La casa dei greci

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La casa dei greci

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FABRIZIO PESANDO

LA CASA DEI GRECI Longanesi & C.

la collana è diretta da Mario Torelli

LA CASA DEI GRECI di FABRIZIO

PESANDO

OTTANTA

ILLUSTRAZIONI

NEL

TESTO

LONGANESI MILANO

&

C.

PROPRIETA

Longanesi & C.,

LETTERARIA

©

RISERVATA

1989 - 10122 Milano, via Sa/vini, J

ISBN 88-304-0886-7

Finito di stampare nel mese di aprile 1989 per conto della Longanesi & C. dalla AGEL s.r.l. di Milano Printed in Italy

La casa dei Greci

A Maria Paola

L 'età geometrica (1150- 700 a. C.) I precedenti DAL fumo della distruzione dei palazzi micenei e, per usare un'espressione tucididea, « dalle rivolte e sedizioni che fiammeggiavano nelle città » (Tucidide 1, 12), riemerse faticosamente, con un cammino che occupò quasi due secoli, la civiltà greca che gli Antichi sentivano come propria, distinta da quel passato mitico popolato dai personaggi oggetto esclusivo dei canti del poeta per antonomasia, Omero. Il mondo perduto della talassocrazia minoica e della spedizione panellenica degli eroi contro Troia rappresentò sempre il punto di riferimento obbligato sia dell'immaginario collettivo della civiltà che si st~va formando, sia dei suoi spiriti più illuminati, nella stessa misura in cui il Medioevo occidentale e i secoli del Rinascimento si sono confrontati con l'età dell'apogeo dell'Impero romano. Quale specchio di questo atteggiamento mentale possono essere citati gli esordi delle due più antiche storie pervenuteci redatte dai Greci, quella di Erodoto e quella di Tucidide, in cui i fatti di Troia sono sentiti dal primo come il più famoso esempio della contrapposizione tra il mondo orientale e quello occidentale, e dal secondo come il paradigma di ciò che stava avvenendo sotto i suoi occhi, vale a dire la distruzione di un intero mondo a causa della guerra (Erodoto 1, 3-4; Tucidide 1, 8-12). Ancora alla fine del 1v secolo a.e., i voti fatti da Alessandro sul tumulo degli eroi a Troia testimoniano, pur nel loro valore meramente propagandistico e apologetico, l'aspirazione al ritorno ideale a quel passato mai più recuperato se non attraverso il mito (Plutarco, Vita di Alessandro, 15). In realtà, la visione che gli Antichi ci propongono del loro essere rispetto a quel mondo è pienamente giustificata da ciò che oggi conosciamo grazie alla ricerca archeologica. Dopo gli ultimi fuochi dei palazzi, la contrazione del mondo greco è visibile in tutta la sua gravità: dall'abbandono dei siti - 90 località conosciute per il xiv secolo a.e., 143 per il xm, che bruscamente scendono a 64 nel periodo della distruzione dei palazzi - al!'impoverimento irreversibile delle forme e delle decorazioni ceramiche del periodo precedente, che, tranne una certa « tenuta »

8 a Creta, illanguidisce fino a cessare del tutto intorno al 1000 a.C. Ma è specialmente nell'architettura, l'espressione collettiva più rilevante del periodo miceneo, che la cesura si fa sentire più netta; in un recente lavoro sull'architettura dell'età geometrica, così si esprime K. Fagerstrom: Fra i reperti mancano completamente quelli submicenei e quello che è rappresentato. come ad Asine. indica che l'architettura del periodo era rappresentata da uno svilimento dei modelli micenei cosicché può essere definito pienamente submiceneo. Così. anche se in quel luogo esistono elementi di continuità fra l'ultimo periodo miceneo e la prima età del Ferro. la soluzione di continuità tra i due periodi appare l'elemento dominante.

In effetti, il quadro generale desunto dalle sempre più numerose scoperte archeologiche indica che non vi è nulla di comune né dal punto di vista tipologico né da quello dello spazio dominato tra i palazzi micenei e le abitazioni degli insediamenti dell'x1-x secolo a.C., vale a dire della prima età geometrica. Il palazzo di Tirinto, il più conservato fra quelli scavati (figg. 1-2) - che mostra i segni di un recupero nella sfera cultuale solo nella tarda età geometrica - era cinto da possenti mura alle quali si addossavano le casematte dei soldati e si articolava su un doppio cortile preceduto da propilei - eredità dell'architettura palaziale minoica-. cui seguiva un doppio vestibolo a pilastri ecolonne che introduceva al vero e proprio cuore del palazzo, il mègaron quadrato con focolare centrale, sostenuto da quattro colonne. Intorno al cortile si aprivano i magazzini, simbolo concreto della vita e della potenza del palazzo (si pensi alle notissime tavolette dell'inventario di Pilo), assimilabile per questa caratteristica a tutte le realtà di civiltà« palaziali » conosciute nel mondo antico, dalla Persia, alla Siria, all'Egitto. Per contro, le abitazioni della più antica età geometrica, anche quelle che, come ad Asine, si trovano in un luogo già frequentato in età micenea, si presentano in modo completamente differente. Le loro dimensioni sono a dir poco modeste, gli ambienti riconoscibili generalmente solo due, uno più grande rettangolare e il secondo generalmente absidato, anche se non manca l'esempio di un'abitazione rettangolare testimoniata a Thorikos, che rappresenta a tutt'oggi il più antico recupero del tipo del mègaron miceneo. Infine, del tutto assenti sono i locali per la conservazione degli alimenti (per non parlare dei magazzini); i pìthoi si trovano presso l'ingresso, come ad Asine, o in un angolo dell'ambiente absidato,

o Fig. (a sinistra). Tirinto: 111 fase del palazzo miceneo (da Tir_rnJ) Fig. 2 (a destra). Pilo: palazzo miceneo (da Blegen-Rowson)

IO che non deve essere interpretato per questo motivo come il ripostiglio della casa, bensì come la stanza d'elezione della casa, quella della coppia maritale che funziona anche come deposito dei beni della famiglia, il thàlamos, che troveremo più volte descritto minuziosamente da Omero. Soltanto l'isola di Creta pare aver conservato - probabilmente grazie a un certo isolamento in questo periodo - chiari elementi ereditati dal passato, che, in un quadro di mutate condizioni di vita, riescono a garantire addirittura per qualche secolo un'articolazione economica e sociale sufficientemente complessa. È questo il quadro che emerge soprattutto dal sito più noto di questo periodo, Karphi, che domina un sistema di alture all'interno della regione orientale dell'isola (fig. 3). L'insediamento, la cui frequentazione è cronologicamente compresa forse oltre il periodo definito subminoico (1150-1000 a.C.), mostra di appartenere pienamente a questa facies in virtù sia dei ritrovamenti ceramici, sia di quelli metallici, segno della grande vitalità della cultura di Creta, specie se confrontata con la coeva realtà continentale. La vita degli abitanti di Karphi pare essersi indirizzata verso le due forme di accumulazione dominanti nel periodo miceneo, la pastorizia, testimoniata dalle capanne risalenti al primo periodo di occupazione del sito, e l'agricoltura, praticata sicuramente a valle e rappresentata dal ritrovamento di numerosi falcetti nelle tombe. Ma è l'abitato che, più di ogni altra scoperta, mostra la vitalità dell'insediamento cretese. Una strada di andamento nordsud univa i tre nuclei fondamentali del centro, la cosiddetta « casa dei sacerdoti ", l'abitazione più grande e il santuario rupestre dedicato a una divinità femminile; la strada stessa, che forma un vasto spiazzo nel punto di raccordo fra la casa più grande e la « casa dei sacerdoti ", rappresenta già in sé un elemento di grande interesse poiché provvista di pavimentazione; per conoscere casi analoghi nella documentazione archeologica occorrerà fare un balzo cronologico di almeno due secoli nell'ambito della stessa Creta, a Orero, e ricordare la descrizione omerica della città dei Feaci, Scheria, ove si ricorda che « intorno al bel tempio di Posidone si trova la piazza, pavimentata da blocchi di pietra trascinati » ( Od. v1, 266-267). La maggior parte delle abitazioni - più di un centinaio - è di forma grosso modo quadrata, con una superficie abitativa piuttosto elevata, specie se si tiene conto che in alcuni casi esistono buoni elementi per giustificare l'esistenza di un secondo piano, e con caratteristiche strutturali notevoli, quali la presenza

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Fig. 3. Karphi: abitato d"età geometrica: a) casa del basilèus: b) casa • dei sacerdoti •: c) santuario rupestre (da Pendlebury)

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della soglia, l'uso della pietra in luogo dei mattoni crudi per l'alzato, focolari. Senza dubbio, il centro di aggregazione di Karphi era rappresentato dalle sue case più grandi, quella « dei sacerdoti », dalla pianta piuttosto complessa e provvista di ambienti di servizio in cui non sarebbe fantasioso ravvisare il luogo di riunione degli uomini, e l'abitazione che si apre sul lato opposto dello spiazzo, appartenente, secondo Pendlebury, l'autore dello scavo, al personaggio più importante della comunità, a cui è difficile non attribuire la funzione di basilèus, così come la conosciamo nella sua nuova forma dalla tradizione omerica. La storia delle fasi di questa « reggia » è oltremodo interessante: all'epoca della prima frequentazione di Karphi (metà del x11 secolo a.C.), essa appare formata da un unico grande ambiente rettangolare affiancato a nord da un cortile: si tratta del mègaron, cui si accedeva attraverso una porta provvista di soglia. In un secondo momento la pianta si articola maggiormente, segno inequivocabile dello sviluppo economico della comunità intera che fa capo al basilèus. Grazie a un vestibolo si accede al mègaron e la grande stanza, arricchita da due colonne poste sull'asse mediano, diviene il centro della casa, in comunicazione a destra con un lungo ambiente, il cui accesso era garantito dal mègaron solo tramite un portello, e al fondo con una stanza rettangolare alla quale si accedeva grazie a una porta provvista di una soglia dalle notevoli dimensioni. Il cortile, vasto abbastanza per garantire lo stazionamento di un certo numero di animali, si circonda di ambienti di servizio, mentre al fondo del settore abitativo due stanze accessibili solo dall'alto sono state identificate, in ragione dei ritrovamenti, come magazzini. La casa del basilèus di Karphi, per gli elementi che la compongono, non pare né riflettere pedissequamente una realtà di tipo miceneo - anche se il riferimento privilegiato del mondo economico e associativo della comunità rientra ancora nella sfera culturale della vita palaziale - né quella molto più elementare del continente. Infatti, se i magazzini, dal punto di vista sia funzionale, sia simbolico, sono ambienti ereditati dal periodo precedente, l'articolazione complessiva della casa ci proietta in una realtà più tarda, conosciuta archeologicamente nei centri di Emporion e di Zagora (vm secolo a.C.) e letterariamente nella descrizione omerica delle regge dei basilèis, su cui ci soffermeremo più avanti. Per ora basti osservare, insieme agli studiosi che hanno pubblicato e studiato quest'abitazione, che gli elementi strutturalmente e ideo-

13 logicamente più importanti della casa omerica, cioè l'aulè e il mègaron, compaiono qui in tutta la loro rilevanza e che è difficile non identificare nel vestibolo, nella grande stanza centrale e in quella che si apre dietro quest'ultima la sequenza pròdromos (vestibolo) - mègaron - thàlamos così ricorrente nei poemi omerici. Persino nel portello che dà accesso allo stretto vano posto a nord del mègaron, Pendlebury avrebbe riconosciuto un elemento diantiquaria omerica, quell'orsothyre che avrebbe immesso nel magazzino, forse adibito a deposito delle armi (Od. XXII, 126 e 333; sull'orsothyre cfr. infra). La frequentazione del sito di Karphi non si spinge oltre il x-1x secolo a.e., mentre l'orizzonte cronologico di altri centri cretesi che hanno restituito vestigia di complesse abitazioni, quali Vrokastro, Festo e Prasos, pare arrestarsi nella prima età geometrica. Il fenomeno è stato spiegato, in via del tutto ipotetica, con la raggiunta stabilità politica dell'isola dopo il lungo periodo delle invasioni. In quale misura questo presunto strato più antico della popolazione cretese, integratosi entro certi limiti nella nuova realtà dorica, possa esser stato responsabile dell'immissione di diversi modelli abitativi durante la media e tarda età geometrica non ci è dato di sapere allo stato attuale delle nostre conoscenze; per ora l'abitato di Karphi, isolato geograficamente e culturalmente, può solo offrire stimolanti suggestioni. Nel mondo continentale, casa absidata e casa rettangolare paiono dunque essere le uniche realtà abitative del più antico periodo geometrico, lontanissime dalla complessità e grandiosità del palazzo miceneo. Tuttavia, queste abitazioni non possono essere collegate alla nuova etnia che si riversò in Grecia nel XII-Xl secolo a.e., poiché proprio quelle quantitativamente più note, le case absidate, rappresentavano il paesaggio umano più comune molto prima che si imponesse la civiltà micenea, che, ricordiamolo, conosciamo dal punto di vista architettonico quasi esclusivamente grazie ai palazzi e di cui ignoriamo il livello abitativo di quella classe di persone, i doùloi (servi), che costituiva l'ossatura del sistema economico palaziale. Scoperte di nuclei abitativi dell'antico elladico (2700/2500-2000 a.e.), su cui si è recentemente fatto il punto, mettono in luce come sia la casa a pianta rettangolare sia quella a pianta absidata coesistettero in quel periodo dando forse origine, nel periodo successivo, elladico recente o miceneo (1570-1200/1100), alla casa a mègaron. Esempi di tale coesistenza e dell'origine, questa volta

14 esterna, delle due soluzioni abitative sono stati ravvisati a Karatos in Turchia e a Ezero in Bulgaria (fig. 4). È probabile che alla base di questa ricostruzione ideale della genesi della casa a mègaron vi sia un po' di meccanicismo, tanto perché il presupposto ripostiglio rappresentato dall'ambiente absidato - visto come elemento genetico del magazzino situato dietro al mègaron di Pilo - altro non sarebbe che la stanza da letto dei coniugi, quanto anche per il fatto che la casa absidata non scompare completamente dall'orizzonte egeo, ma permane per tutto il corso dell'età micenea, sia pure conosciuta per ora solo in ambienti periferici, come Olimpia e Thermos. Ma forse più importante della teoria della contaminazione dei due tipi come genesi della futura struttura palaziale è il tipo d'esperienza associativa che, riassunta in una dimora particolarmente grandiosa e complessa, conobbero alcuni centri della Grecia continentale e insulare: Lerna, Kolonna (Egina), Tirinto e Plasi, solo per citare i più rilevanti. L'esempio più notevole, anche come proposta interpretativa, viene da Egina; si tratta di una grande casa che si apre vicino a due abitazioni più modeste, di pianta rettangolare e divise in tre ambienti. La dimora più vasta, chiamata Weisses Haus, si articola su due piani, comunicanti fra loro grazie a un corridoio che girava intorno a tutta la casa, su cui si apriva la scala (questo elemento individua il tipo: corridor-house) (fig. 5). Il pianterreno era formato da quattro stanze una dentro l'altra: il vestibolo, una sala centrale con focolare e due ambienti dalla funzione incerta (forse l'ultimo era la stanza da letto). Il piano superiore era particolarmente interessante: secondo la ricostruzione proposta da F. Felten, piuttosto che ravvisarvi, sull'esempio di ciò che si era ipotizzato per Lema, le stanze di rappresentanza del probabile re dell'insediamento, bisogna riconoscere in questo piano un ballatoio dove venivano riposti tutti i prodotti lavorati e non del luogo, una sorta di magazzino monumentale, reso sacro proprio dalla caratteristica delle stanze inferiori, fra le quali spicca la grande stanza del focolare, sede di probabili banchetti. Gli altri esempi sono all'incirca simili per dimensioni e funzione, mentre a Tirinto una sorta di grande thòlos è stata identificata come silos per il grano. Tutte queste realtà ci portano verso un unico punto: si tratta sempre di centri a spiccata vocazione agricola, fortificati, dove emerge una casa più grande delle altre, dalla doppia funzione, casa-ma-

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gazzino della comunità, e in cui si intravede già una forte tendenza all'amministrazione centralizzata, poiché a Lerna, nella House of the Tiles, sono stati trovati diversi sigilli; in una parola siamo proiettati in un orizzonte particolarmente vicino a quello miceneo. Questa nuova realtà, che trae forse origine da modelli babilonesi, segna un notevole salto di qualità nell'acquisizione e nella ridistribuzione dei beni nella società post-neolitica della Grecia, ma il risultato non è duraturo. A differenza della ben più complessa civiltà micenea, non sembra che la fine degli insediamenti dominati dalle corridor-houses sia stata causata da una migrazione o da una violenta distruzione. Felten ipotizza un probabile cambiamento all'interno della struttura economica e sociale dei siti, che comunque non saranno abbandonati. Ancora nel periodo successivo, medio elladico (2000-1570 a.C.), case di questo tipo sorgeranno in alcune località della Grecia, come a Plasi; ma a Lema, dove la corridorhouse si era mostrata nella sua organizzazione più complessa, sorgerà sulle sue rovine un agglomerato di case, alcune rettangolari, la maggior parte absidate, quelle stesse abitazioni absidate che troveremo molti secoli dopo ancora presenti presso le rovine di Micene o sul sito ricco di testimonianze submicenee di Asine.

