La Bibbia commentata dai Padri. Nuovo Testamento: Marco [Vol. 2] 8831193716, 9788831193719

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La Bibbia commentata dai Padri. Nuovo Testamento: Marco [Vol. 2]
 8831193716, 9788831193719

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LA BIBBIA co;vlìvl ENTATJ\ DAI PADRI La Bibbia, il Libro per eccellenza: documento storico, culturale e religioso, ma anche e soprattutto testo rivelato a cui si riferiscono le varie confessioni e comunità cristiane, nessun'altra opera nella storia dell'uomo è stata altrettanto letta, analizzata, amata e interpretata. Già nei primi secoli della cristianità l'esegesi biblica era alla base della predicazione, della catechesi, dell'elaborazione dottrinale, dell'etica, delle istituzioni ecclesiali e della liturgia, con una spiccata caratterizzazione in senso parenetico ed educativo: è per questa ragione che il solo approccio scientifico non può considerarsi sufficiente per la piena comprensione culturale dell'esegesi biblica patristica. Oggi tale esigenza culturale, insieme a un concreto bisogno avvertito nell'attività di predicazione, ha suscitato, partendo dall'ambiente protestante americano, l'idea di non limitarsi a ricerche e commenti biblici di carattere scientifico, ma di utilizzare la grande varietà di interpretazioni accumulate nei primi secoli della storia del cristianesimo: è nata così, a cura dell'Institut of Classica! Christian Studies (ICCS) della Drew University (Madison, New Jersey), sotto la direzione di Thomas C. Oden, la serie della A11cie111 Christian Commen/ary 011 Scripture, che qui si propone nell'edizione italiana, opportunamente rivisitata, ampliata e adattata, diretta da Angelo Di Berardino. Da Clemente Romano (fine I secolo) a Giovanni Damasceno e a Beda il Ven~rabile (VIII secolo), i volumi della collana, che si occupano di uno o più libri biblici dell'Antico o del Nuovo Testamento, si propongono la «rivitalizzazione dell'insegnamento cristiano fondato sull'esegesi classica cristiana, un più intenso studio da parte dei laici ... e di essere di stimolo per gli studiosi nell'ambito storico, biblico, teologico e pastorale ... ». Raccogliendo e traducendo dalle lingue greca e latina, ma anche copta, siriaca, armena, la ricchezza seminata nei secoli in tante opere spesso non facilmente accessibili, i libri biblici vengono commentati secondo l'antica tecnica catenaria, collegando tra loro i testi dei Padri della Chiesa e corredandoli di introduzioni, sommari e note esplicative. . Curati da un'équipe internazionale ed ecumenica di specialisti in patrologia, i volumi si propongono di offrire agli studiosi e a quanti desiderano nutrirsi della Bibbia alla scuola dei grandi Padri dei primi secoli un contatto diretto con le fonti, nel quadro di un genuino recupero delle tradizioni cristiane.

LA BIBBIA COMMENTATA DAI PADRI Nuovo Testamento 2

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LA BIBBIA COMMENTATA DAI PADRI Nuovo Testamento 2

MARCO

a cura di Thomas C. Oden e Christopher A. Hall Introduzione generale di A. Di Berardino Introduzione al volume di Gianluca Pilara

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Città Nuova

© Ancient Christian Commentary on Scripture, New Testament II, Mark, edited by Thomas C. Oclen & Christopher A. Hall, ICCS, InterVarsity Press, illinois 1998 Traduzione di Gianluca Pilara

In sovraccopertina: Veduta del!'abside. Ravenna, Chiesa di San Vitale. Archivio Scala, Firenze. Grafica di Rossana Quarta

© 2003, Città Nuova Editrice Via degli Scipioni, 265 - 00192 Roma tel. 06-3216212 - e-mail: [email protected]

Con· approvazione ecclesiastica ISBN 88-311-9371-6

Finito di stampare nel mest: di maggio 2003 dalla tipografia çittà Nuova della P.A.M.O.M. Via S. Romano in Garfagnana, 23 00148 Roma - tel. 066530467 e-mail: [email protected]

INTRODUZIONE GENERALE '\

La religione cristiana, in tutte le sue manifestazioni~ ha bisogno del Libro per eccellenza, la Bibbia 1. Quello che vi è scritto è la parte fondante del cristianesimo. Essa è il referente costante nella storia delle comunt'tà cristiane, in particolare nei primi secoli del loro sviluppo, ma anche dei fedeli di ogni tempo, che vogliono fare esperienza di fede nel Dio di Abramo e nel suo Figlio Gesù Cristo. Essa vi~ne letta sia in priva-: to sia nelle comunità oranti, nelle quali è per di più proclamata solennemente. La Bibbia inoltre esiste anche come documento interpretato e utilizzato nei secoli. Ogni lettura di tale testo, scritto ma dinamico, significa continua interpretazione e confronto con il presente vissuto dai lettori e dai credenti. La Bibbia può perciò essere letta come documento storico, culturale e religioso, ma anche come un testo fondante di tutta la cristianità che con essa si deve continuamente confrontare. Generazioni di cristiani - e di ebrei per l'Antico Testamento-:- pregano, piangono e gioiscono da sempre leggendola: nelle grandi cattedrali, nella solitudine di una cella monastica, nel deserto assolato dell'Egitto, ·nell'intimità di una famiglia o in comunità: a volte anche inconsciamente ci accostiamo alla Bibbia alla luce di una ·lunga storia scritta e vissuta prima di noi. Ma la riscoperta del Libro suscita anche l'interesse alla storia dell'interpretazione che. nel tempo e nello spazio si è data di esso. . I:esegesi biblica, nei primi secoli cristiani, era la base della predicazione, della cateche_~i, della elaborazione dottrinale, del!'etica, delle istituzioni ecclesiali e della liturgia,· persino delle controversie. Per questo i testi bibli:CZ~ sia dell'Antico sia del Nuovo Testamento, si rivelano indispensabili per la comprensione stessa della storia del cristianesimo. Anche l'arte cristiana antica era una rappresentazione di episodi biblici a fini didattici: le pitture delle catacombe, ad esempio, comunicavano un messaggio biblico. Origene, quando commenta un testo biblico, si pone soprattutto questa domanda: «Che interesse ha per me questa storia?» (Omelia su Geremia 1, 2). Lo studio dei Commenti patristici condotti sulla Scrittura per molto tempo è stato trascurato perché l'esegesi appariva troppo intessuta di interpretazioni allegoriche talvolta fantasiose, e perché considerata senza valore per lo studio e la sua comprensione della Scrittura stessa - oggi che possediamo altri strumenti per una sua maggio-

1 «Bipbia» è una parola di origine greca usata per designare l'insieme dei libri contenuti nella Sa-

cra Scrittura (Antico e Nuovo Testamento). Nell'antichità, fino alla fissazione del canone e anche dopo, il termine veniva adoperato per indicare semplicemente l'Antico Testamento nella sua triplice divisione: Legge, Profeti e altri scritti.

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Introduzione generale

re intelligenza contestuale - . La storia del!' esegesi trovava solo un interesse esclusivamente storico: come una sorta di archeologia interpretativa senza alcun risvolto sia per il presente, per la vita delle comunt'tà cristiane, sia per lo studio biblico. · In realtà, anche se in qualsiasi scuola esegetica antica c'era un'attenzione alla interpretazione storica e filologica per la comprensione piena del senso biblico - l'allegoria oscillava secondo i tempi .e i luoghi predominando in ambiente alessandrino -, la maggior parte dei testi conservati fino ai nostri giorni è frutto della predicazione che mirava alla edificazione e alla formazione cristiana del popolo cristiano, e non di un'opera di studio o di ricerca. Dal!'esperienza quotidiana si evince che, ancor'oggz: ogni predicatore, nel!'ambt'to di una celebrazione Nturgica, tende a una esegesi allegorica adatta al pubblico presente e alle circostanze di vita degli uditori, forma comune del!'antica esegesi: che è in misura ridotta anche del!'esegesi pastorale odierna. Oggi un'esigenza culturale, insieme ad un concreto bisogno sentito nell'attività di predicazione, ha suscitato l'idea, in ambiente protestante americano, di non limitarsi a ricerche e commenti biblici di carattere scientifico, ma· di utilizzare la grande rie~ chezza di interpretazlone accumulata nei primi secoli' della storia del cristianesimo, il periodo detto dei Padri della Chiesa: da Clemente Romano (fine d,el sec. I) fino a Giovanni Damasceno (morto nel 749ca in Palestina) e Beda il Venerabile (morto nel 735 in Inghilterra). Sono gli ideatori della Ancient Christian Commentary on Scripture edita negli USA presso la InterVarsity Press, la cui pubblicazione in più volumi è ancora in corso -, ad affermare che il progetto «ha come scopo la rivitalizzazione del!' insegnamento criStiano fondato sulla esegesi classica cristiana, un più intenso studio della Scrittura da parte dei laici: che desiderano pensare insieme con la primitiva chiesa sul testo canonico, ed essere di stimolo per gli studiosi cristiani nel!'ambito storico, biblico, teologico e pastorale, ad approfondire la ricerca dell'interpretazione scritturistica degli antichi scrittori cristiani... .La parola predicata nel nostro tempo è restata largamente benefii:iaria della precedente influente ispirazione patristica» 2, ma senza sapere la provenienza del suo repertorio interpretativo. Si è costatato lo strano f enomeno. che il predicatore (specialmente protestante) utilizza tutta una strumentazione espositiva che viene da molto lontano senza la coscienza riflessa della sua origine. Non è più profittevole allora attingere direttamente alle fonti primarie? Non ne riceverebbero un vantaggio lo studio, la meditazione e la predicazione? . Il pubblico al quale d si è rivolti è primieramente quello non·specialistico, ma che tuttavia è desideroso di nutrirsi della Bibbia sotto la guida delle grandi menti del primo cristianesimo. Non si trascurano.comunque i lettori qualificati ed esigenti che solo da epoca recente cominciano a disporre di alcuni strumenti adeguati. !.:Italia in tal senso è più fortunata, rispetto al pubblico americano, sia per una diversa tradizione culturale e sia per l'incremento del!'interesse e delle pubblicazioni: tra le quali si distingue il ricchissimo catalogo di Testi Patristici di Città Nuova che d mette alla scuola dei Padri.

