Kill Bill diary 8882482448, 9788882482442

Questo diario di David Carradine, come tutti i libri utili, si può leggere in molti modi. Autobiografia di una ex star a

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Italian Pages 280 [177] Year 2011

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Kill Bill diary
 8882482448, 9788882482442

Table of contents :
Le avventure di David Carradine nel mondo di Kill Bill (di Giona A. Nazzaro)
Nota del traduttore (di Ilaria Floreano)
Prologo
Volume uno
Volume due
Dub Bill. Ricordo affettuoso di David Carradine dalla sua voce italiana (di Adalberto Maria Merli)

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Bietti Heterotopia | 7

KILL BILL DIARY David Carradine Traduzione e note di Ilaria Floreano

Edizione digitale a cura di Studio Caio www.robicaio.com

Titolo originale: e Kill Bill Diary - e Making of a Tarantino Classic as Seen rough the Eyes of a Screen Legend First published in Great Britain in 2007 by Methuen Drama Copyright © 2007 by David Carradine

Collana a cura di Roberto Donati Traduzione e note di Ilaria Floreano Design e AD: Panaro Design Srl © 2011 Edizioni Bietti – Società della Critica Srl, Milano www.edizionibietti.it ISBN: 978-88-8248-261-9

Indice Le avventure di David Carradine nel mondo di Kill Bill (di Giona A. Nazzaro) Nota del traduttore (di Ilaria Floreano) Prologo Volume uno Volume due Dub Bill. Ricordo affettuoso di David Carradine dalla sua voce italiana (di Adalberto Maria Merli)

Le avventure di David Carradine nel mondo di Kill Bill (di Giona A. Nazzaro)

Vuoi mettere risorgere, risorgere, risorgere, risorgere… Vuoi mettere risorgere, risorgere, risorgere, risorgere, risorgere… ANDREA PAZIENZA, Pompeo David Carradine è senz’altro l’unico attore al mondo che ha lavorato sia con Ingmar Bergman (L’uovo del serpente) che con Ninì Grassia (Cercasi successo disperatamente). “A me mi chiamava Van Gogh sul set” ricordava il regista napoletano (e chissà se è vero…). Discendente di una delle grandi dinastie d’attori statunitensi, Carradine ha trascorso una vita intera nel cinema. E come il padre John che aveva lavorato con maestri come John Ford ed era nito a interpretare Dracula in scalcinati (ma esilaranti) lm messicani, e al contrario del fratello Keith che invece ha sempre conservato un pro lo a(u)ttoriale molto pronunciato, anche lui ha lavorato sino all’ultimo giorno della sua vita diventando una presenza ssa degli straight to video degli anni Ottanta e Novanta. Simbolo del rinnovamento che ha investito il cinema americano degli anni Settanta, responsabile, con Bruce Lee, di avere introdotto arti marziali e loso e orientali a Hollywood, Carradine, agli inizi degli anni Ottanta, si trova alle prese con la profonda trasformazione del cinema di serie B cui, attraverso Roger Corman, si era legato. A partire dal 1983, un lm come Il serpente alato di Larry Cohen non è più possibile. E se è per questo nemmeno Una magnum per McQuade o Americana, lm prodotto e diretto da David Carradine e che si può considerare a tutti gli effetti una sorta di autoritratto. È cambiato il cinema, sta cambiando il mondo, ma Carradine, proprio come il Woody Guthrie interpretato in Questa terra è la mia terra di Hal Ashby, continua per la sua strada. Una

strada lungo la quale i registi più interessanti con i quali lavora rispondono al nome di Fred Olen Ray, Jim Wynorski e Cirio H. Santiago (ed è quanto dire…). Senza contare che i suoi partner come Cynthia Rothrock, Gary Daniels e Frank Zagarino (tra gli altri) provengono dal sottobosco dei cascatori e atleti che si riciclano da un lm all’altro senza soluzione di continuità. Chi è cresciuto vedendo la tv negli anni Settanta, continua a conservare un piccolo posto nelle stanze dei propri affetti cine li per Carradine, ma si guarda di degnare ai suoi lm più del necessario tra uno zap e l’altro, scanalando tra le varie reti privati del pre-digitale (terrestre e non). Vedendolo in postatomici ultra-pauperistici, tanto da far sembrare I predatori della pietra magica di Tonino Ricci un kolossal, era impossibile non porsi la domanda su cosa passasse nella testa (o nella vita) di un attore cui certo non difettava lo charme. Intanto David Carradine macinava lm su lm, instancabile come uno stakanovista. Ottenendo in questo modo il poco invidiabile risultato di mettere insieme una lmogra a di oltre duecento titoli di cui guardabili sono forse appena una ventina (a volere essere generosi). Certo, in epoca di rivalutazione selvaggia e inarrestabile, non è detto che prima o poi anche David A. Prior venga innalzato agli onori degli altari cine li, ma Carradine sarebbe il primo a sbellicarsi dal ridere se ciò accadesse. Insomma, quando David Carradine viene convocato da Quentin Tarantino per Kill Bill, l’attore a suo modo è diventato un’istituzione del cinema di serie Z. Una sorta di gigante ubiquo sempre presente dove c’è un set da quattro soldi, uno script che starebbe largo sul retro di una scatola di ammiferi e fuochi d’arti cio. A dispetto di altri colleghi precipitati nell’oblio delle produzioni di in mo livello, Carradine conserva un portamento regale, distaccato e ironico. Come se osservasse ogni cosa da una distanza siderale. Come se il cinema, forse, non lo riguardasse (più). E invece. Capita che Warren Beatty se la tiri un po’ troppo con Quentin Tarantino che sta pensando al suo opus magnum dedicato alla vendetta e alle arti marziali. Capita che Beatty dica qualche parola di troppo e non sia abbastanza indulgente

con il delirio ipercine lo di QT. Capita che QT, il quale in fatto di megalomania non è secondo a nessuno, tanto meno a Warren Beatty, decida di ricorrere al piano B. Il piano B si chiama David Carradine. Un piano B che dopo il rilancio di John Travolta grazie a Pulp Fiction si presenta direttamente con tutti i ganci promozionali al posto giusto (anche se nessuno si ricorda o tutti ngono di non sapere, che è la stessa cosa, che Robert Forster dopo Jackie Brown è tornato nel buio dal quale lo aveva tirato fuori Tarantino – purtroppo). David Carradine ha dalla sua tutti i crismi delle success story al contrario che tanto piacciono a QT, e soprattutto ha razzolato il fondo del barile della serie Z. E poi s’intende di arti marziali (e chi ha un po’ di memoria si ricorderà che Samuel L. Jackson cita proprio Kwai Chang Caine alla ne di Pulp Fiction…). Insomma i due sembrano fatti l’uno per l’altro. Ciò che colpisce leggendo il diario di Carradine è proprio la consapevolezza dell’attore di trovarsi di fronte a un’occasione più unica che rara. Probabilmente l’ultima della sua vita (lui che è una presenza ssa alle convention degli “has been” insieme a leggende del calibro di James Doohan, ossia Scotty di Star Trek, e Linda Blair). Ciò che colpisce, ovviamente, sono le strategie di messinscena attraverso le quali Carradine racconta a se stesso (e a un potenziale audience) le sue udienze con QT che ovviamente è grati cato dell’abusata quali ca di genio a ogni pie’ sospinto. Cosa che, ovviamente, non impedisce al diretto interessato di fare gli interessi propri e della sua società di produzione. Non siamo al vuoi lavorare con me? Allora paga!, ma poco ci manca. Bisogna aggiungere, però, che tutti accettano di buon grado. Meglio stare in un lm di Tarantino che non starci, direbbe il saggio. Carradine mette in relazione la sua esperienza e il suo lavoro con un mondo che cambia. E scopre che le sue arti marziali non sono proprio le stesse di Yuen Woo Ping. Gli allenamenti sono massacranti, provocano la rivolta delle attrici, guidate da

Vivica A. Fox, ma lo stesso QT si sottopone a un regime massacrante e quindi… Ciò che emerge con grande chiarezza da queste memorie è la precisione con la quale l’attore costruisce il suo scenario di riscatto all’ombra della mitologia e dell’ossessione cine la del regista. Carradine comprende che per descrivere adeguatamente la maniacale cine lia di QT bisognerebbe aggiungere tre o quattro voci allo storico Psychopathia Sexualis di Kra-Ebbing e annota diligentemente che tra lui e il suo giovane sifu si parla anche del Don Chisciotte di Georg W. Pabst (come dire, mica solo botte da orbi, anche arte…). Come al solito, però, il diavolo è nei dettagli. E il diario di Carradine trabocca di dettagli che faranno la felicità dei completisti. Chi legge al di là dei dettagli scoprirà, invece, che per fare Kill Bill 1&2, non basta essere un appassionato di kung fu (altrimenti saremmo pieni di quentintarantini e così non è). Dietro Kill Bill c’è un matto che ha del metodo nella sua follia. Uno che sa scrivere alla grande. Che parla meglio. Che conosce il cinema dentro e fuori. E che sa lavorare. Che sa organizzare il proprio lavoro. Che si conquista il rispetto altrui con la propria professionalità e competenza. Che tiene i costi bassi e fa lievitare gli incassi. Lo sguardo dietro le quinte di Kill Bill, l’aspetto del cinema come impresa, di cui i giovani cine li normalmente non vogliono sapere nulla, è senz’altro uno dei punti di forza del lm. Tarantino emerge soprattutto come un cineasta in grado di organizzare le proprie ossessioni e farle diventare lavoro. Proprio e altrui. E soprattutto, che si tratti di kung-fu o altro, il cinema si fa con i soldi. Soprattutto i soldi risparmiati. Esemplare, in questo senso, le discussioni sugli autisti che la produzione non ha alcuna intenzione di concedere ai propri attori. Insomma questo diario di David Carradine, come tutti i libri utili, si può leggere in molti modi. Autobiogra a di una ex star al tramonto che sogna il riscatto, come “making of ” di un

capolavoro, reportage sugli aspetti meno noti e appariscenti della macchina cinema, ma anche thesaurus di curiosità e spigolature intime dal cuore dello spettacolo hollywoodiano. Persino, in ne, come un ritratto trasversale di Quentin Tarantino. Per quanto riguarda David Carradine, invece, vi basti sapere che dopo Kill Bill è apparso in un’altra cinquantina di lm. Ed è proprio sul set di uno di questi lm, Stretch (diretto da Charles de Meaux, il coproduttore di Lo zio Boonmee che si ricorda le vite precedenti), che Carradine è morto il 3 giugno del 2009 all’età di settantadue anni. Anche se i lm interpretati da lui sono continuati a uscire ben dopo la sua morte con un’ironica regolarità zen. Come dire che puoi togliere David Carradine dal cinema, ma non il cinema da David Carradine.

Nota del traduttore (di Ilaria Floreano)

Se dico David Carradine cosa ti viene in mente? Bill. È una risposta che mi sono sentita dare spesso. E forse è così: dici David Carradine e pensi a Bill. Bill che suona il auto vicino al fuoco, cammina a piedi nudi, indossa camicie improbabili. Bill che ama Beatrix Kiddo, ma non ci pensa troppo prima di spararle alla testa. Bill che, alla ne, viene fatto fuori da Beatrix Kiddo con la tecnica dell’esplosione del cuore con cinque colpi. Bill di Kill Bill, lm in due capitoli di Quentin Tarantino del 2003-2004. Anche chi non l’ha osservato all’opera, almeno una volta ha sentito parlare di questo uomo che va ucciso, o almeno ha visto la locandina con l’elenco delle vittime di “Black Mamba” tra tto da una spada samurai, dove “BILL” è l’ultimo della lista. Chi invece non conosce Carradine per questo lm, forse lo conosce per la morte misteriosa e inquietante che gli è toccata (o si è procurato?) in un hotel di Bangkok il 3 giugno 2009. Forse, qualcuno lo conosceva da molto prima per una o più delle sue centotrentasei interpretazioni (accreditate o meno). Ma nessuno, tra coloro che non hanno fatto parte del suo mondo, lo conosceva per come emerge da questo diario che ha redatto dal 21 marzo 2002 al 26 giugno 2004, raccontando tutto ciò che precede, accade durante e segue le riprese del lm che sta alla rinascita della sua carriera, come Pulp Fiction sta a quella di John Travolta.

Perché prima di Tarantino Carradine appartiene alla schiera di quegli attori che sono stati sulla cresta dell’onda per un po’, riscuotendo un buon successo, e poi si sono attestati su livelli medi, per cui magari ti ricordi il loro nome, ma è un nome che ha perso lucentezza. E questo perché nel carnet di lm recitati, non ce n’è nessuno che segni un salto di qualità. Nessuno, prima di Kill Bill, che lo consegni, unito alla morte misteriosa, nell’Olimpo dei miti. Ma se in questo Olimpo, di solito, ci sono icone come Marilyn Monroe, o geniacci come Robert De Niro, più raramente ci sono i personaggi che l’attore ha interpretato. In questo caso, nell’Olimpo è probabile ci sia più Bill che David, ma non c’è troppa differenza, perché David è Bill, e Bill è David. Tarantino ha scritto il personaggio pensando a David Carradine, anche se inizialmente aveva scelto di farlo interpretare a Warren Beatty (misteri di Hollywood). E una volta ingaggiato Carradine, gli ruba pensieri e battute, e Carradine regala intonazioni, passi, gesti che gli sono propri. Recita senza recitare. Recita se stesso. E Bill ha il suo modo di pensare e agire, così come David l’ha in nuce e Quentin, maieuticamente, lo rende manifesto, prestandogli allo scopo la maschera di un assassino internazionale crudele, violento, romantico e loso co. Arti marziali, ruoli da duro, pistolero, bandito e combattente, tutto ti aspetteresti da Carradine, meno che scoprirlo insicuro, entusiasta no a risultare infantile, talvolta, innamorato di tutto e di tutti, tranne di quelli che lo vogliono sfruttare e basta (ma anche da loro, che pur disprezza e cerca di tenere al proprio posto, non gli dispiacerebbe ricevere benevolenza e qualche apprezzamento). Musicista provetto, prima partecipa a quei mega raduni americani in cui quasimeteore regalano autogra per compensi molto al di sotto degli standard hollywoodiani, ha problemi di soldi e di troppe ex mogli e dipendenze tossiche, e, dopo, una volta rmato il

contratto per Kill Bill, ha come prime preoccupazioni quelle di ottenere un autista tutto per sé e avere l’amico-trainer al anco. Prima di iniziare la traduzione, immaginavo (e coloro a cui ne parlavo lo immaginavano con me) che avrei incontrato un sacco di fuck e di slang. E già alla seconda riga pensai di aver trovato conferma, con quel “QT (Quentin Tarantino, not shhh!)”, di questo pensiero, e solo un assaggio dei voli pindarico-linguistici che mi aspettavano. Ne ho incontrati, in effetti. Sia di fuck che di voli pindaricolinguistici. Per il resto, ho conosciuto un uomo che pur scrivendo un diario, a cui affida racconti quotidiani come il guasto all’automobile, gli orecchini comprati alla moglie, i problemi a scuola del glio di quattro anni, l’invito alla festa di Natale e le mail degli amici, ha sempre ben presente il ne ultimo: la pubblicazione. E percepito lo sforzo di dare ai pensieri una forma letteraria, come a volerli nobilitare. Ma la natura di Carradine è così uttuante e scombinata, e i fatti che racconta così divinamente prosaici, che a questo sforzo si oppone una spontaneità senza ltri, per cui più spesso il diario torna a essere soprattutto diario, in una dialettica tra alto e basso che caratterizza la persona di Carradine (mistico e venale, generoso e furbastro, sensibile e cinico). Niente eroismi, dunque: Carradine si toglie la maschera (di Bill, di attore ginnico) e racconta la fatica, le levatacce, le ore di attesa al trucco e parrucco per poi sentirsi rimandare al giorno dopo, la sensazione di non farcela, le gaffe, lo sforzo continuo e costante per dare il meglio di sé, l’intima soddisfazione per ogni successo, anche piccolo, conquistato, o riconoscimento, anche minimo, ricevuto, i rapporti difficili con “quelli della Miramax”, la ricerca di un buon agente, le lotte per ottenere un ingaggio, la paura di non guadagnare abbastanza, gli incontri fulminei, a volte surreali, con altri “divi” (Samuel L. Jackson,

Francis Ford Coppola), più in generale la percezione degli altri, i pensieri su di loro e su quello che loro potrebbero pensare di lui, la gioia di essere stato scelto da Quentin perché così nalmente la sua carriera potrà decollare e la gratitudine continuamente manifestata per questo omone che ride sempre, lo stupore estatico di fronte a Uma, sera ca e lontana come le dee, l’ammirazione per Michael Madsen, follemente ordinario, l’amore per Annie, de nita la musa amabile e perfetta, il primo colpo di fortuna che ha fatto girare per il verso giusto la sua vita – almeno così dice lui (il secondo è Kill Bill). Carradine racconta due anni intensi legati a un lm in particolare, ma dentro ci mette tutto il resto. Nel diario risuona l’eco dei lm che ha interpretato, delle storie d’amore che ha vissuto, dei problemi che ha dovuto affrontare. Si scopre così nell’attore il fanciullo mai troppo cresciuto, che legge volentieri perché vuole farsi una cultura e dimostrare che ne sa, ricorda con rispetto la gura del padre, a cui si ispira e a cui sente di assomigliare sempre di più con l’avanzare del tempo, ama avere gli amici e la famiglia vicino e arriverebbe a litigare pur di procurare loro i biglietti alle prime dei suoi lm. Spesso la sensazione è che Carradine fosse come quei bimbi che fanno di tutto per essere notati dalla maestra, e quando ci riescono e vengono lodati, gongolano gorgogliando. Proporre un’idea che Quentin approva è il massimo, per lui. Riempie di complimenti gli altri e gli piace sentirsene fare, anche se poi si schermisce, preferendo affidare il suo orgoglio alla carta. Questo riconoscimento dall’esterno, pur cercato, voluto e inteso come “dovuto”, sembra sempre stupirlo, almeno un po’. Parlando dei due anni dedicati a Kill Bill, ripete spesso di essersi sentito parte di qualcosa di grande, anche se questa partecipazione, nel lm, non è immediatamente evidente (nel primo episodio non si vede nemmeno, se non a pezzi: mani, piedi, proiettili). All’inizio è spaventato dalla Band Apart che costituisce il gruppo di amici intimi del sacerdote della Settima Musa (Quentin Tarantino), come un adolescente timido che deve inserirsi in un gruppo già formato li osserva, li sente

lontani, vorrebbe contribuire alla conversazione ma preferisce tacere. Teme che la partecipazione quasi gratuita al lm potrebbe metterlo sul lastrico. Ma sente la grandiosità del progetto e si dona. Regalando intere notti insonni, ore e ore di allenamento, viaggi da un continente all’altro (e, questo, a sessant’anni suonati). Questa natura multiforme emerge dal diario piano piano e insieme a essa emerge la natura multiforme di Quentin Tarantino, Uma urman e di tutti i membri del mondo apart che è Hollywood, e il Cinema in generale. Natura nobile, di sogno e fantasia. Natura creativa che genera una realtà altra grazie all’ingegno di professionisti che a un progetto lmico possono dedicare la vita per mesi e anche anni. Natura frivola, di feste, abiti, limousine, apparizioni concertate, interviste ripetitive, fotogra e e red carpet. Natura cinica, di strategie di mercato, ricerca di capitali, piccoli e grandi compromessi, diplomazia pedante. Natura magica, che è l’elemento che più di tutti ha fatto decidere a David, a un certo punto, di mollare la fabbrica di birra in cui lavorava per diventare un attore. Ci vediamo nel diario.

A Si Litvinov, che mi ha dato l’idea e a Annie, che ha sofferto insieme a me nelle lunghe notti passate a scrivere e ovviamente a Quentin e all’intera Band Apart

Prologo

Questa storia avrebbe potuto cominciare nel 1996, quando per la prima volta ho incontrato QT (Quentin Tarantino, non Silenzio![1]) al bar del Sutton Place Hotel, durante il Toronto Film Festival. Oppure l’8 aprile del 2002, quando ho ufficialmente dato il via all’allenamento per Kill Bill. La preparazione di questo lm era partita già due anni prima, infatti il mio fratellino Mike Bowen (fratello di padre e madre diversi) già due anni prima mi aveva parlato di certe voci di corridoio secondo cui Quentin stava scrivendo qualcosa per me. Più probabilmente, il percorso che mi ha portato a Kill Bill è iniziato sul serio quando ho deciso di afferrare la mano di quella signora sfuggente chiamata Destino, anche se solo con la punta delle dita. È stato nell’estate del 2001, a Los Angeles. I giorni erano pigri. Era nito il caldo torrido. In quel momento vivevo al nono piano di un condominio, dove cercavo di riprendermi dal dolore cocente per il mio ultimo divorzio. Dal mio nido d’aquila potevo vedere le cime delle palme ondeggiare sopra l’Hollywood Boulevard, il rumore del traffico annullato dall’altezza. Era tutto molto bello. Lo smog oscurava la vista, ma in quel momento anche questo mi sembrava bello. Cercavo il coraggio di prendere l’aereo per raggiungere Austin, in Texas, dove avrei dovuto incontrare QT e farci quattro chiacchiere (lui che mangia coraggio a colazione). L’avevo incontrato per caso in un club un mese prima, dove entrambi eravamo andati per ascoltare la banda jazz di Jeff Goldblum (che suona strabene il piano). In quell’occasione avevamo chiacchierato per un paio d’ore, di tante cose, tutte però legate in qualche modo al cinema. A Quentin non interessa nient’altro. Harvey Keitel, che conoscevo dai tempi di Mean Streets (Dio se era bravo!), era lì accanto, tutto sorridente (e la cosa mi insospettì, come se lui e Q condividessero un

segreto). Pensai al fatto che Quentin sceglie per i suoi lm attori “cult” che non riescono a lavorare e mi dissi che la faccenda poteva diventare interessante. Quella sera Quentin mi parlò del festival che presiede ogni anno, durante il quale porta in sala i lm che ama (e generalmente i critici odiano) per rivederli insieme a spettatori strambi quanto lui. Insomma, alla ne ho deciso che sarei partito, ognuno per sé e il diavolo per tutti. Compro ora e pago fra un anno, no? Magari col sangue[2]. Sentivo che incontrarci di nuovo sarebbe stato un buon modo per conoscerci meglio. E cazzo se avevo ragione! Sono arrivato a Austin – volando ovviamente – e ho dato fondo alle mie già ridotte nanze alloggiando nel miglior hotel della città. Forse questa è stata la migliore decisione della mia vita. Io e Quentin siamo davvero affiatati. Il giorno che sono arrivato, stava facendo una maratona notturna di quattro revenge movies[3], intervallati, per pura, felice coincidenza (se di coincidenze si può parlare, nella vita), dalla proiezione di quattro episodi di Kung-fu[4], tratti dalla sua personale collezione di lmati in 16 mm. Ovviamente, mi sono ritrovato a parlare di questi lm insieme a Quentin. Ed è venuto fuori che eravamo una grande squadra, io e lui, veri animali da palcoscenico. Ho lasciato Austin con la sensazione che sì, ora ci conoscevamo molto meglio. Poco dopo ci siamo rivisti, perché volevo presentargli il lm che avevo girato a Austin con “fratello” Mike Bowen, Natural Selection, una commedia su un serial killer, dove io sono l’agente dell’FBI che deve catturarle – il genere di cose che piacciono a Quentin. Avevano cambiato il titolo per la versione in dvd, da Natural Selection (Selezione naturale) a Monster Hunter (Cacciatore di mostri). Non chiedetemi perché. Probabilmente per farlo sembrare un lmaccio horror. Succede spesso con i lm indipendenti. Cambiano titoli artistici o letterari per farli diventare più attraenti, e anche più idioti. Mi è capitato, con qualcuno dei miei lm. Jade Jungle (Giungla di giada) è diventato Armed Response (Risposta armata).

Moonlight Sonata (Sonata al chiaro di luna) è stato distribuito come Midnight Terror (Terrore a mezzanotte). e silent ute (Il auto silenzioso) è diventato Circle of Iron (Cerchio di ferro). Penso dipenda dalla necessità dei distributori di marcare il territorio. Devono pisciarci sopra, prima di distribuire. Se alcuni di loro avessero lavorato nel 1939, probabilmente Il mago di Oz sarebbe stato intitolato Cacciatori di streghe, e Via col vento sarebbe stato L’incendio di Atlanta, o La vendetta di Rhett. Ho detto a Quentin che non ero troppo sicuro della mia performance. “Mi sembra un po’ sopra le righe” gli ho detto. Quentin ha riso: “Devo vederlo!”. Quentin ha una sua personale sala cinematogra ca, arredata come un cinema degli anni Cinquanta. Lo chiama “La chiesa”. Una perfetta replica di una sala anni Cinquanta. La usa per proiettare anche alcuni terribili trailer, prima dei lm, e un sacco di pubblicità a cartoni animati dei popcorn e della soda, che tra l’altro sono messi a disposizione dei suoi spettatori, insieme a una selezione nissima di sushi e vino. Okay, adesso fast-forward al 2002. [1] In lingua inglese/americana QT è utilizzato come abbreviazione di “quiet”, nel linguaggio scritto colloquiale. È espressione comune dire “on the quiet” o “on the QT” per chiedere di abbassare la voce. [2] Nella versione originale Carradine scrive: “Go now, pay later, right? In blood probably”. La prima parte della frase è un comune modo di dire americano. Il fatto di pagare “col sangue” può essere uno scherzo dell’autore, dato che si sta parlando della sua futura partecipazione a un lm in cui di sangue ce n’è in abbondanza. [3] Il revenge movie (detto anche “R ‘n’ R” cioè Rape and Revenge, “stupro e vendetta”) è un genere cinematogra co che ebbe il suo apice negli Stati Uniti intorno agli anni Settanta. Da qui arrivò al Giappone, dove proli cò tramite i lm di arti marziali (36ª camera dello Shaolin, Il clan del Loto Bianco, I distruttori del tempio Shaolin). Il tema della vendetta era però già abbondante negli spaghetti western che si diffusero in Italia negli anni Sessanta. Esistono circa 2.000 revenge movies, molti appartenenti al lone dei lm di serie B e dell’exploitation proprio per la violenza gra ca e le trame piuttosto scontate. Alcuni, come L’ultima casa a sinistra di Wes Craven, sono veri e propri cult. [4] Serie televisiva andata in onda in America dal 1972 al 1975, di cui Carradine è stato il protagonista.

Volume uno

Giovedì 21 marzo 2002 Sono tornato, dopo aver attraversato l’oceano. Quattro settimane ad Alicante, in Spagna, per girare La bala perdida (Il proiettile perduto). Sono stato benissimo, a cavallo del mio nobile stallone, sparando a destra e a manca tutto il tempo, circondato da spagnoli pazzi che non parlavano inglese. Sulla via del ritorno ho dovuto (nota bene: dovuto) fermarmi a Parigi. Con mia moglie Annie ho passato una fantastica, romanticissima notte, poi abbiamo preso l’Eurostar, il treno che passa sotto la Manica, per andare a corteggiare la vecchia Londra e chiudere un contratto per recitare lì l’anno prossimo. Abbiamo passeggiato, visto uno spettacolo a teatro e ripreso il treno per tornare a Parigi e starci un altro giorno. Poi abbiamo scoperto che il nostro volo era stato cancellato – c’entravano qualcosa i terroristi – così siamo stati “costretti” a starci altri due. Poveri noi… Il nostro hotel era un piccolo delizioso bed & breakfast vicino all’Arco di Trionfo. Abbiamo visitato il Sacré Coeur, una bella chiesa in cima alla collina che domina Parigi, proprio sopra place Pigalle, il ritrovo delle spogliarelliste. È una mia vecchia tradizione visitare quelle parti, sin dal 1975. Abbiamo trascorso il pomeriggio all’Ile Saint Louis, un’isola al centro della Senna, e attraversato il ponte per raggiungere l’Ile de la Cité, dove ci sono Notre Dame e il vecchio gobbo Quasimodo che suona le sue campane. Poi, la sera, ho regalato a Annie un piccolo extra: l’ho portata al Crazy Horse, a vedere il più classico show di striptease al mondo. Era quasi l’unica donna in sala, a parte quelle sul palcoscenico. E le è piaciuto molto! La mia ragazza. Dopo lo spettacolo, il proprietario del locale ci ha fatto salire sul palco per una fotogra a. Siamo rientrati in hotel: la notte era insolitamente mite. Ci siamo baciati sul marciapiede, cosa che tentiamo di fare su ogni marciapiede che calpestiamo. Per ora siamo riusciti a farlo in sette città di tre diversi continenti, più una manciata di piccoli paesi, e uno o due templi. Quando siamo rientrati a Los Angeles ho trovato tre messaggi di Quentin Tarantino. Qualcosa a che vedere con il documentario che stava girando e le interviste per l’uscita del dvd di Jackie Brown. C’era anche un messaggio del mio agente. Ho chiamato prima lui, che mi ha annunciato di essere stato ingaggiato per un lm intitolato Kill Bill, diretto da Tarantino, con Warren Beatty. Ho chiamato Quentin e ci siamo organizzati per incontrarci in un ristorante thai sul Sunset Boulevard, il giorno dopo (venerdì). Non stavo in me dalla gioia. “Sarò in un lm con Warren Beatty!”. Venerdì 22 marzo Il giorno dopo mi sono vestito con gli abiti fashion che Annie mi ha costretto a comprare ad Alicante e sono saltato nella mia Maserati Quattroporte dell’82. Non è stato facile trovare il ristorante thai dove avevo appuntamento con Quentin, visto che ce n’erano tre in due isolati, e nessuno con il nome che mi sembrava di ricordare dalle sue indicazioni. Al terzo tentativo, nalmente mi sono ritrovato in un’oscura sala tappezzata di poster rock&roll degli anni Cinquanta e ho capito che il posto doveva essere quello. Quentin stava già mangiando. Non ho capito niente di quello che c’era scritto sul menù, così ho ordinato più o meno a caso. Il risultato è stato un piatto enorme di tagliatelle. Quentin intanto parlava di questo e quello. “Bella giacca” mi ha detto. “Sì” ho risposto. “Me l’ha presa Annie in Spagna. Non mi interessano molto i vestiti, di solito indosso la roba che mi porto dietro dai set”. Non è proprio vero, però Quentin mi ha risposto: “Anche io!” e poi ha aggiunto: “Ti ricordi quando ci siamo incontrati, in un bar da qualche parte a Toronto, durante non so che festival?”. “Certo, il Toronto Film Festival”. “C’era questa canzone che suonavi al piano… Era sui titoli di coda di Sonny Boy”. (Questo è un cult che ho girato nel Nuovo Messico, in cui indossavo un vestito sullo stile di Bonnie & Clyde. Io facevo Bonnie).

“Sì” ho detto. “Si intitola Paint”. “Sì” mi ha risposto. “Forse è Paint, vero?”. Quentin ha un’incredibile memoria. “Mi piace quella canzone”. Cazzo! Mi aveva convocato per parlare di musica? Alla ne, è arrivato al punto. “Così sarebbe stato un medium a dirti di cercarmi”. “Be’… sì. Mia moglie… la mia ex moglie… era… be’… So che sembra strano…”. “No” ha ribattuto. “Non è così. Mi hai detto che secondo questo medium eravamo destinati a lavorare insieme”. Ha messo molta enfasi su quel lavorare. “Be’, sì”. “Bene” ha detto Quentin, “è arrivato il momento”. Grandioso! “E” ha aggiunto “è accaduto in modo naturale”. Ho detto: “Tu non fai ogni cosa in modo naturale?”. “Be’, sì. Diciamo che è la mia… specialità”. Ha riso. Quentin ha una risata “grande”, potente. Tutto quello che fa è grande. “Sai niente di Kill Bill?”. A dirla tutta, sapevo ben più che niente, ma ho detto soltanto: “So che è un lm che stai facendo con Uma urman”. Poi lui ha cominciato a raccontarmi una lunga storia sul corteggiamento di Warren Beatty e di come si era concluso con un nulla di fatto e qualche acidità di troppo. “Ci incontravamo” mi racconta “e io a volte pensavo: Okay, possiamo farlo succedere. Altre volte dicevo: Proprio per niente, non funzionerà! E ho cominciato a pensare che Warren, semplicemente, non lo sentiva, capisci? Poi Warren si è fatto sfuggire un: ‘Guarda, non me ne frega un cazzo di questi lm cinesi di kungfu, odio gli spaghetti western, sebbene mi piaccia Clint come persona, e non andrei a vedere un lm di samurai giapponesi nemmeno se mi pagassi’. Ora: l’ha certamente detto per fare scena, per fare effetto. E infatti mi ha fatto un certo effetto! Non c’era romanticismo. La relazione [Può Quentin aver detto davvero “relazione”??] tra un regista e la sua star deve essere un po’ romantica! E Warren poi è andato avanti, dicendo: ‘Ehi, quanto tempo ci vorrà per nirlo? Quanto tempo reale dovrò dedicarci? Devo veramente fare tutto quell’allenamento?’. Così, penso: Tu sai che per tutto il tempo ho scritto questo personaggio per te, modellandolo su di te…! E penso: Ma vaffanculo! Ci siamo incontrati di nuovo, per cercare di ricomporre i cocci – cioè dico, Warren era stato parte del lm per un anno! – e gli ho detto che volevo che quel ruolo lo recitasse lui, ma lo recitasse come se fosse…una specie di David Carradine, e Warren mi ha detto: ‘E perché non lo fai fare a David?’. Quello è stato il culmine! Così…”. Improvvisamente ho capito. Questo lm non era un lm con Warren Beatty. Mi stava dicendo che avrei recitato Bill. Non ero scioccato – no, niente mi sciocca – ma fuori di me sì, questo è sicuro. Quentin sapeva che avrebbe ottenuto questo effetto. E adesso se lo gustava. Raggiante, mi ha dato in mano un vero e proprio mattone di copione e mi ha detto di leggerlo, poi di riportarglielo. Ci saremmo incontrati di nuovo la domenica e ne avremmo parlato. Mi ha detto che voleva essere sicuro che ce l’avessi, che lo sentissi. Se fossi riuscito a “sentirlo”, la parte sarebbe stata mia. Sono uscito camminando su una nuvola e inciampando nelle cose. In qualche modo ho trovato la mia Maserati. Ho guardato la copertina del copione, alto quasi cinque centimetri, con il titolo scritto a mano con un pennarello, dall’aspetto piuttosto infantile. Diceva: THE 4TH FILM BY

QUENTIN TARANTINO UMA THURMAN IS GOING TO KILL BILL WRITTEN & DIRECTED BY QUENTIN TARANTINO BASED ON THE CHACTER OF “THE BRIDE”, CREATED BY Q&U[1] Sabato 23 marzo Ora, penso, chi può sapere dove porta un copione scritto da Tarantino? Potrebbe essere carta da cesso. Intendo dire che i suoi lm danno l’idea di essere un po’ improvvisati, no? Be’, non Jackie Brown, per la maggior parte. Comunque: non ho idea di cosa mi aspetti. Alla prima pagina è scritto che il copione è proprietà di una compagnia chiamata “Supércool Manchu”, proprio con un francesissimo accento acuto sulla “e”! Okay, vediamo. Be’, con quattro bambini addosso è stato veramente difficile riuscire a leggere. E sapevo che non dovevo saltare nemmeno una riga. Dovevo essere pronto e avere risposte intelligenti a qualsiasi domanda Quentin mi avrebbe fatto. Comunque, una volta solo mi sono messo d’impegno e ho scoperto che non ci sarebbe stato in ogni caso modo di saltare una parola. Era un copione grandioso! L’ho nito nel tardo pomeriggio di sabato, scoprendo che si trattava di pura letteratura d’attualità. Roba forte, avvincente, elaborata n nel minimo dettaglio. E divertente! Duecento pagine così. Semplicemente splendido. E, in fondo, l’aveva scritto per me! Anzi, togli “in fondo”. Stando alle sue parole, Quentin l’ha scritto per me e su di me, chiedendosi a ogni pagina: ‘Cosa direbbe qui Carradine? Come reagirebbe?’. Non tanto il Carradine di Kung-fu, piuttosto quello di Americana, il lm con cui ho vinto il People’s Prize alle Giornate degli Autori al Festival di Cannes e che Quentin ha visto più di una volta. Lui vorrebbe sempre vedere i lm nel loro formato originale, che nel caso di Americana avrebbe dovuto essere un cinemascope in 35 mm, con banda sonora a quattro tracce; ma una copia stampata così non si trova, è quasi impossibile. Sicuramente ha pensato a me anche come al ragazzo di e Long Riders e di Shane, di cui ha alcune copie stampate in 16 mm. A causa di questa sua passione, direi quasi ossessione, per lm a basso budget, sanguinolenti, di vendetta, a farla breve per tutti i lm che galleggiano sul fondo del barile dell’industria cinematogra ca, quelli che quasi non sono stati distribuiti, Quentin si è sparato anche una dose quasi fatale di altri miei settantacinque lm indipendenti, per gran parte lm di exploitation[2] trasmessi direttamente in tv senza passare dalle sale. Ha visto anche gli undici spettacoli tratti da Shakespeare in cui ho recitato. Questo ragazzo sa cosa vuol dire “fare ricerca”. E poi c’è anche il Carradine che corrisponde alla mia gura pubblica e, sì, anche quello più misterioso, o mistico, pensatela come volete. Credo che fosse più… non impressionato, ma più sensibile alla follia iconoclasta che caratterizza la storia della mia vita che a tutto il resto. Ama queste cazzate. Lui è così, o forse è così il Lui che sogna di essere. Come Hunter ompson[3]. Mi sembra che sia stato Tom Wolfe[4] (se così non è, mi scuso con Tom e mi scuso con chiunque invece sia stato) a scrivere che “David Carradine vive la vita che Hunter ompson si limita a descrivere”. E questo è Quentin: capace di entrare nelle teste delle persone che hanno vissuto esperienze che solo un pazzo potrebbe augurarsi di vivere. Così ha scritto Kill Bill ritagliandolo su di me, o meglio su ciò che, con l’aiuto dei miei lm e di quello che conosce di me, lui pensa io sia. Ovviamente non poteva accordare a me quel ruolo, io che

sono un outsider di Hollywood, quasi un paria. (Cosa, questa, che poi diventò uno tra i motivi per ammirarmi. Dopo tutto, non ha nominato la sua compagnia “A Band Apart”?). Per questo era stato assoldato Warren Beatty. Scelta ottima, se sei costretto a lavorare con qualcuno della serie A. E si dà il caso che Beatty sia una maestà, nel settore. Il Destino ha prevalso, comunque, anche quando Uma urman è rimasta incinta. Il dover tenere in sospeso il progetto per un anno gli ha dato una spinta tale che alla ne non c’era davvero più bisogno di Warren per decollare, tanto più che tra lui e Quentin era ufficialmente disamore. Poi, durante uno tra i loro ultimi frustranti incontri – simili a quegli appuntamenti in cui ti vedi con la ragazza dopo aver rotto con lei, tenti di sistemare le cose, ma poi uno dei due dice una cosa che fa crollare il castello di carte che stavi tentando di costruire – Warren stesso butta lì la proposta di dare a me la parte. Si capiva che lo diceva per levarsi questa scocciatura e uscire in bellezza. “E allora perché non lo fai fare a David?”. Quentin gli ha stretto la mano, penso trattenendo una lacrima, e il meccanismo ha ripreso a funzionare. Harvey Weinstein in persona mi ha poi raccontato di aver chiesto a Quentin se Warren fosse impazzito. Quentin ha risposto: “No, non è pazzo!” e Harvey: “Okay, sei tu il capo”. E si sono detti: “Facciamolo”. Così, è sabato, tardo pomeriggio, e io chiamo Quentin. Più tardi, sul set, Quentin farà una perfetta imitazione della mia telefonata, per far divertire gli altri attori. Un’ottima… no, una perfetta imitazione di Quentin Tarantino che imita David Carradine e suona più o meno così: “Bene, sto aspettando. È sabato mattina, non chiama. Sabato pomeriggio. Ancora nessuna chiamata. E penso, Cazzo! Finalmente dopo un po’, molto dopo, il telefono suona. “Ciao”. Fa una pausa per creare l’effetto. “Sono… David” parlando mooolto piano. “‘Oh, sì. Ciao’ dico”. “Be’…”. Pausa. Dice: “Ho letto il copione”. “Sì?”. “Sì”. Pausa… Lunga pausa. “Mi… mi piace”. Altra lunga pausa. “Beee’…”. Pausa. “Io… penso che possiamo lavorare insieme” altra lunga pausa, poi: “Oh, fanculo, ADORO il tuo copione!”. Più o meno è andata davvero così, anche se alcune di quelle lunghe pause lui le ha inserite pensando che fossi il Kwai Chang Caine alla televisione, mentre quel giorno ero solo Carradine e non ricordo di averne fatte tante. Non importa. Se gli va di farlo, Quentin si mette a recitare, non importa dove né quando. Mi dà appuntamento per domenica pomeriggio, che era la domenica degli Academy Awards. Dovevo andare da Norby Walter, alla “Notte delle Cento Stelle” che si teneva al Beverly Hills Hotel domenica sera, e tornare indietro in tempo per in larmi uno smoking, farmi caricare su una limousine e s lare sul red carpet. Ero riuscito a riservare l’unica Cadillac berlina che la compagnia di limousine possedeva, nonostante il casino che stavano avendo – causa Oscar. Io odio le Lincoln. Un pregiudizio, lo so, che però coltivo. Bob Dylan una volta ha de nito la Lincoln “una buona macchina da guidare dopo una guerra” e non sono più stato capace di disfarmi dell’idea che il proprietario (o passeggero) di una Lincoln sia necessariamente un grassone che ha appro ttato della guerra per diventare ricco e siede di dietro, fumando un grasso sigaro cubano. Non che abbia qualcosa contro i sigari cubani. Solo contro i grassi pro ttatori di guerra. Non dormo molto quella notte, la mia testa è piena di ciò che dovrò dire a Quentin. Vorrei presentarmi, quando ci incontriamo, recitando la parte del me stesso “regolare”, ma so che è impossibile. Domenica 24 marzo Non posso credere che Quentin abbia tempo, la domenica degli Oscar, di incontrarsi con me. Be’, no, invece posso crederlo. Il ragazzo ha trovato il suo uomo (Band Apart, no?) e qui si tratta del casting per il ruolo principale del suo lm, del suo grande epico lm. Così mi in lo un paio di jeans, stivali da cowboy, una canotta con un 357 o qualcosa di simile sopra, e una grande, pesante, giacca di pelle nera presa dal set di Kung-fu – La leggenda continua. Mi arrampico sull’enorme SUV nero di Annie, con gli adesivi dell’Harley, insieme al mio cane bernese under sistemato sui sedili posteriori (mi accompagna dappertutto), e guido verso casa di Quentin, sulle colline di Hollywood. C’ero già stato, per guardare lm nel suo cinema vintage, ma non ero mai entrato in casa. Con un ronzio si apre il cancello d’ingresso, borbottando percorro una lunga strada privata. Lascio under nel “camion” e suono il campanello. Ci vuole un po’ prima che Quentin apra la porta. È in calzoncini e t-shirt hawaiiana. “Bene, bene, entra” mi dice. “Sono subito da te”. E

scompare. Io raggiungo l’atrio e mi faccio strada nel labirinto di locandine e memorabilia in quattro o cinque lingue sparse tutt’intorno, su muri, sedie e pavimenti. Trovo uno spazio su un divano e mi ci siedo. Riappare e mi dice cosa voglio da bere. Dico caffé, se ne ha. Ha una macchinetta per l’espresso, ma non l’ha mai usata e non sa come funziona. Smadonnando, cerchiamo di farla funzionare, senza successo. Così alla ne mi decido per una Coca Cola. Lui prende una birra, usciamo in terrazza e belli al sole cominciamo a parlare di tutto, tranne che del lm. Ma tutto riguarda il cinema. Orson Welles: siamo d’accordo sul fatto che Quarto potere non è il miglior lm mai fatto, come dichiara invece l’American Film Institute. È troppo bianco e nero, in tutti i sensi, e Welles esagera in tutto. Comunque sia, non è il miglior lm di Welles, mentre forse lo è L’infernale Quinlan. In Quarto potere Welles dà troppo spazio alle sue emozioni, in maniera quasi imbarazzante. È una performance assolutamente egocentrica. Cerco di immaginarlo, che borbotta e incespica durante le riprese, e poi urla: “E stop!” e: “Ora metti la macchina da presa laggiù”. Inorridisco al solo pensiero. Non è il miglior lm mai fatto, proprio no. Steven Spielberg: io e Quentin non siamo d’accordo su di lui. Secondo me Spielberg, con tutti i suoi lm epici e stra-popolari, non è degno di allacciare le scarpe a David Lean, che di lm ne ha fatti molti meno: Lawrence d’Arabia, che si guadagna il mio voto come miglior lm di tutti i tempi, e Il ponte sul ume Kwai, che metto al secondo posto. Mi sembra che Spielberg si sia dimenticato completamente del bambino che era e che scavalcava i muri per tentare di raggiungere i capi della Universal. Adesso, è una tale istituzione che la sua umanità è affondata nel mare della ricchezza e del potere. Quentin dice di no, e forse lui lo conosce meglio, visto che ultimamente lo frequenta. Marlon Brando: così enorme, tragico, come un dio dell’Olimpo. Ernst Lubitsch, di cui Quentin è fanatico. Non conosco molto bene i suoi lm, che per altro ho visto talmente tanto tempo fa, quando Quentin non era nemmeno nato! Marty Scorsese: entrambi ci auguriamo che l’Academy si svegli e gli dia il premio che si merita. Francis Coppola: Il padrino e Apocalypse Now verranno visti ancora da qui ai prossimi cent’anni. E, ovviamente, Roger Corman. Quentin adora gli attori dei B-movie. Roger è il loro re, sebbene odi il termine B-movie, e io personalmente ho fatto nove lm con lui e sua moglie Julie. Roger faceva cinema d’azione ed erotico, mentre Julie rimuginava sullo studio dei personaggi. Ogni tanto lavoravano insieme, come per Box-car Bertha, il lm che ho fatto con Scorsese. Roger disse a Marty: “Quando parlerai ai giornalisti, non dire niente sui sindacati o sull’ingiustizia sociale”, nonostante il lm parlasse di quello. “Continua a parlare di rapine al treno, pistole e giri al bordello”. Ci lanciammo poi in una rilassata dissertazione sulla nostra conoscenza dei lm minori: L’opera da tre soldi, la versione musicale con Laurence Olivier; una versione del Don Chisciotte con Feodor Chaliapin, il grande basso lirico, che canta nel lm. Questo è probabilmente uno dei primi musicali mai apparsi sullo schermo; il sonoro aveva appena debuttato. C’è un lm realizzato in Germania intorno al 1956 chiamato e Devil’s General, su un generale della Luwaffe che cambia idea sul nazismo e fa un’incursione kamikaze sulla sua fabbrica, facendo esplodere questa e se stesso. Per Curt Jurgens è il ruolo della vita. Ho visto questo lm almeno sei volte a Berkeley, mentre studiavo all’Università della California. È un grande attore, ancora di più quando recita nella sua lingua. È l’idea su cui ho basato la mia identità. Fa abbastanza caldo vicino alla piscina di Quentin. E la luce è fulminante; non solo la luce, anche la conversazione. Quentin indossa gli occhiali da sole. Inforco i miei, per un po’, e mi tolgo prima la giacca, poi gli stivali, cercando di apparire tranquillo e co. In realtà, mi sento come uno studente al college mentre sostiene l’esame orale, intimorito di fronte a chissà quale divinità minore appena scesa in terra. Mi dice che, per tutti e tre gli anni che gli ci sono voluti per scrivere questo lm, non ha trovato nessuno che lo sentisse. E che perciò lui si sente solo. E io, lo sento? Sì, lo sento. Kung-fu, samurai, spaghetti western, storie d’amore gangster, anime giapponesi, conosco tutto. Parliamo per due ore. Dico che devo andare. Mi riconduce al mio tir. Fa la conoscenza di under. Sta ancora parlando del lm, tutto eccitato. Dice: “Adesso hai qualche altro impegno di cui preoccuparci?”, “Be’, sì” dico, “concerti, convention, raduni di autogra , apparizioni, ma quasi tutti nel weekend”. Mi dice che si può fare. Spedisco under a fare pipì e dico: “Che ne dici di martedì?”. Era il giorno ssato per iniziare l’allenamento con il team wire[5] che aveva lavorato anche con gli attori di Matrix e Crouching Tiger, Hidden Dragon. Dico: “Non voglio perdermi il primo giorno”. Mi risponde: “Be’, se vieni martedì, devi venire anche mercoledì”. under ci sbircia da dietro l’albero su cui sta facendo i

bisogni. “Okay, sì. Ci sto”. Ci stringiamo la mano. Nomino Rob Moses, mio personal trainer da tempo immemore e compagno di schitarrate, che è al mio anco n da Lone Wolf McQuade – cioè da circa vent’anni. Sto pensando che potrebbe nalmente ottenere la sua tessera al SAG[6]. Può partecipare anche lui al training? Quentin dice certamente sì, se ha dimestichezza con Yuen Wu Ping, il capo del team che seguirà l’allenamento. È lui che avrà l’ultima parola sul training. Litigo con under che non vuole risalire in macchina e me ne vado, dimenticando lì i miei occhiali medici, il mio porta-sigarette, il mio accendino Dunhill e il mio cervello. Dovrei aggiungere che ho cominciato a lavorare su Quentin già nel 1996, quando ho fatto di tutto per rintracciarlo al Toronto Film Festival. Sentivo che poteva rappresentare la mia salvezza. L’ha fatto per Travolta, e io sono ancora più “tarantiniano”, se così si può dire. E poi ammiro davvero il ragazzo. Sono riuscito a restare in contatto con lui nel corso degli anni, no all’incontro di Austin. Sono quasi sicuro che è stato in quel momento che l’avventura è iniziata. Sì, c’è da dire che così facendo Quentin mi metteva nel mucchio dei perdenti, delle meteore, degli attori tv scomparsi e ovviamente dei bad boys. Tutto abbastanza vero. Negli ultimi due anni avevo interpretato spesso me stesso in quei raduni fatti per rmare autogra . Ero sempre il nome di punta, in quei casi, ma non è che sia un granché. In questi raduni ci trovi di tutto: gli interpreti di vecchi show, la protagonista della serie Piccole canaglie (che ormai ha raggiunto i settanta), Linda Blair di L’esorcista, e il ragazzo che animava il mostro della “laguna nera”, ad esempio, sono presenze sse. E pure Scotty di Star Trek – e chiunque abbia interpretato il ruolo di una delle mille incarnazioni in Star Trek. Gente borderline, almeno per i miei standard. Spaventoso. Da brividi nella schiena, unghie sul vetro e desiderio di farla nita il prima possibile. Ma queste sono le persone che Quentin ama più di tutte, molto più delle grandi star di successo. Un ragazzo come lui sta per forza dalla parte dei perdenti. È sempre pronto a dare una mano a quelli che non sono andati molto lontano, quelli che crede valga la pena salvare. La cosa migliore è che in questo caso aveva puntato su di me. Ed era sicuro come l’inferno che avrei fatto del mio meglio per non deludere le sue aspettative. C’è stato qualcosa di buono però, in questa faccenda dei raduni. Un ragazzo che scrive per High Times venne da me, da qualche parte in Ohio. Mi disse che era “divertente” che la sua rivista non mi avesse mai dedicato un pezzo. Ero d’accordo. Divertente… Così, mi avevano mandato questo chissimo hippy beatnik, con cui chiacchierammo per un’ora. Mi offrirono la copertina, ma ri utai. E loro lo sapevano. Sembra che le celebrità lo facciano spesso. Mi chiese se avrei tenuto la droga in tasca, se fosse stata legalizzata. Risposi: “Ho già dato e non intendo ripetermi. Al massimo una canna”. Poi ho detto, citando il mio fratellone Keith: “Sai, c’è un motivo se la chiamano droga”. L’intervista sarebbe dovuta uscire in un paio di mesi, ma non ne ho più saputo nulla. Probabilmente ero troppo “normale” per loro. Quel tipo, anche se era chiaro che non sono più immischiato in certe cose, mi diede un piccolo regalo, penso fosse un’abitudine della rivista: un enorme bulbo, di quelli che dall’interno di un sacchetto di plastica, chiuso in una scatoletta di metallo in un cassetto, puzzano tanto da infestarti la casa. L’ho regalato a un amico. Be’, a dirla tutta, l’ho usato come esca per attirare questo amico speciale, che ha sempre voglia di faticare e muscoli leggendari per farlo: avevo bisogno che mi aiutasse a trasportare alcuni mobili particolarmente pesanti su e giù per le scale. Apprezzò molto il bulbo, mentre Annie apprezzò molto che mi fossi nalmente liberato di quella puzza tremenda. Alla “Notte delle Cento Stelle”, di fronte alle telecamere, non sapevo se potessi parlare o meno del lm. Immaginavo che Quentin voleva annunciare lui la cosa, e che la questione Warren Beatty era particolarmente delicata da trattare. Così dissi che sì, ero coinvolto in questo grande, meraviglioso progetto, ma che non potevo parlarne. Annie mi disse che avevo il permesso di fare il modesto. Questo mi piace. Essere modesto, intendo. Però volevo tanto poter parlare con qualcuno. Dentro, Michael Madsen mi mormorò: “Lo sai che, se Warren si ritira, la sua parte in Kill Bill è tua?”. E allora non ce l’ho fatta e, sempre mormorando, gli ho risposto: “È cosa fatta”. Mi sono sentito grande. Lunedì 25 marzo Oggi ho un incontro al Peninsula Hotel con Harvey Weinstein della Miramax e il socio di Quentin, Lawrence Bender, che produrrà il lm.

Ho i miei bei problemi a trovare il posto, perché è talmente esclusivo che non è segnalato da nessuna parte. E io non voglio arrivare in ritardo. Nella hall, dove avremmo dovuto incontrarci, non trovo nessuno. Nell’entrarci quasi vado a sbattere contro Steven Seagal, che mi dice: “Tutto ok, David?”, ssandomi dalla cima della sua altezza da abitante di Brobdingnag[7]. Rispondo con: “Certo! [Stai scherzando??] Alla grande!”. Questo sembra renderlo felice. È difficile da dire, quando si parla di Steven. Mi chiedo se abbia visto la parodia che ne abbiamo fatto su MADtv. Poi gli dico che devo andare e sembra deluso. D’altra parte, sono in missione per conto di Dio! Dopo aver attraversato a fatica un ume di guardiani e camerieri tutti compassati e viscidini nalmente raggiungo il mio puntello con la Miramax sulla terrazza dietro la sala da pranzo. Scopro così che Lawrence è un uomo estremamente acuto e alla moda, con una sua precisa eleganza. Non posso dire se sia un bravo o un cattivo ragazzo. Sicuramente è un ottimo socio per Quentin. Parliamo di abiti. Harvey vuole vedermi in Giorgio Armani. Non credo che succederà, però ho capito cosa intende. Lui pensa che l’obiettivo sia avvicinarmi a Warren. Ma io so che Quentin invece punta tutto su chi sono io davvero. Ha costruito l’intera sceneggiatura sopra questa idea! So anche che Quentin fa tutto a modo suo, che lo imporrà a Harvey, Miramax e me, e che noi ci piegheremo al suo volere. Alla ne, non è importante. È chiaro, per me, che questo incontro è solo una formalità: Harvey vuole far parte del gioco. Ho detto cose stupide, ingenue. Ma quando parlo con Padroni dell’Universo del calibro di Harvey Weinstein, mi sento sempre come un bimbo piccolo. Allora tento di darmi un tono e di dire cose brillanti. Quando sono a mio agio invece sono brillante. Il tipo tosto e silenzioso in generale è migliore del ragazzetto che tenta di fare quello sicuro di sé. È un po’ come per i nomi. Non riesco proprio mai a ricordarli. Così ho deciso di non chiamare nessuno col suo nome. Funziona bene, anche se il mio vecchio amico Jeff un giorno mi ha fatto presente che, per una persona, sentirsi chiamare col proprio nome è un po’ come ricevere una carezza. Meglio prevenire che curare, comunque. Ricordo che una volta, al Sundance Film Festival, ho chiamato ‘Meryl’ Glenn Close, attrice che tra l’altro adoro. Ho cercato di cavarmela ngendo di non averla riconosciuta a causa degli occhiali, ma non credo se la sia bevuta. In ogni caso, tutta questa storia dei produttori, del Peninsula eccetera era di un’altra categoria, roba fuori dalla mia portata. Ma non mi importava. Niente poteva andare storto (tranne nel caso in cui mi fosse scappata una scorreggia in faccia ad Harvey). Più tardi ho scoperto da Harvey stesso che in effetti quel giorno lui e Lawrence mi stavano valutando per capire se Quentin avesse ragione nel sostenere che non ero pazzo. Se avessi passato il loro test psicologico, ero dentro. Martedì 26 marzo Così si arriva alla fase della negoziazione. “Santa” Gayle Max, la mia nuova manager, è in estasi per questa opportunità e non sta nella pelle. È quello che stavamo cercando da tanto, anzi da molto prima. E possiamo farci un sacco di soldi, anche. Mi vogliono fare allenare per due mesi e girare per quattro, almeno. Dovrebbe assicurarmi un bel po’ di grana. Non esattamente. Viene fuori che Quentin non ha intenzione di devolvere agli attori granché dei quaranta milioni di dollari che ha per la produzione del lm. Lawrence Bender dice anzi a Gayle che nessuno prenderà un centesimo per il lm. Lavorano tutti al minimo sindacale. Anche Warren non prendeva niente. Daryl Hannah, Lucy Liu, Vivica Fox – hanno tutte voglia di lavorare gratis, pur di poter lavorare in un lm di Tarantino. Che infatti ci ricorda quale opportunità enorme sia, cos’ha signi cato Pulp Fiction per Travolta, e cose così. Gayle, sia benedetta, gli dice: “Certo, bene, ma tutte queste persone di cui parli sono ricchi. David lo fa per lavoro! Per fare il tuo lm, dovrà ri utare altri lavori in cui sarebbe pagato regolarmente”. Parlano di sborsare qualche zucca in più. Ci attaccano però tutti i piccoli extra che nessuno ottiene più ormai – così dicono loro due. Visto che la cosa più grossa, il training, otto ore al giorno, cinque giorni a settimana, per due, tre mesi – sarà fatto per “niente”… Poi cominciano a venire fuori problemi per tutte quelle piccole apparizioni e concerti che faccio, visto che il set sarà suddiviso tra Cina, Giappone, Messico e pure Isole Canarie e California meridionale. Dovrò cancellare un bel po’ di serate. E nessuno accenna alla mia conversazione con Quentin circa Rob Moses, il mio trainer. Gayle affronta la questione con estremo entusiasmo. Le piace la mia lealtà. Be’, cazzo, Rob è stato al mio anco in tutto quello che ho fatto, come Bobby McGee[8], per vent’anni, e non ne ha mai ricavato nulla se non la mia compagnia.

Mercoledì 27 marzo Quentin porta me e poche altre persone a fare una prova nella “sua” Culver City Citadel[9], un complesso architettonico super moderno che si adatta poco al suo stile – però, ehi, è lui il capo. Il posto brulica della gente di Quentin, la Band Apart, che nonostante sia un gruppetto di persone molto simili a Quentin, non contempla nessuno nemmeno lontanamente simile a lui. Non solo amici, anche parenti. Tutti sorridono e sono felici nel loro essere a parte. Da una parte Uma e qualcun altro. Quentin ci stava mettendo alla prova, sfruttando per ciascuno di noi le nostre scene migliori. In quel momento mi toccava lavorare un po’ con Uma, e poi mi hanno spedito a dare le mie taglie al costumista, a chiacchierare col trovarobe di orologi, accendini e pistole (con fondine, proiettili, annessi e connessi), a conoscere lo scenografo, che mi ha fatto dare un’occhiata alle fantastiche location che hanno trovato e ai set spettacolari che hanno in mente di costruire. Abbiamo parlato di qual è la macchina giusta da far guidare a Bill. Nella sceneggiatura si parla di una Porsche. Ma io speravo tanto che non fosse così. Lo scenografo mi ha proposto una Cadillac perché crede che Bill debba guidare un’auto americana. Ero d’accordo e gli ho parlato della Cien, un prototipo di auto sportiva modello V12 che ho appena visto a un motor show e che forse potrebbe essere chiesta in prestito. Quando ne abbiamo accennato a Quentin, per tutta risposta ha detto che se non ce la prestano, la ricostruiremo. Oggi era il compleanno di Quentin (il trentanovesimo). Abbiamo fatto una piccola festa con una torta in ufficio prima di separarci, mentre Uma, Ethan Hawke e altri hanno organizzato invece un party per stasera. Secondo Quentin un party deve sempre includere la visione di un lm, perciò hanno fatto in modo di portare la festa nella sua stanza cinematogra ca sacra, nella “Chiesa”. Quentin sapeva tutto, tranne il nome del lm scelto per essere proiettato – il suo regalo di compleanno. Io e Annie siamo andati: sapevo che si sarebbe divertita un casino, visto che la festa si preannunciava come un evento (e visto che ogni cosa che si fa da Quentin è un evento). Abbiamo mangiato popcorn e sushi, io ho bevuto una Coca, mentre Annie si è gustata un buon Merlot. Poi ci siamo tutti accomodati non appena Ethan Hawke ha cominciato a introdurre il clou della serata. Ha fatto di tutto per non dare importanza al lm che stava per mostrare, ma Quentin è riuscito a indovinare comunque. È saltato in piedi e ha gridato “Bound for Glory[10]! Lo adoro!”. Cristo santo, questo mio vecchio lm è quello che secondo tutti Quentin avrebbe voluto come regalo di compleanno, più di ogni altro?!? Hanno preso in prestito la copia da qualche sperduto cinema d’essai per questa serata, domani devono riportarlo. C’è anche il piccantissimo trailer di… Summer Love credo si chiamasse, un lm che ha fatto Daryl Hannah agli inizi della carriera. Durante il trailer giù tutti a schiare e Daryl ad arrossire, ma io l’ho visto il lm quando è uscito, e a dirla tutta è anche un bel lm, e Daryl è favolosa. All’epoca mi ero detto: chi è quella ragazza? E avevo dichiarato a chiunque mi stesse ascoltando che quella ragazza sarebbe diventata una star, sicuro. Avrei voluto dirlo e partecipare così alle chiacchiere di Quentin e della sua corte di lacchè, ma mi sento ancora troppo intimidito da queste persone per intromettermi. Forse un giorno potrò prendere Daryl da parte e dirlo direttamente a lei. Hanno anche proiettato il trailer di Boxcar Bertha[11]. Questo mi ha fatto tornare in mente tanti ricordi, la maggior parte belli. Nessuno cattivo, qualcuno un po’ dolceamaro. Barbara Hershey e io eravamo innamorati allora, forse nel periodo in cui girammo il lm abbiamo raggiunto il top della nostra storia. Fa quasi male vederci insieme sullo schermo. 27 marzo 2002 “Kill Bill” Supércool Manchu, Inc. 10950 W. Washington Boulevard, Suite 150 Culver City, CA 90232 Ph.: 310/555-6480 Fax: 310/555-9033 Att. Lawrence Bender

A tutti gli interessati: Come forse sapete, la domenica degli Oscar in cui io e Quentin abbiamo stretto il nostro accordo, ho messo in chiaro che avevo già preso alcuni impegni. La maggior parte sono serate nei weekend, soprattutto concerti. Quentin mi ha assicurato che potevamo lavorare in tutti gli altri giorni. Questo è il mio programma. Come potete vedere, dopo aver visto il piano di lavorazione ho cancellato un paio di date perché erano troppo a ridosso delle riprese, o per altri motivi impossibili o rischiose. L’altro punto importante riguarda Rob Moses, il mio trainer. Sempre quella domenica, ho chiesto se poteva essere coinvolto nella faccenda. Quentin ha detto sì, sempre che questo vada bene ai maestri wire. Rob è stato con me per vent’anni. Non sono mai andato da nessuna parte senza di lui. È discepolo del mio maestro, Sifu Kam Yuen, un maestro di Tai Mantis della trentacinquesima generazione – che fa di Rob la trentaseiesima e di me la trentasettesima, se vi va di vederla in questo modo. Discendiamo direttamente dal creatore della Trentasettesima Camera[12]. Quentin sa cosa voglio dire. L’inclusione di Rob nella produzione dovrebbe essere molto naturale. È pronto a lasciare la sua scuola per la durata del training. Sfortunatamente, non può mettere a disposizione il suo tempo, 40 ore a settimana, a gratis. Deve vivere e io pure. Se qualcosa potesse essere fatto in questo senso sarebbe ottimo, per Rob, per me, per il lm. Il terzo punto riguarda l’auto e l’autista: potrei stringere i denti senza altre discussioni, pagandomela da me. Però una richiesta la faccio, ed è di poter avere a disposizione qualcuno della compagnia piuttosto che un esterno. Ben è un ottimo candidato in questo senso, vive nella valley e per lui sarebbe facile favorire i miei spostamenti. David Cc: Quentin Tarantino Giovedì 28 marzo Finite le negoziazioni, l’accordo è fatto e non si torna indietro. Il problema dell’autista è risultato molto sgradevole. Ho avuto un autista personale in ogni lavoro che ho fatto, dalla più mostruosa e gigantesca cagata commerciale all’ultimo dei lm dell’ultimo degli indipendenti, almeno a partire dall’ultimo anno di Kung-fu, quando mi sono addormentato sulla strada per il set, una mattina, e mi sono risvegliato nel bel mezzo di un incidente (causato da me ovviamente). Lawrence è stato categorico. Nessun altro ha un autista fuori da Los Angeles. Be’, nessuno aveva un autista per girare la città nemmeno in tutti gli altri lm, ma io sì! E poi, ehi, Uma ha un autista. “Questo è diverso” dice Lawrence. Be’, certo, sì. Ha un altro bambino. Infatti viene anche pagata. Anche questo è diverso, sì? Il lm è ritagliato su di lei, che ha anche collaborato con Quentin alla sceneggiatura. Perfetto, però mi sembra che il lm sia stato scritto anche intorno a me, eppure non compaio da nessuna parte come collaboratore. Il dibattito va avanti e avanti e avanti, tra i negoziatori. No, Ben non può farmi da autista, nemmeno se lo pago di tasca mia. Potrebbe venire a prendermi, forse, ma non andare via alle cinque, perciò non potrebbe riportarmi a casa. Chissenefrega. Io e Gayle pensiamo che non avere un autista non sia un problema tale da far “interrompere le trattative”. Alla ne, nessun problema può portare a questa conseguenza. Non c’è proprio niente che potrebbe impedirmi di arrivare a un accordo, tranne forse se decidono di uccidermi. Perciò niente autista. Così è. Il patto è stretto. Rob è dentro però, questa sono riuscito a sfangarla. Anzi si è pure proposto, e con estremo ardore, di portarmi avanti e indietro, perciò anche questo problema è risolto. In tutto questo, martedì è venuto e se n’è andato e il training non è ancora cominciato. Il maestro di wushu e wire Yuen Wu Ping e la sua banda di acrobati circensi stanno nendo il loro lavoro per Matrix II. La nuova data di partenza è il 1° aprile (ma poi anche questo giorno se n’è andato senza cominciare l’allenamento – pesce d’aprile…!). Avrei dovuto capire qualcosa già in questo momento su come sarebbe andato il piano di lavorazione, e cioè che era destinato a cambiare parecchie volte, e radicalmente, prima che fosse nito.

Venerdì 29 marzo Ora, il grande evento è stato la lettura della sceneggiatura con quanti più personaggi possibili gli è riuscito di mettere insieme – Uma; Daryl; Vivica; Julie Dreyfus, che sedeva vicino a me, un’adorabile lady inglese che parla perfettamente il francese e il giapponese (capacità ottime visto il suo ruolo); Michael Madsen; Michael Jai White; Michael Parks, che era lì per rifare il poliziotto che aveva già interpretato in From Dusk Till Dawn[13]; e il glio di Parks, che deve recitare la parte del vice. Ricardo Montalban doveva interpretare il pappa messicano che sarebbe il surrogato del papà di Bill, ma non si è fatto vedere, così Quentin ha chiesto a Michael Parks di leggere anche la sua parte. Abbiamo letto l’intero copione, con Quentin che intercalava con le sue descrizioni delle scene (ma potrei parlare di vera letteratura orale, per come le ha fatte). C’è voluto un bel po’ di tempo, con duecento pagine da affrontare, ma nessuno se n’è lamentato, visto che tutti sapevamo bene che ci stavamo imbarcando per il viaggio probabilmente migliore delle nostre intere carriere, capitanati da un vecchio lupo di mare che conosce bene gli oceani. Circa a metà c’è stato un pranzo a buffet e io ho ricevuto un bel po’ di complimenti. Michael Jai White si è sdilinquito per la mia voce, che trova bellissima. Questo è divertente per me, che ho sempre pensato di avere una voce e basta. Ma è il complimento che mi fanno più spesso, perciò penso che tutti sappiano qualcosa che io non so. Comunque è stato fortissimo. Questo lm spaccherà un bel po’ di culi. Ho notato una cosa che ha rafforzato la mia fede nelle capacità di Quentin: il suo abnorme cervello è in grado di realizzare, nello stesso tempo e alla perfezione, una quantità incredibile di cose, molto più di quanto gli esperti dicano sia possibile. Un perfetto multitasking, hai presente? Mentre stava al tavolo dava istruzioni al suo assistente, parlava al cellulare, spiegava a tutti noi il piano per la giornata e ordinava il pranzo, senza perdere un colpo. Il cervello umano non è strutturato per farlo ma, lo sappiamo, Quentin è un extraterrestre. Quando ci siamo riposizionati per il secondo round, Michael Parks ha sorpreso tutti con un’interpretazione del personaggio di Ricardo che Ricardo se la sogna. Detto, fatto: parte affidata a Michael e tanti saluti a Ricardo. (Dopo che Quentin ha preso questa decisione così, su due piedi, sono sicuro che ciascuno di noi in cuor suo si è ripromesso di non perdere nemmeno una delle sue riunioni). Parte dell’accordo è che Uma, Daryl Hannah, Lucy Liu, Vivica A. Fox e io dobbiamo frequentare una palestra di Culver City e studiare da samurai con Sonny Chiba, l’attuale re dei lm coi samurai, e anche il kung-fu, il wushu, per dirla precisamente. Rob Moses parla di “circo kung-fu”, dice che nella realtà non funzionerebbe (e immagino sappia di cosa parla). E poi ancora wire con Yuen Wu Ping e la sua famosa squadra di Crouching Tiger e Matrix, pesi liberi e quella merda per criceti del tapis roulant e della cyclette, che corri corri e non vai da nessuna parte. Tutto questo dalle 9 alle 5, da lunedì a venerdì, per due interi mesi. Lunedì 8 aprile Torniamo dalla palestra che hanno messo in piedi a Culver City. Ci hanno detto dalle 9 alle 5, Rob e io siamo lì alle 8:30 e siamo i primi. Mi piace. Il posto non potrebbe essere migliore: una stanza enorme, un soffitto alto dodici metri, per sistemare le corde del wire. Macchine enormi, materassini, pesi liberi, un sacco di attrezzi, un saccone e un manichino di gomma da prendere a pugni, specchi, barre da danza classica, una miriade di asciugamani e una cucina con tonnellate di cibo e bevande dietetiche no-stop. Una bella sorpresa è una stanza solo per me in cui fare le mie cose, con il mio nome sulla porta. O meglio, il mio nuovo nome per i prossimi mesi: Bill. Cominciamo lo stretching, che faremo per un’ora ogni giorno. Piano piano arrivano tutti. Quentin è il primo e va subito al tapis roulant. Quando arrivano le signore vanno subito da lui e per una buona mezz’ora o giù di lì parlano animatamente mentre corricchiano e camminano. Poi arrivano gli allenatori, uno per ciascun attore, Wu Ping e il suo assistente, che dice di chiamarsi Fish. È il nostro medico di bordo, che distribuisce unguenti cinesi e bende elastiche. Sonny Chiba, il maestro di samurai (nonché idolo virtuale di Street Fighter e Shadow Warriors) e il suo assistente, Tetsuro Shimaguchi, che diventerà in fretta mio amico nonostante l’ostacolo insormontabile della lingua. Con Wu Ping non ci prendiamo bene. Incute timore, ci guarda male tutti ed è sempre fuori per una pausa sigaretta. È un maestro dell’arte di non guardarti in faccia. Magari ti guarda attraverso o dietro

le tue spalle, ma non guarda mai te. Mi ci vorrà un mese per ricevere un suo “Buongiorno”. Quando nalmente me l’avrà detto, io avrò capito di essere stato riconosciuto come membro della razza umana, un onore che Wu Ping non concede facilmente. Una volta nito lo stretching, cominciamo a tirar calci. Centinaia di calci, davanti, di lato, rotanti. Poi pugni, pugni e calci insieme, già combinati in piccole coreogra e, alcune delle quali niranno anche nel lm. Mi ero immaginato che trent’anni passati a recitare in lm di kung-fu mi avrebbero avvantaggiato, ma queste tipe sono toste, implacabili. E questa roba è molto diversa da quella che conosco. Wushu: più danza che lotta, anche se mi guarderei bene dal combattere anche pochi round con uno a caso dei nostri allenatori. Sono tutti atleti superbi e in forma smagliante. C’è un momento in cui mi chiedo se ce la farò. Mi gira la testa e faccio fatica ad alzare una gamba, ma continuo a sgobbare. Devo. Tutti bevono un sacco d’acqua, io vado avanti a tè verde e matcha. Poi, grazie a Dio, arriva il pranzo: roba cinese e giapponese. Mi ritiro in buon ordine con una bella insalata di frutta fresca ricoperta di occhi di formaggio. Dopo pranzo Quentin ci fa uno dei suoi animati discorsi e una lezione di storia, poi ci mostra alcuni vhs di lm kung-fu e samurai. Facciamo pratica con le corde. Mi piace un sacco. Dopo c’è la lezione di samurai tradizionale con Sonny, assistito dal delizioso e abilissimo Tetsuro. È a questo punto che comincio a cedere, e non certo perché non mi piaccia! Tutto è molto formale: l’inchino; il giusto modo di mettere i piedi; come estrarre la spada, come rinfoderarla. Bello, eh? Nonostante la stanchezza. Più avanti impareremo cose più so sticate, per il momento ci accontentiamo delle basi. Nel frattempo, facciamo anche un po’ di cardio tness, sollevamento pesi e addominali. Dovrò farne milioni, già lo so. Alle cinque è nita: wow! Io e Rob torniamo a Tarzana, una bella ora e mezza nel traffico dell’ora di punta, parlando a ruota libera di tutto. Arrivati a casa faccio quasi fatica a scendere dalla macchina, son tutto storto e incriccato. Devo pure salire le scale! Dormo come un sasso. Venerdì 26 aprile Ecco, questa sarà la mia vita per i prossimi due o tre mesi. Non c’è tempo né energia per fare altre cose, solo il lavoro. Non ho mai faticato tanto per nient’altro. Nel 1965 ho sollevato pesi tre volte a settimana nella palestra di Sygmund Klein sulla Seventh Avenue (Klein è il leggendario allenatore di Mister Universo e ha lavorato con attori come Laurence Olivier). Per un paio d’anni ho corso dieci chilometri ogni mattina sulla spiaggia di Malibù. E ovviamente ho fatto kung-fu per trent’anni, anche se in maniera discontinua. Ma fare pesi, wushu, wire, samurai e jogging tutto in un giorno, per cinque giorni, dalle 9 alle 5… è tutta un’altra storia. Ho più dedizione di quanto pensassi potessi mai provare. Ovviamente di giorno in giorno va sempre meglio. Rob è stato fuori città e ho cominciato ad affrontare da solo il viaggio in Maserati. Una mattina, dopo che le avevo appena fatto dare un’occhiata in officina, qualcosa è andato storto con la trasmissione. Non potevo assolutamente fare tardi, perciò ho cominciato a schiacciare, non ti dico il rumore, gli stridori, e le cinture che scivolavano da tutte le parti. Poi ho cominciato a sentire odore di bruciato, uno dei miei preferiti, soprattutto al mattino. Odore di… riparazioni super costose. Be’, comunque ce l’abbiamo fatta ad arrivare in palestra, e in perfetto orario. Almeno, io ce l’ho fatta, la cinghia di trasmissione della Maserati un po’ meno. Il mio record di presenza puntuale è rimasto intatto però, e questo è ciò che conta. Ho chiamato Franco, che mi ha mandato un camion per rimorchiare l’auto. È venuto fuori (sorpresa sorpresa) che sono fritto. Uno dei tubi di raffreddamento si è rotto. Per fortuna la macchina ha una trasmissione Chrysler, che è comune, perciò cambiarla mi costerà solo millecinquecento verdoni anziché cinquemila. Rientrato Rob, si torna alla vecchia routine mentre la Maserati è in ospedale. Il gruppo dei trainer non sa bene cosa farsene di Rob, che forse li intimidisce. Per certi versi è molto più avanti di tutti loro. Lui intanto se ne va in giro, qualche volta cerca qualcosa da fare. Di solito si fa i fatti suoi mentre noi ci spacchiamo il culo con gli esercizi di wushu. All’improvviso sentiamo uno Sbam! Ci giriamo a guardare e l’omino di gomma è steso a terra, annegato nell’acqua che avrebbe dovuto ancorarlo al suolo e che invece dopo la caduta si sta spargendo ovunque. È stato Rob a conciarlo così, con un solo pugno. Non ho mai visto nessuno prima fare una cosa del genere (Non pensavo potessi, Rob!). Rob tutto impacciato lo rimette a posto, prende qualche asciugamano e con quelli cerca di

tirar via l’acqua. È veramente imbarazzato, mentre noi siamo sinceramente stupiti. Be’, questo è Rob. E dire che è umile non rende l’idea. Ogni venerdì, alla ne della giornata, Quentin ci convoca per la Riunione di Stato (così la chiama). Raccoglie tutto il cast nella sua stanzetta, noi ci sediamo tutti sul divano e ci prepariamo a farci piccoli piccoli mentre lui ci dice com’è andata la settimana e come possiamo migliorare. Rob Moses è lì anche lui, seduto sul pavimento da un lato con la schiena appoggiata al muro. Questo venerdì Quentin è particolarmente duro con noi. È molto scocciato per i ritardi del mattino. “Nessuno deve ancora prepararsi, o bere il caffè, dopo le nove” ci dice. “Venite alle otto e mezza e fate in modo di essere pronti”. Quando l’orologio batte le nove ci vuole tutti sul tappeto, pronti a sudare. L’altra questione riguarda il dopo pranzo e il tardo pomeriggio, quando siamo tutti un po’ più pigri. Quentin dice che non sopporta vedere persone che iniziano a guardare l’orologio e cazzeggiare già alle tre e mezza. Ci sono altre due ore da fare, dice, e vuole che continuiamo a fare addominali no alla ne. Vivica alza la mano e ribatte: “Aspetta un attimo. Stai dicendo che la giornata è dalle otto e mezza alle cinque? Vuoi che arriviamo qui alle otto e mezza ogni cazzo di mattina?”. E prima che Quentin possa risponderle a dovere, è partita per la tangente. Che urlata! Qui ci facciamo tutti il culo. Ci alziamo alle sette, affrontiamo il traffico, sudiamo tutto il cazzo di giorno, poi stesso traffico di merda per tornare a casa, zero tempo per famiglia, shopping o qualsiasi altra cosa, e tutto a gratis, e lui adesso pretende ancora qualcos’altro? Col passare del tempo, alla ne della giornata, certo che è stanca, dice. Dopo cinquecento calci in faccia e duecentoquaranta addominali, sì, lei comincia a guardare l’orologio! E succede pure, aggiunge, che una ragazza o più di una possa ritrovarsi in quel certo periodo del mese esattamente come lei in questo momento (senza dubbio questa è una causa, e non la minore, di questa urlata), perciò: “Non rompere i coglioni, stronzo”. Mentre Quentin è insolitamente, o dovrei dire per la prima volta, senza parole, all’improvviso tutte le ragazze fanno muro. Quentin è accerchiato. Vivica è la leader del gruppo, ma sono tutte più o meno impazzite adesso (anche se isteriche forse rende meglio l’idea). Rob Moses continua a stare seduto con la bocca chiusa, cercando di sparire, mentre Quentin è occupato a gestire quello che potrei sicuramente de nire un ammutinamento. Dice: “Ehi, anch’io sto lavorando al vostro anco”. La cosa non sembra colpire particolarmente Vivica. Vieni qui, certo, dice, e fai il tapis roulant, te la chiacchieri tutto allegro con Uma e Daryl, sistemi un paio di cazzate di lavoro, però sei trattato come il ragazzo d’oro dagli allenatori e al pomeriggio ti chiudi nel tuo loculo a fare le tue robe amministrative, a preparare gitarelle e a cercare location. Vivica è un fuoco. Qui siamo operai contro Padrone, ma lei non ha intenzione di cedere di tanto così. Rassicurato dal coraggio di Vivica, che sì, è anche un po’ insolenza, protesto anch’io. La mia lamentela è dovuta al fatto che mi sento inutile. Nella Riunione di Stato di due settimane fa mi aveva detto che i ragazzi di Wu Ping avevano paura di allenarmi e darmi ordini perché hanno molto rispetto per me, sono miei fan. E io avevo detto: “E quindi? Ditemi cosa fare, io sono qui per imparare!”. Poi, la scorsa settimana, mi ha detto che per gli esercizi wire potevo solo insegnare ed essere un esempio. Risultato: non mi sono ancora allenato, con le corde. Nel frattempo, io qui non mi sento un attore. Sono solo un vecchio atleta che si allena per le Olimpiadi (quelle speciali per over quaranta, però). Secondo il copione io sono bravo con la spada, combatto tenendo una mano in tasca, e non mi sembra proprio di star lavorando in quella direzione. Sonny mi dice che è assolutamente proibito, così vuole il protocollo samurai. Ma io so che è una scemenza, visto che il samurai più famoso di tutti, Matsumoto, era famoso proprio per giochetti così. Matsumoto era un vero ribelle. Ha violato ogni regola, ogni tradizione, e mai perso una lotta. (Be’, questo è ovvio: se perdi una lotta di samurai vuol dire che ti hanno ammazzato.) E spesso non ha nemmeno usato una spada, ma ha sbaragliato i nemici con uno stuzzicadenti. C’è una storiella sulla tradizione di lavarsi prima di una battaglia. L’idea è che devi puri carti prima di combattere, per mostrare rispetto all’Arte e al nemico. Be’, qualcuno gli porta un grande catino d’acqua, lui prende il catino, si versa tutto in bocca e va in battaglia sporco del viaggio. Alla ne vince, ovviamente. Io credo che Bill sia questo tipo di ragazzo. Ma qui non sto imparando niente, nessuno stile. Sto solo facendo lezioni base di samurai. Non riesco a entrare nel personaggio di Bill, che poi sarebbe il motivo per cui sono qui. E per quanto riguarda la acca del tardo pomeriggio, io personalmente cazzeggio qui e là perché nessuno mi dà qualcosa da fare. Quello che mi sta chiedendo lui è di sembrare occupato quando non lo sono. E non è per ngere di essere occupato che sto qui, senza contare che sono troppo vecchio per cazzeggiare in questo modo. Dammi qualcosa da fare e lo faccio!

