La rivoluzione conservatrice

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ARMIN MOHLER

LA RIVOLUZIONE CONSERVATRICE Armin Mohler Il testo fondamentale per conoscere e capire il movimento di idee che cambiò i connotati della cultura europea fra le due guerre, e che ancora oggi produce suggestioni, dibattiti e appassionate rivisitazioni. Articolato su quattro sezioni (la problematica, l’argomento, le immagini­ guida, i cinque gruppi), il volume analizza tutti i nodi fondamentali della Konservative Revolution: i rapporti con il nazionalsocialismo e i suoi “ trotzkisti” , i concetti di Movimento Tedesco e di Weltanschauung, il nazionalbolscevismo, la nascita di un nuovo tipo di rivoluzionario nel periodo weimariano, l’influenza intellettuale di Nietzsche, la concezione sferica del tempo, l’opposizione al nichilismo, la polemica condotta contro il cristianesimo, il « realismo eroico », la conciliazione degli opposti, le differenze di sensibilità e di progetti fra le più significative componenti del movimento di idee (Vòlkischen, Nationalrevolutionàre, Biindischen, Landvolkbewegung). Un contributo decisivo per l’apprezzamento dei caratteri originali del più spregiudicato e coraggioso tentativo di imprimere all’era della Tecnica e al tumultuoso processo di modernizzazione che ha sconvolto la società europea del Ventesimo Secolo un segno diverso da quello del « deserto dei valori » e della dissoluzione dei legami organici nell’individualismo conflittuale ed egoistico che contrassegna l’epoca della secolarizzazione. Una guida essenziale alla lettura di autori a lungo posti al bando dalla Accademia e di recente ritornati prepotentemente “ di moda” sulla scia di riletture non conformiste e trasversali rispetto alle vecchie ideologie: Ernst Junger, Cari Schmitt, O'swald Spengler, Arthur Moeller van den Bruck, il Thomas Mann delle Considerazioni di un impolitico e i tanti altri che attorno a loro animarono cenacoli di inedita vitalità intellettuale.

ISBN 88-8592-804-8

Lire 20.000

ARMIN MOHLER

LA RIVOLUZIONE CONSERVATRICE IN GERMANIA 1918 -1932 UNA GUIDA

akropolis AKROPOLIS/LA ROCCIA DI EREC 1990

Titolo originale dell’opera: Die Konservative Revolution in Deutschland 1918 - 1932 Ein Handbuch

Traduzione a cura di Luciano Arcella Copertina di Mexico

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Copyright by Wissenschaftliche Buchgesellschaft, Darmstadt 1972 Copyright per l’Italia Coop. edit. Akropolis, Napoli -Coop. La Roc­ cia di Erec, Firenze, C.P. 1292 (50122) - Tel.: 055 /2340714 -1990

INTRODUZIONE

Con la presente introduzione intendo da un lato indicare alcuni dati bio-bibliografici atti a chiarire la personalità dell’autore, dall’altro focalizzare alcuni punti chiave del lavoro, che va al di là di un semplice se pur vastissimo repertorio di fonti del movimento cuiturale^politico della Rivoluzione Conservatrice. Allo scopo parto da un dato, ossia una dichiarazione sulla quale insiste l’autore (l): il lavoro nella sua forma "scientifica" ubbidisce agli obblighi di una tesi di dottorato, da lui con­ seguito a Basilea; ma in effetti vuole essere un lavoro di carattere ideologico, sintesi letteraria della sua volontà politica. Essa si manifesta nella decisione presa all’età di vent’anni di combattere per la Germania, nonostante la sua formazione trotzkista. Non si sente nazionalsocialista, nè combatte difatti per la Germania Hitleriana, ma per l’Europa, il suo nucleo culturale che egli coglie in un germanesimo di cui si farà del resto interprete la Rivoluzione Conservatrice. Questo impulso all’azione, altra causa dallo stesso Mohler indicata all’origine del suo gesto, viene comunque soffocato sul nascere: sospettato dalla polizia tedesca in quanto ex trotzkista, viene invischiato in una complicata ragnatela di controlli e di atteggiamenti burocratici; ben altro della guerra degli assalti o di quella del fronte descritta da Jiinger. Il risultato è un nuovo attraversamento clandestino della frontiera ed il ritorno in. Svizzera, dove riprende lo studio universitario dopo una parentesi di permanenza in carcere per espatrio clandestino e per il suo offrirsi come volontario ad una potenza straniera. Da questi anni incomincia a rac­ cogliere il materiale della sua opera fondamentale, che, come dicevamo, costituisce anche una sorta di suo diario intellettuale. E’ una elaborazione progressiva, la cui prima tappa è costituita dal lavoro di dottorato, edito nel 1950, e l’altra, dalla sua riedizione ampliata del 1972, che presentiamo in traduzione italiana. Allo scopo potè certo avvalersi del materiale e dei contatti personali di cui usufruì nei quattro anni in cui fu segretario di Ernst Jùnger in Germania, esattamente a Ravensburg ed a Wilflingen. Interrompo a questo punto la citazione di dati autobiografici per affron­ tare il senso del lavoro in quanto diario ideologico. (1) Mi riferisco ad un lungo colloquio avuto con Armin Mohler a Monaco dal sottoscritto nel giugno del 1986.

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Proprio il concetto di "ideologia" può rappresentare un approccio doneo: esso traduce con poca esattezza il termine tedesco Wel-^ anschauung, sul quale l’Autore a più riprese si sofferma.Essa è espres­ sione di un modo di pensare e d’esprimersi che non è nè fdosofia nè poesia, ma della prima ha la concettualità, della seconda la capacità di esprimersi in immagini; è il prodotto e quindi il diverso mezzo d’analisi d’una nuova civiltà, che costituisce in effetti un diverso tipo di presenza nel mondo. Scrive esattamente Mohler: "Alla Weltanschauung si associa un nuovo tipo di autore: nè puro filosofo, nè puro poeta, egli è un tipo di "poeta-pensatore" e la sua lingua è un miscuglio di lingua concettuale e linguaggio figurato. E la continua propensione della Weltanschauung all’azione si manifesta nel fatto che sovente nella vita dei suoi esponenti, produzione letteraria ed azione si bilanciano" (p.20). Questa nuova costruzione della cultura umana sorge in un momento specifico, al bivio di una trasformazione radicale che caratterizza una fase epocale, avente come nuovo centro il nuovo "paesaggio" tedesco, che non può più trovare valida espressione in costruzioni culturali, quali la filosofia, inadatta con la sua rigida concettualizzazione, col suo tipo umano che la interpreta, ad esprimere questa realtà. Il filosofo, così come si è affermato nel corso della storia del mondo che l’ha generato, esprime anzitutto un tipo umano in cui si determina un’assoluta scissione tra azione e pensiero, ed esprime inoltre un tipo di logica "statica" non in grado di interpretare la mobilità e la contraddittorietà del reale. Questa è l’idea base di Mohler, che lo ispira anzitutto quale essere umano col suo agire, quindi come storicoideologo, che si esprime attraverso le molteplici eppur unitonali voci della Rivoluzione Conservatrice. Alla sua base (della Rivoluzione Con­ servatrice) come alla base del proprio essere (di Mohler) esiste la volontà consapevole e/o non, di conciliare l’inconciliabile attraverso un agire che superi il pensiero ed un pensiero che non debba rispondere alla rigidità della logica tradizionale. Per non limitarmi a far eco a quanto Mohler esprime in modo ben chiaro, cerco una radice di questo atteggiamento culturale, che non a caso viene ad ubicarsi nello stesso mondo tedesco. Mi limito a citare il dato della passione per il mondo "dionisiaco" che va da Nietzsche al suo celebratore W.F. Otto, attraverso Erwin Rohde (2). Il nuovo dionisismo concepito dal giovane Nietzsche ed indicato come una sorta di speranza per il mondo tedesco in trasformazione, trova lungo (2) Cfr. H. Ciancile, Dioniso in Germania, in pubblicazione presso la editrice Rari Nantes di Roma.

Introduzione

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il cammino numerosi proseliti, soprattutto in questo mondo, che cercano attraverso di esso di ribellarsi alla "seria" civiltà razional-capitalista, prodotto del 1789 e del suo elaborato culturale. Ribadisce Mohler: "Tali movimenti (quelli interni alla Rivoluzione Conservatrice) si confrontano con le idee del 1789 e le combattono decisamente. Questo contrasto è ancora in atto." (p.218). Di fatto, pur nella costellazione estremamente varia di indirizzi che caratterizzano la Rivoluzione Conservatrice, Moh­ ler trova un principio assolutamente unitario, in questa volontà di op­ porsi alla civiltà illuministico-borghese, al suo modo di essere e di significare. E con ciò si pone su una strada tipicamente "germanica", che intraprende da tempo ormai la sua Kulturkampf, attraverso una ribel­ lione di carattere logico prima che politico. La contrapposizione nietzscheana del principio di "salute" al "malato" razionalismo socratico ne è il segno più chiaro; la sua volontà di elaborare una scienza "gaia" di contro all’inefficace principio di causalità allinea su questo indirizzo tutta una serie di Herren Professoren che simbolicamente prendono il tirso e lasciano le loro inattuali cattedre universitarie. Il panorama di questa tendenza è estremamente ampio, Mohler ne descrive una gran parte, in un modo ben peculiare comunque, cercando cioè di ubicarsi al suo interno, o meglio ponendosi come una sorta di staffetta sulla cima di un valico, da cui tener d’occhio il suo campo e lo spazio nel quale nuovi segnali si rendono visibili. Perciò il suo linguaggio è insieme logico ed allusivo, filosofico e simbolico, concreto e poetico, sorta di compromesso fra la speculazione e l’azione, e come tale ripropone, attraverso la sua capacità mimetica lo spirito unitario che animò le difformi tendenze del Movimento. Con ciò intendo offrire soltanto una chiave di lettura che nella sua sinteticità ha almeno il vantaggio di inserire lo stesso Mohler all’interno di una specifica esigenza culturale e di chiarire la duplice volontà esis­ tente alla base del lavoro: produrre un pensiero che sia anche azione. LUCIANO ARCELLA

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LA PROBLEMATICA RIVOLUZIONE CONSERVATRICE E NAZIONALSOCIALISMO Lopera fondamentale sul nazionalsocialismo non è stata ancora scritta e non è ancora possibile scriverla. Ci manca la distanza necessaria da esso. Dobbiamo partire da questo dato se intendiamo tentare di abbozzare il quadro del m ovimento ideologico-p olitico designato ora come Rivoluzione Conservatrice, ora come "Movimento Tedesco". Generalmente tale corrente ideologica viene posta sullo stesso piano del nazionalsocialismo, che del resto utilizza come slogans politici moltis­ sime concezioni da essa tratte. Se in questo saggio cerchiamo di rappresentare la Rivoluzione Conser­ vatrice come una formazione indipendente non sfociante necessaria­ mente nel nazionalsocialismo, dobbiamo però riconoscere che ci manca una visione generale di questo secondo elemento che fa ad essa da controparte: una descrizione essenziale del nazionalsocialismo quale formazione complessa all’interno della realtà politica, e rispetto al quale quelle ideologie sono d’importanza secondaria. Poiché le connessioni tra la Rivoluzione Conservatrice e gli avvenimenti politici successivi al 1933 non sono ancora chiare e non possono essere valutate nella loro effettiva importanza, ci resta come unica possibilità pur se di carattere provvisorio, di prendere in considerazione le ideologie "conservatrici-rivoluzionarie" senza tener conto dei tentativi di realiz­ zarle nella concreta prassi politica. E ciò è possibile in quanto, a differen­ za di quanto accade con il nazionalsocialismo, possediamo una chiara distanza da questo movimento ideologico. Infatti il nazionalsocialismo, giunto al potere nel 1933, della Deutsche Bewegung (l) ha la pretesa di costituire l’autentica realizzazione e costringe pertanto i suoi esponenti a prender posizione.In tal modo il "Movimento Tedesco" può esser colto, se non nella sua totalità, almeno nel suo aspetto essenziale. (1) Nell’aspetto essenziale però i nazionalsocialisti si collegano agli antichi esponenti del "Movimento Tedesco" (Wagner, Fichte, Jahn) mentre si distaccano dai contemporanei (Spengler, Moeller van den Bruck).

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I "TROTZKISTI" DEL NAZIONALSOCIALISMO Da un punto di vista formale gli esponenti della Rivoluzione Conser­ vatrice possono essere definiti come i "trotzkisti del nazionalsocialismo" (2). Come nell’altro grande movimento rivoluzionario che conduce al bolscevismo russo, anche qui si contrappongono al grande e compatto partito di massa, piccoli circoli, molto attivi intellettualmente, scarsa­ mente influenti sulle masse, costituenti tutt’al più gruppuscoli alPinterno del partito ed in grado di produrre sette ad alto potenziale rivoluzionario e gruppi elitari, mentre il partito tiene insieme le sue masse attraverso il senso dell’organizzazione che si basa su idee fondate sulla mentalità dell’uomo della strada e si riassume in pochi slogan politici. Il grande partito offre ospitalità a personalità eccezionali solo se esse si sottopon­ gono alla disciplina delle masse e riservano le loro capacità spirituali ad imo spazio esoterico. La maggior parte delle intelligenze superiori si riunisce invece in quei piccoli circoli che vibrano di una continua tensione spirituale, che si credono in possesso della sola vera dottrina ed accusano il partito di massa di essere colpevole di tradimento nei confronti dell’idea in quanto interprete di una "Realpolitik". Dalle varie sette si staccano poi nuovi gruppi eretici che interpretano la dottrina in modo ancor più puro, il che determina un ulteriore frazionamento delle forze. Così ad una esistenza strettamente politica se ne contrappone una essen­ zialmente letteraria: una divisione che risulta particolarmente evidente in un paese come la Germania, dove aspetto ideologico-culturale e prassi politica percorrono da tempo vie strettamente separate. Se il partito di massa fallisce, suona l’ora delle eresie "trotzkiste", se invece trionfa, si scatena la lotta contro questi avversari provenienti dal suo interno. In Germania, dove il sistema totalitario viene edificato a poco a poco, nel primo anno e mezzo a questi circoli elitari viene lasciata una certa libertà di espressione; le persecuzioni si scatenano immediatamente solo contro i gruppi più radicali o contro nemici personali. Sembra si vogliano eliminare una volta per tutte i vari gruppi di opposizione, spesso in lotta fra loro, affinchè non facciano fronte comune. (2) Il concetto di "trotzkisti" venne per la prima volta adoperato da uno studioso di sinistra, Hans Jaeger, in numerosi articoli sui gruppuscoli del suo tempo. Un esempio di una nuova utilizzazione dell’espressione si ha in B. d’Astorg, Introduction au monde de la terreur, Paris 1945.

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Solo a partire dal 30 giugno 1934, giorno in cui eminenti rappresentanti della "opposizione nazionale" o della "opposizione di destra" (3) all’interno (Gregor Strasser) o all’esterno dell’organizzazione del partito (Edgar J. Jung), furono uccisi, iniziarono le persecuzioni su vasta scala nei confronti dei trotzkisti, persecuzioni che continuarono per tutta la durata del regime nazionalsocialista. Il tentativo di rivolta del 20 luglio 1944 provoca l’ultima grande esplosione repressiva nei confronti di forze che avevano partecipato a tale tentativo in misura ben maggiore di quanto comunemente si ritiene (4).

(3) L’espressione "opposizione nazionale" fu impiegata durante la Repubblica di Weimar per designare unioni temporalmente limitate di partiti e leghe "di destra", come awenne nella lotta contro il piano Younj* nel 1929/30 o nella seduta di Harzburg nell’ottobre del 1931. Dopo il 1933 vengono cosi denominate tutte le opposizioni di destra al Nazional­ socialismo. (4) Cito come esempi soltanto l’ammiraglio Canaris ed il generale Oster, provenienti dal gruppo gravitante intorno al capitano Ehrardt.

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LE PERSECUZIONI CONTRO GLI "ERETICI" DOPO IL 1933 Diverso fu l’atteggiamento persecutorio nei confronti degli "eretici". Ciò deriva dal fatto che in Germania il sistema totalitario non raggiunge la medesima compattezza del sistema sovietico. Alcuni esponenti della Rivoluzione Conservatrice, ad esempio, sono protetti dalla stima di cui godono a livello nazionale e difesi da poteri ancora esistenti affianco al nazionalsocialismo, come il corpo dei generali della vecchia Reichswehr, la vecchia e conservatrice diplomazia di carriera ed infine taluni circoli del potere economico (Hans Grimm, Spengler, Ernst Junger). Il partito tutt’al più fa scrivere dei libri contro di loro (Spengler, Moeller van den Bruck, già morto nel 1925), oppure il suo apparato di propaganda stende intorno a loro una cortina di silenzio (Ernst Jiinger). Contro altri il partito riesce ad agire in modo più drastico, togliendo loro, attraverso la sop­ pressione di case editrici e di riviste, ogni possibilità di espressione (Stapel, Albrecht Erich Gunther). Altri ancora sono rinchiusi in carcere o internati in campi di concentramento, dove alcuni muoiono (ReckMalleczewen, Albrecht Haushofer, Schulze-Boysen) (5); altri infine sono liberati al termine della guerra (Niekisch). Tra gli esponenti della Konservative Revolution troviamo notevoli difformità di comportamento dinanzi a simili rischi. Un piccolo gruppo, proveniente soprattutto dai movimenti marcatamente social-rivoluzionari, decide di emigrare (Otto Strasser, Paetel, Ebeling), una soluzione che è adottata anche da elementi di diversa origine (Rauschning, Treviranus). I motivi di una emigrazione così ridotta sono diversi. Per coloro che combattono il nazionalsocialismo giudicandolo una deviazione dall’autentico carattere nazionale tedesco, l’abbandono del terreno patrio significa molto più che non per coloro che sono diventati nemici di questo movimento partendo da presupposti di carattere più generico. Molti altri inoltre sperano di potersi infiltrare nel nazionalsocialismo o di poter trionfare in una seconda Rivoluzione (6).

