cui quel lenitivo diventa superfluo perché il passo di entrambi, scrittore e lettore, si fa spedito, esemplari quelle sul motto tendenzioso, che qui ci interessa particolarmente. Suppongo non sia l'ingenuità epistemologica a farmi ritenere che il vasto universo del Witz è conchiuso in realtà in un'unica classe, quella del motto tendenzioso appunto, perché «nulla, all'infuori di un desiderio, è in grado di mettere in moto il nostro apparato psichico» 3, il quale desiderio, se è vero che è spinto da una vis a tergo, è altrettanto vero che è attratto da una vis a fronte ed è dunque provvisto di una tendenza. Avrebbe potuto Freud risparmiare a sé stesso e al lettore l'improbo lavoro di spulciare un folto inventario di sfumate e a tratti nebulose differenze tra i vari modi dell'umorismo, visto che era ben consapevole dell'esistenza di un unico genere di motto, quello tendenzioso: L'attività dell'arguzia non può, a ben vedere, essere considerata priva di uno scopo o di una meta, poiché innegabilmente si propone di suscitare piacere in chi ascolta. I o dubito che siamo in grado di intraprendere qualcosa là dove non entra in giuoco un'intenzione-1.

Ma quali sono le intenzioni del motto? Qui il rasoio di Occam riesce davvero a spuntare la barba di Platone5, e un Freud divenuto improvvisamente parsimonioso cc la fa a dcmoltiplicarc gli enti attribuendo al motto due sole tendenze, quella sessuale e quella ostile. Diventa anzi più che parsimonioso, fino a rasentare una lungimirante avarizia, quando riconosce poi che alla resa dei conti queste due tendenze non sono in realtà distinte, «a loro volta possono essere viste come unitarie» 6, perché l'ostilità cova nel sessuale come covano l'odio nell'amore e l'amore nell'odio, prova ne sia il presidente Schrcbcr. 3Sigmund Freud, L"i,uerpretazione dei sogni (1899), in Id., Opere, voi. 3, a cura di Cesare L. Musatti, Bollati Boringhieri, Torino 1978, p. 517. 4 Freud, Il motto di spirito e la sua relazione con l'inconscio cit., p. 8 5. S Famosa metafora di Quine sull'economia ontologica occamista, rappresentata dal rasoio, contrapposta alla platonica inflazione di enti, rappresentata dalla barba, «che ha spuntato spesso la lama del rasoio di Occam» (Willard Van Orman Quine, Su ciò che vi è, in Id., li problema del significato, Ubaldini Editore, Roma 1966, p. 3 ). 6 Freud, Il motto di spirito e la sua relazione con l'inconscio cit., p. 86.

lii. SPOSTAMENTO

35

L'intenzione sessuale si manifesta come scurrilità, dice Freud. Belli quei suoi estemporanei appunti comportamentali che a minimis tratteggiano spaccati di microambienti sociali, come quando ad esempio osserva che, mentre in una locanda popolare le oscenità esplodono quando entra la cameriera, nel salotto altolocato tacciono quando entra una donna. Ma al di là di questi scampoli fattuali, che per certi versi mi ricordano quelle meravigliose annotazioni che Darwin dissemina nei suoi Taccuini, a costo di sembrare in tema di sessualità più freudiano di Freud, penso che la dinamica scurrile da lui descritta possa essere estesa a tutti i motti, anche a quelli lindi e forbiti pronunciati in salotto alla presenza di una dama - nonché a quelli ostili, considerata la suddetta unitarietà del sessuale e dell'ostile. Perché lo scurrile è appunto null'altro che un basso vocalizzo del sessuale, i cui registri contengono però anche toni medi, alti, acuti e, perché no, toni in falsetto. Ecco la dinamica che Freud vorrebbe ristretta allo scurrile ma che a mc sembra in realtà del tutto generale: La scurrilità è rivolta a una persona determinata dalla quale si è sessualmente eccitati, persona che, ascoltando la scurrilità, deve prendere coscien7.a dell'eccitazione di chi la pronuncia e riceverne a sua volta un eccitamento sessuale?.

Si tratta dunque di una messa in circolo dell'eccitamento, né potrebbe essere altrimenti, se è vero che il lavoro arguto consiste di investimento, controinvcstimento e scarica. Alla pari del complesso edipico, il motto tendenzioso è triangolare, una coincidenza non casuale se si tiene conto del fatto che in entrambi i casi è in gioco la medesima dinamica aggressiva e libidica: Il motto tendenzioso richiede generalmente la presenza di tre persone: oltre a quella che dice il motto cc n'è una seconda, che viene fatta oggetto dell'aggressione ostile o sessuale, e una ter7..a, nella quale si attua il proposito del motto, quello di produrre piacere8 •

7 8

Jvi, p. 87. Ivi, p. 89.

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Rischio forse la monotonia se cedo di nuovo alla tentazione di emendare, questa volta non Nietzsche ma Freud, introducendo nella sua affermazione due correttivi. Il primo si limita a inserire l'avverbio di quantità almeno: il motto tendenzioso richiede infatti non la presenza di tre persone, ma di almeno tre persone, perché spesso gli attanti non sono tre, ma sono ben più numerosi - ce lo dimostra Hitschmann, che in quel 1 5 maggio 1907 esibì il suo virtuosismo umoristico innanzi a sette spettatori. L'altro correttivo è in parte implicato dal precedente. A differenza del triangolo edipico, i cui vertici sono tenuti da persone, il triangolo del motto vede uno solo dei suoi vertici necessariamente occupato da una persona in carne e ossa, vale a dire il motteggiatore, mentre il secondo vertice, l'oggetto dell'aggressione sessuale/ostile, può essere rappresentato anche da più persone o da una loro intersezione, sorta di figura composita paragonabile a quelle del sogno. E infine il terzo vertice del triangolo, destinato a accaparrarsi il premio di piacere sotto forma di scarica, è spesso costituito da tutti coloro che ridono, cioè da tutti coloro che sono sedotti: «Attrarre dalla propria parte [sedurre] chi ride, si dice in tedesco con espressione veramente calzante» 9 • Da tutti meno uno, I' oggetto dcli' aggressione, il quale in genere ha poca voglia di ridere. E dunque, quella sera il motteggiatore fu Hitschmann ma, alla luce delle suddette considerazioni, chi era l'oggetto del motto e chi ne trasse piacere? «Non accade piuttosto che il motto prenda di mira i sensali [cioè i poveracci in luogo dei potenti] soltanto per colpire qualcosa di più importante, per parlare - come dice il proverbio - a nuora perché suocera intenda?» 10• E non è forse vero che «in tutti i tempi, coloro che avevano qualcosa da dire e non la potevano dire senza rischio, si sono messi volentieri il berretto da buffone»? 11 Hitschmann canzona Wittels accusandolo di monomania sessuale. Ma lo ribadisco: non è forse questa l'accusa da sempre mossa a Freud? E non si serve forse il motto dello spostamento?

9

lvi, p. 92..

IOJyj, p. 94• 11

Freud, L'it1terpretazione dei sog,,i cit., p. 406.

IV.

Autobiografia

All'origine della sua teoria sull'inferiorità d'organo e sulle cosiddette superstrutture psichiche chiamate nel corso dello sviluppo a compensarla, ci sono i tanti malanni che afflissero l'infanzia di Adler, tra i quali il rachitismo, l'asma bronchiale e la balbuzie - questa la tesi condivisa da molti studiosi e avallata dallo stesso Adler che, in una conferenza statunitense degli anni Trenta, la controfirmò nei seguenti termini: Per cominciare, vorrei dire che sono nato debole e ho sofferto di alcune infermità, specialmente di un rachitismo che mi impediva di muovermi agevolmente. Nonostante questo ostacolo ora, verso la fine della mia vita, sto in piedi innanzi a voi in America. Potete vedere come ho superato questa difficoltà. Inoltre, nei miei primi anni di vita non potevo parlare molto bene; parlavo molto lentamente. Ora, anche se probabilmente il mio inglese non vi consente di appreu..arlo, in tedesco sono ritenuto un brillante oratore. Ho superato anche questa difficoltà•.

Adler sta dicendo di essere la prova vivente della validità della teoria di Adler, un'affermazione che, mentre suona da petizione di principio, è capace però di fornire interessanti spunti di riflessione. Ci tornerò fra poco. Secondo Adler l'ontogenesi reca il segno di anomalie anatomiche e funzionali localizzate in organi ben precisi, trasmesse ereditariamente con modalità lamarckiana - trasmissione di caratteri acquisiti - e intercettabili perciò 1

2012,

Paul E. Stcpansky, lt, Freud•s Shadow. Adler in Context, Routlcdgc, London p. 9·

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anche negli ancestrali del paziente. Da quelle anomalie può risultare una patologia varia, di natura sia somatica che psichica, ma può risultarne anche una stimolazione delle controparti cerebrali dell'organo inferiore, che diventano perciò ipertrofiche, quasi fossero bosses alla Franz Joseph Gall. Ne scaturisce eventualmente una superstruttura psichica che compensa il deficit o finisce addirittura per esaltare la funzione originariamente difettuale. Ma forse è meglio lasciare la parola allo stesso Adler per cogliere nel suo discorso manifesto indizi di un discorso secondo e latente. Era imminente la pubblicazione del suo libro Studi sulla inferiorità degli organi quando ne diede l'anteprima in casa Freud, il 7 novembre 1906. Parlò di un'inferiorità primaria che può essere mascherata in modo tale che la funzione dell'organo compromesso sembri soddisfacente, se non addirittura eccessiva. L'inferiorità di un solo organo è rara - aggiunse - mentre la regola è che siano coinvolti due o tre organi simultaneamente. E lanciò subito a Freud un'esca più politica che scientifica, a titolo di captatio benevolentiae e di simultaneo patto di non aggressione: «L'organo più frequentemente accoppiato con un altro inferiore è l'organo sessuale» 2 • Prima traduzione: la teoria adleriana dell'inferiorità d'organo e quella freudiana della sessualità sono compatibili e possono navigare di conserva, almeno per il momento. Seconda traduzione: visto che, secondo Adler, l'organo sessuale è per antonomasia maschile mentre l'organo inferiore è per antonomasia femminile, e visto che Adler accoppia il primo al secondo, allora il livello latente del discorso concerne un coito. Fatti i debiti aggiustamenti di tiro, Adler stesso è portavoce di questa seconda traduzione, ben riconoscibile nella sua imminente teoria della protesta virile e dcli' ermafroditismo psichico - alias bisessualità - che lui sosterrà a spada tratta, senza accorgersi però che non sta parlando solo di una teoria impersonale, ma sta anche interpretando inconsciamente una dinamica omosessuale che coinvolge l'intero gruppo viennese. In un lavoro dal titolo eloquente, Sulla posizione maschile presso nevrotici femminili, dopo aver convocato in esergo il Kant antropologo per fargli dire che 2

voi.

Nunbcrg e Fcdcm (a cura di), Mi11utes of the Viet1na Psychoanalytic Society, cit., p. 37.

1,

IV. AUTOBIOGRAFIA

39

la donna [... ] non nasconde il suo desiderio di essere un uomo per poter dare maggiore e più fine campo di attività alle sue inclinazioni; ma nessun uomo vorrà essere una donna,

così riassumerà concisamente la sua tesi finale: In una serie di lavori sul meccanismo delle nevrosi ho descritto un fenomeno unitario che va considerato come il motore principale della malattia nevrotica: la protesta virile contro impulsi e situazioni femminili o apparentemente femminili3.

Torniamo alla nostra serata. Dopo aver descritto l'ipertrofia compensatoria delle aree cerebrali e la morfogenesi delle superstrutture psichiche, di queste ultime Adler dà alla spicciolata ciò che chiama il contenuto: si tratta di emozioni, ricordi, memorie, attitudine alla critica, capacità di sviluppare e cogliere associazioni, e infine si tratta di alcune componenti motivazionali della scelta professionale - non posso esimermi dal sospettare in quest'elenco la presenza di un sottaciuto autoritratto: «Per quanto concerne la scelta della professione, egli [Adler) aggiunge che i medici hanno spesso sofferto di malattie nella loro infanzia» 4 • Neppure posso esimermi dalla congettura secondo cui Adler inclini a credere che il surplus di compensazione tenda di tanto in tanto a debordare in genialità, e che questo possa eventualmente essere anche il suo caso. E infatti, gli esempi che fornisce non appartengono certo a anonimi pazienti: Beethoven era sordo, Mozart aveva orecchie deformi, Schumann soffriva di allucinazioni uditive e lui, Adler, ha la ventura di conoscere un'intera famiglia affetta da tare uditive ereditarie i cui membri sono tutti brillanti musicisti. Analogo discorso per i più grandi pittori, che risultano spesso afflitti da disturbi visivi e per chi, balbuziente come Demostene - o come lo stesso Adler - divenne alla fine un grande oratore. Parafrasando Genio e follia di Cesare Lombroso - un autore evocato da Paul Federo proprio in quell'occasione5 - la 3

Alfred Adler, Prassi e teoria della psicologia individuale, trad. it. Vittoria Ascari, Astrolabio, Roma 1967, p. 101, corsivo nell'originale. -4 Nunberg e Fedcm (a cura di), Mi1,utes of the Vietino Psychoanalytic Society, voi. 1, cit., p. 47. s lvi, p. 45·

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filza degli esempi prodotti da Adler potrebbe intitolarsi Genio e inferiorità. Ma ora la risposta tocca a Freud, che diplomaticamente abbocca all'esca di Adler fatta di captatio benevolentiae e patto di non aggressione, e lo fa per ragioni complementari a quelle per cui gli è stata lanciata. Il gruppo dei viennesi deve assolutamente mantenersi coeso e fare cordata, pena l'aborto di una crescente notorietà della psicoanalisi, che promette a breve di diventare fama. E così il Maestro promuove Adler, attribuisce grande importanza a questo suo lavoro, trova che contenga idee fertili e, più in particolare, gli sembrano promettenti l'idea di compensazione e quella di superstruttura psichica, mentre una sola cosa non gli va proprio giù: il termine inferiorità, che sa di scontatezza6 - forse un lampo di premonizione. Un noto adagio suona così: quando qualcuno giudica qualcosa, in genere ne sappiamo più su qualcuno che su qualcosa. Eccone una variazione adatta ai miei scopi: quando qualcuno fa teoria, in genere ne sappiamo anche su quel qualcuno, oltre che su quella teoria. E questo è tanto più vero quando la teoria di quel qualcuno verte sul sessuale. Diceva bene George Devereux: «Quelli che parlano di sessualità parlano anche di sé stessi. Stanno cercando di parlare oggettivamente di un fenomeno che fa parte della [loro] storia soggettiva» 7. Gli fa eco Élisabeth Roudinesco: Quando parlavano dei loro casi clinici, [i convitati dei Mercoledì] si riferivano per lo più a sé stessi, alla loro vita privata spesso tumultuosa, alla loro complicata genealogia familiare, alle loro nevrosi, alla loro identità ebraica, ai loro disturbi psichici e sessuali, alla loro rivolta contro i padri e spesso alla loro profonda malinconia8 •

E a sua volta Saul Roscnzweig sostiene che è possibile intercettare tre livelli in ciò che chiama, a sottolinearne la singolarità, l'idiodinamica di Freud e, più in genere, di ogni analista e di ogni scrittore creativo, al banco di prova dell'idiouniverso della sua scrittura: al livello più personale Freud usava come prototipo 6 lvi, p. 43· 7 Handlbaucr, The Freud-Adler umtroversy cit., p. 165. 8 ~lisabcth Roudincsco, Sigmund Freud tiel suo tempo e nel nostro, trad. it. Valeria Zini, Einaudi, Torino 2.015, p. 119.

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sé stesso o qualche parente o amico ben conosciuto; al livello successivo (intermedio) veniva il turno del paziente osservato e, infine, al livello immediato della narrativa, emergeva una miscela degli altri due livelli: «Per questa ragione la storia del paziente reale, come lo conosciamo abitualmente, presenta delle lacune che è possibile colmare, per così dire, dal basso». Il primo livello è dunque personale, consiste prevalentemente di autobiografia, sta al terzo livello come il sogno latente sta a quello manifesto e «fornisce il terreno soggettivo per l'appercezione del livello intermedio»9; il processo compositivo del testo risulta così dalla fusione del primo e del secondo livello per produrre quel terzo livello che, nonostante la ricchezza dei suoi importi soggettivi, può tuttavia guadagnare l'oggettività- l'esatto contrario di quella tesi di Popper secondo cui «la conoscenza in senso oggettivo è conoscenza senza un conoscente: essa. è conoscenza senza soggetto conoscente» 10• E dunque, Adler afferma di essere la prova vivente della teoria di Adler, ma sembrerebbe che da un certo punto di vista siamo tutti prove viventi delle teorie di cui diventiamo portatori, le quali sono in parte autodescrizioni latenti, cd è questo che dà conto dell'enorme complessità semantica del pensiero umano e dei suoi prodotti, perché è possibile anche dimostrare che quando un sistema implica una forma di autodescrizione {per esempio, l'osservatore [è] dentro il sistema) tale complessità semantica è infinita [ ... p •.

Non è stato forse sostenuto con buone ragioni che L'interpretazione dei sogni è una delle più grandi autobiografie mai scritte? Senza tuttavia che questo le impedisca di essere la più grande teoria sul sogno mai formulata. A chi poi obbiettasse che Saul Rosenzweig, Freud, ]ung and Hall the King-Maker. The F.xpedition to & Hubcr Publishers, Cambridge (MA) 1992., pp. 32. e 2.70. Si veda anche Didier Anzieu, L 'auwanalisi di Freud e la scoperta della psicoa,,a/isi, trad. it. Augusto Menzio, Astrolabio, Roma 1976. 1 ° Karl R. Poppcr, Conoscenza oggettiva. Un punto di vista evoluziotustico, trad. it. Arcangelo Rossi, Armando, Roma 1975, p. 153, corsivi nell'originale. 11 Ignazio Licata, Methexis, Mimesis and Self Duality: Theoretical Physics as Fonnal Systems, «Versus. Quaderni di studi semiotici», u8, 2.014, p. 12.2.. 9

America (z909}, Hogrefc

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la psicoanalisi gode del doppio statuto epistemologico di essere la più scientifica delle discipline umane e la più umana delle discipline scientifiche, e che sarebbe proprio questo Giano bifronte a consentirle il lusso di arricchire di proiezioni il reale senza con ciò stesso distorcerlo e mandare istantaneamente a picco ogni pretesa di oggettività, si può rispondere che l'importazione di soggettività nella teoria è ubiquitaria in tutte le scienze, anche in quelle più dure e a statuto unico, ammesso che un monolite di tale fatta possa esistere. Neppure un matematico alle prese con il suo lavoro è esente da qualche surrettizia ricaduta dei propri conflitti o della propria Weltanschauung sui teoremi che va pedinando12, neppure lui può illudersi di levitare solitario in un iperuranio afattuale. Il matematico Jean Baptiste Joseph Fourier è passato alla storia per aver prodotto, a partire dal 1807, un insieme di memorie sulle serie logaritmiche al governo della conduzione del calore, culminate nell'opera Théorie analitique de la chaleur, che gli valse grandi riconoscimenti. Di lui si tramanda però come fosse ossessionato non solo dalla matematica della conduzione termica, ma anche dalla convinzione che il calore è un elisir di lunga vita, a tal punto che oltre che coprirsi di maglie e fasciarsi come una mummia, viveva in camere surriscaldate che i suoi amici paragonavano al Sahara e all'inferno riuniti 1 3.

Si può sensatamente disconoscere un legame tra i due fatti? Tra l'algida sua trigonometria termica e l'urente origine della stessa? E passando dal matematico al suo più stretto confratello, neppure un fisico può illudersi di produrre immacolata teoria. È stato mostrato come l'intreccio tra motivazioni, storia personale e ambiente socio-culturale abbia influenzato le opzioni teoriche dei più illustri fisici del Novecento, dalla relatività di Einstein al complementarismo di Bohr, dal determinismo di Planck all'indeterminazione di Heisenberg1 4. Einstein visse nella controcultura 12

Hilary Putnam, Reason, Truth and History, Cambridge Univcrsity Prcss, Cambridge 1981, in particolare il cap. 6: Fact and Value. 1 J Eric T. Bcll, I grandi matematici, trad. it. Dina Aduni, Sansoni, Firenze 1990, p.206. 14 Gcrald Holton, L 'immagi1,azio1,e scientifica. I temi del pe,,siero scientifico, trad. it. Roberto Maiocchi e Maurizio Mamiani, Einaudi, Torino 1983.

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libertaria, anticonformista, socialista e rivoluzionaria di Zurigo e Berna, che si opponeva alle rigide regole dell'establishment accademico, oltre che agli intoccabili canoni della fisica classica, e amò particolarmente il sociologo Thorstein Veblen, di cui apprezzava soprattutto la tesi secondo cui non esistono leggi economiche assolute e universali, ma ciascuna legge è relativa a un determinato sistema individuato dalle sue specifiche coordinate storico-evolutive. D'altro canto, Werner Heisenberg divenne adulto [sic] nel comando dell'XI Fucilieri a Cavallo. L'ambiente sociale di Monaco, con i governi che cambiavano di mano, le fazioni che si combattevano furiosamente e le armi che venivano puntate in modo incerto [sic] e che colpivano a caso, rappresentò un protomodello sociologico dell'indeterminazione fisica I s.

E a sua volta, l'ambiente culturale di quella Vienna in metastabile equilibrio sul crinale fra due secoli e tutta immersa nell'epoca della sua più grande incertezza, non poté non influenzarne l'intero arco della produzione scientifica 16 • Se tutto questo è vero, allora la teoria parla anche di chi la costruì, senza che con questo sia necessariamente revocata in dubbio la sua oggettività.

1

s Lewis S. Feuer, Einstein e la sua generazione. Nascita e sviluppo di teorie scientifiche, trad. it. Gianfranco Ceccarelli, il Mulino, Bologna 1990, p. 2.2.3. 16 Deborah R. Cocn, Vienna in the Age of U,u:ertainty. Scie,u;e, Liberalism and Private Li{e, The University of Chicago Prcss, Chicago 2.007; si veda anche Mitchell G. Ash e Jan Surman (a cura di), The National~tion of Scientific Knowledge in the Habsburg Empire (1848-1918), Palgrave Macmillan, London 2.01 2..

V.

Nomi

Il suo primo biografo, Frirz Wittels, racconta di come fosse audace il metodo espositivo che in privato Freud era solito riservare alla neonata cerchia dei partecipanti al movimento psicoanalitico, e di quanto questo metodo differisse invece dalla prudente strategia che metteva in campo nelle sue lezioni pubbliche e ancora di più nei suoi scritti. A sentire Wittels, nel 1903 in privato Freud usava aprire le sue serate giocando deliberatamente d'azzardo, vale a dire enunciando subito le proprie tesi in modo quanto più possibile categorico, forte e enfatizzato, portandole agli estremi, presentandole sotto forma di assiomi indiscutibili e di verità incontrovertibili, in modo tale che si profilassero all'orizzonte dialettico degli ascoltatori come facili bersagli al periscopio di critiche e obiezioni. E quando gli astanti cadevano nel provocatorio tranello e si davano a contestare questa o quella affermazione, forniva una tale abbondanza di argomenti in loro sostegno [in sostegno delle proprie tesi] che i suoi ascoltatori difficilmente avrebbero potuto non convincersi della loro verità. Quelli che conoscono Freud solo attraverso la parola scritta saranno molto più propensi a dissentire da lui rispetto a quelli che ascoltarono la magia del suo eloquio'.

Nessuna perentorietà e nessuna provocazione invece nelle lezioni pubbliche, nella cui strategia Isidor Sadger ravvisa due in1 Fritt Wittcls, Sigmund Freud. His Perso11ality, His Teaching and His School (1924), Routlcdgc, London 2.014, p. 134.

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gredienti fondamentali: primo, fare in modo che l'allievo giunga a credere di aver da sempre saputo ciò che sta invece ascoltando per la prima volta, e che la lezione diventi perciò una sorta di esercizio maieutico in cui, quasi nelle vesti dello schiavo di Menone alle prese con la costruzione del doppio di un quadrato, l'allievo sia chiamato ad apprendere da un Socrate neurologo come la conoscenza altro non sia che reminiscenza; secondo, muovere tempestivamente a sé stesso tutte le obiezioni possibili prima che siano altri a farlo, strapparle dalla mente e dalla bocca dell'uditorio per poi poterle rintuzzare con rapidità e precisione tali da non concedere tempo all'altrui riflessione. E tuttavia, al di là di ogni altra differenza tra il docente privato e quello pubblico, anche a quest'ultimo Sadger ascrive infine la medesima, ammaliante magia della parola: il testo scritto invece comprimeva l'argomento in forma completamente condensata, confezionata con insight, ma priva della magia del suo [di Freud] ispirato discorso 2 •

Forse sarà per questo che Freud usò spesso, in luogo di argomentazioni top down che dagli assiomi scendono verso le conseguenze, la direzione opposta, la lenta scalata dal campo base della clinica verso la vetta teorica - essendo lui ben consapevole però del fatto che l'induzione pura è pura chimera. Sebbene a volte lento il passo dopo passo imposto al lettore, e sebbene a volte verticale la parete, questa scelta fu dettata dalla preoccupazione di difendere il buon nome della psicoanalisi dalla duplice accusa di infondatezza scientifica e indecenza morale. È perciò tassativo innanzitutto vincolare gli enunciati teorici ai fatti clinici perché, caduta in questo modo l'accusa di infondatezza, non può che cadere anche quella di indecenza. Tuttavia, i fatti da cui partire non furono mai quelli macroscopici che, troneggianti nel proscenio, si impongono in tutta evidenza alla coscienza dello spettatore, bensì quelli che fanno improvvisamente capolino da dietro le quinte, microfatti, fugaci comparse, scarti lillipuziani dell'osservazione, indizi tanto trascurabili da passare quasi inavvertiti, una minutaglia addossata ai confini inferiori del potere di 2

Isidor Sadgcr, Recollecting Freud (1930), trad. ingl. Johanna Micaela Jacobscn e Alan Dundcs, Thc Univcrsity of Wisconsin Prcss, Madison 2.005, p. 2.1.

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risoluzione percettiva, ai margini del campo, ma capace poi di mostrare l'invisibile che giace sotto soglia - lavorare con piccoli indizi è per antonomasia la regola aurea della psicoanalisi3 • È così che, ad esempio, tutta la prima parte di Introduzione alla psicoanalisi risulta lungamente dedicata a quei fugaci e transitori disturbi delle prestazioni psicomotorie denominati impropriamente atti mancati e più propriamente paraprassie. A ribadirne la rilevanza clinica e a conferma del versante induttivo della costruzione teorica che ne deriva, di quanto sia perciò importante esporre la teoria procedendo dal basso verso l'alto, ceco appunto la dichiarazione programmatica contenuta nell'apertura di ln'troduzione: «Signore e Signori, non cominciamo con postulati, ma con un'indagine»4. Un'indagine su inezie al di sopra di ogni sospetto. Come fosse uno sbiadito riverbero di quelle prime, entusiasmanti riunioni del 1903, tutte giocate a caccia di critiche da smontare, la dialettica interna del pensiero freudiano, quel suo procedere per tesi e antitesi, per congetture e confutazioni, per esempi e controesempi, nei suoi scritti si esternalizza a volte nella retorica del mctalogo, nello scambio immaginario con un onesto interlocutore - così lo chiama Freud - armato di buone intenzioni ma di altrettanto buone obiezioni. Si potrebbe accostare questa sua procedura a quella che Aristotele designa pròblema, consistente in una domanda in forma dubitativa che qualcuno pone giusto allo scopo di far procedere la discussione. E infatti, nell'euristica dei Topica Aristotele ha sempre in mente due disputanti 5 alle prese con la necessità di provare la verità o la falsità di un enunciato, cosa che secondo lui può farsi a patto di essere costantemente disposti a un subitaneo cambiamento di prospettiva: «La sua [di Aristotele] formula per indicare questo metodo è: Assumendo ora un altro punto di partenza ... »6 • Il diverso punto di partenza assunto da onesti interlocutori versus 3 Mario Lavagctto, l.Avorare con piccoli indizi, Bollati Boringhieri, Torino 2.003. "Sigmund Freud, ltztrodutione alla psicoanalisi (1915-1917), in Id., Opere, voi. 8, a cura di Cesare L. Musatti, Boringhieri, Torino 1978, p. 2.08. s William Calvcrt Knealc e Martha Kncale, Storia della logica, a cura di Amedeo G. Conte, Einaudi, Torino 1972., p. 47. 6 Pierre Hadot, Eserciti spirituali e filosofia antica, trad. it. Anna Maria Marietti e Angelica Taglia, Einaudi, Torino 2.005, p. 64.

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il Freud segugio di minuzie suona in questo caso all'incirca così: ma come! Ci sono tanti fenomeni eclatanti nel vasto universo psichico, tante strambe illusioni, tante fantasmagoriche allucinazioni, tanti deliri marchiani e stravaganti, incredibilmente refrattari a ogni esame di realtà, tanti giganti psichici di immani proporzioni che fanno bella mostra di sé in primo piano e Lei, Professore, si dà la briga di intrattenerci con i nani del paratesto, non esita a farci annaspare in un mare di microscopiche inezie! Dimenticanze, lapsus, gesti avventati, sbadataggini, disattenzioni, qui pro quo e così via, che interesse possono mai rivestire? Risposta freudiana al pròblema: Un momento, Signore e Signori! A parer mio la vostra critica non è sulla via giusta. [... ] la sua [della psicoanalisi] materia di osservazione è costituita abitualmente da quei fatti poco appariscenti che le altre scienze mettono da parte come troppo insignificanti: dai rimasugli, per così dire, del mondo dei fenomeni. [... ] Potrei citarvi con facilità parecchie di queste situazioni [in cui sono importanti i rimasugltl. Da quali minuscoli indizi deducete - mi rivolgo a voi giovanotti - di aver conquistato la simpatia di una signorina? Aspettate per questo un,esplicita dichiarazione d,amore, un abbraccio appassionato, oppure non vi basta forse uno sguardo, che altri difficilmente noterebbero, un movimento fugace, il prolungarsi per un secondo di una stretta di mano? E se, in qualità di agenti investigatori, partecipate alle indagini su un assassinio, vi aspettate davvero di trovare che ftassassino abbia lasciato sul luogo del delitto la sua fotografia con tanto di indirizzo accluso, oppure non vi accontentate necessariamente di tracce relativamente lievi e non molto perspicue della persona ricercata?7

Delle medesime due condizioni, innamoramento e investigazione, parla anche Carlo Ginzburg8 in un celebre saggio, divenuto un classico ormai, che ha il potere di elevare l'indizio a paradigma di una modalità tutta speciale del conoscere. Uno dei suoi esergo recita: «Dio è nel particolare» - e anche il diavolo, aggiungo io. Apre il saggio Ivan Lermolieff, al secolo Giovanni Morelli, medico ottocentesco italiano capace appunto di riconoscere nei dettagli dei dipinti la divinità, in essi nascosta come Freud, Introduzione alla psicoanalisi cit, p. 2.10. Carlo Ginzburg, Spie. Radici di u11 paradigma indiziario, in Aldo Gargani (a cura di), Crisi della ragione. Nuovi modelli nel rapporto tra sapere e attività umane, Einaudi, Torino 1978. 7

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in un tabernacolo, che risultava però ermeticamente chiuso alla quasi totalità degli esperti, dei collezionisti e dei critici. Ad esempio, la forma delle orecchie, il profilo delle unghie, la curvatura di una rima palpebrale, la forma delle dita e simili sono, per quanto concerne l'ascrizione a un presunto autore, infinitesimi molto più eloquenti a confronto di quell'infinito che apparentemente li sovrasta e che è costituito dal soggetto del dipinto olisticamente considerato. E non può che proseguire, il saggio di Ginzburg, con Freud e con lo spiccato interesse che nutriva per il metodo Morelli. Ma va anche detto che l'ascesa dal più infimo particolare a una verità di portata generale fu, assieme alla tendenza a andare oltre ciò che manifestamente appare nella facciata, un tratto diffuso in gran parte della vita intellettuale viennese dell'epoca: Kraus amava fondare le sue profezie apocalittiche sull'indizio di un piccolo annuncio pubblicitario o di un episodio di cronaca locale; Freud traeva delle conclusioni di portata generale da un sogno individuale o da un lapsus linguae; Wittgenstein prendeva dal discorso quotidiano dei modi di dire banali e ne derivava un'intera filosofia del linguaggio; Loos giungeva a conclusioni antropologiche assolute partendo dal taglio dell'abbigliamento femminile, dalla forma di un bottone o di una saliera9.

Nel determinare lo sviluppo della personalità e il suo destino, Adler conferiva un ruolo fondamentale a ciò che chiamò costellazione familiare, rappresentata a suo parere non tanto dalla coppia genitoriale quanto dalla fratria e, più in particolare, dalla posizione occupata da ciascuno dei fratelli nella successione delle nascite - una tesi, questa, che secondo alcuni 10 è significativamente connessa sia alla svalutazione adleriana del complesso edipico, sia all'enorme importanza da lui assegnata alla competizione. Poco importa se di copertura 11 , in uno dei suoi primi ricordi Adler si vede, all'età di due anni circa, seduto su una panca, bendato e dolorante a causa del rachitismo, men9

Timms, La Viet1na di Karl Kraus cit., pp. 17 5-176. Ad esempio Henri F. Ellenbcrger, La scoperta dell'i1,co1,scio, trad. it. Wanda Bcrtola, Ada Cinato, Ferdi Ma1.zonc e Riccardo Valla, Boringhieri, Torino 1972.. 11 Sigmund Freud, Ricordi di copertura (1899), in Id., Opere, voi. 2., a cura di Cesare L. Musatti, Boringhieri, Torino 1977. •

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tre il fratello maggiore, primogenito, siede di fronte a lui bello e straripante di salute: Egli poteva correre, saltare e muoversi senza alcuno sfor~o, mentre per me ogni movimento di qualsiasi tipo era una fatica e uno sforzo [ ... ] Ognuno si dava un gran da fare per aiutarmi, e mio padre e mia madre facevano tutto quanto era loro possibile 12·•

A conferma della continuità tra vita e opera, Ellenberger ha buon gioco a ricondurre l'enfasi teorica di Adler sulla diacronia dei fratelli all'intensa rivalità che lui, secondogenito di sci figli, nutriva nei confronti del primogenito, e a rintracciare inoltre i derivati della scena in cui il piccolo bambino soffre mentre tutti cercano di accudirlo, nella descrizione adleriana dello stile nevrotico di vita, costituito da senso d'inferiorità e richieste di aiuto - al netto di virili compensazioni. Ma anche a prescindere da acciacchi, disavventure e femminee inferiorità, la posizione di un secondogenito è davvero scomoda. Perché, come se non bastasse a ingiallirgli la bile l'assillante rovello della propria invidiosa e aggressiva competizione con chi lo precede, è costretto a ritrovarsela clonata alle terga in chi da presso lo tallona, il terzogenito, e deve perciò stringere i denti e sbarcare il lunario sotto il fuoco incrociato di due opposte fucilerie. Così fu per il secondogenito Adler, che aveva da una parte un fratello maggiore molto brillante e dall'altra un fratello minore competitivo, [situazione che] sembrò ripetersi più tardi, quando Adler si trovò in mezzo fra Sigmund Freud [più vecchio di quattordici anni] e Cari Gustav Jung [più giovane di cinque anni] 1 3.

Fatto sta che - cronaca familiare - il primogenito, dopo aver debuttato con un magro lavoro alle dipendenze di un padre in perenne affanno nel suo striminzito commercio di cereali, quando gli affari cominciarono a traballare, a volgere al peggio e il reddito a infilare un pericoloso scivolo verso lo zero, non tardò ad attingere a piene mani alle sue risorse, consistenti in un robusto talento, in intelligenti iniziative e in una spiccata attitudine all'imprenditorialità. Ai cereali sostituì gli appartamenti, mise su 11

Ellcnbcrgcr, La scoperta dell'i11co11scio cit., p. 678.

13

lvi, p. 679.

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un'agenzia immobiliare e in breve tempo diventò più che ricco, risollevando le proprie sorti e quelle dell'intera famiglia: Alfred Adler si era sentito messo in ombra '4 dal fratello maggiore modello, che, secondo Alfred, era in grado di raggiungere traguardi molto più elevati dei suoi, ponendosi in una dimensione cui egli, nonostante tutti i suoi sforzi, non avrebbe mai potuto aspirare. Anche alla fine della sua vita Alfred non aveva del tutto superato questa sensazione•s.

Ci sono espressioni che corrono a volte come un filo rosso nella trama degli avvenimenti, e tale sembra essere la metafora dell'ombra, divenuta una citazione standard nella letteratura sulla controversia tra Freud e Adler. Forse a coniarla fu lo stesso Adler, probabilmente nell'autunno del 1910, quando disse che proprio non gli andava di sparire all'ombra di Freud1 6• E Freud più che volentieri la riprese in Per la storia del movimento psicoanalitico: Il motivo personale del suo [di Acller] lavoro può essere menzionato anche pubblicamente, dal momento che egli stesso lo ha rivelato davanti a una piccola cerchia di appartenenti al gruppo viennese: «Crede proprio che ci provi gran gusto a restare per tutta la vita nella Sua ombra?» 1 7.

Diversa la versione di Adler, secondo cui il Signor Freud avrebbe a suo uso e consumo deliberatamente misinterpretato il gentile

rifiuto opposto da Adler all'umbratile soggiorno, rifiuto dettato semplicemente dalla necessità di non essere formalmente annoverato tra i freudiani per la sola ragione di frequentarne i Mercoledì1 8 • Motivo: Adler nutriva ambizioni universitarie e temeva che il suo identikit di affiliato alla losca banda di Berggasse 19 avrebbe finito per costituire un insormontabile ostacolo per la messa a segno del suo desiderio di guadagnare altolocate posizioni. A proposito delle quali, tra le tante critiche puntuali e puntigliose 14 1

In Freud's Shadow, recita appunto il titolo del già citato libro di Stcpansky.

s Ellenberger, La scoperta dell'i,1eotiscio cit., p. 660.

16

Handlbauer, The Freud-Adler Controversy cit., p.112. Sigmund Freud, Per la storia del movimento psicoanalitico ( 1914), in Id., Opere, voi. 7, a cura di Cesare L. Musatti, Boringhicri, Torino 1977, p. 423. 18 Handlbauer, The Freud-Adler Controversy cit., p.112. 17

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che Freud muove a Adler nella suddetta Storia del movimento, ce n'è una che concerne la brutale riconduzione delle altolocate posizioni alla loro bassa origine nei più bassi dei bassifondi sessuali: Adler spinge la sua coerenza al punto da ritenere addirittura che l'elemento propulsivo più forte dell'atto sessuale consista nell'intento dell'uomo di mostrarsi padrone della donna, di starle "sopra" 1 9.

Ossia nel delirio di sopra e sotto 20• Irritante Freud finì per trovare anche Wilhelm Stekel, perché lo considerava vanesio, supponente, egotico, inaffidabile, da una riunione all'altra facondo affabulatore nel reportage di suoi pazienti veri o immaginari, ma soprattutto perché, con disinvolta sicumera, si dava a discettare ex cathedra sui massimi sistemi psicoanalitici, secernendo senza ritegno teoria mai guadagnata col sudore della prova - una patologia, questa, ancora oggi diffusa. Con rammarico confidò una volta a Wittels: «Nella mia vita ho commesso due crimini: ho attirato l'attenzione sulla cocaina e ho introdotto Stekel alla psicoanalisi» 21 • Eppure non poteva, Freud, non riconoscergli qua e là un singolare talento clinico, fatto di fulminee intuizioni che attingevano direttamente qualche profonda verità saltando a piè pari tutte quelle tappe intermedie dell'argomentazione che una logica minimamente morigerata avrebbe imposto. «Il porco trova tartufi», di lui ebbe a dire Freud a Jung 2 2, riferendosi con 'tartufi al sotterraneo fiuto di Stekel per simboli onirici molto prelibati, e con porco alla sua vociferata inclinazione per rapporti analitici poco illibati2 3. E di nuovo a Jung: Non c'è alcuna speran7..a di poterlo educare [Stekel], è uno scandalo per chiunque abbia buon gusto, ed è davvero una creatura dell'inconscio, «lo stravagante figlio del caos», ma per lo più egli ha ragione in ciò che afferma a proposito dell'inconscio, con cui si trova in rapporti assai migliori che non noi 14. •9 lvi,

p. 42.5. Nunbcrg e Federo (a cura di), Minutes of the Vienna Psychoanalytic Society, voi. 3, cit., p. 148. 11 Timms (a cura di), Freud and the Child Woman cit., p. 12.3. u McGuirc (a cura di), Lettere tra Freud e Jung cit., p. 434. 2.3 Makari, Revolution in Mind cit., p. 3 3 6. 24 McGuirc (a cura di), Lettere tra Freud e Jung cit., p. 449. 20

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Quanto allo stekeliano mix di talento e sregolatezza, eccone qui di seguito un considerevole esempio. In un suo contributo che diede alle stampe nel 1911, avanzò la tesi secondo cui i nomi propri di persona spesso esercitano un influsso sui loro portatori, supportandola con storie cliniche di suoi pazienti corredate appunto dai loro nomi e, quando Freud gli contestò la violazione del segreto professionale, rispose che non c'era da preoccuparsene, perché quei nomi li aveva tutti inventati di sana pianta25 • Eppure, come spesso capita con Stekel, da quel suo mix si può separare l'oro dalla ganga, vale a dire il talento dalla sregolatezza. Lo fece Karl Abraham, che nello stesso anno riprese l'onomanzia di Stekel pubblicando un lavoro - brevissimo, forse perché di nomi non ne fa - dal suggestivo titolo: Sul potere determinante del nome, che confermava senza riserve la tesi di Stekel 26• A costo di incappare nella fallacia dell'ipse dixit, voglio ricordare che, sotto il profilo umano e scientifico, Abraham era agli antipodi di Stekel: metodico, scrupoloso, riservato, attento alla clinica, mai un azzardo teorico se non sotto stretta tutela empirica, quanto basta per accreditare non solo il proprio lavoro, ma per contraccolpo anche quello dello stesso Stekel. Se non fosse sufficiente poi l'accredito di Abraham, eccone altri due garantiti da Freud in persona. Primo, «il significato dei nomi può essere confermato in [uno studio di] storia delle culture. Presso gli ebrei ortodossi, esiste la curiosa proibizione che il figlio scelga una fanciulla che si chiama come la propria madre» 27; secondo, Napoleone aveva a tal punto investito il fratello maggiore Giuseppe di un transfert omosessuale, che fu il nome Giuseppe a condizionarne sia il matrimonio con Giuseppina Beauharnais, sia la spedizione nella biblica terra di Giuseppe e i suoi fratelli: 25

Peter Gay, Freud. Una vita per i nostri tempi, trad. it. Margherita Ccrletti Novelletto, Bompiani, Milano 1988, p. 194. 26 Karl Abraham, Sul potere detennitumte del tzome (1911 ), in Id., Opere, voi. 1, a cura di Johannes Cremerius, Boringhieri, Torino 1975, p. 54. Stekel fornisce una versione differente del veto opposto da Freud alla pubblicazione del suo lavoro sul «Zcntralblatt fiir Psychoanalyse» e sostiene che i suoi risultati furono confermati oltre che da Abraham, anche da Herbcrt Silbcrer; dr. Emil A. Gutheil (a cura di), The Autobiography of Wilhelm Stekel. The Life Story of a Pioneer Psychoatialyst, Rcad Books, Redditch 2013, p. 131. 2 7 Nunbcrg, Federo (a cura di), Mitndes of the Viet1na Psychoanalytic Society, voi. 2., cit., p. 2.57.

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Dovette però giocare il ruolo di Giuseppe Uoseph) in Egitto, l'incorreggibile visionario, e poi provvedere anche ai fratelli in Europa, come se la conquista gli fosse riuscita. Del resto noi dobbiamo a questa pazzia di Napoleone la decifrazione dei geroglifici 28•

E anche nella Vienna fin de siècle il significato del nome aveva notevoli ricadute, non solo inconsce ma anche culturali e sociali: Tra gli ebrei che miravano all'assimilazione cominciò a diffondersi la pratica di germanizzare ulteriormente i nomi, in special modo di chi volesse convertirsi al cristianesimo o dello scrittore che cercasse uno pseudonimo più gradevole. [... ] erano talmente numerosi i Samuel travestiti da Siegfried che Kraus poteva parlare non senza un buon motivo di una civiltà di pseudonimi 2 9.

La proverbiale intuizione di Stekel finisce perciò per intercettare un campo di ricerca che travalica gli eventuali effetti del nome sul carattere del singolo, e si estende da un lato alla tematica della consegna identitaria genitoriale, dall'altro all'influsso che il nome esercita non solo sul suo portatore, ma anche su chi ha la ventura di trovarsi in rapporto con lui - Fliess e Stekel si chiamavano entrambi Wilhelm, rilevò Freud. Per la consegna identitaria, basti pensare al lacaniano nome del padre nella duplice accezione del genitivo, il nome che il padre ha e il nome che il padre dà, in quanto significante che introduce alla funzione simbolica e alla conseguente ingiunzione normativa. E per l'influsso che il nome esercita su chi è in rapporto col suo portatore, tornando ora alla nostra storia, basti pensare che il valente primogenito di casa Adler, l'imprenditore di successo nei cui confronti Alfred nutriva ammirazione, ma soprattutto invidia, aggressività, competitività, e a cui si sentiva subalterno e sottomesso in modo così poco virile, ebbene, quel fratello maggiore si chiamava ... Sigmund! Nel 1902 Alfred avrebbe avuto la (s) fortuna di incontrarne la reincarnazione in Berggasse 19. 18

Sigmund Freud e Arno Id Zweig, Lettere sullo sfondo di ut1a tragedia ( I 92. 7I939), a cura di David Mcghnagi, Marsilio, Vene7.ia 2000, pp. 133-134; ma anche Thomas Mano, Epistolario 1889-I936, trad. it. Italo Alighiero Chiusano e Lavinia Ma7.zucchetti, a cura di Erika Mano, Mondadori, Milano 1963, p. 550. 29 Timms, La Vien11a di Karl Kraus cit., p. 67.

V.NOMI

55

Sentirsi subalterni e sottomessi può tuttavia avere anche un esito molto virile, l'esito che Adler descrive nella teoria di Adler. Il 21 novembre 1906 Philipp Frey, un insegnante appassionato di psicoanalisi che frequentò per qualche anno casa Freud, tenne una relazione che dovrebbe interessare ogni soggetto che suppone di sapere desiderando ardentemente che altri suppongano che lui sappia, essendo la prima supposizione dipendente dalla seconda. Lo dice bene Aulo Persio Fiacco nella sua prima satira: «Poveri noi! Siamo al punto che ciò che sai non vale se l'altro non sa ciò che sai?»3°. Il felice titolo di Frey è: Sulla megalomania delle persone normali31 • E l'avvio della relazione è: ci sono persone che sotto il profilo sociale sembrano normali ma che invece, sotto il profilo psicologico, tali non possono essere del tutto considerate. Nella sua Psicopatologia della vit:a quotidiana - prosegue Frey - Freud ha mostrato come l'anima di questi individui, che potremmo definire normali a metà, rechi impressi gli sgradevoli contrassegni di una abnorme presunzione che sfocia in megalomania; forse è in gioco la compensazione di un senso di inferiorità - aggiunge Frey, convocando con una sola mossa Adler e la teoria di Adler; comunque, questa misconosciuta patologia affligge soprattutto chi da un lato possiede un ascendente sugli altri - e Adler lo possedeva - mentre si trova dall'altro in una posizione di subalternità - e rispetto a Sigmund, Adler ci si trovava; chi nella vita e nel lavoro ottiene invece una reale gratificazione - Sigmund - non è per niente esposto a megalomania. È qui che fa capolino, nel bel mezzo della discussione sul contributo di Frey, il talento di Stekel, che gli consente di fiutare il tartufo nella tesi secondo cui la megalomania del subalterno scaturisce dall'identificazione col suo superiore - e dalla difficoltà di mandarla a segno, quando il superiore è troppo superiore. E fa capolino anche l'inconscio di Freud, che gli fa tirare in ballo come esempio - ma l'esempio è la cosa - la megalomania di quegli studiosi i cui traguardi sono impari alle loro aspettative. Di lì a poco, due settimane appena, discutendo un pamphlet di Stekel 3° «O morcs! Usquc adconc scirc tuum nihil est, nisi te scirc hoc sciat alter?» (Pcrsio, Le satire, a cura di Saverio Vollaro, Einaudi, Torino 1972., p. 4). 3' Nunbcrg e Fcdcrn (a cura di), Minutes of the Vienna Psychoanalytic. Society, voi. 1, cit., p. p ..

LA SCUOLA DI FREUD SOTTOSOPRA

dal titolo Le cause del nervosismo, Freud traccerà l'identikit della dinamica che assedia il suo gruppo: Sappiamo, per esempio, che nei conflitti tra i subordinati e i loro superiori [tra le femmine di Avicenna e le super{emmine di Hitschmann] (che Stekel ritiene responsabile dello sviluppo dei fenomeni nervosi) è la componente omosessuale che gioca il ruolo principale; che questo conflitto è in realtà [causato da] mal d'amoreP·.

Un identikit degno di due futuri capolavori, Totem e tabù e Psicologia delle masse e analisi dell'Io 33 •

32. lvi,

p. 72. Totem e tabù. Alcu11e co11corda,,ze nella vita psichica dei selvaggi e dei nevrotici (1912-1913), in Id., Opere, voi. 7, cit.; Id., Psicologia delle masse e a11alisi dell'Io {1921), in Id., Opere, voi. 9, cit. 33 Freud,

VI.

Primo(genito)

Per Freud, la protesta virile era null'altro che un esempio dell'angoscia di castrazione. Per Adler, l'angoscia di castrazione era null'altro che un esempio della protesta virile 1 •

In questa tenzone su quale delle due teorie debba essere considerata sottoteoria dell'altra, su chi dei due teorici in campo meriti la supremazia e a chi dei due spetti invece la sottomissione, dal versante di Freud la posta in gioco è ciò che lui amava chiamare la causa, cioè la messa in sicurezza transgenerazionale dell'edificio psicoanalitico, la garanzia di un passaggio di mano senza intoppi da Edipo a Antigone, una faccenda non solo scientifica ma anche personale, visto che - lo ripeto - l'edificio teorico, qualunque esso sia, fa sempre tutt'uno col suo costruttore, delle cui impronte digitali e dei cui accidenti esistenziali reca indelebile traccia. Strumentale alla buona riuscita della sua edilizia, c'è poi l'edificante necessità di Freud di mantenere, con gli allievi divenuti pazienti e con i pazienti divenuti allievi, quella quota di asimmetria relazionale nella cui revoca potrebbe la sua paterna autorevolezza scadere a poco più di un collusivo cameratismo tra colleghi, il soggetto supposto sapere degradare in soggetto supposto ignorare, e il timone della cosiddetta causa sfuggirgli Stcpansky, In Freud's Shadow cit., p. 2.91. «Egli [Adler) crede che questi difetti infantili sono originariamente privi di qualunque coloritura sessuale, mentre il sessuale ha la coloritura dei difetti infantili» (Nunbcrg e Fedem (a cura di), Minutes of the Vie,,na Psychoanalytic Society, voi. 2., cit., p. I 44). 1

LA SCUOLA DI FREUD SOTTOSOPRA

di mano - come accadrebbe oggi, nella direzione della cura, a qualunque analista proclive a improvvide Self-disclosure, fosse anche un accolito dell'egalitaria Two Persons Psychology o un affiliato a qualche sua democratica variante. Ciò che ho appena chiamato quo'ta di asimmetria, oltre ad avere solide fondamenta teoriche e blasonate origini nella tecnica freudiana, anche in quella che ai suoi primi passi era ancora imbevuta di inebrianti ipnotici, giocò nel 1909 un ruolo nella storia del movimento quando, a bordo della George Washington diretta in America, Jung e Ferenczi reclamarono, contra Freud, la pretesa di una completa simmetria relazionale, che avrebbe dovuto incarnarsi nell'esercizio di un loro diritto di libero accesso ai di lui sogni, visto che per parte sua lui stava godendo di libero accesso ai loro2.. C'è da dire che alcuni piccoli indizi, nulla più di quei microfatti alla Morelli/Freucl/Ginzburg su cui si basa - si spera ancora oggi - il lavoro analitico, lasciano intravvedere l'incombenza, nel terzetto degli imbarcati nella oceanica traversa'ta psichica3, di una sorta di dionisiaco entusiasmo alla Nietzsche, una potenziale folie à trois nutrita di pensiero magico, istanze simbiotiche e ipcrtimiche telepatie, a stento e fortunatamente arginati dal rifiuto di Freud di cedere la manomorta da lui detenuta sulla suddetta quota di asimmetria - un pedaggio che, per quanto scomodo, va sempre e a ogni costo pagato dai pazienti, pena il trasbordo dell'analisi dalla George Washington alla barca di Caronte. Si sa come in seguito finì la storia: dopo un rimasuglio di tempo, quanto basta per imboccare la deriva del successo, Jung mollò gli ormeggi e se ne partì verso i suoi archetipi, ibridi a mezza strada tra la metessi platonica e il monopsichismo dell'inquietante Averroè4, a favore dei quali sacrificò, su religiosa pira, i corporei eros e psiche di freudiana natura barattandoli con gli incorporei Cari Gustav Jung, Ricordi, sog11i, riflessioni (1961), trad. it. Guido Russo, a cura di Anicla Jaffé, Ri1.zoli, Milano 1992.. Si veda anche Saul Roscnzweig, A Walk in Centrai Park, in Id., Freud, Jung, and Hall the Ki11g-Maker. The Expedition to America (1909) cit. 3 Fuori di metafora: nella traversata, dall'uno all'altro dei componenti del terzetto, di quel sentimento oceanico dal quale però Freud tenne a dichiararsi sempre immune. 4 Jcan-Baptistc Brcnct, Averroè l'inquietante, trad. it. Andrea Bruschi, Carocci editore, Roma 2.019. 2

VI. PRIMO(GENITO)

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Eros e Psiche di mitologica ascendenza; mentre, dopo anni e anni di tormentatissimo rapporto col Maestro, Ferenczi finì per agire l'antico suo desiderio di amalgama con lui, spostandolo però sui propri pazienti nella pratica della cosiddetta analisi reciproca, questa sì finalmente e totalmente simmetrica! Mi sdraio dove eri sdraiato, ti siedi dove ero seduto. Rispetto a Ferenczi e Jung, Adler è diversamente disposto nei confronti di Freud, non reclama alcuna oniromantica simmetria con lui, niente parità, ma avanza invece la pretesa per sé di una specifica forma di asimmetria, una richiesta di primato, il godimento di una sorta di ius primae doctrinae, per dirla con verginale allusione sessuale. Che si ceda il passo alla sua teoria, sotto cui quella freudiana vada a cadere come caso particolare, perché l'inferiorità d'organo e la protesta virile costituiscono l'alba della vita psichica, sulla quale andrà fortunosamente e in un secondo momento a innestarsi il sessuale, ma solo a tramonto inoltrato o al massimo nel tardo pomeriggio. Insomma, desidera essere lui il primo(genito), perché «si sentiva inadatto al ruolo di fratello minore e non era in grado di accettare Freud nel ruolo di insindacabile autorità che lui [Freud] rivendicava» 5 , ed è questa contesa attorno alla lenticchia di Esaù che condurrà allo scontro finale, giocato a partire dagli inizi del 1911. A promuoverlo il nostro Hitschmann quando, azzerata la sua pur considerevole capacità di indurre il gruppo a ilari abreazioni della propria tragica condizione, ossia costretto a dismettere i panni di Aristofane e a vestire quelli di Euripide, avanza la mozione secondo cui si ponga una volta per tutte in discussione la teoria adleriana - cioè Adler - con particolare riferimento alla sua (in)compatibilità con la teoria freudiana - cioè con Freud6• E si ponga fine così per sempre al cattivo umore nell'impero7, non più con una risata divenuta ormai singulto, ma con una eventuale fuoriuscita del dissidente, caldeggiata alla fine da Rudolf Reitler. Di quel s Stcpansky,

I,, Freud's Shadow cit., p. 82.. Nunbcrg e Fedem (a cura di), Mi1,utes of the Viet1na Psychoanalytic Society, voi. 3, cit., p. 59. 7 lvi, voi. 1, cit., p. 316: «~ impossibile controllare con regole e regolamenti il cattivo umore nell'impero che è di recente insorto; speriamo tuttavia che la buona intenzione sarà da sola sufficiente a spegnere in futuro tutte le frizioni». 6

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LA SCUOLA DI FREUD SOTTOSOPRA

cattivo umore nell'impero si era definitivamente preso atto nel febbraio 1908 - un punto di svolta nell'evoluzione del gruppo viennese - quando Max Graf aveva trovato il coraggio dcli' aperta denuncia: «Noi non siamo più il tipo di gruppo che eravamo una volta» 8• Presa d'atto freudiana: Se la situazione è tale che dei gentiluomini non si sopportano più, che nessuno esprime la sua vera opinione scientifica [per timore di plagi e di violente rivendicazioni di priorità, accompagnate da infauste diagnosi psichiatriche affibbiate al presunto plagiario di turno], allora tanto vale chiudere bottega. Egli [Freud] ha sperato, e spera ancora, che una più profonda comprensione psicologica consentirà di superare ogni difficoltà nei rapporti pcrsonali9.