La riunione nisce con Quentin che riprende il timone e mette a tacere la ribellione, sfoderando tutte le armi diplomatiche che conosce; nonostante questo, Vivica, alla ne, sottolinea di nuovo che è riuscito a ridurci al silenzio senza che ci si fosse messi d’accordo per un reale cambiamento. Sei veramente grande in questo, dice. Nonostante abbia ragione, forse, io so di aver messo le cose in chiaro. Mercoledì 1 maggio Ebbene sì, qualcosa è cambiato. Sto cominciando a entrare in sintonia con Tetsuro. Abbiamo parlato, gli ho chiesto di insegnarmi cose che non ci sono nel programma base. Adesso conosco parecchi modi di tirare fuori la spada che fanno il loro effetto e altrettanti modi so sticati di rimetterla a posto. In più stiamo lavorando sui numeri di coreogra a, mini-sequenze di gesti ormai consueti che Tetsuro recupera dalla sua immaginazione e dai lm di samurai che ha visto, tutti pieni di movenze e passi davvero chi. A Tetsuro piace morire. Dopo che abbiamo lottato e l’ho fatto fuori, gli do sempre un paio di colpi di grazia in più. Lui si dimena, agonizza, implora pietà, poi spira con estremo dolore mentre affondo la spada e gli do anche un bel giro sadico. Ci divertiamo come idioti. E poi, era ora!, riesco a fare tante cose con una mano sola. “Bill” sta prendendo vita. Oggi Quentin mi ha preso da parte e mi ha chiesto di mettere insieme qualche cassetta delle scene di battaglia che ho girato negli anni. I Colpi Migliori di David Carradine. Be’, ne ho almeno 180, ma la maggior parte di quel materiale è in magazzino. Posso cominciare a raccattare quello che posso. Ci diamo appuntamento alla ProStar, nella valley, per montare tutto insieme. 3 maggio 2002 Q., okay, detto che gran parte della mia vita sta in un magazzino, ecco il massimo che sono riuscito a mettere insieme in questo poco tempo, gli assaggi della mia carriera di lottatore. Purtroppo non ho niente di Shane e pochissimo dell’originale di Kung-fu. In quel periodo non mi piaceva guardare al passato. Probabilmente avrei dovuto includere la battaglia con Sylvester Stallone in Death Race 2000, ma l’ho lasciato perdere perché indosso una maschera. Ti ho trovato però una selezione di brani che copre un paio di decadi: mani, piedi, coltelli, spade e pistole. Non ho potuto resistere e ho incluso alcune delle scene che stanno prima o dopo le battaglie. Qualche volta sono troppo ben fatte per lasciarle fuori. Inoltre penso che la cassetta possa diventare un’affascinante scena del tuo lm in sé, per così dire. Penso che lo sia già, perché è rozza nel suo essere stata fatta in fretta, e ha quella certa ingenuità eroica che ben si associa alla mia “mistica”. Ancora, Annie, la mia dea, la mia geisha, mi ha detto di aggiungere qualcosa di speciale per te: un trailer di Mata Hari che ho presentato a Cannes nel 1980, composto di scene degli anni ’77, ’78 e ’79, con mia glia protagonista dai quattordici anni, in India, al suo diciassettesimo compleanno, in una foresta olandese (che stava per una francese, tanto gli alberi sono alberi). Alcune battaglie vengono da copie non buone, ma d’altra parte certi lm non meritavano di meglio. Alcune copie invece sono ottime, anche quando il lm non lo era. È abbastanza divertente se ci pensi, anche se di sicuro non è fatto apposta. Spero ti piacciano. Ho scavato per ore in quel mucchio di cassette polverose, e ho passato un lungo pomeriggio al computer per mettere insieme i pezzi. Credo che l’ordine sia: Kung-fu. Roba storica. Ottobre 1971. Questo è stato il primo lm in cui ho fatto kung-fu. Alzavo apposta l’accappatoio per mostrare le mie gambe muscolose e improvvisavo al momento, facendo qualche mossa di balletto, un po’ come un piccolo imperatore Inca indemoniato. Kung-fu, La leggenda. La maggior parte viene dalla puntata pilota di due ore, del ’92. Ho fatto qualche taglio per mettere insieme un mini lm sulle battaglie epiche di kung-fu. Si vede bene anche Rob Moses. Tiro un paio di calci bellissimi in ciascuna di queste scene di lotta. e Silent Flute (Circle of Iron)[14], fatto nel ’77, vicino al giorno del Ringraziamento, in Israele. In assoluto una delle mie battaglie preferite. L’abbiamo girata in un fortino che cadeva a pezzi, una specie di torretta che è stata usata per il controllo del passaggio a Gerusalemme per duemila anni o

più. Abbiamo girato al tramonto, circondati dalle sagome nere dei soldati israeliani che si sporgevano coi fucili in spalla, a guardarci mentre ngevamo di ammazzarci sulla loro terra, che è impregnata del sangue di migliaia di anni e di battaglie vere contro saraceni, ebrei, crociati, ecc. P.O.W. the Escape[15], lm sul Vietnam distribuito dalla Cannon e girato nelle Filippine poco prima della caduta di Marcos, nel 1985. È uno degli ultimi lm con Steve James, americano duro e puro, che fa il sergente, e Charles Grant, che adesso è un consulente nanziario, nel ruolo del punk. Il capitano giapponese che dà gli ordini all’inizio è Mako. Avrei dovuto lasciare più scene con lui. Lone Wolf McQuade[16], una lotta grandiosa, lurida, con Steve Carter e Chuck (Norris, N.d.T.) che gentilmente mi concede di guidare le danze. È una scena alla Sergio Leone, così come lo è il lm, in formato panoramico e con dolby surround. Dimostra che posso prendere a pugni anche il migliore di loro. Mi vedrai spesso ko in questa cassetta. Future Zone, un polpettone simil-futuristico con cacciatori di taglie, che ho girato alla chetichella nell’estate del ’90 a Mobile, in Alabama, durante una pausa di tre settimane dal set di Bird on a Wire, che era a Vancouver. Spari in quantità e due grandi risse. Mr. Horn, agosto 1978. Scene di sparatorie davvero rimarchevoli, mentre la scena da ubriaco è Cole Younger resuscitato. C’è anche il debutto alla recitazione di Pat McCormick, a cui in una scena sparano in fronte. Osserva bene come cazzo faccio girare il cane della pistola per farlo nire giusto davanti al mio occhio destro. e Long Riders[17]. Battaglia con pugnali, ovviamente. Dalla cassetta non si vede che il coltello che mi in lo nella cintura alla ne è di gomma, ma questo è il motivo per cui ho qualche problema a rimetterlo nella fodera. e Warrior and the Sorceress, un lm alla Corman girato in Argentina nei primi anni Ottanta, Yojimbo in confronto è di un altro pianeta. Come cascatore sono più simile a Clint che a Toshiro. Se questo lm fosse stato prodotto da Joe Levine avrebbe raggiunto le vette di Sergio Leone, anche se all’epoca l’Hollywood Reporter scrisse che le lotte sembrano montate da un cieco. Deathport[18], autunno 1977, subito dopo e Serpent’s Egg, un’altra roba alla Corman, che mi ha insegnato che non si può cavare sangue da una rapa. La critica sul Reporter diceva: “David Carradine è bravissimo, ma questo non giusti ca che andiate a vedere il lm, dato che è il peggiore mai prodotto”. Ma la battaglia di spade è davvero unica. Richard Lynch è divino, nella sua bellezza decadente. Sono partito portandomi dietro uno scatto di Claudia Jennings bella come una madonna. La sua ultima fotogra a[19]. Gary Graver si occupò delle fotogra e, alcune tolgono il respiro. Negli ultimi sei anni della sua vita lavorò come operatore per Orson Welles. Collaborò anche al capolavoro incompiuto di Orson, e Other Side of the Wind, con John Huston nei panni di un grande regista, cioè nei panni di Orson Welles. (Ne ho visto un pezzo. È meraviglioso: fantasia epica e realismo da documentario nudo e crudo, sempre che tu possa pensare che Huston o Orson riescano a essere realistici.) Un lm nel lm nel lm. Gary riesce a portare qualcosa di tutto questo nel mio lm. Jonathan Yarborough, che adesso è la metà maschile dei e Pendragons (lo show di magia di Las Vegas), ha messo in scena le battaglie con le spade. Nel lm queste sono fatte di cristallo carbone ricavato da un materiale organico (nella fattispecie: esseri umani) che si trova nella città distrutta, fuso con fogli di diamante ricavati da un’esplosione di neutroni. Il prodotto nale, per quanto bello, in stile John Carter of Mars, purtroppo era fatto in lucite e si rompeva facilmente. Dovevamo assolutamente evitare che le spade si toccassero, e alla ne viene fuori una coreogra a molto speciale, unica direi. E per dare al tutto una cornice e fare un ultimo giro di ricognizione, i titoli di coda del mio video Kung-fu Workout, fatto nel 1987. Kung-fu in versione Tai Chi, cioè più tranquillo e rilassante, su sfondo rosso coi crediti che scorrono via. Molto tenero. Goditeli, David Lunedì 6 maggio Oggi è arrivato un gruppo di operatori con una videocamera portatile per girare un teaserdocumentario da portare al Festival di Cannes. Quentin ha cominciato la giornata dicendoci che a

un certo punto una videocamera l’avrebbe seguito fuori dal suo cubicolo per fare una panoramica della struttura e mostrare tutti noi mentre ci rompiamo il culo. Deve sembrare estemporaneo, spontaneo, perciò continuate a fare quello che state facendo, ha detto. Naturalmente, essendo questa la prima volta che dirige qualcosa dopo cinque anni, il risultato nale sarà tutto tranne che estemporaneo e spontaneo. Così ha costretto Uma in un’impossibile posizione di stretching sul pavimento, mentre Vivica ha cercato di tagliare la testa del suo trainer facendo un paio di calci rotanti all’indietro. Io ho dovuto dedicarmi alla spada e mi sono diretto da me. Ho fatto i miei calcoli così che, quando la videocamera è arrivata su di noi, Tetsuro era a terra e io stavo per in iggergli crudelmente il colpo nale. Quentin ha apprezzato. Mercoledì 8 maggio Oggi ho scritto una lettera al mio vecchio amico Jeff Cooper. Jeff probabilmente mi conosce meglio di qualsiasi altra persona su questo pianeta. Ci siamo incontrati nel 1964 su un aereo. Andavamo tutti e due a Hollywood per un provino. Abbiamo calcato le scene della città insieme per quasi trent’anni prima che lui decidesse di ritirarsi e tornare nella sua città natale, Hamilton, in Ontario. È una leggenda, a modo suo, per chi lo conosce. Io e Jeff siamo stati l’uno il mentore dell’altro per tutti questi anni, e lo siamo ancora adesso, anche se la vita da eremita che ha scelto fa di lui il maestro ormai, credo. 8 maggio 2002 Vecchio amico, eh, Jeff, questa cosa di Tarantino cambia tutto. Un paio di giorni dopo l’annuncio, ho ricevuto chiamate da Richard Donner e Tom Cruise – be’, non da loro in persona, dalle loro compagnie. Quando sei in ballo, balla. Forse mi farò un nome, nalmente. E poi si avvicina la pensione, quindi se sto lontano dalle Ferrari e non mi rimetto a nanziare i miei lm, posso sempre dire vaffanculo a tutti quanti – non che faccia ‘sta grande differenza per me, però ti muovi meglio quando non hai l’ansia di pagare le bollette. Potrei anche prendere esempio dal nostro vecchio amico e maestro di kung-fu, Mike Vendrell, che si è trasferito alle Hawaii. Mi manda un’e-mail ogni tanto. È un uomo felice. In questi giorni sto benone. Anche alcuni miei problemi cronici sembrano regrediti o addirittura scomparsi. Sono al cazzo di settimo cielo, amico. Questo lm di Tarantino mi richiede un allenamento pazzesco. Non come quegli stakanovisti tipo te, che amano andare in palestra per l’andare in palestra. Io mi sono ripromesso stancamente e vanamente per anni di restare in forma. Adesso devo, come è successo a Broadway per e Royal Hunt of the Sun, con le serie di Kung-fu, Silent Flute meglio conosciuto come Circle of Iron, e Lone Wolf McQuade (dove tutto potevo fuorché presentarmi mezzo accido davanti al tre volte campione del mondo Chuck Norris). Me ne sarei stato in sedia a dondolo se non fosse stato necessario farmi il sico per questi progetti. La mia pigrizia congenita è uguale solo alla mia feroce ambizione. Quentin si allena con noi, in vista della sua interpretazione di Pai Mei, il male co maestro di kung-fu. Si sta facendo torturare tanto quando noi. E sorridendo tutto il tempo. O forse è una smor a di dolore. Devo ancora conoscerlo meglio. Il training andrà avanti no alla ne del lm, tra Pechino, Tokyo, Los Angeles, Baja California, e niremo alle Canarie, giusto in tempo per Halloween. È dura. I miei ridicoli allenamenti di kung-fu del passato mi aiutano un pochino, ma le donne mi hanno già quasi raggiunto. Devo fare in fretta. Continuo a chiedermi tra l’altro se sia una buona idea insegnare certe tecniche a queste ragazze che già di loro sanno benissimo stritolarti i coglioni, se vogliono. Guardare Vivica A. che sfoga tutta la sua angoscia da negrona incazzosa sul piccolo cinese che le fa da trainer è educativo e spaventoso, specie in certi periodi del mese. Ma le ore passate così sono dolci per me. La cosa che devo davvero imparare è la spada samurai. Tu penserai che la odio. In realtà le cose bisogna sempre provarle, infatti mi piace. È una roba da guerrieri seri, molto più che il kung-fu. E amo lo stile, totalmente arrogante e contemporaneamente cortese. Come Kung-fu Caine, non mi lasciano mai avvicinare alle armi. Poi c’è la faccenda del wire. È doloroso, ma chi se ne fotte. Io intanto volo nel cielo facendo volteggiare una spada samurai.

Tarantino è un tipo interessante – non uno di noi, ma nemmeno uno di loro. Educato, non colto, ma con una scintilla dentro, un fuoco, un’intuizione, senza la quale sarebbe probabilmente stato una scimmia. È un ragazzo molto fortunato, ma si merita tutto. Non è Hal Ashby, ma è più divertente parlarci insieme. Questo è tutto per ora. L’alba si avvicina, è ora che vada a dormire. Fammi sapere se ti è arrivata la lettera. Il tuo amico, come sempre, Davey 25 giugno o giù di lì: non riesco più a starci dietro Vado a Londra per una convention, poi prendo un volo Luhansa per Pechino, con qualche migliaio di sterline in tasca. Appena arrivato, comincio a lavorare. L’intera squadra è lì e ha già preso possesso di metà studio, inclusa una palestra in cui fanno almeno 45 gradi e l’umidità è al 90%. Uma ha sgroppato il suo grasso bambino e appare forte, sicura, incredibilmente bella. Quentin mi stupisce con il suo kung-fu. Ha ormai fatto suoi i buffetti cattivi di Pai Mei, e i movimenti fulminei, ma continua a lavorarci ancora e ancora per renderli perfetti. Fa ridere, cazzo, ed è affascinante. Fa rientrare tutto nel suo personaggio e così ogni cosa sembra sia facile. Be’, Pai Mei ha fatto questi movimenti per oltre trecento anni! Per lui sono conosciuti e familiari come pettinarsi la barba. Rob Moses c’è. È una manna averlo sul set. Mi insegna trucchi semplici per sembrare impegnato, indispensabili per non svenire di troppo lavoro, e così possiamo fare le nostre cose ogni volta che vogliamo, tra cui i movimenti Shaolin più duri, cosa che diverte gli allenatori. Il kung-fu cinese, d’altronde, è la madre di tutte le altre arti. Oltre a questo, ci rifacciamo gli occhi con queste femmine stupende, i cui corpi diventano sempre più sottili e sodi. Poi nella mia suite a cinque stelle, proprio sulla strada che porta alla Città Proibita, suoniamo il blues. Avere con noi Ethan Hawke, che viaggia con Uma, è sicuramente un vantaggio. Suona abbastanza bene la chitarra, scrive canzoni alla Tom Waits e recita Gregory Corso. Ha scritto due romanzi, uno dei quali mi piace molto. In qualche modo, lui è responsabile della mia buona sorte, visto che stava leggendo la mia autobiogra a, Endless Highway, mentre era ospite di QT, e ogni tre per due andava a interromperlo mentre stava scrivendo il copione, gridando: “Questo tipo è fantastico!” e fermandosi a leggergli qualche passaggio. Ethan è un punk e un savant allo stesso tempo. È bello parlare con qualcuno che sta ancora crescendo. Mi dice cosa ne sarà del futuro dell’umanità e mi fa ridere: la cosa più importante – così almeno mi ha insegnato il mio mentore. In verità, il mio mentore continuava dicendo: “Amore, Arte, Musica e Risate”. Ma secondo Tony Quinn in e Savage Innocent (Quinn, l’eschimese), in Inuit la parola per “amore” e “risata” è la stessa. Una sera, dopo l’allenamento, mi chiama Quentin. “Tu lo fumi il sigaro?” mi chiede. “Sì!” dico. “Bene, c’è una sala per i sigari in questo hotel. Ci incontriamo lì?”. E come no? Ogni opportunità di incontrare Quentin a quattr’occhi è sempre una gata. È un’esperienza totalmente diversa rispetto a quando è circondato da persone. Si toglie la maschera e si rivela. Ci siamo accesi un paio di giganteschi cubani e abbiamo parlato di qualsiasi stronzata, alcune parecchio profonde; Quentin vuole la mia opinione su qualcosa, sulle ambizioni della sua vita. Non dirò qui di cosa mi ha parlato, perché per me è stata una conversazione speciale, privata. Sono lusingato che Quentin mi consideri tanto da essere interessato a ciò che penso, e faccio il mio meglio per aiutarlo. Uno degli argomenti che abbiamo trattato riguarda i supereroi dei fumetti. Siamo partiti da un commento che ho letto in un giornale, che denigrava la performance di Christopher Reeve come Superman. Ma non c’è stato nessun grande lm con Superman, e come potrebbe? Lui è Superman! Gli attori sono mortali. Ma lui era sicuramente Clark Kent saltato fuori dalle pagine di Action Comics. Da qui passiamo a una lunga digressione sugli alter ego. Quentin decide che vuole un altro sigaro. Questa volta sceglie un Davidoff, che de nisce un ottimo “secondo sigaro”. Mi fa fare un tiro. Sa di frullato. Quentin ride e dice: “Dio santo, tutto quello che avrei dovuto fare era trascrivere quello che dici, le persone avrebbero pensato che sono un genio”. Gli rispondo: “Be’, tu sei un genio, Quentin, ma… quando vuoi”. Sei giorni dopo riceviamo una nuova versione del copione: Quentin ha

preso tutta la nostra conversazione sull’alter ego di Superman e l’ha messa in bocca a Bill, nella forma di quegli splendidi monologhi insensati che sono il cuore dei lm di Q. Dovevo tornare a New York per suonare con la band, una cosa che proprio non potevo annullare. Annie mi aspetta all’aeroporto con la chitarra. Appare vestita come una spia russa, con trench e poco altro sotto. Mi porta alla limousine, una di quelle con il vetro che separa autista e passeggeri, che lasciamo alzato per tutto il viaggio. Be’, siamo stati a digiuno n troppo… Venerdì 5 luglio Okay, Q. Io e Annie abbiamo passato mezza giornata all’ambasciata cinese, cercando di recuperare il visto di ritorno. Un’esperienza davvero strana. L’ambasciata si trova su una strada che ospita l’Enterprise, la vecchia stazione spaziale che hanno trasformato in museo. Tra l’altro, io conosco abbastanza bene il tipo che ha cominciato il progetto, un qualche ufficiale con i gradi andato in pensione che ormai è morto. C’era circa mezza dozzina di cinesi accovacciati sul marciapiede di fronte all’ambasciata, che si passavano un grosso stereo portatile che suonava musica orientale. Siamo stati in coda per un’ora con un branco di espatriati cinesi, e quando stava per arrivare il nostro turno e avevamo solo due persone davanti un impiegato ha chiuso lo sportello e ci ha lasciati lì impalati. Abbiamo dovuto rimanere lì mentre questo idiota maledetto si faceva il suo pranzo, se no avremmo perso il posto, solo per sentirci poi dire, quando è tornato, che secondo lui la nostra lettera era stampata da qualcuno che non ha nessuna autorità per “invitarci in Cina”. E nessuna possibilità di replicare. Per togliermi l’amaro di bocca, ho portato Annie a pranzare al Café des Artistes (che si chiama così per i ritratti di nudo). Poi abbiamo preso un caffè nel simpatico bar del e Pierre, che va sempre bene per farsi due risate. Dopo di che: siamo sulla Fih Avenue, passeggiamo in direzione della Cattedrale di Saint Patrick, e suona il cellulare di Annie. È Damiana, che dice: “Portalo a casa”. Annie risponde: “È uno scherzo, vero?”. No, nessuno scherzo e no, non è licenziato. A dirla tutta non mi dispiace neanche un po’ tornare a Los Angeles per un paio di settimane, Annie è andata in estasi all’idea, e anche i bambini, però subito dopo sento già che mi manca l’azione. Sì, ero sempre in giro a cazzeggiare, ma mi sentivo come un astronauta in attesa del lancio, durante il count-down, e avrei tanto voluto essere lì con te quando hai dato il primo “azione!”. In più, aspettavo con ansia di passare qualche altra serata nella sala dei sigari. Tetsuro deve sentirsi come una sposa lasciata sull’altare. Sì, ho letto (e riletto) Kill Bill Revisited. Be’, vediamo. L’hai ridotto a 197 pagine. Mi compiaccio di vedere che il lm tende al minimalismo. Tutte le cose nuove che hai aggiunto sono ottime. La storia della pistola funziona. Il monologo su Superman è impagabile. Tutto questo farà male come farsi estrarre un dente, ma… questo è lo show-biz[20], no? Quasi speravo che girassi tutto e poi lo smembrassi in sala di montaggio, mettendo da parte con cura i pezzi migliori, trafugandoli in un posto sicuro per poi aspettare che il mondo reclamasse la versione lunga, cosa che penso sarebbe avvenuta ancora prima della distribuzione. Certo, Cannes farebbe di tutto per vederlo intero, e il DVD sarebbe zeppo di contenuti extra. Immagino che c’entrino qualcosa le questioni economiche, ma so bene che tu sei fedele ai tuoi principi artistici. Ma io mi perdo nei dettagli e perdo di vista il punto. Il pezzo del puzzle che più fa male veder tolto è la Lunga Lunga Lunga Lunga Strada. Ti dirò il perché (che tu, pur nella tua in nita saggezza, non sai). Primo, La Strada, così impressionante nelle foto che hai scattato rispetto a come appare nel lm di second’ordine in cui l’hai trovata. Secondo, ovviamente, tutti noi vogliamo andare alle Canarie. Terzo, lo sparo stesso: la metafora di Bill e La Sposa che si rincorrono da un lato all’altro del deserto alla velocità della Can Am[21] (anche senza il prototipo del caddy). E poi, sorpresa sorpresa, BUM!, come direbbero in un fumetto di Batman. Vetri infranti, timpani spaccati, e un’ottima dimostrazione che Bill è uno che non perde tempo. I lm hanno bisogno di sorprese. Se no sono fottuti. Il pubblico le vuole, le ama, ne ha un disperato bisogno! E questa qui è grandiosa. Sostituire tutto con un ragazzo sopra un portico e una ragazza sopra una collinetta erbosa che si parlano al telefono… be’, penso che sia ok. Noi vogliamo studiare la faccia di Bill, e sarebbe carino guardarlo mentre si muove. Non lo abbiamo visto molto. E Uma sarà splendida in quel momento, con il cielo alle sue spalle, magari coi capelli un po’ scompigliati dal vento. Ma io adoro essere scioccato. E che dire, qualche istante dopo, quando

vediamo Carmen Ghia attraverso la porta d’ingresso, dietro La Sposa, con le nestre rotte? Una piccola delizia. L’altra cosa che mi manca è il momento in cui Bill sistema i ori e condivide la sua impazienza con una governante, proprio come uno sposo. Mostra quanto ci tiene a rendere accogliente la sua casa, il focolare, che vuole profumato e in ordine per quando lei verrà a ucciderlo. Adoravo quella scena. È così sconcertante, mette insieme la mistica del guerriero e il romanticismo. E un killer così puro non può che essere raffinato, in questo senso. Ah, sia chiaro: non metto in dubbio il tuo genio, sto solo dicendo addio ai miei guilty pleasures. Sono sicuro che torneranno nel romanzo. Parlando dei prototipi di caddy, il direttore artistico David mi ha mostrato alcune fotogra e della De omaso Mangusta. È una macchina carina, l’unica cosa è che Bill prende milioni di dollari per ogni colpo, giusto? La Mangusta costa 30 mila dollari, che è circa il prezzo di una vecchia Vette. E questo non la quali ca come un’auto vintage. È una Ford, con una carrozzeria italiana. Una kit-car, quella che Auto Trader chiamerebbe un ibrido e metterebbe nella lista delle repli-car. Per dare a Cesare quel che è di Cesare, Hemming Motor News la tratterebbe meglio, dedicandole un titolo a parte. Ma, come per la… mi sembra si chiamasse Mercedes C300, sembra una F15, con un Wankel a tre rotori. Ne fanno solo pochissime, promesse agli sceicchi arabi prima ancora di montare il pezzo numero uno. Probabilmente è impossibile recuperarne una. Ma c’è la BMW Z1, che è un’automobile di razza e fa sembrare la Z3 una Miata. Solo poche sono riuscite a sfuggire ai controlli dei federali e a entrare nel Paese. Puoi anche dare un’occhiata alla BMW Z8, forse l’automobile più bella mai costruita. Non si riesce mai a vedere la versione coupé, è recentissima e molto rara. Molto costosa, anche, ma ho sentito dire che Jay Leno ne ha tre! Forse potrebbe prestarcene una. Tutto questo non ha importanza se l’auto si limiterà a restare parcheggiata di fronte alla hacienda di Bill, immagino, ma sono un fanatico di macchine, e per i tipi come me una macchina è come un essere umano. Forse fuori dalla casa di Bill starebbero bene parcheggiati anche qualche altro pezzo d’auto un po’ esotico, e magari una Harley, e un grande camion di qualche tipo. Un’ultima idea ancora. Annie (anche lei va matta per le automobili ed è patita per le Harley) mi ha fatto notare che Bill è, o almeno era, un cattivo James Bond. Una luccicante Aston Martin Vantage V12 coupé nuova di zecca farebbe al caso suo. È un’auto che dice: Ricchezza, Potere e Arroganza, ed è formidabile. Se avessi da buttar via 170 mila dollari, in questo momento ne guiderei una. Argento, forse, anche se sono stupende nel classico nero. Giusto per nirla: mi ritengo pienamente soddisfatto della Mangusta. Bene, cercherò di stare in forma mentre, impaziente di tornare, me la godo qui in L.A. Salutami e abbraccia tutti. Nuovo argomento: ho paura di averti reso un cattivo servizio quando mi hai chiesto di dirti la mia opinione spietata e sincera sul rifacimento che hai fatto a Broadway di Wait Until Dark[22]. Non credo di essere stato né spietato né sincero. Non lo sarò nemmeno adesso probabilmente, ma ci provo. (È rischioso, perciò sappi n d’ora che ti voglio bene come a un fratello.) Credo che il tuo esperimento fosse precoce e che tu abbia fatto troppa leva sulla tua in uenza per realizzarlo. Tutto questo ti ha messo in una posizione svantaggiosa. Questo è il primo punto. Ma c’è dell’altro. Se vuoi apparire su un palcoscenico, devi essere totalmente sicuro, quasi arrogante, oppure al contrario totalmente umile ma affascinante. Non so se tu sia in grado di simulare il secondo atteggiamento – ne dubito – ma sicuramente hai la giusta audacia[23] per ostentare il primo. Devi solo dire: “Andatevene tutti a ‘fanculo!” e andare avanti per la tua strada. Se non apprezzano, dovranno comunque ingoiare un po’ di merda e accettare. La mia prima volta a Broadway fu per e Deputy. Il produttore-regista Herman Shumlin, che Dio lo benedica, cercò di licenziarmi dopo poche settimane. Fu strano. Le persone nel pubblico piangevano, lui aveva cominciato ad amare il mio modo di recitare, e a un certo punto mi disse invece che gli rovinavo lo spettacolo. Gli dissi, d’accordo, okay. Ma mi devi pagare ogni settimana da qui a quando il mio contratto si estingue. Lui disse che non ne aveva alcuna intenzione. Ho fatto lo spettacolo per altri quattro mesi o giù di lì sapendo che lui detestava ogni replica. La stagione successiva, quando ho debuttato con e Royal Hunt of the Sun, un amico che recitava con me parlò con un attore, a un party, che aveva visto entrambi gli spettacoli. Questo tizio non ci poteva credere che lo stesso attore, cioè io, avesse interpretato entrambi gli spettacoli. Sul primo la pensava come Herman ed era stupito dalla possibilità che un attore possa essere strepitoso e ugualmente fare schifo,

e tutto nella stessa stagione. Il punto è: non fare che niente ti fermi. Quanto puoi sapere degli altri attori, e di cosa li rende bravi, e quanto poco sai di te stesso è al di là della mia comprensione. Forse è una questione psicologica per cui non si riesce mai ad aiutare se stessi… E poi non capisco perché dirigere lm che fanno impazzire i super-radical non ti ecciti più che guardare un pubblico di signore coi capelli azzurri che ti ssano attonite dalle poltroncine impolverate di un teatro di Broadway. Immagino che anche qui ci siano di mezzo questioni nanziarie. Siamo andati a vedere Minority Report oggi. Spielberg diventa ogni giorno più simile a Stanley Kubrick. Ma qualcuno potrebbe sottolineare che Stanley, cupo e spaventoso com’era, alla ne ci dava sempre una fottuta speranza. Penso a quanto sia terribile Arancia meccanica, con tutto questo orrore messo giù come se fosse zucchero lato. Perché tutti pensano che il futuro sarà in bianco e nero? Tutti i lm migliori sono coloratissimi, iper-saturati, come Il mago di Oz e Via col vento e Lawrence d’Arabia e Il ponte sul ume Kwai. Ti voglio bene perché anche tu sei colorato. Pulp Fiction scintilla, Jackie Brown sembra un centro commerciale. Pam Grier brilla di luce propria! Un’altra cosa, a proposito di Steven: lui capisce la violenza, o almeno sa come mostrarla. Tu invece capisci le persone violente. Quello che hanno dentro. Penso che, mentre soffrivi là a Broadway, forse ti sei dimenticato che il ragazzo che stavi interpretando, o almeno una parte di lui, è un tipo così. Sembrava che ti scusassi di questo. Ma io, che cazzo ne so io? Ti voglio bene, mi manchi, D. 15 luglio o dintorni Quentin – che cerca sempre di ottenere da me il massimo che può – ha spedito i suoi costumisti a casa mia per rovistare nel mio guardaroba e trovare qualcosa che vada bene per Bill. Alle due ragazze che mi ha mandato piaceva tutto e hanno quasi svuotato l’armadio, tirando giù tutto per farlo vedere a Quentin. Mi hanno lasciato in mutande. Quentin ha guardato e scelto un po’ di roba che dovrà essere rifatta uguale. Questo mi ha fornito un’idea. Così, mentre non ero sorvegliato, ho preso spunto dall’esperienza di “fratello” Mike per Jackie Brown. Aveva arredato il suo appartamento nel lm con stronzate che si era portato da casa. In questo modo il “suo” poliziotto aveva una realtà reale… quella di Mike! Ho attirato Sandy, l’arredatrice, nel mio magazzino. Sono venuti dei ragazzi con un carrello elevatore che ci hanno aiutato a portare fuori metà della roba, in cui poi siamo stati a mollo per mezza giornata. Abbiamo selezionato una pila di reliquie: il divano di mia mamma, un ammasso di mobili cinesi laccati, una dozzina di quadri, sculture pre-colombiane, un Buddha di bronzo, spade, pugnali, coperte indiane: un bel po’ di robaccia. Hanno portato via tutto col camion per tenerlo in attesa di spedirlo a Puerto Vallarta per quando cominceremo a girare. Ho avuto così modo di mettere da parte anche alcune cose per me: uno stereo, il mio scanner, alcune camicie hawaiiane di seta che ho comprato a Big Island. E una stupenda teiera irlandese. Nel frattempo, ho sentito un po’ di novità e pettegolezzi sul lm da vari programmi tv. C’è un sacco di roba anche su Internet: voci di corridoio e speculazioni varie. Hanno cominciato a girare. Sono indietro con la produzione e mi tengono un’altra settimana in California. Abbiamo cominciato a vedere un sacco di lm – quando è chiaro che non possiamo vedere niente su grande schermo a Pechino, perché non ci sono grandi schermi a Pechino. Sandy mi ha spedito un libro pieno di polaroid delle mie cose. Novantasei polaroid. Devo dare un prezzo a tutto per l’assicurazione. “Kill Bill” Supércool Manchu, Inc. 10950 W. Washington Boulevard, Suite 150 Culver City, CA 90232

ART DEPARTMENT ATT. Sandy Wasco 30 luglio 2002 Sandy, in effetti visto tutto su libro sembra impressionante. Forse lo è! Ecco la lista per l’assicurazione. Per alcune robe è difficile trovare una valutazione giusta. È il caso dei falsi. In questi casi il prezzo è arbitrario. Il Picasso dovrebbe essere valutato, non ho assolutamente idea del suo valore. Spero vada tutto bene. Come sempre, David ehi david! come va in cina? peter mi ha detto tutto e mi sembra fantastico! anche la storia mi piace. è tutto perfetto! ho chiesto di te a peter perché volevo sapere se dal 27 al 31 luglio sarai a los angeles. sto producendo un lm d’animazione a mio cugino, il cartoonist pazzo e geniale bill plimpton, e ci piacerebbe tantissimo se potessi prestare la tua voce, se sei nei paraggi. ti pagheremmo, anche! fammi sapere come sono i tuoi programmi in quella settimana. avremmo bisogno di te per registrare solo un paio d’ore, e poi magari una volta anche dopo, quando faremo i ritocchi dopo aver concluso l’animazione. ci piacerebbe anche fare una cena tutti insieme per mettere a punto la sceneggiatura e inventare le gag. per ora il cast è perfetto: peter, mio papà, hayley, matthew perry, craig bierko, tom noonan, zak orth, beverly d’angelo, sarah silverman, ed begley junir e io. potrebbe venirne fuori una gata pazzesca quindi spero tu ci sia! ti mando tutto il mio affetto e i saluti più calorosi! baci e abbracci martha Martha, mia cara, cazzo! In quel periodo sarò a Pechino per quella sciocchezzuola con Quantum Tarantooni, Uma ermal, Daryl Woo Woo Hannah, Vivica Hey Hey Foxy, e un branco di piccoli cinesi. Oh, e con Matto Michael Madsen. Ripartiamo il 22, se non ritardano ulteriormente con il piano di lavorazione, cosa che non augurerei al poverino. Sto un po’ diventando pazzo. Non ho ancora girato un fotogramma, però è da aprile che sono dietro col training. (Sono folle? Sono folle!) Ho passato tre settimane a Pechino in una prigione di minima sicurezza, no, in un programma di protezione testimoni (un appartamento asettico con tre stanze e due bagni e mezzo. Non sapevo mai dove dormire e dove cagare.) Ma era okay. Sono in busta paga, e poi ho scoperto che la Città Proibita non è veramente proibita, ma mi sento come un astronauta quando fermano il count-down a causa del maltempo o di un errore di preparazione. Quando stai lì seduto al sicuro nella cabina dell’astronave e piano piano ti sale la paura di partire. Ti ricordi quel ragazzo che s’è pisciato nella tuta? Troppo presto per la storia per avvantaggiarsi della tecnologia che adesso distilla la piscia così che poi chi l’ha fatta può bersela. Poi mi hanno spedito a casa per risparmiare su qualche giornata. Mi piacerebbe sedermi a un tavolo insieme a te, qualche volta. Comunque, parlerò con la produzione per chiedere se posso rimandare la mia partenza. Incrocia le tue piccole tenere dita. Zio Dave

23 luglio 2002 A: tutti i miei amici Oggetto: TEMPORANEAMENTE PAZZO Ecco, vi lancio un appello, perché la mia condizione potrebbe essere permanente o perlomeno cronica. Questo mio è un tentativo di riunire le s lacciate tracce delle mie varie e tristemente trascurate relazioni (o dovrei storie d’amore?) epistolari, prima che si dissolvano per mancanza di attenzioni. Mi scuso per la forma di comunicazione da mass media generalista, ma ho tempo solo per scrivere una lettera. E qualcuno mi scuserà se gli risulterà ridondante. Per qualche giorno sono ancora qui a Lo-Los Angeles a languire, apparentemente nel mezzo del lm che sto girando a Pechino (Kill Bill di Quentin Tarantino, nel caso foste totalmente a digiuno di notizie – e io sono Bill). Dico “apparentemente nel mezzo” perché ancora non ho girato una scena. Insieme a una mezza dozzina di stupende, famosissime e talvolta esotiche signore mi sto allenando per questa impresa epica (perché di epica si tratta) già da aprile. Otto ore al giorno, cinque giorni a settimana: stretching che de nire punitivo è un eufemismo, kung-fu, o meglio wushu, samurai, wire, pesi, e quelle dannate macchine per criceti sopra cui pedali e corri senza andare da nessuna parte. In più, ovviamente, coreogra e. Queste battaglie si sono talmente radicate nel mio cervello che sarei capace di farle per combattere un delinquente di New York anche a novant’anni. Ma gli esercizi che mi riescono meglio sono quelli di samurai. Penserete che sia impossibile, è così disciplinato, speci co. Devi fare tutto esattamente come richiesto. Non proprio il mio genere, e invece lo adoro. E sono bravissimo. Be’, come Caine non ho mai potuto recitare con delle armi, ero sempre a mani nude. Le spade sono una gata. E anche lo stile mi prende. Supergentile e arrogante allo stesso tempo. Mentre il wire – dolorosissimo, ho ancora i segni delle corde –ma chi se ne frega! Volteggio in aria agitando una spada samurai! Tornando all’“apparentemente”: siamo andati tutti a Pechino per continuare l’allenamento mentre organizzavano la produzione. Poi sono andato a New York per un concerto e, mentre cercavo invano di recuperare il nuovo visto per rientrare, mi hanno detto: “Vai a casa”. Cazzo, e io sapevo tutto alla perfezione, TUTTO, e tutti lo sapevano. E ora non dovevo lavorare per chissà quante settimane! Allora, me ne sono stato a cazzeggiare e guardare lm a loro spese. Adesso stanno girando da qualche settimana e sono già in ritardo sul programma. Immaginate un regista che non ha mai girato niente fuori da Los Angeles a Pechino, con una troupe cinese che non parla inglese, che deve gestire effetti speciali, stuntmen e burocrazia maoista… nessuna sorpresa. Ora devo tornare al lavoro tra pochissimo, per cominciare a girare. Il miglior ruolo che mi capita da anni, già, Quentin è un bravo ragazzo. Detto tra noi, sono un uomo davvero felice. Le mie nanze si stanno risollevando (sono regolarmente stipendiato). Vivo in una grande casa con una famiglia per cui stravedo: Annie, un gioiello, e quattro bambini che ricevono e danno amore. Questo idillio potrebbe durare un po’, ma chi può dirlo? Per ora il mio record è quattordici anni e non è stato divertente nemmeno la metà di com’è divertente ora. Quando dico divertente, adesso, è letteralmente così, quindi siate felici per me e per la mia adorabile famiglia. Stanno diventando i miei fan migliori. Qualche genitore voleva sapere se sono il classico non-lo-so, la starlettina di Hollywood frivola e super ciale, e Annie gli ha risposto dicendo che pulisco la cacca del cane. Oggi dovevo andare all’asilo a convincere una signora molto gentile a non espellere Max (dall’asilo!!). Max ha lanciato una sedia addosso a un bambino (che aveva tentato di rubargli il pranzo) e una scarpa contro la maestra. Max ha tre anni. Sta imparando bene. Torniamo all’“apparentemente”: l’unica cosa è che mi sento come un astronauta – loro si allenano, si allenano, si allenano, e poi gli dicono che devono partire. Si sistemano di tutto punto, pronti in pista, e poi Houston inizia il count-down. Nessun allenamento ora, solo starsene seduti nella cabina, al sicuro, nelle loro tute spaziali, aspettando e diventando sempre più spaventati. Come i gladiatori, che si girano i pollici mentre fuori preparano i leoni. Ricordo quel tipo che si è pisciato nella tuta e

hanno dovuto spogliarlo e in larlo nel vestito di un altro… Ora voglio solo accendere la miccia e DECOLLARE prima di esaurirmi del tutto. Fa caldo qui, ma si sta bene. Mi piace Los Angeles. Non sono per niente d’accordo con Woody Allen e con tutti quelli che criticano tanto questa città. Ma sono felice che non vogliano vivere qui, è già abbastanza affollata (e questo è l’unico svantaggio). Ma è una cosa che mi tranquillizza. La cosa migliore di questo posto è l’assenza di umidità e di insetti. Niente mosche, niente scarafaggi, tranne se stai a Beantown o Watts, credo. Smog? Vogliamo parlare di Pechino? Il re! Pechino era (è) davvero un’esperienza. Molto diverso dal mio viaggio di tre o quattro anni fa. I fasti della Rivoluzione Culturale stanno scomparendo velocemente. Non mi è capitato di vedere nessuno con una di quelle giacche alla Mao e gli altoparlanti che emettevano musica marziale e annunci tipo Grande Fratello durante l’ora di pranzo sono muti. Hanno abbattuto molta roba vecchia e costruito edi ci alti venti metri tutti in un unico grande quartiere, che sembrano tanti juke-boxe o dolciforni e tostapane, a volte col tetto a pagoda a riunire il tutto. Le strade sono incredibilmente larghe; hanno un sacco di spazio laggiù. C’è una piccola piazza, Tiananmen, per ricordarci che le cose possono sempre mettersi male, ma nonostante questo è un posto allegro. Le persone sono socievoli e ho sentito che ci sono un sacco di club in cui si suona il jazz e il blues e fanno serate comiche. Il vecchio esperimento non ha funzionato, mentre il potere deduttivo della decadenza occidentale è notevole, o così pare. C’è questo posto chiamato Peace Hotel, in realtà è solo un bar dove suona la Peace Orchestra, che è composta di musicisti che fanno musica controrivoluzionaria sotto Mao, cioè rock & roll, blues ecc., e forse anche John Denver, ma sempre in segreto. Se li avessero beccati a suonare questa musica, li avrebbero ammazzati. Perciò se ne stavano buoni, tenevano i loro strumenti nascosti oppure strimpellavano da idioti, per restare vivi. Quando il regime è caduto o almeno si è allentato o quello che è, li hanno dissotterrati e ora vivono i loro anni Settanta e Ottanta, riescono a suonare solo per venti minuti di la, poi devono fare una pausa, però almeno possono farlo alla luce del sole. È bello. La mia nuova band, a proposito, il Cosmic Rescue Team, è vivo e vegeto, anche se in stand-by no al mio ritorno dalla Cina (una volta che ci sarò andato!). La serata a New York è stata fantastica. Cominciamo davvero a ingranare. Sto dicendo a tutti di andare a vedere Road to Perdition[24]. Lo so, è scontato: Newman, Hanks e compagnia. Ma date un’occhiata alla scena iniziale, quando Paul e Tom fanno il duetto al piano. Secondo me è la più bella scena d’amore di tutti i tempi. Mi piacerebbe che lasciassero vivere l’eroe, ogni tanto. In Insomnia non sarebbe stato co se Pacino si fosse risvegliato in ospedale e si fosse scoperto che non era morto per i colpi di proiettile, ma semplicemente stava schiacciando un sonnellino? E sarebbe stato co anche che Amleto non morisse, no? Forse è per questo che i miei lm preferiti sono Ricomincio da capo e Il mago di Oz. Di recente ho visto diverse delle proposte di riquali cazioni di Ground Zero, per sostituire le Torri Gemelle. Tutte molto belle, con torri, guglie, la più alta ha appena settantacinque piani, e poi parchi e monumenti alla memoria, ovviamente. È una specie di concorso. Spero che comincino a realizzare almeno uno dei progetti in fretta. Servirebbe a me per guarire, e forse farebbe qualcosa anche per Wall Street. Mi piacerebbe vedere il risultato, non per riportarci al passato ma per spingerci in una situazione migliore, qualcosa di positivo, scollegato da quei bastardi, per superare il dolore. Sono così stanco delle cagate politiche, della Guerra Contro il Terrorismo. Ho smesso di parlare con vecchi amici che invece hanno parecchie opinioni al riguardo, alcuni sono sulla lista di coloro che riceveranno questa lettera. Sono ugualmente intollerante sia con i sanguinanti cuori liberali che con i fanatici militanti, gli attivisti rossi, quelli marroni e pure i neroblu[25]! Non esiste una posizione o un’ideologia che non si possa contestare per mille difetti diversi. Ogni programma politico, alla ne, ha un sottoprogramma e questa è l’unica cosa che il primo programma segue. L’unica cosa che possiamo fare senza destare sospetti è essere gentili con chi ci è vicino. Non per dire che me ne frego. Me ne frega eccome degli oceani, delle barriere coralline, delle balene, dei lupi, dell’acqua, delle miniere, dell’abuso sui minori, degli aborti e dei brutti lm. E vorrei davvero vedere Osama, Saddam e Arafat gettati in una fossa, ma niente di tutto ciò si avvicina a quello su cui sono davvero concentrato. Una volta, sul set di un western a Santa Fe, in New Mexico, ho incontrato per la prima volta Gabriel Garcìa Màrquez. In una libreria vicino al mio Disneyland Hotel ho pescato un mattone intitolato Dell’amore e di altri demoni, che mi ha totalmente ipnotizzato. Sottolineavo tutte le frasi stupende che volevo ricordare e alla ne mi sono accorto che avevo sottolineato l’intero libro. Poi ho

scoperto delle sue attività politiche, che frequentava gente come Castro e Ghedda , e seguiva le macchinazioni di quei tori scatenati dimostrando una certa affettata gentilezza – e del suo Nobel e tutto. E ho letto altri suoi romanzi: L’amore ai tempi del colera è bellissimo. Màrquez, insieme ad altri come Pablo Casals, Jacques Cousteau, Muhammed Alì, Bob Marley, Madre Teresa, Jimi Hendrix e George Carlin, per nominarne alcuni – ma la lista è lunghissima – hanno usato la loro arte per fare la differenza, per fare più differenza di quanto avrebbero potuto appendendosi un simbolo al collo o sulla giacca o votando per il loro candidato preferito ma compromesso o contro una nuova restrittiva legge di merda. Fanculo. Sentiremmo di più la mancanza di Gabriel se i suoi timori sulla verità della mortalità risultassero fondati, anche se non sappiamo se ci manca davvero o no. Per fortuna è stato uno scrittore proli co. Ha scritto abbastanza roba da bastarmi per un bel po’ di tempo. Se potessimo vivere i nostri giorni nel modo in cui lui si augurò di averli vissuti, e a dire la verità forse li visse, il mondo sarebbe un posto migliore. Nota bene: Màrquez c’è riuscito, a vivere così. Non sparite, tutti quanti. Sono molto occupato a dare una sterzata alla mia carriera. Ancora sto cercando di farmi un nome. Ma tornerò. Vi voglio bene. Il vostro David 31 luglio Quentin, ti informo che Los Angeles è sempre qui, e io pure. E aspetto. Vado per negozi, porto i bambini a vedere lm stupidi. Ho doppiato un cartone animato, Hair High, una crezione di Bill Plimpton. Non so se sai del suo premio per questa roba strana. Disegna direttamente sulla pellicola. Io interpreto un maestro di biologia che fuma come un turco, Mister Snerz, il quale, mentre fa una dimostrazione di rianimazione elettrica su una rana morta, sputa fuori le sue budella (letteralmente) addosso agli studenti, dopo di che sfrutta le loro eccellenti conoscenze di anatomia per rimettere tutto dentro nell’ordine giusto. Una roba strana, eh? Mia nipote, Martha Plimpton, che è anche cugina di Bill, è la produttrice. A me sembra più Zap Comix[26] che South Park. Lunedì vado alla fonderia per lavorare al busto di cera che ho fatto per una delle mie ex-mogli, la struttura preparatoria per fonderla col bronzo. Ho nalmente preso le distanze da quella stronza, perciò nalmente posso vedere la scultura come una scultura, e non come una bambola woodoo. Non so che show televisivo mi riprenderà mentre lavoro. A parte questo, aspetto e aspetto. Smaniavo dalla voglia di essere imbrigliato, ma mi pare di capire che la scena in cui lo sono è stata tagliata. Secondo le ultime versioni, anche le scene in cui volteggio sono scomparse. Le ragazze si prendono tutto il divertimento, eh? Spero che la scena di Pai Mei in equilibrio sulla spada ci sia ancora. Tutto quello che faccio, in questo giorni, è pensare a come Bill vivrebbe questa situazione e scopro con sorpresa che si adatterebbe bene a tutto. Me lo vedo a portare al cinema La Sposa e mia glia BB a vedere Lilo e Stitch, a cercare per negozi piccole mute da sub, pure a raccogliere la cacca del cane. Poi, ovviamente, ci sono gli esercizi con la spada. Rob Moses, come sai, è tornato in città, e mi sta insegnando le basi, così non arriverò da te impreparato. Rileggendo del Massacro di El Paso, mi accorgo che hai ragione a voler usare una 9mm automatica. Come detesto l’idea di non dover più tirare fuori la pistola al volo e di non dover indossare quella bellissima cintura a due pistole che avevate fatto apposta per me, così credo che

l’automatica sia l’arma giusta per riprendere l’evento. Forse si può adattare la fondina o darmi due pistole dell’Army calibro 35 con quelle belle fondine snap down che fanno molto western. Ho visto Men in Black II, parlando di effetti speciali, che mi è piaciuto tanto quanto il primo. Lara Flynn Boyle è un’ottima cattiva. Tommy Lee Jones arriva tardi ma poi si impadronisce della scena. Se si mostrasse sulla Quarantaduesima Strada ci sarebbe una folla ad acclamarlo. È incredibile quanto ha fruttato indossare quei vestiti in Le iene. Ho anche visto, a causa della totale assenza dai cinema di Hollywood di lm cui dedicherei volentieri il mio tempo, due lm stranieri: Lucia e il sesso, spagnolo, sexy o quantomeno erotico, in quel modo tutto strano che hanno gli spagnoli di essere sexy (ad Annie è piaciuto, anche perché è riuscita a capire perfettamente gli scherzi visto che è cresciuta in Cile) e Mia moglie è un’attrice, produzione francese, molto francese, con una sequenza molto divertente, quando un’intera troupe lavora nuda per permettere all’attrice di sentirsi più a suo agio nella scena di sesso: il giraffista, la segretaria di edizione, l’assistente del direttore. Vedere il culo dell’assistente quando si piega, mani sulle ginocchia, a guardare il girato è la cosa più divertente di tutte. Terence Stamp è sprecato ma ottimo come sempre (lui non si spoglia). E poi, l’happy end. Mi sembra che l’angoscia esistenzialista abbia segnato il passo laggiù in Francia. Troppo bianco e nero, forse. Be’, così sai come la penso. Sto continuando a leggere questi due fumetti che ho trovato e mi ricordano, non so perché, La Sposa. Elektra, nella sua versione originale scritta da Frank Miller, era una killer. Almeno sono divertenti. Spero che tutto stia lando liscio, dovrebbe, rallentamenti a parte. D’altra parte luoghi sconosciuti, troupe cinese, burocrazia post-Mao, caldo torrido, acrobazie, effetti speciali… cazzo, che altro ti aspetti? È una cosa epica, è normale che vada a rilento. Ho cercato di scrivere una paginetta sola, so che sei impegnato, con tutte le tue notti bianche in discoteca. Ora parte da me per arrivare a te. Tuo per sempre, D. 16 agosto Di nuovo a Pechino. Io e Annie siamo qui già da due giorni. Dopo un’ondata di semi-follia, siamo volati a Pechino per restarci tre settimane. Avendo lasciato la Maserati da Franco per la revisione completa, ho passato gli ultimi due giorni a portare in giro la mia piccola Toyota in affitto per raccogliere un po’ di roba. Vestiti puliti, batterie per la mia videocamera, vitamine e rimedi erboristici per proteggerci dalla temibile acqua sporca del terzo mondo, cose così. Prima di partire abbiamo dovuto cercare un nuovo asilo per i gemelli, Max e Olivia. Max ha rischiato di farsi cacciare da Pinecrest. Ha lanciato una sedia e le sue scarpe contro una maestra, così mi han detto almeno, perché lui sostiene semplicemente di averli lanciati e per un qualche caso sono volati proprio addosso alla maestra. Anche a me è successo un paio di volte. Poi, qualche giorno dopo, ha morso qualcuno. Questo invece non mi ricordo di averlo mai fatto. Oggi mi sono venuti a prendere alle nove e mezza per portarmi sul set. Come da piano di lavorazione era previsto una mia semi-soggettiva, un modo facile per iniziare, ma in realtà non è stato così. Abbiamo incrociato Bennett Walsh, il produttore, che ha perso quattro etti e ha l’aria piuttosto affaticata. Ma la sua energia resta notevole e l’umore frizzante. Ci ha accompagnato lungo i vari set, inclusa la Casa delle Foglie Blu, dove Uma aveva appena nito di uccidere un centinaio delle guardie di Lucy Liu. Il set era semplicemente pazzesco. Ogni dettaglio era perfetto, anche il cartello giapponese al posto di “exit”! Hanno realizzato tutto appositamente per il lm, incluso i dipinti sui muri e il mobilio. Era più economico che comprarlo. Poi naturalmente l’hanno fatto a pezzi durante le otto settimane di battaglie di samurai. Scarlet, la mia fedele interprete cinese nonché supervisore, è

in ne apparsa per portarci nello studio deputato al training. “Lui” (così lo chiamano) stava sistemando non so cosa coi ragazzi. “Lui” è il maestro adesso. “Lui” era lieto di rivedermi e mi ha fatto fare un po’ di stretching e tirare qualche calcio per i fatti miei per mezz’ora o giù di lì, poi ha riunito gli altri e abbiamo affrontato la battaglia in strada che dovremo girare per il lm tra una settimana o due. “Lui” e io eravamo entrambi stupiti che mi ricordassi perfettamente tutto il repertorio di coreogra e. Dopo un solo ripasso li sapevo di nuovo tutti a menadito. Così ho ucciso cinque tipi, mentre “Lui” faceva la parte di Michael Jai White mentre tutti sudavamo abbondantemente. Faceva davvero caldo, c’era un sacco di umidità e lo smog è terribile in città. Puoi guardare il sole attraverso la coltre di smog e ti accorgi che sembra la luna. Abbiamo fatto la scena almeno dodici volte e poi ho lavorato da solo con “Lui” per qualche ulteriore ripassatina della battaglia con Michael. Sono andato al guardaroba a provare qualcuna delle nuove t-shirt che avevo appena fatto arrivare da Los Angeles. Le hanno fatte apposta per me, prendendo spunto da uno dei miei ibridi di seta nippo-cowboy, tutto blu. Nel guardaroba fa un bel freschino, anzi in verità si gela. Stavo sudando freddo ed ero stanco morto. Cercando di riprendere ato mi sono tolto una delle t-shirt e mi sono lavato dalla vita in su con una spugna e un asciugamano, come i wrestler, così ho evitato di insozzare la maglietta col mio sudore “kung-fu”. La prima maglia era troppo corta di qualche centimetro, una vera rottura! La seconda invece andava bene. Annie ha tenuto a precisare che il colore mi stava da dio. Dice che il blu mi dona. Helen, la Signora del guardaroba, mi ha dato una canottiera di Calvin Klein e mi ha detto che avrebbe lavato la mia per restituirmela il giorno dopo. Dopo di che mi hanno messo delle parrucche. Per prima abbiamo provato una parrucca doppia che mi fa sembrare il Pearl di Sonny Boy[27]. Poi me ne hanno fatta indossare un’altra, che era stata fatta su misura per me. All’improvviso mi sono ritrovato con quasi dieci centimetri di capelli in più. Sembravano i miei capelli veri, solo più folti, soprattutto in cima, che è il punto perfetto per fare la prova visto che lì ne ho davvero pochi. Abbiamo passeggiato per il set, per i vicoli invasi dalla spazzatura, attraversato il campo da basket dove gli stuntmen giocavano a calcio (e questo dopo un’intera mattinata di s branti esercizi di arti marziali) per far vedere a Quentin il risultato. Siamo passati in mezzo a un mucchio di volti noti che sedevano ai tavoli nel caldo, abbiamo superato un cartello con scritto: “Per cortesia non sputare” e in un atrio molto buio, dove ho recuperato una coca cinese ghiacciata. Quentin sedeva al buio nel teatro di posa dietro al set, con musica anni Quaranta sparata al massimo volume. Gli è piaciuta, la parrucca. Non l’ho mai visto così felice. Ci ha portati alla luce e l’ha studiata accuratamente. Manny, il parrucchiere, era profondamente sollevato. A quanto pare non la sempre così liscia, con Quentin. Fuori abbiamo incontrato Uma: fa-vo-lo-sa. Ha perso tutti i chili messi su con la gravidanza e ora può far guizzare i muscoli. Tutta di nero vestita, un po’ alla Poison Ivy (il suo personaggio in Batman & Robin) e anche meglio. Abbiamo parlato per circa cinque minuti, senza che si accorgesse che avevo la parrucca. Immagino abbia pensato che ho una crescita di capelli quanto mai rapida. Siamo tornati dalle parti di Manny (mentre gli stuntmen continuavano la loro partita alquanto animata) e la parrucca è stata accuratamente rimossa. Mentre Annie dormicchiava nel mio camerino, Manny ha tagliato i miei veri capelli. Potevo nalmente permettermelo, visto che la parrucca va bene. Abbiamo parlato un bel po’ mentre sforbiciava con le sue forbici rivestite d’oro da 500 dollari. Manny è davvero un personaggio interessante. Ha lavorato in parecchi lm con Bill Murray, prima di dedicarsi a quelli con Jean-Claude Van Damme. Sembra che nessuno mostri i suoi veri capelli. Abbiamo parlato molto di Groundhog Day e lui è d’accordo con me nell’affermare che è un lm molto profondo, quasi un trattato di meta sica. L’idea di fare sempre la stessa cosa, ancora e ancora, no a che non la fai bene è semplicemente bellissima e ricorda molto certe teorie buddhiste o indù circa la reincarnazione. Un ragazzo che pensa sia impossibile suicidarsi come si deve, decide di fare qualcosa di buono. È illuminante. L’ho guardato più volte e senza dubbio lo guarderò molte altre. Ho nalmente risolto il mistero di quante volte Bill Murray ha dovuto svegliarsi con I Got You Babe prima di fare tutto bene. Un anno. Questa è la storia. Be’, è semplice e perfetta – anche se mi ri uto di credere che qualcuno possa diventare un pianista professionista in un anno. Io ci sto ancora lavorando e sono passati sei anni. Però è così, visto che lo dice il regista. Manny mi ha anche raccontato di quando hanno girato la scena in cui Bill diventa un imbroglione di pool[28]. Anche per questo c’è voluto un po’ di tempo, poi alla ne questa parte è stata tagliata. (Immagino che il pool sia un gioco troppo complicato per poterlo imparare bene, sebbene due anni nell’Esercito, posso testimoniarlo, permettano di ottenere buoni risultati in questo campo.) Ho sentito che nell’idea

originale Bill avrebbe dovuto rivivere quel giorno terribile per diecimila anni. Ma immagino che fosse troppo in stile mitologia greca o indù. Gli americani hanno troppa fretta per una storia così. 17 agosto Ieri è stato il mio primo giorno di fronte alla macchina da presa. Sono venuti a prendermi alle 11 e ho dovuto aspettare no alle 17 prima che mi chiamassero sul set. È sempre così. Comunque, sono stati occupati a segare in due un manichino (un Signore della Guerra giapponese, suppongo) e ci sono volute parecchie riprese e parecchi secchi di sangue nto e parecchi abiti nuovi per fare funzionare la scena. Stavo entrando in scena quando ho sentito la troupe cinese mormorare “Billa, billa, è billa? È billa?” e mi sono detto: che cazzo c’entra la birra? E perché bisbigliano? No, in realtà non era birra, che in cinesa suona “billa”, ma “Bill”. Era il quindicesimo giorno di riprese di questo lm che si intitola Kill Bill e nessuno aveva ancora visto Bill no a questo momento. La prima scena era interamente nelle mie mani: un bel modo di cominciare. Julie Dreyfus, in arte So e Fatale, che si è fatta tagliare via un braccio da Uma per ottenere informazioni, siede su una sedia a rotelle e piange, mentre con le mani le accarezzo le spalle e i capelli e la mia voce fuori campo la consola. Julie è stata grandiosa. Le ho detto che erano preoccupati che non sarebbe riuscita a portare a casa le scene, ma io invece avevo detto loro che poteva farcela tranquillamente e pure con un braccio legato dietro la schiena. Mi ha fatto un piccolo sorriso mentre Quentin, che aveva sentito tutto, si è fatto una grande risata. Dopo la prima prova, Quentin mi ha preso al volo e sussurrato: “Non fare quella cosa col naso, quell’espirazione così forte”. Quentin ti sussurra le indicazioni, il che mi piace: ti fa sentire complice. Gli ho risposto: “Ok”. Ho fatto un paio di passi e poi ho declamato a gran voce, in modo che sentisse: “Hai ragione”. E poi, questo rivolto a me stesso: “È un vizio!”. Mi ha colpito accorgermi che quel manierismo era una stronzata a cui però ho fatto l’abitudine tanto da non rendermene più conto. Come mio papà con le sue sopracciglia. Non un vero recitare. Non lo farò mai più. E ho deciso una volta di più che avrei amato questo ragazzo. Abbiamo avuto qualche guaio con l’orologio. Il trovarobe me ne aveva dato uno che era praticamente identico al mio Jaeger-LeCoultre in oro e titanio, che gli era piaciuto un sacco. Ma Quentin ha preferito un Rolex che aveva Uma, secondo lui mi sarebbe stato meglio. Ho detto: “Be’, è una gata”. E lui mi ha risposto: “Sì, proprio così. Cosa ne pensi?”. E io: “Il Rolex è l’Orologio per eccellenza, quello che tutti vorrebbero”. E lui: “Okay, vediamo un po’ il Rolex e quale ci piace di più”. Mentre aspettavamo che ci portassero gli orologi, mi ha detto: “Senti, se ti piace questo orologio, mettilo”. E io ho risposto: “Sai, Quentin, se è simile a quello che indossa Uma, non c’è gara. È l’orologio giusto, non importa com’è”. Siamo rimasti lì a chiacchierare, aspettando. Ho preso un sorso d’acqua dalla bottiglietta di Annie e mi sono seduto impettito sulla sedia che avevano portato per lei. Ce n’era una vicino a lei, che mi ha detto: “Hanno portato questa sedie per te”. Ho scosso la testa. Non volevo assolutamente sedermi lì. Poi, all’improvviso, Quentin ha detto: “Andiamo avanti con l’orologio che hai, dimentichiamo il Rolex”. E abbiamo cominciato a girare. Abbiamo fatto circa quattro inquadrature della scena, con piccoli aggiustamenti che Quentin ha approvato con entusiasmo, anche se voleva qualcosa di più, no a quando ha deciso di spostarci su un altro set per la mia grande scena del giorno, quella con uno dei monologhi più lunghi che ho nel lm, anzi che abbia mai avuto in un lm. Un terzo grado delle mie capacità. Be’, non proprio, però una grande opportunità di eccellere, detto tra noi. Per me, un gioco da ragazzi. Avevo imparato le parole a memoria, dopo averle studiate per quattro mesi! L’unica cosa che non conoscevo era come le avrei recitate, ma questo non lo so mai, prima. Quentin mi ha preso da parte e portato nel set del bar giapponese dove avevano appena fatto a metà il manichino, per dirmi della scena che stava scrivendo per me e che mi avrebbe permesso di fare una lotta kung-fu con l’attore che adesso interpretava Pai Mei al suo posto, il maestro cattivo: Gordon Liu, che a suo tempo ha già interpretato lm con Pai Mei ed è famoso in Cina per le parti di monaco Shaolin, così come io lo sono in America per altri ruoli. Fico! Ho indossato la parrucca lunga no alle spalle (Bill è molto trendy), fatto un po’ di buio e calato sulla mia fronte un paio di millimetri di capelli per fare un salto indietro nel tempo di dieci anni. Poi sono tornato al lavoro. La scena prevedeva Uma e me insieme vicino a un bivacco, con me che le racconto una favola della buonanotte sul massacro al tempio Shaolin da parte dell’immortale che sta

per diventare il suo maestro (sì, proprio lui: il maestro cattivo Pai Mei). Il set era un forno, senza contare il fuoco divampante che avevano acceso. Si preannuncia una serata decisamente sudata. Abbiamo fatto una prova con me che arrostisco marshmallows e parlo. Ho fatto ridere la troupe tentando di declamare le parole di Quentin con un boccone gigante di marshmallow in bocca. Quentin ha detto: “Perché non provi a recitare suonando il tuo Flauto Silenzioso[29]?”. E io: “Mentre parlo?”. “Esattamente”. E allora va bene, mi son detto, proviamo: racconto una storia e intanto suono il auto tra una frase e l’altra. Uma dimostrava quindici anni nel suo sacco a pelo, con i capelli raccolti in una coda di cavallo, così le ho parlato come farei con un bambino, e per quanto riguarda il auto, mi sono ispirato al personaggio di Pierino e il Lupo. Abbiamo fatto parecchie riprese. Io e il auto siamo quasi bruciati vivi, ma ho portato a casa la scena alla grande. Alla ne la troupe ha applaudito, buon segno. Tutti erano molto impressionati, da Erica, la rappresentante della Miramax, e Lawrence, il produttore, ai macchinisti e i fattorini. Mi fermavano tutti per farmi i complimenti, da quando ho abbandonato il set no all’entrata e poi nel mio camerino. “La tua voce è così potente”. “Hai suonato splendidamente”, e così via. Mi è andata bene, visto che il Flauto Silenzioso a volte non suona per niente, cade a pezzi. Quentin era estasiato. E io pure. È semplicemente fantastico lavorare con lui. Ti fa sentire grande, e alla ne tu sei grande. E Uma era pazzesca. Per far funzionare le scene mi basta guardarla. Più tardi Annie mi ha detto che Quentin continuava a saltare su e giù dalla gioia mentre recitavo. Be’, ha diretto gigantesche scene di battaglia per otto settimane, nalmente può sentire un po’ di dialoghi, anzi parecchi: il cuore dei lm di Tarantino, l’aspetto più folle e speci co della sua scrittura. Mi hanno “rilasciato” alle dieci e mezza, per continuare con un’altra scena in cui io non compaio. Sia io che Annie eravamo stanchi, ma comunque reattivi. Abbiamo deciso che, una volta raggiunto l’hotel, saremmo saliti in camera a cambiarci per poi andare alla sala lounge, mangiare uno spuntino e rilassarci un po’. Ma a metà della doccia, mentre mi lavavo via tutto il sudore, ci ha chiamato Deedee, il produttore associato, e ci ha chiesto di raggiungere lei, Uma, Erica e pochi altri al bar. Ci siamo vestiti al volo e siamo scesi. Il posto era piuttosto vuoto, c’era solo gente del lm. Ho notato un grande pianoforte a coda. Ho divorato della tempura, Annie ha sorseggiato il suo Merlot in compagnia delle altre ragazze, tra chiacchiere di gli, asili, baby-sitter e cose così. Uma ha fatto tutto un numero per cercare di capire come potrebbe evitare di combattere no alla morte con me – cioè, con Bill. Si è innamorata di lui. Basta che uno le racconti una storiella e lei va in brodo di giuggiole. Come certe altre donne ci cascano con il musicista, l’uomo in divisa o il mimo: il suo punto debole sono i bravi narratori di storie. Annie mi ha chiesto di suonare il pianoforte, ma ho detto di no. Non di fronte a tutte queste persone. Avrei dovuto prepararmi prima, per potermi esibire. Quando la festa è nita, Erica ha buttato lì di cenare insieme, io, lei e Annie, la sera sucessiva. “Certo” le ho detto. Una volta andati via tutti sono salito sul palco e ho suonato un po’ il piano mentre Annie da lontano mi sorrideva. Lunedì, 19 agosto Lo so, ho saltato qualche giorno, ma è davvero difficile star dietro a tutto questo. Dunque, la cena con Erica alla ne è diventata tutt’altro. Erica non poteva lasciare il set, doveva restare a guardare i giornalieri. Uma non era interessata ad affrontare un altro round di quella che chiama “follia da campo estivo”, qualcosa a che vedere con conversazioni sovrapposte e videogiochi di Star Trek. In ogni caso, Deedee nel frattempo aveva organizzato qualcosa al ristorante Mediterraneo, un posto con cucina mista italiana-spagnola-greca, dove ci si può sedere fuori. La scusa per mangiare lì era il party d’addio per Howard, l’artista del trucco e degli effetti speciali (cioè quello che si occupa dei tagli zampillanti sangue su volti, braccia, gambe, colli, ecc.): il suo lavoro con noi è nito. Non che Deedee abbia davvero bisogno di una giusti cazione per far festa, comunque. Quando siamo arrivati, io e Annie, c’erano già due dozzine di persone sedute a un lungo, lunghissimo tavolo, che facevano un casino della madonna. Hanno aggiunto un altro tavolo, facendone un tavolo ancora più lungo. È andata avanti così per tutta la serata. Quando è arrivato, Lawrence ha cominciato subito a “produrre”, assicurandosi che il vino scorresse a umi, prima, e che

non scorresse troppo velocemente, dopo. Il menu aveva una bella faccia. Tra le varie portate c’era il carpaccio di manzo, uno dei miei piatti preferiti, e infatti l’ho ordinato. Quando è arrivato, non c’erano sopra le scaglie di parmigiano, il che ha tolto al piatto un po’ del suo perché. Ne ho chiesto un po’ e mi hanno portato, ovviamente, una scodella di robaccia grigliata. Ero anche pronto a prenderlo, ma Lawrence è saltato in piedi e ha spiegato al cameriere, per tre volte prima di farsi capire, cosa volevo. Ho detto: “Okay, li stiamo allenando, eh?” e Lawrence ha sorriso. Mi ha fatto piacere. Non sorride spesso, Lawrence. Produrre lm è un duro lavoro. Continuavano ad arrivare persone, e ogni volta era un giro di saluti e un applauso. A un certo punto è iniziato il gioco dei Sussurri Cinesi (versione pechinese del Telefono Senza Fili) e a dirla tutta non credo che sia mai nito per davvero, per passare attraverso frasi sempre più pesanti e oscene, così tipiche e patetiche in party di questo tipo, e così strane e divertenti che difficilmente potrebbero essere rese più strane e divertenti da una traduzione imperfetta. A metà del gioco è arrivato Quentin e a quel punto il divertimento è proseguito, ma in maniera più giudiziosa. Quentin è assolutamente rigoroso nel divertirsi. Insegue il divertimento con risolutezza, con una cura che è irresistibile e non può fallire. Il mio parmigiano nel frattempo non arrivava e alla ne mi sono lanciato sul carpaccio senza di lui. Era ottimo, anche senza formaggio. La cosa dei sussurri intanto proseguiva, muovendosi in due direzioni da una parte all’altra dei tavoli, che erano sempre più lunghi e sempre più appiccicati. Poi sono partiti i pugni sulle spalle e i morsi alle ginocchia. Ho fatto notare a Lawrence che la faccenda poteva diventare seria. A questo punto, molto tempo dopo la scomparsa del carpaccio, da qualche parte a metà della portata principale è arrivato un enorme piatto di parmigiano grattugiato, più qualche fetta tagliata con l’accetta buttata al centro a formare una piccola casa. Abbiamo riso parecchio per questa cosa, dopo di che io, Lawrence e Annie ce lo siamo sbafati tutto. Quentin ha trovato un altro momento per esaltare il mio primo giorno di lavoro. È tornato su un certo sorriso che era così-Carradine che doveva essermi sfuggito per sbaglio, e poi su una lunga, intensa pausa che secondo lui era stata un colpo di genio. Ho deciso di non dirgli che il sorriso “spontaneo” era assolutamente premeditato e studiato, o che la “pausa intensa” era intensa perché non potevo sentire la soave voce di Uma a causa del crepitare del fuoco e non sapevo se era il mio turno di parlare. Perché rovinargli il momento? Abbiamo lasciato la festa sul presto, prime vittime di quella follia. Il resto di loro è rimasto no alle due di notte, poi Quentin ha riportato i tira-tardi nella sua stanza e messo su un lm di exploitation… alle tre di notte! Questo è Quentin. Da dove prenda la sua energia, non è dato saperlo. Mercoledì 21 agosto Il Summer Palace. Davvero bello. È un posto enorme, con il lago arti ciale e mezza dozzina di edi ci e luoghi di culto tutto intorno lungo la spiaggia e sulla piccola isola, entrambe raggiungibili grazie a lunghe barche con teste e code di drago. Migliaia di persone. Abbiamo scattato un po’ di fotogra e e Annie ha fatto qualche ripresa con la sua videocamera. Poi abbiamo fatto un giro fuori dai cancelli, alla ricerca del negozio in cui Rob mi ha consigliato di andare per trovare ottima roba da arti marziali a prezzi stracciati. Alla ne siamo riusciti a scovare questo posto, un bugigattolo seppellito in una zona marginale, ma a dire la verità non avevano molte cose da vendere in quel momento, e la comunicazione era troppo difficoltosa per reggerla a lungo dopo una giornata così intensa, perciò alla ne non ho comprato niente. Tornati all’hotel abbiamo scoperto che dovevo raggiungere la location del giorno di riprese successivo, il Tempio del Loto Bianco, a un’ora di strada dalla città. Ho talmente smania di lavorare che questa notizia mi ha entusiasmato, no a che non ho scoperto che mi chiamavano per fare una prova costumi. Non aveva molto senso passare due ore in macchina tra andare e tornare, visto che dovevo tenere gli stessi abiti che avevo nella scena del fuoco, per continuity. Siamo saliti al diciottesimo piano, dov’era in corso un happy hour riservato agli ospiti dell’hotel. Era buono, con ottima roba da mangiare, però non si poteva fumare, così siamo scappati dopo aver mangiucchiato due cose e raggiunto la hall per un cappuccino. Ci siamo cambiati per la cena e siamo andati all’Astor Grill, dove abbiamo mangiato in terrazza. Molto carino. Quella sera il clima era ideale, e anche il servizio, come qualsiasi altra cosa nei dintorni, tutto completamente splendido. Julie era lì con Chris, uno dei ragazzi degli effetti speciali che sembra lui stesso un effetto speciale. Si è subito affrettata a dirci che non era un suo spasimante. Ne ha uno a New York, anche se vive a

