La lotta per il riconoscimento

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Italian Pages 248 [125] Year 2002

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La lotta per il riconoscimento

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AXEL HONNETH

Sommario

Premessa PRIMA PARTE. Ricostruzione storica: l'idea originaria di Hegel

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1. Lotta per l'autoconservazione:

la fondazione della filosofia sociale moderna 2. Delitto ed eticità: l'innovazione intersoggettivistica di Hegel 3. Lotta per il riconoscimento: la teoria sociale della Realphilosophie jenese di Hegel

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SECONDA PARTE. Attualizzazione sistematica:

la struttura dei rapporti sociali di riconoscimento 4. Riconoscimento e socializzazione: Mead e la trasformazione naturalistica dell'idea hegeliana 5. Modelli di riconoscimento intersoggettivo: amore, diritto, solidarietà 6. Identità personale e misconoscimento: violenza, privazione dei diritti, umiliazione

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TERZA PARTE. Prospettiva di filosofia sociale:

morale e sviluppo sociale 7. Tracce di una tradizione di fùosofia sociale: Marx, Sorel, Sartre 8. Misconoscimento e opposizione: la logica morale dei conflitti sociali 9. Condizioni intersoggettive dell'integrità personale: un concetto formale di eticità

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200

c.

Note

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Bibliografia

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Indice dei nomi

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Indice degli argomenti

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Premessa

In questo libro, che riprende la mia tesi di abilitazione, intendo sviluppare i fondamenti di una teoria sociale normativa a partire dal modello concettuale hegeliano di una "lotta per il riconoscimento". Questo progetto è sorto in seguito ai risultati raggiunti nella mia ricerca sulla Critica del potere: chi cerca di integrare nel quadro di una teoria della comunicazione le acquisizioni di teoria sociale degli scritti storici di Michael Foucault deve ricorrere a una concezione morale del conflitto, che ancora oggi trova negli scritti jenesi di Hegel e nella loro idea di una generale lotta per il riconoscimento la più ricca fonte di ispirazione.1 La ricostruzione sistematica della linea argomentativa hegeliana, che occupa la prima parte del libro, porta a distinguere tre forme di riconoscimento, ciascuna delle quali contiene in sé il potenziale di una motivazione dei conflitti. Tuttavia lo sguardo retrospettivo sul modello teorito del giovane Hegel rivela che le sue riflessioni devono una pane della loro validità a presupposti idealistici non più mantenibili.nelle condizioni del pensiero post-metafisico. La seconda pane sistematica di questo lavoro inizia perciò con il tentativo di dare all'idea hegeliana una valenza empirica ricorrendo alla psicologia sociale di George Herbert Mead. In questo modo prende corpo una concezione intersoggettiva della persona che fa dipendere la possibilità di un rapporto non distorto con sé da tre forme di riconoscimento (amore, diritto, stima). Per togliere all'ipotesi così abbozzata il carattere di mera storia delle idee, nei due capitoli successivi cercherò di giustificare, con una ricostruzione sostenuta da argomenti empirici, la distinzione tra differenti rapporti di riconoscimento riferendomi a fenomeni concreti: l'esito di una siffatta verifica mostrerà che alle tre forme di riconoscimento corrispondono tre tipi di misconoscimento [Mi_Rachtung], la cui esperienza può influire, come motivazione dell'agire, sull'insorgere di conflitti sociali.2

