Joyce e il cinema delle origini: Circe 8879233890, 9788879233897

195 101 2MB

Italian Pages 86 Year 2008

Report DMCA / Copyright

DOWNLOAD FILE

Polecaj historie

Joyce e il cinema delle origini: Circe
 8879233890, 9788879233897

Citation preview

Marco Camerani

JOYCE E IL CINEMA

DELLE ORIGINI: CIRCE

Premio Fernaldo Di Giammatteo

Edizioni Cadmo

Ai miei nonni

Camerani, Marco. Joyce e il cinema delle origini: Circe. Fiesole (Firenze) : Cadmo, 2008. 86 p. ; 24 cm. (Premio Fernaldo Di Giammatteo ; 3) ISBN 978-88-7923-389-7 1. Joyce, James 791.43

La giuria del Premio Fernaldo Di Giammatteo è composta da: Cristina Bragaglia (presidente del premio, docente di Storia e critica del cinema presso l'Università degli studi di Bologna), Marina Sanna (caporedattore della «Rivista del cinematografo»), Paolo Aleotti (giornalista RAI), Alberto Barbera (direttore del Museo del cinema di Torino), Antonio Castronuovo (critico let­ terario, rappresentante Fondazione Cassa di Risparmio di Imola).

Copertina realizzata da Federica Giovannini.

Volume realizzato grazie al contributo della

Ei FONDAZIONE Cassa di Risparmio di Imola

© 2008, Cadmo srl Edizioni Cadmo Via Benedetto da Maiano 3 50014 Fiesole FI tei. 055 5018 1 fax 055 5018 215 [email protected] http://www.cadmo.com

Printed in Italy

Indice

Introduzione I. Joyce al cinema 1. Dublino e Roma 2. Trieste e il Volta

7 9 9 11

IL II cinema delle origini: Circe e la cinematografia-attrazione 1. Logica dell'apparizione: il trucco 2. Ordine puntuale e vettoriale 3. Una struttura vermicolare 4. La cinematografìa-attrazione: realismo e fantastico 5. Cretinetti

15 18 20 21 23 25

III. La cinematografia-attrazione e Circe. Parte prima 1. Apparizioni e sparizioni 2. Ingrandimenti e rimpicciolimenti 3. Teste che vivono di vita propria 4. Metamorfosi facciali 5. Antropomorfìzzazioni del viso 6. Pictures in motion 7. Gli oggetti in movimento: Méliès e i disegni animati 8. Costume changes: Méliès e Leopoldo Fregoli

31 31 35 37 38 40 43 46 53

IV. La cinematografia-attrazione e Circe. Parte Seconda 1. Fughe e inseguimenti 2. Gli scenari 3. Keyhole efeticismo

63 63 66 70

V. Circe, il cinema delle origini e Ejzenstejn: il montaggio delle attrazioni

77

Introduzione

«Il Cinema è un’invenzione formidabile! Ma se ha un’influenza su di me, è soprattutto per via dei suoi primi film, che erano scioc­ chi ma meravigliosi. E qui la vera scoperta, la novità: mi ricorderò sempre di un certo Voyage dans la Lune, che si proiettava alcuni anni prima della guerra, dove c’erano dei tizi che si imbarcavano per la luna proprio in mezzo al balletti dello Chàtelet. E cosa tro­ vano sulla luna? Un corpo di ballo! E via andare! Questo sì era sconvolgente.» (Blaise Cendrars, Lunedì 25 ottobre 1925)

L’episodio di Circe, il più lungo di tutto l’Ulisse di Joyce, è stato ricondotto dal­ la critica a varie fonti, tra cui la Tentazione di Sant’Antonio di Flaubert (1874), il Peer Gynt di Ibsen (1867), la sezione della Notte di Valpurga del Faust di Goethe (1808) e il testo teatrale II sogno di Strindberg (1901), opere caratteriz­ zate dalla successione frenetica di apparizioni di vario genere su sfondi che si modificano continuamente, con la conseguente abolizione delle coordinate spazio-temporali e della distinzione tra sogno, allucinazioni e realtà, a favore di un fluire libero di immagini, eventi e personaggi.1 Ai testi in questione, che Joy­ ce ha rielaborato accentuandone i caratteri irrazionali, illogici e ritmici, vanno aggiunti i riferimenti al teatro o, meglio, ai sottogeneri teatrali del tempo (pan­ tomima, music-hall, circo, arlecchinata), come ha esaurientemente illustrato Cheryl Herr nel suo Joyces Anatomy of Culture.2 Austin Briggs, Thomas Burkdall e Keith Williams hanno notato in generale che le continue trasformazioni, metamorfosi, apparizioni e sparizioni di Circe ri­ chiamano per analogia i trucchi utilizzati nel contemporaneo cinema di Geor­ ges Méliès, ma non approfondiscono ulteriormente la questione, né cercano le puntuali corrispondenze che esistono tra il testo e i numerosi film del regista francese.3 Tali riscontri, a un’analisi più attenta, rivelano come quella tra Joyce e

1 Cfr. D. GlFFORD, R. J. Seidman, Ulysses Annotated, Notesfor James Joyces Ulysses, Berkeley-Los Ange­ les, University of California Press, 1988, p. 452. 2 C. Herr, Joyce's Anatomy of Culture, Urbana-Chicago, University of Illinois Press, 1986. Il lavoro di Herr, interpretando l’episodio come uno script teatrale, è complementare ai numerosi studi su Circe in pro­ spettiva psicoanalitica (tra i quali ricordiamo quello di M. SHECHNER,Joyce and Nighttown. A Psychoanaly­ tic Inquiry into Ulysses, Berkeley-Los Angeles, University of California Press, 1974) e appartiene a quella fa­ se della critica che, a partire dagli anni Settanta, passa da un’interpretazione realista-psicoanalitica dell’epi­ sodio a una, appunto, di tipo estetico. Per una esauriente rassegna cfr. A. GlBSON, Introduction, in Reading Joyce's Circe, edited by A. Gibson, Amsterdam, Rodopi, 1994, pp. 3-32. 3 Cfr. A. BRIGGS, «Roll Away the Reel World, the Reel World»: Circe and the Cinema in Coping with Joyce, EssaysJrom the Copenhagen Symposium, edited by M. Beja and S. Benstock, Columbus, Ohio State Univer­ sity Press, 1989, pp. 145-155; T L. Burkdall, Cinema Fakes: Film andJoycean Fantasy, in Joycean Frames:

7

Introduzione

Méliès non sia semplicemente un’analogia o uno sviluppo parallelo di medesi­ me tematiche, e permettono di affermare con ragionevole margine di certezza che lo scrittore irlandese, durante la stesura di Circe, aveva in mente nello speci­ fico alcuni dei film di Méliès in termini di tecniche, immagini, situazioni, topoi, motivi ricorrenti e “trucchi” i quali, appartenenti più in generale alle consuetu­ dini produttive del cinema delle origini, raggiunsero tuttavia l’apice particolare della loro elaborazione proprio nell’opera del regista francese.4 Tali riferimenti contribuiscono in modo rilevante e determinante alla crea­ zione di un testo che affianca alla tecnica «hallucination» dello schema Gorman le visioni animate fino al «bursting point» riportate nello schema Linati.5 Del resto Joyce stesso, alla voce Circe del suo Finnegans Wake Workbook, rivela il col­ legamento: «Cinema fakes, drown, state of sea, tank: steeplejack, steeple on floor, camera above: jumps 10 feet, 1 foot camera in 6 foot pit».6 Proprio il prestito da Méliès e da molta produzione cinematografica a lui contemporanea, insieme alle svariate citazioni prese dai contesti più disparati, fanno di Circe un mix of genres [...] a chapter of “oscillating perspectives”, constantly shifting, for example, between the dramatic, lyric and epic modes: repeatedly fracturing any sense of conventional continuity and coherence, above all, on the referential level [...] frequently “splicing in” or “interpolating” fragments of unexpected or alien material which are likely to “displace” any supposed “real event” in the narrative.7 Alcune delle modalità di assemblaggio presenti nel testo richiamano poi quello che Sergej Ejzenstejn, scrivendo di teatro e cinema, definisce, in una prospettiva più ampia, «montaggio delle attrazioni», in cui non solo la narrativita è subordinata alla spettacolarità, lo sviluppo causale all’emozionalità, l’au­ tonomia del mondo letterario all’appariscente impatto metanarrativo, ma le at­ trazioni sono organizzate in un sistema di giustapposizioni ben specifiche allo scopo di generare significati, concetti e temi particolari.8

Film and the Fiction ofJames Joyce, New York, Routledge, 2001, pp. 65-80; K. WILLIAMS, Joyce and Early Cinema, «The James Joyce Broadsheet», February 2001, p. 1; ID., Ulysses in Toontown: «Vision Animated to Bursting Point» in Joyces Circe, in Literature and Visual Technologies: Writing After Cinema, edited by J. Murphet and L. Rainford, New York, Palgrave Macmillan, 2003, pp. 96-121. 4 Cfr. T. Gunning, «Primitive» Cinema: A Frame-Up? Or, the Tricks on Us, in Early Cinema: Space, Fra­ me, Narrative, edited byT. Elsaesser, London, British Film Institute, 1990, pp. 95-103. 5 G. Melchiori,/^- Il mestiere dello scrittore, Torino, Einaudi, 1994, p. 151 e 146. 6 J. JOYCE, Scribbledehobble: The Ur-Workbookfor Finnegans Wake, edited byT. E. Connolly, Evanston, Northwestern UP, 1971, p. 119. 7 J. P. RIQUELME, Teller and Tale in Joyces Fiction: Oscillating Perspectives, Baltimore, John Hopkins University Press, 1983, p. 135, 137 e 139. 8 Cfr. S. EJZENSTEJN, Il montaggio delle attrazioni, in Id., Il Montaggio, a cura di P. Montani, Venezia, Marsilio, 1986, pp. 219-225 e Id., Il montaggio delle attrazioni cinematografiche, in ivi, pp. 227-250.

8

I. Joyce al cinema

1. Dublino e Roma La prima proiezione di alcune pellicole dei Lumière in Irlanda ebbe luogo a Dublino il 20 Aprile 1896. Negli anni seguenti i film (quasi esclusivamente di provenienza straniera) furono sempre più spesso mostrati nei music-hall, nei teatri di varietà, nelle fiere cittadine e dovunque un proiezionista viaggiante po­ tesse installare le sue apparecchiature. Nonostante la mancanza di cinema sta­ bili, nella Dublino di inizio secolo venivano dunque effettuate numerose proie­ zioni, spesso alla Rotunda, una vasta sala a noleggio situata in O’Connoll Street, ora Sackville Street. Lo storico del cinema Kevin Rockett, in un artico­ lo apparso sulla rivista Film & Film Culture, dopo aver ricordato la presenza in città di vari mutoscopeparlours, si sofferma su alcuni dei film proiettati dal 1896 in poi proprio alla Rotunda, tra i quali compaiono numerosi titoli di Georges Méliès. La popolarità degli spettacoli, prosegue Rockett, e soprattutto la loca­ zione topografica della sala, vicina alla casa natale di Joyce, permettono di af­ fermare che, con molta probabilità, lo scrittore irlandese conosceva e assisteva alle proiezioni, in special modo durante il suo soggiorno a Dublino dal 29 Lu­ glio al 9 Settembre 1909, tre mesi prima dell’apertura del Volta.9 Inoltre, durante la sua prima visita a Parigi, dal 3 dicembre 1902 all’aprile 1903, Joyce aveva alloggiato al Grand Hotel Corneille, in Rue Corneille, di­ stante più o meno due miglia dal Theatre Robert Houdin dove in quegli anni Georges Méliès mostrava i suoi film prima di esportarli in America; non c’è tut­ tavia alcuna prova o testimonianza che abbia effettivamente assistito a tali rap­ presentazioni.10 9 Cfr. L. McKernan, James Joyces Cinema, «Film & Film Culture», voi. 3, 2004, Cork, School of Hu­ manities, Waterford Institute ofTechnology, pp. 7-20; K. ROCKETT, Something Rich and Strange: James Joy­ ce, Beatrice Cenci and the Volta, in ivi, pp. 21-35; K. Rockett, L. GIBBONS, J. HlLL, Cinema and Ireland, London-Sidney, Croom Helm, 1987, pp. 5-6. Si veda il cap. I. 2. 10 Cfr. R. Ryf, A New Approach to Joyce: The Portrait ofthe Artist as a Guidebook, Berkeley-Los Angeles, University of California Press, 1962, p. 174.

9

I. Joyce al cinema

Di certo non è stata mai presa in considerazione dalla critica l’ipotesi che Joyce abbia potuto vedere alcuni film del regista francese (anche) durante il suo soggiorno romano dal 31 luglio 1906 al 7 marzo 1907. Del 7 dicembre 1906 è una lettera indirizzata al fratello Stanislaus in cui lo scrittore irlandese definisce il suo stile «cinematografico»: Letter just received. What I have told you about rooms is painfully correct. I don’t know why we were given notice by the landlady nor do I know whether it was the reason you suggest. I don’t know anything except that I suppose I ought to cease grumbling and take up the white man’s burden. Do you imagine you are corresponding with the indifferential calculus that you object to my vitupera­ tion on Italy and Rome. What the hell else would I do? If you had to traipse about a city, accompanied by a plaintive woman with infant (plaintive), run up stairs, ring a bell, “Chi c’è?” “Camera” “Chi c’è?” “Camera!” No go: room too small or too dear: won’t have children, single man only, no kitchen. “Arrivederla!” Down again. Rush off: give a lesson for 9 l/2d, rush back to bank, etc etc. Am sending MS to John Long by same post. Didn’t change anything. No pen, no ink, no table, no room, no time, no quiet, no inclination. Never mind, it will be back in a week or so. Only I stuck in “bloody” before the date lamented. How I should enjoy a night on Venetian waters with Miss Farchi’s romance and reality. The Italian imagination is like a cinematograph, observe the style of my letter.11

In un’altra lettera di quel periodo inviata a Stanislaus il 1 marzo 1907, Joyce conferma la sua abitudine, come già a Pola e a Trieste, di frequentare i cinema­ tografi del luogo: «Nothing of my former mind seems to have remained except a heightened emotiveness which satisfies itself in the sixty-miles-an-hour pathos of some cinematograph or before some crude Italian gazette-picture».12 Come spiegato da Mauro Conciatori nel suo articolo «Le fantasie luminose» di Georges Méliès nei cinematografi italiani, a ottenere grande successo a Roma — e in altre città italiane quali Torino e Firenze — nel periodo del soggiorno joyciano furono anche i film di Méliès. Benché abbiano ufficialmente una regolare distribuzione solo dal 1908 a cura della ditta genovese P. Raggio & C, essi cir­

11 J. JOYCE, Letters ofJames Joyce, vol. II, edited by R. Ellmann, London, Faber and Faber, 1966, p. 203. Cfr. anche il commento alla lettera che fa A. SPIEGEL, Fiction and the Camera Eye: Visual Consciousness in Film and the Modem Novel, Charlottesville, University Press of Virginia, 1976, p. 79: «[Joyce] can descri­ be a kaleidoscope of incident with speed and economy, leaping from point to point in the narrative with a minimum of spatial and temporal connectives: just like the “cinematograph”». 12 J. JOYCE, Letters ofJames Joyce, vol. II, cit., p. 217. A questa preziosa testimonianza si aggiunga che, mentre Joyce è occupato pressoché tutta la giornata con il lavoro in banca, la moglie trova nel cinemato­ grafo un rilassante passatempo per sé e il figlio Giorgio. Cfr. B. MADDOX, Nora: A Biography ofNora Joyce, London, Hamish Hamilton, 1988, p. 102. Tornato a Trieste Joyce riferì al fratello Stanislaus che «Nora e Giorgio si recavano al cinema quasi ogni sera». S. JOYCE, Triestine Book ofDays, inedito, McFarelin Library, University ofTulsa, cit. in J. McCourt ,James Joyce. Gli anni di Bloom, Milano, Mondadori, 2005, p. 146.

10

I. Joyce al cinema

colano infatti nel mercato nazionale già dalla fine del XIX secolo in varie forme e secondo diversi canali «di un circuito cinematografico ancora a livello zero e in forma tra il dilettantismo e l’amatoriale», mentre i titoli vengono spesso tra­ sformati e adattati ai gusti del pubblico italiano. Anche se le notizie di spettacoli cinematografici a Roma si hanno con una certa continuità solo dal 1904 in poi, e se l’unico titolo proiettato nel 1906 ri­ sulta essere La fata Carabosse (La Fée Carabosse, 1906),13 si può comunque ipo­ tizzare che alcuni, se non molti, dei film in programma negli anni precedenti continuarono a essere messi in cartellone anche nel periodo in cui Joyce si tro­ vava a Roma (e frequentava i cinematografi, come risulta dalle sue lettere), in quanto «molto spesso troviamo lo stesso film che esce con anni di differenza da una città all’altra, altre volte che lo stesso film viene proiettato incessantemente an­ che per due o tre anni [corsivo mio], e poi — in particolare per i primi anni — l’u­ scita di alcuni films [sic] in forte ritardo rispetto alla loro realizzazione».14 Tra i titoli proiettati a Roma prima del 1906 vi sono alcune tra le produzioni più fa­ mose di Méliès: il numero e la varietà delle pellicole sono senza dubbio suffi­ cienti a dare a un abituale moviegoer una conoscenza abbastanza dettagliata del­ lo stile e dei trucchi del regista francese così da includere quest’ultimo nel no­ vero di quella «straordinaria ricchezza di fermenti intellettuali»15 che Joyce spe­ rimentò durante il suo breve soggiorno a Roma e da cui attinse in seguito. Se non può essere appurato con certezza dove Joyce avesse di fatto visto i film di Méliès, se a Parigi, come sembra meno probabile, o più plausibilmente a Du­ blino, o, come proposto, a Roma, risulterà al contrario evidente che tali film, contrariamente a quanto scritto da Ryf, hanno invece esercitato un’influenza diretta nella stesura di Circe.

2. Trieste e il Volta Non è poi da escludersi che Joyce si sia imbattuto in qualche film di Méliès an­ che a Trieste, dove vive quasi continuativamente dal giugno 1904 al giugno 1915 e poi per un breve periodo dall’ottobre 1919 ai primi del luglio 1920. Lo

13 Da qui in poi la prima volta che si citano i film di Méliès verrà indicato il titolo in italiano qualora questo o la proiezione in Italia risultino documentati sulla base della filmografia stilata da Costa e, tra pa­ rentesi, il titolo originale in francese. Cfr. A. COSTA, La morale del giocattolo. Saggio su Georges Méliès, Bo­ logna, Clueb, 1995, pp. 161-186. Per tutti gli altri film si riporta il titolo in italiano laddove risulti la proie­ zione in Italia, seguito tra parentesi dal titolo originale. 14 M. CONCIATORI, «Lefantasie luminose» di Georges Méliès nei cinematografi italiani, in AA.W., «Ver­ so il centenario»: Méliès. Mostra Lntemazionale del nuovo cinema, a cura di R. Redi, Roma, Di Giacomo Editore, 1987, p. 49. 15 G. MELCHIORIj/ojra’ Il mestiere dello scrittore, cit., p. 29. Cfr. anche ID., Joyce in Rome, Roma, Bul­ zoni, 1986.

11

I. Joyce al cinema

scrittore mantiene anche a Trieste l’abitudine, maturata a Roma e a Pola, di fre­ quentare il cinematografo, come ricorda uno dei suoi studenti di inglese, Ma­ rio Nordio: «[Joyce] foresaw [the medium’s] great artistic and economic deve­ lopment from the very beginning. No films escaped him»;16 lo stesso, del resto, fanno anche la moglie Nora e i due figli.17 Come emerge dalla dettagliata rico­ struzione di Dejan Kosanovi^ 1896-1918 Trieste al cinema, basata sullo spoglio dei giornali locali del tempo, il periodo del soggiorno joyciano a Trieste coinci­ se con il rapido e fiorente sviluppo delfimprenditoria cinematografica che se­ gnò, nel 1905, la crescita dei cinematografi stabili rispetto a quelli ambulanti e poi, negli anni seguenti, il rafforzamento del settore con la presenza contem­ poranea di «esercenti ambulanti, saltuari e stabili». L’aumento delle proiezioni, la produzione di film e il generale incremento del mercato diedero ai triestini appassionati di cinema un’ampia scelta di titoli da visionare, «un repertorio di film abbastanza unificato, dominato soprattutto dalle produzioni Pathé», tra i quali anche alcune pellicole di Méliès, André Deed e Leopoldo Fregoli. Dal 1907 in poi, «il cinema entrò definitivamente a far parte della vita quotidiana dei triestini: nelle nove sale stabili e nei cinque cinematografi ambulanti furo­ no presentati tutti i film di qualche rilievo che erano apparsi sugli schermi d’Europa».18

Il 1909 vide anche il tentativo di Joyce di aprire il primo cinematografo sta­ bile a Dublino. Lo scrittore irlandese, come è noto, è raggiunto a Trieste prima dal fratello Stanislaus nel 1905, poi dalla sorella Èva nel 1909. Quest’ultima ama molto i cinema della città e osserva come Dublino, benché sia molto più grande di Trie­ ste, non ne abbia, stranamente, nessuno. Joyce, sollecitato dall’osservazione della sorella, matura l’idea di aprirne uno, il primo, a Dublino. Dopo aver con­ tattato tre facoltosi uomini d’affari triestini, Antonio Machnich, Giovanni Rebez e Giuseppe Caris, già proprietari di due teatri e di un cinema a Bucarest, Joyce espone loro la sua idea e li convince a mettere i soldi per l’apertura del «Volta», chiamato così in onore di Alessandro Volta, l’inventore della pila.

16 M. NORDIO, My First English Teacher, in James Joyce: Interviews and Recollections, edited by E. H. Mikhail, New York, St. Martin’s Press, 1990, p. 58. 17 Cfr. J. McCourt, James Joyce. Gli anni di Bloom, cit., p. 180 e 188; R. Ellmann,/^w^ Joyce, Mila­ no, Feltrinelli, 1964, p. 365 e 368. Anche Stanislaus frequentò, seppur forse di rado, i cinematografi. Cfr. S. JOYCE, Triestine Book ofDays, inedito, alla data del 1 novembre 1908 e 20 luglio 1908. Còsta Werner af­ ferma, senza però specificare ulteriormente né citare la fonte, che Joyce, qualche tempo dopo l’esperienza del Volta, «liked to go to the cinema of an afternoon when his work was over» (G. WERNER, James Joyce, Charlie Chaplin and the Marx Brothers, in Images ofJoyce, II, edited by C. Hart et. al., Gerrards Cross, Co­ lin Smythe, 1998, p. 337). 18 D. KOSANOVIQ, 1896-1918 Trieste al cinema, trad, di S. Turioni, Gemona, La Cineteca del Friuli, 1995, p. 79, 98 e 103.

12

I. Joyce al cinema

Il giovane scrittore, finanziato dai suoi nuovi partner commerciali, arriva a Dublino il 21 ottobre e, nel giro di una settimana, trova al numero 45 di Mary Street un edifìcio adatto a ospitare il Volta. «For a brief period Joyce the busi­ nessman superseded Joyce the artist»19 in una frenetica attività testimoniata dal­ le lettere di quel periodo a Nora e Stanislaus, rimasti a Trieste. Machnich e Rebez giungono a Dublino a metà novembre, seguiti il 2 dicembre da un nuovo socio, Francesco Novak, e dal proiezionista Guido Lenardon al quale si affian­ ca, di lì a poco, il diciannovenne Lennie Collinge che, assunto all’inizio come elettricista, diviene poi aiutante e co-proiezionista del Volta. Il primo spettacolo si tiene lunedì 20 dicembre 1909. Il cartellone così reci­ tava: The Bewitched Castle., The First Paris Orphanage, Beatrice Cenci, Devilled Crab e La Pouponnière.20 Ogni spettacolo, della durata di mezz’ora-tre quarti d’ora per un totale di quattro-cinque titoli accompagnati dal pianoforte, co­ mincia alle cinque del pomeriggio e si ripete a ogni ora fino alle dieci di sera; i film vengono cambiati due volte alla settimana, il lunedì e il giovedì; i periodi­ ci «Sinn Fénn» e «The Evening Telegraph» danno regolarmente notizia della programmazione. Due dei soci, Machnich e Rebez, ritornano a Trieste il gior­ no di Natale; Joyce, dopo aver ottenuto una licenza permanente per il cinema, li raggiunge il 2 gennaio 1910, lasciando a Novak la gestione in loco del cine­ matografo. Come sottolinea McCourt, «da Trieste, Joyce continuava a mante­ nersi in stretto contatto con gli eventi di Dublino e a offrire suggerimenti sulla gestione quotidiana dell’impresa»; dunque, «data la grande pubblicità favore­ vole e il cinema sempre pieno, è difficile comprendere perché Vidacovich scris­ se a Joyce il 18 aprile 1910 dicendogli che il signor Caris e gli altri soci erano dell’opinione che “il cinema Volta è risultato un fiasco e che prima l’attività ces­ sa meglio è”».21 Il Volta fu infatti venduto il 14 giugno 1910 al Provincial Ci­ nematograph Theatres Limited di Londra per 1000 sterline, a fronte delle 1600 investite inizialmente.

L’apertura del Volta, al di là dell’aneddoto biografico e dell’evidente speran­ za di guadagnare denaro facile, va contestualizzata nel più ampio interesse del­ lo scrittore verso le varie forme culturali e artistiche del suo tempo e risulta si-

19 H. GORMAN, James Joyce: A Definitive Biography, London, John Lane The Bodley Head, 1941, p. 199. Cfr. anche R. ELLMANN, James Joyce, cit., p. 354; P. COSTELLO, The Years of Grown: 1882-1915, Lon­ don, Kyle Cathie, 1992, p. 293; L. McKernan, James Joyces Cinema, cit., p. 7. 20 I titoli originali, secondo la ricostruzione fatta da McKernan, sono: Le Chateau hanté (Pathé, 1908 cfr. cap. III. 7 - ), Beatrice Cenci (M. Caserini, 1909), Cretinetti ha ingoiato un gambero (A. Deed, 1909), Une pouponnière à Paris (Éclair, 1909) (cfr. L. McKernan, James Joyces Cinema, cit., p. 12). Come nota John McCourt, «Devilled Crab», un «gambero alla diavola», viene menzionato da Bloom, il protagonista dell’ Ulisse, nell’episodio dei Lestrigoni (Lestrygonians) (cfr. J. McCoURT,/^w^ Joyce. Gli anni di Bloom, cit., p. 405 nota 21). 21 Ivi, pp. 212-3.

13

I. Joyce al cinema

gnificativa qualora si consideri che «despite Joyce’s early departure, he may ha­ ve had a greater familiarity with the films shown after than has been assumed up to now».22 Stando alla testimonianza di Charles Duff, all’epoca adolescente, Joyce pre­ senziò spesso, durante il suo soggiorno a Dublino, alle proiezioni effettuate nel­ le prime due settimane di vita del cinema.23 Per il resto della programmazione, sembra probabile che le pellicole «were sent in a few, large batches from films amassed during 1909, and Joyce may well have become familiar with a range of titles shown on the succeeding months, even though his period of direct ma­ nagement was a brief one».24 Sia il dovere sia l’interesse dimostrato fino a quel momento a Pola, Roma, Trieste e forse anche a Dublino in gioventù, potrebbe­ ro insomma aver stimolato la curiosità di Joyce a visionare un buon numero se non tutti i film in questione, come dà per certo Philip Sicker.25 Nonostante manchino prove totalmente certe che lo scrittore irlandese abbia in effetti visto i film in cartellone al Volta dopo il 2 gennaio 1910, si può tutta­ via supporre che, essendo questi più o meno tutti datati intorno al 1909 e quin­ di un campione significativo dei titoli comunemente proiettati al tempo, egli avesse comunque una certa familiarità con essi data la sua pratica di moviegoer.