Tipologie e insiemi definiti La ricerca sul campo, individuando presenze e testimonianze di vita materiale nelle sue più svariate forme, se riesce ad accrescere un patrimonio che diviene di fatto senza limiti, presenta tuttavia la difficoltà di interpretare in sé quelle mute testimonianze. Ad esempio, la funzione di un vaso miniaturistico, pur confrontato con centinaia di altri provenienti da scavi effettuati in località diverse e inquadrato in complesse tipologie di forme, rimarrà comunque oscura se questo non potrà essere inserito in almeno un contesto ben definito, quale un pozzo rituale, innescando in tal modo un complesso processo interpretativo che riuscirà a spaziare dagli aspetti del mondo quotidiano a quello rituale, fino a giungere alla comprensione di come quel piccolo vaso trovi la sua ragion d'essere nel quadro della vita associativa di una determinata società. Questo problema, che rientra nella sfera propriamente ermeneutica, si pone in misura maggiore nello studio degli spazi d'uso privato delle fasi più antiche di ogni società, sia a causa della man-

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canza di documentazione scritta - che in alcune culture non apparirà mai - sia per le difficoltà di individuare le diverse soluzioni abitative all'interno di uno stesso insediamento o di una più vasta area geografica. Alcune ragioni di questa carenza documentaria, che generalmente impedisce una completa lettura di quegli insiemi o contesti in cui si è individuata le vera chiave interpretativa, sono intuibili: da un lato la grande antichità delle costruzioni, edificate per lo più con l'uso di materiali deperibili quali il legno, rende spesso difficile la loro ricostruzione già solo come unità; dall'altro la sovrapposizione di costruzioni o aree più recenti ne ha quasi sempre causato la distruzione, cosicché si parla generalmente più di resti di case che di edifici veri e propri. Quest'ultimo aspetto è sicuramente più grave, perché limita la nostra conoscenza sulle prime fasi di vita di località che stanno già assumendo, per il periodo considerato, una precisa identità culturale e ci spinge a trovare possibili confronti o punti di riferimento in quegli insediamenti fortunati solo per la ricerca archeologica, perché scomparsi precocemente, dopo aver mantenuto per secoli inalterata la loro articolazione, a causa della loro marginalità politica o per la loro difficoltà di inserimento in una nuova dimensione economica. È questo, ad esempio, il caso di due centri dell'Attica: la sua capitale Atene, di cui non emergerà, neppure per i periodi successivi, quasi nessun elemento d'architettura domestica tale da farci conoscere meglio il rapporto tra pubblico e privato nella più fiorente città della Grecia, e l'insediamento pastorale di Lathouresa, situato nel distretto di Anagyros, che dopo circa quattro secoli di vita verrà abbandonato intatto verso il v secolo a.C. A questa difficoltà si è supplito ricorrendo a un sistema certamente utile. ma non privo di rischi, cioè quello di distinguere realtà monumentali dell'età geometrica (perché spesso non si tratta solo di case) dal punto di vista della loro cronologia e delle loro caratteristiche planimetriche, definendo così sequenze ben individuabili. Questo metodo, che ha ottenuto nei lavori di H. Drerup e C. Krause i risultati più notevoli, si è purtroppo fermato, proprio in ragione di questa scelta metodologica, sulla soglia della casa, non permettendoci di cogliere, come ha rilevato D. Fusaro, né la posizione sociale dei proprietari né la ragione della fortuna di alcune planimetrie, che daranno origine, fin dal periodo geometrico e ancor di più in età arcaica, a edifici dalla ben diversa funzione. quali templi e pritanei.

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In questa sede, seguendo le sequenze tipologiche indicate da Drerup, non si pretende certo di prendere in considerazione nella loro totalità le testimonianze abitative dell'età geometrica, né tantomeno proporre una nuova strategia di lettura dei ritrovamenti; l'interesse è rivolto semmai a stabilire quanto più possibile i nessi funzionali che corrono tra l'edificio e i suoi occupanti e la comprensione di quei pochi insiemi definiti conosciuti, ricorrendo a quelle testimonianze che paiono essere le più significative allo stato attuale delle nostre conoscenze. a) Edifici ovali e ad abside

Abbiamo lasciato i primi resti conosciuti di abitazioni o impianti absidati dei" secoli bui ,. della Grecia (x11-1x secolo a.C.) presso le rovine di antichi centri micenei; a tutta prima, sarebbe naturale pensare che proprio la presenza di queste abitazioni in località fiorenti nell'età del Bronzo sia legata a una struttura già conosciuta in quell'epoca, probabilmente caratteristica delle classi più umili della società micenea e come tale trasmessa, dopo la distruzione dei palazzi, ai nuovi abitanti della Grecia. Tuttavia, il ricordo delle case ad abside fiorite in Bulgaria durante la prima età del Bronzo deve servire almeno da ammonimento, poiché la primitiva casa ad abside o ovale pare superare confini geografici e, apparentemente, stratificazioni sociali, in virtù delle sue caratteristiche strutturali. Infatti, la forma di questo edificio risponde bene sia a criteri di semplicità e rapidità di esecuzione, sia alla funzionalità degli ambienti che lo compongono: gli alzati, che poggiano su uno zoccolo di pietra poco elevato, possono essere facilmente realizzati adoperando legno misto ad argilla in una sorta di opus craticium, oppure usando mattoni crudi, che offrono il vantaggio di assicurare una maggiore solidità all'insieme e una più lunga durata nel tempo. In secondo luogo, la parte curvilinea della casa, che protegge dagli agenti atmosferici la sua zona più interna, si separa percettibilmente dalla grande stanza rettangolare che forma il centro della dimora, diventando così, a seconda della funzione dell'edificio, luogo di deposito o stanza appartata per i coniugi o entrambe le cose insieme. Queste ragioni di ordine strutturale sono alla base della fortuna di questi edifici in tutte le latitudini e in tutte le epoche, a patto che siano rispettati due principi tra loro strettamente legati: che le abitazioni siano piuttosto isolate le une dalle altre (e quindi che

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la realtà dell'insediamento sia di tipo preurbano) e che le attività economiche dei componenti della famiglia e del villaggio non abbiano ancora imboccato la strada verso una decisa specializzazione, poiché in tal caso l'agglutinamento di più ambienti sarebbe poco compatibile con una struttura curvilinea che ruba, almeno su un lato, spazio prezioso. Non ci stupiremo dunque di trovare case ad abside sparse più o meno in tutta Europa, dalla Bulgaria alla Svezia, all'Islanda, in periodi di sviluppo economico e sociale simili: in questo caso un'abitazione svedese dei primi secoli della nostra èra può essere felicemente accostata, fin nei particolari, a un impianto del x secolo a.e. in Grecia, così come le scene di banchetto della Saga del Godi Snorri ambientate nelle case islandesi sembrano molto simili alle riunioni eroiche d'età omerica. Quale che sia l'origine della casa ad abside o ovale, essa ci appare il punto di riferimento dominante per una serie di edifici fino all'inizio dell'vm secolo a.e., quando si confonderà, specie in ambiente insulare, con la casa detta « a mègaron ». In questi tre secoli la pianta absidata viene utilizzata per impianti sacri e profani, per magazzini, luoghi di riunione della collettività, regge, e questa ricchezza di sfruttamento della forma absidata non andrà del tutto perduta,« congelandosi », con poche variazioni, nei più remoti edifici templari greci. Si è velocemente indicato quali e quante diverse funzioni paiono aver assunto questi edifici absidati, ma è sufficiente entrare un po' più nei particolari per accorgersi come queste distinzioni siano talvolta impercettibili e, come è stato più volte ricordato dagli studiosi, quanto sia difficile in questo periodo distinguere non solo in un'ottica moderna, ma specialmente in quella antica, lo spazio sacro da quello profano; per focalizzare questo problema basterà, tra i tanti, qualche esempio. Nell'isola di Lesbo, a sud della collina identificata con l'acropoli della città di Antissa, sono stati scavati negli anni '30 due ambienti absidati sovrapposti l'uno all'altro. Il primo edificio, di notevoli dimensioni (m 17 ,25 x 5,60) (fig. 6), che taglia parzialmente una costruzione più antica di cui si conservano solo pochi resti, è diviso in tre ambienti: portico a ovest, sala centrale e abside pavimentata. In questa prima fase, datata dagli abbondanti resti ceramici all'S00-700 a.e., non è testimoniato il focolare limitato da pietre, che probabilmente era mobile. La tripartizione dell'edificio è una regola nelle strutture di dimensioni

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Fig. 6. Antissa: casa ad abside (da Fagerstrom)

Fig. 7. Modellino del tempio di Hera Akraia a Perachora (ùa Payne)

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21 piuttosto grandi e rientra perfettamente nella sequenza già notata a Karphi costituita da pròdromos, mègaron, thàlamos. A questa struttura se ne sovrappone un'altra, formata forse da due ambienti con al centro un focolare e orientate in modo opposto a quella più antica. La raffinata tecnica edilizia in poligonale usata per entrambi gli edifici, la presenza del focolare centrale, gli abbondanti resti di ceramica - tra cui spiccano delle phiàlai, vasi per libagioni sacre -. nonché la lunga frequentazione del sito che arriva fino alla fine dell'vm secolo, hanno fatto identificare questi resti come templi. Tuttavia è stato fatto notare come il « tempio » non venne risparmiato nei decenni posteriori alla fine del secolo, mentre il focolare per le libagioni, soppiantato in edifici sacri da un altare comunque interno all'edificio (come nel più antico Heraion di Samo o nel tempio di Apollo a Orero) non pare essere un elemento decisivo, poiché presente, in forme anche più raffinate, in strutture sicuramente profane, come le grandi stanze del complesso H di Zagora. È possibile che nel primo come nel secondo edificio, anche in virtù della loro articolazione, sia da riconoscere l'abitazione di un àristos e/o un luogo di riunione, che assumerebbe anche forti valenze sacrali, come attesterebbero le numerose phiàlai ritrovate. Un altro esempio della difficoltà nella distinzione tra edificio sacro e profano può essere offerto dal modello di tempio o casa proveniente dal deposito di Hera Akraia a Perachora. Il modellino di edificio absidato, provvisto di un portichetto d'ingresso, potrebbe riferirsi all'una o all'altra struttura, ma il luogo del suo ritrovamento e il confronto con la pianta del modesto santuario (m 6 x 5,5) sembra indicare in esso l'esatta riproduzione del luogo di culto (fig. 7). Non manca infine in questo quadro l'esempio di una vera abitazione trasformata, per ragioni poco chiare, in santuario a cielo aperto. Ad Atene, in una zona compresa tra l'Areopago e l'Agorà, una casa a pianta ovale (m 11 x 5), simile per forma alla più antica casa di questo tipo testimoniata a Smirne, accolse un ricco deposito votivo d'età protoattica, e per questo motivo fu per lungo tempo identificata con un santuario. In realtà la presenza di chiare tracce di pavimento e di un certo numero di pesi da telaio pongono questo edificio nella classe delle abitazioni private; probabilmente, la sepoltura di un bambino posta al di sotto del pavimento e la distruzione della casa, avvenuta forse all'improvviso,

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possono essere additate tra le cause che fecero di questa dimora un luogo rispettato e consacrato (fig. 8). Pur nell'indeterminazione di funzione che si è indicata, alcuni edifici o insiemi definiti sembrano offrirci la possibilità di una lettura meno complessa, fornendoci un'idea abbastanza precisa dei luoghi in cui si riunivano quei « capi e consiglieri » del re ricordati da Omero, di come si strutturavano un villaggio di pastori, una fattoria, un complesso cultuale e una vera e propria reggia nel periodo compreso all'incirca tra il x e l'vm secolo a.C.; i siti di Nichoria, Lathouresa, Smirne, Eretria e Lefl

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45 questa costruzione di v111-v11 secolo a.C. la residenza del basilèus locale. Più interessante per la dinamica sociale che si è fugacemente accennata è un'altra costruzione a mègaron individuata nello stesso centro, del tutto simile alla precedente, ma affiancata da un vano quadrato autonomo, in cui non penso sia da riconoscere un ambiente di servizio al mègaron, quanto piuttosto un'abitazione occupata da qualche personaggio gravitante nell'orbita dell'àristos. Una situazione analoga, anche se con una tipologia abitativa un po' differente, si riscontra a Zagora, in un insieme di vani che si aprono su un cortile nella zona meridionale dell'insediamento. Nel più grande di questi ambienti, di forma quadrata, provvisto di banchina su tre lati, di focolare centrale e coperto da un tetto piatto sostenuto da due colonne, si è riconosciuta la dimora del personaggio più importante del villaggio, a cui si affiancava una serie di ambienti di servizio e di soggiorno per piccoli nuclei familiari gravitanti nella sua orbita. L'abitazione quadrata, assemblabile facilmente con abitazioni dello stesso tipo e, come abbiamo visto, con dimore più importanti, sembra essere stata, nella sua forma più elementare, la dimora delle classi più umili della società. Qualche accenno alla sua struttura e funzione lo troviamo già in Omero, sia in ambiente « urbano » sia in campagna; in quest'ultimo caso il panorama abitativo di Omero, il cantore dei prìncipi, e di Esiodo, la voce dell'aspra vita contadina, è praticamente lo stesso. Di forma quadrata possiamo immaginarci quella casa posta vicina alla reggia di Odisseo dove dormivano le donne addette alla macina del grano (Od. xx, 105 sgg.) e la capanna di Eumeo, il fedele porcaio dell'eroe. Questa, circondata da un alto recinto per rinchiudere le scrofe, possedeva un vestibolo usato per svolgervi piccole attività (al suo arrivo Odisseo trova Eumeo che si sta facendo i calzari) e un solo ambiente con al centro un focolare; al momento del riposo, infatti, Odisseo si stende accanto al fuoco su un giaciglio insieme ai giovani che badavano agli animali ( Od. XIV, 514-535). Non è certo un caso se nel sito coloniale d'Occidente maggiormente conosciuto per l'età più antica, quello di Megara Hyblaea (fig. 25), la casa a pianta quadrata sia la sola a essere documentata. Essa rispondeva a precise esigenze di razionalità urbanistica e traduceva di fatto l'isonomia dei coloni in una struttura a loro ben conosciuta. La colonia, fondata forse nella metà dell'vm secolo (la data tradizionale è fissata dalle fonti al 728 a.C.), mostra

46 per il suo periodo più antico abitazioni formate da un unico ambiente inserite in un lotto di terra la cui estensione approssimativa era di circa 120 m 2 : la fame di terra dei coloni non potrebbe essere indicata in modo più significativo. Ma non è solo in ambiente coloniale che si assiste allo sviluppo della casa a pianta quadrata; intorno alla metà-fine dell'vm secolo, la scomparsa dell'abitazione a mègaron determinerà una ricerca di nuove soluzioni planimetriche all'interno di questo tipo architettonico adatte anche alle esigenze della classe dirigente. Nuove esigenze di spazio sia per più di un nucleo familiare sia per un solo òikos possono essere alla base dell'articolazione di abitazioni come quella rinvenuta presso la necropoli di Tsikalario a Nasso o quella scoperta ad Atene presso il lato occidentale del1' Agorà (fig. 22). In quest'ultimo caso, la dimora, dalle dimensioni piuttosto considerevoli (m 15,3 x 14,6), e composta da almeno sei stanze provviste tutte di pavimento, dovrebbe indicare, secondo gli studiosi, il livello abitativo di una casa di notevoli pretese della metà dell'vm secolo a.C. nella capitale attica. Ma è con molta probabilità in ambiente extraurbano che si sviluppa, partendo dall'agglutinazione di più ambienti quadrati, un tipo d'abitazione destinato a incontrare un enorme successo presso gli strati più abbienti della popolazione: la casa a pastàs. Questa, con un processo che riusciamo a cogliere solo in parte, diviene il modello di casa greca per antonomasia fino alle soglie del!' età ellenistica, quando la sua articolazione si arricchirà ulteriormente grazie all'adozione del cortile a peristilio. Un esempio piuttosto antico di casa a pastàs, che trae il suo nome dal corridoio trasversale su cui si apre un gruppo di stanze affiancate, è stato identificato in un impianto scavato a Thorikos (fig. 23), dove, nell'ambiente situato a ovest provvisto di banchina lungo i muri, si è voluto riconoscere uno degli ambienti caratteristici di questa casa in età classica, cioè I' andròn. la sala per i banchetti riservata all'uomo e ai suoi amici. Purtroppo, lo scavo parziale non permette una restituzione così sicura dell'articolazione di questa casa e recentemente si è proposto di vedere nelle stanze G e H. indicate come andròn e pastàs, dei semplici magazzini. In ogni caso, l'abitazione di Thorikos mostra già un'organizzazione piuttosto razionale degli ambienti e un tentativo di specializzarne la funzione, tratto quest'ultimo caratteristico della casa a pastàs d •età classica in cui si troveranno ambienti comuni (cucina, stanza di soggior-

' Fig. 22. Atene:

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casa nobile .. ( interno lo spazio scoperto del cortile. non pare sia stata sentita come necessaria nel periodo arcaico, quando l'abitazione si trovava ancora al centro di uno spazio limitato semplicemente da palizzate o siepi. È questo il caso che si osserva nel già citato centro coloniale di Megara Hyblaea; all'epoca della fondazione della città, le abitazioni di pianta quadrata e aperte a sud si trovano inserite entro un lotto di terra coltivato, la cui estensione è soltanto ipotizzabile in quanto non limitato da muri. È solo all'inizio del v11 secolo che, insieme a una maggiore complessità nell'articolazione delle abitazioni, lo spazio da esse occupato viene chiuso da un muro, determinando la definitiva regolarizzazione degli assi stradali che le delimitano; proprio in questo momento le case si sviluppano in due o tre stanze aperte su un cortile. Alla fine dello stesso secolo, l'impianto urbanistico della colonia militare siracusana di Casmene, identificata sul Monte Casale, si mostra già compiuto e le abitazioni si articolano in un ingresso sulla strada da cui si accede al cortile dove, sul lato settentrionale, si trovano tre ambienti di residenza, mentre sugli altri lati si aprono stanze di servizio di minori dimensioni. Da questi due esempi si può notare come l'organizzazione dello spazio privato venga fortemente influenzata dallo sviluppo delle città, e molto opportunamente E. Greco ha rilevato che, con la seconda generazione dei coloni a Megara, si nota « il passaggio graduale ma evidentissimo da un

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Fig. 30. Olinto: House of Many Colours (FII 9): j. ingresso; m. magazzino: I. esedra; k-g-h. complesso cucina-bagno; e. pastàs; a-b-c. quartiere femminile: f. anticamera dell'andròn; d. andròn (da Robinson)

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paesaggio ancora a dominante rurale a una sempre più massiccia urbanizzazione •. Ed è infatti grazie a ciò che conosciamo riguardo al l'organizzazione delle case di campagna che il quadro del più antico spazio abitativo di Megara Hyblaea si fa più vivido. Come si è già visto, le più umili abitazioni descritte da Omero sono assimilabili alle case quadrate conosciute nel periodo geometrico, e lo spazio che le circondava, indicato col termine aulè, era limitato da una palizzata di legno, come quella posta intorno alla tenda di Achille (//. xxiv, 452-455), oppure da un recinto edificato in modo più accurato, come nel caso della capanna di Eumeo. Quest'ultimo era bello e grande, di forma rotonda, che aveva cretto lo stesso porcaro per i porci del signore lontano senz'ordine della padrona e del vecchio Laerte, trascinando dei massi, e l'aveva coronato di spini. Fuori aveva disposto ai due lati una fila di pali solidi e fitti, spaccando la nera scorza di querce (Od. xiv, 7-12).