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Introduzione all'edizione americana, p. XL

Introduzione generale

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Ora Città Nuova aggiunge al suo catalogo la collana La Bibbia commentata dai Padri, edizione italiana dei volumi americani. Essa raccoglie la ricchezza seminata in tante opere, spesso non facilmente accessibil~ sta in lingua greca che latina, come nelle altre lingue cristiane: il copto, il siriaco e l'armeno. Ogni singolo libro biblico viene commentato seguendo l'antica tecnica catenarta che fa scorrere, concatenati fra loro, i brani che i Padri scrissero o pronunciarono su quel determinato passo. I commenti patristici sono affiancati da altre fonti, come le poesie di Efrem e di Prudenzio. r:opera che qui si presenta è corredata da introdu1Jom: sommari· e note, che guidano per i percorsi, talvolta tortuosi: delle interpretazioni. Tuttavia il lettore moderno rz'mane li'bero di intrattenere un contatto diretto con il testo e con l'esegeta antico. Inoltre non tutti i libri· biblt'ci hanno un commento continuo; in tal caso si è ritenuto necessario ricorrere ad un più ampio uso di opere di diversa provenienza. Le note, non abbondant~ hanno lo scopo çli contestualizzare quei brani che necessitano di una chiarificazione. Anche se l'interpretazione proposta da un autore cristiano dei primi secoli oggi può o non essere più accettata o ritenuta errata, t'l brano viéne riportato perché si "ascolti" la sua voce, perché se ne colga la mentalità e il suo tentativo interpretativo. I commenti: sovente, venivano pronunciati di fronte ad una assemblea riunita in preghiera e desiderosa di ricevere la parola di istruzione, di incoraggiamento e di consolazione dell'omileta. Essa veniva ripresa da qualche stenografo, che registrava il sermone dalla viva voce del predicatore; a noi il sermone è giunto talvolta rivisto dal!'autore, talaltra così come era stato predicato e senza alcuna revisione. Lo stenografo, che usava un sistema di scrittura veloce, si limitava in un secondo momento a trascrivere delle note personali. Origene, secondo Eusebio, solo in età avanzata permise ai tachigrafi di trascrivere le sue omelle (Historia Ecci. VL 36, 1). Il vescovo rimaneva di fatto zl tractator divinorum eloquiorum (Contra duas epi. Pelag. TV, 8, 24), cioè l'interprete qualificato nella spiegazione della Scrittura al popolo cristiano. Nelle assemblee liturgiche normalmente esisteva un ciclo continuo di letture di un testo, a scelta del presidente) e che ll predicatore commentava; non è facile ricostruire questo ciclo, è parzialmente possibile solo per i grandi predicatori. Nel periodo post-pasquale normalmente si leggevano gli Atti degli Apostoli. Un'opera biblica veniva letta a brani in occasioni successive e t'l predicatore allora svolgeva un commento continuo. Naturalmente ogni prediéatore aveva delle preferenze per opere bibliche da commentare per ifedeli. Nelle grandi feste il tema era d)obbligo. La gran parte dei commetJti biblici non sono nati come opere scolastiche o di studio - come avviene normalmente oggi -, ma come omelie realmente predicate a credenti che interagivano con il predicatore con l'applauso, con t'l chiaccht'ericcio, con la contestazione. r:omelta risente del dialogo diretto o indi.retto con il pubblico. Nella predicazlone solitamente gli oratori citavano i passi biblici a memoria, oppure utilt'zzavano delle antologie tematt'che. Non di rado il predicatore improvvisava il suo discorso di commento al brano biblico letto. Origene, in un sermone pronunciato a Gerusalemme alla presenza del vescovo Alessandro) chiede a lui quale passo deve commentare della lunghissima lettura proclamata dal lettore (l'omelta sul Primo libro dei Re): si scelse di commentare solo 1 Re, 25-28. Talvolta zl lettore, per errore, proclamava un brano diverso da quello previsto. Agostino accenna a questo inconvent·ente e confessa che, pur avendo preparato un altro ar-

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Introduzione generale

· gomento) propone all'assemblea una diversa riflessione. Il predicatore è cosciente che la sua spiegazione è frutto della illuminazione divina e l'ascoltatore può comprenderla solo se anch'egli riceve una illuminazione: è il pensiero di Origene (Omelie su Geremia 19) 11; Omelia su Genesi 12) 5) e di Agostino (Dottrina cristiana TV, 16, 32). Altrove Agostino dice: «Felice l'anima che si purifica con la limpidezza della verità [.. .]. Colui che, invece, si compiace della legge di Dio e ne riceve tanto diletto da trovarsi al di sopra di tutti i godimenti della dissolutezza, non attribuisca a sè tale ricreante esperienza: Il Signore elargirà il suo bene (Salmo 84, 15). Quale chiederò? Signore, dammi quel béne, oppure quell'altro? Tu sei buono, o Signore, e nella tua bontà insegnami la tua giustizia (Salmo 118, 68). Nella tua bontà insegnami e istruiscimi. Allora appr~ndo ad operare, quando n'ella tua bontà tu mi istruisci>> (Sermone 153, 8, 10).

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Pur non dando troppa importanza alla retorica, i Padri ne utilizzavano i canoni per costruire i discorsi e per convincere insegnando. Scrive Agostino: «Per l'esposizione delle Scritture ci sono delle norme·che, a quanto mi sembra, possono essere presentate validamente a chi si dedica al loro studio. Con esse lo studioso potrà ricavare profitto non solo dalla lettura di quel che scopersero altri nei passi oscuri delle sacre Lettere, ma egli stesso potrà diventarne interprete per altri ancora. Mi sono pertanto deciso a comporre ·questa trattazione per coloro che vogliono .e sono in grado d'apprendere tali norme, e mi auguro che Dio, nostro Signore, non mi neghi nello scrivere i doni che è solito elargirmi allorchè penso a tale argomento» (Dottrina cristiana, prol. 1),. Le norme retoriche che si insegnavano a scuola dovevano servire come guida, ma il predicatore cristiano doveva fare molta attenzione al pubblico e alla sua capacità di rt'cezione e di comprensione. Agostino dice: «Lo ripeto con parole un po' più chiare per quei nostri fratelli che hanno più difficoltà a capire. Coloro invece che hanno già capito sopportino la lentezza degli altri e imitino il Signore il quale, pur possedendo la natura divina ... annientò se stesso ... facendosi obbediente fino alla morte (Fil 2, 6-8)» (Sermone 264, 4).

La correttezza linguistica è importante, ma la comprensione dell'uditorio era la preoccupazione maggiore del predicatore: «Così dunque non rideranno se per caso abbiano sentito qualche responsabile e ministro ;della Chiesa invocare Dio, usando ba·rbarismi e solecismi, o non comprendere t'l significato delle parole stesse che pronunzia separarle in modo scorretto. Non che questi errori non debbano essere corretti (sì che il popolo possa dire amen a ciò che comprende pienamente); nondimeno, devono essere tollerati in spirito di carità[. . .]. Peri più lenti occorre invece condurre la spiegazione in modo più_articolato e con un maggior numero di similitudinl sì che tengano nel dovuto ·conto ciò a cui assistono» (l:istruzione dei semplici 9, 13). I.: uditore va accettato così com'è, ma va istruito nella parola della salvezza e per questo i grandi Padri non hanno esitato ad usare il sermo humilis per essere capitl ad adoperare le lingue locali"o i dialetti. Quando era possibile e necessario anche dei traduttori. A Gerusalemme il vescovo parlava in greco, ma qualche persona competente traduceva in -latino o in altre lingue. . Ho rivolto l'attenzione su questi aspetti: perchè !!pesso si dimentica che la grande produziqne esegetica è di carattere omiletico. ,La lingua della predicazione, il tono della pronuncia del discorso, recitato di fronte ali'assemblea, influisce anche sull'esegesi.

