Come nasce la fede in YHWH? Quando è diventato il solo Dio d'Israele? Perché esige la guerra o il sacrificio umano?
157 71 20MB
Italian Pages 160 Year 2016
SEBASTIANO
Bibbia sbaglia? ISBN/EAN
111111111111111111111111111111
9 788830 814776
www. cittadellaeditrice.com
EURO
13,90
>
SEBASTIANO PINTO
IO SOLO IL TUO DIO Il monoteismo nel Pentateuco
CITIAD ELLA EDITRICE ASSISI
In copertina Domenico Fetti, Mosè davanti al roveto ardente, olio su tela, 1615, Museo d'arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto. Fonte: Google Art Project.
Progetto grafico copertina RAFFAELE MARCIANO
©CITTADELLA EDITRICE- ASSISI www.cittadellaeditrice.com 1• edizione gennaio 2016 ISBN 978-88-308-1477-6
Fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del15% di ciascun volume dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall'art. 68, comma 4, della legge 22 aprile 1941 n. 633, owero dall'accordo stipulato tra SIAE, AIE, SNS e CNA, CONFARTIGIANATO, CASA, CLAAI, CONFCOMMERCIO, CONFESERCENTI il 18 dicembre 2000. Le riproduzioni per uso differente da quello personale potranno avvenire solo a seguito di specifica autorizzazione rilasciata dall'editore.
PREMESSA
È ancora appropriato parlare di monoteismo nella Bibbia? Dopo l' 11 settembre 200 l si è diffuso nell'opinione pubblica un accostamento automatico tra la fede in un unico Dio e l'intolleranza verso chi non condivide tale credo, con la conseguente messa sotto accusa di ogni forma di monoteismo frettolosamente giudicato come potenzialmente aggressivo 1• Non sarebbe meglio abbandonare la categoria monoteistica e valorizzare le religioni politeiste che predicano l'integrazione, favorendo una visione 'pacifista' della realtà? A queste perplessità socio-religiose se ne aggiungono altre di carattere scientifico. Molti studiosi ritengono errato parlare di visione monoteistica nella Bibbia e, in particolare, nell'Antico Testamento, addebitando a una certa teologia aprioristica una numerosa serie di fraintendimenti nella comprensione della Scrittura, causati dall'uso spropositato di questa categoria2• Il monoteismo è messo in discussione anche in quei testi in cui
1 Violenza e monoteismo: un legame necessario? È questo uno dei nodi fondamentali che affronta il pronunciamento della Commissione Teologica Internazionale che porta il titolo: Dio Trinità, unità degli uomini. La fede cristiana contro la violenza (2014). Il documento intende smontare questo equivoco di fondo e mostrare che la fede cristiana riconosce,' nell'eccitazione alla violenza in nome di Dio, la massima corruzione della religione. 2 Cf. R.W.L. MOBERLY, «How Appropriate is 'Monotheism' as a Category for Biblica! lnterpretation?», in R. W. L. MOBERLY- L. T. STUCKENBRUCK (eds. ), Early Jewish and Christian Monotheism, T & T Clark Intemational, Edimburg 2004, 216-234. L'autore introduce il suo articolo muovendo da una premessa: «Cosa possiamo dire sul 'monoteismo' e su concetti ad esso legati quali 'politeismo' e 'monolatria'? Sono categorie strutturali? Nonostante il loro successo, la loro ampia diffusione, il loro diffuso utilizzo tra gli studiosi biblici, sono state
6
Premessa
sembra attestarsi senza alcun ombra di dubbio, come nel caso del Secondo Isaia: con l'espressione «Solo in te è Dio; non ce n'è altri; non esistono altri dei» (45,14), il profeta non avrebbe voluto intendere l'unicità di Dio con l'abolizione delle altre divinità, ma l'unicità del culto rivolto al solo e vero Dio 3 • Il presente volume affronta la questione del monoteismo nel Pentateuco prendendo sul serio questi due aspetti problematici. Come nasce la fede in YHWH? Che rapporto c'è tra consapevolezza dell'elezione e unicità di Dio? Perché a un certo punto della storia si è preferito YHWH a discapito delle altre divinità? E ancora: Come può un Dio buono esigere dai suoi devoti la guerra o l'immolazione dei propri figli? A queste e ad altre domande si cerca di rispondere utilizzando il monoteismo come categoria euristica per indagare alcuni significativi testi biblici. Lo studio si articola in tre sezioni. Muovendo da alcune questioni introduttive in cui sono esplicitati i concetti fondamentali di politeismo, enoteismo e monoteismo, si passano in rassegna alcune modalità con cui si è giunti a quello che chiamiamo il 'salto' monoteistico. La storia della ricerca biblica su questo tema- con le posizioni degli studiosi pro o contro -, offre il panorama generale in cui collocare la successiva riflessione, mostrando le diverse sfumature di questo tratto a cui è stata associata indelebilmente l'esperienza del popolo ebraico. Dopo aver precisato la modalità con cui utilizzeremo il termine 'monoteismo', procederemo nel secondo capitolo -quello centrale e per questo più corposo- all'analisi della nascita, della teologia e dellafenomenologia del monoteismo
sollevate- sia dagli storici che dai teologi- serie questioni sulla loro pertinenza e la loro utilità» (p. 218). 3 Questa è l'interpretazione di C. Seitz, secondo cui la citazione isaiana è legata al culto ed è in connessione con i Dieci Comandamenti che proibiscono l'adorazione di altre divinità: «Attualmente questa richiesta è supportata dall'affermazione che gli altri dei sono, di fatti, soltanto un'illusione; questo non è il vertice della comprensione monoteistica sulla differenziazione dal più concreto enoteismo; al limite, è un aspetto particolare di un forte enoteismm>: C. SEITZ, Word Without End: The Old Testament is Abiding Theological Witness, Eerdmans, Gran Rapids (MI) 1998,255.
