La DDR e l'Italia. Politica, commercio e ideologia nell'Europa del cambiamento (1973-1985)
 8843079522, 9788843079520

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Laura Fasanaro

La DDR e l'Italia Politica, commercio e ideologia nell ' Europa del cambiamento (1 973-1985)

Carocci editore

L'autrice ringrazia Sandra Lazzara per il lavoro creativo sull'immagine di copertina.

Volume pubblicato con il contributo del Dipartimento di Scienze Politiche dell'Università degli Studi Roma Tre.

1' edizione, dicembre 2.016

©copyright 2.016 by Carocci editore S.p.A., Roma Impaginazione e servizi editoriali: Pagina soc. coop., Bari Finito di stampare nel dicembre 2.016

da Grafiche VD srl, Città di Castello (PG) ISBN

978-88-430-7952.-0

Riproduzione vietata ai sensi di legge

( art. 171 della legge 22 aprile 1941, n. 633) Senza regolare autorizzazione,

è vietato riprodurre questo volume

anche parzialmente e con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche per uso interno o didattico.

Indice

Introduzione

9

Le declinazioni della distensione in Italia e la Ostpolitik di Aldo Moro

17

I. I. 1.2. 1.3. 1.4.

Una politica, molti significati La seconda Ostpolitik italiana e i rischi della prima L' Italia e la questione tedesca La percezione dell'epoca in un documento

17 28 39 49

2.

La fine dell' isolamento e la Westpolitik della DDR

51

2.1. 2.2. 2.3.

Verso il riconoscimento Lunga distensione e Westpolitik Dopo il riconoscimento, Moro incontra Honecker

51 57 69



Politica e diplomazia (1973-79)

75

3.1. 3.2. 3·3· 3·4· 3·5·

76 85 89 94

3.6.

Legittimazione e delegittimazione La prospettiva esterna sulla crisi politica italiana (1 975-78) Continuità e discontinuità della Ostpolitik italiana Vincoli interni e "vincolo tedesco" Il «principale alleato degli Stati Uniti nel Mediterraneo » . Roma e Washington nelle carte del MfAA Die Labilitat: riflessioni conclusive

96 105



L' Europa socialista e la Comunità europea

III

4·1 . 4.2.

lnternazionalizzazione e integrazione mancate a Est «Siamo tutti, in un modo o nell'altro, legati al mercato capitalista »

114

I.

117

4·3 · Un'Europa sempre più europea ? 4 ·4 · L' Europa a due velocità e l' Europa tedesca

121 125



La dimensione economica dei rapporti DDR-Italia

135

s.I.

1979-8 0: al centro della crisi

148

6.

Questione ideologica e questioni politiche. La SED e il PCI negli anni dell'eurocomunismo

155

6. I . 6.2. 6.3.

Divulgazione e propaganda internazionale Il fantasma dei diritti umani e la guerra dell'etere Non chiamiamolo "eurocomunismo"

156 159 164



Alla ricerca di una nuova distensione (1 98 3-85)

177

7. 1. 7.2. 7·3 ·

Continuità: perché l' Italia era sempre importante ? Ost e Westpolitik nel clima degli anni Ottanta Lo sguardo del MfAA sulla politica estera del nuovo centrosin i stra Mediazioni incompiute. Berlinguer a Berlino Est (dicembre 1983) «La visita è stata piena di soddisfazioni, proficua, interessante e assolutamente positiva » . Craxi a Berlino Est (luglio 1984) «Nessuna alternativa ragionevole alla coesistenza pacifica » . Honecker a Roma (aprile 1985)

180 182

7·4· 7·5 · 7.6.

184 190 194 207

Conclusioni. La DDR e l' Italia: la dimensione europea

215

Bibliografia

217

A miopadre; a mia madre; ad Antonio. Con amore e gratitudine

Introduzione

Questo libro ricostruisce le relazioni politiche ed economiche tra la Repub­ blica democratica tedesca (nnR) e l' Italia tra il 1973 e il 1985, nel contesto più ampio e complesso dei rapporti Est-Ovest. Per un osservatore dei giorni nostri, è la storia di uno Stato che non esiste più, la cui popolazione fa parte ormai da venticinque anni dell' Unione Europea, e di un altro Stato, i cui maggiori partiti politici si dissolsero pochi anni dopo, lasciando l' Italia in una nuova fase di trasformazione, quella dei primi anni Novanta, tanto trau­ matica quanto lo era stata la crisi degli anni Settanta. Ciononostante, si tratta di una storia ancora recente : presente nel vissu­ to, oltre che nella memoria, della Germania unificata; talmente vicina, per l' Italia, da sfuggire a una ricostruzione documentaria e archivistica coeren­ te; così prossima, infine, che lo scenario nel quale si sviluppa è un'Europa attraversata da cambiamenti politici, sociali, economici e istituzionali le cui implicazioni di lungo periodo sfociano nei problemi dell'Europa contem­ poranea. L'Europa non è qui solo uno sfondo, ma un quadro all' interno del quale reinterpretare anche il ruolo che i due paesi giocarono come medie potenze regionali, indispensabili per la stabilità delle rispettive alleanze, ma vincolate nelle scelte di politica estera da limiti e contraddizioni interni. Nato da una ricerca negli archivi tedeschi che conservano i fondi del Partito di unità socialista (la SED ), i dossier personali dei suoi dirigenti, i fondi del governo e del ministero degli Esteri della DDR (MfAA) e quelli del ministero per la Sicurezza (Stasi) , e in quelli italiani - gli archivi di singole personalità (Aldo Moro, Giulio Andreotti, Bettino Craxi) e il fondo del con­ sigliere diplomatico del presidente del Consiglio -, il volume si sviluppa in un arco temporale che va dal riconoscimento della DDR nel gennaio del 1973, alla visita di Erich Honecker a Roma nell'aprile del 1985 e alla scalata politica di Michail Gorbaciov in Unione Sovietica. Il saggio prende in considerazio­ ne diversi livelli di osservazione: le relazioni fra i due governi; le relazioni fra la SED e il PCI e gli scambi commerciali.

IO

LA DDR E L' ITALIA

La storia delle relazioni fra la DDR e l' Italia riflette tutti gli aspetti del cambiamento in corso nel continente europeo. Per l' Italia, l' Ostpolitik rimase un obiettivo costante, anche se nelle fonti archivistiche disponibili una formulazione concettuale è rara : la po­ litica orientale venne realizzata soprattutto attraverso l'azione concreta di singole personalità del mondo politico ed economico. Negli anni in cui Aldo Moro ricoprì il ruolo di ministro degli Esteri, egli credeva che la po­ litica orientale dovesse restare ancorata a quella tedesca e che questa non dovesse distogliere Bonn dai suoi impegni in Europa. Politica orientale e integrazione europea erano collegate : l'una ampliava le opportunità della distensione, apriva nuovi mercati per i prodotti italiani e creava una cornice più sicura nella quale continuare a sviluppare i rapporti con l' Unione So­ vietica, l'altra andava protetta dalle mire distruttive di Mosca. Negli anni seguenti, furono le imprese italiane a sollecitare il superamento dell' impasse politica, la riapertura dei crediti verso l' Est europeo e una presa di distanza dal boicottaggio delle relazioni commerciali Est-Ovest caldeggiato dagli Stati Uniti. Verso la DDR l' Italia nutriva soprattutto un interesse politico e strate­ gico. La stabilità di quel paese assicurava la conservazione di un equilibrio europeo solido e prevedibile, una prospettiva che divenne più chiara nel periodo in cui il centrosinistra guidato da Craxi rilanciò il dialogo bila­ terale. L' atteggiamento verso la Repubblica democratica divenne allora più spregiudicato, meno frenato dal timore della suscettibilità dei tedeschi dell'Ovest. Nella politica estera di Honecker, invece, si sovrapponevano intenti di­ versi che rappresentavano una sintesi fra il rigore ideologico, dal quale di­ pendevano il ruolo della DDR nel movimento comunista internazionale e la sua identità nazionale, e le nuove aspirazioni di una politica occidentale più dinamica e pragmatica, dagli inizi degli anni Ottanta anche più autonoma da Mosca. Il dibattito sull' integrazione politica e sull'unificazione moneta­ ria interno alla CEE, che stentava a dare frutti concreti, induceva tuttavia la DDR all' idea che in quella parte del continente si potesse verificare un cam­ biamento strutturale, che l' Unione Europea facesse parte di un futuro non molto lontano. Non era un auspicio naturalmente, ma una percezione chiara della portata del cambiamento di cui si discuteva. Allo stesso tempo, le divi­ sioni fra i governi dell'Europa dell'Ovest da un canto rischiavano di favorire la crescita della Repubblica federale tedesca, dall'altro si pensava potessero contribuire ad allontanare l' Italia dal gruppo dei paesi europei più avanzati e ad avvicinarla agli Stati socialisti. L' Europa occidentale, inoltre, aspirava a una maggiore indipendenza

INTRODUZIONE

II

rispetto agli Stati Uniti, a un rafforzamento delle istituzioni europee e a ridefinire i rapporti economici con i paesi socialisti in un 'ottica meramente regionale : nella DDR questa evoluzione nelle relazioni transatlantiche era nota. L' Unione Sovietica, nel frattempo, trovò uno sbocco commerciale con gli Stati occidentali che non solo escludeva gli alleati, ma altresì li svantag­ giava. Questo discorso vale in particolare per la DDR, importatrice netta di petrolio e di altre materie prime, che sin dagli anni di Walter Ulbricht e del Nuovo sistema economico dovette fare i conti con la posizione intransigente del governo sovietico, determinato a mantenere chiari i rapporti di forza fra Mosca e l'alleato minore e a servirsi delle forniture energetiche per assicurarsi la supremazia - economica e politica - sulla Germania Est1• Nei due decenni successivi al riconoscimento internazionale, dunque, la DDR sviluppò un ventaglio di relazioni politiche e commerciali che in alcuni casi si intensificarono, in altri rimasero al di sotto delle aspettative ambiziose della Westpolitik. Nonostante il moltiplicarsi degli studi sulla politica e la società della Germania Est, sulle forme di potere che la caratterizzarono e sui rapporti fra la SED e le altre istituzioni, che hanno tenuto vivo il dibattito sul­ le sue inefficienze e distorsioni, restano ancora da chiarire molti aspetti della sua politica estera, soprattutto quelli che riguardano l'Europa occidentale.

Perché l' Italia ? L'attenzione particolare del governo tedesco-orientale per la politica italiana è un elemento di continuità, motivato anzitutto dal ruolo di spicco del Par­ tito comunista italiano nel movimento comunista internazionale e dalla sua importanza crescente nello scenario politico italiano degli anni Settanta1• La formazione, in Italia, del primo Comitato permanente per il riconoscimento della DDR in Europa occidentale, che ottenne simpatie trasversali nei partiti politici italiani, incoraggiò le attese dei tedeschi dell' Est e diede dell' Italia l' immagine di un interlocutore disponibile a portare fino in fondo il dialogo politico e ad avviare rapporti commerciali fruttuosP. 1. Sul dibattito storiografìco relativo a questo problema cfr. : G. Dale, Between State Cap­ italism and Globalisation: The Collapse of the East German Economy, Peter Lang, Oxford 2004, p. 175. 2. Sulla storia del PCI negli anni Settanta cfr. : S. Pons, Berlinguer e lafine del comunismo, Einaudi, Torino 2006; F. Barbagallo, Enrico Berlinguer, Carocci, Roma 2006; R. Gualtieri (a cura di), Il PCI nell'Italia repubblicana (I943-I99I), Carocci, Roma 2001. 3· Su questo tema, cfr. C. Pothig, Italien und die DDR. Die politischen, iikonomischen und kulturellen Beziehungen von I949 bis IgSo, Peter Lang, Frankfurt am Main 2000, pp. 3 3 2 ss.

12

LA DDR E L' ITALIA

L'eurocomunismo, invece che allontanare il PCI dalla SED - nonostan­ te questo fosse il partito forse più ortodosso fra quelli del Patto di Varsa­ via - contribuì fino alla fine degli anni Settanta a favorire un dialogo più aperto fra le due forze politiche, all' interno del quale i dirigenti della SED ri­ conobbero il diritto del PCI a realizzare il compromesso storico, purché non si desse troppa visibilità al progetto eurocomunista. Dinanzi all'inasprirsi della tensione internazionale durante la crisi degli euromissili, in un crescen­ do che si percepisce sin dai colloqui di Berlinguer con i dirigenti della SED del 1980, tuttavia, anche il rapporto con la SED entrò in crisi: nel dicembre 1983 i due partiti si trovavano su posizioni profondamente diverse sia nell' attribu­ zione delle responsabilità per il riarmo nucleare in Europa, sia nel definire gli scenari per interrompere quel processo e riportare le superpotenze al tavolo dei negoziati4• Altri due elementi motivavano, inoltre, l' interesse costante della SED ( e della Stasi ) per gli sviluppi della politica in Italia: da un canto la preoccupa­ zione per una possibile reazione delle forze politiche di destra; dall'altro, la crescita del partito socialista. Il primo motivo giustificava l'atteggiamento sostanzialmente cauto e flessibile del partito tedesco-orientale verso le "de­ viazioni" del PCI rispetto all' URS S fra il 1976 e il 1979, così come l'aspira­ zione alla "via nazionale al socialismo". Il secondo induceva a una rinnovata attenzione per il PSI e per le sue relazioni con la S PD e l' Internazionale so­ cialista\ in un momento in cui i due partiti giocavano la carta della dual­ track decision (1979) e dell' installazione degli euromissili. Il coinvolgimento dell'opinione pubblica europea nelle due vicende mise alla prova la solidità interna del partito di Helmut Schmidt e aprì spazi di manovra alla propa­ ganda pacifista filosovietica promossa dalla DDR tanto in Europa orientale, quanto in Europa occidentale6•

4· Cfr. a questo proposito i resoconti della visita di Berlinguer a Berlino Est nel di­ cembre del 1983: Bundesarchiv (da ora in poi BA), Stiftung Archiv der Parteien und Mas­ senorganisationen der DDR im Bundesarchiv (da ora in poi SAPMO ), Biiro Honecker, DY 30/2450 (fiche 2), Bericht uber den Besuch des Generalsekretiirs der ltalienischen Kommu­ nistischen Partei, Enrico Berlinguer, in der DDR vom 12. bis zum 14. Dezember 1933 ; DY 30/24 50, fiche 2, Abt. Internationale Verbindungen, Ber/in, 12. Dezember 1933. Colloqui Honecker-Berlinguer 12.12.1933. 5· Su questo tema: G. Bernardini, "Unser Freund Craxi": la socialdemocrazia tedesca ed i mutamenti del sistema politico italiano, 1974-1973, Annali della Fondazione Ugo La Malfa, Roma 2006, pp. 151-80; A. Spiri (a cura di), Bettino Craxi, il socialismo europeo e il sistema internazionale, Marsilio, Venezia 2006. 6. Sulla campagna pacifista orchestrata dall'uRSS e amplificata dalla DDR negli anni Ottanta, e sull'effetto dirompente e contrario che ebbe sulla coesione interna della Germania Est, cfr. M. Ploetz, Wie die Sowjetunion den Kalten Krieg verlor, Propylaen, Berlin 2000.

INTRODUZIONE

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I nodi di un lungo decennio Il volume trae ispirazione da un interesse rinnovato per la politica estera ita­ liana negli anni Settanta e Ottanta che, nella ricostruzione della storiografia più recente e grazie a nuove fonti archivistiche, supera la visione univoca secondo la quale l' Italia fino a qualche tempo fa appariva, almeno nel primo dei due decenni, priva di iniziativa e immobilizzata dai problemi internF. Vi era, certo, una debolezza nella pianificazione e nella formulazione dell 'a­ genda di politica estera, confermata in queste pagine dalle stesse parole dei diplomatici italiani che in più di un'occasione si trovarono in difficoltà con i loro omologhi della DDR. Ciononostante, la distensione internazionale per l' Italia fu tutt 'altro che un obiettivo confuso o un esercizio di retorica con il quale coprire l' inerzia e l'allineamento cieco alla politica della NATO . La normalizzazione delle relazioni Est-Ovest assunse anzi un' impor­ tanza crescente per l' Italia, a maggior ragione dopo le elezioni del I975-76, perché offriva una prospettiva di stabilità internazionale nella tempesta della crisi economica e politica che fece dimenticare presto l'entusiasmo con il quale si era conclusa la Conferenza di Helsinki. La partecipazione alla poli­ tica di riarmo dell'Alleanza atlantica8 e il dialogo con l'Est europeo, apparen­ temente in contraddizione, erano in realtà obiettivi coerenti. Nella prima Ostpolitik, l' Italia e l' Unione Sovietica divennero inter­ locutori di una relazione bilaterale salda e durevole. Il suo andamento era influenzato dalle tensioni internazionali da un canto, dalle intese multilate­ rali dall'altro, ma all' interno di quella cornice più articolata si sviluppavano un disegno di scambi commerciali complementari dai tratti ben definiti e un dialogo regolare. Nell'ottobre del 1972 Andreotti, accompagnato da una delegazione ampia e variegata, che comprendeva tra l'altro diversi rappresen­ tanti del mondo degli affari e della finanza italiani, concluse con successo una visita ufficiale a Mosca con un protocollo sulla cooperazione itala-sovietica e un accordo commerciale decennale per la cooperazione economica, tecnica e scientifica9• Il rapporto con Mosca si andava consolidando, mentre aumen­ tava l' importanza del gas nel m ix energetico dei paesi occidentali. L' URSS si affermò come un fornitore di primo piano per quei paesi che, come l' Italia, 7· Per una sintesi efficace dei principali punti di vista di storici e diplomatici su questo tema, cfr. F. Zilio, Roma e Bonnfra Ostpolitik e escE, I969-I975, Aracne, Roma 2013, pp. 29-71. 8. Su questo tema, cfr. L. Nuti, La sfida nucleare. La politica estera italiana e le armi atomiche I945-I99I, il Mulino, Bologna 2007, pp. 287- 393. 9· Cfr. S. Tavani, L'Ostpolitik italiana nella politica estera di Andreotti, in M. Barone, E. Di Nolfo ( a cura di ) , Giulio Andreotti. L 'uomo, il cattolico, lo statista, Rubbettino, Soveria Mannelli 2010, pp. 249-so.

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LA DDR E L' ITALIA

soffrivano di una dipendenza strutturale in ambito energetico e avevano av­ viato, allo stesso tempo, investimenti di rilievo in Unione Sovietica. Il mo­ dello di relazioni intraprese con la politica del neoadantismo agli inizi degli anni Sessanta si stabilizzò, senza discostarsi dai suoi presupposti originari: l' uRSS offriva prodotti energetici, l' Italia prodotti finiti, beni capitali e di consumo e tecnologia. Questa relazione non si interruppe neanche nel pe­ riodo più difficile del confronto fra le due alleanze militari, agli inizi degli anni Ottanta: fra il 1980 e i primi mesi del 19 83, tuttavia, i contatti con l' Eu­ ropa orientale divennero più cauti e più complicati. Il 1980 fu un momento di transizione dirimente nella politica italiana e nelle relazioni Est-Ovest: gli scambi fra esponenti della SED e rappresentanti della DC, del PSI e del PCI in quell'anno offrono un punto di vista singolare sulle paure e le attese di due paesi disorientati dagli eventi internazionali. Un primo nodo che legava aspetti diversi della politica estera italiana è dunque la continuita: della Ostpolitik e della politica di distensione. A questo primo nodo se ne collega un secondo: la sicurezza energetica. Nella seconda metà degli anni Settanta l'equilibrio commerciale fra l' Italia e l' Unione Sovietica cambiò, le esportazioni di prodotti energetici sovietici aumentarono, mentre i crediti italiani diminuirono con l'aggravarsi della si­ tuazione economica. Le conseguenze della "doppia decisione" della NATO e dell' invasione dell'Afghanistan, due eventi traumatici che nel giro di poche settimane fecero temere un ritorno al clima degli anni Cinquanta, inoltre, pesarono sui rapporti con Mosca e sulla seconda Ostpolitik italiana, quella orientata verso gli altri paesi socialisti europei, inclusa la DDR. Gli scambi commerciali temporaneamente si arenarono, nonostante la Guerra fredda economica non trovasse il sostegno degli imprenditori italiani che premeva­ no perché si tornasse alla normalità. Su richiesta degli industriali italiani la politica creditizia venne preservata, anche se a regime più basso, e nel mag­ gio del 1 979 fu firmato un nuovo accordo di cooperazione economica italo­ sovietico. Nel 1 9 8 1 il governo italiano ricominciò a stanziare crediti destinati all' Unione Sovietica. Gradualmente, ripresero anche i negoziati per il rinno­ vo dell'accordo per le forniture energetiche sovietiche, siglato poi nel 19 84. Nel frattempo, la DDR divenne un attore ambizioso, che aspirava a fare da mediatore fra l' Unione Sovietica e l' Europa occidentale. Volendo cogliere fino in fondo le opportunità della sua nuova collocazione internazionale, Berlino Est finì per sottovalutare la sua dipendenza dall'una e dall'altra, tut­ tavia i tentativi di mediazione dimostravano che la DDR condivideva con l' Italia il timore dell' isolamento internazionale, la subordinazione ad alleati più forti e la ferma convinzione di poter dispiegare al meglio una politica estera autonoma solo nel contesto della distensione.

INTRODUZIONE

IS

I rapporti fra la D DR e l' Italia erano condizionati, tra l'altro, da un terzo nodo, quello delle reciproche percezioni. Dal punto di vista della Germania Est, contavano soprattutto tre tipi di percezione. La prima era la sensazio­ ne di quanto gli equilibri internazionali influenzassero la stabilità interna dell' Italia, la seconda era l' idea di quanto - e con quali risorse - il governo italiano volesse spendersi per tenere in vita il dialogo fra i due blocchi, la ter­ za era l'osservazione della competizione fra l' Italia e i suoi alleati, e di quali vantaggi se ne potessero trarre. L' Italia superò, in apparenza senza traumi, la crisi di governo del I976, le elezioni di giugno e il dilemma sulla formazione di un governo che riflettesse il nuovo rapporto fra la DC e il PCI. La formula della solidarietà nazionale consentiva, temporaneamente, di navigare nelle acque della crisi economi­ ca senza affondare, in un equilibrio politico fragile ma concreto, rispetto al quale la politica estera aveva un ruolo non secondario, ma spesso funzionale proprio alla tutela di quell'equilibrio. La percezione dell 'Italia nel blocco socialista che emerge dalle carte della DDR restituisce alla politica estera italiana la sua complessità. L'equilibrio nel quale essa prendeva forma era in realtà determinato da un insieme di circostanze : il legame tradizionale e indissolubile con gli Stati Uniti; la diffi­ coltà di reinterpretare quel legame alla luce della crescita elettorale del PCI; l' inclinazione dei governi italiani a cogliere le occasioni offerte dalla politica mediterranea, soprattutto quando il ruolo dell' Italia nel mediterraneo era avallato da Washington; la drammatica gestione della crisi economica che da un canto minacciava di ricacciare l' Italia ai margini della Comunità europea, dall'altro trovava sbocco in un estremismo politico violento e dilagante ; la necessità di mantenere un dialogo paritario con la Germania Ovest - anche per assicurare ali ' Italia il sostegno del paese più stabile economicamente in Europa; la politica di riarmo avviata all' interno della NATO, della quale l' I­ talia era più un oggetto, per la sua importanza strategica, che un soggetto attivo; la convivenza, infine, con il limite strutturale allo sviluppo industriale e tecnologico dell' Italia posto dalla necessità di importare quasi interamente l'energia necessaria per quel tipo di sviluppo, un limite che dalla fine della Seconda guerra mondiale non era mai apparso tanto frustrante, il che ci ri­ conduce al nodo della sicurezza energetica. In questo quadro, le relazioni con Berlino Est da un lato completavano la mappa della Ostpolitik italiana, dali' altro rispondevano ali' esigenza di rafforzare il legame con un governo impegnato a preservare la dimensione multilaterale ed europea della distensione.

I

Le declinazioni della distensione in Italia e la Ostpolitik di Aldo Moro

I. I

Una politica, molti significati La distensione internazionale è stata l'oggetto di studio preferito dagli storici della Guerra fredda negli ultimi vent'anni. Periodizzazioni e interpretazioni diverse hanno dato vita a un'ampia storiografia internazionale basata su fonti archivistiche che si sono moltiplicate di anno in anno\ consentendo agli stu­ diosi di spostare il loro punto di osservazione dai rapporti fra le superpotenze alle relazioni fra gli Stati dell'Europa occidentale e quelli dell'Europa orien­ tale; dai temi relativi alle questioni di sicurezza, all'equilibrio fra i rispettivi arsenali e alla prima Conferenza paneuropea, ad argomenti riguardanti la sfera politica delle relazioni Est-Ovest, i trattati bilaterali, la normalizzazione delle relazioni diplomatiche, gli scambi culturali, le transazioni commerciali, i trasferimenti di tecnologie, le trasformazioni sociali, il mutare delle imma­ gini e delle percezioni reciproche. L'osservazione dei rapporti fra la DDR e l' Italia induce a una lettura di lungo periodo : la distensione italiana fu una lunga distensione, un caso che ben rappresenta la periodizzazione fluida e le molteplici interpretazioni di questo fenomeno, oggetto tra l'altro di uno studio portato avanti da un grup-

1 . Cfr. ad esempio : S . Kieninger, Dynamic Détente: The United States and Europe, I904I975· Lexington Books, Lanham 2016 ; ]. M. Hanhimaki, The Rise and Fall of Détente: Amer­ ican Foreign Policy and the Transfonnation of the Co/d "Wtlr, Potomac Books, Lincoln (NE) 2012; P. Villaume, O. A. \Vestad, Perforating the Iron Curtain: European Détente, Transat­ lantic Relations and the Co/d "Wtlr, I905-I9S5, Museum Tusculanum, Copenhagen 2010; L. Nuti (ed.), The Crisis of Détente in Europe: From Helsinki to Gorbachev, I975-I9S5, Routledge, London 2009; \V. Loth, G.-H. Soutou (eds.), The Making ofDétente: Eastern and Western Europe in the Co/d "Wtlr, I905-75, Routledge, London 2008; O. A. \Vestad (ed.), The Fall of Détente: Soviet-American Relations during the Carter Years, Scandinavian University Press, Oslo 199 7 ; R. Garthoff. Détente and Confrontation: American-Soviet Relationsfrom Nixon to Reagan, Brookings Institution Press, \Vashington 1994.

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LA DDR E L' ITALIA

po internazionale di storici negli ultimi annF- . La politica orientale dell' I­ talia, oggetto di questo primo capitolo, cominciò a sviluppare un proprio dinamismo già negli anni Sessanta, quando presero forma le relazioni bilate­ rali con l' Unione Sovietica3; tuttavia quel periodo resta al di fuori del raggio di osservazione di questo libro: i riferimenti a quegli anni, dunque, saran­ no molto brevi. Studiare la distensione in una prospettiva di lungo periodo non significa semplicemente riconsiderarne la periodizzazione, o rivederne la prospettiva teorica, ma vuoi dire soprattutto osservare il modo in cui la politica di distensione è stata declinata dai diversi governi, dai partiti politici e da singole personalità. I governi occidentali seguirono percorsi diversi e pianificarono accordi economici e politici con i paesi socialisti dell ' Europa centro-orientale dan­ do priorità agli obiettivi nazionali, che non sempre coincidevano con quelli dell'Alleanza atlantica o della Comunità europea. L' impegno comune e la momentanea convergenza con gli Stati Uniti sulla necessità di portare avan­ ti la distensione condussero nei primi anni Settanta alla Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa\ mentre parallelamente altri passi ve­ nivano fatti nella stessa direzione nella cornice della CEE. Ciononostante, la distensione internazionale fu un fenomeno complesso e diversificato, nel quale confluirono percorsi nazionali e interpretazioni individuali, che diven­ nero le stesse spinte propulsive di questo processo. Paradossalmente, la distensione venne incoraggiata dai leader dei gover­ ni e dei partiti politici occidentali con visioni del tutto diverse, per motivi differenti e attraverso la lente di culture politiche eterogenee o addirittura contrapposte - la DC e il PCI in Italia; la cou e la SPD nella Germania Oc­ cidentale -, che contribuirono a generare aspettative divergenti sulle oppor2. O. Bange, P. Villaume, The Long Détente: Changing Concepts of Security and Coope­ ration in Europe, I950S-IgSos, Centrai European University Press, Budapest-New York 2016. 3· Sulle origini delle relazioni commerciali Italia-Unione Sovietica nel 1960-61 cfr: B. Bagnato, Diplomazia petrolifera e diplomazia italiana: il caso del contratto ENI-SME dell 'o t­ tobre Igoo, in M. Guderzo, M. L. Napolitano, Diplomazia delle risorse. Le materie prime e il sistema internazionale nel Novecento, Polistampa, Firenze 2004, pp. 177-203. Della stessa au­ trice : Prove di Ostpolitik. Politica ed economia nella strategia italiana verso l'Unione Sovietica Ig5S-Ig63, Olschki, Firenze 200 3 . Cfr. anche : S. Tavani, L'Ostpolitik italiana nella politica estera di Andreotti, in M. Barone, E. Di Nolfo (a cura di), Giulio Andreotti. L'uomo, il catto­ lico, lo statista, Rubbettino, Soveria Mannelli 2010, pp. 243-304. Sugli accordi commerciali ltalia-URSS del 1964: Archivio centrale dello Stato (da ora in poi Acs), Archivio Aldo Moro, B. 71, Nota del Ministero degli Affa ri Esteri per il Consigliere diplomatico del Presidente del Consiglio. Appunto per il Ministro, Roma, 3 febbraio 1964. 4· Su questo tema cfr. ad es e mpio : A. Romano, From Détente in Europe to European Détente: How the West Shaped the Helsinki escE, Peter Lang, Bruxelles 2009; O. Bange, G. Niedhart (eds.), Helsinki I975 and the Transjòrmation of Europe, Berghahn, Oxford 2008.

I.

LA DISTENSIONE IN ITALIA E LA OSTPOLITIK DI MORO

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tunità offerte d a quella politica. Così, anche i partiti occidentali svolsero un ruolo particolare nel promuovere la loro distensione e lasciarono eredità diverse nella continuità degli anni Ottanta. La visione delle relazioni Est­ Ovest influenzò, in effetti, sia le alleanze politiche, sia le relazioni interna­ zionali di questi partiti. In alcuni casi, come quello del Partito comunista italiano negli anni Settanta, la prospettiva sulla distensione andò oltre i con­ fini dell' ideologia e contribuì a una vera e propria ridefinizione di obiettivi e priorità politiche. Il caso dell' Italia è peculiare almeno per due motivi. Il primo è che la fe­ deltà indiscussa dell' Italia all'Alleanza atlantica a un certo punto della storia italiana del dopoguerra iniziò a coesistere con una politica di apertura verso l' Unione Sovietica, una sorta di Ostpolitik che precorreva i tempi di quella tedesca. Questa circostanza fece dell' Italia un paese propenso a promuovere il dialogo, la mediazione e l' interscambio fra Est e Ovest per almeno tre decenni, anche in altri ambiti. Il secondo motivo è che, nel dibattito politico italiano, i significati attribuiti ali'espressione "distensione internazionale" erano molteplici, così come lo erano i suoi obiettivi e i risultati attesi. Par­ tendo dalla Ostpolitik economica del centrosinistra nei primi anni Sessan­ ta, attraverso la sfida all' ideologia portata avanti dal Partito comunista di Berlinguer negli anni Settanta, fino alla nuova politica orientale di Craxi e Andreotti negli anni Ottanta, il governo italiano e le singole forze politiche declinarono la distensione in modi diversi e seguendo strategie politiche dif­ ferenti. In questa molteplicità di punti di vista, la distensione rappresentò per alcuni un'occasione per stabilizzare il sistema bipolare (la prospettiva della ne), per altri, invece, una leva del cambiamento del sistema internazionale da un equilibrio bipolare a un equilibrio multipolare. Il PCI in particolare sviluppò la propria idea di distensione con un inedito impegno europeista e incoraggiando la riforma del Parlamento europeo, ma anche con l'elabora­ zione da parte di Enrico Berlinguer di una visione politica che guardava oltre la divisione bipolare e prendeva le distanze allo stesso tempo dalla NATO e dal Patto di Varsavia. L'apertura a Est faceva parte degli obiettivi e degli orientamenti della politica estera italiana sin dagli anni del neoatlantismo. Questo neologi­ smo, difficile da definire, si manifestò concretamente tra la fine degli anni Cinquanta e gli inizi degli anni Sessanta nelle iniziative della Democrazia cristiana prima, del centrosinistra poi, nel Mediterraneo e nei confronti dell ' Unione Sovietica5• Il nuovo dinamismo del governo italiano restava s. Sulla politica estera di Fanfani e sull'apertura a sinistra cfr. rispettivamente : A. Giova­ gnoli, L. Tosi (a cura di), Amintore Fanfani e la politica estera italiana, Marsilio, Venezia 2010 ;

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legato saldamente agli obiettivi della NATO e agli impegni dell' Italia all ' in­ terno dell'alleanza, ma puntava ad accrescere il suo ruolo internazionale e a ritagliare una presenza attiva nelle relazioni Est-Ovest. Quel ruolo si dispie­ gava principalmente nella capacità dell' Italia di svolgere un'azione di me­ diazione fra gli interessi, spesso confliggenti, delle potenze europee e delle stesse superpotenze, e prendeva forma non solo nella dimensione bilaterale, ma anche attraverso la partecipazione italiana alle istituzioni multilaterali. L' Italia in un certo senso ambiva a diventare il mediatore internazionale nel Patto atlantico, in maniera straordinariamente simile a come, dieci anni do­ po, la DDR avrebbe giocato la carta del mediatore nel blocco socialista, nel movimento comunista internazionale e nelle relazioni fra i paesi dell'Europa occidentale e l' Europa socialista. I governi di centrosinistra guidati da Aldo Moro fra il 1963 e il 19686 agirono in continuità con il neoatlantismo. Allo stesso tempo, tuttavia, nella politica estera italiana degli anni Sessanta vi erano alcuni elementi di cam­ biamento che riflettevano i mutamenti del sistema internazionale e la crea­ zione di una compagine governativa più ampia e più solida in Italia. Come ha osservato Sara Tavani, «l' Italia modificò in questi anni in modo graduale la propria visione del problema Est-Ovest » , e in riferimento alla maggiore capacità di azione dei governi di centrosinistra: Sulla base di questa rinnovata stabilità, i governi del centro-sinistra organico riusci­ rono a sviluppare un'azione internazionale più autonoma e coraggiosa, elaboran­ do un linguaggio comune con cui meglio dialogare con l'Est, rafforzando il ruolo politico della CE e riuscendo a ottenere maggiore ascolto all' interno dell'Alleanza adantica7•

Gli studi degli ultimi dieci anni sulla politica estera di Aldo Moro ne hanno messo in evidenza l'evoluzione e la ridefìnizione degli obiettivi, nel qua­ dro di un rapporto prioritario immutato con la NATO e con la Comunità europea, e hanno ridimensionato l' idea diffusa secondo la quale l'azione L. Nuri, Gli Stati Uniti e l 'apertura a sinistra: importanza e limiti della presenza americana in Italia, Laterza, Roma-Bari 1999. 6. Su questo tema cfr. L. Nuti, La politica estera italiana negli anni della distensione. Una riflessione, in A. Alfonsi, Aldo Moro nella dimensione internazionale. Dalla memoria alla storia, FrancoAngeli, Milano 2 01 3, pp. 46-52; F. Perfetti, L 'Italia, Moro e il centro-sinistra: luci e ombre, in F. Perfetti et al. (a cura di), Aldo Moro nell'Italia contemporanea, Le Lettere, Firenze 2011, pp. 9-26. 7· S. Tavani, Alle origini dell 'Ost polit ik italiana: l'evoluzione della politica orientale dell'Italia negli anni del 'centrosinistra organico" di Aldo Moro, in R. Moro, D. Mezzana (a cura di), Una vita, un paese. Aldo Moro e l 'Italia del Novecento, Rubbettino, Soveria Mannelli 2014, pp. 467, 486.

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internazionale di Moro, prima da presidente del Consiglio, poi da ministro degli Esteri, era rimasta ingabbiata nei problemi di politica interna e priva di iniziativa8• Anche l'analisi dei documenti tedesco-orientali capovolge questa prospettiva, che nasceva probabilmente dal giudizio sulla politica estera di Moro di una parte del governo americano, in particolare di Hen­ ry Kissinger, il quale da un canto sottolineava i rischi dell 'apertura al PCI sul piano interno, dall'altro riteneva lo statista pugliese in gran parte di­ sinteressato agli affari esteri, se non come proiezione delle esigenze o delle tensioni della politica interna9• Un giudizio simile sull ' Italia è stato dato da una generazione di storici, giornalisti e pubblicisti tedesco-occidentali, che in generale hanno attribuito scarso rilievo alle iniziative di politica estera dell' Italia, convinti che la centralità della politica interna avesse messo del tutto in ombra le sue relazioni estere. Questa prospettiva riguardava senz' al­ tro la escE, ma non solo e, come ha notato Francesca Zilio: «Tale visione [ ... ] costituisce un elemento fondamentale per comprendere le reciproche percezioni e i rapporti bilaterali fra Roma e Bonn » 10• È significativo che, nonostante i ripetuti riferimenti ai limiti e all'opportunismo della politica estera italiana in funzione delle vicende di politica interna, riguardo alla Ostpolitik tedesca, alla distensione e alla CSCE l'autrice concluda con una valutazione del tutto diversa : L e riflessioni e l a pianificazione del Ministero degli Esteri, fondate su u n convinto sostegno alla Ostpolitk e all'attiva promozione del processo distensivo [ ... ] furono [ ... ] determinanti nel darle coerenza e continuità, nel rassicurare gli interlocutori stranieri e nel costruire una solida base per l'azione che la delegazione italiana avreb-

8. Il contributo citato di Sara Tavani nel volume collettaneo curato da Renato Moro e Daniele Mezzana ( Una vita, un paese, cit. ) e quello di Luca Riccardi nel libro curato da ltalo Garzia, Luciano Monzali e Massimo Bucarelli (Aldo Moro, l'Italia repubblicana e i Balcani, Bes a, Nardò 20I I ) sono degli es empi di questo nuovo orientamento della ricerca storiografìca in Italia. Di segno opposto, il volume di Francesca Zilio, Roma e Bonnfra Ostpolitik e escE, I909-I975, Aracne, Roma 20I3, nel quale vengono sottolineati i limiti alla pianificazione di una politica estera coerente, continuativa e condivisa fra la Presidenza del Consiglio e il mi­ nistero degli Esteri e fra questo e il Parlamento. Zilio offre un'ampia disamina delle diverse testimonianze, sia di diplomatici, sia di storici che offrono opinioni contraddittorie sulla capacità di iniziativa della politica estera italiana in generale agli inizi degli anni Settanta, e sul ruolo svolto dall' Italia in particolare nel corso della CSCE. 9· L. Riccardi, Appuntisull'O stpolitik diMoro (I903-I975), in Garzia, Monzali, Bucarelli ( a cura di ) , Aldo Moro, l 'Italia repubblicana e i Balcani, cit., p. 78. Riccardi mette in evidenza il contrasto fra il giudizio di Kissinger e quello del ministro degli Esteri sovietico Gromyko, che invece considerava Moro uno dei politici italiani di maggiore competenza in politica estera. IO. Zilio, Roma e Bonnfra Ostpolitik e escE, cit., p. 70.

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be intrapreso prima nel coordinamento con gli alleati per la preparazione della con­ ferenza e poi nello svolgimento della stessa11•

La politica di Moro invece era ricca di sfumature. Le linee di continuità con il neoadantismo di Fanfani, tra l'altro anche nei rapporti itala-sovietici, non sembrano richiedere particolari spiegazioni, mentre vale la pena di fare un breve riferimento alle circostanze nelle quali si svilupparono quegli elementi di discontinuità, o forse di evoluzione della politica di Moro rispetto ai suoi predecessori. Luca Riccardi collega la nuova politica orientale di Moro oltre che all'evoluzione del sistema internazionale, anche ad alcuni fattori interni, come il rapporto con il PCI!l, e ad altri legati al mutato atteggiamento della Chiesa cattolica verso l' Unione Sovietica e i paesi socialisti proprio negli anni Sessanta13• Egli fa riferimento, infine, ai cambiamenti nel rapporto fra l' Italia e gli Stati Uniti negli anni Settanta, del quale si avrà modo di parlare più appro­ fonditamente altrove in questo volume. Vale la pena di ricordare che anche su questo tema la storiografìa si divide fra coloro i quali tendono a considerare la politica estera italiana prevalentemente come reattiva, cioè destinata ad agire sulla base delle vicende di politica interna da un canto, delle richieste degli alle­ ati e delle necessità indotte dalla crisi economica dall'altro, e coloro che invece riconoscono nella politica estera di Moro l'intento preciso di incanalarsi nella dimensione europea della distensione, di seguire l' impronta della Ostpolitik tedesca, contribuendo a controbilanciare l'attivismo della Germania Ovest e di acquistare un ruolo attivo in quella dimensione. Prosegue Ri ccardi nelle sue argomentazioni sulle origini della Ostpolitik morotea: A Washington, in quegli anni, l' Italia era considerata principalmente un oggetto di politica internazionale più che un soggetto. Era proprio questa situazione - dando seguito al precedente fanfaniano - che Moro voleva superare. Lo statista pugliese si mise sulla scia dell'azione tedesca e cercò di formulare una politica verso l' Euro­ pa socialista che, pur mantenendo l' Italia nel suo tradizionale quadro di alleanze politiche, ne liberasse la capacità di dare un contributo alla stabilità europea e alla distensione14•

L' Unione Sovietica divenne un interlocutore di riguardo sin dalle due visite, rispettivamente del presidente Giovanni Gronchi nel febbraio 1960 e del presidente del Consiglio Amintore Fanfani nell'agosto del 1961, nonostante I I. lvi, p. 3 I 6. 12. Sui rapporti tra Aldo Moro e il PCI: G. M. Ceci, Moro e il PCI. La strategia dell'atten­ zione e il dibattito politico italiano (I9D7-I9 D9), Carocci, Roma 2013. 13. Cfr. Riccardi, Appunti sull'Ostpolitik di Moro, cit., pp. 65-79. 14. lvi, p. 71.

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l'atteggiamento di superiorità ostentato da Nikita Krusciov dinanzi a Gron­ chi' 5. In entrambe le circostanze prevalse probabilmente la differenza nel ruolo internazionale dei due paesi e l' Italia venne accolta essenzialmente co­ me un alleato minore degli Stati Uniti. Ciononostante, le intese economiche bilaterali presero avvio proprio da quell'esperienza, per quanto frustrante dal punto di vista politico: sul piano economico i risultati furono di gran lunga migliori anche perché erano entrate in campo le più importanti espressioni del capitalismo privato e di Stato d' Italia: la FIAT di Vittorio Valletta e l' ENI di Enrico Mattei'6•

La penetrazione italiana nel mercato sovietico, tuttavia, era incerta, perché se gli italiani erano prevalentemente interessati ad alcune materie prime, fra le quali il petrolio, essi nutrivano scarso interesse per gli altri prodotti russi. I so­ vietici, invece, auspicavano un aumento delle esportazioni verso l' Italia e, co­ , me avevano già fatto con altri paesi dell Europa occidentale, imposero restri­ , zioni quantitative sulle importazioni dali Italia, rendendo queste dipendenti dalle esportazioni sovietiche. Gli italiani, inoltre, erano inizialmente restii a , concedere ali URSS crediti per finanziare le importazioni di prodotti italiani, , come invece facevano altri paesi dell Europa occidentale. Gli acquisti di ma­ , terie prime dali Unione Sovietica miravano, dunque, non solo a soddisfare il fabbisogno energetico dell' Italia, ma anche a garantire agli italiani una fetta di mercato sovietico per i loro prodotti: parallelamente, la vendita di energia , ali Italia avrebbe consentito ai russi di ottenere la liquidità necessaria per acquistare i prodotti italiani. In questi primi passi della Ostpolitik italiana, , la diplomazia petrolifera era anzitutto condotta dell ENI, che tra l'altro fu al centro del primo accordo con la Soyuznefteexport (sNE) nell'ottobre del I 9 6 o, ma godeva anche dell'appoggio attivo dell'ambasciata italiana a Mo­ sca' 7. Nel giugno del I 9 6 I venne firmato un accordo commerciale di lungo periodo che inaugurò una fase quasi ininterrotta di proficue relazioni fra i due paesi fino agli anni Ottanta'8• 15. A. Varsori, L'Italia nelle relazioni internazionali dal I942 al I992, Laterza, Roma-Bari 1998, pp. 13 8-45. Cfr. anche : L. V. Ferraris, Manuale della politica estera italiana I947-I993· Laterza, Roma-Bari 1998, pp. u6-7; Riccardi, Appunti sull'Ostpolitik di Moro, ci t., p. 63. 16. Riccardi, Appunti sull'Ostpolitik di Moro, cit., pp. 63-4. 17. Bagnato, Diplomazia petrolifera e diplomazia italiana, cit. Della stessa autrice, in una prospettiva più ampia: Prove di Ostpolitik, cit .. Sullo stesso tema: R. Cantoni, Breach of Faith ? Italian-Soviet Cold U'izr Trading and ENI s International "Oil Scandal", in "Quaestio Rossica", 4, 2015, pp. 180-98. 18. Oltre alle opere di Bruna Bagnato, cfr. anche, per uno sguardo di lungo periodo, Tavani, L 'Ostpolitik italiana nella politica estera di Andreotti, cit.

LA DDR E L' ITALIA

La competizione fra i governi e gli imprenditori occidentali sul mer­ cato sovietico p rima, su quelli dell' Europa socialista dopo, era destinata a crescere. Fin dal 1 9 63, il MAE registrò un rapido aumento degli scambi sovietici con Gran Bretagna, Italia, Giappone, Francia e Repubblica Federale, con l'effetto di porre gli europei in crescente concorrenza commerciale e di mettere così a dura prova la coesione della CEE e i nuovi meccanismi della Politica commerciale comune (P cc )19•

Il governo della DDR ne era consapevole e ne fece uno dei temi della sua Westpolitik, sperando che gli interessi economici e commerciali degli in­ vestitori, degli imprenditori e dei governi occidentali nell' Europa dell'Est crescessero e che servissero a disgregare la coesione dell'Alleanza atlantica sulle questioni politiche e di sicurezza. Nel febbraio del 1964 il ministro per il Commercio estero sovieti­ co Nikolai Patolichev e il suo omologo Bernardo Mattarella siglarono un accordo che in primo luogo esprimeva l' intenzione dei due governi di in­ crementare fino al 20% entro il 1965 il volume delle importazioni e delle esportazioni rispetto all'accordo del 1961; in secondo luogo, comprendeva un' intesa relativa alla concessione di crediti da parte di banche italiane con l'obiettivo di aumentare l'esportazione di beni capitali; in terzo luogo, fissava per il periodo 1966-69 l'obiettivo di una crescita annuale delle importazioni e delle esportazioni di circa il 10% rispetto al 1965. Le relazioni commerciali bilaterali in questa fase si basavano sulle forniture di petrolio e materie prime, carbone e altri minerali, legname e prodotti chimici da parte dell' Unione Sovietica, in cambio di prodotti finiti, attrezzature industriali, macchinari, prodotti chimici, materiali sintetici e plastici, alcuni prodotti agricoli, come gli agrumi e, soprattutto, beni di consumo2.o. Si andava verso forme di interdipendenza che si sarebbero consolidate nei due decenni successivi, nonostante l'andamento incostante delle re­ lazioni Est-Ovest in senso più ampio. Attraverso gli anni Settanta, questi sviluppi furono incoraggiati dalla Conferenza sulla sicurezza e la coopera­ zione in Europa, mentre gli interessi commerciali reciproci consentirono una breccia nella crisi Est-Ovest dei primi anni Ottanta e giustificarono, più tardi, una ripresa del dialogo bilaterale attraverso l'azione di Andreotti e di Craxi. Al reciproco beneficio che scaturiva dalla ricerca di queste prime intese 19. Tavani, Alle origini dell 'Ostpolitik italiana, cit., p. 472. 20. ACS, Archivio Aldo Moro, B. 71, Nota del Ministero degli Affari Esteri per il Consi­ gliere diplomatico del Presidente del Consiglio. Appunto per il Ministro, ci t.

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economiche tuttavia non corrispondeva, da parte dell' Italia, un interesse ad ampliare la collaborazione in ambito politico. La distensione economica non era sinonimo di distensione politica. Sulle questioni di sicurezza emer­ gevano tentativi sempre più insistenti del governo sovietico di sanzionare sul piano internazionale la dottrina della coesistenza pacifica attraverso iniziative che, nei primi anni Sessanta, passarono dalla proposta di un trat­ tato di non aggressione fra la NATO e il Patto di Varsavia a quella di un accordo internazionale sulla risoluzione pacifica delle controversie. Altre proposte che seguivano lo stesso orientamento vennero portate avanti an­ che dopo la fine della leadership di Krusciov e l'arrivo al potere di Leo n id Breznev, dando forma a una politica estera coerente e continuativa, almeno per quanto riguardava le questioni della sicurezza europea. Dalla metà degli anni Sessanta i sovietici provarono a coinvolgere direttamente gli italiani in discussioni riguardanti l'equilibrio nucleare in Europa e la stabilizzazio­ ne dei confini sul continente : lo facevano incidentalmente, con riferimenti generali, ma allo stesso tempo mirati a sondare la disponibilità dell' Italia a trattare i problemi della "sicurezza europea". L'ambasciatore italiano a Mo­ sca Federico Sensi raccomandava di stare in guardia dalla tattica adottata dai diplomatici sovietici, non solo con l' Italia ma anche con altri governi occidentali, che introducevano temi sensibili senza che l' interlocutore fos­ se predisposto o preparato, per poi condurli nella dimensione bilaterale'. Dopo una conversazione con il direttore generale per gli Affari dell ' Europa occidentale Anatolii Kovalev e in riferimento alla questione dei confini te­ deschi, Sensi affermava : Kovalev ha precisato allora che egli intendeva riferirsi al problema del riconoscimen­ to definitivo di tutte le frontiere ed in particolare di quelle tedesche, come strumen­ to per porre su basi durature la sicurezza europea. Il mio interlocutore ha soggiunto che non si attendeva certo una risposta immediata da parte mia ma che riteneva importante che noi riflettessimo sulla questione e naturale che se ne parlasse ami­ chevolmente fra Italiani e Sovietici. È questa la prima volta che l'argomento viene toccato con me sia pure in via incidentale ed a livello non politico. Tuttavia ritengo si tratti di un primo passo, cui certamente seguiranno altri, nel quadro dell'azione che sistematicamente il governo sovietico è andato svolgendo verso i vari Paesi NATO, dopo la Conferenza di Varsavia 21. Cfr. ad esempio le lettere di Federico Sensi al ministro degli Esteri Fanfani del I0 luglio I96S (ACS, Archivio Aldo Moro, B. 71, Rapporto dell'Ambasciatore d 'Italia a Mosca Federico Sensi al Ministro degli Esteri Amintore Fanfani, n. 2335, Mosca, I0 luglio I96s, segre­ to) e al segretario generale del MAE: Lettera dell'Ambasciatore d'Italia a Mosca al Segretario generale del Ministero degli Affari Esteri Amb. Felice Catalano di Melilli, Mosca, I 6 settembre I96s, segreto.

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che ha fissato, a poca distanza di tempo dall'assunzione del potere da parte dell' at­ tuale direzione collettiva, alcuni punti di vista fondamentali del blocco orientale in materia di sicurezza european.

Questi tentativi sembravano, tuttavia, controproducenti, poiché in definiti­ va i diplomatici italiani erano indotti a rifiutare a priori una conversazione su questi problemi: Da parte mia ho cercato invece di mettere l'enfasi sui problemi bilaterali, citando in particolare la prossima ripresa dei negoziati per la grossa operazione FIAT e la prossima stipulazione del Protocollo biennale per gli scambi culturali, che potrebbe coincidere praticamente con il progettato incontro dei due Ministri degli Esteri. [ ... ] ho creduto opportuno adottare questa linea per evitare che i nostri normali contatti qui con i Sovietici si esauriscano in una sterile polemica mentre possono essere avviati su settori più costruttivi come appunto quelli dei rapporti bilaterali e del disarmo. Mi rendo conto ovviamente che non sarà possibile ignorare i problemi che i Sovietici tengono ad esaminare con noi seguendo una linea costante della loro politica [ ... ] , ma penso che dando ampio margine ad argomenti minori, ma concreti e di diretto interesse reciproco, si possa fare un lavoro utile e si evitino situazioni imbarazzanti23•

La strategia sovietica incontrava all' interno dei rispettivi blocchi diversi osta­ coli. Da un canto, generava tensioni con gli stessi paesi del Patto di Varsavia, favorendo lo sviluppo di una politica verso l'Occidente corrispondente agli interessi nazionali di ciascuno di essi; dall'altro, trovava la resistenza della RFT, che vedeva nei tentativi di Mosca di stabilizzare la situazione politica in Europa un modo per forzare il riconoscimento della DDR e per compromet­ tere la situazione di Berlino Ovest24• La resistenza di Bonn al dinamismo sovietico era incoraggiata dali' Italia, che nonostante l'apertura all' Unione Sovietica sul fronte dei rapporti com­ merciali, sulla questione tedesca restava allineata con la Repubblica federale e sui problemi della sicurezza europea manteneva, come si è detto, un atteg­ giamento di forte cautela. Per discutere dell'equilibrio europeo e dell'evo­ luzione delle relazioni Est-Ovest, quali che fossero gli interessi economici e commerciali in gioco, il governo italiano sceglieva la dimensione delle orga­ nizzazioni occidentali, o quella delle istituzioni multilaterali. 22. ACS, Archivio Aldo Moro, B. 71, Rapporto dell:Ambasciatore d'Italia a Mosca Federico Sensi al Ministro degli Esteri Fanfani, cit. 23. ACS, Archivio Aldo Moro, B. 71, Lettera dell'Ambasciatore d 'Italia a Mosca al Segre­ tario generale del Ministero degli Affari Esteri Amb. Felice Catalano di Melilli, ci t. 24. Tavani, Alle origini dell'Ostpolitik italiana, cit., pp. 470-1.

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Sulla posizione dell' Italia riguardo alla questione tedesca si avrà modo di ritornare in seguito; vale la pena tuttavia di ricordare qui le osservazioni di Moro, allora presidente del Consiglio, nel giugno I 9 6 6 : i l compito attuale della diplomazia consiste nel trovare una soluzione per l a que­ stione tedesca, la quale concili la necessità da noi così vivamente sentita di far sì che quella nazione si riunisca pacificamente, senza, d'altra parte, alterare il rapporto di forze dei sistemi antagonistici, che garantisce la sicurezza e la pace. Da quanto ho detto appare chiaro che il superamento dei blocchi va promosso con la politica della distensione, piuttosto che con il tentativo di disintegrarli per via di iniziative isolate o in ordine sparso, le quali, in realtà, determinerebbero l'effetto opposto a quello voluto, rimettendo in causa la stabilità e l'equilibrio continentale-s.

Sulle proposte sovietiche relative all'assetto politico e difensivo dell' Europa, così come sulla Ostpolitik tedesca, Moro manteneva alta la soglia di attenzio­ ne : entrambe, in effetti, mentre favorivano la pacificazione fra i due blocchi, sarebbero anche potute diventare una minaccia alla coesione dell'Alleanza atlantica. La distensione era una priorità, che veniva sostenuta coerentemen­ te da Moro, ma che era intesa come un processo graduale e ancorato ai con­ trappesi della solidarietà atlantica: La gradualità [ .. . ] è indispensabile se l'obiettivo che ci si propone di raggiungere è il conseguimento di una giusta pace in Europa e non semplicemente la con­ vocazione di una conferenza senza ragionevoli possibilità di successo. I fattori psicologici indubbiamente esercitano una considerevole attrattiva sulle opinioni pubbliche anelanti alla pace ed alla sicurezza; ma è dovere dei Governi di consi­ derare responsabilmente la situazione internazionale esistente e di impostare il negoziato su basi realistiche, sì da evitare, in forza di un fallimento, l'aggravarsi della situazione in Europa che si vorrebbe assestare nella giustizia, nella sicurezza e nella pace-6•

Moro era consapevole del fatto che la distensione implicava il rischio di un'accelerazione dei cambiamenti che stavano avvenendo sia nei paesi so­ cialisti, sia in Europa occidentale. Per certi aspetti, si trattava di un processo dagli esiti imprevedibili e che nonostante i molti benefici avrebbe potuto anche determinare conseguenze negative per gli equilibri europei, come l'i25. Intervista adAldo Moro, in "Il Popolo': 21 giugno 1965, in G. Rossini (a cura di ) , Aldo Moro. Scritti e discorsi, vol. 4, Edizioni Cinque Lune, Roma 1986, pp. 2147 ss. 26. Discorso di Aldo Moro alla Camera dei Deputati, 21 ottobre 1969 in G. Rossini (a cura di), Aldo Moro. Scritti e discorsi, vol. v, Edizioni Cinque Lune, Roma 1986, pp. 2813 ss ..

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solamento della RFT nella sua nuova politica estera, oppure un ampliamento del potere dell' Unione Sovietica in Europa2.7• La premessa per ogni possibile conseguenza auspicabile della distensione - economica, politica, culturale e sociale - restava, nella visione di Moro, una chiara linea di demarcazione fra i due sistemi politici e ideologici che si erano consolidati in Europa occiden­ tale e in Europa orientale. Nell'ottobre del 1965, in un intervento alla Camera dei deputati, Moro ricordava che : L'appartenenza ali' alleanza atlantica e l'aspirazione alla pace rimangono [ ... ] per noi due realtà inscindibili. Il patto atlantico non solo ha garantito e garantisce la nostra sicurezza, ma ha costituito e costituisce la base per l'avvio di un dialogo est-ovest, nonché la premessa per aprire la via a una effettiva distensione. È nella piena lealtà all'alleanza atlantica che l' Italia è impegnata ad operare per un più stabile e pacifico assetto delle relazioni internazionali2.8•

Le relazioni fra Roma e Mosca vennero favorite, alla fìne degli anni Sessanta, dal ritorno alla guida del ministero degli Esteri di Amintore Fanfani: Nuovi, grandi progetti vennero messi a cantiere dalla Montecatini, dall' Olivetti e dali' ENI sulla base di nuovi forti impegni creditizi da parte dell' Italia, nonostante le difficoltà del mercato finanziario italiano e le preoccupazioni per la crescente esposizione finanziaria dell' uRSS2.9•

1.2 La seconda Ostpolitik italiana e i rischi della prima La prudenza di fronte agli sforzi del governo sovietico di condurre il dialogo bilaterale sui binari della collaborazione politica si accompagnava a un'altra dimensione della politica orientale italiana: l'apertura verso gli altri paesi so­ cialisti europei, avviata negli anni Sessanta30 e sviluppata negli anni Settanta tra le vicende alterne della crisi economica e finanziaria. Questa dimensione 27. C. Meneguzzi Rostagni, La politica estera italiana e la distensione: una proposta di lettura, in F. Rom ero, A. Varsori, Nazione, interdipendenza, integrazione. Le relazioni inter­ nazionali dell'Italia (I!JI7-I!)Sg), Carocci, Roma 2005, pp. 3 62-5. 28. Discorso di Aldo Moro alla Camera dei Deputati, 13 ottobre 1965, http://www. sto­ riadc.it/doc/I96s_cesteri_moro.html. 29. Tavani, Alle origini dell'Ostpolitik italiana, cit., p. 483. 30. lvi, pp. 476-9.

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della Ostpolitik italiana suggerì tra l'altro al governo tedesco-orientale di orientare la propria Westpolitik verso l' Italia. Ne fu protagonista, da presidente del Consiglio, e successivamente da ministro degli Esteri, proprio Aldo Moro, la cui azione diplomatica in par­ ticolare nella regione balcanica è stata rivalutata da studi recentP\ paralle­ lamente a una rilettura generale della sua politica estera. Moro aveva già in­ tensificato i rapporti con la Jugoslavia e la Romania e migliorato le relazioni diplomatiche con la Bulgaria, la Polonia (che sarebbe diventata il secondo partner commerciale dell ' Italia in Europa orientale32.) e la stessa DDR33• Furono protagoniste di quella politica anche le imprese e altre istitu­ zioni italiane, che trovarono nella politica orientale un varco per la pro­ mozione dei prodotti nazionali e per la diversificazione dei fornitori di materie prime. Si trattava di un varco aperto dalla prima Ostpolitik, quella che aveva assicurato un canale di scambio con l' Unione Sovietica. E tuttavia, questa se­ conda fase si sviluppò in una sua dimensione, non guidata da Mosca, anche se aiutata e promossa dal contesto della escE (e dunque indirettamente anche dall' Unione Sovietica), che faceva da specchio alla politica occidentale dei governi est-europei, espressione della loro ricerca di legittimazione interna­ zionale e di uno spazio autonomo in politica estera. Quella che nei documenti del ministero degli Esteri della DDR viene spesso definita come Differenzieungspolitik, ovvero una politica di differen­ ziazione nei rapporti con ciascuno dei paesi dell' Europa centro-orientale, preferita dall' Italia ma sgradita ai tedeschi dell'Est, non era una delle tante figure retoriche del lessico della DDR. In effetti, anche da parte italiana si è parlato, in riferimento alla Ostpolitik italiana, di una 31. Garzia, Monzali, Bucarelli (a cura di), Aldo Moro, l'Italia repubblicana e i Balcani, cit.; Perfetti et al. (a cura di), Aldo Moro nell'Italia contemporanea, cit. 32. Cfr. a questo proposito : Tavani, L 'Ostpolitik italiana nella politica estera di Andre­ otti, cit., p. 296. 33· Sulle relazioni con la Romania di Cea�escu cfr.: A. Basciani, Tra aperture e neo­ stalinismo. Italia e Romania negli anni Sessanta e Settanta, in Garzia, Monzali, Bucarelli (a cura di), Aldo Moro, l'Italia repubblicana e i Balcani, cit., pp. 188-208. Sui rapporti itala­ jugoslavi, nello stesso volume : L. Monzali, '1 nostri vicini devono essere nostri amici': Aldo Mo­ ro, /'Ostpolitik italiana e gli accordi di Osimo, pp. 89-114 e M. Bucarelli, Aldo Moro e l'Italia nella Westpolit i.k]ugoslava degli anni Sessanta, pp. 115-6o; sulla Bulgaria, nello stesso volu­ me : F. Imperato, I rapporti italo-bulgari nell'epoca della distensione {Ig6J-I!)76), pp. 217-46. L'ambito degli studi sulle relazioni fra l' Italia e la Repubblica democratica tedesca, invece, è rimasto piuttosto scarno, con poche eccezioni: un quadro esaustivo della letteratura esistente su questo tema lo si può trovare in S. Lorenzini, La storiografia italiana e la Repubblica Demo­ cratica Tedesca, in M. Martin i, T. Schaarschmidt (a cura di), Riflessioni sulla DDR. Prospettive internazionali e interdisciplinari vent 'anni dopo, il Mulino, Bologna 2011, pp. 77-95.

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apertura [ . ] "modulata diversamente a seconda dei diversi Paesi" partendo dalla vicina Jugoslavia per spingersi poi verso Paesi più lontani, con cui si arrivò a stringere una rete di accordi pluriennali. [ . ] Alla cooperazione economica si accompagnò un crescente dialogo politico, alla ricerca di soluzioni ai principali problemi europei, a partire dali' Europa centrale34• .

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È interessante notare che, mentre nei rapporti con l' Unione Sovietica la diplomazia italiana evitava con cura che le questioni politiche lasciate fuori dalla porta rientrassero dalla finestra degli accordi economici e commer­ ciali, nelle relazioni con i paesi socialisti essa non si sottraeva al dialogo su problemi riguardanti la sicurezza europea, né sulla questione tedesca. L' Italia tentava anzi un ruolo di mediazione fra le percezioni dei paesi dell'Est europeo e le intenzioni dei tedeschi dell ' Ovest. Nella primavera del 1 9 7 1 l ' Unione Sovietica appariva ingessata nel sistema del "centralismo politico ed economico" in difesa del quale si prevedeva un inasprimento dei controlli sull 'orientamento politico e ideologico dei cittadini e una dura opposizione al revisionismo interno. Negli altri paesi dell ' Europa socialista, invece, il ministero degli Esteri italiano osservava tendenze diverse: la Polonia sembrava il paese con la situazione più "fluida", in un 'accezione positiva che però non era con­ divisa dai suoi alleati, soprattutto dall ' Ungheria. I fermenti dal basso agitavano i governi socialisti europei. La Cecoslovacchia suscitava invece preoccupazioni per un possibile ritorno a una politica repressiva da parte del regime e il moltiplicarsi dei processi politici. Osservava una nota del MAE di aprile, 1 9 7 1 : l a Ostpolitik e i successi sinora ottenuti potrebbero aver avuto una funzione desta­ bilizzante all'Est o almeno avrebbero consentito un ampliamento dell'incertezza e delle incrinature in seno al blocco orientale�5•

L' Unione Sovietica non era permeabile al cambiamento, gli Stati dell'Euro­ pa socialista invece sembravano esserlo. L'una era in grado di avvalersi del­ la Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa per indebolire la Comunità europea36, gli altri, per quanto allineati con la politica estera di Mosca, non rappresentavano un pericolo reale per la CEE. 34· Tavani, Alle origini del! 'Ostpolitik italiana, cit., pp. 477-8. 35· ACS, Archivio Aldo Moro, B. 134, MAE, Visita nella Repubblica Federale Tedesca del Presidente del Consiglio Emilio Colombo e del Ministro degli Affari Esteri Aldo Moro, 2-3 aprile 1971, Nota, "Situazione nei Paesi dell'Est': 36. lvi, Nota, "Conferenza europea':

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Un aspetto particolare sul quale da parte italiana s i intende insistere è che questa evoluzione deve svolgersi in modo strettamente collegato con l'allargamento e com­ pletamento della CEE, rimanendo ferma la convinzione che, attraverso la conferen­ za, l' uRSS persegue in primo luogo il fine di indebolire la CEE e di rallentarne l'evo­ luzione, in ispecie in campo politico. Per questo motivo si ritiene utile continuare gli studi sulle ripercussioni che una conferenza ed in genere il dialogo Est-Ovest, ove effettuato su basi multilaterali, potrebbe avere nel campo economico, in ispecie sot­ to il profilo degli interessi della CEE. Pertanto sembrerebbe opportuno concordare a Sei le linee di queste analisi e degli atteggiamenti da prendere al riguardo anche in sede NAT0 37•

La distensione aveva, in questo senso, anche un carattere difensivo, doveva cioè lasciare alle mire europee dei sovietici lo spazio necessario a mantenere aperto il dialogo e a concludere le intese significative per i paesi occidenta­ li, ma al contempo doveva contribuire a frenare quelle stesse mire quando esse minacciavano l' integrazione europea, caposaldo della poli tic a estera italiana : La distensione [ ... ] deve mirare [ ... ] a costituire le basi per un assetto europeo che consenta di moltiplicare i contatti e gli scambi in tutti i settori. [ ... ] l' Europa occi­ dentale deve mantenersi fedele ai suoi autonomi criteri di sviluppo che hanno il loro fine principale nell'unificazione economica e politica europea e quindi l'atteggia­ mento nei confronti dell' Est deve basarsi su formule non illusorie di modificazione sostanziale degli obiettivi dell' Est. Questi, è bene tenerlo presente, continuano ad essere quelli di ottenere la sanzione dello status quo (e cioè un consolidamento del blocco egemonico orientale e quindi di una divisione dell' Europa), di promuovere il ritiro o almeno il disimpegno degli Stati Uniti dall' Europa in una concezione dell'equilibrio che vede l' Europa sotto preminente influenza dell' uRSS (la quale in questo contesto si proclama soprattutto potenza europea) di opporsi al processo di unificazione economica e politica dell' Europa Occidentale. [ ... ] in ultima analisi, l' uRs s da un lato persegue l'obiettivo di una stabilizzazione all' Est ( il che si identi­ fica con gli interessi di potenza dell' URS s) e dali' altro, in parallelo, cerca di favorire un processo di destabilizzazione in occidente38•

Il telegramma che riporta dell ' incontro fra il ministro degli Esteri sovietico Andrei Gromyko e il suo omologo italiano nel novembre del I 9 70 chiarisce ancora cosa significasse la distensione per Moro, che qui ricordava : 37· Ibid. 38. ACS, Archivio Aldo Moro, B. 134, MAE, Visita nella Repubblica Federale Tedesca del Presidente del Consiglio Emilio Colombo e del Ministro degli Affari Esteri Aldo Moro, cit., Nota, "Rapporti Est-Ovest':

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esigenza passare da situazione attuale statica ad altra dinamica e aperta e ad instau­ razione sistema di relazioni variamente intrecciate et articolate, sì da superare logica blocchi contrapposti; concezione sovietica circa riconoscimento realtà (in ispecie territoriale) è accettabile ove vengano riconosciute quelle realtà emerse attraverso processo mirante a costruzione unità Europa occidentale39•

Non si trattava tanto di affermare una visione dinamica della distensione, in contrapposizione a una visione statica, nel significato che è stato dato a que­ ste definizioni a posteriori dagli storici della Guerra fredda40, né si trattava di immaginare un' Europa slegata dalle due alleanze politico-militari. Le affer­ mazioni di Moro rivelavano un cambiamento di percezione della questione tedesca da parte del governo italiano e la sua nuova disponibilità ad affron­ tare le questioni territoriali care ai sovietici nel quadro della conferenza eu­ ropea sulla sicurezza. Allo stesso tempo, però, si affermava un collegamento chiaro fra questa nuova disponibilità da parte dell' Italia e il riconoscimento da parte dell' Unione Sovietica della legittimità politica, oltre che del peso economico crescente della CEE. Il governo italiano temeva che il rilancio dell' integrazione europea dopo la Conferenza dell'Aja ravvivasse l'opposizione di Mosca: la CEE si avviava a diventare sempre più un potenziale antagonista dell' uRSS in Eu­ ropa e un possibile polo di attrazione per i paesi socialisti del blocco orien­ tale. In altre parole, l' Italia riconosceva che la distensione potesse andare oltre le intese economiche e che potesse prendere altre forme, purché però l' Unione Sovietica cessasse di rappresentare una minaccia per l' integra­ zione europea. Anche il Trattato tedesco-sovietico siglato nell'agosto del I 970 sembrava avere un doppio significato : contribuire a stabilizzare la situazione europea, ma anche impedire che, dopo la scomparsa di De Gaulle e la fine della stasi degli anni precedenti, la Comunità europea potesse rafforzarsi41• Il nesso fra la soluzione del problema tedesco, e delle altre questioni territoriali rimaste in sospeso dopo la Seconda guerra mondiale, e gli altri obiettivi della politica estera italiana (rafforzamento del ruolo politico dell'Alleanza atlantica; ne­ goziato multilaterale per la Conferenza sulla sicurezza; miglioramento delle relazioni economiche e commerciali con l' Est Europa; limitazione delle in i39· ACS, Archivio Aldo Moro, B. 131, Telegramma in partenza dal MAE n. 22923/C, 16.II.I970. Oggetto: Visita Gromyko. Relazioni Est-Ovest,· Conjèrenza europea. 40. Cfr. ad esempio Kieninger, Dynamic Détente, cit. ; J. Suri, Power and Protest: Global Revolution and the Rise oJDétente, Harvard University Press, Cambridge (MA ) 2005. 41. ACS, Archivio Aldo Moro, B. 131, Documentazione per la visita in Italia del Ministro degliA.ffa riEsteri dell 'uRssAndrei Gromyko, 10-12 novembre 19 70. Nota sulla politica estera sovietica.

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zia tive nazionali della RFT ) diventava dunque ancora più complesso e com­ prendeva la difesa della Comunità europea, che stava attraversando una fase delicata di passaggio, sintetizzata negli obiettivi dell'Aja: completamento, approfondimento e allargamento42• In un commento significativo al Trattato di Mosca, gli analisti italiani affermavano senza mezzi termini: Sulle mire di Mosca non sono permesse illusioni: il discorso sulla distensione e sulla sicurezza europea, la ricerca di un'intesa al vertice con Washington, la normalizza­ zione dei rapporti con Bonn non dissimulano il tentativo di dislocare la compattez­ za dell' Occidente, abbassandone la guardia di difesa, indebolendo la funzione della NATO ed erodendo la base psicologica "difensiva" sotto la pressione di un'opinione pubblica, suscettibile di fraintendere il significato di questa "distensione" e di ab­ bandonarsi ad una forma di contro-isolazionismo che affievolirebbe l'esigenza della garanzia nucleare americana e farebbe affidamento su illusori sistemi di sicurezza e di guarentigie "europee". Il disequilibrio inerente in una simile prospettiva "europea" è troppo evidente per non postulare, da parte dell' Italia e dei suoi alleati europei, un contrappeso [ .. . ] rappresentato da un rafforzamento dell' Europa Occidentale in tutte le sue espres­ sioni ed in tutte le sedi, e dalla forza di attrazione che essa potrebbe allora continuare ad esercitare sulla Germania Federale43.

