La lettera ai Galati 8839403833, 9788839403834

La lettera, scritta da Paolo di Tarso tra il 54 e il 57 d.C., fu composta per controbattere una predicazione fatta da al

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Italian, Greek Pages 662/661 [661] Year 1987

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La lettera ai Galati
 8839403833, 9788839403834

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COMMENTARIO TEOLOGICO DEL NUOVO T EST AMENTO Collana internazionale pubblicata in lingua italiana, francese, inglese, tedesca e spagnola A CURA DI Serafin de Ausejo, Lucien Cerfaux, Joseph Fitzmeyr, Béda Rigaux, Rudolf Schnackenburg, Anton Vogtle Segretari per l'Italia: G. Scarpat e O. Soffritti EDITORI

Paideia Editrice, Brescia Les Éditions du Cerf, Paris Herder and Herder, New York Verlag Herder, Freiburg, Basel, Wien Editoria! Herder, Barcelona

Segretariato generale: ÉDITIONES HERDER, BASEL

COMMENTARIO TEOLOGICO DEL NUOVO TESTAMENTO

La lettera ai Galati Testo greco e traduzione Commento di FRANZ Mus SNER Traduzione italiana di RoBERTO FAVERO Edizione italiana a cura di 0MERO SoFFRITTI

PAIDEIA EDITRICE BRESCIA

Titolo originale dell'opera: Der Galaterbrief Auslegung von Franz Mussner Traduzione italiana di Roberto Favero Revisione di Omero Soffritti

© Verlag Herder, Freiburg im Breisgau 1974, 41981 © Paideia Editrice, Brescia 1987

PREMESSA ALLA PRIMA EDIZIONE

Avendo già commentato la lettera di Giacomo (cfr. Franz Mussner, Der Jakobusbrief, Herders Theologischer Kommen-­ tar zum Neuen Testament XIII/z, Freiburg i.Br. 3I975)/ per l'autore era un impegno assai stimolante lo scrivere un commentario alla lettera ai Galati, che fino dal tempo della Riforma è considerata in certo modo come il pendant teologi­ co della lettera di Giacomo. Il compito non era facile, non so-­ lo per la difficoltà dell'opera in se stessa, ma anche per il fatto che proprio sulla lettera ai Galati esistono già commenti così eccellenti, come è raro trovarne per un altro libro del N. T.,- ri­ cordiamo solo i commentari di Lightfoot, Burton, Zahn, La­ grange, Oepke, Schlier e Bonnard. L'autore deve molto a que-­ sti commentari, ma deve ancor più all'incomparabile gramma-­ tica papirologica di E. Mayser, utilizzata solo da pochi esegeti. Se mi sia riuscito di dare alla mia esegesi un'impronta persona-­ le, lo deciderà la critica. L'esegesi è un lavoro che non ha fine e si vorrebbe non consegnare mai all'editore un simile commen­ tario, nella coscienza di poter esibire soltanto un opus imper­ fectum. Ma a un certo punto bisogna decidersi a fermarsi. Anche il presente commentario, come quello alla lettera di Giacomo, è destinato al dialogo ecumenico e specialmente gli excursus mettono in chiaro questa finalità. Certamente nell'e-­ segesi di Gal . era più facile condurre questo dialogo con i fra­ tres separati delle chiese della Riforma che non con gli Ebrei, per i quali soprattutto la lettera ai Galati è un osso particolar­ mente duro; tuttavia si è osato fare anche questo tentativo (cfr. anzitutto l'excursus «Paolo ha frainteso la Legge?») . I. Cfr. La lettera di Giacomo, Commento di Franz Mussner, traduzione italiana di R. Penna, revisione di O. Soffritti, Paideia Editrice, Brescia 1970.

Premesse

8

Giunto al termine del lavoro, mi resta il dovere di ringra­ ziare tutti coloro che in qualsiasi modo hanno cooperato alla realizzazione di quest'opera, anzitutto i collaboratori alla mia cattedra, Dr. Franz Schnider e Dr. W erner Stenger, assieme ai quali - oltreché molte escursioni per la bella regione di Re­ gensburg - potei fare parecchie peregrinazioni spirituali attra­ verso la Terra della S. Scrittura. Un ringraziamento particola­ re è dovuto pure alla mia segretaria, Sig.na Helene Hunger, per l'indefessa diligenza con cui si è dedicata alla preparazione del manoscritto. FRANZ MussNER Regensburg, estate 1973.

PREME SSA ALLA TERZA EDIZIONE È motivo di compiacimento che dopo soli tre anni possa esse­ re pubblicata la 3a edizione di questo commentario. Mi sento in dovere di ringraziare, oltre ai Sigg. Consulenti dell'Editrice Herder, particolarmente il P. Dr. ]osef Eger, che per lettera mi ha fatto notare parecchie sviste ed errori di stampa. Fra le recensioni a cui il commentario è andato finora soggetto, ricor­ do soprattutto l'ampia trattazione critica di JosefBlank in BZ, N.F. 20 (r976) 29I-JOI, che mi ha spinto ad un approfondi­ mento. Per questo vorrei espressamente ringraziar/o. Fra i problemi da lui illustrati ne scelgo tre e li tratto in una breve appendice a questa edizione. D'altronde il tempo trascorso dal­ la pubblicazione della Ia edizione è ancora troppo breve per poter già presentare un'aggiunta più estesa. Ma ciò non signi­ fica che io acconsenta ancor oggi a ogni frase del commentario così come vi sta scritta. Il lavoro e il processo di penetrazione dell'esegeta continuano incessantemente. Nel frattempo sulla dottrina paolina della libertà, che ha un ruolo importante nella lettera ai Galati, ho pubblicato un la­ voro specifico, intitolato Theologie der Freiheit nach Paulus

Premesse

9

(«Teologia della libertà secondo Paolo») (QD 75) , Frei­ burg/Basel/Wien I976, al quale mi permetto di rinviare. FRANZ MussNER Regensburg,

I

gennaio I977·

PREMESSA ALLA QUARTA EDIZIONE Il testo è stato di nuovo accuratamente ripulito da errori di stampa. La breve aggiunta alla 3a edizione è stata eliminata per far posto a un supplemento bibliografico, in cui si elenca bibliografia importante, comparsa dopo la pubblicazione della I" edizione. FRANZ Mus SNER Regensburg/Passau,

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luglio I 9 8 I.

PREMESSA ALL'EDIZIONE ITALIANA Per la traduzione italiana del commentario fu scritta un'appen­ dice, intitolata «Legge, Abramo, Israele». Ciò è dovuto al fat­ to che attualmente gli studiosi di Paolo si occupano particolar­ mente di questi temi, chiedendosi se a tal riguardo si riscontri uno ; IB in ra.Àa.'tLX'Ì}'V xwpa'V la maggior parte degli e­ segeti vede indicato il territorio abitato dalle tribù celtiche, a cui Paolo in Gal. 3 , 1 si rivolge col termine «Galati» .19 Luca 17

I6. Cfr. resegesi più dettagliata in 4,13 (noi riferiamo -;ò 1tp6-;Epov al primo sog· giorno missionario dell'Apostolo presso i Galati ). 16a. Cfr. anche K. LOning, Lukas. Theologe der von Gott gefuhrten Heilsgeschich­ te (Lk., Apg.), in Gesta/t zmd Anspruch des N.T. (hrsg. von ]. Schreiner) (Wiirz­ burg 1969) 200-228. 17. «In Act. St.ÉPXOI-la.T. è costruito ... o con raccusativo dello spazio percorso (cosi in 12,10; 13,6; 14,24 ; 1 5,3 ·41 ; 16,6 ; 18,23 ; 19,1 .2 1 ; 20,2 ) o con fwç per indicare la mèta del viaggio (cosl in 8,40; 9,38; 1 1 ,19)» (Haenchen, Die Apg. 25 1 , n. 1 ) ; dr. anche Bauer Wb. , s.v. Sr.ÉpXO(.la.T.. 1 8. Bauer, Wb. , s.v. Cl»pvyLa. (con bibliografia). tl>pvylav è sostantivo, non aggetti­ vo; cfr. Lake, The Beginnings of Christianity 5,23 1 ; Haenchen, Die Apg. 423, n. x. Nel greco di allora l'aggettivo Cl»puyr.oç è a due terminazioni . 1 9 . Cfr. anche Haenchen, ibid. 423 , n. 2, che critica altre opinioni; H. Conzelmann (Die Apg. , ad loc. ) osserva giustamente : «Luca distingue ... la 'Galazia' dal territo­ rio del primo viaggio, che pure si svolse all'interno della provincia di Galazia».

Introduzione

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non si sofferma su nessun particolare del viaggio, perché «i particolari avrebbero distolto l'attenzione del lettore dall'ar­ gomento principale» (Haenchen) ;20 e questo «argomento prin­ cipale» è precisamente l'imminente missione in Europa. Inol­ tre Luca non ha un'esatta conoscenza dell'interno di quella re­ gione.2 1 Egli non fa menzione neppure di un'attività missiona­ ria dell'Apostolo in Frigia e in terra galata; eppure, stando a Gal. , Paolo ha dovuto trascorrere fra i Galati un certo periodo di tempo «in seguito a una malattia» (vedi sopra) , e ne ha ap­ profittato per annunciare l'evangelo e fondare comunità, co­ me anche Luca in Act. 1 8 ,23 presuppone. Haenchen è di que­ sto parere: 22 «Essi non avranno soggiornato in città (altrimen­ ti l'indirizzo della lettera ai Galati sarebbe probabilmente di­ verso) , ma in villaggi, nei quali non c'erano giudei» . Qui pe­ rò Haenchen potrebbe sbagliarsi; basandosi sulla sua eccellen­ te conoscenza del materiale documentario relativo all'argo­ mento, Stahelin giunge a questo risultato: 23 «Fra i capoluoghi delle tre tribù solo due meritarono fin da principio il titolo di città: Ancyra, la città dei Tectosagi, la quale, come capitale della provincia, fin dall'inizio dell'età imperiale ebbe uno splendido sviluppo, e Pessinunte, capitale dei Tolistobogi e sacra sede della madre degli dèi, il cui ceto sacerdotale prove­ niva per metà dai Frigi e per metà dai Galati. Il castello di Ta­ vio, che i Trocmi avevano scelto come capoluogo, dai tempi di Strabone fu un importante centro commerciale, ma sembra che solo in epoca tarda abbia raggiunto un'importanza in qual­ che modo paragonabile a quella delle altre due città» . Dove, più precisamente, in terra galata risiedessero le comunità cri­ stiane e quale fosse la loro consistenza numerica, non sappia­ mo e lo specularvi sopra non ha senso. Possiamo però tenere per certo che al tempo di Paolo il numero dei componenti non fosse molto alto : forse un paio di centinaia. 2 . Act. 1 8 2 3 : xa.t 1tOLT}cra� xp6vov 't'LVà E;i]À,i}ev , OLEPXO­ J.lEVO� xaDE;ij� 't'i)V ra.Àa.'t'LXi)V xwpa.v xa.t tf>pvyla.v, O"'t''ijpt,

20. Die Apg. 425 . 22. Die Apg. 427.

2 1 . Cfr. anche Conzelmann, ad loc. 23. Op. cit. I06.

S 2. Paolo e la missione ai Galati

�wv 1tciVt� 'tovc; p,ait'l')"t' ac; . Dopo aver portato a termine il secondo viaggio missionario, l'Apostolo soggiorna . t 1 r: r� 1 27. «In Luca J.Lct.D1}-ti)� significa sempre 'cristiano'» (Haenchen, Die Apg. 488, a 19,1 ); dr. anche Oepke, Gal. 7· Nel periodo fra la prima e la seconda visita del­ l'Apostolo, i «fratelli» non saranno stati inattivi, ma si saranno evangelizzati da �; ora Paolo «rafforza» tutte le comunità con la sua esortazione apostolica. Per il termine O"'t''Y}p!�EI.'V cfr. anche Le. 22,32; Act. 14,22 (ÉTCl.O"-tl)pL�Ew) ; 1 5 ,32 (É1tl.O"'tT}­ p,t;Ew); Rom. 16,25 ; I Thess. 3,2 ; 2 Thess. 3,3 ; I Petr. 5,ro; G. Harder in ThWb VII, 653-6.57. Nell'uso linguistico di Act. O"'t'l]p!�EfN e il composto, semanticamen· te equivalente, iTCt.O"-t'r}p!t;Et.'V non hanno mai il significato di fondare comunità

Introduzione

Ma di fatto la lettera è stata scritta a queste comunità della regione detta Galazia («ipotesi della regione») o invece a comunità della provincia chiamata Galatia («ipotesi della provincia») ?28 Se la lettera è stata scritta a «Galati» della pro­ vincia romana di Galazia, che abitavano al di fuori della regio­ ne omonima, allora i destinatari non si devono cercare se non nelle città di Antiochia di Pisidia, lconio, Listri e Derbe, in cui l'Apostolo nel corso del primo viaggio missionario aveva fondato comunità cristiane29 e che ai tempi di Paolo apparte­ nevano in effetti alla provincia romana Galatia (vedi § 1 ) . L' «i­ potesi della provincia», dopo essere apparsa già con J .J. Schmidt ( 1 748) e J.P. Mynster ( 1 82 5 ) /0 fu sostenuta con particolare vigore da W.M . Ramsay31 e Th. Zahn.32 Ma essa ha ancor oggi i suoi seguaci,'' fra i quali anche W. Michaelis ,'4 i 11 .

missionarie, bensl quello di «rafforzare» nella fede comunità («fratelli») già esi­ stenti ; dr. specialmente Act. 14,22 (btLCT'tl]pt�ov-tec; -trtc; \fluxàc; 'tWV J,l.aDT}-twv, 1tapaxaÀ.ovv-tEc; EJ.l.lJ.ÉVEL'V 'tTI 1tLCT'tEt.) . Ciò si riferisce al rafforzamento dei fratel­ li nelle comunità di Listri, Iconio e Antiochia, già fondate in precedenza, mentre immediatamente prima ( 14,2 1 ) l'attività propriamente missionaria, fondatrice di comunità, di Paolo e Barnaba in Derbe viene designata come un evayyEÀ.t�EcrDat. e 1J.t1ih)'tEUEW (contro Borse, Der Standort des Galaterbriefes 48 ; il Borse riman­ da a Conzelmann, Die Apg. 97, il quale ad Act. 16,6 ss . osserva : «Questa descri­ zione del viaggio è molto strana: un viaggio programmato come non-missionario! », ma poi prosegue [ ciò che il Borse non dice ] : ; i soste­ nitori dell'ipotesi della regione (come Feine-Behm) accentue­ rebbero il fatto che Act. I 3 . I 4 non sa nulla di una malattia dell'Apostolo durante la missione in Pisidia e Licaonia. > (come vocativo) 3 , 1 5 e passim: «testamento» (Òtaitl}xT)) «l'eredità» («erede», «ereditare») 3,18 3 ,1 9 «promulgata per mezzo di angeli» ( ? ) «per mano di un mediatore» 3 ,I 9 «Dio è uno solo» 3 ,2 o «fu data legge» 3 ,2 1 3 ,2 r e passim: «giustizia» «figli di Dio» 3 ,26 3 ,2 7 «battezzati in Cristo» ( ?) 3 ,29 «seme di Abramo» «minorenne» ,1 s. 4 > è «l'unità dell'annuncio apostolico» (ibid. ). «Tutti gli apostoli - e soltanto loro - sono stati direttamente chiamati e solo a lo­ ro è stato direttamente affidato l'evangelo. La loro testimonianza è la prototestirno­ nianza fondamentale della chiesa, e Paolo pensa che quest'origine non si debba smembrare» (ibid. r56). «Nelle formule del tipo di I Cor. r5,3-5 Paolo riconosce l'espressione concreta dell'unità dell'evangelo apostolico; per lui esse hanno il va­ lore di documenti di una tale comunione necessaria per principio» (ibid. 15 7 ) Pao­ Jo «non ha creato nuove formule, ma anche per l'insegnamento si è servito di quelle già esistenti. Nei suoi scritti non dimostra mai di ritenere come loro auto­ ri altri apostoli, perché vede in esse raffigurata l'unità dell'evangelo apostolico. .

92

Introduzione

Paolo si tratta ) fa chiaramente capire che oggetto della meraviglia non è che «comunque è avvenuta un'apostasia», ma piuttosto la celerità con cui è avvenuta. Secondo l'Eckert (Ur� christliche Verkundigung 169, n. x ) il Borse non s'accorge «che Paolo non si me­ raviglia semplicemente dell'apostasia in sé, ma anche della mancante forza di re­ sistenza dei Galati». ,6. E. Grasser, Das eine Evangelium. Hermeneutische Erwiigungen zu Gal I16-Io: ZThK 66 ( 1969) 306-344 (3 14 s.). '7· Qui p.E-ta.-rtDEuila.l. ha il significato di «volgersi altrove», «passare dall'altra parte», «defezionare»; cfr. anche 2 Mach. 7,24 (J.lE'ta.1tÉtJ.EVOV &1tò 'tW'V 1ttX-rpth>'V) ;

Gal. I,6 s.

1 1 .5

stacco è una defezione da colui che li ha chiamati, per volgersi «ad un altro evangelo» . Sorprende anzitutto che l'Apostolo non scriva: «siete in procinto di disertare dall'evangelo vero a uno falso», ma che i termini del contrasto da lui formulati siano : «il (Dio) che chiama» - un altro evangelo». Ciò deve fare sui Galati un effetto strano; poiché certamente con quel loro rivolgersi al «giudaismo» essi non credevano di diventa­ re infedeli a Dio, di «apostatare» da lui; anzi, tutt'il contra­ rio. La formulazione dell'Apostolo dà a conoscere che l'invito di Dio per i Galati era la vocazione ali'evangelo, che Paolo ha loro annunciato.'8 Quindi la «caduta>> dei Galati è per l' Apo­ stolo un abbandono dell'evangelo. Essi si rendono infedeli al­ la chiamata di Dio!'9 Che cosa significa qui Èv xcipt/tt.? Fra i pochi esempi del nesso preposizionale Èv xcipt/tt. nel corpus Paulinum propria­ mente si può prendere in considerazione solo 2 Thess. 2 , 1 6 (ooùc; . . . iÀ,-Jtloa àyaiH)v Èv xapt.-tt.) ; qui si dice che il dono Dionisio di Eraclea, che abbandonò gli Stoici per darsi agli Epicurei, fu chiama­ 6 (.lE'ta-&É(.lEvo; (Diog. Laert. 7,1 ,37. 4,166) ; Po!yb. 24,9,6 (JJ.E'ta.1tÉ�a" 1tpòc; -twv cPwJ.Lalwv atpEcrw) ; Liddell-Scott, s.v. ; Maurer in ThWb VIII , 162. 58. Cfr. anche il participio aoristo 'tOV xaÀ.Éo-av'to;, che fa pensare a quella «vo­ cazione» dei Galati avvenuta una volta e una volta sola, quando essi accolsero l'e� vangelo dell'Apostolo e si fecero cristiani (dr. Mayser, Grammatik II, I , 172 : «Quando il participio aoristo è sostantivato mediante l'articolo ... esso ha sempre . . il senso di passato»). D'altronde 'tOV xa.À.Écrav'to (v. 7); il sono Il soltanto per confondervi (E LO"(,� o t 'tctp&.crcro�'tE�) /2 e questa formulazione perifrastica al presente lascia intendere che gli avversari sono tuttora al­ l'opera nelle comunità galate. Si suppone che gl'inviati dalle comunità di Galazia abbiano informato l'Apostolo e gli ab­ biano chiesto dilucidazioni e aiuto trovandosi in balla di que­ sto «smarrimento» . Qui l'Apostolo designa i suoi avversari con 'ttt�Eç, e ciò ha un senso quasi spregiativo: essi sono sol­ tanto «alcuni» , mentre l'Apostolo è fiancheggiato da « tutti i fratelli» ( I ,2) e del resto anche dalle autorità della comunità gerosolimitana, come egli spiegherà più avanti. Essi sono solo «alcuni», «certuni» ; 73 spuntati da chissà dove,74 i cui nomi non meritano neppure di essere conosciuti e menzionati?' Ma la «perturbatrice>>76 attività77 degli avversari produce il risulta=

=

70. Cfr. Blass-Debr. § 376 . 7 1 . Cfr. Radermacher, Grammatik 1 3 ; Blass-Debr. § 448,8 ; H. Koch, Zur ]akobus­ frage Gal. r,r9 : ZNW 3 3 ( 1934) 204-209 ( specialm. 207). Per l'indicativo nella proposizione introdotta da Et IJ.iJ cfr. Radermacher, Grammatik 212. 72. Il participio con l'articolo sta al posto di una proposizione relativa (Blass-Debr. § 4I2A) . 73 · Cfr. anche Bauer, Wb., s.v. -t � Ia� ; Pape, Wb . 11, 1 120 ( «Però esso serve an­ che ad esprimere la disistima ...»). Pure Luca in Act. 1,5,1 ..5 parla degli avversari giudaisti della libertà dalla legge, propria degli etnicocristiani, indicandoli con -tr.VE� ; anche per lui costoro non s'identificano con le autorità gerosolimitane. 74· Cfr. 2 Cor. 1 1 ,4 (� Èpx6IJ.E'Vo�). 75 · Il Bligh (ad l. ) vede dietro i -tt.VE� dei «discepoli incontrollati» degli «aposto­ li-colonne» di Gerusalemme e perciò un collegamento di 1,6-8 con 2,11-19 secon­ do il Bligh sembra mostrare «che a giudizio di S. Paolo le colonne erano respon­ sabili dei disordini in Galazia per aver mancato di dare istruzioni e di imporre controlli ai loro discepoli, come avrebbero dovuto fare». Può darsi che gli avver­ sari fossero gente «incontrollata» proveniente da Gerusalemme, ma che Paolo con­ sideri perciò gli apostoli-colonne responsabili dell'attività avversaria in Galazia, non risulta dal testo. Un siffatto collegamento di Gal. r,6-8 con 2,1 1-19 è immagi. nato dal Bligh, ma non suggerito dall 'Apostolo. 76. Per 'ta.p&.crcrEr.v cfr. anche Mt. 2,3 ; lo. 14,1 ; Act. 15 ,24 ( ... 'tL'V� t; i)p.Wv i­ "t&.pa.;av VIJ.ti� ).,6yo�.e; ava.O"XEVtX�OV'tE� 't� �vxà� VIJ.ii�); lo Schlier rimanda a Ecclus 28,9: xa.t av'Ì)p ti(lap-twÀ.Ò� -ta.pti;Er. cpO..ov� xa.t avei JllO"O'V ELP1)'VEVO'V-

1 20

to che nelle comunità galate la pace e l'unità sono sconvolte e messe in pericolo. In secondo luogo l'Apostolo risponde cosl: l'operato dei miei avversari presso di voi proviene dalla loro intenzione (DÉÀov-cEc;) «di mutare» (llE'trLCT'tpÉ�at) l 'EuayyÉÀtO'V 'tOU XptCT"tou . Ma poiché per l'Apostolo non esiste un altro evan­ gelo, non si tratta semplicemente di un «mutamento», bensl di uno «stravolgimento» dell'evangelo; dalle pretese degli av­ versari esso viene addirittura stravolto nel suo contrario, per.. vertito, ossia privato del suo significato.78 Senonché l'evange.. Io, che dai giudaisti viene trattato cosl, è proprio quell'unico evangelo che esiste : l 'Evrx.yyÉÀtov 'tOU XptU'tOU . Tutto fa cre­ dere che la formulazione sia paolina (cfr. Rom. 1 ,9 ; 1 ,5 ,9 ; I Cor. 9, 1 2 ; 2 Cor. 2 , 1 2 ; 9,1 3 ; I 0 , 1 4 ; Phil. 1 ,27; I Thess. 3 , 2 ) e che il genitivo Xpta"tou vada inteso come gen. oggettivo («evangelo riguardante il Cristo») e anche come genetivus auc­ toris: l'evangelo che ha come autore Cristo, dal quale parla lui stesso.79 In concreto l'evangelium Christi è la predicazione paolina (cfr. Gal. I ,I I ; 2,2) sulla iustificatio impii mediante la fede nel Christus passus, che i Galati in un primo tempo hanno accolto con fede ( 1 ,9).80 Se lo pseudoevangelo degli av'twv Ép.�a.À.E� S�oa�oÀi}v. Cfr. inoltre P. Giess. 40, 11.20 : 'tapao-o-oucn 'ti)v 1t6Àw. Ditt., Syll. 373 = oOc; É1tl 'tll �EuSwc; È1tL[O']'toÀi] 1tpÒc; vp.ic; XOJ.lLO'"aELO"TI 't� 'tW'V Ò1ta'twv òv6J.J.a.'tL 'tapa.xaiv'tEc; 1tp6c; J.lE É1tÉJ.l\fJtX'tE. Test. Dan 4,7 : xa.t 0'\Jvat­ pov'taL à.À.Àl}Àot.c; tva 'tCXp�;wO""Lv 't'Ì}v xapSlav. Altro materiale in Moulton-Mil­ ligan, s.v. 'tapao-O"w. 77. Nella proposizione Et IJ.iJ 'ti.VÉc; d01.v ot 't«>) ; l' «adesso» rimanda a un «prima» di molto tempo addietro, che risale verosimilmente al tempo della seconda visita del­ l'Apostolo ai Galati (dr. Act. r 8 ,2 3 ; Gal. 4,r 3 ) . Dunque Pao­ lo fin d'allora, forse con preoccupata previsione della futura «perturbazione» delle comunità e in base a certe amare espe­ rienze, ha già minacciato la sua maledizione contro i falsifica­ tori dell'evangelo.9' In confronto al v. 8 sorprende il passag92 . Cfr. Deissmann , Licht vom Osten 74; Moulton-Milligan, s. v. 93 · Cfr. anche I QS 2,15 s. : «Tutte le maledizioni di questo patto gravino su di lui, e Dio lo riservi alla perdizione, sicché egli venga cancellato di mezzo a tutti i figli della luce» (secondo la traduzione eli Bardtke); Hen. slav. 52,10: «Sia maledetto chi distorce gli ordini e le disposizioni dei suoi padri ! >>; Rom. 9,3 (11vx6�11V yàp b..vtiDq.ux. Elva:!. av't'bc; iyw a1tÒ 't'OV Xpt.O''t'OV .. . ). La formula veterotestamentaria con 'arur, «Come cosiddetta 'maledizione eventuale', serve a far sl che - mediante

una parola potentemente efficace - si crei una zona maledetta, ossia una potenziale sfera di sventura, in cui entra colui che commette l'azione menzionata nella for­ mula ... » (Keller, op. cit. 238 s.) . In Gal. 1,8 si trova una si11atta «maledizione e­ ventuale» (Éav! ). 94· Cfr. anche I QS 2,15 s.: le maledizioni le pronunciano i membri dell'allean­ za, ma è Dio che rende la maledizione efficace. L'anathema sit del diritto canoni­ co, elaborato in età successiva, non raggiunge le dimensioni dell'av&.itEp.a. !O"'t'W di Gal. 1 ,8 s. 95 · Cosl anche Lightfoot, Sieffert, Zahn, Burton, Ocpke ed altri. Includendo an­ che I Cor. 16,22, Paolo ha comminato l'anatema tre volte (dr. Bligh, Gal. 90, che a questo punto fa pure notare: «Cosl all'anatema è data ogni possibile solenni-

Gal.

I�9

I 2'

gio al reale (Et con l'indicativo presente) , provocato a quanto pare dal pensiero rivolto allo stravolgimento dell'evangelo che ora gli avversari hanno effettivamente compiuto, per cui 't L� («uno») rinvia chiaramente ai 't t.'VE� del v. 7 . Quindi di fatto Paolo lancia il suo anatema apostolico contro i suoi avversari, che sono penetrati nelle comunità di Galazia. Il fatto che egli osi fare ciò nella forma aspra d 'una formula stereotipa di ma­ ledizione attesta che egli è nettamente consapevole dei pote­ ri di cui dispone come apostolo ed è convinto che - trattando­ si dell'evangelo - sono in gioco gl'interessi di Dio stesso . Si deve osservare bene anche la formulazione (1ta.p'8) 1ta.­ pEÀ.aaE'tE; infatti nel V . 8 è diversa : ( 'Ita.p'o) EÙ1'}yyEÀt.O"allE­ t)a,. In primo luogo, dietro la formulazione del v. 9 sta la con­ vinzione che l'evangelo è un'entità trasmissibile, che viene «ricevuta»96 1ta.pa.Àa.tlaavEt.'V è anzitutto «il vocabolo che indica tecnicamente il processo della tradizione»97 -; in secon­ do luogo una tale enunciazione può e deve far ricordare ai Galati che essi un tempo hanno effettivamente ricevuto l'e­ vangelo di Paolo come l'unico messaggio di salvezza. In tal senso, 'Ita.pa.À.a.p,�a'VEt.'V va oltre l'uso semplicemente tecnico ed implica pure la permanenza dei credenti nell'«evangelo di Cristo», che determina l'esistenza e garantisce la salvezza esca­ tologica.98 Perciò ora il passaggio a un «altro» evangelo dimo­ strerebbe non solo che essi sono volubili e hanno una scarsa fermezza di convinzioni, ma anche la leggerezza con cui met­ tono a repentaglio la salvezza. Con una defezione essi rinne­ gherebbero la loro prima decisione, in cui si trattava di esse­ re e non essere.99 «Lo scopo dell'anatema è di rendere i Gala­ ti consapevoli della gravità della minaccia alla loro fede» (Bligh). -

tà, e a Pietro, che senz'altro sarà messo al corrente di tutto ciò, viene dato un tri­ plice avvertimento». Veramente, non si sa se bisognasse avvertire anche Pietro). 96. Cfr Schlier, ad l. 97· Kramer, Christos-Kyrios-Gottessohn 49· 98. Cfr. anche Delliog in ThWb IV, 14 s. 99· Sullo sfondo della struttura formale di Gal. r,6-9 C. Roetzel vorrebbe vedere lo schema dell'annuncio di giudizio della profezia preesilica (JBL 88, 1969, 30'312 [ 309] ), cosl articolato : introduzione, trasgressione, punizione, trasgressione, punizione, conclusione esortativa. Ma questa ipotesi non sarà condivisa da molti. .

Gal. I,Io-I2.IO

1 26

2. L 'EVANGELO

PAOLINO

COME RIVELAZIONE DI GE S Ù CRI S TO

( I ,I0- 1 2)

Nel testo precedente l'Apostolo - in termini categorici e apodittici - ha scartato qualsiasi possibilità di un «altro» e­ vangelo e ha scagliato l'anatema contro ogni falsificatore del­ l'evangelo. Ma questo stesso evangelo, che è una entità immu­ tabile e incondizionata, è stato da lui annunciato presso i Ga­ lati. Ora è proprio questa la circostanza che nell'argomenta­ zione dei suoi avversari, come risulta dalla successiva apolo­ gia dell'Apostolo, aveva un peso tutto particolare : Paolo non sarebbe un protoapostolo, non apparterrebbe fin dall 'inizio alla comunità cristiana, ma al contrario sarebbe stato per lun­ go tempo un nemico e persecutore accanito di essa. Tutto ciò basterebbe a dimostrare che anche il suo «evangelo» non può essere quello vero; ciò che egli vanta come «evangelo» sareb­ be sua opinione personale, da lui stesso escogitata, che non può assolutamente rivendicare per sé una validità esclusiva e universalmente riconosciuta nella chiesa. Paolo non annun­ cia l'evangelo vero, apostolico, apportatore di salvezza! Tali o analoghi saranno stati gli argomenti degli avversari. Contro di essi Paolo deve difendersi. Egli non rifugge dal pre­ sentare un'apologia della sua vita e del suo operato ; ma la pre­ senta in modo tutto suo, inimitabile. IO

"Ap'tt, -yà.p avDpw7tovc; 7tELDw il 'tÒ'V DE6'V; il �'I)'tW ti.vDpw1tO(,c; apÉ­ CTXE(,'V; Et E't t av1l'pw1tot.c; -ijpEO'XO'V, XptCT'tOV ooOÀ.oc; oòx &v iillTIV. Il -yvw­ pl�w -yàp Vlli'V, aOEÀ.cpol, 'tÒ EÙa.-y-yÉÀ.t.OV 'tÒ EÙa.-y-yEÀ.tcr1l'Èv ù1t'i1J.OU O'tt. oùx ECT'tt'V Xtt'ttX &vitpW1tOV . 1 2 OÙOÈ -yàp l-yw 1ta.pà avDpW1tO\J 1ta.pÉÀa­ �ov aÙ'tÒ OU'tE ÈOt,OaxD1}V, aÀ.Àà ot'a1toxaÀ.u�Ewc; 'I1)0"0U Xpt.CT'tOV . 10

Ora, infatti, persuado uomini o Dio ? Oppure cerco di piacere ad uo­ mini? Se ancora piacessi ad uomini, non sarei schiavo di Cristo. n Vi rendo infatti noto, fratelli, che l'evangelo annunciato da me non è se­ condo il tipo umano ; 12 infatti anch'io non l'ho ricevuto da un uomo né mi è stato insegnato, ma (l'ho ricevuto) mediante una rivelazione di Gesù Cristo. I o . Il tono è ancora eccitato e appassionato; le brevi frasi but­ tate giù sembrano tronche. Però si può notare un certo trapas-

127

so da ciò che precede, e precisamente nell'èip'tL, mentre la par­ ticella ytip qui non vuole motivare,100 bensl giustificare la du­ rezza con cui l'Apostolo si è espresso in precedenza. 101 Qui li.p'tL può essere riferito a 1tELitw («ora persuado uomini? ») , oppure si può intendere ellitticamente il che è molto proba­ bile, dato che è stato collocato in risalto all'inizio della propo­ sizione interrogativa -: «Adesso» (di fronte alla maledizio­ ne proprio ora di nuovo minacciata) - io vi domando : «Per­ suado (con ciò) uomini o Dio? » . Il mio anatema, che io ha ap­ pena comminato ai miei oppositori, dimostra a sufficienza che a me non importa di accalappiare a buon mercato uomini o di ottenere il loro favore; altrimenti dovrei parlare diversamen­ te con i miei avversari e annunciare in altro modo l'evangelo. Il concetto 1tE,itELV deve rimanere distinto da àpÉCTXELV 102 (cfr. la particella -ij prima di �1)'tW ! ) . Con 1tELitELV s'intende l'arte di persuadere gli uomini/03 e precisamente in riferimento alla missione : il poter fare proseliti senza tanti sforzi; invece con ti.pÉCTXELV si esprime un'accondiscendenza pronta al compro­ messo, tenendo presente soprattutto la debolezza della carne . Forse i due termini sono ricavati da effettivi rimproveri dei suoi avversari, i quali dicono che per Paolo, con tutta la sua predicazione di un evangelo libero dalla legge, l'importante è soltanto un facile successo e quindi anche il falso rispetto che ha per gli uomini; «egli presenterebbe ai pagani solo l'aspetto attraente dell'evangelo, sottacendo però la divina serietà della legge» (Oepke) ; la sua predicazione direbbe soltanto cose che alla gente fanno piacere - cfr. XtX'tà. èivitpw1tov nel v. I I - e si adatterebbe ai desideri dei suoi uditori f l04 Ma allora che cosa vuoi dire quell'il -tòv itE6v , che viene an­ cora aggiunto a 'l'tELtl'w ? Per una risposta soddisfacente rima­ ne solo l'ipotesi che nella domanda dell'Apostolo, dal punto di vista grammaticale, sia presente uno zeugma : 10' >.124 Ma dove e quando ebbe luogo questa &:7toxci"ku�t> ( Offenbarungsverstiindnis 76). Senon.. ché pare che per gli avversari la tradizione, alla quale essi contro Paolo si sono pro­ babilmente appellati, non poggi su una «rivelazione», bensl sui suoi presunti ga­ ranti, umano-ecclesiastici (i protoapostoli), ai quali pure l'evangelo era stato, cer­ tamente, comunicato per «rivelazione», ossia nell'intimità con Gesù e nell'espe­ rienza pasquale. Dunque il «contrasto fra rivelazione e tradizione» in Gal. r,12 non ha nulla che fare con un appello degli avversari ad una rivelazione, ma l'Apo­ stolo insiste sul fatto che egli - come accadde ai protoapostoli - non ha affatto ri· cevuto l'evangelo mediante una tradizione, bensl da un'immediata «rivelazione di Gesù Cristo» , il che è contestato dai suoi avversari. I 2 5. Ad essa pensa un gran numero di esegeti, come Schlier, Blank ed altri; in questa questione molto si addentra Bligh (Gal. 95·I2o).

Gal. I,II s.

parlare della sua «conversione>>, non fa mai parola di una «ri­ velazione» . Anche dai racconti di apparizione degli Atti non risulta che Paolo abbia ricevuto davanti a Damasco quel suo evangelo, che poi annunciò anche ai Galati (dr. I , I I ) . Ma, secondo gli Atti, nell'evento di Damasco si tratta di una cri­ stofania, che lo stesso Paolo in I Cor. 1 5 ,8 interpreta come apparizione del Risorto. Benché il Bonnard rifiuti un'identifi­ cazione dell'esperienza damascena con la «rivelazione di Ge­ sù Cristo» a cui Paolo si appella in Gal. 1 , 1 2 , pare che il suo modo personale d'intendere questa «rivelazione» non esclu­ da del tutto un riferimento a Damasco. Soprattutto richia­ mandosi a I Cor. 2 ,7 ss.,126 il Bonnard vuole intenderla come l'opera dello Spirito santo, il quale fece conoscere all'Apostolo il mistero di Gesù Cristo, e precisamente glielo fece capire nel­ le sue conseguenze in modo tale, che da questa conoscenza pro­ venne !'«evangelo di Gesù Cristo» annunciato poi da Paolo. Tuttavia Gal. 1 ,1 6 fa capire in modo chiarissimo che con la rivelazione del Figlio da Dio concessa ali'Apostolo si vuo­ le indicare l'evento di Damasco (su ciò vedi il commentario) . Certo, Paolo parla di questo fatto diversamente dal racconto di Luca negli Atti ;127 a lui preme più che altro mettere in ri­ lievo il carattere di rivelazione di questo avvenimento. Tale rivelazione portò l'Apostolo a conoscenza dell'evangelo e del­ la sua verità. Appunto per questo egli può dire che ha ricevu­ to il suo evangelo «tramite una rivelazione di Gesù Cristo» e non per mezzo di una tradizione e istruzione umana o eccle­ siastica.128 L'evangelo dell'Apostolo non è di seconda mano! Ciò non può essere sostenuta né dai Galati né tanto meno dai suoi avversari locali; piuttosto sono loro che in fatto di evan­ gelo vivono di seconda mano .129 l

126. «I Cor. 2,7 ss . ... ci sembra decisivo per l'interpretazione del nostro testo». 127. Cfr. anche G . Lohfink, Paulus vor Damaskus ( SBS 4) (Stuttgart 1965) 88 s. 128. Dicendo «ricevuto da un uomo», non si pensa a determinate persone della prima comunità, come Pietro o Giacomo, fratello del Signore. Piuttosto in Gal. i:,x2 alrApostolo interessa eli mettere in rilievo l'alternativa: origine umana o di· vina dell'evangelo. Per Paolo tutto dipende dal riconoscere questa origine. Cfr. anche Schlier, ad l. . 129. Il Kertelge vede le cose cosl (Apokalypsis ]esou Christou [Gal. I,I2]) : l'ap·

Gal. I,II s.

I 37

Ma poiché, tra l'altro, gli avversari obiettavano a Paolo di non essere uno dei ricevitori primari dell'evangelo e di non essere quindi affatto un'autorità competente in materia di e· vangelo, l'Apostolo si sente indotto ad esporre di seguito la «biografia» del «suo» evangelo, che poi è inscindibile dalla sua autobiografia. Così nella continuazione egli non procede pello di Paolo in I ,12 alla a1tox&.ì.v�t.ç 'IT)O"OV Xpt.O''tOV «riceve ... un rilievo par· ticolare dall'anticipazione difensivo.polemica di ouoÈ 'YàP È')"W . . . A che cosa si ri· manda con ciò?» (270). Nel rispondere il Kertelge anzitutto polemizza con Denis e Dupont (vedi in questo commentario p. 164, n. 6o). «Una diretta dipendenza letteraria di Paolo dalla fonte Q riportata in Mt. 1 1 ,2.5-27 par., magari nel senso di un'allusione diretta [così Dupont] , non si può dimostrare. Ad essa manchereb· be ogni motivazione. Diversamente stanno le cose, se la comprensione di apoka­ lypsis presupposta in Mt. 1 1 ,2.5·27 par. sta alla base della coscienza apostolica di missione di missionari itineranti protocristiani, con i quali Paolo dovette discute· re nei territori della sua missione non solo in Galazia, ma anche e soprattutto a Corinto. Il ricorso alla apokalypsis Iesu Christi, cioè alla rivelazione di Dio, che svelava la vera, escatologica importanza di Gesù, probabilmente non era limitato alla cerchia di trasmettitori della fonte dei logia (per indicazioni più precise vedi P. Hoffmann, Studien z.ur Theologie der Logienquelle, Miinster 1972, I02·I42). In simil guisa anche quegli à.1t6cr-roÀot. Xpt.O"'tov, così duramente attaccati da Paolo in 2 Cor. I 1 ,1J . . . , potrebbero aver fatto risalire la loro missione a una rivelazione particolare o a una loro pneumatica immediatezza di contatti con Cristo. Era pro. prio dell'autocomprensione degli apostoli operanti nella missione protocristiana il potersi appellare a Gesù Cristo come a fondamento e origine della loro missione [ cosl anche lo Schmithals suppone per i suoi «apostoli gnostici»] . E sullo sfondo di tale appello ci sarà stata una certa conoscenza del Gesù terreno o delle sue parole e azioni. Ma non era questa conoscenza come tale a fondare la loro autori· tà apostolica, bensl l'apokalypsis, mediante la quale Dio rivelava loro la vera im­ portanza di Gesù. Quindi la conoscenza del Gesù terreno, mediante l'apokalypsis divina su di lui, assunse il valore di base decisiva per l'attività missionaria dei suoi messaggeri» (278 s.). «Questa comprensione», dice poi (279 ) il Kertelge, «dell'apo­ kalypsis apostolica, che viene suggerita da un confronto di Gal. 1,12.15 s. con Mt. 1 1 ,2.5-27 par. e, tenuto conto del dissidio di Paolo con i missionari concorrenti, specialm. in 2 Cor. , potrebbe essere il punto di riferimento che dà occasione di parlare della apokalypsis Iesu Christi in Gal. I,I 2». Nei confronti di questi con­ correnti Paolo ora porrebbe in risalto che «anche» a lui è stata concessa la apoka· lypsis Iesu Christi, «e proprio come fondamento e origine del suo evangelo. Co­ sl facendo, egli non s'appoggia a un'esperienza epifanica di carattere estatico-pneu· matico, la quale non potrebbe esser altro che un fenomeno concomitante e prodi· gioso della rivelazione vera e propria, ma si fonda appunto su questa stessa rive­ lazione, che per lui non è altro che l"autocomunicazione' di Gesù Cristo risorto, presente nel suo evangelo» ( 280) . Con ciò il Kertelge propone senza dubbio un'i· potesi degna di considerazione . Noi pensiamo solo che l'lyw messo in evidenza in Gal. 1,12 si possa ottimamente spiegare ponendolo in relazione con coloro che era· no «apostoli prima di me» ( 1 ,17; cfr. anche I Cor. 15,7 s.), i quali non s'identifi· cano con gli avversari e concorrenti di Paolo.

Excursus

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:c

«fenomenologicamente» (ad es. , dando chiarimenti teologici sulla «verità dell'evangelo » ) , ma biograficamente . È ovvio che, ciò facendo, deve mettersi a parlare della sua «chiamata» e del tempo ad essa successivo. EXCUR S U S

I

IL «CENTRO DELL'EVANGELO» SECONDO LA LETTERA AI GALATI I. O S S ERVAZIONE PRELIMINARE

Il problema del «centro dell'evangelo» risale ai tempi di Marcione, ma è diventato una questione fondamentale per tutta la teologia specificamente a partire dalla Riforma.130 Ma dove precisamente si può vedere e cercare questo «centro» ? La risposta della teologia orientata alla Riforma è generalmen­ te questa : nella iustificatio impii sola fide et gratia, ossia nel­ l'accettazione, per grazia, del peccatore, che crede in Cristo crocifisso risorto, da parte del Dio misericordioso. 131 Non v'è alcun dubbio che una tale precisazione del «centro dell evan­ gelo» può appellarsi particolarmente alla lettera ai Romani e ai Galati. In questo excursus raccogliamo il materiale concer­ nente la dottrina delle iustificatio impii sola fide et gratia re­ peribile in Gal. ( II ) , poi cerchiamo di collocare questo insegna­ mento nell' «orizzonte » più vasto, offerto dalla lettera stessa ( III ) e infine ci chiediamo quale importanza abbia la dottrina della iustificatio impii, vista in un orizzonte più ampio, per il dialogo ecumenico (Iv) . '

130. Cfr. anche F. Mussner, Die Mitte des Evangeliums in ntl. Sicht: Cath 15 (1961) 271-292 ; Id., «Evangelium» und «Mitte des Evangeliums». Ein Beitrag zur Kontroverstheologie, in: Praesentia Salutis (Diisseldorf 1967) 159-177 (bibliogr.) ; H.D. Wendland, Die Mitte der pln. Botschaft (GOttingen 1935 ). 131. Cfr. la frase di M. Lutero (WA 12, 259 ) : «Ma evangelo non vuoi dire altro che una predica e un grido sulla grazia e misericordia di Dio, meritata e guadagna­ ta dal Signore Cristo con la sua morte».

Il «centro dell'evangelo» secondo Gal.

1 39

II. LA IUS TIFICATIO IMPII S OLA FIDE ET GRATIA

I . Testi basilari

2 ,1 6 : «Sapendo che un uomo non è giustificato in virtù delle opere della legge, bensl soltanto grazie alla fede in Cri­ sto Gesù, anche noi (giudeocristiani) siamo giunti alla fede in Cristo Gesù, per essere giustificati in virtù della fede in Cristo e non delle opere della legge, perché in virtù delle opere della legge non verrà giustificata alcuna carne». 3 , I I : «Che poi mediante la legge nessuno sia giustificato dinanzi a Dio, è chiaro, perché ( secondo Abac. 2 ,4) il giusto vivrà in virtù di fede» . 2 . Testi complementari 1 ,4 :

1 ,6 : 2,21 : 3 ,8 : 3,r 3 s.:

3,22 : 3 ,26:

5 ,4 :

«Gesù Cristo, che h a dato se stesso per i nostri peccati, per strapparci al presente eone malvagio» . «Colui che vi ha chiamati per grazia [ di Cristo ] » (cfr. an­ che r , r 5 : riferito all'Apostolo stesso) . «Infatti, se la giustizia (si ha) mediante la legge, conse­ guentemente Cristo è morto invano» . «La Scrittura previde che Dio giustifica i popoli in virtù di fede». «Cristo ci riscattò dalla maledizione della legge, in quanto divenne per noi una maledizione, . . . affinché ricevessimo la promessa del Pneuma per mezzo della fede». «La Scrittura ha rinchiuso tutto sotto peccato, affinché la promessa (proveniente) da fede in Gesù Cristo fosse dona­ ta ai credenti». «Tutti voi, infatti, siete figli di Dio per mezzo della fede in Cristo Gesù» . «Vi siete allontanati da Cristo, voi che (volete essere) giu­ stificati da legge; (quindi) siete decaduti dalla grazia».

Questi numerosi testi «supplementari>> si possono conside­ rare come passi d'inquadramento dei «testi basilari» summen­ zionati, dei quali costituiscono il sintagma teologico e coi quali stanno in una relazione isotopa che permette di vedere l'oriz.. zonte più ampio in cui si situa l'intera dottrina della giustifi­ cazione, com'essa è formulata dall'Apostolo nei «testi fonda-

Excursus I

140

mentali>> . In che cosa consiste più precisamente questo oriz­ zonte? III .

L 'ORIZZONTE PIÙ AMPIO

I . L'orizzonte soteriologico

La dottrina della giustificazione si basa sull'evento salvifi­ co compiutosi in Cristo, che nel N.T. di preferenza si articola linguisticamente o nell'idea della vicarietà o nella «formula di donazione» ; in ambedue i casi in collegamento con la preposi­ zione a tal fine significativa \ntÉp.132 In Gal. Ù7tÉp ricorre solo tre volte, e precisamente due nella formula di donazione e una nell'idea della vicarietà : Cristo ha dato se stesso «per i nostri peccati» ( 1 ,4) o «per me» (2 ,20 ) e diventò «per noi» ( = «al nostro posto») maledizione ( 3 ,1 3 ) . Il fine salvifico viene se­ gnalato linguisticamente facendo ricorso alle congiunzioni fi­ nali o1twc; e tvcx. tipiche in questo caso (cfr. I ,4 ; 3 , I 4 : due vol­ te tva., sia con la destinazione universale della salvezza [ "tCÌ Éi}v'l'} ] sia con l'indicazione della via che porta alla salvezza [ OtCÌ "tTjc; 1tLO""tEWc; ] ; 4 ,; : ancora un duplice tvcx., prima con finalità «negativa» [ liberazione dal dominio della legge ] , poi in senso positivo [ ricezione della figliolanza ] ) . Inoltre in 2 , 2 0 la formula di donazione è coordinata alla formula dell'ci­ ya1tT) (il Figlio di Dio, «che mi ha amato») . 2 . L'orizzonte

«storico-salvifico»

Paolo elabora la dottrina della giustificazione non solo rica­ vandola dall'evento salvifico-soteriologico compiutosi in Cri­ sto, ma ponendo quest'ultimo, e assieme ad esso anche la iu­ stificatio impi, nella cornice più ampia della «storia della sal­ vezza»/33 proprio anche in Gal. Ciò appare, come in Rom. , 132. Cfr. anche KR. Schelkle, Die Parsion ]esu (Heidelberg 1949) I31-135, e specialmente W. Popkes, Christus traditus, passim. 133. Scriviamo «storia della salvezza» tra virgolette, perché siamo pienamente con­ sapevoli della problematica implicita nel concetto di «storia della salvezza» (cfr. l'excursus: «Storia deUa salvezza o yp�?»).