Premessa
7
così come viene presentato nel Pentateuco, perché è in questi testi (insieme a quelli della tradizione storica a cui sono indissolubilmente legati) che si individuano i brani più significativi. La cosiddetta 'distinzione mosaica', infatti, cioè il rapporto unico che lega Israele al suo Dio, è il punto di arrivo di un cammino non sempre lineare e neanche coerente. L'incontro/ scontro con altre divinità ha portato all'elaborazione di una teologia della storia e nella storia, in cui la presenza di YHWH è venuta gradualmente modificandosi e affinandosi. Che il Dio d'Israele sia un Dio morale e che sia il solo esistente, è una professione di fede che procede di pari passo con la presa di coscienza d'Israele come popolo eletto dal suo Dio. La nostra riflessione prende in considerazione alcuni testi biblici fondamentali: l'aniconismo, il rapporto con Ba'al, 'Aserah, Moloch, lo strettissimo legame tra assetto politico e pensiero teologico, la presa di distanza da pratiche cruente precedentemente condivise, sono aspetti che vengono approfonditi proprio a partire dai brani del Pentateuco. Lo stile dell'indagine è volutamente fenomenologico, nel senso che si interroga la storia biblica ed extra-biblica senza fughe in avanti (a difesa di un monoteismo teorico e astratto) e senza dietrofront (contro l'esistenza di qualsiasi forma di fede monoteistica). La nostra prospettiva si colloca, infatti, tra diacronia e teologia: si prende atto che il monoteismo non è così scontato come normalmente si è portati a pensare, ma si individuano anche i complessi processi teologici che lo determinano (assimilazione, opposizione, riduzione). Nel terzo capitolo si richiama il ruolo giocato dal profetismo nella maturazione della fede monoteistica, esplicitando il parallelo tra matrimonio monogamico e fede nell'unico Dio/ marito. Nel volume sono disseminati sette box tematici per alcuni rimandi necessari nello sviluppo della riflessione (l'Uno preferibile al molteplice, storicità della riforma di Giosia, un Dio violento, il rapporto tra Es 32 e Nm 25, il monoteismo del Deutero Isaia, Ba'alismo e prostituzione in Osea, monoteismo e Trinità). In ultima analisi, la nostra riflessione muove dalla considerazione che il monoteismo possa essere una reale e incoa-
8
Premessa
tiva prospettiva biblica da verificare nei testi, senza scadere in scetticismi o in facili e gratuiti entusiasmi. Prima di addentrarci nello studio vorrei formulare il mio più sincero ringraziamento ai coniugi Giorgio e Simonetta Zanetti, grazie ai quali questo volume prende corpo e si offre al pubblico. La loro generosità va di pari passo con la fede gioiosa che esprimono ogni giorno come famiglia cristiana. Inoltre, un grazie sincero va all'impresa Nicola Veronico s.r.l. di Bari e, in particolare, al suo titolare per l'amicizia e il pronto sostegno offerto a questo progetto editoriale.