Tokyo e lavora a Los Angeles. Annie ha ordinato una bistecca di manzo con cui potevamo sfamarci in tre. Se ne è portata un po’ in camera per la colazione. Giovedì, 22 agosto Abbiamo deciso di visitare la Grande Muraglia. Abbiamo chiamato Scarlet, la nostra fedele assistente e traduttrice, sul suo numero internazionale (ne hanno dato uno a ciascuno di noi). È l’unico modo per restare in contatto senza passare dagli operatori, che non sono molto bravi a parlare in inglese. Scarlet ha accettato al volo di girovagare insieme a noi. Dopo un’ottima colazione all’ora di pranzo, è arrivata all’hotel col nostro autista, che per noi si chiama solo “G”. Ci aveva detto il suo nome, ma non sono riuscito a sentirlo – ho un danno alle orecchie da arma da fuoco. Ha detto “G” e poi ha rinunciato ad andare avanti, perciò lo chiamiamo così. La prima volta che l’abbiamo visto, mentre camminava a corti passetti verso l’automobile, Annie mi ha detto: “Stanlio o Ollio?”. L’ho guardato per bene e risposto: “Entrambi”. Era vero. Ha il sico e la faccia di Ollio e la personalità di Stanlio. Tra di noi lo chiamiamo sempre “Stanlio & Ollio”. Abbiamo raggiunto la Grande Muraglia dopo circa un’ora e un quarto di viaggio. Ci sono un sacco di barzellette sugli autisti di Pechino. “Stanlio & Ollio” ha guidato bene, non sempre sulla strada, però ci ha portato dove volevamo arrivare. La parte di Muraglia a cui eravamo diretti è quella più turistica, cosa che ci dava qualche pensiero, ma anche la più facile da raggiungere. Nessuno di noi aveva voglia di scalare la montagna per raggiungerla, mentre questa parte ha un ascensore per arrivare in cima. C’era una frase, nella scritta sopra il nestrino, che in inglese signi ca: “Gratis per persone con handicap agli arti inferiori e per i bambini”. La vista era magni ca, già dalla cabina della funivia. Potevamo vedere gran parte della Cina, con la Muraglia che svetta tra le montagne. La vista del punto lontano in cui avevamo parcheggiato la macchina ci ha dato un brivido in più. Se la cabina si fosse rotta, eravamo spacciati. La Muraglia è grande, proprio come me la immaginavo. Bisogna camminare parecchio, su e giù e attraverso stretti passaggi dove ci sono le guardie delle torri. Ho notato qui e là delle postazioni armate molto moderne, il che signi ca che questo posto viene tuttora utilizzato a scopo di difesa. Abbiamo scattato un sacco di foto, poi Annie ha dato la sua fotocamera a Scarlet, che ha preso molto sul serio il suo ruolo di nostra fotografa ufficiale. Ho fermato una coppia tedesca e costretto l’uomo a fare una foto a tutti e tre. Ogni momento era buono per tirare fuori e suonare il mio auto di bambù, che avevo in Kung-fu – Il lm, due ore di lm per la tv con Brandon Lee nel ruolo di mio glio. Ho notato che alcuni turisti cinesi mi guardavano esterrefatti, ma niente può battere le immagini di mio fratello Keith che suona la cornamusa sul Muro durante un viaggio di ritorno dal Dipartimento di Stato (all’epoca era l’unico modo per rientrare nel Paese). Prima di tornare al parcheggio abbiamo comprato un mucchio di t-shirt con la scritta: “Ho scalato la Grande Muraglia”. Venerdì 23 agosto Ore 8 del mattino, partenza con pick-up davanti all’ingresso dell’hotel, nonostante un’alluvione in corso nei nostri due magni ci bagni. Stamattina i tubi della doccia hanno deciso di schizzare acqua ovunque, quelli del cesso di spargere i pavimenti con acqua di fogna, mentre i rubinetti si sono otturati. Abbiamo chiamato il nostro “maggiordomo”, che è apparso con un paio di asciugapiatti che secondo lui avrebbero dovuto risolvere il problema. Col cazzo! Così abbiamo convocato l’intera squadra di idraulici della SWAT[30], dato che non avevamo tempo da perdere. Il set chiamava, perciò li abbiamo lasciati a metà dell’opera, con la speranza di trovare ancora un luogo abitabile al nostro ritorno. Un’ora e mezza di strada per arrivare a un tempio buddista vecchio di quattrocento anni per girare alcune scene. Il posto è pazzesco, sebbene i bagni pecchino di eleganza, anche per l’epoca in cui vennero costruiti (cioè duecento anni fa). Quest’ultima osservazione è un enorme eufemismo, come potrà testimoniare chiunque della troupe. Solo i più tosti (o i più disperati) potrebbero trovare il coraggio di farci una capatina. Io personalmente ho immediatamente rimpianto i miei magni ci bagni allagati lasciati a Pechino. Abbiamo subito trovato Quentin e Uma, e li abbiamo guardati mentre giravano la scena della sua scalata per raggiungere Pai Mei. Uma si muoveva con l’agilità che potrebbe avere Amanda, la glia dodicenne di Annie. È fantastica. Poi abbiamo tutti rilasciato una breve intervista a un tipo di

Entertainment Weekly e ci siamo fatti un po’ gli affari di Uma, che infatti è scappata a gambe levate. Io invece a questa gente do sempre quello che mi chiede, così se ne vanno in fretta. Di tutte le frasi che ho detto, sicuramente ciò che il tipo ha apprezzato di più riguarda la mia opinione su Quentin, o Uma. Non mi ricordo, forse gli sono piaciuti i miei commenti su entrambi. Gli ho anche detto che l’intelligenza non è la cosa più importante, ma per un genio è sicuramente utile essere intelligente. Poi ho preso Annie e ci siamo fatti una camminata su per i novecento gradini del tempio. Abbiamo scattato qualche foto al cimitero, anche, che sembra essere il punto di maggior attrazione. Ci è sepolto il nonno dell’ultima imperatrice, in un grande mausoleo, vicino ad alcuni monaci, o quel che è. Gli alberi sono oggetti sacri e la autorità cinesi lo sanno. Sono tutti numerati con piccole targhe appese ai tronchi con un chiodo e se per qualsiasi motivo ti viene in mente di rovinarli o farci cose strane sono seimila renminbi di multa (circa 750 dollari, ovviamente a seconda del cambio giornaliero). È arrivato Bennett, che mi ha detto che avrei girato al cinquanta per cento. Chi se ne frega. Era comunque forte essere lì, con la compagnia, in una location così tanto ca (in ogni senso: la tempesta con fulmini ha aggiunto un ulteriore tocco di caggine). Abbiamo pranzato e letto vecchie riviste e dormicchiato e… non succedeva niente. Poi, giusto quando ho cominciato a rassegnarmi al fatto di non lavorare, per oggi, mi hanno chiamato al trucco e parrucco e mi hanno preparato per la mia scena con Uma. Fatta la scena, breve pausa e poi mi dicono che per oggi ho nito. Manny mi dice: “Bene, cosa ne pensi della sessione pratica di oggi?”, “Grande” rispondo io: “Domani facciamolo di nuovo”. Ho raggiunto Daryl, che con alcuni membri della troupe e altra gente si era riunita attorno a una chitarra Epiphone. Sono tutti impazziti per la mia Charanga Argentina Armadillo, che gli ho lasciato ieri sera (non volevo interrompere il loro divertimento, mentre io e Annie non vedevamo l’ora di andare a dormire). Annie è andata a cambiare gli occhiali Versace che ha comprato ieri per 1440 renminbi (182 dollari), perché ha dichiarato che sono ufficialmente dei falsi. Non potevano rimetterle il credito sull’American Express, perciò le hanno dato dei contanti, con cui ha comprato un altro paio di falsi per 108 renminbi (13 dollari). Quando è tornata a casa è andata in estasi per la famiglia di panda che le ho comprato in un negozio (panda giocattoli eh, mica di quelli che appartengono alle specie in via di estinzione) e la bottiglia di Cabernet cileno, riserva 1993, lo champagne Taittinger, che era in fresco nel minibar, e le birre che avevo recuperato all’ingresso. L’ho baciata e le ho detto che sapeva di una grossa scatola di sogni che diventano realtà. Sabato 24 agosto Oggi mi hanno convocato relativamente tardi. Uma sta girando la scena in cui incontra Pai Mei, al termine della sterminata scalinata. Dopo essermi vestito e truccato, mentre cercavo il set ho incontrato Gordon Liu, che recita Pai Mei. Aveva appena nito una scena con Uma e, mentre lui parlava con me, gli altri si stavano spostando in una diversa location. Indossava la sua parrucca bianca lunga no alle spalle e la barba bianca: chissimo. I capelli della parrucca e la barba sono così bianchi che sembrano trasparenti, e in più associati a sopracciglia spesse che spingono all’esterno, come lacci di Nike impazziti. Ci siamo piaciuti all’istante. Gordon è un musicista e mi ha chiesto dove ho trovato la Armadillo. È rimasto molto deluso quando gli ho consigliato che avrebbe dovuto andare in Argentina per trovarne una come la mia. Però si è consolato chiedendo al fotografo di scena di immortalarla. A lunghi passi ho raggiunto la strada dove avrei dovuto girare la mia scena. È la prima volta che lavoro con Uma. Non ho idea di cosa aspettarmi. Ho visto alcuni membri della troupe riuniti intorno a una jeep dall’aspetto imponente. Mi sono chiesto se avrebbe potuto essere una vecchia jeep dell’esercito cinese. Quentin era lì con l’operatore, Bob Richardson, un tipo davvero forte, che si è tagliato una chioma di capelli lunga no al anco giusto qualche giorno prima di incontrare Quentin per la prima volta, a marzo. Immagino che la Band Apart l’abbia salvato dal capitolare di fronte al Sistema, e infatti da quel momento ha ripreso a farsi crescere i capelli, grato e contrito. Quentin era molto eccitato. Be’, a dirla tutta, lui è sempre molto eccitato. Si è scusato di aver messo giù un piano di lavorazione che teneva in ballo questa scena. La sua sensibilità verso gli attori è toccante. Non è soltanto come se non riuscisse a dirci quello che vuole…

Quello che aveva in mente era grandioso. Bill deve scendere le scale, che sono in nite, eterne e ripide come l’inferno o uno ziqqurat. La scena deve essere tutta in movimento, con Bill che dice alla quindicenne Uma come sopravvivere vicino a Pai Mei e intanto la carica con due zaini e un sacco a pelo. Finisce con me che me ne vado schizzando via sulla mia jeep e lasciando lei da sola a contemplare la lunga, lunga scalinata. Heba e uno “specialista in cicatrici” hanno lavorato sulla mia faccia no a dare l’impressione che abbia subito parecchie aggressioni durante le battaglie con Pai Mei, che gireremo più avanti. Ho suggerito un’idea secondo me carina, e cioè aggiungere qualche tocco che faccia pensare che Pai Mei mi abbia affondato le unghie nella pelle intorno agli occhi. Questo per sottintendere che avrebbe potuto cavarmeli, se solo avesse voluto. Sono riemerso dalla sessione di trucco che sembrava che un’aquila mi avesse attaccato con i suoi artigli. Perfetto. Quentin è impazzito. Abbiamo provato la scena due o tre volte, e poi c’è stata una pausa per decidere se pranzare o no, ma Quentin, dopo aver chiesto a Bob, ha deciso di proseguire. Uma e io abbiamo provato insieme per i fatti nostri un paio di volte, mentre la macchina da presa restava in posizione, sulla spalla di Bob. A un certo momento della scena, quando era previsto che dicessi: “Adios”, mi sono fermato e l’ho ssata negli occhi. Sono così belli, ho pensato. E io, in quanto Bill, non li rivedrò per anni. All’improvviso tutto è diventato reale, e l’aria attorno e tra di noi vibrava. Poi è arrivato il momento di mettere tutto questo su pellicola. Quentin mi ha detto di salire no a metà della scalinata. Gli ho detto di dirmi quando fermarmi e ho corso su per sessanta gradini, facendoli due alla volta. Intanto la macchina da presa girava e io ho corso giù, di nuovo per sessanta gradini, facendoli due alla volta, oh yeah. Non mi aveva detto di farlo, ma ho pensato che facendoli normalmente c’avremmo messo una vita. All’inizio della scena ero un po’ a corto di ato, il che ha un senso, così mi sono esercitato un attimo ad ansimare. Abbiamo rifatto la scena tre volte, e poi Quentin mi ha detto di farla senza ansimare. Mi ha suggerito di partire quasi dalla ne, tanto aveva tutto. Ma io ho preferito rifare daccapo, perché questo mi avrebbe permesso di prepararmi meglio alla scena. A questo punto ero andato su e giù dalle scale almeno una dozzina di volte, tra prove e girato, ogni volta correndo. Avrei potuto farlo con calma, in realtà. Nessuno aveva fretta. Ma mi sarei ammazzato piuttosto che dimostrare a tutti l’età che ho. Sono riuscito a fare la scena senza annaspare, nell’ultimo ciak, che forse è stato il migliore. Altre due scene, e abbiamo nito il girato di oggi. Uma è stata magni ca: mi guardava dritto negli occhi, dandomi tutto ciò di cui avevo bisogno. Quentin a un certo punto le ha detto: “Sai, probabilmente non lo sai nemmeno che lo stai facendo, ma è stupendo il modo in cui ti sporgi sullo specchietto retrovisore”. Uma ha riso e gli ha riposto: “Sì, bene. Ovviamente non ne avevo la minima idea”. È un’attrice bravissima che può prendere in giro non soltanto il pubblico, ma anche il regista, ngendo di non sapere quello che sta facendo. Finito tutto, hanno sistemato la macchina da presa per terra e ho cercato di schizzare l’obiettivo col fango facendo ruotare le gomme mentre me ne vado con la jeep. Ma il motore della jeep fa a fatica 3000 giri al minuto, perciò non è stato facile. Abbiamo provato più volte, coi macchinisti cinesi che spargevano fango sulle ruote posteriori e Quentin lì sotto vicino alla macchina che se ne prendeva metà in faccia. Poi ha deciso che voleva una ripresa a sé stante di me che scendo dalla cima delle scale. Così, di nuovo dietro a correre su, poi correre giù, questa volta per quasi cento scalini. Quasi volavo. Mi sentivo ispirato. È stata una gran giornata. Mi sono rilassato per qualche minuto e ho guardato i preparativi per la scena in cui Uma porta su per i gradini due secchi pieni d’acqua appesi a un palo che tiene sulle spalle. Annie era scioccata dal fatto che riuscisse a farlo. Ma io ho visto che i secchi hanno dei doppi fondi, per cui non erano poi così pesanti. In ogni caso, per farlo devi essere una dura! Quentin, sotto “la pressione che viene dall’alto” – immagino si riferisse a Lawrence – aveva nel frattempo deciso di girare la battaglia con Pai Mei nello studio in fondo. Non c’era tempo per farla qui, mentre c’era un’abbondanza di ottimi angoli da tempio antico, nello studio. Pensa a Crouching Tiger, Hidden Tiger[31]. Poi è venuto fuori che il Flauto Silenzioso era scomparso. Ho messo tutti in allarme e molte persone hanno cominciato a correre di qua e di là, per scoprire cosa gli fosse successo. Alla ne l’abbiamo scovato nella jeep, mentre andavamo allo studio. Camminando immersi nel fango verso l’auto, Annie ha detto: “Sai, dovresti portare un po’ di questo bambù a casa”. Mi sono fermato di schianto. “Mio Dio, ma certo!”. I auti sono fatti con il bambù del Tempio del Loto Bianco che si

trova in Cina! Dovevo portarmene via un po’. Ho affondato il mio coltellino American Eagle Buck nelle radici. Avrei voluto portar via l’intero albero, compreso il tronco da cui partono tutte le radici, che è chissimo. Quentin ci ha superato, dicendo che la nostra era una grande idea, ma forse non era consentito. E io ho risposto: “Be’, il bambù, in fondo, è un parassita”. Ma sapevo che probabilmente aveva ragione. Scarlet è apparsa portando una pala e con quella ho cominciato a fare a pezzi il tronco, che si è spezzato proprio un attimo prima che un altro membro della troupe ne portasse una migliore. Stavo lavorando febbrilmente, perché in ogni istante qualche guardia poteva arrestarmi per quello che stavo facendo. Poi Scarlet mi ha portato un’ascia (non so dove l’abbia trovata!). Con quella ho fatto secchi due interi alberi dello spessore giusto. Qualcuno ha gridato: “È meglio se te ne vai di lì, qualcuno sta per venire a fermarti!”. Ho dato un ultimo colpo per dividere i tronchi in pezzi da circa due-tre metri e potato la maggior parte dei rami. Poi in tutta fretta ho ripiantato le inutili cime, che sono troppo sottili per i auti, per farli sembrare germogli in crescita, ho nascosto gli scarti nella sterpaglia e me la sono data a gambe. Non c’erano prove, per il momento, che eravamo stati lì, a parte l’enorme fascio di bambù che reggevo. Con un po’ di fortuna avrebbe piovuto presto, e le cime sarebbero diventate radici. Mettere le canne in auto è stata dura. E le autorità erano sempre più vicine. Ho avuto visioni di celle cinesi. Io e G (è l’autista, nominato prima) siamo riusciti a sistemarle, comunque, e abbiamo fatto un lavoro pulito, all’ultimo minuto. Ero completamente zuppo di sudore. Appoggiando la testa allo schienale ho pensato: be’, in marzo, prima di cominciare questo lavoro, non avrei mai potuto fare quello che ho fatto oggi. Poi ho pensato, cazzo, vent’anni fa non avrei potuto fare quello che ho fatto oggi! Non so cosa stia succedendo, qui, ma sembra che qualcosa stia viaggiando indietro nel tempo. Dev’essere stata una ben strana visione, io che s lo nella hall marmorea del Saint Regis reggendo sulle spalle un fascio di canne di bambù lunghe due metri e mezzo e gocciolanti fango sacro di tempio sui tappeti persiani e tutto intorno. Per fortuna, il nostro hotel ha sei stelle e un ascensore. Quella notte, prima di andare a dormire, ho tagliato le canne in pezzi, più che altro per rendermi conto del massacro che avevo fatto con quell’ascia. Gran giornata. Mercoledì 28 agosto Ore 5:45, mi chiamano perché oggi inizia la mia grandiosa battaglia samurai con Michael Jai White e i suoi quattro scagnozzi. Io sono sveglio e pronto già da due ore: non vedo l’ora di cominciare. Adoro questa roba samurai, cazzo, ed è da aprile che mi alleno per questa scena. Non sto più nella pelle. Oggi il traffico ha deciso di essere particolarmente infame, e a metà strada comincio a dare segni di nervosismo, soprattutto dopo che Scarlet riceve la chiamata di Lawrence che voleva sapere se ci voleva ancora molto. Quentin aveva programmato una prova per tutti prima di andare al trucco, e noi eravamo in stra-ritardo. Quando siamo arrivati, però, Bill, il direttore artistico, sembrava molto tranquillo. Quentin è ancora in hotel. Uma sembra essere scomparsa nel nulla. Prendo una tazza di caffè e Annie mi chiede se secondo me può scattare qualche foto sul set. Ci sono cartelli ovunque con avvisi minacciosi che vietano l’uso di fotocamere e videocamere (verranno sequestrate ai trasgressori!). Ne parlo con Andrei Cooper, il fotografo di scena. Dice che ne parlerà con Lawrence e Quentin, e che sicuramente ci daranno il permesso. Il set è una strada cinese nello studio esterno. Adoro questi set, perché puoi sentire lo spirito di tutti i lm che ci sono stati girati nel passato. Alla Warner Brothers, per esempio, io ho girato nella stessa polvere di Gary Cooper, John Wayne, e sicuramente in quella di mio padre. Oggi, sto per mangiare la polvere di kung-fu movie cinesi e tornerò ai tempi di Bruce Lee. La nostra strada cinese è piena di venditori ambulanti, ceste di frutta e scarti di verdure strane. Pentole sporche che trasudano atmosfera. È più cinese questa strada di ogni altra strada di Pechino, sebbene certe strade che ho visto riprodotte su set hollywoodiani o canadesi lo fossero ancora di più. E nonostante questa perfezione è reale, autentica. Tutti in perfetto orario arrivano Quentin, Wu Ping, Fish, “Lui” e il resto della squadra di combattenti. Michael Jai White appare vestito di tutto punto con un completo blu e Quentin ordina agli allenatori di mostragli la scena. È un lavoro piuttosto lento: Wu Ping fa la scena con “Lui” nel mio ruolo e uno degli altri ragazzi che non sa una mazza della coreogra a di Michael. “Lui” non ha mai fatto la mia parte sul serio; ha sempre recitato come mia controparte, mentre io facevo Bill

ovviamente. Perciò, sostanzialmente stiamo guardando due ragazzi che imparano delle mosse. Michael, che ha lavorato sulla scena solo per poco tempo a Los Angeles lo scorso maggio, non sta imparando molto con questa roba. A dirla tutta, non serve proprio a nessuno. Nel frattempo io, che per cinque mesi mi sono svegliato e addormentato pensando a questa fottuta battaglia, me ne sto qui a guardare. Poi però salto su e dico: “Se permetti, ora io e ‘Lui’ ti mostriamo come funziona”. Il risultato è un potente brontolare dalle parti di Wu Ping. Qualche stronzata relativa al protocollo. Lo ignoro e comincio a danzare insieme a “Lui” a una velocità supersonica, ogni movimento è perfetto. Li stendiamo, cazzo. Nonostante questo però la combriccola di Wu Ping è scandalizzata. Michael invece si illumina all’improvviso, perché nalmente ha capito che cazzo deve fare. Quentin, sicuramente incoraggiato dalla mia piccola ribellione, suggerisce un grande cambiamento che renderà la battaglia più eccitante. Ha appena deciso che il primo confronto samurai tra Michael e me sarà a lame nude, invece che con le spade foderate (come era previsto e come abbiamo provato per tre mesi!). La ragione principale di questo cambiamento è che vuole vedermi fare il movimento fulmineo che di solito faccio a tempo perso, quando cioè tengo il fodero nella mano sinistra e lo lancio in aria, facendo in modo che la spada voli fuori, compia un arco nell’aria e arrivi dritta nella mia mano destra, pronta a colpire. È un movimento chissimo e mi era sempre dispiaciuto che non servisse per questo lm. Wu Ping si oppone strenuamente. Poi suggerisce un tipo di colpo diverso, più nel suo stile, ma niente che si avvicini al concetto di “fulmineo”. Io dico: “Non ci penso proprio, questo è il movimento che voglio fare”. Mi sono levato dal campo di battaglia e me ne sono andato, lasciando Quentin a gestire un lungo, pacatissimo dibattito con Wu Ping e Fish, che non vogliono assolutamente cambiare una virgola di quanto stabilito. Dopo un po’, senza litigare né prendersi a testate, ma nemmeno senza rinunciare alla sua volontà, Quentin, ovviamente, ottiene quello che voleva. Mi raggiunge, mi spiega, e quando io comincio a complimentarmi con lui per la pazienza e la diplomazia mi tronca il discorso e mi rimprovera per aver violato il protocollo. E io: okay, sarà così, ma quello che stavano facendo non funzionava, e poi ho aggiunto che Michael mi aveva appena ringraziato per la dimostrazione e detto che no a quel momento ogni prova che aveva visto dei movimenti era stata tutt’altro. Dopo tutto, “Lui” ha fatto la parte di Michael insieme a me per cinque mesi, cazzo. Quentin mi segue. Io continuo. “Non mi va di scazzare con Wu Ping, ma d’altra parte ho molta voglia di scazzare con Wu Ping”. Quentin ha sorriso col suo sorriso enorme e i suoi occhi si sono illuminati di una gioia da cospiratore. “Yeah!”. E se n’è andato a sistemare le macchine da presa. A questo punto Andrew, il fotografo, mi ha chiesto di posare per lui con la spada. Mi ha fatto uno scatto molto artistico di fronte a un’enorme ruota di pietra con un buco al centro, sai tipo le ruote dei cartoni animati, e fatto fuori tre rullini con la sua Hasselblad. Mi ha detto di star tranquillo che mi avrebbe fatto avere qualcuna di quelle fotogra e in cui, secondo lui, ero venuto benissimo. Bob, l’operatore, stava chiedendo al suo gruppo di coprire la strada con enormi scampoli di seta. Questo avrebbe mantenuto la luce costante durante il giorno, per permetterci di girare anche dopo il tramonto (sapevamo già al mattino che ci sarebbe voluto parecchio tempo a girare). Me ne sono andato al trucco e parrucco. Io e Annie ci siamo fermati alla piccola trattoria gestita da Helen, costruita apposta per il set, a prendere un caffè. Solo allora mi sono accorto che la scena non era ancora stata scritta: non era chiaro nemmeno dove questa battaglia sarebbe stata inserita. Ma non appena mi sono seduto sulla poltrona di Manny, il mistero si è disvelato e ho raccolto parecchie informazioni tutte in una volta. (Penso che succeda sempre così. Dopo tutto, noi nemmeno avremmo mai saputo della relazione di Marilyn Monroe e Bob Kennedy, se non fosse stato per il suo parrucchiere.) Allora, questa scena dovrebbe essere inserita durante il viaggio che io e Uma compiamo per raggiungere il tempio di Pai Mei e introdotta da una narrazione di Uma. Mentre Manny era intento a incollarmi la parrucca sulla testa è anche arrivata una specie di copione per la scena, scritta a mano da Quentin con un pennarello, sul retro di un foglio di appunti. È breve e molto dolce, abbastanza da giusti care l’inserimento della battaglia nel lm, e, come al solito, è scritta benissimo, perfetta per me, come lo sarebbe stata per Clint Eastwood, Mel Gibson o Humphrey Bogart. La scrittura di Quentin, proprio come in Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo, I predatori dell’Arca perduta, Il mistero del falco o Via col vento, è talmente buona che chiunque arrivi a recitare le sue parole, e non sia un minchione, diventerà all’istante mitico. Ho imparato il testo a memoria, preciso preciso, lettera per lettera, come faccio sempre con i dialoghi di Quentin in omaggio al suo talento di autore. Non lo faccio mica sempre. Di solito adatto

le parole al senso che do loro in base alla mia personale mistica. Ma mi do di Quentin, so che ha già fatto lui questo lavoro per me. Mi hanno chiamato sul set e abbiamo cominciato a lavorare alla scena. Michael si era cambiato il costume ed è apparso rivestito con un lungo abito kung-fu di seta color cioccolato, con lunghe maniche uttuanti. Appare enorme, grandioso, nella sua inquadratura. L’azione è: io e Uma stiamo camminando per la strada, ognuno che pensa ai fatti suoi, quando vediamo Michael e i suoi quattro scagnozzi disposti a impedirci il passaggio. Michael lancia la sua s da, è già pronto ad aprirmi in due per vendicare il suo maestro, che io ho ucciso. Io suggerisco che, data la presenza della signora al mio anco, sarebbe meglio rimandare. Michael non accetta l’idea e inizia il casino. Con mio grande stupore, scopro che Quentin ha chiesto a Michael di fare l’intera scena parlando con accento kiwi neo-zelandese; cioè con la cadenza che si sente sempre nei doppiaggi dei lm di kung-fu cinesi. Michael è bravissimo a imitare l’accento. Non solo: riesce a farlo anche sembrare leggermente fuori sincrono. È troppo divertente. Faccio fatica a mantenermi serio. Per Uma invece è tutto normale, come sempre. Noto che il tizio strambo coi capelli rossi che ho visto già qualche giorno fa (era l’epoca della lunga scalinata) è seduto appena fuori dal set, con un Mac sulle gambe. Voglio sapere chi è. Questo tipo è davvero strambo: centotrenta chili di cristiano se non di più, con riccioloni lunghi e rossi e una lunga e rossa barba riccioluta. Sembra un clown, o Babbo Natale coi capelli rossi. Cammina con le stampelle – non gli chiedo perché. Viene fuori che il tizio è Harry Knowles, il proprietario del sito aintitcool.com. Si è pagato un viaggio a Pechino per stare sul set e ogni giorno scrive i suoi commenti sul web. Questo tizio è completamente fuori di testa. Devo riportare qui i suoi commenti, se non gli dispiace, perché ha tutta una sua visione sulla nostra avventura. Così, ecco qui “Kill Bill secondo Harry” – non ho tolto né i refusi né la sintassi sconnessa né la totale follia di questo pazzo. Brano datato: Domenica 25 agosto 2002 IL GRANDE HARRY NELLA GIGANTESCA CINA: REPORT N. 1 DAL SET DI “KILL BILL”!!! Cina… Sono veramente qui, e non è una delusione, niente sugo di carne o porco indigesto condito con margarita alla fragola e imbottito di hashish… È una cosa vera. La Cina. Sono nel Tempio del Clan del Loto Bianco per vedere un vecchio che alcuni venerano come un dio e altri temono come un demonio: Pai Mei. Individuo subito i miei punti cardinali. Vedo Quentin che parla con Daryl Hannah, nella sua versione “Elle Driver che viene allenata da Pai Mei”. Abito stracciato, zuppo di sangue, e gocce di sangue sugli occhi. Eppure, nonostante il sangue e il vestito a brandelli, puoi comunque vedere la squisita bellezza che è Daryl Christine Hannah. Non dimenticherò mai il momento in cui l’ho scoperta, in un cinema Fox di Austin, in Texas, quando avevo dieci anni e guardavo BLADE RUNNER da solo. Mi sono innamorato pazzamente di lei e ho odiato Harrison Ford per averla uccisa. Era una magni ca combinazione di innocenza e abilità da omicida. Del tipo la Bella e la Bestia. Lei è tutti e due. Quentin sta predisponendo per fare un’altra ripresa dentro la casa di Pai Mei, mi vede, mi saluta con la mano e si avvia a girare la scena con Daryl e Pai Mei. Arriva anche Lawrence Bender e ci sediamo. Questo uomo, tozzo, forte e determinato, lancia un urlo in cinese che credo signi chi: “Silenzio sul set”, ma sembrava piuttosto un urlo di guerra. Questo urlo di guerra riecheggia per la montagna attraverso i suoi assistenti. È una cosa forte, da sentire. L’intero rumore prodotto da esseri umani scompare. Improvvisamente vieni colpito dai suoni di questa foresta che copre la montagna. Cicale e uccelli. Spara fuori un secondo urlo gutturale, che immagino signi chi: “Si gira” e poi, attraverso la porta di questo tempio multi-millenario, vedo Pai Mei. Il cuore mi salta parecchi giri. DIO SANTO, Pai Mei! Non posso crederci. Eccolo lì. Gordon Liu! Comincio ad avere sul volto il sorriso più intenso che possiate immaginare. Sta cantando a squarciagola in mandarino verso Hannah-Elle, in una scena che non c’è nel copione. Visto che il copione è fuori dai giochi, non rovinerò questa scena a sorpresa, ma vi dirò una cosa: Elle è una piccola in da stronza, e vi ho già detto troppo. Quentin arriva e mi dice: “Benvenuto in Cina”. Quando ero in Giappone ho scoperto che le stesse persone che hanno costruito i modellini di Tokyo che Godzilla distrugge sono gli stessi che stanno costruendo una miniatura di Tokyo sopra cui Uma volerà. Quentin vuole che abbia un certo aspetto, un aspetto da Tokyo alla Toho[32]. D’altra parte, non sta girando il “più grande lm di exploitation di tutti i tempi”? E Quentin sa che il segreto sta tutto nei dettagli. Vuole che l’arrivo di Uma in Giappone sia come l’entrata in scena di Godzilla. IO NON POSSO ASPETTARE. Presto ci saranno tre giornate di riprese in Giappone. Due settimane di pause per prepararsi a Los Angeles, poi voleranno a Barstow ed El Paso per fare le ultime riprese in Messico. Quest’ultima scena di Elle Driver e Pai Mei nisce, Quentin accompagna Daryl Hannah. È a piedi nudi, insanguinata e bellissima. I suoi malinconici occhi blu mi ssano. Quentin le ricorda che sono il tipo che ha detto: “PRIS[33] STAR DI KILL BILL” cosa che ha fatto iniziare un ume di bei ricordi. Daryl e io abbiamo cominciato a chiacchierare. Questo è il suo primo giorno di riprese per KILL BILL. Fino a oggi ha fatto solo allenamento con il Maestro Yuen Wo Ping (che tutti

qui chiamano semplicemente “IL MAESTRO”) e Sonny Chiba. Quando lo nomina, all’istante mi escono dalla bocca soltanto un: “Com’è allenarsi con Sonny Chiba?” e un grande sorriso. Potevo percepire le mie orecchie sporgersi in avanti in attesa di sentire com’era stata quell’esperienza. Poi sono tornati per girare la scena di cui non vi dirò nulla. Questa volta, concentrandomi sull’azione, resto fermo e osservo. La casa di Pai Mei è anziana e decrepita, le pareti sono crepate, esattamente come la corte di ciottoli. Quel muschio iridescente è dappertutto. Le piante crescono tra le tegole del tetto, insieme a erbacce, ori e quant’altro. E proprio di fronte a me c’è un arco con le scale e queste conducono al livello più alto dei templi. Questo appare esattamente come uno si immagina che debba apparire, e che è ciò che è. Un tempio multi-millenario fatiscente. Mi piace qui. I suoni, la storia, la cultura. È magni co. La troupe cinese comincia a smontare le attrezzature e a scendere giù per i pericolosi gradini di Pai Mei a una velocità impossibile. Mi dicono che è ora di pranzo, ma torneranno. Decido di restare dove sono, piuttosto che sopportare il tragico destino di chi fa troppo spesso quei gradini. Mentre siedo nel cortile di Pai Mei, guardo stupito la povera Hiromi (Lady Miramax) mangiata viva da zanzare e mosche cinesi che di solito cenano sulla testa rossa del folletto Buddha. Muahahahah. Presto scopro che la troupe non tornerà dove sono io, perciò mi tocca scendere le terribili scale di Pai Mei. Mi inchino di fronte alla mia capacità di concentrazione. Posso distinguere ciascuno degli effetti di vertigine procurati da quello che mi circonda ssandomi semplicemente sul gradino successivo. Dopo aver fatto tutti e 72 i milioni di gradini scivolosi mi sento i crampi alle braccia e i palmi delle mani sudati in un modo che non mi era mai successo prima. Anche ora mentre batto al computer le mie mani sono ancora irritate come dopo essere state afferrate in una mossa mortale di kung-fu. Continuo il mio viaggio in macchina verso il vero fondo delle scale che ho visto prima dalla strada. Qui vedo il ritorno di Bill dalla Sposa dopo aver ottenuto per lei, da parte di Pai Mei, la concessione di potersi allenare con lui, e poi Bill che se ne va e la lascia lì. Ecco la scena: LA SPOSA: Quando ti rivedrò di nuovo? BILL: Questo è il titolo della mia canzone soul anni Settanta preferita. LA SPOSA: Cosa? BILL: Niente. Quando mi dirà che sei pronta. LA SPOSA: Quando pensi che sarà? BILL: Questo, mia cara, dipende tutto da te. Ora ricorda, niente rispostacce, niente sarcasmo. Almeno non per il primo anno. Tu devi lasciare che lui ti alleni. Odia i caucasici, disdegna gli americani, e per le donne non prova altro che disprezzo. Perciò, nel tuo caso, ci potrà volere un pochino. Adios. Bene, questa è la mia prima occasione di vedere Uma e David recitare nel lm. David Carradine è magni co nel ruolo di Bill. In testa ha una parrucca sale e pepe, bianca, grigia e nera. Il volto magrissimo. L’allenamento che ha fatto con IL MAESTRO si vede. Ha qualche taglio bello rosso sulla faccia, glieli ha fatti Pai Mei mentre “parlavano”. Indossa una camicia di seta blu preziosa coi pro li rossi che gli attraversano le spalle. Se guardi meglio si può vedere che sono una serie di segni asiatici. UNA CAMICIA MOLTO TRENDY. E sta guidando la jeep in assoluto più sporca e incredibile della Terra. Uma sembra un po’ una ragazzina sperduta. I suoi capelli biondi sono sporchi e raccolti in una coda di cavallo. Indossa un top bianco di Vera Cruz abbastanza largo, una felpa con il cappuccio e un pantalone al ginocchio che lascia le sue caviglie perfette libere di piegarsi durante l’ascesa dei gradini di Pai Mei. Ascolto David che ripete l’ultimo paragrafo del dialogo: mi ammazza. Assolutamente. Se avete mai visto il COLE YOUNGER di Carradine nel bellissimo lm di Hill THE LONG RIDERS[34], pensate al tono, al timbro e allo sguardo che usa mentre parla la BELLE STARR di Pamela Reed. La Sposa lo fa ridere, ma il loro è un amore duro, non di quelli sdolcinati. C’è un certo sadico piacere in lui, perché conosce il dolore che Pai Mei le causerà, e una tristezza per il fatto di farglielo vivere. Dall’altra parte Uma sta recitando la parte della giovane pre-LA SPOSA, cercando di apparire innocente. E tu puoi vedere chiaramente il suo sguardo di femmina innamorata di Bill, che ovviamente si modi cherà nel corso del lm. David spaccherà il culo a tutti quelli che vedranno questo lm, lo sapevo prima e, ora che ho visto un po’ come recita il suo personaggio, lo so di nuovo. LO VEDRETE, che sia a Cannes o a ottobre 2003. Sì, lo so, fa schifo. E lo stesso è successo per lo stile di regia di Quentin: l’ho capito molto di più dopo aver passato un’intera giornata guardandolo sul set. Per dirla brevemente, è molto eccitato, estremamente concentrato sull’impatto che avranno i singoli momenti che cerca di catturare. Dirige ogni singolo fotogramma del lm. Non ci sono seconde unità. Quentin al 100%. Quando vedete le gomme delle ruote che schizzano fango sull’obiettivo mentre David Carradine si allontana abbandonando La Sposa, Quentin è a cinque centimetri dalla macchina da presa a farsi schizzare fango in faccia e a chiedere di fare un secondo ciak. Gira molto, molto velocemente, ottenuto quello che vuole passa ad altro. Non c’è il monitor del playback, Quentin controlla ogni inquadratura prima di iniziare, così poi può concentrarsi sulla realtà mentre si gira. È lì a sostegno degli attori, recita insieme al suo cast e coinvolge tutti i presenti sul set. Sostanzialmente, quello che potete vedere nel dietro le quinte di PULP FICTION è quello che lui veramente fa sul set. In una pausa delle riprese, Quentin parla con David Carradine di come vuole che David sgommi via: deve farlo come in CANNONBALL[35], dice, e aggiunge: “Che ho proiettato ad Austin, durante il mio festival”. David fa una smor a, sembra non avere un gran ricordo di certi lm drammatici. Io dico: “Sìì! E sembrava tipo i Gang Busters![36]”. David mi guarda, poi Quentin dice: “Giusto, proprio come i Gang Busters, è stato grande”. E allora David entra nella jeep pronto a sgommare. Portata a casa la scena, Gordon Liu se ne va a farsi trasformare in Pai Mei. Sono in estasi. Questo è Gordon Liu, io sono in Cina e questo è Gordon Liu! Quentin accompagna Gordon da me per presentarmelo, ripete a Gordon attraverso un interprete quello che avevo scritto su di lui parola per parola, cose che sono estremamente impressionanti e umilianti se È

le senti dire da Quentin. Ma Gordon è compiaciuto. Sono completamente fuori di me. È raro che io sia letteralmente una star.

Be’, ora avete capito cosa intendevo. Harry è un tipo speciale. Tornando al giorno in questione… La macchina da presa è pronta per riprendere la battaglia dalla visuale mia e da quella di Uma. Più tardi la ripresa verrà rifatta dal punto di vista di Michael. E tutto ciò accade, se capite cosa intendo, in una stretta viuzza cinese. La macchina da presa può andare solo su o giù. Non c’è in realtà nessuno spazio reale per fare una ripresa laterale decente. Facciamo diverse riprese del dialogo. Poi iniziamo con la prima parte dell’azione. Un ragazzetto cinese deve correre verso di me, saltando e ballando, roteandosi la spada sopra la testa. Io lo farò fuori tirandogli il piccolo coltello che riposa appeso al fodero della spada, prendendolo – toc! – in fronte, proprio al centro. Gireremo questa parte più tardi, ma l’attore già sta circolando con il coltello piantato in testa – courtesy of Chris, il ragazzo degli effetti speciali al trucco. Possiamo girare il mio lato, però, e proseguire col momento successivo, dove affondo la mia spada nella terra di fronte a me e, poco prima che i lacchè di Michael mi raggiungano, la estraggo di nuovo e faccio fuori tre di loro con un singolo ruotare della mia spada Hanzo, mentre il ragazzetto giace sulla strada tra di noi con il suo coltello in fronte. Poi riesco a rimettere la spada insanguinata nella sua guaina prima che ricada a terra. Impossibile, certo, ma non in un classico kung-fu movie cinese. Per farlo ci vorrebbero, di solito, alcuni effetti speciali, ma quello che facciamo noi è girare al contrario, dalla ne all’inizio, proprio come si farebbe in un lm cinese. Poi facciamo alcuni dettagli del piccolo coltello che fuoriesce dal suo nascondiglio. Per questi, suggerisco di usare il vero coltello da lancio. Nessuno ci aveva pensato. La ragione per cui ci ho pensato io è che sono veramente stanco di vedermi mentre rinfodero un coltello di gomma alla ne della scena di battaglia di e Long Riders. È l’unica sbavatura dell’intera sequenza. Probabilmente non se ne accorge nessuno, ma io sì. La roba con cui lavoriamo qui non è gomma, va bene, però nemmeno acciaio lucido. L’alluminio non ha quella brillantezza. Annie salta subito in piedi e sposta la sua sedia indietro di quattro-cinque metri. Qualcuno che le è vicino le chiede perché lo sta facendo e lei risponde: “Io so come lancia”. A quel punto tutti fanno piazza pulita. Qualcuno dice a Harry Knowles, che siede molto vicino alla macchina da presa, che è meglio se si leva anche lui. E lui risponde: “Se fossi ucciso da un coltello lanciato da David Carradine, sarei un uomo felice”. Ed è rimasto dov’era. Ottimo. Vicino alla macchina da presa è il posto più sicuro. Quel cretino è sveglio. È stato a questo punto che abbiamo fatto pausa per il pranzo. Tutti sono usciti dal portico con gli archi e dalla strada dello studio per raggiungere la mensa. Annie mi chiede se dobbiamo andare anche noi e io dico di no. Ci sono stato prima, durante la mia ultima visita a Pechino e l’allenamento. Calda, rumorosa – a causa di brillanti conversazioni, senz’altro, ma non ciò di cui ho bisogno adesso. Quello che voglio è riposarmi in un posto fresco e tranquillo. Tento sempre di fare un pisolino, a pranzo, perché la notte non dormo molto. E non potrebbe fregarmene di meno del cibo. Così ci ritiriamo nel mio camerino. Arriva Scarlet con due piatti ben assortiti di cibo orientale e occidentale e due lattine ghiacciate di Coca cinese. Riesco a incastrare un sonnellino di dieci minuti. Dopo pranzo, Michael e io chiacchieriamo un po’ mentre la troupe sta sistemando la macchina da presa per riprendere la sua parte di dialogo e riassettando il set, il che comporta far sparire mucchi di armi e tutte le persone sedute sulle sedie di tela che non devono assolutamente entrare nell’inquadratura. Ci vorrà un pochino. Faccio notare a Michael che ci vorrà un po’ di tempo prima che riescano a fare tutto, magari non ce la fanno nemmeno entro oggi. Nel piano di lavorazione è previsto che facciamo l’intera scena in uno, forse due giorni. Senza forse, anzi: ci vorranno almeno due giorni. Prima che girino la macchina da presa, decidono di girare un’inquadratura di Uma che osserva l’azione dal portone in cui l’ho fatta mettere. Ma Quentin l’aveva “liberata” perché non dovesse stare in giro tutto il giorno a far niente, quando in realtà abbiamo bisogno delle sue reazioni. Ci mettiamo insieme, io e “Lui”, e facciamo l’intera scena della battaglia a macchina spenta per darle qualcosa da guardare. Poi giriamo. Michael fa la sua parte. Nella prima prova, fa il suo accento fuori sincrono da lm cinese doppiato male e ci fa ridere tutti di cuore. Poi torna serio. In qualche modo è riuscito a fare suo l’accento kiwi neo-zelandese. Ma il modo in cui recita non è soltanto divertente. È magni co nella sua veste di seta uttuante, grande come un genio della lampada. Al segnale di Michael, i quattro tirapiedi mi corrono incontro. In ne, per il ragazzetto che se n’è andato a zonzo con un

coltello in testa è arrivato il momento di fare il suo salto danzante. Ovviamente senza coltello. Ci vuole tempo per togliergli quell’aggeggio e ripianargli la fronte. È stupendo vederlo nel suo momento di gloria, che dà tutto se stesso, saltando, piroettando, quasi volando. In una sola ripresa si fa portare via dall’impeto del momento, la testa all’altezza dei piedi e a mezz’aria, veleggia nell’aria e poi atterra. Ne fa un’altra e atterra di nuovo perfettamente. È timido, imbarazzato, ma noi tutti abbiamo adorato ogni attimo di tutto il suo casino. Ora, è il momento per me e Michael di fare il nostro. Ma è arrivato il tramonto. Proviamo un po’, perché si inizi. Ma è tutto nito. È lunga la strada verso casa. Giovedì 29 agosto Chiamata alle sei. Mi dicono di andare direttamente al set per una prova. Agli ordini! Ma quando arrivo non c’è nessuno. Giusto qualcuno dei ragazzi cinesi che fa un po’ di casino, ma niente di più. Mi faccio un giro intorno, per essere sicuro che davvero non ci siano gli altri, e vado a prendermi un caffè. Lì mi dicono che Manny è pronto per me; be’, Manny è sempre pronto. Prendo il mio caffè e me lo porto nel suo salone per farmi mettere la parrucca. Ci divertiamo un sacco, parliamo di mille cose diverse. Dave, il terzo aiuto-regista, fa capolino dalla porta e dice: “Quanto ci vuole?” e io: “Un paio di settimane”. Ridiamo tutti e Dave se ne va. Ci vuole quello che ci vuole. Quando arrivo sul set, Quentin ancora non c’è. È così co, lui. Sa perfettamente come farti essere pronto per quando vuole lui, e non si mostra mai un attimo prima che ci sia bisogno. Poi per tutto il giorno lavora come un somaro e vuole che tutti facciano lo stesso, senza smettere mai di essere premuroso verso tutti noi. Gioca sopra sul lo di lama e sta a metà tra il visionario ossessivo e la mamma chioccia. Insomma, io e Michael cominciamo nalmente a fare sul serio con la nostra lotta. Ripresa dopo ripresa, angolazione dopo angolazione. Ogni pochi ciak qualcuno arriva e ci fa cambiare i nostri abiti sudati. Sembra che ci sia una scorta in nita di ricambi. Bene così. Completiamo la prima coreogra a con le spade e, senza falsa modestia, la portiamo a casa alla grande. Io mi becco da parte di Quentin il miglior complimento in assoluto: mi dice che sembra che io mi muova al ralenti, soave e rilassato, mentre Michael è tutto velocità e potenza, eppure io riesco a ribattere colpo su colpo, ho il totale controllo della situazione. È come se ci muovessimo in due dimensioni diverse, Quentin parla di quanti e cose così. Io dico: “Davvero? Ti piace?” e lui si illumina e mi risponde: “Mi fa impazzire, è grandioso!”. Facciamo alcuni inserti della mia spada (quella vera; continuo ad assicurarmi che nessuno corra alcun rischio, ma voglio usare sempre e solo quella vera) mentre scivola dolcemente nella sua guaina con un appagante tin. E poi ci sono i preparativi per le riprese in cui Michael fa roteare la sua grande spada col suo fodero incrostato d’oro, decorato con dragoni e cose così (è davvero una grande spada e davvero un grande fodero), per in lzarla nel tavolaccio di legno ruvido attraverso un cestino di peperoncini. Poi estrarrà la spada, lasciando il fodero nel tavolo. Un momento davvero magni co. Mentre stanno girando, mi tolgo la maglia e mi intrattengo un po’ con Harry Knowles. Il sudore mi cola giù per la schiena, pur essendo a petto nudo. Cominciamo a parlare di computer Mac. Lui è molto interessato a e Long Riders, così gli racconto qualche aneddoto. Poi ci sono le domande di rito relative alla serie di Kung-fu. Scopro così che lui è un fan: della prima ora, ovviamente. Parla del mito di Bruce Lee che doveva essere la prima scelta del regista, ecc. Cerco di spiegargli com’è andata. Harry, come tutti del resto, non ha ben chiaro il mio ruolo nel lm. Vuole sapere se sono il cattivo. Io rido. “Be’, non ci sono buoni, nei lm di Tarantino”. Penso a Le iene, Pulp Fiction, Jackie Brown – tutti hanno un secondo ne. Tu fai il tifo per loro, ma sono tutti cattivi. Michael ci raggiunge, ha nito le sue pose. “In effetti” sottolineo, “tu sei il solo personaggio buono dell’intero lm. Tu stai vendicando il maestro che io ho ucciso. Sei fottutamente nobile, oh, sì”. A dir la verità ci sono diverse persone carine nel lm: penso all’innocente festa di matrimonio che io devasterò. Ma, com’è nello stile più vero di Tarantino, i partecipanti a questa festa non riceveranno la simpatia del pubblico. Prima che torni al lavoro, l’assistente di Harry mi dà l’ultimo aggiornamento del suo report sulle riprese, come appare su aintitcool.com. Lo passo ad Annie, così è al sicuro. Adesso non posso leggerlo.

Ora, negli ultimi due giorni ho passato parecchio tempo con Michael Jai White, che è davvero un bel tipo. Andrei Cooper (il fotografo di scena) chiede se suo glio undicenne stia già studiando arti marziali. Michael dice di no – principalmente, aggiunge, perché suo glio sente che le arti marziali negli Stati Uniti sono più un business che un’etica e una disciplina che forma il carattere, com’era quando ha iniziato a praticarle lui. Oggi si tratta di abilità di combattimento, di marketing cinematogra co e merda del genere. Chiunque, dice, può ottenere una cintura nera oggi, e questo riduce il valore e il signi cato che questa cintura aveva una volta. Sono d’accordo con lui. Cazzo, sono stato uno dei responsabili di questa commercializzazione. Il contrario di quello che era nelle mie intenzioni. Harry Knowles fa un paragone con quello che è successo ai boy-scout americani negli anni Novanta, quando le selezioni si sono fatte così poco rigide che anche persone handicappate o che avevano sempre vissuto solo in città (dove notoriamente è difficile organizzare un campeggio) potevano diventare Capo Scout grazie a computer, ingegneria elettrica e altri “surrogati di merda” (parola di Harry) che non hanno niente a che vedere con la loso a degli scout. Michael è d’accordo. Ma poi dimostra un punto di vista opposto con una specie di parabola, cercando di spiegare qual è, secondo lui, l’essenza delle arti marziali. Dice: “Okay. Diciamo che posso tirare mille calci prima di s ancarmi, e tu (Andrei) puoi tirarne trecento e arrivare alla stessa condizione”. Hiromi (la signora Miramax) lo interrompe dicendo: “E io duecento”. Michael continua: “Okay, tu ne tiri duecento prima di essere distrutta. Bene, nelle arti marziali il mio allenamento non inizia davvero no a che non posso tirare mille e uno calci; il tuo [Andrew] comincia quando puoi tirare trecento e uno, quello di Hiromi duecento e tre. Ora, diciamo che mi alleni per arrivare a mille e cinque, mentre tu [Andrew] ti alleni per arrivare a trecento e venti. In una disciplina in cui devi andare ben al di là dei tuoi limiti, chi è il migliore atleta? Tu. Perché si tratta di sapere conoscere i propri limiti e superarli, consapevole che, nonostante tu abbia dei limiti, tu possa anche superarli”. Harry lo interrompe: “Quindi, in sostanza, visto che l’altro giorno ho conquistato quei maledetti gradini di Pai Mei, io sono dieci volte più atleta di voi!”. Michael annuisce molto seriamente: il fatto che Harry abbia scon tto la sua paura e superato i limiti della sua sicità dimostra una forza interiore, personale, che è alla base delle arti marziali. Tengo la bocca chiusa. Michael ha il suo pensiero, è ben pensato e giusto per lui e per chi è come lui. Mi piace molto, questo ragazzo, e non ho voglia di lanciarmi in un dibattito loso co, adesso, nello studio esterno di un lm cinese. La mia idea di kung-fu si è evoluta e ora la mia prospettiva è completamente diversa. Non ho alcun interesse nella competizione, ancora meno nella lotta. Non me ne frega niente nemmeno di testare la mia capacità di sopportazione o la mia resistenza; e l’idea di usarlo per autodifesa non mi ha mai nemmeno s orato. Le cose che ho nominato sono in realtà le ragioni per cui la maggior parte delle persone si dedica alle arti marziali. Bene, sono sempre stato capace di difendermi e prendermi cura di me, e la mia velocità, la mia forza, la mia sopportazione e la mia agilità sono buone. Inoltre, odio allenarmi. È noioso. Quando facevo la serie Kung-fu, per mantenermi in forma vivevo in un posto a settantacinque scassati gradini di legno d’altezza. Dovevo portare la spesa e altre cazzate così su e giù da queste scale, e di solito lo facevo correndo no alla morte. E avevo un soffitto a travi, in questa baracca, che usavo come quadro svedese o robe così. Era abbastanza per me, e non era noioso. A pranzo, nel mio camerino, Annie mi legge l’articolo di “aintitcool” mentre cerco di riposarmi. Mi dice: “Devi leggerlo, parla solo di te. Questo ragazzo ti adora letteralmente”. Ah, e questo prima che parlassimo. Bello. È il momento di darci dentro col secondo round, il match di kung-fu a una mano. Ma proprio in questo momento un gran vento si alza e strappa i teli di seta che coprono il set. In molti accorrono per riparare il danno, ma no, il vento è fortissimo, e l’intera copertura, dieci-dodici metri di roba, si

solleva e si gon a ricoprendo tutto e tutti. Ci sarà una pausa di circa due ore, per permettere che venga riparata. Questo signi ca che niremo di girare questa scena domani, poco ma sicuro. Perciò, oggi ce la spassiamo. Nessuno è preoccupato, mentre le troupe americane e cinesi collaborano in totale armonia per rimettere tutto a posto. Alla ne possiamo cominciare. Stessa roba di prima. Ripresa dopo ripresa, angolazione dopo angolazione. Mi sto divertendo più adesso che in tutta la mia vita. Questo è Quentin. Passa tutto il tempo a danzare con una luce negli occhi. “Un’altra” urla, “perché noi amiamo fare lm!”. Finita la luce buona, mi mandano a casa. Ma prima, Lawrence mi attacca bottone dicendomi che la prima cosa che faremo domani sarà girare una ripresa aerea della battaglia. Vogliono farla con la mia contro gura e sarà usata solo per un breve inserto, dice. Questo signi ca anche che posso dormire un’ora in più. Ma sono molto dubbioso. “Nessuno si muove come me” dico. Alla ne decidiamo che posso farlo io, visto che mi va. Mentre me ne sto andando mi rendo conto che per due giorni ho guardato questo poveraccio vestito come me, addirittura con la stessa parrucca, che hanno preso a Los Angeles perché è bravissimo nelle arti marziali, e che ha fatto un viaggio dall’altra parte del mondo a qui solo per starsene a far niente, pronto a lavorare, giorno dopo giorno, e che probabilmente non avrà mai l’occasione di mostrare le sue capacità nel lm, se io non gliela concedo. E, ehi, la mia magnanimità mi procurerà un’ora di sonno in più! Così dico a Scarlet: “Okay, facciamogliela fare. Io dormirò”. Viene fuori che Michael si è fatto curare un colpo alla caviglia molto duro che si è preso qualche settimana fa. Annie suggerisce di farlo vedere a Donna, la ragazza di Rob, che adesso è la terapista di Uma, visto che Michael sembra trovarla attraente. Michael di solito va diretto al buffet quando arriva in hotel (la sua impalcatura massiccia va ben sostenuta), perciò è facile trovarlo. Lo raggiungo al suo tavolo e chiacchieriamo un po’. Gli do il numero di stanza di Donna. Poi, a nanna. Okay, ecco qui la versione di questa giornata rmata Harry Knowles, in tutta la sua luccicante follia.

IL GRANDE HARRY NELLA GIGANTESCA CINA: SECONDO GIORNO SUL SET DI “KILL BILL”!! Sono sul set di uno studio cinematogra co cinese all’aperto, usato per LANTERNE ROSSE, THE TAI CHI MASTER e molti altri. Questi set sono decisamente straordinari. Sembrano quelli di IRON MONKEY e di tutti gli altri classici set cinesi, di quelli vecchi: incisioni, ligrana e stile ovunque ti giri. Ci sono mucchi di bastoni e bambù, verdure e in ogni momento ti aspetti che le tre tempeste inizino a spaccare culi. Mentre gironzolo vedo in un angolo Quentin e la sua troupe che si sistemano per una ripresa con David Carradine, Uma urman e qualche cinese extra. Ora, io so che Michael Jai White dovrebbe essere qui da qualche parte, ma non lo vedo. Questa è una scena che non ricordo scritta nel copione. Uma indossa la stessa maglia che aveva quando Bill l’ha abbandonata da Pai Mei. Molto carina, molto morbida, non ha ancora lo stile del killer di ferro. Indossa i suoi Levi’s anni Ottanta con le cuciture ben in evidenza che tutti conosciamo, infradito gialle, la cintura di tessuto messicano, una borsa in camoscio con perline rosse, gialle e verdi che penzolano dalle frange. La maglia è bianca con richiami blu, se vi ricordate l’ho descritta prima, quella con lo stile molto Vera Cruz. Oggi voglio sottolinearlo di nuovo, in particolare, perché sembra proprio Vera Cruz. Bill indossa una maglietta slargata di stile asiatico avorio che tende al marroncino, pantaloni neri e scarpe che credo siano Adidas nere e grigie. Oh, aspetta, si sta cambiando la maglia, aah, molto meglio, stesso colore, decisamente più go. Questa maglia ha i tradizionali laccetti neri dove dovrebbero esserci i bottoni. Ha la sua spada Hanzo, che ha un ottimo aspetto. David è appena venuto a parlare con me dei miracoli della tecnologia APPLE, e poi mi ha permesso di maneggiare la sua Hanzo. Sulla guaina nera c’è l’immagine di una testa di DIAVOLO. Appeso al fodero c’è anche il coltellino da lancio. La spada è quella vera. Devo vedere se riesco a portarla via. Io devo avere una spada Hanzo. Ah, ecco che arriva Michael Jai White, con il suo ampio completo da barelliere. Vestito blu e una cintura nera con lettore cd incorporato giallo e grigio. Ha la faccia perfettamente rasata e un pizzetto degno di Satana. La spada di Michael è una di quelle pesanti spade un pochino più lussuose rispetto alla classica spada cinese, destinata a un tragico destino prima dell’arrivo dell’acciaio Hanzo. Ora, Michael è enorme, intendo che quest’uomo ha il sico da superuomo. Tutti quei muscoli… anche in posti dove non ti aspetteresti di trovarli. E lo so che non dovrebbero esserci perché io, per esempio, non li ho. Dopo un po’ cominciano a

in lare Michael nel costume del suo attuale personaggio che è un abito kung-fu color Borgogna con le maniche rivoltate, e le Nike nere. Dietro Michael ci sono quattro dei suoi scagnozzi, con le classiche maglie cinesi rosse, che indossano il tradizionale abito da kung-fu nero. Proprio adesso arriva uno di loro che per qualche strano motivo gira con un coltello piantato al centro della fronte – non credo che sopravviverà all’attacco di Bill. L’intera sequenza è stata inventata da Quentin ieri. “Lui” scrive sul suo quaderno d’appunti con un pennarello arancione. Sono riuscito a fare una fotocopia della pagina perché, insomma, l’ho trovata nel fango e il possesso è quasi tutto per la legge… aspetta, però, questa è la legge americana, cazzo… va a nire che mi ritrovo in catena di montaggio ad assemblare le action gures di zio George[37]. All’inizio della scena passa un uomo in bicicletta. C’è un altro tizio alle spalle di Bill che spinge un enorme carretto pieno di grano impilato. Bill e LA SPOSA stanno ridendo, quando all’improvviso vedono Michael e i suoi scagnozzi. BILL: Signori, posso aiutarvi? Do Moe ride, poi sputa. DO MOE: Bastardo, tutto quello che puoi fare per me è MORIRE. Hai ucciso il mio maestro e ora io ucciderò te. BILL: Vedi, sono con un’amica… Non possiamo rimandare? DO MOE: Ci hai provato, ma oggi è il giorno in cui muori. BILL: Kiddo[38], se non ti spiace… Ci vorrà solo un minuto. Bill fa questa scena come se non potesse fregargliene di meno, è l’antitesi della classica posa da guerriero – si porta la spada in spalla come se fosse una giacca, e poi, come se fosse niente, fa un gesto e invita i futuri cadaveri ad attaccarlo. DO MOE: Arrogante bastardo. PRENDETELO! Michael manda il primo povero cristo alla battaglia. Questo salta come un pazzo e fa volteggiare la sua spada, ha del talento, forse dovuto al fatto che sa di dover concludere con una spada in lzata in fronte, molto stile BATTLE ROYAL. Ha provato i suoi movimenti e la sua morte. È davvero ero di se stesso, ma allo stesso tempo serio. Ha stampata in faccia questa espressione tipo: “Sono fottuto”. Molto espressivo, il ragazzo. Mentre fanno una prova della ripresa in cui lanciano il coltello, dietro la macchina da presa Quentin si precipita da David con la spada in mano agitandosi come un pazzo, confondendo David, che sorride vedendo l’inettitudine del suo avversario. È un classico. Mi accorgo che nessuno sta riprendendo il momento, e questo è un peccato. Qualcuno dovrebbe fare un archivio. Sono momenti per cui noi fanatici di Internet potremmo uccidere. In questo esatto momento stanno girando il primo piano della SPOSA che guarda Bill ingaggiare la battaglia. Nel frattempo, “fuori onda”, David e la vittima numero uno si allenano a uccidere e farsi uccidere. David dice che lui e il suo disgraziato sono i soli responsabili di tutto quello che qui viene sottratto alla SPOSA di Uma urman. Infatti David dice: “Per forza era ottimo, la perfezione dei nostri sforzi lontani dalla macchina da presa paga!”. È divertente il ragazzo. Bene, torniamo alle scene importanti: il primo tipo è andato. A questo punto, David in lza il terreno con l’elsa della sua spada. Poi tre bastardi lo attaccano con le spade sguainate. Con una mano ancora in tasca, all’improvviso estrae la sua Hanzo e subito sfregia la vittima più vicina/il nemico dall’anca alla spalla e col movimento di rinculo si occupa degli altri due. Lasciando la strada intrisa di corpi sanguinanti e il suo ultimo avversario, Michael Jai White, in piedi davanti a lui. Questa ripresa è complicata, la girano con due macchine da presa, perciò ovviamente mi hanno fatto mettere in un punto cieco rispetto a dove stanno girando. Quentin adesso sta coordinando le scon tte delle varie vittime, ciascuna delle quali ha il suo speci co modo di morire, le loro grida di dolore, le loro smor e, i loro collassi sofferenti. Nel frattempo, mentre Quentin si occupa di questo, David sta ripassando i movimenti tradizionali da samurai. Con eleganza compie i gesti rotanti e tutti quei movimenti che, fatti da Warren Beatty, sarebbero risultati roba da imbecilli totali. Questo è letteralmente il ruolo che David Carradine è nato per interpretare. Per lui, questo è come il ruolo di Connery negli INTOCCABILI. Tutto quello che c’è stato prima è servito per arrivare qui, al culmine, in questa sua performance, che in fondo è quasi un ruolo secondario, ma un ruolo che invade ogni momento del lm, perché è di lui che il lm parla. La seta che bilancia la luce lungo questa strada ha cominciato a strapparsi a causa del vento feroce dei pomeriggi cinesi, e mi ricorda i disastri vissuti dai marinai in quei lm disperati dove la vela si lacera condannandoli a tornare nelle acque immobili mentre il sole ballonzola nel cielo. Qui, comunque, il problema è rimuovere la seta che c’era e trovarne al volo una rinforzata con acciaio. E siamo in Cina, dunque non dovrebbe essere un grosso problema perché si trova sempre un po’ di seta da qualche parte. Sapete cosa intendo. David è uscito dal suo costume e si è in lato una maglia senza maniche, che ne mette in risalto i muscoli, per rinfrescarsi. Quando si toglie la maglia noti due cose: la prima è che il suo NON è proprio un sico da sessantenne, la seconda è la pletora di tatuaggi della vecchia scuola. Che go! Dopo questa ripresa, è arrivato il momento di girare le inquadrature delle reazioni di Michael Jai White a tutto ‘sto casino, le sue battute, i vari attacchi che compie. Proprio in questo momento Michael sta cantando THE HORSE WITH NO NAME di Dewey Bunnell, così come poco prima l’ha cantata alle mie spalle mentre si in lava il costume da Do Moe, l’abito kung-fu di seta color Borgogna ricoperta di strani disegni… Sta anche in lando il paio di Nike. La ripresa che stanno per fare è uno zoom fracassone in stile SHAW BORTHERS[39] sulla gola di Michael Jai White. Ovviamente si tratta di una ripresa alla SHAW BROTHERS realizzata da un regista che ha vinto diversi Academy Award con una macchina PRIMO ZOOM 11:1 della Panavision. Ve lo garantisco: non ci sono altri zoom alla SHAW BROTHERS così perfetti nell’intera storia del cinema. Robert Richardson, che ha una chioma argentata meravigliosa, sembra stia vivendo il momento più divertente della sua vita mentre gira questa scena. Ieri mi ha raccontato la storia della scarpa di Quentin che si incastra nel terreno durante la sequenza alla CASA DELLE FOGLIE BLU, perché Quentin

era così concentrato sulla prova, che non si è accorto di quello che Robert stava facendo. Quindi, attenti a Robert Richardson quando siete sul set. Il ragazzo col coltello in testa sta facendo una grande performance. Brandisce la sua spada da grandissimo stronzo. Eccitante! “Un’altra, perché noi amiamo fare lm”. Quentin Tarantino lo dice sempre dopo una ripresa particolarmente buona!!! Facciamo pausa per dare il tempo di togliere tutta la seta, così possono catturare gli ultimi momenti dell’Ora Magica di luce, che sarebbe la ne della giornata di riprese. Vi siete mai chiesti perché i lm cinesi sono così belli? Posso dirvelo io. Il segreto è l’abilità di rivestire grandi zone con la seta in questa magni ca ora di luce. Non solo questo, la bellezza è dovuta anche al fatto che questo lavoro qui costa talmente poco, che sfruttano al massimo le attrezzature per questi set luminosi. Be’, a questo proposito, ci sono almeno 40 persone a tirare le funi, a piegare la seta, a muovere le scale di bambù e a raccogliere quello che cade. La magia dei lm cinesi è svelata. SETA e FORZA LAVORO. È tutto. Oh, e un grande Partito Democratico, che non guasta! “Ci stiamo per addentrare nella nostra strada verso il buio” esclama Quentin Tarantino mentre gli ultimi raggi di sole si allontanano dall’avventura incredibile che ha vissuto in questa giornata davvero calda! Una delle cose che non ho raccontato di oggi riguarda l’accento di Michael Jai White. Ha recitato sempre parlando con un pesante accento KIWI. Il risultato è che tutti sul set sono sbalorditi. È identico al migliore dei doppiaggi di uno dei lm della Shaw Brothers, perché non è doppiaggio: è realtà, è vero, è l’attore in persona che lo fa. Michael sta avendo qualche problema però perché continua a voler recitare le battute con le labbra non in sincrono rispetto al suono che producono. Quando me lo fa vedere, quasi mi vien da piangere da quanto rido, perché è quasi meglio della scena del lavoro in SCUOLA DI POLIZIA – se sei un geek conosci la scena di cui parlo, è quasi così. Comunque, quando arriva Quentin, lui e Michael mettono su un circo parlando entrambi col loro accento KIWI. Non lo ripeterò qui, ma se mai me lo chiederete, lo rifarò dal vivo. Ti stende. Il sole è tramontato presto ed è tempo di chiudere. Ci sono però due chicche con cui voglio lasciarvi. La prima è che “David da Austin” vuole che gli mandino vero cibo messicano. Se conoscete “David da Austin”, per favore mandategli del vero cibo messicano. Basta che lo spediate a “David in Pechino”. La seconda, per nire, è una cosa molto saggia e profonda che mi ha insegnato quel Kwai Chang Caine in uno stupendo momento di condivisione. Lui le chiama: LE REGOLE DEGLI SLURP Il primo è per caso. Il secondo è per essere sicuri. Il terzo slurp è pura golositààààà. Così avete anche il mio secondo giorno sul set di KILL BILL.

