Kant

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PIE R O M ARTINETTI

K A N T

M IL A N O

K A N T

STORIA

UNIVERSALE

DELLA

FILOSOFIA

-------------------------------------------- 5 6 ------------------

P IE R O M A R T IN E T T I

K A N T

MILANO

Finito di stam pare il 31 Gennaio 1943 - X X I Stam pato in Italia

AVVERTENZA

C om e p e r il corso su H egel, p u b b lic h ia m o in v o lu m e con il consenso d e ll’A u to re le le zio n i che il p ro ­ fessor P iero M a rtin etti ten n e su K a n t a ll’U niversità d i M ilano

n eg li

armi

1924-1925,

1925-1926,

1926-1927.

T a li lezio n i, ch e costituiscono

u n ’in terp reta zio n e ge­

niale e personale d e l pensiero

di

K a n t,

raccolte

da

stu d e n ti su a p p u n ti fo r n iti d a ll’A u to re circolavano in veste litografica scorretta fra gli allievi e g li am m ira to ri d e l M a estro ; e d o vevano, secondo il pensiero d e ll’A u to re co stitu ire il nucleo d i u n p iù vasto lavoro sulla filosofia critica d i K a n t. L e co n d izio n i d i salute d e l p ro f. M a rti­ n e tti resero im p o ssib ile q u esto p iù vasto disegno. P erch è ta li le zio n i n o n vadano p e rd u te , e p e r so d d i­ sfare u n d esiderio d a p iù p a r ti espresso, le p u b b lich ia m o così co m e l ’A u to re le ha esposte, senza nessun’aggiunta co n le lacune e le m a n ch evo lezze in evita b ili d i u n inse­ g n a m en to orale. Q uesta g eniale in terp reta zio n e d i K a n t, che può stare al livello d elle m onografie d e l P aulsen e d el S im m e l,

d im ostra ancora u na vo lta V elevatezza d e ll’insegnam ento d el p ro f. M a rtin etti. L e sue co n d izio n i d i sedute n o n gli perm isero d i rive­ dere n è le b ozze d i sta m p a n è il m anoscritto, en tra m b i rivisti e co rretti dal suo allievo e d am ico d o ti. Cesare G o retti (*). L e cita zio n i d elle op ere d i K a n t si riferiscono so li­ ta m en te a ll’ed izio n e d ella « P h ilo so p h isch e B ib lio tek »; p e r la « D isertazione » e le lettere si fa richiam o a ll’e­ d izio n e d e ll’A ccadem ia. G l i editori .

(*) Questo volume era già finito di stampare quando ci giun­ se la dolorosa notizia della morte del Prof. Piero M artinetti, de> ceduto la mattina del 23 marzo 1943, dopo una lunga malattia stoicamente sopportata in attesa della grande Liberazione.

INDICE

. Pag. VII

Avvertenza .

P arte I.

LA FILOSOFIA TEORETICA DI KANT.

Capitolo I. Introduzione

.

.

.

.

»

1

»

7

»

23

«

41

«

71

Capitolo IL Biografia Capitolo III. Tratti essenziali del pensiero critico

.

Capitolo IV. Il senso

.

Capitolo V. L'intelletto

.

.

Capitolo VI. La ragione

■ l'ag-

91

»

99

Capitolo VII. L ’idea psicologica . Capitolo V ili. L ’idea cosmologica

»

113

))

129

))

135

.

))

137

.

))

139

)>

143

.

Capitolo IX. L ’idea teleologica Capitolo X. Le prove dell’esistenza di D io : .

a) la prova ontologica b) la prova cosmologica c) la prova fisico-teleologica

.

Capitolo XI. Della ragione in genere. Conclusione

P arte II.

LA FILOSOFIA PRATICA DI KANT.

Capitolo XII. Introduzione

.

.

.

«153

Capitolo XIII. La legge morale Capitolo XIV. L ’autonomia

.

.

.

.

.

»

163

Capitolo XV. Il carattere formale

Pag. 203

Capitolo XVI. Il carattere formale come universalità

»

209

»

227

»

237

»

251

»

259

M

269

»

283

Capitolo XVII. La legge morale ed il sentim ento

.

Capitolo XVIII. Il problema della libertà Capitolo XIX. Il valore metafisico del fatto morale Capitolo XX. La fede morale

P arte III.

LA FILOSOFIA RELIGIOSA DI KANT.

Capitolo XXI. Formazione e vicende dell'opera di Kant: « La re­ ligione nei lim iti della semplice ragione » Capitolo XXII. Il pensiero religioso di Kant nelle opere precedenti Capitolo XXIII. Il valore dei postulati metafisici-religiosi nella m o­ rale di K a n t: a) il postulato dell'imm ortalità

-

>*

b) il postulato della libertà



»

-

®10

c) il postulato dell’esistenza di Dio

. Pag, 313

dì carattere pratico dei postulati

.

))

323

e) problemi ultim i

.

»

323

»

329

»

333

»

339

'))

343

»

347

»

377

a) sentimento estetico disinteressato

»

391

b) Il sublime

»

394

Capitolo XXIV. La visione teleologica della realtà . Capitolo XXV. I l concetto di fine e l ’antinomia teleologica

.

Capitolo XXVI. Il sistema teleologico Capitolo XXVII. La teleologia nella natura Capitolo XXVIII. La teleologia nella storia Capitolo XXIX. Il progresso Capitolo XXX. Il bello :

c) L ’arte

.

.

.

.

d) Le diverse arti

.

))

396

))

398

»

401

»

417

Capitolo XXXI. La religione Capitolo XXXII. L ’elemento storico nella religione .

Capitolo XXXIII. I l Cristianesimo: a) suo valore storico

. Pag. 427

b) suo valore attuale

.

»

433

c) interpretazione dei libri sacri

.

»

438

d) la preghiera

.

.

»

449

e) la frequentazione della chiesa

.

»

451

f) il battesimo

.

»

451

.

»

452

g) la comunione

.

.

.

.

.

.

.

LA F IL O S O F IA T E O R E T IC A D I K A N T

C apitolo I. IN T R O D U Z IO N E

Il corso d i filosofia av rà p e r oggetto q u est’an n o u n a esposizione critica d ella filosofia k a n tia n a . Q uesto m e­ todo di esp o rre u n corso di filosofia h a bisogno di u n a giustificazione. E m an u e le K a n t, ch e fu anche u n grande m aestro d i filosofia, n e l suo p ro g am m a del 1766 d ich iara essere suo p ro p o sito insegnare a p en sa re, n o n ad acco­ g liere u n a d o ttrin a già fa tta . Su questa p ro posizione, p u rc h é venga intesa con b u o n senso, è im possibile non essere d ’accordo. C erto u n filosofo insegna sem p re da u n p u n to d i vista filosofico; q u in d i insegna sem p re una filosofia; m a a ltro è il risu lta to se eg li si p ro p o n e d e li­ b e ra ta m e n te d i in cu lca re u n d eterm in a to p u n to d i vista, a ltro invece se si p ro p o n e d i fa re , p e r quanto è possi­ b ile, astrazio n e d a l suo p u n to di vista p erso n ale. Così u n a sto ria è sem p re fa tta d a u n certo p u n to di vista; m a a ltro è se è fa tta con sp irito v o lu tam en te p artig ian o , a ltro se si è cercato d i d a re , p e r q u an to allo sp irito u m an o è p ossibile, u n q u ad ro obbiettivo. O ra p e r insegnare a pensare è m eglio l ’esposizione d i u n sistem a personale o u n ’esposizione storico-critica d e i p ro b lem i? C on siderando la cosa sotto l ’asp e tto d e l­ l ’educazione u n iv ersitaria la risp o sta n o n è du b b ia —

u n ’esposizione sistem atica è senza du b b io p iù com oda an ch e p e r chi im p a ra ; m a essa va contro al fine d e ll’e­ ducazione filosofica che è di eccitare il senso critico , la facoltà della ricostruzione p erso n ale. Essa crea dei rip e tito ri, i q u ali g eneralm ente finiscono p e r im p rim e rsi neH ’anim o gli schem i e le concezioni così ricevute da fa rn e quasi u na seconda n a tu ra in te lle ttu a le dalla quale n on possono p iù uscire. E d a ciò contribuisce anche l ’ab ito m en tale di chi così insegna. O gni filosofo ha i suoi con cetti, le sue divisioni, i suoi schem i c a ra tte ri­ stici; ch i insegna, chiuso in essi, finisce p e r co n trib u ire a n c h ’egli a questa specie di isolam ento; onde nasce poi quello sp irito di scuola così funesto allo sp irito della v erità. B asta co n siderare p er es., quello che avviene n e ll’insegnam ento delle scuole tra d iz io n a li del tom ism o, del m aterialism o scientifico, deU’hegelianisino. In o ltre bisogna co nsiderare q u i anche il c a ra tte re p a r ­ tico lare della filosofia. O gni scienza riconosce un certo n u m ero d i p rin c ip ii e si p u ò riassum ere in u n certo n u m ero di pro p o sizioni ch e vengono considerate com e u n iv ersalm en te v alide e p erciò possono co stitu ire u n si­ stem a che si p uò insegnare. Ciò n o n costituisce del resto u n vantaggio della scienza sulla filosofia. Ma la filosofia è la scienza senza p re su p p o sti: an c h e le constatazioni da cui p a rte sono qu alch e cosa che deve sem pre essere rinnovato nella coscienza di ch i lo p o n e : p . es. il p rin c ip io cartesiano. E d anche le conclusioni cui arriv a non h an n o il c a ra t­ te re di_ o b b iettiv ità che h an n o le conclusioni della scienza; ad esse inserisce sem pre qualch e cosa di subb iettiv o e di p erso n ale; sono un ten tativ o , non u n risu l­ ta to definitivo. N on si creda che io voglia con questo co n tra p p o rre la filosofìa com e qu alche cosa di subbiettivo alla o b b ie t­ tiv ità d ella scienza. Q uesta o b b iettiv ità apparente è una in ferio rità , è una su b b iettiv ità ch e ignora se stessa; è

u n a su b b iettiv ità n ella quale possono concordare le in ­ telligenze u m an e, finché non si decidano a rice rca re i fo n d am en ti di questa su b b iettiv ità co m u n e; m a d in a n ­ zi alla ricerca della ragione essa p erd e la sua p retesa o b ­ b ie ttiv ità assoluta. P e r es., il p rin c ip io di cau salità, il p rin cip io della costanza delle leggi, sono p rin c ip ii dell ’o b b iettiv ità scientifica; ma p e r la filosofìa sono p ro ­ b lem i. E d anche la su b b iettiv ità della filosofia non deve essere intesa com e una su b b iettiv ità asso lu ta: an z i è u n ten d ere verso u n ’o b b iettiv ità v eram en te assoluta. N on vi è m ai stato tra i due filosofi u n accordo sostanzialm ente così p ien o com e p e r es. tra S pinoza e K a n t; e tu tta v ia essi sem brano d iffe rire p ro fo n d am en te n elle loro d o ttrin e. L ’u n ità della filosofia è u n ’u n ità in trav v e d u ta che si crea prog ressiv am ente m a n o n si rag g iu n g e m ai com ­ p letam en te. Q u in d i la filosofìa, p u r essendo il ten tativ o pili alto d i rag g iu ngere l ’o b b iettiv ità assoluta del sa­ p e re , è sem p re an co ra u n ten tativ o su b b iettiv o , la c re a ­ zione di u n a p erso n alità. O ra il filosofo p u ò fissare questa sua visione p erso ­ n ale p u rc h é rim an g a com e un m om ento ed u n aspetto del p ensiero d e ll’u m a n ità , non p u ò im p o rla n e ll’ed u c a ­ zione filosofica com e u n a verità assoluta e definitiva, dinanzi a cui debba tacere il pensiero critico. Il filosofo n on deve illu d e rsi che il suo pensiero sia com e la con­ clusione del pensiero d e ll’u m a n ità ; è u n m om ento che ra p p re se n ta p e r lu i una conclusione, m a ch e senza p e r ­ dere il valore etern o che esso h a avuto p e r q u e ll’in d i­ viduo in quel m o m ento, no n sarà p iù p e r qu elli che v erran n o dopo se n on lo stru m en to e la m ateria di nuove creazioni. A p p u n to p er questo il filosofo che insegna non deve cercare di soffocare questa legittim a ed in ev itab ile i n i­ ziativa perso n ale, con lo im p rim e re com e un suggello nelle te n e re m en ti, una visione p erso n ale, esclusiva, c e r­ cando di te n e r lo n tano con la polem ica, con le critich e

in giuste ed an ch e con lo scherno, tu tto ciò che p o tre b b e c o n d u rre di là da questa visione. U n in segnam ento di questa n a tu ra sarebbe con­ tra rio allo sp irito steso della filosofia. S arebbe co n trario an ch e sotto u n altro risp e tto , sotto il risp etto del ca­ ra tte re p erso n ale ed in tim o che la convinzione filoso­ fica riveste in ch i la professa, e che si oppone a d m ia esposizione esp licita ed a p e rta com e ad u n a p ro fa n a ­ zione. Mosè M aim onide n e ll’in tro d u zio n e alla G uida d eg li E rra n ti dice che bisogna, su questo p u n to , im itare D io, il q u ale n on h a riv elato le p iù pro fo n d e verità che p e r m ezzo di sim boli e di allegorie. La verità è com e im a sfera d ’o ro , chiusa in u n a fitta re te d ’arg en to : il volgare s ’arresta a questa p rim a e ste rio rità , solo il sag­ gio vede risp len d ere l ’oro a ttra v erso le m aglie. D are la v erità a tu tti, degni e in d eg n i, è cosa in u tile : e di p iù è u n a specie di p ro fan azio n e ch e offende e deg rad a colui stesso che la com pie. Bisogna q u in d i seguire il p recetto talm u d ico che vuole sia riserb ata la conoscenza della v erità a po ch issim i; q u in d i bisogna esporla in m odo che essa sia in trav v e d u ta , n o n veduta. D ’a ltro n d e la n atu ra stesa della filosofia, dice M aim onide, esige questo m e­ todo. L ’uom o, anche sapiente, non afferra m ai tu tta la v e rità ; questa o ra ci a p p a re in u n m odo da sem brarci c h iara com e il giorno, o ra è velata dalle cose m ateria li, e siam o com e l ’uom o che in mezzo alle ten eb re vede q u ach e volta b rilla re dei lam p i. P erciò anche n e ll’inseg nare il filosofo n o n solo n o n deve, m a non può tra c ­ ciare u n q u ad ro lum inoso sem pre uguale, ma deve p ro ­ cedere p e r ten tativ i successivi, o rd in a ti in m odo che la v erità n e trasp a risca; visibile solo a ll’occhio di chi è capace d i afferrarla. Sotto ogni rig u ard o q u in d i il m etodo m igliore p er l ’insegnam ento filosofico è l ’esposizione in d ire tta p e r mezzo del m etodo storico critico che h a il vantaggio di m ettere la d o ttrin a che si insegna in ra p p o rto con le

g ran d i co rre n ti sto rich e; di avviare in un certo senso senza co strin g ere, di svolgere anzi il senso critico e l ’in i­ ziativa p erso n ale, ed infine p e rm e tte anche di segnare le g ra n d i linee della d o ttrin a senza e n tra re n ei p a r ti­ co lari. D ue m ezzi: l ’esposizione storico critica dei p ro ­ b lem i, o l ’esposizione storico-critica di u n gran d e filo­ sofo? H o ad o ttato ora uno ora l ’altro . Il p rim o ha il vantaggio di lu m eg g iare u n p ro b lem a sotto ogni asp etto : il secondo di d are u n a concezione co m p leta, u n a sintesi. Questo an n o ad o tterem o il secondo svolgendo nella sua to ta lità il p en siero di E m a n u e le K a n t. Lascerem o p e r­ ciò da p a rte ogni ricerca e ru d ita , lascerem o n e ll’om bra le p a rti che h a n n o p e rd u to ragione d ’essere; e m o stre­ rem o anzi com e deve essere svolto e co n tin u ato il suo p en siero p e r essere in arm o n ia con le esigenze del nostro.

C apitolo II.

BIOGRAFIA

N on in ten d o qui tessere u n a biografia p ro p ria m e n te d e tta in tu tti i suoi p a rtic o la ri, m a rife rirn e solo i p u n ti p iù salienti. 1°) F o n ti. — Le p rin c ip a li sono sem pre le tre n o ­ tizie di B orow ski, Ja c h m a n n e W asianski ed ite n el 1804 (tre scolari fam ig liati di K a n t, d e i q u ali il W asianski, diacono in u n a chiesa di K onisgsberg assistè K a n t negli u ltim i an n i) e le in form azioni raccolte dal P ro f, d i elo ­ q u en za S am uele G o ttlieb W ald p e r il discorso com m em o­ rativ o solenne ten u to n el 23 a p rile 1804; ch e furono p u b ­ b licate n el 1860. Si vedano d el re sto le notizie d i an tich i biografi di K an t del V o rlä n d e r, (1918) ed ite n ei fasci­ coli dei K a n tstu d ie n ; che è anche l ’a u to re d ’un eccellen­ te biografìa ed ita nel 1911, riv ed u ta ed estesa nel 1924 in due volum i. 2°) Noi sap p iam o poche cose sulla fam iglia e sui suoi p rim i a n n i; ciò che sappiam o da K a n t stesso è la sua giovinezza che si form ò in u n am b ien te p ro fo n d a ­ m ente m o rale e religioso, p er o p era specialm ente della m a d re ; K a n t se n e ricordava sem pre con com m ozione viva. « Si dica del pietism o quello che si vuole; m a co­

loro che ne erano seriam ente p e n e tra ti, possedevano ciò che di p iù alto p uò possedere l ’uom o : q uella qu iete, q u ella seren ità , q u ella pace in te rio re che nessuna passio­ ne poteva tu rb a re . N essuna priv azio n e, nessuna p ersecu­ zione li ad d o lo rav a, nessun contrasto li induceva a ll’ira od alla inim icizia ». Si n o ti che questo vivo senso di relig io sità non si deve confondere con la b ig o tteria delle p ra tic h e esterio ri quale era uso nel ginnasio F rid erician o , re tto da p ie tisti: ch e anzi l ’avversione che esse destavano allo ra n el giovane K a n t ebbe u n ’eco p e r tu tta la sua vita : K a n t ebbe sem pre in avversione il canto religioso e la p re g h ie ra . Questo senso di religiosità p ro ­ fonda fu l ’an in ia d i tu tto il pensiero k a n tia n o ; K a n t non fu il filosofo m o n d ano, b rilla n te , non ha n u lla di co­ m une con i filosofi cortigiani che circondano F ed erico I I di P ru ssia ; la sua filosofìa ha la gravità e la fede com ­ mossa d ’u n a rifo rm a religiosa. 3°) N ato il 22 a p rile 1724, la sua vita trasc o rre p er m olto tem p o in m ezzo a gravi difficoltà. La fam iglia sua era p o v era; la m ad re m o rì n el 1737, il p a d re n el 1747 e fu ro n o sepolti e n tra m b i da po v eri. ( S tili u n d arm ). D ovette a iu tarsi con le lezioni e p en sare p e r te m ­ po a sè. D opo gli a n n i u n iv ersitari passò circa otto an n i com e p re c e tto re p riv a to ; p o i visse dei suoi corsi p riv a ti a ll’u n iv ersità. K a n t si vantò di essere vissuto sem pre in d ip e n d e n te e in condizioni u m ili, m a non m isere; certo è che a t­ trav ersò p erio d i tris ti e in qualcuna delle sue le ttere di questi p e rio d i, tra sp a re l ’am arezza p e r il faticoso la ­ voro a cui il bisogno lo condannava. A nche la c a rrie ra fu lunga e faticosa. N el 1756 chiese la ca tte d ra di s tra o r­ d in ario di fìolosofìa lasciata vacante d al suo m aestro K n u tzen; m a fu soppressa p er econom ia. N el 1758 d u ra n te la occupazione russa si fa vacante la ca tte d ra di logica e m etafisica; m a è assegnata dal governatore russo ad un

d ocente p iù a n z ia n o , certo G iovanni B uck. Solo n el 1770, essendo il B u ck passato a lla ca tte d ra d i m atem a­ tica, K a n t p u ò essere n o m in ato o rd in a rio di logica e m etafisica; aveva 46 an n i. Ma anche la posizione di professore u n iv ersitario era allo ra assai m o d esta; e K a n t rim ase an co ra p e r m olto tem po qu asi u n ig n o to ; an c o r n e l 1780 a G ottinga i p ro ­ fessori, tr a cui F e d e r, co nsiderano K a n t com e u n d ile t­ ta n te d a poco. C hi ne rico n o b b e p e r tem p o il valore è il m in istro von Z etlitz (cui è dedicata la C ritica della R agion P ura) ch e te n n e con K a n t u n a viva corrispond en e nel 1778 fece il possibile p e r in d u rlo a passare ad H alle con co n d izioni m olto m ig lio ri. E gli si p ro c u ­ rava le lezioni di K a n t e freq u en tav a a B erlin o le le ­ zioni d i H e rz; scolaro di K a n t. M a era an c h e u n m in i­ stro degno di K a n t; in u n a le tte ra ch ied e a K a n t consi­ glio sul m odo di in d u rre gli stu d e n ti anche delle a ltre facoltà a fo rm arsi u n poco di co ltu ra filosofica. 4°) La sua fam a com incia con la pubb licazio n e d el­ la C ritica della R agion P u r a ; ed an c h e non subito. La diffusione del suo nom e e della sua d o ttrin a com incia con la fondazione della L ittera tu rzeitu n g d i Je n a isp ira ­ ta in filosofìa alle idee k a n tia n e (1785) e con le le tte re di R ein h o ld (in stile p o p o lare ) sul M ercur (1786-7). La sua d o ttrin a com incia allo ra ad esten d ersi; e com incia la p ersecu zio n e; nel 1786 è ufficialm ente p ro ib ita com e scetticism o a M arb u rg ; è b a n d ita d a ll’A u stria ; si d iffo n ­ de an ch e nelle U n iversità cattoliche. D opo il 1790 si estende la fam a di K a n t anche fuori di G erm an ia; n el 1798 è no m in ato m em bro d i u n a Ac­ cadem ia a Siena. Con questa ra p id a diffusione p a re con­ tra sti il n on m eno ra p id o o b lio ; verso il 1810 K a n t a p ­ p a re ai p iù com e u n filosofo o ltrep a ssa to ; i g ra n d i id e a ­ listi sem brano >averlo fatto d im en ticare. Ma in re a ltà la diffusione fu u n fatto su perficiale; nè fa u to ri nè avver­

sari sep p ero cogliere ciò che vi era d i vitale e d i p ro fo n ­ do n ella filosofìa k a n tia n a . Essa n o n era u n sistem a; m a p iu tto sto u n a ind irizzo fo n d a m e n tale del p en siero verso nuove vie. Invece fu co n sid erata com e sistem a; le opere dei suoi p rim i discepoli sono in generale rip e tiz io n i p e ­ d an tesch e senza p ro fo n d ità e senza v alo re ; u n m ucchio d i servili e b ru ta li rip e tito ri, li ch iam a F ic h te. Ma anche F ic h te e gli a ltri ch e si co n sid eraro n o com e co n tin u ato ri e su p e ra to ri d el k an tism o , in re a ltà deviarono sotto a ltre influenze, d a irin d iriz z o fo n d am en tale k a n tia n o . E lo stesso avviene an ch e n e lla p iù vasta cerchia dei p ro fa n i; il k an tism o è accolto con fervore, com e u n a rivoluzione sa lu ta re , com e u n a prom essa d ’u na nuova v ita ; i giova­ n i le donne stesse si avviano p ien e di fervore p e r la nuova via m a dopo il p rim o entusiasm o si sentono com e delusi, sentono F insuffìcienza dei risu lta ti o tte n u ti. In fondo è accaduto a Kant come a Spinoza; egli non fu pienam ente com preso ed apprezzato secondo il suo vero valore che quasi un secolo doDO, Dopo l i crisi spirituale della metà del secolo XIX, caratterizzata dal ra­ zionalism o e dal m aterialism o, il pensiero è tornato a K ant; e se non abbiamo più kantiani nel senso della scuola, oggi il pensiero kantiano è il fondam ento di ogni pensiero vivente. Spogliato delle sue accidentalità peri­ ture esso non sta nel passato, sta dinanzi a noi come un indirizzo ideale della nostra vita filosofica e religiosa. 5°) Il solo fatto veram ente notevole della sua vita è il conflitto con la reazione prussiana dopo il 1788. M or­ to F ed erico II n el 1786 gli succede F ederico G ugliel­ m o II , sp irito debole, in clin ato al m isticism o, alla su­ p erstizio n e ed alla into lleran za. N on è tu tta v ia p er un azione perso n ale che m u ta l ’am biente sp iritu ale di P ru s ­ sia; u n inizio di reazione si era già accennato anche negli u ltim i a n n i del regno di F ederico II, contro il r a ­ zionalism o e le sue degenerazioni. Anzi nei p rim i anni

del nuovo regno si m an tien e un cèrto sp irito lib e ra rle ; ancora nel 1788 il K iesew etter è m an d ato a spese del go­ verno a stu d iare la filosofia k a n tia n a a K önigsberg. Nello stesso an n o p erò succede allo Z etlitz il W ö lln er, u n re a ­ zio n ario ; segue poco dopo la p u b b licazio n e d e ll’E d itto sulla relig io n e e d i u n E d itto che istituisce u na rigorosa censura. P e rò K a n t n o n è ancora considerato com e n e ­ m ico; n el 1789 riceve d al nuovo re u n soprassoldo di 220 ta lle ri a n n u i; egli seguita a scrivere lib era m e n te . È negli an n i successivi, forse anche in dipendenza delle rip ercu ssio n i p o litic h e , che l ’orizzonte si o scu ra; il governo com incia a sen tire prev en zio n i p o litich e e re li­ giose co n tro d i lu i, m a non osa c o lp irlo ; K a n t clic è in ­ fo rm ato dal K iesew etter d e ll’an d a m e n to delle cose a B erlin o , p rev ed e o scuram ente q u alch e a sp ra m isu ra, m a si consola filosoficam ente con la coscienza di fare il p ro ­ p rio dovere. Il conflitto com incia nel 1792 qu an d o K a n t in tra p re n d e la p u b b licazio n e sulla R ivista M ensile b e r­ linese della sua filosofia religiosa. La p rim a p a rte — sul m ale radicale — venne lasciata passare dalla censura, co­ me cosa p u ra m e n te filosofica; m a la seconda — sul con­ flitto d el p rin cip io buono e cattivo n e ll’uom o — venne in eso rab ilm en te v ietata. K an t p u b b licò il tu tto in un lib ro nel 1793 valendosi del p rivilegio di sottoporlo alla censura d ’una facoltà filosofica u n iv ersitaria (Je n a), ma nel 1794 la reazione si inasprisce; il re stesso d ich iara che è o ra di fa rla finita anche con K a n t ed in fatti al p rim o o tto b re 1794 K a n t riceve u n rescritto reale che m inaccia severe m isure, se K a n t co ntinua nella sua o pera d em o litrice della religione e del cristianesim o. K a n t nel­ la risposta si d ifen d e dicendo di aver fatto sem plicem en­ te o p era di filosofo e n o n di teologo; m a com e fedele su d d ito del re p ro m ette d i astenersi da ogni pubblica zione sulla religione. La m orte del re nel 1797, lib erò K a n t da questa p rom essa; col nuovo regno com incia una nuova era di relativa lib e rtà p er la P russia. Questo

contegno di K a n t è stato v ariam en te giudicato, e in ge­ n erale severam ente giudicato. Bisogna tu tta v ia conside­ ra re p iù cose; K a n t non disdisse n u lla ; continuò a scri­ v ere; p u b b licò n el 1795 lo scritto sulla Pace P e rp e tu a ; nel 1797 la D o ttrin a d el d iritto e la D ottrina della m o ­ rale, dove espone lib era m e n te il suo pensiero sulle q u e­ stioni p o litich e e sul ra p p o rto dello Stato e della C h ie­ sa. Egli poteva considerare com e suo dovere il ta c e re ; conosceva p erso n alm en te il re e ne aveva avuto dei fa­ v o ri; era d ’altro n d e sua d o ttrin a che si deve u b b id ire agli o rd in i delle a u to rità , anche se ingiusti. Di p iù b iso­ gna consid erare la cosa dal suo p u n to di vista : ossia da quello del suo tem p o . C he K a n t fosse p re p a ra to anche a lasciare la Pussia è ce rto ; nel 1794 scrive ad u n suo a m i­ co che si tro v erà bene qualche cantuccio di te rra p er o sp itarlo . Ma che egli dovesse rib e lla rsi o fare u n gesto, è m olto d iscu tib ile. Ciò è del resto cosa che solo la sua coscienza poteva d ecidere. 6°) L ’u ltim o p erio d o della vita di K a n t è p ro fo n ­ d am en te tris te ; p erio d o di decadenza, di so litu d in e, di ab b an d o n o . Verso il 1790 com incia la decadenza. A ncora n el 1789 scrive a R ein h o ld e dice di lav o rare alacrem en ­ te tu tta la m a ttin a ; m a nel 1791 avviene com e u n ’im ­ provvisa e ra p id a decadenza delle forze. C ontinua tu tta ­ via le lezioni, m a con sforzo. F ich te tro v a « schlafig » la sua esposizione; fu anzi forse questo sforzo tro p p o p rò . tra tto delle lezioni che ne causò la decadenza senile. Salì la ca tte d ra l ’u ltim a volta il 23 luglio 1796. Nel 1798 p u b b licò (a 74 anni) l ’ultim o grande scritto, la D isputa d elle fa co ltà ; le u ltim e p u b b licazio n i sono del 1800. Ma allo ra era già com inciata la decadenza an ch e nello sp i­ r ito ; del 1802 è P u ltim a le tte ra ; gli u ltim i anni non fu ro n o che u n len to m o rire , con qualche lam po ancora d e ll’antica in tellig en za; m orì alle 11 an tim erid ian e del 12 feb b raio 1804.

Leggendo il racconto degli u ltim i suoi an n i nella relazio n e del W asianski, un suo antico scolaro, diacono in u n a chiesa d i K önigsberg, non possiam o esim erci da u n senso d i p en a n el vedere la so litu d in e e l ’abbandono in cui è lasciato. C hi lo assiste è la vecchia sorella, di q u a ttro a n n i p iù giovane di lu i, e u n n ip o te ; m a sono gente rozza. Il W asianski viene qualch e ora al giorno p e r dare le disposizioni necessarie, m a in re a ltà K a n t è a b b a n d o n a to ; nessuno h a la delicata p ie tà di lib e ra r, lo d alla cu rio sità m alsana d ei viaggiatori che vanno a vederlo com e ra rità di K önigsberg. I discepoli sono sco m p arsi; lo H e rz, il K iesew etter (c h e disse K a n t essere stato suo m aestro e p a d re ); i vec­ chi e p ro v a ti am ici sono m o rti. Q uesta m ancanza d i un am ico affezionato e fedele si vede an c h e n el destino delle sue re liq u ie . Esse sono v en d u te a ll’incanto e n a ­ tu ralm en te ad alto prezzo com e c u rio sità; il suo b e r­ re ttin o da m a ttin a è v enduto a 10 sterlin e ad u n ingle­ se ; dei suoi b ian ch i cap elli si fanno an elli che sono v en d u ti e in b reve ci sono in giro p iù an elli d i q u a n ti ca p elli K a n t avesse av u to ; da ogni p a r te ; anche d a ll’e ­ stero arriv an o com m issioni p e r ac q u isto di q u alch e cosa delle re liq u ie d i K a n t a q u alu n q u e prezzo. Ma in tan to le sue carte m an o scritte sono a b b a n d o n a te al lib ra io Nicolovius e d o p o la sua m o rte sono v en d u te col resto d e l­ le vecchie carte a peso ai b o tteg ai di K önigsberg; e solo p e r u n caso fo rtu ito se n e salvò u n a p a rte . U n p re d ic a ­ tore trovò presso u n m ereiaio u n esem plare delle R i ­ flessioni su l bello e sul su b lim e con fogli e aggiunte di m ano d i K a n t. E in m ezzo a ta n to entusiasm o nessuno si tro v a a salvare d alla pro fan azio n e la casa di K a n t, che è trasfo rm ata in u n caffè; la stanza dove aveva sc rit­ to « la C ritica della rag io n p u ra » diventa una sala di b ig liard o . E nel 1893 la casa è d istru tta p e r rin n o v am en ­ ti ed ilizi. Così la G erm ania ha saputo custodire la re ­ liq u ie del p iù glorioso dei suoi figli.

7°) A nche la vita p riv a ta di K a n t n o n ci offre p a rtic o la rità n o tev o li; fu u n uom o sem plice che condus­ se u n a vita reg o lare e m odesta, tu tta confinata n ella sua c ittà , n ella sua U niversità e n ei suoi studi. La casa p re s­ so il castello, che egli si era co m p erata coi suoi ris p a r­ m i, n el 1783, era sem plice, anzi p iù che sem plice, p o ­ vera. La sua g io rn ata era strettam en te divisa nelle varie occu p azio n i; si alzava alle cinque e il fedele dom estico aveva o rd in e di n on lasciarlo finche non si fosse alzato. Nel m attin o atten d ev a ai lavori ed alle lezioni; faceva lezioni nella sua stessa casa o rd in aria m en te dalle 7 alle 9 di m attin a . D opo pran zo faceva reg o larm en te la sua passeggiata; g en eralm ente solo; è in qeste passeggiate che sorsero i p en sieri fo n d am en tali della C ritica. A lla sera m editava n el suo studio g u ard an d o d alla finestra l’orizzonte. LTn suo biografo n a rra che avendo alcune p ian te del g iard in o del vicino chiusa la vista, egli p r e ­ gò il vicino di re cid erle, ciò che questi cortesem ente fece. Di questa re g o la rità di v ita si è voluto fare u n a specie di m an ia p ed an tesca; com e q uella del suo am ico G reen , l ’uom o d e ll’orologio. Ma n o n è vero. K a n t stesso ci conferm a che il suo c a ra tte re era im pulsivo, facile a cedere p e r b o n arie tà alle esigenze a ltru i; egli si fece v o lo n tariam en te u n sistem a di norm e p erch è ciò era n e ­ cessario a ll’o p era sua. L a sua disciplina nella vita fu u na voluta econom ia dello sforzo; u n istinto p ro v v id en ­ ziale della sua n a tu ra geniale che lo spingeva ad elim i­ n are tu tte le p e rd ite di tem po e di en e rg ia; questo ci spiega il suo sistem a di vita regolare e sed en taria, la sua p recisio n e, la cura rigorosa e sistem atica della p ro ­ p ria salu te. A nche com e filosofo il suo ca ra tte re è u g u al­ m en te sem plice. E gli aveva a lta coscienza del valore della sua filosofia ed av reb b e p o tu to rip e te re con S pino­ za: « Scio m e veram p h ilo so p h ia m tenere »; n ella p re fa ­ zione della D ottrina d el D iritto (ediz. V o rla rd e r, pag. 5) vi è u n a pagina che arieggia a ll’orgoglio H egeliano: una

solo filosofia è vera filosofia — la filosofia critica — . P r i­ m a d i essa n on ci è stato che dei te n ta tiv i i q u ali hanno avuto ciascuno il suo m e rito , m a ch e n o n possono d irsi filosofia, p e r la sem plice rag io n e che la filosofia, com e la v erità , è u n a sola. Ma questa concezione n o n si tra d u c e in alterig ia ed arro g an z a p erso n ale, egli è lo n tan o dalla posa d ei ro m an tici d i F ic h te e d i S chelling; la sua m o ­ destia è p ro fo n d a e sin cera, com e in S ocrate m anca in lu i co m p letam en te l ’ostentazione e la v a n ità ; l ’istrio n i­ sm o filosofico desta in lu i soltanto u n disprezzo ironico. H e rd e r scrive : « n ei tre an n i che l ’ascoltai q u o ti­ d ian am e n te n on n o ta i in lu i la m in im a traccia di a r ro ­ ganza ». D arò u n esem pio di questa m odestia. N el 1784 il p ro f. S chütz d i Je n a , seguace di K a n t, gli annuncia l ’a p p a rizio n e della L itte ra tu rze itu n g e n e ch ied e la col­ lab orazione. K a n t accetta di scrivere la recensione delle Id ee di H e rd e r e la m an d a p reg an d o di in se rirla solo se i d ire tto ri della R ivista lo tro v an o conveniente. Lo Schütz gli risp o n d e quasi in d ig n a to : « C om e? E lla p u ò cred ere che u n a recensione com e la sua possa essere non co n v en ien te? A m e caddero le lacrim e q u an d o io lessi questo. U na ta le m odestia in u n uom o com e Lei! Io non posso descrivere il sentim ento ch e ho p ro v ato . E ra gioia, spavento e in d ig n azione tu tto in siem e; m a sp ecialm en­ te in d ig n azio n e, q u an d o io penso a lla b u rb a n za di c e rti scritto ri che n o n sono nem m eno degni d i slacciare ad u n K a n t le scarp e » (B riefw echsel, ediz. A cc., voi. XI, pag. 375). U n a ltro tra tto m e rita di essere rilevato n el suo c a ra tte re : la sua u m a n ità , la sua b o n tà. È b e n noto che l ’an im a sua fu a p e rta a ll’am icizia; tra i p iù fedeli ed in tim i am ici eb b e due negozianti inglesi, il G reen c il M o n th erö y ; p o i p iù ta rd i il suo discepolo e collega K rau s ch e p e r u n certo tem p o visse an ch e con K a n t n ella sua stessa casa; negli u ltim i an n i, (d o p o il 1787) prese l ’ab itu d in e di in v itare ogni giorno qualcuno dei

suoi am ici. Q uesto senso di co rd ia lità e di u m an ità v er­ so i suoi am ici non escludeva p e rò , specialm ente negli u ltim i an n i, u n certo am o re della so litu d in e ed u n sen­ so d i avversione verso gli u o m in i p ro ced en te d a ll’am ara esp erien za della lo ro m iserab ile n a tu ra . K a n t visse solo; pensò qualch e volta al m atrim o n io , m a n o n sep p e m ai decidersi, non sem bra che sia stato sem p re del tu tto insensibile a l fascino fe m m in ile; una ce rta L ucia R ebecca F ritz (1746) si vantava p iù ta rd i, spesso e m olto, di essere stata am ata da K a n t. Ma in genere la vita p assionale n o n tu rb ò eccessivam ente la su a vita. A nche n ei ra p p o rti con la sua fam iglia ci a p ­ p a re quasi fred d o . Aveva u n fra te llo , p asto re in u n b o r­ go della C u rlan d ia e tre sorelle di cui u n a, la p iù gio­ vane, n ata n el 1731, gli sopravvisse e lo assistette negli u ltim i an n i. O ra K a n t com piè verso d i essi tu tti i do­ v e ri; aiu tò le sue sorelle e le lo ro fam ig lie; e a lla m o r­ te d el fra te llo , sovvenne la vedova e la fam iglia con u n a p en sione d i 200 ta lle ri. Ma è fu o ri di d u b b io che li ten n e u n poco lo n tan o da se, e stette lu n g h i p erio d i senza co m unicare con essi; ciò che indusse m olti a g iu ­ dicarlo u n c a ra tte re n a tu ra lm e n te fred d o , ap atico , m o ­ ra le solo p e r dovere. O ra anche questo n o n è vero. La poca espansività d i K a n t nei ra p p o rti fa m ig liari non dice n u lla ; il suo riserbo era dovuto forse alle circo­ stanze che n o i, n ella n ostra com pleta ignoranza circa il c a ra tte re d ei suoi fam ig liari, n o n siam o in grado di v alu tare. D el resto tu tti sappiam o q u ale dolorosa, spes­ so trag ica sep arazione p o rti nelle fam iglie l ’elevazione d i qualcu n o dei suoi m em bri. A n o i, secondo l ’ep isto lario , K a n t a p p a re t u t t ’altro che uno sp irito freddo e a rid o ; anzi ci a p p a re com e p e r ­ vaso da u n a b o n tà sem plice ed ingenua, che ebbe di r a ­ do u n condegno com penso. Si veda p e r es. con quale p re m u ra e delicatezza si ingegna di soccorrere F ic h te ; e p p u re F ic h te, che a llo ra scrisse delle le tte re p ien e di

venerazione e d i devozione verso K a n t, gli si rivolse contro p iù ta r d i con espressioni irriv e re n ti ed in g rate, d im en tican d o che ad ogni m odo K a n t u n giorno lo aveva sfam ato. Così con q u ali p re m u re si occupa dei suoi discepoli p re d ile tti, l ’H e rz, il K ra u s, il Jac h m a n n ! p ro c u ra lo ro racco m andazioni, borse d i stu d i, p re stiti dai suoi am ici, n o n disdegnando di ch ied e re p e r lo ro , egli ch e p e r sè n o n aveva m ai chiesto n u lla . Si veda p e r es. il contegno suo col suo discepolo, il Flessing che aveva dovuto fuggire da K önigsberg p e r d eb iti e p e r d i­ so rd in i, lascian d o u n a ragazza in cin ta. Sono curiose le le tte re che questo discepolo scapato rivolge a K a n t, p arla n d o g li dei suoi am ori e dei suoi affa ri p e r scusar­ si e averne aiuto. N el 1792 dopo 9 an n i gli scrive u n a lu nga le tte ra p e r re n d erg li i 30 ta lle ri che K a n t aveva sborsato p er lu i e chiede il nom e d i a ltra p erso n a, che p e r intercessione di K a n t gli aveva a n ticip ato u n a som ­ m a m aggiore, p e r re stitu irla . (F u professore a D uisburg e p u b b licò o p ere d i storia o filosofia an tica , curiose e forse n o n senza v alore, m a oggi del tu tto dim enticate). E in g enerale K a n t fu m olto m ale rim e rita to . N egli u lti­ m i an n i gli am ici e i discepoli p iù beneficati sono as­ sen ti; solo il W asianski gli fa l ’elem osina di u n ’o ra o due al giorno p e r reg o lare i suoi affari. Il K iesew etter (che chiam ò K a n t suo m aestro e p ad re) m e n tre K a n t m u o re è in vaggio di piacere. 8°) A ccennerò brevem ente a K a n t com e scritto re e com e insegnante. I p rim i scritti di K a n t ci rivelano uno scritto re b en diverso da quello che generalm ente si conosce. Lo stile è ch iaro , grazioso, soffuso di lieve iro ­ n ia ; si vedano p e r es. i « Sogni d ’u n visionario ». T utt ’altro è n elle sue opere ca p ita li. Q uesto m u tam ento è dovuto so p ra tu tto a lla sua preoccupazione di essere p re ­ ciso, coscienzioso, com pleto. La p rim a conseguenza di questa preoccupazione è u n a p ed a n te ria sistem atica

sp in ta talv o lta fino a l l ’inverosiinile. U na ricerca a p p a ­ riva a K a n t co m pleta ed esau rien te solo quando era sta­ ta co m p iu ta in m odo sistem atico (n o n rapsodico). Ma il m ale è che queste form e sistem atiche sono attin te alla trad iz io n e e perciò spesso coartano lo svolgi­ m en to del suo pensiero. P e r es. la distinzione della « C ritica della R agion P u ra » in E stetica e Logica e po i in A nalitica e D ialettica in fondo è uno schem a arbita rio e stran iero a l co n ten u to . C erto l ’ingegnosità di K a n t è g ra n d e ; il m odo con cui rico n n ette le tre idee alle tre fo rm e d i raziocinio è m eravigliosam ente a b ile ; m a ciò n o n to g lie ch e sia u n ’incrostazione esterio re, in u ­ tile . T u tto ciò ren d e diffìcile p e n e tra re il pensiero vivo d i K a n t, che n o n si h a col re n d e re pedissequam ente l ’o rd in e da lu i stab ilito . E p e r d i p iù questa form a siste­ m atica tra p a ssa da u n ’o p e ra a ll’a ltra , com e in u n letto di P ro cu ste. N ello stesso schem a della « C ritica della R a ­ gion p u ra » deve ad ag iarsi an c h e la « C ritica della R a ­ gione P ra tic a », la « C ritica del G iudizio », onde dei rav v icin am en ti e d elle teo rie forzate che nascondono il suo vero p ensiero. Q uesto vale p o i anche p ei p a rtic o ­ la r i: la tavola delle categorie diventa spesso u n a ragione di p artiz io n e forzata, esteriore che costringe la m a te ­ ria a schem i a cui essa rilu tta . U na seconda conseguenza è l ’in du g iarsi in d istinzioni ed analisi sottili di concet­ ti che ren d o n o p iù difficile la visione d e ll’insiem e. S pe­ cialm en te nelle sue teo rie p iù nuove ed oscure, K ant n on ab b an d o n a u n concetto senza avere escogitato tu tti i possibili asp etti sotto cui può p resen tarsi ; onde le r i­ p etizio n i, il to rn a re sullo stesso argom ento da u n p u n ­ to di vista leggerm ente diverso, le digressioni im b a ra z ­ za n ti, il che ren d e difficile la visione d ’insiem e del suo pen siero . Q uesta difficoltà è accresciuta da un terzo fa tto : ch e realm en te K a n t stesso non è ch iaro , non è conclusivo nei p u n ti decisivi e lascia così la via ap erta ad una m o ltep licità di in terp re tazio n i. In effetto egli

h a a p e rto la v ita, m a n o n si è in o ltra to fino al te rm in e . D i q u i il sin g o lare destino d ella sua filosofia; nessun filosofo p u ò essere tale senza passare attrav erso il suo p e n sie ro ; m a nessuno p u ò a rre sta rsi in esso. Bisogna svolgerlo e co m p letarlo . U n 'u ltim a causa di difficoltà è la poca cu ra dello stile e della term in o lo g ia. Specialm en te la term in ilo g ia tecn ic a; così le p a ro le : trascen­ d en ta le, oggetto, fen o m e n o e sim ili, sono u sate in p iù sensi: spesso K a n t p a rla secondo il linguaggio volgare an ch e se questo co n trad d ice alla sua te o ria ; (p . e. gli og­ g e tti ch e causano le a ffezio n i d el senso) p e r cu i egli n o n va in te rp re ta to d a u n a espressione; m a ten en d o p resen te T insiem e d i tu tte le teo rie . K a n t ha esercitato u n ’azione sul suo tem p o forse più con le lezioni che con gli sc ritti; certo esse furono la fatica p iù d u ra della sua vita. Lesse p e r 41 a n n i (82 sem estri) dal 1755 al 1796, e su m aterie p iù v arie , a n ­ che m atem atica, fìsica, geografia-fisica; questa anzi era u n o dei suo corsi p iù ce leb rati. Insegnò 28-30 o re p e r settim an a da p rin c ip io , p iù ta rd i 12-16 o re, alla fine 8 ore. Leggeva g en eralm ente dalle 7 in p o i. In u n a sua le ttera del 1759 si legge: « q u an to a m e, io seggo q u o ­ tid ia n a m e n te din an zi a l l ’in cu d in e della m ia c a tte d ra e m aneggio con ritm o sem pre uguale il p esante m artello d elle m o n o to n e lezioni. Q ualche volta si leva in m e im a asp irazio n e p iù a lta , m a l ’im p lacab ile bisogno m i ricac­ cia con voce im p erio sa a l l ’aspro lavoro senza treg u a ». L ’A rn o ld t h a dedicato n ei suoi K ritisch e E xhurse (1894) p iù di 400 pagine a ll’o p era di K a n t com e inse­ gnante. Q uanto alla form a esse non erano soltanto le ­ zioni, m a anche conversazioni critich e , d isp u te; sul m o ­ do n o n sap p iam o n u lla di preciso. Le lezioni erano te ­ n u te su testi p e r obbligo; ciò era stato p re scritto p e r ab o lire l ’uso dei d etta ti. K a n t si serviva gen eralm ente dei testi d ella scuola w olfiana; m a con la m assim a li­ b e rtà ; essi erano solo l ’occasione. Ci è stato conservato

q u alcu n o d i q uesti testi, in terfo g liati e ric o p e rti di a n ­ n o tazio n i. C erto ne doveva risu lta re u n tu tto no n facil­ m en te p e n e tra b ile p el giovane discepolo. A lcune di q u elle lezioni sono state p u b b licate n ei m an o scritti degli scolari (lezio n i di m etafisica, di filosofia della re lig io ­ n e, di m o rale , nel 1924); m a in essi ch i conosce la d o t­ trin a k a n tia n a , la vede com e in o m b ra. L ’ad a ttam en to forzato alle divisioni tra d iz io n a li h a u n effetto poco vantaggioso s u ll’esposizione; e forse esso h a avuto u n a influenza fu n esta an c h e sulla redazione delle o pere p e r ­ sonali e s u ll’im p o rtan za che in esse h an n o gli schem i e le divisioni trad izio n ali. Q u an to alle lezioni bisogna rico rd are che esse si rivolgevano a stu d e n ti di tu tte le facoltà e p e r ciò ave­ vano p e r fine di svolgere in loro l ’a ttitu d in e alle con­ siderazioni filosofiche delle cose. K a n t vedeva c h ia ra ­ m en te il p erico lo delle specializzazioni ed in m odo p a r ­ tico lare della specializzazione p re m a tu ra ; il com pito di insegnante di filosofia è a p p u n to quello di sv ilu p p are la facoltà filosofica. K a n t assim ila i d o tti chiusi n ella loro specialità ai ciclopi, p erch è vedono le cose sotto il solo aspetto della loro specialità. C om pito della filosofia è di aggiungere il secondo occhio. T an to p iù si co m p ren ­ de allora com e T insegnam ento di K a n t m irav a non ad inculcare u n a d o ttrin a , m a a svolgere la cap acità filo­ sofica. D ’altro n d e , com e sappiam o, la filosofìa non p uò, secondo K a n t, essere insegnata. Ogni filosofìa è u n a co­ struzione p erso n ale; m a se anche vi fosse u n a vera fi­ losofia, essa non p o treb b e venire im p a ra ta ; u n a filosofia im p a ra ta sareb b e sapere storico n o n filosofico. La fi­ losofia della scuola crea dei p a p p a g a lli, p ien i di burbanza e di p resu n zio n e, peggiori che gli ignoranti. P e r co stru ire u n a filosofia è necessario p rim a un certo sa­ p ere storico e n a tu ra le ; a ciò dovevano servire i corsi di an tro p o lo g ia e di geografia-fisica, destinati a fornire i fa tti e i d ati. E p e r p o ter essere in grado di elab o rali,

bisogna a p p ro p ria rsi la trad iz io n e filosofica; q u in d i la discussione critico -storica dei p ro b le m i e delle varie c o rre n ti. Con q ueste v ed u te K a n t in a u g u ra u n m etodo di insegnam ento filosofico ch e è in p a rte oggi ancora u n d esid erio ; e ch e del resto venne d im enticato n ella sua stesa scuola d ai suoi im p a ri seguaci.