Capitolo primo QUESTIONIINTRODUTTIVE
Monoteismo, politeismo, enoteismo e monolatria: una prima definizione L' explicatio terminorum è una delle regole classiche per la corretta trattazione di un argomento, perché la definizione 'minima' dei termini fondamentali che utilizzeremo nella nostra trattazione e la loro spiegazione, consente di mettere i primi passi - in genere quelli più importanti perché basilari per giusta la comprensione delle principali questioni relative al monoteismo biblico veterotestamentario. Per monoteismo s'intende la credenza in un unico Dio e la conseguente dichiarazione esplicita dell'inesistenza di altre forme di divinità, neologismo del XVII secolo coniato dai deisti per designare la religione universale dell'umanità 1• Monoteismo si oppone, infatti, a politeismo (fede in una pluralità di divinità) di cui si ha la prima attestazione terminologica non nella Scrittura ma, in un contesto polemico, in Filone
1 N. LASH, The Beginning and the End of 'Religion ', Cambridge University Press, Cambridge 1996; fu Henry More a coniare il termine 'monoteismo' nel 1660 a Cambridge. «Caratteristica del deismo in senso stretto è la contrapposizione alle religioni positive di una religione 'naturale', fondata cioè sul quel conato verso l'infinito che attraversa tutta la natura, come semplice oscura tendenza alla conservazione dell'essere, e che nell'uomo diventa luminosa consapevole aspirazione alla divinità»: Deismo, in Enciclopedia Treccani, Rizzo li, Milano 1931, 505. Tale corrente di pensiero riconosce l'esistenza di un Dio come prima causa, creatore e ordinatore del mondo; storicamente il deismo assume, lungo il 17° sec. e soprattutto nel 18°, un significato polemico contro le religioni storiche, le chiese, contro l'idea di rivelazione o di mistero, in nome della ragione e della libertà di coscienza.
lO
Io solo il tuo Dio
d'Alessandria (20 a.C.-40 d.C. circa) che oppone il messaggio biblico alla gloria politeista dei GrecF. Sul rapporto che esiste tra pratica religiosa monoteistica e credenza politeistica (più o meno esplicita) ritorneremo in seguito; qui pare sufficiente prendere atto che concettualmente i termini monoteismo e politeismo si escludono in quanto rimandano a due concezioni della realtà opposte: chi crede in un unico Dio che regge le sorti del mondo e di tutti gli uomini non può credere- esplicitamente e contemporaneamente - in più divinità deputate ai diversi aspetti della realtà; differente è, infatti, il rapporto che lega la sfera umana a quella divina, con le caratteristiche che enunceremo più avanti (maggiore separazione tra sfera politica e religiosa, diversa concezione del tempo, diversa pratica religiosa, ecc.). Per iniziare è sufficiente dire che esistono diverse gradazioni di credenza tra il monoteismo e il politeismo che chiamiamo enoteismo, ossia la credenza in un Dio senza l'esclusione delle altre divinità (spesso riunite in gruppo e/o appartenenti ad altri popoli) che, però, sono considerate in una posizione subaltema rispetto alla divinità principale3 . Dal punto di vista del culto da tributare alla divinità si parla di monolatria quando la pratica religiosa si concentra su un Dio, quello principale, senza tuttavia negare l'esistenza di altri dei; la specificità del culto monolatrico rispetto a quello idolatrico (o, per essere più precisi termino logicamente, a quello polilatrico) è la rivendicazione della sua pretesa legittimità, con la conseguente squalificazione di tutte le altre liturgie ritenute illegittime o, quantomeno, inferiori (in questo senso possiamo sin d'ora asserire che le formulazioni del 2 Cf. G. AHN, «'Monotheismus'- 'Polytheismus', Grenzen un Moglichkeiten einer Klassifikation von Gottesvorstellungen», in M. DIETRICH- O. LORETZ (ed.), Mesopotamica- Ugaritica -Biblica (AOAT 232), Butzon & Bercker, Kevelaer 1993, 5-6. 3 Senza complicare eccessivamente le idee, è doveroso segnalare che alcuni studiosi chiamano l'enoteismo 'monoteismo di prospettiva', legandolo principalmente alla dimensione etica della religione che tende verso l'Uno avvertito come creatore.