Il «centro dell'evangelo» secondo Gal.

sotto un duplice aspetto : anzitutto la salvezza donata al giu· stificato sola fide et gratia viene posta in relazione con la pro­ messa di benedizione fatta al credente Abramo (cfr. 3 ,6- 1 8 ; 4,2 1 �3 1 ) e, in una relazione singolarmente dialettica rispetto a questa, con la legislazione del Sinai (dr. 3 , 1 7 ss.) . Inoltre la giustificazione in virtù di fede viene messa in un rapporto cau­ sale e comparativo con la fede e la giustificazione di Abramo (cfr. 3 ,6 s.) .134 Tutto ciò significa che l'Apostolo non conside­ ra la iustificatio impii come un fatto isolato e isolabile dalla rimanente «storia della salvezza», ma la vede interamente nel· l'orizzonte complessivo di quella storia, nel quale naturalmen­ te rientra pure la dimensione escatologica. 3 · L'orizzonte escatologico

Anche nella dottrina della giustificazione domina la tensio­ ne fra presente e futuro, osservabile anche in altri settori del· la teologia paolina.13' Lo Stuhlmacher raccolse dalle lettere di Paolo i più importanti enunciati in proposito.136 «L'abbina.. mento e l'intreccio delle due serie di argomentazioni è sor­ prendente al punto che qui a ragione si può supporre un'in­ tenzione teologica di Paolo» . 137 Considerando Stxa.tou'V e St.· xa.touaDa.t., che sono i concetti più importanti per la iustifica.. tio impii, si scopre addirittura che non è possibile decidere se nei passi di Gal. che argomentano con questi termini sia con­ siderato il presente salvifico o il futuro salvifico . Le afferma­ zioni «che un uomo non viene giustificato dalle opere della legge» (2, r6a), che i credenti «cercano di essere giustificati in Cristo» ( 2 , 1 7) , che ( 3 , 8 ) , che «per la legge nessuno viene giustificato davanti a Dio» (3 , 1 I) constatano qualcosa che è atemporalmente vali­ do. Anche .5 ,4 (oi:�t.vEc; Èv vé�-t� St.xa.t.ouaDe) non dice nulla 134. Sulla funzione comparativa e causale di xa.aw� in 3 ,6 s. vedi più precise indi­ cazioni nel commentario. I 3.S · Cfr. anche P. Stuhlmacher, Erwagungen zum Problem von Gegenwart und Zt�kunft in der paulinischen Eschatologie: ZThK 64 ( 1967) 423-450 (con ulteriore bibliogr.). 136. lbid. 426 s. I37· Ibid. 427.

1 42

E"cursus

z

sul presente o sul futuro. Un po' oltre possiamo forse andare con l'ausilio delle due dichiarazioni introdotte da tva. in 2 , I 6c e 3 ,24b («affinché fossimo giustificati in virtù di fede [ in Cri· sto ] ») ; esse infatti, in ogni caso, indicano una meta. Inoltre, in 2 , I 6c si ha una motivazione espressa con la proposizione in­ trodotta da O"tt: «perché nessuna carne sarà giustificata ( Ot­ xa.twi}i}crE'ta.t.) da opere della legge» . Questo futuro passivo proviene da Ps. I42,2 LXX; ma poiché in 2 , 1 6c si trova solo una «citazione contestuale» e non un argomento scritturisti­ co,X38 l'Apostolo - dalla sua posizione - potrebbe avere in vi­ sta il futuro salvifico. Dai quattro enunciati con Ot.Xa.t.ocrvv1} che si trovano nella lettera si deduce quanto segue: «sovratemporalità» in 2,2 I («se infatti la giustizia [venisse ] per mezzo della legge . . . >>) ; constatazione per il passato in 3 ,6 («gli [ = ad Abramo ] fu computato a giustizia»); di nuovo «sovratemporalità» in 3 ,2 I ( > ; nel battesimo essi hanno «in138. Su ciò cfr. il commentario.

Il «centro dell'evangelo» secondo Gal.

1 43

dossato» Cristo (3 ,26 s.); i Galati appartengono a Cristo ( 3 , 29) . E, in quanto «seme di Abramo» , sono > , «erede», «libero»), senza che con ciò questo piano diventi «metafisica» . Tutto infatti è sottoposto all'agire escatologico di Dio : «Quando giunse la pienezza del tempo, Dio inviò il Figlio suo».141 L' «essere» è inteso non in senso statico-sovratemporale, ma dinamico-escatologico. Do­ mina una «ontologia dinamica» , se cosi si può dire. '

IV. L IMPORTANZA PER IL DIALOGO ECUMENICO

Si tratta di definire e formulare ciò che nella teologia, spe­ cialmente nella «teologia controversistica», vien detto «il cen­ tro dell'evangelo» . La teologia evangelica vede decisamente questo yÉ'VEL IJ.OU, 1tEpr.crcro"t"Épw; �"f) À.W"t'Ì)t; uTCtipxwv 'tW'V 1tCX."t"pLxwv JlOU 1ta.paò6UEW'V. 1' O"t"E ÒÈ EÙOOX"f)O"EV o acpop!ua; p.E Èx XOtÀ.ta; IJ.T)"tp6c; IJ.OU xat xa.À.Éua; or.cì "t''ijt; XtXPL"t'Ot; CIÙ"t'OU 16 ft7tOXa.À.u�a.t -ròv u�Ò'J a.ù­ 'tOV Év ÈIJ,ot, tva. EÙa.yyEÀ.t�WIJ.CIL a.Ù"t"ÒV Èv "t'o�; Eit'VEO't.v, EÙDÉw; où 1tpoua.vEDÉIJ."f)'V crapxi. xat a.tJ.ta."t't., 17 oÙÒÈ &.vi]À.itov Etc; c1Epocr6Àv(J.a 1tpÒ; "t"OÙt; 7tpÒ EIJ.OV tX1tOO'"t"oÀouc;, à.À.À.à. &:rti]À.Dov EÌt; 'Apa.fi!a.v, xat 1ttXÀ.L'V U1tÉO'"tpE�Gt EÌt; aa.IJ.CX.O'XOV. 18 "E7tEL"t"Gt IJ.E"t"CÌ "t"pla E"t'T) &.vi)Àilov Etc; ciEpouoÀ.uJ.ta Ì.O'"topi)ua.t KT)cp&v, xa.t ÉTCÉIJ.Etva. 1tpò; a.Ù"t'Òv 'Ì)p,Épa.; OExa:ttÉV"t"E" I9 �"tEpov oÈ "tWV &.1tocr-r6À.wv oòx Etòov, Et p.'Ì) 'Itixw�ov 'tÒV cXOEÀ.q>Ò'V "t"OU xuplou. 20 a OÈ ypcicpw U(J.tV, tòoù ÈVW7tLO'V "t"OU DEOV O"tt où �EUOOJ.lat.. 21 E1tEt."ta TilDov EÌt; "tCÌ xÀ.tlJ.CX."t"a "t"iic; l:upla.c; xa.t "t'ijt; KtÀ.txta; . 22 f)p.T)'V oÈ &.yvooup..Evo; "t� 7tpOO"W1t(f) "tatt; ÈxXÀ.T)Utat; "t'ijt; 'Iouòa.la; --rai:c; Èv Xpt.u"t(i>, 2' p..6vov oÈ àxouov"t"Et; fiuav o"tt ò ot.wxwv i)IJ,&t; 1tO"t"E 'VVV EÙa.yyEÀL�E"t"CX.L "t'Ì}'V 1tLO'"ttV f}v 1tO"tE É1t6pDEt, 24 xal É­ S6�a.�o'V Èv Èp..o t "tÒ'V ite6v . I 3 Avete infatti sentito della mia condotta d'un tempo nel giudaismo, come oltre ogni misura perseguitavo la chiesa di Dio e cercavo di rovi­ narla I4 e facevo costanti progressi nel giudaismo più di tutti i miei coe­ tanei fra il mio popolo, ardendo in particolar modo di zelo per le mie tradizioni ereditate dai padri. 1 ' Ma quando Colui che mi ha scelto fin dal seno di mia madre e mi ha chiamato per la sua grazia si compiacque 16 di rivelare inme il Figlio suo, affinché lo annunciassi fra i pagani, to­ sto non mi consultai con carne e sangue, 17 e neppure salii a Gerusalem-

Gal.

I,IJ-:l4. IJ s.

me da coloro che erano apostoli prima di me, ma mi ritirai in Arabia, e di nuovo ritornai a Damasco. 18 Poi, tre anni dopo, salii a Gerusalem­ me per fare la conoscenza di Cefa e rimasi presso di lui quindici giorni. I9 Un altro degli apostoli non vidi, solo Giacomo, il fratello del Signore. 20 Ciò che vi scrivo, ecco davanti a Dio, non mento . 21 In seguito, an­ dai nelle regioni della Siria e della Cilicia. 22 Però ero di persona scono­ sciuto alle chiese cristiane della Giudea ; 23 ma soltanto sentivano dire : «Colui che una volta ci perseguitava, ora annuncia la fede che un tem­ po cercava di distruggere», 24 e glorificavano Dio a causa mia. I 3 s. La

particella ycip , che collega questo brano al preceden­ te, instaura un chiaro rapporto di motivazione. Il fatto che l'evangelo deli'Apostolo non sia 1ta.pà. àvDpw1tou , viene fon­ dato e garantito mediante tutti i successivi dati biografici, il primo dei quali non è sconosciuto ai Galati : i)xoucrcx."tE, pre­ sumibilmente da relazioni personali deli'Apostolo circa la sua attività missionaria. Essi sanno bene della sua condotta d'un tempo ( civcx.cr"tpocpi)v2 1tO"t'E3) nel «giudaismo» , cioè del suo modo di vivere secondo le rigide usanze della religione giu­ daica.4 Il seguente O"tt. è epesegetico rispetto ad àvcx.cr"tpocpi)v ; in due frasi da esso dipendenti (vv. 1 3h.I4) l'Apostolo descri­ ve il suo modo «specifico» di vivere l'essenza del giudaismo: a) perseguitava «oltre ogni misura» (xa.D'u1tEp�ol1)v)' la chiesa di Dio (l'imperfetto EOtwxov indica una certa dura­ ta di questa persecuzione) e cercava di mandarla in rovina (É2. itvtx non è in alcun modo un concetto ironizzante. ,. Sull'uso accrescitivo dei composti con v-n:Ép in Paolo dr. G. Delling: NT II ( 1969) 127-153 ·

Gal. I,IJ s.

1 49

1topll'ouv è imperfetto di conato; dr. I ,23 ) .6 ExxÀ:na-'cx. �ou DEou corrisponde ali'espressione veterotestamentaria t{hal ihwh e mette in luce l'autocomprensione della comunità cri­

stiana : 7 essa sa di essere il vero, escatologico popolo di Dio. Probabilmente l'espressione è stata introdotta nell'uso lingui­ stico cristiano da Paolo, anche se di fatto era già viva prima di lui nella coscienza della comunità.8 Per l'Apostolo l'accento cade su �ou DEou : è la comunità di Dio, che egli credeva di do­ ver perseguitare nel suo superzelo farisaico.9 b) Inoltre egli faceva sempre più progressi (imperfetto 1tpoÉX01t't'OV )10 «nel giudaismo>> , al punto da superare molti coetanei del suo popolou nella coscienziosa osservanza delle tradizioni paterne.12 Un buon commento al riguardo è offerto 6. Per 1topD'Ei:v cfr. anche 4 Mach. 1 1 ,4 (-tov-tov 1topDE� "tÒV "tp61tov); Act. 9,2 1 (o 1toptti}a-t1�... "toÙ� E1tLXtXÀ.ov�-tÉvov� "tÒ ovo�-ttX 'tOV"to) ; Philo, Flacc. 54 ( ... [cpEtç w� E'V aÀ.WO"EL 'tOL� ED'ÉÀ.OVO"L'V 7topDEt\l 'IovSa.!ov�) ; Aesch., Sept. c. Theb. 582 s. (1t6À.LV 1ta."tpwtXv xtXt 1}Eoùc; "tovc; EYYEVEi:c; 1topD'Ei:v ) . Un'interessante interpreta­ zione del verbo 1topDEi:v in Gal. 1,13.23 e in Act. 9,2 1 è stata proposta da PhH. Menoud (Le sens du verbe 1topDEi:v, in Apophoreta. Festschrift fiir E. Haenchen = BZNW 30 [Berlin 1964 ] 178-I 86) ; secondo il Menoud, in Gal. 1 ,I3.23 Paolo usa il verbo 1topDEt'V «in senso morale». Paolo, quando «perseguitava» la chiesa, si sarebbe comportato da antipredicatore fanatico contro la chiesa, cercando con l'aiuto della Scrittura di confutare il kerygma dei cristiani, secondo il quale il Gesù crocifisso era il Messia promesso, e di provocare in tal modo il loro sfacelo morale. La sua persecuzione dei cristiani sarebbe quindi stata anzitutto di caratte­ re «teologico». 'Jtopttei:v «è il contrario di otxoSoiJ.ELV». Forse la rabbiosa «antipre� dicazione» dell'Apostolo si rivolgeva particolarmente contro quelle cerchie della giovane chiesa che, come Stefano , assumevano un atteggiamento di dichiarata op­ posizione e critica nei confronti della legge (su ciò cfr. in questo commentario an­ che p. 158, n. 42). 7· Al riguardo cfr. l'abbondante bibliografia citata in Oepke, ad l. L'opinione del­ l'Oepke che la denominazione della comunità col termine qhl «nel tardo giudai­ smo sia scomparsa», va rettificata ; cfr. solo K.G. Kuhn, Konkordanz zu den Qum� rl1nschriften , s. v. (ad es. I QM 4,10: qhl 'l). 8. Cfr. F. Mussner, Die Idee der Apokatastasis in der Apostelgeschichte, in Lex tua veritas (Festschr. f. H. Junker) (Trier 196I ) 30' s. 9· Per le autotestimonianze paoline sull'attività di persecutore cfr. specialmente G. Klein, Die zwolf Apostel 127�I44; Blank, Paulus und ]esus 238-248; Burchard,

Der dreizehnte Zeuge 40-51 . 1 0. Cfr. anche I QSa I ,8b Lohse ( «Se egli [il novizio] fa buoni progressi...») . r r . Qui yÉvo� è (il) «popolo» (giudaico) (cfr. 2 Cor. 1 1 ,26; Phil. 3,5 : EX yÉvov� 'la-pa:f)À. ; Flav. Ios., Ap. 1 ,1 : 7tEPL �ov yÉvovc; 1lllWV "tWV 'IovStdwv). Paolo ag­ giunge Èv -t{il yÉVEL IJ.OV perché scrive a etnicocristiani. r z . u1tÈp (1toÀ.À.oÙ� O"VVT}Àt.XLW'ttX�) ha senso comparativo: «più di (molti coeta4

da Paolo stesso in Phil. 3 ,5 s. («Circonciso all'ottavo giorno, del popolo d'Israele, della tribù di Beniamino, ebreo da ebrei, quanto a legge fariseo, quanto a zelo persecutore della chiesa, e quanto alla giustizia proveniente dalla legge, irreprensi­ bile>>) .13 L'Apostolo era stato un sostenitore particolarmen· te (7tEpt.crcro'tÉpw�)14 premuroso e zelante (�'r}ÀW'ti}t;Y' delle sue tradizioni, derivanti dagli antenati ('tW'V 'JtCL'tptxwv p,ou 1ta.pao6crEwv) . Cosl dicendo, Paolo si qualifica come seguace non del partito degli Zeloti, ma dei Farisei, i quali - differen­ ziandosi dai SadduceP6 - attribuivano il massimo valore alla fedele osservanza delle cosiddette tradizioni dei padri, cioè alla «siepe attorno alla torà» (Abot I ,Ih)/7 che nell'esegesi casuistica della legge si era progressivamente costituita in for­ ma di «prescrizioni preventive» rabbiniche. Per l'uso lingui­ stico dr. anche Flav. Ios., ant. 1 3 ,297 ('tà. EX 1tctpa.S6aEw� 'tW'V 'Jta'tÉpwv) ; I 3 ,4o8 (xa.'tà 't'Ì}'V 1ta.'tpwav 1tapcioocrt.v) ; 1 0 ,5 I ('ti) 'tWV 7tpECT�U'tÉpW'V 7ttXpaOoCTEt.) ; I 9 ,349 ('t{i) 1ta­ 'tpt

) .23 Il verbo EÙ­ OOXT)O"E'V è collegato al duplice soggetto participiale ò àcpop!­ aa� . . . xat xa.À.Écra.c; e regge l'infinito CÌ1toxa.À.v\}Ja.L. Mentre il sovrano atto di grazia di Dio, espresso da EUOOX1')CTE'V , secondo il contesto si manifestò in una (particolare) rivelazione ali'A­ postolo, la frase participiale o ckcpoptcra.� p,E EX xoLÀ.ta.� (l1')'tp6� p,ov vuoi dire che Dio ha «messo da parte» l'Apostolo già a partire dall'inizio della sua vita per farne successivamente il suo strumento, come fece col profeta Geremia (dr. Ier. r ,5 : 1tpÒ 'tOU (lE 'JtÀ.acra." CTE E'V XOLÀ.t� É1t'CT�a.p,a.t CTE xa.t 1tPÒ 'tOU trE E;EÀ.DEt'V EX IJ.1J'tpa.� 1)yLa.xci CTE, 1tpocpi)�1')'V EL� EW1) "tÉ­ DELXa erE) e col Servo di Dio isaiano (dr. Is. 4 9 , r . 5, dali'au­ topresentazione del Servo di Jahvé) . Ma sullo sfondo sta pro­ babilmente anche la visione di vocazione di I s. 6,r-r 3 , «la quale contiene tutti quei motivi» che Paolo presenta nella sua interpretazione dell'esperienza di Damasco e che «inoltre ne 20. Questa «velata» allusione all'evento di Damasco presuppone che i Galati ne avessero già conoscenza. L'Apostolo non ha bisogno di riferire a lungo sull'accadu­ to; i lettori sanno di che si tratta. Con T)xovtrtX"tE all 'inizio del v. 13 si fa sicura­ mente riferimento anche alla «rivelazione» presso Damasco. Cfr. pp. 155 s., n. 34· 21 . S A D K P 'l' 33 81 e molti altri minuscoli, syr"*Pat, copsa· bo' arm, aeth, Ire­ naeus••t, Origenes•r· ra t . , Adamantius, Eusebius, Epiphanius, Chrysostomus, Seve­ rianus Hieronymus, Augustinus, Cyrillus, Euthalius, Theodoretus, Vigilius, Ps.­ Athanasius, Joh. Damascenus. 22. Gli equivalenti ebraici di EvSoxE�v sono resi dai LXX anche con DÉÀ.Et.V e �ov­ >..Eoita.r. (ThWb II, 736,20 ss. Schrenk). 23 . Cfr. anche I Sam. 1 2,22 ( «A Jahvé è piaciuto di fare di voi il suo popolo») ; Ps. 39,14 (EvS6xT}O"O'J, xvpr.E, "tOV pvatXata.L IlE); 67,17 ("tÒ opo�, 8 EÙS6x'J')O"E'J o &eò� XtX"tor.xEi:v Èv tXÙ"t�); Le. 12,32 ; I Cor. 1 ,2 1 ; Col. 1 ,19 (cfr. Schrenk in ThWb II, 739 s.; Blank, Paulus und ]esu.r 223, n . 6o).

manifesta la logica interna» .24 Esiste un'intima connessione fra elezione (vocazione) e opl�w. 30. La comunità di Qumran deve «Separarsi>> dal resto del popolo come un santua­ rio riservato a Dio ( I QS 8,I I .I3; 9,6.20). 3 I . Cfr. pure Michel a Rom. 1,1. Non si può neppure escludere del tutto che Pao­ lo nel brano di Gal. 1 ,13-15 si esprima tenendo conto specialmente del suo passa­ to farisaico, come lascia capire soprattutto il suo accenno allo zelo per le tradizioni avite (su ciò dr. anche Phil. 3,5 s.). Quindi potrebbe benissimo trasparire, anche nel verbo &cpop!�El.'V, un'allusione (in senso spregiativo) ai farisei in quanto «sepa-

Gal.

I,I5-17

Come mostra la costruzione della frase nel v. I ; , gli enun­ ciati participiali ò acpoplcrac; xat xaÀÉcrac;, che fungono da soggetto di EÒOOX'r)O"E'J, sono formulati primariamente in rife.. rimento a Dio ( «predicazioni participiali di Dio») e solo se.. condariamente in riferimento all'Apostolo; infatti l'infinito successivo à.'7toxaÀv'-IJat. dipende da EuOoX'r}O"E'V , non dai par­ ticipi, che servono piuttosto a far risaltare quel Dio che sce­ glie sovranamente: Questi era colui che già da sempre aveva messo gli occhi su Paolo (Èx xot.Àtac; P,T)�p6c; ILOV)32 e per la sua grazia l'ha chiamato all'apostolato (OLà �i]c; xapt.�oc; a.Ò­ �ou) . Dietro l'Apostolo sta Dio : questa precisazione giova anch'essa ali 'intenzione della lettera (cfr. I , I ) . E dietro l' ac.. cenno alla «separazione» e «vocazione» da parte di Dio si ri­ trova anche l'autocoscienza apostolica di Paolo, che in Rom. I , I si esprime nei termini XÀ'r}'t"Òt; a1tOO"'tOÀoc;. Paolo dà gran peso alla «graziosità» della sua vocazione ad apostolo.:n In concreto essa si manifestò in quella «rivelazione» divina, che gli fece riconoscere Gesù Cristo come il «Figlio» (di Dio) . Con ciò molto probabilmente l'Apostolo ha in mente la cri­ stofania davanti a Damasco,34 sebbene la formulazione di tale •••

rati» (dr. Meyer, in ThWb IX, 12 s.). Vedi anche J.W. Doeve, Paulus der Pharisaer und Gal. I,IJ-IJ : NT 6 (1963 ) 170-1 8 1 . 3 2 . Cfr . anche Act. 22,14 (Anania di ce a Paolo in Damasco: «Il Dio dei nostri pa­ dri ti ha predestinato [ 1tPOEXELp!cra-to] a conoscere la sua volontà, a vedere il Giu­ sto e a udire la parola dalla sua bocca»). 33· A. Satake nel suo saggio Apostolat und Gnade bei Paulus (NTSt 15 [ 1968/69] 96-107) ha dimostrato che per Paolo la chiamata alla fede cristiana e la chiamata all'apostolato coincidono; quindi la X�P�, mediante la quale, secondo Gal. I ,I,, Dio lo chiamò, è specificamente la grazia dell'apostolato. Cfr. anche K. Kertelge, Das Apostelamt des Paulus} sein Ursprung und seine Bedeutung: BZ, N.F. 14 (1970) 161·181 (162-173). 34· Diversa è, ad es., l'opinione di Bonnard (v. sopra, pp. 135 s.) e di A. Wikenhau­ ser, il quale vorrebbe tener separata la cristofania da questa rivelazione (Christus­ mystik 89). In Gal. 1,13 ss. Paolo nulla dice di un suo viaggio da Gerusalemme a Damasco per perseguitare la locale comunità cristiana (dr. Act. 9,1 s.), ma in 1 ,17 parla esplicitamente di un (anche se non avvenuto) «ritorno a Gerusalemme» e di un «ritorno a Damasco» dall'Arabia. La «rivelazione del Figlio» a lui concessa rientra chiaramente nel complesso di questi avvenimenti, che egli, almeno in parte, suppone come già noti ai destinatari (cfr. ancora i)xovcra-tE in 1,13; cfr. anche Stuhlmacher, Das pln. Evangelium 1, 73, n. 1 : « . . che la vocazione di Paolo sia stata oggetto del formarsi d'una tradizione tenace, risulta con chiarezza sia dai .

Glll. I,IJ-I]

esperienza sia piuttosto strana : ci1toxcx.À.u�cx.L 'tÒ'V utòv cx.\rtou E'V lp.,ol. Perché Paolo si esprime così? Stando alla versione de­ gli Atti, la figura che comparve all'Apostolo in uno splendore celeste identificò se stessa con «Gesù» («io sono Gesù, che tu perseguiti» : Act. 9 , 5 ; 2 2 , 8 ; 2 6, I 5) ." Secondo I Cor. 9 , I , Paolo ha « visto Gesù, nostro Signore>> ; secondo I 5 ,7 Cristo gli è «apparso» (wcpDT)), nel qual caso l'Apostolo equipara questa «apparizione» , a lui riservata, del Cristo risorto alle apparizioni avute dagli altri testimoni da lui enumerati.36 «Perciò l'esperienza fatta da Paolo a Damasco è una vicenda pasquale, anzi, nel N.T. egli è l'unico a riferire autenticamen­ te sulla propria esperienza pasquale» (0. Betz) .37 Egli stesso in Gal. I , r 6 interpreta questa «apparizione» del Risorto e il «vedere» Gesù (I Cor. 9 , I ) come un «rivelare» /8 mediante racconti degli Atti... sia dalle descrizioni stereotipe di Gal. 1 ,13 ss . e I Cor. 1.5,8 ss . ») e che perciò può limitarsi a richiamare frammentariamente, proprio solo per quel tanto che consenta di vedere chiaramente l'indipendenza del «SUO» evangelo dalla tradizione ed istruzione umana. O Paolo tace di >, col che Paolo vuole anche dire in che cosa consistette per lui la cognizione teologica fondamentale, che gli fu comunicata dal· l'evento di Damasco. In pari tempo egli intese questo avveni­ mento come sua vocazione a diventare apostolo ( I , I 5) e come localizzazione originaria «del suo» evangelo, che egli ha an­ nunciato anche ai Galati ( I , I I ) e che s'identifica con l' «evan­ gelo di Gesù Cristo» ( I ,7) . Tuttavia, resta da chiedersi con O. Betz: 39 «Come fu possi­ bile che Paolo ricavasse questa molteplicità di fatti e di dati dall'esperienza della visione di Cristo? » . Il Betz risponde : la chiave «gli fu offerta non dalle parole di un Cristo che parlava dal cielo o di un Cristo che veniva in aiuto qui in terra, bensl dalle parole di Dio nella Sacra Scrittura» , e ritiene che siano stati Ier. 1 ,4- Io; Is. 49 ,I-6, e specialmente Is. 6,I 3 , a dare all'Apostolo il diritto alla sua interpretazione dell'evento di Damasco.40 Per I Cor. 9 , I (ovx ELIJ.t à7tOC"'"tOÀ.o�; ouxL 'IT)o-OU'V ' XUpLO'J ' ' - EOpa.xa.; '' ) Cfr. IS. 6 , I ( ELoOV "'� ' ' ) �O'V 1)IJ.W'V '"tO'V XVpLOV «Anche secondo il Targum dei Profeti, Isaia non ha contem­ plato Dio in persona, ma soltanto la sua gloria (lqara' = o6;a.) . È anche importante notare che - sempre secondo il Tar­ gum dei Profeti - Dio si rende visibile come uno che troneg­ gia in cielo (a I s. 6,2 s.) ; così anche Paolo - nella sua chiama­ ta - ha visto il Gesù celeste, intronizzato alla destra di Dio e appunto da ciò l 'ha riconosciuto come Messia, Figlio di Dio e Signore» (Id.) .41 Ma con ciò Paolo poteva anche trovare l'ag-



velare)> ( «rivelazione»). Ma il fatto che egli in Gal. 1 ,16 usi il termine à.1toxa.À.V1t· lascia intendere che nell'accadimento dell' «evento di Damasco» ciò che gli importa in modo del tutto particolare è l'aspetto rivelatorio, e non il «vedere�, anche se egli stranamente non dice: Dio mi ha rivelato l'evangelo, ma «suo Figlio», ( sembra evidente che l'accento principale cada su "t'ÒV utòv a.v"t'ov ). Paolo dà quin di molta importanza pure al contenuto dell'evangelo , anche se pare che la cristo­ logia del Figlio di Dio sia già pre-paolina (su ciò dr. pp. 1 59 s., n. 43 e comm. a 4, 4) . Dunque, prima della sua conversione, egli era stato particolarmente scandaliz­ zato dall'annuncio cristiano che Gesù, il crocifisso, è il Figlio di Dio? Probabilmen­ te non solo da questo (v. sotto, n. 42). 39· Op. cit. 1 17. 40. lbid. 1 1 7 s. 41 . lbid. 1 1 8. Si deve solo tener presente che proprio nel preciso contenuto della rivelazione secondo Gal. 1 ,16 comunicata a Paolo come rivelazione del Figlio con­ siste anche la differenza tra profeta e apostolo (dr. Blank, Paulus und ]esus 229). "t'Er.'V

..

Gal. I,IJ-I7

gancio con la fede cristologica della comunità cristiana, che egli ora era in grado di accettare e di sviluppare.42 Ora egli ha la certezza che Gesù è il Figlio di Dio!43 Solo Dio in persona è 42. «Quindi ciò che teologicamente accade con la vocazione di Paolo è questo : Dio stesso attesta a Paolo nella persona del Cristo, maledetto per la legge e tutta­ via innalzato a Figlio di Dio con pieni poteri, il diritto di provvedere all'insegna­ mento e alla professione di fede proprio di quella comuntà ellenistica da Paolo perseguitata. Ciò significa: Paolo viene da Dio stesso inserito nell'attività missio­ naria della comunità ellenistica, che già prima di Paolo attuava l'abrogazione del­ la torà ... » (Stuhlmacher, Das pln. Evangelium 1, 74). Se Paolo, com'è probabile, era stato chiamato in causa da certi annunciatori dell 'evangelo soprattutto a moti­ vo dell'abrogazione della legge, «ciò vuoi dire che egli ha conosciuto il cristianesi­ mo in una forma in cui esso aveva già assunto un atteggiamento critico di fronte alla legge e in una certa misura l'aveva superata. Ciò risulta anche dal fatto che per lui la questione dell'accettazione del messaggio cristiano equivale a un aut-aut: o la legge o Gesù Cristo» (Bultmann, Paulus , in RGG 2Iv, 1021); cfr. anche W. Schrage, «Ekklesia» und «Synagoge». Zum Ursprung des urchristlichen Kirchen­ begriffs: ZThK 6o (1963 ) 198; W. Schmithals, Paulus und ]akobus 15-29 (2o : «La sua conversione fu, come mostra Gal. 1 ,1 3 ss., una conversione all'evangelo li­ bero dalla legge, da lui perseguitato»). Cfr. anche Act. 6,13 ( «quest'uomo [ Stefa­ no] non cessa di tenere discorsi contro questo luogo sacro e la legge »). Allora le cose sarebbero andate effettivamente come le presenta Hengel : «Evidentemente la svolta decisiva verso un atteggiamento più critico nei confronti della legge è avve­ nuta già con questo gruppo giudeocristiano-ellenistico in Gerusalemme» (Die Urspriinge der christlichen Mission : NTSt 18 [ r971 /72 ] 27 [ dr. specialm . 2729 ] ) o Stuhlmacher (op. cit. ): «L'antitesi di legge ed evangelo, dal punto di vista della storia della tradizione, non è una QOttrina specificamente paolina; essa ha gi� preceduto l'Apostolo e perciò è essenzialmente inerente al suo evangelo». Cfr. an­ cora Conzelmann, Geschichte des Urchristentums 44 ( «Apparirà chiaro che, solo ammettendo che già prima di Paolo esisteva un giudeocristianesimo libero dalla legge, diventa comprensibile il contenuto della sua conversione»); 65 ; J. Eckert, Paulus und die ]erusalemer Autoritaten nach dem Galaterbrief und der Apostel­ geschichte 288. Ma non è affatto vero che Paolo «è stato guadagnato alla fede cri­ stiana dal kerygma della comunità ellenistica», come pensa il Bultmann (Theologie des N.T. 188 s.) ; le autodichiarazioni dell'Apostolo, in particolare Gal. 1 ,1 1 ss., stanno chiaramente contro una tale opinione. Per l'apparente contraddizione fra Gal. 1,12 e I Cor. 15,1 ss. dr. le nostre considerazioni a pp. 131 ss. 43 · Paolo intende -tl>v vtòv ttu'tov solo in un senso «messianico» (cosl affermano, ad es., B. Weiss; Eckert, Die urchristliche Verkundigung 177, n. 2)? A giudizio di Stuhlmacher ( Das pln. Evangelium I, 81 ), «l'a1toxa)..vtJICLt. -tòv vi.òv ttu'tov, deli­ berato da Dio, significa far vedere il Risorto nella dignità di Figlio di Dio, da Dio intronizzato e quindi costituito Signore». In ogni caso è certo che «il Figlio» del v. 1 6 è identico al «Gesù Cristo» del v. 12. In Gal. 2,20 l'Apostolo vede il Figlio di Dio nella sua funzione soteriologica, in 44 come il Figlio inviato da Dio, «ve­ nuto da una donna, sottoposto alla legge». Da dò risulta che in Gal. l'appellativo onorifico di «Figlio», applicato a Gesù Cristo, è inteso in senso lato: il Figlio non � semplicemente colui che nella pienezza del tempo è stato inviato nel mondo, non � soltanto il nato da una donna e sottoposto alla legge , né solo colui che ha dato

Gal.

I,IJ-I]

1 59

capace di «rivelare» il Figlio «in» Paolo (È'V ÉJ.lOL) . Come si de­ ve intendere precisamente È'V (È(.lo!) ? Certo non nel senso di un'esperienza «mistica» (psichica) ,44 ma forse solo come sem­ plice espressione preposizionale sostituente un dativo.4' Op­ pure l'Apostolo scrive intenzionalmente È'V È(.lOL, perché la cri­ stefania nei pressi di Damasco gli aveva conferito in pari tem­ po un profondo discernimento cristologico, sulla scorta del quale ora egli stesso era in grado di proclamare che Cristo è il Figlio di Dio ? 46 La questione non si può risolvere definiti­ vamente. È difficile dire se questa «rivelazione» sia stata anstesso per noi, e non è semplicemente il Risorto, che ora vive accanto a Dio. Piuttosto il predicato «Figlio» comprende insieme tutti questi aspetti. «Figlio» è il predicato che abbraccia l'esistenza celeste e terrena di Gesù Cristo e nel quale quello «messianico» è soltanto un aspetto parziale. Questo Figlio è stato da Dio rivelato «in» Paolo. E questo Figlio sarà poi annunciato da Paolo «fra i gentili» (v. r 6b). Sulla teologia del Figlio di Dio in Paolo vedi Blank, Paulus und ]esus 249-303 ; Schweizer, in ThWh VIII, 384-387 (con la bibliogr. 334) ; Liihrmann , Offenbarungsverstiindnis 76 s. (bibliogr.). Per la questione di una cristologia de] Figlio di Dio prepaolina dr. F. Hahn, Christologische Hoheitstitel 315 s.; Kramer, Christos-Kyrios-Gottessohn 109-1 1 1 . Inoltre P. Hoffmann, Die 0/fenbarung des Sohnes. Die apokalyptischen Voraussetzungen und ibre Verarbeitung im Q-Lo­ gion Mt II,2] par Lk Io,22 : Kairos 12 ( 1970) 270-288 (specialm. 282-288) ; Hoff­ mann ricerca quale funzione abbia il «gruppo-Q» nella strutturazione della cri­ stologia del Figlio; 288 : «Quindi nell'orizzonte concettuale del gruppo-Q l'evento pasquale significò primariamente: a Gesù è stato trasmesso ogni potere, egli è in­ nalzato alla dignità di Figlio dell'Uomo. Nel linguaggio del loro ambiente... essi descrivono la visuale, che supera ogni esperienza umana, come apocalisse del Fi­ glio». Io però non riesco a credere all'esistenza di un vero e proprio «gruppo-Q» nella chiesa primitiva. 44· Cfr. anche W'ikenhauser, Christufmystik 89 . 45· Il che filologicamente è possibile (vedi la documentazione in Oepke, ad l. ). Anche altrove Paolo pone il complemento personale di &1tOX(XÀ.U1t"tEl.V in dativo semplice ( I Cor. 2,10; Phil. 3,15; Eph. 3,.5). Cfr. anche Stuhlmacher, Das pln. E­ vangelium I, 82 , n. I ; Zerwick, Graecitas Biblica S 90 ( > (Rom. I o, I 8) .'2 «Conseguentemente progetta e svolge attivi­ tà nell'ambito d'intere province: Siria e Cilicia, Asia, Maceinclude l'incarico dell'annuncio ufficiale di Cristo fra i gentili» (a Gal. 1 ,16). Di un ordine esplicito del Cristo celeste riferisce Paolo stesso, stando a ciò che dice Luca in Act. 22,17-2 1 : egli l'avrebbe ricevuto durante una visione avuta nel tem­ pio di Gerusalemme (al riguardo dr. anche E.P. Blair, Paul's Call to the Gentile Mission: Biblical Research 10, 196.5, 19-33 ; O. Betz, Die Vision des Paulus im Tempel von ]erusalem. Apg 22,I7·�I als Beitrag zur Deutung des Damaskuserleb­ nisses [vedi p. 1.53, n. 24] ; Burchard, Der dreizehnte Zeuge r6r-173). Mentre il Betz vorrebbe attribuire all'iniziativa di Luca la visione di Cristo citata in Act. 2.2,17-2 1 e colloca la vocazione di Paolo a missionario dei gentili interamente nel­ l'avvenimento di Damasco, il che sembra venir confermato nel terzo resoconto di Act. sull'argomento (dr. Act. 26,9-18, specialm. v. 17), secondo il Burchard di� tro 22,17-2I sta una tradizione, la cui origine sarebbe peraltro «incerta» (op. cit. 163 s.). Secondo la dichiarazione dell'Apostolo in Gal. 1 ,16, lo scopo (dr. tva.) del­ la rivelazione concessagli, che gli fece riconoscere in Gesù il Figlio di Dio, fu qu� sto: «affinché io lo evangelizzi fra i gentili». Forse questa autoaffermazione è inti­ mamente congiunta col fatto che Paolo intese l'evento di Damasco come «appari­ zione pasquale di vocazione» {Stuhlmacher, Das pln. Evangelium 1, 82.), la quale implicava il «comando missionario» (cfr. anche Mt. 28,1 8-20; Le. 24,47 s.; Act. r , 8 ) . In ogni caso, successivamente la scuola di Paolo in Eph. 3 ,2.-6 ha reso esplicito ciò che l'Apostolo in Gal. x,1,b.x6a aveva esposto solo in poche parole. ,2. Cfr. M. Hengel, Die Ursprunge der christlichen Mission : NTSt r 8 (1971/72.) 1'-38 ( 17-2.2) (bibliografia ); inoltre J. Dupont, Le salut des gentils et la significa­ tion théologique du livre des Actes, in Id., Études sur les Actes des Ap6tres (Lec­ ti), il quale era «il testi­ mone più diretto degli avvenimenti» (Paulus und seine Briefe 1 1 8). 109. Cfr. Act. 20,25 .38 ; I Thess. 2,17; Col. 2,1 ; Lohse, in ThWb VI, 777·

Siria e Cilicia, benché a dir vero in tal modo si sconnetta il contesto. Le comunità cristianeno di Giudea (e con ciò as­ sai probabilmente si indicano le chiese nella regione della Giudea,111 compresa forse anche quella della città di Gerusa­ lemme)112 non conoscono Paolo di persona. Per l'Apostolo è importante per la sua argomentazione ribadire questo pun­ to;u3 infatti neppure da loro (giudeocristiani ! ) egli può esse­ re stato istruito nell'evangelo. «Soltanto» (IJ,0\'0\') essi sen­ tono dire (non come voce saltuaria, ma come notizia insisten­ te : costruzione perifrastica aXOVO'J'tEc; fiaa.'J) , probabilmente da cristiani che vengono in Giudea dal nord, che il loro per­ secutore d'una voltau4 «ora» annuncia la fede ('t'Ì")'J 'ltLO"'tL'J)u' (qui i cristiani di Giudea si associano [ 11�-tdc; ] ai loro fra­ telli) . Da 'JU'J Eua.yyEÀL�E'ta.L (presente ! ) consegue che effet­ tivamente Paolo in Siria e Cilicia svolse attività missiona­ ria. A queste notizie tutti provano una grande gioia: essi lo­ dano Dio in considerazione di ( = E\')n6 Paolo (v. 24). Il suo cambiamento d'idee e la sua attività missionaria sono per loro un incentivo alla lode di Dio. u7 110. Qui lv Xpt.cr�4l sta per l'aggettivo «cristiano», che ancora mancava; dr. Oep­ ke, Schlier, ad l. I I I . Cfr. anche 2 Thess. 2,14 (�wv ÈXXÀ.1)t1t.WV �ou kou �wv oucri:w lv Ti) 'lou­

Sa.� lv Xpt.cr-r� 'I11crou ).

1 12. Su questo problema dr. la discussione dettagliata in Eckert, Die urchristliche

Verkundigung 182 s.

1 1,3. Sicuramente a suo tempo il persecutore della comunità era noto personalmen­ solo a pochi componenti di essa.

te

1 14. Che Gal. 1 ,2.3 con l'accenno alla persecuzione delle comunità cristiane da par­ te di Paolo «riporti una tradizione, è stato messo in rilievo ultimamente da E. Bammel, Galater I}2J, ZNW 59 ( 1968), Io8-II2. Ma che questo versetto sia una citazione vera e propria da un inno martirologico, nella prima metà letterale, nella seconda riassuntiva, io non riesco a vederlo. Esso riproduce una notizia a propo. sito della quale Paolo dice che negli anni della sua attività in Siria e Cilicia ... essa era giunta di là in Giudea» (Burchard, Der dreiz.ehnte Zeuge 49, n .34). 1 15. Qui '7ttO"'tf.� con l'articolo ha il significato di religione cristiana, la cui natura, in co ntrasto con la religione giudaica legalistica, si esprime appunto come '7t'CT""t.t; (dr. anche 3 ,23 ; 6,10; Act. 3,16; 6,7; I3,8 ; 14,22; x6,.5; Col. 1 ,2,3). 1 16. Qui Év sostituisce l'accusativo di relazione (dr. Mayser, Grammatik II,2, 361, con molti esempi tratti dal greco ellenistico). 1 17. Lo Schmithals pensa che l'Apostolo dichiari «esplicitamente che dall'inizio .

Gal. I�2I-24i 2�I-IO

177

Fin qui l'Apostolo ha saputo dimostrare di fronte agli av­ versari il suo «alibi» ; perfino la sua lunga attività missionaria in Siria e Cilicia si svolse per sua iniziativa personale, e la fa­ ma che ne derivò fu accolta dalle comunità giudeocristiane di Giudea con un ringraziamento a Dio. Con la loro lode a Dio esse riconoscono che è Dio stesso ad agire in Paolo. Conse­ guentemente esse lo hanno riconosciuto anche come legittimo missionario dei pagani. Da parte loro non fu mossa alcuna o­ biezione contro la sua persona e il suo evangelo. 2 . L 'EVANGE LO

' DELL APOS TOLO

E LE AUTORITÀ GERO S OLIMITANE

(2,1-10)

x

"E1tEt/ta. òtà. oExa.--rEcrcrapwv È'twv 1taÀ.tv àvé�'J}v Etc; 'IEpocroÀ.viJ.a. IJ.E't'à. Ba.pva.�ci, O"UIJ.1tapaÀ.a.�wv xat Ti-rov · 2 &:vÉ�'J}V oÈ xa-rà. a'JtO­ xci.À.v�t.V· xat avd}ÉIJ.'J}V aÙ'to�c; 'tÒ EÙayyÉÀ.r.ov 8 X'J}PUO"O"W ÉV 't'O�c; f iNEO"tV, xa.'t'tolav oÈ 'to�c; OOXOUO"l.V, l-L'Xi 1tWc; ELc; XEVÒV 'tPÉXW ii EOpa­ (J.OV. > t.X.).,).,'ouoÈ T�-roe; ò aùv ÈIJ.oi, UEÀ.À.TJV wv, T)va.yxci.CTD'J} 1tEPt'tiJ.'J}­ il'i)va.t: 4 Otà. oÈ -roùc; 1tapEt.O"aX'tOVc; �EVOa.OÉÀ.q>ovc;, ot'ttVEc; 1trtpEt.aijÀ.­ itov xa-rao-x01ti)o-at -r-ìlv ÈÀ.EvD'Eptav 1ÌIJ.WV f)v EXOIJ.EV Èv Xpta--r(il 'I'J}­ aou, tva t)I.J.cic; Xa'taOoVÀWO"OVO"t.V " 5 olc; oÙoÈ 1tpÒc; wpav Et;allEV -rii u1to'tayii, tva i) t.X.li)itEta -roO EÙayyEÀ.tov ota(J.Etvn 1tpòc; uiJ.ac; . 6 a1tÒ ÒÈ 'tWV OOXOVV'tWV Etva.L 'tt. - Ò1tO�OL 1t0"t'E 1iaav OÙOÉV (J.Ot. OtacpÉ­ pEt. . 1tPOCTW1tOV [ ò ] DEòc; àvDpW1tOV où À.rt(J.�aVEt. - Ép..o t yà.p ot ooxoOv­ "t'Ec; OÙOÈV 1tpoaavÉDEV'tO, 7 aÀ.À.à. 'tOVVrtV'tlov tooV'tEc; O'tt 1tE1ttO"'tE\J(J.rtt. -rò EÙayyÉÀtov -riic; àxpo�va-'tlac; xaDwc; IIÉ-rpoc; 'tijc; 1tEpt.-roiJ.iic;, 8 ò yà.p ÈvEprflcrac; ITÉ-rp� Etc; ti.1to ..i). l'appellarsi soltanto alla 'rivelazione' a lui concessa sarebbe difficilmente bastato a convincere i suoi avversari della legittimità del suo evangelo divergente, e se egli s'appoggiava solo o prevalentemente sulle autorità in Gerusalemme, riI.

4· « . . .

Gal. 2,I

I 79

2 , 1 . Passò lungo tempo prima che l'Apostolo andasse

«di nuo­ vo» a Gerusalemme: ciò avvenne solo «dopo ( = Ota)' quat­ tordici anni», cioè - secondo il modo di contare antico - do­ po dodici o tredici anni, computati assai probabilmente a par­ tire dalla prima visita a Gerusalemme (E7tEL't'a.) . Cosi l'Apo­ stolo rileva espressamente che per tutto questo lungo perio­ do poté svolgere attività missionaria senza essere minimamen­ te disturbato dalle autorità di Gerusalemme. Egli non venne mai da loro né «citato» né ispezionato. In questa seconda visita Paolo è accompagnato da Barna­ ba e Tito; ma sorprende che egli non dica semplicemente: xa.t Tt-tou, bensl, più specificamente : 0"\J(.l'lta.pa.Àa.�wv xa.t Tt't'OV . Oltre a Barnaba, giudeocristiano e missionario speri­ mentato, levita proveniente da Cipro, che godeva la partico­ lare fiducia della prima comunità (cfr. Act. 4,36 s.; 9 ,27)/' Paolo prende con sé un etnicocristiano non circonciso, di no­ me Tito, finora del tutto sconosciuto alla protocomunità.7 Do­ veva questa essere «una provocazione intenzionale del giudai· smo in Gerusalemme» da parte dell'Apostolo, come pensa Oepke? Certamente al fatto di prendere con sé Tito era con­ giunta una precisa intenzione dell'Apostolo; la comparsa di un etnicocristiano nel centro del giudeocristianesimo doveva costituire una prova per la prima comunità e per le autorità di Gerusalemme : riconoscono non solo teoricamente, ma anche praticamente l'evangelo a loro presentato da Paolo? (cfr. v. maneva la questione, perché non accettasse semplicemente - 'non abbreviato' e 'non falsificato' - il loro annuncio . .. » (Kuss, Paulus 109). 5· ar. la documentazione in Mayser, Grammatik II,2, 420 s.; ad es., Hdt. 6,x 8 : St'E't'Éwv Etxocn 81]�ai:oL aÙ't'ÒV ix il'Eo1tpo1t'ou ÈXOJ.J.tO"aV't'O i1tt ll.i)"ltw�oov. Soven· te ricorre S�oà. 1tOÀÀOU xp6vou. Act. 24,17: S�o'i-twv 1tÀEt,6vwv ( «dopo molti anni» ). 6 . Secondo Act. 1 1 ,25 Barnaba andò «a Tarso a cercare Saulo e, quando l'ebbe trovato, lo condusse ad Antiochia»; al riguardo il Conzelmann osserva : «Luca po­ trebbe aver desunto il viaggio di Barnaba dalla sua presenza in Antiochia e dalla successiva collaborazione con Paolo» (Die Apg. , ad l. ); il Bornkamm ritiene che l'informazione degli Atti sia «sicuramente» storica (Paulus 5 1 ). Probabilmente an­ che per Gal. 2,1 si può supporre che già a motivo della situazione geografica l'A­ postolo sia venuto a Gerusalemme da Antiochia. 7· Sulla figura di Tito nel N.T. cfr. C.K. Barrett, Titus, in Neotestamentica et Se­ mitica. Studies in honour of Matthew Black (Edinburgh 1969) 1-14.