Al di là dei generi dei singoli film, l’interesse maggiore sta forse nel variega­ to programma. I titoli del Volta, se non furono scelti da Joyce in persona, ci danno comunque delle indicazioni ben precise su quello che veniva proiettato a Trieste e dunque sul contesto cinematografico in cui lo scrittore viveva (e che conosceva); nello specifico confermano la presenza di film che fanno uso di trucchi simili a quelli utilizzati da Méliès. Inoltre, ci sono in cartellone nume­ rose comiche del francese André Deed (conosciuto anche coi nomi di Creti­ netti, Boireau e Gribouille) e una di Max Linder,2627 entrambi personaggi a quel tempo famosissimi che, insieme a Fregoli, potrebbero costituire una ben defi­ nita linea di influenza nella creazione di alcuni aspetti di Bloom, come ad esempio la sua tendenza a vivere frenetiche situazioni tragico-comiche e surrea­ li, più evidenti proprio nell’episodio di Circe.11 22 L. McKernan, James Joyce’s Cinema, cit., p. 10. 23 Cfr. C. Duff, Irish and the Ireland, New York, Putnam Publishers, 1953, p. 171. 24 L. McKernan, James Joyce's Cinema, cit., p. 10. 25 Cfr. P. SICKER, Evenings at the Volta: Cinematic Afterimages in Joyce, «JJQ», vol. 42 and 43, nn. 1-4, Fall 2004-Summer 2006, p. 101. 26 Une Conquète (1909), proiettato col titolo A Conquest, a Very Comic Picture. 27 Cfr. cap. II. 5, II, HI e IV. Film di Cretinetti e Max Linder erano proiettati, come accennato, anche a Trie­ ste. Nel 1908 il Salone Edison/Cinematografo Ideal mette in cartellone Les Débuts d’un canotier (1907) col ti­ tolo Debutto d’un canottiere, in cui recitano entrambi gli attori; nel 1909 al Salone Novo Cine è proiettato Le solite di Cretinetti', nel 1910 il Novo Cine mette in programma una comica di Cretinetti, alla Cine Università del Popolo al Teatro Fenice (esercizio ambulante che stazionò presso il teatro Fenice dall’ 11 giugno al 20 luglio) è organizzata una «serata d’onore del signor Cretinetti» e al Cinematografo al Fenice (altro ambulante che si

14

IL II cinema delle origini: Circe e la cinematografia-attrazione

La critica ha ormai appurato lo stretto legame tra il cinema delle origini (pres­ sappoco dal 1895 al 1915) e gli esperimenti ottici sviluppatisi nel corso dell’Ottocento: non è tanto l’invenzione del Kinetoscopio Edison (1890) o quel­ la del cinematografo Lumière (1895) a creare un punto di rottura, quanto il passaggio a un cosiddetto cinema «istituzionale» che si compie durante gli an­ ni dieci e che vede, a seconda del caso, l’abbandono o la conservazione e il suc­ cessivo sviluppo di alcuni dei procedimenti e delle figure presenti nel periodo precedente.28 Prima di questo cambiamento i ruoli della produzione non sono né diversificati né organizzati strutturalmente: è il gestore che sceglie quali film (o meglio «vedute animate», come venivano definite allora) mettere in pro­ gramma e con quale ordine, a volte riorganizza a suo piacimento la successione delle scene e, laddove lo ritiene opportuno, aggiunge un commento verbale e musicale. Chi mostra le «vedute» non è un “esercente”, piuttosto un «esibitore», ed «esibizione», insieme ad «attrazione», sono proprio alcuni dei termini chiave usati da Tom Gunning e André Gaudreault nel loro tentativo di caratte­ rizzare il cinema delle origini. I due critici, durante il convegno «Nouvelles approches de l’histoire du cinéma» tenutosi a Cerisy nel 1985, introducono una classificazione basata sull’attrazione, sottolineando l’importanza che questa ha avuto nell’esperienza quotidiana dell’attore e nella cultura dello spettacolo alla fine dell’Ottocento e nei primi due decenni del Novecento.29 fermò nello stesso teatro dal 14 agosto al 28 settembre) si tiene una «grande gara comica: Cretinetti-Calino-Linder» di cui però non ci è giunto l’elenco delle pellicole in cartellone. Nel 1911 il Novo Cine propone in esclu­ siva Cretinetti a caccia (col titolo Cretinetti cacciatore, 1911) e alla vigilia di Natale organizza una «grandiosa se­ rata comica in onore di Cretinetti». Per la Pasqua del 1912 al Teatro Cine è in cartellone La moda di Max (Max Linder) (probabilmente Max lance la mode, 1912), mentre un altro film col comico francese, Viaggio di nozze, chiude l’inaugurazione del cinema Centrale alla vigilia di Natale. Infine, nel 1913, al Teatro di varietà Eden è in programma Boireau champion de cross country ( 1913) col titolo Beoncelli campione di cross-country (cfr. D. Kosanoviq, 1896-1918 Trieste al cinema, cit., p. 105, 122, 136, 141,148-9, 161 e 174). 28 Cfr. V. Tosi, Il cinema prima del cinema, Milano, Il Castoro, 2007. 29 Cfr. A. GAUDREAULT, T. Gunning, Le Cinéma des premiers temps: un défi à l’histoire du cinéma? in Mi­ stoire du cinéma. Nouvelles appro ehes, edite par J. Aumont et al., Paris, Publications de la Sorbonne, 1989, pp. 49-63.

15

IL II cinema delle origini: Circe e la cinematografìa-attrazione

L’attrazione è innanzitutto un momento di «pura manifestazione visiva, [...] presenza immediata»30 che si esaurisce in se stessa, «un elemento che spunta im­ provvisamente, attira l’attenzione e poi sparisce senza sviluppare percorsi nar­ rativi o universi diegetici coerenti».31 La «cinematografia-attrazione» si basa sui momenti forti dello spettacolo, sulla sua abilità nel mostrare qualcosa suscitan­ do curiosità e procurando piacere attraverso immagini eccitanti. E una cine­ matografia fondata sull’esibizionismo verso lo spettatore (di cui viene così im­ plicitamente riconosciuta l’esistenza e la presenza) esemplificato nello sguardo in camera così diffuso nei film del tempo.32 La consapevolezza che i contemporanei avevano delle attrazioni presenti nei film del cinema delle origini (che rendevano i film stessi delle attrazioni) è ben documentata dalle fonti del tempo, tra le quali particolarmente significativo ri­ sulta il lungo articolo anonimo L’attrazione nei film pubblicato nel novembre 1923 sulla rivista popolare «Ciné pour tous».33 Qui, riferisce Gaudreault, è spiegato che «i film dell’epoca [sono] costruiti attorno a dei piccoli numeri d’at­ trazione, come tempeste, esplosioni e altri momenti sorprendenti. [...] “Si ar­ rivava così rapidamente al regno dell’attrazione più o meno sensazionale, in­ corporata, a ragione o meno, poco importa, al film per aumentarne l’efficacia”. L’autore si interroga anche sulla pertinenza dei tanti clou, quando questi ap­ paiono, come avviene nella maggior parte dei casi, “perfettamente inutili allo sviluppo logico dell’azione”».34

L’attrazione, determinata da un principio di successione pressoché casuale, convive per un certo periodo con il principio causale della narrazione. Per spe­ cificare meglio lo sviluppo storico del rapporto tra effetto spettacolare ed effet­ to narrativo, Gaudreault e Gunning introducono un ulteriore spartiacque tem­ porale che corrisponde a due modi di «pratica filmica». Mentre il primo modo si sarebbe sviluppato dal periodo “iniziale” della storia del cinema fino al 1908 circa, il secondo avrebbe caratterizzato gli anni seguenti fin verso il 1914. Nel primo, denominato «sistema delle attrazioni mostrative», prevale «la mostrazione fìlmica e l’attrazione», mentre nel secondo, definito «il sistema di inte­

30 T. GUNNING, Attractions, truquages et photogenic: [’explosion du présentdans lesfilm à truefran^ais produits entre 1896et 1907, in Les Vingtpremieres années du cinemafran^ais, edite par T Lefebvre e M. Marie, Paris, Presses de la Sorbonne Nouvelle/Association Fran^aise de Recherche sur l’Histoire du Cinema (Afrhc), 1995» p. 179 e 182. Trad. mia. 31 Id., Cinéma des attractions et modernité, «Cinematheque», n. 5, 1994, p. 132. Trad. mia. 32 Cfr. ID., The Cinema ofAttractions: Early Film, Its Spectator and the Avant-Garde, in Early Cinema: Space, Frame, Narrative, cit., pp. 56-62. 33 ANONIMO, L’Attraction dans lesfilms, «Ciné pour tous», n. 118, novembre 1923, pp. 10-1. 34 A. GAUDREAULT, Cinema delle origini o della «cinematografìa-attrazione», cit., pp. 36-7.

16

IL II cinema delle origini: Circe e la cinematografìa-attrazione

grazione narrativa», hanno fatto per la prima volta la loro apparizione varie fi­ gure filmiche come ad esempio il primo piano, la plongée, il travelling, etc, che, non ancora subordinate alla narrativizzazione, assolvono tuttavia a funzioni di­ verse da quelle che avranno in seguito. E questo infatti il periodo in cui esse su­ biscono proprio il «processo integrato di narrativizzazione» nel corso del quale «il discorso fìlmico si sarebbe messo al servizio della storia da raccontare»,35 pro­ cesso che si concluderà con la nascita e il consolidamento del cinema istituzio­ nale, come spiega Gaudreault:

Nel paradigma della mostrazione, infatti, sia che si lavori alla frammentazione del profilmico che alla frammentazione del filmografie© (o ancora di entrambi), ci si trova nel campo delle attrazioni mostrative (quando l’aspetto attrazionale pren­ de il sopravvento sull’aspetto narrazionale) — come nel Locataire diabolique {L’in­ quilino diabolico, Méliès, 1909) — oppure in quello dell’integrazione narrativa (quando l’aspetto narrativo prende il sopravvento sull’aspetto attrazionale) — co­ me in A Drunkard’s Reformation di Griffith {Redenzione di un ubriacone, Biograph, 1909), per riprendere un film dello stesso anno di quello di Méliès.36

Nella fase delle attrazioni mostrative la cinepresa è un semplice apparecchio in grado di registrare e poi riprodurre un «qualunque “spettacolo”, che si tratti di “scene naturali” (come nel caso dei generi “documentari”, tra cui le attua­ lità), o di “composizioni personali” (come nel caso degli spettacoli messi in sce­ na — le “ artificially arranged scenes”, come si diceva all’epoca)»37 tra le quali rien­ trano anche i film a trucchi. Questi ultimi, di cui Méliès era maestro, appar­ tengono in pieno alla fase delle attrazioni mostrative, e sono una sorta di pro­ lungamento dei suoi spettacoli fantastici.38 Edison, i Lumière e Méliès creano «vedute» o film secondo le regole e le convenzioni che caratterizzano la tradi­ zione dell’istituzione che utilizzano, rispettivamente, la kinetografia, la cine­ matografia e lo spettacolo scenico, non riuscendo a sviluppare soluzioni diver­ se né tantomeno ad adattarsi all’istituzionalizzazione del cinema, che vuol dire creazione di regole estetiche e programmatiche diverse, finalizzate appunto al­ la narrativizzazione attraverso la manipolazione del prefilmico e del filmico, ta­ le per cui la «semplice agglomerazione dei quadri cede il passo a una rete di ri­ mandi e legami ben saldi tra i frammenti».39 Anche dopo il 1907-1908 Méliès

35 Ivi, p. 42. 36 Ivi, pp. 46-7. 37 Ivi, p. 70. 38 Specializzati nella produzione di film a trucchi simili a quelli di Méliès erano in Gran Bretagna Ro­ bert W. Paul, George A. Smith e Cecil M. Hepworth (di quesfultima si veda il famoso The Gluttons Ni­ ghtmare, del 1901), in Francia Alice Guy-Blaché (cfr. C. Scura, Alice Guy, regista e donna attraverso i confi­ ni in Transcodificazioni, a cura di P. Zaccaria, Roma, Meltemi Melusine, 2005, pp. 115-129). 39 A. GAUDREAULT, Cinema delle origini o della «cinematografia-attrazione», cit., p. 46.

17

IL II cinema delle origini: Circe e la cinematografìa-attrazione

continua infatti a realizzare prodotti legati alla cinematografia-attrazione, quando negli Stati Uniti Griffith produceva già film “istituzionali”.40

Méliès stesso ci dà una precisa indicazione sulla creazione della struttura del­ le sue «vedute»: «Quant au scénario, à la “fable”, au “conte”, je m’en occupais en dernier. Je puis affirmer que le scénario ainsi fait n’avait aucune importance, puisque je n’avais pour but que de l’utiliser comme “prétexte” à “mise en scè­ ne”, à “trues”, ou à tableaux d’un joli effet».41 Risulta dunque evidente, come spiega bene Gunning riferendosi a Méliès, ma anche più in generale ai trucchi così diffusi nel periodo in questione, che «the trick film [...] is itself a series of displays, of magical attractions, rather than a primitive sketch of narrative con­ tinuity. Many tricks films are, in effect, plotless, a series of transformations strung together with little connection and certainly no characterization. [...] The story simply provides a frame upon which to string a demonstration of the magical possibilities of the cinema».42 Méliès lascia da parte il verosimile e «il significante si impone nella dimensione dell’eccesso senza remore: trionfa lo spazio del gag, del meraviglioso».43 Sono film, quelli di Méliès, dove l’attrazio­ ne del visivo in tutte le sue declinazioni plasma continuamente il narrativo ed è con questo in un rapporto incessante; «detto in altri termini, il visivo nel fat­ to filmico eccede il narrativo: il secondo controlla e organizza il primo, senza mai riuscire a dominarlo totalmente».44 La curiosità dello spettatore viene così soddisfatta dal piacere dello straordinario, della meraviglia e della sorpresa.

1. Logica dell’apparizione: il trucco

Se nei testi considerati le principali fonti (o comunque i precedenti) per l’epi­ sodio di Circe il contesto e la natura delle situazioni forniscono una giustifica­ zione alle apparizioni fantastiche e magiche, il testo joyciano manca invece di una qualche motivazione “logica”. Nella Tentazione di Sant’Antonio di Flaubert le visioni soprannaturali sono causate dalle forze infernali che mettono a dura prova l’ascetismo del santo. In maniera simile si spiega la Notte di Valpurga del Faust di Goethe dove l’irruzione del soprannaturale nel mondo reale è causato

40 Al contrario di Alice Guy-Blaché che dalla cinematografia-attrazione passò, come produttrice, al cinema istituzionale. Le pratiche della cinematografia-attrazione ovviamente non scompaiono del tutto, ma rimangono in alcune produzioni delle avanguardie e nei film narrativi stessi, soprattutto in particolari ge­ neri (popolari) come ad esempio il musical, dove esse esercitano ancora un ruolo determinante. 41 G. MÉLIÈS, Importance du scénario, in G. SADOUL, Georges Méliès, Paris, Seghers, 1970, pp. 115-6. 42 T. GUNNING, The Cinema ofAttractions: Early Film, Its Spectator and the Avant-Garde, cit., pp. 57-8. 43 A. COSTA, La morale del giocattolo, cit., p. 101. 44 Ivi, p. 106.

18

IL II cinema delle origini: Circe e la cinematografìa-attrazione

da Mefìstofele che tenta Faust. Nel Sogno di Strindberg la giustificazione è da­ ta dalla natura “irreale” del sogno stesso che permette i salti spazio-temporali e ogni tipo di distorsione, come specifica l’autore nell’avvertenza introduttiva al­ l’opera.45 Per quanto riguarda Circe, al contrario, non sussiste un qualsivoglia statuto legittimante che motivi ad esempio l’apparizione di Dedalus che comincia a volteggiare «su forti ali poderose da poiana» (U. p. 760)46 o di Henry Flower che carezza «una testa femminile separata dal busto» (U. p. 703). Queste “apparizio­ ni” ci sono e basta, susseguendosi una dietro l’altra e interagendo con Bloom e Stephen, in modo simile a quanto avviene per le attrazioni del cinema delle origini. Nello specifico le dettagliate «didascalie» («stage directions») certificano l’awenuta mescolanza senza spiegarla e mettono sullo stesso piano, “oggettiva­ mente”, la “realtà” di Bloom, che cammina per il quartiere a luci rosse di Du­ blino e poi entra nel bordello di Bella Cohen, e le apparizioni che vivono di vi­ ta propria e si succedono l’una all’altra senza un particolare criterio, sancendo così anche una sorta di pari “legittimità” di esistenza: la realtà e le apparizioni hanno uguale diritto a nascere e a morire, il reale e l’allucinatorio sono equiva­ lenti. Non ci sono infatti riferimenti specifici, a livello di storia e di narrazione, a interventi soprannaturali o che comunque riportino il tutto a proiezioni del mondo onirico o inconscio di Stephen e Bloom, ipotesi, quest’ultima, che Na­ bokov esclude con chiarezza, visto che « 1. Bloom è completamente sobrio e per il momento impotente. 2. Bloom non può in alcun modo conoscere eventi, fat­ ti e personaggi che compaiono come visioni nel corso del capitolo».47 Gli even­ ti naturali, le “allucinazioni” spettacolari, le figure e le invenzioni prodigiose so­ no messi sullo stesso piano, come avviene nei film di Méliès dove «solo rara­ mente l’irruzione del soprannaturale (che non ha quasi mai uno statuto che lo differenzi nettamente, sul piano enunciativo, dalle altre manifestazioni dello strano e del meraviglioso) appare nettamente caratterizzata».48 Per il regista francese infatti, analogamente a quanto avviene in Circe, la logica del trucco coincide con lo statuto della realtà: i due piani si confondono dando vita a un principio organizzativo basato sull’accumulo.

45 Cfr. Nota dellautore, in A. STRINDBERG, Il sogno, Milano, Adelphi, 1994, pp. 11-2. 46 J. JOYCE, Ulisse, Milano, Meridiani Mondadori, 1999. Da qui in poi le citazioni dall’ Ulisse saranno seguite direttamente dall’indicazione U. e dal numero di pagina in questa edizione. 47 V. NABOKOV, Lezioni di Letteratura, a cura di E Bowers, trad, di E. Capriolo, Milano, Garzanti, 1982, p. 409. Vari critici hanno individuato le numerose elementari ed evidenti incongruenze di vario tipo che caratterizzano l’episodio; ad esempio frasi o espressioni impiegate da un personaggio nel corso della gior­ nata possono venire riutilizzate da un altro in Circe senza che quest’ultimo abbia avuto alcun modo di ac­ cedere a esse. Cfr. A. GlBSON, Introduction, cit., p. 19. 48 A. Costa, La morale del giocattolo, cit., p. 126. Cfr. anche ivi, pp. 101-2.

19

IL II cinema delle origini: Circe e la cinematografìa-attrazione

2. Ordine puntuale e vettoriale Nel cinema delle origini, in particolar modo da un certo punto in avanti, l’ef­ fetto spettacolare, appartenente all’ordine puntuale (il fotogramma e l’inqua­ dratura), si rapporta inevitabilmente al narrativo, appartenente all’ordine vetto­ riale (il piano e il montaggio), producendo di volta in volta e nel corso del tem­ po estetiche e risultati diversi. Mentre i film di Méliès sono caratterizzati da una successione più o meno ben riuscita di trucchi, in Circe c’è una stretta correla­ zione e combinazione tra reale e visionario, tra il narrativo e il “casuale” delle ve­ dute allucinatorie; nel narrativo si innestano le allucinazioni che a loro volta so­ no seguite da altri “momenti” di realtà per lasciare nuovamente spazio a ulterio­ ri visioni e trucchi grotteschi. Su una base realistico-logica molto flebile (la visi­ ta di Bloom e Stephen al bordello di Bella) si sviluppano i momenti onirico-allucinatori (attrazioni), che prendono vita in modo disordinato e senza una suc­ cessione causale. Questi due aspetti sono ovviamente inscindibili uno dall’altro, dato che anche le allucinazioni hanno un seppur debole sviluppo logico-narra­ tivo49 e i momenti narrativo-mimetici subiscono appunto di continuo una de­ viazione allucinatorio-attrattiva. «Tutte [le] allucinazioni [...] sono amplifica­ zioni di circostanze reali, hanno una logica loro propria [...] sono sempre pre­ parate, e sono l’amplificazione logica di un qualche oggetto reale o mitico, glos­ se a un pensiero inespresso e espresso».50 Se in Méliès «è il principio costitutivo della germinazione e della metamorfosi che genera sia il fantastico che il burle­ sque, e ne garantisce l’intercambiabilità»,51 in Circe un particolare costituisce la germinazione di lunghi momenti allucinatoti, come spiega Nabokov in una del­ le sue lezioni: «Questo o quel particolare reale acquista bruscamente una sua vi­ ta complessa; parte un’allusione che poi vive autonomamente».52 In La Sirène ( 1904), ad esempio, la successione degli eventi è ritmata solo dai trucchi che si susseguono senza un principio logico e causale forte, se non for­ se l’acqua presente nell’acquario che, messa nel cappello, porta il prestidigita­ tore (Méliès) a pescare dapprima alcuni pesci, poi, cambiato magicamente d’a­ bito, tre conigli; infine egli conduce una sirena, spuntata d’improvviso nell’ac­ quario ed entrata in scena, in una grotta marina dove il mago si ritrova su un trono nei panni di Nettuno. In Circe, per dare un esempio dei passaggi e degli scambi tra reale e allucina-

49 Si veda ad esempio l’ascesa di Bloom prima ad assessore, poi a imperatore, presidente e re (cfr. U. p. 650-75). 50 S. GILBERT, L’Ulisse diJames Joyce, in AA W., Introduzione a Joyce, Milano, Mondadori, 1967, p. 922 e 924. 51 A. Costa, La morale del giocattolo, cit., p. 132. 52 V. NABOKOV, Lezioni di Letteratura, cit., p. 411.

20

IL II cinema delle origini: Circe e la cinematografia-attrazione

torio, basta ricordare l’inizio dalla lunga fantasia menzionata sopra, quando Bloom, arrivato al portone del bordello di Bella, afferma di fumare il sigaro so­ lo saltuariamente e, incitato dalla prostituta ad arringare la folla sull’argomen­ to, s’improwisa uomo politico dando il via a un lungo inserto che occupa nu­ merose pagine (cfr. U. pp. 650-675). Il momento dell’onirico è strettamente collegato a quello del reale da cui “germoglia” occupando la scena (sia per numero di pagine che per inventiva spettacolare) e dando così l’impronta generale all’episodio. Si ha quasi l’im­ pressione, anzi, che la parte realistica sia servita a Joyce principalmente proprio per dare vita a quella attrattiva, caratterizzata da una fantasia allucinatoria (del­ lo scrittore stesso?)53 che acquista una posizione centrale. L’allucinazione, di qualunque tipo, nasce da un primo spunto reale per poi assumere un suo ritmo che, oscillando tra una (flebile) spinta narrativa e l’effetto attrattivo, si nutre di se stesso, tanto che non si segue una trama ma si è sedotti dalla fantasia creati­ va delle scene che si succedono. In generale, infatti, come tutti i commentatori hanno notato, l’aspetto causale-razionale è messo in secondo piano dal gusto per l’apparizione, il grottesco, il deviante, il deforme, la caricatura; la dialettica reale-allucinazione è tenuta insieme da un collante spettacolare che prende il sopravvento ed è caratterizzato, tra i vari elementi, da molte figure e temi cor­ rispondenti ai trucchi usati da Méliès nei suoi film. Le attrazioni (tra le tante che poi vedremo nello specifico, le apparizioni grottesche, le sparizioni, la nin­ fa che esce dal quadretto, l’animazione di oggetti, le innumerevoli trasforma­ zioni d’abito e ruolo di Bloom) convogliano l’attenzione del lettore diventan­ do l’interesse principale tanto che alla fine, come sostiene Hugh Kenner, ri­ marcando l’impossibilità di distinguere il vero dall’allucinazione, l’unica perso­ na a essere allucinata sembra il lettore, e la reale allucinazione l’episodio stesso.54 Insomma, la dicotomia reale-allucinazione perde la sua specificità per aprirsi a una poliformità di prospettive, di livelli e di spazi di significato, come è emer­ so anche dai cinque anni di studio su Circe compiuto dal «London University Seminar for Research into Ulysses».55

3. Una struttura vermicolare Da questa organizzazione “attrattiva” deriva la struttura “aperta” che accomuna

53 Goldman vede Circe come una «fantasia» di Joyce sul suo stesso romanzo. Cfr. A. GOLDMAN, TheJoy­ ce Paradox: Form and Freedom in His Fiction, London, Routledge and Kegan Paul, 1966, pp. 96-9. 54 Cfr. H. KENNER, Circe, in James Joyces Ulysses Critical Essays, edited by C. Hart and D. Hayman, Berkeley-Los Angeles, University of California Press, 1974, pp. 341-362. 55 Cfr. A. GlBSON, Introduction, cit., p. 21.

21

IL II cinema delle origini: Circe e la cinematografìa-attrazione

la prima fase del cinema delle origini e Circe. Le parole che usa Tom Gunning per descrivere la cinematografia-attrazione potrebbero benissimo adattarsi al­ l’episodio dell’ Ulisse-. Fictional situations tend to be restricted to gags, vaudeville numbers or recrea­ tions of shocking or curious incidents (executions, current events). It is the direct address of the audience, in which an attraction is offered to the spectator by a ci­ nema showman, that defines this approach to film making. Theatrical display dominates over narrative absorption, emphasizing the direct stimulation of shock or surprise at the expense of unfolding a story or creating a diegetic universe.56

Anche riguardo al significato che Circe assume nell’economia del romanzo, a fronte di critici come Kenner, per il quale Bloom supera una «psychic purga­ tion»,57 e James Maddox, secondo cui Bloom alla fine dell’episodio riesce ad ac­ cettare il suicidio del padre e comincia a vedersi egli stesso come padre,58 Karen Lawrence ritiene invece che in Circe non ci sia in realtà alcuna svolta, cambia­ mento radicale o evento (fisico o psicologico) decisivo, al contrario talvolta una sorta di «mock peripety».59 Rilevanti, a questo proposito, sono alcune osser­ vazioni di Cari Gustav Jung che sottolineano il carattere «infinitamente espan­ dibile» dell’ Ulisse. Egli, dopo essersi fermato a pagina 135 del libro, ricomincia a leggerlo al contrario: Per un certo chiarimento delle mie idee, cominciai a leggere il libro a ritroso, ri­ salendolo dalla fine. Risultò che tale metodo valeva quanto quello ordinario; il li­ bro può anche essere letto a ritroso, poiché manca in esso un avanti o un indie­ tro, l’alto e il basso. Tutto potrebbe essere stato o potrà essere nell’avvenire. Qual­ siasi conversazione contenuta nel libro può anche essere letta a ritroso, perché non c’è mai nessuna svolta. Si può anche smettere nel bel mezzo di una frase — la prima parte di quella frase avrà sempre abbastanza ragione d’essere per essere o parere vitale. Tutto il libro possiede un carattere vermicolare: la testa tagliata di­ venta coda e viceversa. Questa inaudita e impressionante caratteristica dello spi­ rito di Joyce dimostra come la sua opera appartenga alla classe degli animali a sangue freddo e in particolare a quella dei vermi, i quali, se fossero capaci di let­ teratura, userebbero il sistema del gran simpatico per scrivere, dato che non pos­ siedono un cervello.60

56 T. GUNNING, The Cinema ofAttractions: Early Film, Its Spectator and the Avant-Garde, cit., pp. 58-9. 57 H. Kenner, Circe, cit., p. 356. 58 Cfr. J. H. Maddox, Joyce’s Ulysses and the Assault upon Character, New Brunswick, Rutgers Univer­ sity Press, 1978, p. 142. 59 K. LaWRENCE, The Odyssey ofStyle in Ulysses, Princeton, Princeton University Press, 1981, p. 163. Cfr. anche M. FRENCH, The Book as World: James Joyces Ulysses, London, Abacus, 1982, p. 200. 60 C. G. J UNG, Ulysses — Monologo, in La realtà dell’anima, Torino, Boringhieri, 1963, pp. 143-4.