(5) Si commette un grosso errore nel giudicare Niekisch o Albrecht Haushofer dei traditori, considerandoli sullo stesso piano di Schulze-Boysen, che fu agente di una potenza nemica. (6) La denominazione "seconda rivoluzione" viene utilizzata fino al 30 giugno 1934 soprattutto all’intemo di quell’ala rivoluzionaria della NSDAP che, non contenta della rivoluzione del 1933, con l’aiuto dei "Deutschnationalen" persegue una "vera" rivoluzione.

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Questo tipo di emigranti inoltre, in un ambiente straniero estraneo alla situazione interna della Germania, viene di solito messo sullo stesso piano dei nazionalsocialisti, trovandovi per lo più solo diffidenza nonché l’inimicizia degli altri emigrati politici tedeschi (è quanto accade ad Otto Strasser). Non si può trascurare l’esistenza di ragioni personali (preoc­ cupazione per i familiari) a rendere impossibile l’emigrazione. Una parte di coloro che restano in Germania rinuncia del tutto ad esprimersi (Bluher, Friedrich Hielscher). Altri rinunciano a scrivere di politica e si indirizzano verso settori assolutamente non politici, come la poesia (Winning, Cari Rothe) o la filosofia della religione (Ernst Wilhelm Eschmann). Earte di esprimere velatamente un’opinione contraria viene perfezionata al massimo grado (cfr. la poesia DerMohn, "Il Papavero", di Friedrich Georg Junger nel volume Poesie, ed. Wiederstand, 1934). Di preferenza ci si serve di un mascheramento basato su argomenti storici. Si pongono a ll’attenzione del lettore avvenimenti del passato paragonabili al nazionalsocialismo o personalità della storia nazionale, come tali inattaccabili dal partito, quali il principe Eugenio di Savoia o il "re soldato" Federico Guglielmo I, oppure Federico il Grande, mostran­ do come il nazionalsocialismo rispetto ad essi costituisca un qualcosa di alieno allo spirito germanico (cfr. il volumetto di Hermann Ullmann, Der Reichsfreiherr vom Stein, 1934). Esistono però anche dei transfughi. Il destino di Lukacs nella Russia sovietica - un’intelligenza superiore che rinnega le opere precedenti e si conforma alla dottrina di massa senza tuttavia poter cancellare completamente la sua elevata origine - si ripete in Germania in molteplici forme. Per qualcuno può essere determinante la preoccupazione per la sopravvivenza propria e della propria famiglia, per altri la speranza di potersi infiltrare all’interno del colosso, per altri ancora la fiducia nell’acutezza del proprio intelletto, che porta a credere di poter realizzare i fini prefissati utilizzando come mezzo il massiccio partito di massa. Qui trova un suo equilibrio il rapporto, di per sè instabile, tra lo spirito germanico e la realtà: spesso è molto esiguo il confine tra l’annullamento della realtà ed il suo aperto riconoscimento. Quali che siano i motivi della conversione, nonostante la fedeltà alla linea del partito, da parte del transfuga, la linea di divisione non si annulla mai completamente. Ciò ci viene ad esempio mostrato chiaramente da un confronto fra Baeumler e Rosenberg. Di fronte a Rosenberg, militante del partito, che si è guadagnato notorietà per la sua attività giornalistica, i cui libri sono essenzialmente una ricompilazione che si basa su letture eterogenee, si pone uno scrittore di gran valore, che nonostante tutti i

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meriti acquisiti nei confronti del partito, rimane pur sempre un non allineato. Non di rado simili transfughi si distinguono particolarmente nella per­ secuzione dei loro vecchi compagni. Ernst Junger, in una nota del suo diario datata 7 ottobre 1942 (7), scrive riferendosi ad un personaggio di tale specie: "Gente del genere appartiene a quel tipo di maiali da tartufi, che si incontrano in ogni rivoluzione. Poiché i loro rozzi compagni di fede sono incapaci di attaccare in maniera diretta gli avversari più fini, si servono di persone di una certa capacità intellettiva per fiutarli e scovarli, e possibilmente per provocarli offrendo alla polizia il modo di inter­ venire. Ogni volta che notavo che costui si occupava di me, mi preparavo mentalmente ad una perquisizione. Chiese l’intervento della polizia anche contro Spengler e ci sono alcuni, addentro a tali vicende, che affermano che lo ha sulla coscienza". Fra opposizione e conversione esiste una terza possibilità: la posizione di neutralità, che si fonda su un accordo reciproco. Il caso più importante del genere è il movimento detto "Deutschglaubige" (per una religione germanica), sorto nella metà degli anni Trenta. Un certo numero di gruppi "vòlkisch" e "bùndisch" riescono ad avere una certa indipendenza in quanto rinunziano, almeno esteriormente, ad esporre chiaramente le loro idee politiche, che sono spesso in contrad­ dizione con la realtà nazionalsocialista e si dedicano interamente alla costruzione d’una religione "germanica". Ma proprio in questo caso si vede come in un’epoca di totale politicizazzione nessuna attività di carattere spirituale può rimanere senza un effe tto p o litic o . B en presto anche questi gruppi ("D eutsche Glaubensbewegung", "Circolo Ludendorff', etc.) vengono ostacolati, e in seguito la sempre più intensa mobilitazione per la guerra ne determina la finale dissoluzione.

(7) E. Junger, Strahlungen, Tùbingen 1949; tr. it.: Diario 1941 -1945, Longanesi, Milano 1979. Paria di un certo "Kastor", pseudonimo d’un noto autore.

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LE RESPONSABILITÀ’ DEL NAZIONALSOCIALISMO Il problema della responsabilità della Konservative Revolution per gli eventi successivi al 1933 non cade nell’ambito di questo nostro lavoro e non può essere risolto in maniera definitiva; ci limitiamo qui soltanto ad abbozzare. Esso va posto comunque in maniera duplice: da un lato va considerata la responsabilità dell’intero movimento, dall’altro quella dei suoi singoli esponenti. Nel suo insieme questo "Movimento Tedesco" costituisce solo una parte di una corrente di pensiero la cui esistenza è constatabile in quasi tutti i paesi europei dall’inizio del XIX secolo e che fa sentire la propria influenza in tutti gli aspetti della vita civile. Il nazionalsocialismo è uno dei vari tentativi, pur se quello più notevole, di realizzare questa ideologia. All’osservatore imparziale inoltre non sfugge che nel nazional­ socialismo oltre all’impulso rivoluzionario-conservatore, se ne manifes­ tano altri: spinte provenienti dall’ambiente sociale, dall’ubicazione geografica e dal carattere di ciascuno, l’eredità della precedente storia tedesca, compresa la Repubblica di Weimar, altre ideologie come il marxismo, l’informe democrazia di massa con la sua insita tendenza alla dittatura, come risultato inevitabile cui giunsero quasi tutte le nazioni del tempo, etc. Non può competerci di sciogliere questo groviglio e di distinguere i fili principali dai secondari. Il problema vero consisterebbe piuttosto nel decidere in che misura una teoria possa essere ritenuta responsabile della sua mancata realizzazione. Dietro tale questione ne appare un’altra, se cioè una categoria dello spirito possa essere ritenuta responsabile di manifestazioni della realtà, vale a dire se si debba utiliz­ zare la categoria della causalità o piuttosto altre, designabili con termini quali "corrispondenza", "contemporaneità" o "interazione". Al problema della responsabilità del singolo individuo è più facile p rop orre una so lu z io n e , esse n d o p o ssib ile ridurlo a q u ello dell’appartenenza di ciascuno alle singole organizzazioni o della par­ tecipazione alle singole attività. La risposta varierà da caso a caso. Ma fintanto che la storia della "opposizione nazionale" al nazionalsocialismo non sarà stata scritta - tale storia si interseca con quella del 20 luglio 1944 ma non coincide con essa - non sarà possibile dare una risposta esauriente al quesito.

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IL CONCETTO DI “ KONSERVATIVE REVOLUTION” La più antica utilizzazione di tale concetto da noi rintracciata è nel quotidiano di B erlino "Die Volksstimme" del 24 maggio 1848: "Nell’ambito delle mura che cingono la nostra città si svolge un’attività meravigliosa. Assemblee popolari, circoli, associazioni, musiche disar­ moniche, milizia comunale, librai ambulanti, ministri dimissionari, capi della polizia, individui ad un tempo sobillatori e conciliatori, reazionari, rivoluzionari e "rivoluzionari conservatori", consiglieri ministeriali defun­ ti misteriosamente, veri banditori, poliziotti in uniforme: tutte queste caricature viventi della libertà e dell’uguaglianza ne fanno di tutti i colori, sì che i piccoli borghesi consumatori di birra chiara, nei loro berretti da notte a punta e nelle loro ves:i da camera, sono presi da angoscia e spavento." Lespressione è in questo contesto un prodotto di un gioco di parole. Comparirà nuovamente nel 1851 in un’opera in due volumi attribuita a Buddeus, Russland und die Gegenwart. Nel 1875 Jurij Samarin intitola uno scritto elaborato assieme a F. Dimitriev Revoljucionnyi konservatizm. Nel 1900 l’espressione si ritrova nel saggio Enquète sur la Monarchie di Charles Maurras, e nel 1921 nell’articolo di Thomas Mann Russische Anthologie (8). Violente controversie sorgono sull’uso di questa espres­ sione tedesca sulla base dell’uso programmatico fattone dal discorso di Hugo von Hofmannstahl intitolato "La letteratura come spazio spirituale della nazione" del 1927: "Il processo di cui parlo non è altro che una rivoluzione conservatrice di un’ampiezza ignota alla storia europea". In questo discorso il poeta identifica quali fattori fondamentali di questa rivoluzione la ricerca di un legame che prenda il posto della ricerca della libertà e quella della totalità, dell’unità, che rifugga da ogni sorta di scissione. In Hofmannstahl il concetto non ha ancora un significato specificamente politico. Sembra assumere valore politico solo agli inizi degli anni Trenta. Lespressione prende piede anche nel gergo giornalis­ tico: nella "Berliner Bùrsenzeitung" del 30 maggio 1935 troviamo un articolo di Wilhelm Russie scritto in occasione del decimo anniversario della morte di Moeller van den Bruck, recante come titolo Un Rivoluzionario conservatore. (8) Th. Mann, Rede und Antwort, Berlin 1922.

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Ma solo due decenni dopo il discorso di Hofmannstahl l’espressione Konservative Revolution viene a disegnare un preciso concetto politico. Funge da in term ed iario il g io rn a lista D e tle v W. Schum ann, dell’Università di Urbana, Illinois, che nel 1939 in una rivista nor­ damericana specializzata pubblica un articolo intitolato Pensieri in merito a l l ’idea di H o fm a n n sta h l d i una R ivo lu zio n e C onservatrice". Quest’articolo viene nelle mani di Hermann Rauschning (9) e gli da l’ispirazione per il libro Die Konservative Revolution. Versuch und Bruch mit Hitler, pubblicato a New York nel 1941. Solo attraverso questo autore l’espressione acquista diritto di cittadinanza nel linguaggio politico, senza però affermarsi come l’altra espressione guida di Rauschning Revolution des Nihilismus (10). Sotto questo aspetto, l’idea di Rivoluzione Conservatrice designa un processo politico che abbraccia l’intera Europa (il) e che non si è ancora concluso. Il suo inizio non lo si può’ far risalire a prima della Rivoluzione Francese. Ogni rivoluzione partorisce insieme a sè una forza contrapposta che tenta di annullare la rivoluzione stessa. Con la Rivoluzione Francese trionfa quel mondo che alla Konservative Revolution appare come il vero nemico. Provvisoriamente possiamo descriverlo come un mondo che non pone al centro il lato immutabile dell’uomo, ma crede invece di poter trasformare l’essenza dell’uomo. Essa proclama pertanto la possibilità di un processo graduale, ritiene tutte le cose, gli eventi, penetrabili dalfintelletto e cerca di isolare ogni dato e di comprenderlo in sè. Ma non tutto ciò che si rivolge contro la Rivoluzione Francese e le sue conseguenze appartiene alla Rivoluzione Conservatrice. Tale rivoluzione vede spuntare nemici anche dal proprio terreno, in quelli che ritengono quanto raggiunto insufficiente (marxisti, anarchici). Altri la combattono soltanto per mantenere le posizioni minacciate o distrutte dai Giacobini.

(9) Lettera di Schumann all’autore antecedente alla prima edizione del lavoro. (10) L’espressione è circolata negli anni Venti, dopo la prima edizione dell’opera. La formula "Rivoluzione del Nichilismo" è diventata fuori moda in connessione con l’ascesa del neo-marxismo e della sua avversione alla tesi dei due totalitarismi. Al contrario, l’espressione Konservative Revolution è diventata di uso corrente. (11) Come sinonimo di Rivoluzione Conservatrice oggi viene sovente utilizzato, per lo più in senso polemico, il termine "fascismo". Ma il suo senso è così impreciso, che preferiamo non utilizzarlo. Se si vuol dare al termine un senso concreto si deve intendere esclusivamente il movimento politico italiano. Accostamenti analoghi all’espressione "nazional­ socialismo" hanno avuto poco successo; ciò è toccato solo fino a un certo punto alle forme abbreviative "nazi", "nazistisch" (nazista).

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Da questo ultimo atteggiamento, condannato in quanto "restaurazione", "reazione", "vecchio conservatorismo" i rivoluzionario-conservatori pren­ dono le debite distanze. La comune avversione nei confronti del XIX secolo costringe però troppo spesso gli aderenti alla Rivoluzione Con­ servatrice a far fronte comune coi reazionari e cancella c o sì, purtroppo, ogni linea di demarcazione. Alla Rivoluzione Conservatrice appartiene in effetti, come già dimostra il nesso paradossale tra i due termini, solo chi combatte i presupposti del secolo del progresso, ma nello stesso tempo non vuole ricostruire un qualsiasi "Ancien Régime". La Rivoluzione Conservatrice si è mostrata solo in teoria non con­ taminata da elementi estranei; nella realtà politica finora non è andata oltre i suoi presupposti teorici. Rauschning, nel suo libro Die Konservative Revolution ne osserva chiaramente la frammentarietà "Da momenti iniziali confusi e consapevoli solo a metà nasce quel che con Hofmannstahl denominiamo Rivoluzione Conservatrice. Essa costituisce il com­ pleto rovesciamento della precedente realtà politica. Ma questo contromovimento non ha finora trovato un’adeguata e pura realiz­ zazione. Esso partecipa sia a tentativi totalitari e cesaristici, sia a tentativi piattamente reazionari; da ciò la sua posizione non chiara. Così ogni coerente descrizione del processo della Rivoluzione Conservatrice si trasforma necessariam ente nella storia di un’idea, mentre una descrizione che considerasse la sola realt politica sarebbe parziale e marginale. Ma poiché tale descrizione non può far riferimento ad av­ venimenti centrali, i contorni di questa Konservative Revolution si presen­ tano approssimativi ed imprecisi, cosicché sotto tale denominazione si possono raggruppare le tendenze più diverse. " In senso ampio l’espressione Konservative Revolution abbraccia trasfor­ mazioni che si basano su uno stesso fondamento, trasformazioni già compiute o in fase di realizzazione, concernenti tutti i campi delle attività umane, dalla teologia alla fisica, dalla musica all’urbanistica, dalla famiglia alla cura del corpo, alla costruzione di una macchina. Ai fini della nostra analisi restringiamo tuttavia l’uso di questa espressione alla dimensione politica, in quanto ci riferiamo alla storia di un’ideologia; designamo pertanto come Konservative Revolution una specifica corrente del pensiero politico.

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IL CONCETTO DI "DEUTSCHE BEWEGUNG" Anche l’origine di questa espressione si perde nell’oscurità. Non si può ancora accertare con esattezza se venga prima usata in filosofia o in politica o se ambedue gli usi abbiano una radice comune. Nella storia della filosofia (12) si designa con questo termine soprattutto l’autonomia dell’idealismo tedesco dell’epoca di Goethe rispetto alle correnti fino a quel momento imperanti, il razionalismo francese e l’empirismo inglese. Negli scritti di politica designa invece la partecipazione tedesca alla Rivoluzione Conservatrice. In questo concetto riecheggia l’idea che la Rivoluzione Conservatrice sia un qualcosa di spiccatamente tedesco, ma questa idea può essere contraddetta attraverso l’enunciazione dei nomi di vari autori: Dostojewskij o i due Aksakowper la Russia, Sorel e Barrès per la Francia, Unamuno per la Spagna, Pareto ed Evola per l’Italia, i due Lawrence e Chesterton per l’Inghilterra, Jabotinski per il mondo ebraico. Queste sono personalità prese a caso. I nomi di Lothrop Stoddard e Madison Grant, i due maestri della lotta razziale, o di James Burnham, il teorico della "Rivoluzione dei manager", mostrano che gli stessi Stati Uniti partecipano a questa concezione. Persino nei rivolgimenti che da alcuni decenni scuotono il mondo dei popoli di colore si lasciano in­ dividuare fenomeni affini: la tipica commistione della Rivoluzione Con­ servatrice tra lotta di liberazione, rivoluzione sociale e riscoperta dell’essenza originaria. Che fosse stato possibile nel periodo intercor­ rente tra le due guerre mondiali ammettere una diversità tra questi movimenti è dimostrato per esempio dal romanzo Theplumed serpent di D. H. Lawrence, pubblicato per la prima volta nel 1926, il che trasfigura poeticamente la nostalgia di rinnovamento esistente tra gli indiani del Messico e fa dire ad un rappresentante del culto di Quetzalcoatl: "Quan­ do i Messicani apprendono il nome di Quetzalcoatl devono parlarne solo con la lingua del loro sangue. Io vorrei che il mondo teutonico tornasse a pensare nello spirito di Thor, diWotan, del frassino Yggdrasil, origine e centro del mondo, che i Druidi comprendessero che il loro segreto (12) La qualificazione dell’Idealismo tedesco come "DeutscheBewegung" rimanda a Karl Weinhold, Die Deutsche geistige Bewegung vor hundert Jahren, 1873. Nel 1970 è uscita una raccolta postuma di articoli di Hermann Nohl presso l’editore Vandenhoeck e Ruprecht di Go'ttingen, dal titolo Die Deutsche Bewegung, Vorlesungen und Aufsatze zur Geistesgeschichte von 1770 bis 1830.