Dali ' incontro con Gromyko emerse, peraltro, un impegno generico dei so­ vietici a « non [ ... ] interferire mediante la Conferenza nello sviluppo del processo integrativo [dell' ] Europa occidentale » 44• Si avrà modo di ritor­ nare su questo punto infra. Qui intanto, vale la pena di osservare che le implicazioni dell'apertura verso l' Unione Sovietica, e quelle dell 'apertura verso gli altri paesi socialisti europei, per quanto fossero collegate, erano differenti. Una delle possibili conseguenze della seconda Ostpolitik, tra l'altro, era che i regimi socialisti assorbissero talmente il cambiamento da arrivare al tracollo. Era, questo, un argomento che valeva per la distensione e per tutte le sue ramificazioni. Se da un canto l'apertura a Est poteva innescare un processo di riforma nella DDR e negli altri paesi del blocco socialista, 42. Sulla Conferenza dell'Aja cfr. : M. E. Guasconi, L'Europa tra continuita e cambia­ mento. Il vertice dell:Aja del I969 e il rilancio della costruzione europea, Polistampa, Firenze 2004. 43· ACS, Archivio Aldo Moro, B. 130, Visita in Italia del Presidente degli Stati Uniti d:A­ merica Richard Nixon, 27-28 settembre 1970, "Rapporti Est-Ovest e Conferenza Europea", "Conseguenze a breve e lungo termine del Trattato russo-tedesco': 44· ACS, Archivio Aldo Moro, B. 131, Telegramma in partenza dal MAE n. 22923/C, I6.II.I970. Oggetto: Visita Gromyko, cit.

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dali ' altro non era facile prevedere o prevenire i rischi di questo processo. Tra l'altro il : possibile delinearsi di un processo di "occidentalizzazione" del comunismo di Pankow, non solo in funzione della sua "riuscita" economica, ma anche nella misura in cui il logorìo del modello Ulbricht possa farlo considerare, a Mosca e all' interno, superato o anacronistico45•

Nel frattempo, i rapporti e gli scambi di visite con esponenti dei governi polacco, cecoslovacco e rumeno si intensificarono, con obiettivi di carattere sia economico, sia politico. Nuovi passi vennero compiuti anche nel campo politico e strategico. Il tema della sicurezza divenne oggetto di riflessione congiunta ed evidenziò sempre più punti di convergenza, tanto da spingere gli europei a esercitare pressioni sugli alleati maggio­ ri per accelerare la convocazione della e s cE. L' Italia ricercò il sostegno della Polonia su strumenti di sicurezza condivisi, quali la Carta dell' ONU, le misure di disarmo ge­ nerale e persino il processo di integrazione europea, una volta che i polacchi avessero accettato l' inevitabilità della convivenza con la Germania in Europa46•

In questi contatti certamente l' Italia non fece alcuna concessione rispetto agli impegni e agli orientamenti della sua politica atlantista, ma iniziò a col­ tivare un terreno nel quale acquistavano importanza il dialogo bilaterale da un canto, i riferimenti alla sicurezza collettiva e alla dimensione multilaterale dall'altro, nel quale la normalizzazione dei rapporti economici e politici fra l' Europa occidentale e quella orientale diventava progressivamente un obiet­ tivo condiviso, nel quale, infine, la distensione acquistava quel significato prioritario che avrebbe mantenuto nel tempo, fino agli anni Ottanta. Dopo la primavera di Praga e l'invasione sovietica della Cecoslovacchia, la distensione, in effetti, divenne un obiettivo determinante per l' Italia. Le diverse interpretazioni che ne vennero date riguardavano le conseguenze potenziali di quel fenomeno, la direzione che si pensava potesse prendere, e dunque anche i limiti della politica orientale dell' Italia, ma il tema restava in ogni caso centrale quali che fossero le aspirazioni o le paure che a esso venivano associate. Opportunità commerciali, sviluppo industriale, investimenti esteri, si­ curezza energetica, esportazione di tecnologie, mercati più vasti per com­ battere la crisi economica e finanziaria; prestigio internazionale, capacità di 45· ACS, Archivio Aldo Moro, B. 130, Visita in Italia del Presidente degli Stati Uniti d'America Richard Nixon, cit. 46. Tavani, Alle origini dell 'Ostpolitik italiana, ci t., pp. 483-4.

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manovra nelle organizzazioni e nelle conferenze multilaterali, nuovi inter­ locutori all'interno delle Nazioni Unite ; un ruolo accresciuto nei confronti degli Stati Uniti e dell' Unione Sovietica, una possibilità per la Democrazia cristiana di ritrovare la credibilità internazionale perduta; un'occasione di cambiamento per il PCI, inquieto e insoddisfatto nei ranghi tradizionali del movimento comunista internazionale, isolato e in cerca di un' identità sospe­ sa fra ideologia, politica interna e politica mondiale: la distensione assunse questi significati, e altri ancora. La politica di distensione non fu per l' Italia un concetto vago e sfuggen­ te, né un insieme di obiettivi formulati dagli alleati più potenti; al contrario si può affermare che vi fu una versione tutta italiana della distensione che si realizzò in molti modi: nella politica orientale del centrosinistra e, più tardi, in quella di Moro ministro degli Esteri; nella politica italiana alle Nazioni Unite; nella partecipazione alla escE; nella costruzione di relazioni bilate­ rali durevoli con i paesi del Patto di Varsavia, nonostante i limiti determinati dalla contrapposizione fra le due alleanze militari; nel nuovo dialogo con la DDR dopo il riconoscimento ; nell'eurocomunismo voluto dal PCI, nella sua scelta europeista e nel nuovo orientamento verso l 'Alleanza atlantica espresso da Berlinguer a partire dal I976. Nei suoi diversi aspetti, per le forze politiche italiane, per il mondo degli affari e per i soggetti economici quella politica rimase un obiettivo di lungo periodo, un dato inalienabile sulla cui necessità e continuità esisteva un tacito accordo. Dal punto di vista del ministero degli Esteri, inoltre, era importante che l ' Italia restasse agganciata alla Ostpolitik tedesca, dato che la RFT giocava un ruolo centrale nel dialogo con i paesi socialisti ed era prevedibile che conti­ nuasse a giocarlo in ragione della sua superiorità economica e finanziaria. È interessante, a questo proposito, quanto affermato in una nota del MAE del settembre I 9 70 che preparava l ' incontro fra Aldo Moro e il ministro degli Esteri della RFT Walter Scheel : La nuova fase dei rapporti fra il governo di Bonn e i Paesi dell'area comunista eu­ ropea ha aperto evidentemente un'ampia e nuova problematica anche nel campo economico-commerciale, poiché soprattutto in tale settore la Repubblica Federale Tedesca agisce con pressante e costante politica per accelerare il processo distensivo nei confronti di quella area. L'attuale favorevole congiuntura economico-finanzia­ ria tedesca appare infatti porre in maggiore evidenza delle tendenze che potrebbero avere un importante riflesso sui nostri stessi rapporti con l'area comunista creando nel contempo, le condizioni di inopportune perplessità anche in campo multilate­ rale, soprattutto per quanto riguarda l'aspetto creditizio47• 47· ACS, Archivio Aldo Moro, B. 130, MAE, Nota preparatoria per l'incontro tra Aldo

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Dalla nota emergono due tipi di preoccupazioni. La prima era legata alla ca­ pacità dell ' Italia di collocarsi nella nuova cornice delle relazioni commerciali con i paesi socialisti europei, che si andava definendo sulla base dello scambio fra materie prime, tecnologia e beni di consumo, agevolato dalla concessione di crediti da parte dei paesi occidentali. I Paesi dell' Est Europeo hanno ormai superato la fase del "take-off" e a livelli di­ versi si stanno avviando verso forme di economie più diversificate con importanti aspetti consumistici che, è ovvio, non occorre scoraggiare. La strozzatura di queste economie è d'altra parte il lento sviluppo della tecnologia; è da considerare inoltre la permanenza nell'ambito del Comecon di pianificazione ispirata a principi di carat­ tere politico che lascia ai Paesi occidentali solo quel margine di azione strettamente necessaria per soddisfare i più pressanti e necessari riconosciuti bisogni dell' econo­ mia stessa sul piano commerciale. È prevedibile che per il prossimo futuro, pertanto, i rapporti economici fra i Paesi dell' Est Europeo e quelli dell' Europa occidentale saranno sempre più caratte­ rizzati dall'esportazione di tecnologia e dalla conseguente concessione di crediti più o meno agevolati, e più o meno a lunga scadenza48•

La seconda era legata alla necessità che l' Italia non perdesse terreno in Euro­ pa occidentale, qualora la situazione economica si fosse aggravata, e che nel rapporto con la RFT i nuovi partner commerciali dell' Est non sottraessero opportunità all' Italia: In tale contesto la Germania occidentale si trova, nell'attuale congiuntura econo­ mica, decisamente favorita [ ... ] apparirebbe opportuno vigilare con attenzione sulla capacità di attrazione della tecnologia tedesca nei confronti del mercato dell'euro­ dollaro e sulle possibilità quindi che si creino delle correnti di finanziamento di cui potrebbero indirettamente beneficiare, tramite opportuni mezzi di agevolazione incidenti sul costo del denaro da parte del Governo di Bonn, gli stessi Paesi dell' Est Europeo. In tale evenienza le ripercussioni sulle possibilità di finanziamenti di in­ vestimenti in Europa occidentale potrebbero essere influenzate in modo negativo, per l' Italia in particolare49•

L' Italia entrava in una doppia forma di competizione : quella con gli altri governi occidentali per penetrare i mercati dell'Est europeo e quella con gli stessi paesi dell 'Europa centro-orientale per mantenere la stabilità dei rap­ porti economici e finanziari con la Repubblica federale, che per l' Italia era Moro e "Walter Scheel, "Aspetti economici della nuova fase della politica della Germania occi­ dentale verso i paesi dell' Est Europeo': settembre 19 70. 48. Ibid. 49· Ibid.

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il principale alleato in Europa. La posizione dell' Italia non lasciava spazio a iniziative che non fossero concertate, o ad azioni che potessero metterla a rischio di isolamento: alla luce di tali considerazioni sembrerebbe pertanto opportuno [ ... ] iniziare con i tedeschi occidentali, sul piano bilaterale e multilaterale, un dialogo informale al fine di favorire, sul piano operativo, un'azione di penetrazione nei mercati dell' Est Europeo con operazioni congiunte [ ... ] non solo possibili, ma reciprocamente van­ taggiose. [ ... ] Una simile impostazione del problema appare per l' Italia necessaria soprattutto data l'attuale congiuntura economica che ci impedisce di utilizzare con una certa ampiezza quegli strumenti creditizi dimostratisi gli unici efficaci per una penetrazione sui mercati dell' Est Europeo, data la difficoltà di trovare delle contro­ partite nelle nostre esportazioni se non in margini modesti50•

Si è detto prima quanto fosse importante agganciare la Ostpolitik italiana a quella tedesca, ma era altrettanto importante allacciare quest 'ultima all'in­ tegrazione europea. In un telegramma dall'ambasciata italiana a Bonn al pre­ sidente della Repubblica che riferiva della visita di Moro e Colombo nella RFT nella primavera del I 9 7 I , si sottolineava il ruolo centrale della Comunità europea e dei suoi sviluppi interni, in particolare la prospettiva dell'adesione inglese, perché la ( o piuttosto le) Ostpolitik e la distensione stessa potessero proseguire in una cornice sicura, che consentisse un margine di autonomia dagli Stati Uniti e allo stesso tempo prevenisse l' isolamento della RFT nella sua apertura a Est: eventuale insabbiamento o, tanto peggio, fallimento del negoziato con la Gran Bre­ tagna, avrebbe ripercussioni che non si limiterebbero a quelle inevitabili sul clima comunitario, ma si estenderebbero in un altro delicato settore della politica euro­ pea, quello della distensione e dei rapporti con l' Est e perciò della stessa Ostpolitik, intimamente legata alla più stretta solidarietà europea e perciò agli sviluppi della Comunità. Infatti [la] Germania si troverebbe di fronte al dilemma o di poggiarsi su rapporto individuale con USA o di tentare propria singola apertura all' Est5'.

Anche nell 'ambito della cooperazione tecnologica e scientifica, l' Italia guar­ dava alla RFT come al principale punto di riferimento per ampliare e conso­ lidare le intese con i paesi socialisti. Nella nota sulla "Collaborazione scien­ tifica e tecnologica fra Italia e Germania" inclusa fra i documenti preparatori Ibid. SI. ACS, Archivio Aldo Moro, B. 134, Telegramma dall'Ambasciata italiana a Bonn al MAE n. I3S96, Oggetto: Colloquio On. Presidente Consiglio col Cancelliere Brandt su negoziato CEE-Gran Bretagna e Ostpolitik, Bonn, 3 aprile 1971. so.

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per la visita di Moro e di Emilio Colombo in Germania nell'aprile del 1971, si ricordava che uno dei temi trattati durante la prima riunione della Com­ missione mista italo-tedesca ( Italia-RFT ) era stata proprio la collaborazione con i paesi socialisti in questo campo: constatata la difficoltà attualmente esistente di estendere anche ai settori delle tecnologie avanzate gli accordi bilaterali di cooperazione scientifica e tecnologica stipulati, tanto dall' Italia quanto dalla Germania, con i Paesi dell' Est europeo, si è convenuto dell'opportunità di un reciproco scambio di informazioni sugli eventuali risultati che ciascuno dei due Paesi potrà in futuro ottenere in tale spe­ cifico settore52•

Nella prospettiva italiana, la distensione era, dunque, un fenomeno che an­ dava controllato e diretto sia sul piano bilaterale, sia su quello multilaterale, perché non sfuggisse di mano. Molto importante, e trascurata fìno a questo momento nelle ricerche sui rapporti fra l' Italia e la RFT, l'analogia fra i due paesi osservata dal MAE in tema di sicurezza energetica: Data l'analogia delle posizioni italiana e tedesca in materia di approvvigionamenti di petrolio, sembra opportuno ribadire la nostra disponibilità a mantenere anche in futuro uno stretto collegamento con la Repubblica Federale di Germania, in particolare allo scopo di: a ) rilanciare la elaborazione della politica energetica nel quadro della Comunità Economica Europea; b) procedere a consultazioni bilate­ rali [ . .. ] per esaminare le conseguenze dell'accordo di Teheran e dei negoziati di Tripoli e [ . .. ] per studiare l' impostazione che i Paesi prevalentemente consumatori dovrebbero adottare in futuro nei loro rapporti sia con le Compagnie petrolifere internazionali che con i Paesi produttori [ . .. ] ; c) intensificare i contatti tra le im­ prese petrolifere tedesche, che perseguono [ . . . ] una attiva politica di espansione delle attività all'estero, ed il nostro Ente di Stato, per esaminare la possibilità di coordinare le rispettive attività in campo petrolifero, specie nei confronti dei Paesi produttori, ed in vista della eventuale futura creazione di "imprese comuni" nella CEE quali strumenti per l'attuazione di una politica comunitaria degli approvvi­ gionamenti53.

Allo stesso tempo, negli anni Settanta la politica estera italiana fu condizio­ nata da un sentimento di sfiducia nei confronti dell' impegno statunitense in Europa e da un disagio crescente per l'erosione del ruolo dell' Italia nella NA52. ACS, Archivio Aldo Moro, B. 134, MAE, Visita nella Repubblica Federale Tedesca del Presidente del Consiglio Emilio Colombo e del Ministro degli Affari Esteri Aldo Moro, cit., Nota, "Collaborazione scientifica e tecnologica fra Italia e Germania". 53· lvi, Nota, "Rapporti italo-tedeschi nel settore nucleare ed energetico':

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T054• L a sensazione d i una perdita d i importanza nel contesto dell'Alleanza atlantica contribuì alla ricerca di altri spazi di manovra verso Est. Oltre alle spinte che derivavano dal precedente del neoatlantismo, dal­ le avances dell' Unione Sovietica, dalla ricerca di nuovi fornitori di energia, dalla sfida dei nuovi mercati, dalle trasformazioni del PCI, dai cambiamenti all' interno del blocco socialista, dal mutato ruolo della Chiesa cattolica verso i paesi socialisti, dal modello della Ostpolitik tedesca - e dai timori che questa suscitava - l'apertura ad Est dell' Italia fu incoraggiata anche dalla ricerca di una ricollocazione in Europa, a prescindere dalle contraddizioni del rappor­ to con gli Stati Uniti. Nonostante l'ancoraggio indiscusso alla NATO, questo rapporto oscillava in effetti, dal punto di vista degli Stati Uniti, fra la necessità di coinvolgere l' Italia nella soluzione della crisi nel Mediterraneo per motivi strategici e la percezione della sua crescente instabilità e inaffidabilità. Anche in mezzo a queste contraddizioni, tuttavia, la politica estera di Moro non incoraggiò mai il superamento dei due blocchi, ma rappresentò invece un' interpretazione statica della distensione, incentrata sulla collabo­ razione sul piano economico e sulle relazioni commerciali con i paesi so­ cialisti, sulla doppia dimensione, bilaterale e multilaterale dei rapporti con quei paesi e sul rafforzamento e consolidamento dell'equilibrio europeo. Il cambiamento faceva parte di questa politica, ancor più di quanto avesse fatto parte del neoatlantismo, ma non ne era l'obiettivo: lo scopo ultimo era la stabilizzazione delle relazioni europee.

1. 3 L' Italia e la questione tedesca L'apertura a Est dell 'Italia implicava una revisione della posizione del go­ verno italiano sulla questione tedesca e il riconoscimento della DDR. La normalizzazione delle relazioni con la "zona di occupazione sovietica", come venne definita a lungo la Repubblica democratica tedesca nei documenti oc­ cidentali, fu più lenta di quella con altri Stati socialisti, come la Polonia e la Cecoslovacchia: essa era legata a una serie di fili sottili e rischiosi, parte di un equilibrio fragile nel quale una mossa incauta avrebbe messo a rischio non solo i rapporti con la RFT, ma anche quelli con l' Unione Sovietica e quelli nascenti con gli altri paesi dell'Europa centro-orientale. Al centro delle relazioni europee e dei rapporti transatlantici per tutti gli anni della Guerra fredda, la questione tedesca era uno dei grandi nodi irriso!S4· Nuti, La politica estera italiana negli anni della distensione, cit., pp. 52-3.

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ti dopo la Seconda guerra mondiale, il prodotto di un regime di occupazione a quattro che a pochi mesi dalla Conferenza di Potsdam aveva già mostrato limiti insormontabili. La questione tedesca fu alle origini stesse del confron­ to bipolare, che in Germania trovò i suoi confini territoriali e politici. Allo stesso tempo, la divisione della Germania contribuì ad accelerare l'unifica­ zione politica ed economica dell' Europa occidentale, all' interno della quale la nuova Repubblica federale tedesca veniva sia integrata, sia arginata - due obiettivi contrapposti, che tra il 1 948 e il 1 950, grazie soprattutto a un'evolu­ zione della politica estera francese, andarono a convergere55• Dopo che il regime di Walter Ulbricht ebbe edificato, a partire dall'estate del 1961, la mostruosità del muro e delle sue fortificazioni tra le strade e i pa­ lazzi di Berlino e sulle rive della Sprea, la questione tedesca divenne una linea di demarcazione politica, territoriale e psicologica non solo fra i berlinesi, ma anche fra i cittadini dell' Europa occidentale e quelli dell'Europa orientale. Nel dicembre del 1972, con la firma del Grundlagenvertrag, venne fatto il primo passo concreto per sanare le ferite della divisione, attraverso il quale la RFT, cedendo all'esistenza del secondo Stato tedesco, acquistava credito e tracciava un modello di dialogo bilaterale all'interno del quale si sarebbe svi­ luppata la dimensione intratedesca della distensione. Quell'accordo non rap­ presentava la soluzione al problema tedesco, ma ne era un'evoluzione, segnava l'avvio di una nuova fase nella quale da un canto la RFT e la DDR diventavano interlocutori alla pari (almeno sul piano formale) , dali' altro si aprivano le por­ te al riconoscimento internazionale della Repubblica democratica. La posizione dell' Italia riguardo al problema tedesco naturalmente era legata al rapporto particolare tra questa e la RFT56: è interessante, a questo proposito, notare che nella documentazione del ministero degli Esteri e in quella del consigliere diplomatico del presidente del Consiglio la questione tedesca viene trattata quasi sempre separatamente rispetto ai rapporti con i paesi dell'Est europeo, e alla questione più ampia delle relazioni Est-Ovest. Questo significava che i rapporti con la DDR erano considerati come un ca­ pitolo a parte della politica orientale italiana. SS· Sulle diverse interpretazioni della "questione tedesca" cfr., ad esempio : K. Larres, P. Panayi, The Federai Republic ofGennany since I949: Politics, Society and Economy bifore and afier Unification, Longman, London 1996; A. J. McAdams, Gennany Divided: From the Wall to Reunification, Princeton University Press, Princeton 1993; H. E. Jahn, Die deutsche Frage von I945 bis heute, Hase & Kohler Verlag, Mainz 1985. s6. Sulle relazioni fra la Repubblica federale tedesca e l' Italia nel secondo dopoguerra cfr., oltre al volume di Zilio, Roma e Bonn, cit., G. E. Rusconi, Gennania, Italia, Europa. Dallo stato di potenza alla "potenza civile", Einaudi, Torino 2003; J. Lill, M. Guiotto, /talia­ Gennania/Deutschland-1talien I94 S-I95S. Riavvicinamenti-Wiederannahrungen, O lschki, Firenze 1997.

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L'atteggiamento dell' Italia mutò sin da quando venne meno nella Re­ pubblica federale l'obiettivo ambizioso della riunificazione e fu riconsidera­ ta la «pretesa ( formalistica) della rappresentanza unica della Nazione tede­ sca » , che per la RFT aveva avuto un significato centrale dal I949 in poi57• La storia tedesca del secondo dopoguerra è caratterizzata da una lunga fase nella quale la prospettiva della riunificazione si contrapponeva in maniera incon­ ciliabile con il riconoscimento della DDR, sia da parte della RFT, sia da parte dei suoi alleati. Al ventennio nel quale la riunificazione fu un tema centrale, fra il I 949 e - convenzionalmente - il I969, seguirono altri due decenni, più complessi, nei quali la riunificazione rimase una prospettiva auspicabile per il governo di Bonn, ma secondaria o comunque procrastinabile rispetto all 'urgenza della normalizzazione dei rapporti fra i due Stati tedeschi e alle opportunità offerte da una distensione ininterrotta. Alla fine degli anni Settanta e nei primi anni Ottanta, nella fase più acu­ ta della crisi del riarmo nucleare in Europa e in un momento di profonda incertezza nei rapporti fra Stati Uniti e Unione Sovietica, proprio i due stati tedeschi avrebbero mantenuto in vita i frammenti del dialogo Est-Ovest58• Durante gli anni della dottrina Hallstein, l' Italia condivideva con la Repubblica federale l'obiettivo principale della riunificazione. Aldo Moro, allora presidente del Consiglio, definiva il problema tedesco essenzialmente come il problema della riunificazione dei due Stati tedeschi, ma anche come una questione dirimente per il contesto più ampio della sicurezza europea, vincolata a un equilibrio « dal cui mantenimento dipende non solo la nostra stessa esistenza nazionale, ma che costituisce tuttora la premessa necessaria per l'avvio verso situazioni meno tese » 59• La popolazione tedesca meritava una soluzione che rispettasse i suoi diritti, senza tuttavia mettere a rischio quella stabilità: il compito attuale della diplomazia consiste nel trovare una soluzione per la que­ stione tedesca, la quale concili la necessità da noi così vivamente sentita di far sì che quella nazione si riunisca pacificamente, senza, d'altra parte, alterare il rapporto di forze dei sistemi antagonistici, che garantisce la sicurezza e la pace60• 57· ACS, Archivio Aldo Moro, B. 130, Visita in Italia del Presidente degli Stati Uniti d'America Richard Nixon, cit., "Rapporti Est-Ovest e Conferenza Europea': 58. Cfr. a questo proposito : O. Bange, "KeepingDétenteAlive'': lnner-German Relations under Helmut Schmidt and Erich Honecker, 1974-19S2, in Nuti (ed.), The Crisis ofDétente in Europe: From Helsinki to Gorbachev, cit., pp. 230-43. 59· Discorso di Aldo Moro al Senato, 19 novembre 1965, in Rossini (a cura di), Aldo Moro. Scritti e discorsi, cit., pp. 1969 ss. 6o. Intervista ad Aldo Moro, in "Il Popolo': 21 giugno 1965, in Rossini (a cura di), Aldo Moro. Scritti e discorsi, cit., p. 2147.

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L'equilibrio fra i due blocchi in realtà era già cambiato, e Moro lo sapeva; il punto era cosa ne sarebbe stato in futuro qualora vi fosse stata un'accelera­ zione nell'apertura a Est. Dopo la Seconda guerra mondiale, l 'Alleanza atlan­ tica aveva perseguito con continuità la politica del containment: la stabilità fra i due blocchi « si risolveva essenzialmente nel contenimento dell' uRSS da parte dei liberi stati europei associati agli Stati Uniti » . Ma la situazione internazionale e i rapporti fra i due sistemi di alleanze erano diventati più complessi. La NATO non assolveva più solo al ruolo di contenere il naziona­ lismo e l'espansionismo sovietico, mantenendo «la linea di stabilizzazione che registra il raggiunto equilibrio tra i due gruppi di alleanze nell'ambito della coesistenza pacifica » , bensì agiva anche con un ruolo diverso. Essa si poneva il problema del rapporto con i paesi socialisti e quello della riunifìca­ zione pacifica dei due Stati tedeschi, assumendo « un suo dinamismo, nella ricerca della soluzione dei problemi aperti e nello sforzo di una dignitosa intesa con altri popoli » 61• Vale la pena di osservare, tuttavia, che la stessa riunificazione rappresen­ tava un cambiamento profondo dell'equilibrio europeo: era un' ipotesi che, qualora si fosse verificata, avrebbe costituito un'eccezione a quel « rapporto di forze dei sistemi antagonistici » al quale proprio Moro faceva riferimento come garanzia della sicurezza e della pace europee. La posizione dell' Italia sulla questione tedesca stava, dunque, al centro di una contraddizione. Da un canto si riteneva che la distensione europea non dovesse turbare la stabilità nei rapporti fra i due blocchi, una visione sostanzialmente statica della coesistenza pacifìca6l che l' Italia adottava pa­ rallelamente a una prima apertura economica e commerciale verso l' Unione Sovietica. Dali' altro, in armonia con il governo di Bonn, si promuoveva la riunificazione dei due Stati tedeschi, che avrebbe rappresentato, quale ne fosse l'iter, uno stravolgimento della situazione europea. Fra i due elementi in antitesi, il primo era senz' altro il più importante per la politica estera italiana, il che spiega come mai, qualche anno dopo, l' Italia fosse uno dei paesi meglio disposti ad accogliere la nuova prospettiva di Willy Brandt e la transizione verso una nuova politica orientale incentrata sul riconosci­ mento della DDR. Sempre nelle parole di Moro :

61. lvi, pp. 2147 ss. 62. Alla dicotomia fra concezione statica e concezione dinamica della distensione ri­ chiama anche l' intervento di Aldo Moro alla Camera sulla politica estera dell' Italia del 13 ottobre 1965.

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appare chiaro che il superamento dei blocchi va promosso con la politica della di­ stensione piuttosto che con il tentativo di disintegrarli per via di iniziative isolate o in ordine sparso, le quali, in realtà, determinerebbero l'effetto opposto a quello voluto, rimettendo in causa la stabilità e l'equilibrio continentale63•

Mettere in guardia contro « iniziative isolate o in ordine sparso» significava porre attenzione al rischio che lo stesso governo di Bonn innescasse l' accele­ razione del cambiamento, con conseguenze imprevedibili. Ancora Moro: L' in discriminato smantellamento dei blocchi, come si dice, sarebbe tutt'altro che un passo innanzi verso una fiduciosa convivenza internazionale e la pace del mon­ do. Altra cosa è il progressivo superamento dei blocchi militari, con il venir meno, grado a grado, delle ragioni che ne hanno determinato la nascita: un obiettivo che possiamo vagheggiare, lavorando anzi per esso, ma a patto che si realizzi senza creare confusione, senza determinare squilibri, contrassegnando invece un effettivo assetto di pace e lasciando operare, allargandone, le amicizie tradizionali e le conseguenti comunità di interessi e di ideali64•

Si trattava di un richiamo chiaro alla cautela e alla necessità di affrontare il processo di riavvicinamento fra gli Stati dei due blocchi con gradualità; più tardi Brandt l'avrebbe definita politica dei "piccoli passi", che qui apparivano ancora come passi da gigante : La gradualità, ripeto, è indispensabile se l'obiettivo che ci si propone di raggiungere è il conseguimento di una giusta pace in Europa e non semplicemente la convoca­ zione di una conferenza. Senza ragionevoli possibilità di successo. I fattori psicolo­ gici indubbiamente esercitano una considerevole attrattiva sulle opinioni pubbliche anelanti alla pace ed alla sicurezza; ma è dovere dei Governi considerare responsa­ bilmente la situazione internazionale esistente e di impostare il negoziato su basi realistiche, sì da evitare, in forza di un fallimento, l'aggravarsi della situazione in Europa che si vorrebbe assestare nella giustizia, nella sicurezza e nella pace65•

Nel frattempo, la Democrazia cristiana poneva la sua "linea di demarcazione" interna rispetto al comunismo che aveva molte analogie con quel concetto di Abgrenzung (demarcazione, appunto ) verso la Germania Est che avrebbe caratterizzato, e reso possibile, la Ostpolitik tedesca. All' interno della DC Moro mantenne chiari i tratti di quella linea, nonostante la distensione e 63. Rossini (a cura di ) , Aldo Moro. Scritti e discorsi, cit., p. 2147. 64. A. Moro, Ilx Congresso nazionale della DC, in Rossini (a cura di), Aldo Moro. Scritti e discorsi, cit., vol. 4, p. 24S9· 6s. Discorso di Aldo Moro alla Camera dei Deputati, 21 ottobre 1969, ci t.

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la normalizzazione con la DDR. Come ha affermato Riccardi: « nell' idea di Moro delle relazioni internazionali, le differenze ideologiche erano un dato di fatto inestinguibile » 66• Sebbene l' Italia e la RFT avessero percezioni e sen­ sibilità diverse sulla questione del rapporto fra i partiti moderati e i partiti comunisti nelle società capitalistiche, laAbgrenzung che la SPD applicava alle relazioni con l'altra Germania era simile alla politica di demarcazione della DC nei confronti del PCI: entrambe implicavano il riconoscimento dell'altro e la ricerca del dialogo e dei punti d' intesa, nel quadro di un' immutata (e immutabile) contrapposizione ideologica. Nella stessa direzione andavano le dichiarazioni che riaffermavano la centralità dell'Alleanza atlantica come quadro di riferimento della politica estera italiana, anche quando Moro confermava il suo sostegno alla politica di Bonn : Ho dianzi richiamato la funzione che l'Alleanza Atlantica può e intende svolgere ai fini della distensione e della ricerca di rapporti pacifici con l' Est. A tale compito, al quale noi siamo particolarmente sensibili, la Nato si è accinta con impegno e fermez­ za di intenti. Essa stessa va esaminando i temi sui quali potrebbe utilmente iniziarsi un negoziato che, partendo dall'esame delle questioni meno controverse, possa gra­ dualmente condurre attraverso successive tappe ad una vera e propria conferenza in grado di affrontare i grandi temi di una giusta e stabile pace in Europa. Questo negoziato, al quale non potrebbero rimanere estranei Stati Uniti e Canada [ ... ] deve essere accuratamente preparato e condotto innanzi con realismo e prudenza, ma anche con il necessario serio impegno67•

Quando Willy Brandt avviò la Ostpolitik e pose la «priorità della disten­ sione rispetto alla riunifìcazione » , i termini del problema tedesco vennero capovolti. L'obiettivo della riunifìcazione divenne secondario e la questione tedesca divenne il problema della coesistenza e del rapporto fra due regimi politici, due realtà economiche, due sistemi di valori necessari l'uno per l'al­ tro ma profondamente diversi, e inseriti in un contesto europeo in trasforma­ zione. La Comunità europea, della quale la Repubblica federale era un attore fondamentale, in effetti, si proiettava verso una fase di riforma istituzionale, verso una ridefìnizione dei propri obiettivi e una nuova regolamentazione delle proprie politiche che avrebbero direttamente o indirettamente influen­ zato anche le relazioni con la Germania Est. Quanto era importante per l' Italia, nel mutamento della politica euro66. Riccardi, Appunti sul! 'Ostpolitik di Moro, ci t., p. 61. 67. Discorso di Aldo Moro alla Camera dei Deputati, 21 ottobre 19 69, in Rossini (a cura di), Aldo Moro. Scritti e discorsi, cit., vol. s, pp. 2819-20.

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pea, la solidarietà con la RFT sulla questione tedesca ? Le relazioni fra Roma e Bonn rimanevano un elemento imprescindibile che condizionava la politica italiana verso la DDR, almeno in una prima fase. Nel febbraio del I 967 Moro aveva affermato: le questioni relative ali' applicazione o alle eventuali modifìcazioni della cosiddetta "dottrina Hallstein", che è una dottrina che riguarda le relazioni diplomatiche della Germania Federale, riguardano soltanto il Governo di Bonn. Per quanto lo concer­ ne, il Governo italiano non può che compiacersi dei recenti sviluppi della politica della Repubblica Federale nei riguardi dei suoi vicini orientali68•

Come osserva Charis Pothig, una volta che il vincolo posto dalla Germania Ovest venne superato, l' Italia accolse con favore la prospettiva del ricono­ scimento della DDR, e con un consenso trasversale fra i partiti politici69• La stessa DC, contrariamente alla CDU tedesco-occidentale, in generale appog­ giava la politica di Brandt e sosteneva il Comitato permanente italiano per il riconoscimento della DDR. Con il moltiplicarsi degli investimenti italiani in quel paese nel corso degli anni Settanta, la relazione triangolare Roma­ Bonn-Berlino Est sarebbe cambiata, lasciando uno spazio maggiore alla di­ mensione bilaterale e agli interessi economici italiani, anche quando questi erano dissonanti rispetto alle indicazioni della RFT. Sulle questioni politiche e di sicurezza essenziali, tuttavia, il governo italiano rimase fondamental­ mente solidale con il suo principale alleato in Europa. Un altro aspetto centrale della questione tedesca, nella prospettiva ita­ liana, erano le sue ripercussioni sull'Alleanza atlantica e sulla Comunità eu­ ropea. La politica orientale dell' Italia in effetti era intesa come parte di un quadro più ampio nel quale l'atlantismo determinava alcuni obiettivi impre­ scindibili e l' integrazione europea veniva posta in primo piano. Nella visione dell' Italia, tutte e tre le dimensioni erano legate in maniera indissolubile ed erano funzionali l'una all 'altra: l'apertura verso i paesi socialisti, in effetti, ol­ tre a incoraggiare la stabilità europea e a promuovere gli affari con quei paesi, era utile anche a ridimensionare la politica sovietica in Europa occidentale e a evitare che interferisse con il processo di integrazione europea. L' Ostpolitik di Brandt, infine, aveva implicazioni diverse per Roma e per Washington. Essa era, per molti aspetti, imprevedibile. Il governo italia­ no era consapevole che gli Stati Uniti nutrivano profondi dubbi sulla sen68. Discorso diA/do Moro alla Camera dei Deputati, 17 febbraio 19 67, in Rossini (a cura di), Aldo Moro. Scritti e discorsi, cit., vol. 4, p. 22 70. 69. c . Pothig, ltalien und die DDR. Die politischen, okonomischen und kulturellen Bezie­ hungen von I949 bis IgSo, Peter Lang, Frankfurt am Main 2000.

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satezza di quella politica e sui rischi del Trattato di Mosca. Scriveva Egidio Ortona da Washington : Se il Trattato di Mosca è un punto di partenza, come affermano i tedeschi, quale sarà - si chiedono gli americani - il suo punto d'arrivo ?70

Una porta aperta, in effetti, è un passaggio da entrambi i lati. Se da un canto la politica di Brandt proiettava la RFT verso una maggiore influenza in Europa centro-orientale e nuove opportunità di sviluppo per le attività economiche, dall'altro legittimava nuovi spazi di manovra per l' Unione Sovietica in Eu­ ropa occidentale. Gli americani dicono di avere fiducia in Brandt [ ... ]. Ma, allo stesso tempo, essi provano di fronte alle aperture ad Oriente del Cancelliere e al Trattato di Mosca, un senso di "malaise" che non riescono sempre a nascondere. Ciò perché, ai loro occhi, la Ostpolitik, innovatrice com'è, e in quanto politica di "movimento': secon­ do l'espressione di Brandt, ha una sua dinamica forse non controllabile da Bonn71•

Ma questo non era l'unico aspetto incerto per il governo statunitense. Wa­ shington temeva altresì di perdere il pieno controllo del dialogo con Mosca e di doversi confrontare con una nuova dinamica bilaterale fra il Cremlino e Bonn, che rischiava di «limitare l'area di manovra della diplomazia america­ na nel dialogo tra Washington e Mosca che rimane, visto da qui, il negoziato fondamentale Est-Ovest » 72• Vale la pena di osservare, a questo proposito, l'analisi del Trattato di Mosca contenuta in un appunto del MAE del settembre 1 9 70: « Sul Tratta­ to russo-tedesco, il Governo americano ha espresso un giudizio positivo ma cauto» , e ciò in ragione delle « incerte previsioni sugli sviluppi che potreb­ bero scaturire a medio e lungo termine dalla dinamica di un nuovo tipo di relazioni tra la RFT e i Paesi dell'Est europeo» 73• Sulla cautela, gli italiani erano senz 'altro d'accordo. Prosegue l'analisi della Farnesina: Nella visione americana dei rapporti Est-Ovest [ ... ] assume un rilievo preminente la consapevolezza delle responsabilità che incombono alle due massime Potenze per il mantenimento della pace nel mondo. Washington ha pertanto costantemente av-

70. ACS, Archivio Aldo Moro, B. 130, Lettera dell:Ambasciatore italiano a Washington a Moro, 16 settembre 1970. 71. Ibid. 72. Ibid. 73· ACS, Archivio Aldo Moro, B. 130, Visita in Italia del Presidente degli Stati Uniti d/tm erica Richard Nixon, ci t. Appunto, Oggetto : Conferenza europea, posizione americana.

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vertito la necessità di mantenere aperto il dialogo con Mosca per affrontare i vari problemi su un piano globale e organico74•

Il governo americano sembrava impegnato nella: « ricerca di [un'] intesa di­ retta con la Potenza antagonista » , accentuata dalla crisi di ripensamento che h a investito gli Stati Uniti negli ultimi anni e che si è tradotta in un graduale [ ... ] disimpegno in talune aree geografiche [ .. ] il Trattato russo-tedesco, nella misura in cui tende allo scopo dichiarato di consoli­ damento dello "status quo': appare perfettamente concordare con la politica norma­ lizzatrice ricercata da Washington75• .

Il Trattato di Mosca, dunque, da un canto sanciva gli equilibri esistenti, dall'altro inseriva nello scenario europeo un elemento di dinamismo, di cambiamento rispetto al quale gli italiani registravano le preoccupazioni del governo americano: il Trattato russo-tedesco presenta in prospettiva qualche elemento di incertezza in quanto esso non costituisce una cristallizzazione della situazione europea ma, al contrario, riapre la via ad una politica di movimento di cui potrebbe abilmente profittare l' uRs s. [ . ] lo spazio di manovra che l' Unione Sovietica riuscisse a gua­ dagnare in Europa Occidentale verrebbe sottratto all'area di azione della diplomazia americana nel dialogo tra Washington e Mosca76• ..

Alla luce di queste considerazioni, l'appunto metteva in evidenza i diversi «compiti » e le diverse « responsabilità » dell' Italia e degli Stati Uniti, attri­ buendo all'una il ruolo di promotore del processo di integrazione europea e di interlocutore attivo e presente con il governo di Bonn, agli altri un com­ pito centrale nei negoziati su Berlino : Per l' Italia figura in primo piano la necessità di affrettare il processo integrativo in Europa estendendolo anche al campo politico per mantenere l'ancoraggio della RFT al tessuto connettivo dell' Occidente. Gli Stati Uniti, dal canto loro, non possono disinteressarsi a tale processo ma avvertono soprattutto il pericolo di una nuova offensiva distensiva sovietica che [ ... ] potrebbe produrre una smobilitazione politica e psicologica dell'Occidente e rivelarsi un insidioso fattore disgregativo. [ . . ] Più specifico appare, inoltre, il compito degli USA nei riguardi della Germania tenendo conto delle responsabilità quadripartite che spettano al Governo di Washington. [ . ] assumono un notevolissimo rilievo le trattative quadripartite in corso per Ber.

. .

74· Ibid. 7S· Ibid. 76. Jbid.

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lino. [ ... ] Naturalmente la questione tedesca non si esaurisce nella ricerca di una sistemazione della ex capitale ma implica una definizione dei rapporti tra le due Germanie che dovrebbe seguire all'accordo su Berlino e dovrebbe preludere all' am­ missione delle due Germanie all' ONU ed al riconoscimento della RDT da parte delle Potenze occidentali77•

Alla fine di settembre del 1 970 il Presidente Richard Nixon si recò in visita in Italia. Per stemperare le tensioni, e dare modo ali' Italia di svolgere il suo ruolo di intermediazione, Ortona raccomandava dagli Stati Uniti un «di­ scorso "rassicurante" » , un discorso cioè che faccia perno sulla necessità per gli occidentali d i essere più che uniti e solidali nel momento stesso in cui l'evoluzione dei rapporti germano­ sovietici introduce un elemento di maggiore fluidità nelle relazioni Est-Ovest e dal quale emerga, in sostanza, che anche noi, pur salutando il Trattato di Mosca come un importante passo sul cammino della distensione, siamo consci della esigenza di rafforzare le componenti atlantica ed europea della politica tedesca78•

Vi era, poi, anche un altro tipo di rischio, analogo a quello che si pensava potesse indebolire le fondamenta dei regimi socialisti. La fine della contrap­ posizione fra i due modelli di sviluppo, quello della RFT e quello della DDR, avrebbe potuto favorire, anche in questo caso, l' "occidentalizzazione" della DDR, oppure avrebbe potuto mettere definitivamente in crisi entrambi gli Stati tedeschi quando si fossero trovate a confronto costante «le due parti divise di una stessa unità spirituale e culturale »79• Rispetto al "disequilibrio" generato dall'apertura politica verso Mosca degli Stati Uniti, della RFT e, in prospettiva, di tutta l'Europa occidentale, la strada imprescindibile da percorrere sembrava essere quella dell 'integra­ zione europea e del pieno coinvolgimento della Repubblica federale in quel processo. Tanto più pressante deve essere considerata questa esigenza di riequilibrio se si tiene anche conto dell'evoluzione della politica e della strategia americana, così come essa è stata di recente evidenziata dall'andamento dei SALT. La prospettiva in questo campo è una diminuzione della credibilità dell' impiego delle forze nucleari ame­ ricane in difesa degli Alleati europei [ ... ] si delinea[no] meglio gli aspetti equivoci della distensione e della sicurezza europea, che dal Trattato di Mosca conseguono un 77· Ibid. 78. ACS, Archivio Aldo Moro, B. 130, Lettera dell'Ambasciatore italiano a "Washington a Moro, cit. 79· ACS, Archivio Aldo Moro, B. 130, Visita in Italia del Presidente degli Stati Uniti d'America Richard Nixon, cit.

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forte impulso e che sono destinate a rendere l'opinione pubblica sulle due sponde dell'Atlantico più vulnerabile alle suggestioni pacifiste e meno sensibile all'accen­ tuarsi del disimpegno militare americano sul nostro continente80•

La nota sulle conseguenze dell'accordo russo-tedesco prosegue con un rife­ rimento inequivocabile alle paure del governo italiano, che spiegano l' atteg­ giamento non contraddittorio ma complesso dell' Italia riguardo alla disten­ sione internazionale, e disegna lo scenario auspicato dall' Italia : Per sottrarsi al "sacro egoismo" delle Grandi Potenze, l' Europa Occidentale non ha altra via se non quella di costruire una sua unità anche in campo militare, perché un' Europa politica che accantonasse questa dimensione (e questo potrebbe essere il limite dell'appoggio americano) nascerebbe menomata, o comunque incapace di contribuire concretamente a porre ed amministrare le basi di un futuro equilibrio strategico mondiale, insieme alle altre Potenze : Stati Uniti, Unione Sovietica e Cina.

E, in difesa degli interessi particolari dell'Europa occidentale e del processo di integrazione europea : Promuovere con il massimo impegno il processo di unificazione europea deve rap­ presentare quindi l'obiettivo primordiale dei nostri Paesi. E sarebbe essenziale che proprio Parigi, ove non si fa mistero delle perplessità che desta l' Ostpolitik, ne prenda coscienza, ricordando che il rifiuto francese di unificare l' Europa ha po­ sto le premesse di un' iniziativa tedesca che ha rimescolato i dati della diplomazia europea8•.

1. 4 La percezione dell 'epoca in un documento Uno dei temi trattati in questo capitolo è il nesso fra la politica orientale dell ' Italia e l'esigenza di preservare l'integrazione europea dai possibili ef­ fetti negativi della politica sovietica, e da un possibile, parziale disimpegno degli Stati Uniti dali' Europa. Vale la pena di riportare in maniera più ampia di quanto lo consenta una citazione nel testo le valutazioni contenute in una nota del MAE dell'ottobre I 9 70, all' interno della quale sono spiegate in ma­ niera particolarmente efficace le possibili implicazioni della politica estera di Mosca in questo senso :

8o. Ibid. 81. Ibid.

so

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Visita in Italia del ministro degli Affari Esteri dell'Unione delle Repubbliche socialiste sovietiche Andrei Gromyko (Io-I2 novembre I970) , Nota preparatoria, "Politica estera sovietica - Aspetti generali, ottobre 1970 ". Estratto. Il terreno di maggiore applicazione della politica sovietica resta naturalmente l' Eu­ ropa, ove Mosca sembra ricercare una sicurezza più ampia di quella di cui attualmen­ te dispone : una sicurezza che comporta in prospettiva il ritiro delle forze americane e la pratica dislocazione dell'Alleanza Atlantica. Per i sovietici non si tratta dunque di ottenere una semplice sanzione formale dei risultati conseguiti con l'ultimo con­ flitto mondiale : in questo caso potrebbero essere interessati a stabilire una intesa tacita ed esplicita con gli Stati Uniti per garantire congiuntamente un equilibrio ove gli europei potrebbero essere indotti ad accontentarsi della conservazione dello status quo rinunciando ad una funzione attiva riguardo ai problemi della politica mondiale. [ ... ] La graduale eliminazione della presenza americana in Europa si riconnette, infatti, ad un fondamentale obiettivo della politica sovietica e cioè a quello di impe­ dire il sorgere di una Europa integrata politicamente ed economicamente. Una Eu­ ropa integrata potrebbe esercitare una forza d'attrazione sui paesi dell' Est europeo e incidere negativamente sul concetto dell' uRs s quale potenza europea, dando vita ad un insieme che inevitabilmente tenderebbe a porsi in posizione autonoma nei confronti dell' uRSS ( nonché, in una certa misura, nei confronti degli Stati Uniti ) . [ . . . ] In questa cornice può essere letto il Trattato sovietico-tedesco del 12 agosto, i cui scopi sono certo molteplici: sanzionare i risultati della seconda guerra mondia­ le, mettere sotto controllo le nuove inclinazioni dei Paesi orientali e normalizzare le loro relazioni con la RFT, conseguire possibili vantaggi sul piano della collabo­ razione economica, salvaguardare la tranquillità in Europa in vista di crisi altrove. Tuttavia tra gli altri scopi di strategia politica si pone anche quello di approntare mezzi nuovi e più aggiornati per azioni di indebolimento dell'Europa, dopo che la scomparsa di De Gaulle ha sottratto all' uRss la "garanzia" che l' Europa comunque non sarebbe stata fatta. Nell'atteggiamento dell' uRS S verso la RFT è quindi insito il tentativo di affievolirne il movimento centripeto europeo facendo balenare fra l'altro il miraggio della fioritura dei rapporti verso l' Est. Nel contesto bilaterale eu­ ropeo, l' interlocutore privilegiato sembra essere divenuta la Repubblica Federale Tedesca mentre la Francia, pur conservando un notevole interesse per i sovietici per quella parte dell'eredità gollista che ancora opera con funzione dissolvente dell'Al­ leanza Atlantica e ritardatrice dell' integrazione europea, presenta un preciso limite nelle prospettive della politica sovietica in quanto fautrice di un nazionalismo che appare inconciliabile con le limitazioni di sovranità connesse con il dovere interna­ zionalistico degli stati socialisti82..

82. ACS, Archivio Aldo Moro, B. 131.

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La fine dell'isolamento e la Westpolitik della D D R

2. 1 Verso il riconoscimento Il Trattato di Mosca rappresentava la prima mossa concreta del governo di Bonn verso la rinuncia alla riunificazione come priorità e sulla strada del riconoscimento della DDR. Con l'accordo tedesco-sovietico, secondo il MAE, si era vicini a: consacrare la "creazione" di due Stati tedeschi, ciascuno dei quali finirà per vedere sanzionata - nei confronti reciproci e dello schieramento contrapposto - la propria legittimità [ ... ] la riunificazione si riduce, per Bonn, ad una aspirazione ideale es­ sendo stata consumata, con il riconoscimento delle frontiere, la frattura dell' ideale unitario della "Deutsche Nation"'.

La crisi economica e finanziaria degli anni Settanta, tuttavia, non avrebbe fa­ vorito scelte, né iniziative autonome, avrebbe invece gravato la politica estera italiana di ulteriori obblighi e debiti che si riflessero anche sulle relazioni con la DDR. Allo stesso tempo, nel 1969 l' Italia era propensa a porre su un piano multilaterale il negoziato fra Bonn e Berlino Est, coinvolgendo anche Gran Bretagna, Stati Uniti, Francia e Unione Sovietica. Fra i temi che dovranno essere affrontati al culmine della conferenza, uno dei prin­ cipali è indubbiamente il problema tedesco. Esso peraltro non può essere risolto con fatti pregiudiziali, quali il richiesto riconoscimento da parte italiana del Governo della Germania orientale, ma in modo negoziale ed equo, rispettando gli interessi legittimi e la volontà del popolo tedesco e la responsabilità delle quattro grandi Potenze2• 1. ACS, Archivio Aldo Moro, B. 130, Visita in Italia del Presidente degli Stati Uniti d'A­ merica Richard Nixon, 27-28 settembre 19 70, "Rapporti Est-Ovest e Conferenza Europeà: 2. Discorso di Aldo Moro alla Camera dei Deputati, 21 ottobre 1969, cit.

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Le dichiarazioni di Moro alla Camera dei deputati generarono tensione a Berlino Est, dove ci si attendeva che la DC e gli altri partiti dell'area di go­ verno prendessero invece una posizione chiara in favore del riconoscimento, anche senza arrivare al riconoscimento unilaterale. Un'aspettativa analoga sull' Italia riguardava la conferenza europea sulla sicurezza: i tedeschi dell'Est auspicavano che gli italiani promuovessero la partecipazione di entrambi gli Stati tedeschP. Nonostante queste incertezze, la DDR credeva nella simpatia del governo italiano per due motivi principali. Il primo era la presenza del PCI, che aveva svolto un' intensa attività per promuovere l'accettazione della Repubblica democratica come Stato sovrano. Il secondo era il coinvolgimento crescente del governo e delle imprese italiani in Europa centro-orientale, una presenza che fra il 1 9 6 9 e il 1 9 70 i documenti del ministero degli Esteri della DDR tendevano a sovradimensionare. Nell' Europa socialista la concorrenza fra i paesi della Comunità europea si intensificava, spronando anche gli interessi dell ' Italia. La Germania Est l'avrebbe volentieri orientata verso quello che si riteneva potesse essere un interesse naturale per la DDR, ma l' Italia scelse di attendere l'andamento dei negoziati fra i due Stati tedeschi prima di assume­ re iniziative autonome. La DDR restava un caso peculiare rispetto agli altri paesi socialisti. Il trattamento diverso che la Germania Est riceveva a confronto con gli altri governi del Patto di Varsavia generò tensioni con l' Italia, in particolare sulla questione dell 'apertura di un ufficio dell' Istituto per il commercio estero ( IcE ) nella RDT, alla quale si opponeva fortemente il governo di Bonn. I contatti fra l' Italia e le autorità tedesco-orientali avvenivano at­ traverso la sede dell'ICE di Berlino Ovest, con grande frustrazione della Repubblica democratica. A Roma esisteva una sede della Camera di Com­ mercio della DDR, un Centro di informazioni tecniche forniva assistenza alle aziende italiane che importavano dalla Germania Est, ma il fatto che l' Italia stentasse a stabilire un proprio ufficio a Berlino Est per seguire le attività economiche, sviluppare contatti e rassicurare le aziende italiane, e soprattutto la certezza che gli italiani si lasciassero condizionare in questo dalle indicazioni della Germania Ovest scoraggiava la DDR, lasciava inten­ dere che la politica orientale italiana fosse subordinata alle decisioni prese a Bonn e suggeriva ritorsioni. 3· Politisches Archiv des Auswartigen Amtes (da ora in poi PAAA), Ministerium fi.ir Auswartige Angelegenheiten (da ora in poi MfAA), C223/77, Die Haltung der Regierung und der verschiedenen politischen und wirtschaftlichen Krlifte ltaliens zur Nonnalisierung der Beziehungen zur DDR, 30 novembre 1969.

2.

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I l Governo d i Bonn h a [ . . . ] compiuto presso d i noi numerosi passi a che s i sopras­ sedesse per il momento, a dar seguito a tale iniziativa, anche se da parte nostra si è cercato di presentare l'ICE come un Ente non prettamente statale ed equiparabi­ le sostanzialmente alle organizzazioni d' industria degli altri Paesi europei, come l' Inghilterra e la Francia, che hanno recentemente aperto i loro uffici nella RDT. Attualmente le nostre esportazioni verso la Germania Orientale stanno subendo un periodo di stasi e vi è da rilevare che ciò è certamente, in parte, imputabile alla volontà di Pankow di esercitare una pressione nei nostri confronti4•

Ancora agli inizi del I 97 I l' Italia subordinava l'avvio di una politica commer­ ciale indipendente con la Repubblica democratica alla cautela di fronte al ne­ goziato intratedesco. Nel frattempo, il ministro degli Esteri Moro deplorava la scarsa elasticità del governo tedesco-occidentale che contestava le attività di imprenditori, esponenti del mondo degli affari e istituzioni italiani nella DDR. Il problema principale era che in un sistema economico come quello italiano - e a maggior ragione nelle relazioni con il sistema socialista della DDR - era spesso difficile distinguere tra iniziative esclusivamente private e trattative che implicavano un coinvolgimento di istituzioni o enti pubblici. La DDR, in effetti, aveva un'organizzazione economica centralizzata nella quale lo Stato era sempre coinvolto, mentre, in Italia, come sottolineava una nota preparatoria del MAE redatta in vista del viaggio di Moro e del Presiden­ te del Consiglio Colombo nella RFT nell 'aprile del I 97I, «lo Stato, attraverso i suoi organi tecnico-economici, necessariamente svolge una primaria fun­ zione di coordinamento e di promozione »5• L'attuale fase dei rapporti economico-commerciali tra l' Italia e la Germania Orientale è caratterizzata da una stasi che è vista con una certa preoccupazione dagli ambienti economici italiani e dalle Amministrazioni tecniche competenti soprattutto in considerazione del dinamismo di cui danno prova in quel mercato altri Paesi occidentali, e soprattutto la Germania Federale e la Francia [ .. . ] la stretta e scrupolosa osservanza da parte italiana delle esigenze del Governo di Bonn, mo­ tivate dall'attuale delicatezza del dialogo inter-tedesco, sta rappresentando oggi un notevole peso per i nostri operatori. Ci si riferisce soprattutto alla opposizione manifestata sia in sede multilaterale che in sede bilaterale dai tedesco-occidentali 4· ACS, Archivio Aldo Moro, B. 130, Segreteria generale del MAE, Incontro del Ministro degli Affari Esteri On. Aldo Moro con il Ministro degli Affari Esteri della RFG Walter Scheel, 14 settembre 1970 (poi annullato), materiale preparatorio, "Aspetti economici della nuova fase della politica della Germania occidentale verso i paesi dell'Est europeo': S· ACS, Archivio Aldo Moro, B. 13 4, Visita della RFT del Presidente del Consiglio Emilio Colombo e del Ministro degli Esteri Aldo Moro, 2-3 aprile 1971, Materiale preparatorio, Nota, "Problemi dei rapporti economico-commerciali fra l' Italia e la RDT':

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a che vengano istaurati contatti che coinvolgano istituzioni o personalità non strettamente private6•

Proseguiva la nota, a proposito dell'attività dell'ICE: Con l'occasione si ricorda, fra l'altro, il problema dell'apertura di un Ufficio ICE nella RDT. Come è noto, il nostro Ufficio ICE a Berlino Ovest mantiene contatti con le Autorità tedesco-orientali competenti per il settore commerciale. In Italia funziona a Roma un Ufficio della Camera di Commercio della RDT e un Cen­ tro di informazioni tecniche a Milano per assistere gli importatori italiani. La mancanza di un Ufficio Commerciale nel territorio della Germania Orientale si è dimostrata un notevole svantaggio per le nostre possibilità in quel mercato. Da parte di Pankow si è più volte insistito, evidentemente non solo per ragioni fun­ zionali, che l' IcE apra nel proprio territorio un suo Ufficio di Rappresentanza. Il Governo di Bonn ha d'altra parte compiuto presso di noi numerosi passi al fine che si soprassedesse, per il momento, a dar seguito a tale iniziativa, anche se da parte nostra si è cercato di presentare l'ICE come un Ente non prettamente statale ed equiparabile sostanzialmente a quelle organizzazioni d' industria degli altri Paesi europei, come l' Inghilterra e la Francia, che hanno recentemente aperto i loro uffici nella RDT7•

Tuttavia, in questa fase i limiti posti dalla cautela e dal timore di interferire indirettamente sul negoziato fra i due Stati tedeschi e le pressioni dell'alleato prevalsero. Il governo era consapevole che nella politica di Brandt la questio­ ne di Berlino era fondamentale e che il Cancelliere preferiva che i difficili negoziati su questo problema precedessero quelli sulla conferenza europea sulla sicurezza, in modo che l'accordo su Berlino fosse la condizione per il passaggio a « fasi multilaterali, sia preparatorie che esploratorie in vista di una conferenza » 8• In un' immagine assai efficace dell'ex sindaco della città divisa, Berlino era «la cruna dell'ago attraverso la quale deve passare il filo per tessere la Ostpolitik » 9• Il problema principale sul negoziato di Berlino era che la Germania Est mentre si dichiarava disposta ad attuare misure per migliorare la qualità di vita dei cittadini e normalizzare i rapporti fra la parte Est e la parte Ovest, chiedeva anche una sostanziale rinuncia della RFT ai propri diritti sulla parte occidentale della città. 6. Ibid. 7· Ibid. 8. lvi, Materiale preparatorio, Nota sulla situazione nei paesi dell'Est. 9· lvi, Telegramma in arrivo da Bonn {Luciolli) n. I3S96, 3·4·I97I, Oggetto: Colloquio On. Presidente del Consiglio con Cancelliere Brandt su negoziato CEE-Gran Bretagna e Ostpolitik.

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Da parte orientale - sovietica e tedesca orientale - ci si dichiara disposti ad assicu­ rare condizioni di vita migliori per la città di Berlino e per i berlinesi ma mediante procedure che implicherebbero il riconoscimento della piena estraneità fra le due Germanie e fra la RFT e Berlino Ovest, nonché competenza della RDT in tema di accessi e quindi un affievolimento progressivo della responsabilità quadripartita, sino al punto di trasformare Berlino ovest in una entità autonoma "sul territorio della RDT ". Questi tentativi orientali di staccare Berlino dalla Germania Occidenta­ le si concretano nell'insistente richiesta di una riduzione della cosiddetta presenza federale nella città; da parte occidentale, viceversa, si mira ad un riconoscimento esplicito dei legami oggi esistenti fra Berlino e la RFT con le loro varie estrinsecazio­ ni - non solo economiche e culturali, ma anche amministrative e politiche10•

Dinanzi a queste difficoltà, anche il governo italiano chiariva il proprio at­ teggiamento, specificando che il riconoscimento doveva essere inteso, in sen­ so lato, come un impegno reciproco a rispettare gli interessi e le acquisizioni che ciascuna delle parti aveva consolidato dopo la fine della guerra: Al riconoscimento delle realtà post-belliche che interessano gli Stati dell' Europa

Orientale deve corrispondere il riconoscimento delle realtà che concernono i vitali interessi dei Paesi occidentali (legami fra Berlino e la RFT in vari campi; Comunità economica europea) [ . . . ]. Da parte italiana si è convinti tuttavia che il problema tedesco deve trovare la sua soluzione non solo nel cedere alla richiesta dell' Est di una rinuncia all'uso della forza e di conseguenza dell' in tangibilità delle frontiere europee scaturite dalla seconda guerra mondiale, bensì anche nelle possibilità di instaurare rapporti di civile convivenza fra le due parti della Germania e di trovare delle soluzioni concrete per definire la situazione di Berlino secondo i principi che sono considerati indispensabili sia dai tre Alleati occidentali sia dalla Germania Fe­ derale11.

L' Italia restava allineata con la Repubblica federale in vista dei negoziati su Berlino e attendeva che dalla normalizzazione fra i due Stati tedeschi emer­ gesse un nuovo equilibrio all 'interno del quale muoversi più liberamente. Nel frattempo, anche la Repubblica democratica dava forma alla propria politica occidentale ( Westpolitik) , all ' interno della quale l' Italia occupava un posto particolare. Due considerazioni opposte le attribuivano questa po­ sizione speciale: l' Italia da un canto era un solido alleato della Germania Ovest, dall'altro però era propensa ad agire in modo da prevenire che la RFT tornasse a essere una superpotenza europea. Alla DDR non sfuggivano queste sfumature : 10. 11.

lvi, Materiale preparatorio, "Rapporti Est-Ovest. Posizione tedesca". lvi, Materiale preparatorio, "Rapporti Est-Ovest. Posizione italiana':

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nel modo di trattare il "problema tedesco" giocano un ruolo anche certi interessi di sicurezza nazionale: il governo italiano, cerchie dirigenti del mondo economico e politico della D C, del P S I, del P S U non sono interessate né a un mutamento con la forza dello status quo territoriale in Europa, né a un incremento del potere econo­ mico, politico e militare della Germania occidentale. L'attuale situazione dell'esi­ stenza di due stati tedeschi, pertanto, in questo senso è soddisfacente per le cerchie dominanti in Italia e offre una certa garanzia11•

L'ormai decennale Ostpolitik italiana incentrata sull' Unione Sovietica, inoltre, alimentava un terreno favorevole di intesa : Il grande interesse dell'economia italiana a [mantenere] relazioni buone e van­ taggiose con l' Unione Sovietica agisce in modo che anche le cerchie politiche di governo nel loro modo di porsi sulle relazioni con la D D R rinunciano a quei passi che rappresenterebbero un affronto diretto contro l' uRss ( ad esempio, nes­ sun sostegno al revanscismo tedesco-occidentale, al neo-nazismo, alle ambizioni nucleari ) 13.

Dal punto di vista strategico, come si è detto, l' Italia era incline a sostenere un'evoluzione della situazione europea che per la Germania Est era del tutto auspicabile : il riconoscimento dei confini, il mantenimento dello status quo, il rafforzamento dei legami economici e commerciali con l' Unione Sovietica e i suoi alleati. Allo stesso tempo, la SED nutriva ancora ottime aspettative nei confronti del PCI, che si era impegnato intensamente nel promuovere la legittimazione internazionale della RDT. Il Comitato permanente per il riconoscimento della DDR in Europa occidentale otteneva il sostegno tra­ sversale di diverse forze politiche, accentuando l'attrazione che quel paese aveva verso l' Italia14. In questo quadro non mancavano dubbi e perplessità: taluni ritenevano, in effetti, che il riconoscimento e l'avvio di relazioni normali con la DDR avrebbe contribuito a rafforzare la divisione della Germania e ad accentuar­ ne la drammaticità. Si trattava tuttavia di posizioni isolate: l'opinione più diffusa nella politica italiana era che i tempi fossero ormai quasi maturi per risolvere l'anomalia tedesca. Ciò che ancora tratteneva l' Italia dal ricono­ scimento, semmai, era il timore di compromettere i rapporti con le altre po12. PAAA, MfAA, C223/ 77, Die Haltung der Regierung und der verschiedenen politischen und wirtschafilichen Krdfie /taliens zur Nonnalisierung der Beziehungen zur DDR, cit. 13. Ibid. 14. Su questo tema, cfr. c. Pothig, Italien und die DDR. Die politischen, okonomischen und kulturellen Beziehungen von I949 bis I9So, Peter Lang, Frankfurt am Main 2000, pp. 332 ss.

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tenze già coinvolte nella soluzione del problema tedesco'5• Nel gennaio del I 972 il ministero per la Sicurezza sosteneva che un'iniziativa concreta italia­ na sulla questione del riconoscimento sarebbe arrivata solo dopo l'entrata in vigore del West-Berlin Abkommen' 6 • L'analisi del MfAA e quella, successiva, della Stasi erano realistiche, l' invito alla cautela di Moro e i riferimenti alla dimensione multilaterale del problema miravano a rimettere in prospettiva pesi e responsabilità e a spostare l'attenzione più sull'equilibrio europeo che sulle singole parti del negoziato. Secondo Moro la questione delle frontiere avrebbe perso la sua "drammaticità" una volta assicurata la stipulazione degli accordi riguardanti la Germania: « Quanto sarà accettato da [l] popolo tede­ sco può essere accettato anche da[ll'] Italia, e, per quanto si può immaginare, da altri paesi » '7•

2.2 Lunga distensione e Westpolitik Il popolo è diventato più astuto, ha capito come confrontare. Il popolo crede agli argomenti scientifici'8•

Alla Ostpolitik della Repubblica federale tedesca, un tema centrale della storia internazionale ormai da quasi vent' anni'9, e a quella avviata in tempi 15. PAAA, MfAA, C223/ 77, Die Haltung der Regierung und der verschiedenen politischen und wirtschaftlichen Kriifte ltaliens zur Normalisierung der Beziehungen zur DDR, cit. 16. Bundesbeauftragter fur die Unterlagen des Staatssicherheitsdienstes der ehemaligen DDR (Stasi-Unterlagen, da ora in poi Bstu), Ministerium fur Staatssicherheit (da ora in poi Mfs), HVA 379· Injòrmation uber einige Aspekte der Innen- und Aussenpolitik Italiens, 7· Jan. 1972 (streng geheim). 17. ACS, Archivio Aldo Moro, B. 131, Telegramma in partenza dal MAE n. 22923/C, I6.II.I970. Oggetto: Visita Gromyko. Relazioni Est-Ovest; Conjèrenza Europea. 18. BA, SAPMO, Biiro Hager, IV B2/2.024/I29, Protokoll uber den Meinungsaustausch der Mitglieder des Politburos un d Sekratiire des ZK [. .. l Kurt Hager und Werner Lamberz, mit [. .. l Piotr Demitschew, uber Fragen der weiteren Zusammenarbeit zwischen KPdsu und SED auf dem Gebiet der ideologisch-theoretischen Arbeit am 4./5. juli I973 in Moskau, Berlin, 10 luglio 1973. 19. Cfr. ad esempio : G. Niedhart, Entspannung in Europa. Die Bundesrepublik Deutsch­ land und der Warschauer Pakt Ig66 bis I975· De Gruyter, Berlin 2014; C. Fink, B. Schafer (eds.), Ostpolitik, I969-I974: European and Global Responses, Cambridge University Press, New York 2009; G. Bernardini, Nuova Germania, antichi timori. Stati Uniti, Ostpolitik e sicurezza europea, il Mulino, Bologna 2013; F. Caciagli, La Germania Est tra Mosca e Bonn. Ostpolitik e Westpolitik nel rilancio del processo di sicurezza in Europa (Ig6g-I975). Carocci, Roma 2010; P. Ludlow (ed.), European Integration and the Cold War: Ostpolitik-Westpolitik, I905-I973· Roudedge, London 2007.

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diversi dagli altri Stati dell'Europa occidentale corrispondeva una Westpo­ litik della DDR che non riguardava solo i rapporti con l'altro Stato tedesco, ma si dispiegava in un ventaglio di relazioni con tutti i paesi occidentali e in un dinamismo insolito, considerando che gran parte della storia della DDR si svolse nell' isolamento internazionale. La Westpolitik si inquadrava in un contesto fluido, all'esterno e all' in­ terno del blocco socialista: qui gli aspetti teorici e politici del rapporto con i paesi occidentali erano oggetto di un dibattito in evoluzione. Prima di ana­ lizzare il ruolo che l' Italia ebbe nella politica occidentale della Germania Est, vale la pena di soffermarsi brevemente su quel contesto e sui punti principali di quel dibattito. Agli inizi degli anni Settanta la DDR attraversò una fase di trasforma­ zione legata in parte alla transizione dalla leadership di Walter Ulbricht e quella di Erich Honecker, in parte a una riflessione teorica attraverso la quale venivano riconsiderati gli obiettivi stessi del socialismo per i paesi con uno sviluppo industriale avanzato, le peculiarità di questi e il rapporto fra l' indi­ viduo e la società socialista I risultati della C S CE, inoltre, nutrirono le aspettative e le iniziative di politica estera della DDR e consacrarono il ruolo personale di Honecker in questo campo. Come afferma lo storico Hermann Wentker, « Quan­ do, nella città finlandese, sedette accanto al Cancelliere federale Helmut Schmidt e venne trattato da pari dai grandi del mondo, la sua insicurezza cedette » 11• Honecker si lasciò coinvolgere direttamente nella politica este­ ra, alla quale diede slancio anche per compensare la carenza di consenso interno e intorno alla quale si sviluppò la nuova Friedenspolitik della DDR. L' identificazione dello Stato stesso con una politica di pace, impegnata nel mantenimento della distensione internazionale e nel successo della cooperazione multilaterale, nelle intenzioni di Honecker doveva assicu­ rare alla Repubblica democratica la piena legittimazione internazionale11• Questo aspetto della politica estera di Honecker spiega da un altro punto di vista il dinamismo con il quale il governo della DDR coltivava i contatti con l' Italia. La ricerca del prestigio e di una legittimazione sostanziale in ambito europeo passava sia per la Friedenspolitik, sia per la capacità di aflO.

20. Cfr., ad esempio, l'ampia analisi delle questioni teoretiche e dei problemi di natura ideologica fatta in vista di una rinnovata collaborazione fra il PCUS e la SED : BA, SAPMO, Biiro Hager, IV B2/2.024/129, Vorschlagefor die Zusammenarbeit zwischen der KPdsu und der SED auftheoretischem und ideologischem Gebiet, Berlin, 22 giugno 1973. 21. H. \Ventker, Aussenpolitik in engen Grenzen. Die DDR im internationalen System I949-I9S9, Oldenbourg Verlag, Miinchen 2007, pp. 371-2. 22. lvi, p. 3 72.

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fermarsi come interlocutore stimato e affidabile fra i governi dell' Europa occidentale. Le opportunità offerte dalla distensione, le frustrazioni di una competi­ zione impari (quella fra la DDR e la RFT), l'aspirazione a mantenere posizio­ ni consolidate all' interno del blocco socialista, acquistandone di nuove nel mondo, la necessità di tenere saldo il rapporto con l ' Unione Sovietica erano in realtà in conflitto, e diedero luogo a una contrapposizione latente che rimase alla base dei rapporti fra Berlino Est e Mosca fino alla dissoluzione della DDR. Della riflessione teorica, invece, faceva parte il paragone con la società dei consumi e una valutazione più ampia della "dialettica fra bisogni e pro­ duzione". La SED spostava il piano dell'analisi teorica sul concetto di bisogno, individuale e collettivo, sulla contrapposizione fra il proprio modello sociale e altri modelli di sviluppo. In senso più ampio, il partito si interrogava sulle questioni fondamentali che riguardavano sia la formazione della "personali­ tà socialista", sia i problemi dell' integrazione economica fra gli Stati del Co­ mecon. Questi nodi dottrinali si sviluppavano parallelamente alla revisione della politica economica e sociale adottata dal governo dopo l'ottavo con­ gresso della SED. Il rapporto con i cittadini, con i lavoratori e con i sindacati in un paese socialista diverso dagli altri per il livello di sviluppo raggiunto e per la peculiarità storica nella quale era nato, un paese nel quale la rivo­ luzione tecnologica promessa e attesa era fallita, diventava particolarmente importante in un momento in cui la nuova situazione internazionale da un canto offriva opportunità politiche senza precedenti, ma dall'altro esponeva un sistema chiuso all' interazione con altri sistemi regolati da istituzioni e dinamiche diverse. La fine dell ' isolamento internazionale introdusse la DDR in una com­ petizione più ampia, non solo con i governi occidentali, ma anche con una nuova realtà europea nella quale il potere di agire in maniera autoreferenziale si limitava a margini sempre più ristretti. Nel contesto europeo in trasfor­ mazione cambiavano ruoli e opportunità: il confronto e l'integrazione erano i nuovi parametri della politica. Il confronto fu un tema centrale degli anni Settanta: l'apertura dei mercati dell'Est alla penetrazione degli investimenti e delle merci occidentali metteva a confronto le economie capitaliste e quelle socialiste; la necessità di integrare le economie socialiste metteva queste a confronto le une con le altre, e il Comecon a confronto con la CEE; la stessa coesistenza pacifica si fondava su un confronto costante, nel quale governi che rappresentavano modelli di sviluppo diversi sceglievano di convivere in un sistema internazionale nel quale il rischio di un conflitto nucleare fosse ridotto al minimo.