Vana speranza. Immediatamente dopo, nella medesima serata e in coda alla scottante riunione di un gruppo che, se non è

più quello di una volta è tuttavia ancora quello di un istante fa, stracolmo di livori e persino deciso a vietare che si possano usare idee da altri partorite senza previo assenso di quella puerpera mente, deciso cioè ad abolire quel comunismo intellettuale alla Nicolas Bourbaki che delle idee di ciascuno faceva patrimonio di tutti 10, dicevo: in quella medesima turbolenta serata, come se nulla fosse accaduto, come se tutto filasse liscio e quiete regnasse dopo nessuna tempesta, Hitschmann dà pedissequo seguito al programma con la sua relazione sul tema dell'anestesia sessuale femminile. E Freud commenta la relazione avanzando un auspicio che sa di esorcismo dcli'odio che ormai imperversa nel gruppo, l'auspicio cioè che si possa introdurre, nei programmi educazionali, ciò che già fiorì nell'antichità classica, vale a dire la fondazione di una Accademia dcli' Amore dove si insegni I'ars amandi 11 • Ma non dovrebbe essere già ubicata questa Accademia al civico I 9 di Bcrggasse, nono distretto comunale di Vienna? E non dovrebbe 8

9

lvi, p. 301. Ivi, pp. 301-302.

0

Nicolas Bourbaki: eteronimo collettivo di un gruppo di matematici che, nella prima metà del Novecento, dimostrarono come le idee individuali possano diventare patrimonio di tutti invece di servire le smodate ambizioni di un singolo. 11 Nunbcrg e Federn (a cura di), Minutes of the Vienna Psychoanalytic Society, voi. I, cit., p. 3 II. '

VI. PRIMO(GENITO)

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lo stesso Freud esserne il nume tutelare? No, né l'una né l'altra! Perché, a sentire Freud, Adler, con la sua teoria dell'aggressività, della competizione - con Sigmund - e della sete di potere 1 2, ha creato un mondo senza amore e ha offeso la Dea Libido - Freud insisterà a più riprese su questa blasfemia adleriana, ad esempio scrivendone a Pfister e poi a Jung 1 3 - la quale libido è alla resa dei conti lo stesso Freud, che Adler vorrebbe femminilizzare per una questione di virile precedenza al crocevia delle loro opposte teorie. Comunque, a conclusione dell'animosa serata e forse come alternativa all'auspicata Accademia, Hitschmann pensò bene di desublimare la freudiana ars amandi raccomandando, a titolo di rimedio per l'anestesia sessuale femminile, la pratica del coito a tergo o in posizione laterale o ancora, perché no, del coito con la donna sopra e l'uomo sotto 1 4, un fantasma di passiva sottomissione da lui a suo tempo già evocato, anche se nelle criptiche vesti del motto di spirito das Obermenscb. Tornando all'impero e al cattivo umore: nei Mercoledì iniziatici del 1902, all'esordio dell'avventura del movimento, non c'è alcun impero, perché la presa della psicoanalisi sulla società è ancora relativamente lassa e Roma consta solo di poche, sparute capanne disseminate sul Septimontium. Ma in compenso non c'è neppure cattivo umore, perché la piccola cerchia di persone che ha cominciato a riunirsi settimanalmente in casa Freud è legata da rapporti cordiali, è rinfocolata dal sentirsi depositaria di importanti e misconosciute verità, dalla speranza di essere la piccola avanguardia di un grande esercito destinato in futuro a fare piazza pulita di (pseudo )saperi sclerotici, a colonizzare scienze naturali e umane, a infiltrare modi di pensare e costumi, per dirla in breve, chiamato a innescare nella cultura una vera e propria mutazione. 12

lvi, voi. 3, cit., p. 148. •3 A Pfistcr, febbraio 1911: «Si è creato [Adler] un sistema universale senza amo-

re e io sono sul punto di compiere su di lui la vendetta della Dea Libido offesa» (Sigmund Freud, Epistolari. Psicoanalisi e fede. Lettere tra Freud e il pastore Pfister, 1909-1939, trad. it. Silvano Daniele, Bollati Boringhieri, Torino 1990, p. 47). A Jung, marzo 1911: «Ora io mi considero come il vendicatore della Dea offesa Libido» (McGuirc [a cura di], Lettere tra Freud e ]ung cit., p. 430). '" Nunbcrg e Fedcrn (a cura di), Minutes of the Vienna Psychoanalytic Society, voi. 1, cit., p. 313.

LA SCUOLA DI FREUD SO1TOSOPRA

C'era completa armonia [... ] nessuna dissonanza fra noi; eravamo come pionieri in una terra appena scoperta, e Freud era il nostro capo. Sembrava che una scintilla saltasse da una mente all'altra, e ogni serata era come una rivelazione•s.

Il racconto che Stekel fa cli quegli infantili esordi del Septimontium, contrapposti ai trionfi, ma anche agli intrighi e ai conflitti della canuta Roma imperiale caput mundi, è divertente perché frutto di un carattere estroverso il quale, munito della sua penna fluida e accattivante, ha dato prova cli saper divulgare a getto continuo sapidi articoli medici indirizzati a tutti -e perciò a nessuno 16• È diventato giornalista per caso, Stekel, quando, in un'estemporanea conversazione con un redattore del «Neues Wiener Tagblatt», questi ha avuto la ventura di chiedergli, in margine a tutt'altri discorsi e come per intrusione di improvviso e opportunistico pensiero, se fosse disposto a scrivere un feuilleton per il proprio quotidiano, la cui ippocratica rubrica è improvvisamente rimasta orfana di padre. Accettò di farsene patrigno a cottimo, tirò fuori dal cassetto - racconta - un suo articolo che giaceva lì inerte da circa un biennio, titolo: Tra malattia e salute, lo rifilò al suo improvvisato committente e tale fu l'inaspettato successo di pubblico che in breve da tutta l'Austria cominciarono a piovergli lettere tanto entusiastiche quanto recriminatorie, se mai gli fosse capitato di non onorare il cartaceo appuntamento. Fu così che, acquisita notorietà se non addirittura popolarità, trovò occasione di ampliare le proprie frequentazioni e di conoscere molti intellettuali, tra i quali il medico Max Kahane, che curava i nevrotici con l'elettroterapia, o meglio, cercava inutilmente cli curarli inseguendo galvaniche speranze con risultati poco galvanizzanti. E fu proprio lui, Kahane, a parlargli per primo di un oscuro docente che, una volta a settimana, teneva all'Università delle lezioni assolutamente differenti da tutte le altre, in rotta di collisione con la monocorde antifona della scienza ufficiale e piene di idee nuove e originali. Durante una delle quali - gli riferì Kahane - l'oscuro docente Freud aveva citato un lavoro dal titolo Il coito nei bambini e aveva pubblica•s E. A. Guthcil (a cura di), The Autobiography of Wilhelm Stekel cit., p. 116. Ivi, il racconto si trova ai capitoli 4 e 5.

16

VI. PRIMO(GENITO)

mente espresso il desiderio di incontrarne l'autore, il quale altri non era che Stekel. Una strategia seduttiva, questa, identica a quella che il cacciatore d' anime, al secolo Freud, mise in campo con l'anima infantile di Wittels e con tante altre infantili anime, tra le quali anche quella del secondogenito Adler. Come per potenziare il desiderio freudiano di cooptarlo, alla prima occasione Stekel affilò la sua penna e pensò bene di prendere le armi contro una stroncatura dell'Interpretazione dei sogni da poco apparsa su un settimanale, con la quale duellò all'ultimo sangue e, nel tessere il panegirico di Freud, sostenne che la di lui opera, ingiustamente vulnerata dal recensore con l'accusa di essere «astrusa e antiscientifica» 1 7, segnava in realtà l'avvento di una nuova era. Avendoci poi preso gusto, continuò senza sosta a propagandare la grande rivoluzione freudiana e a tirarne in ballo il capo, a tal punto che l'infastidito editore del «Tagblatt» gli chiese se volesse avere la bontà di fornirgli, prima o poi, almeno un articolo che non menzionasse il solito Freud: «Le macchine tipografiche di tutta Europa ansimavano sotto il peso degli articoli che Stekel scriveva su Freud» 18• Nel frattempo, causa un problema sessuale, Stekel avviava col suo Freud anche una terapia, col risultato di risolvere felicemente il sintomo in appena otto sedute - quelli sì che erano tempi!19. Entusiasmo di Stekel alle stelle, sua la proposta di arruolare un manipolo di liberi pensatori, audaci e anticonformisti, per mettere mano alla prima pietra dell'impero. Nettare e ambrosia per Freud20• Le prime reclute furono Max Kahane, Rudolf Reitler e Alfred Adler,cui si aggiunsero, ma solo in seguito, Pani Federo, Eduard Hitschmann e Isidor Sadger, che poi introdusse suo nipote Fritz Wittels. Il 28 gennaio 1903, Stekel pubblicò un feuileton che raccontava la prima serata m 1

Ivi, p. 105. Ivi, p. 106. •9 Diversa versione in ~- Roudincsco, Sigmund Freud nel suo tempo e nel nostro cit., p. 1 2.0, dove si sostiene che Stckcl non risolse la sua compulsione masturbatoria. Se questa versione dei fatti fosse vera, sarebbe interessante metterla in relazione con gli opposti giudizi di Freud e Stckcl sulla masturba7.ionc reperibili nelle Mittute: il primo la considerava una pratica nociva, il secondo no . .z.o «Amico carissimo, la tua lode è per mc come nettare e ambrosia» Ucffrcy M. Masson (a cura di], Lettere a Wilhelm Fliess 1887-1904, trad. it Anna Maria Massimcllo, Bollati Boringhicri, Torino 1986, p. 2.09). 1

18

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assoluto del neonato circolo freudiano, dedicata alla psicologia del fumatore e celebrata, quasi a titolo di esperimento in tempo reale, in una stanza sovrassatura del fumo di pipe, sigari e sigarette. Cinque i presenti. Per rendere conto della calda e -fumante cordialità dei loro rapporti, così diversa dal futuro clima freddo e asciutto riportato negli annali dall'amanuense Rank, niente di meglio che citare gli scherzosi soprannomi dei magnifici cinque, attribuiti a loro da chi di loro non si sa: il Maestro è Freud, il Socialis'ta è Adler, il Rilassato è Kahane, il Reticente è Reitler e l'Irrequieto è Stekel. La riunione ha luogo in un piccolo, accogliente studio a casa di un importante neurologo. L'ospite siede alla sua scrivania fumando una piccola pipa inglese. L'l"equieto è sprofondato in una soffice poltrona di pelle e fuma una pipa inglese come il suo Maestro, se mai fosse possibile ancora più soddisfatto di lui. Il Reticente tiene con grande abilità e eleganza una sottile sigaretta fra le dita. Il Socialista, dall'aspetto molto serio, aspira un sigaro Virginia. Suonano alla porta. Entra il Rilassato. L'ospite gli offre un sigaro 21 •

21

Handlbaucr, The Freud-Adler Controversy cit., p. 18.

VII.

De-idealizzazione

Sul finire degli anni Ottanta, Peter Homans diede alle stampe un lavoro, o meglio, una monografia - cento pagine circa - dal suggestivo titolo Disappointment and the Ability to Mourn, sottotitolo: De-Idealization as a Psychological Theme in Freud's Life, Thought, and Socia/ Circumstance, I 906- I 9 I 4 1 , in cui tentava di intercettare, su un terreno all'epoca sempre più battuto, un sentiero ancora inesplorato capace di condurre a qualche nuovo giro d'orizzonte. Il terreno sempre più battuto era quello del rapporto tra l'uomo Freud, l'intrico delle sue vicende personali e la sua opera, mentre la speranza di guadagnare un nuovo giro d'orizzonte era nutrita dalla crescente disponibilità di materiali biografici, soprattutto carteggi, in precedenza secretati da mano privata e poi alla spicciolata elargiti al dominio della mano pubblica, seppure in dosi refratte, con qualche ponderato omissis e con uno scadenzario degno del timer di un caveau tarato a pluriennali riaperture2 • Estratta dalla suddetta monografia, ecco una filza di parole chiave con funzione di segnaletica a chi voglia incamminarsi in quel sentiero: de-idealizzazione, lutto, creatività, narcisismo, gruppo. Che Freud fosse incline a travolgenti passioni indirizzate non solo alla fidanzata ma anche, absit iniuria verbis, al fidanzato di 1

In Paul E. Stepansky (a cura di), Freud. Appraisals and Reappraisals. Contributions to Freud Studies, voi. 2., The Analytic Prcss, New York 1988, p. 3. 1 Nel già citato Lavorare con piccoli indizi, in un capitolo intitolato Ce11sure per Freud, Lavagetto anali12.a il significato profondo degli omissis imposti dagli editori, in particolare da Anna Freud e Ernst Kris, agli epistolari freudiani.

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turno, sia esso maestro, collega o allievo, è faccenda ben nota e attestata dallo stesso passionario, là dove racconta di quella sua urgenza esistenziale, risalente tanto per cambiare all'infanzia, di avere sempre a portata di mano un amico da amare e un nemico da odiare: Un amico intimo e un nemico odiato sono sempre stati per mc esigenze indispensabili della mia vita sentimentale; ho sempre saputo procurarmene [di] nuovi e non di rado l'ideale infantile si è ricostituito al punto da far coincidere nella stessa persona amico e nemico, naturalmente non più nello stesso tempo o in varie alternative ripetute, come può essersi verificato nei primi anni dell'infanzia3.

Sospetto perciò, vista questa passionale esternazione, che sia prevalentemente frutto di formazione reattiva I'encrasia di Freud, quel suo proverbiale autocontrollo che finirà per approdare in vecchiaia a un leonardesco esilio da quasi tutta la vita affettiva. Epicuro distingueva tra piaceri catastematici e piaceri cinetici, quieti e duraturi i primi, consistenti quasi in sola assenza di turbamento; in movimento e transeunti i secondi, consistenti nel tumultuoso raggiungimento di una loro acme fatta di un appagamento tanto più instabile quanto più acceso era stato l'ascensionale tumulto, cui segue un'esperienza delusiva accompagnata dal ripristino della indigente condizione quo ante: deprivazione di ciò che fu, che non è più, che si (di)spera sarà4. Prototipo: il sessuale. A voler applicare a Freud questi venerandi aggettivi, ne deriverebbe che, fatte salve le debite eccezioni, le sue passioni furono spesso tumultuose e transeunti - seppure a lungo termine - dunque cinetiche, fino a quando, esaurita in tarda età la drammatica iterazione della loro parabola, si risolsero in un catastematico nirvana. E a voler poi tradurre la cinetica in dinamica, volendosi cioè appellare non più al retaggio epicureo ma a quello metapsicologico, va ricordato come la passione presupponga idealizzazione e l'idealizzazione implichi passione, due condizioni che, reciprocamente avvitandosi, possono fare masFreud, L 'interpretazio11e dei sogni cit., p. 442.. Robcrt W. Sharplcs, Stoics, Epicureans a,uJ Sceptics. An lntroduction to Hellenistic Philosophy, Routlcdgc, London 2.002., pp. 91-92.. 3

4

VII. DE-IDEALIZZAZIONE

sa critica e guadagnare una loro soglia di catastrofico cedimento strutturale, una dc-idealizzazione cui segue disinvestimento oggettuale e ritiro narcisistico, i due ingredienti base del lutto. Il rapporto di Freud con Flicss, Adler e Jung avrebbe appunto seguito la falsariga della parabola appena descritta, ma il suo infausto epilogo conobbe, secondo Homans, una provvida ricaduta, dovuta alla straordinaria ability to mourn in dotazione all'arsenale freudiano, vale a dire l'abilità di mettere al servizio della creatività il materiale di risulta derivato da un rovinoso crollo affettivo - non ricordo più dove, è lo stesso Freud a parlare del malessere che è indispensabile alla sua attività crcativa 5• Ulteriore riprova, questa, della continuità tra ciò che si vive e ciò che si scrive, senza che, in virtù di questo sodalizio - lo ripeto I' opera debba restare confinata a idiosincratica espressione delle proprie, personalissime vicende e non possa invece corrispondere anche alla realtà esterna, nel senso rigorosamente aletico che Aristotele, Agostino e T arski attribuiscono al termine co"ispondenza: rapporto tra ciò che si afferma e ciò che è. Della vita transustanziata in opera, quale testimonianza migliore di quella fornita dalla cronologia degli scritti di Freud, quando li si voglia interrogare immettendoli nell'intrico delle sue vicende relazionali? E infatti, al lutto adlcriano e junghiano seguirono Totem e tabù, Il Mosè di Michelangelo, Per la storia del movimento psicoanalitico e Introduzione al narcisismo, ciascuno dei quali reca traccia di quei crolli affettivi6 • L'idealizzazione che spingeva il cacciatore d'anime sulle piste della preda amorosa di turno era in larga parte strumentale, perché si trattava in realtà di un investimento devoluto per interposta persona alla consacrazione in saecula saeculorum della Dea Libido, insediata a pari titolo al centro della teoria e nel cuore del teorizzatore. Lo si può constatare spulciando i verbali delle Minute e incrociando l'immensa mole dei vari carteggi freudiani sui quali, man mano che si mettono in parallelo le convulse date di invio ai s «Solo l'uomo che soffre è in grado di compiere qualcosa, pensava [Freud], mentre quando è in uno stato di pieno benessere non riesce né a pensare né a creare» (Roudinesco, Sigmutul Freud nel suo tempo e tre/ nostro cit., p. 34). 6 Freud, Totem e tabù cit.; Id., Il Mosè di Michelangelo (1913); Id., Per la storia del movimento psicoanalitico (1914); Id., ltltroduzione al narcisismo (1914).

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destinatari, affiora in filigrana il tabulato di una strategia complessiva che il grafomane Freud persegue con dislocate tattiche, tagliate di volta in volta su misura per l'interlocutore7 • Lo scopo finale che sempre persegue è quello di sostenere la causa della Dea Libido proteggendola dagli attacchi esterni, anche quando sortiscono il benefico effetto di serrare i ranghi dei sodali, ma soprattutto difendendola dalle ben più temibili risse interne, guerriglie civili - a fronti e alleanze mobili - che scompaginano le fila del movimento mettendone a rischio la tenuta e che vanno perciò sedate a ogni costo, anche pagando lo scotto di compromessi e opportunistiche ipocrisie. In tema di tattiche, ceco il cacciatore alle prese con la cattura iniziatica di Adler, la sua quarta preda: 2 novembre 1902. Caro collega, una piccola cerchia di colleghi e aderenti mi concede il grande piacere di un incontro serale a settimana (otto e mezza, post coenam) a casa mia per discutere argomenti che ci interessano nel campo della psicologia e della neuropatologia. Sto aspettando Reitler, Max Kahane, [e] Stekel. Vorrebbe farci l'onore di aggiungersi a noi? Pensiamo di incontrarci giovedì prossimo, e io resto in attesa di una sua cortese risposta, se gradisca venire e se quella sera per lei vada bene. Con calorosi saluti dal collega Dr. Freud8 •

Sei anni dopo, nel 1908, nonostante Freud avesse nel frattempo avuto modo di idealizzare Adler eleggendolo a officiante della Dea e, per i servigi a lei promessi, l'avesse lautamente compensato nutrendolo di teoria e clinica - quest'ultima fatta non solo di volatili discorsi su come ci si debba prendere cura dell'altrui inconscio, ma anche del polposo invio di pazienti in carne e ossa - Adler decideva di congedarsi da Berggasse per il motivo cui ho già accennato in precedenza, l'incompatibilità delle sue ambizioni universitarie con le sue frequentazioni freudiane. Ora però devo correggermi: quello universitario non è il solo motivo. Perché peccherebbe di fondamentalismo occamista chi 7 L'incrocio dei carteggi freudiani è stato usato per ascrivere a Freud un carattere ipocrita e vendicativo, oscurando la sua passione per la causa: Philip Kuhn, "A Pretty Piece o{Treachery": The Strange C.a.se of Dr Stekel and Sigmund Freud, «The lnternational Journal of Psychoanalysis», 79, 1998, pp. 1 I 5 1-1 I 7 I. 8 Handlbauer, The Freud-Adler Controversycit., p. 173, parentesi quadre nell'originale.

VII. DE-IDEALIZZAZIONE

si accontentasse di questa unica spiegazione formulata in termini di ambizioni da toga e tocco, dimenticando come l'eziologia freudiana intrecci in grovigli di sovradeterminazione cause in genere ben più numerose delle classiche quattro canonizzate da Aristotele. Per non restare confinati alla superficie degli eventi, è doveroso dunque presumere che non fu la sola salvaguardia di una fedina sociale pulita a promuovere la tentata evasione della preda Adler dai Piombi freudiani. I resoconti delle Minute stilati da Otto Rank datano a partire dal 1906 e perciò, mentre poco o nulla è possibile sapere dei primi quattro anni di vita della Società e delle intime vicissitudini che in quel quadriennio segnarono la cattività adleriana, molto può invece desumersi dai verbali del biennio intercorso tra il 1906 e il 1908. A patto di disporsi non tanto e non solo a leggere quei verbali tra le righe, quanto piuttosto a ascoltarne lo spartito e il respiro, dal coro di voci di quei Mercoledì si può già isolare più di un sinistro scricchiolio nelle giunture del rapporto che Adler andava intrattenendo allora con gli altri convitati e, per loro tramite, con lo stesso anfitrione. Il quale, in veste di preda della sua stessa mirabolante arte venatoria, era di settimana in settimana giocoforza chiamato a approvare o disapprovare l'altrui prolusione, a invalidarla o convalidarla, lodarla o criticarla, promuoverla come fausto progresso o bollarla come infausto regresso sulla difficile via che dalla coscienza conduce all'inconscio. E nel disbrigo di questo improbo onere da magistrato in prima linea dcli' altrui prestazione intellettuale, in virtù del fatto che qualsivoglia verdetto, sia esso condanna o assoluzione, risulta alla resa dei conti inquinato da una ragione impura, era costretto a farsi incallito funambolo di pesi e contrappesi suo malgrado affettivi, da distribuire a destra e a manca con un solo scopo, smussare gli angoli, conciliare gli animi, legare il rapporto che minaccia di sfilacciarsi, stipulare armistizi là dove la pace rischia agonia, smorzare i decibel rancorosi che si levano da coloro i quali, invasati da reciproche gelosie, sgomitano in cerca di amorosa approvazione da parte del Maestro e così via. Tutto questo rispettando una sorta di - lo chiamerei così - principio di minima degradazione del vero, dettato dalla considerazione secondo cui, mentre la verità è irrinunciabile -e chi meno di Freud potrebbe rinunciarvi?- un

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bolo di verità in unica e selvaggia somministrazione può uccidere meglio e più di un estratto di Strychnos. È in virtù di questa considerazione dettata da un'amara diplomazia relazionale che Nieruche sentenziò: le menzogne vitali sono preferibili alle verità mortali! Torniamo al punto: perché nel 1908 scricchiolavano le giunture relazionali di Adler? Per tentare una risposta a questa domanda, bisogna considerare che, nel primo semestre di quell'anno, erano accaduti fatti cruciali per la Storia della psicoanalisi, che potrebbero essere tutti riassunti sotto il titolo nome del padre. Ecco il primo. Il 15 aprile vide la celebrazione di un atto battesimale gravido di conseguenze, perlocutorio nel circostanziato senso che Austin attribuisce a questo termine e perciò destinato a produrre ponderosi, futuri effetti9: una cerchia eterogenea di avventori freudiani, fino ad allora nulla più che coribanti al seguito di un tiaso scientifico-culturale il cui generico e quasi insignificante nome è Società Psicologica del Mercoledì, si ritrovò a cadere omogenea sotto la notarile e ben più stringente formula Società Psicoanalitica, dove l'aggettivo psicoanalitica, chiamato a tenere il luogo di psicologica, sortisce l'effetto di trasformare la vaga denominazione precedente in denominazione di origine controllata. Controllata da chi, se non dalla Dea Libido? Diversamente da prima, il nuovo nome riconosceva l'impegno della Società nei confronti di una teoria e di un metodo psicologico particolari creati da Sigmund Freud 10•

Contestualmente, in forza di quel mutato aggettivo, che quanto a caratteristiche e ricadute potrebbe dirsi niceno, ciò che ho poco fa chiamato cerchia eterogenea si trasforma in gruppo istituzionale - nel senso strettamente tecnico dei termini gruppo 9 John Langshaw Ausrin, Come agire con le parole: tre aspetti dell'atto li11guistico (1962.), pp. 61-80, in Marina Sbisà (a cura di), Gli atti li11guistici. Aspetti e problemi di filosofia del linguaggio, Fcltrinclli, Milano 1978. 10 Makari, Revolution i11 Mind cit., p. 178; il 12. ottobre 1910, alla dizione Società Psicoanalitica si aggiungerà il toponimo di Vienna e, all'articolo 2. dello Statuto, si dirà che il suo «scopo è coltivare e promuovere la scienza psicoanalitica così come fondata dal Prof. Dr. Sigmund Freud di Vienna» (Handlbauer, The Freud-Adler Co11troversy cit., p. 106).

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e istituzione - vincolato a indagare e approfondire l'enigmatica natura della proteiforme Dea. Significa muoversi all'interno delle coordinate e lungo le direttrici tracciate dal padre fondatore, divenuto, in virtù di quell'atto battesimale, padre non più solo de facto ma anche de iure. Ammonimento del padre Freud al figlio Jung: «Non si può spostare senza essere spostati» 11 • E neppure si possono imporre a un gruppo vincoli e stringerne le maglie senza destare centrifughi svincolamenti, prototipo quello di Adler. Il quale sta nel frattempo mandando a segno, in ostile contraccolpo, un salto di qualità della propria teoria, trasformando l'inferiorità d'organo - a suo tempo entusiasticamente (fra)intesa da Freud come potenziale controparte biologica della psicoanalisi - in inferiorità di una femminea psiche. Detto altrimenti, con mossa concorrenziale e intenti di prelazione, Adler sta trasferendo la propria teoria dalla biologia alla psicologia, ponendola così sul medesimo terreno della teoria freudiana. Su terreni diversi, come ci si potrebbe mai scontrare? A proposito poi di fraintendimenti, mio malgrado devo dire che Freud per certi versi mi sembra afflitto da ciò che lui stesso definì nevrosi di destino, quando tratteggiò il profilo di quelle persone cui capitano sempre i medesimi accidenti, come fossero reincarnazioni di un Giobbe persecutoriamente messo alle corde dalla divinità: uomini traditi a più riprese dalle loro donne, imprenditori che vanno ripetutamente in rovina per le ruberie del socio di turno, benefattori costretti a sperimentare reiterate ingratitudini dei beneficiati, tegole che sotto lo stesso angolo di tiro colpiscono sempre la medesima testa come per convenuto appuntamento, eccetera 12 • Non aveva forse Freud a suo tempo già (fra)inteso la teoria di Fliess - numerologia magica con annessa nevrosi nasale riflessa - come controparte biologica della psicoanalisi? E a conferma di questo mio sospetto diagnostico, non aveva forse Freud definito Adler come un piccolo Fliess redivivo, per poi definire Jung come un secondo Adler e dunque come un terzo Fliess? Ma probabilmente è qui in gioco solo la coazione a ripetere, la McGuire (a cura di), Lettere tra Freud e Jung cit., p. 1 56: jung è riuscito a spostare Blculcr verso la psicoanalisi intensificando il rapporto con lui e per contraccolpo si è allontanato da Freud - questo il contesto transfcralc. 11 Freud, Al di là del principio di piacere (1920), in Id., Opere, voi. 9, cit. 11

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più grande conquista teorica del pensiero freudiano. A meno che non ci si voglia invece inoltrare nell'ignoto cui Schopenhauer ammicca in un lavoro dal titolo davvero superbo, Speculazione trascendente sull'apparente disegno intenzionale nel destino dell'individuo, nel quale fa balenare un'imperscrutabile analogia che il destino intrattiene col sogno: È infatti, questa analogia [del destino] con il sogno, che ci fa vedere, sia pure anche qui in una nebulosa distan~, come la forza nascosta che domina e guida gli avvenimenti esterni che ci riguardano, facendo valere nei nostri confronti i suoi fini, possa avere tuttavia la sua radice nella profondità insondabile del nostro proprio essere. Anche nel sogno le circostanze che diventano i motivi delle nostre azioni si riuniscono in modo puramente casuale, come qualcosa di esterno, indipendente da noi, anzi spesso aborrito: nonostante ciò, sussiste tra di esse una segreta connessione, rivolta a un fine, poiché una form nascosta, cui obbediscono tutti i casi del sogno, indirizza e adatta anche queste circostanze, unicamente in relazione a noi stessi 13.

Quel primo semestre del 1908 vide però anche la proposta di un secondo cambiamento da affiancare a quello del nome del padre, la proposta cioè di trasferire altrove il domicilio paterno - in realtà nulla più di una variazione sul medesimo tema identitario, se vale il nesso tra onomastica e toponomastica. Fu Max Graf che, quando denunciò - lo si ricorderà - l'irreversibile trasformazione in atto nel gruppo di coloro che Freud definì gentiluomini che non si sopportano più, aggiunse alla denuncia una proposta che, quanto a portata simbolica, nulla ha da invidiare al cambio di nome: Sebbene siamo ancora ospiti del Professore, siamo in procinto di diventare una organizzazione. Dunque egli [Graf] suggerisce la seguente mozione: trasferire gli incontri dall'appartamento del Professore in altra scde 1 4.

L'analista al banco di prova della cura sa come far emergere il non detto dall'ellisse, basta riproporne in altra forma l'enunciazione ed ecco che il sommerso, il lavoro nero dell'inconscio viene Arthur Schopcnhaucr, Parerga e paralipottuma, voi. 1, trad. it. Giovanni Gurisatti, a cura di Giorgio Colli e Mario Carpitclla, Adclphi, Milano 2007, p. 2.99. '-4 Nunbcrg e Fcdcrn (a cura di), Minutes of the Vienna Psychoanalytic Society, voi. 1, cit., p. 301. 13

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alla luce e perfeziona l'ellisse opaca in trasparente cerchio. Come il marcio in Danimarca, così nella mozione avanzata dal fedele Graf serpeggia il seguente ottativo: che non si sia più ospiti del Professore! Un desiderio che, lo si vedrà a breve, non è suo esclusivo appannaggio. E infatti, sebbene di lì a poco una commissione istituita ad hoc respinga la mozione - sia per ragioni storiche sia perché il luogo e il carattere degli incontri è diventato a tal punto caro a tutti i membri da far desiderare che resti immutato il più possibile 1 5 - ecco che, con uno spostamento degno del più alacre dei lavori onirici, la mozione appena respinta viene subito riproposta sotto le mentite spoglie di una domanda concernente la modalità di accettazione di nuovi membri. E poiché questa domanda viene formulata proprio quando la Società, da psicologica che era è diventata freudiana, non c'è dubbio sul suo retrogusto: gli aspiranti membri devono continuare a essere ospiti del Professore? Perché se sì, la decisione finale di accettarli o meno come membri spetta di diritto all'autocrazia del padrone di casa, mentre se, diversamente dalla tradizione, non lo fossero, quella decisione potrebbe delegarsi ad altrui democrazia. Per esempio a quella di Adler. È infatti lui a farsi promotore del seguente compromesso: la vecchia guardia resti settimanalmente ospite del Professore nel caro luogo degli incontri, mentre una cerchia allargata di persone sia da lui, Adler, accolta e ospitata mensilmente all'Università e, in quella sede aperta a chiunque, si selezioni l'eletto da trasferire poi nella cerchia più intima dei Mercoledì 16• Bisogna riconoscere che, in questa sua proposta di assumersi il patrocinio di un consesso vasto e aperto a una moltitudine pressocché anonima, Adler fa mostra di lungimiranti capacità, degne per parte mia di una funesta Cassandra, visto che gli open day e i cosiddetti outreach sono oggi diventati pratica corrente dcli' azienda psicoanalitica. E fa anche mostra del suo scalpitante desiderio di fuga, nel senso ciclistico del termine, quello di tentare cioè il distacco dalla cerchia più intima dei Mercoledì, benché sottostimi ingenuamente la presa da judoka che il cacciatore d' anime è in grado di esercitare sulla preda. Sono •s lvi, p. 316. 16

177.

lvi, pp.315-316. Ma si veda anche Makari, Revolution in Mind cit., pp. 176-

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trascorsi poco più di tre mesi dal tentativo di Adler di distanziare il gruppo, ed ecco come, il 3 1 maggio 1908, Freud accorcia le distanze cercando di riagganciare il fuggitivo: Mio caro collega, rispetto tutte le Sue rassicurazioni [sortite con ogni probabilità da incontri a due dei quali nulla sapremo mai] circa la persisten7..a dei Suoi sentimenti e della Sua collaborazione ma se - dopo così tanti anni di lavoro comune e di alta stima personale, [ecco l'esca del cacciatore pronta al lancio] nella Sua qualità di mente la più acuta nella piccola società e di chi ha esercitato così tanta influenza sulla sua composizione [lanciata!] - Lei dovesse comunicarmi a chiare lettere che sta per dimettersi, allora penso che avrei tutto il diritto di chiederle quali sono i Suoi motivi. Fossi in grado di influenzarla o comunque di modificare qualcosa ... certamente tenterei di farlo. Il Suo collega Dr. Freud 17.

Insomma, il recalcitrante Adler deve essere trattenuto a ogni costo -così scriverà Freud a Jung 18• Dovrà infatti trattenerselo suo malgrado per sempre sotto forma di opprimente fantasma anche dopo averne espulso la transeunte incarnazione, quasi a conferma della veridicità di quel suo profetico lapsus quando, nel mentre scriveva a Jung dell'avvenuta diaspora del secondogenito, in luogo di «Finalmente mi sono liberato di Adler», il demone delle paraprassie gli sgraffignò l'avverbio e a futura memoria se lo rivendette così: «Senza fine mi sono liberato di Adler» 19 • Scomparso Adler, o meglio, dai ranghi freudiani scomparso il solo suo effimero corpo, sta di fatto che Freud continuò a contestarne le tesi come Adler mai fosse andato via, come fosse sempre presente nelle serate di un'eterna ricorrenza settimanale, un intramontabile post coenam che lo consegna alla storia immortalato nella sua consueta postura di cavilloso sofista, di battagliero secondogenito pronto, armi dialettiche alla mano e sigaro Virginia tra le dita, labbra atteggiate al disprezzo, a rinnovare compulsivamente l'antico attacco alla Dea Libido, alias Sigmund. Senza fine significa che l'onda lunga di Adler giunge a lambire persino l'ultimo Freud senescente e malato, quando si mostra risoluto come decenni prima a Handlbauer, The Freud-Adler Controversy cit., p. 173. McGuire (a cura di), Lettere tra Freud e Ju11gcit., p. 2.53. 19 Ivi, p. 460; in luogo di endlich (finalmente), Freud scrive endlos (scn7.a fine). 17

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non sottomettersi all'antico duellante e a denunciare ancora una volta il lenocinio di das Obermenscb: «Infatti, che il malato sia omosessuale o necrofilo, isterico sofferente d'angoscia, segregato dalla nevrosi ossessiva oppure pazzo furioso, lo psicologo individuale di indirizzo adleriano dichiarerà imperturbabile che il motivo che preme alla base del suo stato è che egli vuole affermarsi, sovracompensare la sua inferiorità, stare ''sopra", procedere dalla linea femminile [omosessuale] a quella maschile» 20•

10

Sigmund Freud, lntroduzio11e alla psicoanalisi {nuova serie di lezioni) (1932.), in Id., Opere, voi. 11, a cura di Cesare L. Musatti, Boringhieri, Torino 1979, p. 2.47. «Molto di ciò che Freud ha scritto dal 1905 in poi può essere considerato come espressione di una campagna difensiva contro Adler e la sua idea principale» (Wittcls, Sigmu,ul Freud, His Perso,zality. His Teaching a,ul His School cit., p. 1 2.4), il cui grano di verità finisce però per smarrirsi in questa sua smisurata iperbole.

VIII.

Paranoia

Erano pieni di sintomi e se ne difendevano soprattutto mediante proiezione; perciò è più che plausibile ipotizzare che la loro urgenza di aiutare il prossimo riflettesse largamente il loro stesso urgente bisogno di essere aiutati; e infatti, in quelle serate capitava che discutessero non solo i problemi dei pazienti ma anche i propri, confessando ciò che sarebbe stato altrimenti inconfessabile, i loro conflitti laceranti, la loro masturbazione, i loro ricordi e le loro fantasie più o meno perverse concernenti genitori, amici, mogli e figli; ma oltre che terapeuti e pazienti gli uni degli altri, e ciascuno di fatto o in pectore paziente del Professore, erano anche litigiosi contendenti, queruli avversari schierati in fazioni che rivaleggiavano soprattutto in tema di priorità delle idee; sullo sfondo di tutti loro, la figura di Freud si stagliava come l'incarnazione di un irraggiungibile ideale cui cercavano di identificarsi senza mai riuscirci del tutto - è all'incirca così che, nell'Introduzione al primo volume delle Minute, i curatori descrivono per sommi capi la dinamica di gruppo che correva tra gli ospiti di casa Freud 1 • Ora prendiamo atto degli addendi, mettiamo mano alla metapsicologia e, per dirla alla Leibniz, calculemus: proiezione + competizione + irraggiungibile ideale = paranoia = omosessualità rimossa. Inoltre, nella loro Prefazione al terzo volume delle Minute, che parte dai verbali del 1910, i medesimi curatori aggiungono ai suddetti addendi una notula 1

voi.

Nunbcrg e Fcdcm (a cura di), Mimdes of the Viet1na Psychoanalytic Society, cit., p. XXI.

1,

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tanto laconica quanto preziosa perché, pur nella sua stringata concisione, lascia tuttavia intravvedere con chiarezza la traiettoria evolutiva della dinamica di gruppo: Nelle minute di questi volumi finali [gli ultimi due] si trova qualcosa che è abbastanza sconcertante - vale a dire che la maggior parte dei [ ... ] seguaci di Freud sta cominciando a minimizzare i suoi risultati, e in certe occasioni sembra quasi come se allo scopo ci fosse fra loro una tacita intesa, alla quale prendono parte anche Tausk, Federn, Hitscbmann, Sadger -gli allievi più fìdati di Freud2 •

Starebbe insomma per andare in scena il transito dalla guerra di ciascuno contro ciascuno e di ciascuno contro tutti alla rivolta di tutti contro uno. Oppure, se si vuole attingere a quel meraviglioso lessico che Freud introdurrà nel 1912 sotto gli auspici combinati di Charles Darwin, di James Frazer e di William Robertson Smith, sarebbe imminente il passaggio dell'orda dalla venerazione rituale del totem al desiderio di mettere mano - e bocca - al pasto collettivo 3• Desiderio che da allora non ha smesso di circolare. Un breve inciso. Prima di spulciare qualche antefatto della dematerializzazione di Adler a opera di Freud, voglio riconvocare qui il motto di spirito per mostrarne di nuovo il volto di scaltrito fomentatore del gruppo, capace di metterne in crescente tensione la dinamica sobillando da un lato la rivolta contro l'idea-guida, alias Freud, alias Dea Libido, e dall'altro offrendo catartiche vie di estemporanea fuga dalla paranoia. A ribadire al meglio questo suo doppio gioco, degno di un baro incallito, fu Mark Kanzer in un lavoro dedicato a uno dei più grandi motteggiatori di tutti i tempi, Nikolaj Vasil'evic Gogol'4 • Ne estraggo qualche tesi che torna bene ai miei scopi: il Witz e la paranoia offrono due vie di scarico connesse e alternative a potenti moti pulsionali e a tendenze sociali di rivolta, stabilendosi così a un tempo la parentela metapsicologica fra le due vie assieme alla funzione difensiva che la prima via, quella che innesca l'ilarità, lvi, voi. 3, cit., p. XI. Freud, Totem e tabù cit. 4 Mark Kam.cr, Gogol. A Study on Wit and Paranoia, «Journal of thc Amcrican Psychoanalytic Association», 3, 1955, pp. no-12.6. 2

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VIII. PARANOIA

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assolve nei confronti della seconda via, quella che sobilla l'odio; l'elaborazione inconscia richiesta dall'economia del Witz può realizzarsi non solo nelle budella psichiche del singolo, ma anche in quelle convolute e compiacenti dell'intero gruppo, del quale fa estemporaneamente collassare le inibizioni minando la tenuta del censore e arruolando la fratria come truppa di rincalzo nella battaglia comica contro la figura paterna; infine, con un rimando a mezza strada tra sociologia e antropologia, Kanzer ci ricorda come i carnascialeschi festini altro non siano che rappresentanze rituali della frenesia scatenata dalla morte del padre tiranno, della gioia connessa alla sua uccisione e all'espropriazione delle sue spoglie opime, cioè delle sue prerogative sessuali; e ci ricorda inoltre come in un gruppo il motteggiatore tenga il luogo del clown alla corte del re, e la risata collettiva dei membri il ruolo di una folla plaudente alla sfilata mortifera dei carri. Ma è tempo ora di passare a qualche antefatto della suddetta dematerializzazione di Adler. Uno tra più eloquenti è quel segnaposto del desiderio di morte del padre costituito dall'Uomo dei topi5. In due riprese, il 30 ottobre e il 6 novembre 1907, Freud ne aveva parlato al gruppo del Mercoledì con una relazione che, immagino, non poteva ancora rendere a pieno la bellezza e la stupefacente profondità della murina analisi, visto che all'epoca era solo agli inizi, ma nella quale, non avesse il tema parricida mobilitato angosciosi desideri negli astanti, già si sarebbe potuto avvertire quel fascino che un anno dopo, a Salisburgo, indusse per ore nell'attonito uditorio una sorta di trance da ebbrezza intellettuale. Ecco la testimonianza di Sadger: nella serata viennese Freud parlò per tre ore, ma si avvertiva che sarebbe stato capace di andare avanti per tutta la notte, solo che già dopo la seconda ora «dove sistemare questo raccolto tremendamente ricco?»; a Salisburgo parlò per ore lasciando gli svizzeri a bocca aperta perché «qui cominciarono a sperimentare la magia dell'eloquenza freudiana» 6• s Sigmund Freud, Osservaziotu su u11 caso di nevrosi osse.ssiva (UJSo cli,uco dell'uomo dei topi) (1909), in Id., Opere, voi. 6, a cura di Cesare L. Musatti, Boringhieri, Torino 1976. 6 Nunberg e Fedem (a cura di), Mi,,utes of the Viet1na Psychoanalytic Society, voi. 1, cit.; Sadger, Recollectit1g Freud cit., rispettivamente pp. 2.0-2.1 e 74; Roudinc-

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Accanto all'assunzione definitiva del metodo delle libere associazioni come strumento privilegiato, se non unico, della cura, Freud tenne, con la consueta chiarezza veicolata dalla melopea della sua voce, un discorso teorico generale sull'ambivalenza dell'ossessivo, su come, dietro la formazione reattiva dell'amore e della premura, covi una misconosciuta mozione parricida, fomentata dall'odio che fomenta il senso di colpa che fomenta l'istanza riparativa che fomenta la formazione reattiva che fomenta amore e premura, chiudendosi così un circuito maligno a maligno feedback positivo o, per restare al celebre titolo del caso clinico, serrandosi così la molla di una vera e propria -trappola per topi. Ma non è tanto di questo che voglio parlare, né della sciatta insipienza di alcuni interventi dovuti a - parole di Freud - ingiustificata delusione nei risultati dell'analisi, quanto di uno scambio breve tra Adler e Freud che suona da avvisaglia di ciò che si profila come scontro frontale fra i due. Bisogna indossare appunto l'abito del paranoico e ascoltarli come se parlassero non di una cosa terza, psicoanalisi o caso clinico o Dea Libido che sia, ma del loro stesso, acerrimo rapporto, consistente - mettiamola così - in una battaglia tra Eros e Anteros. Ecco botta e risposta con rispettivi sottintesi segnalati negli incisi: Adler dubita che la psicoanalisi possa essere insegnata - da Freud - o appresa - da Adler - e afferma che c'è più di un modo per praticarla -il suo; Freud ribatte che il metodo psicoanalitico può senza ombra di dubbio essere insegnato-da lui-a patto che regole comprovate mettano un freno ali' arbitrarietà dei singoli analisti - di Adler7. Chi ha orecchie per intendere, intenda. I gruppi inclinano spesso al mantenimento di quella tradizione che loro stessi hanno inaugurato, sono conservatori alla pari delle pulsioni - un accostamento più significativo di quanto possa sembrare a prima vista. Lo si vede a minimis dal fatto che i partecipanti tendono ogni volta a mantenere la stessa postazione occupata in precedenza, a sedere ciascuno sulla sua sedia e a sco, Sigmund Freud ,rei suo tempo e ,rei nostro cit., p. 201, sostiene che, parlando a braccio, a Salisburgo Freud tenne banco per cinque ore, versione confermata da altre fonti. 7 Nunberg e Fedcrn (a cura di), Mi11utes of the Vier,na Psychoanalytic Society, voi. 1, cit., pp. 234 e 237.

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intervenire più o meno con le stesse modalità di sempre, come se si attenessero a un copione non scritto ma non per questo meno vincolante, destinato com'è alla tenuta dell'apparato difensivo. I verbali di Rank vanno perciò interrogati non solo nel loro contenuto ma anche nella loro forma, loquace a volte più degli stessi contenuti e i cui ingredienti consistono nell'ordine degli interventi, nella loro lunghezza e nella frequenza con cui il singolo interviene a più riprese nella medesima serata, una triade dalla quale si può desumere, nei casi propizi e con un po' di Fantasieren, persino l'andamento prosodico delle voci. Freud, ad esempio, tendenzialmente prendeva la parola una sola volta, nel mezzo o più spesso verso la fine della serata, con un intervento mediamente più lungo di quello degli altri, dal sapore di lezione magistrale in formato tascabile e condito, oltre che da rilievi puntuali sulle diverse opinioni in precedenza espresse dal coro tragico, da una grande capacità di sintesi degli argomenti sul tappeto. In virtù della suddetta inerzia dei gruppi, che ricorda per certi versi l'inerzia neuronale affrescata nel mirabolante disegno del Progetto 8, le deviazioni dal canone risultano tanto più interessanti quanto più si distaccano dal disbrigo rutinario della discussione. Come quando un insolito Freud dà piglio per primo alla discussione con un lungo e puntiglioso intervento, e dal canto suo Adler, cui in veste di relatore spetterebbe al solito poco più di una replica finale, immediatamente dopo ribatte punto per punto e - suggerisce lo spartito - con contenziosa aria di ripicca. È il 2 giugno 1909 e la relazione di Adler si intitola L'unicità delle nevrosP. Faccio però un paio di passi indietro e vado ai due incontri precedenti - si capirà subito il perché. Vista la conflittuale natura (anti)erotica del legame che il gruppo viennese intrattiene col padre fondatore, conviene tenere particolarmente d'occhio le serate in cui tocca in prima persona a Freud il banco del relatore, perché è proprio allora che, levandosi in pompa magna l'ostensorio della geniale genialità del genio, va fuori giro il motore affettivo degli astanti, cd è proprio allora che il mare Freud, Progetto di una psicologia, in Id., Opere, voi. 2, cit. Nunbcrg e Fcdcm (a cura di), Mimdes of the Viet1na Psychoanalytic Society, voi. 2, cit., p. 2.59. 8

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si fa grosso e la risacca deposita in bella vista a riva ciò che d'ordinario veleggia al largo, soprattutto amore e odio, invidia e gelosia, competizione e rivalità. Detto altrimenti, se tra i summenzionati addendi: proiezione + competizione + irraggiungibile ideale, quest'ultimo prende ala e fa acrobatica esibizione di volo, allora anche la somma paranoia-omosessualità prende a sua volta ala e cresce nella stessa misura in cui è cresciuto il suo terzo addendo, l'irraggiungibile ideale. E questo accadde nei due Mercoledì di maggio precedenti l' adleriano 2 giugno, quando Freud presentò, come anteprima dei suoi futuri Contributi alla psicologia della vita amorosa, una tassonomia dei vari prerequisiti depositati in pancia a chi è votato ad ammalarsi di questa o quella malattia d'amore - chi di un corpo morto di donna, chi della donna purché impegnata in altro affaire, chi della donna a patto che sia malfamata, chi della donna ma solo se da riscattare 1°. Così invidiabile e raffinato l'elenco di alcune delle variegate forme destinali di mal d'amore firmato Freud, da suscitare in Adler gialli sussulti giacobini premonitori della sua imminente rivolta, e da accendere negli altri un trasparente desiderio di intrufolarsi come pazienti di contrabbando nel casellario della neonata nosografia, previa confessione dei più intimi particolari concernenti le proprie inclinazioni passionali, e ciascuno stupendosi di come si siano svelate di colpo, quasi per subitaneo lavacro in una mesmerica tinozza, le stimmate erotiche della propria identità. Stekel, ad esempio, ignora quali suoi prerequisiti siano a tal punto tiranni da poterlo precipitare in una infatuata ebollizione a prima vista, ma crede di intuire che tendano a sistemarsi tra due estremi, il candore dell'ideale infantile da un lato e d'altro lato il suo ... opposto - un'omertosa espressione degna del quadrato aristotelico, con la quale Stekel evita di fornire imbarazzanti dettagli su cosa esattamente sia per lui l'opposto del candore infantile, ammesso e non concesso che quel candore esista. Gli fa eco Pani Federo: a suo tempo nutrì non tanto fantasie di elevare una donna quanto piuttosto di esserne elevato - un mix di Avicenna e Hitschmann con echi di Kamasutra - di sentirsi aiutato a trovare una via d'uscita dal

° Freud, Co11tributi alla psicologia della vita amorosa, in Id., Opere, voi. 6, cit.

