La città futura. Saggi sulla figura e il pensiero di Antonio Gramsci

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I fatti e le idee

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Prima edizione: maggio 1959 Copyright by

© Giangiacomo Feltrinelli Editore Milano

La città futura Saggi sulla figura e tl pensiero di Antonio Gramsci a cura di Alberto Caraccio/o e Gianni Sca/ia

Feltrinelli Editore

Milano

Premessa

Da dieci anni Antonio Gramsci è al centro del dibattito culturale e politico in Italia. Ma ancora le interpretazioni del suo pensiero e della sua azione come teorico marxista e uomo politico socialista soffrono di incertezze, di deformazioni, di difficoltà soggettive e oggettive. Quali sono le ragioni? Non è qui il luogo per questa ricerca. Ma certo non si tratta soltanto di sordità, di tendenziosità interpretativa, quanto piuttosto della facilità - e della "facilitazione" - cui è stato in questi anni costretto Gramsci. Troppo spesso egli è diventato un mito e non piu un intellettuale, un politico, un uomo da comprendere per quel che è stato nella complessità dei suoi aspetti. Troppo spesso, adottando il criterio della "facilitazione" apologetica o polemica, da persona reale se ne è fatto un simbolo politico e ideologico interessato, e si è resa pii', difficile una ricerca continuata, paziente, severa. Cosicché nello studio l'interesse è divenuto pregiudizio, la capacità interpretativa privilegio dogmatico, la discussione critica polemica di autorità. Questo è accaduto a lungo per Gramsci, e ancora si ripete, secondo un costume intellettuale che non è, come dovrebbe essere, insieme tollerante e fermo, nutrito, cioè, da consapevolezza piena del rigore della ricerca scientifica e della sua responsabilità politica; e che porta ad oscillare tra versione accademica e versione politicizzata, entrambi insufficienti e, peggio, arbitrarie. E come ieri di fronte a Croce, è prevalso di fronte a Gramsci un atteggiamento passivo, di utilizzazione celebrativa, come strumento di polemica o di giustificazione politica piuttosto che come fatto vitale di conoscenza. Ma Gramsci ha insegnato ben altro: il gusto fermo e severo fino all'implacabilità, dell'intransigenza libera e liberante, e insieme il gusto anticonformista e antidisciplinaristico. La sua stessa professione di uomo politico, vorremmo dire la sua "fede" - del resto nutrita di u17

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continuo dubbio intellettuale che le dà piu forza e persuasione - lo ha spinto a invocare e accettare continuamente il confronto. Il senso piu profondo della sua personalità è forse quello di "riformatore," di educatore politico, di organizzatore di cultura e, insieme, di uomo di scienza. Ma sempre, al centro della sua battaglia, c'è la coscienza di un accrescimento di libertà reale e intellettuale, di un arricchimento critico, di una "superiorità" che si conquista, non si presuppone. Gramsci ha dissociato, rigorosamente, cultura e organizzazione della cultura da "politica culturale" e da "industria culturale." La sua vita intellettuale e politica è stata lotta per la ricerca, perpetua verifica della propria verità, "libero esame" - se si vuole - praticato attraverso l'educazione, e la stessa direzione politica, la libera ricerca individuale. La "riforma" intellettuale, morale e politica è intesa sempre come metodo di conoscenza e di trasformazione della società, indissolubilmente. Una trasformazione che può dirsi socialista, perché fondata sulla necessità della partecipazione diretta della società civile al potere economico, al potere politico, al potere del sapere e alla sua organizzazione e trasmissione. Non per caso in Gramsci "dire la verità" e "arrivare insieme alla verità" sono due aspetti solidali di un'ideologia e di un metodo. Proprio di fronte al Gramsci "riformatore" gli interpreti conservatori, di qualunque parte fossero, hanno mostrato quanto poco serva alla conoscenza storica l'opposizione reazionaria e la burocratica celebrazione. Cl1iunque si ponga a parlare di un "nostro" Gramsci, nel farlo privato ed esclusivo lo impoverisce; lo chiude in una formula, non importa se rigoristica o lassista, settaria o "liberale," comunque infeconda. Cosz si è assistito negli ultimi tempi a un contrasto fra interpretazioni che apparivano "ortodossa" l'una, "eretica" l'altra, come tendenziose ed esclusive rivendicazioni. Forse era inevitabile che cosi fosse, come prima rottura di uno schema scolastico proposto in sede ufficiale, come primo segnale della diversa complessità del problema. Ma oggi questa polemica non serve pit't. Ci si chiede di lavorare puntualmente, sistematicamente, criticamente, per restituire in tutte le sue parti l'immagine storica piu certa di Gramsci. A questo compito hanno voluto dedicarsi Passato e Presente e i collaboratori del presente volume. Non c'è la pretesa, in queste pagine, di una ricerca esauriente, di un quadro omogeneo nelle sue parti. Il lettore troverà insieme il saggio di piu matura compiutezza e l'articolo problematico o preliminare; avvertirà che su taluni problemi ci si è soffermati a lungo, mentre di altri non meno importanti - quello della storia d'Italia, per esempio,

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del Risorgimento, o quello dei cattolici e dei contadini - si è trattato solo di sfuggita. Vedrà però rispettate, crediamo, le esigenze prime di uno sforzo scientifico collettivo: l'accertamento documentario, l'approfondimento critico, la libertà interpretativa dei singoli contributi, che i.nfine consentono, contro false unanimità, un discorso piu intimamente unitario e convincente. Se un saggio si discosta dall'altro nella sua interpretazione - sul significato della "filosofia della prassi," o sul rapporto con il leninismo, per fare solo due esempi - pensiamo che ciò sia egualmente interessante e alla fine piu utile per chi legge, dopo molta celebrazione di maniera e molte esposizioni ufficiali, e sia indicativo di un modo di lavorare insieme libero e collegiale. Un filo che unisce il discorso dei singoli collaboratori apparirà nel rifiuto, precisamente, di una ricerca che muova in maniera univoca o secondo linee precostituite, pregiudicatamente. Lo si noterà nel modo in cui è proposto, nei singoli saggi, lo svolgersi delle fasi e la periodizzazione, tutt'altro che facile, del pensiero gramsciano; lo si vedrà nel rifiuto di identificare il pensiero di Gramsci con quello di Lenin o di Stalin, attraverso lo sforzo di evitare facili formule e meccanici accostamenti. In ognuno dei saggi è presente, crediamo, il tentativo di ricercare l'originalità di Gramsci, nel pensiero e nella realtà del suo tempo, e la sua validità ancora attuale. Il lettore troverà pite volte ripetuta e argomentata una deplorazione dello stato in cui oggi si trova l'edizione, e la cura filologica, dell'opera gramsciana. Sappiamo purtroppo come da molti anni essa sia incompleta, non criticamente ordinata e condotta, presentata secondo esigenze non compiutamente scientifiche. Persino in questo volume si trove·ranno alcuni riferimenti di articoli non entrati nella edizione einaudiana, e si tratta solo di una esemplificazione probante. Per questo non ci stancheremo di rinnovare pubblicamente la richiesta di una edizione integrale e criticamente condotta dell'intera opera di Antonio Gramsci, e l'ammonimento perché questa revisione, di cui si comincia a parlare, avvenga senza censure né pregiudizi e sia garantita dal contemporaneo sviluppo degli studi di ciascuno, dal libero accesso degli studiosi ai manoscritti, dalla pubblica verifica dei criteri adottati e dei risultati conseguiti: buona norma per ogni opera scientifica, e oggi premessa indispensabile per un rinnovato metodo di indagine su Gramsci. Se critichiamo quanto è mancato da parte marxista ufficiale - cioè da chi aveva in mano le "chiavi" dell'opera g,·amsciana - poco ci si poteva aspettare e di fatto si è avuto, nel· senso della chiarezza, della probità scien'tifica, della responsabilità critica, da parte non marxista. Si