Venerdì 30 agosto Arrivo sul set alle sette e mezza, in totale relax. La ripresa aerea è nita. Credo sia andata bene. Michael e io siamo di nuovo di corvée, e combattiamo tutto il giorno. A un certo punto i costumi di scena, i tavoli con le ceste piene di verdura e le pentole sporche – tutto insomma – sono portati via, perciò possiamo fare anche una ripresa laterale. Preparano il dolly e ci seguono lungo la parte kungfu della battaglia. Sono colpi fulminei, e noi ci diamo dentro, perciò il dolly deve sterzare spesso per seguirci. Poi facciamo lo stesso per la steadicam, che ha movimenti più uidi e permette una maggiore vicinanza. L’operatore deve camminare all’indietro come un pazzo per evitare di nirci addosso. La sequenza nisce con Michael che mi attacca con un doppio calcio volante frontale (che è come vedere un treno merci piombarti addosso). Gli scivolo attorno, mentre lui gira in tondo e mi carica di nuovo, io gli faccio lo sgambetto e gli do un colpo. Lo scaravento all’aria, lui sbatte a terra, rotola e ritorna in piedi. Questo gli fa girare i coglioni, al “Kiwi”, e torniamo alle spade. Lo facciamo più volte, ripresi da diverse angolazioni. Fa caldo come all’inferno e stiamo sudando come maiali. Michael cambia i suoi abiti di seta ogni tre secondi, e io non credo che abbiano ancora molti cambi. Probabilmente li lavano e stirano nel frattempo, come alla catena di montaggio. A un certo punto Michael mi ferisce un braccio con la sua enorme spada. Voglio nire questa scena e quando Quentin dice “stop” mi do un’occhiata e vedo una grossa macchia rossa che mi scende sulla manica. Be’, in un modo o nell’altro mi ferisco sempre in questo lm. Mi sono subito tutti addosso a far casino, con bende e roba così. Mi tolgo la maglia e guardo la ferita. Non è grave, c’è solo molto sangue. E, ehi, una ferita da una spada samurai ricevuta in Cina sul set di un lm di Quentin Tarantino… segno di fottuto Onore! Per un momento penso di versarci dentro del sale, così non andrà mai via, ma prima che possa farlo la ferita è ripulita e bendata. Le persone attorno a noi si stupiscono che Annie non si sia spaventata a morte. Be’, ha quattro bambini: tagli e graffi non sono niente per lei. Mi danno una maglia nuova, e riprendiamo.

Adesso facciamo la sequenza del mio colpo di spada fulminante. Quentin ha creato un angolo isolato speciale per girarla. Facciamo una ventina di riprese. A volte funziona, a volte no. A volte è pura magia. E c’è una ripresa particolarmente ridicola dove la spada mi parte dalle mani e vola attraverso il set nendo in un tavolo di verdura, facendo schizzare peperoncini da tutte le parti. Allora, Quentin dice: “Dammi un po’ di quelli volanti”. Cioè vuole che lanci la spada a due metri di altezza in modo da farla tornare, ruotando, a terra, o meglio nella mia mano. È difficile da fare bene. Dopo un po’ di riprese, mi dice: “Rifammela un po’ prendendola senza guardare, e ti succhio l’uccello”. Devo fare qualche tentativo, ma alla ne ce la faccio: tuttavia evito di riscuotere la ricompensa. Okay. Adesso è il momento di tagliare la gola a Michael. Mentre me ne sono andato in giro roteando una spada samurai, Michael si è fatto mettere un collo di gomma completo di una carotide affettata e di un tubo di plastica collegato a una pompa. Quando farò calare la spada sulla suddetta carotide, qualcuno fuori camera azionerà la pompa e il sangue se ne schizzerà via bel bello. Michael dirà qualcosa tipo: “Ahi!” e cadrà a terra. Harry Knowles si è sistemato su una sedia proprio vicino alla scena. Qualcuno gli dice che il sangue zampillerà anche a una lunga distanza e gli consiglia di spostarsi più indietro per evitare che gli nisca tutto addosso. Harry ride e dice: “Stai scherzando? Pensi che potrei mai perdermi uno spruzzo di sangue provocato da David Carradine? È proprio per questo che sono venuto in Cina!”. Abbiamo qualche problema nel “portare a casa” la scena come si deve, perciò interviene Quentin. “Fatemi provare e vediamo qual è il problema”. Nel momento in cui tocca la spada i suoi occhi si illuminano. Adora queste stronzate. Alla ne tra tutti riusciamo a trovare una soluzione per far funzionare il tutto, mentre Michael se ne sta in mezzo a noi aspettando di sanguinare. Rovino il primo ciak mostrandomi eccessivamente disgustato dal sangue che schizza. Non posso evitare che sia così, è davvero un effetto scioccante. Togliamo gli effetti e lo rifacciamo altre volte, e ogni volta è un gioiellino. Michael urla e cade, agonizzando e contorcendosi. Quando in lo nuovamente la spada nel suo fodero con uno schiocco, il sangue mi schizza in faccia: cool! Guardo Michael per terra mentre muore, inespressivo. Quentin non vuole certamente che io faccia smor e, lo so. Gran giorno. Quentin annuncia che Michael ha nito di girare con noi e che anch’io per ora ho nito, quindi è il mio ultimo giorno a Pechino. La troupe applaude. È tradizione. IL GRANDE HARRY NELLA GIGANTESCA CINA: TERZO GIORNO DI REPORT DA “KILL BILL”! Ritrovo la troupe che riparte esattamente dal punto in cui hanno staccato ieri. Adesso stanno girando la scena della battaglia tra Michael e David sulla stessa strada di TAI CHI MASTER. È una bomba, il primo vero scambio di spade. Grandioso. Questa scena è una serie di scontri con tre spade e un colpo a morte mancato da parte di Michael, che voleva decapitare Bill. David Carradine ha una ferocia nel volto che non so se ho mai visto prima. Grandioso. Assolutamente senza senso. Quando la ripresa nisce, Quentin sta girando la scena in cui David sguaina la spada, dove lancia l’arma in alto nell’aria e la riprende al volo in una posizione più alta per un fendente all’incontrario. Un movimento molto co. Non riesco a credere a quanto sia co. È divertente quando il colpo nisce troppo in là, ma David ogni volta riesce a riprendere la spada e a riportarla all’interno dell’inquadratura, anche se quando colpisce il tavolo coi peperoncini è abbastanza dura. Proprio adesso, David sta girando un primo piano dal suo lato della battaglia con Michael Jai White. Il suo mettere via la spada in quel modo è seguito da un attacco sico alla faccia di Michael. Dietro la macchina da presa c’è il maestro Yuen Woo Ping. Tende a gironzolare sempre intorno, ma in questo caso la sua attenzione è tutta per Carradine e per quello che sta facendo, e dopo il colpo di spada comincia ad annuire eccitato, fa una piroetta e sorride. Approva pienamente quello che ha appena visto. Fico. Nel momento in cui Quentin completa un altro primo piano, la troupe cinese entra in azione puntando il dito verso tutti quelli che si trovano sul lato opposto alla macchina da presa e verso qualsiasi altra cosa e gridando: “Nello lm… nello lm!”. All’improvviso tutti si muovono. E intendo MOLTO VELOCEMENTE. Il tutto dura al massimo 5 minuti. L’intero spazio viene risistemato, pulito e levigato più velocemente di quanto avviene con un naso che cola in gennaio. Robert Richardson è su nel suo trono in cima al dolly, a fare lo zoom in avanti sull’entrata di Michael Jai White il Cinese. Poi senza che nessuno se ne accorga fa la sua apparizione Quentin, che prende il posto di Robert, si riguarda lo zoom e poi è pronto ad andarsene di nuovo. Ora, tutto questo poteva essere segnalato in mille modi, ma tutto ciò che si sente urlare qui sul set è o un grido di guerra o qualche frase cinese che probabilmente signi ca: “Silenzio sul set!”, “Spegnete radio e cellulari!”, “Stop”, “Gira” o altre frasi tipiche di una produzione cinematogra ca. Inoltre c’è un sacco di gridare: “STEEEEELLLLLLLLLAAAAAAAA!!!” direttamente sul set, ma penso che questo grido sia rivolto a qualcuno chiamato Stella che gestisce i costumi dei protagonisti o qualcosa del genere. Tutto quello che so è che almeno due volte al giorno tutti i membri della troupe si mettono a gridare questo nome come degli ossessi. Ora, a circa un metro e mezzo da me, fuori dall’inquadratura c’è David Carradine che letteralmente appro tta di ogni momento di pausa dalle riprese di Michael per andare a consultarsi con lui. Che attore generoso. Non è obbligato a farlo, ma lui è sempre a disposizione per dare tutti i consigli di cui il suo collega ha bisogno. Dopo un po’ si viene a sedere nel

posto vicino a me e cominciamo a parlare per la durata della ripresa in cui Michael in lza una tavola con l’elsa della sua spada. Ci sono un sacco di esigenze tecniche per questa ripresa, affinché la spada atterri nel punto esatto a seguito di un movimento grandioso che va fatto interamente senza guardare il punto esatto. David arriva ed è stato n troppo gentile nel trattare certe questioni che sono apparse nel copione no a ora. Io sono solo un’umile comparsa, ma dentro di me so che è tutto vero, eh eh giuuuusto. Ho grande materiale su cui ri ettere dopo questo viaggio. Se adesso fossi sul set di CHARLIE’S ANGELS 2, be’, il mio collo sarebbe stanco a furia di girare a destra e a sinistra per seguire tutti i movimenti, le piroette e le robe così e sono convinto che continuerei a sbavare di eccitazione. Comunque, dato che oggi ho faticato a trovare argomenti che facciano impazzire, oltre agli impianti di Michael Jai White (be’, è così che lui li chiama), bene okay non ne parlerò. Comunque, ho avuto una lunga conversazione con David Carradine su THE LONG RIDERS, uno dei miei western preferiti. Per me, è il miglior lm di Walter Hill di tutti i tempi, e sinceramente sono sempre stato curioso di sapere come è saltato fuori questo progetto. Viene fuori che era il sogno irrealizzabile di James Keach e Bob Carradine n da quando erano piccoli. Avevano chiesto a David di farlo e, dopo avergli detto ciò che avevano in mente, David era stato tutto un ehm e uhm e gli aveva detto che secondo lui sarebbe rimasto irrealizzabile. Era un sogno di ragazzi. A quell’epoca James Keach e Bob Carradine erano solo una coppia di spiantati, ragazzini che non avevano fatto niente di serio, ma James disse che Stacy Keach si era reso disponibile per farlo. David gli rispose che se Stacy era a bordo allora l’avrebbe fatto, ma che secondo lui non sarebbe mai successo. Subito dopo la sentenza di David, James e Bob andarono da Stacy a chiedergli se fosse a bordo e decisero di coinvolgere anche i fratelli Bridges e i Quaid. Arrivò Walter Hill, che stava tentando di coinvolgere la United Artists. Bene, la United Artists era seriamente tentata dal progetto, ma pensava che non sarebbero mai riusciti a metere insieme tutti i fratelli e le famiglie nello stesso momento per far decollare il lm. Dissero di proporre una data e, non appena l’ebbero, organizzarono un grande party a cui presero parte tutti i fratelli. Si ubriacarono, cantarono e fecero la loro parte per convincere la UA che facevano sul serio. Da quel momento la macchina partì. Sul set era un gran divertimento. Keith Carradine aveva appena chiuso una storia ed era abbastanza depresso, mentre David si chiedeva che ci facesse su quel set, perché la sua parte era veramente piccola. Avendo tanto tempo libero a disposizione, aveva deciso che l’avrebbe impiegato cercando di far ridere Keith. Walter avrebbe sentito qualche cazzata geniale a Keith e poi gli avrebbe detto di usarla nel lm. Da quel momento il suo ruolo aveva cominciato a crescere. E quando Pamela Reed arrivò, capì che il lm funzionava. Perché c’era questa grande armonia sul set. Sentiva che anche se lei non si sarebbe quasi vista nel lm, comunque avrebbe rubato tutta l’attenzione. Parlando di Belle Starr, sul set c’era tutta una valanga di chiaro di luna, canzoni, pistole calde e cavalli. E di puttane di Atlanta. A quell’epoca David era sposato e sua moglie era sul set. In ogni caso, chiunque fosse stato single non sarebbe restato single a lungo. David sentiva che quelle donne erano tra le più belle, simpatiche, ironiche e intelligenti che aveva mai incontrato. Poi abbiamo parlato della genialità di alcune scene ma, proprio quando stavamo arrivando al sodo, sul set c’è stato un improvviso passaggio al controcampo della lotta iniziale tra David Carradine contro Michael Jai White. Così David si è allontanato per girare. La prima raffica di colpi. Li ho guardati dal lato opposto stavolta, da dove posso vedere le espressioni di Michael durante le riprese, sono molto intense, aveva uno sguardo della serie “Non rompermi i coglioni, piccolo uomo bianco”. Molto co. Mentre continuano a girare, Quentin attacca con una particolare ripresa: “Possiamo avere un po’ di velocità, sto per girare un’azione alla Spade Fulminanti di Morte, qui”. Dopo aver girato la scena anche con un po’ di azione alla Ogami Itto, si sono focalizzati ancora sulle inquadrature di Michael. Perciò, di nuovo, David torna a sedersi vicino a me. Poter conversare così con David Carradine è una gata pazzesca, specialmente per uno che è cresciuto con DEATH RACE 2000 e anzi non è ancora nemmeno cresciuto! CIRCLE OF IRON, LONG RIDERS, LONE WOLF McQUADE, Q e ovviamente KUNG-FU. Per un bambino degli anni Settanta e Ottanta, David Carradine signi ca qualcosa di estremamente cazzuto e vederlo ripiombare in quell’atmosfera è grandioso. Il clima è rilassato, non ci sono pretese e lui ha un sense of humour terribile. Una volta seduto, comincia a parlarmi della storia della sequenza del bivacco di KILL BILL! La storia del bivacco? Quale cazzo storia del bivacco? Be’, secondo David la storia raccontata al bivacco è essenzialmente la storia di Pai Mei. Nel copione si realizza nella jeep mentre Bill conduce la oh-così-giovane-SPOSA-da-un-giorno nelle sadiche mani di Pai Mei. Adesso, invece di una conversazione in una jeep polverosa, abbiamo un incontro nella campagna cinese, di notte, la notte prima di arrivare alla scena di Pai Mei originale. Quentin decide che vuole lui e la Sposa ad arrostire marshmallows mentre lui le racconta la storia; tuttavia il monologo non uiva bene con un marshmallow rovente in bocca a David, così Quentin ha deciso di fargli suonare il auto. Quale FLAUTO? Be’, viene fuori che David si è portato dietro il Flauto Silenzioso di CIRCLE OF IRON. Giusto, quindi David avrà il Flauto Silenzioso nel lm. E usa il suo auto per aiutarsi mentre racconta la storia di Pierino e il Lupo. Quanto è go, questo?! Ora, mentre la storia prosegue, tornando al momento CIRCLE OF IRON del lm, David ha piantato del bambù, l’ha fatto crescere, lo ha tagliato e raccolto, l’ha fatto seccare, l’ha trattato e poi l’ha trasformato in tanti auti silenziosi. C’erano tre Flauti Silenziosi che non funzionavano per un cazzo, facevano solo casino, e raramente in quei giorni hanno emesso una nota giusta… ma nella notte del Bivacco il auto ha sorpreso David e la troupe con una rarissima sonata. La scena comincia con David che improvvisa qualcosa al auto e poi comincia a raccontare di be’… sapete, è così: BILL (Voce fuori campo): C’era una volta in Cina… (alcuni credono intorno all’anno 1203). Mentre la storia piano piano viene svelata, David suona gli intermezzi musicali di PIERINO E IL LUPO per introdurre i personaggi e la storia che verranno. Adesso saranno ancora fuori moda i vecchi lmati di Pai Mei dell’epoca Shaw Brothers? Devo chiederlo a Quentin. Comunque, tutti quelli a cui ho chiesto della scena del bivacco mi hanno risposto de nendola già un classico. E Quentin è arrivato sul nale del racconto di David per dire la sua su com’è andata e ha detto che questo è il primo monologo di David realizzato per il lm. David lo ha interrotto speci cando che per dirla meglio è l’unico monologo in macchina. Poi Quentin ha sottolineato che il monologo di SUPERMAN di David è il monologo de nitivo, e David ha confermato in fretta. Subito dopo Quentin mi guarda un po’ affettato e dice: “Oh, yeah, questa è un’altra cosa nuova che non c’è nella tua versione del copione!”. IL BASTARDO! Sapendo che Quentin è fottutamente restio a parlare col fottuto Harry non gli chiedo di questo monologo di Superman, e me ne resto tranquillo, aspetto che Quentin vada a tenersi occupato da qualche altra parte.

Subito, infatti, richiamano Quentin all’azione, lasciandomi di nuovo da solo con David. Guardo David con angelica innocenza e dico: “Il monologo di Superman?”. Mi sembra di capire si tratti di una nuova scena che avviene tra Uma, David e l’altro personaggio che non voglio menzionare per evitare di spoilerare, ma David dice che è qualcosa di straordinario. Mi guarda sso negli occhi e dice che il monologo di SUPERMAN è semplicemente uno di quei monologhi brillanti che sono il marchio di fabbrica di Quentin. C’entra qualcosa con l’intero baraccone di Clark Kent/Superman e storie così. Mi spiega come si lega perfettamente all’incredibile sequenza in cui La Sposa e Bill nalmente si rincontrano. Be’, è una storia in cui non mi voglio addentrare, ma dalla amma di eccitamento e vertigine che vedo negli occhi di David, dev’essere davvero roba forte. David deve tornare sul set e mentre mi guardo attorno affinché il mio sguardo attento possa captare qualcosa di nuovo, noto che il Maestro Yuen Woo-Ping sta giochicchiando con l’etichetta della sua bottiglia d’acqua. Piega l’etichetta, sorride all’etichetta, guarda la bottiglia d’acqua, alla ne si annoia della bottiglia d’acqua. Non credo che l’etichetta contenga i segreti dell’universo, o forse sì, ma essendo lui il Maestro, che conosce questi segreti da molto tempo, è facile capire che si annoi con le eventuali rivelazioni dell’etichetta. Improvvisamente, il Maestro si interessa nuovamente alla scena del bottone affettato. LA SCENA DEL BOTTONE AFFETTATO? Be’, il personaggio di Michael Jai White in questa scena deve far saltare uno dei bottoni di Bill tagliandolo a metà. C’è tutto un insieme di effetti speciali complicatissimi in questa ripresa che davvero non so cogliere. Ma, ehi, dopotutto io sono un semplice essere umano che viene dal Texas. Poi cominciano a provare una lotta armata, con Bill che tiene la spada dietro la schiena e Michael che ha perso la sua dopo averla con ccata in una solida tavolaccia di legno (non è facile estrarla, a quel punto). Osservo Bill mentre distrugge quel povero pazzo chiamato Michael Jai White che ha osato saltare nel piatto della Cavalletta. Azzzzzz, sono colpi brutali. Ragazzi, questo è Spawn[40] preso a calci nel culo da Kwai Chang Caine. In qualche modo sento che è tutto perfetto, è come guardare il capitano Kirk che prende a calci in culo Picard[41]. Semplicemente qualcosa che deve accadere, ogni tanto. Sinceramente sono incapace di accettare l’idea di aspettare no a Cannes per vederlo. Non è leale. Intendo dire che questa roba che sto vedendo mi stuzzica tutto e non posso aspettare dieci mesi per godermelo, cazzo. Sono un comune mortale. Devo vedere questa scena montata e nita. Ma questo sarà materiale per un altro giorno, perché come tutto nella vita anche questa storia prima o poi nirà!

Okay, questo è tutto quello che potete avere. Non posso prendere altro materiale da Harry. Sulla strada verso l’hotel, scopriamo che ci hanno prenotato un volo per Los Angeles, stasera. Così non va proprio, belli miei. Annie prende il mio cellulare e sistema le cose per domani. Stanotte, si dorme. Sabato 31 agosto In realtà non abbiamo dormito molto, perché, ovviamente, dovevamo fare i bagagli e questo ci ha portato via buona parte della notte. Abbiamo in lato la nostra montagna di valigie in un furgoncino della compagnia e G ci ha portati all’aeroporto. Sulla strada, comunque, abbiamo dovuto fermarci al Friendship Store per comprare tutti i teli di seta colorata che potevamo. Dovevamo. Magari non ci torneremo più qui e dormire in lenzuola di seta è una cosa che va fatta. Scarlet ci ha accompagnato no alla dogana, dove ci ha detto addio piangendo. Ho detto addio così tante volte alla ne delle riprese che è diventata un’abitudine. Non c’erano facchini da nessuna parte, perciò abbiamo sistemato i bagagli su due carrelli e ci siamo fatti strada, lentamente e confusamente, lungo l’in nito corridoio rosso che permette di uscire dalla Cina. Al check-in hanno respinto due dei miei bagagli. C’è stato un momento molto affascinante quando hanno trovato il mio set di armi di gomma. C’è voluto un po’ per spiegare che non erano armi pericolose. Il caldo era insopportabile, l’umidità pure. Sono riuscito a recuperare in fretta le mie borse e ripreso il mio percorso. Sudando come un maiale. Finalmente siamo arrivati sull’aereo – un 747, che è il mio preferito. La versione China Air della prima classe non è niente di speciale. Ma stavamo tornando a casa, e il lusso, o anche solo il comfort, non sono la cosa più importante, né in terra, né in cielo. Con la guerra al terrorismo, le persone che muoiono di fame, e un pezzo di storia del cinema con una mia grande performance nel conto, non mi sono potuto permettere di lamentarmi del mio posto in prima classe mentre tornavo nella Terra dei Coraggiosi. Il nostro arrivo a L.A. aveva il sapore del ritorno a casa. Scesi dall’aereo ci hanno messi nella la di quelli che non hanno “niente da dichiarare”. Il ragazzo della dogana ha detto: “Ciao, Dave, dove sei stato tutto questo tempo?”. “In Cina” ho risposto. “Film?”. “Sì… il nuovo lm di Quentin Tarantino. Kill Bill… e io sono Bill”.

“Vada pure, David”. L’autista ci aspettava con la limousine. Tutte cose belle. Anche il tempo era perfetto. Casa sembrava il paradiso. Be’, in effetti lo è. Giovedì 5 settembre, ore 02:54 Mi sono appena svegliato per colpa di un terribile incubo. Terribile per me, insomma. Sto ancora tremando nonostante, essendo un bravo bambino, abbia bevuto due bicchieri d’acqua, preso gli antibiotici per cane di under, che sto assumendo per cercare di liberarmi di un cazzo di virus bronchiale che mi ha invaso mentre ero in Cina, e fumato una sigaretta per cercare di calmarmi. All’improvviso ho pensato che dovevo scrivere. Le mie dita fanno fatica. Ma non è male buttare fuori questi pensieri. Mi ero presentato per girare una scena in una location lontana, non in Cina né a Barstow, un posto da qualche parte con erba, alberi e un grande, paci co lago. Il set credo fosse un castello, sebbene, essendo un sogno, i luoghi sono cambiati di continuo. È divertente come si accettino facilmente certi paradossi, in sogno. Come se il cervello smettesse di ragionare, mentre dovrebbe esserci almeno qualche centro superiore attivo, anche durante il sonno. Ma forse è quella parte del cervello che ha bisogno di dormire. L’ippocampo, cotto per il duro lavoro dell’intera giornata, va in coma. Abbassa le serrande, spinge il bottone sull’off. E viene fuori la parte emotiva, illogica, il bambino spaventato che alloggia nel lobo frontale. Quentin stava girando un’altra scena nei terreni attorno al castello. C’erano mille scene nuove, aveva cambiato l’intero lm. Adesso era diventato un lm in costume. Non conoscevo le mie battute, ma non ero preoccupato. Mi ci sarebbe voluto un attimo a impararle, sono uno studente rapido. Tutto quello che dovevo fare era trovare il copione. Ma nessuno era in grado di darmene uno. Non c’era un Art Director, né un Assistente Personale, neanche un fattorino. Nessuno nemmeno nel guardaroba. In compenso c’erano attori dappertutto. Ho chiesto a ciascuno di loro di prestarmi il copione: ne avrei avuto bisogno solo per pochi minuti. In quarant’anni non ho mai recitato senza avere le mie battute. Magari senza leggere il copione, ma le mie battute sì! Cazzo, nelle serie di Kungfu non li leggevo, i copioni. Oh, sì! Me ne stavo in camerino a suonare la chitarra o a parlare con gli avvocati o, soprattutto nell’ultima stagione, a lavorare con Kam Yuen e Janet, per mettermi in forma tirando calci e facendo stretching. Jim Weatherhill ogni tanto si palesava alla porta (che era sempre aperta) e mi diceva: “Hanno bisogno di te, Kwai”. Io andavo sul set, che non avevo mai visto prima, e Jim mi diceva: “È un gioco da ragazzi, come al solito” (e di solito lo era) e mi spiegava i movimenti. Poi, mentre davano gli ultimi tocchi alla scenogra a, io andavo dalla segretaria di edizione – Jane la bruttona, come la chiamavano tutti visto che invece era stupenda. Le dicevo: “Posso guardare un secondo il copione?”. Mi leggevo le mie battute per meno di un minuto (citazioni dal Tao Te Ching magari, mica roba semplice), sventolando le pagine avanti e indietro, poi ringraziavo. Sembrava che stessi semplicemente ripassando, in realtà era la prima e unica volta in cui leggevo le battute. Non avevo idea di cosa parlasse la storia. E tutto funzionava. Era come se venissi da un altro pianeta. Uno straniero in terra straniera, proprio come Caine. Non l’ho mai detto a nessuno, in particolare ai registi. Si sarebbero cagati in mano, gurati. (Mi sto calmando abbastanza e ora respiro normalmente, ma le dita ancora non mi funzionano!) Allora, nel sogno, ho trovato il mio costume. È fantastico, in stile Shakespeare, pure con la calzamaglia (e io ho delle gran gambe). Sto ancora cercando il copione e le cose si mettono male quando cerco di in larmi il vestito. I calzoncini a pannolino che fanno parte del mio costume da giullare si aprono in due. C’è una zip che corre dritta lungo la fessura tra le chiappe. È stato difficile in larli, la zip è rimasta aperta e adesso ho il culo all’aria. Ci sono donne bellissime, non Uma né Daryl né nessuna di quelle che conosco. E poi vecchie signore, clown, attori di vaudeville, maghi. Come in un lm di Fellini. Ancora nessun copione. Comincio a entrare nel panico. Poi un gentiluomo di colore con accento europeo che si sta s lando il costume da zingaro mi dice: “Tu puoi afere uno sguarrrrdo al mio copione. Io non ho pisogno più”. Mi passa quello che sembra il manifesto di un circo, e scopro subito che c’è descritta soltanto la sua scena. Poi uno degli assistenti personali o non so chi viene avanti e dice che sono pronti. Io non posso mostrarmi così, col culo di fuori, perciò mi cambio e rimetto i miei pantaloni Hugo Boss. A questo

punto non trovo più le scarpe. Allora esco a piedi nudi, nessuno se ne accorgerà. Dico all’assistente personale che ho bisogno di un copione. Lui risponde che me ne porterà uno. La scena, credo, è un funerale e io devo fare l’elegia. Ho trovato il mio segno in mezzo alla folla, e l’assistente personale, che adesso è diventato una ragazza, mi fa scivolare in mano un foglio con le parole che devo ripetere scritte tte tte a mano in caratteri minuscoli. Ma io non posso leggere senza occhiali. Adesso quindi mi tocca trovare gli occhiali. Ovviamente, non li trovo. All’improvviso ho di nuovo addosso il costume, trasformato però in un abito di sartoria nero. A questo punto scopro che il lm è diventato un musical, con un grande coro e ballerini e tutto il baraccone, e le mie battute sono da cantare. Devo imparare una canzone in cinque minuti, non conosco la melodia e non vedo una mazza. Quentin dice: “Azione” e io rovino la scena. Quentin è incazzato nero ed è anche più alto del metro e 85 che è nella realtà. Come un dio iracondo. Dico: “Ce la faccio, non preoccuparti. Devo solo trovare i miei occhiali”. Lawrence Bender salta su e dice: “Basta così. Sei fuori!”, io piango, dico: “No, no, no”. Quentin dice: “Mi hai tradito! Perché mi odi?” e io come un isterico adesso: “No, ragazzo. Io ti amo!”. Poi ritrovo la calma e comincio a supplicare. Quentin adesso ride, cosa che fa per la maggior parte del tempo – nella realtà dico, quando sono sveglio insomma. Mi dice: “Sai, saresti un ottimo Parson”. Che è il ruolo in nitamente minore che Bo Svenson recita nel vero Kill Bill. Il modo in cui lo dice, però, mi fa intendere che non potrò fare nemmeno quello. È solo uno scherzo cattivo, per niente nello stile di Quentin. Sono pazzo di dolore e disperato. Dico: “Lo farò. Dammi solo un’opportunità. Lo farò perfettamente”. Lawrence ribatte, con un sorriso accondiscente: “Mi dispiace, David. Sei licenziato. E basta!”. Corro e scalo il set no ad arrivare in cima, ancora non riesco a leggere le dannate parole. Cercano di trascinarmi via. Ma io mi attacco a una balaustra e supplico. Arrivano altri membri della troupe e si mettono a tirarmi via dalla balaustra, tentano di aprirmi le dita per farmi sganciare. Urlo, e la mia voce è un’ottava più alta del solito: “Non voglio colpire nessuno” penso e comincio a piangere. Tutti insieme mi danno una strattonata e quasi mi si spezzano le dita nello sforzo di restare attaccato, ma il gruppo di macchinisti ed elettricisti, insieme ai direttori creativi e agli assistenti personali, è troppo più forte di me. Mi tirano via e mi lanciano giù dalla montagna. Atterro nel lago e comincio ad affogare. Sto ancora gridando: “POSSO FARCELA” mentre vado sotto. Tutti si girano e tornano al lavoro. Allora mi sveglio, nel mio grande letto, con Annie accanto, sotto le nostre lenzuola di seta cinese color champagne. Mi sono levato di scatto, come una molla, la testa paralizzata, instabile, ancora nel sogno in realtà, tremo tutto. Credo di aver gridato, perché anche Annie si sveglia con un balzo e dice: “Cosa c’è che non va?”. Non si sa mai, con me. Sto ansimando – quasi cado dal letto, barcollo no al bagno – e dico: “Ho appena fatto un sogno orribile!”, ancora con quella vocetta isterica da castrato. Be’, la cosa migliore degli incubi è che ti svegli e non sono più veri. Adesso sono calmo. Sento che tutto andrà bene. All’improvviso mi sento pieno di energia. So che sarò grandioso in questa parte, e farò tutto quello che è in mio potere per rendere il lm perfetto. Per Quentin. Davvero lo amo, come facciamo tutti – lo adoro, sì, lo adoro. Noi facciamo tutto per lui. Lo seguiamo in ogni tana di coniglio che gli venga in mente di sognare. Azz! Di nuovo questa parola. Mi ricordo di un sogno che ho fatto una volta quando ero disperatamente triste perché mio papà mi aveva respinto mentre cercavo di abbracciarlo. Venivo attaccato da un mostro venuto fuori dal buio di una casa che appare sempre nei miei sogni. Combattevamo e io lo facevo fuori, solo per scoprire che era il mio migliore amico, venuto a consolarmi. Quando mi sono svegliato ho pensato che dovevo farmi vedere, ero matto; ogni tanto mi capita di sentirmi totalmente sbagliato. Frammenti di un insegnamento sconosciuto di Ouspensky, che da sempre tutti sanno è il mio libro preferito, dice che noi sogniamo in continuazione. Ci svegliamo al mattino da un sogno per piombare in un altro. Con un po’ di allenamento mentale, possiamo svegliarci anche da questo sogno e provarne un altro. Da qualche parte in cima alla scala c’è la realtà, che pochi di noi raggiungono, ed è facile ricadere se non si sta attenti. Ouspensky una volta ha chiesto a Gurdjieff cosa pensasse della psichiatria. Gurdjieff rispose che la psichiatria sarebbe perfetta per gli esseri umani, peccato che noi siamo macchine. Perciò abbiamo bisogno di meccanici. Ouspensky ribatté: “Ma certamente ci sono persone che sono esseri umani”. Gurdjieff rispose: “Certo che ci sono. Ma TU non ne conosci nessuna”. Una volta, dopo essermi fatto di peyote, è venuto a trovarmi Mescalito (che è il dio del Peyote: dicono che non hai provato il vero peyote se non vedi Mescalito. Bene. Io l’ho visto.). Sembra un gigantesco Jolly verde, cammina sopra le montagne e quella volta scese a parlarmi. “Dobbiamo

andare, Dave” disse. E io: “No, no, no. Ho ancora un sacco di cose da fare: canzoni da scrivere, donne con cui fare l’amore”. Mi rispose: “Tutto questo è già successo. Il tempo è un cerchio. Tutto è già stato fatto. Non devi riattraversare l’intero dolore”. E io: “Non mi importa del dolore. Voglio rifare tutto, a piccoli passi”. Scosse la testa e disse: “Va bene, come vuoi”. Poi si è raddrizzato e se n’è andato, calpestando le montagne di Santa Monica. Era reale? Era irreale? Sembrava reale. Cos’è reale? Einstein disse che quasi tutto è un’illusione. Gli indù dicono che niente di ciò che facciamo incide minimamente. Il Papa dice pentiti ed è come se non fosse successo niente prima di allora. Qualche volta mi è chiaro che niente importa, ma allo stesso tempo è importante farlo, per qualche ragione superiore. E tutti possiamo divertirci. Mi piace pensare che non si tratti solo di mangiare, cacare, camminare e dormire. Non posso rinunciare a fare l’amore. Qualche volta mi sembra che queste siano le uniche cose che valgano. Tutto il resto serve ad avere tempo e spazio per questo. E per l’Arte e la Musica; ne abbiamo bisogno. Altre volte sembra che niente di ciò che accade è reale, tranne un abbraccio. Perché l’abbraccio è concreto, c’è una sostanza reale. Di sicuro, il dolore non è reale. Grazie, Dio, dello scherzo. Okay, sono le cinque e un quarto. Ho scritto queste follie per due ore e mezzo. Ma dovevo tirarle fuori. Sto bene. Solo, non c’è possibilità che io possa tornare a dormire. No, aspetta! C’è. Potrei leggere Recitare: le prime sei lezioni di Richard Boleslavsky, il mio libro sulla recitazione preferito. Potrei appisolarmi in fretta, visto che l’ho letto mille volte. È consumato, pieno di macchie di caffè e succo di pesca, e c’è una bruciatura di sigaretta in copertina. Ci risentiamo dopo, quando ritorno normale, o almeno il più normale che riesco. Giovedì, giorno Be’, Le prime sei lezioni hanno fatto il loro dovere. Mi sono svegliato fresco e pronto ad affrontare il futuro con gioia. Dorie, la nostra nuova tata, mi ha fatto una pila di pancake. Li ho divorati. Ho uno shooting fotogra co alle undici, perciò mi pulisco per bene e carico un bel po’ di bei vestiti nella mia Maserati per andare a Hollywood. Ancora adesso odio i set fotogra ci. Ehi, io sono un attore di cinema; ho bisogno di muovermi. Dopo che mi hanno sistemato su una sedia e ordinato di starmene lì buono buono, e girato la testa e sorriso, tutti si dedicano poi a fare la fotogra a di una pezzo di carne. Ma questo tipo – si chiama Braden – era simpatico. Ha chiacchierato un po’ con me di tutta la roba che tiene nella soffitta della sua casa da bohémien, poi mi ha detto di dimenticare la macchina fotogra ca, sai, giusto per farmi sentire a mio agio. Poi mi ha portato nel suo studio e mi ha fotografato. Mi sentivo bene. Mi ha fatto mettere sul balcone, per sfruttare la luce del giorno, così ho potuto guardare tutte le ragazze carine, i ciccioni, i punk e gli strambi che circolavano su Larchmont Street. Abbiamo scattato due rullini 35mm, poi ho portato Braden e i suoi assistenti da Starbuck’s per un cappuccino. Ci siamo seduti a un tavolo all’aperto a parlare di loso a e lm e a guardare le ragazze che entravano nel nostro raggio d’azione. Larchmont è un bel posto, una lunga e perlopiù sconosciuta striscia di negozi di dolci e ristoranti carini e un’atmosfera frizzante, di vita di strada che sembra, be’ non dico il sud della Francia, ma magari il Portogallo sì. Un vecchio signore cinese mi ha fatto un saluto kung-fu passando: stile Black Tiger. Impressionante. Io gli ho risposto con un pollice in su. I due assistenti sono andati via, io e Braden siamo tornati in studio e scattato un terzo rullino per noi, con un nuovo sguardo sulla vita. Gli ultimi scatti li abbiamo fatti con me che indossavo una giacca di pelle senza camicia, per “mettere in mostra il sico” che ho: mi è venuto con l’allenamento degli ultimi mesi. Be’, perché no? Mentre rimettevo le mie cose nella Maserati, un nero muscoloso in canottiera e un bianco enorme mi si sono avvicinati. Il tipo nero mi ssava gli addominali e continuava a ripetere: “Tu… tu… tu… Wow! Sei tu! Io sono grande, cioè, ci sono quasi! Ma tu… tu ci sei! Tutto quello che sono è grazie a te. Ho la mia cintura nera e va bene così ma… cazzo, tu hai cambiato la mia vita!”. Il solito. Succede tutti i giorni. Sly Stallone ha dei bodyguard che tengono lontani tipi del genere; ma non puoi certo chiamare una cosa del genere un assalto o un’aggressione. Poi è stato il turno del gigante bianco. Mi ha detto che era un istruttore di judo da quarant’anni. Questo signi ca che lo è da prima che io cominciassi a farlo in tv. Mi fa venire in mente le rare volte che incontro chi fa arti marziali non

perché ha visto me alla tv. Pensandoci bene, questo signi ca che lui ha cominciato anche prima che impazzasse la moda di Bruce Lee. Questo tipo non è un prodotto dei media. È una cosa vera! Niente arti ci, niente zuccherini. Stasera siamo andati a cena, con mio fratello Keith e la sua dolce Hayley, al Capriccio, un bellissimo posto italiano sul Ventura Boulevard. Ci siamo seduti fuori, così potevamo fumare, e Keith ha incantato i proprietari con il suo ottimo italiano. Non solo uent! Lui conosce lo slang, le espressioni popolari e folkloristiche, non soltanto con un accento perfetto, ma anche coi gesti, le scrollate di spalle, i movimenti delle labbra, come un antico romano. È appena tornato da Calgary, in Canada, dove ha girato un western con Tom Selleck e fratello Bobby. Ci sarei stato in mezzo anch’io, se non fosse che il piano di lavorazione di Kill Bill cambia ogni tre secondi. Sarebbe stato bello. Cavalcare cavalli e stare coi fratelli. Non lo facciamo dai tempi di e Long Riders. E Tom Selleck è un grande. Non mi sto lamentando, sia chiaro. Ci siamo scambiati storie sulla Cina e Calgary, sui miei nuovi quattro gli, e riso come pazzi con le battute di Hayley. È un’ottima osservatrice e riesce a riprodurre le situazioni a gesti, fa scompisciare. È un’imitatrice eccellente, anche. Dovreste sentirla quando fa Meryl Streep. È meglio di Meryl. E in più è anche bella. Keith è davvero un ragazzo fortunato. Anch’io lo sono. Annie sprizza gentilezza da tutti i pori, come un sasso lanciato nell’acqua fa i cerchi e le increspature. Senza prezzo è un’espressione troppo volgare per descrivere queste signore. Dormirò senza problemi stanotte, e farò sogni d’oro. Sabato, 7 settembre Sei e mezza del mattino. Mi sveglio da un altro sogno – non brutto stavolta, anzi molto buono, credo. Spaventoso, sì, ma super. Era come essere in Men in Black, ma senza i combattimenti – Men in Black nel senso che eravamo reclutati per qualche scopo superiore e sottoposti a un training accelerato, e dovevamo schivare le autorità, che non avrebbero compreso il senso della nostra “missione”. Quentin una volta mi ha detto qualcosa di molto profondo in questo senso, una di queste persone che possono “vedere” le cose gli aveva detto che lui aveva una missione da compiere, una missione per la vita, e non c’era modo di liberarsene. Era un dono. Io ci credo che esistano davvero “assoluti” di questo tipo. Elementi incontrovertibili del Fato, se vuoi, che si realizzeranno comunque, non importa cosa noi umani mortali tentiamo di fare per scansarli. E sicuramente ci sono persone che sono “elette”. Sono sicuro che alcune di queste persone sprechino questa opportunità, ma solo perché fanno di testa loro, non per forze esterne, e non facilmente. In ogni caso, pensarsi in quel modo per un paio di giorni, mi ha detto, ha cambiato la sua vita. Be’, ho sempre creduto in queste missioni per conto di Dio, e che ci sono esseri speciali che non fanno parte della normale compagine umana, e ovviamente ho sempre sperato di essere uno di loro. Quentin è sicuramente un essere superiore, e senza bisogno di mostruosità indù o quegli apparati del cazzo tipo Scientology. Lui trova l’eterno e l’aldilà, il suo modello dell’universo, nei fumetti, credo, più che nei lm. Lo stesso vale per me. Quando ero un bambino, leggevo un fumetto intitolato Supersnipe. Questo ragazzino al massimo di sei anni era il più grande fan di quel fumetto, si vestiva con mutandoni rossi, nestra alle spalle, con una mantellina e una piccola maschera nera, e andava in giro conciato così a combattere il crimine. In un paio di storie, però, lui diventa veramente Supersnipe, alto più di un metro e ottanta, con tanti muscoli e mutandoni aderenti, e ancora quella testa di bambino in cima al tutto. E non erano esattamente un sogno, quelle storie. Quelle imprese rischiose sono state fatte davvero. Be’, ero il più grande fan di quel fumetto, e avevo chiesto a mia nonna di cucirmi il costume da supereroe, tentavo di volare giù dal tetto del garage. Ci credevo davvero, e non mi vergogno a dire che ci credo ancora adesso. Okay, non posso volare, non quando sono sveglio almeno – perlomeno, non così lontano. Credo con tutto il mio cuore che Re Artù e Mago Merlino siano esistiti, e credo nella Sacra Sindone: non me ne frega di quello che dicono gli esperti. Non compro fatine né gnomi, però. Perciò mi sembra che sia del tutto ragionevole, soprattutto dopo questo sogno epico, chiedermi: potrebbe Quentin essere un agente incaricato di una missione, come Tommy Lee Jones in Men in Black, e che per realizzarla abbia reclutato me? Tirandomi via dalla monotonia per spingermi verso un obiettivo supremo? (Magari nemmeno lo sa, mi viene da pensare, ma secondo me lo sa.) Mi piacerebbe molto.

Mi sento come se mi fossi ricaricato le pile, come Frankenstein quando Dracula in la anodo e catodo nel suo collo e gli dà una scarica di potere. I poteri sovrumani sono divertenti. Raramente nei fumetti vengono ben ripagati. È dura, se ricordo bene. Ma, ehi, vivi solo un in nito numero di volte, perciò perché non renderti utile? Torno a letto. 11 settembre Voci di corridoio, che nel mio caso corrono via e-mail, mi dicono che tutti là fuori scommettono che Kill Bill sia in un mare di guai: in ritardo con la lavorazione, fuori budget, eccetera. Harvey Weinstein ama ancora Quentin? Quentin sta ancora girando? Il lm tornerà sui suoi binari? E altre stronzate. Il lm non potrebbe essere meglio avviato. Quentin e Lawrence stanno facendo esattamente come avevano programmato, come da piano di lavorazione. Quella domenica degli Oscar, Quentin mi disse che erano previsti sei mesi di riprese, ed è quello che è successo, nonostante tutti gli sforzi della Miramax di ridurre la lavorazione. Questo si chiama integrità artistica. Stanno facendo il lm che avevano in mente di fare. E sarà il massimo. Di recente ho pranzato con uno dei miei registi di serie A preferiti, e lui mi ha detto che Quentin si è sputtanato la reputazione girando troppo velocemente. Gli ho risposto: “Certo che l’ha fatto. Deliberatamente”. Il regista (non posso fare il suo nome, sai come si dice, protezione innocenti… e colpevoli, ovviamente) ha replicato: “Bene, mi piace vederlo spendere quanti più soldi della Miramax può”. “Certo” ho fatto io. “Ma anche la Miramax fa lo stesso con lui. Lo fanno correre”. “Com’è giusto che sia” ha risposto il mio amico-regista-che-rimarrà-anonimo. Dannatamente giusto. Lo stesso Harvey Weinstein chiama la Miramax “la Casa che Tarantino ha costruito”. Martedì 17 settembre Incontro con Scott Melrose all’Endeavor, nel pomeriggio. La Endeavor in questo momento è il sogno di chiunque cerchi un’agenzia. Sono giovani, alla moda, tosti, e non fanno cose senza senso. Hanno una lista clienti ridotta ma grandiosa. Proprio quello di cui ho bisogno; quello di cui tutti hanno bisogno, a dirla tutta. Gayle gli si è appiccicata come la colla e questi, dopo aver deliberato fra loro, ci hanno ri utato. Per quanto ne so, è andata così: qualcuno di esterno alla legione di agenti che lavora per loro deve aver parlato male di me, sebbene con ogni probabilità senza avermi nemmeno mai incontrato. Se anche tutti gli agenti esterni all’Endeavor fossero miei enormi fan, la mancanza di solidarietà tra agenti non darebbe spazio a un “forse” ma assicurerebbe un “no”. Semplicemente, è così che va. Perciò Gayle ha chiamato Scott, uno dei vice presidenti, e gli ha detto: “Senti, David è uno dei più chi in circolazione. È retto, cooperativo, leale. È sobrio da sei anni. Sta benissimo, è in una condizione sica incredibile. Ha gli addominali che al confronto il David di Michelangelo è accido. E come se non bastasse è una fottuta Icona. Quando uscirà questo lm di Tarantino, con David nel ruolo che è nel titolo, diventerà così richiesto che dovrai implorarmi per averlo. E, per principio, io dovrò ri utare la tua richiesta. Non solo, ma ogni volta che farà un grande lm di studio, tu sarai la prima persona a saperlo, ancora prima di David. E sarà così per il resto della tua vita”. Non puoi che amarla, questa donna. Scott ha riso. “Okay” ha detto, “incontriamoci”. Oggi era il giorno ssato. Voleva incontrarmi da solo a solo, senza Gayle. Tutto quello che dovevo fare era stenderlo con la mia meravigliosa personalità. Ed è quello che ho fatto. Come effetto collaterale, ho incantato anche tutti gli altri dell’agenzia, in andata e in ritorno. Ha chiamato subito Gayle e detto che tutti erano pazzi di me e di come mi sono rimesso a nuovo. Grazie al kung-fu, alle vitamine, alle erbe, alla favolosa costituzione di mio padre e ai geni da pionere di mia madre, per non dire dei sei anni lontano dalle droghe e dall’alcol, più i tre mesi di devastante allenamento con Quentin per Kill Bill, in effetti sto da dio. E non solo per uno che ha sessantasei anni. Semplicemente da dio. Perciò anche con gli agenti è andata, siamo a bordo. Prossimo caso.

Mercoledì 18 settembre Per qualche settimana Gayle è andata avanti a dirmi che devo avere un pubblicista. Gayle ha deciso di stare addosso a Rogers&Cowan, la straordinaria impresa che si è presa cura di Liz Taylor e altre icone dell’età d’oro. Ho avuto già qualche contatto con loro. Circa vent’anni fa, quando ero sulla cresta dell’onda, li ho ingaggiati. Per duemila al mese o giù di lì mi facevano avere piccoli spazi nelle colonne di quotidiani. Porco cazzo, posso farlo anche da me. Posso chiamare Army Archer e raccontargli una storia, e son certo che mi dirà: “Scrivimela e mandamela via fax. La stampo”. Disgustato da questi svitati, li ho licenziati e ho preso con me una giovane chiamata Allison Brennan. Mi ha fatto conoscere Charles Chaplin, che poi è diventato un amico per la vita, fatto associare all’AFI[42] e messo in contatto con il presidente della United Artists, che è venuto a vedere un’anteprima del montaggio grezzo di Americana e ha comprato il lm per distribuirlo. Be’, Gayle è stata irremovibile sulla necessità che io incontri questi tipi. “Sono cambiati” mi ha detto. “E hanno tutti i contatti che ci servono per il nostro lavoro”. Okay, mi incontrerò con una signora che si chiama Julie, la vice presidente di Rogers&Cowan. Annie era fuori per non so quale commissione stamattina, perciò mi sono dovuto preoccupare di arrivare in orario da me. È nita che sono arrivato con un’ora di anticipo. Strano. Ho chiamato Gayle, che ancora non era nemmeno partita da casa, e mi ha detto che potevo incontrarmi con Julie anche senza di lei, se volevo. Ma io ho detto: “No. Ci siamo dentro insieme. Andrò a prendermi una tazza di caffè”. Ho preso questo giovane inglese, James, che mi aveva ssato tutto il tempo mentre parlavo con Gayle, e l’ho portato da Starbuck’s. Io odio Starbuck’s. Hanno un servizio povero e un caffè deboluccio, hanno fatto fuori tutti i vecchi bar che facevano un vero espresso con la loro franchise in ogni fottuta strada. Abbiamo parlato un po’, io e l’inglese, di tutto. Un gran bel tipo, ho scoperto. Anche se questo non signi ca granché. Tornato in ufficio, scopro che si tratta dell’uomo che gestirà il mio contratto, con la signora Julie a fare da supervisore. Julie mi saluta con un “Ciao”. Entra a grandi falcate, coi lunghi capelli rossi che ondeggiano, trasudando sicurezza ed esperienza da ogni poro, insieme a una schiera affascinante di ferormoni. Arriva anche Gayle, ed è bellissima. Potrei giurare che è innamorata. Ha un nuovo colore di capelli e indossa un abito decisamente poco professionale, con un affare di giada molto zen che le pende sul collo da un laccio di velluto nero. Sollevo subito le mie obiezioni contro i vecchi “Rogers&Cowan”. Esprimo poi il mio parere su diverse questioni. Julie è d’accordo con me quando dico che People era soltanto un giornaletto scandalistico da quattro soldi. È anche d’accordo che Premiere aveva delle critiche cinematogra che, mentre Entertainmente Weekly era semplicemente un altro giornalaccio come Time-Life. Comunque, ha detto, Premiere è un mensile, Entertainment un settimanale. Noi abbiamo dodici possibilità in un anno di avere la copertina di Premiere, e cinquantadue di avere quella di Entertainmente Weekly. Ogni mia opinione, ogni mia idea, da questo momento deve essere sua totale esclusiva. Poi ha descritto a grandi linee quello che faranno per noi e in che modo questo mi porterà vantaggi. Mi ha fatto quasi innamorare. Gayle gongolava. Abbiamo preso l’ascensore insieme in uno stato di grazia. Abbiamo passato venti minuti portandoci l’un l’altro alla rispettiva macchina e parlando di tutto. “Funzionerà, non c’è dubbio” questa era la sensazione. Vedremo. Giovedì 19 settembre L’uovo del serpente, il lm che ho fatto con Ingmar Bergman, sta per essere distribuito in DVD, e la gente della United Artists vuole che rilasci un commento. Non l’ho mai fatto prima, e non ci sono soldi per farlo, ovviamente, ma non avevo la minima intenzione di farmi sfuggire quest’occasione. Ho sellato la Maserati e cavalcato no allo studio di registrazione di Santa Monica. Quando sono entrato, ho ricordato che c’ero stato prima per lo spot di una birra. Al bar fanno un ottimo espresso, con tanti biscotti e roba così. Dopo aver ordinato un cappuccino e occhi di cioccolato, mi hanno portato in una stanza e fatto un’intervista video. Volevano sapere di Ingmar e Liv Ullmann, co-protagonista con me del lm. Gli ho detto quello che potevo. Entrambi erano molto riservati, perciò quello che ho raccontato doveva essere piuttosto super ciale, ma sembravano soddisfatti di com’è andata. Poi mi hanno riportato da basso in una stanza con un grande schermo e mi hanno mostrato la mia performance nel lm,

mentre sorseggiavo il mio tè e dicevo tutto quello che mi passava per la testa. È stato piuttosto bello. Con il sonoro abbassato, non sono rimasto particolarmente colpito dall’angoscia del lm. Mi sono rifatto gli occhi con quella splendida fotogra a, la meravigliosa illuminazione di Sven Nykvist sui primi piani di Liv, così bella, e sui miei. Dio, se ero giovane! L’uovo del serpente è un lm duro, difficile da guardare due volte. Ma stavolta ho avuto la possibilità di attraversarlo, ricordando quei giorni a Monaco nell’inverno del ’76. C’è voluto un intero lungo pomeriggio per fare tutto, e poi ho dovuto correre come un dannato per arrivare al workshop di recitazione di Bobby Shaw Chance. Mi dovevo incontrare lì con mia glia Kansas, in arrivo direttamente dal set di un piccolo lm a cui partecipa, e con Annie, che già mi aspettavano. Bobbie è una vecchia amica, più o meno da quando l’ho diretta in You and Me nel 1972. Voleva che incontrassi un paio di registi e il vice presidente della Rogers&Cowan. Questo mi interessava, visto che stavo per rmare un contratto con loro. Mi ha presentato alla classe, insieme a Kansas, menandosela sulla grandezza degli artisti al punto quasi di imbarazzarmi. Ma Bobbie è così. Me lo aspetto ogni volta che ci vado, e mi sta bene. Mi adora; e, porca puttana, è talmente bello che non ne hai mai abbastanza. Quello a cui non ero preparato invece è stata la sua richiesta di avermi sul palco a condurre un esercizio. Be’, è da anni che tenta di farmi diventare un insegnante di recitazione. Ho provato a farlo e poi ho cercato di scappare, ma lei mi ha ripreso al volo e portato dal ragazzo della Rogers&Cowan, un giovane cinese. Non ero impressionato. Era totalmente diverso dalle persone con cui avevo parlato il giorno prima. È venuto fuori che il signor Rogers e il signor Cowan si sono separati, qualche anno fa, e che questo ragazzo era l’altra metà. Posso dire che con la prima metà se n’è andata anche quella sensazione sgradevole che provai la prima volta che incappai in quest’impresa – credo si trattasse di Cowan, che aveva rappresentato persone come Liz Taylor ed era famoso, antiquato al limite dell’obsolescenza, mentre l’altro era trendy, giovane e vitale. Ho cercato di essere il più gentile possibile e poi sono sgusciato dalla porta con Annie e Kansas per raggiungere Casa Vega e strafogarci di enchiladas. Venerdì 20 settembre Gayle, sapendo che detesto fare interviste, ha inventato un trucco per sottrarsi a quelle meno importanti: chiede un compenso. Non tanto, ma ogni richiesta in questi casi diventa inaccettabile. Di solito dice: “Prendere o lasciare; è l’unico modo che David concepisce”. Questo stratagemma distingue de nitivamente il grano dalla paglia. Oggi, avevo un’intervista per un talk show olandese. Dovevamo realizzarla in una suite del So tel, un hotel a cinque stelle vicino al Beverly Centre. Pagavano mille dollari – noccioline ma, ehi, ho delle scimmiette cui dar da mangiare. Non sarebbe esatto dire che non vedevo l’ora di farmi intervistare o di fare un lungo viaggio sotto il sole cocente. Mentre eravamo in strada, mi ha chiamato Gayle dicendo che mi volevano fotografare mentre arrivavo sulla mia Maserati. Okay. Sono arrivato e ho visto un gruppo di giovani uomini olandesi raggruppati davanti all’hotel. I nederlandesi sono facili da riconoscere – puzzano di Europa. Mi hanno circondato e messo davanti alla telecamera, e poi mi hanno chiesto se mi dispiaceva mettermi in posa per una polaroid con una ragazza carina, presentatami dall’autore, come favore personale. Mi hanno ripreso mentre ci fotografavano insieme in mezzo alla strada, poi hanno girato una panoramica mentre accompagno due ragazzini nella hall. All’interno c’è un forte profumo di buon caffè. Chiedo se gli dispiace se mi rilasso un secondo con un espresso, e loro me lo concedono con entusiasmo. Più tardi, capirò il motivo di questo entusiasmo. Ci sediamo a un tavolo collocato in una specie di alcova, nel sontuoso lounge vicino all’ingresso, e parliamo almeno per mezz’ora (nessuno sembra aver fretta) dei miei viaggi in Olanda, soprattutto in occasione di Mata-Hari, il lm che lì ho diretto, con protagonista mia glia, nel 1977. Mi spiego: noi abbiamo girato qualche scena in pochi giorni ogni anno, e il risultato sarà di guardare gli attori che invecchiano, naturalmente, nei loro ruoli. Qualcuno ha detto: “Carradine non usa il trucco, usa i decenni”. Il piano di lavorazione spalmato poi mi permette di nanziare queste cose con denaro personale, così non devo trattare coi grandi capi rompicazzo. Odio che qualcuno mi dica cosa devo fare. La creazione di Arte, che è ciò che sto cercando di combinare qui, non si presta

bene ad avere committenti. Se Van Gogh avesse avuto dei committenti avrebbe dovuto rispondere loro, avrebbe dovuto vendere i suoi quadri, e probabilmente nessuno avrebbe sentito mai parlare di lui. Dopo quasi mezz’ora di queste chiacchiere ho cominciato a guardare l’orologio, perciò siamo saliti nella suite. Sono entrato a grandi passi nella stanza e ci ho trovato una giovane ragazza giapponese dall’aspetto divertente, con denti da cavallo e grossi occhiali rotondi – seduta comodamente insieme a un anziano gentleman giapponese con un abito impeccabile, che invece stava sul divano accanto. Due macchine da presa erano già disposte e pronte a girare. Mi è sembrato strano ma, in fondo, era denaro loro. La ragazza – che credo si chiamasse Sushi – ha portato un piccolo criceto giocattolo, di quelli che se gli premi la fronte girano su se stessi e cantano Kung-fu Fighting. Poi ha proseguito con la sua bizzarra intervista, scrutando attentamente coi suoi occhietti da miope gli appunti scritti su un grande block-notes che si teneva a qualche centimetro dal naso e facendo domande strane, chiedendomi se avevo problemi con le donne, perché non riuscivo a restare sposato, e se il sesso andava bene. Be’, Amsterdam è nota per la sua preoccupazione nei confronti della libertà sessuale. Sushi sembrava capire veramente poco l’inglese. Ogni tanto parlavo con il gentleman in giapponese, che in teoria era un artista marziale e un mio grande fan. A un certo punto ha insistito per far pulire il tavolino dalle tazze di caffè e per combattere con me a favore di camera. Avrebbe potuto volerci un po’, penso, tranne nel caso in cui avessi deciso di stenderlo con un hammerlock[43]. Sushi va de nitivamente fuori di testa. Sembrava di parlare con Peter Sellers alle prese con uno dei suoi ritratti etnici surreali. Penso alla sua performance come indù svampito e senza cervello in Hollywood Party. Mi chiedo come cazzo abbia potuto arrivare a fare questo lavoro, ma alla ne me la sono cavata bene, seppur perplesso, per quasi un’ora. Verso la ne, mi chiede se preferisco le bionde o le bruntte. Le dico che ho avuto una relazione seria con una bionda solo due volte nella mia vita, e tutt’e due le volte avevo avuto soltanto casini. Poi mi ha chiesto di lasciarle una fotogra a. Le ho detto che non ne avevo con me ma potevo spedirgliene una. Allora mi ha detto che lei voleva darmi una foto, e mi ha passato la polaroid fatta sulla strada, che era autografata da lei, con i suoi migliori auguri. Le ho detto: “Ma questa non sei tu, è il tuo autore”. Al che “Sushi” si toglie la parrucca nera, gli occhiali, i denti da cavallo per rivelare la ragazza bionda della foto. Ah, è così! La faccenda si fa d’improvviso chiarissima. Ero stato davvero intervistato da un personaggio alla Peter Sellers! Queste interviste socratiche con le celebrità sono uno dei must per cui il programma di questa signora bionda è famoso in tutta Amsterdam. Siccome la gag non funzionava più con i personaggi olandesi, perché tutti sapevano di questo scherzo, la signora ha deciso di esportarlo, con Sushi si fa gli USA. Il regista e la troupe, abbastanza grande, che erano nascosti nella stanza da letto, adesso sono tutti seduti intorno a me e ridiamo insieme. Mi spiegano che temevano ci fosse un inganno dietro la mia richiesta di una pausa caffè, visto che Sushi aveva proprio bisogno di un po’ di tempo per truccarsi e cambiarsi. Sulla strada verso casa, non ho potuto fare a meno di chiamare Gayle e raccontarle del folle incontro cui avevo partecipato. Così ho scoperto che lei sapeva tutto dall’inizio. Lunedì 23 settembre Questo doveva essere il mio primo giorno di riprese a L.A. Mi avevano detto che mi sarebbero venuti a prendere alle 5 del mattino, almeno che non volessi restare a Lancaster domenica notte. Neanche per sogno. Sapevo che non avrei visto nessuno; perché tutti sarebbero rimasti nelle loro camere. Domenica è arrivata la bella notizia che la convocazione era stata spostata. Sorpresa sorpresa! Ci sarebbe stata un’auto ad attendermi davanti a casa alle 10. Tutti sapevano, però, che non saremmo partiti a quell’ora. Avevo preparato qualche valigia la notte prima, ma ancora c’era molto da fare, e dovevamo anche ritirare delle cose in lavanderia per nire il lavoro – tutte le mie camicie hawaiiane e una delle camicie del lm, che sarebbe potuta tornare utile. Intorno alle nove e mezzo, Annie mi ha svegliato con la notizia che “Dawn della Produzione” aveva chiamato per dire che non avevano bisogno che partissi prima delle 11:30. La Lincoln si è

presentata alle 10 spaccate. Annie ha spedito l’autista, una tenera ragazza della Nuova Zelanda di nome Jessica, alla Coffee Junction proprio in fondo alla strada per riposarsi un attimo e prepararsi. Alle undici e un quarto, avevo nito tutto ed ero pronto a partire, ma non ero ancora riuscito a bermi il mio caffè. Abbiamo chiamato “Dawn della Produzione” e ci hanno detto che il decollo era stato spostato a mezzogiorno. Così mi sono accomodato con Annie per una deliziosa colazione. Jessica è tornata e ci ha caricato: me, la mia grande valigia piena di camicie hawaiiane e jeans, un mucchio di giornali, il mio portatile con la sua stampante senza li, i auti, la mia vecchia Gibson, la cintura per pistole con le pratiche pistole di gomma e una rivoltella 357 per fare qualche piroetta nel tempo libero. Una 357 ruota meglio di una 45, perché il tamburo è un po’ più pesante, e quindi sposta il peso al centro, come il motore centrale delle macchine da corsa (anche loro infatti ruotano più facilmente). Intorno a mezzogiorno e un quarto siamo partiti. La regola del pollice, come ho imparato in quarant’anni di commercio, è che se ti chiamano sul set dopo le 10, non lavorerai prima di pranzo. Se la chiamata è dopo pranzo, è probabile non lavorerai proprio. Avevo previsto che sarei stato collocato nelle riprese nali del giorno, soprattutto perché per un regista è un conforto sapere di aver almeno cominciato a girare una scena. Il viaggio verso la location ci ha preso un’ora e mezza. Ho lavorato per un po’ sulle mie battute, e poi con Jessica ho chiacchierato di lm per il resto del tempo. Il set era da qualche parte nel deserto, nel mezzo del nulla più assoluto. Be’, non proprio nel nulla – per dirla bene, il posto è quello in cui si giravano una volta i western. Ho continuato a buttare l’occhio per vedere qualche cavallo durante tutto il viaggio, ma non ne ho visto mezzo. Le cose cambiano… Si poteva vedere il campo base già da un chilometro o giù di lì. Sembrava un circo, con tutti i camion e la grande tenda tirata su per il pranzo. Siamo entrati e abbiamo scaricato tutta la nostra roba dentro il più grande camper che avessi mai visto, con grandi spazi aggiunti su entrambi i lati. All’interno c’erano più spazio e molta più opulenza di quanta potrei trovarne nella mia suite al Desert Inn. Il pranzo era appena terminato – segno, secondo la mia regola del pollice, che non avrei dovuto lavorare per un bel po’, se non affatto. Ho incrociato Samuel L. Jackson al camper del catering. Ci siamo detti “Ciao” come se ci conoscessimo da anni e ci fossimo visti tutti i giorni no all’altro ieri, mentre era la prima volta che ci incontravamo. Mi sono chiesto che diavolo ci facesse lì, ma non ho indagato. Mi sono accaparrato un po’ di teriyaki di pesce spada e sistemato nella mia casa su ruote con il copione; devo saperlo alla per-fe-zio-ne. Qualcuno ha battuto i pugni sulla porta e detto che truccatore e parrucchiere erano pronti a ricevermi: era Manny, il solito chiassoso, ghignoso Manny. Heba è sembrata sinceramente felice di vedermi. Mi ha detto che il lm non sarebbe stato lo stesso senza di me. Be’, sono davvero un tipo amabile. Alcune persone hanno una visione a tunnel. Non puoi tirargli fuori niente che vada al di là del lavoro. Io sono un tipo che potresti de nire loquace. Ho raccontato a Manny l’intera storia, perfezionata a puntino, dell’intervista con “Sushi”. Lui si è divertito come un matto. Gli ho chiesto cosa ci facesse Samuel L. Jackson dalle nostre parti. Mi ha risposto che gira un cameo nella parte di un organista di matrimoni. Fico. Questo vuol dire che devo fare a pezzi un Maestro Jedi e che questo signi cherà, per me, una rapida scalata nelle classi che degli eroi contemporanei, un campo in cui avevo già raggiunto un’ottima posizione. Amo il mio lavoro. Sono tornato al mio Regno Mobile e mi sono letto L.A. Times per immergermi in storie di serial killer e pettegolezzi di guerra. Proprio quando stavo cominciando un cruciverba, uno dei direttori artistici ha fatto capolino dalla porta e annunciato: “Quindici minuti”. Be’, pensavo meglio. Le compagnie cinematogra che sono notoriamente molto ottimistiche quando prevedono di girare la scena successiva. Ho completato il mio cruciverba, mi sono letto tutti i fumetti, poi ho estratto di nuovo la mia penna e cerchiato le offerte più interessanti di case in vendita, no a che, dopo un’ora, lo stesso direttore artistico ha rifatto capolino e annunciato: “Bene, siamo pronti per te”. Musica, dolce musica per le mie orecchie. Quentin sembrava… non lo so: depresso. Preoccupato. Odio vederlo così. Ma oggi il ragazzino che gioca con il suo trenino era da un’altra parte. Stava facendo il suo gioco in solitaria, dirigendo Uma in un momento difficile per il suo personaggio. E non sembrava felice di questo. Ho desiderato con tutto me stesso di poterlo aiutare. Ed è quello che faccio, quando ne ho la possibilità.

Uma stava recitando un aspetto del suo personaggio che non avevamo mai visto in scena prima. È il pomeriggio che precede il giorno delle sue nozze. Lei indossa il suo bianco abito da sposa ed è felice, ridacchia, sta vivendo il momento migliore della sua vita. Ma la verità è che è tutta una messinscena. In realtà, lei sta prendendo in giro tutti quanti, ngendo di essere qualcuno che non è; e sta per sposare un grosso, stupido ragazzo che non ama. Dovreste vedere per capire; almeno un pochino, non tantissimo, giusto un accenno. Adesso, qualche minuto dopo nel lm, l’intera festa di matrimonio sta per essere spazzata via, e tutti gli attori lo sanno. Il problema di Quentin è evitare che lo manifestino e fare in modo che ognuno reciti come se tutto stesse andando e dovesse proseguire a meraviglia. Poi Uma sente il suono del auto e il suo volto si trasforma. Questo farà venire i brividi, al nostro pubblico. Quentin sa sempre quello che vuole. Niente scappa al suo controllo. Il suo genio è evidente in ogni momento in cui lavora. La cosa veramente straordinaria del suo metodo è che non si ferma no a che non ha ottenuto il massimo da tutti: attori, ripresa, suono, copione e, primo e più di tutti, se stesso. Se tutto non va alla perfezione, come dice lui, pizzicherà tutti quanti e rifarà no a che non andrà esattamente così. Lui fa suonare l’intera troupe come fosse un direttore d’orchestra, e allo stesso tempo ci guida come fosse l’allenatore di una squadra di basket. Avrei potuto dire di football, ma il ritmo del suo gioco è troppo più veloce. È un ragazzo davvero normale, e allo stesso tempo è autorevole, come un re. No, come un imperatore. E si diverte ogni istante. Una delle ragioni per cui i suoi set sono così “semplici”, paci ci, è che il suo modo di fare giocoso è anche contagioso. Tutti si divertono tanto quanto lui. Oggi il suo gioco era esattamente lo stesso di sempre, ma la sua voce era meno schioccante del solito. Non aveva il suo solito entusiasmo un po’ infantile. Non si stava divertendo. In una parola: non era felice. E questa è stata la prima e unica volta, per me, che l’ho visto così. Quentin di solito ride fragorosamente per la minima cosa ogni novanta secondi. Oggi non l’ha fatto. È andato avanti con metodo e serietà. Be’, certo, oggi era lunedì. L’altra parrucchiera, il cui compito è portare le cose che servono per Uma, è venuta da Manny e gli ha detto: “Pensavo stessi per mettere la parrucca a David”. E Manny gli ha risposto: “Stai scherzando, sì?”. E lei: “No. Non hai detto che stavi per mettergli la parrucca?”. E Manny: “Tu stai scherzando”. E lei: “Che? Non capisco. Non è quello che hai detto?”. E Manny: “La sta già indossando!”. Era a meno di quattro metri da me. È rimasta a bocca aperta. Manny è un grande. Nessuno si accorgerà che ho una parrucca. Tutti penseranno che mi sono fatto crescere i capelli per la parte. Anche Jessica, la mia autista, non sapeva che era una parrucca, e lei mi ha visto non più di due settimane fa coi capelli corti! Nel retro di una magni ca cappella in stile Santa Fe, con soffitti luminosi che i nostri artisti hanno rifatto da cima a fondo partendo da una vecchia, quasi misera, decadente chiesa nel deserto, si stava celebrando la festa di nozze. Samuel L. sedeva all’organo in un abito elegante sopra una camicia dorata, con cappello fedora e occhiali da sole in stile spacciatore di crac. Okay, ho pensato. Samuel L. come Ray Charles. Funziona. Alla ne, mi hanno chiamato a suonare il auto fuori campo per il primo piano di Uma. Ho mostrato a Quentin la collezione di auti che gli avevo portato per sceglierne uno: il Flauto Silenzioso; l’altro di bambù che avevo fatto per Kung-fu: e movie, il lm che ho fatto con Brandon Lee; il mio auto da concerto in argento; e un vecchio strumento di ebano con le chiavi in argento che mi aveva regalato Mike Vendrell. Avrei portato anche il modi catore, che avevo usato in Canada per Kung-fu: e Legend Continues, ma mi sta dando qualche problema. Ha scelto di nuovo il Flauto Silenzioso, come immaginavo. Però dovevo fornirgli una selezione tra cui scegliere. Si è scoperto subito però che dal Flauto Silenzioso non si riesce a ricavare una nota. Se n’è andato de nitivamente a quel paese. È diventato davvero un auto silenzioso! Ho chiamato Jessica e le ho chiesto (con calma) di portare quello di Kung-fu: e movie, e ho suonato questo, appoggiato a un pilastro secolare di fronte alla chiesa, circondato dalla troupe, con il giraffista che mi teneva un microfono sopra la testa. Questa era la cosa da fare. Quentin non si sarebbe mai accorto della differenza, pensavo. Hanno tutti le stesse vibrazioni, tranne la straordinaria nota bassa del Flauto Silenzioso. Dopo qualche ripresa, mi hanno detto che avevo nito. Ho detto: “Eh? Tutto qui? Una suonata fuori campo?”.