1

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ginepraio opprimente della masturbazione, faccenda improba e masochista, se si considera che il suo prerequisito per cadere stecchito dal colpo di fulmine è di non essere ricambiato dalla donna che l'ha stecchito. Rudolf Reitler, altro convenuto al freudiano confessionale, deve superare una strenua resistenza per partecipare alla discussione, perché fa addirittura fatica a riconoscersi in uno solo dei vari tipi affrescati dalla mano magistrale, tanto gli piacerebbe sdraiarsi sull'intera tavolozza, si limita perciò a dire che, quando ebbe ventura di sposarsi, voleva né più né meno che riscattare sua moglie dall'abominio di essere una figlia illegittima. Ed è ora la volta di Hugo Heller che, alla pari degli altri, nulla ha da obbiettare alla tassonomia freudiana - e come si potrebbe? - cui può perciò offrire solo un modesto contributo tratto dalla sua vita privata: anche per lui presupposto dell'innamoramento è che la donna sia da riscattare, sebbene non da una vita sessuale malfamata ma dalla miseria, alla qual cosa ha da aggiungere, Heller, che, mentre resta tenacemente legato alla riscattata moglie, è tuttavia incline a tradirla continuamente con una serie di amanti diversissime l'una dall'altra - e tutte assieme diversissime dalla riscattata moglie, suppongo. Queste esternazioni, tanto indifferenti a una sia pur minima tutela della privacy da indurre Freud a sollecitare l'evidente obbligo della riservatezza, testimoniano l'irruzione nel gruppo di un'ondata libidica innescata dal desiderio di esistere, tutti e ciascuno, nel discorso del Maestro e, tutti e ciascuno, di trovare, alle proprie inquietanti domande, risposta nelle sue risposte. Tutti meno che uno. Con aria da svogliata sinecura, Adler si dà infatti la briga di banalizzare subito quella tipologia amorosa che così bene ha saputo pescare nell'inconscio dei convitati da mettere lui, Adler, a rischio di perenne minorità. E per farlo, per uscire dalla zona d'ombra del cadetto nella quale è stato relegato dalla primigenia prolusione freudiana con annesso corteo libidico di inconfessabili confessioni della fratria, sostiene che tutto sommato questi vari tipi amorosi sono privi di qualsiasi specificità, sonnecchiano quasi nel limbo dell'inesistenza, una loro sbiadita miscela la si può trovare più o meno a buon mercato disseminata in tutti gli umani, ed è per questo che converrebbe non definire in senso stretto né i tipi né

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i loro prerequisiti amorosi 11 • È il preludio, di lì a una settimana, del primo scontro aperto tra Freud e Adler. Ed eccoci tornati, muniti di regolamentare antefatto, al fatidico 2 giugno 1909, quando il testimone passa da Freud a Adler, il quale chiede subito all'uditorio tolleranza per il carattere provvisorio del proprio contributo, che è ancora in fieri e poco si presta a essere compresso in un'unica serata - ed è vero, lunghissima tanto la relazione adleriana quanto l'immediata replica freudiana, che meglio potrebbe definirsi controre/azione. E prosegue con un riassunto di quella sua tesi dell'inferiorità d'organo che in tempi non sospetti a tal punto piacque al cacciatore d' anime da candidarla a controparte biologica della psicoanalisi. Solo che la presunta controparte di allora, da biologica che era, è diventata psicologica ed è andata articolandosi con nuove tesi anch'esse psicologiche, configurando così nell'assieme una teoria che a nessun titolo potrebbe dirsi controparte della psicoanalisi, mentre a pieno titolo può dirsi sua concorrente. E infatti, l'enfasi sugli acciacchi con cui una natura matrigna si è divertita a infierire sul corpicciuolo del figliastro, viene qui spostata sulle grandi prestazioni psichiche che da quegli stessi acciacchi possono derivare, sotto forma di traguardi significativamente superiori alla media o di grandi performance che da certi difetti infantili possono sgorgare come acqua sorgiva. Smorzata così l'enfasi sul versante organico, i difetti infantili, alla stessa stregua con cui sono usciti dalla vita di Adler, escono ora dal suo apparato teorico per lasciare via libera a ciò che rappresenta il caput di tutto l'edificio psichico, l'origine delle origini, la chiave di volta dell'interiorità umana, ciò da cui dipende lo sviluppo dell'individuo, vale a dire: la Dea Aggressività, insediata come ancestrale di tutta l'ontogenesi psichica e come nemica giurata di altra divinità, la Dea Libido. È qui necessaria una breve digressione. C'è chi ha creduto di ravvisare in Freud un inveterato plagiario, che nella manica nasconde le carte truccate con cui giocarsi le idee altrui sul tavolo verde della storia, dapprima fingendo di respingerle al mittente, per poi reintrodurle in seconda battuta con un diverso nome, ma solo dopo che sotto i ponti sia passata tanta 11

voi.

2.,

Nunbcrg e Federo (a cura di), Minutes of the Vienna Psychoanalytic Society, cit., p. 2. 5 5.

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acqua da relegare nel dimenticatoio il primo e autentico alfiere di quelle innovative idee: Quando contestato, egli [Freud] combatteva aspramente per tenere la sua posizione, e dopo avere respinto il nemico, incorporava tranquillamente nei suoi modelli in continua espansione quegli aspetti della contestazione che più ammirava 11•

Questo il colpo di mano che il plagiario avrebbe appunto messo a segno quando, nel 19 20, vale a dire ben undici anni dopo il debutto di quella divina primadonna adlcriana di nome aggressività, si diede a riesumarne l'importama a suo tempo da lui furbescamente denegata. E nel ribattezzarla pulsione di morte, fece ciò che si dice facessero i monaci dei conventi medievali quando, volendo mangiare carne di venerdì, alzavano al cielo lievemente flessi indice e medio di una benedicente mano destra e, pregustando l'appetitosa lombata di manzo, solennemente proclamavano al cospetto della stessa: ego te baptizzo piscem, e se la ingollavano scma contemporaneamente ingollarsi ciò che chiamerei la colpa del nome - volendo, si può considerare questa prassi levantina come una perniciosa applicazione di quel nominalismo oltranzista che ha inflitto alla filosofia più danni di quanti ne stiano infliggendo oggi le neuroscienze alla psicoanalisi. Ma è sufficiente sbirciare i rispettivi significati dell'istinto aggressivo adlcriano e della pulsione di morte freudiana per accorgersi quanto, come e perché siano l'uno il contraddittorio dell'altra, sicché mai e poi mai ebbe Freud a mangiare carne che non si chiamasse carne. Contro il lavorio di Thanatos, regressivo, silenzioso e inavvertito nel frastuono della vita, dissolutore di legami, teso a tumulare l'organico nell'inorganico - Thanatos foriero di distruzione, feroce antagonista della luce apollinea, nero cavaliere dcli' Apocalisse, figlio ctonio di notturne divinità, fratello di Hypnos - contro tutto questo tragico scenario sulfureo, l'aggressività targata Adler si pone invece al servizio del progresso, della civilizzazione, della competizione darwiniana, della capacità di guardare avanti, di proiettarsi nel futuro, a meno che una sua patologica inibizione, una deviazione dalla retta via dettata dalla paura di quello stesso futuro che una salutare ambizione dovrebbe 12

Makari, Revolutioti in Mind cit., p.

160.

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asservire, non la elegga a primo e unico motore di tutte le nevrosi. Le quali sembrano dunque diverse tra loro ed è vero, lo sono, ma soltanto nel dispiegamento superficiale di quei sintomi che così bene ha saputo cogliere la psicoanalisi, mentre, sotto il profilo della loro genesi disegnata dalla mano della suddetta inibizione, costituiscono una sola e inscindibile unità nosografica. Ed è perciò che il famigerato problema della scelta della nevrosi, il tormentoso assillo su quali siano le specifiche credenziali metapsicologiche che spingono questo o quell'individuo a imboccare questa o quella soluzione nevrotica, semplicemente non sussiste, non c'è luogo a procedere, non c'è un bel nulla da scegliere - proprio come non esistono i freudiani prerequisiti dei vari autodafé amorosi. Da una metamorfosi dcli' aggressività inibita deriva poi un altro aspetto profondo della nevrosi - unica come unico è il dio dei monoteisti - vale a dire l'ipersensibilità, quella disposizione particolare dei pazienti a reagire in modo anormale a stimoli normali. Messo a segno sotto un'unica etichetta l'aggiotaggio di tutte le nevrosi che il mercato offre, infine Adler si mostra incline a concedere qualche rimasuglio teorico anche a Freud, ma sempre sub conditione primati: il carattere anale è una scoperta davvero importante, ma si sviluppa solo «in connessione con i punti precedentemente menzionati: inferiorità d'organo, istinto aggressivo e ipersensibilità» 1 3, perché è proprio dall'ipersensibilità che dipendono i tratti del carattere anale. Altrettanto importante è per il destino nevrotico il rapporto con i genitori su cui ha da sempre insistito Freud, ma sia ben chiaro: l'origine della nevrosi è dettata dall'inibizione dcli'aggressività e precede l'avvento di quella rimozione che dipende invece dai suddetti rapporti con i genitori. A conclusione di questa sua protesta virile, il secondogenito pensa bene di chiudere la partita con un caso clinico, che costituisce un vero e proprio documento autoreferenziale: un paziente da bambino era estremamente ambi. . ZIOSO e oggi non solo vuole mettersi al posto del padre ma - come esito di questa sua ambizione prenevrotica [sic]- sta tentando (ultimamente} di superare suo padre 1 -f. •J lvi, 1 •

p. 2.61.

lvi, p. 2.65.

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Sulla scorta cli questo materiale Adler può dunque affermare che adesso esistono finalmente «le precondizioni per disporre assieme tutte le nevrosi sotto un unico punto cli vista» 1 5. Il suo. Alla pari cli Adler, anche Freud chiede preliminare tolleranza per le critiche che si appresta a muovere - questo l'incipit della sua controrelazione. Non promette niente cli buono, perché ricalca il medesimo incipit di Adler e, nel fargli inquietante eco, sembra mimare il convenuto preambolo di un cerimoniale che precede lo scontro, come quando all'alba i duellanti presentano l'un l'altro i rispettivi padrini e, in obbedienza a quel protocollare galateo che di un gentiluomo fa un gentiluomo, si scambiano uno speculare saluto, entrambi levando al ciclo lo stocco prima cli tentarne l'immersione nel petto dell'avversario. Per restare alla metafora del duello, il primo affondo freudiano è tagliente e adombra i tratti cli uno scenario in cui Adler veste le oblique vesti cli chi ha perpetrato un assassinio teorico, o almeno di chi con subdola arte ci ha provato: L'obiezione più generale è che Adler, quasi premeditatamente, ha eliminato il fattore sessuale[ ... alias Dea Libido, alias Freud stesso)! 6 •

L'atmosfera alla Agatha Christie è così sinistra, così piena di fantasmi, che neppure l'irruzione di das Obermensch in persona, superprostituta vestita delle succinte vesti cli un folgorante motto di spirito, riuscirebbe a propinare al gruppo dosi di catartina sufficienti a scatenare l'ilarità 1 7. Adler si va occupando non cli inconscio - affonda ancora Freud - ma di psicologia della coscienza, mentre solo oggetto della psicoanalisi è la pulsione sessuale, la stessa che è all'origine delle nevrosi. Vale la pena ribadirlo, «l'eziologia delle nevrosi è esclusivamente sessuale» 18 - una formula così perentoria da tagliare fuori ogni possibilità di compromesso. Certo, le pulsioni dell'Io, che tanto stanno a cuo1

s lbid.

16

Ivi, p. 2.68. principio attivo della sena, agli inizi dell'Ottocento ritenuta dal medico Nysten responsabile dei processi di evacuazione catartica (in Jcan Starobinski, Azione e reazione, trad. it. Carmelo Colangclo, Einaudi, Torino 2.002., p. 170). 18 Nunbcrg e Federo (a cura di), Minutes of the Vienna Psychoanalytic Society, voi. 2., cit., p. 2.66. 17 Catarrina,

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re a Adler, hanno la loro importanza, ma bisogna opporsi fermamente alla tesi secondo cui possano svolgere un sia pur minimo ruolo nell'eziologia delle nevrosi. E quanto poi all'aggressività, attribuirle, come fa Adler, il monopolio della psiche significa svuotare di significato tutte le altre pulsioni - cioè Freud - cui resterebbe assegnato nulla più di un vuoto carattere formale - lo si metta in memoria l'aggettivo formale, perché fra non molto farà da volano a una questione di precedenza generazionale. E ora l'onere di offrirsi bersaglio delle stoccate freudiane, che Adler teme perché «Deplora quelle che chiama "le posizioni di schermidore" di Freud» 19 , spetta nell'ordine dapprima all'ipersensibilità, poi al carattere anale, quindi ai rapporti con i genitori e infine alla scelta della nevrosi - molti titoli del vescovo di lppona, Agostino, scritti a contestazione degli eresiarchi, iniziano con l'avverbio contra. Primo bersaglio: contra Adler, la tanto incensata ipersensibilità può avere per Freud un unico significato, quello di indicare nella mappa psichica del soggetto il luogo esatto in cui la rimozione ha avuto il destro di fare il suo sporco lavoro di criptaggio dei complessi nevrotici. Secondo bersaglio: contra Adler, che confonde il carattere anale con l'erotismo anale da cui quel carattere deriva, va ribadito che I' analità non è prerogativa della nevrosi, essendo una caratteristica universale di tutti gli esseri umani provvisti di regolamentare ano - l'anatomia è il destino. Terzo bersaglio: contra Adler, meno che mai sono prerogativa della nevrosi i rapporti con i genitori, in virtù del fatto che, alla pari della suddetta analità, quei rapporti sono anch'essi una caratteristica universale di tutti gli esseri umani provvisti di regolamentari genitori, per non dire che inoltre costituiscono, quei rapporti, il primo motore dei processi di civilizzazione. Quarto e ultimo bersaglio: contra Adler, va ricordato come da lungo tempo ci si sia dati da fare invano per sciogliere il nodo costituito dalla scelta della nevrosi, nodo che resiste tenacemente alla presa empirica delle dita cliniche, a causa forse dell'enorme numero di variabili che hanno contribuito a stringerlo. E tuttavia, a dispetto di questa gordiana difficoltà, si può già ipotizzare che con ogni probabilità la scelta della nevrosi dipenda dalla fase 19

Gay, Freud. Una vita per i nostri tempi cit., p.

2.02..

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dello sviluppo psichico in cui il nodo si è annodato o, per dirla con maggiore precisione, dipenda dalle vicissitudini della libido. Perciò non lo si deve tagliare alla maniera di Adler, ma cercare di snodarlo alla maniera di Freud. Conclusione: la reclamata unicità delle nevrosi esiste, ma solo nel senso che le singole nevrosi, indipendentemente dalle loro incontrovertibili specificità, condividono il minimo comune denominatore di essere tutte formazioni sostitutive della libido rimossa, mentre le loro differenze vanno invece ascritte alle differenti dinamiche della rimozione e del ritorno del rimosso. Corollario: Freud ha l'impressione che le astrazioni di Adler abbiano poca vita (dentro di sé), e che il suo tentativo di risolvere questo problema sia fallito 10•

Quod erat demostrandum. Nella scherma esiste una parata che si chiama presa di ferro e che consiste nel cercare di fermare gli attacchi dell'avversario bloccando con la propria lama il filo della sua, come è dato vedere a volte nei vecchi film di cappa e spada in cui, durante la suddetta presa, i duellanti trovano persino il tempo di scambiarsi vis-a-vis minacce, solitamente profferite sull'orlo di un baratro, di gridare vendetta e di lanciarsi l'un l'altro contumelie d'ogni sorta. Durante la sua presa di fe"o, bloccata la lama freudiana, Adler respinge punto per punto l'accusa di assassinio premeditato e tentata usurpazione di primogenitura, e reclama la sua assoluzione non per insufficienza di prove, ma per non aver commesso il fatto: non ha trafitto la Dea Libido, mai ne ha avuto l'intenzione e perciò mai ha tentato di eliminare il fattore sessuale: Adler innanzitutto respinge l'accusa di avere eliminato il fattore sessuale, facendo notare che egli non ha parlato oggi di eziologia e ha ritenuto perciò di potersi astenere dal sottolineare l'importanza della sessualità 21 •

Una presa di ferro, quest'ultima, che il fiuto inquisitorio del Sant'Uffizio, così attento alle astute scappatoie dei candidati al rogo, non avrebbe esitato a rubricare sotto il titolo exscusatio 20

lvi, p. 268.

21

lbid.

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vulpina, una scusa degna di una volpe. Inoltre, il tema dell'ipersensibilità è a tal punto vasto che avrà agio, promette Adler, di trattarlo come si deve in seguito, in un suo prossimo lavoro dedicato esclusivamente a quest'argomento. Passando poi al carattere anale, Adler non può che dirsi felice di constatare che non è il solo a sostenerne l'universalità, visto che anche Freud la pensa allo stesso modo - questa indebita rivendicazione da parte del secondogenito, certificata da quell'improvvido anche che sottrae a Freud la priorità di una delle sue più grandi scoperte, non può non averlo mandato in bestia, sarei pronto a scommetterci. E inoltre, per quanto concerne la scelta della nevrosi - prosegue Adler - affermarne la dipendenza dalla fase dello sviluppo psichico, come vorrebbe Freud, non è la stessa cosa che affermarne la dipendenza dalle vicissitudini della libido, come di nuovo vorrebbe Freud, a meno di ritenere che fase dello sviluppo psichico e vicissitudini della libido siano la stessa cosa, un'equivalenza che è però tutta da dimostrare. Senza contare che, se Freud attribuisce la causa della nevrosi ai disturbi della libido, allora ne risulterebbe giustificato una sorta di regresso all'infinito, incarnato nella seguente domanda: e quale sarebbe la causa che causa i disturbi della libido che causano l'insorgenza delle nevrosi? Nei bei tempi andati, quando il rapporto con Adler non aveva ancora cominciato a sgretolarsi, quando l'anima del cacciatore d'anime ancora intratteneva amorosi benché opportunistici sensi con l'anima della sua preda, in quei bei tempi andati Freud qua e là apprezzava il fatto che Adler, la mente più acuta nella piccola società, sapesse porre puntigliose questioni argomentandole con invidiabile talento logico. Non più così oggi. Oggi si va facendo strada in lui l'idea che questa logica armata di cavillosi sofismi, degna di Protagora e Gorgia presi a battibeccare nel bel mezzo dell'agorà di Atene, questa logica capace di setacciare l'altrui discorso socratico alla ricerca di improbabili fallacie e col solo scopo eristico di inficiarne la verità, in luogo di essere il portato della mente più acuta nella piccola società, sia invece l'espressione di un carattere tendenzialmente paranoico. Che sa inoltre ben trarre, dalla messa a segno dei suoi strali polemici, un vago senso di trionfo sull'avversario, come se malignamente ridacchiando il diavolo in persona gli sussurrasse: non sapevi

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che io loico fossi? Comunque, giunta l'ora di sfilare la sua lama dall'immobile presa di ferro, Adler è adesso libero di muovere l'ultimo attacco, di riaffermare che la sua unicità delle nevrosi può vantarsi di pescare in un fondale teorico molto più profondo di quelle secche in cui sono andati a incagliarsi i relitti freudiani delle singole nevrosi, un fondale in cui non conta un bel niente «se un individuo diventa un nevrastenico, un ipocondriaco o un paranoico» 22• Devo dire che c'è una sottile ironia nel fatto che Freud stia ora pensando proprio a quest'ultima diagnosi.

IX.

Lapsus 1

Una delle proprietà che differenziano lo spazio dal tempo è la reversibilità dei percorsi spaziali contro l'irreversibilità di quelli temporali. Posso spostarmi nello spazio da x a y e quindi tornare da y a x, ma non posso tornare dall'oggi in cui mi sono inoltrato all'ieri che mi sono lasciato alle spalle. Prima di ogni altra considerazione, a vietarmelo è un argomento logico che illustra il paradosso del viaggio a ritroso nel tempo: facendolo, potrei decidere di uccidere mio padre, col risultato di non nascere e di non poter intraprendere il viaggio. Ci fu invece qualcuno che pensò di poter commutare fra loro parti dcli' ordinamento temporale, oggi con ieri e ieri con domani, mediante una formuletta magica, un abracadabra chiamato a realizzare ciò che Alberto Magno riteneva interdetto persino all'Onnipotente, cambiare il passato. Neppure a Dio è concesso, e tutto sommato meglio così. Il qualcuno in questione fu un addetto ai lavori, il Dottor Viktor Tausk, e il suo abracadabra è una formazione dell'inconscio, il lapsus. Nella gerarchia dei tanti marchingegni epistemologici in opera nel cantiere dell'euristica freudiana, un rango importante compete a quel muletto adibito a trasportare il fatto, apparentemente stravagante e destituito di senso, nei pressi di ciò che 1

Questo capitolo è in parte una rielaborazione del capitolo 5 di Francesco Napolitano, La filiaziotie e la trasmissiotie nella psicoanalisi, FrancoAngeli, Milano 1999; ma si veda anche Id., Epidemiologia di u11 lapsus, in Maurizio Balsamo e Francesco Napolitano, Freud, Lei e l'altro. Sulla genesi della teoria psicoanalitica, FrancoAngeli, Milano 1998.

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definirei il suo modello normale, nella speranza che quest'ultimo possa trasmettergli benefici flussi di verità, come il corpo caldo trasmette calore a quello freddo. È noto come, affinché vi sia questa conduzione termo-aletica, i due, il fatto freddo e il modello caldo, debbano intrattenere un rapporto di somiglianza, essere cioè governati da un'analogia che li faccia parlare l'uno dell'altro, pena l'impossibilità di ricondurre l'anormale al normale e l'ignoto al noto. Analogia è alla lettera relazione tra logoi, rationes, rapporti, proporzioni, ma anche linguaggi, il parlare l'uno dell'altro, appunto - quanto a valore conoscitivo l'analogia nulla ha da invidiare all'omologia 2 • Come esempio di mancato rispetto del suddetto vincolo interlocutorio e della conseguente nullità dei tornaconti aletici attesi, traggo dalla classicità seicentesca un caso di perfetta disanalogia tra fatto e modello, uno dei tanti inscritti nella deriva della tradizione ippocraticogalenica - mi ricorda però alcune disanalogie tristemente attuali, il cui riconoscimento affido volentieri all'intuito del lettore. Quando Democritus Junior, al secolo Robert Burton, nella sua monumentale opera L'anatomia della malinconia 3, si dà a catalogare i saturnini modelli capaci a suo parere di spiegare il perché e il come possa mai accadere che sul liuto stellato dell'animo umano vada a imprimersi le solei/ noir de la mélancolie4, certo non gli riesce di stabilire alcuna somiglianza tra il fatto melanconico da un lato e il modello atrabiliare dall'altro, che niente hanno da spartire se non la troppo debole metafora di un funereo colore. E neppure gli riesce, nonostante «la folla di voci che, al di là dei confini di spazio e tempo, dialoga nell'Anatomia 2

~mpio: la balena è analoga ai pesci e omologa ai mammiferi. Per un parere opposto, che dell'analogia fa quasi il reliquato di un pensiero obsoleto, si veda Jon Elstcr, Alchemies of the Mind. Ratiot,ality and the F.motions, Chicago University Prcss, Chicago 1999. Sul valore epistemologico dell'analogia si veda invece il capitolo 7 di Franco Lo Pi paro, Aristotele e il linguaggio. Cosa fa di una lingua una lingua, Latcrza, Roma-Bari 2.003, e sull'importanza della similitudine in logica, David K. Lcwis, Teoria delle controparti e logica modale quantificata, in Daniela Silvcstrini (a cura di), Individui e mondi possibili, Feltrinclli, Milano 1979. 3 Robcrt Burton, L 'muztomia della malinconia, a cura di Luca Manini e Amneris Rosclli, Bompiani, Milano 2.02.0. 4 Gérard dc Nerval, F.I Desdichado, in Id., Chimere e altre poesie, trad. it. Diana Grange Fiori, Einaudi, Torino 1972..

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come altrettante "grida" di un mercato cerebrale»S, di stabilire un rimando credibile tra quella particolare declinazione del morbo chiamata malinconia d'amore e le sue possibili cause. Le quali cause, spaziando dagli astri al clima, dalla dieta al luogo, dal paese alla condizione, dal tempo all'eloquio, dalla taurina possanza del corpo al lussureggiante strapotere della natura - e chi più ne ha più ne metta - non raggiungono neppure quella soglia minima di omogeneità idonea a trasformare un assemblaggio di nonsoché in una classe sufficientemente compatta da poterla candidare a modello. Per contro, come esempio di rispetto del suddetto vincolo epistemologico, Freud stabilisce tra fatto e modello un'analogia a tal punto forte da rasentare l'isomorfismo e, per farlo, mette mano al medesimo ragionamento profattuale che elesse Sherlock Holmes a impareggiabile archetipo di tutti i cacciatori di marginalia, scarti di preda tanto più all'apparenza poco edibili quanto più in realtà ghiotti - il Maestro conosceva e ammirava l'opera di Sir Arthur Conan Doylé. Alle prese con la scena delittuosa, Holmes rimugina: se gli avessero propinato stricnina, costui mostrerebbe esattamente i sintomi che mostra supponendo che i sintomi della stricnina siano inconfondibili, la verità della protasi segue dal fatto descritto come vero nell'apodosi7.

E alle prese con la scena clinica, Freud rimugina: se gli fosse capitato un lutto, questo melanconico mostrerebbe esattamente i sintomi che mostra; oppure: se questa paziente fosse innamorata dcli' analista, si comporterebbe esattamente come si comporta. E così via. È in virtù di questo cogito armato dalla presa del ragionamento condizionale - quello strepitoso marchingegno termo-aletico brevettato da Filone nelle premiate officine di Megara - che la bizzarria melanconica può essere ricondotta alla normale esperienza del lutto e la stravaganza del transfert alla normale esperienza amorosa. Si tratta di una procedura pervasis Robcrt Burton, Malinco11ia d'amore, trad. it. Attilio Brilli e Franco Marucci, Rizzali, Milano 1981, p. 2.4. 6 Murici Gardincr (a cura di), The Wolf-Man by the Wolf-Man, Basic Books, New York 1971, p. 146. 7 Claudio Pizzi (a cura di), Leggi di ,iatura, modalità, ipotesi. La logica del ragionamento contro{attuale, Fcltrinclli, Milano 1971, p. 1 3.

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va nel pensiero freudiano, la si intercetta più o meno dappertutto, e perciò anche quando è in gioco il tentativo di catturare un modello normale del lapsus. Ad esempio, quel particolare tipo di lapsus, consistente nella deformazione di un nome di persona, in virtù della sua bizzarria morfologica recalcitrerebbe a ogni tentativo di interpretazione senza il soccorso di un al di fuori del lapsus - così Freud - rappresentato dalla (psicopatologia della) vita quotidiana, vale a dire: senza il soccorso di un modello normale, non parafasico, un fuori-lapsus capace di trasmutarne l'opacità in trasparenza: La deformazione di un nome al di fuori del lapsus viene usata abbastanza di frequente; essa cerca di rendere il nome cacofonico o tale che rammenti qualcosa di ignobile; ed è un noto modo (o malomodo) di ingiuriare la gente, al quale l'uomo civile impara presto a rinunciare, per quanto a malincuore. Egli se lo permette ancora spesso come motto di spirito8 •

Ne aveva fatto del resto esperienza a proprie spese il Dottor Gioia, alias Monsieur Joyeuse, alias Freud: «Senza tema di contraddizione, si può affermare che questi giuochi di parole sono tipici della maleducazione infantile; ma, fatti da me, rappresentano una ritorsione, perché il mio nome è stato infinite volte vittima di questi sciocchi motteggi [Freud = Gioia]» 9. Ecco dunque trovato il modello normale di quel lapsus che deturpa il nome dell'interlocutore e che può, alla Holmes, riassumersi nella protasi se costui avesse voluto deriderlo, seguita dall'apodosi gli avrebbe storpiato il nome come ba appena fatto col suo lapsus. Ma mi accorgo che il lapsus sta ora convergendo col motto di spirito, né poteva essere altrimenti, visto che tutte le produzioni dell'inconscio alla fine convergono, sono almeno in parte tutte simili fra loro perché accomunate da un medesimo prototipo, il sogno. E infatti, anche il lapsus è, alla pari del motto, una formazione di compromesso, il risultato di una condensazione che sfrutta «una qualunque somiglianza delle [rappresentazioni di] cose o delle rappresentazioni verbali tra due clementi del mate-

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9

Freud, Introduzione alla psicoanalisi cit., p. 2.24. Freud, L'intcrpretaziot1e dei sogni cit., pp. 2.95 e 488.

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riale inconscio per creare una terza cosa» 10, un alieno prodotto di contaminazione tra ciò che ci si illudeva cadesse sotto l'esclusivo dominio apollineo della deliberazione egoica e ciò che invece, con dionisiaca effrazione, a quel dominio sfugge, dimostrando, per adoperare una delle più note metafore freudiane, che non si è padroni neppure in casa propria - la cura si incaricherà poi di dimostrare l'impossibilità di esserlo in casa altrui. Naturalmente, la somiglianza non è l'identità perché, mentre l'identità è una relazione riflessiva, simmetrica e transitiva, alla somiglianza non si richiede necessariamente né simmetria, né transitività. Può x essere simile a y che per parte sua non gli è simile, e può x essere simile a y che è simile a z senza che sia x a sua volta simile a z. Ma mettiamola più semplicemente così: tutte le cose identiche sono simili ma non viceversa, cd è questo che giustifica la distinzione tra analogia positiva - in cosa si somigliano x e y - e analogia negativa - in cosa differiscono x e y 11 • Ecco un piccolo campionario di analogie negative tra motto e lapsus, piccolo di soli tre striminziti esempi: primo, l'origine del lapsus è un'intenzione inconscia che interferisce con un'intenzione cosciente, mentre quella del motto è un'intenzione cosciente che scarica un conflitto inconscio; secondo, il motteggiatore sa di motteggiare e può riderne a patto che altri ridano, mentre chi fa un lapsus neppure sa di farlo e, quando altri ne ridono, capita che lui se ne vergogni; terzo, il motto collude col censore, mentre il lapsus lo circuisce. Altre analogie negative più propriamente mctapsicologichc valgono da un lato tra motto e lapsus, dall'altro tra entrambi e il loro comune progenitore onirico, ma qui mi preme non tanto ascendere all'iperuranio teorico dei differenziali tra investimenti e controinvestimcnti al governo delle varie economie psichiche nei singoli casi, quanto piuttosto mostrare rasoterra che il motto di Hitschmann e il lapsus di Tausk - nonché la primogenitura di Adlcr - per quanto differenti tra loro, sono complici asserviti a un disegno inconsapevole comune a tutto il gruppo viennese, del quale possono, per certi versi, definirsi i portavoce. Sigmund Freud, Psicopatologia della vita quotidiana (1901), in Id., Opere, voi. 4, Boringhieri, Torino 1977, pp. 105-106. 11 Mary B. Hcssc, Modelli e analogie nella scietwl, trad. it. Cristina Bicchieri, Fcltrinclli, Milano 1980, p. 48. •

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La sessione inaugurale della Società Psicoanalitica per I' anno 1909'1910 si tenne il 12 ottobre 1909, eccezionalmente di martedì, appena quattro mesi dopo il primo scontro aperto tra la Dea Libido e la Dea Aggressività. Il numero dei partecipanti era a tal punto cresciuto che il convegno ebbe luogo non a casa Freud, ma all'Hotel Residenz. È ospite, fra gli altri, Viktor Tausk, e lo è in quel senso particolare cui ho già accennato a proposito di Wittels: ospiti della Società erano coloro in attesa di diventarne membri effettivi. Nel frattempo, giacevano ibernati, come i sette dormienti di Efeso, in uno stato di transizione fra il preteso nulla degli auditores e il preteso tutto dei competentes12 , periodo durante il quale si sarebbero dovute accertare non tanto le loro risorse terapeutiche, quanto la loro capacità di contribuire alla conoscenza della Dea Libido. Su questo punto, Freud fu sempre perentorio: ciò che gli stava a cuore negli allievi non era il loro eventuale pietismo, la loro dedizione ferencziana a rimpolpare le risorse psichiche dei pazienti rimediando alla bancarotta della loro vita, faccenda per la quale neppure a sé stesso riconosceva grande interesse, ma la capacità di produrre nuovo sapere. Ed è giusto che sia così, perché il sapere di ciascuno sul proprio inconscio, che dipende dalla cura, presuppone il sapere di tutti sull'inconscio di tutti, che dipende dal progresso della metapsicologia. Quando si trattò ad esempio di discutere la riammissione nell'universo istituzionale del figlio prodigo Wittels, nel prendere posizione contro chi la osteggiava con più o meno ambigui motivi e più o meno oscuri moventi, Freud non esitò, non si appellò ad alcuna particolare abilità clinica del richiedente, ad alcuna sua risorsa terapeutica - ne aveva eccome - ma si limitò a dichiarare seccamente: «L'uomo ha delle idee» 1 3, con ciò indicando, al di là di ogni possibile dubbio, la qualità su cui faceva affidamento. Per i sette dormienti si veda Iacopo da Vara7:r.c, Legenda aurea, a cura di Alessandro Vitale Brovarone e Lucetta Vitale Brovaronc, Einaudi, Torino 1995, p. 549; per gli auditores e i competentes, Michcl Foucault, Del governo dei viventi, trad. it. Deborah Borea e Pier Aldo Rovatti, Fcltrinelli, Milano 2014, p. 155. 13 Nunbcrg e Fcdem (a cura di), Minutes of the Vienna Psychoanalytic Society, voi. 2, cit., p. 285; per la scarsa attitudine ad aiutare il pr~imo, si veda Eva Brabant et al. (a cura di), Sigmund Freud, Sa,ulor Feret,ai. Lettere, voi. 1, 1908-1914, Raffaello Cortina Editore, Milano 1993, p. 129: «In mc manca questo bisogno di aiutare gli altri». 12

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Prova: «Egli [Freud] ha ripetutamente dichiarato che, per lui, i successi terapeutici occupano un posto secondario fra i suoi interessi di fondatore della psicoanalisi e di esploratore delle profondità dell'inconscio» 14 • Controprova: Vi ho detto che la psicoanalisi è nata come terapia, ma non è questa la ragione per cui ho inteso raccomandarla al vostro interesse, bensì per il suo contenuto di verità I s.

Per guadagnare la toga virile del competens, Viktor T ausk dovette dunque sottoporsi al medesimo trattamento a suo tempo toccato a Wittels: recitare la propria recita sgattaiolando tra le bordate ostili di un gruppo impregnato di dinamiche conflittuali, tutte vertenti sul tema del retaggio paterno e dcli' appropriazione competitiva del sapere che il padre detiene. Perché mica è vero, come vocifera Faust per bocca di Goethe per bocca di Freud, che «tanto quel che sai di meglio non puoi dirlo ai tuoi alunni» 16• Qualcosina sì, puoi provare a sussurrargliela, magari non sarà il meglio del meglio di ciò che sai, non sarà la quintessenza del lapis philosophorum né il segreto del Sacro Graal, ma neppure sarà la più scontata tra le banalità. Il qualcosa che il padre sa, può comunque dispensarlo a suo arbitrio, e l'eletto che lo riceve, divenuto padre nell'atto stesso dell'araldica consegna, può a sua volta dispensarlo. Tuttavia, questo passaggio di mano del testimone è impervio, implica lutto, colpa e uccisione, implica accontentarsi del poco che si presume sia concesso contro il troppo che si ritiene sia precluso, per riservarlo magari ad altri. Impone inoltre all'impazienza del destinatario la lungaggine dei tempi di consegna e apprendistato, e perciò la bulimia di chi è in vorace attesa del lascito totemico può anche imboccare qualche comoda scorciatoia. Ad esempio, quella di eleggersi possessore di un sapere autopoietico, che niente deve a nessuno, meno che mai al padre, come ci si immagina abbia fatto a suo tempo lui, il Padre, che tale è da sempre, onnisciente, ingenerato, incorruttibile, onnipotente e persecuto'" Wittds, Sigmu,ul Freud. His Personality, His Teaching and His &hool cit., p. 190.

•s Freud, l11troduzione alla psicoanalisi (nuova serie di lezio,li) (1932.), in Id., Opere, voi. n, cit., p. 2.62.. 16 Masson (a cura di), Lettere a Wilhelm Fliesscit., p. 32.2..

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rio nell'alto dei cieli. Risultato: si può guarire dal male nero della scrofola filiale senza il tocco del re taumaturgo 1 7. Nel gruppo viennese, costituito da padri in pectore ciascuno portatore di una personale soluzione al problema dell'appropriazione del sapere, queste dinamiche già ordinariamente intense si accendono di truculenza ogni volta che fa capolino un nuovo commensale, soprattutto perché la sua condizione di ospite, di figlio in attesa di farsi padre, di auditor in attesa di farsi competens, di scrofoloso infetto in attesa di farsi re taumaturgo, lo rende potenziale testimone dell'altrui potenziale funzione paterna. Chi potrebbe testimoniare che io sono padre meglio di mio figlio? Il lettore delle Minute lo sente al di là del nudo resoconto dei verbali, sente la presenza perturbante del nuovo inquilino, del figlio da adottare a patto che resti sempre figlio e, per contro, del padre da scalzare perché non resti sempre padre, lo avverte nel mutato respiro degli interventi, nel diverso ritmo del loro incalzarsi, nell'ordine significativo con cui si susseguono, nel far mostra più del solito, ciascuno dei padri putativi, di tutto I'armamentario da parata che lo oppone al padre primigenio o viceversa, ma più raramente, di tutta la devozione che a lui lo lega e che lo candida perciò a migliore dei suoi eredi, già più padre di suo padre. Dal canto suo, il nuovo inquilino, armato del desiderio di varcare quel medesimo Rubicone che tutti vorrebbero varcare, è in bilico fra due attrattori, quello filiale e quello paterno, ed è perciò un generatore di metastabilità, uno che rimette di colpo in discussione, col suo solo esistere, i precari equilibri ogni volta raggiunti dal gruppo a costo di estenuanti trattative 18• L'assunzione della forma filiale lo solleciterebbe a sottomettersi al padre atavico ma, perché no!, anche a qualcuno dei padri putativi, dei gerarchi minori, tutti a loro volta presi dalla ricerca di un devoto che ne attesti mitra e baculo. A quale padre affiliarsi? Bloch, I re taumaturghi, trad. it. Silvestro Lega, Einaudi, Torino 1973. Quasi-forma è termine di René Thom che designa le forme instabili: «Queste forme instabili sono [... ] forme di biforcazione; il loro punto rappresentativo si trova alla soglia fra due o più bacini di attrattori; di fronte a queste forme, la mente oscilla indefinitamente fra gli attrattori adiacenti scn7.a giungere ad una scelta. Ne risulta per l'osservatore una stato di disagio o di angoscia» (René Thom, Stabilità strutturale e morfogenesi. Saggio di una teoria generale dei modelli, trad. it. Antonio Pcdrini, Einaudi, Torino 1980, p. 19, corsivo nell'originale). 1

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D'altro canto, tentare di assumere subito e in proprio la forma paterna sarebbe la via maestra per entrare frontalmente in battaglia con l'orda, per contendere palmo a palmo agli altri padri putativi il ruolo di primo antagonista di Freud. Ma contro chi di loro battersi? Questo il sottosuolo di quei Mercoledì degni dei fratelli Karamazov, mentre la loro superficie sembra parlare di illuministiche serate trascorse tenendo a balia la creatura psicoanalitica. Per amore del sottosuolo - e io lo amo come penso, senza crederci, che lo amino tutti gli analisti - conviene perciò rendicontare alcune dinamiche che furono preludio a quella sera del 24 novembre 1909 in cui, tenendo la sua prolusione affiliativa, l'ospite Tausk finì suo malgrado per avanzare una temeraria proposta di soluzione del problema paterno, quella di invertire la freccia del tempo. Il 20 ottobre 1909 il Dottor Hollerung tenne una relazione intitolata Experience and Emotional Experience 1 9, della quale non ci resta protocollo, ma dalla discussione che ne seguì possiamo arguire che era lontana dallo spirito freudiano come solo sa esserlo la scienza ufficiale. Le tesi di Hollerung ci interessano qui solo come esca della successiva discussione, cui diede avvio Paul Federo, seguito dal facondo Stekel e dal futuro biografo Wittels. È vero, chi lavora ai resoconti di Rank è costretto a una condizione mutila e immaginifica, deve rinunciare alla tradizione orale di cui fu portavoce il gruppo, alla ricchezza dei contesti sensoriali, alla danza della parola di bocca in bocca, e deve basarsi soltanto sulla scrittura che, prima di essere veicolo di presenza, è testimone di assenza. Può accedere tuttavia in parte al significato delle cose che furono dette e, se analista, possiede o dovrebbe possedere l'abilità funambolica di far correre il pensiero su fili sottili. È questo che consente di affermare che, se i primi tre interventi di quella sera non recano traccia della dinamica del gruppo, il quarto intervento, quello di Adler, comincia invece a farla affiorare. Eccoli. Federo - primo intervento - si limita a sostenere che è impossibile entrare nel dettaglio delle tesi di Hollerung, perché molte sembrano arbitrarie, ma non manca poi di rilevare l'importanza della distinzione tra arida esperienza •9

voi.

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Nunbcrg e Federo (a cura di), Minutes of the Vienna Psychoanalytic Society, cit., p. 2.76.

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e esperienza emotiva, assieme al fatto che le due, esperienza ed emozione, possono andarsene ciascuna per fatti suoi al traino di un diverso destino, all'incirca come la rappresentazione e l'affetto. Stekel - secondo intervento - è invece subito più duro nei confronti di Hollerung. Il suo stile, a mezza strada tra il vistoso e il compiaciuto, gli fa dire che ha ricevuto stasera da Hollerung un'emozione senza esperienza, visto che quest'ultima gli è stata preclusa dalla natura fisiologica delle tesi sostenute. Gli interventi di Stekel sono spesso fatti a ruota di pavone e esercitano, forse proprio a causa dei loro stilemi appariscenti, una sorta di capacità di trascinamento della discussione di gruppo, consentendo agli schieramenti di turno di emergere presto e meglio. E infatti Wittels - terzo intervento - si aggrega subito a Stekel dichiarandosi del tutto incompetente a seguire i treni di pensiero astratto e psicofisiologico di Hollerung. Veniamo così a sapere, e il seguito della discussione non potrà non confermarlo, che Hollerung ha prodotto una relazione di quelle che oggi definiremmo neurobiologiche, sostenendo che l'inconscio è di natura organica, è identificabile con la struttura e la funzione del cervello e che quello delle funzioni cerebrali è un problema chimico che coinvolge tutto il corpo, non il solo cervello, una posizione forse avveniristica, ma che svuota di ogni significato l'inconscio20 • È perciò ancora più notevole ciò che ora dice Adler - quarto intervento - tessendo di Hollerung un elogio che, mentre si contrappone ai tre interventi precedenti, nel contempo sfrutta alcune tesi freudiane opportunamente distorte, nel tentativo di guadagnare sul campo i galloni di proto-antagonista. Ascoltiamolo. Ha l'impressione, Adler, che il relatore abbia preparato per tutti loro una bella sorpresa. Anche se alcune affermazioni sembrano allo stato fantascientifiche, aprono in realtà grandi prospettive. Lui stesso ha pensato più volte che il cerebrum è stato sopravvalutato e che essenzialmente non si tratta di un organo differente da tutti gli altri organi di senso. In più ritiene, d'accordo con Freud, che il problema chimico sia centrale per le nevrosi e più in generale per tutta la vita psichica. I curatori delle Minute segnalano in nota che Adler fraintende a suo uso e consumo 20 Questi problemi «may be on the agenda a century aftcr us», è l'ottimistico commento freudiano (ivi, p. 2.80).

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la tesi freudiana della coscienza come organo di senso, ma io credo che si possa andare oltre e cogliere, del detto adleriano, il significato latente. Suona così: c'è qualcosa la cui funzione è stata sopravvalutata, che va ora ridimensionata e messa sullo stesso piano di tutte le altre cose. È il caso di dire che il qualcosa è in realtà qualcuno e che le altre cose sono in realtà gli altri? Non sostengo che questa interpretazione esaurisca il significato di ciò che Adler va dicendo - tutte le interpretazioni sono insature - ma solo che coglie un'associazione rimossa fra il cerebrum che governa il corpo e il capo che governa il gruppo. Vospite Tausk, quinto nella successione, che presumo abbia captato, di Adler, non solo l'intenzionalità ma anche la preterintenzionalità, fa ora il suo primo intervento di cui ci resti traccia, un intervento di ampio respiro: contrariamente ad Adler, che ama la fisiologia, bisognerebbe amare il problema della conoscenza - lo stesso problema sul quale fra non molto scivolerà malamente lui stesso, passando suo malgrado dalla preterintenzionalità adleriana alla propria. Se qualcuno vuole invocare la chimica - così T ausk - può farlo solo in forza dcli' analogia secondo cui i processi psichici si svolgono in accordo con leggi generali, alla pari di tutti gli altri processi. Ciò di cui si dovrebbe discutere è invece il problema delle qualità percepite, che resta il problema centrale della vita psichica e più in genere della conoscenza. Ma noi non lasciamoci fuorviare dalle cose che T ausk dice, anche se sono interessanti e finalmente psicoanalitiche. Ciò che conta è l'apertura: «Dr. Tausk (as guest), in contrast to Adler» 21 • Contrariamente ad Adler: è questo che dà il vero senso dell'intervento dcli' ospite dal punto di vista della dinamica di gruppo. Tausk ha scelto! La dimostra la replica di Adler, un sussurro fuori campo, giusto per ribattere che le impressioni del mondo esterno devono essere mediate dal chimismo corporeo prima di diventare qualità percepite 22• È un modo, quello di Adler, per rivendicare la libertà 21

lvi, p. 278. Paul Valéry, nel constatare che la nostra scarna punteggiatura non rende giustizia alla prosodia, auspicava per la scrittura l'equivalente dei segni dinamici in musica. Memore di questo, presumo di avvertire il sussurro di Adler nelle inconsuete parentesi con cui, come in una notazione, Rank ne ha circoscritto l'intervento differenziandolo da tutti gli altri. Ivi, p. 279. 12.

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del gruppo dal vincolo paterno, dal cerebrum, contro le velleità del nuovo arrivato, dell'ospite, che sembra volersi affiliare troppo in fretta al padre dei padri giurandogli fedeltà eterna. Il gioco è dunque fatto, almeno stasera. L'ospite si è schierato con Freud contro Adler, un bell'esordio, ma a mio avviso la sua scelta di campo è dettata dall'intuito del ruolo di antagonista giocato da Adler, un ruolo molto ambito da Tausk, come dimostrerà la sua imminente proposta di inversione temporale. Chiude la partita Freud, che vorrebbe, e mica possiamo dargli torto, riabiliuzre il cervello e il suo ruolo perché, se è vero che le sensazioni originano nel corpo, è pur sempre il cervello che deve percepirle. Non per niente il capo si chiama capo. Le dinamiche di gruppo innescate dall'inconsapevole metafora messa in campo da Adler - cerebrum per capo - presero corpo di lì a una settimana, nella riunione del 27 ottobre 1909, che recava in esergo la proposta di far transitare a breve T ausk dal limbo degli ospiti al girone dei membri-un'intravista promozione che, somministrandogli presumibilmente un sovradosaggio di eccitamento, può aver contribuito a preparare il terreno per la futura intemperanza del suo inconscio. Ironia o sapienza della sorte, relatore è l'ex ospite Wittels, da auditor canonizzato a competens da circa un anno e mezzo - lo si ricorderà - in un tumultuoso conclave dedicato al panegirico dell'etera e al dileggio dell'isterica, e per nostra sfortuna anche il suo protocollo, dal titolo Analisi di una stato isterico di confusione, non ci è pervenuto23. Latitanza che non impedisce però di seguire il mutuo intrecciarsi delle voci nella fuga del gruppo, di cogliere la dissonanza di una replica o la rattenuta animosità di una controreplica, di osservare il delinearsi e il dissolversi degli schieramenti, più mobili e frastagliati delle nuvole di un inizio primavera. Un esercizio un po' pedante per far emergere la tipologia delle costellazioni affettive sarebbe quello di siglare gli interventi dei partecipanti con un più o con un meno, a indicare la valenza positiva o negativa, di accettazione o di rifiuto, del parlante nei confronti del relatore. Questa operazione andrebbe poi estesa sotto forma di un grafo in cui ciascun membro del gruppo occupa un vertice,

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mentre ciascuna freccia che, portatrice di un segno + o di un segno -, connette uno o più vertici, indica la valenza affettiva del parlante nei confronti degli altri parlanti. C'è un effetto di cancellazione del tempo in questa metamorfosi sincronica del fluire diacronico delle voci, che giustappone nella simultaneità dello spazio ciò che il tempo aveva segregato in diversi istanti, la stessa cancellazione che introduciamo nella cura quando riportiamo, inaspettatamente per il paziente, ciò che oggi accade sotto l'apparenza del nuovo a ciò che in un immemore passato era già accaduto. Mi sono tuttavia astenuto dall'applicare questo metodo perché ormai sospetto di me stesso più che dei miei pazienti, e inclino a credere che un pensiero troppo sistematico finirebbe per soffocare il fuoco, come fa l'eccesso di legna in un camino. D'altro canto questo metodo, che ambirebbe battere a tappeto l'intero campo di ricerca, è per certi versi l'esatto contrario del metodo analitico, che coltiva analoga ambizione, è vero, ma pretende di raggiungere l'universo in un suo frammento, più che nell'intera catalogazione delle galassie. Comunque, il semplice sondaggio con una versione ridotta del metodo segnala il frequente alternarsi dei più e dei meno nelle fasi iniziali dei dibattiti. Se il primo intervento apprezza, il secondo attacca e il terzo apprezza, mentre se il primo attacca, il secondo apprezza e il terzo attacca. Man mano che ci si inoltra nella discussione e il gioco si complica, facendosi inestricabile, questa sequenzialità tende a decadere, come se il bisogno dei primi interventi fosse quello di marcare il proprio territorio, alla maniera di cani e gatti, evidenziando ciò che di ciascuno fa non solo un sodale del suo compagno di strada ma anche e soprattutto un suo competitore, uno diverso da lui e da tutti gli altri. Unico. La riunione in cui è chiamato a tenere banco Wittels ne costituisce appunto uno splendido esempio, un pezzo pregiato di giudizi alterni che infiorano la discussione con la simmetria di un fregio barocco. Contro il primo intervento di Reitler (+ ), apertamente entusiastico, che addirittura non ha nulla da aggiungere alla stupenda analisi di Wittels, si leva il secondo intervento di Hitschmann (-), a tal punto negativo da pronunciare il seguente verdetto senza appello: Wittels ha condotto l'analisi con sbalorditiva ingenuità e il paziente, che l'ha

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complicata mediante una lettura intensa dei lavori di Freud, era alla fine più malato di prima. Si possono immaginare due giudizi più differenti? La semplice constatazione della loro divergenza assoluta, come se concernessero due oggetti distinti di due distinte teorie, dovrebbe allertare sul fatto che qui non è in gioco la bontà del contributo di Wittels ma qualcosa d'altro. Il metodo suggerirebbe ora, visto che dovremmo trovarci agli antipodi del mondo aleatorio delle sequenze generate dal lancio di una moneta, l'imminenza certa di un segno positivo. L'evidenza conferma: Federo(+) non se la sente di reagire immediatamente alla dichiarazione distruttiva di Hitschmann, ma pensa che le interpretazioni di Wittels non siano affatto arbitrarie, e prosegue con un'argomentazione i cui particolari qui non ci interessano, presi come siamo dall'ansia di conoscere il successivo verdetto. È di Sadger (-), negativo come ci aspettavamo: Wittels impedisce al paziente di trovare da solo la propria strada, ha omesso sistematicamente di interpretare l'interpretabile al momento opportuno cd è vero, è stato sin troppo ingenuo. Ma non c'è da attendere per vedere ribaltata di nuovo la situazione. Stcincr (+), quinto intervenuto, meriterebbe in realtà molte repliche del segno positivo, perché ha provato, ascoltando Wittels, addirittura un senso di soddisfazione massima, come solo sa darla un lavoro splendido. Lo si vede bene, non si tratta di sfumature, i giudizi che si susseguono sono radicali e radicalmente opposti, trapassano con disinvoltura dall'encomio alla condanna, dalla svalutazione dcli' analisi di Wittcls, considerata alla stregua di una catastrofe totale, alla sua rivalutazione come esempio di eccezionale condotta terapeutica. Il metodo suggerirebbe ora di nuovo l'avvento di un giudizio negativo, ma è di turno il genio, e non dovremmo forse aspettarci dal genio che infranga quella catena dell'ovvio di cui siamo tutti prigionieri? È proprio così. Il Professor Freud, (+) in luogo dell'atteso (-), non fa un semplice intervento, ma somministra una lezione magistrale, il cui attento ascolto sarebbe raccomandabile ancora oggi, non fosse altro che per gli aspetti concernenti la distribuzione delle difficoltà all'inizio, nel mezzo o alla fine della cura. Ma lo scopo urge e costringe ancora una volta a sorvolare su tutto ciò che

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gli è estraneo, consentendo una sosta solo sulla valutazione entusiastica che Freud dà di Wittels e sulla risposta che la generosa elargizione paterna induce in Stekel: Il Prof. Freud [... ] è felice di poter dire che chiunque sia in grado di comprendere e presentare un caso clinico in questi termini ha tutto il diritto di attendersi di diventare in futuro un eccellente analista 24.

Tanto più che il caso clinico è reso particolarmente arduo - così Freud - dal fatto che il paziente è molto intelligente e ha sfortunatamente anche una buona conoscenza teorica della psicoanalisi, ha letto molto, sicché non gli si può dire granché di nuovo in merito; tutto sommato si tratta, in fondo, di «un bambino che vuole essere migliore del padre» 2 5. Parentesi. Ha sfortunatamente una buona conoscenza della psicoanalisi sicché non gli si può dire granché di nuovo: spiace ricordarlo, ma questa è l'ingenuità che ha accompagnato per decenni la psicoanalisi sotto forma del consiglio, infondato ma rifilato in cieco automatismo da generazioni di analisti a generazioni di pazienti, di astenersi durante la cura da letture psicoanalitiche, pena l'incentivazione della resistenza, come se l'operazione cosciente della lettura, invece di galleggiare sulle acque della superficie psichica come un sughero, potesse pescare a mille leghe sotto i mari come il Nautilus, sortendo l'effetto di approvvigionare di bastioni il fortilizio della resistenza. E pensare che lo stesso Freud era ben consapevole di come fosse pari a zero il potere che ha la lettura di sbrogliare la matassa nevrotica: Se la conoscenza dell'inconscio fosse tanto importante per il paziente quanto ritiene chi è inesperto di psicoanalisi, basterebbe per la guarigione che l'ammalato ascoltasse delle lezioni o leggesse dei libri. Ma tali misure hanno sui sintomi della malattia nervosa la stessa influenza che la distribuzione di liste di vivande in tempi di carestia può avere sulla fame 26 • 24 lvi, voi. 2, cit., p. 284. 2.s lvi, p. 286. Questo paziente, in assoluto il primo di Wittcls, gli fu inviato da

Freud in persona, nel tentativo, come si vedrà meglio in seguito, di strappare Wittcls a Kraus; l'analisi durò due anni {Timms (a cura di), Freud and the Child Woma,, cit., p. 81). 16 Freud, Psicoanalisi "selvaggia" (1910), in Id., Opere, voi. 6, cit., p. 329.