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riposa nel vischio, che essi sono i Tuatha de Danaan che continuano a vivere. I popoli del Mediterraneo dovrebbero riavere il loro Hermes e Tunisi il suo Astarotte, in Persia dovrebbe risorgere Mitra, in India Brahma ed in Cina il più antico di tutti i draghi". D ’altra parte il maggior rilievo dato dall’elemento tedesco alla cos­ tituzione di una Rivoluzione Conservatrice ha una sua giustificazione. Anche i caratteri extra-tedeschi di questa rivolta culturale contro le idee del 1789 si radicano in quel capitolo della storia culturale tedesca che si situa tra Herder ed il Romanticismo. Proprio in Germania questa rivolta raggiunse la massima violenza. Idee e stati d’animo rivoluzionario-con­ servatori possono caratterizzare il modo di sentire di individui di altri paesi oltre la Germania, ma qui sono molto più esplosivi e, per la disperazione degli illuministi, hanno addirittura influenzato il vocabolario comune. Non è facile trovare per tutto ciò una spiegazione esauriente, che del resto cadrebbe piuttosto nell’ambito di scienze diverse dalla storia della cultura. Come circostanza aggravante può essere additata come causa lo "sviluppo ritardato" della Germania nei confronti della maggior parte degli altri paesi europei. Le idee della Rivoluzione Francese non sono penetrate in Germania nella stessa misura che in altri paesi, e le forze combattute dai Giacobini si sono qui conservate più a lungo che altrove. Per questa ragione l’elemento "altkonservativ" sfocia immediatamente nella Konservative Revolution e fa sì che il "non più" si trasformi in un "non ancora". Così in questo sviluppo ritardato dello spirito tedesco risiede anche un elemento di anticipazione e di preannuncio. Il che rende naturalmente più difficol­ tosa la ricerca. Quale che sia il rapporto tra il principio generale della Konservative Revolution e la cultura tedesca in maniera specifica, il concetto di Deutsche Bewegung è quantomeno utilizzabile ai fini della determinazione del rapporto esistente fra la cultura tedesca e la suddetta Konservative Revolution. Il tentativo di andare oltre la Rivoluzione Fran­ cese si è espresso in ogni paese in un modo particolare. Uno di questi modi sembrerebbe il nazionalismo, messo sullo stesso piano della Rivoluzione Conservatrice anche se lo Stato nazionale moderno, nel suo significato di accentramento di tutti coloro che parlano la medesima lingua in un unico Stato, risulta proprio una creatura della rivoluzione dell’89. Per la Francia l’equazione risulta appropriata (13) (13) Per il particolare rapporto tra giacobinismo e nazionalismo in Francia, cfr. A. Mohler, Im Schatten des Jakobmismus, pp. 273-89, in Rekonstruktion des Konservatismus, Freiburg im Breisgau 1972.

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anche se molti gruppi, influenzati dalla Konservative Revolution, si richiamano ad aggregati maggiori della nazione, come la latinità oppure il mondo celtico. La Germania non era tuttavia fino a quel momento un vero Stato nazionale, neanche sotto il Bismarck, e l’impulso che sospinge la Germania a costituirsi in Stato nazionale la spinge anche oltre questo limite verso una concezione sovranazionale: in ciò funge da stimolo la diffusione dell’elemento germanico nei paesi dell’Est. Per tal motivo il principio di Stato nazionale risulta estraneo in linea di principio al pensiero tedesco. Il "nazionalismo tedesco" non si richiama mai ad una "Nazione" nel senso utilizzato dagli altri paesi dell’Europa Occidentale. Qui si intende piut­ tosto uno stato d’animo oppure, più concretamente, forme statali come il "Reich" o l’impero, che vanno ben oltre lo Stato nazionale. Non è questa la sola differenza tra la Konservative Revolution tedesca e le forme che essa assume negli altri paesi, ma è certamente una delle più significa­ tive. Se in questo saggio il termine "Movimento Tedesco" è usato come una diramazione della Konservative Revolution, non se ne deve però trascurare la funzione delimitativa. Per molti esponenti della Rivoluzione Conservatrice tedesca la lotta contro le idee della Rivoluzione francese e dell’Uluminismo europeo è ancora una lotta contro l’eccessiva penetrazione dell’elemento straniero, che costituisce il tentativo di riportare alla luce una Germania sepolta da decenni o addirittura da secoli. La presa di coscienza è uno dei fini principali del "Movimento Tedesco", e ciò non solo nel senso di ricercare un tedesco autentico di contro ad un non-tedesco, ma anche in un senso più ampio della deter­ minazione di quel che è mitteleuropeo, nordico o germanico (14).

(14) A volte viene a galla un’idea che acquista maggior ampiezza durante la "decoloniz­ zazione" successiva alla Seconda Guerra Mondiale: l’accettazione del termine "bianco" opposto a "di colore", rinunciando ad ogni pluralismo razziale all’interno del mondo dei bianchi.

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IL CONCETTO DI "WELTANSCHAUUNG" Il presente libro tratta di "Weltanschauungen", concetto che non significa "filosofie". Mentre la filosofia costituisce una parte dell’antico involucro culturale dell’Occidente, definiamo "Weltanschauung" il risultato della decadenza di questo involucro. E’ troppo generico invece l’intendere la "Weltanschauung" come una filosofia non ben strutturata e quindi di minor vaIore(l5). Fino al XIX secolo, in Occidente il Cristianesimo era il punto focale verso il quale si orientava ogni attività culturale. La cosa era evidente anche per i suoi più accesi avversari. I diversi settori della realtà erano affidati in maniera abbastanza chiara all’indagine dei vari studiosi e le correnti del pensiero, dei sentimenti 7 della volontà non scorrevano confondendosi l’una con l’altra come accade oggi. La filosofia, ad esempio, sapeva quali settori le fossero accessibili e che cosa fosse invece riservato alla teologia ed alle altre discipline. Questa strut­ tura era sostenuta da un discorso unitario che si estendeva dal passato al presente: ogni filosofo, fosse stato anche il più aspro nemico delle idee ufficiali, rispondeva ai suoi predecessori, cosicché per ogni concetto si poteva verificare quel che avesse significato nel suo stadio precedente. Attraverso la continua esplosione di nuovi movimenti che si determina nel secolo XIX il Cristianesimo però si disgrega. Nella realtà politica, conformemente al principio d’inerzia, continua ad esistere; tuttavia là dove si prendono le decisioni esso ha perso la sua posizione dominante e rimane, anche nelle sue tradizioni più consolidate (Neotomismo e Teologia dialettica), solamente una forza tra le altre. Questo processo è accelerato ulteriormente dalla decomposizione dell’eredità del mondo antico, che aveva aiutato nel corso dei secoli il Cristianesimo a rag­ giungere una forma propria. Gli elementi della realtà precedente sussis­ tono ancora, ma, isolati e senza alcun punto di riferimento, si muovono disordinatamente nello spazio. Cantica struttura dell’Occidente quale unità di mondo classico, cristianesimo e forze di nuovi popoli penetrati nella storia con le invasioni barbariche, è frantumata. Nè si presenta all’orizzonte una nuova unità.

(15) Con “ Weltanschauung” intendiamo un dato storico determinante a partire dall’ini­ zio del XIX secolo e nel discutere tale concetto non ci collochiamo esclusivamente all’interno della filosofia, come fu fatto da Dilthey attraverso la sua “ Weltanschauungslehre” .

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Ci troviamo così, in questo stadio intermedio, in un "Interregnum", da cui ogni espressione culturale è influenzata. La Konservative Revolution ne risulta condizionata e ne costituisce allo stesso tempo un tentativo di superamento. Essa cerca di porre una nuova unità al posto di uno spazio dove non c’ è un sopra o un sotto, un vicino o un lontano, uno spazio nel quale i singoli elementi del passato e del futuro vanno alla deriva, privi di direzione e di coesione. Si serve come mezzo della "Weltanschauung", tipica espressione culturale dell’interregno. Dato caratteristico della "Weltanschauung" è che in essa pensiero, sentimento e volontà non possono essere tenuti separati chiaramente come in certa misura è pos­ sibile nella filosofia. Il pensiero assume tratti strumentali: sembra voler servire soltanto all’elaborazione di motivi già preesistenti, il cui scopo è di conseguire fini pratici estremamente concreti. La rottura della vecchia struttura, orientatasi su un nucleo centrale, condiziona peraltro la "particolarità" che Gerhard Nebel attribuisce alla "Weltanschauung" (16). Scrive Nebel: "La Weltanschauung è miscredente e distaccata dall’essere, per cui cerca di innalzare qualcosa di creato e di secondario a livello di causa ultima, e pretende di possedere, attraverso questo dato parziale, l’assoluta verità. Collegandosi a settori particolari, come l’economia o la razza, vive in una forte opposizione nei confronti delle altre Weltanschauungen, che pongono appunto altri settori parziali sul trono dell’assoluto". Appartiene dunque all’essenza della "Weltanschauung" il fatto di presentarsi al plurale, anche se la sua aspirazione è di trasfor­ mare la pluralità in unità. Alla "Weltanschauung" si associa un nuovo tipo d’autore: nè puro filosofo nè puro poeta, egli è un tipo di "poeta-pensatore" la cui lingua è un miscuglio di linguaggio concettuale e linguaggio figurato. E la continua propensione della "Weltanschauung" all’azione si manifes­ ta nel fatto che spesso nella vita dei suoi esponenti produzione letteraria ed azione si bilanciano (T. E. Lawrence d’Arabia, il commissario Malraux, il decorato al valor militare E. Jiinger). La filosofia in senso tradizionale continua ad esistere affianco alla "Weltanschauung" e con essa sussiste il filosofo, che si limita ad una particolare dimensione del pensiero. Anche la sua attività non è però rimasta immutata dinanzi ai nuovi eventi. Come il linguaggio della "Weltanschauung" così è spesso gravato dalla cruda realtà che non può levarsi in volo, così il linguaggio figurato dei (16) G. Nebel, Tyrannis und Freiheit, Dusseldorf 1947, p. 68.

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filosofi raggiunge livelli sconosciuti di svuotamento della realtà, che fa sì che il pensiero si opponga soltanto a sè stesso (neokantismo). Accade anche che taluni autori disertino il campo della filosofia accademica e passino a quello della" Weltanschauung" (Sartre). Così la filosofia in senso tradizionale viene messa con le spalle al muro e lo stesso accade per la poesia. Tale fenomeno si manifesta ad esempio nella graduale sostituzione del verso con la prosa (soprattutto attraverso la compilazione di diarii: Gide, Jiinger) o nelfinvenzione di nuovi generi letterari, come un teatro che serve da catechismo alla dottrina (Brecht) o il romanzo inteso come trattato per l’insegnamento della "Wel­ tanschauung" (Sartre, E. von Salomon, in Die S ta d t). Come la classificazione delle nostre biblioteche è adattata ad una strut­ tura dello spirito occidentale ormai tramontata, così la scienza non si è creata degli strumenti per comprendere quei fenomeni che si sottrag­ gono alla storia sia della filosofia che della poesia. Anche una storia generale dello spirito od un’ancor più generica storia della cultura, presuppongono un mondo dello spirito ordinato gerarchicamente. Ciò che manca è una disciplina della "Weltanschauung". Essa deve basar­ si sul fatto che, nello stato di transizione in cui da molto tempo si trova il mondo europeo, un trattato sul vegetarianesimo, un’apologià del suicidio, la dottrina della glaciazione o una guida all’evocazione degli spiriti possono toccare il fulcro dei problemi del nostro tempo più d ell’immagine filosofica o teologica. A llo stato attuale c’è da meravigliarsi che questo miscuglio ondeggiante di pensieri, concezioni e sogni, di conoscenze parziali e di sistemi, di giusto e d’errato, sia sottopos­ to ad analisi. Sono stati mossi alcuni attacchi dalle cattedre sicure della Teologia, della Filosofia e della Psicologia, ma i risultati maggiori si sono avuti nel campo giornalistico (17). Siamo così costretti ad intraprendere la nostra caccia rivolta ad una specie particolare di questi "suonatori della sapienza del mondo" (Bry dixit) ponendoci su imbarcazioni che ci siamo dovuti costruire in gran parte da soli.

(17) Cfr. la raccolta di articoli di Rudolf Olden, Das Wunderbare oder D ie verzauberten. Propheten in deutscher Krise e soprattutto lo scritto geniale di Cari Christian Biy, Verkappte Religionen.

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LA LETTERATURA DELLA NON-LETTERATURA La difficoltà di analizzare una materia che non è stata ancora organiz­ zata dalla scienza, e per la cui descrizione la scienza stessa non ha ancora creato adeguati strumenti concettuali, non costituisce la sola difficoltà di questa nostra impresa. U n’altra difficoltà consiste nel fatto che un aspet­ to tipico delle "Weltanschauungen" da noi isolato è inesprimibile at­ traverso la parola razionale o il concetto. Solo il discorso poetico, l’immagine, riescono a penetrarne la realtà; il concetto diventa sempre più una scrittura cifrata, variamente interpretabile, perde i suoi contorni precisi e viene subordinato all’immagine. Tùttavia queste "Weltanschauungen" raramente raggiungono il livello della vera poesia, restando piuttosto, seppur mal volentieri, in un ambito puramente intellettuale. Ci troviamo così di fronte alla struttura contrad­ dittoria di una "Letteratura del non-letterario", che non si lascia afferare dal linguaggio concettuale della scienza. Questo è il motivo per cui non esistono ancora strumenti concettuali per la comprensione delle "Wel­ tanschauungen", e ci si può chiedere se potranno mai esisterne. Infatti il paradosso dello "anti-intellettualismo intellettuale" è una caratteristica della maggior parte delle "Weltanschauungen", non solo della nostra. Una dottrina generale delle "Weltanschauungen" non si può basare sui concetti prodotti dalle stesse "Weltanschauungen"; deve piuttosto tentare di arrivare alle immagini in esse contenute. Un tentativo del genere non resta peraltro senza ripercussione nei confronti del linguaggio dello studioso, che è tentato continuamente di passare da un esprimersi concettuale "non pregnante" ad un "più chiaro" esprimersi per immagini. Latteggiamento tipico dei nostri autori nei confronti del concetto e dell’immagine può essere illustrato da una annotazione in data 19 dicembre 1943 fatta da Gerhard Nebel nel suo diario (18): "Il rapporto tra i due strumenti metafisici dell’uomo, il concetto e l’immagine, offre una serie inesauribile di confronti. Così si può dire che il concetto è im­ produttivo, in quanto dà un ordine soltanto a ciò che è presente, manifes­ to, a portata di mano, mentre al contrario l’immagine produce una realtà spirituale e strappa all’essere tratti finora nascosti. (18) G. Nebel, Auf ausonischer Erde. Latium und Abruzzen, Wuppertal 1949, p. 285 s.

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Il concetto, con timorosa attenzione nell’ambito dei fatti accertati, separa e riunisce; l’immagine, priva d’ogni timore ed aperta all’avventura, si estende nello spazio senza confini. Il concetto vive di paura; l’immagine, della trionfante festosità della scoperta. Il concetto, se non ha già affer­ rato un cadavere, deve uccidere la sua preda; l’immagine lascia che la vita si mostri nella sua spumeggiante vitalità. Il concetto, in quanto tale, esclude il segreto, l’immagine costituisce un’unità paradossale degli op­ posti: insieme reca la luce e venera l’oscurità. Il concetto è vittima del tempo ed invecchia presto; l’immagine è sempre al di là del tempo. Il concetto è associato al progresso; per questo anche le scienze ricadono sotto la categoria del concetto, mentre l’immagine è figlia dell’attimo. Il concetto è economia; l’immagine è dissipazione. Il concetto è ciò che è, l’immagine è sempre di più di ciò che vuol dare ad intendere. Il concetto si rivolge al cervello, l’immagine al cuore. Il concetto agisce solo su uno strato periferico dell’esistenza; l’immagine agisce sulla totalità o quanto meno sul nucleo centrale dell’esistenza stessa. Il concetto è finito; l’immagine è infinita. Il concetto semplifica; l’immagine venera la pluralità. Il concetto prende partito; l’immagine si astiene dal giudizio. Il concettò'è generale; l’immagine è anzitutto individuale, ed anche dove l’immagine assume un carattere di generalità e comprende vari fenomeni questo modo di procedere è come una caccia ricca di tensione, non una piatta assunzione di dati. Con queste definizioni si potrebbe procedere senza limiti...". Nella stragrande maggioranza degli autori troviamo un atteggiamento simile nei confronti dell’immagine, cosciente od incosciente che sia, sia che attingano totalmente la forza dall’immagine, sia che si cristallizzino in un ibrido di concetto e di immagine.