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è tentato, piz', che altro, di sezionare il pensiero di Gramsci, moralisticamente e intellettualisticamente, in una parte buona e in una cattiva, in una democratica e in una autoritaria, in una accettabile e in un'altra priva di "garanzie" e di autorizzazioni. E si è voluto, soprattutto, interpretare il gramscismo come prolungamento delle correnti idealistiche italiane, cioè come compiuto e integrale storicismo, quando invece a noi pare che Gramsci con queste correnti intendesse "fare i conti," fondamentalmente, nel senso della opposizione e della organica alternativa. Il pensiero gramsciano è un fatto originale, cui si può consentire o dissentire: non è, noi crediamo, l'anello di una catena, sia essa la tradizione idealistica o la piu recente tradizione del "materialismo dialettico" e dello stalinismo. Dobbiamo sforzarci di intenderlo, perciò, nella sua forma autonoma e nello stesso tempo - paradossalmente sempre meno nazional-popolare: intenderlo, cioè, come elaborazione autonoma e critica nel vivo del marxismo internazionale e del suo attuale travaglio. La cultura democratica è fatta, al di là della strumentalità immediata, di unità critica e permanente fra ricerca e azione politica. E Gramsci deve essere, per lo studioso e per il militante socialista, non uno strumento o un mito, ma un metodo culturale e politico, con le sue piene conseguenze "istituzionali." In questo senso Gramsci è ancora un elemento valido e insostituibile del rinnovamento della cultura italiana, vorremmo dire di una "riforma" che sia espressione insieme di libertà della mente e di intera responsabilità civile: e soprattutto per chi intende la cultura come una complessa ma compiuta responsabilità democratica, espressione di un rapporto organico e di un ,·eciproco controllo tra indagine e decisione politica, e di una partecipazione attiva della società civile, intellettuale e lavoratrice, alla scienza e alla sua ricerca. Che è ciò che Gramsci ha insegnato e praticato.

a.e. g.s.

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Il rapporto col leninismo e il problema della rivoluzione italiana

di Carlo Cicerchia

La nuova generazione pare voglia ritornare alla genuina dottrina di Marx, per la quale l'uomo e la realtà, lo strumento di lavoro e la volontà non sono dissaldati, ma si identificano nell'atto st01·ico. Credo, pertanto, che i canoni del materialismo storico valgano solo post factum, per studiare e comprendere gli avvenimenti del passato, e non debbano diventare ipoteca sul presente e sul futuro. Antonio Gramsci

1. Mai come oggi si è discusso sul valore di Gramsci pensatore rivoluzionario; sembra che attorno al suo nome si vada conducendo una gran battaglia tra chi vuol conservargli il profilo intellettuale - ormai tradizionale - di primo leninista italiano, tenace e fedele applicatore delle conclusioni teoriche di Lenin; e chi vorrebbe studiarlo con occhi nuovi, meno radicati a compiute formulazioni concettuali, onde trovare nelle opere gramsciane un pensiero genuinamente rivoluzionario, capace di accogliere in sé le esigenze e i problemi nostri. Ed in questo contendere, i concetti, la terminologia piu caratteristici di Gramsci vengono analizzati, ripresi e studiati minuziosamente; si moltiplicano i saggi, le comunicazioni, gli articoli: il concetto di egemonia, il partito, i consigli, i sindacati, la dittatura del proletariato, la questione meridionale, il "blocco storico." C'è chi addirittura si affatica a riordinare e collegare le varie teorizzazioni in un tutto concettualmente unitario, componendo una sorta di vade-mecum politico-teorico del rivoluzionario; come c'è chi si sforza a riconfermare la ortodossia leninista di Gramsci contro quanti sembrano volerla mettere in forse. Ciò che sorprende in tutti questi .studi è lo scarso rilievo che viene assegnato alla viva esperienza politica e intellettuale come stimolo all'approfondimento ed alla teorizzazione, cosf rilevanti in Gramsci. Poiché non basta richiamarsi all'uomo d'azione - come ad ogni pie' sospinto accade - per ricostruire il rapporto tra volontà di rivolgimento e realtà storicamente determinata da trasformare. Nell'interpretazione che chiameremo "ufficiale" si ha spesso l'impressione che la società italiana, strutturale e sovrastrutturale, venga in certo senso esclusa e che lo sviluppo intellettuale di Gramsci abbia una sua autonomia nel regno del pensiero fino a quando il congiungimento con il leninismo - anzi la conquista - non saldi alla realtà l'opera teo-

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rica del rivoluzionario. Il valore delle prime lotte politiche e teoriche, del periodo tra gli anni dell'università e la Rivoluzione d'Ottobre, sembra avere importanza solo perché spinge Gramsci verso il leninismo, come se vi fosse una specie di fine teleologico nelle cose. Ed il rapporto dell'uomo con la società resta estrinseco, casuale, fino a che non verrà stabilito un legame organico attraverso la mediazione delle teorizzazioni - concettuali anch'esse - di Lenin. Su questa base le differenze da Lenin vengono considerate o eresie o originalità ma sempre nel confronto con il paradigma "leninismo." Analogie o differenze, originalità o accettazioni non vengono spiegate nel loro rapporto reale con le cose, e il mondo politico nel quale presero vita finisce con l'essere niente piu che uno sfondo accidentale. Poco deve interessarci, in fondo, la ricerca di un'opera e di un pensiero di Gramsci non del tutto compiuto, la fissazione di un insieme delle enunciazioni teoriche. Poco anche la pur dibattuta questione della collocazione e classificazione in questa o quella corrente del movimento operaio, come se, ciò risolto, tutto rimanesse chiaro, e già ne ottenessimo un giudizio storico soddisfacente. Quel che importa è invece meglio ricostruire lo snodarsi, attraverso le esigenze del suo tempo e secondo le sollecitazioni reali che ne stanno all'origine, delle preoccupazioni, intuizioni e conclusioni teoriche di Gramsci. Isolare i concetti o principi teorico-politici dal loro rapporto con la realtà e ridurli anche ad un tutto sistematico significa precludersi la possibilità di comprendere e spiegare l'oggetto della ricerca. E assumere come punto di osservazione e partenza la riduzione al leninismo significa costruire uno sviluppo intellettuale di Gramsci predeterminato, considerare la ricerca in funzione di traguardi precostituiti. Occorre invece ricostruire, giudicando con l'esperienza di chi vive alcuni decenni dopo, lo sviluppo del pensiero di Gramsci nel suo continuo rapporto con i problemi di una società storicamente determinata, le cui contraddizioni interne fanno nascere la necessità di un passaggio a nuove forme di organizzazione. Un Gramsci uomo del suo tempo, tutto teso nello sforzo di individuare e costruire le direttrici della rivoluzione socialista in Italia. Considerato in tal senso, lo stesso asse principale delle odierne polemiche, la questione cioè dei rapporti Gramsci-leninismo, richiede una diversa considerazione. Porre nei giusti termini questo rapporto significherà chiarire come, nella crisi che scosse il movimento operaio dall'inizio del secolo al primo dopoguerra - in quella situazione storicamente determinata - il leninismo andasse assumendo caratteristiche europee,