Questioni introduttive
11
Decalogo più che essere monoteistiche sono monolatriche ). L'idolatria nella Bibbia è, infatti, associata al politeismo, è sempre connotata negativamente ed è ritenuta eticamente degradante, ma anche su questo argomento torneremo nelle prossime pagme. o
o
L'Uno preferibile al molteplice Il filosofo greco Parmenide (VI-V a.C.) nel Poema sulla natura, sosteneva che la molteplicità e i mutamenti del mondo fisico sono illusori, affermando, contrariamente alla percezione del senso comune, la realtà eterna dell'Essere: immutabile e immobile (non può divenire), ingenerato, immortale ed eterno (altrimenti si dovrebbe postulare un momento in cui c'era il 'non essere'), unico e omogeneo (perché richiederebbe la presenza del non-essere come elemento separatore). Egli non specifica ulteriormente la natura di tale Essere (lo paragona soltanto a una sfera perfetta sempre uguale a se stessa), asserendo soltanto che 'è e che è necessario che sia'. Da Parmenide una certa filosofia di matrice platonica ha postulato la perfezione dell'Essere Uno, rispetto alle determinazioni sensibili percepite dall'uomo. Ciò ha anche influenzato la riflessione religiosa cristiana grazie alla mediazione del pensiero neoplatonico di Plotino e Porfirio (III secolo d.C.); la loro dottrina ha segnato, dopo essere stata purificata da alcuni elementi esplicitamente non ortodossi, molte rappresentazioni sul divino. Nelle Enneadi (IV,5,6) si paragona l'Uno al sole, l'Intelletto alla luce e infine l'Anima alla luna, la cui luce è solo un 'derivato conglomerato della luce del sole'. Come Plotino spiega in altri punti (V,6,3), è impossibile che l 'Uno sia un Dio personale e creazioni sta come quello cristiano. Dell'Uno nulla si può dire, a meno di non cadere in contraddizione. L'Uno può essere pensato solo per via negativa, asserendo ciò che esso non è. Dali 'Uno si irradiano (non si creano) le ipostasi e, quindi, tutte le
Io solo il tuo Dio
12
concretizzazioni sensibili. Non è dotato di intenzionalità ed è, alla fine, una sorta di necessità: le emanazioni imperfette necessitano di un principio perfetto dal quale provengono (la necessità del donare fa parte della natura dell'Uno, ma non perché ne abbia bisogno). L'Uno genera in maniera assolutamente disinteressata e involontaria gli stadi a sé inferiori. Tali emanazioni si moltiplicheranno in maniera smisurata nelle riflessioni successive dei neo-platonici. Il monismo filosofico postula, dunque, una visione della realtà segnata dalla riduzione delle pluriformi manifestazioni fenomeniche, le quali sarebbero espressioni marginali (e quindi apparenti e imperfette) dell'unico Essere. Tale monismo che fonda tutta la realtà sull'Essere supremo - sia dal punto di vista antologico che assiologico (valoriale) -,ha assunto differenti modalità storiche (dal panteismo lai cista a quello espressamente religioso).
Tra diacronia e teologia
Nella trattazione dei temi che andiamo enunciando, va tenuta presente la costante evoluzione della fede e della pratica religiosa dell'Israele dell'Antico Testamento e, nello specifico, del mutamento della percezione del divino nella storia; ci pare importante questa premessa perché «una 'storia della religione di Israele'», afferma R. Albertz, «non può essere descritta come una mera storia delle idee o dello spirito; ma deve essere presentata come un processo che abbraccia tutti gli aspetti dello sviluppo storico. Questa storia deve investigare e descrivere la correlazione tra lo sviluppo politico e sociale, da un lato, e lo sviluppo religioso e cultuale, dall'altro»4 •
4 R. ALBERTZ, A History ofisraelite Religion in the Old Testament Period. Vol. I, Il.
Questioni introduttive
13
Evitare una storia delle idee ('idealismo evoluzionistico' della Bibbia) significa anche sottrarsi a una visione evoluzionistica del monoteismo che dal monoteismo mosaico, passando per l'infedeltà del periodo premonarchico e monarchico, approda al monoteismo pieno tra esilio e post-esilio: l'analisi storica richiede maggiore rigore diacronico senza tuttavia negare l'esistenza di percorsi orientati al compimento teologico del monoteismo; l'obiettivo di questa nostra riflessione consiste proprio nel centrare il problema in tutta la sua complessità, ma anche nel provare a dare delle basi per fondare il monoteismo nel Pentateuco analizzando la sua nascita, la sua fenomenologia e la sua teologia. Non sarà la nostra un'analisi sistematica nel senso tecnico che tale aggettivo assume in ambito teologico (cioè di teologia dogmatica: trinitaria e cristologia) ma un'indagine sistemata, ordinata cioè attenta sia al confronto con la storia delle religioni dell'Antico Vicino Oriente sia con la visione biblica più complessiva, che dai culti limitrofi attinge immagini e contenuti senza per questo dissolversi in essi. Entrando maggiormente nei contenuti più specifici, intendiamo il monoteismo biblico come «la distinzione mosaica» 5 che lega YHWH al popolo e che lo distingue dal resto dei popoli della terra. Non indagheremo un monoteismo astratto o di natura squisitamente filosofica, ma la fede in YHWH come 'differenza specifica' d'Israele, come linea di demarcazione tra ciò che è ritenuto vero e ciò che è stigmatizzato come falso, tra culto legittimo e pratiche idolatriche, tra fede autentica e paganesimo.
Passaggio dal politeismo al monoteismo: le tre vie
Una questione fondamentale ai fini della nostra riflessione è rappresentata dal rapporto che lega il politeismo al mono5 È questo un concetto che J. Assmann ha espresso più volte nei suoi scritti. Nello specifico cf. Dio e gli dei. Egitto, Israele e la nascita del monoteismo, Il Mulino, Bologna 2009, 7.