T R A T T I E S SE N Z IA L I D E L P E N S IE R O C R IT IC O

Il p en siero d i K a n t è p e n e tra to da due tendenze fo n d am en tali in cui si esp rim e, p iù o m eno c h iaram en ­ te del resto , ogni m en te v eram en te filosofica. La p rim a è u n senso vivo, religioso del trasc en d en te, u n a te n d e n ­ za relig io sa, m istica. N on è vero che K a n t sia stato a n ­ c h e sotto il ra p p o rto religioso sen tim en talm en te a rid o ; l ’avversione su a co n tro ogni fo rm a d i fanatism o e di e n ­ tusiasm o è l ’avversione co n tro le degenerazioni p lebee d ello sp irito religioso. E ciò p e rc h è in lu i il senso r e ­ ligioso si collega con u n alto senso critico . D al secolo X V IIIo viene a lu i q uella ch e è stata la gran d e c o n q u i­ sta d i q u el g ra n d e secolo; l ’esigenza di tu tto so tto p o r­ re alla ra g io n e ; n o n d i cred ere che tu tto sia accessibile in m odo ch iaro a lla ra g io n e, com e il razionalism o su ­ p erficiale v o rreb b e, m a ch e d i tu tto deve decidere la r a ­ gione, e p erciò an che dei suoi lim iti e d ella possibilità cìie essa h a d i con durci fino a d u n certo p u n to , di là d e l q u ale cessa p e r n o i la p ossibilità di giudicare e di conoscere. M a in tu tto ciò ch e è n e l cam po del nostro conoscere, bisogna che la ragione rifletta la sua luce: c h e tu tto sia c h ia rito , vagliato, giudicato d alla ragione. A p p u n to p e r questo K a n t doveva tro v are m iserando

com une, m a q u an d o sogniam o ciascuno ha il p ro p rio . M i p a re ch e si p o tre b b e benissim o in v e rtire l ’u ltim a pro p o sizio n e e d ire : se di diversi u o m in i ciascuno h a il suo m ondo p ro p rio , è da cre d e re che essi sognino. Su q ueste b asi, se n o i consideriam o q u ei fa b b ric a n ti di ca­ stelli in a r ia ciascuno d ei q u a li costruisce a sè u n m o n ­ do del p ro p rio p en siero e lo ab ita tra n q u illa m e n te esclu­ d en d o gli a ltr i, q u e lli p e r es. ch e a b itan o il sistem a del m ondo com e lo h a fa b b ricato W olf con poco m a te ria le em p irico , m a con ab b o n d a n za di co n cetti su rre tiz i, e q u elli che a b itan o m o n d i tr a tti d al n ie n te da C rusius, grazie al p o tere m agico di q u alch e sentenza sul p e n sa ­ b ile e l ’im p en sab ile, a tte n d e ra n n o con p azienza, date le co n tra d d izio n i d elle loro visioni, ch e questi signori a b ­ b ian o finito di sognare. E q u an d o finalm ente, com e Dio vuole, essi saran n o svegli, q u an d o cioè a p rira n n o l ’oc­ chio ad uno sguardo che n o n escluda l ’accordo con a ltri in te lle tti u m an i, a llo ra nessuno d i lo ro vedrà cosa che n on possa a p p a rire eg u alm en te m anifesta e certa a c h iu n q u e a ltro , e i filosofi ab ite ra n n o u n m ondo com u­ n e com e quello ch e già d a tem p o occupano i m atem a­ tic i; avvenim ento im p o rta n te ch e non può p iù farsi a t­ ten d ere a lu ngo, se si deve cred ere a i segni ch e si m o ­ stran o s u ll’orizzo n te della scienza » (p a g . 47). La p rim a p refazio n e d ella C ritica della R ag io n p u ra com incia anc h ’essa con la stessa constatazione. O ra q u ale è la causa di questo deplorevole stato di cose? A nche q u i lo sguardo d i K a n t vide sin da p rin c i­ p io p ro fo n d am en te Ja causa d ella degenerazione della m etafìsica e n o n d ella m etafìsica soltanto : cioè l ’in tru ­ sione d i co ncetti sensibili n e ll’o rd in e suprasensibile. K a n t è n e ll’in d irizzo suo fo n d am en tale u n p lato n ico ; un p lato n ico secondo la trad iz io n e le ib n izian a; perciò d i­ stingue n ella conoscenza, com e nella re a ltà , due o rd in i: il sensibile e l ’inteH iggibile. O ra, q u alu n q u e sia la scien­ za che possiam o avere e non avere d e ll’in tellig ib ile.

certo è questo che u n a scienza dei F ililelligibile (com e la m etafisica vuol essere) deve ten ersi rigorosam ente p u ra d a ll’in tru sio n e d i ra p p resen ta zio n i o di concetti sensibi­ li. Q uesta in tru sio n e p o rta con sè u n a contraddizione ch e poi si tra d u c e in co n tra d d izio n i esplicite. Questo è il concetto d al quale p a rtì K a n t fin dalF inizio d elle sue in d ag in i critich e sulla m etafisica, e che ebbe poi il suo pieno svolgim ento n ella D ialettica. O ra q u a l’è l ’o p era che s’im p o n e? Una separazione, u n a purificazione. Da u n a p a rte K a n t è persuaso dell ’in so sten ib ilità d e ll’a n tic a m etafisica; d a ll’a ltra p a rte riconosce in essa u n fo n d am en to di v erità e respinge co­ m e insufficienti le teo rie n a tu ra listic h e e d em p irich e. Così com e n ella m o rale riconosce n o n essere sostenibili gli im p e ra tiv i d ella m o rale teologica; d ’a ltra p a rte il rid u rre la m o rale ad u n a tto im m an en te è u n a n n u l­ la rla ; il v alo re in co n d izio n ato , la dignità e l ’un iv ersalità della legge van n o p e rd u te . C om e uscire d a questa con­ tra d d iz io n e ? Con u n ’o p era critica ch e e lim in i d alla m e­ tafisica ciò che n o n le a p p a rtie n e e la riunisca n e i suoi giusti lim iti. P a rte n d o dalla distinzione tra fenom eni e cose in sè era n a tu ra le ch e la c h ia ra m en te di K a n t n o n potesse accogliere la concezione com une, p e r cui ciò che era posto com e fenom eno veniva p o i rip e tu to sotto a ltra veste n e ll’o rd in e reale. B isogna analizzare b en e ciò che è del senso ed elim in a rlo ; sta b ilire u n a fenom enologia ed u n a m etafisica e p e r converso concatenare in sè l ’o rd in e fenom enico senza farvi in terv e n ire elem en ti a p p a rte n e n ti a ll’o rd in e re a le , in tellig ib ile. Q uesta p reoccupazione è visibile già n ella p rim a g ran d e o p era d i K a n t, la Storia naturale d e l cielo (1755) dove l ’idea fo n d am en tale è ap p u n to qu esta di lib e ra re la scienza dalla necessità d i in terv en ti so p ra n n a tu ra li, di esp licare i fenom eni fisici secondo la loro causa n a tu ra ­ le. Com e L eib n iz, K a n t è persuaso che causalità e fina­ lità n o n si escludono, m a n o n debbono essere confuse

insiem e. L a scienza sta d al p u n to di vista concreto e d e­ ve rifu g g ire d a ogni ricorso a ll’azione finale; q u a lu n ­ q u e ip o tesi p iù te m e ra ria è p re fe rib ile a questa violazio­ n e d e ll’o rd in e n a tu ra le . E così n ella stessa o p e ra , in fi­ n e, K a n t esp rim e la sua sim p atia p e r il concetto della trasm ig razio n e cosm ica, che h a avuto le sim p atie an ch e d i L essing, L ich tem h erg , H u m e, m a lo tr a tta com e u n a fan tasia p erso n ale ch e n o n h a n u lla da vedere con la scienza. U n av icin am en to alla n e tta distin zio n e è già n ella « N o va D ilucidario » del 1755 dove pone n e tta m e n te che a ltro è la coesistenza delle sostanze, a ltro il loro r a p ­ p o rto spaziale. Q uesto concetto d ella sep arazio n e si concreta m e­ glio n e lle o p ere del decennio successivo, n el concetto d ’u n a critica d ella m etafisica, d ’u n a critica della n o stra facoltà di a p p re n d e re il soprasensibile (rag io n e p u ra ). N e ll’in tro d u zio n e a lla « R icerca sulla chiarezza dei p rin c ip i della teologie, naturale e d ella m orale » (1763) si p ro p o n e a p p u n to il com pito di u n esam e critico della m etafisica fatto in d ip en d en tem en te dalla m etafìsica, cioè d ’u n a critica p rev en tiv a. E la conclusione sua è che la m etafisica deve lim i­ tarsi ad u n ’an alisi p recisa e rigorosa d ei p ro p r i concet­ ti, dalla q u ale p o tre b b e rica v are u n piccolo n u m ero d i cognizioni m odeste e lim ita te , m a sicure. In senso p iù decisam ente scettico si p ro n u n zian o invece già i « Sogni d ’u n visionario » dove il p atrim o n io d ella m etafisica è rid o tto quasi a zero. U n esem pio della c ritica d ei con­ cetti m etafisici ci d à il capitolo I o) n e ll’analisi del con­ cetto d i s p ir iti; m a essa h a p e r risu lta to d i d im o strare che questo concetto è u n a form azione a rb itra ria , posta la q u ale se n e p u ò d e d u rre ta n te b elle cose, anche la possib ilità della visione d el m ondo sp iritu a le ; m a che con tu tte le sue conseguenze è u n a posizione a rb ira ria , no n im posta d alla rag io n e, n o n sostenuta d a ll’esp e rien ­

za. La m en te u m an a com incia con ard o re ad occuparsi d i ta n te qu estio n i alte e p ro fo n d am en te in teressan ti co­ m e la re a ltà sp iritu a le , la lib e rtà , la pred estin azio n e, la vita fu tu ra , e tc .; m a b en p resto la ragione critica si av­ vede che queste sono larve di conoscenza, e che questi og. getti giacciono fu o ri della sfera del conoscere um ano. A nalizzare l ’esperienza, rid u rn e le v ario p in te a p p a ­ renze a u n certo n u m ero di ra p p o rti e di forze fondam e n ta li; ecco q u an to può fa re la filosofia. Ma quando essa crea nuove forze od esseri non d ati d a ll’esperienza, essa e n tra in u n m ondo di ch im ere. P uò darsi che nel m ondo fu tu ro si disvelino a noi altre re a ltà ; m a p e r ora qui sono ch im ere, ( Sogni d ’u n visionario, tra d . Ita l., pag. 55-56 e 72-75). N ei « Sogni » K a n t sem bra q u in d i accostarsi ad una specie d i agnosticism o scettico verso la m etafisica. V i è u n a re a ltà so p rasen sibile e verso di essa ci conduce la fede m o rale delle anim e b en n a te ; m a tu tto quello che possiam o qui conoscere è soltanto l ’esperienza. Subì K a n t dopo il 1765 l ’influenza dei « N u o v i saggi » di L eib ­ niz, p u b b lic a ti a p p u n to in ta le an n o ? (L eib n iz è m orto n el 1716). Ciò è p ossibile, m a n o n bisogna nem m en o esage­ rare la influenza di queste azioni esterne. C erto è che K a n t rip re n d e in esam e la p ossibilità d ’u n sapere in ­ te lle ttu a le p u ro e ne am m ette la p o ssib ilità, n a tu ra l­ m en te en tro lim iti m olto ris tre tti. La scienza che con­ tien e questi concetti p u ri della ragione è la m etafisica; ad essa serve di p ro p e d eu tica la d o ttrin a che distingue la conoscenza del senso da q u ella d e ll’in telle tto (C ritica della ragione). I concetti p u ri della ragione vengono ac­ q u isiti, risvegliati in n o i p e r mezzo d ell’esperienza, m a n o n n e derivano (p e r es. i concetti di p o ssib ilità, re altà, necessità, sostanza, ecc.). Il fine dei concetti in telle ttiv i n o n è solo quello d i o rd in a re logicam ente l ’esperienza, m a anche di r i ­

v elarci il m ondo so prasensibile. P erò q u i, m ancando di esp erien za, l ’e rro re è m olto facile; specialm en te p e r l ’in sin u arsi di concetti sensibili. P erciò il p rin c ip io m e­ todico della m etafisica è che i concetti sensibili non tr a ­ passino il loro lim ite e n o n affettino le conoscenze in ­ tellettiv e. Soggetto d ’un p re d ic ato sensibile p u ò essere solo u n soggetto sen sibile; se è in tellig ib ile ciò vuol dire che la p ro posizione è solo u n a trascrizione soggettiva (sim bolica) che re n d e possibile u n a conoscenza relativa del soggetto. Il rife rim en to assoluto dei p re d ic a ti sen­ sib ili a l soggetto in tellig ib ile dà origine a conoscenze su rre ttiz ie che sono l ’inizio degli e rro ri della m etafì­ sica. E poiché, sensibile è uguale a spaziale e te m p o ­ ra le , gli e rro ri della m etafìsica nascono d al riferim en to d i p re d ic ati spaziali e te m p o ra li alle re altà in tellig ib ili. K a n t divide questi e rro ri in tre classi. La p rim a r i ­ gu ard a afferm azioni che pongono le condizioni della n o ­ stra in tu izio n e com e condizioni d e ll’esistenza stessa d e ­ gli oggetti. P e r es. tu tto ciò che è p e r n o i in un tem p o e in uno spazio. E d allo ra si cerca la" sede d e ll’an im a, si pensa Dio com e o n n ip resen te, si cerca il quando della creazione del m o n do, si disserta sulla cognizione che Dio h a delle cose fu tu re , ecc. La seconda sta n el p en sa re che le condizioni n o ­ stre d ella p o ssib ilità d ’u n concetto siano anche quelle d ella sua re a ltà . N oi q u i concepiam o la grandezza com e ad dizione successiva e p erciò n o n vi è m ai u n a to ta lità asso lu ta; m a p e r noi ciò n o n vuol d ire che u n a to ta li­ tà assoluta sia im possibile. (Siam o q u i alla difficoltà ca­ p ita le che v errà svolta n ella d o ttrin a delle antinom ie). L a terza classe sta n el cred ere che la re a ltà in te lli­ gibile d eb b a rip ro d u rre gli stessi ra p p o rti che noi rife ­ riam o q u i ai con cètti sensibili. A d evitare questi e rro ri è necessaria u n a critica della filosofìa, che sep ari n e tta ­ m en te i due cam p i. Q uest’o p era, che fu p o i « La C ri­ tica della rag io n p u ra », nelle le tte re ad H erz del 1771-

1772 p o rta ancora il tito lo « / lim iti della sensibilità e d ella ragione ». Ma n el decennio che antecede la pubblicazione d el­ la C ritica, questo concetto subisce ancora una m odifi­ cazione ra d ic ale che ci in tro d u ce nella filosofia critica vera e p ro p ria . L ’an a lisi dei concetti della ragione, m o ­ stra a K a n t che, to lto ad essi rigorosam ente ogni con­ ten u to sensibile, essi si risolvono in astrazioni senza re a ltà ; le sole conoscenze pure che abbiano una vera consistenza sono le idee m orali (D iss., parag. 7). G ià n ella D issertazione a p p a re in o ltre questa considerazio­ n e ; che l ’in telle tto stesso può in certe sue applicazioni essere relativo a ll’uom o (D iss., P ara g . 30). È su questo p u n to che le osservazioni di H um e (con la sua analisi del concetto di causa) svegliarono K a n t d al sonno dogm atico e d ied ero un a ltro indirizzo alla sua speculazione. Ma a llo ra a che cosa serve la rag io n e, a che cosa serve il conoscere? N on siam o rig e tta ti in u n fenom eni­ smo scettico da cui difficilm ente si salverebbero anche i concetti m o rali? Ciò che p a re a K a n t un p u n to d ’a p ­ poggio sicuro co n tro lo scetticism o è il concetto della scienza. L ’an alisi che H um e aveva dato del concetto di causa n o n solo ren deva n u lla ogni possibilità della m e­ tafisica, m a aboliva il concetto di legge e di necessità fi­ sica. N on vi erano p iù leggi, m a regole e m p iric h e ; non necessità, m a consuetudine soggettiva; non certezza, ma verosim iglianza. La m atem atica si era salvata p erch è H u m e l ’aveva co n siderata com e u n ’analisi di concetti; m a se n e avesse visto il vero c a ra tte re , anche la m ate­ m atica avrebbe avuto lo stesso destino. O ra, è stata sem pre profonda convinzione di K a n t il valore della scienza m atem atica e fìsica; d e ll’u n iv er­ salità e necessità delle leggi m atem atiche e fisiche egli n o n poteva d u b itare . Come conciliare a llo ra la condanna d e ll’uso reale dei concetti della ragione con l’assoluto riconoscim ento del loro uso logico nella scienza? E co­

m e co n ciliare questo valore logico assoluto con il c a ra t­ te re fenom enico della re a ltà ? Com e p u ò costituirsi in queste condizioni il conoscere, ed a che serve? K a n t c re ­ d ette di p o te r risolvere qu este difficoltà ed anzi tro v are la rag io n e di q ueste a p p a re n ti co n tra d d izio n i in u n n u o ­ vo concetto del conoscere. M en tre il conoscere era p r i ­ m a u n essere fo rm a to , u n ricev ere, diventa p e r K a n t un fo rm a re, u n a g ire , u n ’a ttiv ità dello sp irito . S arebbe fa­ cile rice rca re gli an tec ed en ti di questo concetto n ella filosofia m o d e rn a ; b asti ric o rd a re il concetto d e ll’im agin a tio che in Spinoza com pone il m ondo sensibile; le fu n zio n i d e ll’im m aginazione in H u m e e il concetto di conoscenza fenom enica in L eib n itz. M a con questo p ro ­ b lem a si com plicava p e r K a n t il p ro b lem a d ella m a­ tem atica. Vi è in noi u n a potenza creatrice occulta che suscita questo m ondo caratterizzato d a ll’o rd in e spazia­ le e tem p o ra le , m a com e accade che le leggi d i questo o rd in e (leggi m atem atiche) sono da n o i conosciute a p rio ri? E che cosa sono il tem p o e lo spazio? (A ltra fam osa controversia del tem p o ). Q ueste difficoltà sono rim osse se si considera il tem p o e lo spazio com e form e di questa potenza creatrice sensibile, form e necessarie della re altà fenom enica. A llo ra si spiega com e in u n m ondo di fenom eni abbiam o le leggi im m u ta b ili della m atem atica. Q uesta concezione, che nella D issertazione si esten­ d e solo al senso, è n ella C ritica estesa a tu tto il cono­ scere. Ogni conoscenza è u n fo rm a re, u n p lasm are se­ condo fórm e u n ificatrici insite allo s p irito ; la conoscen­ za è attiv ità un ificatrice secondo fo rm e necessarie dello sp irito , le q u ali n el caos d i fenom eni creano u n o rd i­ ne, u n m ondo stab ile, il m ondo o bbiettivo della espe­ rienza e della scienza, p e r q u in d i p erv en ire in esso alla coscienza c h ia ra di sè e dei p ro p ri co m p iti che t r a ­ scendono la re altà fenom enica. Che K a n t avesse coscien­ za di questa rivoluzione che egli introduceva nel con­

cetto del conoscere e d ella re a ltà conoscibile, lo dim o­ stra ¿1 ^paragone di sè con C o p ern ico ; il cen tro n o n è p iù il m ondo delle cose, m a l ’io ( K u n o F isc h e r: K ant, I, p. 6-9). S trano è che questo parag o n e ric o rre già in un m a­ tem atico filosofo d e ll’A ccadem ia di B erlin o , P rem ontval, che in u n a m em oria del 1761, si ch iam a il C o p er­ nico della m etafisica e p e r la stessa ragione di K a n t. N a tu ralm en te questa creazione della re a ltà da p a r ­ te dello sp irito n o n è che u n a creazione re la tiv a , una creazione che consiste n e ll’ap p re n d e re la re altà assolu­ ta secondo l ’im p erfe tta n a tu ra , e costruisce il m ondo r e ­ lativ o a noi sotto la direzione di q uelle form e in ere n ti allo sp irito che ci dirigono in questa costruzione, e fa n ­ no sì che essa sia u n a costruzione o b b iettiv a , v alida p e r tu tti gli sp iriti, u n ’esperienza. La re a ltà che è u n ita , ci è d ata nella sua m assim a dispersione com e m o lte p li­ cità sensibile, che lo sp irito con la sua a ttiv ità sintetica ricollega rito rn a verso l ’u n ità ; in ciò sta la sua a tti­ vità sin tetica, creatrice. I l m ondo è una sintesi a p rio ri. Il vero processo creato re della conoscenza è p erciò , secondo K a n t, la sin. tesi, il giudizio sin tetic o ; il processo analitico è solo u n processo secondario, sussidiario che scom pone p e r c h ia rire , arm o n izzare ciò ch e la sintesi h a creato. Q ue­ sto è il senso vero e p rofondo della fam osa e ta n to d i­ scussa distinzione fra giudizi sintetici ed analitici. D ue obiezioni ca p ita li furono m osse: a) Ilgiudizio è sem p re an alitico . Q uando dico: alcuni u o m in i sono n eri — p e r alcuni u o m in i intendo i n e g ri; perciò — i n egri sono n e ri — il che è giudizio analitico. Ma questa obiezione confonde la proposizione che esprim e il giu­ dizio con il giudizio com e atto m en tale, il quale neces­ sariam en te Io antecede ed è u n a vera sintesi, b) L ’o b ie­ zione p iù n o ta è q uella della re la tiv ità. Un giudizio è sintetico p er l ’ig n o rante, m en tre è analitico pel dotto.

(E s .: l ’oro è u n m etallo d al peso specifico di 19,3). Ma K a n t n o n riferisce la distinzione a ll’in d iv id u o , bensì a ll’esperien za norm ale. In questa vi sono collegam enti necessari di elem en ti, i q u ali concorrono n e ll’u n ità del concetto (p e r es. i c a ra tte ri fìsici, ch im ici, ecc. d e l­ l ’o ro ): essi d an n o origine a i giudizi an alitici. Vi sono p u re co lleg am en ti, necessari o n o n (es. il trian g o lo ha la som m a dei due la ti sem pre m aggiore del terzo) che no n sono e no n possono essere im p lica ti n el soggetto: q u esti d anno o rig in e ai giudizi sintetici (a p rio ri ed a p o sterio ri). L ’essenziale ad ogni m odo p e r noi è q u esto : che la conoscenza si costituisce p e r a tti successivi di sintesi: (an ch e le u n ità conocettuali derivano d a a tti di sintesi trascen d en tale). Q uesta progressione sin tetica h a p e r K a n t tre g radi che sono: il senso, l ’in telle tto e la ra g io ­ ne. I due p rim i sono le facoltà teo re tic h e um ane p er eccellenza: essi crean o il m ondo obiettivo d e ll’esp e­ rien za. L a rag io n e invece è l ’a ttiv ità sintetica che cerca d i elevarsi al d i so p ra d el m ondo sensibile, che fo n ­ dan d o si sui co ncetti della esperienza cerca d i stringere n elle sue idee l ’in tellig ib ile p u ro , e che perciò a p p u n ­ to — essendo n e ll’uom o la conoscenza legata indissolu­ b ilm e n te a l d ato sensibile — conduce alle ab errazioni ed alle co n trad izio n i della m etafisica. B isogna n o tare che an c h e questa term in o lo g ia fo n d am en tale in K a n t n o n è costante. P e r rag io ne K a n t in ten d e spesso l ’a ttiv ità sin ­ tetic a in tu tti i suoi gradi (C ritica d ella ragio ne p u ra ); in senso m eno am p io l ’in te lle tto e la ragione. Q uesta sintesi aviene secondo leggi dello sp irito ch e sono leggi d ella sua direzione verso l ’Uno e perciò valgono o b b iettiv am en te e sono anzi condizioni della v alid ità del conoscere; essa è u n a sintesi a p rio ri. Sotto questa fo rm a K a n t rinnovava e riab ilitav a l ’antico co n ­ cetto della filosofia p la to n ic a ; ch e vi è u n sapere che lo

sp irito p o rta con se e che n o n deriva da alcun a im p res­ sione e d a alcu n a esp erien za. E gli si rico n n ette q u i al concetto leib n izian o ch e l ’an im a h a il p o tere di d eriv a­ re da sè il m ondo ( T en ta tiv o d i in tro d . le grandezze neg a t., ediz. V o rlä n d er, pag. 108). S apere a p riori è sa­ p ere p e r m ezzo della ragione in d ip e n d e n te d a ll’esperienza. Il volgare è scettico di fro n te a ta le asserzione: la p rim a teo ria è l ’em pirism o. Ma è una te o ria di m enti grossolane: gli e m p irici geniali, com e H u m e, si sono ben g u ard ati d al rid u re tu tto a ll’esperienza. Si veda p e r es. il concetto di causa: com e può d eriv are d a ll’e ­ sperienza se l ’esperienza causalm ente connessa lo p re ­ su p p o n e? Così è dei concetti m o ra li: com e possono d e­ riv are d a ll’im itazione, se ogni obbligazione già li p re ­ su p p o n e? Il p a d re d e ll’ap rio rism o è P la to n e : e la te o ­ ria p lato n ica delle idee in n a te si trasm ette attraverso tu tta la storia della filosofia fino a L eibniz. N a tu ra lm e n ­ te no n si tra tta d i conoscenze p re e siste n ti: esse si risve­ g lian o , secondo P la to n e , in occasione dei sensi. Sono, secondo L eibniz, v irtu a lità dello sp irito che si svolgo­ no in occasione d e ll’esperienza. Ma noi ab biam o v ed u ­ to ch e K a n t contesta o alm eno m ette in d u b b io la fa­ coltà di conoscere con la p u ra rag io n e : in questo han n o la loro o rig in e tu tte le m iserie della m etafisica. Con lu i com incia in fa tti il nuovo concetto d e ll’a p rio ri. L ’a p rio ­ ri non è p iù conoscenza oggettiva, esp rim en te u na re a l­ tà , m a legge, funzione unificatrice, elem ento essenziale d e ll’esperienza che senza di essa non sussiste com e sa­ p e re reale. Come K a n t sia giunto a p o rre questo fa tto re a p rio ­ ri della conoscenza, no i l ’ab biam o veduto, è il suo alto concetto della scienza, la sua concezione che la scienza non è solo u n cum ulo di p ro b a b ilità sorte dalla rip e ti­ zione d e ll’esp erien za, m a u n sistem a di vere leggi, cioè d i p rin c ip ii u n iv ersali e necessari. Ma la sua giustificagione n atu ra lm e n te è p iù profonda. La peggiore disgra­

zia che p o tre b b e ca p ita rm i, dice iro n ica m e n te K a n t in un passo della « C ritica della ra g io n P ra tic a », sarebbe ch e alcuno potesse d im o strare ch e n o n vi è u n a p rio ri. Ma da questa p a rte egli aggiunge, n o n vi è pericolo p e r ­ chè sarebbe com e u n voler d im o strare con la ragione che la rag io n e n o n esiste. P e rc h è ogni m in im a a fferm a­ zione, che ab b ia la p re te sa d i v alere o b b iettiv am en te, cioè in m odo u n iv ersale e necessario, trascen d e ogni esperienza p ossibile, p erciò già im p lica anche m e n tre la nega, la facoltà dello sp irito di fo n d a re — p e r eccita­ zione della esperienza — leggi e p rin c ip i in cui gli ele­ m en ti m a te ria li sono d ati, m a il collegam ento necessario è im posto da u n a legge dello sp irito e p erciò è a p rio ri. Ogni esperienza p erciò , qu an d o venga analizzata con sagacia, si p resen ta com e u n a ta le sintesi di d a ti, se­ condo funzioni non rica v ab ili dal dato . Q u in d i il p r in ­ cipio m etodico che rico rre sem pre n e lle o p ere d i K a n t: che dove ab b iam o u n a afferm azione universale neces­ saria, lì ab b iam o u n ’azione d ’u n p rin c ip io a prio ri. L ’elem ento a p rio ri del conoscere è assim ilato da K a n t alla form a aristotelica che è l ’elem ento u n iv ersa­ le tip ic o , essenziale delle cose. S oltanto la d u a lità della form a e m ateria deve essere d alle cose tra sp o rta ta nella costituzione della conoscenza. La m o lte p lic ità dei d ati sensibili che si aggrega e si unisce secondo le leggi fu n ­ zionali dello sp irito è la m a te ria : queste leggi funzio­ n ali dello sp irito sono le form e. P o ich é vi sono tre g ra­ d i di sintesi e ciascuno h a le sue leggi fu n zio n ali, così v i sono tre specie di form e a p rio ri: form e del senso, d e ll’in telle tto e della ragione. D i ciascuna di esse v edre­ m o a suo tem p o , e in tale occasione d eterm in erem o m e­ glio il concetto d i form a. Così ab b iam o visto com e si è venuto determ in an d o e m u tan d o il p rim itiv o progetto di K a n t di stab ilire u n a n etta separazione fa i concetti del senso e q u elli della rag io n e — tra la fenom enologia e la m etafisica.

Egli h a dovuto co n statare che n o n vi sono concetti veri e p ro p rii d ella ra g io n e : p e rc h è se si spogliano d el con­ te n u to sen sib ile, n o n ci restan o ch e delle astrazioni. Q uesto n o n vuol d ire ch e siano a b b a n d o n a ti al fluire d ella sensazione; la funzione teo re tic a della ragione n o n sta ta n to n e ll’avere conoscenze p ro p rie , q u an to n el col­ leg are con leggi e p rin c ip ii fo n d am en tali le sensazio­ n i, dando così o rig ine a l m ondo d e ll’esperienza o b b ie t­ tiv a ; questo è q u e ll’asp e tto d ella ragione che K a n t dice in te lle tto , m en tre riserb a il nom e di ragione alle sintesi su p rem e del p ensiero. E p o ich é l ’esam e del senso ci h a riv elato in esso a n ­ che u n elem ento fo n d am en tale, sub b iettiv o , a p rio ri, così tu tto il conoscere si rivela com e u n processo sin ­ tetico che h a p e r risu lta to valido ed o b b iettiv o la costi­ tu zio n e del m ondo d e ll’esp erien za; m en tre il suo coro­ n am en to , n e l conoscere razio n ale p u ro , ci conduce solo in m ezzo alle illu sioni ed alle co n trad d izio n i. Q uindi il co m p ito a ttu a le è d i seguire in tu tti i suoi g rad i q u e ­ sta attiv ità sin tetica — ch e è la rag io n e p u ra — p e r vedere com e è co stitu ita e com e n e l senso e n e ll’in te lle t­ to d ia ris u lta ti o b b ie ttiv i; questa conoscenza della sua n a tu ra ci m o strerà anche com e e p erch è n ella sua fu n ­ zione m etafisica conduce a ll’e rro re . E poiché questo e r­ ro re n o n p u ò essere n ella funzione stessa, m a n e ll’uso che n e facciam o, si tra tte r à di vedere a che cosa serve la fu nzione m etafisica n e ll’u o m o ; com e deve essere d i­ re tta . (E stetica, A n alitica, D ialettica). Q uesta ricerca d e ll’elem ento razionale p u ro è q u e l­ la che K a n t chiam a ricerca trascendentale. Q uesta p a ­ ro la d eriv ata d alla scolastica, h a in K a n t un senso tu tto speciale e relativ o ai co stitu en ti a p rio ri d e ll’esp erien ­ za, ed è p erciò specialm ente rife rita alla ricerca, alla conoscenza delle facoltà e funzioni conoscitive, a p p u n ­ to in q u an to costituiscono questi elem en ti a p rio ri (im ­ m aginazione, ap p ercezione trascen d en tale), o dei loro a t­

ti (schem a, p rin c ip io , sintesi). A nzi K a n t ch iam a l a s u a filosofia idealism o trasc en d en tale , in q u an to la sua filo­ sofia è ca ra tte riz z a ta a p p u n to da ciò ch e essa vuol essere riflessione del conoscere sulle sue attiv ila , sulle? sue funzioni a p rio ri. C h iara è p erciò la differenza da trascen­ d en te. Noi diciam o trasc en d en te tu tto ciò che sorpassa, va al d i là d i ogni possibile esp erien za; e si op p o n e ad im m a n e n te che vuol d ire « com preso nei lim iti d e ll’e ­ sperien za p o ssibile » cioè non solo d e ll’esperienza re a liz ­ zata, m a anche d i q u ella fu tu ra o non re alizzab ile (p e r es. il cen tro d ella te rra ). T rascen d en te è p erciò Dio e le sue p ro p rie tà . Il trasc en d en tale h a questo di com une con l ’im m a­ n en te: che non o ltrepassa l ’esperienza, p erch è ne è u n co stituente ; ma vi si op p o n e in q u an to non d eriv a d a l­ l ’esp erien za, anzi p uò v en ir pensato in a stra tto , sep a­ rato d a ll’esperienza. Q uesta affinità ci spiega com e in Kant, stesso ab b iam o alcune volte una confusione dei d ue co n cetti: p erch è il soggetto trasc en d en tale , in q u a n ­ to n o n sia co n sid erato com e p u ra lu n zio n e, è certo una re altà trasc en d en te. O nde in K a n t talora trascen­ d en ta le è uguale a trascendente. Q uesta ricerca non d e ­ ve n a tu ra lm e n te essere confusa con u n a ricerca g eneti­ ca, storica o psicologica; l ’analisi del processo conosci­ tivo n o n n e è la sto ria. Senza d u b b io la storia è una p re p ara zio n e ed u n aiuto a ll’an alisi, m a n o n è la stessa cosa. P e r es. n el d iritto la storia m ostra com e da uno stato che si avvicina allo stato d i n a tu ra sorge la società; ivi essa m ette in lu ce la co n tin u ità causale. Ma questo non vuol d ire ch e la società sv ilu p p ata n o n contenga id e a l­ m en te n u lla d i p iù di q u an to vi e ra n ello stato d i n a tu ra , che cioè si tr a tti d i u n p u ro processo m eccanico, di sp o ­ stam ento d ’elem en ti. Si svolgono n el corso del divenire concreto nuove fo rm e di v ita; p rin c ip ii id eali che erano p u re po ten ze si esplicano com e p rin c ip ii d o m in ato ri; e n ­

tra n o in azione i fa tto ri no n co n ten u ti m ateria lm e n te n e ll’inizio. L ’analisi chiede q u ali di questi p rin c ip ii o fa tto ri è il p iù essenziale, che dirige an ch e come potenza tu tto lo svolgm ento. Q ui è necessario u n occhio b en p iù sagace che quello dello storico. Così nella conoscenza: dalla ra p p resen tazio n e d e l­ l ’an im ale al pensiero del filosofo la storia ci m ostra una c o n tin u ità ; ma l ’anilisi p re n d e il fatto nella sua com ­ plessità p iù alta p er in dagare ciò che in esso è direttivo ed essenziale, e p e r q u est’analisi anche la storia è una conoscenza come u n ’altra . È vero che in ap p aren za a n ­ che q u est’analisi ci ra p p re se n ta sem pre la conoscenza com e u n processo storico, u n a sintesi progressiva; m a questo deriva solo d al fatto ch e no i dobbiam o ra p p re ­ sen tarci tu tto n el tem p o . E se pensiam o ch e anche il tem p o è u n m om ento d i questa sintesi, ciò vuol dire che n on è un processo storico, m a u n a gradazione e si­ stem azione di valori e di re altà. Ma se non è una constatazione storica, com e avvie­ ne questa an alisi? Su che si fonda se non su ll’esp e rien ­ za di ciò che avviene? Su l ’autocoscienza trascendenta­ le. Come nel fatto m orale la coscienza della legge m o­ ra le e la coscienza della volontà istintiva non sono constatazioni dello stesso grado, fatte da un io esterio ­ re ad esso, m a u n diverso grado di vita d e ll’io a cui s’accom pagna un diverso grado di coscienza; così l ’a u to ­ coscienza dei p rin c ip ii razionali s’im pone com e q u a l­ che cosa di necessario e di assoluto di fro n te alla m o l­ te p lic ità sensibile. È V autoriconoscim ento d e ll’io razio­ n a le. La coscienza di pensare, in qu an to pensiero, dice K a n t, è coscienza trascen d en tale, non esperienza. In ciascuno dei g radi della sintesi, le risp ettiv e form e o fu n ­ zioni u nificatrici costituiscono un sistem a di p rin cip ii p u ri, costituente la scienza p u ra . Le form e del senso costituiscono la m atem atica, l e , form e d e ll’in telletto la fisica pura; le form e della ragione aspirano alm eno a

co stitu ire la m etafisica. L 'esistenza di queste discipline p u re è p e r K a n t u n a co n tro p ro v a d ella re a ltà delle form e a p rio ri; senza d i cui il loro v alo re ap o d ittico sarebbe in esp licab ile. L ’esam e dei diversi gradi della sintesi conoscitiva p u ò anche essere fa tto sotto questo asp e tto ; e allo ra si co m p ren d e la posizione del p ro b le m a n e i « P rolegom e­ n i » : com e è p o ssib ile la m atem atica p u ra ? Com e è pos­ sib ile la fìsica p u ra ? È p ossibile la m etafisica, e se è p o ssib ile, com e? La rag io n e d ella d iv ersità di q u est’ultim a d o m an d a no n h a bisogno di sch iarim e n ti. Ma la critica della rag io n e, n e ll’in d ag are la n a tu ra d e ll’ele­ m ento razio n ale p u ro e delle sue creazio n i d ire tte , m e t­ te in luce an ch e la sua fu n zio n e p rin c ip a le che è la co­ stitu zio n e d e ll’esp erien za; la C ritica d ella R agion p u ­ ra è anche u n a teo ria d e ll’esperienza. Da questi p r e ­ lim in ari generici sul p u n to d i vista di K a n t è già possi­ b ile vedere q uale sia stata la rivoluzione da lui in tro ­ d o tta n el pensiero filosòfico. Esso a p re v eram en te u n ’era nuova, l ’era del rico n o ­ scim ento che l ’io ed il m ondo n o n sono en tità assolu­ te , ma creazioni dello sp irito . L a re a ltà assoluta è il l i ­ m ite inaccessibile della n o stra conoscenza; m a ogni sp i­ rito finito è q uesta realtà assoluta m edesim a che im ­ p erfettam en te si pensa e che, asp iran d o a rista b ilire q u est’u n ità , crea dal m ondo caotico che p o rta in sè u n ’u n ità re la tiv a ; da questa creazione h anno orig i­ n e l ’io ed il m ondo che noi conosciam o. Q uindi i se­ g reti p iù a lti li p o rtiam o in n o i, n e ll’a ttiv ità nostra m e­ desim a, che è ciò che deve servirci a co m pren dere tu tto il resto, p erch è tu tto ne dipende. Svanisce q u in d i l ’antico dogm atism o che conside­ rava queste creazioni nostre com e re a ltà assolute e p e r ­ ciò erigeva in re altà assolute, non solo ciò che esse h a n ­ no in sè di assoluto, ma anche le form e sensibili, u m a ­ ne, che p e r noi necessariam ente rivestono e velano 1 as-

soluto. Di q u i la soggettività, le co n trad d izio n i e le as­ su rd ità della m etafisica tra d iz io n a le , che cela in sè una p ro fo n d a v erità , m a la nasconde in u n grossolano a n tro ­ pom orfism o. Svanisce del p a ri la negazione o pposta, l ’em p irism o , che si acquieta in questa creazione finita e, m isconoscendo l ’attiv ità assoluta che in essa si esp li­ ca, nega ogni valo re assoluto. A n c h ’esso nella negazio­ ne d ’ogni afferm azione assoluta riesce infine a lla con­ trad d iz io n e ed alla negazione di se stesso. Q uesto con­ trap p o sto del dogm atism o e dello scetticism o, in cui si erig e com e terzo m om ento il criticism o, è u n a classifi­ cazione n uova, p ro p ria del k an tism o ; essà rico rre nella p refazio n e della C ritica ed è stata rip e tu ta in n u m e re ­ voli volte n ella scuola. Q uesta classificazione è vera e p rofonda e va o ltre il cam po d ella filosofìa. A nche n ella relig io n e abbiam o da u n a p a rte il dogm atism o ch e afferm a u n a verità m a l ’avvolge d i elem e n ti in fe rio ri, d a ll’a ltra lo scetticism o che p e r effetto d i questa degenerazione respinge anche la v erità ch e il dogm atism o contiene. Il p en siero critico si accorda con Io scetticism o n ella negazione d e ll’elem ento dogm atico, m a si accorda con il dogm atism o n el riconoscim ento della v erità t r a ­ scendente. Esso n on è u n a soluzione d eterm in a ta , m a u n av viam ento, u n ’eccitazione a su p erare le fasi in fan ­ tili del p en siero religioso che è ca ratterizzato a p p u n to da questa opposizione. E così in filosofìa il pensiero critico n o n è u n sistem a, m a u n indirizzo, un nuovo p ia n o d i pensiero che ci pone d in n an zi a nuovi p ro ­ b lem i ed a nuove soluzioni, ad u n ’o p era che K a n t h a a p p e n a in iziato . P e r ciò esso è la condizione d ’ogni p en siero vivo, che guardi verso l ’avvenire.

IL

SENSO / '

L ’elab o razio n e del conoscere fenom enico ha due g rad i q u alitativ am en te d istin ti d alle risp ettiv e fo rm e: il 6enso e l ’in telle tto . Q ui K a n t n o n fa ch e rito rn a re a ll’an tica d istinzione scolastica tra le p ro p rie tà d e ll’en te che si riferisco n o a ll’esistenza — spazio e tem p o — e le p ro p rie tà che si riferiscono a ll’essenza « u n u m ve ru m e t b o n u m ». K a n t n e ll’a n a litic a critica le categorie in te l­ lettiv e trad izio n ali. E gli rig e tta la te o ria leib n izian a secondo citi il senso n o n era che la visione confusa del conoscere in ­ tellettiv o . ( C ritica R ag. P ura ediz. V a le n tin e r, pag. 9697). I leib n izian i stabilivano tra il senso e l ’in te lle tto u n a sem plice distin zione q u an titativ a d i ch iarezza: la conoscenza sensibile è la conoscenza d ’u n grande n u ­ m ero d i elem en ti che lo sp irito abbraccia d ’u n colpo e p erciò in m odo confuso e in d istin to ; la stessa cono­ scenza q u an d o venga d a ll’an a lisi ristre tta ad u n solo elem ento d iventa c h ia ra e d istin ta , e dicesi conoscenza in telle ttiv a . Secondo K a n t invece n o n vi è transizione insensibile, m a differenza specifica. I l p rim o g rado di conoscenza è la conoscenza del senso n o n an eo ra in tellettiv am en te elab o rato . È una

astrazio n e p erch è la n ostra conoscenza em p irica è già tu tta intessu ta dalle categorie, ed in questo p rim o grado è già elab o razio n e form ale e unificazione. Le form e e la b o ra tric i sono: lo spazio e d il tem p o . La te o ria che identifica la re altà sensibile con la re a ltà spaziale-tem p o ra le n o n è nuova : K a n t non ha fatto che d eterm in a rla con m aggior rig o re. A nche in M alebranche e S pinoza la estensione divina è estensione in tellig ib ile, che è ben a ltro d a ll’estensione d ivisibile, sensibile. L eibniz ha elim in ato questa d istinzione insostenibile relegando la spazialità n e ll’o rd in e fenom enico. Q ui sorgono m olte questioni. La p rim a è q uesta: com e K a n t distingue il tem p o e lo spazio nel seno d e ll’esp erienza d al resto del d ato ? È una sem plice con­ statazione psicologica od una conclusione logica? È una co n statazione trasc en d en tale ; n e ll’io che afferm a il loro c a ra tte re fo rm ale si afferm a l ’autoposizione stessa delle fo rm e; è u n a d istinzione trascen d en tale logica. Q uesta n a tu ra trascen d en tale si rivela a se stessa p e r i c a ra tte ri d e ll’essere trasc en d en tale : l ’universalità e la necessità. E questi sono i c a ra tte ri ch e K a n t nella deduzione m etafìsica (d istinzione trascendentale) pone in rilievo p e r d im o strare il carattere form ale dello sp a­ zio e del tem po. P ren d iam o l ’esperienza d ata ed elim iniam o tutto quello che è o rd in e in telle ttiv o ; quello che resta è ciò che K a n t ch iam a l ’intuizione em pirica. O ra in essa noi tro v iam o u n a m o ltep licità di elem en ti, ciascuno dei q u a li esp rim e p e r sè un contenuto p u ra m e n te q u a n tita ­ tiv o , ch e sono o rd in a ti secondo un d u p lice o rd in e: il tem p o e lo spazio. C he cosa sono questi due o rd in i? 11 p ro b lem a occupa in p a rtic o la r m odo la filosofìa del X V III secolo. La soluzione com une è che siano come d u e en tità assolute, che sono p e r accogliere tu tto i:l re ale in sè, e no n sono, tolto questo, n u lla di reale. È la soluzione del realism o. (E ulero - R iflessioni sullo

spazio e sul tem p o , 1748). Pei- L eibniz sono sistem i di ra p p o rti tra le u n ità e lem e n ta ri fenom eniche; ma q u e ­ sti ra p p o rti h an n o dei c a ra tte ri ben p a rtic o la ri e si riv e­ lano com e due g randi sistem i in cui ciascun singolo ra p p o rto è collegato necessariam ente con la to ta lità . K a n t ad d u ce a questo pro p o sito q u e ll’esem pio, che già era stato u tilizzato da lu i in una m em oria del 1768: « D el fo n d a m en to della d istin zio n e delle d irezio n i nello spazio », dove m o stra che negli oggetti sim ili, m a in ­ co n g ru en ti, i ra p p o rti in te rn i sono id en tici, m a d iffe­ riscono n ella d irezione, cioè nel ra p p o rto con la to ta ­ lità . Di p iù ci ap p aio n o com e qualch e cosa di universale e d i necessario. P ren d iam o com e esem pio il tem po. Ogni elem ento ci a p p a re necessariam ente in un o rd in e, ch e non è qu alch e cosa di risu lta n te dagli elem en ti, ma q u alch e cosa di p reesistente. P ossiam o a n n u llare col p en siero gli e lem e n ti; ci resta il tem p o vuoto com e astrazio n e; m a to lto il tem p o sono to lti gli elem enti. U n d ato o rd in e tem p o rale n o n p u ò essere m u tato senza m u tar gli elem e n ti; m a si possono m u tare gli elem enti senza toccarne l ’o rd in e tem p o ra le . In terzo luogo, il tem po ci a p p a re com e qualch e cosa di in fin ito ; ogni tem p o lim itato ci a p p a re com e u n a lim itazio n e che p r e ­ su p p o n e u n a to ta lità infinita. Infine i ra p p o rti suoi sono q u alch e cosa d i necessario n el senso che possono venire espressi in leggi costitutive a p rio ri, in d ip en d en ti d a l­ l ’osservazione; l ’a p rio ri della m atem atica. D a queste co n siderazioni K a n t è tra tto alla conclusionè~cIie spazio e tem p o sono form e a p rio ri d e ll’intuiz"Iónè; leggi secondo le q u ali si costituisce la re a ltà d el­ l ’in tu izio n e sensibile. Com e debba essere inteso cioè, è q u an to vedrem o o ra poco p e r volta. Ma p rim a d o b ­ biam o accen n are alla q u estio n e: p erch è queste due fora­ m e? Il senso n o n è forse unico? K an t risolve la questione p onendo d u e a ttiv ità d el sonso : il senso in tern o (tem po) e il senso esterno (spazio).

Q uesta teo ria del senso in tern o è uno dei p u n ti co n ­ testab ili e controversi d ella d o ttrin a k a n tia n a circa la conoscenza sensibile. Sta di fa tto , alm eno secondo la constatazione p iù im m e d ia ta, che tu tto il contenuto di tu tta la n o stra conoscenza è, com e ta le , u n sen tire in ­ te rn o , u n fatto d e ll’io ; m a che. u n a p a rte di questo co n ten u to p u ò a n c h e essere considerato a sè, com e in d ip en d e n te d al n o stro a p p re n d e re ; e questo contenuto è q u ello che noi diciam o a llo ra « senso esterno ». Q uesto stato d i fatto è da K a n t in te rp re ta to in questo senso: che le n o stre ra p p resen ta zio n i sono co n ­ d izio n ate d alla form a dello spazio; perciò noi a p p re n ­ diam o il m ondo della re a ltà com e u n m ondo di estesi coesistenti. Ma l ’a ttiv ità stessa d e ll’io com e a ttiv ità ra p ­ p resen tativ a, n o n p e rv ie n e a lla coscienza d e ll’io ch e in q u an to essa affetta l ’io, onde h a un vero senso in te rn o ; ossia l ’attiv ità stessa d e ll’io non è ap p resa se n o n p e r mezzo d ’u n ’unificazione form ale che ci dà il tem po. Q u in d i, e questa è la conseguenza p iù im p o rta n te p e r K a n t, anche l ’io è ap p reso soltanto fenom enicam ente e non già com e è in sè. Il m ondo delle rap p resen ta zio n i ci a p p a re com e esteso nello spazio, m a questo m ondo e l ’attiv ità n o stra p e r cui lo ra p p resen tiam o ci ap p a re p o i an ch e com e esteso n el tem p o , che è la form a più u n iv ersale, in qu anto si estende e al contenuto delle rap p resen ta zio n i d e ll’io, e d alla attiv ità rap p esen tativ a d e ll’io. Vi è in questa teo ria k a n tia n a più di u n p u n to d eb o le; senza che tu tta v ia ciò contrasti con la teo ria g en erale della sen sibilità. C erto essa sem bra co n tra sta­ re con il concetto com une che vorrebbe che noi a p p re n ­ dessim o d irettam en te nel nostro io la re altà in sè: teo­ ria di Lotze e di S chopenhauer. T u ttav ia anche p er S ch o p en h au er la volontà non è infine an co ra la re a ltà in sè; è sem pre vista nel tem po. Il S innnel dim o stra ch e in re a ltà ogni atto in tern o è la posizione d ’u n io-soggetto, che ad esso si co n tra p p o n e:

p e r es. q u an d o noi consideriam o il nostro passato o ci osserviam o. ■ A d ogni atto in te rn o è in e re n te u n certo grado di atten z io n e ; o ra l ’atten zio n e è la posizione d ’u n io che osserva. Com e d o b b iam o d u n q u e riso lv ere la questione? In re altà tu tti gli a tti d el senso debbono essere consi­ d e ra ti sotto u n d u p lice a sp e tto ; com e co n ten u to e com e attiv ità fu n zio n ale. C om e contenuto tu tto si subordina a ll’u n ità spaziale; e q u est’u n ità spaziale ci si p resen ta già fa tta e fo rm ata ( il m ondo), m a la sua form azione è an co ra tra sp a re n te . N on solo n o i distin g u iam o tr a gli elem en ti su cui qu esta n o stra in tu izio n e spaziale sem ­ b ra d ire tta m e n te fo n d a ta (sensazioni ta ttili e visive) e q u e lli che si sono ad essa p o sterio rm e n te su b o rd in ati (sensazioni di a ltri o rd in i); m a n ella stessa sua costi tu izio n e definitiva vi è u n a p a rte che h a l ’a p p a ren z a di una conclusione. (L a te o ria della p ro iezio n e, l ’inferenza d i H elm h o ltz, gli e rro ri dei sensi, ecc.). C om e a ttiv ità fu n zio n a le tu tto si subordina alla fo r ­ m a d el tem p o . E p erch è an ch e il co n ten u to vi si su b o r­ d in a ? P e rc h è inconsciam ente lo in te rp re tia m o su ll’a n a ­ logia d e ll’attiv ità fu n z io n a le; questo è l ’inconscio id e a ­ lism o d i ogni realism o. V i è q u in d i u n costante p a ra lle ­ lism o delle d ue form e com e i d u e a sp e tti della n o stra ra p p resen ta zio n e sensibile: in q u an to essa ci p resen ta il dato ra p p re se n ta to com e il no stro io (tem p o ) e ce lo p resen ta, n el suo co ntenuto, com e u n n o n io (spazio) ch e p u re n o n p u ò essere pensato che n ella form a d e ll’io (o n d e a n c h ’esso è n el tem po). Q uesto p arallelism o si esten d e p e r tu tto il contenuto in te rio re , in qu an to p e r tu tto il co n ten u to si estende il p arallelism o tra cono­ scere ed agire. A nche le p assioni, i sen tim en ti, ecc. non sono senza u n co n ten u to ra p p resen ta tiv o , e questo è sp a­ ziale. A nche l ’im m aginazione h a u n contenuto sp aziale; gli spazii im m ag in ari si som m ano allo spazio reale in un solo spazio. E così è anche del pensiero a stra tto : anche

se q u i è messo in riliev o l ’asp e tto fu n zio n ale esso vale sem p re solo d ’u n a re a ltà spaziale. V i è solo u n p u n to n e lla coscienza che si so ttra e al tem p o ed allo spazio: il c e n tro , l ’io trasc en d en tale . P e r esso pensiam o ch e l ’io ab b racc ia tu tto lo spazio e il tem p o , m a esso n o n h a co n ten u to e p u ò solo essere p en sato , n o n ra p p re se n ta to . È l ’u n ità fo rm ale n ella sua pu rezza. Q uesto è u n aspetto ch e K a n t n o n con sidera nè n e ll’estetica, n è n eW analitica. In com plesso q u in d i la te o ria k a n tia n a n o n p u ò essere so stenuta le tte ra lm e n te ; m a nelle sue conclusioni fo n ­ d a m e n ta li è vera. U n ’a ltra qu estione deve essere, se non riso lta, e li­ m in a ta , p rim a di p ro c ed ere o ltre . D onde viene allo sp i­ rito n o stro il m o ltep lice sensibile? È fu o ri di d u b b io che le espressioni d i K a n t sem brano au to rizzare la te o ­ ria d i u n a azione d elle cose, degli oggetti sopra d i noi. O ra la p a ro la oggetto h a in K a n t d u e sensi (com e già la p aro la o b iectu m n ella « D issertazione » del 1770), spesso confusi. O ra designa l ’oggetto fenom enico; e in questo senso n o n si pu ò ev id en tem en te p a rla re di u n ’azione d e ll’og­ getto sul senso p erch è l ’oggetto è costruito d a ll’in te l­ le tto . Q uando noi rife riam o u n contenuto della sensa­ zione a d u n oggetto, n o n facciam o in re altà che su b o r­ d in are questo co n tenuto — com e u n n o n io — ad u n a u n ità co n c ettu ale; l ’azione causale è solo una espres­ sione figurativa ed im p ro p ria che ra p p re se n ta il ra p ­ p o rto tra noi e le cose su ll’an alo g ia d e ll’azione tra due oggetti fisici. * O ra designa l ’oggetto in sè, oggetto m etafìsico, noum enico. A nche in questo caso n o n si può p a rla re di u n ’azione delle cose in sè su ll’io ; la categoria di causa è in ap p licab ile a ra p p o rti noum enici. Q uesta difficoltà v errà in p a rlic o la r m odo apposta dai p rim i critici: Schulze, S ch o p en h au er, B eck, M aiinon. C he cosa voleva dire du n q u e K a n t con q u est’azione? E com e dobbiam o