La funzione di questi recinti è legata allo spazio esterno della casa, quello in cui si producevano i beni da riporre solo dopo la loro lavorazione nella casa, e non è forse casuale se in più passi di Omero e di Esiodo il cortile ben cinto viene definito con il termine euerkès, che deriva dal vocabolo hèrkos, il cui significato è quello di steccato, palizzata o più semplicemente siepe, la siepe di confine tra proprietà. Nel momento in cui si assiste alla trasformazione del paesaggio urbano, il recinto inserito nella proprietà agraria si fissa dunque nella forma del cortile interno, il quale, tuttavia, non perderà completamente quell'aspetto di punto di separazione fra luogo di produzione e luogo di ricovero dei beni, recuperandolo nella sfera del culto privato come sede di uno dei centri del rito dell'òikos. Come ricorda A. Brelich, la casa, anche se luogo di svariate attività, ha una sua ben precisa« sacralità •, atta apreservare tutti i componenti della famiglia e, aggiungiamo, una precisa topografia di questa sacralità: questa piccola comunità deve essere anche ben delimitata per conservare la sua unità: sarà Zeus stesso, garante di ogni ordine, che proteggerà i suoi limiti, e sotto questo aspetto apparirà Zeus Herkèios, Zeus della recinzione, come del resto sotto un altro aspetto, quale Zeus Ktèsios, egli garantisce anche quell'autonomia economica della famiglia, alla cui base è il patrimonio (ktèma): egli ha perciò nella casa due altari corrispondenti a queste sue due funzioni domestiche.

Dalle fonti letterarie e dalla documentazione archeologica sappiamo dove si trovavano questi due altari: quello dedicato a 'Zeus Herkèios stava al centro del cortile, quello di 'Zeus Ktèsios in una del-

72 le st.anze che da settentrione si affacciavano su di esso; da questo momento in poi, i due spazi che definiscono l'òikos, secondo quella formula già espressa compiutamente da Omero, vengono così a formare un 'unità che non è solo strutturale, ma anche ideologica.

I paiazzi dei tiranni Le ti'annidi si conservano invece in due modi diametralmente opposti: l'uno è quell:, tradizionale secondo il quale la maggior parte dei tiranni regge il potere. Moli: di queste norme dicono le abbia fissate Periandro di Corinto e molte di ugua1e natura si possono prendere anche dal sistema di governo dei Persiani. Sonoquelle di cui si è già detto in precedenza. atte a conservare nei limiti del possi,ile la tirannide: reprimere gli individui superiori, togliere di mezzo gli spiriti indi~ndenti, non permettere sissizi né consorterie politiche né alcuna altra cosa del g:nere, bensì controllare tutto ciò da cui derivano di solito questi due sentimenti~ cioè la grandezza d'animo e la fiducia. non lasciare esistere circoli di cultur«1 e altre riunioni a scopo di studio e far di tutto onde i sudditi restino il più (J()ssibile sconosciuti gli uni agli altri. perché è proprio il conoscersi che produce s;.oprattutto reciproca fiducia; badare inoltre che quanti vivono in città stiano sempre in pubblico e si intrattengano presso le pone del palazzo, perché così non potranno mai nascondere quel che fanno e si abitueranno a nutrire pensieri umili di sé. vivendo continuamente da schiavi, e tutte le altre simili prescrizioni persi me e barbare che sono di natura tirannica [ ... ). Altro espediente tirannico è rendere i sudditi poveri: così egli mantiene la guardia del corpo ed essi, occupati iielle faccende quotidiane, non hanno il tempo di cospirare. Esempi di ciò sono le piramidi d'Egitto, le offerte votive dei Cipselidi, la costruzione del tempio di Zeus Olimpio da parte dei Pisistratidi e, tra i monumenti di Samo, quelli innaliati da Policrate (Aristotele. Politica v, 11, 1313a 34-1313b 25).

Il brano del filosofo di Abdera rappresenta una delle più penetrami sintesi compiute dal pensiero antico riguardo ai modi di conserv uione del potere tirannico; in essa troviamo riferimenti a motivi topici della riflessione sulla tirannide - come quando si menziona la repressione degli individui superiori: si pensi al celebre consiglio di Periandro a Trasibulo « di mozzare la cima delle spighe troppo alte » - , il ricordo dello scioglimento forzato di quelle consorterie politiche aristocratiche (le eterìe) a cui diede voce la poesia di Alceo, fino a giungere a riconoscere come azioni politiche le grandi imprese edilizie compiute dai maggiori tiranni del v1 secolo a.C. Sullo sfondo di alcuni di questi comportamenti, Aristotele intravede una notevole influenza del modello monarchico persiano, l'antitesi della formula politica della polis; tra le forme di « medizzazione » della tirannide. spicca la vivida immagine dei cittadini che vivono il « tempo politico » presso le porte del pa-

73 lazzo, in una posizione di esplicita sudditanza ricordata volutamente dal lessico che rimanda direttamente al rituale della corte persiana, in cui l'espressione« trovarsi alle porte del re » significa « aspettare l'udienza». Non sorprende dunque che nelle fonti letterarie e nella documentazione archeologica si trovi associato al tiranno un nuovo spazio architettonico, quello del palazzo arricchito da sontuosi ambienti, e che questo non sopravviva al regime da cui era stato generato in quanto simbolo concreto del potere di uno solo su molti, reso ancora più esplicito dalla scelta stessa della sua posizione. Generalmente, infatti, i palazzi dei tiranni si ergevano presso il luogo sacro della città, l'acropoli, riesumando così la funzione che il luogo dominante del sito aveva assolto in età micenea in qualità di sede del palazzo del wanax; l'edificazione del palazzo in questa posizione è un episodio probabile nel caso di Pisistrato ad Atene, certo per Policrate di Samo e per la dinastia dei tiranni ionici che dominarono a lungo a Larisa sull'Ermo (Buruncuk presso Smirne). L'occupazione dell'acropoli era la risposta più immediata a esigenze di carattere strategico e politico, poiché permetteva al tiranno sia di creare un vero e proprio accampamento militare a dominio della città sia di vedere sancito dalla divinità protettrice della polis quel potere acquisito con la forza. Questi motivi emergono con chiarezza nel racconto ricco di aneddoti fatto da Erodoto sulla presa del potere ad Atene da parte di Pisistrato. Il futuro tiranno, sfruttando l'opposizione fra il partito di coloro che abitavano sulla costa, capeggiati da Megacle figlio di Alcmeone, e gli abitanti della pianura, riuniti sotto il comando di Licurgo figlio di Aristoleide, ottenne dagli Ateniesi una tale fiducia che il popolo ateniese. ingannato. gli concesse di scegliere fra i cittadini quegli uomini che divennero non lancieri ma « mazzieri » di Pisistrato. poiché lo seguivano armati di mazza. Poi. questi. insorti insieme con Pisistrato. occuparono !"acropoli. Da allora Pisistrato governò gli Ateniesi senza sconvolgere le cariche esistenti e senza mutare le leggi e sulla base delle istituzioni vigenti governava la città amministrandola bene e saggiamente (Erodoto 1. 59).

Tuttavia, questa usurpazione ebbe vita breve e Pisistrato dovette allontanarsi da Atene per qualche tempo, forse solo pochi mesi; il suo ritorno, nuovamente in qualità di tiranno e di salvatore dello Stato spossato dalla mai sedata opposizione tra Megacle e

74 Licurgo, venne studiato attentamente al fine di mostrare agli Ateniesi che questo potere gli proveniva da Atena stessa: Quando Pisistrato ebbe accolto la proposta e si fu accordato [con Megacle) a queste condizioni, come mi sembra, escogitarono per il ritorno un artificio sciocchissimo, se già anticamente il popolo ellenico si distinse dai barbari per maggiore accortezza e perché era più lontano da ingenuità puerili, e se è vero comunque che costoro escogitassero allora un simile stratagemma tra gli Ateniesi, deui fra i Greci i primi per intelligenza. Nel demo di Peania c'era una donna di nome Phye, alta quauro cubiti meno tre dita, di bell'aspello. Rivestirono questa donna con un'armatura, la fecero salire su un carro e la istruirono nell'alleggiamento più dignitoso che potesse prendere; quindi la condussero in cillà. avendo mandato araldi che corressero avanti, i quali giunti ad Atene annunciarono ciò che era stato loro ordinato, parlando così: Ateniesi accogliete di buon animo Pisistrato che la stessa Atena, anteponendolo a tulli, riconduce nella propria acropoli. Essi, andando in giro, dicevano così e subito nei demi giunse notizia che Atena riconduceva Pisistrato; quelli in ciuà, credendo che la donna fosse la dea stessa, la adorarono e accolsero Pisistrato (Erodoto 1, 60, 3-5; trad. V. Antelami).

Riguardo al palazzo di Policrate sull'acropoli di Samo si possiedono maggiori informazioni, poiché esso è stato già da molto tempo identificato sulla collina di Kastro che domina il porto della città, più o meno nel luogo ove venne costruito un palazzo in età ellenistica. Di questo famoso complesso, sede di una corte raffinata che ospitò poeti come Anacreonte e lbico, non si perse mai la memoria, al punto che in età giulio-claudia è ricordato il proposito di Caligola di riedificarlo in tutto il suo splendore (Suetonio, Caligola 21). Dalle informazioni desunte da più passi di Erodoto, che visse a Samo per un certo periodo, sappiamo che il palazzo funzionava come una vera e propria reggia cui si accedeva, come nel caso del fortunato pescatore che reca al tiranno la sua più straordinaria preda, dopo essersi fatti annunciare " presso le porte .. - da intendersi probabilmente come un vestibolo particolarmente articolato - secondo un rituale ben noto nel mondo orientale (Erodoto 111, 42). Il palazzo era ben protetto dalle mura dell'acropoli dove Meandrio, il segretario di Policrate divenuto dopo la sua morte egli stesso tiranno di Samo, riuscirà a resistere a lungo agli attacchi dei Persiani. fino a trovare una via di fuga grazie a una galleria appositamente scavata che metteva in comunicazione la rocca con il sottostante porto (Erodoto 111, 143-147). Occorrerà attendere l'età tardoclassica per trovare nuovamente applicati gli stessi principi nella scelta del luogo e nel suo munimento, quando un palazzo

75 simile verrà edificato dal satrapo cario Mausolo (377/76-353 a.C.) sulla collina orientale di Alicamasso. Ma l'ambiente di maggior rilievo del palazzo di Policrate era senza dubbio quello riservato agli incontri tra gli uomini e ai banchetti, l'andròn. La ricchezza profusa nell'abbellimento di questa stanza doveva essere senza uguali per l'epoca, al punto che Meandrio, immediatamente dopo la sua ascesa al potere,« dedicò nell'Heraion tutto l'addobbo dell'andròn di Policrate, che era degno di esser visto ,. (Erodoto 111, 123), come segno della sua moderazione e giustizia. Furono i momenti conviviali consumati nell'andròn che ispirarono probabilmente molte delle composizioni di Anacreonte e di lbico, permettendoci di conoscere un raffinato ambiente culturale in cui più che le gesta di guerra si cantava l'invincibile forza di Eros e Dioniso, come nel più lungo frammento conservato di lbico dove, dopo aver preso le distanze dall'epica omerica e dai suoi valori, si termina la composizione con un inno alla bellezza degli eroi, paragonata a quella di Policrate, figlio omonimo del tiranno (lbico fr. 282 P.). Da questi pochi accenni appare evidente come I' andròn di Policrate rappresentasse agli occhi dei contemporanei il centro della vita stessa del palazzo, la sublimazione di quella dimensione esclusiva della riunione tra uomini rappresentata dal simposio. Lo sconcerto provato dall'ambasciatore del satrapo Otane, giunto al cospetto di Policrate nel pieno di un banchetto, indica senza equivoci la distanza tra l'etichetta di corte orientale e l'esperienza del simposio vissuta da un greco pur affascinato dalla vita del vicino impero achemenide (Erodoto 111, 121). A un'atmosfera fortemente ritualizzata nei gesti e nelle posizioni fa riscontro un'equilibrata scelta dei modi e dei tempi propri dell'esperienza greca del simposio, evidenziata già solo dalla posizione occupata dal signore del palazzo, che, come ricorderà Plutarco in uno specifico trattato sul simposio greco, presso i Persiani è quella più centrale, dove si stende il re, presso i Greci la prima entrando [cioè il primo letto sulla destral e presso i Romani l'ultima del letto centrale, quella che si chiama consolare (Plutarco, Problemi conviviali 619c).

L'influenza esercitata dal mondo persiano sul comportamento e sugli stessi spazi occupati dal tiranno non si spinge dunque in profondità, ma si limita a condizionare solo qualche aspetto del1' apparato che lo circondava. Ed è così che sull'acropoli di Larisa sull'Ermo a un primitivo edificio a mègaron preceduto da un colonnato si sovrappone alla fine del v1 secolo a.C. un palazzo che.

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Figg. 31-32. Larisa sull'Ermo: pianta dell'acropoli,

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77 mantenendo inalterata la più antica partizione interna, si arricchisce di una facciata modellata sul tipo del bit-hilani_ di ascendenza siriaca, formata cioè da due avancorpi che inquadrano un portico di sei colonne eoliche (figg. 31-32). Questo portico è esattamente quello spazio indicato dall'espressione« le porte del re », ed è da qui che il tiranno si affacciava sulla piazza lastricata chiusa a nord da un edificio a mègaron distilo in antis. In questo mègaron, articolato in una grande stanza sulla quale si aprivano due piccoli ambienti quadrati identici, si è riconosciuto un tempietto legato alla casata dinastica; è tuttavia singolare che, nella metà del secolo seguente, alla distruzione del palazzo non faccia seguito quella del mègaron, che anzi diviene la probabile stanza di rappresentanza di un palazzo articolato, secondo il costume persiano, su quattro liwan (un termine arabo che indica una stanza chiusa su tre lati da un muro) disposti a croce sul cortile. Lo stravolgimento del1'originaria funzione del mègaron non poteva essere più radicale, una volta inserito in una struttura palaziale dalle caratteristiche profondamente orientali. Non dissimile, anche se rispondente a una trasformazione diametralmente opposta, è il caso della seconda fase del palazzo di Vouni a Cipro (fig. 33). Questo enorme complesso palaziale, che dominava la pianura della città di Soloi, venne edificato, secondo la ricostruzione delle vicende che lo interessarono proposta da E. Gjerstad, da un tiranno filopersiano sullo scorcio del v, secolo a.C. e si componeva di due zone distinte fra loro mediante una monumentale scalinata: quella pubblica, articolata sul grande vestibolo meridionale diviso in tre navate, e quella privata, rappresentata dall'ampio cortile su cui si affacciavano vari ambienti, tra i quali si è riconosciuta una vasta sala per banchetti. Intorno alla metà del secolo seguente - forse in relazione con la cattura della città di Marion ad opera di Cimone nel 449 a.C. - il palazzo subisce una profonda ristrutturazione. Oltre all'aggiunta a ovest di vari ambienti d'uso, è l'orientamento stesso del complesso ad essere cambiato, giacché il vestibolo risulta ora chiuso da un muro e l'ingresso avviene presso la stanza nordoccidentale. Il grande vestibolo. perdendo la sua funzione di stanza di rappresentanza, diviene in tal modo una semplice sala posta in stretto rapporto con gli ambienti utilitaristici del palazzo.