14
lo solo il tuo Dio
teismo e, precisamente, quando finisce l'uno e inizia l'altro. Il passaggio dal politeismo al monoteismo solleva anche il tema della coesistenza di forme politeistiche (più o meno tematizzate) all'interno di un ufficiale monoteismo. Procediamo con ordine muovendo dall'individuazione di tre modalità mediante le quali dal politeismo si transita al monoteismo. La prima strada è quella della 'traduzione' e consiste nel trasporre gli dei di una cultura-religione in un'altra, fenomeno tipico della Mesopotamia che si diffonde in tutto il mondo antico; tale trasferimento si fonda sull'individuazione di elementi comuni tra due divinità, le quali 'nascono' diverse in partenza (cioè n eli 'universo religioso originario) per poi venire accomunate da prerogative simili (per esempio Zeus per i greci diventa Giove per i romani, Hermes diventa Mercurio, Artemide diventa Diana, Atena diventa Minerva, ecc.). La seconda via perseguibile è quella della 'gerarchizzazione': un dio che occupa una posizione preminente rispetto agli altri all'interno di uh variegato pantheon, finisce per assorbire le prerogative di tutti gli dei svuotandoli di consistenza propria. È una sorta di 'summodeismo' ed è legato al potere del dio più forte che sintetizza tutti gli altri. Entrambe queste vie sono possibili perché il politeismo, al di là di quanto comunemente si può ritenere, non è così primitivo, caotico e immaturo come potrebbe sembrare, ma rivela al proprio interno un pensiero e una vera e propria teologia accomunando le divinità e affratellandole. Infine, la terza strada che conduce dal politeismo al monoteismo è quella del 'salto': la fede in un unico e solo dio, con esclusione della presenza degli altri, è proclamata esplicitamente in aperta rottura con le precedenti credenze, e non è frutto di una lenta opera di travaso dal molteplice all'uno, dagli dei all'unico dio. a) La traduzione degli dei
Per quanto riguarda la prima, quella della traduzione, notiamo che nell'antico Egitto, per esempio, il pantheon è una conquista culturale, un vero «universo semantico
15
Questioni introduttive
comune» 6 , ed è proprio questa semantica comune a rendere possibile la traduzione interculturale delle caratteristiche delle diverse divinità che hanno un nome preciso e un ruolo definito nell'universo. La necessità della conservazione cosmica- cioè il mantenimento della visione della società e dei rapporti che assicurano il perpetuarsi ciclico degli eventi - rende una divinità paragonabile a un'altra che ha caratteristiche simili, facendo in modo che i nomi siano concretamente tradotti e resi intellegibili all'interno di un nuovo sistema di senso. Tale processo esplicita il grado di elaborazione formale del politeismo rispetto alla credenza tribale che è, invece, più primitiva in quanto legata a un piccolo gruppo e ai suoi antenati, meno attrezzata per lo scambio perché maggiormente etnocentrica (la venerazione degli avi circoscrive la religiosità all'interno del clan). La presenza di glossari che elencano i corrispettivi nomi accadici dei termini sumerici, testimonia la consuetudine di tradurre e spiegare, in due o tre lingue, le divinità che venivano correlate nelle funzioni. Sumero
Hurrita
Assiro-babilonese
ISH.KUR ('Signore della montagna')
ADAD/TESHUB
RAMMAN
L'origine di tale prassi va ricercata nel campo del commercio e della politica: i trattati tra i popoli erano normalmente suggellati con l'elenco delle divinità per te quali si giurava e sotto le quali si poneva l'esecuzione corretta di quanto previsto negli accordi; si rendeva, perciò, necessario che gli dei fossero equiparati per funzione e ceto, generando di fatto una teologia interculturale a partire da quello che oggi chiameremmo 'diritto internazionale' in embrione. 6 J. ASSMANN,
Dio e gli dei, 78.
