Prendendo in esame il decennio 1756-1766 del pensiero di Kant, il volume ritaglia un percorso che attraversa le tematich
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Italian Pages 140 [131] Year 2024
Rosenberg &_ Sellier Orizzonti del Pensiero
Il presente volume è stato pubblicato con il contributo del Dipartimento di Filosofia, Comunicazione e Spettacolo dell'Università degli Studi Roma Tre. © 2024 Rosenberg & Sellier
prima tdizion1: fflQT70 2024 s,conda ldizwn1:
maggw 2024
ISBN 9791259932570 LEXIS Compagnia Editoriale in Torino srl .,ia Carlo Albeno 55 I -10123 Torino
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INDICE
7 11
Abbreviazioni Introduzione
15 15 25 40
I.
Le monadi fisiche 1. Conciliare la metafisica e la geometria 2. La dinamica all'origine dello spazio 3. Sui tre modi di considerare una sostanza:
localizzata, ubiqua, atopica 43 45 45 58 65 70
4. Quale futuro per la monadologia Il. La consuetudine linguistica 1. Il metodo analitico 2. Elementi di semiotica kantiana 3. Il nucleo ermeneutico della filosofia 4. Sul concetto di Redegebrauch
73 73 80 100 115
III. Neurofisiologia del visionario 1. Un testo contrlungo 1988. Per una rassegna delle posizioni teoriche riguardo al rapporto tra filosofia e matematica nel XVII e nel XVIII secolo, dr. Tonelli 1959a • Kant scrive a Mendelssohn 1'8 aprile del 1766: «[••• ] non nascondo affatto che guardo con awersione, anzi con una punia di astio, alla tronfia arroganza di cui danno prova interi volumi colmi di quelle che oggidl passano per illuminazioni, pienamente convinto come sono che la \ia che si è scelia è sbagliaia, che i metodi di moda non possono non accrescere infiniiamente l'illusione e gli errori e che l'estirpazione toiale di tutte queste immaginarie illuminazioni non potrebbe essere cosl noci\-a come lo è la scienza di cui si ,-a fanwticando, cosl maledetiamente foriera di coniagio• (Br 70; trad. it. p. 4 7). • BDG 66; trad. it. p. 106.
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incompiuta con la quale egli consegna i suoi pensieri al lettore riflette un et!UJs filosofico che preferisce indugiare sulle soglie della ragione; affaticarsi nella raccolta di materiali preparatori per definizioni che non intende formulare; elaborare argomenti utili per dimostrazioni che si astiene poi dal costruire: E quanto poco voglio che si ritenga come la stessa dimostrazione [dell'esistenza di Dio] ciò che qui io presento, altrettanto poco sono già definizioni le analisi dei concetti, di cui mi servo. Queste sono, così mi sembra, annotazioni esatte delle cose di cui tratto, valide per arrivare da esse a spiegazioni precise, e, data la loro verità e chiarezza, usabili per se stesse; ma aspettano ancora l'ultima no dell'artista, per essere annoverate come definizioni. 3
La pratica filosofica di soffermarsi ad analizzare i concetti, rimandando le definizioni a un tempo a venire, è tematizzata, sviluppata nelle sue linee fondamentali e tradotta in un metodo nella Deutlichkeit, testo presentato nel 1762 a una Preisfrage bandita dall'Accademia Reale Prussiana delle Scienze di Berlino. In questo saggio «breve e composto frettolosamente» 6, Kant riconosce nell'inizio dalle definizioni l'aspetto più deleterio dell'imitazione dei matematici da parte dei filosofi. Per Kant, nella misura in cui sono poste all'inizio di un discorso filosofico, le definizioni sono da considerarsi il risultato di una «combinazione arbitraria», o «sintesi» 7, di concetti. Ai filosofi sarebbe concesso di definire i loro concetti fin dall'inizio soltanto se, come i matematici, non potessero averli in altro modo che attraverso la definizione stessa: «In matematica, infatti, non ho alcun concetto del mio oggetto prima che la definizione me lo dia»; invece, in qualità di filosofo, «ho un concetto che mi è già stato dato, per quanto confusamente, e il mio compito consiste nel ricercare il concetto chiaro, compiuto e determinato»8 [deutlich, ausfuhrlich und bestimmt], in nessun altro modo che attraverso l'analisi. Il procedimento analitico, così come lo intende Kant, ha diversi aspetti. Esso non implica soltanto la scomposizione del concetto, ma, prima di tutto, che il concetto sia «dato», e, in un senso che tenteremo
' BDG 66; trad. it. mod. p. 106. • •kurzen und eilfertig abgefaBten,, (A.A. 2:308, trad. mia). UD 276; trad. it. mod. p. 219. • Il>id.
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di chiarire più avanti, che una certa forma di esperienza è richiesta nella sua analisi. Questi ultimi aspetti, Kant li deve a Newton9. Tuttavia, poiché l'analisi, almeno nel significato più semplice di 'scomposizione', non era estranea al metodo filosofico di Wolff, è opportuno indagare perché Kant afferma così perentoriamente che in metafisica si è finora combinato concetti in modo arbitrario. In che misura questa affermazione è legittima? Senza intraprendere un excursus storico sulle teorie della prima modernità riguardanti l'analisi e la sintesi1°, proveremo a rispondere a questa domanda concentrando la nostra attenzione sui due testi di logica di Wolff, la Logica tedesca, del 1712, e la Logica latina, del 1728. 1. 1 Il metodo analitico rispetto a Wolff
Kant sostiene che l'analisi può considerarsi conclusa quando un concetto risulta «completo» (ausfuhrlich) e «determinato» (bestimmt) 11• Questo grado di perspicuità della conoscenza si trova anche in Wolff. Come noto, nelle Meditationes de cognitione, veritate et ideis, Leibniz afferma che un concetto può essere oscuro o chiaro; se chiaro, può essere confuso o distinto; se distinto, può essere adeguato o inadeguato12. Nella Logica latina, Wolff ritiene che Leibniz non considera la seguente differenziazione: prima di essere adeguato, un concetto distinto può essere completo o incompleto: «Leibnitius differentiam notionis completa:: ac incompleta:: non attendit; sed distinctam supponit esse completam» 1a. Sebbene tale affermazione possa suscitare qualche perplessità 14, l'obiettivo di Wolff è di delimitare un grado di
Cfr. Falkenburg 2020: 58-63; Friedman 1992: 20-24; Schonfeld 2000: 217-223. A questo riguardo, cfr. Engfer 1982; Falkenburg 2020: 34-41. 11 Cfr. UD 276, 278, 283, 284, 290, 291; trad. it. PP· 219, 221, 227, 234, 236. " Cfr. GP IV, 422-426. " WGW II, 1.2, § 92. Cfr. anche WGW II, 36, sez. II, cap. I, § 30. ,. Il termine impiegato da Wolffnon è tra i migliorie può far sorgere dubbi sulla legitàmità della sua critica, dal momento che Leibniz ave\'a, in verità, la nozione di concetto completo. Tuaavia, se si considera ciò che Leibniz intendeva per 'concetto completo', si può comprendere che, al di là della coincidenza terminologica, Wolffusa lo stesso termine per indicare qualcosa di diverso. Leibniz non parla del concetto completo nelle Mtditation,s, bensl in alcuni paragrafi del Discours tu mltaphysiqiu, oltre che negli scambi epistolari con Arnauld: il suo valore è onto-teologico più che epistemologico. Sebbene il concetto completo condivida con rutti gli altri concetti la struttura dell'inclusione del predicato nel soggetto logico, esso si riferisce sempre e soltanto a un essere individuale; esprime, cioè, la 11,zcc,itas di un soggetto reale. Tra i predicati inclusi in un concetto completo ci sono eventi, accadimenti, ossia l'intera storia della singola sostanza individuale; morivo per cui soltanto Dio può avere questo tipo di concetto (cfr. Di Bella 2014; Pasini 2010). Il termine 'concetto completo' indica in Wolff qualcosa di altro rispetto a Leibniz. 9
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analisi che porta la distinzione di un concetto al punto in cui questo diviene completo pur restando inadeguato. Tale concetto può dirsi, inoltre, «determinato» 15 • Nella Logica tedesca, i termini ausfuhrlich e unausfuhrlich corrispondono al latino completus e incompletus. Un concetto è completo «quando i contrassegni [Merckmahle] addotti sono sufficienti per riconoscere sempre l'oggetto e per distinguerlo da tutti gli altri» 16, dove l'accento va sull'avverbio «sempre»: in un concetto completo, il numero di note discrete è tale da permettere il riconoscimento dell'oggetto in ogni circostanza, mentre le note di un concetto incompleto solo in talune. Così, secondo ,-volff, Leibniz definisce le condizioni che rendono un oggetto riconoscibile - la distinzione del suo concetto-, ma non le condizioni che lo rendono costantemente riconoscibile nel tempo - la completezza del suo concetto. In breve, un concetto è completo non quando è pienamente analizzato (altrimenti sarebbe adeguato), ma quando è sufficientemente analizzato. Un concetto incompleto è una «descrizione» (Beschreibung), mentre un concetto completo è una «definizione» 17• Una definizione può essere di due tipi: «nominale» (Wort-Erkli.trung) o «reale» (Sack-Erkli.trung) 18• In una definizione nominale, viene semplicemente enumerata una certa quantità di note. In una definizione reale, invece, viene spiegato in che modo «ognuna» delle parti dell'oggetto, rappresentate da tali note, «è congiunta con l'altra» 19 • Per farlo, bisogna però avere un concetto distinto di ognuna di queste parti; dunque, non più un concetto completo dell'oggetto, ma un concetto adeguato. Nel passare da un concetto completo a uno adeguato, si passa dalla definizione nomi-
Ciò che Wolff intende sottolineare con la sua critica è il fatto che, secondo Leibniz, dato un concetto distinto, è possibile discernere un oggetto da rutti gli alai «per notas [...] et examina suJ!ìcitntia.,. (GP IV, 423, corsivo mio). Per Wolff, cioè, la sufficienza delle note - ciò che egli chiama la completezza del concetto - non è immediatamente data con il darsi di un concetto distinto, in quanto pouono esserci concetti distinti con un numero di note insufficiente a discernere l'oggetto sempre e comunque. La definizione wolffiana recita: «Notio completa est, qure notas sufficùnùs exhibit ad rem in statu quolibet agnoscendam & ab aliis distinguendam: incomplete vero, quae notas insufficimùs continent• (\VGW II, 1.2, § 92, corsi\·o mio). Su questo punto, dr. École 1990: 101-102. 11 WGW II, 1.2, § 123. " WGW I, 1, cap. I, § 15; trad. iL p. 55. 1' WGW I, 1, cap. I, § 36; trad. iL p. 79. 11 WGW I, 1, cap. I, § 41; trad. iL p. 85. 1• WGW I, 1, cap. I, § 48; trad. iL p. 91.
