La filosofia di Leopardi [First ed.]

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ADRIANO

TILGHER

LA FILOSOFIA DI LEOPARDI

EDIZIONI

DI

RELIGIO

ROM A - Via M'Jnteiataonc, 7

PROPRffi'l'À

Lr.1'l'TgrtARJA R,ISF.R,VATA DEI r} AU'l'ORE

ARTI GRM1 1CIIF. ~- CIJICCA • TnOLI



1940•X\'III

I.

IL PIACERE Lo Zibaldone di Leoparcli contiene i ma,teriali più o meno elaborati di almeno quattro libri : una Teoria del Bello e dell'Arte, una Teoria della Società e àellcr,O,iviltà,1ma Teorici del Piacere e un'Arte della Felicità (titoli, questi ultimi due, non miei, ma leoparcliani), parte teorica la prima e pratica la seconda del Maniur,le di filosofia pratioa, cui Leopardi vagheggiava di legare il e-uonome. Innanzi tutto, urge a,vvertire cb.e di teorie del piacere LeopaTdi ne ha due, che non si accordano tra loro. Non averlo avwwtito ha generato incomprensioni e confufiioni senza fine negli el'!egeti del r,,uo pensiero, la maggior parte df'i quali non rnno degli assi in faUo di analisi filosofica. Secondo la prima di queste teorie, l'esfatcnte a.ma Pesfatouza propria, quindi ama il piacere. Il desiderio del piacere è innato e illimita,to, e perché illimitato aHpira a UJl piacere eterno e infonito. Ma ciò che è essendo Rempre fodividuale, cioè finito, ne:-Sllll oggetto pnò mai dare che un piacere limitato. Inoltre, nessun piacere è ete1·no, tanto vero che condizione del piacere è che duri poco e varii cli contenuto, se no si logora con l'abitudine. - O come al-

-6trinwnli Lt•oparcli ,-j l'sJnime : l'uomo cl(>siclerail piaccrt>, ma noll -v'è il piacere, v'è questo o gyel piacerE' sempr1• furito t' circosC'I'itto. - O ancora, con altra formula chl' ricopre identico c·ontenuto: il vi·vente ama i-;é più di ogni cosa, ama. sé isLcssopiù dC'l proprio i-;t ato, di ogni bC'ne ne vuole lillO 1-\C'mpremaggiore, (Dialogo di un Fisico e di un Metafisico). ((La morw è il solo rimedio valevole ai nostri mali, la cosa più desiderabile agU iwmini, e la

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miyliun • (Dil(/ogo di Plotino e ,li l'orfil'io). u .Ai 111a1i ·1.wico-~"111n,W - la 111ort,... '>'ctrnui S(tpoli intera alla, di/est, : è essa che crea si può dire dal nul]a e la « larghissirna fonte di pensieri ameni 'e lieti, di e'N·m·i dolci, di var'i diletti e oonfm·ti ; e il maggiore e più, fruttuoso dono di cui la natum sia c01-tesead anime vive>> (Elogio degli -iwcelli). È esl!a che crea il popÒlo dei sogni « ohe vn,gannando sotto pùì, fm·me il pensiero df3gli 1.io1nini, fig1.wassero loro quella pie-

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nezza d1; non intelligibile felicità, che egli (Giove) nMi 11ed1vci 1noao cla ridiwre in atto, e quelle inimagiwi perplesse e inaeterminate, delle qita,li esso medesimo ... non poteva produrre aloun (Storia del genere wmano). È per 1> (p. 4252 e segg. Ofr. Frammento apocrifo di Btrntone da Larnpsaco). La profondità filosofica di questa, pagina non mi sembra rilevata abbastanza. La materia pen1:a e Rente: è un fatto. Non c'è bùmgno di provarlo perché è un fatto. Un fatto misterfoso ~ Certo, ma non più né meno misterioso del fatto che la, materia attrae, ohe la materia è elastica, cho la materia è sede di fenomeni eletti'ici : fatti anche qnesti, e non mono inspiegabili. Posizione dalla quale deriva non essere affatto assurdo pensare che mo1·fre non significhi inabis,c,arsi nel nulla. Che con la morte l'essoro muoia interamente, Leopardj lo crede ; per conto suo se lo aug11:ra; il fatto che piangiamo i

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morti percllé morti gli. sembm una pTova de] fatto che natmalmente noi crecliamo che la morte trnvolge anche l'anima (pp. 4277-9), ma, non osa mai affermare èhe pensare il cont1..ario è un assurdo, e data la sua posizione non l'avrebbe potuto : se è un fatto innegabile benché miste1·ioso che la ma,teria pensa, non si può negarn a priori che la funzione del pensim·o po11sacontinuare in qualche modo dopo la crisi della morte, legata alla materia in un modo che noi viventi non possiamo definire. Dopo di che sa,rà, forse più chial'o il significato di una delle più belle poesfo di Leopardi : Sopra il 1·itratto di bella dolfl/Y/,a. È m1'alta medita2.ione sul mistero dell'essere umano, di cui lieve forza basta a scomporre la compagine materiale c per ciò stesso a ridurre in mùla gli alti pensieri e i sublimi sensi che cla quella si generavano. Tra la causa (materia disposta in un certo modo) e l'effetto (alti pensie1'i e subUmi sensi) c'è inadeguazione assoluta, si spalanca l'abisso. E pure che q~ella causa produca quegli effetti è un fatto. Come 1 perché , Mistero eterno àeli'esser nostro I Il materialismo di Leopardi sbocca nel mistero.

