La medicina in Platone
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Mario Vegetti (Milano 1937) insegna storia della filosofia antica presso l'Un di Pavia. Si è occupato dei maggiori problemi della storia del pensiero filosofie scientifico greco, traducendo e commentando tra l'altro le opere biologiche lppocrate, Aristotele e Galeno. Tra le sue pubblicazioni principali Il coltello e

stilo, Milano 19862, Tra Edipo e Euclide, Milano 1983, L'etica degli antichi, Rorr Bari 1989. t attualmente impegnato nella traduzione e nel commento della l pubblica di Platone (l volume Pavia 1994, Il volume Pavia 1995).

In copertina: da Carlo Maria Mariani,

•:re

28.000

t

vietato ridestare gli dei, 1984.

SAGGI

@ 1995

IL CARDO EDITORE S.R.L.

Prima edizione: ottobre 1995 ISBN

88-8079-062-5

Venezia

Mario Vegetti

La medicina in Platone

il Cardo

INDICE

Introduzione LA MEDICINA IN PLATONE

VII

I dialoghi socratici

3

Dal Giorgia al Simposio

Pedone e Repubblica Il Fedro

97

49 75

Introduzione

tTJÀ.Ol'tTJç Ò>v 'lmtOXQ. Ciò che qui interessa soprat­ tutto è la forma dell'esperimento, basato sulla misura ripetuta. Si veda anche la dissezione dell'animale a scopo euristico in Male sacro, 14.

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6o

medicina, 7). Ma il logos non rappresenta per l'ippocratismo solo una generica esigenza di logicità. Come dal punto di vista empirico il metodo richiedeva un proprio criterio di controllo, individuato nella concretezza di aisthesis, cosi il suo versante lo­ gico deve parimenti essere sottoposto a una verifica di coerenza e di significatività intrinseca, in una parola di «correttezza». Ed è questa la funzione di orthotes, un concetto elaborato dalla sofi­ stica protagorea e prodicea, che gli Ippocratici usano costante­ mente in un senso, come appare dal contesto, già «tecnico», ben delimitato ma purtroppo mai esplicitamente definito. La fun­ zione di orthotes appare comunque ben chiara in numerosi pas­ si (dove il termine è sempre usato nella forma avverbiale, risul­ tandone cosi accentuato il valore modale, metodico) : in Arie ac­ que luogh� l essa è posta come imperativo a chi voglia condurre indagini sulla medicina; in Prognostico, 25 appare come la ne­ cessaria forma logica della prognosi. Di conseguenza solo quando essa impronti la ricerca quest'ultima può aprirsi la via verso il saphes (Antica medicina, 20), può, se inoltre condotta con giusta intenzione, aver ragione di tyche e giunger vicina al controllo compiuto della realtà, alla certezza razionale di atrekes (Antica medicina, 1 2 ) . Già in quest'ultimo passo appare chiaro come grazie all'intervento di orthotes il logos si specifichi nella più pregnante funzione di loghismos. Ma è in un fondamentale luogo del capitolo 1 4 che i diversi elementi del metodo fin qui considerati trovano la loro sintesi, sia concettuale sia termino­ logica: «< primi scopritori, che avevano condotto l'indagine sul­ la natura dell'uomo in modo giusto e con un ragionamento ade­ guato, appunto questo scoprirono». Dove è dato vedere che ribadita l'esigenza dell'ethos intenzionale della ricerca ( kalos) ­ sia il momento logico ( logos, orthotes, loghismos) sia quello empirico (richiamo alla aisthesis come criterio) si saldano nella vitale nozione di loghismos prosekon, cioè di metodo logico «ade­ guato» alla struttura naturale, e atto quindi a portare la ricerca al proprio compimento euristico. Non è qui il caso di insistere sull'importanza della funzione di loghismos prosekon, tale da sbloccare tutta una situazione speculativa ristabilendo all 'inter­ no della techne quella essenziale circolazione di verità e realtà che pareva per sempre impedita dagli opposti dogmatismi

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eleatico e physiologico, e da rilevare la misura della potenza innovatrice del metodo ippocratico; sarà piuttosto opportuno vedere brevemente in quali funzioni euristiche tale metodo si esprimesse una volta riattivata quella circolazione. Occorre citare in primo luogo la nozione di aitia, di causalità10 cioè, di cui compare in Antica medicina una definizione che può senz'altro ritenersi eccezionale nell'ambito dell'epistemologia del secolo v, dove il termine aveva per lo più il valore etico giuridico di «responsabilità»: Dobbiamo i n verità ritenere che l a causa di ciascun fenomeno consista in quei fattori che, se presenti, ne determinano l'insorgere necessariamente e in un modo ben preciso, se invece trasmutano in un altro assetto, ne consento­ no la scomparsa. [Antica medicina, 1 9 ]

Una volta riconosciuta e tradotta nel discorso scientifico, aitia assume l'aspetto di profasis, spiegazione razionale (Antica medi­ cina, 2), che distingue la spiegazione scientifica da quella della superstizione e della magia (Male sacro, 1 ) . In questo senso profasis è una delle idee-guida del metodo scientifico del secolo v, come dimostrerà la storiografia tucididea. Un secondo strumento metodico di comprensione dell' espe­ rienza è quello di dynamis, cioè di proprietà, di potenzialità a produrre effetti. Dynamis è complementare ad aisthesis nel se­ gno dell'attività, ed entrambe concorrono a concepire l� realtà come «esperienza» fenomenica. Così il «freddo» e il «caldo» della physiologia vengono trasformati in dynamies al pari delle altre, comprensibili e controllabili a partire dalla loro capacità di cau­ sare effetti (aistheseis) sul corpo (Antica medicina, 16). Ciò che più importa, è che né freddo né caldo né gli stessi umori sono dynamies in sé, bensì solo nello stadio di massima attività e pre­ cisamente nell'atto di produrre un effetto (Antica medicina, 22) . E questo, come è stato notato, significava praticamente porre in secondo piano le «cose» in quanto tali e ritrovarne una nuova concretezza nell'esser in relazione con un oggetto paziente e 10

\

di aitia ha Hippocratica, in «Hermes», 73, 1 938, pp. 36-8.

Sulla vicinanza fra Ippocrate e Democrito a proposito del concetto

insistito soprattutto W. Nestle,

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senziente. Il Fedro e il Sofista ci daranno la misura dell'impor­ tanza che questa impostazione rivestiva agli occhi del maturo Platone; nel pensiero ippocratico, essa significa soprattutto una ulteriore possibilità di rendere omogenea al metodo e quindi razionalmente controllabile una larga zona dell'esperienza, come dice lucidamente il capitolo 25 del Prognostico: «Chi si dispone a prevedere correttamente [ ... ] deve possedere una approfondita conoscenza di tutti i segni ed essere in grado di valutarli, commisurandone l'efficacia ( dynamis) reciproca». Qui il fondamentale krinein metodico, che procede dall' ap­ prendimento razionale dei sintomi, passa appunto attraverso il trattamento logico delle dynamies, che a tale trattamento erano compatibili. Dynamis tende quindi a diventare la funzione più significativa di physis, anzi la sola ad essere significativa dal pun­ to di vista del metodo scientifico. È azzardato dire che dynamis risolve in sé physis senza residui, giacché la seconda conserva, nel rapporto fenomenico dynamis/aisthesis, un valore di strut­ tura oggettiva sia del paziente sia dell'agente. Non si può d'altro canto pensare a una physis che costituisca la base sostanziale, in qualche modo trascendente, di quel rapporto. In Epidemie, 1 , 23, physis appare la struttura di tutti gli oggetti singoli ( hekasta) e di ciascun hekaston, da cui occorre prender le mosse per co­ struire uno schema eziologico e diagnostico comprensivo. In un importante passo di Arie acque luoghi (24) physis appare al plu­ rale (il che già basterebbe a contestarne l'interpretazione quale base sostanziale dei fenomeni) e connessa al termine idea, sul cui valore metodico torneremo tra breve; va notato che essa è accompagnata da un superlativo assoluto indicante opposizio­ ne, che la riconnette immediatamente alla definizione di dynamis sopra discussa. La nozione di physis rappresenta dunque il mo­ mento di massima oggettivazione cui il metodo possa giungere, ed essa, insieme con quella complementare di dynamis, appare atta a dar conto dell'intero sistema delle realtà naturali1 1 •

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11 Una larga corrente critica ha insistito sull'impor� dell'idea di physis in Ippocrate come sostrato sostanziale o come funzione cosmica, avvicinandolo cosl da un lato alla Naturphilosophie, dall'altro alla medicina di Erodico. Fra gli interpreti più importanti ricorderemo il Pohlenz, Hippokrates cit., pp. 85-6 e Id., L'uomo greco, trad. it. Firenze 1962, pp. 329-34. Il Pohlenz ignora Antica medidna e dà grande