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Splendida analogia, non c'è che dire! Del resto, come dato rilevante vale il fatto che ai componenti del gruppo viennese, sebbene avessero letto tutto ciò che Freud aveva scritto e leggessero quasi in tempo reale tutto ciò che andava scrivendo, molto gli si poteva ancora dire in termini interpretativi sul loro inconscio, sulle loro rimozioni e sui sintomi che ne derivavano, visto che, a dispetto della loro specifica acculturazione, restarono afflitti da quella medesima nevrosi che a suo tempo li aveva sedotti al divano ubicato in Berggasse. Chiusa parentesi. L'intervento di Freud è dunque estremamente elogiativo per Wittels ma, quel che più conta, mette a fuoco con poche parole il problema centrale dcli' analisi, il fatto cioè che il paziente è nulla più di un bambino che vuole essere migliore del padre, un'affermazione che sembra fatta apposta per parlare di Adler, della teoria di Adler e del rapporto che la teoria di Adler intrattiene con Adler. Sebbene Freud non menzioni esplicitamente l'invidia nei confronti del padre o dei suoi sostituti, presumo che un gruppo non dissimile, quanto a dinamiche, da quelle attive nel paziente di Wittels, non possa che recepire l'implicito. Ne fanno fede le antenne di Stekel il quale, pur negando e spostando la questione, ammette che, nonostante non sia mai invidioso [sic!], invidia oggi al relatore la sua analisi. Pensa tuttavia che sia nocivo avere in analisi come consulente il Professor Freud, perché non dovrebbe esserci nessuna autorità al di sopra di quella dell'analista che segue il caso 2 7. Suppongo che sia l'impatto di questi precedenti a fare dell'intervento finale di Adler una prudente opera di equidistanza, che con un più e con un meno, entra brevemente nel merito del caso clinico e annuncia la prossima pubblicazione di un suo lavoro sull'argomento. 24 novembre 1909, dies ille, dies tribulationis. Il titolo della prolusione iniziatica dell'esordiente Viktor Tausk, che deve valergli l'ammissione alla schiera dannata, è Teoria della conoscenza e psicoanalisi 28• È un po' generico e vorrebbe nascondere 27 Nunbcrg e Federo (a cura di), Minutes of the Vienna Psychoanalytic Society, voi. 2, cit., p. 287. 28 lvi, p. 328. Schiera dannata: «Chi riconosce che il transfert e la resistenza sono la chiave di volta del trattamento appartiene ormai, senza rimedio, alla schiera dannata» (CÀrtcggio Frcud-Groddek, trad. it. Laura Schwarz, Adclphi, Milano 1979, p. 17).

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ciò che subito svela, lo scopo smisurato di chi desidera ripercorrere, addirittura dalle origini sino a Freud, gli snodi cruciali della storia del pensiero filosofico, intendendo alla fine mostrare il definitivo mutamento epistemologico prodotto dalla psicoanalisi e la cattura freudiana di quella verità ultima invano inseguita nei millenni. L'irrealistica vastità dello scopo testimonia l'afflato filiale dell'esordiente, anzi, lo testimonierebbe, se qualcosa non mostrasse subito come, dentro la crisalide filiale, urga la mutazione in forma paterna, pronta a bucare l'involucro e a erompere nel gruppo. È ambizioso lo scopo di T ausk, perché pretende di comprimere l'universo in una palla, di poter descrivere in un frustolo di tempo quella che fu la tormentatissima consegna del sapere attraverso i secoli, di poter rappresentare il come, il dove e il quando dell'incessante trapasso della forma paterna in forma filiale e della forma filiale in forma paterna. Ed è felice e assieme infelicissima questa scelta del tema. Felice, perché la stessa analisi non è altro che lo sforzo di recuperare a oggi un antichissimo sapere che non fu mai saputo, di tornare al luogo di partenza e vederlo per la prima volta; e perché la lente psicoanalitica è lo strumento ideale per mostrare il garbuglio inconscio che sovradetermina i grandi sistemi di pensiero. Infelicissima, perché l'argomento dell'appropriazione e della filiazione del sapere è ciò che attanaglia il gruppo del Mercoledì, costringendolo a negare a stento ciò che, riconosciuto, a stento sopporterebbe, il fatto cioè che la luminosa ascesa del sapere implica, perché vi sia effettivo passaggio di mano, l'oscuro lavorio della propria morte in quella dcli' altro. Ma a quest'aspetto della sua scelta T ausk è pronto a opporre subito il rimedio di una facile via di uscita che volentieri tutti i membri del gruppo sono pronti a imboccare. Tutti meno uno: Freud. Le successioni filosofiche toccate da T ausk sono maniacalmente numerose, basti citare quelle dai filosofi greci ai Padri della Chiesa, dai Padri della Chiesa a Spinoza, da Spinoza a Humc, da Hume a Kant, da Kant a Schopcnhauer, da Schopcnhaucr a Freud. A non tener conto del diniego, ci sarebbe da meravigliarsi del fatto che una mente tanto versata nella filosofia come quella del giurista e medico Tausk abbia potuto immaginare, anche solo per un istante, di poter decentemente parlare di così tanto

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tempo in così poco tempo. Ma l'autentica meraviglia è nascosta altrove, nel primo anello della catena discendente dei padri del pensiero filosofico occidentale convocati dal relatore, nel padre primordiale di tutte le filosofie. Conviene dapprima mettere in memoria il problema da cui prende le mosse T ausk, perché tornerà nel finale di partita come oggetto di spostamento del gruppo, come ulteriore via di uscita da quel rimosso che sta adesso sul punto di rimuovere il rimovente, e l'indicazione a imboccarla verrà da Freud in persona. Legittima difesa. Dunque: «Aristotele inizia con la domanda: qual è il contenuto della forma? Qual è la relazione fra contenuto e forma?» 29 • Tausk ritiene sia questo il problema originario di tutta la filosofia occidentale - lo vedremo trasformarsi nel problema originario di tutto il gruppo viennese - e mentre ora la sua coscienza si dispone a proseguire il lavoro, il suo inconscio, che quel lavoro ha già sabotato, si prepara a irrompere e dilagare nel gruppo, indicando a tutti l'illusoria soluzione inversa del problema della paideia. Ecco infatti che ora Tausk descrive come affrontò il problema del rapporto tra forma e contenuto l'immediato successore di Aristotele, Platone. Non credevo ai miei occhi! Ho persino cercato e, ironia della sorte, persino trovato uno sconosciuto Platone Peripatetico che fu allievo di Aristotele, ma il fortunoso alibi non è sufficiente a prosciogliere Tausk dall'accusa di parricidio colposo e adozione illegittima, perché è sin troppo evidente che qui si tratta proprio di Aristocle di Atene, universalmente noto col soprannome di Platone, affibbiatogli dal suo maestro di ginnastica a sottolinearne le larghe spalle, Platone, del demo Collito, figlio di Aristone e Perittione, nato nella LXXXVIII Olimpiade, nel settimo giorno del mese T argelione, e morto nel primo anno della CVIII Olimpiade, all'età di ottantuno anni3°. Per farla breve, qui si tratta proprio dell'allievo di Socrate e maestro di Aristotele, ed è lui che T ausk vorrebbe non più maestro, ma allievo di Aristotele. Non credo sia necessario essere analisti per intendere il senso del lapsus, che è quello di porre, diciamo così, una questione di precedenza. Ed è tanto macroscopica e scottante la questione posta, 29

lvi, p. 3 2.9.

Laerzio, Vite dei filosofi, a cura di Marcello Gigante, Laten.a, RomaBari 1975, p. 101. 3° Diogene

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III

che ci autorizza senz'altro a sorvolare su tutte le sue sottili repliche e varianti, disseminate nelle pieghe della prolusione di Tausk e nascoste nei contenuti filosofici attribuiti a questo o a quello. A sorvolare persino sull'affermazione secondo cui la nostra civiltà è una civiltà della debolezza e sull'altra secondo cui l'individuo è angosciato dal proprio io perché ha paura di perder/o3 1 - affermazioni che sanno di autobiografia e dimostrano ancora una volta quanto la storia personale e la soggettività infiltrino quelle teorie che andiamo orgogliosamente formulando come se fossero indipendenti da noi. Giungiamo così all'apertura della discussione collegiale, che ci riserva un'ulteriore sorpresa. In genere in queste discussioni non si condonava nulla a nessuno. Il metodo del(+) e del(-) suggerisce che al massimo nel giro di due interventi il relatore sarà attaccato, ma è più probabile che questo accada già al primo intervento, visto che le discussioni che cominciano con un(-) sono statisticamente più numerose. A servire lo scopo ostile dell'intervento basta un qualunque appiglio, fosse pure la più banale delle banalità, e si dà subito stura alla polemica, figuriamoci poi in questo caso, in cui un bersaglio enorme si staglia al centro del poligono di tiro, un errore marchiano giganteggia e fa beffarda mostra di sé nel bel mezzo dcli' affollata anticamera dello studio di Freud. Non è incredibile che ben tre persone intervengano senza sparare un solo colpo al cuore di chi millanta credito? E tra loro Adler, certo non un avventizio in filosofiche faccende, ma scaltrito studioso di Marx e Engels, sensale interessato alle trattative del connubio fra psicoanalisi e socialismo, che fa un lungo e dettagliato intervento menzionando il lapsus di T ausk non più di quanto un isterico faccia menzione del triangolo edipico. Indubbiamente deve essere stato per ragioni di questo tipo che una banale questione di precedenza finì per appassionare tanto Sofocle. Josef Friedjung, il cui cognome composito, metà quasi Vienna e metà tutta Zurigo, mi ha sempre divertito, apre in verità la discussione con una frase che inconsciamente dice ciò che la coscienza tace, diretta com'è ali' alma mater studiorum rappresentata dalla filosofia. Dice-tutto ha il retrogusto ironico 3•

voi.

2,

Nunbcrg e Federo (a cura di), Minutes of the Vienna Psychoanalytic Society, cit., p. 3 3 2.

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del sintomo - di sperare che il relatore voglia continuare ad arricchire la relazione in altra occasione, perché molto oggi è S'tato taciuto. E prosegue con brevi commenti, di cui l'ultimo concerne giustamente l'inesistenza del libero arbitrio - infatti in questo lapsus Thyche c'entra come il cavolo a merenda. L'intervento di Adler, secondo nell'ordine, assomiglia a una vera e propria conferenza, tanto che la pur stringata stenografia di Rank prende ben due pagine. Sostiene, Adler, l'estrema importanza della filosofia per la psicoanalisi, parla come preso dalla fregola di rivendicare di continuo la sua priorità in questa faccenda transdisciplinare, auspica uno sviluppo futuro della ricerca e trova persino tempo e voglia di discettare sulla causalità, sulla dialettica di Hegel e sul pessimismo di Schopenhauer, ma Platone, l'allievo di Aristotele, sembra non meritare soverchia attenzione da parte sua. E quando arriva il suo turno, Hitschmann non trova di meglio che chiedere se queste idee abbiano tutto sommato qualcosa da offrire alla psicoanalisi - una domanda che suona un tantino retorica, visto che lascia intuire una risposta certamente negativa. E ora il Professor Freud, che interrompe la consueta danza dei giudizi fra i poli opposti di una conflittualità che non si lascia redimere, è costretto a rispolverare le sue armi araldiche contro la congiura del silenzio, contro chi vuole a ogni costo dimenticare la parola deforme che lascia intravedere però l'antica verità, intatta come i resti di Pompei, ma non altrettanto morta. Lui, il Professor Freud, vorrebbe in primo luogo correggere un errore storico. Platone non fu il successore di Aristotele, perché in realtà be was the older man, egli era il più vecchio - impossibile trovare un'espressione del rimosso del gruppo che sia più calzante di questa - and a student of Socrates3 2 • Ma ho l'impressione che è ora il venerato Maestro a doversi difendere a sua volta dalla brutale irruzione del pasto totemico da lui stesso evocato nel bel mezzo della scena, e non posso dargli torto. Sarà perché è stato lui a scoprirlo, a mettere mano, primo fra tutti i mortali, su questo meccanismo chiave del nostro psichismo, sarà per questo che ora può adoperarlo con tanta disinvoltura e senza accorgersene. Parlo dello spostamento, del Castore che dalla 3'-Ivi, p. 335·

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Traumdeutung in poi governa il processo primario assieme al Polluce della condensazione. Ecco come Freud immediatamente sposta l'angosciante questione là dove non è, seguendo quella indicazione che l'astuzia dell'inconscio tauskiano aveva fornito proprio in avvio di serata, quando aveva chiesto quale è la relazione tra contenuto e forma. Ha appena corretto, Freud, la guasta genealogia del sapere restituendo a Platone il suo magistero, e ora inopinatamente passa ad altro, ricordando con noncuranza che, quando si è accennato al problema della forma, lui ha richiamato una definizione che non è generalmente applicabile, ma che in certe condizioni - massimamente in quelle presenti, mi verrebbe da dire - è appropriata: la forma è il precipitato di un più vecchio contenuto, an older content andando così a sostituire the older man. «Un contenuto ha, di regola, una sua storia; i primi stadi del contenuto attuale hanno lasciato alle loro spalle la loro forma» 33 • Si tratta, devo riconoscerlo, di una definizione che mantiene il suo fascino anche se la si strappa via da quel 24 novembre 1909, ma in quel lontano giorno dcli'autunno viennese dovette risuonare come una verità troppo profonda per essere capita in tutti i suoi risvolti, e nel contempo come un luogo di spostamento troppo allettante per essere abbandonato. Il suo simulacro ritornerà instancabilmente. Per il resto, Freud trova il lavoro di Tausk troppo complesso, pensa di avere difficoltà ad afferrare idee così astratte, ma pensa anche che, nonostante il difetto dell'odierna relazione - il lapsus, appunto - Tausk sia la persona più adatta per proseguire la difficile impresa del raccordo tra filosofia e psicoanalisi 34. Tocca a Graf. Auspica per il futuro l'uso di un linguaggio più semplice e ha un profondo rispetto per l'onesto! lavoro di Tausk, in cui riconosce un processo di fermentazione delle idee di Freud. Federo lascia andare qualche parola di apprezzamento in compagnia di qualche giudizio critico, soprattutto per quanto concerne la tesi secondo cui la civiltà è fondata sulla debolezza, che suona troppo adleriana. La serata si va spegnendo. Reitler passa come a un poker giocato di malavoglia e Cari Furtmiiller chiude la partita, riferendosi finalmente anche a Platone, l'allievo di Aristotele, alias Freud 33

3-f

fvi, p. 32.5. Jvi, p. 335·

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allievo di T ausk, la cui filosofia non possiamo interpretare - dice sbagliando - esclusivamente come manifestazione affettiva. Così cala il sipario sulla tragedia che dispone le dramatis personae in cerchio attorno al tema del possesso del sapere e della sua filiazione. Potrebbe sembrare una veglia funebre accanto al cadavere di Freud, non fosse altro per il silenzio così tenace, ostinato e colpevole, degli astanti. E tuttavia il bizzarro strumento del parricidio, l'incongruo viaggio dal Liceo ali' Accademia a ritroso nel tempo, finisce per conferirle un sapore grottesco.

X.

Triangoli

Proposizione XXXV. Se uno immagina che la cosa amata congiunga a sé un altro con un vincolo di amicizia pari o più forte di quello con il quale egli stesso la possedeva da solo, odierà la stessa cosa amata e invidierà l'altro [... ] Scolio. Questo odio verso la cosa amata, unito all'invidia, si chiama gelosia, che perciò non è altro che una fluttuazione dell'animo nata simultaneamente da amore e da odio e accompagnata dall'idea di un altro che viene invidiato. Inoltre, quest'odio verso la cosa amata sarà maggiore in ragione della gioia dalla quale il geloso soleva essere affetto a causa dell'amore con il quale la cosa amata lo ricambiava e, anche, in ragione dell'affetto che provava per colui che egli immagina che la cosa amata unisca a sé•.

Triangolo perfetto, degno di un partenariato fra Euclide e Otello. Non c'è dubbio, la proposizione e il relativo scolio potrebbero essere considerati alla stregua di un contributo ante litteram offerto da Baruch Spinoza alla freudiana psicologia della vita amorosa, in particolare là dove Freud dice quale sia la condizione di chi è votato a innamorarsi di una donna solo a patto che sia impegnata con altri: «Può essere chiamata la condizione del "terzo danneggiato"» 2.. Coloro che Wittels designò come i suoi due padri spiritua/1"3, Freud e Kraus, dopo un quadriennio- 1904-1908-di reciproche 1

Spino1.a, Etica, in Id., Opere, trad. it. Filippo Mignini e Omero Proietti, Mondadori, Milano 2.007, p. 92.9. 1 Freud, Contributi alla psicologia della vita amorosa (1910-1917), in Opere, voi. 6, cit., p. 412., corsivo nell'originale. 3 Timms (a cura di), Freud a,ul the Child Woma11 cit., capitolo 4.

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attenzioni, di simmetrica e benevola curiosità, di ripetuti ammiccamenti e di proclami di stima, nonché di tentati incontri personali forse mai andati a segno - a meno di congetturali incursioni di Kraus a qualche lezione universitaria di Freud - finirono per entrare in rotta di collisione sulla scottante questione della titolarità di quel loro rampollo spirituale, ciascuno dei due cercando di trarlo in esclusiva dalla propria parte con l'accattivante esca costituita dall'elargizione di una cornucopia di elogi, destinati a rimpolparne il già florido narcisismo - sarà per questo che Wittels ebbe in seguito a vaneggiare di essere stato lui l'ispiratore del lavoro freudiano sul narcisismo4• Tutto sommato, realistici gli elogi di Freud, che si limitarono a preconizzare per Wittels un ottimo avvenire psicoanalitico, se solo fosse uscito dalla cerchia di Kraus. Non altrettanto realistici quelli di Kraus, che aveva ritenuto di poter carismaticamente insignire Wittels dell'improbabile titolo di più grande scrittore tedesco vivente - secondo solo allo stesso Kraus, ma a nessun'altra delle tante stelle di tutta grandezza che brillavano allora nella galassia letteraria di lingua tedesca. Agli occhi di Kraus, Wittels era dunque votato a marciare verso la gloria eterna dell'empireo letterario senza che ostacolo alcuno potesse mai frapporsi tra lui e il destinale alloro5. Ora, per farsi un'idea, per quanto approssimata, della tumultuosa posta affettiva in gioco tra i due padri spirituali e il figlio conteso, bisogna premettere che Kraus nutriva una certa passione per le relazioni triangolari 6 , avendone in vita sua intrattenute quanto basta per diventarne esperto. Ad esempio, quella con Frank Wcdekind e Berta Maria Denk, quella con lo stesso Wcdckind e Tilly Ncwcs e quella, gravida di conseguenze, con Wittels e la già citata Kindweib, la bimba-donna, la diciassettenne Irma Karczcwska, bimba per tenera età e donna, anzi cortigiana, per straordinaria competenza in tutte le prestazioni del sesso e per sfrenata voglia di dedicarvisi con totale abncgazionc7• Ma ceco la filosofia di Kraus condensata in una comunicazione indirizzata, appunto per interposto aforisma, a Otto Weiningcr, 4

Jvi, p. 63.

s Ivi, p. 81. 6

)vi, p.

I 72.

7 Timms,

La Vietma di Karl Kraus cit., pp.

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sgg.

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giovamss1mo propugnatore della poligamia femminile e della lotta fra i sessi, codificate in quel vero e proprio manifesto della misoginia intitolato Sesso e carattere: «Un adoratore delle donne concorda con entusiasmo con gli argomenti su cui basate il vostro disprezzo per le donne» 8• Con l'eleganza caratteristica del suo stile, in questo deliberato paradosso Kraus esprime il duplice atteggiamento affettivo che lo anima nei confronti del femminile, adorazione per ciò che la donna può elargire da prostituta in termini di godimento, ma disprezzo per ciò che può rappresentare da borghesuccia in termini di ipocrisia sociale e di rimozione isterica della sessualità, tesi che abbiamo già visto controfirmate dall'eteronimo Avicenna su «Die Fackel» e di lì a poco dall'ortonimo Wittels in casa Freud- per parte mia, inclino a credere che, nello sbandierato panegirico della grande cortigiana, alligni quel medesimo disprezzo del femminile che si vorrebbe riservato in esclusiva alla donnicciola di buona famiglia allevata in gabbia come frigida carne da marito. Comunque, la weiningeriana lotta tra i sessi era all'epoca il contrassegno di un'intera generazione, il cui nume tutelare era a torto considerato Freud, con la sua immagine delle relazioni sessuali governate dall'invidia del pene da un lato e dalla paura di castrazione dall'altro; e ogni studente aveva imparato da Nietzsche che, andando a trovare la propria donna, non doveva dimenticare di portare con sé la frusta9.

A sentire Wittels, Kraus era per natura un ascetico puritano, tanto che neppure due dei suoi più vecchi amici, l'architetto Adolf Loos e il poeta Peter Altenberg, riuscirono a persuaderlo della validità di quelle tesi che solo in seguito avrebbe ardentemente abbracciato e fatte sue, concernenti la completa liberazione sessuale della donna e il suo sacrosanto diritto di concedersi a chiunque le andasse a genio, tesi avallate in particolare dalla considerazione secondo cui «solo la donna sessualmente emancipata può essere di aiuto reale all'uomo creativo» 10 - dove si 8

Kraus, Detti e contraddetti cit., p. 93 e, per i rapporti Kraus-Wciningcr ivi, p. 366; Otto Wciningcr, Sesso e carattere, trad. it. Giulio Fcnoglio e Franca Maccabruni, Fcltrinclli, Milano 1978. 9 Timms, La Vietma di Karl Kraus cit., p. 12.8. 10 Timms (a cura di), Freud and the Child Woman cit., p. 56.

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vede come questo eros femminile asservito alla maschile creatività tradisce quel disprezzo per l'adorata cortigiana cui ho appena accennato. L'austera morale di Kraus cominciò a vacillare a partire dalla primavera del 1899 quando, colpito durante una rappresentazione teatrale dalla straordinaria bellezza dell'attrice Annie Kalmar, al secolo Anna Elisabeth Kaldwasser, pensò bene di tesserne gli elogi su «Die Fackel», ai quali elogi fece seguito una lettera di sentiti ringraziamenti da parte dell'attrice, alla quale lettera fece seguito un loro incontro, al quale incontro fece seguito una travolgente passione di Kraus, non saprei dire quanto ricambiata da lei. A sentire di nuovo Wittcls - al netto però di eventuali partigianerie da terzo danneggiato - Annie Kalmar «era promiscua, passionale, omosessuale, superficiale, un'ubriacona, intelligente senza essere istruita. Da allora Kraus fu un altro uomo», uno secondo cui «le donne non solo avevano il diritto ma l'assoluto dovere di essere puttane» 11 • A volte la morte genera non solo cadaveri putrescenti ma anche sistemi filosofici. Lo dice Wilcock nell'ultimo di cinque suoi versi, la cui prima lettera funge da acrostico della parola morte: Misurare il diametro del cosmo Osservare il ritmo dei cicli storici Reperire tracce di vita extraterrestre Tenere a bada le presenze invisibili Edificare un sistema filosofico i 2..

Nella primavera del 1901 Annie Kalmar morì di tubercolosi, bellissima e giovanissima, gettando Kraus nella più cupa disperazione, fino a minargli la già precaria salute, ma consentendogli anche di edificare, sulla delfica 1 3 parola morte, quel sistema filosofico sulla cui strada si era già incamminato. Qualche tempo dopo quella morte e prima che Wittels entrasse in scena, il caso, che così spesso si pone a servo hegeliano del destino, fece in modo che Kraus, avendo incrociato per strada l'allora quinlbid. Rodolfo J. Wilcock, La parola morte, Einaudi, Torino 1968, p. 2.3. 1 3 «Parlando della qualità "delfica" del linguaggio, Kraus vuole porre l'accento sia sulla sua ambiguità che sulla sua risonanza ctonia» (Timms, La Vienna di Karl Kraus cit., p. 151 ). 11

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dicenne Irma e avendo ravvisato o creduto di ravvisare in lei qualche fattezza o qualche movenza della defunta, la eleggesse a sua amante e subito ne scoprisse la naturale attitudine al virtuosismo sessuale, assieme a quella propensione alla promiscuità, anch'essa condivisa dalla defunta, che dalla libertà conduce al libertinaggio. Suppongo che, quando Wittels fece la sua comparsa presentandosi a «Die Fackel» come scrittore infinitamente superiore a Strindberg - Kraus subito ci credette - e il triangolo Kraus-Irma-Wittels prese corpo, più o meno in contemporanea con l'altro triangolo Freud-Wittels-Kraus, sia Kraus che Wittels fossero convinti di aver trovato nella piccola Irma la conferma vivente della teoria freudiana secondo cui il bambino è un perverso polimorfo, la prova di laboratorio di un'infanzia superesperta di ciascuna e di tutte le zone erogene prese assieme, e si proponessero perciò di eleggere Freud a nume tutelare del loro movimento ginofilico 14 • Mentre Freud, dal canto suo, non poteva che sentirsi lusingato dalla sponsorizzazione offerta a getto continuo alle sue teorie da «Dic Fackel» per bocca a volte dcli' altro padre, ma soprattutto del loro comune figlio, culminata il 21 dicembre 1905 con una recensione favorevole dei Tre saggi sulla teoria sessuale a firma di Otto Soyka, uno dei tanti collaboratori di Kraus. Suppongo anche che, nonostante il suo sconvolgimento erotico, nonostante i suoi vagabondaggi notturni da un Kaffeebaus all'altro, nonostante il suo atteggiarsi a istrionico centro gravitazionale dei suoi numerosissimi ammiratori, a caustico flaneur e disincantato sbeffeggiatore delle bagatelle imposte dal disbrigo della diurna quotidianità, e infine, nonostante i suoi innamoramenti e la sua testimoniata socievolezza, Kraus restasse in fondo un austero puritano, un misantropo sotto mentite spoglie, un esteta e un feticista del linguaggio incline a vivere per interposta persona - almeno fino al fatale incontro con l'amata Sidonic Nàdhcrny che, del Kraus homo duplex, fece alla fine emergere qucll' aspetto tenero e passionale rigorosamente scgrctato 1 5. L'interposta persona è in questo caso Wittcls, al quale, poco dopo l'avvenuta triangolazione, Kraus avrebbe pensato di delegare quasi in esclusiva quella funzione di '"' Timms (a cura di), Freud and the Child Woman cit., p. 60. s Timms, La Vien11a di Karl Kraus cit., pp. 3 50 sgg.

1

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amante di Irma da lui all'inizio regolarmente tenuta, ma in seguito accuratamente ridimensionata. E Wittels adempì pienamente al mandato di Kraus, amò Irma dolorosamente, appassionatamente e soprattutto in modo ambivalente, un odi et amo degno del più tragico Catullo16, come amò Kraus e come amò Freud, e come Kraus e Freud a loro volta amarono Wittels. Non credo che sia freudianesimo volgare 1 7 quello dei pochi derelitti - dei quali faccio orgogliosamente parte - che ancora si ostinano a vedere nel complesso edipico lo schibboleth della psicoanalisi, e che sono considerati dai più come giapponesi appostati nella giungla decenni dopo Hiroshima. Perché il complesso edipico resta la chiave di volta del pensiero freudiano e volgari sono solo quelle sue banalizzazioni che sanno di rotocalco e di Hollywood messi assieme. Sarò vittima di ideologia, sarò di parte, lo so, ma chi non lo è? Notoriamente, super partes non lo sono neppure i magistrati. Quando poi sento che viviamo in un'epoca post-ideologica, che la anticipatio mentis, assieme a tutto ciò che soggettivamente precede la realtà, deve cedere il passo a un'evidenza innocente come il bambino pre-freudiano, divento un Gregor Samsa che, invece di trasformarsi in insetto, si pietrifica nella statua di de Condillac e resta in fervida attesa che il vento della prima evidenza odorifera possa infondergli vita18 • Le bugie hanno le gambe lunghe, chi si confessa mente, questa storia è una finzione, ci sono bugie visibili e bugie invisibili ma tutti mentono - così all'incirca Lavagetto in un suo bel testo dedicato alla bugia in letteratura 1 9. Tutti mentono evoca il paradosso di Epimenide, che però tale non potrebbe dirsi se fa/so non fosse congiunto a vero, o se addirittura i due, falso e vero, non potessero trasmutarsi l'un l'altro, celebrare la loro equivalenza in virtù di quell'alchimia che i logici designano col simbolo 16 Jcromc Ncu, Odi et amo: On Hating the Ones we Love, in John O'Ncill (a cura di), Freud and the Passions, The Pennsylvania State University Prcss, Philadclphia 1996. 17 Timms, La Viem,a di Karl Kraus cit., p. 141, sostiene che l'interpretazione in chiave edipica del rapporto Kraus-Wittclsè un esempio di frcudiancsimo volgare. 18 aticnne Bonnot dc Condillac, Trattato sulle set,sazio,u, in Id., Opere, trad. it. Giorgia Viano, Utet, Torino 1976. 1 9 Mario Lavagctto, La cicatrice di Montaigne. Sulla bugia in letteratura, Einaudi, Torino 2.002..

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sse - se e solo se - e che consente al fingitore di Pessoa di fingere così completamente da fingere il dolore che davvero sente 20• D'altra parte, se tutti in letteratura mentono, mente lo stesso Lavagetto, quando afferma la sua letteraria verità sulla menzogna letteraria. Non so se, raccontando nelle Memoirs le sue tormentose vicende, Wittels menta di più o di meno rispetto ai tanti suoi antesignani, fra i più illustri Agostino e Rousseau, ma l'impressione è che le sue confessioni siano autentiche e nello stesso tempo di copertura, come lo sono tutti i ricordi, come lo è la coscienza - un cover, la definì Jonathan Lcar2.1 - e come lo sono le stesse parole, un insieme numerabile la cui catena discendente si fonda su un'ultima verità, lo zero. Lo strumento di copertura per antonomasia è la maschera, e tutto ciò che è profondo la ama, e la ama più di quanto non ami quel suo complemento rappresentato dal velo. Ecco alcuni dei luoghi in cui il profondo Wittels si (s)maschera: «Ero geloso [di Freud]»; «Freud era innamorato di me e faceva tutto quanto in suo potere per farmi capire quanto fosse diabolico l'influsso di Kraus»; «Freud era innamorato di mc e mi vedeva in qualche modo come un allievo molesto che avrebbe potuto evolvere più tardi in qualcosa di realmente valido»; «Per un certo periodo noi [Wittels e Kraus] fummo innamorati l'uno dell'altro, poi ci odiammo reciprocamente»; «Devo avergli detto [a Kraus] che ero ancora innamorato di lui e che volevo riprendere le comuni dispute letterarie e le nostre relazioni personali»; «È vero che io ero molto innamorato di Kraus per un certo periodo»; «Gli scrissi [a Kraus] una dedica sul frontespizio: al mio caro Karl Kraus del 1907 [anno in cui con Kraus le cose ancora filavano]. Disse: che significa? Suona così femmineo. [... ] Perché per te [per Kraus] Irma è più importante di mc. Questa osservazione sarebbe stata davvero femminea, come Kraus aveva letto, non del tutto senza motivo, tra le righe della mia dedica a lui»; «Senza Kraus lei [Irma] non aveva alcun valore per mc, così come io non avevo alcun valore

Fernando Pcssoa, Autopsicografia, in Id., U,,a sola moltitudine, voi. 1, trad. it. Rita Desti, Maria José dc Lancastrc e Antonio Tabucchi, Adclphi, Milano 1989, p. 165. 21 Jonathan Lcar, Freud, Routlcdgc, London 2.005. 10

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per Kraus senza di lei» 22 • Ed ecco invece un aforisma di Kraus che suonerebbe alla perfezione come chiosa ad alcuni tratti della sua relazione con Wittels: Devo essere proprio una natura molto virile: ho la fortuna di respingere le donne mascoline, e la sfortuna di piacere a quel che di femminile è nell'uomo. Con me questi esseri si accendono, pretendono un'attenzione continua, mi fanno scene isteriche, e alla fine mi getterebbero volentieri il vetriolo in faccia vedendo che preferisco avere un dialogo intellettuale con un uomo e fare il galante con una donna2.3_

Ora vediamo però di integrare questa manciata di citazioni piluccate alla men peggio in una più ampia portata. Flashback. Subito dopo l'estate del 1904, Freud aprì la sua nuova stagione di caccia alle anime inviando all'ambita preda Kraus un biglietto in cui si complimentava con lui per avere denunciato le malefatte del caso Hervay, un processo in cui tale Leontine, la moglie del capitano distrettuale Franz von Hervay, era stata accusata di stregoneria, adulterio e bigamia, era stata messa alla gogna da una pubblica opinione fomentata dal coro della stampa benpensante - quella stampa che Kraus non a torto definisce mezzana - ed era poi finita in carcere, mentre il marito si era suicidato24 • Ecco il tenore del biglietto, simile ad altri: Un lettore, che di rado la segue, desidera complimentarsi con lei per la sua acute7..7..a, per il suo coraggio e per il suo talento nel vedere ciò che è significante celato in ciò che è insignificante, come è dimostrato nel suo articolo su Hervay2.s.

Circa un anno dopo, Kraus ricambiava quei complimenti con il pubblico apprezzamento della tesi freudiana a favore della depenalizzazione dell'omosessualità e, subito dopo, con la già Timms (a cura di), Freud and the Child Woma,i cit., pp. 33, 81, 85, 45, 95, 133, 90 e 91. 13 Karl Kraus, Aforismi in forma di diario, trad. it. Paola Sorge, Newton Compton, Roma 1993, p. 44 . .Lf Karl Kraus, li processo alla strega di Leoben, in Id., Morale e criminalità, trad. it. Bianca Cctti Marinoni, Ri1.zoli, Milano 1976. 1 s Thomas Szasz, Karl Kraus e i medici dell'anima, trad. it. Lucio Pusci, Armando, Roma 1982., p. 2.9. u

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menzionata recensione favorevole dei Tre saggi. Nel 1906 tocca di nuovo a Freud, che scrive varie lettere a Kraus, facendogli notare la convergenza dei loro obbiettivi, parziale ma non per questo irrilevante, e soprattutto chiedendogli con insistenza una presa di posizione pubblica in suo favore nella controversia legale che lo oppone a Wilhclm Flicss, il quale lo ha accusato di plagio - ironia della sorte, in un campo di relazioni così impregnato di correnti bisessuali, la querelle verte sul copyright del concetto di bisessualità. Kraus accoglie la richiesta, e «Die Fackel» pubblica un trafiletto che giustifica la posizione freudiana e che Freud trova in parte indescrivibilmente bello 26• Si chiude così un biennio in cui i due padri spirituali di Wittcls si trovano d'accordo su varie questioni - meno che su quella dcli'anarchia sessuale -e intrattengono una relazione nell'assieme armoniosa, mentre un giro di boa porta a un secondo biennio che li vedrà allontanarsi, ma che assisterà soprattutto al profilarsi di una guerra senza esclusione di colpi tra il figlio conteso Wittels e uno dei due padri spirituali, Kraus. Si tratta di un conflitto che è come sempre sovradetcrminato, anche se tutte le concause, Irma compresa, hanno un minimo comun denominatore, la gelosia e ciò che la gelosia implica in termini metapsicologici 2 7. Nell'autunno del 1908 Wittels ha pubblicato Die sexuelle Not, un libro in cui ripropone i suoi temi preferiti-, a più riprese comparsi su «Die Fackel» e presentati a qualche Mercoledì di casa Freud. Temi vertenti sulla miseria di una vita sessuale costretta da vincoli di ogni sorta, incarnati per antonomasia nel matrimonio monogamico, sulla necessità di promuovere la poligamia femminile quella maschile di fatto già esiste, giocata sottobanco a scapito di proletarie indigenti costrette a prostituirsi -, sul controllo del26 Timms,

La Vien11a di Karl Kraus cit., p. 136. Per una diversa versione dell'intervento di Kraus a favore di Freud si veda Michacl Schrotcr, Fliess versus Weininger, Swoboda and Freud: The Plagiarism Conflict of 1906 Assessed in the Light of Documents, «Psychoanalysis and History», 5, :2., 2.003, pp. 147-173; la lettera con cui Freud chiede l'intervento di Kraus in suo favore è in Epistolari. Lettere alla fidanzata ead altri comspondenti, 1873-1939, traduzione di Ma7.zino Montinari e Giuseppina Quattrocchi von Wissman, Bollati Boringhieri, Torino 1990 p.2.11. 2 7 Per un panorama storico e teorico della gelosia si veda Riccardo Galiani e Stefania Napolitano (a cura di), La gelosia. Profilo di un affetto fo,ulamentale, Alpcs, Roma 2.02.0.

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le nascite, sull'aborto, sulle malattie veneree, sull'educazione sessuale e sulla psicologia dell'infanzia. Ora, il punto è che il libro reca la seguente dedica: «Al mio Maestro Professor Dr. Sigmund Freud con grande venerazione» 28 , mentre Kraus, che pure quegli stessi temi ha già ospitato a più riprese sul proprio giornale sotto forma di articoli scritti da Wittels, è menzionato di sfuggita una sola volta. Come preso da oscuri presentimenti, per apporre quella dedica Wittels ha chiesto una previa autorizzazione a Freud, e egli [Freud] accettò la mia dedica ma osservò immediatamente che Kraus avrebbe ravvisato in questa dedica un insulto a lui e si sarebbe vendicato2 9.

Il 16 dicembre 1908 ha luogo la presentazione del libro nel quale, accanto alla dedica, fa bella mostra di sé un esergo della cui incompatibilità con il pensiero del dedicatario Wittels sembra non rendersi ancora conto: «L'uomo deve dare libero sfogo alla sua sessualità, altrimenti andrà in rovina»3°. A ulteriore dimostrazione di quanto fossero diffusi questi fraintendimenti lassisti del pensiero freudiano, non solo tra i profani ma anche tra gli addetti ai lavori, sullo «Jahrbuch» sarebbe di lì a poco comparsa una recensione molto favorevole di Jung che, quanto a libertà sessuale e poligamia, non poteva che essere allineato a Wittels, sebbene io abbia fondati motivi per sospettare che, a differenza di quella propugnata dal duo Kraus-Wittels, la poligamia di Jung vestisse soprattutto abiti maschili. Per inciso, questa interpretazione libertina del pensiero freudiano avrà una lunga deriva e, attraverso la cosiddetta sinistra freudiana in transito presso la Scuola di Francoforte, troverà dopo qualche decennio uno dei suoi più noti manifesti in Eros e civiltà, che teorizza, auspica e prevede una società futura in cui la tecnologia libererà dai suoi ceppi lavorativi l'uomo, come fece Pinel con gli alienati, e la civiltà, invece di fondarsi sul disagio arrecato dalla regimentazione sociale e intrapsichica

28 Timms,

La Viem,a di Karl Kraus cit., p. 142.. 9Timms (a cura di), Freud and the Child Woman cit., p. 87. 3° Nunbcrg e Federo (a cura di), Minutes of the Vienna Psychoanalytic Society, voi. 2., cit., p. 82.. 2

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della sessualità, si fonderà sul libero agito della stessa3 1 • E assisteremo così alla speciazione di un uomo nuovo, l'homo felix. Ma torniamo a Wittels. A presentazione avvenuta e a discussione avviata del libro di Wittels, Freud prova ancora una volta a mettere in chiaro le cose. Accanto a quella psicoanalitica - dice - c'è l'altra fonte del lavoro di Wittels, «Die Fackel», che vede nella rimozione della sessualità l'origine di tutti i mali e che solo in questo converge con la psicoanalisi. La quale, a differenza appunto di «Die Fackel», non è portabandiera del perseguimento di una promiscua sazietà pulsionale posta al servizio di un chimerico benessere, ma di una sostituzione della rimozione nevrotica con un giudizio di condanna emesso sotto la guida di una più alta agenzia. Freud sta insomma parlando di quella sublimazione che è indispensabile al processo di civilizzazione e che ha i suoi costi elevati in termini di disagio, ma alla quale non c'è alternativa, meno che mai quella di una deregolazione sessuale che innescherebbe solo un caos etico, sociale e antropologico. Del resto, poco meno di un mese prima, il 18 novembre 1908, nel discutere un'altra relazione di Wittels dedicata questa volta alle perversioni sessuali e al modo crudele in cui la società si dà la briga di perseguirle e punirle, Freud aveva ancora una volta ribadito le sue consuete obiezioni, ma Wittels le ascoltava con un solo orecchio, l'altro essendo frastornato dal vociferante assillo di Kraus. In quella occasione, nel disbrigo del proprio intervento, capitò a Freud di parlare estemporaneamente come un incallito conservatore vecchio stampo, uno che potrebbe fare degna figura tra i personaggi della saga dei Von Trotta, ma la controforza delle sue obiezioni può sembrare eccessiva solo se si prescinde dalla forza dirompente dei tanti irredentisti sessuali pronti a sparare sull'Arciduca superegoico32·. Il resoconto di Rank suona pressappoco così: Freud è sbigottito dal continuo frainten3' Herbcrt Marcusc, Eros e civiltà, trad. it. Loren7.o Bassi, Einaudi, Torino 2001. Per le variegate vicende della sinistra freudiana si veda Roudincsco, Sigmund Freud nel suo tempo e nel nostro cit., e, come introduzione alla sterminata letteratura su psicoanalisi e marxismo, Paul Federn, The Fatherless Societ. The Psychology of Revolution, trad. ingl. Paul Waner, The Orange Prcss, Wien-New York 2019. 32. Joseph Roth, La Marcia di Radetzky, trad. it. Laura Terreni e Luciano Foà, Bompiani, Milano 1991. Sul prototipo della figura paterna rappresentato da Franz Joseph si veda William M. Johnston, The Austrian Mind. An lntellectual atul Socia/ History. 1848-z938, University of California Prcss, Berkeley 2000.

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dimento dei Tre saggi ed è stanco di ripetere ogni volta le stesse cose; in un certo senso il modo in cui la società tratta le perversioni è giustificato; il godimento dell'amore può essere considerato un monopolio della società e, come sono sproporzionatamente alte le pene inflitte per l'evasione fiscale, così lo sono nel caso delle perversioni; lo Stato regola le cose in modo tale che il godimento dell'amore sia riservato solo al matrimonio33. Punto. Uno dei più grandi studiosi di Kraus, Edward Timms, sostiene che la satira krausiana si intreccia strettamente con sogni e incubi, è visionaria al limite dell'allucinazione, e che è arduo capire quando il sogno di Kraus sia davvero un sogno nell'accezione usuale del termine, e quando non sia piuttosto una complessa costruzione letteraria che attinge a residui mnestici elaborati in una sorta di limbo tra veglia e sonno, un'ipnagogia che trascina con sé intenti satirici diurni trasformandone le parole in visioni e, all'uscita ipnopompica, opera il processo inverso, con una ecfrasi che dalla visione porta di nuovo alla parola, impregnandola però della vividezza sensoriale dell'immagine34 - questa la sua grandezza letteraria. Kraus ha fatto un sogno - ammesso dunque che di sogno si tratti - che Wittcls riporta all'incirca così: eravamo tutti noi amici seduti al tavolo di un Kaffeehaus e io ero tra loro; vedevamo sfilare uno per uno davanti a noi tutti i nostri nemici, tutti quelli che avevamo ferocemente satireggiato e, a ogni passaggio di ciascuno di loro, giù tutti noi a ridere e a fare sberleffi; ma ecco che ora sfila I' arcinemico in persona, Moritz Benedikt- il direttore di «Neue Frcie Presse», bersaglio per eccellenza degli strali krausiani - tutti fischiano e sghignazzano a più non posso, tutti ma non io, che mi alzo, mi separo dalla cerchia degli amici, mi avvicino a Benedikt e innanzi a lui mi sprofondo in un grande inchino; disse Kraus che era un brutto presagio e che tutti i suoi presagi si avveravano sempre, e anche io la pensavo così 35 . Pressappoco simile il resoconto del medesimo sogno a firma questa volta dello stesso sognatore, Karl Kraus: 33

Nunbcrg e Federo (a cura di), Minutes of the Vienna Psychoanalytic Society, cit., p. 60. H Timms, La Viem,a di Karl Kraus cit., in particolare il capitolo Sogni e iticubi: la satira visionaria. JSTimms (a cura di), Freud and the Child Woman cit., pp. 83-84. voi.

2.,

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I sogni portano decisamente consiglio. Ho sognato che alla fine della mia campagna, facevo sfilare davanti a me i rappresentanti del potere giornalistico. Accanto a me c'era un mio collaboratore noto per la sua fedeltà, al quale mostravo fiero i miei prigionieri. Marciavano uno dopo l'altro, e il mio vassallo sapeva di ognuno la parola decisiva con cui io lo avevo mandato alla [sic] rovina: rammentandomela, mi esprimeva la sua ammirazione. Ma quando giunse il capo dei prigionieri - che è il redattore della rubrica della Borsa- il mio vassallo impallidì e si mise sull'attenti3 6•

A conferma della veridicità del presagio, di lì poco «Die Fackel» comincia ad alzare il tiro contro la psicoanalisi, anche se - precisa Timms - sembra che Kraus, il quale prudentemente solo di rado fa nomi, non menzioni quasi mai Freud e quasi mai abbia Freud nel mirino, ma sempre e solo i suoi apprendisti stregoni - termine con cui Goethe immortala la rozza insipienza di quei ladruncoli che a bottega arraffano, banalizzano e degradano l'arte del Maestro-vale a dire gli allievi di Freud. Non saprei dire se Wittels si sentisse un ladruncolo del pensiero freudiano, ma mi sembra ragionevolmente certo che sentisse di essere proprio lui l'apprendista stregone satireggiato da Kraus, le cui feroci invettive interpretava come bordate che gli erano riservate in esclusiva. Le colonne di «Die Fackel» si riferivano a lui, sempre a lui e soltanto a lui, attaccandolo sotto la trasparente copertura di vari nomiglioli, quali l'imitatore, il parassita, la spugna che succhia nutrimento altrui, il meschino connivente, l'uomo di «Neue Freie Presse», i quali nomiglioli, con il loro potenziale allusivo e denigratorio, contribuivano a inoculare in Wittels veleno persecutorio più di quanto avrebbero potuto fare nome, cognome, domicilio e elenco aggiornato delle sue presunte malefatte messi assieme 37• Non so più dove, Borges racconta di due popoli in perenne guerra fra loro, fino a quando uno dei due ha la meglio e relega lo sconfitto dietro la parete di uno specchio, condannandolo a imitare per sempre il vincitore; ma aggiunge che prima o poi questo popolo degli specchi troverà la forza di ribellarsi e di mandare in mille pezzi il diaframma mimetico, venendo fuori in 6 3 Kraus, Aforismi in 37 Timms (a cura di),

forma di diario cit., p. 4 3. Freud and the Child Woman cit., p. 91.

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un colpo solo dal confinamento e dalla condanna, e allora ne vedremo delle belle. L'imitazione e lo specchio sono ambiti importanti della metapsicologia, nella loro qualità di precursori arcaici dell'identificazione, di ingegneri dell'immagine corporea e di finanziatori del suo investimento narcisistico, di stilisti accreditati, e dunque di autentici falsari, del lacaniano lo espropriato della (e dalla) propria immagine. Costituiscono insomma il più potente dei motori ontogenetici e nello stesso tempo il più vulnerabile dei suoi ingranaggi, non fosse altro perché, nella folie à deux dell'imitatore imitato, alligna, potenziato dalla moltiplicazione dei rimandi speculari, il desiderio di ciò che anche l'altro desidera, e questa alienazione andata e ritorno del desiderio è una geodetica che conduce dritto al conflitto e alla competizione, trasformando una follia a due in due singole follie. Le mie [di Wittels] relazioni con Kraus si deterioravano di giorno in

giorno. Lui ancora pubblicava i miei contributi a La fiaccola [Die Fackel], ma a lunghi intervalli [... ] I miei articoli psicoanalitici caddero in disgrazia. Anche lui cominciò a sentire che io gli assomigliavo troppo. In seguito disse che io imitavo il suo stile; sulle prime non se ne era accorto, disse, e aveva considerato i miei scritti particolarmente buoni perché erano così simili ai suoi 38 •

Contrappunto krausiano: Un imitatore vide che avevo un'agenda in cui scrivevo i miei lampi di genio. Allora si comprò anche lui un'agenda e sperò nell'arrivo dei lampi di genio. Ma quelli non arrivarono e non si fecero nemmeno imitare39.

Comincia ora per Wittels un cupo periodo, segnato dall'ossessione - nel circostanziato senso tecnico del termine - di doversi liberare a ogni costo del rapporto con Kraus come di un fardello divenuto insostenibile, cosa che contemporaneamente desidera e teme, e quando è il timore a prendere il sopravvento, cade vittima di una sorta di stato subconfusivo in cui smentisce sé stesso e i suoi intenti liberatori. E allora invia a Kraus, coattivamente e quasi senza accorgersene né conservarne memoria, improvvise proposte 38 lvi, p. 85. 39 Kraus, Aforismi

in forma di diario cit., p. 45.

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di riconciliazione e incongrui biglietti nei quali si dice ancora innamorato di lui, documenti che Kraus archivia diligentemente in un dossier, perché «lui era uno di quelli che raccolgono "materiale" contro le persone con lo scopo eventualmente di usarlo» 40• Sembrerebbe dunque che Kraus stia escogitando una vendetta, ma vedremo fra poco che non è il solo a farlo. Intanto, va pubblicando una filza di circa settanta urticanti aforismi contro gli apprendisti stregoni, il più noto dei quali, un ineguagliabile picco di ineguagliabile satira, sentenzia lapidariamente che la psicoanalisi è quella malattia di cui pretende di essere la cura - e dal punto di vista del transfert non ha affatto torto, guai se non fosse così. E Wittels, il quale nel suo sconfinato narcisismo si sente a un tempo il solo apprendista stregone di Freud e il solo oggetto delle malevole attenzioni di Kraus, pensa bene di arricchirne ora incautamente il dossier con un ultimo messaggio, un finale di partita alla Beckctt in cui, dopo avere ambiguamente evocato l'assassinio di Cesare per mano del figlio Bruto, gli comunica la sua decisione di abbandonarlo per sempre assieme al Kaffeehaus, alle notti bianche, alla lotta di liberazione della donna e ai satireggianti esercizi diretti contro tutto e tutti. Mi correggo: diretti contro uno solo. Altro contrappunto krausiano: Giulio Cesare cadde davanti alla statua di Pompeo, ridendo per il solletico che gli faceva il pugnale di Bruto, e gridò: «Caro lei, a sdegnarmi devo essere io! E da quale antiquario ha preso il pugnale?»4 1 •

Sembrerebbe così che quella miscela di amore e odio, che fa dell'ossessivo uno dei più tragici rappresentanti dell'istanza parricida, in Wittcls abbia ormai ceduto il passo a un puro precipitato di odio, che però notoriamente costituisce un legame più saldo e duraturo dcli' amore. Il buon andamento della cura presuppone la capacità di modulare la distanza dal paziente, cosa che a sua volta presuppone, e va di pari passo con, la capacità di modulare la nostra distanza da noi stessi. Né troppo lontano, pena la perdita di contatto con l'affetto che carbura la rappresentazione, né trop4°Timms (a cura di), Freud and the Child Woman cit., p. 91. 41 Kraus, Aforismi in forma di diario cit., p. 44.

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po vicino, pena la perdita di contatto con la rappresentazione che imbriglia l'affetto. Dopo un lungo periodo nottambulo vissuto in estenuante simbiosi con Kraus, la montata dell'odio ormai scisso dall'amore e il conseguente attenuarsi dell'ambivalenza, assieme al sollievo che così spesso subentra quando il dubbio cede il passo alla deliberazione, consentono a Wittels di guadagnare una transitoria distanza da sé stesso - ma non dal proprio odio - quanto basta per inaugurare il 191 o con un Mercoledì freudiano dedicato proprio a Kraus. Si tratta di un tentativo di controllare la mozione d'odio trasformandola in assunti teorici e nello stesso tempo di formalizzare, come in una sorta di atto notarile, una scelta di campo esclusiva e definitiva. È il 12 gennaio 191 o, e la relazione di Wittels, che per certi versi suona già come rivalsa, reca un titolo che rasenta quella particolare comicità che appartiene solo al tragico, almeno per chi conosca gli antefatti della vicenda. Il titolo è La nevrosi Facke/42, e la tragica comicità risiede nel fatto che Wittcls intenderebbe analizzare la nevrosi di Kraus con una patografia di quelle che a ragione Kraus detesta - non tanto quando firmate dallo stregone, ma soprattutto quando firmate dagli apprendisti - perché riduttive della complessità strutturale dell'opera letteraria allo scontatissimo codice binario di mamma e papà. Mentre, se proprio di patografia si vuol parlare, a essere qui in gioco è anche e soprattutto la nevrosi Fackel dello stesso Wittcls, senza la quale mai avrebbe potuto lui accedere alla nevrosi di quell'altra faccia dello specchio tenuta da Kraus, a dimostrazione ancora una volta delle importazioni soggettive che sempre vivacchiano, più o meno clandestine e più o meno invasive, in ciò che si pretenderebbe resoconto impersonale. Come è riuscito Wittcls a scoprire la nevrosi di Kraus? Allo stesso modo con cui Kraus è riuscito a scoprire il tradimento di Wittels, né poteva essere altrimenti, considerando che ciascuno dei due occupa appunto l'altra faccia dello specchio. Kraus aveva avuto una visione, lo si ricorderà. Aveva visto Wittcls sprofondato in un servile inchino al cospetto dcli' odiato direttore di «Neue Freie Presse». E Wittels ha avuto anch'egli una 42- Nunbcrg e Federo (a cura di), Minutes of the Vienna Psychoanalytic Society, voi. 2., cit., p. 382..

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visione. Ha visto - immagino come in un presunto sogno alla Kraus - suo padre sprofondato in poltrona e immerso nella lettura proprio di «Neue Freie Presse», il potente giornale tanto diffuso nella borghesia austriaca da potersi considerare quasi parte obbligata dell'arredamento domestico - anche di quello di casa Freud. Ed ecco l'illuminazione, Wittels ha visto ciò che può definirsi a tutti gli effetti il giornale del padre. Perciò, elementare Watson!, Kraus odia il direttore di «Neue Freie Presse» perché odia il giornale del padre, vale a dire perché odia il padre. Se non bastasse, come ulteriore prova a carico, c'è il concorso del potere determinante del nome: il padre di Kraus si chiama Jacob, che in ebraico significa protetto da Dio, ma che nella Vulgata diventa Benedictus, e non è forse Benedikt il cognome del direttore di «Neue Freie Presse»? Inoltre, Kraus ha una spiccata tendenza a stringere intense amicizie che dopo qualche tempo si trasformano tutte in acerrime inimicizie. Non è straordinario che molti dei suoi ex amici, divenuti in seguito suoi nemici, come ad esempio lo scrittore Hermann Bahr, l'autore satirico Julius Bader, il librettista Bernhard Buchbinder, abbiano tutti dei nomi che cominciano con la B, come quello di Benedikt? Per quanto concerne poi quel continuo gioco di parole che costella tutto ciò che Kraus va scrivendo, una delle sue origini è da ricercare nella più lontana infanzia: il piccolo Kraus non sapeva ancora leggere quando, in edipica competizione col padre immerso nella lettura della «Presse», si sforzava di riuscirci a ogni costo anche lui, col risultato di manomettere le parole che stentava a decifrare, di storpiarle, di sviarne il senso, di produrre involontari anagrammi e calembour, abitudine che da allora non ha più dismesso, che si è evoluta e che ha prodotto, a titolo di giornalistica ricaduta, non solo giochi di parole a oltranza, ma anche il fatto che «Die Fackel» abbia ospitato per anni, come per formazione reattiva, una rubrica appositamente dedicata a rintracciare e mettere alla berlina tutti i refusi della «Presse»43. Ancora, coloro che combatte e deride, Kraus li chiama spregiativamente mercanti, a sottolinearne quell'ipocrisia e quell'avido interesse per il de·O «Lei [Kraus) non perde la sua abitudine, di considerare gli errori di stampa [... ] il testo autentico» (Karl Kraus, Gli ultimi gion,i deltumanità, trad. it. Ernesto Braun e Mario Carpitella, Adclphi, Milano 1980, p. 2.36).