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nale alla definizione reale dell'oggetto20, con la quale si comprende il «modo in cui esso ha avuto origine o è diventato ciò che è,.sn, vale a dire la sua possibilità, la sua essenza. Se tutto questo è vero, l'accusa rivolta da Kant a Wolff, di cominciare dalle definizioni, e, ancor più, da definizioni formulate arbitrariamente attraverso una sintesi di concetti, sembra, allora, illegittima - a meno che Kant non si riferisca all'esposizione dottrinale degli scritti di Wolfr2 : un'interpretazione plausibile che non spiega, comunque, il bisogno di riformare la filosofia dalle fondamenta. Consapevoli di questa apparente affinità metodologica, alcuni studiosi hanno sostenuto che il tentativo di Kant di prendere posizione contro Wolff sia, in tutto e per tutto, un tentativo fallito, e che le regole del filosofare - almeno per quel che riguarda l'analisi dei concetti- sono essenzialmente identiche in entrambi23• Crediamo che le difficoltà riscontrate da Kant nel metodo wolffiano risiedano nel passaggio dalla definizione nominale alla definizione reale. Più precisamente, Kant non ritiene possibile ottenere la definizione reale di un oggetto dalla sua definizione nominale. Nella filosofia di Wolff, questo è possibile perché la definizione nominale non è semplicemente la definizione di una parola, ma è già la definizione di un oggetto, sebbene non sia ancora la sua definizione reale24 • Kant, al contrario, intende la definizione nominale in un senso molto più ristretto, molto più vicino a come la intendono i logici di Port-Royal25, ossia come la semplice definizione di una parola. Così, se da un lato resta decisivo per Kant ottenere il concetto completo e determinato di una cosa, dall'altro egli non intende più far coincidere questo concetto con una definizione nominale: il concetto
ro Cfr. WGW I, 1, cap. I, §§ 45, 54. " WGW I, 1, cap. I, § 48; trad. it. p. 91. tt In effetti, per Wolff, cosl come per i logici di Port-Royal (dr. Arnauld, Nicole 1969: 341), il 'metodo' può indicare sia la via da seguire per scoprire la verità, sia la via da seguire per comunicarla (dr. WGW Il, 1.3, § 885). Quest'ultimo è, appunto, il metodo sintetico, o id. "' UD 278-279; crad. iL mod. pp. 221-222. !1t La tradizione leibniziana cratta"-a ruuii segni alla scregua di simboli. In Wolff, la conoscenza
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fatto che gli occhi non puntano più al segno ma alla «cosa stessa». Per meglio dire, l'attenzione deve essere diretta al designato e non può, in nessun caso, essere distolta dal nesso di significazione con cui è legato alla parola: Le parole[ ... ] non servono ad altro che a far ricordare i concetti generali che si vogliono indicare, e occorre averne sempre dinanzi agli occhi il significato [Man muf3 ikre Bedeutung jederzeit unmittelbar vor Augen hahen]. L'intelletto puro è sottoposto ad uno sforzo continuo di attenzione, e in tal modo è facile che non si accorga che gli è sfuggita una nota di un concetto isolato, visto che nessun elemento sensibile ci indica questa trascuranza ... 93
Se il segno matematico ha la virtù, se non la funzione propria, di farci dimenticare il designato, la virtù del segno filosofico è di farcelo ricordare. Questo atto di rammemorazione richiede, inoltre, che si presti attenzione al nesso di significazione, dato che la parola, più che significare (bedeuten) il concetto, lo suggerisce, vi allude (andeuten). Tutto ciò non è così triviale come può sembrare a prima vista. Basti dire che Wolff ritiene che con le parole sia possibile distinguere ciò che nelle sensazioni rimane spesso confuso, se non oscuro: «Poiché, infatti, le nostre sensazioni sono ora in massima parte confuse e oscure (§§ 199, 214), le parole e i segni servono per la perspicuità [Deutlichkeit], distinguendo noi per mezzo di essi quanto di diverso troviamo nelle
simbolica, «figurliche Erklinmi.6,, (WGW, I, 2, § 317), designa ogni tipo di conoscenza che fa uso di segni, inclusa la conoscenza discorsiva. Wolff non distingue i segni sulla base della proprietà del loro nesso di significazione, ma sulla base dell'uso che può esserne fatto. Alcuni segni ser..-ono ad abbreviare un concetto, come in chimica e in astronomia. Altri sen-ono a nascondere ciò che si vuole dire, come nella crittografia e nell'alchimia. Altri ancora sen·ono a rappresentare in modo distinto qualcosa a qualcun altro, come i segni che descrivono una danza o quelli che descri\-ono i modi sillogistici. In ultimo, ci sono segni che servono a «inventare» (,ifind4n), come quelli algebrici o aritmetici e quelli- ancora da stabilire - dell'ars charactmstica, la scienza sognata da Leibniz, di cui Wolff continua a lamentare la mancanza (cfr. WGW I, 2, § 318). Sulla conoscenza simbolica, dr. anche WGW, II, 5, §§ 289 ss. Su questo tema, rimandiamo a Favaretti Camposampiero 2009. Significativamente, Kant scrive nella Refi.. 3389a, commentando Meier: «nicht jedes Zeichen ist symbol, sondem dieses [muB ei] ist ein Zeichen vom Zeichen~ CAA 16:814). Kant si riferisce alle parole, che Meier (1752: § 440) tratta come simboli: una parola è segno di un segno, in quanto può denotare la cosa stessa solo dopo aver denotato la rappresentazione (l'idea) della cosa. In nessun caso la parola può interrompere, come i simboli, il nesso di significazione. Considerazioni simili possono essere trovate nella Mttaph)·si.t L,: «[ ... ] Die ErkenntniB iscsymbolisch, wo der Gegenstand in dem Zeichen erkannt wird; aber bei der discursiven ErkenntniB sind die Zeichen nicht symbola, indem, indem ich in dem Zeichen nicht den Gegenstand erkenne, sondem das Zeichen mir nur die Vorstellung\-om dem Gegenstande hervorbringt. Z. E. das Wort Tuchistkein Symbol, sondem nur einMittel, die Vorstellungdes Verstandes durch.Associationherrnrzubringen,, (V-Met-Ll/Politz 238). .. UD 291-292; trad. it. p. 236.
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cose e tra loro»94 • Le parole aumentano la capacità del giudizio di distinguere, poiché rivelano in un ordine preciso «la connessione e la separazione dei concetti in sé»95• Il linguaggio, specialmente il linguaggio filosofico, tecnico, emendato dalle imprecisioni del senno communis, è capace di riprodurre, nel nesso istituito tra le parole, il nesso delle determinazioni intrinseche di un concetto96 • Al limite, i testi filosofici, se ben scritti, non richiederebbero nessuna ermeneutica: mediante l'esame della composizione linguistica (l'oratio extema), potremmo conoscere alla perfezione la composizione dei pensieri (l'oratio intema)97 • Per questo motivo, W'olff crede che la conoscenza simbolica sia migliore della conoscenza intuitiva, dal momento che può fare ciò che Kant reputa invece impossibile, cioè indicare «i rapporti dei pensieri filosofici»98 • In filosofia, l'universale non può essere conosciuto «sotto i segni» (unter den Zeichen) 99, ma «per mezzo di segni» (durch die Zeichen) 100, o «accanto i segni» (neben die Zeichen) io1. Vi è un abisso aperto dall'impossibilità per la parola di ritrarre il designato, di concretizzarlo sulla faccia esterna del significante. Questo abisso getta la filosofia nell'astrattezza, fa sì che il suo discorso ruoti intorno a qualcosa di insensibile, di invisibile. 'Astratto' significa, in questo senso, sottratto alla possibilità di essere visto. In filosofia né figure né segni visibili [sichtbare Zeichen] possono esprimere il concetto o le sue relazioni, né si può sostituire lo spostamento dei segni secondo regole alle considerazioni astratte, in modo da sostituire la rappresentazione delle cose stesse con la rappresentazione più chiara e più semplice dei segn~ ma è necessario invece riflettere sul generale in abstracta. 102
" WGW I, 2, § 319. " WGW I, 2, § 321. " cEn raison de leur saucrure compositionnelle et de leur fonction cognim·e, !es termes teehniques offrentl'échantillon d'un langage où les possibilités de comp0$itiondes mots correspondent aux J>O$Sibilité de combination des notions, et où tout terme exprimant une notion complexe fait connaia-e distinctement, par la seule inspection de ses parties, !es determinations dont se com}>O$e la notion exprimée,. (Favareui Camposampiero 2015: 601). 97 Cfr. Cataldi Madonna 1994: 400. 91 UD 278; a-ad. it. p. 222. "Ibid. 100 UD 278; a-ad. it. mod. p. 221. 101 UD 291; a-ad. it. p. 236. 100 UD 279; a-ad. it. p. 222.
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Da qui, la difficoltà del compito filosofico di analizzare i concetti. Occorre seguire le ricorrenze della parola e tenere sott'occhio costantemente i suoi nessi di significazione, senza avere mai l'assoluta certezza che ciò che la parola designa sia la stessa cosa in tutti i casi, precisamente perché il concetto non appare nella disposizione grafica del segno stesso.
3. Il nucleo emumeutico della filosofia La natura delle parole impone al filosofo il compito di prestare costantemente attenzione al nesso di significazione: Nella filosofia in genere, e in modo particolare in metafisica, le parole ottengono il loro significato attraverso l'uso discorsivo [durck den Redegebrauck], a meno che il significato non venga determinato con maggiore esattezza mediante una limitazione logica. Ma, poiché spesso, per concetti simili, che pur contengono notevolidifferenze, si adoperala stessa parola, ogni qual volta si usa il concetto si deve avere molta cura nel verificare, anche se in apparenza 1a denominazione sembra essere corretta secondo l'uso discorsivo [Redegebrauck], se sia davvero il medesimo concetto, nel caso in questione, a essere collegato con il medesimo segno. 10,
Il compito principale della filosofia è l'analisi di concetti dati. Ma quali concetti ci sono dati «per mezzo di» o «accanto» questa e quest'altra parola? Lo si può comprendere prestando attenzione ali' «uso» (Gebrauch) del «discorso» (Rede). Non si tratta di un semplice lavoro preliminare, ma di un lavoro che è consustanziale al processo analitico stesso. Kant afferma, ad esempio, che, se si vuole chiarire il concetto di «tempo», «occorre considerare questa idea nelle sue varie relazioni onde scoprire per analisi le sue note» 104 • Queste «relazioni» non sono altro che i differenti contesti enunciativi nei quali appare il concetto designato dalla parola 'tempo'. Infatti, se è attraverso il Redegebrauch che «le parole derivano il loro significato» 105 , è ancor sempre attraverso di esso che «il loro significato, nell'applicazione, subisce una quantità di oscillazioni insensibili alla cui diversità occorre fissare la mente» 106 • Discernendo tra il buono e il cattivo uso del linguaggio, facendo attenzione «ai vari casi, [e] dando ogni volta al concetto il
UD 284-285; trad. it. mod. p. 228. UD 277; trad. it. mod. p. 219. 1°' UD 284; trad. it. P· 228. 106 UD 289; trad. it. p. 2aa. 100
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suo significato» 107, si potrà identificare ciò che è proprio al concetto e formulare le proposizioni indimostrabili con le quali ha davvero inizio il discorso filosofico. Kant prende il verbo «distinguere» (unterscheiden) come esempio. Siamo soliti dire che un uomo distingue l'oro dall'ottone sulla base della sua densità specifica. Tuttavia, siamo anche soliti dire che una mandria di animali «distingue tra i cibi quando ne mangia uno e ne lascia un altro» 108 • In entrambi i casi, usiamo la stessa parola, ma non designiamo lo stesso concetto. 'Distinguere' significa, nel primo caso, «riconoscere la differenza», mentre, nel secondo, significa che «in presenza di rappresentazioni distinte, si agisce distintamente» 109 • Il raffronto tra gli usi del verbo 'distinguere' ci permette di individuare nel concetto la presenza di una nota, ossia il giudizio. Solo il primo uso del verbo implica la facoltà di giudizio e solo questo dovrebbe essere considerato l'uso corretto (supposto che l'intelletto percepisca il giudizio come una nota immediatamente evidente del concetto). Possiamo concludere, perciò, che qualcosa è davvero distinto solo se è stato giudicato. Poiché una mandria di animali non può giudicare, essa non può distinguere qualcosa da qualcos'altro. Un altro esempio del processo ermeneutico implicato nell'analisi filosofica è contenuto nei Traume 110• Dopo aver affermato che «le chiacchiere metodiche delle alte scuole sono spesso soltanto un accordo per sfuggire con parole ambigue» (veranderliche Wortbedeutung)m a questioni insolubili, Kant prosegue: Io non so quindi se vi siano spiriti, anzi, ciò che è più ancora, non so neppure che cosa significhi la parola 'spirito'. Poiché, tuttavia, io stesso me ne sono servito, o ho udito altri servirsene, si deve pur intendere qualcosa con essa, sia questo qualcosa chimera o realtà. Per svelare questo significato recondito [ver.steckte Bedeutung], metto il mio malinteso concetto di fronte alle applicazioni più diverse e, in quanto rilevo a quali conviene e a quali no, spero di manifestarne il senso nascosto [verborgener Sinn]. 112
1or UD 290; trad. it. p. 234. 101
UD 285; trad. it. mod. p. 229.
lot]l>i,d_
no Seguiamo l'interpretazione diSini (1966: 69-70), il quale, sulla base di alcune considerazioni di de Vleeschauwer (1934: I, 103 ), giudica i Triium1 la concreta applicazione del metodo filosofico delineato nella DIUt1ichktit. 111 TG 320; trad. it. mod. p. 102. 11• TG 320; trad. it. mod. p. 103.
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E, in una nota a piè di pagina alla fine del passo appena citato, Kant sostiene che l'uso discorsivo [Redegebrauck] e il collegamento di un'espressione con diversi racconti, nei quali si ritrova sempre una stessa caratteristica principale, le conferiscono un significato determinato [bestimmte Bedeutung] che per conseguenza può essere manifestato solo traendo fuori dalla sua oscurità questo senso recondito [v~eckter Sinn] attraverso una comparazione con i diversi casi dell'applicazione che con esso si accordano o contrastano. 113
Lo scopo di Kant in queste prime pagine dei Traume è determinare il contenuto del concetto di spirito, a prescindere dalla realtà o possibilità della cosa stessa. Tale contenuto, che chiamiamo il cogitatum del concetto, deve essere determinato analizzando l'uso della parola corrispettiva, ovunque essa appaia. Il Redegebrauch declina il concetto, lo riproduce in tale e in tal altra circostanza, ma, allo stesso tempo, getta un'ombra su di esso, cosicché a prima vista appare «recondito», «nascosto». Nel caso del concetto di spirito, quest'ombra arriva ancor più in profondità, poiché non è possibile identificare le esperienze dalle quali il concetto sarebbe stato originariamente astratto, e l'unica spiegazione plausibile che può essere data è che il concetto di spirito sia «surrettizio», ossia derivato da «inferenze oscure» 114 • Con ciò, l'analisi non è resa superflua, è resa soltanto più difficile. L'esperienza, che non aiuta a stabilire l'origine del concetto, diviene il campo di prova per verificare gli usi della parola. Sotto questo aspetto, i Traume sono perfettamente in linea con la Deutlichkeit. Sennonché, nel libello del 1766, Kant affianca al metodo analitico
"'TG32ln.; trad. it. mod. p. 103, n. 11• lbid. Non crediamo che lo studio degli usi linguistici della parola 'spirito' sia un espediente impiegarodaKantpersopperireallamancanzadidatiempirici,comeargomentaMcQuillan(2015). La genealogia del concetto non ci dice nulla riguardo al cogitatum. Anche se ne avessimo riconosciuro la natura illusoria e fossimo riusciti a identificare il punto esatto, nel corso dell'esperienza, in cui l'immaginazione ha indotto l'intelletto a dedurre l'esistenza di un'entità alla quale è stato daro poi il nome di 'spiriro', non avremmo determinaro ancora ciò che è propriamente designaro con quesro nome, cioè quale sia il referente concettuale. Crediamo perciò che l'esperienza giochi un ruolo ausiliario nell'analisi filosofica di un concetto, nella misura in cui i dati sensibili dai quali il concetro è stato tratto possono rendere più facile l'identificazione delle sue noce caratteristiche. Nella nota citata più sopra, Kant sta dicendo che, nel caso del concetto di spiriro, non possiamo avere alcun aiuro di quesro tipo. Si può dire che, in quanro astratto, il concetro è consideraro nella sua/lJT1Ml.ità; in quanro pensaro, invece, nella sua rtaltà. È sotto quest'ultimo aspetto che la filosofia tenta di estrapolare il concenuro determinaro del concetto, comparando gli usi della parola ed esaminando i suoi vari nessi di significazione. Tuuo ciò, a prescindere dallo stato della cosa denotata dal concetto. Poiché se ne parla, poiché si usa la parola 'spiriro', «si deve pur intendere qualcosa con essa, sia quesro qualche cosa chimera o realtà. (TG 320; trad. it. p. 103).