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La base empirica del metodo, espressa cosi nelle funzioni di physis, dynamis e aisthesis (procedendo dalla maggiore ogget­ tivazione alla maggiore soggettivazione) si articola a sua volta in gruppi e classi di diversi gradi di concretezza. Aa essi corrispon­ dono le nozioni di katastasis e di eidos. Katastasis, che vale «co­ stituzione» (e per la quale si vedano Arie acque luogh i, 1 1 ; Prognostico, 1 9 ed Epidemie, 1, l ) , individua un gruppo di feno­ meni nella sua definizione strutturale, cioè in quanto essi pre­ sentano di comune e di unico nella loro «natura» e nelle loro leggi di sviluppo: si parlerà cosi della katastasis di una stagione o di un gruppo di malattie affini. Dal canto suo eidos o idea (per il quale si veda oltre ai luoghi citati ad esempio anche Antica me­ dicina, 1 5) compie in Ippocrate un ulteriore passo del suo com­ plesso cammino dal valore originario di «forma visibile)> a quel­ lo logico di «classe» 12• Nel metodo ippocratico, eidos vale propriamente «forma», astratto quindi rispetto a physis e anche a katastasis ma non del tipo di astrazione logico-linguistico che è proprio di «classe»: esso individua la modalità di un gruppo di fenomeni o anche di dottrine (in questo senso cfr. Antica medicina, 1 2 ) , quindi la fi­ gura essenziale in cui essi si inserivano e che dal punto di vista metodico rappresenta uno dei più significativi schemi di unifi­ cazione. È importante notare che né eidos, né le altre «funzioni»

peso all'influenza di Diogene di Apollonia su lppocrate. Sulla stessa linea, più recen­ temente, si muovono Capelle, Hippokrates cit., pp. 27-9, e, in modo ancora più accentuato, Schumacher, Antike Medizin cit., pp. 1 78-88. Quest'ultimo insiste sulla dipendenza di Ippocrate dalla physiologia e sul concetto di teleologia della natura. Su quest'ultimo punto concorda, seppure in modo più critico e tenendo presente l'im­ portanza di Antica medicina, lo Jaeger, Paideia cit., III, pp. 46-5 1 . La testimonianza platonica che abbiamo fin qui esaminato, e i passi ippocratici citati a raffronto, sembrano escludere questa interpretazione, che andrà comunque discussa più a fon­ do a proposito del Fedro, su cui essa si appoggia. Interpretano nel nostro senso le funzioni di physis e dynamis nel loro contesto platonico-ippocratico (fino al Fedro) autori come J. Souilhè, Etude sur le terme dynamis dans les dialogues de Platon, Paris 1 9 1 9, pp. 55-6; e Kucharski, La «Méthode d'Hippocrate» cit., pp. 330- 1 , su cui pure torneremo a proposito del Fedro. 12 Sull' eidos in Ippocrate, si vedano intanto A. E. Taylor, Varia Socratica, Oxford 191 1 , pp. 2 1 2-43, e G.M. Gillespie, The use of «eidos» and «idea» in Hippocrates, in «Classical Quarterly» 3, 1912, pp. 1 79-203. Cfr. anche Jaeger, Paideia cit., III, pp. 34-40.

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che abbiamo ora descritto, possono essere ritenute propriamente «poste» dal metodo, ma piuttosto «riconosciute» dal metodo e da esso fatte emergere grazie alla propria strumentazione eu­ ristica. Per portare il metodo più vicino alla concreta prassi quotidia­ na del medico, si ricorre talvolta all'uso di paradeigmata (cfr. Regime nelle malattie acute, capitolo 46), cioè di modelli empirici ma appunto metodicamente costruiti, e quindi atti a rappresen­ tare situazioni esemplari e a orientare più sicuramente quella prassi. Il metodo viene cosi configurandosi nel suo insieme come una mobile struttura di organizzazione dell'empirico, come uno sche­ ma aperto di riferimenti alla cui luce intendere e controllare l'ac­ cadere, il mutevole mondo degli hekasta. E dove il metodo dà la più alta prova di sé è nella funzione prognostica, che non è pre­ visione di una successione meccanica di un determinato effetto a una determinata causa, bensi sforzo di individuare la tenden­ zialità di fondo della situazione, i significati del passato e del presente nel loro estendersi verso il futuro. Una prognosi cosi concepita comportava la necessità di trasporre il singolo feno­ meno sul piano significativo del segno-sintomo, del semeion, per farne il punto di partenza di un ulteriore avanzamento dell'in­ dagine. Metodo prognostico significava dunque metodo semeiotico, il cui ideale era quello della perfetta comprensibilità e prevedibilità del reale per la ragione, mediante la trasforma­ zione, al limite, di ogni hekaston in semeion. Che tale ideale non si possa dare per scontato, lo avvertiva Antica medicina col suo costante richiamo alla storicità della techne e alla complessità inesauribile dell'esperienza; ma che il semeion, nel quale la base empirica s'incontra con le garanzie di verità intrinseche al metodo, presenti una volta acquisito il più alto livello di universalità e di validità formale, lo asserisce vigo­ rosamente il Prognostico:

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Questo d'altronde occorre bene sapere intorno agli indizi e ai vari sinto­ mi, che in ogni anno e in ogni regione quelli cattivi significano qualcosa di cattivo e quelli favorevoli qualcosa di buono, poiché e in Libia e a Delo e in Scizia si rivelano veri i sintomi di cui sopra si è discusso. E dunque bisogna ben sapere che negli stessi luoghi non è affatto impossibile ottenere successo

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nella gran parte dei casi, se li si è compresi a fondo e se si sa correttamente compiere le proprie valutazioni e le proprie calcolate previsioni. [ Prognostico, capitolo 25]

È interessante notare come il pensiero ippocratico non man­

chi di dare precise regole sul come si debba costruire un discor­ so basato sui requisiti logici ed euristici propri del metodo che abbiamo sommariamente descritto13• È dato a questo punto in­ tendere in tutto il suo valore la più sintetica e più risoluta for­ mulazione che gli Ippocratici abbiano dato intorno al rapporto fra teoria e realtà, fra metodo ed esperienza, quella dell'Aforisma n.52: «Chi segue in tutto un piano razionale, non cambi il piano neppure se sopravvengono fatti non conformi ad esso, qualora resti del suo avviso iniziale». La teoria, cioè, non va cambiata fino a che i fatti non induca­ no alla costruzione di una teoria più adeguata, di un migliore loghismos prosekon. A questo punto, ci si è probabilmente avvicinati all'identifica­ zione della medicina che Platone veniva assumendo nel Gorgia a modello di un giusto rapporto fra logos ed empeiria. Recipro­ camente, la sua analisi può ritenersi una delle più profonde ca­ ratterizzazioni teoriche del nucleo metodico della techne ippo­ cratica. È stato tuttavia osservato che nel dialogo emerge una contrapposizione fra empeiria da un lato e logos, episteme e tech ne dall 'altro che era estranea all'ippocratismo1\ e questa osserva­ zione contiene una parte di verità. È certo che il modello di tech ne proposto da Platone è intrinsecamente articolato fra empeiria ed episteme, e che entrambi i poli sono fortemente connessi dal metodo, sicché tale modello, come si è visto, aderisce perfetta13 Si veda Antica medicina, 20: «Non dica semplicemente [il medico): "è un cattivo cibo il formaggio: ha dei dolori chi se ne è riempito", ma sappia quali dolori e perché e a quali parti del corpo il formaggio è controindicato: perché vi sono molti altri cibi e bevande cattive, che però non agiscono sull'uomo nello stesso modo. Mi si facciano dunque asserzioni di questo tipo: "il vino non annacquato, bevuto in abbondanza, agisce in questo e questo modo sull'uomo": allora tutti quelli che lo sanno, compren­ deranno che questa è la proprietà stessa del vino e che esso ne è la causa: e su quali parti del corpo ha soprattutto questo effetto, lo sappiamo. Una tal verità voglio che appaia chiara anche sul resto». 1 4 Cfr. Dodds (comm., p. 229).

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mente all'ippocratismo e alla linea anassagorea che esso veniva svolgendo; ed è anche certo che l' empeiria alla quale il filosofo si oppone prescinde da logos e dalle sue categorie di organizzazio­ ne. È pur vero, tuttavia, che tale frattura fra empeiria ed episteme è tanto radicale da lasciar intravedere dietro di essa un'implica­ zione ontologica - qui ancora inespressa -, e da non poter resta­ re senza conseguenze sulle future tesi platoniche sulla scienza. Più pertinente al Gorgia, tuttavia, è il quesito intorno alle ra­ gioni per le quali Platone ha qui scelto la medicina anziché la matematica a modello di scienza. La risposta consiste, da un lato, nelle osservazioni ora svolte circa il metodo ippocratico, che doveva apparire alla riflessione del filosofo dotato di una digni­ tà epistemica certamente non inferiore a quello matematico, e che doveva godere di un eccezionale prestigio culturale all' epo­ ca in cui il Gorgia fu scritto. V'è, d'altro lato, un diverso ordine di ragioni che ci introduce alla seconda parte della nostra analisi del Gorgia: che cioè la medicina cosi metodicamente strutturata doveva apparire a Platone l'unica scienza in grado di controllare e trasformare physis mediante una praxis razionale e orientata da valori ben precisi, apparendo cosi, per via analogica, estre­ mamente suggestiva riguardo alla speranza di intervenire nella storia e nella politica in funzione di una prospettiva etica e se­ condo un metodo razionale15• Dal canto suo la matematica do­ veva apparire a Platone incomparabilmente meno ricca di si­ gnificati etico-pratici, meno feconda ai fini di una trasforma­ zione pianificata della realtà. L'analogia fra l'anima e il corpo, e fra le rispettive scienze, che era già affiorata dall'indagine sui dialoghi giovanili, viene teorizzata esplicitamente per la prima volta nel Gorgia ( 464 b­ e). La scienza dell'anima è la politica, il cui sostitutivo non­ epistemico è la retorica, e che si suddivide a sua volta in legisla­ tiva e giudiziaria. Allo stesso modo v'è per il corpo un'unica scien­ za, cui corrisponde nel campo di tribe la cucina: essa si suddivi­ de in ginnastica e in medicina propriamente detta o terapeutica ( 520 b). In questo suo aspetto terapeutico, la medicina è quindi 66

15 Cfr. Jaeger, Paideia cit., 1 1 , p p . 218

sgg.