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Premessa

Una conseguenza di questa seconda direttiva di ricerca è il delinearsi dell'idea di una teoria critica della società nella quale i processi di trasformazione sociale devono essere spiegati in relazione alle pretese normative strutturalmente implicite nel rapporto di reciproco riconoscimento. Nell'ultima parte del libro continuerò a seguire lungo tre direzioni le prospettive dischiuse da questa idea di fondo: anzitutto verrà ripreso il filo della storia delle idee per verificare in quali autori dopo Hegel si ritrovano spunti per un analogo modello di conflitto. Diventerà così possibile gettare uno sguardo sul significato storico di esperienze di misconoscimento che possono essere generalizzate fino a far emergere la logica morale dei conflitti sociali. Dal momento che solo chiarendo il suo riferimento normativo un simile modello può essere assunto come quadro per un'interpretazione critica di processi storici ed evolutivi, verrà infine delineata a tale scopo un concetto di eticità basato su una teoria del riconoscimento. Tuttavia le diverse ricognizioni non possono pretendere altra valenza che quella di una prima illustrazione della concezione qui considerata; loro funzione è quella di indicare le direzioni teoriche lungo le quali dovrei continuare a lavorare se le mie riflessioni si dimostrassero plausibili. Anche se oggi gli studi femministi di filosofia politica seguono spesso un percorso che si incrocia con gli intenti di una teoria del riconoscimento,' ho dovuto rinunciare a un confronto con questo dibattito; esso avrebbe oltrepassato non solo il quadro argomentativo da me prefJSsato, ma anche lo stato attuale delle mie conoscenze. Purtroppo, nell'elaborare la mia proposta interpretativa, non ho po• tuto considerare da vicino nemmeno i lavori più recenti dedicati alla teoria del riconoscimento del giovane Hegel;4 la mia impressione tuttavia è che si concentrino su aspetti per me di secondario interesse. Senza il costante incoraggiamento e il vivo interesse diJiirgen Habermas la prima metà di questo libro, che è stata presentata alla Facoltà di Filosofia dell'Università di Francoforte come tesi di abilitazione, non sarebbe stata ultimata nel tempo necessario. Desidero qui ringraziarlo per una collaborazione durata sei anni, la cui importanza per il mio processo di formazione sarà da lui certamente sottovalutata. Il mio amico Hans Joas, come sempre, ha seguito lo sviluppo delle mie riflessioni fin dal primo momento e con la massima attenzione; spero sia consapevole dell'importanza che i suoi consigli e le sue obiezioni banno da molto tempo per il mio lavoro. Per alcune parti della prima stesura ho ricevuto indicazioni importanti da Peter

Premessa

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Dews, Alessandro Ferrara, Hinrich Fink-Eitel, Giinther Frankenberg, Christoph Menke, Andreas Wildt e Lutz Wingert; devo a tutti loro un ringraziamento, anche se non tutti gli spunti che mi hanno offerto sono stati poi raccolti nel libro. Ho inoltre trovato un generoso sostegno nelle più diverse componenti dell'Università di Berlino, dove per dieci mesi ho potuto lavorare al manoscritto in condizioni ideali. Infine, vorrei ringraziare Waltraud Pfeiffer e Dirk Mende per l'aiuto tecnico che mi hanno dato nella stesura del manoscritto.

A. H.

PRIMA PARTE

Ricostruzione storica: l'idea originaria di Hegel

Nella sua filosofia politica Hegel si è posto per tutta la vita il compito di togliere all'idea kantiana dell'autonomia individuale il carattere di l,llla semplice esigenza normativa, presentandola sul piano teorico come un elemento della realtà sociale già operante nella storia. Egli ha inoltre sempre inteso la soluzione dei problemi sollevati da questa impostazione nei termini di un tentativo di mediare tra l'idea moÈema flella libertà e la concezione antica della politica, ossia tra la moralifà e fìeticità. 1 Ma solo negli anni giovanili della libera docènza aJéna ha affrontato questo compito con un approccio teorico in grado di trascendere l'orizzonte istituzionale del suo tempo e di rapportarsi criticamente alla forma stabilita di dominio politico. In quel periodo Hegel era convinto che da una lotta dei soggetti per il reciproco riconoscimento della propria identità derivasse l'obbligo sociale alla realizzazione pratico-politica di garanzie istituzionali di libertà·. L'aspirazione degli individui al riconoscimento intersoggètti~o ddla propria identità è insita fin dall'inizio nella vita sociale come una tensione morale che spinge al di là del grado di progresso sociale di volta in volta istituzionalizzato, conducendo poco a poco, lungo la via negativa di un conflitto ripetuto a livelli successivi, au~a çon~zione di libertà comunicativa. Tuttavia il giovane Hegel è giunto a questa concezione, sino a oggi non ancora pienamente valorizzata, solo perché è stato in grado di dare una nuova configurazione teorica al modello della "lotta sociale", introdotto nella filosofia sociale da Niccolò Machiavelli e Thomas Hobbes: ora lo svolgimento pratico di un conflitto tra gli uomini poteva essere ricondotto a impulsi morali anziché a scopi di autoconservazione; soltanto perché aveva prima attribuito al nesso d'azione della lotta il significato specifico di una distorsione e di una lesione dei rapporti sociali di riconosci-