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IL CARATTERE DI MUTAZIONE U n’altra difficoltà inerente all’argomento, legata a ciò che finora ab­ biamo scritto, è l’impossibilità di calcolare il percorso di questa corrente di pensiero a causa della sua irregolarità. Ciò dipende in parte dalla già descritta peculiarità della "Weltanschauung". Se essa occupasse stabil­ mente un punto posto al di fuori della realtà, si svilupperebbe in maniera omogenea ed avrebbe un andamento costante, invece è inserita nella realtà e pertanto è esposta ai suoi colpi. D ’altro canto, la difficoltà sta anche nel fatto che la Rivoluzione Conser­ vatrice non è stata finora una "Weltanschauung" vittoriosa. Se una "Wel­ tanschauung" trionfa sulle altre giungendo alla possibilità di realizzarsi, i risultati raggiunti costituiscono allora elementi di confronto, valori conosciuti grazie ai quali poter svelare valori fino a quel momento ignoti. Ma il nazionalsocialismo, come già detto, non può essere considerato un tentativo di realizzare sul terreno politico la Rivoluzione Conser­ vatrice, o forse può esser considerato tale solo in parte. Una descrizione della Rivoluzione Conservatrice sotto l’aspetto della sua attuazione politica sarebbe una storia di germi o di mere possibilità. Ed allo stesso tempo sarebbe per molti tratti una topografia di correnti sotterranee. Nonostante tali limiti, la Konservative Revolution ha avuto degli effetti pratici; pur se ben poco ha influito sulla superficie, sembra che dei suoi contenuti siano stati incapsulati, trasportati lontano da un flusso sotter­ raneo, che poi improvvisamente li fa emergere qua e là alla superficie. Tali successi invisibili e riconoscibili soltanto a distanza sono pertanto un ulteriore contrassegno della Konservative Revolution. Studiandoad esem­ pio il vocabolario politico, che costituisce un sismografo di grande sensibilità, attraverso l’uso giornalistico, si potranno rintracciare nei punti più diversi costrutti linguistici che sono testim onianze dell’improvviso riaffiorare di quelle correnti di pensiero. Non a caso la teoria dell’evoluzione appartiene alle dottrine più rivoluzionarie del tempo. E’ emblematico anche il fatto che si tenti di identificare sotto il punto di vista letterario alcune mutazioni dello spirito avvenute nel nostro secolo. Il jnomento di tale trasformazione viene generalm ente indicato nell’estate del 1914 o nell’autunno del 1918; altri indicano date meno significative. In un valido libro che tratta della "Weltanschauung", com­

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parso ancora prima della guerra del 1914, è scritto (19): "Attualmente siamo all’inizio di uno dei periodi di maggiori cambiamenti della storia mondiale, un periodo iniziato con le guerre balcaniche del 1912, che trascinerà una dopo l’altra la maggior parte delle nazioni della terra nel suo vortice e durerà almeno un decennio; ciò avverrà alcuni anni prima che...il mondo germanico esploda con una forza violentemente naturale. Si produrrà un’ immane sussulto che scuoterà tutto ciò che esiste fin nelle fondamenta ed in ogni ambito".

(19) M. Kemmerich, Das Kausalgesetz der Weltgeschichte, Miinchen 1914.

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STATO DELLE FONTI E METODO Non poca difficoltà deriva dall’abbondanza del materiale ancora non classificato. In primo luogo c’è l’enorme massa delle fonti in senso stretto, dal foglio volante al trattato, dal romanzo autobiografico al grosso volume che tenta un riepilogo di tutti gli elementi della nuova concezione (20). Vi è inoltre una bibliografia enorme composta di giornali e riviste, dai periodici autorevoli di larga diffusione ai fogli ciclostilati riservati a circoli chiusi. A questo materiale si devono aggiungere gli scritti degli avversari ed i pochi tentativi di descrizione obiettiva. Ed infine anche materiale non stampato, corrispondenza e materiale rimasto allo stato di manoscritto. E’ necessario inoltre tentare di completare questo materiale scritto con conversazioni con persone che parteciparono a quegli eventi e che sono tuttora contattabili, siano stati capi di movimenti, semplici aderenti od oppositori. Trattandosi di un movimento che non può essere compreso soltanto con mezzi concettuali, occorre dedicare inoltre par­ ticolare attenzione al materiale iconografico, sia che si tratti di fotografie che ritraggono gli esponenti del movimento o il loro ambiente, sia che si tratti di creazioni artistiche mediante le quali le "Weltanschauungen" si esprimono non meno efficacemente che attraverso il linguaggio. Per quanto riguarda le fonti scritte, lo studioso può accedere soltanto ad una parte del nucleo essenziale, probabilmente a non più della metà. Alcuni di questi documenti si trovano nelle biblioteche pubbliche, mentre le rare collezioni sono quasi esclusivamente in mano privata, e nella misura in cui certi eventi politici sono ancora a noi vicini, essi sono spesso preclusi all’indagine dello studioso. E’ più facile oggi ottenere una documen­ tazione completa sul nazionalsocialismo che non sull’ argomento di cui ci occupiamo. Gran parte degli scritti che ci interessano è comparsa tra il 1929 e l’inverno del 1932/33, cioè prima della presa del potere da parte del nazionalsocialismo. Il regime ha ben presto distrutto la maggior parte degli scritti dei suoi trotzkisti, cosicché già a quel tempo in Germania era difficile poterli rintracciare. All’estero soltanto sotto l’impressione suscitata dagli avvenimenti del 1933 ci si cominciò ad occupare di queste problematiche e si raccolse la parte più significativa della bibliografia sul nazionalsocialismo. (20) Tipico esempio è la seconda edizione (1930) di Edgar J. Jung, D ie herrschaft der Minderwertingen.

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Questa azione fu promossa dalla politica condotta in grande stile dagli uffici di propaganda del potere nazionalsocialista. Due sono le vie per poter studiare un materiale così ampio. Una consistente nel procedere attraverso una serie di indagini particolari fondate sulla meticolosa elaborazione del materiale per poter poi erigere su questi singoli blocchi una costruzione completa; ma difficilmente oggi si può trovare un settore per il quale sia possibile mettere insieme una documentazione completa. Ogni indagine inoltre dovrebbe essere accompagnata dalla con­ sapevolezza di dove conduca, anche se la meta non dovesse essere definitiva. Solo una sintesi infatti, sia pure provvisoria, può far sì che i singoli fatti acquistino senso. Il primo passo deve pertanto essere fatto seguendo un’altra via, quella cioè di una raccolta, sia pure provvisoria e necessariamente incompleta. Ciò è possibile soltanto col metodo dell’astrazione. I molti particolari diventatici ormai familiari, essendoci occupati dell’argomento da vari anni, particolari spesso contingenti, in un primo tempo devono esser messi da parte. E’ necessario ricavare dal ricordo uno schema generale ed astratto nel quale inserire di mano in mano i particolari messi in luce dallo studio. Nel nostro caso, questo schema costituirà una sorta di "tipologia" degli atteggiamenti fondamen­ tali su cui si baserà ogni singolo fenomeno. Ovviamente nella ricerca di questi "tipi" occorrerà procedere a sbalzi e non sempre ciascun punto potrà trovare una giustificazione nelle fonti. Per costruire uno schema di questo tipo, che potrà essere completato successivamente, ci serviremo del "lebendes Bild" (immagine viva). Situiamo la Rivoluzione Conser­ vatrice tra il 1918 ed il 1932 come se fosse immobile, rinunciamo cioè a risalire agli antefatti della stessa fino ai tempi della Rivoluzione Francese, come pure rinunciamo a disegnarne il percorso sotto il nazionalsocialis­ mo o addirittura dopo la catastrofe del 1945. Allo stesso tempo non prendiamo in considerazione i collegamenti orizzontali con i movimenti paralleli al di fuori della Germania. Una simile commistione di elementi, influenze, eredità o derivazioni finirebbe col rendere troppo vaga la schematizzazione che intenderemmo proporre. (Eunica eccezione la facciamo nei confronti della visione del "ritorno", incomprensibile senza riferirsi a Nietzsche e che trova la sua espressione più completa solo dopo il periodo da noi esaminato). Ogni descrizione di periodi preceden­ ti o successivi fa sì che si trascuri il valore proprio insitonell’epoca. Qui occorre descrivere questo valore, e quindi partire da esso per analizzare momenti della storia precedenti o successivi.

L ’A R G O M E N T O IL TERZO REICH CONTRO IL SECONDO REICH Eargomento, così ampio e complesso dev’essere innanzitutto delimitato da un punto di vista temporale. Il termine "Terzo Reich" ce ne fornisce il mezzo. Fu coniato nel libro omonimo di Moeller van den Bruck del 1923 e divenne una parola chiave del "Movimento Tedesco" molto tempo prima che i nazionalsocialisti ne facessero il loro grido di battaglia. Di fronte all’universalistico Sacro Romano Impero della Nazione Tedesca ed al piccolo "Zwischenreich" (Reich intermedio) di Bismarck, Moeller van den Bruck con il "Terzo Reich" pone l’immagine di un impero finale, nel quale le contraddizioni di socialismo e nazionalismo, di "sinistra" e di "destra" si annullano riunificandosi. Il numero tre qui non significa soltanto la successione degli imperi nel corso della storia; con esso si afferma l’idea di una sintesi che concilia una tesi ed un’antitesi. Già al tempo della prima comparsa del concetto di "Terzo Regno" (l), presso la setta dei montanisti nel mondo del Cristianesimo primitivo, intorno alla metà del secondo secolo, in analogia al dogma della trinità, si parla di un’epoca dell’Antico Testamento (Padre), di una del Nuovo Testamento (Figlio), iniziata con l’incarnazione del Cristo, e dell’epoca del terzo regno (Reich), quello dello Spirito Santo. Da quel momento l’idea del Terzo Reich, procedendo per vie secondarie, soprattutto quelle delle eresie spiritualistiche, accompagna la storia della cultura occidentale ed attraverso personalità quali Ottone di Frisinga, Gioacchino da Fiore, Lessing, Fichte, Schelling, Ibsen, perviene fino all’epoca presente. An­ cora nel lavoro di Moeller van den Bruck (terza edizione 1931, p.229) si rintraccia quell’antico fondamento trinitario, allorché l’autore parla del "terzo partito" che dovrebbe superare la divisione della sinistra e della destra: "Il terzo partito vuole il Terzo Reich". La" Deutsche Bewegung" si fonda su questa aspettativa di un nuovo Reich. Essa sorge a partire dalla Rivoluzione Francese, allorché l’edificio del Primo Reich, già da tempo in dissoluzione, va in rovina e le dinastie rivali degli Asburgo e (1) Per una storia del concetto di Terzo Reich, cfr. soprattutto H. Hertel, Das dritte Reich in der Geistesgeschichte, Heidelberg 1934.

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degli Hohenzollern si ritirano per concentrarsi su compiti più limitati. In tal modo i primi esponenti della "Deutsche Bewegung", siano essi Fichte coi suoi Discorsi alla Nazione Tedesca (1807-1808), Arndt con La Ger­ mania e l’Europa (1803), Jahn col suo Carattere del popolo tedesco, o altri autori, si trovano di fronte ad un nuovo inizio. Questa situazione si modifica nel 1871 con la fondazione del Reich di Bismarck. Con esso si pretende di incarnare l’antica idea del R eich, e gli esponenti del "Movimento Tedesco" devono decidersi se riconoscere questo Secondo Reich o o combatterlo nel nome di un Terzo Reich. Con la catastrofe del 1918 e con la Repubblica di Weimar, svanisce ogni legame con il dato reale, e lo spazio nel quale si collocano le costruzioni ideali non è disturbato da imperfezioni che ne compromettano l’armonia. Tuttavia nel 1933 con il nazionalsocialismo si afferma nuovamente la pretesa d’aver realizzato il Reich, addirittura il Terzo Reich, così la "Deutsche Bewegung" si scinde in un’ala che contesta tale realizzazione come un falso, ed in un’ala che la riconosce o quantomeno la considera un primo passo in direzione della meta prefissata. In tal modo la "Deutsche Bewegung" può così essere descritta attraver­ so quattro fasi ben distinte: una prima che va dalla Rivoluzione Francese e dal tramonto dell’antico Reich fino al 1870, una seconda dal 1871 al 1918, una terza dal 1918 al 1932 ed una quarta dal 1933 al 1945. Il presente saggio si occupa della terza fase.

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E EPOCA GUGLIELMINA Eatteggiamento nei confronti del Reich bismarckiano ci permette di stabilire quale parte del "Movimento Tedesco" sopravviva alla catastrofe del 1918. La frattura rappresentata simbolicamente dal caso Nietzsche Wagner attraversa questo movimento. Il Secondo Reich non è esposto ! soltanto alle critiche di parte cattolica, liberale e marxista; nel periodo che va dal 1871 al 1918, esiste già un’ "opposizione di destra", che si ribella contro lo spirito degli anni della rivoluzione industriale tedesca, epoca di repentino sviluppo della potenza economica e militare, con cui non stanno al passo le forze interiori. Questo "interregno" (Zwischenreich) è un ibrido molto particolare: dietro una facciata feudale si svolge un ritmo febbrile, un mutamento della struttura economica e sociale, che entra sempre più in contraddizione con le forme statali ereditate dall’epoca precedente. La commistione fra elementi che tendono a mantenere la vecchia struttura ed altri che tendono ad eliminarla, tra elementi conser­ vatori e liberali, si personifica al vertice dello Stato, dopo essersi manifes­ tata nell’azione di governo di Bismarck, nella figura dell’imperatore Guglielmo II, dopo il congedo del cancelliere. Con il suo oscillare tra diritto divino e monarchia parlamentare, fra armature pseudo-medievali e moderne navi da guerra, egli diviene il simbolo di un’epoca. Da lui deriva il nome "epoca guglielmina" (WilheT minismus) (2), termine con cui si designa il "conservatorismo apparente" dell’epoca. Ai rappresentanti della Rivoluzione Conservatrice questi tempi paiono somigliare alle case costruite nello stile della rivoluzione industriale in una città tedesca: dietro una facciata di stucchi vistosi, si erge il simbolo dei nuovi valori econom ici, che costituiscono il destino della società. Fra palme da salotto e boschi di basso fusto dipinti si diffonde il perfido demone della noia. Sono ben pochi gli esponenti del "Movimento Tedesco" che riconoscono l’Impero guglielmino come at­ tuazione delle loro idee. La loro protesta tuttavia non comprende l’intera "opposizione di destra". A questi ultimi si deve anche attribuire il rifiuto rassegnato degli aderenti all’antico, non ancora sgretolato, Stato feudale. (2) Il Termine Wilhelminismus (epoca guglielmina) indica in senso proprio solo il tempo successivo al congedo di Bismarck, anche se qui lo usiamo genericamente per contrasseg­ nare l’intero periodo del II Reich.

