La lunga accumulazione originaria. Politica e lavoro nel mercato mondiale 8895366271, 9788895366272

Gli interventi raccolti in questo volume affrontano, da diverse prospettive, il nesso tra mercato e storia, cercando di

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La lunga accumulazione originaria. Politica e lavoro nel mercato mondiale
 8895366271, 9788895366272

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La lunga accumulazione originaria Politica e lavoro nel mercato mondiale

a cura di Devi Sacchetto e Massimiliano Tomba

La lunga accumulazione originaria a cura di Devi Sacchetto e Massimiliano Tomba Gli interventi raccolti in questo volume affront;iihì. ila di\« r* ।u• •» nr »• il nesso tra mercato e storia, cercando di rileggere la gì .in» k n.n i a. n hi. . ,*| »i talistica a partire dalla messa in discussione dell'idra di un n mp*> -mu i» »» lineare e progressivo. Nella congiuntura di una gra\v » i r.i gl» >1 «al» I* >r nul mente ingenerata dai mercati finanziari, essi volgono pi in» ipaim» un- lo sguardo ai laboratori della produzione e della riprodu/ion» . P» idi* » qui. se­ condo gli autori, che corpi in carne e ossa vengono » gioì i» li.inani», ni» » on sumati, ma anche resistono a ciò che, con un termine oggi bandii»» dall» ir loriche dominanti, si definisce ancora sfruttamento. La costruzione di sempre nuove condizioni di accunmla/ionr a livello m ternazionale, lungi dal limitarsi a un determinato periodo siRl'.\:DR/SSL AL CAPITAL/-: L OLI RE: ALLORA E ADESSO

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le contraddice e anche cancella la tendenza all’“incommensurabilità”? La caduta tendenziale e la tendenza alla crescente incommensurabilità sono chiaramente collegate. L’aumento del rapporto (che più tardi sarà chiamato “composizione organica”) tra il capitale fìsso e circolante (poi chiamato “capitale costante”) e il lavoro necessario (poi chiamato “ca­ pitale variabile”) è cruciale per la spiegazione di entrambe. Più si svi­ luppa l’industria su larga scala (cioè l’introduzione di macchinario e di tecniche scientifiche che spostano l'operaio dal centro del processo pro­ duttivo), più le tendenze si rafforzano simultaneamente, anche se in mo­ do diverso. La caduta tendenziale del saggio di profitto si intensifica nell’indu­ stria su larga scala perché la massa di plusvalore creato dal numero di operai, diminuito rispetto al macchinario e agli investimenti nelle tecni­ che produttive coinvolte nella produzione, è relativamente piccola. An­ che nel caso estremo in cui il lavoro necessario tende a zero e la giorna­ ta di lavoro è allungata fino a ventiquattro ore (cioè, quando è raggiun­ to il massimo rapporto tra plusvalore e lavoro necessario) - gli operai vi­ vono di aria e lavorano tutto il giorno senza dormire (il paradiso del ca­ pitale) - il crescere del capitale fìsso e circolante andrà a finire in una ca­ duta del saggio di profitto a causa della ridotta necessità di operai nel processo produttivo. Allo stesso modo, la tendenza alLincommcnsurabilità nell’industria su larga scala si intensifica perche il tempo di lavoro necessario è ridotto fortemente affinché ci possa essere un aumento relativo di plusvalore a opera del macchinario e delle tecniche sviluppate scientificamente. Que­ sta riduzione del lavoro necessario, che avrebbe potuto condurre a un tempo di lavoro “disponibile” maggiore, comporta invece l’imposizione di una disciplina sul mercato del lavoroAhc costringe a una estrema in­ tensificazione ed espansione del pluslavoro. Comunque, la maggior par­ te del valore dei prodotti (anche con l’aggiunta di tempo di lavoro ne­ cessario c pluslavoro) è in misura crescente il risultato di valore trasferi­ to nella produzione dal capitale fisso e circolante. Di conseguenza, nel­ l'era dell’industria su larga scala il capitale sembra essere la “fonte” del valore. L’introduzione del macchinario e della “scienza materialmente creai iva c oggettivante” nella produzione sembra condurre sia all’incom­ mensurabilità del tempo di lavoro e del valore sia alla caduta del saggio di profitto. Queste due tendenze sono semplicemente i due lati della stessa medaglia? Questa coerenza, che sembra evidente, tra la tendenza all’incommensurabilità e la caduta del saggio di profitto è tuttavia pro­ blematica. Perché la caduta del saggio di profitto dipende dal funziona­