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e come si attuasse una convergenza di gruppi intellettuali o politici sollecitati da esigenze e situazioni diverse. Significa ricostruire l'attività intellettuale di Gramsci assumendo come punto di partenza il suo atteggiamento di fronte alle questioni relative alla rivoluzione socialista in Italia. Significa anche conoscere, quindi, come si sia verificata la convergenza Gramsci-leninismo, inteso però quest'ultimo non come scuola o chiesa con ideologia eterna ed immutabile, secondo l'odierna consuetudine, ma come movimento di revisione ed aggiornamento del marxismo, intorno al secondo decennio del secolo, ad esigenze nuove. L'asse delle ricerche va dunque spostato per rendere possibile una piu esatta valutazione storica dell'opera di Gramsci. E tanto meglio se la discussione supererà i ristretti limiti delle attuali artificiose "ricostruzioni," in cui si vuol spesso attribuire a Gramsci ciò che è solo di Lenin e non si vuol vedere al contrario ciò che di veramente leninista vi è nel pensiero del Nostro. Poiché ci sembra che il leninismo di Gramsci c'è laddove nessuno lo va a cercare: nell'analoga funzione assolta da Gramsci in Italia e da Lenin in Russia. Nell'essersi posto ciascuno il problema della rivoluzione socialista nel proprio paese aderendo alle rispettive realtà nazionali nel quadro di un determinato momento mondiale; nell'avere esercitato una serrata critica marxista a concezioni politiche e filosofiche invecchiate nel seno del movimento operaio e in lotta con la cultura dominante; nell'aver saputo chiarire al proletariato, con l'opera del dirigente politico, i propri compiti rinnovatori in una situazione determinata. Qui sta il leninismo di Gramsci e non laddove lo si vuol vedere a tutti i costi, e cioè nella funzione del partito: che è per Gramsci strumellto drll'egemcmia e non, come inclina a pensare Lenin, della dittatura. Lenin e la Rivoluzione russa furono visti da Gramsci sempre attraverso il prisma delle nostre esigenze nazionali. Solo cosf, del resto, potevano ì'uno e l'altra avere un significato per la realtà nostra. E non ci poteva essere per Gramsci un "punto d'arrivo Lenin" proprio perché le esperienze del proletariato russo e le teorizzazioni leniniane vennero fuse a tutto lo sviluppo di pensiero precedente e di pensiero originale italiano, non mai negato, ma solo precisato e arricchito. 2. Chi voglia tener conto oggi di tutto quanto si è scritto e studiato su Gramsci, si trova di fronte ad una pubblicistica quantitativamente notevole seppure in genere frammentaria. In questa pubblicistica però differenziazione e ricchezza riguardano quasi sempre solo la forma o il tipo degli scritti, mentre unica rimane la sostanza dell'interpretazio-

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ne. Sembra anzi che gli articoli, le note, i contributi settoriali, si svolgano sempre all'interno della impostazione che del significato e dell'opera 1 gramsciana dettero alcuni saggi di P. Togliatti : dimostrazione di essa, mai o quasi mai discussione e dissenso. Le linee essenziali su cui si fa correre il pensiero di Gramsci sono cosi sempre le stesse: Gramsci primo leninista italiano, riduttore in 2 termini italiani della teoria della rivoluzione di Lenin. E lo sviluppo intellettuale si snoda attraverso una serie di momenti successivi: dal ribellismo sardo al socialismo,8 dallo hegelismo al marxismo al leninismo;' visto quest'ultimo come conquista grazie alla quale, superati residui di vario tipo, provincialismi ed incertezze teoriche, Gramsci trova la chiave per analizzare la società italiana, al fine di scoprire organismi e forme della rivoluzione socialista. Nella fase "matura," in cui "la spinta decisiva alla formazione del suo pensiero e allo sviluppo della sua azione rivoluzionaria viene a Gramsci in questo momento dalla Rivoluzione russa, dall'esempio 6 del bolscevismo e di Lenin," si svolge l'intera tematica gramsciana, 0 dai consigli al partito, allo stato, ecc. Ed allora è Lenin che riconosce 1 la validità delle tesi ordinoviste ; è Lenin che consiglia come dirigere la lotta contro i centristi"; è alla scuola di Lenin e di Stalin, che Gramsci si tempra come capo rivoluzionario; è dietro l'esempio di 9 Lenin e Stalin che Gramsci costruisce il partito, che formula il quadro delle alleanze e delle direttrici della rivoluzione socialista in Italia. Una fase "giovanile," dunque, che va dagli anni dell'università alla conquista del leninismo, e una fase "matura" in cui tale conquista viene ricondotta alla realtà. Un vero e proprio itinerarium mentis in Deum, con conseguente riflessione del verbo sul mondo. Il rapporto rimane tra Gramsci e le opere di Lenin: l'allievo che legge apprende ed applica. Nel confronto immediato Gramsci-Lenin resta estraneo il punto di vista di Gramsci, cioè la sua formazione di dirigente politico, vivente in un determinato ambiente politico-sociale; mentre solo questo è il filtro attraverso cui passano le esperienze del proletariato russo, e attraverso cui si saldano alle precedenti esperienze in un processo di continua compenetrazione. La stessa affermazione "la guida delle conclusioni leniniste ( ...) fa superare un punto morto" 10 ci sembra inesatta. Gramsci supera infatti il punto morto proprio dell'ideologismo labriolano, perché riesce a svolgere un'opera di critica marxista dall'interno della cultura italiana (superandone i limiti di classe e continuandola nello stesso tempo) e a dare un'interpretazione marxista dei compiti del proletariato

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italiano in quella situazione, attraverso ad uno studio analitico della realtà strutturale e sovrastrutturale della società contemporanea. :È in questa sua fatica, e nei suoi risultati, che va ricercata l'origine del superamento di ogni punto morto. Mentre un confronto Gramsci-Lenin visto come confronto tra uomo ed opere, in quanto tralascia la considerazione di quelle condizioni storiche che di Gramsci facevano un uomo determinato rende impossibile la valutazione delle caratteristiche reali della convergenza (vista come sviluppo critico) col leninismo, e finisce proprio con il riportare il pensiero di Gramsci nell'ambito dell'ideologismo, delle formulazioni concettuali, del pensiero puro, origine reale di ogni punto morto.u In questi saggi abbiamo cosf, in sostanza, un itinerarium diviso artificiosamente in due momenti del confronto Gramsci-teoria leninista: l'uno giovanile, ancora ingenuo e senza guida, l'altro maturo, nel quale il leninismo conquistato illumina e dà consapevolezza di orientamento all'azione. Gramsci ne esce originale tutt'al piu come realizzatore e applicatore delle tesi di Lenin : resta oscurato, deformato lo sforzo autonomo condotto per delineare i motivi della rivoluzione italiana.~ La considerazione dello sviluppo intellettuale di Gramsci come mediazione Gramsci-Lenin-società italiana, attribuendo alla fase della maturità l'acquisizione di uno schema teorico predeterminato, fa perdere di vista i tratti caratteristici di Gramsci studioso e interprete di esigenze nazionali. E ne resta tagliata fuori ogni possibilità di ricostruire storicisticamente la genesi del pensiero gramsciano, affidandosi allo studioso solo il compito di mettere a fronte teorizzazioni leniniste e teorizzazioni (ed attività politica) di Gramsci; la cui originalità sarebbe tutta nel fatto che egli meglio di altri il verbo riesce ad incarnare. Tutto· quanto travalichi i confini di questi lineamenti predeterminati, che ad essi non possa essere ridotto, viene posto da un canto, oppure considerato non pubblicabile e residuo di suggestioni prece• denti non accettabili e non marxiste. È facile vedere come questo metodo di riduzione ad uno schema concettuale sia mortale nemico di ogni storicismo e piu in particolare, quindi, di una valutazione storicistica dell'opera di Gramsci. Fedeli a una interpretazione riduttiva di tal genere, appunto, si sono mantenuti gli scritti commemorativi immediatamente politici. In essi, anche a causa del motivo occasionale, di attualità, da cui traevano origine, la conquista del leninismo veniva considerata di volta