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strettamente analoga a dike (478 a sgg.) : il che significava rico­ noscere, nella concreta praxis del medico, un valore moralmen­ te esemplare16; e significava d'altra parte far compiere un grande progresso alla concezione della giustizia penale, riguardata or­ mai come terapeutica e non più punitiva17• Con una ulteriore estensione, l'azione del medico, che gover­ na il malato sulla base della propria competenza scientifica e in funzione di un ideale di sanità, svolgendo al suo capezzale un'azione paideutica, poteva rappresentare per Platone il mo­ dello del buono statista, poiché il suo problema è appunto quel­ lo di una therapeia poleos ( 52 1 a, cfr. anche 490 b-e). Reciproca­ mente, Platone può convenire con Ippocrate (si veda ad esem­ pio Arie acque luoghi, 1 6 ) , che le istituzioni formano gli uomini, buoni se buone, cattivi se cattive (Menesseno, 238 c). Al riconoscimento del valore metodico della medicina sem­ bra quindi corrispondere quello del suo significato etico-socia­ le. Nell'analogia fra anima e corpo, che di tale riconoscimento è alla base, si celava tuttavia la possibilità di un esito epistemologico radicalmente opposto. Nel Gorgia, infatti, viene affermata la ge­ rarchia fra i due poli, corporeo e psichico, che era latente nei dialoghi giovanili18: se l'anima non presiedesse al corpo, questo non sarebbe capace di discernere fra medicina e cucina, e pro­ p enderebbe probabilmente per la seconda (465 d). Si tratta di una posizione apparentemente marginale: ma essa comporta una opposizione fra l'oggetto della scienza dell'anima e quello della scienza del corpo che, nel caso di una sterzata ontologica delle vedute di Platone sulla scienza, non avrebbe mancato di influire anche sul valore epistemico rispettivamente attribuito alle due discipline19• 16 Si vedano anche passi come 475 e (il logos è medico dell'anima) e 477 b (l'ingiustizia è la malattia della psiche). Sul rapporto istituito dal pensiero greco fra medicina e dike cfr. R. Mondolfo, Alle origini della filosofia della cultura, Bologna 1956, pp. 67-8. 17 Cosi anche Dodds (comm., p. 254). 18 Cfr. Wehrli, Der Artzvergleich bei Platon cit., pp. 183-4, che nota la derivazione pitagorica di tale gerarchia e la sua distanza dalle posizioni ippocratiche. 19 Un primo segno di questo movimento, pur senza diretto riferimento alla medicina, si ha nel Menone (97 a-98 a) dove nasce la contrapposizione fra episteme e doxa.

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Il Simposio, che conclude anche cronologicamente questo grup­ po di dialoghi, ne riepiloga dal punto di vista del nostro proble­ ma tutti i filoni, sia pure trascrivendoli su di un diverso registro, quello della rappresentazione «teatrale», lontanissimo dai dibat­ titi epistemologici del Carmide o del Gorgia. Occorrerà quindi analizzare attentamente il discorso di Eris­ simaco, che, ben lungi dal costituire - come ha dimostrato lo Edelstein20 - una forzatura parodistica, rappresenta invece quel­ li che al maturo Platone apparivano il contenuto e il senso es­ senziale della medicina e della scienza naturale ionico-attica sullo scorcio del secolo v, e funge per un certo verso da illustra­ zione concreta della teorizzazione operatane nel Gorgia. E oc­ correrà ancora vedere come, nel discorso di Socrate, vengano alla luce certe posizioni eversive già premesse nel Gorgia stesso e nel Menone. I tratti drammatici che Platone impiega per mettere a fuoco il personaggio di Erissimaco lo ritraggono nella veste dello scien­ ziato autorevole e colto, serenamente razionale e positivo anche in contrapposizione alla mania socratica ( 1 75 c sgg., 1 76 e sgg. )21• Sappiamo da Platone che Erissimaco era tra i medici più famosi della sua epoca (Fedro, 268 a), e uomo aperto, sul piano dell'ela­ borazione teorica, sia alla sofistica naturalistica di lppia ( Prota­ gora, 3 1 5 c) sia a quella logica di Prodico (Simposio, 1 77 b); dal suo discorso conviviale ( 1 85 e- 1 88 e) risulterà chiaro che in lui Platone riconosceva, al pari che in Ippocrate, una fusione di sa­ pere specialistico e di riflessione teorica sulla technicità e sul suo significato culturale22• Una figura, quindi, estremamente atta a orientare la discussione in senso razionale e a rappresentarvi le «grandi technai» del suo secolo. L'esordio di Erissimaco raccoglie una lunga tradizione del pen­ siero medico, che andava dai Luoghi nell'uomo ad Antica medici­ na ( l, 20 ): e&i riconduce anche il problema di eros alla techne, e

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2° Cfr. L. Edelstein, The Role ofEryximachus in Plato's Symposium, in «Transactions and Proceedings of the Amer. Philol. Assoc.», 76, 1945, pp. 85- 103. Edelstein confuta la tesi che fa capo al Wùamowitz sulla voluta «pedanteria» di Erissimaco. 21 Cfr. Edelstein, The R6le of Eryximachus ci t., pp. 96- 103. 22 Scrive di Erissimaco il Robin ( comm., p. 52 nota l ) : «La technicità lo preoccupa molto più della cosmologia». Sulla crucialità culturale della medicina, cfr. ivi, p. 66.

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dalla techne prende le mosse ( 1 86 a-b), consapevole che la con­ sistenza specialistica della medicina è la miglior premessa per una sua estensione a problemi culturali di ordine generale23• E la medicina permette innanzitutto, procedendo dalla distinzione fra lo stato di salute e quello di malattia, e dal principio dell'at­ trazione degli opposti, di fondare obbiettivamente la distinzio­ ne fra eros negativo ed eros positivo, che Pausania aveva accen­ nato su un piano moralistico; e di fondare quindi la necessità di contrapporsi al primo e di favorire il secondo, che è amore di salute ( 1 86 b-e). Va qui notato, intanto, che con il principio del­ la attrazione degli opposti Erissimaco si collega alla linea alcmeo­ nica, anassagorea e ippocratica in contrapposizione a quella empedoclea; e che, d'altro lato, il riconoscimento dell'ambigui­ tà del corpo e della funzione della techne per orientarlo positiva­ mente lo distingue dalle correnti teleologiche di medicina cui s'è fatto cenno. Più specificamente, Erissimaco definisce la medicina come scienza delle attrazioni del corpo «verso il riempimento e lo svuotamento» ( 1 86 c), avvicinandosi così, attraverso lo schema plerosis!kenosis, ad Antica medicina, al Regime nelle malattie acute, a molti Aforismi24; mentre poi la visione della terapia imperniata sul «mutamento» lo connette, oltre che a queste opere, anche ai Luoghi nell'uomo, 45. L'eros positivo, che è salute, viene ulteriormente ricondotto, secondo una tipica prospettiva alcmeonica e ippocratica (si veda Antica medicina, 14), alla homonoia tra gli opposti, a loro volta esemplificati in questo modo: « [ ... ] il freddo e il caldo, l'amaro e il dolce, il secco e l'umido, e tutti quelli di tal genere» ( 1 86 d-e). Va di nuovo notato che Erissimaco non si arresta alle due coppie classiche della physiologia, bensì vi aggiunge amaro e dolce, di nuovo sulla linea di Antica medicina, 14, e soprattutto lascia in­ definita la serie degli opposti, seguendo l'indicazione alcmeonica (DK B4) . L'estensione dei concetti di homonoia e di krasis alle stagioni, l'importanza di esse rispetto alla salute di tutti i viven23 Tipica della linea ippocratica è anche la subordinazione del terapeutico al dia­ gnostico, che il Robin (comm.), riconosce in 186 c-d. 24 Come rileva anche Edelstein, Eryximachus cit., p. 92 e nota 25.

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ti, e la conseguente rilevanza dell'astronomia ( 1 88 a-b), rivela­ no poi un'inequivocabile ispirazione di Erissimaco a passi ippocratici come quelli di Arie acque luoghi, 1 -2, 12, e del libro 1 delle Epidemie. Proprio per aver trovato i mezzi atti a ristabilire l'homonoia tra gli opposti Asclepio vien detto da Erissimaco, ancora una volta vicino ad Antica medicina, 14, il fondatore del­ la medicina. Per contro, Erissimaco polemizza esplicitamente contro Eraclito, osservando che l'armonia non può consistere nella ten­ sione degli opposti nella misura in cui essi permangono come tali, bensì in un loro superamento nella krasis ( 1 86 e sg. ) . Impli­ cita, ma chiara, anche la sua polemica contro pitagorici ed empedoclei, proprio perché egli lascia indefinita la serie degli opposti e non li concepisce come strutture sostanziali e perma­ nenti, bensì come situazioni che vengono superate nei concreti processi della krasis biologica, e che vengono superate grazie anche all'intervento armonizzante della techne. Del resto, non è a Erissimaco ma ad Aristofane che Platone attribuisce nel Sim­ posio posizioni tipicamente empedoclee25: è quest'ultimo a rie­ vocare una arche, una palaia physis dell'indistinzione originaria, «sferica», e a teorizzare le parentele astrali del nostro mondo, il rapporto microcosmo-macrocosmo ( 1 89 c sgg.) . Appare quindi improprio lo scorgere nella figura di Erissimaco un segno del­ l'influenza della medicina italica sul Platone del Simposio, e non necessario il suo avvicinamento all 'autore del peri physon o del peri diaites26• Piuttosto, la nostra analisi ci induce a vedere nel 2 5 Cosi anche Robin (comm., pp. 60- 1 ) . Cfr. in E..mpedocle, ad esempio, B6 1 e 62. 26 L'interpretazione è rappresentata precipuamente dal Taylor, Plato cit., pp. 2 1 7-

8, che sostiene che Erissimaco rappresenta le vedute della scuola siciliana, dalla quale

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dipenderebbero in larga parte i riferimenti platonici alla medicina. La sua posizione risentirebbe di influenze sia eraclitee sia pitagoriche, mediate attraverso Empedocle, e confluenti in posizioni simili a quelle del peri diaites, 1. Abbiamo già cercato di di­ mostrare come fin qui i riferimenti platonici alla medicina si ispirano alla linea ionico­ attica e ignorano, o talvolta rifiutano, la linea empedoclea. Vede un'influenza della cosmologia empedoclea su Erissimaco anche Kranz, Platon uber Hippokrates cit., p. 199. Una sua vicinanza ai pitagorici per il riferimento all'astronomia (spiegabile però attraverso Arie acque luogh1) è supposta anche da Robin (comm., p. 55 nota 1 ) . Più correttamente M. Wellmann, Die Schrift «peri hires nouson» des Corpus Hippocraticum, in «Sudhoffs ArchiV», 22, 2, 1929, p. 297, fa dipendere Erissimaco da Alcmeone.

