La morte negli occhi. Figure dell'Altro nell'antica Grecia
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Jean-Pierre Vernant

La morte negli occhi Figure dell'Altro nell'antica Grecia

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Jean-Pierre Vernant

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dell'Altro nell'antica Grecia

il Mulino

VERNANT, Jean-Pierre

La morte negli occhi : Figure dell'Altro nell'antica Grecia / : II Mulino, 1987. 99 p. ; 21 cm. (Intersezioni ; 40). ISBN 88-15-01472-1 l. Morte Grecia antica Studi 2. Grecia antica Concezione mitologica della morte Studi. 292.23

Jenn-Pierre Vernant. Bologna -

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Edizione originale: La mort dans les yeux, Paris, Hachette, 1985. Copyright © 1985 by Hachettc, Paris. Copyright © 1987 by Societ� editrice il Mulino, Bologna. Traduzione di Caterina Saletti. E vletnta ln riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo ef. fettuntn, compresa ln fotocopin, anche ad uso interno o didattico, non autorizzata.

Introduzione

Perché Artemide? Si tratta senza dubbio di un personaggio seducente, la cui giovinezza unisce ad un tempo grande fasci no e grandi pericoli. Ma l'interesse che ha suscitato in me e le domande che su di lei mi sono posto trovano la loro origine in una indagine piu ampia condotta nel corso di questi ultimi anni sui diver­ si modi di figurare il divino 1: su come, cioè, i Greci hanno rappre sentato i loro dei e quali sono i legami e i rappor ti simbolici che, per il fedele, associano tale tipo di simulacro alla div inità che esso ha il compito di evocare, di «rendere presente » davanti a lui. In questo ambito di ricerca mi sono imbattuto nel proble­ ma degli dei greci legati ad una maschera, di quelle divinità cioè che sono figurate mediante una semplice maschera, o il cui culto comporta delle maschere, sia votive sia portate dai celebranti. Si tratta es senzial­ mente di tre Potenze dell'aldilà: Medu sa , una delle tre Gorgoni, Dio ni so e Artemide. Quali tratti comuni presentano queste Potenze, per quanto diverse siano, che le associa n o a quella zona del soprannaturale che la maschera esprime per vocazione? L'ipotesi è che, secondo modalità proprie, tutte e tre siano in rapporto con ciò che chiamerò, in mancanza di meglio, ralteri­ tà; esse riguardano l'esperienza che i Greci hanno potuto fare dell'Altro, nelle forme che essi gli hanno conferito. 1 Cfr. « Annuaire du Collège de France», Resr1mé cles lravaux, dall'annata 1975-76 al 1983-84.

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Alterità: nozione vaga e troppo vasta, ma che non

credo sia anacronistica nella misura in cui i Greci rhnnno co no s c iu t a e utilizzata. Platone oppone cosi In categoria dell'Identico a quella dell'Altro in gene­ rale, lo héterolt 2• Non bisogna parlare, è ovvio, di alterità tout court, ma è necessario distinguere e defi­ nire ogni volta tipi precisi di altetità: ciò che è altro rispetto alla creatura vivente, all ' essere umano (!mthro­ pos), al civilizzato, al maschio adulto (anèt·), al Greco, al cittadino. Da questo punto di vista si potrebbe dire che la maschera mostruosa di Medusa traduce l'estrema al­

terità, l'orrore terrificante di quel che è assolutamen­ te altro, l'indicibile, l'impensabile, il puro caos: per l'uomo, lo scontro con la morte, quella morte che l'occhio di Medusa impone a tutti coloro che incrocia­ no il suo sguardo, uasformando ogni essere che vive, si muove e vede la luce del sole in una pietra immobile gelida, cieca, ottenebrata. Con Dioniso la musica cam­ bia; è nel cuore stesso della vita, su questa terra, l'in­ trusione improvvisa di ciò che disorienta la nostra esistenza quotidiana, il corso normale delle cose, noi stessi: il travestimento, la mascherata, l'ebbrezza, il gioco, il teatro, e infine la trance, il delirio estatico. Dioniso insegna, o costringe, a d iveni r e altri da ciò che si è normalmente, a fare, già in questa vita terrena , l'esperienza di una evasione verso una sconcertante estraneità. E Artemide? Guardiamola: non ogni Artemide ne­ gli aspetti particolari dei suoi santuari e delle sue for­ me 3, ma nel suo aspetto essenziale: quello che confe2 'fimco, 35 n 256 cl 12 r: l : nr:l

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3 s.; TeeMo. 185 c 9; So{ista, 254 P11rmenid