p en sare l ’o rig in e del dato sensibile? Con questa espres­ sione K a n t h a voluto solo o p p o rre il ca ra tte re passivo del dato alla sp o n tan eità dello s p irito ; è ciò a cu i ci tr o ­ viam o di fro n te senza cooperazione n o stra ; è la realtà q uale è o pposta nello stato o rig in ario d el nostro sp i­ rito ; è la form a iniziale di id e n tità d e ll’essere nostro e delle cose, id e n tità che tosto noi rip u d iam o p e rc h è la convertiam o p e r mezzo delle form e in u n a id e n tità p iù a lta ; è la com unione di vita che ci è data senza coope­ razione n o stra e q u in d i in fondo n o n n o stra e non defi­ n itiva. Questo d iv errà p iù c h iaro in seguito. A d ogni m odo p er o ra b asta elim in a re il sospetto d ’u n a posizione co n tra d d itto ria . Il m ondo ci è d ato com e coscienza; m a nello stesso tem p o com e re a ltà ch e si su p era e che siam o ch iam ati a p e n e tra re ed a im m edesim arci. La m o lte p li­ cità sensibile è la p rim a fo rm a di questo d a to ; la e la b o ­ razione delle fo rm e dello spazio e del tem p o è il p rim o ten tativ o di rid u rla ad u n ità e d i assim ilarla a lla u n ità clic è in noi. T u tto ciò ch e K a n t dice della re cettiv ità d el senso, d e ll’azione esercitata dalle cose su di no i (n el senso estern o ) e dallo sp irito stesso su d i sè (n e l senso in tern o ) n o n è che u n a d a tta m e n to d id a ttic o ; certo p erò non è giunto qui a conclusione definitiva e p re cisa, onde le difficoltà che p resen tò subito a i p rim i opp o sito ri. V eniam o o ra a d eterm in a re il concetto di fo rm e a p rio ri. I l p u n to d i p arte n za p e r K a n t è quello che a b ­ biam o v ed u to : che la re a ltà em p irica p u ò essere scom ­ posta d i u n in d efin ito n u m ero di elem en ti (la m ateria del conoscere) e in u n certo n u m ero di ra p p o rti unifica­ tori che ten dono a strin g ere questi elem en ti, in qu an to sono co n sid erati com e processi della coscienza n e ll’u n ità del tem p o , in q u an to co n sid erati n el loro contenuto n e ll’u n ità dello spazio. Q uesti ra p p o rti costituiscono p e r. ciò due sistem i; tu tti i ra p p o rti spaziali fanno p a rte d ’un unico spazio e tu tti i ra p p o rti d i te m p i d ’u n unico

tem p o . A q uesta a ttiv ità u n ificatrice K a n t dà il nom e d i fo rm e. La d istin zione d i m a te ria e d i form a è classica n ella filosofìa; la fo rm a è l ’elem en to universale, tip ico , essenziale, u n ifica to re; K a n t non h a fatto che rich ia m a re ed a p p lica re specificatam ente al processo conoscitivo l ’antico concetto aristotelico. Il fatto stesso che le form e sono processi che o rd i­ nano il m o ltep lice sensibile in sistem i d i ra p p o rti, dice che esse sono a ttiv ità unificatrici. A nche qui K a n t non è sem p re costante. Q uesto è stato il suo concetto o ri­ gin ario . N ella « D issertazione » la form a del senso è d e tta : lex quaedam , m e n ti insita, sensa ab obiecti praesen tia orta sib im et coordinandi (P a r. 4). Q uesto è in co n trad d izio n e con l ’opposizione che spesso K a n t in tro d u ce fra la recettiv ità p u ra — rife rita al senso — e la sp o n tan eità p ro p ria d e ll’in telle tto . E d è an ch e in co n trad d izio n e co n l'a z io n e da K a n t rife rita alle categorie d ella q u a lità e della q u a n tità , che non fanno se n o n rip e te re l ’azione co o rd in atrice delle ca te­ gorie del senso. È questo u n o dei p u n ti n ei q u ali K a n t n o n è giu n to a co m p leta chiarezza. Se tu tta v ia n o i vogliam o te n e r ferm a la distinzione fo n d am en tale tra senso e in te lle tto , — in co rrisp o n ­ denza alla distin zio ne fra ra p p resen ta zio n e e concetto — p o ich é n ella d eterm in azio n e d ei ra p p o rti q u a lita tiv i e q u a n titativ i n o n vi è n u lla d i concettuale ( alm eno in via essenziale), così dobbiam o qui co nsiderare il tem p o e lo spazio com e fo rm e unificatrici, a lla cui azione è do­ vuta l ’organizzazione m atem atica della realtà. Sono p er d i p iù form e unificatrici a p r io r i: anche q u i le espressioni di K a n t p o treb b e ro in d u rre n e ll’o p i­ n io n e che si tra tti di rap p resen ta zio n i in n ate. Questo è falso. Esse n o n sono rap p resen ta zio n i che antecedono n el tem p o , m a che condizionano ogni conoscenza sensibile. Sono sistem i di leggi, di ra p p o rti necessari che si svolgo­ no co n tem p o ran eam ente a lla conoscenza sensibile ed a

cui questa deve su b o rd in arsi. M a questa a p rio rità è a n ­ che intesa spesso nel senso di su b b iettiv ità ; sono com e le form e in e re n ti al soggetto con cui questo traveste il d ato. A nche q u i bisogna che ci arrestiam o . K a n t nella sua critica accentua la soggettività; e ciò si com prende. E gli vuol accen tu are che lo spazio e il tem po non a p p a r­ tengono alle cose in sè, n o n sono n u lla d ’assoluto; p e r­ ciò rilètte in rilievo che sono form e della re cettiv ità, a p p a rte n e n ti ai fenom eni, condizionate d al soggetto e dal suo m odo “di in tu ire le cose. C erto essi h a n n o realtà em p irica , vale a d ire valgano p e r il m ondo dei n o stri sensi; m a h an n o idealità tra scendentale; vale a d ire che, com e si esp rim e il L ieb m an n : « essi sono e valgono solo nel m ondo delle n ostre ra p p re se n ta z io n i, p e r il nostro senso, e quello degli esseri sim ili a n o i; e che cessando d i esistere questi esseri, essi cessano di essere così com e sono ». K a n t p erò si esprim e u n p o ’ diversam ente e dice jh e , fuori di noi n o n sono p iù n u lla ; il che sem bra im ­ p lich i che essi sono p u ra m e n te e sem plicem ente m odi n o stri p u ra m en te su b b iettiv i e ch e falsano, travestono le im p ressio n i. A questa falsa in te rp re ta z io n e h an n o c o n ­ trib u ito spesso gli im p ro p ri p a ra g o n i; S ch o p en h au er le in ten d e in questo m odo. Ma questa in terp re tazio n e è falsa. Soggettivo in vero e p ro p rio senso, è solo il m ondo dei d ati della sensazione; il form ale è ciò che lo o b b ie t­ tiv a; le form e dello spazio, e del tem p o lo dispongono in u n a serie tem p o ra le , in u n m ondo esteso; esse hanno già qu alch e cosa di obbiettivo p erch è sono quelle che ren d o n o possibili i ra p p o rti m atem atici. Le form e sen­ sib ili anziché p redisposizioni soggettive che ci separano d alla re altà, ci avvicinano anzi alla re altà, non tra v e ­ stono il m o ltep lice sensibile, m a lo traducono in una sintesi che è forse ancora in ad eg u ata alla re altà ed a form e p iù a lte d i sintesi, m a in ogni m odo sono già un p o ten ziam en to la cui necessità a priori non deriva dal

la tto che ineriscono aJi’in d iv id u o , m a dal fa tto che sono la re altà vera di fro n te alle parvenze del m o lte­ plice. C erto ciò n on esclude che di fro n te ad un grado su­ p e rio re , decadono al grado di p u re form e re la tiv e ; q u e­ sta è la loro vera su b b iettiv ità. Ma l ’in sè n o n è l ’in sè nudo d ’ogni p o ten ziam en to fo rm ale, bensì l ’in sè com e vertice del p o ten ziam ento form ale. A llora si risolve anche la difficoltà sollevata da H e rb a rt; p erch è vediam o q u i q u est’oggetto ro to n d o , là q u a d ra to ? Ciò sem bra avere u n a ragione em p irica. Ma lo spazio e il tem p o n o n sono due form e n u d e che lo sp irito getti sulle cose, sono unificazioni fo rm a li; la lo ­ ro diversificazione h a la sua ragione m ateria le n el fa t­ to re m ateria le , m a ciò n o n d etra e alla loro u n ità e p u ­ rezza fo rm a le ; com e la diversificazione dei doveri nei singoli in d iv id u i n o n toglie a ll’u n ità e purezza della legge. P e r cui è in p erfetto accordo quando K a n t consi­ dera lo spazio e il te m p o com e specie di visione n el senso d e ll’u n ità divina. Lo spazio è detto n ella « D isertazione » (p a ra g . 22) « o m n ip raesen tia p h en o m en o n », il tem po a ae te rn itas p h ae n o m en o n ». Lo spazio è com e la presenza di Dio nella m o lte­ plicità sen sib ile; è l ’u n ità che collega spazialm ente (e tem p o ralm en te) le cose, è com e il sim bolo sensibile d el­ l ’u n ità divina. Q uesta è u n a concezione che risale alle p rim e o rig in i del pensiero k a n tia n o e che K a n t h a sem ­ p re m an ten u to , n atu ra lm e n te m odificandola secondo le v arie fasi del suo sistem a. A ncora nelle sue « L ezio n i d i m etafisica » del 1790 rip ete le espessioni della « D is­ sertano »; respinge la teo ria di N ew ton che ne fa u n a specie di organo della presenza divina. P erciò ancora nella « D isertazione » del 1770 poteva considerare co­ m e affine (p ro x im e adest) la teo ria di M alebranche che vede tu tto in D io; vedere le cose n e ll’u n ità dello sp a­ zio è in un certo senso vederle in Dio. Ciò, è facile ve-

d erlo , conduce b en lontano dalla te o ria dello spazio e del tem p o com e p u re form e assolute soggettive della re a t­ tiv ità. - K a n t ch iam a le torm e a p rio ri del senso in tu izio n i p u re od a p rio ri; è questa denom inazione clic ha dato origine a tan te false in te rp re ta z io n i. P oiché esse costi­ tuiscono la p a rte p u ra d e ll’in tu izio n e sensibile, K a n t le chiam a in tu izio n i p u re ( Critica della ragion pura, ediz. V a len t., pag. 76-77). Egli le ch iam a anche così p e r di¡stinguerle dai concetti. Le form e p u re d e ll’in telle tto h an n o p er risu ltato di costituire delle u n ità co n cettu ali, p e r es. le categorie di sostanza fo rm an o l ’u n ità concet­ tu a le d e ll’essere sostanziale in d iv id u ale (concetto in d i­ viduale) che è già qualche cosa di generale risp etto alle rap p resen tazio n i singole dello stesso; le form e del senso costituiscono delle u n ità sensibili assolutam ente singole. Le u n ità co n cettu ali sono legate fra loro da ra p p o rti co n c ettu ali; le u n ità sensibili sono legate da ra p p o rti com e la p a rte al tu tto . P erc iò K a n t attrib u isce alle form e a p rio ri del senso u n c a ra tte re in tu itiv o . ( C ritica della ragion p u ra , ediz. V a le n t., pag. 80-87). Ma questo n o n vuol d ire che lo spazio e il tem p o siano re alm en te in tu iti a p rio ri, ch e noi possediam o an te rio rm e n te ad ogni r a p ­ p resentazione sensibile u n a ra p p resen ta zio n e in tu itiv a dello spazio e d el tem p o in fin ito ; u n vero assurdo. Noi •non ab b iam o m ai il tem p o e lo spazio com e due oggetti sep a rab ili re alm en te d al co n ten u to ; essi sono due a stra ­ zioni, due sistem i di ra p p o rti che si svolgono sim u lta­ n eam ente alla esperienza ed alla scienza, m a non ne d eriv a n o ; questo vuol d ire K a n t qu an d o dice che noi li •possediam o a p rio ri. C redere ch e la intuizione a p rio ri dello spazio sia la vaga ra p p resen ta zio n e dello spazio sensibile o d ’u no spazio im m aginario sarebbe com e cre­ dere che la form a geom etrica del circolo sia uno spazio circo lare re ale o im m aginario. La form a geom etrica del circolo è un sistem a d ’innum erevoli relazioni im p licite

d ie il tracciato d ’una circonferenza adom bra soltanto, e che vengono a poco a poco scoperte e p o rta te alla coscienza. P e r questo soltanto K a n t può d ire che le in tu i­ zioni a p rio ri dello spazio e del tem po sono fondam ento d i u n sistem a di scienze fo rm ali della m atem atica ; ciò clic n on av reb b e d iversam ente alcun senso. G ià ab b iam o veduto che l ’esistenza della m atem a­ tica era stata p e r K a n t com e lo scoglio contro il quale veniva ad infran g ersi ogni ten tativ o scettico di risolvere il conoscere in u n flu ire di rap p resen ta zio n i soggettive. Il rig o re e la v alid ità assoluta delle proposizioni m a te ­ m atich e non av reb bero im portanza se la m atem atica fosse u na discip lin a d e d u ttiv a ; si capisce che, poste certe prem esse, se ne ricavi p o i con assoluto rigore u n a serie di conclusioni. O ra la concezione che dom inava al tem po di K a n t (e che dom ina ancora oggi tra i m atem atici) faceva della scienza m atem atica una deduzione logica, d eriv ata da u n certo n u m ero di concetti sem plicissim i ricav ati con u n certo a rb itrio d a ll’esperienza, di conven­ zioni fo n d am en tali. Lo spazio sensibile è secondo L eib ­ niz u n a trad u z io n e secondo il senso d ’un o rd in e in te lli­ g ib ile; m a in ogni m odo è solo u n a trad u z io n e; e noi la conosciam o solo p e r via di esperienza. La m atem atica rip o sa perciò su astrazioni derivate d a ll’esperienza, com e ogni co n cetto em p irico , ed h a u n a chiarezza ed evidenza m aggiore solo p e r l ’estrem a sem plicità e trasp a ren z a delle sue nozioni fon d am en tali. Q uindi le sue deduzioni possono avere u n a necessità logica intrinseca senza che possano p re te n d e re ad u n ’assoluta validità obbiettiva. P e r es. la m atem atica deduce l ’assoluta div isib ilità della m a te ria : ciò non vuol d ire che realm en te essa sia tale. i C ontro questa concezione K a n t o p p o n e: 1) che la m atem atica è u n a costruzione sin tetica; 2) che la m ate­ m atica è u n a costruzione a p rio ri. 1) i.a m atem atica non è u n a deduzione logica, non

è co stru ita p e r via di razio cin ii p a rte n d o da co n cetti; m a è co stru ita p e r u n processo di sintesi. K a n t si è esteso tro p p o brev em en te sui m eto d i della m atem atica ed anche qui ci posiam o estendere poco. (S i veda n ella « Logica » del W u n d t il cap ito lo relativ o , voi. I I , 3“ ed iz., pag. 117119). N on si p uò p a rla re anzi d ’un m etodo della m a te ­ m atica m a dei m eto d i; in lin ea generale si possono però rid u rre ad u n a costruzione p e r sostituzioni, pro ced en te da in tu izio n i sin tetich e fo n d am en tali. P ren d iam o p e r es. la costruzione della m o ltiplicazione. Si p a rte d al p ostulato che ad u n n u m ero N si p u ò sem pre aggiungere u n a u n ità, N + l onde l ’addizione. C hiam ando N ’ il N + 1 , si ha d i nuovo N ’ + 1 e così, sostituendo, N + 1 + 1 = N ” , ecc. Così possiam o avere N + N che è N + 2, ecc. In questa costruzione si h a u n p u n to di p a rte n z a : il p o ­ stu lato N + l , che è in re a ltà u n a in tu izio n e sintetica, no n un concetto g enerale. In o ltre la sostituzione è anche possibile solo p e r u n a in tu izio n e sintetica d e ll’om oge­ n eità della serie delle u n ità . La m atem atica nasconde sotto v arii nom i -— p o stu la ti, assiom i, definizioni, ecc. — queste in tu izio n i sintetiche che sono il p u n to vero di p a rte n z a ; nè, trav ia ta da p reco n cetti, è giu n ta in gene­ rale ancora a p erfetta chiarezza circa il loro n u m ero e il loro co n tenuto. 2) Di p iù , secondo K a n t, queste in tu izio n i sin te­ tich e sono asso lu tam ente valide a p rio ri, onde il valore assoluto delle m atem atich e, sebbene esse non siano a f­ fatto u n a deduzione sillogistica. A nche qui la m atem atica m edesim a, seguendo l ’em pirism o leibniziano nega q u e ­ sto valore assoluto e vuol vedere solo delle convenzioni u tili e delle definizioni v erb ali. La confusione q u i è favorita d a ll’istintivo realism o; p e r es. quando si su p ­ pone che la co stituzione d e ll’universo sia ta le che n o n sia possibile p ro lu n g are in d efin itam en te u n a re tta . La estensione d e ll’universo è possibile solo n ella m ia im m a-

filiazio n e secondo in tu izio n i fo n d a m e n tali; anche la re a ltà a ll’in finito è da m e im m aginata in accordo alle in tu izio n i dello spazio p ian o . P en sare è u n ’altra cosa; m a non si p uò m escolare pensiero e intu izio n e. In ogni m odo ogni sistem a spaziale p re su p p o n e u n certo sistem a stab ile di leggi, u n a costituzione senza di cui è il caos; cioè un certo n u m ero di in tu iz io n i sintetiche assolute, n o n d i convenzioni p u ra m e n te a rb itra rie . In un pu ro caos non è concepibile nem m eno un o rd in e a rb itra rio . Su questo p u n to n o n credo possa cad ere, qu an d o sia n e t­ ta m e n te inteso, alcun dubbio. L ’attu ale nostra in tu iz io ­ n e del m ondo è soggetta ad un certo num ero di p rin c ip ii fo n d a m e n tali, che, relativ am en te allo stesso, n o n sono convenzioni m a p rin c ip ii a p rio ri ch e ne esprim ono la n a tu ra assoluta. Che sia possibile pensare a ltre in tu izio n i in a stra tto , è fu o ri di d u b b io , m a ciò n o n alte ra il valore dei p rin ­ cip ii d e ll’in tu izio n e. C he la form a u m an a d e ll’in tu izio n e n on sia q u alch e cosa di etern o è v ero ; m a il fatto stesso che si dice che il tem p o deve m u ta re col tem p o , che cosa vuol d ire? N on vi è u n m u tare insensibile, m a p e r g ra d i: ed ogni grado h a la sua n a tu ra (relativ am en te) assoluta. Q u elli che credono di p o te r fondare gli assiom i della m atem atica su ll’esperienza sia d ’una convenzione o sia d ’u na p a rtic o la rità della s tru ttu ra fisiologica, non te n ­ gono abbastanza presente che i fa tti da loro invocati p resu p p o n g o n o già tu tta q uella costituzione p artic o la re del m ondo che se ne vorrebbe derivare. L ’istintivo realism o li trascin a in un circolo vizioso, che p re su p p o n e già lo spazio e il tem po p e r derivarne la visione tem p o ra le e spaziale. Q uesto ci p erm e tte d i toccare di passaggio l ’im p o r­ ta n te questione delle speculazioni m etageom etriche che secondo alcuni h an n o segnato la condanna definitiva della teo ria k an tian a .

Secondo m o lti m atem atici a ttu a lm e n te la geom etria euclidea è solo la p iù com oda e sem plice, com e il siste­ m a m etrico decim ale. In re a ltà già K a n t aveva p re v e ­ duto una « Scienza d i tu tte le fo rm e p o ssib ili dello spa­ zio » e spesso p a rla di altre form e possibili d e ll’in tu i­ zione. Ciò vuol d ire che le in tu izio n i p u re n o n sono n e ­ cessità logiche, sono necessarie p e r la nostra in tu izio n e, m a p o tre b b e ro essere a ltre . Q uindi noi possiam o in tu itiv am en te ra p p re se n ta rc i u n m ondo a due d im ensioni, m a n o n possiam o ra p p re ­ sentarci u n m ondo a q u a ttro dim ensioni o u n m ondo a costituzione diversa d al nostro. Scrive benissim o il Simm el : « G li assiom i geom etrici sono così poco logica­ m ente necessari com e la legge cau sale; si possono p en sare spazii, e q u in d i geom etrie nei q u ali valgono tu tt ’a ltri assiom i che i n o stri, com e h a m ostrato la geom e­ tria non euclidea nel secolo dopo K a n t. Ma essi sono in co n d izio n atam en te necessari p e r la n o stra esperienza, p erch è essi solam ente la costituiscono. H e lm h o ltz errò q u in d i co m p letam en te n e l co n sid erare la po ssib ilità di ra p p resen ta rci senza co n trad d izio n e spazi n e i q u ali non valgono gli assiom i euclid ei, com e u n a confutazione del valore universale e necessario d i q uesti, da K a n t affer­ m ato. P oiché l ’a p rio rità k a n tia n a significa solo u n iv e r­ salità e necessità p e r il m ondo della n ostra esp erien za, u na v alid ità n o n logica, assoluta, m a ris tre tta alla c e r­ chia del m ondo sensibile. Le geom etrie an tieu clid ee v a r­ re b b ero a co n fu tare l ’a p rio rità dei n o stri assiom i solo q uando alcuno fosse riuscito a raccogliere le sue espe­ rienze in un o spazio pseudosferico od a riu n ire le sue sensazioni in u n a form a di spazio n el quale non valesse l ’assiom a delle p a ra lle le » (« K a n t, I V ed iz., pag. 21). P e r confessione stessa di K a n t fu p recip u am en te il valore della m atem atica che lo m ise sulla via della rifo r­ m a critica ; il fatto che noi siam o p e r essere in possesso d ’u n sapere assoluto, in d ip en d en te d a ll’esperienza e non

rid u cib ile ad una deduzione logica, lo condusse a vedere che il sap ere nostro è una organizzazione progressiva d ire tta da leggi insite allo sp irito ed av en ti in sè u n v a­ lo re che trascen d e l ’esperienza. Q uesta considerazione venne da lu i n atu ra lm e n te estesa p o i anche a l di là della m atem atica ; an c h e le scienze fisiche (sebbene con d if­ ferenze che a suo tem p o rileverem o) si costruiscono p e r lo stesso p ro ced im en to della sintesi m atem atica. La concezione p o i di q uesta costituzione fo rm ale del sap ere gli perm ise a sua volta di rito rn a re sul fatto della m ate­ m atica, e d i c h ia rirn e la costituzione e la form azione, di darci n elle sue lin ee fo n d am en tali u n a filosofia d ella m atem atica che è oggi an c o ra, in ciò che h a di essen­ ziale, in ta tta . Q uesta filosofia della m atem atica costituisce com e u n co rollario di u n a d o ttrin a dello spazio e del tem po. Posto che i d ati sensibili d e ll’esperienza si organizzano a p rio ri in u n sistem a di leggi che non ci sono d ate ab in itio n ella loro to ta lità , m a si svolgono $im ultaneam en te a ll’esp erien za, si concepisce com e sia possibile isolare queste leggi, e, svolgendone la necessità in te ­ rio re , co stitu ire, in d ip en d en tem en te d a ll’esperienza, un sistem a a cui l ’esperienza dovrà necessariam ente obbe­ d ire. O ra questo è a p p u n to il sistem a della m atem atica. Questo co ro llario , che è come u n a conferm a della ve­ rità della d o ttrin a sullo spazio e sul tem p o , è da K a n t ch iam ato analisi trascendentale. S u ll’assegnazione delle discip lin e m atem atich e alle due form e K a n t si è espresso in m odo am biguo; noi possiam o seguire qui la soluzione ch e, dopo il m atem atico G. Schulz, è stata generalm ente ad o tta ta : al tem p o corrisponde il calcolo (aritm e tica , alg eb ra, analisi), allo spazio la geom etria. Una scienza com e la m atem atica, che è costituita da a tti di sintesi a p rio ri, p u ò solo essere fo n d a ta su d ’un certo num ero di sintesi a p rio ri, cioè di collegam enti in tu itiv i e neces­

sari che sono il fo ndam ento della nostra visione delle cose n e ll’u n ità del tem p o e dello spazio. Com e sareb b e in fa tti possibile spiegare altrim e n ti la m atem atica ? ( C rii. R ag. P ura, ediz. V a le n t., pag. 99100). Com e si sp ieg h ereb b e a ltrim e n ti che n o i siam o in possesso d i v erità u n iv ersali e necessarie che valgono p e r la re a ltà a n o i n o ta n e ll’esperienza (a ltrim e n ti n o n sareb b ero conoscenze) e tu tta v ia p e r la lo ro n a tu ra ci rin v ian o ad u n a fonte a ltra d a ll’esp erien za? U na tale spiegazione è possibile solo dal p u n to di vista trascen ­ d en tale . Q ueste leggi universali e necessarie sono le stesse leggi costitutive che lo sp irito n e ll’esigenza d e ll’u n ità dà a ll’esp erien za. Lo spazio p e r es. non è u n m isterioso re cip ien te a cui lo sp irio rim an e estraneo, m a è u na co­ stru zio n e a p rio ri dello s p irito ; allo ra si capisce com e le leggi, che il m atem atico trova qu an d o studia questa fu n ­ zione dello sp irito astraen d o d al contenuto che in esso viene o rd in ato , valgono necessariam ente p e r le cose spa­ ziali, p erch è queste sono il risu ltato della stessa funzione che è stu d iata d al m atem atico. R icap ito liam o o ra in breve e con chiarezza i risu lta ti. Oni atto di conoscenza è, com e sap p iam o , u n a sin ­ tesi; lo sp irito ricostituisce n e ll’atto del conoscei'e dai fram m e n ti d ispersi del senso l ’u n ità della re altà u ltim a. Ma questo processo non può giungere fino ad essere la rip ro d u z io n e ideale della re a ltà in u n ’u n ità logica p e r ­ fe tta ; esso è sem pre condizionato n e ll’uom o dalla p re ­ senza degli elem en ti che sono il p u n to di p a rte n z a ; i q u ali vengono bensì dallo sp irito su b o rd in ati a ll’u n ità espressa nelle fo rm e a p rio ri e così avvicinati fo rm a l­ m en te a ll’u n ità del sistem a in tellig ib ile, m a anche così non ra p p re se n ta m ai a ltro che un com prom esso, u n a form a sim bolica e provvisoria d e ll’u n ità. Questo sistem a fo rm ale degli elem enti sensibili h a , secondo K a n t, due g rad i q u alitativ am en te irre d u c ib ili che potrem o d ire la sintesi sensibile (o in tu itiv a, o m atem atica) e la sintesi

in telle ttiv a (c o n cettu ale, filosofica). La legge fon d am en ­ ta le della sintesi sensibile è la legge d e ll’o m ogeneità; il m o ltep lice d e l senso, in q u an to viene spazialm ente e te m p o ra lm en te caratteriz zato , viene raccolto in m i si­ stem a d i sintesi fo rm a li ch e ten d e a co stitu ire u n a to ta lità unica, p e n e tra ta da u n solo ritm o , da u n solo ordine e p erciò nella sua ap p a re n te eterogeneità om ogenea; tu tti i tem p i ten d o n o a costituire u n solo tem po — aequab ilite r fluens — , tu tti gli spazi ten d o n o a co stitu ire un solo spazio p e rfettam en te om ogeneo. Invece la legge fo n d am en tale della sintesi concettuale è la legge del/ ’id en tità ; le u n ità spaziali e te m p o ra li (cose ed eventi) in q u an to sono unificate d a ll’in telle tto tendono a costi­ tu ire delle u n ità che non sono p iù in sè d irettam en te d e te rm in a te dallo spazio e dal tem p o , anzi possono ve­ n ire isolate dalle condizioni spaziali e te m p o ra li e fis­ sate in im m ag in i sim boliche estensibili ad u n num ero in d efin ito d i in d iv id u i; queste sono le u n ità concettuali. I n ciascuna d i esse le u n ità co n co rren ti n o n sono poste l ’u n a accanto a ll’a ltra com e p a r ti d ’u n ’u n ità om ogenea, m a a c cen tra te ed u n ificate in u n p rin c ip io unico ed id e n ­ tico ; il q u ale alla sua volta si raccoglie in a ltre u n ità su p erio ri, e così p e r u ltim o in u n p rin c ip io suprem o n e l­ la cu i u n ità id en tica si raccoglie tu tto q u an to la m o lte­ p lic ità delle cose h a d i reale. I due g rad i d e ll’unificazione differiscono p ro fo n d a­ m en te an c h e in qu esto: che n el grad o sensibile la sin­ te si è q u alch e cosa d i co m p iu to ; la re a ltà o rd in a ta nel tem p o e n ello spazio è u n sistem a di sintesi in tu itiv a ­ m en te d ata ch e, se anche scom posta n ei suoi elem enti e negli elem en ti degli elem enti, ci rin v ia sem pre ad u n ità sin tetich e su b o rd in ate; il dato è q u i la sintesi e l ’elem en ­ to n o n p uò essersi dato, m a solo p u ò essere pensato in astratto dalla riflessione. N el grado intellettivo invece la sintesi è qu alch e cosa che si com pie; le u n ità spaziali e te m p o ra li ci rin v ian o alle u n ità logiche, concettuali,

m a queste no n sono d ate p er se stesse; esse debbono sem ­ p re ven ire p en sate e ra p p re se n ta te sim bolicam ente. I l d a to q u i è l ’e lem en to , e la sintesi n o n ci è ancora data, m a p u ò essere pensata. (N on vi è u n ’in tu izio n e in te lli­ gibile). P erò q uesta d istin zio n e fra sintesi sensibile e sin te ­ si in telle ttiv a n on coincide in m odo preciso con la d istin ­ zióne fra conoscenza sensibile e conoscenza in telle ttiv a A n zitu tto p e rc h è la conoscenza in telle ttiv a im plica sem ­ p re , com e elem en ti sim bolici, i d ati sen sib ili; p o i p erch è an ch e n e ll’a ttu a le n o stra conoscenza sensibile sono già sem p re intessu ti elem en ti in te lle ttiv i, che ci sono d ati sim u ltan eam en te a ll’intuizione sensibile (p e r es. i colle­ g am en ti causali e lem e n ta ri, le sintesi co n cettu ali ele­ m en tari dei co ncetti indiv id u ali). Il c a ra tte re trascen d en tale della nostra ricerca non esige, m a nem m eno esclude p e r sè u n a storia psicolo­ gica dei g rad i d i estensione e di perfezion e succes­ sivam ente riv estiti d alla sintesi sensibile concreta. Noi ci a rresterem o alla coscienza u m an a. I g rad i p iù sem ­ plici ed im m ed iati sono q u elli che potrem m o den o m i­ n a re il tem p o psicologico e lo spazio psicologico im m e­ d iato . Il tem p o psicologico è ra p p re se n ta to dal p resen te (psicologico), d a q u ella b reve e sem p re m utevole u n ità fluente che strin g e in u n com plesso, tu tto p re sen te alla coscienza, u n lim itato num ero d ’im p ressio n i; e lo sp a­ zio dallo spazio psicologico im m ed iato , d alla re altà sp aziale im m e d ia tam en te p re sen te e lim ita ta d a ll’o riz­ zonte che si esten d e d innanzi e d ai lati del nostro cen­ tro di visione. Lasciam o da p a rte la descrizione psicologica e le q u estio n i connesse. L ’u n o e l ’a ltro (tem p o e spazio) r a p ­ p resen tan o due sistem i co n creti, che n o i possediam o n e l­ la lo ro to ta lità in m odo im m e d ia to , m a che, an ch e n e l­ la loro sem p licità, sono già la risu lta n te di sintesi sem ­ plicissim e ed im m ed iate, o n d ’essi ricevono le loro leggi

costitutive e la lo ro n a tu ra . In un grado su p erio re a b b ia ­ m o il tem p o e lo spazio im m aginativo che noi costruiam o in to rn o e sul fond am ento d el tem po e spazio psicologico con l ’aiu to della m em o ria e deH’im m aginazione. Essi costituiscono delle u n ità re alm en te p iù com prensive, m a sem pre lim ita te , benché in d efin itam en te estensibili. Di p iù in essi l ’om ogeneità n o n è ancora p e rfe tta . I singoli tem p i e i singoli spazii ch e en tran o a com porli non sono n ecessariam ente om ogenei, e la rid u zio n e in u n ità om ogenee si com pie p er m ezzo di una coordinazione in terio re che elim ina com e p u re « illusioni » le sintesi non rid u c ib ili in u n ità secondo leggi com uni. La re la ti­ v ità dei tem pi è perciò un d ato di fa tto ; m a l ’u n ità om o­ genea del tem p o è esigenza fo rm ale risp etto a cui q uella è sem plice illusione. La riflessione, astraendo dal dato concreto, ricava le astra zio n i m atem atich e del tem p o m atem atico e dello spazio geom etrico. Esse sono b en d iv e rse , com e si co m p ren d e, d allo spazio e tem p o im m a­ ginativi (ch e sono sem in e an co ra in qualch e m odo co­ lo rati sen sib ilm en te); astraen d o da ogni dato sensibile si dan n o le funzioni onde h an n o luogo le sintesi form ali in tu itiv e, m a co n siderate astraen d o da ogni dato em p i­ rico, e p erciò com e fu n zio n i, com e sintesi fo rm ali in ­ tu itiv e co n sid erate in se stesse senza rig u ard o alla n atu ra degli elem en ti collegati. P erc iò K a n t chiam a queste sin ­ tesi fo rm ali in tu izio n i p u re, n o n p erch è con esse in ­ tu iam o q u alch e cosa, m a p erch è p e r m ezzo di esse a b ­ b iam o le in tu iz io n i sensibili. La riflessione m atem atica n o n solo astrae dal dato sensibile, m a analizza an c h e l ’in tu izio n e com plessiva nei suoi elem en ti, cercando di risalire alle sintesi ele­ m en tari in d eco m p o n ib ili che essa in tro d u ce nelle p iù sv ariate form e com e definizioni, p o stid ati, écc. e di m et­ te re in luce i p rin c ip ii universali secondo i q u ali esse si com pongono n ella sintesi to ta le — che sono gli as­ siom i, e i p rin c ip ii e sp rim en ti il c a rattere della tota-

lita così co stitu ita. M entre p erciò la filosofìa (com e to ­ ta lità del sap ere co ncettuale) è ten tativ o di risa lire dagli elem en ti in tu itiv am en te d ati a d u n ’u n ità p en sa ta , la m a­ tem atica è ten tativ o di rid iscen d ere d a ll’u n ità in tu itiv a ­ m en te d ata ai suoi elem en ti e alle leggi costitutive, e di rico stitu ire l ’u n ità form ale del re ale n ella coscienza r i ­ flessa. O nde il genio m atem atico è essenzialm ente a n a ­ litico , che d iv in a i fa tto ri e Ja loro com posizione dove il volgare n on vede che l ’u n ità in tu itiv a del d a to ; il genio filosofico è essenzialm ente sintetico e divina nel m o ltep lice e n el diverso l ’u n ità d e ll’idea. T u tta la m atem atica è tina ricostruzione form ale della re a ltà sensibile, che cerca d i rid u rre l ’organizzazio­ ne form ale sua ai p iù sem plici elem enti in tu itiv i p e r via di successive estensioni e co stitu zio n i, p arte cip an d o cosi alle p iù com plesse form azioni la chiarezza in tu i­ tiv a dei suoi elem enti. I n questo senso, n o n a ltrim en ti, si pu ò p a rla re p e r esem pio d ’u n a geom etria in tu itiv a (co n tro S ch o p en h auer). Al q u al rig u ard o è irrilev a n te p er il filosofo l ’esam inare fino a qual p u n to il m a te m a ­ tico possa restrin g ere il n u m ero delle sue intuizioni fo n d am en tali, e rid u rre u n ’assiom a ed un p ostulato a p roposizioni d im o strativ e; resta sem pre un certo n u m e­ ro irrid u c ib ile di sintesi in tu itiv e irrid u c ib ili a verità logiche e che è vano voler m asch erare sotto la finzione di definizioni o di convenzioni. La risu ltan te di questo processo di riflessione è il tem p o e lo spazio m atem atico — che n o n sono il te m ­ p o, e lo spazio vuoto, ma due u n ità infinite, estrem am en te com plesse e tu tta v ia p erfettam en te om ogenee — che non sono concetti astra iti, m a in tu izio n i astraenti da ogni co n tenuto. Le costruzioni della m atem atica si riferiscono p e r­ ciò non ad uno spazio costruito p e r astrazione da noi, m a allo stesso spazio (e tem po) d e ll’esperienza sensi­ bile, che qui è considerato nella sua concreta re altà in

u n io n e col d ato sensibile, là è considerato in sè a stra t­ tam en te dal co n ten u to , nella sua a p rio rità e necessità, nella sua pu rezza. L ’applicazione della m atem atica alla re altà è perciò p erfettam en te con cep ib ile; la sola d if­ ferenza sta in ciò: che nella m atem atica ab b iam o a r ti­ ficiosam ente isolati gli schem i ai quali la re a ltà , nella sua infin ita com plicazione, sem bra a d a tta rsi sem pre im p er f e tta m e n te . Noi ci serviam o, p e r ra p p re se n ta re le sintesi fo rm ali, di im m ag in i in cui l ’elem ento em p irico è rid o tto al m i­ n im o ; K a n t le chiam a schem i deH’im m aginazione p u ra . ( C rii. R agion p u ra , ediz. V a len t., pag. 181-186). I l n u m ero è lo schem a d el tem p o , non delle grandezze in genere, com e vuole K an t. R esta qui che si accenni ad u n grave p ro b lem a d el­ la filosofia m atem atica k a n tia n a ; quale è la p a rte che ha l ’in telle tto nella costituzione del sapere m atem atico ? C erto ch e la m atem atica in q u an to è scienza, è costi­ tu ita da c o n c etti; il m atem atico p a rla del trian g o lo co­ m e il chim ico d e ll’oro o del fe rro . Ma alla scienza con­ ce ttu ale ciò che è essenziale è il collegam ento in u n ità ; l ’o p era sua sta p recisam ente n el passare dai casi singoli e p a rtic o la ri a ll’u n ità logica, co ncettuale, a cui l ’in tu i­ zione p a rtic o la re p u ò servire d ’esem plificazione so ltan ­ to. Invece n ella m atem atica i ra p p o rti espressi nelle sue p ro p o sizio n i non sono ra p p o rti fra i concetti, m a fra le in tu izio n i a questi co rrisp o n d en ti; in questo sta il m om ento essenziale, e l ’espressione concettuale è sol­ tan to uno stru m en to di espressione. P erciò i ra p p o rti espressi p er mezzo .dei concetti non possono v en ir messi in evidenza se n o n quando lo sp irito costruisce m e n ta l­ m en te p e r mezzo d i schem i sensibili i ra p p o rti espressi d ai co n c etti; onde K a n t dice che la conoscenza concet­ tu a le è conoscenza di concetti, la conoscenza m atem a­ tica è conoscenza p er costruzione d i concetti. Ma K a n t attrib u isce a ll’in telle tto anche u n ’o p e­

ra sussidiaria p iù essenziale. A b b iam o veduto che p e r K a n t il senso è re c e ttiv ità ; l ’in te lle tto solo è sp o n tan ei­ tà , attiv ità . P erc iò K a n t attrib u isce anche l ’atto d ella sintesi nella m atem atica a ll’in te lle tto . N e ll’£ ste tic o tra­ scendentale egli certo p a rla della conoscenza m atem a­ tica com e p ro ced en te a p rio ri dalle form e del senso; ma n e ll’A n a litica egli vi unisce le categorie m atem atich e della q u alità e della q u a n tità . Q uesto è u n p u n to nel quale K a n t è oscuro e discorde con sè stesso. G ià a b ­ b iam o veduto che anche le form e del senso sono a tti­ vità sin te tic h e ; p erciò possiam o ad esse rife rire anche l ’o rig in e d e ll’o b b iettiv ità m atem atica senza ric o rre re , com e ad u n in u tile d u p licato , alle categorie m atem a­ tich e. N ella « D isertazione » lo spazio è detto « O m nis veritatìs in sensualitate extern a fo n d a m e n tu m »; n u lla vieta perciò d i co nsiderare già le form e p u re d e ll’in ­ tu izio n e com e u n p rim o grado di attiv ità unificatrice ed o b b iettiv atrice. S petta alla m atem atica, n o n alla filosofia, svolgere le leggi p a rtic o la ri d e ll’unificazione form ale, nel te m ­ po e nello spazio. P erò la filosofia può segnare il p a s­ saggio alla considerazione p u ra m e n te m atem atica fis­ sando q u ei p rin c ip ii g enerali che procedono d ire tta m e n ­ te ed u n iv ersalm en te d al c a ra tte re delle form e e che K a n t chiam a p rin c ip ii m atem atici ( C ritica R agion p u ­ ra, ediz. V alen t., pag. 199). Il p rim o p rin cp io generale è quello che K a n t pone com e p rin c ip io degli assiom i d e ll’in tu izio n e e fo rm ula cosi: tu tte le in tu izio n i sono grandezze estensive ( C rii. R agion pura, ediz. V alen, pag. 202). O gni in tu izio n e risu lta da u n a com posizione del m o ltep lice in u n a to ta lità te m p o ra le e spaziale; q u in d i avviene p e r u n a giustapposizione d ei com po­ n en ti, com e p a r ti, in u n a to ta lità om ogenea, la q u ale h a p e r questo fatto u n ’estensione n el tem p o e nello spazio, cioè è una grandezza estesa. « Chiam o g ra n d ez­ za estesa, dice K a n t, q uella in cui la ra p p resen tazio n e

d elle p a rti re n d e possibile la rap p resen tazio n e del t u t ­ to ; ossia che risu lta p e r giustapposizione di p a rti om o­ genee » (loc. c it., pag. 202-203). Al d i là d i questo p rim o p rin cip io g enerale K a n t n on h a con ch iarezza d eterm in a to a ltri p rin c ip ii della m atem atica (C rit. R ag. p u ra , ediz. V a le n t., pag. 203-204). La stessa d eterm in azio n e dei c a ratteri essenziali del te m ­ p o e dello spazio, che egli dà nella « R icerca m etafisica » av rebbe tu tta v ia facilm ente p o tu to dargliene gli ele­ m en ti, se egli n o n si fosse arre sta to dinanzi alla d istin ­ zione d e ll’o p era del senso e d e ll’in telletto nella costi­ tuzione della m atem atica. E nunciam o qui so m m aria­ m en te gli a ltr i p rin c ip ii che ne discendono. Il secondo p rin cip io è quello d e ll’u n ità — e si p o ­ tre b b e così fo rm u lare : ciascuno d e i due sistem i d i gran­ d ezze estensive ( tem p o e spazio) costituisce una to ta ­ lità unica. (N on vi sono p iù tem p i e spazi; ogni tem p o e spazio lim itato è p a rte d e ll’unico tem p o e d e ll’unico spazio). Il terzo p rin cip io è quello d e ll’m /ù u tà . — Ciascuna d i queste totalità è p o ten zia lm en te in fin ita ; perciò ogni g ra ndezza fin ita p u ò essere in d efin ita m e n te accresciuta. Il q u arto è quello d e ll’om ogeneità ed è quello che ren d e possibile il pro ced im en to della sostituzione. C ia­ scuna di queste totalità è assolutam ente om ogenea. P e r­ ciò due grandezze uguali sono so stituibili. Il q u in to è quello della continuità. (K a n t ne tra tta n ella C rit. della Rag. Pura, ediz. V alent, pag. 208-210). C iascuna d i queste totalità in quanto sintesi (e non ag­ gregato) n on p u ò m ai essere divisa in p a rti non estese ( n on p iù tem porali o spaziali); q u in d i è una quantità co n tin u a . Il p ro b lem a non è la possibilità delle q u a n ­ tità co n tin u e, m a delle q u an tità discrete che non sono, secondo K an t, vere q u a n tità , m a aggregati di u n ità q u an titativ e. Il sesto è quello della gradazione. Ciascuna di que-

ste to ta lità si p resenta co m e il lim ite assoluto d ’una progressione d i grandezze estensive ch e dallo zero p ro ­ gredisce in d efin ita m e n te verso il lim ite assoluto p e r una serie d i a d d izio n i successive. K a n t n o n si occupa di q u e ­ sto p rin cip io che sotto l ’aspetto q u alitativ o (C rii. Rag. P ura, ed iz. V a len t, pag. 206-214). L e leggi del tem p o — cioè del n u m ero —. valgono o rig in aria m e n te solo p e r le ra p p resen ta zio n i com e p ro ­ cessi — ossia (com e K a n t si esprim e) com e fa tti in te rn i m en tre p el co n ten u to delle ra p p re se n ta z io n i, ossia p e r le stesse com e fa tti di esperienza estern a, valgono le leg­ gi g eom etriche dello spazio. M a p e r u n ’inconscia in te r­ p retazio n e id ealistica an c h e i co n ten u ti sóno p o sti come processi; onde le leggi n u m eric h e del tem p o vengono ap p lica te an ch e a ll’esperienza esterio re, sia sotto l ’a ­ spetto della form a sia sotto l ’asp e tto del co ntenuto. N el p rim o aspetto abbiam o l ’ap plicazione d el calcolo alla g eo m etria; n el secondo ab b iam o l ’ap plicazione d el n u ­ m ero al co n ten u to q u alitativ o considerato com e c o stitu i­ to a n c h ’esso d i successive ad d izio n i e cioè com e grado. O nde in ogni ra p p resen ta zio n e il contenuto sensibile ha sem p re an ch e (o ltre a lla grandezza esterio re) u na g ra n ­ dezza in tensiva, ossia u n grado (C rii. R agion P ura, ediz. V alen t, pag. 205). Com e co ro llario finale, K a n t tra e qu i la sua p r i­ m a conclusione risp etto a l m ondo sensibile e d alla sua n a tu ra ; ch e esso è u n a re a ltà p u ra m e n te fenom enica, re ­ lativa allo sp irito um ano. I l ca ra tte re fenom enico non si estende solo a q u elle q u alità sensibili che sotto il n o ­ m e d i q u alità seconde in ogni tem p o la filosofia ha re ­ legato n el soggetto (colori, suoni, ecc.) m a anche alle q u a lità p rim e , alle cose estese e m oventesi nello spazio e n el tem p o . Q uesta distinzione può aver valore in q u a n ­ to d istingue ciò che a p p a tie n e in m odo essenziale al senso u m an o in genere e ciò che è relativ o solo a lla p a r ­ tico lare organizzazione d ’u n senso; m a la distinzione

avviene sem p re n el seno della re a ltà fenom enica. C 09Ì da questo p u n to d i vista i colori d e ll’arcobaleno possono essere co n sid erati com e l ’a p p a ren z a delle goccie di p io g ­ gia, m a colori e goccie sono egualm ente u n a re a ltà fe­ n om enica. Com e con ferm a di questa re la tiv ità del nostro cono­ scere em p irico , K a n t rich ia m a an ch e questa considera­ zio n e: ch e le cose sensibili ci 6ono date sem pre solo co­ m e ra p p o rti; i q u a li ci rinviano costantem ente l ’uno a l­ l ’a ltro e infine al soggetto com e cen tro e fondam ento d i tu tti i ra p p o rti, m a non ci fanno m ai conoscere n ie n ­ te in se stesso. E ciò vale, com e si è d etto , an ch e del n o stro io ; ch e n o n è una intuizione d ire tta d e ll’essere n o stro , m a u n a ra p p resen ta zio n e del suo contenuto n ella form a d el tem p o e p erciò di c a ra tte re fenom enico tan to q u an to la ra p p resen ta zio n e d el m ondo esterno. (C rii. R ag. P ura, ediz. V a le n t., pag. 258). Q uesto è b en lungi d a ll’eq u iv alere a d ire che il m ondo si risolve in p u ra a p p a ren z a L ’afferm azione d e ll’id ealità del m ondo non è p e r così d ire u n d eprezzam ento della re a ltà em p irica ; p e r la fisica, p. es., è affatto in d ifferen te che il m ondo, che essa stu d ia, sia considerato com e un m ondo di cose in sè o di fen o m en i; questa è una p u ra considerazione filosofica che rim an e ad essa estranea. A nche ciò ch e è accaduto (secondo la fisica) p rim a d e ll’esistenza d ’im a coscienza u m an a è re ale, n el senso che è ra p p resen ta to così com e u n a coscienza u m an a lo a v reb b e veduto. La parvenza su b b iettiv a è un fenom eno che non si accorda con le leggi g en erali da cui è re tta ed organizzata l ’espe­ rie n z a ; perciò la distinzione tra re a ltà ed illusione è u n a d istinzione che avviene u lte rio rm e n te nel seno stesso della re altà fenom enica. In questo senso possanio dire che il m ondo esterno è p e r la coscienza um ana assolutam ente re ale. Anzi K a n t non si lim ita a difen d ere la p ro p ria posizione d a l­ l ’accusa d ’illusionism o : esso attacca la concezione re a­

listica com une e m ostra ch e essa rid u ce le cose a m ere ap p a ren z e. Q uando si pensano le cose sensibili com e un in sè estern o ( extra nos et p ra eter nos) è n a tu ra le a l­ lo ra il ch ie d e re : com e m ai esse m ig ran o in n o i? E com e d elle re a ltà inestese (le rap p resen ta zio n i) possono r a p ­ p re sen tare delle re a ltà estese? A llo ra si a p re veram en ­ te tr a le cose e noi u n abisso in su p era b ile ed il m ondo è rid o tto ad u n ’a p p a re n z a su b b iettiv a. Q uesta è quella form a d ’idealism o che K a n t resp in g e e c o m b atte; q u e ­ sto ci spiega com e in K a n t, p a d re d e ll’idealism o m o ­ d ern o , tro v iam o u n a « confutazione d e ll’idealism o ». La p reo ccu p azio n e d i K a n t di difendersi d a ll’accusa d ’i l ­ lusionism o e di d e lim ita re b en e il suo idealism o contro l ’idealism o tra d iz io n a le , da lu i n o n sem pre esa tta m e n ­ te rip ro d o tto , n o n gli lascia vedere c h iaram en te il vero p u n to della d istin zio n e; e cioè che la sua filosofia è p iù rad icalm en te id ealistica deH’idealism o antico. Essa n on differisce d a ll’idealism o trad iz io n a le p erch è a m m e t­ te le cose in sè, p erch è questo vale p e r ogni form a di idealism o, tolto forse solo l ’assoluto fenom enism o; m a essa differisce essenzialm ente in d u e p u n ti: 1°) in qu an to considera il m ondo in tern o e il m ondo esterno com e costruzioni fen o m en ich e; le q u ali Iranno perciò dal p u n to di vista relativo uguale re a ltà , ma dal p u n to di vista assoluto sono p u re costruzioni soggettive tan to l ’una quanto l ’altra . M entre q u in d i l ’i ­ dealism o em pirico nelle sue varie form e cred e d ’avere n e ll’esperienza in terio re la conoscenza d ’u n a realtà as­ soluta e n e ll’esteriore solo la trad u z io n e subbiettiva d ’un m ondo o b b iettivo esterno, p e r l ’idealism o k a n tia ­ no la stessa esperienza esteriore è già quel m ondo o b ­ biettivo e non u n ’ap p aren za subbiettiva che debba a t­ ten d ere d a ll’esterno la conferm a d el suo valo re; m a l ’tina e l ’a ltra esp erienza non sono che m anifestazioni fenom eniche. Il vantaggio d e ll’idealism o k a n tia n o è sot­ to questo riguardo p iù ap p a re n te che reale. C erto esso

assicura la re altà im m ed iata del m ondo di fro n te all ’io e m p iric o ; m a e il m ondo e l ’io em p irico che cosa sono in fo n d o , se non a p p a re n z e ? Il m ondo n o n è il sogno d e ll’io, m a l ’io e il m ondo non sono essi allo ra insiem e il sogno d e ll’inconoscibile io p u ro ? 2°) P iù solida invece è questa d ifesa: che la re a l­ tà fenom enica n o n è a b b a n d o n a ta a ll’a rb itrio del sog­ getto em p irico , m a h a u n ’o b b iettiv ità p ro p ria p e r v irtù d ei p rin c ip ii fo rm ali a p rio ri ch e costituiscono con i d ati sensibili il m ondo d e ll’esp erien za. Sotto questo risp etto K a n t am ava ch iam a re il suo idealism o, idealism o fo r ­ m ale. Se il m ondo sensibile è u n com plesso d i ra p p re ­ sen tazio n i in u n soggetto, che cosa signilica an co ra il d ire che son > vere o false, il distin g u ere tra la r a p p re ­ sentazione vera e l ’illusione o il sogno? I l realism o co­ m une cerca il fo n dam ento d ella distinzione n el r a p ­ p o rto delle rap p resen ta'd io n i con la re a ltà trascen d en te. Ma a llo ra si p o n e subito il p ro b le m a : com e possiam o ven ire a co n tatto d i q uesta? C om e possiam o uscire p e r così d ire dal n o stro io, m e tte rc i faccia a faccia con l ’ire sè p e r p arag o n arlo con la n ostra ra p p resen ta zio n e? T ra noi e le cose in sè vi è u n abisso in su p era b ile . Ecco p e r ­ ch è allo ra il realism o conduce a d u b ita re della n o stra cap acità di conoscere gli oggetti e, riducendo il m ondo delle rap p resen ta zio n i ad u n a du b b ia ap p aren za sog­ gettiva, viene a coincidere con l ’idealism o em pirico. L ’idealism o form ale fonda invece l ’o b b iettiv ità su d i u n certo o rd in e in tern o delle rap p resen ta zio n i ad esse im posto a p rio ri dalle leggi dello sp irito ; queste c re a ­ n o u n o rd in e, u n a connessione che esclude da sè ciò che n o n vi si accorda e riceve da questa u n ità in terio re quel c a ra tte re d ’ob b iettività p e r cui noi, p u re riconoscendone il c a ra tte re fenom enico, possiam o vedere ni esso ima realtà o b b iettiv a , com e un m ondo d ’oggetti, che si con­ tra p p o n e a ll’irre a le ap p arenza subbiettiva, e ci dà il c ri­ terio p e r d ecid ere della verità delle rap p resen tazio n i.