“Sì. Sei fortunato. Vai a dormire, la tua scena è la prima, domattina”. Perciò, il mio lavoro di oggi è stato un effetto sonoro fuori campo, più che altro per permettere a Uma di trovare il giusto mood, immagino. Il fatto che mi avessero portato al guardaroba e al trucco però forse signi cava che Quentin aveva cambiato idea sulla mia scena in corso d’opera, perché non voleva rischiare che la luce diminuisse e, a quel punto, che la scena andasse comunque rifatta. Però, è come se mi avessero vestito e truccato semplicemente perché nessuno aveva detto loro che non ce n’era bisogno. Mi sono tolto tutti i costumi e Manny ha delicatamente rimosso la parrucca. Nessuno di noi è andato in scena. Almeno abbiamo fatto pratica. Jessica mi ha riportato al Desert Inn – una bella differenza con il St. Regis – e anche con la mia roulotte, a dirla tutta. Era minimal e per la maggior parte logoro, ma c’erano due stanze, un letto doppio e una piccola e triste cucina. Abbastanza, per questi pochi giorni. Ho disfatto i bagagli, sistemato il mio pc, sparso qualche giornale in giro, tirato fuori e accordato la Gibson e acceso una candela. Era tutto dannatamente misero, ma mi sentivo a casa, e poi di questo non me ne frega di meno, in quel momento. Ho chiamato Annie, ascoltato le novità di casa e scambiato qualche parolina dolce. Poi ho giochicchiato un po’ con la mia sei-colpi di gomma e mi sono fatto una deludente doccia tiepida (caldo e freddo erano esattamente la stessa cosa). Sono andato a dormire portando con me una rivista d’auto. Martedì 24 settembre Be’, non sono riuscito a dormire più di un’ora. Sono rimasto sveglio quasi tutta la notte, dopo aver ssato le fotogra e di alcune automobili nei prototipi da motor show e l’ultima noiosissima berlina giapponese. Alla ne, ho acceso la tv e guardato Al Gore a C-SPAN mentre criticava le proposte del presidente Bush relative alla guerra contro l’Iraq. Mi ha affascinato. Non era noioso né rigido né musone, e non ha quello sguardo imbarazzato che di solito hanno i colpevoli. Era pieno di minuziose e in nite statistiche e di elaborati dati di ricerca, ma era comunque affascinante, e tutto quello che diceva sembrava giusto. Secondo me c’è la piccola possibilità che torni a correre per la Casa Bianca. E perché no? È divertente. All’inizio del regno di Dubya[44] non sembrava che avrebbe fatto anche un secondo mandato. Poi, dopo l’11 settembre, la sua popolarità, forse meritatamente, è ritornata alle stelle, come conseguenza della sua “rapida, ferma risposta” a quei terroristi di cui francamente ci siamo rotti le palle. Era ovvio, sia per i suoi sostenitori che per i suoi detrattori, che se le cose non si fossero messe male in corso d’opera, avremmo avuto altri quattro anni di ‘politica cowboy’. Non avrebbe neanche avuto bisogno del fratello o della Corte Suprema per organizzare la battaglia a suo favore, stavolta. Cominciamo a stufarci di questa retorica da Far West. Perlomeno, io sto cominciando a farlo. E la pedante correttezza di Al è quasi un sollievo, specialmente quando smette di annoiare. Poi c’è un’altra minoranza silenziosa, là fuori – i verdi, quelli di sinistra e i libbies[45] – che sono spaventati dall’aggressività attuale di Dubya, ma in realtà lo sono sempre stati. Certamente, Gore ricorda a tutti quanti che un surplus di 100 bilioni di dollari è diventato un de cit di 200 bilioni più o meno nell’arco di una notte. I ricchi gli dei milionari texani possono diventare davvero dei gran spendaccioni. Al non ha toccato l’argomento, ma tutti sappiamo come l’economia sia precipitata non appena gli odiati liberali sono stati cacciati dalla Casa Bianca. Ma tutto può cambiare, ora di novembre 2004. A un certo punto mi sono addormentato, mentre Gore rmava autogra , solo per farmi risvegliare da una chiamata alle 4 del mattino, quando avevo chiesto la sveglia alle 5:45. Il ragazzo della reception si è scusato, ma ormai il danno era stato fatto. Mi sono svegliato e ho combinato quattro cazzate al computer (tipo questa cazzata!) no a che Jessica ha bussato alla mia porta, alle 6:15, e poi ha trafficato per uscire dalla porta, dopo avermi fatto inghiottire una manciata di ginseng, guaranà e altre radici strane, con la speranza che mi tenessero in piedi almeno no a mezzogiorno. Ma non ce n’era bisogno. Il lavoro di oggi aveva l’aria di essere molto stimolante, non pensavo proprio potessi mai sentirmi stanco. Quentin mi ha portato nella cappella, ci siamo seduti a un banco e discusso i dettagli della scena. Mi ha fatto intendere che secondo lui questa potrebbe essere la mia scena migliore in tutto il lm. Io ho risposto che potrebbe essere la migliore scena della mia intera carriera. Gli ha fatto piacere, mi ha ringraziato. Lui che ringrazia me? Siamo usciti sul portico, dove avremmo girato la prima parte della scena. La luce era incantevole. C’era un incendio nella

foresta sulle montagne a sud, e la nube che se ne alzava dava un tocco morbido, color pastello, al mattino. Uma ha fatto qualche prova indossando un paio di jeans a vita bassa e una maglietta che mostrava la sua pancia piatta, liscia e abbronzata e il suo carinissimo ombelico. Per le riprese si è cambiata e ha indossato un abito da sposa bianco lungo, con una palla da basket sotto, o quello che è, a farle da pancione, visto che si suppone sia incinta. Era splendida. Questa era, essenzialmente, una scena d’amore, almeno per le prime cinque pagine (minuti) o giù di lì: vecchi amanti si dicono addio per l’ultima volta; e tutto sarebbe nito con un massacro. Uma era fantastica e Quentin tutto un fuoco. Il malessere del giorno prima semplicemente dissolto. Stava saltando e ballando come al suo solito, scherzava con la troupe… gli era tornata anche la risata. Ho cominciato all’esterno, seduto su una panca a suonare il auto che avrebbe attirato La Sposa lontano dalle prove del suo matrimonio. “Come mi trovi?” dice lei. “Sono l’Uomo” risponde Bill… e poi cominciamo a navigare attraverso la scena. Quentin ci ha fatto cominciare a una grande distanza l’uno dall’altra, e poi, a piccoli passi, quasi per inerzia, ci siamo avvicinati durante lo scambio delle battute, no a s orarci il naso. Bob Richardson, il nostro santo operatore, stava mandando luce soffusa da un paio di 5K attraverso dei drappi di seta. L’abbiamo rifatta circa quaranta volte. E ogni volta era meglio. Avremmo potuto farla per altre quaranta. L’intera compagnia era strafatta dalla tenerezza che si respirava. Un giorno bellissimo, oltre che tenero. La luce sul volto di Uma era paradisiaca: le labbra e gli occhi le luccicavano, la sua pelle era come quella liscia e serica di una pesca. Tra due ciak ho avuto un’interessante conversazione con Lawrence Bender, che mi ha chiesto come mi sentivo pensando che tra un attimo (in quanto Bill, ci tengo a ribadirlo) avrei fatto fuori a sangue freddo sette partecipanti al matrimonio e poi avrei sparato in testa alla sposa. Ho detto: “Ma lei mi fa proprio girare i coglioni!”. Ci siamo avventurati nell’analisi di quei cattivi ragazzi che il pubblico adora, nella fattispecie Bruce Willis in Pulp Fiction: un imbroglione e un assassino, piuttosto intenso, certamente crudo, e non molto gentile con le sue donne. Ci ho pensato per un po’. E ho trovato almeno tre buone ragioni per cui tifare per lui. Uno, truffa i truffatori. Inganna i cattivi e sottrae il loro denaro sporco. E non partecipa alla lotta. Questa è la prima, e mezza diciamo. Due, è disposto a farsi uccidere pur di recuperare l’orologio di suo padre. E tre, non abbandona Ving Rhames, mentre il poliziotto frocio gli sta scopando il culo sul retro del banco dei pegni. Anzi, torna indietro e ammazza il pervertito con una spada samurai. Se non bastasse, in qualche modo lui tratta la sua ragazza francese con i guanti, conosce quanto è timida e sensibile e quando è con lei fa a meno del macho-style per farla sentire a suo agio. Con questo saremmo a quattro buone ragioni. Fa il gentiluomo con la signora. E sembra perdonarle di aver dimenticato di prendere l’orologio. Tutti questi anti-eroi hanno una certa nobiltà. Il mio Bill ha la sua. Quando siamo arrivati al naso-naso, Bob mi ha preso da parte e mi ha chiesto se volessi essere messo allo stesso livello di Uma. Ho risposto con qualcosa tipo: “Eh?”. Mi ha spiegato che stavo guardando in alto verso di lei, e che non era il massimo. Be’, è alta più di un metro e 80, una valchiria, e io sono appena un metro e 80, come Gesù il Nazareno. (Non che abbia un “complesso di Gesù”. L’ho avuto, in passato, poi ho smesso dopo aver superato indenne i trentaquattro senza venire croci sso.) Mi chiede se mi voglia mettere in piedi su una cassetta di mele. Ero d’accordo, anche perché me l’ha chiesto prendendomi da parte. Alcuni attori si sentirebbero umiliati dal sentirsi dire davanti ad altri che sono troppo bassi per stare allo stesso livello della propria co-protagonista, quando questa è un pezzo di amazzone. Ho sentito che Alan Ladd era ossessionato, a questo proposito. Non sarebbe mai salito su una cassetta. Piuttosto, avrebbe richiesto una buca in cui far stare l’attrice. È così che Veronica Lake ha fatto carriera; era abbastanza bassa da far sì che non si dovesse scavare un buco. Ho detto a Bob che avevo già pensato al problema e avrei indossato degli stivali Lucchese rialzati color amarena che avevano preso apposta per me, a patto che si vedessero bene nel trailer. Qualcuno è corso a prenderli. Ma erano troppo piccoli. Ho detto: “Bene, per caso ne ho un paio identico nel mio armadio, al motel”. Hanno spedito l’autista a prenderli. Mentre aspettavamo, qualcuno ha acceso un grosso stereo che mandava solo musica salsa, e la troupe ha fatto una pausa. Mi sono rilassato nel retro della chiesa con una Dr. Pepper e ho chiacchierato con Bo Svenson, che recita il pastore prima che gli sparino: sempre un piacere (parlare con Bo, non che gli sparino). Quando sono arrivati gli stivali, li ho messi su e mi sono erto di fronte a Uma, fronte a fronte. È strano che li avessi con me. Hanno quasi trent’anni, sacre reliquie dell’originale ditta San Antonio, in

condizioni ancora perfette, come se non avessero mai visto l’interno di una scuderia o l’esterno di un cavallo. Li ho messi poco, e solo con lo smoking. Ho una dozzina di stivali. Non c’era nessuna ragione in particolare per cui portare proprio questi in questa polverosa, sperduta, desertica location. Ma il destino vince sempre, giusto? Alla ne della giornata, abbiamo provato in diversi modi a rompere l’intimità del momento così da poter proseguire con il resto della scena: quando incontro il futuro sposo, ngendomi papà della sposa. Ma non funzionava, così dopo parecchi tentativi Quentin si è scusato di averci fatto sprecare energie per niente e ci ha mandati a riposare, per tornare freschi il giorno dopo. Avrei dovuto sentirmi prosciugato sia sicamente che emotivamente ma, nonostante sia grato di essere vicino alla ne di questo tour de force, sento che potrei andare avanti altri quindici round. Come ho già detto, amo questo lavoro. Mercoledì 25 settembre Chiamata alle sei in punto. Sono riuscito a dormire un po’ – non tanto, nonostante mi sia visto metà di e African Queen[46], che è molto più divertente di Al Gore. Mi piacerebbe fare un lm come quello. E a chi non piacerebbe? Probabilmente il miglior lavoro di Bogart, Hepburn e Huston. Resiste ai decenni come un quadro di Botticelli o una scultura greca. Le immagini della Regina sulle rapide sono spettacolari, soprattutto considerando che non c’erano effetti speciali; l’hanno fatto, e basta. Oggi promette di essere un’ottima giornata. Finiremo la scena con Uma, poi andremo avanti con la sequenza nella cappella, dove incontrerò lo sposo. Prima però dobbiamo concludere la parte precedente il nale. Ha deciso così Quentin: avendo visto quanto può essere difficile uscire da un momento di intimità, Quentin ha deciso di lasciarci dentro e di frantumarlo semplicemente con l’arrivo dello sposo. Chris, il ragazzo degli effetti speciali, che stava recitando la parte, al trucco era esilarante. Uno scintillante smoking, ovviamente preso in prestito, che lui riempie tutto con la sua corporatura massiccia, un farfallino tarocco appeso di sghimbescio, grandi stivali da lavoratore ricoperti di fango e ovviamente i suoi capelli color canarino insieme a una barba di quattro giorni, sempre ovviamente color canarino. Chris era nervosissimo e voleva che lo aiutassi. Gli ho detto che lo fa bene, però gli ho dato qualche suggerimento tratto dalla mia vasta esperienza di attore segretamente ansioso quale sono. Molto prima di incontrare il kung-fu, ho elaborato qualche personale trucco per mettermi a mio agio. Un esercizio molto utile per calmare il battito cardiaco è distrarsi. Di solito immaginavo che stavo facendo un sogno in cui volavo e guardavo in giù, verso il set in cui si svolgeva l’azione cui dovevo prender parte, come un osservatore distaccato e imparziale. Una soluzione più concreta per quelli che non hanno un’immaginazione allenata come la mia è ricordarsi di respirare. Quando sei teso, tendi a trattenere il respiro. Prendine uno profondo, e poi espira tutta l’aria no a che non hai svuotato i polmoni, poi ricomincia. Qualunque cosa tu faccia, non ripensare alle tue battute. Se non le hai imparate no adesso, non le impari più, quindi è troppo tardi. Mi sono divertito molto con questa scena, perché ho avuto la possibilità di sovrainterpretare il personaggio di Bill ngendo che Bill sia il padre della sposa. Alla Daddy Warbucks[47]. Quando è arrivato il momento di Chris, gli ho detto: “Questo è il momento più importante della tua carriera. Se lo sputtani, probabilmente non lavorerai più. Perciò, qualunque cosa tu faccia, stai calmo!”. Mi è sembrato che gli servisse. Volevo alleggerire un po’ la tensione del momento. L’ironia – gran cosa: ti guarisce. Nel frattempo, nel retro della chiesa, Bo torreggiava su tutti quanti facendo la sua parte di Reverendo Harmony, la voce come un tuono, grande come il suo corpo. Grande. Semplicemente perfetto. All’improvviso ho avuto una fantastica idea, una cosa che non c’entrava niente con la scena. Sono andato dai trovarobe e gli ho chiesto se ci fosse della lacca. Mi hanno detto che se non c’era, l’avrebbero procurata. La mia idea era di trattare il Flauto Silenzioso per recuperare il tono perduto riempiendo le fessure con la lacca. L’avevo già fatto, anni prima, e aveva funzionato. Ma la lacca tende a seccarsi, perciò le crepe si erano quasi subito riaperte. Qualche minuto dopo, i trovarobe sono tornati con quella che in California passa come lacca. La vera lacca cristallizzata è proibita – credo per qualche motivo legato ai suoi effetti sull’ambiente.

Nessun problema. Ho versato questa roba nel auto e l’ho scosso. Poi l’abbiamo appeso a un palo con una corda e una gruccia, fatte passare attraverso lo s atatoio. L’ho passato con una spazzola all’esterno. Ero in estasi. Adesso, ogni volta che suono quella schifezza, a casa o in concerto, ricordo di come gli ho restituito il suono sul set di Kill Bill, nel retro di una piccola cappella, nel mezzo del Deserto del Mojave. Siamo andati a pranzo mentre il auto era appeso ad asciugare. Dentro di me speravo che non fossimo nell’occhio di un ciclone di sabbia. Dopo pranzo abbiamo vissuto un bel momento, quando Uma dice addio e torna alle prove del suo “Lo voglio” al bifolco che la aspetta in chiesa. Uma ha pianto e mi ha dato un bacio. Anch’io ho pianto. E niente di tutto questo era scritto nel copione. Al terzo ciak, Quentin le ha detto di chiedermi se fosse carina. A me ha detto di rispondere che sì, sei carina, con parole mie. Uma mi ha baciato sulle labbra e, con una lacrima che le correva giù per la guancia, si è sistemata con cura il velo sulla testa, e chiesto, come farebbe una bimba: “Sono carina?”. L’ho ssata per un momento, dritto negli occhi, e con voce strozzata le ho risposto: “Oh, sì”. Non stavo ngendo. Lei ha ricominciato a baciarmi e poi ha cambiato idea. Se n’è andata, voltandosi una sola volta. Io non ho mai distolto lo sguardo. Quentin saltava su e giù. “Sì!” ha gridato. “Sì!”. A quel punto è successo qualcosa di sorprendente. Avevo sbottonato un poco la giacca, e l’addetto al copione è intervenuto obiettando che così si sarebbe vista la pistola. “Cosa?” ha detto Quentin. “Non la vedo. Non vedo nessuna pistola. E, in ogni caso, lui non ammazza più nessuno”. Eh? Questa era una novità per me. Che stava succedendo? Tutto è diventato più chiaro quando, a ne giornata, hanno cominciato a fare le prove con le contro gure dell’arrivo della Viper Squad. Verrà girato uno splendido movimento con la steadicam che terminerà con uno spostamento dell’operatore sulla gru per riprendere la cappella dall’alto. Le vipere avanzeranno verso la chiesa ed entreranno armate di mitragliatrici e di M16. Si sentirà la sparatoria mentre si osserva l’innocente chiesa stagliata nel cielo del deserto, infuocata dalle esplosioni. Questa è tutta roba nuova, spuntata dal nulla – o meglio, spuntata dall’immaginazione fertile e febbrile di Quentin. Ho avuto il dubbio di essere stato lasciato da parte ma… no: Quentin ha pensato tutto questo al momento, così, su due piedi. Volevo fare una ripresa con la steadicam degna di competere con quella di Bound for Glory[48], che, sebbene sia stata la prima mai fatta, ancora deve essere superata. Hal Ashby aveva piazzato l’operatore steadicam sulla piattaforma della gru della Chapman Titan, che lo innalzava a cinque metri sopra l’azione. Io sono in piedi giusto lì sotto, circondato dal campo dei lavoratori immigrati. Sullo sfondo, una folla di immigrati è asserragliata ai cancelli pronta a lottare, no a quando un gruppo di picchiatori ingaggiati dalla compagnia non li disperde a colpi di mazza e randello. La gru scende maestosa e l’operatore salta già e mi segue mentre cammino verso un tendone, piazzato dall’altra parte, e attraverso la folla, diretto al recinto dove parlo con Randy Quaid delle ingiustizie della Depressione. L’effetto visivo è che la gru (che è una macchina, in fondo, delle dimensioni di un tir) fa tutto da sola, cosa che ovviamente è impossibile. Si sarebbe potuta realizzare una ripresa simile, prima dell’invenzione della steadicam, usando una macchina a mano, ma il risultato sarebbe stato instabile e non si sarebbe potuto sincronizzare il suono. Nella prima ripresa, una delle comparse è venuta verso di me mentre ero lì con Randy e ci raccontavamo di come ci fossimo già incontrati su un altro set. Ho dovuto dirgli che eravamo nel mezzo della ripresa. Questo per dire quanto poco invadente sia la steadicam. Quella ripresa ha girato per un po’ in televisione come blooper[49], insieme al momento in cui mi sono rotto durante una delle scene di lotta di e Silent Flute. È stato bello, per me. Intendo, essere dentro a qualcosa di “meglio” è sempre bello. Ho fermato Quentin a metà di una corsa e gli ho chiesto: “Devo ancora sparare in testa a Uma?”. “Ma certo” mi ha risposto. Nel frattempo, le signore si erano riunite. Daryl era incredibile nella sua tutina nera iper-aderente, con alti stivali e tacchi ancora più alti, che le facevano sembrare le gambe ancora più lunghe di quanto non siano già. Aveva una benda nera sull’occhio sinistro, perché Pai Mei gliel’ha strappato poco prima che lei lo avvelenasse. Vivica aveva i lunghi capelli tutti fatti a treccine da africana, e la sua tuta aderente era sexy uguale. Sembrava una pantera. Lucy era vestita in maniera più formale, con pantaloni stretti e un maglione a girocollo. Michael Madsen era il più bello di tutti, col suo

vestito nero stazzonato arrivato direttamente da Le iene, la cravatta di sghimbescio, anelli in osso di tartaruga su otto delle dieci dita, e un vecchio stivale nero con la punta d’argento che ha visto tempi migliori “scompagnato” a uno stivale di pelle di lucertola consumato. Michael ha portato moglie e gli con sé, e li ha accompagnati sulla strada, dove i ragazzi che gestiscono il reparto armi gli hanno fatto sparare circa 30 tiri con il suo M16: apparentemente per testare l’arma, in realtà per divertire i piccoli. Visto che si avvicinava il momento di girare, alcuni membri della troupe hanno cominciato a distribuire tappi per le orecchie a tutti gli attori. Anch’io ho avuto il mio tappo rock&roll. Puoi sentire tutto senza diventare sordo. Grande invenzione. Con gli anni ho scoperto che non posso recitare (né cantare) se non mi sento. Prima che fossero inventati questi, mi stavo distruggendo i timpani. Qualsiasi cosa, per l’arte. Poi sono arrivati loro, che rullino i tamburi e sparino le pistole. Quattro pistole automatiche che esplodono in una piccola chiesa di legno. Il suono era assordante, pur con i tappi. Il rinculo era così forte che potevo sentirlo vibrare da dove me ne stavo, appoggiato al muro. Metallo che volava da tutte le parti. Abbiamo fatto cinque ciak. Il pavimento era cosparso di cartucce. Poi, tutti a casa. Ci hanno detto che ne faremo un’altra domattina, con un’altra luce immagino. Ritornando a Lancaster, alla mia suite spartana del Desert Inn, mi sentivo stanco, certo, ma non stravolto, e certamente non impolverato né sporco. Ho appoggiato la testa al sedile. Va bene, ho pensato. Va davvero bene. Il mio unico rimpianto era che, dopo tutto, non sono riuscito a girare quella roba da Maestro Jedi. Giovedì 26 settembre Ci presentiamo tutti alle sei di un mattino chiaro e luminoso. Un’altra grandiosa ripresa con la steadicam non è parso il caso di farla – ne abbiamo fatte parecchie, infatti! Ma siamo andati sempre meglio. Grazie, Dio, per i miei tappi per orecchie rock&roll, eh! Ho chiamato Annie e le ho detto di affrettarsi a raggiungerci o si sarebbe persa tutto quanto. Era davvero delusa dal non potermi guardare mentre faccio saltare in aria la festa di matrimonio con una 9 millimetri. Annie adora le armi. Stavano girando una ripresa dal basso (veramente basso) della Viper Squad, disposta in semicerchio, idealmente dal punto di vista di Uma, dal pavimento della chiesa. Io ero in piedi di fuori, sul portico, che guardavo la strada per vedere se arrivava Annie. Ho chiacchierato un po’ con Bo. Ha avuto una grande idea (Bo è pieno di grandi idee) per un documentario e vorrebbe coinvolgermi, non come attore, ma come uomo. Una roba tipo “storia vera”, con fotogra e del passato e stralci dei lmati delle mie avventure. Sono stato lmato in diverse situazioni che, di solito, le persone attraversano nel totale anonimato. Solo i Kennedy sono stati così ben documentati su nastro. Finalmente è arrivata Annie, insieme a under, il mio cane bernese gigante. Tutti quanti gli hanno fatto le feste, tranne Quentin e Bob. Erano seriamente concentrati sul loro giochino. Poi ho avuto l’occasione di dominare Uma. La mia scena era un po’ diversa rispetto alle altre. Si colloca dopo che la Viper Squad l’ha massacrata di botte. La macchina da presa è ssa sul suo volto pestato, abbandonato sul pavimento. Tutto quello che si vede di me è la mia mano, che entra nell’inquadratura e toglie un po’ di sangue dal bel viso di Uma con un fazzoletto monogrammato, tanto per far sapere chi è il responsabile di quel casino. Ma do anche un bel colpetto alla mia cintura “foderata” coi due pistoloni, giusto per dare a tutti qualcosa da guardare. Mentre si sistemavano per la ripresa, ho fatto roteare un po’ le pistole. Sono due gran belle armi – cosucce carine a sei proiettili placcate di nickel con l’impugnatura in perla a becco d’uccello – e la cintura, una versione in nero del mio vecchio cinturone Andy Anderson, è un’opera d’arte. Guardo in giù verso Uma, tutta tagliauzzata e sanguinante nel suo bell’abito di nozze tutto strappato. “Mi trovi sadico?” dico io. Lei non è nelle condizioni di poter rispondere. Vado avanti e le dico: “No, questo è il momento più masochistico della mia vita”. Poi le sparo in testa. (L’amore ferisce.) Sangue nto le schizza fuori dalle trecce dorate, macchiandole tutto il velo da sposa. È la quintessenza di Tarantino. Che adora mettere Uma in situazioni di merda.

L’abbiamo rifatta un po’ di volte. Tra una ripresa e l’altra ci sono state lunghe pause perché ogni volta bisognava pulire i capelli di Uma e cose così, e ricaricare la pompa spara-sangue. Sono uscito con Annie: si stava divertendo un mondo a guardarmi fare il cattivo. Penso di saperlo fare bene. Quentin, più di qualsiasi altro regista con cui ho lavorato, anche con tutto il casino che trucchi ed effetti speciali comportano, non si ferma nché non ha ottenuto quello che ha in testa: in questo caso, no a che non arriva quasi a consumare tutti i fazzoletti. Mi stavo divertendo come un matto. Adoro la prossima scena. Non vorrei fermarmi mai. E per Quentin è lo stesso. Siamo una grande squadra. Poi abbiamo fatto qualche ripresa individuale della Viper Squad. Ogni membro ha avuto il suo bel primo piano dal pavimento, da sotto in su, perché sono tutte riprese dal punto di vista di Uma, che teoricamente è stesa a terra mezza morta. Questi saranno usati come ashback nelle sequenze del ricordo. Ogni volta che si incontrerà con uno dei suoi aguzzini, cinque anni dopo, lei lo guarderà negli occhi, ricordando come ha tentato di sfotterla, e poi lo ucciderà. Più o meno è così che funziona tutto il lm. Alla ne è arrivato il mio turno: un primo piano della ripresa precedente, al contrario. Potevo vedere il mio ri esso nel matte box[50], in questo modo sapevo perfettamente quello che la macchina stava inquadrando. Ho sganciato la mia piccola sei proiettili dalla fondina con un colpetto dal basso, uno dei miei segni distintivi (ne ho diversi), l’ho puntata verso l’obiettivo, ho tirato indietro il grilletto e fatto fuoco: a un quarto della potenza. Quentin ha gridato: “Cosa? Questo dovrebbe essere uno sparo? Ho messo i tappi nelle orecchie per questo? Battuto il mio record del cazzo per questo?”. Il reparto dei trovarobe si è subito messo in moto per caricare in fretta la pistola con più polvere da sparo per la prossima ripresa. Io gli ho detto: “Puoi anche ottenere una scintilla, se lubri chi la canna. Ti piacerebbe?”. Quentin ha risposto: “Sì! Sì!”. L’abbiamo rifatta allo stesso modo: so sticato movimento di estrazione dalla fondina, tiro indietro il grilletto, BUM! Non so se ci sia stata la scintilla, perché lo spazio si è riempito subito di fumo denso. La mia immagine sul matte box è letteralmente scomparsa. Ho aspettato nché il fumo si è dissolto e poi ho eseguito il mio movimento all’indietro per far scivolare la pistola di nuovo al suo posto, nella fondina. Quentin ha apprezzato e ne abbiamo fatta ancora qualcuna. Poi abbiamo passato circa mezz’ora a girare una ripresa dei miei fantastici stivali Lucchese color amarena (rigorosamente con i miei piedi dentro) mentre cammino minaccioso verso la chiesa, schiacciando le cartucce sparate sparse lungo il mio percorso. Fine della giornata. Fine di una giornata pazzesca. E del mio canto del cigno in chiesa. Ho salutato tutti. Alcune delle ragazze non le rivedrò più se non nel lm. È stato da spezzarsi il cuore. Siamo diventati una famiglia. A quel punto potevamo andare a casa, ma Annie e io abbiamo deciso di restare a Lancaster per stanotte piuttosto che in larci in una coda di due ore. Abbiamo mangiato ottimamente al Desert Inn. Imprevedibilmente, il ristorante dell’hotel si è rivelato un posticino da stelle Michelin. Siamo andati a letto sazi e felici. Abbiamo spento le luci, acceso un paio di candele votive di Nostra Signora di Guadalupe che avevo comprato in un negozio di alcolici, e la nostra stanza è diventata adeguatamente romantica. Venerdì 27 settembre Abbiamo scoperto che la nonna di Annie vive in una vecchia casa di campagna qui vicino, a pochi isolati dall’hotel, così siamo andati a trovarla. Suo marito è morto anni fa lasciandola con una buona rendita, così sembra, ma qualcuno l’ha convinta ad accendere un’ipoteca sulla casa per investire in qualche idea bislacca e lei ha perso tutto. Ora vive da sola nella sua casa che sembra una stanza da albergo economico, mangia alla caffetteria e non ha più il suo pianoforte. Mi chiedo se potrebbe essere una trama adatta ai gusti di Samuel Goldwyn. Non so perché ma mi risulta familiare. Si è messa a guardare le fotogra e appese al muro e ci ha raccontato dei suoi parenti, vivi e morti. L’abbiamo portata a pranzo. Lei, ovviamente, è una dolce signora. La maggior parte delle persone anziane è come lei. Che cos’altro hanno da fare? Non riusciva a leggere il menù, perché si era dimenticata gli occhiali. Le ho prestato i miei con le lenti fumé, comprati in un drugstore. Le davano un’aria incredibilmente trendy. Abbiamo parlato di musica.

Dopo aver riportato la nonnina a casa, io e Annie siamo volati al set, perché lei voleva dare un’ultima occhiata veloce a Michael Parks mentre interpreta il burbero Texas Ranger che investiga sul massacro e scopre che Uma è ancora viva, l’unica sopravvissuta. Michael potrebbe essere considerato uno dei miei mentori. Era la star di Bus Riley’s Back in Town[51] insieme a Ann Margret, il lm in cui ho avuto la mia prima parte, un giorno di lavoro, nel ruolo del vecchio compagno di liceo di Michael. Avevo tre righe. I nostri percorsi si sono incrociati tante volte, da allora. Tutti i membri della mortifera Viper Squad erano già andati via. Sembrava di essere in un altro lm. Anche Samuel L. non c’era più. Al suo posto al piano era chinato un altro ragazzo, con indosso gli abiti insanguinati di Sam. Il pavimento della chiesa era ricoperto di attori che facevano i morti. I muri della chiesa erano crivellati di buchi di proiettile, che la troupe ha creato con trapani e piume. Sembravano veri. E così, sistemati anche i cadaveri. Ho parlato un pochino con Uma, stesa sulla schiena, per terra, nel suo vestito lacero, con il sangue, i tagli e le ferite nti. Penso di averla tirata su di morale. Bo era schiacciato in un angolo, con un grande buco nella camicia bianca, sotto la striscia di sangue sul muro che ha lasciato scivolando giù dopo essere stato colpito. Era di ottimo umore, nonostante questo. Ho scambiato due parole con quello che all’improvviso ho scoperto essere il fantoccio di Chris, lo sposo. Il manichino era incredibile simile a una persona in carne e ossa. La sola cosa differente è che aveva una testa esplosa per metà. C’era Michael, col cappello da cow-boy e l’abito color cachi, con una stella d’argento pinzata alla camicia. L’abbiamo guardato spadroneggiare sulla scena, insieme a suo glio che gli fa da vice. Michael è davvero un grande, un ottimo attore, sempre padrone di se stesso. È passato attraverso la carne cina che avevano abbandonato lì per lui come se fosse il suo regno, perfetto nel ruolo dello sceriffo scemo, che parla come uno zotico e sta attento a non sporcarsi gli stivali. Ho raccolto le mie cose lasciate nel reparto dei trovarobe (una scusa per fargli un ultimo saluto), prendendo con me anche la lacca nta e l’ottima spazzola che avevano comprato (non si sa mai), e salutato tutti. Ci ritroveremo tra dieci giorni circa, se il piano non salta. Mercoledì 9 ottobre Siamo andati a vedere Red Dragon, buono. Edward Norton era superbo, reale; be’, in fondo è uno dei giovani Maestri, no? Anche Ralph Fiennes era notevole. Anthony Hopkins era okay, immagino. Annie l’ha apprezzato, ma io penso che avrebbe dovuto smettere di interpretare questo ruolo almeno un lm fa. Sta usando tutti i trucchi che conosce, raschiando il fondo del barile – secondo me. Hannibal sta diventando una caricatura, se non lo era già. Anthony è uno dei migliori attori che abbiamo, ma questo non è uno dei suoi momenti migliori. I critici lo adorano, ma ho imparato che sono leccaculi per principio, soprattutto con i britannici. Spero l’abbiano pagato tanto, ma tanto. Ci siamo fermati da P.F. Chang per un caffè, e lì ci ha salutati una signora che sedeva sul terrazzo con tre pollastrelle di colore. Spesso le persone mi salutano per strada, persone che non conosco. Ho risposto gentilmente, mantenendo però un certo distacco, no a che non ho capito che era Deedee, il produttore associato di Pechino che è stato così fondamentale nell’organizzazione delle feste. Che cazzo ci fa seduta qui nel ristorante di un centro commerciale della West Valley? Allora ho realizzato che la ragazzina nera nascosta sotto il cappello da giardinaggio alla Walter Matthau non era altri che Vivica A. Fox, e le altre due ragazze gente del suo entourage – la truccatrice e la hair stylist, credo, che avevo incontrato nella cappella a Lancaster. Le sono saltato incontro per abbracciarla, e ci siamo stretti per un lungo momento, ridacchiando. Vivica è un affarino simpatico. Aveva appena terminato il suo ultimo giorno di riprese. Era su di giri, ci siamo fatti una gran bella chiacchierata, parlando di tutto quello che abbiamo patito, e di quanto sia stato terribile e grandioso. Ero davvero scazzato che per lei fosse nita. Avevo tentato in tutti i modi di raggiungerla sul set per vederla lavorare, ma le hanno ridotto la parte (togliendo alcuni elementi delle scena – in particolare, sembra, tutta la roba della sequenza animata) e l’hanno fatta nire prima. Risparmiando circa un milione di dollari, secondo Quentin. Mi chiedo se questo signi chi che viene fatta fuori l’intera idea del cartone animato. La parte di Vivica con Uma contiene la scena di lotta più violenta di tutto il lm. Dura e sporca. Queste due signore praticamente si squarciano a vicenda, tipo guerra di strada. Uma fa letteralmente a pezzi la cucina di periferia di Vivica. Mi sarebbe piaciuto assistere. Vivica ci ha detto di essersi

ferita un po’ da tutte le parti, perché non ha voluto la contro gura. Ci credo! Però non ci ha mostrato i segni. Quando tutto è nito, ha detto, è rimasta di fronte allo specchio del suo camper, a guardare le lacrime scorrerle lungo le guance. Ma poi ha ripreso il controllo e ha detto alla sua immagine: “L’ho fatto! Ce l’ho fatta, cazzo! E adesso, ho fatto un Tarantino! Yo!”. Abbiamo trascorso insieme circa due ore, forse di più. Il tempo è volato. Deedee aveva tanto da dire sulle sue spese non necessarie e i ritardi che, secondo lei, hanno contribuito a tutti quei cambiamenti. Ha sparlato di tutti quelli dell’amministrazione, esclusi i tipi della Miramax – che sono quelli per cui lavora lei, ça va sans dire. Inoltre ci ha parlato di quanto è stato costoso girare a Los Angeles, rispetto alla Cina: 165 mila dollari al giorno, contro i 70 di Pechino. “Proprio così” ho risposto. In una democrazia, le persone ricevono uno stipendio. E se lo meritano. La troupe di Los Angeles non si batte, è la migliore. Deedee inoltre ha difeso a spada tratta Yuen Wu Ping, che de nisce con toni smielati “Il Maestro”. Non ci ho mai creduto a questa roba. Ehi, io li ho conosciuti, i Maestri. Wu Ping è un artista, sicuramente, e sicuramente sa il fatto suo, ma… Maestro? Questo tipo gestisce un business. Non è sulla cima di una montagna a bere tè e dispensare saggezza, ed è un po’ troppo arrogante per i miei gusti. Tratta le persone del suo gruppo come dei cicisbei, e tutti gli altri come essere di una specie inferiore. Per quanto ne so io, Wu Ping è un maestro solo nell’arte di non guardare le persone. Ti guarda solo attraverso. Soprattutto quando cerchi di essere carino con lui. Deedee ha detto che la barriera linguistica ha rappresentato un grosso problema, e che il suo interprete, Fish, tendeva a prendersi qualche licenza poetica, nel tradurre quello che “Il Maestro” diceva. Okay, magari è andata così. Però, mi ci è voluto comunque un mese per ricevere un fottuto “buongiorno”, e questo dopo almeno un centinaio di pause sigaretta insieme fuori dalla palestra, dove se ne stava guardando sempre ostentatamente da un’altra parte. I suoi allenatori, che invece erano sempre sorridenti, avevano lo stesso problema di lingua, forse anche di più. No, il suo problema era la falsità. E il lato oscuro di questo uomo è tanto ovvio come il naso che ha sulla faccia e che tiene sempre all’insù. Forse Wu Ping può prenderti a calci in culo, forse no, ma non ha un briciolo dell’umiltà e della gentilezza verso le altre creature, inferiori nell’arte marziale, che distinguono un Vero Maestro. Ho avuto rapporti con capi indiani e uomini di medicina, i monaci Shaolin, incluso l’abate, un vero guru o forse due, e pochi veri geni. Un Maestro non ha bisogno di recitare. Ho detto a Deedee tutto questo, o almeno gran parte di questo, intercalando il racconto dettagliato, divertito e infervorato di Vivica di questo grandioso asco, da quando abbiamo iniziato il training ad aprile no a ora: il Buono, il Cattivo e (con grande fervore) tutto il Brutto di quest’avventura. Alla ne, mentre ci stavamo dando la buonanotte, la dolcissima Vivica mi si è sciolta tra le braccia ed è stata di nuovo vicina al pianto. Mi ha ricordato quella colazione, una mattina al St. Regis di Pechino, quando stava soffrendo le sue pene d’amore, e le avevo consigliato: “Sii felice, e basta”. Si era illuminata, brillava. Sembrava avesse diciassette anni. Spero di poter lavorare di nuovo con lei, un giorno. Amo questa stronza. Giovedì 10 ottobre Il piano è saltato. Non so quando tornerò a lavorare. In un certo senso va bene, avrò più tempo per mettere giù una montagna di parole. D’altro canto, però, è un problema. L’ultimo giorno di riprese verrà posticipato ancora e perciò io non posso accettare nuovi lavori, e mi fotterò tutto lo stipendio in una settimana. Dovrò raschiare il fondo. Lunedì 21 ottobre Il piano è cambiato di nuovo. Adesso pare che il lm non sarà nito prima della metà di dicembre. Cioè altri due mesi. E io ci sono dentro no all’ultimo, senza che mi diano altri soldi per le settimane extra. Sarà un Natale al risparmio, a meno che i miei nuovi agenti non mi rimedino qualcosa. Martedì 22 ottobre

Oggi ho avuto un colloquio da Endeavor. Almeno otto agenti stipati in un piccolo ufficio a Scott Melrose. C’era anche Gayle, nel suo nuovo New York-style molto chic. Un gruppetto di giovani lavoratori entusiasti di cui non ricorderò mai i nomi. Ho portato con me le bozze di alcune fotogra e di Kill Bill. Erano stupefatti. Li ho messi a tacere e dimostrato loro che stiamo davvero realizzando un lm, noialtri. Sono per la maggior parte scatti di Andrew Hasselblad, molto grandi, e anche se solo bozze sono impressionanti. Tutti hanno sottolineato quanto sia in forma Uma. Nessuno ha detto niente di me. Ho colto l’occasione per dare a Gayle, in ritardo, il suo regalo di compleanno: un bracciale di Tiffany. Le è piaciuto tantissimo. La riunione è stata uno spasso, penso che funzioneremo insieme. Spero solo che qualcosa accada p r e s t o, prima che arrivino gli sciaccalli. Alla ne ho detto: “Questo è solo l’inizio”. Tutti hanno risposto “Sì, sì!”. E io: “Parlavo del bracciale”. Giovedì 24 ottobre Larry McConkey, l’operatore steadicam, è arrivato guidando un grosso tir con l’ultimo carico dei nostri acquisti a Pechino, un enorme acquario per i pesci in ceramica della dinastia Qing, vecchio almeno 150 anni e decorato con dragoni intagliati e pitturati. I giardinieri di Annie ci hanno chiamato dicendo di andare in fretta sul retro. Pesa almeno 180 chili. Non so perché Larry sia arrivato con un tir, ma è stato bellissimo vederlo. Ci siamo presi un caffè e abbiamo parlato del lm. Lui ha già visto un po’ di montaggio, con effetti al computer e la musica. Dice che le scene d’azione fanno sembrare Matrix una noia. Larry ha partecipato a tutti i lm di Quentin. È un vero credente. Mercoledì 30 ottobre Oggi sono venuti in due dal reparto costumi per razziare di nuovo il mio guardaroba. Stavano cercando qualcosa per la nuova versione “Messico” delle riprese, che però non gireremo più in Messico. In origine avrei dovuto indossare uno smoking. Adesso, lo stile delle sequenze è più sul casual. Si sono presi alcuni abiti rmati. Hugo Boss, Issey Miyae, Prada. Roba che, così mi dico, è la roba. Per me è tutta e solo pubblicità, pezzi di stoffa che costano una fortuna perché ci hanno cucito sopra due pietre semi preziose. Ma alcuni vestiti sono davvero belli. E perfetti per farmi sembrare un assassino miliardario cosmopolita. Ovviamente sarà Quentin a decidere. Il piano di lavorazione continua a cambiare… e ad allungarsi. Dovevo partire per Barstow, dove girerò la scena con Michael Madsen, domenica, poi invece mi hanno detto mercoledì, se non addirittura giovedì. Questo farà ritardare la scena alla hacienda con Uma e le intere riprese “Messico”. Questo lm sta diventando il lm di una vita. Per fortuna mi sono arrivati un po’ di soldi che avanzavo da SAG, per un cartone animato a cui ho lavorato tre anni fa, Balto II o III. Facevo la voce del vecchio saggio lupo. Quando l’ho visto sul grande schermo, sono impazzito. Io e Annie siamo andati a depositare il denaro e poi abbiamo festeggiato con una cena al Dan Tana. Sul presto, perché volevo andare a vedere un lm al Beverly Center, un enorme mostro che sembra un centro commerciale e che si trova sulla strada da Cedars-Sinai. Però non c’era niente che ci ispirasse. Ci siamo fatti una passeggiatina guardando le vetrine. Dovevo comprare qualcosa, però. Ho preso un profumo per Annie. Lunedì 18 novembre È arrivato il momento di tornare al lavoro. Barstow: la mia scena con Michael Madsen, che recita mio fratello Budd. Una macchina è venuta a prendermi tardi la notte. Ho trascorso la serata al Skirball Center, come conduttore di una serata di bene cenza, qualcosa a che fare con gli alberi, credo delle sequoie centenarie. Non ho mai condotto una cosa del genere, ma avevo parecchio da dire sugli alberi, perciò è andata bene. Mi sono fatto quattro risate e quattro soldi. Barstow non ha assolutamente niente di bello, tranne un autovelox. È il fondo del barile, che è esattamente ciò che volevamo. Ci hanno portati al Ramada Inn verso le due del mattino, e ho cercato, per quanto impossibile, di dormire un pochino, senza successo. Sono arrivato sul set come in trance. La roulotte del personaggio di Michael, troppo assurda per no per lui, si trova in una gola,

circondata da formazioni rocciose straordinarie. Tutto intorno ci sono i soliti mucchi di immondizia che fanno tanto tugurio, e il triste camion del suo personaggio. Intorno al set c’erano invece tutte le roulotte della produzione e gente che si dava da fare con luci e attrezzature. Sopra tutto quanto, appeso tramite un cavo al braccio di un’enorme gru gialla, c’era un tendone di seta grande come due campi da tennis, teso sopra un’intelaiatura di travi d’alluminio. A questo punto del lm, Budd sta guardando attraverso il fondo di una bottiglia di liquore, mastica del tabacco e periodicamente lo sputa in una tazza da caffè. Quentin gli ha chiesto che sapore avesse la combinazione delle due cose. Michael ha risposto che è un mix piuttosto “forte”. Questo mi ha fatto pensare che forse stanno usando vero liquore. Non ho chiesto; però sapevo che il tabacco era vero. Anche Quentin ha fatto qualche presa, ovviamente. Io ho lasciato stare. Sono tornato ai tempi in cui lavoravo alla birreria Lucky Lager, dove non potevi fumare però potevi sputare. Mai fatto, comunque. Abbiamo lavorato alla scena tutto il giorno, affrettandoci mentre le ombre correvano sulle rocce del canyon. Le riprese devono essere qualcosa di… Io, nel mio abito da western, con le mie sei proiettili placcate in nickel e la De omaso Mangusta grigio piombo (l’automobile che hanno affitato per Bill dopo che la Cadillac ha detto alla produzione che avrebbero potuto avere il prototipo della Cien per un milione di verdoni) addormentata sul retro, come il fedele destriero di John Wayne. L’intero set di questa scena è stagliato sulle rocce rosse, con le ombre che sgusciano sull’automobile mentre io recito il mio lungo monologo. Magni co. Michael è stato fantastico, così bravo che quasi non reggevo il confronto. Ha fatto completamente suo questo tipo. Facendo tutte le smor e che gli riescono, che sono molte più di quelle che chiunque altro riuscirebbe a fare. E tutto in maniera spontanea, naturale. Prima delle riprese Quentin mi ha detto: “Non seguire quello che fa Michael”. Io gli ho risposto: “Stai scherzando? Non oserei. Non muoverò un muscolo!”. E così ho fatto. Nonostante questo, però, sembra abbia fatto una performance decente. Tutti se ne sono detti esaltati. Ma Michael: il migliore! Durante i preparativi mi ha preso da parte e chiesto se credo in Dio, ha parlato di quale mondo i suoi gli andranno ad abitare, e del signi cato di tutto. Ho cercato di rispondergli con sincerità. Sono domande difficili. Ho detto a Michael che mi limito a mettere un piede davanti all’altro, ricordandomi sempre di camminare piano sulla Terra e di risistemare le zolle di terra quando gioco a golf. Ha soltanto annuito e poi si è accovacciato sulla soglia malconcia della sua roulette, per rientrare nei panni del rozzo zotico ubriacone che fa il buttafuori in una bettola. Alla ne, col giorno che niva sopra di noi, mi hanno detto che niremo di girare domani pomeriggio. Al mattino si concentreranno su Daryl, che ucciderà Michael dandolo in pasto a un mamba nero[52] mentre io me la dormirò della grossa. Ho saltato la cena, come faccio la maggior parte delle sere, preferendo uno spuntino con robaccia calorica del 7-eleven, guardando lm alla tv no a che non sono svenuto dal sonno. Martedì 19 novembre Una giornata ancora più bella. Adesso che abbiamo messo in cascina la maggior parte delle scene, con tutte le piccole sfumature che Quentin ci ha inculcato e che ormai sono parte della nostra natura, abbiamo portato a casa rapidamente anche tutti i primi piani, sfruttando quello che abbiamo imparato. Siamo tutti più divertenti, più intensi, più concentrati. In una parola: migliori. Abbiamo rifatto il nostro scherzetto del tramonto, di nuovo a ne giornata, questa volta con il lungo monologo di Michael, e alla ne ho provato la sensazione super di essere una grande parte di un grande lm. Morirò di stenti con queste riprese senza ne, ma chi se ne fotte? Non è mai stata una questione di soldi. Questa roba è il motivo per cui ho lasciato il mio lavoro alla fabbrica di birra: per diventare un attore. Martedì 26 novembre Ho ricevuto una telefonata praticamente all’ultimo minuto con l’ordine di tornare a Barstow lunedì per una panoramica di me che guido verso la roulotte di Budd nella mia De omaso Mangusta. Questo ha signi cato ripartire la domenica notte dopo il party pre-natalizio di Norby Walters al Friars Club.

Norby ne dà uno ogni anno. Cocktail e tacchino con un centinaio di amici. Norby deve avere la migliore rubrica della città. Tutti i presenti nella sua lista c’erano, vecchi tipi come Sid Caesar, con cui in passato ho giocato a poker. Cazzo, adesso fa fatica a reggersi in piedi. E poi alcuni giovani stalloni di cui avrei dovuto sapere il nome (e invece non lo sapevo). Belle donne di diverse età e diversi gradi di chirurgia plastica, vestite e ubriache di tutto punto. Vecchie star, nuove star, matricole e meteore. Ho contato almeno una dozzina di Oscar come miglior attore non protagonista, e almeno un nominato all’Oscar come miglior attore. Tutti si stavano divertendo come matti. Il Friars è un posto veramente vecchio. Mi piace andarci. È l’unico luogo in città in cui ancora mi chiamano “Kid”. Ho preso un taxi all’una circa e cercato di dormire, mentre credo-si-chiami-Frank si faceva la sua corsa notturna di due ore. Ho dormito non più di un’ora al Ramada Inn, alle 6:30 ero sulla sedia del trucco. Poi abbiamo aspettato che il sole facesse capolino da dietro le montagne. Faceva un freddo cane e il vento ci sbatteva la terra rossa in faccia. Sono arrivati i venti di Santa Ana, chiaro. Succede ogni anno, in questo periodo: soffiano nel deserto, portando con sé cose strane e incendi. La macchina da presa era posizionata su uno degli speroni di roccia, sopra un promontorio a trenta metri d’altezza che sembrava piuttosto stabile. Potevo vedere la chioma bianca di Bob Richardson sventolare. Il camper di Budd è proprio lì, nella gola del canyon, adesso liberata da tutti gli strumenti del set, circondato da elettrodomestici scassati e divani e poltrone sventrati. La Mangusta era deliziosamente fuori posto, come se fosse atterrato un ufo. L’intera scena sembra uno spot pubblicitario. Quantin è arrivato a passo di marcia con il suo gruppo, infagottato in un parka più grosso di lui, perché Quentin è già così grosso di suo. Gli ho detto: “Sei ancora su questo lm?”. Ha riso, come fa praticamente per tutto, e ci siamo abbracciati stretti. Mi ha spiegato la scena, in sostanza devo scendere dalla macchina (un’impresa di per sé, visto che la Mangusta è molto bassa, hai il volante nel petto e la portiera è stramba) e camminare no alla roulotte. Uno dei trovarobe mi ha dato il mio cinturone da pistolero. Me lo sono stretto per bene in vita e mi sono in lato sul sedile del guidatore, come un calzascarpe in una scarpa. Quentin ha raggiunto la cima del promontorio e abbiamo fatto cinque riprese in un modo e due o tre in un altro, per sicurezza, con Quentin che gridava le sue indicazioni da lassù. “Mi senti, sì?”. Stai scherzando? La voce di Quentin può perforare la roccia. Continuavo a sentire la sua risata echeggiare attraverso il canyon. È andata. Mi avevano convocato anche per domani, ma poi mi hanno detto che non devo, visto che siamo riusciti a nire oggi, ringraziando il meteo o non so che altro. Questo mentre i Santa Ana iniziavano a sbatacchiare lattine di Pepsi e pezzi di attrezzatura già lungo gli speroni di roccia della gola. Sono tornato al campo base, a Lincoln, ancora con la parrucca in testa, e abbiamo mangiato l’asfalto. Sarò a casa per pranzo. Abbiamo preso una strada alternativa per evitare il traffico. Dopo aver passato Burbank, ci siamo ritrovati nel mezzo di una nuvolaglia rossa che mi ha ricordato la tempesta di sabbia che avevamo ricreato per Bound for Glory. Il vento spazzava le colline, nude a cause degli incendi boschivi, portandosi via il già esiguo strato di terra verso Los Angeles. Un’altra settimana fermi e poi cominceremo a girare la sequenza nale. Lavorerò praticamente ogni giorno da quel momento no alla ne delle riprese, che probabilmente sarà nei giorni prima di Natale, anche se voci di corridoio dicono che a qualcuno hanno chiesto la disponibilità anche a gennaio. Domenica 1 dicembre Manhattan Beach, dove hanno sistemato il set che servirà come hacienda messicana, è semplicemente troppo lontana per fare il pendolare tutti i giorni. Andare avanti e indietro mi porterebbe via tre ore al giorno o più. Ho stretto un accordo con la compagnia per farmi alloggiare al Marriott per la durata di queste riprese. Un taxi, guidato da un tizio australiano chiamato Blair, mi aspetta davanti casa alle 11 di sera per portarmi là. Carico le mie cose in macchina: la mia chitarra Mossman, il mio auto alto, il Flauto Silenzioso, una spada, il mio portatile, parecchi libri e riviste, una bottiglia di vitamine ed erbe, un po’ di snack da viaggio, camicie per una settimana, le diverse versioni delle mie battute, riscritte e stampate, giusto un esercizio per ssarmele in testa. La macchina è piena. Verso l’una è tutto pronto e partiamo.

A quest’ora di notte ci vuole solo mezz’ora ad arrivare. Non dormo, però, e la cosa ormai non mi sorprende più. Non lo faccio mai, la notte prima di girare. Non mi preoccupo, mi hanno detto che il primo giorno servirà per le prove, che sicuramente non inizieremo prima del pomeriggio, perciò potrò andare a dormire all’alba, come al solito, e senza sentirmi in colpa. È quello che faccio. Spengo la luce alle cinque del mattino, dopo essermi ristudiato a letto il copione un’altra volta. Adesso lo so decisamente a memoria, parola per parola. Lunedì 2 dicembre Alle otto e mezzo ha suonato il telefono e Dawn, il direttore artistico, mi dice che Quentin ha deciso di cominciare le prove stamattina. Ah, bene. Nessun problema. Non trovo energia nel riposo, comunque. La trovo nel sentirmi ispirato, cosa che sicuramente sarò. Perciò mi portano giù lungo la strada per tre isolati verso gli Studios Raleigh, una struttura nuova di zecca con… saranno almeno ventisei set! Dopo un’assurda attesa all’ingresso, sopportiamo il controllo della sicurezza che è più accurato di quelli che fanno per entrare alla NASA, e ci vuole più tempo per questo che per arrivare qui dall’hotel. Finalmente sono nel mio camper-palazzo. Non aspetto che mi chiamino sul set. Cazzo, non vedo l’ora di iniziare. Trovo da me la strada per lo stage 26, ed entro in un mondo a parte. Un enorme ciclorama con la notte fonda circoscrive un resort veramente convincente. Un paesaggio rigoglioso con palme circonda la hacienda messicana, costruita su quattro piani, che sarebbe degna di un narcotrafficante o di un imperatore azteco. Mentre guardo esterrefatto l’esterno della costruzione muri spessi mezzo metro, vere travi, vero stucco, vere piastrelle, tutto è vero – uno degli arredatori mi chiede se mi piace. Mi dice che l’architetto (credo intenda l’art director, David Wasco) ha disegnato tutto pensando a me, cercando di costruire la casa in cui avrei voluto vivere. Non è andato molto lontano. Ha dipinto tutto di arancio salmone, come un tipico bordello messicano, con tocchi di blu di Prussia – non proprio i colori che avrei scelto io, ma penso che tutto si accordi con la mia mistica, e in ogni caso è perfetta come magione temporanea per un assassino miliardario e la sua bimba di quattro anni. Tutto è vero, qui. Se la casa non fosse costruita in uno studio (e se ci fossero i bagni), potrei trasferirmici al volo. Quentin è in giardino (anche l’erba è vera: almeno otto ettari di torba fresca, deliziosamente inzuppata di rugiada). Ha con sé diverse versioni del suo copione di duecento-pagine-o-giù-di-lì, versioni che risalgono a un anno fa, sparpagliate sopra un tavolo da picnic di design. Mi salta subito incontro e insiste per farmi fare un giro. C’è un salone con un soffitto alto dodici metri, dove si svolgerà gran parte dell’azione. Un altro salotto con un paio di gradini che conducono a un patio coperto, il cui scopo principale, scoprirò, è ospitare Uma nelle pause, per permetterle di fare la maglia – sì, fare la maglia! – tra un ciak e l’altro. Dall’altra parte c’è una stupenda piccola stanza da letto, con una zanzariera che sovrasta un grande letto e dà al tutto un effetto alla Night of the Iguana[53]. Non gireremo alcuna scena in nessuna di queste stanze, che si vedranno solo sullo sfondo. Nonostante questo, sono perfettamente arredate e accessoriate. Ma dove sono tutte le mie cose? Inizialmente non vedo nessuno dei novantasei oggetti che Sandy ha preso dal mio magazzino. La ragione, mi dicono, è che Bill non vive più nella sua villa, circondato da guardie del corpo, com’era scritto nella prima stesura del copione. Quentin ha deciso che un assassino di fama internazionale è sempre in movimento, perciò abiterà nella più stravagante suite d’albergo del pianeta. Continuiamo il tour verso un’enorme scala circolare, sospesa in aria, e lungo un corridoio con archi che sovrastano la stanza principale, la camera della bambina, bella come tutto il resto, con cavalli di pezza e case di bambola e tutto quello che ti aspetteresti di trovare nel regno di una bimba piccola. Al di là dell’atrio c’è un terrazzo, che guarda sul giardino. Sarà un gran bel posto per starsene all’aperto e fumare tra una scena e l’altra. Ci sono cartelli ovunque che vietano di fumare, ma io e Uma siamo autorizzati a fregarcene. Noblesse oblige. Quentin mi mostra tutto questo con l’eccitazione di un bambino. Poi mi lascia da solo per un po’ mentre si confronta con qualcuno circa qualcosa o qualcos’altro. Passeggio per i fatti miei, e trovo un po’ dei miei feticci: la scultura Maya appoggiata a un tavolo, un piccolo asino in legno di balsa. Dentro una credenza, dove nessuno li vedrà, alcuni dei miei libri antichi, sostenuti dai miei reggilibri egiziani.

Su due dei tavoli laterali ci sono due eleganti cartelline di cuoio, una con un elenco di numeri per il servizio in camera, l’altra più sottile con della cancelleria, monogrammata con grandi “Q” stampate, che stanno per Villa Quatro, il nome della vera location di Baja California in cui gireremo gli esterni. Quando tutto sarà nito, queste “Q” staranno per “Quentin”, ovviamente. La cartellina più grande è della misura giusta per contenere la sua prossima epica sceneggiatura. Il tocco in più, che sottolinea come la troupe degli scenogra sia attentissima al minimo dettaglio, è la chiave di una stanza, appesa a una grande “Q” di cuoio, abbandonata su un tavolino da caffè accanto alla mia scatola di sigari (sempre di cuoio). Di nuovo in giardino, è arrivata veleggiando Uma, vestita in maniera semplice ma incantevole, e subito ha cambiato l’atmosfera solo per il fatto di essere lì, lei, la musa. Quentin propone di ordinare il pranzo, possiamo scegliere tra tre ristoranti. Andiamo di italiano. Io ordino carpaccio, non posso fare a meno di scegliere carne cruda, quando posso. Poi scendiamo per queste prove – no, non prove, in effetti. Per prima cosa, c’è la spiegazione del nuovo piano di Quentin. Una situazione completamente diversa. Il più grande cambiamento è che la lotta a morte del nale non si terrà su una spiaggia in Messico. La faremo proprio qui, nel giardino della hacienda. Il copione che ho così laboriosamente ssato nella mia testa sarà interamente stravolto. Qualcuna delle novità resterà, alcune cose vecchie-nuove verranno reintegrate, altre del dialogo originario imparato a febbraio riconquisterà il suo spazio, insieme a qualcosa di nuovonuovo, che serve come tessuto connettivo per tenere insieme tutto quanto. Cominciamo, leggendo il nuovo (ormai vecchio) copione, poi proseguiamo con il vecchio-ora-nuovo. Mi gira la testa, ma va bene così. Arriva il pranzo e facciamo pausa. Cerchiamo poi di superare l’empasse per il non sapere “dove” nell’hacienda diremo e faremo “cosa”. Nel copione, la maggior parte dell’azione si svolge al tavolo del banchetto, con Bill in smoking, ma questo è stato cancellato. Quentin ha deciso che tutto avverrà al bancone del bar, dove io starò facendo dei panini e intanto do ato al monologo di due pagine circa l’apprendimento da parte di BB, la glia di Uma, dei concetti di vita e di morte dopo aver calpestato Emilio. (Emilio è il suo pesce rosso.) Dopo di che continuerò il monologo portando BB su per la scala sospesa, verso la sua cameretta. Sarà una grande scena, con la gru che ci seguirà su per le scale e lungo la balconata del corridoio. A questo punto io lascerò Uma e BB da sole, insieme, a guardare un cartone della Disney (se riusciamo a ottenerne i diritti). Quando Uma avrà messo la bimba a dormire, tornerà al balcone e mi vedrà al piano di sotto che guardo un lm di Roy Rogers[54] su un mega schermo. Io e Uma ci mettiamo da soli a lavorare sulla nostra scena, quasi una scena d’amore, se non consideri il fatto che stiamo per saltarci addosso sguainando spade samurai. Uma è deliziosa mentre si sporge dalla balaustra e mi osserva. Questo lavoro è molto piacevole, come provare su un palcoscenico a Broadway. Appena nito, intervengo con alcune semplici osservazioni. Ho portato alcune cose con me che potrebbero aggiungere un non so che all’atmosfera. Per prima cosa, butto sul tavolo da pic-nic un pacchetto di sigarette messicane, Delicado, che conservo da tre anni, dai tempi delle riprese a Durango di Warden of Red Rock[55]. Decisamente, mi affeziono alle cose. Poi ho tirato fuori il Flauto Silenzioso. “Sì, benone” dice Quentin. “È chiaro che deve proprio stare qui”. Gli mostro poi il mio Sword of the Day Warrior, un fumetto di supereroi che ho preso a una delle convention per autogra . Quentin sballa del tutto. “Mettiamolo sul set da qualche parte” dice. “Certo, questo, o la spada samurai di Bill” faccio io. Q risponde: “Sì, grande idea! Ma dove? Trova un posto per la spada” continua rivolgendosi a chiunque stia ascoltando, cioè a tutti. Quentin non mormora mai, è una delle cose più belle del lavorare con lui. Con l’udito scarso che mi ritrovo, tra pistole e rock&roll, è stupendo lavorare con qualcuno che parla sempre in modo che io possa sentirlo. Non devo mai chiedere di ripetere. Gli altri cominciano a guardarsi intorno alla ricerca di un buon posto. Dico: “Perché non sulla porta d’ingresso?”. Quentin non è sicuro. “Forse è un po’ troppo…”. “Non so” continuo io. “Potrebbe essere la prima cosa che lei vede, quando irrompe nella casa…”. “Okay” risponde lui. “Ci sto”.

Vorrei aggiungere di disporre il cinturone con le due pistole di Bill da qualche parte ma Scotty, il trovarobe stizzoso, l’ha già sistemato su uno dei tavoli laterali del giardino. Suggerisco a Scotty che forse potrebbe mettere la mia chitarra da qualche parte, visto che stanno cercando di fare Bill il più possibile simile a me. E non esiste che io possa abitare in una casa che non abbia una chitarra in bella mostra. Scassino la cassetta di legno nodoso impenetrabile che ho ereditato da Fratello Mike, ricoperta di gurine della Harley e decalcomanie degli Indiani d’America, e ne estraggo “l’ascia” che ho selezionato dalla mia collezione. Avrei potuto portare con me una Gibson vintage, o una classica Manuel Contreras, che non ha prezzo, ma ho scelto la Mossman Golden Era Custom, che ho disegnato io per me stesso nel ’73; è ornata con una vite che serpeggia lungo la tastiera e intarsiata sul capotasto c’è una spiga di grano color madreperla. Uno strumento veramente bello. Quentin, a cui non sfugge niente, ci sta ascoltando. “Sì” dice. “E penso anche che dovresti suonarla”. Questo non succederà. Ma non si può avere tutto, immagino. Quentin ha anche deciso che dovrei fumare un sigaro, in un certo momento della scena, perciò Scotty mi chiede che tipo di sigaro voglio. “Perché, fanno sigari in qualche posto diverso da Cuba?” gli dico, strappandogli una risatina. Poi aggiungo: “Ehi, va bene tutto. È solo un lm, giusto?”. Ma lui insiste. Gli rispondo: “Be’, credo di averne qualcuno con me”. E tiro fuori il mio umidi catore portatile ermeticamente sigillato: si chiama “Road Warrior”. Sembra un oggetto trovato su un’astronave, totalmente sottovuoto, se vuoi, e impermeabile. Se fosse stato trasportato sul Titanic avrebbe trovato il modo di risalire in super cie, e con il contenuto buono come se fosse nuovo. Contiene circa venti sigari. C’è un po’ di tutto dentro, dai toscanelli ai Lanceros lunghi mezzo metro. “Okay” dico. “Per me un cubano Montecito o Partagas sarebbe ideale. Anche un dominicano va bene. Ma per Bill… Be’, il minimo per un Assassino Miliardario è un Cohiba. Dicono sia quello che fuma Castro”. Scotty è entusiasta: “Perfetto! Cercheremo di trovarne uno. Nel caso non ci riuscissimo, dammi una striscia dei tuoi, ne faremo delle copie e le useremo per rivestire qualche dominicano”. Mi piace l’idea. Allora tolgo con cura la prima striscia di un panatela e gliela passo. Quentin chiama a raccolta la troupe di regia e spiega che cosa sta per fare. Il primo ciak, dice Quentin, sarà l’entrata di Uma attraverso la porta d’ingresso, pronta a uccidere Bill. Okay. Ci sono alcune domande da parte dei vari reparti. Poi Quentin prosegue descrivendo l’intera scena, e intanto cammina, o corre, con la troupe che lo segue febbrilmente cercando di stargli dietro, su per le scale, nella cameretta, di nuovo giù nel salone, vicino al caminetto, continuando a descrivere come dovremo lavorare, no al punto dove, come una specie di clianger[56], io dico: “Guarda caso ho una soluzione”. Allora Quentin, con uno dei suoi soliti gesti espansivi, ribatte: “Ed è quello che faremo nei prossimi giorni. Vi dirò il resto mercoledì”. Tutti si domandano quali cambiamenti di strategia saranno richiesti – non ultimo, qualcuno dovrà riscrivere il copione. Quentin spiega a Bob Richardson in maniera sommaria ciò che per primo verrà girato. Gesù, è un piacere vedere una persona così reattiva. Bob è imperturbabile. Sorride sempre, sempre ducioso che il futuro sarà sempre migliore del presente. Stabilito il tutto, Quentin ci manda tutti a casa. Domani (sul presto, ovviamente) cominceremo a girare. Martedì 3 dicembre Il set si è trasformato, ora è pieno di persone. Un vespaio, potrebbe essere la de nizione giusta. Sparpagliati per tutto il patio ci sono giocattoli per bambini; il Flauto Silenzioso giace in mezzo a loro, insieme alla mia copia originale di e Patchwork Girl of Oz[57], che si trova sul tavolo da picnic. C’è anche il pacchetto di Delicados messicane che ho conservato per almeno un decennio proprio per un’occasione come questa. La Mossman Golden Era fa la sua presenza in una delle sedie. L’effetto nale è il momento congelato di una mattinata padre- glia passata a suonare e giocare. È il momento di incontrare Perla Haney-Jardine, la bambina che interpreterà BB, la bimba di cinque anni che nel lm è mia glia, che La Sposa (Uma) non ha mai visto, visto che è entrata in coma prima ancora che nascesse. Perla è un tesoro. Una bimba proprio carina, con quel sorriso timido che potrebbe sciogliere un ghiacciaio. Non vedo in lei quell’alienazione che domina la maggior parte degli attori bambini. Con i suoi lunghi capelli biondi, è decisamente un’ottima scelta per recitare il ruolo della glia di Uma; anche se in realtà assomiglia di più a Daryl. Resta da vedere che attrice è, ma quel sorriso la porterà lontano.

Uma afferra la copia di e Patchwork Girl of Oz e comincia a cinguettare sull’abilità degli scenogra . Non per togliere loro meriti, ma le dico che si tratta di una mia copia personale. Lei mi guarda in maniera molto intensa. Credo non mi veda molto nel ruolo di collezionista di libri su Oz. Per dirvi quello che sa di me. Anche Uma ha una glia di cinque anni, perciò, che cazzo! Prendo il libro e ci scrivo una dedica per questa sua bambina, Maya. Intercetto Scott, il trovarobe, e gli dico che quando avremo nito di girare deve lasciare il libro a lei. Adesso Quentin dice a tutti della prima aggiunta nel suo nuovo piano. È molto eccitato. Uma si scaraventerà all’interno della casa brandendo una 9 millimetri in una mano e una spada samurai nell’altra, aspettandosi di essere aggredita. Si muoverà con circospezione nella grande sala verso il patio, dove Perla, cioè BB, e io la saluteremo schizzandola con una pistola ad acqua (rimasta dalla prima versione della sceneggiatura) e poi, ngendo di essere stati colpiti da un proiettile, cadremo a terra come morti. La troupe sistema il set per permettere a Uma di fare irruzione dall’ingresso. Uma se ne va al trucco per trasformarsi nella sposa vendicatrice. Io vado a controllare la spada “Hanzo”. È magni ca, risalta sulla parete d’ebano dell’ingresso. La tiro via e la faccio roteare un po’. Ne hanno messa una vera, nella guaina, perciò è particolarmente divertente. Ci sono diversi tipi di questa spada, e lo senti tenendola in mano. Due sono di vero acciaio, con il lo smussato; una è una vera spada, tagliente; molte sono di alluminio; e poi c’è un’intera s lza di spade di legno dipinte in alluminio. Esperienze passate mi insegnano che ne romperemo parecchie durante la battaglia. Non posso aspettare. Adoro recitare con la spada. Qualcuno fa notare che la troupe della fotogra a usa la spada come punto focale, quindi la smetto di giocarci e la rimetto a nanna. Mi allontano per dedicarmi al mio trucco e parrucco. Manny e Heba sono felici di rivedermi. È una bella riunione di famiglia. Di nuovo nel mio camper, dispongo su un piccolo tavolo la mia spada “Day Warrior” e quella samurai più corta, stile harakiri, giusto per immergermi nel giusto mood del lm. Faccio anche un po’ di pulizie, gettando le cartacce degli snack e la pila di riviste alta mezzo metro, e mettendo a posto l’ultimo romanzo di Tony Hillerman, e Wailing Wind, e e Annotated Wizard of Oz, tutte cose che ho accumulato per tenermi occupato nelle in nite ore di attesa. Sapendo quanto sia importante per il lm l’entrata in scena di Uma, il suo ritorno-a-casa-pervendetta, e sapendo anche quanto sono attenti Q e Bob con le loro sistemazioni, e quante riprese e angolazioni diverse vorranno girare, certamente non mi chiameranno prima di pranzo. Hanno ricopiato alcune pagine di questa giornata di lavorazione, tutte pasticciate di appunti delle varie versioni, che hanno quasi nessuna somiglianza con quello che stiamo per fare. È difficile per chiunque stare dietro al processo ri-creativo di Quentin. A metà del primo capitolo di e Wailing Wind, mollo il colpo e mi faccio un pisolino. Non ho idea di quanto sia passato quando Heather, una simpatica ragazzina della troupe, bussa alla mia porta. “Sono pronti per te” mi dice. Sulla strada verso il set, Scott mi ferma e mi dice che hanno trovato una scatola di veri sigari Cohiba, e mi dà la mia stecca. “Ragazzo, avete fatto in fretta” dico. “Il nostro scopo è soddisfare i vostri desideri” mi ha risposto. Le troupe di Hollywood sono le migliori. Stavano sistemando il set sul patio per la nostra battaglia con le pistole. È la prima volta che vedo il costume di Uma: uno striminzito giubbotto di pelle su pantaloni aderentissimi, con la spada Hanzo sulla schiena. Sembrava un supereroe. E poi così sexy. Abbiamo ripetuto per un po’ la nostra scena, per trovare le giuste posizioni, con Quentin e Bob che discutevano sulle angolazioni da prendere. Marty, l’addetto al copione, era completamente incapace di capire quale copione stessimo usando, un po’ come tutti noi del resto. L’ho aiutato a orientarsi cercando di riempire i suoi buchi con quello che sapevo. Io e Perla, poi, abbiamo cominciato a divertirci con le pistole ad acqua. Anche se abbiamo scoperto in fretta che non si tratta di pistole ad acqua. Perla ha una cosa verde che ha la stessa forma della 9mm di Uma. Io invece una pistola rossa alla Flash Gordon. Dovrebbe emettere suoni e luci, forse anche qualche sparo, ma le batterie sono scariche (saggia decisione). Perla si

esercita a cadere per terra ngendosi morta, mentre il suo “vero” papà, un bel ragazzo, le fa imparare il nuovo (vecchio) dialogo. Nel frattempo, Bob fa una vera e propria magia con la seta per creare la giusta luce. Finalmente, ecco l’“Azione!”. Uma appare dall’angolo, con gli occhi che ammeggiano, la pistola pronta, per trovare me e Perla seduti sui gradini a giocare. “Bang!” dico io. Uma ci ssa. Così, dico: “Oh, mamma ci ha colpiti! Cadi, piccola. Siamo morti!”. O qualcosa del genere. Cadiamo entrambi, rantolando e annaspando. Poi, dall’aldilà, assumo il tono di un annunciatore televisivo e ronzando racconto di “Kiddo Tiro-Facile” (cioè Uma), e la invitiamo a giocare con noi. L’“annunciatore” spiega come BB non sia veramente morta “grazie al fatto che è resistente alle pallottole”. Così, Perla spara a Uma, che inscena una morte sdolcinata, tutta brividi, e cade a terra. Poi lei e Perla si abbracciano, mentre io osservo, raggiante. Questa piccola, dolce scena, capisci, si colloca verso la ne del lm, dopo che Uma ha ucciso o mutilato centinaia di persone con una spada samurai, un coltello da combattimento della Marina o le sue nude mani (ettolitri di sangue nto e centinaia di armi e teste di gomma). E proprio quando il pubblico è pronto a vedere la grandiosa battaglia nale tra noi due, cominciamo a recitare come se fossimo in un lm della Disney. Abbiamo girato questa scena per il resto della giornata, da mille angolazioni diverse, anche se sempre dal punto di vista di Uma. Abbiamo nito tardissimo, quasi le undici. Torneremo domani e lo faremo di nuovo per le riprese di Uma, con la macchina da presa che la ritrae in senso inverso. Bill, il primo direttore artistico, con tono contrito mi chiede se sono disposto a rinunciare alle dodici ore di riposo garantite dal sindacato degli attori. Io dico: “Certamente”. C’è un grande piano nell’atrio dell’hotel, e mi viene in mente di suonarlo, ma, in questo momento, un vecchio signore sta strimpellando motivetti con un dito. Ordino un cappuccino, deciso ad aspettare che se ne vada. È davvero pessimo. Mi chiedo come un ragazzo vecchio come lui, che non ha evidentemente nessun talento, possa aver vissuto così a lungo senza essere migliorato di tanto così. Alla ne non riesco a sopportare oltre quello strazio. Lo avvicino e sorvolo come un condor affamato, no a quando capisce la solfa e abbandona il seggiolino. Mi siedo, pensando, adesso gli faccio schizzare via il cervello. Ma in realtà stasera non sono molto ispirato. Il vecchio apprezza, comunque. Gli regalo quindici minuti di suonata e vado a dormire, anche se non dormirò affatto. Mercoledì 4 dicembre Continuiamo con il gioco delle pistole ad acqua, questa volta tutto su Uma. Gayle Max, la mia manager, arriva insieme a Scott Melrose, il mio nuovo agente. Non riescono a vedermi lavorare a favore di camera, ma solo al di qua della macchina da presa. Gayle vorrebbe restare e guardare, ma Scott invece vuole andare via. Sta sulle spine se non ci sono accordi da prendere o contratti da rmare, mentre Gayle vorrebbe abbronzarsi con un po’ di luce ri essa. Questa è la differenza tra un manager e un agente: il manager ama il cliente; l’agente ama il contratto. Finita la scena possiamo andare al bancone del bar. È tutto pronto per il pranzo. Quentin si siede sul suo sgabello e dice: “Okay, fammi un sandwich. Fammelo come lo faresti per BB, e poi uno per Uma e uno per te”. Prendo un paio di fette di pane dalla confezione, che ha un’appropriata etichetta in spagnolo, un coltello e un barattolo di maionese. “Non mi piace la maionese” dice Quentin. Okay. Rimetto a posto la maionese e prendo la senape. Allora dice: “Non voglio che spremi il tubo per la senape, voglio un barattolo, così posso vedere il coltello mentre affonda”. Dopo una ricerca affannata scopriamo che non abbiamo senape in barattolo. “Perché non posso avere quello che voglio?” si lamenta. “Perché mi danno sempre la cosa sbagliata? Perché non mi chiedono, semplicemente, anziché rompermi i coglioni con queste cose?”. Qualcuno suggerisce di fare nta con un barattolo di gesso di Parigi. Quentin dice: “Proprio no! Non vedrò David Carradine fare sandwich per me con del gesso di Parigi, anche perché poi vorrei mangiarmelo, il sandwich! Perciò, aspetterò”. Si gira verso di me. “Perciò, David, vai a prenderti un caffè e fumati una sigaretta, per cinque o dieci o venti minuti, no a che non riescono trovarmi quella merda da qualche parte”. E questo facciamo. Ci vogliono circa venti minuti prima che qualcuno riesca a recuperare la senape. Tornano con un barattolo di quella francese e una targata Grey Poupon. Quentin sceglie

quella francese. Perciò comincio a fare i miei sandwich. Quentin boccia la lattuga: non gli piace il colore. Uma arriva a metà di una discussione su “quale scena girare per prima”, mentre il sottoscritto è intento a distribuire mortadella affumicata e due tipi di formaggio sul pane. Quando arriva il momento di tagliare il pane (affetto sempre a metà i miei panini) faccio presente che ho un piccolo coltello da samurai che potrei usare al posto di quello da cucina che mi hanno fornito, che in ogni caso non servirebbe. Quentin ci pensa, ma alla ne preferisce il coltello da cuoco con una lama larga quattro centimetri che devo farmi roteare attorno mentre racconto la storia del pesciolino rosso morto, per ricordare al pubblico che c’è sempre una minaccia sotto traccia a quella tranquilla scena di felicità domestica. C’è un problema sulla scena da girare adesso. Secondo le leggi della California sul lavoro minorile, la giornata di Perla è terminata. Potremmo girare le mie inquadrature in semi-soggettiva usando la contro gura di Perla, ma dobbiamo fare a meno anche di Uma, perché si è già cambiata. Si propone di correre di nuovo al trucco e parrucco, il tempo che la sistemano dovrebbe essere uguale a quello che serve a loro per preparare la scena. Quentin dice: “Okay, magari possiamo girare la tua semi-soggettiva. Vedremo solo i tuoi capelli”. Uma non fa niente per i suoi capelli, in questo lm, li lascia semplicemente andare dove vogliono. Quentin e Bob recintano il set e si mettono a discutere delle angolazioni. Da quello che capisco, sopra la spalla di Uma dovremmo vedere Perla, e sopra quella di Perla dovremmo vedere Uma. E loro non possono riprendere sopra la mia, di spalla, perché si rischia di vedere uno di loro due. Alla ne Quentin dice: “Allora, niente di quello che possiamo girare qui ci serve per il lm, quindi per oggi basta”. Alle sue spalle l’intera stanza s’illumina d’immenso, visto che tutti i membri della troupe sorridono a 32 denti. Possiamo andare a casa, dopo sole quattordici ore di lavoro… A onor del vero, devo dire che anche quasi tutti quelli della produzione lasciano casa la mattina e ci ritornano ogni notte. Finendo tardi, la notte permette di essere a casa abbastanza in fretta, ma al mattino ci mettiamo tutti almeno un’ora e mezzo. Io, d’altra parte, ho anche un tragitto di cinque minuti verso l’hotel. Arrivo in tempo per un cappuccino e farmi un’altra oretta di piano, stavolta suonando molto meglio che la precedente. Di nuovo nella mia stanzetta che dà sul campo da golf, lavoro sul monologo di domani. Intorno alle dieci e trenta circa chiamo Annie, e ci facciamo le coccole per un’ora buona. Cominciano davvero a mancarmi, lei, i bambini e under, ovviamente. Avevo pensato di portarmelo dietro, si sarebbe divertito. Ma io devo concentrarmi sul mio gioco. Dormo un po’ – non tanto, comunque. Giovedì 5 dicembre Oggi ho preparato almeno un centinaio di panini recitando contemporaneamente una tiritera tarantiniana di cinque minuti cinque sulla vita e la morte così come si manifestano nella storia del pesciolino calpestato di nome Emilio. È l’inizio del regno di Bill nel lm, il prologo della sua morte anticipata tanto tempo prima. Il che signi ca che è il mio Momento di Gloria nel lm di Quentin Tarantino. Momento che arriva alla ne del lm, per cui, se non catturo il pubblico con quello che mi fa dire Quentin, rischiano di addormentarsi tutti. Quentin lo affronta con un mix di totale abbandono ed esattezza millimetrica. È stato chiaro n da subito che non aveva particolare fretta. È ovvio che staremo qui a lavorare no a che non sarà tutto perfetto. Gran parte di questo “tutto” è affidato alle mie mani, mentre fanno sandwich. Osservo le mie unghie mangiate, corte e sporche, e mi accorgo che Bill si farebbe fare subito una manicure. Continuo a dire, a nessuno in particolare, che se avessero voluto delle unghie curate avrebbero dovuto scegliere un altro attore. In pochi secondi Heba, la make-up artist, arriva con un piccolo set da manicure e Quentin dice: “Heba è pronta a darti quello che ti serve”. Io rispondo: “Be’, le mie unghie sono così corte che non credo possa fare molto. Quello di cui ho bisogno è lavarmi le mani”. Vado al bagno degli uomini e me le stro no per bene no a che scricchiano. Cominciamo. A fare sandwich, a chiacchierare con Uma e Perla. Sembra che a Perla non piacciano le croste del pane, ottimo, così ho l’occasione di usare il coltello. In qualche modo proviamo a impedire a Perla di farsi fuori tutto quello che incontra, visto che fra poco dovrà mangiarlo comunque, ma di fronte alla macchina da presa.