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un criterio epistemologico ancora assente nel 1762: una forza fondamentale, una «Grundkraft» 115, quale l'azione di una sostanza, non può mai essere realmente compresa, può solo essere riconosciuta a posteriori, sulla base dei suoi effetti116• Nei Traume, diviene centrale la differenza tra l'atto della comprensione, che Kant esprime con il termine begreifen (talvolta con einseken), e che si riferisce alla tradizionale comprensione dell'essenza, ossia della possibilità di una cosa, e l'atto del riconoscimento, che Kant esprime con il termine erkennen, il quale attesta l'azione di una causa nell'effetto stesso, in una forma di intellezione tutta interna all'esperienza sensibile, che non permette di elevare la sensazione dell'effetto a ratio cognoscendi della causa: «Poiché l'esperienza può insegnare che le cose del mondo che noi chiamiamo materiali hanno una tale forza [scil. una forza di repulsione], ma non farcene comprendere la possibilità» 117• Questo criterio epistemologico condiziona il metodo stesso, poiché restringe in via preliminare il numero dei possibili usi validi della parola. I significati che denotano i caratteri interni dello spirito, come la forza rappresentativa, vengono esclusi per principio, mentre restano quelli che denotano i suoi caratteri esteriori, i quali, dopotutto, sono riducibili a uno: l'impenetrabilità. I teorici dell'injluxus pkysicus, come K.nutzen e Crusius, e alcuni teorici dell'armonia prestabilita, come Baumgarten e Meier, definivano gli spiriti 'sostanze semplici impenetrabili'. È proprio questo il significato che Kant vuole mettere alla prova attraverso l'esperienza. Ora, Kant invita inizialmente a immaginare uno spazio pieno di materia: Prendete uno spazio di un piede cubico e supponete vi sia qualcosa che riempia questo spazio, che cioè si opponga alla penetrazione di qualsiasi altra cosa; in questo caso nessuno chiamerà spirituale l'essere che in tal modo è nello spazio. Esso andrebbe evidentemente chiamato materiale,
TG371. Sull'incomprensibilità delle forze fondamencali, dr. l'analisi di Howard (2019). 117 TG 322; trad. it. p. 106. In questo senso, ci sembra che Rukgaber accordi a-oppa p~itività all'epucemologia kantiana, poiché la descrive come una sorca di razionammo empirata: «Kant's conception of the method of metaphysics u that it u a form of reasoning that u rooted in !he primitives of empirical experience and thac it uses !he fundamental principles of all cognition to infer to lhe necessary conditioru or determining grounds ofwhat u given in experience- (2018: 382). Il ricon~ento, l'attestazione di cui abbiamo parlato non è una forma di deduzione razionale, come la intende Rnkgaber. 111 11 •
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perché è esteso, impenetrabile, e, come ogni altra cosa corporea, sottoposto alla divisibilità e alle leggi dell'urto. 118
Si noti come la dinamica degli elementi primi dei corpi sia inquadrata nella nuova metodologia filosofica: in questo passo, Kant fa cadere l'accento su ciò che può essere chiamato spirituale e su ciò che può essere chiamato materiale. L'azione del criterio epistemologico dell' erkennen sugli usi linguistici esclude preliminarmente la possibilità di applicare il concetto di spirito a qualcosa di impenetrabile, contro le tesi di molti Weltweisen. La Monadologia physica, infatti, aveva dissociato l'impenetrabilità dalla posizione puntiforme, dal luogo, e l'aveva considerata l'effetto di una forza di repulsione. A risultare impenetrabile può essere soltanto qualcosa di esteso. Kant prosegue allora immaginando che si inseriscano all'interno del «piede cubico» alcune sostanze immateriali, le quali, se fossero davvero impenetrabili, come sostengono taluni, dovrebbero sostituirsi alle sostanze materiali già presenti in esso: Ora chiedo: se pongo questa sostanza semplice in uno spazio di un
piede cubico, pieno di materia, dovrà allora un elemento semplice di questa lasciar libero il posto perché lo riempia questo spirito? Dite di si? Bene; allora il detto spazio, per accogliere un secondo spirito, deve perdere una seconda particella e cosi infine, se si ,:a avanti, si avrà uno spazio di un piede cubico riempito di spiriti, la cui massa resisterà per impenetrabilità come se fosse di materia e sarà quanto questa soggetta alle leggi dell'urto. 119
L'esito dell'esperimento è che, se la parola 'spirito' avesse realmente il significato di 'sostanza semplice impenetrabile', il designato sarebbe «esternamente» 120 indistinguibile dalla materia. Ciò che Kant vuole mostrare con questo esperimento non è tanto il rischio di materialismo in cui incorrerebbero i filosofi che localizzano l'anima 121 , quanto l'incapacità di potersi riferire linguisticamente a due enti di specie diversa, qualora entrambi condividano lo stesso attributo dell'impenetrabilità. Poiché è nell'effetto che va intravista la causa, un medesimo effetto,
111 11t
TG 320; trad. it. mod. pp. 103-104. Ibid.
"° TG 321; trad. it. mod. p. 104. m Cosllo intende HeJ3bruggen-Walter (2019), per il quale coloro che assegnano allesoslllllZe immateriali un luogo, e dunque l'impenetrabilità, darebbero adiro a una tesi «cripro-materialisr:a.. 1
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quale la resistenza di un corpo, non permetterebbe di riconoscere una volta una causa materiale, un'altra volta una causa spirituale, con la conseguenza che non si saprebbe più cosa chiamare materia e cosa chiamare spirito. Kant conclude, dunque, che ciò che è veramente pensato nel concetto di spirito è una sostanza immateriale capace di essere presente nello spazio attraverso una forza diversa dalla forza di repulsione: «O il nome 'spirito' è una parola senza senso o il suo significato è quello qui indicato» 122•
4. Sul ccmcetto di Redegebrauch Kant non è certamente il primo ad aver notato che il linguaggio verbale è spesso impreciso. ·wolff, nella Logica latina, distingue tra «termini vagi», ai quali corrispondono concetti variabili, e «termini fixi,., ai quali corrispondono concetti invariabili12a. Nell'attesa che si superi la scrittura alfabetica a favore di un sistema di notazione diretta dei concetti (la tanto agognata ars characteristica) 124, la risposta di Wolff ai difetti del linguaggio verbale consiste nel trasformare, quando necessario, i termini incontrati nel senno communis in termini tecnici, dal significato fisso 125 • Ciò vuol dire che i filosofi possono sottrarre alcune parole dall'usus loquendi e arbitrariamente limitarne il nesso di significazione per renderlo invariabile. In casi estremi, gli è permesso concepire termini ex novo per esprimere adeguatamente questo o quest'altro concetto 126 • A tal proposito, la filosofia di Meier è ancor più
1tt TG 321; trad. it. mod. p. 105. Con questo esperimento del piede cubico, risultato dell'azione dell'epistemologia dell'n-kmnm sul nucleo ermeneutico del metodo filosofico, Kant risoh·e quell'impasse in cuisenti'lia di trovarsi ancora neDaDtutliclwit, doveesita\'a ad affermare che l'anima non è impenetrabile come le sosianze materiali: «Ammetto che la dimostra.zione, di cui siamo in possesso, che l'anima non è materia, è buona. Ma guardate\':i bene dal dedurne che l'anima non è di natura materiale. Dicendo questo infatti ognuno intende non soltanto che l'anima non è materia, ma anche che essa non è una sostanza semplice tale da poter essere un elemento della materia. Ciò richiederebbe in\'ece una dimostrazione a parte, in virtù della quale si pocesse dire che questo essere pensante non è nello spazio cosl come vi stanno gli elementi corporei, e cioè per impenetrabilità, e che esso non può costituire insieme ad altri una cosa estesa ed un aggregato; ma questa è una dimostrazione che non ci è ancora stata data e che, quando la si tro\'asse, ci potrebbe spiegare l'inconcepibile modo in cui uno spirito è presente nello spazio» (UD 293; trad. it. pp. 237-238). "'WGW II, 1.2, § 129. Sull'imperfezione delle parole, dr. anche Locke 2011: Lib. III, Capp. IX-X. ... Cfr. Favaretti Camposampiero 2015 . ... Questa eventualità era già stata presa inconsiderazione dai logici di Port-Royal (dr. Arnauld, Nicole 1969: 149 ss.). '" «Indisc:iplinis adeo termini ve! philosophiciexcogitandi (§ 145-146), aut terminus in communi sermone obvius a recepto usu loquendi ad significatum alium non minus proprium cransferendus
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istruttiva. Nell'Auszug aus der Vemunftlehre, del 1752, Meier afferma: «Man muB alle nothige Kunstworter seiner Hauptwissenschaft wissen, und im Falle der Noth ist es erlaubt, neue Ausdriicke zu erfìnden. Ein Kunsn'lort (terminus technicus) ist ein Ausdruck, welcher ausser einer Kunst oder Disciplin gar nicht gebraucht werden darf»m. Cosl, l'uso di termini tecnici, che non possono essere impiegati al di fuori della disciplina per la quale sono concepiti, isola il filosofo dal resto del mondo. In tal senso, si può comprendere il sarcasmo con il quale Kant si rivolge, nei Traume, ai Weltweisen, «come volentieri si fanno chiamare»128: i filosofi si ritraggono dal mondo (Welt), che dovrebbe essere oggetto della loro sapienza (Weisheit), per abitarne uno fittizio, una «Gedankenwelt» 129 . In effetti, secondo Meier, gli accademici possono stipulare un accordo, affine a quello stipulato nella vita quotidiana, per parlare un linguaggio vernacolare, elitario: Der gemeine Gebrauch zu reden (usus loquendi) ist die Uebereinstimmung im gemeinen Leben, vermoge welcher Leute, die eine Sprachereden, mit gewissen Worteneine oder mehrere Bedeutungen verbinden. Der gelehrte Gebrauch zu reden (receptus tenninorum significatus) ist eben dergleichen Uebereinstimmung derjenigen, die sich einer Disciplin befleiBigen. 130
Abbiamo diretto la nostra attenzione a Meier perché Kant scrive due importanti Reftexùmen sulla sua copia delAuszug, accanto al passo che abbiamo appena citato. La Refi. 3409: «Der [bekante] gewohnliche Gebrauch bestimmt die Bedeutung der Worte. Man muB keine eigne Bedeutungen alter Worte, auch nicht neue Worte statt alter aufbringen. Verba valent sicut numi; a nomos: Gesetz»m; e la Refi. 3410: «Man muB keine neue Sprache einfiirhen, sich der Ausdrucke der Alten bedienen» 132• Introdurre una nuova parola è come introdurre una valuta che non ha corso legale. Ma anche la semplice tecnicizzazione di una parola d'uso comune non è consentita: a tal proposito, è significativo quanto afferma Kant nel Beweisgrund, ossia che non ci
(§ 148), hoc est, oommunis in philosophicwn aut ùchnicum seu terminum artis crarumutandus» (WGW, II, 1, § 165). 1• 7 Meier 1752: § 446. ltl TG319; trad. it. P· 102. IHTG342. 120 Meier 1752: § 446. 121 12 •
AA 16:818-819. AA 16:819.