Gal. 21I.2

I SO

2) . Si sarebbe visto dal modo di comportarsi con Tito!8 Paolo menziona esplicitamente Tito, l'etnicocristiano incirconciso, che negli Atti non compare, perché in lui egli ha un controar­ gomento vivente a fronte dei suoi avversari in Galazia.9 Per loro la sua menzione nella lettera è una «provocazione», desti­ nata a metterli dalla parte del torto; forse per questo davanti a TL't'O'J sta sorprendentemente xa.L. 10

2 . Poiché

Paolo nel seguito parla di una «presentazione» del suo evangelo alle autorità di Gerusalemme, se ne potrebbe de­ durre : dunque, dato il suo «particolare» annuncio, un giorno l'Apostolo fu invitato a Gerusalemme - sede delle autorità spirituali della giovane chiesa - per rendere conto. L'Aposto­ lo previene una siffatta supposizione, sottolineando : «Ma io salii - la particella oÉ fa pensare ad una specie di ellissi: «non per essere stato citato, bensl - in rispondenza a una rivelazio­ ne» . Qui a'7tOXaÀU�t,� significa «Una 'direttiva' divina, come quelle che venivano impartite nelle assemblee delle comunità protocristiane per bocca dei profeti» .n In tal guisa il cielo stesi l� 1 �� i t�� 1 f:�-i '-�·! l.�t! l �t l t1 r��-�� � , 1 ·�· !·t ·l ·:-�� l: 1 !Jti! R i

8. Lutero: Tune (bune? ) enim assumpsit, ut proharet gratiam equaliter gentibus ei ]udeis tam in circumcisione quam sine circumcisione sufficere. Barrett (op. cit. 4): «La questione se egli fosse o no circonciso è vivamente discussa e nient'affat­ to risolta. Essa dipende a) dal testo di Gal. 24 s.; b) dall 'accento che si pone su i)vayx&.crih) ; e c) dall'opinione circa le possibilità generali della situazione». 9· «Possiamo pensare che Tito fosse un testimone, ma non il cronista di uno dei momenti più importanti nelle svolte decisive del curriculum di Paolo, il quale era al tempo stesso anche uno dei momenti più importanti nella storia della chiesa» ( Barrett 6). IO. Dunque il xa! non sembra voler dire che «Paolo e Barnaba allora furono ac­ compagnati a Gerusalemme anche da altri collaboratori di Paolo oltre Tito» ( cosl Wieseler, ad l.), ma xa! mette inaspettatamente l'accento su TL'tov, che poi in Ge­ rusalemme doveva diventare il «caso-test» (Burton). Ed è dubbio se l'Apostolo con la struttura del testo in Gal. 2 ,1 si proponga di esprimere «una posizione distinta­ mente subordinata)> (Paolo, Barnaba, Tito), come suppone il Burton. In 2 Cor. Paolo qualifica Tito come ci8EÀ.cp6� ( 2,13), xowwv6� (8,23) e crvvEpy6� (8,23). II. Bornkamm, Paulus 58; dr. Act. 8 ,29 ; I3,2-4; x6,6 s. «Una direttiva da parte di un profeta, come in Act. 1 1 ,28 ; 21,4.10 s., non si potrebbe escludere, special­ mente se Paolo, al pari di Barnaba, fosse venuto a Gerusalemme come rappresen­ tante della chiesa antiochena» (Schlier ). «Il profeta Agabo aveva ben raccoman­ dato alla comunità antiochena non solo la raccolta di una colletta, ma anche l'invio di Paolo e Barnaba a Gerusalemme ... ; a ciò si riferisce Paolo in Gal. 2,2 : «Per

Gal. 2,2

181

so lo spinge a ricevere, un giorno, conferma della giustezza del suo annuncio da parte di Gerusalemme. Solo ora Paolo indi­ ca lo scopo del suo secondo viaggio nella capitale, ma a ciò non si serve di una frase introdotta da tva., come sulle prime ci si aspetterebbe, bensì con narrazione vivace (xcx.l paratattico) ri­ ferisce quanto ha fatto a Gerusalemme : «E io presentai loro l'evangelo che annuncio tra i gentili» . È importante l'aggiun­ ta E'V "tOL� eD'VEO"t.'V. Con essa l'Apostolo dice precisamente che la sua attività è stata ed è quella di missionario dei gentili; al tempo stesso già si fa intendere che il suo annuncio tra i gen­ tili ha una sua determinata peculiarità, che diede anch'essa motivo all'esposizione in Gerusalemme. E, infine, dal presen­ te «acronico» XT)puuaw si deduce che ancor oggi egli annun­ cia fra i popoli ed ha anche annunciato presso i Galati (cfr. pure I , I I ) questo specifico etnicoevangelo. Tutto ciò è im­ portante per chiarire l'intenzione del suo resoconto su questo soggiorno a Gerusalemme. Ma che cosa si vuoi dire propriamente con &.veilÉ(J..T}V ? à­ 'Va."ttileuila.t. significa fra l'altro : presentare/proporre, comu­ nicare, riferire, confidare (amichevolmente) . 12 Con ciò non si dice ancora che colui al quale si presenta qualcosa, sia ricono.. sciuto come istanza normativa, giudiziale. Perché Paolo espon­ ga il suo evangelo, lo dice lui stesso: llit '1tW� etc; xevòv "tPÉXW il EOpCX.(.lO'V . A causa dell'indicativo ÉOpcx.{.tO'V questa proposi­ zione subordinata non si può intendere bene in senso :finale; suo scopo non può neppure essere quello «di esprimere il sen­ timento concomitante e determinante dell'apprensione» /' poiché l'Apostolo non è sicuramente in uno stato di paura e preoccupazione per la verità del suo evangelo, che egli ha ri­ cevuto direttamente «tramite una rivelazione di Gesù Cri­ sto» ( 1 , 1 2) e che non potrebbe essere cambiato neppure per ordine d'una rivelazione» ( Stiihlin, Die Apg. 209 ; similmente anche Liihrmann , Ofje1'zbarungsverstiindnis 41 s.). 12. Cfr. Act. 2.5,14; 2 Mach. 3,9; P. Mon. 14,35 (Preisigke, s.v.): à:vÉi}E"tO a.Ù't� -t«Ì� Éa.u"tou S�oxcxLoÀoy!a.� ( = argomentazioni giuridiche) ; Polyb. 24,.5 .9 : -to� 6-.xpo&.J.I.CX.O"L "t� &.xoà.� a'VCX.'tEitEt.Xw� ; Stephanus, Thes. Graec. Lingu. 1,2, .588 s.; act. Barn. 4 (293/10 Bonnet) : civdMJ.I.'ll'V 'tà. J.I.UCT"ti)pLa. ( = &.1ti)yyELÀ.a. "tCÌ tJ.VO""ti)pLa., dr. 293/8). 13. Blass-Debr. S 370,2 ; Lietzmann, Schlier, ad l.

1 82

intervento di un messaggero celeste; egli è assolutamente si­ curo del suo evangelo! Paolo non nutre il timore e la preoccu­ pazione - di ciò nel testo non si parla affatto - che l'annuncio del suo evangelo per lui sia stato finora o possa essere in fu­ turo un correre invano;14 vuoi solo vedere ufficialmente accer­ tato su precisi fondamenti «se mai ( = p,-i) '7tW�)1' ha fatto ciò» a giudizio delle autorità gerosolimitane. 16 Personalmente non dubitava di essere fino allora sul retto sentiero col suo annun­ cio dell'evangelo. I motivi del suo agire li espone nel v. 4 : «a causa di falsi fratelli insinuatisi» , i quali evidentemente so­ stenevano qualcosa di questo genere: «Con la tua predicazio­ ne missionaria corri invano, perché il tuo evangelo non è l'e­ vangelo vero, annunciato dai protoapostoli! ». Dunque «cor­ rere invano» , come l'Apostolo stesso dice, qui non può a­ vere il senso di lavorare senza successo, ma vuoi dire non ave­ re Dio dalla propria parte e aver perduto la comunione d'inse­ gnamento con i primi apostoli. Se quello di Paolo non è il ve­ ro evangelo, allora nella sua attività missionaria egli non co14. "t'PÉXW è congiuntivo . La formulazione "t'PÉXW il lSp«(.l.O'V implica che Paolo abbia sempre annunciato il medesimo evangelo, quello stesso ch'egli continua ad annunciare anche ora. Il «SUO» evangelo non s'è mai cambiato. 15. Cfr. Moulton, Einleitung 303 s.; I Thess. 3 ,5 : E'JtE(l�« Etç, "t'Ò -yvwva.r. "t'i)v 'Jt�O"'tl.'V Vl-f.W'V, ll'li 'Jtlùc; btEtp«O"E'V vll«c; ò 1tEt.p&.�wv X4L Etc; XE'VÒ'V yÉ'VT]"t'(Xf. ò x6-xoc; 'i)J.C,wv (anche qui, secondo B. Rigaux, Les Épitres aux Thessaloniciens [Paris­ Gembloux 1956 ] 475, (li) 1twc; introduce «una domanda indiretta». Cfr. anche la nota seguente. I6. La proposizione introdotta da ll'li 1tlùc; dipende da avEitÉ(l1}'V ed è una inter­ rogativa indiretta (cosi anche Sieffert, B. Weiss, Zahn, Lagrange, Kuss, Oepke) in cui si può avere sia il congiuntivo sia l'indicativo (dr. Mayser, Grammatik II,2, '49). Propriamente in Gal. 2,2 si trova «un accostamento di due pensieri a sé stan­ ti» (Radermacher, Grammatik 159): «Presentai loro l'evangelo: ma veramente non ho io corso invano?». L'unica «preoccupazione» o «paura» che l'Apostolo po­ teva avere era che a Gerusalemme fosse data ragione ai giudaisti; ma allora la proposizione subordinata avrebbe dovuto essere formulata in modo del tutto di­ verso, ad esempio cosl : «affinché di fronte ai falsi fratelli risultasse evidente la verità dell'evangelo». Inoltre va notato che nel testo di Gal. 2,2 nulla parla di un «timore» da parte dell'Apostolo (contra, ad esempio, Wengst: «nel timore che . . . »: ZThK 69 [ 1972 ] 1'5), diversamente da 4,11 (cpo�ov�J,«t. ... , l-l'li 1twç, ... : qui perciò pi) '1tlù� va tradotto con «che»), o contra V.C. Pfitzner, Paul and tòe Agon Moti/ (SNT 16) ( [Leiden 1967 ] 101 ) ed altri. Per maggiori particolari sulla discus­ sione circa il significato di p.T) 1twc; in Gal. 2 ,2 vedi Sieffert, Gal. 89 ss.; Zahn, Gal. 83 s. e Burton, Gal. 73-7' ; Eckert, Die urchristliche Verkundigung 185, n. I .

Gal. 2/2

1 83

struisce neppure la vera comunità di Dio, ma fonda una con­ fessione separata.X7 Certo l'Apostolo personalmente non ha mai dubitato un solo momento della verità del suo evangelo, ma altri (i falsi fratelli, introdottisi di soppiatto: dr. al v. 4) lo hanno fatto, e questo è il motivo che lo ha indotto a presen­ tare il suo evangelo a Gerusalemme.18 In concreto questa «pre­ sentazione» può essere consistita soltanto in una esposizione orale dei fondamentali punti dottrinali della sua predicazione missionaria. 19 Con ciò i falsi fratelli devono essere messi dalla parte del torto, e proprio dalle stesse autorità di Gerusalem­ me, alle quali essi si sono probabilmente appellati. Ovviamen­ te Paolo sall a Gerusalemme con la fiducia che la decisione po.. tesse esser presa solo a suo favore e che la concordanza del «suo» evangelo con quello dei protoapostoli fosse ufficialmen.. te accertata. Certamente ciò è possibile soltanto se Paolo «è 1 7 . Per la locuzione Etc; xevòv "tPÉXEW dr. anche Phil. 2,16; Iob 39,16 (etc; xevòv ·lxo1tiacrev livev cp6�ov ) ; ls. 4.5 ,18 (ovx Etc; xe"Vòv btoi'r)crev); 6.5,23 (ot 8� ÈxÀ.ex­ -toi 1-J.OV ov xo1tia.croucn.v etc; xev6v) ; Menand., mon. 51 (ltvi}p li�ou'koc; etc; xevòv J..LOXilE� -tpixwv); dr. anche Bauernfeind, in ThWb VIII, 228-231 ( secondo il Bauernfeind, quando si parla di questo «correre», si tratta di un'immagine repe­ ribile anche nei profeti veterotestam.entari, nei Salmi e in Qumran; con -tpÉxew si indica il «compito della vita», del «lavoro apostolico concreto» [Bonnard] ) . Pfitz­ ner (op. cit. 99 s.) pensa all'immagine «del corridore atletico», e secondo lui qui Paolo appare «come l'à:ywvl.cr-ti)c; dell'evange]o». 18. «Non c'è dubbio che Paolo descrive i suoi incontri con i gerosolimitani con certe riserve tra le righe ; evidentemente egli vuole ad ogni costo evitare che la sua autonomia, la rivelazione di cui è stato reso partecipe, subisca la benché mi­ nima limitazione. Ma è altrettanto certo che egli attribuisce un valore decisivo aJ fatto di ricevere dai gerosolimitani l'approvazione fondamentale del suo evangelo; anche questo non va sottovalutato» (0. Kuss, ]esus und die Kirche im N. T. , in: Id., Auslegung tmd Verkiindigung I [Regensburg 1963 ] .54 s.) . Haenchen (Die Apg. 406) parla giustamente di una «certa situazione di emergenza», in cui l'Apo­ stolo si trovava: «La missione etnicocristiana, che rinunciava alla circoncisione ... , era in pericolo, e questo pericolo consisteva nell'eventualità che Gerusalemme re­ spingesse questo evangelo. Certo, Paolo non ha riconosciuto gli apostoli gerosoli­ mitani come giudici arbitrali o come corte d'appello . Ma di fatto dalla loro decisio­ n,� dipendeva la sorte della missione ai gentili, libera dalla legge, e della sua stessa chiesa missionaria». 19. Il verbo àvd}ÉJ.t'r)V «non vuoi dire che Paolo fece una predicazione-tipo, o una lezione di catechismo come tutte quelle ch'egli teneva ai pagani ; qui esso ha esat· tamente il medesimo significato che ha in Act. 24,14 : un'esposizione destinata a ricevere un parere o a introdurre un dibattito» (Bonnard, ad l. ). Poiché l'Aposto­ lo espone «l'evangelo», «che annuncio fra i pagani», questa «esposizione» riguarda non il riconoscimento del suo rango apostolico, ma il contenuto del suo evangelo.

· Gal. 212

1 84

collegato con gli apostoli gerosolimitani dal medesimo mes­ saggio originario, che si è deposto in una determinata tradi­ zione, anche se viene sviluppato in modo diverso>> , come giu­ stamente osserva il Delling.20 A chi presenta Paolo il suo evangelo in Gerusalemme? Dap­ prima egli dice cx.v'tol:�, con cui può intendersi soltanto la co­ munità cristiana di Gerusalemme; ma poi soggiunge: xa.'t '�­ S,a.v OÈ 'tot:� SoxoQa.,v. Poiché xa.'t'�S!a.v ha il significato di «a sé, separatamente, privatamente» ,2I l'Apostolo deve aver «presentato» il suo evangelo due volte: prima all'assemblea della comunità e poi in una «seduta straordinaria»22 dei oo­ XOV'V'tE�/3 e, come dimostra il successivo testo della lettera, naturalmente questa seconda presentazione era per lui di par­ ticolare importanza, perché, in definitiva, ciò che contava era il parere dei ooxovVtE�.24 ot ooxov'V'tEc; significa precisamen­ te «gli stimati, i ragguardevoli, gli autorevoli»2' (cfr. anche vv. 6.9). Nella comunità primitiva questi «stimati» sono tutti gli apostoli o soltanto quelli menzionati in seguito : Giacomo, Cefa e Giovanni? Probabilmente il modo migliore di risolve­ re la questione è di seguire l'opinione dello Schlier: «l oo2o. ThLZ 95 ( 1970) 807. Cfr. anche I Cor. r,,I I (et-re ... l-ybl Ei-re ixE�vot.). 2 1 . Cfr. Bauer, Wb. , s.v. tSt.oc; 4; Pape, Wb., s.v. tSt.oc; c. 22. Cfr. Lietzmann, ad l. 23. Cfr. anche F1av. los. , beli. 2,199 : Petronio radunò i ragguardevoli (del popolo giudaico) in gran numero separatamente (xa.-r't8!a:v) e il popolo in una pubblica assemblea (Èv xot.vc7>); Plut., Rom. 20 p. 3oc: È�ouÀ.Evov-ro 8'ot �a.O"t.À.Etc; ovx ev­ iùc; Èv xow� 1-LE-t '/t).,).,T)).,wv élll'lx&.-rEpoc; 1tp6't'Epov tSlq. P,E't'à. -rwv Èxa.-rwv, elit'oihwc; Etc; "ta.v-ròv &�a.v"t'a.c; crvvljyov (cfr. Almquist, Plutarch und das N.T. 109 : «dapprima ci si consulta tS!q., poi assieme a tutti»). Solo che in Gal. 2,2 av­ viene l'inverso; questa inversione sarà stata determinata da motivi particolari: in definitiva, l'interesse era concentrato sui «ragguardevoli». 24. Inoltre: «facendo ai Galati una relazione su questo argomento, dimostra di essere alla pari con i 'ragguardevoli' di Gerusalemme» (Haenchen, Die Apg. 406). 2,. Cfr. Bauer, Wb. , s.v. 8oxÉw; Kittel, in ThWb II, 236,25 ss. Plat., Euth)'d. 3 03 c : Eutidemo e Dionisodoro nei loro discorsi non si dànno pensiero «della gran massa degli uomini e soprattutto di quelli fra loro che godono particolare stima (-twv O'Ep,vwv) e occupano una posizione di rilievo (Soxov'V'tWV "tt. el'Va.t.)» ; Hero­ dian. 6,1,3 : -ri]c; uuyxÀ.i}"tou �ouliic; -roùc; 8oxovv"tetc; xa.t T)lr.x!q. O'EIJ.Vo"t'&."touc;. Materiale rabbinico in Billerbeck 111, 537· In 1 QSa 2 si parla ripetutamente (2, 2.8.1 1 .13) degli «uomini apprezzati» (letteralm.: «uomini del nome»), volendo cosl indicare i capi-dirigenti della comunità. ,

Gal. 2,2

xoihrtEc; C1'tvÀ-oL Elvat. di 2 ,9 : Giacomo, Cefa e Giovanni, so­ no distinti dai ooxouv"tec;, ma solo nel senso che essi costitui­

scono una cerchia più ristretta dei medesimi» .26 Forse l'Apo­ stolo dicendo of. ooxouv"tEc; usa «un vocabolo tipico della par­ te avversaria» (G. Kittel) ;27 i «falsi fratelli» giudaisti diceva­ no: «Per il vero evangelo sono competenti i ooxovv't'Ec; in Ge­ rusalemme, non un uomo come Paolo! » . Ad essi si rivolge Paolo per assicurarsi la loro adesione al suo evangelo, perché per lui ciò è importante nella polemica con i suoi avversari e non perché in lui fossero subentrati dubbi sulla giustezza del suo evangelo. Qui non entra in questione se l'Apostolo rico­ nosca o no le autorità gerosolimitane come «giudici» sul suo evangelo. Circa il suo evangelo egli non conosce nessun giu­ dice terreno (cfr. 1 8 s.) ! Ma a causa delle obiezioni dei falsi fratelli insinuatisi, che minacciano di condurre a una falsifica­ zione dell'evangelo e ad una scissione della unità ecclesiale, e­ gli - per impulso divino - si assicura della concordanza con i ooxouv"t"Ec; della protocomunità. Ovviamente ciò implica di fatto un riconoscimento della loro autorità in materia di evan­ gelo.28 Senonché la concordanza fra le autorità gerosolimitane e Paolo no� si attua con un'adesione di Paolo all'evangelo dei «gerosolimitani» , ma piuttosto con un'adesione di loro al suo; «essi dovevano venire a capo della questione» (Oepke) che si era aperta col messaggio di Paolo, cioè con la proclamazione fra i gentili dell'evangelo libero dalla legge. L'Apostolo com­ prendeva «pedettamente le conseguenze disastrose di un'e­ ventuale scissione della chiesa in un ramo giudeocristiano e in uno etnicocristiano. Proprio il desiderio di evitarla lo spinse verso i protoapostoli! Si trattava di convincere i gerosolimi­ tani» (Oepke) . Personalmente egli era una volta per tutte con­ vinto della giustezza del suo parlare e del suo agire. A ciò ave­ va provveduto Dio stesso (cfr. I ,I , s.) .29 ,

26. Si confronti anche il cambiamento di soggetto nel passaggio dai vv. 6 s. al

2]. ThWb II, 236,35 s.

v.



28. «Ma di fatto dalla loro decisione dipendeva la sorte della missione ai gentili, libera dalla legge, e della sua stessa chiesa missionaria» (Haenchen, Die Apg. 406). 29. Dalla situazione descritta dalrApostolo in Gal. 2,2 lo Schlier deduce anche «che l'autorità decisiva è rappresentata dall'evangelo precedente e dall'apostolato pre-

Gal. 2,3

r 86

'\ , , a'E'\AA'l')'V W'V, 'l')'VtX.yXaUu ' J 1tEpL'ttJ,1')Di'jvaL. A prima vista questa osservazione dell'Aposto­ lo non corrisponde all 'attesa degli uditori e lettori. Infatti o­ gnuno s'aspetta che Paolo ora racconti se «gli autorevoli» ab­ biano reagito positivamente o negativamente alla esposizione del «suo» evangelo . .30 e l'Apostolo può effettivamente narra­ re una reazione positiva delle autorità; ma lo fa soltanto dal v. 6 in poi. Perché l'intrusione di questa faccenda di Tito? Al­ l'Apostolo questa non viene in mente solo ora, all'improvvi­ so : egli aveva già chiaramente mirato ad essa quando aveva, un po' stentatamente, aggiunto ( 2 , 1 ) ; «prendendo con me an· che Tito» . Ora la riprende, e solo dopo narra della reazione fondamentale dei notabili. Il trattamento riservato a Tito era cioè il caso che faceva testo e che di fatto implicava già il rico­ noscimento dell'evangelo «paolino» da parte delle autorità gerosolimitane, il che poi venne ancora espressamente sanzio­ nato in un accordo formale. Tito costituiva inoltre il caso ap­ propiato per il fatto che era un, etnicocristiano incirconciso r 'EÀÀT}V W'V) .3 1 Perciò egli era l «oggettO» giusto di fronte al quale poteva risultare in piena concretezza che cosa si pensa· va a Gerusalemme della preclicazione di Paolo, se si ricono­ sceva o non si riconosceva la sua legittimità. Perciò l'Aposto­ lo, dopo il v. 2 , parla subito di questo argomento. Egli intro , '\ '\ ,

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3 · tX.AA OUoE T L'tec; O O"UV �tJ,OL,

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cedente. È Paolo che va a Gerusalemme, non i gerosolimitani che vanno da lui». Quest'ultima osservazione è certamente giusta; ma Paolo andò a Gerusalemme non allo scopo di riconoscere l'evangelo dei protoapostoli come «quello precedente», ma soltanto per acquisire la certezza che il «SUO» evangelo fosse approvato da Ge­ rusalemme. In Gal. 2,2 non si tratta di un «prima» o di un «poi», bensl dell'unico evangelo che è sempre quello e oltre il quale non ce n'è alcun altro ( 1 ,6 ) . Sicura­ mente una situazione simile a quella descritta in Gal. 2,2 ss. non potrà neppure mai più ripetersi, poiché nessun postero potrà più sostenere di fronte ai «ragguar­ devoli» di essere apostolo e di aver ricevuto direttamente l'evangelo «da una ri­ velazione di Gesù Cristo». Non esiste un Paolo redivivo nella chiesa! 30. Questa considerazione ha indotto D. Warner a considerare Gal. 2,3-8 come una interpolazione (Galatians 2,3-8 as an Interpolation : ExpT 62 f, I95o-.5 1 , 38o); in contrario si è espresso giustamente Barrett, op. cit. 5 s. 31. Sul concetto di "EÀ.À.T)V ("EÀ.ÀT)VE�) nella grecità, nel giudaismo e nel N.T. dr. Windisch, in ThWb 11, .501-.514. In «Gal. 2,3 non può essere che Tito, il cri­ stiano, con "EÀ.ÀT)V wv venga indicato come 'pagano', benché qui "EÀ.À.T}V abbia lo stesso significato di aTCEP,'t'IJ.T)'t'O�, il che significa appunto un non-giudeo incir­ conciso di nazionalità ellenica» (5I2 A5 ss.).

Gal. 2,3

1 87

duce la frase con un ciÀÀa ellittico; forse si deve sottintende­ re: «ma in Gerusalemme avvenne quanto segue. . . » : «neppu­ re Tito, benché fosse un etnicocristiano incirconciso, venne costretto alla circoncisione» ;32 ovoÉ ha il suo punto di riferi­ mento in ' 'EÀÀT)'V W'V . Qui irva.yxaaì)'1') «si deve prendere in senso letterale» (Bisping) ; infatti la formulazione dell'Apo­ stolo sembra includere in sé che a Gerusalemme da parte dei giudeocristiani siano stati fatti tentativi di costringere Tito al­ la circoncisione.'' Ma Paolo (e probabilmente anche Barnaba) non acconsentirono a tali tentativi «neppure per un momen­ to» (cfr. v. 5 ) ; per far ciò essi avevano dei motivi che si colle­ gavano ai «falsi fratelli» e alle loro intenzioni (dr. v. 4).34 Ti­ to non fu circonciso. In ogni caso, col fatto che Tito non fu costretto a lasciarsi circoncidere era già praticamente riconosciuto anche l'evan­ gelo libero dalla legge, proposto da Paolo, ed anche Paolo era giustificato. La menzione di questo avvenimento nella lettera era importante per i Galati, perché costoro - per influsso de­ gli avversari dell'Apostolo - a quanto pare erano in procinto di farsi circoncidere (per maggiori precisazioni vedi il com­ mento a 5 ,2 ) . La decisione gerosolimitana nel «caso» Tito era già una decisione che valeva per tutta la prassi missionaria presso gli etnicocristiani : se non Tito, allora nemmeno gli al­ tri etnicocristianiP' A quei tempi, Tito in Gerusalemme rap­ presentava in certo senso l'intero etnocristianesimo.'6 é crov È(.loi, Paolo accentua ancora una volta il solo fatto che Ti­ to realmente era assieme a lui in Gerusalemme e precisamente in qualità di etnico­ cristiano incirconciso C 'EÀÀ.T}V wv). L'evento accadde non in un luogo qualsia­ si, ma proprio a Gerusalemme! Ma cfr. anche n. 36.

32. Aggiungendo

I),I .) . Del tutto erronea è l'opinione che Tito non sia stato «costretto» alla circoncisione, ma vi si sia sottoposto spontaneamente (cosl, ad es., ]. Weiss, Urchristentum 202 ss .; altri nomi in Zahn, ad l. ) . Del resto, che senso a­ vrebbe ciò, se poi l'Apostolo parla di un'assoluta «non-accondiscendenza»? B del tutto chiaro che questa presuppone proprio la tentata costrizione.

33· Cfr. anche Act.

34· La continuazione nel v. 4 con «ma a motivo dei falsi fratelli intrusi» non con­ sente di supporre che fossero i Soxovv-tEt; stessi a pretendere la circoncisione di Tito. Cfr. anche la n. 39·

3.5· «La non-circoncisione di Tito ton, ad l. ).

...

fu in realtà

una decisione

di principio» (Bur�

36. L'accenno dell'Apostolo al caso di Tito in Gerusalemme, adesso nella sua let-

188

4 s. Proprio l'osservazione su Tito

nel v. 3, a prima vista inat­ tesa, mostra come essa fosse importante agli occhi dell'Aposto­ lo; quindi il versetto non può essere una sorta di parentesi, co­ me pensa lo Zahn. Perciò anche il collegamento preposiziona­ le (�tà. X't'À.), che introduce il v. 4 , non può retroriferirsi, ad esempio, al verbo finito a'VEDÉ�-til'V del v. 2 (e men che meno al­ l' &.vÉ�i)'V , ancora più lontano), ma deve fungere da introduzio­ ne di una frase indipendente, che tuttavia finisce in un anaco­ luto ma che però mediante la particella SÉ sta in connessione concettuale col v. 3 · In quale connessione? Assai probabil­ mente in questa: venendo a mancare la pretesa della circonci­ sione da parte dei �oxou'V't'E� nei riguardi di Tito, l'evangelo di Paolo libero dalla legge fu di fatto già riconosciuto dalle au­ torità di Gerusalemme, «ma a motivo (otci)37 dei falsi fratelli insinuatisi» Paolo ora insiste anche su di un accordo ufficiale fra i capi della protocomunità e lui, accordo che poi effettiva­ mente viene preso. Dall'accenno a un non avvenuto «cedimen­ to per sottomissione», di cui il v. 5 poi parla e che può riferirsi anzitutto solo alla pretesa di una circoncisione di Tito/8 risul­ ta chiaro che in realtà i falsi fratelli intendevano insistere su di essa39 e quindi in generale sulla circoncisione di tutti gli et­ nicocristiani (dr. anche Act. I 5 , I . 5 ) . Può darsi che, quan­ do Paolo presentò in Gerusalemme l'evangelo libero dalla legtera ai Galati si spiegherebbe particolarmente bene se gl'inviati dalla Galazia - i quali hanno infonnato l'Apostolo sugli avvenimenti che stavano accadendo nelle loro comunità - si fossero messi in istretto contatto con Tito, come suppone il Borse (Standort 179; cfr. anche 53); in tal caso, essi stessi si sarebbero incontrati col testimone vivente, con la possibilità di riferire in proposito alle comunità del­ la loro patria, quando vi ritornarono con la lettera dell'Apostolo. Se cosl fosse, l'e­ spressione o o-ùv EIJ.O� aggiunta a T�"t'O� potrebbe perfino voler dire: «che adesso (ancora) è con me». 37· Qui la preposizione 8tti significa «a causa di» (propter) o «in considerazione di» (cosl Schlier)? Stti con l'accusativo può anche indicare il motivo, l'occasione (cfr. Mayser, Grammatik 11,2, 426) e questo sembra il significato che si ha in Gal. 2,4: «Ma indotti dai falsi fratelli...»: gli pseudo-fratelli con la loro pretesa diede­ ro all'Apostolo l'occasione di opporre da parte sua quella decisa resistenza. 38. Cfr. Lietzmann , ad l. 39· Il pronome relativo ol� all'inizio del v. 5 si retroriferisce chiaramente agli �Ev­ SaSEÀ.cpot; quindi devono essere stati costoro a pretendere la circoncisione, non i Soxovv"t'�.

Gal. 2A S.

ge, sorgesse una discussione sul problema della circoncisio­ ne. Ma a causa dell'atteggiamento intransigente dei «falsi fra­ telli», che interpretavano la circoncisione come necessaria alla salvezza, Paolo e Barnaba non cedettero neppure un istante,40 ma ora insistevano per una decisione di principio : quest'ul­ tima sembra essere l'idea mancante a causa dell'anacoluto. E­ siste quindi fra il v. 3 e il v. 4 un nesso concettuale, linguistica­ mente indicatO mediante la particella 0É41 che qui ha significa­ tO assolutamente avversativo, non esplicativo («e precisamen­ te» ) .42 Chi sono i «falsi fratelli insinuatisi» ? Sono giudeocristiani che erano diventati «giudaisti» e che «esplorano» la libertà (scil. dalla legge giudaica) donata in Cristo, per costringere gli (etnico-)cristiani a sottomettersi alla servitù della legge. In sé e per sé sono anch'essi «fratelli» (aoEÀq>o!) , ma - con i lo­ ro intrighi contro l'Apostolo e il suo evangelo e contro gli et­ nicocristiani in generale - dimostrano di essere �EuoaoEÀq>ot,, che di conseguenza secondo Paolo non meritano più il tito] o o­ norifico di «fratelli » .43 L'Apostolo caratterizza lo scopo del lo­ .l

40. Con 'tTI V'ltO'ta:yfi è «indicata la (pretesa) attuazione della sottomissione (cfr. XU"taSovÀ6w, v. 4)» (Delling, in ThWb VIII, 48). 'tTI Ù'lto'ta.yn è un dativo di mo­ do riferito a Et;a�J.EV (Paolo fa causa comune con Barnaba). Un arrendersi sareb­ be equivalso a una «sottomissione». Quindi i giudaisti si presentavano con la co­ scienza di costituire un'«istanza giudiziaria» (Schlier) ; essi pretendevano di avere autorità. Forse questa pretesa si esprime linguisticamente nel sorprendente artico­ lo 'tTI preposto a Ù'lto"t'a.Yi\ (cfr. Mayser, Grammatik n,2, 30 s.: «Nel caso dei nomina actionis l'azione viene indicata mediante l'articolo come indirizzata a uno scopo preciso» ; nel nostro caso alla sottomissione «richiesta»). 41 . Teodoro di Mopsuestia (Catena 29,4) e, dopo di lui, Teodoreto (III, 367 Sch.), i quali giudicano il SÉ come «superfluo» ( 11:Ept.-t't'6c;) (dr. Lietzmann, ad l. ) - an­ che Marcione Io omette -, non hanno individuato tale connessione fra i vv. 3 e 4· Lo Zahn prende energicamente le difese della originarietà di SÉ, ma non rico­ nosce neppure lui il collegamento fra i vv . 3 e 4· 42. Contro Lietzmann, Oepke, Schlier ed altri. 43 . Il Bonnard ha ragione di sottolineare che Paolo usa la designazione «falsi fra­ telli» dal suo punto di vista; «d'altronde, forse, essi sono sinceri; non sono con· sapevoli di sbagliare e credono di essere al loro posto; ma i loro modi d'agire mo­ strano che essi appartengono a un altro mondo, il mondo della legge» ; similmente anche Conzelmann, Geschichte des Urcbristentums 68 : «'Falsi fratelli' non si­ gnifica necessariamente che essi sono soggettivamente in malafede. g un giudizio oggettivo: il loro comportamento contrasta con la natura dell'azione salvifica».

I 90

Gal. 2A s.

ro procedere come un xa:taa-xo1t'ijcrat.: un investigare, inda­ gare, ispezionare, esaminare.44 I giudaisti osservano critica­ mente il comportamento antinomistico degli etnicocristiani, senz'avere un incarico ufficiale per farlo: 4' questo stato di co­ se l'Apostolo lo esprime definendo i falsi fratelli degli «intru­ si» (pareisaktoi) , poiché essi si sono > e ol� un'aggiunta ancora «più tardiva» ; perché i «più antichi testi­ moni del testo, che ci parlano ancora direttamente, non por­ tano ole;; e quelli più attendibili fra loro non hanno nemme­ no ouOÉ», il che però non è vero.'6 Poiché, secondo lo Zahn, col v. 4 s'inizia «un nuovo periodo», non gli resta che suppor­ ro che Paolo e i suoi accompagnatori si siano per breve tem­ po sottomessi ai dirigenti della protocomunità «come un fi­ glio ai genitori o la moglie al marito, come il servo al suo pa­ drone e l'inferiore ai suoi superiori». Lo scopo della condotta inflessibile dell'Apostolo è molto .

�2. Per 1tpòc; Clpa:v dr. anche Iò. ,,3, («per un po•»); .2 Cor. 7,8; cfr. inoltre May­ ser, Grammatik 11,2, 499 · 53· Per l'apparato critico-testuale v. Aland-Black-Metzger-Wikgren, The Greek N.T. , ad l. ; inoltre l'ampio excursus in Zahn, Gal. 289-298 ; Metzger, A Textual Commentary on the Greek N.T. 591 s. 54· Cfr. Hamack, Marcion 71*. Anche syrP ed Efrem leggono senza oic; (lezione m arcionitica?). 55· Petrum ceterosque apostolos vultis Iudaismi magis adfines subintelligi (Tertull., Mare. 5,3); Petrus legis homo (ibid. ,,x x ) ; dr. Harnack, Marcion 38. 56. Leggono otc; ovÒÉ P46 S A B C D= G K P, moltissimi minuscoli , inoltre Vg., syr", cope•· bo. , goth, arm, Basilio, Ambrogio, Ps.-lgnazio, Epifania, Crisostomo, Pelagio, Girolamo, Teodoro1•'·, Agostino, Eutalio, Teodoreto, Cassiodoro, Giov. Damasa-no ed altri. Questo «nugolo di testimoni» è schiacciante.

Gal. 2A S.

193

chiaro e sostanziale: tva i) aÀi}DELa 'tOU EuayyEÀ�ou St.ap,E!­ vn 1tpÒ� v(.l& Apostles, in Studia Paulina in honorem ]oh. de Zwaan (Haarlem 1953) 19; H. v. Campenhausen , Kirchliches Amt und geistliche Vollmacht in den ersten drei ]ahrhunderten (Tiibingen 21963 ) 40 («in base alla semplice continuità e tradizione storica, non esistono... persone o istanze privile­ giate; tali non sono neppure gli apostoli»). 67. Galater 2 und der Lebensausgang der ]erusalemischen Urapostel: ThLZ 77 ( 19,2 ) 67-72 (68). Al riguardo Heussi ritiene che il Giacomo di Gal. 2,9 non sia ..

1 96

Gal. 216

pi grammaticali di Gal. 2 ,6 «non si dovrebbero cambiare». In ogni caso la parentesi ha in qualche modo di mira il passato dei Soxou'V"t"E�, per il quale però Paolo non mostra alcun in­ teresse: «quali che fossero le loro qualità, a me non interes­ sa» . A determinate «qualità» (cfr. Ò1totot) dei Soxou'V"t"E� pen­ sano anche altri esegeti; così a certi «difetti» , ad esempio alla loro mancanza di cultura,68 al comportamento vile degli apo­ stoli durante la passione di Gesù o all'incredulità di Giaco­ mo secondo I o. 7 ,5 .69 L'Eckert ritiene che l'Apostolo argo­ menti con l'autorità: dei «ragguardevoli» dinanzi ai Galati e contro gli avversari perché questi «forse mettevano in risalto, contro l'evangelo paolino, l'osservanza della legge da parte delle personalità più autorevoli della protocomunità. In que­ sto senso si potrebbe spiegare la tanto discussa parentesi nella quale Paolo giudica irrilevante il passato delle persone più au­ torevoli se considerate come esecutrici della legge» .70 Altri ritengono che con la parentesi la polemica dell'Apo­ stolo s'indirizzi ancora più direttamente contro i Soxou'V"t"E�; così ad es . lo Stuhlmacher: «Agli apostoli gerosolimitani, che probabilmente si consideravano i custodi dell'ininterrotta tra­ dizione su Gesù, Paolo contrappone sarcasticamente che il Dio del suo evangelo è imparziale e non tiene in alcun conto tale posizione onorifica (Gal. 2 ,6)».71 Secondo D .M. Hay Gal. Giacomo fratello del Signore, ma Giacomo figlio di Zebedeo. Per la critica a Heussi dr. E. Stauffer, Zum Kalifat des ]akobus : ZRGg 4 ( 1952) 203 , n. rra, e soprattut· to K. Aland, Wann starb Petrus? Eirze Bemerkung zu Gal. 2,6: NTSt 2 ( 1955/ 56 ) 267-275 ( specialm. 27o-272). 68. Cosl Forster: ZNW 36 ( 1 937) 288 (richiamandosi ad Act. 4,13, dove gli aposto­ li sono detti liv�pw1tor. &yp&.p.p.a."t'Of.). 69. Cfr. Munck, Paulus und die Heilsgeschichte 9 1 ; peraltro il Munck si esprime con cautela: «Cosl dicendo, Paolo può aver pensato che essi erano incolti, che a­ vevano piantato in asso Gesù, che Giacomo era incredulo ... e che Pietro aveva rin­ negato Gesù. Non penso che Paolo con un siffatto confronto voglia mettersi con­ tro i più antichi discepoli in Gerusalemme, del cui pieno riconoscimento e accordo con lui egli dà notizia nel testo». Cfr. anche Eckert, Die urchristliche Verkiindigung 188, n. 3 · 70. Die urchristliche Verkundigung 188 . 71. EvTh 2 7 ( 1967) 383 ; cfr. anche Id ., Die pln. Evangelium r , 9 2 («Dopo che Dio gli ha affidato l'incarico dell'evangelo, Paolo può mettere in evidenza soltanto i criteri escatologici con ciò imposti e persino nei confronti delle «colonne» non

Gal. 2,6

1 97

2 ,6 si deve vedere totalmente alla luce di Gal. I ,I o s . : 72 l'in­

differenza dell'Apostolo verso le autorità di Gerusalemme «si fonda in Dio» ; 73 soltanto a lui Paolo vuole piacere. Dio non guarda assolutamente alla persona ( 1tp6CTW'7tO'V ò DEòc; avtlpw1tOU ou Àa(.L�a'VEL : Gal. 2,6c ) , come insegna già l'A.T. : oux ÉCT"tL'V '7ta.p'au"tn ( = presso la verità) À.a�J.�ci'VELV 1tp6crw1ta. ( I Esdr. 4,39) ?4 I Galati - così continua l'interpretazione di Hay - non devono dar valore all'apparenza esterna (cfr. So­ xouv"tE� : ooxEtv = sembrare) , ma soltanto alla «realtà» ; «es­ sa è semplicemente il kerygma». Se i ooxouv"tE� di Gerusa­ lemme rinnegassero questa realtà, in tal caso Paolo neghereb­ be anche la loro autorità apostolica - cfr. solo il suo atteggia­ mento verso Pietro in Antiochia (Gal. 2 , r r ) . Solo il kerygma è autorevole, non una posizione nella chiesa quale che essa sia : questo l'Apostolo vuoi dire ai Galati con la parentesi di Gal. 2 ,6 . Ora, non v'è dubbio che nella parentesi con Ò1tOLOL si pen­ sa a «qualità» dei OLXOU'V"tEc;. Ma proprio queste, stando alla sua stessa dichiarazione, non interessano all'Apostolo (ouoÉv p,oL OLaq>ÉpEL) .76 Il 1tO"tE aggiunto encliticamente non ha il sen· so di «allora» , «una volta», ma va piuttosto riferito in senso generalizzante a 0'7tOtOL (qualescumque) .n ncra'V si riferisce ve­ ramente al passato dei Soxou'V"tEc;, come spesso si suppone, o non si tratta piuttosto di una cosiddetta attractio temporum,iè per cui «quello che importa non è tanto il persistere o l'arri­ vare fino al presente di un dato di fatto, quanto la collocazion

pensa ad alcun'altra qualificazione che si potesse scorgere ad es. nell 'unione con Gesù e nella conoscenza dell'autentica tradizione su Gesù»). 72. Paul's Indifference to Authority : JBL 88 ( 1969) 36-44. 73 · Ibid 4 1 . 74 · Citato d a Hay 41 (con ulteriore documentazione) . 75· lbid. 42 . 76. Per questa frase dr. il materiale greco-profano raccolto da Weiss in ThWb IX, 64,1 1 SS. 77· Cfr. Mayser, Grammatik 11,3, 155 con buone testimonianze; ad es. Teb. 124,25 (IJ,É'VEW oÈ iUJ.L'V xett Éyy6vor.c; 'tOÙ� xÀ:f) [pou�] olo! �O'tE elcnv [«quali che siano le loro doti»]). 78. E. Schwyzer, Griechische Grammatik 11,279 ( «Dati di fatto naturali, geografici: etnologici e simili, che non hanno condizionamenti di tempo oppure che dal passa­ to si spingono fino al presente di chi parla, nel racconto di solito sono visti come passati, se sono collegati a un evento del passato [attractio temporum] ») . .

Gal. 2,6

ne dell'enunciato in un racconto che tratta del passato» ?79 Lo stretto collegamento di o1to�ot. con 1tp6aw1to'V in Gal. 2 ,6So fa capire che qui si tratta della «persona» dei ooxouv'"t'Ec;; l'Apo­ stolo vuoi dire : «Della persona dei òoxovv'"t'Ec; adesso a me non importa niente». «Se questo concetto 'della persona' vie­ ne espresso con un verbo, per ragioni di correttezza gramma­ ticale si deve dire o1toi:o� '7tO'"t'E -ijcrav. Nonostante che il verbo sia al passato, l'Autore vuole semplicemente dire che rinun­ cia a una designazione precisa dei ooxou'V'"tEc;. L'enunciato non permette affatto di trarre da quell'ilaav, che corrisponde sol­ tanto alle regole grammaticali, una conclusione sulla vita e il prestigio degli interessati al tempo del racconto.81 Qual è allora il senso della parentesi? Si deve partire dalla constatazione che questa è incorniciata da un duplice riferi­ mento ai OOXOU'V'"t'Ec;: a'7tÒ OÈ '"t'W'V OOXOV'V'tW'V Et'VrLL '"t'L ... EI-tOt yàp ot ooxouv'tEc; . .. L'accento cade quindi chiaramente sui ooxouV'tEc;. Dunque con la parentesi l'Apostolo vuole far ben notare che a lui importa non la loro persona, ma unicamente (soprattutto nei confronti dei suoi avversari) il fatto che in quell'occasione i ooxouV'tEc; in Gerusalemme a lui non impo.. sero nulla, cioè che avvenne il contrario di ciò che probabil­ mente hanno sostenuto gli avversari di fronte ai Galati. Sul passato, sulle qualità personali o sul prestigio dei «ragguar­ devoli» in altri campi l'Apostolo non vuole soffermarsi, per­ ché anche Dio non ne tiene conto. Ciò egli sottolinea con la sua parentesi, anche se i suoi avversari si appellano tranquil­ lamente al 1tp6crw1tov dei lo�o presunti garanti.82 79· B. Hasler, Sprachlich-grammatische Bemerkungen zu Gal. 11,6: ThLZ 82 ( 1957) 393 s. (393). 8o. Gal. 2,6b e 6c sono collegati asindeticamente; l'asindeto può anche avere fun· zione causale (dr. Mayser, Grammatik 11,3, 182). 8 1 . Hasler, op. cit. 393· 82. Ciò ammesso, secondo noi non è pertinente nemmeno l'ipotesi di G. Klein, che a proposito della parentesi pensa alla situazione dei dirigenti di Gerusalemme al tempo della composizione della lettera (Galater 2,6-9 und die Geschichte der ]e­ rusalemer Urgemeinde, in Rekonstruktion und 1nterpretation 99-128 [ 1 13] ), si­ tuazione che rispetto al tempo del «concilio» si sarebbe evoluta a favore di un triumvirato (Giacomo, Pietro, Giovanni); nel frattempo Giacomo, «già a partire dalla prima visita di Paolo, sarebbe v�nuto completamente alla ribalta come cfu­ turo capo' ... ».

Gal. 2,6.7-9

1 99

Ma le autorità gerosolimitane allora non solo non hanno im­ posto «nulla» (ouOÉ'V)83 all'Apostolo,84 bensl hanno anche con­ cluso con lui un accordo positivo. 7-9 . La

struttura di questi versetti è complicata. La proposi­ zione principale segue solo nel v. 9 ( 'Iaxw�o� xat K1]cp) della permanente «co­ munione», il cui ultimo fine è missionario, come indica la suc­ cessiva proposizione introdotta da tva. È da notare che la stretta di mano viene scambiata anche con Barnaba. Da ciò infatti risulta, come osserva Haenchen, che in quell'occasione le trattative gerosolimitane in realtà «non riguardavano af­ fatto Pietro e Paolo, ma Gerusalemme e Antiochia»114 (dr. anche Act. I j ! ) . Con la stretta di mano dei gerosolimitani ve� niva ufficialmente approvata la missione ai gentili libera dalla legge che era rappresentata e sostenuta nei suoi intenti dai due grandi missionari dei pagani; le obiezioni dei falsi fratelli giu­ daisti erano così respinte. d) L'VC'L 'i)p,et� Et� 't'à ell'V1) , C'LU't'Ot OÈ E� 't'i}'V 1tEptt't'OP,i)V

Se con questa proposizione senza predicato si vuole indica� re il contenuto dell'accordo gerosolimitano,n' si tratta allora di un tva. epesegetico;n6 se invece si pensa piuttosto allo sco­ po, al fine d eli' accordo, in tal caso ci troviamo di fronte a un tva. finale. n 7 Comunque sia, con questa proposizione («noi ai gentili, essi invece ai giudei») si enuncia qualcosa che era già stato stabilito prima che Paolo e Barnaba giungessero a Ge­ rusalemme. Solo che adesso questo dato precedente diviene oggetto di un accordo ufficiale, nel quale naturalmente si tien conto anche dell'evangelo libero dalla legge, che Paolo pro­ clama fra i pagani (v. 2 ) . Per .evitare futuri conflitti fra i so­ stenitori della prassi missionaria giudeocristiana ed etnicocri­ stiana, la cosa migliore era che nelle terre pagane l'evangelo I I4. NTSt 7 ( 196o/61 ) I93· I I, . Cosl Schlier. I I6. Cfr. Blass�Debr. § 394; Radermacher, Grammatik I91 (l'infinito o, in suo luo­ go, una proposizione introdotta da tva., costituiscono «il contenuto di una manife­ stazione di volontà»). 1 1 7. Invece è da escludere l'opinione di Blass�Debr. § 39I ,3, secondo cui tva. in Gal. 2,9 avrebbe il significato di «a condizione che»; con questa interpretazione di· verrebbe abbastanza illusorio tanto il precedente xowwvta.� quanto e soprattutto l'affermazione dell'Apostolo che le autorità gerosolimitane «non gli hanno impo­ sto nulla» (v. 6).