Così T idealism o form ale dà ragione del valore o b ­ biettiv o da n o i a ttrib u ito a ll’esperienza esterna in con­ fro n to del sogno e d e ll’illusione e la leg ittim a. L ’affer­ m azione che la conoscenza sensibile h a solo c a rattere fenom enico, p o n e in ev itab ilm e n te la quistione: quale è la re altà che vi è di là dai sensi n o stri? La concezione che p rim a si suggerisce, è quella di p en sare una re a ltà noum enica concepita p iu o m eno esp licitam en te sul ti­ po della re a ltà a noi n o ta , che causa le sensazioni. Ma questa re altà in sè non deve essere nello spazio, non nel tem p o , e perciò n o n può subire m u tam en ti, non p u ò essere causa. Com e p en sarla allo ra ? D ’a ltro n d e K a n t stesso dice che « noi ch iam iam o la causa in tellig ib ile dei fenom eni oggetto trascen d en tale solo p e r avere qualche cosa che co rrisp o n d a alla sensibilità com e re cettiv ità » (C rii. Rag. P ura, ediz. V a len t., pag. 441). D ’a ltra p a rte u n relativo p er sè stante è assu rd o ; la re a ltà re la tiv a del senso im p lica com e correlativo necessario u n a re a ltà a s­ soluta. Ma noi possiam o solo p en sa rla, n o n conoscerla, p erch è ogni n o stra conoscenza è condizionata dalle form e d e ll’in tu izio n e sensibile. Essa è q u in d i solo il c o rre la ­ tivo logico della re a ltà em p irica, che h a u n a funzione essenzialm ente n eg ativa; di rico rd arc i che la re a ltà em ­ p irica non è la re altà assoluta. È essa qualch e cosa di p iù ; o alm eno possiam o noi conoscere ed afferm are qu alch e cosa di p iù ? Q uesto p u n to essenziale della d o t­ trin a k a n tian a è uno dei p iù controversi: la difficoltà d ’u n a decisione è ancora accresciuta dalle oscillazioni e dalle incertezze nelle q u ali K a n t stesso è in tricato . Ad ogni m odo su questo p ro b lem a, che qui soltanto accen­ n iam o , dovrem o rito rn a re di proposito nel capitolo delY A nalitica.

C apitolo V. L ’IN T E L L E T T O

P assiam o o ra a ll’an alisi d el sap ere in telle ttiv o , con­ ce ttu a le , che è oggetto d ella seconda p a rte d ella C riti­ ca, l ’A nalitica trasc en d en tale . È la p a rte p iù confusa d e ll’o p era k a n tia n a , dove p iù ab b o n d an o le oscurità e le ineguaglianze, com e le rip e tiz io n i e le digressioni; dove forse an ch e p iù involuto, confuso e d incom pleto è il p en siero k an tian o . V ediam o di sceverarne i con­ cetti fo n d am en tali. K a n t p a rte anche qui dallo stesso concetto del co­ noscere ap p licato n e ll’E stetica; e p e r le stesse ragioni. La concordanza d ei n o stri p en sieri con le cose si può solo spiegare am m etten d o , o che i p en sieri n o stri si m o­ dellino sulle cose o le cose sui n o stri pensieri. N el p r i­ m o caso sarebbe im possibile ogni conoscenza in te lle t­ tiv a a p rio ri, ogni legge universale e necessaria delle cose, ogni afferm azione a p o d ittic a ; ciò che sarebbe una co n trad d izio n e. Senza dubbio noi attingiam o le leggi em p irich e d a ll’esp erienza; m a in ciascuna legge sono im p licate afferm azioni clic valgono a p rio ri e che co­ stituiscono l ’elem ento p u ro d ella scienza. Q uest’elem en ­ to è ciò che conferisce alle leggi della scienza il loro valore ap o d ittic o ; e perciò n o n pu ò com e tale venire d a ll’esperienza. Vi è q u in d i u n com plesso di leggi che

lo sp irito im p o n e alle cose; quel sistem a p e r cui le cose costituiscono u n tu tto reg o lare, una natura. Ciò non vuol d ire n atu ra lm e n te che il nostro pensiero possa p re ­ scrivere leggi a rb itra rie alla n a tu ra ; vuol dire ch e J o sp irito h a costruito secondo leggi p ro p rie , secondo esi­ genze sue assolute la re a ltà ; questa necessità è quella che risco n triam o n ella n a tu ra com e necessità n atu ra le. Di qui l ’accordo tra la n a tu ra e l ’in telletto ; nella nostra elab o razio n e logica im p eran o le stesse leggi secondo le q u ali lo sp irito h a creato la n a tu ra . In che cosa consistono queste leggi, queste form e in telle ttiv e ? A nalizziam o u n a p a rte q u alu n q u e del n o ­ stro conoscere. P re n d ia m o p er esem pio il salire del m e r­ cu rio in u n term o m etro . Vi è qui l ’elem ento sensibile, m a te ria le , le sensazioni collegate; vi è l ’elem ento m a ­ tem atico , la m isu ra, il g ra d o ; che p erò an c h e q u i è q u a l­ che cosa di d ip e n d e n te ; l ’elem ento essenziale è la fo r­ m ulazione del ra p p o rto necessario tra la te m p e ra tu ra e la d ilatazio n e d el m e rc u rio , che io p o i m isuro. Q ui a b ­ b iam o p iù ch e u n a coesistenza ed u n a successione u n ra p p o rto causale che h a la sua espressione p iù p e rfe tta n ella legge. Q uesto collegam ento n o n è u n ’o p in io n e, u n a a p p a re n z a soggettiva, m a u n fa tto oggettivo; cioè e sp ri­ m e u n ra p p o rto u n iversale e necessario. Q uesto ra p p o rto un iv ersale e necessario n o n si trova n e l dato sensibile o n d e H u m e n e negò la re a ltà e solo am m ise u n ’asso­ ciazione p ra tic a . A nche K a n t riconosce ch e n o n si tro v a n e l d a to ; ina è p e r lu i assurdo il voler rid u rre il r a p ­ p o rto ad u n ’associazione p ra tic a ; vi è q u in d i u n ’e le ­ m en to a p rio ri che è ciò che collega fra loro gli ele­ m en ti sensibili sp aziali e te m p o ra li n e ll’u n ità d i u n a esp erien za. Com e p e r il senso, vi sono p e r l ’in telletto delle unificazioni necessarie, d elle fo rm e a p rio ri che (stringono fra loro gli elem enti d e ll’esperienza in u n tu tto razio n alm en te concatenato, cioè connesso da ra p ­ p o rti u n iv ersali e necessari.

Di qu al n a tu ra è questo collegam ento? Q uale è l'u n ità nuova a cui dà o rigine questo nuovo grado di unificazione? Ciò che ca ratteriz za l ’esperienza logica­ m en te concaten ata di fro n te alle im m agini sensibili è la sua o b b ie ttiv ità . L ’osservazione della re a ltà si risp e c ­ ch ia in n o i p e r m ezzo d ’u n a serie di im m agini fra m m e n ­ ta rie , irre g o la ri, m iste ad elem e n ti p u ra m e n te subbiettiv i, che è sem p re b en diverso da ciò ch e consideriam o com e la re a ltà , il corso o b b iettiv o delle cose. Com e a r­ riviam o a questo o rd in e o b b iettiv o ? P e rc h è no i n o n possiam o su p p o rre che questo preesista e che n o n a b ­ b iam o ch e da m o d ellare le n o stre cognizioni su d i esso. Q u in d i d o b b iam o così in te rp re ta re la d o m a n d a : com e noi costruiam o u n o rd in e che diciam o o b b iettiv o ? Com e l ’u m a n ità , d a ll’im m agine fan tastica del m ondo d e ll’u o ­ m o p rim itiv o , è a rriv ata alla concezione scientifica ch e è p e r noi l ’ideale d e ll’o b b ie ttiv ità ? E lim in a n d o l ’ele­ m ento su b b iettiv o , sostituendo a l collegam ento subbiettiv o , collegam enti u n iversa lm en te va lid i. E p erciò la creazione d ’u n a realtà o b b iettiv a è la creazione dello sp irito co llettiv o : essa è la re a ltà dello sp irito co llet­ tivo. Q uesto dice an che K a n t q u an d o afferm a ch e la re a ltà d e ll’in telle tto è la re a ltà quale è p e r la coscienza a ueb erh a u p t », p er la « coscienza generica » che no n è a p ­ p u n to se n o n la coscienza in telle ttiv a nella sua u n iv e r­ salità ed im p erso n alità. V ale a d ire è il passaggio v e r­ so u n a form a su p erin d iv id u ale della coscienza. Com e d eb b a essere in te rp re ta ta questa coscienza generica K a n t n a tu ra lm e n te non dice; e la co rren te n aturalistica del criticism o n atu ra lm e n te n o n vede in essa che una finzione sussidiaria. Ma era b e n p iù nel vero M aim ón q uando vedeva in questa coscienza generica l ’anim a del m ondo, o q u e ll’in telle tto attivo che A verroè considera com e u n ’u n ità su p erio re in cui si unificano tu tte le in ­ telligenze um ane.

U na grave difficoltà sem b ra v en ire q u i dal fatto che an ch e la m atem atica ci dà u n sistem a di v erità o b b ie t­ tiv e ; anzi le p iù o b b iettiv e di tu tte . Si p u ò divergere n elle te o rie ; m a 2 + 2 = 4 p e r tu tti. C he cosa vi è di p iù o b b iettiv o ? Il fatto che K a n t fa p a rte c ip a re l ’in telletto alla co stituzione d ella m atem atica n o n toglie la difficol­ tà ; p erch è il fo n d am ento essenziale della m atem atica e d ella sua o b b iettiv ità è d ato in d iscu tib ilm en te dalle fo r­ m e d e ll’in tu izio n e. Senza du b b io la m atem atica è una scienza e com e tale con cettu alm en te espressa; m a anche K a n t rilev a che q u i non sta il suo m om ento essenziale; essa è u n a scienza n o n di concetti, ina di costruzione di co ncetti — cioè di in tu iz io n i p u re . T u ttav ia è già signi­ ficativo che i m atem atici stessi considerino la loro scien­ za com e co stru ita su convenzioni; o ra, che cosa di m eno o b b iettiv o che u n a convenzione? L ’o b b iettiv ità della m atem atica è di a ltra n a tu ra d e ll’o b b iettiv ità d el sap ere in te lle ttiv o ; e n o n è, nel vero e p ro p rio senso, o b b iettiv ità. L e verità m atem a­ tic h e si p resen tan o riv e stite d i u n ’assoluta necessità; p erch è si tra tta q u i di fo rm e la cu i organizzazione è d e­ finita p el n o stro spirito. Q u in d i p o sti gli assiom i fand am en ta li, la costruzione si svolge con necessità asso­ lu ta ; m e n tre la co struzione logica è u n te n ta re , u n p ro ­ vare vie diverse, u n cercare attrav erso le ra p p re se n ta ­ zioni su b b iettiv e la verità o b b iettiv a. Ma la costruzione m atem atica è in d iv id u ale, non h a bisogno d el suffragio d ella rag io n e collettiva ; l ’accordo è d ato d a ll’id e n tità dei p rin c ip ii delle in tu iz io n i fo n d am en tali. E queste co­ m e in tu izio n i sono essenzialm ente in d iv id u a li; in questo senso h a u n a certa leg ittim ità la teo ria che fonda la m atem atica su d ’u na convenzione; l ’accordo è re a lm e n ­ te u n a convenzione. Q uindi la m atem atica è o bbiettiva nel senso che svolge d in n an zi a ll’individuo u n sistem a di assoluta n e ­ cessità; m a n on crea l ’accordo delle intelligenze, non

im p lica u n a coscienza generica com une. E ciò ta n to è vero ch e la sua v erità n o n è logicam ente necessaria; noi possiam o pen sare a ltre intelligenze che a b b ia n o u n ’in ­ tuizione sensibile fo n d am en tale d iv ersa; non possiam o p en sare che p e r esse non valgano le leggi u n iv ersali delrin te llig e n z a . Q uesto concetto, che l ’elab o razio n e in te l­ lettu ale ab b ia p e r fine di creare u n a re a ltà com une a t u t ­ te le in tellig en ze, è an c h e il pensiero che sta a fo n d a­ m en to d ella d ed u zio n e trascendentale, da K a n t così fa ­ ticosam ente ed o scuram ente rie la b o ra ta p iù volte. R i­ g u ard o allo spazio ed al tem p o noi abbiam o p o tu to ch ied erci q u ale era il senso che sottostà alla loro fo r­ m a ; m a n on ab b iam o dovuto certo chiederci se era le ­ g ittim o farn e uso; noi n o n possiam o vedere le cose a l­ trim e n ti. P e r le form e in telle ttiv e la questione è diversa. C erto n o i le ap p lich iam o , in p a rte sp o n tan ea m en te, al dato sen sib ile; così solo a b b ia m u n m ondo. Ma questa ap p licazio n e non è com pleta nè coerente. N oi a p p lic h ia ­ m o il p rin cip io di sostanza alle cose; m a dobbiam o p ro ­ ced ere o ltre e p o rre una sola sostanza? E così p e r la causa. T an to è vero che questa app licazio n e u lterio re è co n testab ile, che 1’em pirism o la nega; la sola vera re a l­ tà è il dato p artic o la re. E d allora è inevitabile il dubbio anche s u ll’applicazione spontanea. H a u n senso od è u n ’illusione l ’a tto p e r cui fa c­ ciam o d ’u n aggregato di sensazioni una « cosa » ? L ’attiv ità in telle ttiv a h a bisogno p erciò d ’una g iu ­ stificazione. Q u anto alla sua validità K a n t l ’ha già posta fu o ri di d u b b io con la sua teo ria fondam entale del va­ lo re d e ll’a p rio ri n ella conoscenza; l ’em pirism o asso­ lu to è una contrad dizione. Ma a no i incom be p u r sem ­ p re di c h ia rire a che serve l ’elaborazione in tellettiv a. P erch è solo l ’elaborazione in tellettiv a ci dà un sape­ re necessariam ente ed u niversalm ente valido ? La risposta di K a n t è prolissa, oscura e contorta. T u tte le nostre conoscenze debbono, p e r essere ta li, es­

sere rife rite a l l ’u n ità della coscienza, unifícate n e ll’io ; senza di ciò non sareb b ero nostre conoscenze. O ra q u est’io, che è com e il p u n to cen trale della coscienza e che K a n t esprim e anche col verbo « io p e n ­ so », n o n è id entico con l ’io del senso in te rn o , che è l ’io em p irico ed ha un co n ten u to ; esso è u n a p u ra u n ità in te lle ttiv a , senza co n ten u to , u n soggetto form ale, u n a fu n zio n e, no n u na sostanza. K a n t la chiam a u n ità sin ­ tetica d e ll'a p p ercezione trascendentale. Ma a p p u n to perciò essa è im p erso n ale, è l ’u n ità della coscienza in g en ere, u n a coscienza so p rain d iv id u ale, identica p e r tu t­ ti i soggetti em p irici. Ogni rap p resen ta zio n e deve q u in ­ di p o tersi rife rire ad u n a coscienza u n iv ersa le ; p erciò deve collegarsi colle a ltre in ra p p o rti fissi in m odo che n e risu lti u n unico sistem a accentrato n e ll’u n ità d e ll’a p ­ p ercezione trascen d en tale. Q uesto com pie a p p u n to l ’e ­ lab o razio n e in telletiv a p e r m ezzo delle categorie. Qui K a n t confonde in u n a sola cosa il riferim en to a ll’io fo rm ale — che è p ro p rio di ogni a tto della co­ scienza — e il rife rim en to a ll’io form ale generico, a lla coscienza su p erin d iv id u ale. La funzione specifica della unificazione in telle ttiv a è d i c reare u n a re altà o b b iet­ tiv a ; cioè u n a re altà v alid a p e r una coscienza generica su p erin d iv id u ale. È u n a esigenza della nostra n a tu ra che noi usciam o p e r così d ire d alla n o stra lim itazione in d iv id u ale e dalla n o stra visione delle cose p e r assu r­ gere ad u n a visione v alida u g ualm ente p e r tu tti; questa esigenza della v alid ità universale è il p resu p p o sto d ’ogni afferm azione, d ’ogni te o ria , della sua stessa negazione. Q uesta è la vera giustificazione d e ll’unificazione in te lle t­ tiv a ; essa crea u n sapere valido univ ersalm en te e il n o ­ stro conoscere deve necessariam ente, sotto p en a di con­ tra d d iz io n e , av ere questo c a ra tte re . Com e o ra l ’unifica­ zione in telle ttiv a p ro ced e? .Q uale è il mezzo di cui si serve p e r trasfo rm are il sapere p u ra m e n te individuale in u n sapere di valore universale?

K a n t segue q u i u n a via co m p licata, poco persp icu a e n o n accettab ile in tu tti i suoi risu lta ti. L ’in te lle tto h a p e r fu n zio n e d i aggiungere u n m om ento co ncettuale, a s tra tto , u n a fo rm a a stra tta ed universale d i ra p p o rti, ch e K a n t ch iam a categoria. P e r es.: la causa p e r cui i ra p p o rti tra le ra p p resen ta zio n i sono s o ttra tti a ll’a rb itrio soggettivo, fissati, com e irrig id iti in m odo stab ile e valido p e r tu tte le in tellig enze. L e categorie n o n sono quindi co n c etti, an z i sono fo rm e a stra tte che senza u n co n ­ te n u to em p irico n o n h a n n o senso; i co n cetti senza in ­ tu iz io n e sono vuo ti. Sono invece form e co n cettu ali, m o ­ d i d i collegam ento av en ti u n a v alid ità universale. Q u ali e q u a n te sono queste form e in telle ttiv e ? I colleg am en ti c re a ti d a esse h a n n o la lo ro espressione nei g iu d iz i; la classificazione trad iz io n a le dei giudizi è il filo che K a n t segue p e r trac ciare la sua tavola delle categ o rie : (Q u a n tità ) U n ità, m o lte p lic ità , to ta lità . , (Q u alità) R ealtà, negazione, lim itazio n e. (R elazio n e) Sostanza, causa, azione reciproca. (M o d alità) P o ssib ilità, esistenza, necessità. N on è il caso d i discutere q u i questo ravvicinam ento così a rb itra rio , n è di discutere la tavola d elle categorie che o ffrireb b e m ateria e ta n te considerazioni. È p re s­ soché in u tile d ire che questa è u n a delle p a rti della d o ttrin a k a n tia n a , p a rte del resto no n essenziale, che n o n è p iù ric o rd a ta se n o n storicam ente. D elle dodici categorie k a n tia n e , due sole sono oggi universalm ente riconosciute com e ta li: la sostanza e la causa. D alle ca­ tegorie deriva u n sistem a d i p rin c ip ii, i q u ali esp rim o ­ no le leggi su p rem e d e ll’ap p licazio n e delle categorie alle ra p p resen tazio n i sensibili. A lle p rim e due classi d i categorie corrispondono i p rin c ip ii che K a n t dice m a te m atici; i q u a li sono già sta ti da noi passati in rassegna com e p rin c ip ii su p rem i d e ll’unificazione m atem atica sotto le form e p u re d el

senso. I p iù im p o rta n ti sono q u elli che corrispondono a lla terza classe delle categorie e p artic o la rm en te i due p rim i, il p rin c ip io di sostanza e il p rin cip io di causa. (I fenom eni sono il fluire delle d eterm in azio n i d ’un su b strato p e rm a n e n te , i m u ta m e n ti avvengono secondo la concatenazione di causa e di effetto). K a n t n e dà u na dim ostrazione in teressan te; che è una specificazione della giustificazione generale delle c a ­ teg o rie. Essi sono necessari p erch è si ab b ia u n m ondo o b b iettiv o , cioè u n m ondo p e r u n a coscienza su p e rin d i­ v id u ale, p erch è la coscienza possa uscire dalla subbiettiv ità della coscienza ind iv id u ale. P ren d iam o p e r esem ­ p io il p rin c ip io di causa. Se tu tte le rap p resen tazio n i fossero sem plicem ente legate d alla successione n ella co­ scienza, non ci sarebbe nessuna differenza tr a la succes­ sione p e r cui io considero lo svolgersi d i u n evento e q u ella p e r cui io considero a d uno ad u n o gli a lb e ri di u n a foresta o le case d ’u n a via. A llora si avrebbe u n a fantasm agoria diversa nei singoli in d iv id u i e n ei singoli m o m en ti; se n o i vogliam o avere u n m ondo stabile e co­ m u n e dob b iam o avere u n ’esperienza co stitu ita da suc­ cessioni stab ilm en te e necessariam ente d eterm in a te che siano com e l ’ossatura d ella re a ltà e in base alle quali 10 possa co m p re n d ere anche le a ltre ; cioè che il m ondo sia costituito da una concatenazione causale universale. Ma il n u m ero delle form e in telle ttiv e e dei loro p rin c ip ii in fondo non ci interessa essenzialm ente. Q ua­ le è (ch iediam oci p iu tto sto ) il risu ltato di questa e la ­ b o razio n e, q u ale è la figura del m ondo che ne risu lta? 11 risu ltato d e ll’elaborazione p er le form e sensibili è il m ondo esteso nel tem p o e nello spazio; il risultato d e ll’elab o razio n e in tellettiv a è il m ondo concettuale d el­ l ’esperienza. Come noi p er l ’a ttiv ità in tellettiv a a s p iria ­ m o in certo m odo a costituirci u n ’anim a com une a tu tti gli esseri p en sa n ti, p e r la quale vi sia un m ondo unico ed iden tico , così n o n possiam o costituire questa re altà

id en tica se no n cercando di p e n e tra re nelle cose, fino a q u e ll’u n ità che co rrisp o n d e a ll’u n ità d e ll’an im a ge­ n eric a, fino a q u elle u n ità id en tich e ch e sono le idee. L ’an im a è u n ’id ea e l ’oggetto adeguato suo sono le idee, diceva P la to n e. ' Così p e r K a n t l ’oggetto adeg u ato d e ll’anim a gene­ rica com une a tu tti gli esseri p en sa n ti è l ’u n ità in te rio ­ re com une a d u n a m o lte p lic ità di in d iv id u i: il concetto. Se noi avessim o costituita questa unificazione in te lle t­ tiv a, com e lo s p irito no stro h a co stitu ito l ’unificazione m atem atica, noi avrem m o u n ’in tu izio n e in te lle ttu a le — vale a d ire n o n avrem m o p iù d in n an zi a n o i questo m o n ­ do di cose d isp erse, m a, com e F a u st d esiderava, il m o n ­ do delle essenze e d elle forze che tengono insiem e il m o n d o : la re a ltà concettuale p u ra . N oi invece e la b o ­ riam o , n o n possediam o l ’unificazione in te lle ttiv a ; noi viviam o n el senso e ten d iam o verso la n a tu ra in te lle tti­ va; perciò le u n ità concettuali sono d a noi a p p re se n o n com e cose m a com e u n ità fo rm a li, che n o n h a n n o co n ­ ten u to se n o n sim bolico, e di esse ci serviam o p e r o rg a­ nizzare l ’esperienza sotto u n sistem a concettuale. Sotto il q u al rig u ard o l ’a ttiv ità d e ll’in telle tto è d u ­ plice. I n p rim o luogo esso costituisce le u n ità concet­ tu a li. C ostituisce le u n ità d ei concetti in d iv id u a li, d istri­ b u en d o gli elem en ti sensibili in ce rti g ru p p i stab ili che sono le cose, oggetti d o ta ti di p ro p rie tà . Q ueste u n ità , così co stitu ite d a ll’in te lle tto , n o n sono esseri co n cettu ali, m a esseri in term ed i, re a ltà sensibili unificate sotto u n a form a co n cettu ale — che è p u ra form a. Q u in d i co n ten ­ gono u n d u p lice elem en to : p rim o , l ’u n ità in tro d o tta d a ll’in te lle tto , che è u n ’u n ità form ale non afferrab ile in sè, u n a sem plice « regola di sintesi d i percezioni » (C rii. R ag. P ura, ediz. V alen t, pag. 606, n o ta), che è p e r la n a tu ra sua q ualch e cosa di generale, d ’estensibile ad u n n u m ero infinito di elem enti sen sib ili; secondo, il rivestim ento sensibile, le q u a lità , le determ in azio n i

te m p o ra li e spaziali. P e r il p rim o , anche il concetto in ­ d iv id u ale è già q u alch e cosa d i g en erale, u n tip o , c h e si p re s ta an c h e a d iv e n ta re segno di u n a m o lte p lic ità di in d iv id u i, e p e r questo è già u n vero concetto. P e r il secondo sem p re in c a rn a to in u n q u i ed in u n ora, è in tu izio n e. P e r la trasm issio n e e l ’uso, l ’u n ità concet­ tu a le n o n h a bisogno di av ere sem p re con sè il sim bolo sensib ile co m p leto , b asta u n a p a rte essenziale, u n id eo ­ g ram m a, u n segno, u n a p aro la . In secondo luogo p u ò collegare le u n ità concettuali fr a loro e con le ra ppresentazioni. L ’in te lle tto isola le v erità co n cettu ali (espresse d al segno) d al co n ten u to in ­ tu itiv o ; ciò dicesi pensare. « P e r l ’intuizione ch e c o rri­ sp o n d e a l con cetto , l ’oggetto è d a to ; senza d i essa è solo p en sato ». Q ueste u n ità co n cettu ali così isolate d iv en ­ tan o m ezzo d e l conoscere, m a di u n conoscere in d ire t­ to , discorsivo, q u an d o io le riferisco a rap p resen ta zio n i o ad a ltr i con cetti p e r d e te rm in a re m eglio questi con il co n ten u to d elle p rim e ; p e r es. d ico : T izio è uom o; il m ercu rio è liq u id o . Q uesto secondo atto è quello che K a n t dice g iu d izio ; la faco ltà d i decid ere se u n p a rtic o ­ lare d eb b a o n o n d eb b a v en ir su b o rd in ato ad u n a certa u n ità (C rii. R ag. P ura, ediz. V a le n t, pag. 58). Q ualche volta K a n t fa u n a cosa sola del giudizio e d e ll’in te lle tto ; a ltre volte (e già n ella stessa C ritica d e l­ la rag io n p u ra ) è d istin to d a ll’in telle tto e posto accanto ad esso com e u n a facoltà in term ed ia tra l ’in telle tto e la ragione. I l com pito d e ll’in te lle tto nostro è q u in d i di te n d e re a co stitu ire u n a re a ltà p e r u n ’intellig en za p u r a ,'e così u n m ondo d i in te llig ib ili. Ma dico « te n d e re » p erch è il nostro m ondo d i concetti n o n è ancora u n m ondo di in tellig ib ili. I l m om ento essenziale, tu tta v ia , del con­ cetto è n el suo asp e tto in te llig ib ile , com e fo rm a, com e u n ità ; in q u an to n o n è solo u n a fo rm a a stra tta e n o stra, m a u n ’u n ità in te rio re , u n a vita in tellig ib ile; perciò sol­

tan to p u ò im m edesim arsi con l ’an im a universale, che a n c h ’essa è u n in tellig ib ile. M a p e r noi questo in te l­ lig ib ile si in carn a sem p re in u n a re a ltà sensibile. O nde il p recetto sul q u ale K a n t insiste num erose vo lte: che p en sare n o n è ancora conoscere, che u n pen siero che n o n si riferisca ad u n co n ten u to sensibile o n o n possa tra d u rsi in esso, è un esercizio a vuoto, senza valore. O gni costruzione concettuale deve p o tersi tra d u rre in te rm in i in tu itiv i; p erch è l ’in tu iz io n e soltanto è p e r noi sorgente d i conoscenze re ali. L a re a ltà così co n cettu alm en te o rd in ata è ciò che diciam o il m ondo d e ll’esp erien za, che non è p iù q u a l­ ch e cosa di asso lu tam ente em p irico , di accidentale, m a nem m eno q u alch e cosa di p e rfe tta m e n te in tellig ib ile, di co stru ib ile a p rio ri. Q uindi è qualch e cosa di in te lli­ g ib ile e d i necessario, m a solo sotto u n certo asp etto : posti gli e lem en ti dati, q u el collegam ento form ale che diciam o esperienza è assolutam ente necessario. P erciò in u n senso è vero che l ’esperienza non dà assoluta n e ­ cessità: di fro n te a ll’in tellig ib ile non è necessaria; di fro n te a l l ’elem ento p u ra m e n te em pirico è un collega­ m ento necessario ed univ ersalm en te valido. Bisogna però anche n o tare che la p a ro la « esperienza » non ha in K a n t u n senso costante. N o rm alm en te designa il collegam ento sintetico delle rap p resen ta zio n i sotto i con­ ce tti in telle ttiv i p u ri; ta lo ra p erò è presa n el senso di « p u ro dato sensibile ». È u n ’am b ig u ità che si estende alle p aro le « em pirico » ed « a p o sterio ri » che desi­ gnano o ra l ’ap o steriori p u ro , le im pressioni non ancora organizzate d a ll’in telle tto , ora l ’ap o sterio ri d e ll’espe­ rien za, cioè il sapere già organizzato d a ll’in telletto . Resta ancora u n ’u ltim a questione. Da q u ali criteri è guidato l ’in telle tto nella sua unificazione delle r a p ­ presentazioni?. Noi abbiam o dinanzi a noi la m o lte p li­ cità delle im m ag in i; l ’in telle tto le rag g ru p p a coi suoi p rin c ip ii in « cose ». O ra p erch è l ’in telletto raggruppa

p e r es. in u n a « cosa » gli elem en ti a, b, c, e in u n ’a ltra « cosa » gli elem e n ti d , e, j ? P e r il realism o la qu estio ­ n e è facilm en te riso lta (con u n assu rd o ); m a se noi p e n ­ siam o ch e gli oggetti sono cre a ti a p p u n to d a ll’in telle tto ci d o b b iam o ch ied e re ch e cosa lo guida in questa o p e­ ra zio n e? K a n t p ro ced e qu i co n tra riam en te a l solito p e r la via psicologica ed affida a d u n a facoltà in term ed ia, alY im m a g in a zio n e, il com pito di p re p a ra re i collegam en ti che p o i l ’in te lle tto sanzionerà. È la te o ria dello schem atism o trascendentale che K a n t p re m e tte alla t r a t ­ tazione d ei p rin c ip ii. N oi non dobbiam o cred ere che l ’in telle tto crei d i suo a r b itrio ; ci deve essere u na r a ­ gione p er cu i l ’in telle tto a p p lic a questa p iu tto sto che q u e ll’a ltra fo rm a d i u n ità . O ra p e r K a n t questa ragione sta in u n a p refo rm azione d el m ateria le sensibile da p a r ­ te deH’im m aginazione trasc en d en tale , la quale p re p a ra il m a te ria le sensibile in m odo che l ’in telle tto n o n h a p iù se non da co n ferm are e ratificare i ra p p o rti già p re e ­ sisten ti, sebbene, in altro grado, n ello stesso m ateria le sensibile. L ’organizzazione d e ll’esperienza in g ru p p i d i coesistenze e di successioni è l ’o p era d ’u na sintesi in ­ conscia d e ll’im m aginazione — che è l ’azione p rim a d el­ l ’in telle tto sul senso — e che o rd in a questi elem enti se­ condo certi ra p p o rti te m p o ra li che K a n t chiam a schem i trascendentali. Così p e r es. la persistenza nel tem po è 10 schem a della categoria di sostanza, la reg o larità n e l­ le successioni è lo schem a della categoria di causa e così via. Vi è q u in d i u n ’attiv ità logica in ferio re che crea 11 m ondo su b biettivo della coscienza p erso n ale; l ’in te l­ letto vero e p ro p rio gli dà poi la p ro p ria im p ro n ta e lo trasfo rm a in u n sistem a obbiettivo di ra p p o rti necessarii. A lla p rim a corrispondono i giudizi p ercettivi che esprim ono u n collegam ento subbiettivo m a non p re te n ­ dono « che io in ogni tem po e ogni altro percepiam o la stessa cosa »; alla seconda i giudizi d 'esperienza che stabiliscono u n a connessione necessaria.

La soluzione, com e si vede, risied e n el p o rre u n te r­ m in e in te rm e d io , che p o i è sem pre ancora l’in telle tto stesso. L a questione n o n è affatto riso lta. P iù significa­ tiv a è u n ’a ltra espressione d i K a n t; laddove p a rla della affin ità d e ll’elem en to sensibile (che n o n co m p ren d e co­ se stra n ie re , m a ra p p resen ta zio n i d e ll’io) con le u n ità in tellettiv e. I fen o m en i sono già essi stessi dei processi s p iritu a ­ li e l ’o rd in e che lo sp irito vi in tro d u ce n o n è qualche cosa d i stra n ie ro ; anzi lo sp irito non è u n ’a ttiv ità e stra ­ n ea , m a solo il p o ten ziam en to , la re altà in tim a dei fe­ no m eni stessi. Dove risied e a llo ra l ’affin ità? N el te n d e re verso l ’u n ità, ^ fe n o m e n i n o n sono u n a m o lte p lic ità o b ­ b iettiv a alla q u ale ogni o rd in e sia in d iffe re n te , m a so­ no, in u n a m o lte p lic ità ch e lo cela, già l ’o rd in e stesso d e ll’in telle tto ; il q u ale ne esprim e la v erità e la re altà. P erciò l ’o rd in e in tellettiv o n o n è u n o rd in e a rb itra rio , n è h a la sua base in u n o rd in e ex tra -in telle ttiv o , m a è il co ronam ento n a tu ra le d i un processo teleologico. Da questo concetto d e ll’a ttiv ità in telle ttiv a discen­ dono o ra due conseguenze. L a p rim a è che è possibile u n sapere a p rio ri della re altà (p a ra lle lo a quello della m atem atica), p e r via d e ll’astrazione dei concetti p u ri d a ll’esperienza. N on è p arag o n ab ile alla m atem atica ; n o n ab b iam o in tu izio n i fo n d a m e n tali, n o n assiom i, non è possibile u n a costruzione; m a è possibile enu n ciare u n certo n u m ero di p rin c ip ii, che K a n t riassum e col nom e di Fisica p u ra. Q uesti p rin c ip ii sono an z itu tto i p rin c ip ii d e ll’in telle tto ; e si ap p lican o q u esti p rin c ip ii a certi concetti e m p irici m an te n u ti co stan ti; p e r es. il concetto d i m ateria. K a n t ce n e dà l ’esem pio n ei suoi « P rin cip ii m etafisici d ella fisica » (1786). Ma la p iù im p o rta n te conseguenza p e r noi è q u e­ sta: ch e nessuno dei concetti p u ri, in quanto sono sol­ tan to u n ità fo rm ali destinate a collegare i d ati sensi­ b ili d e ll’esp erien za, h a valore p e r la re a ltà assoluta.

Le categorie isolate dal m ateriale in tu itiv o sono vuote; esse servono solo a co stitu ire l ’esperienza in vista d ’unà p o ssibile esp erien za. Esse n o n sono lim itate com e il tem p o e lo spazio n el m ondo della nostra intuizione, m a valgono p e r tu tti gli esseri in tellig e n ti; p erò siccome p e r noi i lim iti d e ll’esperienza , coincidono con i lim iti del nostro tem p o e del nostro spazio, così p e r noi la v alid ità delle categorie è an ch e chiusa in questi confini. O ra, po ich é tu tta la nostra attiv ità conoscitiva consiste n e ll’organizzare e unificare p e r mezzo dei concetti e dei p rin c ip ii d e ll’in telle tto , e poiché questi perdono ogni concreto significato quando vengono1 sep a rati dal m a te ­ ria le delle in tu izio n i sensibili, è forza concludere che il nostro conoscere vero e p ro p rio è lim itato al cam po d e ll’esperienza. Essendo u n conoscere condizionato dal m ateria le em p irico , è u n conoscere relativo a n o i, feno­ m en ico ; e com e tale p re su p p o n e necessariam ente un essere in sé delle cose, u n a re a ltà noum enica; la quale p erò , non avendo noi u n ’in tu izio n e a ltra da q uella del senso, è tu tta fu o ri del cam po d e ll’applicazione delle categorie e p erciò è un concetto negativo, u n incono­ scibile. La questione della re altà del noum eno è stata in ogni tem p o , com e è b en noto, u n o dei p u n ti p iù con­ tro versi della filosofìa k a n tia n a ; ed anche oggi le in ­ terp re ta z io n i sono lungi d a ll’essere concordi. La d if­ ficoltà m aggiore sta n e ll’afferm are che le categorie non sono a p p lica b ili al no u m en o ; p erch è allo ra possiam o af­ ferm are che è q u alch e cosa, che è il fondam ento e il co rrelativo della re a ltà em p irica? Già si è veduto che l ’in terp re tazio n e grossolana secondo la quale i noum eni sareb b ero a ltre tta n te re a ltà che causerebbero le sensa­ zioni in noi deve, nonostante num erose espressioni di K a n t in questo senso, essere re sp in ta. K a n t si vale spes­ so, tro p p o spesso, del linguaggio realistico che ora ci u rta ; m a la sua teo ria non va in te rp re ta ta secondo q u e­

ste infelici trascu ratezze di espressioni. Da p iù di u n p u n to della d o ttrin a k a n tian a tra sp a re in fa tti l ’id en tità del noum eno con l ’io trasc en d en tale ; la concezione sim ­ bolica che n o i n e ab b iam o è q uella d ’u n regno degli sp iriti p erfetti e lib e ri : da ogni p a rte siam o com e segre­ tam en te rin v iati al concetto platonico e leib n izian o di un m ondo id eale degli sp iriti. Ma anche se queste erano le p riv ate o p in io n i di K a n t, dal p u n to di vista filoso­ fico egli insiste n el m odo p iù energico n e ll’afferm azione che noi ne ab b iam o solo u n concetto negativo, vale a d ire che lim ita, d eterm in a la n ostra re altà com e feno­ m enica, lasciando, p e r così d ire , il posto vuoto di là da essa, m a senza n u lla d e te rm in a re circa questo al di là. « Q uanto alla causa p e r la q u ale noi, no n p ag h i del su b strato sensibile, aggiungiam o a i fenom eni i n o u m en i, che solo l ’in te lle tto p u ro può p en sare, essa sta in q u e­ sto. La sensibilità e il suo cam po vengono lim ita ti d a l­ l ’in telle tto in questo senso, ch e essi n o n ci d an n o cose in sè, m a solo cose in quel m odo ch e possono a p p a rire , d ata la n o stra costituzione soggettiva. O ra d al concetto stesso d i fenom eno in genere deriv a ch e d ebb a ad esso co rrisp o n d ere q u alch e cosa c h e n o n è fenom eno, p erch è il fenom eno no n è n ie n te in sè fu o ri d el nostro m ondo d i ra p p resen ta zio n e: q u in d i se n o n vogliam o avvolgerci in un circolo senza fine, la p aro la fenom eno denota già u n rife rim en to a q u alch e cosa ch e deve essere u n og­ getto in d ip e n d e n te dai n o stri sensi .D onde sorge il con­ cetto d ’u n n o u m en o , m a n o n in senso positivo; ch e designa n on u n a d ata conoscenza di qualch e cosa, m a solo il pensiero d i un q u alch e cosa in genere, nel quale io fo astrazione da ogni form a d e ll’in tu izio n e sensibile ». ( C rit. Rag. P ura, ediz. V a le n t., pag. 280). P erciò K a n t dice che il concetto del noum eno è un concetto lim ite, in quanto lim ita la nostra sen sib ilità; ma senza n u lla stab ilire su ciò che lim ita , ap ren d o di là della sfera dei fenom eni un cam po, che alm eno p e r

la n o stra rag io n e teo re tic a è del tu tto vuoto, in d e te r­ m in ab ile. K a n t si sforza di escludere il p iù che sia p o s­ sib ile ogni elem en to positivo da questo concetto. « I l concetto del n o um eno n o n è il concetto d ’u n oggetto, m a il p ro b lem a in ev itab ilm e n te connesso con la lim i­ tazio n e della n o stra sen sib ilità, se n o n vi possano essere oggetti d el tu tto in d ip e n d e n ti d alla n o stra intuizione sensibile : la q u ale questione n o n p u ò avere che u n a risp o sta d el tu tto in d e te rm in a ta : e cioè che, poiché la in tu izio n e n o stra n o n si estende a tu tte le cose senza ec­ cezione, vi è posto p e r a ltri oggetti che n o n possono essere asso lu tam en te n eg ati, m a in m ancanza d ’u n d e ­ te rm in a to concetto (p o ich é nessuna categoria vi è a p p li­ cabile) no n possono nem m en o essere afferm ati com e og­ g etti p e r il nostro in te lle tto » ( O i f .R ag. P ura, ediz. V alen t, pag. 310). C erto la rag io n e si lascia facilm ente tra v ia re a cre­ d ere di av ere u n a conoscenza positiva o co ll’erigere tale astrazio n e in e n tità reale (ch e è assolutam ente p riv a di co n ten u to e d i senso) o (com e p iù spesso avviene) col co m p letarla p e r m ezzo d i elem en ti em p irici che vi in tro ­ ducono u n a co n tra d d izio n e: m a con ciò non riesce che a d avvolgersi in u n m ondo di esseri fantastici e c o n tra d ­ d ito ri. A che cosa serve a llo ra ? A lm eno a qu esto : a lim ita re la n o stra conoscenza sensibile, a te n e r lo n tan a ogni concezione superstiziosa che è u n a form a di n a tu ­ ralism o anche essa ed ogni in fo n d ata negazione n a tu ­ ralistica (ch e è anche essa una form a di superstizione). É" se sotto l ’asp e tto teoretico il m ondo noum enico è p e r noi v uoto, esso acquista p erò u n contenuto p e r mezzo della rag io n e p ra tic a , ch e n o n ce lo fa conoscere, m a n e fo n d a la realtà e ne autorizza la rap p resen tazio n e sim bolica. Q uesto rigoroso concetto negativo del n o u ­ m eno è p erfettam en te in accordo con la m eticolosa cau ­ tela speculativa d i K a n t. Ma esso è sostenibile? N on si p u ò invero d ire che il concetto del noum eno sia p u -

ru m en te negativo : u n a p u ra negazione sarebbe l ’ig n o ­ ra re questo concetto e il p o rre esp licitam en te o n o n il m ondo fenom enico com e solo esistente. N o n è d u n q u e u n a p u ra negazione l ’a tto p e r cui a p p re n d ia m o , n o n è u n atto ch e e lim in i da sè ogni tra c c ia d ’u n a qualch e afferm azio n e p o sitiva: è u n a tto ch e negando il ca­ ra tte re assoluto d ella re a ltà sensibile p o n e qualch e cosa d ’a ltro , il n oum eno. L a form a n eg ativa d e ll’espressione cela u n co n te­ n u to positivo. M a a llo ra q u ale è questo e com e e n u n ­ ciarlo se ogni co n ten u to d el n o stro conoscere è d i o ri­ gine em p irica e p erciò in ad eg u a to ? D a u n a p a rte se il n o um eno è q u alch e cosa di po sitiv o , qu an d o lo p e n ­ siam o in q u alch e m odo sia p u re in ad eg u ato , lo cono­ sciam o; d a ll’a ltra il conoscere è condizionato dalle fo rm e e categorie che h an n o la loro esclusiva funzione n ella conoscenza o b b iettiv a d e ll’esperienza che n o n può a rriv a re al n o u m en o ; com e si risolve questo co n trasto ? Vi deve essere u n a form a di conoscere im p ro p rio che trascen d e l ’esp erien za: il p resen tim en to ( A h n u n g ) di F ries. N on è tu tta v ia necessario creare accanto alle a l­ tre u n a form a speciale di conoscenza, quasi m istica, d el­ la quale sareb b e difficile escludere l ’a rb itrio soggettivo e la fan tasia. La difficoltà si p re sen ta già, se b en av v ertia­ m o, nella conoscenza degli elem enti stessi di questo in te l­ lig ib ile, che n o i facciam o servire alla n o stra conoscenza della re altà em p irica e che e n tra n o com e elem en ti fo r­ m ali n e ll’esp erien za, n ella conoscenza dei concetti. Noi no n ab b iam o u n ’in tu iz io n e in te lle ttiv a dei concetti, noi ne ab b iam o solo conoscenza com e d ’u n ’en tità form ale e ce ne serviam o com e d ’im a regola p e r organizzare le rap p resen ta zio n i. C he cosa vuol d ire che li conosciam o com e u n ità fo rm a li? C he siam o in d irizza ti da u n ’unifica­ zione di elem en ti sensibili, senza che la possediam o in sè, n è possiam o sperare di possederla m ai. N oi non possediam o la re a ltà in tellig ib ile nè nella sua to ta lità ,

nè in alcu n o dei suoi in fin iti asp e tti che n o i crediam o di p o te r fissare n elle u n ità co n cettu ali. Q ueste ci sfug­ gono. Ma n o i a b b iam o nel corso d e ll’esperienza u n a conoscenza definitiva ed oggettiva p erch è, d ato un n u ­ m ero di elem en ti sensibili, abbiam o u n a regola che n e fìssa il ra p p o rto p e r cui essi sono ag g ru p p ati in u n a organizzazione stab ile: l ’u n ità concettuale non ci fa co­ noscere quello che essa è in sè, m a serve a d are alla sn b b iettiv ità d el senso u n poco di sta b ilità , necessità ed u n iversalità d e ll’in tellig ib ile, ciò che ap p u n to diciam o o b b iettiv ità. O ra, questo medesimi» p rin c ip io form ale è quello ch e ci sospinge verso l ’u n ità noiunenica. Ma noi d o b b iam o a n d a re verso di essa, n o n com e verso la causa delle ra p p resen ta zio n i, - grossolana figurazione della re lativ ità d el m ondo em p irico , — m a p erch è questo è u n sistem a d i ra p p o rti secondo p rin c ip ii che ne esigono l ’u n ità assoluta. Q u in d i sono an co ra le categorie ch e, com e K a n t m ostra benissim o nella D ialettica, ci sp in ­ gono verso l ’u n ità in tellig ib ile e ce la fanno in un certo m odo conoscere. La conoscenza è anche qui la conoscenza di u n ’u n ità fo rm a le ; e cioè sim bolica ed im p ro p ria. Ma con questo d i p iù , che le categorie qui p erdono il loro senso. Esse sono u n ità tra i fenom eni, e sono in a ­ deguate ad esp rim ere l ’u n ità dei fenom eni, p. e ., il con­ cetto della causa assoluta. P erciò qu i la conoscenza sim ­ bolica n o n h a p iù alcun co rrisp o n d en te o b b iettiv o ; in questo senso si può d ire che la categoria qui non h a più alcun valore. Ma essa conserva il suo valore com e desi­ gnazione sim bolica d e ll’in tellig ib ile, non in qu an to ci dia una conoscenza vera e p ro p ria n el senso del conoscere o b b iettiv o , m a n el senso che è p er n o i la direzione verso cui deve p ro g red ire, l ’aspetto soggettivo rivolto a noi d ’una realtà che in sè non è tale, m a che da noi può e deve essere così concepita. Nel che senza dubbio si rivela l ’esigenza p ra tic a (in lato senso) del conoscere, da K a n t accentuata.

Q u in d i le categorie non sono 6olo stru m en to d e l­ l ’esp e rien za ; sono in se espressioni p u ra m e n te fo rm ali d e ll’in tellig ib ile, che ci in d irizzan o verso di esso, m a n o n ce lo fanno conoscere che attra v erso u n a veste em ­ p irica . N ello stesso tem p o costruiscono l ’esp erien za, ren d o n o possibile u n m ondo o b b iettiv o , che è a n c h ’esso stru m en to d e ll’u n ità dello sp irito . Q u in d i n el loro uso im m a n e n te sono- essenzialm ente stra n ie n ti della conoscenza o b b iettiv a , della costituzione della re a ltà o b b iettiv a e d ella vita sp iritu a le che essa re n d e possibile (la v ita m orale). N el lo ro uso trascen­ d e n te p erd o n o questo com pito o b b iettiv o , m a conser­ v ano, an zi ac cen tu an o , la funzione m etafisica p u r es­ sendo sem p re solo u n ità fo rm ali. I l « p resen tim en to » di F ries n o n è ch e il conoscim ento p e r m ezzo della ca te­ goria p o ten ziata. Il noum eno è q u in d i u n a re a ltà p osi­ tiva ed è possibile u n a certa conoscenza (sim bolica) dello stesso. In questo senso va co rretta an c h e tu tta la c a ra tte ­ rizzazione p u ra m e n te negativa della D ialettica, il cui esam e dobbiam o ora in tra p re n d e re .

LA

RA G IO N E

C on i ris u lta ti d e ll’estetica e d e ll’a n a litic a la quistio n e fo n d am en tale circa il valo re d ella m etafisica è v irtu alm en te decisa. N oi abbiam o ved u to che il co n ­ cetto del conoscere com e d i u n fo rm are secondo form e a p rio ri (le q u ali esprim ono l ’esigenza d e ll’u n ità ) non solo spiega la lo ro costituzione e il valore d e ll’esp e­ rien z a, m a ci dà la sola esplicazione possibile d el valore d ella m atem atica e degli elem e n ti p u r i d ella scienza. M a nello stesso tem p o esso ci h a condotto alla conclu­ sione ch e ogni conoscere è sem p re relativ o , è sem pre la costituzione d ’u n a re a ltà fen o m en ica; la q u ale ci rin ­ via ad u n a re a ltà assoluta, m a la pone nello stesso tem p o com e inconoscibile. L a m etafisica, n el senso trad iz io n a le d i u n sap ere delle re a ltà u ltim e , è q u in d i u n a c h im e ra ; e questo ci ch iarisce la ragione d elle co n tra d d izio n i e d elle lo tte incessanti dei sistem i m etafisici, senza u n risu ltato definitivo. K a n t aveva din an zi alla m ente so­ p ra tu tto la m etafisica dogm atica delle scuole d el suo tem p o ; essa n o n è ch e u n a pseudoscienza. Ma con ciò n o n è riso lta ogni difficoltà. D ovrem o noi p o rre a l posto della m àtìfisica u n a sem plice critica negativa che sia com e u n a coscienza riflessa d el sapere

scientifico e dei suoi lim iti in su p e ra b ili? Q uesta è stata la conclusione d ’u n a p a r te dei k a n tia n i, ¡ma n o n è q u ella d i K a n t. A nche co n d an n an d o la m etafìsica egli insiste sul v alo re che h a n n o i suoi p ro b lem i p e r lo sp i­ rito u m an o ; la m etafisica dogm atica è dovuta senza d u b ­ bio ad u n ’illu sio n e della ra g io n e ; m a non è m en certo che l’uom o no n p u ò rin u n z ia re a lla m etafìsica. N on b a ­ sta p erciò co n clu d ere a ll’im p o ssib ilità della m etafisica d o g m atica; bisogna ric e rca re le origini del bisogno m e­ tafisico d e ll’uom o e in q u al m odo ed en tro quali lim iti esso pu ò co n d u rre a ris u lta ti accettabili. La m etafisica è l ’o p era d ella ra g io n e ; ci bisogna q u in d i esam in are i p ro ced im en ti ed i lim iti della r a ­ gione. L ’a ttiv ità sintetica dello sp irito co m prende tre g radi : il senso, l ’in te lle tto e la ragione. A bbiam o p a s­ sato in rassegna il senso e l ’in te lle tto con le rispettive fo rm e: dobbiam o adesso distin g u ere la ragione d a ll’intelle tto . L ’in telle tto è la facoltà delle regole, la facoltà di g en eralizzare, di c reare u n ità concettuali. N ella sua funzione logica, e m p irica , l ’in te lle tto p a rte d a ll’espe­ rienza e costituisce i co n cetti e m p iric i; questa sua a tti­ vità è stu d iata dalla logica. M a noi sappiam o ch e questa funzione d e ll’in telle tto è possibile solo p erch è esso è attivo p rin cip io di u n ità ; questa attiv ità si esplica p e r mezzo di u n certo n u m ero di form e unificatrici, che sono l ’elem ento p u ro , trasc en d en tale degli stessi con­ cetti em p irici. Lo studio della funzione d e ll’in telle tto , co n sid erato a stra tta m e n te in q u est’attiv ità unificatrice (e perciò facendo astrazione dal m ateriale em pirico) a p p a rtie n e alla logica trascen d en tale. La ragione invece è la facoltà dei p rin c ip ii; è la facoltà che te n d e ad o rga­ nizzare in u n sistem a unico i concetti che sono opera d e ll’in telle tto . Q uindi nella sua funzione em p irica la rag io n e è la facoltà sistem atrice ed unificatrice dei con­ ce tti e delle leggi, che aspira a tro v are l ’u n ità da cui d erivano. Q uesta funzione em p irica, logica, si esplica

n el rag io n a m en to ; K a n t h a dinanzi a sè il sillogism o, m a in re altà co m p rende anche l ’in duzione, in qu an to essa costituisce i p rin c ip ii che servono poi a ll’ordine dedu ttiv o . Q uando si ragiona si cerca di p o rre u n p rin ­ cip io , da cui d eriv are poi il resto (com e conseguenza); certo in questo caso il p rin cip io può essere un p rin cip io m olto relativ o , d ’origine em p irica , lim itato a d u na sfera ben d eterm in a ta . Ma anche q u i la ragione esercita q u e ­ sto ufficio logico p erch è è in sè, a stra tta m e n te dal m a ­ te ria le em pirico su cui si esercita, u n ’esigenza di u n ità , una ten d en za un ificatrice sotto u n p rin cip io suprem o ed assoluto. In questo senso trascen d en tale noi dobbiam o con­ sid era rla. Essa è sotto questo aspetto u n a a ttiv ità p u ra , fo rm ale, che ten d e a strin g ere tu tta l ’a ttiv ità p u ra d el­ l ’in telle tto in u n ’u n ità , a rid u rla sotto p rin c ip ii asso­ lu ti, a strin g ere insiem e tu tta l ’a ttiv ità d e ll’in telletto in m odo che noi possiam o a ffe rra rla com e u n ’u n ità as­ soluta. La ragione è q u in d i la facoltà d e ll’assoluto, la fa ­ coltà religiosa p e r eccellenza. L ’in te lle tto costruisce le u n ità co n cettu ali e passa d a ll’u n a a ll’a ltra ; lo sp irito , che è rag io n e, è insoddisfatto d i questo e rra re e vuole cogliere l ’u n ità di ciò che l ’in te lle tto afferra solo nella sua m o ltep licità ; p erciò essa cerca di elevarsi a dei p rin ­ cip ii che siano a ll’attiv ità d e ll’in te lle tto ed ai suoi risu l­ ta ti; quello che è la m aggiore del sillogism o risp etto alla conclusione. P e r quale processo avviene questo passaggio? L ’in ­ telletto p e r mezzo dei suoi p rin cip ii concatena, come si è veduto, il com plesso dei d ati sensibili in u n m ondo d ’oggetti. Ma questo m ondo non è m ai qualche cosa di definitivo e di p e r sè stan te; è sem pre qualche cosa di in com pleto, di fram m en tario e perciò di insoddisfacente. S otto tu tti i ra p p o rti ogni oggetto della re a ltà dipende sem pre da a ltri, ai quali ci rinvia come a condiziono

necessaria d ella sua esistenza; u n esteso è sem p re condi­ zio n ato da a ltri estesi, u n a causa da a ltre cause a n tec e­ d en ti e così via. O ra è ca ratteristico dello sp irito um ano il la tto che egli n o n p u ò ad ag iarsi in questa re a ltà ; esso asp ira a q u alch e cosa di co m piuto, di definitivo, di assoluto. N oi sentiam o d i n o n p o te r co m p re n d ere il m ondo se noi n on lo cogliam o n ella sua u n ità e to ta lità ; in fondo la stessa in saziab ilità d e ll’in telle tto è anim ata e d iretta da questo bisogno d ’u n ità , che p erò esso p er la n a tu ra sua n o n p o trà m ai raggiungere. Q ui in terv ien e la rag io n e, ch e è una attiv ità p e r la q u ale lo sp irito invece di sillab are laboriosam ente la esp erien za, di collegare elem enti con elem en ti, o pera o alm eno si sforza di o p erare a p rio ri la sintesi definitiva di tu tti gli elem en ti re ali e possibili, di tu tta la re a ltà in telle ttiv a , in u n ’u n ità che ne sia il p rin c ip io , ch e ci p e rm e tta di d eriv a rla e p erciò di co m p ren d erla. Q ueste u n ità che sono concetti cre a ti a p rio ri d alla rag io n e, e che v o rreb b ero co m p re n d ere in sè la sintesi to tale d e ll’esperienza (reale e possibile) n o n possono p iù n a tu ra lm e n te e n tra re com e elem enti n e ll’esp erien ­ za; esse sono le id ee della ragione. K a n t riattacca la p a ro la e il senso suo al pensiero p lato n ico ; K a n t rico rd a qui P la to n e come un suo p re d e ­ cessore ed esprim e anzi la speranza d ’in te rp re ta re la d o ttrin a del m ondo ideale in un senso p iù conform e al suo stesso sp irito . E gli ne celebra la d o ttrin a in quanto si riferisce al m ondo m o rale ; dove ha avuto il m erito di riconoscere che i p rin c ip ii della m o ralità, della legi­ slazione e della religione non possono avere la loro o rig in e d a ll’esp erienza, m a esprim ono una esigenza id eale che in nessuna esperienza pu ò essere realizzata, e che tu tta v ia deve restare com e la norm a costante p e r la v ita nel m ondo d e ll’esperienza, se non vuole che essa p e rd a ogni valore ed ogni significato.