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sarebbe bisogno di analizzare il «semplice e ben inteso» concetto di esistenza, se esso non fosse stato «infelicemente manipolato» (ungluklich gekunstelt) 133 , contraffatto dal pensiero filosofico. Il significato di una parola stabilito ex cathedra appartiene a quegli abusi del segno verbale che l'analisi deve escludere dal regno della verità del concetto. Il rigetto di Kant per tutto ciò che è artificiale, al quale ha certamente contribuito la lettura di Rousseau, riposa sull'assunto che il concetto è un oggetto mondano. Se il concetto è dato - come Kant non si stanca di ripetere nella Deutlichkeit -, esso è dato sopra ogni altra cosa dal mondo, da una comunità di esseri parlanti. Il contenuto reale di un concetto è depositato nel «natiirlicher gemeiner Verstand», il quale corre costantemente il rischio di essere corrotto da «falsa arte» 134 - non da ultimo, dalle sottigliezze degli accademici135 • Questo non vuol dire che il discorso filosofico debba essere escluso dall'analisi per principio. Al contrario, Kant si rivolge a un «discorso» (Rede) che include tutto quanto è stato detto su una certa cosa. Del resto, un frammento di verità può conservarsi anche nella più profonda falsificazione. Per questa ragione, nei Traume, Kant analizza indiscriminatamente dottrine filosofiche e «storie»: «storie di apparizioni», «storie di spettri» 136•
'" BDG 71; trad. it. p. 111. BDG 65; trad. it. p. 105. 125 Da questo punto di vista, si possono interpretare le proposizioni indimostrabili come l'espressione del modo più semplice di pensare un concetto, piuttosto che come l'espressione delle parti semplici contenute in esso. A ben vedere, questa è la locuzione usata da Kant, •i pensieri più semplici,, (UD 281; trad. it. mod. p. 225). Detto altrimenti, la semplicità di questi pensieri non do\Tebbe essere compresa in un senso spaziale, come il risultato di una suddnisione del concetto, ma in un senso etico-antropologico. L'analisi può allora essere intesa come un processo di ritorno da una comprensione sofisticata e acculturata, e per ciò stesso, con buona probabililà, falsa, a una naturale e semplice, vera perché comune a tutti gli esseri umani. ... TG 350; trad. it. p. 138. 12•
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III
Neurofisiologia del visionario
1. Un testo controverso Nel 1953, Mariano Campo scriveva che «sul vero ed unico pensiero di Kant nei Traume si può indefinitamente litigare»1 • Gettando uno sguardo alla letteratura pubblicata da allora, si può dire che questo giudizio a tutt'oggi non sia stato smentito. Gli studiosi fanno ancora fatica a trovarsi d'accordo sulle reali intenzioni di Kant. A dire il vero, il sentimento di perplessità in chi legge i Traume eines Geistersehers è stato dominante fin dalle primissime ricezioni dell'opera. Tra il 1766, anno della sua pubblicazione, e il 1767, il libello kantiano è stato recensito più volte2 • Mendelssohn, al quale Kant aveva inviato personalmente una copia dei suoi «Traumerey»a, non nasconde il proprio senso di smarrimento e afferma di non capire se Kant abbia voluto deridere la metafisica o rendere credibile la visione degli spiriti: «Die schwerzende Tieffen, mit welchem dieses Merkchen geschrieben ist, la.Bt den Leser zuweilen in Zweifel, ob herr Kant die Metaphysik hat lacherlich, oder die Geisterseherey glaubhaft machen wollen» 4• A distanza di un secolo e mezzo, il dubbio di Mendelssohn risuona ancora nelle domande che Cassirer si pone in Vita e dottrina di Kant: Ma qual era dunque il vero e proprio momento determinante in tale paradossale mescolanza di serio e di faceto? Qual era il vero volto dell'autore e quale la maschera indossata? Lo scritto era solo un parto momentaneo del libero umore oppure dietro questo gioco satirico del pensiero si celava invece qualcosa come una ... tragedia della metafisica? 5
Campo 195~: 441-442. Cfr. Anonimo 1767a; Anonimo 1767b; Feder 1766; Herder 1967; Mendelssohn 1767. • Br68. • Mendelssohn 1767: 281. • Cassirer 1977: 9~. 1
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La similitudine di Cassirer è consona all'impressione che si ha, leggendo i Traume, di assistere a una rappresentazione teatrale, il cui intreccio è difficile da dipanare per il fatto che le diverse dramatis persona sono tutte interpretate da uno stesso attore. Si stenta a riconoscere il vero volto di Kant tra le maschere indossate. Dov'è che questi è davvero se stesso, quando dà alla visione degli spiriti un fondamento metafisico, teorizzando l'esistenza di una Geisterwelt, come parte di un più ampio mundus intelligi.bilis che include in sé anche i principi vitali più basilari, oppure quando osserva con occhio medico i meccanismi fisiologici della percezione e giudica la visione degli spiriti una malattia per la quale è raccomandabile l'internamento? Inoltre, non potrebbe darsi il caso che la verità si trovi da entrambe le parti? E se invece non fosse in nessuna di queste? I più attenti tra i lettori, come Herder, hanno rilevato la presenza di una spaccatura che divide l'opera in due: «Der Ganze der Schrift dorfte nicht gnug Einheit, und ein Theil nicht gnug Beziehungaufden andernhaben. Der Verfasser tragtdie Wahrheiten von beiden Seiten vor, und sagt wie jener Romer: einer sagt nei! Der andre: ja! ihr Romer, wenn glaubt ihr?»6 • Da un lato, infatti, Kant espone, nel Cap. II, Parte I, un «frammento di filosofia segreta» atto a rivelare le leggi pneumatiche che ci legano in vita al mondo degli spiriti, e allestisce a tale scopo una scenografia da società illuminata, dove l' «iniziato», dopo aver appreso a percepire intellettivamente le «forme spirituali e prive di veste corporea», si appresta al «pericoloso viaggio» 7 nel regno crepuscolare della metafisica. D'altro lato, nel Cap. III, Parte I, troviamo un' «anticabala», dove Kant espone le cause fisiche della visione degli spiriti, classificandola tra le malattie della mente. L'andamento schizoide della narrazione ha portato uno studioso a parlare della presenza di una «contraddizione strutturale» che rende alquanto complicata un' «interpretazione univoca»8 del testo. Alcuni autori si sono rassegnati fin da subito di fronte alle difficoltà dei Traume: Zammito ha liquidito l'intera questione giudicando il testo «a confused provocation»9 rivolta al gruppo dei filosofi di Berlino; Rauer ha ritenuto, invece, che il testo non abbia una vera e propria struttura, ma che sia piuttosto una «unordentliche Darstellung», un
' Herder 1967: 130. TG329; crad. ic. p. 113. 1 Stengel 2008: 44 (crad. mia). ' Zammito 2014: 81.
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caos «in der vollen Blute des barocken Stils»10 • La restante letteratura critica ha affrontato la «contraddizione strutturale» difendendo una delle due parti contro l'altra, e costruendo, da un lato, l'immagine di un Kant metafisico e misticheggiante, dall'altro, l'immagine di un Kant che riduce l'attività percettiva dell'anima ai processi fisiologici. Ne sono derivate due grandi correnti interpretative di cui forniremo qui di seguito un breve schizzo. La schiera di pensatori afferente alla prima corrente interpretativa sostiene che Kant, per tutto il periodo precritico, non si sia mai allontanato dal concetto classico di metafisica ereditato dai grandi filosofi del suo tempo, e che si sia rivolto agli scritti di Swedenborg con sincero interesse, tanto da farsene più o meno consapevolmente influenzare. L'a1a estremista di questa corrente fa capo al teologo evangelico Tafel e allo spiritista du Prel, autore, il primo, di un trattato concernente alcuni presunti Erfahrungsbeweise fur die Unsterblichkeit und f ortdauenuie Wiedererinnerungskraft der Seele rinvenibili nei testi kantiani11 ; curatore, il secondo, di un'edizione delle lezioni di psicologia razionale trascritte da Politz tesa a mettere in evidenza la mystische Weltanschauung di Kant12 - edizione da tempo screditata 13 ma che continua, nondimeno, a fare nuovi proseliti14 • L'a1a moderata, d'altro canto, pur non arrivando a fare di Kant un discepolo di Swedenborg, ne fa comunque un attento studioso disposto a subirne l'influsso teorico. Gli appartenenti a quest'ala 15 sono soliti rimettersi all'autorità di un esegeta eminente come Vaihinger, il quale, nel suo celebre Kommentar zu Kants Kritik der reinen Vemunft, arriva a dire che «der wild gahrende Most des Swedenborg'schen Mysticismus ist bei Kant zu dem edeln, milden und doch kraftigen Wein des Kriticismus abgeklart» 16 • Costoro individuano nel concetto di mundus intelligibilis il nodo teorico che lega i due pensatori. Kant lo avrebbe mutuato da
Rauer 2007: 151. Tafel 1845. Prel 1964. De Toni 2004. Flonchutz 1993;Johnson 1996, 2003, 2008, 2009; Palmquiu 1989a, 1989b, 2002. " Cfr. David-Ménard 1987, 1990, 2008; de Boer 2019; Hanegraaff 2008; McGlynn 2014; Stengel 2008; Thorpe 2011. " Vaihinger 1970: II, 513. 10
Cfr. " Cfr. " Cfr. ,. Cfr. 11
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KANT, I FILOSOFI, I VISIONAR.I
Swedenborg, trasformato e incorporato nella parte pratica del suo sistema critico 17 • A dimostrazione del suddetto influsso, tale corrente interpretativa si appella non tanto a precise corrispondenze concettuali, quanto agli attestati di stima che Kant elargisce a Swedenborg nella lettera a Charlotte von Knobloch e a certe «menzioni rispettose» 13 rinvenibili nelle trascrizioni di Politz 19 • Alcuni, come Stengel, si appoggiano alla ricezione dei Traume da parte di autori come Oetinger, Clemm e Lavater, basandosi sulla supposizione che chi è più vicino temporalmente a un testo ne è anche l'interprete migliore 20• A fronte di queste deboli prove, sarebbe sufficiente far notare che ci sono nei Traume diversi passi in cui Kant si rivolge a Swedenborg - che trascrive 'Schwedenberg', letteralmente 'montagna della Svezia' - in modo tutt'altro che lusinghiero, come quando lo definisce un «Erzphantast unter allen Phantasten»21 • Ma anche nella lettera a Charlotte von Knobloch è piuttosto evidente la diffidenza che Kant riserva alle dicerie riguardanti il chiaroveggente svedese: Del resto, è tanto difficile accertare l'incomprensibilità [Unbegreiflichkeit] e l'inutilità di questo genere di apparizioni (mentre, per contro, accade spesso che si scopra l'inganno e che sia facile essere ingannati), che io, poco disposto come abitualmente sono a procurarmi incomod~ non ho mai ritenuto consigliabile espormi a questo scopo allo spavento in cimiteri o in luoghi tenebrosi. 22
1' Motta (2017) ritiene invece che Kant sarebbe debirore a Swedenborg della nozione trascendentale difenomeno, in quanro gli influssi spirirualiappaiono al ,isionario sottoforma di apparenze spaziotemporali. 11 Hanegraaf2008: 162 (trad. mia}. 11 Si cita spesso un passo in cui Kant avrebbe affermaro che il pensiero di Swedenborg è csublime,.: «Der Gedanke des Swedenborg ist hierin sehr erhabe~ (V-Met-Ll/Poliiz 298). Amme5$0 che Kant si sia effea:ivamente espresso in questi termini, dire che qualcosa è csublime,. significa giudicarlo sul piano estetico, senza entrare nel meriro della sua verità o falsità. I pensieri di Swedenborg suscitano, in chi li incontra, un sentimenro del sublime. Giudizi estetici di quesro tipo possono essere a-ovati nelle Beobachtungm, ad esempio quando Kant scrive che nelle «considerazioni della metafisica sull'eternità, sulla pro,•videnza, sull'immortalità della nostra anima, vi è una certa sublimità e dignità» (GSE 215; trad. iL mod. p. 301). !noia-e, andando avanti nella trascrizione di Herder, Kant prende le distanze dalla supposta capacità di Swedenborg di percepire gli influssi subiti dal mundus i ~ : «Da ich aber in dieser Welt noch eine sinnliche Anschauung habe; so kann ich nicht zugle1ch eine geistige Anschauung habe» {V-Met-Ll/Poliiz 300). oo Cfr. Stengel 2008: 45-62. • 1 TG354. 00 Br44; trad. iL p. 37.
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Quando non li si ignora tout court o, peggio ancora, li si distorce, i passi confutatori, di cui anche le opere critiche non mancano, vengono discussi o accusando Kant di disonestà, come quando gli si imputa l'uso di un «puerile device» per nascondere l'influsso che il «great master of the occult»23 avrebbe esercitato su di lui, oppure psicoanalizzandolo, individuando nel trattamento riservato pubblicamente a Swedenborg il meccanismo freudiano della negazione24• In ogni caso, nessun credito viene dato al motivo che Kant dice essere all'origine dei Traume, ossia «la preghiera e l'insistenza di amici impertinenti e oziosi» 25 , che viene giudicato retorico, insincero, mentre in fin dei conti resta il più verosimile. D'altra parte, sarebbe vano sottolineare, portando la discussione sul piano dei concetti, che il mundus intelligibilis che Kant teorizza nei Traume - un «gran tutto» 26 che raccoglie al suo interno le sostanze immateriali create-, non è affatto identico a quello teorizzato negli scritti critici di filosofia pratica. Nelle Grundlegung zur Metapkysik der Sitten e nella Kritik der praktiscken Vernunft, con il mundus intelligibilis è pensata una «unione sistematica di diversi esseri razionali»27 , ma non come un insieme di sostanze localizzate nello spazio e capaci di interagire mediante influsso reciproco, piuttosto come un insieme di volontà libere tra le quali vige una relazione di concordanza per essersi date, ognuna autonomamente, la stessa legge morale. La tesi generale di questo gruppo di studiosi è che il concetto di mundus intelligibilis sarebbe stato incorporato nel sistema critico solo a seguito di una trasformazione, e che, al di là di questa, le tracce della sua provenienza da Swedenborg continuerebbero a essere vistose. Questi studiosi non tengono in debita considerazione che Kant si è potuto confrontare con fonti di maggiore spessore filosofico per ragionare intorno al mundus intelligibilis, fonti alle quali lo stesso Swedenborg avrà attinto nei suoi racconti fantasiosi, come Baumgarten, Wolff, e prima ancora Leibniz 23• È avendo in mente il regnum gratia! di Leibniz che le metafisiche tedesche del primo Settecento parlano della Geisterwelt e delle leggi pneumatiche che regolano i nessi tra gli spiriti. Inoltre,
n Manolesco 1969: 17. Cfr. anche Stengel 2008: 40 ss.; Hanegraaff2008: 164 ss. Cfr. David-Ménard 1990. u TG 367; trad. i.t. mod. p. 158. " TG 329; trad. i.t. p. 114. ., GMS 433; trad. i.t. p. 101. M
n Cfr. Nemi.tz 1994.