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naro che fanno buona compagnia alla loro nullità intellettuale, cosa che sarebbe cli scarso interesse, non fosse per il fatto che suo padre è un mercante il quale, guarda caso, vende proprio ai giornali la polpa di carta necessaria alla stampa, e mercanti sono anche i suoi numerosi fratelli. Kraus li odia tutti, odia tutta la sua famiglia, è pieno di odio, ma ha avuto d'altro canto anche un'intensa vita amorosa, innamoramenti travolgenti che hanno segnato per lui un punto di svolta, portandolo a contrapporre il genio intellettuale maschile al genio estetico femminile e a teorizzare che, fatta eccezione per le donne pronte a concedersi a chiunque, tutte le altre sono isteriche della peggiore specie - tesi già a suo tempo controfirmate da tale Avicenna/Wittels. E bisogna infine considerare la deformità fisica di Kraus, la sola cosa che lo accomuni a quel vero e proprio genio della satira che fu Voltaire, ma che condivide anche con i clown e i buffoni cli corte dediti a burlare il re, il quale notoriamente veste le vesti di sostituto del padre44. Sì, con questa sua relazione Wittels avrebbe messo a segno una grande vendetta, se non ne andasse tramando un'altra ancora più grande. Riassumiamo il guazzabuglio: la tesi cli Wittels è che Kraus odia il padre, ma è innegabile che Wittels a sua volta odia Kraus con il medesimo accanimento con cui, per usare il suo stesso paragone, Bruto odiava Cesare, e che inoltre, per scrivere La nevrosi Fackel, ha armato la sua patografica mano con uno stilo rubato all'arsenale dell'altro padre, lo stregone. Altrettanto innegabile è che, nel dibattito da lui acceso quella sera, lo stesso stilo sia passato cli mano in mano tra tutti quei convitati - o avevo forse in mente congiurati? - i quali, a vario titolo e con qualche distinguo sostenitori della tesi parricida di Wittels, ne condividono motivazioni e intenti - concernenti quale dei due padri, Kraus o Freud? A sostegno di ciò che vado confabulando, ecco un piccolo campionario di ... stilettate di gruppo. Tausk: abbiamo imparato da Freud che un grande uomo è tale solo se ha sopraffatto il padre. Adler: il tratto caratteristico dei nevrotici tipo «Fackel» è che sono tutti femmine ipersensibili che nutrono il desiderio cli sopraffare il padre -das Obermensch. Joachim: si 44 Tema che sarà ripreso dal già citato Kan7.cr, Gogol -A Study 011 Wit and Paranoia, il quale ne svilupperà le implicazioni paranoiche.

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tratta di nevrotici che pretendono di conoscere, capire e fare ogni cosa meglio degli altri, e questa è null'altro che un'espressione del tentativo infantile di sopraffare il padre. Heller: sarebbe desiderabile un maggior approfondimento del transfert di Kraus dal padre alla «Presse», perché in questo modo si sarebbe potuto passare dal problema individuale al problema generale del rapporto tra la nuova generazione e la vecchia - tra gli apprendisti stregoni e lo stregone o, se si preferisce, tra il soggetto supposto ignorare e il soggetto supposto sapere, dove la scottante posta in gioco è non solo lo scioglimento dcli'enigma sessuale, ma anche il suo mantenimento. Graf: Wittels ha perfettamente ragione nel ricondurre le scelte satiriche di Kraus alla competizione col padre. E infine Stekel: Wittels ha brillantemente dimostrato la sua tesi e, nel farlo, ha anche abreagito le proprie emozioni, perché Kraus, una persona enormemente invidiosa, lo ha lasciato - qui hanno buon gioco l'intuito di Stekel, espresso nella sua scelta di un gergo da innamorati, la proiezione su Kraus dell'invidia provata da un piccolo giornalista amatoriale come lui per un grande giornalista professionale come Kraus, e infine la convocazione della vita affettiva di Wittels, non a caso destinato in seguito a diventare suo paziente, quando saranno entrambi usciti dalla Società Psicoanalitica45. In questo frangente, le forze in conflitto nell'animo di Freud sono presumibilmente tumultuose e tali da travolgere chiunque non possegga, alla pari dello stregone, magia nera e magia bianca, assieme alla capacità di mescolarle a puntino facendo prevalere, a seconda delle variabili necessità, ora il colore ostile, ora quello benefico e ora un grigio neutro, che nulla lasci trapelare delle sue due componenti. «Freud era molto innamorato di Wittels, e aveva un debole per lui», dicono a ragione i curatori delle Minute4 6 , e questa è una delle forze in campo, rinvigorita dalla scelta appena celebrata dal pupillo in favore del Maestro. Ma c'è poi l'ombra di Kraus che si allunga sinistra sulla Dea Libido, minacciando sempre più di portarsela a spasso per tutta Vienna a bordo delle colonne di «Die Fackcl», -4S Nunbcrg e Fcdcrn (a cura di), Minutes of the Vienna Psychoanalytic Society, voi. 2., cit., pp. 388, 389, 390, 391. 46 Ivi, p. 2.85.

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adibite per l'occasione a gogna mediatica della psicoanalisi, e il timore di Freud che questo possa accadere è direttamente proporzionale al piacere che provava quando «Die Fackel» faceva invece grancassa alle sue teorie. C'è poi una forza più difficile da descrivere perché di natura composita, essendo costituita, primo, dall'ammirazione di Freud per il talento letterario di Kraus, secondo, dalla riprovazione di quella sua sregolatezza che ha così a lungo coinvolto e stravolto anche Wittels, terzo e ultimo, dal bisogno di proteggere Kraus, sia per motivi etici di tutela della di lui privacy, sia per motivi scientifici militanti contro quel facile riduzionismo che dell'arte tende a fare un surrogato della nevrosi - il mix alchemico di queste tre forze è un miracolo di magia grigia riservato in esclusiva agli uomini di genio. Ma ascoltiamo ora l'intervento di Freud. Bisogna essere grati a Wittels - dice - perché si è così esposto, anche se l'esercizio della cura dovrebbe renderci tolleranti e spingerci a giudicare disumana la sua analisi di Kraus; grati per avere inoltre egli messo da parte i suoi sentimenti personali - mica tanto! - che per nessuna ragione devono trapelare all'esterno della cerchia del Mercoledì; e grati ancora per avere Wittels fatto mostra di un così grande autocontrollo, anche se non ha ancora del tutto superato gli aspetti più dolorosi di questa faccenda; molti punti che Wittels ha toccato nell'analisi di Kraus sono giusti, «ma noi dimentichiamo troppo facilmente che non abbiamo diritto di porre in primo piano una nevrosi, là dove è coinvolto un grande risultato»47; in un primo tempo avevo sperato - aggiunge Freud - che la causa della psicoanalisi potesse trovare un grande appoggio in Kraus, ma poi mi sono dovuto ricredere, perché Kraus ha un grande talento, è vero, ma è del tutto privo della benché minima traccia di autocontrollo ed è senza alcun freno preda dei suoi istinti. In un ampio studio storico, culturale e filosofico di antropologia degli affetti, Elster fa spesso riferimento a ciò che chiama l'assioma di Kennetb Dover4 8, secondo cui conta poco o niente il possesso di una virtù se nessuno sa che la possiedi: la reputazione dell'onestà è infinitamente più importante della stessa onestà, 47 Ivi, pp. 391-392. 48

Elstcr, Alchemies of the Mind cit., p. 148.

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della quale peraltro può fare completamente a meno, come ben sa chiunque sia stato appena svezzato dalla credula ingenuità di uzndide. Analogo discorso può farsi per ogni altra virtù - e per ogni vizio - ne abbiamo già visto un esempio relativo al sapere, là dove Persio esclama: «Poveri noi! Siamo al punto che ciò che sai non vale se l'altro non sa ciò che sai?». Questo trionfo dell'apparire sull'essere e della maschera sul volto è dovuto a una forza onnipotente, la stessa che governa le risorse catartiche del teatro e che, nella virale spettacolarità del sociale, infonde vita all'altrimenti inerte Golem degli affetti. Si tratta della forza che è emanata dalla sola presenza e dal solo sguardo di un pubblico, qualunque esso sia. Il compenso della gloria deriva in non piccola parte dal sapere che il rivale sa e si risente del fatto che gli altri lo ritengano inferiore. Gli antecedenti cognitivi dell'emozione posseggono almeno tre strati: io credo che egli creda che gli altri credano che io sia superiore-49

dove gli altri sono appunto il pubblico. Il passaggio dalla relazione triadica appena tratteggiata alla relazione poliadica, vale a dire il transito da un pubblico ristretto, e magari dedicato, al grande pubblico anonimo, per antonomasia quello dei giornali, dell'editoria e più in genere dei media, rende ancora più dirompente quella forza che, estrapolata al limite, annichilisce l'essere e lo fa coincidere con l'apparire - si pensi al realitysmo5° e al suo al di là del principio di realtà, o alla spirale della vergogna e a come, indipendentemente dal fatto che ci si sia o meno macchiati di alcunché nel reale, l'onta infamante di un'accusa pubblica possa spingere persino al suicidio. Alla pari della gloria - e del motto di spirito - anche quella sua variante rappresentata dall'onore è triadica. Elster si appella alla dialettica hegcliana tra schiavo e padrone per mostrare appunto come sia richiesto l'avvento di uno spettatore terzo perché un precursore affettivo, che chiama protonore, possa assumere la sua forma definitiva, quella dell'onore propriamente detto. I due, schiavo e padrone, lottano per la vita e la morte, fino a quando il padrone vince, sot-49

Ivi, p.

204.

so Maurizio Fcrraris, Manifesto del nuovo realismo, Latcl'7.a, Roma-Bari

2012.

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tomette lo schiavo e pretende che la vittoria gli sia riconosciuta siamo fin qui in un contesto diadico e perciò privo di spettatori. Già, ma che farsene del riconoscimento di uno schiavo, di uno che vale poco o niente, di un subalterno, di un perdente, di uno che è sottoposto? La mancanza di valore dello schiavo svilisce ogni riconoscimento possa venirne al padrone [... ] Il paradosso è risolto e il protonore è trasformato in onore, quando si aggiunge una terza parte - un pubblicos•.

Il quale pubblico conserva la sua importanza anche quando l'onore è necessario riscattarlo con un duello. Infatti, le regole che gli prescrive sono precise, perentorie e esaustive, tendono a coprire tutte le possibili varianti in campo, concernenti lo status sociale dei duellanti, la natura e il come dell'offesa e della sfida, la quantità di tempo che deve trascorrere tra l'offesa, la sfida e la messa in atto del duello, a chi spetti la scelta delle armi e se sia conveniente ottenerla per scegliere l'arma in cui si è più abili, o se piuttosto, potendo questo privilegio sembrare, apparire, segno di viltà, non si debba invece fare mostra di ardimento e attuare strategie che impongano la scelta ali'avversario, e se, tenendo in debito conto l'offesa, debba il duello essere al primo o all'ultimo sangue, e così via. È un canone inesauribile quanto inesauribili sono le contingenze degli eventiP·. Suppongo che molte verità ancora inesplorate giacciano nella conclamata analogia tra i rituali del duello e quelli dello scambio di doni, vale a dire tra i codici sociali della manifestazione dell'odio e i codici sociali dell'elargizione dell'amore, i quali sembrano perciò muniti di quelle significative parentele che, dal 1920 in poi, epoca dell'avvento di Eros e Thanatos, non dovrebbero sorprenderci più. Dopo quanto tempo bisogna ricambiare un dono perché sia salvaguardata quella tacita norma condivisa la cui effrazione annullerebbe l'efficacia sociale e simbolica dell'atto? Ma d'altra parte: dopo quanto tempo è opportuno sfidare chi ti ha offeso senza passare per uno che perde troppo presto le staffe per intemperanza o che le tiene troppo a lungo per vigliaccheria? Che s• Elstcr, Alchemies of the Mind cit., p. Sl· Jbid.

2.05.

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implicazioni ha ricambiare con un dono di valore inferiore, pari o superiore al valore del dono ricevuto? Ma d'altra parte: deve esserci necessaria proporzionalità tra la gravità dcli' offesa e la virulenza della sfida? Indipendentemente dalle possibili risposte a queste domande, è tuttavia certo che il dono non ricambiato [e l'offesa non vendicata] rende tuttora inferiore colui che lo ha accettato, soprattutto quando è accolto con l'intenzione di non restituirloH.

Vivere non necesse, vendicarsi sì. Alla patografia krausiana di Wittels ha assistito il pubblico ristretto dei Mercoledì, sebbene sia molto probabile che abbiano presto provveduto a infoltirlo voci e pettegolezzi trapelati all'esterno e giunti quasi certamente ali' orecchio di Kraus, a dispetto delle sollecitazioni freudiane alla tutela della riservatezza. Ma a Wittels non basta un pubblico ristretto, ha bisogno del grande pubblico. In virtù poi del fatto che non esiste oggettività esente da correlati soggettivi, e in virtù del travaglio passionale che lo ha legato e ancora lo lega a Kraus, col suo reportage analitico Wittels ha tutto sommato già messo a segno una vendetta. Ma neppure questo gli basta, ha bisogno di declamare urbe et orbi il suo disprezzo per il disprezzatore, che a sua volta continua a esporlo urbe et orbi al ludibrio di obliqui nomignoli degni di un sicofante, tipo un losco giornalis-ta e uno scagnozzo di «Neue Freie Presse». L'onore va dunque riscattato con un duello. A chi tocca la scelta delle armi? Kraus ha scelto stilo e rotativa, e Wittels, cosa potrebbe mai scegliere Wittels se non stilo e editoria? Dopo quanto tempo dall'offesa Wittels deve mandare in pezzi lo specchio dietro cui lo ha confinato l'imitatore imitato e consumare la sua vendetta? Essendo la faida cominciata all'incirca nel 1908, ma essendosi sviluppata con andamento sinusoidale e con alterne vicende, diciamo che c'è ancora qualche tempo, ma non oltre quel 191 o in cui, con la sua prolusione sulla nevrosi Fackcl, Wittcls ha celebrato la scelta di campo freudiana, dopo sarebbe un non sequitur. E in che modo deve Wittcls mandare a segno la vendetta? Questa non è domanda da farsi, SJ Marccl Mauss, Del dono e, i11 particolare, dell'obbligo di ricambiare i regali, in Id., Teoria generale della magia, trad. it. Franco Zannino, Einaudi, Torino 2.000.

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tanto è scontata la risposta: con una satira, sì, proprio con una satira infarcita di nomignoli, quei nomiglioli tanto cari allo stilo di Kraus. Per rispondere agli aforismi a chiave di Kraus, Wittels ha infatti concepito e scritto un romanzo a chiave dal titolo Ezechiele il forestiero, che narra l'arrivo del detective Ezechiele nella città in cui vivono l'editore Beniamino Disgustoso e la sua giovanissima amante Mizerl. Non saprei dire perché l'ebreo Wittels abbia scelto per sé stesso lo pseudonimo Ezechiele e per l'ebreo Kraus quello di Beniamino, nomi biblici i quali forse diventano, per loro due ebrei, allusivi di nonsoché, mentre il cognome Disgustoso non ha certo bisogno di esegesi talmudica e neppure il nomignolo Mizerl, visto che suona come omofonia e quasi anagramma di lrmerl, vale a dire di Irma - ma Ezechiele allude forse a Wittels come veggente delle malefatte di Kraus e Beniamino a Kraus, sia come beniamino del pubblico sia come figlio di Jacob-Benedictus-Giacobbe. Ma il punto è che, al di là dei nomi, degli pseudonimi e dei nomiglioli, trama e vicende del romanzo snocciolano in modo così sfacciato e pedissequo le ben note vicende del triangolo Kraus-Wittels-lrma, ne costituiscono a tal punto un calco perfetto e una cronaca dettagliata, che chiunque, nella Vienna intellettuale dei molti circoli che si intersecano54 e delle molte bocche che ciarlano, può immediatamente riconoscere nei protagonisti le loro controparti in carne e ossa. Non bastasse questo a minare un terreno già di per sé esplosivo, come preso da un 'urgenza che non ammette indugi, Wittels ha cominciato a far circolare il suo romanzo, ancora inedito, presso amici, conoscenti degli amici e amici dei conoscenti, sicché, passando di mano in mano, una delle copie ha chiuso il suo giro del mondo finendo nel posto assegnatogli proprio dal desiderio, non saprei dire se e quanto inconscio, dell'autore, vale a dire sulla scrivania di Kraus, dove è andato a ingrossarne il già corposo dossier. Per interposta persona, giungono ora a Wittels minacciosi gli avvertimenti del fustigatore Kraus: non si azzardi a pubblicare l'oltraggioso brogliaccio, altrimenti lui, Kraus, sarà costretto ad adire le vie legali, e lo farà non per tutelare la propria reputazione, della quale poco gli importa, ma per salvaguardare quella di una donna, la piccola Irma, che risulterebbe infangata dallo stilo s4 Se ne veda l'efficace rappresentazione diagrammatica in Timms, La Vie11na di Karl Kraus cit., p. 19.

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di Wittels. Lui si è sempre battuto per tutelare le donne e sempre continuerà a farlo - una strategia lungimirante, quella di spostare il baricentro della querelle dalla diffamazione del triangolo alla diffamazione di un solo angolo tenuto dall'onore femminile. Alla fine risulterà vincente. Nella primavera del 191 o Wittels spesso frequenta privatamente Freud, lo incontra quasi quotidianamente perché ne segue un paziente ricoverato al Cottage Sanatorium di Vienna, l 'ospedale privato di Von Urbantschitsch in cui è da poco entrato in forza come medico. Il suo libro è ormai stampato e pronto per la pubblicazione quando, durante una delle loro consultazioni, di punto in bianco Freud gli chiede di poterlo leggere. Presto fatto, libro consegnato, letto e restituito in ventiquattro ore. I tempi da Guinness dei primati dipendono certo dalla consumata abilità di un accanito veterano della lettura, ma denunciano anche un'urgenza tutta particolare, la risposta a un'allerta che minaccia tangenzialmente Wittels, ma frontalmente la Dea Libido in persona. L'allerta ha dalla sua fondate ragioni. Un legale mandato in avanscoperta da Kraus ha da poco fatto visita a Freud, lo ha messo al corrente di tutta la torbida faccenda e di come fosse in gioco l'onorabilità di una donna, gli ha persino mostrato la parte forse più scottante del dossier, quella contenente le lettere d'amore di Wittels, gli ha ricordato quanto possa essere micidiale la sferza dei sarcasmi se a vibrarne i colpi fosse «Die Fackel», quanto sia quel giornale ormai schierato contro la psicoanalisi e quanto possa nuocerle, se Kraus, messo alle strette, dovesse perdere gli ultimi scampoli di pazienza e sporgere querela, un'iniziativa, questa, densa di imprevedibili conseguenze, visto che le leggi asburgiche sulla diffamazione erano severe, cd era espressamente vietata la rappresentazione sul palcoscenico di persone viventi. Lo stesso Kraus si era precedentemente appellato a questa disposizione di legge contro un lavoro teatrale in cui appariva la propria caricaturass.

Ed è così che Freud, preso atto di essere rimasto l'unico padre spirituale dopo che il figlio ha abiurato l'altro padre, è costretto a intervenire e a disporsi persino a sacrificare il suo Isacco, se la ss lvi, p. 505.

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Dea dovesse comandarglielo. Dice perentorio a Wittels: «Riassumerò il mio giudizio in una sola frase. Lei non perde niente se non pubblica questo libro; lei perde tutto se lo fa»5t; - dove quel tutto allude surrettiziamente al proprio pugnale levato in alto, là, sul monte indicato dalla Dea e su suo ordine. E poi lo incalza aggiungendo che, fatti salvi quei pochi passaggi in cui giocoforLa finisce per trapelare la buona dotazione letteraria dello scrittore, il libro è davvero pessimo, ma è soprattutto indegno, perché contiene ogni sorta di squallidi pettegolezzi su una donna - una critica completamente in linea con la strategia difensiva pianificata a tavolino dall'ex padre Kraus. Wittels lo sa, sa che il padre prescelto è ora in sintonia col padre ripudiato e non può che ribellarsi, reclamando che la ragione è interamente dalla sua parte, che lui ha subìto ingiurie e torti di tutti i tipi e che Kraus è una bestia e null'altro che una bestia - la veemenza dell'odio attuale di Wittels è una misura del suo pregresso amore, perché dall'amore all'odio non c'è che un passo. Freud si va disponendo a officiare il sacrificio e, diversamente da quanto capitò a Abramo, la Dea non ne fermerà la mano all'ultimo momento, lo desumo dal fatto che ora, per dissuadere Wittels dalla pubblicazione, cambia argomento, non più la tutela dell'onore di una donna, ma il rispetto da tributare alla sacralità dell'amicizia, anche se è finita nel peggiore dei modi: Quando un'amicizia si rompe, indipendentemente dalla ragione, bisogna tacere [... ] Se uno di voi si comporta come un porco, non c'è nessuna scusa per l'altro di comportarsi allo stesso modo»S7.

Freud parla esplicitamente dell'amicizia che si è rotta tra Wittels e Kraus, ma implicitamente anche di quella che minaccia di rompersi tra lui stesso e Wittels mentre, come testimone di quanto intensa sia la posta affettiva in gioco, sta per convocare il fantasma di una terLa, antica e passionale amicizia finita in paranoia omicidiaria, la sua amicizia con Fliess, che ritorna come un Leitmotiv ogni volta che il mare si fa grosso e minaccia naufragi: «Lei ricorda la mia amicizia con F[liess]? Lui mi ha attaccato sulla S6 Timms 57 Ibid.

{a cura di), Freud and the Child Woman cit., p. 97.

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stampa, mi ha calunniato in un pamphlet, ma io me sono rimasto silenzioso in virtù della nostra precedente amicizia»5 8, perché non è certo uno spettacolo bello vedere due ex amici che si gettano l'un l'altro del fango addosso. Ma siccome Wittels sembra inamovibile nella sua sete di vendetta, siccome desidera a ogni costo pareggiare i conti con Kraus in termini di numero di lettori e causticità della satira, siccome vuole raggiungere quello stesso grande pubblico il quale, col solo suo sguardo, fa esistere virtù e vizi anche là dove né gli uni né gli altri esistono, Freud alla fine sbotta mettendo in campo l'argomento cardine, che pesa infinitamente più di tutti quelli invano mobilitati in precedenza, vale a dire più dell'onore di una donna e della sacralità dell'amicizia messi assieme: La psicoanalisi è più importante delle vostre sciocche controversie. Perché dovrei consentire a lei di danneggiarla col suo libro sconsiderato?s,

Finalmente la verità! Di fronte alla quale Wittels vacilla ma non cede. Messo alle strette, si riduce a mendicare un po' di tempo per riflettere, e lo chiede sulla scorta di un controargomento che risulta debole e pretestuoso, se lo si immette in un contesto in cui è a repentaglio l'onore non di una donna ma di una Dea. F.ssendo il libro già stampato - sussurra - se lui dovesse risolversi a ritirarlo, l'editore pretenderebbe un risarcimento. Quella di Freud potrebbe ora sembrare una risposta bismarckiana informata esclusivamente dallo spirito della Realpolitik, ma è invece densa di rimandi simbolici: «Quanto costerà? Egli [Freud] chiese. Le darò io il denaro» 60• Gli scritti di tecnica di Freud costituiscono una meravigliosa incompiuta, meravigliosa perché incompiuta e incompiuta perché interminabile e interminabile per le medesime ragioni per cui lo è l'analisi, che non conosce una fine naturale paragonabile a quella morte che coglieva sempre sazi di giorni - ripete lo stanco ritornello biblico - i Profeti del Vccchio Testamento. Per questo, per il carattere necessariamente incompleto dei consigli tecnici elargiti da Freud, gli allievi attesero, a lungo e mordens8 lvi, pp. 97-98; parentesi quadre nell'originale. S9 60

lvi, p. 98. lbid.

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do il freno, quel ponderoso trattato che avrebbe consentito loro di deglutire a tavolino, come bevendo a garganella dalla coppa del Graal, tutti i segreti della parola interpretante. Il Maestro l'aveva incautamente qua e là accennato, aveva alluso alla possibilità di mettere prima o poi la sua grafomania al servizio di un trattato di tecnica, per aprire allo sguardo avido dei lettori un panorama a 360 gradi su tutti i marchingegni dell'arte, su tutte le varianti di quella strategia che consente di penetrare al meglio il fronte difensivo dei pazienti. Sperava così di fare in modo che, in solitaria e studiando di buona lena, potesse più agevolmente farsi stregone ciascun apprendista stregone. Forse non si rendeva del tutto conto né dell'intrinseca impossibilità di attuare il progetto - legata alla cantoriana incommensurabilità diagonale tra parola scritta e parola detta, nonché tra entrambe e la relazione analitica - né di quanto il piccolo scorcio dei sci scritti di tccnica 61 , cui si risolse alla fine a mettere mano e che tengono il luogo dell'impossibile panopticon, potesse costituire, per la trasmissione della psicoanalisi, non uno dei suoi limiti ma la sua più grande risorsa. L'insaturazione e il tono personale, quasi confidenziale se non qua e là addirittura intimo, dei magnifici sci, innescano, nell'apprendista stregone, la spinta a qucll' apprendimento che i medievali dicevano in seconda intenzione e che Batcson battezzò deuteroapprendimento 6 2, vale a dire qucll' apprendere ad apprendere dalla propria esperienza che è il solo processo capace di conciliare l'inconciliabile, ossia il rigore e la libertà, gli stessi che possedeva Freud. E pensare che qualcuno ha invece adombrato il sospetto secondo cui la promessa del grande trattato di tecnica sarebbe stata artatamcntc disattesa dallo stregone per non cedere agli apprendisti quel monopolio della cura che gli fruttava così tanto potere e dcnaro63. Al quale denaro, proprio uno dei magnifici sei dedica poco più di due pagine, da cui estraggo con parsimonia un solo 61

Freud, Tecnica della psicoa11alisi (19n-1912.), in Id., Opere, voi. 6, cit.; Id., Nuovi consigli sulla tecnica della psicoanalisi (1913-14), in Id., Opere, voi. 7, cit. 62 Grcgory Batcson, Veno un 'ecologia della mente, trad. it Giuseppe Longo, Adclphi, Milano 1976. 6 3 John Kcrr, Un metodo molto pericoloso, trad. it. Ti7.iana Vistarini, Frassinclli, Milano 1996.

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fotogramma, un viatico che mi serve per tornare meglio equipaggiato - si spera - a Wittels e al denaro che Freud gli offre. Tutte le ipocrisie e le contraddittorietà umane si addensano attorno a due soli grandi temi, il sesso e il denaro, che l'analista deve risolutamente trattare senza pruderie e con la massima sincerità - questo il fotogramma. Solo che Freud ben sapeva come i due temi ne costituiscano in realtà uno solo, e come nella valutazione del denaro siano coinvolti potenti fattori sessuali64• Originano nella fase anale in cui, tutti connessi fra loro, prendono (il) corpo non solo l'ovvia acquisizione del controllo degli sfinteri, il loro serrarsi o cedere secondo volontà, ma anche il controllo di tutta la muscolatura striata, dunque l'avvio della locomozione, dunque il controllo della muscolatura oro-faringeo-laringea, quella emissione linguistica munita di un grandioso avvenire, nonché la costruzione del nostro altrettanto grandioso mondo morale che, come è noto, ha le sue fondamenta nell'avvenuta repulsa di un immondo, per eccellenza rappresentato dalla merda. Una fase dunque estremamente importante, quella anale - non meno delle altre due della trinità ontogenetica. Lo dimostra suo malgrado anche Karl Kraus, quando le appunta la contromedaglia di uno tra i suoi più sprezzanti e feroci sarcasmi: «Gli psicoanalisti, la feccia di questa umanità, una professione nel cui nome stesso la psiche appare unita all'ano» 6 5. È vero, la psiche appare unita all'ano e gli psicoanalisti possono legittimamente chiamarsi, come Kraus li ha chiamati, die Psycboanalen, gli psicoanali 66, in virtù dei rimandi e delle equivalenze che la feccia intrattiene con una fondamentale rete di simboli filata all'alba della vita dalla solerzia della mano pulsionale. Niente analisi senza feccia. Si sporchi chi può. Ne parla Freud in Trasformazioni pulsionali, particolarmente dell'erotismo analé7, dove si chiede quali siano i destini di quell'erotismo anale che la clinica, a partire dal piccolo Hans e dall'Uomo dei topi per finire all'Uomo dei lupi e oltre, ha dimostrato pervasivo e intensissimo. Quell'eros ha 6-f Freud, Inizio del trattamento (1913 ), in Id., Opere, voi. 7, cit., p. 341. 6 s Szasz,

Karl Kraus e i medici dell'anima cit.

66 Jvi, p. I 19. 67 Freud, Trasformazioni pulsiotu,li, particolarmente dell'erotismo a1u,le (1915), in Id., Opere, voi. 8, cit.

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tre possibili destini, questa la risposta: primo, può continuare la sua esistenza chiuso in gattabuia dalla rimozione, secondo, può mutarsi in stereotipici tratti di carattere e, terzo, può integrarsi a vario titolo nella sessualità fallico-genitale. Ma il punto è che nessuno di questi destini può essere considerato esclusivo68. Altrimenti detto, non esiste integrazione fallica dcll'analità, per quanto ottimale, che non rechi con sé retaggi più o meno ponderosi dell'eros anale imbrigliato dalla rimozione e di quello congelato in tratti di carattere. E altrettanto può dirsi delle inevitabili tracimazioni nella postura anale e successivamente in quella fallica della prima e più antica postura pulsionale, quella orale, che rappresenta il prototipo della domanda all'altro laddove la postura anale rappresenta il prototipo della domanda dell'altro69, nel nostro caso della domanda che l'ostinazione di Freud pone e oppone all'ostinazione di Wittels. E questo accade in virtù della legge generale che sancisce l'impossibilità di una sommatoria senza scarti di quella congerie di frammentari investimenti libidici che si cedono l'un l'altro il testimone nella staffetta dello sviluppo, andando a confluire alla fine in una rappresentazione del corpo mai coesa a puntino, mai interamente sottratta a deragliamenti e ali'azione delle bande guerrafondaie di polemos, quel conflitto eracliteo che accomuna tutte le cosc7°, a meno di non farci tutti sponsor di una linda normalità psichica qualitativamente disgiunta dalla feccia della patologia. E dunque, l'eros anale, nel mentre persegue come Proteo le sue varie metamorfosi, ha tutto il tempo di tessere la suddetta rete di simboli, che possiede come suo centro gravitazionale l'equazione feci= regalo= denaro, con in sottofondo l'inequivocabile timbrica dcli' omosessualità. Attorno al quale centro gravitazionale e al suo sottofondo, disporrei uno sciame di planetesimali semantici, ad esempio il planctcsimale dell'amore prezzolato, del (dis)prezzo dcli' amore, dcli'amore senza prezzo e, perché no, il planctesimale di quel pagamento della seduta che a volte i pazienti - e 68

Ivi, p. 182.. 69 Traggo il termine postura pulsionale da Assoun, che a sua volta lo trac da Lacan; Paul-Laurent Assoun, Le regard e la voix, Anthropos, Paris 2.001, p. 85. 70 Eradito, in Hennann Dicls e Walthcr Kranz (a cura di), I Presocratici, trad. it. Giovanni Reale, Bompiani, Milano 2006, p. 361.

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non solo - associano appunto alla compravendita dell'eros, vale a dire alla prostituzione. Gli analisti sarebbero perciò non solo la feccia dell'umanità, ma anche delle grandissime puttane e, in quanto tali, proprio Kraus avrebbe dovuto amarli. Sentite questa sua altra splendida contromedaglia, che sembra tagliata su misura per la mia cronaca: Un atroce materialismo ci predica che l'amore non avrebbe niente a che fare col denaro né il denaro con l'amore. La concezione idealistica, per lo meno, ammette che c'è una soglia del prezzo e che là comincia il vero amore. È la stessa soglia dove si ferma le gelosia di chi vuole esser amato per sé stesso, mentre proprio allora potrebbe cominciare. La zona di concorrenza si sposta7 1 •

Wittels era geloso e voleva essere amato da Freud per sé stesso. E devo aggiungere che suo malgrado Kraus era un autentico freudiano. Mai una relazione analitica ha corso pericolo di rompersi solo perché al paziente è saltato l'uzzolo di fare un regalo ali'analista, ma se è l'analista a fare un regalo al paziente, allora l'oblazione può suscitare «una veemente traslazione»7 2 , e non necessariamente di segno positivo. Rifiutato il triplice simbolo feccia/ regalo/denaro, assieme alle sue armoniche omosessuali, Wittels è eccitato quanto Freud: «Lui era eccitato e anche io lo ero. Lui aveva ragione e anche io - così mi sembrava allora»73. Crede di avere solo adesso realizzato a pieno come il sequestro del libro stia a cuore ad Abramo né più né meno di quanto la vendetta stia a cuore a Isacco. Pensa allora che entrambi, lui e Freud, abbiano ragione in egual misura - misura per misura - e che a questo punto, per uscire dalla morsa che li attanaglia, un buon compromesso potrebbe davvero essere quello di procrastinare la pubblicazione del libro, nel frattempo facendo giungere però per vie traverse all'orecchio di Kraus quali e quante siano state le pressioni di Freud per impedire che il libro vedesse la luce, essendo proprio questo il motivo del ritardo, e quanto le posiKraus, Detti e contraddetti cit., p. 91. Freud, Trasformazioni pulsionali, particolarmetde dell'erotismo anale cit., p. n Timms (a cura di), Freud and the Child Woman cit., p. 98.

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zioni di Freud siano completamente allineate a quelle di Kraus. Si illude così che, con un passaparola di questo tipo giunto sino a Kraus, con una semplice tattica dilatoria, con un rinvio, con quel prendere tempo su tempo che mai ha giovato a nessuno che non sia Quinto Fabio Massimo, la Dea Libido possa essere messa in sicurezza e, una volta giunta fuori portata cronologica dell'artiglieria krausiana, lui possa finalmente dare libero corso, cito tuto et iucunde, alla vendetta, assumendosene da solo l'intera responsabilità. Ma: «Si diffidi di coloro che vogliono cominciare la cura con un rinvio» 74, e anche di coloro che vogliono rinviare una decisione urgente, pensando di sottrarsi così a un aut-aut da cui dipendono esiti della massima importanza. Assolutamente contrario a questo tipo di ruminazione temporale è perciò Freud, il quale incalza a più riprese Isacco con un perentorio: «Lei mi deve ancora la sua decisione» 75 , che alle mie orecchie suona come una sorta di tu devi una morte alla Dea e, nel mentre Isacco continua a recalcitrare e a menare il can per l'aia, si è ormai giunti passo dopo passo in cima al monte Moriah e il colpo sta per essere vibrato: «Se lei pubblica il suo libro, la sua presenza diventa impossibile nella mia cerchia»76 • Queste parole di Freud - ricorda Wittels - furono risolutive e mi decisero a pubblicare e a dimettermi. Anche perché «dall'erotismo anale deriva l'atteggiamento narcisistico della sfida, che costituisce un 'importante reazione dell'Io contro le pretese altrui» 77 • Il libro fu pubblicato non a Vienna ma a Berlino, una misura prudenziale che a nulla valse contro il dispiegamento della sagacia e dell'oratoria krausiane. Si vide all'opera la prima nel fatto che Kraus scelse di non sporgere alcuna querela in prima persona, ma di indurre la piccola Irma a querelare non Wittels, si badi, ma il suo editore, un'astuzia che, spostando il baricentro della contesa dal rapporto fra due privati al tema della tutela di una donna oltraggiata, era in grado di assumere un'universalità etica 74

Freud, Nuovi co1,sigli sulla tecnica della psicoanalisi, in Id., Opere, voi. 7, cit., p. 33 5. 7S Timms (a cura di), Freud and the Child Woman cit., p. 98. 76 Jbid. 77 Freud, Trasformazioni pulsionali, particolarmente dell'erotismo anale cit., p. 186.

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e culturale che sarebbe stata altrimenti preclusa. E l'oratoria fece il resto. Per motivi procedurali Wittels non potette gustarsela dal vivo e in tempo reale, non potette presenziare all'interrogatorio di Kraus, ma venne poi a sapere che Kraus aveva affascinato la Corte parlando dell'antica Grecia e delle sue cortigiane, della scultorea bellezza femminile e di quanto alla donna la società debba in termini di ammirazione estetica e di onorabilità, non basterebbero fiumi di letteratura, musica e filosofia a illustrarlo, e di quanto fango avesse invece Wittels, in combutta col suo editore, gettato non tanto e non solo su Irma, non è questione di una singola donna, ma su tutto il genere femminile e su tutto quanto quel genere possa rappresentare di sublime. Aveva poi mostrato alla Corte il suo dossier contenente le perverse lettere d'amore di Wittcls e aveva particolarmente insistito sul fatto che Wittcls, sin dall'inizio e lungo tutto il corso del loro rapporto, non aveva fatto altro che imitarlo, imitarlo, imitarlo. Era stata proprio questa mimesis, da lui non riconosciuta subito come tale, a fare in modo che sulle prime fosse caduto nella trappola delle presunte qualità letterarie di Wittels, le quali altro non erano che il perfetto specchio delle proprie. E così, quando Wittcls fu a sua volta convocato a giocare le sue carte innanzi alla Corte, ignaro com'era della deposizione di Kraus, pensò bene di prodursi in una concione in stile squisitamente krausiano, quello stile che da Dioscuri avevano a lungo condiviso, dando così senza volerlo una demonstratio ad oculos della validità dcli'accusa e della imperdonabilità delle proprie colpe: lui non aveva fatto altro che imitare, imitare, imitare Kraus e diffamare la donna. A vibrare il colpo di grazia ci pensò poi l'avvocato di Irma, quando gridò che persino il maestro di Wittcls, il Professor Freud, si era visto costretto suo malgrado a cacciarlo. Fine della storia. Il resto ci interessa solo per due aspetti abbastanza ironici, l'ironia essendo, da Socrate in poi, uno dei migliori battistrada dell'intelligenza. Il primo aspetto concerne il futuro di Wittcls. Negli anni Venti, dopo un'analisi intrapresa con Stekel, nel frattempo fuoriuscito anche lui dalla Società Psicoanalitica, Wittels vi fu riammesso contro il parere di molti ma con il carismatico appoggio di Freud, del quale aveva intanto scritto una biografia in cui inutilmente tentava, tra l'altro, una riabilitazione dello

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stesso Stekel - le vie del transfert sono arcane e infinite. Allo stregone qualche bocconcino biografico avvelenato dalla mano dell'apprendista non era andato proprio giù, tanto che nel 1933 Wittels, ormai da tempo alto rappresentante della Controriforma, si prese la briga di dare alle stampe una publicatio sui in cui ritrattava uno per uno, senza tralasciarne nessuno, tutti i punti della biografia che erano risultati indigesti al Komad del biografato78. Una vera e propria palinodia. E quanto fosse ormai diventato, Wittels, più freudiano di Freud, un'autentica Vestale della Dea Libido, lo dimostra il fatto che, dopo la diaspora degli analisti viennesi, affiliatosi lui alla Società Psicoanalitica di New York, ne divenne in breve il Grande Inquisitore di chiunque fosse in odore di minimale devianza dal mandato freudiano, come lui stesso lo era stato a suo tempo. La seconda ironia concerne Alfred Adler. Nella primavera del 1910, in piena bu"asca Wittels, Adler vestiva le vesti di luogotenente di Freud a Vienna, che gli erano state da poco cucite addosso da Freud stesso nel vano tentativo sartoriale di tenerselo decentemente agghindato per il disbrigo dcli' ordinarietà locale. Bene, Adler, ignaro del fatto che avrebbe di lì a poco imboccato lo stesso corridoio di uscita di Wittels, ebbe la buona idea di proporsi come suo intermediario presso il vecchio - amava chiamare così il primogenito Sigmund - il quale - disse - a volte prende decisioni indebitamente estreme. Una delle quali lo avrebbe riguardato a breve79.

78

La publicatio sui è l'esposizione dei propri peccati fatta non nel segreto del confessionale ma in pubblico: Foucault, Del goven,o dei viventi cit., p. 2.14; Fritz Wittels, Revision of a Biography, « The Psychoanalytic Review», XX, 4, 1933, pp. 361-374; Freud chiamava il proprio intestino Konrad. 79 Timms {a cura di), Freud and the Child Woman cit., p. 98.

XI.

Sottosopra

Servizi d'amore. Una cinquantenne sogna di recarsi all'Ospedale Militare di Vienna, dove intende offrire i suoi servizi; nel rivolgere alla sentinella la propria richiesta, accentua la parola servizi con un'enfasi particolare, un'enfasi seduttiva, che lascia pochi dubbi sulla natura delle prestazioni alluse; io, numerose signore e giovani ragazze di Vienna - dice - siamo pronte a offrire ai soldati, non importa se truppa o uffeciali... ; ma il resto della frase si perde in un borbottio incomprensibile; a questo punto il capitano medico le cinge con un braccio la vita e, gentile signora - le risponde - supponga che si arrivi effettivamente a ... ; ma il resto della frase si perde per la seconda volta in un borbottio incomprensibile; ora la sognatrice si svincola indignata dall'abbraccio e esclama che bisognerebbe rispettare l'età, in modo tale che una donna attempata e un ragazzo giovanissimo non ... ; ma il resto della frase si perde per la terza volta in un borbottio incomprensibile. Il sogno fu comunicato a Freud dalla Dottoressa Hermine von Hug-Hellmuth. Il termine Liebesdienste significa servizi fatti per amore, si tratta cioè di volontariato non retribuito, ma nel sogno assume altro significato, un trasparente significato erotico. Sono i tre borbottii a interessare Freud, perché gli offrono un trampolino di lancio per la retorica della sua nona lezione universitaria, dedicata - lo si sarà intuito - alla censura, i cui effetti possono essere: omissione, ciò che si passa sotto silenzio; modificazione, ciò che si edulcora o si attenua; ristrutturazione, ciò che si trasforma in modo da renderlo irrico-

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noscibile1 • A volte però non si riesce a capire se la censura risulti frutto di deliberazione cosciente - prototipo la censura politica - o di lavorio inconscio - prototipo la censura onirica. Oppure di entrambi. Ci tornerò fra poco. Mercoledì I marzo 191 1. In attesa di un impegnativo post coenam di gruppo, che sarà dedicato a tirare le somme della crisi di governo appena occorsa nella Società Psicoanalitica di Vienna, nonché della sua tentata soluzione diplomatica, Freud mette mano a una lettera per il Delfino zurighese Jung. La completerà in due riprese, giusto il tempo necessario per includervi il resoconto di quel post coenam, importante perché al Congresso di Norimberga, dove Ferenczi ha recitato sulla ribalta congressuale tutte le imbeccate di Freud, al Delfino è stata conferita l'investitura di autocrate dell'intero delfinato mondiale, vale a dire dcli' Associazione Psicoanalitica Internazionale, assieme al potere di veto su qualunque pubblicazione in odore di eterodossia o di sgangherato vaniloquio. Ed è proprio questo strapotere assegnato al Delfino la causa della suddetta crisi viennese, fomentata da gelosia e oltraggiata primazia del clan originario. Perciò, a stretto giro di posta, è tassativo mettere al corrente Sua Autocratica Eminenza di tutto quanto accade a Vienna che, nonostante per autolesiva volontà del patriarca sia stata degradata a suburbio di Zurigo, ospita pur sempre in Berggasse 19 il venerando Palatium. Da ieri sera sono di nuovo a capo del gruppo viennese - scrive all'incirca Freud - non ne potevo proprio più di Adler, lui stesso si è alla fine reso conto del'incompatibilità delle sue nuove teorie con il mantenimento del suo mandato presidenziale e si è dimesso, seguito subito dopo da Stekel, e così ho ripreso in mano le redini del gruppo; sono contento di avere come mio vice il fedelissimo Hitschmann; nei soci più anziani l'opposizione contro Adler era molto forte, mentre nei giovani e nei nuovi egli ha riscosso molta simpatia; ora io mi considero il vendicatore della Dea Libido eccetera eccetera2 • In questo resoconto intrude però la longa manus della censura, sotto forma, primo, di modificazioni dell'accaduto e, secondo, non tanto di un borbottio quanto di un vero e proprio silenzio, ammesso che differenza 1 2

Freud, Introduzione alla psicoanalisi cit., p. 310. McGuirc (a cura di), Lettere tra Freud e Jung cit., p. 430.

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corra tra un borbottio incomprensibile e un omissis. Il tutto mi sembra frutto del compromesso fra un'astuzia conscia e una inconscia, la prima posta a salvaguardia della politica istituzionale e consistente nell'esibire al Delfino il proprio controllo della consorteria viennese, e la seconda posta al servizio dell'eros che abita i fondali della politica, e consistente in offerte e richieste di amorose collusioni al Delfino. Mettiamo dunque a confronto i fatti che Freud descrive a Jung con i fatti che Otto Rank riporta nel verbale delle Minute3. Hitschmann apre la riunione annunciando che Adler ha rassegnato le sue dimissioni dalla presidenza «sulla scorta dell'incompatibilità tra la sua posizione scientifica e la sua posizione nella Società»4, ma sta di fatto che Adler ha sempre sostenuto la perfetta compatibilità della propria teoria con quella freudiana - se solo se ne accetti la prelazione sugli stadi iniziali dell'ontogenesi psichica - né ha mai ritrattato questa sua tesi. Ne segue che Adler continua a ritenere compatibile la propria posizione teorica col proprio mandato presidenziale, né potrebbe essere altrimenti, a meno che la sua non sia una dichiarazione compiacente. E dunque, quando Freud scrive a Jung che Adler si è alla fine reso conto dell'incompatibilità delle sue nuove teorie, mette a segno una censura da modificazione dei fatti. Inoltre, nel reclamare la compatibilità della propria teoria con quella freudiana, Adler non è isolato, ma gode del sostegno di una folta schiera di membri, non solo di quei giovani presso i quali ha riscosso molta simpatia, ma anche di quei membri anziani nei quali, a sentire Freud, l'opposizione contro Adler era molto forte - una seconda censura freudiana, questa volta al confine tra modificazione e ristrutturazione dei fatti. E infatti, dopo l'incipit di Hitschmann, dopo i ringraziamenti di Freud al consesso che l'ha eletto presidente in luogo di Adler - per acclamazione, perché lui proprio non voleva, si diceva restio come 3 Sugli effetti transgenerazionali delle aree censurate, si veda Rita Corsa, La censura delle origi,u, «Psiche», 2, 2021, p. 629: «Aree criptiche, accuratamente silenziate, che hanno parassitato il corpo istituzionale, replicando nel tempo il guasto primario» . .f Nunberg e Federo (a cura di), Mitndes of the Viet1na Psychoanalytic Society, voi. 3, cit., p. 178.

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chi ben sa che lo forzeranno - e dopo i doverosi ringraziamenti di Hitschmann, Furtmiiller avanza una mozione secondo cui, in riferimento alla pretesa incompatibilità della teoria adleriana, i membri della Società dovrebbero ora dichiarare, per parte loro, che non condividono questa opinione, che esprimono la loro gratitudine al presidente dimissionario [Adler] per la sua attività e che si rammaricano delle sue dimissioniS.

Il vice Stekel, anch'egli dimissionario, appoggia la richiesta, reclama un riconoscimento ufficiale dei buoni servigi resi da Adler alla Società, e Gustav Griiner, Heller, Hanns Sachs, Federo, Margarethe Hilferding appoggiano la mozione di Furtmiiller. Visto il tenore insurrezionale della richiesta, non posso fare a meno di immaginare che ora Freud stia per parlare con tono duro e tagliente, facendo mostra di quei tratti di carattere che Sadger gli ascrive quando afferma che era sadico e vendicativo, «un odiatore estremo», e persino che «qua e là aveva l'umore di una donna isterica» 6• La quale diagnosi di isteria, nonostante possa sembrare balzana, lascia intravedere qualche scorcio delle dinamiche sessuali che impregnavano non il solo Sadger ma l'intero gruppo: attività/passività, supremazia/sottomissione, maschio/femmina, virile/castrato e così via. Bisogna infatti aggiungere che Sadger era perdutamente innamorato di Freud, il quale per parte sua non lo ricambiava affatto e lo disprezzava - questa una delle origini della proiezione sadico-isterica di Sadger - ne criticava aspramente la sciatteria dei contributi, lo stile norekdale, la rozzezza intellettuale e la stereotipata attitudine a ciechi convincimenti, prototipo quello della tara ereditaria: Quel fanatico di Sadger, una persona che ha la tara ereditaria dell'ortodossia e che si trova casualmente a credere nella psicoanalisi invece che alla legge data da Dio sul monte Sinai7.

s lvi, p. 179.

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Sadger, Recollecting Freud cit., pp. 105 e 43. McGuire (a cura di), Lettere tra Freud e ]ung cit., p. 140. Norekdale è un neologismo onirico di Freud che significa esagerato, e che deriva dalla fusione dei nomi di due personaggi di lbscn, Nora e Ekdal (Freud, L'interpretm:iotie dei sogni cit., p. 274); May ha dimostrato come il neologismo fosse il residuo diurno della lettura di 7

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Quell'invece non regge, caro Sigmund, perché per Sadger la psicoanalisi era esattamente la legge data da Dio sul Sinai, e quel Dio eri tu. Ma riprendiamo le fila. Dunque, ora, con voce che presumo intrisa cli sadgeriane asprezze, dice Freud cli condividere la mozione avanzata da Furtmiiller e le opinioni dei suoi controfìrmatari, ma giunti a questo punto egli [è qui che la voce diventa rasoio] considera

il diniego dell'incompatibilità alla stregua di una critica che potremmo risparmiare a Adler e di un'apertura [a Adler] che potremmo risparmiare a noi stessi8•

Imboccata una strada, non si torna indietro. Il leone salta una volta sola9 • Ma allora ci si limiti semplicemente a ringraziare Adler e Stekel, con l'auspicio che la loro collaborazione al nostro lavoro possa continuare - replica Heller. Detto altrimenti: si sgombri il terreno da questa mina vagante della (in)compatibilità e non se ne parli più. Freud pone a votazione segreta questa mozione cli Heller, che alla fine risulterà però contenere un emendamento cli ignota origine, in cui cli nuovo si chiede ai membri della Società cli negare ogni incompatibilità tra Adler e Freud, un emendamento che a me ricorda quelle clausole microscopiche in calce a un contratto invisibili persino a un occhiuto occhio d'aquila. Il risultato della votazione è dirompente: l'emendamento, che sancisce la perfetta compatibilità della teoria adleriana con quella freudiana, è approvato a larga maggioranza. Significa relegare il ruolo della sessualità a fattore tardivo e contingente dello sviluppo psichico. Lo sbigottito commento dei curatori delle Minu'te suona così: È in realtà abbastanza sconcertante che la maggioranza dei membri, a dispetto dell'evidente stato delle cose e contro l'espresso desiderio di Freud, abbia votato in favore dell'emendamento 10• un lavoro di Sadger che Freud trovò spropositatamente enfatico: U. May, The Early Relationship betweet, Sigmu,ul Freud a,ul lsidor Sadger: a Dream (:1897) a,ul a Letter (1902), «Psychoanalysis and History», 5, 2, 2003, pp. 119-145. 8 Nunberg e Fedem (a cura di), Mi,zutes of the Vietzna Psychoanalytic Society, voi. 3, cit., p. 179. 9 Sigmund Freud, Analisi terminabile e intermi,1abile {1937), in Id., Opere, voi. I 1, cit., p. 502. 10 Nunbcrg e Federn (a cura di), Minutes of the Vienna Psychoanalytic Society, voi. 3, cit., p. 179.