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in volta dal punto di vista "Gramsci fondatore del P .C.I." "Gramsci e la Rivoluzione d'Ottobre," "Gramsci antifascista," ecc.u Una panoramica piu ricca offre nel suo complesso la saggistica di intento scientifico. I rilievi che qui si fanno intorno ad essa vanno considerati naturalmente prime riflessioni, come ipotesi di lavoro per una analisi minuta ancora in gran parte da fare. Sembra possibile comunque indicare in questo campo una duplice suddivisione, che separi la saggistica interna al profilo ufficiale, da quella ispirata da esigenze critiche, nata in gran parte all'indomani del XX Congresso del P .C.U .S. Nel primo tipo di studi, il discorso, portato a livello scientifico, sembra abbia lo scopo di dimostrare con l'ausilio della ricerca erudita, dei riferimenti e delle citazioni, la genuinità della comune matrice. Difficilmente si troveranno tentativi di sintesi generali o riferimenti a possibili evoluzioni al di fuori dello schema-origine. Mentre su tutti, o gran parte di essi, pesano due vizi di metodo, derivanti dal vizio della loro funzione "dimostrati va." u Il primo ci sembra risieda nel limitare la ricerca alla discussione del testo e delle note di Gramsci, senza effetti vi riferimenti critici; il secondo, direttamente conseguente al primo, sta nello spezzettare settorialmente la tematica gramsciana, quando invece questa trova la propria unitarietà non nel riferimento a schemi teorici, ma nella volontà di trasformazione di un determinato ambiente 15 economico-sociale, collegandosi in modo multiforme con la realtà. Una considerazione a parte, in questo primo genere di lavori, merita il libro di C. L. Ottino Concetti fondamentali nella teoria politica di Antonio Gramsci.lJJ Le elaborazioni gramsciane vengono esaminate dall'Ottino come momenti concettuali collegati in un tutto organico nel mondo del puro pensiero, mentre i fatti storici diventano gli accidenti attraverso cui quelli hanno casualmente preso forma. Estrinseco rimane anche qui il rapporto teoria e pratica, teorizzazione e realtà storica. Ci sembra, il libro di Ottino, il maximum della pubblicistica gramsciana "dallo schema alla realtà," anche se qui lo schema "Lenin conquistato" è molto piu ricco ed esteso che non nelle precedenti vers10m. Di origine polemica, indubbiamente, sono gran parte degli scritti 11 da includere nel secondo gruppo. L'origine polemica nei confronti del Gramsci ufficiale è evidente sia per la fioritura in gran parte post-XX Congresso di questi scritti, sia per il genere di questioni che sono al centro dell'attenzione degli studiosi. Poiché l'ardore polemico è rivolto, non a caso, contro il car-

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dine principale attorno a cui ruota l'interpretazione tradizionale: il rapporto Gramsci-leninismo visto nei suoi vari aspetti Gramsci-Lenin, Gramsci-Rivoluzione d'Ottobre, Gramsci-il partito e il potere.L9 Certo vi sono episodi in cui l'origine polemica porta a contrapporre ad una interpretazione di comodo, un'interpretazione opposta 10 non per questo meno di comodo, e non è assente il pericolo di una storiografia che sia il contrapposto polemico di quella ufficiale e con gli stessi sostanziali vizi di metodo.:io Quello che conta però è che viene ripresa e studiata con acume critico tutta la tematica fondamentale teorico-politica di Gramsci, e che i nodi caratteristici del suo pensiero vengono messi a fuoco con un criterio d'indagine meno radicato a schemi precostituiti e piu sensibile alla necessità di una ricostruzione storicistica. Il limite maggiore ci sembra ancora, in certo senso, il punto di partenza: che è posto nei termini "Gramsci e il leninismo," mentre sempre piu si avverte la ristrettezza di tale angolo visuale e la necessità di ritrovare le linee generali di sviluppo, che meglio ci riconse21 gnino la personalità di Gramsci e siano capaci di comprendere, senza scomuniche di sorta, tutti gli aspetti dell'opera gramsciana. Ma proprio nel rinnovato senso storico, nella liberazione da schemi precostituiti, risiede forse il maggiore pregio degli studi recenti di cui parliamo. 3. Grande importanza assume, nel quadro di una ricerca disciolta dall'obbligato paradigma leniniano, la conoscenza degli sviluppi del pensiero di Gramsci negli anni di gioventu, e poi via via in tutto il periodo anteriore ai Quaderni del carcere. Questa conoscenza purtroppo incontra ancora oggi difficoltà serie, sia a causa delle generiche e leggendarie notizie di solito tramandate sul giovane Gramsci venuto di Sardegna a Torino, sia a causa dell'eccessivo ritardo nella pubblicazione delle opere giovanili - solo ora annunziata, dopo che da dieci anni ne era stato completato il reperimento -. Vorremmo sapere molto di piu dell'ambiente culturale dell'Università di Torino, dell'ambiente della Sezione socialista torinese, mentre sarebbe augurabile la raccolta, da parte di un imparziale indagatore, almeno di quelle testimonianze orali che ancora su quel periodo si potrebbero raccogliere numerose. Da questo lavoro di scavo bisognerà pur partire per una migliore individuazione del formarsi autonomo del pensiero gramsciano, del suo incontrarsi con le maggiori correnti del pensiero contemporaneo.

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E mentre per tutto quanto riguarda il lavoro di sistemazione e studio preliminare sulle opere rimandiamo all'acuto scritto di Eugenio Garin/2 ci limiteremo qui, per meglio rimuovere il mitico rapporto GramsciLenin, a suggerire alcuni punti nodali di una ricerca libera dallo schema di precostituiti itinerari verso la compiuta ortodossia. È ben nota la partecipazione di Gramsci a quel movimento di rinnovamento della cultura italiana di cui fu iniziatore il Croce, partecipazione che va considerata - come giustamente nota il Garinllll adesione ad un orientamento e non a posizioni filosofiche specifiche. Gramsci stesso ricorderà questa sua partecipazione "in tutto o in parte al movimento morale ed intellettuale promosso in Italia da Benedetto Croce, il cui primo punto era questo, che l'uomo può e deve vivere senza religione rivelata o positiva o mitologica o come altrimenti si suol dire."x È pure messo in risalto da quanti della formazione culturale di Gramsci si sono occupati, come tale rinnovamento fosse in rapporto alle strettoie del pensiero positivistico allora imperante, anche e prin26 cipalmente tra i teorici del movimento socialista italiano. Dal complesso degli scritti di Gramsci, sia del periodo legale come del posteriore periodo carcerario, risulta delineato con sufficiente precisione il suo atteggiamento nei riguardi delle fondamentali correnti della cultura italiana contemporanea: lotta all'interno del movimento operaio per un marxismo non mistificato, contro ogni deformazione della filosofia della prassi; dibattito critico - concordia - lotta e zufJa - nei confronti delle piu avanzate manifestazioni della cultura borghese. Le due direttrici polemiche fondamentali restano spesso però separate, come momenti autonomi di dibattito nei confronti di ideologie globalmente precisate e di fronte a cui Gramsci va contrapponendo un "vero marxismo." Sfugge cos1 una delle caratteristiche piu interessanti del nesso pars construens e pars destruens, unite sempre nella ricerca e determinazione di quella che è stata definita una metodologia in atto• e che, strettamente connessa all'azione politica, può dar ragione della lotta su due fronti degli scritti del periodo carcerario. La ]ettura e lo studio degli scritti politici tra il conflitto mondiale e l'arresto sono testimonianza di un lavoro continuo di confronto, esperienza - teorizzazione, polemico e costruttivo assieme, in cui - come nota il Garin - è "necessario ( ...) seguire il maturare della sua riflessione attraverso la lotta politica, che lo portò a leggere, o a rileggere 11 con occhi resi diversi da eventi decisivi, le pagine medesime di Marx." In tal senso riteniamo che l'origine delle teorizzazioni gramsciane