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questi studiosi evitano accuratamente di discutere quei passi che mostrano con chiarezza la posizione di Kant riguardo a un possibile mundus inteltigibilis, ad esempio quando egli afferma di aver formulato «concetti vertiginosi di una ragione per metà poetica, per metà deduttiva» (sckwindlichte Begriffe einer halb dichtenden, halb scklieJJenden Vernunft)29; oppure, quando si riferisce alla teoria esposta nel Cap. II, Parte I, chiamandola la «mia pretesa dottrina della comunione degli spiriti» (mein anmaJJlicker Lekrbegriff von der GeistergemeinsckaftY,0 ; o ancora, quando definisce la stessa teoria «una invenzione venutaci dal paese incantato della metafisica» (Scklaraffenland der Metapkysik? 1• Come avremo modo di mostrare meglio più avanti, Kant ammette tutt'al più di avere una propensione per le tesi della pneumatologia, dichiarando però di non volervi cedere, avendone riconosciuto la radice antropologica, la speranza nella vita dopo la morte, che costituisce la fonte da cui attinge la metà poetica e, in fondo, consolatoria della dottrina della Geisterwelt. Al contrario della prima, la seconda corrente interpretativa avvalora la narrazione del Kant fisiologo, che considera la visione degli spiriti una malattia della mente causata dall'alterazione dei tessuti nervosi del cervello. Gli studiosi afferenti a questa corrente32 descrivono un Kant che negli anni '60 avrebbe abbracciato senza riserve l'empirismo, abbandonando ogni progetto di carattere metafisico. Ma l'empirismo non è affatto estraneo a considerazioni sulla natura degli spiriti00• Il Kant più maturo riconoscerà, infatti, che esso non può essere un rimedio alle speculazioni della ragioné 4• Nei Traume, l'esperienza ha rilievo nella misura in cui permette al pensiero di accedere ai
tt TG 348; a-ad. it. mod. p. 135. so TG 350; a-ad. it. mod. p. 138. " TG356; a-ad. it. p. 144. st Cfr.Jalley-Crampe 1979; Laywine 1993; Rozenberg 1985; Schonfeld 2000; Tiùsted 2013. u cNon c'è nessuna ragione per cui si debba tt0\'3I'e sa-ano che io attribuisca allo spirito la mobilità; poiché, non avendo ala-a idea del moto se non quella di un cambiamento di distanza da ala-i esseri che sono considerati immobili, e trovando che gli spiriti, esattamente come i corpi, possono operare soltanto dove si trovano e che gli spiriti, in diversi tempi, operano in diversi luoghi, non posso non attribuire il cambiamento di luogo a tutti gli spiriti finiti (poiché qui non parlo dello Spirito infinito), poiché l'anima mia, essendo un essere reale quanto il mio corpo, è certamente altrettanto capace di mutare la propria discmza da qualunque ala-o corpo, o essere, quanto lo è il corpo stesso; ecosl è capace di moto• (Locke2011: Libro II, Cap. XXIII,§ 19,337). :11 cln mancanza di queste considerazioni, e avendo riscontrato nell'esperienza concetti puri dell'intelletto, il celebre Locke fece deri"'3I'e anche tali concetti dall'esperienza; e tuuavia procedette in modo tanto incons,gumu da avventurarsi in tentativi di conoscenze che vanno di gran lunga al di là dei confini dell'esperienza., cosicché egli capri le porte alla Schwiinurli, perché la ragione,
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contenuti dei concetti metafisici: Kant non si astiene dal discorrere dei rapporti tra sostanze materiali, delle forze di repulsione con cui le monadi riempiono lo spazio, ma si ritiene autorizzato a farlo solo ex post, a seguito di una Erkennung che si gioca tutta a livello della sensazione priva di concetto. È comunque all'interno di questa corrente che si trova il lavoro più articolato scritto ad oggi sui Traume, il Kant's Early Metapkysics arul, the Origins ofthe CriticalPhilosopky di La)"Vine. La)"Vine ha riconosciuto nei Traume la presenza di molteplici voci e ha tentato di dare un senso al loro alternarsi chiarendo così l'apparente «contraddizione strutturale» del testo: nei Traume, «nothing is straightforward, because the reader must constantly make an effort to figure out when Kant speaks in his own voice and when Kant assumes a voice whose utterances are later to be undermined»:;5• Laywine individua, così, la presenza di due voci, una di Kant e una di un ideale «uncritical metaphysician»: nei Capp. I e II della Parte I sarebbe il metafisico a parlare, incerto, in un primo momento, circa il modo dell'agire spirituale, ma pronto, una volta iniziato al mistero, a varcare i limiti della conoscenza umana per speculare sul commercio tra mondo corporeo e murul,us intelligibilis; nel Cap. III della Parte I sarebbe invece Kant a prendere parola e a smentire la teoria degli influssi spirituali, giudicando la Geisterseherei una malattia della mente e dando una spiegazione fisiologica della sua origine; nel Cap. IV della Parte I tornerebbe in scena il metafisico, conscio ora dei suoi errori e pronto a fare ammenda sottoponendosi alla disciplina del pensiero critico; infine, nei tre capitoli che compongono la Parte II, trattandosi di una parte «storica» che presenta una sintesi delle presunte testimonianze paranormali di Swedenborg, non vi sarebbe alcuna ragione di dubitare che la voce narrante sia quella di Kant. Tuttavia, la lettura di LaY'vine si basa sull'idea infondata che i Traume siano un testo di rottura assoluta, con il quale Kant abiurerebbe alla sua intera riflessione filosofica:; 6 • LaY'vine svolge la sua interpretazione senza mai considerare la questione del metodo, centrale nel Kant
quando ha il diritto dalla sua, non si lascia più trattenere con generiche esortazioni alla moderatezza,, (KrV B 127-128; trad. it. mod. pp. 159-160). " l.aywine 199l>: 85. " l.aywine asseconda la narrazione di Beiser, per il quale nei Trtit.ttM Kant maturerebbe un «complete scepticism,, (1992: 45) nei confronti della metafisica in generale, anche della propria. La letrura di I.aywine è soumcritta, tra gli altri, da Schonfeld (2000: lSl> ss.).
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degli anni '60, e non coglie, perciò, che tra i Traum.e e la Deutlichkeit vi è un elemento di continuità dato dall'analisi del concetto di 'spirito', svolta nel Cap. I, Parte I. Ma, se a parlare in questo capitolo non è una satirica! persona bensì il Kant autentico, che applica al concetto di spirito il metodo filosofico riformato nel 1762, allora l'intera architettura del testo deve essere rivista. Il nostro intento è di proporne qui di seguito un disegno nuovo, che nessun interprete ha finora tentato.
2. Le tre voci del dramma Ad agire nei Traum.e non sono due, bensì tre voci. Nel Cap. I, Parte I, l'istanza narrativa non può che essere quella di Kant. Qui si determina il contenuto del concetto di spirito attraverso un processo ermeneutico attento alla consuetudine linguistica: la parola 'spirito' può voler significare soltanto una sostanza semplice che agisce con una forza diversa dalla forza di repulsione. Nello stesso capitolo, Kant svolge diverse altre riflessioni che ci accingiamo ora ad analizzare, nel tentativo di misurare il valore teorico che ognuna di esse realmente possiede e di dare, così, una rappresentazione quanto più esatta della fase in cui viene a trovarsi il pensiero di Kant in questo scritto. 2.1 Le prospettive kantiane sull'essere dell'anima nel mondo Alla determinazione del contenuto del concetto di spirito segue la teoria per la quale le sostanze immateriali occupano uno spazio senza riempirlo. Questa teoria è esposta da Kant in forma ipotetica e rappresenta, in fondo, un esercizio filosofico inconcludente: «Tali nature spirituali sarebbero presenti nello spazio, in modo però che questo rimarrebbe penetrabile per esseri corporei, perché la loro presenza implica, sì, un'attività nello spazio, ma non il suo riempimento»07• Kant espone ciò che si dovrebbe dire se si volesse dimostrare il modo della presenza e dell'attività dello spirito nel mondo a partire dal significato di 'spirito' di cui ormai si è in possesso. L'attività dello spirito sarebbe esterna ma priva dell'esteriorità che le farebbe assumere la forma della forza di repulsione: «ragioni», queste, che Kant giudica «difficili a comprendersi...» 311 • L'epistemologia dei Traum.e prevede, infatti, che si vada dall'esperienza della cosa al sovrasensibile che ne è a fondamento. Nel caso delle sostanze materiali questo è senza
•; TGll2ll; crad. it. mod. pp. 106-107 (corsivo mio). ,. TG l.24; crad. it. p. 108.
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dubbio possibile: facciamo esperienza dell'impenetrabilità, sentiamo la resistenza che i corpi oppongono al nostro tatto, riconosciamo dunque l'azione di una «forza di repulsione, che deve essere attribuita alla materia e per conseguenza anche ai suoi elementi»:;9 • Ma, nel caso degli spiriti, anche se la teoria dell'occupazione senza riempimento fosse vera, quale tipo di esperienza potremmo mai averne? Nessuna; o meglio, nessuna che possa essere distinta da una qualunque altra esperienza delle cose materiali. Allo stesso modo, anche la risposta data da Kant all'annoso problema della sedes anim, § 722 . .. V-Met'Herder 147. 17 V-Met'Herder 146.
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È all'interno dei singoli elementi corporei che l'anima è presente e agisce. Lo stato interno di questi elementi è per lei oggetto di conoscenza. Ragion per cui il commercio tra le due specie di sostanze è univoco: per agire sull'anima il corpo dovrebbe agire sul suo proprio interno, dovrebbe in qualche modo rendersi esterno a se stesso. L'espressione «divinità del corpo» (Gottheit des Korpers) indica per l'appunto una presenza immediata e intima, priva di contatto, dunque di forza repulsiva. Come ricorda Kant nella Monadologia physica, che Dio sia presente immediatamente e intimamente a tutte le cose non significa che le tocchi58 • Eppure, a ben vedere, il brano tratto dalle lezioni non si limita a descrivere la presenza dell'anima nel corpo ricalcando la presenza di Dio nel mondo. Più che risiedere all'interno degli elementi corporei, l'anima è questo stesso interno, è la forza fondamentale che permette a un corpo di agire («ohne die die Korper nicht wirken»). Ma, allora, si può davvero dire che vi siano due classi distinte di sostanze? Non ve n'è forse una sola, alla quale bisogna dare il nome di anima? Mai come in questo brano Kant si è avvicinato a Leibniz, e nel paragrafo conclusivo del primo capitolo dei Traume, pur non spingendosi così lontano come nelle trascrizioni herderiane, egli abbozza una compagine concettuale del tutto simile. È abbastanza chiaro che Kant è consapevole di contravvenire al principio da lui stesso posto di attenersi nelle questioni metafisiche ai dati sensibili. Egli è attento a renderci noto che non sta facendo altro che esprimere delle impressioni - «Sembra che ... »-, le quali, a voler essere rigorosi, sarebbero, certo, proibite, ma alle quali egli comunque cede, come per sbirciare un'ultima volta oltre il limite del sapere, prima che questo cali sbarrando definitivamente la vista. 2.2 La metafisica dell'irritabilità Ora, se si mettono nella giusta prospettiva i passaggi del primo capitolo dei Traume che abbiamo appena ripercorso, appare con sufficiente chiarezza che i due capitoli successivi non sono più attribuibili a Kant: infatti, sia la «filosofia segreta» esposta nel Cap. II, sia la «filosofia volgare» esposta nel Cap. III considerano il concetto di spirito un concetto oggettivo, non problematico, e ne rappresentano la presenza nello spazio come un'attività circoscritta a un'area particolare del cervello.
11
Cfr. MoPh483; trad. it.p.177.