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Introduzione genérale

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!:oralità era ben curata. Il sermone non veniva solo pronunciato come facciamo noz: ma; t'n qualche modo musicalizzato. I testi selezionati in questi volumi hanno tale provenienza. I Padri hanno commentato la Bibbia non sui testi originali: .ma su traduzioni. La Bibbia cristiana per eccellenza era la traduzione greca dei Settanta .3, quella usata dai Padri greci. Le prime traduzioni in latino erano fatte oralmente, come avvem·va anche nel IV e nel V secolo per alcune lingue o dialett; e come sempre è avvenuto nella storia della missione cristiana. Tali traduzioni nei primi tempi' erano improvvisate all'interno della celebrazione liturgica, dopo aver ascoltato il tèsto letto, per esempio, in greco. Anche quelle scritte venivano eseguite dal testo greco dei Settanta (non dal!' ebraico) e dal testo greco del Nuovo Testamento. Altrettanto avvenne inizialmente ai tempi più antichi per i parlanti latino. Ben presto i latini traducono opere intere, che costituiscono la base di tutti i rimaneggiamenti successivi. Essi sorgono perché si· è di fronte ad un testo letto e riletto, per cui i nuovi lettori non erano contenti della traduzione e volevano introdurre dei miglioramenti. Così sorse quella complessa traduzione denominata Vetus latina e dalla fine del N secolo si diffonde la traduzione di Girolamo, detta Vulgata dal XVI secolo. Per questo Agostino può dire: «Si possono contare i traduttori della Scrittura dall'ebraico al greco, ma in nessun modo i traduttori latini» (Dottrina cristiana 2, 11). Lo stes~o fenomeno si ripeteva dove si parlavano altre lingue: prima abbiamo delle traduzioni orali e poi scritte. Inoltre, delle revisioni o edizioni cristiane si può ricordare la monumentale opera di Origene, gli Hexapla, che riportavano su sei colonne: il testo·ebraico, la sua traslitterazione in caratteri greci: e quattro di/ferenti traduzioni. Inoltre la Bibbia fu tradotta anche nelle lingue antiche orientali (siriaca, copta, armena, georgiana, etiopica, araba): traduzioni normalmente fatte dal greco dei Settanta e talvolta dal!' ebraico. Tra le traduzioni siriache la più importante è detta Peshitta, eseguita in tempi diversi e parzialmente dall'ebraico. La traduzione .gotica nel IV secolo fu fatta da Ul/ila, l't:vangelizzatore dei goti. Un commento, o meglio un .sermone, fatto su una traduzione, che a sua volta è una interpretazione, è naturale che di/ferisca da uno elaborato sul testo originale. Le parole e le lorp etimologie hanno sfumature diverse, che influiscono sulla elaborazione della riflessione. I commenti cristiani: in qualunque lingua siano stati fatti e tramandat; si fondano sulle traduzioni nelle rispettive lingue. Lo studio dell'esegesi patristica e delle opere dei Padri deve tenere conto anche di questa complessa storia delle traduzioni. Talvolta si trovano divergenze di lingua e di metodo in uno stesso lz'bro biblico sia perchè opera di vari traduttorz~ sia perchè emendato o completato con altre traduzioni. Il libro di Giobbe, per esempio, il cui testo al tempo di Origene era più breve, è stato da

3 Con il termine «Settanta» (Septuaginta) s'intende la traduzione dei LXX, riferendoci alla totalità dell'Antico Testamento in linguà greca. Tale traduzione greca, primo grande tentativo di esprimere in un altro linguaggio il pensiero religioso ebraico per un'altra cultura, fu fatto in un arco di tempo alquanto esteso. Tuttavia, da parte ·ebraica, vengono fatte revisioni o "edizioni" della traduzione dei Settanta, come quelle di Teodozione, di Aquila (fine I secolo) e di Simmaco (fine II secolo)'.

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Introduzione generale

lui completato con la versione di Teodozione. Cosa avvenne quando questo libro venne tradotto in altre lingue? Gli Antichi Commenti Patristici alla Scrittura hanno avuto immediatamente un grande successo negli Stati Uniti, speda/mente in ambiente protestante. Thomas Oden, della Drew University, ha mirato ad una collaborazione ecumenica, per provenienza e confessione di fede, e a che l'opera venz'sse tradotta anche in altre lingue. I:edizione italiana sostanzialmente assume come base di partenza l'edizione americana. Differisce da essa perchè si è preferito rielaborare le introduzioni, selezionare e ampliare i testi e le annotazloni. Gli americani: per individuare i brani da pubblicare,. hanno lavorato molto con la ricerca digitale mediante i nuovi strumenti informatici. Gli italiani: per formazione e cultura, hanno preferito il sistema tradizionale del contatto diretto con le opere antiche. Per i brani riportati' si è fatto spesso ricorso a traduzioni esistenti,. eventualmente migliorate, ma anche a traduzioni dai testi originali. ANGELO DI BERARDINO

INTRODUZIONE A MARCO

Questa introduzione ha il precipuo scopo di preparare il lettore ad una graduale comprensione del Vangelo di Marco, che in questa sede viene proposto alla luce del!'esegesi e dello studio dei Padri della Chiesa. In prima analisi sarà utile sottolineare l'importanza dell'impegno esegetico dei Padri coniugato con l'alto valore catechetico della loro predicazione; quindi individuare i contesti e le problematiche culturali e sociali in cui gli autori cristiani antichi hanno operato, portando a compimento una produzione letteraria di elevato spessore. Nell'ambito di queste argomentazioni esegetiche e metodologiche si inserisce il testo del Vangelo secondo Marco. Per riscoprire il valore e l'importanza di questo testo dovremo ricercare la storia e le fonti che parteciparono concordemente ad attribuire la paternità di questo Vangelo al discepolo e interprete del!'apostolo Pietro, e soprattutto dovremo mettere in evidenza, attraverso la testimonianza dei Padr~ l'autorità che fu riconosiuta alt'evangelista in seno alle singole comunità cristiane e in generale nella Chiesa dei primi secoli.

ESEGESI E CATECHESI NEI PADRI

Nella presentazione di un Vangelo o di un testo sacro non possono essere dimenticati alcuni presupposti tipici del fenomeno religioso cristlano dei primi secoli. Varie pròblematiche vengono incontro allo studioso, .ma anche al singolo lettore, che si confronta con l'esigenza di comprendere il valore educativo, dottrinale e catechetico dei testi rivelat~· altro·è l'impegno teso a comprenderne l'uso che di tali testi veniva fatto al!'interno della comunità cristiana nascente. Per quanto attiene al messaggio dottrz'nale, esso si lega strettamente al concetto di Tradizione che proponeva ogni sù:igolo testo sacro in simbiosi con la sto~ia e la vita stessa della Chie.sa; per tal motivo sarà utile dedicare lo spazio necessario al discorso relativo alla .paternità del Vangelo secondo Marco, nella specifica intenzione di attribuire autorità ad un testo che, in nome del suo autore, veniva considerato rivelato e rivelatore della verità evangelica e apostolica. I:uso che di tale libro o di tali libri sacri veniva fatto all'interno della primitiva Chiesa cristiana risponde, invece, ad una normale esigenza da parte del popolo dei fedeli di conoscere la vita e le opere di Cristo) ma anche di avere una testimonianza viva dei precetti e degli insegnamenti divini da poter rispettare e diffondere. Pertanto la divulgazione del messaggio scritturistico era considerata un fenonemo e una necessità al medesimo tempo. Ben presto !'esegesi .e la catechesi divennero due aspetti ineludibili e indissolubili nella realtà sociale e culturale della prima Chiesa cristiana.

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Introduzione a Marco

Nel desiderio di educare alla fede e di propagare il messaggio di Cristo, la Sacra Scrittura si· presenta come diretta manifestazione della volontà del.Signore e in quanto tale è considerata necessaria alla costituzione e alla crescita della comunità ecclesiale. Per questo motivo la catechesi è forma primaria di educazione e di propagazione deltannundo, in quanto veicolo primario per la conoscenza della dottrina, della disdplina, della liturgia. Ma la complessz'tà e la grande eterogeneità dei libri del patrimonio scritt.uristico hanno sempre rappresentato difficoltà enormi nella comprensione e nella spiegazione per coloro cui era stato assegnato il compito di diffondere e di mantenere viva la Tradizione. Tale esigenza trovò una risposta nell'ampio lavoro di ermeneutica che i Padri z'ntrapresero st'n dalle origini: ritrovando un. predecessore e maestro nello stesso apostolo Paolo, che per primo aveva insegnato a leggere l'Antico Testamento come prefigurazione e preparazione al Nuovo annuncio di fede manifestato da Cristo stesso ai discepoli: con il compito di diffonderlo tra le genti. Dunque i Padri apostolici intesero da subito la catechesi come necessario obbligo di fede verso i cateromeni e realizzarono tale ufficio mediante un'ampia espressione letteraria che si manifestò in forme assai diverse, sia orali che scritte. I Padri dimostrarono una geniale creatività nei confronti del testo sacro e, pur mantenendosi conformi ai canoni dell'ortodossia, tentarono di contestualizzare l'Antico Testamento e le verità difede con le realta della Chiesa attuale, mediante un'attenta penetrazt'one esegetiça e non dimenticando mai le esigenze e i compiti della formazione cristiana. La Sacra Scrittura si presenta a noi oggi e si presentava agli antichi come una grande biblioteca aperta alla conoscenza del singolo così come dell'intera comunità: un vero deposito di fede. I:apostolo Paolo nella seconda Lettera a Timoteo scrive: Rimani saldo in quello che hai imparato e di cui sei convinto, sapendo da chi l'hai appreso e che fin dall'infanzia conosci le Sacre Scritture: queste possono istruirti per la salvezza, che si ottiene per mezzo della fede in Cristo Gesù. Tutta la Scrittura infatti è ispirata da Dio e utile per insegnare, convincere, correggere e formare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per .ogni opera buona 1.