DAL GORGIA AL S I M P O S I O

discorso di Erissirnaco un «pastiche» platonico della linea ionico­ attica di pensiero naturalistico, con la sua eredità alcmeonica, con la sua presenza anassagorea filtrata attraverso i Luoghi nel­ l'uomo, con il peso determinante delle grandi opere ippocratiche e, infine, con qualche traccia delle posizioni di Polibo. Tramite la personale vocazione eclettica di Erissimaco, Platone poteva inoltre tratteggiare le influenze della sofistica naturalistica che sullo scorcio del secolo si esercitavano certamente su quel pen­ Siero. Ci si può chiedere, a questo punto, come maL Platone non introduca lo stesso Ippocrate a far da portavoce alla propria techne, a fianco di altri interlocutori al massimo livello quali Aristofane e Agatone. La risposta pare consistere proprio in que­ sto carattere composito della figura di Erissirnaco, che riassu­ meva, non senza contaminazioni, un'intera corrente di pensie­ ro, e che d'altro canto si prestava nel suo eclettismo alla giocosità dell'occasione assai più del maestro di Cos, nella cui severa ri­ flessione Platone giunse a identificare lo stesso alethes logos. Va ricordato d'altronde che non ci resta traccia di legami personali fra Ippocrate e Socrate o Platone, mentre lo stesso Platone ci parla di un'amicizia stretta fra il suo maestro e Acumene padre di Erissirnaco (Fedro, 227 a) . In ogni caso, il modello di scienza rappresentato da Erissirnaco, largamente ippocratico nei suoi modi e nei suoi presupposti, gioca nel Simposio un duplice ruolo di notevole significato. Nel­ l'economia del dibattito, esso vale intanto a elevarne il tono dal senso comune degli interlocutori precedenti, Fedro e Pausania, e a predisporlo all'intervento «dialettico» di Socrate; e questo è in qualche modo simbolico della funzione che Platone dovette riconoscere nella scienza sullo scorcio del secolo v: far giustizia cioè dei pregiudizi del buon senso e della retorica naturalistica, predisponendo la via a un modo nuovo del filosofare. In secon­ do luogo, nella visione, propria di quella scienza, di homonoia e krasis come sanità, di hybris e ingiustizia come patologiche, dun­ que nella sua concezione di eros come condizione e possibilità positiva dei processi biologici, Platone dovette vedere una prova della possibilità di una presa dell'etico sul reale e di un fondamento oggettivo dell'etico stesso: dunque una prova delle possi-

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LA M E D I C I NA IN PLATONE

bilità di costruire un'etica - e una politica - in rapporto concre­ to ed operativo con la realtà umana, storica e anche naturale. Appare dal Simposio che proprio in questo aspetto dovette con­ sistere il senso conclusivo della scienza naturale del secolo v per il pensiero platonico giunto alle soglie della grande revisione della Repubblica; per un pensiero, cioè, sempre più incline - come la figura stessa di Erissimaco dimostra - a far passare in secondo piano i i valori di metodo esplorati dal Carmide al Gorgia, o per lo meno a renderli strumentali rispetto agli ora più pressanti interessi etico-politici. Fin qui, del resto, una tale operazione era pienamente auto­ rizzata dalle strutture della scienza ippocratica. Essa incomincia a diventare eversiva nella misura in cui quei valori metodici ven­ gono contestati nei loro fondamenti, sicché l'estensione etica, abbandonata a se stessa, finisce per assumere un mero significa­ to analogico. Nel Simposio i temi di critica alla scienza vengono infatti ripresi più esplicitamente, sia pure con qualche ambigui­ tà e senza riferimenti diretti alla medicina. Nel versante propria­ mente platonico del dialogo27, emerge una definizione di scien­ za nuova e radicalmente diversa da quella del Gorgia: la scienza è ora ( 2 1 0 d) essenzialmente una e identica, si definisce per il suo oggetto, la forma eterna del bello, e perciò stesso sovrasta in valore e dignità tutti gli altri mathemata. Unità ed eternità della scienza spiegano ormai perché appaia per la prima volta in Pla­ tone - sia pure attribuita a Diotima e non a Socrate - la distin­ zione fra l'uomo divino, sapiente del commercio degli dèi con gli uomini mediante le technai mitico- intensive quali la mantike28, 27

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Che questo passo del discorso di Diotima segni una chiara discriminante fra Socrate e Platone era già stato notato da H. Maier, Socrate, trad. it. Firenze 1944, I, pp. 1 44-5. Cfr. anche V. de Magalhaes-Vilhena, Socrate et la légende platonicienne, Paris 1952, p. 206. 28 Per la sapienza di Apollo, e dunque per la medicina sacrale, v'è una stretta con­ nessione fra techne e mantike, fra farmaci e katharseis, come afferma Cratilo, 405 a-b. � proprio contro la «medicina di Apollo», con i suoi sogni e purificazioni e magie, che si rivolge la polemica di Male sacro, 4; è contro la mantike che si appunta l'ironia di Regime nelle malattie acute, 8, nel suo sforzo di distinguerla dalla techne medica. Alla «medicina di Apollo», si riferisce Diotima in questo passo. L'eclettico Erissirnaco, dal canto suo, non si spinge come gli Ippocratici a negare alla mantike qualsiasi dignità, ma insiste nel distinguerla dalla medicina ( Simposio, 1 88 b-d).

DAL GORGI A AL S I M P O S I O

e l'uomo delle technai discorsive e manuali, degradato qui - e la degradazione permarrà nei secoli - a banausos (203 a). Dove si collocano a questo punto le techna� prima fra esse la medicina, per Platone? Esse hanno elaborato logo� dunque una struttura metodica e razionale di spiegazione e di guida alla praxis, quindi non sono orthe doxa ma episteme; proprio per questo, per l'aver potuto cioè elevare la regione che sembrava abbandonata a doxa a uno statuto epistemico, esse possono vali­ damente fungere da modello e orientamento per il pensiero eti­ co-politico. D'altra parte, esse sono molteplici, come molteplice e temporale è il loro oggetto; il loro metodo è discorsivo e induttivo, se vuole dar conto dell'esperienza, il loro procedere è critico, nel senso di articolarsi nella storia e di essere soggetto all'errore: dunque non sono scienza, se episteme ha da essere una e dell'eterno; dunque lungi dal possedere un valore etico esse appaiono alla fine travianti e tali da disperdere la mente nel molteplice anziché concentrarla nell'eternamente uno. Il Simposio contrappone cosi drammaticamente i due poli di un'ambiguità che a lungo si era sottesa al pensiero di Platone, come questa ricerca ha tentato di mostrare a partire dal Carmide. Ma proprio una tale esasperazione, cui la forma drammatica del Simposio conduce - ed è chiaro del resto che una tale forma cor­ rispondeva a un'intima esigenza di autorappresentazione e di chiarimento del pensiero platonico - rende ora impossibile la convivenza di quei poli. S'imponeva una scelta, che trovava le techna� e specialmente quelle della natura, a proprio oggetto e insieme a propria pietra di paragone: Platone scioglierà l'ambiguità nella Repubblica e, in senso diametralmente opposto, nel Fedro; entrambe le posi­ zioni risentiranno comunque della loro cristallizzazione cui ha condotto il Simposio.

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Fedone e Repubblica

Questi due grandi dialoghi, che appartengono al decennio fra il 379 e il 370, e nei quali molti critici hanno riconosciuto il cul­ mine di tutta la prima fase del pensiero platonico, segnano an­ che per quanto riguarda la valutazione delle technai, della medi­ cina in particolare, il momento della scelta1• L'ambiguità del Simposio non resiste di fronte al consolida­ mento speculativo delle vedute platoniche di fondo; gli elemen­ ti critici già più volte segnalati, a partire dal Carmide fino allo stesso Simposio, appaiono ora più coerenti a quelle vedute e bal­ zano quindi in primo piano, anzi vengono a loro volta resi siste­ matici e univoci. Alla svolta, anticipata da molti segni ma pur sempre brusca ove si pensi all'elogio del metodo della medicina nel Gorgia, con­ tribul evidentemente una serie di pressioni. Possiamo qui ricor­ dare l'urgenza in Platone di istanze etico-politiche, strettamente connesse alla situazione delle poleis greche, che portarono an­ che, pochi anni dopo, al suo secondo viaggio in Sicilia; il ere1 Lo Jaeger, Paideia cit., n, pp. 165 e 574, pone la Repubblica (n-x) nel periodo fra il 379 o 375 e il 370, opinione condivisa dalla maggior parte degli studiosi. Il Robin (comm., Paris 1 926, p. 7), considera il Pedone posteriore al Simposio e immediata­ mente antecedente la Repubblica (n-x). Cfr. la letteratura citata in Untersteiner, Re­ pubblica X, introduzione e commento, Napoli 1966, pp. 35-40. Sulla crucialità della Repubblica hanno insistito J. Stenzel nel suo saggio sulla forma letteraria e il contenu­ to filosofico nel dialogo platonico, ora in Plato's Method of Dialectic, trad. ingl. New York 1 964, p. 1 5 e passim, e Untersteiner, Le antilogie di Protagora cit. La data drammatica della Repubblica va collocata verso il 425- l .