Q u est’attiv ità d ella rag io n e offre due a sp e tti. Sotto l ’u no d i essi è u n leg ittim o sforzo dello s p irito verso l ’u n ità asso lu ta; q u in d i, alm en o n e lle in ten zio n i, è u n a attiv ità le g ittim a, q u an d o , b e n s’in te n d e , sia co n ten u ta nei lim iti ch e l a n a tu ra u m an a im p o n e. Sotto l ’a ltro invece, in q u a n to p e r u n a specie d i illu sio n e n a tu ra le in ev itab ile, q u an d o la ragione m anca d i controllo c ri­ tico, l ’u n ità p u ra m e n te id eale è co n sid erata com e u n oggetto p o ssib ile della conoscenza, e così il trasc en d en te, l ’assoluto è fa tto oggetto di scienza, essa dà luogo ad u n sap e re sofistico, d ialettico (secondo l ’espressione di K an t), che è il co n ten u to sostanziale d ella m etafisica. In a ltre p a ro le le idee esprim ono solo l ’esigenza della to ta lità ; esse ci ra p p re se n ta n o la re a ltà d ata n e l­ l ’esperienza com e lim ita ta n e ll’essere suo p e r la d ip e n ­ denza da q u alch e co6a di assoluto, cioè d a lla to ta lità assoluta d e ll’esp erien za, ch e, in q u an to ta le , sta risp etto ad ogni esperienza d a ta , com e un fondam ento trasc en ­ d e n te ; e pongono in ra p p o rto l ’esperienza d ata con questo suo fon d am ento trasc en d en te a p p u n to in v irtù delle categ o rie, della unificazione sua form ale, la quale esige questo suo p otenziam ento com e u n a conclusione in ev itab ile. Ma n on p u ò a d e g u are ad esso il c o n te ­ nu to in tu itiv o ch e si svolge in u n a successione indefi­ n ita , la qu ale n o n p u ò m ai essere u n a to ta lità d a ta , un infinito re ale. Q uindi in questo caso le categorie n on collegano u n elem en to sensibile con a ltro elem ento sensibile in u n ’u n ità in tu itiv am en te d a ta , m a colle­ gano la to ta lità em p irica con u n p rin c ip io trasc en d en te che è solo u n ’espressione fo rm ale, u n a X; e ta le colle­ gam ento n on h a p e r fine d i farci conoscere questa X (p e r cui m an ca ogni intuizione), m a di farci riconoscere la vera n a tu ra d e ll’esperienza n o stra. Ma p u rtro p p o la ragione u m an a d alla necessità che accom pagna questi rag io n am en ti si illu d e che essi conducano ad u n a cono­ scenza o b b iettiv a della to ta lità assoluta; così le idee,

ch e sono p iù che altro l ’espressione di u n a esigenza, sono tra tte a significare oggetti in tellig ib ili p u ri ( l ’a n i­ m a, D io, ecc.); nel che, o deve erigere in re a ltà delle astra zio n i senza co n ten u to concreto, o devè d a r loro re a ltà e co n ten u to attin g en d o lo fu rtiv am en te d a ll’espe­ rien z a, e così in tro d u rre n elle sue concezioni il p rin cip io di u n a in san ab ile co n trad d izio n e. La d ia lettica p e r K a n t non è solo la sofistica della rag io n e, m a an ch e q uella p a rte d ella critica n ella quale essa m ette in lu ce il c a ra tte re sofìstico dei p rocedim enti della ra g io n e, q u an d o essa devia d al suo com pito a p ­ presso a l m iraggio di un vano sap ere. La D ialettica tra­ scendentale. è la p a rte p iù lunga della C ritica (382 pag. so p ra 769 com plessive), la p iù c h ia ra , la p iù geniale, la p iù in teressan te p e r i p ro fo n d i p ro b lem i ch e ne sono l ’oggetto. A n c h ’essa p erò non è p u rtro p p o lib e ra dal d ifetto ca p ita le d e ll’o p e ra : l ’introinissione di un ordine sistem atico im p o sto p e r forza, che n o n im pedisce certo a K a n t di a p p ro fo n d ire la tra tta z io n e d ei p ro b lem i, m a ch e gli im pedisce spesso di m e tte rli al loro vero posto e nella loro vera luce. Q uesta im posizione estran ea si riv ela già n ella p artizio n e della m ateria e nella posi­ zione di tre idee o m eglio di tre classi di id ee; p erch è, se nella p rim a classe e nella terza abbiam o veram ente d ue id ee fo n d am en tali ( l ’anim a e D io), nella seconda ab b iam o u n vero g ru p p o di idee cosm ologiche che do­ v re b b ero esp rim ere, da diversi p u n ti di vista, la to ta ­ lità assoluta dei fenom eni. A nche qui K an t ricollega, con la sua ab itu ale pi’eoccupazione di un falso ordine sistem atico, la logica trascen d en tale alla logica form ale, i processi trascen d en tali della ragione ai processi del r a ­ ziocinio. A lle tre categorie della relazione co rrisp o n ­ dono le tre form e di raziocinio: il categorico, la citi m aggiore contiene il rife rim en to di un predicato ad un soggetto (categoria di sostanza); V ipotetico, nella cui m aggiore si ha il riferim en to d ’un condizionato ad una

co n d izio n e (se A è B, A è C, categoria d i causa); il d isg iu n tivo , n ella cui m aggiore si ha il rife rim en to di u n a m o lte p lic ità d i concetti p a rz ia li alle loro to ta lità (A è o B o C o D , categoria d e ll’azione reciproca). Al prim o co rrisp o n d e q u el processo d ella ragione p e r cui essa si eleva a ll’idea del soggetto sostanziale assoluto ( l ’an im a); al secondo qu ello p e r cui la ragion e si eleva a l concetto della to ta lità delle condizioni, d e ll’essere in co n d izio n ato ; al terzo quello p e r cui essa si eleva al concetto della to ta lità assoluta d e ll’essere (D io). P iù che q u esto artifìcioso parallelism o , p erò , K a n t do v ette av ere d in an zi alla m ente le tr e discipline m eta­ fisiche fo n d am en tali alle q u ali egli le fa c o rrisp o n d ere ; la psicologia razionale, la cosm ologia, la teologia n a tu ­ rale ; la sua tra tta z io n e d elle tre idee è in re a ltà u n a c ritic a alle d o ttrin e co n ten u te in queste tre discipline d e ll’an tica m etafisica.

C apitolo V II.

L ’ID E A PSIC O LO G IC A

K a n t la riattacca al raziocinio categorico. In u n raziocinio categorico il passaggio d alla conclusione p a r ­ tico lare (T izio è m o rtale) a l p rin cip io (la m aggiore: gli u om ini sono m o rta li) è il passaggio da u n soggetto sostanziale p a rtic o la re a d u n soggetto sostanziale p iù g en erale, d i cui il p rim o è u n sem plice m odo. I l p r in ­ cip io assoluto sareb b e q u i rag g iu n to q u an d o la ragione potesse p erv en ire ad u n soggetto sostanziale u ltim o che non potesse p iù essere il m odo, la determ inazione di alcu n a ltro . O ra, il nostro in telle tto non p u ò p erv en ire a questo soggetto u ltim o p e rc h è è n ella sua n a tu ra di conoscere p e r co n c etti; i q u ali vengono da noi necessa­ riam e n te ra p p re se n ta ti p e r m ezzo di u n rivestim ento sim bolico (lo schem a, le n o te, ecc.), il q u ale ci rinvia ad u n ’u n ità in tellig ib ile, com e a l soggetto p iù profondo delle p ro p rie tà che la veste del concetto esp rim e; e perciò ci danno sem pre solo u n a pred icazio n e esteriore di q ualche cosa, la cui intim a e viva n a tu ra sfugge al nostro in telletto . O ra, la rag io n e, cercando ili rico n d u rre la to talità d e ll’esperienza ad una sostanza universale ed assoluta, della q u ale tu tto il resto no n è se no n d eterm inazione,

m o d o , p re d ic ato , dove p o trà tro v are q u alch e cosa che sia sem p re soggetto e n o n m ai p re d ic a to ? V i è u n ele­ m en to solo n e ll’esperienza che risp o n d e a questa esi­ genza: il m o m en to d e ll’app ercezio n e p u ra . C on questo la rag io n e id en tifica il soggetto sostanziale assoluto. E fino a q u i la ra g io n e è in tu tto il suo d iritto ; questa è la tesi fo n d am en tale d e ll’id ealism o. I l soggetto è il cen­ tro e la sostanza d el m o n d o ; n ien te è se n o n in qu an to u n soggetto lo p en sa ; la m a te ria , gli ato m i, l ’essere, ecc. sono sem plici p red icazio n i esterio ri ch e rin v ian o a d u n soggetto p iù p ro fo n d o d e ll’essere lo ro ; questo soggetto è ciò che li fa essere p e rc h è li pensa. M a questo io trasc en d en tale n o n è n ie n te d i ob b iet tivo. È vero che esso no n pu ò cessare d i essere soggetto (cioè sostanza) senza cessare d ’essere, m a d ’a ltra p a rte n o n h a co n ten u to , è u n p rin c ip io form ale, an z i lo stesso p rin c ip io fo rm ale n ella sua u n ità im m e d ia ta e vivente. Q u in d i, risp etto al nostro conoscere h a il valore di nn» id e a ; in q u an to n o i n o n possiam o riconoscere a ltro vero soggetto sostanziale d elle cose che l ’io p u ro , n o i d o b ­ b iam o riconoscere ch e il fondam ento sostanziale delle cose è il fo n d am en to stesso della n o stra v ita in te rio re ; m a n el tem p o stesso d o b b iam o riconoscere che questo fo n d am en to , in q u an to condiziona assolutam ente tu tti gli oggetti, n on p u ò m ai essere u n oggetto e p erciò t r a ­ scende ogni esperienza sia estern a, sia in te rn a . Se n o n ch e la rag io n e, cedendo a lla n a tu ra le sua im pazienza d i avere questo id eale com e u n oggetto d ’esperienza e d i scienza, crede di p o te r accrescere il nostro sapere in to rn o a questo io p u ro qualificandolo p e r m ezzo dei co ncetti p u ri della sostanza, d e ll’u n ità , ecc. e derivando conseguenze in ap p a ren z a leg ittim e: com e p e r es. q u a n ­ do — n e lla psicologia razionale — vuol d im ostrare che l ’an im a è sostanza sem plice, perciò in d istru ttib ile . O ra K a n t m ostra che finché si rim an e n el cam po dei con­ ce tti p u ri n o n si h a in re a ltà nessuna cono6ceza o b b iet­

tiv a, non si h a in fondo a ltro che il concetto d e irio p u ro fo rm ale, ch e n o n è u n oggetto; e che q u an d o si h anno (p retese) conoscenze obbiettive s u ll’io, ciò avviene p e r ­ chè si è fatto illeg ittim am en te a p p e llo ad elem e n ti d el­ l ’in tu izio n e. E d è p e r questo che K a n t chiam a i sofismi della rag io n e, rela tiv i a l l ’idea psicologica, paralogism i, p erch è sono veri e rro ri di ragionam ento. P e r es., nel prim o p aralo g ism o : l ’io puro è sostanza, io com e sog­ getto sono u n io p u ro , d u n q u e sono una sostanza, la p aro la sostanza è presa in due sensi. N ella m aggiore è p resa com e categoria p u ra , n o n esprim e n ien te di o b b iettiv o ed eq u ivale solo a d ire che il fondam ento assoluto d i ogni sostanzialità è l ’io p u ro ; n e lla conclu­ sione è presa nel senso di sostanza d e te rm in a ta , sostanza fra le a ltre sostanze, oggetto. È il sofisma della cosidetta qua tern io ter m in o r u m . r II p rim o paralogism o, ora rife rito , è quello della sostanzialità. Il concetto p u ro di sostanza è u n a funzione senza co n ten u to : dicendo che l ’io è sostanza si dice solo che esso è il p ro to tip o della sostanza, com e categoria, che ciò che di reale è, d ’im m u tab ilm en te persisten te esprim e la sostanza, è contenuto com e nel suo suprem o po ten ziam en to n e ll’io trasc en d en tale ; non che l ’io sia una sostanza p a rtic o la re , p e r il che m i m anca ogni e le ­ m ento in tu itiv o . N on b asta avere il concetto p u ro della sostanza p e r cred eré d ’avere la conoscenza di una re altà sostanziale oggettiva; è necessario p e r questo avere un dato em p irico , distinguere in esso il persistente, a p p li­ care la categoria di sostanza. Q uindi la proposizione che l ’anim a è sostanza, ha una grande p o rta ta m etafisica, in qu an to dice che la sostanza assoluta n o n p u ò venire p e n ­ sata se non sul p ro to tip o d e ll’io p u ro ; m a non ci dà nessuna conoscenza reale d e ll’io p u ro m edesim o com e sostanza assoluta, p erch è è so ltan to u n a u n ità form ale, non u n oggetto d e ll’esperienza. È l ’io p u ro che chiarisce il concetto di sostanza e non inversam ente.

II secondo paralogism o conclude alla sem plicità d e l­ l ’an im a (e q u in d i alla sua in d istru ttib ilità ). C he l ’io p u ro sia u n o , sem plice, è u n giudizio an a litic o ; m a ciò n o n vuol d ire ch e sia u n essere sem plice. Q uesto argo­ m en to è l ’A ch ille, dice K a n t, della psicologia razio n ale; esso m e rita p a rtic o la re attenzione. L ’an im a, si dice, è sem plice p erch è se fosse com posta di p iù p a rti concor­ re n ti (com e u n oggetto od u n a funzione m ateriale) la u n ità d el p en siero sarebbe im possibile. Ma io posso afferm are solo che l ’u n ità della m ia coscienza è possi­ b ile solo p e r l ’u n ità d e ll’io trasc en d en tale , che unifica in sè il co n ten u to , cioè che la m ia coscienza è il p ro ­ d o tto di u n a a ttiv ità u n ificatrice; m a che la m ia co­ scienza sia p e r sè u n a sostanza una e sem plice, nulla m i auto rizza a d afferm arlo. P rin c ip io d ella coscienza è l ’u n ità ; m a q u est’u n ità, assolutam ente p en sata, è u n ’id e a ; io n o n posso fare delle coscienze singole ta n te u n ità p artic o la ri, cioè ta n te so­ stanze sem plici, in d iv isib ili. La sem plicità della ra p ­ presen tazio n e del soggetto, dice K a n t, n o n è la ra p ­ presen tazio n e di u n soggetto sem plice. D ’a ltra p arte K a n t m ostra che questa pretesa sostanza sem plice — se p o tre b b e essere a b u o n d iritto considerata com e sem ­ p lice estensivam ente — non avrebbe alcun d iritto di esserlo in ten siv am ente, qu an to al n u m ero e a ll’in te n ­ sità delle sue fu n zio n i; ciò che im plica egualm ente m ia com plessità in terio re e che p erm e tte reb b e una specie d i sd o p p iam en to (p ensando la re altà intensiva di u n ’a ­ n im a com e divisa in due p a rti, che sarebbero due re altà, due sostanze) di coalizione di p iù in u na (con la rid u zione ad una realtà e perciò ad una sostanza); consi­ d erazioni queste che non hanno obbiettivam ente alcun v alo re, m a m o strano com e la sem plicità (estensiva) della fittizia an im a — sostanza — n o n conduce ancora affatto a q u elle conclusioni m etafisiche che se ne vo rrebbe ri­ cavare.

' I l terzo paralogism o si riferisce alla in d en ità n u m e ­ rica d el soggetto attraverso il tem p o , alla sua persistenza attrav erso il m u ta re d ei suoi sta ti; p er cui co stitu ireb b e u n a sostanza sem p lice, id en tica, u n a perso n a. Q uello ch e vi è q u i d i vero è q u esto : che la coscienza della id e n tità d el p ro p rio io p ersiste finche la coscienza p e r­ m an e id en tica, u n a p u ra tau to lo g ia. Ogni coscienza è u n ’u n ità (p e r v irtù d e ll’io trasc en d en tale ) ch e n o n è u n p u n to n e l tem p o ; m a p ersiste id en tica e conscia d ella sua u n ità ; e finché d u ra questa coscienza d e ll’id e n tità , d i­ ciam o che d u ra la stessa coscienza. Q uesto è b en lungi d a l co stitu ire l ’id e n tità oggettiva d ’u n a sostanza p e rm a ­ n e n te ; è l ’id e n tità d ’u n p rin c ip io fo rm ale, n o n di un oggetto, l ’id e n tità d ’u n a funzione, n o n d ’u n a cosa. Ciò che è b e n diverso. L ’id e n tità d ’u n a funzione p u ò in fatti m u ta re in sen sib ilm ente p e r g rad i, m an ten en d o la co n ti­ n u ità in te rio re , com e accade n ella vita d e ll’uom o, dove la coscienza del b am b in o , del fan ciu llo , d e ll’a d u lto , ecc. si succedono m an ten e n d o la co n tin u ità della coscienza, m en tre p u re tale c o n tin u ità ed id e n tità n o n sussiste fra due te rm in i d ista n ti; d u n q u e id e n tità m utevole d ’una funzione che p re su p p o n e l ’id e n tità e l ’u n ità d ’u n a fo r­ m a, n o n l ’id e n tità d ’u na sostanza indiv id u ale. O gni coscienza — n o n solo i m om enti successivi di u n a coscienza m adesim a — asp ira verso q u est’u n ità fo rm ale p e rfe tta e n e è sem pre tu tta v ia u n ’espressione in ad eg u a ta; l ’id e n tità della coscienza è d u n q u e u n ’idea, n o n il concetto d i u n a re a ltà in d iv id u ale — che è sem ­ p re u n a e sem p re a ltra e a sp ira verso l ’u n ità e id en tità p e rfe tta , m a n o n la possiede. In o ltre K a n t m ostra che p u ò b en p en sarsi l ’id e n tità di u n a funzione senza id en ­ tità d i sostanza. S upponiam o, egli dice (C rii, ragion p ura, ediz. V a le n t., pag. 740, nota) che u n a serie di sfere poste in fila si u rtin o successivam ente com unican­ dosi il m o v im en to ; invece del m ovim ento sia la coscien­ za. Noi p o trem o p ensare che la p rim a sfera trasm etta

alla seconda la p ro p ria coscienza, la seconda trasm etta alla terza la coscienza ricevuta con il p ro p rio stato in te ­ rio re , e così la terza alla q u a rta , ecc.; l ’u ltim a av reb b e com e suoi gli stati di tu tte le sfere an tec ed en ti; avrebbe u n ’id e n tità di coscienza e non di su b strato , di persona. P er il quarto paralogism o la psicologia razionale pensa il soggetto com e u n a sostanza a cui ineriscono le ra p p re se n ta z io n i; che p erciò sarebbero stati del tu tto soggettivi, in e re n ti al soggetto in d iv id u a le , m odificazione del senso in te rn o ; dai q u ali bisognerebbe concludere, com e da effetto alla causa, alla esistenza delle cose esterne. O ra, siccom e la conclusione di questo genere (d e ll’esistenza e n a tu ra d ella causa) è sem pre in certa, in certa sareb b e l ’esistenza delle cose esterne (in quanto solo d edotte) m e n tre l ’io e le sue ra p p resen ta zio n i, com e im m e d ia tam en te p e rc e p ite , sareb b ero le sole certezze im m ed iate. K a n t vuole in sostanza q u i m o strare com e da q u ella specie di realism o in te rio re , che è l ’essenza dello sp iritu alism o m etafisico, sia in sep arab ile il re a ­ lism o e ste rio re ; e com e questo conduca a q u e ll’insolub ile p ro b lem a che h a d ato origine a ta n te vane d im o­ strazio n i e che in fondo deve co n d u rre allo scetticism o e m p iric o ; com e è p ossibile passare d alle ra p p re se n ta ­ zioni in te rn e alla posizione di u n a re a ltà obbiettiva esterio re? Q uesto scetticism o è quello che K a n t chiam a col n om e d i idealism o. « P e r idealista si deve in ten d ere n o n solo co lu i che nega l ’esistenza degli oggetti esterni, m a an ch e colui che non am m ette che essa venga ap presa in via im m e d ia ta, onde conclude che q u alu n q u e espe­ rienza possibile n on ce n e re n d a m ai certi » ( Critica ragion p ura, ediz. V a le n t., pag. 743). E certo se noi pensiam o di a p p re n d e re p er la co­ scienza la re a ltà di un io — sostanza, di cui le ra p p re ­ sentazioni sarebbero le affezioni e ch e ritra rre b b e in sè le cose come u na copia ritra e l ’o riginale, — noi sarem m o chiusi in u n ’esperienza p u ra m e n te subbiettiva (dove

q u in d i re a ltà ed illu sio n e n o n sareb b ero discernibili), senza u n m ezzo sicuro p e r p assa re d alle ra p p re se n ta ­ zioni su b b iettiv e a q uella re a ltà di cui essa dovrebbe essere la co p ia. Invece se n o i consideriam o il no stro io com e q u ello ch e v eram en te è , cioè com e u n aggregato d i ra p p re se n ta z io n i fenom eniche ac cen trate ed organiz­ zate in to rn o ad u n io p u ro , a llo ra n o i possiam o essere id ealisti n e l vero e b u o n senso d ella p a ro la (cioè a m ­ m e tte re il c a ra tte re fenom enico d e ll’esperienza), e conci­ lia re questo idealism o con u n sano realism o , cioè a m ­ m e tte re ch e, n on o stan te ciò, n o i ab b iam o n el m ondo estern o u n a re a ltà o b b iettiv a in d iscu tib ile, b en d iscer­ n ib ile d a ll’illu sio n e e d a l sogno. A llora ta n to il m ondo d e ll’io — cioè d ei n o stri p en sieri, sen tim en ti, ecc., — q u an to il m ondo estern o si rid u co n o è vero ad u n com plesso d i ra p p re se n ta z io n i; m a queste n o n sono i fa tti fuggitivi e su b b iettiv i d i u n io-sostanza, bensì ra p p re se n ta z io n i organizzate sotto u n io fo rm ale e capace di o rd in i in te rio ri (d o v u ti a l l ’a tti­ v ità d e ll’io form ale) p e r i q u ali si h a la costituzione di u n a esperien za o b b iettiv a , che è la re a ltà stessa. Questo è l ’idealism o form ale o trasc en d en tale , che K a n t oppose aH ’idealism o scettico di C artesio e di B erk e le y ; in re altà, sotto l ’ap p a ren z a di co m b attere l ’id ealism o, K a n t sta­ bilisce u n a form a assai p iù ra d ic ale d ’idealism o. C ar­ tesio col suo du b b io effettiv am en te chiedeva: di là da queste ra p p resen ta zio n i m ie vi sono delle cose in sè, la cui esistenza giustifichi il m ondo delle ra p p re se n ­ tazio n i? K a n t h a ragione di dire ch e, posto così il p ro b lem a, è preclusa la via a lle cose in sè; resta perciò il m ondo delle ra p p resen ta zio n i senza co n tro llo , senza garanzie, com e fan tasm ag o ria su b b iettiv a. Ma ci conduce egli p er a ltra via a queste cose in se? P e r n u lla affatto . C erto a n c h ’egli riconosce che vi è u n a re a ltà in sè; m a questa è p iù inaccessibile ancora che q uella di C artesio; è una

re a ltà trascen d en te che n o n p u ò essere oggetto di cono­ scenza e d i co m p arazione con le ra p p resen ta zio n i. P erò vi p u ò essere u n a re a ltà o b b iettiv a , an ch e se n o n è la re a ltà in sè. N el n o stro sp irito si svolge p e r v irtù d e ll’io p u ro u n ’a ttiv ità organizzatrice ch e distingue n el m on­ do delle ra p p resen ta zio n i u n ’esistenza o b b iettiv a (fen o ­ m enica) d a ll’e rro re e dal sogno; e ch e ci salva così d a ll’a rb itrio su b b iettivo e d a ll’illusione. N oi ab biam o perciò u n a re a ltà o b b iettiv a , la q u ale, essendo lo stesso m ondo delle ra p p resen ta zio n i, ci è im m e d ia tam en te d a ­ ta ; p erò occorre rico rd are che essa non è il m ondo delle cose in sè, che C artesio voleva, m a solo la stessa r a p ­ p resen tazio n e in q u an to p e n e tra ta da u n o rd in e u n iv e r­ salm en te valido. E nel m ondo esterno e n e ll’in tern o non ab b iam o che due serie p a ra lle le di fen o m en i; la re a ltà in sè è certo il fo ndam ento d e ll’esperienza obbiettiva (in te rn a ed estern a); m a n o n si confonde co n essa. L ’io p u ro è soltan to l ’idea d el fondam ento sostanziale della n o stra v ita in te rio re , m a no n u n a sostanza, u n oggetto al q u ale essa inerisca. Con la riso lu zione di questi sofismi della psicologia tra d iz io n a le m u tan o anche rad icalm en te aspetto due p ro b lem i fo n d am en tali della stessa, che K a n t esam ina m etten d o a n u d o la v an ità delle soluzioni tra d iz io n a li: q u ello dei ra p p o rti d e ll’anim a e del co rp o , e quello d el­ l ’im m o rta lità. La questione dei ra p p o rti d e ll’anim a e del corpo aveva suscitato n e lla filosofia, specialm ente dopo C ar­ tesio , gravi difficoltà p e r l ’im possibilità di fa r coinci­ dere in u n a azione recip ro ca e perciò com une, due so­ stanze ch e n o n avevano n u lla di com une. K a n t rico rd a i tre sistem i in vigore al suo tem p o : l ’in flu x u s physicus, l ’assistenza soprannaturale ( cause occasionali) e l ’arm o­ nia p resta b ilita . Ma la difficoltà scom pare (o alm eno m u ta d i n a tu ra ) q uando si rifletta che tan to la nostra v ita in te rio re , qu an to la realtà esteriore sono due realtà

fenom eniche la cui opposizione sta nella lo ro form a fenom enica, m a n o n ci p e rm e tte affatto di concludere a d u n a analoga opposizione in ciò ch e sono in sè. La re altà m ateria le essendo una realtà fenom enica n o n è re alm en te stra n ie ra allo sp irito , p erch è in q u an to co­ n osciuta, ne fa p a rte . « P e r m a te ria non in ten d iam o u n a classe di sostanze del tu tto diverse ed eterogenee d a ll’anim a com e oggetto del senso in te rn o , m a voglia­ m o solo esp rim ere la eterogeneità dei fenom eni di q u e l­ li oggetti, le cu i ra p p resen ta zio n i diciam o estern e in com p arazio n e con q u elli che rife riam o al senso in te r­ n o, sebbene essi ap p a rte n g a n o egualm ente com e tu tte le rap p resen ta zio n i a l soggetto pen san te, solo con questa ingannevole ap p a ren z a ch e, in q u an to ra p p resen ta n o oggetti n ello spazio, in certo m odo sem brano staccarsi d a ll’anim a e lib ra rsi fu o ri di essa, sebbene an c h e lo spazio, in cui sono in tu iti, n o n sia che u n a ra p p re ­ sentazione il cui corrispettivo n ella stessa q u alità non si tro v a fu o ri d e ll’a n im a » ( C rit. Rag. Pura, ediz. Valen t, pag. 755). I fen om eni estern i, coQie sap p iam o , fanno p a rte del n o stro io, non in q u an to vi siano co n ten u ti, m a in qu an to sono rife riti a n c h ’essi a ll’u n ità ce n trale d e ll’io in q u a ­ lità d i ra p p resen ta zio n i e p erciò di sem plici fenom eni. L ’etero g en eità fra m a te ria e coscienza p erciò non sussiste; i fenom eni sono rife riti a ll’u n ità di coscienza e solo in q u an to ta li possono essere. La difficoltà n o n sussiste p iù q u in d i n e ll’antica form a, m a m u ta asp etto ; si tra tta q u i di vedere invece com e m ai possono fa r p a r ­ te d e ll’u n ità d i coscienza dei fenom eni che, facendo astratrazio n e da questo rife rim en to , che p u re è essenziale p er la costituzione lo ro , sem brano di una n a tu ra eterogenea ¡all’a ttiv ità d ella coscienza. U n colore, p e r es. fa p a rte della m ia coscienza; m a considerato n ella sua astrazione da questo rife rim en to (non dico in sè) sem bra essere q u alch e cosa di stran iero alla attiv ità cosciente, cioè di

p u ra m e n te fisico. Q ui n o n si tra tta p iù di spiegare com e u n ra p p o rto sia p ossibile, p erch è il ra p p o rto è re a le ; m a di ch ie d e re : com e può aver luogo questo ra p p o rto ? K a n t no n p re te n d e di dare q u i la soluzione, m a ac­ cenna alla sua po ssibilità. L ’estensione, il m ovim ento ecc. sono p ro p rie tà che certo sono possibili solo p e r il rife rim en to ad u n soggetto, m a considerate isolatam ente d a questo sem brano constare di ra p p o rti n o n sp iritu a li e sono diverse da u n sentim ento da u n a v o lo n tà; i q u ali u ltim i n on contengono nulla di spaziale. T u ttav ia p o ­ tre b b e darsi che il loro essere in sè, a no i ignoto, dice K a n t, fosse quello m edesim o che sottostà ai fenom eni s p iritu a li, anche se noi possiam o ad esso rife rire l ’e­ stensione che a p p a rtie n e solo al suo fenom eno n el senso esterno. Q uindi p o tre b b e darsi che questo oggetto in sè fosse sem plice e s p iritu a le sebbene n ella ra p p resen tazio ­ ne ci ap p a risca com e esteso e m a te ria le , e che i p en sieri e le ra p p resen ta zio n i gli app arten essero com e a ttiv ità sue in te rio ri. In questo m odo avrem m o n o n due sostanze, m a due m anifestazioni fenom enicam ente diverse di una sola sostanza. K a n t riconosce che si tra tta solo di u n a possibilità, d i u n a ip o tesi; m a essa ci m ostra che la m ente su a, alm en o com e fede p erso n ale, ad eriv a sem pre in fondo a l­ l ’idealism o m o n adistico leib n izian o . Noi possiam o a n d a re un poco p iù in là. A nche le p ro p rie tà d ella rap p resen tazio n e esteriore sono possibi­ li, si è d etto , in q u an to rife rite a d u n soggetto; e l ’a n a ­ lisi loro m o stra ch e esse sono costruzioni di u n ’aittività soggettiva (lo spazio com e costruzione). Senza p reo c­ cu p arci di quello che sono in sè, possiam o d ire che esse, an c h e com e re a ltà fenom eniche, sono in fondo di n a tu ra sp iritu ale. Sarem o così ricondotti a d u n a co rren te di idealism o an ch e p e r ciò che riflette il m ondo delle ra p ­ p resen tazio n i. Il m ondo della nostra esperienza sarebbe com posto di u n a m o ltep licità di elem enti di ca ra tte re sp i­

ritu a le ; m a solo u n a p a rte , q u ella che è ac cen trata im m e ­ d ia tam en te in to rn o a ll’io in genere è co n sid erata com e s p iritu a le ; il resto ci a p p a re com e u n m o n d o cieco e m o rto . Q uesto è q u ello ch e è connesso n ella fo rm a dello sp azio e ci a p p a re com e il m ondo m a te ria le , d e l quale fan n o p a rte i n o stri c o rp i. P erc h è q u e st’a p p a re n z a ? Q uesto è u n p ro b le m a che q u i non ci in teressa, e che ad ogni m odo n o n h a p iù che u n ’im p o rtan za secondaria. Da questo p u n to di vista è e lim in a to il p arallelism o spinozistico al quale K a n t sem ­ b ra accostarsi; la co rp o reità non è la parvenza esterio re d e ll’an im a — m a è essa stessa u n a sp iritu a lità da noi p iù lo n ta n a , che ci a p p a re n o n p iù sp iritu a le . S arem m o r i ­ co n d o tti così, n e l p ro b lem a d e ll’anim a e del co rp o , alla posizione leib n izian a. M a anche questa n o n è le tte ra l­ m en te ac cettab ile. P ercè questa distinzione e d u a lità di elem e n ti? E do n d e la loro u n ità ? (p e rc h è non possiam o accettare certo l ’in terv e n to d e ll’a rm o n ia p re sta b ilita ). La co rp o reità e la coscienza debbono co stitu ire u n ’u n i­ t à ; m a n o n u n ’u n ità a p iù asp e tti, b en sì u n ’u n ità a p iù g ra d i; u n a teo ria che concilia l ’ipotesi leib n izian a con la te o ria aristo telica della fo rm a. A d ogni m odo p erò il p ro b lem a d el ra p p o rto d e ll’an im a e d el co rp o è scom ­ p a rso ; si tr a tta della cooperazione arm o n ica d i p iù ele­ m en ti, i q u ali sono in fondo d ella stessa n a tu ra e d e s p ri­ m ono in fondo lo stesso essere; il p ro b lem a è ricondotto a q u ello d e ll’azio n e fra elem e n ti om ogenei; p ro b lem a n o n m en o oscuro e difficile, m a d i tu t t ’a ltra n a tu ra . 11 secondo p ro b lem a è qu ello d e ll’im m o rta lità . L ’af­ ferm azione d ella sem plicità d ell’anim a h a p e r fine d i afferm are l ’in d is tru ttib ilità e perciò la persistenza com e p erso n a, in d ip en d en tem en te d al corpo. I l p rim o van tag ­ gio della critica è an c h e q u i il vantaggio negativo d i e li­ m in are la soluzione p u erile del m ateria lism o ; ch e l ’a n i­ m a sia u n a funzione del corpo. N oi siam o e viviam o in u n universo sp iritu a le . Q uesto n o n vuol d ire n a tu ra lm e n ­

te che l ’an im a n o stra sia e te rn a ; anzi ciò v o rreb b e d ire che è già o ra u n in sè. Q u in d i con ciò sono anche eli­ m in ate tu tte le p retese conoscenze della n o stra im m o rta­ lità ; con le q u a li del resto n u lla si p e rd e , p erch è osserva con rag io n e K a n t, la n o stra fede n e ll’im m o rta lità n o n è fo n d ata sui ra g io n am en ti so ttili delle scuole. Ma resta la p o ssib ilità ; vale a d ire che n u lla vieta che p e r a ltra via noi ci p ersu ad iam o d ella nostra im m o rta lità , ciò che non u rte re b b e co n tro nessuna difficoltà teo retica. K a n t allu d e qui al p o stulato p ra tic o sul quale rito rn erem o lu n g am en te. A d ogni m odo anche qu i conserviam o q u a l­ che cosa di p o sitiv o ; anche se q uesto n o n è il sapere della psicologia ra z io n a le ; e questo elem ento positivo è forse q u alch e cosa di p iù d i quello che K a n t concede. v L ’e rro re della psicologia razio n ale è q u ello d i p re n ­ dere l ’io p u ro d ella ap p ercezione trascen d en tale p e r una ra p p resen ta zio n e o b b iettiv a . Se noi consideriam o il n o ­ stro in te rn o , noi vi tro v iam o m o lti fa tti (ra p p re se n ta z io n i, sen tim en ti ecc.) m a questi elem en ti che ci dà l ’in tu i­ zione in te rio re non sono l ’io ; l ’u n ità e la sostanzialità d e ll’io sono n el soggetto trasc en d en tale , m a questo non ci è dato com e ra p p resen ta zio n e o b b ie ttiv a ; è una p u ra form a ch e, q u an d o facciam o astrazio n e dal m ateriale che unifica, si risolve in u n ’astrazione in afferrab ile . Ma q u e­ sta u n ità è p u ra posizione d ’u n ’attiv ità u n ificatrice; le categorie sono l ’o p era sua. N on possiam o n u lla sapere d ’essa, di questa sua o b b ie ttiv ità ? K a n t lo nega ( C rìi. R agione P ura, ed iz. V a len t., pag. 430 e nota); no i a b ­ biam o sem pre solo u n pensiero form ale, al quale m an ­ ca ogni in tu izio n e, perciò no n è un oggetto o m eglio un processo che noi possiam o conoscere. Ma K a n t am m ette p o i che possiam o avere un concetto d e ll’io in quanto vo­ lo n tà m o rale, p e r cui è d eterm in a b ile la nostra realtà senza aver bisogno delle condizioni d e ll’intuizione em ­ p irica . O ra anche la volontà m orale è p u ra m e n te fo rm ale;

p e r essa d eterm in iam o la n o stra volontà qu an to alla d i­ rezione, n on q u an to alla sua n a tu ra assoluta. .Ciò vuol d ire che ci è possibile avere u n concetto sim bolico a n ­ che d e l’io tra sc e n d e n ta le ; la sua a ttiv ità unificatrice ci rin v ia a l l ’u n ità della sua n a tu ra assoluta. Q uesto certo no n ci riv ela u n io assoluto p erso n ale; m a fonda la n o ­ stra u n ità relativ a in u n ’u n ità assoluta. P erc iò ciascuno d i noi in q u an to è e sa di essere (an ch e p raticam en te) u n a cosa sola con questa u n ità assoluta, p u ò d ire con S pinoza: so ch e vi è in m e qualche cosa d i eterno. C erto ogni d eterm in azio n e u lte rio re non p u ò avere ch e valore sim bolico. Q u in d i n o n vi è u n a psicologia ra zio n ale: la critica m ette in luce le v erità essenziali e p ro fo n d e che essa conteneva, m a nega che esse costituiscono u n sap ere r a ­ zionale o b b iettiv o . T u tto ciò che possiam o sap ere della vita cosciente n o stra ce lo d ice l ’esp erien za; e la risposta alle qu estio n i p iù p ro fo n d e, ch e l ’esperienza n o n p u ò r i ­ solvere, n on a p p a rtie n e p iù alla psicologia com e scienza; esse fan n o p a rte dei p ro b le m i m etafisici, trasc en d en ti, dove il sap ere cede il posto al sap ere sim bolico ed alla fede. A l posto della psicologia razio n ale succede u n a p si­ cologia em p irica ; u n a psicologia fenom enologica, com e ce n e h a d ato esem pio K a n t n ella sua « A n tro p o lo g ia ». G ià K a n t h a rilev ato le singolari difficoltà d e ll’osserva­ zione e della sp erim en tazio n e; q u in d i v o rreb b e vederla rid o tta ad u n a sem plice descrizione dei processi in te ­ rio ri. N ei fenom eni in te rio ri m anca l ’elem ento in tu i­ tivo p ersisten te che leg ittim a l ’app licazio n e della catego­ ria d i sostanza ; q u in d i non ab biam o che u n flu ire con­ tin u o d i fen o m en i, n u lla di stabile d alla cui n a tu ra si possa d e d u rre e fissare delle leggi a p rio ri com e p e r la m ateria n e lla fisica. Q u in d i vi è u n a fisica p u ra , non u n a psicologia p u ra ; questa è p u ra m e n te em pirica. Seb­

b en e K a n t ab b ia avuto u n concetto forse tro p p o m odesto d ella psicologia com e scienza, certo è ch e egli h a v alid a­ m en te c o n trib u ito e a fo n d a rla e a so stitu irla d efin iti­ v am en te a ll’an tica psicologia filosofica, che dopo K a n t è solo p iù u n an acronism o.

C apitolo V ili. t L ’ID E A COSM OLOGICA

L ’idea cosm ologica è riattac cata da K a n t a i razio ­ cinio ip o tetic o ; essa te n d e verso la t o t a l i t à incondizio­ n ata delle condizioni. P erch è questa to ta lità delle co n ­ dizioni d eb b a essere cercata n el m ondo com e to ta lità , e p erch è q u i il processo della rag io n e, cercando d i r i ­ salire d a ll’esp erien za alle sue condizioni assolute, dia origine alle idee cosm ologiche, è q u an to K a n t cerca di giustificare con d eduzioni sistem atiche artificiose, che non è il caso d i p re n d e re in esam e. La vera ragione sta in ciò, che q uesta p a rte della d ia le ttic a , vuole essere una critica dei co ncetti trad izio n ali della cosm ologia ra ­ zionale. I l c a ra tte re p a rtic o la re che K a n t riferisce a ll’id ea co­ sm ologica, e cioè d i d are origine ad afferm azioni o p p o ­ ste in a p p a ren z a egualm ente giustificate, onde la r a ­ gione si tro v a d in an zi a d u n a co n trad d izio n e insolubile (an tin o m ia), è veram ente p ro p rio di tu tte le idee. Le idee sono categorie estese di là d a ll’esperienza fino a costi­ tu ire u n ità assolute, co m p ren d en ti in sé la to ta lità d e l­ l ’esp erien za; n o i n e ab b iam o veduto l ’esem pio n e ll’idea psicologica, che è u n ’estensione d e ll’idea d i sostanza. L ’e rro re della rag ione stà in ciò, ch e essa vuole avere d inanzi a sé l ’idea com e un oggetto di possibile espe­

rien za. D i qui u n ’in ev itab ile co n trad d izio n e. La ragione n on p u ò fare d e ll’idea u n oggetto senza a ttrib u irle u n co n ten u to ; m a q u esto co n ten u to , di origine necessaria­ m en te em p irica , deve in qualch e m odo ad eg u arsi a l ca­ ra tte re d e ll’id ea, che è di trascen d ere ogni lim itazio n e em p irica. Di qui u n in so lu b ile p ro b le m a ; l ’oggetto t r a ­ scendente, l ’id ea o b b iettiv a ta è u n essere di n a tu ra am ­ bigua e in fondo c o n tra d d ito ria ; essa confonde in sè il trascen d en te e l ’em p irico senza riu scire a conciliarli. Si può in questo caso accen tu are l ’esigenza em p irica dell ’obbiettiv azio n e o l ’esigenza trascen d en te d e ll’u n ità as­ so lu ta; e po ich é l ’u n a e l ’a ltra h a n n o la loro giustifica­ zione, si resta in p resenza d i due posizioni c o n tra d d ito ­ rie, m a in fondo egualm ente inso sten ib ili. P e r es. il concetto di D io. L ’e 'genzza em p irica vuole ch e esso sia pen sato in m odo concreto (a ltrim e n ti si h a u n concetto vuoto); com e u n essere p erso n ale, b u o n o , giusto e c c .; esigenza le g ittim a, risu lta to insostenibile. D ’a ltra p a rte l ’esigenza trascen d en te vuole ch e sia posto com e u n ’u n i­ tà su p erio re al m ondo, e p erciò non p erso n ale, esi­ genza eg u alm en te leg ittim a, m a risu ltato egualm ente in ­ so sten ib ile; se si vuole p o rre D io com e u n oggetto, si h a u n concetto vuoto che lim ita l ’esperienza e la con­ trad d ic e. Q u in d i il c a ra tte re antinóm ico è p ro p rio di tu tte le idee della ragione, non u n a p a rtic o la rità d e ll’i­ dea cosm ologica. Q ui p erò certam en te è p iù facile ad es­ sere messo in riliev o , p erch è l ’esperienza da cui si p a rte p e r elevarsi a l l ’idea è la serie stessa della re a ltà feno­ m enica in q u an to co n d izio n ata; in q u an to cioè colle­ gata d alle categorie in m odo da co stitu ire u n a catena d i co n d izio n ati e d i condizioni. Q ui è n a tu ra le , q u a n ­ do si tra tta di risalire dalla m o ltep licità em p irica alla to ta lità assoluta p e r mezzo delle categorie, illu d e rsi di giungervi p erco rre n d o tu tta la serie dei condizionati e delle loro condizioni. L ’illusione della ragione di costi­ tu ire l ’u n ità assoluta con elem enti em p irici è qu i sin-

g o larm en te fa v o rita ; l ’indefinita estensione della serie sem bra da sè o ffrirci q u e ll’infinito che cerchiam o. Ma altro è l ’in fin ito della ragione che noi possiam o d ’un colpo p en sare (in astratto ) con la ragione com e p e r ­ fe tto ; altro l ’in finito fenom enico del senso ( l ’indefinito), che è co struito con accessioni successive e che non è m ai u n ’u n ità p e rfe tta ed assoluta. Q uindi la c o n tra d ­ dizione che le an tin o m ie m ettono p recisam ente in luce. I due te rm in i della conti-addizione sono perciò a n ­ che qui l ’idea o b b iettiv a ta, m a p ensata in m odo da sod­ disfare a ll’esigenza em p irica , è la stessa, m a p ensata in m odo da d are soddisfazione a ll’esigenza razio n ale. N el p rim o caso ab b iam o , com e si è veduto, l ’idea co stitu ita d alla serie in d efin ita dei fenom eni com e condizionati e co n d izio n a n ti; le serie non p u ò m ai essere p e rfe tta e co n trad d ice a ll’esigenza di co stru ire u n a to ta lità asso­ lu ta. Nel secondo caso abbiam o l ’id ea p ensata com e q u alch e cosa che è fu o ri di questa serie ; m a siccom e è p en sata com e oggetto e perciò sullo stesso p ian o d el­ l ’esperienza, essa la lim ita ; è l ’inizio del tem p o , il li­ m ite dello spazio, la causa p rim a . Ciò che rilu tta a ll’esi­ genza d e ll’in te lle tto , p e r cui l ’esperienza è u na serie illim itata. L ’interessan te è che l ’u n o e l ’a ltro p u n to d i vista p uò essere tra d o tto in u n a rigorosa dim ostrazione n eg a­ tiv a, che consiste n el m o strare l ’assu rd ità della tesi o p ­ posta. Q uando si accentila l ’esigenza em p irica si p u ò d i­ m o strare che n o n è possibile p o rre u n lim ite alla serie in te lle ttiv a ; q u an d o si p a rte d a ll’esigenza trascendente si p u ò m o strare che u n a serie in d efin ita non p u ò m ai co stitu ire u n ’u n ità assoluta. L a seconda è la tesi, la p ri­ m a l ’an titesi. Q ui abbiam o u n fa tto curioso della ra g io ­ n e, del q u ale K a n t rileva con com piacenza l ’interesse;, im a co n trad d izio n e ili a p p a ren z a insolubile che ci deve precisam ente eccitare a risa lire alle origini ed a vedere

che essa ha la sua causa nella confusione d e ll’in telletto con la ragione, nella pretesa p u e rile di fare d e ll’idea della ragione un « oggetto ». K a n t stabilisce q u a ttro antinom ie cosm ologiche; in u tile rip e te re che la d eterm in azio n e loro è, sotto una a p p a ren z a di deduzione sistem atica del tu tto a rb itra ria . 1) La p rim a riflette l ’u n ità in fin ita del m ondo nei tem p o e n ello spazio. L 'a n tite si v o rreb b e p o rre questa u n ità n ella successione com e n e ll’estensione infinita del tem po e dello spazio (il quale è an c h ’esso il risu ltato di sintesi successive e perciò p resu p p o n e in ogni punto una serie in fin ita di condizioni). Ma una serie infinita d ata non è possibile; perchè q uesta serie si com pie ancora ad ogni m om ento e non può essere pen sata com e esistente in atto senza con­ tra d d iz io n e ; a ltrim e n ti ad ogni istante dovrebbe essere decorso u n ’infin ità di m om enti. P erciò la tesi vorrebbe p o rre l ’u n ità assoluta come q u alch e cosa d i esteriore e di lim itan te, com e u n lim ite. Ma questo qualch e cosa che lim ita , che cosa p u ò essere se n o n u n p u ro n u lla ? Se si trattasse del m ondo in tellig ib ile, si p o treb b e p en sarlo com e lim ita to , senza p o rlo com e lim itato da u n tem p o e spazio v u o ti; m a il m ondo sensibile non può essere ch e lim itato dallo zero sensibile, dal vuoto. 2) La seconda riflette l’u n ità assoluta della m ate­ ria . L ’an titesi v o rreb b e vedere la sua sostanzialità in una d iv isib ilità in fin ita ; la m ateria essendo spaziale dovreb­ be essere divisibile com e lo spazio a ll’infinito. La p osi­ zione di u n ’u n ità u ltim a fisica è insostenibile. D ’a ltro lato (tesi) in ogni sostanza abbiam o una com posizione; m a se no n è com posizione di p a rti, di elem enti esistenti p e r sè in d ip en d en tem en te dalla com posizione, non è n u lla. Il tem p o e lo spazio sono form e, si capisce che n o n ab b ian o u n ità sem plici; ma ciò che è nello spazio, la m ateria , non ha realtà se non è fondata su elem enti sem plici.