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vada ricercata oltre i testi, nell'azione politica, profondamente radicata nell'esigenza di una realtà - strutturale e sovrastrutturale - storicamente determinata, da trasformare. :È cioè l'azione politica che integra e fonde le esperienze universitarie e politiche, facendo acquistare preciso significato storico ad ogni richiamo a questo o quel pensatore, a 38 questa o quella fonte o scelta. I temi ricorrenti nella Città Futura si continuano cosI negli articoli del Grido del Popolo, in cui va prendendo corpo la tematica sul potere operaio, centrale nell'Ordine Nuovo; mentre l'esigenza di uscire dalle ristrettezze della concezione meramente consiliare solleciterà l'integrazione delle precedenti formulazioni teoriche nel piu ampio quadro dell'interpretazione storica dei limiti della società italiana formatasi con il Risorgimento/Al considerato, sulla scorta del pensiero meridionalistico, Rivoluzione incompiuta. Ed è dietro la sollecitazione di problemi politici che si vanno precisando i punti nodali della lotta contro ogni residuo metafisico e teologico per un marxismo in cui "l'uomo e la realtà, lo strumento di lavoro e la volontà non sono dissaldati, ma si identificano nell'atto storico.''., La partecipazione di Gramsci agli intenti della Critica inizia COSI un primo indirizzo antipositivistico, nel senso inteso dalle parole della lettera piu innanzi citata, e l'azione politica preciserà questo indirizzo. L'elemento antispeculativo rimarrà costante, anche se diverrà un motivo di distacco dallo stesso storicismo crociano. All'iniziale affermazione secondo cui "l'uomo deve vivere senza religione rivelata o positiva o mitologica "81. seguono le critiche al meccanicismo, che sovrap112 pone leggi o canoni ferrei allo sviluppo storico, mentre diviene sempre piu frequente il richiamo ad un Marx non mistico, né metafisico 83 positivista, ma storico ; vengono ripresi i temi delle marxiane glosse al Feuerbach di una filosofia per trasformare il mondoM; va delineandosi la concezione del marxismo come storicismo assoluto o umanismo integrale, e la funzione della volontà dell'uomo viene ad assu85 mere un carattere di primo piano. Questo travaglio si manifesta nell'ambito della problematica sul potere operaio che caratterizza gli anni di vita politica legale, sempre calata nel contesto degli scritti politici, testimonianza di un "perpetuo rapporto critico ed educativo di 'senso comune' e pensiero scientifico, popolo ed intellettuali, masse e specialisti." .. Esso ci sembra possa spiegare il perché del richiamo "sul terreno dottrinale ad un certo Hegel, a un certo Marx, a un certo Labriola e, magari, a un certo Machiavelli."sr

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La fatica politico-teorica di questo periodo illumina nel suo processo, difficoltoso e a volte contraddittorio, anche la questione dell'atteggiamento Gramsci-Croce e del superamento di quelle che vengono definite come suggestioni giovanili o residui idealistici. Si è spesso e giustamente dato rilievo alla partecipazione in tutto o in parte, e al maturo atteggiamento di distacco critico dei quaderni, visto come concordia - lotta - zuffa. Negli scritti del periodo legale che fin qui si c~~scono si noterà come la polemica col Croce sia raramente condotta in modo diretto. Restano da spiegare attraverso il travaglio di pensiero precedente al '26 i motivi e le caratteristiche del trapasso dalle simpatie giovanili al distacco critico dei Quaderni. Quanto abbiamo qui messo in risalto può far prospettare la conclusione che il distacco critico avvenga indirettamente e sia da ricercarsi nelle caratteristiche dell'opera di revisione e critica verso il positivismo comune al Croce, sebbene opposta nel contenuto, e, ancora una volta, nell'impegno politico di Gramsci. Ricordiamo, a questo proposito, come due siano i motivi essenziali di distacco dal Croce: gli elementi speculativi, teologizzanti, presenti nello storicismo crociano, e la critica al Croce continuatore della tradizione del tipo di intellettuale 38 contemplatore, erasmiano. Critiche queste che possono spiegarsi tenendo presente che Gramsci compie, nei riguardi dei positivisti, ma da un diverso punto di vista, la stessa opera di revisione attuata dal Croce, 89 e che questa sua fatica è svolta non da accademico ma da rivoluzionario. 4. La ricerca di principi metodologici, si è già detto, avviene nell'ambito di un lento e faticoso lavorio in cui si intrecciano e fondono problemi politici e filosofici, manifestazione dello sforzo continuo di analisi, generalizzazione e verifica, in cui l'azione politica stimola a continui approfondimenti. L'invito del Luporini a non isolare il momento metodologico ci appare in questo senso giusto, anche se, poi, troppo spesso si insiste sull'aspetto concezione del mondo e sulla filiazione Labriola-Gramsci.'° Ci sembra altrettanto importante, proprio allo scopo di evitare ricostruzioni viziate, non incorrere nella separazione dei due momenti di metodo e concezione dal contesto reale, pratico, in cui presero corpo. Tanto piu poi se si tiene presente che Gramsci "arriva all'Italia intera," per usare una espressione del Togliatti, attraverso le esperienze torinesi, come quadro politico del proletariato di Torino. Tutta la tematica sul potere operaio degli anni 1917-1921 è domi-

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nata dal peso della grande città industriale, nodo economico essenziale nella produzione nazionale. Di importanza decisiva furono certamente gli anni della guerra, dei quali poco si sa, e le prime esperienze del meccanismo industriale moderno. E l'attenzione dedicata alla vita di fabbrica, agli organismi rappresentativi operai, testimoniano come già allora Gramsci considerasse essenziale un'azione che partisse dal seno delle strutture economiche, la quale - come scriverà in seguito - spingesse alla liberazione delle forze produttive proletarie e comuniste, già nate ed in via di elaborazione nell'ambito della vita produttiva della società capitalistica:n A Torino egli studia la possibilità di questa azione proletaria: la funzione dei comitati di mobilitazione industriale, l'organizzazione della vita interna di fabbrica, l'azione ed i limiti delle comm1ss10ni interne, i consigli; piu in generale le forme dell'Ordine Nuovo e le loro diverse competenze.u Si veda la lunga polemica sul "controllo operaio" e sugli istituti atti a realizzarlo, nel corso della quale si troverà in dissidio con gran parte dei dirigenti socialisti. Per Gramsci il campo del controllo "risulta ( ...) il campo su cui borghesia e proletariato lottano per contendersi la posizione di classe dirigente delle masse popolari,"'3 per cui "impostare il problema del controllo, significa impostare il problema del potere operaio sui mezzi di produzione e quindi il problema della conquista dello Stato."" Ma intanto si può parlare per Gramsci di controllo in senso rivoluzionario, in quanto esso sia attuato non dal Parlamento, ma direttamente sulle strutture, tramite gli organismi rappresentativi operai di potere diretto. In questi scritti è evidentissimo il collegamento e lo sviluppo dei temi affrontati nel periodo della guerra. E tutte le questioni relative alla rappresentatività, democrazia, organizzazione dell'Ordine Nuovo, estinzione dello Stato, da essi traggono origine. La stessa interpretazione della rivoluzione sovietica è in Gramsci vista attraverso il prisma di esigenze interne pressanti. Gli articoli sulla Rivoluzione d'Ottobre sono testimonianza di quella "idealizzazione e trasposizione" su cui giustamente ha posto l'accento il Caracciolo:i' che può comprendersi solo se inserita nelle precedenti esperienze torinesi. Il Soviet viene non poco idealizzato come forma di potere diretto, di rappresentanza di produttori, che in nuce contiene il superamento della scissura società politica - società civile. Mentre sul piano