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LA M E D I C I NA IN PLATONE

scente influsso del pitagorismo, sia nel suo versante orfico sia in quello matematizzante; e ancora l'impetuoso sviluppo delle matematiche dentro e fuori l'Accademia, al quale faceva riscon­ tro il progressivo indebolimento della medicina, come meglio vedremo più oltre. � chiaro tuttavia che l'atteggiamento stesso di Platone e il peso dell'Accademia costituirono a loro volta un fattore decisivo nello sviluppo di tale situazione. � quindi op­ portuno esaminare, sia pure brevemente, le premesse teoriche che determinano anche il nuovo atteggiamento platonico verso la medicina, quali esse emergono in questi dialoghi. separazione dell'anima dal corpo e la sua sussistenza sostan­ ziale, veduta di origine evidentemente orfico-pitagorica già for­ mulata nel Gorgia, acquista nel Pedone ( 64 c e passim ) un rilievo di primo piano e un'importanza fondamentale. Da essa discen­ de, per quanto qui ci interessa, una decisiva conseguenza gnoseologica: la negazione di qualsiasi valore di saphes e di akribes alla aisthesis sensoriale ( 65 b }, e la conseguente supposizione di un sistema di verità-realtà trascendenti ad essa, impercepibili (65 d)l. L'anima deve quindi «separarsi» dal corpo, purificarse­ ne; solo cosi, per il tramite di un loghismos e di una phronesis a loro volta «puri», potrà rendersi omogenea all'essere ed entrare con esso in rapporto conoscitivo (65 e-67 a). Da un punto di vista metodico, il deuteros plous del Pedone (99 d-e) significava il rifiuto di ogni tentativo di mediazione fra logos ed empeiria, quale poteva risultare dall ' excursus storico im­ mediatamente precedente, e il conseguente ricorso ai logoi non per integrare ma per superare aisthesis, verso una trascendente «verità degli enti». � chiaro a questo punto che lo status ontologico dell'oggetto di conoscenza qualificherà il relativo modo di conoscenza, e che la radicale eterogeneità di questi stati darà luogo a una pari eterogeneità nel valore delle rispettive conoscenze; i modi di conoscenza quindi, e i logoi in cui essi si esprimono, presente­ ranno una sapheneia proporzionale non già alla loro compatLa

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2 Sull'invisibilità delle idee, che contrappone nettamente oraton a noeton, cfr. che Repubblica, VI , 507 b. Vedi inoltre Repubblica, vn, 523 b-525 e.

an-

PEDONI! l! R E P U B B L I CA

tezza metodica - secondo l'istanza ippocratica -, ma all' aletheia immanente ai loro oggetti, come Platone afferma in Repubbli­ ca, VI, 5 1 1 d-e. All 'assoluto essere corrisponderà dunque pie­ nezza di sapere, al non-essere totalità di ignoranza (Repubblica, v, 477 a). Dal punto di vista ontologico, Platone si distacca da Parmenide ammettendo uno stato intermedio ( metaxy) fra essere e non­ essere, il mondo cioè del molteplice e della ghenesis, cui deve corrispondere un modo di conoscenza intermedio fra sapere e non-sapere: quella doxa (Repubblica, v, 478 d-e) la cui funzione specifica si era andata sempre meglio definendo a partire dal Menone (ivi, v, 477 a-b). Da un punto di vista gnoseologico tuttavia la chiusura del Pla­ tone della Repubblica è ancora più rigida di quella di Parmenide. Se per quest'ultimo poteva forse darsi una doxa anche dell' on 3, per Platone ciò è escluso proprio per l'aver stabilito due serie p a­ rallele di oggetti e modi di conoscenza: come il metaxyontologico non si trasformerà mai in quell'essere che lo trascende, cosi doxa non potrà mai progredire a episteme 4 (ivi, v, 478 a-b). La sezione più alta del «mondo visibile», del metaxy doxaston, è composta dagli animali e dai prodotti naturali e artificiali: la relativa forma di conoscenza è qualificabile come pistis, come «credenza» cioè a base puramente psicologica, senza possibilità alcuna di consistenza epistemica e di stabilità oggettiva (ivi, VI, 509 d). Paradossalmente, Platone si avvicinava cosi alla veduta della sofistica gorgiana che appunto alla pistis assegnava un cosi largo margine, contestando la validità di qualsiasi discorso scien­ tifico intorno all'empirico5• Le strutture intrinseche di pistis sono poi limpidamente de­ scritte nel «mito della caverna», dove Platone tratta della «scien­ za delle ombre», cioè del mondo del molteplice e della ghenesis (ivi, vu, 5 1 6 c-d) . Nella caverna il primato della conoscenza è riconosciuto «a chi è più acuto nell'osservare gli oggetti che pas3 Sulla doxa in Parmenide come «Visibilità di oulon» nel tempo, cfr. M. Untersteiner, Parmenide, Firenze 1958, pp. 1 89 sgg. 4 Si vedano in proposito le importanti osservazioni di Diès, Autour de Pia ton cit., u , pp. 468-75. Cfr. anche Adam (comm., Cambridge 1963, p. 40). 5 Cfr. per Gorgia D K B 1 1 ( 1 3).

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LA M E D I C I NA IN P LATONE

sano e meglio ricorda quanti ne sogliono sfilare prima e poi e insieme, e quindi è il più capace di indovinare, a partire da que­ sti, quale sarà il successivo». Questa «scienza» si fonda dunque sul vedere e sulla memoria della successione temporale, e culmina nella previsione del fu­ turo indotta a partire da essi6• Se si pon mente al Carmide, al Lachete e al Gorgia, si vedrà che tali sono precisamente le strut­ ture nelle quali Platone aveva ravvisato l'essenza e il significato della medicina scientifica, come modello di presa razionale sull'empirico. La descrizione della Repubblica presenta dunque un duplice interesse: da un lato, per il suo valore di testimonianza sulla me­ dicina scientifica, complementare a quella dei dialoghi ora ri­ cordati; dall'altro, perché essa dà la precisa misura della degra­ dazione proprio di quella scienza a «scienza delle ombre». Priva della logica ipotetico-deduttiva delle matematiche, oltre che di quella puramente deduttiva della dialettica, e appoggiata a un campo oggettivo estremamente più labile dell'una e dell'altra, la scienza empirica del secolo v veniva toccando così, nella valuta­ zione platonica, il suo gradino più basso. A tali premesse teoriche non poteva che corrispondere una nuova classificazione delle scienze, tale da rivedere e adeguare quella che Platone era venuto accennando sino al Gorgia. È pur vero che ancora in Repubblica, IV, 438 e, le singole scienze si differen­ ziavano dalla pura scienza in sé dello scibile in sé, solo in quanto agganciate a uno specifico campo di esperienza, e così la medi­ cina appariva, coerentemente al Carmide, episteme di salute e malattia. Ma, una volta assunta la veduta che sia l'oggetto di co­ noscenza a qualificarne il modo, una tale distinzione significa già sostanziale degradazione delle scienze speciali. La loro nuo­ va classificazione è ampiamente discussa in Repubblica, vn, 533 b-534 b: la matematica vi strappa alla medicina quel primato 6 Il Bosanquet (comm.) cosl definiva la scienza delle ombre: « [ . ] un'induzione concepita come inferenza da particolare a particolare, provata dalla previsione, non dalla spiegazione». L. Robin, Les Rapports de l'erre et de la connaissance d'après Platon, Paris 1957, identifica questo livello inferiore della scienza con quella della natura (p. 23). ..

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PEDONE E REPUBBLICA

che essa deteneva fino al Gorgia e al Simposio, e a sua volta è relegata in secondo piano rispetto alla dialettica. Dialettica e matematica hanno come oggetto la ousia e appartengono dun­ que alla zona di noesis; ma mentre la prima non si vale mai del sensibile e pone ipotesi solo per distruggerle nel suo cammino verso un «principio non ipotetico» , la matematica usa rappre­ sentazioni sensibili e soprattutto si vale di una logica ipotetico­ discorsiva ( dianoia ), fondata sulla non-contraddizione fra pre­ messe e conclusioni ( homologhia ) ma incapace di «dar conto» della propria arche, delle proprie hypotheseis 7 • Ciò esclude che la si possa considerare veramente episteme; ed è interessante ricordare che nel Gorgia tutte le technai, prima fra esse la medicina, si garantivano la propria validità epistemica 7 L'evoluzione del pensiero di Platone riguardo al problema del metodo «ipoteti­ CO>> è di particolare interesse anche rispetto alla nostra indagine. In Menone, 88 d sgg., il metodo ex hypotheseos viene accuratamente definito, con esplicita analogia a quello dei geometri, e impiegato come uno strumento fondamentale di ricerca (cfr. Bluck, comm., pp. 75- 108). Sulla discendenza geometrica del termine cfr. anche G.E.R. Uoyd, Who is Attacked in On Ancient Medicine?, in «Phronesis», 8, 1963, pp. 1 10- 1 . In Pedone, 100 sgg., Platone traspone più direttamente il metodo ipotetico in ambito filosofico: il deuteros plous consisterà nell'assumere un logos «come se fosse vero» e nell'analiz­ zarne le conseguenze; a questa hypothesis se ne sostituirà poi una di grado più elevato e cosl via. In Repubblica, VI, 510 b-5 1 1 c, è invece proprio il metodo di hypothesis a differenziare radicalmente matematica da dialettica e a stabilire la supremazia di que­ st'ultima. Ora è interessante notare che il termine hypothesis compare per la prima volta nel capitolo l di Antica medicina (cfr. A.-J. Festugière, commento ad Antica medicina, Paris 1948, p. 26), ma in tutt'altra accezione, quella di «teoria fondamentale, dogma­ tica», nell'accezione cioè usata nel peri physon, che il Kiihn, System- und Metho­ denprobleme cit., p. 5, definisce «fondamento ontologico». La hypothesis criticata da Antica medicina non è dunque il metodo ipotetico dei geometri ma l'indistinzione di logos e physis che dava luogo ai «postulati» della physiologia; giustamente Taylor, Va­ ria Socratica cit., p. 2 1 5, la riferisce tipicamente alla cosmologia empedoclea criticata nel capitolo 20 di Antica medicina. Non è perciò sostenibile la tesi di H. Diller, Hippokratische Medizin und attische Philosophie, in «Hermes>>, 80, 1952, pp. 385-409, secondo la quale v'è contrasto fra Antica medicina e Platone sul valore scientifico del metodo ipotetico. Sia l'autore di Antica medicina sia il suo avversario di peri physon si riferivano all ' hypothesis come al sistema di postulati impiegati in ambiente physiologico; Platone invece a recenti metodi di indagine elaborati dalla geometria, nei quali egli ravvisava tipicamente la validità e i limiti della matematica del suo tempo.