Per tutti questi motivi l'ufficio catechetico e l'impegno esegetlco rappresentarono la corsia preferenziale della Tradizione ecclesiastica in tutto !'arco dell'età patristica.

L'ESEGESI NELLA STORIA DELLA CHIESA

Uno sguardo di insieme sulla storia della esegesi nell'ambito della patristica ci permetterà di conoscere meglio il pensiero degli autori cristiani antlchi e di comprendere nella sua pienezza l'importanza che il Libro per eccellenza della nostra tradizione ha rappresentato nella evoluzione culturale, sodale, politica e, infine, religiosa del fenomeno cristiano. I.:esegesi ha inizio con la Bibbia stessa. L'Antico Testamento è frutto di una continua interpretazione. Qualsiasi insegnamento o rivelazione tramandato da un pro/e-

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2 Tm 3, 14-16.

Introduzione a Marco

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ta si evolve e si muta nel contesto storico e sociale, amplia: i suoi connotati e diviene multietnico. La medesima cosa avviene nel Nuovo Testamento dove vengono riprese citazioni e situazioni dell1Antico con valore e significato nuovo /più ampio. Al tempo di Gesù esùtevano varie scuole di esegesi> anzi nella cultura ebraica era abitudine comune interpretare l'Antico Testamento, e i FariSei dettavano le norme da seguire nel!'esegesi veterotestamentaria. Molto presto a queste scuole giudaiche si aggiunse l1o- . pera di Filone (prima metà del I secolo), il quale aveva preferito un'esegesi veterotestamentaria completamente allegorica, proponendo la Bibbia come un manuale di filosofia etica. Il punto di partenza della sua interpretazione, che poi gli alessandrini e Origene in particolare fecero propria, era l'alto valore allegorico del testo biblico: il senso letterale di un testo è il significato che quel testo vuole esprimere. Nella Chiesa cristiana delle origini~· come primaria esigenza, si era manifestata la f!ecessità di una lettura e comprensione dell'Antica Alleanza alla luce del nuovo messaggio evangelico dettato alle genti dal Figlio dell'Uomo. Il cristianesimo, come sempre lo era stato il giudaismo, si rivelò come "religione del librd'. La Bibbia, in quanto voce scritta di Dio, era stata incisa a caratteri eterni a beneficio del popolo eletto dal Signore e tutta la vita cristiana nei suoi atti e nelle sue parole doveva essere uniformata ad essa. · Naturalmente l'esegesi della primitiva Chiesa cristiana si dimostrò come una evidente continuazione del tipo di esegesi praticata dal/'antico giudaismo. Se però l'atten:done degli esegeti giudaici era rivolta alla Torah, l'interesse degli esegeti cristiani si rivolse presto verso Cristo e conseguentemente alla lettura dell'Antico Testamento in chiave cristologi'ca. Mediante l'uso del!' interpretazione allegorica del testo episodi della Scrittura più antica divennero anticipazione e simbolo della venuta e della vita corporea di Cristo, e cosz' anchè la Legge e i Profeti e le Parole del Signore trovarono pieno compimento nel Dio incarnato. Lo stesso Paolo insegnò a rileggere la rivelazione per mezzo dello strumento allegorico 2. La Chiesa subapostolica eredt'tò questa nuova concezione esegetica e applicò ./'Antico Testamento alle esigenze delle nuove comunità cristlane. In modo particolare.l'impr:gno ermeneutico dei Padri nel II .~ecolo fu indirizzato prindpalmente alla polemica con i giudei (il Dialogo con Trifone scritto da Giustino Martire rappresenta una prova evidente di quanto fosse forte il risentimento dei giudei nei confronti dei cristiani), e al superamento del!'eresia gnostica (Ireneo di Lione fu l'autore più rappresentativo di questo scontro). Come i giudei erano attenti' al significato letterale del testo scritturistt'co, cosi' gli gnostici' esaltavano l'alto valore simbolico nascosto nelle parole di Cristo; i giudei ~onsideravano Cristo un semplice uomo e ritenevano ancora valida la Legge di Mosè, gli gnostici' attribuivano la paternità dell'Antico Testamento al Dio_giusto deglz' ebrei e il Nuovo Testamento al Dio buono, manifestatosi · in forma apparente nelle vesti umane di Gesù. Diversa fu dunque l'esegesi di Giusti~ no, che fu spinto a ri·nnovare il valore allegorico contro il senso strettamente letterale manifestato dalle scuole esegetiche giudaiche, e l'interpretazione operata da Ireneo,

2 Nella lettera ai Galati (4, 24) Paolo dice che i luoghì, gli avvenimenti e le persone dell'Antico Testamento hanno un alto valore allegorico.

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Introduzione a Marco .

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che al contrario ritornò sui passi di una lettura più conforme al senso testuale per poter a/fermare l'autenticità del messaggio rivelato da Cristo e tramandato dalla Chiesa cattolica romana 3, sottolineando l'assoluta unitarietà della Scrittura Divina ed insistendo sull'importanza di un'interpretazione della Scrittura con la Scrittura, del testo singolo con il contesto biblico. Di vero e propri'o trattato esegetico si può parlare solamente con Ippolito, tra la fine del II e l'int'zio del III secoloj Ippolito intese la sua attività come risposta ad una esigenza specifica di comprendere l'Antico Testamento con gli: occhi di un esegeta cristiano e di rivelarlo ai fedeli secondo un.,interpretazione sostanzialmente cristologica . .Nello stesso periodo 1:n Oriente si i·naugurava la grande fase della scuola alessandrina. Per la prima volta, raccogliendo la tradizione allegorica inaugurata da Filone, vennero fissate delle regole precise per l'interpretazione scrt#uristica, stabilendo i vari piani di lettura, che Origene (185ca-254ca) evidenziò perfettamente nel senso letterale, spirituale e morale 4. Questo tipo di esegesi si rivelò talvolta troppo libera e fu accusata presto di eccessivo soggettivismo. In particolare, la città di Antiochia ospitò una scuola di tendenza opposta, allo scopo di riportare il senso scritturistt'co su un piano più oggettivo e più letterale. Se la scuola di Alessandria dimostrava la possibilità di leggere ogni passo biblico in senso allegQrico, gli ·esegeti antiocheni opponevano. una discrezione maggiore nella simbologia dei fatti dell'Antico Testamento. Fondatore della scuola di Antiochia fu Diodoro di Tarso (seconda metà del N secolo) e il suo massimo rappresentante fu Teodoro di Mopsuestia (350ca-428), il quale ribadì chiaramente il principio per cui solo taluni passi dell'Antico Testamento dovevano essere letti in chiave cristologica. Sul versante siro-palestinese ~·principi esegetici della scuola origeniana e alessandrina vennero conservati da Eusebio di Cesarea (265ca-340ca), il quale però si trovò ad operare in un contesto storico-polz"tico sostanzialmente diverso; egli ·scelse forme espressive nuove e, pur mantenendo un'adesione alla/orma allegorica, ricercò anche il senso più strettamente materiale nella lettura dei testi sacri> nella sua attività esegetica Eusebio dimostra sempre di voler accompagnare ad una visione più liberamente simbolt'ca e tipologica una interpretazione attenta anche ai fatti nella loro storicità e nella loro evidenza letterale. · · In Occidente l'esegesi patristica del IV secolo conobbe soluzioni diverse, offrendo spazio sia ad una lettura allegorica che ad una più strettamente legata al senso letterale. Varie omelie e commentari ai testi sacri vennero redatti in tutte ·/e province dell'Impero e divulgati sia nella forma orale, nella predicazione e nella catechesi: sia nella forma seritta. Ilario diPoitiers (300ca-367ca), Ambrogio di Milano (339ca-397), Girolamo (347ca-419) e infine Agostino di Ippona (354-430) furono sicuramente le /i-

3 Ireneo di Lione in Gallia nd sec.

II e Tertulliano in Africa nel ID insistettero molto sull'im-

portanza di una tradizione scritturistica ed esegetica affidata alla Chiesa e divulgata da essa nelle forme e nei metodi che essi consideravano i soli veri e ufficiali, perché tramandati nei secoli da Cristo . stesso agli apostoli e da questi ultimi ai vescovi. 4 «Come l'uomo è .composto di corpo, anima e spirito, così lo è anche la Santa Scrittura, che è stata concessa per volontà della divina provvidenza per favorire la salvezza degli uomini» (Origene, I Principi IV, 2, 4: SC 268, 312).