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Lo scrittore Fontane ha trasfigurato poeticamente questo atteggiamento nel suo romanzo Stechlin. Lopposizione della "Deutsche Bewegung", per contro, è attiva ed è rivolta all’avvenire. Ma essa si scinde in due a li, e questa scissione perdurerà fino ai tempi della Repubblica di Weimar. U n ’ala ritiene di poter realizzare i suoi fini con metodi riformisti all’interno del Secondo Reich; si identifica quindi con la creazione bismarckiana, cosicché il suo tramonto finisce col coinvolgerla. Laltra ala sfugge invece a questo destino: per essa il Reich guglielmino non costituisce un primo passo imperfetto, ma un passo falso. Essa è convinta che il vero fine lo si possa raggiungere solo attraverso un inizio assolutamente nuovo. Tipico esempio dell’ala riformista è il movimento "cristiano-sociale" fondato dal cappellano di corte Adolf Stoecker, che cerca, con l’aiuto del "trono e dell’altare", di riunire in una comunità gli strati popolari, tendenti alla disgregazione, attraverso un principio di carità ispirato dall’alto. Il movimento guadagna terreno intorno al 1880 soprattutto attraverso la sua azione antisemita. Sulla stessa linea si muovono i "Nationalsozialen" (Nazionalsociali) separatisi da Stoecker nel 1896 sotto la direzione di Friedrich Naumann, che vorrebbero creare un "soziales Kaisertum" (Impero sociale). Essi tuttavia passano gradualmente al par­ tito liberale o al partito socialdemocratico ed abbandonano così la cerchia del "Movimento Tedesco". Un terzo esempio è costituito dalla "Alldeutsche Verband" (Lega Pantedesca, fondata nel 1891), che rinuncia intenzionalmente a legarsi alle masse. Definita dai rivoluzionario-con­ servatori come "un miscuglio di romanticismo politico e di erronea politica guerrafondaia e realistica" (H. Ullmann, Op. c it., p.24), essa si perde in un imperialismo utopico. Accanto a questi movimenti d’una certa grandezza ce ne sarebbero da ricordare molti altri organizzati in gruppi ed associazioni, come i tentativi di riforma culturale a carattere patriottico (Ferdinand Avenarius con la sua "Diirerbund" e la rivista "Kunstwart"); il "Movimento per l’arte patria" (F. Lienhard, A.Bartels, P. Schultze-Naumburg); i "Riformatori agrari", che si richiamano in parte a tradizioni dell’antica Germania (A. Damaschke, O. Beta); tentativi simili a quelli di Stoecker compiuti da parte cattolica (il vescovo W.E. von Ketteler); tentativi in campo marxista di passare da una posizione di puro internazionalismo ad una nazionalista (G. von Vollmar, B. Otto, P. Lensch) ed altri ancora. Nell’ambito della monarchia austro-ungarica troviamo fenomeni similari: i "Deutschnationalen" (Nazionalisti tedeschi) raccolti intorno a Georg Ritter von

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Schònerer con la sua "Los-von-Rom-Bewegung" (movimento di distacco da Roma) o i "Cristiano-sociali" del sindaco di Vienna Karl Lueger con la loro politica piccolo -borghese ed antisemita simile a quella dei "Pan­ tedeschi" ed a Stoecker. Una nota comune a tutti questi gruppi è l’essere diventati succubi dell’ideologia guglielmina in misura ben maggiore di quanto non volessero ammettere. Nonostante ogni rifiuto retorico del guglielminismo, anche in essi difatti si manifestano atteggiamenti tipici di quella ideologia. Vedendo la cosa a distanza ad esempio, appare grottesco che Stoecker, nello stile degli ambienti caritatevoli della corte e con i mezzi di un paternalistico supervisore, voglia eliminare dal mondo i mali sociali. In tal modo comunque non riesce a far concorrenza ad una organizzazione compatta e potente quale la socialdemocrazia di Bebel. Stoecker non vuole ampliare il concetto di antisemitismo, costituente la parte negativa del suo progamma, cui però deve l’efficacia del progamma stesso, andando oltre lo specifico concetto confessionale di ebreo. Con ciò il suo movimento perde di importanza, la maggior parte degli aderenti si allontana, trasferendosi nelle file dei "Rassen-Antisemiten" (Antisemiti in base alla razza) come il dott. Henricis o il "Rektor aller Deutschen" Hermann Ahlwardt. Lo stesso accade ai "Pantedeschi", la cui appros­ simazione concettuale si manifesta nella incapacità di distinguere tra l’imperialismo del tardo capitalismo da un lato e l’idea del Reich dall’altro. Essi progettano sulla carta piani fantastici di divisione del mondo (3) senza rendersi ben conto che non si può conquistare alcuna terra senza ricorrere alle armi. Taluni di questi gruppi dopo la catastrofe del 1918 riescono a sopravvivere in maniera stentata e tra le giovani forze rivoluzionario-conservatrici suscitano l’impressione di fossili provenienti da tempi remoti. La loro alleanza viene percepita come un peso morto. Quando invece riescono ancora ad influire sugli eventi - il caso più significativo è il legame tra Heinrich Class, che presiedette per molti anni l’"associazione pantedesca" ed i " Tedesco-nazionali " di Hugenberg allora sono considerati come una falsificazione della Rivoluzione Con­ servatrice. I portavoce del movimento rivoluzionario-conservatore com­ battono questi residui del passato con lo stesso accanimento con cui combattono gli avversari provenienti dal campo opposto. L ala riformista della "Deutsche Bewegung", già attiva nell’epoca guglielmina, che cerca di superare la propria epoca coi mezzi dell’epoca stessa, costituisce il gruppo più nutrito. (3) Un libro di tal genere particolarmente esagerato è quello di O. Tannenberg, GrossDeutschland, Die Arbeit des XX Jahrhunderts, Leipzig-Gohiis 1911.

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Ma per quanto concerne la sua azione nel tempo, non si può paragonarla all’azione dell’altra ala, che fin dall’inizio, si pone al di fuori dell’idea guglielmina, e non viene travolta dal vortice della catastrofe. All’ala rivoluzionaria appartengono anzitutto quei personaggi solitari che si pongono all’ombra del grande Nietzsche. Il tipo particolare, che si stacca dal branco, è una tipica figura dell’interregno. Le sue parole vengono rafforzate dall’eco della solitudine nella quale sono pronunziate. In verità Nietzsche non può essere inquadrato nella "Deutsche Bewegung" in senso stretto, anche se ciò che avviene dopo di lui può essere compreso solo utilizzandolo come presupposto. La Rivoluzione Conservatrice non è pensabile senza Nietzsche, specialmente dopo il 1918; il suo influsso lo si rintraccia dappertutto, tuttavia la sua contraddittorietà impedisce di delineare chiaramente gli elementi che trasmise a questo movimento (4). Nella sua ombra si muove peraltro un gran numero di figure solitarie che danno un importante contributo alla Rivoluzione Conservatrice tedesca. Ne menzioniamo solo due, nelle cui opere troviamo una critica del tempo, che si rivolge specificamente alla restaurazione di un germanesimo in pericolo: Paul de Lagarde con i suoi Deutsche Schriften (Scritti tedeschi) 1878-1881 ed Julius Langbehn con il suo Rembrandt als erzieher (Rembrandt come educatore)del 1890. Il loro distacco dai contem­ poranei si manifesta già nel fatto che riescono ad incidere pienamente sulla cultura tedesca solo dopo la Prima Guerra Mondiale. Accanto a questi solitari devono essere menzionate anche due compatte correnti di pensiero, che si oppongono entrambe al guglielminismo e riescono così a sop ravvivere d o p o il 1918: la "V òlkische Bewegung" e la "J ugendbewegung". Col termine "vòlkisch" si definiscono quei gruppi politici per i quali l’essere umano è determinato dalla sua origine, derivante dal materiale informe di una razza o da quello strutturatosi attraverso la storia di un popolo o di una tribù. Sulla stessa linea si muovono le dottrine che considerano l’essere umano condizionato dall’anima del paesaggio

(4) Tentativi di inquadrare Nietzsche nella Rivoluzione Conservatrice sono stati compiuti da A. Baeumler, Nietzsche, der Philosoph und Politiker, Leipzig 1931, (tr. it.: Nietzsche filosofo e politico, Lupa Capitolina, Padova 1983); H. Rem, Nietzsche und die deutsche Revolution, in «Rhytmus», 9 settembre 1934; G. Lutz, Nietzsche in SW: Das Deutsche in der Deutschen Philosophie, Stuttgart 1941. Tentativi di inquadrare Nietzsche nel Nazionalsocialismo: W. Cross, Die Propheten in ihrer bedeutung fiir uns, in "Nationalsozialistiche Monatschefte", 1 aprile 1930; R. Oehler, Friedrich Nietzsche und die deutsche Zukunft, Leipzig 1935.

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(Landschaftsseele) (5) o dalla sua lingua materna. Questa linea "vòlkisch" accompagna come dottrina l’intera "Deutsche Bewegung", dai suoi inizi fino ad oggi, ma possiede una forza politica solo al tempo di Bismarck. Il programma di queste nuove formazioni politiche degli anni Ottanta è in un primo tempo puramente negativo: si tratta di partiti antisemiti che sostituiscono all’avversione di Stoecker per gli Ebrei, che può essere elim inata col battesim o, un antisem itism o razziale fondantesi sull’immutabilità del carattere ebraico, considerato fondamentalmente nocivo. Con l’arma dell’ostilità nei confronti degli Ebrei, i piccoli partiti popolari conquistano nel 1893 sedici seggi nel parlamento del Reich, che poi diminuiscono verso la fine della Prima Guerra Mondiale. Essi non riescono a costituirsi in un partito unitario, e si dissolvono in sempre nuovi gruppuscoli. Determinante ai fini di questa polverizzazione è il fatto che in questi partiti antisemiti s’incrociano due tendenze: una più aristocratica, cos­ tituita da Max Liebermann von Sonnenberg, che usa l’antisemitismo per trattenere le masse nell’ambito del vecchio partito conservatore, ed un’altra, più democratica, proveniente dalla base. Questa recluta i suoi aderenti soprattutto nel ceto medio delle campagne e delle piccole città, che, nella difficile situazione di contrasto tra proletariato ed alta borghesia industriale, vede negli Ebrei i veri distrut­ tori del proprio mondo ed analizza la situazione con rassegnata oggettività. E Assia, zona prediletta fin dai tempi più antichi dai seguaci delle sette più diverse e dai rivoluzionari d’ogni tipo, è la roccaforte di questo movimento radicale. Il "re degli agricoltori dell’Assia" riesce a creare un forte partito, e questo dimostra quali aberrazioni si producano allorché l’immagine della "Deutsche Bewegung" viene composta in maniera unitaria secondo il modello del nazionalsocialismo dopo il 1933. In questi gruppi "vòlkisch", che appaiono più importanti per l’ampia produzione letteraria che per l’attività parlamentare, sopravvivono ancora impulsi del 1848 e forse anche spinte emotive risalenti alle guerre contadine. E ’ significativo che alle grida di battaglia contro gli Ebrei, esponenti del grande capitalismo, si mescolino anche quelle contro gli Junker (6). Diventa perciò oltremodo plausibile l’interpretare i tentativi di Lieber­ mann come un desiderio di raccogliere e dominare forze che possono (5) Il termine è utilizzato ampiamente e nella medesima accezione da Spengler (N.d.T.). (6) Nobili proprietari terrien prussiani (N.d.T.)

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divenir pericolose per il vecchio conservatorismo, che è già attaccato su altri versanti dai liberali e dai socialdemocratici. L altro movimento che rifiuta il guglielminismo è la "Jugendbewegung". Essa costituisce il più singolare dei fenomeni fin qui analizzati: una rivolta della gioventù contro il mondo dei padri rappresentato dal guglielminis­ mo, contro un mondo della apparenza e dell’artificiosità, che minaccia di soffocare ogni impulso vitale. La prima ondata della "Jugendbewegung" è rappresentata dai "Wandervogel" (Uccello migratore), associazione che trae origine da un gruppo di scolari escursionisti, guidati dallo studente ginnasiale Karl Fischer del quartiere periferico di Berlino Steglitz, costituitasi ufficial­ mente sotto questo nome il 4 novembre del 1901. Si tratta di un movimen­ to inizialmente assolutamente privo di forma ed anarchicheggiante. Conciati come avventurieri, con berretto e chitarra, i suoi aderenti escono dalla grande città e scoprono paesaggi sconosciuti, si sottraggono con veemenza a tutte le forme di organizzazione giovanile guidate da adulti, quelle degli studenti ginnasiali, quelle giovanili cristiane, o le accademie per allievi ufficiali. Manca un chiaro obiettivo che del resto verrebbe rifiutato come fossilizzazione di ciò che è vivente. A questo punto interviene come contromovimento la seconda ondata, la "Freideutsche Jugend" (Libera gioventù tedesca) che raggiunge il suo massimo punto di sviluppo nell’ottobre del 1913 col raduno sul monte Meissner (in Assia, a 749 metri). I "Wandervogel" combattono la "Freideutsche Jugend" come traditori dell’idea originaria: il loro movimento rappresenta l’intervento degli adulti - soprattutto insegnanti e riformatori - che vogliono a loro modo intervenire sul mondo libero appena creato dalla gioventù (7). Vedono nella "Freideustche Jugend" un tentativo di creare un nuovo mondo posto su basi puramente intellettuali, mentre un mondo realmente nuovo potrebbe avere soltanto basi molto più profonde. La formula di giuramento coniata sul monte Hohen Meissner ha in sè qualcosa d’idealisticamente vago ed insignificante:"La Freideutsche Jugend, mossa da propria determinazione e sentendosi pienamente responsabile, vuole formare la propria vita sulla base d’una intima verità". Ma i "Wandervogel" possono opporre alla "Freideutsche Jugend" solo un impulso e nulla di strutturato. (7) L’asprezza della lotta tra il movimento "Wandervògel" ed il "Freideutsche" è descritta nel classico lavoro di Bluher sui "Wandervògel". I "Freideutschen" non ebbero invece la fortuna di trovare chi desse forma letteraria ai loro miti.

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Entrambe le correnti, una con un romanticismo anarchico ancorato ad un atteggiamento puramente negativo, l’altra con le sue ricette intellet­ tuali per una rinascita, appartengono solo marginalmente alla "Deutsche Bewegung". Ai tempi della Repubblica di Weimar esercitano però la loro influenza su quasi tutti i gruppi rivoluzionario-conservatori, dato che i capi di questi movimenti sono passati in gran parte per queste as­ sociazioni giovanili nel periodo pre-bellico. La guerra determina una profonda cesura: un’intera generazione di capi dei "Wandervògel" e dei "Freideutschen" lascia la vita sui campi di battaglia e chi sopravvive torna profondamente mutato. In effetti la "Freideutsche Bewegung" nei primi anni del dopoguerra, così assetati di programmi, mostra un nuovo in­ cremento. Il secondo raduno sul monte Hohen Meissner nel 1923 con­ trassegna tuttavia anche la sua fine, ed il movimento giovanile degli anni Venti presenta dei tratti che lo distinguono sia dai vecchi "Freideutschen" che dai "Wandervògel". Questa è la situazione della Rivoluzione Conservatrice in Germania allo scoppio della guerra nel 1914.1 partiti che si definiscono conservatori non comprendono di appartenere profondamente al XIX secolo, da essi combattuto come liberale. Il loro conservatorismo consiste in un attac­ camento reazionario alle forme del passato, da tempo svuotato di con­ tenuto. Da tale riformismo si distanziano solo per gradi i movimenti riformisti di "destra", i cristano-sociali di Stoecker ed i pantedeschi di Schònerer e di Lueger. Solo pochi pensatori isolati comprendono che il conservatore non può semplicemente aggrapparsi allo "status quo". Al di là dei partiti menzionati, ci sono ancora, come sospesi fuori del tempo, quei due strani movimenti le cui aspirazioni sono troppo vaghe per essere classificate: i "vòlkischen", con la loro utopica esigenza di riportare al punto di partenza la fusione delle razze compiutasi già da molti secoli e la "Jugendbewegung" con la sua esigenza d’una incontaminata autonomia. Questi movimenti ed i pensatori isolati sopra menzionati sono le fonti alle quali attinge la "Deutsche Bewegung" dopo il 1918.

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LA GUERRA Abbiamo detto che tutto quel che in Germania è poi accaduto, dev’essere interpretato sulla base di Nietzsche. In effetti c’è qualcosa che per la Konservative Revolution è altrettanto significativo: la Prima Guerra Mon­ diale. Alla Germania dei decenni successivi si applica il detto che la guerra è madre di tutte le cose. Con la guerra del 1914-18 inizia la "Deutsche Aufstand" (Rivolta tedesca) che da allora in poi fa tremare quasi senza interruzione tutto l’Occidente. Tùtto è misurato in riferimen­ to a questa guerra e gli opposti campi si dividono sulla base della posizione assunta rispetto ad essa. Quanto detto si applica in particolare alla "Deutsche Bewegung". Ernst Jungcr (8) così si esprime in qualità di portavoce di tutta la sua generazione: "La guerra è nostra madre, ci ha generato come una nuova stirpe nel seno incandescente delle trincee... questa gioventù, combatten­ do nei paesaggi più terribili del mondo, ha compreso che le antiche strade sono giunte alla fine e che bisogna percorrere le nuove". C ’è un disegno del grafico A. Paul Weber (9), proveniente dalla "Jugendbewegung": in primo piano marcia un gruppo di giovani "bundisch", sullo sfondo marciano nella stessa direzione soldati in uniforme di guerra, alti e sovrastanti come ombre. E ’ un disegno emblematico per tutta la "Deutsche Bewegung" del dopoguerra. Che i morti partecipino al presente così come i non ancora nati è una con­ cezione conservatrice fondamentale. In particolare, sono i caduti in guerra che attraverso il loro sacrificio fungono da segno invisibile, ma pur presente, di esempio e di ammonizione. E’ difficile descrivere che cosa significhi la Prima Guerra Mondiale per la "Deutsche Bewegung". In prospettiva l’esperienza della guerra presen­ ta tre stadi. Il fatto che la si viva al fronte o in contesti più lontani produce soltanto una differenza nel grado di tensione emotiva. All’inizio c’è l’entusiasmo inebriante delle prime settimane, alla fine Pimprowisa, inattesa catastrofe. Fra questi due punti corrono gli anni disincantati e monotoni d’una guerra divenuta vita quotidiana, e tale esperienza è quella che si imprime nella coscienza di ognuno. (8) Introduzione a F. G. Jiinger, Aufmarsch des Nationalismus, Leipzig 1926. (9) In "Der Falke" N. 4/5,1932.