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Negli anni Cinquanta la Gran Bretagna aveva ancora potuto rivendicare una piena autonomia tenendosi in disparte dalla CECA e tentando di restare al di fuori anche della CEE, per ritornare poi sui suoi passi a tre anni dai trattati di Roma; negli anni Sessanta Charles De Gaulle fu forse l'ultimo capo di Sta­ to europeo a formulare una politica regionale che, per quanto corrispondesse a una visione europea coerente, restava fondamentalmente autoreferenziale. La Germania Ovest aveva protratto la dottrina Hallstein e la Germania Est aveva costruito il muro di Berlino. Tuttavia, le trasformazioni che avvennero in Europa a partire dalla fine degli anni Sessanta e per tutti gli anni Settanta smentirono la solidità di quel tipo di politica che, nel blocco occidentale co­ me in quello socialista, rifiutava il raffronto e divideva l'interesse nazionale dalla cessione di sovranità necessaria per rendere efficace l' integrazione con altri paesi - integrazione economica, politica, finanziaria, scientifica, tecno­ logica; cooperazione transnazionale fra partiti e movimenti con aspirazioni comuni; interdipendenza fra paesi produttori e consumatori di energia. Durante un incontro a Mosca nel luglio del 1973, i vertici dei dipartimen­ ti responsabili per le questioni ideologiche della SED e del PCUS affrontarono alcuni fra i temi della Westpolitik partendo proprio dal cambiamento in atto nella situazione internazionale13• Il primo di questi era la continuità sul piano teorico: la politica estera dei paesi socialisti era basata sulla solidità della lotta di classe "dalla rivoluzione di Ottobre" in poi. Il secondo era la coerenza della coesistenza pacifica con quell' impianto teorico. Il terzo, infine, era il tema del distacco tecnologico dai paesi occidentali. Allo stesso tempo, secondo le direttive del PCUS, la politica occidentale dei governi socialisti doveva ispirarsi al medesimo principio di delimitazio­ ne, di demarcazione delle sfere ideologiche sulle quali si basavano l'Ostpoli­ tik tedesca e quella italiana: La svolta che si manifesta negli sviluppi internazionali attuali non indebolisce la lotta di classe. L'ampliamento delle relazioni fra paesi socialisti e capitalisti non avvicina i loro sistemi sociali, né nasconde i contrasti14•

L'argomento sostenuto da Piotr Demitschew a colloquio con Kurt Hager era che la contrapposizione ideologica non dovesse essere livellata, al contra­ rio si sarebbe ulteriormente rafforzata. La dimensione nella quale i sovietici dialogavano con i socialdemocratici tedeschi, spiegava Demitschew volendo anche rassicurare la SED sul dialogo bilaterale fra il PCUS e la SPD, era pretta23. BA, SAPMO, Bi.iro Hager, IV B2/ 2.024/129, Protokoll uber den Meinungsaustausch der Mitglieder des Politburos und Sekratare des ZK, ci t. 24. Ibid.

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mente politica. Lo stesso Brandt agiva mosso da istanze che si sviluppavano nella società tedesca, non da un'evoluzione sul piano teoretico, e gli stessi laburisti inglesi sembravano orientati verso una politica estera non più anti­ sovietica, qualora fossero arrivati al governo. Noi non idealizziamo Brandt [ ... ]. Comprendiamo pienamente il significato della contrapposizione della D D R con l' ideologia socialdemocratica. Anche su questo, dobbiamo rafforzare la nostra comunanza, così che il nemico non trovi alcuna oc­ casione per costruire una qualche differenza [di vedute] fra il PCUS e la S ED2s.

Il rapporto della SED su quell ' incontro da un canto sottolinea la superio­ rità dell' uRss e degli altri paesi socialisti rispetto agli Stati Uniti e ai loro alleati nel ritmo di crescita di alcuni settori cruciali, come quello dell'ac­ ciaio, e commenta che l'arretratezza dell ' Unione Sovietica in ambito tecnico-scientifico rispetto agli Stati Uniti era una menzogna propagan­ distica, dall 'altro però riconosce che i paesi capitalisti avevano goduto di condizioni favorevoli nel dopoguerra e che, per questo, avevano potuto portare avanti una vera rivoluzione tecnico-scientifica. Il progresso scien­ tifico e tecnologico dell ' URSS, il ritmo di crescita delle economie socialiste e il confronto reale, non ideologico, con il mondo occidentale erano temi centrali e controversi sui quali, tra l'altro, si riconosceva l' importanza della comunicazione con l'opinione pubblica, tanto nei paesi occidentali, quan­ to in quelli socialisti. Un altro argomento che interessava la Westpolitik era la spaccatura tra l' Europa e gli Stati Uniti. Secondo i sovietici, questi avevano perso parte della loro credibilità e del controllo sulle attività economiche in Europa: sia la Francia, sia la RFT, in effetti, tendevano a svincolarsi dalla presenza del capitale statunitense. Il rapporto di forze in Europa era cambiato, perché ora i paesi dell 'Europa occidentale sviluppavano autonomamente i propri rapporti con i paesi socialisti, accrescendone il ruolo e il prestigio. Diversi paesi capitalisti hanno già da tempo contatti economici vantaggiosi con noi. Non vogliono abbandonare più queste posizioni. Sotto la pressione generata da questa realtà, anche gli Stati Uniti devono cambiare il loro atteggiamento su questa questione e sviluppare allo stesso modo relazioni economiche più forti con l' Unione Sovietica26•

Prevaleva, nelle argomentazioni dei russi, una percezione ottimistica delle nuove opportunità offerte dalla crisi economica e finanziaria statunitense 25. lbid. 26. Ibid.

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, che stride se confrontata con l estremo realismo di Breznev, il quale, solo due anni dopo, invitava i paesi del Patto di Varsavia ad accettare l' inevitabilità del rapporto con i mercati del mondo capitalistico:�.7• Le due osservazioni, in effetti, non erano in contraddizione, erano entrambe fondate. Si trattava di punti di vista paralleli : la percezione che gli Stati Uniti stessero attraver­ sando una crisi finanziaria che li indeboliva sulla scena internazionale e nei rapporti con gli alleati almeno quanto li aveva indeboliti il conflitto in Viet­ nam - « Gli Stati Uniti non possono tenere più insieme i paesi occidentali su vecchie basi » 2.8; la consapevolezza che il coinvolgimento economico e fi­ nanziario dei paesi occidentali nell 'Est europeo stava crescendo; la sensazio­ , ne che l internazionalizzazione delle attività economiche dei paesi socialisti non potesse più essere procrastinata. Quest'ultimo punto era più difficile da accettare e realizzare : i paesi consumatori di prodotti energetici del blocco sovietico, ad esempio, cominciarono a sperimentare gli effetti negativi della crisi energetica in ritardo e impreparati. Esisteva dunque, per anticipare il tema di uno dei prossimi capitoli, una questione ideologica i cui termini restavano immutati. Ed esistevano, paral­ lelamente, diverse dimensioni politiche nelle quali si snodavano il dialogo e la collaborazione con i governi dei paesi capitalistici da un canto, con i , partiti socialisti e socialdemocratici occidentali dall altro. I partiti comuni­ sti, soprattutto il PCI che aveva una lunga tradizione di radicamento nella realtà nazionale e di ricerca di spazi autonomi nel movimento comunista , internazionale, vivevano in una sorta di limbo fra una dimensione e l altra, in una collocazione sempre più scomoda e contraddittoria, non tanto sul piano ideologico, quanto su quello politico. La politica estera della DDR dipendeva certo in gran parte dalle relazioni , , con l Unione Sovietica, e tuttavia l immagine di un paese privo di iniziati­ ve autonome non rappresenta in maniera soddisfacente la DDR degli anni Settanta e Ottanta. I due paesi erano legati da un rapporto esclusivo, che a sua volta rifletteva i mutamenti e gli umori del rapporto fra Mosca e Bonn:�.9, « rivali del secolo» 30• La politica estera della DDR va interpretata, dunque, , , sia alla luce dell alleanza imprescindibile con l Unione Sovietica, sia tenen-

27. BA, SAPMO, Biiro Axen, IV 2/2.0 35135· Niederschrifi uber Ausfohrungen des Genos­ sen Breshnev aufdem Trejjèn der Fuhrer kommunistischer und Arbeiterparteien sozialistischer Liinder in Budapest am IS. Miirz I975· 28. BA, SAPMO, Biiro Hager, IV B2/ 2.024/129, Protokoll uber den Meinungsaustausch der Mitglieder des Politburos und Sekratiire des ZK, ci t. 29. Cfr. a questo proposito : Caciagli, La Germania Est tra Mosca e Bonn, cit. 30. La citazione riprende il titolo del saggio di A. Stent, Rivalen des jahrhunderts. Deutschland und Russland im neuen Europa, Propylaen, Berlin 2000.

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do conto del nuovo dialogo instaurato dal governo della RFT con l' Unione Sovietica nel contesto della Ostpolitik, sia osservando la leadership di Ho­ necker, proiettata a definire un vero ruolo internazionale per la DDR, sia, infine, tenendo presente che la Repubblica democratica doveva fare i conti con alcuni limiti strutturali legati alla scarsità di materie prime e a uno svilup­ po economico incompiuto che aumentavano la sua dipendenza da Mosca. Questa dipendenza crebbe negli anni Settanta per due fenomeni, di­ versi ma collegati, che determinarono un conflitto latente e mai risolto con l' uRSS, fino alla dissoluzione della DDR: il diffondersi della crisi economica internazionale da un canto, che aggravò la situazione economica anche di al­ cuni paesi del Comecon, la crescita parallela delle esigenze finanziarie del go­ verno di Berlino Est a partire dal I970-7I dall'altro. Dopo l'ottavo congresso della SED, in effetti, vennero avviate una politica di pacificazione nazionale e di ricerca del consenso e una nuova politica economica che miravano ad accelerare lo sviluppo tecnologico, due obiettivi che implicavano un incre­ mento significativo delle importazioni di beni di consumo e di tecnologia dai paesi occidentali. Allo stesso tempo, l'ambizione di dare alla DDR un ruolo globale deve essere interpretata tenendo conto della posizione centrale assunta dal segre­ tario generale della SED nel processo decisionale che determinava le scelte di politica estera. L'espressione Generalsekretdr-System definisce proprio la centralità attribuita a quel ruolo da Honecker, in politica estera, così come in altri ambiti della vita pubblica31• Honecker e coloro i quali nella DDR sostenevano la Westpolitik mi­ ravano sicuramente a una crescente indipendenza dall ' Unione Sovietica. Stabilire relazioni stabili, costanti, persino di interdipendenza con alcuni governi occidentali avrebbe accresciuto il numero degli "amici" della DDR in Europa e avrebbe reso dunque più difficile per l' URSS prendere decisioni dirimenti che la riguardassero. In altre parole, volendo aumentare (non so­ lo nel presente, ma anche in una prospettiva futura) la propria autonomia dalla «potenza egemone Unione Sovietica » 3\ il regime tedesco-orientale tentava di affermare una legittimazione internazionale (non solo formale) a prescindere dalla legittimazione esclusiva che esso aveva ricevuto da Mosca sin dalla sua creazione nel I 949· In un certo senso la Westpolitik mirava, oltre che a consentire al governo tedesco-orientale di realizzare i propri obiettivi di politica estera, a mettere al sicuro la DDR da Mosca. Questa prospettiva capovolge quella tradizionale che descrive la politica estera tedesco-orientale 31. \Ventker, Aussenpolitik in engen Grenzen, cit., p. 371. 32. lvi, p. 368.

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come priva di autonomia e orientata esclusivamente a realizzare gli obiettivi in comune con i sovietici. Lungi dall'essere solo il braccio dell' Unione So­ vietica in Europa, negli anni Settanta la DDR tentava più che altro di divin­ colarsi dall' uRSS, senza tuttavia rimettere in discussione i punti fermi, né gli elementi fondanti del rapporto con Mosca, a cominciare dalla prospettiva ideologica e dal modello di sviluppo economico e sociale. Data la vicinanza al segretario della SED di Erich Mielke da un canto, di Giinter Mittag dall'altro, e dato il potere che queste due figure riuscirono a esercitare sul governo, inoltre, sembra chiaro che nella DDR la concezione della sicurezza non fosse solo collegata alla protezione di Mosca, ma venisse identificata con la sicurezza interna da un canto e con lo sviluppo economico dall'altro. L'apertura al mondo esterno mise in difficoltà la Repubblica democra­ tica, sia per ragioni economiche, legate alla difficoltà di un sistema rigido di integrarsi nel commercio internazionale (un problema comune anche alle altre economie del blocco sovietico), sia perché il riconoscimento e l' apertu­ ra di rappresentanze diplomatiche all'estero acuì i difetti interni del sistema. Questa riflessione riguarda in particolare l 'ossessione per la sicurezza e l ' in­ debolimento della coesione interna del partito. L'organizzazione e i poteri del ministero per la Sicurezza si rafforzarono, insieme al suo controllo sul MfAA. Come afferma Wentker: oltre a sorvegliare e ad osservare le ambasciate straniere a Berlino Est, lo Staatssi­ cherheitsdienst doveva evitare che l'apertura a ovest, così come l'aumento del traffico di individui con la Repubblica Federale e con i paesi non socialisti mettesse a rischio la "sicurezza" della DDR33•

Allo stesso tempo, le posizioni dei nuovi diplomatici all'estero e la collabo­ razione fra questi e il Dipartimento relazioni internazionali del Comitato centrale della SED suscitavano negli altri rami del partito « un miscuglio di sfiducia e invidia » H che indeboliva la coesione interna di un regime il cui nemico principale era probabilmente la rigidità di fronte al cambiamento. La Germania Est mirava a costruire una rete di rapporti e un sistema di accordi politici, economici e commerciali con i governi occidentali che assicurassero nel lungo periodo le condizioni migliori di sviluppo per le società socialiste avanzate35• Questa era, in un certo senso, la sintesi della 33· lvi, p. 374· 34· lvi, p. 380. 3S· PAAA, MfAA, C 3519, Abteilung Westeuropa. Maj?nahmen for die Weiterentwicklung

der bilateralen Beziehungen der DDR zu Italien im Zeitraum 1975/76.

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Westpolitik tedesco-orientale : coesione con gli altri governi socialisti, col­ legamento a quel contesto multilaterale che aveva dato una veste formale alla distensione in Europa, la C SCE, normalizzazione delle relazioni poli­ tiche e diplomatiche e sviluppo delle relazioni economiche e commerciali con i governi occidentali. Come si sviluppò, dunque, la Westpolitik della DDR e in quali modi coinvolse l' Italia ? La documentazione sull'Europa occidentale offerta da­ gli archivi del ministero degli Esteri della ex DDR, della SED e della Stasi è straordinariamente ampia e dettagliata, tuttavia raramente questo fiume di informazioni sfocia in una prospettiva programmatica o nella valutazione di scenari concreti. La strategia adottata nei confronti dell' Italia, in particolare, sembrava condizionata da una visione statica di quel paese : l' interlocutore era considerato essenzialmente come un oggetto, invece che un soggetto dal­ le cui azioni e reazioni sarebbero dipese le opzioni della Westpolitik. Solo di rado le misure da intraprendere nei confronti del governo italiano, o di altri soggetti - partiti, singoli politici, imprese, esponenti del mondo degli affari - sono immaginate come risposte al verificarsi di un quadro possibile degli eventi. La pianificazione della politica occidentale mancava di profondità e di una prospettiva strategica, nonostante la precisione e la minuziosità delle note informative e la capacità singolare di cogliere in pieno i mutamenti della situazione politica italiana, gli alti e bassi dei suoi rapporti con gli alleati e molti altri aspetti della sua politica internazionale. La politica estera della DDR appare dunque dettata da una strategia uni­ laterale, predeterminata e di conseguenza, in generale, coerente. L'unico scenario di più ampio respiro riguardava la difesa incrollabile della coesistenza pacifica, non la dichiarazione di principio ripetuta osses­ sivamente nelle interminabili note del partito, ma l'obiettivo reale e impre­ scindibile che emerge da una visione complessiva degli interessi politici, eco­ nomici e strategici della Germania Est. Oliver Bange ha dedicato un saggio dal titolo convincente alla lunga distensione della DDR: Keeping Détente Alive3 6 • Questa priorità presupponeva un buon rapporto con l' Italia al di là di ogni divergenza, quali che fossero le tensioni generate dalla questione , dell accordo consolare, dalle variazioni nella politica dei crediti o dal dibatti­ to sul riarmo nucleare. Presupponeva, inoltre, la comprensione delle dinami­ che che muovevano la concorrenza fra i paesi occidentali nei mercati dell'Est

36. O. Bange, "Keeping Détente Alive': Inner-German Relations under Helmut Schmidt and Erieh Honecker, I974-r9S2, in L. Nuti (ed.), The Crisis ofDétente in Europe: From Helsinki to Gorbachev, 1975-19S5, Routledge, London 2009, pp. 230-43.

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e all' in terno della stessa Comunità europea; una valutazione concreta del­ le divergenze fra i paesi dell' Europa occidentale e gli Stati Uniti; la ricerca, infine, di un margine di autonomia per non soccombere al rapporto con l' Unione Sovietica, che si rivelò sempre più difficile a partire dalla seconda metà degli anni Settanta. La Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa contribuì all'affermarsi di una retorica sulla difesa della coesistenza pacifica partico­ larmente ridondante nella DDR, secondo la quale l'ampliamento delle re­ lazioni con l' Italia rispondeva alla necessità di stabilizzare la distensione e la sicurezza in Europa. Retorica e realtà erano, tuttavia, le due facce di una stessa medaglia : è indiscutibile infatti che la distensione internazionale fosse un obiettivo fondamentale della DDR, sia per le opportunità che essa offriva, sia perché aveva consentito una ridefinizione dei rapporti con la Repubblica federale a vantaggio, almeno per il momento, della Repubblica democratica. Qualche anno più tardi, con il montare della paura di una nuova fase di riar­ mo della NATO, la conservazione dell'equilibrio della distensione in Europa sarebbe diventata il tema principale delle relazioni fra Berlino Est e Roma. La Germania Est formulava nei confronti dell' Italia una politica « con­ cordata e coordinata » con l' Unione Sovietica e con gli altri Stati del Patto di Varsavia37• Il trattato bilaterale consentì « uno sviluppo proficuo » nella cooperazione economica, nel commercio estero e nel settore dei trasporti. In ambito politico, invece, i ritmi rallentavano: negli anni successivi l' in­ teresse limitato degli italiani per le iniziative del governo tedesco-orientale avrebbe deluso molte delle aspettative della Germania Est, che attribuiva gli alti e bassi del rapporto con l' Italia al fatto che questa faceva i conti con una contraddizione fondamentale fra i propri interessi politici ed economici e la necessità di assicurarsi il sostegno continuo delle principali potenze "im­ perialiste", gli Stati Uniti e la RFT. Il lessico e i temi di un codice stilistico comune presentavano nella veste più opportuna alle esigenze della comu­ nicazione interna con gli altri governi socialisti alcune argomentazioni che tuttavia erano plausibili. L'argomento della dipendenza italiana dal sostegno economico degli alleati era presentato in maniera enfatica, spesso esasperata, ma aveva un fondamento e acquistò negli anni successivi spessore con l' ag­ gravarsi della crisi economica e finanziaria italiana. Se da un canto ci s' im­ maginava che gli effetti favorevoli della CSCE potessero avere ripercussioni positive sui rapporti bilaterali, dall'altro la debolezza intrinseca della situa­ zione italiana, la "!abilità" del contesto sociale e politico in quel paese, che lasciava spazio alla possibilità concreta di una svolta a destra, o addirittura 37· PAAA, MfAA, C 3519, Abtei/ung Westeuropa, cit.

2.

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di un colpo di Stato, rallentava e appesantiva il processo di normalizzazione. La Ostpolitik italiana, proiettata verso le "nuove opportunità" offerte dalle relazioni con gli Stati socialisti, tuttavia, era un punto fermo per la Farnesina, e questo rassicurava il governo tedesco-orientale : osservata dalla Germania Est, l' Italia mirava soprattutto ad acquistare un ruolo di prestigio in Europa e nel Mediterraneo e a conquistare porzioni di mercato in Europa orientale in concorrenza con gli altri governi occidentalP8• Una politica commerciale dinamica avrebbe, pertanto, contribuito alla stabilizzazione delle relazioni politiche: il governo della DDR era consape­ vole che gli interessi principali dell' Italia verso quel paese erano mossi dal mondo economico e dai potenziali investitori. Fra le misure concrete pre­ viste per il I975 da una nota del MfAA, pertanto, vi erano la preparazione della terza riunione della Gemischte Regierungskommission ( aprile-maggio I975) istituita dal trattato per la collaborazione economica, commerciale e tecnica del I973, durante la quale si voleva soprattutto assicurare che l' Italia concedesse le licenze necessarie per l'export previsto dalla DDR; lo sviluppo di una collaborazione di lungo periodo, almeno fino al I98o, con singoli gruppi industriali italiani; una migliore definizione degli accordi presi con Montedison, EGAM, ENI e IRI; l' invito a una delegazione di analisti dell' IRI per un soggiorno nella DDR; la preparazione di una bozza di accordo sulla collaborazione scientifica e tecnologica, da sottoporre al governo italiano e da concludere entro la seconda metà del I975; l' invito al sottosegretario del ministero per il Commercio con l'estero Ignazio Senese alla Fiera di Lip sia del I975 e la partecipazione del ministro per il Commercio con l'estero ita­ liano allo stesso evento l'anno successivo; la ricerca di una posizione vantag­ giosa per la DDR nel mercato finanziario italiano, in particolare attraverso le relazioni della Deutsche Aussenhandelsbank con la Banca commerciale italiana e con la Banca nazionale del lavoro39• A queste misure si aggiungeva l'obiettivo di un incontro fra i ministri degli Esteri dei due governi nella prima metà del I975, una previsione che rimase però disattesa fino al I 9 7 8. L' incontro doveva servire, se mp re nella prospettiva del MfAA, a favorire un programma di lavoro comune fra i due ministeri con consultazioni periodiche e a concordare gli incontri tra i ver­ tici dei due governi. Nella seconda metà del I 975, avrebbe fatto seguito un giro di consultazioni ufficiali tra il MAE e il MfAA mirato alla definizione della parte operativa40• Fra le altre misure elencate dal ministero degli Esteri

38. Ibid. 39· Ibid. 40. Ibid.

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della DDR, infine, vi erano la conclusione dei negoziati relativi all 'accordo veterinario e dell 'accordo consolare nella prima metà del 1 975, al quale do­ veva seguire l'apertura di un consolato della DDR a Milano ( un'altra previ­ sione che non eh be segui to) ; l'apertura nello stesso anno dei negoziati per gli accordi sul traffico su strada, sulla navigazione e sulla sanità; la visita alla Commissione esteri della Camera dei deputati da parte di una delegazione della Commissione esteri della Volkskammer nella seconda metà del 1975 e il viaggio del suo presidente Gerard Gotting in Italia per un colloquio con il presidente della Camera dei deputati Sandro Pertini nella prima metà del 1 976. Il MfAA prevedeva inoltre di coinvolgere il governo italiano perché ap­ poggiasse l' Unione Sovietica nella sua proposta di indire una conferenza in­ ternazionale sul disarmo e perché promuovesse con gesti concreti la soluzio­ ne politica del problema mediorientale sulla base delle risoluzioni 242 e 338 del Consiglio di sicurezza dell' ONU. Era importante, infine, che il governo italiano si adoperasse per la realizzazione dell 'Atto finale della CSCE e che sostenesse la linea comune dei paesi del Patto di Varsavia sulla realizzazione dell'Accordo a quattro su Berlino Ovest4'. Gli effetti positivi dell'accordo di Helsinki indussero il MfAA a un fi­ ducioso ottimismo sul futuro delle relazioni con l' Italia, sull'appoggio, la collaborazione, il riconoscimento politico, gli investimenti e gli stessi crediti italiani. Ad accrescere questa percezione contribuirono probabilmente sia un eccesso di zelo di alcuni funzionari a Berlino Est, sia l' idea che i vantaggi potenziali della Ostpolitik per l' Italia, nella competizione con gli altri gover­ ni occidentali sui mercati dell'Est europeo e nella ricerca di un ruolo politico più ampio di quello che l' Italia poteva permettersi nella CEE e nella NATO, fossero troppo estesi perché Roma potesse rifiutare le proposte della DDR. In sostanza, le analisi che riguardano l' Italia preparate fra il 197 3 e il 1974 sono accomunate dalla contrapposizione fra questi argomenti e quelli che enfa­ tizzavano invece la dipendenza dell' Italia dagli Stati Uniti e dalla RFT. Im­ plicitamente, lasciano intendere l'ambizione del governo tedesco-orientale di stabilire con l' Italia un' intesa particolare che contribuisse a disancorarla, non tanto sul piano formale, quanto su quello politico, dalla relazione esclu­ siva con quei due paesi e da un sistema di alleanze nel quale essa occupava un ruolo complessivamente incompiuto e frustrante. Nella Westpolitik, l' Italia era dunque un caso peculiare almeno quanto lo era la DDR nella politica orientale del governo italiano.

41.

Jbid.

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2. 3 Dopo il riconoscimento, Moro incontra Honecker Il tempo per la normalizzazione delle relazioni fra i due paesi è già maturo da tanto4:L.

L' Italia riconobbe la Repubblica democratica tedesca nel gennaio del I973 con un Trattato bilaterale che sanciva l'apertura delle relazioni diplomatiche fra i due paesi. Nell'autunno del I972, uno scambio di lettere fra i due ministri degli Esteri, Otto Winzer e Giuseppe Medici, testimoniava il venir meno degli ostacoli all'avvio di relazioni normali fra i due paesi: « Fra i nostri due stati non vi è alcuna controversia di principio» , affermava Winzer4�. Qui il rife­ rimento era sia ai negoziati fra la RFT e la DDR, ormai prossimi a una con­ clusione positiva, sia alla dichiarazione comune dei governi di Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Unione Sovietica, con la quale essi si impegnavano a sostenere l' ingresso dei due Stati tedeschi alle Nazioni Unite, dove la DDR aveva già inviato un suo rappresentante come osservatore permanente. Il mi­ nistro degli Esteri della DDR citava, infine, alcuni fra i temi centrali della Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa e invitava il suo omo­ logo in Italia ad accelerare il più possibile la normalizzazione fra i due Stati perché potessero collaborare nel perseguire il principale obiettivo comune, la distensione internazionale. Dalle considerazioni di Winzer emergeva tra l'altro il problema dell' influenza, talvolta determinante, che esercitava la politica dei rispet­ tivi alleati, e il riferimento ai condizionamenti esterni ai quali erano sog­ getti in modi diversi entrambi i paesi. Era solo l' inizio di un gioco delle somiglianze, con il quale i rappresentanti del governo tedesco-orientale avrebbero ricordato ripetutamente agli italiani, nel corso degli anni, che fra i due Stati erano più rilevanti gli interessi comuni, di quanto non lo fossero quelli in conflitto. La risposta di Medici, qualche settimana dopo, dava l' idea dell' immi­ nenza di un accordo: In data odierna un alto funzionario del mio ministero ha preso un primo contatto con il presidente dell'ufficio di Roma dell'ente per le relazioni commerciali con

42. PAAA, MfAA, c 231/77· Vermerk uber ein Gesprach des Genossen Bibow am J.I.I973 im ital. Au.JSenministerium (Rom, am J.I.I97J). 43· PAAA, MfAA, C 231/77, Lettera di Otto Winzer al Ministro degli Esteri italiano Me­ dici, 30 novembre 1972.

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l'estero della RDT per prepararsi a stabilire relazioni diplomatiche fra i due paesi e per studiare taluni problemi bilaterali44•

Le delegazioni che lavoravano sui dettagli del trattato bilaterale concordaro­ no che dopo il riconoscimento sarebbero stati avviati in tempi brevi altri ne­ goziati relativi sia al contributo dei due governi alla distensione, alla sicurezza e alla cooperazione in Europa, sia alla cooperazione economica, sia, infine, alla preparazione degli accordi sul traffico aereo, stradale e marittimo45• Alla fine di dicembre del 1972, dopo che Winzer ebbe ricevuto un riscon­ tro positivo da Medici alla sua lettera del 3o novembre, il MfAA preparò una direttiva sulle misure concrete da intraprendere in vista del riconoscimento. Un' integrazione a quella direttiva sollevava la questione spinosa dell'isti­ tuzione di un consolato generale della DDR a Milano, un tema al quale la Germania Est teneva particolarmente, sia perché in quella città risiedeva un numero piuttosto alto di cittadini della DDR attivi, per i quali era plausibile l'interesse di Berlino Est a tutelare i loro diritti e quelli delle loro famiglie, sia alla circostanza che Milano rappresentava per l' Italia la città del commercio : in vista di un ampliamento degli scambi fra i due paesi, pertanto, ai tede­ schi dell' Est sembrava opportuno consolidare anzitutto lì la loro presenza. In mancanza di un accordo su questo punto, le direttive del MfAA racco­ mandavano che si chiedesse almeno di stabilire a Milano un ufficio estero dell ' Handelspolitische Abteilung (H PA) , uno dei dipartimenti del ministero degli Esteri della DDR, i cui funzionari avrebbero potuto godere dello status diplomatico. Qualora anche questa soluzione fosse fallita, si raccomandava di chiedere agli italiani che assicurassero almeno l'attività, a Milano, di un di­ plomatico dell'HPA accreditato a Roma46• La presenza nella città di Milano sembrava una conquista importante per il governo della DDR, che intendeva accelerare l'apertura di canali commerciali con le aziende italiane. Dalla delegazione italiana, invece, il governo tedesco-orientale si aspet­ tava di ricevere richieste riguardanti la libertà di movimento e la libera circo­ lazione senza dazi da e verso Berlino Ovest, questioni di diritto patrimonia­ le (fra l'altro, i contenziosi irrisolti riguardanti i danni di guerra a cittadini italiani e la restituzione di opere d'arte e altri beni italiani perduti durante la Seconda guerra mondiale) ; richieste relative ai ricongiungimenti familia44· PAAA, MfAA, C 231/77, Lettera del Ministro degli Esteri italiano Giuseppe Medici al Ministro Winzer, 23 dicembre 1972. 45· PAAA, MfAA, c 231/77> Entwurf Protokollvermerk uber einen Meinungsaustausch zwischen Delegationen der Deutschen Demokratischen Republik und der Italienischen Repu­ blik, senza data, tra dicembre 1972 e gennaio 1973. 46. PAAA, MfAA, C 231/77, Ergdnzungzur Direktive Italien, fine dicembre 1972.

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ri, ai problemi della doppia cittadinanza e al conteggio e alla verifica delle condizioni di vita dei cittadini italiani arrestati o detenuti nella DDR47• Su questi punti ritornò qualche giorno dopo anche l'ambasciatore Gian Luigi Milesi Ferretti durante un colloquio con Eckhard Bibow, capo della Rappre­ sentanza della Camera per il commercio estero della Repubblica democratica tedesca a Roma48• L' Italia non si opponeva alla richiesta dell'apertura di un consolato della DDR a Milano, ma la subordinava all 'entrata in vigore di un accordo con­ solare. La mancata intesa su questo accordo sarebbe stata un motivo prin­ cipale di tensione fra i due paesi durante i dieci anni successivi ( l'accordo venne, infine, firmato solo nel I983). Riguardo alla presenza a Milano di un diplomatico accreditato all'ambasciata della DDR a Roma, durante i collo­ qui bilaterali si raggiunse un accordo che prevedeva che non più di sei mesi dopo la firma del trattato bilaterale si sarebbe tornati a trattare un accordo riguardante l' istituzione e lo status di un ufficio con funzioni commerciali in città diverse da quella dove aveva sede la missione diplomatica della Re­ pubblica democratica e che sarebbe stata promossa l'attività di istituzioni e imprese commerciali, così come di personalità del mondo economico49• Nel frattempo, il Consiglio commerciale ( Handelsrat) , che si trovava a Milano, sarebbe andato avanti con la propria attività con uno status pari a quello del personale diplomatico dell'ambasciata tedesco-orientale50• Il rapporto dell'Auslandsvertretung della DDR a Roma sui negoziati che si svolsero fra il 9 e il IS gennaio 1973 offre una valutazione dubbia del­ lo svolgimento dei lavori. La DDR sembrava del tutto soddisfatta del testo concordato, ma il giudizio sull' Italia era poco amichevole. La delegazione italiana aveva effettivamente chiesto di porre l'attenzione su quattro punti fondamentali: le questioni tecniche riguardanti l'organizzazione delle am­ basciate e il personale diplomatico; le questioni consolari come la doppia cittadinanza e la verifica delle condizioni degli italiani detenuti nella DDR; i problemi finanziari e patrimoniali da ricondurre ai danni subiti durante 47· PAAA, MfAA, C 231/77, Nota delMjAA sulle richieste italiane in vista dei negoziati per l'accordo sull'apertura di relazioni diplomatichefra i due paesi, senza data, senza autore, fra fìne dicembre 1972 e inizi 1973. 48. PAAA, MfAA, c 231177· Vermerk uber ein Gespriich des Genossen Bibow am 3.I.I973 im ital. Auflenministerium, cit. 49· PAAA, MfAA, C 231/77, Nota del MjAA sulle richieste italiane in vista dei negoziati per l'accordo sull'apertura di relazioni diplomatichefra i due paesi, cit; MfAA, C 231/77, /ta­ lienischer Vorschlag vom I2.I.J3 [. .. ]. Protokollvermerk uber Gespriiche zwischen Delegationen /taliens und der Deutschen Demokratischen Republik {Rom, 9. -I3. ]anuar I973). so. PAAA, MfAA, C 231/77, Nota del MjAA sulle richieste italiane in vista dei negoziati per l'accordo sull'apertura di relazioni diplomatichefra i due paesi, cit.

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la Seconda guerra mondiale e le questioni relative alla conclusione degli ac­ cordi successivi al riconoscimento (accordi sul traffico e accordi di coope­ razione economica, tecnica e scientifica). L' Italia non aveva voluto, invece, accogliere la richiesta di aprire un consolato generale a Milano, e tuttavia un' intesa minimalista era stata trovata sullo status dell'ufficio che già ope­ rava nel capoluogo lombardo. Forse per questa ragione, forse per il clima teso nel quale sembrava si fossero svolte le ultime battute del negoziato, il rapporto dell'Av ci teneva a sottolineare che le richieste italiane non avevano avuto il seguito sperato e che invece la delegazione tedesco-orientale poteva ritenersi pienamente soddisfatta di come aveva guidato fin dall'inizio i ne­ goziati. È probabile che nell'ultima fase vi fossero delle incomprensioni che non impedirono di arrivare a un testo condiviso, ma generarono tensioni inaspettate. I tedeschi dell'Est rimproveravano alla delegazione italiana di avere avuto a tratti un comportamento contraddittorio e di aver tentato di far prevalere le convinzioni interne alla NATO e alla CEE sull' interesse delle relazioni bilaterali. Analogamente - e simmetricamente - il rapporto dell'Av lodava il sostegno ottenuto invece dai paesi socialisti e dall' Unione Sovietica, oltre che, in Italia, dal movimento in favore del riconoscimento della DDR. L'accordo fra la Repubblica democratica e l' Italia, infine, era stato favorito dal processo parallelo di riconoscimento da parte di altri paesi dell'Europa occidentale, anch'essi membri dell'Alleanza atlantica e della Comunità eu­ ropea, come il Belgio, e dalla spinta di alcuni ambienti economici in Italia in favore del consolidamento delle relazioni politiche, all' interno delle quali si sperava di sviluppare relazioni commerciali proficue con la DDR51• All' indomani del riconoscimento italiano, Berlino Est iniziò a coltivare l' idea di stabilire una sorta di relazione preferenziale con l' Italia, basata su alcuni interessi politici, economici e perfino strategici complementari e, na­ turalmente, sul ruolo peculiare del Partito comunista italiano. Queste aspirazioni crescevano, tra l'altro, nel vasto territorio sul quale si dispiegava la competizione con la Germania occidentale, che con l' Italia del dopoguerra aveva già ricostruito relazioni politiche salde e durature, in­ tese commerciali consolidate dal mercato unico e dall' integrazione politica e, soprattutto, un rapporto di vicinanza fra i due popoli che si nutriva da un canto delle storie di vita vissuta dell'emigrazione italiana e dei rispettivi "miracoli" economici, dall'altro dell'attrazione che il territorio, la cultura e lo stile di vita italiano suscitavano nella Repubblica federale. La competizioS I . PAAA, MfAA, c 231177> Auslandsvertretung der DDR in Italien. Bericht uber die Ver­ handlungen zwischen Delegationen der Deutschen Demokratischen Republik und Italiens uber die Herstellung diplomatischer Beziehungen zwischen beiden Liindern vom g. -IJ.I.I973 in Rom. Rom, IJ.I.I973·

2.

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ne sul terreno dei rapporti con l' Italia sembrava possibile non solo perché la DDR tendeva ad amplificare le potenzialità della sua politica estera, tanto all'esterno, quanto nelle autovalutazioni, ma anche perché l' Italia, secondo Berlino Est, stava diventando nel rapporto con la RFT sempre più debole e subordinata. Queste considerazioni lasciavano intravedere l'opportunità di aprire nuovi spazi di manovra per la Westpolitik. La prospettiva della DDR venne confermata e incoraggiata dalla ripresa della Ostpolitik italiana fra il I974 e il I975, sulla scia del negoziato della C SCE, e dall'attenzione crescente del ministero degli Esteri per le relazioni fra l' Italia e i paesi socialisti. La politica orientale di Moro sembrava convin­ cente, e dava luogo a valutazioni in generale fondate, anche se condizionate da una visione molto ottimistica delle possibilità offerte dalla CSCE ai paesi socialisti, e soprattutto da quella prospettiva deterministica che induceva gli analisti della DDR a vedere nella crisi economica dei paesi occidentali il pri­ mo segno del declino irrimediabile e inarrestabile del capitalismo e dell' af­ fermazione mondiale del socialismo. Per leggere fra le righe di queste analisi è necessario filtrare sia la componente propagandistica - in realtà molto li­ mitata, a paragone con le analisi e i resoconti del Dipartimento relazioni internazionali della SED -, sia questo determinismo che fa parte del lessico politico del MfAA : il contenuto essenziale è una ricostruzione complessiva­ mente attendibile delle ragioni che spingevano l' Italia a guardare verso Est. Il primo incontro al vertice avvenne fra Erich Honecker e Aldo Moro, di nuovo presidente del Consiglio fra il novembre del I974 e il febbraio del I976, a Helsinki. I toni e i temi della discussione confermarono le aspetta­ tive del leader socialista. Honecker celebrava la Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa, che li ospitava e che si concludeva proprio in quei giorni, e auspicava che sulla base dell'Atto finale anche le relazioni fra la DDR e l' Italia crescessero. La DDR attendeva con grande interesse la visita del ministro degli Esteri italiano, un evento che in realtà sarebbe stato a lungo rimandato, mentre Honecker invitava anche Moro a recarsi nella DDR. Il capo del governo italiano ricambiò l'entusiasmo definendo la Conferenza come un « risultato storico» e osservando che quanto si era verificato negli ultimi anni in Europa era stata una vera svolta nelle relazioni interstatuali, « dalla guerra fredda all'attenzione reciproca » . Il suo esito positivo e l'aper­ tura del governo italiano alzarono le aspettative di Berlino Est: dal punto di vista italiano «le relazioni fra i due stati si stavano sviluppando rapidamente e si stavano intensificando»5�. I negoziati per l'accordo consolare, in quel momento, venivano visti come un risultato prossimo. S2.

PAAA, M fAA, ZR 4900/90, Vermerk uber ein Gepriich des Ersten Sekretiirs des ZK der

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Il MfAA riportava la prospettiva di Moro: esistevano tutte le possibilità per realizzare in maniera ancora più concreta la colla­ borazione fra la D D R e l' Italia in futuro [ ... ] la D D R, per il suo sviluppo complessivo in ambito economico, così come in altri ambiti "gode di attenzione e ammirazione" in Italia53•

Lo statista pugliese descriveva un paese dinamico, verso il quale gli italiani nutrivano grande interesse : «L' Italia sarebbe nella posizione di offrire mol­ to alla DDR, ma anche di prendere tanto [da essa] »54• Toni di accentuato ottimismo caratterizzavano un incontro che avveniva al margine di una con­ ferenza di indubbio effetto simbolico e dalla quale ci si attendevano effetti immediati. L'ottimismo di questo primo incontro, tuttavia, sarebbe sfumato in po­ chi mesi: l'accordo consolare sarebbe rimasto una spina nel fianco dei rap­ porti bilaterali, l'avanzare della crisi economica avrebbe stretto i margini di manovra della Ostpolitik italiana, mettendo l' Italia in una posizione difficile ali ' interno della CEE e rivelando un interesse maggiore per l' interscambio con altri paesi socialisti ( l' Unione Sovietica anzitutto, ma anche la Polonia e la Cecoslovacchia ) piuttosto che con la DDR, e la crisi politica italiana della prima metà del 1 976 avrebbe spostato l'attenzione del governo italiano su altre priorità, in politica interna così come in politica estera.

SED, Genossen Erich Honecker, mit dem italienischen Ministerprdsidenten Aldo Moro am I. August I975, Helsinki, 1° agosto I97S· S3· lbid. S4· lbid.

3 Politica e diplomazia ( 1 9 7 3 - 7 9)

Il dialogo cauto ma costante dell' Italia con l' Europa socialista coinvolse per­ sonalità molto diverse : Fanfani, Moro, Andreotti, Berlinguer, Craxi, prota­ gonisti in tempi diversi della politica internazionale dell' Italia, perseguirono tutti una distensione ininterrotta con i paesi del blocco sovietico. Mentre il periodo del primo centrosinistra e quello in cui Moro fu a capo della Farne­ sina, come si è visto, sono oggetto di molteplici studi e svariati volumi collet­ tanei, gli anni fra il 1976 e il 1 979 rimangono ancora in gran parte inesplorati. Una considerazione analoga riguarda i temi della politica estera italiana: la ricerca storica si è concentrata soprattutto sulle relazioni transatlantiche e sul ruolo svolto da Roma nel processo di integrazione europea', mentre la politica orientale dell ' Italia è ancora in buona parte da interpretare. Le pagine che seguono offrono un punto di vista insolito, tratto da fonti diverse che tuttavia complessivamente offrono un quadro coerente : il mini­ stero degli Esteri della DDR, la Stasi e il Partito di unità socialista. Diversa­ mente dalla maggior parte degli studi sulla politica internazionale dell' Italia negli anni Settanta, che si concentrano sul periodo della escE, inoltre, que­ sto capitolo prende in considerazione alcune questioni che si aprono pro­ prio con la conclusione della Conferenza. La prima riguarda le aspettative della DDR verso l' Italia dopo il riconoscimento internazionale : negli anni Settanta, in effetti, il rapporto fra i due paesi viene ricostruito su una nuova base giuridica e politica. La seconda questione è lo specchio della prima e si interroga su quali fossero le esigenze e gli orientamenti della politica italiana che determinarono un atteggiamento incostante, in apparenza contraddit­ torio verso la DDR, nonostante la continuità della seconda Ostpolitik ita­ liana. La terza questione, infine, riguarda le percezioni reciproche. Quale immagine dell' Italia disegnano le carte della DDR ? Quale prospettiva emerge 1. Per una prospettiva ampia e di lungo periodo su questo tema, cfr.: A. Varsori, La cenerentola d'Europa? L1talia e l'integrazione europea dal I947 a oggi, Rubbettino, Soveria Mannelli 2010.

LA DDR E L' ITALIA

dai commenti dei diplomatici, dalle analisi del MfAA, dalle informative del­ la Stasi, dai resoconti della SED sugli incontri bilaterali e dalle parole degli stessi protagonisti della politica estera tedesco-orientale: Honecker, Axen, Winkelmann, F ischer ?

3·1 Legittimazione e delegittimazione L' isolamento di un paese che ancora negli anni Sessanta veniva identificato nella RFT con l 'acronimo della zona di occupazione sovietica ( s B z) divenne, agli inizi del nuovo decennio, un anacronismo rispetto al quale il ricono­ scimento internazionale appariva ormai, come ha osservato l'ambasciatore Luigi Vittorio Ferraris, « un atto dovuto» . Ma quali opportunità e quali cambiamenti implicava il nuovo rapporto con l' Italia per la Repubblica de­ mocratica; quali speranze e quali timori muovevano le iniziative della Ger­ mania Est nei confronti dell ' Italia ? Nella politica estera della DDR convergevano intenti diversi che anda­ vano dal rigore ideologico, dal quale dipendeva il suo stesso ruolo nel bloc­ co socialista, e la difesa dell ' identità nazionale nei confronti della RFT, alle nuove aspirazioni di una politica occidentale più dinamica e pragmatica. La Westpolitik, tuttavia, segnò il declino della questione ideologica in politica estera: prevalsero, invece, da un canto l 'esigenza di garantire la stabilità po­ litica interna, dall'altro quella di accrescere il prestigio internazionale della DDR. La contrapposizione ideologica con i paesi capitalisti, quindi, rimase prioritaria nell'attività di propaganda internazionale, condotta all'unisono con i governi alleati, ma cessò di essere il principio ispiratore della politica estera tedesco-orientale. La Repubblica democratica perseguì un dialogo costante con i governi occidentali, che mirava a stabilire rapporti paritari, a elevare il proprio sta­ tus internazionale e ad acquistare il peso necessario a muoversi attivamente nella dimensione multilaterale della escE e delle Nazioni Unite. Allo stesso tempo, cercava spazi di manovra per sviluppare il commercio e assicurare crediti necessari per finanziare l' importazione di prodotti occidentali. Per avvicinarsi a questi obiettivi, Berlino Est era soprattutto alla ricerca di in­ formazioni, che attraversavano la complessa struttura del ministero per la Sicurezza o giungevano direttamente dall'ambasciata a Roma in resoconti minuziosi degli eventi, dei cambiamenti, degli umori diffusi nei partiti poli­ tici e nell'opinione pubblica in Europa occidentale. La prospettiva sull' Italia lasciava sperare che si potesse costruire un rap-

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porto più che paritario, quasi una relazione speciale, un' idea indebolita fra il I975 e il I976 dallo scarso impegno degli italiani, ma rilanciata nel I978 con la visita del ministro degli Esteri tedesco-orientale Oskar Fischer in Italia. Una parte dell'apparato di governo della DDR credette perfino di poter favorire un allontanamento dell' Italia dai suoi alleati tradizionali e un ancoraggio ai paesi socialisti, profittando della crisi - economica e d' immagine - e del momentaneo isolamento dell' Italia. Questa visione fu in larga parte delusa dal governo italiano. Dopo l'entusiasmo iniziale e la firma del trattato di col­ laborazione economica e commerciale nel I973, le relazioni bilaterali ebbero un andamento stabile e pigro. Il tema costante dei rapporti dell 'ambasciata della DDR a Roma divennero le rimostranze del MfAA per la scarsa attenzione del MAE verso la DDR e per la mancata realizzazione degli accordi dei quali si discuteva sin dal I973, in particolare dell'accordo consolare e di quello culturale. Con l'avvio di relazioni diplomatiche fra i due paesi i rapporti bilaterali si erano stabilizzati, ma mancavano di quello spirito di iniziativa che i dirigenti della SED auspicavano e chiedevano con insistenza. L' interes­ se del governo italiano sembrava incostante, troppo spesso limitato da altre priorità. Ciononostante, l' Italia restava un punto fermo della politica occi­ dentale della DDR e il ministero degli Esteri apprezzava che gli italiani fossero consapevoli di questo ruolo. Nei documenti preparatori relativi agli incontri fra diplomatici dei due paesi è costante il riferimento alle relazioni bilaterali come leva della normalizzazione delle relazioni Est-Ovest, e alla condivisio­ ne di due priorità: la coesistenza pacifica e la stabilità del continente europeo. La realizzazione delle disposizioni dell'Atto finale di Helsinki era, altresì, un tema ricorrente nei colloqui bilaterali, anche se, come si avrà modo di osservare, gli obblighi che derivavano da quel documento erano soggetti a interpretazioni diverse1• In generale, l'enfasi posta sul ruolo dei due paesi nello scenario europeo non era solo un' immagine di propaganda: esprime­ va, invece, le convinzioni di una leadership che da un canto era impegnata ad affermare la dinamicità della "nuova" DDR, dall'altro attribuiva un peso particolare ali ' Italia per la sua posizione di media potenza regionale e per i suoi interessi strategici in Europa occidentale. Allo stesso tempo, il governo tedesco-orientale era interessato all' imma­ gine che la DDR proiettava in Italia. Alla fine di maggio del I976 il Diparti­ mento Europa occidentale del MfAA produsse una valutazione sulle reazioni della stampa e della televisione italiane ai contenuti del nono congresso del-

2. Cfr., ad esemp io, PAAA, MfAA, C 3 5 20, Direktivefor ein Gesprach des Leifers der Ab­ teilung Westeuropa, Gen. Dr. Plaschke mit dem italienischen Botschafter Behmann dell'Elmo, Berlin, 26.10.1977·

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la SED. Al contrario di quanto avveniva al livello dei rapporti istituzionali, nell'ambito della comunicazione la DDR aveva acquistato una certa visibilità. La presenza del tema del congresso della SED nei media italiani ( s o contri­ buti nella stampa nazionale, 15 su quella regionale) lasciava intendere che l'opinione pubblica avesse sviluppato una certa attenzione verso la Repub­ blica democratica3• Questo interesse era interpretato in parte come pretesto autocelebrativo, in parte invece con un realismo che dimostra un' insolita capacità di afferrare le sfumature tipiche della politica italiana. Nella pro­ spettiva autoreferenziale ed encomiastica, si sottolineavano l'accresciuto pe­ so internazionale della DDR e della SED e l' importanza della Conferenza dei partiti comunisti europei imminente; in quella realistica, il ministero degli Esteri avanzava due argomenti convincenti per spiegare la partecipazione dell'opinione pubblica italiana alle vicende interne della DDR. Il primo era legato alla politica interna italiana: in piena campagna elettorale, e di fronte a un voto che si annunciava assai controverso, il nuovo riformismo del PCI e le vicende del movimento comunista internazionale erano di grande attualità. Il secondo faceva riferimento al tentativo delle "forze di destra" in Italia di strumentalizzare le informazioni sui partiti comunisti di altri paesi per rivol­ tarle contro il PCI proprio alla vigilia del voto. La mano invisibile delle forze di destra è un altro tema che ricorre nei documenti della SED e del MfAA in maniera tanto insistente, quanto imprecisa (non è quasi mai chiaro, cioè, a quale "destra" ci si riferisca) . Quei riferimenti, tuttavia, non vanno intesi solo come un altro esercizio di propaganda : il timore che in Italia si potesse veri­ ficare un colpo di Stato esisteva realmente ed era motivo di grande cautela da parte della SED nelle valutazioni del compromesso storico e nelle reazioni al progetto politico di Berlinguer. Prima del successo elettorale del PCI alle elezioni del giugno 1975, il ministero per la Sicurezza era stato messo in allar­ me dai suoi informatori in merito alla polarizzazione crescente della politica italiana a vantaggio della destra, un contesto che rendeva particolarmente sfavorevole per i comunisti la realizzazione della strategia rivoluzionaria4 e spiegava, almeno in parte, perché il partito comunista l'avesse abbandonata. A due anni dagli accordi di Helsinki, il governo della DDR insisteva per­ ché si portasse a buon fine la promessa di un incontro fra i ministri degli Esteri e la visita del ministro per il Commercio estero Rinaldo Ossola nella DDR (come sottolineava il "Corriere Europeo" in un articolo del settembre 1 977, in effetti, dopo il riconoscimento l' Italia non aveva ancora invitato 3· PAAA, MfAA, C 3520, Abteilung Westeuropa, Einschatzung des Echos in Italien aufden Parteitag der SED, Ber/in, 24. Mai I976. 4· C. Pothig, /talien und die DDR: die politischen, iikonomischen und kulturellen Bezie­ hungen von I949 bis IgSo, Peter Lang, Frankfurt am Main 2000, pp. 369-70.

IX.

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alcun ministro tedesco-orientale5 ) , e mostrava insoddisfazione su due temi fondamentali: il completamento degli accordi bilaterali - l'accordo con­ solare, il rinnovo dell' intesa di cooperazione tecnico-scientifica del I973 e l'accordo culturale - e la disponibilità a ridurre le restrizioni quantitative sulle esportazioni della DDR6• Nell'agosto del I 977 l'ambasciatore in Italia Klaus Gysi, anche per dare seguito al telegramma inviato da Hermann Axen ai direttori delle rappresentanze all'estero del maggio precedente, presentò al ministero degli Esteri italiano un aide-mémoire sullo stato delle relazio­ ni bilaterali e sulle proposte della DDR per ampliarle7• In quelle settimane le sollecitazioni in questa direzione si moltiplicavano, mentre cresceva la percezione che l' Italia reagisse con lentezza ed esitazione, soprattutto nella sfera politica. L' insistenza sull'accordo consolare in particolare era dovuta al fatto che da questo dipendeva il riconoscimento formale della cittadinanza della DDR, come spiegava una nota del Dipartimento Europa occidentale del I 6 settembre I9758• Come si è detto i n precedenza, l'accordo rappresentava altresì la premessa per l' istituzione di un consolato generale italiano nella DDR. Fra l' inverno e l'estate del I974 si erano svolti dei negoziati su questo tema che, nonostante un'apparente intesa di fondo fra le due delegazioni, si erano infine arenati. Disturbati dal fatto che a distanza di oltre un anno le trattative non fossero ancora riprese e dall 'evidente anomalia nel compor­ tamento dell ' Italia verso la DDR, dato che la prima aveva già concluso con altri Stati socialisti diversi accordi consolari, i tedeschi dell ' Est si spiegava­ no la lentezza dell' Italia con la scelta di attendere la conclusione dell' accor­ do consolare fra la DDR e la Gran Bretagna9• Allo stesso tempo, l' Italia era titubante dinanzi alla formulazione del concetto di cittadinanza proposta dal governo della DDR. Già nel settembre del I975, dunque, il MfAA aveva 5· PAAA, MfAA, C 3520, Nota di Nier ad Axen in rifèrimento al contributo sul "Corriere Europeo"pubblicato ilgiorno oS-o9-1977. 6. PAAA, MfAA, C 3520, Direktivefor ein Gesprach des Leiters der Abteilung Westeuropa, Gen. Dr. Plaschke mit dem italienischen Botschafter Behmann dell'Elmo, cit. Cfr. a questo

proposito anche la nota sullo stato di realizzazione degli accordi con l'Italia del settembre 1975 (PAAA, MfAA, C 3520, Abt. Westeuropa [. . . } Gegenwartiger Stand der Realisierung des

Abschlusses von Abkommen der DDR mit der Italienischen Republik, Ber/in, den 16.9.1975 ). 7· PAAA, MfAA, C 3541, Abteilung Westeuropa. BetrefJ: Telegramm des Gen. Axen an die Leiter der AV vom 19·5·11· Berlin, 6. September 1977; PAAA, MfAA, C 3541, Botschaft der DDR in ltalien. Vermerk uber ein Gesprach mit dem Abteilungsleiter sozialistische Lander im italienischen MjAA, Leoncini, am 13·9·1977· Rom, 16. Sept. 1977. 8. PAAA, MfAA, C 3520, Abt. Westeuropa [. .. ] Gegenwartiger Stand der Realisierung des Abschlusses von Abkommen der DDR mit der ltalienischen Republik, cit. 9· Sul tema delle relazioni fra la DDR e la Gran Bretagna cfr.: H. Hoff, Grojfbritannien und die DDR 1955-1973: Diplomatie aufUmwegen, Oldenbourg, Miinchen 2003.

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criticato lo stato dei trattati con l' Italia, oltre ali' accordo consolare anche quello culturale, l'accordo stradale e quello sulla navigazione commerciale (l'accordo sul traffico aereo era stato invece concluso con successo) , l'ac­ cordo sulla sanità e quello di igiene veterinaria, che era determinante per consentire l'ampliamento delle esportazioni di carni bovine tedesche in Italia, ma la cui realizzabilità dipendeva in larga misura dalla regolamenta­ zione della CEE 10• Si spiega dunque come mai nei due anni successivi queste critiche si inasprirono : le aspettative erano decisamente sovradimensiona­ te rispetto alla volontà e alla capacità dell ' Italia di completare il quadro dei trattati bilaterali. Vi era, tuttavia, un ambito nel quale sembrava più facile il dialogo con gli italiani: la collaborazione tecnico-scientifica. Inizialmente il Ministerium fiir Wissenschaft und Technik (MwT) aveva ritenuto sufficiente l'accordo del 1 973, al quale si sarebbero affiancate le singole intese con gruppi indu­ striali italiani. I tedeschi dell'Est, tuttavia, avevano riconsiderato questa po­ sizione, osservando che una migliore regolamentazione contrattuale delle relazioni bilaterali in ambito economico e tecnico-scientifico avrebbe pro­ dotto altri effetti positivi nel campo più ampio delle relazioni politiche e che l' Italia mostrava un interesse speciale per un' intesa in questo ambito. Nel frattempo nel marzo del 1 974 il sottosegretario Cesare Bensi aveva presen­ tato una proposta italiana che favoriva l'apertura di negoziati per un nuovo accordo economico e tecnico-scientifico11• Una prima integrazione all' intesa del 1973, però, prese forma solo alla fine del 1 978, incentivata dalla politica del ministro Ossola. A parte le eccezioni, dunque, fino al 1 977 le iniziative e le pressioni della Repubblica democratica ebbero uno scarso effetto sul MAE, che sem­ brava impegnato soprattutto a rassicurare il suo omologo, a demolire il so­ spetto che Roma trascurasse la DDR per dare priorità alle relazioni con gli altri governi socialisti - a parte, come era evidente, l' Unione Sovietica - e a confermare che l'affidabilità della Repubblica democratica non era mes­ sa in discussione. L' intento rassicurante, tuttavia, era tanto meno credibile quanto più lo si accentuava•2.. Il commento dell 'ambasciatore Klaus Gysi sul suo incontro con il direttore generale per gli Affari politici del MAE Walter Gardini nel febbraio del 1 977 è un esempio particolarmente esplicito della prospettiva tedesca: IO. PAAA, MfAA, C 3 5 20, Abt. Westeuropa [ .. } Gegenwdrtiger Stand der Realisierung des Abschlusses von Abkommen der DDR mit der Italienischen Republik, cit. I I. Ibid. I2. PAAA, MfAA, c 3 5 20, Botschaft der DDR in ltalien, Vermerk uber ein Gesprdch mit dem Generaldirektorfor Politische Angelegenheiten im MjAA Cardini am 2S.2.I977, Rom, I4·3·I971·

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Che il Direttore generale Gardini dopo circa 6 mesi di sforzi ripetuti abbia trovato finalmente il tempo per un colloquio è da ricondurre naturalmente al mio colloquio con il Ministro degli Esteri Forlani, che a sua volta dovrebbe essere riconducibile a uno sforzo del Primo Ministro Andreotti [ ... ] . Le ampie considerazioni da lui co­ struite sulla situazione del ministro e del ministero sono state poste per convincerci che la D D R non viene trattata peggio di altri paesi, anzi il contrario, e che il MAE auspica uno sviluppo positivo e rapido delle relazioni.

Proseguiva Gysi, commentando la confusione interna al ministero degli Esteri: Le lamentele dei diplomatici a Roma sono diffuse [ ... ] . I riferimenti del D G Gardini allo stato interno del MAE italiano, per quanto sappiamo sulla base della nostra co­ noscenza e di alcuni colloqui di controllo, esagerano solo di poco. Il PM Andreotti aveva ragione quando parlava di una crisi nel Ministero degli Esteri. Ciononostante si può riconoscere da singoli sintomi che il MAE italiano, sotto la forte pressione della RFT e della NATO, pratica nei confronti della D D R una politica in un certo senso selettiva - in particolare nelle relazioni politiche, ma anche riguardo ad altri aspetti13•

La Farnesina evitava cautamente ogni iniziativa, ma nel farlo trasmetteva a Berlino Est la sensazione che non vi fosse alcuna disponibilità da parte dell ' Italia ad accogliere le proposte della DDR e che questa cautela celasse in realtà una « tattica mirata di continui rinvii » 14• Vale la pena di chiedersi, tra l'altro, come mai si desse conto in maniera così aperta delle disfunzioni in­ terne al MAE - ritardi, falle organizzative, scontento tra i funzionari: sembra inverosimile fosse solo per l'esigenza di giustificare dei ritardi con un governo che non faceva neanche parte della cerchia degli alleati. È più probabile che la lamentela sulla disorganizzazione del MAE coprisse la necessità dei diplo­ matici italiani di sottrarsi in quel momento alle doppie pressioni, di segno opposto, dei due Stati tedeschi, l'uno alla ricerca di maggiore visibilità ( la DDR) , l'altro di maggiore controllo ( la RFT ) . La delusione espressa in diverse occasioni da esponenti del mondo po­ litico della DDR nei confronti dell' Italia trovava espressione anche nella vo­ ce dell'Associazione Italia-Repubblica democratica tedesca. Nel giugno del I977, Il segretario generale dell'Associazione Italia-RDT Riccardo Romano scriveva all'ambasciatore Alessandro Farace, nominato dal ministro degli Esteri Forlani presidente del Comitato per l'applicazione degli accordi di 13. Ibid.

PAAA, MfAA, c 3 S 4 1 , Botschaft der DDR in Italien. Vennerk uber ein Gesprlich mit dem Abteilungsleiter sozialistische Lander im italienischen MjAA, Leoncini, ci t. I 4·

LA DDR E L' ITALIA

Helsinki, con l'obiettivo di ravvivare l'attività delle organizzazioni per l'a­ micizia fra l' Italia e i paesi socialisti sulla base del contenuto dell'Atto finale di Helsinki. Il resoconto sullo stato dei rapporti con la DDR era decisamente pessimista: Noi riteniamo che il nostro Paese non abbia fatto molta strada lungo il cammino indicato dagli accordi di Helsinki per quanto attiene ai rapporti interstatali con la RDT. [ ... ] dopo il riconoscimento della RDT [ . . . ] nessun trattato di cooperazione è stato possibile realizzare, ad eccezione di un accordo per la cooperazione economica e scientifica di modeste proporzioni in relazione alle ampie possibilità di scambi esistenti fra i due Paesi15•

Sul mancato accordo consolare, Romano parlava senza mezzi termini di un "ricatto" della RFT sull' Italia, che impediva una piena normalizzazione dei rapporti con quel paese e negava « il diritto alla cittadinanza dei cittadini della RDT » . Siamo all' assurdo giuridico di un Paese, il nostro appunto, che riconosce come entità statale la RDT e rifiuta il riconoscimento del diritto di cittadinanza come se potesse esistere al mondo uno stato ... che non abbia cittadini. Eppure, negli ultimi anni un accordo consolare è stato concluso fra la RDT e la Finlandia, la Svizzera, l'Austria e la Gran Bretagna [ ... ] . Evidentemente la mancanza di un accordo con­ solare (contro lo spirito e la lettera del dettato di Helsinki) condiziona i rapporti fra i due Paesi ed ha impedito di realizzare altri accordi di tipo culturale, sanitario, sul traffico16•

Sulla base di queste considerazioni, il segretario generale dell 'Associazione ltalia-DDR chiedeva a Farace di far presente al ministro Forlani «l 'essenziali­ tà di un approfondimento dei rapporti come condizione per lo svolgimento di una politica di pace e di cooperazione in Europa e nel mondo » 17• Nel frattempo, la visita ufficiale del ministro degli Esteri Fischer in Italia, già rimandata, diventava sempre più rilevante agli occhi del MfAA, tanto che nel settembre del 1 977, in vista del colloquio tra i due ministri che sarebbe comunque avvenuto a New York all'Assemblea generale dell' oNU, l'amba­ sciata della DDR a Roma si preoccupò di precisare, nella nota interna già ci­ tata, che non si doveva dar modo agli italiani di considerare l'appuntamento 15. PAAA, MfAA, C 3541, Associazione Italia-Repubblica Democratica Tedesca. All:Amba­ sciatore Alessandro Farace, Presidente del Comitato per l 'applicazione degli accordi di Helsinki {von Riccardo Romano), Roma, 17 giugno 19 77. 16. Ibid. 17. Ibid.

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consueto negli Stati Uniti alla stregua di un incontro bilaterale ufficiale, né di vanificarne la programmazione. Il significato delle visite ufficiali fra rappresentanti dei governi socialisti e di quelli occidentali va compreso meglio: si trattava di occasioni impor­ tanti sia per la reputazione dei singoli governi, sia per la politica, cosiddetta, di divulgazione internazionale sui progressi del socialismo, lanciata dal PCUS sulla scia degli accordi di Helsinki in risposta alle critiche che travolgevano i paesi del blocco sovietico per la mancata realizzazione del terzo cesto. Nel gennaio del I976 il segretario per gli Affari internazionali del PCUS Boris Ponomarev aveva raccomandato agli esponenti dei partiti fratelli, tra l'altro, di mantenere una forte coesione nell'attività di propaganda, nei rapporti con la stampa e con i politici occidentali, e di promuovere le visite ufficiali in quei paesi perché queste occasioni davano risonanza all'azione internazionale dei governi socialisti18• Le risposte evasive del MAE, pertanto, erano mal tollerate in un perio­ do in cui tanto l' Italia, quanto la DDR facevano i conti con un problema di immagine e di legittimazione internazionale. L' Italia assisteva al declino del proprio ruolo in Europa, affrontava con una politica di compromessi l'accresciuta dipendenza dagli alleati e si confrontava ancora una volta con l'antica paura di rimanere isolata sulla scena europea. La DDR faceva i conti con la contraddizione fra l' immagine di un paese industriale avanzato e le sue debolezze strutturali - il declino del consenso interno, la mancata ri­ voluzione tecnologica, la scarsa competitività nel commercio internaziona­ le -, aggravata dalle conseguenze negative dell'accordo di Helsinki che da un canto aveva contribuito a legittimarla in Europa e nel mondo, dall'altro aveva anche aperto - o riaperto, dopo la crisi cecoslovacca del I968 - il tema drammatico e irrisolto delle violazioni dei diritti umani nei regimi socialisti. Quella parte della CSCE ebbe un effetto " boomerang" in gran parte ina­ spettato, che costrinse per anni il governo della D DR a restare sulla difensiva. Allo stesso tempo, mentre in Italia i partiti - incluso il PCI -, i politici, le istituzioni e singole associazioni nate sulla scia della C S CE riconoscevano l'esistenza di un fenomeno di dissenso nella DDR e in modi diversi ne spo­ savano la causa, il governo era anche consapevole di trattare un tema molto sensibile, sul quale si rischiava la facile accusa di promuovere una politica antisocialista o di strumentalizzare l'Atto finale di Helsinki per intromettersi nelle questioni interne dei governi socialisti. Sul primo aspetto della questio­ ne - l'effetto opposto del terzo cesto sul blocco socialista - si è detto e scritto

SED.

18. BA, SAPMO, Bi.iro Hager, DY 30, IV Bl/2.024/138, Information an das PB des ZK der Ber/in, den 29.01.1976, discorso di Boris Ponomarev, Varsavia, gennaio 1976.

LA DDR E L' ITALIA

tanto, sul secondo invece si pone meno attenzione : si tratta, tuttavia, di un punto interessante che fa riflettere sugli equilibri delicati della distensione e sui limiti che essa poneva anche ai politici occidentali. Un esempio che vale la pena di citare a questo proposito è contenuto in una nota del Mfs del gennaio 1 977 nella quale si rende noto, da informatori vicini al PSI, che il Forum italiano per la sicurezza europea era intenzionato ad accettare un invito del Comitato della DDR per la sicurezza europea a visitare la Repub­ blica democratica19• Fin qui, si trattava in apparenza di una notizia positiva per le relazioni fra i due paesi. La nota, tuttavia, mette in guardia rispetto alle intenzioni della delegazione italiana - alla quale avrebbero preso parte espo­ nenti democristiani, socialisti, socialdemocratici e comunisti - di proporre come tema centrale della visita la questione della tutela dei diritti umani nella DDR e di chiedere l'autorizzazione a un incontro con alcuni "dissidenti" ( le virgolette sono tratte dall'originale ) della DDR. Non solo il tema scelto dalla delegazione italiana era scottante, ma anche i precedenti, dal punto di vista della Germania Est, erano dubbi: il presidente del Forum italiano Carlo Fracanzani (deputato della D C ) aveva già richiamato l'attenzione della Camera sulla situazione nella DDR alcune settimane prima in un' interrogazione parlamentare2.o; lo stesso Fracanzani inoltre, contattando i presidenti dei partiti politici italiani, aveva organiz­ zato un' iniziativa che doveva portare il Forum a una verifica sullo stato di realizzazione dell'Atto di Helsinki nei paesi socialisti, un' idea alla quale tutti gli interessati, compreso Berlinguer, avevano risposto "per iscritto" positiva­ mente; infine, quando all' interno del Forum era stata avanzata la proposta di chiedere alle rispettive ambasciate in Italia un permesso di ingresso per la visita di una delegazione italiana in Unione Sovietica, nella DDR, in Polo­ nia e in Cecoslovacchia, questa era stata bocciata per motivi diversi. L'unico paese sul quale ci si era trovati d'accordo era proprio la DDR: sulla Polonia e sull' uRSS vi erano dubbi che qui esistesse una vera e propria corrente di dissenso ( tra l'altro i dubbi erano stati sollevati proprio dal PCI ) , mentre la Cecoslovacchia era stata scartata perché c 'era il rischio che il Forum venisse accusato di strumentalizzare l 'Atto finale per una politica antisocialista e per interferire sulle questioni interne. La DDR restava l'unico paese sul quale vi era accordo, secondo la nota perché essendoci già un invito sul tavolo, era più facile fare approvare la visita. In realtà questo episodio fa riflettere su tre aspetti delle relazioni fra la 19. BStU, Mfs, HVA, 62, Info rmation Nr. 66177 uber geplante Schritte des Italienischen Forumsfo r europaische Sicherheitgegenuber der DDR, 26 gennaio 1977. 20. Camera dei deputati, Bollettino delle giunte e delle commissioni parlamentari, 22 di­ cembre 1976, http:/ !legislature.camera.it/_dati/lego7/lavori/Bolleth9761222_oo.pdf.

3· POLITICA E DIPLOMAZIA (1973-79)

ss

DDR e l' Italia. Il primo, lo si è ricordato più volte, è l 'osservazione capilla­ re delle iniziative, delle proposte, dei movimenti dei politici italiani: questa mole di informazioni che passava attraverso il ministero per la Sicurezza non portava poi, necessariamente, a un'analisi illuminata sull' Italia, e tuttavia consentiva ai tedeschi dell'Est in molti casi, come in questo, di distinguere tra l'occasione di una visita di cortesia fra organizzazioni che emanavano dalla CSCE e il tentativo di mettere in difficoltà il governo della DDR su que­ stioni delicate. Il secondo, più importante, è che in Italia la questione della tutela dei diritti umani nei paesi socialisti aveva un suo spazio, non solo nella stampa, ma anche nel dibattito politico - un dato che contrasta con la scarsa rilevanza di questo tema nei colloqui diretti fra esponenti del governo italia­ no e rappresentanti della DDR. Il terzo, infine, ci riporta al punto di partenza: gli equilibri delicati della distensione e i rischi di un effetto boomerang al contrario. Così come per il governo della DDR era un problema affrontare l'onda anomala generata dal terzo cesto nell 'opinione pubblica, nella stam­ pa, tra le forze politiche, nello stesso governo italiano, per quest 'ultimo po­ teva essere controproducente che delle istituzioni nate dallo spirito dell 'Atto di Helsinki venissero delegittimate da una contrapposizione a priori con gli Stati socialisti o dall'accusa di intromissione nelle vicende interne di uno di questi paesi.

3· 2 La prospettiva esterna sulla crisi politica italiana (19 75 - 7 8) La guerra fredda fu, tra l'altro, un conflitto fra percezioni diverse della realtà e dell'altro. Guardare all' Italia da Est consente di rimettere in prospettiva non solo la crisi politica che la attraversò alla metà degli anni Settanta, ma anche l ' immagine che essa aveva in Europa occidentale e i suoi stessi limiti. Nell'autunno del I975, il ministero degli Esteri della DDR osservava la situazione della Democrazia cristiana e la sua "profonda crisi". La DC sem­ brava bloccata da una lotta interna tra le diverse fazioni, la cui la contrap­ posizione si manifestava nella ricerca di nuove soluzioni per stabilizzare il partito e nei tentativi di adattarlo « al nuovo rapporto di forze politico crea­ tosi con le elezioni amministrative del IS giugno I97S» :l1• Una nota del MfAA di novembre faceva riferimento all'ulteriore frammentazione interna della DC e all 'emergere di due correnti principali, quella "riformista" guidata da 21. PAAA, MfAA, ZR 2494/82, Infonnation uber eine Tagung des Nationalrates der Chri­ stlich-Demokratischen Partei ltaliens (ne) vom 23. bis 26, November I975 in Rom.