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L'idea originaria di Hegei

1. Lotta per l'autoconservazione:

mento, Hegel poteva riconoscere in esso anche il medium centrale di un· processo di formazione etico dello spirito ~;µio. Tuttavia nelle opere di Hegel il programma così tratteggiato non è mai andato al di là di semplici abbozzi e progetti; già nella Fenomenologia tkllo spirito, con la cui stesura Hegel conclude la propria attÌvità scientifica a Jena, il modello di una lotta per il riconoscimento ha nuovamente perduto il suo specifico significato teorico. Ma negli scritti a noi rimasti degli anni precedenti l'elaborazione del sistema definitivo2 quel modello è cosi chiaramente riconoscibile nelle linee teoriche fondamentali da permettere la ricostruzione delle premesse di una teoria sociale autonoma.

la fondazione della filosofia sociale moderna



La filosofia sociale moderna fa la sua comparsa nella storia culturale quando la vita sociale viene definita come un rapporto di lotta per l~autoconservazione. La concezione in base alla quale i singoli soggetti, non diversamente dagli organismi politici collettivi; si fronteg_giano in una permanente concorrenza di interessi trova una prima formulazione teorica negli scritti politici di Machiavelli e diventa infine la base portante di una fondazione contrattualistica della sovranità dello stato nell'opera di Hobbes. A questo nuovo modello clj una "lotta per l'autoconservazione" era stato possibile pervenire so: lo dopo che le componenti centrali della dottrina politica dell' antichità, ancora valida per tutto il Medioevo, avevano perduto la lorQ enorme forza persuasiva. 1 Dalla teoria politica classica di Aristotele fino al diritto naturale cristiano del Medioevo l'uomo era stato co.ncepito fondamentalmente come un essere comunitario, uno zoon politikon che realizza la propria intima natura entro la cornice sociale di una collettività politica: la disposizione sociale della natura umana può trovare pieno dispiegamento solo nella comunità etica della polis o della civitas, che si distingue dal nesso meramente funzionale delle attività economiche grazie all'esistenza di virtù intersoggettivamente condivise. A partire da una simile concezione teleologica dell'uomo la dottrina politica tradizionale si era data il compito di esaminare e definire teoricamente l'ordine etico del comportamento virtuoso al cui interno l'educazione pratica e pedagogica del singolo individuo poteva seguire il corso più appropriato. Per questo la scienza politica, oltre che un'indagine sulle istituzioni e le leggi adeguate, fu sempre anche una dottrina della vita buona e giusta. Tuttavia il processo accelerato di cambiamento delle strutture sociali, che prese avvio nel tardo Medioevo per toccare il culmine nel Rinascimento aveva non solo messo in dubbio questi due de-