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Introduzione a Marco

gure più rappresentative di questa esegesi~ che raggiunse veramente risultati notevoli sotto i più vari aspetti dottrinali e filosofici. Nei secoli più difficili delle migrazioni barbariche l'eredità dei maestri orientali e occidentali fu mante1Juta v1:va da Gregorio Magno. (540ca-604), che si fece interprete e continuatore di una tradizione esegetica ormai radicatasi·nella cultura e nella storia della comunità cristiana; senza dimenticare l'importante contributo offerto dalla vastissima produzione letteraria ed esegetica di un Padre della Chiesa britannica quale Beda il Venerabile (672ca-735). LA PATERNITÀ DEL VANGELO DI

MARco

NEGLI SCRIITORI CRISTIANI ANTICHI

La testimonianza dei Padri si rende quindi necessaria alla comprensione dei testi' sacri e allo stesso tempo imprescindibile nel suo intento di custodire verità storiche altrimenti sconosciute. La voce diretta dei Padri ci istruisce sul!'autenticità e sul significato della tradizione rivelata nel testo di Marco, indicandoci le vie e il senso della predicazione dell'evangelista. . La Chiesa antica considerava l'autore del Vangelo di Marco come la voce autentica e il vero interprete di Pietro. Questa opinione sorg~ da subito nella vita della Chiesa) e rimane ampiamente incontrastata durante i primi secoli del crt'stianesimo ed è accettata da tutta la Chiesa. I:evidenza testuale primaria su questo punto di vista è forte e ancestrale) come si mostrerà più avanti. · La prima testimonianza sulla paternità del Vangelo di Marco è rappresentata da Papia (GOca-130)) vescovo di Gerapoli in Frigia. Questa informazione viene trasmessa in un frammento cristiano primitivo, conservato fino ai nostri tempi da Eusebio di Cesarea: «Bisogna che io ora aggiunga alle parole già dtate la testimonianza da lui (Papia) riferita sul!'evangelista Marco con queste parole: "Questo diceva il presbitero (Giovanni) 5, che Marco, interprete di Pietro, riferì con precisione, ma disordinatamente, quanto ricordava dei detti e delle azioni· compiute dal Signore. Non lo aveva infatti ascoltato di persona, e non era stato suo discepolo, ma, come ho detto, di Pietro; questi insegnava secondo le necessità, senza fare ordine nei detti del Signore. In nulla sbagliò perciò Marco nel riportarne alcuni come li ricordava~ Di una sola cosa infatti si preoccupava, di non tralasciare alcunchè di ciò che aveva ascoltato e di non riferire nulla di falso"» 6, Papia era ricordato da Ireneo come un uomo dell età primitiva, «uditore di Giovanni e compagno di Policarpo» 1. Nato intorno all'anno 60 d.C. (approssimativamente al tempo della prima predicazione di Paolo a Roma), Papia fu, con molta probabilità, contemporaneo di Giovanni. In tutti i casi ebbe il privilegio di ascoltare la 1

5 Eusebio attribuiva a Papia la distinzione ~ra due Giovanni: «Il primo viene chiaramente pre-

sentato come evangelista accanto a Pietro, Giacomo, Matteo e agli altri apostoli. Dopo aver fatto una distinzione, annovera l'altro Giovanni fra coloro che non erano apostoli, gli antempone Aristione, e lo chiama chiaramente presbitero». Eusebio di Cesarea, Storia ecclesiasiica 3, 39, 5 (SC .31, 154-155). 6 Eusebio di Cesarea, Storia ecclesiastica 3, 39, 14-15 (SC 31, 156-157). 7 Ireneo di Lione, Contro le eresie 5, 33 , 4 (SC 153, 416).

16

Introduzione a Marco

predicazione o della prima o, con più probabilità) della seconda generazione apostolt'ca, e trasmise la tradizione giovannea che aveva ricevuto. Papia visse in una regione dove la tradizione evangelica fiorì proprio agli inizi: come si deduce dall'itinerario missionario di Paolo, raccontato in Atti 16, 6 e 18, 23 B. Possiamo anche leggere che vi erano alcune persone della Frigia presenti a Gerusalemme nel giorno di Pentecoste (Atti 2, 10). Nonostante tutto, Papia vedeva se stesso semplicemente come uno che trasmetteva una tradizione già solidamente. riconosciuta. Nulla ci permette di ritenere che Pa'pia avesse voluto modificare la tradizione, tanto più che in Frigia era idea comune attribuire altevangelista Marco la paternità del Vangelo, sottolineando l'immediata dipendenza dello scritto dalla predicazione di Pietro. Poche decadi dopo la morte di Papia, Clemente di Alessandria (lJOca-215), in un luogo completamente diverso, in Egz'tto, sembra confermare la tradizione secondo la quale Marco è l'interprete più affidabile della storia del Signore attestata da Pietro. Questo implica che la tradizt'one dei primi presbiteri alessandrinl conosciuti da .Clemente, ammetteva la possibilità che Marco fosse rimasto con Pietro per un lungo tempo, che Pietro fosse cosciente del fatto che Marco aveva scritto la narrazione da lui trasmessa, e che questi non avesse posto. obiezione alcuna all'opera di Marco, sebbene Pietro stesso non la suggerisse né la promuovesse direttamente. Marco nella descrizzòne è presentato come narratore affidabile e sincero dell'autor#ario e ampiamente riconosciuto insegnamento pubblico su Cristo che Pietro fece mentre era a Roma. Queste le parole di Clemente 9, come le ha trasmesse Eusebio: - anche in quei commenti che appartengono ad ambientl culturali assai di-

32 Cf. M.

Gerard, CPG III, Brepols, Turnhout 1974, 6529. Vedi Quasten, V, pp. 224-225.

24

Introduzione a Marco

stz'nti> per esempio, Efrem di Nisibi e Agostino di Ippona. D'altro canto non abbiamo escluso selezioni che mostrino una visione alternativa. Questi esempi evidenziano l'ampio spazio che esi:'ìte per una varietà di interpetazioni al!'interno del grande sguardo ecumenico. LA BIBBIA COMMENTATA DAI PADRI

I.:intenzione della collana La Bibbia commentata dai Padri è quella di proporre una lettura dei Padri della Chiesa ad un pubblico più vasto, permettendo a tutti difruire delle bellezze dei commentari pa'trùtici e soprattutto di scoprire il valore e il signifz"cato che tait' scritti hanno· rappresentato per la Chiesa del tempo e che tuttora rappresentano per lo studio e la conoscenza della Sacra Scrittura. I Padri sono coloro che hanno contribuito dirèttamente alla formazione e alla costituzione della tradizione cristiana antica. Il lavoro costante e interminabile che i Padri hanno lasciato ai posteri nell'ambito delfEsegesi biblica è fondamentale tutt'oggi. Non solo essi dimostrano di voler scoprire il grande disegno provvidenziale di Dio nel mondo, nel!'uomo, nel!'universo e di volerlo rivelare agli uomini, ma il loro interes).:e si rivolge a tutta f ecumene cristiana e a tutte le culture e le società del mondo antico: studiano il mondo e la civiltà greco-romana, e operano una assimilazione tra cultura orientale e mondo greco e latino. Il loro messaggio è altamente significativo sotto l'aspetto socio-culturale; essi elaborano una vera e propria mediazione culturale che varia a seconda del periodo è dello spazio geografico incui vengono ad operare, ma che si dimostra efficace e fondamentale nello studio delle varie epoche storiche. La grande varietà della produzione letteraria patristica offre ai moderni un patrimonio di documenti e di fonti dirette esclusivo e inesauribile: commenti: omelie, storie ecclesiastiche, carmi, non sempre apprezzatzfino in fondo e spesso lontani dagli occhi della quotidianità. Si rivelano invece quali opere di inestimabile valore letterario e . di profondo significato dottrinale. · Lasciamo ai testi patristici stessi il compito di mostrare che i diversi· generi letterari: in cui essi si mostrano, contribuiscono significativamente al!'interpretazione cristt'ana antica della Seri/tura Santa. Gli inni di Efrem di Nisibi o di Prudenzio, che illuminano con gran chiarezza il testo biblico, le Costituzioni degli apòstoli che raffigurano con adesione viva alla realtà storica i fondamenti della Chiesa primitiva e descrivono i primi passi della comunità cristiana, vengono riproposti sotto una luce nuova, riaffermando ancora una volta la loro particolarità e bellezza. · Nel tentativo di restituire quotidianità ai testi patristt'ci più antichi e meno conosciuti: si è voluto elaborare un commento al Vangelo secondo Marco, rispettando i canoni dell'esegesi biblica dei prt'mi secoli del cristianesimo. In particolar modo; lo sti'le di' questo commentario si incontra nella linea della tradizione delle catenae, quel primitivo stile di commenta.rio nel quale si usava una serie di estratti dell'esegesi patristt'ca ·per ).piegare il significato di un testo della Scrittura. Questo commentario dell' antt'ca cristianità al Vangelo di Marco si basa sulla convinzù~me che l'idea di.un commentario è tuttora valida e perseguibile e che la cono-

Introduzione a Marco

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scenza del!' esegesi dei Padri della Chiesa, che è sempre attuale, oltre a farci riscoprire le bellezze della nostra storia cristiana, ci permette di conoscere più a fondo le radici della nostra sacralità e della nostra scienza rellgiosa fondata sul testo biblico. GIANLUCA PILARA