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Zaccagnini, Moro, Rumor e Colombo e quella dei "conservatori" Fanfani, Piccoli, Forlani e Andreotti, fra le quali Moro portava avanti una politica di mediazione per evitare una rottura aperta. Il presidente del Consiglio si mo­ strava contrario sia alle elezioni anticipate, sia a un'eventuale partecipazione del PCI alla maggioranza di governo in Parlamento, mentre dava priorità al rapporto con i socialisti La crisi di governo del febbraio 19 76 e i risultati delle elezioni politiche di giugno avrebbero reso la situazione italiana ancora più fluida e imprevedi­ bile. In effetti, il periodo che va dal voto alle amministrative del giugno 19 75 alla fine dell'estate 1 976 è straordinariamente interessante per chi osserva la percezione dell' Italia da una prospettiva esterna, sia quella dei governi allea­ ti, sia quella di un paese del blocco socialista come la DDR, che similmente all' Italia era un luogo di confine della Guerra fredda. La Germania Est lo era politicamente, geograficamente e dal punto di vista strategico, l' Italia lo era soprattutto dal punto di vista politico e culturale, con implicazioni di carattere strategico per il suo ruolo nella NATO. La crescita elettorale del PCI ai due turni elettorali e la crisi politica che prese forma fra le due consultazioni generarono preoccupazioni simili in Gran Bretagna, nella Germania occidentale, negli Stati Uniti e in Fran­ cia. L' Italia si trovò per qualche mese al centro dell'attenzione come non lo era mai stata dalle elezioni del 1948. Al cuore dell'interesse del governo britannico era soprattutto il ruolo internazionale dell' Italia23: le questioni di carattere ideologico passavano in secondo piano rispetto alla continuità delle relazioni fra Roma e Londra, alla coesione del fianco sud dell'Alleanza atlantica e alla stabilità delle relazioni transatlantiche, punti fermi che il Fo­ reign Office considerava potenzialmente - ma non necessariamente - mi­ nacciati dal mutamento dell 'equilibrio politico in Italia a svantaggio della DC e a favore del partito comunista. Per la RFT, invece, le vicende italiane da un canto mettevano a rischio la stabilità dell'Alleanza atlantica, dall'altro gettavano sale sulle ferite interne e costringevano la S PD a un' imbarazzante presa di distanza dalle argomentazioni del PCI di Berlinguer, che in realtà non si discostavano di molto da quelle dello stesso partito socialdemocra­ tico tedesco. Si avrà modo di ritornare su questi punti nelle pagine dedicate al rap­ porto fra la SED e il PCI e all'eurocomunismo, un altro fenomeno politico n.

22. Ibid. 23. Su questo tema mi permetto di citare: L. Fasanaro, The Eurocommunism Years: Italy's Politica! Puzzle and the Limits of the Atlantic Alliance, in G. Scott-Smith, V. Aubourg, At­ lantic, Euratlantic or Europe-America? The Atlantic Community and the European Ideafrom Kennedy to Nixon, Sole h, Paris 2011, pp. 548-72.

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rispetto al quale la storia internazionale offre una lettura alternativa a quella offerta dalla storia dei partiti. L'eurocomunismo in effetti, nonostante la sua breve durata, le contraddizioni del rapporto fra il Partito comunista italiano e il Partito comunista francese, la dubbia coerenza sul piano ideo­ logico e il fallimento sostanziale della maggior parte dei suoi obiettivi, ac­ quistò rilevanza sul piano internazionale proprio in Europa orientale, dove m an tenne la sua eco anche dopo la rottura della solidarietà nazionale e il declino elettorale del PCI a partire dal I9 7924• Nato sulla scia della disten­ sione internazionale agli inizi degli anni Ottanta, l'eurocomunismo con­ tinuò a tenere viva l'attenzione dei governi socialisti che lo consideravano un elemento di delegittimazione del socialismo sovietico e un potenziale polo di attrazione per altri partiti comunisti occidentali in un momento in cui, con la crisi del riarmo nucleare in Europa, la coesione interna al movimento comunista internazionale appariva essenziale e veniva richiesta espressamente dal P CUS25• Diverse circostanze ostacolarono l' ingresso del PCI nel governo e lo in­ dussero a una scelta cauta e di compromesso nel I976 e negli anni successivi della solidarietà nazionale. Per la maggior parte erano circostanze interne : l'assenza di un' intesa con le altre forze politiche, anzitutto la DC ma anche il P SI, che faceva parte del disegno berlingueriano del compromesso storico e che, invece, rimase in ombra fino all'ascesa politica di Craxi e alla lucida svolta anticomunista; le divisioni interne alla Democrazia cristiana; il timore diffuso ai vertici del PCI che una maggiore pressione dei comunisti per en­ trare al governo potesse scatenare una reazione dell'estrema destra. Allo stes­ so tempo, le preoccupazioni suscitate fra gli alleati nella NATO dalla scalata elettorale del PCI scoraggiarono ulteriormente la formazione di un governo a partecipazione comunista nell 'unico momento della storia del dopoguer­ ra in cui questo avrebbe potuto essere pienamente legittimato dal risultato elettorale. L' influenza sull' Italia degli Stati Uniti e degli altri governi alleati in questa fase politica, tuttavia, è stata spesso mitizzata. I limiti della politica italiana posti dalle relazioni con gli alleati vanno ridimensionati perché quel­ le relazioni - e in parte anche quei limiti - erano cercate, volute e preservate con cura dai diversi governi italiani; vanno riconsiderare altresì le pressioni 24. L. Fasanaro, Eurocommunism: An East German Perspective, in L. Nuti (ed.), The Crisis ofDétente in Europe: From Helsinki to Gorbachev, I975-I9S5, Routledge, London 2009, pp. 244-55. 25. BA, SAPMO, Biiro Axen, DY 30/IV 2/2.035/71, Axen a Honecker, Das ZK der KPdsu hat sich mit einem Schreiben an die kommunistischen und Arbeiterparteien Westeuropas ge­ wandt [... ], 9 ottobre 1979; più tardi, BA, SAPMO, Biiro Axen, DY 30/Iv 2/2.035/71, Brief an die kommunistischen und Arbeiterparteien der nichtsozialistischen Ldnder, 3 agosto 1982.

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esercitate sull ' Italia, e il modo in cui queste abbiano presumibilmente con­ dizionato l'agenda politica italiana, perché si tratta di un fenomeno difficile da misurare. Alcune di quelle "pressioni" erano funzionali al mantenimento di un equilibrio politico che era allo stesso tempo la manifestazione di un conflitto irrisolto e di una dialettica tenuta in vita da tutti i partiti politici. In altre parole più che di una politica (e di una politica estera) , come la si è tal­ volta definita, "eterodiretta", nel caso dell ' Italia sarebbe più sensato parlare, sia per il periodo della solidarietà nazionale, sia per altri periodi della Guerra fredda, di una politica diretta da governi legittimi, la cui capacità progettuale e operativa, in politica interna così come nella dimensione internazionale, dipendeva dalla continuità delle alleanze fra i partiti e da un equilibrio di compromesso. Ciascun partito aveva una propria agenda di politica estera e una propria diplomazia che si dispiegava fra i paesi alleati, così come oltre cortina. I governi a guida democristiana, poi il centrosinistra, infine negli anni Settanta lo stesso PCI, trovarono una sintesi nella cornice politica, mili­ tare e strategica della NATO, nell' integrazione europea e nella parte cip azione più ampia possibile dell' Italia alla cooperazione internazionale multilaterale, tre contesti fondamentali - i primi due imprescindibili - perché garantiva­ no all' Italia partecipazione, contro il fantasma dell' isolamento, protezione, prestigio e sviluppo economico. Quando il "rischio" di un governo a partecipazione comunista - un ri­ schio avvertito come tale sia nell'Alleanza atlantica, sia nel blocco socialista ­ fu temporaneamente superato con la formula del dialogo fra il PCI e la DC e l'astensione dei comunisti in Parlamento, venne raggiunto un nuovo equili­ brio politico, che il ministero degli Esteri della DDR osservava con immutata attenzione. Nel luglio del 1977, da contatti informali con la DC l'ambasciata della DDR riceveva notizie rassicuranti sulla tenuta del governo: l'accordo fra i partiti aveva tranquillizzato la situazione interna e la politica di Andreotti poggiava su una base sicura e ampia « senza cambiamenti "traumatici" della situazione politica » 26• L'opposizione interna ad Andreotti, impersonata da Fanfani, era isolata nel partito, e il governo complessivamente si era raffor­ zato. Per capire meglio gli sviluppi della situazione italiana, era necessario aspettare però le elezioni presidenziali del 1 978, per le quali i potenziali rivali dovevano essere Moro, Fanfani e La Malfa, con la possibilità che venisse fatto anche il nome di Andreotti, una personalità sulla quale poteva emergere un consenso piuttosto ampio, ma anche un'opportunità per coloro i quali vole26. PAAA, MfAA, ZR 2494/82, Botschafi der DDR in Italien, Vennerk uber ein Gesprach mit Dr. Sferrazza - Sektorenleiter in der internat. Abt. der DC - am J.J.JJ, Roma, 11 luglio 1977·

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va allontanarlo dal ruolo di presidente del Consiglio:r.7• Il rapimento di Moro avrebbe trasformato ancora una volta lo scenario politico. 3·3

Continuità e discontinuità della Ostpolitik italiana Le relazioni politiche bilaterali, come si è detto, si raffreddarono non appena si concluse la conferenza di Helsinki e gli accordi programmati durante quei negoziati restarono chiusi nei cassetti dei rispettivi ministeri. Nella seconda metà del I 977, però, vi furono alcuni segnali positivi: in luglio venne firmato l'accordo bilaterale sul traffico stradale internaziona­ le8, che i tedeschi dell' Est consideravano importante perché poneva le pre­ messe per assicurare continuità e prevedibilità a uno dei percorsi sui quali viaggiavano le merci italiane:r.9; in autunno i ministri degli Esteri si ritrovava­ no a colloquio, in maniera informale, a New York in occasione dell'Assem­ blea generale dell' ONU; l' impresa Danieli concludeva la vantaggiosa intesa con la DDR; le fiere di Milano e di Lipsia offrivano una vetrina importante ai prodotti dei due paesi; il volume degli scambi registrava la crescita del I 9 76 e il ministro per il Commercio estero italiano esprimeva l' intenzione di visitare la DDR in tempi brevP0• Il MfAA perseguiva con ostinazione una politica occidentale che contava sull' Italia e osservava con ottimismo i pro­ gressi tutto sommato modesti nel dialogo con Roma. Il dato positivo era che anche da parte dell' Italia iniziavano a manifestarsi i segni di una ripresa. Nell'autunno del I 9 77, le direttive per i colloqui con gli italiani mettevano in evidenza l' importanza della cooperazione bilaterale per il futuro della distensione internazionale e ricordavano gli effetti positivi dell'Atto finale di Helsinki e dell' incontro fra Honecker e Moro avvenuto al margine della CSCE. Ci si attendeva soprattutto che il governo italiano riprendesse i negoziati per l'accordo consolare ( interrotti dal I 9 74 ) ; che si firmasse un nuovo accor­ do per la cooperazione tecnico-scientifica (wTz-Abkommen), magari in oc­ casione dello stesso incontro fra i ministri degli Esteri; che si procedesse con 27. Ibid. 28. C fr. BStU, Mfs , ZAIG, 30 69o, Abkommen zwischen der Regierung der Deutschen De­ mokratischen Republik und der Regierung der Italienischen Republik uber den internationalen Strassenverkehr vom 2g. juli I!J77· 29. PAAA, MfAA, C 352o, Abt. Westeuropa [. . .] Gegenwartiger Stand der Realisierung des Abschlusses von Abkommen der DDR mit der Italienischen Republik, ci t. 30. PAAA, MfAA, C 3520, Direktivefor ein Gesprach des Leiters derAbteilung Westeuropa, Gen. Dr. Plaschke mit dem italienischen Botschafter Behmann dell'Elmo, ci t.

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l'accordo culturale e, infine, che l' Italia desse nuovo impulso alle relazioni commerciali attraverso un compromesso con i partner europei per abolire le limitazioni ancora in vigore sulle importazioni dalla DDR e la preparazione della missione di Ossola nella DDR31• In novembre la conferma degli italiani che la visita ufficiale di Fischer era possibile e gradita e che una data poteva essere finalmente fissata nella seconda metà del mese di febbraio 1978, servì a rischiarare ulteriormente l'atmosfera e a restituire temporaneamente fidu­ cia nella Ostpolitik italiana, anche se insieme a queste rassicurazioni il MAE definiva ancora una volta inaccettabile la base negoziale proposta dalla DDR per l'accordo consolare32• Agli inizi del 1978 una nuova crisi di governo scosse la politica italiana: era solo l' inizio di uno dei periodi più bui nella storia repubblicana che si aprì con la crisi del terzo governo guidato da Giulio Andreotti e proseguì con la tragedia del rapimento e del delitto di Aldo Moro. L'equilibrio precario tra i partiti di governo si era incrinato e la politica italiana si presentava assai vul­ nerabile di fronte alla sfida del terrorismo. Poche settimane prima di questi eventi drammatici, la caduta del governo aveva già rimesso in discussione gli impegni di politica estera: agli inizi di febbraio l'ambasciatore Norberto Behmann Dell' Elmo informava Kurt Nier che l' incontro bilaterale fra i mi­ nistri degli Esteri dei due paesi previsto per il 2o e il 21 febbraio sarebbe stato rinviato a causa della difficile situazione politica italiana n. La visita del ministro degli Esteri della DDR in Italia nell'ottobre del 1978 sembrò ripristinare il dialogo bilaterale e ricostituire la fiducia reciproca. Fi­ scher incontrò il presidente della Repubblica Sandro Pertini, il presidente del Consiglio Andreotti, il ministro degli Esteri Arnaldo Forlani, il ministro Ossola e il papa. Il colloquio con Pertini fu cortese e generico nei toni e nei temi tratta­ ti, ma in risposta all' invito a un incontro al vertice trasmesso da Honecker, il presidente riconobbe che in quella fase era ormai opportuno « alzare il livello delle relazioni » 34• La decisione finale sul viaggio di Pertini sarebbe dipesa, tuttavia, dall'opinione del governo e la questione venne rapidamente archiviata. L' incontro con Andreotti si svolse in un'atmosfera simile : i due

31. Ibid. 32. PAAA, MfAA, c 3541, Botschafl der DDR in Italien. Vermerk uber ein Gesprdch mit dem Leiter der Abteilung Sozialistische Ldnder im italienischen Auflenministerium, Leoncini, am 2I. November I977, Ber/in, den 2J.II.I977· 33· PAAA, MfAA, c 3 520, Vermerk uber ein Gesprdch des stellvertretenden Ministers, Ge­ nossen Nier, mit dem italienischen Botschafter Behmann dell'Elmo am g.2.I97S. 34· PAAA, MfAA, ZR 490 6/90, Vermerk uber den Empfang des Genossen Fischer durch den Prdsidenten der ltalienischen Republik, Pertini, am 27- Okt. I97S, Roma, 31 ottobre 1978.

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governi si impegnavano sinteticamente a una collaborazione più stretta e più costante in diversi ambiti: la DDR, sottolineava Fischer, era interessata: 1. a proseguire e aumentare il dialogo politico, 2. ad ampliare ulteriormente il sistema dei trattati (accordo culturale e ac­ cordo consolare), 3· ad ampliare la cooperazione economica, 4· ad un' intensifica­ zione degli scambi culturalPs.

Andreotti mise l'accento sulla necessità di sviluppare le relazioni economi­ che e commerciali e mantenne una prospettiva generale sulle questioni poli­ tiche : un discorso più ampio sulla situazione internazionale era riservato, in effetti, al colloquio tra Fischer e Forlani. Il "rafforzamento della distensione in Europa" fu il tema centrale di un colloquio che si svolgeva in un momento di rinnovata tensione fra i due blocchi per l'accelerazione dei programmi di riarmo del Patto di Varsavia e della NATO, ma l'obiettivo principale del governo tedesco-orientale era rilanciare le relazioni bilateralP6• Il viaggio di Fischer doveva migliorare la reputazione della DDR, appianare le divergenze e gli interessi comuni e segnare un punto a partire dal quale i rapporti sareb­ bero stati portati a un livello - formale e sostanziale - più alto ( program­ mazione di una visita del capo dello Stato o del capo del Governo, accordo consolare, nuovo accordo commerciale ) . Riguardo al documento consolare, il compagno Fischer motivava la ragione per la quale era irrinunciabile un articolo sulla cittadinanza (uno stato senza cittadini non esisteva). Egli invitava la parte italiana a portare a compimento i negoziati su questa base37•

Forlani replicava con un' insolita apertura su questa questione, confermando la disponibilità dell ' Italia a esplorare già a partire da quell'occasione solu­ zioni condivisibili da entrambi i governi. Nel frattempo, una nota del Mfs riportava che durante la visita di Fischer alcuni funzionari di alto livello del MAE erano rimasti sorpresi dalle affermazioni di Forlani sull'apertura di una nuova fase delle relazioni politiche fra l' Italia e la DDR. Il fatto che lo stesso Forlani spingesse i suoi collaboratori a promuovere l'accordo consolare con la Repubblica democratica sembrava un gesto affrettato da parte del mini3S· PAAA, MfAA, ZR 1228/87. Vennerk uber den Empfang des Genossen Fischer durch den Ministerprasidenten der Italianischen Republik, Andreotti, am 27. Okt. I97S, Roma, 31 ottobre 1978. 36. PAAA, MfAA, ZR 1228/87, Vennerk uber die Verhandlungen des Genossen Fischer mit Aussenminister Forlani am 27. Okt. I97S, Roma, 31 ottobre 1978. 37· Ibid.

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stro: la Stasi concludeva che quali che fossero i risultati di quegli incontri, i tempi per la conclusione di quel trattato non erano ancora maturP8• L'otti­ mismo con il quale Forlani volle accogliere Fischer, dunque, mirava probabil­ mente a comporre le tensioni dei due anni precedenti e a lasciare un ricordo positivo della visita in Italia dal quale ripartire con i contatti bilaterali, ma non corrispondeva a decisioni concrete. L'accordo consolare, in effetti, fu concluso solo cinque anni dopo. Condivisi e angosciati, ma altrettanto astratti, erano i riferimenti alla crisi della distensione : Forlani si è mostrato molto preoccupato per l'aggravarsi delle tensioni. Egli sostiene l'opinione che per difendere e sviluppare i risultati di Helsinki siano necessari grandi sforzi. La Conferenza di Belgrado non aveva portato alcun risultato soddisfacente. Il livello di Helsinki non era stato mantenuto. L' Italia sosteneva che la Conferenza di Madrid doveva essere preparata con cura, per assicurare un risultato positivo. Il livello politico doveva essere più alto di quello di Belgrado, possibilmente doveva superare quello di Helsinki39•

Quali che fossero le debolezze e le incoerenze del governo italiano, nella prospettiva della DDR l' Italia restava un paese che nella dimensione europea condivideva obiettivi fondamentali: il proseguimento della escE, sempre più vago e incerto nella crisi della distensione, era uno di questi. Forlani si informò sullo stato dei rapporti tra la RFT e la DDR, facendo riferimento alle dichiarazioni del ministro Genscher, che le aveva definite « soddisfacenti» : Fischer confermò questa opinione, spiegando i risultati ottenuti nelle relazioni tra la D D R e la RFT (tra l'altro, i rapporti contrattuali, i negoziati sul traffico, lo sviluppo di contatti di lavoro concreti tra i rappresentanti di alto livello dei due stati) [ ... ] . Fi­ scher rimandava al fatto che i passi menzionati non avvenivano certo nell' interesse di una riunificazione della Germania - una riunificazione nelle circostanze di due diversi sistemi sociali era impensabile -, bensì servivano alla normalizzazione delle relazioni tra entrambi gli stati sulla base del diritto internazionale40•

Il contributo dell ' Italia era importante anche sotto questo aspetto : 38. BStU, Mfs, HVA 81, Aussenpolitische Informationsubersicht Nr. 45/7S, "Reaktion ita­ lienischer Kreise aufden Besuch von DDR-Aussenminister Fischer in Italien am 26./27.IO-I97S" (strenggeheim ) . 39· PAAA, MfAA, ZR 1228/87, Vermerk uber die Verhandlungen des Genossen Fischer mit Aussenminister Forlani, cit. 40. Jbid.

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[Fischer] Faceva appello all' Italia e agli altri paesi occidentali perché sostenessero il processo di normalizzazione delle relazioni fra la DDR e la RFT così, organizzando le relazioni con la D D R in maniera il più possibile normale, e dunque sviluppando anche i contatti politici a tutti i livelli·P.

La Stasi recepì, negli « ambienti della politica estera italiana » , valutazioni positive della visita di Fischer e del clima nel quale si era svolto l' incontro con Forlani, nonostante le riserve sulla possibilità che gli accordi in sospeso fra i due paesi si sbloccassero come conseguenza dell' incontro bilaterale42• L'andamento dei colloqui era già considerato come un successo in sé. Vale la pena di far riferimento, infine, all' incontro tra Fischer e il mi­ nistro del Commercio estero Rinaldo Ossola, che si aprì con le richieste al rialzo del primo - l'obiettivo di un incremento del 20-25% degli scambi nel I 979 - e si concluse con la prospettiva più realistica del secondo. Il ministro italiano, fautore dell'apertura commerciale ai paesi dell'Est europeo, da un canto confermava l' importanza per l' Italia della Ostpolitik economica, pro­ muoveva la nuova intesa con la DDR e programmava la sua partecipazione alla Fiera di Lipsia, dall'altro riconosceva i limiti oggettivi al commercio fra i due paesi: il contingentamento delle merci come conseguenza della depres­ sione economica e il debito estero dell' Italia, che precludeva la politica dei crediti4\ Così, Ossola ricordava che nei due anni e mezzo del suo mandato aveva dato ampio spazio alle relazioni commerciali con i paesi socialisti, in base all' importanza che ciascuno di essi aveva per l'economia italiana. I dati che riguardavano la DDR mettevano in evidenza due aspetti fondamentali. Il primo era decisamente positivo: nei precedenti tre-quattro anni il commer­ cio era triplicato. Il secondo invece confermava la frustrazione manifestata in diverse occasioni dai politici della DDR verso l' Italia: secondo Ossola, in effetti, se misurata sulla base del potenziale economico dei due paesi, la col­ laborazione bilaterale era insoddisfacente, considerando che la Repubblica democratica era il secondo paese industriale nel Comecon dopo l' Unione Sovietica e che essa occupava solo il terzultimo posto fra i paesi socialisti (prima della Bulgaria e dell 'Albania) nel commercio con l' ltalia44• 41. Ibid. 42. BStU, M fs, HVA 8 1,Aussenpolitische Informationsubersicht Nr. 45/7%, "Reaktion italie­ nischer Kreise aufden Besuch von DDR-Aussenminister Fischer in Italien, cit. 43· PAAA, MfAA, ZR 1228/87, Vermerk uber das Gesprach des Aussenministers [. .. ] Oskar Fischer, mit dem italienischen Aussenhandelsminister [... ] Osso/a am 27.IO.I97S, Roma, 27 ot­ tobre 1978. 44· Ibid.

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Le soluzioni prospettate da Ossola e le sue valutazioni sulle conseguenze della crisi erano concrete : Iniziative simili al Progetto Danieli (che fino a questo momento viene realizza­ to bene) in un ambito più ampio sono necessarie. Un ostacolo è senza dubbio il contingentamento. Come conseguenza del calo congiunturale, delle tendenze depressive dell'economia egli era costretto continua­ mente a respingere le pressioni orientate a [introdurre] ulteriori misure protezioni­ stiche. Questa pressione viene esercitata in particolare dall' industria tessile e dall' in­ dustria siderurgica, che sono sottoposte alla competenza della CEE. Attualmente si sta impegnando molto per un innalzamento generale dei con­ tingenti per i paesi socialisti del 2o% [ ... ] in questo anno. [ ... ] Un ulteriore problema è [ ... ] la questione dei crediti. L' Italia è in difficoltà a causa del suo debito estero per una cifra di 15 miliardi di dollari nell'assegnazione di crediti45•

Oltre a ciò, il ministro italiano incoraggiava la collaborazione su altri mercati: «Un ulteriore capitolo importante sono le iniziative in paesi terzi, che pos­ sono anche essere realizzate nella forma di Joint Ventures » 46• Con il viaggio in Italia, infine, venne siglato anche un nuovo accordo per la cooperazione economica, tecnica e scientifica che, come osservava Forlani, era doppiamen­ te rilevante perché rilanciava anche le relazioni politiche fra i due governi47•

3·4 Vincoli interni e "vincolo tedesco" L' influenza della RFT e degli Stati Uniti sulla politica orientale dell' Italia oc­ cupa un ruolo centrale nei documenti diplomatici della DDR. Il quadro della politica europea, gli elementi di tensione nelle relazioni bilaterali fra i gover­ ni occidentali e gli equilibri sui quali si basava l'agenda europea dell' Italia emergevano chiaramente nell'ampia mole di notizie che giungeva a Berlino Est da contatti formali e informali e dal lavoro degli informatori della Stasi. Dietro la patina della retorica "anti-imperialista", l'analisi era solitamente vi­ cina alla realtà. I commenti, le reazioni e gli umori che si manifestavano a Bonn pesava­ no sulla Ostpolitik dell' Italia: durante un incontro bilaterale all'ambascia45· lbid. 46. Ibid. 47· PAAA, MfAA, ZR 1228/87, Nota, [. . ] Forlani [. . ] Darlegungen nach der Unter­ zeichnung des WTz-Abkommens am 2J.IO.JS in Rom. .

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t a tedesco-orientale del gennaio del I 977, fu lo stesso consigliere Alberto Leoncini Bartoli a fare riferimento alla necessità di tener conto delle vicende interne ai governi alleati, citando sia le elezioni in Italia, sia quelle negli Stati Uniti e nella RFT come eventi che condizionavano lo sviluppo delle relazioni con la DDR48 • Ciononostante, il tema della dipendenza dell 'Italia dal governo di Bonn va ridimensionato e sfumato : così come il "vincolo esterno" è una spiega­ zione unilaterale della subordinazione della politica italiana alla volontà dei suoi alleati, quello che potremmo definire il "vincolo tedesco" non basta a motivare le debolezze della Ostpolitik italiana, né l' incostanza delle relazio­ ni con la DDR in particolare, che erano determinate da un insieme di ragioni diverse. Non mancarono, in effetti, iniziative di segno opposto, che dimo­ stravano l'autonomia dell' Italia nelle relazioni con l'Est europeo, come ad esempio l' intesa per la costruzione di un'acciaieria elettrica a colata continua nel Brandeburgo, conclusa dall'azienda italiana Danieli grazie a un prezzo molto competitivo per la DDR, che non piacque ai vertici della siderurgia della Germania Ovest. Nelle pagine dedicate alle relazioni economiche e commerciali si avrà modo di ritornare su questo punto, cioè sulle critiche pungenti mosse dagli industriali della RFT agli italiani che da un canto chie­ devano il sostegno degli alleati per ottenere un prestito miliardario, dall'altro praticavano prezzi stracciati alla Germania Est per assicurarsi un investimen­ to redditizio. Queste critiche, peraltro, avevano un significato politico non secondario, dato che sottolineavano il rischio che le ingerenze degli italiani potessero compromettere la Deutschlandpolitik. In particolare, si rimprove­ rava al governo che aveva sostenuto la Danieli di vanificare i tentativi di Bonn di rafforzare una politica di scambi con la DDR basata sul flusso di crediti da Ovest in cambio di un miglior trattamento dei cittadini nella DDR4 9• Nonostante le reazioni che sollevò, dunque, quello dell'accordo Danieli è un episodio che dimostra come non fosse tanto il "vincolo tedesco" a de­ terminare la politica orientale dell' Italia, quanto un insieme di fattori, fra cui anche un momentaneo disordine interno al ministero degli Esteri, che la rendevano mutevole e precaria, nonostante una continuità di fondo negli obiettivi della distensione politica e dell 'apertura commerciale. Le più alte aspettative di Berlino Est, in effetti, presero forma nel pe­ riodo di maggiore confusione e instabilità della politica italiana dalla fine 48. PAAA, MfAA, c 3520, Botschaft del DDR in Italien, Vennerk uber ein Gesprach mit dem Leiter der Abteilung VI {udssR, Polen, Bulgarien, cssR, Ungarn, Rumanien, DDR) des italienischen MjAA, Botschaftsrat Alberto Leoncini Bartoli, an 27.I.I!)77, Rom, p.I.I!)77· 49· BStU, Mfs, HA XVIII 21246, Information Nr. J D/77, Aktion "Treffpunkt 77 ", Leipzig den 17. Marz 1977.

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della Seconda guerra mondiale. L'atteggiamento elusivo dell' Italia rispetto alle richieste incalzanti che giungevano per voci diverse dalla DDR era do­ vuto anzitutto all'urgenza dei problemi interni che rimasero al centro della politica italiana, lasciando a fasi alterne al margine le questioni di politica estera: l'ascesa del PCI, la formazione del governo di solidarietà nazionale, la pressione delle nuove emergenze di ordine pubblico. Esso era tuttavia anche il risultato di una politica estera che da un canto promuoveva la normaliz­ zazione dei rapporti con i paesi socialisti, dall'altro cautamente evitava di esporre ulteriormente l' Italia a comportamenti che suscitavano diffidenza o perplessità negli alleati: anche questo, naturalmente, era un aspetto delle relazioni fra l' Italia e la RFT, ma non significava, come si credeva a Berlino Est, che la politica orientale italiana fosse determinata dalle pressioni esterne. Nel 1 9 77, nella RFT l' immagine dell' Italia, paese amico e vicino nella lunga ricostruzione politica, economica e culturale del secondo dopoguerra, meta prediletta di evasione vacanziera e spirituale dell' immaginario collet­ tivo, appariva deturpata da nuovi stereotipi dai quali emergeva il ritratto di un paese preda di una violenza crescente, corrotto, compromesso da una nuova insicurezza sociale che appesantiva la tradizionale instabilità politica, imbruttito culturalmente ed esteticamente e permeabile a forme di crimina­ lità sempre più pervasiva. In questo clima, da parte italiana era davvero poco auspicabile creare un ulteriore motivo di tensione con la RFT, che scaturisse direttamente o indirettamente dalle iniziative dell' Italia nei confronti della DDR, anche perché il governo di Bonn era diventato particolarmente so­ spettoso. Esisteva dunque un limite nelle relazioni fra la DDR e l' Italia che era legato al rapporto fra Roma e Bonn, ma non era un vincolo a priori, come invece credettero i tedeschi dell 'Est, soprattutto con l'aggravarsi della crisi economica e finanziaria; si trattava piuttosto, nella prospettiva italiana, di prevenire ulteriori occasioni di attrito con la Germania Ovest e di sottrarre a questa l'opportunità di collegare gli aiuti internazionali che l' Italia richie­ deva a questioni interne tra i due Stati tedeschi. 3·S

Il «principale alleato degli Stati Uniti nel Mediterraneo » . Roma e Washington nelle carte del MfAA La crisi nel Mediterraneo a partire dal 1 9 7 3 aveva rimesso in discussione il ruolo tradizionale della NATO e ridefinito quello dell' Italia nella regione. Le ambizioni dell' Unione Sovietica avevano trovato un ostacolo difficile nella

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transizione egiziana che seguì la morte di Gamal Abdel Nasser e portò al potere Anwar al-Sadat. La propensione del nuovo presidente a cercare un sostegno più ampio per realizzare i propri obiettivi di politica interna ed estera fra i governi occidentali e a disimpegnare l' Egitto dall ' Unione So­ vietica rendeva il contesto mediorientale ancora più fluido e imprevedibile che in passato. Questa circostanza, soprattutto dopo l'estromissione dei tec­ nici e degli esperti militari sovietici dall'Egitto nell'estate del I 972, suggerì all 'amministrazione americana una politica di attenzione costante verso gli sviluppi della situazione egiziana50, ma anche un coinvolgimento più chiaro dell ' Italia. Negli anni Settanta questa divenne, agli occhi della Germania Est, « il principale alleato degli Stati Uniti nel Mediterraneo» 51• La solidarietà del governo italiano in quella regione acquistava credito ed esso non mancò di dimostrarla; il ministero degli Esteri, che approvava la strategia adottata da Henry Kissinger, in un appunto della DGAP, commen­ tava la visita del presidente americano in Medio Oriente nel giugno del I 9 74 con soddisfazione : Il viaggio del Presidente Nixon in Egitto, Arabia Saudita, Siria, Israele e Giordania [ . . . ] ha messo in evidenza in modo spettacolare l'inatteso riaffermarsi dell' influen­ za degli Stati Uniti nell'area, attraverso l' impegno alla soluzione della crisi arabo­ israeliana ed il rafforzamento, o la ricostituzione dei rapporti bilaterali. Israele, Giordania ed Arabia Saudita erano già, in un modo o nell'altro, saldi punti di appoggio per Washington. Ma l'abilissimo gioco diplomatico condotto da Kissinger sembra aver allontanato l' Egitto dallo schieramento pro-sovietico avvi­ cinandolo a quello pro-americano e aver spostato la Siria su posizioni intermedie, con conseguenze che hanno praticamente interessato tutti i Paesi arabi, ad eccezione dell' Iraq e dello Yemen meridionale, convincendoli della volontà degli USA di svol­ gere il ruolo di mediatore imparziale. [ ... ] Nixon ha voluto rafforzare con un'operazione di politica estera il suo pre­ stigio così scosso ali' interno ; da ciò potrebbe nascere il timore che una sua caduta possa compromettere le prospettive di pace in Medio Oriente. Tuttavia è probabile che nessun successore di Nixon vorrà disperdere il capitale di simpatia e di influenza che la politica di quest'ultimo ha acquisito per gli Stati Uniti52.. so. Su questo tema, cfr. ad esempio B. Pierri, Stati Uniti, Gran Bretagna e la balance of power mediorientale dalla morte di Nasser all'espulsione dei tecnici sovietici dall'Egitto, I970I9J2, in A. Donno, G. !urlano, Nixon, Kissinger e il Medio Oriente (I909-I973), Le Lettere, Firenze 2010, pp. 373-420. SI. PAAA, MfAA, C 3S23, Abteilung Westeuropa [. .. }, Entwicklungstendenzen der militd­ risch-strategischen Prdsenz der USA in Westeuropa; Probleme der us-Truppenstationierung und desfinanziellen Aujkommens der westeuropdischen Staaten, Ber/in, den I. Apri! I9JO. s2. ACS, Fondo del consigliere diplomatico del presidente del Consiglio ( secondo ver­ samento), B. 8, Varie. Petrignani,· ENI,· Consiglio atlantico di Bruxelles (26-o 6-I974); Vertice

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Vale la pena di aggiungere a questo proposito che, se da un canto il governo italiano elogiava le iniziative statunitensi in Medio Oriente per una soluzione della crisi, dall'altro cercava con i paesi socialisti dell'Europa orientale un terre­ no comune per affrontare le difficoltà della questione mediorientale. L' Europa e il Mediterraneo erano assai vicini, e Moro in particolare sembrava pronto a cercare collegamenti fra Ostpolitik e politica mediterranea, secondo Luca Riccardi rischiando talvolta anche di entrare in tensione con gli Stati Uniti: È molto interessante vedere come Moro cercò strenuamente convergenze con alcuni Paesi socialisti su questioni extra-continentali. Prima fra tutti sull'ultradecennale crisi del Medio Oriente dove, sin dalla III guerra arabo-israeliana del 1 9 67, anche grazie ali' azione di Fanfani, allora alla Farnesina, si erano trovati significativi punti di contatto, soprattutto con la Romania. Queste convergenze vertevano sulla comu­ ne approvazione della necessità di mantenere un atteggiamento amichevole verso le necessità dei popoli arabi, soprattutto verso quella che dalla fine degli anni Sessanta divenne un punto fermo della politica morotea (e fanfaniana) : il problema politi­ co - e non solo umanitario - dei palestinesi. A fianco di questo, però, si trovava la sconfessione del nazionalismo arabo più radicale che voleva la distruzione dello Stato d' Israele, la cui esistenza era per Moro un punto fermo del panorama interna­ zionale. La risoluzione 242 del novembre 1 9 67 divenne, per lo statista pugliese, quasi un articolo di fede. E su questo, nei colloqui con i sovietici, al di là delle schermaglie dialettiche, trovò sempre una piena identità di vedute5�.

Questa prospettiva è confermata da una nota dell'ambasciata della DDR a Varsavia, che riguarda la visita di Aldo Moro in Polonia nel giugno del 1974. In relazione al Medio Oriente, il ministro degli Esteri italiano metteva in evidenza l'atteggiamento costruttivo dell ' Unione Sovietica che aveva reso possibili i risultati della missione di Kissinger in Medio Oriente e annunciava un' intensificazione del dialogo fra l'Europa occidentale e i paesi arabi, per favorire la stabilità della regione, un obiettivo che avrebbe contribuito all'e­ quilibrio europeo. Nella percezione del governo tedesco-orientale tuttavia Moro andava oltre : prospettava la creazione di una "relazione triangolare" (Dreiecksverhaltnis) fra l' Europa occidentale, gli stati socialisti e i paesi del Medio Oriente. Il resoconto dei colloqui di Varsavia sembra, dunque, con­ fermare che il ministro fosse incline a interpretare il rinnovato coinvolgi­ mento dell' Italia in Medio Oriente non più come una questione limitata alla di Parigi (I4-09-I974), anno I974 (vecchia collocazione). Nuova collocazione : PCM, CD n, 57, MAE, DGAP, Appunto, "Viaggio del Presidente Nixon in Medio Oriente" (senza data, probabilmente giugno o luglio 1974 ) . 53· L. Riccardi, Appunti sull'Ostpolitik di Moro (I903-I975), in l. Garzia, L. Monzali, M. Bucarelli (a cura di), Aldo Moro, l'Italia repubblicana e i Balcani, Besa, Nardò 2011, p. 76.

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collaborazione con l'Europa occidentale e con gli Stati Uniti, e che invece riconoscesse la necessità di un ruolo attivo dell ' Unione Sovietica e degli al­ tri paesi socialisti, e soprattutto volesse responsabilizzare quegli stessi paesi mettendoli a parte della posizione italiana54• Un'altra spiegazione, che non esclude del tutto questa, è che facendo riferimento al ruolo di Mosca nella soluzione della crisi lo statista democri­ stiano intendesse soprattutto rassicurare gli interlocutori, per impedire che la politica mediterranea dell' Italia entrasse in conflitto con i suoi interessi in Europa orientale. In un caso o nell'altro (o in entrambi ) , il punto rilevante è che questo aspetto della politica estera di Moro conferma quanto fossero diventate importanti le relazioni con i paesi del blocco socialista non solo sul piano bilaterale, ma anche in relazione ad altre questioni internazionali e in aree tradizionalmente conflittuali. Nonostante queste considerazioni, la politica italiana nel Mediterraneo restava inquadrata in maniera inequivocabile nella cornice della NATO . Rea­ listicamente, anche il governo della DDR considerava l'atlantismo una linea di continuità indiscussa per l' ltalia55• Allo stesso tempo, si riteneva che gli Stati Uniti stessero incrementando gli aiuti economici all' Italia per favorire la sua posizione all' interno dell'Alleanza atlantica e della CEE e che la stessa decisione di prolungare lo stazionamento dei missili americani nella penisola fosse il risultato di questa strategia56• La crisi economica e le sue conseguenze sociali, e il timore che l' Italia potesse trovarsi confinata a un ruolo marginale nella politica europea rin­ saldavano il legame con gli alleati e, secondo l'interpretazione del governo tedesco-orientale, restringevano le opportunità di Roma di disegnare una politica estera autonoma. L'instabilità economica e finanziaria limitava i margini di manovra di un governo indebolito, indebitato e costretto a chie­ dere aiuti internazionali. In questo contesto, poche settimane dopo che Gerald Ford divenne pre­ sidente, Giovanni Leone, allora capo dello Stato, si recò negli Stati Uniti57• Da un'analisi dei contenuti di quell' incontro, il ministero degli Esteri della DDR traeva tre conclusioni rilevanti: la prima era che gli americani avrebbero continuato ad aiutare economicamente l' Italia; la seconda era che gli sforzi 54· PAAA, MfAA, C 3521, Zum Besuch des italinischen Aussenministers Aldo Moro in der 26-28 giugno 1974. 55· PAAA, MfAA, C 3523, Abteilung Westeuropa, Zuarbeit zur Einschatzungder aktuellen Tendenzen in der Aujenpolitik der USA, Ber/in, den 9·9·I975· 56. Ibid. 57· PAAA, MfAA, c 3523, Abt. WE [. .. ]. Infonnation uber den Besuch des italienischen Prasidenten Leone in den USA vom 24.9 bis 2S.g.I974, 30·9·14 · VRP,

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della RFT per rafforzare il proprio potere in Europa erano una preoccupa­ zione principale per l' Italia, e che questo timore l'avrebbe spinta in maniera sempre più decisa verso Washington ; la terza era che gli Stati Uniti avrebbero cercato di acquisire un ' influenza crescente sulla politica interna italiana58• Il ministero degli Esteri della DDR osservava inoltre che per proteggere la pro­ pria posizione nel Mediterraneo gli Stati Uniti avevano deciso un parziale trasferimento delle loro basi militari dalla Grecia e dalla Turchia in Italia, con il conseguente ampliamento delle basi italiane in Sicilia, a Lampedusa, e in Sardegna, e avevano chiesto a Roma di contribuire a sradicare le tendenze antiamericane diffuse nei due paesi mediterranei alleati59• Allo stesso tempo, preoccupava la disponibilità dell' Italia a sostenere una politica di riarmo, espressa all'interno del Consiglio atlantico60• La nota del I0 aprile I 9 76 pre­ parata dal Dipartimento Europa occidentale metteva in evidenza che: Gli USA dispongono attualmente in Italia di 9 basi militari. Fra queste si trovano 4 basi aeree e 2 basi della marina. Nelle basi sono stazionati missili terra-terra con te­ state atomiche. Vi sono state decisioni del governo USA in ambito politico-militare, orientate a rivalutare il ruolo dell' Italia nel quadro della NATO e della CEE (fra queste il prolungamento dello stazionamento dei missili statunitensi in Italia). Dal punto di vista strategico sono particolarmente significative le basi della Sardegna, di Lam­ pedusa e della Sicilia61•

Secondo le stime del MfAA, inoltre, nel I 9 75 l'indebitamente italiano aveva raggiunto i I5,4 miliardi di dollari, mentre il capitale estero in Italia ammon­ tava a I 4.234 miliardi di lire, dei quali circa la metà erano capitali americani. Per effetto dell' indebitamente italiano e dell ' intreccio di capitali italiani e statunitensi, nel I 9 7 5 oltre 700 imprese si trovavano sotto diretto controllo

58. Ibid. 59· PAAA, MfAA, C 3523, Abteilung Westeuropa [. .. }, Entwicklungstendenzen der mili­ tarisch-strategischen Priisenz der USA in Westeuropa; Probleme der us-Truppenstationierung und desfinanziellen Aujkommens der westeuropaischen Staaten, cit. Su questo tema cfr: M.­ L. Sergio, «Abbiamo la responsabilita del dire certi si e certi no». Aldo Moro e le transizioni democratiche nell'Europa mediterranea (Grecia, Spagna, Portogallo) e G. La Nave, Aldo Moro e la parabola greca. Dalla vittoria di Georgios Papandreou allafine del regime dei Colonnelli (I963 -I974), in R. Moro, D. Mezzana (a cura di), Una vita, un paese. Aldo Moro e l'Italia del Novecento, Rubbettino, Soveria Mannelli 2014, , pp. 559-82 e pp. 583-614. 6o. Questa circostanza viene messa in evidenza nella relazione sugli sviluppi della presen­ za americana in Europa occidentale dell ' aprile 1976 (PAAA, MfAA, C 3 52 3, Abteilung Westeur­ opa [. . .], Entwicklungstendenzen der militarisch-strategischen Priisenz der USA in Westeuropa; Probleme der us-Truppenstationierung und desfinanziellenAujkommens der westeuropaischen Staaten, cit.). 61. Ibid.

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degli Stati Uniti, con più di 2oo.oo o dipendenti coinvolti6\ dati che veniva­ no giudicati allarmanti da parte di un governo che da un canto mirava ad al­ lontanare l' Italia dall'Alleanza atlantica, dall'altro constatava come i capitali americani facessero parte del tessuto economico di quel paese. In generale, le valutazioni del ministero degli Esteri della DDR sul ruo­ lo dell' Italia nelle trasformazioni del Mediterraneo e sull 'evoluzione del rapporto con gli Stati Uniti erano fondate, anche se sfuggivano i collega­ menti fra l'atlantismo e le altre dimensioni della politica estera italiana. Tra la fine degli anni Sessanta e gli inizi degli anni Settanta l' Italia diven­ ne nuovamente « un teatro importante della competizione bipolare e, di conseguenza, della politica estera statunitense » 63. Mario Del Pero osserva come la nuova attenzione dell 'amministrazione Nixon verso l' Italia fosse il risultato di un complesso di ragioni di carattere strategico, politico e persino simbolico, sotto diversi aspetti simile a quell' insieme di motiva­ zioni che avevano stretto l' Italia agli Stati Uniti dopo la fine della Seconda guerra mondiale. In primo piano era sicuramente la crescita del PCI nella scena politica interna, ma acquistavano rilevanza anche le trasformazioni che stavano avvenendo, appunto, in Nord Africa e in Medio Oriente e che avevano esiti imprevedibili: la rinnovata centralità strategica della regione, e di riflesso della penisola italiana, è determinata dali' attivismo e dalla crescente presenza di Mosca nel Mediterraneo. Attivismo e presenza che Washington tende in parte a esagerare, ma che rivelano la spregiudicatezza con cui l' URSS opera e la flessibilità con cui essa interpreta le possibilità che le vengono offerte dalla distensione, dalle difficoltà degli Stati Uniti e dalle tensioni, sempre più forti, all' interno dell'Alleanza Adantica64•

Fra il I 9 74 e il I 9 76, il rapporto con Washington sembrava talmente esclu­ sivo da lasciar supporre che l' Italia fosse disposta a mettere in secondo piano persino le relazioni con altri paesi della CEE o della NAT065• In real­ tà, la prospettiva di Berlino Est sottovalutava il significato attribuito dai politici italiani - compreso il PCI - al nesso fra l'atlantismo e l ' integrazio­ ne europea. Questo rapporto viene descritto molto bene in un appunto 62. Ibid. 63. M. Del Pero, L'Italia e gli Stati Uniti: un legame rinnovato?, in F. Romero, A. Var­ sori (a cura di), Nazione, interdipendenza, integrazione. Le relazioni internazionali dell'Italia (I9I7-IgSg), Carocci, Roma 2005, p. 302. 64. lvi, p. 303. 65. PAAA, MfAA, C 3523, Abteilung Westeuropa [. .. ], Entwicklungstendenzen der milita­ risch-strategischen Prtisenz der USA in Westeuropa; Probleme der us-Truppenstationierung und desfinanziellen Aujkommens der westeuropaischen Staaten, cit.

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del consigliere diplomatico del presidente del Consiglio Mariano Rumor del giugno 1 9 74 il quale, oltre ad affermare che «l 'amicizia con l'Ameri­ ca costituisce la condizione per poter fare l ' Europa », spiega in maniera inequivocabile quanto fosse importante nel rapporto fra l' Italia e gli Stati Uniti che questi le riconoscessero la posizione acquisita all ' interno della Comunità europea: Sarebbe un errore storico per l'America incoraggiare, per un malinteso realismo, una costruzione europea che si basasse soltanto sui tre pilastri: Francia, Inghilterra e Germania. Abbiamo fiducia che questo errore non sarà commesso. L' Europa si fa con le quattro grandi nazioni (con più di cinquanta milioni di persone ciascuna) che oggi formano la intelaiatura della Comunità. Solo con la partecipazione di tutte e quattro queste nazioni l' Europa potrà essere veramente una Comunità. L'emar­ ginazione dell' Italia trasformerebbe l' Europa in un fatto di potere che creerebbe maggiori tensioni di quante non ne risolva. Già una volta l' Italia si sentì respinta e produsse il fascismo66•

Affermare che l' Italia fosse « il principale alleato degli Stati Uniti nel Me­ diterraneo» era probabilmente un'esagerazione, ma l'affidabilità dell' Italia, anche attraverso le vicende tortuose della sua politica, era un elemento essen­ ziale del rapporto con Washington. Vale la pena di citare, a questo proposi­ to, una nota dell'ambasciatore Egidio Ortona del giugno 1 9 74 67, dalla quale emergono chiaramente le implicazioni di una potenziale perdita di credibili­ tà dell' Italia negli Stati Uniti, come conseguenza della crisi economica e della mutabilità della politica. I rapporti fra Roma e Washington attraversavano una fase particolarmente delicata, e risentivano delle reazioni isteriche del­ la stampa e di una parte dell'opinione pubblica statunitense. L' impatto dei commenti apparsi sulla stampa americana e il danno all' immagine dell' Italia, che appariva come un paese al tracollo, venivano descritti da Ortona al pre­ sidente del Consiglio Rumor: mi è sembrato doveroso segnalare [ ... ] la crescente massa di corrispondenze giornali­ stiche da Roma che danno dell' Italia un' impressione drammaticamente negativa, e che hanno originato, secondo quanto dettomi al Dipartimento, una serie incessan­ te di richieste telefoniche ed epistolari di delucidazioni sulla situazione del nostro 66. ACS, Fondo del Consigliere diplomatico del presidente del Consiglio (secondo ver­ samento), B. 8, Vàrie, ci t., vecchia collocazione. Nuova collocazione: PCM, CD II, s 7· Appunto del Consigliere diplomatico del Presidente del Consiglio, Elementi di conversazione per l'incon­ tro con il Presidente Nixon, Roma, 25 giugno 1974. 67. ACS, Fondo del consigliere diplomatico del presidente del Consiglio (secondo ver­ samento), B. 8, Vàrie, cit., vecchia collocazione. Nuova collocazione : PCM, CD II, s 7, Amba­ sciata italiana a Washington. Nota di Egidio Ortona, 14 giugno 1974 (segreta).

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Paese. Si tratta soprattutto di operatori economici, di turisti e di investitori poten­ ziali preoccupati alla lettura di parole quali "bancarotta", "precipizio", "colpo di Sta­ to", ecc. [ ... ] Quanto sopra comunque Le segnalo, perché Lei abbia il polso dell'estre­ ma attenzione con cui questa opinione pubblica ma soprattutto i circoli qualificati (Amministrazione, Congresso, Stampa) seguono ormai le nostre vicende. [ ... ] Sta di fatto che le preoccupazioni che chiaramente mi vengono manifestate fanno sì che mi si chieda oramai da varie parti se e che cosa si possa fare da parte americana per aiutarci68•

Nel frattempo, nelle relazioni commerciali il governo italiano restava con­ centrato soprattutto sul prevenire l'applicazione di pratiche protezioni­ stiche da parte degli americani, a danno delle esportazioni italiane, come d'altronde era consentito dal nuovo Trade Reform Aet del dicembre I 9 74· Si trattava, in effetti, di un tema spinoso che venne affrontato, tra l'altro, da Moro nel marzo del I 9 76 quando egli, allora a capo di un governo in crisi, incontrò insieme al ministro del Tesoro Colombo il segretario al Tesoro degli Stati Uniti William E. Simon. Nel discutere la situazione economica italiana, Colombo in quell'occasione mise in chiaro due limiti importanti all'azione del governo. Il primo era l'onere eccessivo causato dall'aumento del costo del petrolio, che costava ali' Italia ogni anno cinque miliardi in più rispetto al I 9 7 3 · Il secondo era l' indebitamente: l' Italia aveva dovuto con­ trarre debito all'estero per I4 miliardi di dollari, sui quali ogni anno pagava cospicui interessi69• Fra gli elementi di conversazione preparati in vista della visita in Italia di Simon, sembra particolarmente interessante il punto in cui si suggerisce di: richiamare l'attenzione del Signor Simon sul fatto che, già in più occasioni, abbiamo manifestato la nostra recisa opposizione al ricorso a pratiche protezionistiche dato che, non solo temiamo le reazioni a catena che esse possono provocare, ma le ritenia­ mo incompatibili con l'obiettivo di un'ulteriore liberalizzazione degli scambi che ci ripromettiamo di perseguire con i negoziati commerciali multilaterali attualmente in corso a Ginevra nell'ambito del GATT70•

68. Ibid. 69. ACS, Fondo del consigliere diplomatico del presidente del Consiglio (secondo ver­ samento), USA 8.1/8.2 (collocazione temporanea), Ufficio del consigliere diplomatico del presidente del Consiglio dei Ministri, Resoconto del colloquio tra il Presidente del Consiglio On. Moro ed il Segretario di Stato al tesoro degli Stati Uniti Simon, Presente il Ministro del Tesoro Colombo, Palazzo Chigi, 9 marzo 1976. 70. ACS, Fondo del consigliere diplomatico del presidente del Consiglio (secondo versamento), USA 8.1/8.2 (collocazione temporanea), Visita del Segretario al Tesoro Simon, Questioni commerciali, Elementi di conversazione (senza data, probabilmente inizi marzo 1976).

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Riguardo alla possibilità di un'assistenza finanziaria all' Italia che avesse ef­ fetti nel medio termine, nelle carte italiane più che a un pacchetto di aiuti bilaterali si fa, invece, riferimento alla possibilità - vagliata dal dipartimento del Tesoro - di fare entrare in gioco il nuovo fondo di solidarietà dell' OCSE: Partendo dall' idea che i prestiti già negoziati o i n via d i negoziato potrebbero con­ sentire all' Italia di superare le difficoltà a breve termine, si ritiene che il Fondo di solidarietà dell' O C S E - ove in grado di operare l'anno prossimo - potrebbe costitu­ ire lo strumento adatto per un aiuto finanziario a medio termine?'.

L'altro tema centrale nei rapporti fra l' Italia e gli Stati Uniti, infine, era la si­ curezza energetica. A Berlino Est si vagliavano attentamente le divergenze fra i governi europei e gli Stati Uniti, in particolare fra Roma, Parigi e Bonn da un canto, Washington dall'altro, riguardo a un possibile abbassamento dei prezzi del petrolio. Le differenze fra i governi europei e gli Stati Uniti erano interessanti perché suggerivano che l' Italia in ambito europeo godesse di una maggiore indipendenza di quella che dimostrava nel contesto nella NATO o nella stessa politica mediterranea e, più in generale, scoprivano le debolezze degli USA in Europa. Allo stesso tempo, però, era chiaro anche ai tedeschi dell'Est che un eventuale disimpegno degli Stati Uniti dall' Europa avrebbe comportato il rischio di un mutamento dell'equilibrio europeo in favore di Bonn : il governo della RFT, osservava con preoccupazione il ministero degli Esteri della DDR, cercava di trarre vantaggio dalla dipendenza economica dell' Italia per estendere il più possibile la propria influenza politica. Tanto era vulnerabile l' Italia, quanto era fondamentale il suo contributo a un equilibrio europeo non troppo dipendente dagli Stati Uniti, ma suffi­ cientemente legato a essi da impedire che la Germania federale diventasse una superpotenza regionale. La parola chiave che riassume tutte queste osservazioni ad ampio spettro sulla percezione che il governo tedesco-orientale aveva delle relazioni tra l' I­ talia e gli Stati Uniti è status quo: consolidare e preservare la distensione fra i due blocchi avrebbe permesso alla DDR di cogliere in pieno i frutti della sua Westpolitik e di spostare una parte dell'attenzione verso la politica interna, dove i programmi ambiziosi di riforma si scontravano con il pericolo costan­ te che il malcontento sociale esplodesse improvvisamente. Questa visione implicava, naturalmente, anche l' idea che il cambiamento in atto nei rap­ porti fra l' Europa occidentale e l'Europa orientale - del quale faceva parte il 71. ACS, Fondo del consigliere diplomatico del presidente del Consiglio (secondo versa­ mento), USA 8.1/8.2 (collocazione temporanea), MAE, Visita del Segretario al Tesoro Simon, Questioni monetarie (senza data, probabilmente inizi marzo 1976).

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nuovo rapporto con l' Italia - non potesse, o non dovesse generare altri cam­ biamenti. Alla ricerca di alleati che condividessero questa prospettiva sulla stabilità europea, e coltivassero timori simili a quelli della DDR (l' isolamento internazionale, la rivolta sociale, il ruolo di alleati ingombranti), Berlino Est guardava con rinnovata simpatia all' Italia.

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Die Labilitat: riflessioni conclusive

Le opportunità offerte dal rapporto fra Washington e Roma, dalla posizione strategica dell' Italia nel Mediterraneo e dall' integrazione europea si scon­ travano con alcune debolezze strutturali, quelle che i documenti della DDR riassumevano come : « die zunehmende Labilitat des staatsmonopolitischen Herrschaftssystems ltaliens » 72.. Era, questo, un tema ricorrente secondo il quale il principale condizionamento della politica estera italiana non deriva­ va dall'esterno, ma da una costante e invalicabile instabilità interna. Questo punto di vista, naturalmente, era tutt'altro che infondato: le vicende della politica interna italiana, soprattutto in questi anni, determinarono spesso sia la forma, sia la sostanza del rapporto con gli alleati. Questi riferimenti continui alla precarietà della situazione italiana e ali' insicurezza insita nel suo sistema di governo, tuttavia, inducono a riflettere sull'atteggiamento del governo tedesco-orientale verso l' Italia e verso il PCI. La questione ideologica sembrava essere diventata del tutto secondaria rispet­ to agli obiettivi di politica estera della DDR. L' immagine dell' Italia come un paese nel quale il capitalismo, come sistema economico e sociale, era talmente in difficoltà da suggerire una revisione della politica statunitense per aiutare, e allo stesso tempo controllare, il debole alleato è il ritratto di una situazione estrema che da parte di un paese socialista, convinto della superiorità e dell' af­ fermazione del comunismo, avrebbe dovuto essere letta come un'opportuni­ tà. È logico chiedersi come mai, se l' Italia stava attraversando una crisi così profonda da richiedere un ancoraggio continuo agli alleati europei e agli Stati Uniti, e posto che la fine del sistema capitalistico fosse auspicabile dal punto di vista della SED, nel momento in cui si presentò l'occasione di infliggere a esso un duro colpo, la DDR invece di appoggiare il processo innescato dalla 72. PAAA, MfAA, C 3523, Abteilung Westeuropa, Zuarbeit zur Einschdtzung der aktuel­ len Tendenzen in der Aujenpolitik der USA , cit.; PAAA, MfAA, C 3523, Abteilung Westeuropa [. }, Entwicklungstendenzen der militdrisch-strategischen Prdsenz der USA in Westeuropa; Pro­ h/eme der us-Truppenstationierung und desfinanziellen Aujkommens der westeuropdischen Staaten, cit. ..

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crisi economica e dall'ascesa elettorale del PCI, cercasse un dialogo più attivo con i governi conservatori italiani, e si preoccupasse di non trovarlo. In altre parole, se la vittoria del comunismo sul sistema capitalistico fosse stata ancora un obiettivo prioritario, come affermavano le lunghe analisi sui rapporti con i partiti comunisti occidentali del Comitato centrale della SED e degli altri organi del partito, oppure il dibattito che precedette la Confe­ renza dei partiti comunisti europei di Berlino ( giugno 1 976), mai come negli anni fra il 1 975 e il 1 978 sarebbe stata plausibile un'azione concreta da parte della DDR per sostenere e rafforzare l'azione del PCI che, per quanto in con­ traddizione - e in competizione - con alcuni aspetti del socialismo reale, in Italia assunse un ruolo chiaramente destabilizzante nei confronti dei partiti conservatori. È vero che la distensione si basava sull'accettazione e la coesistenza dei rispettivi sistemi di valori, dei diversi regimi politici ed economici e sull'e­ quilibrio fra le due alleanze militari in Europa, ma è lecito osservare che se nella DDR la questione ideologica avesse ancora avuto un ruolo prioritario, la crisi economica italiana avrebbe rappresentato per Berlino Est un'occasione irripetibile per contribuire alla crisi del capitalismo, promuovendo e inco­ raggiando le scelte autonomiste del PCI. Sui rapporti fra i due partiti si avrà modo di ritornare più avanti, vale però la pena di notare che, al contrario, di fronte alla crisi economica italiana la DDR fu prevalentemente orientata a calcolarne i rischi, più che le opportunità: l' Italia sarebbe diventata più dipendente dagli alleati, più instabile sul piano sociale, più esposta all'estre­ mismo di destra, e soprattutto per la DDR si sarebbero ridotte le opportunità di fare affari proprio con quelle imprese che reggevano il sistema capitalistico in Italia. Dopo il riconoscimento internazionale, in effetti, la politica estera della DDR andò oltre la linea di demarcazione che consentiva alle diverse visioni del mondo di coesistere. Ciò non vuol dire che la questione ideologica non fosse più importante, vuol dire invece che essa veniva spostata su un piano differente : restava confinata all'ambito della propaganda internazionale, ma non guidava più la politica estera, né quella commerciale. Il rapporto con il capitalismo italiano, al di fuori di quell'ambito, cresceva, nel comune auspi­ cio che diventasse sempre più efficace e produttivo; lo stesso avveniva nei rapporti con la Democrazia cristiana e, più tardi, con il Partito socialista italiano. È possibile anche che il MfAA e i dirigenti della SED fossero bloccati da una staticità di fondo nelle iniziative di politica estera, dovuta in parte al rapporto di subordinazione con l' Unione Sovietica, in parte a meccanismi interni farraginosi, che impedivano, al di là delle analisi ampie e dettagliate

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sull' Italia, di guardare alla crisi italiana nel lungo periodo, o di sviluppare una visione "creativa" dell'instabilità italiana come opportunità anziché co­ me minaccia. La ricerca continua di un dialogo con il governo italiano e le rimostranze per la sua scarsa partecipazione alle iniziative della DDR, tutta­ via, portano a un'altra conclusione, e cioè che questa non auspicasse affatto la fine del capitalismo in Italia e che il prestigio internazionale, la crescita delle esportazioni, la promozione degli investimenti stranieri nella DDR e la ricerca di crediti all'estero fossero diventati prioritari rispetto alla decanta­ ta ricerca di nuovi spazi per il socialismo in Europa. L'apertura a Ovest, in realtà, ampliava l' incoerenza fra ideologia, politica e interessi commerciali. A queste considerazioni ne va aggiunta un'altra: nella dirigenza della s ED persisteva il timore costante che se in Italia si fosse verificata quell'acce­ lerazione dei processi di cambiamento sociale e politico auspicati dal PCI di Berlinguer, si sarebbe corso il rischio serio di una reazione violenta da parte delle forze politiche di destra. Nel maggio del I978, dopo l'omicidio di Aldo Moro, una nota dell'Aus­ landsvertretung a Roma, trasmessa dal ministero per la Sicurezza, faceva il punto sulla situazione politica italiana. Il rapimento dello statista era attribu­ ito all 'azione di « forze reazionarie » , la denominazione comune con la quale nei documenti della DDR venivano indicate le Brigate Rosse, con l'obiettivo di «limitare la capacità di azione del governo Andreotti » , di mandare all'a­ ria la partecipazione del PCI alla maggioranza parlamentare e, nel lungo pe­ riodo, « aprire la strada ad una forma di governo autoriaria » 73• Nonostante le divergenze fra la DC e il PSI sull'opportunità di trovare un compromesso con le BR, commentava la nota, l'obiettivo centrale del rapimento non era stato raggiunto, perché in definitiva sia la DC che il PCI avevano mantenuto una posizione comune di rifiuto delle trattative con i terroristi. All'azione delle BR viene associata l' idea del «pericolo fascista » : Con l'uccisione di Moro le forze di destra tentano oramai di spezzare la maggioran­ za parlamentare e di accelerare la scissione della DC [ ... ]. Da parte di alcune forze nella DC e nel P S I ci sono sforzi di addossare la responsabilità principale per la morte di Moro al PC I. C 'è da aspettarsi che le forze del terrorismo e i loro mandanti rea­ zionari intensifichino le tensionF4•

Nonostante nell' immediato le BR non fossero riuscite ancora a creare una spaccatura fra la DC e il PCI, la loro azione, proseguiva la nota, il modo in cui 73· Mfs, HA n, 35672, Nota: lnnenpolitische Situation Italiens (Quelle: A V Rom, Abt. WE), 12 maggio 1978. 74· Ibid.

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si era svolta la vicenda e gli eventi che avevano condotto all'omicidio dello statista italiano, dimostravano la loro capacità organizzativa, la loro effica­ cia e la probabile "complicità" di tal uni nelle forze di polizia e nell 'apparato giudiziario. La destra estrema (neofascisti e cosiddetti democratici nazionali) prende l'uccisio­ ne di Moro di nuovo come un'occasione per pretendere l' introduzione di misure legislative di emergenza e eccezionali e per fomentare una campagna persecutoria provocatoria anticomunista [ ... ]. La Direzione del PCI è orientata alla mobilitazione dei sindacati e di tutte le forze democratiche per la difesa della repubblica7s.

Nella situazione drammatica del 1 9 7 8 , la DDR osservava la continuità del PCI con le scelte fatte nell'estate del 1 976: una linea che partendo dalla politica delle astensioni voleva condurre gradualmente all ' inclusione del PCI nella maggioranza di governo. In una valutazione del settembre 197 8 , il Diparti­ mento affari politici ricostruiva la posizione del partito attraverso il discorso tenuto da Berlinguer a Genova il 17 settembre76• La partecipazione al gover­ no appariva come l'obiettivo principale, nonostante i comunisti italiani lo trovassero improbabile nel breve periodo. Nel discorso di Berlinguer, tut­ tavia, mancava un'analisi approfondita delle questioni economiche: il lea­ der del PCI sembrava fermo a una valutazione delle ragioni della crisi e dei provvedimenti per superarla ( il risanamento delle finanze, l'abbattimento della disoccupazione giovanile e femminile e lo sviluppo del Sud Italia) , sen­ za entrare nel merito delle deficienze strutturali del sistema capitalistico, né delle questioni relative alla lotta di classe. La critica del MfAA era plausibile sul piano ideologico ma del tutto incoerente con gli obiettivi della visita del ministro degli Esteri tedesco-orientale in Italia, che si sarebbe svolta poche settimane dopo e, in senso più ampio, con la maggior parte delle iniziative intraprese dal governo della DDR verso l' Italia. Nella disamina del discorso di Berlinguer si affrontava, inoltre, il tema dei rapporti del partito con la maggioranza di governo da un canto, con il PSI dall'altro77• Di fronte alle tensioni con il PSI il segretario del PCI si mostrava pronto ad abbassare i toni e a respingere le provocazioni anticomuniste, ma allo stesso tempo lasciava aperta una eventuale collaborazione con il partito di Craxi che, per quanto in quel momento fosse decisamente ostile al PCI, nella logica del compromesso

75· Ibid. Cfr. a questo proposito anche : BStU, Mfs, HA II, 35672, Nota: Entwicklung des Terrorismus in Italien {Quelle: Botschaft Rom, Ab t. WE), 19 maggio 1980. 76. PAAA, MfAA, ZR 2494/82, Politische Abteilung, Zur Einschatzung innenpolitischer Aspekte der Rede Gen. Berlinguers am IJ.9.I97S in Genua, Rom, 20 September I97S. 77· Jbid.

3· POLITICA E DIPLOMAZIA (1973-79)

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storico restava comunque un potenziale alleato. Il MfAA interpretava questo atteggiamento come l' « orientamento inequivocabile » dei comunisti italia­ ni a rafforzare le relazioni fra i due partiti. Da un colloquio tra l'ambasciatore Hans VofS e Sergio Segre, inoltre, emergeva che la Direzione del PCI, proprio per tentare di ridimensionare l'atteggiamento critico del P SI, aveva deciso di non dare seguito ad alcuna provocazione, una linea che non sempre veniva capita dalla base del partito, e di mantenere, invece, contatti con esponenti di altri partiti socialdemocratici in Europa occidentale, tra l'altro anche la SPD, perché esercitassero la loro influenza sui socialisti italiani e li convin­ cessero ad abbassare le tensioni. La Direzione del PCI era consapevole che i socialdemocratici in Europa auspicavano che in Italia si ampliasse il ruolo dei socialisti e si indebolisse quello dei comunisti, tuttavia la necessità di rendere più stabile e meno conflittuale la situazione politica italiana lasciava al PCI margini di manovra per dialogare con gli alleati del PSI in Europa. Nei rap­ porti con la DC, infine, ai tedeschi dell' Est sembrava chiaro che Berlinguer volesse evitare ogni tipo di critica sostanziale e che la collaborazione con i democristiani restasse un punto fermo78•

78. Ibid.

4

L' Europa socialista e la Comunità europea

Gli anni Settanta e i primi anni Ottanta furono, com'è noto, un periodo di profonde trasformazioni interne per l' Europa occidentale che la storia internazionale ha studiato da diversi punti di vista: la fine del sistema di Bret­ ton Woods, le conseguenze economiche e politiche della crisi energetica, le tensioni transatlantiche. La stessa storiografia sull'integrazione europea, che aveva messo in ombra quel periodo a confronto con il decennio successivo, lo ha riscoperto negli studi più recenti e tende a considerarlo, sempre più spesso, come una fase di cambiamento strutturale anche per la Comunità europea1• L'Europa socialista attraversò cambiamenti altrettanto profondi, che determinarono non solo un'alterazione nei rapporti di forza interni a quella regione, ma anche un'evoluzione nei rapporti fra i paesi della CEE e quelli del Comecon . Gli uni divennero per gli altri un interlocutore necessario e particolare, nei confronti del quale rimaneva ferma la critica al modello di sviluppo economico e sociale che si andava affermando in maniera sempre più chiara all' interno della Comunità europea, ma rispetto al quale si svilup­ pavano anche nuove occasioni di collaborazione. Emergevano divergenze sempre più profonde fra gli interessi commerciali, e per molti aspetti anche politici, dell' Europa occidentale e degli Stati Uniti: incoraggiati da questa percezione, i paesi socialisti elaborarono una Westpolitik che tralasciava gli aspetti militari e di sicurezza, confinava alla retorica tradizionale della contrapposizione Est-Ovest quelli di carattere ideologico e si concentrava invece sulle relazioni commerciali come presupposto (e opportunità) per 1. Cfr. ad esempio : N. Ferguson et al (eds.), The Shock ojthe Global: The 1970s in Per­ spective, Belknap Press, Cambridge (MA) 2011; P. Villaume, R. Mariager, H. Porsdam (eds.), The ''Long 197os'': Human Rights, East-West Détente and Transnational Relations, Roudedge, London 2016; A. Varsori, G. Migani (eds.), Europe in the International Arena during the 1970s: Entering a Different World, Peter Lang, Bruxelles 201 1 ; P. Villaume, O. A. \Vestad, Perforating the Iron Curtain: European Détente, Transatlantic Relations and the Co/d YVttr, 1905-1935, Museum Tusculanum, Copenhagen 2010; L. Nuti (ed.), The Crisis ofDétente in Europe: From Helsinki to Gorbachev, 1975-1935, Roudedge, London 2009.

Il l

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una ridefinizione delle relazioni politiche. Questa politica venne dispiegata principalmente nel quadro delle relazioni bilaterali, almeno fino alla metà degli anni Ottanta quando, su iniziativa della Commissione Delors e sulla scia dell'ampio dibattito politico e istituzionale che avrebbe condotto alla firma dell'Atto unico europeo, anche la prospettiva della CEE sul Comecon cambiò e si accese un nuovo interesse reciproco fra le due organizzazioni. In un certo senso si trattava di un fenomeno complementare alla Ostpoli­ tik economica dei governi occidentali, che aveva preceduto in diversi casi, compreso quello italiano, la Ostpolitik vera e propria, la piattaforma politi­ ca costruita con determinazione da Willy Brandt e mantenuta dai governi successivi della Repubblica federale come pilastro della distensione europea. Nel decennio più difficile del dopoguerra, la tessitura dei rapporti com­ merciali con l' Europa socialista divenne parte integrante della politica estera dei governi occidentali e un elemento inscindibile dal nuovo corso delle re­ lazioni poli tic h e con l' Europa dell'Est. Questo fu, in particolare, l'atteggia­ mento dell' Italia: il ministero degli Esteri e i governi che si susseguirono nel panorama instabile della politica italiana mantennero una sostanziale linea di continuità nelle relazioni con i paesi del Comecon. Da un canto, quei go­ verni ereditarono dal centrosinistra degli anni Sessanta la politica commer­ ciale verso l' Unione Sovietica, dall'altro svilupparono, come parte integran­ te della politica di distensione, una nuova trama di relazioni commerciali con gli altri Stati del Patto di Varsavia. Sul tema dei rapporti economici fra l' Europa occidentale e l' Europa centro-orientale esistono alcuni contributi fondamentali che aprono diver­ si spunti di ricerca non solo nell'ambito della storia economica, ma anche in quello della storia internazionale : le strategie commerciali, più o meno condizionate dalla politica interna di ciascun paese, in effetti, avevano assai spesso implicazioni politiche più ampie. Questo capitolo esplora alcuni aspetti dei rapporti fra la CEE e i paesi del Comecon negli anni Settanta, spiega il punto di vista del governo tedesco­ orientale sulla Comunità europea e si sofferma sull ' immagine di un'Europa 2. C. Grabas, A. Ni.itzenadel (eds.), Industriai Policy in Europe after I945: Wealth, Po­ wer and Economie Development in the Co/d f;Vtzr, Palgrave Macmillan, Basingstoke 2014; \V. D. Lippert, The Economie Diplomacy oJOstpolitik: Origins ojNATO's Energy Dilemma, Berghahn Books, New York 2010; A. Steiner, The Plans that Fai/ed: An Economie History of the GDR, Berghahn Books, New York-Oxford 2010; G. Dale, Between State Capitalism and Globalisation: The Collapse ofthe East German Economy, Lang, Oxford 2004; K. Behling, Hightech-Schmuggler im Wirtschaftskrieg. Wie die DDR das Embargo des Westens unterlief, Homilius, Berlin 2007; R. Ahrens, Gegenseitige Wirtschaftshilfe? Die DDR im RGW. Struktu­ ren und handelspolitische Strategien I90J-I9JO, Bohlau, Koln 2oo o ; J. M. Van Brabant, Eco­ nomie Integration in Eastern Europe: A Handbook, Harvester \Vheatsheaf, New York 1989.