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Il suo scoppio è percepito come una vampata che fonde ed annulla tutte le divisioni partitiche, di ceto, di confessioni e campanilistiche e rende visibile quella desiderata unità e totalità che il guglielminismo simulava soltanto. E’ una partenza inebriante, che fa esclamare ad un osservatore così sobrio e scettico come Thomas Mann (10) nel settembre del 1914: "Ricordiamoci dell’inizio, di quei primi giorni che non si potranno mai dimenticare, allorché irruppe nella realtà qualcosa considerato impos­ sibile! Noi non avevamo creduto nella guerra, il nostro discernimento politico non era bastato per farci riconoscere la necessità di una catastrofe europea. Ma come essere morali, proprio come tali avremmo dovuto percepirne l’avvento; anzi, in qualche modo l’avevamo ardente­ mente desiderata; nel profondo del cuore avevamo compreso che il mondo non poteva andare più avanti secondo la maniera consueta.... Era l’unione di tutta la Nazione disposta a subire le prove più difficili, una unione potente ed esaltante, desiderata ma mai determinatasi, una prova decisiva che la storia dei popoli non aveva finora conosciuto". La guerra diviene un fuoco purificatore che deve bruciare ed eliminare tutte le insufficienze e falsità del guglielminismo. Scrive ancora Thomas Mann nel m edesim o saggio: "La guerra! Era un sentim ento di purificazione e di liberazione quel che noi sentivamo, assieme ad una immensa speranza. Di ciò parlavano i poeti, solo di ciò. Che cos’è per essi l’impero, la signoria commerciale, la vittoria in sé?.... Ciò che entusias­ mava i poeti era la guerra in sé, la sofferenza come necessità morale.". L assalto dei giovani volontari presso Langemarck, con molte perdite umane, diventa il simbolo di questa esperienza, menzionato laconica­ mente nel bollettino di guerra dell’l l novembre 1914 del quartier generale: "A occidente di Langemarck i giovani dei nuovi reggimenti sono andati all’attacco delle postazioni delle prime file nemiche al canto di Deutschland, Deutschland uber alles e le hanno espugnate". Ma questo entusiasmo non dura a lungo. Lalta tensione delle prime settimane di guerra viene presto sostituita dal grigiore quotidiano. Dopo la battaglia della Marna i fronti di guerra, per lo meno sul fronte occiden­ tale, incominciano ad immobilizzarsi. La monotona macina della guerra dei materiali entra in funzione e continuerà a funzionare per oltre quattro anni. Ernst Junger così descrive questo mutamento (11) : "La trincea faceva della guerra un mestiere dei combattenti lavoratori a giornata (10) Th. Mann, Friedrich und die grosse Koalition, Berlin 1915. Tr. it.: Federico e la Grande Coalizione, Studio Tesi, Pordenone 1985. (11) E. Junger, Der Kampf als inneres Erlebnis, 8° ed., Berlin 1940.

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della morte, consumati dalla sanguinosa macina quotidiana. Era come un’antica saga romantica il sentimento di angosciato presagio che s’impadroniva del combattente alla sera davanti al fuoco del bivacco o durante la cavalcata alla luce dell’alba. Era un sentimento che trasfor­ mava il mondo in un immenso duomo avvolto in un’oscurità solenne, il primo respiro in una cena eucaristica prima della prova suprema. La trincea non aveva spazio per una riflessione lirica, nè per il rispetto della propria grandezza. Quanto c’era d’elevato era abbattuto e calpestato..." Questo aspetto autentico della Prima Guerra Mondiale, dinanzi al quale la fine dell’estate e l’autunno del 1914 costituiscono un semplice episodio, ha trovato nei diari di guerra di Junger (12) un’espressione che, nella sua cruda obiettività, immune da valutazioni morali, delinea per gli esponenti della Rivoluzione Conservatrice la vera immagine di quegli anni. Sovente quei quattro anni sono paragonati ad una macina, o sono definiti un "bagno d’acciaio". Sono immagini che derivano dall’idea di una svolta epocale: un’epoca tramonta e viene sostituita da una nuova . Sarebbe troppo facile vedere nella Guerra Mondiale la "causa" di questa svolta. Gerhard Nebel scrive giustamente (13): "... i mutamenti non avvengono a sbalzi da un evento ad un altro, ma attraverso un’incessante pressione interna. Si può dire che tale intimo urgere, il fluire della vita dello stesso spirito del mondo, è sempre in anticipo rispetto al divenire esteriore della realtà. Il valido uomo d’azione e il profondo osservatore sono tali per il loro misterioso collegamento con questo fluire, sì da essere in grado di presentire il futuro e quindi anche le necessità presenti. Il fiume che contiene in sè il divenire reale scorre sotto terra, ma ogni tanto lo spirito del mondo apre un varco, facendone fuoriuscire con scosse e sussulti lava incandescente, e con ciò mostra quel che realmente è accaduto a partire dall’ultimo scoppio. Queste eruzioni sembreranno dei grandi avvenimenti. Ma non bisogna dimenticare che esse sono modi d’esprimere il divenire e non il divenire stesso, che non è un fatto teatrale, ma piuttosto una stabile e progressiva realtà vegetativa". Che cosa si è dunque manifestato in questa esplosione? Secondo la "Deutsche Bewegung" con questa guerra termina il XIX secolo, e soprat­ tutto la sua ultima fase, il guglielminismo, con il suo culto dell’apparenza e dell’aspetto retorico. Che cosa subentri a questo mondo dell’apparenza è invece meno facile descrivere. (12) E. Junger In Stahlgewittem (1920) tr. it.: Tempeste d’acciaio, Ciarrapico, Roma 1984; Das Wàldcnen 125 (1925); Feuer und Blut (1926). (13) G. Nebel, Tyrannis und Freiheit, Dusseldorf 1947.

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Si potrebbe dire che le mura che l’intelletto aveva eretto scrupolosamente nei secoli precedenti incomincino ora a vacillare. Divisioni come quelle tra "spirito" e "materia", "io" e "mondo", incominciano a divenire irreali. "Idealismo" e "materialismo" sono concetti altrettanto insostenibili; viene meno il limite tra individuo e collettività. Questa tendenza verso la "totalità" nei singoli, annunziantesi già da tempo, sembra essere, in guerra, come l’essere che retrocede ad un originario punto di partenza dove ancora niente è suddiviso, un ritorno a ciò che non può essere raggiunto dalla distruzione. Dice Junger: "La conoscenza di maggior valore, derivata dalla scuola della guerra, è che la vita nel suo intimo nucleo è indistruttibile" (14). Hugo Fischer, filosofo ed amico di Ernst Junger, nel suo articolo II soldato di fanteria del 1917 (15) ha tentato, nel suo linguaggio estroso, di registrare questi mutamenti: "Il culto delle parole altisonanti oggi è fuori luogo... la guerra mondiale è il demone che ha distrutto definitivamente ogni forma di patetismo. La guerra non ha più nè inizio nè fine, il soldato di fanteria sta in mezzo a distese di fango sconfinate, in un qualche sporco buco pronto all’attacco; egli èun nullanella grigia e sconsolata uniformità, che sempre è stata e sempre sarà. Allo stesso tempo è il centro d’una nuova sovranità. Da qualche parte c’erano un tempo trincee e rifugi costruiti con cura, ma ora non lo interessano più. Egli sta in piedi o rannicchiato, con la gola riarsa dalla sete in qualche punto tra i campi liberi, e l’opposizione tra vita e morte è condotta al margine dei suoi ricordi. Egli non è nè un individuo nè esponente d’una società, è parte d’una forza elementare disseminata sui campi di battaglia sconvolti. I concetti per lui non hanno più senso, gli antichi concetti. A poco a poco gli occhi gli si riaprono; nella nebbia infinita dove l’occhio getta lo sguardo incomincia ad albeggiare ed egli, senza sapere ciò che fa, incomincia a concepire le categorie del secolo a venire. Le granate passano sopra un mare di sporcizia e di materia in putrefazione, che è divenuto l’ambito della sua esistenza, ed i crateri aperti dalle granate sono la sua abitazione. Non pensa più a distinguere il paesaggio coltivato da quello incolto; è sopravvissuto a tutte le forme e le strategie belliche: se ne sta qui incorrotto ed immortale e non sa più quel che è bello e ciò che è brutto. Il suo sguardo trafigge le cose sicuro come un dardo di fuoco. '14) E. Junger, Das Unzerstòrbare, in "Das Reich", ottobre 1930. 15) H. Fischer, in "Widerstand", gennaio 1934.

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Per o senza suo merito, egli è sopravvissuto... Non si può più distinguere dove la forma esteriore finisca e dove incominci l’essere umano; non riserva nulla alla sua sfera privata, ma si pone, senza residui, in questa esteriorità". Non tutto ciò che abbiamo detto trova qui verifica, ma altre cose vengono anticipate. "Nessun inizio e più nessuna fine", " è sempre stato e sempre sarà": in queste espressioni risuona l’eco di idee che conducono direttamente al cuore della Rivoluzione Conservatrice. La catastrofe del 1918 è così improvvisa come lo era stato l’inizio del 1914. Già prima qualcosa incominciava a sgretolarsi. Nel colmo dell’estate del 1918 l’esercito tedesco intraprende ancora una volta un attacco in forze contro il cuore dell’esercito francese. Nel mese di novembre le truppe tedesche hanno però evacuato la Francia e lo Stato tedesco non esiste più nella sua forma precedente. E’ opinione generale che la "destra" tedesca abbia reagito in maniera unitaria all’esperienza di questo crollo improv­ viso, parlando di una "pugnalata" alle spalle dell’esercito tedesco fin allora vittorioso. Anche in ciò si vede chiaramente come la Rivoluzione Conservatrice infranga lo schema, fin allora prevalente, di "destra" e "sinistra". La vecchia destra aderisce in gran parte all’idea della "pug­ nalata" (16), che spiega la disfatta come un caso fortuito, opera di con­ giurati che perfidamente hanno tramato nell’ombra. I gruppi rivoluzionario-conservatori invece, in misura sorprendente­ mente elevata, cercano di vedere la disfatta come qualcosa di necessario. Vogliono decifrare il "senso" della disfatta. Come per l’inizio della guerra così anche il crollo finale è chiarito in base all’idea di un fuoco purificatore. La formula di Franz Schauwecker "dovevamo perdere la guerra per riguadagnare la nazione" (17) è significativa. Nell’ambito di questo movimento ideologico una vittoria della Germania guglielmina sarebbe stata vista come una sconfitta della "Germania segreta" (18). Edwin Erich Dwinger nel secondo volume della sua trilogia russa (19) fa dire, ad un ufficiale tedesco, dal Pope Luca: "Avete perduto la guerra.... ma chissà, non è forse stato meglio così? Se l’aveste vinta il vostro dio (16) L’esatta espressione tedesca è "Dolchstoss-Legende" (Leggenda della pugnalata) (N.d.T.). A l proposito cfr. H. von Zwehl, Der Dolchstoss in den Riicken des siegreichen Heeres, Berlin 1921. Contro questo motivo cfr. A Koester, Fort mit der DolchstossLegende! Warum wir 1918 nicht Weiterkàmpfen konnten, Berlin 1922. ( 17) M otto del suo libro Aufbruch der Nation, Berlin 1930. (18) L’espressione "Germania segreta od occulta'è molto usata attualmente. La troviamo in vari autori, come Jacob Schaffner, Franz Schauwecker ed Ernst Kantorowicz (del circolo di George), Kaiser Friedrich der Zweite, Berlin 1927. (tr. it.: Federico II imperatore, Garzanti, Milano 1981). (19) E. E. Dwinger, Zwischen Weiss und Rot, 1930

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sarebbe sprofondato nel nulla ... Orgoglio ed oppressione si sarebbero centuplicati, un vuoto piacere avrebbe soppresso ogni elemento divino... sareste entrati in una fase di rapida decomposizione, vi sarebbe stato impossibile un vero progresso... se aveste vinto voi vi trovereste oggi alla fine. Adesso siete invece dinanzi ad un nuovo inizio.... e con un nuovo sforzo, risparmiati da tutti i danni derivanti da una vita facile, supererete di slancio il punto estremo della curva della vita che una vittoria in guerra vi avrebbe fatto raggiungere....". In questo atteggiamento si ritrova di più che una semplice resistenza al guglielminismo. Esso pone di nuovo in discussione tutto quello che è stato raggiunto ed anela sempre alla rinascita attraverso l’annientamento.

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LA REPUBBLICA DI WEIMAR Se la Guerra Mondiale per la "Deutsche Bewegung" è stato il punto cruciale, la Repubblica di Weimar non è altro che una desolata sala d’attesa. La "Deutsche Bewegung" combatte questa Repubblica: final­ mente dopo la caduta dell’ingombrante struttura dinastica, calcano per la prima volta la scena tedesca, sebbene con ritrosia, le idee del XIX secolo. Tali idee restano però in superficie. Alla nuova struttura statale manca un centro, le manca la forza di diventare un organismo autonomo. Non è compito di questo lavoro esaminare le debolezze della Repubblica di Weimar. Sia chiaro comunque che, nonostante tutta l’acrimonia dell’attacco, essa all’inizio non è stata presa sul serio quale organismo autonomo dai suoi avversari rivoluzionario-conservatori. E’ significativo che talvolta essa sia considerata anche come l’ultimo parto del guglielminismo. Nota ad esempio Hermann Ullmann che il tipico rappresen­ tante della società guglielmina, il parvenu, continua a svolgere anche in epoca repubblicana la sua tipica funzione: ".... separati dai ceti elevati in declino e privati di potere, non si era più in grado di creare altre forme che andassero oltre quelle del nuovo ricco, figura già esistente del resto nella vecchia società. Tali forme erano tutt’al più, con onestà più che con astuzia, rivestite coi panni della piccola borghesia.... inconsciamente si imita una forma del passato cui politicamente non si dà il minimo riconoscimento, ma che ugualmente neppure si riesce a superare." In un altro passo Ullmann parla del rivolgimento avvenuto nel novembre del 1918 come di una rivoluzione che aveva sfruttato ma non liquidato il vecchio regime, e riconosce ai capi della Repubblica la sola autorità di diadochi. La provvisorietà della repubblica di Weimar viene maggiormente sentita dai più giovani, dalla generazione della guerra. Questa si considera come "costituita da combattenti accampati nelle case dei borghesi" dice Ernst Junger (20): "Non ha il pieno diritto di vivere nelle città, e deve cercare ricovero nelle case che i genitori avevano costruito prima della guerra.". Gli esponenti della Rivoluzione Conservatrice com­ batterono lo Stato di Weimar, ma il loro sguardo non rimase però fissato su di esso, scena dei piccoli scontri quotidiani, ma si volse indietro, al (20) E. Junger, Das abenteuerliche Herz. Aufzeichnungen bei Tag und Nacht, Berlin 1929, p. 22. La tr. it., Il cuore avventuroso, Longanesi, Milano 1986 è stata condotta sulla edizione successiva largamente modificata dall’autore (N.d.C.).

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secolo XIX, dove le opposte idee venivano sostenute con forte coscienza; poi al proprio tempo, ai due grandi movimenti che si posero come traguardo immediato il rovesciamento della Repubblica: comuniSmo e nazionalsocialismo; ed infine in avanti, verso la propria casa ancora da costruire. Anche la Repubblica di Weimar si articola in tre fasi. La prima va dalla proclamazione della Repubblica nel novembre 1918 fino alla fine del 1923, la seconda arriva fino al 1929, la terza al 30 gennaio 1933 (21). Nella prima la Repubblica erige la propria struttura in mezzo ai disordini del dopoguerra. Con la fine degli scontri nella Ruhr nel settembre del 1923, la fine delFinflazione del "Rentenmark" e con la repressione del tentativo di colpo di stato di Hitler e Ludendorff nel novembre del 1923, quest’epoca di disordine volge al termine. Segue il tempo dell’apparente prosperità e d’una calma superficiale, denominato "eraStresemann", dal nome dell’uomo di stato di essa rappresentativo. A partire dall’autunno del 1929, inizio della crisi economica mondiale, l’edificio costruito su deboli fondamenta incomincia a sgretolarsi pezzo a pezzo e l’agonia della Repubblica, attaccata da tutte le parti, si trascina fino al gennaio del 1933. Anche la Rivoluzione Conservatrice segue un corso simile a quello imposto alla Repubblica dagli eventi esterni. Il primo capitolo è anche per essa tempo di chiarificazione e di orientamento. Usando un linguag­ gio militare si potrebbe dire che essa in questo periodo definisce la sua situazione di partenza ed abbandona contemporaneamente gli alleati infidi. Mentre tuttavia essa trova a poco a poco la sua strada, l’apparente rafforzamento della Repubblica le toglie il vento dalle vele, cosicché il secondo capitolo è di attesa e di paziente preparazione. Nel terzo capitolo si appresta all’assalto, ma la vittoria è riportata dal nazional­ socialismo suo rivale. Gli eventi determinanti della Rivoluzione Conser­ vatrice si trovano in gran parte nel primo capitolo, che in un certo senso è solo una prosecuzione della guerra. Nel terzo capitolo, che comprende gli anni dal 1929 al 1933, si accumula la parte più ampia e più importante della sua produzione letteraria.

(21) Arthur Rosenberg, lo storico marxista della Repubblica di Weimar nella sua Geschichte der deutschen Republik, Karlsbad 1935, p. 238, ne pone la fine nell’ottobre del 1930.

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IL NUOVO TIPO RIVOLUZIONARIO I primi cinque anni della Repubblica di Weimar sono caratterizzati da una costante lotta civile. Il nuovo debole Stato ha soffocato con le armi ben diciotto tentativi di rivolta della estrema sinistra, i più importanti: Spartaco nel 1919, "Rote Armee" nella Ruhr nel 1920, Germania Centrale nel 1921; nonché tre di estrema destra: il " Putsch" di Kapp nel 1920 e quelli di Kunstrin e di Hitler-Ludendorff nel 1923. A questi si aggiun­ gono, soprattutto nella zona del Reno e nella Renania-Palatinato, dei tentativi separatisti, con spargimento di sangue ("domenica di sangue" e battaglia ai Siebengebirge nel 1923, assalto di Pirmasens nel 1924). La debolezza costringe questo Stato a contrapporre un avversario all’altro. Si arriva così allo spettacolo grottesco di un governo a maggioranza socialista che fronteggia il Putsch di Kapp condotto dai gruppi di destra attraverso uno sciopero generale. Dopo di che lo stesso governo, per mancanza di proprie truppe affidabili, fa soffocare la rivolta comunista nella Ruhr con truppe che al momento del Putsch di Kapp non si erano certamente schierate dalla parte del governo (22). La base borghese, che è l’unica forza che può sostenere la Repubblica di Weimar, si logora e si sgretola lentam ente. L’im poverim ento del ceto m edio a causa delPinflazione, che sovente è stato posto in evidenza, non costituisce forse in questo caso la causa fondamentale. Anche se infatti al borghese si sottrae la base materiale del suo sistema di vita, egli rimane in cuor suo pur sempre un borghese e cercherà la prima occasione per ricostituire lo status precedente. Si tratta di una semplice discesa lungo la solita scala gerarchica, che può sempre essere annullata mediante un mutamento della situazione economica. I sociologi finora non hanno compreso con sufficiente chiarezza che in questo caso i due processi di perdita di qualità nella vita borghese procedono paralleli. Essi nella realtà si possono incrociare, anche se uno di questi ha un decorso notevolmente più incisivo dell’altro. Più incisivo, perchè in esso non soltanto si toglie qualcosa ma se ne "aggiunge" qualcun’altra: guerra e dopoguerra recano ad innumerevoli cittadini l’esperienza di forme di vita che costituiscono non solo un mutamento di carattere quantitativo rispetto a quanto fino allora vissuto, ma anche di carattere qualitativo. (22) Cfr. il romanzo altamente documentario di Dwinger, A uf halbem wege, 1939.