MARCO

INIZIO DEL VANGELO

Inizio del Vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio. Come è scritto nel prof eta Isaia: · «Ecco, io mando il mio messaggero davanti a te, egli ti preparerà la strada. Voce di uno che grida nel deserto: preparate la strada del Signore, raddrizzate i suoi sentieri», si presentò Giovanni a battezzare nel deserto, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Accorreva a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalem'f(Je. E si· facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati (1, 1-5). L'inizio del Vangelo è intimamente connesso alle promesse profetiche delle Scritture ebraiche (Origene). La prospettiva di Marcione in merito alla distinzione dei due Testamenti è direttamente smentita proprio nell'inizio del Vangelo di Marco (Agostino), dove si confondono insieme le voci profetiche di Isaia e di Malachia (Origene, Girolamo). Nessun profeta è più grande di Giovanni (Cirillo di Gerusalemme, Ireneo di Lione), il messaggero solitario del deserto profetizzato da Malachia (Tertulliano, Eusebio di Cesarea), che fu chiamato ad annunciare la venuta di Cristo (Tertulliano), e la cui voce coniugò . strettamente giustizia e misericordia, pentimento e fede (Ambrogio, Massimo di Torino). Il battesimo di Giovanni preparò la via per un diverso battesimo che avrebbe avuto pieno compimento nella futura remissione dei peccati che sarebbe giunta proprio con la morte di colui che egli stesso battezzò (Tertulliano, Girolamo). Il potere del battesimo di Giovanni fu intimamente congiunto con la giustizia di un uomo giusto, e al contempo uomo pio, lu(che aveva ricevuto la grazia dal Signore prima ancora della Sua venuta (Agostino) . . Il Signore incarnato non evitò di identificarsi con i peccatori, che necessitavano di una rinascita (Cipriano).

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Marco

laJnizio Preparare il cuore Il Signore vuole aprire una via dentro

di voi, per la quale possa penetrare nelle vostre anime e costruire il suo cammino ... Questa è la via per la quale entrò la parola di Dio, che consiste nella capacità del cuore umano. Grande è il cuore dell'uomo, spazioso e capace, èome se fosse un mondo ... Vedi come il cuore dell'uomo non sia piccolo, dato che contiene tante cose. Osserva come la sua grandezza risieda non nelle sue dimensioni fisiche, bensì nella forz·a del suo sentimento, per cui raggiunge tale conoscenza di verità-. . . Prepara.la via al Signore con una buona condotta, e con azioni irreprensibili spiana il sentiero, perché la Parola del Signore cammini in te senza ostacolo alcuno. Origene,

Commento al Vangelo di Luca 21, 5-7

·Il_punto di inizio Marco, il quale non racconta nulla ·della nascita, fanciullezza e puerizia del Signore, comincia il suo Vangelo proprio con la predicazione di Giovanni. · Agostino, Il consenso degli evangelisti, 2, 6, 18

18), come dice Marco~ Inizio del Vangelo di Gesù Cristo. Ma è anche il Vangelo degli apostoli; per questo Paolo dice: secondo il mio Vangelo. Tuttavia l'inizio del Vangelo - esso ha infatti una dimensione datò che ha un inizio e una continuazione, una metà e una fine - è o tutto quanto l'Antico Testamento, di cui Giovanni è il tipo, oppure, a motivo della connessione tra Nuovo e Antico, è la parte finale dell'Antico, rappresentata da Giovanni. .. Per questo motivo mi meraviglio come gli eterodossi 1 possano attribuire i due Testamenti a due divinità distinte2. Origene, Commento al Vangelo

di Giovanni 1, 13, 79-82

Relazione tra la Legge e il Vangélo Che c'è di strano se la nostra dottrina, ossia il Vangelo, è fondata sulla Legge? ... Marco, uno degli evangelisti, scrive così: Inizio del Vangelo di Gesù Cristo, Fi-

. glio di Dio. Come è scritto nel profeta Isaia: «Ecco, io mando il mio messaggero davanti' a te, egli ti preparerà la strada>.' (Mc 1, 1-2), dimostrando in tal modo che l'inizio del Vangelo è in stretta connessione' con le scritture giudaiche. Origene, Contro Celso 2, 4 2

ib

Vangelo di Gesù Cristo

Continuità tra Antico e Nuovo Testamento · Il Vangelo, in primo luogo, è di colui che è il capo di tutto il-corpo dei salvati, ossia, di Gesù Cristo (cf. E/ 4, 15; Col 1,

1 Come

Il mio messaggero

L'iniziatore del Nuovo Testamento Il battesimo fu ·il punto d'arrivo del1'Antico Testamento e diede inizio al Nuovo. Vero e proprio pioniere ne fu Giovanni, che c~udendo la serie dei profeti fu più grande di tutti gli altri nati da donna (cf. Mt 11, 11; Le 7, 28) esistiti pri-

Marcione, per esempio. · · · 2 La dottrina di Marcione, in merito alla possibile separazione dei due Testamenti, è smentita nell'inizio del Vangelo di Marco. Questo giudizio su Marco si ritrova nel Commento al Vangelo di Giovanni di Origene.

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Inizio del Vangelo ma di lui. Perché tutti i profeti e la Legge predissero fino a Giovanni (Ji:1t 11, 13), ma egli segnò l'inizio dell'era evangelica. La Scrittura infatti, dopo aver detto: Principio del/' evangelo di Gesù Cristo, aggiunge subito: Apparve e prese a battezzare nel deserto Giovanni (Mc 1, 1-4). Cirillo di Gerusalemme, Terza catechesi battesimale. Il battesimo 6

la volontà divina, così come lo Spirito, attraverso il profeta, chiamò angelo Giovanni, che sarebbe stato precursore di Cristo, dicendo nella persona del Padre:

Ecco io mando un angelo davanti a te (Ml 3, 1; cf. Mt 11, 10; Le 7, 27), cioè a Cristo, che preparerà la tua via davànti a te 4. Tertulliano,

Polemica con i giudei 9, 23

La voce di colui che grida nel deserto

La sua improvvisa apparizione

Chiaramente Marco fa iniziare il suo Vangelo con le parole dei santi profeti, e mostra sin dal principio che colui che essi hanno riconosciuto come Signore e Dio è il Padre del nostro Signore Gesù Cristo; egli gli ha promesso che avrebbe inviato un suo messaggero a precederlo e questo messaggero era proprio Giovanni, che nello Spirito e nella potenza dt' Elia (Le l, 7) gridava nel deserto: Preparate la

Veniva dal deserto rivestito di uno strano indumento, distinguendosi dal consuetudinario modo di vivere: non frequentava alcun villaggio né città o alcuna normale comunità di uomini. Non mangiava neppure alimenti comuni. Fu scritto infatti che da fanciullo visse in regioni

via al Signore, raddrizzate i sentieri davanti al nostro Dio (Mc 1, 3). Infatti i profeti non annunciavano ora un Dio ora un altro 3 ma un solo e medesimo Dio, anche se con designazioni diverse e con molti · appellativi. Ireneo di Lione, Contro le eresie 3, 10, 6

Perché Giovanni era considerato un messaggero angelico Lo indicò come angelo per l' eccezionalità delle imprese che avrebbe compiu7 to - anche voi avete letto quali imprese compl Giosuè, figlio di Nave - e per l'uf.fido di profeta, cioè di annunciatore del-

deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele (Le 1; 80) e che il suo vestito era fatto di peli di cammello; e il suo cibo erano locuste e miele selvatico (Mt 3, 4; Mc 1, 6). Non è forse normale che, vedendo un Nazireo di Dio per i capelli5, che mostrava un viso più adeguato a Dio, vestito di una abito singolare, che appariva all'improvviso non si sa bene da dove, uscendo dall'oscurità del deserto, e che dopo la predicazione ritornava nel deserto e nel nascondimento, senza acqua, senza èibo, fuggendo la moltitudine degli uomini, rimanessero stupiti, e si chiedessero se fosse realmente un uomo? Come era possibile che non avesse bisogno di cibo? Per questo motivo credettero che si trattasse dell'angelo preannunciato dal profeta (Mc 1, 2; cf. Ml 3, 1). Eusebio di Cesarea,

Dimostrazione et)angelica 9, 5

3 Questa affermazione è in aperta opposizione con la dottrina dei mardoniti che stabilivano una differenza tra il Dio dell'Antico Testamento e il Dio del Nuovo. 4 Giovanni era il messaggero o «angelo» profetizzato da Malachia. 5 Membro di un gruppo di israeliti che dimostrava la sua devozione a Dio mediante segni caratteristici come la crescita dei peli dcl corpo o l'astensione dalle bevande alcoliche.