Gal. 2,7�9

209

fosse ulteriormente annunciato senza obbligare alla legge giu­ daica, nei paesi giudaici invece senza (esigere) la rinuncia allo touoat�Ef.'V (cfr. 2,14) .n8 L'accordo - suggellato con la stretta di mano - fra i missionari dei gentili e i gerosolimitani, tra cui 1 18. «Non pensiamo, beninteso, a due evangeli diversi, l'uno per i pagani, predica­ to da Paolo, l'altro per i Giudei, predicato da Pietro. Si tratta del medesimo evan� gelo, annunciato e applicato da una parte ai pagani, dall'altra ai Giudei; non si tratta dunque solamente d'una divisione geografica del lavoro, ma di due vocazio­ ni missionarie e teologiche differenti» (Bonnard, Gal. 41 ). F. Chr. Baur interpreta­ va così : «La xowwvla era ... al tempo stesso una separazione ; ci si univa soltanto nel senso che gli uni dovevano andare E� -tfk !tNT} , gli altri E� -t'Ì)\1 1tEpt.-to(.l1)v, cioè gli apostoli dei giudei non poterono obiettare nulla contro i principi sui quali Paolo poggiava la sua attività evangelica; sotto questo aspetto dovettero riconoscer­ la, ma questo riconoscimento era semplicemente esteriore; essi lasciarono che se­ condo questi principi egli operasse anche più lontano fra i gentili per la causa del­ l'evangelo, ma per se stessi non vollero saperne nulla . Quindi l'ambito apostoli� co bilaterale viene rigorosamente distinto : c'è un EÙayyÉÀ.r.ov -,;1}� 1tEpt.-tOIJ.Tl� e un EÙayyÉÀ.t.O'V 'tTl� axpo�UCT't'Cl�, un'a1tOCT'tOÀi} Et� -ti}'V 1tEpt.-top.i}V ed un'a1tO· cr-toÀ.'Ì) Et� 'tà. !1hn}, da un lato vige la legge mosaica, dall'altro no, ma i due ambiti coesistono ancora nettamente distinti» (Paulus 12, 142 s.). Se l'andamento delle co­ se fosse stato quello che il Bauer presenta con tanta sicurezza, I. tutto l'accor­ do sarebbe stato una farsa delle autorità gerosolimitane, incompresa da Paolo; 2. in realtà egli non avrebbe ottenuto ciò che secondo Gal. 2, 2 wole ottenere: di «non correre invano» ; 3 . l'«ipocrisia», di cui egli parla in 2,13, sarebbe già stata operante nel modo più volgare in Gerusalemme; 4· tutta l'argomentazione di fron­ te ai Galati, o meglio contro i suoi avversari in Galazia, perderebbe la sua forza di persuasione ; infatti in questo caso Paolo a Gerusalemme in realtà non si sarel> be imposto col «suo» evangelo, bensl sarebbe stato menato per il naso dai geroso­ limitani ; vi sarebbero inoltre due evangeli, nettamente contro la convinzione di Paolo che esiste un solo evangelo { 1 ,6 s.), per il quale egli lotta anche in Geru· salemme ! È chiaro che il Bauer cadde vittima delle sue stesse ricostruzioni. In esse l'errore fondamentale è che il Bauer, e i suoi seguaci fino ad oggi, hanno sem­ pre presupposto soltanto due gruppi, mentre in realtà erano tre: r . le autorità di Gerusalemme, capeggiate da Pietro, Giovanni e Giacomo, 2. i «giudaisti», dei qua� li non conosciamo alcun nome, qualificati da Paolo come «falsi fratelli», 3 · Paolo e il suo gruppo, nel quale si deve annoverare anzitutto Barnaba. Paolo aveva a che fare col secondo gruppo, i giudaisti «radicali di destra»: soltanto loro erano i suoi avversari. Ovviamente costoro cercavano d'aver le spalle coperte dai Soxovv-t�, per poter procedere più liberamente contro Paolo e il suo evangelo; ma Act. I 5 e Gal. 2,1 ss. sono del tutto concordi nel dire che i ragguardevoli decisero a favore di Paolo e non di coloro che nella comunità era giudaisti. Queste constatazioni, che si basano sulle affermazioni dei testi, non escludono «che al convegno gerosolimi­ tano non si sia raggiunta una teologia completamente unitaria», come fa osservare Eckert (Paulus und die ]erusalemer Autoritaten nach dem Galaterbrief und der Apostelgeschichte 303). Ma quando mai nella storia della chiesa si diede il caso che in un concilio i problemi proposti fossero risolti in modo tale che in avveni· re non ne sorgessero altri? Anzi, ogni concilio procurò alla chiesa nuovi problemi!

210

Gal.

2,7-9

soprattutto le autorità interessate alla missione tra i giudei, servl quindi in definitiva a mantenere la pace all'interno della chiesa, senza che perciò si addivenisse a un malsicuro compro­ messo sull'evangelo stesso.n9 Una discordia, com'era stata pro­ vocata dai falsi fratelli, doveva essere, questa era evidentemen­ te l'intenzione particolare dell'accordo, in futuro evitata.120 1 19. Forse i gerosolimitani si riservarono la missione ai giudei per evitare eventua· li difficoltà (dr. anche E. Hirsch: ZNW 29 [ 1930 ] 6,5). Nel suo libro su Pietro (44· 62) il Cullmann pensa «che da quel momento del concilio apostolico si addivenne a due organizzazioni missionarie>>, una giudeocristiana sotto la direzione di Pietro ed una etnicocristiana sotto la guida di Paolo e Barnaba. Mentre questi ultimi sa­ rebbero stati indipendenti da Gerusalemme, Pietro sarebbe stato dipendente «di· rettamente dalla protocomunità gerosolimitana, ormai guidata da Giacomo» (ibid. ' I s.; cfr. anche 47; 57; 62 ). Il che non risulta affatto da Gal. 2,7-9, contrariamen­ te a ciò che il Cullmann continuamente sostiene. Anzi, lo stesso Pietro appartie­ ne ai ) . 128 È per­ ciò molto improbabile che la colletta per la protocomunità si debba intendere - per cosl dire - come l'equivalente cristia­ no della tassa giudaica per il tempio,129 «ma piuttosto in ana­ logia coi doni spontanei che confluivano a Gerusalemme an­ che da parte dei non proseliti» (E. Bamme1) .130 127. «Il suo significato è la documentazione dell'unità della chiesa» (Conzelmann). 128. Traduzione conforme a quella del Lietzmann. Cfr. anche Michel, in ThWb IV, 686,39 ss. («Quando ci si ricorda di qualcuno, lo si riconosce anche come persona a cui si aderisce»). 129. Cfr. ad es . Schweizer, in ThWb VI, 412,12 ss. («nel senso dell'imposta giudai­ ca per il tempio»). «In realtà questo presunto parallelo è una prova contro tale ipotesi: a) la tassa per il tempio devono pagarla tutti i Giudei, anche quelli residenti in Palestina. Logicamente ciò dovrebbe dare come risultato per i cristiani una tassazio­ ne di tutti, non solo degli etnicocristiani; b) la tasssa per il tempio è un tributo normale, annuale, mentre la colletta si fa una volta sola; c) essa, come spiegano Rom. 15 ,25 s.; 2 Cor. 8,9, è un'iniziativa caritatevole a favore di coloro che sono veramente poveri» (Conzelmann, Geschichte des Ur­ christentums 71 ). 130. ThWb VI, 908,25 s. Il Munck considera i donativi delle comunità di Paolo per la comunità gerosolimitana come «una realizzazione delle profezie veterotestamen­ tarie» (precisamente di Is. 2,2 ss.; Mich. 4,1 ss.; Is. 60,5 s.), secondo le quali i po­ poli pagani nel tempo della salvezza portano i loro doni per Iddio a Gerusalemme, luogo dal quale si diffonde la parola del Signore (Paulus und die Heilsgeschichte 298 s.). Secondo quanto riferiscono gli Atti, la comunità antiochena molto prima del «concilio apostolico» prese la decisione di soccorrere «i fratelli in Giudea», pre­ cisamente in occasione della carestia che colpi tutto l'impero sotto Claudio; il ri· cavato di questa iniziativa assistenziale fu portato - secondo Act. 1 1 ,30 (dr. an· che 12,24 s.) - da Paolo e Barnaba a Gerusalemme. In sé e per sé Gal. 2,10 non sarebbe necessariamente in contraddizione con ciò, poiché qui potrebbe trattarsi di ravvisare di nuovo il ricordo di un tale aiuto a favore della comunità di Gerusa­ lemme. Ma la cronologia presenta delle difficoltà: infatti la grande carestia sotto Claudio - secondo i dati degli storici antichi - per la Palestina si ebbe negli anni 48-49 (per più precise informazioni in proposito dr. ]. Jeremias, Sabbatiahr und ntl. Chronologie : ZNW 27 [ 19 2 8] 98-103 ), cosicché si pone la questione: Luca ne­ gli Atti ha duplicato il viaggio di Paolo e Barnaba a Gerusalemme ? Su ciò cfr. in questo commentario anche pp. 174 s., nn. 107 s. Jeremias ritiene che il viaggio del­ la colletta «si identifichi con il viaggio di Paolo e Barnaba al concilio apostolico»; ma è un'ipotesi che non si può dimostrare.

Dando ora uno sguardo retrospettivo alla pericope 2, I- I o, si può dire che all'Apostolo la dimostrazione dell'indipenden­ za umana ed ecclesiastica in materia di evangelo di fronte ai suoi avversari è pienamente riuscita. Infatti soprattutto in Ge­ rusalemme, più che in qualunque altro luogo, si doveva mani­ festare la legittimità del suo apostolato e della sua evangeliz­ zazione. Egli trova là un pieno riconoscimento del suo evange­ lo, e non solo in teoria, ma anche nella prassi, come dimostra­ no il «CaSO» di Tito e l'accordo raggiunto fra lui e i ooxo\h�"tE�. Così la verità e la libertà dell'evangelo furono salvaguardate da qualsiasi «distorsione» , e fu saldamente suggellata la co­ munione fra apostoli e missionari; la serietà di quest'ultima si diede a vedere - almeno da parte di Paolo - nella colletta per la comunità gerosolimitana, che al tempo stesso espresse la riconoscenza degli etnicocristiani per la fonte originaria del­ l'evangelo .131 Dunque ogni appello degli avversari dell'Apostolo in Ga­ lazia ai protoapostoli era completamente fuori luogo. I Gala1 3 1 . In ThWb VI, 83 R. Meyer dice: «Certamente Gal. 2,7 lascia intravedere che a Gerusalemme ci si limitò, in fondo, a prendere atto della libertà dallo 'louS«t:­ O'IJ.6 � e che in pratica i fronti rimasero immutati, nonostante ogni lealtà reciproca. Ormai si fronteggiavano Paolo come il missionario dell'eu«yyÉÀ.tov -t'ii� &.xpo�u0"-t'a� e Pietro come quello dell'EuayyÉÀ.�oov -t'ii; 1tEPI.'tO�J.:i]�, senza che fosse stato chiarito il contrasto teologico. Un accomodamento, che avrebbe definitivamente unificato i due partiti, col quale però l'una o l'altra parte avrebbe dovuto rivedere fondamentalmente il proprio punto di vista teologico, non ebbe luogo né allora né poi». Ciò è vero, se ci si riferisce al giudeocristianesimo vero e proprio - cfr. an­ che Gaechter, Petrus und seine Zeit 23 1 s.; anche Act. 21 ,21 fa capire che !'«acco­ modamento» effettivamente ancora mancava -, ma lo stesso Pietro non rimase an­ cora a lungo un «giudeocristiano», bensl si comportò in certo senso come etnico­ cristiano, in ogni caso già al tempo della composizione degli Atti, come Act. I I ,I7 s. e specialmente il suo «discorso» al «concilio apostolico» (Act. 15,7-I I, soprattut· to il v. 9 [ «Dunque Dio ha abolito la differenza fra noi e loro, purificando i loro cuori con la fede»] ) lasciano intendere. Cioè lo stesso Pietro non prosegui per la via del giudeocristianesimo, come anche I Petr. teologicamente fa capire. Il «pro­ tocattolico» Luca non ha «addomesticato» Paolo; piuttosto ha inglobato Pietro nel­ la chiesa etnicocristiana «senza-legge», in rispondenza all'evoluzione effettiva della storia protoecclesiastica. Il fatto meriterebbe di essere visto con maggiore chiarez­ za. Nella chiesa dei primi tempi la vittoria teologica toccò a Paolo. Ciò risulta, fra l'altro, anche dalle «protocattoliche» lettere pastorali e dalla loro ammissione nel canone neotcstamentario; infatti, secondo le pastorali la 1tapa1hix11 "t'ii � '7t!O'-tEw;, che bisogna custodire non è altro che la dottrina paolina della giustificazione. Cfr. anche p. 222, n. 16.

Excursus �

216

ti possono e devono riconoscerlo. Inoltre l'indipendenza e la verità dell'evangelo paolina trovò conferma in un caso parti­ colarmente «scabroso>> , sul quale Paolo informa nella perico­ pe seguente. EXCUR SUS

2

GAL. 2,1-10 E ACT. 15 («CONCILIO APOSTOLICO»)

Con questo excursus non si pretende di esporre diffusamente l'intera problematica della questione se la visita a Gerusalem­ me descritta da Paolo in Gal. 2,1-ro coincida col cosiddetto concilio apostolico di Act. 1 5 e se il resoconto lucano in me­ rito abbia veramente un valore storico (cosa che molti studio­ si mettono in dubbio) ,1 entrando in discussione coi tanti che ne hanno trattato.2 Ciò richiederebbe una monografia a sé stan­ te. E poi non si raggiungerà mai un'unanimità. Ciò che qui viene proposto sono soltanto una tavola comparativa ( r ), un e­ lenco delle differenze e contraddizioni nei due resoconti (2) e l'apporto di alcuni motivi che sembrano deporre per una iden­ tità dei «due» fatti ( 3 ) . I . Cosl osserva, ad es., Haenchen (Die Apg. 40.5 ) : «La presentazione lucana del concilio apostolico ... non ha valore storico». A questo riguardo M. Hengel con­ trobatte che Haenchen «però nel seguito continua a interpretare Gal. 2,1-10 par­ tendo da premesse che ci sono note soltanto da Act. 1.5» (Die Urspriinge der christlichen Mission : NTSt 18 [ 197 1 /72 ] 1 8, n. 17). 2. La bibliografia è indicata da W.G. Kiìmmel : ThRu, N.F. 17 ( 1948 ) 28 ss.; 18 ( 19.50) 26 ss.; Schlier, Gal. 1 17; Haenchen, Die Apg. 382 s.; J. Dupont, Les pro­ blèmes du livre des Actes entre I940 et I950, in Id., Études sur les Actes des A­ potres (Paris 1 967) I I-I 24 (63-72); dr. inoltre H . Rottmann, Der Apostolat Pauli nach Apg IJ u. Gal. I u. 2 : lgreja Luterana 24 ( 1 963 ) 225-242 ; P. Parker, Once more, Acts and Galatians: ]BL 86 ( 1 967) 17.5-182; O. Cullmann, Petrus .53-.57; F. Mussner, Die Bedeutung des Apostelkonzils fur die Kirche, in Ekklesia (Fest­ schrift f. Matthias Wehr) (Trier 1962 ) 3.5-46; P. Gaechter, Geschichtliches zum Apostelkonzil: ZfkTh 8.5 ( 1963) 339-354; Munck, Paulus und die Heilsgeschichte 226-232; Schmithals, Paulus und ]akobus 29-5I ; Ogg, The Cbronology of the Life of Paul 72-88 ; Bornkamm, Paulus .52-63 ; H. Conzelmann, Geschichte des Ur­ christentums (Gottingen 1969 ) 66-74; ]. Eckert, Paulus und die ]erusalemer Au­ toritiiten nach dem Galaterbrief und der Apostelgeschichte 281-3 1 1 ; Id. , Die urchristliche Verkundigung 219-228 ( «Il giudaismo dopo il concilio apostolico») .

2 17 1 . Tavola

comparativa

Gal. 2,1-10

Indicazione di tempo («trascorsi quattordici anni» )

l

Act. 15

Viaggio di Paolo a Gerusalemme assieme a Barnaba

2,1

con Tito

2,1

Viaggio a Gerusalemme «a causa di una rivelazione»

2 ,2

Presentazione dell'evangelo in Gerusalemme

l

1-

2 ,1

lcfr. invece I 5 ,2 : Paolo e Barnaba ci vanno come inviati di Antiochia

1-

2 ,2

2,3

Nessuna richiesta di circoncisione nei confronti di Tito

'��- �

Comparsa dei «falsi fratelli»

2,4

L'Apostolo si oppone ai falsi fratelli

2, 5

cfr. I 5 ,2 (contrasto di Paolo e Barnaba con i giudaisti in Antiochia) ; I 5 ,7 (contrasto in Gerusalemme)

Nessun obbligo imposto dai «riguardevoli» della comunità primitiva

2 ,6

cfr. I 5 ,1 9 s. («decreto apostolico») ; 1 5 ,2 8 s. («nessun'altra condizione» oltre le clausole di Giacomo)

Constatazione della vocazione di Paolo alla missione tra i gentili Riconoscimento della grazia dell'apostolato concessa a Paolo

2 ,7

...

2 ,9 a

}

cfr. 1 5 ,12

Excursus �

218

Act. 15

Gal. 2,1-Io I nomi delle «colonne»; Giacomo, Cefa, Giovanni

2,9b

Stretta di mano delle colonne con i missionari dei gentili per attestare la comunione

2,9c

«Condizione» di ricordarsi dei poveri (della protocomunità)

l

2,10

l Giacomo) cfr. I 5 ,7.I3 (Pietro, cfr. 1 5 ,2 5 ( i)p..tv YE'Vop.Évot.� OIJ.ODU(letOO'V)

1 - (ma cfr. 1 1 ,29 s.; 1 2,25 ; 24,1 7)

2 . Differenze e contraddizioni nei due resoconti Si devono 11Jenzionare soprattutto le seguenti : a) manca in Gal. 2,1-10 la menzione della comunità di An­ tiochia, la cui partecipazione alla questione, secondo Act. I 2 , 2 s. , fu essenziale e che per la sua soluzione inviò i due missio­ nari Paolo e Barnaba a Gerusalemme. In Gal. 2 , 1 Paolo non menziona il punto di partenza del suo viaggio a Gerusalem­ me, perché ciò non ha una particolare importanza per la sua argomentazione; ciò che importa anzitutto è Gerusalemme. b) Secondo Gal. 2 ,2a Paolo sall a Gerusalemme «in segui­ to a una rivelazione» , secondo Act. 1 5 ,2 s. come inviato e de­ legato della comunità di Antiochia.3 La ragione per cui in Gal. egli sottolinea tanto che questo viaggio avvenne per mandato divino è stata da noi illustrata nell'esegesi del testo . «Ma ciò non esclude che esso avesse anche un lato umano . Può darsi benissimo che questa indicazione profetica e il desiderio del­ Ia comunità antiochena coincidessero» (Haenchen) .4 3· Gli eventi occorsi in Antiochia vengono fortemente drammatizzati nel cod. D, il quale in I 5,2 invece di f-ta;av . l; a.ù-twv legge : > giudaisti fossero definitiva­ mente risolte e le questioni chiarite. Ma che le cose non stes­ sero affatto così, lo dimostra il sorprendente incidente avve­ nuto nella comunità cristiana di Antiochia, col quale si giun­ se ad uno scontro ufficiale fra Paolo e l' «uomo-roccia» . Co­ me fu possibile che ciò avvenisse dopo la «stretta di mano» a Gerusalemme? A questa domanda si deve anzitutto rispon­ dere: per la situazione particolare della comunità antiochena, che era una collettività mista, composta da ex giudei ed ex pa­ gani. Il contenuto degli accordi gerosolimitani nella formula­ zione di Paolo era stato di questo tenore: «Noi ai gentili, es­ si ai giudei» . Questa era una decisione chiara, che comprende­ va in sé la libertà dalla legge nelle comunità etnicocristiane. Ma come si doveva procedere nella prassi, nei luoghi in cui esi­ steva una comunità mista, come in Antiochia? La realtà con­ creta di una tale comunità doveva necessariamente sollevare problemi d'importanza fondamentale, e precisamente meno per i membri etnicocristiani che per quelli giudeocristiani. A che cosa erano tenuti costoro, dovendo convivere in comuni­ tà con etnicocristiani? Nella controversia antiochena si trat· ta proprio anzitutto del comportamento degli ex giudei verso gli ex pagani e non viceversa! In tal senso il caso antiocheno si distingue dalle vertenze che erano state definite e chiarite in occasione della seconda visita dell'Apostolo a Gerusalemme. In Gerusalemme si trattava degli etnicocristiani, in Antiochia del comportamento dei giudeocristiani. Per questi ultimi con l'accordo di Gerusalemme non si era stabilita alcuna norma. Per i giudeocristiani residenti a Gerusalemme e in Palestina era una cosa ovvia che essi continuassero ad attenersi al modo di vivere giudaico. I Fintantoché essi continuarono a vivere in mezzo alla loro popolazione giudaica, problemi come quelli che sorsero in Antiochia non si acuirono affatto. In GerusaI . Cfr. Act. 21,20: «e tutti (i giudeocristiani in Gerusalemme) sono zelatori della legge».

Gal. 2,I I-2I

22'

lemme si era al sicuro dal contatto con cibi impuri.2 Col pat­ to «noi ai gentili, essi ai giudei» sembrava che i confini fos­ sero nettamente definiti e - almeno ad un esame illusorio del­ la situazione - apparentemente per sempre. Secondo le informazioni troppo concise di Act. I I , I 9-2 I , in occasione della persecuzione che era scoppiata al tempo di Stefano certi cristiani da Gerusalemme erano venuti anche ad Antiochia, la capitale della Siria, e vi annunciavano la parola di Dio, dapprima però soltanto ai giudei del luogo.3 «Ma tra loro si trovavano alcuni di Cipro e Cirene, i quali, quando giunsero ad Antiochia, si rivolsero anche ai greci e annunciaro­ no loro il lieto messaggio del Signore Gesù», e con grande suc­ cesso ( I I ,20 s.) . Così a poco a poco si formò una grande comu­ nità, costituita da ex giudei ed ex gentili.4 In questo caso evi­ dentemente i pagani fattisi credenti non erano stati costretti alla circoncisione,' poiché altrimenti la pretesa dei giudaisti provenienti da Gerusalemme, di cui si parla in I; ,I , sarebbe stata immotivata. Quando successivamente certi giudeocri­ stiani non autorizzati vennero dalla Giudea esigendo la cir­ concisione degli etnicocristiani, questa loro richiesta - special­ mente per iniziativa di Paolo e di Barnaba - fu sconfessata a Gerusalemme (Gal. 2 ,I - I o ; Act. I ; ) . Per gli etnicocristiani, secondo la versione degli Atti, il « decreto apostolico» fu e­ manato allo scopo di una loro convivenza pacifica con i giudeo2. Cfr. Oepke, Gal. 56. 3· Secondo Flav. Ios., beli. 7,3,3 § 43 ss., in Antiochia c'erano una numerosa comu­ nità giudaica e molti greci ); Schiirer III, 165 ss.

Gal. 2,II-2I

227

anche un giudeo (come Pietro) fosse esente da una vita con· forme alla legge, quando si fosse fatto cristiano. Secondo il io.. ro modo di vedere, un ex giudeo doveva anche in seguito re· star fedele alle tradizioni paterne e tovoa.t�Et,'V (per dirla con Gal. 2 , 1 4) . Questo problema non era stato risolto a Gerusa­ lemme. E per un giudeo tale problema non era una inezia !9 L'essere o non essere dell'esistenza giudaica era ed è per il giudeo credente inscindibilmente connesso con la questione della legge. Per i giudaisti era inconcepibile che un giudeo, di.. ventata cristiano, per ciò stesso cessasse o addirittura doves· se cessare di essere un giudeo, ossia di vivere secondo la leg­ ge. Perciò è comprensibile che essi si siano fortemente scanda.. lizzati del comportamento del giudeocristiano Pietro in An­ tiochia - una comunione di mensa con gli etnicocristiani essi non l'avevano praticata in Gerusalemme ! - e abbiano dato clamorosa espressione al loro risentimento.10 Ma se avessero avuto ragione, sarebbe stato riconosciuto un ulteriore valo.. re salvifico della legge e la verità dell'evangelo sarebbe stata di nuovo messa in pericolo. Paolo lo capl subito; di qui il suo appassionato intervento contro Pietro, che al tempo stesso pe­ netra nella profondità del problema «legge ed evangelo» e ad esso doveva condurre. Paolo dà relazione di questo incidente ai Galati, perché la loro minacciosa propensione al giudaismo, provocata da «certi» giudaisti, metteva in pericolo la verità dell'evangelo proprio come a suo tempo aveva fatto l'episo9· Cfr. in merito anche le assennate considerazioni del Bauernfeind (Die Apg. ) ad Act. 1,5,1 . Io. Ci si deve particolarmente immedesimare nella situazione del giudeocristianesi­ mo palestinese. Per i giudeocristiani devoti «si tratta di un'unità, che essi cercano di mantenere stando da due parti in definitiva inconciliabili. Si trovano ancora nella comunità giudaica come membri di pieno diritto e si sentono ad essa vincola­ ti ; al tempo stesso fanno parte di una cristianità che in questo momento non è più soltanto una setta giudaica, ma almeno in parte è già una comunità libera dal giu­ daismo e dalla legge. Vogliono mantenere la fratellanza con questa cristianità che non è più giudeocristiana; ma, ciò facendo, rischiamo di liquidare il giudaismo. Nel confermare la duplice posizione in cui si trovano, premono in un senso o nel­ l'altro per uscirne. Quando il giudaismo di sua iniziativa tagliò corto ed espulse il giudeocristianesimo, non fece altro che porre fine anche da parte sua a questa situazione ambigua, ritenendola insostenibile» (G. Kittel: ZNW 30 [ 193 1 ] 147 s.). Cfr. inoltre Haenchen, Petrus-Probleme 65 s.

228

Gal .2,II-.2I.I1 .

dio di Antiochia. La sua relazione poteva fare un effetto tan­ to più incisivo, in quanto al suo contrasto d'allora in Antiochia s'accompagnò appunto uno scontro con l'uomo-roccia. Forse anche gli avversari dell'Apostolo in Galazia si appellavano a lui.n Paolo può dimostrare di aver difeso la verità dell'evan­ gelo perfino contro Pietro, quando si mostrò necessario.u Questo accenno era al tempo stesso la prova più convincente che Paolo non aveva ricevuto il suo evangelo «da un uomo» ; altrimenti come avrebbe potuto osare di procedere contro lo stesso uomo-roccia in nome dell'evangelo ! ? I I . A prima vista sembra che la particella OÉ all'inizio del v.

I I sia avversativa e voglia esprimere il comportamento con­ trario di Cefa nei confronti di quello riferito nel v. 9 · Qui tut­ tavia è meglio intendere OÉ, con Oepke e Schlier, in senso pro­ secutivo, in quanto che il resoconto sull'incidente di Antio­ chia rappresenta un'ulteriore componente nell'argomentazio­ ne con la quale Paolo mostra che il suo evangelo non proviene «da un uomo» . Pietro13 giunge ad Antiochia - e Paolo, prima di riferire in breve lo svolgimento di tutto l'episodio, dichiara subito ciò che è per lui particolarmente importante e per la sua argomen­ tazione significativo: «Mi opposi in faccia a lui, perché si era reso colpevole». In realtà questo «diventar colpevole» di Pie­ tro dev'essere stato preceduto da un certo lasso di tempo, for­ se da settimane e mesi, nei quali egli sedeva a mensa fraternaI I . Lo Zahn (Gal. 1 14) pensa perfino che dall'esposizione di Paolo in Gal. 2,1 1 ss. si possa vedere «come l'argomento nella cerchia dei lettori fosse già diventato og� getto di discussione. I giudaisti giunti presso i Galati avranno presentato il prece� dente irriguardoso comportamento tenuto da Paolo contro Pietro come una prova particolarmente grave di quella presunzione con cui egli - in contrasto con la sua iniziale sottomissione agli apostoli più anziani - si era reso successivamente indi� pendente dalla loro autorità». 12. Nel contesto del cap. 2 l'accenno all'incidente di Antiochia in Gal. 2,1 1 ss. im­ plica in un certo senso un procedimento a minore ad maius : se e come io già ai «falsi-fratelli» nemmeno per un istante ho ceduto sottomettendomi (2,,5), cosl pu­ re e men che mai all'uomo-roccia. 13. Anche qui, anziché K'l}cpiiç leggono ITÉ-rpot; D F G K L, syr", goth, Marcione, Vittorino, Crisostomo e altri.

Gal. 2,II

229

mente con gli etnicocristiani della comunità. 14 In che cosa con­ sistette di fatto «l'opporsi in faccia» /' risulta solo dal v. 1 4 : di fronte alla comunità radunata, Paolo chiede severamente conto a Pietro del suo comportamento. E la «colpa» di Pietro 14. Paolo non dice né il tempo né le ragioni della venuta di Pietro ad Antiochia. Al­ cuni esegeti hanno fatto diverse considerazioni in proposito. Lo Zahn considera «impensabile» che Pietro cosl presto, dopo gli accordi gerosolimitani, «si recasse in un territorio di missione tra i pagani senza un'urgente necessità e che Paolo, se Pietro avesse fatto ciò, non lo accusasse di violazione del trattato e non lo giu­ dicasse alla stregua di quei simpatizzanti di Giacomo (v. 12), venuti ad Antiochia subito dopo, assimilandolo ai falsi frateJli e spie del v. 4· Anche il giudizio più be­ nevolo non avrebbe potuto cambiar nulla in un fatto: Pietro con la sua venuta in­ desiderata ad Antiochia avrebbe provocato nella comunità locale quegli abusi preoccupanti, la cui prevenzione era lo scopo primario dell'accordo sulla reciproca indipendenza dei due settori della chiesa» ; perciò lo Zahn pensa che la visita di Pietro alla capitale siriaca debba «collocarsi nel tempo anteriore al concilio aposto­ lico e al primo viaggio missionario di Paolo», quando «Paolo e Barnaba con altri maestri giudaici erano a capo della comunità antiochena». Il Gaechter pensa che Pietro, dopo il concilio in Gerusalemme, abbia lasciato passare ancora «circa 2 me­ si» prima di recarsi ad Antiochia (Petrus und seine Zeit 222). Secondo il Gaechter, nella comunità di Gerusalemme, dopo il concilio, Pietro non si trovò più a suo agio : le contese continuavano e Pietro si rese conto della propria «inettitudine a discutere ... proprio sui dissidi e raggiri direttamente connessi col concilio>> (ibid. 226 s.) e cosl decise di lasciare Gerusalemme e di recarsi ad Antiochia. Ma perché proprio ad Antiochia? Perché Pietro aveva già in mente di andare a Roma, e in quella direzione «Antiochia era la prima stazione principale»; di Il >, so­ stenuta da molti esegeti, naturalmente si fonda in particolare sull'a1tò 'Iaxw�ou ; se essa è nel vero, allora i fautori di Gia­ como vennero effettivamente ad Antiochia per compiere una «ispezione» dei giudeocristiani, sui quali, dunque, Giacomo, fratello del Signore, pretendeva di esercitare una giurisdizio­ ne.2' Certo che, cosl, desta meraviglia il termine neutrale EÀ­ ite�v, che non implica una tale funzione; eppure la menzione esplicita del fratello del Signore non può essere accidentale: essa deve avere un significato particolare. Perciò sembra sia veramente il caso di vedere nella gente di Giacomo degli in­ viati ufficiali del fratello del Signore, perché altrimenti sareb­ be difficile spiegare come mai la loro comparsa incutesse tan­ to timore a Pietro (cfr. cpo�OUIJ.E'Vo� 'tOÙ� E.x 7tEPL'tOIJ.i}�) .26 For­ se sul modo di vivere nella comunità cristiana antiochena era­ no giunte a Gerusalemme voci che indussero Giacomo a invia­ re ad Antiochia alcuni membri della comunità per controlla­ re la veridicità di tali voci. Questi inviati di Giacomo non i­ spezionano gli etnicocristiani della comunità antiochena, ma i giudeocristiani, ai quali appartengono anche Pietro, Barnaba e lo stesso Paolo. Senonché, mentre Pietro e Barnaba si ritira­ no dalla comunione di mensa con gli etnicocristiani e «simula­ no», Paolo non si lascia impressionare dai «giacobiti»/7 anzi 24. In Mc. ;,3; gli &.1tò "t'OV &.pXLO"v'Va.y6yov non sono grinviati del capo della si­ nagoga, ma persone che appartengono alla sua casa. 2;. L'intestazione della lettera di Giacomo fa supporre da parte del fratello del Si­ gnore una tale pretesa di giurisdizione al di là dei confini della Palestina (vedi an­ che Mussner, Der ]akobusbrief 6 1 s.). Lagrange : «Ma, oltre il fatto che la giurisdi­ zione allora non era cosl strettamente delimitata, a Giacomo, anche senza un atto giurisdizionale, premeva senza dubbio d'informarsi di ciò che avveniva laggiù, se non presso i pagani convertiti, almeno presso i cristiani di origine giudaica ». 26. Diverso è il punto di vista da me sostenuto nel mio commentario a Iac. (cfr. ivi p. 10, n. 2 = ediz. it. p. 25, n. ;). 27. In base al testo non si può decidere se abbia ragione o torto il Gerhardsson ...

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non si mette neppure a discutere con loro, bensl co n Pietro, perché costui per Paolo non è uno qualunque, ma l'uomo al quale spettano le ultime decisioni. Forse fa molto piacere a Paolo il fatto di potere contemporaneamente e ripetutamente nominare anche Giacomo, fratello del Signore, per richiama­ re così l'attenzione dei Galati su questo punto : lui, Paolo, né da una persona autorevole come Pietro né da una influente co­ me Giacomo si è lasciato distogliere dall'opporsi apertamen­ te, quando era in gioco la verità dell'evangelo («quali che fos­ sero, a me non interessa>> ! ) . Pietro si comportò diversamente. Quando arrivarono ad Antiochia i confidenti di Giacomo/8 «egli si ritraeva» (s'inten­ de: dalla comunione di mensa con gli etnicocristiani) «e si te­ neva in disparte», come si addiceva a un giudeo per bene. I due imperfetti \ntÉO"�EÀ.À.E'V e acpwpt.�E'V ( Éa.\J"tO'V) vogliono espri­ mere la progressività e la titubanza nella condotta di Pietro: è un cambiamento che non accadde dall'oggi al domani.29 Per il giudeo i cibi dei pagani sono impuri (cfr. Ez. 4,1 3 ; Os. 9 ,3 s.) perché o erano stati usati come sacrificio agli idoli (dr. Ex. 34, 1 5 ; I Cor. r o,2 8 s.) o provenivano da animali impuri (cfr. Lev. r 1 ,1-30; Deut. 14,3-2 I ) o erano preparati in modo proi­ bito dalla legge (cfr., ad es., Ex. 2 3 ,1 9) . Perciò il giudeo cre­ dente evita di sedere a mensa coi pagani e «si separa» ; dr. 3 Mach. 3 ,4 : «Poiché essi (i pii giudei egiziani) temevano Dio e osservavano la sua legge, si tenevano separati per ciò che riquando osserva: «In nessun modo Paolo insinua che questa ispezione fosse legit­ tima» (Memory and Manuscript 279 s.). Paolo non dice nulla al riguardo; in ogni caso, per lui è «illegittimo» il comportamento di Pietro, e questa è la questione . 28. Invece di f]litov (cosl la maggioranza dei testimoni) leggono il singolare Tilitev Jl46 vld S B D* G 33 330 4.5 1 2992, mss dell'Itala, Ireneo, Origene, Pelagio. Dunque questi testimoni pensano a un solo inviato di Giacomo (in precedenza alcuni di questi testimoni hanno, corrispondentemente, 't'Wa.), al quale poi naturalmente compete un'autorità ben maggiore. 29. Burton, ad 1. : «L'imperfetto è molto espressivo; esso sta a indicare che Pietro non fece questo passo immediatamente, subito dopo l'arrivo degli uomini di Gia­ como, ma gradualmente». Perciò è completamente errata l'osservazione di Zahn, ad l. : «Pietro si trasfonna improvvisamente in un fariseo» (con riferimento al termine acpopl�Ew, che qui però con tutta sicurezza non può essere messo in rela· zione col concetto di «fariseo» = «separato»).

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Gal. 2,I�

guardava i cibi» ; Iub. 22,1 6 : «Sepàrati dai popoli e non man­ giare con loro» ; Ios. et As. 7 , I : si prepara per Giuseppe «una tavola a parte, perché Giuseppe non mangiava assieme agli e­ giziani; ciò infatti era per lui un orrore» ; Act. I O , I 4 : «No, no, Signore, finora io non ho mai mangiato nulla di profano o d'impuro! » .30 I giudeocristiani provenienti da Gerusal�mme hanno una rigorosa mentalità legalistica e non possono conce­ pire che si vada a tavola coi pagani, anche se questi - come es­ si stessi - sono diventati cristiani. Per loro un circoncisio ri­ mane un circonciso per sempre e quindi è anche obbligato ad osservare tutta la legge (cfr. Gal. 5 ,3 ) ; «un giudeo a termine non è affatto un giudeo» (Haenchen) .31 Perciò si scandalizza­ no di una tale comunione di mensa in Antiochia; a quanto pa­ re, in ciò rivolgono rimproveri particolarmente aspri a Pie­ tro ... e questi perde coraggio e si tira indietro, q>o�OUI-lEVO� 'tOÙ� Èx 7tEPL'tOI-lii�. «Quelli dalla circoncisione» sono i giu­ deocristiani ora arrivati da Gerusalemme.32 Il Cullmann ve30. Cfr. Billerbeck 111, 127 s.; 421 s.; IV, 374-378 ; Bousset-Gressmann, Religion des ]udentums 93; Hauck-Meyer, in ThWb III, 419-424 ; W. Paschen, Rein u. Unrein. Untersuchung zur biblischen Wortgeschichte (Miinchen 1970) passim ; W. Bunte, Mischnatraktat > . «Vivere in modo pagano» è l'op­ posto del modo giudaico di foggiare la vita religiosa; dunque la condotta di vita touoa�Et.'V . Nel caso degli etnicocristia­ ni antiocheni, nello touoatt;ET.V non è inclusa la ci rconcisione , ma la pratica delle norme al i men tari giudaiche.

Excursus .3

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proposito sono state in gran parte esposte da F. Overbeck,1 quelle di M. Lutero da K. Holl/ I. LOnning3 e H. Feld;4 il Lon­ ning inoltre passa in rassegna r esegesi fino ai tempi più recen­ ti.' In questo excursus, per quel che concerne la storia dell'e­ segesi di Gal. 2 , 1 1-1 4, verranno presentati soltanto i com­ menti particolarmente significativi dell'età patristica; inoltre , si esporrà brevemente la presa di posizione di Tommaso d A­ quino e di M. Lutero e si considereranno le opinioni di quegli esegeti recenti e recentissimi che sono stati tenuti in partico­ lare considerazione in questo commentario. I . LA CHIE S A ANTICA

Qui si deve anzitutto menzionare la disputa fittizia, che se­ condo i KT)puy�a.'ta ITÉ'tpou - conservati nelle Omelie pseu­ doclementine - ebbe luogo fra Pietro e «Simone» (pseudoni­ mo di Paolo) .6 Secondo Paolo, Pietro sostenne «di aver impa­ rato esattamente» la dottrina del Maestro, «perché tu l'hai a1. Vber die Auffassung des Streits des Paulus mit Petrus in Antiochien (Gal. 2,II IJ) bei den Kirchenvatern (Basel 1877 ; ristampa Darmstadt 1968). Vedi anche la breve rassegna in Lightfoot, Gal. 128-132. Inoltre G. Haendler, Cyprians Ausle­ gung zu Gal 2,II ff: ThLZ 97 ( 1972) 561-568. 2. Der Streit zwischen Petrus und Paulus zu Antiochien in seiner Bedeutung fiir Luthers innere Entwicklung : ZKG 38 ( 1920) 23-40 Ges. Aufsatze III (Tiibin­ gen 1928) 134-146. Importante anche H. Gerdes, Luther und Augustin iiber den Streit zwischen Petrus und Paulus zu Antiochien (Galater �,II fJ) : Luther-Jahr­ buch XXIX ( 1962 ) 9-24. 3· Paulus und Petrus. Gal. 2,II ff als kontrovet·stheologisches Fundamentalpro­ blem : StTh 24 ( 1970) 1-69. 4· Lutherus Apostolus. Kirchliches Amt und apostolische Verantwortung in der Galaterbrief-Auslegung Martin Luthers, in H. Feld - ]. Nolte (Hrsg.), Wort Gottes in der Zeit (Festschr. f. KR. Schelkle) (Diisseldorf 1973) 288-304; il Feld riporta brevemente anche le opinioni di alcuni contemporanei di Lutero sulla controversia antiochena: Faber Stapulensis, Erasmo e Wendelin Steinbach (ibid. 2.94-296). ,. Op. cit. 29-48 . 6. Die Pseudoklementinen I : Homilien, hrsg. von B. Rehm (GCS 42) (Berlin 1953) ; precisamente hom. 17,13-19. Sul problema dei K'r}PUYIJ.CX:ta. IIÉ-tpou cfr. G. Strek­ ker in E. Hennecke, Ntl. Apokryphen in deutscher Obersetzung, 3., vollig neubear­ beitete Auflage herausgegeben von W. Schneemelcher, II (Tiibingen 1964) 63-80 (seguiamo questa traduzione 77 s.); sulle Pseudoclementine cfr. ]. Irmscher, ibid. =

373-37'·

Gal. 21II-I4 nella storia dell'esegesi

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scoltato e veduto direttamente e in persona, mentre a un altro non sarebbe possibile fare la stessa esperienza per mezzo di un sogno o di una visione». Con ciò Pietro si appella ai suoi contatti personali con Gesù e contesta che l'evento di Dama­ sco ( = «visione») sia stato per Paolo un «fare la stessa espe­ rienza» . A ciò Paolo rfsponde che ci si deve assicurare di non venire ingannati, «perché chi s'imbatte in lui [cioè in Pietro nel rapporto personale con Gesù] è soltanto un uomo. La vi­ sione invece, assieme ali' apparizione, produce la certezza che si vede qualcosa di divino» ; Paolo prende quindi le difese del­ l'avvenimento di Damasco, capace di comunicare certezza. Al che Pietro obietta : «Chi ha una visione dovrebbe riconoscere che questa è l'opera di un demone cattivo» ; «il vero>> non si si rivela «in un sogno», ma «con la conoscenza» e appunto «in tal modo» a lui (presso Cesarea di Filippo) è stato «rivelato dal Padre il Figlio» (dr. Mt. I 6 ,I6 ss.). «Ma è possibile che uno diventi idoneo all'insegnamento sulla base di una visio­ ne? E se tu pensi [così ribatte Pietro a Paolo ] : 'Ciò è possibi­ le', per quale ragione allora il Maestro [ Gesù ] ha trascorso fra noi. . . un anno intero? >> . Dunque ancora una volta i rap­ porti col Gesù storico sono contrapposti all'esperienza dama­ scena di Paolo. «Come puoi tu ora trovare credibilità presso di noi, quand'anche egli ti sia apparso; e come può egli esserti apparso, se tu vuoi il contrario di ciò che hai imparato? » . È chiaro che qui «l'evangelo di Paolo» viene additato come fal­ sificazione consapevole della vera dottrina, che sarebbe poi l'insegnamento dei protoapostoli. «Ma se tu sei stato da lui [ Cristo ] per un'ora visitato, istruito e così reso apostolo, an­ nuncia allora le sue parole, esponi ciò che egli ha insegnato [ allusione evidente alla tradizione evangelica su Gesù, che Paolo non «espone» ] , sii amico dei suoi apostoli e non com­ battere contro di me, che sono il suo confidente; perché a me, che sono una roccia stabile, pietra fondamentale della chiesa [ cfr. Mt. I 6, I 8 ] , tu ti sei opposto ostilmente [ chiara allusio­ ne a Gal. 2, 1 1 ] . Se tu non fossi un nemico, non mi avresti dif­ famato e non avresti denigrato la mia predicazione affinché io, nell'annunciare ciò che ho udito personalmente dal Signore,

Excursus J

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non sia creduto, come se io fossi indubbiamente condannato [ dr. Gal. 2 ,I I : xcx:tEj''VWCTIJ.É'Vo� ] , tu invece approvato. E se mi chiami 'condannato', tu accusi Dio, che mi rivelò il Cri­ sto, e disprezzi colui che a motivo della rivelazione mi procla­ mò beato. Che se tu volessi veramente collaborare con la veri­ tà, dovresti anzitutto imparare da noi ciò che noi abbiamo ap­ preso da lui . . >> : un iterato invito a Paolo a lasciarsi istruire in materia di evangelo dai testimoni oculari e auricolari della vi­ ta e dell'insegnamento di Gesù . Qui viene in un certo modo ricuperato ciò che in Gal. non si trova; cioè si risponde alla domanda: «Come ha reagito Pie­ tro all'attacco di Paolo in Antiochia? » . Su ciò in Gal. non si riesce a sapere nulla. Nei KT)puy(.Lcx:t·a. IIÉ�pou si trova la ri­ sposta, sia pure del tutto formulata secondo una mentalità ec­ cessivamente giudeocristiana, che vedeva in Paolo direttamen­ te un «nemico», l'a:vop.o� ed Èx»pò� a'Vi}pw'JtO�, mentre Pie­ tro viene elevato a rappresentante del 'VO(.Lt,llO'V x1)puyiJ.a. (Ep. Petr. Cont. I ,2 ) .7 Naturalmente Marcione interpreta l'incidente antiocheno in modo totalmente diverso dal giudeocristianesimo eterodos­ so. Certo i «falsi fratelli» di Gal. 2 ,4 in Marcione «vengono nettamente distinti dai protoapostoli; ma Marcione si è con­ vinto che questi ultimi hanno svolto un ruolo assai misero» (Harnack) .8 Quando Paolo procedette contro i falsi fratelli, i protoapostoli «certamente non fecero causa comune con co­ storo, ma neppure diedero il loro appoggio al testimone della verità, bensì si rivelarono come semi-giudaisti (Petrum cete­ rosque apostolos vultis Iudaismi magis adfines subintelligi, Tert. 4,3), come uomini della legge (Petrus legis homo, Tert. 4,I r ) , come timidi favoreggiatori della missione pseudoapo­ stolica (Tert. 5 ,3), anzi come coloro che - pur ricorrendo a in.

7 · Per l'antipaolinismo dei KT)pvyJ..UX:t a dr. inoltre hom. 2,15-17; 1 1 ,35,3-6; re­ cogn. 4,34,5-35,2. Sulle figure di Pietro e di Paolo nei KT)pvyJJ.a't'a. vedi special­ mente H.J. Schoeps, Theologie und Geschichte des ]udenchristentums (Tiibingen 1 949) x x8-122 ; G. Strecker, Das ]udenchristentum in den Pseudoklementinen (TU 70) (Berlin 1958) 1 87-196; A. Salles, La diatribé antipaulinienne dans le «Ro­ man Ps.-Clémentin» et l'origine des «Kérygmes de Pierre» : RB 64 ( 1957) 517·,57· 8. Marcion 37.

Gal. 2,:r:r-x4 nella storia dell'esegesi

trighi e inganni - difficilmente riescono a stornare da sé il so­ spetto di essere colpevoli della depravazione dell'evangelo (Si apostolos praevaricationis et simulationis suspectos Marcion haberi queritur usque ad evangelii depravationem, Tert. 4 , 3 ) » (ld.) .9 Dalla polemica di Tertulliano con i Marcioniti in praescr. haer. 2 3 risulta che essi, nel rifiutare i protoapostoli e il loro annuncio, si rifacevano a Gal. 2 , 1 1 - 1 4 : «Per poter rinfacciare agli apostoli una certa ignoranza, essi mettono in rilievo il fatto che Pietro e i suoi colleghi sono stati da Paolo biasimati . , ma nel caso che essi credano senza la Sacra Scrit­ tura, per credere in contrasto con la Scrittura, sono tenuti a trarre dal fatto - a cui s'appellano - che Pietro sarebbe stato biasimato da Paolo , la prova che Paolo ha introdotto una nuo.. va forma di evangelo, la quale era diversa da quella che in pre­ cedenza Pietro e gli altri avevano presentato. Ma adesso pro­ prio il persecutore - trasformato in un banditore della fede viene condotto dai fratelli ai fratelli, come uno di loro, e pre­ cisamente da coloro che avevano ricevuto la fede dagli apo­ stoli, proprio ai medesimi. Perciò egli [ Paolo ] , come lui stes .. so racconta, sale a Gerusalemme per fare la conoscenza di Pie­ tro, e a ciò il diritto e il dovere gli vennero ovviamente dal­ l'uguaglianza della fede e della predicazione. Infatti, se la sua predicazione e la sua dottrina fossero state divergenti, quelli non avrebbero avuto motivo di meravigliarsi che egli da per­ secutore fosse diventato un annunciatore della fede, e non a­ vrebbero nemmeno potuto glorificare il Signore per il fatto che Paolo, un avversario, si fosse riunito a loro. Ecco perché gli diedero anche la destra come segno di unione e di accordo e concordarono fra loro una ripartizione del lavoro, non una separazione dell'evangelo; cosicché non avvenisse che uno predicasse in un modo e l'altro in un altro, ma l'uno a questi, l'altro a quelli, Pietro alla circoncisione, Paolo ai pagani. In conclusione, se Pietro fu rimproverato perché, sebbene pri­ ma avesse fatto vita comune coi pagani, successivamente si ri­ tirò per riguardi umani dalla comunione con loro, questo fu Io

. .

9 · Ibid. 38. to. Traduzione secondo BKV 24,329 s. Cfr. CSEL 70 (Wien·Leipzig 1942) 29.