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E altrettanto sconcertante potrebbe sembrare la terza e ultima censura operata da Freud nella lettera al Delfino, sotto forma di un omissis, un siderale silenzio calato sulla deflagrazione scoppiata nel post coenam viennese, sia sull'indizione del voto segreto - segreto perché «tutte le votazioni registrate nelle minute erano unanimi, un fatto che suggeriva come i membri trovassero spiacevole esprimere apertamente le loro riserve» 11 - sia sui suoi pubblici risultati, tra i quali svetta quell'emendamento che esprime sfiducia nella politica scientifica, e forse anche umana, dello stregone. Potrebbe sembrare sconcertante, l'ho appena detto, ma solo a patto di non tener conto del sodalizio fra un'astuzia conscia e un'astuzia inconscia che, come il Gatto e la Volpe, lavorano in combutta affinché l'attempato Freud, cinquantacinque anni, offra a Jung, trentasei anni, giovane di nome e di fatto, un servizio d'amore. La psicopatologia deriva dalla combinatoria di due fattori, il fattore costituzionale e quello relazionale, che in forma pura vanno a occupare gli estremi opposti di una serie, al cui interno si mescolano invece fra loro in quantità inversamente proporzionali - maggiore l'elemento costituzionale, minore quello relazionale e viceversa. I casi puri sono improbabili, perché quasi sempre la sofferenza psichica deriva dalla commistione dcli' assetto psichico di base con le vicende della vita, entrambi idiosincratici come le impronte digitali 12 • È così che una debole costituzione può essere vulnerata dalla banalità di poco più di un niente, mentre una sana e robusta costituzione può essere piegata alla più cupa follia dall'accanimento di un destino avverso. Freud introdusse questo modello eziologico, noto appunto come teoria delle serie complementari, alla tenera età di trentasei anni, quando era alle prese con la stesura degli Abbozzi per la comunicazione preliminare e con le dilazioni opposte da un tentennante Josef Breuer alla pubblicazione degli Studi sull'isteria 1 3. E quel 11

Makari, Revolutio11 in Mind cit., p. 17 5. Francesco Napolitano, Le compo11enti della spinta pulsio,,a/e e i loro rapporti quantitativi, «Rivista di psicoanalisi», XLIV, 3, 1998, pp. 507-p.3. 1 3 Sigmund Freud, Abbozzi per la «Comunicaziotie preliminare» ( 1892.), in Id., Opere, voi. 1, a cura di Cesare L. Musatti, Boringhieri, Torino 1977, p. 141; Id., Studi sull'isteria (1892.-1895), in Id., Opere, voi. 1, cit. 11

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modello se lo tenne poi ben stretto fino a tarda età, tanto che lo vediamo ancora baluginare dopo decenni e decenni tra le nuvole dei cieli teorici più diversi, ad esempio là dove si costruisce una trama storica sull'origine egizia dell'uomo Mosè 14 , o dove si redige una sinossi del lascito psicoanalitico quanto più possibile esaustiva, quasi una sorta di disposizione testamentaria a tutela della propria creatura e a beneficio della posterità, il cui scopo è radunare i capisaldi della psicoanalisi [come in un'estrema difesa] esponendoli, per così dire dogmaticamente, nella forma più concisa possibile e con il massimo rigore terminologico•s.

Bene, la creatura è tutelata. La posterità ringrazia. Ora però, nel suo sviluppo la creatura incappò in asperità di varia natura che indussero il suo tutore a mutarne alcuni aspetti del corpus, a volte abbandonando posizioni sostenute in precedenza, a volte integrandole nel nuovo e sempre più complesso edificio. E allora, vista la travagliata crescita della teoria, viste le modifiche apportate in alcuni suoi snodi, vista l'inevitabile retroazione del nuovo sul vecchio, come si spiega la longevità del modello serie complementari che, allestito nell'infanzia della teoria, ha potuto attraversare indenne un mare di intemperie - il transito dall'ipnosi alla catarsi, dalla catarsi alle libere associazioni, dal primato della seduzione al primato del fantasma, dalla prima alla seconda topica, da autoconservazione/sessualità a vita/morte, dal masochismo secondario al masochismo primario, dall'analisi terminabile all'analisi interminabile - fino a raggiungere la quarta età della teoria senza che nulla ne abbia scalfito la validità o denunciato la disarmante semplicità? Risposta: l'inossidabilità del modello dipende dalla sua capacità di ibridare concetti altrimenti segregati in apartheid da un aut-aut. Esempi: aut costituzione- si pensi a Charcot, a Lombroso e a tutta la genia ottocentesca dei fautori della degenerazione ereditaria - aut relazione - si pensi al retaggio sensista e alla sua tabula rasa, sulla quale è la sola relazione col mondo a scrivere la cronaca della psicogenesi. Ma chi voglia aggirarsi in intorni temporali più Freud, L'uomo Mosè e la religione monoteistica: tre saggi (1934-38), in Id., Opere, voi. 11, cit. •s Freud, Compendio di psicoanalisi (1938), ivi, p. 571. 14

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prossimi ai nostri giorni, pensi alla Fisica e alla sua conquista della complementarità, un principio che, nato nel dominio ristretto della meccanica quantistica, divenne metateoria epistemologica. Freud non costrinse l'ampio respiro delle sue serie complementari nell'angustia dell'eziologia ma, senza farne esplicita menzione, lo usò come dispositivo epistemologico ogni volta che la complessità dcli'oggetto chiedeva una visione multifocale e fluida, ribelle alla esclusività di paretici sguardi unilaterali. Come quando, ad esempio, seppe insediare la verità materiale nel cuore di quella storica e la verità storica nel cuore di quella materiale 16, o come quando seppe riconoscere l'importanza dell'esperienza, dando a Cesare quello che è di Cesare senza però negare a Dio quello che è di Dio, senza cioè disconoscere l'analoga importanza di determinate idee astratte: le quali provengono da qualche parte, e non certo esclusivamente dalla nuova esperienza 17.

Sapeva bene, Freud, che il mercato epistemologico della complementarità è globale e non può ridursi al solo commercio al dettaglio praticato nel borgo eziologico: «Signori, vi propongo di dare a serie come queste il nome di "serie complementari", e vi avverto che avremo ancora occasione di costruirne altre di simili» 18 • Ecco una delle tante altre simili. Il tetracordo pulsionale - così mi piace chiamarlo - è costituito dai quattro elementi che orchestrano l'antichissima, possente e inascoltata melodia delle pulsioni 1 9, vale a dire fonte, spin'ta, meta e oggetto, tra i quali spicca per importanza la meta, perché secondo Freud è il solo rilevante sotto il profilo psicoanalitico. Ora, la meta può essere passiva oppure attiva, e il principio aristotelico di bivalenza indurrebbe a interpretare quell'oppure come disgiunzione esclusiva, un aut-aut. Ma la complementarità ci ha resi ormai multifocali, e perciò lo interpretiamo come disgiunzione inclusiva, un vel-vel che mette in tensione dialettica e in regime di reciprocità 16

Francesco Napolitano, Verità, in S. Vi7.7.ardelli e F. Cimatti (a cura di), Filosofia della psicoanalisi. Un'i11troduzione in ventuno passi, Quodlibct, Macerata 2.012.. 17Freud, Pulsiotli e loro destit1i (1915), in Id., Opere, voi. 8, cit., p. 13. 18 Freud, l11troduzione alla psicoanalisi cit., p. 504. 19 Freud, Per la storia del movimet1to psicoanalitico cit., p. 4 3 5.

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i due aggettivi della meta 20• Del resto, fu lo stesso Aristotele ad accennare alla complementarietà della coppia attività/passività, quando lanciò un'allerta sul carattere ingannevole del linguaggio, su quanto aperta possa divaricarsi la forbice fra la trama delle parole e l'ordito delle cose e su quanto possa poi inavvertitamente serrarsi e tranciarne il raccordo: si faccia attenzione - avverte - al fatto che una costruzione grammaticale passiva non indica necessariamente passività, né indica necessariamente attività una costruzione grammaticale attiva. Come perfetta eco, risuona l'analoga allerta freudiana, quasi istanziazione di un credito aristotelico: L'atto stesso dell'allattamento si può indifferentemente concepire [e descrivere] tanto in modo attivo come allattare tanto in modo passivo come lasciarsi succhiare il latte2. 1 •

E tuttavia, quando si tratta dei due generi sessuali, Aristotele ridiventa alfiere dell' aut-aut e non esita a segregarli in opposte polarità, assegnando l'attività allo sperma, caldo e umido, la passività alla sua controparte femminile, il mestruo, freddo e secco. Mentre per Freud attività e passività non coincidono rispettivamente con maschile e femminile, parliamo di qualità e aspirazioni psichiche "maschili" e "femminili", quantunque a stretto rigore le differen7~ di sesso non possano pretendere ad alcuna caratterizzazione psichica particolare. Ciò che nella vita chiamiamo maschile o femminile, si riduce, dal punto di vista psicologico, ai caratteri dell'attività e della passività, vale a dire a qualità che non sono determinate dalle pulsioni in quanto tali, bensì dalle loro mete. Nella regolare compresenza di tali pulsioni "attive" e "passive" nella vita psichica, si riflette la bisessualità degli individui, che fa parte dei presupposti clinici della psicoanalisi 22 •

Il 1893 è l'anno in cui il corpo erotico detronizza il corpo anatomico che, negli ultimi decenni e dopo secoli di assolutismo Francesco Napolitano, Sulla storia pre-freudiana della coppia attività/passività, «Rivista di psicoanalisi», XLVIIl, 4, 2.002., pp. 935-960. 21 Freud, lt,troduzione alla psicoanalisi (t1uova serie di lezioni) cit., p. 2.2.2.. u Freud, L'interesse per la psicoanalisi (191 3), in Id., Opere, voi. 7, cit., p. 2.6 5. 10

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cartesiano, aveva fatto man bassa delle più strabilianti scoperte neurologiche: a partire da Paul Broca per finire a Sir David Ferrier, l'anima era stata poco a poco spogliata delle sue prerogative e transustanziata in encefalo. E, poco a poco, le sue varie funzioni erano state smistate dalla res inextensa a quella extensa di vari centri cerebrali 2 3. Questo lo scenario in atto quando Freud ebbe a dimostrare la mancata corrispondenza fra le paralisi isteriche e i dispositivi di innervazione che, sulla scorta di quei recenti risultati, avrebbero dovuto governarne la distribuzione topografica, contestualmente dimostrandone la valenza simbolica e non anatomica 24 • Nel 1905, Freud mette poi mano al differenziale tra ermafroditismo e bisessualità con una delle tante sue repliche che insistono sulla divergenza tra apparato anatomico e apparato psichico. L'ermafroditismo concerne il corpo anatomico, come accade in quegli esseri aristofanei che hanno quattro mani e altrettante gambe, e su un collo rotondo, due volti in tutto simili; e con una sola testa per entrambi i volti rivolti in senso opposto, e quattro orecchi e due organi genitali2·S.

Ma quando quella singolare anatomia duplex è assente, quando ci si ritrova con due sole mani, due sole gambe, due soli orecchi, soprattutto quando ci si ritrova con un solo genitale, e tuttavia il corpo appartiene a un genere sessuale mentre la psiche appartiene anche ali' altro, allora si potrebbe a buon titolo parlare di ermafroditismo psichico, se il termine ermafroditismo non fosse a tal punto impegolato con la patologica commistione anatomica di opposti organi sessuali, da risultare fuorviante fermo restando, in tema di patologiche commistioni, che un certo grado di ermafroditismo è proprio della normalità, perché in nessun individuo mancano tracce anatomiche dell'altro sesso 2 t;. :z.3 Edwin Clarke e L. S. Jacyna, Nineteenth-Century Origins of Neuroscientifìc Co,u:epts, University of California Prcss, Berkeley 1987; Robert M. Young, Mind> Brai11 and Adaptation i11 the Ni,ieteenth Century, Oxford University Press, Oxford 1990. :z..f Freud, Alcu1,e consider~oni per uno studio comparato delle paralisi motorie orga,uche e isteriche ( 1893), in Id., Opere, voi. 2, cit. :z.s Platone, Simposio, a cura di Fabio Zanatta, Fcltrinelli, Milano 1995, p. 69. :z.6 Freud, Tre saggi sulla teoria sessuale (1905), in Id., Opere, voi. 4., cit., p. 457.

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È preferibile perciò optare per il termine bisessualità, che sgombra il campo da accidenti anatomici e si riferisce non più alla patologia, ma alle vicissitudini della normale ontogenesi psichica, della quale costituisce un ingrediente fondamentale. Eppure, in origine quella bisessualità era ancorata non all'anatomia del corpo ma alla sua fisiologia, o meglio, a una fisiologia presunta tale. Di questa bisessualità fisiologica delle origini, costruita su due umori e due ritmi del corpo, Freud è debitore a Wilhelm Fliess - inventore della nevrosi nasale rif/,essa. Gli umori consistono di una sostanza maschile e una sostanza femminile, ancora ignote nei loro futuri identikit ormonali, mentre i ritmi sono quelli scanditi da un ciclo femminile di 28 giorni, ciclo catameniale, al quale si aggiunge, per complicate elucubrazioni numerinologiche che a ragione si rifiutano di essere qui testimoniate, un ciclo maschile di 2 3 giorni. Entrambi i cicli sono presenti in entrambi i sessi e entrambi i numeri sono suscettibili, all'intorno dei loro multipli e sottomultipli, di una congerie di variazioni in più e in meno che a me ricordano quelle spiegazioni ad hoc con cui gli epicicli tolemaici facevano quadrare i conti delle precessioni planetarie. La formula fliessiana, che consente di prevedere giorno e ora della nascita, sesso del nascituro, giorno e ora della morte, le malattie tutte e il loro dove, come e quando, gli accidenti e incidenti della vita intera e insomma, per farla breve, quella formula che piega l'incertezza del futuro alla certezza di un visionario Nostradamus è: x · 23 ± y · 28. Nessun evento ha mai avuto il destro di confutarne le predizioni. Peccato che il matematico Martin Gardner abbia dimostrato come, sostituite le due variabili con due interi positivi, arbitrari ma privi di divisori comuni, dalla formula fliessiana sia derivabile qualunque numero naturale27. Detto altrimenti, anche mettendocela tutta, Fliess non ce l'avrebbe mai fatta a sbagliare. Freud fu talmente affascinato da questa numerologia vincente su tutte le ruote dell'umano destino che, dopo anni e anni di distacco da Fliess e dai suoi convoluti teoremi, quando la psicoanalisi era ormai entrata nel vigore della maturità e si andava annettendo territori sempre più vasti del sapere, lui, Freud, al cospetto degli allievi e senza vergognarsene, 1.7 Frank J. Sulloway, Freud biologo della psiche. Al di là della legge11da psicoanalitica, trad. it. Libero Sosio, Fcltrinclli, Milano 1982., p. 1 54.

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lui, forte dell'ingenuità che a volte fa sponda al genio consentendogli di vedere il re nudo, mentre altre volte insiste nel mostrarglielo addobbato con tutta la parata di regali paludamenti, lui ancora si interrogava sul seguente problema fliessiano: si muore nella stessa ora in cui si è nati? E auspicava persino una balorda ricerca in merito, tanto potere detiene il retaggio transferale dei vestiti del re, anche quando sembrano ormai logori 28 • Dunque, Freud fu affascinato dall'ambo 23 e 28 della Smorfia fliessiana e successivamente, ma a un'ottava più bassa - «in me egli [Adler] risveglia il ricordo di Fliess, ma un'ottava più bassa» 2 9 - dalla adleriana inferiorità d'organo. Questo Adler dell'ottava più bassa, il Fliess redivivo ma in tono minore, condivideva importanti aspetti teorici col Fliess dell'ottava più alta, il re nudo e vestito, concernenti soprattutto l'ascrizione di opposti generi sessuali al rimosso e al rimovente o, per dirla con Freud, concernenti la sessualizzazione del processo di rimozione, in paradossale e ironica concomitanza - aggiungo io - col processo di desessualizzazione perpetrato a scapito dell'intera psicoanalisi. Ma al di là dei massimi sistemi teorici e in omaggio all'inestimabile valore della minutaglia, voglio qui menzionare una spoletta linguistica di Adler che fece pur sempre la sua parte, piccola quanto si vuole ma non per questo indegna di nota, nell'esplosione del dissidio aperto con Freud, peraltro - l'abbiamo visto - già in cantiere dai tempi della pretesa unicità della nevrosi. Ermafroditismo psichico, questo il titolo del lavoro che Adler presentò come anteprima della relazione da lui programmata per quel Congresso di Norimberga che avrebbe visto l'elezione di Jung a capo dei capi3°. La spoletta linguistica è già nel titolo perché, se ermafroditismo rimanda a un corpo ambiguo per pasticciata embriogenesi, l'aggettivo psichico diviene il segnaposto, qui sbandierato per la prima volta con aperta baldanza, di quel salto dalla biologia alla psicologia con cui Alfred intende contrapporsi a Sigmund. Pochi preliminari, e subito Adler tira in 28

Nunbcrg e Federo (a cura di), Minutes of the Vienna Psychoanalytic Society, voi. 4, cit., p. 156. 2 9 McGuirc (a cura di), Lettere tra Freud e Jungcit., p. 405. 3° Nunbcrg e Federo (a cura di)), Minutes of the Vienna Psychoanalytic Society, voi. 2., cit., p. 42.3.

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ballo, a titolo di paracleto, l'ottava superiore Fliess, la quale ottava afferma che gli uomini si ammalano a causa delle loro tendenze femminili e le donne a causa delle loro tendenze maschili, ubicate entrambe nell'inconscio rimosso, che risulta perciò femminile nei maschi e maschile nelle femmine. È una tesi, questa di Fliess, abbastanza contigua alla teoria adleriana da giustificarne il patrocinio, visto che secondo Adler gli uomini si ammalano perché non vogliono diventare donne e le donne perché non vogliono restare donne, essendo quella femminile una condizione di minorità che nuoce a tutti, e che può essere riscattata solo da una protesta virile. Si noti come qui, a dispetto di quella strategia freudiana che disgiunge il genere sessuale dalla meta pulsionale e congiunge la meta passiva alla meta attiva - «per realizzare una meta passiva può essere necessaria una grande dose di attività»3 1 - Adler compia un'operazione di segno diametralmente opposto, congiungendo il genere sessuale alla meta pulsionale e disgiungendo la meta passiva dalla meta attiva. Ma il dettaglio più significativo, sotto il profilo dello sventolio di insegne guerresche, è là dove Adler afferma che la propria teoria ha finora sofferto di un difetto che è tassativo emendare: era una teoria biologica - proprio ciò che Freud mostrava di apprezzare ai bei tempi di Giano Pacifcro - ed è diventata adesso una teoria psicologica, che come suo fondamento ha la caratterizzazione del femminile come qualcosa di cattivo, di inferiore e di patologico. La disposizione alla nevrosi può infatti riassumersi nella formula: «lo non sono del tutto uomo», perché in me c'è una certa dose di passività, e perché, alla Aristotele, «tutto ciò che è attivo va considerato come maschile, tutto ciò che è passivo come fcmminilc»3:z.. Scopo del/'analisi è perciò portare alla luce la donna che è dentro l'uomo33. Qui deve essersi malignamente intrufolato in mc il demone motteggiatore di Hitschmann, perché non mi è riuscito di sottrarmi alla tentazione, se non di un Witz degno degli splendori di das Obermensch - non sono così ambizioso - almeno di una timida arguzia: visto che in genere non è la donna a stare 3' Freud, llltroduzione alla psicoanalisi (11uova serie di lezioni) cit., p. 22.2. 32. Nunbcrg e Federo (a cura di), Minutes of the Vienna Psychoanalytic Society, voi. 2, cit., p. 425. 33 lvi, p. 42.6.

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dentro l'uomo, ma viceversa è l'uomo a stare dentro la donna, nella teleonomia terapeutica di Adler mi è sembrato di intravvedere un'implicatura che mena dritto alla dinamica omossessuale del gruppo viennese. Anche perché, secondo Adler, nel nevrotico la femmina è dominante - sta sopra - il suo desiderio di mascolinizzarsi è ipertrofico e la Società non è mai propensa a dare libero corso alle esuberanti pretese di un singolo. Il pasto può essere solo collettivo, deve servire il duplice scopo di regimentare l'invidia e condividere la colpa. Certo, quando le circostanze sono favorevoli e la virile aspirazione a diventare qualcuno nel mondo - così Adler - riscuote successo, ecco che è dato assistere al trapasso della nevrosi in genialità e alla irsuta metamorfosi itifallica della femminuccia che cova in noi. Questa ambizione itifallica è la chiave di lettura che Adler appone anche ai sogni, a tutti i sogni, che a suo parere sono mossi senza eccezione da un unico desiderio, quello dell'erezione. E ora, messo a segno il colpo grosso della colonizzazione del sogno freudiano a opera della protesta virile, la sua, Adler si avvia a chiudere la propria relazione allo stesso modo con cui l'aveva aperta, convocando di nuovo e al momento giusto - ma fin est mon commencement - l'ottava superiore Fliess, il persecutore di Freud, colui che lo aveva a suo tempo accusato di leggere nei sogni altrui i propri pensieri, e la cui teoria della periodicità Adler ritiene di immettere nel discorso dell'ermafroditismo a buon diritto, visto che il mestruo è periodico. Tocca a Freud. La sua replica potrebbe sembrare a tratti vagamente contraddittoria, al netto di rese fuorvianti di Rank. Preludio: fra gentiluomini si usa elargire un apprezzamento prima di enunciare l'avversativa ma - una massima conversazionale molto diffusa, anche se non menzionata dal filosofo Herbert Paul Grice, apparentemente cooperativa ma destinata in realtà al controllo dell'aggressività3 4• E così, il gentiluomo Freud fa mostra di apprezzare le risorse logiche del gentiluomo Adler, ma ... ma gli imputa il difetto di non saper destare l'altrui simpatia - c'è da crederci quel consensus che è il solo capace di mettere all'unisono le dialoganti intelligenze anche quando i rispettivi argomenti confliggono. 34 Paul 1 993·

Gricc, Logica e co1wersazio1ze, trad. it. Giorgio Moro, il Mulino, Bologna

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E alla di lui esposizione Freud ascrive il difetto di suscitare un sentimento di estraneità, perché Adler sottopone il materiale psicologico alla biologia. È qui che si potrebbe intravvedere il barlume di una prima contraddizione, perché in passato Freud mostrava di apprezzare proprio la biologia adleriana, alias inferiorità d'organo, a tal punto da promuoverla a controparte della psicoanalisi, e inoltre perché Adler ha appena rivendicato con forza la natura psicologica delle proprie tesi, che si sarebbero lasciate alle spalle la biologia come una vecchia pelle ormai dismessa. Ma forse la contraddizione si può sciogliere semplicemente così: Adler vuole annettersi la psicologia e Freud vuole riannettergli la biologia. Una cautela comprensibile. Quella stessa biologia - prosegue l'avversativa freudiana - di cui era mallevadore Fliess il quale, quando si è preso la briga di sostenere che l'inconscio è di sesso opposto a quello del suo portatore, è incappato nel grave errore di sessualizzare la rimozione, il medesimo errore in cui cade ora Adler. A contare in psicoanalisi sono esclusivamente passività e attività, lo si vede dal fatto che, nella prima infanzia, epoca in cui sono gettate le basi della futura nevrosi, la differenza di sesso gioca un ruolo trascurabile, cui si finirà per attribuire importanza solo da adulti in virtù di retrospettive proiezioni - ma sull'irrilevanza della differenza di genere Freud smentirà qua e là sé stesso35. Perciò, in luogo delle reviviscenze fliessiane che fomentano il suprematismo virile di Adler, è preferibile parlare di libido e del suo contrafforte, la rimozione. Ciò che aggiunge ora Freud suona di nuovo come una contraddizione che ha, nel suo primo enunciato, il poco credibile senso di un allineamento alle tesi del revenant fliessiano, mentre nel secondo enunciato non fa che ribadire l'indipendenza della meta pulsionale dal genere sessuale: Qualunque cosa sia la libido, essa ha carattere maschile, e qualunque cosa sia la rimozione, essa ha carattere femminile. Psicologicamente, possiamo rappresentarci solo il carattere di passività e di attività3 6 •

3 s Un esempio per tutti: Sigmund Freud, Alcu11e conseguenze psichiche della differenza anatomica tra i sessi (1925), in Id., Opere, voi. 10, a cura di Cesare L. Musatti, Boringhicri, Torino 1978. 3 6 Nunbcrg e Fcdcrn (a cura di), Minutes of the Vienna Psychoanalytic Society, voi. 2., cit., p. 4 3 2..

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Né vale a dirimere le perplessità, almeno le mie, la considerazione secondo cui «la libido è definita maschile perché la pulsione è sempre attiva anche quando si è posta una meta passiva»3 7• E perché mai questa pulsione che, in considerazione della sua affluenza motoria è da considerarsi sempre attiva, la si dovrebbe definire maschile, se il termine è irrilevante sotto il profilo meta psicologico? E la rimozione, perché mai la si dovrebbe definire femminile se questa ascrizione cade esclusivamente sotto i registri biologico, anatomico e sociologico? Comunque sia, attraverso controargomenti e derive del discorso, tra cui la difesa della creatura onirica dalle virili avances di Adler, quasi uno stalking, Freud chiude la sua replica sulla tonica dell'omosessualità, che è tanto più patogena - dice - quanto più è rimossa e quanto più il ritorno del rimosso colora di colori paranoici l'oggetto. Nei Mercoledì accadeva spesso. Non ho dubbi, Analisi terminabile e interminabi/e3 8 rappresenta uno dei vertici del pensiero freudiano, dice parole definitive su questioni scottanti. Qui la riflessione sui limiti della cura, sulla relatività dei suoi risultati e sull'impossibilità di assicurarne una tenuta a lungo termine, nonostante un impegno profuso per anni e anni, si pone in aperto contrasto con quegli altri luoghi in cui Freud aveva invece affermato che dall'analisi la vita psichica del malato viene mutata permanentemente, elevata a un grado superiore di sviluppo e preservata da nuove possibilità di malattia39.

Il pessimismo dell'ottantunenne Freud dipende dall'amara constatazione di come le consolidate acquisizioni del sapere stentino a tradursi in altrettanto consolidata efficacia della prassi, e traspare da un dettaglio carico di dolorose sovradeterminazioni, uno di quei marginalia che risultano, allo sguardo uniformemente sospeso dell'analista, più eloquenti del focus. Si tratta di un'analogia che obliquamente parla di Freud allo stesso titolo con cui parla dell'interminabile cura. L'uomo dei lupi, al secolo Sergej Costantinovic Pankcev, è uno dei casi clinici che 37 Freud, 38 Freud,

Tre saggi sulla teoria sessuale cit., p. 5 2. 5. Analisi termit1abile e intenninabile cit. 39 Freud, l11troduzione alla psicoanalisi cit., p. 600.

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Freud cita per dimostrare quanto possa essere vana la pretesa di mutare permanentemente la vita psichica del paziente elevandola a un grado superiore di sviluppo. Racconta di come abbia avuto in cura per anni questo giovane russo viziato dalla ricchezza, di come abbia dovuto fare i conti con una sua caparbia resistenza superata, infine, solo con I' extrema ratio di un diktat, un ricatto consistente nella minaccia di porre fine all'analisi se, entro un definito lasso di tempo, non vi fosse stata un'evoluzione favorevole. Detto fatto, come per incanto l'espediente promosse quella evoluzione e Freud poté licenziare nei termini stabiliti il paziente, illudendosi di averlo guarito40. Ma di lì a qualche anno Sergej, preda di una recrudescenza dei sintomi, è costretto a tornare, non una ma più volte, da Freud, che lo affida infine alla sua allieva Ruth Mack Brunswick4 1 • La quale si trova ora in prima linea a fronteggiare una condizione paranoica in cui, dice Freud, il materiale patogeno era costituito da frammenti della sua storia infantile che non erano emersi nell'analisi fatta con mc, e che affioravano posticipatamcntc come fili di sutura dopo interventi chirurgici o come {rammenti ossei ormai necrotizzati (è questo un paragone al quale non possiamo sottrarci)42..

No, Freud non può proprio sottrarsi a questo paragone. Da più di un decennio, un carcinoma del mascellare lo ha addestrato a una triste consuetudine con frammenti ossei necrotizzati. Il pessimismo di una ragion pratica impotente sulle necrosi dell'altrui psiche e su quelle del proprio corpo, Freud lo discute con la consueta, disincantata lucidità armata di incontrovertibili argomenti, fino a giungere, né poteva essere altrimenti, al contrappasso che dall'incurabilità del paziente conduce all'incu-4° Il concetto di guarigione è valido in medicina ma non in psicoanalisi; si veda Stefania Napolitano, La guérison de surcroit. Note sulla questione della guarigione nell'insegnamento di ]acques Lacan, «Notes per la psicoanalisi», 12, 2.018, pp. 81-92.. "' Ruth Mack Brunswick, A Supplement to Freud's «History ofan Infantile Neurosis» (192.8), in Gardiner (a cura di), The Wolf-Man by the Wolf-Man cit., p. 2.63. Per una rassegna aggiornata sul tema dell'interminabilità della cura si veda Fausta Ferraro, Analisi in-finita e orizzonte edipico, FrancoAngcli, Milano 2.02.2.. -42. Freud, Analisi terminabile e interminabile cit., p. 502.; per le analogie chirurgiche e il frequente accostamento dell'analisi alla chirurgia si veda Paul E. Stcpansky, Freud, Surgery and the Surgeons, The Analytic Prcss, Hillsdale 1999.

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rabilità dell'analista. Per poter mettere a segno un qualsivoglia risultato psichico in casa altrui, bisogna prima essere capaci di metterlo a segno in casa propria, pena il fallimento della cura, questo il punto. Di qui la necessità che l'aspirante analista si sottoponga lui stesso a una previa analisi, la quale, per quanto scrupolosa possa essere, è tuttavia esposta ai medesimi rischi in cui incappò quella del giovane russo viziato dalla ricchezza. Rimedi? Nessuno. Solo quello di ripetere, a scopo prudenziale, una tranche d'analisi ogni cinque anni, come fosse il richiamo di un vaccino, consapevoli però del fatto che, anche nelle migliori condizioni profilattiche, nel miglior andamento della vita e nella più favorevole delle serie complementari in dotazione all'apparato psichico dell'apprendista stregone, la continua esposizione alla pulsionalità dei pazienti può alla fine rinfocolare la propria pulsionalità e sbilanciarne il rapporto di forza a scapito della struttura egoica, col rischio di porre l'Es dove era l'Io. L'analisi è un mestiere usurante, oltre che impossibile. Allo scopo di renderlo meno usurante e meno impossibile - ammesso che l'impossibile conosca gradi - si potrebbe tuttavia contare sull'alleanza tra colleghi, sulla fecondità dei loro scambi, sul loro reciproco appoggio e sulla loro cooperazione, non fosse per il fatto che sfortunatamente accadono cose diverse: Animosità da un lato, faziosità dall'altro, creano un'atmosfera che non è propizia a un'indagine obbiettiva. Sembra dunque che molti analisti imparino a usare determinati meccanismi di difesa che consentono loro di escludere dalla propria persona {riversandole probabilmente sugli altri) le conseguenze e le prescrizioni dell'analisi; essi restano quindi quello che sono e riescono a sottrarsi all'influsso critico e correttivo dell'analisi·43.

Freud chiama così in causa le dinamiche proiettive che pervadono i gruppi analitici. Ma quali sono gli ostacoli più formidabili che, frapponendosi alla buona riuscita dell'analisi, finiscono per farne un viaggio senza destinazione e senza fine? Per la donna è l'invidia del pene e per il maschio «la ribellione contro la propria impostazione passiva o femminea nei riguardi di un altro

43

Freud, Analisi termi11abile e intenninabile cit., p. 53 1.

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uomo»44. Sebbene queste due condizioni siano l'una il contraltare dell'altra e non si prestino a essere trattate separatamente, è la seconda a interessare in particolare il mio discorso. Perché aveva bene intuito secoli fa Baruch Spinoza: Se il corpo umano è stato affetto una volta da due o più corpi insieme, quando poi la mente ne immaginerà qualcuno, subito si ricorderà anche degli altfrU.

E infatti qui, dopo avere evocato l'impostazione femminea di un uomo nei confronti di un altro uomo, Freud subito si ricorda di Adler e della sua protesta virile che - dice a ragione - Iui, Freud, avrebbe preferito chiamare rifiuto della femminili'tà. La disposizione passiva di un uomo verso un altro uomo è intollerabile per un motivo ovvio, perché implica accettare l'evirazione e perciò viene energicamente rimossa, la si può riconoscere a volte solo da un indizio, un'eccessiva sovracompensazione - si noti come il termine sia adleriano e perciò... sdrucciolevole. E siccome il soldato «subito dal pensiero del cavallo passa a quello del cavaliere, e quindi a quello della guerra»4t;, ecco che ora Freud subito passa dal pensiero di Adler a quello di Fliess - e da entrambi a quello della guerra che ha combattuto contro l'uno e sta combattendo contro l'altro. Alla pari di Adler, Fliess inclinava a credere che è la contrapposizione fra i sessi a determinare la rimozione, ma questa sessualizzazione del processo difensivo finisce per sottrarlo alla psicologia e per porlo esclusivamente su una enigmatica roccia basilare sottostante, la roccia della biologia. Un errore assolutamente da evitare. Adler espone il caso di una sua giovane paziente 47, una bugiarda di sette cotte, ma prima di riferire i pochi e scarni particolari dcli' analisi ancora in corso, mette mano al suo consueto bisogno di darsi a pronunciamenti teorici pro domo sua, che precedono la clinica invece di procederne. Ho già accennato a 44

Ivi, p. 533. Spino7.a, Etica dimostrata secondo l'ordine geometrico, trad. it. Sossio Giamctta, Boringhicri, Torino 1973, p. 92. ◄6 Jbid. ◄7 Nunbcrg e Federo (a cura di), Minutes of the Vienna Psychoanalytic Society, voi. 3, cit., p. 18. ◄S

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quanto sia complesso l'andirivieni fra deduzione e induzione e a come Freud abbia saputo sedersi equanime sullo scranno che salomonicamente spartisce i rispettivi pesi epistemologici ali' esperienza e a determinate idee astratte che vengono da qualche altra parte. Perciò, poco male se una relazione, ancorché clinica, si trovi a prendere le mosse da proclami di taratura assiomatica. Anzi, a volte è auspicabile. Solo che Adler ama tanto ciecamente la teoria, la propria, da fare dell'esperienza clinica un replicante obbligato delle premesse teoriche, un testimone prezzolato convocato a spergiurare sulla loro veridicità. La paziente tratteggiata qui è una ventenne consegnata dalla scenografia adleriana alla saga inaugurata anni prima dal corrosivo talento di Hitschmann, intitolata das Obermensch. Infatti, dietro le sperticate bugie della ventenne, Adler vede null'altro che il rimosso desiderio femminile di umiliare il medico e di rising above him di sopraffarlo. Ma in questa occasione meglio sarebbe accollarsi l'ignominia di una traduzione obbrobriosa quanto si vuole, ma efficace nel rendere conto del filo rosso intrecciato nel pensiero di Adler e nel cordame dell'intero gruppo; perciò mi assumo l'onta filologica di tradurre a muso duro rising above him con un concreto salire sopra di lui. Insomma, a sentire ciò che Adler dice, o meglio, ciò che Adler tace, la paziente vorrebbe montarlo: «Mentire è perciò una manifestazione dell'attitudine aggressiva nei confronti del medico, e la lotta della paziente può di regola essere ridotta all'opposizione tra "sopra" e "sotto"», firmato Adler4 8 • Sopra di lui e sotto di lui. La ventenne è giunta in terapia perché soffre di enuresi e si sporca di feci. Fanno bella mostra di sé tutti i tratti della più accanita protesta virile, che si manifestano in un sogno ricorrente nel quale intrattiene rapporti sessuali con un uomo che giace sotto di lei, questo essendo il desiderio più avido di tutta la sua vita, quello di stare on top. L'enuresi, simbolo della suddetta protesta virile, compare di solito al seguito di una profonda sensazione di putting down, di deprimersi, di buttarsi giù, di stare sotto, mentre i sogni la vedono impegnata in alti getti di urina, sopra, come fosse maschio. Costellazione familiare: lotta strenua contro la madre, tentativo 48

lvi, p. I 8.

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di avocarne a sé la stima indirizzata al fratello maggiore e totale assenza di investimento libidico del padre - tratti che Adler fa discendere sin troppo bene dalla teoria di Adler. Immemore del complesso edipico, di quanto un fratello maggiore possa stare per il padre e di cosa abbia rappresentato Sigmund per lui, il secondogenito chiude tuttavia la sua relazione con una bella osservazione. È mirata a corroborare dal versante linguistico la tendenza della paziente a sporcarsi e a ingannare l'analista, mentre a me sembra densa anche di rimandi alla dinamica di un gruppo preda delle trappole disseminate qua e là dai falsi in bilancio redatti dalla coscienza. Concerne appunto la connessione tra lo sporco e l'inganno, che conduce a sua volta ad altra connessione tra l'inganno e il sesso, attestata in molte lingue dall'esistenza di un unico vocabolo chiamato a esprimere l'una e l'altra cosa, come accade in italiano col termine fottere. Si fotte il partner alla stessa stregua con cui si fotte chi si sta ingannando. E alla stessa stregua con cui la pulsione sessuale fotte il censore o, almeno, ci prova. Il dibattito che seguì la relazione fu animato da una tensione sotterranea, lo si può desumere dal suo picco, raggiunto quando Hitschmann definì senza mezzi termini l'approccio di Adler differente dal nostro - un possessivo sufficiente a mettere al bando Adler come uno che non è dei nostri. Di lì a poche settimane sarà lo stesso Hitschmann a rincarare la dose, avanzando la mozione che si discuta, una volta per tutte, la divergenza della teoria adleriana da quella freudiana. Mozione accolta da Freud con un unico correttivo: non si metta ali' ordine del giorno tutta la teoria di Adler, ma solo un suo aspetto, e cioè il rapporto che la protesta virile intrattiene con la teoria della rimozione, la quale sembra non giocare alcun ruolo nel pensiero di Adler, ma che è invece «il pilastro su cui poggia l'edificio della psicoanalisi» 49. Freud chiude così ogni via di fuga all'avversario circoscrivendo il campo della contesa a una sua parte, a tal punto importante, però, da rappresentare il tutto, come fosse un frattale. Una buona mossa. La tragedia si consumò in quattro atti tra gennaio e febbraio del 191 1, con tre Mercoledì interposti tra il primo e il secondo 49

Freud, Per la storia del movimento psicoanalitico cit., p. 389.

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atto e uno solo tra il terzo e il quarto, essendo questi stasimi devoluti a ridare fiato e a far finta che niente di grave sta accadendo, che la tragedia non c'è e che sono in corso d'opera le consuete attività settimanali di sempre 50• Nel primo atto della tragedia che non c'è, un rampante Adler presentò ben otto punti da discutere, un campo di gioco tanto vasto da far pensare a un tentativo di evasione dalla strettoia in cui l'aveva confinato FreudSI. Primo punto, il ruolo della sessualità nelle nevrosi, anzi, nella nevrosi, visto che ce n'è una sola, la sua; secondo, l'ansietà in connessione con la tendenza alla salvaguardia; terzo, il carattere e l'erotismo anale; quarto, le zone erogene in relazione all'inferiorità d'organo; quinto, la costituzione sessuale e l'ereditarietà; sesto, la libido considerata come esito contingente della protesta virile; settimo, la teoria del sogno e i casi in cui l'appagamento di desiderio freudiano è subordinato alla tendenza adleriana alla salvaguardia; infine, ma solo all'ottavo posto, ciò che Freud chiede di discutere, la rimozione e l'inconscio in rapporto alla nevrosi. E qui Adler non può che confermare i risultati di Freud, ci mancherebbe, solo che la rimozione e l'inconscio non gli risultano essere la causa principale della nevrosi, neppure gli risulta che lo siano le fantasie incestuose, mentre un ruolo importante spetta nella cura alla presa d'atto, da parte del paziente, del proprio ermafroditismo psichico - alias bisessualità. Poi, in un crescendo, Adler nega che ogni istinto debba necessariamente avere una componente sessuale, nega che l'organo inferiore sia assimilabile alle zone erogene, sostiene che la tesi freudiana dell'infante perverso polimorfo altro non è che un bisteron-proteron - Freud sarebbe isterico - e che il concetto di libido è un artefatto, per guadagnare infine il climax dichiarando che la sessualità del nevrotico non è abbastanza genuina per essere credibile. A queste picconate, segue un singolare andirivieni dialettico che merita di essere battezzato dibattito del ping-pong. Intendo riferirmi a un suo tratto formale irreperibile in altre Minute, nelle quali in genere so Nunbcrg e Federo (a cura di), Minutes of the Vienna Psychoanalytic Society, voi. 3, cit., pp. 101, 140, 152. e 168. s• Secondo Stekcl (Gutheil (a cura di], The Autobiography ofWilhelm Stekel cit., p. 141), Adler credeva che Freud avrebbe accettato la sua teoria, ma tutto depone contro.

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gli interventi, fino al 14 aprile 1910 regimentati per estrazione a sorte, hanno sempre avuto in seguito quell'andamento circolare che caratterizza più o meno a ogni latitudine tutte le discussioni. Qualcuno, in genere un maggiorente, si dà la briga di avviare lo scambio e gli altri procedono in ordine sparso a implementarlo con avalli e critiche, diretti non solo alla relazione ma anche a chi l'ha già chiosata. In questo caso no, la faccenda prende una piega diversa. Federn-Adler, Jekels-Adler, Reitler-Adler, Hitschmann-Adler, Tausk-Adler animano una partita che vede Adler giocare un gioco di rimessa, rispondendo colpo su colpo agli interlocutori come in un battibecco, e nella quale partita spicca, a titolo di ulteriore singolarità, il mancato intervento di chi per primo avrebbe potuto e forse dovuto replicare, Sigmund Freud. Sarà un caso che tutti e cinque gli intervenuti contestino Adler? Un segnale-zero consiste in un'assenza di segnale che funge da segnale, esempio: se non intervengo io, intervenite voi. Dopo l'intercisione degli stasimi che, nella loro qualità di tregue tacitamente stipulate contano al più come divagazioni, il secondo atto della tragedia si consuma con un pronunciamento di Adler che riprende ancora una volta i suoi consueti temi proiettivi, nei quali abita quel fantasma da lupanare, il sottosopra, a suo tempo evocato dall'inconscio di Hitschmann. Nonostante la scoperta della rimozione - dice Adler - le cause della nevrosi restano ancora oscure perché, per accreditare il ruolo eziologico della rimozione e per puntellarlo a dovere, si è fatto ricorso a manciate di idee ausiliarie che risultano non dimostrate o, peggio ancora, non dimostrabili. E si è incappati inoltre nel circolo vizioso secondo cui la rimozione deriverebbe dal processo di civilizzazione il quale, a sua volta, da cosa deriverebbe mai? Risposta: dalla rimozione! Perciò, non è forse preferibile prendere in considerazione, in luogo di un concetto di rimozione così nebuloso e contraddittorio, la possibilità di teorizzare una psiche olisticamente intesa, nella quale l'istinto egoico sia eletto a somma totale di tutti gli sforzi che l'individuo dirige contro il mondo esterno, come ad esempio - un esempio casuale - il desiderio di essere importante, la sete di potere, la voglia di superiorità, di stare on top? Se si prende in considerazione tutto questo, allora se ne può desumere che a essere in gioco nella vita

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psichica non è tanto la rimozione della spinta istintuale, quanto la sua esaltazione. Ne fa fede lo sviluppo dell'infante, il suo senso di inferiorità connesso all'inferiorità di certi suoi organi, il suo bisogno di sovracompensarlo con atteggiamenti di sfida e salvaguardia, segnali inequivocabili della paura reale di assumere un ruolo femminile. Si può dimostrare ad esempio che la balbuzie altro esempio casuale - è determinata dalla protesta virile diretta contro il padre. La rimozione è insomma un fenomeno secondario che nel nevrotico è dettato dalla paura di sottomettersi alla donna e dalla fantasia che la donna sia munita di pene o magari di una coda - allusione alla coda di uccello che intrude la bocca dell'infante Lconardo5 2 • E ora un exploit, il fuoco d'artificio finale di das Obermensch: La tendenza alla salvaguardia appartiene alla stessa categoria psichica del desiderio di stare sopra [ ... ] Allo stesso modo, sono vicine l'una all'altra la tendenza a mettere sotto la donna e a fare sesso con lei [ ... ] il ragazzo che vede come sia virile "stare sopra" vorrà fare sesso con sua madre allo scopo di innalzarsi su di lei e metterla sotto [... ] Le tresche con serve e governanti [ ... ] servono esclusivamente la tendenza virile a non doversi mettere sotto a una donna [... ] Consciamente egli [un paziente] diceva a sé stesso: «Mi sposerò solo dopo avere trovato una buona posizione» 53.

Quest'ultima frase, l'avesse detta Hitschmann, sarebbe stata una battuta esilarante. Ora Freud prende finalmente parola. Ma perché deve prodursi in un attacco così virulento? Così inesorabile? Secondo una vulgata da sempre sulla cresta dell'onda, lo fa perché è intollerante, un caratteraccio dei peggiori, uno la cui regola è mettere alle corde l'avversario e stravincere, testa vinco io croce perdi tu, uno poco incline a quella democrazia secondo cui tutte le teorie godono di pari diritti, un reazionario che pensa non si possa, in nome di un demagogico egalitarismo, mettere ai voti la tavola dei logaritmi, vale a dire, la sua dogmatica Tavola delle Leggi P· Freud, Uti ricordo d•infantia di Leo11ardo da Vinci (1910), in Id., Opere, voi. 6, cit. SJ Nunbcrg e Federo (a cura di), Mitiutes of the Vimna Psychoanalytic Society, voi. 4, cit., p. 144.

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«è come se la lotta repubblicana per l'indipendenza si ribellasse al giogo delle tavole logaritmiche», scrive a Pfister riferendosi a chi contesta l'incontestabile in nome di una libertà di pensiero confinante con l' arbitrio54 • Secondo Sadger, tra i primi portavoce di quella vulgata, Freud era amabile e seduttivo quando si trattava di reclutare gente, ma una volta entrato nella sua cerchia più intima, il coscritto poteva essere certo che è solo questione di tempo, prima o poi la luna di miele sarebbe finita e un giorno, forse in una relazione in cui il nuovo arrivato si era sformto di fare del suo meglio, avrebbe dovuto fare i conti con l'esperienza del Professore che, per così dire, lo fa a pezzi in pubblico [... ] Perché nel profondo Freud era un sadico terribile che ai suoi nemici la faceva pagare meno che ai suoi allievi e ai suoi seguaci più leali 55.

Ma lo ripeto: Sadger aveva dalla sua buone ragioni per attribuire a Freud il morbo del marchese De Sade, solo che quelle ragioni erano sin troppo sue, sin troppo dettate da quel ribollire del sangue attorno al cuore che Aristotele indica come condizione della rabbia. E dunque, per capire questa ferocia freudiana, per rendere conto della sovradeterminazione che la alimenta, non basta l'angusta visuale di Sadger, la sua sete di vendetta per il disprezzo ricevuto in cambio dell'amore elargito, ma è necessario allargare lo sguardo su un più vasto panorama. Lo offre George Makari 56 , quando fa risalire la catilinaria freudiana adversus Adler ai fatti di Norimberga, 30e31 marzo 1910, vale a dire a quel Congresso in cui Freud insignì Jung autocrate della psicoanalisi, mandò in bestia la sua vecchia guardia - primi fra tutti Adler e Stekel - la emarginò a favore dei neofiti zurighesi e insediò Adler alla presidenza del gruppo viennese con Stekel alla vicepresidenza, a titolo di contentino, furbesco e perdente a un tempo, rifilato ai suoi confratelli ebrei, per mano sua surclassati e vilipesi dai gentili. Ecco dunque la causa della catilinaria freudiana. Freud non nutriva alcuna propensione all'isolamento S4

Freud, Lettere tra Freud e il pastore Pfist.er 1909-1939 cit., p. 68.

ss Sadgcr, Recollecting Freud cit., p. 35. 56

Makari, Revolutioti in Mind cit.

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monacale, all'ascetismo da monte Athos, per quanto a posteriori abbia avuto il vezzo di definirlo persino splendidoS7. Lo dimostra la sua ricerca seriale di interlocutori da investire di volta in volta con quel transfert del quale non poteva proprio fare a meno. La stagione di caccia alle prede dei Mercoledì la aprì non a caso nel 1902, subito dopo la drammatica eclisse dell'ultimo rappresentante della serie passionaria, Wilhelm Fliess, che ai suoi occhi da solo valeva un intero pubblico. Uno per me vale centomila e niente la folla - sembra abbia sentenziato Eraclito di Efeso5 8• Siccome Fliess era appunto quell'uno che vale centomila, quando i centomila svaporarono e restò soltanto un miserrimo uno, per Freud si rese necessaria una folla. E così, da conquistador quale era e quale amava mostrarsi, cominciò a reclutare il suo esercito. Poiché all'epoca poco gli importava di quali panni vestisse l'accolito, nella schiera danna'ta che andava raccogliendo cominciarono gradualmente a confluire esemplari umani delle specie più diverse, medici, sì, ma anche editori, musicologi, scrittori, insegnanti, riformatori sociali, pedagoghi, giuristi, oltranzisti della liberazione sessuale, studenti, giovincelli presi da afflati rivoluzionari e così via. Abbiamo già visto come nel 1908 l'anagrafe della Storia abbia dovuto registrare un cambio di denominazione, da Società Psicologica del Mercoledì a Società Psicoanalitica di Vienna e, avvertiti come siamo del potere determinante che il nome esercita sul suo portatore, ne abbiamo tratto le debite conseguenze, che è opportuno qui ribadire: con quel rito perlocutorio, volente o nolente, la schiera dannata ha contratto obblighi nei confronti della teoria freudiana ed è vincolata a onorarli. Dal Congresso di Salisburgo del 1908 a quello di Norimberga del 1910, corre poi un biennio di folgoranti ascese, la psicoanalisi non è più un movimento ma sta diventando una famosa istituzione internazionale, con sedi disseminate sia nel vecchio che nel nuovo continente e con affiliati sempre più numerosi. Perciò, se agli inizi il problema era arruolare un raccogliticcio di mercenari senza mostrarsi troppo schizzinosi circa la loro formazione intellettuale e senza porsi troppe domande su motivazioni e scopi dei singoli, adesso quel problema ha muS1 Freud,

Per la storia del movimet1to psicoanalitico cit., p. 39 5.

ss Angelo Pasquinclli, I presocratici, Einaudi, Torino 1958, p. 161.

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tato i suoi connotati. Ora si tratta di mettere ordine tra le fila degli associati e di difendere i risultati conseguiti, cosa che può farsi solo rendendo univoca e condivisa la tecnica, e soprattutto impedendo che una qualsivoglia balzana enunciazione possa spacciarsi per freudiana, o che una qualsivoglia stramba ciarlataneria possa smerciarsi da cura recante l'imprimatur di Freud. Si assisterebbe altrimenti a un rimbalzo del vecchio e mai sopito ostracismo dei benpensanti nei confronti dei freudiani. E bisogna dire che in giro, di idee balzane e di stramberie non c'era affatto penuria. Ma anche se si volesse prescindere da tutta questa costellazione di concause, si deve tenere conto del fatto che, al di là delle contingenze storiche, delle politiche di autotutela e delle strategie espansionistiche, a regnare sovrana e a imporre l'austera morale dell'intransigenza era per Freud il kantiano cielo stellato della necessità aletica, il valore supremo detenuto dalla verità: È un fatto che la verità non può essere tollerante, non ammette compromessi né limitazioni; che la ricerca considera come propri tutti i campi dell'attività umana e ha il dovere di diventare inesorabilmente critica se un altro potere vuole confiscarne alcuni per séS9.

In virtù di queste solide ragioni, a Norimberga Freud lanciò un proclama dal titolo Le prospettive future della terapia psicoanalitica60, nel quale riassumeva i cospicui cambiamenti intervenuti nella cura a partire dalla mitica epopea della abreazione catartica, auspicava la necessaria standardizzazione della prassi, per ottenerla prometteva all'uditorio di redigere in tempi brevi quella Metodologia generale della psicoanalisi che mai avrebbe redatto, e introduceva il concetto di controtransfert dopo avere passato in rassegna i progressi della tecnica, rappresentati dalla trimurti Rimozione, Transfert, Resistenza. Di quest'ultima, trovo ominoso quello che Freud ebbe a dire, quasi fosse consapevole dell'incombente rivolta:

S9 Freud, lt,troduzione alla psicoanalisi (11uova serie di lezioni) cit., p. 264. 60 Freud, Le prospettive future della terapia psicoa11alitica (1910), in Id., Opere, voi. 6, cit.

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Vi pregherei ora di controllare in base al vostro materiale se vi è possibile confermare il riepilogo seguente: nei pazienti maschi le resistenze alla cura più rilevanti sembrano provenire dal complesso paterno e risolversi in paura del padre, in arroganza contro il padre e in incredulità verso il padre6 1 •

Verso il padre della psicoanalisi, s'intende. Di lì a poco più di un mese, un breve lavoro dal titolo Psicoanalisi "selvaggia"62 mostra di nuovo l'allerta rossa di Freud, la sua preoccupazione che una bassa manovalanza della cura di dubbia estrazione possa sortire sulla psicoanalisi gli stessi effetti nefasti che rischia di sortire, proprio in quel medesimo lasso di tempo, la querelle giornalistico-giudiziaria tra Kraus e Wittels sull'affaire Irma, rimpolpare cioè quelle voci secondo cui la psicoanalisi è nulla più di una scurrile faccenda nata dai pruriti sessuali di sedicenti terapeuti. Una donna quasi cinquantenne ma ancora piacente si reca in consultazione da un giovane medico perché, da quando si è separata dal marito, soffre di crisi di angoscia. Il giovane medico deve avere piluccato alla men peggio qualche paginetta di psicoanalisi, quanto basta per infervorarsene o almeno per incuriosirsi - lettori da cesso, li chiamava Céliné3 ! Ritiene comunque di aver capito come la sessualità, che ai suoi occhi miopi consiste esclusivamente nel coito, sia fondamentale per il benessere psichico, e dunque non ha remore nell'ascrivere l'angoscia della paziente alla sopravvenuta astinenza. Perciò il consiglio: torni dal marito, si trovi un amante oppure si masturbi. Da allora essa si era persuasa di non poter guarire, posto che non voleva ritornare dal marito e che gli altri due me7..zi contrastavano con i suoi principi morali e religiosi64.

È il caso di quest'improvvido medico, niente affatto raro nella Vienna del 1910, che offre a Freud lo spunto per la messa all'io61

lvi, p.

61 Freud,

2.01.

Psicoanalisi "selvaggia" cit. Louis-Ferdinand Cèline, Colloqui con il professor Y, trad. it. Gianni Celati e Lino Gabcllone, Quodlibct, Macerata 2.02.0, p. 3 3. 64 Freud, Psicoanalisi "selvaggia" cit., p. 3 2.6. 63

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dice di quelle pratiche spurie che rivendicano una natura psicoanalitica ma ne posseggono in realtà solo una selvaggia. Nel denunciarne l'illegittimità scientifica, Freud insiste sul fatto che l'apprendimento libresco della tecnica psicoanalitica è impresa vana, perché quella tecnica la si può imparare solo per trasmissione orale «presso coloro che già se ne son resi padroni». È per questo - dice - che di recente si è costituita a Norimberga una Associazione Internazionale che persegue lo scopo di accreditare pubblicamente l'autentica prassi freudiana, di renderla riconoscibile a tutti in modo da poter respingere la responsabilità dcli' operato di coloro che, pur non essendo dei nostri, chiamano i loro procedimenti "psicoanalisi"; giacché in realtà questi analisti "selvaggi" recano più danno alla causa della psicoanalisi che non ai singoli pazienti 6 s.