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L'ambiente del simposio Abbiamo visto come il palazzo del tiranno Policrate venisse di fatto identificato dai contemporanei con il suo ambiente più sontuoso, l'andròn, quella stanza che il lessicografo Polluce definirà molti secoli dopo come « la stanza in cui gli uomini si riuniscono e a cui è legato il simposio,. (Onomastico 1, 79). Questo luogo, dominato dalla figura di Dioniso che celebra la sua epifania nel dono fatto agli uomini, è strettamente legato al mondo dell'aristocrazia arcaica, che esaltò i propri valori ricorrendo a squisite composizioni poetiche e la cui conoscenza ci è stata in gran parte trasmessa da quell'erudito di età antonina, Ateneo, che ambientò proprio in una sala come questa il suo dotto banchetto. Accanto alla forma raffinata del simposio, i Greci conoscevano altri intrattenimenti comuni e occasioni conviviali in cui di norma gli amici si ritrovavano in una stessa dimora per mangiare insieme, senza tuttavia riunirsi in un'apposita, ricca sala. È questo sicuramente il caso di quei« pranzi comuni », così convenienti per le tasche di ogni partecipante, ricordati da Esiodo (Opere e giorni 722-723) o di quegli incontri soggetti alla regola degli avari Miconi, dove esisteva l'obbligo di portare il vino e il cibo (Archiloco fr. 119 T); in queste occasioni la stanza da pranzo della casa sarà stata certamente attrezzata per accogliere gli ospiti. L'ambiente del simposio, simboleggiato dal cratere posto al centro dei convitati reclinati su letti disposti lungo le pareti, doveva essere ben distinto dal resto della casa, al fine di permettere la maggiore libertà possibile agli ospiti e ai componenti della famiglia non ammessi alla riunione - le donne e i bambini-, e la sua collocazione spaziale era scelta in modo da garantire una più lunga illuminazione naturale. Ed è così, infatti, che gli andrònes nelle case di Olinto sono collocati in uno degli angoli del lato settentrionale della dimora se questa si affacciava a sud, oppure aperti sul vestibolo d'ingresso e con una finestra sulla strada qualora la casa si aprisse sul lato meridionale dell'isolato (fig. 34). Come ricorda ancora Polluce, la natura dell'andròn poteva essere anche definita in relazione alla sua capacità nell'accogliere i letti (klìnai) ricoperti di drappi e cuscini, sui quali - come testimonia una coppa a figure rosse del pittore Ierone (circa 480 a.C.) - gli invitati potevano sdraiarsi da soli o insieme a un compagno/compagna e che all'occorrenza offrivano posto fino a tre convitati insieme, come accade nel Simposio di Platone quando alla

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81 comitiva si aggiunge Alcibiade (Simposio 213a-b). Conosciamo dalle fonti stanze capaci di ospitare da tre a trenta letti contemporaneamente, anche se il numero preferito dagli Antichi sembra essere stato quello di sette klìnai, al punto che l'espressione« stanza da sette letti » venne usata da Aristotele come misura di superficie per indicare l'ampiezza della pelle del bisonte europeo (Storia degli animali 630a). Il motivo di questa definizione piuttosto precisa del numero di letti, e quindi degli invitati al simposio, è da collegare sia a ragioni di buona educazione - come ricorda Plutarco parlando della vana ostentazione di quei ricchi che si facevano costruire stanze da trenta letti - sia a probabili ragioni di carattere magico-religioso. Diogene Laerzio ci ha infatti trasmesso parte di quei canti di simposio (scolii) riuniti nel racconto popolare greco del Banchetto dei Sette Sapienti, il quale dipende da un'antichissima tradizione mitologica orientale; ancora in età imperiale questo numero di ospiti del simposio era ricordato in un proverbio che diceva « in sette è banchetto, ma in nove un parapiglia » (Scrittori della Storia Augusta, Vero 5, 1). Le stanze per banchetti conosciute dagli scavi archeologici sono riconoscibili sul terreno sia in virtù della loro posizione sia per alcune caratteristiche d'impianto, quali la banchina rialzata lungo i muri perimetrali che accoglieva i letti, la pendenza del piano di calpestio che assicurava il deflusso del liquido versato durante i giochi e le bevute, infine l'eleganza decorativa del pavimento e della pareti della sala, che non trova spesso confronti con gli altri ambienti. Tuttavia, la stanza si limita a trasmetterci solo una prima impressione su quello che doveva essere un simposio, non potendo evocare né l'atmosfera di esso né la qualità del tempo, i gesti e il rituale che caratterizzavano queste riunioni. Per nostra fortuna esistono innumerevoli accenni della letteratura antica e delle arti figurative che ci introducono in questa peculiare esperienza dell'uomo greco. L'atmosfera religiosa e intellettuale del simposio permea completamente i famosi versi di Senofane di Colofone, il filosofo vissuto nella seconda metà del v1 secolo a.C.: Ora certo il pavimento è puro e pure le mani di tutti e le coppe: uno avvince il capo d'intrecciate corone; un altro porge in una tazza odoroso unguento; un cratere ricolmo di serenità è stato disposto; inoltre nelle anfore è pronto un vino il quale promette di non venire mai a mancare, dolce, olezzante di fiore; in mezzo ai convitati l'incenso innalza il suo sacro odore; fresca acqua c'è e dolce e pura; sono stati posti innanzi biondi pani e una veneranda mensa carica di for-

82 maggio e di colante miele; un altare nel mezzo è stato da ogni pane ricopeno di fiori; canto e festa dominano in ogni direzione la casa. È un dovere per uomini sereni innalzare prima di tutto un inno alla divinità con racconti di pio contenuto e con argomenti puri; ma dopo aver libato e pregato di poter riuscire ad azioni pure - questo infatti è il nostro compito immediato - non è sconvenienza bere tanto da poter ritornare a casa, quando non si sia alquanto vecchi, senza l'aiuto di un servo. Ma si deve lodare colui che tratti un nobile tema e lo metta in luce secondo che la memoria lo ispiri e colui che tratti di vinù e non narri di battaglie di Titani né di Giganti né di Centauri, finzioni degli Antichi, oppure lotte impetuose in cui non vi è nulla di civile, [ma] manifesti sempre una civile pietà verso gli dei (Senofane, Elegia I D; trad. M. Untersteiner).

Quadri molto vivaci sono offerti da scrittori greci d'età ellenistica e imperiale e da autori latini, curiosi, come Cicerone, delle abitudini che avevano ormai ereditato dalla Grecia. La figura del capo del banchetto, il simposiarca, che aveva essenzialmente il compito di definire la proporzione dei tagli del vino con l'acqua - 2/3 o 3/5 - e il numero massimo di coppe da bere per evitare che il simposio si trasformasse in orgia, si colora di particolari curiosi sotto la penna di Luciano, di Cicerone o di Plutarco. Così il simposiarca è l'inventore di tutta una serie di penitenze per colui che non riesce a rispettare l'ordine di bere il numero di coppe stabilito, come danzare tutto nudo, portare in braccio per la stanza la suonatrice di flauto, costringere uno storpio a saltare su un piede solo, fino a giungere alla punizione più ignominiosa, l'allontanamento dal simposio, riassunta dalla formula ciceroniana aut bibat, aut abeat. Ma certamente le descrizioni più fedeli dei modi in cui si organizzava un simposio ci sono state trasmesse dagli scritti di Platone e di Senofonte che illustrano, pur idealizzandoli, banchetti tenuti in casa di ricchi ateniesi. L'occasione di riunione nel Simposio di Senofonte è offerta dalla vittoria del giovane Autolico nella gara del pancrazio durante le Grandi Panatenee del 422 a.C. Per festeggiare l'avvenimento, il ricchissimo Callia invita nella sua casa del Pireo una compagnia in cui si trova, tra gli altri, Socrate. Entrati in casa i banchettanti prendono posto: « Autolico sedeva presso il padre, gli altri si adagiarono via via, com' era conveniente ». Non sappiamo bene quali regole di convenienza venissero applicate - oltre a non permettere a un fanciullo di sdraiarsi come gli uomini - , ma da altri scritti sappiamo almeno che il posto più importante era quello situato sul primo letto a destra per chi entrava. Infatti è partendo da quella posizione e girando da destra a sinistra che si svolge la conversazione durante il sjmposio descritto da Platone. Per prima cosa i convitati pren-

83 dono la cena e subito l'ambiente si ravviva con l'arrivo di un personaggio piuttosto comune alle mense delle ricche case, il buffone parassita che, in cambio di qualche spiritosaggine, si guadagna la cena. Da un numero iniziale di tre soli partecipanti, la quantità di convitati è più che raddoppiata, permettendoci di notare quanto fosse straordinaria la ricchezza del padrone di casa, dal momento che gli andrònes conosciuti dagli scavi non superano di norma la possibilità di ospitare più di tre commensali. Il simposio, in realtà, a questo punto non è ancora iniziato, poiché il vero momento del rilassamento e della festa si ha solo una volta tolte le mense, intonato il peana e libato agli dei. Giunti dunque nel pieno della festa, Callia decide di introdurre in sala un vero e proprio spettacolo, messo in scena da un siracusano con l'aiuto di una suonatrice di flauto, una ballerina e un giovane citaredo. In questo caso le possibilità economiche dell'ospite permettono ai commensali di assistere a uno spettacolo anziché crearlo suonando o cantando essi stessi, anche se il più conservatore Socrate spezzerà la messa in scena intonando una lunga canzone. L'intrattenimento della compagnia del siracusano ha quasi un sapore circense: la ballerina danza lanciando dodici cerchi e riprendendoli al volo, « fa il ponte », si getta attraverso un cerchio irto di lame diritte, fa acrobazie su una ruota di vasaio. Intanto i convitati, su invito di Socrate che di fatto è il simposiarca, limitano il numero delle coppe da bere e si impegnano nella celebre discussione sul1'arte di vivere secondo i principi della bellezza e della virtù. La discussione, che non è priva di spunti vivamente erotici, ha fine con la rappresentazione di una pantomima che simboleggia l 'unione mistica e carnale tra Dioniso e Arianna: sembrava che non si atteggiassero a quel modo perché l'avevano imparato, ma perché volevano soddisfare un antico desiderio. Infine i convitati, vedendoli così stretti, in procinto quasi di andare a letto, gli scapoli, giurarono di sposarsi, gli sposati, balzati a cavallo, si diressero in fretta alle loro spose e gli altri rimasti uscirono fuori con Callia per accompagnare Licone e il figlio a fare due passi. Questa fu la fine di quel simposio.

Nella grande sala di Callia si è dunque svolto un banchetto impeccabile, dove compostezza e abbandono, gravità e ardore sono stati mescolati nelle giuste proporzioni come il vino bevuto dai commensali; è questa, come già chiaramente indicavano le parole di Senofane, la vera essenza del simposio: la giusta misura. Ma non sempre la moderazione si accompagnava ai festini, e gli ec-

84 cessi sono spesso al centro dell'attenzione sia nelle rappresentazioni figurate, come monito per i banchettanti, sia nei racconti scritti. Al primo gruppo appartengono tutte le raffigurazioni di satiri, gli esseri semiferini che formavano il corteggio dionisiaco, incapaci, come gli Sciti, di bere il vino miscelato con l'acqua. In una coppa a figure rosse, datata intorno al 500 a.C., si vede un satiro che si tuffa direttamente dentro un otre di vino, lasciando all'esterno solo la coda equina, le gambe e il bacino (fig. 35). A terra, davanti all'otre, la raffigurazione di una coppa a due manici ricorda il modo corretto di bere: come ha scritto F. Lissarrague, nella raffigurazione del satiro, invece, non esiste né mescolanza né divisione: quello vuole tutto, subito e da solo. Ateneo, citando Timeo di Tauromenio, ci ha trasmesso il ricordo di una celebre ubriacatura avvenuta ad Agrigento: Lo storico Timeo dice che una casa di Agrigento è chiamata • la casa della Trireme .. per questo motivo: alcuni giovani, da quel che si racconta, avevano preso una tale ubriacatura da immaginare di navigare su una trireme in balia della tempesta; avevano a tal punto smarrito la ragione che geuarono fuori di casa i leui e l'arredo, immaginando che il nocchiero avesse dato questo ordine al fine di alleggerire il carico della nave. Allora una gran folla si riunì davanti alla casa. accaparrandosi quanto veniva gellato. mentre i giovani non mostravano segni di rinsavimento. L'indomani gli strateghi si presentarono alla casa e misero sollo accusa i giovani; ma quelli, ancora nauseati, risposero all'interrogatorio dei magistrati dicendo che. a causa della tempesta, avevano alleggerito il carico della nave. Gli strateghi erano piuuosto colpiti dalla loro evidente pazzia. e uno dei giovani, forse il più anziano di loro, disse: « lo, signori Tritoni, mi sono così spaventato da geuarmi sollo i banchi. rimanendo là per tulio il tempo •. Comprendendo il loro stato confusionale, gli strateghi ordinarono di rilasciare i giovani. a palio che non bevessero mai più vino. Quelli, proclamando la loro riconoscenza. dissero: • Se mai giungeremo a un pono scampando a questa furia del mare. vi erigeremo in patria delle statue in qualità di divinità della Salvezza vicino a quelle degli dei del mare. perché vi siete rivelati provvidenzialmente •. Così quella dimora prese il nome di • casa della Trireme • (Ateneo 11 37b-e).

In questo caso è evidente come siano state infrante tutte le buone norme del simposio, costringendo la legge della città a intervenire laddove sarebbe bastata la saggia guida degli uomini adulti, dal momento che la riunione tra uomini rispondeva, almeno nel mondo arcaico e tardoarcaico, a precise esigenze educative. Una bella coppa di Duride (circa 480 a.C.) ci mostra meglio di qualunque altra testimonianza il valore paideutico del simposio

Fig. 35 (in alto). Coppa a ligure rosse (disegno di Lissarrague) Fig. 36 (in basso). Particolare di una coppa a figure rosse di Duride (disegno di Lissarraguc)

86 come luogo di formazione spirituale dell'aristocratico greco (fig. 36). Al centro della raffigurazione si nota un uomo barbato, un maestro, seduto su una sedia mentre srotola un volumen su cui sono scritti i versi iniziali di un poema epico: « Musa, trova per me sulla riva dello Scamandro l'esordio per il mio canto ». Davanti a lui, un ragazzo vestito con un mantello recita proprio i versi del poema; sulla sinistra di questa coppia si svolge una lezione di musica e canto, ma sono gli accessori che definiscono meglio la scena. Infatti, appese in alto sopra le teste dei personaggi, si vedono due lire, un paniere, una custodia per flauto e due coppe per libazioni, tutti oggetti legati al simposio. I due giovani non sono dunque colti durante una lezione scolastica, ma si stanno preparando con un duro tirocinio a quella musica e a quel canto ispirato alla tradizione dell'epos che allieteranno tutti i banchetti a cui prenderanno parte da adulti. Con la piena età classica, però, l'ambiente del simposio sembra subire una certa trasformazione, testimoniata più che altro dalla produzione del vasellame fine da mensa. In luogo di scene di carattere bacchico o di momenti del simposio, si fa strada una tipologia di rappresentazioni che focalizza l'attenzione dello spettatore su poche figure, spesso un uomo e una donna - talvolta una giovane coppia - colti in momenti di tenera intimità. La raffigurazione dei momenti erotici, che occupa un posto di notevole rilievo nella decorazione delle coppe (k_vlikes), non fotografa più i molteplici accoppiamenti sessuali dei banchettanti, ma si colora di una certa pudicizia, simboleggiata tanto dalla giovane età dei protagonisti quanto dai gesti da loro compiuti, tra cui si nota la comparsa del bacio tra gli amanti. Nel momento in cui vengono espressi tratti psicologici e intimi estranei all'ideologia arcaica, il mondo del simposio tende a rinchiudersi sempre più nella sfera privata. L · effetto di questa nuova concezione dell'esistenza è ravvisabile anche nel luogo stesso che ospitava il banchetto, il quale si articola sempre più, diventando il cuore di quegli « appartamenti maschili » ricordati da Senofonte, preludio alla soluzione del doppio p•ristilio delle case ellenistiche. In questo senso, la rievocazione dei banchetti socratici, dove tutto è sottoposto alla legge della misura e dell'esperienza vissuta collettivamente, appartiene già a quel classicismo greco che idealizzava i comportamenti naturali della generazione vissuta prima.della sconfitta ateniese nella guerra del Peloponneso, della quale il filosofo rappresentava il più illustre epigono.

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La casa della città Tra le numerose leggi promulgate da Solone ve n'era una che riguardava espressamente le modalità dei conviti dei sommi magistrati di Atene - i pritani-, i quali, eletti tra gli appartenenti alle varie tribù, governavano a rotazione la città per un periodo di circa un mese. Ateneo, ricordando i morigerati costumi di Atene nel periodo arcaico, ci informa infatti che Solone ordinò che coloro i quali mangiavano insieme nel pritaneo si sfamassero con focacce d'orzo, ma che a queste venisse aggiunta una pagnotta di frumento nelle ricorrenze festive, conformandosi così a quanto aveva detto Omero nel riferirsi alla riunione dei nobili da Agamennone: • si mischiava l'orzo • (Ateneo IV, 137e).