16
lo solo il tuo Dio
Una di questa liste è quella di Anu sa ameli ed è composta da tre colonne: le prime due sono costituite dai nomi sumerici e accadici del dio, mentre la terza ne elenca la funzione 7 • Soprattutto nel periodo del tardo Bronzo ( 1700-1200 a. C.), si assiste a un ampliamento delle lingue che compaiono in tali liste (l'amori ti co, l'urrìtico, l' elamitico, il cassita), evidenziando la necessità di un comune denominatore tra culture assai differenti tra di loro. Il crescente nesso tra le divinità generò una sorta di grande comune piattaforma religiosa, in cui i nomi delle divinità divennero secondari rispetto alla loro funzione, dando origine all'idea di una grande religione comune: «L'idea che le diverse nazioni venerassero sostanzialmente le stesse divinità, ma con nomi e in forme differenti, portò a credere in 'Essere Supremo' (il termine greco è Hyspistos, 'Altissimo'), che comprendeva, nella sua essenza, non solo gli innumerevoli dei noti e ignoti, ma soprattutto tre o quattro divinità che, nei contesti di diverse religioni, occupano un ruolo di spicco (in genere Zeus, Serapide, Elio e Iao = YHWH); queste divinità superiori sono designate, oltre che con appellativi come Hyspistos, con il diffuso epiteto Heis Theos, 'Unico Dio'» 8 • Questa consuetudine rivela una sorta di universalità della religione ma, soprattutto, palesa una sorta di convenzionalità nella nomenclatura e una relatività delle istituzioni deputate alla definizione della vera e/o falsa religione. Invocare la divinità 'altissima' con nomi diversi si risolve, in ultima istanza, in un occultamento delle differenze tra gli dei, dei quali rimangono blande competenze assegnate ora all'uno ora all'altro in base ai vari contesti culturali di origine. Tracce evidenti di questa operazione di traduzione si ritrovano nell'Antico Testamento così come avremo modo di spiegare più avanti; qui ci limitiamo a segnalare il volume di M.S. Smith dal titolo God in Translation che fa della tradu-
7 Cf. R.L. LITKE, A Reconstruction ofthe Assyro-Babylonian God-Lists An: Da-Nu-Um & An: Anu Sa Amel, Yale Babylonian Collection, New Haven 1998. 8 J. ASSMANN, Dio e gli dei, 79-80.
Questioni introduttive
17
zione e/o dell'opposizione a tale processo teologico, la chiave di lettura della religiosità dell'Antico Israele9 •
b) La gerarchizzazione degli dei
La strada più percorsa nel passaggio 'dagli dei a dio' è quella della gerarchizzazione ed è legata alla fondamentale questione del potere di una divinità nel pantheon rispetto alle altre. Il dio prevalente sottomette le altre divinità sia antologicamente (si pensi agli angeli e ai demoni che sono potenze inferiori) sia funzionalmente (gli altri dei sono parti del corpo della divinità dominante che ne manifestano l' operatività nella storia). Le regole della gerarchia tra gli dei sono desunte da quelle della gerarchia tra gli uomini in una società e ciò «permette di stabilire una correlazione tra la struttura sociale ed economica e i membri del pantheon, tra le diverse personalità degli dei e le caratteristiche culturali (in senso lato) della società di cui sono espressione»; per cui la «proliferazione delle figure divine, le varie caratterizzazioni che le individuano, la varietà di funzioni loro attribuite e attribuibili potenzialmente possono dar conto, a livello religioso, degli interessi fondamentali della comunità umana» 10 • Accade, perciò, che in Grecia la supremazia di Zeus abbia un carattere un po' più democratico, necessitando di una certa forza per essere mantenuta (Zeus è un primus inter pares), rispetto a quella della Mesopotamia in cui, l'esistenza delle città-stato incentrate sul potere del re che era considerato alla stregua di un semidio, permetteva l'espressione di una religiosità più autoreferenziale e più centralizzata. Tuttavia, anche qui si assiste a una crescente tendenza all'unificazione: Marduk, nell'epopea E nurna Elish, è il re degli dei che, alla
9 God in Translation: Deities in Cross-Cultura! Discourse in the Biblica! World, Mohr Siebeck, Tiibingen 2008. 10 P. XELLA, Gli antenati di Dio. Divinità e miti della tradizione di Canaan, Essedue Edizioni, Verona 1982, 40.
lo solo il tuo Dio
18
fine dell'opera, viene chiamato con cinquanta nomi. Gli dei, in un certo modo, sono stati ridotti ai nomi di Marduk o a ruoli che gli appartengono, così come accade in un altro testo in cui un gruppo di divinità esprime le diverse facce dell'unico dio supremo: Nigurta è Marduk del nemico, Nergal è Marduk dell'attacco, Zababa è Marduk ·della lotta corpo a corpo, Enlil è Marduk del potere e del consiglio, Nabium è Marduk che effettua i calcoli, Sin è Marduk che illumina la notte, Shamash è Marduk della giustizia, Adad è Marduk della pioggia 11 • L'organizzazione politica dell'Antico Egitto è fortemente centralizzata e si riflette in quella del mondo degli dei: accanto ad implicite costellazione di divinità che, nei secoli, saranno a vario titolo subordinate al dio sole, Ra', si attesta una teologia esplicita che consegna al dio creatore la sovranità assoluta. Il contatto con il cosmo, infatti, disegna il volto di un dio dal quale tutto proviene e dal quale tutto è governato, una specie di principio unico, di regola di condotta morale che nei testi sapienziali egizi resta generico nel nome: «Gli esseri umani sono ben curati, il bestiame del dio, egli ha creato il cielo e la terra per loro, ha respinto l'impero delle acque e creato l'aria in modo che le loro narici potessero vivere. Essi sono le sue immagini, sono nati dal suo corpo. Per loro egli ascende al cielo, per loro ha creato le piante e gli animali,
11 Tavolette IV e VII de !l'Enurna Elish, in J. BoTTERO, Les noms de Marduk, l'écriture et la 'logique' en Mesopotamie ancienne, in J. ELLIS (ed.), Essays on the Ancient Near East in Memory ofJavob Joel Finkelstein, Hamden, Con-
necticut 1977, 5-28.