Excursus J

comunque soltanto un errore nel comportamento, non nella dottrina>> . u Così si può ritenere già considerata anche l'opinione di Ter­ tulliano ( I 60-220) sul caso antiocheno. Ma egli va ancora più in là nel discolpare Pietro: non fu Pietro a fare in Antiochia un passo falso, ma Paolo, che era privo di esperienza cristiana, ipersensibile (a causa degli attacchi alla sua dignità apostoli­ ca) e - da neoconvertito - eccessivamente zelante;12 in segui­ to rinunciò egli stesso (stando a I C or. 9 ,20 s.) alle sue inizia­ li concezioni zelotiche (I Cor. 9,20 : 'tO�c; \ntò 'VO(.lO'V wc; \ntò 'VOIJ.O'V ! ) ; un argomento che i Padri della chiesa riprendono spesso.13 Secondo Clemente d}Alessandria14 (t prima del 2 1 .5) , il Ce­ fa di Gal. 2 , 1 I non è l'apostolo Pietro, ma un omonimo, fa­ cente parte della schiera dei 70 discepoli di Gesù: 1' una tesi che fu ripresa anche in seguito.16 Secondo Origene17 ( I B)-2 5 3 1 54) Pietro, quando in Antio­ chia si ritrasse dalla comunione di mensa con gli etnicocristia­ ni, non fece che trarre le conseguenze di ciò che sta scritto in 1 1 . Altro materiale sull'importanza che Gal. 2,1 1-14 ebbe per i Marcioniti si tro­ va in Harnack, Marcion 257 s*. Anche a nemici dei cristiani come Porfirio e Giulia­ no il conflitto antiocheno fornl motivo d'attacchi (dr. A. v. Hamack, Petrus im Urteil der Kirchenfeinde des Altertums [Festg. K. Miiller] [ Tiibingen 1922] 1-6). 12. Paulus adbuc in gratia rudis - ferventer, ut neophytus, adversus iudaismum ali­ quid in conversatione reprehendendum existimavit (Mare. 1,20) . L'Overbeck (op. cit. 1 3 , n. 20) trova interessante notare che Tertulliano , giudicando Paolo un

«neofita» - benché l'Apostolo al tempo dell'incidente antiocheno fosse già cristia­ no da clrca 14 anni , fa capire «che allora l'Apostolo con le sue lettere era ancora piuttosto un novizio nel canone». 1 3 . Cfr. Overbeck, passim. 14. Cfr. Overbeck 13-16. I,. Cfr. Eus., hist. eccl. 1 ,12,2 (ed. E. Schwartz, Kleine Ausgabe JI): T) o'l.Ci"t'OPLtX -

?:tXptk KÀ.TJIJ.EV"t't. XtX"t'tX > . Ma si pone la questione : perché Paolo si rivolge direttamente a Pietro e non a tutti i giudeocristiani e in particolare a quelli che erano venuti da Gerusalemme? Cosl Paolo non vede proprio in Pie­ tro il «capo» della chiesa? Però il Bonnard potrebbe aver ra­ gione quando dice che a quel tempo in Antiochia, generalmen­ te parlando (e a prescindere da Paolo) , non si avevano ancora idee chiare sulla «libertà cristiana» e specialmente sulle conse­ guenze pratiche e teologiche di questo tema . Il Lietzmann giunge a un risultato completamente diverso . Nei «Sitzungsberichte der Berliner Akademie der Wissen­ schaften» del I 9 30 egli pubblicò «Zwei Notizen zu Paulus» .7C Nella seconda di esse il Lietzmann si chiede perché Paolo nel­ la sua lettera ai Romani tratti con tanto impegno il tema teo­ logico di Gal. («legge ed evangelo»), e ritiene che anche nella comunità romana ci si occupasse molto del problema del > del giudeo, perché cosl è molto facile far torto al giudaismo. .

Gal.

2,x5.x6a

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sona e con l'opera redentrice di Gesù Cristo; essa perciò non è una fede qualsiasi, ma, detto in forma pregnante, «fede in Cristo Gesù» , come l'Apostolo s'affretta a precisare (iU.tEt:> ) .46 Da chi «saremmo stati trovati» ? Paolo non lo elice. Poiché per lui - in coerenza con tutta la sua teologia della giustificazione - è impossibile ammettere che i giudeocristiani siano risultati ve· ramente peccatori quando praticavano la comunione di mensa con gli etnicocristiani, come forse sostenevano i giudaisti, può trattarsi o soltanto d'un giudizio della coscienza personale (cfr. nel v. 1 8 : «lo stesso mi dimostro trasgressore» , s'inten· de : davanti alla mia coscienza) o del giudizio di Dio (Dio ci «trovò» peccatori, quando e perché noi abbiamo praticato una comunione di mensa coi pagani) . Ma per Paolo un giudi­ zio come questo è veramente irreale : né Dio né la propria co· scienza pronuncia una tale sentenza .

I 8. Il versetto spiega perché (dr. ycip) chi tornasse a condur­ re una vita secondo la legge, per ciò stesso si qualificherebbe da sé come un «trasgressore» della torà e quindi come un à.­ IJ.rtp"t'wÀ6� . L'Apostolo formula questa motivazione ricorren­ do alla I8 persona singolare ; stupisce quindi che passi dal «noi» - usato finora - all'«io» . Perché questo cambiamento? Di chi si vuoi parlare con l'«io» ? Si potrebbe pensare ai giu­ deocristiani, come Pietro e Barnaba, diventati insicuri, e quinquelli in Antiochia) : se i vostri rimproveri, attacchi e accuse fossero veramente legittimi, voi allora dovreste onestamente porvi questa domanda e per coerenza dovreste anche rispondervi affermativamente! Ma siccome per sé è escluso che Cristo sia un complice del peccato, da ciò voi potete riconoscere l'insensatezza di tutto il vostro procedere. Anche i giudaisti stessi alla domanda dell'Apostolo non possono rispondere in modo diverso dal suo: J.til yÉvot.-to. Se rifiutassero questa risposta, per ciò stesso dimostrerebbero da sé che la loro dedizione personale a1 cristianesimo non è che una farsa. 46. Cosl pure Crisostomo , Lutero, Lietzmann, Bultmann (dr. anche Gal. 3,21 : e:t -yàp Èo6th] v6(J.oç = «se fosse stata data una legge»). Diversamente Sieffert, Zahn, Duncan , Oepke, Schlier, che intendono Evpiih}(J.EV in senso reale ( «se noi fum­ mo trovati»); questa interpretazione appare poi più accettabile se qui si considera il punto di vista degli avversari: per loro Paolo, avendo abbandonato le leggi dei padri, è diventato di fatto un peccatore. Ma a giudizio dell'Apostolo questa opi­ nione è un'assurdità ed è quindi irreale proprio perché egli da lungo tempo è morto alla legge e quindi essa non ha più potere su di lui (come spiegherà nel v. 19 ). Se non si considerano le riflessioni dell'Apostolo immediatamente successi­ ve (vv. 18-21), non si può interpretare bene il v. 17.

Gal. 2,I8

di intendere l' «io» come un artificio letterario.47 Paolo in tal caso si metterebbe, per cosl dire, nella loro stessa situazione : essi ritornano (dr. 1tciÀl.'V) a vivere in conformità della legge e cosi - volenti o nolenti - ammettono che prima hanno tra­ sgredito la legge. Quindi «io stesso mi dimostro48 trasgresso­ re» . In contrasto con tale opinione il Klein osserva: 49 «Con­ tro un riferimento a Pietro si noti che l'uso della x • pers . sing. va oltre il v. 1 8 ; contro un riferimento a Paolo sta il fatto che il cambiamento di persona avviene già prima dei vv . I 9 ss. Ma il tentativo di scorgere, l'uno accanto all'altro, nel v. 1 8 l'io di Pietro e nei vv. I9 ss. l'io di Paolo fallisce, se si con­ sidera che un tal cambiamento di soggetto non trapela affatto di sotto la forma grammaticale, che rimane invariata. Non re­ sta che la possibilità di spiegare il passaggio all"io' con moti­ vi di contenuto teologico» . Questa sembra l'interpretazione più plausibile. E ovviamente ha ragione il Klein anche quan­ do osserva che l'io che parla dal v. 1 8 in poi non si può «defi­ nire individualmente», pur non essendo un io anonimo. Lo stesso Klein ammette «che Paolo all'inizio di questa nuova sottopericope associa ancora una volta il voltafaccia antioche­ no di Pietro»,'0 appunto nel v. I 8 . Del resto, qui non c'è sol­ tanto uno scambio del «noh> coll' «io» , ma il passo col «noi» è incorniciato da un passo col .'7 Se le cose stanno realmente cosl - e per l'Apostolo non vi sono dubbi in proposito -, è addirittura as­ surdo «ricostruire» successivamente la legge, come effettiva­ mente fa Pietro col suo comportamento in Antiochia e come ora vogliono fare anche i Galati . Dunque col v. 1 9 viene moti­ vata l'insensatezza di un 1tciÀ.t.V otxoooiJ,Et:v, in pratica : di un ristabilimento della legge. Se uno per la legge è morto, anche la legge è morta per lui ! Se questa interpretazione è giusta, tan­ to più pressante si fa la domanda : chi si deve propriamente intendere con l'Èyw che sta all'inizio del versetto ? Non si può dire che con esso si alluda al solo Paolo, sia pure come tipo di tutti coloro che hanno il coraggio di trarre le conseguenze dal fatto che essi - in quanto cristiani - per la legge sono morti.'8 57· v6� è datit'us incommodi; dr. anche Rom. 6,2.10 ('t'ii à.J.ta.p··d� à.1t�&a.vev) . , s . Qu ind i l'aoristo à.1t�ita.vov indica il medesimo evento «che è già definito nel v. x6 con È1tt.O'"tEuO"aiJ.E'V, ma ora è formulato in modo che la rottura con la legge si ch iarisce come ultima conseguenza inevitabile» ( St:tuffer, in ThWb II, 3'5 ).

Gal. 2,I9

290

Infatti nell'Èyw si devono far rientrare anche Pietro e gli altri giudeocristiani (e ovviamente pure i Galati) ,'9 con la sola dif­ ferenza che tutti costoro corrono il rischio di dimenticare che sono veramente morti una volta per sempre alla legge . Paolo si sente in dovere di richiamarli al loro vero status confessio­ nis. Perciò qui «non può affatto dire 'noi'; qui deve dire 'io', perché qui egli vede più chiaro e agisce più coerentemente di Pietro» (Stauffer) .6o Ma come può l'Apostolo dire in senso assoluto che io «me­ diante la legge» sono morto alla legge? Il pensiero si potreb­ be molto più facilmente completare, se dicesse «Mediante la fede e il battesimo sono morto alla legge» ; ma questo comple­ mento non c'è. Il commento teologico alla formulazione ca­ ratteristica di Gal. 2 , r 9 si trova in Rom. 7 , r 6 , specialmente nel v. 6. La legge, benché fosse per natura sua una forza vitale (Gal. 3 , r 2 ) e «santa» (Rom. 7 , r 2 ) , di fatto - per la debolez­ za della carne e la malignità della hamartia (cfr. Rom. 7 ,r r­ I 4) - è diventata un a potenza di morte (Rom. 7 , r o : EÙpÉ1l'1} llOL 1) Èv'toÀi) 1) Et� �wi)v, au't'I} Et� i}civa'tov) . Alla legge è stata congiunta da Dio la promessa della vita, ma ciò vale solo per colui che l'adempie (Gal. 3 ,r 2 ) . Chi non l'adempie è vo­ tato alla sua maledizione apportatrice di morte. E, in realtà, secondo Paolo nessuno è in grado di adempiere le rigide esi­ genze della legge . Perciò tutti > è ancora un'esistenza «nella carne» - la particella oÉ do­ po o7' è nuovamente un OÉ correttivo , rettificante -, per cui con -

71 . :t;: poco probabile che qui con tyw sia indicato il «vecchio Adamo» ( cosl Lietz. mann). Paolo piuttosto si preoccupa solo di esprimere più chiaramente il mistero dell'esistenza cristiana. 72. Cfr. A. Wikenhauser, Die Christusmystik des Apostels Paulus 24 s.; 49; 95· 73· «Cristo è l'altro eone» (Oepke, ad l. ). 74· Cfr. al riguardo il grafico in Kuss, Romerbrief 290. 75· Per la formulazione linguistica 8 ÒÈ ... t;w dr. Plut., mor. rooF: xttl ycìp 8 xtt&Evòou> (Hengel: NTSt 18, 1971 /72, 21, n. 24).

302

Excursus 4

sostiene espressamente questa tesi .1 Egli si chiede : des Paulus nach iudischer Sicht: Judaica I' ( 1959) I43-I6I. 2 . Op. cit. 224. 3 · Ibid. 225 . 4· Ibid. 226 s.

Paolo ha «frainteso» la legge?

30 3

leanza non si può intendere altro che la torà» ,' col che la Me­ kiltà si richiama espressamente a Deut. 2 8 ,69 . Proprio la tra­ duzione dell'ebraico brjt nel greco dei LXX con OLa.i)1pt1) a­ vrebbe comportato uno spostamento di significato. «Dal vo­ lontario trattato di reciprocità si passa ad un ordinamento giu­ ridico unilaterale e autoritario nel senso di una disposizione testamentaria del diritto privato ellenistico, dal quale deriva anche l 'uso profano del termine>> .6 Ciò varrebbe anche per Paolo. «Poiché per Paolo non esisteva più l'idea del carattere della berith ebraica come di un contratto di reciprocità, egli non poteva più capire nemmeno il senso intimo della legge giu­ daica, cioè che il patto si realizza nella sua osservanza. Perciò la teologia paolina della legge e della giustificazione ha inizio col fatale malinteso per il quale egli rescinde l'unione di al­ leanza e legge e in vece di quest'ultima fa subentrare Cristo come fine della legge» .7 II. CIÒ CHE RISULTA DALLA LETTERA AI GALATI I.

Paolo ha «decurtato» la legge?

Ovviamente Paolo nelle sue lettere, che egli scrisse in lin­ gua greca a comunità di lingua greca, ha reso il termine ebrai­ co twrh con vo(loc;, come già aveva fatto prima di lui il giu­ daismo ellenistico. Tuttavia nessuno mette in dubbio che Pao­ lo, essendo un discepolo di scuola rabbinica, conoscesse anche l'ebraico e quindi sapesse pure che la parola greca VOIJ.oc; corri­ sponde all'ebraico twrh; egli conosce sicuramente anche il te­ sto ebraico di quei passi dell'A.T. che cita secondo i LXX.8 ,. Winter-Wiinsche, Af.echiltha ( Leipzig 1909) 1.5. 6. Ibid. 228. 7· lbid. 2JO. 8. Nei LXX il concetto di v6(J.o� ricorre assai spesso e nella maggior parte dei casi gli corrisponde il termine ebraico twrh (cfr. Hatch-Redpath, s.v. ). Per il proble­ ma dei rapporti tra i concetti torà-v61,1o� dr. anche W. Gutbrod, in ThWb IV, 1037·1040 ( ro39 : «Si è avuto uno spostamento interno in quanto il v6(J.o� dei LXX rende la twrh dello stadio seriore dell'evoluzione e impone questo significa­ to di età posteriore anche in altri casi... Anche altrove nei LXX si ottiene una mag­ giore uniformità, per il fatto che vengono trascurati i significati più antichi di twrh. Ciò risulta soprattutto nei casi in cui l'antico plurale di twrh viene reso col

3 04

Excursus 4

Che cosa risulta precisamente da Gal. circa l'idea che l'Apo­ stolo aveva del v6p,o�? Nella lettera egli usa il termine 32 vol­ te. Da 2 , 1 6-2r, mettendo a confronto il v. 2 1 col testo pre· cedente, si deduce che l'Apostolo non fa una netta distinzio­ ne o separazione fra «le opere della legge» e la «legge» stessa: dire «giustizia mediante la legge» ed «essere giustificati da o­ pere della legge» è la stessa cosa. Da 2 , 1 4 risulta inoltre che l'esistenza religiosa conforme alla legge si concretizza nello 'Iov5a.i:xw� �i)v, cioè nel modo giudaico di plasmare la vita religiosa, che viene contrapposto all'Èit'Vt.xw� �iiv ; quindi l'A­ postolo non isola la legge dall'esistenza giudaica.9 In 5,3 ac­ cenna al fatto che ogni circonciso è tenuto «ad osservare tutta la legge» , e questa è anche la convinzione del giudaismo reli­ gioso fino ad oggi.10 Importante è anche 3 , 1 0- 1 2 : i yEypctp,­ lJ,É'Vct E'V 't� �r,�Àt� 'tOU 'VOlJ.OU, a cui bisogna attenersi- qui Paolo cita Deut. 2 7,26 LXX-, non sono altro che le prescri­ zioni della legge. Secondo 4,2 I s . , «la legge» è il luogo di ciò che «sta scritto» ; qui l'Apostolo, dicendo «legge», pensa al rotolo della legge. Quindi in Gal. non si può constatare che Paolo abbia «decurtato» la legge.

singolare (cfr. ad es. Ex. 16,28; 18,r6.2o; Is. 24,5)»); G. Eichholz, Die Theologie des Paulus im Umriss 241-243; Sch. Ben-Chorin, Paulus 6o-65, il quale constata «che nell'uso linguistico di Paolo la parola nomos = legge può avere significati molto vari. Essa può significare torà in senso p iù lato e più stretto, può stare per halacha, il sistema farisaico d'interpretazione della legge, e può anche designare le mizwot ma'assiot, la legge rituale» (6.5); R. Gyllenberg, Recbtfertigung und Altes Testament bei Paulus 20; Berger, Die Gesetzesauslegung ]esu 1, 32-55. 9· In Gal. r,13 s. Paolo di se stesso dice che nella sua gioventù faceva continua­

mente progressi nel giud aismo, «superando molti co etanei nel mio popolo, essen­ do in special modo ardente di zelo per le mie tradizioni, ereditate d ai padri», e in Phil. 3,5 che egli era xa:tà. v61J.O'V Cl»a.pt.O'a.�o�. È mai possibile che Paolo no n sa­ pesse qual era il pensiero del giudaismo sulla legge e sul suo significato? «Per quanto riguarda la gius tizia che proviene dalla torà: su di me non c'era nulla da ridire» (Phil. 3 ,6! ). 10. «Paolo prendeva sul serio il giudeo, quando questi si appellava alla torà. No n o ccorre che noi ripetiamo rargomentazione di Paolo. Se il giud eo s'intestardisce nel proseguir e per la sua strada, Paolo lo richiama alla coerenza: la torà vuo i es ­ sere osservata in ogni suo punto e non tollera un'obbedienza dimezzata>> (Eichholz, Die Theologie des Paulus im Umriss 246 s.).

Paolo ha «frainteso» la legge? 2.

3 0.5

Paolo ha visto ancora la connessione fra legge e alleanza?

Il termine Ot,etilipc'l), col quale i LXX hanno tradotto l'ebrai.. co brit, ricorre in Gal. solo tre volte (in Rom. solo due volte ! ) , e precisamente in accenni alla storia di Abramo (cfr. 3 , 1 5- 1 7) e solo in 4,24 con riferimento alla diatheke del Sinai nell'e.. spressione eccezionalmente dura IJ.LtX �È'V ci1tò 8pou� l:w,'Vti, EL� oouÀELtX'V yEvvwaet, con la quale non si vuole indicare altro che la legislazione del Sinai.11 In nessuno dei tre passi ow,ai)i) X'l) significa «alleanza» , bensl «testamento», «regolamen.. to» ; 12 in 4,24 l'Apostolo effettivamente svaluta con la massi­ ma fermezza la diatheke del Sinai, il che non dipende da una noncuranza della teologia dell'alleanza, ma dal giudizio che egli s'è fatto della legge, il quale non gli consente più d'inten­ dere la legislazione del Sinai e il patto di Dio con Israele al Sinai cosi come fa già da lungo tempo il giudaismo credente.13 Noi dobbiamo perciò chiederci : a che cosa è dovuto il «fatale malinteso» (Schoeps) , che ha indotto l'Apostolo a rescindere l'unità di alleanza e legge? La risposta è da ricercare nella teo.. logia paolina della legge, più precisamente nell'insufficienza della legge (III), che per Paolo è manifesta. Rimangono al ri.. guardo aporie non risolte? (IV). ..

1 1 . Cfr. il commentario ad l. 12. Cfr. anche il commentario, p. 49 r, n. 26. Nemmeno nei LXX Sr.ttM}x'r) ha il significato di «patto/alleanza»; cfr. E. Kutsch, Verheissung und Gesetz. Unter­ sucbungen zum sogenannten 4);

Excursus 4

daica, non si deve trascurare che Dio mandò il Figlio suo in Cristo anche a questo scopo, «affinché la giusta esigenza della legge fosse soddisfatta tra noi (in noi)» (Rom. 8 ,4) . Paolo quindi conosce e riconosce completamente «la giusta esigen­ za della legge» per l'uomo, ma sa per fede che questa esigenza fu soddisfatta in e da Cristo, quand'egli «per noi» morì sulla croce e cosi «diventò per noi maledizione» (Gal. 3 , 1 3 ) . L'A­ postolo sa anche che il cristiano è un E'V'VOIJ,oc; XptO""tOU (I Cor. 9,2 I ) e che quindi Cristo in persona è (E. Schlink). 41

IV. APORIE RESIDUE

Anche dopo le considerazioni del punto III, qualcuno po­ trebbe forse continuar a dire che Paolo ha frainteso la legge, e precisamente per due motivi: I. se avesse inteso giustamente la legge, avrebbe dovuto svolgere i suoi concetti di critica alla torà nel contesto di una teologia dell'alleanza, perché alleanza e legge e quindi anche torà e grazia sembrano intimamente connesse.42 Perché non s'è ricollegato a Ier. 3 I ,31-34, dove l'idea di una «nuova al­ leanza» fa tutt'uno con l'idea d'una legge dello spirito e del cuore e Dio afferma esplicitamente : «dei loro peccati io non mi ricorderò più» ?43 Eppure l'Apostolo conosce il concetto di 40· In un colloquio mi fu chiesto se Paolo avrebbe co mposto le sue frasi di cr iti­ alla torà già ancor prima della Pasqua, se fosse stato fra gli accompagnatori di

ca

Gesù. A questa domanda si può rispondere solo negativamente; l'Apos tolo giun· ge a formu lar e i suoi concetti sulla legge solo nella riflessione teologica s ulla era. ce e risurrezione d i Gesù. Soltanto qui la sua teologia della legge ha il suo luogo d'origine. Può dars i che Pao lo, per esprimere la su a abrogazione della legge come una via di salvezza, abbia ricevuto sollecitazioni dagli «ellenisti» della cerchia di Stefano (su ciò dr. in questo commentario p. 158, n. 42 ).

41. Gesetz und Paraklese , in Antwort. K. Bartb zum 70. Geburtstag (Zolli.ko n­ Ziirich 1956) 323-335 ( 333 ).

42 . Su questa conness ione cfr., ad es., E. Wiirthwein, Der Sinn des Gesetzes im A.T.: ZThK 55 (1958) 255-270; ]. Scharbert, Gesetz, in LThK 2IV, 81 7 ; W. Zim· merli, Das Gesetz und die Propheten (GOttinge n 1963) 55-68; D. McCar thy, Der Cottesbund im A.T. (SBS 13) (Stuttgart 1 967 ) ; J. L'Hour, Die Ethik der Bun· destraditio11 im A.T. (SBS 14) (Stuttgar t 1967); G. Siegwalt, La Loi, Chemin du Salut. Étude sur la signification de la Loi dans l'Ancien Testament (Neuchatei

1972). Oggi però fra gli .studios i dell'A.T. si levano vo ci che indicano «il centro dell'A.T.>> non più nell'alleanza, ma nello jahvismo - dr., ad es., R. Smend, Die Miuc des Alte11 Testaments ( = Theol. Stud. 101) (Ziirich 1970)- e contes tano e· nergicamente un'originaria connessione fra alleanza e legge (per altre indicazioni ved i sotto).

43·

«Davvero, verranno giorni - oracolo di Jah vé - nei quali io concluderò con

Excursus 4

una «nuova alleanza» , stipulata nei sacrificio cruento di Cri­ sto (dr. I Cor. II ,2j). Perché non mette questa «nuova al­ leanza» in connessione con la «legge di Cristo» (Gal. 6 ,2 ) ? 2. Perché Paolo non riuscì a congiungere la legge con l'idea dell'ordine della creazione, come ha fatto costantemente il pri­ mo giudaismo?44 «Creazione e Israele erano ormai concepiti come soggetti all'unica volontà di Dio, ragion per cui la conse­ gna della legge ormai non poteva più sembrar altro che la ri­ velazione dell'ordinamento divino, che abbraccia e dispone il tutto» Ecco perché non è mai possibile essere dispensati dal­ la legge. In seguito cercheremo di dire qualcosa su questi argomen­ ti, ma rimaniamo ben consapevoli che, ciononostante, non tut­ te le aporie della teologia paolina sulla legge sono risolte. Qua­ si 2000 anni di storia della teologia e della chiesa stanno a di­ mostrare che non si riuscl mai a la legge?

32 1

2.

Secondo Rom. 2,1.5 i pagani dimostrano «di avere scrit­ ta nei loro cuori l'opera della legge» , e ciò - visto insieme con Rom. 1 ,19 s. (« . quello che di Dio si può conoscere è noto agli uomini, perché a loro Dio stesso l'ha reso manifesto. In­ fatti i suoi attributi invisibili fin dalla creazione del mondo si possono riconoscere dalle cose create con [gli occhi ] della mente, [ ossia] l'eterna sua potenza e divinità, cosicché essi sono inescusahili») - avrebbe potuto fornire all'Apostolo la possibilità di mettere la legge e l'ordine della creazione in una connessione analoga a quella in cui le aveva poste il pri­ mo giudaismo. Paolo non lo fa, e secondo lui il motivo va ri­ cercato nella potenza del peccato, la quale è talmente grande, . .

19; 24,Ia.9-1 1 ; 24,4a�.5.6) non hanno notizia di un'«alleanza del Sinai», ma solo di una «teofania del Sinai». Soltanto l'epoca deuteronomica e deuteronomisti­ ca apporta la nuova interpretazione della pericope sinaitica nel senso della teolo­ gia dell'alleanza, quando incominciano a porsi due questioni : «Qual è la volontà di Dio, che si manifestò? E: che significa il suo apparire lontano dal luogo e dal­ l'ora della prima apparizione? Alla prima domanda Israele risponde sussumendo tutte le leggi e gli ordinamenti, quelli «profani» e quelli «sacri>>, nel racconto del­ la teofania del Sinai; alla seconda risponde con la teologia dell'alleanza» (23.5). Anche E. Zenger (Die Sinaitheophanie. Untersuchungen zum iahwistischen und elohistischen Geschichtswerk [Forschung zur Bibel 3] [Wiirzburg I97I ] ), giun­ ge a questo risultato: «Anzitutto non si sono potuti riscontrare neppure i minimi indizi di un influsso del cosiddetto formulario delralleanza sulla pericope jahvisti­ ca del Sinai» (2.68, n. 131 ). E. Kutsch nel suo libro Verheissung und Gesetz. Untersuchungen zum sogenannten «Bund>> im Alten Testament (BZAW 1 3 1 ) (Ber­ lin 1973) contesta con la massima decisione che l'antico Israele abbia inteso il suo rapporto con Jahvé come un' «alleanza»; al Sinai Jahvé non ha stipulato una «al­ leanza» con Israele, ma gli ha imposto un «obbligo» ( = brjt), appunto la legge. Il Kutsch dimostra che nella «pericope del Sinai» (Ex. 19-34) brit «in nessun passo... indica una relazione, che quindi sarebbe stata instaurata al Sinai fra Jahvé e 'Israele'» (88); anche per ler. 31 ,31-34, dove si parla di una b•rit antica e di una «b•r2t nuova», si riscontra che la «nuova b•rit» significa «l'obbligo degl'I· sraeliti», non «alleanza/patto» ( 145 s.). L'A.T. non conosce una b•rit «come im­ pegno reciproco» ( 1 52). «Nell'ambito teologico la parola b•rJt non significa mai «alleanza» (fra Jahvé e Israele); e ciò corrisponde al dato di fatto che l'Antico Te­ stamento non ha inteso il rapporto Dio/uomo come 'alleanza'» (ibid. ). Se questi risultati dovessero essere confermati dalla ricerca ulteriore - W. Zimmerli ha già annunciato considerazioni critiche; dr. la nostra nota 26 a p. 491 -, allora l'in­ terpretazione che lo Schoeps dà di b•rit come «trattato spontaneo di reciprocità» sarebbe priva di una base veterotestamentaria, e avrebbe invece visto bene le cose Paolo nel tener distinta l'alleanza dalla legge. Un a cosa è comunque certa: Paolo non ha inteso la legge come statuto d'alleanza, ma come manifestazione «unilate­ rale» della volontà di Dio; a lui importa assolutamente il carattere obbligatorio della legge. Effettivamente nel suo pensiero alleanza e legge sono distinte.

Excursus 4

3 22

che nessuna legge e nessun ordine del creato possono domi­ narla. Nonostante la coscienza e la legge, l'ordine naturale della creazione viene pervertito dal peccato (dr. Rom. 1 ,243 2 ) . Nemmeno il circonciso osserva la legge (Rom. 2 , 1 7-29) , nonostante «la lettera e la circoncisione» ( 2 ,27) .'3 «Il mondo intero» è diventato colpevole davanti a Dio (3 , 1 9 ) ; «infatti tutti hanno peccato e sono esclusi dalla gloria di Dio» ( 3 ,23). Perciò l'Apostolo non riesce ad armonizzare ordine della crea­ zione e legge. 3 · Sintetizzando la sua ricerca il Limbeck osserva: '4 «Poi­ ché ai giudei devoti importava di realizzare la comunione con Dio, ma d'altronde essi erano convinti che Dio in definitiva non poteva trattar bene il peccatore che aveva infranto l'ordi­ ne, anche per loro non poteva esserci comunione alcuna col peccatore non convertito, che si trovava sulla falsa strada, che disdegnava di lasciarsi guidare dalla parola di Dio e di lasciar­ si riprendere dallo spirito (dagli spiriti) di Dio, quasi che l'uo­ mo a modo suo e senza riprensione potesse arrivare fino a Dio e rimanese accanto a Dio. Poiché la misericordia di Dio verso il peccatore non con­ vertito, l'accondiscendenza eterodosso-irregolare di Dio nei confronti del peccatore non era più una possibilità per questo modo di pensare, esso non. poteva nemmeno più giustificare i rapporti personali con i peccatori. Se uno non s'inseriva in quest'ordinamento pur caratterizzato dalla misericordia di Dio, la sua vita pareva in definitiva dover cadere nel nulla». Proprio questa accondiscendenza «eterodosso-irregolare» di Dio verso i peccatori è ciò che «adesso», ossia nell'even­ to di Cristo, si è manifestato: «Ora però, senza il concorso della legge," si è manifestata la giustizia di Dio, attestata dalla legge e dai profeti, ma è una giustizia di Dio che me­ diante la fede in Gesù Cristo si applica a tutti coloro che cre,3 - Cfr. anche Rom. 9,3 1 ; Gal. 6,13. 54· Die Ordnung des Heils 194. 55· L'espressione xwpLc; v6(.lOU «si spiega, a mio avviso, senza tensione con 3,2 1b [ «testimoniata dalla legge e dai profeti»] ... solo se Paolo pensava alla via della legge, entro la quale il pio giudeo s'attendeva l'intervento di Dio punitivo e giu­ stificante . » (M. Limbeck, Von der Ohnmacht des Rechts. Zur Gesetzeskritik des N.T. [Diisseldorf 1972] 88, n. 12). . .

Paolo ha «frainteso» la legge?

323

dono. Infatti non c'è differenza: tutti invero hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, (ora però vengono tutti) giu­ stificati gratuitamente dalla sua grazia in virtù della redenzio­ ne, la quale si attua in Gesù Cristo, che Dio ha stabilito come espiazione mediante la fede (otà 1ttC"'tEW�)'6 nel suo sangue . . . » (Rom. 3 ,2 r-25 ). Proprio all'àaE�i)� «la sua fede viene compu­ tata a giustizia» (4,5 ) : un principio che per le piae aures giu­ daiche è necessariamente increscioso, ma non per il giudeo Paolo, dopo che egli ha riconosciuto nel Cristo crocifisso e ri­ sorto il salvatore unico e definitivo per tutto il mondo, sia per i giudei sia per i gentili. A questo riguardo Paolo avrebbe po­ tuto appellarsi anche al comportamento del Gesù prepasqua­ le nei confronti dei «pubblicani e peccatori». Perché Dio adesso giustifichi l'«empio» «senza la legge» , senza seguire la via della legge, ma soltanto in base alla fede, né Paolo né nessun altro possono spiegarlo razionalmente. Questa decisione divina di salvezza è «stata rivelata adesso» : una à1toxci.Àu�t� inaspettata della grazia di Dio, che «gratui­ tamente» si china verso il peccatore, perché uno per tutti è di­ ventato maledizione (Gal. 3 , 1 3 ) . «Poiché uno è morto, di con­ seguenza tutti sono morti» (2 Cor. 5 ,1 4)'7 e vengono salvati, se credono in questo uno come loro salvatore. Perché proprio mediante quest'uno, che si chiama Gesù? A questa domanda probabilmente l'Apostolo risponderebbe così: perché quest'u­ no è il Figlio di Dio, che Dio ha mandato nel mondo per la no­ stra salvezza (cfr. Gal. 4 ,4) . Ciò significa che le domande e le risposte sfociano in definitiva nel mistero divino, accessibile all'uomo solo nella fede. Chi ne vorrà questionare?'8 56. A. Pluta sostiene che la traduzione di S�oà. 1tLCT'tEW� in Rom. 3,25a dovrebbe essere la «fedeltà» di Dio «al patto» (Gottes Bundestreue. Ein Schlusselbegriff in Rom 3,25a [SBS 34] [ Stuttgart 1969 ] ); quindi qui si troverebbe un duplice accenno di Paolo al concetto di patto nel quadro della sua dottrina della giustifi­ cazione. Ora il problema è se i destinatari della lettera, che in base al contesto po­ tevano prendere il concetto 1tLCT'tl.> 61 Lo Schoeps osserva inoltre : «Proprio in quanto di­ rettiva, la legge non è un'entità soltanto statica, ma anche e­ scatologica, perché essa rimanda al di là di sé: al compimento dell'alleanza nel tempo in cui Dio farà venire il suo Messia».62 Questi potrebbero essere spunti importanti, che si dovrebbe­ ro approfondire ancora ulteriormente nel dialogo giudaico­ cristiano, anche se essi non indurranno mai un ebreo a pensa­ re della torà ciò che pensa l'apostolo Paolo. Con ciò è connes­ so quanto segue. 5 . Se l'Apostolo in Gal. 6,2 parla di una «legge di Cristo» , potrebbero esservi dei punti di contatto con essa nella conce­ zione di quei rabbini, anche se pochi, che parlavano di una nuova torà nel tempo messianico.63 Paolo appartiene - così si patto nuovo può eliminare l'antico e nessuna nuova rivelazione di fede può su­ bentrare al posto della rivelazione sinaitica della legge»? ,9. Cfr. Schoeps, Paulus 85-1 10. «Per mezzo della teologia degli eoni egli [Paolo ] continua a restare, anche senza legge, nel giudaismo» (Ben-Chorin, Pa ulus 74). 6o. Cfr. maggiori precisazioni in questo commentario a pp. 552 s. 6r. Paulus 299. 62 . Ibid. 301 . 63 . Cfr. W.D. Davies, Torah in the Messianic Age a�td/or the Age to come (Phi­ ladelphia 1952) e specialm. J. Jervell, Die geoffenbarte und die verborgene Tora. Zur Vorstellung uber die neue Tora im Rabbinismus : StTh 25 ( I 97I) 90-108. Ma

Gal. J,I-6,IO

325

può dire - a questo gruppo, però con la differenza decisiva che, a suo avviso, in Cristo il tempo messianico è già sorto, e questo ha portato seco anche una nuova torà, la legge pneuma.. tica di Cristo, che insieme «completa» la legge antica e stimo.. la il singolo individuo ad adempierla nell'amore verso il pro­ prio simile. Perciò un cristiano potrebbe sostenere la tesi audace, in ve.. rità per un ebreo difficilmente ammissibile, che l'apostolo Pao.. lo portò teologicamente il giudaismo al suo compimento.64 II L'EVANGELO PAOLINO NON xa:tà. avDpW1tO'V, MA xa:tà 1:-i)v ypa.cp1rv

(3 ,I-6 , 1 0)

Nella grande sezione I , 1 3 .. 2 ,2 I l'Apostolo ha potuto forni­ re la prova che egli non ha ricevuto il suo evangelo 1tapà. civ­ Dpw1tou. Ma ora sembra che un altro grave rimprovero dei suoi avversari sia consistito in questo: il suo evangelo è xa1:à. &vDpw1to'V, «secondo il gusto degli uomini» ; evidentemente una vita libera dalla legge non potrebbe essere che estrema­ mente gradita agli uomini! Di rimando l'Apostolo mostra che il suo evangelo, e quindi la via di salvezza della fede «senza le opere della legge» , è xa."tà 1:1)v ypaq>1]v . Se cosl è, allora un opporsi all'evangelo libero dalla legge, o un sospettare di es­ so, è disobbedieD:Za contro la volontà salvifica di Dio, già da lungo tempo rivelata nella Scrittura. La prova della conformi­ tà del suo evangelo alle Scritture egli la fornisce, dopo un ap.. pelio all'esperienza cristiana dei Galati ( 3 , I - 5), in due bloc­ chi (3 ,6-1 8 ; 4,2 1 -3 1 ) . Poiché - secondo la Scrittura stessa ­ la vera e propria via di salvezza è quella della fede e non quel.. al riguardo vedi anche le nostre osservazioni nell'excursus «Legge ed evangelo se­ condo la lettera ai Galati» (sotto 111,3). 64. Un'altra aporia, che mediante Paolo s'è introdotta nella teologia, sta in quel particolare dualismo che con la sua dottrina sulla legge si è creato fra «Scrittura>> e «torà» (come legge). In Paolo ypacp1) e torà stanno fra loro in un rapporto sin­ golarmente dialettico-critico. Ma noi non intendiamo addentrarci in tale questione.

3 26

Gal. J�:r-6�:ro,· J�:C-5

la delle opere della legge, Paolo deve esporre la vera funzio­ ne salvifica della legge in un brano intermedio ( 3 , 1 9-4,7), dal quale, con un insistente appello alla comprensione dei Gala­ ti (4,8-20), passa alla seconda prova scritturistica. Ma se Cri­ sto, come la Scrittura già predisse, ha portato la libertà dalla legge, non ci può essere nessun compromesso ammissibile fra la libertà cristiana e la religione legalistica giudaica ( 5 , 1- 1 2) ; però la libertà cristiana deve dimostrare di essere una vita condotta nell'amore ( 5 , 1 3-26) . Con le esortazioni allo spirito comunitario cristiano da ciò risultanti (6,I-Io) si conclude la seconda grande sezione della lettera. I.

UN APPELLO ALL 'ESPERIENZA CRISTIANA DEI GALATI

( 3 , 1-j) 3 I "'n a.voT)'tOL ra.Àa'ta.t, -t!t; VIJ,éic; taa.a-xa.VE'V, olc; xa.-t'òcpDa.À.llOÙt;

' IT) 0"00t; Xpr.a--tòc; 1tpoEypciq>'l'} Èa--taupwiJ.Évoc;; 2 'tOU'tO IJ.6vov DÉ)..w llrL­ De�v &.cp'ùJl(:lv, t; Epywv 'VOlJ.OU 'tÒ 1tVEUIJ..tl. eÀ.ci�E'tE il Èç àxoi]c; 'Jt'.z. t: , , ' .z. 3 " , 6 , , O"'tEWt;; OU'tW> (Untersuchungen zum eschatologischen Verzogerungsproblem [Leiden 1961 ] 191). 7 7 · Cfr. Bauer, Wb. , s.v. 8ii)..ov. 78. Èv v6� si deve intendere in senso strumentale ( = «mediante la legge»), si col­ lega a Sl.xaou"ta.l. e sta in antitesi a Èx '7t!CT"tEW�. Cfr. anche E.v a.v"t'o� nel v. 12 ( = «per mezzo di essi»); Ps. Sal. 14,2 s. Il Bisping intende: «Ad Èv v6J,t� accen­ tuatamente anteposto corrisponde Xpl.CT"t'6� (v. 13) ... : ciò che non avviene me­ diante la legge, l'ha operato Cristo». 79· Lo Schoeps (Paulus 185 s.) ritiene che qui Paolo impieghi la tredicesima mid­ da di R. Jishmael: «Ini ktwbim hmkl?iSin, se due versetti si contraddicono, se ne cerchi un terzo, per togliere la contraddizione . Si contraddicono Abacuc 2,4: 'co­ lui che per la sua fede è giusto, vivrà' e Lev. 18,5 : 'chi fa ciò, ne vivrà'. Dun­ que la questione è se siano le opere o la fede a dischiudere la via alla vita. Si con-

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Il primo O't(, nel v. I I è dichiarativo (dipendente da o'ijÀov) ' il secondo o't t. è causale : So «poiché» Abac. 2 ,4 vale per prin­ cipio e per sempre ed esclude tutte le altre vie di salvezza, è «evidente che nessuno in forza della legge viene giustificato presso Dio» .81 Qui Paolo usa ouoEtc; in senso altrettanto uni­ versale quanto a:vDpw1toc; e 1tdaa. acip; in 2 'I 6 . Dunque egli pensa non semplicemente ai giudei, ma all'umanità intera. Con ciò risulta ora chiaro che già anche 1tdt; nel v. I o, benché sia una citazione dal Deuteronomio, ha un senso universale. Ma da ciò si può anche dedurre che qui il concetto di «legge» vie­ ne ampliato : la torà diventa in certo modo la «legge univer­ sale» ,82 da cui nessuno ottiene la giustificazione, e ciò vale per trastano un passo della torà e un passo dei profeti. La soluzione viene da un altro passo della torà , che è stato citato prima come base dell'intera discussione e che ormai viene ricapitolato nel v. 14 . . . nella parola EÙÀ.oyla.: 'Abramo credette, e ciò gli fu computato a giustizia' (Gen. 15,6 )». Ma poiché in realtà il terzo passo scritturistico qui non viene citato, sembra che non entri in questione la tredicesi­ ma midda di R. Jishmael. Per la critica all'opinione dello Schoeps cfr. anche N .A. Dahl, Widerspruche in der Bibel, ein altes hermeneutisches Problem : StTh 25 ( 1971 ) 1·19 (3 s.). Lo stesso Dahl presenta le cose precisamente cosl: «Tutto il ragionamento in Gal. 3 , 1 - 12 si fonda sulla premessa che le due frasi scritturisti­ che di Abac. 2,4 e Lev. 18,5 si contraddicano a vicenda, e che i corrispondenti principi «dalla fede» e «dalla legge» si escludano l'un l'altro come presupposto del­ la giustificazione e della vita» ( 1 2). Certo, un pio giudeo, come Dahl dice poi, non scorgerebbe alcuna contraddizione nei due enunciati scritturistici. Ma me­ diante la fede nel Gesù crocifisso, il «maledetto», «la contraddizione diventa e­ sclusiva» (ibid. ); essa si risolve solo col decidersi per la fede cristiana, come ha fatto Paolo. So . Cfr. anche H. Hanse, .dHAON (zu Gal. J,II): ZNW 34 ( 1935) 299-303 (con abbondante materiale documentativo Hanse dimostra, contro Zahn, «che la lingua greca conosce assai bene un 8TjÀ.ov, che precede o-tr.» : 300) . 8 1 . 1ta.ptk -t{il !E(il non va collegato al seguente 8TjÀ.ov, ma al precedente où8EI.� Sr.xar.o\:ha.t.; qui corrisponde all'ivW1tt.6v crov di Ps. 143,2b (où St.xa.t.wìH}crE-tttt. ivw1tr.6v CTov 1t� �wv). 8 2 . Perciò Paolo più avanti (cfr. 4,8 ss.) può anche sussumere il culto degli cr-tor.­ XEia. sotto il culto della legge. Cfr. anche Luz, Geschichtsverstiindnis 153, secondo il quale si constaterebbe «in Paolo una straordinaria oscillazione del concetto di legge)) : «Il nomos è al tempo stesso potenza storico.individuale e storico-mondia­ le, dato storico e principio salvifìco che esclude la giustificazione per fede». Ma già nel primo giudaismo compare la tendenza a una comprensione «cosmica» della legge, forse mediante il trasferimento alla legge degli attributi veterotestamentari della sapienza. Inoltre nel primo giudaismo la legge fu spesso intesa come ordine della creazione (v. al riguardo Limbeck, Die Ordnung des Heils. Untersuchungen zum Gesetzesverstiindnis des Friihju.ientums, Diisseldorf 1 971), il che per ciò stes-

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ogni tempo (presente ot-xa.t-ou'"taL) e non solo per il tempo a­ vanti Cristo. La giustificazione invece si ottiene, come la Scrit­ tura stessa insegna, soltanto in virtù della fede ! Il principio della fede però non ha nulla a vedere col principio della legge, come spiega il seguente v. 1 2 . 1 2 . Infatti la legge si basa sul principio del «fare», dell'adem­ pimento. La Scrittura stessa in Lev. 1 8 ,5 dice : «Colui che li (le mie leggi e i miei comandi) esegue, ha per essi la vita» .8 3 Ciò rimase convinzione ovvia di tutto il giudaismo; cfr., ad es., Ez. 20,1 I («le mie disposizioni ... , osservando le quali l'uomo vive») ; 20,I 3 . I ,5 .2 1 ; Ecclus 1 7 ,I I («Dio mise innan­ zi a loro la scienza e diede loro in possesso duraturo la legge, che produce vita [v6�ov �w1)ç ] ») ; Bar. 4,1 («Essa [ la sa­ pienza] è il libro dei precetti di Dio, la legge che rimane in e­ terno; tutti quelli che si attengono ad essa, pervengono alla vita; quelli che l'abbandonano, sonÒ votati alla morte») ; Ps. l ( Cl Y l ' ' - [ ' l EV 'VO�� Cfr. Sal . 14,3 OCTLOL XV pLOU ._,T) CTOV"ttlL EV au-t� ' es­ 1 4,2 ] etc; "tÒ'V a.twva) ; Ab. 6,7 («Grande è la torà; infatti sa concede, a coloro che la osservano , la vita in questo mondo e nel mondo futuro») ; S. Deut. § 48 (84b) («La torà è un al­ bero di vita per coloro che la colgono») .84 E, secondo l'A.T., ovviamente Dio s'aspetta che i suoi precetti e regolamenti sia­ no osservati da Israele, dalla cui obbedienza dipende la sta­ bilità dell'alleanza.8' I comandi e le prescrizioni di Dio erano ritenuti eseguibili, anzi facilmente eseguibili.86 Nell'epoca più =

so implicava una concezione universale, «cosmica», della legge . Le categorie «stori­ co-individuale» e «storico-mondiale» non sembrano adatte alla caratterizzazione di questi dati di fatto. 83. Cfr. anche Rom. 10,5 .

84 . Altro materiale in Billerbeck 111, 129-1 3 1 ; 278. Cfr. ancora von Rad, Tbeol. des A.T. I, 207 . 85. Cfr. anche Zimmerli, Das Gesetz und die Propheten 55-68 (la legge è «sempre collegata... all'alleanza» : 68). Recenti indagini mostrano quanto spesso proprio nel primo giudaismo alleanza e legge siano state pensate in reciproca connessione; su ciò dr. per es. A. Jaubert, La notion d'alliance dans le ]udaisme aux abords de l'ère chrétienne (Paris 1963) ; Limbeck, Die Ordnung des Heils.

86. Cfr. von Rad, ibid. I, 209 ; 390 ; II, 142 s.; 419. In certi casi si giunse persino a di adempimento (cfr. ibid. I, 364, n. 14). Cfr. Ecclus 15,15-I9 (cSe soltanto lo vuoi, tu puoi osservare i comandamenti, ed è fedeltà compiere il un certo ottimismo

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antica d'Israele non si giunse affatto a considerare se i precet­ ti di Dio fossero o non fossero eseguibili. Anche nel primo giu­ daismo si era convinti che i comandi di Dio si possono ese� guire e si soleva raccontare di giusti dell'Antico Testamento che avevano osservato la torà dall'A alla Z, come Elia, Eze­ chia, Mosè e Aronne.87 Ma i profeti dicono anche: spesso I­ sraele non ha voluto comprendere la volontà salvifica di Dio ! Ha più volte opposto un rifiuto a Jahvé!88 Speciahnente Eze� chiele denuncia che Israele non ha adempiuto le prescrizioni della legge; cfr. , ad es., 2 o, 1 3 («Ma la casa d 'Israele nel de� serto fu ribelle contro di me. Essi non procedettero secondo le mie prescrizioni, ma rifiutarono le mie leggi, osservando le quali l'uomo vive; anche i miei sabati essi li profanarono as· sai» ; 20 , 1 6 .2 1 . 2 7 ) .89 La critica profetica, almeno nell'epoca post-esilica, può aver portato i suoi frutti per il fatto che in Israele si cominciò ad agire per la salvezza con un migliore a­ dempimento dei precetti. Tuttavia non si farà mai abbastan­ za tesoro della frase di G. von Rad: «La famosa idea - nel primo luteranesimo elevata quasi fino al valore di verità ca90

suo volere. Ti è posto innanzi fuoco ed acqua ; stendi la mano a ciò che preferi­ sci! Davanti all'uomo sta vita e morte, e ciò che vorrà gli sarà dato. Infatti grande è la sapienza di Jahvé, forte egli è in potenza e vede tutto. Gli occhi di Dio guar­ dano alle sue opere, ed egli riconosce ogni opera dell'uomo»). Cfr. anche Schoeps, Paulus 184 s. 87. Cfr. Billerbeck 1, 814-816; 11, 280 s. 88. Il von Rad (Theol. des A.T. 11, 422 s.) rimanda a certe retrospettive storiche nei profeti, dalle quali ciò risulta chiaramente, come Am. 2,9-12 ; 4,6 ss.; Is. 1 ,2 s.; 5,1 ss.; Mich. 6,1 ss. ; Os. 1 1 ,1 ss.; ler. 2,1 ss. Si potrebbe citare anche la pre­ ghiera penitenziale di Esdra, in cui si dice: «Abbiamo trasgredito i tuoi ordini, che tu impartisti per mezzo dei tuoi servi e profeti...» (Esdr. 9,10 s.); cfr. anche Neem. 1 ,7 : «Abbiamo agito perversamente contro di te e non abbiamo osservato gli ordi­ ni, i comandi e le prescrizioni, che tu hai impartito al tuo servo Mosè». 89 . In Ez. 20,25 s. si trova perfino la frase inaudita: «lo diedi loro anche statuti non buoni e ordinamenti nei quali non trovassero vita e li resi impuri mediante le loro offerte, quando facevano passare (attraverso il fuoco) ogni primogenito». Al che Zimmerli osserva: «Si tratta della richiesta divina del primogenito, che si po­ teva già udire nel libro dell'alleanza (Ex. 22,28 . .. ). Ezechiele la intende come una richiesta non buona dell'ira di Dio, che induce il popolo al peccato di bruciare i bambini. Nello stesso precetto divino s'intreccia cosi l'ira di Dio e il suo giudizio . . . g una speciale e parziale anticipazione del riconoscimento, che poi sboccia in modo ineguagliabile come principio radicale in Paolo, secondo cui proprio il pre­ cetto di Dio finisce per diventare condanna per l'uomo» (Das Gesetz und die Pruphetcn 128). 90. Theol. des A.T. n, 432.