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LA NUOVA accumulazioni: capitalistica

mento del tempo di lavoro come misura del valore. Dopo tutto, il saggio di profitto è un rapporto tra valori che sono determinati dal tempo di la­ voro, altrimenti non avrebbero il carattere e il funzionamento che han­ no. Se la commensurabilità del valore c del tempo di lavoro fosse aboli­ ta, allora non ci sarebbe ragione di dare legittimità e centralità alla ca­ duta del saggio di profitto. Questo si può vedere nei tentativi del vente­ simo secolo di “sraffizzare” la critica dell’economia politica di Marx c applicare il teorema di Okishio per negare la tendenza (Kliman 2007, pp. 44-45). I sostenitori sia di Sraffa che di Okishio respingono il tempo di lavo­ ro come misura del valore e optano per una concezione “mercc-equivalente” del valore (il valore di una merce è semplicemente la quantità di una merce-campione con cui si scambia). Sraffa e i suoi sostenitori, nel loro sforzo merce-equivalente, seguono la via dell’“economia volgare” che, secondo Marx, “presuppone il valore di una merce f...| per poi de­ terminare mediante esso il valore delle altre merci” (Marx 1890, p. 112). Così, invece di una teoria del valore-lavoro, usavano la simmetria delle equazioni algebriche che descrivono le relazioni di input-output di un’e­ conomia per rilevare che non è necessario che il lavoro (il cui “prezzo” è il salario) fornisca la base della dimensione del valore; qualunque altra merce che entra nei settori di produzione poteva funzionare allo scopo, per cs. ferro o petrolio. Così Okishio, seguito dai sostenitori di Sraffa, sostiene che la produttività crescente non condurrebbe al limite di 24 ore per operaio sul surplus (qualunque sia la produttività dell’operaio); il plus-prodotto per operaio potrebbe essere espansìbile indefinitamen­ te e di conseguenza il saggio di profitto aumenterebbe anziché cadere con l’introduzione crescente del macchinario e della conoscenza scien­ tifica nella produzione. Di conseguenza, la tendenza all’incommensura­ bilità è logicamente opposta alla caduta del saggio di profitto. Se il tem­ po di lavoro non è in grado di misurare il valore delle merci, della forzalavoro e del capitale, allora la caduta del saggio di profitto perde la sua plausibilità c legittimità. Questi due esiti dei Grundrisse pongono una domanda importante: il capitalismo sarà distrutto dalla perdita di misu­ ra o dalla perdita di capacità di profitto? -—

2. Il Capitale e la scomparsa della tendenza aU’incommensurabilità Per rispondere a questa domanda dalla prospettiva di Marx do­ vremmo studiare il destino di queste due tendenze negli scritti marxia­

DAI ORI 'XDKISA'I: AL CAPITAI,!: E OLTRE: AU A )R,\ E ADESSO

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ni dopo il periodo dei Grundrisse. E il loro destino è del tutto diverso. La legge o tendenza della caduta del saggio di profitto diventa un ele­ mento basilare dell’analisi del capitalismo (e del suo crollo), mentre la "tendenza alfincommensurabilità” semplicemente scompare nei Volu­ mi primo, secondo e terzo del Capitale. Questa scomparsa è sorpren­ dente, ma gli studiosi di Marx non lo notano spesso. Così Ernest Mandel sostiene che “i contributi essenziali allo sviluppo della teoria marxista [...]devono essere trovati nei Grundrisse” (Mandel 1973). Ma sebbene apprezzi quella che ho chiamato la “tendenza all’incommensurabilità”, non ne nota l’assenza nelle opere di Marx dopo i Grundrisse. La ragione dell’importanza crescente della legge della caduta del sag­ gio di profitto è chiara e può essere riassunta con le parole con cui ter­ mina la parte del Terzo libro del Capitale dedicata alla legge: “Da que­ sto contrasto hanno origine le crisi” (Marx 1894, p. 321). Marx vedeva nella legge della caduta del saggio di profitto la prova interna a priori della finitezza del capitalismo: “Il limite del modo capitalistico di pro­ duzione si manifesta [nel fatto che] lo sviluppo della forza produttiva del lavoro, determinando la caduta del saggio di profitto, genera una legge che, ad un dato momento, si oppone inconciliabilmente al suo ulteriore sviluppo c che deve quindi di continuo essere superata per mezzo di cri­ si” (Marx 1894, p. 312). La tendenza all’incommensurabilità, essendo incompatibile con la legge della caduta del saggio di profitto, come è stato notato sopra, fu inevitabilmente spinta fuori dallo spazio logico dello sviluppo catego­ riale di Marx nel decennio successivo alla redazione delle note dei Grundrisse. In verità, l’incidenza crescente della caduta del saggio di profitto conduceva a sottolineare l’importanza della commensurabilità del valore c del tempo di lavoro. In ogni caso, Marx cominciò la sua ope­ ra matura sulla critica dell’economia politica, pubblicata come il Capita­ le Libro primo, riaffermando il carattere di creatore di valore del lavoro i la correttezza del tempo di lavoro come misura del valore delle merci. Xon sembrava mettere in questione la teoria del valore-lavoro. Fu completamente cancellata la tendenza alla incommensurabilità dal pensiero di Marx dopo i Grundrisse? No, ma si trasformò in modo in­ gegnoso. Invece di essere antagonista alla caduta del saggio di profitto, In trasformata in un aspetto preliminare ed essenziale della legge. Poi­ ché la legge esprime, se formulata in modo più preciso, la caduta del sag­ gio generale o medio di profitto, la tendenza all’incommensurabilità ri­ appare nel Terzo Libro del Capitale, capitolo 9, “Formazione di un sag­ gio generale del profitto (saggio medio del profitto) e trasformazione dei valori delle merci in prezzi di produzione”, come modo per capire co­