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teorico generale il richiamo ai temi della critica marxiana allo stato borghese risulta immediato. Lo studio dei rapporti società politica-società civile è anch'esso originato da un'opera di teorizzazione sugli istituti di vita sociale della classe operaia, che occorre coordinare e subordinare in una gerarchia 68 di competenze e di poteri onde creare una vera democrazia operaia. Come dirigente del proletariato torinese Gramsci arriverà a considerare la rivoluzione proletaria "un lungo processo storico che si verifica nel sorgere e nello svilupparsi di determinate forze produttive ( che noi riassumiamo nell'espressione 'proletariato') in un de1 terminato ambiente storico."' Un processo che nasca dall'intimo delle forze produttive e che nel loro seno crei un ordine nuovo emanazio48 ne della vita e della potenza proletaria. Ce lo conferma ancora il continuo disinteresse di Gramsci per Roma, in cui pure risiedono gli organismi del potere centrale. "Roma non ha, dice Gramsci, nessuna funzione nella vita sociale italiana, non rappresenta nulla, subirà la dura legge dello Stato operaio contro i parassiti."to E ancora: "Lo Stato italiano deve essere decapitato a Milano, non a Roma, perché l'apparecchio capitalistico di governo reale del paese non è a Roma, ma a Milano."IID L'ambiente torinese dunque dà una impronta caratteristica alla delineazione dei fondamenti di una nuova concezione della rivoluzione socialista in Italia. Esso fornisce anche taluni limiti, come è già stato rilevato, all'opera del gruppo ordinovista. Poiché "il limite dell'esperienza ordinovista, storicamente e teoricamente, non è tanto ( ...) la mancata coordinazione della rivoluzione consigliare con il formarsi ed il consolidarsi delle strutture partitiche, quanto la tesi gramsciana di un'anticipazione statale totale negli organismi di fabbrica, non estendendo la propria analisi e la propria azione agli altri aspetti delle rappresentanze di potere."G1 Il superamento di questi limiti sarà avviato con il collegamento questione operaia - questione contadina, con l'ampliarsi della prospettiva storica di interpretazione del Risorgimento, e con il sorgere di quei temi a cui si debbono collegare le anticipazioni sul Blocco storico. 5. In questo quadro, la questione Gramsci-Leninismo assume una prospettiva storiografica del tutto diversa. Abbiamo già rilevato quanto spesso si sia scritto nel senso di interpretarla come una conquista di Gramsci del leninismo, visto quest'ultimo come corpus ideologico ben definito, in sé conchiuso, la cui

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quintessenza sistematica sarebbe stata ordinata nelle Questioni del leninismo di Stalin. Anche se un rapporto ideologico sembra da escludersi, quando si considerino le stesse osservazioni di P. Togliatti sullo stato della conoscenza delle opere teoriche di Lenin negli anni in cui rd Gramsci andava elaborando la tematica dell'Ordine N uovo, e se si tiene presente che una sistemazione ideologica scolastica, concettuale del leninismo, avviene molti anni dopo e non ad opera di Lenin, ma dei suoi epigoni. Se, però, superando gli angusti limiti di un rapporto ideologico prima che politico, si dà ad esso il significato di rapporto con un movimento che va assumendo caratteristiche europee negli anni del primo dopoguerra, sul terreno politico e nell'ambito dell'Internazionale Comunista, e se si considera il gruppo Ordinovista come uno dei gruppi che da necessità di un proprio sviluppo trae i motivi di una evoluzione in senso leninista, di grande rilievo diverrà il compito della ricerca e ricostruzione storica. Diverrà ancora una volta essenziale la considerazione delle linee di sviluppo autonomo di politica e di pensiero. Mentre il nesso azione politica-ideologia darà la possibilità di interpretazioni prive di dogmi e di zone vietate. L'adesione entusiastica di Gramsci alla Rivoluzione d'Ottobre, la difesa dei Soviet, gli articoli su Lenin e i bolscevichi, sono calati, del resto, sin dall'inizio nel dibattito politico e di principio; traggono anzi da esso un senso determinato. La Rivoluzione russa, come risulta dagli scritti ad essa dedicati, viene considerata fondamentalmente da due punti di vista: l'inconsistenza delle tesi riformiste - e quindi ancora in polemica con il piatto meccanicismo -; la capacità del proletariato di dar vita ad uno Stato, conforme alla sua natura di classe - da cui il collegamento Consigli-Soviet. Prendono cos1 contorno preciso le affermazioni, apparentemente paradossali, secondo cui i bolscevichi, mentre rinnegano Carlo Marx, "non ne rinnegano il pensiero vivificatore. Essi sono marxisti, ecco tutto; non hanno compilato sulle opere del Maestro una dottrina este113 riore, di affermazioni dogmatiche e indiscutibili." Si comprende il perché del senso e del risalto dato all'opera dei bolscevichi, che "sono rivoluzionari e non evoluzionisti"tw; l'importanza attribuita all'opera di educatore di Lenin, in quanto "ha potuto il suo pensiero convertirlo in forza operante nella storia" 155 e grazie alla quale "nuove energie sono suscitate, nuove idee-forze propagate. Gli uomini sono finalmen-

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te cos1 gli artefici del loro destino, tutti gli uomini." Motivi questi che delineano chiaramente una posizione antimeccanicistica.m Ma il legame piu ricco e duraturo, il nodo in cui si intrecciano, nella loro originalità ed identità assieme, Rivoluzione Lenin Gramsci, è ancora la questione dello Stato operaio. In questo campo i giudizi di Gramsci sono netti: "l'essenziale fatto della rivoluzione russa è l'instaurazione di un nuovo tipo di Stato: lo Stato dei Consigli!"&& Ed in tanto egli riconosce un valore universale alla Rivoluzione russa, in quanto l'ordine nuovo si è incarnato in forme istituzionali, congenite alla natura storica del proletariato, grazie alle quali la classe operaia è divenuta Stato. "Le forze della rivoluzione - afferma nel 1918 - si sono chiarite e definite in gran parte, e sempre meglio vanno chiarendosi e definendosi. Esse stanno elaborando spontaneamente, liberamente, secondo la loro natura intrinseca, le forme rappresentative attraverso le quali la sovranità del proletariato dovrà esercitarsi... Il proletariato russo ci ha offerto un primo modello di rappresentanza diretta dei 0 produttori: i Soviety." ~ E ancora, "lo Stato dei Soviet dimostra cos1 di essere un momento fatale ed irrevocabile del processo fatale della civiltà umana, di essere il primo nucleo di una società nuova ... La storia è dunque in Russia, la vita è dunque in Russia, solo nel regime dei Consigli trovano la loro adeguata soluzione i problemi di vita o 00 di morte che incombono sul mondo." Gramsci tendeva a dar valore a ciò che di essenziale, di universale, era contenuto nell'esperienza soviettista, per cui non ci stupisce il fenomeno di idealizzazione avvertito dal Caracciolo. Non ci stupisce, però, solamente se l'interpretazione gramsciana si vede nel contesto di uno sviluppo di pensiero in cui confluiscono le esperienze torinesi e quelle del proletariato russo. In questo intrecciarsi di esperienze nazionali ed internazionali, trovano giustificazione quelle che sono state definite differenze e che noi consideriamo solo conseguenze di un rapporto critico. Il prender corpo in Gramsci della concezione della rivoluzione proletaria come processo storico che si sviluppa nel seno delle forze produttive, il cui atto conclusivo sarà la liberazione delle forze produttiYe reali accumulatesi nella società capitalistica, è contemporaneo - si è già notato - al maturare di quelle forme istituzionali attraverso cui il proletariato diverrà Stato. Ora il processo di convergenza avviene proprio contemporaneamente allo sforzo di delineare le competenze e la dinamica interna