Ce n'è abbastanza per giustificare la rabbia di Freud contro il selvaggio Adler, soprattutto perché è, o dovrebbe essere, dei nostri. La catilinaria contro di lui. Innanzitutto, Freud gli contesta l'abitudine di inflazionare il lessico psicoanalitico di pseudo-innovazioni linguistiche per dire cose già espresse da termini canonici e accreditati, esempi: ermafroditismo psichico in luogo di bisessualità o salvaguardia in luogo di -fuga nella malattia. Ma oltre a battere falsa moneta terminologica, Adler ne batte di concettuale, introduce novità la cui genesi Freud cautamente intenderebbe, nei limiti del possibile, astenersi dal commentare con strumentari psicoanalitici - questa la minacciosa allusione del primogenito ai torbidi recessi psichici ai quali attinge la fraterna teoria. La conoscenza assoluta non esiste, a dirlo è Adler e Freud non può che assentire, ma non per questo bisogna concedere alla soggettività del ricercatore il destro di spadroneggiare in lungo e in largo, aprirgli prati e praterie da cavalcare a briglia sciolta con scorrerie teoriche, anzi, il fattore soggettivo, che è ovviamente ineliminabile, va tuttavia modulato quanto più possibile al ribasso, e questo lo si può ottenere solo affiancando alla propria ricerca un costante lavorio autoanalitico - guardare a sé stessi 65

lvi, pp. 3 30-3 3 1.

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come a un estraneo, questa la formula6 6 • La verità è che Adler è affetto da tendenze antisessuali di stampo reazionario, ha concepito una teoria regressiva che sottomette la psicologia alla biologia e, sostenendo che la libido del nevrotico è una sorta di falso in atto pubblico, col negarne la realtà ha fatto la stessa cosa che fa l'Io del ncvrotico67. Perciò Freud lo incalza e, quanto all'accusa adleriana secondo cui gli apprendisti finiscono per trovare ali' opera nei pazienti sempre le medesime dinamiche descritte dallo stregone, la ritorce facilmente contro l'accusatore, il quale non fa altro che parlare monotamentc del desiderio di stare on top, di salvaguardia e di ... coprirsi il didie'tro, il tutto arzigogolato sul modello di una sua atavica zuffa infantile - qui Freud ha sbugiardato sé stesso, non cc l'ha fatta a astenersi da una franca allusione alle origini inconsce delle novità adleriane6 8• Ma cosa risponde Catilina alla catilinaria? Nega e ribadisce. Nega di avere o di avere mai avuto tendenze antisessuali e ribadisce di non meritare tutta questa bordata di acredine, sebbene possa concedere di averla in parte provocata. Ribadisce inoltre che al di là del sessuale - Freud - si cela qualcosa di molto più importante - Adler - e che dunque il sessuale non è affatto primario - l'inconscio seleziona il significante - e che, se mai gli si volesse obbiettare che la protesta virile coincide con la rimozione, lui avrebbe buon gioco a dimostrare che la rimozione è nulla più di una detumcsccnte parte di quella protesta, la quale è invece munita di tumescenti proporzioni. Eugen Blculer è stato il felice inventore di due neologismi, entrambi destinati a futura gloria. Il primo è schizofrenia. All'epoca, la sua potenza di fuoco lessicale fu tale da colare a picco seduta stante la supercorazzata Dementia Praecox, al cui comando l'ammiraglio Kraepclin aveva solcato vittorioso i mari della psichiatria. Ma a sua volta non cc l'ha fatta poi, con mio grande rammarico, a reggere l'onda d'urto del DSM, questa micidiale e 66 Napolitano,

Indifferenza versus estraniamento cit. divenne infine un reazionario, sostenitore della famiglia come istituzione sacrosanta, come fine sociale, come salvaguardia della razza, nemico del divorzio e dei rapporti sessuali prematrimoniali, e così via; se ne veda la descrizione in Stcpanski, In Freud's Shadow cit., pp. 2.70-2.71. 68 Nunbcrg e Fcdern (a cura di), Minutes of the Vienna Psychoanalytic Society, voi. 3, cit., p. 148. 67 Adler

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modernissima arma capace di radere al suolo la più agguerrita delle intelligenze. Il secondo neologismo per molti aspetti esprime al meglio la personalità di Bleuler, perché intrattenere rapporto con lui, sentenziò con penetrante analogia Freud, implica fare un'esperienza tutta particolare, riassumi bile così: «È come se uno si stringesse al cuore del linoleum»t;9. Quel linoleum è tutto espresso nel celeberrimo ambivalen~, un termine ancora oggi inflazionato, laddove il confratello schizofrenia dorme il sonno dei giusti in compagnia delle sue quattro varianti: simplex, ebefrenica, catatonica e paranoidea, una perdita tale da precipitare per sempre in gramaglie la nosografia psichiatrica! Per parte sua, oltre a essere testimonial della personalità bleuleriana, ambivalen~ è nulla più di una trovata linguistica, una novità spacciata come tale ma che tale non è, essendo invece la spettacolarizzazione in abiti verbali alla moda di un concetto stranoto e ampiamente dibattuto già nella veneranda alba del pensiero occidentale, vale a dire nella filosofia greca. Esistono in quella tradizione due diversi punti di vista sui conflitti dell'anima umana, a seconda che la si consideri tripartita o meno. Per i trinitari - prototipi Platone e Aristotele - il conflitto consiste nello scontro tra il logos, emanato dai piani alti dei noemata, e una alogos dunamis proveniente dai bassifondi dei patbemata, col risultato che nel corso della battaglia possono a volte prodursi stati misti nei quali trovano modo di coabitare gli opposti, anche se non sempre armoniosamente, questa essendo in senso stretto la vera e propria condizione di ambivalenza 7°. Un dolce mescolato d'amaro la definì Platone, che ne descrisse con grande maestria le vicende nel Filebo: In tali circostan7..c avviene dunque che dolori e piaceri giacciono insieme e le sensazioni di queste affezioni fra loro opposte coesistono l'una accanto all'altra7 1 •

Ma i sostenitori di un'anima unitaria - prototipo gli Stoici come avrebbero mai potuto accreditare, nei medesimi termini di 69 McGuirc (a cura di), Lettere tra Freud e }u11g cit., p. 449. Platone, Opere complete, voi. 1, trad. it. Manara Valgimigli et al., Latcrza, Roma-Bari 1974, p. 628. 71 lvi, pp. 627 e 621. 70

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Platone, la possibilità di un dolce mescolato d'amaro? Se l'anima è una e indivisibile, come potrebbero due sue parti allestire ciascuna un proprio sapore per poi rimestarlo con l'altro? E come potrebbero mai fondersi? Ricordiamo che gli Stoici riconoscono solo una singola parte dell'anima, cioè la parte razionale. Essi rigettano la divisione platonica dell'anima in tre distinti clementi. E dunque devono fare di tutte le condizioni psicologiche condizioni di questo unico elemento, per quanto strano e implausibile possa scmbrarc7 2 •

Strana o implausibile che sia, si impone però, data l'evidente ubiquità negli umani della miscela amore/odio, la necessità di trovare una via d'uscita dall'aporia, e gli Stoici credettero di trovarla nel concetto di fiuttuazione d'anima, una sorta di equivalente dell'ambivalenza, non più la sincronia di due opposti sapori cucinati in due distinte cucine, ma il fluire diacronico del dolce nell' amaro e dcli'amaro nel dolce - una sorta di ciclotimia - a intervalli così rapidi da dare a volte l'impressione di una loro compresenza, come accade alle immagini che scorrono in un tachistoscopio. Quando coraggiosamente Stekel si risolse per primo a prendere parola, subito dopo che Freud ebbe dato fondo al più veemente j'accuse di sempre - che immagino seguito da un lungo silenzio - la sua anima prese a fluttuare, né gli si può dare torto, perché è difficile barcamenarsi tra due che se le danno a più non posso, ciascuno dei quali è insediato nel tuo cuore per contrastanti e a volte inconfessabili motivi. E così, vorresti dare un colpo al cerchio e uno alla botte, ingenuamente sperando - Stekel è l'incarnazione di una malvagia ingenuità - che, una volta ammannite ripetutamente a ciascuno una razione di torto e un'altra di ragione, possa infine placarsi nei due la fame della contesa e sopraggiungere la sazietà della pace. Pro Adler: si è convinto, Stekel, che tutto ciò che Adler dice è nuovo e di grande valore, mentre è ingiustificabile il rimprovero che gli muove Freud, l'accusa cioè di essere nulla più di un praticante di biologia, uno che se ne va a spasso dalle parti dell'Io dimenticando l'inconscio; 71. Martha C. Nussbaum, The Thera/ry of Desire, Princcton Univcrsity Prcss, Princcton 1996, p. 373; Sharplcs, Stoics, Epicureans and Sceptics cit.

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nuova e di grande valore è anche l'introduzione adleriana dell'istinto aggressivo e altrettanto può dirsi dell'ermafroditismo, un concetto ben più ampio di quella bisessualità sbandierata ai quattro venti da Freud; se c'è un piccolo rimprovero che si può muovere a Adler, concerne solo la sua tendenza a generalizzazioni premature e eccessive, e tuttavia il fatto che il nevrotico si senta inferiore è incontestabile, anche se va detto che questo sentimento trae origine dall'istinto criminale - un Leitmotiv di Stekel, questo della criminalità, che gli serve qui a subornare in parte la teoria adleriana. Pro Freud: Stekel resta di stucco nel constatare come Adler voglia sabotare il concetto freudiano di rimozione, che è assolutamente irrinunciabile e insostituibile, il pilastro fondamentale della psicoanalisi. Pro Adler: ha cambiato opinione sull'incesto, Stekel, non gli sembra più quella chiave di volta della nevrosi reclamata da Freud, perché dietro la triangolazione edipica si cela in realtà ciò che Adler chiama aggressione; il fattore psichico primario non è più l'amore ma l'odio- Stekel non lo sa, non sa e non vuole saperne del fatto che sta parlando anche del gruppo, dell'odio che divide gli Ottimati della Roma imperiale contrapposto all'amore che univa i Quiriti del Septimontium, un odio tanto pervasivo e profondo da far pensare a lui, Stekel, che persino l'atto sessuale non sia altro che uno dei suoi tanti travestimenti. Pro Freud: Stekel ci tiene a dire che considera la protesta virile - Adler - quasi irrilevante, nulla più di un sintomo della nevrosi che viene invece spacciato come la sua più importante causa. Con quest'ultima arringa giunte al termine le 'fluttuazioni di Stekel, spetta a Freud chiudere la serata, e lo fa stabilendo, tra l'odio di cui si è appena fatto portavoce Stekel e l'ambizione di cui è portabandiera Adler, un nesso secondo cui la sproporzionata mobilitazione di entrambi questi affetti, la loro esacerbazione, è dovuta a un deficit patito nel primo sviluppo psichico, sotto forma di una carenza dell'apporto libidico normalmente devoluto a imbrigliare l'aggressività. Insomma, poco amore incamerato come contrappeso all'odio elargito, è questo lo squilibrio della bilancia psichica che conduce allo strapotere del desiderio di essere importanti73, oggi chiamato desiderio di 73

Nunbcrg e Federo (a cura di), Minutes of the Vienna Psychoanalytic Society,

voi. 4, cit., p.

150.

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visibilità. E che sia così, che odio e ambizione si fomentino a vicenda quando gli investimenti libidici viaggiano al ribasso, lo dimostra la storia dell'ambizione dalla classicità greca in poi. Nel seguito della tragedia che non c'è, nei suoi due ultimi atti consumati nel febbraio 191 1, a parte Stekel che continua a fluttuare, fl,uctuat nec mergitur, perseguendo il vano tentativo di rendere compatibile l'incompatibile col tenere un piede in due staffe - e per questo a futura memoria gli si conferisca accredito libidico e addebito scientifico - nel gruppo si delinearono due schieramenti, una minoranza a favore di Adler o, per dirla altrimenti, contro Freud, e una maggioranza a favore di Freud - almeno all'apparenza, visti i risultati di quel voto segreto che Freud si premurò di censurare nella sua lettera a Jung. Qua e là serpeggia qualche ambivalenza, di quelle conformi questa volta all'anima trinitaria di Platone, e c'è chi affianca Stekel nel sostenere che le due teorie in campo non si contraddicono l'un l'altra. Ma Freud, perentorio: Mentre Stekel afferma che non vede alcuna contraddizione tra i punti di vista di Adler e le dottrine di Freud, c'è da obbiettare che due delle persone coinvolte rilevano questa contraddizione: Adler e Freud74.

Perciò, nessun patteggiamento. I temi adleriani restano comunque monocordi: la paura di cadere sotto il controllo di una donna, il rifiuto della femminilità, il terrore della sottomissione, l'apoteosi della virilità, il fatto che ogni sogno finisca per dire sempre e solo sono una donna e vo"ei essere un uomo, la natura artificiosa e falsa del concetto di libido, il desiderio di stare on top e di dominare la donna che sta sotto, la smania di contare e di essere importanti nel mondo, lo spostamento dal basso verso l'alto, cioè il sottosopra, insomma, per farla breve, il solito, vasto intreccio di metafore dcli' omosessualità rimossa e dcli' angoscia di castrazione. Non vale la pena entrare ancora una volta nell'inventario di argomenti e controargomenti, accuse e controaccuse, alleanze pro e contro, allusioni e infingimenti, pena l'esercizio di un'anancastica pedanteria. Ne vale invece soffermarsi sull'intervento finale di Rudolf Steiner, non perché lui, Steiner, abbia ed esprima idee inequivoche su quale delle due teorie sia quella 74 lvi,

p.

173.

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valida - la teoria di Freud - e su quanto poco compatibile le sia l'altra, ma perché, nel sostenere risolutamente questa sua opinione, gli capita di dire, come di sfuggita e, sembrerebbe, senza farci caso, qualcosa di estremamente importante, le cui implicazioni colgono il nocciolo duro dell'intera faccenda. È il solo a farlo, e la sua è davvero l'ultima parola che possa dirsi sull'interpretazione di quanto va accadendo. Psicoanalisi è un nome proprio, per certi versi funziona come una sorta di designatore rigido, un'espressione destinata, al netto di sofisticati tecnicismi e invocando l'indulgenza di Saul Kripke75, a intercettare in tutte le possibili descrizioni del mondo, reale o immaginario che sia, quel medesimo referente cui la legò Freud con nesso causale, mediante il performativo di un pubblico battesimo celebrato nel 189676 - la catena onomastica avrebbe dovuto reggere il peso della Storia e giungere intatta sino a noi, ma così non è stato. Nomen omen, l'atto della nominazione appartiene al registro del simbolico, al nome del padre - della Psicoanalisi - e detiene poteri di carattere quasi magico - lo sanno bene gli ossessivi - perché finisce per evocare qualcosa dell'essenza stessa del designatum: Secondo la visione dei primitivi, il nome è una componente essenziale della personalità: se si conosce quindi il nome di una persona o di uno spirito, si acquista un certo potere su colui che porta quel nome77.

Ora, io sarò un primitivo, ma non mc ne vergogno, visto che tale era anche Freud, lo dimostra quella sua circoscritta gratitudine per Adler che, malgrado tutto, si vide costretto infine a esternargli: Fu allora che Adler fece il passo di cui gli siamo grati: sciolse ogni legame con la Psicoanalisi e per distinguere la propria dottrina le diede il nome di "Psicologia individuale»-t8• 7S Saul Kripkc, Nome e necessità, trad. it. Marco Santambrogio, Boringhicri, Torino 1982; per un'ampia panoramica, Harold Noonan (a cura di), ldentity, Thc lnternational Rcsearch Library of Philosophy, voi. 2, serie a cura di John Skorupski, Dartmouth Publishing Company Ltd., London 1993. 76 Freud, L'ereditarietà e l'etiologia delle nevrosi (1896), in Id., Opere, voi. 2, cit. 77 Freud, Totem e tabù cit., p. 87. 78 Freud, Per la storia del movimento psicoanalitico cit., p. 42.4.

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Altro nome altra cosa, anche se ovviamente in questo caso si tratta di pensiero magico solo in senso pickwickiano, visto che a essere in gioco è la tutela dell'identità di una teoria scientifica. Ho appena parlato di ciò che di essenziale veicola il nome, e voglio qui menzionare una procedura filosofica che consente di intuire il significato profondo di essenZP - l'essenza dcli'essenza - mediante l'iterazione di una serie di controfattuali: sottraiamo a qualcosa, una per una, tutte le sue proprietà, come sfogliassimo petalo per petalo un fiore, ogni volta chiedendoci se ciò che resta, magari giunti quasi dalle parti della corolla, sia ancora quel medesimo fiore. Se Socrate non avesse avuto il naso camuso, sarebbe stato ancora Socrate? E se non fosse stato figlio di Sofronisco e Fenarete? E se non fosse stato un ateniese del demo Alopece? E se non avesse sposato Santippe? E se non avesse partecipato alla spedizione di Anfipoli? E se non avesse praticato l'ermeneutica? E se non avesse battagliato contro i Sofisti? E se non fosse stato il maestro di Platone? E così via79. Scopo dell'esperimento di sottrazione progressiva di proprietà a qualcosa, è di individuarne un residuo in mancanza del quale non siamo più disposti a accreditare la permanenza dell'identità, non siamo più disposti a chiamare Socrate Socrate, Freud Freud e la Psicoanalisi Psicoanalisi. Provo a ridirlo in un altro modo. EssenZP è un termine che ha una storia filosofica millenaria, piena di controversie originariamente legate ad Aristotele, tanto che ancora oggi il sostantivo essenzialismo evoca subito l'aggettivo aristotelico. Non ripercorro questa storia, ma ne riassumo per sommi capi il senso con un esempio banale. Sulla mia scrivania c'è un libro. Questo oggetto ha moltissime proprietà, anzi, per essere precisi ha esattamente tante proprietà quanti sono i numeri naturali. Eccone alcune. È il volume sesto delle opere di Freud, è rilegato in nero, è stato edito da Boringhieri nel 197 5, conta 61 3 pagine, si trova a 20 cm dalla mia stampante, a 30 dal lume, a un metro dalla finestra e a varie distanze da tutto ciò che lo sguardo può cogliere fino all'orizzonte degli eventi, la sua diciannovesima lettera è una d eccetera, si potrebbe proseguire ad libitum. Un infinito numerabi79 Alvin

Plantinga, The Nature of Necessity, Clarcndon Prcss, Oxford I 982..

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le di proprietà. Ora, siccome è tardi e sono stanco, mi levo dalla scrivania e ripongo il volume in libreria. Alcune delle sue proprietà sono mutate e altre no. Per citarne solo due: il volume non si trova più a 20 centimetri dalla mia stampante, ma resta ancora il volume sesto delle opere di Freud. La tradizione filosofica designa come essenziali, o interne, quelle proprietà che sopravvivono al mutamento, e come relazionali, o esterne, quelle proprietà che soccombono al mutamento. I filosofi che negano il concetto di essenza, chiamiamoli re/azionisti, sostengono che di proprietà essenziali non ne esistono e che tutte le proprietà sono relazionali, ma hanno poi il problema di spiegare come possa, il volume freudiano della libreria, restare identico al volume freudiano della scrivania, visto che nel trasloco tutte le sue proprietà sarebbero mutate. Per contro gli essenzialisti, che non hanno questo problema, ne hanno un altro, quello di sottrarsi al vaniloquio che per secoli ha caratterizzato i discorsi soli'essenza delle cose, ridicolizzato da Molière nella celebre battuta: l'oppio fa dormire quia est in eo virtus dormitiva. lo mi reputo un sostenitore dell'esscnzialismo, ma non penso che il volume della libreria resti identico a quello della scrivania quia est in eo virtus freudiana. E neppure penso che la Psicoanalisi sia tale quia est in ea virtus analitica. In altri termini, penso che le sue proprietà essenziali siano rigorosamente specificabili e che perciò alcune possano variare, mentre altre assolutamente no, non possono variare, pena il collasso della sua identità. In tema poi di proprietà rigorosamente specificabili, penso che valga ancora oggi quanto affermò Antifonte Sofista, all'epoca in cui la Storia ancora gattonava. Sostenne di essere in grado di guarire con le parole i dolori morali, come i medici guariscono i dolori del corpo, e di poterlo tuttavia fare solo applicando una tecnica che, seppure priva di quella certezza assoluta che è prerogativa delle matematiche, non per questo procede a caso, non si affida ai capricci di Thychc, ma segue precetti rigorosamente definiti, gli stessi che consentirono, a questo oscuro precursore della cura dcli'anima, di farsi agguerrito concorrente della katharsis tragica, aprendo uno studio a Corinto nei pressi dcli'agorà. Immagino con succcsso80 • 8o 2.011,

Umberto Curi, Via di qua. Imparare a morire, Bollati Boringhicri, Torino p.

130.

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Freud sosteneva che chiunque basi il proprio lavoro sulla rigorosa tecnica costituita dalla già menzionata trimurti Rimozione, Transfert e Resistenza, si muove all'interno del perimetro della Psicoanalisi in veste di autentico dannato dell'autentica schiera dei dannati. Vero. Ma quanto a elargizione di proprietà essenziali, forse è il caso di essere un tantino più prodighi del Padre fondatore e di farsi adepti del motto anti-occamista entia sunt multiplicanda propter necessitatem. Non la sola trimurti, perché, se possedesse l'esclusiva di avocare a sé l'essenziale della Psicoanalisi, che dire della sessualità, delle difese, dell'edipo - uno schibboleth che con ciò stesso si certifica proprietà essenziale - che dire dei punti di vista metapsicologici, dell'economia, della dinamica e della topica, dell'interpretazione, della rappresentazione di parola e di cosa, dei ricordi di copertura, dcli' allucinazione primaria, della libido, ma soprattutto che dire di Inconscio, un termine al quale spetta a pieno diritto, come a Psicoanalisi, il blasone di nome proprio? Sono tutte proprietà inessenziali? Basta la trimurti a certificare dannazione e dannati? La verità è che l'edificio della psicoanalisi, benché incompiuto, costituisce tuttavia già oggi un'unità da cui nessuno può staccare clementi singoli a suo arbitrio 81 •

Tutto questo, Rudolf Reitler lo sapeva, anche se non so se sapesse di saperlo. Ecco un resoconto del suo ultimo intervento, in cui si può intravedere di sfuggita il potere magico che lega il nome a chi lo porta: durante la discussione Steiner ha rilevato una vera e propria tempesta affettiva scoppiata nei partecipanti e dovuta al fatto che sono stati chiamati in causa i loro complessi più profondi; Steiner considera l'impresa di Adler nello stesso tempo equivoca e pericolosa, e neppure a Freud sente di poter risparmiare un rimprovero, quello di avere controllato e nascosto così a lungo i suoi sommovimenti affettivi; dai tempi in cui teorizzava l'inferiorità d'organo, Adler si è allontanato sempre più da Freud, e questo suo diniego della sessualità, che ricorda l'ascetismo dei primi cristiani, sembra tanto più anacronistico oggi, quando noi stiamo tentando di riagganciarci alla sensuali81

Freud, l11troduzione alla psicoanalisi (ttuova serie di lezioni) cit., p. 2.44.

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tà rinascimentale - l'Accademia dell'ars amandi; dovessimo allontanarci dallo scopo di indagare le vicissitudini della libido, saremmo costretti a cambiare nome alla nostra associazione 82 • Ecco! Questo è il punto nodale toccato da Reitler: saremmo costretti a cambiare nome. Psicoanalisi e Inconscio sono nomi propri. Mette conto dire che negli ultimi anni gli psicoanalisti, una schiera che non è più costituita da dannati ma da redenti, ha fatto (ab)uso dei nomi comuni gli inconsci e le psicoanalisi?

81

Nunbcrg e Federo {a cura di), Minutes of the Vien,,a Psychoanalytic Society

cit., pp. 175-176.

XII.

La Scuola di Freud

Nel suo Schizzi pirroniani, Sesto Empirico si esibisce in un resoconto della psicoterapia in dotazione alla Scuola Scettica e di ciò che, rispetto alle terapie praticate in altre Scuole - Accademia, Liceo, Stoa, Giardino - la rende assolutamente diversa 1 • Premessa: in tutte le Scuole greche la psicoterapia costituiva il cuore della formazione filosofica, perché il primo posto spettava ovunque all'Etica, che perseguiva il fine eudemonico dcli' atarassia - liberazione dai sintomi - e imponeva perciò la messa in opera di una prassi terapeutica. Anzi, le modalità affiliative a questa o quella Scuola e il processo evolutivo dell'insegnamento configuravano un vero e proprio training, costituito da una fase preliminare di rapporto personale col Maestro, seguita da un'altra di ammissione a seminari collegiali in cui si impartisce e si discute la teoria. E c'era addirittura chi - Epicuro - per promuovere il percorso che dovrebbe condurre l'allievo dall'ignoranza alla sapienza e dall'incuria di sé alla foucaultiana cura di sé, privilegiava l'interpretazione dei sogni. Diceva bene Qohelet: nibil novi sub sole. Ecco dunque il baedeker della terapia scettica redatto da Sesto. Tutta la sofferenza origina dalla passione, ma la passione altro non è che giudizio - su ciò che è desiderabile o detestabile, bello o brutto, buono o cattivo e così via - e perSesto Empirico, Schizzi pi"o,ua11i, trad. it. Onorato T cscari, a cura di Antonio Russo, Laterza, Roma-Bari 2.004. Nussbaum spiega con argomenti convincenti l'omissione della Scuola Cinica dall'elenco (Nussbaum, The Therapy of Desire cit., p. 8). 1

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ciò, per azzerare la sofferenza basta azzerare la passione, e per azzerare la passione basta azzerare il giudizio. Ma come farlo? È un'equazione difficile, ma non insolubile. Si opponga di volta in volta al peso di ciascun argomento un controargomento di pari peso fino a raggiungere l'isostenia, vale a dire il perfetto allineamento dei due piatti della bilancia noetica, un equilibrio che di per sé finirà per attestare il non-peso di qualunque argomento. L'iterazione delle (contro)pesate condurrà a una sorta di indecidibilità di tutti gli asserti e alla conseguente necessità di sospendere il giudizio, ogni giudizio, e perciò a un vuoto di passioni. Una sorta di Nirvana. Obiezione: come può essere vero il giudizio scettico secondo cui tutti i giudizi sono indecidibili, ivi incluso quello scettico? L'obiezione evoca il trauma che Bertrand Russell inflisse a Gottlob Frege chiedendogli: appartiene a sé stesso l'insieme di tutti gli insiemi che non appartengono a sé stessi? Ma questa domanda futuribile non turbò affatto Sesto, al quale offrì invece l'occasione per pubblicizzare ciò che di unico vanta la terapia scettica. Lo spot di Sesto prende le mosse dalla critica secondo cui tutte le altre Scuole giocano al gioco del qui pro quo, al gioco cioè di sostituire, alla malattia da cui è posseduto l'allievo e che l'ha indotto a interrogare il supposto sapere del Maestro, un'altra malattia, consistente nell'avvento della dipendenza dal Maestro e dalle elargizioni di quel suo supposto sapere: Poiché, come il medico che nel liberare dalla pleurite induce polmonite, o nel curare la febbre cerebrale induce quella letargica, non rimuove il pericolo, ma si limita a sostituirlo, così il filosofo, se sostituisce un nuovo sintomo in luogo del precedente, non viene in aiuto alla persona che soffre2..

Per parte sua, la cura scettica non incappa nell'aporia di questa permutazione bugiarda, perché agisce come i purganti, i quali espellono sé stessi assieme ai cattivi umori che infestano il corpo. Espelle cioè sia la malattia sia il Maestro: Ci sono molte cose che producono su sé stesse lo stesso effetto che producono su altre cose. Poiché, proprio come il fuoco, avendo distrutto i

lvi, p. 297.

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il combustibile, distrugge allo stesso modo sé stesso, e proprio come i purganti, avendo espulso i fluidi dal corpo, rimuovono allo stesso modo sé stessi, così l'argomento contro la dimostrazione [della verità/falsità dei giudizi] abolisce tutte le dimostrazioni nello stesso tempo iscrivendosi fra esse3.

Sembrerebbe dunque che la Scuola Scettica sia stata la sola a intuire la virulenza della nevrosi di transfert e la necessità della sua liquidazione. Invece, il fatto che tutti gli allievi vestono vesti di pazienti e viceversa non è appannaggio dei soli Scettici, ma patrimonio comune di tutte le Scuole. Anche di quella psicoanalitica. «Si prova una strana sensazione, quando, in età così avanzata, si è ancora una volta incaricati di scrivere un "componimento" per la scuola» - così Freud in apertura del suo Psicologia del ginnasiale4. Ali'ex allievo del Realgymnasium, ormai cinquantottenne e famoso, il componimento era stato chiesto per la celebrazione del mezzo secolo occorso dalla fondazione della scuola, e lui lo svolse con diligente prontezza e grande partecipazione - si tratta di un testo breve e meraviglioso - come fosse ancora seduto là, al suo banco di allora, penna in mano e sguardo intento. Ali' ordine della scuola si ubbidisce automaticamente -dice - come il soldato che all'ordine attenti! lascia cadere tutto ciò che ha in mano e stende le braccia lungo le cuciture dei pantaloni. Ma Freud sa bene che non sempre è così, sa bene che non sempre si è disposti a mettersi sull'attenti e che quando lo si fa, a volte è solo obtorto collo. E infatti, il suo discorso ginnasiale subito convoca quel dolce mescolato d'amaro cui ho accennato a proposito di Platone e che si chiama ambivalenza, precisando in prima battuta come l'interesse per la conoscenza sia nulla più di un succedaneo dell'interesse provato per l'insegnante, il quale detiene il potere di suscitare la sete di sapere o di stroncarla. Dunque, non è questione di attitudine per questa o quella disciplina, non si nasce matematici o letterati, come vorrebbe qualche suburbio del fondamentalismo genetista, ma lo si diventa o meno per influsso degli insegnanti. 3 4

lvi, p. 310. Freud, Psicologia del ginnasiale (1914), in Id., Opere, voi. 7, cit., p. 477.

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Li corteggiavamo [gli insegnanti] o voltavamo loro le spalle, immaginavamo che provassero simpatie o antipatie probabilmente inesistenti, studiavamo i loro caratteri e formavamo o deformavamo i nostri sul loro modello. Essi suscitavano le nostre rivolte più forti e ci costringevano a una completa sottomissioneS.

Frasi che gli allievi di Berggasse 19 avrebbero potuto benissimo riferire al loro Maestro. Il quale sembra munito della bilancia di Sesto Empirico quando, deposti su un piatto Eros e sull'altro Thanatos, entrambi indirizzati agli insegnanti, aggiunge: «Eravamo, in linea di principio, parimenti [ecco Sesto] inclini ad amarli e a odiarli, a criticarli e a venerarli» 6• Una perfetta isostenia, anche se a volte capita che uno dei due piatti della bilancia possa scendere a picco. Naturalmente, come tutti gli impicci e impacci dell'umana psiche, anche l'ambivalenza è nata con noi, tra il meconio, i vocalizzi e le lallazioni dell'infanzia, all'interno del rapporto con i primi oggetti di investimento, i genitori, dei quali gli insegnanti diventeranno sostituti reclutati a raccoglierne ciò che Freud chiama eredità emotiva - i compagni di classe diventeranno invece sostituti dei fratelli. Un lascito che può essere oneroso fino a diventare insopportabile. Tra quegli oggetti di investimento, la massima importanza spetta al padre e ai due tempi del giudizio passionale che su di lui formula il figlio. Nel primo tempo, il padre è il più saggio, il più forte e il migliore di tutti gli uomini, un Padreterno, mentre nel secondo tempo diventa l'ultimo degli uomini, uno pieno di difetti e di limiti, un paria da criticare e svalutare, un ciandala cui il figlio farà pagare cara la delusione che lui gli ha inflitto cadendo in verticale dall'alto dei cieli. Va da sé che, in virtù della suddetta ambivalenza, il ciandala già vivacchiava in quel Padreterno che ora continua a vivacchiare nel ciandala. E dunque, ricapitolando, ceco cosa cerca di fare la scuola: raccogliere e riattualizzarc, tra insegnante e allievo, quell'antichissimo rapporto genitoriale che a suo tempo determinò la personalità del figlio, per tentare di promuoverla a variazioni, auspicabilmente migliori, su quel tema originario. Ma non è la stessa cosa che cerca di fare la cura analitica? s lvi, p. 4 78. 6

lvi, p. 4 79·

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La ventottesima lezione di Introduzione alla psicoanalisi è dedicata a spiegare, in modo semplice ma efficace e a un pubblico di non addetti ai lavori, come funziona la terapia 7 • Funziona con la trimurti tecnica, ovviamente, della quale Freud introduce immediatamente la prima componente, il transfert, che equipara a una sorta di suggestione, anche se ci tiene a marcare subito la differenza intercorrente tra la suggestione propriamente detta, quella ipnotica, e la suggestione analitica: la prima è un cosmetico, copre il sintomo, la seconda lo porta invece allo scoperto, agisce come la chirurgia. È un paragone, questo tra psicoanalisi e chirurgia, che Freud ama particolarmente, perché la chirurgia è l'unica prassi terapeutica davvero accreditata nell'Università di Vienna, e lui ci terrebbe a condividerne il lignaggio - perciò paragonò il nucleo patogeno a un corpo estraneo che infiltra il tessuto psichico ed è circoscritto da un granuloma infìammatorio8. Ma c'è un paragone più pertinente di quello chirurgico. Affiora quando Freud introduce la seconda componente della trimurti, la resistenza, che è tassativo superare se si vuole sbrogliare il bandolo della matassa nevrotica: Questo lavoro di superamento è la funzione essenziale della cura analitica; il malato deve compierlo e il medico glielo rende possibile con l'ausilio della suggestione, operante nel senso di una educazione. Perciò si è anche detto a ragione che il trattamento psicoanalitico è una sorta di post-educazione9.

Sì, questo secondo paragone è senz'altro più pertinente di quello chirurgico, perché la psicoanalisi non consiste in un intervento di psico-escissione, ma in un processo di ampliamento del sapere. E infatti, qualche decennio fa, nella mia infanzia analitica, girava un Witz degno di Kraus che suona così: la psicoanalisi è il seno del poi, dove si vede come la pressa della condensazione risulti così potente da mettere assieme, in un colpo solo, il rapporto primario genitoriale e il suo succedaneo erotico-educativo, non senza aggiungervi una quota ostile riconoscibile nel fatto Freud, Introduzione alla psicoanalisi cit., p. 597. Freud, Studi sull'isteria cit. 9 Freud, Introduzione alla psicoanalisi cit., p. 600, corsivi nell'originale.

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che il seno non è il senno - la cura è dissennata! Ma affinché il seno diventi senno, è necessario prendere di mira la terza componente della trimurti tecnica, la rimozione, che va revocata abbattendo la resistenza mediante il transfert, il che mostra come le tre componenti, Transfert/Resistenza/Rimozione, lavorino di concerto, si presuppongano reciprocamente e come perciò, alla pari della divinità, la tecnica freudiana possa dirsi una e trina. La revoca della rimozione resta l'atto finale propedeutico alla messa a segno della post-educazione, perché amplia il sapere e, nel farlo, restituisce all'Io la libido che i sintomi, nella loro qualità di formazioni sostitutive di desiderio, avevano sequestrato: Il lavoro terapeutico si scompone quindi in due fasi: nella prima, tutta quanta la libido, tolta ai sintomi, viene spinta nella traslazione e ivi

concentrata [instaurazione della nevrosi di transfert], nella seconda viene condotta la lotta attorno a questo nuovo oggetto, finché la libido non viene liberata da esso [liquidazione della nevrosi di transfert] 10•

Viva Sesto Empirico e i suoi purganti! Ed è così che l'Io si ingrandisce a spese del rimosso, cd è così che questo insegnamento - aggiunge Freud con precisissimo termine - rende l'Io più conciliante verso la libido, la sottrae alla presa dei fantasmi ancorandola alla realtà, e ne spedisce eventualmente una parte sulle vie della sublimazione. Detto questo, devo ora enunciare il seguente assioma: quando la Scuola di Freud parla della scuola, parla della Scuola di Freud. Ne chiarirò subito il senso. Secondo Freud, la personalità è compiuta nei suoi tratti essenziali fra i tre e i cinque anni, epoca in cui il tramonto del complesso edipico conduce all'interiorizzazione delle figure parentali e al sigillo dell'istanza supcrcgoica. Da allora in poi, per sbrigare alcune faccenduolc, ad esempio rilasciare gli sfinteri, non ci sarà più bisogno di un'autorità esterna che ti dica dove, come e quando farlo. Quell'autorità è infatti diventata una voce interiore alla quale ubbidire - da ob-audire, ascoltare chi ti sta di fronte, o meglio, chi ti stava di fronte, mentre ora ti abita. In quel tramonto si è chiuso dunque il primo e più importante tempo dell'educazione, la quale ne conoscerà altri - da un certo 10

lvi, p. 603.

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punto di vista l'educazione è interminabile come la post-educazione - tutti messi però sullo sfondo di quella Gestalt originaria. Ad esempio, in tema di sviluppo cognitivo, l'annessione psichica del pensiero ipotetico-deduttivo richiederà ancora anni di traffici educativi, e dovrà attendere la reviviscenza edipica segnata dall'avvento dell'età puberale per compiersi. Prima di allora, l'impubere sembra l'incarnazione di un bizzarro hypotheses non fingo, è incapace di trarre, da un antecedente contrario ai fatti, un conseguente altrettanto contrario ai fatti, come mostra I' oxoniense Charles Dodgson - meglio noto come Lewis Carroll quando fa enunciare alla piccola Alice il seguente controfattuale: sono proprio contenta che non mi piacciono gli asparagi, perché se mi piacessero dovrei mangiarli, e non li posso proprio soffrire. Vista dunque l'importanza del tema dell'educazione, non solo per il destino dell'individuo ma per quello dell'intera umanità, la schiera dei dannati non poteva non occuparsene, e vi dedicò infatti diversi Mercoledì. Stava loro a cuore - unicuique suum - un aspetto particolare dell'educazione, né avrebbe potuto essere altrimenti, quello dcli'educazione sessuale e del ginepraio di problemi che solleva, tra i quali svetta questo busillis: ammesso e non concesso che un'educazione sessuale sia opportuna, sarebbe consigliabile affidarla alla scuola? Domanda interessante. C'è però un piccolo particolare: a discutere se debba essere la scuola a impartire un'educazione sessuale, sono gli allievi di una Scuola che impartisce una (post)educazione sessuale, sicché interrogativi e giudizi sulla scuola sono interrogativi e giudizi sulla Scuola - di Freud. Un loro riverbero. Chiarito il senso dell'assioma? Mercoledì 1 8 dicembre 1907. Post coenam, gli allievi della Scuola - serale - sono chiamati a conferire sul trauma sessuale e sull'educazione sessuale 11 • Quale ruolo eziologico spetta al trauma nell'insorgenza della nevrosi? Può l'educazione sessuale esercitare una funzione protettiva nei suoi confronti? Questi gli interrogativi dell'interrogazione. Primo alla lavagna è l'allievo Hitschmann il quale, avendo studiato a puntino le dispense della Scuola, sa bene come a suo tempo il Maestro si sia sentito in dovere di strappare i galloni eziologici al trauma per conferirli alla 11

voi.

I,

Nunbcrg e Federo (a cura di), Minutes of the Vienna Psychoanalytic Society, cit., p. 2.70.

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fantasia, e si allinea perciò al declassamento; dice che il trauma è quasi irrilevante e, quanto all'educazione sessuale, che ci sono tempi e modi da rispettare nell'impartirla; li elenca, ma aggiunge subito che, a suo parere, il valore protettivo dcli'educazione è pressocché nullo - preferibile non sapere in anticipo ciò che la vita ti riserva. Anche l'allievo Federo la pensa allo stesso modo, meglio il buio della luce, mentre l'allievo Sadger, terzo alla lavagna, mette sotto accusa i genitori i quali, oltre a essere essi stessi ignoranti e perciò bisognosi di educazione, sono i primi a infliggere traumi ai loro figli, sotto forma di una tenerezza che provoca eccitamento sessuale. L'allievo Graf alza la posta in gioco: l'educazione sessuale può essere pericolosa - stessa accusa mossa dai circoli accademici alla post-educazione freudiana - e gli fa eco l'allievo Reitler che, con azzardo da poker pedagogico, rilancia: l'educazione può sortire esattamente gli stessi effetti del trauma. Wittels ormai lo conosciamo bene, è un allievo intelligente ma scapestrato, un apologeta della libertà sessuale e della poligamia, della prostituzione e della ninfomania, e che potrebbe mai dire se non che i bimbi-allievi devono cavarsela da soli? Che li si lasci dunque andare, che facciano le loro scorribande erotiche da autodidatti o che, nella migliore delle ipotesi, a insegnargli sesso e dintorni ci pensi il bullismo dei coetanei! Sorvoliamo. Nonostante sia tra i più devoti allievi del Maestro, Karl Abraham, per la prima volta ospite della Scuola che discute della scuola, è anche lui piuttosto scettico sul fatto che l'educazione sessuale possa proteggere dal trauma, pensa che sia necessario invece educare i genitori - educare l'educatore - e che la scuola sia inidonea ad assolvere il compito. Cattedra e parola toccano ora al Maestro - l'educatore da educare. Come sempre lucido, va dritto al cuore della faccenda: i sintomi nascono da fantasie e le fantasie sono modellate da esperienze di gratificazione, tra le quali il primo posto spetta al trauma sessuale - questo l'intrico fra trauma, fantasia e gratificazione che è stato banalizzato nella formula secondo cui Freud abbandonò la teoria della seduzione. La verità - aggiunge lapidariamente il Maestro - è che sono i bimbi stessi a mettersi sulle tracce dei loro traumi i quali, ammesso che non rivestano significato eziologico, sono pur sempre determinanti nel conferire forma alla nevrosi, perché

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battono appunto le medesime strade delle più antiche fantasie di gratificazione. Adesso continuerei volentieri a seguire per intero la lezione del Maestro, tanto mi appassiona, ma da bravo allievo quale sono, o presumo di essere, temo che il componimento tacitamente affidatomi dalla Scuola possa sfuggirmi di mano, col risultato di andarmene a zonzo fuori tema. Non mi perdonerei mai se il mio svolgimento dovesse tradire la traccia. Mi limito perciò a segnalare tre snodi della lezione magistrale. Primo: poiché gli effetti del trauma infantile fanno la loro comparsa più tardi nella vita - è il cosiddetto après coup - ceco che l'educazione sessuale può contrastarli. Secondo: l'educazione non deve però essere data in modo oggettivo e distaccato, ma-colpo d'ala del genio - il bambino deve esserne coinvolto fino ad avvertire un certo grado di eccitamento sessuale, che in nessun modo va evitato. Terzo e ultimo: nonostante tutte le precauzioni, l'educazione sessuale non è in grado di evitare la nevrosi, ma soltanto di sminuirne l'intensità, perché la costituzione individuale - uno dei due estremi della serie complementare - sfugge alla sua presa. Pausa. Stiamo ora per assistere all'ascesa di una contestazione, di quelle che punteggiano la psiche degli allievi come l'acne il viso degli adolescenti. Fa da battistrada l'allievo Adler, che è contro l'educazione perché, interponendosi tra bambino e mondo, inibisce la spinta a una ricerca autonoma - si lasci tutto al caso - senza contare che il trauma è importante solo in connessione all'inferiorità d'organo. L'allievo Steiner, cui non deve essere dispiaciuto il numero del compagno di classe Adler, vi appone l'apice di un esponente e fa saltare il banco: è sorpreso dal fatto che nessuno menzioni l'utilità del trauma - portò i primi pazienti a Bcrggasse 19 - la sola fonte di educazione offerta dalla vita; oltre a essere nient' affatto dannoso, il trauma protegge da ciò che potrebbe a tutti gli effetti chiamarsi nevrosi da educazione è la nevrosi di 'transfert, perbacco! Il dado è ormai tratto. Allievo Stekel: non so cosa sia un trauma, ma penso sia impossibile farvi fronte con l'educazione - logica impeccabile, come si potrebbe fronteggiare l'ignoto? Allievo Rank: penso che i traumi costituiscano la migliore educazione che, se impartita diversamente, potrebbe distruggere la superiorità intellettuale del genio - il suo. Suona la campanella. Fine.

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L'educazione è l'ipotesto di tutti i Mercoledì, è il loro rumore di fondo, è un'implicatura pervasiva che sta ai discorsi espliciti dei partecipanti come il livello latente del sogno sta al sogno manifesto, costituisce il controcanto delle serate freudiane, di tutte le serate, l'attestato di una guerra guerreggiata attorno ai temi della direzione della cura e della detenzione/elargizione del sapere. Per prenderne atto, bisogna fingersi in seduta, intenti non a leggere le Minute ma ad ascoltarle. Bisogna disporsi a un'attenzione equanime, degna della epochè scettica, e seguire la consegna della parola da una voce ali'altra della scolaresca, come se il passaggio di mano del testimone verbale fosse un tracciante di libere associazioni. E risolversi infine al passo decisivo, quello di cavare dai verbali, a viva forza trasformati in pazienti, la prova che la scuola sta per la Scuola e l'educazione sta per la post-educazione, e che il conciliabolo dei dannati è un calderone di conflitti. Nascono dal desiderio, che cova in ciascun dannato, di ascendere i gradi di quella gerarchia che, partendo dall'interrato degli auditores, giunge all'ammezzato dei competentes per guadagnare infine il tetto dei super-competentes, i soli cui spetta il diritto di manovrare la leva dcli'ascensore, il diritto cioè di promuovere il sottoposto a superiore e il superiore a super-superiore. Ma il desiderio di ascendere, di stare sopra e mettere sotto, di giocare al gioco di das Obermensch, da cosa nasce a sua volta? Desiderio e conflitto sono avvinghiati in un cerchio da uro boro, nascono l'uno dall'altro alimentati dal mal d'amore. Ho già citato il luogo in cui Freud parla di questo mal d'amore, che in me evoca, per assonanza e non solo, i sommovimenti tormentosi del mal di (a)mare, ma è così perspicuo che voglio citarlo di nuovo, confidando nella tolleranza del lettore: Sappiamo, per esempio, che nei conflitti tra i subordinati e i loro superiori [... ] è la componente omosessuale che gioca il ruolo principale; che questo conflitto è in realtà [causato da] mal d'amore 1 2..

E dunque, se l'educazione è l'ipotesto dei Mercoledì, l'omosessualità ne è il rimosso. Nell'aprile 1910, in due riprese, la scolaresca discusse il tema del suicidio nell'infanzia e nell'adolescenza, relatore David Ernst 12

Ivi, p. 72.; parentesi quadre nell'originale.

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Oppenheim, il quale si assunse l'onere di commentare una recente ricerca piena zeppa di dati di tutti i tipi, raccolti da una numerologia statistica alle prese con: età media e genere sessuale della popolazione inventariata, percentuale dei tentati suicidi in rapporto a quelli riusciti, loro andamento negli anni e loro distribuzione in varie nazioni, possibili influssi sociali e mediatici sulla decisione di farla finita, presenza di determinanti ereditarie e di correlati psicopatologici, modalità suicidarie messe in atto, e così via 13. Numeri su numeri su numeri. Insomma, una di quelle ricerche che oggi sarebbero di punta perché quantitative e evidence based - nulla è più evidente della morte - le sole meritevoli di pubblicazione in quella Loggia multinazionale di riviste indicizzate che indicizza anche ricerche non quantitative, ma nel senso che le mette all'indice. Bisogna spezzare una lancia a favore di Oppenheim, che è critico sui risultati di un battage estensivo di questa fatta, cui contrappone qualche risultato intensivo del laboratorio freudiano, ma la sua relazione è tanto prolissa da costringermi a estrarne il solo punto che qui mi interessa - l'ho già detto che non voglio andare fuori tema. Dopo aver menzionato l'accusa secondo cui, tra i più importanti veicoli di suggestione suicidaria fa la sua parte il nuovo despota del regno dello spirito, la stampa moderna - meritevole di un volteriano écrasez l'infame - Oppenheim pone la domanda cruciale: È la scuola, col suo sistema disciplinare e i suoi provvedimenti disciplinari, le sue materie e i suoi metodi di insegnamento, i suoi esami e diplomi, a spingere tanti giovani allievi al suicidio? 1 4.

Poco importa la sua vaga risposta, perché Oppenheim, da poco iscritto alla Scuola, sembra non ancora arruolato nella dinamica che strangola la scolaresca, anche se finirà per incapparvi e accodarsi alla diaspora degli adleriani in nome della libertà dal tiranno. Importa invece la reazione della vecchia guardia, pochi mesi prima già impegolata in una lezione nella quale l'allievo Furtmiiller aveva letto un suo componimento intitolato Educazione o fatalismo?, in cui avanzava il dubbio: educare o non •3 14

lvi, voi. 2., cit., pp. 479 sgg. lvi, p. 489.

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educare - questo è il problema. Se ne erano dette di cose significative in quell'occasione amletica! Il relatore aveva accusato i genitori - questi precursori degli insegnanti - di egotismo e presunzione, di mancato riconoscimento della sessualità dei figli, con i quali essi stessi intrattenevano un rapporto inconscio di natura sessuale, e aveva aggiunto che, tra ribellione e sottomissione, esiste solo una terza via rappresentata dalla nevrosi, e che perciò bisogna nutrire «un profondo scetticismo nei confronti dei problemi dell'educazione» 1 5. Comunque, poiché educare è impossibile senza coercizione e poiché la coercizione è patogena, bisogna optare per una sua forma indiretta: Tutto questo significa che la coercizione diretta deve essere limitata a un minimo mentre bisogna accordare preferenza alla coercizione indiretta, che rende la conquista del piacere dipendente dalla sottomissione• 6 •

Prende così forma la proposta di una strategia educativa che si serva dell'elargizione di amore come compenso alla sottomissione, cosa che diventa però dannosa - suggerisce il Maestro - se l'allievo sente che si continuerà ad amarlo qualunque cosa egli faccia. Insomma, si adoperi l'amore per comprare obbedienza - sia pure a prezzo calmierato. Ed è interessante osservare come Adler sostenga invece un'opinione diametralmente opposta, che bisogna cioè continuare ad amare l'allievo qualunque cosa egli faccia. Magari anche se dovesse contestare la teoria del Maestro. E ora, alla spicciolata, qualche reazione della vecchia guardia al tema del suicidio in età scolare. A occupare il centro della scena c'è di nuovo l'amore, ma questa volta non nelle vesti di una strategia educativa dai risvolti quasi skinneriani, fatta di funambolismo tra premi e punizioni. Infatti, va al di là di questa compravendita dell'obbedienza la reazione di Sadger, l'innamoratissimo di Freud che Freud non ama, e va al di là perché il suo Inconscio identifica scuola e Scuola, la quale induce negli allievi un mal d'amore tanto intenso che persino un grano di ipocrisia diventa auspicabile, purché serva a lenire la sofferenza •s lvi, p. 3 54· •6 Ivi, p. 3 56.

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di chi, non amato, ama. Il picco dei suicidi - dice Sadger - è alla pubertà, un'epoca segnata appunto da un esasperato bisogno di amore; non di un amore qualsiasi però, ma di uno specifico amore omosessuale indirizzato al padre e dal padre trasferito all'insegnante; se quest'amore è frustrato, se l'allievo non può conquistare il professo re - proprio così, il Professore - allora la spinta al suicidio può farsi effettiva; che la scuola - Freud - prenda atto di questo bisogno e faccia mostra, nei confronti degli allievi, di un atteggiamento di amichevole gentilezza, fosse anche solo di facciata - ecco il grano di ipocrisia che, messo alle strette, Sadger auspica. Chiamato in causa dall'innamorato, subito il Professore risponde - Socrate velato a Fedro - e parla dei professori, suoi colleghi; è cauto sull'interpretazione della statistica dei suicidi, perché poco o niente si può cavare dai numeri - a meno che non siano quelli di Fliess- mentre una scrupolosa analisi di casi clinici è come sempre molto più remunerativa; ne accenna perciò un paio, per discutere poi del gioco giocato dalla Dea Libido in chi è approdato, così giovane, a condividere la riflessione di Camus: « Vi è solamente un problema filosofico veramente serio: quello del suicidio» 17 • E nel ricordare come uno degli allievi - Oppcnheim - abbia sostenuto che la scuola, per addestrare alla durezza della vita, debba essere anch'essa un aspro campo di battaglia, né più né meno della vita stessa, il Professore ribatte di pensarla diversamente, perché la scuola è solo un'area di transizione, una stazione intermedia che dai genitori conduce alla vita; e perciò gli insegnanti, invece di prendere il loro mandato con tanta spietata serietà, bene farebbero a mantenere, nei confronti degli allievi, una certa benevolente superiorità. E dunque il Professore dà ragione all'innamorato Sadgcr, ai cui pensieri sente di aggiungere una considerazione, come fosse in margine, mentre a mc sembra la questione di tutte le questioni di tutti i Mercoledì. Dice che il motivo per cui i professori sono così incapaci di assolvere al difficile compito dcli'educazione è connesso con l'attuale, crescente proscrizione dell'omosessualità. Nel sopprimere la pratica dell'omosessualità, uno ha semplicemente soppresso •7

Albcrt Camus, Il mito di Sisifo, trad. it. Attilio Borclli, Bompiani, Milano

1966, p. 2.7.

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anche la direzione omosessuale dei sentimenti umani che è così necessaria per la nostra società. I migliori insegnanti sono gli omosessuali reali, che hanno davvero un 'attitudine di benevolente superiorità nei confronti dei loro allievi. Se, tuttavia, un insegnante con omosessualità rimossa giunge a confrontarsi con questa richiesta [di amore degli allievi], allora diventa sadico nei confronti dei ragazzi; questi insegnanti odiano e perseguitano i raga7.Zi perché fanno "richieste d'amore" che irritano la loro sessualità 1 8 •

Furtmiiller è però all'opposizione, contesta il Professore e, nel sostenere che la scuola non è affatto un'area di transizione e nemmeno è dura come la vita, perché ne è invece molto più dura, aspra, impervia e cattiva, butta giù una frase il cui soggetto grammaticale, prima persona plurale, suona da autentica prestidigitazione dell'Inconscio: Nessuno di noi potrebbe sopportare con animo sereno il fatto che ogni sci mesi [come accadeva nella scuola], la sua attività e i suoi risultati generali debbano essere sottoposti a giudizio•~.