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nonica di un Israele che dalla legge di Dio sarebbe stato sospinto a uno zelo sempre più fervido per la legge stessa e che proprio mediante questo culto della legge e mediante l'arden­ te brama da esso suscitata per la vera salvezza sarebbe stato preparato a Cristo, non si può provare in base all 'Antico Te­ stamento» .91 Ad ogni modo, circa la legge data da Dio Paolo pensa come i_profeti.92 Egli conosce il fallimento d'Israele e di tutti gli uo.. mini di fronte alle esigenze del Dio santo. Tuttavia in Gal. 3 , 1 2 non dice che Israele non abbia cercato di «fare» ciò che Dio aveva ordinato. Per principio egli constata «piuttosto» ,93 in base alla Scrittura, che nella legge si tratta di un «fare» , e p erciò secondo lui la legge «non è da fede» : o OÈ v6p,o� oux Éa'tt.'V Èx 'ltLO"'tEW�. Come il collegamento dei vv. I I e 1 2 per mezzo della particella OÉ fa capire, ÉX 'lttO"'tEW� nel V. I 28 dal punto di vista formale - proviene dalla citazione di Aba.. cuc del v. r rh. Senonché là si tratta della vita escatologica (�-ij > è soggiaciuto o soggiace alla maledizione fatale della legge, tanto il giudeo quanto il pagano. Ma da ciò nasce necessariamente il pressante interro­ gativo circa la salvezza: chi può liberare l'uomo da questa ma­ ledizione mortale? Lui stesso con uno sforzo personale o un altro, che subentri al suo posto? A questa domanda l'Aposto­ lo risponde nel versetto seguente. 1 3 . La risposta dell'Apostolo è: «Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della legge». Una tale affermazione è ovvia per chiunque crede nella morte redentrice di Gesù. Tuttavia que­ sto principio di fede cristiana è già preparato nell'A.T., pre­ cisamente dall'idea «di un mediatore umano, che sostitutiva­ mente s'interpone fra Jahvé e il popolo minacciato da Jahvé» (G. v. Rad) .96 Von Rad si richiama a tutto il servizio sacerdo­ tale, destinato ad essere un servizio di mediatori vicari,97 alla 9' ·

Cfr. anche Mayser, Grammatik 11,2, 388. 96. Theol. des A.T. II, 417 s. Cfr. soprattutto anche J. Scharbert, Heilsmittler im Alten Testament und im Alten Orient (Quaest. disp. 23/24) (Freiburg i.Br. 1964) passim (con abbondante materiale) ; R. Mach, Der Zaddik in Talmud und Midrasch ( Leiden I 9'7) I 24- I 3 3 ( «Lo Zaddik come mediatore» ). 97· Cfr. pure Scharbert, op. cit. 268-280.

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funzione intercessoria dei profeti,98 alle due figure «di una to­ tale rappresentatività: Mosè (specialmente secondo il Deute­ ronomio) e il Servo di Dio.99 «In entrambi i casi l'assunzione vicaria della colpa 'dei molti' porta il mediatore a una morte del tutto singolare : Mosè muore fuori della terra promessa, il Servo di Jahvé fa la fine del rigettato e del colpevole». Anche Gal. 3 , 1 3 applica a Cristo quest'idea di rappresen­ tanza vicaria: yE'VOIJ.E'VO� Ù1tÈp i)(.1W'V xa"t'apa, dopo che l'A­ postolo ha già menzionato la morte espiatrice e vicaria di Ge­ sù, seguendo la precedente tradizione della chiesa primitiva. Ma in questo caso egli formula il kerygma della vicarietà ba­ sandosi interamente sulle idee del contesto, soprattutto tenen­ do conto della maledizione mortale della legge, che su tutti in­ combe e tutti minaccia, dalla quale Cristo ci ha liberati. L'A­ postolo usa il termine Eçayopa�EL'V, per la comprensione del quale si rinviò al riscatto sacrale degli schiavi (manumissio)100 in uso nell'antichità (così fece specialmente il Deissmann).101 Tuttavia nei documenti conservati non ricorre mai il termine (E�-)cx.yopa�EL'V .102 Si hanno invece testimonianze in cui Èçcx.­ yopa�EL'V ha il significato di «risarcire / compensare, soddisfa­ re (le pretese di un creditore) » .103 In Gal. 3 , 1 3 (e 4,5) Paolo 98. Cfr. Ez. 4� ss. (il profeta deve «portare la loro colpa») ; vedi anche Scharbert .280-294; H. Graf Revendow, liturgie und prophetisches Ieh bei ]eremia (Giiters­ loh 1963) 140-205 («Il compito d'intercessione del profeta») . 99· ar. anche Scharbert 81-99 (Mosè e Aronne); 178-212 (Servo di Dio). 100. Per la manumissio cfr. RE XIV, 1366 ss .; per l'emancipazione ibid. VII, 9' ss. IOI . Licht vom Osten 271-277 ; cfr. anche Tr. Holtz, Die Christologie der Apo­ kalypse des ]ohannes (Berlin 1962) 6'-68 (Holz pensa all'antica forma giuridica della redemptio ab hostibus). Per la critica a Deissmann cfr. S. Lyonnet, L'emploi paulinien de È�a:yoptit;Ew au sens de «redimere» est-il attesté dans la littérature grecque? : Bibl 42 ( 1961 ) 8'-89 ; E. Pax, Der Loskauf. Zur Geschichte eines ntl. Begriffes: Antonianum 37 ( 1 962) 239-278 ( con abbondante materiale); F. BOmer, Untersuchungen iiber die Religion der Sklaven in .Griechenland und Rom ( = Abhandlungen der Akademie der Wissenschaften und der Literatur in Mainz) I (Mainz-Wiesbaden 1957 ) , 11 (ibid. 1960) I 33 ss. (nei testi di Delfi àyopti�EW non significa «riscattare», ma «comprare al mercato») ; W. Elert, Redemptio ab hosti­ bus : ThLZ 72 (1947) 265-270 (l'Elert insiste nel sostenere contro Deissmann che nel negozio giuridico sacro l'acquisto da parte della divinità è solo finzione); F. Lyall, Roman Law in the Writings o/ Pau! - The Slave and the Freedman : NTSt 17 (1970/71) 73-79. 102. Cfr. Pax, op. cit. 2,2. I03. Herakleides ( III, v), Reisebilder ( 19, 1 ) § .22, p. 82 F. Pfister: 'tÒ'V aSr.xT)Dtv-

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pensa forse a diritti che la legge accampa nei nostri confron· ti? La morte di Cristo era il prezzo che si doveva pagare al carceriere nomos (cfr. 3 ,23), perché questi ci dimettesse dal suo carcere mortale? Il nesso del verbo È;a.yopasEtv con Èx "ti]> ) .107 Con la sua morte espiatrice Cristo, prendendo sostitutivamen· te su di sé la maledizione mortale della legge che gravava su di "ta l�a:yopti�w = estinguere le pretese del leso, soddisfare l'offeso. Cosl anche al medio : �r.& 1-ua.c; wpac; "ti}v atwvr.ov x6À.acrov È�ayopa�6llEvor. = con una sola ora di sofferenza estinguere la pena eterna ( mart. Polyc. 2,3) (da Bauer, Wb. , s.v. ). Probabilmente al termine greco i�ayopti�Er.v corrisponde in ebraico specialrn. il verbo pdh, che significa «riscattare», «liberare», «salvare» (cfr. Gesenius-Buhl, s.v. ; Chr. Barth, Die Errettung vom Tode 133-1 35 ). 104. Cfr. Lyonnet, op. cit. ; Pax 256-259 definisce nettamente le differenze tra gli enunciati greci e quelli paolini (cfr. inoltre il suo riepilogo in 276-278, dove il Pax fa notare quanto intensamente in Paolo «l'elemento religioso» - in base alla sua convinzione di fede cristiana - diventi «il fattore decisivo>>, mediante il quale le concezioni pagane e giudaiche vengono fortemente trasformate proprio nell 'Am­ bito semantico). 105 . Nel sintagma lx ""r1]ç xa."tapa.c; "tou v6llou il genitivo "tOV v6IJ.OV è un gen. auct. : si tratta della maledizione che la legge commina e pronunda (dr. Deut. 27, 26 = Gal. 3,10). 1 06. Cfr. Biichsel, in ThWb I, 450. 107. Il Billerbeck (rn, 260 s.) rimanda anche all'astratto lt:vaDElla. in Rom. 9,3 e alla locuzione protogiudaicu: «io sarò un'espiazione per questo e quest'altro». Cfr. anche 2 Cor. 5 ,2 1 ( \ntÈp 'i}(.I.Wv rtll> . Questa con­ statazione viene fatta nel v. 1 6 , e l'Apostolo la vede in quelle promesse che Dio una volta fece ad Abramo e alla sua discen­ denza. 131 A questo proposito viene in aiuto ali'Apostolo la ter­ minologia del relativo testo della Genesi. Soprattutto entra in questione Gen. 1 7 ,I-Io, dove i LXX per cinque volte usano il termine Ota.i}i}xT) e similmente cinque volte parlano dello C17tÉp1J.a di Abramo (dr. in particolare il v. 8 : xat �ii) poupoulJ.EDa. cruyYwÀ.Et.6llfVOt. et� 't'Ì]V IJ.ÉÀ­ loucra.v 7tLCT'ttv &:rtoxa.À.ucpilijva.t.. 24 Wo--te ò v6p.o� rca.t.oa.ywyòc; i")p.Wv -yÉyo'VEv El.c; Xpt.cr't6v, tva. Èx 7tLCT"tewc; St.xa.t.wDwiJ.EV" 2' llDouCT1'}c; oÈ 'tijc; 1tLCT'tEW� oùxÉ'tt. v1tò 7ttx.t.Oa.ywy6v ÈcrlJ.EV . 26 llttv'tE� yà.p vl.ot iteou ÈCT't'E Ot.à. "ti)� 1ttO"'tEWc; Év Xpt.CT'tcll 'IT)O"OU " 27 oèrot. yà.p et> si pensa probabilmente a tutte le tradizioni religiose d'Israele, che dovevano trasmettere le prescrizioni del­ la legge. pc6 psr G g d, Irenaeus1•t, Abrosiaster, Victorinus leggono 1tp&.ç,Ew'V, nel qual caso è difficile decidere che cosa debba qui significate 'ltptiç.Et.�, probabilmen­ te «cattive azioni» (cfr. anche Bauer, Wb., s.v. 'ltpéi;� 3b) in opposizione a buone azioni. i"t'Éth} invece di 'ltpOCTE"t'Éih} leggono, oltre D*, anche G, Clemens, Orige­ nes e la maggior parte dei latini (posita est), probabilmente per il fatto che questi testimoni del testo nella dichiarazione del v. 19a vedevano una contraddizione con quella del v. 15 ( specialmente con ouo�tc; ... È1tt.St.tt"t'aCTCTE"t'at.). Dunque Dio con la legge ha proprio «aggiunto» qualcosa alla promessa? «Il 'ltpoo-- del verbo riprende ancora soltanto l'idea di 6 IJ.E"t'à. "t'E't'p. x. 't'p. E"t'T} yEyov� v61lo� del v. 1 7 ed esprime, in collegamento con axpt� ov X"t'À.., un'idea simile a quella di Rom. ,,20: v6f,loc; oÈ "JtapEt.ai]À.�EV. Ben lungi dal contenere una contraddizione col v. 15, il v. 19 serve piuttosto a dimostrare che la legge, data cosl tardi e per un cosl breve tempo, direttamente non ha nulla che fare col testamento eterno, consisten­ te nelle promesse» (Zahn). 6. È1t'i)yyEÀ."t'at. è passivo, non medio; cfr. Bauer, Wb. , s.v. ; 2 Mach. 4,27. Il Dahl richiama l'attenzione sul fatto che per l'espressione «fino a che venisse il seme» si trovano nel giudaismo formulazioni simili «in connessione con prescrizioni e decreti, che per principio erano soltanto provvisori». Essi dovevano valere solo «finché comparisse un sacerdote con gli Urim e Twnim» o finché «apparisse un profeta credibile», oppure «finché vengano il profeta e gli unti di Aronne e d'I­ sraele» (Widerspriiche im der Bibel 14; qui anche la documentazione) . Cfr. Dam. 6,10 s. ( «finché compaia colui che alla fine del tempo insegna la giustizia») ; altri testi in G. Jeremias, Der Lehrer der Gerechtigkeit 284 (raccolta dei passi); 3 12.

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(Ap. 2 ,38); Filone dice: «Mosè è l'unico, le cui leggi furono durature e rimangono immutate e inconcusse . . . ed anche per tutti i tempi futuri esse rimarranno e saranno - per così dire ­ immortali, finché sussisteranno il sole e la luna e tutto il cielo e il cosmo» (vit. Mos. 2 ,3 § I4). apoc. Bar. 77,I 5 : «Benché noi (capi e maestri d'Israele) ce ne andiamo (moriamo), la leg­ ge tuttavia continua a rimanere>> ; apoc. Esdr. 9 , 3 7 : «La legge non viene meno, ma permane nella sua gloria» ? Secondo ass . Mos. I ,I I Dio ha «creato il mondo per amore della sua leg­ ge» 8 e la legge è «la primizia della creazione» ; secondo Ab. 3 , I4 agl'lsraeliti è stata data la legge, «per mezzo della quale è stato creato il mondo» . In Tg. Is. 9 ,5 si dice che il Messia si assume la torà per osservarla.9 Quando verrà il tempo della salvezza, anche i pagani finalmente si assoggetteranno alla leg­ ge.10 Nel primo giudaismo certi testi parlano perfino di una «nuova torà» , che il Messia arrecherà; ma in che senso qui si debba intendere «nuova» , è controverso.n Ad 2. Ota--rayEt� ot'&.yyÉÀW'V . Qui gli angeli sono visti co­ me autori della legge? Il verbo ota.--raCiCiEt'V qui significa «or­ dinare / disporre» e talvolta esso viene usato nel linguaggio burocratico ed anche in disposizioni testamentarie.12 Tuttavia è strano che l'Apostolo non dica: ota.--rayEt� v7t'&.yyÉÀ-wv, ma usi la preposizione otci. Quando si tratta di persone, otci può sl indicare anche l'autore, quindi stare per Ò7t6; tuttavia, quand'è unito a verbi passivi (come nel nostro caso) sembra 7· Ulteriore documentazione in Billerbeck 1, 24.5 s.

8 . Cfr. anche Gen. r. 1 ,6 a I,I : Rabbi Banja disse : «Il mondo e ciò che lo riem­ pie, fu creato a motivo della torà». 9· Cfr. Billerbeck III, .570 (a Gal. 4A); qui altro materiale. 10. t un'idea particolarmente cara al giudaismo ellenistico (dr. Philo, vit. Mos. 2.43 s.; Sib. 3 ,719; 7.57; Volz, Eschatologie der iiidischen Gemeinde 172). I 1 . Cfr. W.D. Davies, Torah in the Messianic Age and/or the age to come (JBL, Monogr. ser. VII [Philadelphia 19.52 ] ), passim (specialm. 84-94) ; Schoeps, Paulus 178 s.; ]. Jervell, Die geolfenbarte und die werborgene Tora. Zur Vorstellung IJber die neue Tortt im Rabbinismus: StTh 25 ( 1971 ) 90-108. 12. Cfr. la documentazione in O. Eger: ZNW 18 ( 1 91 7/ 1 8) 93, n. 2; Moulton-Mil­ ligan e Preisigke, s.v.

Gal. J,I9

«aversi per lo più non un'azione diretta, ma una partecipazio­ ne mediatrice>> .13 Dunque opinione dell'Apostolo è che la leg­ ge a Mosè non fu disposta direttamente da Dio, ma «per me­ diazione di angeli» . 14 Come arriva egli a questa credenza? Es­ sa ricorre similmente anche in Act. 7 ,53 (discorso di Stefano) : «Voi avete ricevuto la legge per disposizione di angeli ( Et� Ot.t1'ta.yt1� a:yyÉÀW'Y) , ma non l'avete osservata . .. » ; dr. anche 7 , 3 8 : « È costui ( = Mosè) , che - quando si ebbe il convegno nel deserto - fu mediatore fra l'angelo, che parlava con lui sul monte Sinai, e i nostri padri» ; Hebr. 2 ,2 : la legge (ò Àoyo�) è stata «comunicata per mezzo di angeli» ; Flav. los., ant. I j , .5 , 3 § r 3 6 : «Il meglio delle nostre dottrine e ciò che vi è di più santo nelle nostre leggi noi lo abbiamo appreso per mezzo di angeli da Dio {ot.'àyyÉÀwv 1ta.pà. 'tOV i)'Eou)» .1' Pare che questa concezione abbia le sue radici in certi testi dell'A.T. ; cfr. Deut. 3 3 ,2 LXX: «Il Signore venne dal Sinai e ci apparve da Seir e si affrettò dalla regione montana di Pharan e da Ka­ des con due miriadi, alla sua destra c'erano angeli con lui» ; dr. anche Ps. 67,r 8 ; inoltre Pes. r. 2 r ( r o3b) : «In una tra­ dizione, che nella loro mano (assieme ai reduci) è salita dall'e­ silio, si trovò scritto : 'Due miriadi delle infinite migliaia fra gli angeli discesero con Dio sul monte Sinai per dare a Israele la torà'» .16 In Gal. 3 , r 9 Paolo si appropria tali concezioni per afferma­ re con sicurezza l'inferiorità della legge nei confronti della pro­ messa.17

Ad 3 · i:v XEt.pt IJ.EC"�'tou. In base al contesto ( «430 anni do13. Mayser, Grammatik 11,2, 422 s. (con molti esempi). 14. Cfr. anche Lietzmann , ad l. («non certo data direttamente da Dio, ma me­ diante gli angeli , di cui poi fu inoltre mediatore Mosè» ). 15. Però il passo potrebbe non riferirsi agli angeli (vedi Conzelmann, Die Apg., a 7,38). 16. Billerbeck III, 556 sotto 6. Cfr. inoltre Iub. 1,29; altro materiale in Schlier, a4 l. 17. Che l'autore vero e proprio della legge è Dio, lo sa anche Paolo in base alla tradizione veterotestamentaria ed egli vi allude nel precedente passivo 'ltpoue-tith} (scil. \ntò 'tOu DEou ); cfr. ugualmente il passivo èS6th} nel v. 21.

Gal. j,I9.20

po» ; dr. Act. 7 ,3 8 ) , con «mediatore» s'intende Mosè,X8 non Cristo (cosl ad es. Crisostomo, Girolamo, Tommaso d'Aqui­ no, Lutero) . 19 Èv XE"P' corrisponde all'ebraico bejad. 20 Perché nell'argomentazione della pericope l'Apostolo si serva del con­ cetto di «mediatore» , è chiarito dal versetto seguente.2 1 20.22 Il versetto presenta particolari difficoltà all'esegesi, co­ me dimostra il gran numero dei vari tentativi di spiegazione; 23 e in effetti costituisce veramente una crux interpretum. 24 L'e­ segesi proposta in questo commentario è anch'essa una pura ipotesi e per di più non nuova. 1 8. Cfr. anche Lev. 26,46 LXX (tv XEt.pl Mwvai)) ; Jeremias, in ThWb IV, 868 s.; Billerbeck III, .5.56; Schlier, ad l. ; Oepke, in ThWb IV, 602-629. Rimandiamo per es. a Ex. r. 3 (69b): «Mosè disse a Dio: 'Ecco, io andrò dai figli d'Israele (Ex. 3, 13). Rabbi Shimeon di Lidda (ca. 320?) in nome di R. Simon (ca. 28o) in nome di Resh Laqish (ca. 2.50) ha detto : 'Mosè disse : Un giorno io sarò fatto mediatore (srswr) fra te i tuoi figli, quando tu darai loro la torà e a loro dirai: Io sono Jahvé tuo Dio (Ex. 20,2 )'». Altro materiale rabbinico in Levy, Wh. III, s.v. sirsor. 19. Per lo Schlier sono certe tre cose: «primo, che con �.LEO','t1')t; è indicato Mosè; secondo, che Paolo lo chiama cosl per caratterizzare con un solo sostantivo quel­ l'attività di Mosè al Sinai, che nei LXX è descritta diversamente ... [ cfr. Ex. 19,7 ; 20,19; 24,3 .12; 3 1 ,18 ; 32, I 6. I 9 .30; 34,1 ss.; Lev. 26,46 ; Deut. 4,14; .5,4] . Terzo, che Paolo segue al riguardo una tradizione nota al giudaismo rabbinico ed elleni­ stico, la quale - proprio come l' A.T. intende Mosè come mediatore fra Dio e Israele e talvolta come interprete della legge ... » ( su ciò lo Schlier adduce anche la documentazione). Per la figura di Mosè come mediatore secondo l'A.T. dr. parti­ colarmente anche J. Scharbert, Heilsmittler im Alten Testament und im alten Orient 82-92; 242-244. 20. Cfr. Bauer, Wh. , s.v. XE,p, 1 ; Oepke, in ThWb IV, 622,37 s. Cfr. ;. Meg. 74d : «(La torà) è data per mano d i u n mediatore». 21. lreneo (haer. 3,7,2) osserva «che Paolo ... per la rapidità dei suoi discorsi e per il suo spirito impetuoso opera spesso degli spostamenti», e menziona come esem­ pio anche Gal. 3,19 : «Cosl nella lettera ai Galati dice : 'A che scopo dunque la legge delle opere? ... Essa è stata data, finché venisse il seme, al quale fu fatta la promessa; essa fu disposta da angeli nella mano del mediatore'. Cioè l'ordine giu­ sto è questo: 'a che scopo dunque la legge delle opere? Essa fu disposta da angeli raella mano del mediatore, ma applicata fino a che venga il seme, al quale fu fatta la promessa', cosicché l'uomo domanda, ma lo Spirito risponde». 22. Cfr. anche M.-F. Lacan, Le Dieu unique et son médiateur. Galates 3,20, in L'homme devant Dieu (Mél. H. de Lubac) (Paris 1964) I, 7.5-8 1; R. Bring, Der Mittler und das Gesetz. Bine Studie zu Gal. 3,2o : KeDog 1 2 ( 1966) 292-309. 23. Cfr. la bibliografia in Oepke, ad l. , che parla pure dei più importanti tentativi di soluzione; cfr. anche il resoconto in Bring, Der Mittler und das Gesetz 295-300. 24 . M. Lu tero al v. 20 annota : Ego mea vela colligo ( · Come part. pass. , sagur significa «chiuso, sigillato» (cosl in Ez. 44,1 s.; 46,1 ; Iob 41,7 ; Gesenius-Buhl, s. o.). Il materiale di Qumran in Michel, op. cit. 745· 40. Traduzione secondo Lietzmann. .

...

Gal. 3,22

393

gue essi ingannarono (Ps . .5 ,ro); c'è veleno di serpenti sotto le loro labbra (Ps. 1 40,4) . La loro bocca è piena di maledizio­ ne e di amarezza (Ps. r o ,7); i loro piedi sono veloci a spargere sangue, sulle loro vie stanno desolazione e rovine ed essi non hanno riconosciuto la via della pace (I s. 5 9 ,7 s.), non c'è timor di Dio dinanzi ai loro occhi (Ps. 36 ,2) '. Ora, sappiamo che gli enunciati della legge si riferiscono al popolo della legge, co­ sicché ormai ogni bocca è messa a tacere e tutto il mondo è col· pevole davanti a Dio»; già precedentemente l'Apostolo ha e­ sposto la colpa dei pagani (cfr. Rom. r ,2 r -32). Quindi «tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio» (Rom. 3 ,2 3 ) . Dunque, poiché trova questi dati di fatto attestati dalla e nella Scrittura, l'Apostolo può dire che la Scrittura «conchiu· se» tutto ( 'tà 7ta'V'ta. = 'tov� 7ta'V"t'a.�)41 sotto il peccato.42 Qui la ypa.cpi} non è intesa come un essere personale; piutto­ sto si pensa alle sue dichiarazioni, ai suoi giudizi. Dal momen­ to che «la Scrittura» giudica che tutti senza eccezione soggiac­ ciono al dominio del peccato,43 essa ha in certo qual modo «conchiuso» tutto sotto il peccato . Il termine CTuyxÀELEL'V è usato metaforicamente; esso esprime un giudizio che la Scrit­ tura emette. Quindi, poiché si tratta di un giudizio della Scrit­ tura, sembra che uuyxÀELEL'V in Gal. 3 ,22 si debba tradurre con «racchiudere insieme» anziché con «chiudere dentro» . Con ciò non si presenta l'immagine di un carcere, ma l'idea che - secondo il giudizio della Scrittura - tutti senza eccezio­ ne sono peccatori, sia i giudei sia i pagani.44 Più preciso è l'e41 . Cfr. Rom. 1 1 ,32. 42 . Anche gli apocalittici giudaici erano di opinione simile a quella dell'Apostolo; cfr. ad esempio apoc. Esdr. 3 ,:.11 s. ( «Infatti a causa del suo cuore cattivo il primo

Adamo cadde nel peccato e nella colpa e cosl pure tutti quelli che da lui sono nati. Cosl la malattia diventò duratura: la legge era sl nel cuore del popolo, ma assieme al germe cattivo [del peccato ] » ); 7,46 .48 ; 8,17 ( «Infatti vedo che noi tutti, che viviamo sulla terra, siamo sprofondati nei peccati») ; 8,35 («Perché in verità non c'è nessuno dei nati di donna, che non abbia peccato; nessuno dei viventi, che non abbia sbagliato»); Volz, Eschatologie der ;udiscben Gemeinde 1 12 . 43 · \nt ò dp.a.p't,ClV. L a prep. \nt 6 esprime qui sottomissione, subordinazione e di­ pendenza dal peccato (cfr. Mayser, Grammatik 11,2 , 5 14,4 ss .), senza però che il peccato sia concepito come essere personale, come mostra la mancanza dell'articolo. 44· Cfr. anche Zahn, ad l. Invece, secondo il Michel (ThWb vn, 746) Paolo in

3 94

Gal. 3,22

nunciato in Rom. I I ,3 2 : CT\J'VÉXÀEt.O'"E'V ycìp ò Deò� �où� 1ta'V­ �cx.� Et� ci1tEtDEt.CX.'V . Ciò che Rom. dice di Dio, secondo Gal. 3 , 2 2 è attestato dalla Scrittura!4' Essa rivela il giudizio di Dio sul mondo.46 In Gal. 3 ,22 Ì') ypcx.cp1) non s'identifica con o 'VOIJ,0�.47 «La Scrittura» è piuttosto il documento che accerta che le sacre e­ sigenze di Dio, come sono codificate nella legge, sono state trasgredite da tutti, e così essa constata che tutti - nessuno ec­ cettuato - è caduto in preda al peccato. Ma questa rovina ge­ nerale, messa in luce dalla Scrittura, è per l'Apostolo la prova che la legge effettivamente non era in grado di arrecare la vita (v. 2 1b) . Così gli enunciati dei vv. 22a e 2 1b sono inscindibil­ mente connessi. Tutto ciò vale anche per i Galati, benché pos­ sa sembrare che l'Apostolo abbia da lungo tempo perso di vi­ sta la loro situazione. In realtà egli parla mirando precisamen­ te alla loro situazione. Anche il loro dedicarsi alle opere della legge non procura ad essi la vita . Tuttavia la constatazione negativa, costernante e totalmen­ te disilludente della Scrittura sulla terribile situazione di rovi­ na dell'umanità nel v. 22a serve in definitiva a uno scopo di salvezza: «affinché ai credenti la promessa fosse data da fede in Gesù Cristo» (v. 22h). Poiché questa frase introdotta da L'VCX. dipende dal v. 22a, il v. 2 2 - nella sua totalità e nel conteGal. 3,22 s. sembra «avere chiaramente davanti a sé l'immagine di una prigionia. Al riguardo si può pensare allo stato di chiusura dei morti nella Sheol. Come. i morti nel carcere degli inferi attendono la risurrezione e il giudizio, Paolo vede gli uomini rinchiusi nel carcere del peccato». 45 · Ciò che in Rom. 1 1 ,32 è detto di Dio, la Scrittura lo ha, «per cosl dire, visto, e ha fissato questo stato di cose in pieno accordo con lui» (Schlier ).

46. Mentre Paolo «altrove introduce gli enunciati della Scrittura per Io più con un presente come MyEt., qui egli scrive avvÉxÀ.Et.O'EV, perché la sua considerazione - come nel v. 21 - si sofferma sul passato precristiano contrapposto al presente cri­ stiano, un contrasto che la frase con i:va fa chiaramente riconoscere . In tutto il tempo precristiano la Scrittura, da quando è esistita, ha fatto ciò che egli afferma di essa» (Zahn). 47. «Per 1} ypa.cp1) Paolo intende, qui come sempre, la sacra Scrittura quale unità compatta, lo stesso A.T., che egli, quando entrano in questione le molte parti, varie per tempo e per genere, chiama anche at ypacpa' (Rom. 15,4 ; r Cor. 15,3 s.) oppure, riferendosi alle sue due parti principali, 'Legge e Profeti' (Rom. 3,21 cfr. Mt. 5,17; 1 1 ,13)» (Zahn, ad l. ).

Gal. 3�22.23-25

39,

sto - vuoi dire al tempo stesso che non c'è mai la legge senza l'evangelo, che la legge non si può affatto vedere e intendere rettamente senza evangelo, anzi va sempre vista assieme all 'e­ vangelo. Legge ed evangelo sono entità relazionali, il che non significa che siano entità complementari.48 A motivo del verbo ooDii , «la promessa» è il concreto dono della promessa, qui - in connessione col v. 2 r - la Ot,Xa,t,oo-u­ 'V'l") , e nel v. 22b l'accento cade sull'Èx 1t'povpovp.Eil"a. non è usato perché Paolo stesso proviene d al giu­ daismo, ma perché egli vede «tutti», anche i destinatari, compresi sotto quella eu· 62. Lev. r. ·I ( 1o6a); Billerbeck 111, 588 . stodia (dr. 't(Ì 1tav'ta. nel v. 22 ). 63 . Per la formulazione Et> della legge in senso positivo, Paolo 69. Epict., fr. 97 : 1tai:oaç IJ.Èv ov't'aç iul4ç ot yovEi:ç 'JtCit.o('Lywyc!l 1tapÉooo-av, t­ 'Jtt�À.É'7tov't't 1tetV't'axoG 1tpòç 't'Ò p.i) �À4'7t'tEO"i}at è1v8p('Lç 8� yEvop.Évovç é DEòç "Jtapa8�8wO"L 't'TI Èvcpu't'� o-vvttoi}trE�o cpvÀ.&.'t'-tET.'\1. Cfr. anche I Cor. 1,15 ( «Anche •

se voi avete mille pedagoghi in Cristo, non avete però molti padri»). 70. Per rimmagine della legge come «pedagogo» cfr. anche Plut., mor. 64;B : il vino toglie agli uomini la maschera dal volto a'7tw"t'&.-tw 't'OU v6p.ov xai}ti.1tEp 'Jtat.­ Saywyou yEyov6"t'wv (Almquist, Plutarch und das N. T. I IO, nr. 230). 71 . Cfr. anche Bonnard, ad l.

Gal. J/23-.2;

40 1

non la conosce.72 L'epoca della legge è per lui il tempo del pec­ cato e della morte, certo non un tempo privo di speranze, per­ ché Dio non ha mai annullato il suo testamento promissorio. L'enunciazione della promessa continuò a valere nonostante la legge. Quest'ultima dovette diventare addirittura 1tCX.tocx.­ ywy6� (nel senso suddetto) fino al tempo di Cristo, «affinché» noi non da legge, ma «da fede fossimo giustificati» (fine v. 24) . La fede però non è frutto della legge, bensì «rivelazione». Es­ sa è determinata dall'operato storico-salvifico di Dio in Cristo, mentre la legge è caratterizzata dagli epya. che essa esige, i qua­ li a giudizio di Paolo non sono in grado di arrecare la vita. Se si volesse definire esattam.ente il rapporto teologico che inter­ corre fra la proposizione principale e la secondaria nel v. 24, si dovrebbe parafrasare così: «La legge è stata soltanto il no­ stro pedagogo fino alla venuta del Messia e nulla più, affinché noi ottenessimo la giustificazione non da opere della legge, ma da fede» . La legge non poteva arrecare salvezza, tuttavia pro­ prio per questo essa rinvia alla salvezza contenuta nell'adem­ pimento della promessa. E in tal senso la legge ha proprio una relazione particolarmente positiva con l'evangelo, la quale pe­ rò, secondo Paolo, cessa con l'arrivo «della fede», il che non significa che l'epoca del compimento sia un tempo di licenza etica (in proposito si daranno maggiori precisazioni più avan­ ti) . Il grafico di pagina seguente può servire ad illustrare que­ sto stato di cose. La «linea della legge» , come il grafico vuoi far rilevare, non coincide con la «linea della promessa>> . Questo è da notare, se si vuoi giustamente comprendere ciò che Paolo pensa della legge. Tutto dipende dalla promessa, più precisamente: dal­ l'impegno assunto (cfr. ÉppÉ�T}o-a.'V in 3 , 1 6) con la promessa. Perciò anche l'uso del termine «linea» (in «linea della leg­ ge», «linea della promessa») può facilmente creare malintesi 72. Secondo l'intendimento veterotestamentario, la funzione «educatrice» della leg­ rientra nel campo di ciò che l'A.T. chiama la «disciplina» (su ciò cfr. le preci­ sazioni di Bertram, in ThWb v, 603-607 ). Solo a partire dal primo giudaismo (Fi­ lone, Giuseppe) la legge è collegata al concetto greco di 1tCX.t.oElC1 (cfr. ibid. 6 I I· 6I,); Eccltls 24, 27 : o ['V6(J.o� ] Èxcpa.!vwv w� q>W� 1tClt.OELC1V, 4 Mach. 5 .34= 1t(11.8tv"tèL 'V61J.E . Queste idee non hanno alcun ruolo nella teologia paolina della lcAge.

ge

Gal. J,2J-25

40 2

promessa

ad Abramo

promulgazione della legge al Sinai ( « 4 30 .anni dopo»)

adempimento o ...., s:: u

in Cristo

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e noi ne siamo ben consapevoli.73 La , della legge mosaica abolita da Cristo. La legge di Cristo è la dina­ mica - che diventa visibile - dell'essere in Cristo, secondo Gal. 5 ,2 2 «il frutto del Pneuma». Perciò anche l'imperativo che la legge di Cristo enuncia è qualificato diversamente dal­ l'imperativo della legge mosaica. Ma come si deve definire più esattamente questo imperativo? Forse così: esso non è un im.. perativo che richiami al dovere, ma un imperativo che richia­ ma da un essere all'altro. Dall'imperativo dell'esortazione a7· Dal punto di vista paolino, a buon diritto; infatti l'Apostolo usa il concetto di «evangelo)> in vari significati; cfr. Mussner, PRAESENTIA SALUTIS I6o-167. 8. Cfr. anche SOhngen in Cath 14 ( 1 960) 95 : «L'evangelo è annuncio di un esse­ rr: e di un avere, beninteso di un essere e un avere donati da Dio; la legge non è un indicativo come questo, ma un imperativo, H comando di un dovere».

434

Excursus 5

postolica il cristiano viene chiamato a un comportamento eti­ co corrispondente all'essere che gli è stato donato da Dio nel Pneuma, cosicché ora il suo agire è - sempre secondo Gal. 5 , 2 2 - «frutto dello Spirito» . Così l a ricezione del Pneuma, in quanto adempimento della promessa fatta ad Abramo e ai suoi posteri, dimostra che il tema «legge ed evangelo» per il tempo dell'attuazione è in fondo di carattere antologico, dove però il concetto di «antologico» non si può prendere filosofi­ camente nel senso di una metafisica dell'essere. Si tratta di una ontologia «pneumatica>> , appartenente alla xaLvi) X'tLO"L� (Gal. 6,1 5 ; 2 Cor. 5 , 1 7).9 III. EVANGELO E PARACLESI (PARENESI)

La lettera ai Galati annuncia l'evangelo contro la legge. Ma in Gal. , come in tutte le altre lettere di Paolo, si trova anche la paraclesi, quindi l'imperativo. Perciò si pone la questione: se la lettera annuncia l'evangelo contro la legge, in quale rappor­ to sta la paraclesi apostolica, l'imperativo, con questo annun­ cio dell'evangelo? Come si possono in genere conciliare evan­ gelo e imperativo? In tal modo la legge non viene nuovamen­ te instaurata? La storia della chiesa e della teologia ha molto da dire circa una tale «reinstaurazione» della legge. 10 Le ri­ flessioni che qui si possono fare esigono una grande cautela, anche nell'elaborazione linguistica, per non far sorgere dei malintesi. I.

L'evangelo come paraclesi1 1

Quando l'Apostolo in I Thess. 2 ,2 ss. circa il suo annuncio dell'«evangelo di Dio» (v. 2 ) annota: «Infatti la nostra esor9· Cfr. anche P. Stuhlmacher, Erwiigungen zum ontologischen Charakter der xat.· 'V"Ì) x·dotc; bei Paulus: EvTh 27 (I967) I-3.5· Io. Cfr. ad es. M. Li.mbeck, Von der Ohnmacht des Rechts. Zur Gesetzeskritik des N.T. (Diisseldorf 1972) . I I . Cfr. anche A. Grabner-Haider, Paraklese und Eschatologie bei Paulus (Ntl. Abh., N.F. 4) {Miinster 1968); C.]. Bjerkelund, Parakalo. Form, Funktion und Sinn der parakald-Siitze in den pln. Briefen (Osio 1967 ).

Legge ed evangelo secondo Gal.

43 5

tazione (1tapcixÀ1)0"t.c;) non è fatta con intenzione dolosa e in­ sincera e neppure con malizia (v. 3 ) ; piuttosto, perché da Dio ci è stato affidato l'evangelo ('tÒ Eua:yyÉÀtov) , noi parliamo co­ sì (v. 4)» , ciò fa capire che per l'Apostolo «paraclesi» («esor­ tazione») ed «evangelo» sono congiunti inscindibilmente. An­ cora due volte, nel testo immediatamente successivo della let­ tera, l'Apostolo impiega il termine «evangelo» ( vv . 8 s.) e conclude la pericope ricordando ai Tessalonicesi la sua esorta­ zione apostolica (v. I I ) : «E sapete anche che noi abbiamo e­ sortato ( 1tctpaxaÀov'V"t'Ec;), incoraggiato e scongiurato ciascu­ no di voi, come fa un padre con i suoi figli, a comportarvi in maniera degna di Dio, che vi ha chiamati al suo regno e alla sua gloria» . Anche qui risulta di nuovo che «evangelo» e «paracle­ si>> per l'Apostolo fanno tutt'uno. In ogni caso si può dire : l'evangelo è per l'Apostolo anche paraclesi, e questa mira al 1tEpt.7tct"t'EL'V, quindi alla condotta etica. «L'esortazione cristia­ na è evangelo» (Schlier) .u Proclamare l'evangelo significa, secondo Paolo, annuncia­ re Cristo. 13 « È lui che noi annunciamo, ammonendo ogni uo­ mo e istruendo ogni uomo con ogni sapienza, per presentare ciascuno come perfetto in Cristo» (Col. 1 ,28). Quindi per Paolo nel «praticare Cristo» ( «Christum treiben» , M. Lute· ro) rientra pure la esortazione apostolica alle comunità. An­ che secondo Col. 2 ,6 la comunità cristiana deve «camminare» in Cristo così, «come voi avete ricevuto (7tapEÀciaE"t'E) il Si­ gnore Cristo Gesù»; cioè nella «tradizione» apostolica di Cri­ sto, trasmessa nelle comunità, rientra, secondo la scuola di Paolo, anche l'esortazione etica, la paraclesi; Cristo dev'esse­ re «imparato>> (Eph. 4 , 2 o) . Non si può negare che per Paolo e la sua scuola all'evange­ lo appartiene anche la paraclesi; essa ne è una componente es­ senziale, come dimostra appunto anche la lettera ai Galati nel­ le sue parti etiche. L'evangelo proclamato dall 'Apostolo im12. Die Eigenart der christlichen Mahnung nach dem Apostel Paulus , in Besin· nung auf das N.T. (Freiburg i.Br. 1964) 340-357 ( 357). 1 .3 .

Cfr. anche Friedrich, in ThWb n, 728.

Excursus '

pone un'esigenza etica agli uomini, come ha fatto, in modo inaudito, lo stesso Gesù (discorso del monte! ) .14 La domanda che risulta da questa constatazione è: perché è così? Dove hanno l'imperativo e la paraclesi la loro base e la loro collocazione? 2 . Base e collocazione dell'imperativo Sul rapporto fra imperativo e indicativo nella teologia pao­ lina, sulla loro inscindibile appartenenza reciproca è già sta­ to scritto tanto, che noi qui possiamo accontentarci dei risul­ tati. 1' L'Apostolo non conosce né l'indicativo senza l'impera­ tivo, né l'imperativo senza l'indicativo. Ma l'imperativo è non anteposto bensì posposto all'indicativo, perché l'imperativo deriva dall'indicativo, dal nuovo essere in Cristo del battezza­ to. Esempi classici al riguardo si trovano in Gal. 5 ,1 : «Per la libertà Cristo ci ha liberati; siate dunque costanti e non la­ sciatevi di nuovo costringere sotto il giogo della schiavitù» : l'imperativo a'tipcE'tE è la conseguenza (ouv) dal precedente indicativo i)ÀEull'ÉpwaE'V ; in 5 ,2 5 : «Se noi viviamo nello Spi­ rito, camminiamo anche nello Spirito! ». L'indicativo fa da motivazione all'etica. Tuttavia ha ragione il Kertelge, quan­ do osserva: 16 «L'obbedienza del giustificato si può chiamare etica solo in un senso improprio» , giacché > ( I ,2 5) . Questa «legge della liber­ tà» non è per Iac. né la legge veterotestamentaria né solamente 34· WA, TR 5, 414. 35· Sull'argomento cfr. W. Bieder, Christliche Existenz nach dem Zeugnis des ]akobus: ThZ 5 ( 1949) 93-1 1 3 ; G. Eichbolz, ]akobus und Paulus. Ein Beitrag zum Problem des Kanons (Theol. Existenz beute, N.F. 39) (Miincben 1953) ; Id., Glaube und Werk bei Paulus und ]akobus (Theol. Existenz beute, N.F. 88) (Miin· cben 1961 ); P. Bergauer, Der ]akobusbrief bei Augustinus und die damit verbun­ denen Probleme der Rechtfertigungslehre {Wien 1962 ) ; O. Seitz, ]ames and the Law, in Stud. Ev. II (Berlin 1964) 472-486; F. Eleder, ]akobusbrief und Bergpre· digt (Diss. Wien 1 964); R. Walker, Allein aus Werken. Zur Auslegung von ]a� kobus 2,14-26: ZThK 61 ( 1 965) 155-192; F. Mussner, Der ]akobusbrief (Freiburg i.Br. 41981 ) passim ; P. BHiser, in LThK 2IV, 822 ; M.F. Wiles, The Divine Apostle. Tbe Interpretation of St. Paul's Epistles in the Early Church (Cambridge 1 967) 1 36 s. (Paolo fu letto con gli occhi di Iac. ! ) ; U. Luck, Der ]akobusbrief und die Theologie des Paulus : ThGl 61 ( 1971) 161-179· 36. Cfr. Mussner Die ]akobusbrief (a 2,8·12). ,

4 44

Excursus '

l'evangelo, ma semplicemente la volontà di Dio, la .quale tan­ to nell'Antico quanto nel Nuovo Testamento esige che si fac­ cia del bene al prossimo (2,8 ) . Per Giacomo il precetto di Dio è uno solo ( 2 , 1 0) . Perciò egli non conosce alcun contrasto fra «legge» e «parola» , fra la rivelazione veterotestamentaria del­ la volontà di Dio e la predicazione di Gesù. Per lui l'evangelo è contemporaneamente «legge» e in ciò il precetto dell'amore è d 'importanza «regale» . 37 Ora sorprende che Iac. parli veramente delle «opere>> e del­ l' «opera» e lo faccia tenendo particolarmente presente la que­ stione circa la giustificazione sola fide, come dimostra l'im­ portante pericope 2 ,14-2 8 ; tuttavia Iac. non parla mai delle opere della legge; ogni volta il contesto fa piuttosto abbastan­ za chiaramente capire che a proposito delle «opere» e dell' «O­ pera» si tratta delle opere dell'amore, dell'aiuto pratico in una necessità concreta del prossimo, e dell'obbedienza verso Dio. Egli vede la fede di Abramo compiersi nell'«opera» dell'ob­ bedienza a Dio. Secondo la dottrina di Iac. , solo tale fede, che si realizza mediante l'amore e nell'obbedienza a Dio, giustifi­ ca l'uomo davanti a Dio. Una fede senza le opere dell'amore e dell'obbedienza è per lui «vana» e «morta» (2 , 1 7 .20.26).38 Dunque Iac. vede nell'imperativo (l' «opera») la «dimostra­ zione» necessaria della fede. Nelle opere dell'amore la fede di­ venta visibile; in esse la fede si «dimostra» come fede (cfr. 2 , 1 8b) . Per Giacomo una fede infruttuosa non è assolutamen­ te una fede che meriti questo nome. «Perciò la legge di cui Giacomo parla non è la legge con cui polemizza Paolo, ma rientra in ciò che Paolo qualifica come legge di Cristo» (Bla­ ser) .39 Anche per Giacomo l'imperativo fa parte dell'evangelo. Il fatto che egli chiami questo imperativo «legge» che incita all'«opera» (dell'amore e dell'obbedienza) , dovrebbe dipen­ dere per un verso dal «fronte antipaolino» della sua lettera, il quale però non s 'indirizza contro l'Apostolo in persona, ma 37· Cfr. Mussner, ibid. 107 s. ,38. Cfr. ibid. 1 52-157 (excursus: «L"opera' secondo Paolo e Giacomo»; 24o-247). 39· LThK 2IV, 822.