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dei diversi istituti proletari, atti anzitutto a dirigere le forze produttive della società ed in cui la rivoluzione si sarebbe istituzionalizzata. Le reiterate affermazioni di Gramsci sulla primordiale necessità della conquista della fabbrica, la già menzionata polemica sul controllo operaio, il richiamo costante all'azione del proletariato nell'ambito della società civile, restano a confermare, se bisogno ancora vi fosse, e a caratterizzare la differenza di funzioni e competenze delle diverse organizzazioni proletarie secondo la concezione gramsciana. Gramsci identifica nel Consiglio l'organo in cui il proletariato istituzionalizza il proprio Stato, proprio perché esso, nato nel seno delle strutture produttive capitalistiche, è l'organo che rende storicamente possibile il controllo della produzione prima e la totale direzione economica poi, come forma tipica di organizzazione di Stato di classe, di tutta la classe. "Il Consiglio di fabbrica è un istituto di carattere 'pubblico,' mentre il partito e il sindacato sono associazioni di carattere 'privato.' Nel Consiglio di fabbrica l'operaio entra a far parte come produttore, in conseguenza cioè di un suo carattere universale, in conseguenza della sua posizione e della sua funzione nella società, allo stesso modo che il cittadino entra a far parte dello Stato democratico parlamentare. Nel Partito e nel sindacato l'operaio entra a far parte 'volontariamente,' firmando un impegno scritto, firmando un 'contratto,' che egli può stracciare ogni momento. Il Partito e il sindacato, per questo loro carattere di 'volontarietà,' per questo loro carattere 'contrattualista,' non possono essere in nessun modo confusi col Consiglio, istituto rappresentativo, che si sviluppa ... e tende ... a dare il rilievo proletario dell'apparecchio di produzione e di scambio creato dal capitalismo a fini di profitto." 91 Abbiamo citato cos1 a lungo poiché riteniamo che in queste righe sia tratteggiato con chiarezza estrema il pensiero di Gramsci sulle attribuzioni dei fondamentali organismi della classe operaia. È evidente che in questo quadro di anticipazione della dinamica interna degli istituti del futuro ordine statale proletario, Gramsci puntualizzi anche, a livello teorico oltre che politico, le competenze del Partito, cui egli assegna la funzione di "massimo agente" nel processo di sostituzione della classe operaia alla borghesia come classe dominante ed egemone. Una funzione di propulsione e stimolo per il raggiungimento dell'egemonia, che non autorizza alla identificazione partito-classe (anche se per il tramite di una magica mediazione), né ad una sovrapposizione Partito-Stato.lt!J

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In questo quadro Gramsci preciserà la sua concezione della dittatura proletaria, incarnantesi nelle forme statali della classe, non nelle sue organizzazioni volontarie, e nell'ambito di questo travaglio formulerà le tesi della Sezione socialista torinese, che sanciranno ufficialmente l'incontro Gramsci-Leninismo (senza peraltro che il gruppo ordinovista assumesse allora caratteristiche di gruppo scissionista). Se si confrontano le tesi teoriche leniniste con le formulazioni gramsciane, si noteranno indubbiamente differenze. Ma crediamo che esse non intacchino il significato leninista dell'opera di Gramsci, e che vadano messe in relazione alla di versa formazit,ne del Partito bolscevico, alle condizioni della società russa, in cui "lo Stato era tutto, la società civile era primordiale e gelatinosa al contrario che nell'Occidente, dove tra "Stato e società civile c'era un giusto rapporto e nel tremolio dello Stato si scorgeva subito una robusta struttura della società 03 civile!" Al formarsi in Lenin di una concezione comunarda della rivoluzione, in cui l'atto fondamentale diveniva la rottura e la distruzione dello Stato; alle esigenze storiche del movimento bolscevico. Non si tratterà, cioè, di ricercare questa o quella differenza di fronte o contro, ma di ricostruire le tappe di un movimento autonomo di convergenza del gruppo ordinovista e di Gramsci verso le tesi dell'Internazionale comunista, onde ritrovare i motivi che, sotto forme storiche diverse, permettono di collocare criticamente l'opera di Gramsci nell'ambito del movimento comunista internazionale. Si vedrà cos1 come il rapporto Gramsci-Lenin sia ancora una volta un rapporto concordia-lotta-zuffa e non di accettazione, o conquista."' 6. Accanto alla questione operaia, negli anni decisivi del dopoguerra, va prendendo rilievo nell'opera di Gramsci, come aspetto essenziale della rivoluzione socialista, la questione contadina. Malgrado la saltuarietà della documentazione, gli scritti editi pur tuttavia sono palese testimonianza di una progressiva puntualizzazione - tra gli anni torinesi e l'arresto - di una interpretazione marxista dei problemi relativi al movimento contadino, che si attua in due fasi fondamentali di elaborazioe: gli anni della Rivoluzione russa e della lotta per l'immediata conquista del potere; gli anni successivi. Nell'articolo Il mezzogiorno e la guerrat pur essendo presenti alcuni temi ripresi poi, con respiro e prospettiva storica ben piu ampi, nel piu tardo Alcuni temi della questione meridionale,'• Gramsci si muove ancora nell'ambito del meridionalismo tradizionale. "La nuova Italia aveva trovato in co~dizioni assolutamente antitetiche i due

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tronconi della penisola, meridionale e settentrionale, che si riunivano dopo piu di mille anni" .n per cui "l'unificazione pose in intimo contatto le due parti della penisola. L'accentramento bestiale ne confuse i bisogni e le necessità, e l'effetto fu l'emigrazione di ogni denaro liquido dal Mezzogiorno al Settentrione per trovar maggiori e piu immediati utili nell'industria, e l'emigrazione degli uomini all'estero per trovare quel lavoro che veniva a mancare nel proprio paese." Tutto l'articolo, da queste premesse, tendeva a dimostrare come la politica economica ed estera dei ceti dominanti non avesse che aggravato quello squilibrio che "fa illanguidire quel po' di vita che esisteva nelle regioni del sud." E terminava con la richiesta non di leggi speciali, ma di "una politica generale interna ed estera, che sia ispirata al rispetto dei bisogni generali del paese e non di particolari tendenze politiche o regionali." Conclusione questa che dimostra come Gramsci stesso fosse vittima di quell'errore che egli rimprovererà poi ai meridionalisti: il ritenere possibile la risoluzione dei problemi del Mezzogiorno da parte della borghesia e come subisse ancora l'egemonia del pensiero meridionalistico tradizionale. Siamo ancora molto lontani dunque dal collegamento questione operaia - questione contadina in un'unica prospettiva di progressivo rinnovamento nazionale. Il problema si presenta in modo diverso negli scritti dell'Ordine Nuovo. Essi sono tutti pervasi dalle suggestioni di quegli anni di grandi sconvolgimenti sociali: la Rivoluzione russa, il cui successo era stato assicurato dal collegamento dei moti rivoluzionari operai e contadini; le gravi esperienze di Germania e di Ungheria, dove al movimento dei proletari non si accompagnò il movimento dei contadini poveriWi; le discussioni vivaci nel seno dell'Internazionale comunista. Tutti questi motivi, completati dalle esigenze politiche di un momento storico di crisi rivoluzionaria, contribuirono al polarizzarsi delle attenzioni sulla questione contadina. Non è da meravigliarsi perciò se negli articoli ad essa dedicati i tratti essenziali rimangono, sulla scia delle tesi di Lenin, la ricerca delle energie della rivoluzione: "gli operai 811 di officina e i contadini poveri." Sulle forme di organizzazione in istituzioni autonome, sotto la direzione egemonica del Partito, dei contadini, noterà, "la Federazione dei Lavoratori della Terra, per l'opera dei suoi dirigenti e per il contributo cosciente di tutti i socialisti italiani, deve diventare sempre piu 'nazionale' ed estendere cioè la sua rete poderosa per tutte le nostre campagne preparando cosi ovunque i quadri dell'ordine nuovo."TO Lo stesso studio storico del mondo contadino, "l'esistenza di una