4· L' EUROPA SOCIALISTA E LA COMUNITÀ EUROPEA

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sempre più concentrata su sé stessa, immersa nelle dinamiche e nelle difficol­ tà del processo di integrazione. Il primo punto fondamentale è la percezione diffusa nell ' Europa socia­ lista, osservata qui attraverso le carte del ministero degli Esteri della DDR, di una nuova forma di interdipendenza con gli Stati capitalistici. La crisi eco­ nomica e finanziaria che scosse l'Europa occidentale negli anni Settanta, il primo shock petrolifero, il conflitto sociale crescente nei paesi socialisti e gli effetti ritardati della crisi energetica su di essi contribuirono a rafforzare que­ sta percezione. Agli Stati del Comecon i rapporti commerciali con i vicini dell'Ovest offrivano nel medio periodo un possibile rimedio alle debolezze dei sistemi socialisti; per la DDR erano anche lo strumento di un'ambiziosa politica che mirava nel lungo periodo a indebolire la coesione interna al bloc­ co occidentale, dove crebbe la competizione per l'accesso ai mercati dell 'Est. Dopo i passi compiuti alla fine degli anni Sessanta e nei primi anni Settanta per estendere ad altri Stati socialisti la Ostpolitik economica che i governi occidentali avevano avviato con l' Unione Sovietica diversi anni prima, nella seconda metà degli anni Settanta i paesi della Comunità europea diventaro­ no, quindi, un interlocutore necessario per l'altra Europa. Il secondo punto rilevante in questa parte è l'attenzione dedicata nelle carte della DDR agli sviluppi interni alla Comunità europea, che non era tuttavia motivata dalla volontà di avviare rapporti formali con essa, almeno finché non arrivò Gorbaciov al potere in Unione Sovietica. Il Comecon, in effetti, non riconosceva ufficialmente la Comunità europea, né la Politica commerciale comune. Il MfAA analizzava l'attualità del dibattito sulle rifor­ me istituzionali, il pragmatismo e le incertezze del Rapporto Tindemans, le difficoltà incontrate nell' integrare la Gran Bretagna, l'ambivalenza dei discorsi sulla moneta unica che coesistevano con le asperità dell' instabilità finanziaria e descriveva minuziosamente, e con una buona dose di realismo, l' Unione Europea immaginata da Tindemans e la disunione degli europei: la CEE sembrava dilaniata da contraddizioni interne e da rivalità nazionali insanabili. La pretesa di giungere a un'unione economica e monetaria en­ tro il I 9 8 o sembrava un obiettivo velleitario, motivato principalmente dalle ambizioni nazionali della RFT che, al di là di qualunque attacco di natura ideologica, per gli analisti della DDR rappresentavano una minaccia politica reale alla stabilità europea. Più che l'unione monetaria, sembrava verosimile, invece, una spaccatura fra la Germania Ovest, sostenuta dalla Francia e dal Benelux, e gli Stati che rischiavano di restare al margine di quel progetto, l'I­ talia, la Gran Bretagna e l' Irlanda. Questo genere di tensioni, tuttavia, nell'e­ quilibrio più ampio dei rapporti Est-Ovest lasciava un margine di azione più esteso ai governi dell'Europa socialista e consentiva iniziative individuali là

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dove la coesione della Comunità sembrava incrinarsi. Una ragione in più per i tedeschi dell'Est per tenere sotto stretto controllo le informazioni che provenivano dall' interno della Comunità. Il progetto di riforma istituzionale contenuto nel rapporto Tindemans appariva altrettanto incerto : era in dubbio, in effetti, se esso potesse colmare le divergenze di fondo fra la prospettiva federalista, sostenuta soprattutto dall' Italia, e il metodo intergovernativo, al quale restavano ancorate Parigi, Bonn e Londra3• Quella che nella storia dell' integrazione europea è stata continuativamente una dialettica interna alla CEE, all'origine tanto delle cri­ si, quanto dei processi di riforma strutturali della Comunità, veniva interpre­ tata come un conflitto irrimediabile fra gli interessi delle potenze regionali e il modello teorico di unione politica ed economica auspicato dai paesi medi e piccoli.

4· 1 lnternazionalizzazione e integrazione mancate a Est Seguendo una tendenza tracciata dal governo sovietico, e motivati da esi­ genze sempre più stringenti di politica interna, a partire dal 1 970-71 la RDT e gli altri paesi socialisti europei, ciascuno con una propria strategia e con l'eccezione della Romania, avviarono una revisione della programmazione economica orientata a "pacificare" le tensioni sociali e a recuperare legittima­ zione politica interna. Come ricorda André Steiner riportando alcuni passi delle conclusioni dell'ottavo congresso della SED, l'obiettivo centrale di que­ sto nuovo orientamento era l' innalzamento del livello culturale e materiale di vita delle popolazioni attraverso un incremento della capacità produttiva nei paesi socialisti, una maggiore efficienza e un'accelerazione del progresso tecnologico e scientifico. Nel 1 976, il programma della SED si poneva l'o­ biettivo chiaro di integrare politica economica e politica sociale (Einheit von Wirtschafts- und Sozialpolitik4), una formula che mirava in realtà a realizzare l'obiettivo strategico più importante: fugare la minaccia di un rovinoso de­ clino del consenso interno e dunque di una perdita di controllo e di potere5•

3· PAAA, MfAA, C 3S2S, Nota informativa e analisi del Rapporto Tindemans {senza data, probabilmente inizi I976), "Zum Tindemans Bericht [. .. } 'Europdische Gemeinschaft'[. . . } Eu­ ropdische Union. Zur Zielsetzung u. zu den Konzeptionen des Berichtes". 4· Cfr. a questo proposito: H. \Ventk.er, Aussenpolitik in engen Grenzen. Die DDR im internationalen System I949-I9S9, Oldenbourg Verlag, Miinchen 2007, p. 391. s. Steiner, The Plans that Fai/ed, cit., pp. 142-4; Dale, Between State Capitalism and Globalisation, cit., pp. 183 ss.

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IIS

Steiner ha analizzato il caso della RDT, tuttavia questo orientamento, co­ me osserva Werner Lippert, era diffuso anche negli altri paesi del blocco so­ vietico : negli anni Settanta la scarsità di beni di consumo cominciò ad agire come un tarlo che comprometteva il consenso interno. Le importazioni di questi prodotti e di tecnologia dai paesi occidentali diventavano sempre più importanti, sia per facilitare la ristrutturazione e la modernizzazione delle industrie nazionali, sia per ricucire il rapporto fra la popolazione, il governo e lo stesso metodo della programmazione economica centralizzata. Questo processo conteneva senz'altro una contraddizione di fondo; citando ancora Lippert: It certainly was a tightrope act to balance increasing imports from the West while at the same time maintaining public faith in public economie s. This balance implied a continued emphasis on détente internationally while tighdy controlling dissent domesticallt.

Ciononostante, lo stesso processo ispirò il riavvicinamento fra le economie del Comecon e la CEE e fu una prima, essenziale ragione per la quale i paesi della Comunità divennero gradualmente il loro interlocutore principale. Una seconda ragione fu la mancata trasformazione del Comecon in un'organizzazione economica integrata e capace di inserirsi in maniera competitiva nel mercato globale. Gareth Dale descrive con cura un aspetto straordinariamente interessante della storia economica della Guerra fredda: il dilemma fra l' internazionalizzazione del commercio e la vocazione autar­ chica dei governi che facevano parte del Consiglio di mutua assistenza eco­ nomica e l'acceso dibattito storiografìco su questo tema7• Nel dopoguerra, l'espansione internazionale del commercio aveva agito da stimolo al progres­ so tecnologico dei paesi capitalisti, e allo stesso tempo aveva mutato gli orien­ tamenti e le destinazioni degli investimenti favorendo, tra l'altro, lo sviluppo delle compagnie multinazionali. L'attività di queste e le iniziative commer­ ciali e finanziarie transnazionali in generale avevano ampliato e accelerato il trasferimento di tecnologie e il flusso di informazioni. Come ha osservato Dale : La compagnia multinazionale (MNC) cominciò ad emergere come la forma premi­ nente di impresa, capace di stabilire nuovi standard nei costi, nell'efficienza e nel po­ tere di mercato e capace di ottenere vantaggi cruciali sulle rivali limitate al territorio

6. W. Lippert, Economie Diplomacy and East-West Trade during the Era of Détente: Strategy or Obstaclefor the West?, in Nuti (ed. ) , The Crisis ofDétente in Europe, ci t., pp. 192-3. 7· Cfr. a questo proposito Dale, Between State Capitalism and Globalisation, cit.

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nazionale. Massimizzando il mercato geografico, le compagnie che commerciavano all'estero si trovarono in grado di trarre vantaggi dalle economie di scala grazie a una richiesta di prodotti più ampia e ad una maggiore specializzazione e standar­ dizzazione, vantaggi che erano particolarmente importanti nei settori high-tech con costi di sviluppo alti [ ... ]. Operare attraverso i confini diede la capacità alle MNC di attingere a risorse maggiori anche dei monopoli nazionali e di concentrare attività specifiche nella catena di valore in si ti con il maggiore vantaggio percepito per paese [ ... ]. L'organizzazione transnazionale poteva ridurre la vulnerabilità ai cicli econo­ mici e poteva facilitare l'accesso rapido a nuovi mercati e l' immersione delle barriere tariffarie. Permetteva di collocare la produzione più vicina ai mercati e consentiva un più ampio margine di manovra nelle aree di integrazione orizzontale e verticale, permettendo un maggiore controllo sulla produzione, il prezzo e i mercati8•

Per quanto lontane fossero le economie socialiste da questa realtà, anni prima che la distensione internazionale rendesse permeabili le frontiere commer­ ciali, nel blocco socialista non erano mancati tentativi di rafforzare l ' integra­ zione del Comecon. La dirigenza di Ulbricht in particolare, nonostante un clima interno non sempre favorevole, provò a dare un nuovo orientamento alla politica economica della DDR tenendo conto dei mutamenti del com­ mercio internazionale, a incrementare il ruolo di quel paese all' interno del Comecon e a espandere la cooperazione economica e scientifica fra i paesi dell'Europa socialista. L'obiettivo più ampio era superare i limiti, in un certo senso strutturali delle economie di tipo sovietico, che ostacolavano la loro espansione sul mercato mondiale, e realizzare l' "internazionalizzazione so­ cialista", ovvero l'evoluzione del Comecon in un sistema integrato nel quale a una pianificazione comune e a una ripartizione coordinata del lavoro e delle risorse fra i paesi membri corrispondesse anche una migliore condivisione del know-how e degli investimenti nella ricerca9• In questa combinazione, l'elemento che rimase più debole e che fu deter­ minante nel fallimento dei progetti di internazionalizzazione e integrazione della DDR fu la mancanza di uno sviluppo tecnologico all 'avanguardia con le richieste del mercato internazionale, accanto alla debolezza strutturale di un paese importatore netto di risorse energetiche e condizionato da una pres­ sione sociale che non trovava vie di sbocco istituzionali. Alcuni esponenti della SED si spinsero fino a promuovere una riorga­ nizzazione del Comecon tale da favorire i rapporti contrattuali diretti fra le imprese del Consiglio e l'armonizzazione dei prezzi interni a quelli del mercato mondiale10• Il governo della DDR conosceva, dunque, i limiti delle 8. lvi, pp. 163-4. lvi, pp. 164-6. 10. lvi, p. 166, nota 13.



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economie di tipo sovietico rispetto alle trasformazioni del mercato mondiale almeno sin dagli anni Sessanta, e Ulbricht in particolare temeva gli effetti negativi, anche sul piano politico, dell' isolamento commerciale della Ger­ mania democratica e dei suoi alleati. Il problema dell' integrazione fra le economie socialiste europee si scon­ trava con la tendenza diffusa dei rispettivi governi a rifugiarsi in una forma di autarchia nazionale. Si trattava di due strategie di crescita incompatibi­ li. Dale cita Harriet Friedman fra gli storici che tendono a considerare la vittoria del nazionalismo e dell'autarchia come inevitabili per i governi del Comecon, che soffrivano di un' incapacità strutturale, e forse anche di una riluttanza ideologica, ad aprirsi a forme di integrazione economica", ma la questione, come problema storico, rimane controversa. Lo stesso Dale ri­ tiene, invece, che la vera contrapposizione non fosse di natura teorica, ma politica e che riguardasse il dilemma fra l' integrazione con le altre economie dell'Est europeo e l' inserimento nel mercato mondiale12• Questa interpreta­ zione è sicuramente calzante per la DDR, che fu a lungo tentata dalle diver­ se possibili formule di integrazione economica e dai loro potenziali effetti benefici in ambito politico, sia nei rapporti con i paesi del Comecon, sia in quelli con i governi occidentali.

4· 2 « Siamo tutti, in un modo o n eli ' altro, legati al mercato capitalista » L' improvvisa minaccia alla sicurezza energetica dei paesi dell' Europa occi­ dentale dopo la crisi mediorientale del I 9 7 3 offrì all' Unione Sovietica un'op­ portunità unica di sviluppare una relazione "privilegiata" con questi Stati. Questa relazione si sarebbe trasformata nei due decenni successivi in un rapporto di mutua dipendenza con ampi vantaggi per l'economia sovietica e con profonde implicazioni sui rapporti fra l' Unione Europea e la Russia che arrivano fino ai giorni nostri. Citando ancora Lippert, si trattava del « dilemma dell'Europa occidentale in quanto importatore netto di combu­ stibili fossili » 13• Bisogna considerare che l' Italia prima del primo shock pe11. D. Friedman, Jfarsaw Pact Socialism: Détente and the Disintegration ofthe Soviet Bloc, in A. Hunter (ed.), Rethinking the Co/d �far, Tempie University Press, Philadelphia 1998, pp. 213-32, citato da Dale in Between State Capitalism and Globalisation, cit., p. 168. 12. Dale, Between State Capitalism and Globalisation, cit., p. 169. 13. Lippert, Economie Diplomacy and East-West Trade during the Era ofDétente, cit., p. 196.

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trolifero si riforniva dal Mediterraneo orientale per una quota pari al 23-25% del fabbisogno nazionale ; il 35% proveniva dall'Africa del Nord, dalla Libia, dall'Algeria e dall'Egitto. L' Italia riceveva dunque dai paesi del Mediterra­ neo complessivamente il s 8 -6o% delle risorse energetiche. I dati relativi alla dipendenza degli altri paesi altamente industrializzati dell'Europa occiden­ tale sono altrettanto interessanti: la RFT dipendeva dalla Libia per quasi il 40%, l' Inghilterra per il 25%, la Francia importava il so % del petrolio, com­ plessivamente, dal Mediterraneo14, Di fatto, nel I 97 0 le esportazioni di risorse energetiche sovietiche am­ montavano a meno di un quinto delle esportazioni complessive, mentre nel I 9 8 o le vendite di prodotti energetici sovietici ammontavano a circa due terzi delle esportazioni totali15, Mentre l' Unione Sovietica cresceva nel suo nuovo ruolo di partner com­ merciale dell'Europa occidentale, tuttavia, anche l'equilibrio interno del Comecon veniva ridefinito ed emergevano differenze e disomogeneità. In particolare, cresceva il divario fra l' Unione Sovietica e i propri alleati che in generale - e la DDR in particolare - da un canto aspiravano a un incremento del volume degli scambi con l'Europa capitalistica, dall'altro però non pos­ sedevano la risorsa naturale, scientifica e/ o tecnologica indispensabile per affermarsi nel mercato occidentale16• Il tema della competitività delle econo­ mie di tipo sovietico nel mercato mondiale, come si è detto, non era nuovo. La politica economica della DDR nel corso degli anni Sessanta si era basata principalmente su una strategia di rilancio dell' industria nazionale, i cui pro­ dotti erano destinati sia al consumo interno nella Germania Est, sia al merca­ to del Comecon. L' importazione di materie prime sovietiche, in particolare del petrolio, a prezzi competitivi rispetto al mercato mondiale, l' impiego di manodopera specializzata, anche in questo caso a prezzi concorrenziali, e l'uso di tecnologie sviluppate nella DDR o attraverso la collaborazione con altri paesi socialisti, oppure addirittura importate dai paesi occidentali, erano gli strumenti fondamentali di questa strategia17• Ciononostante, le esporta­ zioni verso i paesi occidentali restavano scarsamente concorrenziali, poiché la DDR, nonostante fosse il paese più sviluppato sul piano industriale del Comecon, non sviluppò alcuna tecnologia che potesse affermarsi come in­ novativa nel mercato occidentale. 14. ACS, Archivio Aldo Moro, B. 134, Appunto, Oggetto : "Situazione petrolifera inter­ nazionale. L ' accordo di Teheran per il greggio del Golfo persico ed i negoziati di tripoli per il greggio del Mediterraneo. Le prospettive future': senza data, probabilmente aprile 1971. 15. Lippert, Economie Diplomacy and East-West Trade during the Era ofDétente, p. 198. 16. Steiner, The Plans that Failed, cit., pp. 141-2. 17. Dale, Between State Capitalism and Globalisation, cit., p. 166.

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Alla metà degli anni Settanta il divario fra Mosca e i propri alleati diven­ ne più evidente, a causa di una revisione del regime dei prezzi delle materie prime all' interno del Comecon a partire dal I 9 75· «La questione è, come e cosa dobbiamo perdere » , faceva notare Breznev alla riunione dei segretari dei partiti comunisti dei paesi socialisti a Budapest il I8 marzo I 9 7 S 1 8 • Il pro­ blema della difficoltà di conciliare le richieste dei paesi alleati con le necessità di carattere economico dell' Unione Sovietica fu centrale nell' intervento del segretario del PCUS. «L' Unione Sovietica deve prestare un grande aiuto [ ... ] . Possiamo girare e rigirare le cose come vogliamo, la Polonia e la DDR non possono ancora rifornirsi autonomamente di cereali » , proseguiva Breznev. «Dobbiamo fare attenzione a non stare sulle nuvole. Siamo tutti, in un mo­ do o nell'altro, legati al mercato capitalista » 19• Allo stesso tempo, tuttavia, il richiamo alla realtà di Breznev era accompagnato da un riferimento accorato alla necessità di mantenere l'accordo fra i governi alleati, nella consapevolez­ za che tutti stavano affrontando delle difficoltà momentanee: «Fra sei anni tutto sembrerà diverso» 20• Com'è noto, l' impatto del primo shock petrolifero sui paesi del Co­ mecon venne percepito con alcuni anni di ritardo. La crisi cominciò a farsi sentire soprattutto a partire da quel momento: fino al I 9 76 la RDT pagava il petrolio importato dall' Unione Sovietica circa il so% del prezzo praticato sul mercato mondiale, mentre nel I978 lo pagava l' 8 o%l1• Nonostante l'ot­ timismo ostentato da esponenti del mondo politico della DDR come Gerald Gotting, vicepresidente del Consiglio di Stato della DDR, figura di spicco della CDU tedesco-orientale, a capo della Delegazione della DDR che parte­ cipò alle celebrazioni per la nomina del nuovo papa, Giovanni Paolo n , il divario fra gli Stati del Comecon tendeva ad ampliarsi. In quella occasione Gotting, sollecitato da Andreotti a dare il suo parere sulla collaborazione economica fra gli Stati socialisti dell'Est europeo, riferì che tra i paesi del Comecon era stato concordato un regime di prezzi delle materie prime e di 18. BA, SAPMO, Bi.iro Axen, IV 2/2.035135· Niederschrift uber Ausfohrungen des Genos­ sen Breshnev aufdem Trejfen der Fuhrer kommunistischer und Arbeiterparteien sozialistischer Ldnder in Budapest am IS. Mdrz I975· 19. Ibid. 20. Ibid. 21. Steiner, The Plans that Fai/ed, cit., p. 162. A questo proposito cfr. anche : BStU, Mfs, HA XVIII, Nr. 6428, us Department ofCommerce, Overseas Business Reports, German Demo­ cratic Republic Five-Year Pian Summary and Commercia!Analysis, September 1977. Secondo un ' analisi del dipartimento al Commercio degli Stati Uniti del settembre 1977 il commercio della Germania Est cominciò a soffrire l' impatto del mutamento nella struttura dei prezzi a livello internazionale solo alla fine del 1973, una sofferenza che prese forma in una riduzione della domanda di prodotti della Germania Est da parte dell ' Europa occidentale.

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prezzi dei prodotti industriali stabile nel quadro del piano quinquennale. La collaborazione all' interno del Consiglio di mutua assistenza economica, proseguiva Gotting, assicurava alla DDR e agli altri paesi membri grandi van­ taggi economici e la garanzia di uno « sviluppo dinamico e sicuro» , nono­ stante ammettesse che l' instabilità dei prezzi diffusa nei mercati occidentali avesse avuto anche alcuni effetti negativi sull'economia della DDR2.2.. Gli Stati del Comecon, in realtà, si indebolirono progressivamente ri­ spetto ali ' Unione Sovietica e attraversarono una crisi di competitività inter­ na al blocco e internazionale. Nel corso degli anni Sessanta «l' interscambio CEE-URSS andò [ .. . ] crescendo, sospinto dal circolo virtuoso tra la crescita dell' industria dei Paesi europei e la loro rafforzata esigenza di materie pri­ me e nuovi mercati, e mal si conciliò con i tentativi sovietici di subordinare le politiche dei propri satelliti agli interessi di campo» 2.3• La crisi petrolife­ ra destabilizzò anche la coesione politica ed economica del Comecon, già compromessa dalle resistenze diffuse all' interno del blocco socialista verso l' integrazione economica e dal predominio della pianificazione nazionale. L' Unione Sovietica, dal canto suo, trovò uno sbocco commerciale con i paesi dell'Europa occidentale che non solo escludeva gli alleati, ma altresì li svan­ taggiava. Questo discorso vale in particolare per la DDR, che era importatrice netta di petrolio e di altre materie prime e che secondo alcuni autori sin dagli anni di Ulbricht e del Nuovo sistema economico dovette fare i conti con la posizione intransigente del governo sovietico, determinato a mantenere chiari i rapporti di forza fra Mosca e l'alleato minore e a servirsi delle forni­ ture energetiche per assicurarsi la supremazia - economica e politica - sulla Germania Est2.4• È in questo contesto di relazioni interne al Comecon che vanno inter­ pretati sia, in senso ampio, la Westpolitik di Honecker, sia in particolare il dinamismo crescente del governo tedesco orientale verso l' Italia dopo il ri­ conoscimento, sia, infine, la frustrazione espressa in diverse occasioni dai dirigenti della SED e dai rappresentanti del governo per l'inaspettata apatia che, a tratti, caratterizzava i rapporti con il mondo degli affari italiano. 22. PAAA, MfAA, c 3541, Vennerk uber ein Gesprdch des Stellv. Vorsitzenden des Staatrates der DDR, Gera/d Gotting, Leiter der Staatsdelegation der DDR zu den Feierlichkeiten anldsslich der Amtseinfohrung des neuen Papstes, mit dem italienischen Ministerprdsidenten Giulio An­ dreotti am I. September I97S in dessen Amtssitz. 23. S. Tavani, Alle origini dell'Ostpolitik italiana: l'evoluzione della politica orientale dell1talia negli anni del ''centrosinistra organico" di Aldo Moro, in R. Moro, D. Mezzana ( a cura di ) , Una vita, un paese. Aldo Moro e l'Italia del Novecento, Rubbettino, Soveria Mannelli 2014, p. 475· 24. Sul dibattito storiografìco relativo a questo problema cfr. : Dale, Between State Ca­ pitalism and Globalisation, cit., p. 175.

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4 ·3 Un' Europa sempre più europea ? Un'altra ragione importante che spiega il cambiamento nei rapporti fra i pa­ esi della Comunità Europea e gli Stati socialisti dell'Europa orientale riguar­ da le relazioni transatlantiche. Il sistema di rapporti commerciali creatosi fra la RFT, la Francia, l' Italia, la Gran Bretagna e gli Stati dell'Europa socialista contribuì ad ampliare le divergenze interne all'Alleanza atlantica. Spiega Werner Lippert: « tre amministrazioni consecutive rimasero cieche di fronte al conflitto fra interessi strutturali fra gli USA e l' Europa occidentale »l5• Le carte del ministero per la Sicurezza e del ministero degli Esteri della ex DDR fanno riferimento ripetutamente a questo divario. Nelle analisi che riguar­ davano il rilancio del! ' integrazione europea alla metà degli anni Settanta e il Rapporto Tindemans si osservava che un obiettivo fondamentale dei paesi della CEE era rafforzare la cooperazione economica per affrontare la rivalità con gli Stati Uniti: lo stesso Rapporto esprimeva la necessità di incoraggia­ re una maggiore indipendenza dell'Europa dell 'Ovest dagli USAl6• Anche l' integrazione politica, al centro del dibattito europeo alla metà degli anni Settanta, secondo la DDR era orientata principalmente a ridefinire le relazio­ ni con gli USA sulla base di una sorta di partenariatol7• Allo stesso tempo, gli Stati Uniti incoraggiavano l' integrazione politica della Comunità in manie­ ra funzionale alla NATO, con lo scopo di elevare lo status internazionale dei loro alleati o di favorirne le decisioni. Sempre seguendo il filo delle carte del MfAA, la Repubblica federale traeva vantaggio dalla relativa stabilità econo­ mica per assumere una sorta di ruolo di mediazione fra gli interessi americani e quelli dei governi della CEEl8• Nella documentazione riguardante l' Italia è frequente il richiamo agli interessi confliggenti del governo italiano che si opponeva all'uso del boi­ cottaggio economico come strumento di pressione politica, sia mantenen­ do un atteggiamento conciliante a livello ufficiale, sia lasciando trapelare ali' interno della rete informativa della Germania Est ( che condizionava a livello capillare anche la divulgazione delle informazioni ali ' interno del Comecon ) l' interesse italiano per una normalizzazione delle relazioni eco25. Lippert, Economie Diplomacy and East-West Trade during the Era ofDétente, p. 193. 26. PAAA, MfAA, C 3525, Resoconto sul contenuto del rapporto Tindemans, ''Zum Tinde­ mans-Bericht [. .. } Zur Zielsetzung u. zu den Konzeptionen des Berichtes", senza data (inizi 1976). 2 7· PAAA, MfAA, C 3525, Entwurf Einschiitzung der Perspektive zur Schaffung einer ''Eu­ ropiiischen Union" in Westeuropa und Schlussfolgerungenfor unsere Haltung, 2I.4.I976. 28. Ibid.

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nomiche e commerciali con i paesi socialisti come complemento essenziale della distensione internazionale. In una nota dell 'ottobre I 9 7 8 il Mfs ripor­ tava come un evento significativo l'opposizione di una parte del mondo politico e degli affari italiano al veto del presidente Carter sulla vendita di computer all'agenzia sovietica TASS. Il fatto che gli italiani contestassero le direttive di Washington in questo ambito lasciava intendere che essi voles­ sero mantenere una certa indipendenza nella politica economica verso gli Stati socialisti: Questa misura [il veto di Carter] e la relativa pressione esercitata sugli stati occiden­ tali sarebbero espressione degli sforzi compiuti dagli USA per estendere il loro pre­ dominio in ambito politico e militare anche all'economia. Gli stati occidentali non dovrebbero, nelle attuali condizioni, cedere alla pressione degli USA, altrimenti le questioni riguardanti le relazioni economiche fra i singoli stati occidentali e gli stati socialisti potrebbero diventare sempre più una decisione degli USA. L' Italia respinge l'utilizzo del boicottaggio economico come strumento di pressione politico contro gli stati socialisti. Secondo il punto di vista diffuso fra le cerchie governative ed eco­ nomiche italiane, le relazioni commerciali con gli stati socialisti devono svilupparsi sulla base della distensione politica, del vantaggio reciproco e della problematica reale che riguarda il finanziamento delle esportazioni di prodotti industriali29•

Considerazioni simili erano state fatte l'anno precedente proprio in occasio­ ne dell'intesa fra la Danieli e il governo della DDR: Il contratto sulla fornitura e la costruzione di un impianto siderurgico nel Brande­ burgo da parte di un' impresa italiana viene considerato come un passo importante per liberarsi dal dominio e dall' influenza dei gruppi industriali della RFT e degli USA�0•

Un argomento analogo veniva utilizzato per la RFT, le cui priorità si concen­ travano, secondo la prospettiva della DDR, sul rafforzamento del suo ruolo di leadership regionale, sullo sviluppo del commercio con l' Unione Sovietica e sugli investimenti in Europa centro-orientale, spesso in contrasto con la pretesa degli Stati Uniti di dettare le regole dei rapporti fra l'Europa occi­ dentale e l' Unione Sovietica. Con motivazioni ancora differenti, anche la Francia seguiva la stessa tendenza, mentre gli Stati minori della Comunità Europea appoggiavano con forza una riforma della CEE che ne rafforzasse il 29. Bstu, Mfs, HVA, Nr. 85, Wirtschaftspolitische Informationsubersicht Nr. g/7S, 6. Ok­ tober If)7S. 30. BStU, Mfs, HA XVIII, 21426, Information Nr. 3 6/77: Aktion "Trejfpunkt 77 '; Leipzig den IJ. Mdrz I!J71·

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peso internazionale e la capacità decisionale, anche in questo caso, nella pro­ spettiva est-europea, per controbilanciare le pressioni statunitensi. In altre parole, ciò che emerge dai documenti tedesco-orientali è che sin dalla metà degli anni Settanta l'Europa occidentale aspirava chiaramente a una maggio­ re indipendenza rispetto agli Stati Uniti, a un rafforzamento delle istituzioni europee e a ridefinire i rapporti economici con i paesi socialisti in un'ottica meramente regionale. La questione del boicottaggio economico verso il Comecon divenne ancora più urgente all' indomani della crisi polacca. Di fronte al disagio crescente manifestato dal governo americano per l'atteggiamento reticente degli alleati europei, il ministero per la Sicurezza della DDR riportava insi­ stentemente i dettagli sulle divergenze interne alla NATO : persistono come in passato anche interessi diversi fra gli Stati Uniti e l' Italia, in particolare nel settore delle sanzioni economiche contro gli stati socialisti. L' Italia perciò si oppone spesso agli interessi degli USA. Allo stesso tempo, è visibile che in Italia esistono forze influenti che mettono in dubbio per principio il valore politico ed economico delle sanzioni contro l' uRSS e contro gli altri stati socialistP1•

Dietro la retorica della Wirtschaftskrieg degli Stati Uniti contro gli Stati so­ cialisti, rispetto alla quale l'Europa occidentale aveva una posizione invece "moderata", prendeva forma un argomento essenziale per quei governi: la possibilità di agire in maniera concreta non solo per dividere i paesi della NATO ( argomento ideologico e strumento tattico tradizionale del blocco socialista) , ma soprattutto per ridefinire il rapporto con le medie potenze della CEE sulla base di una effettiva coesistenza competitiva che era in realtà un' "interdipendenza competitiva"32.. Analogamente, profonde divergenze venivano rilevate all' interno del CoCom ( Coordinating Committee) , rispetto al quale i paesi dell'Europa oc­ cidentale tendevano verso una posizione sempre più autonoma dagli Stati Uniti33• Secondo un'analisi del ministero per la Sicurezza del marzo I 9 8 3, 31. Mfs, HA II 35 672, Nota preparatoria alla visita di Craxi nella DDR, 9 e IO luglio I9S4, Einige landesspezifrsche und politisch-operative Hinweise im Zusammenhang mit der Einla­ dung des Generalsekretars des ZK der SED und Vorsitzenden des Staatsrates der DDR [ ]Erich Honecker, an den Ministerpriisidenten der Republik Italien, Bettino Craxi zu einem ojfìziellen Besuch vom g. -Io. ]uli I9S4 in die DDR, 27 giugno 1984. 32. Si intende qui interdipendenza in un'accezione ampia, non strettamente economica ma riferita al mutuo riconoscimento della necessità e della continuità dei rapporti bilaterali, che diedero vita a un nuovo equilibrio nel quale quei rapporti non vennero più rimessi in discussione. 33· BStU, Mfs, ZAIG, Nr. 6273. Leiterinformation uber den Stand derAuseinandersetzun­ gen zwischen den imperialistischen Hauptmachten uber die weitere Gestaltung der Ost-West...

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i paesi della Comunità Europea avrebbero accettato ulteriori restrizioni al commercio con i paesi socialisti in ragione di un ampliamento della fami­ gerata lista del CoCom solo se fosse stato provato che i nuovi prodotti di tecnologia eventualmente inclusi in quella lista avevano una chiara impli­ cazione militare : secondo il ministero per la Sicurezza, dunque, i governi della CEE condividevano un' interpretazione restrittiva delle competenze del Comitato. In definitiva, nel corso degli anni Settanta la Comunità Europea divenne una posta in gioco importante per i paesi socialisti. Le medie potenze occi­ dentali divennero, individualmente e come parte della CEE, un interlocutore imprescindibile e ben distinto dagli Stati Uniti. In alcune cerchie economiche fondamentali della Comunità Europea e del Giappone è dominante l' idea che una guerra economica contro i paesi sociali­ sti involontariamente rafforza i paesi socialisti e danneggia gli interessi strategici dell' Ovest. La pressione economica esercitata sui paesi socialisti per influenzare il loro processo interno può avere alcune chance di successo se esistono relazioni economiche ampie fra Est e Ovest, che agiscono come un fattore stabilizzante nell' insieme delle relazioni Est-Ovest, contribuiscono alla riduzione delle ten­ sioni e assicurano all ' Occidente mercati validi e approvvigionamenti di materie prime. [ ... ] Fino ad ora gli USA non sono riusciti a imporre alla NATO una cornice istituzionale per la definizione di una strategia commerciale collettiva verso l' Est. La proposta del Segretario di Stato Shultz di trasferire alla Commissione econo­ mica della NATO il ruolo di un organo di coordinamento non è stata approvata dai rappresentanti dell' Europa occidentale. I paesi della CEE desiderano evitare qualunque decisione vincolante della NATO che confligga con i loro interessi eco­ nomici�4.

Nella visione del ministero per la Sicurezza, ciascuno dei governi occidentali agiva anzitutto sulla base dei propri obiettivi commerciali e politici naziona­ li, e doveva poi conciliare questi con la politica di sicurezza comune adotta­ ta da questi stessi governi all' interno della NATO. Nelle relazioni fra questi diversi ordini di priorità, le potenze europee erano inclini a rifiutare ogni tentativo compiuto dagli Stati Uniti di spostare dal quadro europeo ( della CEE e della escE) a quello più ampio della NATO la regolamentazione delle relazioni economiche Est-Ovest e ad ampliare i propri gli spazi di manovra verso i governi del blocco socialista.

Wirtschaftsbeziehungen in Vorbereitung aufdas Wirtschaftsgipfeltrejfen vom 23. -J0.5.I!)33 in Williamsburg/usA, Ber/in, I5.J.I!)3J. 34· Ibid.

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4·4 L' Europa a due velocità e l ' Europa tedesca Allo stesso tempo, il governo di Berlino Est osservava i tentativi di rilancio dell ' integrazione europea che riguardavano sia le riforme istituzionali, sia l'ampliamento delle competenze della CEE, e registrava le reazioni diverse, a tratti incoerenti, dei governi e delle forze politiche europee occidentali. Nelle carte del MfAA, ampio spazio viene dedicato al Rapporto Tindemans, di cui sembrano chiari gli obiettivi fondamentali: offrire una risposta efficace e credibile alla crisi economica e finanziaria dell' Europa occidentale e della stessa Comunità Europea e promuovere l' integrazione politica. L'assunto in base al quale questa dovesse scaturire spontaneamente dall' integrazione eco­ nomica si era rivelato inadeguato: ecco perché, osservava il ministero degli Esteri, Tindemans poneva in primo piano proprio l' integrazione politica, in particolare la politica estera35• Un tema che attraversa i resoconti sul progetto Tindemans particolar­ mente interessante per le sue implicazioni politiche era l' inattuabilità di un' integrazione economica e monetaria uniforme : il Rapporto in effetti con­ fermava il fallimento del progetto per un'unione economica e monetaria en­ tro il I98 o36 e dimostrava che, a causa dello sviluppo sempre più diseguale fra i Nove, la CEE era portata a proporre una sorta di bipartizione (Zweiteilung) della Comunità37• In altre parole, il nuovo orientamento della Comunità la­ sciava intendere che i paesi con una situazione economica più disagiata sa­ rebbero rimasti indietro rispetto a quelli che avevano la possibilità di passare a un grado maggiore di integrazione. La suddivisione della CEE fra Stati più forti e Stati più deboli preoccupava il governo di Berlino Est, perchè avrebbe sicuramente innalzato la posizione della Repubblica federale, facendo crolla­ re ulteriormente quelle della Gran Bretagna e dell' Italia, soprattutto se il ser­ pente monetario ( RFT, Francia, paesi del Benelux e Danimarca, senza Gran Bretagna e Italia ) , nel quale il governo tedesco-occidentale aveva assunto un ruolo guida, fosse diventato il nucleo del primo gruppo38• Il grado di sviluppo dei paesi della CEE era di per sé diseguale, la crisi ampliava il divario fra le ri3S· PAAA, MfAA, C 3525, Resoconto sul contenuto del Rapporto Tindemans, "Zum Tinde­ mans-Bericht uber die Europiiische Union" {Quelle: HA Grundsatzfragen und Planung), senza data. 36. Ibid. 37· Cfr. a questo proposito: ibid. ; PAAA, MfAA, C 3525, Resoconto sul contenuto del rap­ porto Tindemans, "Zum Tindemans-Bericht [. . . ] Zur Zielsetzung u. zu den Konzeptionen des Berichtes", cit. 38. PAAA, MfAA, C 3525, Resoconto sul contenuto del rapporto Tindemans, "Zum Tinde­ mans-Bericht [. .. ] Zur Zielsetzung u. zu den Konzeptionen des Berichtes", cit.

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spettive economie e ciascuno di quei paesi faceva i conti con contraddizioni e contrapposizioni sociali di natura e peso diversi. Tutto questo incideva sulla capacità dei governi occidentali di portare avanti il processo di riforma della CEE e di farle superare la fase di stagnazione che stava attraversando39• Questo punto è particolarmente rilevante. Nella prospettiva della DDR, la bipartizione dell' Europa occidentale da un canto era negativa perché avrebbe favorito la crescita della RFT nella regione, dall'altro però avrebbe contribuito ad allontanare l ' Italia dal gruppo dei paesi più sviluppati, il che avrebbe potuto avvicinarla ulteriormente ai paesi socialisti. Se il Rapporto Tindemans avesse effettivamente influenzato gli sviluppi della CEE e se l ' I­ talia era destinata a diventare uno di quei paesi soggetti all'Europa, come si sarebbe detto più tardi, "a due velocità", la DDR avrebbe potuto offrirle un diverso ancoraggio internazionale rispetto a quello tradizionale basato sul rapporto con la CEE da un lato e su quello con gli Stati Uniti dall'altro. In modi diversi, anche altri governi socialisti lasciavano intendere che il rapporto con la CEE non fosse sempre conveniente per l ' Italia e che a esso fos­ se preferibile una politica commerciale più ampia, più libera e orientata verso Est. Nel novembre del 1 9 7 5 il presidente del Consiglio ungherese Gyorgy Lazar durante una visita in Italia fece notare significativamente che era inac­ cettabile che il commercio estero fra gli Stati socialisti e i paesi membri della CEE venisse regolamentato dalla Commissione europea e che sarebbe stato più vantaggioso per tutti riportarlo su base bilaterale. L' Italia in particolare, secondo il Primo ministro ungherese, era "vittima" della CEE perché costretta dalla Politica agricola comune ad acquistare i prodotti francesi, invece che importare liberamente da altri paesi, come l ' Ungheria, a prezzi molto più convenienti40• Nonostante il moltiplicarsi di affermazioni di questo tenore negli incontri bilaterali, l 'attenzione dei paesi del Comecon per la politica comunitaria era indubbiamente profonda e contribuì a una trasformazione delle relazioni economiche in Europa. Solo nel 1 9 8 5, sulla scia della transi­ zione politica in Unione Sovietica e come evoluzione di quasi un ventennio di scambi commerciali fra i paesi della CEE e gli Stati socialisti del Comecon, «per la prima volta è stato proposto da parte della leadership sovietica, nella misura in cui i paesi della CEE si presentano come "un'unità politica", di cer­ care anche una lingua comune su problemi internazionali concreti » 41• 39· PAAA, MfAA, C 3525, Entwurf Einschatzung der Perspektive zur Schaffung einer "Europaischen Union" in Westeuropa und Schlussfolgerungenfor unsere Haltung, ci t. 40. PAAA, MfAA, C 3521, Analisi non firmata, non datata riguardante i rapporti Italia­ Ungheria e la visita di Gyorgy Lazar in Italia, 11-14 novembre 1975, Aujènthalt des Ungari­ schen Ministerpriisidenten Gyorgy Ldzdr vom II. -I4.II.I!)75 in Italien. 41. Mfs, HA n 35672, MjAA Information Nr. II/VI, Besuch Craxis in der udssR, 4 giugno 19 85.

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Ma quanto era rilevante per gli italiani l'obiettivo dell' Unione Europea ? Per il MfAA, che commentava la visita di Tindemans in Italia nell'ottobre del I975 e le consultazioni del Primo ministro belga con esponenti del mondo politico, dell'industria e della finanza italiani, alle intenzioni positive espres­ se dal governo italiano si contrapponeva un pessimismo diffuso sulle possi­ bilità concrete di raggiungere questo obiettivo. In Europa non mancavano dubbi e scetticismo, che lasciavano intendere un percorso difficile anche per il Rapporto Tindemans, come per altri progetti di integrazione politica for­ mulati in passato. Le prime reazioni in Danimarca, in Olanda, in Francia e sulla stampa britannica avevano rivelato riserve importanti sul contenuto del progetto che riguardavano sia l 'ulteriore cessione di sovranità nazionale, che preoccupava soprattutto i francesi, sia il chiaro riferimento alle questioni mi­ litari e di difesa, che lasciava perplessi danesi e britannici in particolare42• Dal punto di vista tedesco-orientale, inoltre, il fatto che la CEE in prospettiva si occupasse di questioni militari non avrebbe indebolito la NATO, al contrario l'avrebbe rafforzata : la prospettiva di una politica di difesa comune metteva a rischio la distensione in Europa, invece che incoraggiarla 43• Nella Repubblica federale tedesca, invece, il Rapporto aveva trovato approvazione unanime da parte di tutti i partiti del Bundestag44• In Italia, il presidente Leone, notava il ministero degli Esteri della DDR, aveva ripetuto a Tindemans quanto già af­ fermato in un' intervista al "Corriere della Sera" del 28 agosto I975, e cioè che l' Unione Europea era un obiettivo auspicabile, ma che richiedeva maggiore impegno e soprattutto imponeva a tutti i paesi della CEE di evitare tentativi egemonici all' interno della Comunità. All ' Italia premeva soprattutto un trattamento paritario di tutti gli Stati della CEE45• Durante i colloqui con Tindemans, Moro aveva fatto riferimen­ to all' Unione Europea come a un obiettivo imprescindibile, e aveva ricorda­ to che l' Italia era favorevole sia all'elezione diretta del Parlamento europeo, sia alla trasformazione del PE in un' istituzione con due camere - una a ele­ zione diretta e a suffragio universale, l'altra nominata dagli Stati -, sia infine all'ampliamento dei poteri del Parlamento e della Commissione. La politi42. PAAA, MfAA, C 3525, Resoconto sul contenuto del Rapporto Tindemans, '2um Tinde­ mans-Bericht uber die Europdische Union" {Quelle: HA Grundsatzfragen und Planung), cit. 43· PAAA, MfAA, C 3525, Resoconto sul contenuto del rapporto Tindemans, "Zum Tinde­ mans-Bericht [. .. ] Zur Zielsetzung u. zu den Konzeptionen des Berichtes", cit. 44· PAAA, MfAA, C 3525, Resoconto sul contenuto del Rapporto Tindemans, "Zum Tinde­ mans-Bericht uber die Europdische Union" {Quelle: HA Grundsatzfragen und Planung), cit. 4S· PAAA, MfAA, C 3525, Botschaft der DDR in Italien, [. . ], Zum Ergebnis der Konsulta­ tionen des belgischen Ministerprdsidenten Tindemann mitfohrenden italienischen Politikern zur Vorbereitung seines "Berichts uber die Europdische Union" an die EWG-Gipfel-konferenz, Dezember 1975, Rom, 19.10.1975. .

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ca agricola, il coordinamento nell'ambito dell'energia e la politica sociale, infine, erano i temi principali affrontati dal governo italiano in vista della divulgazione del Rapporto. La nota del MfAA riflette una visione realistica della posizione dell ' Ita­ lia sul documento redatto da Tindemans e chiarisce le interpretazioni dei singoli partiti politici: quella della DC, proiettata verso la creazione di un partito cristiano-democratico europeo; quella del PCI, sempre più incline verso un coordinamento dei partiti comunisti europei e impegnato a defini­ re una propria visione della CEE; quella del PSI, favorevole a un parlamento bicamerale; quella del PSDI, di appoggio pieno alla creazione dell' Unione Europea; quella del Partito liberale, che raccomandava di tenere l'Europa ancorata agli Stati Uniti; quella, infine, dei sindacati, che nonostante rico­ noscessero il valore del progetto Tindemans, erano dubbiosi sulle possibilità di successo di quell' iniziativa nel contesto della crisi economica, chiedevano una più ampia rappresentanza nel Comitato economico e sociale della CEE, un migliore coordinamento dei diversi fondi di investimento della CEE con la Banca europea per gli investimenti e una maggiore collaborazione fra le banche centrali nazionali46• La nuova prospettiva europea del PCI, e il fatto che Tindemans promuovesse il suo progetto anche attraverso colloqui con i vertici di quel partito è, probabilmente, l'aspetto più interessante ai fini di questa analisi, sul quale torneremo nel prossimo capitolo. A Berlino Est l'iniziativa del leader belga veniva interpretata come un passo importante. I resoconti che la riguardavano erano dettagliati e puntua­ li, non solo nel descriverne gli obiettivi e le difficoltà, nel tracciare le differen­ ze fra le prospettive dei singoli paesi e le opportunità di successo, ma anche nell'analisi più ampia delle trasformazioni che la CEE stava attraversando. Così se da un canto si fa ampio riferimento alle riforme istituzionali a favore di un Parlamento più democratico e di una Commissione con poteri più for­ ti, dall'altro si sottolinea anche che, ponendo al centro del processo decisio­ nale il Consiglio europeo, il Rapporto rischiava di limitare invece che spro­ nare l' integrazione sovranazionale della Comunità. Il principale elemento trainante della CEE, osserva il resoconto del MfAA sugli aspetti concettuali del piano Tindemans, non diventerebbe un' istituzione sovranazionale, ben­ sì un organo di cooperazione intergovernativa47• Ma il progetto belga rifletteva anche obiettivi più vasti e di lungo pe46. PAAA, MfAA, C 3525, Botschaft der DDR in Italien, [. .. }, Zum Ergebnis der Konsulta­ tionen des belgischen Ministerprdsidenten Tindemann mitfohrenden italienischen Politikern zur Vorbereitung seines '13erichts uber die Europaische Union" an die EWG-Gipjèl-konjèrenz, cit. 47· PAAA, MfAA, C 3525, Resoconto sul contenuto del rapporto Tindemans, "Zum Tinde­ mans-Bericht [... ] Zur Zielsetzung u. zu den Konzeptionen des Berichtes", cit.

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riodo : uscire dalla crisi economica, rilegittimare la CEE in ambito interna­ zionale e dotarla di una politica estera comune, migliorare la capacità di at­ trazione della Comunità e i suoi processi decisionali interni, fare in modo che essa stessa partecipasse al mantenimento dell'ordine sociale basato sul capitalismo e contribuisse a ridurre le tensioni sociali diffuse nei singoli paesi dell 'Europa occidentale, porre le basi dell' "Unione Europea", che avrebbe accentrato il coordinamento della politica estera, interna, sociale, economica e di sicurezza48• Colorita da una buona dose di retorica anti-imperialista, ma non priva di fondamento, una nota del MfAA dell 'aprile del I97649 metteva in eviden­ za che la realizzazione degli obiettivi della CEE sarebbe stata fortemente in­ fluenzata dall' inasprirsi delle contraddizioni interne alla Comunità e dalle tendenze nazionaliste dei singoli governi. Nonostante gli obiettivi comuni, gli Stati della CEE, in effetti, dovevano fare i conti con priorità immediate diverse, oppure coltivavano obiettivi nazionali paralleli a quelli dell' integra­ zione europea. L' Europa occidentale si presentava divisa fra i paesi che erano stati col­ piti meno duramente dalla crisi economica - la RFT, il Belgio e l'Olanda - e quelli che, invece, ne erano stati investiti - l' Italia, la Gran Bretagna e la Francia. L' integrazione economica e monetaria per gradi, suggerita dal Rap­ porto Tindemans, corrispondeva ampiamente alle concezioni del governo di Bonn, che sollevavano invece i dubbi dell' Italia, della Danimarca e della Gran Bretagna. La Francia manteneva l'obiettivo prioritario del mercato unico, so­ prattutto nell'ambito della PAC. L' Italia e la Gran Bretagna incoraggiavano l' integrazione economica, in particolare nel campo delle politiche regionali, ma non escludevano ( soprattutto l' Italia ) la realizzazione dell'unione mone­ taria nell'ultima fase della formazione dell' Unione Europea. Fra queste visioni però mancava, dal punto di vista della DDR, un de­ nominatore comune50• In tema di riforme istituzionali, la RFT incoraggia­ va il rafforzamento delle istituzioni europee, soprattutto del Consiglio dei ministri e del Consiglio europeo, e in questo incontrava la posizione della Francia; la Gran Bretagna osteggiava l'ampliamento delle competenze della Commissione e del Parlamento europeo; i paesi più piccoli, a eccezione della Danimarca, invece si concentravano sulle istituzioni e sulle procedure sovra­ nazionali della Comunità, una prospettiva alla quale si era associata anche l' Irlanda, che promuoveva l'abolizione del veto in Consiglio dei ministri e 48. PAAA, MfAA, C 352s, Entwurj Einschatzungder Perspektive zur Schaffung einer "Eu­ ropaischen Union" in Westeuropa und Schlussfolgerungenfor unsere Haltung, cit. 49· lbid. so. Ibid.

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maggiori poteri per la Commissione. Queste riforme avrebbero consenti­ to in effetti ai paesi meno popolati e meno potenti di acquistare un ruolo maggiore nel processo decisionale della Comunità. L' Italia, infine, auspi­ cava un'accresciuta capacità di azione delle istituzioni europee, difendeva le prerogative della Commissione e del Parlamento e si dichiarava disposta ad ampie cessioni di sovranità51• Una rosa altrettanto ampia (e spinosa) di posizioni si presentava sui temi della politica estera comune. Quali che fossero i successi della pia­ nificazione nell'ambito della cooperazione politica, secondo il MfAA qui avrebbe prevalso un approccio pragmatico. I governi dell ' Europa occiden­ tale erano impegnati a dimostrare la loro autonomia dagli Stati Uniti e a estendere il raggio di azione della Comunità sulla scena internazionale, ma erano limitati da una contrapposizione di fondo sulla misura, il con­ tenuto e la direzione della collaborazione in politica estera e soprattutto sulla possibilità di rendere vincolanti le decisioni comuni in questo campo. Tale contrapposizione secondo la DDR era destinata a crescere perché la sovranità nazionale sarebbe stata rimessa in discussione in maniera sempre più frequente. Alcuni governi, come quello francese, continuavano ad attribuire alle relazioni bilaterali con i paesi terzi un ' importanza maggiore rispetto alle relazioni esterne della CEE. La Gran Bretagna, è singolare osservarlo, ap­ pariva al MfAA in generale favorevole a sottomettersi agli impegni di una politica estera comune, anche se manteneva una prospettiva decisamen­ te intergovernativa. Il paese che, anche in questo campo, sembrava voler giocare la parte del leone era la Repubblica federale tedesca, anche se era altrettanto importante per Bonn, più che in passato, mantenere un ampio margine di autonomia nella definizione della sua politica estera52• L' Italia, infine, disponibile forse più degli altri all ' integrazione politica, sperava soprattutto di riequilibrare il potere della Germania Ovest e della Francia, di limitare la tendenza di questi paesi a dominare la politica europea e di prevenire la formazione di un direttorio all' interno della Comunità, come sembrava emergere dalla Conferenza di Rambouillet53• Al vertice sulla co­ operazione economica dei paesi industrializzati che riunì, oltre le potenze europee, gli Stati Uniti e il Giappone e che si tenne in Francia nel novembre del 19 75, l' Italia partecipò soprattutto su iniziativa del governo inglese e di quello statunitense che, dopo la scalata elettorale del PCI alle elezioni Ibid. Ibid. S3· Ibid. 51.

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regionali qualche mese prima, si preoccupavano di rafforzare la Demo­ crazia cristiana e i suoi alleati54• Nonostante il ruolo strategico dell ' Italia nella Comunità e nella NATO non era affatto scontato che questa potesse far parte di un concerto ristretto delle potenze europee; in effetti, la pro­ spettiva italiana sull' integrazione politica rimase sempre favorevole a un ampliamento delle istituzioni sovranazionali, che assicurava una diluizio­ ne dei poteri nazionali. Riguardo ai rapporti fra la CEE e i paesi socialisti, il governo tedesco­ orientale lamentava la mancanza, nel Rapporto Tindemans, di un riferimen­ to chiaro alle relazioni con il Comecon e alla politica di distensione dopo Helsinki55• Ciò non significava, tuttavia, che l'apertura a Est e l' integrazione politica della CEE fossero slegate. Agli Stati socialisti si chiedeva il riconosci­ mento della CEE come soggetto unico e indipendente, un'aspettativa che in quel momento essi erano restii a soddisfare ; allo stesso tempo, il MfAA indivi­ duava nella politica di "differenziazione" (Diffirenzierungspolitik) della CEE, basata su rapporti bilaterali e diversificati con i singoli governi socialisti, il principio fondamentale sul quale si basava la politica orientale della CEE, che restava immutato a prescindere dagli sviluppi dell' integrazione politica e che mirava soprattutto, nella prospettiva di Berlino Est, a disperdere la coesione del Comecon56• In realtà nella proposta Tindemans il governo tedesco-orientale ritro­ vava obiettivi competitivi rispetto al blocco socialista: l' Unione Europea così come veniva immaginata si contrapponeva ali ' Europa socialista, non solo perché implicava un rafforzamento delle sue istituzioni e una politica estera comune, ma soprattutto perché promuoveva un "nuovo tipo di or­ dine sociale"57, un modello di sviluppo che si contrapponeva a quello che, in modi diversi ma con uno slancio simile, i governi socialisti tentavano di sviluppare nei loro paesi. Allo stesso tempo, la politica sociale di cui si discuteva ai vertici della CEE rifletteva le concezioni della socialdemocra­ zia europea, in particolare della S PD ed era, per questa ragione, ancora più chiaramente in contrapposizione al modello di sviluppo sociale dell 'Euro­ pa orientale58• S4· A. Varsori, La cenerentola d'Europa? L'Italia e l'integrazione europea dal I947 a oggi, Rubbettino, Soveria Mannelli 2010, p. 292. SS· PAAA, MfAA, C 3525, Resoconto sul contenuto del Rapporto Tindemans, "Zum Tinde­ mans-Bericht uber die Europaische Union" {Quelle: HA Grundsatzfragen und Planung), cit. s6. PAAA, MfAA, C 3525, Entwurj Einschatzung der Perspektive zur Schaffung einer "Europaischen Union" in Westeuropa und Schlussfolgerungenfor unsere Haltung, cit. S7· PAAA, MfAA, C 3525, Resoconto sul contenuto del rapporto Tindemans, "Zum Tinde­ mans-Bericht [. . . ] Zur Zielsetzung u. zu den Konzeptionen des Berichtes", cit. ss. Ibid.

LA DDR E L' ITALIA

Di fronte a queste evidenze, e in vista della creazione di una politica estera comunitaria, il governo tedesco-orientale suggeriva di concentrarsi soprattutto sulle attività della CEE nei confronti di quei paesi capitalisti non membri della Comunità, sui suoi rapporti con l' ONU e con le altre organiz­ zazioni internazionali, sul Jollow-up della C S CE, sulla politica comunitaria nei confronti degli Stati arabi, dei paesi del Mediterraneo e dell'Africa, e, infine, sulla ridefinizione delle relazioni economiche con i paesi in via di sviluppo59• Complessivamente l'analisi del MfAA è di ampio respiro, un elemento non comune nei documenti della DDR, soprattutto in quelli della SED e in buona parte di quelli del ministero della Sicurezza. Il Rapporto Tindemans e l' Unione Europea da esso concepita offrirono probabilmente al MfAA la prima occasione di confrontarsi con l' ipotesi o la prospettiva di un nuovo soggetto istituzionale in Europa occidentale, per quanto seri apparissero gli ostacoli alla sua realizzazione. Emerge, dunque, nelle sue valutazioni un in­ teresse reale e profondo per gli sviluppi interni della Comunità, dai quali di­ pendevano i modi e le opportunità del nuovo sistema di rapporti con l' Euro­ pa occidentale che la DDR stava costruendo proprio in quella fase. Prendono corpo, infine, i temi centrali dell' integrazione politica: il problema della dia­ lettica fra interessi nazionali e integrazione sovranazionale e quello dei rap­ porti internazionali della CEE. In generale si giungeva a conclusioni plausibili e verosimili, sia che queste sottolineassero il comportamento contradditto­ rio dei governi della CEE sull'unione economica e politica, sia che rilevassero un' intenzione genuina di affermare il ruolo internazionale della Comunità. L'elemento nuovo penetrato nella politica europea non era tanto l' improv­ visa ( e dubbia ) disponibilità di quei governi a cedere sovranità alla CEE in nuove forme di collaborazione, quanto la presa di coscienza che tutto ciò che la Comunità rappresentava già - il mercato unico, la Politica commerciale comune, la PAC, l' interdipendenza fra i governi dell'Europa occidentale -, dovesse adesso essere riconosciuto come il prodotto di un nuovo soggetto internazionale. Di fronte a questi sviluppi, il governo tedesco-orientale rac­ comandava una strategia orientata a trarre vantaggio da tutte le opportunità che si fossero presentate per contrastare la creazione dell' Unione Europea e rallentare o impedire l'integrazione in ambito politico e militare. Il rico­ noscimento della CEE sarebbe stato osteggiato anche all' ONU e nel quadro della CSCE. In ambito economico, la DDR avrebbe sostenuto tutte le attività del Comecon che miravano a mantenere e a sviluppare relazioni bilaterali S9· PAAA, MfAA, C 3525, Entwurf Einschlitzung der Perspektive zur Schaffung einer "Europliischen Union" in Westeuropa und Schlussfolgerungenfor unsere Haltung, ci t.

4· L' EUROPA SOCIALISTA E LA COMUNITÀ EUROPEA

133

fra i paesi della CEE e quelli del Consiglio di mutua assistenza e a contrastare la Differenzierungspolitik della CEE: una prospettiva simmetrica, dunque sui rapporti CEE- Comecon che doveva scoraggiare l'ambizione della Comuni­ tà europea di presentarsi come un attore unico capace di imporre trattative separate con i singoli governi del Comecon60• L' Europa che si manifestava nelle pagine del Rapporto Tindemans era, secondo il MfAA, un' Europa sempre più europea - cioè meno americana -, e sempre più tedesca, una prospettiva della quale, paradossalmente, i tedeschi della DDR non avevano alcun modo di rallegrarsi. Dai possibili sviluppi fu­ turi della CEE emergeva tuttavia l'opportunità di un ulteriore avvicinamento all' Italia e a quei paesi che da un' Europa troppo tedesca si sarebbero sentiti a loro volta discriminati o isolati.

6o. Ibid.

5 La dimensione economica dei rapporti D DR-Italia

Le relazioni economiche e commerciali fra i due paesi si svilupparono sulla scia dell 'accordo bilaterale decennale siglato poco dopo il riconoscimen­ to, nel 1 97 3 . Alla metà degli anni Settanta, a confronto con altri paesi del blocco socialista - l' Unione Sovietica, la Polonia, la Romania e la Jugo­ slavia - la DDR era un partner commerciale secondario, malgrado l' at­ tività incessante del ministero del Commercio estero tedesco-orientale, dedita a intensificare contatti e trattative con imprese e investitori italiani. Ciononostante, alcuni fra i maggiori gruppi industriali italiani, orienta­ ti in maniera decisa ad affrontare la crisi economica anche attraverso un ampliamento del commercio con gli Stati socialisti, accolsero l' interesse esplicito della DDR verso lo sviluppo degli scambi e della cooperazione tecnico-scientifica con ottimismo e spirito d ' iniziativa. Il rilancio del commercio con la Germania Est divenne un tema incalzante nelle conver­ sazioni bilaterali: dopo la firma dell'accordo decennale di cooperazione, in effetti, il volume degli scambi fra i due paesi era rimasto complessiva­ mente su livelli insoddisfacenti rispetto alle potenzialità. La creazione di una Commissione mista, fra il 1973 e il 1974, che aveva avviato i propri lavori con successo, coinvolgendo tra l'altro personalità di spicco del mon­ do politico ed economico italiano come il presidente della Repubblica Giovanni Leone e il ministro per il Commercio estero Matteo Matteotti, non era bastata ad assicurare continuità. Charis Pothig, commentando un colloquio fra Hermann Axen e Giulio Andreotti del 1 9 8 0, afferma a ragione che la ricerca di accordi per il trasferimento di tecnologia dall ' I­ talia e dagli altri paesi dell' Europa occidentale nasceva nella DDR anche da ragioni politiche. La Germania Est, in effetti, si impegnava per diversifi­ care le proprie importazioni riducendo il peso delle forniture provenienti dalla Repubblica federale tedesca, soprattutto dei prodotti dell ' industria chimica. A tale scopo, l' ENI e la Montedison diventarono partner sempre più rilevanti, e nel settembre del 1 976 la seconda siglò un accordo commer-

LA DDR E L' ITALIA

ciale per cinque anni con la AHB- Chemie tedesco-orientale per un volume complessivo di 1 40 miliardi di lire1• Un altro settore nel quale l' Italia ambiva a ritagliarsi un ruolo nella DDR e a sottrarre spazio al concorrente più forte, la RFT, era la siderurgia: la costruzione dell'acciaieria nel Brandeburgo da parte della Danieli, con il , finanziamento della Banca commerciale italiana, fu probabilmente l investi­ mento più importante in questo campo. Nonostante questi successi, tutta­ via, sin dalla fine degli anni Settanta emerse da parte italiana una crescente insoddisfazione per l'andamento dei rapporti commerciali con la RDT, nei quali le esportazioni di prodotti italiani stentavano a decollare, soprattutto se paragonate a quelle con altri paesi occidentali, ad esempio la Francia2.. Le questioni più spinose riguardavano da un canto il contingentamen­ to dei prodotti della DDR verso l' Italia, sul quale incidevano i vincoli posti dalla Comunità europea, che in alcuni settori la crisi aveva reso più severi, dall'altro il problema della concessione di crediti alla DDR per assicurare le esportazioni di prodotti italiani in quel paese. Oltre a ciò, nel momento in cui promuoveva gli investimenti nella Repubblica democratica, il governo italiano doveva tener conto degli equilibri interni al rapporto fra i due Sta­ ti tedeschi e del fatto che il governo di Bonn era particolarmente suscetti­ bile sulle questioni che riguardavano la concorrenza straniera sul mercato tedesco-orientale. Accanto a questi aspetti, delicati perché condizionavano le relazioni fra il governo italiano e i governi alleati, così come quelle con la Comunità europea, le banche e i singoli imprenditori, anche la crisi econo­ mica italiana ebbe un effetto negativo sulle relazioni con la DDR, frenando gli investimenti e scoraggiando le importazioni. Nel frattempo, la DDR pubblicava un piano quinquennale per il periodo 1 9 76-So per la cui realizzazione era auspicabile aumentare e diversificare sia il commercio estero con l' Europa occidentale, e dunque anche con l' Italia, sia la collaborazione con imprese italiane che operavano nei settori di ri­ lievo per la DDR: l' industria chimica e petrolchimica, quella farmaceutica, l'elettronica ed elettrotecnica\ Il piano metteva l'accento sugli obiettivi della , modernizzazione dell industria, attraverso la costruzione di nuovi impianti e l'espansione di quelli esistenti, e dedicava un'attenzione speciale ai setto­ , , , , ri dell ingegneria elettrica e dell elettronica, ali incremento dell efficienza I. c. Pothig, Italien und die DDR. Die politischen, okonomischen und kulturellen Bezie­ hungen von I949 bis IgSo, Peter Lang, Frankfurt am Main 2000, pp. 355-9. 2. lvi, pp. 358-9. 3· BStU, Mfs, HA XVIII, Nr. 6428, us Department of Commerce, Overseas Business Re­ ports, German Democratic Republic Five-Year Plan Summary and CommercialAnalysis, Sep­ tember 1977.

S· LA DIMENSIONE ECONOMICA

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energetica, della produttività della forza lavoro - per compensare la ridu­ zione della manodopera - e delle esportazioni. Un aumento significativo delle vendite era previsto sia per quelle produzioni nelle quali la DDR era fra i primi paesi al mondo, come le macchine utensili, sia in altri settori nei quali la Germania Est sperava di crescere, in particolare la produzione di strumenti di misurazione scientifica, di macchine da scrivere e di componenti per l' in­ formatica e le telecomunicazioni4• L'obiettivo dell ' innovazione era funzionale sia, in generale, ad aumen­ tare la produttività, sia a ridurre il peso della manodopera nella produzione industriale, sostituendola con l'automazione e con processi tecnologicamen­ te avanzati. Secondo una valutazione del dipartimento del Commercio degli Stati Uniti del settembre I9 77, nel piano quinquennale si prevedeva che l'uso di tecnologie innovative pesasse per circa il 6 o-70% sull' incremento pro­ duttivo complessivo dell' industria e dall ' impiego di tali tecnologie la DDR si aspettava un aumento generale della produttività industriale del 30% e un incremento nella produzione di beni industriali in particolare del 34%. Il rinnovamento dei processi produttivi, inoltre, doveva servire a migliorare l'uso delle risorse energetiche, i cui costi, come abbiamo visto, crescevano anche in Europa orientale, e nel commercio estero doveva ridefinire il ruolo della DDR, consentendole di accedere finalmente ai mercati occidentali con prodotti competitivi5• L' industria chimica e petrolchimica era fra i settori chiave: fra il I970 e il I97S la DDR aveva quasi raddoppiato la propria capacità nella raffinazione del petrolio e un ulteriore incremento significativo era previsto nel periodo di realizzazione del piano. Ci si attendeva, inoltre, un incremento nella pro­ duzione di materiali plastici, di fibre sintetiche, di fertilizzanti chimici e di prodotti farmaceutici, questi ultimi in particolare destinati ad ampliare le esportazioni. Accanto al chimico/petrolchimico, nella seconda metà degli anni Settanta la DDR sperava in un'evoluzione dell'elettronica e dell'elettro­ tecnica, settori per i quali un investimento importante nell'innovazione era imprescindibile e determinante per il successo dei prodotti tedesco-orientali sui mercati esteri. Un'evoluzione dei processi era prevista, inoltre, anche per quei rami che tradizionalmente vendevano all'estero : la produzione di mac­ chinari industriali e di macchine utensili di vario tipo, macchinari per il tessi­ le, attrezzature per la produzione della carta e per la stampa, apparecchiature per l' imballaggio, macchinari per uso agricolo e per l' industria alimentare, attrezzature per l'industria edile e strumenti e macchinari ospedalieri, an-



Ibid.

S· Ibid.

LA DDR E L' ITALIA

che in questi casi con l'obiettivo di aumentare la produzione e ridurre i costi energetici. Un incremento limitato delle esportazioni era previsto, infine, per i prodotti del settore agricolo nel quale, tuttavia, la DDR restava per lo più di­ , pendente da costose importazioni, soprattutto di cereali dali Unione Sovie­ tica, come sottolineava lo stesso Breznev nel I 975, e dai mercati occidentali6• La capacità di immettere i propri prodotti non solo nel mercato del Co­ mecon, ma anche in quello comunitario e negli altri mercati occidentali era fondamentale, infine, per assicurare alla DDR le importazioni necessarie di beni agricoli, prodotti energetici, tecnologia necessaria per la modernizza­ zione dell' industria e, anche se in misura minore rispetto al piano quinquen­ nale precedente, beni di consumo7• Gerhard Beil, futuro ministro per il Commercio estero, durante un in­ contro con il ministro dell' Industria italiano Carlo Donat-Cattin auspicava per il I976 un cambio di passo nel commercio fra i due Stati e ricordava che per quell'anno la Commissione mista prevedeva un aumento significativo del volume degli scambi fra i due paesi, dopo il rallentamento del I 975, at­ tribuito appunto agli effetti della crisi economica italiana. Nella stessa occa­ sione, Beil affrontò il problema delle quote sulle importazioni dalla DDR e , , trovò, questa volta, una posizione di apertura da parte dell Italia e un inatte­ sa diponibilità a riconsiderare in tempi brevi la lista dei prodotti sui quali il governo tedesco-orientale richiedeva espressamente una revisione del regi­ me di contingentamento8• Si trattava, tuttavia, di vantaggi temporanei: il problema rimase, come quello dei crediti alla DDR, un tema ricorrente nei negoziati commerciali bilaterali. L'ambasciata della DDR in Italia era al corrente da contatti confi­ denziali con funzionari del governo italiano del fatto che né le istituzioni, né singole personalità politiche erano nella posizione di formulare proposte per risolvere il problema delle quote, e che semmai un' iniziativa in questo senso doveva partire in maniera decisa dalla DDR, oppure, preferibilmente, da un intervento congiunto e risoluto di tutti i governi socialisti interessa­ ti9. Dinanzi all' importanza acquisita per oltre un decennio dalla Politica 6. Jbid. Per il discorso di Bre:lnev, BA, SAPMO, Biiro Axen, IV 2/2.o3sf3s, Niederschrift uber Ausfohrungen des Genossen Breshnev aufdem Treffin der Fuhrer kommunistischer und Arbeiterparteien sozialistischer Lander in Budapest am IS. Marz I975· 7· BStU, Mfs, HA XVIII, Nr. 6428, us Department of Commerce, Overseas Business Re­ ports, German Democratic Republic Five-Year Pian Summary and CommercialAnalysis, Sep­ tember 1977. 8. Mfs, HA XVIII, 7616, Vermerk uber das Gesprach von Staatssekretar Dr. Bei/ mit Mini­ ster Cattin, Industrieminister, senza data, probabilmente primavera 1976. 9· BStU, Mfs, HA XVIII, 7616, Botschaft derDDR in ltalien, Gesprach mit Dr. Fracassi am 1·4·76 - Gesprachsvermerk, Roma, 7 aprile 19 76.

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commerciale comune, la questione delle quote sulle importazioni dai paesi esterni alla CEE non era più una mera questione bilaterale, ma aveva impli­ cazioni politiche ed economiche più ampie. L'andamento tendenzialmente depressivo dell 'economia non favorì una mediazione italiana nella CEE: co­ me spiegava il ministro Ossola due anni dopo, anche per chi, come lui, era un fautore del commercio con i paesi socialisti era già complicato evitare che le industrie in calo, come il tessile e la siderurgia, di competenza della Comuni­ tà ottenessero l' introduzione di nuove misure protezionistiche10• Sui rapporti commerciali fra i due Stati influiva negativamente anche il rallentamento dei negoziati sui principali trattati che dovevano regolare le relazioni bilaterali. Oltre all'accordo consolare, che premeva particolarmen­ te alla Germania Est, in effetti, l' incertezza su altri trattati di carattere tecnico e logistico lasciavano irrisolti aspetti importanti delle relazioni commerciali: il trattato sul traffico stradale, quello sulle questioni sanitarie e quello sulle disposizioni veterinarie. Nel I977, che complessivamente fu un anno positivo per la collaborazione economica fra i due paesi, Kurt Nier faceva notare al sottosegretario Luciano Radi, in visita nella DDR proprio in occasione del­ la Fiera di Lipsia, lo stallo dei negoziati politici: dopo la conclusione della CSCE le trattative bilaterali si erano arenate, i contatti a livello governativo, a cominciare dall' incontro fra i ministri degli Esteri auspicato da Moro e Honecker a Helsinki, erano rimasti senza seguito e le diverse iniziative della DDR per ravvivare quei contatti erano state quasi sempre ignorate dall' Ita­ lia11. Radi rassicurò Nier che la DDR e l' Italia nutrivano lo stesso interesse a sviluppare ulteriormente la collaborazione politica, sottolineò che i progres­ si della cooperazione economica avevano anche un significato profondo sul piano politico e confermò che l' Italia era pronta a riavviare i negoziati per gli accordi sul traffico, sulla sanità e per l'accordo veterinario, con una generica «disponibilità di principio alla ripresa di colloqui fra esperti per l'accordo consolare » !2.. Come si è visto, restava in sospeso l' incontro fra i ministri de­ gli Esteri per il quale la situazione politica in Italia non consentiva ancora di fissare una data. In quel momento su questa vicenda pesavano anche le tensioni con la RFT, che si erano già manifestate l'anno precedente dopo le elezioni del giugno I976 e la Conferenza di Puerto Rico e che si riaccende­ vano come conseguenza dell'accordo fra il governo della DDR e l' impresa IO. PAAA, MfAA, ZR 1228/87, Vermerk uber das Gesprach des Aussenministers [. . } Oskar Fischer, mit dem italienischen Aussenhandelsminister [. . } Osso/a am 27.IO.I97S, Roma, 27 ot­ tobre 1978. 11. BStU, Mfs, HA n, 35672, Nota: Zu den Beziehungen DDR-ltalien, Colloquiofra Kurt Nier e Luciano Radi, 17 marzo 1977. 12. Ibid. .