22

IL II cinema delle origini: Circe e la cinematografìa-attrazione

La non necessità, secondo lo psicologo, caratterizza la struttura dell’ Ulisse'.

La tenia è un cosmo di vita a sé stante, dotato di una prolificità prodigiosa; que­ sta non è certo una immagine molto bella, ma non mi sembra inadatta per qua­ lificare un capitolo di Joyce. La tenia non sa fare altro che creare nuove tenie, ma di queste ne produce in numero infinito. Il libro di Joyce potrebbe avere 1470 pa­ gine o un multiplo di quel numero, e l’infinito non sarebbe ugualmente dimi­ nuito di una sola goccia, l’essenziale non sarebbe ancora pronunciato. Ma siamo poi sicuri che Joyce voglia dire alcunché di essenziale? [...] Tutto è nuovo e in pa­ ri tempo è quanto esisteva dall’inizio.61 E chiaro che se Jung parla dell’ Ulisse in generale, l’episodio di Circe è tuttavia quello che, per il carattere prettamente visivo delle scene e dei trucchi, più si adatta a un confronto con la successione dei tableaux o «vedute» del cinema del­ le origini, esse stesse attrazioni che si possono moltiplicare e accumulare po­ tenzialmente all’infinito. Data la natura stessa della curiosità, che non può mai essere totalmente soddisfatta e soddisfabile, la successione di momenti “entu­ siasmanti” potrebbe infatti essere infinita e limitata solo dallo “sfinimento” del­ lo spettatore. La stessa caratteristica è presente anche nella struttura compositi­ va dei film di Méliès che è dunque potenzialmente infinita perché basata pro­ prio di una funzione produttiva (e non riproduttiva) dei trucchi, considerati come elementi di una scansione ritmica.62

4 La cinematografìa-attrazione: realismo efantastico Thomas Burkdall, nel recente Joycean Frames, basandosi sulla tradizionale di­ stinzione tra i due “filoni” del cinema, quello realistico e quello fantastico, ha cercato di delineare le rispettive influenze che essi hanno avuto sulle opere e sul­ la sensibilità artistica di Joyce. Lo studioso, nel terzo capitolo del suo libro, do­ po aver preso in esame la produzione dei Lumière, il neorealismo italiano, L'uo­ mo di Aran {Man ofAran, 1935) di Robert J. Flaherty e Berlino, sinfonia di una grande città {Berlin: Die Sinfonie der Grofìstadt, 1927) di Walter Ruttmann (quest’ultimo additato da Joyce come l’unico, insieme a Ejzenstejn, in grado di poter filmare l’Ulisse), conclude sottolineando le affinità tra l’opera dello scrit­ tore irlandese e il cinema documentario e neorealista, entrambi caratterizzati da un’intenzione mimetica adattata però a una «artistic vision».63 Il quinto capito­

61 Ivi, p. 145 e 147. 62 Cfr. T. GUNNING, An Aesthetic ofAstonishment: Early Film and the (In)Credulous Spectator, «Art and Text», 34, Spring 1989, p. 126 e A. Costa, La morale del giocattolo, cit., p. 101. 63 T. L. BURKDALL, Joycean Frames, cit., p. 46.

23

IL II cinema delle origini: Circe e la cinematografìa-attrazione

lo è dedicato invece agli elementi fantastici derivati dai trucchi cinematografi­ ci di Méliès e disseminati nell’opera di Joyce accanto alla matrice realista. L’impostazione del lavoro di Burkdall, come risulta evidente da quanto det­ to fin qui, andrebbe rivista alla luce delle nuove acquisizioni teorico-critiche sulla cinematografia-attrazione, che invece lo studioso sembra aver ignorato. I critici del cinema delle origini, infatti, specialmente dopo il convegno di Bri­ ghton del 1987, hanno riconsiderato e ridimensionato il tradizionale assunto che vorrebbe da una parte i film dei Lumière appartenenti al «realismo docu­ mentario», dall’altra invece quelli di Méliès rispondenti alla «fiction, fantasy, stylization».64 Al contrario, benché la distinzione poggi su elementi (il realismo e il fantastico-magico) che in diversa misura differenziano certamente i due produttori di «vedute», tali caratteristiche rientrano tuttavia nel contesto più ampio del cinema come attrazione, sia essa l’illusione realistica del primo che quella magica del secondo.65 La distinzione fatta da Burkdall, dunque, andreb­ be perlomeno problematizzata e riorganizzata in senso diacronico e sincronico. I Lumière e Méliès, benché nelle rispettive produzioni privilegino indubbia­ mente componenti diverse,66 rientrano però entrambi nella cinematografia-at­ trazione che ha un ruolo determinante nell’episodio di Circe. Inoltre, benché accomunati da una generale tendenza realistico-documentarista, sia Flaherty che Ruttmann girano i loro film quando il sistema di produzione è già da lun­ go tempo passato dalla cinematografia-attrazione al cinema istituzionale, e dunque in un contesto teorico-estetico ben differente da quello dei Lumière. Se Joyce aveva in mente i film dei due fratelli, è poco probabile che siano stati es­ si a suggerirgli l’aspirazione a una rappresentazione realistica di Dublino, aven­ do la tradizione letteraria (non solo inglese) un peso ben maggiore: l’interesse per i Lumière e per Méliès rientra piuttosto nel contesto in cui la rappresenta­ zione dell’oggetto è messa in secondo piano rispetto alla capacità della macchi­ na di realizzare tale riproduzione e al suo carattere spettacolare. Così la stima di Joyce per L’uomo di Aran, al di là del fatto che il genere documentaristico è sem­ pre soggettivamente costruito dal regista, e gli attori recitano ben consci di sta­ re recitando (un realismo analogo, secondo Burkdall, a quello che caratterizza l’Ulisse, «tailored to an artistic vision»67), può essere rintracciata più verosimil­ mente nell’appassionata descrizione che Flaherty dà della lotta tra uomo e na­ tura (tema presente anche nel romanzo joyciano), oppure nella rappresentazio­ ne antropologica degli abitanti dell’isola e delle loro abitudini che, per l’isola­

64 T. GUNNING, «Primitive» Cinema: A Frame-Up? Or, the Trick's on Us, cit., p. 96. 65 Cfr. ID., The Cinema ofAttractions: Early Film, Its Spectator and the Avant-Garde, cit., p. 57. 66 Méliès gira anche film d’attualità mentre i Lumière, d’altro canto, utilizzano in alcune loro produ­ zioni la sostituzione per arresto. 67 T. L. Burkdall, Joycean Frames, cit., p. 46.

24

IL II cinema delle origini: Circe e la cinematografìa-attrazione

mento geografico e le vicende storiche, hanno sempre suscitato la curiosità del­ lo scrittore, come si può notare, ad esempio, nel suo breve articolo del 1912 II miraggio delpescatore di Aran.68 Più interessanti sembrano invece le analogie tra l’Ulisse e il film di Ruttmann che rimandano anche ad altre rappresentazioni della moderna metropoli e dei suoi abitanti, tra le quali ricordiamo L’uomo con la macchina da presa {Celovek s kinoapparatom, D. Vertov, 1929),69 Rien que les heures (A. Cavalcanti, 1926), Manhatta (C. Sheeler e P. Strand, 1921), Pioggia {Regen, J. Ivens, 1929), À propos de Nice (J. Vigo, 1930), Parigi che dorme {Pa­ ris qui dort, 1923) e II viaggio immaginario {Le Voyage imaginaire, 1925), en­ trambi di René Clair.

5. Cretinetti Tornando all’esperienza del cinema Volta, se Joyce, come è molto probabile, co­ nosceva il popolarissimo Cretinetti, possibili analogie (o addirittura influenze) tra i film del comico francese e Circe vanno delineate nel contesto in cui la ci­ nematografia-attrazione costituisce una base di riferimento per quello che può a ragione essere definito lo “script cinematografico” dell’episodio; in altre paro­ le, se Joyce ha pensato a Cretinetti, lo ha fatto per quegli elementi che lo riconducevano all’ambito più ampio della cinematografia-attrazione. Tra questi ci sono senza dubbio i trucchi (e lo si vedrà di volta in volta nei ca­ pitoli seguenti), una presenza costante nei film di Cretinetti che André Deed aveva appreso nel periodo in cui lavorava per Méliès stesso comparendo in nu­ merose sue produzioni.70 Inoltre, in maniera simile a quanto detto per il principio germinativo che ca­ ratterizza la successione delle immagini in Circe, le avventure e le azioni di Cre­ tinetti nascono una dall’altra «secondo il principio accumulative della gag a ri­ petizione»,71 per una sorta di innata forza prorompente del personaggio che prende il sopravvento sulla narratività: «con lui la comica diventa, da scenetta che era, racconto: da una situazione ne nascono altre come per genesi sponta­ nea, e alle spalle non si intravedono soltanto il circo e l’avanspettacolo ma an­ che la pochade francese e il caffè-concerto [...]. Diversamente da tanti altri, è

68 J. Joyce, The Mirage of The Fisherman ofAran. England's Safety Valve in Case ofWar, «II Piccolo della sera», 15 Settembre 1912, Trieste. 69 Cfr. T. W. Sheehan, Montage Joyce: Sergei Eisenstein, Dziga Vertov, and Wandering Rocks, «JJQ», vol. 42 and 43, nn. 1-4, Fall 2004-Summer 2006, pp. 49-68. 70 Cfr. J. A. GlLI, André Deed: Boireau, Cretinetti, Gribouille, Toribio, Foolshead, Lehman..., trad, di S. Toni, Genova, Le Mani, 2005, pp. 24-6 e 41-2. 71 Ivi, p. 55.

25

IL II cinema delle origini: Circe e la cinematografìa-attrazione

quasi sempre lui a provocare i disastri: ha già un po’ di quella forza dirompen­ te che avranno, che devono avere, tutti i grandi comici».72 La vicenda narrativa è spesso subordinata alla deviazione estemporanea, il filo conduttore dell’azio­ ne è il titolo stesso del film che è un puro pretesto per situazioni strampalate. E interessante notare come due degli elementi su cui poggiano i film di Cre­ tinetti siano per un verso il ritmo frenetico e accelerato, per un altro la succes­ sione delle immagini caratterizzata dal paradosso, da una “logica dell’assurdo” e dell’irrealtà, che è lo sconvolgimento del senso comune: Cretinetti, «prevedi­ bile o imprevedibile, è l’uomo a cui tutto può accadere».73 Il susseguirsi delle di­ savventure, che richiama il ritmo e alcune situazioni dei film di Méliès,74 è ba­ sato sugli «chocs de la vitesse et du paradoxe»,75 come è evidenziato da Nino Frank in un articolo del 1951: Il signor Petit Crétin volava su una nube, nella quale trovava la sua amichetta per baciarla, o, messo a cuocere in un’enorme casseruola, ne usciva fumante e tutto arzillo, oppure, ancora, tagliato in pezzi sanguinolenti, una strizzata di occhi gli era sufficiente per rimettersi in sesto; e per farlo, si circondava di accessori curio­ si, di comparse a sorpresa, di tele di fondo strampalate [...]. [In un altro film] de­ gli operai che portano un tronco d’albero intervengono continuamente nell’a­ zione, attraversando il campo con assoluta imparzialità e spostando quinte e per­ sone, senza che la loro presenza sia un minimo giustificata, come se si sbagliasse­ ro di film.76

72 E. GlACOVELLI, Non ci resta che ridere. Una storia del cinema comico italiano, Torino, Lindau, 1999, pp. 16-17. 73 J. A. GlLI, André Deed, cit., p. 192. Cfr. L. ROGNONI, Cinema muto dalle origini al 1930, Roma, Bian­ co e Nero editore, 1952, p. 73. 74 Cfr. cap. IV. 75 P. Cherchi Usai, Le Cinema italien de “La Prise de Rome”à “Rome ville ouvert”, Paris, Centre G. Pom­ pidou, 1986, p. 81. 76 N. Frank, Cinema dell'arte, Paris, André Bonne, 1951, pp. 26-7. «Si tratta in definitiva di una co­ micità di movimento, basata su effetti mimici e cinematografici, che comporta una sua “logica” fantastica e surreale, in cui i protagonisti sono spinti verso gli estremi limiti della caricatura e del grottesco. E questo uno stile che si contrappone alla comicità classica di Linder e Chaplin, per assumere un carattere più mo­ derno e rivoluzionario» (J. PANTIERI, Gli eroi della risata, Milano, Giordano Editore, 1965, p. 53). Duran­ te il suo soggiorno a Parigi Joyce vide certamente il film di Chaplin II Monello (The Kid, 1921), come emerge da una lettera scritta all’amico Valery Larbaud il 6 novembre 1921: «Expected to see you last night at The À7//and hope you are not ili» (J. JOYCE, Letters ofJames Joyce, vol. Ill, edited by R. Ellmann, Lon­ don, Faber and Faber, 1966, p. 53). Sull’interesse di Joyce per il cinema mentre si trovava a Parigi si veda anche la testimonianza di Patricia Hutchins: «As for James Joyce, though he may have seen films at Zurich during the war years, it was not until he was living in Paris, after 1920, that scraps of information emerge again. In spite of increasing difficulties with his eyes, he appears to have gone fairly frequently to the cine­ ma, usually between dusk and dinner time when he could no longer work. Paul Leon or Joyce’s son and daughter-in-law usually accompanied him» (P. HUTCHINS, JamesJoyce and the Cinema, «Sight and Sound», vol. 21, New Quarterly Series, n. 1, August-September 1951, p. 11). Il rapporto tra la figura di Chaplin e quella di Bloom è stato oggetto di alcuni studi non del tutto esaustivi. Cfr. M. PARR, James Joyce: The Poe­ try of Conscience: A Study of Ulysses, Milwaukee, Inland Press, 1961; A. BRIGGS, Chaplins Charlie andJoy­ ce's Bloom, «Journal of Modern Literature», XX, n. 2, Winter 1996, pp. 177-186; G. WERNER, James Joyce,

26

IL II cinema delle origini: Circe e la cinematografìa-attrazione

Gili, passando in rassegna alcuni numeri di Cretinetti, evoca l’atmosfera che si respira in molti suoi film: Deed si distingue in particolare per l’impiego di elementi surreali. A partire da si­ tuazioni classiche che mettono in scena inseguimenti, cadute e distruzioni, si pre­ cipita nelle gag più raffinate. Caccia dei pesci e pesca dei conigli, appare e scom­ pare, è ad un tempo materiale e immateriale, ora facendosi bastonare, ora dive­ nendo un corpo invulnerabile. Fragile e indistruttibile, colpisce e trapassa: non ci sono muri che resistano ai suoi assalti o pareti che non si possano attraversare. Al­ la confluenza fra le invenzioni di Méliès, i trucchi di Segundo de Chomón, le fantasticherie suggerite da Giovanni Pastrone, non esita a fare entrare nella fin­ zione narrativa la dea folgorante dell’itala o il gallo Pathé.77 Si veda ad esempio in Cretinetti distratto (1910) la serie di sketch surreali cau­ sati dalle disattenzioni del protagonista. Cretinetti si tuffa nella vasca da bagno rompendola e inondando la stanza, si veste al contrario mettendosi i calzini sul­ le scarpe e la giacca e la camicia sul cappotto, indossa una zuppiera come cap­ pello e si serve di una scopa come bastone da passeggio. Uscito di casa, nella toi­ lette di un bar scambia la propria immagine allo specchio per quella di un altro, dando il via a una serie di gag che si concludono con la rottura dello specchio e il locale messo a soqquadro. Dopo aver comprato un cilindro in un negozio di cappelli, scambia la vetrina per la porta e la manda in frantumi. Inseguito dai cappellai e da due poliziotti, Cretinetti fa infine esplodere due bidoni di benzi­ na e, catapultato per aria, ricade nella sua stanza da letto.78 Oppure, ancora, il film Les Incohérences de Boireau (1912) dove il protagonista

dorme in un letto metallico a mezz’aria per mezzo di corde. [...] Boireau accen­ de uno stoppino che brucia la corda e così il letto cade a terra. [...] Porta dei mutandoni. Raccoglie un fucile e spara in aria, e dal cielo cade un pesce. Afferra una canna da pesca e immerge il filo nella vasca: ne estrae un coniglio. Tenendo la car­ pa in una mano e il coniglio nell’altra, entra nella vasca e si siede sul getto d’ac­ qua. Spinto in aria ricade su un camino. Ricompare in un appartamento signori­ le in cui si trovano una statua e un manichino con un vestito assai elegante. [...] Si veste con gli abiti del manichino, prima il collo inamidato, poi il cappello a ci­ lindro e la redingote, e infine i pantaloni, indossati dietro a un paravento. Senza altri passaggi entra nel cortile di una scuola. Ha un grembiule grigio da scolaro e un berretto, e sulla schiena porta la cartella. [...] Adocchia un grande paniere da cui estrae un’anatra con il guinzaglio. [...] Poi, visto che l’animale si ritrova im-

Charlie Chaplin and the Marx Brothers, cit.; A. MoNTESl, Charlie Chaplin and Leopold Bloom, in Images of Joycey cit., pp. 266-278. 77 J. A. GlLI, Andre Deedy cit., p. 192. 78 Cfr. ivi, pp. 55-6 e A. BERNARDINI, Cinema muto italiano. Ifilm dei primi anni. 1910y con la colla­ borazione di V. Martinelli, Torino, Nuova ERI, 1996, pp. 111-2.

27

IL II cinema delle origini: Circe e la cinematografìa-attrazione

prowisamente imbalsamato, l’attacca a una porta, sulla quale scrive qualche pa­ rola; si rivolge quindi agli spettatori per annunciare una sorpresa, che scopriamo sotto le zampe dell’anatra [...] non appena lui scompare dietro la porta: è la scrit­ ta, a grandi lettere, “Pathé Frères”.79

Risulta evidente dalla sinossi che il film, come commenta Gili, «è un puro esercizio di estro gratuito, una catena di situazioni strambe, quasi di immagini surrealiste».80 Le stesse parole potrebbero essere felicemente usate anche per descrivere Cir­ ce, successione di attrazioni che coinvolgono Bloom in una serie di performan­ ce legate tra loro da un tenue filo logico, tali per cui spesso si crea un’atmosfera surreale e dove «more striking still, the “motivation” of various connections between narrative sections or sequences — including transitions from “reality” to “hallucination” — seems to be not so much psychological or thematic as in­ cidental, frivolous, witty or playful».81 Basti pensare infatti al passo in cui Bloom partorisce «otto figli maschi, bianchi e gialli» e si rivela come Messia (U. p. 670) o quando a un certo punto «col suo scettro abbatte papaveri» (U. p. 659) o, ancora, al lungo passo che vede l’imperatore Bloom esibirsi davanti alla cit­ tadinanza in numeri degni di Cretinetti: BLOOM: {Stringendo la mano a un giovanotto cieco.} O mio più che Fratello! {Mettendo il braccio attorno alle spalle d'una vecchia coppia.} Cari vecchi amici! {Gioca ai quattro cantoni con bambini e bambine cenciosi.} Cucù! Cucù! {Spinge due gemelli in una carrozzina.} Mamma mia, mamma mia, della mamma o della zia? {Fa giochi di prestigio, si tira fuori dalla bocca fazzoletti rossi, arancione, gialli, verdi, azzurri, indaco e violetti.} Ragvaiv. 32 piedi al secondo. {Consola una vedo­ va.} L’assenza fa ringiovanire il cuore. {Danza la giga scozzese con contorcimenti grotteschi.} Su colle gambe, diavoli che non siete altro! {Bacia le piaghe di decubi­ to di un vecchio grande invalido paralitico.} Ferite gloriose! {Dà lo sgambetto a un poliziotto grasso.} S. u.: su. S. u.: su {Mormora qualcosa all’orecchio d’una camerie­ ra arrossente e ride affabilmente.} Birichina, birichina! {Mangia una rapa cruda of­ fertagli da Maurice Butterly, colono.} Buona! Squisita! {Rifiuta di accettare i tre scel­ lini offertigli da Joseph Hynes, giornalista.} Ma no, ma no, caro collega! {Dà Usuo soprabito a un povero.} La prego di accettare. {Prende parte a una corsa ventre a ter­ ra di vecchi storpi, maschi e femmine.} Forza, ragazzi! Scontorcetevi, figliole! (U. pp. 660-1).

Ancora, Boireau a mangéde Fail {1908} vede Cretinetti ingozzarsi di aglio e tra­ mortire col suo alito chiunque incroci per strada, dando così vita a «una gran­

79 J. A. G1L1, André Deed, cit., pp. 94-580 Ivi, p. 94. 81 A. GlBSON, Introduction, cit., p. 23.

28

IL II cinema delle origini: Circe e la cinematografia-attrazione

de farsa costruita su una sola gag ripetuta all’infinito fino alla caduta finale, in tono surrealista». Non siamo molto lontani dal lungo passaggio di Circe in cui Bloom viene processato e che vede sfilare numerosi testimoni d’accusa («una grande farsa costruita su una sola gag ripetuta» appunto), fino alla condanna a morte — non eseguita — per impiccagione del personaggio e l’apparizione di un cane con la faccia del defunto Paddy Dignam («la caduta finale in tono surrea­ lista») dove tra l’altro, come in altri punti, Bloom, in ogni suo tentativo di di­ scolparsi e togliersi dai guai, al pari di Cretinetti ne crea altri ben peggiori, ali­ mentando la gag e spingendola sempre più verso l’assurdo e il surreale (cfr. U. pp. 626-644). In effetti, se consideriamo il personaggio joyciano nel contesto più ampio dell’intero Ulisse, c’è da notare come talvolta egli condivida con Cre­ tinetti l’analoga tendenza ad agire con le migliori intenzioni che porta però, nei rapporti con gli altri, a fraintendimenti o danni a loro volta motori propulsori di gag e situazioni tragico-comiche. Cretinetti sa tutto e fa tutto (1910), ad esempio, trova la sua forza generativa proprio nell’altruismo del protagonista che, ben lontano dal raggiungere i fini sperati, innesca una serie di stravaganti e bizzarri incidenti: «nel tentativo di accendere il sigaro di un signore, lo rende inservibile; mette fuori combattimento due facchini mentre sta cercando di aiutarli a chiudere una cesta; fa scoppiare lo pneumatico di un’automobile mentre cerca di gonfiarlo con la pompa; appiattisce mezza dozzina di persone sotto un mobile; soffoca un uomo al quale sta annodando la cravatta; fa cadere una sposina in una pozzanghera piena di fango. Alla fine viene arrestato per aver distrutto una casa».82 In Cretinetti si batte al cannone (1914), ambientato in un caffè, l’accusa a Cretinetti di aver sottratto e tracannato d’un fiato il bocca­ le di birra di un avventore genera una rissa e un duello. Ancora, in Cretinetti vittima della sua onestà (1910), l’onestà del protagonista, come dice il titolo, è proprio la causa di fraintendimenti e punizioni varie: egli, infatti, nel tentativo di restituire un orologio e una catena persi da un ufficiale, viene da questi scam­ biato per ladro, poi un analogo tentativo di consegnare al commissario di poli­ zia un portafoglio ritrovato per terra genera un ennesimo equivoco e scatena l’i­ ra dei vigili.83

82 «The New York Dramatic Mirror», 16 novembre 1910, cit. in A. BERNARDINI, Cinema muto italia­ no. Ifilm dei primi anni. 1910, cit., pp. 122-3. 83 Cfr. ivi, pp. 123-5-

29

III. La cinematografia-attrazione e Circe. Parte prima

Andiamo a vedere nello specifico quali sono dunque i debiti di Joyce nei con­ fronti del cinema delle origini, sia per quanto riguarda i trucchi mutuati so­ prattutto dalla produzione di Méliès (ma non solo), sia in rapporto ad altri ele­ menti di spettacolarità e curiosità che, applicati a determinate figure e immagi­ ni, trovano analoghi riscontri nell’episodio di Circe.

1. Apparizioni e sparizioni

In Circe numerosi setting di vario genere si susseguono uno dopo l’altro senza segnali formali che indichino un qualche tipo di avvicendamento, come avvie­ ne invece di solito nelle stage directions. Ancora più numerose sono le dramatis personae che agiscono sui vari sfondi. Il ritmo dell’episodio è regolato dalle ap­ parizioni improvvise di personaggi e cose, spesso provenienti da un contesto in­ congruo, che si affiancano o si sostituiscono a quelli già in scena; altre volte es­ se si accompagnano a un nuovo setting al quale sono strettamente correlate.84 Solo in tre casi i personaggi, che spesso compaiono dopo essere stati in qualche modo menzionati nel passo precedente la loro apparizione, vedono notificata la loro presenza con la tradizionale formula teatrale «Enters X» o «X enters» mentre, a parte qualche esigua occorrenza,85 in tutti gli altri casi (29 volte) il termine usato è «apparire» («to appear»). Una volta apparsi, dei personaggi non ci viene detto più di tanto sulla loro u­

84 Cfr. cap. III. 8. 85 In altri punti, ad esempio, i verbi utilizzati evocano il mondo del music-hall: «Saltano fuori Tom e Sam Bohee, canterini di colore vestiti di tela da marinai bianca» (U. p. 609). Si noti l’uscita in scena dei due per­ sonaggi: «van via ballonzolando tra la la la il cakewalk» (U. p. 610) («they diddle diddle cakewalk dance away»). Il «Cakewalk», ballo molto comune a metà Ottocento, compare anche nel titolo di un film di Mé­ liès con protagonista un acrobatico diavoletto interpretato dallo stesso regista, Le Cake-walk infernal (1903). Cfr. K. WALES, «Bloom Passes Through Several Walls»: The Stage Directions in Circe, in Reading Joy­ ces Circe, cit., pp. 263-5-

31

III. La cinematografìa-attrazione e Circe. Parte prima

scita di scena e anzi sembra che essi non tendano a scomparire in modo chiaro e netto; la formula «exit» compare solo una volta, «scomparire» («to disappear») tre volte, due in riferimento a Bloom e una in riferimento all’«uomo del ma­ cintosh» (U. p. 659). La dicotomia «to appear»/«to disappear», come fa notare giustamente Wales, richiama per un verso il contesto del palcoscenico, per un altro si riferisce alle apparizioni di fantasmi e, aggiungiamo noi, rimanda anche a numerosi film di Méliès dove il trucco dell’arresto per sostituzione permette di ottenere improvvise apparizioni e sparizioni. Nella Tentation de Saint Antoi­ ne ( 1898), ad esempio, oltre all’animazione di una statua, abbiamo una serie in­ calzante di apparizioni e sparizioni di varie donne che tentano il santo.86 In altri punti di Circe la dicotomia «to appear»/«to disappear» viene usata an­ che quando non si ha oggettivamente (per quanto questo termine abbia senso in un tale contesto) un’apparizione/sparizione, come ad esempio all’inizio del­ l’episodio: ([...] Alla porta di Antonio Rabaiotti Bloom siferma, sudato sotto le splendenti lam­ pade ad arco. Sparisce. Dopo un momento riappare e avanza in fretta.) BLOOM: Pesci e patatine. Niente buono. Ah! {Sparisce da Olhousen, il norcino, sotto la sa­ racinesca calante. Pochi istanti dopo emerge da sotto la saracinesca. Poldino sbuffan­ te, Bloohoom soffiante) (U. p. 598). Sembra di capire che Bloom si fermi ed entri per un attimo nel ristorante di Antonio Rabaiotti e in seguito nel negozio di Olhousen; ciò non è però detto in modo esplicito, al contrario l’azione viene, per così dire, deframmentata e i movimenti di Bloom analizzati quasi “fenomenologicamente”. In altri termini è come se Joyce, da un’ipotetica ripresa cinematografica di Bloom che entra ed esce dai due locali, prendesse solo i fotogrammi immediatamente precedenti e successivi alle entrate e alle uscite del personaggio, giuntandoli poi insieme. Mentre per il norcino i fotogrammi considerati sono sufficienti a far capire che il protagonista entra nel locale, nel caso di Rabaiotti i fotogrammi “tagliati” da Joyce fanno sì che, proprio come nei film di Méliès, Bloom sembri magica­ mente apparire e scomparire. Questo è ciò che in effetti viene descritto nella prima parte del passaggio preso in esame — «{Bloom si ferma [...]. Sparisce. Dopo un momento riappare.)» - ma che, letto nella prospettiva dei trucchi, e in riferi­ mento all’analoga entrata dal norcino, spiega la resa cinematografica dell’ellis­ se narrativa. Il découpage della visione si ripete ancora dentro il bordello quan-

86 Cfr. J. FRAZER, Artificially Arranged Scenes: The Films of Georges Méliès, Boston, G.K. Hall & Co, 1979, p. 71. Frazer, per descrivere le apparizioni e sparizioni del film, oltre ai verbi «to appear» e «to disap­ pear», usa anche «to vanish». In Circe l’uscita di scena di un personaggio può essere descritta con analoghi sinonimi che rimandano allo stesso concetto di sparizione: Mrs Breen, ad esempio, «svanisce di sotto gli oc­ chi \a Bloom]» (U. 617) {«Shefadesfrom his [Blooms] side»).