32

Marco

L'autorità del battesimo di Giovanni Il battesimo di Giovanni valeva tanto quanto valeva Giovanni. Un battesimo santo certamente, perché dato da un santo, ma pur sempre un uomo; un uomo, è vero, che aveva ricevutò dal Signore questa grazia, questa straordinaria grazia, di meritare di precedere il giudice, additarlo, realizzando la profezia: Io sono la voce di colui che grida nel deserto.: Preparate la via al Signore (Mt 3, 3; Mc 1, 3). ·Agostino, Commento al Vangelo di Giovanni 5, 6

h

Voce di uno che grida

La voce e il grido di Gi.ovanni G~ardate quanto potere abbia questo nome di Giovanni. .. ; accingendoci a parlare di lui, anche se volessimo tacere, non potremmo mantenere il silenzio. Lo stesso Giovanni, infatti, è chiamato la voce di chi grida. Chi dunque v'è che ne lodi la voce, e rimanga zitto; che ammiri il suo grido, e sia muto? Infatti egli dice di sé: Io sono la voce di chi grida nel deserto. Vedete che cosa ha detto. Non ha detto, infatti, soltanto io sono la voce, ma anche la voce di chi grida, evidentemente perché la voce penetri negli orecchi per ottenere la fede, il grido scuota i cuori; ·la voce proclami il regno, il grido minacci il giudizio. Massimo di Torino, Sermoni 6, 1 3 b

Preparate la strada del Signore

Le fon ti delle profezie su Giovanni La medesima cosa ha fatto Marco, unendo insieme due profçzie, pronunziate da due profeti in luoghi diversi: Come è scritto nel profeta Isaia: «Ecco) io mando il mio messaggero davanti a te, egli ti preparerà la strada. Voce di uno che grida nel 6 Girolamo

deserto: Preparate la strada del Signore, raddrizzate i suoi sentieri» (Is 40, 3). Infatti il passo: Voce di uno che grida nel deserto, si trova subito dopo il racconto della guarigione di Ezechia (cf. Is 38, 10-20), mentre il resto: Ecco, io mando il mio messaggero davanti a te è stato scritto da Malachia (cf. Ml 3, 1). Ciò che Giovanni ha fatto, compendiando le parole citate, lo ha fatto anche Marco in un altro passo; infatti il profeta dice: Preparate la via al Signore, appianate la strada per il nostro Dio, e Marco: Preparate la strada del Signore) raddrizzate i suoi sentieri. In maniera analoga egli propone un' abbreviazione nel passo: Ecco, io mando il mio messaggero davanti a te, che ti prepari la strada, omettendo davanti al mio cospetto. Origene, Commento al Vangelo di Giovanni 6, 24, 129-131

L'armonia.delle voci dei profeti Questo passo è composto da elementi di due profeti, e precisamente di Malachia e di Isaia. Infatti: la prima parte, dove si dice: Ecco che mando il mio angelo davanti a te perché ti prepari la tua strada (Ml 3, 1) si trova alla fine di Malachia; laltra che segue, invece, e cioè voce di uno che grida nel deserto. . . (Is 40, 3), la leggiamo in Isaia. Come mai Marco, proprio all'inizio del suo libro, ha .potuto dettare: come sta scritto nel profeta Isaia: «Ecco che mando il mio ange.lo», dal momento che - labbiamo detto - in Isaia ciò non si trova scritto, ma è in Malachia, l'ultimo dei dodici ·profeti? Risolvetemi questa questioncella, o ignoranti pr~sun­ tuosi, ed io chiederò perdono del mio errore! ... Ci è noto da chi ha tratto questo testo l'apostolo; però egli non lo ha reso ·parola per parola: senza cambiarne il senso l'ha parafrasato, usando altri termini 6. . Girolamo, Lettera a Pammachio 57, 9

scrive in difesa della sua traduzione: «Cerco di rendere non parola a parola, ma idea

Inizio del Vangelo 4

Un battesimo di conversione per il perdono dei peccati (1, 4)

Il battesimo della penitenza Avendo promesso la grazia che alla fine dei-tempi per mezzo del suo spirito avrebbe illuminato l'universo intero, comandò di istituire dal principio un battesimo di penitenza, perché tutti coloro che chiamerà per mezzo della grazia alla promessa, fatta al seme di Abramo, preparasse prima con il segno della penitenza... A chi aveva destinato la ministra promessa preposta alle menti in modo tale che fossero pulite dal peccato, perché qualunque cosa lantico errore avesse inquinato, qualunque cosa l'ignoranza avesse contaminato nel cuore dell'uomo, la penitenza, spazzando via ed eliminan. do e buttando fuori tutto ciò, renda pulita la casa del cuore per lo Spirito Santo che dovrà venire. Tertulliano, La pen#enza 2, 4.6

Preparando il cammino per Colui che deve venire Agiva il battesimo della penitenza (cf. At 19, 4) come se essa fosse candidata alla remissione e alla futura santificazione·in Cristo. Infatti ciò che leggiamo:

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Il Battista e il Battezzato Il Signore è battezzato da un servo; e lui stesso, che offrirà la remissione dei peccati, non disdegna di lavare il corpo . con lacqua della rigenerazione 8. Cipriano, Il bene della pazienza 6

La confessione è necessaria per ottenere il perdono Quando non era stato offerto ancora il sacrificio, lo Spirito non era disceso, il peccato non era stato. distrutto, l'inimicizia non era stata eliminata, la maledizione non era stata cancellata, come avrebbe potuto esserci perdono? ... Vedi con quanta precisione [l'evangelista] lo ha indicato. Dopo aver detto infatti: Venne a predicare

un · battesimo di conversione nel deserto · della Giudea, ha aggiunto: per la remissione (Mc 1, 4), come se dicesse: per questo li persuadeva a confessare e a pentirsi dei peccati, non perché fossero puniti, ma perché dopo ricevessero più facilmente il perdono. Se non avessero condannato se stessi, non avrebbero nemmeno chiesto la grazia, e se non l'avessero cercata, non . avrebbero ottenuto il perdono. Sicché quel battesimo· apriva la via a Cristo. Giovanni Crisostomo, Omelie sul Vangelo di Matteo 10, 1-2

Predicava · il battesimo della penitenza in remissione dei peccati (Mc 1, 4) è stato annunziato per la futura remissione, . e se prima viene la penitenza, seguirà dopo la remissione, e questo vuol dire preparare il cammino (cf. Le 1, 7 6) 7; inoltre chi prepara una cosa non la fa egli stesso perfetta ma fa sì che sia perfezionata da altri. Tertulliano, Il battesimo 10, 5-6

5

E si facevano battezzare da lui nel fiume· Giordano

La futura remissione dei peccati Ho udito cosa insegnano le Scritture: il battesimo di Giovanni non consi-

a idea» (Lettera 57, 5). Dice che sia gli scrittori classici che gli scrittori cristiapi hanno fatto uso di questo procedimento. Poi dimostra, con esempi, come Marco non abbia fatto uso del senso letterale quando racconta che Gesù e i suoi discepoli raccoglievano spighe durante il sabato (cf. Mc 2, 25-26). 7 Il battesimo di Giovanni rappresentò la preparazione al battes.inio perfetto di colui che da Giovanni fu battezzato. Il battesimo di questo è un battesimo di penitenza in vista della remissione dei peccati, mentre il battesimo dello Spirito Santo realizza come conseguenza gli effetti di quella remissione.

Marco

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stette tanto nel perdono dei peccati, quanto piuttosto nell'essere un battesimo di penitenza in vista della remissione dei peccati, ossia della remissione futura, che sarebbe giunta in seguito per mezzo della santificazione di Cristo 9, Girolamo,

· Dialogo contro i luci/erani 7

Forme di battesimo Poiché quella di oggi è la festa del battesimo di Cristo, e bisogna inoltre soffrire per colui che per noi ass.unse la forma umana, fu battezzato e crocifisso, allora facciamo alcune considerazioni sulle varie forme di battesimo, ·p er poter andare via di qui purificati. Mosè battezzò, ma nell'acqua (cf. Es 17, 6) ; e ancor prima, nella nube e nel mare (cf. Es 13, 21; 14, 22). Ciò avvenne in senso figurale, come sembrò anche a Paolo (cf. 1 Cor 10, lss.): il mare era la figura dell'acqua del battesimo, la nube dello Spirito, la manna del pane di vita, la bevanda della bevanda di-

vina. Battezzò anche Giovanni, e non più alla maniera dei giudei: infatti, non battezzò solamente con l'acqua, ma anche per la conversione; tuttavia il suo battesimo non era ancora completamente spirituale, perché egli non aggiunse che battezzava «nello Spirito». Battezza anche Gesù, ma nello Spirito. Questa è la perfezione. E come è possibile (lo dico per meditare senza approfondire il problema) che non sia Dio colui per mezzo del quale anche tu diventi Dio? Conosco anche un quarto battesimo, quello che avviene per mezzo ·della testimonianza e del sangue, che fu impartito anche a Cristo stesso, ed è un battesimo molto più venerabile degli altri, in quanto non viene insozzato da altre macchie. Ne conosco anche un quinto, quello delle lacrime: ma è un battesimo più impegnativo, perché è quello che bagna ogni notte di lacrime il proprio letto e il proprio giaciglio (cf. Sal 6, 7). Gregorio di N azianzo, . Omelie pasquali 39, 17