.

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Danieli. Il governo italiano tentava di rassicurare la Germania Est, e gli stessi imprenditori italiani interessati a sviluppare investimenti nella DDR, senza scontentare apertamente la Germania Ovest. L'analisi del MfAA rispecchiava puntualmente la situazione reale dell' Italia : Le dichiarazioni di Radi rendono chiaro che la parte italiana ha un interesse pri­ oritario per lo sviluppo ulteriore delle relazioni economiche verso la DDR e che è titubante a sviluppare anche le relazioni politiche. Il comportamento su questa questione e in particolare sulla conclusione di un accordo consolare riflette la forte pressione della RFT esercitata sull' Italia��.

Con spirito pragmatico, suggeriva di sfruttare il momento per concludere almeno gli accordi sul traffico stradale, sulla sanità e sulle disposizioni ve­ terinarie e per avviare negoziati per un nuovo accordo sulla collaborazione tecnico-scientifica ( del quale si sarebbe discusso un anno dopo con il mini­ stro del Commercio estero Ossola ) . L' Italia intendeva mantenere saldi i rapporti con la Germania Est, non tanto attraverso quei passaggi politici che erano stati congelati per i motivi già spiegati, quanto concedendo agli interlocutori tutto l'appoggio possibile sugli obiettivi commerciali - tutto ciò che era possibile compa­ tibilmente con i vincoli della Comunità europea, anche lasciando che la Germania Ovest si irritasse se il vantaggio corrispondente era un successo per un' impresa italiana e un punto in più per tenere a bada le altre richieste di Berlino Est. Nel frattempo, nel maggio 1977 si riunì in Italia la Commissione mista: il ministero per la Sicurezza offre ancora una volta un'ampia documenta­ zione sulle posizioni dei rispettivi governi e sui risultati raggiunti. La dele­ gazione tedesco-orientale incontrò, tra gli altri, il presidente del Consiglio Andreotti, il ministro per il Commercio estero Ossola, i vertici dell' IRI, di Montedison/Tecnimont, della Olivetti, della FIAT e di Confindustria. La DDR chiedeva in primo luogo di consentire un incremento degli scambi, e in particolare che si prendessero le misure necessarie per assicurare un aumento delle esportazioni tedesco-orientali superiore alla media per alcuni prodotti, mentre al governo italiano si chiedeva di impegnarsi a ridurre significativa­ mente gli ostacoli in vigore, ad esempio snellendo l'iter per la concessione delle licenze indispensabili per lo smercio dei prodotti della DDR; in secon­ do luogo, suggeriva un ricorso più frequente agli accordi di compensazione; in terzo luogo, infine, promuoveva la collaborazione tecnico-scientifica con l'obiettivo dichiarato di rendere il commercio di alcuni prodotti prevedibi13.

Jbid.

S· LA DIMENSIONE ECONOMICA

le e strutturato, stabile nel tempo'4• Dalla Commissione mista e dal giro di consultazioni in Italia emersero un Protocollo d' intesa'5 e un programma di lavoro comune'6 che prevedevano di triplicare, entro il I 9 8 o, il volume degli scambi bilaterali. Inaspettatamente, vi fu un'apertura del tutto positiva : l' Italia si con­ fermava pronta a ridurre gli ostacoli commerciali e ad accelerare le proce­ dure che riguardavano la verifica e la concessione delle licenze e si dichia­ rò disposta a ricorrere alla compensazione per alcuni affari scelti in base all'entità e all' importanza dell' investimento. Queste, le dichiarazioni di principio. Le intese concrete riguardarono invece la collaborazione tecni­ co-scientifica e l'ampliamento delle importazioni dalla DDR di macchinari vari - macchine utensili, macchinari per l' industria tessile, per l' imballag­ gio e per l ' industria alimentare, attrezzature per l'agricoltura, macchinari per la produzione di veicoli - e di prodotti del settore dell 'elettronica ed elettrotecnica. La produzione tedesco-orientale offriva tecnologia innova­ tiva in particolare per la saldatura, per la scrittura, per la strumentazione scientifica e per gli impianti per l'alta tensione. Gli accordi raggiunti in Italia riguardavano, infine, anche un settore di collaborazione tradizionale fra i due paesi: l' industria chimica. Nel frattempo, altri due punti segnavano l'andamento positivo delle trattative commerciali: il primo riguardava la collaborazione fra i due paesi sui mercati terzi, un obiettivo sul quale la DDR era appoggiata da alcune fra le principali imprese italiane; il secondo era l'accordo con il ministero per le Partecipazioni statali per la creazione di un gruppo di lavoro che monitoras­ se i rapporti fra le diverse agenzie del ministero del Commercio estero della DDR e le imprese italiane a partecipazione statale e promuovesse, anche con queste, un incremento degli scambi'7• In contrapposizione alle difficoltà che i due governi incontrarono sul piano delle relazioni politiche e diplomatiche negli anni dei governi di soli14. BStU, Mfs, HA XVIII, 7616, Gerhard Beil, Infonnation uber die 4· Tagung der Gemi­ schten Regierungskommission DDR-ltalien, ltalien-DDR, Berlin, den 20.5.1977· 15. BStU, Mfs, HA XVIII, 7616, Protokoll der IV. Tagung der Gemischter Kommission im Rahmen des Abkommens zwischen der Regierung der Deutschen Demokratischen Republik und der Regierung der Italienischen Republik uber wirtschafiliche, industrie!le und technische Zu­ sammenarbeit vom 1S.4.1973. 16. BStU, Mfs, HA XVIII, 761 6, Gemeinsames Programm der Gemischten Kommission der Regierung der Deutschen Demokratischen Republik und der Regierung der Italienischen Republik for die wirtschafiliche, industrie!le und technische Zusammenarbeit in den jahren 1977 und 197S. 17. BStU, Mfs, HA XVIII, 7616, Gerhard Beil, Infonnation uber die 4· Tagung der Gemi­ schten Regierungskommission DDR-ltalien, Italien-DDR, Berlin, cit.

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darietà nazionale, il clima dei colloqui sulle questioni commerciali sembra­ va disteso e cooperativo. L'esito degli incontri del maggio I 9 77 in generale e il colloquio con Andreotti in particolare lasciarono nella delegazione tedesco-orientale la sensazione di avere nell ' Italia un partner valido, attivo e affidabile•8• Nonostante il legame stretto con gli stati della NATO e con la Comunità europea, commentava Beil, il governo italiano per la sua situa­ zione economica doveva necessariamente coltivare le opportunità offerte dai mercati dei paesi socialisti. La questione dei vincoli posti dalla CEE, invece, secondo la prospettiva tedesco-orientale era vera solo in parte, per il resto era pretestuosa: in altre parole, vi erano ancora dei margini sui quali si potevano negoziare condizioni migliori con l' Italia. Ecco un'altra ragione per la quale da parte della Germania Est non venne mai meno la ricerca di un dialogo costante con gli italiani, neanche nei momenti di maggiore tensione. In definitiva, alcune fra le priorità della DDR per la seconda metà degli anni Settanta, l' incremento degli scambi, l'apertura di nuovi canali di export e la prevedibilità della domanda, che poteva scaturire dalla coo­ perazione tecnico-scientifica con imprese italiane, e infine la possibilità di concludere accordi di compensazione su progetti mirati sembravano con­ cretamente raggiungibili attraverso le relazioni con l' ltalia•9• In realtà, il dialogo a livello governativo su questi temi ebbe un anda­ mento altalenante; più costante, ma non privo di incertezze fu invece quello fra i rappresentanti del governo tedesco-orientale e le imprese italiane. Una mappa sintetica dei contatti più rilevanti e delle strategie portate avanti ri­ spettivamente dal governo della Repubblica democratica e dalle imprese in Italia servirà a fornire un quadro più ampio degli interessi in gioco, che per lo più si ispiravano al principio della reciprocità negli acquisti e nelle vendite e alla collaborazione nei paesi terzi2.o. Investimenti diversificati da parte di Montedison per l' installazione di nuovi impianti nella DDR, per l'esportazione di tecnologie e lo sviluppo della collaborazione nel campo dell' industria chimica vennero lanciati alla fine del I 9 74= per la loro realizzazione il ministero per il Commercio estero tedesco-orientale prevedeva due archi temporali che non andavano oltre i dieci anni, I 9 7 8 - 8 o e I 9 8 I- 8 42.•. Nel marzo del I97S il rapporto venne for18. Ibid. 19. Ibid. 20. BStU, Mfs, HA XVIII, 7616, Vennerk uber das Gesprdch zwischen Staatssekretdr Dr. Gerhard Bei! und dem Presiddnten der Gruppe IMECO [. . . ] Aldo Bugnone, am IJ.4.If)70 in Volpiano bei Turin. 21. BStU, Mfs, HA XVIII, 7616, Lettera di Bei! {ministero per il Commercio estero della DDR) a Ratti {Montedison), Berlino, 8 gennaio 1975.

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malizzato dalla firma di un protocollo fra il ministero e r impresa italiana Nello stesso periodo, il viceministro Gerd Monkemeyer incontrò in Italia i vertici di Montedison e trovò un atteggiamento del tutto favorevole alla possibilità di avviare una collaborazione su mercati terzi. In questo ambito, l' Italia promuoveva soprattutto la cooperazione su progetti da sviluppare nei paesi fornitori di materie prime fondamentali: l'Algeria, la Libia, l'Angola e il Mozambico. Un limite a questa forma di collaborazione, però era lo scarso monitoraggio delle opportunità che si aprivano in Europa e in altre regioni. Mancava, secondo la Stasi, un'osservazione costante e pragmatica delle pos­ sibilità offerte dai mercati terzi: l:!. .

Il coinvolgimento reciproco nei corrispondenti progetti, come è stato fatto fino ad ora solo in un caso (l' Unione Sovietica) non può essere soddisfacente. È necessario che entrambe le parti, sulla base delle possibilità, in modo rapido e non ortodosso e con le soluzioni pragmatiche corrispondenti, si mettano d'accordo su progetti concreti. Questo si può realizzare sia verso paesi socialisti, sia anche verso altri stati, conformemente allo stato delle cose attuale. [ ... ] i problemi che si possono presen­ tare, come quelli descritti da parte italiana (finanziamento, norme tecniche, etc.) sono, secondo il punto di vista della D D R, in ogni caso superabili13•

La collaborazione con Montedison lasciava intravedere anche un'altra rica­ duta positiva, anche se minore, per le esportazioni della DDR in Italia, e cioè la possibilità di immettere sul mercato della Standa ( di proprietà di Monte­ dison ) beni di consumo prodotti nella Germania Est. L'operazione, tutta­ via, non convinse la catena di grandi magazzini: l'offerta del ministero del Commercio estero venne accolta senza entusiasmo e con la controproposta di posticipare gli acquisti all'anno successivo24• Si mostravano interessate, invece, all'acquisto di macchinari agricoli e di vari beni di consumo prodotti nella Germania Est, come ceramiche e vetro, le cooperative italiane. L'anno successivo si svolsero in Italia una serie di incontri che conso­ lidarono il rapporto fra il ministero per il Commercio estero della DDR e alcuni imprenditori italiani. I vertici del gruppo Montedison incontrarono Beil a Milano nell 'aprile del I 9 7 6 per un bilancio e un rilancio della colla­ borazione bilaterale, che sino a quel momento aveva riguardato prevalen­ temente lo scambio di prodotti dell' industria chimica. I tedeschi dell' Est 22. BStU, Mfs, HA XVIII, 7616, Borschafi der DDR in Italien, Notiz uber das Gespriich zwischen Gen. Dr. Bei! und Dr. Ratti/Montedison am I2. 4-76 in Mailand, Milano, 13 aprile 1976. 23. Ibid. 24. BSTU, M fs, HA XVIII, 7616, Information uber die Ergebnisse der Dienstrreise des StdM Dr. Monkemeyer vom I2. bis I6.J.I975 nach Italien.

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miravano soprattutto a instaurare una collaborazione con il gruppo italia­ no « stabile e di lungo periodo » basata sia sullo scambio di prodotti chi­ mici, sia su quello di macchinari2.5• La proposta trovò un clima favorevole da parte degli italiani, che mettevano in evidenza come lo sviluppo degli scambi commerciali con gli Stati socialisti su una base di lungo periodo fos­ se un aspetto fondamentale per Montedison, nonostante la sua importanza venisse spesso sottovalutata dai politici. Sui termini della collaborazione bilaterale, oltre all'ampliamento della gamma di prodotti chimici, si mi­ rava a estendere le esportazioni anche ai prodotti dell' industria di trasfor­ mazione dei metalli, per consentire alla DDR di riequilibrare la relazione import/export a suo vantaggio2.6• Un altro tema centrale dei colloqui di Milano fu la costruzione di un impianto chimico per gli aromatici nella DDR da appaltare a uno dei grandi gruppi italiani: i tedeschi auspicavano una collaborazione fra Montedison ed ENI in tal senso, ma su questo investimento Montedison sembrava meno entusiasta rispetto alle altre proposte, forse proprio perché temeva che non si potesse trovare un accordo con ENI. L' incontro di Milano rivelava chiaramente la comune intenzione di trarre il massimo vantaggio possibile dalle opportunità del commercio Est­ Ovest, non in una logica occasionale o di breve periodo, ma al contrario attraverso una relazione consolidata e potenzialmente in espansione. Nella primavera del I 975, anche Snia Viscosa confermava contratti per la fornitura di macchinari per un valore che si sarebbe quadruplicato nel I 9 76, mentre venivano fissate le linee di uno scambio fra esportazioni di fibre chi­ miche italiane e altre fibre provenienti dalla DDR. L'AHB (Aussenhandelsbe­ trieb ) Chemie avrebbe assunto « immediatamente e continuativamente » il coordinamento dei rapporti fra l'azienda italiana e il governo tedesco-orien­ tale2.7. Fra le altre imprese italiane che mantenevano interessi commerciali nella DDR vi era anche Finsider, che alla metà degli anni Settanta promuove­ va soprattutto l'avvio di trattative per la costruzione di un'acciaieria elettrica in quel paese e la cui disponibilità ad acquistare prodotti dell' industria di trasformazione dei metalli tedesco-orientale la rendeva un partner partico­ larmente apprezzato nella Germania Est2.8• Nell 'aprile del I 9 76 anche la FIAT confermava di volersi rifornire di macchine utensili prodotte nella DDR per i 25. BStU, Mfs, HA XVIII, 7616, Botschaft der DDR in Italien, Notiz uber das Gesprach zwischen Ge. Dr. Bei! und Dr. Ratti/Montedison am I2.4.76 in Mailand, ci t. 26. Ibid. 27· BStU, Mfs, HA XVIII, 7616, Information uber die Ergebnisse der Dienstrreise des StdM Dr. Monkemeyer vom I2. bis I6.J.I975 nach Italien, cit. 28. Ibid.

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propri stabilimenti e, a questo scopo, chiedeva che i propri tecnici potessero visitare alcuni impianti tedesco-orientali per approfondire la conoscenza dei modelli e delle caratteristiche tecniche di questi prodotti29• Un accordo con­ sorziale regolava i rapporti con la FIAT, e nuovi negoziati furono aperti sulla base di quelli che la DDR considerava obiettivi prioritari: la ricostruzione dell' industria automobilistica della DDR, l'azione comune in altri paesi - il tema ricorrente che dimostra come attraverso le imprese italiane Berlino Est sperasse di incrementare considerevolmente le esportazioni in occidente -, le vendite della DDR alla FIAT. L'esito dei negoziati fu positivo e promettente per la realizzazione di tutti e tre i punti chiave portati avanti dal sottosegre­ tario BeiJ3°. Uno slancio nella stessa direzione, che introdusse nei rapporti fra la DDR e l' Italia una fase di dinamismo e di ottimismo giunse, nel I 977, dall' intesa già citata con l' impresa Danieli. L'accordo riguardava la costruzione di un impianto siderurgico nel Brandeburgo, un'acciaieria elettrica a colata conti­ nua, un'occasione che i tedeschi dell'Est accolsero con soddisfazione. Per gli italiani, secondo quanto affermato dal Mfs, si trattava anche di una chance per anticipare i tedeschi della RFT in un settore così importante e per affer­ mare, anche in futuro, una politica economica e del commercio estero "più autonoma e sovrana"31, L'evento suscitò irritazione nella Germania Ovest, anche perché l' intesa, che si basava su un prezzo molto favorevole praticato dall' Italia al governo tedesco-orientale, venne realizzata in un momento nel quale Roma avanzava richieste pressanti di aiuto economico ai propri alleati. Una nota del ministe­ ro della Sicurezza riporta il dibattito suscitato in alcuni ambienti economici e finanziari della RFT dall' intesa fra l' impresa italiana e la DDR. Da parte della Salzgitter AG e della Krupp AG, potenziali concorrenti dell 'impresa italiana, così come da parte di altri gruppi industriali della RFT, l' iniziati­ va della Danieli e l'appoggio del governo italiano erano considerati come espressione di un eccessivo attivismo da parte dell ' Italia e un tentativo di sottrarre alle imprese tedesco-occidentali porzioni di mercato della DDR e opportunità di investimento in quel paese32• La nota cita a questo proposito il "Curt-Schmitt-Brief" del IO gennaio 1 977 nel quale il bollettino dei pro29. BStU, M fs, HA XVIII, 7616, Lettera del Direttore Generale Gioia al Sottosegretario Bei/, Torino, 9 aprile 1976. 30. BStU, M fS, HA XVIII, 7616, Protokol/ uber die Verhand/ungen am I3·4·I!J76 mit dem FIAT-Konzern, Turin. 31. BStU, M fs, HA XVIII, 21426, Injò rmation Nr. 36/77: Aktion "Trejfpunkt 77 '; Leipzig den I5. Mlirz I!)71· 32. Ibid.

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duttori dell' industria metallurgica e siderurgica della RFT riportava critiche molto aspre riguardo alle modalità di quell'accordo : Con condizioni generose a favore della DDR l' Italia intralcia la Deutschlandpolitik del governo federale. Mentre il Presidente del Consiglio italiano Andreotti contrat­ ta con Bonn la partecipazione tedesca a un credito miliardario per il risanamento dell'economia italiana, delegati di imprese di stato italiane a Berlino Est offrono la fornitura di un impianto siderurgico ad un prezzo che sta al di sotto dell'offerta fatta dalla Salzgitter AG di un quarto di miliardo di DM. La disponibilità di Bonn di portare a un livello superiore il quadro crediti-cit­ tadinanza, se la DDR viene incontro alla RFT con ulteriori facilitazioni nel campo dei diritti umani viene privata di fondamento a causa dell'atteggiamento di Roma. Come conseguenza, la posizione negoziale di Berlino Est nei confronti di Bonn si è visibilmente inasprita nel giro di una notte. Il tenore è: Non abbiamo più bisogno dei vostri crediti, noi ( la DDR) disponiamo di opportunità più convenienti senza condizioni politichen.

Nel quadro dei rapporti fra l' Italia e la Repubblica federale era piutto­ sto grave che la prima venisse ritenuta responsabile di interferenze nella Deutschlandpolitik: l' intesa con Bonn era sempre importante per l' Italia e lo fu a maggior ragione per il governo di solidarietà nazionale. L'accordo DDR-Danieli, tuttavia, dimostra che l' Italia cercava di mantenere la propria indipendenza nei rapporti con l'Est europeo, e che accettava che vi fosse­ ro circostanze nelle quali era opportuno anteporre un affare remunerativo ali ' armonia con gli alleati. Sulla prospettiva degli industriali della Germania Ovest, peraltro, pe­ sava probabilmente anche una temporanea insicurezza nei rapporti con la Germania Est, generata dalla sensazione che la Westpolitik stesse dando più frutti in ambito commerciale di quanto non ci si aspettasse. La nota citata del Mfs, che tralascia la retorica dei successi internazionali della DDR - si tratta di una tipologia di documento più pragmatica delle analisi interne dei dipartimenti della SED, dense di propaganda -, cita tuttavia diversi commen­ ti di esponenti del mondo degli affari della RFT convinti che la DDR stesse ampliando rapidamente e significativamente la propria rete internazionale di rapporti commerciali. A questa consapevolezza corrispondeva la preoccupazione di trovarsi con spazi di manovra ristretti rispetto alla concorrenza di altri paesi occidenta­ li e di altre imprese europee nelle trattative commerciali intratedesche, una percezione che peraltro veniva amplificata dallo stesso governo della DDR a

33·

Jbid.

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scopo, appunto, di propaganda. Si considerava, in effetti, una strategia effi­ cace lasciar trapelare "indiscrezioni mirate" nella Germania Ovest quando si presentava un'offerta importante da parte di un altro paese occidentale, per­ ché fosse chiaro alla RFT che la DDR era decisa ad ampliare la propria politica commerciale34• Le aspettative e l'autostima del governo della DDR crescevano ed esso nutriva l' illusione che dalla Westpolitik economica potessero derivare una maggiore autonomia da Mosca e una piena indipendenza da Bonn, nono­ stante l'andamento dell 'economia nazionale fosse stagnante e i crediti della RFT diventassero sempre più importanti per le finanze della Germania Est. Allo stesso tempo, a Berlino Est maturava la convinzione che gli impren­ ditori italiani si aspettassero di più dal lavoro della Gemeinsame Wirtschafts­ kommission DDR-Italien; nel I9 77, in particolare, sembravano interessati a un'ulteriore collaborazione con l'industria automobilistica della DDR. Era chiaro, inoltre, che l' Italia, non essendo un produttore di materie prime ( se non con margini assai limitati ) ed essendo dotata invece di un' industria di trasformazione fortemente sviluppata, fosse dipendente più di altri paesi oc­ cidentali dal commercio estero35• Gli interessi economici della Germania Est verso l' Italia scaturivano anche da questa considerazione, e miravano sia a incrementare le importazioni nella DDR di beni di consumo e di tecnologia industriale, sostenute però da una politica dei crediti; sia a favorire gli inve­ stimenti italiani; sia, infine, a portare gli italiani a ridurre il più possibile le barriere tariffarie all' importazione di merci dalla DDR. E tuttavia, a rallenta­ re l'export della Germania Est non erano solo i vincoli ai quali era sottoposta l' Italia, così come qualunque altro paese della CEE dalla Politica commerciale comune, ma erano soprattutto il ritardo tecnologico e la mancata innovazio­ ne della produzione tedesco-orientale. La prospettiva della DDR sui rapporti economici con l' Italia, in ogni ca­ so, era decisamente più fiduciosa di quella sulle relazioni politiche, e rilan­ ciava sul futuro: Nonostante le relazioni economiche e commerciali ltalia-DDR nel complesso si si­ ano sviluppate positivamente, il commercio dell' Italia con la DDR sarebbe ancora di gran lunga dietro agli scambi dell' Italia con l' uRss, la Polonia e altri paesi del Comecon. Una triplicazione degli scambi nei prossimi anni sarebbe la misura reale alla quale da entrambe le parti si dovrebbe mirare nei prossimi negoziatP6•

34· BStU, Mfs, HA XVIII, 7616, Hauptabteilung XVIII/7, Bericht zur Indiskretion der Verhandlung zwischen Genossen Dr. Bei! mit dem italienischen Handelsminister wahrend der LFM I979, Leipzig, I7. Marz I979· 3S· BStU, Mfs, HA XVIII, 21426, Information Nr. 3 0/77: Aktion "Treffpunkt 77", cit. 36. Ibid.

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19 7 9-80: al centro della crisi Gli interessi degli industriali italiani in Europa orientale alimentarono nel governo della Repubblica democratica la convinzione che la politica italiana verso i paesi socialisti sarebbe andata avanti nonostante le tensioni esplose nel dicembre del 1979 fra gli Stati Uniti e l' Unione Sovietica e il rinsaldarsi della coesione interna ai due blocchi. L' Italia aderiva pienamente alla poli­ tica dell'Alleanza atlantica e dava la disponibilità all' installazione dei nuovi missili di medio raggio della NATO sul proprio territorio, il che apriva uno scenario nel quale le relazioni con i paesi del Patto di Varsavia si sarebbero inevitabilmente raffreddate. La Ostpolitik economica, tuttavia, continuava a offrire opportunità di dialogo e di scambio al di là dei vincoli delle rispet­ tive alleanze e della contrapposizione sulla questione del riarmo nucleare in Europa37• Dagli anni in cui Moro aveva intrecciato un insieme di relazioni con gli Stati socialisti, la DDR aveva spesso fatto riferimento alla Diffirenzierungspo­ litik, criticandone i presupposti e le intenzioni. Per un paese alla ricerca costante di legittimazione e di un trattamento paritario rispetto ai propri alleati, quella politica aveva in apparenza implicazioni negative: si pensava mirasse a generare divisioni all ' interno del blocco socialista, a trarre vantag­ gio da una relazione preferenziale con l' Unione Sovietica e a creare intese con i governi socialisti che avevano posizioni dissonanti, come la Romania, o erano fra i non-allineati, come la Jugoslavia. Nella crisi, tuttavia, quella politica tenne legati i fìli della politica orientale dell' Italia. Romania e Jugoslavia restavano obiettivi prioritari della Ostpolitik ita­ liana. La Romania inviava in visita in Italia il proprio ministro degli Esteri, il ministro per il Commercio estero e il vice Primo ministro; l' Italia con­ cludeva con il governo di Bucarest un accordo per cinque anni sulla colla­ borazione industriale, tecnica e commerciale e un accordo economico che prevedeva la concessione alla Romania di crediti per 510 milioni di dol­ lari per favorire le esportazioni italiane in quel paese. Allo stesso tempo, l'apprezzamento del governo italiano per la posizione della Jugoslavia e la visione comune sulla situazione internazionale e sulla distensione erano confermati dalla visita del presidente Pertini e del presidente del Consiglio dei ministri Cossiga a Belgrado. La Polonia, invece, restava nell'orbita della politica orientale italiana soprattutto in ragione delle sue trasformazioni 37· BStU, Mfs, HA n, 35672, MjAA Information Nr. %2/XII, Politik /taliens gegenuber den europaischen sozialistischen Landern (Quelle: Abt. WE), 15 dicembre 1980.



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interne. Roma, in effetti, guardava con interesse agli sviluppi politici in quel paese, che sperava di influenzare. Sul piano economico, il governo italiano concordava con quello polacco circa I88 milioni di dollari di crediti per le importazioni dall' Italia e ne prometteva altri I 8 o, mentre Montedison da un lato, e il controverso Ente partecipazioni e finanziamento industrie manifatturiere ( EFIM ) concludevano con la Polonia altri accordi di collabo­ razione. La situazione ungherese suggeriva che il dialogo con l' Italia sarebbe andato avanti lungo i binari di una tradizionale intesa politica, mentre le relazioni con la Bulgaria, per quanto secondarie, proseguivano in un clima di dialogo sia fra i due governi, sia a livello economico fra Sofia e l' ENI per la collaborazione su mercati terzi. Solo i rapporti con la Cecoslovacchia sembravano bloccati dalle tensioni internazionali e soggetti agli squilibri della cosiddetta seconda guerra fredda38• Al centro della Ostpolitik italiana, tuttavia, vi era sempre la relazione con l' Unione Sovietica con la quale, per motivi economici e per il legame inscindibile fra le sue risorse naturali e la sicurezza energetica europea, l' Italia manteneva anche un attivo dialogo politico. Le analisi del MfAA mettono in evidenza i rischi della crisi internazionale per le relazioni commerciali fra l' Italia e l' Unione Sovietica e riportano i tentativi di ristabilire un equilibrio fra i due paesi compiuti nel corso dell'anno. Il governo italiano condannò in maniera decisa l' intervento militare in Afghanistan deciso dal Cremlino e adottò alcune misure immediate, fra le quali il blocco delle concessioni di crediti all' uRSS, il boicottaggio delle Olimpiadi di Mosca e la definizione di una strategia comune con gli altri paesi della C EE che comportava una revi­ sione delle esportazioni di tecnologia e di prodotti agricoli verso quel paese39• Si trattò, tuttavia, di misure temporanee : riguardo al blocco sulle aperture di credito, l'intervento degli imprenditori italiani portò a una sostanziale revisione della decisione del governo e anche il previsto strozzamento delle relazioni commerciali venne riconsiderato. Come riporta una nota della Stasi del maggio I98o, Confindustria pre­ se una posizione chiara sulle relazioni commerciali con i paesi socialisti, in particolare sulla politica dei crediti. Interessata ad assicurare che i legami commerciali con i paesi socialisti mantenessero i livelli raggiunti, Confin­ dustria era anche pronta a intraprendere i passi necessari presso il governo per assicurarsi il suo appoggio. Con questo obiettivo, una lettera nella quale si suggeriva di riprendere al più presto possibile i negoziati sui crediti con

38. Ibid. 39· L. V. Ferraris, Manuale della politica estera italiana I947-I993· Laterza, Roma-Bari 1998, p. 367.

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l' Unione Sovietica, che nel frattempo erano stati interrotti, sarebbe stata inviata al presidente del Consiglio Cossiga. In favore di questa posizione erano i principali gruppi industriali: FIAT, Montedison, Olivetti, Pirelli. Il ministero per la Sicurezza completava la sua analisi chiarendo che queste richieste dovevano necessariamente tenere conto della politica delle sanzio­ ni del presidente Carter. Secondo il ministero degli Esteri italiano, doveva essere assicurato un sostegno anche formale a quella politica, ma come si è visto rimase un sostegno limitato nel tempo e poco convinto. Riguardo alle esportazioni di attrezzature e tecnologie negli Stati socialisti, una questione particolarmente controversa nelle relazioni fra i governi dell' Europa occi­ dentale e gli Stati Uniti, infine, il Mfs registrava punti di vista molto diversi all' interno del MAE40, I contatti fra i rispettivi ministeri per il commercio estero proseguirono, confermando che l' Italia intendeva assicurare da un canto che il flusso di importazioni di gas (che soddisfaceva il 43% del fabbisogno italiano ) , di pe­ trolio ( 9% ) e di altre materie prime dall ' Unione Sovietica non si arrestasse, dall'altro che Mosca continuasse a importare attrezzature per sviluppare il settore energetico dall' Italia. Con questo scopo, intese commerciali vennero siglate con Montedison per la fornitura di equipaggiamento per gli impianti chimici per un valore di circa 8oo milioni di dollari e con Finsider per la for­ nitura di condutture per circa ISO milioni di dollari. In novembre il ministro degli Esteri Colombo, che in maggio alla Camera dei deputati aveva ribadi­ to la continuità e l' importanza prioritaria della distensione internazionale, malgrado la condanna dell ' intervento sovietico in Afghanistan4\ si recò in Unione Sovietica, per mantenere « contatti e consultazioni stabili ai massimi livelli» 42• Da parte sovietica il viaggio di Colombo venne commentato come un gesto coraggioso, mentre dal punto di vista della DDR gli sviluppi delle re­ lazioni itala-sovietiche dopo la crisi afghana lasciavano intendere che l' Italia non avrebbe messo seriamente in discussione il rapporto con Mosca. Da par­ te italiana, tuttavia, non sono da sottovalutare le valutazioni sul significato di quella crisi, che non appariva tanto come lo sviluppo della situazione interna in Afghanistan, quanto come la manifestazione di una politica di sicurezza dell ' Unione Sovietica più aggressiva e minacciosa43• 40. BStU, Mfs, HVA, Nr. 86, Wirtschaftspolitische Informationsubersicht Nr. s!So vom 2I. Mai I!)So, Interesse des italienischen Unternehmerverbandes an Wirtschaflsbeziehungen mit sozialistischen Staaten. 41. Ferraris, Manuale della politica estera italiana I!)47-I!)!)3, cit., p. 367. 42. Bstu, Mfs, HA n, 35672, MjAA Information Nr. S2/X11, Politik Italiens gegenuber den europiiischen sozialistischen Liindern (Quelle: Abt. WE), cit. 43· Ferraris, Manuale della politica estera italiana I!)47-I9!)3, cit., p. 368.



LA DIMENSIONE ECONOMICA

ISI

Oltre alla crisi degli euromissili e all' invasione sovietica dell'Afghani­ stan, il terzo evento che confuse e diluì le aspettative delle relazioni fra l' Italia e i paesi socialisti fu la crisi polacca del dicembre I 9 8 1. L' Italia dichiarò inam­ missibili le interferenze dell' Unione Sovietica in Polonia e prese ulteriori provvedimenti sulla linea di quelli tentati nel I 9 8 o e poi rientrati: sospese la concessione di crediti al governo polacco e rinviò la ratifica dell 'accordo commerciale fra ENI e la sovietica Sojuzgazexport. La prima, tuttavia, pro­ cedette sulla strada della messa in pratica degli accordi con l'ente sovietico, siglando, nel gennaio del I 9 8 2, l'accordo tecnico. In realtà i provvedimenti presi dal governo italiano sulla scia degli eventi in Polonia furono solo tem­ poranei, la linea fondamentale dell' Italia verso l' Unione Sovietica e verso gli altri paesi socialisti restava immutata : allineamento alle decisioni della NATO sulle questioni di sicurezza, dialogo ininterrotto con l' Europa socialista e mantenimento degli accordi economici e commerciali. Nell'estate del I 9 8 2 gli Stati Uniti decretarono un embargo sulle esportazioni di tecnologia ame­ ricana dali' Europa occidentale agli Stati del blocco sovietico, che andava a colpire prevalentemente le turbine necessarie per la costruzione del gasdotto siberiano, una decisione alla quale l' Italia reagì negativamente. L'embargo venne revocato n eli' autunno segue n te44• Che ruolo occupava la DDR in questa fase della politica orientale dell' Ita­ lia ? Sembrerebbe un paradosso che nell'anno della nuova crisi internazionale fra Est e Ovest un paese come l' Italia facesse "progressi" 45 nei rapporti con lo Stato i cui confini rappresentavano i confini stessi della Guerra fredda. Tuttavia, non si trattava né di un paradosso, né semplicemente dell'enfasi che caratterizzava il lessico dei documenti della SED. Proprio nel 1 9 8 0, in effetti, il dialogo fra Roma e Berlino Est fu rinsaldato, probabilmente in risposta a una crisi politica e militare che coinvolgeva direttamente entrambi i paesi, ma che nessuno dei due era in grado di controllare. Così Hermann Axen visitava l' Italia e discuteva concretamente e posi­ tivamente con Andreotti mentre, al contrario, Berlinguer metteva in chia­ ro l' imbarazzo e la contrapposizione del suo partito all' invasione sovietica dell'Afghanistan e si sottraeva ali' aspettativa che i comunisti italiani doves­ sero approvare e incoraggiare la campagna pacifista orchestrata da Mosca. Il viaggio di Axen, la visita del ministro per le Partecipazioni statali Siro Lom­ bardini alla Fiera di Lipsia e quella di una delegazione del ministero per la Scienza e la Tecnica della DDR in Italia in autunno miravano (e riuscivano)

44· lvi, pp. 3 68-9. 4S· BStU, Mfs, HA II, 35672, MjAA Infonnation Nr. S2/XII, Politik ltaliens gegenuber den europaischen sozialistischen Landern (Quelle: Abt. WE), cit.

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a dare continuità al dialogo bilaterale, anche se la crisi politica contribuì co­ munque alla contrazione degli scambi fra i due paesi46• La ricerca di continuità nelle relazioni con i paesi socialisti, nonostante i diversi motivi di tensione fra il blocco occidentale e quello sovietico, era dovuta probabilmente anche ad altri due motivi. Il primo era l'aggravarsi della situazione economica italiana : agli inizi degli anni Ottanta l'econo­ mia italiana risentì drammaticamente del secondo shock petrolifero e degli sconvolgimenti in Iran. La partecipazione italiana allo SME sin dalla sua creazione era stata il frutto di una scelta politica controversa ma molto importante, perché esprimeva una piena adesione al processo di integra­ zione europea e alle scelte del blocco occidentale, anche di fronte ai dub­ bi dei partner europei. Sul piano economico, tuttavia, quella scelta venne compiuta in uno dei momenti più difficili del dopoguerra per l' Italia, che svalutò nuovamente la lira e nel 1 9 8 1 entrò in una nuova crisi inflazionisti­ ca. Il secondo motivo era l' insicurezza diffusa nella Comunità europea, e l' incertezza sui passi successivi da compiere in una fase di rapidi cambia­ menti che, fra il 1979 e il 19 82, portarono tre nuovi governi - e tre nuovi leader - al potere rispettivamente in Gran Bretagna, in Francia e nella Re­ pubblica federale tedesca47• Gli obiettivi della Germania Est non trovarono piena realizzazione, l' in­ cremento degli scambi rimase frenato rispetto alle aspettative e le esporta­ zioni della DDR rimasero in buona parte soggette al contingentamento. Allo stesso tempo l' Italia, che aveva registrato un saldo negativo per quasi tutti gli anni Settanta, nel momento in cui riprese il dialogo sul rinnovo degli accordi commerciali, negli anni Ottanta, pose a Berlino Est la condizione che le im­ portazioni di prodotti italiani crescessero. Agli inizi del 1985 il ministero del Commercio estero della Germania Est faceva notare che l' import di merci italiane era stato a lungo ostacolato proprio in Italia dalla lunga e complessa procedura per il finanziamento di questi acquisti e che solo nel 19 84 l' Italia aveva deciso di accelerare quell' iter48• Si trattava di una lunga polemica senza soluzione. La concessione di crediti alla DDR per l'acquisto di merci italiane pesava sul bilancio. La Germania Est, dal canto suo, continuava il lento e inesorabile processo di indebitamento tanto con l' Italia, quanto con gli altri governi occidentali. 46. Ibid. 47· A. Varsori, La cenerentola d'Europa? L1talia e l'integrazione europea dal I!J47 a oggi, Rubbettino, Soveria Mannelli 2010, pp. 33 2-40. 48. BStU, Mfs, HA XVIII, 7616, Ministerium for Aussenhandel. Injòrmation uber die Handels- und Wirtschaftsbeziehungen der Deutschen Demokratischen Republik mit der /ta­ lienischen Republik, Ber/in den I3.2.I!)S5.

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I S3

Dal punto di vista qualitativo, tuttavia, il governo tedesco-orientale ri­ mase soddisfatto per l'orientamento delle relazioni economiche bilaterali e per le conseguenze politiche : nonostante la nuova crisi nei rapporti Est­ Ovest del I979-8I gli imprenditori italiani, in effetti, continuarono a credere nella necessità di mantenere aperti i canali commerciali con i paesi socialisti e si opposero alla politica di boicottaggio suggerito dagli Stati Uniti. Nel febbraio del I985, il ministero per il Commercio estero della Germania Est avrebbe dato una valutazione positiva sulla realizzazione degli obiettivi con­ cordati con gli imprenditori italiani fino al I981. Nella seconda metà degli anni Settanta erano state create in alcuni settori quelle vie di scambio stabili e durature sulle quali i tedeschi dell'Est avevano insistito con ostinazione, ad esempio nel campo dei macchinari utensili, delle attrezzature elettrotec­ niche, dei prodotti chimici, dei metallurgici e dei prodotti dell' industria del vetro e della ceramica49• Altrettanto favorevoli erano le stime sull'andamento delle importazioni dall' Italia fino al I 9 8 I e di nuovo a partire dal I984, e quelle degli investimenti italiani nella DDR: l' impianto Danieli ( Elektro­ stahlwerk Brandeburg ) , entrato in funzione nel I98o, un affare per circa 222 milioni di dollari; la partecipazione di ENI/Snamprogetti al progetto della nuova raffineria di piombo ( Neue Bleiraffinerie) nel distretto di Muldenhiit­ ten, la cui messa in funzione era prevista nel I985 (circa 98 milioni di dollari ) ; la presenza di Techint nell ' impianto per la produzione di lana minerale di Flechtingen ( Mineralwolle Flechtingen ) , anch'esso previsto per il I985 (circa 20 milioni di dollari ) ; la partecipazione della Tecnimont ( del gruppo Mon­ tedison ) all' impianto per la produzione di fibra acrilonitrile all' interno della grande raffineria PCK nello Schwedt (circa 43 milioni di dollari ) . Il ministe­ ro del Commercio estero della DDR, infine, citava fra gli esiti positivi della collaborazione bilaterale nei paesi terzi l'esempio del progetto comune della Texima con la Snamprogetti per la realizzazione di un complesso produttivo di stabilimenti tessili nel Mozambico50• Gli esiti della settima sessione della Commissione mista e l'andamento del mercato in Italia lasciavano intendere che anche in futuro le esportazioni della DDR avrebbero riguardato prevalentemente i prodotti dell' industria di trasformazione dei metalli, dell'industria elettronica ed elettrotecnica e dell' industria chimica. La Commissione mista si riunì nel marzo del I9 84 a Lipsia: le due delegazioni siglarono un protocollo e un programma di lavoro. Nonostante ciò, il clima della Commissione in quell'occasione fu pie­ no di tensione, secondo quanto riporta un'informativa del ministero della 49· lbid. so. Ibid.

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Sicurezza. La delegazione italiana, guidata da Bruno Corti, era scontenta del bilancio in passivo che aveva caratterizzato gli scambi negli ultimi anni e rimproverava a Berlino Est di aver trascurato la produzione delle piccole e medie imprese italiane che invece rappresentavano la "spina dorsale" dell'e­ conomia italiana. La delegazione tedesco-orientale difendeva le scelte del proprio governo facendo riferimento ai limiti alle esportazioni ai quali erano sottoposti anche i prodotti della DDR, che verso l' Italia prevedevano contin­ genti particolarmente stretti rispetto ad altri paesi europei ( non membri del­ la CEE) . Ulteriore imbarazzo era generato dal fatto che la delegazione italiana era irritata dalla mancanza di organizzazione con la quale i tedeschi dell'Est avevano preparato l' incontro fra il sottosegretario Corti e Beil e lamentava una mancanza di attenzione che aveva messo a rischio lo stesso viaggio de­ gli italiani nella Germania Est51• Al di là dello spirito polemico che non di rado animava questi incontri, la prospettiva dall' interno di quella riunione, riportata da un informatore del Mfs, è particolarmente interessante perché le lamentele degli italiani per lo stallo nelle relazioni commerciali coincide­ vano in realtà con un momento positivo nei rapporti bilaterali, un tentativo di ripresa che avrebbe portato, nel luglio dello stesso anno, Craxi in visita a Berlino Est. Purtroppo le fonti italiane su quegli anni sono ancora trop­ po frammentarie, ma è probabile che quella che alcuni esperti della politica estera italiana degli anni Ottanta hanno definito la "piccola Ostpolitik"52 di Craxi, e che in questo studio viene confermata come una vera Ostpolitik dalla percezione che ne ebbero i tedeschi dell' Est e i sovietici, partisse da una riaffermazione chiara del ruolo dell' Italia, dei suoi diritti come partner com­ merciale, dei vantaggi che la DDR aveva già tratto dai rapporti commerciali bilaterali - nonostante se ne fosse spesso lamentata - e degli obiettivi italiani per il futuro, e cioè una collaborazione che non coinvolgesse solo i grandi gruppi ma favorisse anche le piccole e medie imprese.

51. BStU, Mfs, HA n 35672, Information Nr. I39/S4. VII Tagung der Gemischten Kom­ mission im Rahmen des Abkommens zwischen den Regierungen der DDR und /talien uber wirtschaftliche, industrie/le und technische Zusammenarbeit vom IS.4.I973 (rapporto dell' in­ formatore "Rosemarie"), 21 marzo 1984. 52. Cfr. Ferraris nel suo Manuale della politica estera italiana I947-I993· cit., pp. 366-77 e Sergio Romano che egli stesso cita.

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Questione ideologica e questioni politiche. La SED e il P C I negli anni dell'eurocomunismo

Esistono grandi opportunità [ ... ] nel campo della collaborazione ideologica con i partiti fratelli dei paesi non socialisti. Secondo l'opinione del PCUS adesso si do­ vrebbe prestare maggiore attenzione al lavoro svolto con i quadri dell' ideologia dei partiti fratelli [ ... ], al lavoro con i corrispondenti e con i giornalisti della stampa comunista e li si dovrebbe aiutare a redigere bei contributi sul socialismo, a sfruttare di più le opportunità della stampa comunista per illustrare la politica interna e la politica estera dei paesi socialistP.

Con queste parole il PCUS suggeriva il più ampio coinvolgimento possibile dei partiti fratelli nei paesi occidentali perché sostenessero la politica dell' i­ deologia disegnata nelle capitali dell'Est europeo. Fra il 1 976 e il 197 8 -79, quando gli obiettivi di questa politica erano rafforzare la credibilità del mo­ dello di sviluppo socialista e convincere l'opinione pubblica internazionale della democraticità dei governi socialisti, il PCI si muoveva in una direzione diversa, che proprio in quel momento sembrò una direzione nettamente op­ posta. Dal 1 9 7 9 fino alla scomparsa di Berlinguer, la distanza del PCI da que­ sti obiettivi divenne incolmabile, ma soprattutto il divario con il PCUS da un canto, con la SED dall'altro si aggravò perché le stesse questioni sulle quali la politica e la propaganda socialista si erano concentrate divennero secondarie rispetto alla questione più urgente della minaccia alla sicurezza del Patto di Varsavia - o della percezione di quella minaccia. Il tema centrale di questo capitolo sono i rapporti fra il PCI e la SED negli anni dell'eurocomunismo, ricostruiti nel contesto più ampio dei rapporti fra il partito italiano e i partiti socialisti dell' Europa orientale. Nei due crocevia della storia degli anni Settanta - 1 975-76 e 1 979- 8 0 - cambiò non tanto la politica del PCI, quanto la percezione di quel partito nel blocco socialista. La visione dall'esterno, soprattutto il punto di vista sulla sua politica estera risulta, dalla lettura della documentazione presente negli archivi della DDR,

SED.

1. BA, SAPMO, Biiro Hager, DY 30, IV B2/2.024/I38, Infonnation an das PB des Z K der Ber/in, den 29.01.1976, discorso di Boris Ponomarev, Varsavia, gennaio 1976.

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molto più articolato di quello diffuso in Italia tra le altre forze politiche e nell 'opinione pubblica.

6.1 Divulgazione e propaganda internazionale La collaborazione internazionale nel campo dell' ideologia è oggi altrettanto neces­ saria, quanto la collaborazione nell'economia, nella politica e nella difesat.

Così affermava Boris Ponomarev nel dicembre del I 973· richiamando l'at­ tenzione non solo dei partiti comunisti dell'Est europeo, ma anche dei co­ munisti occidentali sul ruolo accresciuto della comunicazione e dell 'opinio­ ne pubblica nelle società europee. I partiti comunisti dell'Europa centro-orientale delinearono nel corso degli anni Settanta una strategia di propaganda all'estero che mirava a ce­ lebrare nella maniera più ampia possibile i progressi del socialismo sia in politica interna, sia come fenomeno mondiale. Questa strategia da un canto era una conseguenza della distensione in­ ternazionale, dall 'altro si basava su un ottimismo diffuso che, in una fase di crisi delle economie occidentali, induceva i segretari agli Affari ideologici e internazionali dei governi del Patto di Varsavia a credere che nel conflitto illimitato fra socialismo e capitalismo, i paesi socialisti si trovassero in una fase di superiorità senza precedenti. La propaganda internazionale aveva, dunque, due obiettivi principali: dare visibilità allo sviluppo economico e politico dei paesi socialisti, aggiungendo a esso un credito che derivava dal confronto con la crisi parallela del sistema capitalista; divulgare le iniziati­ ve e l'attività internazionale dei paesi socialisti in favore della distensione. Per raggiungere entrambi questi obiettivi, i governi del blocco sovietico contavano espressamente sull'attività dei partiti comunisti nei paesi capi­ talistP. Fu questo, probabilmente, il primo equivoco fondamentale fra la SED e il PCI, perché il partito di Berlinguer divenne sempre meno disponibile a svolgere il ruolo di divulgazione richiesto, soprattutto sui temi di politica

2. BA, SAPMO, Bi.iro Axen, IV 2/2.035/21, B. N. Ponomarev, Einige Fragen der ideologi­ schen Arbeit und der aussenpolitischen Propaganda in der gegenwdrtigen Etappe, 21 dicembre 1973· 3· BA, SAPMO, Bi.iro Kurt Hager, IV B2/2.024/I32, Vorlagefor das Politburo des ZK der SED. Betr. Trejfen der Sekretdrefor ideologische und internationale Fragen sozialistischer lander in Prag am 4· und 5·3·I975· Berlin, 6. Marz 1975.

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estera. Questa divergenza fondamentale, tuttavia, non era ancora evidente nel I975-76, quando il PCI sembrava più che altro determinato a interpretare il malessere di una parte consistente della società italiana, né lo divenne con l'enunciazione della dichiarazione comune del PCI e del PCF nel novembre del I9754 e con la successiva dichiarazione di Madrid del marzo I977\ i due documenti che diedero una veste formale alle idee sull'eurocomunismo; divenne invece motivo di scontro evidente dopo le due crisi internazionali del dicembre I9 79: la "doppia decisione" della NATO e l' invasione sovietica dell'Afghanistan, che segnarono in modi diversi la fine dell'allineamento del PCI alla politica estera sovietica. Gli obiettivi della divulgazione ideologica erano al centro delle riu­ nioni periodiche dei segretari per gli Affari ideologici e internazionali dei paesi socialisti, che a partire dal dicembre del I 973 si concentrarono su questo tema per approfondire e rendere continuativa la collaborazione fra i partiti fratelli. Durante la riunione di Praga del marzo I9756, in parti­ colare, si discussero il problema del coordinamento fra i paesi socialisti nel rapporto con l' informazione e con la stampa occidentale e quello dei contatti, dei colloqui e delle trattative in corso con i partiti socialdemo­ cratici dell' Europa occidentale, sui quali si raccomandava uno scambio costante di informazioni. Anche quelle forze politiche stavano attraver­ sando cambiamenti importanti, in particolare nella Germania Ovest, dove la transizione da Willy Brandt a Helmut Schmidt anticipava una probabile discontinuità politica, dato che i due rappresentavano due anime diverse della SPD 7 • Il dialogo con le sinistre moderate accompagnato dalla deli­ mitazione delle rispettive identità sul piano ideologico, tuttavia, aveva un ruolo troppo importante nella politica estera dei paesi socialisti perché questi mutamenti potessero scuoterlo : la strategia andava, dunque, ade­ guata al cambiamento. Nel caso dei rapporti fra la SED e il PSI di Francesco De Martino, in particolare, pesava il fatto che questa delimitazione si accompagnasse a un 4· Istituto Gramsci, Archivio del Partito comunista italiano (da ora in poi Arch. PCI), Fondo Berlinguer, Mov. op. inr., 129, Dichiarazione comune del PCI e del Partito comunista francese, 15 novembre 19 75. S· Arch. PCI, Fondo Berlinguer, Mov. op. int., 146, Dichiarazione comune del Partito comunista di Spagna, del Partito comunistafrancese e del Partito comunista italiano, Madrid, 3 marzo 1977. 6. BA, SAPMO, Biiro Kurt Hager, IV B2/ 2.024/132, Vorlagefor das Politburo des ZK der SED. Betr. Trejfen der Sekretarefor ideologische und internationale Fragen sozialistischer lander in Prag am 4· und 5·3·I975· ci t. 7· Su questo tema, cfr. ad esempio : M. Rupps, Troika wider Willen. Wie Brandt, Weh­ ner und Schmidt die Republik regierten, Propylaen, Berlin 2004.

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atteggiamento che a Berlino Est veniva percepito come ostile e che si espri­ meva non solo nelle critiche pubbliche al socialismo reale e alla DDR, ma anche nella scelta di mandare al nono congresso della SED una delegazione di medio livello e nelle restrizioni all' invio di giornalisti e corrispondenti nella Repubblica democratica8• In generale, però, valeva quanto affermato sinteticamente da Breznev a Budapest pochi giorni prima: « Ci sono partiti socialdemocratici che [ . .. ] si presentano meglio di alcuni partiti comunisti» 9, una frecciata già indirizzata al partito di Berlinguer. Sulla scia delle indicazioni offerte dalle riunioni dei responsabili per le questioni ideologiche, il ministero degli Esteri all' indomani del nono con­ gresso della SED elaborava le linee per la propaganda internazionale della DDR. In primo luogo la politica estera dei governi socialisti doveva essere sempre associata alla coesistenza pacifica e alla escE; in secondo luogo, era necessario divulgare informazioni più precise sulla politica di integrazione dei paesi socialisti ( sui suoi obiettivi e sui metodi) ; in terzo luogo, gli ar­ gomenti per spiegare la superiorità della democrazia socialista sulla "non­ democrazia" borghese dovevano essere convincenti; infine, era essenziale far capire che le società socialiste sviluppate stavano attraversando una nuova fase, caratterizzata dall'unità fra politica sociale e politica economica10, un concetto che nella DDR diventò centrale alla metà degli anni Settanta e che, tuttavia, rimase in larga parte astratto, disancorato dalle reali possibilità di sviluppo di quel paese. Della politica di divulgazione ideologica facevano parte, oltre a uno scambio continuo di delegazioni con i partiti occidentali, anche celebrazio­ ni, simposi e conferenze internazionali. La Conferenza di Berlino del giugno I 9 76 rappresentò per la Germania Est un impegno importante, anche dal punto di vista simbolico, in un momento nel quale le relazioni con l' Unione Sovietica erano attraversate dalle prime tensioni generate dalla nuova politi­ ca economica e sociale di Honecker e, allo stesso tempo, la polemica sull' i­ nadempienza da parte dei governi socialisti degli impegni previsti dal terzo cesto dell'Atto finale di Helsinki aveva oltrepassato la soglia della contrappo­ sizione ideologica e stava diventando un grave problema politico. 8. PAAA, MfAA, C 3520, Abteilung Westeuropa, Einschatzung des Echos in ltalien aufden

IX. Parteitag der SED, Ber/in, 24. Mai I976.

9· BA, SAPMO, Biiro Axen, IV 2/2.03SI3s, Niederschrift uber Ausfohrungen des Genos­ sen Breshnev aufdem Treffen der Fuhrer kommunistischer und Arbeiterparteien sozialistischer Lander in Budapest am IS. Marz I975· 10. PAAA, MfAA, C 352o, Abteilung Westeuropa, Einschatzungdes Echos in ltalien aufden IX. Parteitag der SED, cit.

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6.2 Il fantasma dei diritti umani e la guerra dell 'etere Al successivo incontro fra i responsabili per le questioni ideologiche e gli affari internazionali, che si svolse a Varsavia nel gennaio del I 976, prevalse un atteggiamento difensivo e di chiusura. Dal resoconto della SED e dal co­ municato finale, emerge un senso di accerchiamento suscitato dalle critiche diffuse nella stampa occidentale per il trattamento dei dissidenti e il perpe­ trarsi di politiche repressive negli Stati socialisti. La SED valutava i risultati di quell' incontro con la ripetitività ossessiva del lessico di partito, affermando la necessità di rafforzare la « contrapposi­ zione offensiva con i nemici della distensione » e di reagire di comune accor­ do « contro la campagna anticomunista/ antisovietica » . Temi caldi erano la democrazia socialista, lo stile di vita che la caratterizzava, i diritti umani, la solidarietà dei paesi socialisti con i movimenti di liberazione nazionale11• La questione ideologica era in realtà una questione sia di identità, sia di sicurez­ za interna (perché quelle critiche legittimavano l'opposizione al governo e alla SED, e amplificavano il disagio giovanile) , sia infine di credibilità, dato che in discussione erano anche gli impegni presi a Helsinki. Anticomunismo e antisovietismo erano etichette ideologiche affisse, in realtà, a questioni molto più rilevanti di politica interna ed estera. Al centro di questa sindrome da accerchiamento, i partiti che governa­ vano gli Stati dell' Europa socialista tracciavano una strategia basata sull ' af­ fermazione del diritto alla non ingerenza nelle questioni interne e sulla con­ tropropaganda riguardo alle violazioni dei diritti umani negli Stati Uniti e in altri paesi occidentali, alla discriminazione sociale, razziale e religiosa che dilagava in quelle società e alle politiche di esclusione sociale che in questi paesi colpivano sia le minoranze, sia intere fasce della popolazionell. A no­ me del PCUS, Boris Ponomarev metteva in evidenza l'esigenza di una coe­ sione assoluta fra gli alleati sui problemi della propaganda internazionale, sulle questioni relative al consenso interno e sull'esecuzione degli accordi di Helsinki. Mosca rimproverava all' informazione occidentale, e alle forze

11. BA, SAPMO, Biiro Hager, DY 30, IV B2/2.o24h38, Information an das PB des ZK der Ber/in, den 29.01.1976. Bericht der Delegation der SED uber die Beratung von Sekretiiren der Zentralkomitees der kommunistischen und Arbeiterparteien sozialistischer Liinder ( 25 e 26 gennaio 1976). 12. BA, SAPMO, Biiro Hager, DY 30, IV B2/2.024h3 8, Information an das PB des ZK der SED. Ber/in, den 29.0I.If)76. Protocollo approvato all'incontro dei Segretari agli affari ideologici e internazionali dei partiti comunisti dei governi socialisti a Varsavia il 25 e 26 gennaio 1 976. SED.

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politiche che ne avallavano la versione, un' interpretazione selettiva di quegli accordi, che attribuiva maggiore importanza al terzo cesto di quanta non ne concedesse a tutti gli altri risultati della CSCE. Il terzo cesto, dal punto di vista sovietico, era da interpretare come uno sprone agli scambi culturali e alla circolazione delle informazioni, all' apertu­ ra dei paesi socialisti alla diffusione della pubblicistica e della letteratura "ca­ pitalista", non come l'occasione per legittimare l'azione dei dissidenti - Po­ nomarev, peraltro, metteva in dubbio l'esistenza stessa di un'opposizione organizzata nei paesi socialisti. Al contrario, il responsabile per gli affari internazionali del PCUS rivendicava il diritto di ciascun governo a tutelare l' "ordine socialista" dalle minacce di elementi isolati, senza interferenze da parte di altri governi nelle questioni interne, un diritto - questo sì - sancito proprio dalla Conferenza sulla sicurezza europea'3• Questa era la versione dei sovietici: a pochi mesi dalla conclusione della Conferenza i vertici dei partiti responsabili per le questioni ideologiche e internazionali rivelavano il grande equivoco di Helsinki, o semplicemente il fallimento di una prospettiva uni­ laterale sulla tutela delle libertà politiche. Il conftonto, come si è detto a proposito della Westpolitik, rendeva ur­ gente l'esigenza di una nuova comunicazione - nei documenti della SED il termine utilizzato da Ponomarev è ancora propaganda, ma era noto che la propaganda assordante non fosse più efficace come in passato, e che come aveva già affermato Piotr Demitschew nel luglio del 1 9 7 3 , l'opinione pub­ blica alla quale si rivolgeva il messaggio propagandistico era più ampia e più esigente'4• L'attività di propaganda, o di «educazione dei nostri individui alla consapevolezza comunista » , secondo quanto affermato da Ponomarev, doveva svolgersi sia all'interno dei paesi socialisti, sia verso l'esterno. L'e­ videnza del benessere delle società socialiste - qui è chiaro che nell'analisi stessa del problema era previsto un messaggio propagandistico per gli altri segretari - non bastava a conquistare l'opinione pubblica, perché i cittadini erano sottoposti a un' « aspra contrapposizione politico-ideologica » e i loro governi subivano una vera e propria «guerra dell'etere » . Conferenze inter­ nazionali, seminari, interviste con la stampa occidentale, l'attività dei fun­ zionari dei governi socialisti all'estero, nelle ambasciate, nei centri culturali o 13. BA, SAPMO, Biiro Hager, DY 30, IV Bl/2.ol4/I38, Injònnation an das PB des ZK der Berlin, den 29.01.1970, discorso di Boris Ponomarev, cit. 14. BA, SAPMO, Biiro Hager, IV Bl/2.0l4/ Il9, Protokoll uber den Meinungsaustausch der Mitglieder des Politburos und Sekratare des ZK [. . } Kurt Hager und Werner Lamberz, mit [. ] Piotr Demitschew, uber Fragen der weiteren Zusammenarbeit zwischen KPdsu und SED aufdem Gebiet der ideologisch-theoretischen Arbeit am 4./5. juli 1973 in Moskau, Berlin, 10 luglio 1973.

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nelle istituzioni di carattere economico, ogni attività che potesse contribuire a formare nell'opinione pubblica occidentale un sentimento di simpatia o di vicinanza con le società socialiste andava aggiornata e incrementata15• La DDR si prodigò per portare avanti questa linea in Italia, e probabil­ mente una parte di quella frustrazione che dopo Helsinki e almeno fino al I978 crebbe nei riguardi dei politici italiani e della Farnesina aveva a che fare con questi "compiti" assegnati duranti gli incontri fra i personaggi di spicco della propaganda e dell' ideologia del socialismo reale. Nonostante la cautela dei sovietici sui rapporti con le socialdemocrazie europee - nemici sì, ma con i quali mantenere un dialogo costante e dai quali trarre informazioni-, l' intervento di Kurt Hager a Varsavia andò dritto al punto delle responsabilità del governo di Bonn nella campagna diffamatoria che investiva la DDR. Obiettivi di questa campagna di calunnie erano, secon­ do l' ideologo della SED, da un canto screditare il socialismo agli occhi dei sindacati nei paesi capitalisti, dall'altro mettere pressione sull' Unione Sovie­ tica, sulla DDR e sugli altri paesi socialisti nelle « cosiddette "questioni uma­ nitarie" » , mettendo a rischio la distensione16• Hager, inoltre, lamentava il fatto che lo stesso contenuto dell'Atto finale fosse stato spiegato dalla stampa occidentale, in particolare nella RFT, in modo incompleto e frammentario. Le riunioni sulle questioni ideologiche e internazionali, che venivano trat­ tate insieme perché l' identità e la capacità di agire sulla scena internazionale erano due facce della stessa medaglia, rivelavano tutti i limiti della Ostpolitik e della Westpolitik: la questione tedesca, denunciavano gli esponenti della SED, era ancora aperta, perché i politici della Germania occidentale conti­ nuavano a sostenere l'esistenza di una « coscienza collettiva dei tedeschi » , e impedivano ai tedeschi della DDR di andare avanti, ostacolavano la creazione della « nazione socialista » 17• La Repubblica democratica attraversava un momento critico, nel quale le leve della "nazione socialista" - le riforme economiche e sociali - davano scarsi risultati, l'acquisto di beni di consumo e di prodotti che avrebbero dovuto accelerare la modernizzazione economica diventava più difficile per l'aumento del costo delle materie prime e la carenza di liquidità, nel timore crescente che il malessere diffuso nella popolazione la rendesse più inquieta e vulnerabile agli stimoli che arrivavano dalla Germania Ovest. Il consolidamento della nazione socialista non era incompatibile con 15. BA, SAPMO, Bi.iro Hager, DY 30, IV B2/2.024/I38, Information an das PB des ZK der Ber/in, den 2f).OI.I!)JO, discorso di Boris Ponomarev, cit. 16. BA, SAPMO, Bi.iro Hager, DY 30, IV B2/2.024/ I38, Information an das PB des ZK der SED. Ber/in, den 2f).OI.I!)JO, discorso di Kurt Hager, gennaio 1976. 17. Ibid.

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l'apertura ad altri paesi, ma era difficilmente conciliabile con un'economia che diventava sempre più dipendente dall' Unione Sovietica da un canto, dai crediti dei governi occidentali dall'altro. Le esternazioni della stampa e dei politici occidentali - compresi i comunisti occidentali - sulla questione dell' inadempienza dei paesi socialisti al terzo cesto di Helsinki non avevano lo stesso peso a Ovest e a Est. Nella DDR avevano effetti dirompenti, prima ancora che sulla popolazione, sulla SED e sul ministero della Sicurezza. È interessante, tuttavia, che fra i segretari per l' Ideologia e gli Affari internazionali non si facesse riferimento alle difficoltà economiche della DDR, o al problema del rapporto con la popolazione : si parlava invece di crescita economica e di miglioramento della qualità di vita dei cittadini e si lasciava ampio spazio alla propaganda interna sull 'accerchiamento da parte dei nemici del socialismo, alla retorica ossessiva sulle bugie del ca­ pitalismo e dell' imperialismo18• Evidentemente anche i rapporti interni al blocco socialista richiedevano che alcune personalità nel loro ruolo man­ tenessero certe formule-modello, e che le ripetessero a prescindere dai loro contenuti reali; oppure, si trattava di formule che consentivano ai vertici dei rispettivi partiti di affrontare solo alcune questioni, in maniera seletti­ va, lasciando nella riservatezza altri problemi, in una sintesi genericamente ottimistica, e farcita di riferimenti alla contropropaganda dei nemici del socialismo. L'azione internazionale della DDR, dopo il riconoscimento e l' ingres­ so alle Nazioni Unite, prendeva avvio dunque con una delusione rispetto allo spirito con il quale la delegazione tedesco-orientale aveva preso parte al negoziato di Helsinki. Il terzo cesto cominciava ad avere un effetto con­ troproducente sulla politica occidentale della SED . Berlino Est restava legata saldamente alla strategia difensiva di Mosca, che chiedeva con fermezza ai partiti comunisti dell'Est e dell' Ovest un'azione di coordinamento nei rap­ porti con la stampa, con l'opinione pubblica e rispetto alle dichiarazioni di politici, intellettuali e attivisti occidentali, per contrastare il " boomerang" dei diritti umani. In questo contesto, la Dichiarazione comune del PCI e del PCF del novembre I975 non veniva neanche menzionata dai segretari per l' Ideologia dei paesi socialisti nella riunione del gennaio successivo: le vere minacce sembravano venire da altre direzioni, per la SED anzitutto dalla SPD di Schmidt e dalla stampa della RFT. Nel dicembre del I 976, dopo che Wolf Biermann venne privato della cittadinanza della DDR e sulla scia dell'effetto emotivo che questa decisione

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18. BA, SAPMO, Bi.iro Hager, DY 30, IV B2/2.024/I38, Information an das PB des ZK der Ber/in, den 29.01.1976, discorso di Kurt Hager, cit.

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ebbe nel mondo degli intellettuali della DDR, nella RFT e in altri paesi euro­ pei, Honecker incassava la risposta pungente di Berlinguer a una sua lettera del 30 novembre nella quale commentava la posizione critica del segreta­ rio del PCI sul caso Biermann espressa durante una trasmissione televisiva e spiegava puntualmente le ragioni per le quali l'allontanamento di Biermann dalla DDR non poteva essere considerato una violazione della sua libertà19• Berlinguer precisava: Non ci pare una questione essenziale se la Repubblica Democratica Tedesca sia la sua terra natale, visto che egli ci ha vissuto ormai da ventitré anni e che chiede di rientrare. Quello che ci ha mosso e ci ha indotto a dire che non comprendevamo la necessità e l'utilità della misura presa nei suoi confronti, è la nostra opinione che le espressioni artistiche e le opinioni politiche non possono dar luogo a misure ammi­ nistrative. [ . . . ] nel nostro paese della misura che è stata presa nei suoi confronti e del rifiuto di riammetterlo nel vostro paese, il nemico di classe si è avvalso largamente, gli anticomunisti hanno trovato la cosa molto profittevole e nostri militanti, amici e simpatizzanti del nostro partito, e amici della Repubblica Democratica Tedesca, e membri dell'Associazione di amicizia, sono stati profondamente colpiti. Tu sai, caro compagno, quanto il nostro partito abbia fatto perché fossero stabiliti non solo rapporti diplomatici fra i nostri due paesi, ma anche rapporti di amicizia. [ ... ] Adesso accade un avvenimento che noi consideriamo spiacevole, ci si domanda pubblicamente la nostra opinione e noi diciamo che consideriamo questo un er­ rore. [ . . . ] Qualche preoccupazione ha destato anche la polemica e la notizia di misure restrittive per il prof. Havemann2.o.

Per Berlinguer si trattava sia di un problema di principio, sia di una questione politica, perché l'aggravarsi delle misure repressive contro quelli che la SED considerava potenziali nemici del regime, in quel momento aveva effetti re­ gressivi sulle relazioni fra i due paesi e spingeva i comunisti italiani ad allon­ tanarsi ulteriormente dai partiti fratelli. Nel riaffermare il nostro proposito di operare per l'amicizia e per la collaborazione fra i due paesi e fra i nostri due partiti, non posso non ricordare ancora non solo la nostra posizione di principio, ma anche che certe misure recano forse, più di quello che voi avete potuto pensare, un danno non lieve alla vostra politica di pace e di distensione:!.!. I9. BA, SAPMO, Biiro Honecker, DY 30/2450 (fiche I), Lettera di Erich Honecker a En­ rico Berlinguer, Berlin, 30 novembre I976. 20. BA, SAPMO, Biiro Honecker, DY 30/2450 (fiche I), Lettera di Enrico Berlinguer a Erich Honecker, Roma, I5 dicembre I976. 2I. Ibid.

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Sulla questione del trattamento dei dissidenti, l'atteggiamento del PCI fu dunque difficile da conciliare anche con quella generica tolleranza nei con­ fronti della via nazionale al socialismo adottata dai governi socialisti. In alcune circostanze, tuttavia, il fatto che la causa dei dissidenti venisse sposata anche da altre forze politiche servì a stemperare il clima difficile fra il PCI e la SED. Il ministero della Sicurezza, che osservava con meticolosità gli spostamenti degli esponenti del PCI, ad esempio, in occasione della Biennale del dissenso valutò con soddisfazione il fatto che il partito comunista si fosse tenuto al di fuori di quell'eventou. La manifestazione si svolse a Venezia nell'autunno del 1977 su iniziativa dei socialisti e venne promossa dal nuovo segretario del Partito socialista italiano Bettino Craxi. Con il cambiamento ai vertici del PSI, le linee di convergenza con il partito di Berlinguer si ridussero drastica­ mente e nel giro di un paio d'anni la contrapposizione sulle scelte di politica estera avrebbero confermato che non esistevano i presupposti per un' intesa politica fra socialisti e comunisti. Anche nelle manifestazioni in favore dei dissidenti dunque le due forze politiche apparivano divise : esponenti del PCI, secondo quanto riportato dalla nota del Mfs, criticavano quegli eventi come dannosi per la distensione internazionale e per la politica del partito, una cir­ costanza che in parte rassicurava i vertici della SED23 e stemperava le tensioni, ma che non risolveva la contrapposizione di fondo con i comunisti italiani.

6. 3 Non chiamiamolo "eurocomunismo" Alla luce delle considerazioni appena fatte, si spiega l'evidente imbarazzo con il quale gli Stati socialisti affrontavano le critiche che, sul tema dei diritti dei dissidenti e della realizzazione del terzo cesto, giungevano proprio dal partito di Berlinguer. Quelle critiche facevano parte di una riflessione del PCI coerente con la posizione assunta dopo gli eventi del 1 968 in Cecoslovac­ chia che, tuttavia, soprattutto dopo la CSCE, in Europa orientale apparivano particolarmente inopportune. L'arco di tempo fra l'estate del 1 975 e l'autunno del 1 976 fu una sorta di crocevia nei rapporti fra il PCI e i partiti comunisti dell ' Europa orientale. Agli inizi del 1 976 si apriva in Italia una crisi di governo particolare, non tanto per i suoi effetti immediati, quanto perché seguiva di pochi mesi un turno di elezioni amministrative alle quali il partito comunista era cresciuto 22. BStU, Mfs, HA 11, 35 672, Antisozialistische Veranstaltungen in Italien (''Dissidenten­ Biennale" und "Sacharow-Tribunal"), 2 dicembre 1977. 23. Jbid.

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notevolmente. Nel marzo del I976 il partito di Honecker registrava puntual­ mente le dichiarazioni di Berlinguer sulla crisi politica, sull'urgenza della "questione comunista, in Italia e sulla necessità di coinvolgere i comunisti nel governo : Alla domanda su come il paese possa essere governato in un modo nuovo, il com­ pagno Berlinguer ha risposto nel suo discorso alla Camera dei Deputati che c 'è solo la via degli "sforzi concordati" e delle alleanze fra quelle forze nelle quali oggi la "popolazione italiana" si rappresenta. "È questo ciò che chiamiamo compromesso storico"24•

Secondo il Dipartimento relazioni internazionali della SED con la « nota "strategia del compromesso storico, » , il partito di Berlinguer teneva soprat­ tutto a dimostrare che la partecipazione al governo era diventata il presuppo­ sto per una soluzione graduale ma profonda dei problemi italiani, a provare la sua capacità di stare al governo e la sua credibilità democratica, anche nei confronti degli Stati Uniti e degli altri governi della NATO. A questi obiet­ tivi andavano collegati anche i riferimenti di Berlinguer all'autonomia del partito, alla via nazionale al socialismo e al pluralismo politico. Allo stesso tempo, la Direzione del PCI confermava di aver abbandonato l'obiettivo di una trasformazione rivoluzionaria dello Stato: il PCI accettava di formulare un proprio programma di governo all' interno del sistema capitalista2.5• Il comportamento del PCI non generava stupore, né una vera apprensio­ ne nella SED : in quel momento ci si preoccupava piuttosto di coinvolgere la Direzione del PCI nell'azione internazionale di propaganda che il blocco socialista stava elaborando, e che non era necessariamente in contraddizione con la nuova politica interna del PCI. La questione ideologica era già diven­ tata secondaria rispetto alle diverse questioni politiche in gioco nei rapporti fra i comunisti occidentali e quelli del blocco sovietico. Alcuni aspetti della prima, tuttavia, vanno spiegati meglio prima di entrare nel merito delle altre. Anzitutto, il PCI non era solo: proprio nel I 97S la stampa italiana diffuse il noto neologismo, eurocomunismo2.6 , per indicare una tendenza che riguar­ dava un gruppo di partiti comunisti occidentali. Fenomeno controverso, che complessivamente ebbe un ruolo limitato nell' Europa dell'Ovest, dove la 24. BA, SAPMO, DY 30/Iv B2/2o/ 59, Abt. /nternationale Verbindungen, Information Nr.