32

III. La cinematografia-attrazione e Circe. Parte prima

do Stephen, l’altro protagonista del romanzo, chiede una sigaretta ai presenti e se ne vede comparire come per magia una sul tavolo davanti a lui: STEPHEN: (Va al tavolo.) Sigaretta, per piacere. (Lynch lancia una sigaretta dal sofia al tavolo.) E così Georgina Johnson è morta e sposata. ( Una sigaretta appare sul tavolo. Stephen la guarda.) Miracolo. Magìa da salotto. Sposata. Hm. (Accen­ de un fiammifero e lo avvicina alla sigaretta con malinconia enigmatical) (U. p. 746). Lynch ha gettato la sigaretta sul tavolo ma Stephen ha i sensi ottusi dall’alcool e perciò ritardati nel percepire i movimenti; il tragitto della sigaretta viene dun­ que lasciato da parte ed essa appare ai suoi occhi solo una volta arrivata a desti­ nazione. In modo analogo a quanto detto per il passo precedentemente men­ zionato riguardante Bloom, è come se, a causa dell’ebbrezza, una serie di foto­ grammi ripresi dagli occhi di Stephen venissero “tagliati” e solo gli ultimi, quel­ li della sigaretta giunta sul tavolo, arrivassero al suo cervello.87*Benché si tratti di una visione puramente soggettiva, quello che accade agli occhi del giovane (e che ci viene appunto riportato nelle didascalie) è un’apparizione improvvisa si­ mile a quelle dei film di Méliès, tanto che Stephen stesso ne richiama il conte­ sto esclamando «Miracolo. Magìa da salotto» («Wonder. Parlour magic»). Se nel caso di Bloom abbiamo una sorta di accelerazione dell’azione e dei movi­ menti che lo rendono quasi un personaggio delle comiche, in quello di Stephen la contrapposizione tra la velocità con cui la sigaretta arriva sul tavolo e la per­ cezione ebbra e rallentata gettano una luce parodica su di lui e, appunto, sulle sue parole di meraviglia.

Nei film di Méliès appaiono e scompaiono non solo le persone, ma anche gli oggetti, come appunto la sigaretta o il «soapsun» in Circe.** Nel Diable noir (1905), ad esempio, i protagonisti di una serie di repentine apparizioni e spari­ zioni sono un diavoletto nero e gli oggetti che si animano decuplicandosi in un concitato susseguirsi di sfrenate acrobazie. Il film si apre con il diavoletto che si stende sul letto per un sonnellino; sentendo arrivare qualcuno scompare get­ tandosi attraverso una parete della stanza. Entra un ospite (Méliès) che tenta di riporre le proprie cose in un comò, ma questo comincia a sparire, riapparire e cambiare di posto; egli si arrampica sul tavolo che scompare facendolo cadere a terra; lo stesso avviene con una sedia che, subito dopo, spostata dall’avventore, si sdoppia in due e si moltiplica inseguendo l’uomo fin sui mobili. L’ospite si

87 Stephen potrebbe anche aver guardato in un’altra direzione finché non si è accorto della sigaretta comparsa “magicamente” sul tavolo. 86 Cfr. cap. III. 3.

33

III. La cinematografìa-attrazione e Circe. Parte prima

scaglia contro l’ultima sedia della fila e, progressivamente, tutte le altre svani­ scono fino a che non rimane sulla scena solo la prima, sulla quale compare il diavoletto nero. Méliès lo insegue con una scopa ma il diavoletto gli sfugge get­ tandosi via via nel muro, dentro il comò e sul letto, riapparendo poi in altri punti della stanza. Durante la caccia un quadro cade addosso all’uomo e le ten­ dine del letto prendono fuoco; l’avventore esasperato se ne va dall’albergo e il diavoletto può tranquillamente riprendere a dormire.

Se, come detto, le apparizioni e le sparizioni costituiscono un carattere fisso di tutta la filmografia di Méliès, varie volte può accadere che i personaggi scom­ paiano gettandosi contro un muro o, meglio, passandovi attraverso. Oltre al dia­ voletto di Le Diable noir si veda, ad esempio, il mago di L’Lmpressioniste fm-desiècle ( 1908)89 che sparisce lanciandosi nel muro sullo sfondo, e una delle ultime produzioni del regista francese, Le Locataire diabolique, dove l’inquilino dappri­ ma infila un secchio in testa al padrone di casa che vuol essere pagato, poi spari­ sce gettandosi nel muro.90 Anche in Circe, a un certo punto, Bloom, rivelatosi Messia ed esortato a compiere miracoli, passa attraverso dei muri: «[Bloom} si co­ pre l’occhio sinistro con l’orecchio sinistro, passa attraverso svariati muri, si arram­ pica sulla colonna di Nelson» (U. p. 671). Il passaggio attraverso i muri (ottenuto tramite la doppia esposizione della pellicola) e, più in generale, le apparizioni e le sparizioni, tornano spesso anche nella serie di comiche di Cretinetti. In parti­ colare, esse sono presenti in Come Cretinetti paga i debiti (1909), proiettato al Volta col titolo An Easy Way to Pay Bills. Qui il comico, scappando da una folla capeggiata dall’ufficiale giudiziario con il quale era venuto alle mani all’inizio del film, attraversa col trucco del passa-parete91 la porta di un appartamento e si na­ sconde dentro una borsa da viaggio. Questa, non appena la folla sfonda la por­ ta, si anima per pixillazione, esce dalla stanza, scende per le scale e sbuca per stra­ da dove Cretinetti prosegue la sua fuga a piedi. Ad un certo punto il protagoni­ sta rientra nella borsa che dapprima salta in cima a un muro, poi, tornata a ter­ ra e afferrata dagli inseguitori che formano una catena umana tenendosi aggrap­ pati per le caviglie, continua a scappare trascinandoseli dietro. Più avanti, Creti­ netti esce dalla valigia, convince due turisti, un uomo e una donna, a comprar­ la, li rinchiude lì dentro e scompare col trucco del passa-parete nel muro di fian­ co. Gli inseguitori arrivano, aprono la valigia e, mentre malmenano la coppia, Cretinetti sbuca per metà dal muro sbeffeggiandoli. Quando la folla se ne va, i 89 Cfr. cap. III. 8. 90 II film fu proiettato anche al Gala Méliès tenutosi il 16 dicembre 1929 alla Salle Pleyel di Parigi. Cfr. J. FRAZER, Artificially Arranged Scenes, cit., p. 210. 91 Di certo Joyce guardò la pellicola con un particolare interesse, dati i suoi perenni indebitamenti. Cfr. anche Cretinetti agente di assicurazione (1911) dove col trucco del passa-parete il protagonista del film at­ traversa l’inferriata di un cancello. Cfr. J. A. GlLI, André Deed, cit., p. 62.

34

III. La cinematografia-attrazione e Circe. Parte prima

turisti si alzano da terra e cercano di picchiare il protagonista, ma i loro colpi lo trapassano senza recargli danno. Nell’ultima scena, su sfondo nero, l’uomo e la donna, ai due lati dell’inquadratura, sferrano inutili pugni a vuoto verso il cen­ tro, dove la figura immateriale di Cretinetti continua a deriderli. Deed scompa­ re, riappare, accende una sigaretta e con una sbuffata di fumo dapprima paraliz­ za i due, poi li fa svanire. Infine, prima di scomparire per l’ultima volta, lancia per aria il berretto che, replicando l’animazione della borsa, compie una serie di giravolte92 e lascia spazio all’insegna «Itala-Film Torino».93

2. Ingrandimenti e rimpicciolimenti Il Professor Goodwin, dopo aver ballato dietro le tende al suono della pianola, a un certo punto si rimpicciolisce: «Ilprofessor Goodwin, agitando vagamente le braccia, si rimpicciolisce, si rattrappisce, la mantellina ancor viva casca ai piedi del panchetto» (U. p. 764). In un altro momento, Florry ipotizza che Stephen sia un prete spretato o un monaco. Lych aggiunge ironicamente che l’amico è il «figlio di un cardinale» («cardinal’s son») e, non appena Stephen replica con il gioco di parole «peccato cardinale» («cardinal’s sin»), appare sulla soglia il padre, «Sua Eminenza Simon Stephen Cardinale Dedalus, Primate d’Irlanda» (U. p. 705), seguito da un’accolita di nani alle dimensioni dei quali egli poco dopo si rimpicciolisce: «[IL CARDINALE:] ([...] impartisce il bacio pasquale e fa una buffa uscita a passo doppio, dondolando il cappello da una parte all’altra, riducendosi rapidamente al­ le dimensioni dei suoi reggicoda. Gli accoliti nani, ridacchiando, sbirciando, dan­ dosi gomitate, occhieggiando, mandandosi baci pasquali, gli zigzagano dietro [...])» (U. p. 706). 92 Cfr. cap. III. 7. 93 Cfr. J. A GlLI, André Deed, cit., pp. 52-5. In un altro film proiettato al Volta col titolo Quo Vadis, or The Way ofthe Cross (tit. orig. The Way ofthe Cross, 1909) abbiamo, oltre la comparsa di una croce lumino­ sa, l’apparizione e sparizione in successione di due donne che rappresentano rispettivamente il Male e il Be­ ne tra cui il protagonista deve scegliere. In Ulysses (1967), di Joseph Strick, gli scenari si succedono uno di seguito all’altro senza soluzione di continuità, ognuno coi suoi personaggi vestiti “a tema”. In due punti però ci sono delle apparizioni/sparizioni che, avvenendo nella continuità della stessa inquadratura (e dello stesso scenario), ricordano quelle dei film di Méliès. All’inizio dell’episodio, sul medesimo sfondo, Bloom, camminando in Mabbot Street, vede Mary Driscoll appoggiata al muro che, dopo pochi istanti, grazie al­ l’uso dell’arresto per sostituzione, scompare per lasciare posto a Gerty MacDowell, dando quasi l’impres­ sione di una subitanea metamorfosi. Alla fine dell’episodio, dopo aver soccorso Stephen colpito dal solda­ to inglese, Bloom si ricorda del figlioletto Rudy che appare sulla sinistra dello schermo come una sorta di fantasma trasparente, dato dall’efFetto di sovraimpressione simile a quelli usati da Méliès. A questo propo­ sito è interessante notare che il monello dell’omonimo film di Chaplin, dopo aver soccorso il vagabondo nella sequenza del sogno, scompare con un analogo effetto di sovraimpressione, procedimento usato anche poco prima per far apparire gli abitanti del Paradiso, mentre l’improvvisa comparsa e scomparsa dei diavo­ li è ottenuta con l’arresto per sostituzione (cfr. cap. IL 5). In Bl,.m {Bloom, S. Walsh, 2004), invece, non vi sono apparizioni o sparizioni del genere.

35

III. La cinematografìa-attrazione e Circe. Parte prima

I due rimpicciolimenti citati94 richiamano i cambiamenti di dimensione che avvengono in numerosi film di Méliès. In Le Monstre (1903), ad esempio, lo scheletro trasformato in spettro dapprima si rimpicciolisce tanto da toccare ter­ ra, poi si ingrandisce raggiungendo il doppio della sua statura originaria e infi­ ne si allunga spropositatamente il collo. In L’uomo dalla testa di caucciù (L’Homme à la téte en caoutchouc, 1902), la te­ sta recisa dal corpo, ancora viva,9596 cambia prodigiosamente di dimensione, in­ grossandosi a dismisura fino a esplodere. Il film comincia con il chimico al la­ voro nel suo laboratorio, lo stesso Méliès, che estrae da un contenitore una testa identica alla propria e la mette su un tavolo al centro della scena. Poi, dopo averla collegata a un tubo, comincia a gonfiarla con una pompa ad aria. La testa cresce troppo e il chimico è costretto a farla tornare alla sua dimensione origina­ ria. Un’assistente entra in scena e ricomincia a gonfiarla vigorosamente, finché essa non esplode scaraventando i due uomini a terra. Il chimico, furioso, getta l’assistente fuori dalla finestra. Se in questo film gli effetti di ingrandimento e rimpicciolimento sono ottenuti con lo spostamento del soggetto ripreso verso la camera, effetti analoghi realizzati invece con movimenti verticali della cinepresa su carrello mobile caratterizzano un altro gruppo di film del 1902, nel catalogo Star Film immediatamente precedenti e posteriori a L’uomo dalla testa di cauc­ ciù'. Le Bataillon élastique, Il miracolo della Madonna (Le Diable géant), Nain et Géant Stuart Gilbert, facendo riferimento all’accolita di nani che segue Stephen, richiama un passo analogo della Tentazione di Sant’Antonio di Flaubert: «LA REGINA DI SABA: [...] e dodici negretti crespati reggono il lungo stra­ scico dell’abito, l’estremo lembo del quale è tenuto da una scimmia che, di tan­ to in tanto, lo solleva».97 Nel testo dello scrittore francese manca però il rimpic­ ciolimento presente invece nei film di Méliès, dove i nani costituiscono una sor­ ta di punto di riferimento e di “metro” per il cambiamento di dimensioni; lo stesso rapporto è presente nel passo di Circe dove essi sono menzionati non solo nella loro funzione di «accoliti», ma anche come elementi di raffronto scalare per la riduzione di Simon Dedalus «alle dimensioni dei suoi reggicoda».98 94 Si veda anche il cane che «cresce fino ad assumere forma e dimensioni umane» (U. p. 644). Cfr. cap. III. 4. 95 Cfr. cap. III. 3. 96 Cfr. G. SADOUL, Georges Méliès, cit., p. 154. Di questi film, andati perduti, disponiamo solo della si­ nossi del Miracolo della Madonna, proiettato a Roma nel 1905. Cfr. J. MALTHÉTE, Méliès, technicien du col­ lage, in Méliès et la naissance du spectacle cinématographique, edite par M. Malthète-Méliès, Paris, Klincksieck, 1984, p. 46 e A. Costa, La morale del giocattolo, cit., p. 173. 97 G. FLAUBERT, La Tentazione di SantAntonio, Torino, Einaudi, 1990, p. 32. Cfr. S. GILBERT, L’Ulisse di James Joyce, cit., pp. 925-6. 98 Per inciso, anche Cretinetti nei suoi film talvolta si rimpicciolisce, come ad esempio in Cretinetti agente di assicurazione. Qui, nel tentativo di vendere una polizza assicurativa a una giovane coppia, egli usa tale stratagemma per nascondersi dapprima in una cappelliera, in modo da poter viaggiare insieme ai loro bagagli, poi in un secchio igienico.

36

III. La cinematografia-attrazione e Circe. Parte prima

3. Teste che vivono di vita propria A un certo punto Henry Flower carezza sul petto una testa femminile e Lipoti Virag, il nonno di Bloom, si svita la testa che esce di scena per conto proprio: «HENRY: {Carezzandosi sul petto una testa femminile separata dal busto, mor­ mora.} Cuore tuo, amore mio. [...] ( Virag si svita la testa in un batter d'occhio e se la ficca sotto braccio.} LATESTA DI VIRAG: Quac! {Escono di scena separatamente.)» (U. p. 703 e 704). Poco oltre, mentre Zoe tenta di leggere la mano di Stephen e Lynch sculaccia Kitty, dalla cassa della pianola appaiono improvvisa­ mente le teste di Don John Conmee e Padre Dolan, chiaro riferimento all’epi­ sodio del Ritratto dell’artista da giovane (1914-15 poi 1916) in cui il piccolo Stephen viene a torto punito per aver involontariamente rotto i suoi occhiali: LYNCH: {Ridendo, dà due sculaccioni a Kitty.} Così. La ferula. {Due volte schioc­ ca alta la ferula, la cassa della pianola si spalanca, ne salta fuori la piccola testa da misirizzi di Padre Dolan, calva e rotonda.} PADRE DOLAN: Qualche ragazzo che vuol essere frustato? Rotto gli occhiali? Brutto imbroglioncello fannullone. Ti si legge negli occhi. {Dolce, benigna, rettoriale, rampognante, la testa di SerJohn Conmee spunta dalla cassa della pianola.} SER JOHN CONMEE: Un momento, Padre Dolan! Un momento. Sono sicuro che Stephen è un bravo bambino (U. pp. 748-9).

Il numero illusionistico delle teste tagliate accompagna tutta la carriera di Mé­ liès sin dalle sue prime produzioni teatrali, tra le quali il famoso Le Décapité récalcitrant {1891}." A un certo punto di questo sketch, come racconta lo stesso regista, il professor Barbenfouillis si riaggiusta sul torso la testa in precedenza decapitata, con un gesto simile a quello di Virag in Circe: «Mentre Bar­ benfouillis ruotava la testa a destra e sinistra per accertarsi che tutto fosse al suo posto, il servo urlava: “Eccovi sistemato, Signor Barba. L’uscita è di qua”».99 100 Nei suoi film Méliès riprende più volte il tema della testa che, una volta re­ cisa dal corpo, continua a muoversi e a vivere di vita propria. Oltre a L’uomo dalla testa di caucciù, già menzionato per le riduzioni di dimensioni,101 ricor­

99 Cfr. J. FRAZER, Artificially Arranged Scenes, cit., p. 61. 100 G. MÉLIÈS, «Passez Muscade», 47, 1928, pp. 542-554. Trad. mia. Cfr. A. Costa, La morale del gio­ cattolo, cit., p. 57. Sadoul ha notato la stretta relazione tra Le Décapitérécalcitrante il famoso spettacolo Les Pilules du diable di Anicette Bourgeois (1839) dove, come riferisce V Encyclopédie Larousse del 1875, «un in­ cauto si avvicina a delle seghe che gli tagliano la testa. Una testa di gesso presa da un mercante di passaggio viene aggiustata sul collo del decapitato che ricomincia a gironzolare per la città. Un altro personaggio è fat­ to a pezzi da una locomotiva» (trad. mia. Cfr. S. COSTA, La morale del giocattolo, cit., p. 50). Charles Bau­ delaire, dopo aver presenziato a un simile spettacolo di pantomima inglese al Theatre des Variétés, ne dà una partecipata e attenta descrizione in Dell’essenza del riso e ingenerale del comico nelle arti plastiche. Cfr. C. BAUDELAIRE, Scritti sull’arte, a cura di E. Raimondi e G. Guglielmi, Torino, Einaudi, 1981, p. 151. 101 Cfr. cap. III. 2.

37

III. La cinematografìa-attrazione e Circe. Parte prima

diamo due noti film che si sviluppano in un contesto “musicale”, proprio come accade in Circe dove la testa di Ser John Conmee spunta dalla cassa della pia­ nola. In Un Homme de tète (1898), Méliès si stacca la testa dal collo e l’appog­ gia su uno dei due tavoli accanto a lui, mentre essa continua a fare strane smor­ fie e a guardarsi intorno. Nel frattempo una nuova testa appare sul collo di Mé­ liès, che ripete lo stesso numero altre due volte. Il regista si improvvisa diretto­ re d’orchestra e, dato che le teste sono evidentemente stonate, le colpisce a una a una con un banjo facendole scomparire. Infine, si stacca per l’ultima volta la testa dal busto e la getta per aria, riaggiustandosela al volo sul collo una volta ri­ caduta. Dopo un passo indietro e un bacio diretto al pubblico, Méliès esce di scena. Il secondo film, del 1903, è LeMélomane. Qui, su uno sfondo campestre con alberi e case in primo piano, si ergono due pali del telegrafo collegati da cinque fili. Méliès, professore di musica, seguito da sei allieve dell’Accademia, entra in scena con una bacchetta e una grande chiave di violino che lancia sui fili del te­ legrafo, trasformati in questo modo in un enorme pentagramma. Il professore, dopo aver disegnato su un foglio una nota che decora con tanto di occhi, naso e bocca, getta la bacchetta sul pentagramma che diviene così la barra di misu­ ra, si stacca la testa dal collo e la getta tra il terzo e il quarto cavo, facendola di­ ventare un «DO». La testa ricompare sul corpo del professore che ripete lo stes­ so procedimento cinque volte, finché sul pentagramma non compaiono le no­ te dell’inno God Save the King («DO DO RE SI DO RE»). Le allieve mostrano i loro spartiti, su ognuno dei quali è scritta una nota, Méliès ordina alle teste di cambiare posizione per comporre la parte seguente àdVInno e tutti, professore, allieve e teste, più un tamburino, cantano insieme. Il professore e le allieve escono di scena sotto lo sguardo delle teste che poi si trasformano in colombe e volano via. Da notare, infine, che in Les Guirlandes merveilleuses (1909), proiet­ tato al Volta col titolo The Enchanted Gardens, come riportato dal «Bioscope» del 26 agosto 1909, «ever-changing floral designs are thrown upon the screen, the heads of women appearing amongst the clustered petals».102

4. Metamorfosi facciali

Bloom e Stephen, nel salotto del bordello, guardano in uno specchio dove ap­ pare il volto di William Shakespeare su cui ben presto si imprime, con effetto di sovraimpressione, quello di Martin Cunningham: «{Stephen e Bloom guar­ dano nello specchio. Il volto di William Shakespeare, imberbe, vi appare irrigidito

102 Cit. in P. SlCKER, Evenings at the Volta: Cinematic Afterimages in Joyce, cit., p. 121.

38

III. La cinematografìa-attrazione e Circe. Parte prima

da una paralisi facciale, incoronato dal riflesso dell’attaccapanni a corna di cervo dell’ingresso.} [...] SKAKESPEARE: {Con una rabbia da paralitico.} Sposil secon chiaccìso prim. {Il volto di Martin Cunningham, barbuto, si imprime sui li­ neamenti del volto imberbe di Shakespeare. [... ])» (U. p. 755 e 756). Durante la prima grande “allucinazione”, quando Bloom viene messo sotto processo, J. J. O’Molloy ne diviene l’avvocato. A un certo punto la sua faccia cambia colore, forma e tratti: «(/. J. O’Molloy sale su un plinto basso e rialza solennemente un ri­ svolto della giacca. La faccia gli si allunga, diventa pallida e barbuta, con gli occhi infossati, le chiazze di tubercolosi e gli zigomi da tisico di John F. Taylor. Si preme ilfazzoletto sulla bocca e scruta attentamente la marea galoppante del sangue color di rosa.} J. J. O’MOLLOY: [...] {Assume la testa da uccello, i baffi volpini, e l’e­ loquenza proboscidale di Seymour Bushe.}» (U. p. 635). Più avanti, durante la fantasia sadomasochista di Bloom con Bella/Bello, il volto del protagonista cambia improvvisamente i suoi connotati: «([...] Bloom alza la testa. Il viso pe­ sante e \gll\ occhi [di Bella] lo colpiscono in piena fronte. Gli occhi di Bloom si ve­ lano, si incavano in occhiaie e borse profonde, il naso gli si ispessisce.}» (U. p. 712). Ancora, il cane che sin dall’inizio dell’episodio segue Bloom alza il muso mo­ strando il volto di Paddy Dignam e poi cresce fino ad avere forma e dimensio­ ni umane, in modo simile, ma inverso, a quanto abbiamo visto succedere a Si­ mon Dedalus e ai suoi reggicoda nani:103

{Il bassotto alza il muso mostrando la grigia faccia scorbutica di Paddy Dignam. Ha rosicchiato tutto. Esala un fiato putrido nutrito di carogna. Cresce fino ad assumere forma e dimensioni umane. Il suo manto di bassotto tedesco diventa un vestito mor­ tuario marrone. L’occhio verde gli lampeggia iniettato di sangue. Metà di un orecchio, tutto il naso e i due pollici sono stati divorati da vampiri.} PADDY DYGNAM: {Con voce cavernosa.} E vero. Era il mio funerale. Il Doctor Finucane constatò l’awenuto decesso quando ebbi a soccombere alla malattia per cause naturali. {Alza il cinereo viso mutilato verso la luna e abbaia lugubremente.} (U. p. 644).104 Le metamorfosi facciali presenti nei passi citati trovano un analogo corrispetti­ vo in LeRoi duMaquillage (1904) nel quale Méliès, riprendendo un numero ti­ pico della commedia dell’arte e del trasformismo tradizionale, e utilizzando la sovraimpressione della pellicola, si esibisce in sei diversi «travestimenti», modi­ ficando in particolar modo i lineamenti del viso.105 In campo medio la macchi­

103 Cfr. cap. III. 2. 104 Si veda anche U. p. 671 (cfr. cap. III. 8). 105 Anche Fregoli (cfr. cap. III. 8) «ricorreva talvolta a numeri di trasformismo tradizionale, mutando solo il trucco della testa e il costume fino a mezzo busto in una serie di “teste” (come quella delle Maschere del vizio o delle grandi figure di attualità)» (AA.W., Fregoli, in Enciclopedia dello spettacolo, fondata da S. d’Amico, Roma, Le Maschere, 1958, p. 702). Si veda ad esempio il film Maestri di musica (Rossini, Wagner, Verdi, Mascagni), serie Fregoli n. 16 noto anche come Fregoli maestro di musica e Maestri di musica, e mol-

39

III. La cinematografìa-attrazione e Circe. Parte prima

na da presa filma Méliès che abbozza sulla lavagna posta al suo fianco un biz­ zarro volto dai lunghi capelli. Il regista si gira verso la cinepresa e, per mezzo di una dissolvenza, il suo viso assume i connotati di quello appena disegnato sul­ la lavagna. Egli ripete poi la stessa operazione varie volte: in successione diven­ ta un cortigiano rinascimentale con la parrucca, un vecchio barbone, un genti­ luomo inglese con i basettoni, il comico eccentrico di un altro suo film,jW£ et Jim (1903), un comandante militare e infine Mefistofele.