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Sono forme di vita che si spiegano al di fuori dello schema di società valido nel XIX secolo. I quattro anni e mezzo di guerra conducono intere generazioni, allorché sono maggiormente passibili d’essere plasmate, in "paesaggi" cui manca ogni riferimento al mondo borghese. La guerra civile degli anni successivi al 1918, che in realtà non è altro che uno spostamento della guerra su un altro piano, produce lo stesso effetto, pur se determinata da una spinta meno decisa. Inoltre la guerra civile esercita la sua influenza su cittadini ancor troppo giovani per il fronte (23). Fra le forme di vita collettiva che durante il "periodo di pace" offrono ai giovani la viva esperienza d’un tipo d’esistenza radicalmente non borghese, sono da considerare anzitutto i cosiddetti "Freikorps". Così vengono chiamate quelle unità combattenti, per metà militari, per metà franchi tiratori, costituite da volontari che da un lato combattono sul fronte interno le rivolte comuniste, dall’altro cercano di mantenere le posizioni sul fronte esterno (Alta Slesia 1921, Baltico 1919). U n’azione si svolge per volontà o quanto meno sotto la tolleranza del governo repubblicano, l’altra si svolge soprattutto per propria iniziativa. Questa differenza s’imprime nella struttura dei "Freikorps". All’interno del paese hanno per lo più il carattere di milizie cittadine legate alle singole località e di durata limitata, basate su un’unione di carattere corporativo (formazioni di studenti universitari e ginnasiali, milizie di contadini). Queste caratteristiche facilitano il loro reinserimento nella società. Diversa è la situazione dei "Baltikumer" o per quei combattenti "O.S." (OberSlesien, Slesia superiore) che espugnano il monte Annaberg. Per costoro la lotta si svolge lontano dal solito ambiente, inoltre sono un gruppo di persone notevolmente diverse, dato che non si tratta di conflitti interni. A ciò si aggiunge che qui predominano quegli ex-combattenti che non possono più collegarsi alle proprie posizioni pre-belliche. Intor­ no a questo nucleo si costituisce un insieme di elementi che solo ora acquistano familiarità con le armi, e che si lasciano plasmare da questo "paesaggio" eterogeneo e confuso originatosi dalla guerra nazionale e da quella civile. Da questi corpi volontari e dalle associazioni giovanili del dopoguerra, che adottano forme di vita distanti dagli usi borghesi, così com e dai gruppi di lotta comunisti, si genera un nuovo tipo di rivoluzionario. Il tipo precedente di rivoluzionario aveva attaccato la concezione di vita borghese non nelle sue fondamenta, ma la combatteva (23) Cfr. l’autobiografia di Ernst von Salomon formulata attraverso i due romanzi, Die Geàchteten (I proscritti), 1929, tr. it.: All’insegna del veltro, Parma 1981; e D ie Kadetten (I Cadetti), 1933.

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in quanto appannaggio solo di una parte della popolazione. In altre parole questi non attaccava il principio di vita borghese ma lo pretendeva per tutti. Il nuovo tipo di rivoluzionario si colloca lontano da simili desideri ed è perciò designato dai borghesi come "nichilista" perchè non crede nei valori borghesi. Proprio a causa di questo suo non inserimento q u esto nuovo rivolu zionario acquista p ericolosità e forza di penetrazione. Tùtte le correnti politiche che vogliono rovesciare la Repubblica di Weimar corteggiano questo nuovo tipo di rivoluzionario. Infatti uno dei mutamenti fondamentali nella vita politica di questo periodo è l’apparire di associazioni strutturate militarmente, che cercano di imporre decisioni politiche con la violenza. Create dagli avversari politici del regime al governo, esse traggono in gran parte la loro origine dai corpi volontari o dalle truppe comuniste. Sotto il debole peso della Repubblica di Weimar esse divengono parte essenziale della politica interna, al punto che poi anche i partiti fedeli alla Repubblica sono costretti a costituire associazioni simili. Naturalmente ne costituisce i quadri direttivi il tipo rivoluzionario da noi menzionato e ciò fa sì che queste associazioni conservino sempre una certa autonomia nei confronti delle organizzazioni politiche che rappresentano. Questo vale nell’ambito del nazionalsocialismo per le rivoluzionarie SA (fondate nel 1921) fino al loro spodestamento il 30 giugno 1934 ad opera delle SS (fondate nel 1925), e nell’ambito del comuniSmo per il "Roter Frontkampferbund" (fondato nel 1924). Ciò naturalmente vale ancor più per i "Kampfbunde "(Leghe di lotta) come il "Wiking" (fondato nel 1921) dal capitano Beppo Ròmer e del Dott. Friedrich Weber, il "Wehrwolf' (fondato nel 1923) dell’ispettore universitario Fritz Kloppe e la "Reichsflagge" (Bandiera del Reich) (24) del capitano Adolf Heiss. Abbiamo detto prima che queste associazioni di lotta conservano sempre una vita propria: ciò vale anche per quelle truppe politiche d’assalto che temporaneamente o stabilmente si affiancano ai partiti borghesi di centro: la grande organizzazione dei veterani "Stahlhelm" (Elmo d’acciaio) fondata nel 1918 sotto la direzione di Seldte e Duesterberg, che si colloca affianco ai "Deutschnationalen", lo "Jungdeutschen Orden" fondato nel 1920, strutturato come un ordine militare sotto la guida di M ahrauns, che tem poraneam ente (1930) si u nisce al partito democratico; il "Reichsbanner Schwarz-Rot-Gold" (Vessillo imperiale nero-rosso-oro) fondato nel 1924 sotto la guida di Hòrsing e Hòltermann, (24) Da non confondersi con la "Reichskriegsflagge" che guidata da Rohm, prende parte al Putsch di Hitler nel 1923.

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che funge da truppa in difesa della socialdemocrazia e degli altri partiti repubblicani. Che i militanti più attivi appartengono sempre allo stesso tipo, è dimostrato chiaramente dall’intercomunicabilità tra le varie organiz­ zazioni pur fondate su difformi ideologie politiche. Ad esempio il con­ tadino Beppo Ròmer passa dall’"Oberland" alla KPD (Partito comunista tedesco), Bodo Uhse che percorre la stessa via con soste intermedie presso la NSDAP (Partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori) e la "Landvolkbewegung", mentre l’ufficiale di polizia Giesecke si muove in direzione opposta dalla KPD alla NSDAP. Nella guerra della Ruhr lavoratori comunisti combattono sotto la guida di ufficiali prussiani contro le forze d’occupazione francesi. Verso la fine della Repubblica si hanno a Berlino alleanze tattiche locali tra SA e "Rotfrontkàmpferbund" (Lega dei combattenti del fronte rosso). Istruttiva è la breve autobiografia di un rivoluzionario di questo tipo quale Friedrich Wilhelm Heinz: "A sedici anni volontario nel reggimento dei fucilieri. A diciotto anni tenente in servizio effettivo presso il reg­ gimento di fanteria 46. Somme, Fiandre, offensiva di marzo, combat­ timenti difensivi, guerra di frontiera, brigata Ehrhardt, Putsch di Kapp, Slesia superiore, "Schwarze Reichswehr", guerra della Ruhr. Ferito più volte. Grande invalido di guerra. Sei volte in carcere. Quattordici prigioni conosciute al tempo di Weimar. Senza precedenti penali. Fino al 1925 capo di un corpo di volontari e di una milizia di difesa. Nelle lotte nella Ruhr, capo di un gruppo di sabotatori. Fino agli ultimi giorni del 1923 capo supremo delle SA nella Germania Occidentale. 1925/1928, membro del comando federale degli "Stahlelm" (Elmo d’acciaio) e direttore tem­ poraneo del loro giornale. Più tardi Fiihrer nel partito di Hitler. Dal 1929 non fa più parte di nessun movimento". Con quest’ultima frase non indica naturalmente la fine di ogni attività politica, ma la disillusione "trotzkista" avuta nei partiti di massa. Questa disillusione torna a vantaggio della Rivoluzione Conservatrice. Infatti questa, da noi designata essenzialmente come una corrente cul­ turale, cerca di acquisire aderenti dagli strati rivoluzionari, in modo da affermarsi nella realtà politica. I movimenti di massa del comuniSmo e del nazionalsocialismo registrano in confronto un incremento ben mag­ giore, ma quelli che non trovano una collocazione nè presso la KPD nè presso la NSDAP, ma che non voglion d’altra parte tornare nel grembo della Repubblica, costituiscono per la Rivoluzione Conservatrice la fonte più importante di aderenti.

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Il nuovo tipo rivoluzionario ne costituisce il nucleo, in quanto le forze rivoluzionario-conservatrici durante il periodo della Repubblica di Weimar si distanziano sempre più nettamente da compagni di viaggio fondamentalmente estranei. Non si separano soltanto dai vecchi conser­ vatori. Come risulta dall’inconfondibile autobiografia di F.W. Heinz, le forze rivoluzionario-conservatrici vogliono delimitare i loro confini anche nei confronti dei movimenti di massa plebiscitari e di formazioni neutrali come la "Reichswehr".

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"SCHWARZE REICHSWEHR" ED ASSASSINIO POLITICO. Il distacco dai vecchi conservatori si attua soprattutto dopo il Putsch di Kapp. Il tentativo di Putsch del direttore generale per l’ambiente Wolfgang Kapp, avvenuto a Berlino tra il 13 ed il 17 marzo 1920, appar­ tiene a quelle imprese che proprio con il loro naufragio rendono manifeste delle decisioni che il destino ha preso da tempo. Questo Putsch dimostra che lo Stato precedente la guerra non poteva essere resuscitato; al momento del suo crollo era già marcio dentro. Con il Putsch viene pronunziata la sentenza definitiva sulla monarchia. I gruppi rivoluzionario-conservatori che vi avevano preso parte, da quel momento tirano una netta linea di demarcazione tra loro ed i vecchi conservatori, di sentimenti prevalentemente monarchici. Dopo questo "Putsch" il prin­ cipio monarchico in Germania diventa un’illusione romantica, dietro la quale non c’è alcuno stimolo vitale. Una volta che una monarchia cade, non può essere restaurata come una qualsiasi altra forma di governo. Un altro importante distacco avvenuto in quei primi anni del dopoguerra viene interpretato per lo più, erroneamente, come un ulteriore differen­ ziarsi dai vecchi conservatori, ma in verità si tratta di qualcos’altro. Ci riferiamo alla presa di distanze dall’esercito repubblicano di centomila uomini, la "Reichswehr”, messa su dal generale di corpo d’armata Hans von Seeckt (dal 1920 al 1926 capo del comando supremo). Ben presto si produce un contrasto fra il nuovo tipo rivoluzionario, così importante per la Rivoluzione Conservatrice, e le truppe governative. Dietro questo contrasto c’è qualcosa di più del solito conflitto fra i franchi tiratori, riunitisi, al di fuori della legge, attorno ad un condottiero, ed i "funzionari" militari del nuovo Stato (che tra l’altro per lo più non sentivano affatto questo Stato). E’ una lotta scoppia violentissima nella "Schwarze Reichswehr" (forze arm ate clan d estin e). Q uesta è un’organizzazione in cui il maggiore Bruno Ernst Buchrucker ed il tenente-colonnello Paul Schulz formano in segreto dei volontari con la tacita tolleranza, anzi con il sostegno del comando della "Reichswehr", senza però ricevere una copertura ufficiale e quindi sotto la propria responsabilità. I volontari, in caso di guerra, devono subito incrementare il numero degli effettivi dell’esercito dei centomila uomini. Si tratta soprattutto di uomini dei corpi speciali che si sottopongono ad un’istruzione militare dura e poco pagata.

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Nel 1923 (anno del Putsch) la "Schwarze Reichswehr", che è riunita soprattutto nella regione di Kiinstrin, decide di propria iniziativa di impadronirsi della intera Germania. Eimpresa, insufficientemente preparata, viene soffocata dalle truppe regolari senza difficoltà il l 2 ottobre, ed il ministro della difesa del "Reich" emette un comunicato per la stampa: "Bande nazionalcomuniste hanno tentato d’impadronirsi della fortezza di Kiinstrin." (25). Il termine insolito di "nazionalcomunisti" suscita allora incomprensione e stupore, ma indica in effetti un decisivo mutamento dei fronti politici. Successivamente Seeckt è attaccato aspramente dalla destra a causa della spregiudicata freddezza con la quale abbandona la "Schwarze Reichswehr" dopo la scoperta del tentativo di "golpe". In effetti questo esercito si era potuto formare solo col suo segreto appoggio, ma si renderebbe torto a questa complessa personalità, la cui funzione non deve essere tra l’altro sopravvalutata, se si vedesse nel suo comportamen­ to solo dell’opportunismo. A Seeckt interessa creare nell’ambito dell’esercito regolare una struttura "neutrale", che serva lealmente lo Stato ma che in fondo si senta delegata da un’unità superiore, consideran­ do l’epoca della Repubblica come un periodo d’ibernazione (26). Un intervento attivo nella politica, addirittura una congiura contro la Repub­ blica, è qualcosa di estraneo ad una tale struttura, così l’ostilità alla Repubblica, propria della "Schwarze Reichswehr" e dei suoi capi, va contro le intenzioni di Seeckt, che ne considera i compiti puramente militari. Cari Schmitt ha dimostrato (27) come tutta una serie di meccanismi di "neutralizzazione" (specialmente per i rivoluzionari) sia incorporata all’edificio della Repubblica. Essi concorrono a determinare il decorso fatale della storia tedesca: il 20 luglio del 1944 e la sconfitta si possono comprendere solo partendo da questa prospettiva. Eappoggio del comando supremo dell’esercito viene a mancare anche alla "Schwarze Reichswehr" soprattutto nei processi per gli omicidi politici. Tali processi vengono messi in moto da una rivelazione comparsa sulla stampa nell’estate del 1925, e proseguono fino alla fine degli anni (25) F. W. Heinz, Die Nation greift an, Berlin 1933. (26) Cfr. In proposito il romanzo di Dwinger, Auf halbem Weg, 1939, p. 571 s. (27) Cfr. i saggi di Schm itt, D ie europàische Kultur in Z w ischenstadien der Neutralisierung, in "Europàische Revue", 8 novembre 1929, pp. 517-30; Das Problem der Innerpolitischen Neutralitàt des Staates, in "Mitt. d. Ind. u. Handelskammer zu Berlin", 10 maggio 1930, pp. 471-77; D ie neutralen Gróssen im heutigen Verfassungsstaat, in "Probleme der Demokratie", Berlin-Grunewald 1931.

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Venti. Si tratta di omicidi verificatisi nella "Schwarze Reichswehr" nel 1923 (come già accaduto nei "Freikorps") che avevano avuto come vittime i membri dell’organizzazione accusati di essere informatori delle autorità. In linea generale l’omicidio politico diviene in questi anni per gli avversari della Repubblica uno strumento di lotta. Altre simili imprese della destra sono dirette contro gli avversari di sinistra, come nel caso dell’assassinio di Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg (1919). Non si è invece a tutt’oggi chiarita la funzione e l’estensione della or­ ganizzazione segreta "O. C.", abbreviazione di "Organization Consul", di cui dovrebbe essere console il capitano di marina Ehrardt. Secondo taluni essa coordinò gli omicidi politici nascondendosi dietro la facciata di una innocente ditta commerciale. Altri invece ne contestano l’esistenza e la considerano un’ invenzione di fantasia, fondantesi soltanto su un foglio di carta ritrovato per caso e contenente lo statuto d’una organiz­ zazione, certamente compilato per gioco.