8 Il battesimo implica necessariamente una purificazione prima di ricevere lo Spirito Santo. Il Si~

gnore, identificandosi con la carne, manifestò all'uomo la via della rigenerazione, nonostante il suo corpo immacolato non avesse bisogno alcuno di essere lavato. Cf. Mt .3, 13-17; Le 3, 21-23. 9 Girolamo intende qui fare riferimento all'autorità di Cristo quale Redentore degli uomini; cf. 2 Cor 1, 30. , ·

PREDICAZIONE DI GIOVANNI IL BATTISTA

Giovanni era vestito di peli di cammello) con una cintura di pelle attorno ai fianchi~ si cibava di locuste e miele selvatico e predicava: «Dopo di me viene uno che è più forte di me e al quale io non son degno di chinarmi per sciogliere i legacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzati con acqua, ma egli vi battezzerà con lo Spirito Santo» (1, 6-8). Giovanni, vestito di austerità e semplicità di vita, assaporava l'alimento dolce é spirituale del deserto preparandosi all'umile ministero del nostro Signore (Clemente di Alessandria). Un grande paradigma di disciplina ascetica nasce proprio dal modello di Giovanni, conforme all'esempio di Elia (Girolamo). Rinunziando al sacerdozio secondo la Legge, Giovanni divenne araldo e precursore di Dio, nuovo Sacerdote (Beda). Il pentimento che Giovanni predicava era simile ad un serpente che muta la sua vecchia pelle nel passare per uno stretto varco; così si preparano a ricevere il battesimo coloro che fanno penitenza (Cirillo di Gerusalemme). In Giovanni la Legge si riconosce nel vestito di pelle di cammello del deserto; la grazia che lo seguirà sarà vestita della pelle di-Agnello (Girolamo). I profeti anteriori a Giovanni ricevettero la grazia di predire la venuta ·di Cristo, ma a Giovanni fu concessa la grazia di predirlo assente e di vederlo presente (Agostino). Il battesimo di Giovanni offriva il pentimento, il battesimo di Gesù offriva la grazia (Basilio·, Ambrogio). Il testo, ad ogni modo, non offre possibilità di comparazione tra i misteri di Giovanni e quelli di Gesù, .dal momento che lo stesso Giovanni afferma che non è possibile alcuna comparazione (Gfovanni Crisostomo). Il mistero del battesimo elude il nostro linguaggio, ma noi non possiamo evitare di tentare di parlarne (Basilio di Cesarea).

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Vestito di peli di cammello

Un nutrimento spirituale nel deserto

L'effetto della predicazione cli Giovanni sull'ascetica cristiana

Anche Giovanni Battista aveva una Il beato Giovanni, disdegnando i peli madre santa ed era figlio d'un sacerdote; di montone perché erano anch'essi segni di tuttavia né laffetto della madre né le riclusso, preferì i peli di cammello e di questi chezze del padre lo trattennero a vivere si rivestl, offrendoci un esempio di vita sem- nella casa paterna col rischio di perdere la plice e autentica. Infatti mangiava miele e sua castità. Visse nel deserto; i suoi occhi, · locuste (cf. Mc 1, 6; Mt 3, 4), nutrimento · avidi di Cristò, non c'era oggetto che rite· dolce e spirituale, preparando così nella pu- nessero degno d'essere guardato. Un vestito ruvido, una cintura di cuoio, delle rezza e nell'umiltà le vie del Signore. Clemente di Alessandria, cavallette e del miele selvatico per cibo: · Il Pedagogo 2, 112, 1 tutta roba preordinata alla virtù e alla con-

Marco

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tinenza. I figli dei profeti - questi monaci di cui si parla nel Vecchio Testamento - si costruivano delle casupole presso le rive del Giordano dopo aver abbandonato le folle delle città, e vivevano di polenta e di erbe selvatiche (cf. 2 Re 4, 38-39; 6, 1-2). Finché rimarrai nella tua patria, ritieni la tua stanzetta come un paradiso; cogli i frutti variegati della Scrittura, fanne la tua delizia, godi del loro amplesso (cf. Sai 118, 69). Girolamo, Lettera al monaco Rustico 125, 7

Precursore di un più alto sacerdozio Egli, che pur sembrava poter diventare·egli stesso sommo sacerdote secondo la Legge 1, istruito interiormente dall'immutabile principio di verità, preferì essere araldo del nuovo sacerdote piuttosto . che successore ed erede del vecchio; istruito lui nello spirito chiamò il popolo nel deserto e preferì predicargli i misteri del Nuovo Testamento, piuttosto· che presiedere, per quelli che venivano da lui nel Tempio, all'allora glorioso ufficio del1' antico sacerdozio; preferl la fame e la sete della lunga solitudine alla continua of.ferta di vittime; preferì una cintura di pel.li e peli di cammello alle vesti intessute d'oro dei sacerdoti (cf. Eb 3, 1; 4, 14; 5, 10; 6, 20).

Beda, Omelie sui Vangeli 2, 19

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Una cintura di pelle attorno aifianchi

Il grave incarico Ma ·perché, si potrebbe osservare, con la veste ha fatto uso anche della cintura? Così erano abituati gli antichi, prima che fosse introdotto questo modo di

abbigliarsi molle ed effeminato ... Così era vestito Elia e ciascuno dei santi perché erano continuamente in azione, sia che viaggiassero, sia che si dessero da fare e si impegnassero in qualche altra attività necessaria; e non solo per questo motivo, ma anche perché disprezzavano 'ogni ornamento e praticavano un sistema di vita del _tutto austero ... Eliminiamo dunque gli eccessi e, bevendo il farmaco salutare della moderazione, 'rimaniamo . nel dovuto equilibrio e dedichiamoci accuratamente alle preghiere. Se non otteniamo, perseveriamo per ottenere; se otteniamo, persistiamo dopo aver ottenuto. Dio non vuole differire il suo dono, però dilazionandolo fa in modo abilmente che siamo perseveranti. Giovanni Crisostomo, Omelie sul Vangelo dt' Matteo 10, 4.7

Elia e Giovanni Giovanni portava ùna cintura di pelle attorno ai fianchi; Elia non portava alcunché di soave o di effeminato, ma in tutto era virile e austero, e indossava una cintura di cuoio (cf. 2 Re 1, 8). Girolamo, Sull'Esodo, nella vigilia di Pasqua 111-114 · 6

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Si cibava di locuste e miele selvatico ·

Libero da qualunque necessità Era necessario che il precursore di colui che stava per eliminare tutte le cose vecchie, quali la sofferenza; la maledizione, il dolore, la fatica, avesse lui stesso dei segni di tale dono e superasse quindi quella maledizione. Certamente non arò la terra né vi scavò solchi, non mangiò il pane col sudore del suo volto, ma per lui la mensa era improwisata, più facile del-

1 Il punto della questione è il perchè Giovanni rinunciò ad essere sommo sacerdote secondo il diritto dei padri.

Predicazione di Giovanni il Battista la mensa era il vestito e minor fatica del vestito richiedeva l'abitazione. Non ebbe necessità di un tetto né di un giaciglio né di una mensa né di nient'altro di questo, ma mostrava una vita angelica in questa carne. Perciò aveva una veste di peli, per insegna.re, mediante labbigliamento, ad allontanar.si dalle cose umane e a non aver niente in comune con la terra, ma a far ritorno alla primitiva nobiltà, in cui si trovava Adamo prima di aver bisogno di vesti e di indumenti. Giovanni Crisostomo, Omelie sul Vangelo di Matteo 10, 4

Deporre la pelle attraversando una porta angusta Visse in povertà e amò la solitudine, senza avere in odio il consorzio umano; si nutrì di locuste per fornire ali allo spirito, e si saziò di miele per annunziare un messaggio più dolce e utile del miele; indossando un indumento di peli di cammello, incarnò in sé l'ideale ascetico ... Se finora ti sei diportato come progenie di vipere, deponi ora l'abito che ti ha intessuto la vita peccaminosa di prima, come fa qualsiasi serpente che depone la vecchia pelle comprimendosi nel passare attraverso un'angusta strettoia, che lo affligge ma ne ringiovanisce il corpo. Anche tu, sècondo quanto è scritto, entra per la porta stretta e angusta (cf. Mt 7, 13; Le 13, 24), affliggiti col digiuno, fatti violenza per potere eliminare tutto quello che porta alla perçlizione. Deponi gli abiti e i comportamenti dell'uomo vec. chio (cf. E/ 4, 22; Col 3, 9)2. Cirillo di Gerusalemme, Terza

catechesi battesimale. Il battesimo 6-7

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2 C?~ l'ese~p~o del suo stile vita, 3 Cmllo defm1sce con precisione la

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Uno che è piùforte di me

Nessuno è più grande di Giovanni Potresti invero contrapporgli il tesbita Elia assunto in cielo (cf.·2 Re 2, 11), ma questi non fu superiore a Giovanni; anche Enoc (cf. Gn 5, 24) fu come lui trasportato, ma non fu superiore a Giovanni. Mosè fu il sommo legislatore e i profeti sono tutti degni di ogni ammirazione, ma non furono più grandi di Giovanni. Non sono io a fare questo ardito confronto tra profeta e profeta, ma l'ha fatto espressamente il Signore Gesù che ha su di loro e su di noi la signoria: Tra tutti i nati da. donna non è sorto uno più grande di Giovanni! (Le 7, 28). Non disse