Facciamo così per tutta la mattina. Alla ne c’è un’enorme pila di sandwich con la mortadella mangiati a metà che pende da qualche parte dietro le scene. Mi chiedo se ci sia modo di farli arrivare a qualche senzatetto. Salto il pranzo. Nel pomeriggio, continuiamo a fare metraggio: riprese di Perla, no a che il suo insegnante ci dice che è ora per lei di andare, e poi di Uma. Io sto ancora facendo panini, sto ancora parlando: lo farò no a tarda sera. Venerdì 6 dicembre Ho un giorno di vacanza! Mentre girano alcune scene con la contro gura di Pai Mei (è facile farlo, il suo trucco è talmente esagerato, come se fosse un Babbo Natale diabolico, che chiunque può sembrare lui) e Uma. È straniante vedere queste riprese nel bel mezzo di quelle dell’entrata trionfale di Uma cui ci stiamo dedicando. Credo che abbiano deciso di farlo adesso perché Quentin è stato impegnato di notte, di nuovo. Ci saranno altri cambiamenti, poi. Quentin è deciso a fare tutto per bene. Non cesserà di pensare no a che non avrà capito quello che vuole esattamente. Costi quel che costi. In ogni caso, io me ne torno a casa. È bellissimo vedere Annie. Mi prepara un’ottima cena, e i bimbi e il cane mi si buttano addosso. Lunedì 9 dicembre È stupendo tornare a girare. Quentin una volta mi ha detto che, quando stava ideando questo lm, pensava che non voleva semplicemente fare il lm, ma viverlo. Far diventare questo lm la sua vita, il suo intero universo per quanto sarebbe durato. Perdere se stesso. Be’, l’abbiamo fatto tutti quanti insieme a lui. Kill Bill e Supércool Manchu sono diventati la nostra vita. La troupe si è spostata nella stanza di Perla. Un bel set. Un perfetto piccolo posto felice, ideale per una bimba, con animali di pezza e murales colorati. Una casa di bambole, un cavallo a dondolo. Tutta ottima roba. Neanche una traccia che il padre di BB sia un assassino internazionale. Mentre preparavano il set per la prima ripresa della giornata, ho capito che mancava qualcosa. Un’intera scena era stata eliminata, rimpiazzata con qualcos’altro. Ero pronto a fare un altro monologo portando Perla su per le scale. Ma questa parte, adesso, era scomparso. Avremmo iniziato direttamente nella sua stanza, con me che le rimbocco le coperte. Ho pensato: “Che peccato”. La gru che ci seguiva su per le scale avrebbe fatto una ripresa pazzesca. Ma certamente, comunque, Quentin ha una giusti cazione per questa scelta, lo scoprirò più tardi. Ha deciso di seguire Uma giù per le scale, aggiungendo un nuovo pezzetto di sceneggiatura. E sì, sarà meglio così. Così, nel frattempo, noi tre – Uma, Perla e io – recitiamo la nostra dolce scena domestica: un padre e una madre che mettono a letto il loro bambino, prima di diventare due adulti che si attaccano sguainando spade samurai. Questo sempre che Quentin non si inventi qualcosa di nuovo e non decida di cambiare l’intero nale. Tra due riprese esco sul terrazzo, mi fumo una sigaretta e magari mi gusto un buon caffè. Devo continuamente ricordare a me stesso che non sto osservando un giardino del sud vicino a una spiaggia di Baja California. L’intero ambiente è così realistico. Giusto per confonderci ancora un po’, tra i vari ciak attacca una musica mariachi che viene dall’impianto stereo. Ho cominciato a guardare con molta attenzione Perla. Quentin e Uma la aiutano tantissimo, facendole apparire tutto come un gioco. Perla mangiava e la sua interpretazione era così naturale, così vera, che quasi ho invidiato la sua capacità. Una bambina di cinque anni. Uno dei miei giorni preferiti nel mondo dello show business. Martedì 10 dicembre Siamo di nuovo nella piccola stanza di Perla. Lei e Uma “guardano un cartone insieme prima di andare a letto”, così recita il testo. Nel copione si parla degli Aristogatti, ma poi la Disney non ha concesso i diritti e quindi i gatti sono stati sostituiti con Samurai Jack[58]. Ho un paio di battute e poi le lascio sole. C’è una cosa con una pistola giocattolo, dopo di che me ne sto mezza giornata nel mio

camper, con le signore accoccolate nel letto di Perla e Quentin che le riprende da ogni possibile angolazione. Dopo pranzo, i cambi che Quentin ha pensato nel weekend diventano evidenti a tutti. Comincia dicendo che mi vuole steso a piedi nudi su un grande divano mentre guardo il lm di Roy Rogers. L’addetto al copione o non so chi ha indicato che la pianta dei miei piedi sarebbe diventata nera in un secondo, camminando avanti e indietro sul pavimento zozzo del set. Ma a Quentin piace. Dice che, neri, saranno i piedi di David Carradine. Cos’è successo a Bill? Uma sta per uscire dalla stanza di Perla e parla con me da sopra la balaustra della scala. All’improvviso, tiro fuori la mia rivoltella e sparo quattro colpi nel muro giusto dietro la sua testa. Basta con Mister Carino. Adesso fanno la gru che scende a seguire Uma lungo le scale. Guardare Uma che incede dal suo metro e 80 di altezza, con gli occhi ardenti, mi eccita da morire. Tenendola sotto tiro, la faccio sedere sul divano mantenendo le distanze, visto che prima di cominciare ad accoltellarci vorrei che ci dicessimo la verità, almeno una volta. Lei tenta di fare uno scatto in avanti a prendere la spada di Bill, che la tenta da vicino, costringendomi a usare di nuovo la rivoltella per sparare un paio di pallottole nel divano. Le dico che se non sta ferma e zitta, gliene pianto uno nel ginocchio. Poi sparo alla papaia, tanto per ridere. Questa è tutta roba nuova, capisci? Mi piace un sacco. Piace alla troupe. Piacerà anche al pubblico. È totalmente inatteso, e puro vintage alla Tarantino. Sparare alla cazzo agli oggetti e intanto parlare senza sosta di cose che non c’entrano una mazza. Continuo a sentirmi tanto Samuel L. Jackson – a parte il fatto che Sam aveva a che fare con un John Travolta quanto mai argomentativo e ingellato. Io devo accontentarmi di una bionda sexy, alta e bellissima. A un certo punto Scott commenta la bellezza di Uma. Sì, è davvero bella. Penso di averlo fatto capire già cento pagine fa. Assolutamente incredibile. Ero pazzo di lei quando era Poison Ivy, ma adesso ha ancora qualcosa di diverso. Ha un fuoco dentro, in quelle gambe lunghe e in quel corpo sottile, ma il nuovo bambino le ha fatto qualcosa. Una morbidezza interiore, una cosa tipo Madre Terra che, aggiunta al suo mix, la rende tre volte più esplosiva. Scott continua a dire che deve smettere di ssarla, così magari evita una denuncia per stalking. Gli dico: “Be’, io posso ssarla come e quanto voglio. Devo farlo, c’è scritto così”. Dice che sono fortunato. Sì. Lo sono. Di sicuro. Mercoledì 11 dicembre Oggi dovrebbe essere l’ultimo giorno di Perla. Ritorniamo nella sua stanza e improvvisiamo un po’, con lei che mostra i suoi giochi a Uma. Viene fuori che Perla ha dato un nome a tutti i peluche, sa come funzionano i giocattoli elettronici e sarebbe prontissima a lanciarsi in uno sproloquio senza senso. Quentin siede lì davanti con un sorriso smagliante, e se la gusta tutta. Ogni tanto le dice cose tipo: “Ora vai al cavallino” e lo chiama per nome. Perla risponde senza perdere un colpo. Giriamo un sacco di roba. Giovedì 12 dicembre Appena arrivato sul set mi danno cinque fotocopie di dialogo, alcune scritte a mano da Quentin, mischiate con pezzi dattiloscritti. E in cima alla prima pagina, “Parte Uno”! Sobbalzo e raggiungo il mio camper per studiarlo. È della gran bella roba. Ottima. Ha risolto problemi che non sapevamo di avere. Ogni cambiamento arricchisce il lm. La sequenza inizia con me che verso due bicchieri di tequila Sauza Tres Generactiones, mentre ricordo a Uma che è molto più divertente dopo essersi fatta un bicchierino. Ho fatto la mia scena e… è vero! Ho ingoiato tutto in un sorso. Troppo tardi per sputarlo. La mia reazione fa ridere la troupe. Sì, è divertente. Chi pensano che sia, Michael Madsen? Be’, c’è stato un momento, ma non è questo, sette anni fa quasi, e con molte più battute da dire che Amleto. Aspetto mentre sostituiscono la tequila con della Coca annacquata.

Devo fare qualche tiro veloce. Quentin ha sistemato un’intera inquadratura solo per questo, e devo mostrargli i miei colpi migliori. Sono molto concentrato, anche perché la pistola ha un silenziatore futuristico sopra che è fottutamente difficile estrarre e ugualmente ostico rimettere a posto. Tanto più facendo tutto con la mano sinistra. Se poi si aggiunge che Quentin è andato avanti per mesi, dalla prima lettura al tavolo di maggio, con l’intero cast e tutta la troupe, a buttare lì ogni tanto che sono bravissimo a farlo, mettendomi in classi ca con Sammy Davies Jr. e il leggendario Rod Redwing. Adesso, tutti aspettano di vedere il Maestro in azione. Lo faccio, okay. Per prima cosa, Scott e il suo gruppo hanno creato apposta una copia della fondina a due pistole di Andy Anderson che Smiley Burnette mi aveva dato per fare pratica mentre mi insegnavano questo giochino dell’estrazione veloce e tutte le altre cose speciali che mi servivano per la serie tv di Shane, perciò sono abbastanza pratico a rimettere le pistole al loro posto, avendolo fatto, dentro e fuori, dentro e fuori, dal 1966. Giriamo almeno cento di questi movimenti. La pistola comincia a surriscaldarsi. Mi sento bene. Poi però Quentin mi dice di tirare fuori una balestra da sotto il bancone del bar e sparare a Uma in una gamba per iniettarle il siero della verità. Mentre la macchina da presa gira intorno a Uma, devo continuare a farlo per darle qualcosa a cui reagire e fare del fumo. Uma è un modello di professionalità grandioso. Lei semplicemente segue la corrente, sorride e scherza, con la sua voce sexy e profonda. E tra una ripresa e l’altra torna a fare la maglia. A un certo punto, Bob sistema la scena per la ripresa di lei stesa sul divano, con i piedi sul tavolino da caffè. Comincia a chiudere su sui piedi e poi fa una panoramica del suo intero corpo, no al volto. Con gli alluci di Uma puntati, così che diventa lunga quasi un metro e 90. Uma osserva il procedimento per un po’, poi sentenzia: “A volte mi spaventa quanto sono lontani i miei piedi”. Venerdì 13 dicembre In basso, su ogni foglio di convocazione, c’è una frasina: “Citazione del giorno”. La frase di Uma sui piedi è quella di oggi. Attacco il mio monologo di otto pagine, che Quentin ha scopiazzato dalla nostra chiacchierata nel locale sigari di Pechino un paio di secoli fa. “Parte Due” del nuovo manoscritto. Sudo sette camicie per imparare bene le parole[59]. Divertente: più tardi mi capiterà di ascoltare qualcuno sottolineare con stupore quanto mi risulti facile imparare la parte, ogni volta, come fosse un gioco da ragazzi, senza mai uscire dal personaggio. In quel momento, invece, mi sembrava di star facendo solo un gran casino. Durante una delle pause, mentre stavano ricaricando le pistole o sistemando la macchina da presa, non ricordo, ho detto, a nessuno nello speci co: “A volte mi spaventa quanto sia lontano il mio cervello”. Sabato 14 dicembre La mia frase sul cervello è la “citazione del giorno”. Bob Richardson è estremamente agitato. Dobbiamo rifare un’inquadratura perché era fuori fuoco. È morti cato. Ci scherziamo sopra per un po’, e poi torniamo al “monologo Superman”. Riprendiamo da diverse angolazioni, per più volte. Ogni volta, Quentin mi dà qualcosa in più con cui lavorare. Il tutto è stato lavorato al cesello e adesso è eccellente. A un certo punto si presenta con versioni alternative speci che per me. “Okay” dice. “Ce l’abbiamo. Adesso prova questo”. Mentre ci sto lavorando, mi dice: “Adesso dammene una in cui fai una cosa che non hai mai fatto prima”. Questo dopo aver ri nito la cosa no a renderla perfetta in ogni suo istante. Che altro posso fare? Come posso allontanarmi dalla perfezione a cui mi ha spinto? Ma gli do la mia scena migliore. Gli dico che è come sentirsi a Broadway. È come essere in Teatro, proprio quello con la “t” maiuscola. Mi presento ogni giorno, mi trucco e mi vesto, poi lavoro per fare che ogni giorno sia migliore di quello che l’ha preceduto. Questo è Broadway. Alla ne ce l’abbiamo, in tutti i modi e da tutte le angolazioni possibili, e allora Quentin, con uno sorrisone diabolico, dice: “Okay, David. Ora, questa è la tua ultima performance a Broadway. È

l’ultima occasione che hai per recitare sul palco. Dammi la tua scena ‘addio-a-Broadway’”. Porco cazzo! Gli do tutto quello che ho. Ci spostiamo all’esterno per iniziare la scena che condurrà alla battaglia nale. Hanno tappezzato l’intero set del giardino con un nuovo ciclorama (blu anziché nero). È l’alba ormai. Quentin mi fa sedere al tavolo da picnic a scolarmi la bottiglia di tequila, con la spada Hanzo a farmi compagnia. Controllo con attenzione la tequila, per essere sicuro che non mi stiano fregando di nuovo, prima di cominciare a girare. Uma arriva impugnando la sua spada e prende una sedia. Cominciamo. Sarà grandioso. Domenica 15 dicembre Io e Annie avevamo proprio bisogno di una piccola pausa, questo weekend. Abbiamo trovato qualcuno che badi a due dei bambini, e invitato Amanda, la bimba che recentemente è diventata una ragazzina, e Max, il quattrenne futura star dell’NBA, a venire con noi a Santa Barbara. Mi piace questo giro. Abbiamo pranzato in un ristorante enorme, con divani adatti ad accogliere le orde di, immagino, studenti del college che arrivano per il pranzo. Ho ordinato un caffè forte triplo per darmi la carica. Poi ho fumato una sigaretta per strada. Questo posto ha dei tavoli, fuori, ma a Santa Barbara ti lasciano accendere dappertutto, anche all’interno dei locali. La California è così incivile… Mi sono fatto un giretto veloce senza dare nell’occhio, cercavo un negozio in cui comprare un anello ad Annie per il suo compleanno, ma non ho trovato niente di adeguato. Quando sono rientrato, ci siamo avventati sul cibo e mi sono preso un’altra dose di caffeina formato bomba. A quel punto, Max ha cominciato a scalare i muri (letteralmente), perciò siamo usciti e abbiamo passeggiato per State Street, guardando le vetrine. Col Natale così vicino, dobbiamo cominciare a pensare ai regali, e magari a comprarne, cosa che io ho fatto. A metà passeggiata abbiamo deciso di dividerci, con la missione implicita di cercare l’uno il regalo per l’altra. Annie mi ha permesso di scegliere il mio accompagnatore, tra Max e Amanda. Ho scelto Amanda, e abbiamo chiacchierato del più e del meno no a che Annie è scomparsa dalla vista, col piccolo Max che le saltellava attorno. Poi, con Amanda come complice entusiasta, mi sono in lato da Victoria’s Secret, per cercarle qualcosa di rosso, e in una gioielleria, dove ho trovato alcuni ciondoli di turchese stupendi, che secondo me Annie apprezzerà. Nessun anello, però. Immagino di dover aver pazienza. Annie ha preso il comando della Yukon, sulla strada del ritorno. Ho dormito la maggior parte del viaggio, ma ogni tanto ho buttato un occhio alla splendida costiera. Speravo di vedere una balena, magari, ma non ho avuto questa grande fortuna. Rientrati a casa, ho acceso il camino e abbiamo cenato alla sua luce naturale. Poi qualcuno dallo studio è venuto a prendermi poco dopo mezzanotte per portarmi a Manhattan Beach. Un weekend meraviglioso. L’uscita ha reso una normale, breve, domenica, lunga come un intero ne settimana. Ero di nuovo fresco e pronto a spaccare il culo ai passeri per tutta la settimana. Lunedì 16 dicembre Abbiamo cominciato la giornata con una ripresa di Uma che reagisce all’esplosione della papaia. Pare che abbiamo girato questa angolazione prima di fare l’inserto con le papaie imbottite di esplosivo, perciò gli schizzi di frutta nella stanza e sui muri non erano soddisfacenti. Dopo aver messo l’esplosivo, sui muri puoi ottenere macchie di papaia grandi sei metri. Questo ha signi cato dover sparare di nuovo. Quentin ha fatto festa, nel weekend, e ne stava ancora risentendo. Era sorridente e attento, ma decisamente aveva bisogno di un paio di caffè, e magari una nuova testa. Lo sparo di pistola non l’ha aiutato. Q: “Mi sono proprio ubriacato, domenica, perciò andrà avanti tutto lunedì”. All’improvviso, Uma ha notato che Quentin aveva cambiato inquadratura. UMA: “Non è una ripresa delle papaie. Non ci sono papaie qui. Me lo stai facendo fare semplicemente per passare il tempo mentre aspetti che ti passi la sbornia”. Q: “Mi stai accusando di cazzeggiare?”.

UMA: “No, ti sto accusando di far cazzeggiare me”. Martedì 17 dicembre Quando arrivo sul set, i ragazzi di Wu Ping sono già lì, per prepararmi alla battaglia con le spade. Sono spaventato. È davvero complicata, e devo impararla bene e subito, visto che dovremmo girarla già oggi. Strano. Le prove per la battaglia con Michael Jai White sono durate tre mesi, e ora ho pochi minuti per imparare quella che rappresenta il cuore del lm. La memorizzo in maniera confusa, e poi ci spostiamo per girare un’inquadratura di me che guardo il lm di Roy Rogers da una nuova posizione. Sul set arriva anche Kansas a farmi gli auguri in ritardo. Ha ottenuto la parte che stava provando. Cominciamo la battaglia. Kansas ci guarda. Chissà com’è, so perfettamente la prima parte (così evito di cadere in disgrazia sul più bello). In questi giorni Uma non fa che ripetere che è arrivata la mia ora. Me la mette giù tipo: “Stai per affondare”. Non è che non le piaccio. Ma è su questo lm, in un modo o nell’altro, da quasi tre anni ormai, ed è veramente felice di vederne la ne. Credo di esserlo anch’io. Anche se un po’ mi intimorisce recitare questa storia della morte – non perché mi dispiaccia morire, ma perché non so se riesco a farlo bene. Qui ngiamo soltanto, ma io devo pensare che sia reale, dunque devo morire bene. Come farebbe o dovrebbe fare un guerriero. Ritornando al camper incontro Quentin, Uma e una dozzina di persone della troupe impegnate in una di quelle ammucchiate in cui ci si mette uno sopra l’altro. Ripenso ai miei giorni andati, quando chiamavano quello più in basso “Lucky Pierre[60]”, ma questa è un’altra storia. Ogni tanto mi piacerebbe buttarmi di nuovo in una cosa del genere. Sono sempre un osservatore. Immagino che sia per mantenere un certo “tono”. E che questo risulti idiota, detto da me. Gayle mi ha chiamato per dirmi che c’è la possibilità di recitare un ruolo nella chissima serie tv Six Feet Under, ma non c’è proprio modo che io possa abbandonare il set di Kill Bill per il tempo che sarebbe necessario. Sarà per la prossima. Mercoledì 18 dicembre Ancora battaglie di spade. Sono arrivato sul set intenzionato a darci dentro di brutto. Molto prima di raggiungerlo potevo già sentire l’inconfondibile risata di Quentin. Di sicuro sa divertirsi. Uma era di buon umore; abbondanza di scherzi, quindi. A un certo punto, mentre mi preparavo per una scena in cui avrei dovuto disarmare Uma, ho sentito Quentin da dietro la macchina da presa, cantare: “Some enchanted evening… You may kill a stranger”[61]. Quasi all’istante, qualcuno dedicato alla musica si è ondato con la versione di Perry Como. Quentin continuava a dire: “Più veloce! Più forza!”[62]. Stavo roteando la vera spada Hanzo (visto che continuavo a rompere quelle di legno) al meglio che potevo, con il braccio che stava per uscirmi dalla spalla. Ne varrebbe la pena. Adoro questa roba. I ragazzi wire di Wu Ping erano lì a disposizione, e anche noi stavamo mettendo in campo qualche trucchetto, che non racconterò per non rovinarvi l’effetto e il divertimento. Oggi hanno portato anche degli stuntman, che indossano parrucche e costumi che dovrebbero farli assomigliare a Uma e a me. L’idea sarebbe: mentre faccio roteare una spada samurai di acciaio temprato attorno alla testa di Uma con tutta la velocità e la potenza che ho, e lei mi restituisce il favore con uguale vigore, sia l’aggressore sia il bersaglio saranno interpretati dalla contro gura, a seconda della faccia che deve essere inquadrata. In questo modo, si rischia un solo attore principale alla volta. Se la contro gura è stravolta, possono comunque andare avanti a girare. Sembra cinico come ragionamento, e lo è, ma è sempre stato così e sarà sempre così. Per me va bene; sono quello che attacca di più, in questa battaglia. Non mi va di esser fatto fuori, ma meno ancora mi va che qualcuno faccia fuori Uma. Mi sono innamorato di lei. Chris, il mio stuntman, pensa soltanto a come deve muoversi, mentre solo metà del mio cervello è dedicata alla performance, l’altra è per essere Bill, mentre combatto. Potrei fare un errore. Perciò, per adesso, sono felice di guardare soltanto.

Poi, nelle inquadrature a due, dove dobbiamo essere visibili entrambi, abbiamo scoperto che le spade di legno tendono a ettersi, come… be’, come il legno, quando le usiamo alla massima velocità. E rischiano di diventare delle fruste, alla ne, colpendo Uma sulle guance, gli occhi o le labbra. Non va bene. Perciò, le abbiamo cambiate con quelle di acciaio. È raro farlo, in un lm, ma per noi, qui, è più sicuro così. Gira voce, ma forse è solo un sospetto, che Quentin girerà l’intera scena daccapo su una spiaggia del Messico, l’anno prossimo: quella di questa intera settimana è soltanto una mossa della tattica di rallentamento e un contentino alla Miramax. Tutti sanno che se dai a Quentin tre settimane di vacanza, quello sicuramente torna con nuove idee, per non parlare di quelle che ha già e che semplicemente non ci sta dicendo. Be’, forse è così, ma il modo in cui sta lavorando qui, così discreto, contenuto e intenso in questo piccolo spazio, eppure così pieno di emozione… Credo che questa sarà l’interpretazione che userà. Dopotutto, abbiamo già visto duelli a morte su spiagge deserte prima dell’alba, anche se solo nelle nostre teste o immaginate leggendo un libro. È un’immagine tipica, e Quentin sta facendo di tutto per allontanarsi dal già visto o immaginato. Dando tutto se stesso per arrangiare la sua speciale versione di un duello. Mi è veramente difficile credere che non sia totalmente impegnato in questa nuova potente espressione di incredibile maestria, derivata dalla vecchia-nuova versione del copione. Proprio mentre me ne sto andando, Scott mi sussurra all’orecchio: “Resta in zona. Oggi impicchiamo quel reporter”. È il ragazzo che gironzolava per il Tempio del Loto Bianco, a Pechino. Nel suo articolo si era preso gioco di Bill, il direttore artistico. Va bene quando è tra di noi, ma non per chi legge. Perciò oggi quelli del wire vogliono appenderlo per i pantaloni e farlo dondolare un po’, come lezione. Ho deciso di fermarmi e guardare. Lo hanno sollevato e fatto ruotare n quasi a farlo schizzare via, mentre tutti ridevano. Ho pensato di colpirlo con una spada di legno, ma era già abbastanza morti cato. Ho cercato di fargli una foto con la mia Leica, ma senza ash ho pensato che sarebbe stato difficile coglierlo bene. Poi l’hanno rimeso a terra e tutti sono tornati al lavoro, mentre vacillando quello se ne andava in giro come un ubriaco. Penso abbia imparato la lezione. Come trattiamo le persone che amiamo sono affari nostri. Non prenderti le stesse libertà, se non sei del gruppo. Gli è già andata bene. (Se sei in mezzo ai tori, è meglio che non sventoli niente di rosso, a meno che non sia un toro anche tu.) Convocazione presto per le ore 21:30. Per la prima volta da molti giorni, Bill non mi chiede di rinunciare al mio turno di 24 ore di riposo. Forse riuscirò a dormire, stanotte. Giovedì 19 dicembre Be’, ho dormito un po’. Più del solito. E comunque sono andato al lavoro molto allegro. Oggi devo affrontare la mia morte. Morirò per la gran parte del giorno, ancora e ancora. E poi, domani, dovrò morire ancora qualche altra volta, perciò credo sia buona cosa avere tanta sana energia in circolazione. O forse, ho tutta questa energia perché so di averne bisogno. Per come funziona la battaglia, non do mai a Uma l’opportunità di attaccare per prima. Non le do mai nemmeno il tempo di estrarre la spada. La faccio restare sulla difensiva disorientandola coi colpi fulminei della mia Hanzo, e lei fa fatica a starmi dietro e a restare in piedi. Ogni mio movimento è un tentativo di tagliarla a metà e lei riesce a salvarsi solo per il rotto della cuffia. Alla ne, la disarmo e faccio volare la sua spada per il giardino, aiutato da un sistema di funi messo in piedi da Scott e la sua banda. Uma è inerme. Con grande rammarico, mi preparo a darle il colpo di grazia. Quentin mi dice di “fermare il tempo”, in questo punto, vuole allungare il momento. Il risultato è uno spazio quantistico in cui il tempo semplicemente cessa di esistere. Poi, dopo una piccola eternità, l’Universo ricomincia a funzionare normalmente, e Bill irrompe mirando dritto al cuore di lei, mentre il suo cuore si spezza; credo vada più o meno così, con questi guerrieri. Uma scansa la morte nella maniera più intelligente, che qui non vi svelerò. Voglio che andiate a vederlo, il lm, se ancora non l’avete fatto. Poi, mi fa entrare, quasi con delicatezza, senza nessuno sforzo, in netto contrasto con tutto il clangore di spade che ha condotto a questo istante. Abbiamo fatto tutto questo non so dirvi quante volte, da diverse angolazioni. Uma sferra il suo colpo mortale (“La tecnica dell’esplosione del cuore con cinque colpi delle dita” by Pai Mei. Di questa posso scrivere, tanto ne hanno parlato sui giornali e nel web.) Tap-tap-tap-tap-tap e, al quinto tap, io

sono fregato. Nei primi due ciak, mentre sto reagendo ai tap, mando giù un po’ del sangue nto che sto tenendo in bocca. Quasi soffoco. La macchina da presa continua a girare, mentre la tosse aumenta no al parossismo. Immagino sembri che stia morendo davvero. Ci vogliono uno o due minuti prima che io riesca di nuovo a parlare, e solo a fatica. Durante tutto ‘sto casino Quentin mi parla, tra un colpo di tosse e l’altro, mi incoraggia, con tenerezza, a proseguire, attento a non coprire i miei singulti e i rantoli. Sono davvero delle ottime riprese. Alla ne, però, capisco come posso evitare di strangolarmi con il sangue, e ne facciamo altre in cui riesco a mantenere meglio il controllo. La quinta volta, o la sesta (o la ventesima, non ricordo bene; tutto si confonde, nella mia mente, perché adesso sto recitando come se mi stessero per esplodere i polmoni), Quentin dice: “Ora, unisci tutto. Sputa fuori il sangue”. Lo faccio. “Dammi quel sorriso” dice. “Quel sorriso”. Non so di cosa stia parlando, ma le persone me l’hanno chiesto per anni, e qualche volta riesco pure a farlo. Non sempre, perché non riesco proprio a sorridere a comando. Se tento di fare un sorriso falso, il risultato è quello di voler apparire felice a un funerale. Perciò, faccio del mio meglio. Forse funzionerà. Dopotutto, questo è un funerale. È un momento strano: inquietante ma bello. È tutto così bello, è una danza mortale quella che stiamo ballando. E questo è tutto. Grazie a Dio, Quentin ci manda a casa, e io vado a lavarmi. Che giornata infernale. Grande giornata. Venerdì 20 dicembre L’ultimo giorno? Ebbene sì. Sembra proprio che ci siamo arrivati. Nessuno può capire com’è possibile che ci sia più lavoro da fare di quanto è possibile fare in una lunga giornata. Ovviamente, visto che nessuno può prevedere Quentin. Potrebbe arrivare con un’intera nuova sceneggiatura. Io e Uma ritorniamo ai nostri posti. Siederemo nelle nostre grandi sedie di tek, uno in fronte all’altra, e lei mi somministrerà la Tecnica dell’esplsione del cuore in cinque colpi delle dita per altre venti o quaranta volte. Il punto in cui mi colpisce, sul petto, all’altezza del cuore appunto, mi si è un po’ in ammato, e va bene così. Non potrei sfangare la scena senza un minimo di dolore, non sarebbe giusto. La macchina da presa di Bob ci gira attorno, riprendendo da ogni angolazione possibile, quella dall’alto compresa, mentre Uma mi spinge e io sputo sangue. E poi, in una sorta di estrema fatale quiete, ci scambiamo le nostre ultime parole, prima che riesca ad alzarmi e a prendere la strada della mia – be’, della morte di Bill. È una scena d’amore, senza dubbio. Ho sempre saputo che sarebbe stata così. Uma è semplicemente fantastica. La sua intensità è totale, la sua compassione enorme. E poi ride, come una ragazzina. Affascinante. Quentin è così felice di quello che, alla ne, sta sbocciando, che è tranquillo, la sua esuberanza è messa a tacere dalla gravità della scena, e forse dall’aver realizzato che il suo folle sogno lungo tre anni sta per concludersi. A un certo punto, mentre sto spremendo fuori le mie ultime parole, e tutte le vere emozioni che sento sono in una gran confusione – amore, rimorso, coraggio, grazia, tutte queste cose con iggono, e in più il senso di soffocamento per il sangue nto – Uma mi raggiunge e mi tocca la mano. Quentin salta in piedi. Ordina subito di girare un dettaglio delle mani, e allora mettiamo in piedi una piccola storia con la punta delle dita da spezzare il cuore. Quentin lo de nisce “un intero nuovo lm”. Sistemandomi la giacca, mi dice che resterò “un gentiluomo no alla ne”, e poi me ne andrò per crollare poco più in là sull’erba. Me lo fa vedere, cadendo con la soavità che potrebbe avere un tronco di pino, se capite cosa intendo. Trascorro il resto del giorno cercando di riprodurre quella caduta. Ogni volta tocco la terra e trattengo il ato, cercando di non respirare, mentre dietro di me, Uma La Sposa si rimette in sesto per cercare di continuare a vivere… Ogni volta provo un enorme senso di pace. È bello stare distesi lì, con il naso sul prato. Poi Quentin dice: “Stop” e lo rifacciamo ancora. E ancora. E così è stato: abbiamo ucciso Bill. All’improvviso, tutti vengono chiamati a raccolta. L’intera troupe, incluse persone che non ho mai visto prima, arriva come portata dalla marea. O come animali prima di un terremoto, perché lo sentono. Quentin sta nel mezzo, e grida: “Questo è l’ultimo giorno sul set per David Carradine!”. Segue un applauso mastodontico e qualche commento, sovrastato dal battere di mani e dalle grida. Quando il rumore si placa un istante, giusto un po’, grido a mia volta: “Credo sia possibile!”. E

Quentin risponde: “Be’, forse ci saranno un paio di pickup[63]”. L’applauso ricomincia, mischiato a qualche risata. Poi mi afferra e mi sussurra qualcosa all’orecchio, qualcosa così dolce che mi fa arrossire. Mi allontano con passo malfermo, e mi scontro con Daryl e la sua grossa cicatrice sulla fronte. Spero sia solo trucco. Sì, ho qualcos’altro da fare, stanotte. Un valoroso sforzo di abbandonare questo posto in tempo per Natale. Torno alla mia roulotte imperiale – o almeno ci provo, superando tutti quelli che vogliono farmi gli auguri ogni tre secondi per… be’, per farmi gli auguri. Esco dal costume, che non è più un costume, ormai, davvero. Questi sono i miei abiti, adesso. E sono quasi tutti strappati. Torno indietro e trovo la troupe che sta facendo volteggiare in aria, appesa a un lo, la spada samurai. Cerco Scott, l’attrezzista, e recupero la mia chitarra. Mi dice che mi lascerà una scatola con qualche cosa di buono nel camion. Lo ringrazio, ma le mie parole difficilmente rendono il sentimento che provo nei suoi confronti. Trovo Manny, e andiamo a togliermi la parrucca. Parliamo come se stessimo compiendo questo rito (forse) per l’ultima volta. Rivivendo un po’ dei momenti trascorsi insieme. Nascondo i gioielli che ho comprato ieri per Annie (lo so, suona come se stessimo scappando, ma in fondo stiamo scappando, no?). Manny mi chiede se tornerò. Dico: “Certo, per un po’”. Mi accendo un cubano Montecristo N.5 (il mio preferito) e decido di restare per il tempo che mi ci vorrà a nirlo. Le riprese sono nite. C’è un party con almeno una cinquantina di persone. La musica a tutto volume. Le luci basse, e un albero di Natale al neon che lampeggia sullo sfondo del ciclorama, alternando i suoi bagliori a quelli dei bicchieri pieni di Martini. Effetto discoteca. Prendo una birra analcolica e me ne vado in giro col mio sigaro. Quentin è al bancone del bar, che parla e parla con persone che non conosco. Uma è scomparsa. Oh, c’è Daryl. È proprio carina. Tutti vogliono stringermi la mano. Mi piace. Incontro Blair che mi chiede quando voglio partire. Gli rispondo che va bene qualsiasi orario. Lui lo intende come: “Più tardi” e se ne va. Ma non era quello che intendevo. I party non sono il mio ideale. E quando un lm è nito, è nito. Ma non voglio rovinare la festa a Blair. Mentre il Montecristo sta diventando corto e amaro (la birra analcolica ha nito da tempo di compensare) mi viene un’idea. Trascino Blair tra i gozzoviglianti e dico: “Che ne dici se mi porti all’hotel, mi lasci giù, torni qui, e mi vieni a riprendere tra un’ora? Devo ancora nire i bagagli”. È quello che facciamo. In camera, metto su il DVD con il diario “e Red Shoe” e lo guardo con la coda dell’occhio, mentre in lo la mia roba nelle valigie. Blair appare con uno di quei carrelli per bagagli proprio al momento giusto. “Stanno ancora facendo casino, là” mi dice, col suo accento australiano. Gli dico che non ce la posso fare, proprio no. E lui nemmeno. Perciò siamo in sintonia. Mettiamo tutto in macchina. C’è parecchia roba. In più, Scotty ha in lato sul retro la fantastica fondina per due pistole; una vera, affilata spada samurai Hanzo in acciaio; e tutte le copie del Flauto Silenzioso che ha fatto nel caso avessimo dovuto combattere anche con quello. È fatta. Torno a casa. Con un lm in canna. Un gran lm, penso. Forse il mio lavoro migliore no a oggi. Sul set, comunque. Probabilmente niente potrà superare e Royal Hunt of the Sun a Broadway, ma questo l’ho scoperto dopo, no? E quello era su un altro pianeta. Il teatro non si può paragonare al cinema, nonostante quello che dicono i dilettanti. Recitare di fronte al pubblico è divertente eccetera eccetera, ma lasciare un segno per le future generazioni, con una macchina da presa che ti guarda dentro e ti trapassa l’anima è qualcosa di completamente diverso. Ehi, sono estasiato. Potrei sdraiarmi a terra e morire felice, se non avessi Annie che mi aspetta a casa. Sono lontano da qui. 31 dicembre Q., ho la testa che ancora mi gira. Dopo aver trascorso una piccola eternità aspettando di essere ucciso, ed essermi sentito sollevato, nalmente, di poter tornare alla mia folle – anche se da tran tran facendo paragoni – “vera” vita, ora non faccio altro che morire dalla voglia di tornare a quei giorni con la Band Apart. Be’, era prevedibile. Tu mi dicesti, durante il nostro primo incontro, o forse non il primo, comunque, il primo relativo al lm – in quel ristorante tailandese anni ’50 – che mi sarei innamorato del mio regista. Be’, sì, Quentin, amico mio, ti amo.

Il tuo capitolo, Maestro[64], è il migliore nel libro della mia vita. Messi da parte gli schizzi del tuo ego e i tuoi pregiudizi, tutte le pose, le abitudini, e anche gli aspetti più pazzi della tua band-apartità, il Tuo genio, com’è giusto chiamarlo, non ha, apparentemente, nessun limite. Odio l’idea di sembrare uno di quei fedeli idolatranti che comprimono la tua straordinaria energia, e, detto tra noi, non lo sono; ma “I’ve got you, under my skin”[65], come una teenager con la sua pop star. Oh cavolo, dov’è la mia visione cinica, e in fondo obiettiva, di cui ho bisogno? Lo sai, ho il mio regno da comandare, ed è enorme, ugualmente pieno di devoti e ruffiani e troll, e in mezzo a questi milioni, migliaia e migliaia che mi adorano per le ragioni sbagliate. Il punto è: non voglio essere considerato un troll, da te; ma non riesco a trovarti alcun difetto. Sono de nito, dalla maggior parte dei critici ma osi, quelli che non mi odiano, “un grande attore tutto istinto”. Be’, questo dimostra che sono migliore di quello che credono loro, perché, come penso tu ormai abbia compreso, come attore sono come un falegname, analitico, attaccato al mio metodo di lavoro. È una scocciatura, per me, sebbene gli editori apprezzino, non riuscire a fare a meno di raccontare per lo e per segno cos’ho fatto in quella ripresa, o in quell’angolazione, senza che il mio senso dell’ordine sovrasti il mio amore per il Caos. Tu mi hai tolto un po’ di questo spirito da operaio, e condotto alla scoperta di territori inesplorati. Esperienza deliziosa, devo dire. Certamente, ti ho dato tutto me stesso, per questo lm. Vorrei averti dato di più. Spero ardentemente in un’altra occasione, un giorno. Rendi quel giorno vicino. E se parliamo di innamoramento, allora sono assolutamente, follemente innamorato di Uma. Non c’è bisogno di dirti che hai trovato, e fatto crescere, un mostro d’attrice. Stupenda. Un giovane e stupido giornalista che ha attraversato il grande ume e risalito i gradini del Tempio del Loto Bianco per parlare con noi, mi ha riempito di complimenti tanto da stordirmi, e tra un complimento e l’altro mi chiedeva di lei (e di te, ovviamente). Si chiedeva come ci foste riusciti. Gliel’ho detto, voi due avete proprio un gran cervello. Ma non era abbastanza, per lui. Ha detto qualcosa tipo: “Bah”. Perciò gli ho detto: “Be’, fa comodo essere intelligenti, se hai intenzione di essere un genio”. Perciò, basta così con questa roba dell’adorazione spudorata. Non sto nella pelle, voglio vedere qualcosa di questa epica a cui abbiamo lavorato. Per favore, chiamami in qualsiasi momento, quando hai qualcosa in mano da mostrare. Oh, prima che mi dimentichi, c’è Bob. Ragazzo, se sei bravo a scovarti i collaboratori! Ho lavorato con alcuni dei migliori operatori sulla piazza, da Tacky Fujimoto a Hassle Wexler[66]. Questi signori, anche Sven Nykvist[67], sono, paragonati al piccolo Bobby, delle scorregge, e probabilmente lo sono sempre, al di là dei paragoni. Questa piccola confezione di caffè supércool da guerriero è un regalo di Rob Moses, che, credo sarai felice di saperlo, sta lavorando di brutto su una grande isola delle Hawaii, dove si sta guadagnando la reputazione di miglior maestro di kung-fu di tutti i tempi e sta spazzando via la sua storica umiltà, mentre i piccoli gli di Wahinas e Big Kahunas gli tributano l’adorazione che si merita. Mi manca, il ragazzo. Per vent’anni (!), gli ho camminato accanto, ridendo e imparando. Dio solo sa se mai troverò qualcuno che lo sostituisca. Probabilmente non lo troverò mai. Lui è unico. E ora, pago il più piccolo dei pegni per ringraziarti di una delle esperienze più belle (e probabilmente più interminabili) della mia vita, con qualcosa che credo ti interesserà. Un mio amico, un vero amico, ha per le mani delle pellicole che sicuramente vorresti vedere. Sarebbe un regalo tanto per me che per te, e in ogni caso dovresti incontrarlo, questo ragazzo. È un altro eroe di cui nessuno ha ancora cantato le gesta, e so che tu apprezzi questo genere di persone. L’unico problema (ma non è un vero e proprio ostacolo, anzi forse renderà la cosa più gustosa): è un segreto. Non puoi dirlo a nessuno. Quello che possiede è un considerevole mucchio di tagli, sia su nastro che in 35mm, di e Other Side of the Wind, il lm incompiuto di Orson Welles con il mistero a più livello attorno a un omicidio, protagonista John Huston. Ne ho visto qualcuno, qualche anno fa, quando il “grassone” era ancora dei nostri, e quel poco che ho visto era in pieno stile Orson-deliziosamente-bello-e-folle. Se vuoi (ma sto scherzando?), potrei organizzare una visione privata per te nella tua “chiesa”. Addio, per adesso. Per favore, nisci in fretta questo Bill, e comincia subito qualcosa di nuovo.

Ti voglio bene, baby. Mi manchi. Il tuo David Tarzana 31 dicembre 2002 Un giorno di gennaio 2003 Non è ancora finita! Sono fuori strada. Be’, Quentin aveva ragione: c’erano un paio di pickup da fare. Ho ricevuto qualche confusa istruzione, ma era chiaro che dovevo presentarmi in un piccolo studio di Culver City, oggi, per fare qualcosa. Blair è arrivato a cavallo del suo SUV Ford. Credo che, per quando sarà tutto nito, il conto della Town Cars farà sballare il budget. Sono salito sul camper del trucco, ma non c’era nessuno. Poi Dawn, il direttore artistico, ha buttato la testa dentro e ha detto che erano interessati solo dal collo in giù, oggi. Okay. Perciò ho dato un’occhiata al set per vedere di che si trattava. Stavano facendo degli inserti. Le mie mani che versano la tequila, per cominciare. Poi che raccolgono una pistola giocattolo dal pavimento. E doveva essere il giusto pavimento. Hanno ricostruito una parte della veranda della hacienda apposta per questo. Poi siamo arrivati alle cose belle. Dovevo caricare la mia Colt .45 a sei proiettili, cosa che so fare molto bene. Dove nirà questa roba nel lm?, ho chiesto; mi interessava. Ma non verrà inserita in nessuna delle cose che abbiamo girato. È tutta roba nuova. Sono inserti per Uma che guida verso il suo ultimo incontro con me, sulla mia preparazione al suo arrivo. Verso da bere, carico la pistola. Poi abbiamo fatto un po’ di rinfoderi-di-pistola. Quentin non era sicuro di quale dei miei bizzarri movimenti preferisse, perciò li gireremo tutti. Sono rimasto sul mio segno e fatto un po’ di prove mentre Quentin se ne andava a fare non so cosa. Abbiamo fatto circa trenta prove, forse di più. Alcune erano grandiose. Altre no. Altre ancora erano magia pura – solo poche, purtroppo. Ho detto a Bob, che è stato dietro la macchina da presa tutto il tempo: “Bene, credo che dovremo fare parecchie riprese”. E lui: “Ho già ripreso tutto”. “Eh?”. “Sì, è tutto registrato. Lo dovremo rifare per Quentin, ma è già tutto su pellicola”. Fico. Questo signi ca meno pressione; potevo rilassarmi. Quentin è tornato e gli ho dato un mucchio di questa roba. Alcune riprese erano ottime. E ho fatto in fretta. Ho tenuto i costumi per portarli a casa. Helen, la costumista, non era molto certa di questo fatto, ma le ho assicurato che se ne avranno ancora bisogno, con me questi saranno più al sicuro che in qualsiasi altro posto. Per dirvela tutta. Nel 1985, quando stavamo concludendo Kung-fu: e Movie alla Warner Bros, mi hanno chiesto come, secondo me, Caine avrebbe dovuto essere vestito. Ho risposto: “Come sempre – un cappello buffo, il cappotto di pelle col collo di pelliccia, la maglia da lavoro con il collo alla coreana, la borsa in spalla, il auto di bambù”. Hanno detto: “Non abbiamo nessuna di questa cose”. E io ho risposto: “Lo so. Nessun problema. Ne ho uno stock”. Un paio d’anni dopo, lo Smithsonian mi ha parlato di esporre questi costumi. Sarebbe stata una cosa carina, esentasse. Però ci ho dovuto ri ettere. Ero sicuro che avrebbero potuto servirmi di nuovo per Kung-fu: e Legend Continues, per il ashback nel vecchio West. Li ho ancora. Lo Smithsonian li avrà quando non potrò più saltare. Lunedì 6 gennaio

Questo doveva essere davvero il mio ultimo giorno sul set. Be’, stiamo a vedere. Mi hanno convocato sul tardi, continuando a cambiare orario. Alla ne, è arrivato Blair. Sulla strada, crepitando lungo la 405, abbiamo ricevuto una chiamata dalla produzione. Quentin era inquieto, gridava: “Giriamo qualcosa!”. Bene, abbiamo parlato di cosa signi chi. Ho sottolineato a Blair che avrebbero dovuto chiamarmi prima; il set è un ottimo posto per incontrarsi. Siamo rotolati nello studio alle tre, in tempo per la nostra chiamata. Il set era uno di quelli messi su alla bell’e meglio. Ne hanno costruiti un po’, di questi set farlocchi, per questi pickup. Il primo è una stanza con la tappezzeria gialla, per una conversazione al telefono con Daryl. Nel lm doveva essere una scena con Daryl affacciata su Uma in coma nella stanza d’ospedale, che contempla un attimo prima di staccarle la spina. Riceve una chiamata da Bill, che le ordina di interrompere la missione. Ma Bill non si vede e non si sente. Mentre Quentin era in pausa, ha scritto l’altra parte della scena. Si sentirà la mia voce, ma tutto quello che si vedrà di me è la mia mano che accarezza l’elsa della spada Hanzo e il mio ginocchio, che sporge da un angolo della poltrona di pelle. Ho sottolineato a Quentin che questa ripresa è un omaggio a centinaia di lm noir, da Quarto Potere in giù. Come il tipo col gatto in grembo in uno dei James Bond. E lui ha detto: “Yeah! Yeah! Hai ragione!”. Hanno chiamato Daryl a casa, per fare un’altra conversazione. Ho detto: “Ciao” e lei: “Pensavo di aver nito con questo lm”. Ho risposto: “Sì, è una Storia In nita, vero?”. Abbiamo provato un paio di riprese, Quentin mi diceva di giocare sul lo della spada con le dita, di tirarla un poco fuori dalla fodera, e poi di rin larla in fretta al momento giusto. Ha aggiunto che sarebbe stato ottimo se il suono della spada che colpisce il fodero fosse riuscito a coprire per un attimo quello del dialogo. “Sai” ho detto, “c’è una spada con una testa di diavolo (il simbolo di Bill) incisa sulla lama. Non ci starebbe bene qui?”. “Yeah” ha detto Quentin. “Facciamolo”. È seguita un’attività frenetica, conclusa con un: “Non si trova”. Che seccatura. “Mi dispiace di averne parlato” ho detto. “No, no” ha detto Quentin. “Dovrebbe esserci!”. “Be’” ho risposto. “Non si è mai vista, questa è la nostra ultima occasione”. Qualcuno si è avvicinato a dirmi: “Tu ti sei portato una spada a casa, era quella?”. “No. Ho controllato la lama stamattina” (per valutare l’affilatura che gli avevo dato la sera prima: era affilata). “Non ce l’ho”. “Quindi, dov’è?” ha chiesto Quentin a voce alta. “Trovatela!”. Abbiamo fatto una pausa. Ho chiacchierato un po’ con Daryl al telefono. Stava per partire con mio fratello Keith per raggiungere Telluride, in Colorado. Dovevano essere lì per un appello a porte chiuse per tentare di bloccare la costruzione di una strada attraverso le loro proprietà in quella zona. Hanno 200 acri circa di terra incontaminata, selvaggia, con un lago privato. Non ci potrebbe essere niente di meno privato se ci mettessero in mezzo una strada. I promotori turistici l’assaltarebbero come sciacalli. Spero riescano a fermarli. Poi ho passeggiato no a raggiungere Scotty per parlargli della spada. Ma non c’è più, è andato a lavorare per un altro lm. Ha lasciato detto che manca un mucchio di roba. Oh, oh. I barboni sono già all’opera. Qualcuno è venuto da me, un pezzo d’uomo con una chioma da leone lunga no alle spalle. Aveva un pezzo di scultura, un bassorilievo che mio padre aveva fatto nel 1951. Ho ricordato. Il soggetto era il mio fratellastro, Mike. Avevo guardato papà lavorarci nel garage. Forse è l’ultima cosa che ha fatto; allora l’artrite alle mani era già in stato avanzato. Questo tipo l’ha ritrovato in una casa che ha comprato e ha voluto restituirmelo. Forse la terrò in ostaggio per Mike. O forse no. Chi trova qualcosa se la tiene, no? Ci hanno richiamati. Niente spada. “Andiamo avanti con quella che abbiamo” ha detto Quentin. “Si può vedere comunque la testa di diavolo sul fodero. Basterà”.

Abbiamo fatto qualche ripresa. Quentin dice: “Voglio che lo fai alla John Wayne”. Ride. “Non… per intero. Intendo… Be’, tu sai cosa intendo”. “Certo” rispondo. Gli do una perfetta imitazione del Duca per come lo conosco, cioè abbastanza bene. Tutti ridono. Specialmente Quentin. “Non intendevo alla perfezione[68]!”. Ovviamente, non pensava potessi imitarlo così. Ma comincio a capire come può funzionare. Faccio qualche altra ripresa, con giusto un accenno del Duca, con Quentin che mi punzecchia in continuazione. Mi piace quando mi punzecchia. Capisci, tutta questa attenzione per il dettaglio di una mia mano, con Daryl al telefono, lontana, e non la stanno nemmeno registrando. Alla ne, Quentin dice che va bene così. C’è una ragazza bionda e carina seduta alle sue spalle, con un grande sorriso stampato sul viso delicato. Dico: “Deve essere proprio andata bene, se fa un sorrisone così”. “Chi?” risponde Quentin. “Lei” e gliela indico. Lui si gira e guarda. La ragazza sorride di nuovo. È così dolce. “Oh, lei!” e ride di nuovo. “Sì, devi essere stato bravo”. Saluto Daryl e le dico che è stato bellissimo parlare con lei. Bill, il direttore artistico, continua a dirle che per lei (di nuovo) il lm è ufficialmente concluso. La troupe le tributa un elogio via telefono. Poi ci muoviamo con un primo piano di Uma, nel sacco a pelo, da mettere insieme a qualche scena girata attorno al fuoco quei miei primi giorni a Pechino. È tornata adolescente, frivola, con i capelli raccolti a coda di cavallo. I ragazzi che stavano sistemando il bivacco erano quelli del reparto effetti speciali, gli stessi con cui ho lavorato più volte in passato. Uno di loro risale al tempo di Shane, addirittura. Qualcosa come trentasette anni fa. Poi mi sono reso conto che lui all’epoca doveva avere dieci anni. C’è stato un dibattito su quanto il petto di Uma fosse esposto, nelle riprese a Pechino. Un’altra questione è sorta circa il momento esatto della scena in cui le do un colpetto in testa con il Flauto Silenzioso. Quentin si è irritato di non avere già la risposta a disposizione. “Bene” ha chiesto, “dov’è il video, allora?”. “Non qui” gli ha risposto qualcuno. “Trovatelo”. “Ammazza il fuoco” ha gridato qualcuno. Gli uomini degli effetti speciali hanno abbassato il gas. Abbiamo tutti fatto pausa. Mi sono alzato e stiracchiato. Mi sentivo davvero strano. Uma stava ri ettendo. Dopo aver dato un’occhiata al mio copione, ha dato la sua opinione circa il momento della scena in cui, secondo lei, il colpetto era stato dato. “Non è questo il punto” ha risposto Quentin con pazienza: “Dovrebbe essere qui”. Dopo una pausa, è giunta la notizia. Uma aveva ragione. Be’, questo è scontato. La sua piccola e carina testa bionda si ricordava perfettamente bene quello che stavo dicendo mentre veniva ripetutamente colpita con un paletto di bambù. I ragazzi degli effetti speciali hanno riacceso il fuoco, e abbiamo ripreso a girare. Ero fuori campo, raccontando di nuovo le cinque pagine della favola e suonando il Flauto Silenzioso, mentre Uma reagiva e ripeteva un paio di battute. Avevo il copione sulle gambe, ma dopo la prima ripresa tutto mi è tornato in mente e non ho dovuto più guardare le pagine. Il auto funzionava molto meglio dopo averlo rilaccato con lacca Lancaster. Il reparto del sonoro ci ha piazzato sopra un microfono. Spero useranno qualcuna di queste riprese. Finito tutto, ho raccolto le mie cose dal guardaroba e del trovarobe. Me ne stavo andando via con un’altra spada Hanzo, ma Lawrence Bender ha fatto irruzione nel camion e smorzato il mio entusiasmo. Gli ho detto che secondo me casa mia è il posto più sicuro in cui riporla, ma non ha voluto saperne. Mi ha detto di mettere un’etichetta su quello che vorrei portare via, e sarà mio una volta nito il lm. Potrebbe essere dopo il Messico. Non vedrò mai quella spada. Le cose scompaiono, alla ne di un lm, specialmente in Messico. Fuori sull’asfalto sono incappato in Quentin. Era molto eccitato per un’idea venuta a lui e Harvey Weinstein. Siccome tutti temono che questo lm sarà troppo lungo, anche 160 minuti e solo se Quentin riuscirà a tagliare fuori abbastanza roba, la soluzione delirante che hanno trovato è di

distribuire il lm in due parti da 90 minuti, a una distanza di cinque settimane la prima dalla seconda. Sarebbe stupendo! Dopo tutto, questo lm è un inno ai lm di exploitation e vendetta di tutti i tipi – kung-fu, samurai, spaghetti Western, anime giapponesi; penso che riesca a coprire tutti questi generi (e anche la storia d’amore, esatto). E novanta minuti è la durata tipica di questi lm, tranne nel caso del capolavoro di Sergio Leone C’era una volta il West, che dura tre ore. Potevamo seguire questa via anche noi. Ma distribuire due lm, il secondo appena dopo il primo – questo è chissimo! Tutti verrebbero a vedere il primo, e tornerebbero a vedersi il secondo portando gli amici. Quentin mi ha anche detto della scena che avrebbe sempre voluto girare con Daryl e me, ma che non sarebbe stata adatta nel caso il lm fosse stato un pezzo unico. Sarebbe grandioso! Tranne che per la conversazione al telefono fatta oggi, non ho mai lavorato direttamente con Daryl, in questo lm. E in quella conversazione, si scopre che noi siamo stati una specie di amanti, perciò una scena con noi due è abbastanza logica. E si tratterebbe di spiegare proprio questo: come siamo diventati amanti. Be’, mi sono detto, vediamo come va. Me ne sono andato un po’ a spasso mentre la troupe era a cena, proprio non mi andava l’idea di lasciarli. Adesso attendo il festival di Cannes. Non riesco proprio a immaginarmi come Quentin possa riuscire a nire entrambi i lm per allora. No, è impossibile. Mancano solo due mesi e sta ancora nendo di girare. Ma la presenza laggiù è assicurata. Ci sarò anch’io, dèi volendo e piano di lavorazione permettendo. Martedì 18 febbraio Bene, Annie e io siamo appena tornati da un dolcissimo weekend a San Francisco, dove abbiamo festeggiato San Valentino ed evitato per un soffio di essere travolti da una manifestazione di 200mila persone contro l’invasione dell’Iraq. Siamo andati a guardare le vetrine da Neiman Marcus, e abbiamo fatto uno spuntino al caviale al St. Francis Hotel. Credo che questo cozzi con la mia immagine pubblica, ma una marcia per protestare contro la guerra non è esattamente la mia idea di festeggiare San Valentino, o qualsiasi altro giorno, per la cronaca. Nel fax ho trovato un piano giornaliero, in cui mi hanno messo in evidenza cosa stanno girando a Costa Careyes, in Messico. Perciò, la saga continua. [1] Manteniamo l’originale per conservare la continuità grammaticale della storia raccontata da questo manifesto, in cui l’azione compiuta da Uma urman (“is going to kill Bill”) permette di considerare al contempo anche il titolo del lm (Kill Bill). In italiano “Il quarto lm di Quentin Tarantino, Uma urman in Kill BIll, scritto e diretto da Quentin Tarantino, basato sul personaggio de ‘La Sposa’ creato da Q&U”. [2] Per lm d’exploitation si intende un genere cinematogra co che mette da parte i meriti artistici per una estetizzazione più forte, mostrando spesso scene di sesso e di violenza. Film del genere sono esistiti sin dai primi giorni del cinema, ma sono stati resi celebri negli anni Settanta e Ottanta, ventennio in cui andò sempre più diminuendo il tabù negli Stati Uniti e in Europa. La parola stessa “exploitation” deriva dall’inglese ed è un termine che serve a pubblicizzare spettacoli e lm. I lm d’exploitation sono quelli il cui successo non è dovuto alla qualità del contenuto, ma piuttosto alla pubblicità (per esempio, un fattore usato è quello di avvertire il pubblico del divieto in una certa regione). Ephraim Katz, autore della “enciclopedia dei lm”, ha de nito i lm d’exploitation come: «Film fatti con poca o addirittura alcuna attenzione alla qualità o al merito artistico, ma con un interesse mirante al guadagno veloce, di solito attraverso tecniche di pubblicità che enfatizzino qualche aspetto sensazionale del prodotto». [3] Hunter Stockton ompson (Louisville, 18 luglio 1937 – Woody Creek, 20 febbraio 2005) è stato un giornalista e scrittore statunitense. È famoso per aver creato il cosiddetto gonzo journalism, uno stile di scrittura che combina il giornalismo convenzionale, le impressioni personali e gli arti ci narrativi del racconto per produrre un personale punto di vista sugli avvenimenti e le situazioni. [4] omas Kennerly Wolfe, noto più semplicemente come Tom Wolfe (Richmond, 2 marzo 1931), è un giornalista e scrittore statunitense. [5]Wire indica la disciplina del Wire Fu, tipo di Kung-fu in cui i combattenti utilizzano li e corde. [6] SAG è acronimo di Screen Actors Guild, il sindacato dei lavoratori dello spettacolo, che conta almeno 200 mila iscritti. [7] Gli abitanti di Brobdingnag sono i giganteschi personaggi inventati da Jonathan Swi ne I viaggi di Gulliver. Il contrario dei lillipuziani. [8] Nella versione originale, Carradine scrive che Rob è stato al suo anco “through everything I done”. L’autore sta chiosando un verso di Me and Bobby McGee, celebre canzone di Janis Joplin dell’album Pearl, 1971. [9] Dove ha sede la A Band Apart Productions. [10] In italiano Questa terra è la mia terra (H. Ashby, 1978).

[11] In italiano America 1929: sterminateli senza pietà (M. Scorsese, 1972). [12] Probabilmente Carradine fa ironicamente riferimento al lm 36ma camera dello Shaolin, kung-fu movie del 1978, o a un gergo interno dell’ambiente del kung-fu. [13] In italiano Dal tramonto all’alba (R. Rodriguez, 1996). [14] In italiano Messaggi da forze sconosciute (R. Moore, 1978). [15] In italiano Vietnam: la grande fuga (G. Amir, 1986). [16] In italiano Una magnum per McQuade (S. Carver, 1983). [17] In italiano I cavalieri dalle lunghe ombre (W. Hill, 1980). [18] Serie televisiva del 1978. In italiano I gladiatori dell’anno 3000. [19] Claudia Jennings fu una modella di Playboy e recitò in alcuni lm di exploitation. Morì in un incidente stradale nel 1979, pochi giorni prima di compiere trent’anni. [20] Abbreviazione slang di show business. [21] Vettura sportiva con enormi ruote, adatta a viaggi in condizioni di terreno difficili, come appunto la sabbia del deserto. [22] Originariamente, lm con Audrey Hepburn. In italiano Gli occhi della notte (T. Young, 1967). [23] Nel testo originale, Carradine usa il termina chutzpah, vocabolo di origine ebraica che signi ca “impertinenza, insolenza”, passato anche nella lingua inglese, soprattutto in campo cinematogra co. Nel tempo ha smorzato l’accezione negativa e ne ha acquistata una positiva, a indicare un non conformismo audace e disarmante. [24] In italiano Era mio padre (S. Mendes, 2002). [25] In originale, Carradine scrive “redskins, brownskins, black-and-blue skins”. Il primo termine fa riferimento a un gruppo subculturale giovanile nato in Inghilterra negli anni Ottanta, che si dichiara anti-capitalista, anti-imperialista e no global. Gli altri due termini sono inventati e rappresentano un commento sarcastico. [26] Fumetto underground pubblicato per la prima volta negli anni Sessanta a San Francisco. [27] Film di Robert Martin Carroll con David Carradine del 1989. [28] Gioco d’azzardo. [29] Tarantino allude al titolo del lm interpretato da Carradine e Silent Flute, poi distribuito con il titolo Circle of Iron (in italiano Messaggi da forze sconosciute). [30] SWAT è l’acronimo inglese per Special Weapons And Tactics (in origine era Special Weapons Assault Team), che indica i reparti scelti presenti in molti dipartimenti di polizia statunitensi. [31] In italiano La tigre e il dragone (A. Lee, 2000). [32] La Toho Company Ltd. è una grande casa di produzione cinematogra ca giapponese. È nota per essere la casa di produzione di tutti i lm dedicati a Godzilla. [33] Pris è il nome del personaggio interpretato da Daryl Hannah in Blade Runner (R. Scott, 1982). [34] In italiano I cavalieri dalle lunghe ombre (W. Hill, 1980). [35] Film di Paul Bartel del 1976. [36]Gang Busters è una serie televisiva del 1952, interpretata da John Carradine, padre di David. [37] George Lucas, cioè. Action gure è un termine intraducibile in italiano. È una fedele riproduzione, in scala, di personaggi tratti dal mondo del cinema, della tv o dei serial televisivi, ma anche personaggi dei fumetti, della musica, dei videogiochi o dello sport. Una caratteristica determinante di questi prodotti è la grande verosimiglianza ottenuta grazie a tecniche di scanning tridimensionale del personaggio, o all’abilità di scultori capaci di trasporre l’immagine con assoluta fedeltà in un prototipo in resina. [38] Nel lm, il personaggio di Uma urman si chiama Beatrix Kiddo. [39] Lo Studio dei fratelli Shaw è il precursore e la più grande compagnia di produzione di lm di Hong Kong. [40] Personaggio dei fumetti che ritorna dalla morte nelle vesti di un uomo deforme con superpoteri. [41] Kirk e Picard sono due personaggi della serie televisiva Star Trek. [42]American Film Institute. [43] Tipo di mossa appartenente al mondo del wrestling: uno dei due combattenti trattiene l’altro per il braccio portandolo dietro alla schiena dell’avversario. [44] Nomignolo dispregiativo (contrazione dell’iniziale del secondo nome, W. In americano, “doppia vu” si dice “double u” e si pronuncia “dabl-ia”) con cui gli americani chiamavano George Bush durante la sua presidenza. [45] Termine slang per indicare Liberali e Conservatori. [46] In italiano La regina d’Africa (J. Huston, 1951). [47] Personaggio protagonista della serie di fumetti Little Orphan Annie, creato nel 1924. [48] In italiano Questa è la mia terra (H. Ashby, 1976). [49] Si de niscono bloopers gli errori presenti all’interno di un lm. Un famoso e recente blooper è il passaggio di un aeroplano nel cielo sopra la foresta in cui si sta combattendo una battaglia tra antichi romani, nel lm Il gladiatore. [50] Elemento accessorio di una macchina da presa, che permette di proteggere l’obiettivo dai raggi del sole.

[51] In italiano Febbre sulla città (H. Hart, 1965). [52] Specie di serpente particolarmente rapida e velenosa. In inglese black mamba, che poi è il nome in codice di Beatrix Kiddo, il personaggio di Uma urman. [53] In italiano La notte dell’iguana (J. Huston, 1964). [54] Roy Rogers, cantante country e attore western morto nel 1998, ha recitato in oltre cento lm e condotto e Roy Rogers Show insieme alla moglie Dale Evans. [55] Film per la televisione del 2001 diretto da Stephen Gyllenhaal, con David Carradine e James Caan. [56] Termine del gergo cinematogra co che indica quei momenti della narrazione di massima suspence e attesa, tipico della narrazione televisiva seriale, in cui si lascia una questione importante in sospeso per mantenere viva l’attenzione del pubblico no alla puntata successiva. [57] Libro per bambini scritto da L. Frank Baum, pubblicato nel 1913. [58] Serie televisiva di cartoni animati del 2001. [59]Nel testo originale, David Carradine scrive: “I’m sweating bullets (and ring off a few) to get the words right”. In inglese to sweat bullets signi ca, in senso gurato, fare molta fatica o essere preoccupato/spaventato. Qui Carradine gioca sul senso letterale della frase “sweat bullets”, “sudare proiettili”, aggiungendo che oltre a “sudarli” li “spara” (“ re off ”), anche. [60] Termine dello slang pornogra co, indica, in un rapporto omosessuale a tre, l’uomo che sta nel mezzo. [61] Qui Tarantino cita, storpiandola, la frase di una canzone del musical South Paci c della Rodgers&Hammerstein (1949). Nell’originale, il testo dice: “Some enchanted evening, you may see a stranger”. [62] Nel testo originale, Tarantino è citato in slang: “Mo’ speed! Mo’ powah!”. [63] Ripetizione di una sola parte dell’inquadratura. [64] In italiano nel testo originale. [65] Celebre canzone interpretata da Frank Sinatra. [66] Tak Fujimoto è un celebre direttore della fotogra a, collaboratore ventennale di Jonathan Demme. Tra i lm per cui ha lavorato, ricordiamo Il silenzio degli innocenti e Philadelphia. Ha lavorato anche con M. Night Shyamalan per Il sesto senso. Haskell Wexler, invece, ha lavorato in lm come Chi ha paura di Virginia Woolf? e Qualcuno volò sul nido del cuculo. [67] Tra i lm di cui ha diretto la fotogra a, ricordiamo Insonnia d’amore, Buon compleanno Mr. Grape e Charlot. [68] Nel testo originale, Carradine fa un gioco di parole, scrivendo“exactly”. Act, in inglese, signi ca “recitare”.

Volume due

Martedì 27 febbraio È stato detto che il lm è ufficialmente terminato ieri – 155 giorni, 252.090 metri di pellicola girati, secondo stime ufficiali, anche se a me avevano detto che erano 222.090. Chissà perché questa discrepanza. Anche così, con l’“economico” procedimento in Panavision che abbiamo usato, secondo i miei calcoli dovremmo essere arrivati a quasi 295 mila metri e rotti di regolare girato in 35mm, o, se preferite, 23.629.582 singole immagini, o 109 ore e 4 minuti. Quentin deve liberarsi solo di 106 ore per arrivare ad avere un lm che ne dura circa tre. Niente di tutto ciò costituisce un record, ma sospetto che è nella classi ca dei primi dieci lm di queste dimensioni. Penso al record di tutti i tempi, che secondo me è ancora appannaggio di Roar, un lm epico nel regno animale con Tippi Hedren, sua glia Melanie Griffith e una quantità di bestie, girato per parecchi anni e mai distribuito in alcuna sala. Hanno girato qualcosa come 450 mila metri di pellicola. Passai per la MGM mentre lo facevano e dappertutto era scritto: “ROAR”. Interi corridoi erano ricoperti di manifesti. Solo in quantità credo che batta I cancelli del cielo, ma non ci addentriamo in questi racconti. Ho rilasciato un’intervista telefonica alla mia vecchia amica Marilyn Beck, la colonnista d’agenzie, ieri. Non le parlavo da anni. Mi ha fatto da garante per la cauzione togliendomi dai guai in un paio di occasioni, anni fa. Questa volta invece mi ci ha messo, nei guai. Ho blaterato con lei dell’idea dei due lm da 90 minuti. Quando l’articolo è apparso, diffuso tramite agenzia su 500 giornali in tutto il Paese – la gente della Miramax è andata su tutte le furie. Ehi, nessuno mi ha detto che doveva restare un segreto. Ma il problema è come l’ho detto. Stavamo dicendo che il copione ha 200 pagine, e di quanto sono durate le riprese, e che sono nite con un mese

o due di ritardo sul programma, e mi son detto: “Probabilmente non dovrei dirlo, ma, che cazzo, mica mi possono licenziare” e ho sparato fuori il piccolo segreto. E lei l’ha pubblicato, detto fatto. Perciò i tipi della Miramax potrebbero pensare che in fondo immaginavo di non doverne parlare. E “mica mi possono licenziare” potrebbe suonare nelle loro orecchie più o meno come un bel “vaffanculo”. Spero solo che questo non li convinca a non usarmi per pubblicizzare il lm. Non voglio perdermi il divertimento. Ho ricevuto un messaggio da Lawrence Bender, voleva che lo chiamassi. L’ho fatto, con molta ansia. Ma lui era tranquillo. Gli ho detto del mio rapporto decennale con Marilyn, e come mi ha salvato il culo una o due volte. E che non è la regina del gossip. È vera, onesta, con un gran cuore. Lawrence ha detto: “Sì, sì, vabbe’. Senti, so che vuoi bene a Quentin, tutti gli vogliono bene, però tutti sono pronti a buttarlo nel cesso, anche. E se decide di non farlo in due parti, ora, sembrerà un cretino”. Adesso ero parte della famiglia di Quentin, mentre i media non sono parte di questa famiglia, ha sottolineato. “Lo so che stai solo scherzando, ma non puoi dire cose così in giro” ha continuato, parlandomi come se fossi un bambino. Bene, capisco. Ho detto: “Okay, starò più attento”. È saltato al telefono. “No! Non vogliamo che tu stia attento. Hai un ottimo modo di comunicare. È quello che vogliamo! Solo, lascia perdere questo particolare. Parla delle riprese, di Quentin, di quanto ti sei divertito, o di quanto è stata dura, se vuoi. Senti, Quentin se ne frega; si spara da solo fuori dal cannone, e dice quello che pensa. È la Miramax. Stanno dando i numeri. Tutti ti chiederanno di ripetere, tu di’ che stavi scherzando”. Va bene, okay ragazzi. Stavo solo scherzando. 3 marzo Harvey Weinstein Miramax

Caro Harvey, ti prego di accettare le mie scuse per tutti i disturbi che posso avervi causato. Capisco la tua preoccupazione, e per favore, credimi che non provo altro che benevolenza nei confronti del progetto. Il mio rapporto di lunga data con Marilyn Beck mi ha fatto abbassare la guardia, immagino. L’ho pensata come una vecchia amica, che è stata molto gentile con me. Volevo dirle qualcosa di interessante, e il mio entusiasmo verso il lm è difficile da contenere. Ma Lawrence mi ha spiegato che i media sono… media. Mi dispiace solo di non essere stato informato del fatto che si trattava di un segreto. Credimi, sarò più prudente in futuro. Tuo sostenitore come sempre, David Carradine In qualche modo, la lettera ha fatto il giro della casa almeno cento volte, per una settimana intera, prima che uscisse. Spero che faccia il suo dovere. Harvey non è il tipo che vuoi avere contro. Non solo perché fa paura, e fa paura, ma perché può essere un ottimo amico. Sabato 8 marzo Trovato nel fax un avviso per giovedì. Ci sarà un party di ne lavori per il cast e la troupe, quella sera. Questa nale occasione di baldoria è stata programmata all’ultimo minuto. Ma ero entusiasta all’idea. Grande cosa rivedere tutti. Mi sono immaginato una delle performance sopra-le-righe di Quentin, e qualcuna delle mosse seducenti di Lawrence. E poi vedere Uma e Daryl, e Michael Madsen, se si degna di presentarsi, sarà molto bello. Dopo aver ponderato per un po’ su cosa mettermi, ho scelto un abito gessato di Kenzo beige pallido di cotone, che ho comprato a Hong Kong e fa tanto Parigi anni Venti.