Questioni introduttive
19
gli uccelli e i pesci, in modo che potessero nutrirsi. Se ha ucciso i suoi nemici e si è opposto ai suoi figli, è stato solo perché hanno cercato di ribellarsi. Per loro ha creato la luce, per vederli viaggia nel cielo. Quando piangono lui li sente. Ha creato per loro la magia come arma. Il dio conosce ogni uomo» 12 • Questo 'dio' si prende cura degli uomini e assicura la giustizia nella società; non si dissolve in una mera idealità in quanto è il vero e proprio dio sole e creatore al quale tutto è subordinato (anche gli altri dei). Tale religiosità enoteistica coesiste con il politeismo gerarchizzato in quanto ammette l'esistenza di altri dei e del culto a loro tributato, pur spingendo nella direzione di un 'unificazione morale superiore. Secondo l'egittologo J. Assmann, nel periodo successivo alla rivoluzione 'monoteistica' posta in essere daAkenaton (13561339 a.C.), gli dei vengono riabilitati nei culti e nella loro funzione semantica (universo di significati per la società) 13 ; «la prospettiva enoteistica, tuttavia, continua a prevalere, e gli dei, soprattutto negli inni di Ammone, tendono a essere degradati a 'nomi', 'manifestazioni', 'simboli' o 'rappresentazioni' dell'Unico; queste tendenze raggiungono il culmine quando gli dei del pantheon finiscono per essere visti come semplici aspetti di un unico dio supremm> 14 • 12 E. BRESCIANI, Letteratura e poesia dell'Antico Egitto, Einaudi, Torino 1990, l 00. 13 In estrema sintesi, la rivoluzione di Akenaton comportava: l) la totale eliminazione dei numerosi dei, non più necessari per la conservazione dell'universo, in quanto soltanto il dio sole lo mantiene; 2) la scomparsa del ciclo cosmico-vitale del dio sole: egli non muore più ogni ogni giorno per rinascere all'alba successiva, ma si mantiene maggiormente distante da questa visione del tempo (detemporalizzazione del rapporto dio-mondo); 3) un concetto panteistico della creazione: il variegato mondo visibile è manifestazione dell'unico dio (concetto di ba: manifestazione visibile dell'invisibile potenza). 14 J. AssMANN, Dio e gli dei, 91. Si legge in un inno: «Tutti gli dei sono tre: Ammone, Ra e Ptah, che nessuno eguaglia; colui che nasconde il suo nome è
20
Io solo il tuo Dio
c) Il salto dal politeismo al monoteismo
La via del 'salto' dal politeismo al monoteismo è quella che è stata ritenuta da molti studiosi come la forma teologica più vicina alla Bibbia. L'Antico Testamento, in effetti, non afferma che 'tutti gli dei sono uno' (summodeismo) ma che c'è un unico Dio e non bisogna averne altri (Dt 4,35.39; Is 43,10-12; 44,6.8; 45,5-6.21; Sir 24,24; Sap 13-45); inaugurando un nuovo corso nella storia delle religioni perché non solo dichiara l'assoluta incompatibilità del Dio d'Israele con le altre divinità, ma arriva a postulare la loro inesistenza. Questo nostro lavoro ha l'obiettivo di indagare- collegandole alle tre forme di transizione (traduzione, gerarchizzazione e salto) attestate soprattutto nel Pentateuco -, la portata delle affermazioni comunemente ritenute monoteistiche, calandole nel loro contesto biblico e storico. Prima di entrare nel merito della riflessione, volgiamo uno sguardo sulla storia degli studi sul monoteismo biblico: questo breve status quaestionis aiuterà a cogliere i nodi irrisolti della ricerca e a meglio collocare il contributo che offriamo in queste pagine.
La ri'cerca sul monoteismo: questioni principali Negli ultimi cent'anni si è assistito a una fioritura di studi sul monoteismo biblico, grazie anche alle sempre nuove scoperte archeologiche che hanno gettato nuova luce sulle tradizioni religiose dell'antico vicino Oriente, rivelando nuovi aspetti della tradizione biblica che in passato era stata presentata- con troppa ingenuità e approssimazione- uniforme e concorde in riferimento a questa tematica. Pur con le dovute distinzioni e specificazioni, possiamo individuare le due marco aree degli studi sul monoteismo biblico: da un lato ci sono coloro che sostengono l'esistenza
Ammone, egli appare nel volto come Ra', il suo corpo è Ptah»: J. AsSMANN, ,-fgyptische Hymnen und Gebete, Artemis, Zi.ìrich 1975, n. 139.