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IL NAZIONALBOLSCEVISMO Di maggiore rilievo rispetto al distanziarsi della Rivoluzione Conser­ vatrice dai vecchi conservatori e dai poteri "neutrali" come la Reichswehr, è la presa di distanze operata, tra il 1918 ed il 1932, nei confronti dei due movimenti politici di massa di fondamentale importan­ za per questo periodo: comuniSmo e nazionalsocialismo. L ideologia che fa da facciata alle forze comuniste deriva dai principii del 1789; quella adoperata dal nazionalsocialismo discende, assieme ad altre componen­ ti, dall’arsenale della "Deutsche Bewegung" e della Rivoluzione Conser­ vatrice, d’ispirazione globalmente europea. Secondo la Rivoluzione Conservatrice, il nazionalsocialismo fa un uso indebito, o quanto meno superficiale, di queste idee. Ciò non toglie che la somiglianza, almeno superficiale determini dei rapporti effettivi. La definizione di "trotzkisti della NSDAP" applicata ai rivoluzionario-conservatori, è indicativa. Nondimeno, durante le tre ondate "nazionalbolsceviche" dell’epoca di Weimar (28) si concretano alcuni punti di contatto con la KPD (29). Col termine "nazionalbolscevismo" si intende in Germania un’unione di obiettivi radical-socialisti e radical-nazionalisti, unione che dovrebbe essere raggiunta per mezzo di un’alleanza tra le due nazioni proletarie, Germania e Russia, contro l’Occidente capitalista. L’idea di una soluzione nazionalbolscevica si risveglia durante la Repubblica di Weimar, allorché l’esistenza sociale e nazionale vengono entrambe minacciate, e la volontà di attuare una rivolta sociale e nazionale urta contro lo stesso avversario. La prima ondata nazionalbolscevica è ris­ contrabile intorno al 1919-20. Essa si forma sotto l’impressione suscitata dalla firma del trattato di Versailles il 28 giugno 1919, che impone alla Germania l’obbligo delle riparazioni, e sotto l’impressione destata dal conflitto russo-polacco del 1920, che conduce le truppe della Russia Sovietica - anch’essa ostile al trattato di Versailles - ben dentro la sfera d’influenza dell’Occidente. Nell’ambito della KPD soprattutto il gruppo di Amburgo, sotto laguida di Heinrich Laufenberg e Fritz Wolffheim a chiamare il popolo a partecipare ad una guerra nazionale contro l’Occidente, e a prendere contatto con rivoluzionario-conservatori come (28) A proposito del Nazionalbolscevismo, cfr. E. Miiller, Nationalbolschevismus, Heidel­ berg 1933. (29) Partito comunista tedesco (N.d.T.).

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Gerhard e Albrecht Erich Giinther o il conte Ernst zu Reventlow. Dalla parte della destra ritroviamo un atteggiamento corrispondente, esemplificato dal consigliere di giustizia Kriipfgantz, che pubblica un’opera dal titolo Der Kommunismus - eine nationale Notwendigkeit (30). Quando la cavalleria di Budjonnis compie le sue scorrerie nel corridoio polacco, si risveglia in molti la speranza di dare alla guerra perduta, ed ufficialmente conclusa, un esito più favorevole, con l’aiuto dei russi. Ma il generale Weygand sconfigge l’Armata Rossa dinanzi a Varsavia nell’agosto del 1920 e Mosca scomunica Laufenberg e Wolffheim, il cui "Partito comunista tedesco dei lavoratori" (KAPD), fondato nel 1920, scende presto al livello d’una setta insignificante e disunita. La Russia è di nuovo respinta e si ritira concentrandosi sui suoi problemi interni. Il nazionalbolscevismo tedesco retrocede al livello di piccole sette che agiscono senza il sostegno delle masse e senza una favorevole situazione politica. La seconda ondata si produce nel 1923. quando l’occupazione della Ruhr da parte delle truppe francesi e l’inflazione determinano una situazione in cui tornano di nuovo a coincidere stato di emergenza sociale ed emergenza nazionale. Nuovamente si mobilitano forze nazionalbolsceviche. Da parte della KPD l’iniziativa viene assunta principalmente dal centro. Radek, funzionario del Komintern, tiene il suo famoso discor­ so in onore del nazionalista Schlageter, der Wanderer ins Nichts (Il viandante nel nulla) (31), fucilato dai Francesi per atti di sabotaggio nelle lotte della Ruhr. Da parte della destra Moeller van den Bruck ed altri rispondono a questa offerta di alleanza abbastanza palese. La "Rote Fahne" scrive (32): "La nazione si disgrega. Eeredità del proletariato tedesco, creata dagli sforzi di generazioni di lavoratori, è minacciata dallo stivale militare della soldatesca francese e dalla vile debolezza della borghesia tedesca avida di guadagni. Solamente i lavoratori possono salvare la nazione". Tutto si limita a proclami. In verità il comunista Heinz Neumann ci informa di lavoratori comunisti che, agli ordini di ufficiali prussiani^ reduci dal fronte, hanno effettuato operazioni di sabotaggiocontro le forze di occupazione ma fatti del genere sono casi sporadici. La definizione del tentativo di Putsch di Kiinstrin come "nazionalcomunista" è sintomatica ed istruttiva, ma nulla toglie al fatto che il Putsch si svolse senza la partecipazione dei comunisti (33). (30) Das Recht der jungen Vòlker, Berlin 1932, pp. 73-100.. (31) E. Miiller Op. cit., p. 20. (32) E. Miiller, Op. cit, p. 21 (33) Il termine "nazionalcomunista" non corrisponde a quello "nazionalbolscevico", ma indica l’ala nazionalista alPintemo della KPD..

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Questa seconda ondata di nazionalbolscevismo, è come la prima, un sintomo di febbre politica. La fine dell’occupazione della Ruhr e dell’inflazione la fa nuovamente decrescere. Più seria è la terza ondata, che inizia nel 1930. La crisi economica mondiale è al culmine e la politica delle riparazioni condotta dagli alleati verso la Germania trova nel piano Young una nuova espressione, comprensibile alle masse. Gregor Strasser, capo dell’ala "nazionalbolscevica" della NSDAP, pronuncia la frase proverbiale sulla "nostalgia anticapitalistica" che pervade il popolo tedesco. La KPD tenta di prendere nelle proprie mani la guida di quest’ondata, in primo luogo per mezzo della "dichiarazione program­ matica del Partito Comunista Tedesco in merito all’indipendenza nazionale e sociale del popolo tedesco" del 24 agosto 1930, e poi ancora nella primavera del 1931 attraverso il "programma d’aiuto ai contadini". Nella KPD si forma un’ala "nazionalcomunista" raggruppata intorno ad Heinz Neumann, che cerca contatti con forze affini della destra, anche se per ragioni prevalentemente tattiche. Questi tentativi sono noti sotto la denominazione di "corso politico Scheringer", che deriva dal caso sensazionale del tenente Scheringer, che viene condannato, assieme a due alti ufficiali, a causa della sua attività di nazionalsocialista nella Reichswehr e che durante la sua detenzione (marzo 1931) passa alla KPD. Anche altri esponenti della destra, di sentimenti insieme nazionalisti e socialisti, si alleano alla KPD: nobili come Ludwig Renn (pseudonimo di Arnold Vieth von Gollsenau) e il conte Alexander Stenbock-Fermor, i dirigenti della "Landvolkbewegung" Bruno von Salomon e Bodo Uhse, i dirigenti di formazioni di volontari come il capitano Beppo Ròmer, che nella lotta del dopoguerra in difesa dell’alta Slesia si era distinto nell’attacco alla fortezza di Annaberg, attacco divenuto un mito nell’ambiente nazionalsocialista. Il comune procedere della destra e della sinistra nell’ambito della politica pratica resta però sempre un procedere puramente "tattico", sia in ambito parlamentare che nel fallito plebiscito "Stahlhelm" contro il governo prussiano dell’agosto del 1931 sostenuto dalla KPD; sia nelle strade e sulle piazze, come ancora in occasione dello sciopero della BVG (azienda comunale dei trasporti di Berlino) del novembre del 1932, sciopero sostenuto congiuntamente dalla NSDAP e dalla KPD. E’ una col­ laborazione limitata e diretta esclusivamente a scopi immediati. La ideologia nazionalbolscevica coinvolge questa volta strati più ampi della popolazione; tuttavia, in contrasto con la prima ondata, manca nella seconda e soprattutto nella terza ondata il sostegno di una situazione

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politica favorevole. Ciò ha come non ultima causa lo sviluppo della politica interna tedesca, che incomincia a togliere all’Unione Sovietica il gusto di esperim enti nazionalbolscevichi in Germania: si tratta dell’ascesa del nazionalsocialismo. In seguito alla sua travolgente avan­ zata dopo le elezioni parlamentari del settembre 1930 (balzo da 12 a 107 seggi, dal nono al secondo posto), la NSDAP rappresenta da questo momento soprattutto le destre tedesche, anche se è guardata con dif­ fidenza dalle destre tradizionali. Parallelamente a questa ascesa si con­ solida la rottura della NSDAP con la Russia. Il gruppo monacense sostenitore di questo corso (Hitler, Rosenberg) soppiantasemprepiù la tendenza "settentrionale" non contraria a soluzioni filosovieticheXi frateili Strasser, Reventìow, Stòhr, Koch e all’inizio anche Goèbbels). Già il 30 giugno 1930 Gregtìr Strasser aderisce al gruppo monacense. Poco dopo, il 4 luglio 1930, suo fratello, al grido "i socialisti abbandonano la NSDAP" si stacca con i suoi seguaci dal partito. Certo, l’Unjon^ Sovietica non assume immediatamente una posizione antitedesca, anzi per~un certo tempo si tiene ancora aperta la^vda^dla coUaborazione con le destre tedesche; ma i patti sovietici Hi non aggressione con la Polonia (25 gennaio 1932) e con la Francia segnano il graduale distanziamento di / Mosca dal suo partner ideale. Già a partire dal 1931 nella KPD si smorza lo sviluppo del "comuniSmo nazionale"; intorno a Thàllmann si riuniscono gli avversari della politicajdi Heinz Neumann. Dopo la presa del potere da parte di Hitler 11 30 gennaio, 1933. Stalin passa necessariamente ad una posizione antitedésca. Accanto a questo bolscevismo nazionale dei nazionalisti e dei comunisti, esiste nella Repubblica di Weimar un moderato "bolscevismo nazionale" delle autorità ufficiali. Questa tenden­ za, esistente all’interno della diplomazia e della Reichswehr, non coincide con le tre ondate nazionalbolsceviche summenzionate: ha per fine solo la politica estera ed evita accuratamente ogni forma di confusione con la politica interna. Resta così nell’atmosfera astratta ed irreale degli alti dirigenti; a questa tendenza1russofila delle, autorità manca ogni legame co n ia popolazione. Nell’àmbito di questo "nazionalbolscevismo" delle autorità si sviluppano relazioni segrete ttaMeictyswghr ed Armata Rossa, che sono condotte, prima di fatto, poi Idealmente, da^eecktTUa durata e la portata di queste relazioni, nonostante i vari resoconti, non sono state completamente chiarite. Anche il successivo processo contro il presunto personaggio principale di parte russa, il maresciallo Tuchatschewskij, porta ben poca luce su tale argomento. Sembra comunque che durante la Repubblica di Weimar truppe speciali tedesche siano state addestrate

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m \1 che vi sia anche stata una cooperazione di carattere tecnico-bellico ico-bellico ffa gli stati maggiori, la cui portatàcómùiique portata comunque è certamgnte'sfàta esagerata. Ancor meno tangibili sono tendenze simili tra i diplomatici. Loro mas­ simo esponente è considerato il sottosegretario del ministero degli esteri e capo della sezione per i rapporti con l’Est, barone Ago von Maltzan, che già nel 1925 viene trasferito a Washington e muore neH 927. La parte sostenuta dall’ajjibasciatore a Mosca, il cosiddetto "conte rosso” Uhji^onJBrocJtdQrff^lantzan (morto nel 1928) è controversa, benché nella mitologia politica sia considerato il propugnatore principale di una politica decisamente orientata verso-UEst, si afferma che poi, con la conclusione del trattato di Rapallo, sia stato un deciso avversario di tale politica. Non è comunque un caso che proprio in quest’ambito siano menzionati due Junker. Dai tempi in cui Federico il Grande si liberò dall’accerchiamento della grande coalizione con l’aiuto dei russi, ed anch'e a partire dal patto militare stipulato dal generale prussiano Yorck a Tauroggen nel 1812, l’orientarsi in direzione russa è un dato costante, della politica prussiana. Maltzan tenta di riprendere questa tradizione che si prolunga fino al tempo presente passando attraverso il trattato di controassicurazione di Bismarck nel 1884. Maltzan induce il ministro degli esteri Rathenau a stipulare il trattato di Rapallo con la Russia nel 1922. La notizia esplode a Londra come una bomba, ma presto appare, per tranquillità degli alleati, come una mossa puramente tattica senza significato strategico. II nazionalbolscevismo moderato non deve essere.soprawalutato, come non lo deve essere quello più radicale. Essi hanno valore in quanto sintomi: il fatto che almeno cq I pensiero siano state sfioritèTalune soluzioni estreme dimostra che la situàziòne polìtica si è inasprita. La descrizione da parte di Erzberg di Brockdorff-Rantzan come di una "pericolosa commistione tra uno Junker prussiano ed un bolscevico russo" oltrepassa il segno. Un’asserzione di Seeckt (34) è tipica testimonianza dell’atmosfera in cui si muove il nazionalbolscevismo ufficiale: "Allo scrittore di queste righe fu sconsigliato una volta, da un diplomatico tedesco a Mosca, di mettere una buona parola per un russo che era stato condannato per aver ordito un attentato contro l’autore stesso. Questo nell’interesse delle relazioni tra i due Stati. Aveva respinto la raccoman­ dazione basandosi sul principio che l’omicidio di un cittadino tedesco in (34) H. von Ser ’ ‘ Deutschland zwischen West und Ost, Heidelberg 1933, p. 43.

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servizio ufficiale era un’ingerenza nei nostri affari interni, contro la quale occorreva un’estrema decisione.". Nonostante la loro moderazione, le tendenze rappresentate da Seeckt e Maltzan non possono affermarsi nel mondo ufficiale della Repubblica di Weimar. Rimangono, nell’ambito sia della diplomazia che dell’esercito, faccende di minorante e tenute a freno dal governo. Quel che si è ot­ tenuto lo è stato di nascosto e sovente in maniera arbitraria. Né la situazione è stata trasformata dagli sforzi di una parte del mondo economico tedesco, che cerca di crearsi un proprio peso ed una propria importanza in Occidente mediante uno stretto rapporto tra una Ger­ mania altamente industrializzata e una Russia ricca di materie prime. Riassumendo: il nazionalbolscevismo della KPE) è elastico, adattato alle varie stagioni secondo i bisogni del Komintern. La^ISIÌ&Pjsoffoca i germi del nazionalbolscevismo presenti nel suo ambito. Il nazlónalbolscevismo di Seeckt e di Maltzan resta a mezza via, e nelle mani dei loro superiori non è che un possibile strumento accanto ad altri. Liala sinistra della Rivoluzione Conservatrice (nei limiti in cui in seno ad essa abbia senso parlare di sinistra e di destra), incline a soluzioni nazionalbolsceviche, deve adattarsi a questa situazione. Verso la fine della Repubblica di Weimar nell’ambito della Rivoluzione Conservatrice emergono in gran numero piccoli gruppi che rivendicano il diritto di rappresentare il nazionalbolscevismo "autentico". Caratteris­ tica la guerra su tre fronti, condotta dal più importante di questi gruppi, la "Wjderstandbewegung" ^Opposizione) dCErnst Niekisch. Significa "opposizione^-sia" alta Repubblica di Weimar, troppo* disposta alTadempImento incondizionato delle clausole di Versailles, che alla ■NSDAP e alla KPD.

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IL "TERZO FRONTE" E altra preclusione della Rivoluzione Conservatrice, quella nei confronti del nazionalsocialismo, non è così facile da disegnare nei suoi contorni così come quella nei confronti del comuniSmo. La divisione fondamen­ tale tra i due movimenti è già stata descritta nei capitoli introduttivi. Anche se la differenza da un punto di vista ideologico è chiara, l’effettiva differenziazione politica è sempre difficile per una Rivoluzione Conser­ vatrice sempre in cerca di concrete possibilità di realizzazione delle sue idee. Gli eventi che fissano il nazionalsocialismo in determinati confini sono situati oltre la Repubblica di Weimar. Come struttura relativamente ben definita, il nazionalsocialismo compare solo negli anni successivi al 30 giugffó"T934. Ejno a quel momento ed in parte addirittura ancor oltre, è uri fascio di possibilità che si indirizzano nelle più varie direzioni. Chi, influenzato dalie se^mplificaziom-propagandistiche del nazionalsocialis­ mo o dei suoi awersari, hon riconosce questa dato, non è in grado di comprendere il nazionalsocialismo e soprattutto gli avvenimenti degli anni 1933 e 1934. Al nazionalsocialismo jmancano, fino al suo crollo, i chiari del comunismò. che invece in quésFultm iàTcorrente" sOno x dogma'fcsO-ed inequivocabile. Le OoptraddizidùiEmèrgenti nellà~dbttrina, cancelli ite da una vaga omògeneitàrtTidéali, si ritrovano anche tra gli aderenti alla NSDAP dai suoi inizi e fino al suo scioglimento. Il lavoratore rivoluzionario di Wedding (35) ed il vecchio combattente del Baltico stanno a fianco del piccola bottegaio che cerca protezione contro la concorrenza dei grandi magaz>_ zini, e che sta anche vicino all’imprenditore che spera in una pacificazione delle agitazioni sociali e in nuovi mercati esteri. Vi è chi sogna in politica estera una crociata contro il bolscevismo condotta assieme all’Italia fascista, chi un affratellamento degli Stati tedeschi intorno al mare del Nord ed intorno al Mar Baltico, mentre getta un’occhiata di disprezzo sui "fellah" del sud; c’è infine chi sogna una rivolta dei nullatenenti contro i possessori delle ricchezze del mondo, rivolta guidata dalla Germania e da una Russia sovietica diventata meno "internazionalista" e più "russa". Nello stesso partito si ritrovano bavaresi, sostenitori di una politica federalista, e prussiani, sostenitori