3) La terza riflette la causalità. L ’antitesi dice: F u n ità assoluta è co stitu ita da u n a successione infinita di cause e d i effetti. Q uindi è tu tto necessariam ente p ro ­ dotto dalle relativ e cause; n o n vi è n è causa p rim a nè lib e rtà , che sareb b e u n ’attiv ità senza causa. La tesi in vece dice : u n a successione in d efin ita di cause n o n è m ai co m p leta; q u in d i n o n dà m ai un an teced en te d e te rm i­ n ato da cui possa sorgere l ’effetto. Vi deve q u in d i essere un term in e d ’arresto , u n ’azione lib era a ll’inizio delle cose; e q u in d i anche n el corso delle cose vi possono essere a ttiv ità in iziali, n o n causate, che si inseriscono nella serie causale, cioè vi sono esseri lib eri. 4) La q u arta riflette la necessità. L 'antitesi d ic e : ¡’u n ità infinita è co stitu ita da una serie in fin ita di esseri che si d eterm in a n o ; perciò nessuno è in sè necessario, essendo causato, ep p erciò in sè accid en tale; q u in d i la necessità è nella to ta lità , non in u n essere d eterm in a to . La tesi dice: vi è q u alch e cosa d i assolutam ente neces­ sario, p erch è altrim e n ti n u lla p o tre b b e essere necessa­ riam en te condizionato. Q uesta a n tin o m ia non fa che rip e te re sotto a ltro aspetto la terz a. N oi siam o q u i in presenza di q u a ttro co p p ie di afferm azione o pposte, cia­ scuna delle q u ali è in co n fu ta b ile, p erch è p u ò m o strare l’assurdità della tesi opposta. È ch iaro che in ciascuna an tin o m ia le an titesi rispondono a ll’esigenza em p irica ed h an n o u n sapore n a tu ra listic o ; esse tendono a con­ fo n d ere l ’u n ità assoluta con la m o ltep licità fenom enica. Invece le tesi risp o ndono a ll’esigenza razionale ed h a n ­ no u n ca ra tte re m etafisico-dogm atico; esse te n d o n o a p o rre dei p rin c ip ii assoluti d e ll’esperienza. D al p u n to di vista sen tim en tale e p ratico le tesi h a n n o un in te ­ resse p re v alen te; esse risolvono i p ro b lem i cosm ologici nel senso desid erato dalla coscienza religiosa e m o rale ; m a an ch e sotto l ’asp etto speculativo la loro posizione di p rin cip ii su p erio ri a ll’esperienza a ttra e l ’in telle tto com une che p u ò spaziare a suo agio nel trascen d en te

senza avere il m olesto controllo d e ll’esperienza e senza essere co stretto al rig o re scientifico. Invece le an titesi h a n n o u n interesse p re v alen te dal p u n to d i vista scientifico; esse soddisfano l ’esigenza in ­ tellettiv a del collegam ento n e l senso d e ll’esperienza e ten d o n o anzi a so stitu ire d el tu tto il m ondo d e ll’espe­ rien za alla re a ltà trasc en d en te. I l p en siero critico deve q u i fa r astrazione da ogni interesse stran iero e risalire a l l ’o rig in e della co n tra d d izio n e, isolando n ella loro p u ­ rezza le esigenze della ragione e dissolvendo q u e ll’ib rid o co n n u b io del trasc en d en te e d e ll’em p irico che ne è la p rim a e vera causa. I l p ro b lem a delle an tin o m ie non è u n p ro b lem a esterio re, è u n p ro b lem a in tern o della ra g io n e ; q u in d i se la rag io n e p u ò (com e deve) avere u n a c h ia ra co m p ren sio n e d i se e della sua n a tu ra , tale p ro ­ blem a deve essere so lu b ile ; m a la sua soluzione è u n a soluzione critica , n o n fisica nè m etafisica. Q uando due tesi opposte sono e n tra m b e insosteni­ b ili, ciò vuol d ire , dice K a n t, che sono en tra m b e fo n ­ d ate su u n p resu p p o sto inso sten ib ile. Q uando si dice: A h a u n b u o n sap o re, o p p u re A h a un cattivo sapore, può d arsi che l ’una e l ’a ltra proposizione siano false quando A n o n h a sap o re affatto . Q uando io dico: il m ondo è finito e il m ondo è in fin ito , e l ’u n a e l ’a ltra p ro p o si­ zione è insostenibile, ciò vuol d ire che il m ondo non so p p o rta di essere d eterm in a to da questo pun to di vista; che io qui riferisco al m ondo una caratterizzazione (p o ­ sitiva o negativa) che gli è stran iera. Q uando io p arlo del m ondo sotto questo p u n to di vista, n e p arlo come di q u alch e cosa che p uò co stitu ire una to ta lità assoluta p er sè, in d ip en d en te da m e — che è finita ed infinita. Ma q u i è a p p u n to l ’e rro re ; il m ondo che io considero di­ p en d e sem pre da m e, è il m ondo fenom enico; è una successione d i rap p resen tazio n i che io collego succes­ sivam ente, ma che a p p u n to p erch è dipende da m e, non pu ò m ai costitu ire u n a to ta lità assoluta. L ’esigenza d el­

la rag io n e d i co stitu ire u na to ta lità assoluta è p e rfe tta ­ m ente leg ittim a ; m a deve sem pre te n e r p resen te che q u est’essere in sè, verso cui te n d e , n o n può venir co n ­ fuso con la re a ltà fenom enica d e i sensi e d e ll’in telle tto nè co stru irlo con gli elem enti di q u e st’u ltim a . Se io, o b ­ b ed en d o a ll’esigenza della ragione e valendom i della ten d en za delle categorie a trasc en d ere ogni possibile esp erien za, penso l ’u n ità asso lu ta, a cui l ’esperienza m i rin v ia, com e a q u alch e cosa ch e assolutam ente la t r a ­ scende, e poi unisco questo concetto a lla serie delle ra p p resen ta zio n i p en sate n ella loro in d efin ita estensione, io ho un concetto ib rid o che si rivela insostenibile in q u an to dà o rig in e a due conclusioni opposte. Se in fatti io ap p lico l ’esigenza razio n ale d e ll’u n ità assoluta (d e lla q u ale posso p re te n d e re che sia infinita), è facile m o ­ stra re , fissandosi sul contenuto em p irico , ch e questo esige un in definito p ro g red ire e p u ò so p p o rtare il con­ cetto d i u n infinito dato e re a le (cioè no n il lim ite). Se ap p lico la m ia atten zio n e alla m o lte p lic ità em p irica e la considero com e co stitu en te essa stessa l ’u n ità assoluta, è facile m o strare, fissandosi n e ll’esigenza ra zio n ale, che q u esta n o n p u ò essere soddisfatta d ’u n a successione e m ­ p irica in d efinita. La sola e v era soluzione sta d u n q u e n e l rip u d io d e ll’ib rid o concetto così form ato e n e l rich ia m o a l n o ­ stro concetto id ealistico fo n d a m e n tale: la re a ltà asso­ lu ta verso cui te n d e la ragione è p e r n a tu ra a ltro dalla re a ltà em p irica d e ll’in te lle tto e del senso. Q uesta solu­ zione p a re dovrebbe estendersi egualm ente a tu tte le a n ­ tin o m ie ed in genere a tu tte le co n trad d izio n i della re a l­ tà . Ma K a n t stabilisce u na differenza tra le due p rim e an tin o m ie e le due u ltim e. Le due p rim e sono da lui dette an tin o m ie m atem atich e in q u an to il regresso nella serie delle condizioni p e r giungere a ll’u n ità assoluta, è in sep arab ile dal concetto tem p o rale-sp aziale; laddove

n el passaggio d a ll’effetto alla causa io posso p ensare la causa com e eterogenea a ll’effetto. N elle due u ltim e io posso rista b ilire la verità d el­ l ’esigenza della ragione e co n sid erare il passaggio ad u n a causa p rim a com e u n passaggio ad u n a ltro genere (a l trascen d en te, a ll’intelligibile) ; n el q u al caso la tesi acquista il suo vero senso, lasciando a ll’an titesi il suo senso p u ra m e n te em p irico . Invece n elle d u e p rim e la to ta lità n o n p u ò fa re astrazione dalle form e dello spazio e del te m p o ; la sintesi successiva è sem pre la sintesi om ogenea d i elem e n ti tem p o ra li e spaziali in u n ità te m ­ p o ra li e sp az ia li; q u in d i l ’u n ità è irrim e d ia b ilm e n te sensibile e p erciò co n tra d d itto ria a ll’esigenza d e ll’u n ità assoluta razio n ale. N elle p rim e due antinom ie n o n è possibile p e rta n to , secondo K a n t, o p e ra re la separazio­ n e; esse ad u n a n o in ev itab ilm en te in sè i due elem enti c o n tra d d itto ri ; da u n lato la ragione v o rreb b e fa rn e due u n ità trasc en d en ti, due cose in sè; d a ll’a ltro esse im ­ plican o sem pre le form e fenom eniche dello spazio e del tem p o . L ’assoluto tem p o ra le e spaziale ch e q u i la rag io n e costruisce è irrim issib ilm en te co n tra d d itto rio ; q u in d i la tesi è erro n ea ed an c h e l ’an titesi (in qu an to n on è lib e ra ta da questa confusione) è falsa. Il m ondo d u n q u e n on è n è finito n è in fin ito ; è u n a sintesi che può essere estesa in d efin itam en te, m a che non può m ai sp erare di rag g iu n gere in questo suo progresso indefi­ nito u n ’infinità positiva, u n a perfezione assoluta, p e r­ chè ciò rip u g n a alla sua n a tu ra d ’essere fenom enico, cioè n o n p erfettam en te reale. Ciò che posso dire è: 1) che il m ondo, non h a nè un inizio nè u n lim ite assegnabile; 2) che il detto progresso è indefinito. Il m ondo non è u na sim u ltan eità tu tta p resente, m a una serié che si realizza p e r l ’a tto stesso del progresso. Questo basta a ll’esigenze della ricerca em pirica. Che io dica: io posso n e ll’esperienza giungere a stelle che sono centom ila vol­ te p iù lo n tan e che le u ltim e finora osservate, o io dica:

vi sono tali stelle sebbene nessuno le a b b ia osservate, è p ra tic am en te la stessa cosa. N el secondo caso io io a stra ­ zione d al fatto ch e a n c h ’esse ap p a rten g o n o a ll’esp e rien ­ za, alm eno com e in d u zio n i d ’esperienze d ire tte ; m a so che n o n esistono com e cose in sè in d ip e n d e n ti d a ll’esperien za u m a n a ; la loro re a ltà è condizionata d a ll’esten ­ sione d e ll’esp erien za, e u n a ta le estensione in d ire tta è già la lo ro posizione. L e stesse cose devono dirsi d ella seconda an tin o m ia. Il regresso a lle p a rti infinitesim e della m a te ria è sen­ za lim iti, m a ciò n o n vuol d ire ch e sia infinito in atto. Q ui K a n t ap p lica (n o n tro p p o coerentem ente) a ll’infin itam en te piccolo ciò che p rim a ha detto d e ll’infinitam en te g ra n d e; anche l ’in fin itam en te piccolo è p e r lui u n ’idea della ragione. Q uindi n o n vi è u n lim ite (e non vi sono u n ità definitive) e tu tta v ia la divisione, p u r es­ sendo senza lim iti, non è in a tto infinita. A ltrim en ti stanno le cose co n le d u e u ltim e a n tin o ­ m ie che K a n t ch iam a d in am ich e p erch è sono fondate su categorie in d ip e n d e n ti d ai ra p p o rti d i tem p o e d i sp a­ zio. I ra p p o rti che stabiliscono le categ o rie d i relazio n e e di m o d alità n o n sono sintesi di elem en ti om ogenei; n u lla vieta che n o i op eriam o il passaggio d a u n causato sensibile ad u n a causa n o n sen sib ile; ce rto la cate­ goria qui non ad em p ie p iù il suo ufficio d i collegare l ’esperienza e ci rin v ia a l d i là ; m a questo rin v io , p e r q u an to n on a b b ia p e r n u lla il risu lta to d i farci conoscere alcunché al di là d e ll’esp erien za, è p e r sè legittim o e ci ap re p e r lo m eno una p o ssib ilità. Così, p a rte n d o dal concetto fo n d am en tale della distinzione del m ondo fe ­ nom enico dal n o um enico, è possibile che le tesi a b b ia ­ no valore in q u an to ci rinviano n o n ad u n a causa p rim a , m a ad u na causa noum enica. La rag io n e, q u i, illu m i­ n ata dalla distinzione dei due m o n d i, adem pie allo ra al suo vero co m p ito ; essa pone l ’esigenza d e ll’u n ità t r a ­ scendente, m a rin u nzia ad o b b iettiv a rla nella serie em ­

p irica , riconosce in essa u n a p u ra sintesi fo rm ale, un co n cetto — lim ite d e ll’esperienza. M entre p erciò le due id ee m atem atich e d e ll’in fìn itam en te grande e d e ll’infinita m e n te p iccolo erano pseudo id ee, p erch è n o n pensabili in d ip en d en tem en te d alle form e sen sib ili; q u i ab b iam o d u e v ere id ee (la causa assoluta, l ’essere assolutam ente necessario) ch e sono c o n tra d d itto rie finché aduniam o in esse i due c a ra tte ri c o n tra d d itto rii, di co stitu irci u n a re a ltà assoluta trasc en d en te, e d i essere o b b iettiv ate n ella re a ltà e m p iric a ; m a ch e cessano d i esserlo ap p e n a si dissipa l ’illu sio n e o b b iettiv a trice. A llora alla luce di questa d istin zio n e anche l ’an titesi riac q u ista il suo va* lo re ; essa esp rim e sem plicem ente l ’esigenza in tellettiv a d ella concatenazione in d efin ita d e ll’esp erien za, lib e ra da ogni preo ccu p azione trasc en d en te e n o n aspira p iù a co stitu ire p e r m ezzo di essa u n ’u n ità assoluta. A llo ra è possibile la conciliazione d ella tesi e d el­ l ’a n titesi; e n tra m b e sono vere, m a da u n diverso p u n to d i vista. D al p u ro p u n to di vista e m p irico , in telle ttiv o , l ’an titesi è vera. Da questo p u n to di vista la serie c a u ­ sale è senza lim iti e senza in te rru z io n i ; essa vale p er tu tto il m ondo fenom enico senza eccezione — an e h e l ’uom o vi è soggetto. È u n cattivo espediente rico rrere nel seno d e ll’esperienza a cause n o n n a tu ra li; questo è u n a n n u lla re il p rin cip io della n a tu ra che in tan to v ale, in q u an to n o n subisce eccezione. D ’a ltra p a rte la concatenazione causale n a tu ra le n o n esclude la d ip e n ­ denza dal no u m en o , d a ll’essere in tellig ib ile che n o n è in serito n ella serie causale e perciò è lib ero . Q uindi a b ­ b iam o u n a d u p lice dipendenza causale: l ’u n a n el senso em p irico , scientifico dalle « vere cause »: l ’a ltro nel senso m etafisico, che ci rinvia a qualche cosa d ’in te l­ lig ib ile, m a senza p o terlo n atu ra lm e n te d eterm in a re. L ’u n a e l ’a ltra causalità coesistono; sotto l ’aspetto della p rim a ogni cosa è l ’effetto n a tu ra le del m eccanism o n a tu ra le ; sotto l ’aspetto della seconda è la m anifestazio­

n e fenom enica im m ed iata di u n a re a ltà che n o n è p a rte del m eccanism o n a tu ra le . N el p rim o aspetto vera è l ’a n ­ tite si, n el secondo vera è la te si; l ’a n tin o m ia è scom ­ p arsa. N ello stesso senso è riso lta la q u a rta an tin o m ia , che co n sid era la co n catenazione causale sotto u n aspetto p a r­ tico lare . Ciò che è causato n o n è assolutam ente necessa­ rio ; o ra p o ich é tu tto n e lla esperienza è causalm ente conca te n ato , n o n vi è n u lla di assolutam ente necessario. Q uesta è la v erità d e ll’a n tite si; che è vera q u an d o è lim ita ta alla serie em p irica. D ’a ltro lato se ogni re a ltà e m p iric a ci rin v ia a u n a causa n o n cau sata, vi è qualch e cosa d i asso lu tam en te necessario; solo questo n o n deve essere posto sullo stesso p ian o , ch iu d en d o violentem ente la serie, m a d al p u n to d i vista in tellig ib ile. Vi è u n as­ soluto, m a questo è l ’assolutam ente trascen d en te. Com e si vede questa n o n è in fondo ch e la terza an tin o m ia sotto u n p a rtic o la re asp etto . Q uesta terza an tin o m ia è im p o rta n te in q u an to dà a K a n t m odo d i risolvere il p ro b lem a d ella lib e rtà . Vi è com e ab b iam o veduto u n a causa assoluta, noum en ica, lib e ra , da u n a p a r te ; la concatenazione infinita e necessaria delle cause em p irich e d a ll’a ltra . Ma se è p o ­ sta u n a causa asso lutam ente lib e ra , n ien te vieta di p o r­ re u n ’an aloga sp o n tan eità n elle singole sostanze e cioè che vi sia u n sistem a di attiv ità lib e re in tellig ib ili che si esplica n ella m o lte p lic ità sensibile e m eccanicam ente concatenata. A p p licando a llo ra a ll’individuo la stessa d istinzione, do b b iam o riconoscere che da im a p a rte tu t­ ta la sua attiv ità esteriore è causalm ente concatenata e necessaria; l ’uom o non fa p e r questo risp e tto eccezione agli esseri della n a tu ra ; in ciò è la verità del d eterm i­ nism o. D ’altro lato p erò ogni atto procede dalla causa noum enica lib e ra ; che n a tu ra lm e n te non è causa nel ¡senso em p irico , n o n è un antecedente n el tem p o , m a

si c o n tra p p o n e a tu tta la serie d e ll’azioni svolgentesi n el tem p o com e la re a ltà vera d e ll’azione, com e la sp o n ­ ta n e ità sp iritu a le ch e si tra d u c e p o i p e r n o i in u n a suc­ cessione fenom enica causale. D ato il suo c a ra tte re in te l­ lig ib ile qu esta causa è p e r n o i soltanto u n ’id ea, un li­ m ite , che ci av v erte di n o n co n sid erare la serie e m p iri­ ca dei n o stri a tti com e q u alch e cosa di assoluto; m a p e r sè è u n a sem plice negazione, com e il concetto della cosa in sè. Q uesto è il concetto trascendentale della li­ b e rtà ; ch e, com e si vede, ci rinvia a l concetto d ’m i fo n ­ dam en to lib ero d i noi e delle cose, m a senza farcelo conoscere, p o n en d o lo com e u n pensiero necessario al q u ale p erò non possiam o d a re alcun contenuto. P e rò è ch iaro che se p e r a ltra via potessim o dare u n senso e u n co n tenuto concreto a ll’id ea di lib e rtà , q uesta sareb b e a llo ra an ch e teoreticam en te giustificata. E d in fa tti vi è u n p u n to n ella n o stra v ita n el q u ale, senza in te rro m p e re la concatenazione em p irica, viene alla luce n ella n o stra coscienza q u est’a ttiv ità d el fon­ dam en to trascen d en te: questo è la coscienza del dove­ re. Il dovere esp rim e u n a specie di necessità che non rico rre nella n a tu ra ; noi non possiam o ch ied ere che cosa deve accadere nella n a tu ra , m a solo che cosa ac­ cade. M entre n el dovere la coscienza d ich iara necessarie certe azioni che forse non accad ran n o m ai. N e ll’azione co m p iu ta p e r dovere si rivela qu in d i alla coscienza un ord in e delle cose altro d a ll’o rd in e fenom enico; se da una p a rte l ’azione stessa si riattacca ai suoi m oventi sen sib ili, che se sono la causa n a tu ra le , d ’altro lato ci si rivela com e la determ inazione di qualche cosa che è di là d a ll’o rd in e fenom enico, che non ci rinvia ad u n ’a ltra causa e che esprim e la sua causalità lib era nel dovere. P e r il dovere l ’uom o a p p a rtien e sim ultaneam ente a dtie m ondi ed h a due leggi diverse: in quanto s’im m edesim a con la coscienza del suo atto come procedente da questa causalità lib era egli è lib e ro ; in quanto invece non ha

questa coscienza e s ’im m edesim a colla coscienza dei suoi im pulsi è u n essere n a tu ra le , n o n lib ero . N a tu ralm en te la lib e rtà è n ella coscienza m orale so ltan to ; l ’a tto esterno che si svolge n e ll’o rd in e sensi­ b ile a p p a re sem p re anche n e ll’a tto m o rale com e ca u ­ salm en te co ncatenato. Q u in d i l ’esperienza esterio re e psicologica non ci offre la lib e rtà ; la lib e rtà ci è a tte sta ta d alla coscienza m o rale n on d a ll’esperienza in te rio re ; e d è fo n d ata e giustificata teo re tic am en te d a ll’idea della lib e rtà , dalla lib e rtà trascen d en tale. P erc iò l ’uom o, in q u an to n o n h a coscienza m o rale, è un p u ro essere sensibile, schiavo dei suoi im pulsi (il concetto storico); in q u an to è u n essere m o rale co n ti­ n u a ad a p p a rte n e re al m ondo sensibile e la sua azione è co n caten ata in esso com e q u ella d i q u alu n q u e a ltro essere, m a la sua coscienza p arte cip a al senso d ’u n a re a l­ tà su p erio re, della re altà n oum enica e, p u r svolgendosi la sua azione esteriore e fenom enica sem pre secondo le leggi della realtà fenom enica, egli sente q u est’eleva­ zione d e ll’essere suo com e vita nella lib e rtà . C erto questa considerazione è lungi d al risolvere tu tte le difficoltà; è u n accenno p iù che una soluzione. Il p u n to su cui K a n t insiste è la necessità di conciliare le due verità del d eterm inism o e d ella lib e rtà . P ren d iam o u n uom o che ha peccato g ravem ente; an d iam o p u re a ricercare n e ll’educazione, n e ll’a m b ien ­ te , ecc. i m otivi del suo ag ire ; questo n o n lo scusa m o ralm en te agli occhi n o stri; noi sentiam o che egli d o ­ veva o p erare a ltrim e n ti. N on vi è lib e rtà em p irica ; ma la concatenazione delle attiv ità em p irich e n o n è q u a l­ che cosa di assoluto; è u n a concatenazione che deve fondarsi su q u alche cosa di p iù profondo n e ll’indiv id u o : p e r questo essa è, nella to ta lità , l ’o pera sua. K an t ha relegato nel trascen d en te l ’atto lib ero (il carattere in ­ tellig ib ile); m a questo non è che un principio della so­

luzione. A d ogni m odo questo è u n p ro b lem a sul quale dovrem o rito rn a re p iù ta rd i. Qui K a n t n o n ha voluto m o strare se n o n q u esto : ch e, posto il concetto trasc en ­ d en tale della lib e rtà , è to lta ogni con trad d izio n e con la concatenazione causale em p irica e così elim inato da u n a p a rte ogni concetto antiscientifico della lib e rtà , ed elim in ato d a ll’a ltra ogni d eterm inism o fatalistico n eg a­ to re della lib e rtà . P iu tto sto ci interessa esam inare criticam en te la s tru ttu ra esterio re della d o ttrin a delle antinom ie. Essa è rico n d o tta da K a n t alla sua tavola delle categorie, m a an c h e qui la sistem azione è a rb itra ria e senza il m inim o fo n d am en to . A nche u n superficiale esame vede facilm en­ te che la q u a rta antinom ia è u n du p licato della terza. Q uando la categoria di causalità sia concepita no n come il collegam ento esteriore di due fenom eni, m a com e l ’u n ità in te rio re che li collega n ella loro successione e ne fa u n a id e n tità successiva, questa sta, risp etto a i d i­ stin ti successivi, com e il necessario al co n tin g en te; il passaggio alla causa assoluta è an c h e il passaggio a ll’es­ sere asso lu tam en te necessario. Q u in d i m anca la ragione di fare due processi d istin ti. Ma le osservazioni p iù n o ­ tevoli v erto n o sulla p rim a e sulla seconda. La p rim a è in re a ltà u n ’estensione del tem p o e dello spazio a ll’as­ soluto. Si h a qui v eram ente u na d ialettica delle form e del senso, ch e d o v rebbe essere posta in ra p p o rto con m olte teo rie della C rìtica d el giudizio, specialm ente con la teo ria k a n tia n a del sublim e. R esta l ’afferm azione k a n ­ tia n a circa l ’in sanabile illusione della tesi; m a te m p e ­ ra ta d al riconoscim ento del suo valore sim bolico; la d ­ dove an c h e q u i l ’a n tite si, rico n d o tta al suo legittim o senso, è p ro fo n d am en te vera. P iù difficile è a com prendersi percìiè K a n t abbia posto q u i la seconda an tin o m ia ; n e ll’idea d e ll’elem ento reale u ltim o ci è im possibile vedere u n ’idea della r a ­

gione com e alm eno K a n t l ’in ten d e. Si tra tta q u i soltanto d i u n p ro b lem a in te rn o d e ll’estetica trascendentale. La im p o ssib ilità d ’u n elem ento sensibile u ltim o discende già dal concetto stesso d el tem p o e dello spazio com e fo rm e. V era p erciò an ch e q u i l ’a n titesi; e il vero senso della tesi è n ella posizione n o n d ’u n ità soprassensibili, m a d i u n ità in fe rio ri a l senso, di u n ità infinitesim ali. N on è il caso d i e n tra re q u i in u n ’analisi di questo ge­ n e re ; b asti l ’aver m o strato ch e nelle tavole delle a n ti­ n o m ie questo p ro b lem a non h a assolutam ente alcun posto. La sola vera an tin o m ia è la te rz a ; il passaggio a l ­ l ’idea d i u n a causa assoluta è v eram en te il p rim o m o ­ m ento d el processo teoretico p e r cui la considerazione della re a ltà , n ella sua s tru ttu ra fo rm ale, ci costringe a risa lire a l concetto di u n a u n ità trasc en d en te. E , seb­ ben e p e r vie diverse da q u elle d i K a n t, possiam o qu i accogliere, in com plesso, la sua conclusione: che ta le processo ci p o n e d in an zi a d u n ’u n ità trascen d en te che n on possiam o o b b iettiv a re e perciò dobbiam o p ensare sim bolicam ente. E n ello stesso tem p o , in q u an to in essa sparisce il c a ra tte re della successione e perciò sparisce il c a ra tte re d ella causa, questa si confonde co n la so­ stan za ; la causa assoluta è anche la sostanza assoluta. Ma la d eterm in azio n e della sostanza assoluta è il risu l­ tato d ’u n a ltro processo, che è in fondo quello da K a n t esposto ed analizzato n ella sua Id e a teologica.

C apitolo IX. L ’ID E A TEO LO G IC A

Ciò che ca ratterizza l ’idea teologica è secondo K a n t q u esto : che p er essa la rag io n e u m an a si illu d e d i p o ­ tersi elevare a l concetto d e ll’A ssoluto n o n p iù p a rte n d o d a esperien ze, m a da concetti a s tra tti ( C rit. R a g . P ura, ediz. V a le n t., pag. 540-541). In fondo tu tte tre le idee ten dono allo stesso fine, sono tre processi diversi, m a h a n n o lo stesso oggex-o: l ’A ssoluto. Q ui la rag io n e, co­ m e resa conscia del c a ra tte re trasc en d en te d e ll’Assoluto rin u n cia a p re n d e re il suo p u n to di p arte n za n ei feno­ m en i ed a risalire attra v erso la loro concatenazione infi­ n ita, m a e n tra riso lu tam en te n e l regno dei concetti p u ri. N a tu ralm en te la ra g io n e n o stra n o n p u ò m ettersi, p e r così d ire , n e l cen tro d e ll’in te llig ib ile ; q u an d o crede d i p o terlo te n ta re , essa soggiace, com e vedrem o, a d u n a illusione. Ma p u re p a rte n d o d a lla re a ltà em p irica e d ai suoi p rin c ip ii, essa n e ll’idea teologica lascia subito da p a rte la m o lte p lic ità e m p irica , ed affidandosi ad un p rin cip io essenziale, costitutivo d i ogni re a ltà , crede di p o tere a m ezzo suo p e re n ire senz’a ltro a l concetto della to ta lità assoluta. Q uesto p rin c ip io è quello che regge il sillogism o d isg iu n tivo, che K a n t chiam a il p rin cip io d el­ la d ete rm in a b ilità , fondato sul p rin cip io di co n tra d d i­

zione (C rii. Rag. P ura, ediz. V alent, pag. 497). N el r a ­ ziocinio disgiuntivo l ’atto essenziale della ragione sta n ella posizione del giudizio disgiuntivo che serve da m aggiore, n ella costituzione d ’un concetto che riunisce in sè u n certo nu m ero di p ossibilità positive ( i è o a o b o c o d , ecc.). Ciò che guida a p rio ri la ragione n ella costituzione d i queste u n ità collettive è in fondo (seb­ ben e K a n t n o n lo dica) il p rin c ip io di sostanza; il p rin ­ cip io d ella co m unione necessaria di tu tti gli esseri, il p rin cip io che in u ltim o tu tti gli esseri debbono costi­ tu ire com e u n g ran d e essere unico, del quale dovrebbero p re d ic a rsi in u n in te rm in a b ile giudizio disgiuntivo, co­ m e a ltre tta n ti m em b ri della disgiunzione, tu tti gli esseri p ositivi. Q uesto è già espresso n e l p rin c ip io logico co­ m u n e secondo il q u ale d ’ogni oggetto devono potersi p re d ic are , p o sitiv am ente o negativam ente tu tti i p re ­ d icati p o ssib ili (p rin c ip io d i co n trad d izio n e); A è o B o noni?. P e r esso in fa tti anche il soggetto p iù lim itato è posto in u n certo ra p p o rto di com unione (sia p u re p e r via di esclusione) con tu tta la re altà. Il progresso della rag io n e avviene, in questo risp e tto , p er la d eterm in azio ­ n e di u n ità sem pre p iù com prensive; il lim ite estrem o è la to ta lità delle p ossibilità positive, l ’idea d e ll’om m tudo realitatis ch e, com e si vede, non è se n o n l ’esten­ sione form ale alla to ta lità di u n processo costitutivo di tu tte le re altà finite. Q ui il sem plice p rin cip io logico è ap p lica to nel suo senso m etafisico ( C rit. Ratg. Pura, pag. 498); q u a n ­ do si afferm a che ogni p re d ic ato deve afferm arsi p o siti­ v am ente o neg ativ am ente d ’u n soggetto, si afferm a con ciò il concetto trasc en d en tale di u n a to ta lità di tu tte le re altà possib ili, di cui ogni re altà singola è una d e te r­ m in azio n e p o sitiv a o negativa. Di p iù la to talità è p u ­ rificata in questo processo d ella ragione d alla m o lte p li­ cità coesistente e rid o tta al concetto d ’una u n ità asso­ lu ta , che è u n ità e to ta lità ad un tem p o . T u tti i po6-

sibili p re d ic a ti sono in fa tti o positivi o n eg a tiv i; questi u ltim i sono sem p re concetti d eriv a ti che p re su p p o n g o ­ no la co rrisp o n d en te re a ltà po sitiv a (il concetto d i igno­ ran za è solo p e r ch i conosce la scienza, la p o v ertà p e r chi conosce la ricchezza, ecc.); q u in d i la to ta lità è la to ta lità p o sitiv a, di cui i singoli p re d ic a ti p a rtic o la ri (ch e contengono sem pre q u alch e negazione) sono sem ­ plici lim itaz io n i. P e r cui la to ta lità è anche u n ’u n ità reale c o n c reta; p erciò K a n t la ch iam a u n ideale (non solo u n a idea), è cioè l ’unico e suprem o ideale trasc en ­ d en tale della rag io n e, che estendendosi di là da ogni esp erienza possibile è u n assoluto trascen d en te. Q uesto assoluto è la re a ltà p e rfe tta alla q u ale tu tte le cose p iù o m eno si avvicinano secondo il loro grado di re a ltà , e da cui p erciò tu tte (m etafisicam ente) deriv an o , p erch è tu tte la lim itan o in qualch e m odo com e le figure geo­ m etrich e lim itan o l ’illim ita b ile spazio. Q uesta lim ita ­ zione e derivazione n o n è u n a p a rtiz io n e ; p erch è a llo ra la re a ltà assoluta n o n sarebbe p iù veram en te u n a , m a un aggregato. P erciò n o i dobbiam o p iu tto sto p o rre q u e ­ sta re altà sotto l ’im m agine d i u n p rin c ip io , d i tu tte le cose, cioè com e D io. P erò la ragione dovrebbe sem p re ric o rd a re che si tra tta solo d i u n ’id ea, n o n di u n oggetto; di u n p r in ­ cip io circa la cui re a ltà ob b iettiv a noi n u lla possiam o d eterm in a re. A nche qu i tu tta v ia la ragione soggiace a l­ l ’illusione consueta, di p o te r possedere questa to ta lità assoluta com e u n a to ta lità obb iettiv a. A noi è d ata la to ta lità in d efin ita d e ll’esperienza dove tu tto è legato con tu tto ; n o i confondiam o questo concetto con q u ello d ella to ta lità assoluta e n e facciam o u n ’u n ità co llettiv a, u n a cosa, che contiene in sè ogni a ltra re a ltà ; poi l ’isoliam o dalle a ltre cose, l ’ip o statiz­ ziam o, anzi le riferiam o u n a p erso n alità e n e facciam o il Dio sep a rato , p erso n ale, d ella teologia com une. Questo processo p e r cui la ragione d a ll’esistenza di

cose p a rtic o la ri conclude a l l ’esistenza d ’u n a to ta lità u n i­ ca ed assoluta della quale esse n o n sono che lim itazioni, d eterm in azio n i (e p erciò negazioni), è tu tta v ia in sè tro p p o a stra tto p erch è lo sp irito um ano si acquieti in esso senz’altro . Q u est’idea della to ta lità a p p a re com e u n a creazio n e del p en siero ; m a è essa reale? P erciò i te n ta tiv i d i d im o strazione con cui la ragione h a cercato d i c o rro b o ra rla ; ch e sono le così d ette prove d e ll’esi­ stenza di D io. La to ta lità assoluta deve av ere in sè il fo n d am en to d e ll’essere suo; deve essere u n a causa sui. P erc iò do v reb b e anche avere l ’id ea co rrisp o n d en te, la giustificazione d ella p ro p ria v erità , la dim ostrazione d ella p ro p r ia re a ltà ; questo è il p rin c ip io d el cosidetto arg o m en to ontologico. Q uesta è la vera e p ro p ria d im o­ strazio n e, ch e p e rò in co rre an c o ra nello stesso d ifetto : d i p re n d e re il suo p u n to d i p arte n za in u n ’astrazione p e r ricav are la pro va d ella sua re altà. L a rag io n e com une am a invece p a rtire dalle cose d e ll’esperien za e, con le d im ostrazioni che abbiam o già tro v ato n elle due u ltim e an tin o m ie , risalire alla causa p rim a , a l p e r sè necessario, p e r po i identificare queste idee con q u ella della to ta lità ( C rit. Rag. Pura, ediz. V alen t, pag. 510 seg). La to ta lità è il concetto che m eglio si adegua ad esp rim ere l ’assolutam ente necessario. Questo è anche il cam m ino che ha seguito lo sp i­ rito u m an o in generale. Esso si è trovato di fronte alle cose m u tev o li; è risalito da esse alla loro causa p rim a ed h a identificato la causa p rim a con la to ta lità , che co n tien e in sè il p rin cip io di tu tto . E d ancora lia seguito in ciò due v ie: o è p a rtita dalle cose singole p e r risalire alla lo ro causa ad eg u ata (com e intelligenza ecc.), o è p a rtita dalle cose in genere p e r risa lire alla lo ro causa in genere ( l ’argom ento cosmologico). Q u in d i le tre prove possibili d e ll’esistenza di D io: l ’ontologica, la cosm ologica, la fisico-teleologica. K an t le passa successiam ente in esam e e il risu ltato del suo

esam e è questo : che la seconda e la terza si riducono essenzialm ente alla p rim a . E p e r questa egli dim ostra che l ’arg o m entazione è assolutam ente in ad eg u ata a lla d im ostrazione d e ll’esistenza d ’u n oggetto com e ta le ; la d im ostrazione d ’u n Dio p erso n ale, ipostatizzato è q u in d i u n sofisma. Q uanto al suo valore in se, K a n t n o n ne p a rla ; esso, rico n d o tto al suo vero senso, si identifica col processo d ella ragione n e ll’idea teologica e n o n p u ò av ere a ltra conclusione che il passaggio a l trascen d en te.

L E P R O V E D E L L ’E S IS T E N Z A D I D IO .

L a prova ontologica. La p a ro la realtà pu ò essere presa in due significati che bisogna te n e re b en d istin ti se si vuole cogliere il sen­ so d e ll’argom entazione k a n tia n a . L ’essere unico assolutam en te necessario è, nel p iù alto senso d ella p a ro la , re a ­ le ; m a n o n n el senso in cui sono re a li le cose d el senso. I l to rto d el p en siero com une è di confondere questi due sensi della p aro la « re a ltà » e d i p o rre l ’essere assoluto su llo stesso p ian o d ella re altà e m p irica . È da questo p u n to d i vista che i te n ta tiv i di d im o strare la re a ltà , l ’esistenza d i D io debbono considerarsi com e p u ri so­ fism i. I l p rim o e fo n d am en tale d i questi arg o m e n ti è la co sidetta pro v a o ntologica, in tro d o tta da A nseim o d ’Ao­ sta n e ll’X I secolo, rig e tta ta da A lberto M agno e d a San T om aso, rie la b o ra ta da C artesio e da L eibniz. K a n t la esam ina in fa tti nella form a leibniziana-w olfìana. Il con­ cetto d i D io com e to ta lità assoluta della re a ltà è possi­ b ile (p e rch è n o n vi è co n trad d izio n e); m a alla to ta lità assoluta della re a ltà a p p a rtie n e anche l ’esistenza (n e ­ garla sareb b e u n c o n tra d d ire il concetto di en te realis-

sim o); p erciò Dio necessariam ente esiste. Il giudizio « Dio esiste » è u n sem plice giudizio analitico. K a n t m e tte a n z itu tto in g u ard ia contro queste a r ­ g o m entazioni a s tra tte le q u ali v o rreb b ero arg o m e n tare q u an to a lla re a ltà . P e r es. n ella p ro p o sizio n e: il trian g o ­ lo h a tre angoli (in ten d e n d o p e r trian g o lo la figura p ia n a ch iu sa da tre re tte ), vi è certo u n a necessità di co lleg am en to , m a che n o n h a nessuna p o rta ta qu an to a ll’esistenza. P osto il trian g o lo è co n tra d d itto rio n o n p o rre i tre an g o li; m a io posso to g liere l ’uno e l ’a ltro concetto senza co n trad d izio n e. S em bra che l ’argom ento ontologico si sottragga a questa c ritic a : ch e esso si rife ­ risca a d u n soggetto ch e n o n p u ò essere to lto senza co n ­ tra d d iz io n e , in q u an to sarebbe a d esso essenziale l ’esi­ stenza re ale. K a n t p erò nega la leg ittim ità d i questo processo p e r cu i d alla p o ssib ilità a stra tta di u n essere si vuol co n clu d ere a lla sua re ale esistenza. L ’obbiezione essenziale di K a n t è q u esta: che la re a ltà n o n è u n p re ­ dicato , il q u ale si possa aggiungere agli a ltri p re d ic ati d ’u n concetto ed a ttrib u irg li la re ale esistenza; in a ltre p a ro le il giudizio esistenziale è sem pre sintetico, n o n m ai an a litico . Q uanto a l p u ro concetto, il reale contiene tan to q u an to il possibile (il fam oso esem pio dei cento ta lleri). L a re a ltà od irre a ltà n o n è m ai d eterm in a ta d al concetto stesso, m a d al ra p p o rto suo con la re a ltà com ­ plessiva; ciò che n o n aggiunge n u lla al concetto, n è p u ò esservi conten u to . O ra se si tra tta di oggetti e m p irici, è l ’esperienza che ci dà questo ra p p o rto d e ll’oggetto con l ’esperienza com plessiva; trattan d o si qu i della to ta lità asso lu ta, d i u n ’idea trascen d en te, no i n o n abbiam o n è il m ezzo, nè il d iritto di a p p lica re questo c rite rio ; q u in d i no n ab b iam o alcuna possibilità di p o te r afferm a re al­ cunché di d eterm in a to circa la re a ltà d i questo concetto. Q uesta critica di K a n t è stata oggetto di discussioni sen­ za n u m e ro ; n elle q u ali non sem pre si è te n u to p re ­ sente (d a H egel, p e r esem pio) l ’oggetto preciso d i q u e­

sta critica. Ciò che K a n t co m b atte è l ’ib rid o concetto di Dio che h a il suo p u n to di p arte n za n e ll’id ea della to ­ talità assoluta, m a poi ne fa u n essere d eterm in a to e in fondo lo m ette sul p iano delle re a ltà em p irich e , e solo da questo p u n to d i vista p u ò in tra p re n d e re la d im o stra­ zione della sua esistenza. Ma la sua critica n o n distrugge l ’argo m en tazio n e che sta a base d e ll’idea teologica ed è la verità della p ro v a ontologica .11 crite rio della re a l­ tà nella stessa esistenza em p irica è l ’u n ità ; il progresso verso la re a ltà è anche progresso verso l ’u n ità. Da q u e ­ sto p u n to di vista sarebbe u n a co n traddizione negare che l ’u n ità asso lu ta, com e o m n itu d o realitatis, n o n sia a n ­ che l ’assoluta re a ltà . Ma questo concetto esclude ogni d eterm in azio n e della re a ltà , e p erciò ogni dim ostrazio­ n e; questa realtà è l ’esigenza su p rem a della rag io n e, m a non è p iù una conoscenza.

L a prova cosm ologica. N ella pro v a ontologica lo sp irito p a rte in re a ltà d a l­ la considerazione della re a ltà fin ita p e r elevarsi a l l ’idea della to ta lità assoluta ; m a dà p o i a questo processo l ’a p ­ p aren za d ’un processo inverso. V ale a d ire ch e invece di con sid erare l ’idea di D io com e la conclusione della ragione che co m pleta l ’esperienza, la p re n d e com e p u n ­ to di p arten za in qu an to crede di p o te r d eriv are d a l­ l ’id ea stessa la necessità della sua re ale esistenza e q u in ­ di la necessità d i tu tte le a ltre esistenze p artic o la ri. La prova cosm ologica invece, che L eibniz dice a contingentia m u n d i, p a rte esplicitam ente d alla considerazione delle esistenze finite e si eleva a l concetto d ’u na causa p rim a assoluta ; poi identifica questa causa p rim a asso­ lu ta con la re a ltà assoluta, com e q u ella che im plica la necessità assoluta della p ro p ria esistenza. Q uindi la p ro ­ va cosm ologica consta di due m om enti, dei q u ali il se­

condo solo è essenziale ed è la stessa prova ontologica m asch erata in a ltra form a. N el p rim o m om ento essa poggia in ap p aren za sul­ l ’esperien za e conclude d a ll’esistenza d el m ondo a ll’esi­ stenza d ’u n a causa p rim a necessaria. O ra già q u i d o b ­ b iam o ric h ia m a re q u an to si è detto a pro p o sito della tesi d e ll’a n tin o m ia te rz a e q u a rta . Il p rin cip io di causa n o n giova a farci u scire d al m ondo sensibile, a d e te rm i­ n a re u n a causa d i là d al sensibile, che sia com e il lim ite il p u n to p rim o d e lla catena d ella causalità em p irica . La causa p rim a è u n ’id ea, n o n u n a re a ltà ob b iettiv a che stia a capo d ella concatenazione com plessiva. Ma p e r sè q uesta arg o m en tazio n e n o n ci fa reb b e ancora conoscere n u lla circa il c a ra tte re di questa causa; q u in d i la ragio­ n e p re n d e q u i com m iato d al fondam ento em p irico , e in via p u ra m e n te co n cettuale argom enta che causa assolu­ ta m e n te necessaria (cioè no n p iù condizionata da a l ­ tro ) p u ò solo essere la to ta lità assoluta della re altà, co­ m e q u ella che co n tiene in sè la to ta lità delle condizioni e q u in d i n o n p u ò p iù essere condizionata da a ltro ; ossia n o n p u ò p iù to g liere in p re stito da a ltro la p ro p ria n e­ cessità. Ma se solo l ’assoluta to ta lità p u ò essere qualche cosa d i asso lu tam en te necessario, questa assoluta neces­ sità deve essere im p licata nel concetto d e ll’assoluta to­ ta lità , cioè deve p o tersi d e d u rre da questo concetto. Ed allo ra a che p rò p a rtire d a ll’esperienza? B asta p a rtire d al concetto d e ll’assolutam ente reale e d erivarne la n e ­ cessaria re a ltà ; cioè to rn a re a lla prova ontologica. K a n t m o stra l ’evidenza di questo trapasso rid u ce n ­ dolo in form a sillogistica. L ’essere assolutam ente n e ­ cessario è l ’assoluta re altà (dice la prova cosm ologica). I l giudizio deve p o tersi convertire p e r acridens: q u a l­ ch e assoluta re altà è l ’essere assolutam ente necessario. Ma non vi sono m olte assolute re a ltà ; essa è u n ica; q u in d i si deve d ire : l ’assoluta re altà è l ’assolutam ente n ecessario; che è la tesi della prova ontologica. P e r cui

questa seconda prova non è u n a reale p ro v a ; la p a rte n ­ za d a ll’esp erien za n on ci conduce m olto in a lto ; e solo p e r u n passaggio concettuale l ’assolutam ente necessario è con v ertito n e ll’assoluta re a ltà . M a ciò equivale a p o r­ re la p ro v a ontologica d i cui abbiam o già m o strato la v anità.

L a p ro va fisico-teleologica. La pro v a fisico-teleologica p a rte n o n , com e la co­ sm ologica, d a ll’esp erienza del m ondo in genere (com e co n tin g en te), m a d a d e te rm in a te esp erien ze, n elle q u ali cred e d i p o te r tro v are il p u n to di p arte n za p e r elevarsi a l concetto d i u n a re a ltà assoluta com e p rin c ip io e fo n ­ dam en to d i tu tto il re ale. Q ueste d eterm in a te esperienze sono q uelle che ci r i ­ velano l ’o rd in e e la bellezza delle cose create, ch e, così n e irin s ie m e com e n ei p a rtic o la ri, destano la n o stra p iù profonda m eraviglia. È certo che n o i vediam o anche lì una concatenazione di cause e d ’e ffe tti; m a è u n a conca­ ten azio n e sa p ie n te ; tale ch e no i non possiam o p en sarla com e il risu ltato d i u n p u ro m eccanism o. D obbiam o p e r­ ciò assum ere u n a causa saggia e lib e ra ch e fa servire ai suoi fini elev ati il cieco e possente m eccanism o delle cose n a tu ra li; noi la po n iam o com e u n a causa unica p erch è vediam o che tu tte le p a r ti d el m ondo a noi note si arm onizzano secondo u n a finalità unica. Com e d o b b iam o p en sare questa causa? N oi n o n co­ nosciam o n è l ’estensione delle cose nè possiam o m isu­ ra rn e la p erfezio n e; m a o bbedendo ad u n a oscura esi­ genza della rag io n e p o niam o questa causa senz’a ltro co­ m e la causa p rim a ed assoluta di tu tte le cose; e qu in d i com e la re a ltà asso luta, Dio. Q uesta pro v a è ric o rd a ta da K a n t con u n certo r i ­ sp etto ; n o n solo p erch è è q uella che trio n fa n e ll’apolo­

getica co m u n e, m a an c h e e so p ra ttu to p erch è essa si as­ socia in consapevolm ente sem pre a lla prova m orale. L ’au to re saggio delle cose è pensato anche com e l ’a u to re m o rale delle cose; la considerazione teleologica delle cose (ch e è com e vedrem o u n co ro llario della concezio­ n e m o rale d el m ondo) si trasfo rm a in u n a concezione m o rale , e p e r q uesta via la pro v a fisico teologica a ttin ­ ge u n a forza e u n valore che p e r se no n le a p p a rte n ­ gono. C o n sid erata p e r sè sola p erò n o n p u ò affatto con­ seguire q u e ll’ap o d ittic a certezza che essa p re te n d e ; in ­ fine a n c h ’essa finisce p e r risolversi n elle due p re ced e n ti già esam inate. In p rim o luogo l ’analogia secondo la q u ale essa conclude ci p e rm e tte re b b e t u t t ’al p iù d i con­ clu d ere ad u n o rd in ato re delle cose, no n a d u n c re a ­ to re . I n secondo luogo anche in questo caso l ’o rd in ato re sem b ra essere lim itato n el p o te r suo d alla m a te ria che deve elab o rare . L ’o rd in e e la finalità delle cose ci a u to ­ rizzano a co n clu d ere a ll’esistenza d i u n a causa ad esse p ro p o rzio n ata. O ra , tu tto ciò ch e noi ap p ren d iam o è sem p re fin ito ; p u ò q u in d i farci concludere al concetto in d e te rm in a to d i u u essere g ran d em en te saggio, p o ten ­ te , ecc. ; an zi rig o ro sa m e n te 'n o n possiam o nem m eno con rig o re con clu d ere al concetto di u n unico au to re delle cose. « N oi n o n possiam o arg o m en tare, scrive K a n t n e l­ la M em o ria (d e l 1763) su ll’u nica pro va possibile p e r una dim o stra zio n e della esistenza d i D io, a ll’esistenza n e l­ la causa d i p erfezio ni p iù grandi e più num orose d i ciò che sia necessario p e r spiegare il grado e la costituzio­ n e degli effetti, se n o i p e r giudicare d e ll’esistenza delle cause n o n ab b iam o a ltra occasione se non q uella che ci d an n o i suoi effetti. O ra, noi riconosciam o che vi è n e l m ondo p erfezio n e, grandezza ed o rd in e in alto g ra­ do, d al che n o n possiam o concludere con rigore logico 6e n on che la causa sua deve possedere a ltre tta n to di in tellig en za, di po tenza e di b o n tà, in nessun m odo che

sia om niscente, o n n ip o ten te. Vi è u n tu tto sconfinato nel q u ale vediam o ovunque o rd in e ed u n ità ; noi possiam o con b u o n fo n d am en to arg u ire che l ’au to re d i esso sia u n ico ; il che p e rò , se è m olto ra zio n ale, non costituisce u n a conclusione rig orosa ». L a p u ra considerazione e m p irica n o n p u ò q u in d i farci passare a ll’assoluta to ta lità . E d ’a ltra p a rte la r a ­ gione n o n p u ò arre sta rsi al concetto in d e te rm in a to d i u n essere (o d i p iù esseri) in te llig e n ti, p o te n ti, ecc. ; p e r ciò essa in sen sib ilm en te trap assa n ella pro v a cosm ologica ed arg o m en ta alla causa d i tu tte le cose, ch e è p o i id e n ­ tificata con l ’assoluta R ealtà. Q u in d i anche la pro v a fi­ sico-teleologica n on h a p e r se stessa alcu n valore. * * * T u tte le p retese prove d e ll’esistenza di Dio si r i ­ ducono alle tre s o p ra rife rite ; anzi anche queste in fondo si rid u co n o a ll’unica prova ontologica. La q u ale alla sua volta è b asata sullo scam bio del senso em p irico di a re a l­ tà » col senso trascen d en tale. La realtà a cui co n clu d ia­ m o in base ai concetti trasc en d en tali, non è la realtà o b b iettiv a n o stra ; e questa si appoggia non su an alisi d i co ncetti, m a sulla possibilità d ’u na sintesi con l ’esp e­ rien za. A nche q u i, re lativ am en te a ll’idea teologica, è vero quello che ab biam o veduto relativ am en te alle idee cosm ologiche; l ’in te lle tto esige u n regresso indefinito. O gni re a ltà è p a rte condizionata d ’u n p iù vasto com ­ plesso d i re a ltà e così a ll’in fin ito . M a questo regresso non ci p o trà co n d u rre m ai verso u na to ta lità aso lu ta; ciò s a ­ re b b e in co n trad d izio n e col concetto stesso d i re a ltà fe­ nom enica. P erò questo regresso indefinito esp rim e l ’esi­ genza d ’u n passaggio q u alita tiv o ; la ragione esige la p o ­ sizione d i u n a to ta lità assoluta, la q u ale n o n p u ò p iù esere u n a re a ltà fenom enica, m a è la to ta lità assoluta ccome n oum eno. O ra questo passaggio im p lich e reb b e il

progresso d el conoscere verso u n essere che trascende o g n i n o stra esp erienza. O ra noi sappiam o che ogni n o ­ stra conoscenza o b b iettiv a è necessariam ente im m a n en ­ te ; q u in d i u n a teologia n a tu ra le com e scienza del t r a ­ scendente è im possibile. Il processo trascen d en tale d el­ la rag io n e ci rin v ia, an ch e n e ll’idea teologica, ad u n al d i là d a ll’esp erien za, m a senza farcelo conoscere com e o g g etto ; anche V o m n itu d o realitatis non è una designa­ zione positiva del noum eno, m a una sem plice idea, la q u ale ca ratteriz za n egativam ente tu tte le re a ltà p a rtic o ­ la ri e così ci rin v ia verso il m are infinito d e ll’essere, co­ m e verso la sola re a ltà ; com e verso qualch e cosa che il n o stro conoscere finito n o n p u ò nè com p ren d ere nè de­ te rm in a re .

D ELLA R A G IO N E IN G E N E R E

C onclusione. Possiam o q u i in fine riassum ere in b re v e le funzioni della ragione ed il senso p rofondo anche dei suoi e rro ri d ialettici. N e ll’esam e delle a ttiv ità sue noi l ’ab b iam o fin qui quasi esclusivam ente co n sid erata com e u n a sorgente d ’illu sio n i; com e se la facoltà d elle idee no n avesse p e r com pito n a tu ra le che di tra v ia re p e r m ezzo di esse il n o stro sp irito , d andogli l ’illusione d i conoscere ciò che n o n p u ò asso lu tam ente conoscere. O ra ciò n o n p u ò esse­ re ; tu tto ciò ch e è fo ndato sulla n a tu ra delle n o stre fa ­ coltà deve av ere u n senso ed u n com pito positivo; gli e rro ri d ialettici sono dovuti solo ad u n tra v ia m e n to ; ora q u ale è questo co m pito positivo? N on si p u ò negare che K a n t è m o lto oscillante ed in certo n e l risp o n d ere a q u e­ sta d o m an d a. In fondo la rag io n e h a in lui u n com pito m etafisico m o lto essenziale; qu ello d i costringere lo sp i­ rito a p assare d a ll’em p irico a l trasc en d en te; anche se p e r o ra questo n o n può essere posto che com e u n a n e ­ gazione, u n a lim itazione d e ll’em pirico.