1S/g6for das PB. BetrifJt: Haltung der Italienischen Kommunistischen Partei zur Regierungs­

krise und zur Bildung der christlich-demokratischen Einparteienregierung Moro, Berlino, 3 marzo 1976. 25. Ibid. 26. L'espressione "eurocomunismo" venne utilizzata per la prima volta da "Il Giornale Nuovo" nel giugno del 1975.

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sua eco si esaurì in pochi anni, l'eurocomunismo venne interpretato invece come un tema politico più complesso, con effetti imprevedibili e duraturi nel tempo, in Europa orientale7• Il PCI e il PCF siglarono una prima dichiarazione congiunta nel novem­ bre del 1 975 e una seconda, insieme al Partito comunista spagnolo, emerso da un lungo periodo di isolamento e di clandestinità, nel marzo 1 977 18 • Al di là 27· A partire dagli anni Novanta, diverse ricerche hanno avuto come oggetto la storia del PCI negli anni Settanta e il tema dell'eurocomunismo come fenomeno internazionale. A questo proposito, cfr.: S. Pons, Berlinguer e lafine del comunismo, Einaudi, Torino 2oo6; F. Barbagallo, Enrico Berlinguer, Carocci, Roma 2006; L. Fasanaro, Eurocommunism: An East Gennan Perspective, in L. Nuti (ed.), The Crisis ofDétente in Europe: From Helsinki to Gorbachev, I975-I93J, Routledge, London 2009, pp. 244-55; Id., The Eurocommunism Years: Italy's Politica!Puzzle and the Limits ojthe Atlantic Alliance, in G. Scott-Smith, V. Aubourg, Atlantic, Euratlantic or Europe-America ?: The Atlantic Community and the European Idea from Kennedy to Nixon, Soleb, Paris 2ou, pp. 548-72; Id., Neither in One Bloc, nor in the Other: Berlinguer's Vision of the end of the Co/d J#zr, in F. Bozo et al. (eds. ), Visions of the End ofthe Cold J#zr in Europe, I945-I990, Berghahn Books, New York 2012, pp. 163-76; R. Gualtieri (a cura di), Il PCI nell1talia repubblicana {I943-I99I), Carocci, Roma 2001; M. Flores, N. Gallerano, Sul PCI. Un'interpretazione storica, il Mulino, Bologna 1992, pp. 23756; M. Lazar, Maisons Rouges. Les partis communistesfrançais et italien de la Libération a nos jours, Aubiers, Paris 1992. Sul tema più ampio dei rapporti fra i partiti comunisti europei negli anni della Guerra fredda: F. D i Palma, \V. Mueller (Hrsg.), Kommunismus und Europa. Europapolitik und -vorstellungen europdischer kommunistischer Parteien im Kalten Krieg, Fer­ dinand Schoningh, Paderborn 2016. Una prima serie di pubblicazioni sull'eurocomunismo come tema europeo, invece, è contemporanea a quel fenomeno : la tendenza in effetti sollevò subito l'attenzione di politici, studiosi e della stampa. A questo proposito cfr. ad esempio B. Valli, Gli eurocomunisti, Bompiani, Milano 1976; F. Claudin, L'eurocommunisme, Librairie François Maspero, Paris 1977; S. Segre, A chifa paura l'eurocomunismo?, Guaraldi Editore, Firenze 1977; A. Spadafora, Eurocomunismo: sftda all'Europa, Atti del Convegno di Lugano promosso dall'Unione Europea, Movimento Europeo in Svizzera, 26-27 novembre 1977, Edi­ zioni Casagrande, Bellinzona 1978; R. Godson, S. Haseler, Eurocommunism: Implications for East and West, St. Martin's Press, New York 1978; \V. Leonhard, Eurokommunismus: Herausforderungfor Ost und West, C. Bertelsmann Verlag, Miinchen 1978; R. Tokés (ed.), Eurocommunism and Détente, New York University Press, New York 1978; P. Filo della Torre, Eurocommunism: Myth or Reality?, Penguin Books, Harmondsworth 1979; C. Boggs, D. Plotke, The Politics ofEurocommunism, South End Press, Boston 1980; P. Lange, M. Van­ nicelli, The Communist Parties ofItaly, France and Spain: Postwar Change and Continuity, G. Allen & Unwin, Cambridge 1981; H. Timmermann, I partiti comunisti dell'Europa me­ diterranea, il Mulino, Bologna 1981; K. Priester, Hat der Eurokommunismus eine Zukunft? Perspektiven und Grenzen des Systemwandels in Westeuropa, C. H. Beck Verlag, Miinchen 1982;}. Barth Urban, Moscow and the ltalian Communist Party: From Togliatti to Berlinguer, Cornell University Press, Ithaca (NY) 1986; G. Vacca, Tra compromesso e solidarieta: la politica del PCI negli anni 7o, Editori Riuniti, Roma 1987. 28. Arch. PCI, Fondo Berlinguer, Mov. op. int., 129, Dichiarazione comune del PCI e del Partito comunistafrancese, ci t.; Arch. PCI, Fondo Berlinguer, Mov. op. int., 146, Dichiarazione comune del Partito comunista di Spagna, del Partito comunistafrancese e del Partito comunista italiano, cit.

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degli obiettivi di politica interna che muovevano ciascuno di questi partiti, l'eurocomunismo esprimeva alcuni intenti comuni dissonanti rispetto all'o­ rientamento generale del movimento comunista internazionale. Vi era anzitutto l'esigenza di riaffermare l'autonomia di ciascun partito e l'eguaglianza con gli altri29, una questione che rimetteva in discussione il ruo­ lo guida dell ' Unione Sovietica e che Berlinguer richiamò proprio a Berlino Est, in occasione della Conferenza dei partiti comunisti europei nel giugno del I 976. Sul piano del dibattito ideologico non era un tema nuovo, in Italia era stato già affrontato da Palmiro Togliatti; sul piano politico, si trattava di ampliare opportunità, obiettivi e alleanze politiche nei singoli paesi occiden­ tali, dove i movimenti politici degli anni Sessanta, le trasformazioni sociali che questi avevano innescato e la crisi economica degli anni Settanta - in Spagna anche la transizione a un nuovo sistema di governo - avevano ge­ nerato un contesto che avvantaggiava i partiti comunisti. Si presentava per la prima volta la possibilità concreta, al di là di ogni schema teorico, di dare forma alla "via democratica al socialismo", che segnava la rinuncia alla stra­ tegia rivoluzionaria e la ricerca di una legittimazione più ampia all' interno delle istituzioni parlamentari; si riaffermavano il pluralismo e la "democra­ tizzazione continua" della politica, dell'economia e della società; si coglie­ vano, infine, le opportunità offerte da una politica delle alleanze più libera: in Francia con il tentativo - fallito - di riproporre il blocco delle sinistre, in Italia con il compromesso storico. I partiti comunisti occidentali puntavano ad ampliare il loro blocco sociale includendo il voto dei giovani, ma anche quello di una parte del ceto medio e dei piccoli imprenditori, possibili alleati in contesti nazionali nei quali la stessa lotta di classe cambiava prospettiva30• Dopo la crisi cecoslovacca del I968, il Partito comunista italiano si era orientato, come afferma Silvio Pons, alla « creazione di un "polo" comunista occidentale » 3\ che tuttavia secondo lo storico italiano non si realizzò mai, così come l'allontanamento dei comunisti italiani da Mosca non condusse mai a un distacco completo dall' Unione Sovietica32• Gli studi sulla storia politica dell 'Europa negli anni Settanta e quelli sul PCI si sono interrogati, e divisi, sulla rilevanza del fenomeno dell'eurocomunismo, ovvero sulla sua ca­ pacità di produrre effetti che andassero al di là delle semplici dichiarazioni di 29. Arch. PCI, Fondo Berlinguer, Mov. op. int., 140, Discorso di Enrico Berlinguer Se­ gretario generale del Pci alla Confirenza dei Partiti comunisti e operai d'Europa, Berlino, 29-30 giugno 1976. 30. Lange, Vannicelli, The Communist Parties ofltaly, cit., p. 104. 31. S. Pons, L'Italia e il PCI nella politica estera dell'Urss di Breznev, in "Studi Storici': 42, 4, 2001, p. 936. 32. lvi, pp. 943-51; dello stesso autore cfr. Berlinguer e lafine del comunismo, cit.

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principio. La stessa esistenza di un movimento politico che si possa chiamare eurocomunismo è stata messa in discussione, dato lo scarso coinvolgimento della base di quei partiti e il fatto che nessuno di essi diede vita a un nuovo soggetto politico in quegli anni. Pons afferma che l' importanza attribuita ali ' eurocomunismo è dovuta in gran parte al fatto che sia l' Unione Sovietica, sia gli Stati Uniti posero un 'attenzione particolare su quel fenomeno, che in­ vece come movimento politico risultò inconsistente. Mare Lazar a proposito del tentativo dei comunisti italiani e francesi di coordinare i rispettivi pro­ grammi nazionali, parla di un esperimento « effimero, ma spettacolare » 33• Vale la pena di domandarsi, tuttavia, se un evento o un fenomeno politico possano essere giudicati rilevanti solo in relazione al loro successo o alla coe­ renza con cui si manifestano, oppure se non sia opportuno valutare anche la percezione che trasmettono. Al di là del dibattito sulla consistenza dell' euroco­ munismo e sulla veridicità del riformismo del PCI, in effetti, un aspetto meno considerato e tuttavia importante nella storia della Guerra fredda è la perce­ zione esterna di quel fenomeno e di quella politica: esterna all' Italia ed esterna all' Europa occidentale. Da questo punto di vista l'eurocomunismo, inteso co­ me la politica sviluppata e portata avanti dal PCI sulla base di una concezione alternativa al modello sovietico e orientata a creare un nuovo modello su base regionale e a sposare una politica estera equidistante34 rispetto alle due alleanze militari, assume rilevanza in sé nei rapporti Est-Ovest. L'eurocomunismo rap­ presentò infatti un'eccezione alle logiche e alla mentalità della Guerra fredda e disturbò l'equilibrio interno al blocco socialista proprio quando in Europa occidentale ci si stava ormai dimenticando della sua esistenza. A partire dalla Conferenza di Berlino del 1976, fino alla crisi del riarmo nucleare in Europa nei primi anni Ottanta, l'eurocomunismo fu considerato dalla DDR e, in maniera piuttosto coerente, all' interno del Patto di Varsavia prima come una minaccia potenziale, successivamente come un problema reale e persistente. Negli articoli e nei saggi sull'eurocomunismo, soprattutto quelli pubblicati sulla stampa del tempo, è frequente il riferimento alla "sfida" posta dal PCI e dai comunisti occidentali. Si trattò, in effetti, senza retorica, di una sfida al blocco socialista, non tanto nelle intenzioni, quanto per il senso di insicurezza che contribuì a diffondere. Quali erano, dunque, i timori legati alla politica del PCI in Europa orien­ tale ? Vi era sicuramente la preoccupazione che il marxismo-leninismo potes­ se essere screditato, che perdesse la presa sui militanti dei partiti occidentali

33· Lazar, Maisons Rouges, cit., p. 121. 34· Questa argomentazione è stata spiegata in dettaglio nel saggio di Fasanaro, Neither in One Bloc, nor in the Other, cit., pp. 163-76.

6. QUESTIONE IDEOLOGICA E QUESTIONI P OLITICHE

e che lo stesso potesse accadere in Europa orientale : la sfida, come si è detto nelle pagine precedenti, era anzitutto ideologica. Era, inoltre, possibile che l'eurocomunismo generasse una corrente di simpatizzanti in Europa centro­ orientale, con effetti sociali e politici potenzialmente destabilizzanti. I timori riguardavano, infine, anche la situazione italiana: né a Mosca, né altrove nel blocco socialista si guardava favorevolmente al coinvolgimento possibile del PCI nel governo, un evento che avrebbe decretato il successo dell'eurocomu­ nismo e il fallimento del comunismo sovietico tra le fila del partito comuni­ sta più potente in Europa occidentale. Nel I975-76, in realtà, l'ascesa elettorale dei partiti comunisti in Italia, in Francia e in Finlandia appariva ancora come un segno del progresso del socialismo: di eurocomunismo non si parlava, si alludeva semmai alle «de­ viazioni » o agli « atteggiamenti opportunisti » di « alcuni partiti »35• Volen­ do evitare una rottura con il PCI, i governi del Patto di Varsavia elaborarono una strategia basata sulla smentita: si evitava l'uso di quel termine, si negava la veridicità dell'accordo fra i comunisti italiani, francesi e spagnoli, si atten­ deva, come di fatto avvenne, che quel presunto fenomeno politico, con tutte le sue implicazioni, inclusa la presa di distanza dal trattamento dei dissidenti nei paesi socialisti, si esaurisse prima che potesse avere un nome. Ponomarev accennava, con una formula particolarmente contorta, alla strumentalizza­ zione dei «punti di vista delle leadership di alcuni partiti comunisti nei paesi capitalisti su questioni relative all' internazionalismo proletario e alla loro analisi del socialismo reale », un modo vago e tortuoso per sottrarre i partiti comunisti occidentali a una critica diretta e accusare i socialdemocratici di manipolazione36• Alla Conferenza di Berlino, si parlava di « divergenze di opinione » e « tendenze centrifughe » 37• Altre formule per eludere la defi­ nizione di eurocomunismo, e impedire che questo diventasse un concetto compiuto, facevano riferimento al « cosiddetto modello socialista europeo-

3S· Cfr. ad esempio : BA, SAPMO, Biiro Axen, IV 2/2.o3s/ 92, Einschatzung der Gemein­ samen Erklarung der Franzosischen Kommunistischen Partei und der Italienischen Kommu­ nistischen Partei vom I'J. November I975; SAPMO, Biiro Hager, IV B2/2.024h39· Bericht uber den XXII. Parteitag der Franzosischen Kommunistischen Partei vom 4· bis 6. Februar I976, 12 febbraio 1976; SAPMO, Biiro Axen, IV 2/2.03Si3S· Bericht uber die Berliner Konfirenz der Kommunistischen und Arbeiterparteien Europas, 29-30 giugno 1976; SAPMO, Biiro Axen, IV 2/2.03Sh2, Niederschrift uber ein internes Treffin derfor internationale und ideologische Fragen verantwortlichen sekretare des ZK der KPdsu, BKP, P VAP, SED, USAP, KPC, am r. Marz I977 in Sofia. 36. BA, SAPMO, Biiro Hager, DY 30, IV B2/2.024/I38, Information an das PB des ZK der SED. Ber/in, den 29.0I.I976, discorso di Boris Ponomarev, cit. 37· BA, SAPMO, Biiro Axen, IV 2/2.03 Si3S· Bericht uber die Berliner Konfirenz der Kom­ munistischen und Arbeiterparteien Europas, cit.

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occidentale » , oppure, successivamente, alle « tendenze neo-riformiste pre­ dominanti nell' idea di "Eurocomunismo" » . I partiti est-europei si contrap­ ponevano all' idea che quel modello esistesse davvero e potesse rappresentare seriamente un'alternativa alla democrazia socialista38• A cavallo fra retorica e realtà, la Stasi nel 1 9 77 tentava una prospettiva teorica sull'eurocomunismo, definendolo come «la variazione anti-sovietica [ . ] di un gruppo esclusi­ vo di partiti comunisti europei nell' interesse dell' integrazione imperialista dell'Europa occidentale »39• Hermann Axen spiegava le ragioni dell'eurocomunismo motivandole sia con i cambiamenti politici interni in Italia, in Francia e in Spagna, che favorivano in ogni caso un coinvolgimento più ampio dei partiti comunisti nei programmi di governo; sia con la precedente espansione della base elet­ torale del PCI e del PCF, che li aveva rafforzati, ma allo stesso tempo aveva diluito la coesione ideologica; sia infine con la distensione internazionale, che aveva legittimato varie forme di dialogo, fra Stati, così come fra partiti diversi40• Contro la sfida ideologica, dunque, il blocco sovietico mise in atto una strategia difensiva e di attesa. Nel giro di un paio d'anni, in effetti, il PCF dimostrò l' inconsistenza dell' intesa con i comunisti italiani, ma il feno­ meno - che nel frattempo aveva acquistato un nome anche nei documenti della SED -, invece di scemare, diventò un 'altra delle tante angosce che tormentarono il blocco socialista negli anni della crisi del riarmo nucleare in Europa. In realtà, il problema si era già rivelato più complesso di quanto non lo fossero le dispute ideologiche che avevano da sempre caratterizzava­ no il movimento comunista internazionale: la contrapposizione fra gli eu­ rocomunisti e i governi dei paesi socialisti sulla questione dei diritti umani era un tema politico fondamentale dato che questo punto era al centro della campagna anticomunista in Europa occidentale41• Non era più in gioco solo ..

38. Cfr. a questo proposito i commenti di Ponomarev alla riunione dei segretari respon­ sabili per l'Ideologia e gli Affari internazionali dei paesi del Patto di Varsavia che si svolse a Sofia nel marzo del 1977: BA, SAPMO, Biiro Axen IV 2/2.035/22, Niederschrift uber ein internes Treffin derfor internationale und ideologische Fragen verantwortlichen Sekretdre des ZK der KPdSU, BKP, PVAP, SED, USAP, KPC, ci t. 39· BStU, Mfs, HA IX 1 8 1 83 , Ampia analisi sull'eurocomunismo, materiale interno del partito basato su fonti differenti: comprende tra l'altro dichiarazioni pubbliche di Berlin­ guer, articoli di Pelikan, resoconti della Conferenza di Berlino del giugno 1976. Analizza diversi aspetti dell'eurocomunismo: le radici teoriche, quelle politiche, la sfida ideologica e le sue implicazioni politiche. Senza data ( probabilmente inizi del 1977 ) . 40. BA, SAPMO, Biiro Axen, IV 2/2.03 5/22, Ausjù.hrungen des Genossen Axen: Zu aktu­ ellen Problemen des Kampjès der Kommunistischen Bewegung, 1 marzo 1978. 41. Archivio centrale dei documenti moderni ( da ora in poi AAN), Varsavia, LXVI-sss. Telegramma da Koln Nr. 2727/I, 20jèbbraio 1977· Colloquio con Herbert Mies, nel quale

6. QUESTIONE IDEOLOGICA E QUESTIONI POLITICHE

un modello teorico, ma la stabilità di regimi per i quali la sicurezza interna era un problema costoso e spinoso, il consenso era fluido e il dissenso dif­ ficile da arginare. Ciononostante, prevalse l'esigenza di evitare un dissidio irrimediabile con i comunisti occidentali. Nel I979 i paesi del Patto di Varsavia accettava­ no il diritto di ciascun partito comunista di introdurre revisioni di carattere ideologico, purché circoscritte : questo diritto venne esplicitamente rico­ nosciuto, tra l'altro, da Ponomarev alla Conferenza di Sofia del dicembre I97842.. Nel marzo del I979 la Stasi dedicava un'analisi al PCI e all 'eurocomuni­ smo riportando l 'opinione diffusa in alcuni ambienti del governo tedesco­ occidentale. Qui si riconosceva che nel PCI era in atto un cambiamento re­ ale. Il partito di Berlinguer veniva descritto come l'unico partito comunista che nel tempo avesse sviluppato una prospettiva teorica solida, rivedendo le concezioni politiche e ideologiche tradizionali. Da questo punto di vista sia il compromesso storico, sia la "terza via" adottata al quindicesimo congresso del partito andavano interpretati non come una rottura con il passato, ma in linea di continuità con l 'evoluzione precedente del PCI e con la « via italiana al socialismo» di Togliatti4\ È interessante che in un momento nel quale in Europa occidentale si dava ormai poco credito all'eurocomunismo, il ministero per la Sicurezza raccogliesse invece le opinioni e i commenti di fonti della Germania Ovest che credevano - o lasciavano credere ai loro interlocutori nella Germania Est - che negli anni a venire i tre partiti oc­ cidentali ( PCI, PCF e P CE) sarebbero stati costretti a seguire quel percorso politico, poiché non vi era un'alternativa per loro nell' Europa dell 'Ovest. In politica interna, ciò significava prepararsi a diventare partiti di governo; in politica estera, implicava il distacco dall ' Unione Sovietica e la parteci­ pazione attiva all' integrazione europea. Il PCI effettivamente adottò en­ trambe le soluzioni, e proprio sulla politica estera la rottura con l ' Unione Sovietica divenne insanabile. I rischi potenziali dell'eurocomunismo erano osservati con accresciuta il presidente del Deutsche Kommunistische Partei (DKP) commentava l'eurocomunismo. L'autrice ringrazia il prof. Oliver Bange per averle dato accesso al suo archivio privato, che comprende tra l'altro i documenti dellAAN citati in questo saggio, e per aver contribuito a fare luce su molti aspetti della storia della DDR affrontati in questo volume. 42. AAN, LXXVI-n, Rapporto polacco sulla Conferenza teoretica internazionale "La costruzione del Socialismo e del Comunismo nel processo di sviluppo globale" di Sofia, I2-I5 di­ cembre If)73, Varsavia, 10 gennaio 1979. 43· BStU, Mfs, HVA 76. Auskunft uber die Politik und innerparteiliche Situation der lta­ lienischen Kommunistischen Partei (IKP) unter besonderer Berucksichtigunggegnerischer Wer­ tungen und Aktivitiiten, I6. Miirz I979·

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attenzione : sempre da fonti tedesco-occidentali il Mfs riceveva informazioni poco rassicuranti. Ci si può attendere che le opportunità dell' Unione Sovietica di esercitare la sua influenza sull' Eurocomunismo si ridurranno e che, invece, quest'ultimo darà il suo contributo considerevole alla "liberalizzazione" dei paesi socialisti44•

Nel frattempo, la politica estera del PCI assumeva contorni opposti a Ovest e a Est. In Europa occidentale si riteneva che il partito sostenesse ancora, e che avrebbe continuato ad appoggiare la politica estera sovietica, nonostan­ te la distensione fosse già entrata, agli inizi del 1 979, in una fase di profonda crisi. Il Mfs ovviamente era a conoscenza di questa opinione diffusa, dai suoi informatori al di là della cortina di ferro45• Nell'ottobre del 1 9 78 Ber­ linguer si era recato a Mosca per appianare le tensioni. Qui aveva trovato l'approvazione dei sovietici al compromesso storico, anche se in quel mo­ mento l'alleanza con la Democrazia cristiana era stata già scossa fortemente dal rapimento e dall 'uccisione di Aldo Moro. Dal punto di vista sovietico, il compromesso storico era a maggior ragione condivisibile non solo come ipotesi teorica, ma soprattutto come esperienza politica, dato che proprio la formula della solidarietà nazionale e dei governi delle astensioni stava erodendo il successo elettorale del PCI e stava dando prova dell' inconsi­ stenza della proposta politica di Berlinguer (a vantaggio di un possibile riallineamento all' URSS ) . Fallita anche l'alleanza con il PCF e rivelatesi tutte le ambiguità dei comunisti francesi sull' integrazione europea, anche l'eurocomunismo sembrava destinato a disgregarsi senza alcun intervento da parte di Mosca. Ciononostante, nel 1979-80 si verificò un'altra transizione nelle relazio­ ni fra il PCI e i partiti comunisti orientali. La crisi della distensione apriva scenari catastrofici al di qua e al di là della cortina di ferro, mettendo a ri­ schio tanto la sicurezza, quanto le relazioni economiche e commerciali tra le due parti dell' Europa. Di fronte all 'inasprirsi delle tensioni in Europa, al mutamento dell'equilibrio nucleare fra il Patto di Varsavia e la NATO e alle politiche di riarmo delle rispettive alleanze, i comunisti a Ovest e a Est si ritrovarono schierati su posizioni molto diverse. La leadership di Berlinguer confermò una politica estera con ampi margini di autonomia, che si basa­ va da un canto sul pieno riconoscimento dell' integrazione europea e sulla partecipazione attiva al Parlamento europeo; dall'altro su un atteggiamento

44· Jbid. 45· Ibid.

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173

critico nei confronti della politica estera sovietica e sulla presa di distanza tanto dalla NATO, quanto dal Patto di Varsavia46• Berlinguer giudicava infondate le ragioni dell' intervento sovietico in Afghanistan e in una conversazione molto accesa con Axen durante la sua visita in Italia nel giugno I98o lo affermò apertamente. Di fronte al tema avanzato dal politico della DDR, che Mosca fosse intervenuta in difesa della rivoluzione in Afghanistan, Berlinguer commentava seccamente: « Quando le rivoluzioni conducono a questi risultati, sarebbe meglio rinunciarci ! ». E ancora, « Siete proprio sicuri che questa fosse una rivoluzione ? Non vi è sta­ to coinvolgimento di massa » 47• Nella stessa occasione, le dichiarazioni di Berlinguer sfatarono anche il mito del contributo dell' Unione Sovietica alla pace e alla distensione in Europa: il leader del PCI biasimò Mosca per avere avviato, con l' installazione degli ss-2o, una politica di riarmo che diffonde­ va il terrore di un conflitto nucleare in Europa e confermò la responsabilità dell' Unione Sovietica, condivisa con la NATO, per il montare della tensione internazionale e del rischio nucleare. L'anno successivo, nel novembre del I 9 8 I, Berlinguer critic ava duramente l' Unione Sovietica per aver contribui to alla crisi della distensione internazionale e per aver dato priorità alla politica di potenza in Africa e in Asia48• Nonostante l'opposizione del PCI all'installazione degli euro missili in Italia e, prima ancora, alla dual-track decision della NATO nel I 979, gli eventi di quell'anno misero in luce la distanza fra la linea del PCI e la politica estera sovietica e rivelarono l' imbarazzo dei comunisti italiani di fronte agli appelli del PCUS alla solidarietà dei comunisti occidentali, alla mobilitazione e al supporto della campagna pacifista organizzata da Mosca49• Quegli appelli facevano parte di una vera e propria strategia difensiva che il Cremlino co46. Cfr. ad esempio : BA, SAPMO, Biiro Axen, IV 2/2.035/102, Rapporto della SED sulla visita di H Axen in Italia (18-20 giugno 1980 ); Discorso di Berlinguer alla Camera dei De­ putati, 16 novembre 1983, in M. L. Righi ( a cura di ) , Enrico Berlinguer. Discorsi parlamentari {Ig63-Ig34). Camera dei deputati, Roma 2001, pp. 298-304; Barbagallo, Enrico Berlinguer, cit., pp. 406-7. 47· BA, SAPMO, Biiro Axen, IV 2/2.0 35/102, Rapporto della SED sulla visita di H Axen in Italia (18-20 giugno 1980), Anlage IO: Vermerk uber das Gesprach zwischen dem General­ sekretar der IKP, Enrico Berlinguer, und dem Mitglied des Politburos und Sekretar des ZK der SED, Hermann Axen am 20. funi Ig3o in ZK der IKP, pp. 14-5. 48. Barbagallo, Enrico Berlinguer, cit., pp. 406-7. Alle responsabilità dell'Unione Sovie­ tica nella crisi della distensione, Berlinguer fece riferimento anche alcuni anni dopo, durante l'incontro a Berlino Est con Honecker del dicembre 1983: BA, SAPMO, Biiro Honecker, DY 30, 2450 ( fiche 2), Abt. Internationale Verbindungen, Berlin. Colloqui Honecker-Berlinguer, 12 dicembre 1983. 49· BA, SAPMO, Biiro Axen, DY 30, IV 2/2.035/71, Axen a Honecker, "Das ZK der KPd­ SU hat sich mit einem Schreiben an die kommunistischen und Arbeiterparteien Westeuropas

1 74

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ordinava con gli altri governi del Patto di Varsavia, e della quale si discusse, tra l'altro, alla riunione dei segretari per gli Affari internazionali di Budapest pochi giorni prima della visita di Axen in Italia, orientata a trovare in Europa occidentale, tra le forze politiche e i movimenti contrari alla doppia deci­ sione, tutti i possibili sostenitori di una mobilitazione «pacifista » e « anti­ nucleare »50. Il movimento pacifista in Italia veniva descritto, al contrario, dalla Stasi come disorganizzato, diviso, male informato sulle iniziative pro­ mosse dall' Unione Sovietica e complessivamente incapace di svolgere una reale opposizione al governo: al PCI si attribuiva la responsabilità principale per l'assenza di leadership nel movimento. La crisi polacca, infine, acuì la sensazione dei partiti comunisti orientali che il PCI stesse rischiando di provocare una scissione all'interno del movi­ mento comunista internazionale. L' interpretazione degli eventi in Polonia da parte della Direzione del PCI, nel dicembre I 9 8 I, come il segno di una crisi sistemica del socialismo sollevò reazioni negative: la presa di distanza del partito italiano dalla teoria della "sovranità limitata" e gli altri suoi commenti sembrarono un attacco diretto al Partito comunista polacco e un'aggressione indiretta a tutti i paesi socialisti. Secondo la SED, il partito di Berlinguer confermava così il suo allontanamento definitivo dal socialismo reale, sia sul piano ideologico, sia su quello politico anche se, per evitare effetti contro­ producenti e imprevedibili, all'apice della crisi i partiti comunisti orientali vollero evitare una rottura aperta con il PCI51. Proprio nel momento in cui sembrava necessario schierarsi, il segretario del partito italiano accentuava una visione della politica estera allo stesso tempo equidistante nel riconoscere le responsabilità di tutte e due le super­ potenze per le tensioni internazionali e non allineata, cioè pronta a prendere le distanze dalle decisioni di entrambe52.. In questa concezione, ampio spazio era dedicato alla politica europea del PCI, che segnò una differenza impor­ tante fra il partito italiano e quello francese, rimasto a lungo essenzialmente antieuropeista. Secondo la Stasi: gewandt [... ]", 9 ottobre 1979; BA, SAPMO, Biiro Axen, DY 30, IV 2/2.035/71, Brief an die kommunistischen und Arbeiterparteien der nichtsozialistischen Ldnder, 3 agosto 1982. so. BA, SAPMO, Biiro Axen, DY 30, IV 2/2.03 5123. Bericht uber das Treffin derfor inter­ nationale Fragen verantwortlichen Sekretdre des ZK der KPdsu, BKP, PVAP, SED, USAP, KPC, ci t. 51. Cfr. ad esempio : BStU, Mfs, HA n, 40497, Nota informativa, materiale interno della SED, senza autore, né data ( probabilmente, gennaio 1982 ) : commenti sulla riunione della Direzione del PCI del 29 dicembre 1981 e sulle riunioni del Comitato centrale del PCI dell' 11 e 13 gennaio 1982. Cfr. anche, AAN, LXXVI-12, Nota informativa del Partito operaio unificato polacco sullo stato delle reazioni dei partiti comunisti nei paesi capitalisti agli eventi in Po­ lonia in agosto-settembre, 19 80, Varsavia, 27 ottobre 1980. 52. Su questo tema cfr.: Fasanaro, Neither in One Bloc, nor in the Other, cit., pp. 163-76.

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La leadership del PCI s i è data l'obiettivo d i raggiungere una trasformazione de­ mocratica graduale della CE dal suo interno, in stretta cooperazione con altre forze politiche e sociali e in accordo con un "compromesso storico" a livello europeo53•

Dal punto di vista di Berlinguer, l' integrazione europea rappresentava un progresso fondamentale per i comunisti occidentali. Sin dal I975, egli aveva messo in evidenza la necessità di una prospettiva internazionale innovati­ va, basata sulla cooperazione istituzionale per far fronte ai nuovi problemi "globali", una visione a metà fra realismo e idealismo che da un canto legava i mutamenti interni del PCI alle trasformazioni della Comunità europea, dall'altro vagheggiava la creazione di un "governo mondiale", anticipando scenari successivi alla fine della Guerra fredda54• In un caso e nell 'altro, si trat­ tava di una visione straordinariamente lucida sulla velocità e la profondità dei cambiamenti in corso in quelli che, molto più avanti, gli storici avrebbero definito i "lunghi anni Settanta", anche quando le soluzioni prospettate per fronteggiare quei cambiamenti erano puramente idealistiche.

53· BStU, Mfs, HVA, 76, Auskunft uber die Politik und innerparteiliche Situation der ita­ lienischen kommunistischen Partei {IKP) unter besonderer Berucksichtigunggegnerischer Wer­ tungen und Aktivitaten, ci t. 54· E. Berlinguer, La politica internazionale dei comunisti italiani, If)75-76, Editori Riuniti, Roma 1976, pp. 13-8.

7 Alla ricerca di una nuova distensione (19 83-8 5 )

La storia delle relazioni fra Est e Ovest negli anni Ottanta rimane ancora in buona parte inesplorata: riguarda eventi ancora recenti nella memoria e nel vissuto degli europei; viene letta e interpretata per lo più attraverso forti frammentarie. Una periodizzazione coerente, tuttavia, è possibile ed esiste già. La transizione difficile in Unione Sovietica, funestata dai gravi proble­ mi di salute e dall'età avanzata dei successori di Breznev, Jurij Andropov e Konstantin C ernenko, e il successo di Gorbaciov nel 1985 segnano nel blocco orientale una divisione "naturale" fra la prima e la seconda metà del decen­ nio. L'ascesa politica di Ronald Reagan negli Stati Uniti e i suoi due mandati, insieme alla parabola della politica di riarmo nucleare dell 'Alleanza atlantica consentono allo storico di dividere, anche per il blocco occidentale, gli an­ ni Ottanta in due archi cronologici coerenti. Le trasformazioni interne alla Comunità europea, infine, con l'affermarsi di nuove personalità politiche in Gran Bretagna, in Francia, più tardi nella Germania federale e in Italia, e con l'accelerazione impressa al mercato unico e alle riforme istituzionali culmi­ nata nell'Atto unico europeo del 19 8 6, tracciano un'altra linea cronologica che separa la prima metà del decennio dalla seconda. I primi anni Ottanta furono, dal punto di vista dei rapporti Est-Ovest, il tempo dell' incertezza, della rinnovata paura di un conflitto nucleare, del sospetto, di un nuovo confronto ideologico sempre meno fondato su basi filosofiche, sempre meno ispirato da contrapposizioni identitarie e sempre più guidato, invece, dalle necessità immediate della propaganda, dal bisogno di coinvolgere l'opinione pubblica sulle rispettive posizioni riguardo ai temi della sicurezza e della difesa. La normalizzazione dei rapporti fra l' Europa occidentale e il blocco socialista fu minacciata dalla crisi del riarmo nucleare europeo e dalla contrapposizione fra la nuova amministrazione statunitense guidata da Reagan e il Cremlino, un processo che gli storici hanno letto come un ritorno ai toni, agli schemi di comportamento e alle percezioni recipro­ che degli anni più duri della Guerra fredda che la distensione aveva invece temporaneamente modificato. La seconda guerra fredda, tuttavia, non è una

LA DDR E L' ITALIA

chiave di lettura del tutto convincente: essa viene rimessa in discussione, ad esempio, dagli studi sui rapporti fra i due Stati tedeschi, che sottolineano, in antitesi, la perdurante ricerca della distensione, così come dall'osservazione delle relazioni economiche e commerciali in Europa fra gli Stati occidentali e i paesi socialisti, che rivelano una collaborazione efficace, in alcuni casi un' interdipendenza, alla quale imprenditori e governi non vollero, né forse potevano, sottrarsi. Ostpolitik e Westpolitik erano due facce di un percorso politico con tempi e dinamiche proprie, che si adattò alla fine della distensio­ ne internazionale, sopravvisse alla crisi del riarmo nucleare in Europa e pro­ gredì anche in virtù di una crescente assuefazione economica e finanziaria della DDR alla RFT 1 • Il paradigma della seconda guerra fredda, inoltre, cede anche di fronte alla pressione esercitata sui governi occidentali - e in maniera indiretta anche in Europa orientale - dai movimenti pacifisti, che prolifera­ rono e si ramificarono come espressione di una nuova mentalità post-Guerra fredda e restrinsero i margini di manovra dei rispettivi governi, anche se non riuscirono a impedire che la doppia decisione del Consiglio atlantico venisse portata avanti. Pace e liberta divennero le parole chiave di un dibattito pubblico sempre meno nazionale, sempre più europeo, nel quale il confronto fra socialismo e capitalismo declinava e la questione ideologica, intesa come ropposizio­ ne fra modelli di sviluppo filosoficamente, politicamente e storicamente divergenti e la presunta superiorità dell'uno sull'altro, perdeva rilevanza di fronte all' indebolimento dei regimi socialisti da un canto, al rischio di una delegittimazione della politica di difesa dei governi occidentali da parte di un'opinione pubblica dissonante dall 'altro, e infine all'esigenza degli euro­ pei di proseguire sulla strada della distensione con l' Unione Sovietica per motivi economici. La questione ideologica, che era stata alla base tanto del containment, quanto della coesistenza competitiva, si ritrovava ora più che mai confinata alla sfera della propaganda, non la propaganda "astuta", basata su "argomen­ ti scientifici" come auspicato dai sovietici nel 1 973\ ma quella ridondante 1. O. Bange, 'Xeeping Détente Alive': lnner-German Relations under Helmut Schmidt andErich Honecker, 1974-19S2, in L. Nuti ( ed. ) , The Crisis ofDétente in Europe: From Helsinki to Gorbachev, 1975-1935, Routledge, London 2009, pp. 230-43. Cfr. anche O. Bange, P. Villau­ me, The Long Détente: Changing Concepts ofSecurity and Cooperation in Europe, 1950S-19Sos, Centrai European University Press, Budapest-New York 2016. 2. BA, SAPMO, Bi.iro Hager, IV B2/ 2.024/129, Protokoll uber den Meinungsaustausch der Mitglieder des Politburos und Sekratare des ZK [. .. ] Kurt Hager und Werner Lamberz, mit [... l Piotr Demitschew, uber Fragen der weiteren Zusammenarbeit zwischen KPdsu und SED aufdem Gebiet der ideologisch-theoretischen Arbeit am 4./5. juli 1973 in Moskau, Berlin, 10 luglio 1973.

7· ALLA RICERCA DI UNA NUOVA DISTENSIONE (1983-85)

179

e assordante che attraversava l' Europa da Est a Ovest e viceversa. La fine della questione ideologica, in effetti, non significava che l' ideologia fosse diventata un tema irrilevante, al contrario di essa si nutrivano la stampa, la pubblicistica e i media europei più che in altri periodi della Guerra fredda. Vuoi dire, invece, che venivano meno i presupposti per la piena affermazione di un modello occidentale coerente sul socialismo sovietico e che, a maggior ragione per i paesi socialisti, veniva meno la presunzione di superiorità del loro modello di sviluppo: l' interazione con i paesi dell'Europa occidentale si trasformava gradualmente in una vera e propria dipendenza. Le relazioni fra la DDR e l' Italia sono state sin qui interpretate come uno dei casi particolari della Guerra fredda, che rispecchiavano le opportunità e le esigenze di due potenze regionali, strategicamente rilevanti nei rispettivi sistemi di alleanze, e tuttavia perennemente condizionate nella loro politica estera da problemi interni economici e politici. L'osservazione dei loro rap­ porti nel primo arco degli anni Ottanta, oggetto di questo ultimo capitolo, conferma la peculiarità della loro storia nel contesto più ampio della seconda guerra fredda, alla quale corrispondeva, in una contraddizione solo appa­ rente, una lunga, quasi ininterrotta distensione fra l'Europa occidentale e il blocco socialista. Fra il I983 e il I985 si svolsero le prime visite ufficiali: rispettivamente, quella di Craxi a Berlino Est nel luglio del I984, la prima volta di un presi­ dente del Consiglio italiano nella DDR, e quella di Honecker in Italia alla fine di aprile del I985, il primo viaggio del leader della Germania Est in un paese della NATO e della CEE. Anche la DDR e l' Italia perseverarono nel rilancio della politica di di­ stensione, nonostante l' immutato allineamento della DDR alla politica di ri­ armo sovietica e il coinvolgimento diretto dell' Italia nell' installazione degli euromissili in Europa. Proprio per questa ragione, anzi, i rapporti con Roma apparivano più che mai rilevanti. Per l' Italia, invece, dato che la contrap­ posizione fra i due blocchi si traduceva in una recrudescenza delle tensio­ ni politiche interne, il ritorno alla distensione significava anche allentare la pressione interna. La Germania Est restava un interlocutore controverso per le stesse ragioni che avevano condizionato le relazioni con l' Italia negli anni precedenti - il rapporto esclusivo con la RFT, il progressivo indebitamen­ te accompagnato da una scarsa competitività sul piano tecnologico e dalla dipendenza energetica dall' Unione Sovietica, l' instabilità sociale e la persi­ stente repressione delle libertà politiche -, ma il governo italiano apprezzava il fatto che essa mantenesse l'ambizione di svolgere un ruolo attivo nella po­ litica europea, sempre meno mediato da Mosca, e che la sua stessa esistenza permettesse di ridimensionare la leadership europea dell'altra Germania.

180

LA DDR E L' ITALIA

7· 1 Continuità: perché l ' Italia era sempre importante ? L'attenzione immutata della DDR verso l' Italia era motivata anzitutto dall'e­ voluzione della situazione politica interna dai governi di solidarietà nazio­ nale al nuovo centrosinistra guidato da Bettino Craxi. Ali' indomani delle due crisi che nel dicembre del I 979 fecero temere un ritorno alle tensioni più aspre della Guerra fredda, i colloqui fra i dirigenti della SED in visita in Italia nel giugno del I98o e i vertici del PCI segnarono divergenze profonde fra i due partiti. La posizione dei comunisti italiani sulla crisi polacca servì ad allontanarli definitivamente: nei primi anni Ottanta il PCI continuava a essere un tema rilevante nella documentazione della DDR sull' Italia, ma l'attenzione del governo della Germania Est per le vicende interne italiane si spostava chiaramente sulla crescita del Partito socialista italiano e sulla rico­ struzione dell'alleanza tra questo e la Democrazia cristiana. La politica estera del PSI, inoltre, convergeva con quella della S PD e il partito italiano, dopo l'affermazione della nuova leadership di Craxi, acquistava progressivamente una posizione di spicco nell' Internazionale socialista\ in un momento nel quale la coesione tra quelle forze politiche era determinante per la realizza­ zione della doppia decisione e l'effettiva installazione degli euro missili in Italia e nella RFT. Nel frattempo sulla politica estera dei socialisti italiani e dei socialdemocratici nella RFT pesavano il forte coinvolgimento dell'opinione pubblica europea e l'opposizione alle politiche di riarmo, un problema che mise alla prova la solidità della SPD e di conseguenza aprì spazi di manovra nuovi alla propaganda pacifista filosovietica promossa dalla DDR tanto in Europa orientale, quanto in Europa occidentale. La continuità del rapporto con l' Italia derivava inoltre da una serie di circostanze che avevano a che fare sia con il ruolo della DDR nel blocco so­ cialista, sia con gli sviluppi della situazione internazionale4• In primo luogo, come si è detto, sulle relazioni con i paesi occidentali pesava sempre meno la contrapposizione ideologica: la DC e gli altri partiti conservatori prima, il centrosinistra di Craxi e Andreotti poi, erano interlocutori diretti e favoriti per i vertici della SED ; il ruolo di mediazione svolto in passato dal PCI si era 3· Su questo tema: G. Bernardini, "Unser Freund Craxi": la socialdemocrazia tedesca ed i mutamenti del sistema politico italiano, I974-I9JS, Annali della Fondazione Ugo La Malfa, Roma 2006, pp. ISI-8o; A. Spiri ( a cura di ) , Bettino Craxi, il socialismo europeo e il sistema internazionale, Marsilio, Venezia 2006. 4· Sui nodi della politica estera tedesco-orientale negli anni Ottanta: H. \Ventk.er, Aus­ senpolitik in engen Grenzen. Die DDR im internationalen System I949-I9S9, Oldenbourg Ver­ lag, Miinchen 2007, pp. 477 ss.

?· ALLA RICERCA DI UNA NUOVA DISTENSIONE (1983-Ss)

esaurito gradualmente dal riconoscimento internazionale in poi e nel I98o era ormai un ricordo. In secondo luogo, la Germania Est soffriva di un'in­ sanabile insicurezza nel rapporto con l'Unione Sovietica, nel quale incom­ prensioni sempre più rilevanti si manifestarono sin dalla prima revisione del regime dei prezzi delle materie prime all' interno del Comecon nel I975 e poi crebbero con i tagli negli approvvigionamenti petroliferi imposti da Mosca nel I 9 8 1. Parallelamente, la DDR osservava le divergenze interne al blocco occidentale come un'opportunità per ampliare i propri spazi di manovra. Qui, la Ostpolitik economica della RFT, della Francia, dell' Italia, della Gran Bretagna e di altri paesi occidentali da un canto inaspriva la competizione fra gli alleati, dall'altro allargava il divario fra gli europei e le richieste degli Stati Uniti5• In terzo luogo, l' interruzione dei negoziati di Ginevra nell 'autunno del I983 e la conferma da parte italiana della disponibilità a procedere con l' installazione degli euromissili resero fondamentale per la Germania Est il dialogo con l'altra Europa, quella non-socialista e fortemente atlantista ma che, allo stesso tempo, restava ancorata alla politica di distensione, sosteneva la Ostpolitik e aveva un ruolo attivo nella CEE. L' Italia riassumeva queste caratteristiche, e allo stesso tempo negli anni di Craxi ambiva a proteggere questi interessi con maggiore indipendenza sia dai vincoli dell 'Alleanza at­ lantica, sia da quelli ancora più importanti dell'amicizia di lungo periodo fra Roma e Bonn6• Il governo tedesco-orientale percepiva un cambio di passo nella politica estera italiana: una sicurezza e una capacità di mediazione sostenute da una rinnovata credibilità, anche a Mosca, e margini di manovra più ampi nelle relazioni con i propri alleati. Come ricorda Leopoldo Nuti, nei mesi che seguirono la formazione del primo governo Craxi, il nuovo presidente del Consiglio intensificò i contatti e le iniziative diplomatiche in Europa occi­ dentale, negli Stati Uniti e in Unione Sovietica e fu al centro di uno scambio di proposte per la prosecuzione dei negoziati di Ginevra che si immaginava sarebbero falliti non appena fosse iniziata l' installazione degli euro missili. Andropov gli scrisse riproponendo come base negoziale la riduzione del­ le forze sovietiche di medio raggio in cambio dell' inserimento delle forze nucleari inglesi e francesi nel negoziato. La risposta di Andropov a Craxi fu chiara : la proposta non era accettabile perché avrebbe legittimato una superiorità strategica di fatto dell' Unione Sovietica. L'episodio, tuttavia, è s. BStu, Mfs, HVA, Nr. Ss, Wirtschaftspoliti.rche Infonnationsubersicht Nr. g/7S, 6. Okto­ ber I!)7S. 6. Su questo tema, cfr. ad esempio: S. Colarizi et al (a cura di), Gli anni Ottanta come storia, Rubbettino, Soveria Mannelli 2004; E. Di Nolfo (a cura di), La politica estera italiana negli anni Ottanta, Piero Lacaita Editore, Manduria 2003.

LA DDR E L' ITALIA

importante perché dimostra che a Mosca si tentava di spingere l' Italia a me­ diare ed eventualmente a rinviare l' installazione dei missili sul suo territorio per dare un'opportunità in più al negoziato. Lo stesso governo italiano, no­ nostante la risposta secca ai sovietici e la conferma agli Stati Uniti che non vi sarebbero state dilazioni nella messa in atto della doppia decisione, suggeriva al presidente americano che venissero avanzate nuove proposte a Ginevra e che le trattative proseguissero anche dopo l' inizio dell' installazione?. Anche se è probabile che buona parte di questa vicenda fosse sconosciuta al governo della DDR, l'atteggiamento dei sovietici verso il governo italiano senz'altro non lo era. In ogni caso, nella Germania Est l' immagine dell ' I­ talia passava, fra il 1 978-79 e il 1983, da quella di un paese sotto pressione costante da parte degli Stati Uniti e degli alleati più forti in Europa, frenato da una crisi economica che lo poneva ai margini della Comunità europea e da una politica orientale troppo timida, che non rispecchiava il dinamismo e gli interessi degli imprenditori italiani in Europa dell'Est, a quella di un pa­ ese in grado di influenzare l'andamento dei negoziati per impedire il riarmo dell' Europa occidentale.

7· 2 Ost e Westpolitik nel clima degli anni Ottanta Roma e Berlino Est condividevano almeno due obiettivi: il ritorno a una politica di distensione fra i due blocchi, e il proseguimento della Ostpolitik. Secondo la prospettiva italiana, il dialogo con i paesi occidentali assicurava alla DDR il consolidamento del consenso interno e la possibilità di riaffer­ mare la propria identità nazionale8, due elementi essenziali per l'esistenza stessa della DDR. La convergenza di vedute fra i due governi sulla necessità di ritornare alla coesistenza pacifica in mancanza di ogni ulteriore « alternativa ragionevole » era un tema centrale dei contatti bilaterali, messo in evidenza, tra l'altro, da Erich Honecker sia nei colloqui di Berlino con Craxi, sia nel corso della sua visita a Roma l'anno seguente9• Il governo italiano osservava, inoltre, un'evoluzione nei rapporti fra la 7· L. Nuti, La sfida nucleare. La politica estera italiana e le armi atomiche 1945-1991, il Mulino, Bologna 2007, pp. 38s-6. 8. Archivio della Fondazione Craxi, B. •ss/Fasc.39, Ufficio del consigliere diplomatico del presidente del Consiglio dei ministri, Nota sui rapporti bilaterali /talia-RDT in vista della visita diErich Honecker in Italia, 23-24 aprile 1985 (senza data, probabilmente 22 aprile 1985). 9· BA, SAPMO, DY 30/ 2450 (fìche 4). Biiro Honecker, Bericht uber den offiziellen Besuch des Generalsekretars des ZK der SED und Vorsitzenden des Staatsrates der DDR Erich Honecker vom 23. bis 24 Aprii 19S5 in der Italienischen Republik.

7.

ALLA RICERCA DI UNA NUOVA DISTENSIONE ( 1 983-Ss )

Repubblica democratica e l' Unione Sovietica verso una maggiore indipen­ denza, favorita tra l'altro dall' indebolimento della leadership sovietica: In cambio dell'assoluta fedeltà all' uRS S in tema di sicurezza e di rapporti di forza, Berlino pretende più ampi spazi di manovra in politica estera con particolare riguar­ do ai rapporti con la RFG e a quelli con l' Occidente'0•

Questa relativa autonomia della DDR in realtà non era tanto il frutto di un processo di emancipazione dall' Unione Sovietica, quanto il risultato del de­ clino progressivo dell ' intesa fra Berlino e Mosca. Come osserva Hermann Wentker, a partire dal I98I i due governi si allontanarono gradualmente ma in maniera continua. Il peso economico dei paesi satellite crebbe e, nella dif­ ficile transizione fra Breznev e Gorbaciov, l' URSS si mostrò sempre meno disposta a provvedere alle necessità economiche dei suoi alleati, soprattutto a mantenere immutati gli approvvigionamenti energetici. Le forniture di pe­ trolio sovietico alla Germania Est subirono tagli consistenti nel I 9 8 I e poi ancora nel I984, generando sgomento nei dirigenti della SED che temevano non solo - come è logico - le conseguenze economiche di questa nuova politica restrittiva di Mosca, ma soprattutto gli effetti imprevedibili di un abbassamento del tenore di vita della popolazione tedesco-orientale sulla sicurezza interna. Per quanto la Westpolitik restasse la cornice principale dei rapporti con la RFT, la paura di soccombere nel confronto con il tenore di vita e il benessere diffuso nella Germania Ovest si risvegliò dinanzi alla pro­ spettiva di dover applicare misure di austerità economica. L'allontanamento fra la DDR e l' Unione Sovietica, infine, riguardava anche un fronte del tutto diverso: l'allineamento sulle questioni ideologiche. Fino al I 984 la coerenza nell'interpretazione della dottrina marxista-leninista aveva tenuto insieme politiche e interessi nazionali profondamente diversi, come un collante in­ terno al blocco sovietico. L'affermazione della superiorità del socialismo so­ vietico era una questione vanificata ormai da anni dalla collaborazione e dal mutuo beneficio nella relazione con il capitalismo occidentale. Dopo l'arrivo al potere di Gorbaciov, nonostante restasse in vita la garanzia sovietica sulla continuità dello Stato tedesco-orientale, il pilastro della coesione ideologica vacillò pericolosamen te11• Mantenere la distensione con la RFT non rispondeva, dunque, solo all'e­ sigenza di tenere in vita il processo politico avviato da Brandt, che aveva favo10. Archivio della Fondazione Craxi, B. ISSIFasc.3 9, Ufficio del consigliere diplomatico del presidente del Consiglio dei ministri, Nota sui rapporti bilaterali Italia-RDT in vista della visita di Erich Honecker in Italia, cit. 11. \Ventker, Aussenpolitik in engen Grenzen, cit., p. 477·

LA DDR E L' ITALIA

rito la legittimazione internazionale della DDR e aveva allentato la pressione della conflittualità con l'altro Stato tedesco, ma negli anni Ottanta divenne anche uno strumento utile per mitigare gli effetti negativi della politica di tagli alle risorse energetiche e agli aiuti economici adottata dall' Unione So­ vietica verso i paesi alleati. Le relazioni economiche con la RFT si intensifica­ rono e si consolidarono attraverso due franche di credito molto importanti da Bonn a Berlino Est nel 1983 e nel 1984, e lo scambio con la liberazione di cittadini della DDR incarcerati per motivi politici (Menschenhandel) ll.. Alla luce di queste considerazioni sui nessi fra la dipendenza tradizionale della DDR dall ' Unione Sovietica, i nuovi vincoli economico-finanziari con la RFT e l'aspirazione più ampia a fare della distensione fra i due Stati tedeschi la base per giocare un ruolo - vero o presunto - di mediazione internazionale nelle relazioni Est-Ovest, si comprende meglio quanto fosse importante per Berlino Est avere in Europa occidentale una controparte come l' Italia che caldeggiava i medesimi obiettivi chiave : distensione e Ostpolitik.

7· 3 Lo sguardo del MfAA sulla politica estera del nuovo centrosinistra Dopo la crisi profonda che attraversò l' Italia alla fine degli anni Settanta, il rilancio della politica estera italiana si fondò sulla ricerca di una posizione di prestigio internazionale orientata anzitutto nelle direzioni tradizionali: la Comunità europea, il rapporto con gli Stati Uniti, il Mediterraneo. Le carte del MfAA, tuttavia, mostrano chiaramente l' importanza fino a oggi sottova­ lutata della politica orientale di Craxi e Andreotti. Alla metà degli anni Ottanta l' Italia appariva meno vulnerabile rispet­ to ai mutamenti della situazione internazionale, concretamente impegnata nella ricerca di un nuovo equilibrio distensivo fra i due blocchi, nonostante l' incremento della spesa militare, e meno condizionata nelle proprie scelte dal confronto con i propri alleati, cioè dalla competizione in alcuni campi e dalla dipendenza in altri. Il ministero degli Esteri della DDR sottolineava, nel marzo 1 981, il ruolo dell' Italia nel Mediterraneo e prevedeva che la sua posizione strategica avreb­ be acquistato negli anni a venire un'importanza crescente nella difesa del fianco sud della NATO. L' Italia contribuiva attivamente al « rafforzamento del potenziale aggressivo della NATO », anche se questo significava un aumen-

1 2. Jbid. ; cfr. anche H. Knabe (Hrsg.), Die vergessenen Opfer derMauer. Inhaftierte DDR­ Fluchtlinge berichten, List Taschenbuch, Berlin 2009, pp. 15-22.

7. ALLA RICERCA DI UNA NUOVA DISTENSIONE (1983-8s)

to della spesa militare a svantaggio della situazione economica complessiva italiana (per il I98I era previsto un incremento del budget militare dell' 8%, secondo la nota) . Il riferimento qui è sia alla prospettata installazione degli euromissili su territorio italiano, sia a un «programma di lungo periodo» che prevedeva un'accelerazione e una modernizzazione delle forze armate italiane nel corso degli anni Ottanta, e che nella concezione della sicurezza statunitense doveva impegnare il raggio di azione di quelle forze fino al Me­ diterraneo centrale. I piani formulati dal ministro della Difesa Lelio Lago rio, secondo il MfAA si concentravano sulla creazione di una forza di intervento rapido (1.500 uomini) composta dalle élite delle forze armate il cui raggio operativo doveva coprire tutto il Mediterraneo; una missione della Marina militare italiana nell 'Oceano Indiano, supportata da basi in Somalia e in stretta collaborazione con la flotta francese; uno stazionamento tempora­ neo di unità di bombardieri italiane in Somalia e in Oman; operazioni della Marina militare italiana nell'Atlantico meridionale di vigilanza delle rotte navalP3• Allo stesso tempo, l' Italia stava sviluppando la collaborazione in ambito militare con paesi del Mediterraneo non membri della NATO, come l' Egitto, la Spagna, la Libia, la Tunisia e Malta e fra i suoi obiettivi di politica estera vi era quello di fare da mediatore all' interno della CEE per favorire l'elaborazione di una politica mediterranea comunitaria. L' Italia in effetti favoriva attivamente anche l'adesione della Grecia e della Spagna alla CEE. Funzionale alla politica mediterranea dell' Italia e della CEE erano anche le relazioni bilaterali fra Roma e Belgrado : l' Italia promuoveva in particolare un rafforzamento dei legami economici fra la Jugoslavia e la CEE. Allo stesso tempo, intensificava i rapporti con l'Algeria, la Tunisia, l' Egitto e la Libia, sulla quale erano concentrati obiettivi rilevanti: rinsaldare gli interessi e gli investimenti economici italiani, assicurare condizioni favorevoli per le im­ portazioni di petrolio e di gas, garantire l'export di prodotti italiani. In ac­ cordo con gli altri stati della NATO, inoltre, Roma aveva rafforzato le proprie attività verso Malta significativamente, garantendo con accordi bilaterali la neutralità e l'integrità territoriale dell' isola. Con questi accordi, sempre se­ condo la valutazione del MfAA, Malta veniva ancorata al blocco occidentale e alla NAT014• Sulla questione mediorientale, l' Italia appoggiava pienamente la politica americana, ma si dichiarava altresì favorevole a una "regolamenta­ zione complessiva" che includesse anche l ' o LP, sulla base della Dichiarazione di Venezia (giugno I98o).

1 3 . Bstu, Mfs, H A II 35672, MjAA Injòrmation Nr. 67/111, Zur Aussen- und Militarpolitik ltaliens im Mittelmeerraum {Quelle: Abt. WE), 12 marzo 1981. 14. Ibid.

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L' Italia appariva alla Germania Est proiettata verso una politica mediter­ ranea più dinamica e impegnata a interpretare le esigenze della NATO nella regione. Questo ruolo, tuttavia, lo si considerava ancora limitato dalle dif­ ficoltà economiche mai superate e, anzi, potenzialmente aggravate dall 'ap­ pesantirsi della spesa militare, così come si riteneva che gli effetti della crisi economica avrebbero continuato a generare divisioni ali' interno della NATO, restringendo le opportunità di successo nel Mediterraneo. Considerando gli interessi economici e politici dell' Italia e queste divisioni nell'Alleanza atlan­ tica, concludeva la nota del MfAA, per gli Stati socialisti esistevano ancora opportunità concrete di rafforzare i rapporti fra Berlino Est e Roma e per contribuire a indebolire la NATO nel Mediterraneo'5• Al ministero degli Esteri della DDR era diffusa la convinzione che per l' Italia, essendo essa vulnerabile sul piano economico, e dovendo affrontare costi elevati per seguire i suoi alleati in una politica di difesa che richiedeva ulteriori sforzi finanziari, la Ostpolitik rappresentasse un'alternativa al raf­ forzamento dei suoi impegni nella NATO. Questo tema partiva da un'osser­ vazione corretta - la poli tic a orie n tale aveva per l' Italia un' importanza e un potenziale elevato, più di quanto non lo avesse per altri paesi occidentali - e da una percezione falsata, e ideologicamente orientata - che l' Italia fosse pe­ rennemente sotto pressione da parte degli Stati Uniti, e che l'atlantismo fosse in gran parte una scelta forzata. Si trattava invece di una scelta preliminare che rendeva possibile muovere tutte le altre leve della politica estera italiana, compresa la politica orientale, anche quando esse richiedevano decisioni ap­ parentemente contraddittorie. Nel gennaio 1 983 la visita del ministro degli Esteri Emilio Colombo nella Repubblica federale confermava, secondo le informazioni che giun­ gevano a Berlino Est, l'accordo fra i due governi sulla questione dell' instal­ lazione dei missili nucleari di medio raggio della NATO e sulla cosiddetta "opzione zero" di Reagan. Da nessuna delle due parti era stato espresso un tentativo di mediazione : sia Hans-Dietrich Genscher, sia Colombo avevano sottovalutato le iniziative degli Stati socialisti e la visita di Gromyko nella RFT, e avevano invece messo in evidenza il pieno accordo fra gli Stati Uni­ ti e i governi dell ' Europa occidentale sull 'atteggiamento da tenere verso il Cremlino. Nel frattempo, notava il MfAA, grande spazio nei colloqui itala­ tedeschi era stato dato all'integrazione europea, in particolare ai possibili progressi del piano Genscher-Colombo durante il semestre di presidenza della RFT. Su questo punto, a maggior ragione, si era manifestata una piena identità di vedute di fronte al clima controverso interno alla Comunità euIS.

Ibid.

7· ALLA RICERCA DI UNA NUOVA DISTENSIONE (1983-85)

1 87

ropea: «Entrambi avevano criticato il "comportamento distruttivo" della maggioranza dei partner della CEE » 16• Qualche giorno dopo la sua visita a Bonn, Colombo si recava nella Re­ pubblica democratica (26 e 27 gennaio I983), un'iniziativa che, consideran­ do le tensioni internazionali di quei mesi, si rivelò un « successo della poli­ tica della coesistenza pacifica » 17• Sulle trattative in corso a Ginevra, il capo della diplomazia italiana si esprimeva senza giri di parole: «l progressi ai negoziati di Ginevra dipendono [ .. ] dalle ulteriori concessioni dell ' Unio­ ne Sovietica » 18• La conversazione fra Colombo e Fischer, secondo quanto riportato in un' informativa del MfAA, sembrava bloccata all' interno di uno schema nel quale la ricerca del dialogo si accompagnava alla sostanziale inal­ terabilità delle reciproche posizioni. Con il breve soggiorno del ministro degli Esteri nella D DR si realizzarono, invece, due passi importanti nelle relazioni bilaterali: in primo luogo, Fischer tentò di far rivivere la cooperazione economica e tecnico-scientifica, propo­ nendo di rilanciare la collaborazione sui mercati terzi e chiedendo ancora di rivedere le quote sulle esportazioni di prodotti tedesco-orientali per il I 983; in secondo luogo si giunse finalmente alla firma dell'accordo consolare come « risultato di negoziati durati per otto anni con lunghe interruzioni» 19• Su quest'ultima, controversa questione, un accordo era stato trovato solo a par­ tire dalla terza fase dei negoziati, nell'ottobre del I98I, quando l' Italia aveva acconsentito a un' intesa simile a quella già stipulata dalla DDR con gli Stati Uniti, la Francia e il Belgio, chiedendo tuttavia espressamente che all'accor­ do venisse annessa una dichiarazione nella quale si specificava la posizione della RFT riguardo alla definizione della « cittadinanza tedesca »20• L' intesa era stata posposta ancora a causa sia di questa richiesta, sia di un'altra inizia­ tiva italiana, quella di legare l'accordo consolare alla firma di un protocollo per la mutua regolamentazione dei soggiorni dei lavoratori di ciascun paese nell 'altro. Questa seconda richiesta venne accettata e, in effetti, un proto­ collo sulla manodopera venne siglato insieme all'accordo consolare durante l' incontro tra Colombo e Fischer2.1• .

16. BStU, Mfs, HA II 35672, MjAA Information Nr. 152/1, ltalienischer Aussenminister in der BRD {Ig. januar), 27 gennaio 1983. 17. BStU, Mfs, HA II 35672, MjAA Information Nr. 40/II, Offizieller Besuch des italieni­ schen Aussenminister in der DDR, 4 febbraio 1983. 18. Ibid. 19. BStU, Mfs, HA II 35672, MjAA Information Nr. gS/II, Konsularvertrag DDR-Italien, 11 febbraio 1983. 20. Ibid. 21. BStu, Mfs, HA II 35672, MjAA Information Nr. 40/II, cit.

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, Con l arrivo al potere di Craxi, la concezione della politica estera italiana divenne più netta anche per il ministero degli Esteri della DDR: La politica estera del governo Craxi si concentra prioritariamente sull' [obiettivo di] assicurare lo stazionamento di nuovi missili americani in Europa occidentale, sulle relazioni Est-Ovest nel complesso, sugli sviluppi in Medio Oriente e sui problemi della CEE. Essa è caratterizzata da un inquadramento di principio e incondizionato , , nella politica di contrapposizione deli amministrazione Reagan [ ... ] . All Unione Sovietica viene addossata la responsabilità per l' interruzione dei negoziati sul disar­ mo e per il peggioramento generale della situazione internazionale-l..

La conferma della decisione sull' installazione degli euromissili pesava sulle valutazioni del governo della DDR, che per la prima volta da quando erano state avviate relazioni diplomatiche fra i due paesi vedeva cedere l' impegno , dell Italia a mantenere il dialogo con i paesi socialisti e rafforzarsi, anche a spese degli altri ambiti di interesse della politica estera italiana, quello ver­ so la NATO, nonostante il fatto che il governo Craxi ostentasse rispetto ai governi precedenti una maggiore "flessibilità, e promuovesse il prosegui­ mento dei negoziati per il disarmo anche dopo lo stazionamento dei nuovi , missili nucleari in Italia. All interno del governo italiano, tuttavia, notava il MfAA, esistevano interpretazioni diverse della politica estera: da quelle più intransigenti dei socialisti, dei repubblicani e della destra della DC (Giovanni Spadolini, Arnaldo Forlani) , a quelle interlocutorie di coloro i quali aveva­ no continuativamente favorito il dialogo con gli Stati socialisti. Andreotti appariva in questo quadro come una figura rassicurante, anche prima della sua celebre osservazione sulla necessità di superare il pangermanesimo e di accettare l'esistenza dei due Stati tedeschi fatta alla festa dell' Unità nel set­ tembre del 1984, che tanto clamore suscitò nella stampa e nel mondo politico dei due Stati tedeschP3• , Quell episodio rischiò di aprire una crisi con il governo di Bonn, che chiese a Craxi di sfatare le parole del ministro degli Esteri italiano - cosa che il presidente del Consiglio non fece, nonostante riaffermasse, sia in una lettera al cancelliere Kohl, sia in altre occasioni pubbliche il rispetto del go22. BStU, Mfs, HA n 35672, MjAA Infonnation Nr. IJo/xn, Aussenpolitik Italiens, 28 di­ cembre 1983. 23. Oltre ai contributi sulla stampa italiana ed europea del tempo, cfr. a questo pro­ posito M. Franco, Andreotti. La vita di un uomo politico, la storia di un 'epoca, Mondadori, Milano 20 10, pp. 206-8. Per la reazione del governo della RFT, cfr. ad esempio : Aufzeichnung des Ministerialdirigenten Schauer, Betr. : Reaktionen aufdie Auj!erung des italienischen AM Andreotti zur deutschen Frage, 28 settembre 1984, in Akten zur Auswdrtigen Politik der Bun­ desrepublik Deutschlands, I9S4 , De Gruyter, Berlin 2015, pp. 1174 ss.

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verno italiano per gli obiettivi contenuti nella Costituzione della Repubblica federale tedesca - e impose un chiarimento allo stesso Andreotti, che avven­ ne effettivamente il I7 settembre a Bruxelles. In quell'occasione il ministro democristiano rassicurò l'alleato sul fatto che il riferimento al pangermane­ simo non riguardava direttamente il governo di Bonn e ribadì che egli non intendeva in alcun modo disconoscere gli obiettivi di lungo periodo della RFT. La DDR aveva appoggiato, naturalmente, in maniera aperta la dichiara­ zione di Andreotti e aveva scatenato nella stampa una contropolemica verso la Repubblica federale per la reazione esagerata e la presunta intromissione nella politica estera italiana2.4• Qualche settimana dopo l'evento increscioso, anche il ministro della Difesa della RFT Manfred Worner in visita in Italia chiese a Spadolini di dissociarsi apertamente dalle esternazioni di Andreotti. Spadolini però evitò ogni polemica aperta con Andreotti e si allineò a quan­ to già affermato da Craxi, e cioè che l' Italia aveva piena considerazione per gli ideali della RFT2.5• All' interno del governo il ministro degli Esteri Andreotti si sforza soprattutto, pur sostenendo incessantemente per principio la politica di Reagan, di condurre una politica estera equilibrata e orientata in maniera più decisa agli interessi specifici dell' Italia. Craxi è impegnato a dimostrare che lo stazionamento dei nuovi missili americani non avrebbe le conseguenze negative annunciate dai paesi socialisti sulla situazione internazionale e in particolare sulle relazioni Est-Ovest. Ciò è conferma­ to dalla sua attività crescente nei confronti di singoli paesi socialisti ( fra l'altro, lo sforzo di proseguire il dialogo ai massimi livelli con l' Ungheria e con la Romania ) . In questo si può osservare un tentativo chiaro, di applicare politiche differenti fra i singoli paesi socialisti e fra questi e l' Unione Sovietica2.6•

Discontinuità, dunque, nella decisione e nell' impegno con il quale il governo Craxi confermava i propri impegni verso la NATO, quale che fosse il prezzo da pagare, ma continuità nel dialogo con i paesi socialisti, soprattutto attraverso l'azione di Andreotti e dello stesso presidente del Consiglio e, ancora, continu­ ità nella politica di differenziazione. Nella Germania Est, così come in Unione Sovietica, ci si accorgeva soprattutto del fatto che il governo italiano era alla ricerca di una ridefìnizione del proprio ruolo internazionale e di una maggiore capacità di influenzare la politica comunitaria e quella della NAT02.7• 24. Aufzeichnung des Ministerialdirigenten Schauer, ci t. 25. BStU, Mfs, HA II 35672, MjAA Infonnation Nr. IoS/x, Verteidigungsminister der BRD in Italien, 18 ottobre 19 84. 26. BStU, Mfs, HA II 35672, MjAA Infonnation Nr. ISO/Xli, Aussenpolitik Italiens, ci t. 27. BStU, Mfs, HA II 35672, MjAA Infonnation Nr. II4/1v, udssR zur Politik /taliens, 14 aprile 1984.

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Il dualismo della politica estera italiana, dal punto di vista della DDR, si rifletteva anche nelle relazioni commerciali con i paesi socialisti. Da un canto l' Italia si allineava per principio con le richieste degli Stati Uniti: difendeva l'applicazione severa dei controlli sulle forniture ai paesi socialisti di quelle merci che potevano avere un'applicazione militare e approvava una politica creditizia verso quegli Stati concordata con gli alleati della NATO ; dall'altro, tuttavia, non se la sentiva di associarsi a una politica di boicottaggio cre­ ditizio e tecnologico, così come veniva suggerito dagli USA. Al contrario, l'orientamento della politica commerciale italiana sembrava alla DDR diretto chiaramente verso una continuità e uno sviluppo ulteriore della collabora­ zione economica, tecnica e scientifica con gli Stati socialisti, con i quali nel 1984 l' ltalia confermò una serie di protocolli di intesa bilaterali - tra l'altro, anche quello con la DDR firmato in dicembre. Il governo italiano era sprona­ to a mantenere questo orientamento dai maggiori gruppi industriali italiani ed era soggetto alla necessità di garantire nel tempo la continuità delle forni­ ture di combustibili dall' Unione Sovietica. Di fatto, nonostante la crisi del riarmo nucleare in Europa, fra il 1980 e il 1983 la percentuale degli scambi Est-Ovest sul totale del commercio estero italiano era aumentata dal 4,5% al 5,2%28• Sulla possibilità di una crescita ulteriore, tuttavia, pesavano ostacoli sia di natura qualitativa sia quantitativa : Circa 40 posizioni di merci, cosiddette strategiche, non possono essere esportate in Unione Sovietica, né in altri paesi socialisti e perdurano limitazioni quantitative alle esportazioni dei paesi del Comecon in Italia. Le imposte doganali per le merci industriali importate dai paesi del Comecon raggiungono il s-2o%. Oltre a ciò l' Ita­ lia impiega anche altre misure protezionistiche, fra l'altro anche relative alla politica monetaria e creditizia (restrizioni per i crediti sulle esportazioni)19•

7·4 Mediazioni incompiute. Berlinguer a Berlino Est (dicembre 1 9 8 3 ) Il primo incontro ufficiale fra il segretario del PCI e Honecker dal 1973 si svolse nel dicembre del 1983, a ridosso della scadenza fissata dall�lleanza atlantica per l'installazione degli euromissili. La conferenza di Ginevra che si era aperta nel novembre del 1 9 8 1 per trovare un accordo che prevenisse lo schieramento dei nuovi armamenti non era sfociata in alcun risultato 28. BStU, Mfs, HA n 35672, MjAA Injòrmation Nr. 27/VII, Okonomische Zusammenarbeit ltaliens mit der sozialistischen Staatengemeinschaft, s luglio 19 84. 29. Ibid.