Non è un caso se proprio negli anni in cui Solone legiferava ad Atene, nell'angolo sudoccidentale dell'Agorà sia stato costruito un edificio particolarmente articolato e sontuoso - privo finora di puntuali confronti sul terreno -, che è stato identificato dagli studiosi non senza qualche difficoltà con il più antico pritaneo della capitale attica. Questa particolare costruzione, simbolo della polis quanto il santuario sull'Acropoli, era di fatto la « casa della città », dove si trasferivano nella sfera pubblica gli elementi simbolici e religiosi dell 'òikos, quali il focolare e l'altare della divinità ad esso preposta - Hestìa - e nella quale, come abbiamo visto, consumavano un pasto soggetto a precise regole rituali i pritani, gli ospiti d'onore, i cittadini benemeriti e i loro discendenti, gli ambasciatori e i benefattori stranieri della città. Il pritaneo, organizzando i suoi spazi esattamente come un'abitazione, ci permette così di conoscere quale fosse la casa per eccellenza d'età arcaica, periodo in cui si fissa il suo modello architettonico. Il caso del pritaneo di Atene è eccezionale sia per le dimensioni dell'edificio (m 18,50 x 27) sia per le forme architettoniche impiegate; si può infatti notare in pianta che l'edificio - fortemente irregolare a causa dei condizionamenti imposti a ovest dalle pendici del Kolonos Agoraios, a est e a sud dall'andamento di due strade che s'incrociavano presso l'angolo sudoccidentale dell' Agorà - è formato da due nuclei distinti per articolazione e per complessità d'impianto (fig. 37). A est si trova infatti il vero e proprio luogo di riunione dei pritani che si articola su un grande cortile arricchito dalla presenza di due colonnati contrapposti convergenti a nord e a sud, ciascuno formato da sette colonne di le-

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bile che sul prezzo abbiano influito la posizione della casa, situata sull'asse principale di circolazione della città, e la presenza di due botteghe che si aprivano su di esso, una sicuramente usata dal padrone, poiché posta in stretto contatto con uno degli ingressi della casa, mentre la seconda era forse affittata, dal momento che sembra essere stata del tutto indipendente rispetto all'abitazione e che l'iscrizione menziona un passaggio di proprietà di una cantina. Come si è già accennato, la casa disponeva di due accessi dall'esterno, uno (7) in stretta relazione con la bottega d, gestita dunque dallo stesso proprietario, mentre l'altro (10) rappresentava l'ingresso vero e proprio. Il piano di calpestio del cortile, costituito, come di norma a Olinto, da grossi ciottoli costipati, presenta un'interruzione presso l'angolo sudoccidentale, dove doveva trovarsi un blocco di pietra su cui si impostava la scala per il piano superiore, esteso su tre lati. Sul cortile si affacciavano vari ambienti, dei quali tuttavia non è chiara la funzione; forse le stanze j-g sono da identificare con dispense e i piccoli vani k-i con il bagno della casa, che rappresenta un elemento caratteristico delle abitazioni di Olinto, altrove poco diffuso. A nord, come suggerisce Senofonte, si apriva la pastàs, scandita da due pilastri di legno, le cui basi di trovano ancora in situ. Questo ambiente di disimpegno, che mostra il suo maggiore sviluppo in senso est-ovest, è il più grande della casa, anche se il suo lato orientale venne ridotto per consentire l'impianto dell'ingresso secondario. Gli ambienti a, b, c rappresentavano rispettivamente la sala di riunione della famiglia, dove si consumavano i pasti, la cucina e il camino per la fuoruscita del fumo. In questa sistemazione del quartiere abitativo manca la seconda stanza della zona di soggiorno presente nella maggior parte delle dimore olintiche, e da identificare, nel nostro caso, con la camera d trasformata in bottega e la cui funzione, come si è visto nei casi della Villa della Buona Fortuna e nella Dema House, sembra essere stata quella di domàtion maschile. L'ambiente a funzionava essenzialmente come sala da pranzo e luogo di riunione della famiglia. Come nella vicenda descritta da Lisia, è molto probabile che, in caso di presenza di ospiti del capofamiglia, le donne consumassero il pasto al piano superiore o, più verosimilmente, nell'adiacente cucina. La polifunzionalità di questo ambiente - indicato dalle fonti con il termine generico di òikos oppure con quello più specifico di exèdra - mostra molto chiaramente la differenza esistente tra una soluzione abitativa media di Olinto e quella caratteristica di dimore di maggior lusso, in cui

165 si trova il luogo specifico per il ricevimento dei phìloi, vale a dire l'andròn. Il complesso cucina-camino per l'evacuazione del fumo (b-c) è un altro elemento caratteristico delle dimore olintiche, giacché altrove, come a Priene, a Cassope, a Delo, il focolare si trova nella stanza da pranzo, nel portico su cui questa si apriva (prostàs) o in una carnera laterale che si affacciava su di essa. Soltanto ad Alessandria, in una tomba della necropoli di Mustafa Pascià che replica fedelmente un'abitazione di 111-11 secolo a.C., è testimoniata l'esistenza di un ambiente specifico per la preparazione dei cibi, provvisto di forno e di grande bancone d'appoggio. Nel caso dell'abitazione A V IO la cottura dei cibi avveniva forse mediante l'uso di bracieri scaldati in una buca scavata nel terreno ed eventualmente fasciata con mattoni, anche se in altre case si notano soluzioni più complesse: nel 50 per cento dei casi, infatti, la buca del focolare era limitata da quattro a otto blocchi di pietra. Il camino, estremamente utile poiché la casa disponeva di due piani, era formato da un muretto aperto sulla sommità, su cui si impostavano da quattro a sei pilastrini, simili a quelli della pastàs, che reggevano la trave del soffitto (fig. 56). Dalla ricostruzione proposta dell'alzato, si può facilmente notare che la cappa non solo ovviava al ristagno del fumo in cucina ma permetteva anche di scaldare almeno due stanze del piano superiore, dove si trovavano le camere da letto. Il complesso cucina-camino è attestato quasi costantemente nelle abitazioni; solo alcune case dall'articolazione meno complessa e prive del piano superiore, presenti nell'isolato A, mostrano di non aver posseduto locali dalla funzione così specifica. Nel caso della Villa dei Commedianti è notevole la rnonurnentalizzazione che assunsero gli ambienti: nella cucina si trovava un focolare di marmo, e il camino, aperto completamente su questa, possedeva al centro una colonna isolata con capitello in pietra; in questo caso l'ostentazione della ricchezza del padrone di casa arrivò al punto di decorare sontuosamente anche gli ambienti d'uso comune della casa. Come già accennato, presso l'angolo sudoccidentale del cortile si trovava l'imposta delle scale per il piano superiore; secondo la ricostruzione proposta dagli studiosi, il piano si estendeva su tre lati e ricalcava nell'impianto quello del livello sottostante, presentando perciò un loggiato lungo il lato settentrionale. Su questo piano si aprivano il thàlamos, la stanza del telaio e forse qualche altro ambiente occupato dalle donne e dai bambini, secondo una dispo-

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Fig. 56. Olinto: restituzione ipotetica della cucir.a e dell'impianto di riscaldamento di una casa (da Robinson)

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sizione testimoniata nella ricca House of Many Colours (cfr. fig. 30) che, a differenza della grande maggioranza delle case di Olinto, si articolava su un solo piano. Il probabile thàlamos di questa casa (ambiente c) presentava le pareti decorate in basso da uno zoccolo bianco separato dal sovrastante intonaco rosso mediante una linea incisa e un pavimento di cemento colorato di giallo, mentre gli altri due vani avevano i muri ricoperti semplicemente da una spessa mano di stucco bianco e il pavimento in battuto. Questo doveva essere l'aspetto del piano superiore di molte abitazioni olintiche, con il thàlamos ben definito dalla ricchezza della sua decorazione; ma se la distruzione violenta di Olinto ha impedito di riconoscere sicure tracce di stucchi e di pavimenti del piano superiore, i crolli documentati in altri siti come Heraclea Minoa, Iaitai o Delo mostrano come gli appartamenti femminili fossero anche più decorati da affreschi o da pavimenti rispetto ai molti ambienti aperti direttamente sull' aulè. In perfetto accordo con il tenore di vita medio del suo proprietario, la casa A V IO non richiese l'intervento di veri e propri pittori, dal momento che i muri erano soltanto stuccati di bianco al fine di proteggere maggiormente la stanza dall'umidità. Le abitazioni che rivelano un impianto più articolato e un più raffinato livello decorativo degli ambienti sono situate sia all'interno della città sia nelle immediate vicinanze. Risulta immediatamente chiaro come le dimore suburbane appartenessero al ceto più abbiente: esse infatti mostrano, accanto a una decorazione estesa a quasi tutti gli ambienti, anche una maggiore libertà e complessità d'impianto, che si evidenzia nel numero delle stanze, nelle dimensioni di queste - più grandi di quelle delle case cittadine e nell'adozione di soluzioni architettoniche più monumentali, come quella del peristilio completo. Le case cittadine del tipo più ricco occupano quasi sempre la normale superficie prevista al momento della divisione degli isolati; questo rigoroso rispetto degli spazi abitativi urbani è senza dubbio all'origine della mancata adozione in queste abitazioni tranne che in un caso isolato - del peristilio. Tutte le case, infatti, posseggono il cortile e la pastàs; tuttavia, questi due elementi hanno subìto estesi interventi decorativi, inusuali rispetto alla situazione generalmente conosciuta. L'isolato A VI (fig. 57) possiede la massima concentrazione conosciuta per Olinto di case appartenenti a questo tipo (sei su dieci) e mostra una complessa serie di interventi compiuti su questi

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sione del territorio, e quindi situate nei possedimenti terrieri - rivelano, fin dalla più antica fase di insediamento della città, un impianto molto più complesso e ricco e, in accordo con le indicazioni delle fonti di ambiente aristocratico, testimoniano a un tempo la funzione utilitaristica e residenziale alla quale assolvevano. Infatti, tanto la Villa della Buona Fortuna quanto la Villa dei Commedianti presentano sia stanze di soggiorno (andrònes, stanze da letto maschili, stanze di soggiorno decorate) sia ambienti d'uso, quali magazzini e stalle, riunendo così in un unico spazio due livelli abitativi che talvolta, nelle contemporanee case cittadine, sembrano essere distinti in relazione alla ricchezza del proprietario. Come si è già accennato, rispetto alla situazione attestata nelle case urbane, le dimore di campagna mostrano una differenza d · impianto e una superiore ricchezza che si riflette anche negli ambienti usati dalla famiglia. La più nota di queste case, la Villa della Buona Fortuna (fig. 58), è composta da nove ambienti che si affacciano su un cortile a peristilio. Questa sistemazione dell 'aulè, praticamente sconosciuta in città, risponde a esigenze di monumentalizzazione del1'edificio privato e rappresenta - come indica la maggiore ampiezza accordata al portico settentrionale - un'importante variante della casa a pastàs che diverrà una regola fissa dell'impianto nelle ricche case d'età ellenistica e romana. Tra gli ambienti si riconoscono, a nord, l'andròn con relativa anticamera, la cucina con il camino, la stanza di soggiorno e il domàtion maschile, mentre a ovest si trova il grande magazzino, provvisto di aperture sia sul cortile sia sulla strada, dove furono ritrovati alcuni frammenti di pìthoi. Anche questa dimora, nonostante la possibilità di estendersi orizzontalmente, possedeva un secondo piano, che senza dubbio serviva a separare le stanze di produzione « interna » e quelle di riposo dalla zona della casa accessibile agli estranei e di comune fruizione. Il livello decorativo della villa evidenzia maggiormente la ricchezza dell'impianto: i muri, fra i quali spiccano quelli dell'andròn, con la finta struttura a piccoli ortostati, sono tutti intonacati e molti pavimenti presentano dei mosaici. Particolarmente notevoli sono quelli dell'insieme andròn-anticamera, con la rappresentazione del trionfo di Dioniso e del dono delle armi ad Achille, che esprimono molto chiaramente valori cari al mondo aristocratico. Nella stanza di soggiorno e nel probabile domàtion maschile i pavimenti di cemento recano le iscrizioni inneggianti a

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Tyche e ad Afrodite. L'alto livello espresso da questa abitazione si ritrova nella Villa dei Commedianti in cui, come si è già notato, la ricca decorazione fu estesa anche alla cucina e dove si trova attestata per la prima volta l'adozione dell'impluvio mosaicato posto al centro del peristilio. ·· -- .. Come risulta da questi pochi esempi, è evidente che la casa a pastàs, sia nelle sue forme più semplici sia in quelle più articolate, ha rappresentato la dimora tipica di Olinto. Purtuttavia, all'interno di questo panorama uniforme non manca l'eccezione, rappresentata dall'impianto delle dimore più povere, che si può forse spiegare con un differente uso dello spazio abitativo in relazione a un sistema di rapporti fra i membri della famiglia meno condizionato da una rigorosa divisione dei compiti e delle funzioni produttive. Si è infatti notato come la casa possedesse, probabilmente al primo piano, luoghi riservati ai lavori femminili - distinti dalla zona riservata in parte soltanto all'uomo e in parte a tutti i membri della famiglia-, non a caso collocati molto vicino all'ambiente in cui si riassumevano la continuità e la ricchezza della casa, il thàlamos. La divisione dei compiti all'interno di una famiglia media e ricca, in accordo con quanto risulta dalle fonti letterarie, prevedeva uno spazio produttivo esterno di completa responsabilità maschile e uno interno sottoposto in gran parte al controllo della donna; non è forse un caso che nelle abitazioni appartenute ai ceti più abbienti la funzione di residenza della casa venga evidenziata proprio negli ambienti utilizzati dal soggetto che, all'interno della famiglia, non usa la casa, ma gode di essa, vale a dire l'uomo. Con variazioni d'impianto - dovute forse all'adozione di un modello abitativo proprio dei possidenti terrieri di cui la casa a pastàs sembra essere espressione diretta - l'articolazione della casa olintica media, denunciando la mancanza di luoghi adatti all'intrattenimento degli ospiti, che dunque dovevano essere piuttosto rari, e distinguendo gli ambienti di uso comune (exèdra) da quelli riservati soltanto all'uomo o soltanto alla donna (domàtion maschile, stanza dei telai), sembra essere espressione di una struttura familiare simile a quella conosciuta nel caso del contadino ateniese Eufileto. Le case strutturate in modo più semplice e considerate povere - in quanto non stuccate, prive della pastàs, di pavimenti e del piano superiore - si trovano tutte nel quartiere A (A 11-A 13) (fig. 59) proprio a ridosso delle mura. La loro ridotta estensione si può

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Fig. 74. Pergamo: pianta generale e acropoli (da Città sepolte)

Fig. 75. Pergamo: ricostruzione ipotetica del complesso palaziale e mosaici dal palazzo di Eumene II (da Wiegand)

239 culti femminili. Lo spazio dei cittadini di pieno diritto è quello tipico della polis classica, l'agorà, ed è individuato nella grande piazza situata ormai a ridosso dell'acropoli e posta sotto la protezione di una divinità, forse Dioniso, a cui era dedicato un tempio prostilo di ordine misto ionico-dorico. Immediatamente dopo l'agorà civile si trovano tutti gli edifici e i monumenti dei sovrani, che a questo punto volutamente rappresentano la sintesi ultima della città organizzata esattamente come una polis classica. Il grande altare di Pergamo dedicato da Eumene dopo la vittoria a Magnesia sul Si pilo e l 'heròon dei sovrani pergameni segna il passaggio fisico e ideologico nella città dinastica, che trova il suo culmine nella rocca vera e propria, cinta da possenti mura e difesa da torri, dove si trovano due grandi aree sacre, la residenza reale, i magazzini e le caserme. In realtà, la cittadella è un unico, vasto palazzo, dove trovano luogo quegli edifici che altrove e in situazioni diverse erano parte integrante del complesso palatino: ai vari attracchi esclusivi e nascosti dei sovrani di Alessandria nel Porto Grande fa riscontro a Pergamo tutto il settore orientale della rocca che è sede degli annessi dei palazzi dei sovrani. Tuttavia, la combinazione tra gli spazi ereditati dalla Grecia classica e le nuove esigenze di una capitale dinastica, che è sottintesa dal complesso progetto urbanistico pergameno, non viene abbandonata neppure nella rocca. Come si è visto, infatti, il settore occidentale dell'acropoli è composto da due aree sacre, la più rilevante delle quali è senza dubbio quella rappresentata dalla terrazza di Athena Poliàs Nikephòros. Qui il tempio poliadico diviene anche il luogo di culto privilegiato dei dinasti dopo la vittoria al Caico di Attalo I nel 240-230 a.C., quando quasi al centro della piazza venne collocato il « grande donario » del sovrano su cui si trovavano le celebri statue del Galata Morente e del Galata Suicida, conosciute grazie a repliche di età tardorepubblicana rinvenute nel xv11 secolo durante i lavori della Villa Ludovisi a Roma. Il tempio di Atena dominava il gigantesco teatro addossato alle ripide pendici dell'acropoli, in una posizione che volutamente richiama il modello ateniese, dove dal teatro di Dioniso si poteva vedere la sommità del Partenone. L'edificio scenico, non a caso topograficamente in rapporto con l'agorà civile, era non solo la sede di rappresentazioni teatrali, ma anche il luogo in cui culminavano le solenni processioni trionfali dei sovrani pergameni. Se le celebri pompài di Antioco il Grande e di Tolemeo Filadelfo fu-

240 rono in un certo senso relegate in luoghi definiti, nel quartiere suburbano di Dafne ad Antiochia e nello Stadio ad Alessandria, il corteo trionfale di un re di Pergamo, dopo aver toccato tutti i luoghi simbolici della città, terminava nell'edificio che più di ogni altro ricordava la polis e la cui struttura si era modellata su quella dell'edificio più caratteristico della città libera, il bouleutèrion. In definitiva, se è lo spazio civile della polis a essere rimodellato a Pergamo - e innanzitutto quello dell'Atene classica - , non ci possiamo stupire se la residenza reale sia un palazzo relativamente modesto, confrontabile con abitazioni conosciute nella città bassa, come la casa del console Attalo, o con altre normali case ellenistiche, come quelle di Delo: ciò che conta è la scelta della posizione del palazzo, che rappresenta un aspetto del tutto estraneo e quindi fortemente innovativo rispetto al paesaggio della polis. Non a caso, infine, Attalo Il scelse il lato meridionale dell'Acropoli di Atene, quello che si affacciava sul teatro di Dioniso, per collocarvi il « piccolo donario » che ricordava come Atene e Pergamo fossero indissolubilmente legate tra loro non solo per tradizione e cultura, ma anche per la lotta che dovettero affrontare contro i comuni nemici del mondo ellenico, i barbari. Pausania ci informa infatti che presso il muro meridionale ldell 'Acropoli di Atene] Allalo dedicò la mitica guerra dei giganti. che un tempo abitavano intorno alla Tracia e all'istmo di Pallene. inoltre la battaglia tra le Amazzoni e gli Ateniesi, l'impresa contro i Medi a Maratona e la strage dei Galati in Misia: ogni opera è alta circa due cubiti (Guida della Grecia 1. 25. 2; trad. D. Musti).

L · esperienza pergamena non rimase circoscritta a questo piccolo regno asiatico, ma venne fatta propria, nelle forme artistiche come nei veicoli di propaganda e di consenso, dal mondo romano e specialmente da Augusto, che individuò in essa un modello di perfetto equilibrio tra città libera e capitale dinastica. Infatti, come è stato rilevato da P. Zanker, il complesso palatino di Pergamo, con i suoi due palazzi in stretto contatto con il santuario di Athena Poliàs Nikephòros e la biblioteca che si affacciava su questa piazza, può essere considerato l'archetipo della residenza augustea sul monte Palatino, dove ritroviamo la medesima sequenza: palazzi(« Casa di Livia»,« Casa di Augusto »)/tempio di Apollo/biblioteca.

241

Abitazioni di De/o Con notevole acume M. Rostovzev ha notato come la descrizione vitruviana riguardante le case di età ellenistica sembri riferirsi ad abitazioni ben conosciute ai Romani, oltre che ad Alessandria anche nelle grandi città dell'Asia Minore e nelle isole dell'Egeo: i nomi menzionati da questo autore [Vitruviol di alcune delle imponenti sale di tali edifici derivano dalle principali città commerciali della Grecia continentale, delle isole dell'Asia Minore. dell'Egitto. Tali sono l'atrium corinzio, le varie sale da ricevimento chiamate òikoi, cioè il corinzio. l'egiziano [cioè l'alessandrino!, il ciziceno. il triclinium ciziceno, il peristilio rodio.

In effetti, la conoscenza delle abitazioni greche e l'adozione ditaluni ambienti di esse nelle domus romane d'età tardorepubblicana non poteva che seguire quelle rotte commerciali divenute molto familiari agli Italici immediatamente dopo la vittoria di Scipione Asiageno su Antioco, quando Roma è di fatto in grado di controllare direttamente, o usando intermediari privilegiati come i Rodii, tutto il Mediterraneo orientale. Tuttavia, come si è già visto esaminando la descrizione vitruviana, accanto a questi aggettivi che definiscono vari ambienti della casa greca d'età ellenistica, non esiste alcun riferimento che riguardi l'abitazione conosciuta nel più famoso centro mercantile di II secolo a.C .. vale a dire l'isola di Delo. È infatti proprio nell'isola sacra alla triade apollinea che, in seguito a vicende del tutto eccezionali, si possono ravvisare nelle numerosissime case messe in luce dagli scavi francesi alcuni di quegli elementi ricordati dall'architetto romano, dal momento che, se a Delo non si sviluppò una peculiare forma architettonica dell'edificio privato, in essa si concentrarono tutte quelle molteplici esperienze del mondo nato dalla conquista di Alessandro, che individuano il sostrato comune a tutti gli abitanti dei diversi regni, che definiamo per comodità koinè ellenistica. L'isola, già sede della lega delio-attica nel v secolo a.C., divenne improvvisamente il più fiorente punto di transito commerciale del Mediterraneo nel 166 a. C. , quando la recente colonia ateniese imposta da Roma due anni prima venne dichiarata porto franco al fine di contrastare il predominio commerciale di Rodi, che aveva perseguito una politica antiromana in occasione della guerra macedonica condotta da Lucio Emilio Paolo nel 168 a.C. contro Perseo. In seguito a questa deliberazione si assistette im-

242 mediatamente a una vertiginosa crescita della popolazione, formata in prevalenza da mercanti di ogni sorta di prodotti - vino, olio, schiavi - provenienti da ogni regione del Mediterraneo, Italici, Siriaci, Egiziani, Fenici, Giudei, i quali mantennero la loro identità nazionale importando nell'isola di Apollo i culti delle loro terre d'origine. Sorsero così in breve tempo enormi edifici di culto e associazioni quali l'Agorà degli Ermaisti o Competaliasti, il santuario degli dei siriaci Hadad e Atargadis, tre santuari di Serapide, l'edificio dei Posidoniasti di Berito, la sinagoga, che rappresentarono i veicoli per l'introduzione a Roma di quei culti e delle forme architettoniche sviluppate nei lontani luoghi d'origine. A questa improvvisa e incontrollata esplosione demografica fece seguito un altrettanto repentino spopolamento, causato da due fattori, il primo contingente, il secondo effetto di un fenomeno di« lunga durata"· Nell'autunno dell'88 a.e., durante la guerra che oppose Roma al re del Ponto Mitridate Eupatore, Delo venne attaccata e saccheggiata dalle truppe del re e pochi anni più tardi, nel 69, i pirati di Atenodoro, alleato di Mitridate, rinnovarono l'attacco e il saccheggio dell'isola dopo che questa era tornata sotto l'amministrazione ateniese per volontà di Silla. Questo saccheggio rappresentò l'inizio di una veloce e inarrestabile decadenza dell'isola, dal momento che sono scarsissime le vestigia posteriori al sacco di Atenodoro. In realtà, però, il vero motivo dello spopolamento di Delo coincide con la vittoria di Pompeo in Asia, quando venne meno la funzione dell'isola come passaggio obbligato tra i regni orientali e i porti italici, primo tra tutti Pozzuoli, giacché si potevano ormai allacciare relazioni commerciali dirette tra Oriente e Occidente. La posizione marginale della piccola isola nell'ambito del vasto arcipelago delle Cicladi e la mancanza di terreni adatti alla coltivazione hanno permesso la sopravvivenza di gran parte degli edifici pubblici e privati, i quali offrono un quadro molto definito nei particolari di una cittadina commerciale della media e tarda età ellenistica. Le abitazioni di Delo scavate si trovano in prevalenza nel quartiere fittamente popolato « del Teatro », in quello « dell'lnopo » e « del Lago » (fig. 76). Come per Olinto, anche per Delo si è imposto un modello di abitazione che prevede la presenza di un cortile a peristilio su cui si aprono i vari ambienti della casa; tuttavia, la pubblicazione del quartiere « del Teatro ,. curata da J. Chamonard ha messo in rilievo come questo principio generale sia soggetto a un'incredibile quantità di possibili varianti, e come

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Fig. 77. Delo: terrazza« delle divinità straniere•: 89. Maison de l'Hermès; 90. Maison à une seule colonne; 95. Maison de l'lnopos; 111. Maison des Dauphins; 112. Maison des Masques (da Bruncau-Ducat)

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lo stesso perno della casa, il peristilio, sia un elemento comune solo nelle abitazioni che evidenziano anche in altri ambienti e nell'apparato decorativo la ricchezza dei proprietari. In effetti, una particolarità di notevole rilievo nella partizione urbana di Delo è rappresentata dalla sua estrema caoticità, all'origine della quale va riconosciuta la conformazione estremamente irregolare del sito e la già ricordata esplosione demografica posteriore al 166 a.e. Così, ad abitazioni dalla superficie molto estesa e dalla decorazione particolarmente ricca, si affiancano senza alcuna soluzione di continuità case modeste, formate da pochi ambienti e dalla pianta estremamente irregolare. È questo, ad esempio, il caso del complesso abitativo che si apre sulla via che permetteva di giungere alla terrazza del santuario degli dei siriaci, dove la modesta Maison à une seule colonne è quasi adiacente alla ricca Maison de l'lnopos, nella quale si nota comunque un forte condizionamento causato dalla topografia del sito dal momento che, per mancanza di spazio sufficiente, le stanze di soggiorno si aprono su un peristilio di cui vennero realizzati solo i bracci settentrionale e orientale (fig. 77). L'unica zona dell'isola che pare essersi sviluppata secondo un piano urbanistico relativamente razionale è quella situata intorno al Lago Sacro di Apollo, dove venne edificato l'insieme che compone la Maison des Comédiens, la Maison de la Colline, la Maison du Diadumène, la Maison de Skardana, tutte abitazioni dalla superficie piuttosto ampia e dall'impianto regolare. Infine, una caratteristica che possiamo definire peculiare dell'architettura privata delia è quella che prevede la verticalizzazione dell'impianto abitativo in un periodo in cui le parti femminile e maschile della casa si sviluppano ormai intorno a due peristili distinti. In questo caso, la mancanza di spazio ha determinato un forzato ritorno a soluzioni strutturali proprie dei periodi più antichi, rivisitate secondo le nuove esigenze di lusso e di confort proprie dell'età ellenistica. Sotto questo aspetto, Delo è un caso quasi unico, determinato però dal fatto che, come sempre, ben poco si conosce riguardo alle case di questo periodo in città ininterrottamente frequentate fin dati' età arcaica e dal tessuto urbano irregolare, non dissimile da quello delio. Senza dubbio, la casa che più di ogni altra può essere presa ad esempio per definire il livello abitativo di un ricco cittadino di Delo è la conservatissima Maison de l'Hermès, edificata alle pendici della collina che separava il quartiere" del Teatro ,. da quello« del-

247 l'lnopo » (fig. 78). L'abitazione presenta, oltre al pianterreno, altri tre piani, l'ultimo dei quali è stato identificato solo in base ad alcuni crolli notati nel livello inferiore, e sembra che la sua estensione sul lato settentrionale sia diminuita progressivamente passando dal secondo al terzo piano. Il pianterreno e il primo piano avevano probabilmente la stessa estensione e quasi la stessa articolazione degli ambienti, in tutti e due i casi aperti su un peristilio. Non è difficile identificare in questi due livelli quçlla distinzione tra ambienti maschili e femminili già notata a Olinto, che qui formano, anche se in altezza, l'andronitis e il gynaeconitis ricordati da Vitruvio. L'accesso alla casa avveniva attraverso un lungo corridoio (thyrorèion) limitato, sulla strada e nel punto in cui si apriva sul peristilio, da due porte dalla soglia in marmo. Sul lato orientale di questo lungo corridoio (A) si aprivano alcuni ambienti utilitaristici della casa. Il primo (B) è una latrina (àphodos). la cui posizione, pur essendo in questo caso già all'interno della dimora, ricorda soluzioni note da alcuni ritrovamenti più antichi fatti in altri siti, dove questo essenziale ambiente si affaccia direttamente sulla strada ed è ricavato tra i muri perimetrali di due abitazioni adiacenti. Segue il complesso formato dalla probabile cucina e dal bagno (magheirèion, balanèion) posti in stretto rapporto per sfruttare un unico collettore di deflusso dell'acqua che serviva anche per la latrina. Al fondo del corridoio, una porta immetteva sul peristilio porticato sui lati nord, ovest ed est, con colonne e trabeazione dorica. La parte meridionale del cortile era chiusa da un muro che sosteneva le spinte dei piani superiori, nel quale furono ricavate due nicchie: una di esse, dedicata a una ninfa, ospitava un bacino di decantazione di una polla d'acqua che sgorgava dalla retrostante collina. Da qui l'acqua raggiungeva la cisterna di raccolta situata al di sotto dell'impluvio del peristilio, provvisto di una vera in marmo. Gli ambienti più importanti si trovavano, come al solito, a settentrione: si tratta di una vasta sala (òikos = D) dietro la quale si aprono due stanze identiche (EF). che funzionavano probabilmente come domàtia. Sul lato orientale si trova un vano piuttosto familiare, ma che a Delo è particolarmente raro, cioè l'andròn (G). In effetti, i grandi oeci ricordati da Vitruvio e riconoscibili in tutte le grandi dimore di Delo funzionavano ormai come sede di riunione maschile di vario genere, ma erano soprattutto finalizzati ad accogliere non tanto i simposi quanto elaborati banchetti gastronomici. La migliore testimonianza di questo nuovo costume, così lontano dalla frugalità dei banchet-

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249 ti esaltati da Solone o da Senofane, è rappresentata dal celebre mosaico dell'artista pergameno Sosos, l'asàraton òikos, più volte replicato nelle dimore romane; in esso, dice Plinio, Sosos vi aveva disegnati con piccoli tasselli e tinti di vari colori, come se vi fossero stati lasciati sopra, i rimasugli della tavola e altri rifiuti che abitualmente si spazzano via (Storia naturale xxxvi, 184).

In un certo senso l' andròn della Maison de l' Hermès mostra un qualche conservatorismo del proprietario probabilmente non disgiunto dalla volontà di indicare la sua originaria appartenenza a una città greca. A sud-est e a sud due scale (1-2 e 3) portano al primo piano, su cui si apre un secondo peristilio dorico posto esattamente al di sopra di quello del pianterreno e chiuso tutt'attorno da un parapetto per motivi di sicurezza. Su questa terrazza si aprivano a nord degli ambienti corrispondenti all'insieme òikos-domàtia del piano inferiore, dei quali si conserva solamente la soglia dell'ambiente D'. Questo era il quartiere femminile della dimora, mentre negli ambienti meridionali di questo piano (K-1-J) si devono forse riconoscere altri vani di riposo e/o di servizio. Il terzo piano, poco conservato sul lato settentrionale, presenta ambienti di residenza sul lato est (L, P, Q, O, R,), fra i quali riveste una notevole importanza la grande sala L, pavimentata con scaglie di marmo e sul cui lato meridionale si aprivano due nicchie per statue; una di esse rappresentava il dio del commercio e della comunicazione che ha dato il nome alla casa. Come si è detto, dell'ultimo piano si suppone l'esistenza solo in base ad alcuni elementi di crollo, ma è possibile che questo fosse una semplice, grande terrazza. Meno conservata nei particolari, ma caratterizzata da un impianto altrettanto articolato e da una ricca decorazione, è la Maison des Dauphins, che occupa la superficie di un intero isolato in prossimità della terrazza artificiale su cui sorgevano i vari santuari dedicati alle divinità orientali (fig. 79). La dimora stessa sembra essere appartenuta a un proprietario originario della Fenicia, dal momento che, come nelle case puniche, sul pavimento del pròthyron reca il simbolo apotropaico di Tanit e il mosaico con delfini che orna il peristilio è firmato dall'artista fenicio Asclepiade d ·Arado. Il vestibolo, che lascia a ovest la probabile stanza del portiere (C), dà accesso al peristilio dorico circondato su tre lati da ambienti di varia natura. Particolarmente complessi sono i vani di servizio della zona meridionale (B-B "') dove sono stati ricono-

250 sciuti la latrina, la cucina e due magazzini, la cui articolazione « a incastro » sembra riecheggiare più gli ambienti d'uso della patria d'origine del proprietario che non quelli caratteristici delle abitazioni greche. La disposizione dell'oecus è canonica, così come anche l'apertura su di esso di un domàtion (I) in comunicazione con un altro piccolo vano (J), forse uno spogliatoio. Le stanze G e F, la prima delle quali decorata con un fregio di eroti, formavano una sorta di esedra; come nella Maison de l'Hermès, le stanze da letto si trovavano al piano superiore. La ricca abitazione delia riproduce quasi costantemente tale modello anche se, come abbiamo visto da questi due soli esempi, ogni abitazione risponde ai requisiti posti dal proprietario ed è pertanto quasi impossibile trovare due impianti esattamente simili. Anche nel caotico quartiere « del Teatro ,. trovarono posto, accanto a - e talvolta a spese di - abitazioni più piccole e irregolari, case d'impianto molto articolato, come la Maison du Dionysos, la Maison de Cléopatre, la Maison du Trident. Quest'ultima possiede quel particolare peristilio chiamato rodio da Vitruvio, dove il lato settentrionale era più alto degli altri; gli architravi orientale e occidentale si appoggiano nella Maison du Trident su mensole ricavate direttamente nelle colonne e raffiguranti un leone e un toro. In questo caso è possibile notare con un esempio concreto come l'enfasi attribuita al loggiato settentrionale dalla sua maggiore altezza e profondità rispetto ai bracci laterali rappresenti nel peristilio rodio il recupero in forme monumentali dell'antica pastàs all'interno del cortile completamente circondato da colonne, che si era imposto nella ricca abitazione greca fin dall'età classica (fig. 80). Le abitazioni di Delo possono aver rappresentato un possibile modello di riferimento per lo sviluppo delle abitazioni romane, dal momento che l'isola fu abitata da innumerevoli Italici e cittadini di Roma. Tuttavia, nelle case più ricche dell'isola mancano molti di quegli elementi architettonici che diventeranno comuni nelle case di città così come nelle ville suburbane del patriziato romano d'età tardorepubblicana. Questi elementi furono tratti infatti non tanto dalle abitazioni private, quanto dalle regge ellenistiche o da edifici pubblici greci sconosciuti a Roma, come i ginnasi, in cui, agli spazi destinati alla cura del corpo, si aggiungevano i luoghi dell'insegnamento e della meditazione, come i peripati e le esedre. Perfino nella casa natale di Cicerone ad Arpino, che fino all'età del nonno dell'oratore era« piccola e costruita al-

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252 la maniera antica, come quella di Curio Dentato in Sabina », lo scambio di battute tra Attico e Cicerone allude al fatto che in essa si trovassero ambienti per passeggiare al coperto decorati da statue di famosi personaggi ateniesi e una vera e propria palestra ricavata su un'isoletta del Fibreno, dove non si esercitava il corpo alle fatiche, ma la mente alle sottili disquisizioni filosofiche (Cicerone, Sulle leggi 11, I, I sgg.).

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Indice analitico Abdelonimo, 219 Academo. 104 Achille. 51. 71. 171 Achille Tazio, 196 Admeto. 199 Afanas·ev, A.N., 61 Afrodite. 56. 157, 172. 215 Agamennone. 24, 87 Agatarco, 106 Agrigento. 84, 174 « casa della Trireme •, 84 quartiere d'età classica. 174 Aigai, 216, 225. 236 palazzo ellenistico. 225-230 àitohu.w. 35. 53. 54 Alceo. 72 Alcesti. 199 Alcibiade. 81 casa di, 106 Alcinoo, 25, 36, 55. 140 reggia di, 52-54 giardino di, 54 Alcmeonidi. 26 Alessandria. 165, 175,193,230,231, 233. 234. 236, 239. 240. 241 biblioteca, 230 descrizione di Lucano del palazzo di Cleopatra, 235 descrizione di Strabone della città e dei palazzi, 231-235 Museo, 231, 234 necropoli di Mustafa Pascià. 165, 175 Soma di Alessandro, 231-233 Alessandro (Paride). 52 Alessandro, figlio di Alessandro Magno, 222. 233 Alessandro I. re di Macedonia, 216 Alessandro Magno, 7. 150,213.217, 219,221.222,225.233,234,241 Alexandria Oxiane (Ai Khanum), 213 Alicarnasso, 75, 213, 215 Mausoleo, 219 palazzo di Mausolo. 213-215 Aloi Aixonides (demo attico), 64 Amasi. 68 Amenemhet III. 68

Aminta Il. re di Macedonia, 217 amphithalamos, 196, 201, 205 Ampurias, casa ellenistica. 157 Anacreonte, 74, 75 Anagyros (demo attico). 17, 158 Andocide, 106 andròn, 46, 91, 107, 112, 113, 124, 125, 130, 132, 134. 135. 136, 149, 155, 157, 162, 165, 169, 171, 175, 181, 185, 203, 205, 206, 247 di Policrate, 75 definizione, 79, 114 della casa di Callia, 83, 100, 107 a Olinto. 79, 169, 171 a Colofone, 180 nella « casa di Cratero • a Pella, 221 nella Maison de l'Hermès di Delo, 249 andronìtis, 112, 113, 114, 115, 116, 119, 120, 121, 122, 131, 146, 147. 150, 195, 197, 198, 199,201,203, 206, 220, 221, 247 Andros, 41 Annibale, 187 Anthemonte, 161 Antifonte, I IO Antigono Gonata, 224, 225 Antigono Monoftalmo. 215, 224 Antiochia, 184, 227, 236, 239 Antioco di Siria (detto il Grande). 186, 230, 239, 241 Antipatro, 224 Antissa, 19, 24, 26 casa ad abside, 19 Antonio, 233 Apollo Zoster, 64 Apollodoro, 61 Archelao, re di Macedonia. 216,219 Archiloco, 79 Areopago. 94, 95. 99, 126, 132 Ares, 215 Arghelao, 37 Argo, Heraion, 59 Arianna, 83 Aristide, 94, 95

260 Aristippo. 146 Aristofane. 94. 111. 113, 120. 141 Aristosseno. 102 Aristotele. 72. 81, 97, 103, 135, 140 Arpino, 250 Arrephorai, 136 Artemide. 55 Aristobule. 95 Efesia, 95, 142 loleia. 216 Orthia. 219 Artemisia. 215 Asclepiade di Arado. 249 Asidate, 182. 183 Asine. 8. 16 Aspasia, 109 Atena.25,26,53,55,56,57,58, 74, 136. 213 Atene. 17. 21, 26. 55, 73, 87, 92, 93, 95. 96, 97. 99. 101. ll0, ll2, 116, 119. 122. 125. 126. 130. 134, 135, 151. 160. 161. 162,220,239,240 Acropoli, 89. 96. 97, 240 Agorà. 87, 89, 111, 126 casa di Callia al Pireo, 100, 102-109 casa di Eufileto, 109-122 casa di Socrate, 101-102 « casa nobile •, 46 casa ovale. 21 case scavate tra l'Areopago e la Pnice. 135 distretto dei marmorari, 126-132 edifici a pastàs sull'Acropoli, 136-138 isolato presso la Stoà Sud dell'Agorà, 132-135 Partenone, 213. 239 Pinacoteca, 136 pritaneo arcaico, 87. 89. 105 quartiere di Melite, 94. 95. 96, 126 Tholos nell'Agorà, 89 Ateneo. 25. 79, 84, 87 Atenodoro, 242 Ati, 113 Attalidi, 230 Attalo I. re di Pergamo, 230, 239 Attalo II. re di Pergamo, 236, 240 Attalo III. re di Pergamo. 231 Attica. 17. 51, 92, 93. 97, 98, 126, 140. 141. 150, 153, 160. 176, 181

Attico, 252 Augusto (Ottaviano), 231, 234, 240 aulè, 13, 34, 54, 66, 68, 71, 91. 101, 102, 104, 107, 109, 119, 120, 121, 122. 147, 149, 167, 171, 177, 180, 20 I, 205, 211 , 221 Autolico, 82 Azio, 233, 234 Babilonia, 144, 213, 233 Baia, 188 Berenice, 234 biblioteca nelle case. 198 Bolbe, 161 Boscoreale, villa della Pisanella, 150 Boumenos, 216 Brelich. A., 56, 71 Buruncuk, v. Larisa sull'Ermo Caico. 239 Calcide, 29 Calcidica, 125, 161. 174, 181 Caligola, 74 Calisseno di Rodi, 234 Callia, 82, 83, 94, 95, 97, 103, 104, 106, 107, 110, 124 casa al Pireo, 82, 83, 99, 100, 102-109, 122, 124, 135, 158 andròn della casa, 82-83, 100. 107 Callimaco, 234 Callino, 41 Camiro, 125 Campania, 187 Capo Zoster, 66 Cariti, 55, 56 Casa a pastàs, 46, 49, 51, 91, 124, 125, 126, 136, 153, 155, 158, 171. 172, 174, 175, 217 Casmene, 63, 69 Cassope, 165, 174 Castelseprio, 184 Catone, 151, 186 Cesare, 185, 188, 189, 231, 235 Chamonard, J., 242 Chersoneso, 150 Chio, 41 Cicerone, 82, 95, 151. 250, 252 Cimone, 77 Cipro, 77

261 Cipselidi. 26. 72 Cirene. 224 Ciro il Giovane. 54. 143. 144. 145 Cleopatra. regina d'Egitto. 235 Coarelli. F .. 58. 189 Colofone. 41. 175. 178. 181, 185, 196. 211 casa IV, 180 Columella. 149 Compitalia. 211 Conone. 234 Corinto. 26 Cornelia. figlia di Cinna. I 89 Cornelia. figlia di Scipione Metello, 189 Cornelia, figlia di Silla, I89 Cornelia. madre dei Gracchi, 189, 190. 191 Corridor-house, 14. 16 Cos. 125. 197 Cosa. 192 villa di Settefinestre. 192 Costantinopoli. 227 Cramnon. 224 Cratero, 221, 222, 224, 225 Cratero il Giovane. 222. 224, 225 Creso, I 13 Creta. 8. IO Crimea. 181 Critobulo. 140, 143 Danae. 56. 61 Decelea. 153 Deianira, 219 Delfi. 63. 221 « casa dei sacerdoti », 63, 64, 66 donario di Cratero, 221-222, 224 Delo. 89. 126, 165, 167. 181, 193, 197. 205. 240. 241. 242, 246 agorà degli Italici, 207. 211, 213 agorà dei Delii, 211 agorà di Teofrasto, 207 edificio dei Posidoniasti di Berito, 207, 242 ilot des Bijou.x, 207 Maison de Cléopatre, 250 Maison de la Colline, 174, 246 Maison des Comédiens, 207, 211, 212. 213. 246 Maison des Dauphins. 249-250

Maison du Diadumène, 246 Maison de Dionysos, 250 Maison aux Frontons, 207, 211 , 212 Maison de l'Hermès, 246-249 Maison de l'lnopos, 246 Maison des Masques, 193 Maison à une seule colonne, 246 Maison de Skardana, 246 Maison du Trident, 250 Maison des Tritons, 207. 211, 212 pritaneo, 89-91 Dema House, 153-158, 164 Grosses Haus, 157-158 Demetra, 111, 239 Demetriade, 184, 215 tetràpyrgos, 184, 216 Demetrio Poliorcete, 184, 215, 225 palazzo nel Partenone, 2 I3 Demetrio I Sotèr, 184, 188 Demodoco, 36 Demostene, 94, 96, I 19, 134, 135, 155, 161, 162 Dendera, 233 diaitetèria tòis anthròpois, I 13 Diodoro Siculo, 150, 231 Diogene Laerzio, 8 I, 96, IO I, 102 Dioniso, 75. 79, 83, I 7 I domàtion, 100, 113, 120, 131, 155, 157, 164. 171. 172,247,249,250 Orero. IO, 21 Drerup, H., 17. 18 Duride, 84 Edfu, 233 Efeso, pritaneo, 91 Efestione. 236 Efesto, 51, 53 Egina, 14. 63 Weisses Haus, 14 « casa dei sacerdoti », 63-64, 66 Egitto, 68, 150, 193, 224, 233, 234 Egospotami, 138 Eleati, 182 Elena, 35, 39, 52, 219 Eleusi, 49, 51, 64, 96 « casa sacra •, 49, 5 I, 64 Eliano, 219 Elide, 182 Eliot, C.W.J., 160

262 Emilio Paolo, Lucio, 241 Emporion (Chio), 12, 41-45 casa del basilèus, 41-45 casa a mègaron e casa quadrata, 41-45 tempio di Atena, 41 Epicuro, 95 casa di, 96 giardino di, 96 Eracle. 199, 229 Eraclide Critico, 97 èranos. 25. 26 Eratostene, 100. 109. 111. 115, 120, 121. 122 Ercolano, 184 Eretria. 22, 29-31. 49-51 • capanna a pilastri •, 29-31, 33 •fonderia•. 29, 31 « Hecatompedon absidato •. 29. 31 heròon. 51 palazzi tardoclassici. 49. 174 Erodoto. 7, 66, 68, 73, 74, 75, 113 Eros, 75 Eschilo, 106 Eschine. 111 Esiodo, 41, 45, 71. 79, 134 Eteoneo. 34 eteri, 216 Ettore. 52 Eufileto. 98. 99, 100. I IO. 111, 112, 114. 115. 119. 120. 121. 122,138, 160. 172. 197 casa di. 99, 100, l02, 109-122, 124 Eumene. 183, 224 Eumene II. re di Pergamo, 230, 236, 239 Eumeo, 45 capanna di. 45, 71 Euriclea. 56. 61, 62 Euripide. 199. 216 exèdra, 114. 134, 164, 172. 176, 177, 178, 180. 198, 206 Ezero, 14 Fabullus. 106 Fagerstròm. K.. 8 Faloe. 142 Faro. 230 Fattoria di Vari, 153. 158-160 Favorino. 66

Fayyum, 68 Feaci. IO, 24, 36. 41 Fedro, 191 Felten, F .. 14, 16 Festo, 13 Fibreno, 252 Fila, 224 Filetero, 230 Filippo, 104 Filippo Il, re di Macedonia, 161, 162, 216, 217, 222 Filippo V, re di Macedonia, 182 Filippo Arrideo, figliastro di Filippo 11, 222, 224, 233 Finley, M.I., 33 Focione. 95 Forbante, 219 Frazer, J.G., 61 Frinico, 157 Fusaro, D., 17 Galati, 225, 230 Galeno, 175, 176, 177. 178, 180, 181 Gjerstad, E., 77 Gnosis, 219 Gracchi, 189 Greco, E., 69 Grotta della Dragonara, 191 gynaikonìtis (gynaeconitfa), 112. 113, 114. 115, 116, 120, 122. 146, 147, 150, 195, 196, 197, 198. 199, 201, 203, 205, 206, 220, 221. 247 Hawara, 68 Heraclea Minoa, 167, 174 casa Il B. 149 Hermes, 215 Hestìa, 87, 89, 91 hestìa (come ambiente). 176, 177, 180, 220, 221, 229 Himera, 174 histeòn, 69 Hoepfner, W., 124 hospitium, 185, 198, 199, 201, 206, 211. 212; v. anche xènion h_,peròon, 57, 59. 119 laitai. 167 laliso. 125 lbico, 74, 75

263 lerone. 79 lfite. 57 lppia. tiranno d'Atene. 103 lppia di Elide, 100, 102, 103, 105 lppoboti, 29 Ippocrate, 101, 102, 103 lppodamo di Mileto, 99, 135, 174 lpponico, 94. 100 lro, 35 lscomaco, 97, I 15. 116, 124, 138, 139. 140. 141, 142. 143. 144, 145, 150. 176. 181 casa di. 138-151 Isocrate, 51 Itaca, 56. 57 Karatos, 14 Karphi, 10-13, 21 • casa dei sacerdoti », 10-12 casa del basilèus, 10-12 tempio rupestre. IO koitòn. 113. 114, 157 Kolonos Agaraios, 87 Krause, C., 17 Labirinto, 68 Laconia, 140 Lagidi. 230 Lari, 211 Larisa sull'Ermo, 73 palazzi dei tiranni. 73, 75 Lathouresa, 17, 22, 28 casa del basilèus. 28 casa rettangolare, 29 thòlos, 28, 29 lcìure, 37 Laurion. 153 Lauter, H., 28 Lefkandi (Palai Eretria?). 22, 29, 51 heròon o casa del basilèus, 33-40 Leocare, 215, 221, 222 Lerna, 14, 16 Lesbo, 19 lèsche, 132-134 Leucippe, 196 Libanio, 161 Licone, 83 Licurgo, 73. 74 Lindo, 125 Lisandro, 145

Lisia, 98, 99, 100, 1 IO, 114, 116, 131, 155, 164, 195, 197 orazione per l'uccisione di Eratostene, 99, 109-122 Lisimaco, 230 Lisippo, 221, 222, 224 Lissarrague, F., 84 Literno, 186, 187, 188, 191, 192 Livio, 182, 186 liwan, 77 Lorimer, H., 37 Lucano, 235 Luciano, 82 Lucullo, 189. 190, 191 Macedonia. 161, 175,193,216,219, 224, 225, 227 Magnesia sul Sipilo, 230 Mahumud-el-Falaki, 231 Maiuri, A .• 199 Manetone, 234 Mario, 188, 189, 190 villa di, 189-191 Marion, 77 Manin, R .• 161, 181, 183 Mausolo. 75, 213, 215 palazzo di Alicarnasso di. 213-215 Meandrio, 74, 75 Media, 95 Megacle, 73 Megara Hyblaea, 45. 63, 69, 71 casa a pastàs, 49, 5 I heròon, 49, 51 mègaron, 8, 12, 13, 14, 19, 21, 24, 28,31,34,35,36,37,40,41,46, 53, 54, 57. 75. 77 Meide. 96 Melanzio, 37 Melite, 94, 95, 96, 126 Memmio, Caio. 95 Menandro. 98, 113, 135, 157 Menelao, 34, 39, 59 descrizione omerica della reggia di, 34-39, 51 mesau/oe, 198, 199, 201 Messene. 222 rilievo di, 222, 224 Micene, 16 Michailowski. K .. 68 Miconi. 79