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netta separazione città e campagna, tra gli operai e i contadini,"n la disgregazione psicologica del mondo contadino - in cui l'uomo è incapace di concepirsi individuo-massa - conseguente al persistere di sopravvivenze feudali, rispettate dallo Stato moderno, "escogitando formule giuridiche come quelle del fedecommesso, che continuano di 711 fatto le investiture e i privilegi del regime feudale." I mutamenti apportati dalla trincea nella mentalità dei contadini: la disciplina uguale ed ugualmente feroce, grazie alla quale "ciò che non aveva determinato l'industrialismo col suo normale processo di sviluppo, è stato pro73 dotto dalla guerra." " Questi scritti sono testimonianza di una considerazione che po• tremmo dire insurrezionale del movimento contadino. Gli stessi temi dell'articolo del 1916, sono considerati esteriormente, valida dimostrazione di un necessario legame solidaristico operai-contadini per la risoluzione, dopo l'avvento al potere, dei problemi economico-sociali lasciati insoluti dalla rivoluzione borghese. In senso solidaristico è visto appunto in questa fase "il problema della unificazione di classe degli operai e dei contadini ... Essa avverrà nelb pratica dello Stato socialista e si fonderà sulla nuova psicologia creata 74 dalla vita comune di trincea." E quand'anche vengano prospettate ragioni produttivistiche di unitarietà non si va oltre ai richiami sulla necessità dell'introduzione delle macchine e di " un rapido passaggio alla cultura industriale accentrata con la disponibilità di istituzioni 76 tecniche ricche di mezzi." Perciò per promuovere la rinascita dell'a• gricoltura nazionale, che "non può avvenire in regime di proprietà privata senza determinare un disastro: è necessario che essa avvenga in uno Stato socialista, nell'interesse dei contadini e degli operai, asso78 ciati in unità comuniste di lavoro." Piu interessante e congeniale alla tematica ordinovista sono invece i riferimenti e le previsioni relativi alle "istituzioni nuove che incorporino nel movimento comunista le vaste forze dei lavoratori dei 77 campi," e che verrà attuata "solo fuori del Parlamento, contro il Parlamento, dallo stato operaio.'' ,s È cioè nelle forme consiliari che si attuerà il controllo della produzione nelle zone agrarie capitalisticamente progredite, e l'amministrazione, da parte dei contadini poveri, 78 in quelle a cultura estensiva. Sarà cosi che la classe operaia "instaurando lo Stato operaio ... instaurando la dittatura proletaria ... rivolgerà l'enorme potenza dell'organizzazione statale per sostenere i contadini ... perché è suo interesse rivolgere la produzione industriale a lavoro utile di fratellanza fra città e campagna, tra Settentrione e Mezzo-

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giorno.•"° Sarà attraverso le forme consiliari che il proletariato urbano imporrà il superamento della scissione operai-contadini, città e campagna. È logico che anche nel campo contadino Gramsci estenda le soluzioni istituzionali teorizzate nel campo industriale e che questa estensione conservi i medesimi criteri di intervento diretto di cui già si è parlato. Nuovo è invece il problema del rapporto tra città e campagna che sarà poi ripreso con grande interesse, e visto come proble81 ma di egemonia della prima sulla seconda. Resta da notare come queste prime approssimazioni manchino del senso storico che caratterizzerà lo scritto Alcuni temi della questione meridionale in cui la tematica meridionalistica, posta in ombra dalle necessità della lotta politica, verrà ricollegata genialmente alla tematica dello Stato operaio. Sarebbe interessante poter seguire le cause ed il significato di questo ritorno, e perché gli anni che corrono tra il '20 ed il '26 sono i piu densi di avvenimenti decisivi, e per il fatto che allora, in relazione al delinearsi dell'ormai prossima dittatura fascista, si andranno operando nel campo stesso dei partiti tradizionali scissioni e fermenti antifascisti, preludio di concentramenti politici e larghe alleanze. Non è da escludersi che quel periodo e la partecipazione alla vita parlamentare abbiano aiutato il superamento delle ristrettezze naturali del periodo torinese. La questione contadina viene studiata, nel già maturo scritto sulla questione meridionale, come questione nazionale, nata da ragioni storiche determinate e sviluppatasi in relazione al particolare sviluppo della storia italiana sotto il duplice aspetto di questione meridionale e 82 questione vaticana. L'indagine stessa è tesa a ritrovare i motivi storici del costituirsi del blocco agrario, della sua funzione e struttura interna. È appunto attraverso l'esame dei problemi connessi alla questione meridionale che Gramsci analizzerà le caratteristiche ed il significato di classe del tradizionale meridionalismo, che egli scriverà le pagine su Dorso e Gobetti, meridionalista nuovo, che "scavò una trincea oltre la quale non arretrarono quei gruppi di intellettuali piu onesti e sinceri che nel 1919-20-21 sentirono che il proletariato come classe dirigente sarebbe stato superiore alla borghesia." 83 Da questo esame, che è storico e di politica in atto, Gramsci trarrà motivo per la difesa della politica dei comunisti verso le forze politiche, estranee alle forze socialiste tradizionali; e l'auspicio del concretizzarsi di una "tendenza

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di sinistra, nel senso moderno della parola, c1oe orientata verso il proletariato rivoluzionario,"" atta a rafforzare ed estendere l'unità tra gli operai e contadini. In questo saldarsi dei temi ordinovisti dello Stato operaio con l'interpretazione storica della formazione e dello sviluppo del moderno Stato borghese in Italia, il pensiero di Gramsci raggiunge il massimo livello di elaborazione. Nel quadro dell'esperienza teorico-pratica nazionale e internazionale del movimento ha preso forma ormai una robusta concezione, che annuncia le mature riflessioni sul Risorgimento e sul Blocco Storico.

Note 1 E precisamente i saggi raccolti nel volume Gramsci, ripubblicato dall'editore Parenti, Milano, nel 1955. Si aggiunga la relazione tenuta al recente Convegno di studi gramsciani sul tema: Gramsci e il leninismo, ora raccolta negli Studi gramsciani, pp. 15 sgg., 419 sgg. ~ Fra le innumerevoli affermazioni in tal senso, ricordiamo alcune che ci sembrano piu caratteristiche: "Gramsci fu il primo che comprese, in Italia, il valore internazionale dell'insegnamento di Lenin, il valore internazionale del bolscevismo e della gran