Q uesto com pito m etafisico è messo m olto bene in luce n e i « P rolegom eni » (p a ra g . 57-59); n ella C ritica invece il p iù g ran posto è dato a q uella che costituisce in re a ltà una fu nzione secondaria d ella ragion e, la fu n ­ zione im m a n en te, regolativa considerando l ’a ltra com e u n a sem plice conseguenza accessoria di questa. D i q u e ­ sta inconseguenza dobbiam o cercare la causa n ella te n ­ denza costante d i K a n t ad e lim in a re scrupolosam ente q u alu n q u e risu lta to speculativo che n o n fosse la possibi­ lità d ’u n com p lem ento m etafìsico fondato unicam en te 6ulla m o ra lità ; ten d en z a che spiega (an ch e se n o n giu ­ stifica) com e si sia p o tu to in te rp re ta re K a n t in senso em ­ p irico e cercare in lu i il fondam ento della filosofia em ­ p iric a delle funzioni necessarie e del « com e se » (C rii. R ag. P ura, ediz. V a le n t., pag. 568-579). La p rim a funzio­ n e della rag io n e ad u n q u e è la sistem azione dei concetti d e ll’in telle tto . Essa o rd in a il m olteplice dei concetti in sistem a m ed ian te la subordinazione re cip ro ca dei con­ c e tti; in q u esto senso essa h a u n a p u ra funzione rego­ la tiva (n o n co stitu tiva). Essa crea così d elle u n ità fittizie n el 6enso ch e 6ono p u re u n ità ip o te tic h e che servo­ n o a d a re u n ità a lla m o lte p lic ità d ei co n cetti e così a g u id are l ’esperien za n e l suo corso. P e r es. no i esam i­ n an d o i fa tti e le attiv ità d e ll’an im a, la rid u ciam o a certe forze o facoltà fo n d am en tali che p o i vengono rid o tte ad u n a facoltà o forza fo n d am en tale asso lu ta; la quale è solo u n a id ea p erch ^ n o i n o n la troviam o n e ll’esp e rien ­ za, m a ci serve a d o rd in are sistem aticam ente i no stri co ncetti d ella vita in te rio re datici n e ll’esperienza. N oi tra ttia m o la m o lte p lic ità dei concetti com e la m an ife­ stazione d i u n ’u n ità nascosta, la cui posizione è u n ’esi­ genza o rig in a ria e necessaria della n ostra ragione. K a n t fo rm u la q u est’esigenza in tre p rin c ip ii fo n d a m e n tali: il p rin c ip io della om ogeneità della m o ltep licità concettua­ le (o n d e la sua rid u zio n e sotto u n ità id eali ipotetiche); il p rin c ip io d ella varietà d e ll’om ogeneo (o n d e la sua d i­

visione^ in specie); il p rin cip io d ell ’affinità (on de il passaggio co n tin u o da u n a specie a ll’a ltra e la co n tin u ità degli esseri. Si veda p e r m aggiori p a rtic o la ri la Critica d ella R a g io n P ura, ediz. V a le n t., pag. 724 e seguenti. K a n t ch iam a q uesti p rin c ip ii m assim e della ra g io ­ n e p erch è n o n valgono o b b iettiv a m en te n el senso che ad esse c o rrisp o n d a u n oggetto, m a valgono n el senso che la ragione deve seguirle p e r a rriv a re a lla m igliore e p iù p e rfe tta p o ssibile conoscenza degli oggetti p e r l ’in te l­ letto . A nche se p e r esse n o i do b b iam o ra p p re se n ta rc i d e­ gli oggetti (fittizi), questi sono so ltan to oggetti d a ti n e l­ l ’idea, cioè schem i ch e servono a collegare i concetti o b ­ b iettiv i. T ale p e r es. è il concetto di u n ’intelligenza su­ p re m a ch e ci serve a ra p p re se n ta re gli oggetti com e se d erivassero n ella lo ro to ta lità . Così d eb bono essere in te r ­ p re ta te le tre id ee; l ’id ea psicologica dice che noi d o b ­ b iam o ra p p re se n ta rc i i fa tti in te rn i com e se fosesro gli stati d ’u n oggetto p erso n ale, sp iritu a le , ecc.; e così p er le altre. O ra anche solo q u est’uso sistem atico delle m assim e della ragione ten d e a concretarsi in oggetti id eali che in ­ ca rn an o l ’u n ità sua. Noi facciam o in tale caso conver­ gere tu tti i d ati d e ll’in telle tto secondo u n certo indirizzo verso u n p u n to id eale : l ’u n ità co m p leta d e ll’esperienza che essi no n rag g iungeranno m ai (focus im aginarius) p erch è è al di là da ogni esp erien za, m a che ci dà la illu sio n e di essere il reale p u n to di p arte n za dei concetti in telle ttiv i (com e l ’oggetto che a p p a re sullo specchio). L a loro assunzione in questo caso è necessaria, m a n on com e di oggetti, bensì di analogia di oggetti, che no n possiam o pen sare e conoscere in sè, m a solo a n a lo ­ gam ente n el loro ra p p o rto con gli oggetti sul tip o dei ra p p o rti che gli oggetti h an n o fra loro. Q uesto è dunque il fine della rag io n e: l ’u n ità sistem atica del sap e re; il che ren d e necessaria la creazione di oggetti ideali che

sono com e l ’in carn azio n e di q u est’u n ità , m a non ra p ­ p resen tan o n ien te di reale. Q uesta fu nzione regolativa della ragione è la sola ch e K a n t considera n e l capitolo che h a p e r tito lo « A p ­ p e n d ic e alla D ialettica T rascendentale » (p ag . 548-567) e ch e h a p e r oggeto la funzione della ragione. Q uesto n o n deve d el resto m erav ig liarci se rico rd iam o le in e ­ guaglianze d i com posizione d ella « C ritica », le in c e r­ tezze del p en siero k a n tia n o rig u ard o a l trasc en d en te e la ten d en za di K a n t di lasciare del tu tto n e ll’o m b ra la p a rte p o sitiva della C ritica. Ma n o i n o n ab biam o che da ric h ia m a re q u i ciò che K a n t c h iaram en te esprim e nella terza an tin o m ia : la ragione n e ll’a tto stesso che dà u n ità ssitem atica al sap ere em pirico lo ab b raccia d ’u n colpo n el suo insiem e, riconosce la lim itazio n e d ella sua n a ­ tu r a e la sua insufficienza d i fro n te a q u e ll’esigenza d el­ l ’assoluto che costituisce l ’essenza stessa della ragione. Di q u i il su p eram ento d e ll’essere fenom enico nel senso che, riconosciuto il c a ra tte re d e ll’essere fenom enico, è con ciò stesso co n trap p o sto ad esso, alm eno com e un lim ite , il m ondo delle cose in sè. Q uesta co n trap p o si­ zione è qui ancora qualche cosa di p u ra m e n te negativo; m a essa h a il m erito d i elim in a re tu tti i concetti n a tu ra ­ listici del re ale, com e tu tte le concezioni superstiziose d el tra sc e n d e n te ; così p re p a ra il terren o a q u ella fede m o rale che è la vera m etafìsica di E m anuele K a n t. La rag io n e u m an a non sta n atu ra lm e n te paga di questo risu ltato in ap p aren za così m odesto; essa fa delle idee della rag io n e, che sono poi p rin c ip ii regolativi e sp rim en ti sim bolicam ente il trasc en d en te, dei veri p r in ­ cip ii co stitu tiv i degli esseri re ali che tu rb a n o il corso reale d e ll’esp erien za, ci danno del trascen d en te u n con­ cetto in ad eg u ato e co n tra d d itto rio e così p re cip ita n o la rag io n e in tu tte le assurdità e le contraddizioni del dog­ m atism o. A lib e ra re la ragione da queste illusioni serve ap p u n to la critica che, analizzando la conoscenza dei

suoi p rim i elem e n ti, ci m ostra la vera funzione dei suoi elem enti co stitu tiv i e ci insegna a d istinguere il sapere o b biettivo d e ll’in te lle tto dalle idee n elle quali abbiam o soltanto com e il p resen tim en to di u n a designazione sim ­ bolica del trascen d en te. Con queste conclusioni in a p p a ren z a p u ra m e n te n e ­ gative si ch iu d e la critica del no stro conoscere; in q u e­ s t’ap p aren za h a la sua ragione il fatto che la d o ttrin a k a n tian a è stata spesso in te rp re ta ta com e u n agnostici­ smo ed u n su b b iettivism o scettico; e che si è in tro d o tta la sua d o ttrin a m o rale com e u n a correzione e quasi u n a co n trad d izio n e a questa p a rte d istru ttiv a d ella sua fi­ losofia. In re a ltà , se n o i com prendiam o anche queste con­ clusioni d e ll’u ltim a p a rte con larghezza e in accordo con tu tte le a ltre p a r ti della d o ttrin a , esse ci ap pariscono com e u n ’in tro d u zio n e c ritica e negativa che rich ia m a già la grandiosa m etafìsica dello sp irito disegnata n elle a ltre due critich e. Noi siam o p a r titi, con K a n t, d alla considerazione del m iseran d o stato delle concezioni dogm atiche e delle controversie fra dogm atism o e scetticism o; considerazio­ n e teo re tic a, m a n ello stesso te m p o am ara constatazione della in trin seca ed in san ab ile insufficienza delle conce­ zioni c o rre n ti, connesse con i p iù v itali interessi d e ll’uo­ m o. F in d a ll’inizio K a n t vede la rag io n e di questa in ­ sufficienza d ’ogni dogm atism o n el fa tto che esso erige la re a ltà im m e d ia ta, d ata a l senso ed a ll’in telle tto , in re altà assoluta. O ra, n o i p o rtiam o d en tro d i n o i com e il crite rio e la m isu ra d i questa re a ltà asso lu ta; no i p o rtiam o in noi u n ’esigenza d e ll’assoluto che n o n possiam o co n tra d d i­ re senza m etterc i in co n trad d izio n e con tu tto l ’essere. O ra, com e p u ò u n a re a ltà esterio re, d ata, e p erciò sem ­ p re finita e co n tin g en te risp o n d ere a questa esigenza? Q ui sta la rad ice d i tu tte le co n trad d izio n i teo re tic h e e

p ra tic h e che ci sospingono o ltre , attraverso la critica, verso u n a v erità p iù pro fo n d a. R iconosciam o a llo ra , dice K a n t, che questo asso­ lu to è, alm eno p o ten zialm en te, in n o i; e che ogni realtà finita e co n creta, in cui volta p e r volta lo incarniam o, n o n è che u n com prom esso, un grad o d i u n ’ascensione senza fine. C iascuna di queste re a ltà p o rta in sè, nelle sue leggi fo rm a li, il segno d e ll’assoluto ; esse esprim ono in certo m odo il suo dover essere e ne m ettono perciò a n c h e , n ello stesso tem p o , in luce l ’insufficienza. Così noi siam o venuti a com prendere com e anche n el conoscere finito possiam o accogliere qualche cosa d ’assoluto; l ’u n iv ersalità delle leggi, che non ci vengo­ no d a ll’estern o , m a h anno la loro origine, quanto al loro valore assoluto in n o i, n e ll’assoluto che è in noi. Così ab b iam o anche com preso com e ogni concezione che fissi e co ncreti l ’assoluto in questi com prom essi esterio ­ ri, re a ltà u m an e e re lativ e, sia necessariam ente co n d an ­ n a ta alla co n tra d d izio n e; alla con trad d izio n e con il p r e ­ sen tim en to che è in noi e che ci in d irizza sem pre oltre. D i q u i la necessità di u na an alisi critica che sb araz­ zi la via da queste illu sio n i; analisi critica ch e, n ella sua n u d ità d ialettica, riassum e la critica d i tu tte le fasi sto rich e attrav erso le q u ali passa necessariam ente il p e n ­ siero filosofico e religioso d e ll’u m an ità. Le cosidette il­ lu sio n i d ialettich e della ragione sono e riassum ono, in ciò che h an n o d i filosofico, i g radi d e ll’illusione che fis­ sa l ’assoluto n e ll’em p irico ; illusione salu tare e necessa­ ria , senza di cui anche il pensiero critico non sarebbe stato possibile. La critica segna l ’avvento definitivo e conscio della relig iosità filosofica, che allo n tan a da sè definitivam en­ te l ’illusione d i um anizzare l ’assoluto, o alm eno rico­ noscere questi te n ta tiv i p e r ciò che sono: come dei sim ­ bo li necessarii alla debolezza nostra. N oi abbiam o du n ­ que sgom brata la via, to lte le illu sio n i; adesso ci resta

la d o m an d a: com e dobbiam o p en sa re questo assoluto? Esso è in n o i com e p re sen tim e n to d i u n a re a ltà che ci trasc en d e; com e d o bbiam o p en sa rlo ? Q ui com incia la m etafisica critica . È la rag io n e stes­ sa n ella sua fo rm a p iù a lta che ci riv ela l ’assoluto e che deve essere p e r n o i il sim bolo d e ll’assoluto ; so p ra tu tto la rag io n e, dice K a n t, in q u a n to n ella legge m o rale ci riv ela v eram en te q ualch e cosa che è, p e r n o i alm eno p ra tic am en te, u n assoluto. U na m etafisica, q u in d i, p u ­ ra m e n te u m an a e sim bolica, m a ch e assolve al suo vero co m p ito : che è d i gu id arci con sicurezza verso i n o stri p iù veri e p iù alti destini.

LA F IL O S O F IA P R A T IC A D I K A N T

IN T R O D U Z IO N E T u tta la costruzione gnoseologica di K a n t n ella C ri­ tica della R a g io n P ura conclude, com e a b b ia m o v ed u ­ to , ad u n a n e tta separazione del sapere em p irico e scien. tifico d al preteso sapere m etafisico. L ’a ttiv ità fo rm atrice dello sp irito riesce, n e ll’espe­ rien za e n ella scienza, ad u n a costruzione o b b iettiv a­ m en te v a lid a ; m a essa resta sem pre n el cam po fenom e­ nico e n o n tocca m ai le u ltim e re altà. D ’a ltra p a rte q u e ­ sta m edesim a a ttiv ità , che costruisce l ’esperienza e la scienza, è co n d o tta dalle sue in tim e esigenze d in a n z i ai p ro b lem i u ltim i: e q u i si illu d e di p o te r o tte n e re , com e n e ll’esp erien za, u n sistem a di conoscenze o b b iettiv e ; so ltanto le co n trad d izio n i e la ro v in a d elle sue te m e ra ­ rie costruzioni la fanno av v ertita ch e il com pito suo è q u i in fin itam en te p iù a rd u o d i quello che essa, n e i suoi p rim i e in g en u i te n ta tiv i, s’im m agini. E l ’an alisi d ei suoi processi, in tra p re sa n ella c ri­ tica della rag io n e, m en tre conferm a e sancisce la v ali­ d ità o b b iettiv a delle sue costruzioni em p irich e , l ’avver­ te che la capacità sua di conoscere o b b iettiv am en te ces­ sa là dove il m ateria le em pirico l ’ab b a n d o n a ; le costru­ zioni trascen d en ti o sono p u re costruzioni fo rm ali (e perciò vuote di co n tenuto reale o sono m escolanze con­ tra d d itto rie di esigenze trascen d en ti e di elem enti em-

p iric i. T u ttav ia queste costruzioni (le idee della ragio­ n e) n o n sono p u ra illu sio n e: esse sono p ro ced im en ti che unificano l ’esperienza, p erm e tto n o d i a b b ra c c ia r­ ne l ’insufficienza d i fro n te alle esigenze fo rm ali dello sp irito e p erciò ci rin v ian o , p u r senza farcele conoscescere o b b iettiv am en te, ad u n a re a ltà trasc en d en tale , il vero e p ro p rio te rm in e d i tu tto il nostro conoscere, che, com e u n sole in v isibile, lo o rien ta verso di sè, e con questo o rien ta m e n to si an n u n zia, senza m ai farsi d i­ re tta m e n te a p p re n d e re . Possiam o p erciò b en e concedere che il p u n to di vi­ sta k a n tia n o è il p iù d ich iarato scetticism o in rig u ard o alle conclusioni della m etafìsica, m a in sè stesso è b en lungi d a ll’essere u na vera e p ro p ria posizione scettica. K a n t è allo ra u n m etafìsico? C ertam en te, m a u n m etafìsico trascen d en tale. C on­ d a n n a ta da lu i è la m etafisica volgare che, con u n in ­ siem e sconnesso d i concetti logici, ingiustificati quanto alla loro orig in e, p re te n d e d ar fondo a ll’u n iv erso : m a la m etafisica p lato n ica, nel suo senso p iù profondo, è da K a n t rin n o v ata , non d istru tta . Le conclusioni su­ p re m e della ragione teo retica e p ra tic a coincidono in K a n t con q u ella che è l ’afferm azione essenziale della m etafisica: io credo in u n a re altà in tellig ib ile. C h iam are scettica la filosofìa k a n tian a solo perchè n o n accetta le concezioni b an a li p e r mezzo di cui la fi­ losofìa trad iz io n a le crede di ap p re n d e re questa realtà in tellig ib ile, è com e c h iam a re ateo colui che n o n accet­ ta i dogm i d e ll’im m acolata concezione o d e ll’in fallib ili­ tà p a p a le . ^ In fondo anche K a n t conferm a le concezioni d el­ l ’idealism o trad izio n ale di P lato n e e di L eibniz, m a con riserve e d istinzioni fondate su d ’una profonda an a­ lisi dei processi conoscitivi. E gli è p a rtito bensì da u n ’a ttitu d in e recisam ente scettica di fro n te a qualsiasi afferm azione m etafìsica

(ilei a Sogni d ’u n visionario »): in questa rovina di ogni sapere sta ferm a e salda soltanto la fede m o rale. Ma questo scetticism o provvisorio si chiarisce b en presto n e ll’anno della « g ran d e luce » (1769) con la distinzio­ n e del sensibile fenom enico daH ’in tellig ib ile : ciò che p erm e tte q u esta d istinzione è il concetto d ella co stru ­ zione fo rm ale, ch e a p p a re la p rim a volta n ella D isser­ tazio n e la tin a d el 1770. I l processo d ella conoscenza n o n è u n q u ad ro u n i­ co, tu tto disteso su d i u n o stesso p ian o , m a u n a serie d i p ia n i, ciascuno d ei q u a li h a n elle sue form e speci­ fiche il suo lim ite in su p era b ile . A llora è possibile sta­ b ilire u n crite rio sicuro p e r la distinzione dei concetti ed u scire d alle co n trad d izio n i d ella m etafìsica volgare: vi è u n a re a ltà p e r il senso, ca ratteriz zata d alle form e dello spazio e d el te m p o ; e vi è u n a re a ltà p e r l ’in te l­ letto , alla q u ale n o n devono n a tu ra lm e n te a p p lic a rsi i concetti di o rig in e sensibile, cioè spaziale e te m p o ra le : allo ra in esse ab b iam o u n a conoscenza reale degli esse­ ri e dei loro ra p p o rti. Questo p u n to di vista si chiarisce e si purifica da ogni avanzo di dogm atism o nei lu n g h i an n i d i elab o ­ razione della critica (1770-1781): m en tre è m an ten u to nelle sue linee g en erali il concetto della conoscenza sen­ sibile p e r mezzo delle form e dello spazio e del tem p o , è p ro fo n d am en te elab o rato e m u tato il concetto d el cono­ scere in te lle ttiv o : la d istinzione, sem plicem ente a b ­ bozzata, fra in telle tto e ragione è am p iam en te svolta e rico n d o tta, alla sua v o lta, a lla distinzione di due p ia n i conoscitivi di ca ra tte re e di valore b en diverso. Egli chiam a in telle tto l ’attiv ità d el logos in terio re in qu an to accoglie i d ati del senso e li o rd in a n el sistem a o b b ie t­ tivo d e ll’esperienza e della scienza p e r mezzo delle fo r­ me (categorie), che caratterizzan o e costituiscono l ’in ­ telletto um ano in genere. Ma poiché è in ere n te al concetto stesso di dato sen­

sib ile il c a ra tte re della su b b iettiv ità, anche la cono* scenza ch e risu lta d alla disposizione logica secondo u n o rd in e u n iv ersalm en te v alid o , è sem p re ancora su b b iet­ tiv ità u m an a, re la tiv a alla n a tu ra u m an a sensibile in gen erale. E d anche l ’a ttiv ità fo rm ale d e ll’in te lle tto , seb­ b en e n o n sia p e r sè leg ata alla condizione su b b iettiv a d el d ato sen sib ile, in q u an to è o rd in e d el dato sensi­ b ile, è p u r essa affetta da questo m edesim o c a ra tte re , sì ch e il m ondo d a essa costituito è bensì u n m ondo o b ­ b iettiv o , m a u n m ondo obbiettivo um an o cioè fenom e­ nico. D ’a ltra p a rte K a n t chiam a ragione l ’a ttiv ità del logos in te rio re in q u an to si sforza d ’a stra rre d al dato sensibile e d i p ro d u rre d al suo seno u n sistem a d i cono­ scenze p u re ch e soddisfacciano a ll’in d eclin ab ile esigen­ za d ello sp irito d i a fferm a re il m ondo d e ll’esperienza nella sua to ta lità ed u n ità : m a q u i egli deve riconosce­ re che l ’attiv ità d ella ragione n o n è p iù u n sap ere, non ci dà u n m ondo d i oggetti re a li che siano p e r la rag io ­ n e ciò che è p e r l ’in telle tto il m ondo obbiettivo d e ll’e­ sp erienza. Q uesta negazione d ella possibilità di cono­ scere ad eg u atam en te q uella re a ltà che n e ll’esperienza u m an a ci è d ata in ad eg u atam en te com e realtà e m p iri­ ca, è il vero asp etto scettico del pensiero k an tian o . Ma la ragione n on p u ò essere u n a sem plice facoltà d ’illu ­ sione; essa deve avere una funzione positiva ed u n fine suo p ro p rio n ella costituzione del nostro sp irito . Q ue­ sta funzione positiva sta in ciò che p er mezzo delle idee ci rin v ia al d i là d e ll’esperienza, stabilisce il carattere fenom enico e relativo del m ondo em pirico e, specialm en te com e ragione p ra tic a fonda, alm eno praticam en te, p e r noi l ’esistenza di u n a re altà tascendente con la q u ale sono in tim am e n te connessi la nostra n a tu ra ed il n o stro destino. Q u est’associazione d i u n aspetto scettico e di un asp etto m etafisico e religioso non è del resto p a rtic o ­

la re alla d o ttrin a k a n tia n a : ogni filosofia d i c a rattere religioso h a u n elem ento scettico: senza ciò non vi è re ­ ligione. È il razio n alism o superficiale che crede di p o ter sp iegare tu tte le cose senza lasciare nessuna o m b ra : il razionalism o p ro fo n do di S pinoza, di F ic h te e di Scho­ p e n h a u e r costruisce, bensì, ra zio n alm en te il m o n d o ; m a questa costruzione razionale culm ina poi nella posizio­ ne di u n a re a ltà inconoscibile che ne è la negazione. Q u in d i ogni filosofia di c a ra tte re religioso considera la rag io n e com e u no stru m en to c h e . deve co n d u rla d in a n ­ zi a q u ella re a ltà che supera ogni rag io n e: l ’u ltim a af­ ferm azio n e sua è l ’afferm azione ch e la costruzione è so ltan to u no sforzo, il p iù alto sforzo um ano verso l ’i­ naccessibile, e che il fine suo n o n è l ’arresto in u n a concezione assoluta e d efinitiva, m a la conversione p r a ti ­ ca di tu tta la n o stra n a tu ra verso u n ’ascensione senza fi­ ne. Il che è b en lu n g i, com e è facile c a p ire , d al coinci­ dere con u na negazione d ella ragione in favore di ciò che è al di sotto della rag io n e : ciò che è sopra la r a ­ gione è sopra la conoscenza e p erciò n o n p u ò essere og­ getto nè di trad iz io n e nè di fede storica, nè di sapere vero e p ro p rio : che anzi questa co rru zio n e d e ll’o pera della ragione n on p u ò co n d u rre che alla corruzione del suo risu ltato definitivo e cioè a ra p p resen ta zio n i in a d e ­ guate e superstiziose d e ll’assoluto. Se questo elem ento scettico riceve n ella d o ttrin a k a n tia n a u n p a rtic o la re rilievo, ciò è dovuto a p iù r a ­ gioni. La p rim a è che, laddove i sistem i dogm atici a r ­ riv an o solo g rad u alm en te al riconoscim ento d e ll’insuf­ ficienza dei loro concetti e relegano perciò in u n a sp e­ cie d ’ap p en d ice m istica la loro confessione scettica, K a n t pone e fonda sistem aticam ente questa riserva fin da p rin c ip io : in m odo che essa è anche p iù radicale e com pleta. S ch o p en h au er, p er esem pio, crede di su p erare l ’a p ­

p a re n te scetticism o k a n tia n o circa la cosa in sè con la sua teo ria della volontà e costruisce il m ondo com e vo­ lo n tà : n ella sua epifilosofia riconosce che questa c o stru ­ zione m edesim a ci conduce p o i in ultim o a p o rre il m ondo com e n o luntas cioè com e la negazione della vo­ lo n tà in ogni suo p u n to : vale a d ire com e un trasc en ­ d en te inconoscibile, risp etto a cui lo stesso m ondo dei g rad i d i o b b iettiv azione della volontà (il m ondo delle idee) n o n è ancora se n o n u n in tellig ib ile fenom enico. K a n t p o n e fìn da p rin cip io l ’incapacità n ostra di d are, sia coi sensi, sia con l ’in telle tto u n ’espressione ad eg u ata alla n a tu ra assoluta d e ll’essere: il che non vuol d ire che noi dobbiam o arrestarci dinanzi al lim ite della rag io n e com e dinanzi a qualche cosa di definitivo e di in su p era b ile , e non possiam o avvicinare sem pre p iù la n a tu ra n o stra a questo id eale : che anzi in questo egli fa consistere il com pito p iù alto d e ll’uom o. L a seconda rag io n e è che questa approsim azion e che segue e com pleta lo sforzo p iù a lto d el co­ noscere n o stro , è da K a n t fo n d a ta , no n sopra l ’esigenze stesse del conoscere in genere, m a sopra u n a catego­ ria p artico larissim a di conoscenza, sulla conoscenza ch e noi ab b iam o d i noi stessi in q u an to op eriam o m o ral­ m en te, in b reve sulla n o stra coscienza m o rale. Q ui è n e ­ cessario in te n d e re ben e il pensiero k an tian o . A b itu al­ m en te esso è in te rp re ta to com e se concludesse, con la C ritica d ella R a g io n P ura, a d u n com pleto scetticism o m etafisico: fondasse n ella sua teo ria della ragione p ra ­ tica u n sistem a d i p re c e tti m o rali assoluti e poi da q u e­ sto ricavasse u n a fede m o rale da sostituire alla m etafi­ sica. Ciò è rad ic alm en te falso. L a m o rale d i K a n t è an z itu tto u n a m etafìsica della m o rale. Cioè u n capitolo di m etafisica: e solo in via secondaria u n a m o rale. L addove, p e r esem pio, S pino­ za p a rte d alla considerazione del nostro conoscere in genere e dalle sue esigenze p e r elevarsi al concetto

(sim bolico) della sostanza e da questo p u n to di vista r i­ costruisce p o i d in an zi ai nostri occhi il m ondo, K a n t respinge (a to rto od a ra g io n e, non dobbiam o qui d e­ cidere) ogni p o ssibilità di questo genere: il conoscere in genere non riesce ad a lc u n risu ltato ob b iettiv o , in r i ­ guardo alla re altà assoluta, e p erciò n o n p o treb b e d a sè solo condurci al d i là di u n a sterile negazione. Noi sarem m o, secondo K a n t, se fossim o a b b a n d o ­ n a ti alla sola n o stra conoscenza generica del m ondo, co­ m e an im e im m erse in u n a te n e b ra im p e n e tra b ile e do­ ta te della rem iniscenza d ’u n p e rd u to m ondo della lu ce: m a così vaga ch e n o n co n d u rreb b e ad altro risu ltato se n o n alla coscienza che esse non a p p a rten g o n o e non sono n ate p er questa re a ltà ten eb ro sa. Secondo la m etafisica invece, an c h e questa sola re ­ m iniscenza b asta a ll’an im a p e r rico stru irsi alm eno in m odo ap p ro ssim ativ o u n a p a llid a im m agine d el m ondo p e rd u to che le serve p e r d irig ersi e fare ad esso rito rn o . Ma secondo K a n t n o i non siam o lim ita ti alla cono­ scenza della re a ltà esterio re, che è p e r K a n t la cono­ scenza in g en ere, oggetto d elle scienze e della m etafi­ sica (n el senso che egli dà a queste p aro le ); no i a b b ia ­ mo in mezzo a queste te n e b re u n p u n to lu m in o so : u n p u n to solo, m a ch e ci basta p e r d irig erci e p e r rico ­ stru irci anche il m ondo in cu i viviam o, così alm eno co­ me è necessario p e r d irigerci. Q uesto p u n to lum inoso è la conoscenza del no stro essere com e o p eran te m o ra l­ m ente. Q ui, e qui so ltan to , discende u n raggio della re altà div in a: questo è il p u n to che dobbiam o c h iarire a noi m edesim i com e il solo e vero sapere che abbiam o della re a ltà assoluta: non tan to p e r conoscere alla luce sua il m ondo (ch e ciò non sarebbe u n ’estensione del co­ noscere), qu an to p e r poterci g u id are nella vita in m odo da elevarci verso questa re a ltà divina nella m isura in cui ci è possibile q u i, n ella n ostra condizione presente. La m o rale di K an t è q u in d i la sua vera m etafisica.

La m etafisica di K a n t, po trem o d ire , è divisa in d u e p a rti. L a p rim a ci m o stra ch e tu tta la re altà data alla n o ­ stra conoscenza n o n è la vera re a ltà : m a non va oltre al p u n to lim ite d i questa negazione. La seconda ci m ostra che la vera re a ltà ci tralu ce in u n p u n to solo, n ella n o stra a ttiv ità m o rale : ed a n ­ ch e q u i ci è d ata n o n com e conoscenza, m a com e d ire ­ zio n e; vale a d ire (p e r servirci di u n ’im agine) come u n vero p u n to , che non ha estensione alcu n a la quale si p re sti ad u n conoscere ob b iettiv o , m a che ci serve a l­ m eno p e r riconoscere la re a ltà positiva di ciò che è al di là d i q u ella negazione e p e r servircene com e o rie n ­ tam en to . La rag io n e p ra tic a di K a n t è q u in d i in re a ltà an ­ che rag io n e te o re tic a : n o n certo p erò n el senso in cui questa è p resa a b itu alm en te da K a n t, che anzi in q u e ­ sto senso n e è il co n trap p o sto . L a rag io n e teo re tic a è u n co stru ire alla luce d e ll’u n ità : m a po i le m anca in fine la visione in tu itiv a d i questa u n ità che sola sa re b ­ be re a ltà . L a rag io n p ra tic a è invece questa visione in tu iti­ v a: m a n o n è visione d i alcunché che sia da essere o b b iettiv a m en te conosciuto, bensì solo visione d i ciò che d o b b iam o fa re n o i qu an d o ci illu m in a la luce di ciò che v eram en te è, e p erciò a p p a re a noi com e il dover essere; p erò in questo senso è anche in certo m odo v i­ sione d i ciò che è ; ed in fa tti costruisce p o i, sia p u re in m odo p u ra m e n te sim bolico, questo m ondo che vera­ m en te è. Q uesto privilegio a ttrib u ito da K a n t a ll’autoconoscenza m o rale (su p e rio rità della ragione p ratica) a p p a ­ re a p rim o asp etto com e u n privilegio a ttrib u ito alla m o rale in p arag o n e della conoscenza e q u in d i com e una form a di m oralism o u n ito con u n o scetticism o teorico: esso è invece solo una form a di idealism o etico;

La terza rag io n e d e ll’a p p a re n z a scettica d ella d o t­ trin a k a n tian a sta n ella sua diffidenza di fro n te ad ogni conoscenza che p re te n d a di su p e ra re i lim iti d ella r a ­ gione. La stessa visione della re a ltà m o rale n o n è la visio­ n e d ’u n a re a ltà so p rasen sib ile, m a la visione d ’u n a fo r­ m a, p erch è tale è la legge: q u in d i la visione d i u n o r­ dine ra zio n ale p ra tic o che ci rin v ia bensì verso u n a re a ltà so p rasen sib ile, m a l ’esp rim e soltanto in u n o r­ d in e sensibile co n creto, d i cui essa è il p rin c ip io fo r­ m ale. Q u in d i la co n d o tta che ci è d e tta ta d a lla legge, è an co ra sem p re u n a co ndotta razio n ale, non u n m isti­ cism o p ra tic o . I l so p rasen sib ile, a n c h e dopo riconosciuto com e ta le , rim an e sem p re n ella sua sfera inaccessibile, n o n e n tra n ella v ita : esso agisce sem p re solo com e p r in ­ cip io fo rm ale, in tro d u cen d o n e lla v ita la p iù alta u n ità razio n ale possibile. A nche in q u ella com unione m orale p erfetta che è la vita religiosa, gli a tti religiosi ritu a li non hanno valo re che com e sim boli di re a ltà m o rale, di attiv ità razio n ale. E q u an d o la vita m o rale esige la ra p p resen ta zio n e concreta del so p rasensibile, questa n o n avviene p e r via d i visioni m istiche, m a di ra p p resen ta zio n i razio n ali im ­ p e rfe tte , nelle q u ali si fa astrazione d ella necessaria lo ­ ro im perfezione (rap p rese n tazio n i sim boliche). Q uindi K a n t è u n vero m istico, se con questo vogliam o d ire che egli p o n e al di là della sfera del conoscere u n a re a ltà inaccessibile che è com e il silenzio im p e n e tra b ile degli gnostici: re altà ch e n o i afferriam o soltanto in sim boli e trad u ciam o in noi soltanto p e r m ezzo d e ll’a ttiv ità m o­ rale. Ma se p e r m isticism o s’in ten d e quello che K an t sem pre in te n d e , cioè la p retesa di conoscere, descri­ vere p ra tic a re il soprasensibile, K a n t è il p iù risoluto avversario del m isticism o, verso il quale egli in ogni occasione d im o stra il p iù grande disprezzo. Ciò che si ch iam a scetticism o in K a n t non è d u n ­ q ue altro ch e un p iù rigoroso risp etto delle esigenze

critich e d ella rag io ne, u n a p iù ch iara coscienza del ca­ ra tte re sev eram ente scientifico che deve avere la filo­ sofia. D i questo nom e si è in passato abusato p e r desi­ g n are u n a d elle m eno scientifiche form e della filosofia: il m aterialism o fisico e biologico. Ma se qualche cosa esso significa, esso deve v en ir rife rito a q uella filosofia che m ira a e lim in a re con cu ra a tte n ta e rigorosa ogni in terp o laz io n e d o g m atica, ogni con trad d izio n e a quelle stesse esigenze ra zio n ali che conducono il p en siero u m an o a p o rsi il p ro b lem a filosofico. Com e ogni severa filosofia essa rid u ce ce rtam en te di m olto le pretese d el­ la n o stra conoscenza, e ci conduce a vedere che ogni n o ­ stro preteso sap ere è um ano e fenom enico, e perciò n o n h a sostanzialm ente che u n valore pratico. 11 solo risu l­ tato teo retico d i tu tto il nostro sapere è soltanto il r i ­ conoscim ento della sua v a n ità : e p e r esso il rinvio del nostro p en siero verso u n a re a ltà ch e, p u r essendo in sè inconoscibile, è il p rin c ip io verso cui si o rien tan o le n o ­ stre a ttiv ità teo re tic h e e p ra tic h e . Solo questo severo r i ­ conoscim ento della v erità p iù alta p u ò assicurare a l i c o ­ rno la v ita m o rale in tu tta la sua purezza e fo n d are d e ­ fin itiv am en te il p rin c ip io di u n a vita religiosa u n iv er­ salm ente u m an a.

LA L E G G E M O RA LE

La filosofia m o rale d i K a n t n o n costituisce q u in d i u n inizio ex novo, u n a posizione dogm atica e re tta a r b i­ tra ria m e n te su lle ro vine d e lla m etafisica: m a è essa stes­ sa u n cap ito lo d ella m etafisica k a n tia n a , n e l q u ale K a n t svolge la sua visione p ro fo n d a del fatto m o rale e delle esigenze della sua esplicazione p e r m o strare com e su di esso solam ente possiam o fo n d are la n o stra concezione della re a ltà , p erch è esso solo è il p u n to n el quale pos­ siam o cogliere — e questo anche im p erfe tta m e n te, dal p u n to d i vista p ra tic o — la vera essenza della re a ltà : e q u in d i il p u n to sul quale possiam o fondarci p e r dare a noi stessi una spiegazione della nostra v ita, che sia la p iù vicina possibile alla v erità assoluta e che p erciò , se anche non è u n sapere assoluto, è u n indirizzo della n o stra vita verso l ’o rd in e assoluto, nel q u ale è anche il sapere assoluto. Essa è p e rta n to nel tem p o stesso u n a pro fo n d a in terp re tazio n e della filosofia del fatto m o ra ­ le che ci serve a co m p ren d ere questo nella sua intim a n a tu ra , ed u n a posizione m etafisica che ad esso — così in te rp re ta to — assegna u n posto cen trale n e ll’esplica­ zione filosofica delle cose. Di qui il d o p pio ca ra tte re della Critica della ra­ gione pratica e della F ondazione : che se p er un lato

sem brano essere u n a diffusa in terp re tazio n e iìlosoiìca del fatto m o rale, d a ll’a ltro com pletano la O rtica della rag io n p u ra , in g u an to da questa in terp re tazio n e filo­ sofica p arto n o p e r co m p letare la visione delle cose che la C ritica della rag io n p u ra lascia com e in te rro tta a m e­ tà e svolge sotto l ’aspetto prev alen tem en te negativo. Ciò posto si capisce il c a ra tte re filosofico d e ll’e ti­ ca k a n tia n a , che non h a e n o n vuol avere n u lla d ’em p i­ rico. Essa n on nega p u n to la leg ittim ità d ’una tr a tta ­ zione scientifica della m o rale, d ’u n a scienza descrittiva e genetica d e ll’u m a n ità , del costum e, ecc. : la quale m etta in luce le leggi d ei processi, il loro div en ire sto­ rico ; m a questo è u n lavoro p re p a ra to rio che non deve essere confuso con la filosofia d ella m o rale. Un esem pio di questo lavoro è l ’o p era d el W esterm arck sulla « U rsprung v.nd E n tw ic k lu n g d er M oralbegriffe » (1901, 2 voi.), dove a p p u n to è esam inato lo svolgersi della vita m o rale in tu tti i suoi asp etti, ove sono in d a ­ gati i fa tto ri cu ltu ra li e n a tu ra li della vita m orale, i ra p p o rti della m o ralità col d iritto , con la religione, col costum e. Lo stesso lavoro esige il d iritto : e anche qui altro è u n a trattazio n e genetico-storica del d iritto , altro una trattaz io n e filosofica: le giuste considerazioni che svol­ ge lo S tam m ler nella sua « Die L eh re voti dem Richtigen R e c h te » (1902) valgono anche per la m orale. Se p er m o lti la trattazio n e genetico-storica sem bra essenziale e sufficiente, ciò avviene p er la stessa ragione p e r cui la m aggior p a rte degli scienziati n o n sente aleuti bisogno delle ricerche della logica e della teo ria della conoscenza: m anca il bisogno d ’u n a ricerca sistem atica in to rn o à ciò che costituisce p ro p ria m e n te il valore m o­ ra le . La filosofia m orale di K a n t è e vuol essere u n a teo ­ ria filosofica della m o rale : q u in d i lascia da p a rte come irrilev a n ti p e r il suo com pito tu tte le ricerche storico­ genetiche e si chied e: q u al posto occupa nella scala dei

valori e p erciò d ella re a ltà il valore m o rale ? Questo c a ra tte re filosofico d e ll’etica k a n tia n a ne esplica anche l ’alto valore p ra tic o . U na filosofia della m o rale n o n h a m ai d ire tta m e n te n u lla di p ra tic o ; m a n e ll’atto m edesim o che essa d e te rm in a in che consiste p ro p ria m e n te il valore m o rale , essa d eterm in a anche la gradazione dei valori concreti della v ita: e p erciò è anche p ra tic am en te u n a legislazione ed u n in d irizzo : i q u a li p erò n o n sono esortazioni d ire tte ciecam ente alla v o lo n tà, m a am m aestram en ti d ella ragione d ire tti a far* le co m p ren d ere u n o rd in e di v a lo ri: la necessità d i re a ­ lizzarlo è in trin seca alla ragione stessa. L ’alto posto ch e n ella sua costruzione filosofica K a n t assegna al fatto m o rale , la recisa separazione di questo fa tto da ogni ten d en za affettiv a ed egoistica, il c a ra tte re assoluto, religioso che K a n t riferisce al m ondo dei valori m o rali in contrap p o sizio n e ad ogni re a ltà em ­ p irica , spiegano l ’alta e singolare efficacia p ra tic a che la sua d o ttrin a h a sem pre esercitato. A nche nella concezione filosofica del fatto m orale il p u n to di vista della C ritica della ragione pratica e della F ondazione è u n risu ltato len tam en te e faticosa­ m en te acquisito p e r una lunga evoluzione attraverso p u n ­ ti di vista diversi. Il p u n to d i p arte n za è stato il razionalism o dogm a­ tico dei w olfiani: la vita m o rale è fondata sui p re cetti della rag io n e i q u ali h an n o p e r com pito di ten er in fre ­ no gli stim oli m utevoli ed incom posti del senso. Ma non a p p e n a , verso il 1760, il suo interesse si volge p iù d irettam en te ai p ro b lem i m o rali, noi vediam o il suo pensiero volgere in u n a direzione quasi opposta ed ac­ cogliere l ’influenza dei filosofi inglesi del sentim ento, in p artic o la re H u tch eson, S haftesbury, H um e. Il m etodo di quei filosofi si rid u ce ad im a specie di an alisi psicologica dei fa tti della vita m orale. Essi respingevano la conclusione di H obbes che l ’egoismo

sia alla base d i ogni attiv ità u m an a e che anche l ’atto m o rale sia sem plicem ente u n egoism o trav e stito : essi riten ev an o che vi sia n e ll’uom o u n sentim ento m orale im m ed iato che ci d eterm in i a d ap p ro v are o rip ro v a re c e rti a tti in n o i o negli a ltri, senza alcun rife rim en to al nostro vantaggio o svantaggio. O ra, anche K a n t n ei suoi scritti dopo il 1760 (R i ­ cerche s u ll’evid en za dei p rin c ip ii della metafìsica e d e l­ la m orale, 1762) pone com e p rin cip io della vita m orale il sen tim en to : questo ci fa conoscere il bene, com e l ’in ­ te lle tto il vero. Se risaliam o alle u ltim e sorgenti delle volontà m o ­ ra li, noi vi tro v iam o u n certo n u m ero di sentim enti ir ­ re d im ib ili, ciascuno dei q u ali pone u n ’azione com e b u o ­ n a. N on è difficile vedere l ’o rd in e d ’idee che aveva con­ d o tto K a n t verso questo indirizzo: è in fondo lo stesso scetticism o che lo faceva d u b ita re sem pre p iù della possi­ b ilità d ’u na m etafìsica che avesse valo re di scienza: egli riconósceva l ’im p o ssibilità di co stru ire con assoluta cer­ tezza u n sistem a di p rin c ip ii teo rici ta le che si potesse d eriv are poi u n sistem a d i p re c e tti m o rali. P e rò vi è u n p u n to n el q u ale K a n t dissente d al sentim entalism o inglese: u n p u n to essenziale, ch e è quello ch e d eterm i­ n a anche l ’u lte rio re evoluzione d el p en siero k an tian o . Presso i sen tim en talisti inglesi è lasciato n e ll’o m b ra u n ca ra tte re essenziale d e ll’atto m o rale : quello della sua o b b lig ato rietà. La concezione di questi inglesi è u n a concezione o ttim istica; la loro m orale è com e u n a specie di estetica. V i sono dei sen tim en ti n a tu ra li in noi che ci p o rta ­ no verso ciò che gli uom ini dicono il b en e: si tra tta di co m p o rli insiem e in u n a bella u n ità arm onica, in u n a vita bella e serena : la m orale è an ch e l ’arte della gioia di vivere. La concezione k an tian a è invece, e qu an to alle o ri­ gini religiose del suo pensiero, e qu an to alla sua ten

denza, u n a concezione più severa, oscura, quasi asce­ tica; il dovere m orale è essenzialm ente dovere, cioè q u alche cosa che si im pone a noi d a ll’alto, che noi non possiam o realizzare se non vincendo in noi aspre re ­ sistenze. A ccanto ai sen tim en ti egli pone perciò ancora u na legge ra zio n ale: fa quello che ti rende p iù p erfetto . Q uesta legge è in fondo ancora la legge m orale co­ me è en u n ciata in W òlff: m a con questa differenza che m en tre W olff d eriv a questa legge da p rin c ip ii m etafi­ sici e p re te n d e d eriv a rn e i p re c e tti m o ra li, K a n t la con­ sidera com e analoga a i p rin c ip ii form ali della logica: che si im pongono senz’a ltro da sè al nostro pensiero co­ m e vere leggi a p rio ri, e sono p u re leggi fo rm a li che n u lla ci dicono q u an to a l co n ten u to . I l co n ten u to p osi­ tivo che deve su b o rd in arsi a questa legge è dato dai varii sen tim en ti m o rali, i q u ali ricevono d alla legge quel c a ra tte re di o b b lig ato rietà che o rig in aria m e n te non av reb b ero . La stessa influenza dei m o ralisti inglesi si rivela n elle sue O sservazioni sul sen tim en to d e l bello e d el su b lim e (1764) che è u n a vera psicologia m o rale, n e l­ la q uale K a n t cerca di em u lare gli inglesi n e ll’analisi dei fa tti in te rio ri e che è in fondo anche un testo di m o rale in q u an to K a n t vi analizza i sen tim en ti m o rali fo n d am en tali : lib ro pieno di osservazioni b rilla n ti e fi­ n i sulla vita e sul c a ra tte re u m ano. P erò anche qui K ant pone al sentim en to , p erch è possa dirsi veram ente m o ­ ra le , condizioni ta li che dovranno poi condurlo a c e r­ care la m o rale altrove che nel sentim ento. Egli distin g u e fra il sentim ento m orale vero è p ro ­ p rio e i sen tim en ti m orali im p ro p rii che sono o ausilia rii o sostitu ti p rovvidenziali della m o ralità m ancante. P e r esem pio la tenerezza di cuore, la benevolenza del sentim ento n a tu ra le è u n a q u alità bella ed am abile che conduce l ’uom o a com portarsi verso il prossim o come la m o ralità lo esige (se qualche im pulso co n trario non

lo vince): m a n o n è ancora m o ralità p erch è in stab ile, d e­ bole e cieca. Invece se questo sentim ento è elevato a ll’u ­ n iv ersalità, cioè diventa un sentim ento uguale e co­ stan te, sussiste sem pre la p ie tà , m a non p iù com e un sentim ento d iso rd in ato ed ac cid en tale, bensì com e q u a l­ che cosa di reg o lare e di sicuro. Così i l sen tim ento d ’on o re che ci spinge a d agire in m odo d a n o n m e rita re il biasim o a ltru i ci fa ag ire com e la m o ra lità , anzi è efficacissim o a scuoterci e fa r­ ci m ira re in a lto ; m a n o n è ancora ch e u n ’ap p aren za della m o ralità. I l sen tim en to m o rale è q u in d i un sentim ento u n i­ versale e costan te: K a n t lo d eterm in a p iù p recisam en ­ te com e il sen tim en to d ella bellezza e della d ig n ità d el­ la rag io n e u m an a, che genera u n risp etto ed u n a b e ­ nevolenza u n iv ersale, su b o rd in a a sè tu tte le in clin a­ zioni p a rtic o la ri e così genera u n a condotta uguale co eren te, v eram en te m orale. Q uesto concetto della d ig n ità u m an a ci rich iam a u n ’a ltra p o ten te influenza che K a n t subì verso q u est’e­ poca, q u ella di R ousseau: influenza che p u re p re n d e n ­ do il suo p u n to di p arte n za n ella p re p o n d era n za del sen tim en to , co n trib u ì a n c h ’essa a su p erare la m orale sen tim en tale. A nche R ousseau fonda la v ita m orale sul sentim en­ to ; m a m en tre p e r gli inglesi il sentim ento m o rale era u n sen tim en to di bellezza e di arm o n ia della v ita, p e r R ousseau è il sentim ento della dignità della n a tu ra u m a­ n a. E , m e n tre gli inglesi si accostavano al senso m o ­ rale com e a ll’u ltim o elem ento in d ag ab ile, R ousseau è convinto che in esso si riv eli qualch e cosa di divino, che esso ci m ette in qualch e m odo in ra p p o rto col d i­ vino. D i qui an c h e il c a ra tte re im p erativ o ch e assum e la m o rale in R ousseau a differenza dal ca ra tte re esp li­ cativo, teo retico , del sentim entalism o inglese. E d infine d i qui deriva u n ’a ltra im p o rtan te conse­

guenza. Se il sen tim ento m orale è qualche cosa che ci m ette in relazio n e col divino, esso non può d ip en d ere dalla c u ltu ra raffin ata che è accessibile a pochi. A nche K a n t riferiv a p rim a il valore d e ll’uom o alla sua cap acità te o re tic a ; considerava la scienza com e la v irtù p e r eccellenza, p erch è tu tte le a ltre v irtù dove­ vano in essa avere la loro giustificazione teo retica. S ot­ to l ’influenza di R ousseau, K a n t si p ersu ad e sem pre p iù che la b o n tà m o rale e il sapere sono due cose diverse, che la b o n tà, n e lla quale risied e il vero valore d e l­ l ’uòm o, è in d ip e n d e n te d alla sapienza, anzi si accom ­ p agna il p iù delle volte colla sem plicità e con l ’u m il­ tà ; e che la sem plice cu ltu ra il p iù delle volte co rro m ­ p e l ’u om o, certo n o n ne fa u n essere m orale. « Io sono (dice K a n t) uno studioso e sento tu tta la sete di conoscere che può sen tire u n uom o. V i fu u n tem p o n el q u ale io c re d e tti che questo costituisse tu tto il valore d e ll’u m a n ità ; a llo ra io sprezzavo il popolo ch e è ig n o ran te. È R ousseau che m i h a disingannato. Q uella su p e rio rità illu so ria è sv an ita; ho im p ara to ch e la scienza p e r se è in u tile se n o n serve a m e tte re in va­ lore l ’u m an ità ». (F ragm ente aus d e m N achlass. V i l i , pag. 642). L e stesse ten d en ze verso u n a m o rale in d ip en d en te d alla rag io n e e nello stesso tem p o fo n d a ta su qualche cosa di p iù p ro fo n do che il m obile sentim ento, tro v ia ­ m o an ch e n ei S o gni d i u n visionario (1766). I p re cetti m o rali vengono d al cu o re: n o n h an n o bisognò d ’essere fo n d a ti su co struzioni trasc en d en ti. N on è la speranza del p rem io fu tu ro ch e m uove l ’an im a b e n n a ta a d o p e ra re il b e n e ; p erch è c h i o p era il bene così egoisticam ente è u n m alvagio. A nzi è la presenza in noi del sentim ento m o rale ch e ci in d u ce a sp e ra r b en e d e ll’avvenire e fo n ­ da in noi le sp eran ze d ’u n a v ita im m ortale. Ma an c h e q u i a p p a re già la tendenza a considerare le n o stre ten d en ze m o rali com e p ro ced en ti d a ll’azione

d ’u n a volontà u n iv ersa le , che egli parag o n a a ll’azione d ella g ravitazione sui c o rp i: d ’u n a volontà risu ltan te d a ll’u n io n e in tim a d i tu tti gli sp iriti in u n sistem a di perfezio n e sp iritu ale. K a n t è b en conscio d ’in tro d u rre q u i u n a sem plice ip o tesi, u n ’im m agine, u n sim bolo, ch e non deve essere preso le tte ra lm e n te : ciò che egli vuol esp rim ere è che le volontà m o rali in no i risu ltan o d a ll’azione d ’u n ’unità a n o i n o n p iù accessibile: azione che p iù ta rd i egli esp rim e rà p e r mezzo del concetto della form a. P iù accen tu ate an co ra sono queste tendenze nel fa­ m oso fram m en to p u b b licato dal R eicke, nei suoi « Lose B la e tte rn aus K a n ts Nachlass. », 1889, I, pag. 9-16. Da im a p a rte il p rin c ip io della m orale è ricercato ancora n ella sfera del sentim ento, n ella felicità. Ma K a n t in ­ ten d e già q u i la felicità in u n m odo affatto p artic o la re e la su b o rd in a a l l ’in terv en to d ’u n fa tto re in tellettu ale a p rio ri, che egli stesso parag o n a a ll’appercezione e ch iam a a p p ercep tio ju c u n d a p rim itiv a . La felicità n o n consiste in fatti nella sem plice sod­ disfazione degli im p u lsi, che n o n d ip en d e da n o i e non h a p e r sè u n vero valore. Q ueste soddisfazioni co stitu i­ scono solo la m ateria della fe lic ità: p erch è esse costi­ tu iscano la felicità è necessario in terv en g a un p rin cip io regolativo a p rio ri il quale in tro d u ce negli im pulsi una u n ità , u n ’arm o n ia in terio re onde nasce la contentezza di sè, la soddisfazione in te rio re , che è la vera felicità. Q uesto fa tto re proviene da n o i, dalla n o stra rag io ­ n e ; è u n sap ere a p rio ri che possediam o ed è necessa­ riam en te connesso con la n o stra fe lic ità; perciò è il p iù u tile stru m en to del nostro benessere. Esso costituisce an c h e la d ig n ità della p erso n a e la vera m o ralità. Q ui ab b iam o già la distinzione tra form a e m ateria della co n d o tta: m a a differenza della teo ria posteriore e definitiva, la form a non è che u n ’u n ità au siliaria, che serve ad in tro d u rre u n a disposizione sentim entale, a

conciliare i sen tim en ti piacevoli in u n ’u n ità stab ile e necessaria, n ella q u ale è posta la felicità: qu in d i a b ­ biam o u n a m o rale che no n esce ancora d a ll’eudem onismo sen tim en tale. In tu tti qu esti sforzi p erò noi abbiam o una te n ­ denza co n tin u a verso u n a concezione su p erio re che rin ­ nov erà, m a in u n a form a p iù a lta , il razionalism o d al quale era p rim itiv a m e n te p a rtito . A b b an d o n ato il concetto suo p rim itiv o che la m o ­ rale scaturisce com e u n a conseguenza da prem esse m e­ tafìsiche asso lu tam ente valide, K a n t si era arre sta to da p rin cip io alla conclusione che, anche oggi, è la p iù ovvia che si p resen ti a ll’an a lisi della coscienza, e che a n c h ’essa, fino ad un certo p u n to , è v era: la m orale scaturisce dal sen tim ento. È lo svolgim ento stesso della n ostra n a tu ra n o rm a ­ le, è u n ’attiv ità d ife tta da u n senso p a rtic o la re , d al sen­ so m o rale, che è com e u n p rin c ip io p rim itiv o e d iretto di estim azione degli a tti u m a n i: e ch e, p e r u n a specie d i arm o n ia segreta, fa sì che il nostro a g ire , da esso reg o lato , si com ponga in u n tu tto coerente ed arm onico con l ’agire a ltru i. È u n istin to ch e n o n è fo ndato sulla religione n è su a ltre conoscenze: n o i p e r esso a p p re z ­ ziam o la b o n tà d i u n ’azione b u o n a com e apprezziam o le arm o n ie d i u n concerto p ü r senza conoscere i r a p ­ p o rti m atem atici dei suoni. D ’a ltra p a rte p erò la m orale del sentim ento non soddisfaceva ad u n ’esigenza che p e r K a n t è fondam en­ ta le : il p re cetto m o rale n o n p u ò essere solo u n a solle­ citazione piacevole, m a deve essere u n a legge, che co­ m an d a e che si im p o n e, com e qualch e cosa d i su p erio ­ re , alla n o stra n a tu ra . La m o rale del sentim ento in fon­ do è u n a m o rale o ttim istica: la v irtù è com e la fio ritu ­ ra n a tu ra le d ella n a tu ra u m a n a : è il grado p iù alto d el­ la n a tu ra d e ll’uom o, m a è sem pre ancora « n a tu ra ». P e r K a n t invece la v irtù è sforzo, negazione, aspro

co n trasto fra d u e n a tu re diverse: è v itto ria su d ’u n p rin . cip io ostile d a p a rte d i u n a ltro p rin c ip io , che n o n può essere, com e il p rim o , u n sem plice sen tim en to , m a de­ ve essere q u a lc h e cosa d i p iù alto. La m o rale rig id a, p ietistica d el dovere, così im m edesim ata d a K a n t col suo c a ra tte re , n o n poteva a rre sta rsi n e lla m o rale del sen tim en to . £ q u esta esigenza si connetteva in K a n t con u n ’a ltra esigenza p iù p ro fo n d a. Il sentim ento, q u a lu n ­ q u e esso sia, è sem p re q u alch e cosa d i sub b iettiv o , di v ario , di in s ta b ile : com e p u ò esso a llo ra d are origine ad u n a legge u n iv ersale ed o b b ie ttiv a ? K a n t sentiva di dover p o rre la m o ralità com e u n im p erio n o n p e r a ltro che p e r q u esto : che essa deve essere u n im p e rio , u n a legge che sta in eso rab ilm en te sopra tu tti gli u o ­ m in i. P e r q uesto, anche qu an d o egli p o n e an co ra la m o ralità n el sen tim ento, considera questo sentim ento com e la riv elazio n e su b b iettiv a d i u n a legge universale e n ecessaria, cioè d i u na legge razionale. In u n a riflessione ch e d a ta da questo p erio d o egli m ette c h iaram en te in evidenza questo c a ra tte re razio ­ n ale del sentim ento m o rale. « I l sentim ento sp iritu ale è fo n d ato su ciò che ci sentiam o p a rte c ip i d i u n tu tto id eale. P e r esem pio l ’ingiustizia ch e colpisce qualcuno tocca an ch e m è n e l tu tto ideale. Questo tu tto è l ’idea fo n d am en tale d ella rag io n e così com e della sensibilità che v i è u n ita . È il concetto a p rio ri da cui deve essere d eriv ato il giudizio giusto p e r tu tti. I l sentim ento m o ra­ le an ch e n e i doveri verso d i sè considera sè stesso n e l­ l ’u m a n ità e si giudica in q u an to facente p a rte d e ll’u ­ m a n ità . La facoltà che l ’uom o h a d i n o n p o te r giudica­ re il p a rtic o la re che n e ll’universale, è il sentim ento m o rale. L a sim p atia è qualche cosa di to talm e n te d i­ v erso: essa n o n si riferisce che al p artic o la re anche avendo a ltri p e r oggetto: l ’uom o allo ra n o n si m ette n e ll’id ea d el tu tto , m a solo al posto d ’un altro » ( F ram ­ m en to V I).