xx. LA CONFORMABILITÀ DELL'UOMO Una delle teorie contro cui Leopn,rdi più tenacemcmtc combatte è quella della perfettibilità del· l'uomo. La perfettibilità implica 11na perfezione ideale cu..il'uomo si an,drebbe col tempo avvicin.ando : ma una perfezione ideale e assohTta è una chimera, non essendovi altra perfezione che quella relativa alla natura d'ogni genere di esseri. Una cosa è tanto più perfetta quanto più è ordinata al suo fine. Or come misuraTe la maggiote o nunore perfezione dei diversi fini, non e1'istendo criterio a 1;oluto di bene e di male, L'uomo non è perfettibile perché è uscito perfetto dalle maJli della Natura alla pari cli tutti gli altri animali : perfetto nel corpo e nello spiTito. E non solo esso è natmalmente perfetto come tutti gli a,ltri animali, ma, a confronto di quesLi, è il più perfetto. Il più perfetto, ma perdò stesso il più sog~etto a guasta1·si a corrompersi a degenerare : come una macchina che più è complicata, e 1·affinata, più è facile a rovinarsi. Con form11la potente Leopardi afferma che la natura dell'uomo ). Ora, non ò creèLibileche la Natura, che ha assegnato

a ciascuna specie vegetale e animale u.n deteTminato clima e terreno ove vivere e p1·osperare, volesse poi destinare a una specie arumnle, qual'è l'u.ma,na, tutta, la te.rra come luogo di abitazione. Certo, l'uomo ha, occupato tutta la terra. Ma I 'ha, fatto come ha fatto ccmilioni d' altre cose contrarie alla nci'lurn propria ed all'imiverscile >>. (( Contro n,itura )) l'uomo uscì dalle sue sedi na,turali, che erano i pae~j caldi, cccontro natimi s·i nioltiplieò e propa.gò straboccnevolmente )>. Se l'uomo oggi abita dove non pot,,ebbe vivere senza fuoco, se mangia cibi cho senza fuoco non sare b beTo mangiabili per lui, ciò è segno che l'uomo ha fatto forza alla natura, ha prevaricato. Per Leopardi l'uomo è un everscrredella na,t-iua : anche se questa eversione glj appaia corruzione e clegenerazione, da una natur·al perfezione. La, civiltà e la storia, che per Vico, Hegel e gli pseudoidealisti nostrani rifriggitor:i. di entrambi sono la , è « un fatto solo n, un evento storico che appunto 11erché non na,tnrale, non_ era affatto neceR,•a,rio, poteva benissimo non accadere, dunque un fatto contingente, a,ecidentale, ca!iuaJe come la civiltà, a cui quel fatto ha dato origine. Ma le invenzioni che han reiw posf\ibile la 1;ocietà e la civiltà non sono in u~o prei;so tutti i popoli, E cjò non prova che esi:iesono 1fobie!lÌC dalla natura dell'uomo ed a, lei c). Niente affatto, ribatte Leopardi: i Oalif01·nia,ni, ai! esempio, non cono,•cevano il modo di utilizzare il fuoco prima che glielo insegnassero gli Europei, prova che nemmeno questa fonclamentalisr.ima fra tutt(I le invenzioni era neceRi,_ariamente imposta dalla natura umana. L'univcrrnlc diffmfone di certe invenzioni, u,;i ecc. prova ·oltanto o che furono tI·ovatc quando il genere umano ora ancOTa unito insieme (Leopardi crede aUa monogenesi dell'uomo), o che emigrarono da un popolo all'altl'o, propagandosi con l'uman genere. Le scoperte e le invenzioni (oltre quelle sopranominate, anche ql!lella dell'a,lfabeto, Zibaldone, pagina 3671 e della numerazione ibid. p. 4500) fmono fatte i,na volta sola e quasi sempre per ca,so ; una volta fatte, furono in.ah·ice. 1

xxv. STORIA DELLA CIVILTÀ La filosofia di Leopardi i;;bocca naturalmente in una visione della storia del genere umaJJ.o, ch'è una delle parti più note del suo pensiero e una delle fonti più copiose della sua poesia. È, in fondo, una visione della storia come decadenza. N~ esporremo brevemente i. tratti ef\senziali, fermandoci più a lungo sulle parti meno note di es1>a. I.

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PRIMITIVI

L'età felice dell'umanità, la, bella età, cui la, sciagiwa e l'at1·a Face de,l ve1· conswnse Innanzi tempo (Alla Prim-a.vet-a)

fu quella di oui le mitologie conservano il ricordo come dell'età