5. Antropomorfìzzazioni del viso La materializzazione dal nulla di oggetti o di altre entità che acquistano vita pervade tutto l’episodio.106 Dopo l’apparizione di Molly in abiti da odalisca ap­ pare il sapone che Bloom aveva comprato nell’episodio dei Lestrigoni. Esso si anima, parla e, come se fosse un vero e proprio sole, «sorge [...] diffondendo lu­ ce e profumo» mentre, poco dopo, il volto del farmacista, con un effetto simi­ le a una sovraimpressione cinematografica,107 appare su di esso, ora definito (e diventato) il «saponsole» («soapsun»):

BLOOM: [...] {Punta il dito a sud, poi a est. Un panetto di sapone al limone nuo­ vo e pulito sorge, diffondendo luce e profumo.} IL SAPONE: Io e Bloom, bella cop­ pia davvero: Egli illustra la terra e io vi lustro il cielo. {Il viso lentigginoso di Sweny, ilfarmacista, appare nel disco del saponsole. ) SWENY: Tre scellini e un penny, pre­ go. BLOOM: Sì. Per mia moglie, Mrs Marion. Ricetta speciale (U. p. 606).

to probabilmente corrispondente a Fregoli the Protean Artist (1898), pellicola che compare nel catalogo del­ l’inglese Robert William Paul (cfr. L. COLAGRECO, Il cinema negli spettacoli di Leopoldo Fregoli, «Bianco e Nero», vol. LXIII, nn. 3/4, maggio-agosto 2002, pp. 44-5). Qui «Fregoli in mezzo busto impersona in ra­ pida successione, abbassandosi dietro una balaustra per truccarsi, Rossini, Wagner, Verdi e Mascagni che dirigono un’invisibile orchestra, mentre sul davanti della balaustra cambia di volta in volta il cartello col no­ me del compositore. Alla fine Fregoli si toglie l’ultimo trucco e si inchina al pubblico» (ivi, p. 64). Simile è anche il film dei Lumière Chapeaux à transformations (Lumière n. 105, 1896) e le due vues à transformation (nn. 968/969) «che prendevano il titolo dai nomi dei personaggi imitati, da Pasteur ad Alexandre Dumas» (A. BERNARDINI, Leopoldo Fregoli, «cinematografista», in A nuova luce. Cinema muto italiano. Atti del con­ vegno intemazionale. Bologna 12-13 novembre 1999, a cura di M. Canosa, Bologna, Clueb, 2002, p. 186) probabilmente modelli base per l’idea e l’esecuzione fregoliana. In questi film, diversamente da quello di Méliès, la trasformazione non è ottenuta mediante sovraimpressione, ma è data dall’abilità dell’attore che viene ripreso mentre si esibisce nel suo numero. Nel 1913 al “Teatro Cine” di Trieste fu proiettato Juve con­ tro Fantomas (1913), il secondo dell’omonima serie diretta da Louis Feuillade (cfr. D. KOSANOVI^, 18961918 Trieste al cinema, cit., p. 171). Qui, con lo stesso procedimento di sovraimpressione, gli attori a mez­ zo busto assumono all’inizio del film la fisionomia e l’abbigliamento dei personaggi da loro interpretati. Charles Eidsvik ipotizza inoltre che il passo con Bloom e Stephen allo specchio potrebbe essere stato ispi­ rato dalla «mirror comedy», molto diffusa nel cinema del tempo (cfr. C. ElDSVIK, Cineliteracy: Film Among the Arts, New York, Horizon, 1978, p. 153). 106 Cfr. cap. III. 7. 107 Cfr. cap. III. 4.

40

III. La cinematografia-attrazione e Circe. Parte prima

Nel paragrafo di chiusura della Tentazione di Sant'Antonio di Flaubert compare un’immagine simile che è stata accostata al «saponsole» joyciano:108 ANTONIO delirando: Oh gioia! Oh, fortuna! Ho visto nascere la vita, ho visto il moto avviarsi. Il sangue mi batte tanto nelle vene da farle scoppiare. Ho voglia di volare, di nuotare, d’abbaiare, di muggire, di urlare. Vorrei avere le ali, [...] vibrare come il suono, brillare come la luce, adattarmi a ogni forma, penetrare ogni atomo, discendere fino al fondo della materia — essere materia! Infine appare la luce del giorno; e come cortine di tabernacolo sollevate, nuvole d’oro scoprono il cielo av­ volgendosi in ampie volute. Proprio nel centro, nel disco stesso del sole, raggia il volto di Gesù Cristo. Antonio fa il segno della croce e si ricompone in preghiera.109

Se è evidente la ripresa parodica di Joyce nei confronti del testo flaubertiano, è altrettanto plausibile che lo scrittore irlandese possa avere arricchito tale riela­ borazione tenendo presente una certa iconografia caratterizzante vari film di Méliès. Il sapone, infatti, dapprima assume le caratteristiche attribuite al sole, cioè «sorge» («arises») e, invece di propagare calore, «diffonde luce e profumo» («diffusing light and perfume»). Sul «saponsole», di cui ora viene sottolineata la rotondità («disc»), appare poi il «viso lentigginoso di Sweny il farmacista», con un effetto di sovrimpressione (o di arresto per sostituzione) simile a quelli usa­ ti nei film del regista francese. Abbiamo a questo punto un sapone che è espli­ citamente anche un sole in movimento, di forma rotonda e antropomorfo, cioè con i lineamenti di un viso umano. In più, anche se non esplicitamente detto, lo si può facilmente immaginare con dei raggi che emanano e propagano la «lu­ ce» e il «profumo». Queste quattro caratteristiche, e nello specifico il movi­ mento del disco e la comparsa (progressiva o istantanea, il termine «appears» usato nel testo originale non lo specifica) del viso, non presenti nel testo di Flau­ bert, sono invece elementi costanti dell’iconografia lunare e solare che percor­ re la produzione di Méliès. La luna impersonificata in una creatura femminile caratterizza, anche in questo caso, i suoi primi trucchi teatrali110 per poi ricomparire in vari film. In Pierrot nella luna (Au clair de la Lune, 1904), ad esempio, essa appare come una faccia sorridente, mentre in La luna a un metro (La Lune à un metre, 1898) si mangia l’astronomo di turno risputandolo poi fuori in pezzi;111 la luna come

108 Cfr. D. Gifford, R. J. Seidman, Ulysses Annotated, cit., p. 457. 109 G. FLAUBERT, La Tentazione di Sant'Antonio, cit., pp. 182-3. 110 Ad esempio Les Farces de la Lune (1891). 111 Pierrot nella luna fu proiettato a Roma nel 1905, La luna a un metro a Roma nel 1900 e a Dublino nel 1899 col titolo The Astronomer's Dream. Cfr. A. COSTA, La morale del giocattolo, cit., p. 176 e 168-9; K. ROCKETT, Something Rich and Strange: James Joyce, Beatrice Cenci and the Volta, cit., p. 23.

41

III. La cinematografìa-attrazione e Circe. Parte prima

un disco dal viso femminile dalla cui circonferenza partono dei raggi torna nel celebre II viaggio fantastico nella luna {Voyage dans la lune, 1902) e, qualche an­ no dopo, in Le Rève d’un fumeur d'opium (1908), dove si ubriaca bevendo a un calice di birra.112 La stessa antropomorfìzzazione (raggi compresi), stavolta però del disco so­ lare invece che di quello lunare, è presente nell’altrettanto noto Viaggio attra­ verso l’impossibile ( Voyage à travers [’impossible, 1904), dove a un certo punto il sole, appena alzatosi, brilla, sbadiglia e socchiude gli occhi sorridendo; quan­ do l’aerobus progettato dall’ingegner Mabouloff vola dentro alla sua bocca aperta, esso, disgustato, emette fuoco e fiamme.113 L’iconografia del sole ri­ compare quasi identica tre anni più tardi in Eclipse de soleil en pieine lune (1907), affiancata da una luna simile a quelle già viste nei film menzionati. Ne descriviamo brevemente la parte centrale e finale. Sotto gli occhi “spioni” di un astronomo coi suoi allievi assistiamo al poetico incontro tra il sole e la lu­ na, che occupano la scena. A sinistra, dentro il disco della luna, un volto fem­ minile; a destra, il viso raggiante e sorridente del sole da cui partono raggi scintillanti. Entrambi, spostandosi lentamente l’uno verso l’altra, esprimono eccitamento e interesse per l’incipiente incontro, che però è destinato a rima­ nere frustrato visto che essi percorrono orbite diverse e, quando si incrociano, rimane visibile solo la luna, mentre il sole passa dietro di lei. I due astri rag­ giungono posizioni opposte a quelle iniziali; seguono varie scene sullo sfondo del cielo notturno, un profluvio di stelle cadenti, pianeti e astri personificati che si confondono con esposizioni multiple di attori e figure disegnate. Il film termina con la caduta dalla finestra dell’astronomo che viene prontamente sal­ vato dai suoi allievi.114

112 II viaggio fantastico nella luna fu proiettato a Dublino nel 1902 col titolo A Trip to the Moon e pub­ blicizzato come «absolutely the most amazing, interesting, amusing and weird living pictures ever put befo­ re the public» (ivi, p. 25)- Aggiungiamo, sul tema “astronomico” della luna, due interessanti testimonianze di Patricia Hutchins: «Joyce told Miss Weaver that a film on astronomy, in particular some sequences dea­ ling with the moon, gave him an idea for the rhythm of Molly Blooms monologue in Ulysses» (P. HUT­ CHINS, James Joyce Worlds London, Methuen and Co. Ltd, 1957, p. 245). «It seems that Joyce remarked in passing one day that he had seen a film on astronomy before writing the Penelope episode of Ulysses. This suggested that he should give the thoughts of Marian Bloom something of the rhythm of the moon’s mo­ vement which he had seen there» (ID., James Joyce and the Cinema, cit., p. 12). 113 Basato su una collaborazione Verne-d’Ennery al Theatre de la Gaité nel 1882, il film fu proiettato a Roma nel 1904 e a Trieste dal Cineografo Americano nel 1905. Cfr. A. COSTA, La morale del giocattolo, cit., p. 178 e D. Kosanoviq, 1896-1918 Trieste al cinema, cit., p. 83. 114 A margine vale la pena ricordare che l’iconografia presente nella messa in scena della luna e del sole è utilizzata da Méliès anche nella creazione di altre figure. In LAlchimiste Parafaragamus ou la Cornue in­ fernal (1906), ad esempio, dentro il grande alambicco al centro della scena compare a un certo punto un ragno sogghignante identico ai dischi solari con lineamenti umani (si vedono infatti gli occhi, il naso e la bocca). I raggi, che partono dalla circonferenza verso l’esterno, in questo caso sono però le zampe dell’enorma aracnide.

42

III. La cinematografia-attrazione e Circe. Parte prima

Da segnalare anche che in PetitJules Verne (G. Velie, 1907), proiettato al Vol­ ta col titolo LittleJules Verne, «a young boy [...] imagines the writer’s face in the moon and then embarks on Verne-inspired dreams».115

6. Pictures in motion

All’inizio dell’episodio di Calipso (Calypso) Bloom serve la colazione a letto a Molly. Attraverso il flusso dei suoi pensieri apprendiamo che sopra il loro letto è appeso il quadretto «Bath of the Nymph», supplemento della rivista erotica «Photo Bits»: La Ninfa al bagno sopra il letto. Supplemento gratuito al numero di Pasqua di Photo Bits: splendida riproduzione artistica a colori.116 Il tè prima di metterci il latte. Assomiglia abbastanza a lei coi capelli sciolti: più snella. Tre scellini e sei pence ho speso per la cornice. Disse che sarebbe stata bene sopra il letto. Ninfe nude: Grecia: e per esempio tutta la gente che viveva allora (U. p. 89). In Circe, durante la fantasia sadomasochista con Bella/Bello, la ninfa si anima, esce dalla cornice e comincia a dialogare e a interrogare inquisitoriamente Bloom, al quale ricorda le sue abitudini e azioni peccaminose:

(Dalla pira del sati si leva la fiamma del legno resinoso. Ilpesante manto funebre di fumo d’incenso la copre tutta e poi si dissolve. Fuori dalla cornice di quercia una nin­ fa dai capelli sciolti, leggermente vestita di colori artistici color tè infuso, scende dal­ la grotta e passando sotto le arcate dei tassi che mescolano le loro braccia, incombe su Bloom.) I TASSI: (Col sussurro del loro fogliame.) Sorella. Nostra sorella. Sccc [...] LA NINFA: Mortale! Mi hai trovato in cattiva compagnia, ballerinette, gauden­ ti da strapazzo, pugili, generali popolari, immorali attori di pantomima in ma­ glietta color carne e ballerine di shimmy un po’ allegre, La Aurora e Karini, sket­ ch musicale, il successo del secolo. Ero nascosta fra fogli di carta rosa da quattro soldi che puzzavano di olio di rocca. Ero circondata dalle oscenità stantìe dei fre­ quentatori di clubs, dai racconti che turbano i giovani tenerelli, dalla pubblicità di trasparenti, di dadi truccati e di seni falsi, articoli speciali e perché si porta il cinto con dichiarazione di un signore ernioso. Consigli utili alle coppie. BLOOM: (Solleva la testa di tartaruga verso il grembo di lei.) Ci siamo già cono­ sciuti prima. Su un’altra stella. LA NINFA: (Tristemente.) Articoli di gomma. Non si strappano. Marca preferita dall’aristocrazia. Busti per uomini. Guarisco­ no dalle convulsioni o si restituisce il denaro. Dichiarazioni non richieste per il

115 P. S1CKER, Evenings at the Volta: Cinematic Afterimages in Joyce, cit., p. 121. 116 Nel testo originale, «Given away with the Easter number of Photo Bits: Splendid masterpiece in art colours», non è chiaro se la ninfa sia un disegno artistico o la fotografia di una modella.

43

III. La cinematografìa-attrazione e Circe. Parte prima

meraviglioso pettogeno del professor Waldmann. Il mio petto s’è sviluppato di quattro pollici in tre settimane, riferisce Mrs Gus Rublin con foto. BLOOM: Vuoi dire Photo Bits! LA NINFA: Certo. Mi hai portata via, incorniciata in quer­ cia e orpello, mi hai messa sopra il tuo matrimoniale giaciglio. Non visto, in un crepuscolo estivo, mi hai baciato in quattro posti diversi. E con amorosa matita mi hai ombreggiato gli occhi, il petto e le pudende. BLOOM: (Le bacia umil­ mente i lunghi capelli.} Le tue curve classiche, bella immortale. Ero felice di guar­ darti, di lodarti, o cosa di bellezza, quasi direi di pregarti. [...] LA NINFA: (Si copre il viso con la mano.} Cosa non ho visto in quella camera? Cosa dovranno se­ guitare a vedere i miei occhi? BLOOM: (Scusandosi.} Lo so. Biancheria intima sporca, voltata con cura dalla parte sbagliata. Gli anelli sono sciolti. Da Gibilter­ ra via lungo mare, molto tempo fa! LA NINFA: (China il capo } Peggio! Peggio!”) (U. p. 730 e 731-3).

A mano a mano che la visione progredisce, il contesto silvestre delle pareti si anima sempre più tanto da dominare la scena e divenire «Poulaphouca», località che Bloom (ora in abito da adolescente) visitò durante una gita alle scuole su­ periori. La fuoriuscita della ninfa dalla cornice segna la rottura dei confini che delimitano il mondo reale del protagonista e quello fittizio della «riproduzione artistica a colori» e dà vita a una nuova realtà, un nuovo setting in cui Bloom si ritrova a interagire. Esso è arricchito dall’animazione delle «fronde di tassi» (U. p. 679) dipinte sulla carta da parati che tappezza i muri del salotto, a cui si ag­ giungono una cascata, delle voci e un vitello:

(Si sente il rumore d'una cascata, allegro scrosciare d'acqua.} LA CASCATA: Pula­ fuca Pulafuca Pulafuca Pulafuca. I TASSI: (Intrecciando i loro rami.} Ascolta. Mormora. Ha ragione, nostra sorella. Siamo cresciuti presso la cascata di Pulafu­ ca. Prestammo ombra nei giorni languidi dell’estate. [...] I TASSI: (Frusciando.} Ha ragione, nostra sorella. Mormorate. (Si sentono baci mormorare in tutto il bo­ sco. Volti di amadriadi fanno capolino di tra i tronchi e fra le foglie e sbocciano vio­ lentemente in fiore.} Chi profanò la nostra ombra silente? [...] (Sanatino, vitello dal capo bianco, caccia fuori dalfogliame una testa ruminante dalle froge umide.} SANATINO: Mee. Me vedere (U. p. 733 e 735-6). L’arrivo di Bella Cohen sancisce il ritorno di Bloom nel salotto del bordello.

Un passaggio dell’Encyclopédie Larousse riguardante lo spettacolo Les Pilules du diable è significativo in quanto sono menzionati una serie di trucchi che, ri­ presi da Méliès nei suoi film, rimandano a ciò che avviene alla ninfa e ai tassi in Circe: Quando [i personaggi] stanno per sedersi, le sedie si trasformano in scale. Se vo­ gliono stendersi, i letti diventano di ghiaccio. Sul punto di bere, il Moro incoro­ nato dipinto nell'insegna dell'albergo si anima e scende a svuotare il bicchiere. Enor­ 44

III. La cinematografìa-attrazione e Circe. Parte prima

mi rane emergono da una pozzanghera e rubano le bottiglie. Ipiccioni arrosto vo­ lano via e sprofondano scomparendo nella bocca del Gargantua dipinto sul muro. Animali fantastici escono dai timballi scoppiati. Lo sventurato si imbatte final­ mente in una rosticceria che si trasforma in un laboratorio dove il farmacista gli offre un... clistere [corsivi miei].117

Il tema dell’opera d’arte che prende vita ha una lunga storia, a cominciare dal famoso mito di Galatea e Pigmalione fino ad arrivare alle rielaborazioni nove­ centesche del personaggio (letterario, teatrale o filmico) che acquista una sorta di autocoscienza e interagisce con il suo creatore o, comunque, con persone del mondo reale. In moki dei suoi film Méliès declina il tema in vari modi, usan­ do la sovrimpressione per rendere l’animazione. Se in Le Peintre Barbouillardet le tableau diabolique (1905), ad esempio, il ritratto che prende vita è il pretesto per un’azione frenetica di inseguimenti e gag, in altri due film al quadro dipin­ to si sostituisce una fotografìa. Nel primo, Le portrait mystérieux (1899), non si ha propriamente la fuoriuscita dell’immagine dalla cornice, piuttosto uno scambio di gesti e opinioni tra di essa e il soggetto originale fotografato; Le Por­ trait spirite (1903), basato su un act creato per la prima volta da David Devant nel 1893, presenta invece, in un contesto silvano, la trasformazione della gio­ vane donna in un’immagine dipinta che, dopo poco, ritorna alle sue originarie fattezze in carne e ossa.118 La stessa trama, quasi identica, caratterizza poi, con un’accentuazione frenetica, Ali Barbouyou et Ali bouf-à l’huile (1907). In Rève d’artiste (1898) il pittore tenta di abbracciare l’immagine della ra­ gazza uscita dal quadro, che però rifiuta le sue avances mettendolo così in ridi­ colo; in maniera analoga la ninfa si prende gioco dell’onanismo voyeurista e fe­ ticista di Bloom, incapace ormai di avere rapporti sessuali regolari. L’amore ideale per la bellezza, che alla fine riesce a essere appagato e vede il congiungi­ mento finale dell’artista con la sua creazione, diviene così in Méliès un comico e maldestro tentativo di unirsi sessualmente con una piacente giovanetta che ha preso magicamente vita; in Joyce si trasforma in un semiserio rimprovero che una «splendida riproduzione artistica a colori» trovata in un giornale erotico fa delle abitudini sordide e perverse di un agente di commercio consumatore di letteratura popolare (e con velleità di scrittore). La ninfa non è una sua creazio­ ne, come Galatea, ma una riproduzione in serie che Bloom ha per così dire “adottato”, e su cui l’unica attività artistica possibile (sorta di tentativo di posse­

117 Trad. mia. Cfr. A. COSTA, La morale delgiocattolo, cit., p. 51. Si veda anche cap. III. 7. 118 In Faust all'inferno (Faust aux enfers, 1903) ci sono sia la cascata che le ninfe. Cfr. Catalogo Lubin, in http://www.imdb.com/title/tt0223267/ (ultimo accesso maggio 2008). Nei film di Méliès ad animarsi so­ no spesso anche statue come, tra le tante, quella di Shiva in Le mille e una notte, ossia La principessa orien­ tale (Le Palais des Mille et une Nuits, 1905), proiettato a Roma nello stesso anno (cfr. A. COSTA, La morale del giocattolo, cit., p. 179).

45

III. La cinematografìa-attrazione e Circe. Parte prima

derla facendola sua nel senso più ampio) è quella di «[ombreggiarle] con amo­ rosa matita [...] gli occhi, il petto e le pudende». L’interrogatorio della ninfa si sviluppa in un comico susseguirsi di giustificazioni e di ammissioni di colpa da parte di Bloom; la requisitoria, lungi dal concludersi con l’unione dei due mo­ derni Pigmalione e Galatea, termina col ritorno di ciascuno nel suo mondo e con la maitresse Bella Cohen che si erge davanti al protagonista.119

7. Gli oggetti in movimento: Méliès e i disegni animati

L’episodio di Circe è caratterizzato da una continua serie di apparizioni, tra­ sformazioni e fusioni, in un incessante moto che coinvolge tanto i personaggi quanto gli oggetti,120 messi così sullo stesso piano. Joyce stesso sembra essere particolarmente entusiasta della pianola di Bella che produce musica da sola (e da cui, abbiamo visto, spunta la testa di padre Dolan), come riporta l’amico Frank Budgen: «Sitting with Joyce one day in a little café in the rue de Grenel­ le our conversation was interrupted by the fierce pounding of an electric piano garnished with coloured lights. “Look!” said Joyce. “That’s Bella Cohen’s pia­ nola. What a fantastic effect! All the keys moving and nobody playing”».121

In Circe talvolta gli oggetti e gli animali sembrano voler parlare, emettendo suoni a metà tra il prefazionale e l’onomatopeico, come ad esempio «I RI-

119 II tema della figura dipinta che si anima ritorna inoltre in una serie di film di Méliès tra il 1905 e il 1906. Entrambi del 1905, e proiettati nello stesso anno rispettivamente a Roma e Trieste, sono il famoso Carte viventi (Les Cartes vivantes), dove il prestidigitatore fa uscire la Regina di cuori e il Re di fiori dalle car­ te da gioco a grandezza umana, e II minuetto lillipuziano (Le Menuet lilliputien), in cui le miniature delle carte prendono vita per esibirsi in una divertente danza (cfr. A. COSTA, La morale del giocattolo, cit., p. 178 e D. KOSANOVIQ, 1896-1918 Trieste al cinema, cit., pp. 79-80). Ancora, LesAffiches en goguette (1906) ci presenta una serie di personaggi che scendono dai rispettivi cartelloni pubblicitari facendosi beffe di alcu­ ni poliziotti di passaggio. Le animazioni avvengono stavolta in un contesto che non è l’atelier dell’artista né il palcoscenico del prestidigitatore, ma le vie della città di inizio Novecento, le stesse che Bloom percorre nella giornata del 16 giugno 1904.1 poster appesi rimandano inoltre a un campo, quello pubblicitario, per il quale Méliès mostrò sempre interesse, tanto da dirigere anche una serie di film promozionali in uno dei quali, tra l’altro, si ripete una situazione simile: «Per la pubblicità di una marca di whisky Méliès usò il truc­ co dei dipinti che si animano: uno scozzese stava gustando con piacere il suo whisky, quando i ritratti degli antenati alle sue spalle si animavano e si sporgevano dai quadri per sottrarglielo. Il tutto finiva con una ris­ sa tra lo scozzese e le effigi dei suoi avi» (A. COSTA, La morale del giocattolo, cit., p. 133). Tra gli shorts pub­ blicitari prodotti tra il 1898 e il 1900 c’era anche quello per la biancheria intima femminile Mystery che avrebbe potuto certamente interessare il feticista e pubblicitario Bloom (e anche Joyce). Cfr. M. BESSY, J-M. Lo Duca, Georges Méliès mage, Paris, Jean-Jacques Pauvert, 1961, pp. 141-4 e P. CHERCHI Usai, Georges Méliès, Firenze, La Nuova Italia, 1983, p. 23. 120 Si vedano i già citati «saponsole» (cfr. cap. III. 5) e la Ninfa che si anima (cfr. cap. III. 6). 121 F. BUDGEN,/tfW£f Joyce and the Making of Ulysses, Bloomington, Indiana University Press, 1967, p. 228. In un altro punto di Circe «(La maniglia col trucco gira da sé)» (U. p. 706) («(The trick doorhandle turns.)»).

46

III. La cinematografia-attrazione e Circe. Parte prima

CHIAMI» e «LE RISPOSTE» (U. p. 592), «I CAMPANELLI» (U. p. 599), «IL CAMPANELLO» (U. p. 600) e «I GABBIANI» (U. p. 622). In altri casi personificazioni di concetti, entità metaforiche, metonimiche o astratte sono descritte come fossero vere e proprie allegorie viventi, ad esempio «LA FINE DEL MONDO» (U. p. 685), «LE BEATITUDINI» (U. p. 687) che sfilano per quattro a passo d’oca e «I PECCATI DELLA VITA PASSATA» (U. p. 721). «I BACI» (U. p. 647), dopo il primo grande brano fantastico, cominciano a svolazzare e, visti i termini aviari con cui sono descritti, sembrano quasi essersi trasformati in volatili.122 A un certo punto, una volta arrivato alla porta del bordello, Bloom si mette a contare le fibbie color bronzo delle scarpe di Zoe, la prostituta che sta con­ versando con lui sull’uscio. Improvvisamente esse parlano: «LE FIBBIE: M’a­ ma. Non m’ama. M’ama.» (U. p. 677). Nel salotto del postribolo, poco dopo l’arrivo di Bloom, Stephen indica il berretto di Lynch che si anima e gli rispon­ de: «IL BERRETTO: {Con umore saturnino.) Bah! Così stanno le cose. Ragio­ namento da donna. Ebreogreco è grecoebreo. Gli estremi si toccano. La morte è la più alta forma di vita. Bah! STEPHEN: [...] IL BERRETTO: Bah! STEPHEN: [...] IL BERRETTO: Che? Finisci. Non ce la fai. [...] IL BER­ RETTO: Che?» (U. pp. 681-2). L’apparizione di Bella Cohen è l’inizio di una lunga allucinazione in cui il ventaglio prende vita e svolazza intorno a Bloom intrattenendo con lui una biz­ zarra conversazione: IL VENTAGLIO: {Svolazzando velocemente, poi più lentamente.) Sposato, vedo. BLOOM: Sì... In parte, ho smarrito... IL VENTAGLIO: {Semiaperto, poi chiu­ dendosi.) E la padrona fa da padrone. Governo di gonnelle. BLOOM: {Abbassa gli occhi con un sorriso timido.) E così. IL VENTAGLIO: {Chiuso del tutto, si ap­ poggia all’orecchino.) Mi hai dimenticato? BLOOM: Ni. Sò. IL VENTAGLIO: {Chiuso e appoggiato all’anca.) Son io era lei che avevi sognato? Era poi lei lui te noi che poi hai conosciuto? Sono io tutti loro e lo stesso ora noi? {Bella s'avvici­ na, dandogli dei colpetti col ventaglio.) BLOOM: {Trasalendo.) Creatura possente. Negli occhi miei legger tu puoi il sopore che delle donne intenerisce il core. [...] IL VENTAGLIO: {Con dei colpetti.) Tutto finisce. Sii mio. Ora. BLOOM: {In­ deciso.) Proprio ora? Non mi dovevo separare dal mio talismano. La pioggia, il ri­ manere esposti all’aria rugiadosa della notte in riva al mare, un peccatuccio alla mia età. Ogni fenomeno ha una causa naturale. IL VENTAGLIÒ: {Punta lenta­ mente verso ilpavimento.) Lo puoi fare. BLOOM: {Guarda ingiù e scorge la strin­ ga sciolta di lei.) Ci stanno guardando. IL VENTAGLIO: {Punta ingiù rapida­ mente!) Devi. BLOOM: {Con desiderio, con riluttanza.) So fare un vero nodo da

122 Cfr. S. CONNOR, «Jigajiga... Yutnmyyum... Pfuiiiiiii!. ..Bbbbblllllblblblblobschb!» Circes Ventriloquy, in ReadingJoyces Circe, cit., pp. 93-142.