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L'idea originaria di Hegel

menti della politica classica, ma li aveva anche già privati, in linea di principio, di ogni vitalità intellettuale; infatti, con l'introduzione di nuovi metodi commerciali, con la creazione dell'editoria e delle manifatture così come, infine, con l' autonomizzazione dei principati e delle città mercantili, i processi politico-economici erano cresciuti ~almente al di là del quadro proieftivp èllèl!.~ ~onsuetudini tradizionali, che non aveva più senso cercare di studiarli soltanto come un ordine normativo del comportamento virtuoso. Non meraviglia perciò che la via alla trasformazione teorica della dottrina politica classica nella filosofia sociale moderna sia stata preparata là dove quei cambiamenti socio-strutturali si erano già compiuti in tutta chiarezza: nei trattati politici composti quando era stato esiliato dalla sua città, Firenze, Machiavelli si stacca radicalmente e senza riserve da tutte le premesse antropologiche della tradizione filosofica, rappres'e ntando concettualmente l'uomo come un essere egocenti;ico, proteso unicamente al perseguimento del proprio utile.2 Il fondamento 9j_ ontologia sociale delle diverse riflessioni che Machiavelli svolge chiedendosi come un organismo politico possa saggiamente conservare ed estendere il proprio potere è rappresentato dall'assunto di una condizione permanente di concorrenza ostile tra i soggetti: poi~hé g_li_uoqiini, costantemente sospinti dall'ambizione a elaborare sempre nuove strategie di azione orientate al successo, sono reciprocamente consapevoli dell'egocentrismo dei loro interessi, si fronteggiano ininterrottamente con un atteggiamento di timorosa $Qducia.} A questa lotta incessante per l'autoconservazione, una rete illimitata di interazioni strategiche nella quale, ovviamente, Machiavelli vede la condizione di fondo di tutta la vita sociale, sono improntate le categorie centrali delle sue analisi di storia comparata, in quanto non caratterizzano altro che i presupposti strutturali dell'agire efficace per il conseguimento del potere. Anche là dove si avvale ancora dei concetti metafisici fondamentali della storiografia romana e, per esempio, parla di "virtù" o di "fortuna", vuole indicare soltanto le condizioni storiche che dalla prospettiva dell'attore politico si dimostrano risorse indisponibili, sul piano pratico, per i suoi calcoli strategici di potere. 4 La questione di fondo che orienta tutte le ricerche storiche di Machiavelli è il modo in cui quel conflitto ininterrotto tra gli uomini possa essere abilmente giostrato a vantaggio del detentore del potere; così nei suoi scritti, persino nella rappresentazione delle vicende storiche, si afferma per la prima volta la convinzione filosofica, pur ancora priva di una vera fondazione teorica, secondo

Lotta per l'autoconserva:done

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cui il campo dell'agire sociale consiste in una lotta permanente dei soggetti per la conservazione della loro identità fisica. Sono bastati i centovent'anni che separano Hobbes da Machiavelli a dare alla medesima convinzione ontologica la forma matura di un'ipotesi scientificamente fondata. Rispetto a Machiavelli, Hobbes non soltanto ha il vantaggio di essere stato testimone delle esperienze storico-politiche della formazione di un moderno apparato statale e di un'ulteriore espansione dei traffici commerciali; nei suoi lavori teorici egli può anche già basarsi sul modello metodologico delle scienze della natura, che nel frattempo aveva acquistato validità universale grazie ai successi della prassi di ricerca di Galileo e alla teoria della conoscenza di Descartes.1 Nel quadro dell'impresa ambiziosa di indagare le "leggi della vita civile" per dare a ogni politica futura una base teoricamente fondata, le stesse premesse antropologiche che Machiavelli aveva tratto in modo ancora del tutto impressiònistidalle osse.rvazioni quotidiane assumono ora la forma di enunciati scientifici sulla natura propria dell'uomo: per Hobbes l'essere no, concepito meccanicisticamente come una sorta di automa che si muove da sé, si caratterizza anzitutto per la peculiare capacità di _pr9vvedere con sollecitudine al proprio benessere.6 Ma nel momento in cui l'uomo si imbatte in un suo simile, questo comportamento previdente si trasforma in una forma di preventivo accrescimento del potere generato dalla diffidenza: poic~é, infatti, entrambi i soggetti devono rimanere estranei e impenetrabili l'uno all'altro nelle loro intenzioni, ciascuno di loro è costretto ad allargare previdentement~ ~suo potenziale di potere per essere in grado di prevenire anche in fu. turo la possibile aggressione da parte dell' àltro. Muovendo da questo nucleo antiaristotelico della propria anu: