La Bibbia. La sua autorità e interpretazione nel movimento ecumenico 8801104294, 9788801104295

"Quale posto va assegnato alla Bibbia nella vita della Chiesa? Qual è la sua autorità e in che modo va interpretata

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Italian Pages 104 [105] Year 1982

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La Bibbia. La sua autorità e interpretazione nel movimento ecumenico
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LA BIBBIA LA SUA AUTORITÀ E INTERPRETAZIONE NEL MOVIMENTO ECUMENICO

EDITRICE ELLE DI Cl

EDITRICE CLAUDIANA

LA BIBBIA. LA SUA AUTORITÀ E INTERPRETAZIONE NEL MOVIMENTO ECUMENICO Quale posto va assegnato alla Bibbia nella vita della Chiesa? Qual è la sua autorità e in che modo va interpretata oggi? Per molti anni i cristiani, di diverse Chiese, hanno cercato di sviluppare prospettive comuni sull'autorità della Bibbia. Sono stati fatti notevoli passi avanti. Si è compreso che molte vecchie controversie riguardo le Scritture non sono così definitive come si pensava. Naturalmente, però, i punti di incontro che si possono notare nelle relazioni riportate in questo volume non sono ancora che un inizio. È necessario perseve­ rare in questa riflessione.

Collana "Verso l'unità. dei cristiani,, Testi 1. La presenza di Cristo nella Chiesa e nel mondo 2. La teologia del matrimonio e i problemi dei matrimoni misti inter­ confessionali 3. Battesimo - Eucaristia - Ministero

Studi 1. Essere uno affinché il mondo creda. Atti dell'incontro ecumenico di Chantilly (1978) 2. Il reciproco riconoscimento del battesimo negli accordi interconfes­ sionali, di Nils Ehrenstri:im 3. Il battesimo. Riflessioni interconfessionali del Gruppo misto di studio

per una Catechesi ecumenica

4. La Bibbia. La sua autorità e interpretazione nel movimento ecume­ nico 5. La Tradizione e le Tradizioni nella vita della Chiesa, di Angelo Romita

ISBN 88-01-10429-4

L. 5.800

Collana

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VERSO L'UNITÀ DEI CRISTIANI Studi 4

»

Collana

«

Verso l'unità dei cristiani

»

La collana « Verso l'unità dei cristiani » intende presentare al pubblico italiano i più importanti documenti, studi e testi di accordo, elaborati a livello internazionale nell'ambito del movimento volto a ristabilire la piena comunione fra tutte le Chiese. Scopo della pubblicazione di questi testi è quello di far cre­ scere all'interno della comunità cristiana italiana l'interesse per il movimento ecumenico, di informare sugli sviluppi che il dia­ logo teologico ha avuto a livello mondiale, e di contribuire al cammino che le stesse Chiese italiane debbono fare in direzione dell'unità . La collana, che si articola in una triplice serie ( « testi », « do­ cumenti » e « studi ») , viene pubblicata sotto la direzione del Gruppo misto italiano di lavoro teologico, sorto nell'ambito del Segretariato di Attività Ecumeniche (S.A.E.) e composto di studiosi e teologi, evangelici e cattolici . Comitato di direzione: Renzo Bertalot, Giovanni Cereti, Bruno Corsani, Luigi Della Torre, Sante Di Giorgi, Mario Galizzi, Innocenzo Gargano, Vittorino Grossi, Luigi Mori, Germano Pattaro, Angelo Romita, Luigi Sartori, Giovanni Scuderi, Paolo Ricca, Alberto Soggin, Giuseppe Sorani, Sandro Spinsanti, Roberto Tura, Valdo Vinay, Maria Vingiani.

LA BIBBIA LA SUA AUTORITÀ E INTERPRETAZIONE NEL MOVIMENTO ECUMENICO A cura di Ellen Flesseman-van Leer Edizione italiana a cura di Renzo Bertalot e Innocenzo Gargano

Documento di « Fede e Costituzione » n. 99 Consiglio Ecumenico delle Chiese, Ginevra

1 982

EDITRICE ELLE DI CI 1 0096 LEUMANN (TORINO)

EDITRICE CLAUD IANA 1 0 1 25 TORINO

ISBN 88-01-10429-4 S111mpato dalla S.G.S.

-

Torino

1982

Prefazione all'Edizione italiana

Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un'ampìa diffusione della Bibbia in I talia, e l'interesse per una fresca rilettura della Parola del Signore è andato rapidamente estendendosi a nuovi settori della nostra popolazione in seguito alla pubblicazione del Nuovo Testamento interconfessisnale (novembre 1 976) . Proprio perché nuove aree di lettori sono state raggiunte viene ripro­ posta, in termini nuovi, l'antica domanda del funzionario della regina d'Etiopia: « Come posso capire se nessuno me lo spie­ ga? » (At 8 ,3 1 ) . Le Chiese sono abituate a rispondere a quest'interrogativo se­ condo le linee delle proprie confessioni e con sfumature di­ verse in rapporto ai tempi, alle scuole teologiche e ai luoghi geografici . La novità di oggi consiste nel cercare una risposta comune che sia anche una testimonianza comune . V'è dunque una nuova attesa per l'interpretazione della Scrittura. Non siamo i primi ad affrontare questo problema. Esiste ormai una storia di questa ricerca a livello mondiale, ed è a questa che si riferi­ scono le pagine che pubblichiamo. Nel leggere il lavoro che il Consiglio Ecumenico ci presenta si nota che v'è una sensibilità all'argomento che varia rapida­ mente con i decenni. Non si nascondono mai i problemi che restano aperti al di là dei consensi raggiunti . Si è cercata l'origine delle varietà delle interpretazioni con­ fessionali in elementi teologici e non teologici : si riscontrano diversità nella Bibbia stessa e diversità legate a un modo di­ verso d 'intendere la storia . Si è parlato di unità nella diversità. V'è infatti un orientamento di base dei testi biblici in quanto tutti puntano verso la confessione di Dio salvatore. Il discorso non termina nel 1 980, anzi riprende con nuovi interessi che continuano ad allargare gli orizzonti . I documenti accennano alla nuova presa di coscienza ecu5

menica della cattolicità e dell'apostolicità della Chiesa, ma il fatto non ha ancora portato nuova luce in questa ricerca. La valutazione teologica del lavoro critico gode ora del con­ senso degli esperti delle varie confessioni, ma il suo risvolto teorico ha ancora bisogno di ulteriori approfondimenti. J ames Barr, che è stato più volte presente nelle commissioni di la­ voro biblico comune, ne lascia intuire l'importanza nel suo vo­ lume Explorations in Theology (SCM Press, London 1 980) . Lo strutturalismo e il fondamentalismo risollevano consensi prece­ denti ed esigono maggior attenzione. I popoli del Terzo Mondo devono affrontare quotidianamente l'interpretazione della Bibbia in condizioni culturali disagiate e comunque molto diverse da quelle dell'area nord-atlantica. Li­ beri dal peso secolare di tradizioni divergenti, danno il via a nuove metodologie che ci ricordano da vicino quelle del cri­ stianesimo dei primi secoli e che ci aiutano a liberarci da forme eccessivamente acrobatiche dell'intellettualismo nostrano. I do­ cumenti qui raccolti ne fanno un accenno fugace. La psicanalisi è una delle scienze umane che entra oggi nel dialogo sull'interpretazione della Bibbia. L'eco di questa ri­ cerca non si è ancora fatta sentire in documenti comuni, ma l 'esigenza è fortemente sentita anche in Italia. Cominciano ad apparire le voci non solo di singoli, ma anche di incontri e colloqui nazionali. Infine, parlando d'interpretazione della Bibbia non si può non ricordare il centro stesso dell'argomento : la pneumatolo­ gia. La dottrina dello Spirito Santo è parte integrante della ri­ cerca ecumenica. Alla ricchezza della riflessione cristologica comune fa riscontro una carenza di consensi nel settore della pneumatologia. I tempi non possono essere anticipati . Nell'in­ terpretazione della Scrittura tutti i cristiani fanno costante· ri­ ferimento allo Spirito, l'interprete per eccellenza e quindi li­ mite e fondamento della nostra ricerca . Possiamo forse parafrasare l'apostolo Paolo dicendo : « Non sappiamo neppure come dobbiamo interpretare, mentre lo Spi­ rito stesso prega Dio per noi con sospiri che non si possono spiegare a parole » (cf Rm 8,26) . Ringraziamo Laura Gessner e Mauro Del Grazia per aver preparato la traduzione di base del testo originale inglese . RENZO BERTALOT

Prefazione

Quale posto va assegnato alla Bibbia nella vita della Chiesa? Qual è la sua autorità, e in che modo va interpretata oggi? Questi interrogativi hanno polarizzato l'interesse del movimento ecumenico sin dall'inizio ; ripetutamente essi sono stati discussi durante le riunioni e le conferenze ecumeniche. In particolare durante gli ultimi due decenni, sono stati oggetto di un'intensa riflessione nell'ambito della Commissione Fede e Costituzione del Consiglio Ecumenico delle Chiese . Si è intrapresa una serie di studi che ha condotto a chiarificazioni e a punti d'incontro significativi . Poiché i rapporti di tali studi sono stati pubblicati in vari luoghi e forse non sono facilmente accessibili, la Com­ missione Fede e Costituzione ha deciso di raggrupparli insieme, compilando questo volume. I nnanzi tutto, la Bibbia è un fattore unificante. Qualunque Chiesa impegnata nel movimento ecumenico si richiama alla Bibbia come al fondamento autorevole della sua fede, vita e testimonianza. Ciascuna vede in essa l'unica fonte di conoscenza riguardo la rivelazione in Gesù Cristo . Così , nel tentativo di superare le loro differenze, le Chiese possono rivolgersi insieme alla Bibbia. Alla luce della testimonianza biblica, esse possono riesaminare le loro posizioni e ripensare insieme le controversie che hanno provocato una separazione nel passato e continuano a tenerle divise anche oggi . Rileggendo la Bibbia insieme, le Chiese scopriranno dimensioni e aspetti la cui negligenza ha indotto a evidenziare posizioni unilaterali, e si aiuteranno a vi­ cenda per raggiungere una più completa comprensione della verità. Il riferimento esplicito alla Bibbia, che è stato aggiunto alla Base del Consiglio Ecumenico delle Chiese nel 1 96 1 , è perciò qualcosa di più di una formalità. Esso è piuttosto l'espres­ sione di una profonda realtà: da un lato, sottolinea il fatto che, al di là dei legami delle tradizioni , le Chiese sono legate l'una 7

all'altra dalla loro comune fedeltà alla Bibbia; e dall'altro ci spinge a sperare che in questo rapporto di fedeltà comune, esse potranno trovare la strada che le farà avanzare insieme verso una piena unità. Volgendosi insieme alla Bibbia, le Chiese dovranno inevita­ bilmente confrontarsi sulla questione della sua autorità e della sua giusta interpretazione. A questo proposito è particolarmente importante fare due considerazioni. 1. Le Chiese differiscono nel loro modo di avvicinarsi alla

Bibbia. Pur riconoscendo tutte la sua autorità, hanno conce­ zioni diverse sul modo di comprenderla. In particolare, esse valutano in modo diverso l'autorità e l'interazione di criteri come la Bibbia, i credi, le professioni di fede, il magistero e il co­ mune pensiero della Chiesa. Di conseguenza, pur leggendo la stessa Bibbia, le Chiese possono facilmente arrivare a conclu­ sioni diverse. Per questo riusciranno finalmente a superare le loro differenze e a ristabilire la comunione solo se riusciranno a definire insieme il modo giusto di accostare la Bibbia. Questo è particolarmente ovvio per quello che riguarda l'incontro tra

la Chiesa cattolica romana e le Chiese della Riforma; ma è anche vero per l'incontro tra le altre Chiese. Per potere rag­ giungere una più profonda comprensione reciproca, le Chiese hanno bisogno di sviluppare un pensiero comune sul ruolo che la Bibbia deve avere nella loro vita. 2. Vi è un altro motivo per il quale tale questione costituisce

un imperativo per le Chiese:

come possono, sulla base della

Bibbia, rendere testimonianza oggi? In particolare, come pos­ sono offrire una comune testimonianza sui problemi sociali e politici che emergono nel mondo contemporaneo? Essendo im­ pegnate alla ricerca della comunione, le Chiese non possono rinviare la loro comune testimonianza fino al giorno in cui tale comunione non sarà ristabilita. Esse devono sin da ora formare una comunione di testimonianza cominciando a rispondere in­ sieme alle sfide del loro tempo. Cercando di parlare e di agire insieme, esse si troveranno di nuovo a confrontarsi sui loro diversi modi di accostarsi alla Bibbia. La risposta ai problemi contemporanei ne solleverà altri sempre nuovi che compliche­ ranno ulteriormente il loro comune lavoro. Esse possono essere in grado di enunciare insieme determinate convinzioni, comuni ud entrambe, ma non riusciranno facilmente a dimostrare, con

convinzione, in che modo tali dichiarazioni siano state ricavate dalla Bibbia. Non ci deve quindi sorprendere il fatto che tal­ volta le dichiarazioni ecumeniche vengono criticate per una pre­ sumibile mancanza di fondamento biblico. Il motivo di questa apparente debolezza risiede infatti nelle Chiese e nei loro modi divergenti di accostarsi alla Bibbia. Per formare una comunione di efficace testimonianza comune, è necessario che le Chiese ar­ rivino a una comprensione comune dell'autorità e dell'uso della Bibbia nella vita e nella testimonianza della Chiesa. I rapporti riuniti in questo volume riflettono la nascente « tra­ dizione » di una comune riflessione. Per molti anni i cristiani, di diverse Chiese, hanno cercato di sviluppare prospettive co­ muni sull'autorità della Bibbia . Sono stati fatti notevoli passi ' avanti. Si è compreso che molte vecchie cont roversie riguardo le Scritture non sono così definitive come si pensava. Natural­ mente, però, i punti di incontro che si possono notare in queste relazioni non sono ancora che un inizio . Si è spesso detto che per giungere al ripristino dell'unità, le Chiese hanno bisogno di realizzare « modi comuni di insegnare e di deliberare » . La riflessione comune sulla Bibbia è un contributo in vista di questa esigenza. È un elemento indispensabile, se si vuole ri­ spondere alla domanda: in che modo la Chiesa può oggi co­ noscere e comunicare la verità rivelata in Gesù Cristo. È ne­ cessario però perseverare in questa riflessione ; se si vuole sod­ disfare questa esigenza, bisognerà seguirla e rafforzarla attra­ verso un nuovo esame dell'autorità, dei Credi, delle professioni di fede e del ruolo del ministero e della Chiesa nel suo com­ plesso . Questo volume è stato preparato dalla dr.ssa Ellen Flesse­ man-van Leer. Ne ha scritto anche l'introduzione, che offre una panoramica su tutto il materiale . Avendo partecipato alla riflessione, in tutte le sue fasi , ella è particolarmente adatta a presentarne le relazioni al lettore. Desidero esprimere a lei la gratitudine della Commissione Fede e Costituzione per avere intrapreso questo lavoro . Vorrei allo stesso tempo ringraziare tutti coloro che, con la loro collaborazione nel corso degli anni, hanno contribuito a formare questa « tradizione di riflessione ecumenica comune » . LUKAS VISCHER

31 dicembre 1 979 9

Introduzione

Teologia biblica

Durante la seconda guerra mondiale, le Chiese, specialmente le Chiese della Riforma in Europa, hanno per così dire risco­ perto l'importanza della Bibbia. In mezzo alle perplessità e ai pericoli di quel periodo buio, la. lettura della Bibbia fu per loro di sostegno e di guida. Esse portarono questa esperienza al Consiglio Ecumenico delle Chiese, che si era appena formato, e così, nei suoi primi anni, venne dedicato alla Bibbia un attento e serio studio . Persone come Hendrik Kraemer e Suzanne de Dietrich hanno rivestito un ruolo importante nel promuovere questo avvicinamento alla Bibbia. L'influenza del loro lavoro non si è fatta sentire soltanto all'Istituto Ecumenico di Bossey e al Consiglio Ecumenico, ma è andata molto al di là dei loro confini. La comune convinzione alla base di questo movimento biblico è che la Bibbia parla di tutti i problemi, purché vi sia nell'uomo il desiderio di ascoltare attentamente quello che essa ha da dire. In questo clima, il Dipartimento Studi del Consiglio Ecume­ nico delle Chiese ha organizzato diverse conferenze, allo scopo di approfondire problemi quali la natura dell'autorità biblica per i vari settori della vita moderna, la corretta interpretazione della Bibbia, il rapporto tra l'Antico e il Nuovo Testamento . Il ri­ sultato fu un rapporto dal titolo : Guiding principles /or the interpretation of the Bible ( « Princìpi guida per l'interpretazione della Bibbia »), pubblicato a Wadham College, Oxford, nel 1 949. Questo rapporto rappresenta un buon esempio dell'im­ portanza della « teologia biblica » che era stata generalmente accettata negli ambienti del Consiglio Ecumenico da oltre un decennio e mezzo . L'accostamento ha unito un'interpretazione storica dei testi biblici con una teologia confessante, sottolinean­ do l'unità dei due Testamenti come la testimonianza fedeie e incontaminata alla storia di Dio e della salvezza. La sua prin11

cipale caratteristica è il suo accento cristocentrico : Gesù Cristo è visto come la chiave per l'interpretazione della Bibbia, es­ sendone il centro e il fine ultimo . Il rapporto mette in luce le tesi teologiche essenziali per il nostro avvicinamento alla Bibbia se la vogliamo comprendere nel modo giusto. Anzitutto prevale la convinzione che nella Bibbia noi ci troviamo confrontati con la Parola vivente di Dio. Su questa tesi , naturalmente, non è necessario alcun altro ar­ gomento per dimostrare che la Bibbia ha autorità. Sebbene il rapporto metta in guardia contro la tentazione di appellarsi con eccessiva facilità ai testi biblici, facendo troppo rapidamente accordare le loro testimonianze divergenti, esso non esita a parlare del messaggio o della dottrina della Bibbia . L a relazione ha u n tono ottimistico . Certo, essa riconosce chiaramente la distanza tra il contesto in cui la Bibbia ha par­ lato e i problemi che oggi ci mettono a confronto, ma è fidu­ ciosa che la Bibbia ci guidi alla conoscenza della volontà di Dio in qualunque situazione. La Tradizione e la Scrittura

Quando però questa fiducia nel potere unificante della Bib­ bia è stata sottoposta ad esame, i problemi si sono rivelati più ostici di quanto il movimento biblico, nel suo slancio ed ot­ timismo, aveva previsto . Divenne chiaro , infatti , che l'accordo sul contesto del messaggio biblico, in particolare sui modi di applicarlo per risolvere i problemi del mondo odierno, era tut­ t'altro che facile da raggiungere . Le tradizioni confessionali, che rivendicavano tutte un sostegno biblico per avvalorare le loro posizioni, continuarono a determinare la lettura della Bib­ bia. I testi biblici non si possono mai interpretare ab ovo : l'in­ terpretazione è sempre condizionata dalla tradizione in cui l'in­ terprete si trova coinvolto. Questa riflessione ha fornito l'in­ centivo per un nuovo avvicinamento al problema : è stato pro­ mosso uno studio sulla relazione fra Tradizione e Scrittura. Le tradizioni confessionali si trovano divise dal loro modo di comprendere la relazione fra la Tradizione e la Scrittura. Dove va cercata la verità rivelata? Sono forse due le fonti di conoscenza, Tradizione e Scrittura? O ve n'è soltanto una, la Scrittura? Il problema, che per secoli ha rappresentato un I.:>

punto controverso, ha acquisito in questi anni una nuova rile­ vanza. Esso ha costituito uno dei problemi importanti discussi durante il Concilio Vaticano Il. Il rapporto della Quarta Conferenza Mondiale di Fede e Co­ stituzione, tenutasi a Montreal nel 1 963, « Scripture, Tradition and Traditions », è riuscito a formulare nuove prospettive co­ muni. Esso si è dimostrato utile nel rilevare la distinzione tra la Tradizione (con la « T » maiuscola) , che vuole significare il Vangelo stesso, trasmesso da una generazione all'altra dentro e per mezzo della Chiesa, e le tradizioni (con la « t » minuscola) che vogliono significare le diverse espressioni delle Chiese nel­ l'unica Tradizione. Questa distinzione ha reso possibile una vi­ sione più dinamica della Tradizione, nonché la sua relazione con la Scrittura. La Tradizione è stata conseguentemente intesa non come una somma di princìpi stabiliti una volta per tutte e trasmessi di generazione in generazione, ma piuttosto come una realtà vivente, la rivelazione di Dio in Cristo, e quindi il suo corso attraverso la storia. In altre parole, oggi la rivelazione di Dio nel passato è accessibile solo come Tradizione. Per ci­ tare le parole più conosciute del rapporto : « Noi esistiamo come Cristiani per mezzo della Tradizione del Vangelo (la paradosis del kerygma) » (p . 3 5 , par. 45) . Noi però non possediamo questa Tradizione in sé e per sé : essa perviene a noi sotto forma delle nostre tradizioni confessionali . Si pone quindi il pro­ blema se e in che misura le varie tradizioni siano espressione della Tradizione, ossia se e in che misura esse trasmettano fe­ delmente la rivelazione. Qui il rapporto ci rimanda alle Scrit­ ture. La Bibbia è, per così dire , la Tradizione scritta, in un'epoca remota, nel corso della Tradizione durante i secoli. Citando le parole del rapporto : « Il criterio è stato ricercato nelle Sacre Scritture interpretate nel modo giusto » (p . 43, par. 5 1 ) . Ciò solleva immediatamente l'interrogativo : qual è l'inter­ pretazione corretta? Le opinioni delle Chiese su questo pro­ blema variano notevolmente, come mostra in modo chiaro l'enu­ merazione dei differenti princìpi ermeneutici contenuta nel rapporto . Il significato del rapporto sta nel riconoscere che la Tradi­ zione e la Scrittura non sono due entità indipendenti . Esse sono così legate l'una all'altra che nessuna delle due, presa da sola, può semplicemente venire usata come autorevole. Il prin13

cipio della Riforma « sola Scriptura » trova riscontro nella con­ sapevolezza che la Bibbia è parte della Tradizione e incorpo­ rata nella Tradizione. Essa infatti diventa Tradizione vivente quando è interpretata nel modo giusto in ogni nuova situa­ zione . D 'altro canto la Tradizione, come fonte di rivelazione, trova riscontro nell'affermazione che essa si può raggiungere sol­ tanto nelle tradizioni la cui attendibilità va provata alla luce delle Scritture . Una delle differenze più grandi tra la visione « protestante » e quella « cattolica » si sta superando grazie a questa doppia precisazione . L'importanza di questo riavvicina� mento è tanto più grande se si considera che la Conferenza di Fede e Costituzione di Montreal è stata la prima in cui le chiese ortodosse parteciparono pienamente e in cui la tradizione cattolica romana cominciò ad essere rappresentata . Il rapporto ebbe ampio riconoscimento, ed esercitò una certa influenza sulla formulazione della Costituzione dogmatica sulla Rivelazione Di­ vina del Vaticano Il. Da quel momento la vecchia controversia sulla Tradizione si è placata. Il rapporto ha dato ancora origine a due specie di studi : da un lato lo studio dei Padri, a causa della loro importanza per la teologia, studio che fu seguito più tardi da un approfondito esame del Concilio di Calcedonia; e dall'altro lato, i vari rap­ porti sull'interpretazione e sull'autorità della Bibbia, che sono pubblicati in questo libretto. Il nuovo studio sull'autorità e sull'uso appropriato della Bib­ bia non era dovuto solo al varco apertosi sulla controversia ri­ guardo la Tradizione e la Scrittura, ma venne sollecitato anche da un dibattito tenutosi durante una delle sedute plenarie sulla « Ecclesiologia del Nuovo Testamento » . Due oratori, Ernst Ka­ semann e Raymond E. Brown, richiamarono l 'attenzione della conferenza su questo argomento, e il dibattito che ne seguì mise in rilievo la necessità urgente di uno studio sull'interpre­ tazione biblica . Usando gli strumenti della moderna critica sto­ rico-letteraria, entrambi gli studiosi, uno luterano, l'altro catto­ lico romano, misero in evidenza la diversità delle eccle­ siologie nel Nuovo Testamento . Pur trovandosi d'accordo su questo punto, le loro opinioni divergevano, in quanto Brown poneva ancora l'accento sugli elementi comuni in questa diver­ sità, mentre Kasemann faceva una scelta cosciente e ricono­ sciuta basandosi sulla sua precedente nozione di Chiesa. La sua 1'1

pos1z1one incontrò larga opposlZlone durante la conferenza ; alcuni temevano addirittura che, s e tale posizione fosse stata universalmente accettata, ciò avrebbe significato la fine di tutti i tentativi di raggiungere l'unità della Chiesa. Così, Montreal non soltanto offrì un nuovo modo di avvici­ narsi al problema di « Scrittura e Tradizione », ma preparò anche un nuovo terreno allo studio della Bibbia. A questo pro­ posito sono importanti tre riflessioni collegate a quanto detto sopra. 1 . È stato riconosciuto in modo più chiaro il ruolo svolto dalle tradizioni confessionali nel determinare l'interpretazione della Bibbia. Ci si è soffermati sulle diffe renti chiavi ermeneuti­ che usate dalle varie Chiese ; i l rapporto di Montreal, infatti, ne indicava esattamente alcune . 2 . Sembra impossibile continuare a parlare con una sola voce del messaggio biblico o della dottrina biblica rispetto ad una particolare questione . 3 . È stata affermata l'importanza della critica biblica ed è stata accettata l'idea che l'uso di questo strumento esegetico abbia conseguenze teologiche di vasta portata. Queste intuizioni relativamente nuove hanno messo in una nuova prospettiva il problema dell'interpretazione e dell'impor­ tanza della Bibbia. La Conferenza di Montreal ha inserito stabilmente anche un'altra questione nell'ordine del giorno del Consiglio Ecume­ nico delle Chiese. Essa si è occupata estensivamente della rein­ terpretazione della fede cristiana nelle differenti culture ; tutta la terza parte del rapporto è dedicata a questo argomento. La Tradizione, si sostiene nella prima parte del rapporto, è la co­ stante reinterpretazione del messaggio trasmesso dagli apostoli : « Una semplice ripetizione delle parole della Sacra Scrittura sa­ rebbe un tradimento del Vangelo » (p . 36 par. 50). Il compito di « indigenizzare » il Vangelo,1 già riconosciuto prima, ha così acquisito una più seria base teologica, e nuovi impulsi . Negli anni successivi divenne più efficace la partecipazione delle Chiese più giovani al dibattito teologico, e l'incontro delle cul1

Adattare il Vangelo alla cultura locale. 15

ture acquistò un ruolo più rilevante. La questione era destinata a svilupparsi ulteriormente. Ermeneutica

I princìpi interpretativi dell'esegesi biblica, espressi nel rap­ porto Wadham, si rivelarono inadeguati, per i motivi sopra elencati . Si rese indispensabile riprendere in mano la que­ stione della giusta interpretazione. Per questo, subito dopo la Conferenza di Montreal, venne dato inizio ad un ampio pro­ gramma di studio sull'ermeneutica, nel quale vennero riposte molte speranze . Si auspicava, infatti, che i princìpi ermeneutici comuni portassero ad un comune avvicinamento alla Bibbia, in­ coraggiando in tal modo la causa dell'unità cristiana. I frutti di tale studio sono stati riassunti nel rapporto : « Il significato del problema ermeneutico per il movimento ecumenico », che è stato presentato all'incontro della Commissione Fede e Co­ stituzione, tenutosi a Bristol nel 1 967. Come c'era da aspettarsi dopo Montreal, il rapporto riconosce pienamente il metodo, ge­ neralmente accettato nella ricerca esegetica, il quale utilizza la critica storico-letteraria e ne trae le conseguenze teologiche. Il cambiamento del clima teologico dopo Montreal, può essere valutato confrontando il rapporto W adham con il rapporto Bri­ stol. Il primo trattava soprattutto i presupposti teologici ne­ cessari all'interpretazione della Bibbia, mentre il secondo non ne fa cenno. Il metodo esegetico che esso descrive è infatti per lo più valido sia per i documenti biblici, sia per quelli lette­ rari . Nella prima parte, maggiormente specifica sull'ermeneutica, l'accordo generale è che quasi tutti accettano la Bibbia come una raccolta di scritti umani. Come si poteva prevedere da uno studio effettuato alla Con­ ferenza di Montreal, il problema dell'unità e della diversità è stato oggetto di particolare attenzione. Anche questo è un aspetto che annuncia una nuova evoluzione . Il rapporto Wadham ha riconosciuto un certo grado di diversità nella Bibbia, ma questa diversità non è stata considerata un fattore rilevante e positivo dal punto di vista teologico, ma come qualcosa da superare, allo scopo di discernere la testimonianza biblica comune . Il rapporto di Bristol attribuisce molta importanza a questa diver­ sità. Negli scritti biblici vi sono molte tradizioni letterarie che 16

potrebbero essere complementari, illuminando ciascuna parti­ colari aspetti della verità. In questo caso la nostra capacità di comprendere la poliedricità della Bibbia ne uscirebbe arricchita. Il rapporto, però, non esclude la possibilità che alcune di queste tradizioni possano essere contraddittorie, nel qual caso starebbe a noi decidere pro o contro una particolare posizione . Il riconoscere questa diversità, che preclude qualunque fa­ cile armonizzazione dei testi, doveva avere conseguenze di am­ pia portata nel pensiero ecclesiologico degli anni seguenti. Un primo indizio di ciò si può trovare già nel rapporto di Bristol, quando viene osservato che un fattore delle divisioni confes­ sionali potrebbe certamente essere rappresentato dalle differenze già presenti all'interno del canone biblico. L'autorità della Bibbia

Tutte le Chiese attribuiscono autorità alla Bibbia. Su questa autorità il documento Wadham ha basato i suoi princìpi in­ terpretativi . Da allora nuove cognizioni hanno reso necessaria una riflessione più profonda. Non si poteva più darla sempli­ cemente per scontata. In parte ciò era dovuto alla crisi gene­ rale dell'autorità in quegli anni. Un motivo più immediato e valido, però, può essere costituito dai problemi irrisolti emersi dagli studi sull'ermeneutica . Ne citiamo tre. 1 . Nell'indicare la diversità delle tradizioni, all'interno della Bibbia, il rapporto di Bristol non ha escluso la possibilità di vederci costretti a decidere pro o contro un particolare con­ cetto . Questo comporta naturalmente delle conseguenze per l'ot­ tica tradizionale dell'autorità biblica. 2. Il rapporto di Bristol aveva concentrato l'attenzione imlla metodologia dell'esegesi, arrivando a concludere che, nell'avvi­ cinarsi a un testo, gli studiosi biblici usano, più o meno, gli stessi princìpi. Ma le differenze cominciano ad emergere quando essi cercano di applicare i testi alla vita contemporanea delle Chiese. In altre parole, i veri problemi si presentano soltanto dopo che il lavoro esegetico di base è stato ultimato . I rap­ porti sottolineano il fatto che queste differenze affondano le loro radici nella diversa importanza data al testo biblico come documento di fede . 17

3 . Finalmente, la ricerca critica aveva reso la gente consa­ pevole dell'abisso storico che la separava dagli scritti biblici. Nel corso dello studio sull'ermeneutica la questione era stata sollevata, ma non era stata fornita alcuna risposta adeguata circa il modo in cui questo abisso si potesse colmare, e più radicalmente, se sarebbe stato possibile, o addirittura necessa­ rio, colmarlo del tutto . La risposta che diamo a questi interro­ gativi dipende ancora una volta dalla nostra visione dell'auto­ rità biblica. Alla luce di queste considerazioni, non stupisce il fatto che la Commissione Fede e Costituzione, riunitasi a Bristol nel 1 967, nell'accettare il rapporto sull'ermeneutica raccomandò di farlo seguire da uno studio sull'autorità della Bibbia. La raccomandazione venne accolta, e si formarono molti gruppi di studio il cui lavoro portò infine al rapporto sulla « Autorità della Bibbia » , sottoposto alla Commissione Fede e Costituzione nel suo successivo incontro di Lovanio nel 1 97 1 . La principale caratteristica di questo rapporto è l'accento posto sul carattere dell'autorità, come ci mostrano chiaramente i tre punti seguenti . 1 . In senso molto specifico, quando la Bibbia è vista non come documento letterario o storico, ma come forza capace di condurre la gente alla fede, l'autorità della Bibbia non è una qualità fissa appartenente alla Bibbia « per sé » . Essa va com­ presa come un « concetto relazionale » . In altre parole, l'auto­ rità è una realtà attuale solo quando viene sperimentata come autorità, anche se essa trascende l'esperienza umana. Evidente­ mente, il rapporto non equipara questa autorità a un giudizio umano sulla Bibbia. È piuttosto l'impatto della testimonianza biblica a dimostrare la sua autorità, che è in definitiva l'auto­ rità di Dio. 2 . Quando si discute sull'autorità della Bibbia, si rende ine­ vitabilmente necessario affrontare il problema del significato del canone, dato che l'autorità è attribuita a scritti canonici particolari . I rapporti precedenti avevano evitato questo pro­ blema. Il rapporto « L'autorità della Bibbia » è il primo che lo abbia preso seriamente in considerazione. Anche a questo proposito, il rapporto pone l'accento sul carattere dinamico del­ l'autorità. Pur riconoscendo pienamente l'importanza del ca18

none per la vita della Chiesa, il rapporto insiste contempora­ neamente sul fatto che la linea che separa gli scritti canonici da quelli non canonici non è fissa e ben delineata, e che quindi il fatto che le Chiese non abbiano tutte esattamente lo stesso canone, ha importanza relativa. Questo non vuol dire, comun­ que, che le Chiese abbiano un motivo legittimo per restare di­ vise . 3 . Il carattere dinamico dell'autorità è dimostrato ancora una volta dal modo con cui il rapporto affronta l'ispirazione delle Scritture . Nessuno dei rapporti precedenti aveva mai menzio­ nato l'ispirazione, sebbene i rapporti di W adham e di Montreal avessero di certo accettato taciuimente il fatto che le Scritture sono ispirate. A questo proposito, il rapporto sull'autorità della Bibbia apre nuove strade alla riflessione, dedicandovi un'intera parte . Per tradizione, si è sempre voluto vedere il fondamento dell'autorità della Bibbia nella sua ispirazione . L'ispirazione era considerata come un presupposto dogmatico « a priori » . Ora l'ispirazione viene affermata non come un punto di partenza o come argomento . sul quale si possa basare l'autorità biblica, bensì come una conclusione di fede . Poiché nella Bibbia le ri­ chieste di Dio sono sperimentate come irresistibili, si può con­ cludere che dietro ad esse deve agire la sua attività, cioè quella dello Spirito. In altre parole : il principio dell'ispirazione si basa sull'esperienza che la Bibbia e il suo messaggio si sono dimostrati autorevoli . In questo caso, ancora una volta, è stato superato il modo di pensare statico del passato . Il rapporto di Lovanio analizza e sviluppa anche una serie di punti menzionati nel rapporto sull'ermeneutica . Le differenze, nonché le possibili contraddizioni tra i testi biblici, vengono adesso qualificate e messe in una prospettiva più chiara grazie alla considerazione che le tradizioni bibliche , in tutte le loro varietà, indicano Dio oltre se stesse . Il rapporto offre anche un criterio di giudizio sul valore dei testi discordanti. Si tratta del grado di riferimento ad eventi soteriologici centrali della Scrittura. L'accettare una distinzione critica all'interno del ma­ teriale biblico concorda con il carattere dinamico dell'autorità, sul quale abbiamo concentrato la nostra attenzione. Fin da Montreal ci si chiese se vi fosse un punto centrale, nelle Sacre Scritture, che potesse fornire la chiave per l'inter19

pretazione di tutta la Bibbia. Il rapporto di Lovanio afferma che non esiste solo un punto centrale, in quanto coesistono di­ verse serie di affermazioni e di scritti biblici , con differenti punti centrali decisivi. Volendo usare una terminologia più tecnica, potremmo dire che laddove vengono rifiutati i concetti di « canone nel canone » (Sachmitte) , si fa avanti l'idea di cen­ tri relazionali (Beziehungsmitten) . Come abbiamo visto, il rapporto di Bristol si era mantenuto sul vago nel descrivere come si potesse far vivere il testo bi­ blico nell'insegnamento e nella predicazione della Chiesa. I l rapporto di Lovanio ci offre u n ulteriore chiarimento, non sta­ bilendo precise linee di condotta, ma affermando la necessità per noi oggi di entrare nel processo di interpretazione in cui gli stessi testimoni biblici si erano impegnati . In questo caso il rapporto si avvale dell'idea del « prolungamento del processo interpretativo ». A prima vista, l'espressione si presta ad essere fraintesa. Non pregiudica forse la posizione unica della Bibbia? Il rapporto, tuttavia, si è sufficientemente garantito contro que­ sto malinteso. Infatti, l'idea di un processo interpretativo altro non è che un modo di formulare chiaramente la vasta nozione di Tradizione, come è stata definita dalla Conferenza di Mon­ treal. Infine, il rapporto sottolinea l'importanza della situazione per l'interpretazione della Bibbia. Già in precedenti rapporti era stato riconosciuto il ruolo del contesto. Così alla Confe­ renza di Montreal quando ci si trovò a discutere la questione della indigenizzazione. Il rapporto di Lovanio va oltre : il fatto che la situazione contemporanea e i suoi problemi particolari costituiscano una categoria ermeneutica indispensabile, viene non soltanto riconosciuto in termini generali, ma anche svilup­ pato con dichiarazioni concise. L'Antico Testamento

Il problema dell'importanza dell'Antico Testamento è sempre stato vivo nelle decisioni ecumeniche per il semplice motivo che le Chiese non sono concordi nel loro modo di interpretarlo. Queste discordanze sono alla base di ulteriori differenze, che le tengono divise sia nell'ambito teologico, sia in quello sociale e politico. Si possono citare due esempi importanti . 20

1. Da molti anni il rapporto tra la Chiesa e il popolo ebraico costituisce un vivo argomento di discussione all'interno delle Chiese, e fra di esse. Un gran numero di posizioni tiene le Chiese divise. La possibilità di una comprensione reciproca ver­ rebbe notevolmente incrementata se si potesse trovare un ac­ cordo sul modo di appellarsi all'Antico Testamento, nel corso di questa discussione. 2 . I rappresentanti delle Chiese orientali hanno continuato a concentrare la loro attenzione sul fatto che l'Antico Testa­ mento non ha rivestito, nella vita delle loro Chiese, lo stesso ruolo che ha rivestito nelle Chiese occidentali. In particolare, la necessità di « indigenizzare » il messaggio cristiano ha sol­ levato la questione del valore slJecifico da attribuire all'Antico Testamento, in confronto alle tradizioni e agli scritti religiosi delle culture indigene. Ma, nonostante l'importanza e la pertinenza di questi pro­ blemi , fra tutti i precedenti rapporti sulla Bibbia solo il rap­ porto di W adham ha mostrato un vero interesse nei confronti dell'Antico Testamento . Certamente i rapporti di Montreal e di Bristol, nelle loro considerazioni , hanno fatto riferimento sia all'Antico sia al Nuovo Testamento, non pronunciandosi però sull'interrelazione tra di essi, tanto da dare l'impressione che il loro principale interesse fosse concentrato sugli scritti apo­ stolici . Il rapporto sull'autorità della Bibbia è andato oltre : le diverse valutazioni dell'Antico Testamento nelle Chiese com­ portano importanti differenze di interpretazione. Sollecitato da questa considerazione, l'incontro di Lovanio raccomandò viva­ mente uno studio ecumenico sull'Antico Testamento. L'ultimo rapporto, compreso in questo volume : « Il significato dell'An­ tico Testamento in relazione con il Nuovo » , costituisce il ri­ sultato di tale studio ; esso è stato pubblicato a Loccum nel 1 977, e accettato dalla Commissione Fede e Costituzione nel suo incontro a Bangalore l'anno seguente . La quintessenza di questo rapporto consiste nel ripetere che l'Antico Testamento è parte integrale e indispensabile della sola Scrittura autorevole, e che, dopo la venuta di Cristo, esso non è diventato antiquato né superato . Non va visto semplice­ mente come preparazione al Cristo. Questa affermazione viene rafforzata nel corso del rapporto, richiamando quella che viene definita la « specificità » dell'Antico Testamento, cioè quegli 21

elementi che nell'Antico Testamento superano il Nuovo. Man­ tenendo quindi l'importanza intrinseca dell'Antico Testamento in sé e per sé, il rapporto si spinge chiaramente oltre le direttive del rapporto di Wadham. Tali direttive infatti, considerando la cristologia come la sola chiave ermeneutica, limitavano, per così dire, il significato dell'Antico Testamento. Il rapporto di Loccum, invece, vede nella cristologia uno fra i tanti temi cen­ trali, e porta anche ad apprezzare maggiormente la posizione dell'Antico Testamento, mostrando che la nozione di compi­ mento delle Scritture è molto più complessa e differenziata di quanto non ci fossimo resi conto precedentemente. Il rapporto si basa sui precedenti studi svolti sull'ermeneutica e sull'autorità della Bibbia, mantenendo in parte le stesse po­ sizioni, e in parte sviluppandole ulteriormente. Il rapporto di Bristol aveva riconosciuto l'importanza del metodo storico-cri­ tico, sviluppandone molte implicazioni esegetiche. Nel rapporto di Lovanio troviamo la consapevolezza che la critica storica non

è l'unico modo possibile con il quale gli studiosi possono ac­ costarsi alla Bibbia. Nel rapporto di Loccum si fa anche riferimento ad altri ac­ costamenti. ermeneutici che erano emersi negli anni recenti; quello letterario, o quello politico, adottato specialmente dai teologi dell'America Latina. Il riferimento all'uso delle Scrit­ ture, nella liturgia delle Chiese e nella preghiera dei cristiani, rappresenta una caratteristica nuova; essa è una reazione al­ l'unilateralità

dell'approccio

intellettuale

alla

Bibbia.

L'at­

tenzione viene rivolta anche all'atteggiamento di una contempo­ raneità quasi indiscutibile con il quale molti cristiani africani leggono la Bibbia. Questo riconoscimento della varietà di accostamenti ermeneu­ tici è probabilmente una caratteristica del rapporto che si ma­ nifesterà in tutto il suo valore soltanto in futuro. È molto pro­ babile, infatti, che, continuando questa riflessione ecumenica sulla Bibbia, si renderà necessario concentrare l'attenzione in­ nanzi tutto sui modi in cui la Bibbia va usata

e

interpretata

dai cristiani nelle differenti culture. Già in questo rapporto, infatti, ci si è dedicati alle Chiese orientali più di quanto non si sia fatto nei documenti precedenti. Nel rapporto di Lovanio si è fatto riferimento al processo di interpretazione che ebbe inizio nella Bibbia per continuare 22

poi nella trasmissione del messaggio biblico nelle Chiese. Il rapporto di Loccum si rifà in maniera concreta alla rilettura dei testi dell'Antico Testamento nel Nuovo . Così, rilevando che gli autori del Nuovo Testamento hanno fatto uso di vari me­ todi esegetici attuali in quel tempo, ma non più accettabili oggi, il rapporto suggerisce implicitamente che i metodi interpre­ tativi moderni potrebbero anche aver fatto il loro tempo; ciò che si è verificato anche per i cambiamenti seguiti alla Con­ ferenza di W adham. Un ultimo punto che vale la pena ricordare è questo : il rapporto sembra riflettere un rinnovato interesse all'unità teolo­ gica della Bibbia. Dopo la seconda guerra mondiale, la vi­ sione unificata della Bibbia era uua premessa generalmente ac­ cettata . Alla conferenza mondiale di Fede e Costituzione, te­ nutasi a Montreal nel 1 963, divenne chiaro che , nella ricerca biblica, questa unità si basava su una troppo facile armoniz­ zazione dei testi . Negli anni seguenti venne dato rilievo alla di­ versità del materiale biblico. Il rapporto di Loccum ci ricorda oggi che questa diversità non è l'ultima parola. Va infatti ricor­ data l'unità della verità biblica, che si riflette nella stessa plu­ ralità delle testimonianze bibliche . L'importanza dei rapporti

A conclusione di questa inchiesta, potrebbe essere utile sof­ fermarsi sull'importanza dei pensieri sviluppati in questi rap­ porti e sulla loro incidenza. Per la riflessione delle Chiese vi può davvero essere un potenziale enorme, ma non è ancora possibile valutarlo . Le prospettive ecumeniche vengono accolte dalle Chiese solo gradualmente. Per questo la loro forza sarà da scoprire in futuro, nella misura in cui le idee affermate nei rapporti si svilupperanno, dando i loro frutti nelle varie situa­ zioni locali. Tuttavia, anche nell'ambito del Consiglio Ecume­ nico delle Chiese, i pensieri espressi in questi rapporti non sono ancora stati assimilati. Essi potrebbero influenzare tutto il modo di capire il movimento ecumenico nella sua missione, nei suoi programmi didattici, nel dibattito su fede e cultura, e nella preparazione dello studio della Bibbia. L'unica cosa già possi­ bile è: dare alcuni esempi della loro influenza sul pensiero della Commissione Fede e Costituzione . 2.'I

1 . I rapporti hanno dato inizio a un modo diverso di usare la Bibbia. La convinzione che tutto ciò che è detto insieme debba fondarsi sulla Bibbia, resta inalterata. Fondarsi sulla Bibbia, oggi, però, vuol dire accettarne il pensiero e le pro­ spettive generali nel loro complesso. Per questo oggi si prefe­ risce dare ai documenti di Fede e Costituzione uno spirito bi­ blico, anziché caricarli di molte citazioni testuali . Gli studi ermeneutici ci hanno aiutato a comprendere che la diversità di tradizioni nella Bibbia rende difficile lavorare con dei testi dimostrativi . Essi ci hanno insegnato, inoltre, che è necessaria un'attenta analisi dello sfondo letterario e contestuale di ciascun testo, prima di poterlo citare, e che nessun testo è direttamente applicabile a qualsivoglia problema attuale, sia esso dogmatico o etico. Si può dire, di conseguenza, che la Commissione Fede e Costituzione è diventata più misurata, ma anche più respon­ sabile nel citare la Bibbia, cosicché nei recenti documenti si troverà un minor numero di esplicite citazioni testuali. 2. Nel rapporto di Bristol si era già fatto riferimento all'im­ portanza che poteva avere il riconoscere le diversità nella Bib­ bia ai fini di una più profonda comprensione dell'unità della Chiesa. Il concetto di comunione conciliare, che venne svilup­ pato negli anni seguenti, dimostrò la verità di questo pensiero. Si è fatto uso di questo concetto per descrivere il fine ultimo dell'unità. Esso si raccomandava perché riconosceva la diver­ sità delle . Chiese, che, reinterpretando la sola e unica verità, ciascuna nella propria cultura e situazione, sono tutte recipro­ camente responsabili, e chiamate a correggersi, incoraggiarsi e completarsi a vicenda in un colloquio permanente. La rispon­ denza all'enfasi posta sulla diversità biblica nei rapporti è ovvia; nel canone si trovano diverse tradizioni, ciascuna delle quali testimonia lo stesso Vangelo, ma nessuna, da sola, lo rappresenta in tutta la sua ricchezza. Tuttavia, come rileva il rapporto di Loccum, questa diversità nella Bibbia non impedisce di sottolinearne l'unità. La reazione ecclesiologica a questo rinnovato accento posto sull'unità bi­ blica è stata quella di insistere sul fatto che l'unità delle Chiese deve trovare un'espressione visibile . 3 . L'accento posto dal rapporto di Lovanio sul ruolo del contesto nel processo di interpretazione ha esercitato una forte 24

influenza sul lavoro della Commissione Fede e Costituzione . Ha reso possibile un accostamento biblico costruttivo alle teologie contestuali emerse negli ultimi due decenni, come ad esempio la teologia nera, la teologia della liberazione e la teolo­ gia femminista . Più particolarmente, esso ha rivestito un ruolo significativo nel dare forma allo studio di Fede e Costituzione: « Giving account of the Hope » ( « Render ragione della spe­ ranza ») . Questo progetto venne iniziato nel 1 972, quando la Commissione Fede e Costituzione rivolse un invito alle Chiese, a gruppi di Chiese, e a singoli cristiani in tutto il mondo, affinché mostrassero il loro modo di esprimere la speranza nel Cristo, nelle loro situazioni specifiche. Cominciando con te­ stimonianze legate a situazioni specifiche, lo studio cercava di rendere giustizia sia all'unità fon d amentale, sia alla contestua­ lità del messaggio cristiano. In tal modo le considerazioni espres­ se nel rapporto di Lovanio riguardo l'autorità della Bibbia, ve­ nivano rese operative in un sistema concreto di studio. Negli anni seguenti si ricevettero molte risposte all'invito, e sulla base di queste testimonianze specifiche la Commissione, durante il suo incontro a Bangalore nel 1 978, poté produrre una « Common account of Hope » ( « Testimonianza comune della speranza ») . Questo testo costituisce un tentativo di dare espressione alla « sola » speranza nella molteplicità delle sue espressioni concrete ; esso è allo stesso tempo contestuale, in quanto si rivolge alla situazione comune del mondo contempo­ raneo in cui vivono le Chiese. Infatti , la testimonianza comune può venire apprezzata nella sua totalità solo se letta insieme a quelle specifiche. 4 . La « Common account of Hope » (« La testimonianza co­ mune della speranza ») conclude per adesso lo studio « Giving account of the Hope » ( « Render ragione della speranza ») . Tutto questo procedimento ci porta logicamente ad un altro problema . In che modo la Chiesa dà espressione all' « unica fede apostolica » che è il fondamento della sua unità e della sua testimonianza? Perseguendo lo scopo dell'unità visibile, è obbligatorio, da parte della Commissione Fede e Costituzione, rivolgere l'attenzione a questo compito . Emergeranno molti in­ terrogativi . In che modo l'unica Chiesa, in teoria e in pratica, riconosce la Bibbia come l'autorità sotto cui essa vive? E in 25

che modo essa confessa oggi l'unica fede apostolica? Quale autorità attribuisce ai credi ecumenici? Bastano questi come confessioni di fede, o hanno bisogno di essere integrati o ad­ dirittura sostituiti con confessioni di fede contemporanee ela­ borate in modo più completo? C'è forse bisogno di un'unica confessione di fede che offra la base per l'unità della Chiesa, o basta l'unità nella fede apostolica a salvaguardare l'unità in una molteplicità di confessioni? Per rispondere a questi inter­ rogativi, i risultati cui si è pervenuti nella serie di studi sul­ l'autorità e l'interpretazione delle Scritture saranno di impor­ tanza cruciale. Nessuna risposta che non tenga in considera­ zione tali risultati potrà essere valida.

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I. Princìpi guida per l'interpretazione della Bibbia

Testo accettato dalla Conferenza di Studi Ecumenici, tenuta a Wadham College, Oxford, dal 29 giugno al 5 luglio 1 949. Negli anni successivi alla seconda guerra mondiale, il Dipartimento Studi del Consiglio Ecumenico delle Chiese ha organizzato diverse con­ ferenze di studi ecumenici sul messaggio etico e politico della Bibbia nel mondo moderno: a Londra nel 1946, a Bossey nel 1947, a Zetten (Olanda) nel 1948, a Wadham College, Oxford, nel 1949. In questi incon­ tri sono state rappresentate le tradizioni della maggior parte delle prin­ cipali Chiese, ad eccezione della Chiesa cattolica romana. Il documento qui riprodotto rappresenta l'opinione raggiunta nel corso delle quattro consultazioni. Esso venne pubblicato la prima volta in « The Ecumenica! Review », voi. Il, 1950, n. 1, pp. 81-86. Il rapporto dei due primi incontri si può trovare nell'opuscolo: From the Bible to the modem World (pub­ blicato dal Dipartimento Studi C.E.C., Ginevra 1 947) . *

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Sulla base del lavoro svolto nelle precedenti conferenze, la nostra ha cercato di sviluppare alcuni princìpi specifici di in­ terpretazione per l'uso della Bibbia in relazione ai problemi sociali e politici. L'autorità per il cristiano risiede nella volontà di Dio. È riconosciuto che la Bibbia si trova in una posizione unica nel mediare a noi questa volontà. Nel nostro studio svolto insieme, ci siamo serviti del testo di Geremia 7,1-15 come prova per cercare di scoprire il grado di accordo nell'applicazione dei princìpi ermeneutici . L'accordo c'è e ci ha sorpreso tutti . Lo sottoponiamo come consenso generale. 1 . I presupposti necessari per l'interpretazione biblica

a) È accettato tenza, perché lì che rende umile e a confrontarsi

che la Bibbia è nostro comune punto di par­ la Parola di Dio ci interpella . È una parola l'ascoltatore, lo rende più pronto ad ascoltare che non ad asserire le proprie opinioni. 27

b) È accettato che il messaggio primario della Bibbia riguar­ da l'attività della grazia e della redenzione di Dio per la sal­ vezza dell'uomo peccatore, affinché Egli, in Gesù Cristo, si possa creare un popolo per sé. In questo, che è il punto cen­ trale della Bibbia, l'uomo è interpellato con autorità, ed è chia­ mato a rispondere con fede e obbedienza per tutto l'arco della propria vita e del proprio lavoro . La legge dell'amore ha sem­ pre un potere vincolante e impegnativo su di noi . In essa noi incontriamo la volontà di Dio, alla quale non si può sfuggire. D'altra parte, nelle leggi più specifiche, stabilite ai fini di una precisa organizzazione nella vita sociale di un popolo che vive in condizioni diverse dalle nostre, noi dovremmo cercare , at­ traverso un attento studio, di distinguere, alla luce della rive­ lazione di Dio in Cristo, il vincolo permanente da quello le­ gato semplicemente ad un fattore locale e temporale . e) È accettato che il punto di partenza dell'interprete cri­ stiano risiede nella comunità redenta di cui egli è, per fede, membro.

d) È accettato che il centro e il fine di tutta la Bibbia è Gesù Cristo . Questo mette i due Testamenti in una sola pro­ spettiva in cui Gesù Cristo è sia il compimento della Legge, sia il suo fine ultimo . e) È accettato che l'unità dell'Antico e del Nuovo Testa­ mento non va ricercata in alcun tipo di sviluppo naturalistico o di identità statica, bensì nella progressiva attività redentrice di Dio, nella storia di un popolo, la quale raggiunge il suo compimento in Cristo. Conseguentemente è di importanza decisiva, per il metodo ermeneutico, il fatto di interpretare 1'Antico Testamento alla luce della rivelazione totale nella persona di Gesù Cristo, Pa­ rola di Dio incarnata, da cui nasce l'intera fede trinitaria della Chiesa. /) È accettato che le interpretazioni allegoriche, che non erano nelle intenzioni degli autori biblici, sono arbitrarie ; il loro uso potrebbe costituire un danno al giusto riconoscimento dell'autorità biblica. L'esegesi cristiana, però, è giustificata . nel riconoscere come voluta da Dio una certa corrispondenza 28

tra alcuni avvenimenti e insegnamenti dell'Antico Testamento e alcuni del Nuovo.

g) È accettato che, sebbene noi possiamo discordare sul modo in cui talvolta vengono usate la tradizione, la ragione, e la legge naturale nell'interpretazione della Scrittura, qualunque insegnamento che contraddica chiaramente la posizione biblica non può essere accettato come cristiano. 2. L'interpretazione di un passo specifico

a) È accettato che è necessario cominciare con un esame storico-critico del passo. Ciò comporta : 1) la determinazione del testo ; 2) la forma letteraria del passo; 3) la situazione storica, la « Sitz im Leben » ; 4 ) il significato delle parole per l'autore originario e per l'ascoltatore o il lettore; 5) l 'interpretazione del passo alla luce del suo pieno con­ testo e dello sfondo dal quale esso è emerso. b) È accettato che, nel caso di un passo dell'Antico Testa­ mento, sarà necessario esaminarlo ed esporlo in relazione alla rivelazione di Dio ad I sraele sia prima sia dopo il suo pe­ riodo classico. L'interprete dovrebbe poi volgersi al Nuovo Te­ stamento allo scopo di considerare il passo in quella prospet­ tiva. Con questo procedimento, il passo dell'Antico Testamento potrebbe subire una limitazione e una rettifica, e potrebbe an­ che svelare, alla luce del Nuovo Testamento, un nuovo e più profondo significato, sconosciuto all'autore originale. e) È accettato che, nel caso di un passo del Nuovo Testa­ mento, il lettore dovrà esaminarlo alla luce della sua colloca­ zione e del suo contesto; successivamente, egli dovrà rivol­ gersi all'Antico Testamento per scoprirne le basi nell'antece­ dente rivelazione di Dio. Tornando ancora al Nuovo Testamento, si è così in grado di vedere e di esprimere il passo alla luce di tutto l'immenso scopo della « Heilsgeschichte » ( « Storia della salvezza » ) . A questo punto la nostra comprensione di un passo del Nuovo Testamento può essere approfondita attraverso la nostra capacità di intendere l'Antico Testamento. 29

3 . La scoperta dell'insegnamento biblico su uno specifico problema sociale e politico

a) È accettato che, in relazione ad un certo problema, è ne­ cessario cominciare con uno studio diretto del testo biblico ; in caso contrario, i princìpi generali che abbiamo stabilito ri­ fletterebbero più i presupposti del nostro tempo che non il mes­ saggio della Bibbia. Solo così potremo sicuramente dedurre le applicazioni alla nostra situazione . b) È accettato che, nell'esaminare un particolare problema moderno, noi dovremmo cominciare dall'insegnamento del Nuo­ vo Testamento. In questa prospettiva, dovremmo esaminare pure l 'Antico Testamento come controprova, in modo da poter considerare il problema alla luce dell'intera rivelazione di Dio . Seguendo questo procedimento, non ci dovranno sfuggire le differenze storiche delle varie parti della Scrittura; in caso con­ trario, il raggruppamento dei vari testi potrebbe venire effet­ tuato in modo troppo semplice ; la Bibbia presenterebbe così una testimonianza unica su un dato argomento, cosa che in realtà essa non fa . Inoltre, bisognerebbe stare attenti nel vedere le corrette proporzioni , in modo tale da non porre troppo l'ac­ cento su un singolo passo, perdendo di vista la giusta pro­ spettiva biblica. e) È accettato che l'insegnamento biblico sui problemi poli­ tici e sociali va considerato alla luce della tensione tra la vita nei regni di questo mondo e la partecipazione al Regno di Dio . Non essendoci stato tempo, nel corso di questa conferenza, per esplorare la nostra concezione del rapporto tra l'etica e l'esca­ tologia, noi siamo d'accordo nell'affermare che l'insegnamento biblico dei due tempi esercita una notevole influenza sul modo in cui va interpretato un particolare problema sociale o politico . 4. L'applicazione del messaggio biblico nel mondo moderno

a) È accettato che, se dobbiamo ricevere la guida dello Spirito Santo attraverso le Scritture, dobbiamo anche scoprire in quale misura la nostra particolare situazione è simile a quella presen­ tata nella Bibbia. Dobbiamo ricordare che non troveremo mai un'assoluta identità di situazione, per cui diventa importante il 30

problema del nostro adattamento. Ciò nondimeno, in qualsiasi situazione nuova dobbiamo lasciare che la Bibbia ci guidi alla conoscenza della volontà di Dio.

b) E accettato che la Bibbia parla innanzi tutto alla Chiesa, ma attraverso la Chiesa parla anche al mondo, nella misura in cui il mondo è chiamato dal Signore della Chiesa. Il modo mi­ gliore in cui la Chiesa può parlare al mondo, è quello di di­ ventare una Chiesa rinnovata dalla parola di Dio.

e) E accettato che, applicando il messaggio biblico ai nostri giorni, gli interpreti divergono a causa delle diverse tradizioni ecclesiastiche e dottrinali, i diversi punti di vista etici, politici e culturali, le diverse situazioni geografiche e sociologiche, i diversi doni e temperamenti.

E comunque un'esperienza reale, nel movimento ecumenico, il fatto di esserci incontrati con presupposti per la maggior parte dei casi sconosciuti anche a noi stessi, di avere portato questi presupposti al giudizio della Scrittura, e di avere constatato che molte difficoltà che impedivano al Vangelo di essere udito, ve­ nivano rimosse. Così è proprio la Bibbia che ci riporta alla Parola vivente di Dio.

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I I . Scrittura, Tradizione e tradizioni

Secondo la proposta della Terza Conferenza Mondiale di Fede e Costi­ tuzione, tenutasi a Lund nel 1952, che suggeriva di « esplorare più pro­ fondamente le risorse in quella storia che, come cristiani, ci è comune, e che abbiamo scoperto più lunga, larga e ricca di qualunque nostra storia separata » , è stata costituita una Commissione Teologica su « La Tradi­ zione e le tradizioni » . Negli anni seguenti, essa si servi di due gruppi di studio, uno in Europa e l'altro nell'America del nord, rispettivamente sotto la presidenza di K. E. Skydsgaard e di A. C. Outler. Nel 1961 la Commissione pubblicò un rapporto interno, « L'Antico e il Nuovo nella Chiesa » (Documento di Fede e Costituzione n. 34, SCM Press, Londra) e nel 1963 la sua relazione finale, « La Tradizione e le tradizioni » (Do­ cumento di Fede e Costituzione n. 40). Entrambi i rapporti vennero sottoposti alla Sezione II della IV Confe­ renza Ecumenica di Fede e Costituzione, tenuta a Montreal nel 1963. Ulte­ riore materiale preparatorio per questo lavoro fu un documento dal titolo: « Estratti da studi regionali » {copia ciclostilata negli archivi della Biblio­ teca CEC : Montreal, luglio 1963, sezione 11/3), che trattava in modo parti­ colare i problemi dell'indigenizzazione. Per guidare la discussione durante la conferenza, venne preparato un particolare programma di lavoro. La Conferenza redasse e accettò il rapporto qui riportato; esso venne pub­ blicato per la prima volta nella « Quarta Conferenza Ecumenica di Fede e Costituzione, Montreal, 1963 » {Documento di Fede e Costituzione n. 42, ed. P. C. Rodger e L. Vischer, SCM Press, Londra 1964, pp. 50-60). Allo scopo di semplificare il rapporto, abbiamo mantenuto qui la stessa nume­ razione contenuta nei paragrafi di quella pubblicazione. *

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Introduzione 38. Ci troviamo insieme a Montreal, delegati di Chiese con molte situazioni diverse e storie diverse . Nonostante queste differenze, scopriamo di essere capaci di incontrarci nella fede e nella speranza nell'unico Padre, che attraverso suo Figlio Gesù Cristo ha mandato lo Spirito Santo per guidare tutti gli uomini all'unità tra di loro e con Lui . E sulla base di questa fede e speranza, e nel contesto della comune preghiera all'unico Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, che abbiamo studiato in32

sieme di nuovo il problema della Tradizione e delle molte tra­ dizioni, e, nonostante le nostre separazioni, abbiamo scoperto di potere parlare l'uno con l'altro, crescendo in una compren­ sione reciproca. 39. Nel nostro rapporto abbiamo fatto una distinzione tra una serie di diversi significati del termine « tradizione ». Par­ liamo della « Tradizione » (con la « T » maiuscola) , della « tra­ dizione » (con la « t » minuscola) , e delle tradizioni . Con « Tra­ dizione » intendiamo riferirci al Vangelo stesso, trasmesso da una generazione all'altra, dentro e per mezzo della Chiesa, a Cristo stesso, presente nella vita della Chiesa. Con « tradizione » intendiamo riferirci al corso della tradizione. Il termine « tra­ dizioni » viene usato in due sensi, per indicare sia la diversità delle forme di espressione, e sia ciò che chiamiamo le tradi­ zioni confessionali, ad esempio la tradizione luterana, o quella riformata. Nell'ultima parte del nostro rapporto, il termine ap­ pare con un ulteriore significato, quando parliamo di tradi­ zioni culturali. 40. Il nostro rapporto contiene la sostanza del lavoro di tre sottosessioni . La prima prendeva in considerazione l'argomento della relazione fra Tradizione e Scrittura, considerata come la testimonianza profetica ed apostolica scritta all'azione di Dio in Cristo, la cui autorità noi tutti accettiamo. La seconda si occupava del problema dell'unica Tradizione e delle molte tra­ dizioni della cristianità, così come si sono sviluppate nel corso della storia della Chiesa . La terza discuteva i problemi urgenti emersi sia nella vita delle Chiese più giovani che in quelle del­ l'occidente, riguardo la traduzione della Tradizione cristiana nelle nuove culture e lingue.

4 1 . Dopo essere stata ampiamente discussa, la prima parte ha ricevuto la totale approvazione della sessione. A causa della mancanza di tempo, non è stato possibile dedicarsi con la stessa attenzione alla seconda e terza parte. La sessione in generale le raccomanda come oggetto di studio. 1 . Scrittura, Tradizione e tradizioni 42. Come cristiani, è con gratitudine che noi tutti riconoscia­ mo che Dio si è rivelato nella storia del suo popolo nell'Antico

Testamento e in Gesù Cristo, suo Figlio, mediatore tra Dio e l 'uomo. La misericordia e la gloria di Dio costituiscono il prin­ cipio e la fine della nostra storia. La testimonianza dei profeti e degli apostoli ha dato inizio alla Tradizione della rivelazione. Dio, rivelatosi una volta per tutte in Gesù Cristo, ispirò gli apostoli e i discepoli a testimoniare la rivelazione, data nella persona e nell'opera di Cristo . Nessuno potrebbe e nessuno può dire : « Gesù è il Signore, se non è veramente guidato dallo Spirito Santo » (1 Cor 12 ,3). La tradizione scritta e orale dei profeti e degli apostoli, sotto la guida dello Spirito Santo, ha portato alla formazione delle Scritture e alla canonizzazione dell'Antico e del Nuovo Testamento come la Bibbia della Chie­ sa. Il fatto stesso che la Tradizione preceda le Scritture, sotto­ linea il significato della tradizione, ma anche quello della Bib­ bia, come tesoro della Parola di Dio . 43 . La Bibbia pone il problema della Tradizione e della Scrit­ tura in modo più o meno implicito; la storia della teologia cri­ stiana lo indica esplicitamente. Mentre nella Chiesa primitiva questa relazione non era vissuta in modo problematico, dopo la Riforma l'argomento « Scrittura e Tradizione » è stato og­ getto di controversie nel dialogo tra la teologia cattolica romana e quella protestante . Per la Chiesa cattolica romana, la Tradi­ zione è stata sempre considerata come verità divina non espressa soltanto nelle Sacre Scritture, ma anche trasmessa oralmente. La Chiesa protestante si è sempre richiamata solo alle Sacre Scrit­ ture, come autorità infallibile e sufficiente in tutte le questioni inerenti la salvezza, cui dovrebbero essere soggette tutte le tra­ dizioni umane. La voce della Chiesa ortodossa si è fatta sentire molto di rado in queste discussioni occidentali , fino a pochi anni fa . 44. Per una molteplicità di ragioni, st e reso ora necessario riconsiderare queste posizioni . Siamo maggiormente consapevoli di vivere in varie tradizioni confessionali, come è stato affermato paradossalmente nel detto : « La tradizione della mia Chiesa è stata quella di non attribuire alcun peso alla tradizione » . L o studio storico e, non ultimo, l'incontro delle Chiese nel movimento ecumenico, ci hanno resi attenti al fatto che l'an­ nunzio del Vangelo è inevitabilmente sempre condizionato dal fattore storico . Siamo anche consapevoli del fatto che nella

teologia cattolica romana il concetto di tradizione è sottoposto in questo periodo a un'attenta revisione. 45. Nella nostra situazione attuale, desidereremmo riprendere in considerazione il problema di Scrittura e Tradizione, o piuttosto quello di Tradizione e Scrittura. Per questo desi­ dereremmo proporre la seguente affermazione, come un modo efficace di riformulare la questione. Il nostro punto di partenza è il fatto che viviamo tutti in una tradizione che si rifà al nostro Signore, e affonda le sue radici nell'Antico Testamento, e siamo tutti in debito con quella tradizione nella misura in cui abbiamo ricevuto, attraverso la sua trasmissione da una gene­ razione all'altra, la verità rivelata, il Vangelo . Per questo pos­ siamo dire che esistiamo, come cristiani , per mezzo della Tra­ dizione del Vangelo (la paradosis del kerygma) testimoniata nelle Scritture, trasmessa dentro e per mezzo della Chiesa me­ diante la potenza dello Spirito Santo . La Tradizione presa in questo senso si realizza nella predicazione della Parola, nel­ l'amministrazione dei sacramenti, nel culto, nell'insegnamento, nella teologia, nella missione e nella testimonianza a Cristo at­ traverso la vita dei membri di Chiesa. 46. Ciò che viene trasmesso nel processo della tradizione è la fede cristiana, non soltanto come una somma di princìpi, ma come una realtà vivente trasmessa attraverso l'opera dello Spirito Santo . Possiamo parlare della Tradizione (con la « T » maiuscola) cristiana, il cui contenuto è la rivelazione di Dio e il suo donarsi in Cristo, presente nella vita della Chiesa. 47. Ma questa Tradizione, che è l'opera dello Spirito Santo, è incorporata nelle tradizioni (nei due sensi della parola, in­ tendendo sia la diversità nelle forme di espressione, sia le tradizioni confessionali) . Le tradizioni, nella storia cristiana, sono distinte dalla Tradizione, eppure ad essa collegate . Esse sono le espressioni e le manifestazioni in forme storiche diverse, dell'unica verità e realtà che è Cristo . 48. La valutazione delle tradizioni ci pone davanti ad un serio problema. Per alcuni emergono interrogativi di questo tipo : è possibile determinare in modo più preciso il contenuto del­ l'unica Tradizione, e in che modo? Tutte le tradizioni che si ritengono cristiane contengono la Tradizione? Come possi amo 35

effettuare una distinzione tra le tradizioni che incorporano la vera Tradizione, e quelle soltanto umane? Dove troviamo la Tradizione autentica, e dove la tradizione impoverita o addi­ rittura deformante rispetto alla Tradizione? La tradizione può essere una trasmissione fedele al Vangelo, ma anche una sua deformazione. In questa ambiguità si manifesta la gravità del problema della Tradizione. 49. Questi interrogativi implicano la ricerca di un principio. Ciò ha costituito un motivo di grande preoccupazione per la Chiesa sin dal suo inizio. Il Nuovo Testamento ci mette in guardia contro i falsi insegnamenti e le deviazioni dalla verità del Vangelo. Per la Chiesa post-apostolica, il principio divenne l'appello alla Tradizione ricevuta dagli apostoli. Poiché questa Tradizione era incorporata negli scritti apo­ stolici, venne naturale utilizzare quegli scritti per decidere dove andasse ricercata la vera Tradizione . Al centro di tutte le tra­ dizioni, questi antichi documenti della rivelazione divina hanno un particolare e fondamentale valore, per via del loro carat­ tere apostolico. Ma la crisi gnostica del II secolo mostra che l'esistenza dei soli scritti apostolici non bastava a risolvere il problema. La questione dell'interpretazione sorse non appena fece la sua comparsa l'appello a documenti scritti. Quando il canone del Nuovo Testamento venne finalmente definito e riconosciuto dalla Chiesa, apparve ancora più natu­ rale utilizzare questi scritti come criterio indispensabile. 50. La Tradizione, nella sua forma scritta, come Sacra Scrit­ tura (comprendendo sia l'Antico che il Nuovo Testamento), deve essere interpretata dalla Chiesa in situazioni sempre nuove. Tale interpretazione della Tradizione va ricercata nella cristal­ lizzazione della Tradizione, nei credi, nelle forme liturgiche dei sacramenti e in altre forme di culto, nonché nella predicazione .della Parola e nelle esposizioni teologiche della dottrina della Chiesa . Una semplice ripetizione delle parole della Sacra Scrit­ tura sarebbe un tradimento del Vangelo, che deve essere reso .comprensibile e deve rappresentare una sfida al mondo. 5 1 . La necessità dell'interpretazione propone nuovamente l a questione del criterio da seguire per una Tradizione genuina . Attraverso la storia della Chiesa i l criterio è stato ricercato 36

nelle Sacre Scritture interpretate nel modo giusto . Ma qual è l'« interpretazione giusta » ? 52. L e Scritture come documenti possono essere soltanto lettera . � lo Spirito che è il Signore e il datore di vita. Di con­ seguenza potremmo dire che la giusta interpretazione (prenden­ do l'espressione nel senso più ampio possibile) è quella che è guidata dallo Spirito Santo. Questo, però, non risolve il pro­ blema del criterio. Arriviamo così alla necessità di un principio ermeneutico . 53. Questo problema è stato trattato in modo diverso dalle varie Chiese . In alcune tradizioni confessionali il principio ermeneutico riconosciuto era che qualunque parte della Scrit­ tura va interpretata alla luce dellà Scrittura nella sua totalità. In altre veniva ricercata la chiave di quello che è considerato il centro delle Sacre Scritture, ponendo l'accento in primo luogo sull'incarnazione, o sull'espiazione e la redenzione, o sulla giustificazione per fede, o ancora sul messaggio della vicinanza del Regno di Dio, o sugli insegnamenti etici di Gesù. In altre ancora, l'accento è stato posto su ciò che la Scrittura dice alla coscienza individuale, sotto la guida dello Spirito Santo . Nella Chiesa Ortodossa la chiave ermeneutica è da ricercare nella mente della Chiesa, in particolare come viene espressa dai Padri, e nei concili ecumenici . Nella Chiesa cat­ tolica romana la chiave risiede nel deposito della fede, del quale è custode il magistero della Chiesa. In altre tradizioni, si ritiene che i credi, completati da documenti confessionali, o dalle definizioni dei concili ecumenici, e dalle testimonianze dei Padri, forniscano la chiave giusta per l'interpretazione delle Scritture. In nessuno dei casi in cui il principio d'interpreta­ zione è ricercato fuori dalla Scrittura, l'autorità è considerata aliena al concetto centrale di Sacra Scrittura. Al contrario, si ritiene che essa sia in grado di fornire una chiave per la com­ prensione della Scrittura . 54. La lealtà al nostro modo confessionale di intendere le Scritture, dà origine sia a una convergenza sia a una divergen­ za nell'interpretazione della Scrittura . Ad esempio, un anglicano e un battista che interpretino le Sacre Scritture (nel senso ampio di interpretazione) , si troveranno certamente d'accordo su molti punti, ma .discorderanno su altri . Come altro esempio, si po37

trebbero citare le interpretazioni divergenti date a Matteo 16, 1 8 nella teologia cattolica romana d a u n lato, e nella teologia orto­ dossa o protestante dall'altra. Come possiamo evitare questa situazione, in cui tutti leggiamo la Scrittura, ciascuno però alla luce delle proprie tradizioni? 55. La scienza biblica moderna ha già fatto molto per riunire le diverse Chiese, conducendole alla Tradizione . È in questa prospettiva che sorge la necessità di ulteriori riflessioni sul problema ermeneutico ; ad esempio : come possiamo raggiungere una interpretazione adeguata delle Scritture, in modo tale che la Parola di Dio ci guidi e la Scrittura sia salvaguardata da un'esegesi soggettiva o arbitraria? Il fatto stesso che Dio abbia benedetto la Chiesa con le Scritture non dovrebbe indurci ad affrontare, più a fondo di quanto è stato fatto in passato, uno studio comune delle Scritture, in qualunque momento si incon­ trino i rappresentanti delle varie Chiese? Non dovremmo noi studiare di più i Padri di tutti i periodi della Chiesa e le loro interpretazioni delle Scritture, alla luce del nostro compito ecu­ menico? La situazione ecumenica non esige forse che noi ricer­ chiamo la Tradizione attraverso una sincera revisione delle nostre tradizioni particolari?

2. L'unità della Tradizione e la diversità delle tradizioni 56. La Chiesa e la Tradizione sono inseparabili. Per Tradi­ zione non intendiamo tradizionalismo . La Tradizione della Chiesa non è un oggetto che noi possediamo, ma una realtà che ci possiede . La vita della Chiesa ha la sua sorgente nel­ l 'azione di Dio, che si è rivelato in Gesù Cristo, nel dono dello Spirito Santo al suo popolo e nella sua opera nella loro storia. Attraverso l'azione dello Spirito Santo, è stata costituita e man­ data una nuova comunità, la Chiesa, in modo che la rivelazione e la vita, che sono in Gesù Cristo, possano essere trasmesse fino alle estremità della terra e fino alla fine dei tempi. La Tradi­ zione, nel suo contenuto, volge il suo sguardo non soltanto in­ dietro, alle sue origini nel passato, ma anche davanti a sé, alla pienezza che sarà rivelata. La vita della Chiesa è vissuta nel continuo richiamo, appropriazione e trasmissione dell'evento verificatosi una volta per tutte, della venuta di Cristo nella car­ ne, e nell'ardente aspettativa della sua venuta nella gloria. 38

Tutto ciò trova espressione nella Parola e nei sacramenti in cui « Voi annunciate la morte del Signore, fino a quando Egli non ritornerà » ( 1 Cor 11 ,26). 57. Ci sono almeno due tipi distinti di comprensione della Tradizione. Di questi, il primo è affermato in modo molto chiaro dagli ortodossi . Per loro. la Tradizione non è soltanto l'azione di Dio in Cristo, che viene per opera dello Spi­ rito Santo a salvare tutti gli uomini che credono in Lui, è anche la fede stessa, trasmessa nella totalità e nella purezza, e resa esplicita in una continuità ininterrotta attraverso eventi precisi nella vita della Chiesa cattolica e apostolica, da una genera­ zione all'altra. Per altri, la Tradizione coincide con la rivela­ zione in Cristo e la predica�ione della Parola, affidata alla Chiesa, che è sostenuta in vita per mezzo di essa, ed espressa in diversi gradi di fedeltà, in varie forme condizionate dalla storia, e cioè nelle tradizioni . Vi sono, infine, altri per i quali il concetto di Tradizione e tradizioni contiene elementi comuni ad entrambi questi punti di vista. Gli attuali sviluppi nello studio storico-biblico, nonché l'esperienza dell'incontro ecumenico, stanno portando molti a vedere nuovi valori in un'ottica che prima avevano ignorato. L'argomento rimane aperto. 58. Nelle due posizioni menzionate sopra, la Tradizione e le tradizioni sono distinte in modo chiaro. Ma, mentre in un caso si ritiene che l'unica Tradizione vada ricercata nell'unità con­ creta e organica dell'unica Chiesa, nell'altro caso si dà per scontato che essa si possa esprimere in una varietà di forme, non necessariamente tutte egualmente complete. Il problema delle molte Chiese e dell'unica Tradizione appare molto diverso , se considerato da ciascuno di questi punti di vista. Però, mentre da un lato è possibile affermare che la Chiesa non può e non deve essere divisa, e dall'altro è possibile riconoscere l'esistenza di molte Chiese che condividono la stessa Tradizione, anche se non sono in comunione l'una con l'altra, nessuna desidererebbe restare nel presente stato di separazione. 59. Molte delle nostre incomprensioni e disaccordi sull'argo­ mento derivano dalla nostra lunga storia di estraniamento e di divisione. Durante i secoli, le diverse comunità cristiane hanno sviluppato le loro proprie tradizioni di studio storico, e i loro 39

modi particolari di considerare il passato . L'idea di uno studio strettamente scientifico della storia, con il suo spirito di preci­ sione e di obiettività, portò in qualche modo ad un migliora­ mento della situazione. Ma l'opera che ne derivò trascurò così spesso di considerare le questioni profondamente teologiche connesse alla storia della Chiesa, che il suo valore ne fu molto limitato. Più recentemente è comparso uno studio della storia che è ecumenico nel suo fine e nel suo spirito . 60. Crediamo che il perseguire un simile studio possa essere di grande importanza per la vita e i problemi attuali della Chie­ sa. « Coloro che non comprendono la loro storia sono condan­ nati a ripeterla di nuovo » (Santayana) . Anche noi crediamo che questo avrebbe un grande valore nell'offrire le possibilità di una nuova comprensione di alcuni campi tra i più contestati del nostro comune passato. Per questo noi ci auguriamo in modo particolare che la Commissione Fede e Costituzione cerchi di promuovere tali studi, assicurando la collaborazione di studiosi di diverse confessioni, nel tentativo di raggiungere una nuova ottica delle epoche e degli avvenimenti cruciali nella storia della Chiesa, particolarmente quelle in cui la discontinuità si è ma­ nifestata. 6 1 . A questo punto, però, sorge un altro problema. Nel mo­ mento in cui il genere umano sta prendendo sempre maggiore coscienza di se stesso come unità, e ci troviamo davanti ad uno sviluppo della civiltà mondiale, i cristiani sono chiamati a una nuova coscienza della cattolicità della Chiesa e della sua storia in relazione alla storia dell'umanità . Questo significa che, sia a livello di studio teologico che di insegnamento pastorale, è necessario cercare di superare il provincialismo parrocchiale di gran parte degli studi nella storia della Chiesa, e trasmettere qualche idea della storia del popolo di Dio nel suo complesso. Ma come va fatto ciò? Non si rende necessaria l 'opera di storici dotati di capacità superiori a quelle umane? È possibile allo studioso, limitato com'è dalle sue esperienze culturali, storiche ed ecclesiastiche, raggiungere quest'ottica? Chiaramente no . Tuttavia noi crediamo che, lavorando in collaborazione, qual­ cosa si potrebbe realizzare perché le riflessioni e i punti di vista, specifici ma limitati, fossero messi alla prova e inte­ grati da quelli degli altri : ad esempio, un gruppo può padroneg.\ ()

giare un maggior numero di lingue antiche e la storia più di quanto non sia possibile ad un individuo. Nella filosofia e nella teologia della storia stanno emergendo problemi che indicano sia il pericolo di un semplice tradizionalismo, sia il valore stabile del tradizionalismo autentico. Quanto detto richiede la nostra costante riflessione . 62. Un terzo tipo di preoccupazione storica ha catalizzato la nostra attenzione . Siamo consapevoli del fatto che nel corso di questa conferenza siamo passati attraverso una nuova espe­ rienza senza precedenti nel movimento ecumenico. Per la prima volta, nel dialogo di Fede e Costituzione, le Chiese ortodosse orientali e le altre Chiese orientali sono state fortemente rap­ presentate nei nostri incontri . Si è aperta una nuova dimensione di Fede e Costituzione, e cominciamo a intravedere le sue possibilità future. � chiaro che molti nostri problemi di comu­ nicazione sono sorti in seguito alla inadeguata comprensione della vita e della storia delle Chiese orientali, incomprensione che ritroviamo anche tra gli studiosi occidentali, e viceversa . Anche qui c i troviamo in un'area che speriamo venga maggior­ mente approfondita, come ad esempio il problema del « Filio­ que », la sua origine e le sue conseguenze. Ci sono ancora due studi che raccomandiamo alla Commissione Fede e Costitu­ zione . Riteniamo importante intraprendere insieme uno studio sui concili della Chiesa primitiva, ed esortiamo a un esame del materiale catechetico attualmente in uso presso le Chiese, non­ ché dei metodi con i quali esso potrebbe essere rivisto alla luce del movimento ecumenico . 63 . In tutto questo, non siamo ciechi davanti alla realtà del mondo in cui viviamo, né davanti ai problemi culturali e intellettuali del nostro tempo. A molti nostri contemporanei una relazione con il passato apparirebbe immediatamente so­ spetta, in quanto rivelerebbe il desiderio di ripristinare sempli­ cemente vecchi costumi e vecchie idee, che non hanno impor­ tanza davanti ai problemi urgenti del nostro tempo . Riconoscia­ mo che in molti luoghi le tradizioni umane - nazionali, sociali . e anche religiose - stanno subendo delle scosse, e che in questa epoca di progressi scientifici e tecnologici molti tendono a considerare irrilevante il patrimonio del passato. Riconosciamo gli elementi positivi della situazione attuale . � per questo mo41

tivo che abbiamo collocato il contrasto fra Tradizione e tra­ dizionalismo all'inizio di questa parte . Il passato di cui parliamo non è soltanto un · argomento che studiamo da lontano . E un passato che ha un valore per noi , in quanto noi ce ne appro­ priamo in un atto di decisione personale. Nella Chiesa esso di­ venta un passato per mezzo del quale noi viviamo condividendo l'unica Tradizione, perché in essa noi siamo uniti a Colui che è il Signore della storia, Colui che era, è, e ritornerà, ed Egli è il Dio non dei morti, ma dei vivi . 3 . La Tradizione cristiana e la diversità culturale 64. In quello che abbiamo scritto finora, ci siamo occupati innanzi tutto della comprensione della Tradizione in quanto si riallaccia al passato : all'incarnazione di Cristo, una volta per tutte, alla sua morte e risurrezione, e alla continua opera dello Spirito Santo all 'interno della Chiesa . Ma abbiamo anche rico­ nosciuto che la Tradizione guarda al presente e al futuro. La Chiesa è mandata da Cristo a proclamare il Vangelo a tutti gli uomini . La Tradizione va trasmessa nel tempo e anche nello spazio. In altre parole, la Tradizione ha ovunque una dimen­ sione missionaria vitale, perché il comando del Signore è di andare in tutte le nazioni . Qualunque differenza di interpreta­ zione ci possa essere, tutti concordano nel sostenere che è pre­ sente questo elemento dinamico nella Tradizione, il quale viene dall'agire di Dio nella storia del suo popolo, si adempie nella persona e nell'opera di Cristo, e aspetta il coronamento della vittoria del Signore alla fine dei tempi. 65. I problemi emersi, con la trasmissione della Tradizione nei diversi paesi e culture e con la diversità delle tradizioni in cui è stata trasmessa l'unica Tradizione, sono comuni , in vari modi, a tutti i cristiani. Essi sono evidenti oggi nella vita delle Chiese più giovani dell'Asia e dell'Africa, e lo sono anche in parte, ma non meno realmente, in ciò che un tempo veniva chiamato il cristianesimo occidentale . Per parlare del problema delle Chiese più giovani, basterà dire che in un paese molto piccolo e tipico vi sono più di ottanta denominazioni . Dove, tra tutte queste tradizioni, dobbiamo trovare la Tradizione? Nel formarsi di nazioni nuove, c'è un particolare bisogno di tutto ·1 2

ciò che può contribuire alla loro unità . È possibile che , in tempi come questi, debbano essere un fattore di divisione quei cristiani cui è stato affidato il ministero della riconciliazione? È in circostanze di verifica come queste, che vanno affrontati i problemi gravi, inerenti al modo in cui la Chiesa può diventare davvero indigena, portando al servizio di Cristo tutto ciò che è buono nella vita di ogni cultura e nazione, senza cadere nel sincretismo. 66. Quando la Parola divenne carne, il Vangelo giunse al­ l'uomo attraverso un mezzo culturale particolare, quello del mondo palestinese del tempo. Così, quando la Chiesa porta la Tradizione a nuovi popoli, è necessario che il contenuto essen­ ziale trovi nuovamente espressione nèi termini di nuove culture . Nella grande espansione missionaria della Chiesa orientale, la Tradizione è stata trasmessa, attraverso la vita della Chiesa, in nuove lingue e culture, come quelle della Russia e delle altre zone missionarie. Proprio come l'uso della lingua slava era necessario per la trasmissione della Tradizione agli slavi, così oggi è necessario usare nuove lingue e nuove forme di espressione che possano essere comprese da coloro ai quali giunge la buona notizia . Per potere fare ciò, nel modo giusto, è necessario collegare la conoscenza della lingua e della cultura in questione con uno studio attento delle lingue dell'Antico e del Nuovo Testamento, nonché con una profonda conoscenza della storia della Chiesa. È in questo contesto che cominciamo a comprendere il significato del dono delle lingue alla Pente­ coste. Grazie al potere dello Spirito Santo, gli apostoli vennero resi capaci di predicare le potenti opere di Dio ad ogni uomo nella sua lingua, e così la diversità di nazioni e di culture venne unificata nel servizio a Dio. Riconoscendo questo, i cristiani dei Paesi nei quali essi rappresentano una piccola minoranza possono evitare il pericolo di sviluppare una mentalità « da ghetto » . 67. Il contenuto della Tradizione non può essere definito con precisione, perché la realtà che essa trasmette non è conteni­ bile, nella sua pienezza, in forme proposizionali. Nell'ottica ortodossa, la Tradizione include una comprensione degli eventi del Nuovo Testamento, degli scritti dei Padri, dei credi ecu­ menici e dei concili, e della vita della Chiesa attraverso i se43

coli . Tutte le Chiese membro del Consiglio Ecumenico delle Chiese sono unite nel confessare il Signore Gesù Cristo « come Dio e Salvatore, secondo le Scritture, e nel cercare insieme di compiere la loro comune chiamata a gloria di Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo ». L'essere membri rinforza la nostra posi­ zione, nella quale possiamo costantemente crescere, nella co­ noscenza della pienezza della rivelazione di Dio, e supplire alla nostra parziale comprensione della verità. Cercando di comprendere la relazione tra la Tradizione e le tradizioni , emer­ gono problemi difficili da risolvere e di importanza cruciale. A tali interrogativi spesso non si riesce a rispondere, se non nelle particolari situazioni in cui essi vengono posti . Non ci sono soluzioni pronte, tuttavia si potrebbero dire alcune cose . 68. Ciò che è basilare nella trasmissione e nell'interpretazione dell'Antico e del Nuovo Testamento, rimane basilare per la Chiesa in qualunque situazione . Inoltre, lo Spirito Santo è stato dato alla Chiesa per guidarla in tutta la verità . Le decisioni che le comunità dei credenti in Dio devono prendere, vanno affron­ tate con fiducia in questa guida dello Spirito nella Chiesa, e nella consapevolezza delle azioni provvidenziali di Dio nel mon­ do. Nel processo di indigenizzazione (inteso nel suo senso più ampio) , non si può ammettere nulla che sia in disaccordo con la buona notizia dell'azione che Dio ha compiuto, sta com­ piendo e compirà, nella redenzione del mondo attraverso il n ostro Signore Gesù Cristo, come è espresso nei termini della fede trinitaria e cristocentrica della Chiesa. In ogni situazione particolare, il Vangelo andrebbe proclamato in modo tale da essere poi sperimentato non come una legge gravosa, ma come una « potenza gioiosa, liberatrice e riconciliante ». Nel procla­ mare il suo messaggio, la Chiesa deve stare attenta ad evitare tutte le offese non necessarie; l'unica offesa che non si potrà mai evitare come pazzia per il mondo, è quella della croce stessa . Così, bisogna sempre cercare di trasmettere la Tradi­ zione nella sua pienezza, e di rimanere all'interno della comu­ nità dell'intero popolo di Dio, evitando la tentazione di porre troppo l'accento su quegli elementi che sono particolarmente connaturati a una data cultura. Nella pienezza della verità di Dio, la Chiesa potrà adempiere la sua missione e portare un'auten­ tica testimonianza.

69. Il processo della tradizione comprende la dialettica di riferire la Tradizione nel modo più completo possibile in qua­ lunque situazione culturale in cui gli uomini vivano, e, allo stesso tempo, di dimostrare la sua trascendenza al di sopra di tutto ciò che li divide . Da ciò deriva lii verità che più la Tra­ dizione è espressa nei diversi termini delle particolari culture, più pienamente sarà rivelato il suo carattere universale. Solo « in­ sieme con tutto il popolo di Dio » arriveremo a conoscere la pienezza dell'amore e della gloria di Dio (Ef 3 , 1 8-19). 70. La cattolicità, come dono della grazia di Dio, ci chiama ad un compito. Essa è un concetto di immensa ricchezza, di cui non si cerca qui di dare la definizione. Può essere ricercata e ricevuta soltanto nell'esser consci' e attenti all'intero corpo di Cristo, nel testimoniare la sua signoria, in ogni settore della vita umana, e nell'identificarci con amore ad ogni uomo, nelle sue particolari necessità. 7 1 . Nell'adempimento del loro impegno m1ss10nario, la mag­ gior parte delle Chiese chiede non semplicemente di crescere come Chiesa in se stessa, ma, in un certo senso, di fondare la « una sancta ecclesia ». Questo fatto ha certamente delle impli­ cazioni, di cui raramente ci rendiamo ancora conto e tantomeno le esplicitiamo, sia per la vita delle Chiese madri, sia per tutto ciò che comporta la formazione di una nuova Chiesa in un'epoca ecumenica. Esso richiede che venga riconosciuta la libertà delle Chiese appena fondate, cosicché la Chiesa madre e la Chiesa figlia possano ricevere insieme l'unico dono della grazia di Dio. Ciò esige fedeltà all'intera « koinonia » della Chiesa di Cristo, anche quando siamo impegnati con problemi particolari. In questo caso riconosciamo l'assoluta necessità di uno studio della storia della vita e della missione della Chiesa, scritto in una prospettiva ecu­ menica. Tutti devono lavorare insieme nel cercare di ricevere e di manifestare la pienezza della verità di Cristo . 72. Il problema di comunicare questa pienezza di verità oggi è sentito in tutto il mondo moderno. Questo consegue dall'emer­ gere, nel nostro tempo, di una civiltà globale, formata da rapidi progressi tecnologici, e fondata su una prospettiva scientifica che trasforma il nostro concetto di universo . La nuova cosmologia che sta prendendo forma rappresenta una sfida ai nostri tradi45

zionali concetti di uomo e di natura, in se stessi e nel loro rap­ porto reciproco. Nel mezzo di questi sviluppi, e, in una certa misura, per causa loro, si stanno verificando, in ogni parte del mondo, cambiamenti radicali della struttura sociale. La Chiesa si trova così di fronte a una doppia responsabilità: la Tradizione va trasmessa contemporaneamente in diversi modi; da un lato, nella lingua popolare corrente, e dall'altro nei termini del più complesso e critico pensiero contemporaneo. La gravità di questa situazione rivoluzionaria non può essere facilmente oggetto di esagerazione. Abbiamo visto i pericoli insiti in essa, ma dobbia­ mo ugualmente renderci conto delle sue enormi potenzialità di bene. 73. Troppo spesso il nostro pensiero sulla fede cristiana manca

di un'ottica e di un orientamento che guardino al futuro. La frase

«

in partibus infidelium

»

ha già acquisito un senso uni­

versale. Alcuni esperimenti nell'opera pastorale ed evangelica, come quelli realizzati in Chiese di zone industrializzate e com­ merciali, costituiscono i primi tentativi di far fronte a questa esigenza. La più profonda testimonianza è sempre nata nella Chiesa stessa per mezzo della preghiera e del culto sacramentale e con il portare la croce in silenzio. Guardando insieme ai nostri comuni problemi, potremmo scoprire che Dio sta usando i con­ flitti del mondo per spezzare le barriere che ci dividono gli uni dagli altri. Dobbiamo riconoscere l'opportunità che ci è data e, con vigore e coraggio, adempiere il grande compito della

Chiesa di trasmettere la· Tradizione, la Parola di grazia e spe­ ranza, agli uomini di questa nuova cultura mondiale, così come venne predicata nel passato a Gerusalemme, in Grecia, a Roma, nella Gallia, e agli estremi confini della terra.

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III. Il significato del problema ermeneutico per il movimento ecumenico

La Quarta Conferenza Mondiale di Fede e Costituzione, tenutasi a Montreal nel 1963, aveva fatto appello a una chiarificazione dei problemi di esegesi e di interpretazione biblica. Cosi' il segretariato di Fede e Costi­ tuzione, in collaborazione con la Divisione Studi, ha organizzato una riunione preparatoria su questi problemi, tenuta a Bad Schauenburg, vi­ cino a Basilea, nel 1 964. Il presidente della riunione, prof. Erich Dinkler, ha riferito alla Commissione sulla discussione, sottoponendole uno schema per uno studio sull'argomento (verbali di Aahrus, Documento di Fede e Costituzione n. 44, Ginevra 1 965, pp. 61-69) . Al suo incontro ad Aahrus, la Commissione Fede e Costituzione autorizzò lo studio sul problema ermeneutico. Successivamente si formarono cinque gruppi regionali; uno in Ger­ mania/Olanda, uno in Inghilterra, due negli Stati Uniti, ed uno in Fran­ cia/Svizzera. Ad ogni gruppo venne richiesto di studiare alcuni passi della Bibbia e di analizzare i principi ermeneutici usati nel corso dell'ese­ gesi e dell'interpretazione. Nella primavera del 1967, i cinque gruppi man­ darono le loro conclusioni (Relazioni di gruppo, Archivi CEC, F0/67 : 20), che vennero sintetizzate e analizzate dal prof. James Barr (Archivi CEC, F0/67 : 25) . In un incontro conclusivo ad Heidelberg, al quale erano presenti due rappresentanti per ogni gruppo, venne stesa la relazione finale, che venne presentata alla Commissione Fede e Costituzione in occa­ sione dell'incontro di Bristol, nel 1967, e successivamente pubblicata in « New Directions in Faith and Order, Bristol 1967 » (Documento di Fede e Costituzione n. 50, Ginevra 1968, pp. 32-4 1 ) .

A) IL PROCESSO ERMENEUTICO

1 . Introduzione

C'è un processo di esegesi erudita generalmente accettato e adottato dagli studiosi biblici, dal quale la Chiesa è in buona misura dipendente e nei confronti della quale è debitrice. Non è 47

facile dare una descrizione completa di questo processo, perché è alquanto complesso; quello che segue è però il tentativo di illustrare alcuni metodi che ha utilizzato, e i motivi che li hanno giustificati. Questi metodi non costituiscono regole che, una volta seguite, ci debbano portare a risultati corretti : è possibile infatti raggiungere risultati importanti anche quando tali metodi sono sconosciuti . Si può dire, però, parlando in senso generale, che sono i metodi usati nella migliore esegesi biblica, e che un'in­ terpretazione non basata su di essi andrebbe vista con molta cautela . In questo senso possono essere considerati come delle regole. La Bibbia contiene un gruppo di documenti letterari, e va stu­ diata con gli stessi metodi usati nello studio di altri documenti letterari. Ogni passo della Bibbia va esaminato per cogliere il si­ gnificato, sia nel contesto limitato che in quello più ampio. Il con­ testo immediato può essere una singola storia, un passo o un ca­ pitolo. Il contesto più ampio è l'intera opera di uno scrittore biblico, o di un libro biblico, o addirittura un raggruppamento di libri biblici, come per esempio la letteratura sapienzale o apocalittica. Ogni passo va anche collegato, se possibile, alla situazione della vita di I sraele, o della Chiesa in cui veniva impiegato. Per questo riteniamo che il metodo critico-letterario sia necessario. I n molte delle sue parti, la Bibbia è il prodotto di un processo storico . Essa si è realizzata attraverso eventi ed esperienze sto­ riche, e attraverso riflessioni su di essi . Le tradizioni e gli scritti vennero trasmessi in I sraele e nella Chiesa primitiva; nel corso di lunghi periodi vennero modificati, rielaborati e reinterpretati alla luce delle situazioni storiche posteriori . Per raggiungere una comprensione totale del testo in esame si rende perciò necessario ripercorrere questo processo storico. Nel fare ciò, potremmo tro­ vare uno strato di tradizioni sull'altro; ciascuno di questi strati ha uno sfondo storico particolare che va identificato, per giun­ gere alla sua completa comprensione. Per questo riteniamo che il metodo critico-storico sia necessario.

2. L'unità e la diversità

La Bibbia contiene una raccolta di tradizioni letterarie molto diverse, i cui contenuti sono spesso in tensione l 'uno con l'altro. -1 8

Le diversità costituiscono uno dei principali problemi per la com­ prensione teologica della Bibbia. Talvolta le diversità si possono interpretare come elementi che ci forniscono aspetti complemen­ tari della verità; talvolta, però, per quanto possiamo vedere, pos­ sono esservi delle reali contraddizioni. Quando le posizioni sono complementari, esse indicano la ricchezza della verità biblica. Quando esse sono, per quanto possiamo vedere, veramente con­ traddittorie, questo potrebbe risalire a veri disaccordi teologici nel periodo biblico stesso, o potrebbe essere stato causato da diverse situazioni sociali o storiche. Le difficoltà emerse per quanto riguarda lo studio della teologia sistematica non sono state da noi risolte. (La tradizione particolaristica, a � esempio, di Esdra o l'uni­ versalismo di alcuni profeti, o il diverso concetto di mini steri ecclesiastici , in Paolo e nelle lettere « Deutero-Paoline », po­ trebbero venire considerati, in un certo modo, complementari. D'altronde, il concetto di provvidenza nelle Cronache o nel libro di Giobbe, o il modo in cui è concepito il futuro di Israele in 1 Ts 2 , 1 4- 1 6 e in Rm l l ,25ss, sono, per quanto pos­ siamo vedere, contraddittori. Anche le dichiarazioni cristolo­ giche nel NT sono talvolta in tensione : confrontate, ad esem­ pio, Rm 1 ,3ss con Mt 1 ,8ss e con Gv 1 , l ss) . È importante che le diversità e le contraddizioni non ven­ gano mascherate. Sebbene la teologia debba alla fine lottare per presentare un quadro globale della verità biblica, è essenziale evitare un'armonizzazione forzata . Solo dopo avere esaminato i testi per quello che essi dicono in se stessi, si può continuare a costruire una struttura composita, o addirittura decidere pro o contro questo o quel concetto . Questo si riferisce sia alla teologia sistematica, sia all'uso pratico della Bibbia nella Chiesa. La diversità di pensiero all'interno della Bibbia riflette la diversità delle azioni di Dio nelle diverse situazioni storiche, e la diversità delle risposte umane alle azioni di Dio. È im­ portante che lo studioso non si leghi a un solo aspetto del pensiero biblico, per quanto importante questo gli possa ap­ parire, in modo da non tagliarsi fuori da questa varietà e ricchezza. Sebbene la verità in Cristo sia una, la testimonianza che l'uomo le rende è molteplice . Vi è una diversità nelle tradizioni della Chiesa che, per certi aspetti, si potrebbe collegare a quella diversità di tradizioni , 49

già trovate nella Bibbia, riferita nella prima parte del nostro rapporto . In questo caso, la ri cerca dell'unità, tra le tradizioni ecclesiastiche, si richiamerà all'unità del Vangelo, così com'è riflessa nella pluralità delle singole testimonianze bibliche . È pericoloso citare testi isolati come « testi dimostrativi » , come spesso è stato fatto . Non si possono usare propriamente versetti isolati senza esaminare e sperimentare le loro funzioni come parti di complessi più ampi . Ci sono tuttavia affermazioni che, una volta prese in esame per ricercare la loro coerenza col contesto più vasto, dimostrano di essere buone sintesi o com­ pendi di pensieri importanti . È quindi legittimo citarle come tali .

3 . Il processo d'interpretazione

a) Il testo originale La forma più antica del testo biblico va stabilita con tutta l'attenzione e la cura possibili . Il testo della Bibbia stessa è passato attraverso una trasmissione storica, e gli scritti auto­ grafi originali non esistono più. Per questo si rende necessario esaminare attentamente la storia dei testi , e trarne le conse­ guenze per l'esegesi . Gli sviluppi posteriori dei testi non vanno necessariamente trascurati, e potrebbero avere realmente impor­ tanza , nell'indicare i modi in cui veniva interpretato il mate­ riale più antico . (In Luca 2 ,27 .33 .4 1 .43 .48, Giuseppe viene menzionato come padre di Gesù . Nelle varianti al testo le parole « padre » e « genitori » sono cambiate, segno che queste parole erano con­ siderate offensive nei confronti della verginità di Maria) .

b) Le nuove traduzioni L'interpretazione erudita della Bibbia dipende dalla conoscen­ za delle lingue in cui la Bibbia fu scritta, fondamentalmente l'ebraico e il greco . Nessuna traduzione, come la Volgata, la King James o quella Luterana, ha un'autorità decisiva . Di tanto in tanto vanno pubblicate nuove traduzioni per le seguenti ra­ gioni : i progressi ottenuti nella critica testuale, i cambiamenti nei significati delle parole, e i cambiamenti del modo in cui viene concepito il lavoro di traduzione. La diversità delle nuove ') ()

traduzioni e degli ambienti culturali in cui sono prodotte non serve comunque se non a evidenziare ancor più la necessità di un testo e di una lingua originali come punto di incontro per tutti gli studiosi . Per questo noi raccomandi amo che ogni Chiesa abbia al suo interno un numero adeguato di persone che abbia­ no reali contatti con le lingue originali. (Uno dei motivi per i quali oggi le Chiese potrebbero richie­ dere nuove traduzioni , risiede nel fatto che esse le vogliono rea­ lizzate in una dimensione interdenominazionale . Noi accogli amo questa idea con molto entusiasmo e la raccomandiamo in modo particolare, perché siamo convinti che ciò possa contribuire alla causa dell 'ecumenismo) .

c) Il significato e i significati Nel trattare un passo, si fa spesso la distinzione tra elementi « storici » e « non storici » o tra quelli « genuini » e quelli « non autentici ». Nonostante questa terminologia sia, come ri­ conoscono gli studiosi , discutibile e ambigua, e forse sarebbe meglio che venisse scartata, essa indica una distinzione neces­ saria. Questo non dovrebbe comunque comportare un giudizio sul suo valore tale da indurci ad usare con fiducia soltanto i passi « storici » o quelli « genuini » . Il passo « non storico » potrebbe servire a illuminare quello « storico », e il passo « non autentico » potrebbe fornire un complemento o un'interpreta­ zione utile per comprendere quello « autentico » . (Nella storia delle spie mandate a Canaan, l'esagerazione « non storica » delle dimensioni dell'uva, Nm 1 3 ,24, glorifica la terra promessa di Dio . L'adorazione « non storica » dei Re Magi in Mt 2 indica l'universalità del Cristo) . Quando la scienza biblica scopre diversi strati in un docu­ mento o in un passo - alcuni dei quali potrebbero derivare da un periodo primitivo o pre-letterario, mentre altri hanno subìto un accurato e riflettuto sviluppo, e altri ancora sono antichi glossari o aggiunte è necessario lavorare su tutti questi strati, perché qualcuno di essi, o tutti , potrebbero essere teologica­ mente importanti . Ogni strato potrebbe indicarci in che modo uno strato precedente venne successivamente compreso, e così un passo potrebbe non avere soltanto un significato, ma molti . (Ad esempio : la redazione tardiva e cultuale di alcuni salmi , o le promesse di salvezza aggiunte più tardi alle minacce de-

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scritte nel libro del Deuteronomio o ai pronunziamenti di giudizio annunziati dai profeti . Vedi inoltre la questione dei sacramenti e dell'escatologia nel quarto vangelo) . Anche quando non ci sono diversi strati di questo tipo, po­ trebbe essere necessario riconoscere che alcuni testi hanno una molteplicità di significati, piuttosto che uno soltanto. Per questo dovremmo essere prudenti quando parliamo del « significato » di un passo. (Ad esempio, la parabola del figlio prodigo com'è contenuta ora in Le 1 5 , 1 1 -32 può avere diversi punti o « significati » , come i l peccato e i l pentimento del figlio più giovane, i l per­ dono, l'amore del padre e la sua gioia, il comportamento del figlio maggiore, e il rapporto tra i due fratelli. Non si può dire che uno solo di questi sia il punto che la storia ci vuole proporre) . La Bibbia fa largo uso delle immagini e dei simboli . I pen­ sieri che essa esprime sono tali che talvolta non si possono esprimere in altri termini che non siano immagini e simboli . Potrebbe essere u n a deformazione il cercare di esprimerne il senso in termini concettuali, i quali possono restringerlo e precisarlo eccessivamente. D 'altro lato, l'uso del linguaggio sim­ bolico può essere incontrollato, e uno studio comparato del­ l 'ampio uso di un particolare simbolo in differenti culture po­ trebbe essere utile per portare alla luce ciò che in esso è fon­ damentale ed essenziale, mettendo così l'uomo moderno in grado di entrarne in possesso . (Ad esempio, il sangue in espressioni come « redenzione » o « giustificazione » attraverso il « sangue di Cristo » è un sim­ bolo che, se preso alla lettera, denota un concetto magico . Il simbolo del sangue nel NT può essere confrontato con il modo in cui esso è presente in altre religioni, allo scopo di scoprire un comune denominatore nei suoi vari usi, e di comprendere, in tal modo, qual è lo scopo di questo simbolo) . L'esegesi biblica si deve occupare dei dettagli e dei parti­ colari della Bibbia, perché questi sono essenziali per compren­ dere il significato di più vasti argomenti. La comprensione ri­ chiede una valutazione equilibrata del rapporto tra l'intero testo e le sue parti, tra i particolari di ciascun elemento e l'impatto o l'effetto dell'insieme. Succede spesso che convergenze di par­ ticolari diano un quadro comprensivo. 52

d) La scienza secolare Gran parte del processo descritto finora, se non tutto, po­ trebbe venire seguito nello stesso modo da cristiani e da non cristiani. Se, da un lato, il coinvolgimento personale del cri­ stiano lo aiuta a vedere la profondità teologica del significato del testo, è anche vero però che quell'amore lo può rendere cieco. Il distacco del non cristiano può essere creativo e co­ struttivo . Forme di conoscenza diverse da quella teologica possono es­ sere molto utili nello studio della Bibbia. Alcune delle « rego­ le » esegetiche menzionate prima sono rinforzate dal confronto con alcuni metodi usati nello studio della letteratura secolare . La valutazione letteraria sostienè che la parte ha un senso solo quando è vista sullo sfondo di tutta l'opera, e che il rapporto tra un passo e tutto il testo fa emergere nuovi significati che non verrebbero notati se il passo fosse considerato isolata­ mente . Per questo auspichiamo che lo studio biblico tenga conto dell'opera svolta dagli interpreti di altri generi di letteratura . Vorremmo anche mettere in rilievo i contributi che possono arrecare la storia, la linguistica e la filosofia; lo studioso bi­ blico dovrebbe utilizzare la conoscenza di quanti lavorano in questi campi. In particolare va menzionata la filosofia, perché la Chiesa non solo parla al mondo esterno, ma da esso riceve categorie di pensiero che deve poi utilizzare per comprendere ed esprimere il suo messaggio. Uno studio consapevole di queste categorie ci potrebbe aiutare a far sì che esse non diventino dominanti in un senso negativo, rendendo possibile anche tradurre i nostri pensieri da un sistema di categorie filosofiche all'altro. (Ad esempio, coloro che impiegano termini heideggeriani per esprimere il messaggio cristiano e coloro che restano nella tradizione della scuola di Wittgenstein di analisi linguistica, o che usano categorie fenomenologiche, spesso non comprendono l'uno la lingua dell'altro . Quando le categorie filosofiche ven­ gono spiegate ulteriormente, talvolta appare evidente che questi gruppi stanno esprimendo lo stesso pensiero nelle loro diffe­ renti categorie, o comunque che sono molto meno lontani gli uni dagli altri di quanto sembrasse all'inizio, anche se si po­ trebbe verificare il contrario) . 5 .�

e) Problemi emergenti dal testo La lettura di un testo biblico (come quella di qualsiasi altro) ci dà una certa comprensione iniziale del suo significato . Il compito della interpretazione è quello di discutere ed elaborare questa comprensione iniziale, e, se necessario, correggerla, in modo che il testo stesso ci possa parlare più profondamente . A questo scopo, il testo stesso ci potrebbe suggerire degli in­ terrogativi per penetrare più a fondo il suo significato. Interrogando il testo, servendoci degli interrogativi che da esso emergono, vanno osservati i seguenti punti : 1 ) Non tutti gli interrogativi che si pongono risulteranno adatti o appro­ priati quando li riverificheremo con il testo . In quel caso l'in­ terrogativo non approfondirà la nostra conoscenza, e dovrà essere scartato. 2) La ricchezza di un passo significa che da esso potrebbe emergere un'ampia varietà di interrogativi pos­ sibili . 3) Lo sfruttare ogni interrogativo adatto, ci porta ad una migliore comprensione del testo da una particolare angolazione . Dato che in questo procedimento vengono necessariamente of­ fuscati altri aspetti, ogni interrogativo comporta contempora­ neamente una limitazione della nostra conoscenza. Se bisogna comprendere il testo nel suo complesso, esso va analizzato at­ traverso numerosi interrogativi . (In Rm 9- 1 1 vengono rivolti interrogativi legittimi sulla Chiesa ed I sraele, sull'elezione e la condanna, sulla giustizia di Dio, sulla tensione di Paolo come cristiano ed ebreo, sulla missione , ecc.) .

f) Domande rivolte al testo Ci sono anche delle domande che non emergono dai testi biblici in sé, ma che noi , per nostro conto , rivolgiamo alla Bibbia . Se le domande si trovano già nella visione degli scrit­ tori biblici anche le risposte che noi riceviamo saranno più dirette . Quando però ci avviciniamo alla Bibbia con interroga­ tivi che sorgono in noi , dalla nostra situazione, ma che agli autori erano estranei, la Bibbia ci darà delle risposte indirette , o talvolta non ci darà affatto risposta . (Molti testi danno risposte dirette alla domanda di come deve e s s e re visto il rapporto tra Dio e l'uomo, ma possono essere d a t e ri sposte solo indirette a certi interrogativi come ad esempio i l sign i fi c a t o del lavoro, o il significato della sessualità) . 54

g) La conoscenza antecedente Tutto lo studio della Bibbia è condizionato dalla nostra an­ tecedente conoscenza e comprensione . Senza questa precedente comprensione, tratta dall'esperienza passata o da studi e rifles­ sioni, non saremmo in grado di organizzare in noi nessuna nuova conoscenza ricevuta. Ma questa comprensione antecedente, dan­ doci l'aspettativa di determinati risultati , e facendoci inquadrare le nostre domande in un certo modo, può essere anche una fonte di difficoltà e di errore . Questo avviene sia nell'esegesi biblica in generale, dove la cultura consiste in determinate tradi­ zioni di ricerca, sia e ancor più per quello che riguarda l'uso della Bibbia ai fini di chiarire o risolvere particolari problemi etici o teologici . Lo studio della Bibbia deve quindi comportare la volontà di rimettere in questione le nostre conoscenze ante­ cedenti, e rivederle . (Per comprendere il significato di frasi come « Dio ha amato il mondo », dobbiamo avere una certa conoscenza antecedente del significato di « Dio », « amore » e « mondo ». Quando viene chiesto che cosa dice la Bibbia circa « l'immortalità dell'anima » , s i potrebbe osservare che l a domanda non è stata rivolta in modo corretto, e che quindi essa va riformulata alla luce del­ l'evidenza biblica) . 4. La Bibbia, il discorso e l'azione della Chiesa

Va ricordato che il Vangelo, del quale la Bibbia testimonia, ha fondato la Chiesa. La Bibbia è un dato di fatto nella Chiesa . La vita della Chiesa ha sempre influenzato la compren sione della Bibbia, e, reciprocamente, la comprensione della Bibbia ha influenzato la vita della Chiesa. Perché, in futuro, la Bibbia possa mantenere questa benefica autorità sulla Chiesa, l 'opera di interpretazione deve continuare nel modo più intelligente e preciso possibile. Il rapporto tra l'esegesi biblica e il discorso e l'azione della Chiesa, comunque, è un processo indiretto che non può essere determinato da regole metodologiche . Portare in modo diretto i risultati dell'esegesi nell'insegnamento e nella pratica della Chiesa, è raramente possibile e auspicabile . È im­ portante però che esista una continua e riconoscibile intera­ zione tra l'esegesi fatta in modo responsabile e le azioni della Chiesa, il suo culto e il suo insegnamento . 55

B) ALCUNE CONSIDERAZIONI GENERALI 1 . In che misura il processo ermeneutico è guidato dalle tradizioni confessionali?

Nella dichiarazione della Quarta Conferenza mondiale di Fede e Costituzione, le diverse posizioni assunte sul rapporto tra la Scrittura e la sua interpretazione erano state ravvisate ampiamente nei termini delle confessioni cristiane esistenti . Nel corso della nostra indagine sulla questione, la situazione è ap­ parsa più complessa, e questa complessità poteva avere conse­ guenze sia positive che negative . In particolare, sono state fatte due considerazioni. 1 . Spesso, nel corso del lavoro esegetico, gli studiosi scoprono di dipendere dai loro punti di vista confessionali in modo meno completo di quanto avevano supposto all'inizio del loro lavoro . Questo può succedere perché, nel fare l'esegesi, essi scoprono che le Scritture sono tali che a) va riconosciuta la validità di altri punti di vista e di altri principi di interpretazione, i quali pure corrispondono al carattere delle Scritture, e b) sono incapaci di affermare i loro princìpi di interpretazione in modo tale da renderli inoppugnabili, conclusivi , o supe­ riori a tutti gli altri . Così , se da un lato la diversa natura della Scrittura è tale che qualunque studioso deve avere princìpi provvisori di in­ terpretazione prima di poter dare inizio al proprio lavoro, dal­ l'altro lato, però, non si sa se un principio interpretativo possa essere dichiarato tale e diventare uno strumento prescrittivo ap­ plicabile a tutte le circostanze. 2 . Può darsi che particolari aspetti della Scrittura emergano e richiedano quindi l'attenzione necessaria, non da un punto di vista confessionale, né come conseguenza dell'applicazione dei princìpi interpretativi, ma perché si è sviluppata una par­ ticolare e importante situazione storica, e i cristiani ne debbono parlare . 2.

Tradizione, Scrittura e Chiesa

La Conferenza di Montreal ha adoperato la seguente espres­ sione : « Possiamo dire che esistiamo, come cristiani, per mezzo

della Tradizione del Vangelo (la paradosis del kerygma) , testi­ moniata nelle Scritture, trasmessa dentro e per mezzo della Chiesa attraverso la potenza dello Spirito Santo » . Questa frase esprime un accordo che noi tutti possiamo condividere. Tuttavia, esso si riferisce a situazioni diverse. Accettando questa dichia­ razione, il rapporto tra la Scrittura e la Chiesa può ancora ve­ nire inteso in modo diverso, a seconda dell'accento posto sui vari elementi della frase . Questo potrebbe essere particolar­ mente vero nel caso in cui ci si domandi quale sia il rapporto tra ciò che la Bibbia dice e gli specifici problemi contemporanei sui quali la Chiesa ha il dovere di riflettere . Nel corso dell'esegesi e della discussione sono emerse tre posizioni che, sebbene in forma s �mmaria, si potrebbero espri­ mere come segue . 1 . Per alcuni la Scrittura va considerata come l'unica norma di verità dalla quale la Chiesa è completamente dipendente . Per conoscere la verità, i cristiani devono ricorrere esclusiva­ mente a questa testimonianza fondamentale , che la Chiesa ha trasmesso loro . I più importanti princìpi di interpretazione, che sono comunque difficili da affermare o da scoprire, saranno dettati dalla Scrittura stessa. L'esegesi , l'interpretazione, e l'ap­ plicazione delle Scritture sono quindi di importanza decisiva per stabilire la testimonianza del cristiano oggi , sebbene in tali casi le dichiarazioni bibliche non vadano prese necessariamente in modo di retto e senza adeguata traduzione . Su alcuni problemi esse potrebbero avere poco o nulla da dire . 2 . Alcuni vorrebbero piuttosto sottolineare che la Scrittura è il prodotto della stessa tradizione, che ha avuto vita continua nella Chiesa, ne è l'espressione verbale, ma non contiene tutta la verità. Essa va letta nel contesto della tradizione cristiana generale, che, Bibbia a parte, trova espressione nei sacramenti, nei credi, nel pensiero e nei valori culturali cristiani derivati indirettamente dalla Scrittura . Secondo i princìpi ermeneutici , l'interpretazione della Scrittura è una parte necessaria del com­ pito della Chiesa, dato che la sua vita e il suo pensiero devono essere « coerenti con la Scrittura » (comunque lo si voglia defi­ nire) ; però essa va realizzata nel contesto di tutta la vita della Chiesa. La verità della Scrittura non sarà la somma totale dei risultati dell'esegesi, poiché questi saranno incorporati nella vita 57

e nel discorso della Chiesa per mezzo di una particolare forma di tradizione e pratica cristiane . 3 . Altri ancora vorrebbero sottolineare che la Scrittura è solo un elemento nel complesso poliedrico della verità cri­ stiana . Essa accompagna la vita della Chiesa, e va presa in con­ siderazione insieme ad altri fattori attraverso i quali la verità è mediata, come l'evoluzione del pensiero umano, lo sviluppo culturale, quello che le Chiese hanno fatto al di fuori dalla visione biblica, e forse molto altro ancora. Il fatto che il testo biblico debba costituire il punto di partenza per la discussione di qualsiasi problema, non va dato per scontato, ma va rimesso in discussione in ciascun caso . La predicazione, la teologia dogmatica e le dichiarazioni della Chiesa dovrebbero occuparsi di quelle cose in cui i cristiani oggi devono credere . Se è vero che, per giungere a ciò, sarà importante la tradizione della Chiesa, e la Scrittura avrà sempre un ruolo fondamentale perché esprime la determinazione della Chiesa quando essa era ancora nell'orbita degli eventi dai quali ha avuto origine, questo non significa però che qualunque considerazione o comprensione particolare di quegli eventi debba essere autorevole in modo definitivo . La Chiesa è in dialogo con la Scrittura, ma è stata nutrita da diverse fonti , alla luce delle quali alcune affermazioni bibliche potrebbero essere dichiarate inadeguate , o erronee, o « senza significato », se non fossero state poi modificate dalla verità cui si è arrivati grazie a queste altre fonti . Nessuna d i queste posizioni v a presa in modo esclusivo : esse costituiscono divergenti accentuazioni, e vanno viste in relazione l'una con l'altra . In pratica, comunque, esse potrebbero portare a diverse conclusioni. Gli interrogativi che seguono potrebbero indicare la loro interrelazione . 1 . Coloro che sottolineano l'autorità esclusiva delle Scritture, fanno davvero derivare le loro conoscenze da quest'unica fonte ? 2 . Come fanno coloro che parlano della vita della Chiesa a identificare la verità cristiana? 3. Come va effettuata la distinzione tra gli elementi che nella storia cristiana rivelano la verità di Dio, e quelli che invece non la rivelano ?

3. Diversità nella Bibbia e nel movimento ecumenico

L'attuale sviluppo dell 'ermeneutica ha un impatto partico­ lare nelle prospettive del movimento ecumenico, in particolare com'è rappresentato nel Consiglio Ecumenico delle Chiese . Quando venne fondato il Consiglio Ecumenico delle Chiese, c'era la forte speranza, confermata dai fatti , che nelle diverse Chiese e scuole teologiche, la Bibbia si sarebbe letta sempre di più seguendo le stesse direttive, grazie allo sviluppo della co­ si ddetta « teologia biblica » di quel periodo . Nella sua corrente principale , questa considerava la Bibbia come unità, al cui centro v'erano le azioni divine di salvezza interpretate da una comunità di testimoni più o meno in armonia tra di loro. Si scoprì nella Bibbia un messaggio comune che sembrava illumi­ nare tutti i tipi di problemi con i quali l'uomo moderno doveva combattere . Ora, due decenni dopo, l'attenzione si sta concentrando sem­ pre più sulla diversità o addirittura sulla contraddizione tra gli autori biblici. Gli studiosi approfondiscono il modo in cui i diversi scritti furono inseriti nella vita, e le corrispondenti in­ terpretazioni diverse della salvezza. Di conseguenza , la spe­ ranza che in un prossimo futuro le Chiese possano trovare le basi di una comune comprensione dell'unico messaggio biblico , è quasi scomparsa. Per alcuni gli sviluppi esegetici sembrano addirittura minare la ragion d'essere del movimento ecumenico . Questi sviluppi, comunque, potrebbero anche contribuire a una più profonda comprensione dell 'unità. Certamente le dif­ ferenze tra le nostre Chiese sono dovute solo in parte alle dif­ ferenze nella comprensione del Vangelo . Spesso i fattori non teologici sono più dominanti delle differenze ermeneutiche . Ma, nella misura in cui le nostre divisioni confessionali sono colle­ gate ad una diversa lettura delle Scritture , il dibattito ermeneuti­ co ci aiuta a constatare che simili differenze sono già presenti all'interno degli stessi libri canonici . La consapevolezza delle differenze all 'interno della Bibbia ci porterà a una più profonda comprensione delle nostre divi­ sioni e ci aiuterà a intenderle con maggior sicurezza come le­ gittime interpretazioni dell'unico Vangelo . Così il fatto che gli studiosi biblici stiano esaminando i pro'5