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LA NU()\7\ ACCUMULAZIONI-: CAPITALISTICA

me può realizzarsi un saggio generale o medio di profitto in tutto il si­ stema capitalistico, anche se imprese individuali e settori dell’industria hanno composizioni organiche completamente diverse, e quindi saggi di profitto individuali diversi. Sostengo questo perché è proprio in questo capitolo che Marx affer­ ma che la teoria del valore-lavoro è evidentemente falsa (che è l’essenza della tendenza all’incommensurabilità) e tuttavia, nello stesso tempo, so­ stiene che opera sempre più perfettamente man mano che il macchina­ rio e i prodotti del lavoro mentale entrano nella produzione delle merci! Cioè, in questo capitolo il tempo di lavoro è respinto come misura del prezzo delle merci (una versione della tendenza all’incommensurabilità) specialmente quando c’è una grande dispersione di composizione orga­ nica e di produttività (che inevitabilmente si verificherà nel tentativo del capitale di contrastare la caduta tendenziale del saggio di profitto), c, contemporaneamente, il tempo di lavoro è affermato come la misura che rivela l’intima essenza del sistema. In altri termini, nella trasformazione dei valori delle merci in prezzi di produzione la tesi dell’incommensura­ bilità è conservata e alla fine resa compatibile con la tendenza alla cadu­ ta del saggio di profitto. Se la trasformazione valore-prezzo di produzio­ ne non avviene, le industrie ad alta composizione organica sopportereb­ bero saggi di profitto inadeguati e non sarebbero in grado di sviluppare una presenza egemone nella produzione. In verità, la trasformazione fa sì che ci siano centrali elettriche nucleari che realizzano con successo un saggio medio di profitto (sulla base di enormi investimenti in capitale fis­ so c circolante) anche se gli operai al loro interno creano una frazione minima del plusvalore creato dagli operai di un tipico sweatshop. Questa metamorfosi peculiare della tendenza all’incommensurabili­ tà esprimeva sia le ragioni per cui Marx pensava che il capitalismo po­ tesse sopravvivere alla lotta di classe (applicando la conoscenza tecnico­ scientifica per trasformare le condizioni della produzione con l’obietti­ vo di disperdere e dividere gli operai), sia nello stesso tempo perché il capitalismo fosse continuamente di fronte a barriere per la sua soprav­ vivenza poste proprio dal suo farsi. E mostrava anche l’unità obiettiva della classe capitalista di fronte alla lotta dei capitalisti individuali in competizione tra di loro. In verità, si può vedere in questa “comune par­ tecipazione” al plusvalore un elemento essenziale nella creazione della classe capitalista. Infine, senza questa trasformazione il capitalismo non sarebbe mai decollato dalla produzione di plusvalore assoluto, poiché le incursioni occasionali nella produzione di plusvalore relativo non avreb­ bero potuto essere sostenute dal momento che i saggi di profitto, di con­ tro, sarebbero stati vertiginosamente bassi. E così il capitale non avreb-

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