Del resto , in fondo, anche R ousseau già così in te n ­ deva il sen tim en to m o rale : questo è solo il riflesso n e l­ la coscienza d ’u n a legge universale di giustizia e d ’o r­ dine. P e rò in questo m odo K a n t veniva a confondere nel sentim ento m o rale due c a ra tte ri o p p o sti: l ’esigen­ za della ra zio n alità (cioè u n iv ersalità e necessità) e la accid en talità su b b iettiv a che è essenziale al sentim ento. Un p rim o ten tativ o di soluzione di queste c o n tra d ­ dizioni fu quello accennato nel F ram m ento V I in cui la m o ralità è rico n d o tta a due fa tto ri: la ten d en za sen ti­ m en tale alla felicità e il p rin c ip io razionale, a p r io r i­ stico, d e ll’o rd in e e d e ll’u n ità. T u ttav ia ragione e sen­ tim e n to eran o q u i an co ra confusi: an z i la ragione su­ b o rd in a ta al sentim ento. Un vero passo decisivo verso la soluzione defini­ tiva n o n si ebbe se n o n d opo che K a n t eb b e ch ia rito i suoi concetti sulla conoscenza e stab ilito in q u esti la n e tta d istinzione d ei due p ia n i d i vita sp iritu a le : il sen­ so e l ’in telle tto da u n a p a rte , la ragione d a ll’a ltra . Il sen­ tim e n to allo ra è relegato n el senso: la m o ralità deve avere la sua origine esclusivam ente n ella ra g io n e : la fi­ losofia m o rale sen tim en tale è d efinitivam ente co n d a n ­ n ata. N on ch e con questo K a n t to rn i a l suo p u n to di p arten za e faccia della m orale u n a conseguenza ra zio n a­ le d i p retese conoscenze m etafisiche: essa è p e r lui u n a rivelazione im m e d ia ta della ragione. L a ragione, che non vale n el cam po teo retico a farci conoscere n u lla che sia sopra il senso, si rivela a n o i se n o n com e conoscente, alm eno com e o p e ra n te : n ella n o stra attiv ità m orale la ragione si riv ela a sè stessa alm eno nella sua n a tu ra p r a ­ tic a : n o i ab b ia m o in essa com e u n lam po solo che non ci riv ela n u lla di d istin to , m a ci fa assistere ad u n atto della n o stra n a tu ra che trascen d e ogni re a ltà ed attiv ità sensibile, e p e r q uesta via ci rende ce rti della n ostra n a ­ tu ra di esseri in tellig ib ili. N oi n on abbiam o bisogno p e rta n to di p a rtire da

prem esse m etafisiche: n o i n o n ab biam o ch e da consi­ d e ra re con sagacia e con rig o re l ’a tto m o rale p e r rico­ noscere in esso u n ’attiv ità ch e la n a tu ra non p u ò esp li­ ca re e ch e h a in sè i c a ra tte ri assoluti della ra g io n e : p e r esso si riv ela , n ella n ostra vita sensibile, u n ’a tti­ vità ed u n a n a tu ra che n o n sono sensibili: esso è se­ condo l ’espressione k a n tia n a u n fatto p rim o rd iale d el­ la ragione. La concezione m o rale definitiva di K a n t si trova già d elin eata n ei suoi tra tti essenziali nella C ritica d e l­ la ragion p u ra . In questa è già recisam ente condannata ogni fo n dazione em pirica d ella m o rale, stab ilita la d i­ stinzione fra gli im p era tiv i ip o tetici, regole em p irich e d i a b ilità e di p ru d e n z a , e gli im p e ra tiv i asso lu ti, ca­ tegorici ch e astraggono da tu tta la n a tu ra n ostra em p i­ rica p e r m ettern e dinanzi le leggi che d eterm in an o la co n d o tta degli esseri razio n ali e ch e perciò debbono d e­ te rm in a re la n o stra. V i sono certam en te differenze nei p a rtic o la ri: la legge m o rale suprem a è fo n d a ta diversam en te; m a sono differenze che non h a n n o se n o n u n interesse storico. Le due o p ere essenziali p e r la n ostra esposizione sono: L a C ritica della ragion pratica (1788) e L a fo n d a ­ zio n e d ella m etafisica d ei costum i (1785). G eneralm ente si considera le due opere com e u n com pletam ento l ’un a d e ll’a ltra : m a ciò non è esatto. La C ritica n o n con­ tin u a la F o n d azio n e, m a rip re n d e ex novo il p ro b lem a e lo tra tta in u n o rd in e diverso. L a F ondazione doveva anzi (vedi la prefazione) rie m p ire il posto della C ri­ tica della ragion p ra tica : in questa egli h a q u in d i r i ­ preso la tra tta z io n e da un a ltro p u n to di vista e con q u alch e leggera divergenza nei p artic o la ri. Q uesta d o p p ia tra tta z io n e n o n fa che accrescere la difficoltà di esp o rre nel suo giusto o rd in e il pensiero k a n tia n o . Questo o rd in e è ben lungi da essere quello da lu i tracciato nelle due o p ere: queste risentono a n ­

cor p iù c h e la C ritica d ella ragion, p u ra della rilu tta n z a d i K a n t ad affro n ta re i p ro b le m i in m odo ch iaro e ri* solutivo, d ella sua ten d en za ad avvicinarli con m ille gi­ ri e rig iri, a co m in ciare u n a rice rca p e r in te rro m p e rla subito dopo e rip re n d e rla da u n a ltro p u n to : e p iù delle sue m an ie d i rin s e rra re le sue rice rch e in u n o schem a sistem atico poco co n ciliab ile con il lib e ro svolgim ento del suo pen siero . La sim m etria della C ritica d ella rag io n p ra tic a r i­ calcata sul m odello d ella C ritica d ella ra g io n p u ra , è certo u n ra ro lavoro d i a b ilità d ia le ttic a : m a se no i vo­ gliam o co m p re n d ere il suo p en siero , dobbiam o lib e ra r­ lo d a q uesta sin tem azione falsa e fo rzata. N onostante la loro a p p a re n te chiarezza la F o ndazione e la C ritica della rag io n p ra tic a sono forse fra le p a r ti p iù diffi­ cili e p iù oscure d e ll’o p era k a n tia n a , com e lo m o­ stran o con evidenza i lo ro espositori p ed e stri ch e rica l­ cano con facilità le sue o rm e, m a ci lasciano, q u an to a l­ l ’o rd in e essenziale d ei suoi p e n sie ri, n e ll’oscurità p iù com pleta. U n prim o c a ra tte re che n o i do b b iam o rilev a re n e l­ la m o ralità è che essa ci p o n e d in a n zi n o n ad u n esse­ re , a a d u n d o ver essere, a d u n a necessitazione in te rio ­ re ch e è b en diversa d alla necessità ch e ric o rre in tu tta la n a tu ra . Q uesta necessitazione n o n è c a ratteristica d el­ la m o ralità so la: la troviam o n e ll’a b itu d in e , n e ll’istin ­ to ecc. A nche q u i p erò essa m e tte in evidenza u n a sp e­ cie d i d u a lità in terio re della n a tu ra : n e ll’atto stesso che essa è, si svolge com e a lato di essa u n a n a tu ra ideale che deve essere. G iustam ente K a n t osserva che se la re altà fosse p u ra m e n te e sem plicem ente ciò che e m p iri­ cam ente è, il dovere essere non avrebbe alcu n senso. N on serve q u i osservare che il dover essere è p si­ cologicam ente u n a aspirazione. Ciò che noi rileviam o è il senso m etafisico a p p u n to di questa re altà psicologica

che n on av reb b e senso, se tu tto fosse, n el rigoroso senso della p a ro la , « n a tu ra ». S u pponiam o la re a ltà n o ta e concatenata com e u n sistem a di v erità m a te m a tic h e : l ’asp irazio n e, l ’ideale av reb b ero in essa così poco senso com e n ella m a te m a ti­ ca: noi ci ch ied iam o q u a li p ro p rie tà il circolo h a , n o n q u ali d o v rebbe avere. Un secondo e p iù essenziale c a ra tte re è che questo do ver essere ha nella m oralità un valore assoluto. A n­ che q u i questa p ro p o sizio n e n o n deve essere in te rp re ­ ta ta psicologicam ente n e l senso che si p re se n ti com e u n a coazione irre sistib ile : essa vuol d ire che qu an d o no i ci po n iam o d i fro n te alla coazione m o rale ch e sentiam o in n o i, dob b iam o riconoscere che essa n o n è u n a coazione esercitata su d i noi p e r effetto d i circostanze accidentali e p e rso n a li: m a u na coazione che s’im pone a noi com e u n a legge, vale a d ire com e qualche cosa che vale asso­ lu ta m e n te p e r noi e p e r tu tti gli esseri sim ili a noi, q u alch e cosa che vale in m odo necessario p e r tu tti gli esseri ragionevoli. K a n t fa q u i a p p e llo ad u n a esperienza p rofonda della coscienza u m a n a : la q u ale, ove proceda nel suo esam e senza p re co n ce tti, distin g u e subito e recisam ente fra q u alu n q u e n o rm a an ch e universale, m a fondata su convenienze, interessi ecc. e la n o rm a avente valore m o rale, cioè la legge ch e h a u n valore assoluto p erch è vale p e r sè, senza d ip e n d e re da circostanze, condizio­ n i, ecc. È questa distinzione recisa che h a sem pre re ­ so im possibile la derivazione dal p iace re, d a ll’u tile , che possono d are n o rm e universali qu an to si vuole, m a n o n leggi. C erca la tu a felicità — è la norm a che tu tti gli esseri n atu ra lm e n te seguono p e r u n im pulso quasi irre sistib ile : n o n co m m ettere ingiustizia, non essere cru d ele — sono leggi che quasi nessuno rigorosam en­ te segue e che p u re ciascuno riconosce com e leggi as­

so lu te: b asta avvicinare questi d u e en u n c ia ti p e r rico ­ noscerne subito la ra d ic ale differenza. A nzi: com e K a n t giustam ente osserva, ta n to è ve­ ro che q u este leggi sono leggi assolute, valide a priori, ossia valide in m odo universale e necessario, in d ip e n ­ d en tem en te da q u alsiasi condizione e m p irica , che noi riconosciam o q uesto loro valore anche se n o n fossero m ai state osservate e n o n potessero v en ir pien am en te osservate d a n essu n o: le leggi d ella lea ltà n e ll’am icizia valgono anche se n o n ci fosse m ai stato u n am ico leale e se n o i disperassim o di p o te r m ai essere am ici p e rfe t­ tam en te leali. N otiam o p erò subito che q u an d o diciam o ch e la legge m o rale è u n a legge assoluta, n o n in ten d iam o con questo investire d i ta le c a ra tte re i singoli p re c e tti con­ c re ti: diciam o che vi è in essi u n elem ento ra zio n ale, assoluto, che ogni p a rtic o la re p recetto realizza in c ir­ costanze diverse. « Sacrificati p e r i tu o i figli » è u n p re cetto che vale asso lu tam en te: m a n atu ra lm e n te solo p er ch i ha figli. Vi è com e u n a legge che ci im pone di ag ire sem pre, in t u t ­ te le circostanze, secondo u n certo o rd in e ed u n certo in d irizzo : d i o p erare sem pre com e u n a cc volontà b u o ­ n a ». Le circostanze p e r sè n o n co n tan o : com e n o n con­ tan o q u in d i i risu lta ti m a te ria li che possiam o ra g g iu n ­ gere col nostro agire. Q uesto è qu an to K a n t esprim e nelle m em o rab ili p aro le con cui com incia la sua « F on­ dazione » (ediz. V o rl., pag. 16): « N on si può pensare n u lla nel m o n d o , anzi anche fuori di esso, che possa v en ir ten u to p e r in condizionam ento buono, se non una buona volontà ». Con queste p aro le K a n t pone due afferm azioni egualm ente im p o rta n ti : in p rim o luogo che il valore m o rale è u n valore assoluto: in secondo luogo che q u e­ sto valore m o rale n on consiste nei fini esterio ri che la n o stra volontà si p uò p ro p o rre , bensì in una certa d i­

sposizione della volontà che noi dovrem o m eglio in ­ dag are in ap p resso , m a che fin d ’ora possiam o con la coscienza com une designare com e « buona volontà ». N on so ltanto i doni della fo rtu n a , m a an c h e le q u a­ lità dello sp irito p iù d esid erab ili, non sono b en i p er sè, p erch è possono an ch e essere volti al m ale: ciò che li fa essere b en i è la volontà b u o n a. Così tu tte le azio­ ni esterio ri, anche se ap p a re n te m e n te b u o n e, n o n sono m o ralm en te bu o n e p e r sè, p erch è possono essere il fru t­ to d i m otivi in tere ssa ti: com e p e r esem pio l ’onestà del m erc an te che è onesto p e r convenienza o la v irtù del virtuoso che è virtuoso p e r p a u ra delle pene infernali. Ciò che re n d e b u oni gli a tti è l ’intenzione m orale, la volontà b u o n a : i risu lta ti estern i sono soltanto circo­ stanze accessorie che la d eterm in an o in questo o in quel m odo. Q u in d i anche l ’indifferenza dei risu lta ti: il succes­ so d ella volontà b u ona no n ha im p o rtan za p e r il c a ra t­ te re m o rale d e ll’azione. N el sen tim en to d e ll’obbligazione m orale noi ci tro ­ viam o p erciò d inanzi ad u n a re a ltà che trascende la re a ltà em p irica d ata d ai sensi e co stitu ita d a ll’in te lle t­ to, la realtà d e ll’esperienza e della scienza: u n a realtà, p e r cui ci si im pone a p rio ri in m odo assoluto, indip en d e n te e in d eriv ab ile da ogni condizione em pirica, una d irezione della condotta. È u n a sem plice direzione, è com e un lam po in una n o tte oscura: m a un lam po che ci riv ela l ’esistenza di u n m ondo lum inoso della ragione ,al quale in fondo an ­ che n o i ap p a rten iam o . P erciò , K a n t chiam a questo sen­ tim en to un fatto della ragione: un atto originario della ragione, che è n ella sfera della ragione ciò che sono n el­ l ’esperienza i fa tti em pirici. Ma p erch è K a n t trova questo « fatto » della ragion p u ra soltanto n ella legge m orale e non p er esem pio nella constatazione dei p rin c ip ii teo retici a priori? Noi lo

ab b iam o già v ed u to : i p rin c ip ii teo retici a p rio ri sono relativ i a l l ’esperien za u m a n a : ed u n a visione in tu itiv a d e ll’u n ità d elle idee ci m anca. Invece n o i ab biam o a l­ m eno p ra tica m en te la visione di q u est’u n ità n ella v i­ sione della legge ch e è l ’o perazione conform e a q u e ­ ste idee. La co n statazione della legge m o rale com e qualche cosa d i assoluto, cioè di razio n ale e perciò di trascen ­ d en te la sfera sen sibile, n o n è q u in d i la constatazione psicologica d ’u n a necessità in te rio re , m a la constatazio­ ne d ’u n a necessità razio n ale : è u n a specie d i au to co n ­ statazione d ella ra g io n e, n o n u n a constatazione e m p iri­ ca. Q u in d i n on h a senso la difficoltà ch e le 6Ì o p p o n e: che cioè n o i tro v iam o a ltri esem pi d i u n a analoga coa­ zione assoluta d ella coscienza : q uella che induce l ’a ­ b itu d in e , l ’istin to , l ’educazione. La difficoltà confonde la constatazione psicologi­ ca con la constatazione razionale. È facile vederne la differenza nel cam po teoretico. L ’illusione subbiettiva crea la stessa coazione teo re tic a che crea la conoscenza razionale d ’u n sistem a di verità — d al p u n to d i vista psicologico: m a forse che ciò decide qu an to a l valore? Anzi non è il n o n valore d e ll’illusione che si estende alla visione ra zio n ale: m a il valore di questa che si p arte cip a in m inim o grado a lla p rim a e ne fa u n a mar­ ziale v erità. Così vedrem o essere della ragione sotto l ’aspetto p ratico . D a p p e rtu tto dove vi è un dover essere vi è già u na scin tilla d i rag io n e: m a la rag io n e si rivela nella constatazione razio n ale d el dovere: che n o n è solo l ’obbligazione soggettiva sen tita com e assoluto, m a l ’obbligazione com presa com e assolutam ente valida p er ogni essere razio n ale. Nè avrebbe senso la stessa difficoltà se si volesse o b b iettare che tu tta v ia anche l ’obbligazione m o rale è u n fatto psicologico e perciò rie n tra n ella con­ catenazione necessaria dei fa tto ri. Essa si risolve p o ­

n en d o la sotto l ’asp e tto teo re tic o : il fatto che la cono­ scenza è un processo psicologico non distrugge il valore della verità. Q uesto è u n p u n to della p iù alta im p o rtan za : la constatazione d e ll’esistenza di u n im p erativ o categori­ co n on è la constatazione di u n a legge cieca e m isterio ­ sa che a sè ci pieg a, è la constatazione che ciò che d i­ ciam o in senso assoluto v erità , cioè valore universale e necessario, è sotto un altro senso dovere: e che m en tre la n o stra conoscenza è sem pre solo u n ad a ttam en to g ra­ duale alla verità assoluta, noi abbiam o sotto l ’aspetto p ra tic o nel dovere un co n tatto d iretto con questa re a l­ tà assoluta che è v erità e dover essere ad un tem po. £ q u in d i u n a posizione m etafìsica in p rim o luogo: ed anche seco n d ariam ente u n ’esplicazione trascen d en te, r e ­ ligiosa, del fa tto m o rale. È la posizione della legisla­ zione m o rale com e d ’u n a p rio ri: d ’u n qualch e cosa che h a la sua rag ione e il suo fondam ento in u n ’altra re altà. K a n t esp rim e talo ra questa verità col ch iam are questa legge u n p rin c ip io sintetico a p rio ri. A bbiam o qui u n n on tro p p o felice p arallelism o con la ragione teo retica che tu tta v ia è facile co m prendere. Le azioni im pulsive possono essere assim ilate ai giudizi sintetici a p o ste rio ri: la m ia volontà è congiunta con il suo og­ getto in questo caso da u n ra p p o rto psicologico dato d alla n a tu ra stessa della m ia sen sib ilità: l ’im pulso cieco è ciò che li collega. Le azioni invece d ettate dalla ra ­ gione, m a p e r fini egoistici, (gli im p erativ i ipotetici) sono analoghe ai giudizii a n a litic i: sta dinanzi alla m en ­ te una reg o la: se tu vuoi d iv en tar ricco, devi agire in u n d eterm in a to m odo; la m ia volontà afferm a (o nega) la prem essa: com e conclusione è dato an aliticam ente il suo atteggiam ento. Invece n e ll’atto m orale la m ia vo­ lontà è congiunta con il suo oggetto da una necessità trascen d en te, che è bensì la rivelazione d ’u n ’u n ilà: ma

ch e a m e s’im p o n e solo com e u n vincolo assoluto, la cui ragione n o n sta n è in u n im pulso, nè in u n a regola co n creta, bensì in u n a form a, in u n ’u n ità a p rio ri: p e r­ ciò K a n t lo assim ila ad u n a sintesi a p rio ri. L ’estensione analoga è g iu stificata: m a è u n a com plicazione in u tile . Con qu esta posizione della legge m o rale com e fa tto o rig in ario d ella rag ione in n o i, K a n t poneva u n p ro b le ­ m a che egli n o n h a riso lto : in ch e ra p p o rto stanno la ragione teo retica e la p ra tic a ? C om e m ai la ragione che nel cam po teo retico a sp ira verso l ’u n ità d ella visione delle cose, d eterm in a n el cam po p ra tic o la legge? È la stessa attiv ità ? E se n o n è la stessa, q u ale ra p p o rto vi è fra queste due esplicazioni di u n a stessa ragione? Noi n on vedrem o c h iaram en te in questo p ro b lem a se non q u an d o avrem o p e n e tra to a fondo il fa tto m o ­ rale : m a possiam o già q u i in d icare la via della solu­ zione. La p aro la ragione h a , com e è n o to , in K a n t u n sen­ so b e n p reciso: designa nel cam po teo retico la facoltà dei p rin c ip ii a p rio ri. Essa ha p e r funzione di co o rd i­ n are il m ateria le em pirico dato dai sensi ed in questo l ’attiv ità sua h a due gradi. Com e in telle tto (V erstand) è la facoltà d elle categorie che collegano i d ati in u n ’e­ sperienza universale valida. Com e ragione in stretto sen­ so ( V e rn u n ft) è la facoltà delle idee che aspirano a col­ legare tu tta l ’esperienza in u n a to ta lità assoluta e p e r questo m ezzo n on solo ci pongono d in an zi il fon d am en ­ to trascen d en te, m a n e ll’uso regolativo danno a ll’espe­ rienza la p iù a lta verità sistem atica possibile. N el cam po p ra tic o designa la facoltà di sottom ette­ re il p ro p rio agire a leggi aventi valore universale e n e­ cessario, cioè alle leggi m o rali. Il ca ra tte re com une, in am bo i cam pi è q u in d i in p rim o luogo questo: l ’obb iettiv ità. Essa in tro d u ce l ’u n ità nel nostro conoscere com e nel nostro agire, e non solo l ’u n ità nel senso d el­

l ’in d iv id u o , m a l ’u n ità nella co m u n ità sp iritu a le degli esseri ra zio n ali. U na coscienza è conform e a ragione obbiettiva non solo q u an d o crea in m e la persuasione, ( l ’u n ità subb iettiv a ) m a q u an d o crea la persuasione in tu tti gli es­ seri ra zio n ali. L o stesso si dica d e ll’agire buono. Si capisce ch e q uesta co m unità sp iritu ale p u ò essere tu t­ ta id eale. S ocrate era in disaccordo col popolo di A tene, m a d ’accordo con u n ’u m an ità id eale su p erio re. C opernico n o n era in a rm o n ia col suo te m p o : m a l ’o b b iettiv ità e ra u g u alm en te d alla p a rte sua. R agione è q u in d i il nom e collettivo dì q uelle fu n ­ zioni sp iritu a li su p erio ri che elevano l ’uom o verso u n a co m u n ità sp iritu a le con gli a ltri uom ini, anzi verso u n a co m u n ità sp iritu a le id eale, che è il p resen tim en to di u n ’u n ità . O ra la questio ne n o n è se la ragione sia anche u n a faco ltà p ra tic a , p erch è noi lo abbiam o già afferm ato: m a com e la rag io n e p u ò essere teo retica e p ra tic a ? K an t non fa ch e p o rre queste due a ttiv ità l ’una accanto al­ l ’a ltra . La rag io n e teoretica stabilisce ciò che è, il ve­ ro ; la rag io n e p ra tic a ciò ch e deve essere, il bene. Con la ragione teo retica determ in a a p rio ri che l ’U no è; con la ragione p ratica lo realizza. Q uesta è la distinzio­ ne che K a n t p re n d e sem pre a p u n to di p arte n za. La ra ­ gione teo retica conosce; la ragione p ra tic a è causa della realizzazione dei suoi oggetti. E questo è anche il m odo con cui esso p o n e n o rm alm en te il p roblem a. La questione si riattacca, com e è facile vedere, alla qu estio n e del ra p p o rto del vero e del buono, della ve­ rità e d el v alo re, e in u n senso p iù vasto, del conoscere e d e ll’o p e ra re . In g enerale K a n t è in te rp re ta to nel sen­ so di u n a recisa separazione dei due c a m p i: vi è da u n a p a rte la rag io ne teo retica con il regno d ella v eri­ tà , d a ll’a ltra la ragion p ratica col regno dei valori. Q ue­

sto dualism o sareb b e p e r sè stesso in esp licab ile, e p e r p iù risp e tti m o stra d ’essere in so sten ib ile. F orse la v eri­ tà n on è essa stessa u n valore e n o n e n tra n e ll’o rd in e dei v alo ri? E se l ’o rd in e dei v alo ri è riconosciuto e sta­ b ilito d a ll’in tellig en za, n o n è esso a ltre sì v ero ? D ’a ltra p a rte se la rag io n p ra tic a fosse qualch e co­ sa d ’in d ip en d en te d alla ragione te o re tic a , com e p o tre b ­ bero i suoi im p era tiv i essere ra z io n a li? L a p a ro la rag ione vale o rig in a ria m e n te solo p e l cam p o teo re tic o , e l ’applicazione al cam po p ra tic o è so­ lo u n ’ap p lica zio n e: anche K a n t riconosce ch e ciò che d e ­ ve essere ci a p p a re ta le solo p e rc h è v eram en te è, e n o n p o tre b b e sussistere se n o n fosse an c h e la v erità su p re ­ m a. Vi deve q u in d i essere u n ’u n ità essenziale d i rag io ­ ne teo retica e d i ragione p ra tic a : noi possiam o sco p rir­ la p a rte n d o dai g rad i in ferio ri del conoscere e d e ll’op erare . Bisogna rico rd are che ogni conoscenza è p e r sè a n ­ che u n im p u lso : m a no n p erciò si realizza senz’a ltro ; è l ’inizio di u n a azione, no n u n ’azione. Così ogni cono­ scenza razio n ale è l ’inizio di u n a condotta razionale m a n on la co n d o tta stessa. P erc h è la conoscenza razio ­ n ale d iv en ti an ch e co n d o tta ch e cosa si esige? C he si rip e ta , si im p rim a , div en ti u n a cosa sola con la nostra n a tu ra . Q u ando si dice che l ’anim a è u n essere razionale n o n si d ice ch e sia u n q u id a ltro ch e riceva in sè dei p rin c ip ii ra zio n ali, essa n o n è ch e l ’insiem e di questi p rin c ip i n ella sua u n ità vivente. Q uando perciò un p rin ­ cip io ra zio n ale, u n a visione ra zio n ale delle cose è ta l­ m en te im m ed esim ata con n o i, da essere d iv en tata il no­ stro m odo d ’ag ire, la n o stra co n d o tta è razio n ale, obbe­ disce a lla rag io n p ra tic a. I l conoscere fonda perciò la n o stra co n d o tta, m a in m odo diverso da quello che co­ m u n em en te 6Ì cred e. Essa n o n è d eriv ata d alla n o stra conoscenza com e

u n sillogism o, m a è la conoscenza stessa diventata vi­ ta , p erso n alità , attiv ità . T u tto il nostro conoscere ra ­ zio n ale h a p e r com pito a p p u n to di creare len tam en te in noi q u esta p erso n alità. Le n o stre sensazioni e ra p p resen tazio n i sensibili creano la n o stra in d iv id u a lità e la n o stra condotta sen­ sib ile, che risu lta dai n o stri im p u lsi. N atu ralm en te es­ se non la crean o ab in itio : noi portiam o già con noi te n ­ denze e re d ita rie che sono la som m a delle esperienze sensibili d ella specie. Ma le nostre ra p p resen tazio n i sen­ sibili m etto n o in m oto, com e stim oli, queste ten d en ze: di p iù le m odificano, ne creano len tam en te delle nuove: in m odo che la nostra condotta d ’essere sensibile e sp ri­ m e p ra tic am en te la nostra rap p resen tazio n e sensibile delle cose. Ma com e nella conoscenza sensibile si esige il sap ere razio n ale (in tellettiv o e razionale) che è sape­ re u n iv ersalm en te valido, così n ella condotta im p u lsi­ va si esige la co n dotta ra zio n ale, che ci dirige verso n o rm e im p erso n ali. P e rò q u i dobbiam o d istinguere due g rad i, che co rrisp o ndono a ll’in telle tto ed alla ragione. L ’in te lle tto n on è che u n ’unificazione p arziale d el­ l ’esp erien za: solo e n tro questi lim iti è universalm ente v alid o ; com e p e r esem pio qu an d o si p rocede ad u n a si­ stem azione d ’esperienze — ch e po i u n p u n to di vista p iù com prensivo m u ta ra d ic alm en te. O gni concezione in telle ttiv a è posizione d ’u n a re a ltà e p erciò d ’un valo­ re : p erciò in izialm en te è a ttitu d in e p ra tic a . V i p u ò es­ sere q u in d i u n a co ndotta razio n ale condizionata ancora da u n p u n to d i vista sub b iettiv o : essa corrisponde agli im p era tiv i ip o tetici. La sistem azione della ragione è invece l ’espressione p iù a lta possibile d ’u n a sistem azio­ ne asso lu ta: essa si è spogliata della soggettività: ad essa co rrisp o n d e u n a condotta o b b iettiv a, razionale: è la co n d o tta v eram ente razio n ale, m orale. P ren d iam o p e r esem pio la considerazione della vi­ ta che u n uom o p u ò p ro p o rsi: p u ò essere la visione di

tu tta la p ro p ria v ita e d e ll’am b ien te da u n p u n to di vista razio n ale, m a co n cen trato in to rn o al p ro p rio io , che p u ò d are u n a linea di condotta b e n co n caten ata r a ­ zionale, m a egoistica: p e r es. N apoleone. M a generai* m ente la considerazione d i questa v ita n el suo tu tto ten* de a so p p rim ere il p u n to d i vista egoistico, a v ed erla sub specie aetern itatis : a llo ra si h a u n a visione ra zio ­ n ale d ’a ltra n a tu ra , filosofica, che isp ire rà u n a co n d o t­ ta filosoficam ente fo n d a ta , im p erso n alm en te ,valida e perciò (in q u a lu n q u e senso si volga) m orale. A nche qu i non è l ’in d iv id u o ch e crea con la sua riflessione la sua p erso n alità : egli p o rta con sè n ella sua m e n ta lità u n a trad iz io n e : la riflessione perso n ale lo eleva a co m p re n ­ dere questa tra d iz io n e , a p a rte c ip a rv i, a fa r sua questa vita: in d i a d elev a rla, a m odificarla, tra sm e tte rla . E d an cora: com e l ’in izio della p arte cip az io n e a lla v ita ra ­ zionale n on è che il p rim o passo in u na progressione in ­ finita, così è della stessa sotto l ’asp etto p ra tic o : qu an d o la vita razio n ale si è fissata in carn ata n ella p erso n alità d ’u n in d iv id u o , allo ra com incia p e r lu i la vita m o rale , che gli a p re d in an zi un com pito in finito. O gni essere ch e p artecip a alla vita m o rale , h a p arte c ip a to e p arte cip a q u in d i, sia p u re sotto u n aspetto lim itatissim o ancora, ad u n a visione im p erso n ale della re a ltà : o q u an to m eno p o rta in sè le im p ro n te di qu esta p arte cip az io n e da p a r­ te d ella specie cui a p p a rtie n e e la possibilità di farla anche a ttu alm en te p ro p ria . N on è certam en te necessa­ rio co stru ire p e r questo u n sistem a filosofico! Vi sono in tu izio n i razionali p ro fo n d e, visioni che difficilm ente tro v e re b b e ro la stra d a ad u n a sistem azione a s tra tta : ciò ch e del resto poco im p o rta p erch è questa sistem azione a s tra tta non è ch e il m ezzo d i p a rte c ip a re , ap p ro fo n d ire questa potenza di visione razionale. È u n a visione che p u ò essere n eg ata a dei filosofi e a p e rta a delle c re a tu re u m ilissim e: il vero segno d ella p a rte c i­ pazione della razio n alità n o n è l ’ostentazione esteriore

delle sue m anifestazioni, m a la sua rivelazione n a tu ra ­ le n e lla v ita razio n ale p ra tic a , n ella vita m o rale. N a­ tu ra lm e n te bisogna q u i fissare n e ttam en te il senso della p aro la « m o rale » : n o n confondere l ’azione m oralm ente b u o n a con l ’azione istin tiv am en te b u o n a, sentim entale. Sono q u este, g rad i verso la m o ralità (com e esprim e la caratterizzazio n e d i « buono »), m a n o n ancora vera m o ­ ra lità e p erciò n o n ancora vera ragione. O ra q u al è in concreto questa visione razionale in i­ ziale con cu i in com incia la vita m o rale? Se noi p re n ­ diam o p e r es. un o S pinoza, non vi è im barazzo nella risp o sta ; m a in u n uom o sem plice e tu tta v ia veram ente m o rale , q u al è la visione concreta che si esprim e in questa sua co n d o tta? N on bisogna n a tu ra lm e n te cercarla in alcune delle sue concezioni a stra tte , form azioni superficiali e in g ran p a rte p u ra m e n te v e rb a li: non è necessario nem m eno che egli l ’ab b ia m ai p o rta ta a ch iara coscienza riflessiva. Q uesta visione razio n ale è q u ella che S ch o p en h au er r i ­ conosce com e co rrisp o n d en te al sentim ento della p ie tà : il senso della n o stra id e n tità con gli a ltr i uo m in i, anzi in genere (in u n g rado p iù alto d ella m o ralità) con gli a ltr i esseri viventi. L a p rim a id ea accolta e vissuta d a ll’uom o è l ’idea d e ll’uom o m a n o n l ’id ea a stra tta in to rn o a cu i posso­ no d isp u tare i filosofi, b en sì l ’id ea vivente a cui p a rte ­ cip iam o tu tte le volte che leggiam o n e ll’essere a ltro da n o i l ’essere stesso del nostro io. Q uest’idea non è che l ’in izio della vita m o rale : e da questo inizio alla m o ra­ lità del serm one sulla m ontagna è certam en te ben lu n ­ go il cam m ino. Ma in ogni m odo essa segna l ’inizio d el­ la ragione teo retica, d ella visione teo retica, e della r a ­ gione p ra tic a come realizzazione p ra tic a : le quali ci ap p arisco n o così, dai loro inizii, com e i due aspetti p a ­ ra lle li d ’u n a attiv ità in se stessa unica. P e r cogliere questo svolgim ento unico della rag io ­

n e n ei suoi due a sp e tti p a ra lle li bisogna n atu ra lm e n te co n sid erare l ’in d iv id u o , non com e isolato — p erch è co­ m e essere razio n ale n o n p u ò essere ta le — , m a n ella to ta lità sp iritu a le di cui fa p a rte . A llora vedrem o c h ia ­ ram en te com e ciò che si dice la ragione p ra tic a non sia che la realizzazione costante della ragione teo re tic a: os­ sia la rag io n e teo re tic a d iv en tata n a tu ra , im m edesim a­ ta , d iv en tata viva ed o p eran te. E la ragione teo re tic a ci ap p arisce com e l ’a ttiv ità che in izia, crea le vie d ella ra g io n p ra tic a . C ertam en te il processo d i autorealizzazione è u n processo g ra d u ale: a i suoi in izii h a u n m inim o d i re a ltà : è ancora sapere v erb ale o sap ere esterio re, che p u ò anche non re aliz­ zarsi e re sta re allo stato di a ttiv ità tecnica: m a allora n o n è ancora vera e p ro p ria visione, conoscenza viva. Cosi pu ò accadere an c h e n e ll’arte . Q uesto concetto del ra p p o rto fra ragione teo retica e rag io n p ra tic a , ci conduce a divergere sensibilm ente in q u alch e p u n to d alla d o ttrin a k a n tia n a q u an to a l lo­ ro risp ettiv o valo re e q u an to al cosidetto p rim a to della rag io n p ra tic a . N oi n o n possiam o am m ettere q u ella specie di ca­ ra tte re negativo rife rito a ll’a ttiv ità teo re tic a p e r cui essa g iu n g ereb b e solo, n el suo p iù alto a p ic e , a riconoscere il c a ra tte re relativ o d el sapere em p irico : m en tre l ’a tti­ vità p ra tic a ci m ettere b b e in co n tatto con l ’assoluto. A bbiam o già visto tra tta n d o della rag io n e, che essa in re a ltà ci conduce anche n el sap ere ad u n risu ltato p ositivo: a ll’afferm azione d ’u n a re a ltà trasc en d en te, a l­ la q u ale non possiam o rife rire le categorie d e ll’esisten­ za, m a d i cui in un p iù alto senso possiam o d ire che solo veram en te è. E vedrem o ch e col sussidio della consi­ d erazione d e ll’attiv ità m o rale , essa p u ò co stru irci u n a concezione di questa re altà trascen d en te : concezione sim bolica ed in ad eg u ata, m a che p erm e tte u n ’ap p ro ssi­ m azione ch e n on raggiungerà m ai il lim ite, che resterà

sem p re u n a d istanza in fin ita tra la re altà assoluta e la sua espressione sim bolica. M a lo stésso vale an c h e della ragion p ra tic a . Essa è u n a costruzione sim bolica p a ra lle la della n ostra a t­ tiv ità sotto u n a legge fo rm a le : vale a d ire , è u n com ­ prom esso, u n ’ap p rossim azione. N oi non rag g iu n g ere­ m o m ai la perfezione in tellig ib ile. N e ll’u n o e n e ll’a l­ tro asp etto q u in d i la ragione è u na costruzione della n o stra conoscenza e della n ostra attiv ità che aspira a re n d e re sim b o licam ente la n o stra n a tu ra di esseri in te l­ lig ib ili. In u n senso co n tin u a certo a valere il concetto del p rim a to d ella rag io n p ra tic a : n el senso ch e la conoscen­ za p u ra e sem plice, che no n si trad u c e in vita ed in azione, n o n h a alcu n valore. Q uesta è la conoscenza che « g o n fia » ; la c u ltu ra superficiale e vana ch e può sussi­ stere senza la m o ralità. T u tto il sapere esterio re, tu tte le p iù so ttili sp eculazioni restan o p u ra m e n te u n sape­ re tecn ico , ch e h a u n v alo re solo q u an d o è tra d o tto in v alo ri d i attiv ità e d i vita. Q u in d i u n ’u m ile coscienza p u ò , q u an to al sapere esterio re, essere in fin itam en te in fe rio re e n ello stesso tem p o essere b en p iù alta quanto a l sap ere essenziale e v ita le : q u el sapere che è negato a ll’orgoglio d el m ondo ed è concesso agli u m ili ed ai sem plici d i cuore. E p erciò la m isura del valore di u n a p erso n alità , an ch e d a questo p u n to di vista, n o n ci è dato da ciò che sa, m a d a ciò che è e fa : questo è la vera trad u z io n e del suo sap ere in te rio re . E p erciò an co ra n o n vi è sapere, filosofìa, grandezza in te lle ttu a le senza m o ra lità : questa è il segno esterio re d i quel fondam ento in te rio re senza del q u ale n o n vi è sapienza. T u tte le curiosità in te lle t­ tu a li, tu tte le ostentazioni d o ttrin a li, non h an n o nes­ su n v alo re ; il tim o r di Dio è il p rin cip io della sapien­ za in questo vero senso — che la p ro fo n d a e vera re tti­ tu d in e n e ll’o p erare è l ’unico e necessario segno di q u el­

la potenza d ’in tu izione in terio re ch e, anche se n o n tr a ­ d o tta ancora in pen sieri concreti e in p aro le , è l ’in d e ­ clin ab ile condizione di ogni vera sapienza più alta. Il dualism o tra ragion p ra tic a e ragion teo retica si risolve perciò in u n a concezione p iù p ro fo n d a, in una unica lin ea di svolgim ento. Le p rim e e p iù universali sintesi della rag io n e sono q uelle ch e h anno dato origine alla vita m o rale e che o p eran o ancora in noi com e ragion l ’u lte rio re svolgim ento della stessa a ttiv ità e ten d e anc h ’essa a d iv en tare p ra tic a . La rag io n e p ra tic a realizza u n valore assoluto p erch è la ra g io n e teo re tic a è anche essa nello stesso senso u n a facoltà d e ll’assoluto. K a n t assegna tu tta v ia alla rag io n e anche u n ’a tti­ vità in ferio re e p re p a ra to ria . Q uando noi vogliam o u n fíne, noi dobbiam o volere anche i m ezzi ad esso a d a tti: la regola la q u ale prescrive ch e se si vuole u n certo fi­ n e, si deve volere anche c e rti m ezzi, è u n a regola che vale o b b iettiv am en te, m a sem p re in dip en d en za d el fi­ n e : questo fine p u ò essere a n c h e solo u n fine p resen tato d a ll’im pulso e non è q u in d i necessariam ente voluto. L ’a ttiv ità della ragione si esplica p erciò q u i in m odo p u ra m e n te co ndizionato, ip o tetico , cioè su b o rd in ato ad u n fine sensibile: la ragione è ancora q u i l ’ancella del senso. K a n t attrib u isce alla ragione q u est’attività perchè secondo lu i ogni regola esp rim en te una necessità deriva sem pre d alla ragione. V ero è p erò che la necessità qui d ip en d e d a ll’a rb itrio del soggetto d al quale d ip en d e se d ebba essere posto o non il fine. Q uando si dice ad a l­ cuno che deve lav o rare e risp a rm ia re p er non soffrire nella vecchiaia, questo è u n giusto p recetto p ratico . Ma è in m ia b alìa il p ensare alla vecchiaia : io posso anche pen sare di non invecchiare o p rev ed ere con altre risorse, P erciò , posto che io voglio provvedere alla m ia vec­ ch iaia è ragionevole che io d ebba lavorare. M entre invece il p recetto razionale p u ro , cioè il

p re cetto m o rale, vale inco n d izio n atam en te. C he io non d eb b a m e n tire è u n a regola che n o n d ip en d e da alcun m io fine, m a vale p e r sè, p er tu tti, sem pre. Q uesta è la fam osa distinzione degli im p era tivi ip o ­ tetici dagli im p era tivi categorici. I p rim i sono gli im p e ­ ra tiv i d ella rag io n e co n dizionata an co ra d al senso, non sono vere leggi: l ’im p erativ o categorico è u n a legge. Si p o tre b b e co n testare che a ll’attiv ità esplicitantesi n eg li im p e ra tiv i ip o tetic i si d ebba d are il nom e d i ra ­ gione. I n v erità essa abbraccia tu tte le sfere d e ll’a t­ tiv ità p ra tic a e tecnica che antecede la vita m o rale: ed è il p a ra lle lo p ra tic o d e ll’attività teo retica d e ll’in te l­ letto. Com e l ’in telle tto stabilisce dei sistem i lim itati di co n cetti, d e te rm in a ti essenzialm ente dal m ateria le em ­ p irico , e la form a che esso vi aggiunge n o n n e m u ta so­ stan zialm en te la n a tu ra e m p iric a ; così la volontà in te l­ le ttiv a stabilisce d ei sistem i lim ita ti di fini, d ire tti sem ­ p re essenzialm ente verso u n a finalità p rim a em p irica, alla q u ale essa su b o rd in a, com e m ezzi, gli a ltr i fini. È questo il regno — teo reticam en te — d ella cono­ scenza scientifica del m ondo — e p ra tic am en te — del d om inio in tellig e n te , d e ll’a ttiv ità concatenata e in te lli­ gen tem en te d ire tta . M a se p e r rag ione s’in ten d e la facoltà d e ll’assoluto, n on vi è q u i an co ra n ie n te ch e rich ia m i la ragione: il valore o b b iettiv o dei p re c e tti ip o tetici è analogo al valo­ re o b b iettiv o d e ll’esperienza e dei suoi concetti. T eo reticam en te la ragione com incia solo con l ’in ­ tu izio n e in adeguata e sim bolica q u an to si vuole di u n p rin c ip io assoluto: ad essa è p arallela l ’attiv ità incon­ d izio n ata, la legge m orale.

L ’A U TO N O M IA

A rrestiam oci o ra a d e te rm in a re alcu n e conseguenze d i questo p rin c ip io : ch e l ’im p erativ o m o rale è u n im ­ p erativ o assoluto della ragione. Q uesto im p erativ o deve allo ra essere u n im p erativ o auto n o m o , cioè fondato esclusivam ente sulla n a tu ra d ella ragione stessa; n o n deve d ip en d ere da u n interesse, v ale a d ire da u n p ia ­ cere, da u n ’in clin azione, ecc.; p erch è a llo ra cesserebbe, com e ogni volontà em p irica m e n te d e te rm in a ta , d i ave­ re q u el valore assoluto che no i gli ab b iam o riconosciu­ to . D i questo vedrem o in a ltro m om ento. M a n o n deve n em m eno d ip en d ere da u n a volontà estra n ea, da u n es­ sere esterno a lla ragione stessa, p o ich é dovrem m o ch ie­ d erci: p e rc h è la ragione si piega a questa v o lo n tà? Se vi si piega ra zio n alm en te, ciò è p erch è essa la giudica e la tro v a conform e alla sua legge: la v era legge è allo ­ ra n ella rag io n e, non nella a u to rità esterna. Il dovere è p e r noi certo u n a servitù, u n a d ip e n ­ denza, m a d ella n o stra p a rte sensibile: la legge, ciò che ci so tto m ette al dovere, deve essere u n a legge im m edesim antesi con la ra g io n e ; vale a d ire la nostra vo­ lo n tà m o rale è essenzialm ente au to n o m a: è qualche co­ sa in noi che im pone la legge alla n a tu ra sensibile, m a

n o n la riceve p erch è è essa stessa la legge. Ciò h a p er noi u n a gravissim a conseguenza; che, se anche noi non siam o la rag io n e p e rfe tta , noi non possiam o elevarci ad essa che p e r mezzo della n ostra ragione e coi mezzi d ella ra g io n e : e ch e q u alu n q u e p retesa d ’u n a a u to rità esterio re n o n riconosciuta d alla n o stra ragione com e ad essa conform e, è c o n tra ria a lla m o rale stessa. È la con­ d a n n a d ella m o rale d e ira u to rità sotto qualsiasi fo rm a: la p ro clam azio n e che n o i dobbiam o cercare la legge in n o i stessi; ce rtam en te n o n n el nostro ind ividuo in q u an to isolato n ella sua soggettività m a nel nostro es'sere ra zio n ale, che com e la v erità è creazione personale e tu tta v ia n el tem p o stesso riconoscim ento d ’u n a legge o b b iettiv a. Q uesto p ro b le m a è b en antico n e lla storia della fi­ losofia: b asta ric o rd a re l ’E u tifo n e di P la to n e e il suo p ro b le m a : il b en e è ta le p erch è è voluto dagli D ei od è voluto dagli Dei p erch è è b en e ? K a n t risp o n d e: se il b en e m o rale è q ualch e cosa di assoluto, cioè di u n i­ versalm ente e n ecessariam ente valido esso è qualche co­ sa di ra z io n a le : se è qualche cosa di razionale non può d ip e n d e re da una volontà ad esso esterio re, perchè a l­ lo ra non sareb b e p iù ragione. A nche se fosse u n im perio razio n ale, m a accettato p erch è im perio e non perchè rag io n e, cesserebbe di essere essenzialm ente ragione, ces­ sereb b e d i essere bene m orale. (D ato q u in d i che vi fosse rag io n e d i d istin g u ere gli Dei d al b ene, dovremmo- dire che gli D ei vogliono il bene perchè è bene, cioè ragione, e non inversam ente). E d anche noi dobbiam o volere il ben e com e b ene, cioè com e qualche cosa di razionale, che è voluto a p p u n to p erch è da noi è riconosciuto come razio n ale, n o n com e qualche cosa che ci è im posto e ch e solo in via secondaria riconosciam o essere anche razio n ale. C olui che o pera m o ralm en te p e r ubbidienza verso u n essere altro da sè, o opera p e r u b b id ire ad a ltri, m a in re a ltà ubbidisce alla p ro p ria legge, od opera

p u ra m e n te p er a u to rità ed allo ra o pera p e r sp irito ser­ vile, p e r p a u ra o p e r sp eran za, cioè non o p era m o ra l­ m ente. Q uesta afferm azione della necessaria autonom ia della coscienza m o rale è vera e p ro fo n d a. T u ttav ia l ’a n ­ titesi che essa stabilisce fra la m o rale d e ll’autonom ia della rag io n e e la m o rale teologica, n o n è così recisa com e a p rim a vista a p p a re . C erto se p e r Dio in ten d iam o u n essere m itologico di cui vale il