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Le elaborazioni teoriche che dipartono da questa visione localistasono contrapposte, come si può evincere dalla sola lettura dei titoli: da un lato abbiamo una «filosofia segreta» che si propone di «svelare la comunione con il mondo degli spiriti»; dall'altro, abbiamo una «filosofia volgare», un' «anticabala», che intende «negare» tale comunione. Entrambe queste filosofie corroborano i propri raziocini dialettici appoggiandosi a una fisiologia apertamente ispirata a Descartes. Nel Cap. II si afferma che i fenomeni riportati dai Geistersehers «non possono essere qualcosa di comune e di ordinario, ma si verificano solo in persone i cui organi sono dotati di un'irritabilità [Reizbarkeit] straordinaria»59, intendendo per 'organi' «non gli organi della sensazione esterna, ma il cosiddetto sensorium dell'anima, cioè quella parte del cervello il cui movimento suole accompagnare le diverse immagini e rappresentazioni dell'anima pensante, come ritengono i filosofi.»60 • È dunque una proprietà organica, quale l'irritabilità del senso,ium commune, che, provocando un «turbamento dell'equilibrio dei nervi»61 , consente al Geisterseher di essere ricettivo verso le «sensazioni spirituali» (geistige Empfindungen) 62 provenienti dal mundus intelligibilis. Ma, d'altro canto, è questa stessa irritabilità, questo stesso squilibrio nervoso a essere esposto nel Cap. III come prova medica della follia del Geisterseher: qui si suppone, infatti, che, per un qualche caso o malattia, certi organi del cervello siano talmente alterati e privi del loro equilibrio naturale che il movimento dei nervi, che vibrano in armonia con certe fantasie, avvenga secondo talune linee di direzione che, prolungate, si incontrerebbero fuori del cervello,6'
., TG 339; a-ad. it. mod. p. 126. '° TG 339n.; a-ad. it. p. 126, n. Il smsorium commun1, punto di convergenza dei nen'Ì del corpo umano, termine ultimo degli stimoli sensoriali e luogo di origine degli impulsi motori, ,'iene ad assumere, nella medicina di fine '600 e inizio '700, la funzione prima assunta dalla ghiandola pineale carresiana, attraverso autori come Willis e Vieussens, fino a Hoffinann e Boerhaave. Nei Fundammta 1Mdicincu del 1695, Hoffinann dissente da Descarres sul piano anatomico, ma sul piano funzionale il smsorium COllll7IWU, meglio identificabile nel corpus catlosum, resta il centro di raccolta delle percezioni esterne e il luogo dal quale la mente può esercitare il suo influsso sul corpo, sulla base del libero arbitrio: «Il sensorio comune è dove tuue le percezioni si raccolgono. Non è la ghiandola pineale, ma il cosiddetto centro ovale o base dei ventricoli cerebrali, dove tutti i corpi striati terminano o da cui i neni traggono origine. Nel sensorio comune, come in un tribunale supremo, tuue le impressioni delle cose esterne sono raccolte attraverso i sensi e percepite dalla mms. Quind~ da questo supremo luogo di direzione, gli spiriti animali, in base all'arbitrio e alla deliberazione della mms, sono diretti e in'l.iati alle parti che hanno bisogno di essere animate da senso e moro- (Hoffinann 1695: Cap. VI,§§ XLI-XLII, a-ad. it. in De Ceglia 2009: 319). " TG 339; a-ad. it. p. 126. u TG 340; a-ad. it. p. 126. 0 TG 346; a-ad. it. mod. p. l:;3. Per parte sua, Kant pensa dell'irritabilità che essa sia una
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dando quindi adito alla visione degli spiriti. Il retroterra dell'eziopatogenesi esposta nel Cap. III è dichiaratamente cartesiano: [... ] misi permetta di prendere per fondamento [Gru,ui] ciò che Descartes ammetteva e ciò su cui la maggior parte dei filosofi. dopo di lui ha dato il proprio assenso, e cioè: che tutte le rappresentazioni dell'immaginazione sono accompagnate da certi movimenti nel tessuto o nello spirito dei nervi del cervello, chiamati idete materiales, e cioè, forse, da una scossa o tremito dell'elemento sottile che i nervi secernono. M
Se, in corrispondenza di certe rappresentazioni, gli spiriti vitali producono movimenti in qualche modo sproporzionati, disegnano figure oblunghe, o decentrate, sulla materia cerebrale, allora quelle che dovrebbero risultare pure e semplici fantasie vengono trasposte nel mondo esterno, diventando vere e proprie apparizioni. La Geister-
«proprietà cosl provata, ma nel tempo stesso cosl inesplicabile.. ·" (TG ll2 l; trad. it. p. 116), avvicinando in tal modo la sua posizione a quella di Haller. Facendo sua la merodologiadi Newton, Haller ritiene di non poter andare oltre i fenomeni per individuare una causa prima dell'irritabilità, causa che di per sé non potrebbe essere suscettibile di osservazione sperimentale (dr. Pecere 202ll: 96-97}. " TGll45; trad. it. mod. p. lll2. 1ìa i «filosofi,. a cui Kantsi riferisce vi è senza dubbio Wolff, nel quale una fisiologia di impronta cartesiana com'h·e con la dottrina dell'armonia prestabilita tra l'anima e il corpo: «Ora, per quanto concerne il corpo, è ,•ero che nel cervello si verifica un sottile movimento quando nell'anima ha luogo la sensazione. Infatti il movimento che è impresso ai nervi negli organi di senso viene propagato fino al cervello. E la materia, una volta che n è posta in movimento, si muove nei nenoi, che raggiungono altre membra del corpo, e in esse causa il mmimento, che è conforme al volere dell'anima,. (WGW I, 2, § 778; trad. it. p. 619); «Tutte le sensazioni dell'anima sono associate nel corpo, e precisamente nel cen•ello, a un particolare mo"imento di una sottile materia fluida (§ 778). [...] E questo hanno riconosciuto Cartesio e perfino coloro che sostengono l'influsso naturale. Infatti dappertutto si ammette che esista un identico stato del cervello, se identiche immagini sono prodotte dall'anima. (WGW I, 2, § 812; trad. it. p. 641). Si noti come Wolffusa espressioni che rimandano all'armonia prestabilita, come «essere conforme a» o «essere associato•. Nella Ps;-chotogia rationalis si fa espressamente uso della locuzione 'idea materiale', ritenuta l'estrema propaggine di mo,imenti sorti inizialmente negli organi di senso sotto forma di 'specie impresse': «Motum ad objecto sensibili organo impressum dicemus post ha.e Sptcùm impmsam. Motum vero inde ad cerebrum propaga.rum, vel ex ilio in cerebro enatum, ldlam mat4riaum appellabimus» (\\.'GW, II, 6, § 112). La locuzione si trova anche in Baumgarten: «Motus cerebri, coexsistentes, anima.e repraesentationibus successi,ois 1DEAE NATE· JUALEs vocantur. Hinc idea.e materiales sunt in corpore sentientis vel imaginantis anima.e(§ 508)» (17797 : § 560). In Crusius, che va annoverato tra «coloro che sostengono l'influsso naturale», gli spiriti ,-itali, i «Lebensgeistern», hanno invece un contatto diretto con la sostanza spirituale: «Die Bewegung in den Werkzeugen der ausserlichen Sinne verunachet eine Bewegung der Substanz der Seele. Und diese Bewegung der Substanz der Seele ist vermittelst gewisser Gesetze der Actionen in der Natur von Gott zur Bedingung gemacht worden, unter welcher gewisse geistige Krafte, welche diewahre "oirkende Una.che der Vorstellungen sind, lebhaft und l\'Ì.rksam werden. [... ] Es Bestehet a.ber die Bewegung in den Werkzeugen der ausserlichen Sinne alle zeit in einer Riihrung der Nerven, wodurch das in ihnen enthaltene ftuidum 1UTV,um, oder die Lebensgeister, in Bewegung gebracht werden, welche Bewegung sich, weil die Nen·en ganz mit Lebensgeistem angefùllet sind, auch in dem Augenblicke bis ins Gehirne fortsetzen mu.13, wie in der Physik gelehrer wird• (Crusius 1965: § 80).
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seherei è, in questa prospettiva, un «disturbo dell'animo» (Storung des Gemuths )65 originato da un'eccitabilità anomala del sensorium commune. La straordinarietà del visionario è contrassegnata, quindi, da una profonda ambivalenza: da una parte, può essere intesa come una straordinarietà elitaria, ottenuta «ex divina domini misericordia»66, e allora il visionario, in quanto prescelto, è un «semi-cittadino dell'altro mondo» 6 ;; dall'altra, può essere intesa come una straordinarietà patologica, da sottoporre ad attenzione medica, e allora il visionario è un «candidato all'asilo» (Candidat des Hospitals)68 • 2.2.1 CAUSE FISICHE PRIVE DI RAGIONI METAFISICHE, Già da quello che abbiamo fin qui detto, appare il motivo per cui nessuna di tali «filosofie» può essere ritenuta kantiana: entrambe accordano ai rapporti causali una razionalità che nell'orizzonte filosofico di Kant è andata eclissandosi con lo scritto sulle Negative Groften. In questo testo, Kant limita le capacità intellettive umane alla sola comprensione dei logische Griinde, cioè delle ragioni logiche ottenute per analisi, escludendo la comprensione dei Realgrunde, cioè dei nessi tra ratio e rationatum inerenti ai rapporti causali: Io comprendo assai bene in che modo una conseguenza venga posta da una ragione secondo la regola dell'identità, poiché la si ritrova in essa attraverso la suddivisione dei concetti. Così, la necessità è una ragione dell'immutabilità, la composizione una ragione della divisibilità, l'infinità una ragione dell'onniscienza, etc. etc., e riesco chiaramente a comprendere questo nesso tra ragione e conseguenza perché la conseguenza è veramente identica a uno dei concetti parziali della ragione e, poiché è già racchiusa in quest'ultima, viene posta da questa secondo la regola della concordanza [Einstimmung]. Ma in che modo una cosa nasca da un'altra cosa non seguendo la regola dell'identità: ecco ciò che vorrei mi fosse chiarito. Chiamo ragione logica il primo tipo di ragione, perché il suo rapporto con la conseguenza può essere compreso logicamente, e cioè in modo chiaro secondo la regola dell'identità, ma chiamo, invece, ragione reale la ragione del secondo tipo, perché questo rapporto, pur
" " " u
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TG 346; TG360; TG 348; TG 348;
trad. trad. trad. trad.
it. it. it. it.
mod. p. 133. p. 151. pp. 135-136. mod. p. 136.
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appartenendo ai miei concetti veri, non può essere giudicato in nessun modo secondo la sua natura.69
Ciò che delle ragioni reali sfugge alla comprensione è in che modo esse, per così dire, possano uscire fuori di sé e «porre» (setz.en) qualcosa d'altro rispetto a loro stesse. Kant solleva nelle Negative Groften una domanda che è diretta, con tutta evidenza, al principio leibniziano di ragion sufficiente: «In che modo posso capire perché, essendoci una cosa, ce n'è un'altra?» 70• Il principio di ragion sufficiente rende la posizione di B da parte di A intelligibile a priori, e non dà nessun ragguaglio sul come questa posizione sia di fatto intelligibile, poiché la assicura di diritto alla comprensione, con i favori del lume naturale. Il principio ci dice che c'è un perchi, ma non ci dice come questo perché sia per noi un perché. Kant sembra porsi qui in una prospettiva che è già, in un certo senso, trascendentale: nella domanda sul modo di conoscere si può presentire la domanda su quali siano le facoltà in gioco nella conoscenza. Ma, nelle Negative Groften, Kant è in linea di massima scettico. Egli non crede che esista una risposta alla domanda sul come si possa capire che, data una certa cosa, un'altra è posta. Finché quest'altra cosa è inclusa nella prima, concorda, cioè, con un tutto dal quale è stata separata soltanto dall'analisi, non c'è nemmeno motivo di parlare di due cose diverse: la seconda è parte integrante della prima: l'immutabilità è parte integrante della necessità di Dio, così come la divisibilità è parte integrante della composizione dei corpi, e si potrebbe andare a,•anti con gli esempi. La comprensione è sempre e solo comprensione del concetto, che è ragione logica di tutte le sue parti; ma il concetto, di per sé, è impotente nei confronti delle ragioni reali racchiuse nelle cause, nelle forze. In unaReftexion databile tra il 1775 e il 1779, Kant sente ancora il bisogno di annotare sulla sua copia della Metaphysica di Baumgarten la differenza tra ragione logica e ragione reale: «ratio vel analytica
" NG 202; trad. it. mod. pp. 286-287. Nelle lezioni di metafisica trascritte da Herder si trovano riflessioni affini: ,,.Aller Grund ist entweder logisch, durch welchen die Folge per regulam identitam gesetzt wird, die mit ihm einerley ist, als ein Pradikat. I oder real, durch welchen die Folge nicht per regulam identitam gesetzt wird, die mit ihm nicht einerley isc. [ ... ] Die Verkiipfung zwischen dem logischen Grund und Folge ist wohl: nicht aber zwischen dem Real-Grund zu begreifen, daB wenn etwaz gesetzt werde, zugleich waz andres gesetzt werde» (V-Met/Herder 11-12). '° NG 202; trad. it. mod. p. 287.
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(logisch) vel synthetica (Realgrund)» 71 • All'origine della crisi apertasi nel 1763, ed esacerbatasi con i Traume nel 1766, vi è proprio l'idea di una sintesi tra cose che si svolge al di fuori della comprensione logica dei loro concetti. Il pensiero, pervenuto alla propria essenza analitica, osserva con distacco, immobile e muto, le connessioni del mondo esterno, la cui unità sintetica è quanto di più distante vi è dal soggetto conoscente. È significativo che la Dissertatio del 1770 prenderà le mosse proprio dalla nozione di mondo e saprà scioglierne finalmente l'enigma indicandone la genesi nella «sintesi» del tempo che appartiene alle «leggi dell'intuizione» 72 • Ed è significativo, d'altra parte, che Kant reputi di «una certa importanza» le fantasticherie di Swedenborg per il fatto di provenire da «un'illusione dei sensi ben concatenata», la quale «è in generale un fenomeno più notevole dell'illusione della ragione» 73 : notevole non per la sola peculiarità di essere sensibile, ma poiché conferisce al sensibile una razionalità, vi apporta una sintesi, una «concatenazione» di cui, agli occhi di Kant, almeno all'epoca dei Traume, il soggetto non è capace. Nel capitolo conclusivo dei Traume, Kant ribadisce i limiti della comprensione razionale: Poiché nei rapporti di causa ed effetto, di sostanza e atto, la filosofia serve anzitutto a scomporre i fenomeni complessi e a ridurli a rappresentazioni più semplici. Ma quando infine si è giunti ai rapporti fondamentali, l'opera della filosofia è alla fine e non è mai possibile comprendere per mezzo della ragione come qualcosa possa essere una causa o avere una forza: questi rapporti devono essere presi unicamente dall'esperienza. Poiché la nostra ragione si muove di regola al confronto secondo l'identità e la contraddizione. In quanto invece qualcosa è causa, ,,i è qualche cosa che pone qualche cosa d'altro, ma non si stabilisce così nessun rapporto basato sulla concordanza [Einstimmung], ragion per cui, se io non voglio considerare la stessa cosa come causa, non ne nasce mai una contraddizione, poiché non è contraddittorio, quando una cosa è posta, sopprimerne un'altra. 74
Una volta giunti analiticamente alle forze fondamentali, se ne può al massimo prendere atto, ma per quel che riguarda i rapporti che le
" AA 17:28. ~ MSI 387; trad. it. p. 223. ,, TG 360; trad. it. p. 150. " TG370; trad. it. mod. p. 161.