47

III. La cinematografìa-attrazione e Circe. Parte prima

marinaio. Imparato quando facevo il mio apprendistato di spedizioniere postale da Keller. Ci ho fatto la mano. Un nodo ti dice tutto. Permetta. Per cortesia. Mi sono già inginocchiato una volta oggi. Ah!» (U. pp. 709-10 e 711). Partiamo da quest’ultimo passo. L’animazione del ventaglio richiama il film di Méliès Le Merveilleux éventail vivant (1904) che, a sua volta, ha un precedente nello spettacolo Le Prince soleil, dove «compare, in anticipo di dieci anni sul pri­ mo grande film “scenografico” del regista francese, il suo mondo di meraviglio­ si ventagli viventi, donne volanti, navi viste in sezione le cui tavole imbandite e i convitati sono sconvolti da tempeste dipinte su tela».123 Anche nel film citato appare infatti un ventaglio vivente. Méliès, nei panni di un ciambellano di Lui­ gi XV, entra in scena in un palanchino e viene fatto accomodare su una sedia; alcuni servitori trasportano un contenitore con sopra scritto «The Magic Fan, L’Eventail magique.» che, una volta aperto, rivela un ventaglio a grandezza umana dall’elaborata filigrana. Appaiono, per mezzo di varie dissolvenze e sosti­ tuzioni per arresto, sette ballerine, una di fianco all’altra, la base del ventaglio sotto i loro piedi scompare per lasciare il posto a un globo e il film si conclude con due cambiamenti di costume delle ragazze.124 Benché il ventaglio di Bella non si trasformi in danzatrici a grandezza naturale, esso tuttavia prende vita e comincia a svolazzare intorno a Bloom svelando i suoi segreti intimi e sessuali. Mentre il ventaglio di Méliès si tramuta letteralmente in un gruppo di discinte ballerine, quello di Joyce, rimanendo se stesso, rievoca il vasto harem delle don­ ne oggetto del desiderio di Bloom senza materializzarle de facto, ma focalizzan­ do su di esse il ricordo di quest’ultimo.

Più in generale, le animazioni presenti in Circe trovano analoghi e costanti riscontri nella produzione di Méliès.125 I mobili e gli altri oggetti che si muovono da soli sono caratteristici in parti­ colare di quei film nei quali l’ospite di turno entra in un albergo stregato, come ad esempio Une Nuit terribile {1896) o L’Auberge ensorcelée ( 1897), dove a spo­ starsi indisturbati per la stanza sono una candela e un paio di scarpe.126 Nel

123 G. SADOUL, Georges Méliès, cit., p. 8. Trad. mia. Le Prince soleil fu allestito al Theatre du Chàtelet in occasione deU’Esposizione universale del 1889. 124 Cfr. cap. III. 8. 125 I fantasmi e la levitazione degli oggetti sono presenti sin dai primi trucchi del regista francese, tra i quali La Caverne des gnome (1893) e Le Chàteau de Mesmer (1894). Tra i precedenti illustri troviamo, an­ cora una volta, lo spettacolo Les Pilules du diable. Annesto proposito cfr. al cap. III. 6 il passo riportato dall’Encyclopédie Larousse, in particolare «quando [i personaggi] stanno per sedersi, le sedie si trasformano in scale. Se vogliono stendersi, i letti diventano di ghiaccio». 126 In una scena dello spettacolo teatrale degli Hanlon-Lees Le Voyage en Suisse (1879), che potrebbe aver influenzato Méliès, le scarpe del viaggiatore camminano sui muri e poi scompaiono. Cfr. J. FRAZER, Ar­ tificially Arranged Scenes, cit., p. 63.

48

III. La cinematografia-attrazione e Circe. Parte prima

1903, oltre a Le Revenant, di argomento simile, Méliès girò anche LAuberge du bon repos, dove predomina una sorta di «terrorismo delle cose» e «tutto diventa possibile».127 Ad animarsi sono infatti, insieme agli stivali e alla candela, l’at­ taccapanni, le camicie, il pendolo e il letto.128 Keith Williams, nel saggio Ulysses in Toontown, avanza l’interessante ipotesi che Joyce sia stato influenzato anche dal cinema d’animazione, in particolare dai disegni animati, che si svilupparono in Europa e negli Stati Uniti negli an­ ni dieci e venti.129 Se Méliès per far muovere i mobili utilizza ancora dei fili invisibili,130 e il fer­ mo immagine è usato solo per gli effetti di sostituzione e sparizione, il regista americano James Stuart Blackton, ispirato dalle stesse fonti teatrali del suo col­ lega francese e dai suoi film, girò nel 1906-1907 The Haunted House,131 in cui è presente l’animazione degli oggetti a scatto singolo del fotogramma o Ameri­ can Movement, come veniva chiamato allora il primo esempio di cinema d’ani­ mazione. 132 II film di Blackton fu però probabilmente un plagio di El hotel elet­ trico (1905) dello spagnolo Segundo de Chomón che, per primo, elaborò la tecnica dell’animazione con ripresa a scatto singolo.133 Diffusasi dalla Spagna alla Francia e al resto d’Europa, la tecnica consentiva di «animare oggetti inani­ mati, far muovere personaggi disegnati, ottenere trucchi inconsueti» e creare

127 A. Costa, La morale del giocattolo, cit., p. 134. 128 Nel film sono inoltre presenti altri elementi significativi per il nostro studio: la figura dipinta che si anima interagendo col protagonista, l’iconografia della luna femminile e l’inseguimento. Cfr. cap. III. 6, III. 5 e IV. 1. Le frenetiche animazioni di oggetti caratterizzano anche il famoso Les Quatre Centsfarces du Diable del 1906, proiettato nello stesso anno a Trieste daH’American Bioscope al Politeama Rossetti col ti­ tolo Le 400farse del Diavolo, «bizzarria a colori di Méliès» (D. Kosanovk;, 1896-1918 Trieste al cinema, cit., p. 89). In A Glass of Goat's Milk (P. Stow, 1909), proiettato al Volta col titolo Beware of Goats Milk, i lembi del lenzuolo che finisce in testa al protagonista si muovono per conto proprio in varie direzioni. 129 Cfr. K. WILLIAMS, Ulysses in Toontown: «Vision Animated to Bursting Point» in Joyce's Circe, cit. 130 Anche nel Monello di Chaplin il cagnolino, il vagabondo e il monello, nella sequenza del sogno, vo­ lano per mezzo di fili invisibili (cfr. cap. IL 5). 131 McKernan ipotizza che uno dei film proiettati durante il primo spettacolo del Volta col titolo The Bewitched Castle (cfr. cap. I. 2) potrebbe essere una produzione Pathé del 1908, Le Chàteau hanté (cfr. L. McKernan, JamesJoyce's Cinema, cit., p. 12). È da notare che nel 1897 Mèlies girò un film con lo stesso ti­ tolo (conosciuto anche come The Haunted Castle) oltre che, di argomento affine, L'Auberge ensorcelée e, nel 1901, La Tour maudite (titolati in inglese, rispettivamente, The Bewitched Lnn e The Bewitched Dungeon). 132 Cfr. P. Cherchi Usai, Georges Méliès, cit., p. 31. Il film riscosse grande successo sia negli Stati Uni­ ti che in Europa. 133 Tra le filiali straniere fondate dal fratello di Méliès, Gaston, quella di Barcellona fu creata tramite Se­ gundo de Chomón. La moglie del regista spagnolo guidò inoltre l’equipe di operaie che spalmarono le co­ pie a colori del Regno dellefate ovvero Le meraviglie delle profondità dell'Oceano (Le Royaume des Fées, 1903), proiettato a Roma nel 1904 (cfr. ivi, p. 46 e 60; A. Costa, La morale del giocattolo, cit., p. 175). Cretinetti lavorò per Chomón dapprima in Francia alla Pathé e in Italia all’itala, poi in Spagna dove, presumibilmente nel novembre 1912, girò con lui Toribio tiene la solitaria (nel catalogo Pathé di Henri Bousquet Escamillo a le ver solitaire), in cui sono presenti «dei trucchi e, sembra, delle sequenze di disegni animati» Q. A. GlLI, André Deed, cit., p. 97).

49

così «un cinema fantastico che andava oltre l’opera di Méliès, se non altro per un più dichiarato impianto spettacolare “cinematografico”».134 Ancora, i film di Cretinetti presentano spesso oggetti in movimento per pixillazione, quali ad esempio la borsa e il berretto del protagonista in Come Cretinetti paga i debiti ( 1909) o la cappelliera e il secchio in Cretinetti agente di assicurazione ( 1991 ).135 Le tecniche dell’animazione vengono sviluppate e potenziate da Emile Cohl, considerato l’inventore del disegno animato, a partire da Fantasmagorie ( 1908).136*In Mobilierfìdèle ( 1909) abbiamo ancora una volta degli oggetti, sta­ volta i mobili, che si spostano da soli. Vachel Lindsay dedica il decimo capito­ lo del suo The Art of the Moving Picture, una delle prime opere di critica cine­ matografica, a Furniture, Trappings, and Inventions in Motion, scrivendo di un film Pathé, Moving Day, molto probabilmente proprio il citato film di Cohl MobilierfideleF" Se quest’ultimo utilizza un disegno elementare, più che altro una linea continua che si anima e si trasforma sullo schermo, un’elaborazione più complessa caratterizza i cartoni di McCay, autore del celebre Gertie the Di­ nosaur (1909). Le caratteristiche del cartone animato analizzate nel dettaglio da Williams, oltre al movimento degli oggetti, già presente in Méliès, rivelano interessanti connessioni con alcune metamorfosi e trasformazioni in Circe, ad esempio lo Zoomorfismo: «Protean deformation of time, space, body and identity in both early graphic animation and in Circe, is matched only by jointly conspicuous zoomorphism, not just in the literal menagerie swarming through Joyce’s text and its saturation with animalistic metaphors for human traits and beha­ viour».138 Come sottolinea André Bazin scrivendo di Oskar Fishinger, Len Lye e Norman McLaren, nel disegno animato l’aspetto della logica compositiva

134 G. RONDOLINO, Storia del cinema, Torino, Utet, 2000, p. 46. Da ricordare anche il famosissimo The Dreams ofa Rarebit Fiend (E. S. Porter, 1906), dove la novità non sono tanto il tema e gli oggetti in movi­ mento quanto la combinazione dinamica di due differenti punti di vista nella stessa inquadratura. 135 Cfr. cap. III. 1. 136 In La luna a un metro il disegno della terra e della luna fatto dall’astronomo sulla lavagna si anima per dare vita a una danza grottesca (cfr. cap. III. 5). Méliès, come sottolinea Frazer, ha così scoperto un aspetto rudimentale dell’animazione grafica, più tardi sviluppata appunto da Cohl, Blackton, e Winsor Mc­ Cay (cfr. J. FRAZER, Artificially Arranged Scenes, cit., p. 69). Il regista stesso racconta poi che nel film pub­ blicitario per la Moutarde Bornibus le lettere dello slogan finale apparivano all’inizio in ordine sparso, poi ognuna si metteva al suo posto tranne la «s» che «piroettava per la lavagna e dopo aver messo fuori posto ot­ to o dieci lettere finiva per completare il nome del fabbricante, mentre le lettere spiazzate si mettevano in linea» (A. COSTA, La morale del giocattolo, cit., p. 133. Cfr. anche M. Bessy, J-M. Lo Duca, Georges Méliès mage, cit., pp. 141-2). Nel 1907 il Salone Edison/Cinematografo Ideal introdusse per la prima volta aTrieste i cartoni animati, annunciati come «Disegni animati (comicissimo) novità» (D. KOSANOVIQ, 18961918 Trieste al cinema, cit., p. 96). 137? V. LlNDSAY, The Art ofthe Moving Pictures, New York, The Macmillan Co, 1915, pp. 113-133. 138? K. WILLIAMS, Ulysses in Toontown: «Vision Animated to Bursting Point» in Joyce's Circe, cit., p. 107.

50

III. La cinematografia-attrazione e Circe. Parte prima

prevale su quello della struttura narrativa: «questa concezione non fonda il di­ segno animato sull’animazione a posteriori di un disegno che avrebbe virtual­ mente un’esistenza autonoma, ma sul cambiamento del disegno stesso o più esattamente sulla sua metamorfosi. L’animazione non è allora pura trasforma­ zione logica dello spazio, essa è di natura temporale. E una germinazione, un germogliamento. La forma genera forma senza mai giustificarla».139 Oltre al volto di Paddy Dignam impresso sul cane,140 il disegno animato ren­ de bene, ad esempio, la figura di Simon Dedalus che comincia a piroettare per aria con ali da poiana: «SIMON: Va benissimo. (Si avventa incerto per Varia, volteggiando, emettendo grida di incoraggiamento, su forti ali poderose da poiana.) Oh, ragazzo! Ce la fai a vincere? Op! Psciatt! Nella stessa stalla con quei mezzo­ sangue. Non li vorrei a portata di raglio d’asino. Testa alta! Alto l’onore delle nostre bandiere! Aquila rossa volante spiegata su campo argento» (U. p. 760). Ancora, prosegue Williams, i cartoni animati e Circe condividono «their mixing of modes». Stephen e Bloom incontrano infatti «characters from all sorts of discourses and contexts, and with varying existential bases — Joyce’s ac­ tual contemporaries, historical figures, characters from other fictions, from po­ pular culture, allegory, legend, myth, etc», proprio come succede, ad esempio, in Felix in Hollywood (1925) di Pat Sullivan e Otto Mesmer o in quei film ca­ ratterizzati dalla «early mixing of live action and cartoon animation», basati cioè «on the reversible principle of superimposing graphic characters against “real” backgrounds, or viceversa, again paralleling Circe, which either inserts “unreal” figures into the naturalistic setting, or transports Bloom into halluci­ natory “elsewheres” in past or future».141 Ancora, come i protagonisti dei dise­ gni animati subiscono varie violenze o addirittura muoiono per poi però pron­ tamente resuscitare o rialzarsi come se niente fosse accaduto, così Bloom a un certo punto, dopo essere stato incendiato, muore «ammutolito, avvizzito, car­ bonizzato» (U. p. 675)142 ma torna subito miracolosamente in vita come un personaggio indistruttibile dei cartoni.

139 ABazin, Che cosa è il cinema?, Milano, Garzanti, 1999, pp. 194-5. 140 Cfr. cap. III. 4. 141 K. WILLIAMS, Ulysses in Toontown: «Vision Animated to Bursting Point» in Joyces Circe, cit., p. 111. 142 Ibidem. Poco oltre nel testo, seguendo l’esempio della Sibilla velata che mostra la sua totale devozio­ ne a Bloom suicidandosi, altre donne si tolgono la vita nei modi più vari; il dettagliato elenco vuole forse essere proprio una parodia di altrettante situazioni presenti nei disegni animati e anche in alcuni melo­ drammi, sia teatrali sia filmati, del tempo (si veda ad esempio il famosissimo Assunta Spina, 1915» di Gu­ stavo Serena): «LA SIBILLA VELATA: {Entusiasticamente.) Sono bloomista e me ne vanto. Credo in lui no­ nostante tutto. Darei la vita per lui, l’uomo più buffo del mondo. [...] LA SIBILLA VELATA: {Sipugna­ la.) Mio semidio! {Muore.) {Molte altre donne assai attraenti ed entusiaste si suicidano pugnalandosi, anne­ gandosi, ingerendo acido prussico, aconito, arsenico, aprendosi le vene, rifiutando il cibo, gettandosi sotto rulli compressori, dall’alto della colonna di Nelson, nel gran tino della distilleria di Guinness, asfissiandosi col mette­ re la testa dentro forni a gas, impiccandosi con eleganti giarrettiere, gettandosi giù da finestre a dijferenti piani.)» (U. p. 666 e 667).

51

III. La cinematografìa-attrazione e Circe. Parte prima

Oltre che il disegno animato, va aggiunto, questa scena ricorda inoltre le co­ miche, dove spesso il personaggio finisce carbonizzato rimanendo però illeso, e i film a trucchi nei quali la miracolosa resurrezione è ottenuta attraverso l’uso di un manichino. Per quanto riguarda questa tipologia, uno dei film più famo­ si fu forse How It Feels to Be Run Over (C. M. Hepworth, 1900) dove il malca­ pitato di turno, prima di essere investito da un’auto, è sostituito all’ultimo se­ condo da un manichino il quale, dopo essere rotolato sotto la vettura, lascia di nuovo il posto all’attore in carne e ossa che prontamente si rialza. Tra le nume­ rosissime riprese della stessa situazione rientra anche il film di Méliès RaidParigi-Montecarlo ovvero l’automobile infernale (Le Raid Paris-Monte Carlo en deux heures, 1905), dove i trucchi sono ben evidenti e persino “caricati” iperbolica­ mente, in modo simile alla morte e immediata resurrezione di Bloom in Circe:

Le Raid Paris-Montecarlo en 2 heures, che presenta una serie di variazioni burle­ sche sul tema delle imprese automobilistiche del re del Belgio Leopoldo III, offre esempi di trucchi che non sono più invisibili: gli incerti movimenti del modelli­ no di automobile che si “arrampica” sulle Alpi (con effetti assai prossimi al cine­ ma di animazione) o il [sic] gag del poliziotto che, finito sotto l’automobile rega­ le e ridotto a una sagoma piatta come un foglio di carta, viene gonfiato fino a scoppiare. Si tratta di realizzazioni iperboliche che non richiedono di essere pre­ se alla lettera, ma secondo un codice espressivo che non deve più rispondere a nessun principio di realtà, tanto è vero che lo spettatore si trova nell’incertezza di doverlo attribuire all’ordine del discorso oppure a quello della storia, in quanto il tutto risulta straniato rispetto all’ordine espressivo delle altre inquadrature.143 L’esempio riportato è tanto più significativo in quanto anche in Circe a un cer­ to punto è esplicitamente detto che il manichino di Bloom precipita giù dallo scoglio di Lion’s Head:

143 A. COSTA, La morale delgiocattolo, cit., p. 100. In The ?” [sic] motorist (R. W. Paul, 1906) a essere in­ vestito da un’auto con le stesse modalità, per poi rialzarsi, è un poliziotto. In Extraordinary Cab Accident (R. W. Paul, 1903) il protagonista è travolto da una carrozza. In Accident d’automobile (Lumière n. 2020) il ma­ nichino del malcapitato investito da un’auto è fatto a pezzi; due passanti lo ricompongono e l’uomo ri­ prende vita andandosene, mentre uno dei due soccorritori gli dà un calcio nel fondoschiena; un’analoga “ri­ composizione” è presente nel finale di Cretinetti che bello! (conosciuto anche come Cretinetti e le donne, 1909) proiettato al Volta col titolo Too Beautiful!. Ancora, il distratto protagonista di An Interesting Story (J. Williamson, 1905) alla fine del film è investito da un rullo compressore che lo appiattisce a terra. Due ciclisti di passaggio lo rigonfiano e l’attore in carne e ossa, ripreso il posto del manichino che lo aveva so­ stituito prima dell’impatto, si rialza “rigonfiato” e se ne va. A proposito di “appiattimenti”, in Un Duel abracabrant (1909), film in cartellone al Volta col titolo An Extraordinary Duel, «two combatants fighting “for the affection of a waxen lady” in a barbershop window, demonstrate astonishing resiliency by regaining their original shapes after one is blown to bits and the other “hammered flat”» (P. SICKER, Evenings at the Volta: Cinematic Afterimages in foyce, cit., p. 122). In II signor Testardo (1909), proiettato al Volta col titolo Mr Testardi!, un manichino sostituisce all’ultimo momento il cocciuto protagonista che, investito da un’au­ to, prontamente si rialza per inveire contro i passeggeri.

52

III. La cinematografìa-attrazione e Circe. Parte prima

BLOOM: [...] (Abbassa lo sguardo e fissa intensamente l’acqua) Trentadue al se­ condo a testa in giù. Incubo giornalistico. Elia con le vertigini. Precipitato dalla scogliera. Triste fine d’un impiegato della Stamperia nazionale. (Attraverso l’argenteasilente aria estiva il manichino di Bloom, tutto legato come una mummia si precipita giù roteando dallo scoglio di Lions Head nelle acque violacee che Vattendo­ no.} (U. p. 736). Del resto, anche in altri film di Méliès il manichino compare con funzioni ana­ loghe (Nouvelles luttes extravagantes, 1900) e talvolta viene esplicitamente mo­ strato di fronte alla macchina da presa; è il caso di La Chaise àporteurs enchantée (1905) dove il mago, dopo averlo abbigliato con abiti settecenteschi, lo anima con un incantesimo (è utilizzata la sostituzione per arresto). In Cretinetti volon­ tario alla Croce Rossa (1910) il protagonista scambia un manichino per un esse­ re umano, con tutte le comiche e rocambolesche conseguenze del caso.144

8. Costume changes: Méliès e Leopoldo Fregoli

L’episodio di Circe è ricco di improvvisi cambi d’abito o di costume dettaglia­ tamente descritti nelle didascalie. In maniera analoga alle apparizioni e spari­ zioni, essi si accompagnano a un nuovo setting sullo sfondo del quale prendono vita, mentre altre volte semplicemente si innestano su quello precedente. Joyce stesso, conversando con l’amico Frank Budgen, sottolinea la frequenza dei cambi di costume nell’episodio: «The Circe is a costume episode. Disguises. Bloom changes clothes half a dozen times».145 144 Del settembre 1911 è anche un Cretinetti mannequin. Infine è da aggiungere che Williams si soffer­ ma su un passo di Circe in cui «Joyce ingeniously suggests visual distorsions with his own phonetic defor­ mations, expanding and contracting syllables duplicating their shapes like miniature “concrete poems”»: «([...] Dall’altro lato sotto il ponte ferroviario appare Bloom rosso in viso, ansimante, ficcandosi pane e ciocco­ lata in una tasca. Dalla vetrina di parrucchiere di Gillen un ritratto composito gli mostra rimmagine delprode Nelson. Uno specchio concavo a lato gli presenta il derelitto d'amore ormai perduto lugubre Booloohoom. Il gra­ ve Gladstone lo guarda dritto negli occhi, Bloom per Bloom. Egli passa, colpito dallo sguardo del truculento Wel­ lington ma nello specchio convesso sogghignano incolpiti gli occhi bonari e le gote a braciola rotondette di Poldacciuolopollo tristanzuolo. [...])» (U. p. 598). Qui Williams riscontra una possibile influenza dello «stret­ ching and compression of figures in early animated cartoons» e nota l’analogia con gli «effects [...] achie­ ved in the 1920s by German expressionist film-makers using anamorphic lenses» (K. WILLIAMS, Ulysses in Toontown: «Vision Animated to Bursting Point» in Joyces Circe, cit., p. 102). È opportuno però aggiungere che queste ultime sperimentazioni formali e stilistiche erano già presenti negli anni Dieci nei primi film di Abel Gance, in particolare nella Follia del Dottor Tube (fa Folle du Docteur Tube, 1915) dove il regista fran­ cese, con la collaborazione del suo cameraman di fiducia, Léonce-Henry Burel, utilizzò specchi deforman­ ti; il film, tuttavia, per volontà di Gance stesso, non fu distribuito nelle sale. Un effetto simile è riscontra­ bile anche nell’episodio delle Rocce erranti o Simplegadi (Wandering Rocks)'. «Space is no less malleable than time and can riproduce narrative double exposures as when the side-mirrors in a milliner’s window reflect two mourning Masters Dignam, who turn right and left in unison» (P. SICKER, Evenings at the Volta: Cine­ matic Afterimages in Joyce, cit., p. 121. Cfr. U. p. 342). 145 F. BUDGEN, James Joyce and the Making of Ulysses, cit., p. 228.

53

III. La cinematografìa-attrazione e Circe. Parte prima

Poco dopo essere entrato nel quartiere dei bordelli, Bloom si trova davanti il padre morto Rudolph e, per la prima volta in Circe, cambia repentinamente d’abito (cfr. U. p. 603).146 In seguito, conversando con una sua vecchia amica, Mrs Breen, non appena questa gli ricorda l’inaugurazione della casa di Georgi­ na Simpson avvenuta anni addietro, e lo elogia per la sua «declamazione serio comica», il protagonista si ritrova vestito a tema: «BLOOM: {Cavalier servente, in giacca da sera, con risvolti di seta marezzata, distintivo massonico azzurro al­ l'occhiello, cravattino nero e bottoncini di madreperla, brandendo un bicchiere pri­ smatico da spumante.) Signore e signori, brindo all’Irlanda, alla casa e alla beltà» (U. p. 611). Poi, quando la donna ricorda che i due si sedettero sull’ottomana delle scale, Bloom aH’improwiso indossa un cappello a tricorno e le rivolge le stesse attenzioni di quella sera; Mrs Breen risponde a tono, mutando ancora una volta abbigliamento: BLOOM: {Porta un cappello a tricorno violetto con mezzaluna d'ambra, le dita e i pollici gli scorrono lentamente sul palmo della mano di lei, liscia, umida e carnosa, che ella gli abbandona mollemente.) L’ora maliosa della notte. Levai un scheggia da questa mano, con molta cura, lentamente. (Co» tenerezza mentre le infila al dito un anello con rubino.) Là ci darem la mano. MRS BREEN: {In abito da ballo d’un solo pezzo, eseguito in color azzurro chiardiluna, con diadema da silfide di orpello sulla fronte e il carnet di ballo caduto accanto alle pantofole di raso azzurro luna, curva dolcemente la palma della mano, col respiro frequente.) Voglio e non. Ma lei scotta! Mi brucia! La sinistra è la mano del cuore (U. p. 612). Poco dopo i due si incamminano insieme e, mentre Bloom confida all’amica un piccolo segreto, entrambi, ancora una volta, si adattano “esteticamente” al ri­ cordo:

BLOOM: {In abito sportivo color avana, ramoscello di caprifoglio all’occhiello, ca­ micia color isabella molto chic, cravatta scozzese a croce di S. Andrea, ghette bianche, spolverina fulva al braccio, scarpette sportive rosso fulvo, binocolo a tracolla e bom­ bettagrigia.) Si ricorda che molto tempo fa, devono essere parecchi anni, subito dopo che Milly, si chiamava Marionette allora, fu svezzata, andammo tutti insie­ me alle corse a Fairyhouse, se non mi sbaglio? MRS BREEN: {In un elegante tail­ leur azzurro, cappello di felpa bianco e veletta finissima.) A Leopardstown (U. p. 615).147 Méliès utilizza la sostituzione per arresto allo scopo di ottenere sullo schermo

146 Qualche pagina prima Bloom, quasi investito dal tram, arranca fuori dal binario «alzando una ma­ no guantata di bianco da poliziotto» (U. p. 600). 147 Nell’ Ulysses di Stride, durante il loro incontro, Bloom e Mrs Breen cambiano di costume una volta sola, ritrovandosi entrambi in abito da sera; in B,.m di Walsh il protagonista rimane invece in mutande.