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concreto. Durante il negoziato una delle proposte sovietiche era stata la riduzione delle forze di media gittata sovietiche ( comprendente anche la riduzione di una parte degli ss-2o) in cambio dell'inserimento delle for­ ze nucleari inglesi e francesi nel quadro del negoziato e di una eventuale decisione di non stanziare gli euromissili3°. La visita di Berlinguer si svolse dopo l'interruzione dei negoziati e nell'imminenza della realizzazione della doppia decisione. Per la DDR l'autunno del I983 fu un momento di grande tensione, gene­ rata dal mutare delle strategie di difesa e dal contemporaneo aggravarsi della crisi economica interna. L'escalation militare che si sovrapponeva alla crisi economica era un impegno al di là delle possibilità della DDR - molte speran­ ze si concentravano pertanto su un successo del movimento pacifista nella Germania Ovest. In questo clima e sotto tali pressioni si svolse l' incontro fra Erich Honecker ed Enrico Berlinguer, una visita segnata dai riferimenti del segretario del PCI alla matrice filosovietica del movimento pacifista, e dalla resistenza del partito italiano ad appoggiarlo31• La presa di posizione del partito di Berlinguer era chiara: i comunisti italiani non avevano favori­ to il movimento pacifista filosovietico nel passato, né avrebbero iniziato ad appoggiarlo allora32.. Le argomentazioni del segretario del PCI vennero accolte come mere provocazioni: nel contesto europeo del I983 il movimento pacifista rap­ presentava una chance importante per prevenire l'aggravarsi della contrap­ posizione militare. L'atteggiamento del politico sardo, pertanto, appariva inopportuno. Nel frattempo, Berlinguer avanzava una proposta che preve­ deva che gli Stati Uniti rimandassero l' installazione degli euro missili e la costruzione delle nuove armi nucleari, in cambio di un impegno da parte dell' uRSS a ridurre unilateralmente gli ss-20. L' iniziativa del PCI, nella pro­ spettiva tedesco-orientale, mirava unicamente ad accrescere lo spazio di ma­ novra e l' influenza del partito italiano in ambito nazionale e internazionale, e a dimostrare la sua posizione di « forza autonoma, di equilibrio » . La SED, inoltre, interpretava la proposta italiana tenendo presente che una delle con­ cezioni politiche avanzate dal PCI era quella dell"'alternativa democratica",

30. Cfr. L. Nuti, l'Italia e lo schieramento dei missili da crociera BGM-I09 G "Gryphon", in Colarizi et al. ( a cura di), Gli anni Ottanta come storia, cit., pp. 1 19-54. Sullo stesso tema, cfr. Id., La sfuia nucleare, ci t., cap. 8. 31. Sulle distorsioni del movimento pacifista orchestrato dall' Unione Sovietica e sulle sue conseguenze impreviste sulla stessa coesione del blocco socialista, cfr. il volume di Ploetz, Wie die Sowjetunion den Kalten Krieg verlor, cit., pp. 272 ss. 32. BA, SAPMO, Bi.iro Honecker, DY 30, 2450 ( Fiche 2), Abt. /nternationale Verbindun­ gen, Berlin. Colloqui Honecker-Berlinguer, 12 dicembre 19 83.

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la formula che si riteneva potesse ricostruire l' intesa fra il PCI e il PSI e che dunque finiva per subordinare le posizioni del primo alle esigenze del partito di Craxi. Anche se questa concezione si fosse rivelata inconsistente, come di fatto accadde, la politica estera del PCI restava, nella prospettiva della SED, ferma su posizioni « neutraliste » 33• Berlinguer faceva riferimento, tra l'altro, a quelli che egli considerava co­ me chiari errori della politica estera sovietica, commessi durante la seconda metà degli anni Settanta a svantaggio della distensione e a vantaggio della politica di potenza, e indicava queste mancanze come una delle cause della svolta a destra nella politica americana34• Il leader comunista sottolineava poi un elemento di difficoltà ulteriore nel negoziato di Ginevra introdotto dal Cremlino: il problema dell'inclusione delle armi nucleari inglesi e francesi come presupposto per proseguire le trattative, una richiesta che aveva ridot­ to le possibilità di successo del negoziato. Allo stesso tempo, tuttavia, egli riconosceva che i negoziati si erano arenati soprattutto a causa dello stanzia­ mento dei missili, una circostanza che comprensibilmente non poteva essere avallata dall' Unione Sovietica e che dunque generava un'impasse. Nel frat­ tempo, l'amministrazione Reagan continuava a sostenere che proprio l' in­ stallazione delle nuove armi nucleari in Europa occidentale avrebbe indotto l' Unione Sovietica a uno sforzo di ragionevolezza e a riaprire il dialogo. In questo braccio di ferro, neanche gli appelli degli altri paesi del Patto di Var­ savia sembravano utili a quello scopo. Al di là delle visioni inconciliabili sulle responsabilità della crisi e dei tentativi falliti di risolverla, il segretario del PCI richiamava la necessità di avanzare una nuova iniziativa, concordata da entrambe le parti. Alla base del negoziato di Ginevra, in effetti, vi era soprattutto una questione di presti­ gio: l' Unione Sovietica non poteva accettare il proseguimento dei negoziati dopo che gli Stati Uniti avevano iniziato il programma di stanziamento dei nuovi missili; gli Stati Uniti dal canto loro non potevano rinunciare al di­ spiegamento dei missili in Europa perché avevano investito una parte troppo significativa della loro credibilità internazionale su questo. Dopo l'avvio del­ la parte operativa, tuttavia, la situazione cambiava: Washington aveva dimo­ strato che Mosca non era nella posizione di impedire la realizzazione della doppia decisione; l' Unione Sovietica a sua volta aveva dato prova di poter ricorrere a contromisure a danno della NATO. Le due superpotenze avevano dimostrato le rispettive capacità, un fatto che, nella prospettiva di Berlin33· Cfr. ibid. ; BA, SAPMO, Biiro Honecker, DY 30, 2450 (Fiche 2), Bericht uber den Be­ such des Generalsekretars der Italienischen Kommunistischen Partei, Enrico Berlinguer, in der DDR vom I2. bis zum I4. Dezember r9S3. 34· BA, SAPMO, Biiro Honecker, DY 30, 2450 (fiche 2), ColloquiHonecker-Berlinguer, cit.

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guer, doveva essere valutato positivamente, perché consentiva a entrambe di ricominciare da proposte nuove senza dare un' impressione di debolezza ali 'opinione pubblica, agli alleati e soprattutto al diretto interlocutore35• Il PCI, dunque, promuoveva un'azione di mediazione dell' Italia, in un momento in cui questa sembrava di nuovo possibile, a maggior ragione da parte di un paese che aveva un particolare spazio di manovra sia nei con­ fronti della NATO, sia verso il Patto di Varsavia, prima che i nuovi missili diventassero operativi nella base di Comiso ( marzo I984) , ma Berlinguer esprimeva anche, a colloquio con Honecker, tutta la delusione per il falli­ mento di quell ' iniziativa, nonostante l'accoglienza positiva in Parlamento e nell'opinione pubblica. Durante i colloqui di Berlino Est, si delineò nuova­ mente la prospettiva equidistante del politico italiano, favorevole al futuro smantellamento dei due blocchi. Parlando del movimento pacifista, Berlin­ guer richiamava l' importanza speciale di tutte quelle forze che non si iden­ tificavano né con una parte, né con l'altra e che avrebbero potuto per questo contribuire alla distensione : i paesi non allineati, gli Stati neutrali, le Chiese, in particolare la Chiesa cattolica, la CEE. Tornava, invece, nelle parole del segretario generale della SED, la ver­ sione immutata del Cremlino sulla questione del mutamento dell' equili­ brio strategico in Europa, secondo la quale il rapporto di forze fra le due alleanze non era stato mutato in alcun modo dallo schieramento degli ss2 0 . Honecker citava, tra l'altro, le divisioni interne alla SPD sulla doppia decisione e sottolineava da un canto il ruolo centrale della RFT nelle scelte compiute dal Consiglio atlantico, dall'altro la responsabilità dell'ammi­ nistrazione Reagan per la crisi della distensione, che aveva innescato in un secondo momento la reazione dei paesi socialisti. Honecker tentava di tracciare un quadro che ricomponesse le profonde divergenze con il segre­ tario del PCI, ricordando sia le offerte di negoziato fatte dai paesi del Patto di Varsavia, sia la loro capacità di avviare contromisure militari nel caso di un fallimento definitivo dei colloqui di Ginevra. In sostanza, il leader so­ cialista riteneva che la ripresa dei negoziati in Svizzera non sarebbe dipesa né da un gesto unilaterale, né da una scelta concordata dalle superpotenze, bensì dal ritorno alla situazione precedente allo stazionamento dei missili americani, una posizione condivisa da tutti i paesi socialisti, a eccezione della Romania. La DDR, tra l'altro, era impegnata a ricostruire i contatti con esponenti del mondo politico tedesco-occidentale e con quelli di altri paesi dove erano diffuse gravi perplessità rispetto alla politica della NATO : Honecker citava 35· lvi, p. 14.

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i contatti avuti sia con la SPD, sia con la cnu/csu (Strauss ) per assicurare continuità nei rapporti fra i due Stati tedeschi dopo la transizione da Sch­ midt a Kohl36• Naturalmente è possibile che queste argomentazioni fossero orientate in parte a smontare il peso del PCI nell 'attività di mediazione, e a lasciare intendere che la SED avesse canali propri in Europa occidentale per promuovere nuove iniziative in favore della pace, tuttavia esse erano in parte fondate. La DDR cercava consensi a Ovest e nella RFT in particolare a favore della posizione sovietica e del Patto di Varsavia e mirava a farsi portatrice di una possibile ripresa dei negoziati di Ginevra basata sull' interruzione del di­ spiegamento dei missili NATO . L'attivismo di quei mesi dice molto su quanto sia infondata la visione di chi considerava la DDR come un paese del tutto privo di una propria politica estera. Vale la pena di notare, infine, quanto fosse centrale nella vicenda degli euromissili, a Ovest come a Est, il ruolo dell'opinione pubblica: il paradosso delle argomentazioni di Honecker è che mettono in luce una sincera convin­ zione del fatto che la strategia della NATO fosse destinata a fallire perché non aveva l'appoggio delle popolazioni europee : «perfino Biedenkopf della CD u del Nordrhein Westfahl ha spiegato che nel tempo nessun regime può gover­ nare contro la maggioranza dell'opinione pubblica »37, una considerazione quantomeno singolare da parte del leader di un regime repressivo delle liber­ tà politiche e individuali. Calatosi pienamente nella posizione di mediatore, Honecker concludeva significativamente : «Diciamo così: voi vi occupate di Craxi. Noi ci occupiamo di noi stessi. Dopo si può andare a Mosca » 38 - e noi stessi era, probabilmente riferito ai due Stati tedeschi.

7·5 « La visita è stata piena di soddisfazioni, proficua, interessante e assolutamente positiva » 39• Craxi a Berlino Est (luglio 198 4 ) La politica estera di Craxi aveva luci e ombre: da un canto lasciava intendere che l' Italia era uscita dalla posizione di subordinazione che aveva caratte­ rizzato le relazioni con Bonn e con gli altri governi europei negli anni più recenti; dall'altro, tuttavia, era noto che le scelte del leader socialista non 36. Ibid. 37· BA, SAPMO, Biiro Honecker, DY 30, 2450 (Fiche 2), Colloqui Honecker-Berlinguer, cit. 38. lvi, p. 39· 39· "Neues Deutschland': 11 luglio 1984, titolo di uno dei tanti articoli apparsi sul quo­ tidiano della DDR in occasione della visita di Bettino Craxi.

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godevano dell'appoggio unanime delle altre forze di governo, il che gettava dubbi sulla tenuta e la durata del governo stesso40• Il nuovo centrosinistra guidato da Craxi rifletteva la perdita di centralità della Democrazia cristiana. Il sistema politico italiano, nonostante il credi­ to di cui godeva il leader del PSI in Italia, appariva affetto da un' instabilità costante, aggravata dalle spaccature interne ai partiti. I documenti del Mfs fanno spesso riferimento alle "forze di destra", ma non le identificano con un singolo partito politico, bensì con forze trasversali ai partiti, ovvero con personalità e gruppi politici all' interno della DC, dello stesso PSI e dei par­ titi minori che promuovevano l' incremento della spesa militare e una po­ litica di difesa più aggressiva, e incoraggiavano la politica estera di Reagan. Il timore che l' Italia potesse essere soggetta a un colpo di Stato, d'altronde, aveva condizionato l'atteggiamento della DDR durante tutti gli anni Settanta e aveva determinato una sostanziale accettazione della linea del compromes­ so storico avanzata dal PCI per fugare quella minaccia. L'ascesa politica di Craxi, tuttavia, escludeva la possibilità di un'altra alleanza con il PCI, che si era schierato in opposizione chiara al nuovo governo. Il PSI, inoltre, era considerato uno dei partiti più influenti dell' Internazionale socialista4\ un dato non secondario per Berlino Est, che temeva le convergenze fra socialisti e socialdemocratici in Europa occidentale e comprendeva l' importanza dei canali di comunicazione con entrambi. Dagli ambienti politici più a destra non viene tollerato lo sforzo di Craxi di sfruttare lo sviluppo delle relazioni con la DDR come dimostrazione di una certa autosuffi­ cienza e indipendenza della politica estera italiana anche nei confronti della RFT, e, con questo, di moderare la pretesa della RFT di avere un ruolo guida nella definizio­ ne delle relazioni Est-Ovest e di creare presupposti favorevoli per la realizzazione dei propri interessi economici e politici nei riguardi dei paesi socialisti41•

40. Sulla politica estera italiana negli anni dei governi Craxi, cfr. : Di Nolfo (a cura di), La politica estera italiana negli anni Ottanta, cit.; Colarizi et al. (a cura di), Gli anni Ottanta come storia, cit.; E. Di Nolfo, Giulio Andreotti e la politica estera italiana: alcuni aspetti, in M. Barone, E. Di Nolfo (a cura di), GiulioAndreotti. L 'uomo, il cattolico, lo statista, Rubbettino, Soveria Mannelli 2010, pp. 207-42; S. Tavani, L'Ostpolitik italiana nella politica estera di Andreotti, in Barone, Di Nolfo (a cura di), GiulioAndreotti, cit., pp. 243-304. 41. BStu, Mfs, HA n 35 672, Nota preparatoria alla visita di Craxi nella DDR, 9-10 luglio 19%4, Einige landesspezifische und politisch-operative Hinweise im Zusammenhang mit der Einladung des Generalsekretdrs des ZK der SED und Vorsitzenden des Staatsrates der DDR [. . } Erich Honecker, an den Ministerprasidenten der Republik ltalien, Bettino Craxi zu einem of fiziellen Besuch vom 9· -Io. juli 19%4 in die DDR, 27 giugno 1984. 42. BA, SAP M O, DY 30/ IV 2/2.03 5/103, Abt. ltalien. lnformation uber einige aktuelle Aspekte der ltalienischen Aussen- und lnnenpolitik im Zusammenhang mit dem Besuch des Gen. Honecker vom 23.4 bis 24.4 19%5 in Italien. .

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In aggiunta a tutti questi aspetti, la continuità nel rapporto fra Roma e Bonn restava un elemento imprescindibile nelle relazioni fra la DDR e l' Italia. La continuità e la solidità di quel rapporto avevano determinato la posizio­ ne ufficiale dell ' Italia nei confronti della questione tedesca dalla dottrina Hallstein fino alla Ostpolitik di Brandt. Ciononostante, l'atteggiamento italiano sulla questione tedesca non era privo di contraddizioni: l' Italia, in effetti, guardò sempre con sospetto e preoccupazione alla possibilità di una riunificazione fra i due Stati tedeschi, poiché si temeva che un tale evento avrebbe indotto la Repubblica federale a riconsiderare la propria posizione ali ' interno dell'Alleanza atlantica, così come il proprio impegno europeista, e avrebbe potuto, in definitiva, mettere a rischio l'equilibrio della sicurezza europea. Come ha osservato Charis Pothig, paradossalmente la concezione italiana della sicurezza in Europa era, da un punto di vista strategico, molto più vicina a quella del governo tedesco orientale che a quella di Bonn, in quanto sostanzialmente favoriva il principio dell' immutabilità dei confini stabiliti dopo la Seconda guerra mondiale43• L'esistenza della DDR e il suo ruolo in Europa rappresentavano per l' Italia punti di forza di un equilibrio all' interno del quale erano possibili e auspicabili cambiamenti, ma che non era opportuno sovvertire. Aspetti contraddittori della politica estera di Craxi, nella prospettiva della Germania Est, erano la dicotomia fra la ricerca della distensione, i rife­ rimenti alla necessità di mantenere l'equilibrio militare fra i due blocchi e la promozione dei negoziati sul disarmo, da un canto; l'avallo concreto della politica statunitense e la partecipazione attiva alla politica di riarmo della NATO dall'altro. La Stasi notava, in una delle sue valutazioni, che il PSI aveva offerto un contributo fondamentale all'approvazione dell' installazione dei missili di medio raggio della NATO e osservava che il rapporto particolare con la S PD si era rinsaldato con il dibattito sugli euromissili44• Qualche mese dopo, il MfAA avrebbe commentato l' incontro fra i due ministri della Difesa, Worner e Spadolini, sottolineando che la RFT e l' Italia « continuano [a offri­ re] il loro appoggio di principio alla politica di forte riarmo dell'amministra­ zione Reagan e della NATO » e stimando che l' Italia avrebbe incrementato ulteriormente il proprio budget militare di un Io% nel I985 rispetto al I984 45• Non mancavano, dunque, attacchi al governo italiano, perché questo conti­ nuava ad attribuire la responsabilità della crisi della distensione unicamente 43· c. Pothig, Italien und die DDR. Die politischen okonomischen und kulturellen Be­ ziehungen von I949 bis IgSo, Peter Lang, Frankfurt am Main 2000, pp. 33 5-6. 44· BStU, Mfs, HA n 35 672, Nota preparatoria alla visita di Craxi nella DDR, cit. 45· BStU, Mfs, HA II 35672, MjAA Information Nr. IoS/x, Verteidigungsminister der BRD in Italien, ci t.

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all ' Unione Sovietica, e a Craxi individualmente, perché questi sosteneva «le attività delle forze antisocialiste e controrivoluzionarie » in Polonia e in Af­ ghanistan, ma erano argomenti rilevanti più sul piano formale - o del forma­ lismo ideologico - che su quello concreto dell'analisi politica. Lo stesso PCI, in effetti, condannava apertamente l'intervento sovietico in Afghanistan, la repressione in Polonia e attribuiva al Cremlino una responsabilità non esclusiva, ma condivisa con gli Stati Uniti e la NATO per la recrudescenza del rischio nucleare in Europa. L' impegno del governo italiano in una politica di difesa più ambiziosa, secondo la valutazione di Berlino Est, era funzionale a realizzare gli obiet­ tivi dell'Alleanza atlantica nell' Europa meridionale e nel Mediterraneo e a consolidare il potere acquisito dal leader socialista. Craxi traeva vantaggio da una politica più assertiva e dalla partecipazione attiva alla NATO sia per accrescere il ruolo dell' Italia fra gli alleati e nello scenario internazionale, sia in politica interna, nei rapporti con gli altri partiti. Queste osservazioni della Stasi confermano che le vicende italiane, gli equilibri politici interni e alcune delle ragioni che muovevano le scelte di politica estera venivano compresi ed erano oggetto di un'analisi, in generale realistica, tuttavia l' in­ terpretazione dell 'atlantismo italiano, e in particolare della decisione sugli euromissili, rimane incompleta e soprattutto tralascia il significato più im­ portante. L'adesione alla "doppia decisione" da parte dell' Italia, in effetti, avrebbe determinato il successo dello schieramento degli euromissili anche negli altri paesi dell ' Europa occidentale : Roma aveva acquistato un credito in quel momento fondamentale per la politica della NATO, ne era consa­ pevole e intendeva trarne il massimo beneficio possibile46• Non si trattava della consueta ricerca di prestigio, portata avanti sostenendo passivamente la politica internazionale di Washington, ma di una scelta consapevole e rischiosa che implicava, parallelamente, una politica orientale più dinamica e propositiva. occorre [ ... ] sottolineare l'effettiva importanza dello schieramento italiano nel completare il processo di attuazione della doppia decisione NATO del dicembre 1 9 7 9, dal momento che [ ... ] la scelta italiana rese possibile anche quella tedesca, vero elemento cardinale per il successo dell' intera iniziativa. Aver portato a com­ pimento, nonostante le crescenti difficoltà, il disegno concepito alla fine degli anni ' 70 dimostrò poi all' Unione Sovietica come, in un momento in cui l'occidente proveniva da una serie quasi ininterrotta di sconfitte militari e di crisi economiche, sia gli Stati Uniti sia i paesi europei disponessero ancora della volontà politica di rinsaldare la coesione dell'Alleanza Atlantica e di serrarne le fila, contribuendo così 46. Nuti, La sftda nucleare, cit., pp. 379-80.

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ad invertire un processo che sembrava destinato a registrare un crescente rafforza­ mento della posizione sovietica47•

La Ostpolitik di Craxi, che la Germania Est apprezzava e interpretava come contraddittoria rispetto all'atlantismo italiano, perché in quel momento le scelte della NATO minacciavano direttamente il blocco socialista, era in re­ altà una conseguenza di quelle scelte. L'atlantismo era il motore ; la politica orientale, che rispondeva agli interessi economici e politici italiani, poteva ripartire dopo alcuni anni di stasi, anche grazie a quel motore. L' incapaci­ tà di portare fino in fondo un'analisi che pure era basata su informazioni corrette e su una conoscenza approfondita degli umori e del clima politico italiano, era determinata, in ultima istanza, dal filtro del condizionamento ideologico. L'allineamento dell' Italia alla politica della NATO era conside­ rato un elemento di intralcio nei rapporti con la DDR e non la condizione indispensabile a partire dalla quale quei rapporti potevano riprendere slancio e svilupparsi. Le relazioni interne all'Alleanza atlantica venivano spiegate in maniera univoca come il risultato delle pressioni esercitate sugli alleati dagli Stati Uniti e della loro politica unilaterale. Gli stessi alleati erano visti prima di ogni altra cosa come un oggetto di quella politica. Nella nota già citata del Mfs del giugno 1984, tuttavia, si riconosceva un miglioramento nei rapporti con la Repubblica democratica, dovuto preva­ lentemente alla difesa di una parte della « borghesia monopolistica » italiana degli interessi coltivati nei paesi socialisti48: dal governo italiano non ci si attendeva tanto una politica orientale mirata e coerente, quanto piuttosto delle iniziative che servissero a proteggere le posizioni acquisite. La visita di Craxi, e soprattutto l'accordo di cooperazione economica e commerciale si­ glato qualche mese dopo, infusero però una rinnovata fiducia nelle relazioni bilaterali. A favore dei rapporti fra i due paesi giocava la consapevolezza che l' Italia manteneva un interesse fondamentale all'esistenza di due Stati tede­ schi e auspicava il mantenimento dello status quo in Europa49• In un' informativa del MfAA del luglio 1984 venivano ripercorsi gli alti e bassi del rapporto con l' ltalia50• Il fatto che questa si fosse inquadrata nella Konfrontationspolitik dell'amministrazione Reagan aveva determinato, fra il 1979 e il 1982, una stagnazione. Il dialogo fra i due governi, tuttavia, era ripreso con una serie di incontri fra il 1983 e il 1 9 84: agli inizi del 1983 il 47· lvi, p. 392. 48. BStU, Mfs, HA II 35672, Nota preparatoria alla visita di Craxi nella DDR, cit. 49· lbid. so. BStU, Mfs, HA II 35 672, MjAA Information Nr. 7/VII, Beziehungen DDR-ltalien, 2 luglio 1984.

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ministro degli Esteri Emilio Colombo si era recato in visita ufficiale nella DDR; in settembre Andreotti, il nuovo ministro degli Esteri, e Fischer si era­ no incontrati all'Assemblea generale dell' ONU e, ancora, nel gennaio I 9 8 4 alla Conferenza di Stoccolma. I viceministri degli esteri, inoltre avevano di­ scusso dei rapporti fra i due paesi ancora a Roma, in gennaio. Il presidente della Camera Nilde lotti, infine, aveva visitato la DDR a fine marzo e il pre­ sidente del Senato Cossiga era atteso per una visita ufficiale nella DDR in ottobre. Negli ultimi anni anche le questioni relative alla firma dei trattati bilaterali, che avevano generato imbarazzo e rimostranze fra i due paesi alla metà degli anni Settanta, si erano risolte. Le relazioni bilaterali erano adesso regolamentare da accordi per la cooperazione economica, per il traffico ae­ reo e stradale, dall'accordo veterinario, da quello sulla sanità, da quello sulle poste e telecomunicazioni. Anche l'accordo consolare era stato, finalmente, siglato nel I 9 8 3 , anche se non era ancora stato ratificato. La collaborazio­ ne tecnico-scientifica si basava sulle intese del I 9 7 8 relative alle tecniche di automazione, ali' industria chimica, ali'elettrotecnica e al settore agricolo. Le relazioni economiche erano, in generale, ancora disciplinate dali ' accordo del I 9 7 3 , ma negli anni Settanta erano state incrementate. Dal I 9 8 2, però, il volume degli scambi fra i due paesi aveva subito una contrazione : l' Italia la­ mentava un saldo di bilancio continuativamente negativo, mentre la DDR era scontenta del contingentamento, che secondo i suoi dati colpiva circa il 40 % delle esportazioni tedesco-orientali verso l' Italia, e della politica dei crediti51• Nella stessa nota, infine, il ministero degli Esteri della Germania Est offriva una valutazione complessiva della politica orientale dell' Italia e in questa metteva in evidenza con soddisfazione - e con un ragionamento fondato - che, nonostante l'allineamento dell' Italia agli Stati Uniti sulla questione del riarmo nucleare, fra Roma e Washington esistevano chiare divergenze riguardo alle modalità e ai limiti di quella politica: il governo italiano ne manteneva i capisaldi, calcolando realisticamente, e con un pa­ rametro diverso da quello adottato negli Stati Uniti, i gravi rischi che sareb­ bero derivati dalla fine del dialogo con gli Stati socialisti51• L' Italia e la DDR sono due paesi che potrebbero essere definiti, per così dire [ ... ] di medio calibro [ . .. ] . L' Italia è una repubblica giovane, così come la D D R [ . . . ] la Re­ pubblica Italiana è [ ... ] tre anni più grande - ha 38 anni. [ . . ] L' Italia e la D D R hanno sistemi politici diversi, ma lui crede che questi non siano lontani l'uno dall'altro [ . . . ] bensì che ci si possa persino dare vicendevolmente dei buoni consigliH. .

SI. Ibid. 52. Ibid. S3· BA, SAPMO, D Y 30/ 24SO, Bi.iro Honecker (Fiche 3). Niederschrift uber das Gesprdch

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Queste brevi osservazioni chiudevano in un clima di enfatico ottimismo la prima visita di un capo di governo italiano nella Germania Est nel luglio del 1 984 e lui, l'autore, era Bettino Craxi. Il governo tedesco-orientale e il Politbiiro della SED attribuivano grande rilevanza all'evento, che dal loro punto di vista confermava il dinamismo della Westpolitik e apriva possibilità di mediazione con un paese portato storicamente a fare da mediatore tra Stati più potenti. Durante i colloqui con Honecker, Craxi toccava il tema della peculiarità italiana: in politica, nella società e nel sistema economico, un tema che era stato spesso oggetto delle analisi del MfAA. L' Italia, spiegava Craxi, era una democrazia liberale con un'economia di mercato, ma con un sistema capitalistico solo in parte, nel quale bisognava tenere conto del ruolo fondamentale dello Stato nell 'economia, nella gestione dei mezzi di produ­ zione, nei capitali delle grandi banche, nei trasporti, nelle industrie chimi­ ca e petrolifera. Si trattava di riferimenti alla realtà italiana che suggerivano analogie fra i due paesi: due repubbliche quasi coetanee, appunto, peculiari per la loro situazione interna, così come per la loro posizione strategica. È difficile spiegare le ragioni di questi riferimenti, ma è lecito supporre che si trattasse di una strategia di comunicazione con la quale il capo del gover­ no volle ripristinare la fiducia dei suoi interlocutori, spianare il terreno per consolidare l' intesa sulle questioni economiche e sottolineare le affinità per colmare le evidenti divergenze su altri temi. Un discorso teorico, d'altronde, era necessario anche per compensare il lungo intervento di Honecker sui progressi economici nella Germania Est e lo sproloquio dal tono propagan­ distico sull'alto tenore di vita medio e sull' importanza della sicurezza sociale in quel paese. La parte più importante dei colloqui, tuttavia, fu quella dedica­ ta al ruolo dei due paesi nel contesto internazionale e nei rapporti Est-Ovest in particolare54• Due temi si imposero nelle conversazioni fra Craxi e Honecker: i pro­ blemi sollevati dal fallimento dei negoziati di Ginevra e dallo schieramento dei primi missili NATO in Europa occidentale e il rilancio della cooperazio­ ne economica e commerciale con i paesi socialisti, all' interno della quale si sviluppava la collaborazione bilaterale. Lo scambio di vedute tra i due leader da un canto lasciava intendere la volontà di entrambi i governi di trattare la questione del riarmo nucleare secondo l' importanza che aveva realmente assunto, e dunque come una questione che li investiva diretta­ mente, dall 'altro però dimostrava che l' intesa fra i due governi aveva limiti des Generalsekretars des Zentralkomitees der SED und Vorsitzenden des Staatsrates der DDR, Erich Honecker, mit dem Ministerprasidenten der Italienischen Republik, Bettino Craxi, am g. fu/i rgS4 in Ber/in. Il corsivo nella citazione non è presente nell'originale. 54· Ibid.

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oggettivi: da quell' incontro, su quel tema non sarebbe scaturita alcuna pro­ posta concreta. Il presidente del Consiglio trasmetteva un messaggio rassicurante, affer­ mando che l' interruzione dei negoziati di Ginevra era solo un fatto tempo­ raneo: le trattative erano fallite perché da entrambe le parti era mancata la necessaria buona volontà, ma gli italiani erano ottimisti sul fatto che presto si sarebbe arrivati a una nuova fase di dialogo. L' Italia, tra l'altro, auspicava che ciò avvenisse il prima possibile perché la ripresa dei negoziati avrebbe potuto determinare, in concreto, l' interruzione del processo di installazione dei nuovi armamenti. Sui termini di un possibile accordo, inoltre, Craxi con­ fermava che la ricerca di un' intesa implicava, a suo avviso, un calcolo del po­ tenziale nucleare che comprendesse tutte le forze in Europa, dunque anche quelle francesi e inglesi, anche se i francesi in quel momento si opponevano a un negoziato a queste condizioni. Secondo quanto riportato nel resoconto dei colloqui, dunque, gli italiani ammettevano che, anche senza voler ferire la sensibilità dei loro alleati a Parigi, gli armamenti francesi non potessero esse­ re lasciati fuori55• Era, questo, un messaggio tranquillizzante per un paese che in quel momento chiedeva, a Ovest come a Est, rassicurazioni sull'equilibrio strategico e politico europeo. Al vertice economico che si era svolto a Londra qualche settimana prima, i governi occidentali avevano ammesso la necessità di attendere i risultati delle elezioni americane prima di riaprire la questione : questo significava, però, che i negoziati si sarebbero potuti riavviare già agli inizi del I 9 8 5, cosa che l' Italia auspicava56• Roma si preparava a un semestre di presidenza della Comunità europea ( a partire, appunto, dal gennaio I 9 8 s ) complesso e ricco di impegni - fra i quali le riforme istituzionali e gli accordi per l'allargamento - che come spiega Varsori: « sia il Presidente del Consiglio Craxi, sia il ministro degli Esteri Andreotti intendevano coronare con un successo politico» . Nel frat­ tempo, la Francia si mostrava scettica sulle capacità dell ' Italia di svolgere un ruolo internazionale autonomo rispetto agli Stati Uniti e si preparava a ricostruire un' intesa a due con la RFT57, mentre la Gran Bretagna puntava i piedi sul carattere minimalista della riforma della CEE. Politica atlantica, politica europea e politica orientale erano ancora una volta intrecciate nella trama delle relazioni estere dell' Italia, e in quel momento lo erano a maggior ragione perché più in alto miravano le ambizioni del governo. Il messaggio agli interlocutori della DDR, dunque, era tanto determinato, quanto rassicuSS· lbid. s6. Ibid. S7· A. Varsori, La cenerentola d'Europa? L'Italia e l'integrazione europea dal I947 a oggi, Rubbettino, Soveria Mannelli 2010, pp. 348-9.

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rante : l' Italia avrebbe continuato a dare il suo pieno contributo alla politica della NATO, ma allo stesso tempo si impegnava a promuovere la ripresa dei negoziati di Ginevra. La strada auspicata era quella di un' intesa per bloccare il riarmo e portare gli arsenali nucleari al loro minimo, anche se questo im­ plicava che una parte dei missili già installati venissero smontati. Meno rassicuranti furono invece i tentativi di spiegare le ragioni della doppia decisione. Negli anni precedenti l' Unione Sovietica, insisteva Craxi, si era rifiutata di ritirare gli ss-2o senza porre condizioni e aveva escluso la possibilità che fosse stato proprio lo schieramento di quei missili a modifica­ re l'equilibrio strategico in Europa. Gli Stati Uniti, dal canto loro, avevano cercato di dotarsi di uno strumento utile con il quale avviare un negoziato: gli euromissili davano soddisfazione all'esigenza di riequilibrare il rapporto fra le superpotenze. Queste argomentazioni naturalmente innervosivano Ho­ necker. Sul fallimento dei negoziati di Ginevra egli ribatté seccamente che, comunque la si volesse intendere, era stato l'avvio dell' installazione dei Crui­ se e dei Pershing a vanificare le trattative. Quell'evento aveva innescato la de­ cisione di impiantare armi ancora più potenti nella DDR e in Cecoslovacchia (i tedeschi dell'Est le definivano "contromisure", Gegenmaflnahmen). Nel frattempo, anche la Repubblica democratica aveva ampliato la propria po­ litica occidentale, ed era in contatto con altri leader socialisti e socialdemo­ cratici - Olaf Palme in Svezia, Andreas Papandreou in Grecia - favorevoli alla creazione di zone denuclearizzate in Scandinavia, nei Balcani e in Europa centrale. Alla fermezza del Primo ministro italiano, il presidente del Consi­ glio di Stato della DDR rispondeva con una vaga provocazione che implici­ tamente faceva riferimento a quei socialisti che in Europa occidentale erano contrari alla proliferazione nucleare, e sfidava in tal modo il ruolo crescente di Craxi all' interno dell ' Internazionale socialista. Questi, a sua volta, repli­ cava che l' Italia si era impegnata in un programma della NATO quadriennale, dal 1 984 al 1 98 8, che aveva come oggetto i Pershing n e i Cruise, ma ricordava anche che quel programma poteva essere interrotto o modificato58 - sottin­ teso, se le circostanze lo avessero reso opportuno o necessario. In generale, Craxi limitò i riferimenti alle responsabilità per la crisi degli euromissili e ai rapporti fra Stati Uniti e Unione Sovietica e concentrò la discussione sugli obiettivi pacifici dell' Italia e sulla priorità della distensione. «Nessuna guerra davanti alla porta di casa » : il riferimento qui era alla Libia, e al fatto che l' Italia si era opposta di fronte agli Stati Uniti a un' interruzione del dialogo con Gheddafi, ma la citazione, e il fatto stesso che questa venisse s8. BA, SAPMO, DY 30/ 24SO, Biiro Honecker (Fiche 3), Niederschrift uber das Gesprlich, cit.

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riportata durante i colloqui di Berlino Est, sono esemplificativi dell' impor­ tanza che la pace e la stabilità, nel Mediterraneo come in Europa, avevano per la sopravvivenza dell' ltalia59• Il leader del PSI concludeva, come da proto­ collo - ma la conclusione non era lontana dalla realtà - che, sulle questioni fondamentali della pace e della sicurezza in Europa, l' Italia e la DDR avevano prospettive in generale condivisibili, nonostante i due Stati avessero chiara­ mente posizioni diverse su singoli problemi e riconosceva il contributo della DDR alla cooperazione fra Est e Ovest60• Fra le questioni politiche, grande assente dai colloqui del I 9 8 4 è invece il tema dei diritti umani, nonostante tradizionalmente questo fosse un argo­ mento rilevante nella politica estera del Partito socialista, e nel percorso poli­ tico di Craxi in particolaré1• Ali' indomani della Conferenza di Helsinki il P SI aveva sostenuto pubblicamente la necessità di dare applicazione concreta alle misure contenute nel terzo paniere. Iniziative come la cosiddetta Biennale del dissenso che si svolse nell'autunno del I 977• alla quale vennero presentate le opere degli artisti dissidenti dai paesi dell'Est europeo, vennero incoraggiate proprio dai socialisti italiani, che erano già stati un punto di riferimento per una parte dei dissidenti cecoslovacchi dopo la primavera di Praga. Nonostante le aspre reazioni del governo sovietico, Craxi prese parte all'apertura dei la­ vori, unico capo di un partito nazionale. A conferma dell' impegno crescente dei socialisti italiani su questo fronte, alle elezioni europee del I979 e del I 9 8 4 venne candidato dal PSI (ed eletto) il dissidente cecoslovacco Jiri Pelikan. Le rivolte in Polonia e la nascita di Solidarnosc, infine, vennero accolte con entusiasmo nel partito socialista come un movimento ampio e più forte di quelli che in passato avevano scosso altri paesi del blocco sovietico, e perciò destinato a rompere la "struttura monolitica" e a mutare il carattere repressi­ vo dell'apparato istituzionale polacco62.. Eppure, durante la visita di Craxi e Andreotti a Berlino Est l'argomento delle pressanti e continue violazioni dei diritti umani nella DDR non sembra avere avuto alcuno spazio. Il secondo ordine di problemi affrontati durante la visita a Berlino Est riguardava invece la continuità delle relazioni economiche e commerciali. Craxi spiegò che era sua intenzione intensificare quelle relazioni con tutta l' Europa dell 'Est, partendo dall ' Unione Sovietica che ne era il centro. La Russia era diventata un partner essenziale per le forniture di gas, che ammonS9· lbid. 6o. Ibid. 61. Cfr. a questo proposito A. Spiri, V. Zaslavsky, I socialisti italiani e il dissenso nell'Est europeo, in Spiri (a cura di), Bettino Craxi, il socialismo europeo e il sistema internazionale, cit., pp. ISS-8 1. 62. lvi, pp. 171-6.

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tavano in quel momento a 9 miliardi di metri cubi e che l' Italia prevedeva di ampliare considerevolmente fino a 13 miliardi63• Non è detto che questa fosse una buona notizia per il governo tedesco-orientale, che combatteva una propria battaglia con Mosca per impedire ulteriori tagli alle forniture energetiche alla DDR, a favore degli importatori occidentali, ma da un'altra prospettiva le affermazioni del capo del governo italiano lasciavano intende­ re che l' Italia difficilmente avrebbe potuto compromettere il rapporto con l' uRSS, e dunque che anche sulle questioni di sicurezza era propensa a favori­ re il negoziato prima di qualunque altra soluzione. L' Unione Sovietica d'al­ tronde era un partner vantaggioso anche in altri settori, in quelli tradizionali dell' industria chimica e delle attrezzature e macchinari industriali, ma anche in quelli legati al programma alimentare sovietico, che apriva nuove oppor­ tunità anche per le piccole e medie imprese italiané4• Le informative della DDR spiegavano che in Italia si era rafforzata la convinzione che le relazioni bilaterali con l' Unione Sovietica fossero ormai divenute indispensabili65• La cooperazione economica con la DDR e gli scambi commerciali tra­ evano vantaggio dalla rinnovata spinta dell' Italia verso Est. Durante il suo incontro con Honecker, Craxi utilizzò un tema sensibile per avvicinare il suo interlocutore e spronarlo ad abbandonare un certo vittimismo che aveva a lungo caratterizzato le richieste della DDR all' Italia: il paragone con la RFT. Di fronte alla realtà che l' Italia e la D D R sono paesi ad alto sviluppo industriale, gli scambi commerciali bilaterali [erano] troppo bassi. Per l' Italia il commercio con la RFT [era] assolutamente al primo posto, per la RFT l' Italia [era] il secondo maggiore partner commerciale. Si domandava [ Craxi] perché le relazioni commerciali con la DDR non potessero essere sviluppate ulteriormente66•

Nonostante le difficoltà alle quali si è fatto spesso riferimento nelle pagine precedenti, l' import/export fra la DDR e l' Italia nel quadro dell'accordo del 1973 era cresciuto, almeno fino al 1980. Le esportazioni di prodotti tedesco63. BA, SAPMO, DY 30/ 2450, Bi.iro Honecker (Fiche 3). Niederschrift uber das Gesprach des Generalsekretars des Zentralkomitees der SED und Vorsitzenden des Staatsrates der DDR, Erich Honecker, mit dem Ministerprtisidenten der ltalienischen Republik, Bettino Craxi, cit. A questo proposito cfr. anche : BStU, M fs, HA II 35672, MjAA Information Nr. I26/vn, Beziehun­ gen udssR-Italien, 19 luglio 1985. 64. BStU, Mfs, HA II 35672, MjAA Information Nr. I26/vn, Beziehungen udssR-Italien, cit. 65. Ibid. 66. BA, SAPMO, DY 30/ 2450, Bi.iro Honecker (Fiche 3). Niederschrift uber das Gesprach des Generalsekretars des Zentralkomitees der SED und Vorsitzenden des Staatsrates der DDR, Erich Honecker, mit dem Ministerprtisidenten der ltalienischen Republik, Bettino Craxi, cit. (la citazione riporta la trascrizione del colloquio Craxi-Honecker in forma indiretta, e non le parole espresse direttamente dal presidente del Consiglio).

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orientali, in particolare, erano cresciute fino al I981. Nel I 982, secondo una valutazione del ministero del Commercio della DDR, erano stati soprattutto il peggioramento della situazione economica italiana, la scelta di una politi­ ca commerciale più restrittiva e il declino della lira a scoraggiare le vendite della Germania Est in Italia. Le esportazioni erano diminuite considerevol­ mente, mentre le importazioni erano cresciute ancora: la DDR in quell'anno registrava un saldo negativo che sarebbe stato corretto l'anno successivo, nel quadro però di un decremento complessivo degli scambi. Resta un dato di fatto, che la DDR rimase sempre un partner commerciale secondario per l ' I­ talia: nel I984 gli scambi con la Germania Est ammontavano allo 0,2% del commercio estero italiano67• Il rilancio avvenne proprio nel I984 68, un anno positivo per le relazioni economiche bilaterali anche sul piano programmatico. L' Italia mirava anzi­ tutto a incrementare le esportazioni e, per farlo, riprese un'attiva politica dei crediti. L'anno precedente erano stati concessi alla RDT crediti per un valore complessivo di 200 milioni di dollari per favorire la vendita, in particolare, di semilavorati delle industrie chimica, siderurgica e tessile. In effetti, nel I984 le spedizioni nella DDR aumentarono significativamente - del 78,5% rispetto all'anno precedente e con la prospettiva di un ulteriore incremento del 6 o% nell'anno successivo - e nuovi settori dell'economia italiana, in particolare quello agricolo e delle carni bovine, trassero vantaggio da questa tendenza positiva. Prodotti alimentari, vino e vari beni di consumo italiani sarebbero stati destinati alle grandi catene di negozi della Germania Est69• Nella prospettiva tedesco-orientale, il mondo dell'economia e degli affa­ ri italiano considerava le relazioni economiche e commerciali fra i due paesi come separate dal livello più alto e più complesso della politica estera. Le aspettative degli italiani per il viaggio del leader della S ED in Italia, secon­ do una valutazione del Partito di unità socialista di poco precedente, erano alte. Gli industriali italiani erano stati in un certo senso colti di sorpresa dal cambiamento nella situazione internazionale e contavano adesso sulla possibilità di recuperare la cooperazione reciproca con la DDR, a prescindere da quel che accadeva fra la NATO e il Patto di Varsavia. La Confindustria

67. BStU, Mfs, HA II 35 672, MjAA Information Nr. 27/VII, Okonomische Zusammenarbeit Italiens mit der sozialistischen Staatengemeinschaft, cit. 68. I dati sono tratti da: BStU, Mfs, HA XVIII, 7616, Ministerium for Aussenhandel. Information uber die Handels- und Wirtschaftsbeziehungen der Deutschen Demokratischen Republik mit der Italienischen Republik, Ber/in den I3.2.I9S5. 69. Archivio della Fondazione Craxi, B. ISSIFasc.39. Ufficio del consigliere diplomatico del presidente del Consiglio dei Ministri, Nota sui rapporti bilaterali Italia-RDT in vista della visita di Erich Honecker in Italia, cit.

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in particolare premeva per l'ampliamento delle esportazioni dei prodotti delle piccole e medie industrie. Dal punto di vista tedesco-orientale persi­ stevano invece ostacoli legati da un canto alla scarsa disponibilità del mini­ stero del Commercio estero italiano ad alleggerire il peso delle tariffe sulle importazioni di prodotti dalla DDR e dall'altro alla pressione esercitata dal governo degli Stati Uniti sull ' Italia perché cessassero i trasferimenti di tec­ nologie avanzate verso i paesi socialisti. L'aspetto incoraggiante riscontrato nelle valutazioni della S ED, invece, era l'apertura delle banche italiane alla concessione di nuovi crediti per sostenere il commercio con la Repubblica democratica tedesca70• Sul piano programmatico, durante la visita della delegazione italiana a Berlino Est nel luglio I984, venne stabilito il cosiddetto accordo Beil-Rugge­ ro: « Linee di azione sullo sviluppo dei rapporti economici e tecnico-scienti­ fici tra Italia e DDR per il I984 e per il primo semestre del I98 s » . Pochi mesi dopo, il s dicembre, venne siglato il Programma a lungo termine sullo svilup­ po della cooperazione economica, industriale e tecnica, con validità decen­ nale, nel quale venivano indicati i settori di maggiore interesse per sviluppare ulteriormente l' import/export71• Il programma venne concordato durante i colloqui che si svolsero in Italia fra una delegazione tedesco-orientale guidata ancora una volta da Beil, Craxi e rappresentanti di spicco dell' industria italia­ na, anzitutto Montedison ed ENI. La Stasi riporta una valutazione molto po­ sitiva sia della visita di Craxi e Andreotti nella DDR, sia dei successivi incontri in Italia, che si riteneva potessero aprire una nuova fase delle relazioni bila­ terali proprio partendo dall'ampliamento delle relazioni economiche72• In quel momento, peraltro, l' Italia occupava il ventunesimo posto fra i partner commerciali della DDR, il che conferma che nonostante vi fosse nel mondo degli affari italiano un interesse rilevante verso la DDR, soprattutto in alcuni settori di comune interesse, le difficoltà incontrate nella realizzazione delle intese bilaterali tracciarono una linea di continuità fra gli anni Settanta e gli anni Ottanta che prevalse sulle iniziative e sulle aspettative di entrambe le parti. Nel I984, tuttavia, sembrava davvero che qualcosa stesse cambiando nei rapporti fra i due paesi, a cominciare dalla procedura di ratifica e di realizza70. BA, SAPMO, DY 30/ IV 2/2.035/103, Abt. /ta/ien. Jnfonnation uber einige aktuel/e Aspekte der ltalienischen Aussen- und Innenpolitik im Zusammenhang mit dem Besuch des Gen. Honecker vom 23.4 bis 24.4 I9S5 in ltalien, cit. 71. Archivio della Fondazione Craxi, B. ISs/Fasc.39, Ufficio del consigliere diplomatico del presidente del Consiglio dei ministri, Nota sui rapporti bilaterali Italia-RDT in vista della visita di Erich Honecker in Italia, ci t. 72. BStU, Mfs, HA XVIII, 7616, Hauptabteilung XVIII/7, Bericht: "Am 4· und 5· Dezem­ ber I9S4 fond die Reise nach ltalien statt. [. .. ]'; Ber/in I2.I2.I9S4 (rapporto dell' informatore "Rudolph").

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zione degli accordi, che per la prima volta venivano messi in atto in maniera relativamente rapida e snella sul piano burocratico : una nota del Mfs cita in particolare, proprio nel dicembre I 9 8 4, la ratifica a soli due mesi dalla firma dell'accordo Akrylnitridanlage Schwedt73 .Il riavvicinamento fra l' Italia e la DDR suscitò una volta ancora la reazione del governo federale, che si irritò per la visita di Craxi nella Repubblica democratica e per l' invito del governo italiano a Honecker. Sempre secondo fonti della Stasi, il cancelliere Helmut Kohl e il ministro degli Esteri Genscher avevano avvicinato Craxi e Andreot­ ti a Dublino per impedire che Honecker si recasse in Italia prima dell' incon­ tro a lungo rimandato fra lo stesso Honecker e Kohl74• La rinnovata apertura dell' Italia verso i paesi socialisti, nella prospettiva della DDR era funzionale, oltre che alla ricerca di nuovi mercati, anche ad accrescere il ruolo dell' Italia all' interno della CEE e a ridefinire la sua posizione rispetto ad altri Stati più potenti, e in effetti i tentativi di Bonn non ebbero successo75• Nell'aprile successivo, qualche giorno prima della visita di Honecker in Italia, una folta delegazione della DDR prendeva parte alla Fiera internazio­ nale di Milano, dove ancora una volta, dagli incontri con i rappresentanti del mondo politico italiano, la Germania Est riceveva messaggi volutamente incoraggianti. Un'altra intesa in ambito economico e commerciale, infine, venne raggiunta nell'aprile del I 9 8 5, durante il viaggio italiano del leader della Germania Est, attraverso la conclusione del nuovo Accordo decennale di cooperazione economica, industriale e tecnica. La Ostpolitik economica faceva ormai parte della politica estera dell ' Italia, con effetti positivi anche nella dimensione politica e di sicurezza.

7· 6 « Nessuna alternativa ragionevole alla coesistenza pacifica » 76• Honecker a Roma (aprile 1 9 8 5 ) Nella primavera del I 9 8 5, il dualismo della politica estera italiana appariva una caratteristica incontrovertibile e non priva di una sua coerenza, anche se i tedeschi dell 'Est non avevano compreso fino in fondo quale fosse il punto di partenza ( l'ad an tismo) : 73· Ibid. 74· Ibid. 75· Ibid. 76. BA, SAPMO, Biiro Honecker, DY 30/ 2450 (Fiche 4), Bericht uber den offiziellen Be­ such des Generalsekretars des ZK der SED und Vorsitzenden des Staatsrates der DDR [. .. ] Erich Honecker, vom 23. bis 24. Aprii I9S5 in der Italienischen Republik, ci t.

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il Presidente del Consiglio Craxi e il ministro degli Esteri Andreotti vogliono appro­ fittare di questa visita per dimostrare ancora una volta la loro disponibilità all' intesa e l' interesse del governo italiano a ristabilire un clima di fiducia e di stima nelle relazioni internazionali ma anche per mostrarsi, allo stesso tempo, alleati affidabili degli Stati Uniti e della NAT0 77•

Dopo il viaggio del presidente del Consiglio nella DDR, si guardava all' Italia con maggiore serenità, nei documenti che la riguardavano si dava meno spa­ zio alle contraddizioni e alle ambiguità dei suoi rapporti con l'Est europeo e se ne accentuavano invece le potenzialità. In un'ampia analisi basata su fonti della DDR in Europa occidentale, redatta per preparare la trasferta di Hone­ cker in Italia, si ritornava sui rischi e i limiti del riarmo nucleare in Europa, sulla fedeltà dell ' Italia alla NATO e sulla sua autonomia dagli Stati Uniti. Il governo italiano - questa era la percezione - difendeva con fermezza le scelte dell'Alleanza atlantica e la realizzazione della doppia decisione, anche perché riteneva che questo comportamento avesse contribuito ad ammor­ bidire le posizioni dell' Unione Sovietica e avesse dato impulso alla ripresa dei negoziati di Ginevra. Allo stesso tempo, però, il governo Craxi sembrava disposto a opporsi agli Stati Uniti in ambiti diversi da quello del riarmo nu­ cleare europeo: la militarizzazione dello spazio e la politica in altre regioni del mondo, in America Latina, in Medio Oriente, talvolta anche in Europa dell 'Est78• Contatti informali con esponenti dei partiti politici italiani, inol­ tre, riportavano posizioni discordanti o scettiche anche sulla SDI (Strategie Defense lnitiative) : da un canto Andreotti, Craxi e gran parte della DC e del PSI temevano la nuova iniziativa statunitense e le sue conseguenze sulla situa­ zione internazionale, e tendevano a scoraggiarla; dall'altro in una parte del mondo politico ed economico italiano era diffusa l' idea che se l' Italia avesse rifiutato del tutto quel progetto, questo nel tempo l'avrebbe danneggiata sia sul piano politico, sia su quello economico, sia infine, su quello dello svilup­ po tecnologico. Il governo tedesco-orientale si basava anche su opinioni che provenivano dal mondo politico della Germania Ovest, dove il ruolo dell' I­ talia, al contrario di qualche anno prima, era tutt 'altro che sottovalutato : gli sforzi del governo italiano per consolidare la collaborazione militare con gli altri paesi europei e rilanciare il progetto dell' Unione Europea acquistavano credibilità. Parallelamente, l' Italia rafforzava il rapporto con la RFT per scoraggiare 77· BA, SAPMO, DY 30/ IV 2/ 2.035/103, Jnformation uber einige aktuel/e Aspekte der italienischen Aussen- und lnnenpolitik im Zusammenhang mit dem Besuch des Gen. Honecker vom 23. 4. bis 24·4.I9S5 in ltalien, cit. 78. /bid.

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l' intesa esclusiva tra Bonn e Parigi, ma sulle relazioni con la Repubblica fe­ derale pesavano le iniziative della Ostpolitik italiana. Fra l'estate e l'autunno del I984, il susseguirsi del viaggio di Craxi nella DDR e delle esternazioni di Andreotti sulla questione tedesca avevano esasperato il governo di Bonn. Secondo le notizie riportate dalla Stasi, in Italia, diversi mesi dopo, una parte dei politici nel governo era ancora scettica e diffidente verso quelle iniziative, e riteneva inopportuno organizzare la visita di Honecker in Italia prima che egli si fosse recato nella RFT 7 9• Oltre a queste incognite, la Stasi ne osservava altre, che riguardavano la politica interna: il pentapartito guidato da Craxi godeva di un' insolita stabi­ lità, che da un canto dipendeva dal fatto che il leader socialista aveva saputo costruire una relazione solida con la DC e aveva chiamato a capo della Farnesi­ na una personalità di spessore come Andreotti; dall'altro, tuttavia, poggiava su una linea chiaramente anticomunista, che traeva vantaggio dall' indeboli­ mento del PC I. Il Partito comunista appariva in grande difficoltà e proiettato verso un cambiamento che lo avvicinava ai partiti socialdemocratici europei: «Nei vertici della S PD questo viene visto come il risultato di contatti stretti tenuti per anni fra la SPD e il PCI al livello delle direzioni dei partiti »80• La politica orientale dell' Italia aveva alcune linee di continuità che si basa­ vano sulla capacità di sviluppare autonomamente il dialogo politico con sin­ goli paesi, con l'obiettivo sia di proteggere gli affari e gli investimenti italiani, sia di mantenere aperto il dialogo fra Europa occidentale ed Europa orientale. Con il viaggio di Honecker ormai alle porte, il governo della D DR tracciava un quadro che lasciava ben sperare, sia sul futuro dei rapporti bilaterali, sia sulle capacità dell' Italia di svolgere un ruolo attivo nella normalizzazione dei rap­ porti Est-Ovest. In Italia, la Stasi sondava gli umori e le aspettative delle impre­ se. La tendenza che aveva caratterizzato i rapporti bilaterali negli anni Settan­ ta - lento incremento degli scambi, ampliamento dei settori di cooperazione tecnico-scientifica, scarso interesse da parte dell ' Italia nel dialogo politico e prudenza nelle questioni che potevano irritare la Germania occidentale si era invertita. Le relazioni politiche erano tornate centrali: mai come in passato, nemmeno ai tempi della C SCE il governo italiano aveva mostrato un interesse così costante e accentuato verso la Germania Est, né l' Italia aveva mai osato così tanto nella sua politica orientale. Le relazioni economiche e commerciali, invece, non si scostavano da una ripresa carica di ottimismo, ma timida nei risultati. Da questo punto di vista, in Italia si auspicava che la visita di Honecker agisse da stimolo per la collaborazione economica bi79· Jbid. So. Ibid.

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laterale. Confindustria, come si è detto, promuoveva un incremento delle esportazioni italiane, soprattutto dei prodotti della piccola e media indu­ stria, ma il commercio era soggetto a ostacoli di vario tipo, fra i quali, come si è già ricordato nel quinto capitolo, i vincoli della lista CoCom alla quale alcune imprese, come FIAT, si attenevano puntualmente. La DDR lamentava l' ingerenza degli Stati Uniti negli affari italiani e le pressioni di Washington perché non venissero trasferiti prodotti di alta tecnologia ai paesi socialisti81• Nonostante le resistenze interne alla politica orientale di Craxi, anche l'analisi del MfAA era decisamente positiva. La crisi del riarmo nucleare aveva incrementato anziché ridurre gli sforzi del governo italiano per rassicurare gli Stati socialisti: il governo Craxi [ ... ] si impegna in particolare per promuovere il dialogo Est-Ovest e a favore di un miglioramento del clima internazionale. Questo ha portato agli inizi degli anni Ottanta al superamento della fase di stagnazione nelle relazioni con gli stati socialisti. Con quasi tutti [ ... ] i contatti politici a partire dal 1 9 8 3 sono stati in­ tensificati [ ] L' Italia guadagna così, nelle relazioni economiche fra paesi socialisti e capitalisti, una posizione anteriore. Circa un decimo del commercio complessivo fra Est e Ovest spetta [a lei]. Si trova dunque dietro alla RFT al secondo posto fra i partner commerciali imperialisti dei paesi socialisti82• ...

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La politica italiana non era mai apparsa ai tedeschi dell' Est tanto attiva e pro­ mettente come negli anni difficili della seconda guerra fredda. I rapporti con l ' Unione Sovietica erano stati ravvivati dalla visita del ministro degli Esteri Andreotti nella primavera del 1984, che Gromyko aveva ricambiato alla fine di febbraio del 1 985 e nel maggio dello stesso anno, su invito di Gorbaciov, Craxi si recò a Mosca in veste ufficiale. L' incontro di Mosca, durante il quale vennero affrontati alcuni fra i temi del disarmo nucleare in Europa, diede finalmente modo all' Italia di giocare il ruolo di mediazione che le era fami­ liare, stavolta però da una posizione favorita dalla credibilità che il governo guidato dal leader socialista aveva acquistato in Europa centro-orientale. Se­ condo un resoconto del MfAA, Craxi fece riferimento esplicitamente alla pre­ occupazione che l'atteggiamento « intransigente » dell' Unione Sovietica potesse mettere a rischio i negoziati di Ginevra e raccomandò «elasticità » e « flessibilità »83. Allo stesso tempo, il capo del governo italiano si dichiarava favorevole a tener conto, nei negoziati sulla riduzione degli armamenti, del 81. Ibid. 82. BStU, Mfs, HA II 35672, MjAA Injòrmation Nr. I4o/1v, Politik Italiens gegenuber den sozialistichen Lander Europas, 23 aprile 1985. 83. BStU, Mfs, H A II 35672, MjAA Information Nr. II/VI, Besuch Craxis in der udssR, 4 giugno 1985.

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potenziale nucleare di media gittata francese e di quello inglese nel conteggio complessivo delle forze nucleari in Europa. Nel febbraio I 9 8 5 il sottosegretario al MfAA Herbert Krolikoswi incon­ trò il direttore generale per gli Affari politici al MAE Roberto Franceschi. La nota sulla conversazione esprime la piena soddisfazione di entrambi per il corso preso dai due governi nelle relazioni bilaterali, che dopo la visita di Craxi si erano sviluppate « in modo positivo e dinamico in tutti gli ambiti » . Franceschi confermava che la visita di Honecker era attesa in Italia « con grande gioia e interesse »84 e rassicurava sulla volontà del governo italiano di firmare un nuovo accordo di lungo periodo sulla collaborazione economi­ ca, industriale e tecnica e un programma di lavoro nell'ambito della cultura per il periodo I 9 8 5-87. Sulle questioni internazionali, il resoconto testimonia l' intenzione chiara di Franceschi di evitare ogni possibile tensione e di tro­ vare posizioni condivise sulle questioni relative alla conservazione della pace e sugli sforzi per evitare « una catastrofe nucleare »85• Franceschi riconosceva - con la soddisfazione dei tedeschi dell'Est - il ruolo svolto dalla DDR nel mantenere attivo il dialogo fra Est e Ovest no­ nostante la complessità della situazione internazionale e sottolineava che «le relazioni fra la DDR e la RFT hanno grande importanza per il clima po­ litico in Europa sia in senso positivo, sia in quello negativo»86• Sui negoziati di Ginevra, tuttavia, le sue considerazioni rispecchiavano l'atteggiamento contraddittorio del governo italiano riguardo al progetto delle armi spaziali dell'amministrazione Reagan. Da un canto gli italiani esprimevano preoc­ cupazione per le conseguenze della militarizzazione dello spazio, dall'altro, invece, giustificavano la politica di Reagan sostenendo che anche l' Unione Sovietica stava portando avanti progetti analoghi. Questo atteggiamento si spiegava, secondo i tedeschi dell'Est, con la pressione esercitata dagli Stati Uniti su quei paesi della NATO che si erano espressi in maniera critica riguar­ do alla SDI. Da quell'incontro, tuttavia, il governo tedesco-orientale traeva diverse rassicurazioni, tra l'altro sul fatto che «per l' Italia un cambiamento dei confini europei sarebbe impensabile » e che la questione rilevante non era modificare lo status quo, ma semmai migliorare le relazioni fra Stati socialisti e capitalisti sulla base dell'Atto finale di Helsinki. Sulla posizione ambivalente dell' Italia, infine, il MfAA esprimeva anche interpretazioni diverse. Secondo una nota del MfAA del maggio I 9 8 587 le due linee politiche parallele seguite 84. BStU, Mfs, HA II 35672, MjAA Infonnation Nr. gg/II, Politische Konsultationen DDRItalien, 19 febbraio 1985. 85. Ibid. 86. Jbid. 87. Ibid.

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dall' Italia - l'allineamento alla politica di riarmo della NATO e la diplomazia in favore della distensione - erano motivate dalla ricerca di un prestigio mag­ giore e di un ruolo più attivo nelle decisioni della NATO, con l'obiettivo di prevenire un 'escalation di riarmo. Allarmata da quella prospettiva e dall' idea della militarizzazione dello spazio, l' Italia si sforzava di ampliare il proprio ambito di manovra nell 'alleanza occidentale non per avallare quel processo, ma per contrastarlo88• Com'è facile immaginare, le valutazioni successive al viaggio di Hone­ cker furono a maggior ragione positive : il tenore dei colloqui lasciava inten­ dere che nella prospettiva italiana il ruolo della Repubblica democratica si era accresciuto : alla DDR « in ragione della sua attività nella comunità degli stati socialisti e come stato europeo al confine fra i due sistemi di alleanze viene attribuita una grande attenzione »89• A Roma Honecker incontrò anzitutto il presidente della Repubblica Sandro Pertini, con il quale venne affrontato subito il tema della sicurezza europea. Pertini fece un riferimento accorato alla difesa della pace e racco­ mandò di considerare seriamente i passi che stava compiendo Gorbaciov90, fra cui una moratoria sullo stazionamento dei missili di medio raggio piena­ mente appoggiata dal governo tedesco-orientale. Il richiamo di Pertini alla serietà delle intenzioni sovietiche piacque al leader della DDR, che ebbe mo­ do di confermare che non si trattava di una mera mossa propagandistica da parte di Mosca, ma di un tentativo concreto91• Fu poi la volta del colloquio fra Honecker e Craxi, ancora una volta in­ centrato sulla situazione internazionale e sull'obiettivo della distensione. Il presidente del Consiglio definì la coesistenza pacifica « indispensabile » : sottolineò la necessità di frenare la corsa agli armamenti e d i tutelare la si­ curezza europea attraverso un vero equilibrio militare al ribasso. In un clima nel quale non mancavano toni enfatici e propagandistici, i rappresentanti dei due governi si aprivano ad affermazioni da potenze regionali e ammettevano che per le superpotenze era giunto il momento di rinunciare alla logica della superiorità militare e di dare priorità alla distensione. Vi era in questo an­ che un richiamo al ruolo dei paesi minori, ciascuno dei quali, concordavano i due leader, doveva dare il proprio contributo premendo sulle superpoten88. Ibid. 89. BStU, Mfs, HA n 35672, MjAA Information Nr. IS/v, Offizieller Besuch des Genossen Erich Honecker in Italien, 3 maggio 1985. 90. Ibid. 91. BA, SAPMO, Biiro Honecker, DY 30/ 2450 (Fiche 4), Bericht uber den offiziellen Besuch des Generalsekretars des ZK der SED und Vorsitzenden des Staatsrates der DDR [... }Erieh Honecker, vom 23. bis 24. Aprii I9S5 in der Italienischen Republik, cit.

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ze e perseguendo l'equilibrio nei rapporti di forza. Un ottimo segnale era la prospettiva di una ripresa dei negoziati di Ginevra92.. In sintesi, fra le diverse soluzioni emerse durante i colloqui, la DDR appoggiava senza riserve quella che prevedeva la cessazione immediata delle attività per la creazione di un armamento spaziale, il congelamento degli arsenali nucleari strategici, l' inter­ ruzione dello stazionamento dei missili di medio raggio americani in Europa e la corrispondente interruzione delle "contromisure" del Patto di Varsavia93• Fu Hermann Axen, durante il suo colloquio con Andreotti, a chiarire quanto fosse importante un'opposizione netta da parte dell' Italia al progetto dell'ar­ mamento spaziale, di fronte a un atteggiamento che la DDR giudicava invece troppo vago e condizionato dal timore dell' Italia di restare isolata dai suoi alleati economicamente e sul piano della cooperazione scientifica94: L' Italia dovrebbe impegnarsi altrettanto affinché a Ginevra venga definito chiara­ mente ciò che nella ricerca è permesso come per fini pacifici e ciò che è proibito per l'utilizzo militare9s.

L'altro tema centrale era naturalmente quello delle relazioni bilaterali. Fra Craxi e Honecker vi fu uno scambio dai toni generali e, com'era prevedi­ bile dato il significato della visita in sé, spiccatamente ottimistici. L'evento rappresentava già il completamento di un percorso riavviato nel I983. Per entrambi i governi, pur con le dovute differenze, si trattava di una prova di autonomia e prestigio nello scenario europeo e nelle rispettive alleanze. La delegazione tedesco-orientale rientrava dall' Italia con alcune parole chiave in mente: ritorno alla coesistenza pacifica, fine della corsa agli armamenti, dialogo Est-Ovest, rispetto della sovranità di tutti gli Stati, ruolo delle me­ die potenze, credibilità internazionale di Gorbaciov, prestigio della DDR in Europa. Tutto considerato, il quadro non poteva essere migliore.

92. BStU, Mfs, HA II 3S672, MjAA Infonnation Nr. 18/v, cit. 93· BA, SAPMO, Biiro Honecker, DY 30i24SO (Fiche 4). Bericht uber den offiziellen Be­ such des Generalsekretars des ZK der SED und Vorsitzenden des Staatsrates der DDR [. . . } Erieh Honecker, vom 23. bis 24. Aprii 1!)35 in der ltalienischen Republik, cit. 94· BA, SAPMO, DY 30/IV 2/2.03Sh03, Vennerk uber das Gesprach [. } Hennann Axen[s}, und [. .. } Oskar Fischer[s}, mit [. } Giulio Andreotti, am 23.4.1!)35 in Rom, Roma, 23 aprile 1985. 9S· Ibid. ..

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Conclusioni La D D R e l' Italia : la dimensione europea

La storia dell' Europa del dopoguerra, se osservata dal punto di vista dei rap­ porti Est-Ovest, è caratterizzata da due ampi archi temporali: nel primo, gli anni della Guerra fredda, presero forma e si svilupparono l' integrazione eco­ nomica e politica dell'Europa occidentale e una sorta di integrazione paral­ lela in Europa orientale, ma diversa sul piano istituzionale e negli obiettivi di lungo periodo; nel secondo, post- Guerra fredda, l' Unione Europea appena costituita si impegnò in un nuovo processo di integrazione, teso a estendere il modello economico e politico costruito nei quarant'anni precedenti all'Eu­ ropa centro-orientale attraverso la fase più ambiziosa e competitiva, fino a oggi, dell 'allargamento. Fra questi due periodi, la ricerca storica ne ha tracciato negli ultimi anni un terzo, che emerge da un insieme di studi di impronta diversa sulla distensione internazionale, sulle relazioni tra la CEE e il Comecon, sui rapporti transatlan­ tici, sulla storia politica e sociale della Germania e di altri paesi europei, sulla ricostruzione dei movimenti pacifisti e delle altre forme di dissenso diffuse nell'Europa dell'Ovest e dell'Est. I margini di questa periodizzazione sono gli inizi degli anni Settanta e la fine degli Ottanta, fra i quali l'Europa occidentale e quella socialista avviarono un fertile dialogo politico, accompagnato da una tessitura di relazioni economiche e commerciali assai proficue per entrambe, che andavano ben oltre la coesistenza competitiva e che si trasformarono, nel corso degli anni Ottanta, in un rapporto sempre più sbilanciato fra i regimi indebitati dell'Est e i governi del mercato unico dell'Ovest. In questa fase, gli obiettivi della Ostpolitik (delle Ostpolitik nazionali ) e quelli della Westpolitik, nelle sue linee comuni e nelle diverse declinazioni da Stato a Stato, si incontrarono in una dimensione tutta europea. A pre­ scindere dagli interessi specifici dell' Unione Sovietica, gli Stati dell ' Europa dell 'Est si attendevano dall' Europa occidentale soprattutto la legittimazio­ ne internazionale, l'ampliamento del commercio e la prevedibilità della po­ litica dei crediti. In questa prospettiva, la Westpolitik lasciava da parte le questioni della sicurezza e della difesa, riservate alla dimensione del Patto di

LA DDR E L' ITALIA

Varsavia e alla sincronia con Mosca, confinava al campo della propaganda il confronto ideologico e si concentrava, invece, sulle relazioni economiche per la ridefinizione delle stesse relazioni politiche. La DDR in particolare, nonostante una politica interna concentrata sul rinnovamento del proprio modello di sviluppo economico e sociale, e una retorica che in continuità con il passato ne affermava la superiorità, divenne meno combattiva verso il mondo occidentale e più competitiva all' interno dello stesso blocco socialista, per assicurarsi che nelle relazioni con i paesi oc­ cidentali il suo ruolo non fosse inferiore a quello degli altri Stati socialisti. Il confronto fra modelli diversi di organizzazione politica e di sviluppo economico cambiò direzione anche in Europa occidentale. La sfida ideologica del socialismo sovietico e la percezione di questa come una minaccia si atte­ nuarono, mentre, alla luce degli obiettivi ambiziosi disegnati dalla Comunità europea all'Aja nel 1969 e nel tentativo di rilancio dell'unificazione politica, si riaccese negli anni Settanta e Ottanta la competizione fra il modello di integra­ zione intergovernativa e quello sovranazionale. Era il declino della questione ideologica e l' incontro fra le nuove esigenze di due mondi in trasformazione, sempre più eterogenei all'interno dei rispettivi sistemi di alleanze. La Differenzierungspolitik preferita dalla Comunità europea come or­ ganizzazione e dai singoli Stati membri nelle relazioni bilaterali con i paesi dell'Est europeo veniva criticata apertamente dal governo tedesco-orientale che ne sottolineava, in via ufficiale, la pericolosità e l'obiettivo di disgregare la coesione del blocco socialista. La prospettiva bilaterale, tuttavia, consenti­ va alla DDR di rendere più dinamica la propria politica estera e di allacciare rapporti con i governi occidentali non strettamente vincolati alle direttive di Mosca e del Comecon. È particolarmente interessante che quella stessa "politica di differenziazione" adottata dalla CEE negli anni Settanta e nella prima metà degli anni Ottanta si tramutasse negli anni Novanta in un'acce­ lerazione del processo di allargamento a Est e, soprattutto, in una scelta in­ clusiva, che fra il 19 97 e il 1999 affermò la necessità di tenere uniti tutti i paesi candidati dell' Europa centro-orientale, a prescindere dai tempi e dai modi del loro adempimento dei criteri di Copenaghen. Nella diversificazione si creò il tessuto comune dell 'integrazione fra l' Europa occidentale e quella orientale; con il principio dell' inclusione venne spinto in avanti, attraverso una precisa decisione politica dell' uE, l'allargamento ai PECO. Se questi due momenti delle relazioni Est-Ovest siano stati mai collegati da un' intenzione di lungo periodo delle istituzioni europee o di singole personalità all' interno della CEE è una domanda che ci si pone nelle conclusioni di questo libro per disegnare la traccia di un ulteriore studio sulla dimensione europea della di­ stensione e sulle visioni dell' Europa a Est della Comunità europea.

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