Figuriamoci poi ogni settimana, come accade nella Scuola! Hermann Broch parlò del crepuscolo viennese che precedette la fine dell'Impero asburgico come di un'epoca segnata da una gaia apocalisse. E a me sembra infatti che, in ciò che si appresta ora a dire l'allievo Federo, si allunghi davvero l'ombra di un'apocalisse, ma priva di gaiezza. I nevrotici pensano spesso al suicidio - dice - e altrettanto spesso ne parlano, ma lo mettono in atto raramente; vi siete mai chiesti perché? Ebbene, perché non sono sufficientemente normali, essendo il suicidio una reazione normale a esperienze negative; quello in età scolare dipende dai genitori, che osteggiano ogni manifestazione libidica e ogni fenomeno di transfert, e dal sadismo che dilaga negli insegnanti; c'è da mettere poi in conto quella generale antipatia per la vit:a che si fa strada in chi, non nevrotico, vede la somma dei suoi dispiaceri eccedere quella dei piaceri - Federo pose fine ai suoi giorni suicidandosi. Il secondo Cavaliere dcli'Apocalisse è Stekel, il quale è persuaso del fatto che nessuno si uccide se non ha in precedenza Nunbcrg e Federo (a cura di), Minutes of the Vienna Psychoanalytic Society, cit., pp. 495-496. •9 Ivi, p. 497.

18

voi.

2.,

Xli. LA SCUOLA DI FREUD

desiderato di uccidere qualcun altro, e che chi si uccide a volte lo fa perché ha smesso di masturbarsi, essendo il suicidio un atto masturbatorio sostitutivo, come attesta la calzante espressione levare la mano su di sé - Stekel pose fine ai suoi giorni suicidandosi. Il terzo Cavaliere dcli' Apocalisse è Tausk che, in tema di suicidio, si appella al senso di colpa e a Schopcnhauer, ma soprattutto al mandatario della civilizzazione, il padre, tanto più crudele col figlio quanto più a suo tempo egli stesso disattese le richieste della civiltà; e racconta di vari suicidi indotti negli allievi da professori incapaci di riconoscerne la sessualità - T ausk pose fine ai suoi giorni suicidandosi. Otto anni di latino a sei-otto ore settimanali e sci anni di greco a cinque ore settimanali, questa la posologia dei classici somministrata agli allievi dai ginnasi viennesi all'epoca della gaia apocalisse. Mirava a far acquisire loro familiarità col pensiero astratto, addestrandoli all'esercizio della dialettica e dell'argomentazione, e ne faceva parte l'obbligo di ingoiare a memoria pagine su pagine di autori dell'antichità greco-romana, sviluppando così una sorta di mnemotecnica degna dcli'Ars Magna di Raimondo Lullo. Risultato: oltre a essere capace di citare con disinvoltura interi brani di Sofocle, Tucidide, Aristotele, Orazio, Virgilio, Seneca e simili, l'allievo imparava a padroneggiare sintassi, semantica e pragmatica e, armato di retorica, a improvvisare eloquenti orazioni parlando a braccio. Ma il conto da pagare per l'acquisto di tanta padronanza era salato, la disciplina severa e la paura del fallimento grande, a tal punto che a Vienna girava il sarcasmo secondo cui il ginnasio faceva un gran bene a chi gli sopravviveva 20• Il culmine del timore di non sopravvivere lo si raggiungeva ai cosiddetti Matura, gli esami che aprivano l'accesso all'Università e costituivano una sorta di rito iniziatico, di passaggio dalla toga pretesta a quella virile. Era una spada di Damocle così castrante l'idea di non superarli e di non guadagnare la virilità, così pervasiva l'angoscia di non farcela a conseguire ciò che Stekel a ragione chiamava maturità sessuale, da indurre nei candidati una vera e propria condizione traumatica, i cui echi a volte si facevano sentire qua e là lungo tutta la vita. 20

Johnston, The Austrian Mind cit., pp. 66 sgg.

LA SCUOLA DI FREUD SOTTOSOPRA

204

Per fronteggiarli, spesso i sopravvissuti allestivano uno spettacolo onirico ricorrente destinato a ripetere la scena del trauma, nel vano tentativo di chiudere per sempre la partita. Freud ne parla nel capitolo quinto dell'lnterpreuzzione dei sogni, dedicato ai sogni tipici, in una sezione che intitola appunto Il sogno d'esame e che contrassegna, da buon ginnasiale, con la lettera greca delta: Chiunque abbia concluso con l'esame di maturità i suoi studi superiori si lamenta dall'ostinazione con cui è perseguitato dal sogno angoscioso di essere stato respinto, di dover ripetere un anno, eccetera 21 •

Ma i Matura onirici sono solo una riedizione di colpe infantili - male(atte, le chiama il Professore - punite una prima volta dai genitori e una seconda volta dagli insegnanti, mentre in seguito l'inesorabile concatenamento causale della vita si è incaricato del proseguimento della nostra educazione e ora sogniamo la maturità [... ]22 •

A sognarla è però esclusivamente chi quell'esame lo ha superato, non lo sogna mai chi non ce l'ha fatta - solo il virile può essere castrato - e spesso il sogno, che contiene una miscela di rimproveri e consolazioni, fa la sua comparsa quando il giorno dopo - magari un Mercoledì - incombe una prova difficile e si corre il rischio di fare brutta figura. Quelle malefatte infantili concernono «atti sessuali reprensibili» 2.3 - suggerisce il Professore. Non so se Reitler fosse, e a che titolo, il quarto Cavaliere dell'Apocalisse, ma so che con i suoi interventi a volte gli capitava di pescare in profondità, l'abbiamo già visto quando a suo tempo fu il solo, eccetto Freud, a difendere il nome proprio Psicoanalisi dal tentativo adleriano di abolirne la maiuscola trasformandolo in nome comune. E anche in tema di suicidio infantile mi sembra colga nel segno, perché tira appunto in ballo la paura degli esami come possibile causa che spinge l'allievo a levare la mano su di sé; si tratta di una paura tanto intensa da rasentare la fobia, alimentata da fantasie incestuose e masturbatorie, Freud, L'i11terpretazione dei sogt1i cit., p. 2.54. lbid. 23 lvi, p. 2.56. 21

22

Xli. I.A SCUOI.A DI FREUD

205

ma soprattutto dal significato sessuale attribuito dall'allievo alla prova - edipica - che è chiamato ad affrontare col padre-insegnante; sola scappatoia, marinare la scuola. Ed è vero, era la sola scappatoia perché, quando nei Mercoledì vigeva ancora la regola di estrarre a sorte da un'urna il nome di chi era tenuto al prossimo intervento, non appena il relatore di turno aveva detto l'ultima parola e raccolto le sue scartoffie, nell'imminenza della discussione, prima che le tre Moire si dessero da fare e Atropo si disponesse a tranciare un filo, molti alzavano precipitosamente i tacchi e se la svignavano, marinando il Fato, la Scuola e l'esame. Indubitabilmente, molti membri, piuttosto che tenersi del tutto alla larga [dalle riunioni], erano soliti lasciare gli incontri precipitosamente subito dopo la presentazione del lavoro, perché temevano di essere obbligati a parlarel-4.

Non marinò mai il presenzialista Adler, il secondogenito senza paura, che anche in questa occasione dà voce ancora una volta, quasi ossessivamente, alla propria teoria: inferiorità d'organo, protesta virile, timore di assumere una posizione femminile, di stare sotto, desiderio di stare sopra e di vendicarsi dei genitori, sconfinata ambizione a compenso dell'inferiorità eccetera. Ma concede anche qualcosa al Professore quando, avendo sostenuto che il suicidio è l'ultimo tentativo di compiere un'azione virile, aggiunge che è anche il portato di una dirompente omosessualità e di una ribellione contro il padre, nella sua qualità di esaminatore e di alto rappresentante della scuola. Mi correggo: della Scuola.

14

voi.

1,

Nunbcrg e Federo (a cura di), Minutes of the Vienna Psychoanalytic Society, cit., p. 3 14.

XIII.

La barba del profeta

La pittura, dice Leonardo, opera "per via di porre": essa applica cioè piccole masse di colore là dove prima non c'erano, sulla tela incolore; per contro, la scultura procede [alla pari della psicoanalisi] "per via di levare", ossia toglie dal blocco di pietra quel tanto che copre la superficie della statua in esso contenuta 1 •

Ma oltre a essere una techne che, a colpi di mazzuolo e scalpello, toglie marmo al marmo e fa erompere la forma dall'informe, la Scultura possiede anche e soprattutto la proprietà di imprimere in potenza alla materia inerte della statua quel movimento che, in atto, essa stessa vi congela. Un paradosso, un ossimoro, una proprietà inquietante e persino crudele, nella misura in cui lascia intravvedere un limbo tra il moto della vita e l'immoto della morte: «Zénon! Croci Zénon! Zénon d'Élée! / M' as-tu percé dc cette flèche ailée / Qui vibre, vole, et qui ne vole pas» 2 • È questa prerogativa zenoniana della Scultura a rendere particolarmente suggestivo il paragone con cui Freud accosta la psicoanalisi all'ars levandi. Perché, se è vero che ha altrove paragonato lo scopo della cura a quelli di chirurgia e scuola, rispettivamente consistenti nel mettere alla scoperto putrescenze e nell'educare l'ineducabile, è altrettanto vero che questo scopo la cura può conseguirlo solo a patto di coniugare moto e im1

1

Freud, Psicoterapia (1904), in Id., Opere, voi. 4, cit., p. 432.. Paul Valéry, Il cimitero marino, trad. it. Mario Turino, Einaudi, Torino 1966,

p.XX.

208

LA SCUOLA DI FREUD SOTTOSOPRA

mobilità, il che conferisce un valore aggiunto all'analogia scultorea. Provo a dirlo meglio rubando a Jonathan l.ear, da ladro matricolato quale sono, la sua assunzione archimedea: solo se mantieni fermo il mondo, potrai vedere i contenuti psichici che lo attraversano3. Traduzione: solo se mantieni fermo il setting, potrai vedere il moto del transfert che lo attraversa. Sono recidivo, derubo anche Pascal: Quando tutto si muove ugualmente, nulla si muove in apparen:la, come su una nave. Quando tutti vanno verso la sfrenatezza, nessuno sembra ci vada. Chi si ferma fa rilevare il movimento degli altri, come un punto fisso4.

Punto fisso del setting. In uno dei tanti luoghi in cui il maestro di color che sanno, Aristotele, tratteggia la sua quadripartizione delle cause, a titolo di esempio tira in ballo il consueto motivo della statua, eletta a archetipo del moto immobile: Sono cause della statua sia l'arte dello scolpire sia il bronzo, e non della statua considerata sotto differenti aspetti, ma proprio in quanto statua; esse non sono, tuttavia, cause nello stesso modo, ma una è causa come materia, l'altra, invece, come principio del movimentoS.

Il setting è la causa materiale della cura e il transfert ne è il principio del movimento. Perciò, sembra che i misteri psicoanalitici non si debbano celebrare a Eleusi, ma in una sua sede paronima, patria di ciò che non si muove eppur si muove, la zenoniana Elea. Lungo tutto l'arco della sua vita, Freud visitò Roma sette volte, e sin dal 1901, anno della sua prima epifania in caput mundi, vestì vesti quotidiane di pellegrino diretto al setting di San Pietro in Vincoli, dove, trafitto da Zenone, usava sostare a lungo - il tempo di una seduta - in raccoglimento innanzi al Mosè di 3 Jonathan l.car, Ati lnterpretatiati o{Transference, «The lnternational Journal of Psychoanalysis», 74, 1993, pp. 739-755; Francesco Napolitano, Transfert: appunti sulla storia di un paradosso, «Rivista di psicoanalisi», LII, 2, 2006, pp. 481-506. 4 Blaisc Pascal, Pensieri, trad. it. Paolo Serini, Einaudi, Torino 1962, p. 29. s Aristotele, La metafisica, a cura di Giovanni Reale, Loffredo, Napoli 1968, voi. 1, p. 363, 2, 1013, b, corsivo nell'originale.

Xlii. LA BARBA DEL PROFETA

2.09

Michelangelo, interrogandone il prima e il dopo dell'immobile movimento. Si trattava di decifrare ciò che potrebbe chiamarsi La logica dell'iniziare e del cessare - titolo di un lavoro sul fermo-immagine di un tempo sospeso fra ciò che è appena accaduto e ciò che sta per accaderé. Era Mosè sul punto di levarsi dal suo scranno di Profeta dando piglio a uno sbotto di rabbia, o di reprimerlo restandosene seduto? Questa la domanda che il pellegrino poneva a Mosè. Il quale a sua volta poneva la medesima domanda al pellegrino: era Freud sul punto di levarsi dal suo scranno di Maestro dando piglio a uno sbotto di rabbia o di reprimerlo restandosene seduto? Era sul punto di mandare tutto all'aria, di spaccare in due come una mela le Tavole della Scuola e di bandirne i banditi, di scacciare i fuorilegge della psicoanalisi, di esiliare dal tempio della Dea Libido gli adoratori del vitello d'oro, o era sul punto di prodursi invece in uno spasmodico sforzo di continenza, di mordere il freno tollerando l'intollerabile per amore della causa? Il nodo scorsoio di questa alternativa consiste nel fatto che tanto lo sbotto di rabbia quanto il suo contenimento potrebbero sortire il medesimo effetto sulla psicoanalisi: fiaccarne la tenuta per eccesso di rigore o per eccesso di lassismo. Un dilemma angoscioso. Ho parlato di un muto dialogo tra i due Mosè, il pellegrino e la statua, come di un setting, e non l'ho fatto a caso. Perché, se ciascuna delle transferali trasferte romane ebbe a vario titolo per Freud un valore autoterapico - a prova di letteratura - in almeno tre di quelle occasioni San Pietro in Vincoli dovette accoglierlo come un paziente in codice rosso: nel 1901 quando, degradato in paranoia il rapporto con Fliess, Freud teneva il suo primo consulto col terapeuta michelangiolesco, che gli fece istantaneamente capire ... ahimè! non sapremo mai cosa - enigmatica cartolina alla moglie in data 6 settembre: «Improvvisamente capito attraverso Michelangelo» 7; poi nel 1912, quando Freud andava senza fine liberandosi del rissoso secondogenito Adler e della sua incalzante competizione; infine nel 1913, quando il rapporto con Jung guadagnava il suo fastigio di dolore e rabbia. In tutti e tre i casi 6

Charlcs Lconard Hamblin, La logica dell'iniziare e del cessare, in Claudio Pi7.zi (a cura di), La logica del tempo, Boringhicri, Torino 1974. 7 Freud, Il Mosè di Michela11gelo (1913), in Id., Opere, voi. 7, cit., p. 2.94.

2.IO

LA SCUOLA DI FREUD SOTTOSOPRA

di nuovo a prova di letteratura - Roma gli fu materna e paterno gli fu Mosè, e questo consentì all'edipico pellegrino di portare a compimento quel processo di rovinosa de-idealizzazione cui ho già accennato, in compenso attizzando però il fuoco della creatività che covava sotto le ceneri del lutto. Le gioie fecondano, i dolori partoriscono 8• Caro amico, probabilmente non è giusto da parte Sua avermi fatto aspettare per venticinque giorni una lettera di risposta (cioè dal 14 ottobre all'8 novembre [ I 909]; ho controllato, perché supponevo un periodo di ventitré giorni alla Fliess, ma ancora una volta non è così), come se la lunghezza e la prontezza della mia ultima risposta L'avesse spaventata.

Così Freud a Jung9. Restando in tema di gemellaggio tra la Vienna del Maestro e la Roma del Profeta, c'è da dire che i servizi postali della Vienna imperiale, quanto a velocità e puntualità, erano paragonabili a quelli della Roma augustea, dove un plico poteva partire dall'Urbe al mattino e, con staffette di cavalieri disseminate lungo tutto il corso della via Appia, a spron battuto raggiungere in giornata il più ameno dei luoghi di villeggiatura del gotha quirite, Baia. Analogamente, da Vienna a Zurigo una lettera impiegava di norma non più di un giorno via treno, anche se, a sentire Freud, non altrettanto poteva dirsi del percorso inverso, irto di difficoltà che niente avevano da spartire con la routine ferroviaria della Cacania. Con quella della Svizzera invece sì. Freud fu un corrispondente esigente 10, uno che protocollava le lettere comparandone ossessivamente le date in uscita e in entrata, come se ogni risposta sollecita ai suoi invii esercitasse una feticistica virtù di garante di vita e scongiuro di morte. Ma aspettando Jung, dovette provare un sovraccarico di ansia tutto particolare, che cresceva in misura direttamente proporzionale alle dilazioni con cui il Godot zurighese si risolveva a mettere nero su bianco le controprove del proprio transfert e della propria resistenza, come se il solo farlo sfociasse in un atto notarile che li certificava entrambi veri, e la dilazione costituisse l'unica 8

«Joys impregnate: Sorrows bring forth», in Proverbs of Hell (Giuseppe Ungaretti (a cura di], Visiot1i di William Blake, Mondadori, Milano 1965, p. 2.17). 9 McGuire (a cura di), Lettere tra Freud e Jung cit., p. 2.78. 10 «~ cosa certa che io sono stato un corrispondente assai esigente•, ivi, p. 52.6.

Xlii. LA BARBA DEL PROFETA

2.11

via di fuga dall'accreditamento di quella loro realtà. Comunque, nella circostanza epistolare appena citata, nonostante i giorni di attesa risultassero venticinque e non ventitré, in termini psicoanalitici ciò che - mi si passi il calembour - conta nella conta di Freud è il fatto che J ung vi risulti associato a Fliess e a uno dei suoi due cicli, quello maschile. Associazione che lascia intravvedere, in giacenza nel sottobosco psichico del mittente, il germoglio di un interrogativo concernente la natura della disposizione sessuale junghiana nei propri confronti: maschile? Mentre un altro interrogativo concerne l'eventuale molestia del proprio corteggiamento epistolare: spaventa? Plinio il Vecchio diceva che la remora è un pesciolino che si attacca alla carena delle navi ritardandone la corsa. Ci sono buone ragioni per supporre la presenza, sulla direttrice Zurigo-Vienna, di una remora attaccata alla locomotiva dei treni. Non si può che definirla remora sessuale. Adler è stato un piccolo Fliess redivivo e Jung... che Jung possa a sua volta diventare un secondo Adler? Uno destinato a infoltire la schiera degli idealizzati de-idealizzati? Possibile mai? L'idea che possa bissare il tentato golpe adleriano, ordire una congiura ai danni della Dea Libido con lo scopo di sottometterla a altra e più potente divinità, non sappiamo quanto virile, questo è il dubbio che si fa strada in Freud da quando, nelle sue lettere, ha promosso il destinatario Jung da Caro collega a Caro amico, per consacrarlo infine successore e principe ereditario 11 , un guerresco Giosuè spedito dalla Dea in partibus infidelium a conquistare la terra promessa della Psichiatria. Tra i due corrispondenti è precocemente scoppiato un colpo di fulmine degno del casellario passionale assemblato nei Contributi alla psicologia della vita amorosa, con Jung il gentile chiamato a riscattare Freud l'ebreo dal ghetto in cui l'hanno confinato i suoi ancestrali e la sua teoria. Poco tempo è trascorso dal loro primo contatto e poche lettere hanno scambiato Mosè e Giosuè, e già il Profeta sente l'impoverimento della propria personalità quando il diluito carteggio diluisce l'elisir di vita, annacquato dalla esordiente renitenza junghiana alla leva postale 12• Poco tempo e già si scambiano le rispettive foto, già Jung confessa di essere geloso " lvi, p. 2.35. 12 Ivi, p. 82..

2.12.

LA SCUOLA DI FREUD SOTTOSOPRA

di Abraham, già Freud lo rassicura trovando deliziosi gli intorni di questa confessione - gli confesserà a sua volta di essere geloso di Bleuler - e già Jung avanza qualche riserva sulla sessualità come madre di tutti i sentimenti13 • I suoi li vorrebbe orfani. Fino alla lettera junghiana del 28 ottobre 1907, che considero una svolta nel loro rapporto, si è giocata una partita teorica impregnata di pulsionalità e centrata sull'eziologia della paranoia, che Jung considera tossica, Freud omosessuale. Avendo ormai capito, Freud, il meccanismo con cui il disinvestimento parziale dell'oggetto determina nell'Io quel surplus di libido narcisistica che, tornando in seconda battuta soli' oggetto stesso, trasforma i processi interni di pensiero in percezioni, alla men peggio prova a spiegarlo al caro amico. E nel mentre ci prova e ci riprova, ha persino il vezzo qua e là di dichiararsi incompetente in materia di paranoici scartafacci, a suo dire padroneggiati invece con tanta sicumera da Jung, che al Burgholzli ha avuto la ventura di sbrogliarne cataste. Il quale Jung, ringalluzzito dal tributo del Maestro, ne accetta di buon grado le ricadute encomiastiche e di buon grado ringrazia, continuando però a chiedere lumi all'incompetente. Un gioco delle parti al limite della farsa - amorosa. È in questo contesto che Freud ribadisce come il decrittaggio della paranoia, questa fabbrica di proiezioni che ricicla l'amore in odio, non sia dovuto tanto alla moltitudine di pazienti in transito tra le stele egizie e i rossi arredi di Berggasse 19, quanto alla sua vicenda personale con Fliess e all'omosessualità desublimata che a suo tempo rischiò di sfociare in aggressione - fortuna che la civiltà abbia sostituito al lancio della pietra quello dell'insulto. Ed è questa teoria in vivo che allarma Jung più di quanto lo allarmi la medesima teoria in vitro. Freud: «Il mio ex amico Fliess è caduto in preda a una bella paranoia, dopo essersi liberato dall'inclinazione certamente non irrilevante che nutriva verso di me. A lui, cioè al suo comportamento, io debbo questa idea [della paranoia]» 1 4. Jung: Il cenno, certamente non casuale, ai Suoi rapporti con Fliess, mi spinge a pregarla di permettermi di godere della Sua amicizia non come di 1

3 lvi,

1 •

p. 85.

Ivi, p.

130.

Xlii. LA BARBA DEL PROFETA

2.13

un'amicizia fra uguali, ma come dell'amicizia tra padre e figlio. È una distanza, questa, che mi sembra giusta e naturale'S.

Sì, Jung ha dalla sua buone ragioni per allarmarsi. Eccole. Perché Jung è afflitto da quel sintomo che lui stesso chiama pigrizia epistolare? Il 28 ottobre 1907 prova a darne le ragioni a Freud, che continua a lamentarsi della remora. Gli scrive di come lo ammiri sotto tutti i punti di vista e senza riserve - lo venera - ma che questa sua passione ha un sottofondo erotico e religioso - parole profetiche, visto che l'eros sfocerà in religione. E tuttavia - aggiunge - l'inghippo erotico non basterebbe da solo a intralciare la tratta Zurigo-Vienna se non ne richiamasse un altro ben più disgustoso, consistente nell'attentato omosessuale che da ragazzo subì per mano di un uomo da lui venerato. «Le osservazioni delle signore ("enfìn seuls" ecc.) avevano già destato a Vienna la mia nausea, senza che allora la cosa mi fosse però chiara» -dice 16 • Ma che avevano di nauseabondo a Vienna le osservazioni delle signore? In quella occasione Jung era ospite per la prima volta in casa Freud, e a cena i due commensali scalpitavano, non vedevano l'ora di mollare gli acquartieramenti gastronomici bifamiliari e, affascinati com'erano l'uno dall'altro, di appartarsi, di ritirarsi in quel tete-à-tete che finì per prendere tutta la notte; perciò, nel mentre si levavano intempestivamente da tavola, enfin seuls, bisbigliarono indispettite le consorti, mostrando così di cogliere, senza saperlo, oltre al fondo anche il sottofondo dell'imbarazzante situazione. Tutto qui. La nausea tornerà una seconda volta a visitare la stomacata penna di J ung quando, a rottura con Freud ormai deflagrata nel peggiore dei modi, farà la sua ricomparsa nel bel mezzo di una stizzosa lettera, nella quale il discepolo fatto maestro vuole indottrinare il Maestro fatto discepolo. Oggetto: la teoria freudiana del sogno come espressione di desiderio. Valida, concede il maestro al Maestro, peccato che sia superficiale e incapace di cogliere in profondità la natura del simbolo: Perciò, se per es. in un sogno si configura un desiderio di coito, esso andrebbe analizzato ulteriormente, poiché questo modo di espressione

•s lvi, pp. 131-132.• 16

Ivi, p.

102.

LA SCUOLA DI FREUD SOTTOSOPRA

214

arcaico, con il suo significato monotono fino alla nausea, richiede ancora un'ulteriore ritraduzione 1 7.

È un passaggio che mostra quanto sia intenso il rigetto junghiano - nausea - e quanto sia fondata la paura freudiana che Jung diventi un replicante di Adler. Infatti, i due de-idealizzati si assomigliano a tal punto che Plutarco li avrebbe volentieri appaiati nelle Vite parallele: svalutano entrambi il sessuale, facendone rispettivamente epifenomeni del simbolo e della protesta virile; considerano entrambi la teoria freudiana una sottoteoria della propria; e entrambi contestano in particolare il complesso edipico. Nell'infanzia non può esserci nessuna competizione tra l'esile bambino e il corpulento padre - rivendica Jung - né può esserci in età più matura, quando il figlio potrebbe effettivamente diventare pericoloso per il padre, perché a quell'epoca non potrà più desiderare la madre «che ha ormai il ventre cadente e le vene varicose» 18 • Come se potesse esserci competizione tra figlio e padre solo a parità di muscoli. Come se l'investimento libidico della madre dipendesse dalla sua avvenenza. Come se l'intrico infantile di identificazioni e scelte oggettuali fosse tutta una fandonia. Come se il piccolo Hans non fosse mai esistito. Finì il Mosè di cinque braccia [... ]; avvenga che egli [Mosè], con gravissima attitudine sedendo, posa il braccio in sulle tavole che egli tiene con una mano, e con l'altra si tiene la barba, la quale nel marmo, svellata e lunga, è condotta di sorte, che i capegli, dove ha tanta dificultà la scultura, son condotti sottilissimamente, piumosi, morbidi e sfilati, d'una maniera che pare impossibile che il ferro sia diventato pennello.

Così Vasari 1 9. I bellissimi capegli della svella'ta barba costituiscono il fulcro dell'interpretazione freudiana del Mosè, perché è proprio facendoli così piumosi, morbidi e sfilati che Michelangelo, opponendo paradosso a paradosso, prova a confutare Zenone e a dimostrare che si muove ciò che non si muove. E nel tentativo di dimostrare questo indimostrabile, fa da sponda 1 lvi,

1

i8 fvi, 1

9

p. 590. p. 542..

Giorgio Vasari, Vite scelte, a cura di Anna Maria Brizio, Utct, Torino 1973,

pp. 384-385.

Xlii. LA BARBA DEL PROFETA

215

a Freud, il quale dedica al movimento immobile della barba la parte più ... folta - mi verrebbe da dire - del suo testo, esposta in un puntiglioso repertorio di osservazioni che occupa circa quattro pagine. A suo tempo, seguire gli snodi e gli inanellamenti di quelle capillari osservazioni mi costrinse a ripetute letture, tanto che alla fine la faccenda mi diventò barbosa, così estenuante è la sommatoria di minuzie con cui Freud cerca di estrarre la dinamica dalla statica e il poi dal prima, in ciò aiutato dal fatto che l'ammiratissima barba di Mosè scorre giù dalle guance, dal labbro superiore e dal mento in una quantità di matasse che possiamo distinguere l'una dall'altra anche nel loro corso 20 •

Distinguere l'una dall'altra! Una cornucopia di dettagli da far gola alla bulimia microanalitica di Freud, che si mette di buon grado a spulciarli, provando appunto a pedinare l'una ciocca e l'altra, di ciascuna interrogando quale sia stato l'ostacolo che l'ha fermata là dove si trova e quale sia stata l'intenzione michelangiolesca allusiva agli immaginari ante e post di quel fermo. Un'operazione di per sé impossibile alla pari di quella consistente nel descrivere fino in fondo un sogno, perché animare un fotogramma marmoreo è difficile quanto raccontare un film. Freud lo sa: Non mi illudo affatto che la mia descrizione sia stata chiara e non mi au~rdo a giudicare se l'artista abbia veramente voluto indurci a sciogliere quel nodo della barba [... ]21 •

Un'espressione, quest'ultima, che ha quasi il sapore di un involontario Witz - con tutto ciò che ne consegue. Perciò, visto che un fotogramma da solo resta inanimato e che la parola sembra non cc la faccia a insufflare vita nel marmo, Freud di fotogrammi ne collaziona quattro - commissiona cioè quattro disegni per mostrare quella cinetica del Mosè che la parola stenta a dire - e li dispone in rapida successione sulla pagina, sperando che quattro istantanee diventino un cortometraggio. «Se 10

21

Freud, Il Mosè di Michelangelo cit., p. 3 12.. lvi, p. 313.

216

LA SCUOLA DI FREUD SOTTOSOPRA

non mi sbaglio - conclude - ci sarà consentito di cogliere i frutti dei nostri sforzi» 22• Vero, non si sbaglia, se ne colgono i frutti. E infatti, armati di questo supporto visivo, possiamo giungere infine a vedere con chiarezza ciò che la descrizione a malapena diceva, e cioè che Freud/Mosè, sul punto di perdere le staffe, non le ha perse, ma vi ha inchiavardato il piede tenendo ben salde in mano le Tavole della Scuola, e con ciò stesso mostrando quale sia la virtù cardinale che accomuna un Profeta e un Maestro: la continenza. Tutto merito della barba. 16 novembre 19102 3. Oppenheim diede avvio alla discussione dicendo che il materiale folkloristico offre conferme dell'interpretazione psicoanalitica del simbolismo onirico, e subito Federn raccolse lo spunto richiamando l'attenzione sul nesso tra la mano alzata nell'atto di giurare e il pene -il tedesco zeugen ha il doppio significato di testimoniare e generare; T ausk rilanciò evidenziando la relazione fra i termini testimone e testicolo, e Oppenheim non fu da meno, ricordando come nella Bibbia il testimone sia chiamato a giurare sui genitali del testimoniato - «le parti del corpo ritenute sedi e fonte della vita venivano venerate in quanto sacre, tanto che gli uomini potevano giurare su di loro e a loro appellarsi»24; questa connessione è molto più antica - suggerì Freud - perché nei geroglifici la parola testimone è rappresentata dal disegno di un genitale maschile, e il motivo per cui i testimoni devono essere due risiede forse nel fatto che un uomo con un solo testicolo si supponeva non potesse generare. Per qualsiasi trasgressione, per qualsiasi peccato, per qualsiasi colpa che alcuno abbia commesso, non sia considerato valido un solo testimone, ma per bocca di due testimoni o per bocca di tre testimoni una cosa sia considerata valida2 S.

Aggiunse che questa faccenda della capacità di generare intrecciata al diritto di testimoniare affonda le sue radici nel pasulvi, p. 319. Nunbcrg e Federo (a cura di), Minutes of the Vienna Psychoanalytic Society, voi. 3, cit., pp. 62.-63. 24 R. B. Onians, Le origini del pensiero europeo, trad. it. Paolo Zaninoni, Adclphi, Milano 2.006, p. 136. 2.s Deuteronomio 19-15, in La Bibbia concordata, voi. 1, cit., p. 447. 2.3

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saggio dal matriarcato al patriarcato - nella scoperta cioè del fatto che è il maschio a fecondare la donna 26; Adler allora intervenne affermando che si richiede al testimone il possesso della capacità di generare perché la virilità è simbolo della verità; ma subito T ausk replicò appellandosi a Nietzsche, secondo il quale la verità è donna - «Posto che la verità sia una donna [... ] certo è che essa non si è lasciata sedurre» 2 7. Tiriamo le somme. Testimone è paronimo di testicolo, ma entrambi sono paronimi di testa, la sede della funzione generativa, che ha tracce disseminate dappertutto in quella che sentirei di definire filologia del corpo erotico, a tal punto infarcito di sessuale risulta il lemmario della sua anatomia, se è vero che ginocchia attiene a generazione - il supplice che abbraccia le ginocchia del supplicato si appella alla di lui facoltà generativa - e che la mascella, come il ginocchio, era associata alla generazione, e gli altri nomi del mento e della mascella, genus e geneion (cfr. geneias, "barba,,, latino gena [... ] erano [... ] termini che esprimono la generazione 28 •

La testa esplica la sua funzione generativa mediante la psiche, un soffio - psychein è soffiare - in dotazione alla materialità dello sperma, che si riteneva prodotto dalla molle sostanza del cervello e dalla testa inviato ai testicoli, devoluti esclusivamente a serbatoi. Sperma sacro, quasi persona nella persona, conservarlo preserva la vita e prelude all'immortalità dell'anima - anch'essa un soffio, un vento, anemos - mentre dissiparlo sostenta la catena della morte - ton aition tou thanatou erota onta: la causa della morte è l'amore, perpetuare i viventi significa perpetuare i morenti 29 • È questo il fondamento di una meta foro logia che percorre i secoli spaziando dal sacrificio di Attis al celibato dei preti, dall'intervento di Steinach - legatura dell'epididimo cui lo stesso Freud si sottopose nel tentativo di rinvigorirsi - alla teoria preformista dell'omuncolo alloggiato nella testa dello spermatozoo - e dove altro sennò? - fino ai luoghi comuni reperibili qua 26

Robcrt Gravcs, I miti greci, trad. it. Elisa Morpurgo, Longancsi, Milano 1963. Fricdrich Nict7.schc, Al di là del bet1e e del male, trad. it. Ferruccio Masini, Adclphi, Milano 1972., p. 3. 28 Onians, Le origini del pensiero europeo cit., p. 2.8 3. 29 Jvi, p. I 37• 2

7

2.18

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e là ancora oggi, ad esempio in quelle vulgate che prescrivono l'astinenza sessuale agli atleti in prossimità della gara o ascrivono alla masturbazione la debilità dell'adolescente3°. La sacralità della testa si tradurrebbe anche in quella prossemica che interpreta il cenno di annuire, di chinare lievemente il capo, come avvicinamento della propria f(r)onte sessuale all'altrui richiesta, viceversa il cenno di dissenso. Comunque sia, dalla testa alla barba il passo è breve. Atena nasce dalla testa di Zeus, ma in altre versioni del mito nasce dalla sua barba, e il supplice afferra il mento, il gonion, oltre che le ginocchia del supplicato3 1 • Senza contare che risale ad Alcmeone la banale osservazione secondo cui la barba spunta e cresce per la prima volta assieme ai peli del pube e alla maturazione dello sperma ed è dunque connessa al vigore sessuale. Al paragrafo 19, titolo: Leggi religiose, cerimoniali e morali, il Levitico prescrive di non tagliarla 32 e, sulla scorta della suddetta filologia del corpo erotico, si può supporre che il divieto esprimesse appunto il riconoscimento del potere generativo della barba, e contenesse perciò un magico auspicio di fecondità per il popolo eletto da Dio - che sia prolifico di figli e figli dei figli. Controprova: la rasatura appartiene al registro del lutto e la tonsura al registro della rinuncia. Jung era glabro e portava baffetti di stampo militaresco, ma Freud era barbuto33. Voleva che i suoi allievi diventassero numerosi «come le stelle del cielo e come la rena che è sulle spiagge del mare»34. Che dopo la sua morte testimoniassero l'Alleanza col Padre e la Torah della psicoanalisi. Ma non so se è stato così. È fuorviante contrapporre il casus belli alla causa belli considerandolo un mero accidente, una nullità eziologica, un'ano30 Per una storia dcli'astinenza sessuale si veda Peter Brown, II corpo e la società. Uomini, do11ne e astinenza sessuale nel primo cristia11esimo, trad. it. Igor Legati, Einaudi, Torino 1992.. 3 1 Onians, Le origini del pensiero europeo cit., p. 2.83. 32. Levitico 19-2.6, in La Bibbia concordata, voi. 1, cit., p. 2.8 5. 33 Timms, La Vien11a di Karl Kraus cit., si veda il paragrafo Volti, barbe e uniformi, p. 186. 34 Cetre.si 2.2.-15, in La Bibbia concordata, voi. 1, cit., p. 76; per il complesso rapporto di Freud con la sua identità ebraica, si veda Yoscph Hayim Yerushalmi, Il Mosè di Freud, trad. it. Gaspare Bona, Einaudi, Torino 1996; ma anche Petcr Gay, U11 ebreo set~ Dio. Freud l'ateismo e le origini della psicoa1UJlisi, trad. it. Valeria Camporesi, il Mulino, Bologna 1989.

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nima scintilla fra migliaia di anonime scintille, tutte egualmente capaci di far divampare l'incendio. È una tesi, questa, che oscura l'efficacia simbolica del caso, la sua capacità di condensare una serie di antecedenti ricapitolandoli in un unico fatto. Se radicalizzata, diventa una tesi a rischio di qualunquismo evenemenziale. Esempio: a Sarajevo Gavrilo Princip uccise a revolverate l'Arciduca Franz Ferdinand assieme a sua moglie, Sophie Chotek, e fu questa l'occasione che fece esplodere la Grande Guerra. Domanda: qualunque altra occasione avrebbe prodotto il medesimo risultato? Non lo so, ma ai bei tempi andati della mia scolarità mi insegnarono a rispondere di sì. L'esplosivo asburgico era pronto da tempo - recitavano testi e maestri - si aspettava solo che un innesco qualunque desse fuoco alle polveri. Vero, da tempo il botto era sovradeterminato, da tempo lievitavano irredentismi e nazionalismi, sarebbe ingenuo negarlo, solo che in seguito Freud mi ha convinto del fatto che nessun evento può essere permutato alla pari con qualsiasi altro evento. Ne deriverebbe l'insignificanza del suo significato. Deve pur averne uno che gli è specifico. Se una nevrosi scoppia in una certa occasione, l'analista sa bene che è in gestazione dall'inizio dei tempi, ma non per questo considera irrilevante il parto. Insomma, il casus belli è provvisto di ciò che, in analogia con quella isterica, si potrebbe definire compiacenza istorica, e perciò non può pesare peso zero. L'Arciduca era destinato alla successione al trono, ma il rapporto con lo zio, l'Imperatore Franz Joseph, era pessimo per divergenze caratteriali, politiche e religiose, né poteva dirsi migliore il suo rapporto con la Corte e con gli apparati burocratici di palazzo. Aveva contratto un matrimonio morganatico indigesto a tutti, a Franz Joseph, che per consentirvi gli aveva estorto il previo impegno di esci udere dalla successione eventuali figli, e ali' entourage imperiale, che si accanì a umiliare in tutte le occasioni protocollari la morganatica e, per interposta persona, lui stesso. Era un bigotto incallito come suo padre, l'Arciduca Karl Ludwig, tanto follemente devoto che morì di enterite per aver voluto bere a ogni costo l'acqua salvifica del Giordano. Sognava di unire all'Impero croati cattolici e serbi ortodossi, inimicandosi così gli uni e gli altri, e di potenziare al massimo esercito e marina con una politica militarista mediata dal suo protetto,

2.2.0

LA SCUOLA DI FREUD SOTTOSOPRA

il generale von Hotzendorf. Ma il popolo lo disprezzava anche più dell'Imperatore, ne criticava l'avarizia, la rozzezza, lo zelo da ranocchia d'acquasantiera, la diffidenza misantropa e il non cale delle regole. Quando a Vienna giunse la notizia del suo assassinio, al Prater le orchestre continuarono allegramente a suonare come se nulla fosse, perché molti pensavano che «come Imperatore Ferdinand avrebbe provocato disastri ancora più grandi di quelli prodotti dalla sua morte» 35 • È in questo frangente che Tyche si rimboccò le maniche e rimescolò le carte in tavola: silenziò le orchestre, propagò il lutto, scosse l'indifferenza e infiammò gli animi. Lo fece disastrando il viaggio di ritorno delle bare da Sarajevo a Vienna con ritardi inimmaginabili, intoppi di tutti i tipi e imperdonabili negligenze, tali da provocare dapprima l'indignazione della scorta funebre, poi quella dell'esercito e infine, man mano che la notizia correva di bocca in bocca insinuando il sospetto di un deliberato oltraggio al morto, l'indignazione di tutto il popolo - nelle masse gli affetti sono virali. Come per formazione reattiva, da spregevole che era stato, l'Arciduca ascese di colpo all'empireo dei martiri, un eroe vilipeso che reclamava vendetta. La ottenne. L'anabasi delle bare diventò un simbolo capace di ricapitolare catene di antefatti ribaltandone i valori: il disprezzo patito esigeva riparazione, l'amore morganatico da ignobile diventava nobile, la fede bigotta diventava devozione cristiana, l'oltranzismo militarista fervore patriottico, lo snobismo della Corte frutto di invidie, il disegno serbo-croato volontà di unire fedi e popoli, eccetera. Fu così che nell'odissea del ritorno la compiacenza istorica promosse il caso a causa tra le cause. E il casus belli tra Freud e Jung, quale fu? Bella domanda! La causa è l'oltraggio alla Dea Libido maturato sullo sfondo di oltraggiose passioni, lo sappiamo. Ma l'innesco che fece esplodere l'esplosivo? Ajung, ancora per poco intestatario di un Caro amico, Freud scrive di provare una forte antipatia per le di lui JS Johnston, Tbc Austrian Mind cit., pp. 36-37. Per una satira feroce sull'ipocrisia della Corte Viennese e sul disprezzo nutrito per l'Arciduca si veda l'imponente opera di Kraus, Gli ultimi gionu dell'umanità cit. e in particolare, alle pp. 56 sgg., la telefonata tra il direttore del cerimoniale, Nepallek, e il Principe Montenuovo, ministro della Casa Reale, intenti a concordare, tra uno sberleffo e l'altro, il modesto funerale di terza classe da rifilare all'Arciduca; per il successivo fervore patriottico, pp. 68 sgg.

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22.1

innovazioni psicoanalitiche, in primo luogo perché sono regressive, retrodatano l'orologio teorico facendo scaturire il divieto dell'incesto dall'angoscia, laddove è vero l'esatto contrario, «in secondo luogo a causa di una maledetta somiglianza fra la Sua innovazione e un teorema di Adler»3 6• Negli ultimi tempi, questa faccenda del gemellaggio Jung/Adler, in giacenza da sempre negli anfratti del rapporto, è diventata un'ossessione, è cresciuta a dismisura, negata ma fomentata da Jung, paventata e sospettata da Freud. Esempio: Adler, ormai fuoriuscito dai ranghi viennesi, ha partecipato al Congresso di Zurigo e avrebbe constatato come da quelle parti tutti fuggano a gambe levate dalla sessualità freudiana e trovino rifugio nelle sue teorie - lamenta Freud; non siamo bambini qui a Zurigo - replica incollerito J ung - se Adler dirà qualcosa di buono, ne farò comunque tesoro37. A tal punto il Maestro ingoia boli su boli di ansia per la salute della Dea, da apprezzare, seppure a denti stretti, il fatto che J ung recensisca criticamente un libro di Adler, è un sollievo non tanto per la critica in sé, quanto soprattutto per le sue ricadute pubbliche: A parte il contenuto, questo fatto avrà anche un effetto politico chiarificatore, in quanto metterà fine alle attese, qui [a Vienna] già dichiarate ad alta voce, secondo cui Lei finirebbe per "passare" dalla sua [di Adler] parte3 8 •

La risposta di Jung è un boom, segnata com'è dal più classico dei grimaldelli con cui l'inconscio usa scassinare la saracinesca della coscienza per farsi mattatore del conflitto. La sua coscienza intenderebbe replicare che la storia del passaggio al nemico è una leggenda metropolitana, ma lo scassinatore è già all'opera e scrive: «Perfino gli adepti di Adler non vogliono riconoscermi come uno dei Suoi», dove Ihrigen (Suoi) sostituisce ihrigen (loro )39. Freud rileva il misfatto. Scoppia la Grande Guerra. Per molto tempo ho pensato che il casus belli fosse appunto questa paragrafia junghiana, per la sua capacità di condensare 36

McGuirc (a cura di), Lettere tra Freud e ]u11g cit., p. 547. lvi, pp. 559 e 561. 38 lvi, p. 573· 39 Jvi, p. 575· 37

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2.22.

una tormentosa vicenda di lungo corso nella stringatezza di una minuzia. Che sia in parte così, che questa minuzia funzioni da ologramma di una tragedia e, quanto a potere simbolico, nulla abbia da invidiare al tormentato rientro di due bare a Vienna, lo dimostra la furia delle risposte junghiane al rilievo freudiano del lapsus, prima fra tutte quella consistente nel consueto motivo di das Obermensch, il sotto e il sopra: Lei [Freud] punta il dito su tutte le azioni sintomatiche che coglie nella Sua cerchia, e così facendo abbassa al livello di figlio e figlia tutti coloro che Le stanno intorno, i quali riconoscono in sé arrossendo la presenza di tenden7..e erronee. E intanto Lei se ne sta ben assiso in alto in veste di padre4°.

Avrebbe anche ragione a metterla così, Jung, non fosse per il fatto che a suo tempo - l'abbiamo appena visto - fu lui stesso a chiedere sottomissione filiale prima di reclamare il sottosopra. Ecco comunque uno scampolo di prove a carico del Maestro ma anche a discarico, se si tiene conto del ruolo giocato dalla resistenza. Freud: «lo inclino a trattare i colleghi che si trovano ali' opposizione in modo non diverso dai malati che sono nella stessa situazione» 41 ; «Dovetti apprendere che con gli psicoanalisti le cose possono svolgersi esattamente come con i pazienti in analisi»4 2 ; «L'analisi [... ] presuppone una situazione da superiore a sottoposto»43. Eppure, mi sembra che il casus Freud/Jung non possa consistere nella sola revolverata di un lapsus che spara proiettili sottosopra marca Adler. Deve esserci qualcosa d'altro a potenziare il colpo e a renderlo mortale, qualcosa che vulnera la stessa identità di Freud. Il quale, per rispondere all'arringa junghiana scrisse due lettere intervallate da una dozzina di giorni il tempo necessario al lavoro del dubbio. Le lettere sono in parte simili ma differenti per un aspetto cruciale: simili perché Freud si difende in entrambe con buoni argomenti contro l'accusa di abbassare al rango di pazienti gli allievi, ma differenti perché, mentre la prima lettera lascia aperto uno spiraglio alla continua40 lbid. 41

lvi, p. 19. Per la storia del movime,1to psicoanalitico cit., p. 42. 1.

42. Freud, 43

fvi, p. 42.2..

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22.3

zione del rapporto ormai agonizzante, la seconda lo chiude con un perentorio: «Le propongo dunque di cessare completamente i nostri rapporti privati» 44 • Dismessi i panni di Amleto, alla fine Freud si risolse a spedire solo quest'ultima lettera e a optare per l'eutanasia del rapporto in luogo dell'accanimento terapeutico. Certo, il potere haeckeliano del lapsus di ricapitolare la filogenesi della vicenda col solo porre una maiuscola - Ihrigen, Suoi - là dove l'ortografia esigerebbe una minuscola - ihrigen, loro - è grande. Ma diventa poi enorme quando è seguito da un attacco blasfemo al sacro potere generativo di Mosè. Rileggiamo: Lei [Freud] punta il dito su tutte le azioni sintomatiche che coglie nella Sua cerchia, e così facendo abbassa al livello di figlio e figlia tutti coloro che Le stanno intorno, i quali riconoscono in sé arrossendo la presenza di tendenze erronee. E intanto Lei se ne sta ben assiso in alto in veste di padre. Per puro spirito di sudditanza nessuno ha il coraggio di afferrare il profeta per la barba4S

... e trascinarlo giù dal suo scranno, suppongo. Anzi, ne sono certo.

44

McGuirc (a cura di), Lettere tra Freud e ]u11g cit., p. 580.

◄S lvi, PP· 575-576.

Epilogo

Un autentico isolano dell'isola di Utopia, il tenero e appassionato Sa.odor Ferenczi! Il 5 febbraio 1910, reduce da una trasferta viennese che ha sortito benefici effetti sulla sua depressione, pieno di entusiasmo per la sanificata atrabile, scrive al sanificatore Freud su quale sarà in futuro la più entusiasmante ricaduta sociale della psicoanalisi, nientemeno che l'esportazione della parresia - dire tutta la verità - dalla stanza d'analisi al mondo intero: È consolante la prospettiva che, per le future generazioni, uno scambio franco e aperto come il nostro (senza il pericolo di risvegliare infantili suscettibilità) non sarà più un'eccezione [... ] Quando finalmente la società avrà superato il suo lato infantile, si apriranno, per la vita sociale e politica, possibilità sinora insospettate. Pensi soltanto a cosa significherebbe poter dire la verità a tutti, al padre, al maestro, al vicino e persino al re'.

Passi pure per il padre e il maestro, ma per il vicino e il re sento sussultare nella tomba le ossa di Machiavelli e mulinare nell'urna le ceneri di Freud. Eppure sapeva, Sàndor, che due persone vanno facilmente d'accordo; tre bastano per creare una piccola società con tutte le inevitabili passioni positive e negative 2 , 1

Brabant et al. (a cura di), Sigmund Freud, Sandor Ferenczi. Lettere, voi. 1, cit., p. 137, corsivo nell'originale. Per il concetto di pa"esia, Michel Foucault, Discorso e verità nella Grecia at1tica, a cura di Adelina Galeotti, Donzelli, Firenze 1996; e Il coraggio della verità, Feltrinelli, Milano 201 1. 1 Brabant et al. (a cura di), Sigmund Freud, Sandor Ferenczi. Lettere, voi. 1, cit., p. 193, corsivo nell'originale.

LA SCUOLA DI FREUD SOITOSOPRA

tra le quali il suo complesso fraterno - lo chiamava così - fatto di gelosia e invidia per chiunque gravitasse attorno al Maestro, primo fra tutti Jung. Sapeva che le passioni, poco importa quali, sono quasi sempre ostacoli sulla strada della verità - Freud, perentorio, su una tra le più grandi passioni, l'amore: La verità è un fine assoluto della scienza, mentre l'amore è un fine della vita completamente staccato da essa, ed è perciò facile che insorgano conflitti fra questi due grandi poteri3

a meno che non si tratti di amore di transfert debitamente analizzato. E sapeva anche che, passando dal triangolo di una piccola società al chiliagono di una società grande, la conflittualità edipica di ciascuno entra in risonanza con quella di tutti gli altri, diventa esponenziale e, imboccando le rapide della regressione, finisce per ammarare in dinamiche degne di un giardino d'infanzia. Quando poi la società va a insediarsi nei recinti di un'istituzione, con tutto il suo fardello di vincoli politici, con tutti i suoi fiumi carsici di rattenute passioni, con tutto il gravame di compromessi da ragion di Stato, quelle dinamiche non possono che vestire il frac e la feluca di un diplomatico, pena lo sconquasso. Ma la diplomazia vive di retroscena ipocriti ed è serva dell'ambizione. È credibile che un diplomatico possa darsi alla pratica della parresia? Dire tutto a tutti? Ed è credibile che un'istituzione possa fare a meno della diplomazia? Conclusione: l'istituzione non può fare a meno dell'ipocrisia. Il dispositivo parresiastico dell'analisi non è dunque esportabile nel sociale, che vive di interdetti, di doppio gioco e di sottaciuti, cd è questa una delle cause che, dell'istituzionalizzazione del movimento, fecero quel dramma trasmesso a noi dalle Minute e dai carteggi freudiani. Al richiamo della diplomazia istituzionale - embrassez-moi pour l'amour de la psycbanalyse - Fercnczi rispose con un garibaldino obbedisco, e c'è da chiedersi come abbia fatto a conciliare la sua assoluta sincerità, la sua natura di autentico pa"esiastes, con quella certa dose di ipocrisia - prototipo il Congresso di Norimberga - necessaria al disbrigo diplomatico, come sia riuscito a barcamenarsi tra, 3 Jvi,

p. I 2.9.

EPILOGO

227

diciamo, il Freud vestito da Antigone e il Freud travestito da Creonte - magia dello stregone. Ecco come: da perfetta vestale della Dea Libido, ci riusciva alimentando il fuoco dell'illusione con quel transfert - interminabile - convocato a lenire il peso del passaggio dal due parresiastico al tre diplomatico. In uno dei luoghi più toccanti del loro epistolario, a proposito del peso che siamo chiamati a sopportare in questo nostro breve transito tra due sogni4 - nascita e morte - Freud lo aveva però allertato sui pericoli dell'illusione, raccomandandogli a ragion veduta la massima riservatezza sul segreto che gli andava confidando. Gli aveva detto così: Sono del parere che, nell'influire sulle pulsioni sessuali, non possiamo conseguire che permutamenti, spostamenti, mentre non riusciremo mai a ottenere la rinuncia, la disassuefazione, la risoluzione di un complesso. {Raccomando la massima riservatezza! )S.

E aveva aggiunto che, quando uno svela i suoi complessi infantili, ne preserva l'affetto nel transfert, compiendo una sorta di muta e lasciando ali' analista la pelle che si è strappato di dosso. Poi, con enfasi: «Voglia Iddio che non rimanga nudo, senza pelle!» 6• E con disincanto: Il nostro guadagno terapeutico si risolve in un baratto, come nel caso del fortunato Giovanni. Nella fontana l'ultimo elemento di scambio cade solo quando si muore7.

In nota i curatori precisano che il riferimento è alla fiaba dei fratelli Grimm La fortuna di Giovanni, che narra di come Giovanni abbia avuto un pezzo d'oro in compenso del suo lavoro e, trovandone insopportabile il peso, lo abbia barattato di volta in volta con cose sempre meno preziose e più leggere, fino a ritro-4 T. S. Eliot, Ash Wed,zesday, in Id., Poesie, a cura di Roberto Sancsi, Bompiani, Milano 1971, p. 300: «In this bricf transit whcrc thc drcams cross / Thc drcamcrosscd twilight bctwccn birth and dying». s Brabant et al. (a cura di), Sigmund Freud, Sandor Ferenczi. Lettere, voi. 1, cit., p. 130. & lbid. 7 lbid.

LA SCUOLA DI FREUD SOITOSOPRA

2.28

varsi in possesso di due miseri sassi; e di come, ormai stanco di qualunque fardello, si sia seduto sul bordo di una fontana, vi abbia poggiato i due sassi e, urtandoli involontariamente, li abbia fatto cadere dentro; liberatosi così dell'ultimo peso, corre felice dalla madre. Superfluo sottolineare che la madre in questione altri non è che la madre Terra8•

8 Sigmund

7, cit.

Freud, Il motivo della scelta degli scrigni (1913 ), in Id., Opere, voi.