54

III. La cinematografia-attrazione e Circe. Parte prima

metamorfosi e istantanei cambi d’abito, come succede, ad esempio, in L’Impressionistefìn-de-siècle. Qui il mago di turno, Méliès, trasforma un manichino a grandezza umana148 in una ballerina che, coperta da un telo, scompare e ri­ compare subito dopo dentro una botte senza fondo posta sul tavolo, dalla qua­ le è fatta prontamente uscire dal mago. Quest’ultimo, dopo aver tramutato la ragazza in una nuvola di piume che fluttuano per aria, si copre con il telo, scompare e si rimaterializza dentro la botte. Mentre salta dal tavolo si trasforma a mezz’aria nella ballerina e ripete di seguito lo stesso numero all’inverso, riac­ quistando nuovamente le fattezze originarie; infine scompare gettandosi sulla parete di fondo,149 rientra da una porta, si siede sul tavolo e, dopo uno schioc­ co di dita, sparisce lasciando una nuvoletta di fumo.150151 Ancora, il prestidigita­ tore di Les Transmutations imperceptibles ( 1904) si esercita a trasformare ripetu­ tamente d’abito la sua assistente, mentre n.e\V Ombrello meraviglioso (Le Parapluie fantastique, 1903) dieci ragazze si ritrovano d’improvviso vestite alla mo­ da Belle Epoque.ì5ì Infine, L’Homme aux cent trues (1901) è una sorta di “cata­ logo” di tutte le trasformazioni presenti nei film di Méliès, tra le quali anche il cambio di costume che, al pari delle metamorfosi, delle apparizioni e sparizio­ ni, è largamente diffuso nel cinema di quegli anni. Cretinetti, ad esempio, nei panni di un monello birichino in Come fu che l’ingordigia rovinò il Natale di Cretinetti (1910), dopo aver rovesciato l’albero di Natale ed essersi rimpinzato di dolci, una volta addormentatosi viene risvegliato da Babbo Natale che, adi­ rato, lo riveste magicamente di un grande berretto, calzoni corti e camicia a col­ lo largo.152 In Aladin et la lampe merveilleuse, realizzato nel 1906 da Albert Capellani con fotografia e trucchi di Segundo de Chomón, sono presenti improvvisi cam­ bi di costume quando il genio della lampada si manifesta e riveste Aladino di ricchi abiti, quando, più avanti, il mago lo fa ripiombare nella sua vecchia con­ dizione e infine quando la mendicante rivela la sua vera identità al protagoni­ sta.153 Il film di Capellani mette in scena la storia di Aladino nella quale sono già presenti magiche metamorfosi e improvvisi cambiamenti di costume; si può

148 Cfr. cap. III. 6 e 7. 149 Cfr. cap. III. 1. 150 Cfr. anche Illusionsfunambo lesques (1903) dove le ripetute trasformazioni riguardano una ballerina che diventa un cuoco. Metamorfosi di vario genere e figurine umane che cambiano di costume erano dif­ fusi in molti giochi ottici ottocenteschi basati sul principo del Taumatropio e del Mirio rama. Cfr. V. Tosi, Il cinema prima del cinema, cit., e il film Film Before Film. What Really Happened Between Images (W. Nekes, 1986). 151 II film fu proiettato a Roma nel 1905 (cfr. A. Costa, La morale del giocattolo, cit., p. 175). 152 Cfr. J. A. GlLI, Andre Deed, cit., p. 67. 153 II diavoletto che, liberato da una giara rotta, si esibisce in una serie di volteggi e capriole prima di scomparire nel recipiente miracolosamente ricompostosi, è André Deed, qui agli inizi della sua carriera. Cfr. J. A. GlLI, André Deed, cit., p. 27.

55

III. La cinematografìa-attrazione e Circe. Parte prima

dunque ragionevolmente credere che anche altre versioni cinematografiche di quegli anni si siano giovate più o meno dello stesso “trucco” per rendere tali tra­ sformazioni. Joyce, esule da Dublino con la compagna Nora, raggiunge nel 1904 prima Trieste e subito dopo Pola, in Croazia, dove insegna per alcuni me­ si presso la locale Berlitz School. Qui, come riferisce McCourt, lo scrittore «iniziò anche a frequentare il cinema, Il Bioscopio Elettrico, dove, tra il novem­ bre del 1904 e il gennaio dell’anno seguente, vennero dati undici film che an­ davano dalla commedia leggera a immagini della guerra russo-giapponese. Ali Baba e i 40 ladri e La lampada magica di Aladino erano tra i più amati».154 Pro­ prio di quel periodo è una lettera in cui Joyce, scrivendo al fratello, menziona una serata passata al cinematografo.155 In quei mesi egli potrebbe dunque aver visto una riduzione cinematografica della storia di Aladino e in seguito riutiliz­ zato effetti magici non dissimili da quelli presenti nella versione del 1906.156

Un altro modello per i cambi di costume potrebbero essere state «le miraco­ lose trasformazioni di sesso, di voce, di persona»157 del celebre trasformista ita­ liano Leopoldo Fregoli (1867-1936) che, famosissimo ai suoi tempi in tutto il mondo, nell’arco della sua carriera (1890-1925) tenne più di 10.000 spettaco­ li in Europa (Parigi, Londra, Berlino, San Pietroburgo), Sud America e Stati Uniti. Fregoli, menzionato da Joyce nelle sue note preparatorie per Circe,158 il pri­ mo maggio 1912 presso il Politeama Rossetti di Trieste si esibì in mezz’ora in 10 differenti fogge: «direttore di giornale, disoccupato Fregoli, il proto della ti­ pografia, barone candidato al parlamento, nobildonna spagnola benefattrice, pittore impressionista francese, cantante d’opera italiano, pessimo marito, mo­

154 J. McCourt, James Joyce. Gli anni di Bloom, cit., pp. 74-5. 155 Cfr. cap. IV. 1. 156 Nel catalogo FIAF risulta wnAladin ou la lampe merveilleuse (A. Capellani, 1906), probabilmente lo stesso film proiettato a Trieste dal Salone Edison/Cinematografo Ideal nel 1906 col titolo «Aladin, ovvero la lampada meravigliosa» (cfr. D. KOSANOVIQ, 1896-1918 Trieste al cinema, cit., p. 85). Nel catalogo www.imdb.com (ultimo accesso maggio 2008) figurano, oltre alla versione di Capellani, Aladdin and the Wonderful Lamp (G. A. Smith, 1899), in cartellone anche a Dublino nel 1900 (cfr. K. ROCKETT, Something Rich and Strange: James Joyce, Beatrice Cenci and the Volta, cit., pp. 23-4), e un altro Alladin and the Won­ derful Lamp (1900, nessuna indicazione ulteriore). A Pola Joyce potrebbe aver visto una di queste ultime due versioni. Nel catalogo FIAF sono registrati^// Baba etles quarante voleurs (F. Zecca, 1902) e Ali Baba (S. de Chomón, 1907). Su www.imdb.com è puntualizzato che la versione del 1907, pur essendo una co­ pia incompleta del primo film del 1902, presenta tuttavia anche gli interritoli, tecnicamente impossibili da inserire cinque anni prima. Nel Monello di Chaplin il vagabondo e il poliziotto, alla fine del sogno, perdo­ no per effetto di sovrimpressione il costume da angeli riacquistando così il loro consueto abbigliamento (cfr. cap. IL 5). O. Mercatali, Fregoli: dal Caffe-Concerto al Teatro. Note, appunti e aneddoti, Roma, Edoardo Perino Tipografo-Editore, 1893, p. 136. 158 Cfr. Circe Notesheet 18, in Joyces Notes and Early Draftsfor Ulysses: Selections from the Buffalo Collec­ tion, edited by P. F. Herring, Charlottesville, University Press of Virginia, 1977, p. 352.

56

III. La cinematografia-attrazione e Circe. Parte prima

glie debole, amante debole».159 La sua abilità consisteva nell’esibirsi in improv­ vise e istantanee trasformazioni, dando vita a numerose caricature di tipi uma­ ni e del «“varietà”, coi suoi divi, divette, artisti e tipi d’ogni genere»,160 con ri­ sultati ben al di là di quelli conseguiti dai comuni trasformisti, tanto che per Fe­ lix Haufort, critico della «France», Fregoli realizzava il mito antico di Proteo.161 Come è spiegato nell’Enciclopedia dello spettacolo, il suo successo fu legato infatti [...] non solo alla rapidità e alla perfezione tecni­ ca delle sue trasformazioni, ma alla sua comicità di “female impersonator” (che sfruttò sempre moltissimo, creando innumerevoli personaggi femminili, “dame” “sciantose” “ingenue” “cocottes”, ecc.), d’imitatore, di macchiettista, di mimo. Fregoli non si limitava a mutare d’abito o di maschera, ma cercava di rendere ogni nuovo tipo in maniera completa, nel modo di gestire, di camminare e di par­ lare, aiutato da eccezionali capacità fisionomiche e da mezzi vocali estremamen­ te duttili: sapeva infatti cantare da tenore, da baritono e da soprano.162163

Le trasformazioni di Fregoli erano talmente repentine ed efficaci da far sorgere tra il pubblico il dubbio che in realtà a impersonarlo ci fossero più attori a tur­ no. Egli allora, dopo aver comprato il cinematografo Lumière, cominciò a gi­ rare alcuni brevi film comici (20 m circa) dei quali era l’unico protagonista, co­ me egli stesso ricorda: «Nacquero, così, quei famosi “corti metraggi” [...] come Fregoli al ristorante, Una burla di Fregoli, Il segreto di Fregoli, Un viaggio di Fre­ goli, Il sogno di Fregoli e, finalmente, il film che disvelava, alla fine dello spetta­ colo, i segreti delle mie trasformazioni, cioè Fregoli dietro alle quinte».160 Oltre a Robert W. Paul, anche Méliès girò poi almeno un film, L’Homme Protée (1899), nel quale riprendeva il trasformista in azione.164 Lo spettacolo tipico fregoliano negli anni che vanno dal 1899 al 1902 era di­ viso in quattro sezioni. Dopo la prima parte in cui una compagnia di attori si

159 J. McCourt, James Joyce. Gli anni di Bloom, cit., p. 235. Fregoli è anche esaltato dai futuristi come modello di «sintesi di velocità+trasformazione» (E T. MARINETTI, Il teatro di varietà, in L. De Maria, Per conoscere Marinetti e ilfuturismo, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1981, p. 115). Per Joyce e i futuri­ sti cfr. J. McCourt, James Joyce. Gli anni di Bloom, cit., pp. 219-238; C. LOBNER Del Greco, James Joy­ ce Italian Connection: The Poetics ofthe Word, Iowa City, Iowa University Press, 1989; E Marengo VÀGLIO, “Noisetuning”: Joyce and Futurism in Joyces Victorians, a cura di E Ruggieri, Roma, Bulzoni, 2006, pp. 331354. 160 S. D’Amico, Fregoli, pantomimo romano, «Estratto dalla Rivista Italiana del Dramma», anno I, voi. I, n. 1 del 15 Gennaio 1937-XV, Tivoli, Arti grafiche A. Chicca, p. 9. 161 Cfr. L. FREGOLI, Fregoli raccontato da Fregoli, prefazione di M. Corso, Milano, Rizzoli & C. Edito­ ri, 1936, p. 230. 162 AA.W., Fregoli, in Enciclopedia dello spettacolo, cit., p. 701. Certamente la tecnica di Fregoli doveva molto anche alla perfetta sincronizzazione con i suoi sei collaboratori che lo aiutavano a cambiarsi e truc­ carsi dietro la scena e ai costumi che egli stesso si curava di progettare e preparare. 163 L. FREGOLI, Fregoli raccontato da Fregoli, cit., p. 216. 164 Cfr. cap. III. 4.

57

III. La cinematografìa-attrazione e Circe. Parte prima

esibiva in brevi rappresentazioni, Fregoli entrava in scena nella seconda che si incentrava in genere su due numeri, ciascuno dei quali includeva al massimo nove trasformazioni (tra cui II camaleonte, La lezione di musica e L’onestà}. La terza parte, dopo un’introduzione strumentale, presentava il famoso Paris-Concert/Eldorado. Così ce lo descrive Fregoli: Eldorado era un’azione comico-mimico-lirico-drammarico-musicale con circa 60 trasformazioni. [...] I personaggi erano cresciuti di numero, e gli interpreti s’eran invece ridotti a.. .uno: io! [...] In principio apparivo in scena nelle vesti d’un im­ presario tedesco Sparivo e riapparivo immediatamente trasformato in una vivace seducente canzonettista francese [...]. Seguivano gli altri artisti: il barito­ no d’opera seria, una macchietta colta dal vero [...], il clown inglese [...], Mon­ sieur Arman, il trasformista francese dai buffissimi tic [...], la signora Bianca [...], il regista [...], il custode del teatro.165

Lo spettacolo si chiudeva di solito con la sezione cinematografica durante la quale dodici pellicole filmate dallo stesso Fregoli o da altri registi come i Lu­ mière e Méliès venivano proiettate su uno schermo di 4 metri per 3 adorno di lampadine colorate sulla cornice, ribattezzato « Frego ligraph». Da dietro lo schermo il trasformista dava voce alla sua stessa immagine e suscitava un effet­ to comico riproducendo il film dalla fine all’inizio, con effetti di animazione si­ mili a quelli di Circe.166 II critico Roberto Paolella lo definisce «il Méliès italia­ no» e sottolinea come egli per primo in Italia faccia uso «di quasi tutti i trucchi che alla stessa epoca adopera Méliès: sostituzioni, sdoppiamenti, marce indie­ tro e persino rallentatore e acceleratore».167 Il Fregoligraph riscosse grande suc­ cesso e le pellicole di Fregoli venivano proiettate autonomamente anche in va­ ri caffè concerto italiani.168 Col passare degli anni però, e col perfezionamento dei proiettori, il Fregoligraph divenne obsoleto e, ipotizza Colagreco, «dopo il 1907, con ogni probabilità, [esso] scomparve dalle scene fregoliane».169 Il tra­

165 L. FREGOLI, Fregoli raccontato da Fregoli, cit., p. 138. 166 Cfr. ivi, p. 217: «Un giorno, mi saltò il ticchio di fare uno scherzo al pubblico anche attraverso lo schermo: feci proiettare qualcuna delle mie pellicole al rovescio. Il pubblico vedeva, sbalordito, uscire gli abiti dalle mani degli inservienti, o passare delle sedie addosso al trasformista, e questo marciare velocissimo all’indietro, e via di seguito.. .Furono torrenti d’ilarità, nella sala!». Cfr. anche L. CoLAGRECO, Il cinema ne­ gli spettacoli di Leopoldo Fregoli, cit., p. 41. L’operazione non è del tutto nuova. Gli operatori viaggianti dei Lumière, una volta proiettato Demolition d'un mur (Lumière n. 40, 1896), riproducevano di nuovo il film al contrario allo scopo di intrattenere ulteriormente il pubblico. 167 R. PAOLELLA, Debutti del cinema italiano, «Sequenze», anno II, 8 aprile 1950. Inoltre, Fregoli dopo morto (serie Fregoli n. 17, in realtà Le Squelettejoyeux, Lumière n. 831, 1898), può «essere considerato già un film d’animazione a tutti gli effetti» (L. COLAGRECO, Il cinema negli spettacoli di Leopoldo Fregoli, cit., p. 50). 168 Cfr. A. BERNARDINI, Leopoldo Fregoli, «cinematografista», cit., p. 93. ATrieste il Cinematografo Mar­ coni aveva messo in cartellone nel 1907 Fregoli il trasformista (cfr. D. KOSANOVIQ, 1896-1918 Trieste alci-

58

III. La cinematografia-attrazione e Circe. Parte prima

sformista racconta che per sostituire Fregoli dietro le scene, allo scopo di mo­ strare al pubblico la tecnica per operare cambi di costume così veloci, ideò Le Théàtre a l’envers: «Il fondo della sala rappresentava una sala di spettacolo col suo pubblico. Io, volte le spalle agli spettatori dell’Olympia, cantavo, danzavo, recitavo per il fondale dipinto del palcoscenico: poi, venivo alla ribalta, passa­ vo successivamente fra i miei aiutanti, mi sbarazzavo degli abiti e delle parruc­ che, mi trasformavo e ricominciavo da capo».170 Si è già accennato alla varietà di ruoli che Bloom impersona in Circe, da ma­ rito ad amante, da sadomasochista a imperatore e Messia, con un continuo cambio di costumi e atteggiamenti, condizione metanarrativamente e ironica­ mente descritta dall’accusatore Beaufoy durante il processo che vede imputato il protagonista: «BEAUFOY: [...] Orbene, considerate un po’ la vita privata di quest’uomo! Conduce una quadruplice esistenza!» (U. p. 629). Uno degli aspetti comici delle performance di Fregoli, oltre alle precise invenzioni carica­ turali, fu il paradosso in cui si trovava il pubblico, diviso tra l’evidenza di un ti­ po o carattere reso con il massimo realismo (mimico, vocale, ecc.) e la consape­ volezza di avere di fronte sempre lo stesso attore. In modo analogo, la comicità di Circe è data dalla riproposizione di un medesimo personaggio, Bloom, che “recita” in svariati ruoli e costumi descritti in modo dettagliato e spesso osten­ tatamente eccessivo e auto-caricaturale. Inoltre, l’interesse del pubblico per gli spettacoli di Fregoli non è rivolto allo sviluppo narrativo delle scenette allesti­ te, ma all’abilità del trasformista e all’aspetto spettacolare della trasformazione, in modo simile a quanto avviene per Circe.171 Nel Camaleonte, come riferisce Oscar Mercatali, Fregoli «dal barbuto Achil­ le, passa in ultimo alla vaporosa e bionda Èva, e questo passaggio non avviene soltanto per celerità di travestimento, ma anche per l’istantaneo cambiamento di voce e per le mosse esageratamente femminili».172 In modo simile Bloom, durante la fantasia con Bello/Bella, diventa una graziosa soubrette: «BLOOM:

nemii, cit., p. 99): «Fregoli, coperto da un abbondante mantello, entra da una porta a tenda al centro di una stanza tappezzata con motivi floreali [...] con due vasi pieni di fiori su dei piedistalli ai lati della porta [...]. Con la collaborazione di due aiutanti [...] si sveste, rivelando sotto gli abiti sempre altri abiti, par­ rucche e cappelli che lo trasformano in vari personaggi (un signore elegante con cilindro, un vecchietto con la papalina, una donna che accenna un passo di danza). Alla fine, rimasto in calzamaglia e a torso nudo, si inchina al pubblico ed esce di scena a retromarcia» (L. COLAGRECO, Il cinema negli spettacoli di Leopoldo Fregoli, cit., p. 64). *69 Ivi, p. 47. 170 L. FREGOLI, Fregoli raccontato da Fregoli, cit., p. 230. 171 Cfr. L. COLAGRECO, Il cinema negli spettacoli di Leopoldo Fregoli, cit., p. 49: «A teatro, l’imperativo per Fregoli è stupire lo spettatore, sbalordirlo continuamente, non lasciargli un attimo di respiro; il cinema deve produrre sul pubblico lo stesso effetto». 177 O. MERCATALI, Fregoli: dal Caffi-Concerto al Teatro, cit., p. 46.

59

III. La cinematografìa-attrazione e Circe. Parte prima

{Graziosa soubrette dalle gote dipinte, capelli color senape e grandi mani e naso da uomo, dalla bocca ghignante.} Mi son provata le cose di lei una volta sola, a Hol­ ies street per far due risate. Quando le acque eran basse le ho lavate da me per risparmiare i soldi della lavandaia. Mi son rivoltata le camicie. Era solo per economia.» (U. p. 719).173 Un’accelerazione delle trasformazioni sottolinea comicamente la Protean At­ titude di Bloom quando egli, rivelatosi come Messia e pregato di compiere un miracolo, si prodiga in atti che, nella commistione di serio e triviale, vogliono in primo luogo essere una satira della credulità popolare verso i miracoli rac­ contati nelle vite dei santi:174 FRATE RONZA: Allora fa’ un miracolo. BANTAM LYONS: Profetizza chi vin­ cerà il premio Saint Leger. {Bloom cammina su una rete, si copre l’occhio sinistro con Parecchio sinistro, passa attraverso svariati muri, si arrampica sulla colonna di Nel­ son, si appende per le palpebre al cornicione superiore, mangia dodici dozzine d’o­ striche (gusci compresi), risana diversi sofferenti di scrofola, male del re, contrae il vol­ to sì da rassomigliare a molti personaggi storici, Lord Beaconsfield, Lord Byron, Wat Tyler, Mose d’Egitto, Mose Maimonide, Mose Mendelssohn, Henry Irving, Rip van Winkle, Kossuth, Jean Jacques Rousseau, il barone Leopold Rothschild, Robinson Crusoe, Sherlock Holmes, Pasteur, volta ciascun piede simultaneamente in direzioni diverse, ordina alla marea di tornare indietro, eclissa il sole alzando il dito mignolo) (U. p. 671).175

Bloom che «contrae il volto sì da rassomigliare a molti personaggi storici» rimanda sen­ za dubbio alle metamorfosi facciali già viste al cap. III. 4 e, appunto, agli spet­ tacoli di Fregoli. L’intera citazione, inoltre, richiama anche il surrealismo e la frenesia grottesca delle comiche di Cretinetti che assume in ogni film un ruolo diverso, come sottolinea Nino Frank:

Che cosa faceva dunque M. Petit Crétin? Riceve, ruba un tappeto, vuole sposare la figlia del padrone, impara il salto mortale, si batte al cannone, compra due sol­

173 Le due versioni cinematografiche dell’episodio, se comparate alle numerose trasformazioni presenti nel testo joyciano, appaiono molto parche. Nell’ Ulysses di Strick, Bloom, interrogato dai poliziotti, cambia repentinamente abbigliamento e appare vestito «colfez rosso, abito di cerimonia da cadì» (U. p. 624). Poco oltre Boylan entra in casa del protagonista che, a un cambio di inquadratura, si ritrova vestito da valletto con due grandi corna di alce in testa. Segue la scena del keyhole (cfr. cap. IV. 3). In Bloom i cambi di costu­ me, più numerosi, avvengono con un ritmo e una rapidità maggiori, in particolar modo durante il proces­ so: prima vediamo Bloom a torso scoperto, poi completamente nudo con le scarpe ai piedi e il cappello a coprirsi i genitali, quindi in camicia, bretelle e pancione da gestante, infine di nuovo coi vestiti indossati nel corso della giornata. 174 Cfr. K. WALES, «Bloom Passes Through Several Walls»: The Stage Directions in Circe, cit., pp. 258-9. Per un altro miracolo, quello menzionato nel racconto Grazia in Gente di Dublino, e le sue connessioni con la lanterna magica, cfr. T. Brown,/ó>jktj Magic Lantern, «JJQ», voi. 28, n. 4, Summer 1991, pp. 791-8. 175 Cfr. cap. III. 1.

60

III. La cinematografìa-attrazione e Circe. Parte prima

di di patate, inghiotte un gambero, si vuole uccidere, paga i debiti, è vittima del­ la propria onestà, prende le sue precauzioni. Sempre infagottato nel suo comple­ to bianco, il suo tubino a tronco di cono in testa, non esita a proporsi come can­ didato femminista, falso monaco, facchino, re dei poliziotti, addetto ai traslochi, funambolo.176

176 N. Frank, Cinema dell'arte, cit., pp. 26-7. Cfr. cap. IL 5. Anche Deed, come Fregoli, si esibiva in numeri di trasformismo e, durante il suo soggiorno in Italia, mise a punto un’inedita formula di spettaco­ lo teatrale che combinava in modo unitario l’azione scenica con quella cinematografica, proprio come sta­ va facendo l’altro grande comico a lui contemporaneo, Max Linder e, già alla fine del secolo precedente, aveva fatto appunto Fregoli: «André Deed (Gribouille) inventa all’Eden di Torino un’altra attrazione. Dopo la proiezione di un film interpretato da se stesso, arriva sulla scena lanciandosi nelle peripezie di una pièce comica nello stile dei suoi film, piena di incidenti come doccia, esplosione, demolizione di costruzioni, ecc.» (M. LAPIERRE, Cent visages du cinema, Paris, Grasset, 1948, p. 105. Trad. mia. Cfr. J. A. GlLI, André Deed, cit., p. 75). Lo spettacolo si basa sulle stesse attrazioni che sono alla base del cinema delle origini: es­ so, come ce lo descrive lo stesso Deed, si compone di «1200 chili di materiale che mi permette di eseguire sulla scena quello che il pubblico ha potuto fino a oggi vedere solo sullo schermo, cioè esplosioni, battaglie, scene di acque e di catastrofi» (ibidem). La serie si concludeva con un numero di trasformismo.

61

IV. La cinematografia-attrazione e Circe. Parte seconda

1. Fughe e inseguimenti

K un certo punto Stephen, dopo aver rotto il lampadario del salotto, esce di corsa dal bordello di Bella Cohen e fugge per strada. Bloom gli va dietro, inse­ guito a sua volta da una numerosa folla di svariati personaggi fantasiosi e reali, minuziosamente e parodicamente elencati: BELLA: {Quasi senza parolai) Ma lei è qualcuno in incognito? ZOE: {Sulla so­ glia.) C’è buriana laggiù. BLOOM: Cosa? Dove? {Butta uno scellino sulla tavola e gridai) Questo per il tubo. Dove? Ho bisogno d’un po’ d’aria di montagna. {At­ traversa di corsa l’ingresso. Le puttane indicano col dito. Florry gli è dietro, versando l’acqua dal bicchiere tenuto obliquo. Dalla porta d’ingresso tutte le puttane riunite in gruppo parlano volubilmente, accennando verso destra dove la nebbia si è diradata. Da sinistra arriva una carrozzella sferragliante. Rallenta e siferma difronte alla ca­ sa. Bloom dalla soglia scorge Corny Kelleher in procinto di scendere dalla carrozza con due libertini silenziosi. Volta la testa. Bella dall’interno incita le sue puttane. Es­ se si lanciano tra loro baciuzzi mollidolcileccuzzi iamiam. Corny Kelleher risponde con un fantasma di sorriso lascivo. I libertini silenziosi si voltano per pagare il vettu­ rino. Zoe e Kitty accennano ancora verso destra. Bloom, passando rapidamente in mezzo a loro, si tira sugli occhi il cappuccio da califfo e ilponcho e corre giù per gli scalini con la testa voltata da una parte. Harun al Raschid in incognito, passa dietro ai libertini silenziosi e si affretta lungo la cancellata con ilpasso veloce delpardo che lascia péste dietro di sé, buste strappate inzuppate nell’anice. Il bastone misura ogni suo lungo passo. Una muta di veltri guidata da Hornblower di Trinity che brandisce la frusta, berretto da battitore e un vecchio paio di pantaloni grigi, segue di lontano, trovando la pista, più vicino, abbaia, ansima, su falsa traccia, dispersa, con la lingua fuori, gli mordono le calcagna, gli saltano alla coda. Egli cammina, corre, zigzaga, galoppa, orecchie schiacciate all’indietro. E subissato di ghiaia, torzoli di cavolo, sca­ tole di biscotti, uova, patate, ghiozzi morti, ciabatte da donna. Dietro di lui, appena scoperto, la muta zigzaga e galoppa in frenetico inseguimento, in fila indiana: 65 C, 66 Cguardiani di notte, John Henry Menton, Wisdom Hely, V. B. Dillon, il consi­ gliere Nannetti, Alexander Keyes, Larry O’Rourke, Joe Cuffe, Mrs O’Dowd, Pisser Burke, l’innominato, Mrs Riordan, il Cittadino, Garryowen, Comesichiama, Viso-

63

IV. La cinematografìa-attrazione e Circe. Parte seconda

strano, Qualchesomiglia, Mipardiconoscerlo, Quelloconcui, Chris Callinan, sir Charles Cameron, Benjamin Dollard, Lenehan, Bartell d'Arcy, Joe Hynes, Murray il rosso, il redattore Brayden, T M. Healy, il signor Giudice Fitzgibbon, John Howard Parnell, il reverendo Salmon buscatola, il Professor Joly, Mrs Breen, Denis Breen, Theodore Purefoy, Mina Purefoy, l’impiegata della posta di Westland Row, C. P. M’Coy, l'amico di Lyons, Holohan lo zoppino, l'uomo della strada, l'altro uomo della strada, il ragazzo del gioco del calcio, il conduttore camuso, la ricca signora prote­ stante, Davy Byrne, Mrs Ellen M'Guinness, Mrs Joe Gallaher, George Lidwell, Jimmy Henry sui suoi calli, il Sovrintendente Laracy, Babbo Cowley, Crofton dell’Ufficio Tasse, Dan Dawson, il chirurgo dentista Bloom con le tanaglie, Mrs Bob Doran, Mrs Kennefìck, Mrs Wyse Nolan, John Wyse Nolan, la bellasignorasposatacontrocuihastrofinatoilgrossosedereneltramdiClonskea, il libraio di Dolcezze del Pec­ cato, Miss Deperbacsidiaperbac, Mesdames Gerald e Stanislaus Moran di Roebuck, il direttore dei magazzini Drimmie, il colonnello Hayes, Mastiansky, Citron, Penro­ se, Aaron Figolter, Moses Herzog, Micheal E. Geraghty, l’ispettore Troy, Mrs Gal­ braith, la guardia all'angolo di Eccles street, il vecchio dottor Brady con lo stetoscopio, l'uomo del mistero sulla spiaggia, un cane da caccia, Mrs Miriam Dandrade e tutti i suoi amanti.) (U. pp. 776-8).