Casualmente, Annie ha scelto una mise che si intonava perfettamente: un morbido abito bianco sporco. La festa si teneva in un hotel di downtown a Los Angeles, un vecchio palazzo costruito come una hacienda, con un cortile interno e un piscina, vicina all’angolo bar. Sembrava un resort messicano. E il tempo ha aiutato. Los Angeles ha messo in mostra il suo lato invernale migliore. Mi sono domandato se questo posto potrebbe sopravvivere nel centro della città, no a che mi sono ricordato di tutti gli artisti con magazzini adattati a studio. Abbiamo incontrato Bo Svenson all’esterno, che si fumava una sigaretta, e chiacchierato un po’ insieme prima di rientrare. È diventato il più tenero dei ragazzi. Ma credo che, sotto quella maschera da avvinazzato che ama menar le mani, lui sia sempre stato così. Gli è venuta un’altra idea per il documentario per cui ci ha proscritti, un’idea nuova, fresca, che potrebbe funzionare. Dentro, la pazzia era ai massimi storici. Non c’era molto cibo, per il grosso disappunto di Annie che è sempre molto affamata, ma ho notato, e fatto notare anche a qualcun altro, che era bello essere a un party di cui si conoscevano quasi tutti i volti. Proprio in quel momento, abbiamo incontrato Scott, l’attrezzista, e poi Heba, il genio del trucco. In mezzo alla folla abbiamo individuato Lawrence, premuroso e amichevole come sempre, e Daryl. Alla ne, io e Annie eravamo pure la coppia meglio vestita, e gli unici con vestiti chiari a parte Daryl, che era la più incantevole peggio-vestita, con la sua tuta gialla tagliata male e piena di tasche, il che la rendeva simile a un addetto dell’Anas versione sexy. Michael Madsen mi ha abbracciato così stretto e a lungo da lasciarmi senza ato. Michael Jai White, stupendo, si accompagnava a una stangona nera di un metro e 80 assolutamente sbalorditiva, enorme, con un’aura che riempiva tutta la stanza. Abbiamo fatto il giro più volte, fumato qualche sigaretta, no alla scoperta di una stanza più nascosta dove tutti giocavano a s dare la legge. Era piena di ragazzi dall’aria dura. E qui abbiamo trovato Michael Bowen (ovviamente). Si è alzato

per venirmi incontro e mi ha detto: “Dov’è la stanza degli uomini?”. Gli ho indicato la collezione di bulli che sedeva nella stanza e risposto: “Eccola, fratello”. Ma non ha riso, perciò gli ho compassionevolmente indicato la strada giusta. La ragione della sua serietà è che stasva cercando Christen, l’angelica moglie. Ci ha incaricati di dirle che si era ritirato al bagno. Bill, il direttore artistico, è arrivato sorridendo, come al solito. Lo presento sempre come “il vero Bill”. Ho sentito una voce secondo cui ci sarebbe stata una videopresentazione del primo montato, perciò gli stiamo tutti attorno per avere qualche anticipazione. Stanno aspettando che arrivi Quentin. Ma intorno all’una ancora non si era fatto vedere, perciò abbiamo cominciato a pensare di andare a casa. Abbiamo rivisto Bo, e ci ha detto che c’è stato un problema col video, per cui forse non lo vedrà nessuno. Ho pensato che non sarebbe andata così, se ci fosse stato Quentin. Avrebbe detto: “Sistematelo!”. Ce ne siamo andati, comunque. Più tardi ho sentito da qualcuno che Quentin è arrivato alle 4. Non avremmo mai resistito così tanto, a meno di avere riservato una stanza. La rottura di queste serate mondane è che interferiscono con la nostra vita amorosa. Lunedì 17 marzo Grande serata. Siamo andati all’ArcLight, che prima si chiamava Cinerama Dome, per assistere alla prima di un nuovo lm: Spun. Abbiamo fatto la scenetta sul red carpet affrontando un impetuoso vento di nord-est che ci ha fatto sbandierare, a me e ad Annie. Decisamente un vento poco sud-californiano. Ci saranno delle foto molto scapigliate, di questa serata. Il lm era bello e orribile. Lotte senza esclusione di colpi, montaggio alternativo e tutto quanto. Certi momenti erano quasi trascendentali, gli altri di quelli da fracassarti i coglioni. Brutto, rozzo, spaventoso. Non fa sconti a nessuno. Poi a tratti è quasi dolce. Le parti sexy girate tipo fotoromanzo patinato, così sembravano anche più eccentriche e perverse. Un momento, uno solo, di incredibile bellezza. “Spun” signi ca,

apparentemente, “fatto di crank”, cioè l’anfetamina che cucinano tirandola fuori dalle pillole dietetiche. Tutti gli attori nella parte, ma Mickey Rourke una spanna sopra gli altri. Magni co e anche divertente, nel ruolo di “cuoco di crank”. Un totale cazzone fatto con la potenza e la maestosità di un leone, che conclude la sua parabola con una ammata gloriosa. Tutto questo ha lasciato l’intero pubblico in uno stato di euforia. Di fronte al teatro, ci siamo ritrovati a chiacchierare in attesa che le limousine venissero a caricare le star. Non si riusciva ad allontanarsi; il lm li aveva conquistati tutti. Si trattava soprattutto di una folla di ragazzi con una particolare predilezione, temo, per l’argomento. Siamo rimasti in piedi in mezzo al mucchio con James, il mio pubblicitario, e parlato con parecchie persone conosciute, e anche sconosciute. Ho ricevuto i complimenti di ammiratori del gruppo più adulto, forse per la mia reputazione di fuorilegge, credo. Poi Maria Ferrara è apparsa all’improvviso all’angolo, in una Lincoln Town, fantastica con le sue gote da indiana pellerossa. Ho sentito dire che il motivo per cui un sacco di nativi dell’Oklahoma hanno parti Cherokee è che le donne Cherokee erano di una bellezza notevole. Devo ammettere che è vero (anche il mio bis-bisbisnonno ha ceduto alle grazie di una di loro, o così mi hanno detto). Maria ci ha rapiti e portati a un party organizzato dalla rivista super trendy Flaunt (be’, super trendy se ti piacciono le fotogra e sfumate di ragazzi nudi) all’Ivar Club, un posto in cui siamo stati un’altra volta per una cosa simile. Molto giovanecool-trendy, ovviamente, e rumoroso. Ho trovato Francis Coppola in un angolo tranquillo immerso nella pazzia rock&roll degli altri. Non è facile trovare il vecchio maestro a una di queste feste, ma questa per lui era un’occasione speciale: suo nipote è la star del lm. Non parlavo con Francis da almeno trent’anni. E ci siamo fatti una lunga chiacchierata. Abbiamo parlato di bambini e di case. Mi ha chiesto come stavo. “Alla grande” ovviamente. Gli ho detto dei miei rovesci di fortuna, ma che adesso va tutto bene. Penso fosse a conoscenza del progetto Kill Bill, ma non ne abbiamo fatto cenno. Mi ha

chiesto dove vivo. Gli ho risposto: “Troppo lontano” e che voglio trovare qualcosa in città. E lui: “Qui? O a New York?”. “No, proprio al di là della collina, dove ci sono le luci”. E poi ha voluto sapere quanti bambini avessi a tenermi compagnia. Ho risposto cinque. E lui mi ha detto che avrò bisogno di tanto spazio. Ho risposto: “Non scherziamo, al massimo più spazio per le mie cose: musica, arte e lm”. Ho aggiunto che ho letto, da qualche parte, una sua dichiarazione sul non voler più dirigere lm. Mi ha risposto che non si è mai nemmeno sognato di smettere, e che non smetterà mai. Mi ha promesso che non ci rinuncerà e ha annunciato che sta scrivendo. Sceneggiature, immagino. Coppola ha fatto lm che dureranno per generazioni. Gliel’ho detto, e ho detto anche che migliorano col passare del tempo, come i suoi preziosi vini. Stanno nella loro bottiglia, e lì acquistano carattere e de nitezza. Gli ho chiesto come fa. E lui: “Non si ‘fa’, semplicemente accade. Hai le persone giuste con te e allora accade”. Ho pensato a tutti i problemi di lavorazione che aveva avuto per Il Padrino e Apocalypse Now. Collaborare, secondo me, non è il segreto della forza di Francis. “Perciò non puoi portelo come obiettivo” ho continuato. “No” ha risposto. “Io non posso”. Cazzate, avrei detto (ma non l’ho fatto). È evidente che una volta che è in ballo, non si ferma no a che non è riuscito a superarsi. Trascinando con sé tutti quanti, ipotecando tutto quello che possiede per arrivare in fondo. Nessun altro lo fa. Be’, Cassavetes – il suo mentore – era un altro così. Tutto torna, no? Avrei dovuto dirgli quanto è magni co Il Padrino Parte Terza. L’hanno maltrattato, a causa di questo lm, anziché dargli una nomination come Miglior Film. Ma non l’ho fatto. Non gliel’ho detto, cazzo. La ragione è che Nicolas Cage è arrivato a porgere omaggio, e la mia udienza si è così conclusa. C’erano anche Talia Shire, una nipote di Francis e qualcun altro dei suoi familiari. Tutti emanavano venerazione per il vecchio ragazzaccio. È un uomo più affabile di com’era una volta. Umile – o forse umiliato. Non che prima non lo amassi. Ma è più

umano, ora, come il padrino di Marlon nell’ultima mezz’ora del lm. Domenica 23 marzo Gli Oscar son tornati. Dobbiamo per forza partecipare alla “Notte delle Cento Stelle” al Beverly Hills Hotel, e poi andare al party di Vanity Fair. Negli anni passati ho provato a imbucarmi a questa festa, un paio di volte. È il massimo dei party. Per una volta, ero uno degli invitati, grazie a James Selman della Rogers&Cowan. Un’assoluta cata. La festa migliore a cui ho partecipato negli ultimi anni, forse la migliore di sempre. L’unico evento che forse può competere è la prima di e Empire Strikes Back[1] a Londra, a cui ho partecipato insieme a Bobby sulla strada del ritorno a casa dopo il festival di Cannes, dove eravamo stati per e Long Riders. Siamo stati salutati da una delle Windsor, credo fosse la principessa Margareth. C’erano anche Alec Guinness e Ringo. Dino De Laurentiis sedeva in un angolo, con una delle glie accanto. Molti luminari. Fu un vero e proprio Evento, ma quello di stasera è stato il top dei top. Tutti quelli che hanno vinto un Oscar o sono stati nominati, tutti, erano tra i presenti. Ed era un party in cui si poteva fumare, alla faccia del governo californiano e di tutti gli adepti della New Age. Posaceneri dappertutto. Harvey Weinstein ha organizzato una sua personale festa la stessa sera, dall’altra parte della città, e scommetto che si è ritrovato da solo – perché tutti erano qui: Lucy Liu, Daryl, un gruppo dei vincitori di Chicago. Ho acceso una sigaretta a Peter O’Toole, che ha ricevuto un Premio alla Carriera, e mi ha detto che conosceva mio padre e Barbara. Gli ho detto che la loro relazione è nita in fumo non appena il glio è un attimo cresciuto – e, ho puntualizzato, ha portato me a inventarmi il trucco della palla di fuoco. Ha apprezzato, ridendo a bocca spalancata. È in quel momento che deve aver deciso che sono a posto, perché è diventato molto amichevole e ha iniziato a parlare a macchinetta, seduto su uno sgabello del bar come se fosse a casa sua, e ricordandomi molto mio padre: stessa posa, gambe incrociate, gomito sul bancone, testa sporta in avanti,

stesso viso terribilmente scavato e lungo, stessa voce alta, e quasi lo stesso accento anglo-irlandese. Ho detto qualcosa su e Savage Innocents[2], un lm di Nicholas Ray con Peter nel ruolo di Mountie che viaggia per l’Artico insieme a un eschimese, interpretato da Tony Quinn. Peter mi ha detto che è stato girato a Pinewood Studios, a Londra, a 38 gradi, con il sale al posto della neve. L’inferno, ha dichiarato. Proprio la storia che avrei potuto raccontare io parlando dello scontro samurai tra Uma e Lucy Liu a Pechino: sale-neve in uno studio con 38 gradi di temperatura. Un lm è un lm, giusto? Abbiamo fatto un salto alla festa di Harvey. Stava intrattenendo un gruppo di persone, in piedi in mezzo a loro. Mi ha fatto tenerezza. Mi ha detto di non preoccuparmi per la storia della pubblicità. Nessun problema, sei grande, ti amiamo, eccetera. Una buona serata. 18 maggio 2003 Allora, come previsto, l’ipotesi di presentare il lm in anteprima a Cannes è saltata. Ovviamente. E a dirla tutta, non avevano nemmeno preparato un trailer promozionale. La Miramax ha rapito Quentin e l’ha chiuso in sala di montaggio perché il lm sia pronto per il festival di Toronto, a settembre. Anche se sarà dura riuscire a prepararlo per quella data, con tutto il materiale che ha a disposizione e che deve combinare insieme. Grossa delusione, per me e per Annie. Cannes sarebbe stata una gata. Ovviamente, ci andremo per conto nostro; l’ho fatto abbastanza volte in passato per sapere che ne vale sempre la pena. Ma no a che questa dannata rinascita non decolla, il problema sono i soldi. Più del solito, perché nessuno mi propone niente, nemmeno un lmetto di exploitation giusto per tirare su qualche verdone: non vogliono rovinarmi il momento. Mi sono incontrato con alcuni registi francesi, che mi hanno proposto un certo lm sulle lotte di banda dei rappettari. Dovremmo girare a Los Angeles. Per me sarebbe una novità: un lm europeo girato a casa mia. Mi hanno lasciato da leggere il trattamento, e un dépliant di presentazione a forma di vinile. Sembrava co, e anche i ragazzi mi hanno positivamente

colpito: un gruppo di giovincelli, quasi bambini, mezzi francesi mezzi arabi, quelli che a Parigi chiamano “Pieds Noirs”, letteralmente “piedi neri”. Sono in contatto in qualche modo con Luc Besson, e questa è la cosa che più di tutte ha attirato la mia attenzione. Besson è una specie di Tarantino francese, quello che ha fatto Nikita, che negli States è diventato un classico. Io personalmente preferisco la versione che ne ha fatto John Badham, Point of No Return[3], con Bridget Fonda, ma nessun altro condivide la mia opinione. Be’, diciamo che sono disperatamente innamorato di Bridget, come dev’esserlo stato John Badham, a giudicare dalla tenerezza con cui l’ha fotografata. I due ragazzi franco-arabi volevano che partecipassi alla realizzazione di un breve teaser da portare a Cannes. Mi hanno proposto di presentare me e Annie come loro ospiti. Ho fatto un salto di gioia, ovviamente, soprattutto quando hanno aggiunto che saremmo stati qualche giorno anche a Parigi. Hanno recuperato un paio di tipacci neri, perfetti per il ruolo di rappettari. Abbiamo girato il promo in una concessionaria di Ferrari vicino a casa mia. È andato tutto bene, quasi alla perfezione. Quello che ai due ragazzi mancava in esperienza, era compensato dall’entusiamo. Credo che funzioni abbastanza. Perciò, dopo tre giorni e tre notti di fuoco a Parigi, io e Annie siamo giunti a Cannes. Anche se il lm non è pronto, e non c’è nemmeno un trailer promozionale, Kill Bill è nell’aria. Tutti ne parlano, e fanno speculazioni. Ogni anticipazione dà una scarica elettrica. Alla festa della rivista Premiere, un party esclusivo su uno yacht di tre piani attraccato dietro un casinò, ho incontrato Harvey, che mi ha detto che se fosse riuscito a far realizzare in fretta a “Capitano Q” almeno un teaser di un quarto d’ora, avrebbe fatto impazzire il festival, soprattutto quest’anno che i protagonisti sono un po’ debolucci. e Hollywood Reporter lo de nisce pigro, lento. Credo che quest’ultima cosa sia abbastanza vera, soprattutto perché i rappresentanti più cool di “Hollywood”, quelli che ti in lano qualche bravata e danno ai gossipari di che scrivere,

non ci sono. E nonostante la performance di Nicole Kidman in Dogville sia abbastanza sferzante per qualsiasi maschio americano medio focoso. È semplicemente straordinaria. Una sintesi perfetta, no, una sopraffazione di alcune icone del passato: Ingrid Bergman, Grace Kelly, Merle Oberon, Ida Lupino; le ha messe al tappeto. E per la bellezza: mi ha fatto dimenticare Kim Basinger e Michelle Pfeiffer. Mi ha preso all’amo, lo ammetto. È un lm strano, e credo che in molti non lo ameranno. Senza dubbio dovrà subire la sorte sfortunata di tutti i testi che hanno “Dog” nel titolo. Ma tutti non potranno che tessere le lodi di Nicole. Lei tiene in piedi tutto il lm – anzi, secondo me lo salva. E la sua presenza alla proiezioni nel Grand Palais aveva qualcosa di stupefacente: alta, altissima, portava la sua bellezza con la stessa umiltà di una ragazzina al ballo della scuola. Ha indirizzato un cenno grazioso della testa verso Annie, che era anche più elegante, e di sicuro la signora più mozza ato della serata. Dopo la proiezione, durante l’applauso in nito che i colleghi le hanno tributato, Nicole guardava verso Annie e muoveva gli occhi angelici come se stesse facendo un segnale alla sua complice. E mi ha regalato un sorriso speciale. Quella notte ho ricevuto più attenzione mediatica che nel resto della mia vita, penso perché tutti hanno dovuto lanciare più di un’occhiata al tipo con la ragazza mozza ato sotto il braccio. Comunque, tornando alla festa di Premiere: Harvey ha continuato a dirmi che la mia performance in Kill Bill è stata super (vorrei ricordarmi le parole esatte che ha usato). Ha detto, e queste parole, invece, me le ricordo esattamente: “È una rinascita che ti sei ampiamente meritato”. Poi se n’è andato, alzando la voce in modo che tutti sulla nave potessero sentire: “State pronti! Dopo ottobre, vi seppelliranno. Spero soltanto vi ricorderete il mio nome!”. Harvey è un go. Sabato 24 maggio Sul web hanno pubblicato un mucchio di fotogra e di Annie e me a Cannes. Siamo splendidi. Credo che Quentin apprezzerà, perché, da quando sono nite le riprese, i miei capelli sono

cresciuti no a diventare della lunghezza che hanno in Kill Bill. Nessuno si accorgerà che si tratta di una parrucca. Domenica 8 giugno Okay, perciò eccoci di nuovo qui. Dopo essere tornato da Cannes, c’è stato un gran daffare dovuto al mio aver detto a qualcuno, credo del e Hollywood Reporter, che Kill Bill verrà presentato in anteprima al Toronto Film Festival, a settembre. Hanno parlato di “strategia rivelativa di mercato della Miramax”, ah no, questo non devo dirlo. Ma è stata fatta chiarezza per bene, perché ho fatto presente che questa cosa mi era stata detta da uno dei dirigenti della Miramax (che deve restare anonimo) a una festa, in mezzo alle orecchie tese di un centinaio di distributori e almeno una dozzina di giornalisti. Poi, oggi, Gayle mi ha lasciato un messaggio sul cellulare: la Miramax le ha spedito un fax con tutta una nuova lamentela perché avevano ricevuto una richiesta di permesso per usare alcune fotogra e per l’uscita della versione DVD dei miei video istruttivi, A quanto pare, devo affidare a quelli della Miramax il compito di decidere come distribuire le mie fotogra e, secondo il modo migliore per loro (e solo secondo loro è il migliore). Bene, sia dannato se voglio davvero che qualche estraneo decida quale foto debba rappresentarmi sui media, eccetera. Non sono così fotogenico che ogni cazzo di foto che mi scatti può andare nelle mani di chiunque e, tra parentesi, ho dedicato ore intere a sistemare certe foto con Photoshop. Le mie stampe sono decisamente migliori delle loro. Comunque, ho scazzato di nuovo con loro. Sta diventando noioso. E mi sto rompendo i coglioni. Non stato stato rimproverato così tanto da quando ho nito il liceo. Nemmeno nell’esercito ho subito trattamenti così dittatoriali. Volevo gridare: “Ma chi cazzo ti credi di essere? Sono un’icona internazionale, una leggenda, o almeno così dicono (e per fortuna vivente), con una carriera lunga quarant’anni (quasi cinquanta, se conti il Little eater e gli spettacoli

shakespeariani), e ho anche vent’anni più di te. E mi stai trattando come uno scolaretto. Mostrami un po’ di fottuto rispetto!”. Be’, non potevo certo dirlo davvero. Troppo pesante, anche per i miei standard. Perciò, per levarmelo di torno, ho spedito una lettera molto più tranquilla a James, della Rogers&Cowan – non alla Miramax, capirai; a James, il mio agente personale alla R&C. Giusto per scrollarmelo dalle balle. Può farci quello che vuole. O no. Ma mi sono sentito molto meglio dopo averla scritta. E può spingere l’amico James e gli altri della R&C a tirare fuori un po’ di palle. Eccola. 6 giugno 2003 Agli interessati, tutto fermo dalla Miramax. L’ultima è: David Nakahara, un vecchio amico (dal 1985), che sta preparando una versione in DVD di alcune mie cassette istruttive di kung-fu e tai-chi, ha bisogno di qualche fotogra a per raccontare la mia carriera. Per quanto riguarda Kill Bill, gli ho detto di contattare la Miramax per il permesso. La critica che ho ricevuto come risposta è che non ho il permesso di mandare in giro mie fotogra e. Bene, ho acquistato quelle stampe, tramite la compagnia e con la sua approvazione, a un prezzo di 1.300 dollari. Sono mie. E, comunque, sono già disponibili anche su Internet. Non capisco il problema, e non riesco a capire perché hanno potuto dirmi che non posso diffonderle. Sono fatte per questo. Andrei Cooper non è stato assunto e non viene pagato le cifre faraoniche che prende per far languere le sue fotogra e in un archivio o in un cassetto. Il loro scopo e la loro funzione, per come li intendo io, sono promuovere il lm. Inoltre, il DVD non sarà distribuito se non dopo la première di Kill Bill. E una retrospettiva sul mio lavoro deve per forza contenere qualcosa del lm. Ma sembra che non sia il caso. Un peccato. Se ogni volta che faccio qualcosa devo essere rimproverato da qualcuno della Miramax, forse potrebbe essere una buona idea

darmi una lista speci ca di tutto quello che può essere considerato una trasgressione delle politiche aziendali. Non ho certo alcun desiderio di dare preoccupazioni a questi costruttori di lm che ammiro con tutto il cuore. Devo dire che nei miei quaranta-o-giù-di-lì anni di carriera in questa industria non ho mai incontrato questa ansia di sicurezza, per nessuno dei miei 101 lm. Perciò, insegnatemi. Ditemi cosa volete, non dopo aver lasciato un’intervista, ma prima. L’ultimo rimprovero che ho ricevuto è stato dopo una s lza di ventisette interviste. Credo di aver fornito informazioni segrete almeno in metà di queste. Non posso semplicemente evitare di parlare ai media, anche se a conti fatti è quello che sto facendo adesso. Dico a tutti gli intervistatori che posso parlare poco di Kill Bill, al contrario rischierebbero di essere fatti fuori tutti. È carino, e loro si divertono quando glielo dico, ma alla ne li lascio insoddisfatti. Be’, chi se ne frega? Sono solo La Stampa, bellezza. Perciò, ditemi. Cos’altro non volete che dica, di cui non so? Per me è una nuova esperienza, essere sgridato dall’impiegato di una compagnia che lavora per un lm di cui sono un personaggio. Sono abituato a gestire conversazioni e discussioni, collaborazione e complicità, suggerimenti e richieste, ma non editti e condanne inviatemi tramite terzi. Semplicemente, non lo trovo educato. Io parlo schietto (e questo sembra essere il nostro problema) perciò siate schietti anche voi. Con affetto, David Carradine Ho messo Gayle Max in copia conoscenza nascosta, più che altro per farla sorridere, ma anche per avere una testimone. Mi piace soprattutto il “Con affetto”. Credo sia stato un bel tocco. Mi sono veramente stufato di queste merdate. Venerdì 13 giugno

Ragazzi, sembra che non nirà mai. Miramax adesso è fuori di senno perché qualcuno ha messo le foto su Internet, in saldo. Le hanno ricollegate tutte a me, ce ne sono un paio con altre persone – Uma, Q, Michael Jai White – che dicono di non aver approvato. Sì, mi dichiaro colpevole, ma davvero non riesco a impazzire per queta cosa. Quelle con Uma sono bellissime. Michael Jai sembra un Ercole nero. E quando ho ricevuto il book coi contatti e le foto, la maggior parte erano state segnate da Quentin con una “x”. Io ho stampato quelle che non erano segnate. Perciò pensavo che Quentin le avesse approvate. Ho scritto una lettera all’ufficio stampa, che stava facendo tutto quel casino, e messo in copia nascosta Lawrence, per cercare di sistemare la faccenda una volta per tutte, ma Gayle mi ha impedito di spedirla. Mi ha detto: “Lascia perdere”. Lunedì 23 giugno Ok. Ci risiamo. Sabato hanno organizzato un’incursione di Quentin e un po’ di attori del cast al ComiCon. Tutta una serie di intoppi ha cospirato per rendere l’evento un’altra opportunità per i miei nemici del dipartimento pubblicità della Miramax per usarmi come scopino per pulire i pavimenti. Perciò mi sono sorbito una tirata di Gayle che riportava la tirata della Miramax. Suppongo che il qualcuno-che-deve-restare-anonimo (immagino che in questo modo il colpevole la passi liscia come l’innocente) si sia lamentato con Q e Lawrence di tutta la faccenda, e che anche loro siano stati sgridati. Ho scritto altre due lettere che non ho spedito. Poi, penso fosse venerdì, sono andato alla Todd-AO per fare il doppiaggio[4] di Kill Bill. Io amo il doppiaggio. La maggior parte degli attori lo odia, io lo adoro. Una cazzata degli ingegneri del suono (raramente), un intoppo tecnico, un rumore ambientale, come un aereo. E, anche se è difficile ridire le battute in un’atmosfera rarefatta com’è quella di uno studio di doppiaggio, qualche volta mi capita pure di migliorare la mia performance. Questa è stata una di quelle volte. Be’, Quentin è

uno di quei registi. Il motivo per cui mi ha voluto era dare un nuovo tono a quello che aveva pensato. Come per la scena di Daryl Hannah che guarda qualcosa “con i suoi begli occhi azzurri”, dovevo sottolineare e scherzare sul fatto che, nel lm, lei di bellissimi occhi azzurri ne ha uno solo, visto che l’altro gliel’ha strappato via Pai Mei. E Q era di ottimo umore, come sempre. La nostra felice, divertente, intima relazione sembra essere intatta. Mi chiedo se qualcuno gli abbia parlato davvero della faccenda, e, se sì, credo che lui e Lawrence semplicemente se ne siano lavati le mani. Nell’ultima settimana, è venuto fuori su tutti i giornali che il lm verrà distribuito in due parti, come sapevo da mesi. Alla ne della sessione di registrazione, Quentin mi ha assalito dicendomi che la mia faccia non c’è, nel Volume I. Le mie mani, sì. E la mia voce, e forse gli stivali. Niente faccia, però, no al Volume II. Molto stuzzicante e misterioso… uno scherzo che farà bene al lm, ne sono certo. Questo è tutto, per le anticipazioni. Buono per me, anche, nel lungo termine, ma frustrante per il momento. Le persone che hanno visto il trailer, con me presente per soli quattro secondi, si stanno già chiedendo se davvero ci sono, nel lm. Be’, lo sapranno, abbastanza presto per la mia gloria tardiva, anche se forse molto tardi per il padrone di casa. Una nezza che deriva dal dividere in due il lm è che mi daranno due assegni. Potrebbe essere tanto. Potrebbe essere poco. Vedremo. Di sicuro sono in debito con me, con tutto il lavoro che ho fatto, e tutto quello che ho perso, durante questi dieci mesi di schiavitù non retribuita. Comunque sia, è sempre denaro. Nel frattempo, ho un appuntamento a pranzo venerdì prossimo con Scott Melrose, il mio nuovo agente. Forse possiamo racimolare qualcos’altro nel frattempo. Non che non ci siano già altri gatti nel sacco: i due lm coi francesi pazzi. C’è Blaxploitation, sulle guerre di rap, un ruolo alla Bogart: parlerò duro e andrò a sparare in giro per la città, e ci sarà una donnona che mi prenderà da parte per chiedermi protezione. E poi c’è una roba chiamata Ali & Baba Against the Forty ugs: una commedia. Vogliono che interpreti il capo dei

Quaranta Ladroni. Avendo appena visto I pirati dei Caraibi, penso che potrei divertirmi. Adotterò uno stile a metà tra Johnny Depp e Geoffrey Rush. E un altro gruppo di eropei, molto carini, stanno facendo un lm tratto dalla vera storia di un agente spia che lavorò durante la Seconda Guerra Mondiale e ispirò a Ian Fleming il suo James Bond. Tutte queste sono cose che vale la pena fare, se alla ne si faranno. Le riprese di Ali & Baba dovrebbero cominciare alla ne di agosto. Vediamo. Giovedì 14 agosto Oggi ho rilasciato un’intervista telefonica a Vogue. Stanno facendo un pezzo su Uma. Avevo tante cose belle da dire su di lei al tipo che mi ha intervistato. Un tipo forte, un freak fanatico di Tarantino. Nel frattempo hanno pulito i tappeti e io ho letto e Dark Knight Strikes Again, l’intensissima graphic novel del maestro Frank Miller. Batman deve combattere contro la sua squadra di giovani delinquenti che tengono in mano l’intero pianeta dopo aver rapito i vari supereroi, tra cui addirittura Superman. Roba molto radical. Riesce a prendere per le corna un sacco di mucche sacre. Superman si rigenera copulando per aria con Wonder Woman. Il risultato è un bambina che unisce i poteri della Kryptonite allo spirito delle Amazzoni. La bimbetta poi comincia a prendere un po’ tutti a calci in culo. Quello che ho letto non racconta come va a nire la storia, ma penso che mentre mi state leggendo sia già uscita la prosecuzione. Stasera c’era la proiezione per il regista di Kill Bill – Volume I allo Studio Uno del “Teatro”, che una volta era Warner Hollywood, e prima ancora Goldwyn Studios: un posto tradizionalmente dedicato alle proiezioni riservate. L’ultima volta ci sono stato per la proiezione per cast e troupe di Bound for Glory. Quello è stato un Evento glorioso. La versione originale di Hal durava tre ore e quaranta minuti. Una rapsodia. Ciascuna delle canzoni di Woody era riprodotta per intero, insieme ad altro materiale girato a mano da Haskell Wexler – riprese di treni e di lavoratori immigrati, vecchie automobili e lo skyline degli anni ’30 – che uiva come crema. Hal aveva invitato uno dei montatori più giovani e bravi del momento, che

aveva appena concluso L’esorcista, alla proiezione, e alla ne gli aveva chiesto cosa avrebbe dovuto fare. Il tipo rispose: “Fallo più lungo”. Più tardi, dopo che invece lo ebbe tagliato a due ore e venti minuti, Hal spedì la pellicola alla United Artists. Mike Medavoy lo rispedì a Hal chiedendogli di allungarlo di altri venti minuti. Caso più unico che raro. Esco di casa un po’ prima del necessario. Non voglio certo rischiare di perdere anche solo un secondo di questa serata. Lungo la strada, la Maserati decide di surriscaldarsi e l’amperometro di segnalare che è in atto uno scaricamento. Cazzo! In ogni caso, io non mi perderò questa proiezione. Ho spento le luci per risparmiare la batteria e sono scivolato via lungo la 101, un’ombra sottile come Batman, accendendole ogni tanto, sebbene la cosa potesse apparire, dall’esterno, abbastanza inquietante. Pecorrendo il Laurel Canyon, ho messo in folle, per raffreddare il motore. I freni andavano bene. Ce l’ho fatta, e pure con qualche minuto di anticipo. Nel parcheggio ho incrociato Lawrence Bender. Ci siamo salutati con trasporto, entrambi carichi per questa anteprima. Era convinto di rimanerci sotto. Io gli ho risposto invece che le mie aspettative erano talmente alte che difficilmente qualcosa avrebbe potuto stupirmi. Mi sbagliavo. Nessuno è pronto per Kill Bill. Non importa quanto pensi di conoscere Tarantino o me, o le arti marziali, questo supera qualsiasi sogno uno possa aver immaginato. Metti insieme un’idea di battaglia kung-fu, un lm di spade samurai, una vendetta alla spaghetti Western, un lm gangster, una storia d’amore tragica, con un po’ di anime giapponesi dentro, e aggiungi, a mo’ di avverbio, la parola “Tarantino”: solo così avrai una vaga idea, e comunque non sarai ancora pronto per vederlo. Sono rimasto in piedi sul balcone a fumarmi una sigaretta mentre la sala si riempiva con la corte di Quentin: Sally, la montatrice; Bumble, l’addetto alla pubblicità; un’intera squadra di nerd amanti dei videotape tipo Quentin, anche se sicuramente sprovvisti del suo genio. Nessun attore. Mi aspettavo di vedere qualcuna delle ragazze e Michael Madsen, magari Michael Parks, e pensavo di vedere Mike Bowen, invece c’era qualcun altro: alcuni biker dall’aspetto molto tosto, con i

capelli lunghi no alle ginocchia. L’unico attore che ho riconosciuto era Michael (Gesù, questo lm è pieno di Michael) Jai White, fresco di Giappone, dove ha lavorato sul set di un lm cinese di arti marziali e si è allenato per un incontro di lotta KI, domani al Bellagio Hotel di Las Vegas, in diretta sulla tv a pagamento. Quentin è arrivato un pochino in ritardo, come al solito, e su di giri: rideva e ballava. È arrivato dritto da me con un sorriso da qui a lì e mi ha stretto in un abbraccio da orso (Quentin ride quasi sempre; ride anche al posto di schiarirsi la gola), e mi ha detto: “La ragione per cui sei stato invitato è perché il tuo ruolo è pari a quello del regista. Ecco perché sei qui”. E giù altra grassa risata. Ma ho capito che diceva sul serio. Ha detto a Sally, la montatrice: “Assicurati che il volume sia al MASSIMO” e ha volteggiato no allo schermo, dove ha declamato un esaltante discorso, parlando della proiezione di prova di Boston fatta qualche giorno prima come di un trionfo. Poi le luci si sono spente. Quentin è un genio, lo sappiamo tutti; e sebbene provenga da un altro spazio (come me) è una persona regolare, con un’energia in nita, un grande entusiasmo e una grande sensibilità per il divertimento che può provocare un lm priotettato su uno schermo. E Uma. Uma urman è diventata la mia attrice preferita. È sempre stata brava, ma qui si è superata (come tutti gli altri del resto). È come un Clint Eastwood donna. Ruvida come la sua barbetta. E, come Clint, ogni tanto è dolce da farti sciogliere il cuore. E più terri cante di ogni altro tipo io abbia visto combattere. Quando comincia a far roteare quella spada, è semplicemente stupenda. Daryl Hannah, nella sua uniforme da infermierina, con la benda bianca segnata da una croce rossa a coprirle l’occhio mancante, e l’altro blu come quello di una bambola che ti perfora come un raggio laser. Lucy Liu, la regina di ghiaccio; Vivica A. Fox (una gran signora), ruspante e adorabile; Julie Dreyfus, una bellezza aristocratica in tre lingue: la mortale Viper Squad, la squadra di splendide assassine guidate da Bill. Sono tutte grandiose.

Michael Parks è incredibile. Divertente da morire. Ho dovuto ricordare a me stesso che lo conosco, quel tipo, e che non è per davvero un vecchio sceriffo di El Paso. E Muck! Il mio piccolo fratellino, Mike Bowen. È totalmente se stesso, e contemporaneamente dieci tipi diversi. Un cazzone della malora… e fa ridere! Come un coniglietto cattivo gon o di steroidi. Nel frattempo, resto abbagliato dalla bellezza delle scenogra e, dalla grandezza del lm, dai set favolosi che abbiamo costruito (e completamente distrutto): tutto questo catturato magni camente e ssato su pellicola dal cineoperatore-vincitore-di-Oscar Bob Richardson (Platoon, JFK, Snow Falling on Cedars[5], giusto per citare qualche titolo). Bob è probabilmente l’operatore cinematogra co più creativo oggi vivente. Lo sto leccando abbastanza? Potrei dire molto di più, e questo che ho detto è letteralmente la metà! C’è molto di più in arrivo: molto, molto di più. Questo lm (questi lm) sono una bomba pronta a esplodere. Dal primo dei titoli di testa in stile funky-Shaw-Brothers, con la suadente canzone vintage di Sonny Bono su come “il mio baby mi ha sparato”[6], niente di lontanamente simile a I Got You Babe[7], cantata con grande trasporto da Nancy Sinatra! Poi la prima immagine colpisce con un taglio sul volto incredilmente pesto e sanguinante di Uma sul pavimento, il suo velo da sposa macchiato di sangue a incorniciarle il volto, terrorizzata, quasi senza sensi, stampato in forte contrasto bianco e nero. Taglio su un paio di stivali di lucertola neri che si avvicinano percorrendo un ruvido pavimento di legno, calciando via proiettili sparati. Indietro sugli occhi di Uma, spaventati. Poi la voce di Bill sega l’aria – bassa, netta, e cavernosa: “Mi trovi sadico?”[8]. Una mano, che sembra in grado di poter frantumare un cranio, la raggiunge e le tira via un po’ di sangue con un fazzoletto monogrammato con “Bill”. Nella colonna sonora si sentono gli inconfondibili quattro “click” di una Colt a sei proiettili che viene caricata. Uma dice: “Bill, è tua glia” cercando di fare in fretta. Ma poi c’è uno stacco dopo un grande “bang”, e lo schermo si fa nero.

Da questo momento il lm decolla, senza concedere una tregua per quaranta minuti di la. Pieno di sorprese, va avanti e indietro nel tempo, com’è consuetudine di Quentin. Veloce, violento all’eccesso e senza motivo, e spudoratamente divertente la maggior parte del tempo. C’è un momento, a metà, calmo, drammatico, quasi solenne, con Sonny Chiba che spacca un po’ di culi, prima come un divertente, imbranato cuoco di sushi, no a che la sua vera identità non è svelata – quella di Hattori Hanzo, il leggendario maestro samurai e costruttore di spade, con Uma nei panni della dolce, innocente turista americana che è lì per acquistare una spada con cui tra ggere il cuore di Bill. Poi, dopo uno straziante salto nell’infanzia difficile di Lucy Liu, proposta come un anime hard core giapponese, abbiamo altri quaranta minuti di azione incredibile, con scene molto divertenti e altre belle da farti spezzare il cuore. La sala – piena, riderà molto, poi sarà completamente attonita – adeguatamente azzittita questa è la parola giusta. Ogni quindici minuti, come una pubblicità, le mani di Bill fanno capolino, con la sua voce come unghie sulla lavagna che scricchiolano al ralenti. La mia voce era una tromba, gli anni l’hanno trasformata in un pianoforte. L’effetto è chissimo. Il modo con cui Patrick Culliton, il saggio irlandese reinventatosi esperto di Houdini, dice: “Figa, ti ho ssato nello stesso modo con cui ho ssato i più grandi maghi del mondo quando mi hanno preso fottutamente per il culo, quando davvero ci sono riusciti”. Mi ha detto che in questo lm sono come Harry Lime in e ird Man[9]. Be’, cazzo, è così. Orson! Perlomeno, il più vicino che riesco ad arrivarci. Almeno cento persone muoiono sotto i colpi della spada Hanzo di Uma, e poi siamo condotti a una meravigliosa battaglia in un giardino giapponese, con la neve che cade soffice sui cedri e, prima che chiunque sia preparato a questo, un nale aperto! Stacco su nero, e ne. Quando le luci si sono accese, tutti quanti erano iper eccitati, gongolavano e allo stesso tempo erano sconvolti. Ho ritagliato un piccolo spazio per me e Quentin – dopo uno o due secondi era già circondato – ma uno spazio di qualità, e poi me ne sono tornato alla macchina, per capire come sarei riuscito ad arrivare a casa. Ho chiamato Annie subito, per raccontarle della mia

situazione. Lei ha trovato una soluzione: nascondere l’auto al Celebrity Center, proprio lungo la strada, e scroccare un passaggio a casa. Di sicuro, ha detto, non ti farai cinquanta chilometri a luci spente. Mentre ero al telefono, Quentin mi è passato accanto con la sua truppa, ed è impazzito di fronte alla mia Maserati. Non avevo realizzato che non l’aveva ancora vista; cazzo, era sempre in zona mentre ci allenavamo. Visione a tunnel. Ho condiviso con lui i miei problemi di motore. Dopo che tutti se ne sono andati, l’ho portata alla stazione Chevron, all’angolo con Laurel Canyon e il Sunset, celebre, per me, come epicentro della ribellione al coprifuoco sul Sunset dei Sessanta, tra le altre cose. Ho curato il bestione con una grossa dose di antigelo e un quartino d’olio. C’era un tipo con una BMW classica, e abbiamo chiacchierato dei carburatori Weber. Ora non rischiavo più di surriscaldarla, e l’amperometro leggeva meglio, perciò ho chiamato Annie e le ho detto che stavo cercando di scalare la collina con le mie sole forze. Ho detto: “Funziona, non so perché”. Lei ha detto: “Io lo so perché”. E ho riso. “Oh. Giusto. Certamente”. Annie ha tutto un suo modo, anche per telefono, di generare elettricità. Ho fatto una gara col BMW lungo il canyon, poi, una volta sulla superstrada, l’ho lasciato molto indietro. Be’, ho due cilindri più di lui. Sono rientrato senza fare incidenti, l’auto che faceva le fusa tutto il tempo. E questa è stata la mia giornata. Domani, ci metteremo sotto con una negoziazione seria sugli straordinari che spero di ottenere, per il secondo lm. Sarà divertente, immagino. Cioè, non possono fare marcia indietro. Devono trovare un accordo. Non posso dire: “Suca, ingaggeremo qualcuno di più economico” come, che so, Warren Beatty. Il lm è già in canna. Fanculo! Sveglio di nuovo tutta la notte. Lunedì 18 agosto Oggi mi hanno chiamato per un’altra sessione di doppiaggio. Quando sono arrivato, il fratellino Mike Bowen stava già lavorando sulla sequenza all’interno dell’ospedale, dove per

arrotondare si dedica a vendere il corpo comatoso di Uma. Ci siamo abbracciati e tirati pacche sulla schiena. Ho detto: “Non penserai di poter fare meglio di così in questa scena, vero?”. Quentin ha riso. “Naa, stiamo solo cercando di ripulire qua e là”. Osservo Mike lavorare su un difficile problema di sincronizzazione fra tre riprese, e poi Quentin mi chiama all’ordine. Osservo alcune scene a me sconosciute mandate avanti veloci sul grande schermo: Uma sull’aereo, Daryl che ssa l’obiettivo con l’unico occhio buono, un enorme primo piano del pro lo di Michael Madsen con un cappello da cowboy. “Che?” dico. “Stai lavorando sul secondo lm?”. “No” risponde Quentin. “Questo è un teaser. Per il Volume Due”. No, merda! “Ecco, torniamo all’inizio” aggiunge. “Guardiamolo daccapo”. Il lm si interrompe a metà di una scena con Julie Dreyfus e viene riavvolto, ingoiando tutte quelle nuove immagini. Quentin dice: “Ho registrato questa sequenza per te, per darti il tempo giusto. È un punto critico”. E il montatore del suono mi passa un foglio. Il lm ricomincia, col sonoro, adesso. Piccolo frammento della ne del Volume Uno. Stacco su nero, poi sullo schermo appare, quasi timidamente, la scritta: “Diretto da Quentin Tarantino”. C’è una melodia dolcissima, da farti piangere, suonata al auto di bambù, che sfocia in un’altra melodia, un tema alla Sergio Leone, che potrebbe starci benissimo ne Il buono, il brutto, il cattivo. E, in due minuti circa, il Volume Due è introdotto dalla inquadratura di Uma sull’aereo che sta scrivendo sui suoi appunti la lista delle sue vittime. Ogni volta che un nome viene cerchiato, il lm propone una battuta di ciascuno dei personaggi. Quando arriva alla ne, dopo che abbiamo visto Uma scrivere in maiuscolo “BILL”, c’è uno stacco sul primo piano lacrimevole di Julie, direttamente dalla scena dell’ospedale, la mia mano che le accarezza la spalla, e sento Quentin che fa me. “Un’ultima domanda, So e. Lei sa che sua glia è ancora viva?”. E poi lo schermo torna nero. Sono scioccato! All’improvviso, tutto il lm ha molto più senso. E, anche se questa è solo un’anteprima di ciò che sarà, non sembra che lo sia. È, piuttosto,

il vero nale del Volume Uno. E ti stende. Ti mette KO. E il Volume Due sarà qualcosa di completamente diverso… Mercoledì 27 agosto Stasera festa in piscina per i distributori giapponesi di Kill Bill, al Beverly Wilshire. Dovrebbe essere carino. Il casino sarà offerto da Quentin e Lawrence, non dalla Miramax. James pensa che i due insieme riusciranno a tirare fuori i soldi necessari per organizzarla. Se questo è vero, allora Quentin non si presenterà prima delle due del mattino. In ogni caso, una festa in piscina al Beverly Wilshire è una gata a cui non si può mancare. Lawrence e Quentin hanno un po’ più di stile rispetto a quei rulli compressori della Miramax: manderanno una macchina a prendermi. Immagino che ci saranno quasi tutti gli attori del cast. Purtroppo Annie è fuori città, in Kansas, perciò non sarà l’occasione per un appuntamento. Be’, forse è meglio, visto che la maggior parte delle cose che mi sono successe perché le avevo ssate si è rivelata un mezzo disastro. Fare il single sarà simpatico. Devo solo mettermi carino. Be’, ragazzi, questo party è stata una cosa! Ho incontrato James non appena messo il piede giù dalla Lincoln. Ci siamo attardati a fumare una sigaretta e, mentre chiacchieravamo, una signora ci ha raggiunti per condurci alla festa. La proiezione per i distributori, prevista nella sala cinematogra ca Charles Aidikoff, era in ritardo rispetto al programma, ci ha detto. Jim non aveva ancora visto niente del lm, perciò abbiamo scelto di guardare la ne. Siamo entrati proprio quando Uma, spada in mano e ricoperta di sangue nto, stava aprendo con una spinta le porte di carta di riso della Casa delle Foglie Blu, rivelando così il tranquillo giardino da meditazione lievemente ricoperto di neve, che cade leggera (in realtà fu sale a 38 gradi, me lo ricordo bene). Questo dovrebbe essere il momento della battaglia samurai di Uma contro Lucy Liu, alias O-Ren Ishii, la grande boss di tutte le bande di Tokyo. Questa è, probabilmente, la mia sequenza preferita di tutto il lm, un’armoniosa combinazione di calma e violenza. Il ritmo e lo stile mostrano la grande somiglianza tra il chambara giapponese e il western

all’italiana – tutta la bellezza e tutta la violenza di entrambi i generi. Con in più il divertimento di ammirare due splendide donne in azione. Con lentezza esasperante, le due signore si sono preparate alla battaglia. Poi quando il primo colpo è nalmente tirato, il genio male co di Quentin fa partire un amenco selvaggio. E funziona perfettamente. Jim era letteralmente sconvolto dalle immagini, così come, posso giurarlo, l’intero gruppo imbastito di distributori giapponesi. Questa gente è troppo raffinata per urlare e ridere. Però, in questo loro silenzio, puoi sentire il tuo cuore che tamburella. Mi piacerebbe vedere questa scena in una sala di Los Angeles est. Verrebbe fuori un pandemonio. Il lm rotola via no al suo nale sospeso, e poi c’è il teaser, dove Quentin ha inserito una piccola sorpresa per me. Uma dice: “Come mi hai trovato?” e poi stacco su uno stra-fottutissimo primo piano di Bill, l’unico mio nel lm. Bill dice, semplicemente: “Io sono io”. E tu ci credi. Magni co, dico a me stesso. Grazie, Quentin. Fuori incontriamo Lawrence, con Daryl che emana il massimo di bellezza concesso agli umani. Parliamo piacevolmente lungo la strada verso la festa, dove la Band Apart ha messo in piedi qualcosa di veramente carino. Con tanto sushi, ovviamente. Era chiaro a tutti che i giapponesi erano letteralmente in delirio per il lm. Ho corroborato il loro entusiasmo rilasciando qualche intervista. C’erano anche Manny ed Heba, ma apparentemente nessun altro membro del cast. Poi ho visto Julie Dreyfus. Dio, se è bella! Così elegante. Così dolce. Ho parlato con Lawrence per un bel po’, e poi sono sgusciato a porgere i miei omaggi a Sonny Chiba e a sua glia Yoko. Sonny mi ama tanto quanto io amo lui. Ci siamo promessi di fare un lm insieme: qualcosa tipo Red Sun[10], gli ho detto, che era stato scritto per me da Denne Petitclerc, e che poi ho perso a vantaggio di Charles Bronson. Sonny ha detto che loro dovevano per forza mettere lui. Non ho voluto cavillare citando la lotta tra lui e Toshiro Mifune. Gli ho solo detto che era

troppo giovane, allora. E lui ha risposto che non lo era più. Ci siamo stretti la mano. Ho concluso la festa conversando un pochino con Quentin, scherzando di questo e di quello. Quentin si muove così velocemente che ogni piccolo momento che ti concede va vissuto come un privilegio. Ho notato che James lo stava ssando con tanto d’occhi. Non aveva mai visto Quentin in azione, prima. È qualcosa. L’ho riportato a casa con la Lincoln, sentendomi relativamente soddisfatto. È stato strano, però, rientrare in una casa vuota. Mercoledì 3 settembre, ore 21:22 James ha chiamato con la notizia che la Miramax ha alzato il budget per la promozione, buon segno. Vogliono fare un set di fotogra e – come se non ne avessero abbastanza! Be’, vogliono l’intero cast insieme. Una foto di gruppo non l’abbiamo, in effetti. Con tutto il trucco, parrucco e costumi del caso, come se fossimo insieme nel lm. Come faranno a ricostruire un tempio cinese a Los Angeles? Ma sbaglio: non c’è niente che tu non possa trovare, a Los Angeles. Probabilmente ci sono almeno cinque templi cinesi. Poi James ha voluto sapere di quanti biglietti ho bisogno per la prima, ssata per il 29 settembre. Mi ha detto che può recuperarmene sedici. Dopo qualche calcolo, Annie e io siamo arrivati a contarne ventinove, per non fare torto a nessuno. Ho una famiglia molto allargata. Ho detto a Jim di dire alla Miramax che hanno a che fare con una dinastia. O meglio, con una serie di dinastie. Ci siamo accordati per venticinque. Anche se gli avevo detto che questo avrebbe signi cato lasciare fuori i Barrymore e i Fonda. I Plimpton sono tutti nella East Coast, perciò potranno aspettare per la prima newyorkese. Ma che dire dei Keach e dei Quaid, che sono come una famiglia, e dei Dern? Presi i venticinque biglietti. Poi una settimana dopo, i tipi della Miramax mi hanno chiamato per dire che hanno dovuto dimezzare il numero degli inviti. Tutti quanti, in città, vogliono partecipare. Questo è successo dopo che avevo già invitato tutti

– dai miei amici più stretti a tutti quelli della famiglia abbastanza grandi da essere ammessi. James Selman, anche se è britannico, ha sangue irlandese e gli è quasi preso un colpo apoplettico quando l’ha saputo. Si è ri utato de-ci-sa-men-te di farmi fare brutta gura con i miei invitati. Allora quelli della Miramax hanno ceduto, il che signi ca che al Chinese eater ci saranno due intere le di Carradine e di supporter. Mi sembra una buona claque. Domenica 12 ottobre E rieccomi qui. Dall’ultima volta che ho scritto in questo diario, sono stato alla prima di New York. È stato puro sballo, molto più di quella a Los Angeles. Il pubblico era fantastico: puro concentrato di Manhattan. Nessuno che stesse sulle uova. Le persone parlavano allo schermo: “Diglielo, piccola!”, cose così. Jim Selman mi ha detto che avevo tredici biglietti da far fuori. Ma io non conosco tredici persone a New York. Ho spedito delle e-mail per invitare il mio vecchio agente di New York, Marv Josephson, che, essendo uno che va tutti i giorni al lavoro a cavallo di un’enorme motocicletta, probabilmente arriverà in un lampo; i miei vecchi amici Fred e Jan Yager, una coppia marito-moglie scrittori; e un giornalista che una volta ha scritto un’ottima recensione di un concerto suonato con la mia band. Poi ho chiamato la mia bella e talentuosa nipotina, Martha Plimpton, e le ho chiesto di portarsi un carico di amici pazzi. Fred e Jan erano fuori città. Perciò mi restavano ancora un paio di posti vuoti. Ho chiesto a Jim di trovare Georgina Walken, con cui ho pranzato, una volta, sperando che lei portasse con sé il marito, Christopher. Martha è arrivata con tre tipi molto trendy, Marv sulla sua motocicletta, e Georgina invece non si è presentata. Ho passato tutto il tempo a guardare verso Martha. Era davvero presa dal lm. Dopo la festa del dopo- lm, abbiamo festeggiato da Elaine, dove avevo celebrato la mia prima serata a Broadway, qualcosa come trentanove anni fa. Avevo ventisei anni allora, fresco di esercito. Ricordo Emmett Jarrett, il mio

vecchio commilitone, che mi chiese: “Signi ca che adesso fai parte dell’establishment?”. Il busto bianco del defunto zio di Martha, George Plimpton, ci guardava dall’alto della mensola, come il Corvo. Sembrava approvare. Per quanto riguarda il mio essere parte dell’establishment, ho risposto: “Mai più”, come avrebbe fatto il Corvo[11]. Alla ne tutti hanno dichiarato di amare il lm, anche quelli insospettabili. Oh, be’, ci sono state anche un paio di tiepide critiche: non puoi piacere proprio a tutti. E comunque, quei criticoni si sono sentiti molto soli. Lo scorso weekend il Volume Uno ha esordito nelle sale del circuito e tutti hanno dichiarato che non vedono l’ora del Volume Due. All’improvviso la Miramax mi chiede di fare molta pubblicità. Deve esserci una qualche correlazione col fatto che la mia nemesi al reparto Pubbliche Relazioni ha lasciato il lavoro per trasferirsi alle Hawaii. Ieri, ho trascorso la giornata in un piccolo studio tv, dove ho rilasciato venti interviste radiofoniche e altrettanti collegamenti televisivi, uno dopo l’altro, senza spostarmi mai dalla sedia. Ieri sera ero al Craig Kilborn Show. Grandi risate. Mi ha invitato a fare a fettine un melone con la mia spada samurai. Oggi partirò per Londra, dove farò un’apparizione a uno di quei convegni dell’autografo, su una nave da crociera senza motore che è stata costruita come se fosse un hotel portatile; l’hanno lasciata ancorata nei docks di Londra. Poi sarò in Spagna per il Valencia Film Festival, dove mostreranno il lm che ho realizzato lì poco prima che partisse tutto il baraccone: Bala Perdida, o Lost Bullet che dir si voglia, un lm dentro un lm su una compagnia che sta girando uno spaghetti western. È lì che ho reimparato a fare le mie mosse, senza sapere quanto mi sarebbero servite per Kill Bill. Tutto ha sempre uno scopo più ampio di quanto sembri a prima vista. Be’, mi sembra sia già un bel circo, questo giro. Poi tornerò a Londra per fare un cameo in un lm che Michael Madsen sta girando da queste parti. Non certo per i soldi, no no: per

divertirmi, e perché voglio bene a Michael. Non so nemmeno che parte avrò, né il titolo del lm. Mercoledì 10 dicembre Da quando sono rientrato da Londra, non ho fatto altro che rilasciare interviste, scattare foto e scrivere articoletti per giornali molto in voga. Nel frattempo, cose che ho fatto mesi fa cominciano ad apparire: le copertine di Black Belt e Inside Kung-fu, tutto nello stesso mese; è l’equivalente in arti marziali di una copertina sul Time e una su Newsweek nella stessa settimana. Smoke è uscito con una mia foto stupida in copertina: fumo un grande sigaro. Ho scritto un pezzo per Flaunt e uno per Jane, la versione femminile di Maxim (ho scritto un pezzo anche per Maxim). Sono stato un’ora al telefono con la Scozia per la rivista di cinema inglese Uncut. E poi i grandi classici: Entertainment Weekly, Premiere, Variety, e Hollywood Reporter. È tutto grandioso e, sicuramente, ottimo per il mio “pro lo”. Ma è solo la ciliegina sulla torta. Mi è tornato il prurito: devo rimettermi di fronte alla macchina da presa. Questa è la torta. Martedì 23 dicembre Sono quasi impazzito, nell’ultima settimana, a prepararmi per il grande party che ci sarà domani. L’idea è venuta ad Annie. Aveva voglia di riunire tutta la mia grande famiglia espansa in un unico luogo per una bella riunione. È passato del tempo dall’ultima volta che ci siamo riuniti nella stessa stanza – due anni fa per il mio compleanno, credo. Annie sta cucinando un tacchino. Ha ridipinto mezza casa e piantato ori da tutte le parti. Ha anche affittato due stufe elettriche per il cortile. Spostato tutti i mobili. Alcuni li ha pure buttati via. Abbiamo piazzato in sala il più alto albero di Natale di tutta la mia vita. Ovviamente per decorarlo abbiamo faticato come dei dannati. Tutto molto divertente, soprattutto per i bambini, ma passerà un bel pezzo prima che io acconsenta a riorganizzare una festa dalle nostre parti.

Qualche giorno fa ho ricevuto delle novità: l’uscita del Volume Due, prevista per febbraio, è stata rimandata. Il lm sarà pronto per aprile. Questo cambia totalmente i miei piani. Ma non è un problema. Abbiamo aspettato così tanto che possiamo aspettare ancora un po’. Attenzione! Tutti voi – Voi e le vostre magni che persone – Siete cordialmente invitati A trascorrere un pomeriggio festoso il giorno della Vigilia (O è un ossimoro?) Nella casa dei Carradine e dei Bierman Ci saranno quasi tutti i nostri amici e le nostre famiglie Persone che conoscete e altre che non conoscete – Gente incontrata sulle diverse strade della vita – Soprattutto persone del cinema, ovviamente Ma anche Artisti e Musicisti. Un Mago, un Santone, Streghe e Stregoni Un Avvocato, forse un Ragioniere Almeno un Capitano dei Sette Mari e un Fottuto Motociclista Più una o due Creature di altri Pianeti Si parleranno tante lingue diverse Ci saranno stimolazioni intellettuali, musica E, naturalmente, cibo Nessun “drink” a meno che non ve lo portiate da casa Siamo fatti così Per favorire la produzione di varietà, Vi è caldamente consigliato di portare qualcosa da Mangiare, Bere o con cui Giocare Niente regali. La vostra Presenza sarà il miglior presente Ci aspettiamo almeno trenta ospiti Ma potrebbero essere di più (se ci va bene) Festeggiamo il Natale, Hanukkah o il Solstizio d’Inverno – Festeggiamo e basta – Venerdì 23 gennaio 2004

Sono passati due anni da quando ho ricevuto quella telefonata da Quentin. Tutto questo tempo è trascorso, così rapido, eppure, anche, così lentamente, come una lumaca che avanza piano. Proprio adesso sono nella suite di un hotel di New York City, dove farò un’apparizione televisiva al Morning Show. Un simpatico bonus sarà la visione del trailer del Volume Due, per la prima volta. È davvero sottile, provocante e misterioso. In pratica, è una sequenza di immagini di Uma che guida una decappottabile e dice a se stessa come farà a uccidere Bill; un paio di rapidi stacchi su Michael Madsen e me; e qualche secondo di arte marziale. La data di uscita è stata nalmente stabilita: 16 aprile. È la settimana di Pasqua. Vacanze di primavera. Ottima programmazione. Tutti gli studenti di liceo e università che impazziscono per le cose di Quentin (e le mie) saranno liberi dai libri, con nient’altro da fare se non dare feste, farsi, strafarsi e stramazzarsi, e andare a vedere il Volume Due. Mia nipote Mariah, che lavora in un negozio di video, mi ha detto che nella classi ca dei titoli più richiesti, al momento, Kill Bill – Volume Uno è al primo posto. Mi piace. Gli Oscar sono di nuovo dietro l’angolo. Ho visto L’ultimo samurai un paio di giorni fa. Grande lm; ma niente a che vedere con il nostro. Proprio un bel niente. L’unica somiglianza è la spada samurai. Tom Cruise è meraviglioso, come tutti gli altri attori. Ne ho visto un altro, di lm, che mi è piaciuto molto: Big Fish. L’ho guardato con mia glia Kansas, che è ritornata dal suo giro di perlustrazione alla ricerca di lm alternativi. Abbiamo pianto un sacco. Il personaggio di Albert Finney – un padre che non c’è mai stato, ha detto un sacco di balle che poi si sono rivelate essere più o meno vere, che sembra non gli freghi che di se stesso, e tuttavia non puoi che amare – è praticamente identico a mio padre, e secondo Kansas è identico al suo (che sarei io). Sulla strada del ritorno abbiamo riso e pianto per almeno un’ora. Quando un lm riesce a fare questo, stai parlando di un caso più unico che raro. Questi giorni vanno al rallentatore, semplicemente aspettiamo che l’anno decolli. Parecchie cose stanno per

accadere. In un mese o due non avremo più molto tempo libero, e forse per molto tempo. Be’, è così che deve essere. Quando ritorno a Los Angeles, avrò un incontro in tribunale con una delle mie ex mogli. Dovrebbe essere l’ultimo, per mettere tutto a posto. Finalmente! Annie mi ha fatto notare che i miei divorzi durano più a lungo dei miei matrimoni. Nove anni dentro e fuori dai tribunali per ciascuno. Molto kaiano… Mercoledì 10 marzo ha postato sul suo sito web pazzoide, aintitcool.com (guardatelo; vi schiarisce le idee, come inalare sali o ricevere una sberla dritta in faccia), dedicati alla prima (più o meno) misteriosa proiezione di Kill Bill – Volume Due. REPORT DI “KILL BILL VOLUME 2” Avete mai avuto uno di quei giorni in cui semplicemente hai bisogno di un grande lm? Oggi per me era uno di quei giorni. Lo scorso venerdì ho ricevuto un invito telefonico per me e mio padre alla prima proiezione in sala di KILL BILL VOLUME 2 by Quentin Tarantino, la prima in tutto il globo, e si dà il caso che si teneva proprio a Austin. Questo è successo ieri sera. Ovviamente, sono impazzito di gioia. Quale fanatico di cinema e computer non sarebbe eccitato in un modo che non si può dire a parole, a vedere la prima proiezione in sala di un lm di Tarantino versione uncut? Io sicuramente lo sono. Quando Quentin ha preso posto e la sala si è fatta buia… un ronzio bisbigliante ha percorso la folla. Eravamo un pubblico che davvero “voleva” vedere KILL BILL VOLUME 2. Il risultato nale? Mentre il Q&U nale balena per ultimo sullo schermo e il proiettore si spegne, il pubblico si alza sui suoi piedoni collettivi, si volta verso Quentin e va avanti ad applaudire per 5 minuti. Era così travolgente, che Harvey non aveva più bisogno di distribuire al pubblico i fogli per il gradimento da spedire alla Research Firm… Il loro lavoro qui era nito. Il lm è più perfetto di come uno osasse sperare. Uscendo dal cinema, Quentin mi ha chiesto il momento che ho preferito. È verso la ne, quando Uma e David sono seduti al tavolo, e, be’, anche la ne. È una scena incredibilmente emozionante. Speci catamente, in tutto il corso del lm sei invaso da una quantità impressionante di affetto per quel bastardo di Bill-David Carradine, e contemporaneamente per UmaKiddo, che questo scambio nale ti stringe allo stomaco. E Bill le dice una frase estremamente cruda, alla ne, e in quel momento mi sono

accorto che stavo piangendo e ridendo, nello stesso momento, e non per grasse questioni di manipolazione andata a buon ne: erano lacrime e risate sincere. Speci catamente – è così difficile strapparmi un commento quando ancora sono al cinema… Piangere e ridere di cuore nello stesso momento è la mia personale e vera de nizione del divertimento. Qualcosa che ti tocca nel profondo e ti fa ridere e godere… Questo è il divertimento! Michael Madsen è strepitoso, in questo. Se hai visto Charles Bronson nei MAGNIFICI SETTE quando parla ai ragazzi della forza dei loro padri… o anche Jon Voight in RUNAWAY TRAIN[12], quando dice allo sciagurato Eric Roberts che, se riuscirà a liberarsi, se riuscirà a inginocchiarsi e pulire la più piccola macchia sul pavimento con uno spazzolino da denti e seguirà gli ordini e otterrà il tipo di lavoro che un imbroglione può ottenere, dovrà sentirsi molto grato… Be’, Madsen è quell’uomo. È uno talmente pieno di peccati commessi che ha mollato il colpo, con quella vita, non ci trovava nessuna soddisfazione. Ora vive in una piccola roulotte e ha una vista magni ca… e la notte lavora come buttafuori in uno strip-club del cazzo e viene trattato come un idiota da persone che potrebbe schioccare come le dita; e invece… incassa. Incassa e va a casa e gioca coi suoi dischi e mastica il suo tabacco sapendo che è il massimo che potrà ottenere dalla vita… e… wow! È grande. David Carradine stenderà tutti quanti. Nessuno da nessuna parte l’ha visto in questa forma pazzesca. Quando l’ho visto in scena con Tarantino all’ultimo dei festival di Quentin – sapevo che c’erano buone possibilità di avere questa magia. Se avete visto il suo Cole Younger in THE LONG RIDERS – be’, allora sapete che non era solo roba da stuntman, che c’era uno scopo dietro, un progetto più grande. Se ricordi e ti è piaciuto CIRCLE OF IRON – ci sono alcuni elementi qui che semplicemente lui ha portato a un livello superiore… e non è nemmeno divertente. Quentin fa meraviglie con David, in questo lm. Infatti, David ha parecchi dei migliori monologhi mai scritti da Quentin per un lm… La storia di Pai Mei alla Pierino e il Lupo è già un classico. Il monologo sui supereroi pure. Ho particolarmente apprezzato anche il pezzo ai Two Pines, tra lui e “La Sposa”, così come quello sul “Pesce Emilio”. David è, immagino, la perfetta impersoni cazione di Satana, in molti modi diversi. È carismatico, eloquente, disonesto, manipolatore, furbo, sleale e letale. È un bastardo e sa di esserlo e gli piace, anche. Porterete il lutto per la sua morte, il testamento registico di Quentin e attoriale di David. Uma urman è stupefacente. La frase: “Non c’è niente di più feroce di una donna disprezzata”[13] mai fu così vera come parlando di Beatrix Kiddo. È stupefacente. Il giorno che inizia con il suo incontro con il Budd di Madsen no alla ne del capitolo successivo… UOOO! È cosa grossa! Il suo tempo con Pai Mei… sorprendentemente toccante. In particolare la relazione fra Uma e Gordon Liu, sullo schermo, che è eccezionale, lampante. Sono rimasto sorpreso dall’“amore tosto” e dal “rispetto” che c’è tra di loro. Queste scene strapperanno gridolini e applausi se tu pubblico sarai come quello di ieri sera. Guardare Uma e David insieme è magico. Non è nemmeno la parte action del lm del

primo volume, davvero questo ha a che fare con la carne dei personaggi, il loro spirito e le loro relazioni. Gordon Liu… WOW. Pai Mei è un dio cinematogra co. Se siete di quelli che abbiano mai anche brevemente irtato con i classici della Shaw Brothers… be’, vi farà spaccare. C’è così tanto nei suoi occhi, nei suoi gesti e oh sì, anche nei sottotitoli. Pai Mei è fottutamente divertente, crudele, ma con un incredibilmente potente senso della missione. La scena in cui mangiano riso e Uma tenta di usare le bacchette con le mani tutte rotte è particolarmente toccante. Grande lavoro. Daryl Hannah è una grandiosa fottuta stronza in questa roba. Elle è orribile, ma questo perché sa che sarà sempre la seconda. La sua lucida benda di cuoio è ga da paura e, cazzo!, lei è cattiiiva. Mette insieme le peggiori qualità di Bill – è il Loki del or di Uma[14]. Due dee nordiche generate dall’Odino di Bill. Quando combattono… Immagina la scena di lotta tra Sena Connery e Robert Shaw nei vagoni del treno in DALLA RUSSIA CON AMORE… Adesso, dagli un ambiente un po’ più spazioso in un merdoso camper bianco parcheggiato nel deserto vicino a Barstow – e ci sei quasi. Questa cosa è uno smack-down epico. E sempre lì ci sono anche Wayne e Victor MacLagen in UN UOMO TRANQUILLO – questo è un fracasso che puoi sentire in sette stati diversi e quando nisce… ti s do a non applaudire. Nessun lezioso scambio in punta di oretto, qui. Questa lotta lacera i tessuti nel profondo. La musica è stupenda. Al momento, sono un po’ stordito… cercando di ricostruire tutto, ma come la musica del primo lm, questa passerà parecchio tempo a risuonare nel tuo mondo e nella maniera più piacevole. Cosa manca? Be’ – non vedrai la lotta tra Bill e Michael Jai White che ho descritto nel dettaglio durante il mio viaggio in Cina… Non ho chiesto a Quentin perché l’ha tagliata, perché ho capito. In questo lm era più importante che il pubblico amasse Bill, non che ne temesse le capacità. È più importante come tu ti senta alla ne della battaglia, piuttosto che anticiparla e prepararla. Per questo, è un testamento di quanto Quentin abbia capito bene cosa è veramente importante per una storia. DETTO QUESTO, non posso aspettare di vedere quella battaglia nei contenuti extra del DVD! Ok, per adesso la smetto qui con il mio riassunto. Questo è il mio lm di Tarantino preferito… Posso dirlo, visto tutte le mie esperienze concrete del lm che ho in saccoccia? No, non del tutto. Ero la sola persona nel cinema che aveva scalato i cattivi gradini di Pai Mei, perciò è certo che questo di sicuro modi ca la mia visione delle cose… ma comunque, ero la sola persona nel cinema che non si è alzata in piedi per applaudire cinque minuti di la alla ne… perché… ero in una sedia a rotelle.