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legano ai fenomeni, «questi rapporti devono essere presi unicamente dall'esperienza», li si può tutt'al più riconoscere, nella logica dell'erkennen esposta più sopra. Nei Traume vi è un rassegnarsi della ragione a se stessa, un consapevole rinserrarsi della ragione nella propria essenza logica, identitaria, che lascia gli accadimenti del mondo alle loro leggi eteronome, inasservibili al principio di contraddizione. Al concetto non resta che la comprensione vuota, inessenziale, di se stesso, mentre un barlume di conoscenza reale sopravvive nel sapere che sperimenta di volta in volta i rapporti tra le cose senza però comprenderli davvero 75• È sufficiente prestare attenzione al registro linguistico dei Capp. II e III per rendersi conto che qui le cause conservano quel nucleo di razionalità di cui Kant le ha private: la voce narrante del Cap. II afferma di aver trovato «fondamenti razionali [Vernunftgrunde] plausibili che spieghino i racconti di spettri, così spesso d'intralcio ai filosofi, e tutti quegli altri influssi spirituali di cui qui o là si parla» 76 ; mentre la voce narrante del Cap. III afferma di «poter addurre qualcosa di comprensibile come causa [etwas Begreiftiches zur Ursache] di questo genere di disturbo dell'animo» 77 • Entrambe le «filosofie», l'illuminata e l'illuminista, seppur in disaccordo tra loro, sono accomunate dal fatto di ignorare la distinzione tra begreifen ed erkennen tracciata da Kant nel Cap. I e di porre una connessione reale, afferrabile dalla ragione, tra causa ed effetto. 2.2.2 LILLUSIONE DEI SENSI E L'INGANNO DELL-\. RAGIONE. L'interesse dimostrato da Kant per le malattie della mente, con la pubblicazione, nel 1764, di un Versuch uber die Krankheiten des Kopfes, è stato uno dei maggiori motivi che ha spinto alcuni interpreti a ritenere che il Cap. III della Parte I contenga il momento risolutivo del dramma, dove Kant illustra i meccanismi fisiologici alla base della Geisterseherei 78•
:s Tonelli ha saputo cogliere la sottigliezza della problematica kantiana: essa riguarda la sII'Uttura ontologica del concett0 di causa, non la possibilità di constatare, aaraveno l'esperienza, particolari relazioni causali: «Xane Problematik bettifft hier die ontologische Sa-ukrur des Kausalbegriffes, nicht die Grundlage der Feserell.ung der besonderen Kausalbeziehungen ___ ,. (Tonelli 1966: 451). Tale struttura ontologica non è affatt0, come in Hume, respinta come pm'a di senso, «als sinnlos,. (il>id.), piuttosto, la sua intellezione è vincolata all'esperienza. Di diverso a,"'ÌSO Andenon (2013), il quale legge invece nei Tnium, l'influsso di Hume. " TG 340; trad. ic. mod. p. 127. :: TG 346; trad. ic. mod. p. 133. " Cfr. H~briiggen-Walter 2019; Jalley-Crampe 1979; Laywine 1993: 72-100; Rauer 2007: 149-245; Rozenberg 1985; Schonfeld 2000: 229-244; Thisted 2013.
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Ma, al di là di ogni facile accostamento che si può fare tra il Cap. III della Parte I e il Versuch del 1764, proprio nell'instaurazione di un rapporto causale, razionalmente fondato, tra le alterazioni del sistema nervoso e le malattie della mente si ha l'indizio che a parlare in quel capitolo non sia davvero Kant. Bisogna innanzitutto tenere conto che nei Traume la prospettiva psicopatologica con cui si guarda alla Geisterseherei si avvale della nosologia proposta nel Versuch solo da un punto di vista nominale: la visione degli spiriti è definita nei Traume una forma di «vaneggiamento» (Wahnsinn)i 9 , ma è localizzata nella sensibilità, mentre nel Versuch sono le facoltà superiori della conoscenza (in particolare l'intelletto) a essere colpite dal vaneggiamento80 • Inoltre - e ciò rappresenta l'elemento di maggior rilievo-, nel Versuch non c'è alcuna eziologia a cui Kant avrebbe potuto richiamarsi nei Traume: l'articoletto del 1764 non è un'indagine sulle cause delle malattie mentali, bensl un tentativo di classificarne le manifestazioni81 • Il corpo, che pure gioca un ruolo cruciale nello scritto, compare come sede della malattia: in linea di principio, si può certo dire che è un male di natura fisica a spingere l'anima a un uso distorto delle facoltà; tuttavia, non si stabilisce mai in che modo questo male faccia valere i propri effetti nocivi sull'anima, poiché per stabilirlo si sarebbe dovuto prima determinare in che modo avvenga in generale il commercium mentis et corporis, compito che, a questa altezza del suo pensiero, Kant ritiene impossibile. Ciò non vuol dire che gli appellativi di Wahnsinniger e di Schwarmer conferiti a Swedenborg, e ai visionari in generale, non debbano essere presi sul serio82 • Fin quando la narrazione resta sul terreno puramente descrittivo, a guidarla è Kant. Nella Parte II dei Traume, in procinto di esporre la «quintessenza» 86 degli Arcana Ca!lestia di Swedenborg,
" TGl.46; trad. it. p. t:;l,_ Nel Vmuck Kant classifica il Walmsinn come un «primo grado» di «disturbo dell'intelleao» (Stiirung des Vn-stand«s), il quale fa sl che «da esperienze in rutto e per rutto corrette si giudichi in modo distorto» (VKK. 267-268; trad. it. mod. p. 51). 11 «Ho inoltre prestato auenzione solo alle manifestaZioni [Enchnnung1n] [delle malattie] nell'animo, senza Yoleme scrutare la radice, che, a dire il vero, risiede certamente nel corpo, e che, per la precisione, ha la sua sede centrale più nell'apparato digerente che nel cervello,, (VKK 270; trad. it. mod. p. 58-59). Su questo rema mi permetto di rimandare a Costantini 2018 . .. L'appellativo torna nella Refi. 1486: «Schwedenborgs und aller Schwarmer (Mystia) symbolische auslegung der Bibel» (AA 15:710). a TGl.61; trad. it. p. 151. 10
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Kant riflette di nuovo sulla visione degli spiriti in termini medici e la descrive nel complesso come una sindrome: il sintomo principale, il tratto distintivo della patologia, è il «vaneggiamento» (Wahnsinn), riconducibile a un' «illusione dei sensi» (Tauschung der Sinne), al quale si somma poi la propensione alla speculazione metafisica, la «fabulazione» (Wahnwitz), riconducibile a un «inganno della ragione» (Betrug der Vernunft)34 • Swedenborg «non rimane confinato nelle sue visioni»85; le riflette, le razionalizza. Il rimuginio filosofeggiante, il lavorio concettuale è, però, secondario rispetto alla sensazione illusoria che ne costituisce il «primo fondamento»86 • Coerentemente, allora, Kant decide di rivolgere la sua attenzione solo ai (presunti) dati empirici riportati da Swedenborg, a «ciò che i suoi propri occhi hanno visto e le sue orecchie sentito»: I suoi racconti e la loro sistemazione sembrano effettivamente originati da un'intuizione fanatica ffanalisches Anschauen] e danno poco adito al sospetto che chimere speculative di una ragione deviata che lambicca [eine verkehrte grublende Vemutifì] debbano a,1erlo portato a inventarli e a costruirli a fini di inganno.87
Kant si limita a osservare; non trae alcuna conclusione sull'eziopatogenesi della malattia. Nel Cap. III della Parte I, invece, la voce narrante va ben al di là di un atteggiamento puramente osservativo e descrittivo: Non mi lascerò liquidare dal riferimento ad altri casi che hanno qualche somiglianza con questa illusione [Tauschung] e che si verificano, ad esempio, nello stato febbrile; perché non si vuole sapere qui se l'inganno [Betrug] avvenga in ogni caso, qualunque sia lo stato di chi ne è soggetto, sano o malato, ma come esso sia possibile. 88
Si tratta quindi di comprendere la possibilità, l'essenza della visione degli spiriti ponendone alla base un meccanismo fisiologico che si è sicuri di poter spiegare razionalmente. Certo, una spiegazione di questo genere non è meno folle della follia di cui vuole rendere
,. TG l.60; ss TGl.61; " TG l.60; 17 lbid. 11 TGl.44;
trad. it. mod. p. 150. trad. it. P- 151. trad. it. mod. p. 150. trad. it. mod. p. llll.
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conto. Le leggi della meccanica non bastano a salvare la fisiologia dal raziocinio, qualora si trovi in connubio con la psicologia razionale. Ciò che Kant dirà nella Vorrede all'Anthropologie è in perfetta sintonia con lo spirito dei Traume: Chi rimugina sulle cause naturali su cui poggia, ad esempio, la capacità mnemonica, può qui e là raziocinare [verniinfteln] (seguendo Descartes) sulle tracce residue delle impressioni lasciate nel cervello dalle sensazioni; ma deve ammettere che egli, in questo gioco delle sue rappresentazioni, è un puro spettatore e deve lasciar fare alla natura, in quanto non conosce i nervi cerebrali e le fibre, né può servirsene per i suoi fini, e, perciò, deve ammettere che ogni raziocinio teoretico [theoreasche Vemiinfteln] al riguardo è in pura perdita.89
Nel testo dei Traume bisogna dunque tenere accuratamente distinto il piano nosologico, volto a classificare la Geisterseherei sulla base dei suoi sintomi, e il piano eziopatologico, volto a individuarne la causa e il meccanismo di azione. Solo il primo è davvero kantiano; l'altro appartiene alle Gedankenwelten della filosofia speculativa. Tutto questo doveva in qualche modo apparire chiaro già dal titolo dell'opera. Sogni di un visionario spiegati coi sogni delta metafisica non significa: dietro ogni visionario vi è sempre un metafisico, come se il visionario fosse la degenerazione, o, peggio ancora, l'evoluzione naturale del filosofo, e l'esperienza della comunicazione tra gli spiriti la diretta conseguenza di una scienza degli spiriti90 ; il titolo ha un
" Anth 118; crad. it. mod. p. S. '° Questo è stato finora il senso generale dato all'opera, soprattutto dagli studiosi francesi Delacroix, uno dei primi a occuparsi dell'affair• Swedenborg. scrive: ,,A. cravers Swedenborg le 'l,oyant et le doctrinaire, Kantvise la mécaphysique de l'école wolfienne; il cra,'aille à moncrer que !es.Arcana c,sd,stia renferment au fond la m@me docaine que le dogmaàsme mécaphpique enseigne avec tant d'assurance; et que, cette doctrine admise, ou du moins son point essentiel, la notion d'esprit, il de,i.ent aisé d'y faire encrer la possibilité d'une communication excraordinaire avec le monde immatériel [ ... ]. .'\insi se trom·ent expliqués par une disposition essentielle de la nature humaine le retour si fréquent, et l'adoption constante et passionnée de récits de ce genre. Mais cette condition nécessaire n'est point suffisante; ou conscruit des syscems pour render plausible cette croyance; derriere !es histoires d'esprits il y a une docaine des esprits, une philosophie qui s'efforce d'écablir la possibilité d'événements de ce genre,, (1904: 559, 565-566). Identico al giudizio di Delacroix è quello di Jalley-Crampe: «Plus qu'un individu producteur d'ceu,Tes suspectes aux jugements de la rationalité, M. de Schwedenberg est pour Kant le symbole peut~tre prn'Ìlégié, la figure typiqtu que la raison renconcre et plus gra,·ement, suscice. [ ... ] !es r@ves d'un ,i.sionnaire ne sont pas étrangers aux r@ves de la mécaphysique ; mieux, ce sont !es reves de la raison qui, peut@cre, détiennenc la clé des visions de l'enthousiasce. [ ... ] Swedenborg ne reve pas cantparce qu'il est fou que parce qu'il est, comme tout homme raisonnable, habité, fourvoyé par le désir spéculatif et l'intéret pratique de la raison. [... ) Les reves de la raison métaphysicienne peuvent expliquer ceux
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significato diverso, di cui bisogna saper cogliere il sarcasmo: le spiegazioni dei sogni di Swedenborg qui addotte sono a loro volta sogni, sogni della metafisica, anche quando si collocano sul terreno della fisiologia, apparentemente sicuro, in quanto governato dalle leggi della meccanica. Vi è, tra l'altro, un passo vicino alla conclusione del Cap. III della Parte I a suggerire che questa sia la lettura più corretta da dare: Kant sta valutando i pro e i contro della spiegazione fisiopatologica, e annovera tra i primi la semplicità e il maggiore accordo con il sentire comune, mentre tra i secondi annovera l'esposizione allo scherno (per aver trattato con troppa serietà un tema in fondo di poco peso) e, soprattutto, la futilità: se, infatti, si voleva internare il visionario fin dall'inizio, «non sarebbe stato nemmeno necessario prenderla tanto da lontano e cercare, con l'aiuto della metafisica, misteri nei cervelli febbrili dei sognatori fanatici» 91 • Mettendo da parte la vena ironica del passo, ciò che occorre sottolineare è che la spiegazione essoterica del Cap. III ha un fondamento metafisico, dato dalla localizzazione dell'anima nelsensorium commune, condiviso dalla spiegazione esoterica del Cap. II. Il giudizio secondo cui Kant accomunerebbe il filosofo dogmatico al visionario è vero solo in parte e a suo complemento vanno fatti importanti distinguo. Tra i «sognatori della ragione» (Traumer der Vernunft) e i «sognatori della sensazione» (Traumer der Empfindung) vi è una «certa affinità»92 • Tuttavia, seppur accomunati dal fatto di sognare, ognuno sogna in maniera diversa dall'altro, poiché diverse sono le rappresentazioni che i rispettivi stati onirici mettono in gioco. La differenza qualitativa tra i due modi somniandi emerge anche dal fatto che Kant si riferisce al primo come a una forma di «inganno» (Betrug); al secondo, invece, come a una forma di «illusione» (Tauschung). Infatti, Kant associa comunemente l'inganno all'artificio, alla costruzione ad hoc, mentre l'illusione al miraggio naturale, come può
des \'isionnaire parce qu'en fait c'esten la raison que doit ~ire trouvée la source la plus profonde de rout r~ve possible. En bref, sans la raison, on ne peut m~me pas concevoir la possibilité de la Schwii1'1111Tn» (1979: 9, 17, 19, 21). Fino ad arrivare alla grande opera di Da"id-Ménard, La foli.f dans la rais&n pur,, in cui si afferma che eia différence enire la métaphysique leibnizienne et un délire ,isionnaire est rationnellement inassignable» (1990: 7). 91 TG MS; irad. it. mod. p. rn6 (corsivo mio) . .. T'Gl.42; irad. it. p. 129.