Legge ed evangelo secondo Gal.

contro coloro che lo fraintendono,40 e per l'altro dal fatto che cosl dev'essere sottolineato il carattere di esigenza della «leg­ ge perfetta della libertà» . Quelle di Iac. sono, dal punto di vi­ sta del contenuto, le esigenze di Gesù, come si presentano spe­ cialmente nel «discorso del monte» ;41 perciò la «legge» a cui la lettera di Giacomo «stimola», effettivamente non è altro che la «legge di Cristo» .42 Giacomo pertanto non dimentica l'indicativo:" Il problema posto con la formula «legge ed evangelo» è da Giacomo risolto non in contrasto con la soluzione di Paolo. Ma la sua soluzione ha altri profili e altre categorie, che di­ pendono dagl'intenti, che animarono Giacomo nella compo­ sizione del suo scritto. La lettera di Giacomo può preservare da malintesi la soluzione che Paolo, con potere apostolico, ha proposto per la questione implicita nella formula «legge ed evangelo».44 Perciò la presenza di Iac. nel canone neotesta40. Per più precise indicazioni su questo punto dr. Mussner, op. cit. 1 2-23 . 41. Cfr. ibid. 47-53 (la lettera di Giacomo e l'etica di Gesù) . 42 . Quindi la frecciata di G. Bomkamm contro la lettera di Giacomo nel suo libro su Paolo è del tutto inopportuna ( 152: «Secondo la convinzione giudaica, ma an­ che secondo quella della lettt:ra di Giacomo, la giustificazione di Abramo da parte di Dio è la ricompensa ben meritata per la prova suprema di devozione»). 43 · Cfr. anche F. Mussner, Die Tauflehre des ]akobusbriefes, in Zeichen des Glau­ bens. Studien zu Taufe und Firmung. Balth. Fischer zum 6o. Geburtstag (Einsie­ deln - Freiburg i .Br. 1972) 6r-67. 44· G. Klein in ZNW 62 ( I97I) I7 s. parla di una «incompatibilità delle dichia­ razioni protocristiane circa la fede» e del fatto «che i fondamenti intellettuali che di volta in volta sostengono un abbozzo storico possono competere fra loro fino ad entrare in collisione anche nell'ambito di una struttura sociologicamente abba­ stanza stabile». Per la dimostrazione di queste tesi si fa nuovamente rilevare il presunto contrasto fra Paolo e l'autore della lettera di Giacomo: «Se la parola d'ordine di Paolo è 'giustificazione da fede, senza opere della legge'... , quella della lettera di Giacomo è 'giustificazione da opere, non da sola fede' ... ». Di rimando vorremmo ancora una volta richiamare che in Iac. il concetto «opere della legge» non compare affatto e se si parla di «opere», s'intende dire esclusivamente le «o­ pere» della solidarietà umana e dell'obbedienza di fede verso Dio. Si deve dun­ que osservare il contesto, quando in Iac. s'incontra il concetto di «opere». Inol· tre, a proposito di Paolo e Iac. , secondo il Klein «i criteri teologici che regolano il rispettivo punto di vista sono fondamentalmente diversi, anzi inconciliabili fra loro. Infatti ciò che Giacomo chiama 'fede', nel senso inteso da Paolo non lo è affatto, ossia non è un indirizzo dell'esistenza guidato dall'esterno, ma un auto­ guidato, puramente teorico tenere per vero un principio astratto, cosa di cui sono

Gal. 4,8-20

mentario ha la sua grande importanza, anche per il dialogo della teologia cattolica con quella evangelica.4' 4 · RINNOVATO

APPELLO ALLA S AGGEZZA DEI GALATI

(4,8-20)

8 'A)...J... à -t6-te p..Èv ovx Eto6'tE� DEòv ÈoouÀEVO'rL'tE -to'i:� cpvO'Et. p..i) ouut.v

itEot:� . 9 vuv oÈ yv6V'tE� Deév' p.«iÀÀov o È yvwoitÉV'tE� \ntò �EOU' 1tW� E1tt.O'-tpÉcpE'tE 1taÀt.'V l1tt 't'Ùw ciaDevi) xrLt 1C-twxà O''tOt.XE�a, ol� 1tciÀt.'V avw�E'V OOUÀEVO'rLt. �ÉÀ.E'tE; IO i)p..Épa� 1CrLPCl't'T)PE�O'DE XrLl p..i}'VrL� XrLt XrLt.poù� xrLt E'Vt.ClU'tOV� . I l cpof3oup..rLt. up..«i� p..1} 1tW� Etxii XEX01ttaxa et� U(l«i�.

8 Ma certo

allora, quando non conoscevate Dio, avete (come schiavi) servito dèi che in realtà (per natura loro) non sono ( dèi) . 9 Ma ora che avete conosciuto Dio, o, per meglio dire, siete stati conosciuti da Dio, come mai ritornate di nuovo ai deboli e miseri elementi, ai quali nuo­ vamente volete servire da schiavi? Io Osservate ansiosamente giorni e mesi e tempi ed anni ! u Temo di essermi invano affaticato per voi.

I Galati si trovavano «allora» ('to"tE) - al tempo del loro politeistico passato pagano - in una «schiavitù» religiosa. Se «ora» (vuv) , pur dopo che hanno conosciuto il vero Dio e capaci anche i demoni (Iac. 2,19). Le conseguenze concrete, sotto l'aspetto paoli­ no, sono catastrofiche: l'unità di fede ed essere si spezza, e la fede diventa di nuo­ vo ciò che era nel giudaismo : un'opera pia accanto ad altre, anzi perfino al di sot­ to di altre». In realtà Iac. rifiuta nettamente una semplice fede dottrinale, acces­ sibile anche ai demoni, e insiste, come Gesù, sull'unità assoluta di fede ed essere. «Diventate esecutori della parola, non solo semplici uditori . . ! » ( 1 ,22). Questo è l'intento principale della sua lettera, in cui d'altronde le esigenze del discorso del monte vengono «ripetute>> come in nessuna altra lettera del N.T., cosicché quanto il Klein dice contro Giacomo si rivolge pure contro Gesù. � da notare come un preconcetto dogmatico possa impedire totalment� di capire il testo. 45· Cfr. anche le eccellenti considerazioni di E. Haible, Der Kanon des Neuen Testaments als Modellfall einer kirchlichen Wiedervereinigung : TrThZ 75 ( 1966) 1 1-27 . Per ciò che riguarda il problema «Paolo e Matteo», vedi ad es. anche G. Barth, Das Gesetzesverstiindnis des Evangelisten Matthaus, in G. Bornkamm, G. Barth, H.J. Held, Vberlieferung und Auslegung im Matthiiusevangelium (Wissen­ schaftliche Monogr. zum A. und N.T. I) (Neukirchen 1960) 54-154; A. Sand, Die .

Polemik gegen «Gesetzlosigkeit» im Evangelium nach Matthaus und bei Paulus: BZ, N.F. 14 ( 1970) 1 1 2-125 (ulteriore bibliografia) ; inoltre O. Hanssen, Zum Verstiindnis der Bergpredigt. Bine missionstheologische Studie zu Mt J,I7·I8, in E. Lohse (Hrsg.), Der Ruf ]esu und die Antwort der Gemeinde. Exegetische Un­ tersuchungen ]. ]eremias zum 70. Geburtstag gewidmet (GOttingen 1970) 94-1 1 1 .

Gal. 4,8-20.8

447

sono da lui conosciuti, vogliono rivolgersi al giudaismo/: fi­ niscono soltanto per passare dalla vecchia schiavitù ad una nuova, che è più perniciosa di quella antica. Ma allora l'Apo­ stolo - con la sua predicazione mirante alla conversione - si è affaticato invano per loro, che egli pur voleva condurre alla libertà dell'evangelo . 8 . itEo'V ed ÈoouÀEvO"a'"t'E costituiscono i lemmi di collegamen­ to alla pericope precedente, specialmente al v. 3 : «Quando noi eravamo minorenni, eravamo asserviti agli O"'"t'OtXE�(l '"t'OV XOO"(.l,OU». Questo fu per i Galati il tempo in cui non conosce­ vano ancora il vero Dio e servivano ancora gli idoli, che in ve­ rità (cpvO"Et per natura loro) non sono dèi.2 Il �6�E si riferi­ sce quindi al tempo della «minorità» , cioè al passato pagano dei Galati. Inoltre à.ÀÀci, che sta al principio del versetto, in­ dica un contrasto con quanto è stato menzionato prima,' cioè con la figliolanza donata nel battesimo. Il collegamento parti­ cipiale oux ELOO�Ec; ha probabilmente funzione causale: «poi­ ché voi veramente non conoscevate ancora il vero Dio»,4 per­ ciò allora servivate gli dèi. Se l'Apostolo designa gli dèi come esseri che «per natura loro non sono dèi»,' egli non vuole pre=

1 . Qui lo «schema di contrasto» 't6'tt-vvv serve «anzitutto a dimostrare come va­ lido per i Galati ciò che fu presentato in 3 ,6-4,7, cioè la libertà dalla legge ... e poi anche a porre chiaramente in risalto il presente nella sua distinzione dal pas­ sato. Con quale prospettiva si fa questo? Anzitutto per rendere in genere consa­ pevoli i destinatari della posizione loro propria, ma poi anche ai fini della pare­ nesi» (P. Tachau, «Einst>> und «]etzb> im NT. Beobachtungen zu einem urchrist­ lichen Predigtschema in der ntl. Briefliteratur und zu seiner Worgeschichte [Got­ tingen 1972 ] 1 28). 2 . � qui ripresa la distinzione ellenistica tra cpuCTEl. e &ÉO"tl. 3Eo!? Cfr. al riguardo C. Langer, Euhemeros und die Theorie der cpuCTEl. und itÉO"Et. iteo!: •AyyEÀ.o� 2 { 1926) 53-59. «Tuttavia non si può decidere se Paolo in questo passo intenda ve­ ramente adottare la suddetta terminologia tecnica dell'ellenismo» (Koster, in ThWb J X , 266). Marcione nel v. 8 legge ÉoovÀ.EvO"a.'tE 't ot� Èv 'tTI cpuO"EL o?ja-L DEo�: pare che qui per lui cpvcn� equivalga a «materia» (hyle ) . cpua-Et. manca in K d m Iren.1•t . , Ambrosiaster. 3· Cfr. Mayser, Grammatik II,J, 1 16. Per la combinazione p.Év-Si con aÀ.À.fX cfr. ibid. 129-132. 4 · Per il negativo où col participio cfr. Mayser, Grammatik 11 ,2, 556-5. 5 8. ,. &Eot� va inteso come predicativo. Per il negativo lJ.iJ collegato al participio con l'articolo dr. ibid. , , x .

sumibilmente contestare loro l'esistenza, ma la vera natura divina.6 Per l'Apostolo essi sono probabilmente identici ai dèmoni, della cui realtà egli non dubita? Oppure sono per lui identici ai «deboli e miseri elementi» del v. 9 ? 8 Di questa que­ stione ci occuperemo più avanti. Cosl stavano le cose «allora», «ma ora» stanno diversamen­ te; ma è un «diversamente» assai più infelice.9 9 s. «Ora» i Galati hanno veramente conosciuto il vero Dio. Poiché di seguito si parla di nuovo del culto degli O"�OtXE�a, al quale i Galati vogliono ancora dedicarsi, sembra che qui la co­ noscenza di Dio debba intendersi «cosmicamente», cioè che si riferisca anzitutto alla natura del Dio creatore. L'evangelo rivela Dio anche come il Dio creatore,Io mediante la cui cono­ scenza il cosmo perde il suo falso fascino (non il genuino splen­ dor creaturae) ; cosl anche gli O"� o tX ELCI �ov x6ap,ou perdono la loro schiavizzante pretesa sull'uomo. La loro «debolezza» (à.o-DE'V'ij) e «miseria» (7t--rwxci) u viene smascherata; la cono­ scenza del vero Dio include necessariamente in sé la convinzio­ ne che le potenze apparentemente numinose del cosmo non possono arrecare la salvezza. u

6. Cfr. anche I Cor. 8A (oùSEL� DEÒ� d p.i) El�); 8,5 (Etoi.v À.Ey6�J,E'VOt. DEo, .. . ). Sul� l'argomento cfr. inoltre H.D. Preuss, Verspottung fremder Religionen im AJten Testament (Beitr. zur Wissenschaft vom A. u. N.T. 5) (Stuttgart 1971 ); G. Eich� holz, Die Theologie des Paulus im Umriss 70-76. 7· Cfr. ad es. I Cor. 10,19 s.; 8A ss. A ciò pensano anche Lightfoot, Sieffert, Gut� jahr, Zahn ed altri. 8. Questa è l'opinione per es. di Koster (ThWb LX, 266 : «è chiaro . . . il parallelo con gli O""tOt.XEtfX . . . , con gli elementi del mondo - probabilmente immaginati anche come esseri personali -, ai quali Paolo si riferisce nel versetto successivo... In Gal. 4,8 sarebbe bastato il semplice p.i} o�cii.'V per negare adeguatamente ai presun­ ti dèi la loro divinità. Per di più il cpuO"Et. anteposto non è solo destinato a raffor­ zare questa contestazione, ma chiarisce che le potenze mondane per vera natura loro non possiedono alcuna qualità divina»), di Holsten, Lipsius, Schlier, Bonnard (che però non esclude anche certi angeli) . 9 · �Paolo non descrive . . . oggettivamente l e sventure dei Galati prima della loro conversione � ma fa una diagnosi teologica della loro situazione passata» (Bonnard). IO. Cfr. Act. 17,23 ss.; 2 Cor. 4,6. I I . Per ambedue i concetti vedi le precisazioni della n. 52. 12. Le formulazioni di Gal. 4,8 s. stanno chiaramente sotto l'influsso di un «lin-

449

La connessione della mancanza di conoscenza di Dio con la caduta nel falso fascino del cosmo si trova già espressa a chia­ re lettere nell'A.T., specialmente nel profeta Osea. Israele «non sa che io diedi grano, mosto ed olio e li ricolmai d'ar­ gento e d'oro» (Os. 2 ,I o) ; Israele «ha misconosciuto sia il do­ natore sia i doni; non ha visto che mediante questi doni veni­ va posto davanti a Jahvé in uno status confessionis; anzi è ri­ masto vittima di un'idolatria mitica della civiltà agricola e del­ le sue numinose origini ctoniche» (G. v. Rad) .1' La mancanza di conoscenza di Dio è molto spesso connessa con l'apostasia e l'idolatria.14 Poiché Israele non possiede la retta dacat 'elo­ hzm, adora Baal (O s. 4 , I o), sacrifica a questo idolo ( I I ,2) e profetizza in suo nome (Ier. 2 ,8). La vera conoscenza di Dio crea distanza fra Dio e il mondo e i suoi «elementi», crea liber... tà nei confronti del cosmo. Ma l'Apostolo si corregge nel suo modo di esprimersi: «O, più esattamente (p..éiÀÀ.O'J oÉ),X' voi siete da Dio conosciuti» . Il senso di questa osservazione correttiva può essere soltanto questo: la vera conoscenza di Dio è un dono di grazia fatto agli eletti di Dio, tra i quali stanno anche i Galati dal momen... to della loro vocazione al cristianesimo. «Anche questa ter... minologia, secondo cui Dio 'conosce' l 'uomo (I er. I ,j) o il po­ polo d'Israele, è veterotestamentaria: cfr. Rom. I r ,2 con Am. 3 , r . Essa indica l'elezione, quindi un agire o comportarsi di Dio nei confronti dell'uomo» (F. Notscher) . 16 La conoscenza genuina che Dio ha dell'uomo si basa dunque su quel 1tpoyt... vwcrxEt'J di Dio, del quale si parla in Rom. 8 ,30 .17 Poiché, dunque, Dio con la loro chiamata ha elargito ai Ga�uaggio missionario» specifico ( «predicazione di conversione»), per il quale si tr� vano paralleli nella letteratura missionaria giudaico-ellenistica; dr. in proposito maggiori precisazioni in Cl. Bussmann, Themen der paulinischen Missionspredigt 'i 7-74 (a Gal. 4,8 s.); inoltre E. Pax, Beobachtungen zur Konvertitensprache im t•rsten Thessalonicherbrie/: Stud. Bibl. Francisc. Lib. Annuus XXI ( 1971 ) 220-262. • �. Theologie des A.T. II, 152 s. • 4 · Cfr. ]. Botterweck in Bibeltheolog. Wb.1 x66 s. art. 'Erkennen'. • 5 · Su p.ii.À.ÀO'J oÉ correttivo cfr. Mayser, Grammatik II,3, 127; Blass-Debr. § 495 ,3. r 6. Z11r theologischen Terminologie der Qumrantexte 36. 1 7. Cfr. anche I QH 4,31 s.

4 50

lati la vera conoscenza di se stesso, è tanto più sorprendente e incomprensibile che essi «ora» ritornino18 nuovamente ai «de­ boli e miseri elementi» e ancora vogliano servire ad essi in con­ dizione di schiavi (v. 9b) . Che cosa si vuole indicare con que­ sti a--rotXELCX.? 19 Sono identici agli dèi, che in realtà non sono dèi (v. 8 ) ? Oppure con i «poveri e deboli elementi» si pensa propriamente alla legge? In questo commentario noi non ti­ proponiamo tutto il materiale lessicale e storico-religioso che riguarda il concetto di --rà. O""tOLXELa (--rov xéa(.J.ou)/0 ma anzi­ tutto riferiamo su alcune interpretazioni meritevoli di consi­ derazione, poi cercheremo di pervenire ad un giudizio nostro, avvalendoci dei suggerimenti della semantica moderna, secon­ do cui in decisioni semantiche la sincronia deve avere la pre­ cedenza sulla diacronia. I.

Alcune spiegazioni

a) Il Lietzmann (a Gal. 4,3) : «Nel periodo precristiano il giudeo Paolo . . . era asservito agli crtotxEta del mondo, quando sottostava al 'VéiJ,o� (v. ; ) . Con ciò è anzitutto certo che la 18. Il verbo É1ttEI.'V è usato da Paolo anche in I Thess. 1 ,9, ma in senso esat­ tamente opposto ( xa.! 1tw� É1tE>. Gal 4J3·9; Kol 2, 8.20, in Id., Beitriige zur Theologie des N.T. (Ziirich-Stuttgart 1970) 147-163 . 20. Al riguardo cfr. la bibliografia citata nella nota precedente. Secondo il Blinzler, nell'esegesi di Gal. 4 e Col. 2 sono stati finora presi in considerazione complessi­ vamente nove significati di u­ CiEt p,!) ov�E� DEot di 4,8 s., il che fa di nuovo pensare ad esse­ ri dotati di volontà e divini; 3 . sono pensati come xuptot, al cui servizio schiavistico 'noi' stavamo (4,3), i quali dai loro ado­ ratori esigono determinati servizi (4,9). Anche ciò suggerisce l'idea eli potenze personali». Secondo lo Schlier, per la spie­ gazione del nostro passo di Gal. «si può e si deve» prendere in considerazione anche il contesto di Col. 2 ,8 ss. Allora risulte­ rebbe che «effettivamente ... gli elementi del mondo (sono) intesi come 'esseri' che con l'autorità di potenze divine e an­ geliche pongono determinate esigenze agli uomini e accampa­ no la pretesa di un'adorazione religiosa. Tuttavia gli CT1:'0tXELa. �ou x6ap,ou di Gal. . , come mostra Gal. 4 , 1 0 , sono evidente­ mente connessi in prima linea alle forze elementari degli a­ stri» ; ciò è documentato dallo Schlier con materiale tratto dal­ la letteratura apocrifa giudaica, specialmente dai libri di He­ noch. Quando usa lo strano «noi» in 4,3 (xat 'Ì)J.lEL�), che si riferisce a cristiani ex-giudei ed ex-pagani, l'Apostolo intende • ••

.

4 .5 3

«la situazione precristiana dei Galati pagani e quella dei giu­ dei egualmente come servizio alle forze elementari del co­ smo», cioè intende «il servizio dei Galati agli elementi ad ana­ logia del servizio dei giudei alla legge. Si può forse dire anco­ ra meglio: intende il servizio pagano agli elementi anche co­ me servizio alla legge e viceversa . . . Da tale identificazione del­ la schiavitù sotto gli elementi del mondo con la schiavitù sot­ to la legge risulta che, secondo Paolo, nelle esigenze delle for­ ze elementari di questo mondo si manifestano per i pagani le stesse esigenze che la torà avanza per i giudei, e viceversa: che i precetti che la torà enuncia per il giudeo corrispondono alle pretese che gli elementi del mondo comunicano ai pagani» . d) Secondo il Delling21 rientrano negli «0"-tOLXE�cx. .,;ou x6CTIJ.OU in Gal. 4 da una parte la torà coi suoi precetti ( 4, 3-5 ... ) , dall'altra il mondo degli dèi inautentici, ai quali i destinatari una volta servivano (4 ,8 s.). Dunque con l'espressione O""tOL­ XELCX. -tov xéo-(.l.ou viene messo in rilievo qualcosa che è comu­ ne alla religione giudaica e a quella pagana ... In entrambe quest'idea è manifestamente decisiva nel contesto di 4,1-Io ­ gli uomini vivevano schiavi sotto gli O""tOLXELCX.. L'inclusione della torà negli 0"-tOLXELCX. rende inattendibile il riferimento let­ terale agli elementi e del tutto inattendibile il riferimento agli astri. Il riferimento a potenze spirituali è una scappatoia che contrasta coi dati semantici e solo stentatamente s'adatta al contesto ... ; a quanto pare, l'espressione o--tOLXE�cx. 'tOV XOO"(lOU in Gal. e in Col. è stata escogitata da Paolo; quindi è intesa naturalmente in senso negativo, come Gal. 4 ,9 conferma» . Ma l'Apostolo «si riallaccia evidentemente a una concezione ai suoi tempi generalmente molto diffusa: la locuzione O""tOLXELCX. -tou x6a(J.ou denota ciò su cui si basa l1esistenza di questo mon­ do e ciò che determina anche l'essere dell'uomo ... Paolo la usa in senso traslato: proprio ciò su cui si fondava l'esistenza del­ l'uomo prima di Cristo anche e proprio nella religione precri­ stiana, è misero e debole; ciò lo rende schiavo, anziché libe­ rarlo» . 2 1 . ThWb VII, 684 s.

e) Schweizer2 riporta, per il concetto 't'CÌ O"'t'OtXEta. �ou x60"J.lOU, abbondante materiale dalla storia dei significati e delle religioni e infine accerta che l'eresia in Galazia non fu la stes­ sa che si ebbe presso i Colossesi. «Ma sarebbe strano se solo in questi due passi il lemma degli elementi apparisse in con­ nessione con una 'legalità' - la quale fra l'altro si esprime nel­ l 'osservanza di giorni festivi - senza che i due movimenti fos­ sero apparentati. Senza dubbio il carattere giudaico in Gala­ zia è più marcato, e Paolo vede ancora la subordinazione agli 'elementi' del tutto prossima alla legislazione mosaica ... Evi­ dentemente i Galati hanno osservato certi precetti giudaici, riguardanti specialmente certi giorni festivi (e il culto? ) , e con ciò essi vogliono assicurare l'armonia degli elementi, ma an­ che proteggersi dal loro potente influsso (allorché avverrà l'a­ scensione dell'anima?) ... Paolo sottolinea ... che gli 'elementi del mondo' nella 'legalità ... ottengono effettivamente un po­ tere sugli uomini, e che appunto questa 'legalità' li irreti­ sce dentro il mondo e non li libera affatto da esso . . . Paolo spie­ ga ... che una 'legalità', la quale si lascia influenzare dagli 'ele­ menti del mondo' (i quali nel paganesimo sono stati di fatto equiparati a dèi) , nonostante ogni mascheramento mediante precetti giudaici, riporta indietro a quello [ al culto degli dèi ] (Gal. 4,8) » .23 /) Il Blinzler presenta abbondante materiale lessicale per la formula O"'t'OtXEta. 't'OU x60"(J.OU , ma espone solo concisamente la sua personale opinione circa ciò che Paolo in Gal. avrebbe inteso dire parlando degli «elementi del mondo» ; a suo avvi­ so, gli «elementi del mondo>> in Paolo vanno collegati con a&.pç, a(.l.a.p't't:a. e Dava.�oç.24 E subito sorprende che il Blinzler non menzioni la legge. Questa omissione è da lui spiegata co­ sì: «Qui si può soltanto annotare che la legge, benché fosse una potenza che asserviva (peraltro non tutti gli uomini! ) e 22. Die OL, oÉop.a.t. VJLWV. OÙOÉV

'Ì'}ot.xi)o-a.�e x, otoa."te oè o'tt. OL 'à.o-ì>É"VELav �1i� aapxò� eù1)yyelt.­ ati.IJ..1)V ÙJl.tV �ò 1tp6'tepov, I4 xa� 'tÒV 1tEt.pa.o-(.l.ÒV ÙJl.W'V È'V 'tTI o-a.pxL JLOV ovx È�ovile'V1]o-a.'tE ovoÈ E�E1t'tUO"rL'tE, �À.À.à w� ayyEÀ.OV ileov ÈOÉ�a.o-i) É P,E, w� Xpt.a'tÒ'V '11)o-OV'V. I' 'JtOV ouv ò IJ..a.xa.pt.o-(.l.Ò� VIJ..W'V ; p.a.p'tvpw �tÌp ùp.t:v O'tt. et OV'Va.'tÒ'V 'tOÙ� ocpilalp.où� V(..tW'V É�opu�a.'V'tE� EOWXa­ 'tÉ (.l.Ot. I6 i.lo-'tE ÈxDpò� ù�'V yÉyova. �À.1)ì>euwv ÙIJ.i:v; I 7 �1)À.ovo-t.v ÙJl.ii� oò xa.À.w�, �À.À.à E.xxlei:o-at. ÙJL8.� Dtlovo-t.'V, t:va. aò'toÙ� �1)À.ov-re . 1 8 xa.­ lòv oÈ �1)À.ovoi}a.t. E'V xaÀ.{i) 'Jtti.V'tO'tE, xa.t p,i} IJ..OVOV E'V 'te'i) 'Jta.pe't:va.( p.e 1tpòc; ùp,fi�, I9 'tÉxva. p,ov, oO� 1tti.À.t.'V wol'Vw IJixpt.c; ou p.opcpwDn Xpt.O"'tÒc; EV viJ..i:v · 20 i]Delov oÈ 1t apel:va.t. 1tpò� ùp.a� &p-t" xa.t �llti.­ �a." 't'Ì)V cpwv{)v JLOV, o�t. à'Jtopov(J.a.t E'V ÙJl.i:V. p.e



12 Diventate come me, perché anch'io divenni come voi ; fratelli, ve ne prego . In nessun modo m'avete fatto torto. 1' Piuttosto sapete che a causa di una debolezza della carne vi ho predicato precedentemente l'evangelo; 14 e non avete respinto con disprezzo la tentazione che per voi consisteva nella mia carne, né mi avete rigettato, anzi mi avete ac­ colto come un messaggero eli Dio, come Cristo Gesù ( stesso) . I ' Dove sia «escluso che i Galati osservano 'anni': l'ultimo soggiorno dell'Apostolo presso di loro risale a un tempo non ancora lontano (dr. I,6)»; i Galati sono soltanto in procinto di «osservare gli anni» ecc. 1t(tp(t-tT]pE��E deve quindi essere Ietto assie­ me allo itÉÀ.E"tE del v. 9 · 5 6 . Come s i pensa i n Blass-Debr. § 476,3 . '7 · Per l'indicativo in una frase introdotta da llTJ 1tW� dr. Blas s Debr . § 3 70,1 . .58. Il perfetto xexo1t!axa. vuoi dire che lo sforzo missionario compiuto tempo ad­ dietro dall'Apostolo per i Galati rischia di mostrare adesso la sua inutilità (cfr. an­ che Mayser, Grammatik II,I , 179). La variante ÈXO'JtLa.O'a. (p46) è perciò una corre­ zione peggiorativa. '9· Cfr. anche Harnack : ZNW 27 ( I928) I-Io; Hauck, in ThWb III, 827-829. -

Gal. 4,I2-20

(è) ora la vostra proclamazione di beatitudine? Infatti vi rendo testi­ monianza che, se fosse stato possibile, vi sareste cavati gli occhi e me li avreste dati. 16 Sono dunque diventato vostro nemico, perché vi annuncio la veri­ tà? I7 Essi si dànno premura di voi non a fin di bene, piuttosto vo­ gliono escludervi, affinché voi vi diate premura60 di loro. 18 Ma è bel­ lo essere circondati di premure a fin di bene sempre, e non solo quan­ do io sono (personalmente) con voi. I9 Figliuoli miei, per i quali sof­ fro nuovamente le doglie del parto, finché Cristo non abbia preso figu­ ra in (fra) voi: 20 ora vorrei essere con voi e mutare la mia voce, per­ ché non so più che fare con voi. l

In questa pericope Paolo si serve non più di argomenti o­ biettivo-teologici, ma di argomenti del tutto personali, che non riescono a nascondere la sua forte, intima commozione. Forse, così egli spera, gli riuscirà con questi argomenti di disto­ gliere i Galati dalla loro via. A questa pericope l'Oepke osser­ va: «Di fronte a un testo simile uno smembramento pura­ mente razionale non consente di raggiungere lo scopo. L'e­ segesi deve cogliere il senso con delicata sensibilità e cercare di completare ciò che manca». Certo questo elemento «man­ cante» non si può facilmente sostituire; qui ogni commenta­ tore deve accontentarsi di ipotesi. Eppure, nonostante tutto, ad esse si può pervenire soltanto mediante uno «smembramen­ to» del testo, come mostrerà già l'analisi del v. I 2 . Del resto, la pericope fa l'effetto di una grande parentesi fra i vv. 8-I I e i vv. 2 I ss., nei quali l'Apostolo tratta della de­ dizione dei Galati al servizio degli U'"rOt.XELCX. (cfr. v. 9b) e al do­ minio della legge (cfr. v. 2 I ) . Nel far ciò egli era passato, nel v. I 1, ad enunciati di tono del tutto personale ( cpo�OUllrtL ... XE· xo1t�axa) e proprio questo ricordo delle sue sofferenze, dalle quali era stato tormentato a suo tempo durante la predicazio­ ne missionaria ai Galati (cfr. v. I 3), lo induce ad ampliare questo ricordo personale in un appello, che è anch'esso di te­ nore affatto personale, con l'invito ai Galati a diventare come lui (v. 1 2 ) . Successivamente, col v. 22 prosegue ancora l'argo­ mentazione obiettivo-teologica. 6o. z;T)À.ov-rE equivale a un congiuntivo (dr. Blass-Debr. S 9 1 ).

Il versetto è formato da quattro membri, che si compren­ dono meglio se sono considerati separatamente: a) 'Y''VECTi}E w� Èyw. Questo è chiaramente un invito ai Ga­ lati ad imitare l'Apostolo, come Paolo anche altrove invita la sue comunità a diventare suoi «imitatori» , o lodandole ricor­ da che esse lo hanno imitato (cfr. I Cor. 4 , 1 6 : 1ta.pa.xa.Àw ... vp..a�, P.,t.P.,'l}�tX.L IJ.. OU ')'L'JEQ"i}E; I I ,I ; Phil. 3 ,I 7 ; I Tbess. I ,6 : xat Ùp..Ei:� IJ.t.IJ.'ij'ta.t tU.lWV ÈyEvi)i}T}'tE; 2 Tbess. 3 ,7 ·9 : 'tU1tOV OW(.1EV ÙIJ.LV Et� 't"Ò p..t.p..Ei:cri}a.t. i)p..ac;) .61 Questo invito forse di­ pende qui dall'idea che i Galati sono proprio suoi figli (spiri­ tuali, dr. v. I 9 ) , i quali devono imitare62 la loro «madre», che li ha generati fra dolori. In che cosa, si discute al punto b. b) o�t. x&.yw w� ÙIJ.EL�. Questa parte di versetto motiva (o­ 'tt.) il precedente invito dell'Apostolo a diventare come lui. «Naturalmente il meglio sarà integrare Èyw con un EYEVO(l1')V piuttosto che con un i)(.1'l}V, e, per essere precisi, w� Ù(.1Ei:c; con un tj't"E» (Schlier) . «Diventare come» l'Apostolo vuoi dire i­ mitare l'esempio che egli stesso ha dato ai Galati. Ma in che cosa è consistito questo comportamento esemplare di Paolo? Poiché la pericope 4,I 2-20 è come una grande parentesi fra i vv. 8-I I e i vv. 2 I ss. (vedi sopra), si capisce facilmente in che cosa consiste per i Galati l'esempio degno d'imitazione del­ l 'Apostolo : nella vita «senza-legge» , che egli ha condotto fra loro tempo addietro mentre li evangelizzava. Allora, quando annunciò l'evangelo in un territorio completamente pagano, egli era diventato ciò che in I Cor. 9 ,2 I formula così : per gli aV0(.10t. un aVOIJ.O�, sia pure come un E'VVOP,oc; Xpt.CT"t'OU (I Cor. 9,2 I : (.11) wv lfvop,oc; itEou &.ÀÀ'E'Vvop,o� Xpt.a'tou).63 Egli vi12.

IV, 669-675 ; DM. Stanley, «Become imitators of me>>: The Pauline Conception of Apostolic Tradition: Bibl 40 ( 1959) 859-877; W .B. De Boer, The Imitation of Paul (Kampen 1962) (con importanti correzioni a Michaelis); A. Schulz, Nachfolgen und Nachahmen. Studien uber das Verhaltnis der ntl. ]ungerschaft zur urchristlichen Vorbildethik (Miinchen 1962) 199 ss. (ul­ teriore bibliografia) ; Giittgemanns, Der leidende Apostel und sein Herr 190-194. 62. Cfr. anche J.M. Nielen, Die Kultsprache der Nachfolge und Nachahmung Got­ tes und verwandter Bezeichnungen im ntl. Schrifttum, in Heilige Vberlieferung

61 . Cfr. anche Michaelis, in ThWb

(Maria Laach 1938) 59-85 (62). 63 . Cfr. anche le pregevoli osservazioni di G. Eichholz, Der missionarische Ka-

Gal. 4,I2

veva tra i Galati non come un giudeo, ma «come» un «paga­ no» (w� Ùp.Et�), «dietro il qual passo, per lui giudeo, stava la medesima decisione fondamentale, che egli ora esige da loro nei riguardi dei loro seduttori giudaisti» (Schlier) . Ciò non si­ gnifica affatto che Paolo allora abbia «preso a modello i Ga­ lati pagani», come osserva, obiettando, l'Oepke. 64 Paolo pres­ so i Galati non si attenne a un «modello», ma alla sua theolo­ gia crucis. Il modello era lui, come apostolo del Crocefisso, per i Galati, non i Galati per lui! E a questo modello essi devono ulteriormente e nuovamente attenersi; perciò l'Apostolo li prega formalmente : c) CÌOEÀq>oL, oÉop.a.t ùp.wv . Dunque l'imperativo (y!vEa�E) viene anteposto come preghiera: da ciò i Galati possono rico­ noscere tutto l'impegno personale dell'Apostolo nella que­ stione della libertà del cristiano dalla legge. La preghiera fa l'effetto di un appello scongiurante. d) ouoÉv p..E i}otxi}aa."tE. Questo terzo membro nel v. 1 2 è collegato asindeticamente, e asindeti di questo genere posso­ no avere una determinata funzione logica nell'argomentazio­ ne, qui questa: benché a suo tempo presso di voi io vivessi co­ me un «pagano» e non come un giudeo, voi non m'avete in alcun modo (ouoÉv) fatto torto. Qui si pensa al tempo in cui l'Apostolo si trovava fra i Galati (cfr. l'aoristo i}otx1}aa't'E) : allora i Galati non si sono in nessun modo scandalizzati per la vita «senza-legge» dell'Apostolo, non gli hanno nuociuto ma­ gari con diffamazione e disprezzo, come fanno i suoi avversari. Infatti l'espressione aotxEtv si deve intendere come riferita al non des Paulus. I Kor. 9,I9-23, in Tradition und Interpretation (Miinchen 1965) 1 14-120.

64. Oepke (e con lui Michaelis, in ThWb IV, 675, n. 29) non riconosce che anche dietro la pericope 4,1 2-20 sta il problema della legge, che l'Apostolo ha risolto «e­ sistenzialrnente» ed esemplarmente nel senso «del suo» evangelo, quando faceva il missionario presso i Galati. Paolo non prega i Galati, come pensa Oepke, «di essere accondiscendenti con lui», «cosl com'egli fu con loro». Paolo infatti non «si mostrò» affatto «compiacente verso» i Galati, quando annunciò loro il Xpr.o->, che Paolo annuncia ai Galati , non sono dunque certamente «le parole am­ monitrici, che egli ha detto loro durante la sua seconda visita» (cosl Oepke), né le dure parole della sua lettera (cosl Zahn). 87. Moulton-Milligan rinviano a �1)Àovv in PSJ 1, 94,9 : �'r}ÀOL y,Xp 't'Ì)V p.&.tJ)cnv e ad un'iscrizione (Miche! 394,47) : Écp'o� OVX Tl't't O'V 6 8-ijp.oc; [�]'JlÀ.OL av't6V. 88. Der leidende Apostel 1 83 s. 89. Il Bonnard osserva inoltre: «Può darsi pure che il suo ritegno provenga dal fatto che la sua lettera sarà letta a tutta la chiesa, in presenza di questi personag­ �i misteriosi; l'apostolo intende lasciare che la chiesa prenda le sue responsabilità». 90. �'JlÌ..OU'tE è congiuntivo (Blass-Debr. § 9r). 9 1 . A ciò pensa, ad es., il Burton.

Gal. 4,I7

modo isolarli e poi guardagnarli più facilmente a sé.92 Il Light­ foot (come il Bonnard) pensa che l' «esclusione» dei Galati si­ gnifichi anche la loro esclusione da Cristo e dalla sua grazia (cfr. 5 ,4) .93 In tal caso, però, in DÉÀouO"t.'V si avrebbe una pura insinuazione dell'Apostolo a carico degli avversari; infatti co­ storo non «vogliono» sicuramente «escludere» i Galati da Cristo e dalla sua grazia. Secondo il Lagrange gli avversari mi­ nacciano i Galati nel senso che essi - nel caso d 'una loro ulte­ riore fedeltà all 'evangelo paolino, esente dalla legge - verreb­ bero esclusi dalla comunione con la protocomunità («gli auto­ revoli» ! ) . Bligh: «Il verbo 'escludere' nel v. 1 7 appartiene alle immagini della festa nuziale; dr. Mt. 2 5 , r o-r 2 » ; dunque gli avversari costituirebbero una minaccia nel senso che i Ga­ lati verrebbero «esclusi» dal banchetto nuziale escatologico.94 Il fine dell'«escludere», espresso dall'Apostolo con la propo­ sizione L'Vr.x. r.x.u 't oÙ� �1'}ÀOV'tE, rende molto verosimile che gli avversari vogliano effettivamente «escludere»9' i Galati dalla comunione che questi hanno finora avuto con l'Apostolo; in tal caso anche il «volere» degli avversari non è un'insinuazio­ ne dell'Apostolo, ma una constatazione della massima serietà. Gli avversari vogliono metter male fra i Galati e l'Apostolo per poterli poi tanto più facilmente guadagnare a sé; ai Galati non deve rimanere nient'altro che questo: «corteggiare» gli avversari (a.u'tovpavD'l)'tL, a''tEt:pcx. 'Ì) OÙ 'ttX"t"OUCia, pij�ov xat �6'l)crov, T} oux wStvouua · 8'tt 7COÀ.À.Ò. "t"Ò. 't'ÉX'VCX. 'tij� Ep'i)IJ.OU IJ.tiÀ.À.ov il 'tii� txouCM)c; 'tÒv &vSpa». 28 UP.,Ei:� oÉ, CÌ O EÀq>ot, XCX.'tà. 'Iaa.à.x E1tayyEÀ.!ac; 'tÉX'Va. Ea''tÉ. 29 aÀ­ l'wfJ"1tEP 'tO'tE o xa.'tà. uapxa. YE'VV'l)DEL� ÈOtWXEV 'tÒV Xa'tà. 1t'VEVIJ.t1, ou�w� xcx.t vuv . 3o CÌÀ.À.à. 'tt À.ÉyEt, TJ ypaq>1}; > come lo intendo io, esso corrisponde alla Ge­ rusalemme odierna. Agar - diatheke sinaitica - Gerusalemme attuale si «corrispondono» : dal punto di vista «allegorico». Due cose si tengono presenti in questa interpretazione: I . il genere letterario del passo (fino al v. 2 7) : si tratta di allego­ ria o tipologia; 2 . il tertium comparationis (schiavitù) .38 Il te­ sto originario potrebbe essere: "t'è SÈ l:t'V& opo� Èa"t"tv lv "t'ii 'Apa���.'9 Che Gerusalemme «si trovi coi suoi figli40 in condizione di 37· Invece della particella oÉ all'inizio del v. 25a d si potrebbe attendere la par­ ticella 1J.Év ; però l'Apostolo impiega questa particella già prima (J.lta. t.J.É'V ... ); per­ ciò essa all'inizio del v. 25a turberebbe il senso. Inoltre la particella oÉ mette più nettamente in risalto l' «obiezione». 38. Il ragionamento dell'Apostolo forse diverrebbe più chiaro, se nel testo, dopo tv 'tTI 'Apa.�l�, invece del punto e virgola si mettesse una virgola (come fanno Aland-Black-Metzger-Wikgren) , perché in tal modo il v. 25a sarebbe meglio tol­ to dal suo apparente isolamento. 39· Tra i commentatori è Zahn quello che s'avvicina di più alla nostra opinione: «Secondo il testo giusto, del monte Sinai si dice piuttosto che esso si trova in A­ rabia, ma, d'altra parte, esso sta sullo stesso piano, si trova sulla stessa linea della Gerusalemme attuale». Tuttavia lo Zahn si toglie da sé la possibilità di una vera motivazione di questo rapporto tratta dal testo, poiché all'inizio del v. 25a invece di oÉ legge yap. 40. Per Gerusalemme o Sion come madre d'Israele cfr. nell'A.T. ad es . Bar. 4,8 ( «Avete rattristato la madre che vi generò, Gerusalemme»); Is. 49,14-2 1 ; 50,1 ( «vostra madre)>); 51,18 («di tutti i figli che ha partorito»); 54,1 ; 6o,4 (i tuoi figli e figlie); inoltre Pidea della vedovanza di Gerusalemme in Bar. 4,1 2 ; Is. 3,26; l..am. 1 ,1 . Cfr. inoltre apoc. Esd,·. 10,7.17; apoc. Bar. syr. 3,1 ss.; Tg. Cant. 8,5 ( « in quell'ora Sion, che è madre d'Israele, partorirà i suoi figli e Gerusalemme ac­ > l'«lsmaele» che si è intromesso fra di loro. Non si può decidere se questo Èx�ciÀÀ.E�'V sia inteso alla lettera o nel senso di opporre loro una resistenza morale. Si può intendere anche in senso lette· rale: «Allontanateli di mezzo a voi! » ?' In ogni caso Paolo si mantiene coerente alla situazione, che dev'essere tenuta pre­ sente per non trarre conclusioni false, riferendo senz'altro la citazione del v. 30 ai giudei. Così ad esempio il Luz pensa: «Qui si esprime esplicitamente il rigetto dei giudei» .76 Simil.. mente pensano altri esegeti.77 A una tale interpretazione d'im­ pronta antigiudaica giunge chi non osserva il contesto imme­ diato, che mette chiaramente in evidenza la situazione in Ga­ lazia.78 Si tratta della «espulsione» degli avversari dalle comu­ nità galate, non dei giudei, anche se nel v. 25 con la «Gerusa­ lemme attuale» si facesse chiaro riferimento al giudaismo, co­ me pensa la maggior parte dei commentatori, ciò che a noi pe­ rò sembra improbabile (vedi a 4,2 5 ) ?9 Ovviamente la «Geru­ salemme odierna» congiunge giudaismo e giudeocristianesi­ mo in modo tutto particolare : per giudei e giudeocristiani Gerusalemme è la (Berger) .81 Questa formulazio­ ne coglie esattamente lo scopo perseguito da Paolo in Gal. 4 · 3 1 . Il versetto costituisce la deduzione conclusiva dell'intera pericope 4 ,2 1-30, la quale è al tempo stesso una conclusione definitiva delle due interpretazioni scritturistiche dei vv. 228o. Arbitraria ma interessante è l'interpretazione che il Bligh dà dell'intera perico­ pe 4,2 1-30 (Gal. 390-409), che egli intitola: «Manda via Agar! ». Per il Bligh la Gerusalemme terrena (dr. 4,25 ) è quel centro giudeocristiano, che pretende di avere il controllo sulle chiese etnicocristiane (con rinvio a 2,9); ma «madre no­ stra non è questa Gerusalemme terrena», bensl quella celeste, che è «libera» e che dapprima parve avere pochi figli, ma in effetti - come mostrano già chiara­ mente i successi missionari fino all'anno 57 - ora ha veramente molti «figli». La «Gerusalemme terrena», che rappresenta il giudeocristianesimo fedele alla legge, non viene condannata all'estinzione, benché essa sia estinta . E anche il giudaismo esiste ancora fino ad oggi; ma, secondo il Bligh, lo stesso Paolo avrebbe sperato «che la conversione di tutto Israele avvenisse entro una generazione; egli era pron­ to a suonare a morto per il giudaismo» (407). Cosl allora si adempirebbe l'annun­ cio di Gal. 4,30: eredi della salvezza rimasero infine soltanto i figli della Gerusa­ lemme celeste. Il Bligh però aggiunge: «Ma ciò non si può desumere soltanto da

Gal. 4,30». B r . Abraham in den pln. Hauptbriefen 63 . Sull'«inserimento» paolina dell'Israele «ostinato>> nella salvezza di Cristo cfr. le considerazioni di D. Zeller, ]udcn und Hciden in der Mission des Paulus. Studien zu Rom. ( Stuttgart 1973) 28 �-289.

Gal. 4/JI

,508

27 e 29 s. (ot6) . 82 Tale conclusione oltrepassa il primo epilogo formulato apoditticamente nel v. 2 8 , in quanto ora l'idea del.. la libertà ( fi).,)'và "ti]� EÀEvDÉpa.�) è nuovamente accentuata e così riproiettata sull'inizio dell'«allegoria» nel v. 2 3 (Ex "ti)� EÀEvDÉpa.ç), su quella madre libera del figlio libero, la quale, nella visuale «allegorica» dell'Apostolo, diventa «la Gerusa­ lemme superna» , che è la madre «libera» dei liberi cristiani (v. 26). Ma mediante l'homoioteleuton 'ti)� EÀEvDÉpa.�, con cui si concludono i vv. 30 e 3 1 , si ha chiaramente anche un di­ retto rapporto consequenziale fra questi versetti, che si rial­ laccia all'idea dell' «ereditare» : i figli-della-fede di Abramo so.. no i veri eredi della promessa di benedizione ( 3 , I 4; 4,7), e co­ me tali non sono più schiavi e figli di schiavi e «di conseguen­ za» (Ot6) sono anche figli > (Vielhauer, Paulus und das A.T .53). 24. In questo nostro excursus tralasciamo la questione circa il principio ermeneu· tico fondamentale che guida Paolo nella sua interpretazione teologica e nella tra· sposizione di senso del testo veterotestamentario. In ogni caso, questa im,ostazio­ ne ermeneutica fondamentale è connessa al Xpt.CT't'Òc; Écr't'a.vpwiJ.ÉVoc; (Gal. 3,r). Su ciò cfr. anche Vielhauer, Paulus und das A.T .53·,.5 ; U. Wilckens , Die Bekehrung des Paulus als religionsgeschichtliches Problem : ZThK 56 (19.59) 27 3·293 · .

.

Excursus 6

518

a) Concetti direttamente temporali: "tO'tE (4,8 .29); vOv (2, 20; 4,9 .2 5 .29) ; ouxÉ't t, (3,2 .5 ; 4,7) ; xpovo� (4 ,I .4) ; xat,poc; ( 6, I o) ; « 4 3 o anni» ( 3 , 1 7). b) Uso dei tempi: 2' presente (ÉO''tE, ÉO'IJ.E'V , el, �w, �il) ; im­ perfetto ( 111J.E'V, iliJ.eDa) ; aoristo (considerando l'azione reden­ trice unica di Cristo ( È�l}yopaaev, È�a1tÉO""t'Et,À.Ev , i}À.euDépw­ aev); futuro ( DeptO"Et,, DeptO"W(.lE'V, xÀ.l)povo(.li}aoucrt,v) . c) Verbi con contenuto temporale: ÈÀ.Detv ( 3 , I 9 .2 3 .25 ; 4, 4); IJ.ÉÀ.À.Et,'V ( 3 ,2 3 ) ; «aspettare» (;,5 ) . Rientrano in questo gruppo anche i composti con la preposizione 1tpo: '7tpO-t,OELV ( 3 ,8), 7tpo-euayyeÀ.,�Et,'V (3,8), 1tpo-xupetv ( 3 , I 7 ) . d) Preposizioni temporali: 1tp6 ( 3 ,23), et� ( 3 ,2 3 s.). e) Congiunzioni temporali : axpt,� liv ( 3 , 1 9) . /) Altri «concetti temporali>> : «l'attuale eone malvagio» ( I , 4) ; '7tpoDecr�:�t:a termine (4,2 ) ; T}CTlv, 6 Xpt.CT"t'6c;, xal O'Ù 1tEpt.'tJJ.TJD1J"t't.. Per l'u· sanza della circoncisione nell'antichità e specialmente in Israele dr. Meyer, in ThWb VI, 72-8o; F. Stummer, in RAC II, 1 59-169 (bibliogr.); Eckert, Die urchrist­ liche Verkundigung 49-64. 20. «Per Paolo la questione della circoncisione non è un punto fra gli altri in un evangelo diverso, ma il punto centrale concreto, di fronte al quale gli spiriti si di­ vidono e si prende la decisione» (Eckert, Die urchristl. Verkundigung 40, n. 6). 2. I . Cfr. anche Miiller, Anstoss und Gericht 1 12 , n. 20. 22. Cfr. anche la domanda in Iac. 2,14: "t'' "t'Ò ocpEÀoc;; ' che tiene presente anch'es­ sa il giudizio futuro; inoltre Mt. 16,26 ; Mc. 5,26 ; r Cor. 13,3 . 23 . «IJ.(Xp'tupo�Mtt. sta . . in parallelo con l'altrettanto solenne ÀÉyw del v . 2» (Oep.