Due caratteristiche peculiari del cinema delle origini sono l’affollamento di per­ sonaggi sullo schermo e gli inseguimenti compiuti da una o più persone che, nella corsa, aumentano di numero, riempiendo così la scena fino ad arrivare al famoso last-minute rescue di Griffith. Si veda ad esempio Personal (W. McCut­ cheon, 1904), il plagio della Edison Company How a French Nobleman Got Wife Through the New York Herald Personal Columns (E. S. Porter, 1904), Meet Me at the Fountain (Lubin Manufacturing Company, 1904) e Desperate Poa­ ching Affray (W. Haggar, 1903) che, anche per merito della spontaneità degli interpreti, attori non professionisti, ebbe grande successo e contribuì in modo determinante alla diffusione delle scene di inseguimento. Queste ultime rag­ giunsero una popolarità tale da essere riproposte in un’ampia varietà di decli­ nazioni. L’individuo di That Fatal Sneeze (L. Fitzhamon, 1907) con i suoi star­ nuti distrugge ogni cosa sul suo cammino e viene inseguito dalla folla inferoci­ ta; il cavallo imbizzarrito di Le Chevaiemballé(L. J. Gasnier, 1907) semina dan­ ni ovunque e a un certo punto arriva addirittura a galoppare all’indietro; il ca­ ne di Course des sergents de ville (F. Zecca, 1907) ruba un pezzo di carne ed è rin­ corso da una folla che alla fine, con un rovesciamento parodico, scappa dal ca­ ne stesso ora diventato inseguitore; in Seven Years Bad Luck (1921) Max Linder, cercando di sfuggire da un nutrito gruppo di poliziotti, entra in uno zoo e si ri­ fugia nella gabbia degli animali pericolosi. Tra i molti film di Méliès ricordia­ mo Sorcellerie culinaire ( 1903) e Le Tripot clandestin (1905) dove i poliziotti cer­ cano di acciuffare i giocatori della bisca clandestina, salvo poi darsi loro stessi al gioco d’azzardo. Mentre negli altri film menzionati i personaggi corrono in una sorta di tracciato ideale attraverso spazi separati, cosicché fuga e caccia pren64

IV. La cinematografia-attrazione e Circe. Parte seconda

dono la forma di episodi lineari collegati tra loro attraverso una giustapposi­ zione più o meno “raccordata” di «vedute», in quelli di Méliès gli inseguimenti si risolvono nella medesima inquadratura o «veduta» dove inseguiti e insegui­ tori, simultaneamente e in circolo, si infilano e sgusciano fuori da porte, fine­ stre e botole.177 Si aggiungano poi gli inseguimenti presenti in tre film proiettati al Volta. In Come Cretinetti paga i debiti il comico fugge da un ufficiale giudiziario e poi da una folla che si fa sempre più numerosa,178 mentre in Cretinetti che bello! egli è inseguito da decine di donne perdutamente innamorate di lui. Con un ribalta­ mento simile a quello visto in Course des sergents de ville il protagonista di A Glass of Goat’s Milk rincorre la folla che poco prima lo inseguiva. In generale, le scene a inseguimento costituivano una grandissima attrattiva per il pubblico, interessato al movimento in sé e all’impatto visivo di corpi che, vari tra loro per età, abbigliamento e fisionomia, venivano sottoposti a ogni ti­ po di stimolo ed esibiti in tutte le loro possibilità fisiche e motorie.179 Lo svi­ luppo drammatico e narrativo del film era così messo in secondo piano a favo­ re della visualità dell’evento, della sua componente emotiva, perfino casuale e arbitraria, come sottolinea Gaudreault:

Le attrazioni abbondano e si moltiplicano nei film a inseguimento, che mettono in sequenza diversi piani utilizzati generalmente per mostrare molto di più del so­ lo passaggio dei protagonisti implicati nella corsa. Quasi tutti i piani servono in­ fatti a mostrare avvenimenti sempre più spettacolari. Anche quando non si trat­ ta dello scompiglio provocato, in un mercato all’aperto, dal passaggio intempe­ stivo di una carrozza trainata da cavalli imbizzarriti, il piano ci fa assistere all’inciampare reiterato di tutti gli inseguitori su un ostacolo che non si riesce mai a schivare, o ancora alla caduta di sussiegose rappresentanti del gentil sesso in dif­ ficoltà nel cercare di scavalcare un recinto.180 Anche Nora, come i suoi contemporanei, si infervorava per gli inseguimenti sullo schermo. Prova ne è la lettera che, durante il soggiorno a Pola, Joyce scri­ ve il 28 dicembre 1904 al fratello Stanislaus, nella quale racconta di una serata passata al cinema con la compagna: «The other evening we went to a bioscope. There were a series of pictures about betrayed Gretchen. In the third last [act]

177 Cfr. J. FRAZER, Artificially Arranged Scenes, cit., p. 109. 178 Cfr. cap. III. 1. 179 Questo, tra l’altro, spiega anche la frequenza di scene sportive e di lotta nel cinema delle origini. Cfr. N. HARRIS, A Subversive Form, in Before Hollywood: Turn-of-the-Century American Film, New York, Hudson Hills Press in Association with the American Federation of Arts, 1987, pp. 47-8. 180 A. GAUDREAULT, Cinema delle origini o della «cinematografia-attrazione», cit., pp. 38-9.

65

IV. La cinematografìa-attrazione e Circe. Parte seconda

Lothario throws her into the river and rushes off, followed by rabble. Nora said “O, policeman, catch him”».181 La stessa «rabbie» che insegue il «Lothario» di turno ritorna nella moltitudine di gente che corre dietro a Bloom e a Stephen nel passo riportato. L’affastellamento in una stessa scena di un’esasperata quan­ tità di personaggi (spesso presenti o citati in altri punti dell’ Ulisse) crea confu­ sione e un effetto parodico accresciuto dalle distorsioni linguistiche che carat­ terizzano il lungo elenco degli inseguitori, una sorta di riassunto del mondo grottesco e surreale di Circe. Nella vorticosa accelerazione comica e inventiva di termini bizzarri, metaforici, tautologici, onomatopeici, e anche senza (appa­ rente?) senso, l’accumulo indiscriminato dei nomi fa sì che questi diventino al­ tro dalle identità delle persone reali che dovrebbero individuare. Il significante vive di vita propria, il grottesco e il gioco linguistico dominano icasticamente sull’intenzione narrativa mentre l’elenco di nomi e cognomi scorre inframezzato di tanto in tanto da ironici titoli e qualifiche sociali.

2. Gli scenari

Nel grande inseguimento analizzato nel paragrafo precedente l’abbondanza pa­ rodica di personaggi di ogni tipo sfila in una grande rappresentazione scenica che non è un unicum in Circe. Gli accurati dettagli con cui sono descritti i vari setting che si susseguono l’u­ no all’altro li mettono sullo stesso piano del mondo reale di Mabbot Street, nel contempo sottolineandone parodicamente e paradossalmente il proprio statu­ to di “irrealtà” rispetto a esso.182 Se molti setting non vengono caratterizzati con precisione, in altri punti di Circe essi, insieme a ciò che si svolge nel loro contesto, saturano Inscena con uno spettacolo fastoso, spesso frenetico, dagli effetti parodici simili a quelli ri­

181 J. JOYCE, Letters ofJames Joyce,, vol. II, cit., p. 75* Cfr. cap. III. 8. Nel Monello Chaplin viene insegui­ to in più occasioni da diversi personaggi (cfr. cap. IL 5). La figlia di Joyce, Lucia, nel suo breve articolo su Chaplin pubblicato nel 1924 sulla rivista «Le Disque vert», ricorda proprio una scena a inseguimento di cui è protagonista il comico. Cfr. L. JOYCE, Charlie et lesgosses, «Le Disque Vert», 2ème Année, 5 numéros, nn. 4-5, p* 77. 182 Cfr. cap. III. 1 e 8. La contrapposizione tra i diversi setting potrebbe ricordare la mescolanza tra sce­ nari veri e finti e tra interni ed esterni che, almeno in un certo periodo della storia del cinema, caratterizza­ va le scenografie. Cfr. B. McNamara, Scene Design and the Early Film, in Before Hollywood: Turn-of-theCentury American Film, cit., pp. 54-5* In molti film di Méliès il passaggio da un setting all’altro è reso “ma­ gicamente” attraverso apparizioni, sparizioni e dissolvenze. Ad esempio, in La figlia del Diavolo (Les Filles du diable, 1903), proiettato a Roma nel 1904, Belzebù trasforma la stanza soleggiata in una grotta buia che, in seguito, riprende le caratteristiche iniziali; nel Sogno dell’orologiaio di Ginevra (Rève de l’Horloger, 1904), proiettato a Roma nel 1905, il negozio dell’orologiaio si tramuta in un giardino (cfr. A. COSTA, La morale delgiocattolo, cit., p. 174 e 177). Nel Monello di Chaplin, all’inizio della sequenza del sogno, il quartiere po­ vero dove vive il vagabondo si trasforma con effetto di sovrimpressione nel Paradiso (cfr. cap. IL 5)*

66

IV. La cinematografìa-attrazione e Circe. Parte seconda

scontrati nell’inseguimento sopra menzionato. La fantasia creativa alla base di queste immagini disorienta il lettore che, distratto dalla molteplicità dei detta­ gli, rimane confuso sul senso di quello che sta accadendo: l’attrazione visiva ha la meglio sullo sviluppo diegetico. In particolare sono tre i punti di Circe dove grandi spettacoli corali occupano sempre più la scena concentrando su di sé ogni attenzione. Le processioni e le parate sono diffusamente rappresentate nel cinema delle origini e, come nota Sicker, compaiono anche in alcuni film proiettati al Volta quali A Grand Procession ofElephants, Military Review ofthe English Troops in India e Berlin (1909). Facendo riferimento a un saggio di Gunning, il critico spiega che questi film spesso si concludevano con «large-scale formal displays to produce a nonnarrative form of closure, satisfying visual pleasure through [...] apotheosis endings», come in Berlin, oppure con «scenic tableaux [...], ar­ chitectural arrangments of large numbers of figures treated fleetingly (or not at all) in early scenes».183 Entrambe le modalità conclusive, sottolinea Sicker, so­ no riscontrabili nel segmento finale di Rocce erranti e, aggiungiamo noi, ven­ gono anche riprese parodicamente da Joyce in Circe. Durante il secondo lungo brano fantastico in cui Bloom viene eletto sindaco della città si assiste infatti a straordinari festeggiamenti pubblici e a una maestosa parata, sorta di anticipa­ zione al rallentatore dell’inseguimento che seguirà a fine episodio: {Applausiprolungati. Spuntano dalla terra alberi di nave veneziani, alberi della cuc­ cagna e archi di trionfo. Un festone con le iscrizioni Cead Mille Failte e Mah Ttob Melek Israel attraversa la strada da parte a parte. Tutte le finestre sono affollate di spettatori, soprattutto signore. Lungo il percorso reggimenti del Royal Dublin Fusi­ liers, degli Scozzesi del Re, dei Cameron Highlanders e dei Fucilieri Gallesi, tutti sul­ l’attenti, trattengono la folla. Ragazzi delle scuole superiori stanno appollaiati su lampioni, pali del telegrafo, davanzali, cornicioni, grondaie, comignoli, cancellate, garguglie, fischiando e applaudendo. Appare la colonna di nube. Si sente in lonta­ nanza una banda dipifferi e tamburi che suona il Koi Nidre. I battistrada si avvici­ nano issando aquile imperiali, gagliardetti al vento e palme orientali ondeggianti. Lo stendardo papale criselefantino si leva alto, circondato dai gonfaloni del municipio. La testa del corteo appare con John Howard Parnell, Maestro delle cerimonie, in un tabarro a scacchi, il Pretendente di Athlone, e il Maestro d’Armi dell’Ulster. Seguono il molto onorevole Joseph Hutchinson, sindaco di Dublino, il sindaco di Cork e le lo­ ro eccellenze i sindaci di Limerick, Galway, Sligo e Waterford, una rappresentanza di ventottopari d’Irlanda, i sirdar, grandi e maragià che recano il manto di cerimonia, il corpo dei pompieri metropolitani di Dublino, il capitolo dei santi dellafinanza nel loro ordine plutocratico di precedenza, il vescovo di Down e Connor, Sua Eminenza Micheal cardinale Logue arcivescovo di Armagh, primate d’Irlanda, Sua Grazia il reverendo Dr William Alexander, arcivescovo di Armagh, primate d’Irlanda, il rab­ 183 P. SICKER, Evenings at the Volta: Cinematic Afterimages in Joyce, cit., p. 120.

67

IV La cinematografìa-attrazione e Circe. Parte seconda

bino capo, il moderatore presbiteriano, i capi delle chiese battista, anabattista, meto­ dista e Morava e il segretario onorario della Società degli Amici. Dopo di loro mar­ ciano le corporazioni, i sindacati, le milizie, con bandiere al vento: bottai, uccellato­ ri, costruttori di mulini, agenti di pubblicità, giovani di studio legale, massaggiatori, vinai, fabbricanti di cinti erniari, spazzacamini, produttori digrassi alimentari, tessitori di popeline e stoffe di lana e seta, maniscalchi, magazzinieri italiani, deco­ ratori di chiese, fabbricanti di calzatori per stivali, impresari di pompefunebri, mer­ eiai, lapidari, venditori all'incanto, tagliatori di turaccioli, controllori delle assicu­ razioni, tintori e lavatori a secco, esportatori di birra imbottigliata, pellettieri, stam­ patori di etichette, incisori di sigilli e stemmi, garzoni di maneggio, mediatori di me­ talli preziosi, venditori di articoli per il cricket e il tiro dell'arco, fabbricanti di cri­ velli, rappresentanti di uova e patate, calzettai e guantai, appaltatori di impianti idraulici. Dopo di loro marciano igentiluomini della Camera, della Verga Nera, del­ la Giarrettiera, del Bastone d'oro, il Gran Scudiere, il Gran Ciambellano, il Gran Maresciallo, il Gran Connestabile con la spada di giustizia, la corona diferro di San­ to Stefano, il calice e la bibbia. Quattro trombettieri appiedati lanciano uno squillo. Rispondono i Territoriali del Re dando fiato ai corni di benvenuti. Sotto un arco di trionfo appare Bloom a capo scoperto, in un manto di velluto cremisi guarnito di er­ mellino, col bastone di S. Edoardo, il globo e lo scettro con la colomba, la spada curtana. E seduto su un cavallo bianco latte con una lunga coda color cremisi fluente, riccamente ingualdrappato, colfrontale dorato. Entusiasmo sfrenato. Le signore dai balconi lanciano giù petali di rosa. L'aria è impregnata di essenze odorose. Gli uo­ mini applaudono. Ipaggi di Bloom corrono tra gli spettatori con rami di biancospi­ no e di giunco.} (U. pp. 652-4).

Più avanti nel testo è descritto un incendio che distrugge Dublino, a cui fa se­ guito la fine del mondo e la solenne celebrazione di una messa nera: VOCI IN DISTANZA: Dublino brucia! Dublino brucia! Al fuoco, al fuoco! (Sprizzano fiamme solforose. Dense nuvole trascorrono. Tuonano pesanti cannoni Gatling. Pandemonio. Truppe si schierano. Galoppo di zoccoli. Artiglierie. Ordini rauchi. Campane rintoccano. Scommettitori urlano. Ubriachi berciano. Puttane strillano. Sirene fischiano. Clamori guerreschi. Grida di morenti. Picche sbattono contro corazze. Predoni derubano caduti. Uccelli da preda, venendo dal mare, al­ zandosi dalle paludi, piombando giù dai nidi, volteggiano con urla stridule, sule, smerghi, avvoltoi, astori, galli cedroni, smerigli, peregrini, tetraoni neri, aquile ma­ rine, gabbiani, albatri, oche bernacle. Il sole di mezzanotte si oscura. La terra trema. I morti di Dublino dai cimiteri di Prospect e di Mount Jerome in bianchi soprabiti di pelle di pecora e neriferraioli di pelli di becco si levano e appaiono a molti. Un abisso si apre con uno sbadiglio silenzioso. Tom Rochford, il vincitore, in maglietta e mutandine da atleta, arriva in testa allo handicap nazionale a ostacoli, e salta nel vuoto. E seguito da una filza di corridori e saltatori. In atteggiamenti frenetici bal­ zano dall'orlo dell'abisso. I loro corpi si tuffano. Ragazze dell'officina con bei vestitini, tirano barabombe incandescenti dello Yorkshire. Signore della buona società si al­ zano le gonne fin sopra alla testa per proteggersi. Streghe ridenti in corti gonnellini rossi cavalcano per l'aria su manichi di scopa. Quaccherlyster, pien di mister, fa dei

68

IV. La cinematografia-attrazione e Circe. Parte seconda

clistèr. Piovono denti di drago. Eroi armati spuntano dai solchi. Si scambiano in se­ gno di amicizia il segnale convenuto dei cavalieri della croce scarlatta e combattono duelli con sciabole da cavalleria: Wolfe Tone contro Henry Grattan, Smith O’Brien contro Daniel O’Connell, MichaelDavitt contro Isaac Butt, Justin M’Carthy contro Parnell, Arthur Griffith contro John Redmond, John O’Leary contro Lear O’Johnny, Lord Edward Fitzgerald contro Lord Gerald Fitzedward, gli O’Donoghue delle Val­ li contro la Valle degli O’Donoghue. Su un rialzo, centro della terra, si erge l’altare da campo di Santa Barbara. Nere candele si levano dal corno del vangelo e da quello dell’epistola. Dagli alti barbacani della torre due raggi luminosi cadono sulla pietra dell’altare coperta di una coltre di filmo. Sulla pietra dell’altare Mrs Mina Purefoy, dea della non-ragione, giace nuda, in ceppi, un calice in bilico sul ventre gonfio. Pa­ dre Malachi O’Flynn, con una lunga sottana e pianeta messa all’incontrario, i due piedi sinistri col calcagno retroverso, celebra la messa al campo. Il reverendo Mr Hu­ gh C. Haines Love M. A. con una tonaca semplice e berretto accademico, testa e col­ letto retroversi, tiene sopra il capo delTofficiante un ombrello aperto!) [...] LA VO­ CE DI TUTTI I DANNATI: Anger Etnetopinno Oid Erongis Li Ehciop, Aiulella! {Dall’alto si ode tuonare la voce di Adonai.) ADONAI: Oiiiiiiiiid! LA VOCE DI TUTTI I BEATI: Alleluia, poiché il Signore Dio Onnipotente regna! {Dal­ l’alto si ode tuonare la voce d’Adonai.) ADONAI: Diiiiiiiiio! (U. pp. 790-3).

L’epifania del gusto scenografico presente in Circe si rivela forse nel passaggio in cui è descritta la costruzione della nuova «Bloomusalem»: {Trentadue operai decorati di rosette, da tutte le contee d’Irlanda, sotto la guida di Derwan il costruttore, erigono la nuova Bloomusalemme. E un edifìcio colossale, col tetto di cristallo, della forma di un immenso rognone di maiale, contenente quaran­ tamila stanze. Man mano che si estende si demoliscono parecchi edifici e monumen­ ti. Si trasferiscono temporaneamente gli uffici governativi nei depositi delle ferrovie. Si radono al suolo numerose case. Gli abitanti sono alloggiati in botti e casse, tutte se­ gnate in rosso con le lettere: L. B. Diversi indigenti precipitano da una scala a pioli. Parte delle mura di Dublino, affollate da fedeli spettatori, crolla.) (U. pp. 658-9) L’edifìcio, emanazione del potere regale di Bloom, ha caratteristiche iperboli­ che, mentre la surreale e grottesca forma del rognone acquista un inaspettato valore positivo come simbolo «della potenziale armoniosa integrazione nella “nuova Bloomusalemme”».184 L’interesse visivo per la creazione meravigliosa, nello specifico architettoni­ ca, ha poi forse un referente nei film di Méliès dove, come sottolinea Costa, spesso l’effetto scenografico può risultare più importante degli stessi trucchi di trasformazione. Film come Le Royaume des Fées [...] oppure La Fée Carabosse so­ no da ricordare tra le realizzazioni favolistiche più interessanti di Méliès in quan184 J. McCourt, JamesJoyce. Gli anni di Bloom, cit., p. 412.

69

IV. La cinematografìa-attrazione e Circe. Parte seconda

to tra le più ricche di invenzioni scenografiche e scenotecniche: il velivolo a for­ ma di drago nel Royaume e i gufi e i draghi della Fée Carabosse si imprimono nel­ la memoria dello spettatore assai meglio dell’intreccio basato su una elementare contrapposizione tra diavoli e streghe, da una parte, e fate benefiche dall’altra.185

Tra i modelli cinematografici che possono aver ispirato Joyce sono inoltre da annoverare i grandi kolossal di produzione italiana degli anni dieci, spesso ca­ ratterizzati da scenografie mastodontiche e spettacolari. Mentre qui gli sfondi fastosi sono parte integrante dello sviluppo narrativo, in Circe è l’aspetto spet­ tacolare e attrattivo ad avere il sopravvento. La «Bloomosalemme» non sfigure­ rebbe affatto come controparte parodica del tempio di Moloch nel famosissi­ mo Cabiria (G. Lastrone, 1914), specie per quanto riguarda la sproporzione tra la piccolezza umana e la mole dell’edificio, mentre l’incendio di Dublino e la fi­ ne del mondo sono catastroficamente e scenicamente analoghi alla grande eru­ zione vulcanica del Vesuvio che ne Gli ultimi giorni di Pompei (E. Rodolfi e M. Camerini, 1913) provoca la fuga della popolazione e distrugge, incendiandola, la città campana.186

3. Keyhole e feticismo

Il mutoscopio e in particolare i «film a buco di serratura»,187188 chiaro riferimento per il voyeurismo e il feticismo presenti in Nausicaa™* sono ripresi e rielabora­ ti per accrescere il carattere spettacolare e attrattivo di Circe. I vari Peeping Tom consistevano in un guardone che, mentre spia di nascosto una donna o altre bizzarre scenette, solitamente attraverso il buco di una serratura (visualizzata appunto nella cosiddetta «mascherina a buco di serratura»), viene scoperto e punito. Questa tuttavia era la versione sofie comica di veri e propri film pornografici nei quali lo spione che assiste a rapporti sessuali di vario genere 185 A* Costa, La morale del giocattolo, cit., p. 129. 186 Gli ultimi giorni di Pompei fu proiettato a Trieste nel 1913 dall’Excelsior e poi riproposto l’anno se­ guente dal Teatro Cine, dall’Edison e dal Novo Cine. La prima di Cabiria in città avvenne il 26 giugno 1914 presso il Politeama Rossetti e le proiezioni replicate fino al 5 luglio (cfr. D. KOSANOVIQ, 1896-1918 Trieste al cinema, cit., p. 172, 184-5 e 190). 187 Cfr. E. DAGRADA, La rappresentazione dello sguardo nel cinema delle origini in Europa. Nascita della soggettiva, Bologna, Clueb, 1998, p. 71 nota 2. Cfr. anche ivi, p. 36 e 54-60. Tra i tanti film del genere si vedano ad esempio Peeping Tom (G. A. Smith, 1901), Peeping Tom in the Dressing Room (American Mutoscope and Biograph Company, 1905), Les Indiscrets (G. Méliès, 1896), Llndiscret aux bains de mer (G. Mé­ liès, 1897) e Par le trou de la serrure (F. Zecca, 1905). 188 Cfr. K. MULLIN, Making a Spectacle ofHerself: Gerty MacDowell through the Mutoscope, in \v>., James Joyce, Sexuality and Social Purity, Cambridge, Cambridge University Press, 2003, pp. 140-170 e M. CaMERANI, Lo sguardo che spia: i voyeurismi di Nausicaa, in I cinque sensi (per tacer del sesto), Atti della Scuola europea di studi comparati, Bertinoro 28 agosto-4 settembre 2005, a cura di E Ghelli, Firenze, Le Monnier, 2007, pp. 166-175.

70

IV. La cinematografia-attrazione e Circe. Parte seconda

non viene scoperto e punito ma, al contrario, spesso entra nella stanza prenden­ do parte alle performance in corso. Il genere divenne popolare e nei decenni suc­ cessivi furono girati numerosi film che riproponevano la stessa situazione base.

In Moral (Saturn, 1910), ad esempio, «di datazione incerta ma di certissima destinazione postribolare»,189 lo spione, dopo aver osservato attraverso la serra­ tura una donna masturbarsi, entra nella stanza e ha un rapporto sessuale con lei. Ancora, il nono film incluso nella raccolta Nuestros Picaros Abuelos, senza ti­ tolo e datato 1913, si apre con un uomo che, dopo aver baciato una donna, co­ mincia a spogliarla. L’inquadratura successiva è quella di una porta chiusa e di un’altra donna che, dopo essere entrata in scena, si mette a spiare attraverso la serratura. Seguono inquadrature della coppia intenta in un rapporto sessuale. Poco oltre compare un interritolo: «Disturbo?». L’uomo fa un cenno in dire­ zione della macchina da presa, la spiona entra in scena e si unisce alle pratiche dei due. Simile svolgimento ha inoltre La Voyeuse, film incluso in un’altra an­ tologia, Polissons & Galipettes, mentre in Keyhole Portraits. A Warmer Bruz Stinkaroo, conosciuto anche come The Janitor, è un portiere d’albergo ubriaco­ ne a spiare scene di sesso dal buco della serratura di varie stanze d’albergo.190 A inizio Novecento i film erotico-pornografìci circolavano in un mercato clandestino che riforniva, oltre i circoli privati, anche le normali programma­ zioni (come quelle alla Rotunda a Dublino) dove venivano proiettati alla fine dello spettacolo e, almeno fino alla seconda guerra mondiale, i bordelli delle grandi città europee che li utilizzavano per stimolare le «recalcitrant energies»191 dei clienti. Joyce, come tutti i giovani della sua generazione assiduo frequenta­ tore di postriboli sia a Parigi sia a Trieste, poteva dunque aver visto lì film simi­ li a quelli sopra descritti.192 In tutta Italia, inoltre, si organizzavano con regolarità «serate nere», pubbli­ cizzate appunto con questo nome sulla stampa locale. Anche a Trieste proiezio­ ni di film «per soli signori» venivano programmate dai cinematografi stabili e ambulanti in orari specifici sin dal 1903,193 come accade ad esempio al Cine­ 189 E. DAGRADA, La rappresentazione dello sguardo nel cinema delle origini in Europa, cit., p. 57. 190 Nel database FIAF La Voyeuse è datato con margine di incertezza agli anni 1924-1925, mentre Keyhole Portraits. A Warmer Bruz Stinkaroo, secondo il sito http://www.silentera.com/PSFL/data/K/KeyholePortraits 192X.html (ultimo accesso maggio 2008), è degli anni venti («192?»). 191 A. Di Lauro, G. Rabkin, Dirty Movies. An Illustrated History ofthe Stag Film, New York-London, Chelsea House Publishers, 1976, p. 46. Cfr. anche N. Burch, Il lucernario dell'infinito. Nascita del lin­ guaggio cinematografico, Milano, Il Castoro, 2001, p. 261 nota 21. 192 Cfr. J. McCourt, E. Schneider, Zois in Nighttown, in Le donne di Giacomo: il mondo femminile nella Trieste di James Joyce/The Female World in James Joyce's Trieste, a cura di R. Crivelli e J. McCourt, Trie­ ste, Hammerle, 1999, pp. 66-71; J. McCoURT,/7w^/