264 Migdonia. 161 Milziade. 94. 95 Mirto. 102 Miseno. 189. 190. 191 Mitridate VI Eupatore. 242 Mnesicle. 136 Morgantina. 203 casa della cisterna ad arco. 203 casa del magistrato, 203-206 cd. pritaneo. 203 Mosaici a Aigai: dei Cupidi e dei Tritoni. 229; 0oreale, 229 a Delo: della Maison des Dauphins, 249 a Pella: Amazzonomachia, 219; della caccia al cervo, 219; della caccia al leone, 221-222. 224-225; del rapimento di Elena. 219; del trionfo di Dioniso. 221 a Pergamo: firmato da Efestione. 236 Muhammad Alì, 231 Mylonas. G .. 49 Nasso, 41 Nausicaa. 55. 56 thàlumm di. 53-56 Neit. 68 Nereidi, 169 Nestore. 51 Nevio. 186 Nichoria. 26 sala dei banchetti, 22-24 casa ad abside, 26 Nicia. 153 Nilo. 234 Nowicka. M .. 181 Odisseo. 25. 26, 33. 35. 36. 37. 40, 53, 55. 58, 59, 62 reggia di, 36, 45, 51. 54. 61 thàlamos • del padre •. 55, 59-61 thàlamos nuziale. 55. 59 thàlamos dell'arco, 55. 57, 59 OC'CUS, 149. 180, 196,198,201,205, 206. 207. 211. 220. 247. 250 òikema, 100. 177 òikos(comeambiente).164.180,241, 247, 249

Olimpia. 14 Olinto. 69, 79, 99. 105, 112, 117. 124, 125. 126. 130. 134. 135, 136, 138, 149. 153, 155. 157. 161, 162, 164. 167. 172. 174. 177. 178, 180, 181. 193, 196, 205, 242, 247 casa A V IO, 162-167 House of Many Colours, 69, 134, 138, 167 House of Loomweights, 138 isolato A. 165, 172-174 isolato A VI. 167-169 Villa della Buona Fortuna, 157. 164, 171 Villa dei Commedianti. 165, 171, 172 Omero, 7. 10, 22, 24, 25, 34, 36, 37, 41, 45, 51, 52, 54, 57, 71. 87, 138, 147, 230 orsoth_vre, 13. 36-37, 58 Otane. 75 Ottaviano, v. Augusto Palestrina, 184 Pangeo, 216 paràdeisos. 54, 143. 145, 219 Parmenone di Bisanzio, 234 pastàs. 46, 49, 64, 91. 102, 104, 121. 124. 125, 126, 136. 155. 158, 160, 164, 165, 167, 169. 175, 178, 196, 197,201,205,217,221.236.250 definizione di, 66-69 Pausania. 89, 136, 240 Peania (demo attico), 74 Pella, 125, 174, 175. 216, 217, 220 « casa di Cratero •. 220-225 case aristocratiche. 217-220 fattoria a pastàs. 217 palazzo di Archelao, 217 Peloponneso, guerra del. 86, 92. 96, 97, 112. 138, 139 Pendlebury. J.D.S .. 12-13 Penelope, 25, 55, 58. 59 thàlamoi di. 57 Perachora, 21, 31 Perdicca. re di Macedonia, 161 Perdicca, diadoco. 222. 224. 233 Pergamo, 176, 182, 230, 231, 236, 240 casa del console Attico. 240

265 palazzi reali. 235-240 Periandro. 72 Pericle. 92. 93. 94. 95. 97. 98. 103, 109. 124 peristilio, 68. 86. 104. 117. 125. 135, 147. 158, 167. 172. 175. 176. 196, 197. 198. 201,203.206. 207. 213, 217. 220. 227. 230, 236. 246 peristilio rodio, 174, 197, 241, 250 Perseo. 241 Persia. 140. 143, 145 Petro. 95 pezeteri. 2 16 phroùrio11. 182. 183 Phye. 74 Pilo, 8, 14 pinacoteca (come ambiente), l07, 197 Pindaro, 139 Pireo. 112. 93. 96, 124. 125. 126. 135 organizzazione urbanistica. 135-136 Pirro, 119. 225 Pisistratidi. 72 Pisistrato. figlio di Nestore. 34 Pisistrato, tiranno d"Atene. 73, 74, 213 palazzo di. 73-74 Plasi, 14. 16 Platea. 119 Platone. 79. 82. 104 Proraw,ra. 94, 99. 100. l01-109, 120. 158 Plinio il Vecchio, 96. 189. 190, 249 Plutarco. 7. 75. 81. 82. 95. 97, 109, 119. 136. 183, 189. 190. 213. 221, 225 Pnice (Pnyx). 94, 126 Polemarco. I IO Polibio. 231 Policleto di Larissa. 150 Policrate. tiranno di Samo. 72. 73 palazzo di. 74. 75. 79 Policrate. figlio di Policrate di Samo, 75 Polignoto. 136 Polluce. 79. 113. 114, 157 Pompei. 185. 199 Casa del Centenario. 199 Casa del Fauno. 199. 235 Casa del Labirinto. 199 Pompeo. 188. 189. 242

Pompeo Rufo. 189 Potidea. 161 Pozzuoli. 242 Prasos, 13 Priamo. 52 reggia di. 52 Priene. 99, 165, 175, 178, 180, 196, 203 casa ellenistica, 20 I Pritani. 87 Proci. 24, 25. 36. 58. 59 Proclo. 134 Prodico di Ceo, 100. l02, 103. 107 pròdromos. 13, 21, 35. 37. 54, 61 Propp. V .J .• 39 prostàs, 104, 165, 178. 180, 196,201 prostòo11, 104 Protagora. l01, 102. l03. 104. 105 pròthyro11, 34, 53. 91. l03. l07, 130, 155. 199, 217. 221, 227. 249 p_frgos, 151, 158. 180. 181, 182. 185, 211 Pyrgum. 182 Robinson, E.M .. 124 Rodi. 125, 241 Roma, 58, 151,186.227. 230,235, 239. 241. 242. 250 Domus Aurea. 106 palazzo di Augusto, 240 Romolo Augustolo. 189 Rossane. 222. 233 Rostovzev. M .. 241 Rumpf. A .. 193. 199 Saffo. 25. 56 Sais. 68 Salonicco. 216 Samo. 31. 72. 73 Heraion. 21. 3 I. 33. 75 palazzo di Policrate. 74. 75. 79 San Severino. monastero di. 191 Santippe. 102 Saraceni. 191 • Sarcofago di Alessandro•· 219 Scamandro. 86 Scheria. IO. 52. 54 Schnapp. A .. 142 Schwanderer. E.L.. 124 Scillunte. 95, 138. 142, 151

266 Scipione Africano, 185, 186, 187, 188, 191 villa a Literno di. 185-188, 191, 192 Scipione Asiageno, 241 Sciti, 84 Seleucidi, 230 Seneca, 186, 189, 190, 191 descrizione della villa di Scipione, 186-188 Senofane di Colofone, 81, 83, 249 Senofonte. 66. 69, 82, 86, 89, 95, 97, 98. 104. 107, 110, 114. 115, 125, 141, 142. 143, 144, 147, 150, 151, 160. 164, 176, 177, 181, 205 Anabasi, 142, 182 Economico, 111, 113, 116, 117, 138-151 Memorabili, 105 Simposio, 94, 100, 113, 116, 117 Sestio, 192 Seuthes 111, 175 Seuthopolis, 175 Sicilia. 193 Sidone, 219, 221. 224 Silio Italico, 186 Silla. 189, 190, 242 skìmpous, 101 Smirne. 22 case ovali, 21. 31 fattoria. 28-29 Socrate, 82, 83, 94. 100, 101, 102, 103, 104. 106, 120, 139. 140, 141, 143. 144, 146 casa di, 101-102. 107, 124 Sofocle. 61 Soloi, 77 Solone. 87. 249 Sosos, 249 Sostrato. 120, 121 Sounion, 153 Sparta, 34, 55, 93, 97, 142,219,220 Spartani, 93, 161 Strabone. 217, 233, 234, 235 descrizione di Alessandria, 231233 Suetonio, 74, 234 synoikìai, 122, 124 ramièion, 59, 107, 147, 155

Tanaquil, 58 Tanit, 249 Tarquinio Prisco, 58 Tebe, 233 Telemaco, 25, 34, 61, 62 rhàlamos di, 55, 56, 57 Tellia, 150 Temistocle, 93, 95 casa di, 95 Teofemo, 96 Teseo, 92, 219 Tesmoforie, 110, 111 rerràpyrgoi, 183, 184 rhàlamos, IO, 13, 21, 26, 29, 39, 40, 52, 53, 54, 55, 56, 57, 69, 113, 114, 116, 138, 145, 147, 149, 155, 157, 158, 165, 167, 172,196,201, 205 Thermos, 14, 31 Megaron B, 31, 33 Thorikos. 8 abitazione rettangolare, 8 casa a pasràs, 46 rhyra àuleios, 120, 121, 122 rhyra balanorè, 146 thyra mèraulos, 121, 122 rhyroron, 103, 195, 205 Tiberio, 189 Timeo, 84 Timone. 233 Timoteo, 215 Timoteo d'Atene, 234 Tirinto, 8, 14 palazzo miceneo, 8 corridor-house, 14 Tolemaide, 235 palazzo • delle colonne •, 235 Tolemeo I Sotèr, 224, 230, 233 Tolemeo li Filadelfo, 234, 239 Tolemeo lii, 234 Tolemeo IV Filopatore, 234 Torelli, M., 41, 215 Tracia, 161, 175 Trasibulo, 72 triclinio, 198 triclinio ciziceno, 107. 197, 241 Tritoni, 84 Troia, 7, 51, 52 Tsikalario, 41 casa a mègaron, 41

267 casa rinvenuta presso la necropoli, 46 Tucidide, 7, 92, 93, 96, 119, 161 Tyche, 135, 169, 172 r_vrsis, 182, 183 Valerio Massimo, 186 Verghina, v. Aigai Vitruvio. 66, 103, 107, 120, 149, 180, 193, 195, 196, 197, 198, 199, 201,203,205,206,211,212,213, 220, 241, 247, 250 descrizione di Alicarnas'so, 215 Vouliagmeni, 63 • casa dei sacerdoti •, 63, 64, 66 Vouni, 77 Vrokastro, 13

Wolters, P., 64 xenia (come pitture), 198 xènion (xenòn), 35, 199 Young, R., 126 Zagora, 12, 41 complesso H, 21 , 45 Zanker, P., 240 Zeus Ammone, 233 Zeus Herkèios, 71, 180 Zeus Ktèsios, 71 Zeus Olimpio, tempio ad Atene di, 72 Zeusi, 219

Indice delle figure I. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9.

Tirinto: 111 fase del palazzo miceneo (da Tiryns) Pilo: palazzo miceneo (da Blegen-Rowson) Karphi: abitato d'età geometrica: (da Pendlebury) Ezero: abitato dell'elladico recente (da Hitler) Egina: Weisses Haus (da Felten) Antissa: casa ad abside (da Fagerstrom) Modellino del tempio di Hera Akraia a Perachora (da Payne) Atene: casa ovale (da Fagerstrom) Nichoria: sala dei banchelli (da Fagerstrom) IO. Nichoria: casa del basilèus (da Fagerstrom) 11. Lathouresa: abitato d'età geometrica (da Fagerstrom) 12. Smirne: fauoria (da Fagerstrom) 13. Eretria: Capanna a Pilastri (da Fagerstrom) 14. Eretria: tempio ad abside (da Fagerstrom) 15. Thermos: Megaron B (da Fagerstrom) 16. Lefkandi: heròon o casa del basilèus (da Fagerstrom) 17. Ricostruzione della reggia di Odisseo (da Lorimer) 18. Tsikalario: casa a mègaron (da Fagerstrom) 19. Zagora: insieme H (da Fagerstrom) 20. Emporion: casa del basilèus (da Fagerstrom) 21. Emporion: casa a mègaron e casa quadrata (da Fagerstrom) 22. Atene: « casa nobile ,. (da Fagerstrom) 23. Thorikos: casa a pastàs (da Fagerstrom) 24. Eleusi: fauoria a pastàs (da Fagerstrom) 25. Megara Hyblaea: il quartiere dell'agorà, sellore II in età arcaica (da Vallet) 26. Modellino dell'Heraion di Argo (da Schweitzer) 27. Egina: case a pastàs (da Wolters) 28. Delfi: • casa dei sacerdoti ,. (da Andronicos) 29. Vouliagmeni: « casa dei sacerdoti ,. (da Stauropoullos) 30. Olinto: House of Many Colours (FII 9) (da Robinson) 31-32. Larisa sull'Ermo: pianta dell'acropoli, 1 e II fase (da Schefold) 33. Vouni: pianta del palazzo alla fine del v secolo a.e. (da Olio) 34. Olinto: pianta degli andrònes (da Martin) 35. Coppa a figure rosse (disegno di Lissarrague) 36. Particolare di una coppa a figure rosse di Duride (disegno di Liss.arrague) 37. Atene: prylanikòs òikos (edificio F) (da Travlos) 38. Delo: pritaneo (da Bruneau-Ducat) 39. Efeso: agorà civile alla fine del I secolo d.C. (da Jobst) 40. Ricostruzione ipotetica della casa di Callia sulla base di Platone, Protagora 314-316d (da Pesando) 41. Ricostruzione ipotetica di una casa d'età classica (da Carr Rider) 42. Ricostruzione ipotetica della casa di Eufileto sulla base di Lisia 1, 9-14, 17, 22-23 (da Città sepolte) 43. Atene: l'Agorà e i quartieri circostanti nel II secolo d.C. (da Travlos)

9 9 11 15 15 20 20 23 23 27 27 30 30 32 32 32 38 42 42 43 44 47 48 48 50 60 65 65 67 70 76 78 80 85 85 88 90 90 108 118 123 127

270 44. 45. 46. 47. 48. 49. 50. 51. 52. 53. 54.

55. 56. 57. 58. 59. 60. 61. 62. 63. 64. 65. 66. 67. 68. 69. 70. 71. 72. 73. 74. 75. 76. 77. 78. 79. 80.

Atene: distretto dei marmorari (da Travlos) 128 Atene: case del distretto dei marmorari, 1 e II fase (da Young) 129 133 Atene: quartiere dell'Agorà (da Travlos) 137 Atene: pianta e ricostruzione della Pinacoteca (da Travlos) Ricostruzione ipotetica della villa di lscomaco sulla base di Senofonte, Economico 1x, 3-IO (da Pesando) 148 Alcuni tipi di fattorie provviste di torri (pyrgoi) (da Pecirka) 152 Pianta di scavo della Dema House (da J.E. Jones) 154 154 Ipotesi ricostruttiva della Dema House (da J .E. Jones) Diverse soluzioni della casa a pastàs in Grecia (da J .E. Jones) 156 Olinto: pianta della casa A VII 4 (da Martin) 156 Attica: insediamenti rurali: Dema House e fattoria di Vari (da J .E. Jones) 159 163 Olinto, isolato A V (da Robinson) Olinto: restituzione ipotetica della cucina e dell'impianto di riscaldamento di una casa (da Robinson) 166 168 Olinto: isolato A VI (da Robinson) 170 Olinto: Villa della Buona Fortuna (da Robinson) Olinto: isolato A (da Robinson) 173 Colofone: quartiere a nord dell'agorà (da Martin) 179 Delo: Maison des Masques. Restituzione planimetrica di una casa ellenistica secondo la lettura di Vitruvio proposta da A. Rumpf (da JDAI) 194 Pompei: Casa del Fauno (VI, 12, 2) (da A.M. De Vos) 200 Pompei: Casa del Labirinto (VI, 11, IO) (da Overbeck) 202 204 Priene: casa ellenistica (da Martin) 204 Morgantina: Casa del Magistrato (da AIA) 208-209 Delo: quartiere « del Lago » (da Bruneau-Ducat) Restituzione di P. Fister dell'isolato della Maison des Comédiens (da Bruneau-Ducat) 2IO Ai Khanum (Alexandria Oxiane): pianta del palazzo (da les Dos214 siers de I 'Archéologie) Pella: pianta del tessuto urbano (da Città sepolte) 218 Mosaico della caccia al leone, Pella, Museo Archeologico; rilievo di Messene (da Fuchs) 223 Verghina: pianta del palazzo (da Travlos) 226 Antiochia: pianta della città (da Città sepolte) 228 232 Alessandria: pianta della città (da Città sepolte) 237 Pergamo: pianta generale e acropoli (da Città sepolte) Pergamo: ricostruzione ipotetica del complesso palaziale e mosaici 238 dal palazzo di Eumene Il (da Wiegand) 243 Delo: pianta generale (da Città sepolte) 244-245 Delo: terrazza « delle divinità straniere» (da Bruneau-Ducat) 248 Delo: Maison de l'Hermès (da Bruneau-Ducat) 251 Delo: Maison des Dauphins (da Bruneau-Ducat) Delo: Maison du Trident (da Bruneau-Ducat) 251

Indice generale L'età geometrica (I I 50-700 a. C.) I precedenti Tipologie e insiemi definiti a) Edifici ovali e ad abside b) Edifici a pianta rettangolare Lo spazio degli eroi

16 18 40 51

Il periodo arcaico (700-480 a.C.) I palazzi dei tiranni L'ambiente del simposio La casa della città

63 72 79 87

L'età classica Vita sociale e spazio privato ad Atene nel V secolo a.C. Case in città. L'immagine dei contemporanei Le scoperte archeologiche Case in campagna. La « villa » di Iscomaco Il panorama rurale Le abitazioni di Olinto Un altro modello abitativo: Colofone

92

L'età ellenistica La casa greca secondo Vitruvio

7 7

92 98

124 138 151 161 175

193

(Sul'architettura VI, 7)

193

I palazzi reali delle dinastie macedoni Abitazioni di Delo

213 241

Bibliografia

253

Indice analitico

259

Indice delle figure

269