Be’, vedere tagliata la scena della lotta con Michael Jai White è stato un duro colpo per me, ma sono sicuro che Quentin sappia il fatto suo. A giudicare da questo report, e da quello che ho

sentito da Lawrence, questa mancanza non mi svantaggerà e inoltre, come ha detto Harry, sarà disponibile sul DVD, come l’assolo di danza di Ray Bolger nel Mago di Oz; solo che, in questo caso, non dovremo aspettare sessant’anni per vederlo. Insomma, il primo pensiero che mi è venuto in mente dopo aver ricevuto questo shock è stato: Grande – sarà giudicato quasi esclusivamente come attore, e non come artista marziale di kung-fu, e questo è quello che voglio. Dopo tutto, sapevo in anticipo perché Quentin mi aveva voluto. Sarà dura anche per Michael, però. Una lotta tra due icone come noi sul grande schermo avrebbe fatto molto bene alla sua immagine, non che quel gigante d’uomo ne abbia bisogno. Dopo questi pensieri, ho potuto capire qual è stato il problema di Quentin con questa scena: in origine, doveva servire da introduzione al personaggio di Bill. Poi, Quentin ha scritto quella stupenda scena fuori dalla cappella nuziale. Non poteva davvero introdurre Bill due volte. Ma amava molto quella scena. Ci ha visti provarla per tre mesi. Perciò, ha comunque deciso di girarla, scrivendo nuove battute e immaginando di collocarla da qualche altra parte. Poi immagino che abbia dovuto rinunciarci, semplicemente perché non c’era un posto giusto. C’ho pensato molto, e l’unico angolo in cui potrei immaginare lui che combatte così è quando Uma è sepolta viva, durante la sequenza in cui lei ricorda le lezioni di Pai Mei. E ogni digressione, a questo punto, da ciò che giusti ca il ashback – il suo allenamento per prepararsi a questo istante – non ci sarebbe stata. Quentin mi aveva detto di aver pensato di inserirla mentre Uma è in Messico, che guida verso il suo incontro nale. E la sua voce fuori campo avrebbe dovuto dire: “E questa è la prima volta che ho visto Bill uccidere”. È carino e ha senso: vedere Bill e La Sposa in tempi felici. Avrebbe funzionato. Mentre camminiamo insieme, mano nella mano, lungo le stradine della Cina, e sembriamo due sposini in luna di miele; ti avrebbe stretto il cuoricino. E poi, come arriviamo all’angolo, e c’è Michael Jai White, con i suoi quattro ninja, comincia la

grande lotta. Ma no; è troppo tardi per questo. Non abbiamo bisogno di altri scarti dalla storia; ci stiamo affrettando alla meta. Forse la scena verrà inserita nella versione giapponese. Ci spero. Laggiù, non gliene frega niente se ci sta bene o no nel lm; vogliono solo vedere un’altra battaglia! L’altra cosa che è successa oggi è che ho ricevuto un abbozzo di programmazione dei miei obblighi con la Miramax per la promozione del Volume Due. Praticamente girerò tutto il mondo con questa cosa: Europa, Asia, Australia, e ovviamente, in tutte le grandi e meno grandi città negli Stati Uniti. Un giorno in ogni paesello, tranne New York, dove staremo due giorni. Sarò parecchio occupato. Sabato 13 marzo Ho VISTO il lm. Quentin ha organizzato un’altra delle sue “proiezioni del regista”, e mi ha invitato. Non c’era nessun altro attore, proprio come per il Volume Uno. Ho supplicato di poter portare anche Annie. Pilar, la governante storica di Quentin, ha detto: “Ehi, nessun problema”. Be’, col tempo ha imparato a volere bene ad Annie, come tutti gli altri della compagnia del resto. Annie ci sarebbe rimasta malissimo, e io non avrei avuto nessuno con cui parlare del lm in maniera sincera. Non ne avrei avuto bisogno, comunque. Perché il lm, francamente, è stupendo. Esattamente come immaginavo fosse. Meglio del primo, in qualche modo. Più simile a ciò che ci si aspetta da Quentin. Un sacco di storia, un sacco di personaggi, un sacco di dialoghi alla Quentin, la maggior parte miei. Vado alla grande. E questo è il punto, credo. Quentin non mi ha voluto perché conosco il kung-fu. Gli piace ascoltarmi mentre parlo. Credo sia quello che alcuni de niscono “recitare”. Come avevo appreso dal riassunto di Harry Knowles, la scena in cui lotto con Michael Jai White non c’era. Anche qualche succulento pezzo di dialogo se n’è andato. Mi sono mancate anche certe piccole cose che c’erano nella mia scena con Michael Madsen, il fratello di Bill. Quando abbiamo fatto quella

scena, c’era un senso di eternità che ora è scomparso. Ma Quentin in questa fase ha fretta; ha troppo materiale da inserire. Non che il lm non avrebbe tenuto, anche se fosse stato lunghissimo – anzi, questo gli piace – ma Quentin lo preferisce breve. E due ore e nove minuti è a un passo dall’essere lungo. L’unico vero appunto che posso fare è sul bianco e nero iniziale. Ho capito cosa voleva fare Quentin, e funziona. Ma ero lì quando ha girato la scena, usando tutta una gamma di colori, e la luce su Uma era così grande che avrei scartato senza pensarci due volte l’idea del bianco e nero, sarebbe stata una festa per gli occhi, così com’era. Mi piace troppo il colore. Una cosa divertente. In tutta la mia carriera, sono sempre stato capace di analizzare le mie performance con estrema lucidità. Guardare, che so, Bound for Glory, e pensare: “Cazzo, sono grande”. O qualche roba exploitation girata in due settimane, e dire a me stesso: “Mmm, non poi così grande”. Con questa cosa di Bill, invece, per la prima volta in assoluto, non riesco a leggermi. Posso vedere che me la cavo bene, ma questo è grande? Semplicemente non lo so. Tutti mi hanno dato pacche sulle spalle, accompagnandole con parole come “stupendo”, “fantastico”, e così via. Ma io non riesco a vederlo. E poi hanno cominciato a dirmi quanto ero stato bravo. Annie mi dice che l’ho fatta impazzire. Non riesco a vedere nemmeno questo. Ho visto soltanto il tipo che vedo nello specchio del bagno più o meno tutte le mattine. Questa è una novità per me. Quentin mi ha portato in un posto che io non conosco, dove non sono mai stato. Penso sia una buona cosa. Almeno è nuova. Ho bisogno di cose “nuove” in questo momento. Daryl è qualcosa di stupefacente. Nessuno l’ha mai vista così. E la sua battaglia con Uma riesce a superare quella con Vivica per la sua immensa brutalità. Non pensavo fosse possibile. Se avessi dovuto puntare dei soldi su qualcuno, avrei scommesso su Michael Madsen. Che mi prende e mi scrolla tutto. Ogni secondo gronda di un’emozione o di un’altra. E migliora ogni attimo che passa. È come guardare una corrida: sai che il toro

perderà, ma la potenza e la maestosità della bestia ti fa desiderare che il destino sia differente. Quando va al tappeto, è dura. Potresti quasi credere che una mezza dozzina di morsi di mamba nero non basti per abbattere un toro così. Quentin sa tutto questo, ovviamente. Ha regalato a Michael più primi piani in assoluto, esclusa Uma. Ora, lei è qualcosa di diverso. Non importa quanto Quentin l’abbia sporcata e fottuta, la sua bellezza risplende sopra tutto, e la sua performance prosegue dritta, senza incertezze, senza perdere un solo colpo. E Michael Parks! Uno dei più interessanti esemplari di camaleontismo in azione nella storia del cinema. Ho parlato con decine di persone, alcune delle quali conoscono bene Michael, il quale non ha fatto capire a nessuno che il vecchio pappone messicano a cui è capitato di essere un vegliardo tirato su alla frontiera è interpretato dallo stesso attore che nel Volume Uno è lo sceriffo zoticone; e tutti e due sono Michael. La cosa che sorprenderà sicuramente tutti sono le lacrime che gli riempiranno gli occhi: Ah-ah: lacrime! Uno non si aspetta di piangere, di fronte a un lm di Quentin Tarantino; non è ciò per cui è famoso. Ridere, sì – e questo lm ti fa ridere, anche. Ma alla ne, senza nemmeno accorgerti che sta succedendo, sei seriamente scosso. Lasci il cinema sentendoti bene, comunque. Questa è una delle caratteristiche dei lm di Quentin: ti lanciano all’inferno, e ne esci trotterellando felice. Lunedì 15 marzo Oggi si dà inizio al bombardamento pubblicitario. Non che no a ora non sia stato indaffarato in questo senso, ma oggi è il giorno ufficiale in cui inizia la campagna promozionale della Miramax. Prevedo che ci sarà un sacco di lavoro. Sono venuti a prendermi alle 9 del mattino e mi hanno scaricato sulla banchina di una metropolitana (sopraelevata)[15] a Chinatown, dove risuonava un motivetto orientale. Lì ho incontrato Jim Selman, in piedi da qualche parte mentre un fotografo scattava foto artistiche con me come soggetto, vestito Hugo Boss, con una spada samurai in mano, mentre sembra che aspetti il treno.

Queste foto andranno su un giornale di Londra. Dà l’idea di un quadro di Magritte – sai, il tipo stupidone che indossa una bombetta in quel dipinto. Il più famoso è quello in cui il tipo tiene una mela in bocca. Tutti quelli che hanno visto il remake di e omas Crown Affair[16] sanno di cosa sto parlando. Dopo un paio di ore così, mi hanno portato (non prima di aver attraversato un denso e lentissimo traffico cittadino) al Four Seasons Hotel a Beverly Hills, dove sono stato fotografato con tre differenti sfondi da una signora giapponese che mi ha tanto ricordato alcune scene con Bill Murray in Lost in Translation. Nelle ore successive sono stato intervistato da alcuni giornalisti giapponesi, soprattutto signorine gongolanti, con un interprete accanto, cosa che mi faceva sentire ancora di più Bill Murray. Ero pronto a dire a tutti quanto sia bello questo lm, ma ho scoperto subito che l’avevano già visto; così, sono dovuto tornare alla vecchia solfa di risposte preconfezionate alle solite domande retoriche, una volta e un’altra ancora. Senza Jim accanto cui lanciare ogni tanto un cenno d’intesa, sarebbe stato insopportabile. Verso la ne, Jim ha organizzato le cose in modo da fare le interviste a coppie di due giornalisti alla volta. Poi, l’ultimo reporter arriva camminando come un tacchino col petto in fuori: un tipo con una voce bassa da macho alla Toshiro Mifune, e domande molto diverse. Siamo anche riusciti a farci un paio di risate. Finalmente, Jim e io abbiamo potuto scendere di sotto e raggiungere l’elegante ristorante in cui ci aspettava un giornalista inglese per cena. Jim mi ha avvisato che questo tipo lavora per un giornalaccio ed era alla ricerca di cose scandalistiche. Mi ha consigliato di guardarmi le spalle e trarmi sempre d’impaccio il più velocemente possibile. Abbiamo trovato un tavolo in giardino dove poter fumare, e dopo una piccola introduzione, Jim mi ha lasciato con lui. È stata un’intervista molto lunga. Intorno alle undici, ho ricevuto un messaggio sul cellulare da Jim che mi diceva di muovere il culo fuori da lì in fretta prima di dire qualcosa che non avrei dovuto. Ovviamente, proprio in quel momento il gentiluomo mi chiede del mio passaggio in una cella sudafricana. Gli ho raccontato della mia serata con

Tina Turner: stavamo cercando di ottenere un drink in un bar di lusso, a Johannesburg. Coppie miste erano de nitivamente cosa non buona in quegli anni (erano gli Ottanta) in cui impazzava l’apartheid. Un addetto alla sicurezza ha deciso di dare una spinta a Tina, perciò l’ho appeso al muro. Alla ne, fu una serata grandiosa. Abbiamo trascorso altro ottimo tempo in un posto ancora più esclusivo, e ho riportato Tina a casa sana e salva. Ma il buttafuori che avevo appeso al muro si scoprì poi che era un poliziotto non-in servizio. Per un po’ non ho visto la ne del tunnel. Immagino il reporter abbia provato un brivido col mio racconto, ma di sicuro non era quello che stava cercando. Sono corso via dall’hotel nel momento esatto in cui Jim stava arrivando rombando su un Range Rover per salvarmi prima che potessi sputtanarmi. Troppo tardi, ovviamente, avevo già sbracato. Visto che la Miramax mi sta sfruttando come attrazione principale per spingere il Volume Due, devo aspettarmi molte cose così. Ho visto solo una parte del percorso. Io e James partiremo per un tour regionale a San Francisco (un posto interessante, in questi giorni), Chicago e Toronto, arrivando in città la sera per dormire, fare la stampa tutto il giorno dopo, e poi ripartire la sera. Poi torneremo a Los Angeles per tanti altri giorni di maratone come quella di oggi, però solo per radio e tv satellitari. Parteciperò alla prima, e poi via per Philadelphia e la Grande Mela, dove dovrò languire per un weekend prima di fare un blitz di due giorni non stop. Annie mi raggiungerà, per quest’ultimo (adora New York), e starà con noi no a quando ripartiremo per il tour europeo, che include un paio di prime. Poi sarà in Australia per la presentazione del lm a Sydney. Dopo tutto questo, staremo qualche giorno a casa a Los Angeles, giusto il tempo per prepararci per il festival di Cannes, dove presenteranno il lm fuori concorso – obbligatoriamente, credo, visto che Quentin è il presidente di giuria, quest’anno. So che suona come un tour de force estenuante, ma non può essere peggio che farsi strappare un dente, e poi è per una buona causa: me!

5 aprile 2004 Okay. Oggi è il D-Day per Kill Bill. E per me. Stasera c’è la prima, e non c’è dubbio che stiamo per spazzare la spiaggia come una tempesta. Ci sarà sicuramente anche qualche vittima. Probabilmente le uniche ferite serie saranno quelle dei pochi e tristi detrattori. Alcune riviste si sono già esposte, e sono completamente entusiaste del lm e di me. Molti critici e decine di giornalisti sembrano pensare che dovrebbero farmi un qualche monumento, per questo lm. Be’, sarebbe sicuramente carino, ma credo sia meglio non galoppare troppo con la fantasia. Ho cercato di dire a tutti che il tipo su cui scommettere è Michael Madsen. Mi sconvolge proprio, in questo lm. Adesso che le cose si sono messe così bene per me, tocca a lui prendere il mio posto come attore più sottovalutato di Hollywood. Lunedì 12 aprile Non sto più nella pelle dalla voglia di raccontare la prima. È stato qualcosa di pazzesco. E in questa settimana non ho avuto un attimo di tregua per potermi sedere e scriverne, no a oggi. Ho fatto promozione non-stop per il lm. Tutti vogliono parlare con me. Lawrence mi ha detto, al party dopo la proiezione, che ho rubato il lm. Mio fratello Bobby, che era in piedi accanto a me, ha detto: “No. Dave l’ha semplicemente fatto”. Quentin, comunque, continua ad avere la maggior parte dei meriti (e delle colpe): per aver scelto la persona giusta, immagino; per avermi regalato una grande parte; e per avermi condotto per mano tutto il tempo come un grande capo indiano, sgombrandomi il capo da sirene e aiutandomi a superare le sabbie mobili. Jim Selman ha detto alla Miramax di darmi trenta biglietti, un miracolo quasi, visto che sono più bramati di quelli per il Super Bowl. C’erano quasi tutti i miei familiari, tutti quelli che sono riuscito a riunire, più qualche rappresentante dei vari percorsi della mia vita. George Christy, il presidente del gruppo

Ojai California degli Hell’s Angels, che è il primo candidato a prendere il posto di Sonny Barger non appena se ne andrà. Un ragazzo molto affabile, si è presentato con i colori del gruppo. Carino. Poi c’era Gayle, la mia manager, che era in estasi; il mio agente, Scott, che era ugualmente sconvolto; Alberto Mariscal, il grande regista messicano; Rich e Doug Holmes, due fratelli che sono rispettivamente il mio business manager e il mio avvocato; Patrick Culliton, con il glio di dieci anni, Kirin, che è impazzito per il lm. Solo per nominarne alcuni. Il party era notevole. Ho stretto un patto con Snoop Dogg per apparire nel suo prossimo video. Mentre ero fuori a farmi una fumata, un tipo mi si è presentato come giornalista di Variety, ma mi ha detto che non era in servizio. Ha de nito la mia performance eccellente. Ho detto: “Be’, è la mia solita merda”. E lui ha estratto al volo il suo blocco per gli appunti dicendo: “Questa devo scriverla”. E ora, il lm. Ho deciso di diffondere questo concetto: tutti dovete pensare il Volume Uno e Due come un unico lm epico di tre ore e mezzo. Solo così potrete apprezzarlo per il capolavoro che è. C’è tutto, in un’ora e mezza Quentin ci insegna cosa può combinare con i tutti i generi, e in più ci aggiunge la sua personale, colta visione dei lm e dell’Arte; e poi ancora, come quando si va giù dalle montagne russe, o come dopo quella prima discesa mozza ato al Pirati dei Caraibi (il gioco a Disneyland, non il lm), quando colpisci l’acqua, tutto cambia. Sei lasciato senza respiro, e sei sprofondato in un mondo totalmente nuovo dove le ragazze sono alte come palazzi e i caterpillar fumano il narghilè. È di sicuro il lm migliore di cui ho fatto parte. Vuol dire molto, visto che ho lavorato con Ingmar Bergman, Marty Scorsese, Walter Hill e Hal Ashby, Dio lo benedica e l’abbia in gloria. Con Ingmar, non dai la tua interpretazione; dai la sua. Con lui funziona, ma non sono il tipo che accetta facilmente questo tipo di disciplina. Non ho mai scoperto a cosa sarei potuto arrivare, se avessi potuto agire di testa mia. Non penso di aver dato a Marty la mia performance migliore. Era

all’inizio della sua carriera, e stava ancora cercando la sua strada. In ogni caso, Marty non potrà mai essere fottutamente divertente come Quentin. Semplicemente, non è nella sua natura quella di prendere per il culo. Walter è stato il mio regista preferito per anni; soprattutto perché, devo ammetterlo, Hal non è sopravvissuto abbastanza. Con Walter era facile andare d’accordo, e ti faceva sempre l’occhiolino. Hal era come guardarsi allo specchio. Stava di anco alla macchina da presa e seguiva tutto quello che stavo facendo. Potevo capire dalla sua espressione che mi considerava grande, ed era questo a rendermi grande. Questo pazzo di Quentin, però, è così complesso, e il lm lo esprime a differenti livelli. Quentin ha fatto i compiti. Ha studiato tutti i grandi registi, e si è seduto sulle loro spalle. Poi c’è quest’altra cosa, e penso che sia l’elemento più importante della sua capacità di tirare fuori dagli attori cose speciali: “Lui” si preoccupa di noi. È sempre intento a conoscerci e ci aiuta lungo il percorso. E mi ha con dato alcuni dei suoi sentimenti più profondi. Mi chiede abbastanza seriamente consiglio – e poi lo segue! Tutto questo mi fa lavorare sodo per lui, più sodo di quanto abbia mai lavorato per chiunque altro. Eh, cazzo! Ora la smetto con questo discorso. Se hai visto il lm, non ce n’è bisogno. Se non l’hai fatto, be’, muoviti a farlo. E guardali insieme. Ti scombineranno tutti i parametri. Così, oggi, mi sto preparando per andare di nuovo al Craig Kilborn Show, questa volta senza la storia del taglio di meloni. Vogliono che suoni il Flauto Silenzioso. Mi piace. Probabilmente mostreranno anche una clip. Dopo di che mi vedrò con Annie e andremo alla Playboy Mansion per la festa di presentazione del DVD del Volume Uno. Dovrebbe piacermi abbastanza, anche se non ho mai apprezzato troppo la magione. I terreni attorno sono bellissimi, e voglio bene a Hef, ma gli ospiti di casa sua di solito sono ragazzi che hanno una particolare predilezione per la plastica, e poi ci sono un sacco di signore che di plastica ne mostrano in abbondanza. Non il mio genere. Anche se in genere il gruppo che ci trovi è divertente.

Domani, parto per un altro lungo tour-stampa, tre città qui negli USA, quattro prime europee, una convention in Australia, l’apertura a Mexico City, e poi, nel rush rinale, Le Festival de Cannes. Quentin è il presidente di giuria. Dovrebbe essere uno spasso. Mostreranno il lm al GrandPalais – non in concorso, ovviamente; sarebbe un po’ strano. Però, staremo in piedi accanto a Quentin e accoglieremo insieme l’applauso della folla cine la francese. Ci ameranno, come il resto del mondo, ne sono sicuro. Mi viene in mente, a proposito, che il resto del mondo sarà presente a sua volta. Cannes è un summit internazionale. Me la farò coi pezzi grossi, mi godrò i complimenti, farò un po’ di baldoria a qualche party, e nalmente potrò mettere a riposo questo lm. Mercoledì 5 maggio Ieri sera sono rientrato dal tour per le dieci città: sette stati e quattro continenti, l’ultimo l’Australia, che mi è piaciuta abbastanza, completamente stracciona rispetto all’elegante Europa. Il resto del tour è stato abbastanza riposante. Bill 2 ha esordito praticamente su tutti gli schermi. Io e James ci siamo fatti tutte le tappe americane. A Toronto, Chicago e New York, dove ci ha raggiunti Annie, ci hanno trattati come dei re. In ogni città, in effetti, ci hanno accolto come delle maestà: suite enormi e bellissime, macchine per scarrozzarci dappertutto. E interamente spesati. Abbiamo collezionato tutte le riviste con ottime recensioni. e Toronto Star ha dato al lm cinque stelle. L’unica recensione più tiepida era quella del New York Daily News. Il che è strano. e News è un giornalaccio, con titoli tipo: “SCIMMIA SCAPPA DALLO ZOO” e: “LATTAIO UCCIDE DUE”. Perciò ti immagini che impazziscano per la roba che riguarda Quentin. D’altra parte, e Wall Street Journal, forse il più antiquato quotidiano d’America, ha parlato del nostro giro come di un “tour de force artistico”. Be’, hanno ragione. Lo è. Forse questa è la spiegazione. Un tour de force artistico,

probabilmente, è al di fuori della portata dei tipi del e News. Qualche volta è molto facile dimenticarsi che il giornalismo è una professione per letterati. Mentre ci preparavamo a partire per l’Isola Smeraldo (la vecchia Irlanda), prima tappa della nostra avventura europea, abbiamo incontrato il primo ostacolo: un ritardo al JFK a causa di un allarme bomba. Quelli della sicurezza hanno fatto evacuare tutto il terminal per i voli internazionali. Circa duemila persone sono state dislocate lungo le vie d’accesso e gli ingressi all’aeroporto e lì lasciate per un paio d’ore. Per fortuna, avevamo appena nito di imbarcare i nostri bagagli, se no avremmo dovuto fare tutta la via crucis trascinandoceli dietro. Immagina: tutta la roba che serve per party, interviste, prime e compagnia bella, e in cinque diversi continenti. Sarebbe stata parecchia roba da portarsi in giro. Nessuno sapeva esattamente cosa stava succedendo. E nessuno sembrava spaventato. Ci siamo fatti una passeggiatina verso un altro terminale e abbiamo sorseggiato tè no a quando tutto si è risolto. Le città in cui ci hanno trattato meglio sono state Dublino, Londra, Monaco e Roma. Ci siamo spostati con un jet privato: un Falcon 900, arredato come un salotto volante. Ottimo per evitare la scocciatura dei controlli di sicurezza. E poi si può fumare a bordo. Daryl e Uma erano con noi, insieme al loro entourage, e Michael Madsen con sua moglie, che si è trovata a meraviglia con Annie. E, be’, Michael e io siamo fratelli di sangue, ormai. Amo quel ragazzo. Ci siamo divertiti tutto il tempo sorvolando il continente a diecimila metri d’altezza. E di sonnellini manco a parlarne: ci stavamo troppo divertendo. Ogni città è stata un’esperienza unica. Dublino è meravigliosa: accogliente e semplice, rispetto a tutte le altre. Il nostro hotel era giusto nel cuore della città e, quando parli di Irlanda, “cuore” è il luogo in cui ti trovi. Per l’inevitabile giro di interviste, ho portato ogni giornalista a fare una passeggiata. E mentre passeggiavamo, fumavamo. (Due settimane prima l’Irlanda aveva istituito il divieto di fumare in luoghi pubblici, stile California. Mi stupisco di come il popolo gaelico abbia potuto accettarlo.)

Ho ricevuto un invito a cena con Neil Jordan, il regista. È stato bello. A un certo punto siamo usciti a farci una sigaretta. Mi ha chiesto una delle mie English Oval e ci siamo conosciuti un po’. Mi ha chiesto di stringergli la mano e poi, mentre lui stringeva la mia, mi ha detto: “Questa mano ha stretto quella di Elliot Goldenthal, allievo di Aaron Copland. Elliot ha stretto la mano di Aaron Copland, che ha stretto quella di Camille SaintSaëns, che ha stretto la mano di Franz Liszt, che ha stretto la mano di Mozart. Perciò, hai appena stretto la mano a Mozart”. A quel punto, eravamo amici. Spero di avere la possibilità di lavorare con lui. Ha pubblicato un paio di romanzi e ne ha appena nito un terzo. Mi ha dato una copia, la sto leggendo. È raccontata da un fantasma. Neil è davvero un poeta, penso. Be’, è evidente, se si guardano i suoi lavori: Fine di una storia, Intervista col vampiro, La moglie del soldato, per dirne qualcuno. E Michael Collins, un lm davvero sottile, con quella che forse è la migliore performance di Liam Neeson, il che signi ca molto. Alla prima, mi hanno presentato al presidente del Festival, parlando in maniera strepitosa della mia performance, e sottoposto a un fuoco incrociato di domande dei fan accaniti del Supércool, perciò ho dovuto fare un discorso. Così, mi sono fatto una piccola idea di come potrebbe essere stare sul palco del Kodak eatre, se mai l’Academy deciderà che merito una di quelle statuette dorate. Ho pianto, per prima cosa. Gli ho detto che aspettavo una cosa così praticamente da tutta la vita, e che non immaginavo mi sarebbe successo in maniera legale. Questo li ha fatti ridere. Ho ringraziato mia madre. Avrei potuto chiamarla “Santa Madre”. È quello che sento, e poi ero sull’Isola Smeraldo, e tu parli così, se hai un po’ di sangue irlandese nelle vene, e io un po’ ne ho. Londra è letteralmente impazzita per noi e la sistemazione al Dorchester non era solo reale, addirittura imperiale. James aveva ordinato da Armani e Hugo Boss abiti per me. Mi sono guadagnato due abiti gessati fantastici: ho sempre desiderato averne uno. E uno smoking. In tutto cinque abiti, credo. Stupido, no? Gli smoking durano per sempre, non vanno mai fuori moda. Ma non si ri uta uno smoking, giusto?

Monaco è stata, a sorpresa, un interludio romantico. La prima tedesca è stata più o meno così: ci siamo vestiti – o meglio, messi in ghingheri – poi abbiamo camminato sul red carpet per i fotogra e le telecamere della tv. Siamo stati presentati al pubblico, e poi, quando le luci si sono spente, siamo sgusciati via per una cena ufficiale. Dopo di che siamo andati a una festa. Annie, Michael… e ci siamo pure visti un pezzo di lm prima di ripartire, giusto per vedere come risultavamo doppiati in tedesco e in italiano. Penso che sia meglio in italiano. Quello che va bene in uno spaghetti-western, va bene per tutto il resto. Non posso dire lo stesso della versione tedesca. Tranne nel caso di Uma, perfetta come una Marlene Dietrich. E, ovviamente, il tedesco era adattissimo anche alla dominatrice orba di Daryl. Roma è una grande città. Noi quattro, Carradine e Madsen, ci siamo staccati dal gruppo e abbiamo fatto un giro per conto nostro. Il Colosseo, Città del Vaticano, via del Corso, con quella fontana dove butti la monetina ed esprimi un desiderio. Poi cena in un ristorante molto chic, e diretti in cima a uno dei sette colli. Tutto questo in due Mercedes con chauffeur separate, una per ogni famiglia, gentilmente fornite dalla Miramax. Annie aveva letto di un piccolo bar dove vanno tutte le celebrità, nella parte alta della città. Ha proposto di andarci. Michael ha risposto: “Ehi, ho una bottiglia in macchina!”. Be’, non è questo il punto, gli abbiamo detto. Alla ne abbiamo terminato la serata proprio in quel localino. Come c’era da aspettarsi, eravamo noi le uniche celebrità. Il giorno dopo, tutti, inclusa Annie, sono rientrati a Los Angeles. Io invece sono dovuto restare un altro giorno ad aspettare il mio volo per l’Australia. Ho camminato un po’ per le vie della città, senza allontanarmi troppo dall’hotel. È stato strano essere a Roma da solo, senza conoscere assolutamente nessuno. Poi ho preso l’aereo, ventiquattro (!) ore di viaggio inclusa una sosta di due ore a Hong Kong, dove perlomeno ho potuto farmi una paglia. Ho preso un po’ di giornali per riempire il tempo aspettando la tappa successiva, e quando ho aperto

Entertainment Weekly sono stato salutato da una mia foto a tutta pagina. Bill è dappertutto. Decisamente, è stato un colpo grosso. Un po’ come vincere alla lotteria. Be’, non proprio uguale. e National Enquirer ha pubblicato un pezzo facendo un paragone tra le donne di Kill Bill e un paio di mie ex mogli. Ma, ehi, e Enquirer scrive solo per la gente che vende giornali. Non si sono interessati molto a me, negli ultimi anni. Un effetto interessante di tutto questo è che, dopo un’intervista televisiva in cui Quentin ha detto che è “la migliore autobiogra a io abbia mai letto”, la vendita di Endless Highway è schizzata alla stelle. Jesse Vint, un vecchio compare di palco, un tipo molto saggio e brillante, mi ha spedito una lunga critica dopo averlo letto. De nisce così la scrittura del libro: “Un terzo Mark Twain, un terzo Jack London, un terzo Jack Kerouac!”. Niente male! Questo mi fa pensare che dovrei recuperarne un paio dal web prima che i prezzi salgano troppo. E poi Jesse prosegue dicendo: “Penso sia fenomenale! Dovrebbero adottarlo come testo obbligatorio nei licei di tutto il Paese”. Poi ha detto, cosa ancora migliore: “Comunque, penso che comincerai a vedere qualche cambiamento nelle persone che conosci. Due cose… due cose: diventeranno generose, e molto profonde. Sai perché? Perché vogliono essere immortalate nel tuo prossimo libro, Endless Highway II, in un modo molto carino”. Be’, ecco qui, Jesse: la tua generosità e la tua profondità immortalate proprio ora, in questo Kill Bill Diary. E, be’, visto che non si sa mai: se avrò mai bisogno di qualcuno da mandare di fronte al giudice o alla polizia del mio valore come essere umano, certamente sarai tu il prescelto, Jesse. Mercoledì 19 maggio Questa mattina scrivo dalla cima delle colline di SaintTropez, nella enorme villa del famoso collezionista d’arte Enrico Navarra. Sono accanto a una delle tre piscine della villa. Il sole è cocente, ma l’aria fresca. Mi sono svegliato prima di tutti gli altri

e ho razziato il congelatore portando via tutta la scorta di Lipton alla pesca, che ho riscaldato nel microonde. È stata dura trovare una tazza. Mi sono fatto la prima sigaretta della giornata sorseggiando il tè. È così tranquillo, qui, che le mie dita sui tasti del Mac sono il rumore più forte. Ho deciso di portare il mio portatile a Cannes (una prima volta, per me), così potrò documentare le cose che succederanno. Non ne ho mai avuta l’occasione, nora; non c’erano mai tre minuti liberi durante la giornata, per non parlare delle notti, sempre piene. Okay. Adesso c’è di nuovo pace nel mondo – il mio mondo. La follia del tour Miramax no al festival si è conclusa. Il lm è stato mostrato al Grand Palais a un pubblico enorme, felice, che si è comportato nel modo che ti aspetteresti da un banda della 42ma strada, piuttosto che da questa era di smoking e strascichi da red carpet. Alla ne dei titoli di coda, hanno applaudito all’unisono con la musica. E sono rimasti tutti no all’ultimo istante, per gustarsi il colpo sorridente con cui Uma strappa via l’occhio a Daryl. Quando le luci si sono riaccese, non ci sono cazzi, avevo gli occhi pieni di lacrime. Poi il solito giro obbligatorio di feste, a volte con Quentin, a volte con Lawrence, qualche volta con Michael Madsen, qualche volta solo io e Annie. Mick Jagger ha irtato un po’ con Annie, poi, quando si è accorto che stava con me, è semplicemente corso via. Divertente. Ogni volta che abborda una tipa, viene fuori che lei è con me. E lui scappa. Ehi, non sono un tipo geloso, ma penso che Mick si ricordi di quando stavo corteggiando la mia seconda moglie, Linda, e per quel motivo ho fatto scappare il suo ex marito, Roger McGuinn. Le stava dando fastidio, e gli ho detto che ormai era il passato, e doveva smetterla di romperle le palle, e di far qualunque altra cosa, più o meno. Ma, Dio santo, era più di un quarto di secolo fa, e non gli ho fatto del male, l’ho solo convinto a smammare. Siamo arrivati in questo bellissimo posto ieri pomeriggio. Il programma era di arrivare in elicottero, ma non ci siamo fatti trovare pronti per tempo, perciò il nostro autista Jamal ci ha portato qui in Mercedes, con due poliziotti in moto a farci da

scorta. Grande. Siamo andati al massimo della velocità, ondeggiando nel traffico, guidando dalla parte sbagliata della strada, con i poliziotti che facevano spostare le automobili, facendo anche suonare le sirene, solo per farci passare. Annie è appena uscita dalla stanza per venire a prendere un po’ di sole. Indossa un bikini giallo sole che le ha dato Celine, chiunque essa sia; una famosa stilista, immagino. Il costume, che ha una piccola catena d’oro che dondola, cattura e rilancia la luce del sole facendo diventare Annie luminosa come una stella. Si accompagna a un pareo, che si è avvolta intorno ai anchi. Non ho mai visto niente di così bello da quando ero a Tahiti, nel ’79; e forse nemmeno allora. Sono così dannatamente fortunato. Oggi, torniamo a Cannes al nostro nuovo hotel, il vecchio Savoy, che è stato ristrutturato e rinominato il “3.14”. Non so cosa signi chi, ma mi dicono sia il più moderno e co hotel dell’intera Croisette – lontani dalla gente della Miramax, ma sempre nel vivo della festa. E così, adesso, sta per iniziare un nuovo giro di giostra – non per Kill Bill; abbiamo detto addio, per il momento, alla sua lunga avventura – ma solo per noi e per tutto il resto: gli altri lm, e la città tutta. Vorrei trovare un posto un po’ fuori mano per una cenetta romantica, cose così. E ho bisogno di cominciare a pensare cosa ne sarà di me nelle prossime due decadi. Sì, c’è una vita dopo Tarantino. Sabato 22 maggio La notte scorsa abbiamo s lato di nuovo sul red carpet con Bobby per la prima di una versione restaurata di e Big Red One[17] di Sam Fuller. Mi è piaciuto molto. Hanno reinserito almeno un quarto d’ora di scene tagliate, robe che non avevano mai visto il buio della sala, nemmeno nell’anno dell’uscita, il 1980. È un po’ lungo, circa tre ore, ma tiene. Bobby è grandioso. Quasi ruba la scena a Lee Marvin, che è al top. E sono troppo prudente, forse, quando dico “quasi”.

La scena della guerra è proprio alla Sam. Non sembra avere nessun particolare interesse per il nemico tedesco, il cui unico scopo è quello di farsi uccidere. Be’, credo che le cose siano andate proprio così, e lui ce lo dice chiaro e tondo. Ho parlato con Bobby di come si arriva a questi restauri. Qualche regista particolarmente brillante fa un lm; il distributore ne taglia le parti migliori. Poi, vent’anni dopo circa, il lm è diventato un capolavoro, e qualcuno lo rimette insieme. La cosa stupefacente, per me, è che questi grandi capi della distribuzione sembra che non abbiano imparato un cazzo. Continuano a fare gli stessi errori. Tagliano via qualcosa e poi devono andare a ripescarsi i pezzi qualche anno dopo. Bobby mi ha detto che questo succede perché Hollywood non ricorda e non dimentica. Dice che è una citazione da me. È stato stupendo passare del tempo con Bobby. Tutto quello che è rimasto adesso è sedersi sugli allori di Volume Uno e Due, le versioni giapponesi, riunite per una speciale proiezione domenicale. Poi, tutti a casa. È stato bello, ma sono contento che sia nito. Non è la ne di Kill Bill come fenomeno, però. Abbiamo ancora Mosca e Madrid da conquistare. Dopo di che dovremmo aver chiuso de nitivamente, e via con nuovi progetti, e chissà che coniglio salterà fuori dal cappello. Domenica 23 maggio Bene, è lunedì, ed è molto presto. Domenica sera c’è stata la chiusura, con la consegna dei premi; pensavamo dovessimo andarci anche noi, visto che Quentin è il presidente della giuria. Annie ha chiamato Paula della Miramax per avere i biglietti, e Paula ha risposto: “Oh Dio! È impossibile! Tutti ci vogliono andare, sto facendo fatica a trovare biglietti per Harvey!”. Be’, nessun problema; questa è la Miramax. Un paio di chiamate ai nostri amici e avevamo i biglietti, con una macchina ufficiale e tutti gli extra. Così, eccoci di nuovo sul red carpet, con Annie in un altro favoloso abito da sera di Sterling Capriccio e i suoi Chopard migliori. Adesso l’avranno capito

quanto aumentano le loro quotazioni, essendo fotografati indosso ad Annie. Qualche designer importante si è proposto di vestirla, ma Annie rimane fedele a Sterling. I fotogra , come al solito, sono impazziti per lei. Avevamo dei posti ottimi, ed è stato meraviglioso guardare Quentin in piedi ad annunciare i vincitori, con grande orgoglio. Quando si è arrivati al momento della Palma d’Oro, si è visto che era parecchio emozionato nel consegnarla a Michael Moore per Fahrenheit 9/11, il suo documentario contro l’amministrazione Bush e le sue scelte. Be’, sappiamo tutto di questa storia. Annie e io siamo stati invitati a una proiezione, un paio di giorni fa, ma abbiamo optato per la festa di Naomi Campbell sulla spiaggia di Saint-Tropez. Comunque, mentre annunciavano Quentin, lo sfondo della scenogra a si è modi cato ed è diventato un collage di enormi primi piani tipo anime di piccole giapponesi che crescendo potrebbero diventare Lucy Liu, e hanno fatto partire la musica di Kill Bill. È stato accolto da un applauso scrosciante, e io mi sono alzato in piedi, con Annie accanto. Di tutte le volte che sono stato al festival di Cannes, questa credo sia stata la migliore. E vuol dire tanto. Ho molti ricordi gloriosi dei miei precedenti passaggi alla Croisette, a volte con lm in concorso – Bound for Glory, e Long Riders – e due volte con i miei personali sforzi registici. E poi, ovviamente, c’è stata la mia prima volta a Cannes nel 1975, quando ci sono venuto per conto mio come una specie di barbone, con i vestiti in uno zaino e la chitarra in spalla. Quella volta vidi grandi lm, incontrai Carlo Ponti, e feci l’amore sulla spiaggia con una splendida fanciulla che avevo appena incontrato, al chiaro di luna. Martedì 15 giugno Preso l’aereo con Quentin, Lawrence e rispettive signore per la Russia, dove presenteremo Kill Bill – Volume Due al Film Festival di Mosca. Dopo di che tocca alla Spagna. Dovremmo divertirci molto, e mettere ufficialmente la parola “ ne” a questa folle avventura.

Mercoledì 16 giugno Cazzeggiamo un paio d’ore a Francoforte, aspettando l’aereo per Mosca. Da qualche parte sopra l’Atlantico, Quentin salta in piedi e mi si onda addosso, si inginocchia e mi dice che è letteralmente sfasato leggendo la bozza di questo libro, che gli ho spedito qualche tempo fa per dargli l’opportunità di eliminare tutto quello che non gli piaceva. Mi ha detto di avere solo due correzioni da fare, piccole ma delicate, che altrimenti rischiavano di ferire qualcuno. Mi ha detto che il libro ha una grande protagonista: Annie. Quentin è forte. Poi si è sporto in avanti vicinissimo a me, per darmi qualche consiglio ed essere certo che sappia come sfruttare al massimo l’enorme spinta che l’aver partecipato a un lm di Tarantino, nei panni del personaggio che compare nel titolo, può dare alla mia carriera. Odio questa parola: “carriera”. Non c’entra niente con lo stile di vita di chi tenta di essere un artista. Non parli della “carriera” di Van Gogh o Beethoven o Rodin. Immagino che sia un termine obbligato, nel mondo dello show business, del quale me ne frega anche meno. L’altra frase che mi fa raccapricciare è quando gli attori fanno gli intellettuali impegnati e dicono che il loro è un “lavoro”. Noi non lavoriamo. Noi recitiamo. Si chiama “intrattenimento”, Cristo santo. Bisogna avere un po’ di prospettiva, ragazzi. Siamo dei pagliacci! Quentin mi ha chiesto in particolare di evitare di dire che è venuta fuori una cosa grandiosa perché non c’erano coinvolti troppi soldi. Mi ha fatto un paio di esempi di fallimenti dovuti alla stessa ragione. Ho dovuto ridere. Non credo di essermi mai potuto permettere un lusso del genere. Non ho mai potuto scegliere un progetto. Semplicemente ho preso quello che mi è arrivato. Credo che da adesso in poi le cose cambieranno; perciò mi ricorderò del suo consiglio. Venerdì 18 giugno Perciò, eccoci a Mosca: Quentin, Harvey, Lawrence, la sua bellissima amante Leasi (spero di aver scritto giusto il suo

nome), Annie, e io. Harvey è arrivato in compagnia di una giovane attrice che in qualche modo lo interessa. Una scoperta, immagino. Con noi c’era anche una splendida ragazza di nome Anna (facile da ricordare, questo, anche per me) che dovrebbe farci da interprete. Non ce n’è un grande bisogno, in effetti, ma è molto utile per altre cose ed è fantastico averla con noi. Ci hanno anche assegnato una guardia del corpo, un gigante di nome Rushan, che è onnipresente. È impossibile seminarlo. Se entriamo in un ascensore lasciando lui a terra, quando le porte si aprono su un altro piano, ecco che lui è lì. Sfuggire alle guardie del corpo è uno scherzo, per me, di solito, ma il suo compito principale è quello di sgombrarci la strada mentre attraversiamo le schiere di folla che ci si assiepano intorno dovunque andiamo. Quentin è famosissimo, qui. Pare che alcuni dei suoi lm abbiano in ammato gli animi dei giovani russi. Quentin la spiega così: quando la ma a russa ha conquistato il Paese, si è diffusa la passione per i lm gangster americani – non Il padrino, e non i lm di Scorsese sul tema, ma Le iene. Be’, questi russi non sono italiani. Comunque, tutti questi lm ormai sono storia, Quentin invece è qui, presente, ora. Non so cosa aspettarmi, da questa “nuova Russia”. Be’, in molti casi la situazione è simile a quella di altre città europee – con alcune peculiarità, sicuramente, ma ho trovato solo un lieve ricordo della Cortina di Ferro, nella mentalità di questo popolo. E ogni “stranezza” è scomparsa non appena siamo usciti dall’aeroporto. Non ci hanno fatto il controllo di sicurezza. Una specie di noblesse oblige, penso. Ho sottolineato a Quentin che questo speciale trattamento è possibile solo in un Paese corrotto. Ho avuto un’esperienza simile nelle Filippine, sotto Marcos. Se eri ricco, o comunque avevi abbastanza soldi da buttar via, potevi fare praticamente qualsiasi cosa. Non abbiamo nemmeno dovuto ritirarci da noi i bagagli. Ci hanno condotto a un lounge, del tipo che trovi di solito nell’area partenze, non arrivi, e ci hanno offerto dei drink mentre aspettavamo. Luhansa aveva inviato i nostri bagagli a destinazioni sbagliate. C’è sempre qualcosa che non va. Annie

ha dovuto trascorrere l’intera giornata coi vestiti da viaggio addosso; non certo il suo stile, anche se era comunque carina, coi suoi jeans rmati e il suo top sexy, e poi lei ha sempre la scappatoia verso l’eleganza con il suo trench di pelle nera, che la fa tanto sembrare una spia russa. Una cosa carina della Russia: ci sono pochi posti in cui non puoi fumare. E anche in quelli in cui teoricamente è vietato, ho provato ad accendermi una sigaretta e nessuno ha detto una parola. Di nuovo questa cosa del noblesse oblige, immagino. Essere un privilegiato può essere divertente. Un produttore russo che mi è passato vicino si è fermato a farmi i complimenti per la mia recitazione, ma soprattutto mi ha detto di ammirarmi perché ho sempre una sigaretta in mano. Entrambi eravamo d’accordo sul fatto che l’ossessione mondiale contro il fumo sia semplicemente incivile. E sai, recentemente ho letto un commento di una leader di non so quale Paese del terzo mondo che, messo il veto alla promulgazione di una legge che proibisce di fumare nei luoghi pubblici, per no per strada!, ha sentenziato: “I poveri possono concedersi pochissimi piaceri, e fumare è uno di questi”. Yeah, cazzo, e “povero” me, pure. Questo produttore è andato avanti a dire quant’ero grande nel lm, e che dovrei darmi a Cechov. Gli ho detto di farmi un’offerta. Quentin ha fatto un giro al Museo di Arte e Teatro di Mosca. Si è seduto al tavolo da trucco di Stanislawskij e ha messo le mani dappertutto: tubetti di brillantina, una parrucca, un naso nto. Gli ho chiesto di in larsi il naso. Ma ha detto di no, ha detto che non sarebbe stato rispettoso. Penso che se fossi stato al suo posto non avrei potuto resistere alla tentazione. Quentin ha conquistato l’affetto di tutti con la sua conoscenza enciclopedica dei lm russi. Alla conferenza stampa, su suo invito, ho dato anch’io del mio, grazie alla mia familiarità con Boleslavsky, l’altro direttore del museo. Gli ho detto che il settantaquattresimo lm di mio padre è stato diretto da lui. Boleslavksy aveva dato a papà una copia rmata del suo libro, Recitare: le prime sei lezioni. La dedica era: “A John Carradine, un buon attore”. Porto sempre con me questo libro. E ne compro

sempre mezza dozzina, perché mi piace darlo in giro. È un libro piccolo e semplice, ma ti dice tutto quello che c’è da sapere. Quentin ha voluto che gli dessi una copia. Le persone, qui, sono davvero amichevoli. Ospitali all’inverosimile. Ogni volta che ci spostiamo, qualcuno ci offre del cibo – e della vodka… un sacco di vodka. E tutto è andato avanti no a notte inoltrata. Siamo vicino al solstizio d’estate, e a questa latitudine non fa buio prima di mezzanotte. Nessuno voleva andare a dormire. La prima è stata un evento ed è andata benone. Hanno allestito lo schermo più grande che io abbia mai visto, e ci hanno piazzato in primissima la. È straordinario vedere un lm così, sembra che ti venga addosso e possa inglobarti. I primi piani sono spettacolari; e quando Uma strappa l’occhio blu di Daryl e glielo getta tra le dita dei piedi, il bulbo oculare – e gli alluci – sono alti un metro! Hanno messo insieme un ottimo collage di tutti i lm di Uma, per l’occasione, dopo di che il presidente del festival si è lanciato in un lungo appassionato elogio di Quentin e Uma – e me! Ho sussurrato a Quentin, che era seduto accanto a me, con un sorrisone stampato in faccia: “Sai, poco più di un decennio fa, queste persone volevano distruggerci, e guarda adesso – ci adorano!”. Grazie, Ronald Reagan (che è morto pochi giorni fa). La cosa più positiva che ricordo di Ronnie è quando è andato a Berlino Est e ha detto: “Mister Gorbaciov, tiri giù il muro”. Penso che l’unica altra volta in cui mi ha colpito sia quando ha raccontato quella barzelletta dopo essere stato silurato. Be’, aveva sempre voluto essere John Wayne, e quello è stato un momento decisamente alla Duke; ed era realtà! Ma nire la guerra fredda senza avere sparato un solo colpo è ciò che più di tutto questo gli ha fatto conquistare un posto nella Storia. Oh, lo so che Polonia e Bulgaria e tutta la NATO, senza menzionare i fallimenti economici e loso ci, dell’“Esperimento Comunista”, ci hanno messo del loro, e molto, per far cadere la cortina, ma Gipper[18] ne ha ricavato comunque grande e meritato credito. Harvey è apparso questo pomeriggio, e mi sono seduto con lui e Quentin nel ristorante dell’hotel, tutti e tre a fumare sigari

cubani. A un certo punto Harvey mi ha chiesto bruscamente: “Così, chi è che ti ha fatto un’offerta di uno-virgola-cinque milioni di dollari?”. Credo sia stato Quentin a dirgli che mi hanno proposto di girare His Name is Grasshopper. Ho dovuto rispondergli: “È uno-virgola-due milioni. Magari fossero unovirgola-cinque” e gli ho raccontato il resto. È un lm alla Sea Biscuit, solo che c’è un levriero al posto di un cavallo da corsa. Dovrei interpretare un vecchio allenatore che rinuncia alla pensione per aiutare un piccolo orfano a far vincere il suo cane. È un vero e proprio drammone strappalacrime, ma un grande ruolo, per me. Dopo Kill Bill, in cui sono un assassino internazionale, un burbero dal cuore tenero potrebbe essere l’ideale. E credo di aver dimostrato di cavarmela, coi bambini. Harvey ha apprezzato il fatto che l’offerta sia venuta dalla Warner Brothers, che no a qualche anno fa mi ha trattato di merda, nonostante gli abbia fatto guadagnare milioni di dollari. Lui e Quentin poi si sono messi a parlare di una nuova storia di Elmore Leonard su cui stanno lavorando, e Harvey ha buttato lì apposta due o tre accenni a parti che potrei interpretare io. Poi hanno cominciato a parlare in codice. Credo abbiano parlato di alcuni ruoli, forse in quel lm, o forse in qualcosa di diverso. Harvey ha detto: “David potrebbe farlo. Non è il genere di De Niro, mentre David potrebbe farlo alla grande”. Quentin si è girato verso di me e mi ha detto: “Siamo volutamente enigmatici”. Poi, la sua risata-marchio-di-fabbrica. Credo che prima o poi saprò di che diavolo stavano parlando. Mi piacerebbe molto sapere cos’è che De Niro non può fare e io sì. Domenica 20 giugno Spagna. Un posto molto nostalgico, per me e per Annie. La nostra storia d’amore è nata a Valencia e Alicante mentre eravamo lì per Bala Perdida. Era, vi ricorderete, due anni e mezzo fa, poco prima di ricevere la chiamata di Quentin. Adesso siamo di nuovo qui per chiudere la faccenda (il lm, non la storia d’amore. Certamente non la storia d’amore!). Un cerchio perfetto.

L’hotel è decisamente un hotel a sei stelle, anche solo per l’ingresso. E c’è un pianoforte a coda Schimmel nel meraviglioso ristorante-giardino. Ho suonato quel piano ogni sera. Siamo partiti con una romantica cena di mezzanotte nel giardino. Poi abbiamo dormito no alle due, dopo di che abbiamo raggiunto, insieme a Quentin, un minuscolo ristorante, in una piccola e stretta strada, per il pranzo. È stato delizioso: sia il cibo che la compagnia. Quentin e io abbiamo parlato di un sacco di cose, e Annie era al top. Dopo di che abbiamo preso una macchina e siamo andati al Giardino Botanico. Abbiamo camminato per un’ora in mezzo agli alberi e ai ori. Da qualche parte, in lontananza, risuonava una musica sud americana. La serata è nita con un paella-party per tutta la ciurma di Kill Bill. Quentin era in splendida forma, ha raccontato un sacco di storie, e tutti si sono divertiti un mondo. A un certo punto, mi è venuto così sonno che non riuscivo a tenere gli occhi aperti. Non mi andava molto l’idea di cascare con la faccia nel an, perciò sono uscito a prendere una boccata d’aria. Poi ho chiamato l’autista, e l’ho spedito da Annie, a dirle che ero in macchina. Mi sono addormentato sul sedile posteriore mentre aspettavo che uscisse. È arrivata velocissima. Una visione gloriosa con cui svegliarsi, quella di lei nel suo vestito a ori. Lunedì 21 giugno Oggi è il Giorno. Stampa, e poi l’ultima première. I due volumi l’uno dopo l’altro. Non dobbiamo restare a vedere il primo, che inizia alle 19:30; aspetteremo che nisca al party organizzato in hotel. Metterò il mio smoking Francesco Smalto di nuovo (un regalo di Cannes). E per l’ultima volta, per questo lm, a meno che non debba fare un de lé sul red carpet degli Oscar. (Non ridete, potrebbe succedere.) Annie scivolerà dentro il suo incredibilmente sexy Sterling Capriccio rosso e lungo, e acconcerà i suoi bellissimi capelli in modo favoloso. Poi le macchine verranno a prenderci alle 21:30, in tempo per red carpet e presentazione. Poi, il Volume Due migrerà in tre sale: in una in versione originale con i sottotitoli, nelle altre due in spagnolo.

Sicuramente io e Annie non possiamo rivedercelo daccapo per intero, però vorremmo vederne un pezzetto in spagnolo: lei perché è la sua seconda lingua, io perché voglio sentire come parla Bill in catalano. Il mio doppiatore in spagnolo è lo stesso da quarant’anni. Poi andremo a un’altra festa, dopo la proiezione. Forse balleremo. Chi lo sa. E tutto in onore di Bill. Martedì 22 giugno L’intera serata è stata piuttosto ca. Ci siamo incontrati nell’atrio dell’hotel. È arrivata anche So a Coppola, la nuova amma di Quentin. La loro storia romantica è sbocciata a Parigi. Quentin con lei si comporta come un adolescente. È molto dolce. Siamo usciti tutti in giardino, dove almeno quaranta fotogra ci hanno scattato foto davanti all’enorme poster di Kill Bill. Dopo di che ho preso da parte Quentin e Lawrence per uno dei nostri discorsetti intimi, e gli ho detto: “È l’ultima volta che camminiamo insieme sul red carpet” e poi ho aggiunto: “Prima del Kodak”. Quentin ha risposto: “Yeah!” e Lawrence ha riso. Quando siamo giunti al red carpet, Quentin era appena arrivato, insieme a So a, e la folla cominciava a furoreggiare. Sono una coppia strana e deliziosa. Quentin è un omone alto, e So a è una cosina piccola e delicata. Davvero carini. Ci hanno fatto qualche altra foto, insieme, Annie era stupenda nel suo Sterling Capriccio rosso con il lungo strascico che scendeva giù per le scale alle sue spalle, e i capelli selvaggi e magni ci. Sembrava una modella in passerella, però senza l’espressione accigliata che di solito hanno le modelle. Poi siamo entrati per la cerimonia. Mentre salivo sul palco, il pubblico mi ha accolto con un boato. Mentre le luci si abbassavano, io e Annie abbiamo raggiunto una porta sul retro. Ho detto a Quentin che non pensasse lo stessimo disertando: “Andiamo a vederlo in spagnolo” e lui ha detto: “Fico” e ce ne siamo andati. La versione spagnola è mitica. Il doppiaggio perfetto. Anche il pubblico. Hanno capito dei doppi sensi che agli americani di solito sfuggono. Annie si è divertita come una matta. L’abbiamo guardato no al punto in cui Michael Bowen mette su il disco di

Johnny Cash. Annie ha detto: “Sono sazia” e anch’io. È stato bello vederlo in spagnolo, ma non capendo una parola diventa difficile seguirlo, dopo un po’. Dovevo estrapolare i sottotitoli dalla mia memoria. Abbiamo lasciato i nostri posti e subito ci siamo ritrovati a una cena, che era stata organizzata per noi da un club alla moda nato dalle ceneri di un casinò. Lawrence era già a tavola, con Leasi e Paula, sempre presente per noi. Il cibo era gustoso, piccoli pezzi di roba che sembravano una cosa e sapevano di tutt’altro. Quando abbiamo terminato la nostra strana eppure deliziosa cena, ci siamo ricatapultati al cinema, per ngere che fossimo sempre stati lì. Poi di nuovo in pista per il party postproiezione. Niente di che. Un posto squallido, con un tavolo nel retro riservato per noi e il resto cordonato per tenere lontani i fan. Quentin era scazzato perché gli avevano appena detto che non potevano servirgli un margarita. “Hai della tequila?”, “Sì”, “Be’, allora dov’è il problema?”. Solo alla ne hanno capito che un margarita non è che un mix di tequila e limonata. Gliene hanno preparato uno mediamente decente, anche se si erano dimenticati di cospargere il bordo del bicchiere di sale. Ho detto a Quentin che, in origine, il margarita era un cocktail per signore, che non potevano certo abbassarsi a chiedere uno shottino di tequila bum-bum. Gli è piaciuta, questa storia. Perciò ho continuato su questo piano, parlandogli di come ero stato iniziato al rituale dell’Old Tucson, mentre giravo un western con Glenn Ford intitolato Heaven with a Gun[19]. Alla ne della prima giornata di riprese, avevo seguito i cowboy in un certo bar. Non ero ancora un gran bevitore, ma avevo avuto una giornata veramente pesante, calda e polverosa, in più avevo voglia di stare insieme a loro. Il barista mi chiese cosa prendevo, e io mi lasciai sfuggire un ordine che mi sembrava appropriato per un pistolero. Sapevo come si faceva. Prendi un pugnetto di sale, lo agiti un po’, ti spari la tequila, succhi il lime e poi lecchi il sale dal palmo della mano. O forse è il contrario; non ricordo. Probabilmente i miei neuroni sono stati sensibilmente ridotti dall’eccesso di tequila, lime e sale. In

ogni caso, mi piaceva. Era perfetto per me. O forse era perfetto per il personaggio del rude, duro cowboy che stavo intepretando. Ne presi altri due e poi mi tuffai in piscina. Da allora, ho bevuto abbastanza tequila da poterci nuotare. Siamo molto su di giri per questa nostra ultima première. Quentin ha raccontato un po’ di belle storie, e So a per tutto il tempo mi ha lanciato sguardi maliziosi. Annie mi ha detto che mi stava scattando fotogra e con la sua mini-fotocamera digitale, mentre non guardavo. Forse mi metterà nel suo prossimo lm. Ci starei dentro. Anche così, l’esperienza in questo posto ha dato sui nervi a tutti, tra i fan impazziti dietro i cordoni e il casino. Quentin di punto in bianco ha deciso che dovevamo andarcene a vedere un qualche spettacolo di amenco. Mi è sembrata una buona idea. Il piano era di incontrarci a un bar e da lì scegliere dove andare. Ci siamo in lati nelle nostre rispettive limo e siamo partiti. Poi, lungo la strada, il piano è cambiato: dovevamo ritrovarci all’hotel e da lì andare da qualche altra parte, il che per me e Annie era l’ideale, visto che avevamo nito le sigarette. Annie ha beccato di nuovo So a che mi scattava una foto mentre ero sporto fuori dal nestrino dell’automobile. Forse ci sarò davvero nel suo prossimo lm. Arrivati all’hotel, siamo corsi alla nostra suite, abbiamo preso al volo delle sigarette e ci siamo cambiati d’abito, preferendo a quelli formali che indossavamo qualcosa di adatto a una serata danzante. Ci siamo ritrovati col resto del gruppo in giardino. L’idea del amenco era sfumata, di lunedì non si balla amenco. Ci siamo seduti, allora, a bere champagne e chiacchierare per il resto della serata. Tranquilla ma decisamente piacevole, l’atmosfera del giardino era super, con gli alberi, i ori, e un pezzetto di luna. Venerdì 25 giugno

Siamo tornati a Los Angeles. È bello essere a casa. I paesi stranieri possono diventare irritanti. E io mi sono fatto quattordici diverse città, credo, collocate tra otto meridiani diversi, su tre continenti e mezzo (la Russia non è proprio Europa) in poco meno di un mese. Sì, è davvero bello essere a casa, adesso. Ci siamo appena ripresi dal jet-lag, o qualunque cosa fosse. Stanchezza totale, comunque. Penso sia stata più una reazione ai due anni e mezzo di questa vitaccia. Abbiamo dormito un sacco. Siamo entrambi grassi come orsi russi e tori spagnoli per tutta questa ospitalità ricevuta e i pasti ingurgitati nei vari voli transoceanici. Dovremo darci dentro seriamente, per tornare alla normalità. Arrivati a casa, l’abbiamo trovata vagamente devastata. Max aveva lanciato un barattolo di vernice giù dalle scale (non gli piaceva il colore) e il risultato era lo stesso che se fosse passato Jackson Pollock. Madeleine invece aveva scagliato il Monopoli contro Maria, la nostra tata inca. Maddie è davvero scarsa, come perdente. Maria stava per avere un attacco di panico. L’abbiamo trovata in lacrime nella sua stanza, mentre Teresa, la nostra governante, cercava di confortarla. Maria aveva dovuto chiamarla in soccorso. Abbiamo scoperto più tardi che era sul punto di chiamare il 911. Per fortuna non l’ha fatto; avrebbe dato vita a una storia in nita. Una volta che chiami le autorità, non sai mai quando si schioderanno. Johnny Barrymore una volta mi disse: “Non c’è alcuna situazione difficile o disperata che non sia meglio dell’arrivo di un poliziotto”. Il risultato sarebbe stato: litri di inchiostro e tonnellate di pagine di giornale e impiegati dei servizi sociali a ccanasare dappertutto. Quelli dei servizi sociali sono come i topi: si in lano dappertutto e non puoi scacciarli in nessun modo. Non ci ho messo molto a ripristinare la normalità. Annie è rimasta miracolosamente calma, considerato lo stato delle scale. Ha detto a Madeleine che era bandita dal gioco del Monopoli. Volevo proporre a Max di pagare di tasca sua per il danno, coi soldi della paghetta. Il punto è che non gli diamo una paghetta. Annie ha preferito sdrammatizzare la cosa, e comunque è poca roba, rispetto all’ultima volta in cui siamo stati fuori città e al ritorno Maria ha minacciato di andarsene. Perciò Annie ha

calmato Maria, le ha prescritto un programma di integratori di calcio e magnesio per sedare l’ansia, e siamo andati tutti a dormire. Oggi, gli imbianchini sono qui a riparare il danno ai muri e alla ringhiera, e stiamo prendendo le misure al tappeto delle scale perché ne dovremo fare uno nuovo. Era abbastanza rovinato, quindi va bene. Quel lm sul cane che la Warner Brothers aveva in cantiere non è più sicuro. Sembra che WB abbia rinunciato, il che fa sorgere spontanea la domanda: perché queste persone vanno avanti a parlarne come se fosse cosa fatta? Be’, come dice il mio amico Kenny Hatley, “le persone non sempre intendono quello che dicono, e non sempre dicono quello che intendono”. Okay. Ho altre frecce al mio arco. Comunque, la cosa principale per me, adesso, è: sono felice di essere a casa. Spero di poterci stare per un po’. Sono stufo di aeroporti, limousine, e pure di hotel a sei stelle. Puoi stancarti di tutto, se ne sei abbastanza stanco. Sabato 26 giugno 2004 Be’, eccoci qui. Un’ultima parola e ho nito. Ricorderete che Quentin, quando gli ho parlato a quel party per troupe e cast per Jackie Brown, mi disse che dovevamo lavorare insieme, e realizzare un home run[20]? Queste le sue parole, più o meno. Penso che lui non volesse solo usarmi in un lm, ma provare qualcosa: su di me e sul suo giusto giudizio. Dovevamo sconvolgere le opinioni della gente, o non ne sarebbe valsa la pena. Be’, non solo abbiamo fatto home run, ma pure il grande slam[21]. Basi piene e palla fuori dal campo. Tutti alla casa base, vincitori. Nessuno resta indietro. E stronzate così. Quentin non faceva lm da sei anni, e in più c’era il retrogusto amaro delle pesanti critiche seguite al suo spettacolo a Broadway. L’ho visto subito dopo, durante un volo per New York credo, e non era messo male. Era strano, ma Quentin ci è, e ci fa un po’, pure. Ma, come una volta mi ha detto Lawrence,

tutti amano Quentin e tutti sono pronti a buttargli fango addosso, se ne hanno l’occasione. Aveva bisogno di un colpo da blockbuster, credo, per riabilitarsi e ritrovare la ducia in se stesso. Perciò ha scritto quest’opera monumentale, e ha messo insieme un cast e una troupe di primissima categoria. Tutti noi, in particolare io, Uma e Michael Madsen, abbiamo collaborato con lui. Era praticamente impossibile fallire, con noi schierati al suo anco. Tutti quanti avremmo beccato gli strali a lui indirizzati. E lui ha restituito il favore, tirandoci fuori le nostre performance migliori, facendoci recitare come mai prima. Il risultato è stato non solo un grande lm – ne aveva già fatti altri – ma un fottuto capolavoro. E sono fortunato e onorato di esserne stato una parte così importante. La mia vita probabilmente non sarà più la stessa. È come se dovessi ricominciare da zero. Non è la prima volta che mi succede. Ho attraversato diversi ponti e poi li ho bruciati tante volte nel passato, senza mai guardarmi indietro. Ma questo è il salto nel buio più spaventoso. Quando ho recitato la parte dell’imperatore Inca a Broadway, nel lontano ’65, davvero ho passato il segno. Ricordo una conversazione con la mia agente, Jane Oliver. Dio, era fantastica! Ha fatto del suo lavoro la missione di scoprire giovani attori di talento, nei teatri di provincia o off-Broadway, e trasformarli in star di Hollywood: Jon Voight, Sylvester Stallone, George Peppard, Dustin Hoffman, gente così, per dire. E me! Grazie, Jane. Riposa in pace, tesoro. Comunque, dopo la prima anteprima di e Royal Hunt of the Sun, ero già nella merda. Mi chiese: “Cosa c’è che non va, ora?” e le ho risposto: “Te lo dico subito. Questa è probabilmente la mia interpretazione migliore, e sono solo all’inizio della carriera. Da adesso in poi sarà solo una discesa”. E lei: “Be’, mettila così: non dovrai più fare un provino”. Non è stato così, ovviamente. Ho fatto un provino solo tre settimane dopo, e non ho neanche ottenuto il lavoro. Poi, qualche anno dopo, è stato il momento di Kung-fu. E a quel punto non ero una star della tv, ma un vero fenomeno, come una rockstar; Bobby mi chiamava “Un Alieno sul Pianeta

Terra”. Bound for Glory, il lm dedicato a Woody Guthrie, per me è stato quasi un’esperienza religiosa. E mi ha dato un sacco di premi. È stato bello. Però ancora quella performance a Broadway restava la numero uno. Con Bill, credo di aver nalmente superato il muro del suono. Dopo di questo posso andare in orbita, n sulla Luna. Ci è voluta una creatura da un altro pianeta, Quentin, un po’ il mio Superman, in missione tra i mortali, per servirci e proteggerci. Gli è stato necessario un bel po’ del suo superpotere per portarmi dove mi ha portato. Suona strano, vero? Be’, lo è, ma sapete, sono strano quanto Quentin, e come lui vengo da un altro pianeta. Non ho molti dei problemi degli umani. Siamo tutti e due dei fuoriclasse, orribili anatroccoli che sono diventati splendidi cigni… magari non ancora, ma ci arriveremo. Questo è il punto. Molti come noi si fermano a metà, o non partono nemmeno. Restano impantanati. Finiscono sommersi dalla droga, o si buttano da un aeroplano, e non arrivano mai a esprimere il loro potenziale. Quentin, invece, ha capito, nel concreto, come portare a casa il punto e vincere la partita. Ne ha fatto una scienza. Io, sono solo fortunato. Sono inciampato e rimbalzato da un muro all’altro, ma, miracolosamente, sono sempre riuscito a cadere in piedi. Qualche tempo fa ho immaginato che noi tutti viviamo in una piccola scatola. Pensiamo sia il mondo, ma è solo una scatola. Se lavoriamo duramente, quasi disumanamente, possiamo rompere le pareti della scatola, e ritrovarci in un Mondo vero, grandissimo. Ma se continuiamo a crescere, scopriremo comunque che anche questo nuovo Mondo non è altro che una scatola più grossa. E allora, forse, romperemo anche le nuove pareti per cascare in un altro mondo, una scatola ancora più grossa. Il processo è in nito. Non lo so. Forse non vivrò abbastanza a lungo per scoprire come va a nire. Ma se non c’è una ne non importa quanto a lungo vivrò, o quante volte dovrò reinventarmi, non arriverò mai alla ne del viaggio. Qualcuno una volta chiese a Einstein se l’universo fosse in nito. Lui ha risposto: “No, ma quasi”. Albert è stato uno dei più grandi comici di sempre; insomma, basta guardargli i

capelli. Non poteva non sapere che risultava comico. Penso li tenesse così apposta. E penso che i baffi siano stati un trucco per nascondere il suo segreto sorriso. Comunque, tornando a noi. Devo concludere. Questo libro e il viaggio sono entrambi quasi niti, e devo inserirli in una qualche prospettiva più ampia, prima di scrivere “FINE”. L’altro giorno ho detto a un giornalista di Entertainment Weekly di un sogno che ho fatto un po’ di anni fa. Ero scampato a un naufragio, ma mezzo morto affogato. Eppure, mentre la nave colava a picco, in qualche modo ero riuscito a farmi forza e nuotare no alla super cie, come i tipi del Titanic. Avevo i polmoni che stavano per scoppiare e continuavo a bere acqua nel tentativo di respirare. Intanto, mi guardo intorno. Non c’erano altre persone, e nessun segno del naufragio. Ero il solo sopravvissuto. Ma, un po’ in lontananza, ho visto la testa ciondolante di un altro sopravvisutto a un altro naufragio. Ci siamo nuotati incontro, e raggiunti a metà strada, e poi abbiamo incontrato altri sopravvissuti ad altri naufragi, e abbiamo fondato una nuova società di sopravvissuti, i vecchi amici e vicini andati, lavorando insieme sull’isola in cui ci eravamo ritrovati per costruire un nuovo ordine e una nuova civiltà, come Noè dopo il diluvio. Avrebbe funzionato, no al prossimo naufragio o alla prossima catastrofe. Poi il processo sarebbe ricominciato daccapo, ripetendosi all’in nito. Be’, è così che è andata la mia vita. Ultimo uomo a restare in piedi, ho incontrato altri naufraghi come me. Non ricordo nessuno della mia infanzia, o dell’Esercito, o della vita sul palco, o del vecchio Kung-fu. Vado avanti a scalare: e sono qui, a sessantasette anni, che ancora cerco di farmi un nome, pronto a reincarnarmi in qualche fottuto altro. È incredibile. Tutti mi dicono quanto sono bravo in questo lm. E vogliono sapere quanto ci sia lo zampino di Quentin, in tutto questo. Ehi, Quentin c’è dentro con tutte le scarpe, altro che zampino – tranne, forse, per la parte a cui ho contribuito io. Sono un ore sbocciato nel suo giardino.

Sai, i critici si interrogano sempre su quanto Quentin abbia rubato a questo lm o a quell’altro. Qualcuno mi ha detto, durante non so più quale viaggio, che Quentin è come un grande chef. Prende una pila di cose ordinarie, che potresti trovare in qualsiasi negozio o orticello, e poi le combina insieme per creare un pasto da re. Sì, gli ingredienti sono comuni e noti, ma il risultato è sempre unico, e davvero gustoso. Ci vediamo al cinema. [1] In italiano L’impero colpisce ancora, secondo episodio della prima trilogia di Guerre stellari (G. Lucas, 1980). [2] In italiano Ombre bianche (N. Ray, 1960). [3] In italiano Nome in codice: Nina (J. Badham, 1993). [4] Nell’originale, ADR, Automatic Dialogue Replacement, è il processo di postsincronizzazione dei dialoghi di un lm, per rendere le tracce vocali più chiare. [5] In italiano La neve cade sui cedri (S. Hicks, 1999). [6] Nel testo originale, Carradine scrive “my baby shot me down”, che è la seconda parte del titolo di una canzone scritta nel 1966 da Sonny Bono per Cher (Bang Bang). Tarantino la usa per i titoli di testa di Kill Bill – Vol. 1. [7] Altra canzone di Sonny Bono del 1965. [8] Nel testo originale, la battuta è: “I suppose you think this is sadistic of me”. Abbiamo riportato quella proposta dal doppiaggio in italiano. [9] In italiano Il terzo uomo (C. Reed, 1949), con Joseph Cotten e Orson Welles. [10] In italiano Sole rosso (T. Young, 1971). [11] Carradine qui cita l’omonimo lm, e Crow (A. Proyas, 1994). [12] In italiano A trenta secondi dalla ne (A. Konchalovskij, 1985). [13] In originale, Harry Knowles scrive: “Hell hath no fury like a woman scorned”. Sta chiosando a modo suo un verso tratto da un testo, e Mourning Bride, di William Congreve (1670-1729), poeta e commediografo inglese, ed entrato nei modi di dire popolari: “Heaven has no rage like love to hatred turned/Nor hell a fury like a woman scorned”, ovvero: “Il paradiso non conosce una rabbia come quella dell’amore mutato in odio/né l’inferno una furia come quella di una donna disprezzata”. Senza contare il valore doppio della citazione, in questo caso, visto che il titolo dell’opera di Congreve signi ca ‘La sposa in lutto’. [14] Loki, nella mitologia norrena, era il dio della grande astuzia, ingegnoso inventore di tecniche e diabolico ingannatore. Era una gura ambivalente nel Pantheon norreno, in taluni miti è compagno di Odino e or (e spesso gli dei si cavano d’impaccio grazie alla sua grande astuzia), in altri è colui che attenta all’ordine cosmico, ingannatore attaccabrighe maligno, temibile e camaleontico. [15] In italiano si perde il gioco di parole tra “subway” (che contiene il riferimento all’essere sotto) e “elevated”.

[16] In italiano Gioco a due (J. McTiernan, 1999). [17] In italiano Il grande uno rosso (S. Fuller, 1980). [18] Il presidente Ronald Reagan si guadagnò questo soprannome dopo aver interpretato il personaggio di George “e Gipper” Gipp nel lm Knute Rockne, All American, diretto da Lloyd Bacon nel 1940. [19] In italiano Il pistolero di Dio (L. H. Katzin, 1969). [20] Colpo del baseball, chiamato in italiano “fuoricampo”. Il battitore, dopo aver spedito la palla appunto fuori dal campo senza commettere fallo, può girare tutte le basi, nendo a casa base e realizzando in tal modo un punto per la propria squadra, oltre a “portare a casa” tutti i compagni che eventualmente si fossero trovati già in base. [21] Il grande slam è il fuoricampo realizzato con tutte le basi piene, e porta alla squadra che lo realizza quattro punti.

Dub Bill. Ricordo affettuoso di David Carradine dalla sua voce italiana (di Adalberto Maria Merli)

Ho visto per la prima volta David Carradine a Cannes, passeggiava con la moglie, o compagna, in mano aveva una borsa-cesta con dentro un bambino o una bambina. La seconda volta l’ho visto a Montecarlo, era il protagonista del lm Questa terra è la mia terra; io ero lì per presentare, come protagonista, il lm Per questa notte di Carlo di Carlo. David era – dopo la sua morte si può dire – un attore ‘on the road’. Non era una star, ma nello stesso tempo lo era per i suoi atteggiamenti non conformistici. Beveva, si drogava, non nelle ville lussuose di Hollywood ma in posti squallidi e orrendi; l’abbrutimento era per alcuni intellettuali d’allora un modo di vivere, basta pensare a Kerouac. Forse negli anni ’50 e ’60 il boom economico aveva portato a una sicurezza che generava noia e che quindi andava ri utata per principio, cercando rifugio altrove: nell’annientamento e spesso anche nella morte. Questo accadeva anche in Italia, quanti artisti si sono uccisi o hanno tentato di farlo? Luigi Tenco, Gino Paoli, Dalida… La terza volta ho incontrato David a Roma per il lm Kill Bill di Quentin Tarantino e nalmente ho potuto scambiare due parole con lui. Mi è sembrato una persona molto semplice, disponibile e affettuosa; di solito gli attori americani detestano il doppiaggio, anche se poi lo accettano perché altrimenti in Italia sono fuori mercato; lui invece si compiacque per come lo avevo doppiato. Abbiamo fatto delle foto e poi ci siamo salutati affettuosamente.

Il doppiaggio non è stato semplice: bisognava ‘incollare’, è un termine che si usa per dire che la voce deve corrispondere perfettamente all’espressione del volto. Il viso rugoso, impenetrabile di David-Bill aveva bisogno di un tono di voce che aderisse perfettamente a tutti i cambiamenti d’umore, basta pensare all’imprevedibile monologo sui supereroi. Come mi ha detto David, quel monologo Tarantino glielo aveva consegnato poco prima di girare. Ha dovuto impararlo in fretta e cancellare dalla memoria quello precedente, che era altrettanto lungo e completamente diverso. David ha girato lm molto diversi gli uni dagli altri; poi, dalla serie per la televisione sul kung-fu, la sua mente ha come avuto una metamorfosi. Ha incominciato a entrare nella loso a di quell’arte marziale, spendendo denaro e tempo e dedicando a essa gran parte della giornata. Tarantino ha visto in lui il protagonista di Kill Bill anche per questo, ma soprattutto perché alla cattiveria del personaggio David dava una sembianza di normalità; i suoi occhi non erano cattivi, anzi esprimevano tenerezza e questo lo faceva diventare un personaggio terribilmente pericoloso perché non scoperto. Basta pensare a quanto tiene a che la glia racconti alla madre, come fosse un fatto normale, l’uccisione del pesciolino rosso schiacciato dal piede. La richiesta nel lm ha un sapore didattico, è amorevolmente perverso l’insistere sulla macabra verità, che una volta detta sfociava in un grande compiacimento. Il lm è molto duro, crudele, ma nello stesso tempo quelle terribili scene di violenza portate all’eccesso hanno l’effetto di un gioco infantile. Alla ne il bene trionfa sul male, Bill non viene ucciso dalla katana di Hattori Hanzo, ma da semplici dita con ccate nel petto. Le tre dita è come se non volessero uccidere ma allontanare, infatti Bill si allontana per morire ma prima chiede alla donna se il suo aspetto è dignitoso, in ne crolla. Il lm è una bella storia d’amore, una favola in un deserto di violenza dove i sentimenti hanno una poetica irrazionale. I lm di

Tarantino appassionano e divertono per come sono raccontati e girati. Tarantino è un fanciullone che sa girare e nei suoi lm mette entusiasmo e un’ingenua gaia fanciullezza. David si è dato la morte attraverso un gioco erotico oppure l’hanno ucciso? Si sospetta una scuola segreta di kung-fu? Qualunque sia l’ipotesi non poteva che nire che così per uno che è stato Bill, che come lui ha vissuto borderline.

Bietti Heterotopia VOLUMI PUBBLICATI 1. omas Elsaesser, Warren Buckland Teoria e analisi del lm americano contemporaneo 2. Giacomo Ioannisci Lo spettatore immobile. Ennio Flaiano e l’illusione del cinema 3. Alessandro Aronadio Lo strano caso del Dr. David e di Mr. Cronenberg 4. Giuseppe Carrieri Le voci del silenzio. Scene dal cinema dei cantastorie africani 5. Ilaria Floreano Concerto per macchina da presa. Musica e suono nel cinema di Krzysztof Kieslowski 6. AA.VV. e Fincher Network. Fenomenologia di David Fincher 7. David Carradine Kill Bill Diary Per acquisti on-line: www.edizionibietti.it Finito di stampare nel mese di ottobre 2011 da Prontostampa, Bergamo