Gal. 5�J

'J2 7

ma esplicativa.24 L'attestazione è una dichiarazione che Pao­ lo «nuovamente» (1taÀt.'J) esprime. Quanto a 1t6.Àt.v, non si può pensare che l'Apostolo in qualche occasione precedente abbia già istruito i Galati sul valore o non valore della circon­ cisione (non ce n'era motivo, poiché i Galati provenivano dal paganesimo) ;2' Paolo potrebbe tuttavia pensare ad altre cir­ costanze del passato, in cui può aver avuto occasione di par­ lare del problema della circoncisione, ad es. in Gerusalemme (dr. Gal. 2 ,5 e la relativa esegesi; Act. 1 5 ,5) o in Antiochia (dr. Act. 1 5 , 1 ) . Che 1taÀt.v abbia una funzione soltanto pro­ secutiva (di rimando al precedente À.Éyw) , come pensano molti esegeti, è poco probabile. Però ora l'Apostolo estende la sua « testimonianza» sulla circoncisione a ogni uomo (1trL'J"t't àv­ itpw1t�) che si faccia circoncidere ( 1tEpt.'tEP.,'JOP.,É'J�) . Questo participio presente congiunto esprime «contemporaneità>>26 e ha valore condizionale.27 Non si vuole quindi dire: «chi si è fatto circoncidere», ma: «se egli (ancor adesso, da cristiano) si fa circoncidere» , in tal caso ne consegue che è obbligato a osservare tutta la legge. ocpEt.ÀÉ'tT)c; EL'JrLt. significa: «essere ob­ bligato», qui collegato col semplice infinito (1to t.T)cra.t.) .28 Col principio che il circonciso deve osservare tutta la legge, Paolo fa sua, in tutto, la concezione giudaica. Il proselito a pie­ no titolo, dopo la sua conversione, equivaleva «sotto ogni a­ spetto a un giudeo» (b. ]eh. 47b) .29 «Ciò significa anzitutto che egli, come ogni giudeo, è tenuto a osservare tutta quanta la legge giudaica. A ciò corrisponde la dichiarazione di Paolo in Gal. 5 ,3 » (K.G. Kuhn) .30 Ma poiché, secondo la dottrina rab­ binica, il proselito - essendo per nascita non giudeo - non ha ke); cfr. anche Eph. 4,1 7 : À.Éyw xat (J.ap"t'vpo�UIL Év xvp{C!). 24. Cfr. anche Mayser, Grammatik 11,3, 126. 2,. Per questa ragione D* G 1 7 3 9 pc., it, got, arm hanno omesso 'KaÀ.r.v. 26. Cfr. Mayser, Grammatik II,I , 168 s. 27. Cfr. Beyer, Semitische Syntax 223 . 28 . Cfr. Bauer, Wb., s.v. 6cpEt.À.É"t'11� 2b. 29. Similmente in Mech. Ex. a Ex. 12 ,49 (Winter/Wiinsche 55) si dice : «Viene la Scrittura ed equipara lo straniero all'aborigeno per quanto riguarda tutti i pre· cetti della torà». ,30. ThWb VI, 739,25 ss. Cfr. anche la pretesa dei giudeocristiani farisei in Act. 1, ,, : SE� 1tEpt."t'ÉlJ.VEW aù"t'ov� 1tctpt:tyyÉì..).E. w 'tE "t'T}pEi:v "t'Òv v61J.ov MwuO"Éw�.

Gal. 5,3

alcuna partecipazione ai meriti dei padri,' 1 nell'acquisire la giustizia derivante dalla legge poteva fare assegnamento esclu­ sivamente sul proprio merito» (Billerbeck) ,'2 cioè sul 7t O tii­ aat. Che la circoncisione comporti che la vita sia conformata alla legge nella sua totalità, probabilmente i Galati non lo sa­ pevano, e probabilmente non era stato detto neppure dagli av­ versari.33 Nemmeno Paolo precisa direttamente se essi abbia­ no dichiarato la circoncisione necessaria alla salvezza, come ­ secondo Act. 1 5 , 1 - hanno fatto i giudaisti ad Antiochia (ou ouvaaDE crwi)i}var,) ; ma è da supporre, perché l'E""tEpov Euay­ yÉÀtov degli avversari (cfr. Gal. I ,6) comprendeva probabil­ mente la dottrina che si diventa vero cristiano mediante il bat­ tesimo e la circoncisione, come anche proselito si diventava con la circoncisione e un bagno di immersione.34 Tutte le espo­ sizioni teologiche dell'Apostolo in Gal. non avrebbero nessun giusto appoggio nella situazione concreta della Galazia, se là non fosse stata insegnata dagli avversari che per la salvezza era necessaria una vita conforme alla legge e quindi anche la cir­ concisione. Solo questo, che la circoncisione comporta l'obbli­ go di tutta la legge, non era stato probabilmente da loro inse­ gnato. Paolo tuttavia richiama l'attenzione su questo punto e al tempo stesso - col concetto di 7tOtEtV derivante da Le v. I 8 , 5 (cfr. Gal. 3 , 1 2) - ancora sul principio inerente alla legge: le esigenze della legge devono essere «eseguite» , se si vuoi ot­ tenere la salvezza per mezzo di essa.3' Che i giudeocristiani di fatto vivessero secondo la legge, al­ meno in Gerusalemme (cfr. Act. 2 1 ,20) , non irrita l'Aposto­ lo; egli stesso secondo Act. r 6,3 fece circoncidere Timoteo «a motivo dei giudei, che erano in quelle regioni» .36 Ma non ap3 1 . Cfr. Billerbeck I, 1 19 s. 32. Ibid. III, ;;8. 33· La circoncisione per se stessa non cade sotto la legge, ma è quell'atto con cui ci si sottopone alla legge, ci s'impegna a una vita conforme alla legge. 34· Cfr. Kuhn, in ThWb VI, 738. 35· Invece di 1tOLijO"aL leggono 1tÀ:ru:JwO"aL 440 pc., syrb, Marcione; lezione secon­ daria, desunta da Mt. 5,17, mediante la quale però il principio della legge, che sj basa sul «fare», non viene valorizzato con altrettanta chiarezza. 36. Haenchen (Die Apg. 423) tuttavia ritiene che Luca - con la sua osservazione sulla circoncisione di Timoteo - «sia stato vittima di una tradizione non attendi·

Gal. J,J.4

pena la circoncisione fu dichiarata necessaria alla salvezza, Paolo lottò per la verità dell'evangelo. Del resto, secondo i1 suo insegnamento, «in Cristo Gesù non contano né circonci­ sione né incirconcisione» (Gal. 5 ,6) ; è qualcos 'altro che im­ porta.

4· > nella corsa.78 Infatti il termine E.yx61t't'EL'V dev'essere inteso a partire dall'immagine del «correre» ; esso indica un «arresto» nella corsa : «Chi vi ha fermati (nella vostra corsa)» , cosicché voi non volete più continuare a cor.. rere come avete lodevolmente fatto finora/9 ma diventate di•• •

73 · Per xa.À.w; cfr. anche 4,17 (où xa.À.w;); Bauer, Wb. , s.v. xa.À.w; 1 traduce: «voi eravate cosl belli nella corsa», dove naturalmente «bello» si deve intendere nel senso giusto; xa.À.w; non è una categoria estetica, ma un giudizio elogiativo dell'Apostolo sul «correre» dei Galati - finora coerente - sulla via dell'eVangelo (cfr. anche Pfitzner, Paul and the Agon Moti/ 137 ). 74· Cfr. anche Ps I I8,32 LXX (bòòv Èv�oÀ.wv crou fòpa.(.l.ov); 4 Mach. 1 4 ,5 ("K«iv­ 'tE).

18. Sulla preposizione St.à. ('t'il� &ya1t1]aÀ.atou--rat di Rom. 1 3 ,9 ? A noi sembra che, come alternativa, la domanda sia mal posta. Rom. 1 3 ,8-I o , che si può considerare come un autentico commento a Gal .5 , 1 4 , dà a vedere che !'«adempi­ mento» della legge consiste s} nella realizzazione decisiva del precetto dell'amore, ma che in ciò si trova pure il suo «com­ pendio» e punto culminante.23 Dunque non solo «l'esigenza del nomos» , secondo Gal .5 ,14, è «completamente adempiu­ ta» con l'amore del prossimo, come pensa il Delling/4 ma l'a­ yci1tT} dà anche totale compimento alla legge, intesa come e­ spressione della santa volontà di Dio . Contro questa opinio­ ne non serve rinviare, col Delling, ad E'V È'VL À.oy�; perché l'os­ servanza della legge non sta in una frase, ma in ciò che è enun­ ciato nella frase: «Amerai il prossimo tuo come te stesso» .2' Anche trattando di etica, Paolo ragiona in termini «storico-sal­ vifici» : l'&.ya1t1}, che si è rivelata esemplarmente nella mor=

.

.

22. Grammatik II,2, x�o. 23 . II significato di '1tÀ.1'}povv «completare, arrotondare (una somma)» si trova pure in Hdt. 7,29 e in ep. Ar. xo (ThWb VI, 286,19 s., Delling). 24. ThWb VI, 291 ,2,5 s.

2,5. Per l'aspetto testuale di Lev. 19,18 in Dam. e nel N.T. cfr. J. de Waard, A comparative Study of the Old Testament Text in the Dead Sea Scrolls and in the New Testament (Leiden 196.5) 34·37·

Gal. J,I4

'6I

te sacrificale di Cristo, è l'esecuzione e il perfezionamento e­ scatologico della legge.26 Ad c. 7tÀ1)0"LOV. A quale «prossimo» pensa l'Apostolo rin­ viando i Galati a Lev. 1 9 , 1 8 ? Forse la domanda può essere meglio formulata così: a quale «prossimo» avranno pensato i Galati, messi di fronte a Lev. 1 9 , 1 8 ? «Il precetto dell"amore del prossimo' in Lev. 1 9, 1 8 .. vale evidentemente anzitutto nei confronti dei membri del patto con Jahvé, senz'altro non nei riguardi di tutti gli uomini. Però . . . in Lev. 1 9 ,34 esso vie­ ne reso vincolante anche in riguardo al ger, cioè al forestie­ ro che abita nella regione . . . , e proprio con le stesse parole con cui Lev. I 9 , I 8 si riferisce agli 'israeliti' . . . L'esegesi giuridica giudaica più tardiva ha apportato un'esplicita limitazione al precetto dell'amore; essa lo rende valido solo per gl'israeliti e i proseliti a pieno diritto . . . ed esclude il samaritano, lo stranie­ ro, ossia il forestiero/estraneo (nokrt) e il ger tosab, l'immi­ grato che nel giro di r 2 mesi non si è associato alla comunità giudaica» (Fichtner). 27 Ma nel primo giudaismo si fecero sem­ pre sentire anche voci che parteggiavano per un allargamento del precetto dell'amore a tutti gli uomini.28 Nella predicazione di Gesù il concetto di «prossimo» diventa un'entità che attra­ versa l'intera umanità, con tutte le sue barriere o i suoi parti­ colarismi naturali e artificiali e ininterrottamente li supera, tanto che per Gesù ogni uomo può diventare mio prossimo.29 Tuttavia per il N.T. c'è da osservare che il precetto in que­ stione nella chiesa primitiva subì di nuovo una certa limitazio­ ne, in quanto l' «oggetto principale» dell'amore è il confratel.

26. Probabilmente il perfetto 1tE'RÀ:f}pw-ta.t. è gnomico e wol dire che la legge è sempre perfettamente osservata, se si adempie il precetto dell'amore. � D G e molti altri hanno il presente (Eckert, Die urchristliche VerkUndigung 136). Cfr. anche W. Pfister, Das Leben im Geist nach Paulus (Freiburg/Schweiz I963 ) passim. 8. Cfr. Beyer, Semitische Syntax im N.T. 253 . 9· Cfr. Blass-Debr. § 365. IO. 'tEÀ.ei:v = eseguire, effettuare, sbrigare, compiere ; dr. Bauer, Wb. , 'tEÀ.Éw 2. II. Theologie des N.T. 24I . Cfr. anche Mussner, ]akobusbrief 88 (a lac. r,14 s., dove si descrive con maggiore precisione l'operato della «brama»).

Gal. J,I] I 7. Come indica il rapporto di causa in cui si trova questo ver­ setto rispetto al precedente (cfr. ycip), l'antitesi 1t'VEV(.1a.-O"cipç è già presupposta anche nel v. 1 6, ed ora è esplicitamente e­ nunciata: «infatti la carne ha brame contrarie allo Spirito» . Si motiva più precisamente il fatto «che il decidersi per una vi­ ta conforme allo Spirito esclude l'opera della brama carnale» ( Oepke) . I due termini O"ap; e '7t'VEV(J.CI hanno l'articolo e so­ no usati in senso assoluto, quindi sono chiaramente intesi co­ me potenze influenti, oggettive, quasi personali, senza che l'A­ postolo si soffermi a speculare a questo riguardo. Le afferma­ zioni hanno un tono apodittico. E tuttavia la O"ap� «non è una potenza che agisca nello stesso modo del 1t'VEV(.1a.. La O"cip� non compare mai come soggetto di un agire in cui non faccia da riflesso ad un enunciato sull'attività del 1t'VEU(.1CI, mentre viceversa 1tVEV(J.a. compare spesso come soggetto agente con o senza O"cipç nel contesto» (Schweizer) .1 2 Ciò va osservato per evitare di considerare Paolo come il sostenitore di una conce­ zione dualistica delle cose. Vi sono tre questioni da chiarire: che cosa s'intende con 'tÒ 1t'VEU(.1a? Che significa È1tt.itu(J.Ei:? Qual è il vero senso di i) o-cipç? Che con -tè 7t'VEV(J.a s'intenda far riferimento al Pneuma bat­ tesimale, concesso per pura grazia, si deduce dal contesto più ampio. Infatti «il frutto dello Spirito» (.5 ,2 2 ) non è un frutto dell'uomo pensante, vivente «spiritualmente», ma sono i do­ ni del Pneuma santo, che vengono enumerati nel catalogo di virtù dei vv. 2 2 s. Ma soprattutto va considerato il testo di 6 , 8 : il Pneuma da cui si miete la vita eterna è il vitale Pneuma divino, concesso nel battesimo. La O"apç,13 non s'identifica con la natura (corporea) dell'uo-

12. ThWb VII, 131 ; cfr. anche Kuss, Romerhrief 514 s. I J . Sul concetto paolino di a&.p� dr. soprattutto W. Schauf, Sarx. Der Begriff «Fleisch>> heim Apostel Paulus unter hesonderer Berucksichtigung seiner Erlo­ sungslehre (Miinster 1924); Bultmann, Theologie des N.T. 232-246 ; Kuss, RO­ merbrief 506-540 ; Schweizer, in ThWb VII, 124-138 ; E. Branderburger, Fleisch und Geist. Paulus und die dualistische Weisheit (Wissenschaftliche Monogr. zum A. und N.T. 29) (Neukirchen 1968 ); A. Sand, Der Begrif} «Fleisch» in den pau­ linischen Haupthriefen (Bibl. Untersuchungen 2) (Regensburg 1967) (resoconto

Gal. J,I]

mo, bensi è l'essenza di ciò che è terreno, ostile a Dio e pecca­ minoso; con questo termine l'Apostolo indica «tutta la mise­ ria di quell'uomo . . . , che non è afferrato dal Pneuma» (Kuss) .14 Secondo Gal. 5,24, essenza della carne sono le «passioni e le brame» ; queste assumono concretezza nel precedente catalo­ go di vizi (vv. 1 9 s.), in esse si manifesta l'inimicizia della car­ ne contro il Pneuma, cosicché sussiste una situazione di con­ flitto fra «carne>> e «Spirito», che l'Apostolo indica anzitutto dapprima come «brama» della carne contro lo Spirito e vice­ versa. Perciò la cosa migliore è tradurre E'7tttlup,et:v di Gal. 5 , 1 7 con «insorgere contro» ,1' il che nelle nostre lingue europee ha il senso di respingere o accampare una pretesa, far cadere o pretendere un dominio, insorgere contro qualcuno. Che l'Apostolo effettivamente pensi a una tale situazione di conflitto fra «carne» e «Spirito» , si può dedurre limpida­ mente dal v. 1 7b, che motiva (cfr. ycipY6 cosi la dichiarazione del v. 1 7a: «perché questi (due) sono in contrasto fra loro>> ('t CIV't'CI yàp aÀÀ1}Àotc; civ'tlXEt,'tat) . a'J'tLXEtaDa.y, vuoi dire «contrapporsi» , «fare da contrasto a», «essere in conflitto con qualcuno» . 17 Tale «contrapposizione reciproca» della «carne» e dello «Spirito» ha questo fine : L'JCI p,'Ì) a Èàv DÉÀT)'tE 't(X.U't'tx. '7tOt,'ij­ 'tE. Le opinioni sul senso di tva sono disparate: è :finale,X8 è consecutivo/9 è un tva «dell'intenzione divina» ? E qual è il senso di tutta la frase introdotta da i:va? 20 Anzitutto è certo che il soggetto di detta frase sono i destinatari o, in generale, i battezzati. Essi non possono fare ciò che vogliono (fare). Poi­ ché 'ttx.V'ta. nel v. 1 7a si riferisce senza dubbio a «carne» e analitico delle ricerche; esegesi; confronto nell'ambito della storia delle religioni). 15. Cfr. anche Bauer, W b. , s.v. 14. Romerbrie/ 5 16. 16. Leggono yap (sicuramente originario, dr. anche Bisping) P' B S* D* G lat; St A C � pl. 17. Cfr. Bauer, Wb. , s.o. ; Moulton-Milligan citano da P. Par. 45,6 : MEVÉ01)l.LOV UV'ti.XEliJ.EVOV 'i)p.�'V. x8. Cosl Sieffert, Schlier, Schweizer (ThWb VI, 427, n. 641 ). 19. Cosl Bisping, Lightfoot, Lagrange, Kuss, Bonnard e altri. 20. Per la discussione dr. Oepke (ad l. ) e specialmente P. Althaus, « . Da.ss ihr nicht tut, was ihr wollt» (Zur Auslegung von Gal. J,I]): ThLZ 76 ( 19, 1) 1'-18 . ..

Gal. ;,I7

«Spirito» , l'intenzione della loro vicendevole ostilità è d'impe­ dire agli uomini di compiere la loro «volontà» .21 Ogni volta l'una potenza si oppone a ciò a cui l'altra vuole spingere l'uo­ mo.22 Se il Pneuma spinge l'uomo al bene, la carne cerca d'im­ pedirlo; se la carne lo istiga al male, il Pneuma cerca a sua vol­ ta di opporvisi. Dunque «Spirito» e «carne» hanno aspirazio­ ni contrastanti e si trovano fra loro in conflitto.23 Interpre­ tando così, è chiaro che tva è inteso in senso finale. Ma l'uo­ mo è il campo di battaglia sul quale si scatenano i conflitti fra Pneuma e sane O meglio: ambedue lottano nell'uomo per contendersi l'uomo. Questi però non è semplicemente dato in balia delle due forze; il «desiderio» dello Spirito e quello del­ la carne lo collocano piuttosto in una situazione di decisione, nella quale egli è di volta in volta invitato «a fare ciò>> verso cui è spinto. 24 Se l'uomo si trovasse tra le due forze in condi.. zione d'impotenza e se fosse solo il campo di battaglia passivo 2 1 . Nella frase tva. p.i) a làv t)ÉÀ.T)"tE "ta.U't'a. 'JtOt.i]"tE il pronome relativo 4 viene ripreso dal seguente pronome dimostrativo 't'a.V"ta. («dimostrativo anaforico»); cfr. Beyer, Semitiscbe Syntax im N.T. I69-171 . 22. Cfr. anche Wibbing, Tugend- und Lasterkataloge 1 10 s. 23. Cfr. anche 1 QS 4,16b-x 8a (sostanzialmente secondo la traduzione del Lohse): «tX.p(.ltX.XEta., �xi)pa.t., �pt�, �ijÀ.o�, ftvJJ.o�, Èpt.De:i:a.t., otxocr-trtcrtCit., a.tpÉcrEt.c;, 21 cpDovot., IJ.ÉDa.t., xw(J.ot., xa.t "t'tX O(J.Ot.rt 'tOU'tOtc;, a 7tpoÀ.Éyw Ù(J.LV xa.itwc; 1tpOEL1tO'V, O'tt. OL 'tà. 'tOt.a.u­ '\"tX. 7tp&.crcrov-tEc; �ao-tÀ.Etrt'V DEov oò xÀ.1)povo(..nicroucrtN . 19 Manifeste sono le opere della carne, che sono : fornicazione, impuri­ tà, dissolutezza, 20 idolatria, stregoneria, inimicizia, contesa, gelosia, ire, intrighi, discordie, fazioni, 21 invidia, sbevazzate, gozzoviglie e co­ se simili. E vi dico fin d'ora, come già prima dissi : coloro che fanno ta­ li cose, non erediteranno il regno di Dio .

1 9-2 I a . Il catalogo dei vizi ha un'introduzione (come succes­ sivamente, nel v. 2 2 , ravrà anche il catalogo delle virtù) : cpcx.­ VEpà. OÉ28 ÈO"'tt.'V 'tà Épya. 't'fiç aa.px6ç. Dunque il catalogo, co· me questa introduzione dimostra, «non è usato in senso di­ rettamente parenetico», ma ha anzitutto «il carattere di un in27.

«L"essere spinto' (vedi anche Rom. 8,14; cfr. I Cor. 12,2) indica la preminen­

te potenza dello Spirito, il quale ora è il principio dominante �Ila vita dei

cre­

denti e battezzati; ma chi è afferrato dalla forza del Pneuma, non ha più bisogno della legge mosaica : non sta più sotto la legge» (Kuss, Romerbrief 562). 28. Qui ovviamente la particella SÉ non è avversativa, ma continuativo-esplicativa .

Gal. J,I9-2Ia

'7 3

segnamento descrittivo» (Kamlah) .2' Le opere della carne'0 sono «manifeste, risapute» (cpa.'VEpci) ,'1 cioè non hanno biso· gno di essere scoperte solo ora, dal momento che si presentano ogni giorno a chiunque. L'Apostolo ne enumera una lunga se· rie, «le quali sono . . . » ( li"tt.V ci ECT'tt.V) . Cataloghi di vizi (e di virtù) si trovano tanto nel giudaismo quanto nell'etica pagana dell'antichità come pure nel N.T.32 (specialmente nella letteratura paolina) .33 Nel catalogo di vizi e di virtù di Gal. i singoli elementi sono giustapposti asindeti· camente. «Questa forma di elencazione si formò progressiva· mente nella letteratura ellenistica e tardo·giudaica, infatti i filosofi popolari elaborarono questa semplice forma di elen· 29. Die Form der katalogischen Paranese 16. Cfr. anche Vogtle, Tugend- und La­ sterkataloge (vedi n. 32) 30 («tra i rimanenti cataloghi Gal. 5,19 - che assieme al catalogo delle virtù forma un'unità compatta e solo in 5,25 trova la sua appli­ cazione ai destinatari - conformemente al suo scopo didattico e teorico, anzitutto non pretende affatto di avere un riferimento concreto ai Galati»). 30. Per l'espressione 'tà. lpya. 'ti]t; cra.px6t; dr. l'espressione analoga in 1 QS 2,5 : nlJi rf ( «opere empie»); 4,23 (nel contesto del catalogo di virtù e vizi del Roto· lo della Setta) : m'Si rmih («opere dell'empietà>>) . 3 1 . Cfr. Bauer, Wb. , s.o. cpa.vep6t;. O «cpavep6ç riguarda la rivelazione escatologi­ ca come ad es. in I Cor. 3,1 3-15» (cosl pensa Kamlah 19, n. 5)? Ma vi si oppone il presente Écr·dv. 32. Cfr. A. Vogtle, Die Tugend- und Lasterkataloge im N.T. (NtlAbh XVI/4-5) (Miinster 1936); Id., art. 'Lasterkataloge', in LThK 2VI, 8o6-8o8; Id., art. 'Tu­ gendkataloge', in LThK 2X, 399-401 ; S. Wibbing, Die Tugend- und Lasterkataloge im N.T. (BZNW 25) (Berlin 1959); E. Kamlah, Die Form der katalogischen Par· anese im N. T. (Tiibingen 1964); H.D. Betz, Lukian von Samosata und das Neue Testament (TU 76) (Berlin 1961 ) 185-194 (cataloghi di vizi) ; 206-21 1 (cataloghi di virtù) ; G. Petzke, Die Traditionen ilber Apollonius von Tyana und das Neue Testament (Studia ad Corp. Hell. N.T. I) (Leiden 1970) 220-227; Cl. Bussmann, Themen der pln. Missionspredigt 154-157. Inoltre W. Barclay, Fleisch oder Geist. Wortstudie aus Gal J,I9-2J (Augsburg-Berlin 1968). Ora cataloghi di vizi sono noti anche dal Codice vr di Nag-Hammadi: Il pensiero della grande forza (Noe­ ma) (vedi ThLZ 98, 1973 , 169-175) p. 39 (accessi d'ira, collera, invidia, gelosia, o­ dio, diffamazione, disprezzo, guerra, bugia, cattivi propositi , afBizioni, voglie, tur­ pitudini, contanrinazioni, malignità, malattie, sentenze ingiuste) ; Authentikos Lo­ gas (vedi ThLZ 98, 1973 , 251-259) p. 31 (avarizia, sete di gloria, presunzione, ge­ losia, rapina, ignoranza, ozio e , che mediante la legge agivano fortemente nelle nostre membra, «quando noi eravamo ( ancora ) nella carne». IO] . Con questa esegesi non si vuoi dire che l'aoristo ÈO"'t'a.upwO"a:v non implichi anche l'evento del battesimo, ma esso - oltre a questo - tiene presente la decisio­ ne di fede, che è stata presa. Anche per questa il termine O"'t'a.upouv è perfettamen­ te idoneo. Infatti la decisione di fede suggellata nel battesimo non è un affare di­ vertente, ma è collegata a un processo doloroso , poiché si tratta di liquidare ra­ dicalmente tutto il passato pagano. Cfr. anche Schneider, in ThWb VII, 583 : «L'A­ postolo ha evidentemente presente la libera decisione morale che i credenti - di venuti proprietà di Cristo mediante il battesimo - hanno preso in base all'evento battesimale, poiché proprio dal battesimo sono stati obbligati a camminare in una vita nuova ... Dopoché nel battesimo dall 'azione di Dio sono stati sottratti al­ la sfera di dominio del peccato, ora hanno anche da parte loro pronunciato il no radicale al peccato e cosl hanno condannato tutto ciò che sono stati fino ad ora>>. Può darsi che Paolo sia stato indotto a usare il termine O""t'a.upovv dal O"UO"O'"t'a.u­ pouO"�a." di 2,2o; ma nemmeno questa ipotesi si può sostenere con sicurezza. Pao­ lo potrebbe anche essersi ricordato della frase di 3 ,1 : 'l'llO'ovc; Xpf.O'"t'Òc; 1tpoeypacpT) i . Quindi la XE'Voooçt,a, si manifesta come provocazione dell'altro, come invidia di lui e di ciò che egli sa fare. Con questo comportamento va perdu­ ta l' «obiettività» , che contrassegna l'uomo «spirituale» nei rapporti col suo prossimo;1 un'autentica vita comunitaria di­ venta impossibile. Si fa solo posto a quei vizi anticomunitari, che l'Apostolo ha richiamato nel catalogo precedente ( ÉxDpCit. ecc.) . 6,1 . La parenesi che l'Apostolo rivolge ai destinatari della sua lettera si fa più pressante, più personale : aÒEÀ.q>ol! Egli sup­ pone il caso (Èciv eventuale) che un membro della comunità, indicato con a'Vt)pw7toc;,6 sia colto a commettere un qualche peccato (7tpOÀ.1)(.lcpDn) . Si discute tra gli esegeti quale sia il pre­ ciso significato del verbo 7tpoÀ.Cip,�avEa-i}Cit, (all'attivo letteral­ mente: «cogliere, incontrare, afferrare») : 7 «essere colto (in I. Lo Schmithals pensa: «Naturalmente è difficile dare un senso concreto a queste espressioni plurivalenti. Il loro significato specifico si può dedurre soltanto da una valutazione complessiva dell'eresia galata» (Hiiretiker 1, 52 s.; 11, 34) ; egli pensa a un monito rivolto ai pneumatici (cosl intendono anche Bisping, Burton e altri); in­ vece Lipsius, Lietzmann e altri pensano a membri della comunità che si gloriavano della loro osservanza della legge. Non si può provare né l'una né l'altra ipotesi. Si tratta di ammonizioni generali, come si può dedurre dalla formulazione in x• pers. pl. (cfr. anche Dunkan, ad l. ). 2 . ThWb 111, 662. 3· Cfr. anche Mayser, Grammatik II, I , 348. 4· 'JtpoxaÀ.Ei:cra-at. = provocare, sfidare ; Bauer, W b., s. v. cita Diod. S. 4,17A: 1tPO· xaÀ.Ei:O"&a! -rwa Et� IJ4XT}V. 5· Cfr. anche Schlier, ad l. 6. In questo senso è stato chiarito già in P (-rt.� È; VIJ.WV) e in 'l' (69) pc., syr (liv­ tpw'ltoç Éç VIJ.WV ). 7· Cfr. Bauer, Wb., s.v. 2b; il verbo ricorre al passivo anche in Sap. 17,16, dove,

Gal. 61:r

:flagrante da un altro) »8 o «essere sorpreso (inavvertitamen­ te dal peccato)» .9 Ambedue i modi d'intendere sono sensati e possibili, anche grammaticalmente, giacché la preposizione Év può avere un senso sia locale sia strumentale. Che cosa prema all'Apostolo è indicato dalla connessione con 5 ,2 6 , che non si può trascurare, come ha fatto ben notare il Bisping: «Non siate vanagloriosi, neppure se (Éà.v xal) qualcuno fosse colto inaspettatamente da qualche peccato» . Io Proprio nei confronti di un fratello che pecca la XEvoSoç,la è del tutto sconsigliabile, qualunque sia il peccato che egli ha commesso ('t�VL napa.1t,;wp,a��) . Il motivo di questa condotta è menzionato solo alla fine del versetto: axonw'V aEau�o'V p,Ì] xat aù nE�paaDn. axo 1tEt'V può significare: «prendere in considerazione esaminando e distinguendo» ; u il termine va inteso in questo senso anche in Gal. 6,rc: «piuttosto esamina te stess012 con senso critico (cioè, avendo presenti i tuoi peccati ed errori personali), affin­ ché anche tu non sia colto da tentazione» , e finisca per cade­ re13 (cfr. anche Mt. 6,1 3 = Le. 1 1 ,4 [ 6" supplica del Pater come risulta dal contesto, significa «essere colto di sorpresa». Moulton-Milligan citano da P. Oxyr. VI, 928,8 : tva. ià.v Soxt.l-ltX011� 1tot.i}crn� 1tp�v 1tpol'r}p.cpDiiva.t. (prima che la ragazza (Schlier, ad l. ) ; nihil ita frangit hominis severitatem in cor­ rigendo quam timor proprii casus (Tommaso d'Aquino) . • • •

2 . Il versetto è collegato asindeticamente, il che, come avvie­ ne spesso in Gal. , è segno che v'è una connessione concettua­ le con ciò che precede; perciò nell'esegesi si deve tener pre­ sente il v. I . Qui si può prendere in considerazione solo l'a­ sindeto motivante : 19 «infatti portate vicendevolmente i pe­ si. .. ». Cosl si capisce anche a quali «pesi>> si voglia alludere, dicendo che si devono portare «vicendevolmente» (questo è il senso del genitivo à).J�vi)Àw'V) ; non si tratta di pesi qualsia­ si, ma di peccati commessi.20 «L'amore, quando è genuino e forte, mette tutto in comune>> (Bisping, ad l. ), anche i peccati. In altre parole : la chiesa sa di essere una comunità di peccato­ ri, cosicché a nessuno è lecito abbandonarsi alla XE'Voòo;'a re­ ligiosa nei riguardi del fratello. Questo peso del peccato e del1.5. Cosl, ad es . , Lipsius, Lietzmann, Steinmann. x6. Cosl Liitgert ( Gesetz und Geist 13), Schmithals (Haretiker I, .58 s.; II, 32), De Wette, Bisping, Lightfoot. 17. ThWb VI, 421, n. 60.5 . x8. Or. anche Mt. x8,x2-x6; I Io. .5,16; Ps. 51( 5o),x5; Ecclus 28,2 s.; I QS 5,24-6, I; xo,26-1 I,1 ; Dam. 13,9 s. «L'analogia di I QS 5,24-6,1 e Gal. 6,1 ha limiti chia­ ri: I QS 5,24-6,1 menziona, come Mt. 18,15-I8 . . e diversamente da Gal. 6,x , un sistema graduale da seguire nell'ammonizione; Gal. 6,1 , designando i cristiani co­ me 'pneumatici', presuppone un contrasto tra 'spirito' e 'carne', che manca in Qumran .. » (H. Braun : ThRu 29 [ 1963 ] 234). 19. Cfr. Mayser, Grammatik 11,3 , 182 s. 20. Estio : onera vocat peccata; Van Di.ilmen, Theologie des Gesetzes 66 («il signi­ ficato di -tà �ap11 si deduce soprattutto dal versetto precedente, dove si parla del peccato di un membro della comunità. Il carico consiste dunque nella debolezza, nel rischio della tentazione, nel permanente pericolo e nel peccato in cui può sem­ pre cadere un uomo»). Del tutto errato è dire : «Come antitesi di &.ì..ì.i) . ì..wv -tà �&.p11 vanno constderati -tà �ap'r) -tov v6IJ.OV» (cosl Ph. Hauser: BZ 1 2 [ 1914] 47). .

.

Gal. 6,2

6o r

la consapevolezza che ciascuno ne è minacciato diventa sop­ portabile, se la comunità cristiana sopporta fraternamente an­ che il peccato e i peccatori che sono in essa.21 Ciò non ha nulla che fare con una «colpa co1lettiva» , ma è, come l'Apostolo di­ ce proseguendo, un adempimento della legge di Cristo. La «legge di Cristo» è la legge dell'amore scambievole (cfr. 5 , r 4 e la relativa esegesi) . Poiché il nesso di un imperativo con xa.L e un futuro esprime un rapporto condizionale, l'intero ver­ setto si deve in definitiva tradurre cosl: «Infatti, se portate i pesi vicendevolmente' in tal modo ( ou-rwc;)22 adempirete la legge di Cristo» .23 Con ciò l'Apostolo del precetto dell'amore propone un'interpretazione che abbraccia anche quelli che nella comunità cristiana sono peccatori e così mostra che l'es­ senza del cristianesimo si situa in una profondità incompara­ bile. La chiesa ama i peccatori come li ha amati Cristo, e in questo modo adempie «la legge di Cristo» . Nel sintagma -ròv VOIJ.OV �ou Xpta-rou l 'accento e il significato si concentrano nel genitivo; solo da esso il nomen regens (-ròv v6tJ,ov) riceve la sua valenza semantica, che è completamente diversa da quel­ la insita nel sintagma «legge di Mosè». Ma nel contesto non si parla di quest'ultima, cosicché non si può dire con sicurez­ za, come fa il Lietzmann, che qui si trovi una «voluta antitesi al concetto giudaistico di v6p.,o�» .24 Nel contesto immediato, l 'antitesi sta piuttosto nei suoi accenni a un comportamento che non corrisponde alle intenzioni di Cristo, perché lede l'a­ more.2' 2 r . Cfr. anche 2 Cor. 1 1 ,29, dove l'Apostolo di se stesso dice: eChi è debole, che ic non sia debole?».

22. OV'tW� propriamente è superfluo: «aggiunta non semitica» (Beyer, Semitische Syntax im N. T. 253 ). 23. Cfr. anche Beyer, Semitische Syntax im N.T. 253 . Invece del futuro lLva.?tÀ.T}· pWO"E'tE, S A C ocr K P 'l' syrl', arm, molti minuscoli e certi Padri greci leggono l'imperativo aoristo avcx.1tÀ.'r}pwcra.'"tE, evidentemente per assimilazione al prece­ dente imperativo �a.a-t&.�E't"E . Ma cosi non scorgono più il nesso profondo che le­ ga il v. 2a al v. 2b. Invece di ava.1tÀ.1)pWO"E'tE, 1>4' legge a1t01tÀ.T}pWO"E't"E. 24. Similmente anche Bisping, Lipsius, Sieffert, Oepke, van Diilmen (Theologie des Gesetzes 66: «questo vo�--t-o� '"tOU Xpt.a'tou costituisce un'intenzionale antitesi rispetto alla legge dei giudaisti fin qui condannata nella lettera»). l'espressione «la legge di Cristo» vedi rapprofondita trattazione nell'excur-

2, . Per

602

3 . Anche questo versetto sta in connessione di causa (cfr. ycip)

con la XEvooo�La, dalla quale l'Apostolo in 5 ,2 6 ha messo in guardia. Infatti colui «che crede di essere qualcosa/6 mentre (in realtà) non è nulla», è un xEv6oo�o� nel più vero senso del­ la parola. Chi è così, è ovviamente anche non disposto a con­ dividere «il fardello» dell'altro; anzi lo guarda pieno di di­ sgusto e disprezzo, quasicché fosse giusto lui solo. La miglior dilucidazione di Gal. 6 ,3 viene dalla parabola di Gesù sul fa­ riseo e il pubblicano (Le. I 8 ,9-14) : il fariseo crede di essere qualcosa/7 mentre in effetti è anche lui un povero peccatore come il pubblicano; così, di fronte a Dio, è vittima di un'au­ toillusione. Il sapere di «non essere nulla» (p,T)OÈV Etvat,) da­ vanti a Dio preserva l'uomo dalla XE'VOOO�Lcx. nei riguardi del prossimo. Qui per l'esegesi è indifferente che si colleghi l'e­ spressione participiale IJ.'r)OÈ'V wv col precedente Et ooxEt: 'tt,� ElvaL 't t, o col successivo cppEVet1tet't(i, ECIU'tOV.28 In ogni caso J.LT)OÈV «non è limitativo, ma vale per tutti gli uomini senza eccezione» (Bisping) . 4 · «Piuttosto

ciascuno esamini il proprio operato» ; infatti questo è il miglior modo per guardarsi dali'autoillusione. Dun­ que risultano chiare due cose : l' «opera» dell'uomo o è catti­ va e peccaminosa o, in virtù della grazia del Signore, è buo­ na.29 Se il severo esame della propria opera davanti alla co­ scienza30 - questo significa ooxt,IJ.a�ELV (cfr. anch� z Cor. I I , sus su legge ed evangelo secondo Gal. , pp. 439 s.; inoltre Blaser, Das Gesetz bei Paulus 234-243 . 26. Sulla proposizione ipotetica congiunzionale con soggetto indefinito EL. SoxE�

�"� EtvaC �t. dr. Beyer, Semitiscbe Syntax im N. T. 226 ss. 27. Per ooxE'i:'J ElvaL �t. dr. anche Midr. Qoh. 9,10,42b ( detto di R. Hijja): «Chi non è niente e si comporta come se fosse qualcosa, per lui sarebbe meglio se non fosse nato» (Billerbeck III, 578); Plat., ap. 33Aie: làv SoxwO"' �1. Elva.t., P,T}OÈ\1 O\l"tE�; Epict. 2,24: ooxwv IJ.É'J �L El'Jat., wv S'oùSE,�; Plut., mor. 1 o6A : �eu� �'ix p,Ey!O""tT}� 6À�La� �upavvLoo� �ò llT}ÒÈv ov"t'a� . Altro materiale in Wettstein II, 234 s. 2 8 . Cfr. i commentari. Per il verbo q>pEVa1ta"téi'V vedi Bauer, Wb. , s. v. 29. Quindi lpyov è usato anzitutto senza apprezzamento; esso indica tutto l'agire dell'uomo. Il Bisping pensa che �ò lpy ov si contrapponga decisamente al prece­ dente ooxE'i:: «l'importante non è il ritenere ma il fare. . ». 30. Qui il v. 4a ha anch'esso valore condizionale : «Se ciascuno esamina la propria .

Gal. 6,4

603

28) - dà come risultato che essa è buona e può reggere davan­ ti a Dio, ciò può diventare, per chi si esamina, motivo di . Bemerkungen zu einem Programmwort, in P.G. Miiller l W. Stenger (Hrsg.), Kontinuitiit und Einheit (Festschr. fiir F. Mussner) (Freiburg/Basel/Wien I981) 494-.507.

' APPENDICE ALL EDIZIONE ITALIANA

LEGGE, ABRAMO, ISRAELE

Nota preliminare Nei due excursus «Paolo ha 'frainteso' la legge? >> e «Legge ed evangelo secondo la lettera ai Galati» il presente commen­ tario si è occupato a fondo del tema «legge nella teologia pao­ lina» , avvalendosi della bibliografia specializzata disponibile fino alla comparsa della prima edizione di questo commenta­ rio ( 1 974) . Nel frattempo la discussione ha avuto un ulterio­ re sviluppo in riguardo soprattutto al seguente problema: considerando le lettere autentiche di Paolo, il tempo e la si­ tuazione in cui furono composte e il cambiamento dei desti­ natari, è possibile riscontrare, nella teologia della legge elabo­ rata dall'Apostolo, uno sviluppo che eventualmente abbia pro­ dotto mutamenti nelle posizioni teologiche? 1 Si notano per­ sino delle contraddizioni? Successivamente l'interrogativo viene esteso a due altri temi trattati nella lettera ai Galati : il tema «Abramo» (dr. Gal. 3 ,6 ss. ; 4 , 2 2 ss .) e il tema «Israele» (Ebrei) (cfr. Gal. 2 , r 4 ss . ; 4 ,2 2 ss. ; 6 , 1 6), precisamente fa­ cendo il confronto con le posizioni dell'Apostolo nella lettera ai Romani, che veramente dai ricercatori viene sempre più considerata il «testamento» teologico di Paolo e che inoltre si avvicina alla lettera ai Galati a motivo del suo contenuto e pro­ babilmente anche della sua cronologia.z I. Cfr. F. H ahn Das Gesetzesverstandnis im Romer- unti Galaterbrief: ZNW 67 ( 1976) 29-63 ; H. Hiibner, Das Gesetz bei Paulus. Ein Beitrag zum Werden der paulinischen Theologie (Gottingen 11978, 21980); M. Theobald, Verantwortung ,

vor der Vergangenheit. Die Bedeutung der Traditionen Israels fur den Romer­ brief: Bibel und Kirche I ( 1982) 13·20; D. Zeller, Zur Pragmatik der paulinischen Rechtfertigungslehre : ThPh 56 ( 1981 ) 204-217; U. Wilckens, Zur Entwicklung des paulinischen Gesetzesvestandnisses : NTSt 28 ( 1982) 154-190. 2. Cfr. il commentario a p. 52 con n. .52. Wilckens (op. cit. , 154) propone la se-

Appendice all'edizione italiana

638

Primo tema: «legge» Come punto di partenza per le nostre considerazioni pren­ diamo l 'enunciato di Gal. 3 , r 2a, che di primo acchito fa l'im­ pressione di un detto apodittico e nient'affatto giudaico e con cui Paolo sembra porre in antitesi diretta v6�oc; e 1t'Ci'tL�: «La legge non è fede» . La legge si basa su un principio diverso da quello della fede, ossia sul principio del «fare» (cfr. 3 , r 2b: 1tot:{)crac;) . Ma il fare non conduce alla vita, poiché l'uomo non è in grado di adempiere le rigide esigenze della legge; perciò è proprio vero che la legge non può apportare la vita (dr. 3 , 2 1 ) .3 I cristiani «sanno» (cfr. 2 , 1 6 : Eto6-tE�) per loro convin­ zione di fede «che un uomo non viene giustificato da opere della legge, bensl per mezzo di fede in Cristo Gesù» ( 2 , r 6a) . Se la salvezza provenisse dalla legge, di conseguenza Cristo sa­ rebbe morto invano ( 2 ,2 r ; cfr. anche 3 ,2) , il suo morire \ntÈp 1)(.1W'V ( 3 , 1 3 ) e \ntÈp 'tW'V fill«P'tLW'V i}IJ.W'V ( 1 ,4) non appor­ terebbe la salvezza. Ma se la legge, la torà, non è capace di por­ tare salvezza, si pone necessariamente la domanda : qual è sta­ to allora propriamente lo scopo della torà (dr. 3 ,1 9 ) ? La ri­ sposta deli'Apostolo finisce per essere questa: la legge fu un rigido «pedagogo in vista di Cristo>> ( 3 ,24) , un pedagogo che sottoponeva l'uomo, il giudeo specialmente, a una stretta sor­ veglianza (3 ,24) , ma cosl in definitiva lo «tendeva schiavo» (4 ,24), mentre viceversa «Cristo ci ha liberati alla libertà» ( 5 , I), precisamente alla libertà dal «fare» le opere della legge (ed anche dal servizio agli Ci'tOL XELa.) , ricordando però che la fede deve « tradursi in atto mediante l'amore» ( 5 ,6) ; infatti tutta quanta la legge si adempie in quell'unica massima (che si leg­ ge in Lev. 1 9 , r 8 ) : «Amerai il prossimo tuo come te stesso» (5 , 1 4) . Inoltre la legge è venuta nel mondo (3 ,8-r 8) «430 an­ ni» dopo che Dio ebbe promesso ad Abramo che nel suo se­ me (Cristo; dr. 3 , r 6b) sarebbero stati benedetti tutti i popoli. Quindi, secondo Paolo, l'inferiorità della legge in confronto guente successione cronologica delle lettere di Paolo : I (.2) Thess.

Phil. 3 3·

-

Gal. - Rom.

Per più precise informazioni vedi il commentario.

-

I . .2

Cor. -

Legge, Abramo, Israele

alla promessa e rispetto alla fede è evidente. Secondo Gal. , aspetti positivi della legge sono: la sua funzione di «pedago­ go» e la sua predisposizione a ricevere il compimento nella «legge di Cristo» (6,2), specialmente nel precetto dell'amore, che appartiene ai contenuti della torà (Lev. 1 9 , 1 8 ) .3a Confrontata con questa, qual è la «teologia della legge» nel­ la lettera ai Romani? Mentre in Gal. la tematica dell'Apostolo sulla legge era introdotta e motivata principalmente dalle tesi ed esigenze dei suoi avversari giudeocristiani, ai quali impor­ tava che anche gli etnicocristiani fossero obbligati alla circon­ cisione e alla vita giudaica conforme alla legge e pertanto il te­ ma «peccato» veniva toccato solo «marginalmente» (cfr. spe­ cialm. Gal. 2 , 1 5- 1 8 ) , in Rom. invece si tratta in modo espli­ cito della connessione fra legge e peccato.4 Da questa connes· sione risulta anzitutto un aspetto positivo della legge, in quan­ to essa svolge una funzione rivelatrice del peccato (dr. Rom. 'VWCTt� CX.IJ.CX.p"t'tCX.� 3 ,2 0h [ otCL t' ' 'VOIJ.OU , , , c , ] ; 4, 1 5 ; 5 ,1 3 . 2 0 ; E1tt"( 7,8 . 1 o s. 1 3 ) . Perciò l'Apostolo in 5 ,2oa può persino dire : «La legge si è intromessa perché si moltiplicasse il peccato» ; infatti mediante la notificazione della legge l'uomo, rappre· sentato da Israele al monte Sinai, ha «imparato a conoscere» il peccato proprio come peccato in tutta la sua peccaminosità (7 ,7h. 1 3 ) . Per sé la legge non è peccato (],]a}, ma questo «prende vita» (7 ,9b) dal precetto di Dio . In tal senso si può dire «che si è giunti a peccare per opera della legge» (H. Schlier) ,' benché già prima della promulgazione della legge (al Sinai) esistesse il peccato che conduce alla morte; «ma un pec­ cato non viene imputato, dove non c'è legge» ( 5 ,1 3 ) . Tuttavia la legge in se stessa non è qualcosa di cattivo, di demoniaco, di •••

3a. Sul sintagma «la legge di Cristo» in Gal. 6,2 cfr. anche H. Schiirmann, «Das Gesetz des Christus>> (Gal 6,2). ]esu Verhalten und Wort als letztgultige sittliche Norm nach Paulus, in Id., ]esu ureigener Tod. Exegetische Besinnungen und Ausblicke (Freiburg-Basel-Wien 1975) 97-120. 4· Certamente basta a dimostrarlo la statistica lessicale : �IJ.rl�L« ricorre in Gal. solo 3 volte, in Rom. invece 48 volte. Cfr. anche D. Zeller, Der Zusammenhang von Gesetz und Sunde im Romerbrief. Kritischer Nachvollzug der Auslegung von U. Wilckens: ThZ 38 ( 19 82 ) 193-212. 5· Der Romerbrief (Freiburg-Basel-Wien 21979) 221.

Appendice all'edizione italiana

antidivino, che possa incitare l'uomo alla disobbedienza verso Dio. Anzi, la legge è «santa e il precetto (è) sacro e giusto e buono» (7 , 1 2 ) ; la legge è «pneumatica» e «buona» (7 , 1 4 . 1 6) . Però è insita in essa un'incapacità peculiare, u n &,guva.'tov, perché la legge con le proprie risorse non è in grado di supera­ re la condition humaine, che si manifesta nella «carne» e come «carne» ( 8 ,3 .7). L'uomo come «carne» è troppo debole per sottomettersi docilmente alla legge di Dio ; non «può» farlo ( 8 ,7b) . Il peccato, che per Paolo è una forza demoniaca, con la sua malizia prese il comando di Dio come incentivo ( à.cp o p­ l.J..1J : 7,8 . I I ) per risvegliare nell'uomo ogni brama ( 7 ,8) , per indurlo alla trasgressione del precetto e spingerlo alla morte. In tal modo il peccato «m'ingannò mediante il precetto» e «mi uccise per mezzo di esso» (7 , I I ) . Ecco perché, con D. Zeller, si può dire che la legge diventò «lo strumento del peccato» .6 Paolo pertanto è convinto che tutti gli uomini, siano essi ebrei o pagani, sono caduti in potere del peccato e quindi anche del­ la morte (cfr. Rom. 2 ,I 2 ; 3 , I 9 [ tutto il mondo è diventato colpevole davanti a Dio] ; 3 ,2 3 [ « tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio» ] ; 3 ,1 o ; _5 , 1 2 . 1 5 . I 8 s.) ? Ma, come cristiano, egli è altrettanto persuaso che Dio nel Figlio suo, che egli «nella forma della carne del peccato e a motivo del peccato» inviò nel mondo della morte, «condannò il peccato nella carne» ( 8 ,3 ) , col che la «pretesa della legge» fu piena­ mente soddisfatta da Cristo, «che Dio ha pubblicamente pre­ sentato come espiazione» ( 3 ,2 5a) , «che per le nostre trasgres­ sioni venne consegnato [ da Dio alla morte ] e per la nostra giustificazione fu risuscitato [ dai morti ] » (4,25). Si ha l'impressione che Paolo sia giunto al suo