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LA M ED I C I NA IN PLATON E

proprio perché in grado di «dar conto» razionalmente delle pro­ prie teorie e delle proprie procedure. Queste stesse technai sono ora confinate alla zona di doxal pistis, avendo come proprio oggetto il mondo della ghenesis e dunque radicalmente inferiori sia alla dialettica sia alla mate­ matica. All'artigiano è soltanto consentito di raggiungere una alethe do­ xa, una pistis orthe (Repubblica, x, 60 l e - 602 a), ma esse sono cie­ che e occasionali se non sorrette da nous ed episteme (ivi, V I , 506 c). Sicché, stabilita ancora una volta la superiorità, dal punto di vi­ sta dell'essere, della verità e della scienza, di ciò che è identico e atemporale su ciò che è diverso e mortale, Platone può definitivamente concludere che le technaidel corporeo meno par­ tecipano di verità e realtà di quelle dello psichico ( ivi, IX, 585 c-d) . � interessante a questo proposito rilevare il capovolgimento che Platone opera qui rispetto alle proprie posizioni del Carmide e dello stesso libro 1 della Rep u bblica. Come s'è visto, sia Crizia nel Carmide sia il sofista autore del peri technes demandavano il giudizio di validità e di «compiutezza» sulle operazioni delle technai a un giudice esterno ad esse, l'uomo del logos e della metascienza; a entrambi Platone rispondeva rifiutando questa sopraffazione e riconoscendo invece alle technai l'autonomia dei propri criteri di controllo e di verifica. Nel libro x della Repub­ blica, invece, egli si pone dal punto di vista dei sofisti e si ritiene autorizzato a pronunciare un radicale giudizio di incompiutezza dell'operato dei cheirotechnai (597 a). Ma è successivamente nella stessa regione di doxa e pistis che Platone entra direttamente in polemica con la gnoseologia di An­ tica medicina. Una rinnovata critica di aisthesis, che ne mette in luce l'illusorietà e l'ambiguità, ne esclude qualsiasi validità cono­ scitiva persino nel mondo della ghenesis; ad essa sono contrappo­ sti «il misurare e il contare e il pensare», cosicché la decisione co­ noscitiva non dovrebbe toccare al phainomenon, bensl a «ciò che ragiona e misura e soppesa» ( Repu bblica, x, 602 c-d) . La conclu­ sione è che, pur sempre nell'ambito di pistis, occorre affiancare a loghismos non già aisthesis bensl «la misura» (ivi, 603 a)8• So

8

La

critica di Antica medicina, capitolo 9, si rivolgeva sia contro la identificazio ne

P E D O N E E R E P U B B LI CA

Se dal punto di vista della scienza moderna la rivendicazione platonica di una quantificazione della ghenesis appare ben giu­ stificata, nel quadro scientifico contemporaneo essa si traduce­ va in una condanna delle incipienti esperienze di scienza della natura e in una rivalutazione delle dottrine degli elementi pro­ prie della sistematica physiologica. Ciò rappresenta in ogni modo una diretta conseguenza del quadro epistemologico della Repubblica, alla luce del quale va intesa l'ampia e diretta critica alla medicina contemporanea, che Platone conduce nel libro m . Questa discussione sulla medicina, nei suoi metodi e anche nel suo significato sociale, costituisce in un certo senso la replica a quella del Gorgia. La critica è specifica, e i suoi bersagli non equivocabili: S. Aver ricorso alla medicina, non a causa di traumi o di accessi di certe malattie periodiche, ma perché come un pantano si è colmi di flussi e di arie - a causa dell'ozio o di regimi quali abbiamo considerato -, e costringere cosl i dotti Asclepiadi a porre alle malattie nomi come ((catarri)) e ((flatulenze)), non vi pare vergognoso? - G. Certo; e sono ben peregrini e inconsueti questi nomi di malattie9• [ Repubblica, 405 c-d]

Il passo fornisce la chiave di tutta la discussione successiva. Attraverso le due nozioni chiave di rheuma/katarrous e di physai Platone non colpisce alcuna corrente medica in particolare ben­ si tutto il tentativo operato dalla medicina scientifica, a partire pitagorica del numero-forma con la cosa (cfr. Filolao,

DK B 4

eA

29), sia contro la

quantificazione dei fenomeni biologici operata dalla physiologia sulla base della dot­ trina degli elementi (cfr. Empedocle,

DK B 96, B 98).

9 Adam, Robin sostengono (comm.) che i termini ironizzati da Platone sono neologismi medici. In realtà essi sono ampiamente testimoniati nella letteratura me­ dica dell'ultimo trentennio del secolo v, né il termine

kaina

con cui li definisce

Glaucone significa semplicemente «nuovi)), esso vale anche «strani, esotici)) (cfr. Festugière, comm. ad

dicina,

Antica medicina cit., p. 33, sull'uso dell'aggettivo in Antica me­

l . La sorpresa di Platone appare quindi artefatta e polemica, e in realtà egli

dimostra qui ulteriormente di conoscere benissimo proprio quei testi medici contro i quali egli ora polemizza. Un altro indizio della perfetta conoscenza platonica della terminologia medica del secolo

v è dato dal phlegmatode di 405 d.

81

LA M E D I C INA IN PLATON E

dall'ultimo trentennio del secolo v, di scoprire le basi fisiopa­ tologiche delle malattie e dunque di giungere a una loro terapia più integrata e profonda. Il primo dei due termini simbolizza infatti lo sforzo di interpretare, sulla base della fisiologia umorale, tutta la vastissima gamma delle malattie dell'apparato respira­ torio e reumatiche, e in particolare di trovare una connessione tra la fisiologia della testa e del cervello e le malattie mentali (si veda l'interpretazione dell'epilessia in Male sacro ); il secondo, la scoperta della connessione fra la fisiologia dell'alimentazione e della digestione e le malattie intestinali. Entrambe le nozioni sono quindi caratteristiche della tradizione scientifica da Luoghi nel­ l'uomo a Male sacro, da Arie acque luoghi ad Antica medicina, e sono variamente riprese da correnti recenti non ippocratiche, per esempio dal peri physon. � quindi un diretto attacco contro la nuova medicina scienti­ fica a base fisiopatologica e ad orientamento dietetico che Plato­ ne svolge qui, contrapponendo ad essa, in prima approssima­ zione, una veduta tradizionalistica della medicina confinata ai casi di ferite e di «febbri» . Tale era la medicina dei « figli d'Asclepio» ( 405 e: trasparente qui l'allusione alla medicina dei templi) : essi curavano con pozioni, nient'affatto occupandosi se fossero «flegmatiche», e all'occorrenza con incantesimi e rifiu­ tavano la terapia dietetica non già «per ignoranza e inesperien­ za» ( 406 c: con diretto riferimento polemico alla «inesperienza» e al «non conoscere» di cui al capitolo l del Male sacro viene tacciata la medicina superstiziosa e religiosa) bensl perché con­ sapevoli della funzione «sociale» del medico. L'orientamento di tutto il passo è bene riassunto in 407 b-408 b: Socrate ricorda come nell' Iliade (IV, 2 1 8 sgg.) i figli di Asclepio curarono Menelao di una ferita succhiandone il sangue e cospargendola di un far­ maco lenitivo: Ma dopo ciò non gli prescrissero quel che occorresse bere o mangiare, giacché i farmaci erano sufficienti a guarire uomini che prima deDe ferite erano sani e regolati nella dieta, anche se per caso gli fosse accaduto di bere il kykeon.

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Il riferimento al kykeon è particolarmente indicativo ove si pensi che al capitolo 39 del Regime nelle malattie acute questa

PEDONE E REPUBBLICA

pozione è indicata come uno degli alimenti più dannosi, tale da mettere in pericolo in certi casi la vita stessa del malato. Attacco, dunque, diretto contro la tendenza razionalistica da un lato, e contro quella dietetica e fisiopatologica dall'altro, rap­ presentate rispettivamente da Male sacro e dal Regime nelle ma­ lattie acute, due delle maggiori opere ippocratiche. In questo quadro va intesa anche l'esplicita critica ad Erodico di Selimbria 1 0 ( Repubblica, 406 a-b). In Erodico Platone attacca innanzitutto l'esasperazione dietetica propria della medicina contemporanea, accusata di risolversi in una pedagogia fine a se stessa delle ma ­ latt ie Non v'è dubbio che Erodico e anche la scuola di Cos postip­ pocratica rischiassero di trasformare l'idea di regime in una sor­ ta di minuzioso rituale igienico, privo di vigorosa fiducia nella techne, come sarebbe diventato assai chiaro in Diocle di Caristo. Dietro Erodico, però, la polemica investe anche l'ippocratismo, come risulta tra l'altro dall'accusa rivolta al medico di Selimbria di «aver mescolato la ginnastica con la medicina» : questa fusio­ ne, storica e terapeutica, di ginnastica e medicina è, com'è noto, una delle tesi centrali di Antica medicina (cfr. ad esempio il capi­ tolo 4), e come tale era stata fatta propria da Platone fino al Gorgia. Che egli si limiti a fare di Erodico l'oggetto dichiarato della propria polemica si può spiegare per l'assenza in quest'ul­ timo di quel solido metodo scientifico, che il filosofo continua­ va comunque a rispettare in Ippocrate, e anche per la salda pre­ sa che l'ippocratismo continuava a esercitare sugli spiriti colti dell'epoca, come è anche dimostrato dalla resistenza che Glau­ cone sembra fare, in tutto il luogo in esame, alle più estreme asserzioni socratiche. Non v'è comunque dubbio sul significato di fondo del passo. Qual è infatti il versante positivo della «medicina d'Asclepio», il ruolo che Platone ritiene possibile attribuire alla medicina una volta contestatone il tentativo di giungere a una comprensione globale dell'organismo, della malattia e della terapia? Si tratta anzitutto per Platone di limitarsi a curare le malattie ben defini.

10 Su questo medico si veda ora A. Jori, Platone e la «svolta dietetica» della medicina greca, in «Studi italiani di filologia classica», Xl, 1993, pp. 157-93.

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te e «nominabili» ( 407 d), quali le febbri o i traumi, anziché gli stati morbosi dell'organismo; e queste malattie andranno affron­ tate con interventi altrettanto delimitati e puntuali, con gli op­ portuni pharmaka e toma� giacché infine ciò che il malato chie­ de al medico è di esser rapidamente guarito dal proprio malan­ no con il farmaco o l'intervento chirurgico locale e immediata­ mente efficace {406 d). � solo in apparenza sorprendente che Platone, scartata pro­ prio quell'idea di sanità in cui egli aveva riconosciuto uno dei massimi valori dell'ippocratismo, si muova esattamente secon­ do la metodica della medicina cnidia. Tipica dei Cnidi era, in­ fatti, l'ansia di «identificare» le singole malattie e di elaborare una serie di rimedi univocamente corrispondenti alle malattie stesse, sicché una volta «nominata» una malattia si potesse mec­ canicamente ricorrere al rimedio appropriato ed efficace1 1• Nel caso invece che la malattia non sia individuabile, che lo stato morboso coinvolga l'organismo intero, Platone respinge sia la diagnostica globale del Prognostico sia la terapia dietetica del Regime nelle malattie acute (Repubblica, 407 d), e conclude di­ chiarando che la tech ne non deve por mano a questi malati ( 408 b), ma abbandonarli alla loro sorte (4 10 a). Non è casuale che Platone riprenda qui anche letteralmente alcune vedute del sofista del peri technes, proprio laddove quest'ultimo tende maggior­ mente a una strumentalizzazione della medicina12• Ciò che in­ fatti Platone si ripromette dall'alleanza della medicina tradizio­ nale dei templi con quella cnidia è una pratica di guarigione tale da ristabilire nel minor tempo possibile la capacità lavorativa dei lavoratori quando essi cadano malati ( 406 c-d), o ne eviti il mantenimento improduttivo se incurabili. Alla negazione della validità epistemica della medicina viene così a corrispondere una sua estrema strumentalizzazione a una

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. 11 t assai interessante notare che la principale critica ippocratica ai Cnidi si rivolge proprio alla loro ansia di identificazione delle malattie (Regime nelle malattie acute, 3). Un altro accenno platonico sulla supremazia del medico dei farmaci rispetto al medico della dieta è in Repubblica, v, 459 c. 12 Cfr. la definizione del buon medico data da Glaucone in Repubblica, n, 360 e sgg. L'analoga definizione sofistica è in peri technes, 3. Cfr. in proposito Vegetti, Technai cit., pp. 43 sgg., e letteratura ivi citata.

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funzionalità di ordine politico-sociale, che la degrada sia nella sua dignità scientifica, sia nella sua etica professionale13• A ri­ prova di quanto s'era affermato all'inizio di questa indagine, che cioè Platone compie costantemente delle scelte nel campo delle correnti mediche, a questa sua nuova impostazione corrispon­ de il rifiuto dell'ippocratismo e la contrapposizione ad esso del­ la medicina sacrale e cnidia (non prive del resto di punti di con­ tatto, sviluppatesi com'erano entrambe sul tronco degli Asclepiadi operanti intorno ai templi oppure itineranti, lungo i secoli v n e vi ) Del resto lo stesso background storico e culturale dell'ippo­ cratismo viene coinvolto nella contestazione platonica, impe­ gnata a recuperare un'alternativa di tal genere. Reciprocamente, tale contestazione fornisce preziose indicazioni storico-critiche sulla linea di pensiero nella quale l'ippocratismo stesso si inseri­ va. Essa è inizialmente individuata, nell'ambito di una critica generale alla physiologia, nella veduta della centralità conosciti­ va del cervello, e del sapere come procedente da aisthesis, mneme e doxa: «È il cervello che dà le sensazioni dell'udire, del vedere e dell'odorare, e di qui si generano la memoria e l'opinione e una volta che la memoria e l'opinione si sono stabilizzate da esse nasce la scienza» (Pedone, 96 b). È ben noto che tale veduta è uno dei fili conduttori che per­ mettono di ricostruire una genealogia originantesi in Alcmeone e continuata in Anassagora, nell'anassagoreo Luoghi nell'uomo e nell'ippocratico Male sacro 14• Anassagora, che della linea costi­ tui il fulcro filosofico, è infatti immediatamente riconosciuto da Platone come l'uomo che poteva conferire un senso nuovo alla riflessione physiologica (Pedone, 97 b sgg.) ; ma poiché l'attesa innovazione non consisteva in una maggiore consapevolezza .

13 Come osservano il King, Plato's Concepts ofMedicinecit., p. 45 sgg., e R. Schaerer, Episteme et Techne, Macon 1930, p. 1 29. 14 Cfr. Alcmeone, DK A lO; Anassagora, DK A 92; Luoghi neU'uomo, 2; Male sacro, 1 7-20. Per l'attribuzione ad Anassagora e l'inserimento nella linea Alcmeone-Ippocrate di questo passo del Pedone, cfr. D. Lanza, L'enkephalos e la dottri!'a anassagorea della conoscenza, in «Maia», l , 1964, pp. 7 1 sgg. Su tutta hl questione si veda P. Manuli, M. Vegetti, Cuore sangue e cervello, Milano � ��



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logica o metodica, bensl nell'instaurazione di una teleologia della natura, Anassagora non poteva che rivelarsi impari al compito. L'accusa di meccanicismo nella spiegazione naturalistica colpi­ sce dunque il Clazomenio e il suo gruppo, ed è interessante no­ tare che i due esempi di tale meccanicismo presentano una stretta affinità ippocratica. Anassagora era evidentemente vicino all'Ippocrate di Arie acque luoghi quando «poneva come cause le arie e l'etere e le acque, e molte altre cose assurde» (Pedone, 98 c); e l'altro esempio di causalità anatomo-fisiologica citato da Socrate (resto seduto o mi muovo a causa di un certo gioco delle articolazioni) ricalca da vicino, nella dottrina e nel linguaggio, passi come i capitoli 5, 6, 7 dei Luoghi nell'uomo e i capitoli 45, 79 e altri delle Articolazioni ippocratiche. Non è neppure risparmiato - a completare un preciso quadro storico-critico - il pitagorismo di origine alcmeonica: violenta è la replica di Socrate al tentativo di Simmia di trasferire allo psichico le nozioni appunto tipicamente alcmeoniche di krasis e harmonia (Pedone, 86 b) 15• Contestate cosl le aspirazioni della medicina moderna a con­ quistare uno status di scienza della natura, contrapposta alla sua storia e al suo metodo un'alternativa radicale, Platone era tutta­ via lontano dal disconoscere l'utilità di molte delle conquiste di quella stessa medicina, una volta ridotte nel quadro rigidamen­ te strumentale che egli loro assegnava. Cosi ad esempio nello stabilire il regime dei guardiani ( Re­ pubblica, m , 403 e sgg.), Platone si vale largamente della dottri­ na ippocratica, soprattutto della nozione di metabole del regime ampiamente discussa in Luoghi nell'uomo, capitolo 45, Arie ac­ que luogh� capitolo 1 6, Regime nelle malattie acute, capitoli 26 e seguenti. La stessa educazione dei medici, reintegrati nel loro rango di demiourgoi (artigiani) indispensabili alla funzionalità sociale, è accuratamente programmata (408 d-e) : essi dovranno iniziare fin da giovani a praticare la techne, frequentare il più gran numero possibile di malati, ed essere malsani essi stessi,

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15 Sul rapporto fra Simmia e Alcmeone cfr. Taylor, Plato cit., p. 194. Più favorevol­ mente è accolto il pitagorismo della mistica numerica ed embriologica (espresso ad esempio nel peri hebdomadon: cfr. Repubblica, vm, 546 b).

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per avere la massima familiarità con la malattia. È sintomatico, e conferma tutto quanto s'è venuto osservando fin qui, il fatto che Platone non preveda per i medici alcun tipo di educazione ge­ nerale e scientifica, bensl li vincoli irrimediabilmente all'eserci­ zio quotidiano della loro techne, ridotta a mera pratica di guari­ gione16. Una seconda e più sottile strumentalizzazione subisce la medi­ cina nella Repubblica. Oltre che al servizio immediato dello Sta­ to per i suoi contenuti pratici, essa è risolutamente piegata al servizio di fini etico-politici che la trascendono tramite la sug­ gestione analogica che continuava a esercitare agli occhi di Pla­ tone17. Non v'è dubbio che anche in questa funzione ausiliaria la medicina potesse avere un influsso sulla psicologia e sulla teoria sociale del filosofo. In questo senso è ancora l'ippocratismo a influenzare larga­ mente l'analogia platonica. Il quadro generale in cui si inserisce l'analogia medica nella Repubblica è ancora quello dei dialoghi precedenti: la medicina come repressione della malattia equivale alla giustizia come re­ pressione dell'ingiustizia (Repubblica, 1 1 1 , 405 a); la paideia deve provvedere alla sanità dell'anima come la medicina provvede alla sanità del corpo ( ibid.). La giustizia e l'ingiustizia nel corpo so­ ciale corrispondono alla salute e alla malattia nel corpo, secon­ do una veduta tipica della cultura greca da Solone a Tucidide. Ma qui la definizione platonica di salute e malattia riprendeva puntualmente quella classica di Alcmeone e di Antica medicina (la salute consiste nel fatto che «i componenti del corpo siano reciprocamente dominati e dominanti secondo natura, la ma­ lattia nel fatto che essi esercitano e subiscono vicendevolmente il potere contro natura»: Repubblica, IV, 444 d), sia pure con 16 I demiourgoi (artigiani) appaiono al gradino più basso della scala sociale in Re­ pubblica, m, 415. Si cfr. invece l'educazione dei filosofi concepita come «ascesa all'es­ sere" in Repubblica, vn, 52 1 c. 17 Come osserva lo Jaeger, Paideia cit., n, pp. 559-60, la dialettica è ormai modella­ ta sulla matematica nel suo aspetto logico; ma in quanto politica o etica resta fedele al tipo della medicina.

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un'accentuazione del valore criteriale di physis che fa pensare anche a Erodico e al suo gruppo. Su questa base, tutta l'analisi delle strutture sociali risente di nozioni e di terminologia di origine medica. Già i caratteri dei popoli sono descritti (Repubblica, IV, 435 e436 a) con uno stile, una terminologia e una scelta degli esempi (i traci, gli sciti, gli egizi) che richiamano da vicino Arie acque luoghi. La solidarietà sociale è paragonata a quella corporea, per la quale il tutto risente dell'affezione della parte (Repubblica, v, 462 c-d) con un linguaggio assai vicino a quello del capitolo l dei Luoghi nell'uomo. Sulla linea del paragone della tirannia con una malattia sociale, Platone ne traccia un'analogia con i danni prodotti nel corpo da bile e flegma, che vanno se possibile pre­ venuti, altrimenti curati radicalmente ( Repubblica, vm, 564 b­ e). Va qui osservato che in Platone, nonostante i frequenti ac­ cenni agli umori, non è finora apparso alcun riferimento a una dottrina costituita dei «quattro umori», sebbene talvolta l'ana­ logia, per esempio con i quattro temperamenti, potesse spinge­ re in questa direzione: ed è questa una conferma che fino al­ l' epoca della Repubblica una dottrina dei quattro umori non era ancora prevalente. L'analisi dei piaceri fisiologici in Repubblica, IX, 585 a-b si vale dello schema tipicamente ippocratico di plerosis/kenosis, che rinvia direttamente ad Antica medicina e al Regime nelle maia ttie acute18• Tale è ancora l'influenza analogica dell'ippocra­ tismo su Platone, che egli giunge vicino a capovolgere le posizioni poco prima espresse quando dichiara che «né farma­ ci né cauterizzazioni né incisioni né incantesimi» (Repubblica, IV, 426 b) possono ovviare agli inconvenienti di un cattivo regime; ma ciò è asserito solo nel quadro di un'appassionata perorazione della necessità della paideia, che si prestava a

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18 Cfr. ancora l'uso del termine metabole, fondamentale nell'ippocratismo, in sen­ so climatico e biologico in Repubblica, VIII, 563 e-564. Altri apprezzamenti analogici della medicina ivi, VIII, 567 c e 599 b-e (dove i medici sono anteposti ai poeti, che riescono solo a imitare i discorsi; e la techne medica è insegnabile, al contrario della poesia). Sui riferimenti alla medicina nella Repubblica, cfr. Jaeger, Paideia cit., n, pp. 4 1 3 sgg., 582.

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un'immediata assimilazione al regime, e dimostra anzi, pro­ prio per la sua contraddizione con le più meditate posizioni

del libro m, che l'analogia medica è ormai per Platone meramente strumentale, e ha smarrito il suo valore di stimolo e di guida alla riflessione etico-politica. È anche divenuto luogo comune del platonismo il tema del medico come dotato di autorità autentica e dunque assimilato al reggimento del filosofo nello stato ( Repubblica, V I , 489 b). Tutti questi temi, comunque, contribuiscono ulteriormente a identificare l'ippocratismo secondo i lineamenti storico-critici che siamo venuti definendo fino al Simposio, e assumono quin­ di nel contesto della nostra ricerca il valore di una testimonian­ za sussidiaria. Quanto ai riferimenti alla medicina in funzione dell'analogia etico-politica, riteniamo che di qui in poi essi possano uscire dal quadro di questa indagine, che ne ha seguito lo sviluppo a parti­ re dalla loro stretta connessione con il contesto metodico fino alla risoluta separazione da questo contesto e alla trasformazio­ ne in temi di un comune bagaglio culturale19• La loro ambigua valenza rispetto alle vedute della società e dello stato diventa perciò esclusivamente un problema dell'esegesi platonica. In questa sede preme piuttosto tentare di ricavare, dalla descrizio­ ne della crisi dell'epistemicità della medicina nella Repubblica e nel Pedone, più precise indicazioni sull'evoluzione interna della medicina stessa: al di là dell'articolarsi della speculazione del fi­ losofo, la sua denuncia della medicina e la rettifica delle sue ve­ dute precedenti possono costituire un prezioso filo conduttore nella fase storicamente incerta che segue immediatamente il pe­ riodo «ippocratico». La parabola calante della techne in Platone è condizionata, come abbiamo visto sia pure sommariamente, sia dal cristallizzarsi di una posizione teorica di fondo, per la quale la validità di un sa­ pere dipende dalla consistenza sostanziale del suo oggetto, sia da una costellazione di immediate sollecitazioni politiche ed eti19 Sulla funzione dell'analogia medica nella formazione dell'etica aristotelica cfr. F. Wehrli, Ethik und Medizin, in «Museum Helveticum», l , 195 1 , pp. 36-62.

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che che derivano a Platone dalle vicende della polis dopo la guerra del Peloponneso. Ma le risultanze della nostra indagine hanno fin qui confer­ mato l'ipotesi di un Platone troppo sensibile agli stimoli del pen­ siero scientifico, in particolare della medicina, perché quanto s'è ora notato sia sufficiente a spiegare fino in fondo quella parabo­ la. Ciò impone il quesito: che cos'è avvenuto in seno alla medi­ cina scientifica nei due o tre lustri che intercorrono fra il Gorgia e la Repubblica, perché essa non riuscisse più a porsi come pro­ blema e come stimolo alla riflessione del filosofo? Fra la 'fine del secolo v e l'inizio del IV erano apparse alcune vaste opere di medicina, i libri n, IV e vi delle Epidemie (il loro raggruppamento con gli ippocratici libri 1 e m è opera di scuo­ la), e il trattato sul Regime, che miravano a raccogliere in am­ biente ionico-attico la successione del gruppo ippocratico. Un intento di superamento e di integrazione delle esperienze prece­ denti è tra l'altro significativamente dichiarato proprio all'ini­ zio di quest'ultima opera. I tre libri delle Epidemie ora citati, che furono composti poco dopo il 399, riflettono in modo esemplare il progressivo abban­ dono del metodo scientifico e dello spirito dell'ippocratismo. Ancora vincolati per certi versi alle grandi «storie cliniche» del maestro di Cos, essi tendono sempre più a isolarne l'empirismo abbandonando l'assetto metodico e logico che a quell'empirismo conferiva struttura epistemica e significato, e su questo terreno venivano inevitabilmente avvicinandosi a dottrine e procedure di derivazione cnidia. D'altro canto, il vuoto teorico in tal modo apertosi veniva colmato con il ricorso a una vaga teoria della natura che doveva valere a un tempo e da criterio conoscitivo, secondo le vedute della sofistica naturalistica, e da guida terapeutica, secondo le dottrine di quell'Eradico che si afferma­ va in questi anni - come Platone testimonia - quale personalità preminente della medicina postippocratica. Allo stesso modo da Erodico dipendeva largamente l'autore del Regime, che, meno legato al filone ippocratico, batteva più sistematicamente la via di un eclettismo physiologico inteso a fondare speculativamente la techne. Sul terreno dottrinale, d'altra parte, anch'egli accettava molti dei portati dell'empirismo cnidio, più neutrali perché

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non metodicamente articolati, e dunque più disponibili a una riduzione naturfilosofica. Ciò che accomunava al fondo le due opere era una sostanziale sfiducia nelle capacità conoscitive e pratiche della techne, che appariva essenzialmente «imitazione» di physis all'autore del Regime (capitoli 1 1 -27) e che lasciava in­ fine a physis stesso il primato terapeutico (la «natura medico delle malattie» di Epidemie, VI, 5 ) . Tale processo giungeva infine a compimento nei due libri più tardi delle Epidemie, il v e il vn, di composizione coeva alla Re­ pubblica ( 375-370), che rivelano come la corrente «empirica» della scuola di Cos si fosse alla fine rifugiata su posizioni assai vicine a quelle cnidie20• Tutto ciò dimostra in modo drammatico il rapido affievolirsi della consapevolezza teorica autonoma della medicina, che ave­ va forse trovato l'ultimo grande interprete proprio nel Platone del Carmide e del Gorgia. Le ragioni di questo processo vanno cercate sia nella pressione di forze esterne sia nelle debolezze strutturali dell'ippocratismo stesso, cui occorre far cenno sulla traccia offerta da Platone. La carica metodica dell'ippo+ del Nous (B 1 2 ) e la rinnovata visione che ne conse­ , guiva del processo del conoscere (B 2 1 b ) , avevano offerto all e technai impegnate nella definizione di un proprio autonomo assetto metodico. Nel paragrafo che segue, Platone fa subito chia­ ro che le medesime condizioni di validità e le medesime moda­ lità metodiche accomunano la retorica di Pericle - grazie alla sua fondazione anassagorea - e la medicina. Come procedono dunque queste due t