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essere, ad esempio, un effetto ottico9o. Il visionario, a differenza del filosofo, non si inganna: si illude; e se si inganna, lo fa comunque in seconda battuta, ricamando su un dato allucinatorio che ha per lui la stessa forza probatoria della sensazione. L'esistenza di Swedenborg non mette in discussione la razionalità della ragione, e, in tal senso, non ci si deve lasciar fuorviare dal fatto che Kant lo chiami Schwttrmer: la Schwarmerei ha, sì, il suo significato eminente nella sragione, ma, in una classificazione delle malattie della mente organizzata per gradi di intensità, è una stessa e identica follia a manifestarsi ora in un modo ora in un altro 94 , a seconda di quanto in alto nella gerarchia delle facoltà conoscitive produce i suoi effetti. Swedenborg è dunque, in certo grado, uno Schwarmer, così come ogni altro disturbo dell'animo mostra solo parzialmente il vero volto della follia, la cui apparenza giunge a coincidere con l'essenza solo all'apice dell'intensità, quando a darle voce è la ragione. In definitiva, i Trttume non sono stati scritti per teorizzare una relazione ontogenetica tra le due figure di sognatore a occhi aperti, ma per mettere in scena una pièce in cui tanto il filosofo quanto il fisiologo si scoprono folli per aver tentato di spiegare razionalmente la follia.
3. L'antitetica: filosofia e medicina Non resta ora che esporre più nel dettaglio le «filosofie» di cui abbiamo finora parlato, dando loro la forma di un'antitetica. Nella Kritik der reinen Vernunft, l'antitetica è definita come «il contrapporsi di conoscenze in apparenza dogmatiche (thesis cum anthitesi), senza che si accordi all'una o all'altra un diritto privilegiato all'assenso» 95 • Il disporsi dei Capp. II e III della Parte I rispecchia una contrapposizione di questo tipo e può essere considerato un primo abbozzo di dialettica della ragion pura. Oltre all'elemento architettonico del testo, a prefigurare la forma espositiva dell'antitetica vi è, nei Trttume, l'immagine del fenomeno di parallasse: Un tempo consideravo l'intelletto umano generale soltanto dal punto di vista del mio; ora mi metto al posto di una ragione estranea e altra e osservo dal punto di vista altrui i miei giudizi con tutte le loro moti-
90 Cfr. Anth 149-150; crad. it. pp. 33~4. ,. Cfr. VKK 259-260; trad. it. pp. 27~0. "' KrV B 448, A 420-421; trad. it. p. 362.
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vazioni più segrete. Il confronto delle due osservazioni mostra, sì, delle forti parallassi, ma è anche l'unico mezzo per prevenire l'inganno ottico [optischer Betrug] e collocare i concetti nel vero posto in cui stanno in rapporto alla capacità conoscitiva della natura umana.96
Nel fenomeno di parallasse, la posizione angolare di un oggetto appare diversa se vista da due diversi punti di vista. Con questa metafora, Kant vuole dire che la Geisterseherei si colloca su uno sfondo teorico differente a seconda del significato attribuito all'irritabilità del sensorium commune, ritenuta, in un caso, condizione eccelsa che apre all'immaginazione la possibilità di cogliere sensazioni spirituali e di riprodurle, sottoforma di simboli, alla coscienza del visionario; ritenuta, nell'altro, condizione patologica in cui l'immaginazione produce la sembianza di quelle stesse sensazioni nella forma di fantasticherie. Ma c'è un inganno che sostanzia l'illusione ottica dello spostamento, annidato nel concetto stesso da cui si decide di gettare la propria prospettiva, ossia ilsensorium commune inteso come organo dell'anima. È l'essere fuori posto di questo concetto, rispetto alle nostre capacità conoscitive, a produrre lo spostamento parallattico del fenomeno della Geisterseherei e a dare adito all'antitetica nel suo complesso. Mettere al posto giusto il concetto di sensorium commune rispetto alle nostre facoltà conoscitive è ciò che, per l'appunto, è stato fatto da Kant nel Cap. I, Parte I, riflettendo sull'essere dello spirito nello spazio e dando al concetto un senso problematico. La soluzione di questa forma primigenia di antinomia è quindi omologa a quella del conflitto matematico esposto nella primaKritik: entrambe le posizioni teoriche sono da ritenersi false, poiché poggianti su un falso presupposto. Un altro documento che aiuta a gettare luce su questa antinomia è la lettera a Mendelssohn dell'8 aprile 1766: In realtà mi fu difficile escogitare il metodo con cui avrei potuto rivestire i miei pensieri senza espormi allo scherno. La cosa più consigliabile mi sembrò dunque prevenire quello di altri mettendo io per primo in ridicolo me stesso. In ciò mi sono comportato con assoluta franchezza, giacché il mio stato d'animo è realmente conflittuale riguardo aquestafaccenda ... 97
" TGM9; trad. it. mod. p. 1~7. 01 Br69-70; trad. it. p. 47.
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Kant non ha ancora individuato la conflittualità dialettica in un'illusione connaturata alla ragione98 , e vive perciò tale conflittualità su un piano personale, come qualcosa che interessa precipuamente il suo animo. Da qui, il sentimento di imbarazzo esternato a Mendelssohn e il chiarimento sui motivi dell'autoironia. Quest'ultima non ha per oggetto, come sostiene, ad esempio, La)"vine, il vecchio (giovane) Kant, colpevole di dogmatismo, ma il Kant più attuale, che sperimenta un conflitto di vedute che, per la prima volta, non riesce a dirimere trovando una terza via (così come aveva fatto sino a quel momento con lo scritto sulle Lebendige Krafte e con la Monadologia physica). Preferiamo inquadrare il conflitto interiore vissuto da Kant in una prospettiva storico-filosofica, piuttosto che indulgere a spiegazioni psicoanalitiche che la ricomprendono sotto la categoria freudiana di ambivalenza99 e ne fanno il segno di un rapporto tormentato con Swedenborg, di cui Kant avrebbe in fondo voluto accettare i filosofemi. Esporremo ora il contenuto dei Capp. II e III della Parte I nella forma di una tesi e di un'antitesi. 3.1 TESI: L'irritabilità del sensorium commune fa sì che un influsso spirituale possa avere effetto sull'immaginazione Abbandonando «il cauto linguaggio della ragione» e assumendo il «tono accademico, che è risoluto [entscheidend] e dispensa tanto l'autore quanto il lettore dalla riflessione», Kant immagina che, non solo le «intelligenze create» (erschaffene Intelligenz.en), ma anche i «soggetti senzienti in tutte le specie animali» (empftndende Subjecte in allen Thierarten) e, più in generale, tutti i «principii vitali» (Principien des Lebens) 100 siano in costante relazione tra loro e formino nel loro
,. Cosl scriverà Kant nella Dialdtica trascmdm.talr. «Esiste dunque una dialettica naturale e inevitabile della ragione pura; non dunque una dialettica in cui si irretisca, per incompetenza, un improvvisatore, o che sia il frutto delle artificiose elucubrazioni di un sofista per trarre in inganno le persone di buon senso; si tratta invece di una dialettica inscindibilmente connessa con l'umana ragione, sicché anche dopo il chiarimento della sua infondatezza, non cesserà per questo di sedurre la nostra ragione, traendola continuamente in errori momentanei, che dO\TarulO venire sempre nuovamente rimossi,. (KrV B 354-355, A 298; trad. it. p. 304). " Da\id-Ménard 1990: 73 ss.; Scengel 2008: 38 ss. La proposta teorica diAlberg (2015) si pone nel solco di questi due autori. L'ambivalenza di Kant nei riguardi dei racconti degli spiriti è assurta d a - ~ a cifra stilistica del testo adottata intenzionalmente. Sarebbe cioè scopo di Kant condurre il lettore attraverso un percorso catartico nel quale a un'iniziale attrazione per il sapere apparente degli spiriti segue una repulsione che confina quel sapere nell'ambito delle conoscenze vane. Dinamica di attrazione e repulsione che Kant a\Tebbe appreso dallo studio dei testi di Rousseau. 1°" TG 332; trad. it. p. 117.
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insieme un «gran tutto», un mondo immateriale a cui egli dà il nome di «mundus intelligibilis»101 • Per dare maggiore enfasi alla tesi dogmatica, Kant estende iperbolicamente a tutte le sostanze immateriali un concetto che, nella tradizione leibniziana, veniva perlopiù ristretto ai soli spiriti102 • Ora, le sostanze immateriali non sono soltanto in relazione tra loro ma - perlomeno alcune di esse - sono allo stesso tempo in relazione con la materia, legate a un corpo organico, e appartenenti perciò al «mondo visibile»103 • Cosl stanno le cose con l'anima umana, che è «collegata nella vita presente con due mondi contemporaneamente» 104, uno soltanto dei quali, però, è accessibile alla sua percezione cosciente. Caricaturando il filosofo dogmatico, Kant prosegue: È dunque come dimostrato, o si potrebbe facilmente dimostrare, se si volesse andar per le lunghe, o, meglio ancora, sarà dimostrato in avvenire, non so dove né quando, che l'anima umana già in questa vita è connessa in una comunione indissolubile con tutte le nature immateriali del mondo spirituale, che essa agisce [wirken] su queste e ne riceve impressioni, delle quali però non è cosciente, come uomo, finché tutto va bene. 103
Tra le nature immateriali prive di corpo e le anime umane vi è un continuo commercio, che risulta però oscuro ad ambo le parti. L'influsso profilato qui da Kant è singolare sotto diversi aspetti. In primo luogo, si presume che le sostanze pure su cui l'anima «agisce» facciano parte del mondo materiale, pur non avendo con la materia una relazione tale da garantire loro un corpo organico (e che la loro appartenenza contemporanea a due mondi sia, quindi, speculare a quella delle nature immateriali incarnate). In secondo luogo, si presume che l'influsso sia reciproco ma, in definitiva, insignificante tanto per l'una quanto
TG 329; trad. ÌL P· 114. Cfr. Tonelli 1974: 250-252. Baumgarten scrive nella Mltaphysica: «Naua spiriruum alicuius mundi inter se est PNEt1NAncu1. Iam in omni & hoc mundo, cui spirirus insunc, singulli singuli connecrunrur. Ergo in hoc & omni mundo, cui spiritus insunc, est nexus pneumatlcus univenalis, §. 257. (mundus, cf. §. 354. pneumatlcus, intellecrualis, moralis, cf. §. 723. regnumgratire,. (1779': § 403). Meier scri,·e in modo affine: «Da es nun in unserer Welt Geister giebt, so ist in dieser Welt ein allgemeiner Zusammenhang aller endlichen Geister, die in derselbenentweder auf einmal, oder nach, wurklick sind. Diesen Zusammenhang nennt man, di, Clistn-wlU. [ ...] Diese Geisterwelt wird auch di, vmtiindig, und moralischl w,tt genannc, weil nur denen Geistem Verstand und Moralitat zukomt> (1755-1759: II, § 375). 100 TG332; trad. iL p. 117. 101 lbid. 101
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per l'altra parte. Bisogna immaginare che tra le sostanze corporee e incorporee vi sia uno scambio di questo genere: l'anima, in quanto appartenente al mundus intelligi,bilis, riceve rappresentazioni spirituali di cui non ha coscienza alcuna in quanto appartenente al mondo corporeo; viceversa, uno spirito puro, che occupa comunque un «luogo nella totalità del mondo materiale» 106 , riceve dalle anime rappresentazioni sensibili di cui non ha coscienza in quanto appartenente al mundus intelligibilis. Tutto dipende dal luogo in cui si suppone che la coscienza sia attiva. Le sostanze possono o appartenere consciamente al mondo corporeo e inconsciamente a quello intelligibile o consciamente al mondo intelligibile e inconsciamente a quello corporeo. Sia quest'ultimo il caso, saranno le rappresentazioni sensibili a essere allora oscure: per percepirle le sostanze pure avrebbero bisogno di «organi fatti ad arte» (kunstlicke Organe). Pertanto, nella comunicazione delle rappresentazioni, quelle che l'anima contiene in sé in quanto essere che dipende dal mondo corporeo, non possono passare in altri esseri spirituali, né i concetti di questi ultimi, come rappresentazioni intuitive di cose immateriali, possono passare nella chiara coscienza dell'uomo, almeno non nella loro qualità propria, perché i materiali delle due idee sono di natura differente.107
Soffermiamoci ora sull'uomo e sulla sua doppiezza di sostanza corporea. Kant distingue tra «soggetto» (Subject) e «persona» (Pers