Questioni introduttive
21
del monoteismo che risale all'epoca e all'esperienza di Mosè, dall'altro ci sono studiosi che negano il monoteismo mosaico spiegando i testi biblici sullo sfondo storico dell'antico vicino Oriente 15 • a) In principio era il monoteismo
La prima tappa, dagli inizi del secolo agli anni Settanta, ha sostanzialmente postulato un inarrestabile cammino verso il monoteismo che ha condotto Israele a professare - iniziando con Mosè - quella fede in un unico Dio che nel Deutero Isaia si paleserà nelle sue istanze universalistiche. Il capofila di questo orientamento è W.F. Albrigth 16 , un profondo conoscitore del vicino antico Oriente le cui posizioni hanno avuto una significativa rilevanza sui suoi discepoli e sull'intero panorama degli studi sul monoteismo 17 • Egli tributa una sostanziale attendibilità alla narrazione biblica in cui si denuncia il sincretismo e l'allontanamento dall'au-
15 Cf. G.L. PRATo, «L'attuale ricerca sul monoteismo ebraico biblico», in G. Cereti (a cura di), Monoteismo cristiano e monoteismi, Associazione Teologica Italiana, San Paolo, Roma 2001, 45-55; l'autore, nel presentare il panorama degli studi, segue la scansione cronologica delle opere individuando le principali stagioni ermeneutiche sul tema; cf. il capitolo Monotheism Paradigms: A History ofthe Discussion in J. Anderson, Monotheism and Yahweh sAppropriation ofBaal, Bloomsbury T&T Clark, London 2015, 7-22; l'autore non traccia delle periodizzazioni nette ma preferisce distinguere due modelli interpretativi: the early-monotheistic mode! e the native pantheon mode!. 16 W.F. ALBRIGHT, From the Stone Age to Christianity: Monotheism and Historical Process, The Johns Hopkins Press, 1946; Io., Archaeology and the Religion of lsrael, The John Hopkins University Press, Baltimore 1946; Io., Yahweh and the Gods o.f Canaan: A Historical Analysis o.f Two Contrasting Faiths, Doubleday, New York 1968. 17 I discepoli di Albright, della prima e della seconda generazione, continuarono nel solco del maestro. Questi alcuni tra i nomi più rappresentativi: F.M. CRoss, Canaanite Myth and Hebrew Epic: Essays in the History o.f the Religion o.flsrael, Harvard UniversityPress, Cambridge (MA) 1973; J. BruoHT, A History o.fIsrael, Westminster John Knox, Louisville 1980 (quarta edizione); E. T. MULLEN, The Divine Council in Canaanite and Early Hebrew Literature, Scholars Press, Chico (CA) 1980; P.D. MILLER, The Religion o.fAncient lsrael, SPCK, London 2000.
22
lo solo il tuo Dio
tentica fede mosaica in YHWH, attendibilità confermata dalle scoperte archeologiche che testimoniano questo quadro generale di diffusa idolatria. È interessante notare quanto si agitava in quel periodo nel quadro generale degli studi sulla Bibbia, perché W.F. Albright sembra reagire alle posizioni critiche di J. Wellhausen (Die Composition des Hexateuchs und der historischen Biicher des Alten Testaments, Reimer, Berlin 1899; Prolegomena zur Geschichte Jsraels, Reimer, Berlin 1905), le cui teorie sulla formazione del Pentateuco, ipotizzando l'esistenza di documenti/fonti letterarie (J, E, D, P), collocavano il Sacerdotale al tempo dell'esilio scardinando la storicità dei testi biblici: «Forse Albright aveva timore che queste idee avrebbero potuto aprire il vaso di Pandora; se i profeti precedono la Legge, il prossimo passaggio logico sarebbe stato quello di considerare la nascita del monoteismo come un prodotto dell'esilio o legato a un periodo successivo» 18 • In questa prima fase manca- secondo G.L. Prato- l'originalità nei contributi che si emulano a vicenda, anche se iniziano ad indagarsi con maggior rigore sia il rapporto tra il Dio d'Israele e le altre divinità ('El, Shadday, Ba'al), sia la filosofia greca e i testi biblici più recenti come il libro della Sapienza (Sap 13-15) 19 • Anche in Italia, in un testo degli anni cinquanta del secolo scorso che ha avuto diverse edizioni - scritto con la finalità di accogliere le nuove scoperte archeologiche e di leggerle nella fedeltà al dato rivelato -, così si legge nel paragrafo intitolato 'Il concetto di Dio': «Di fronte al politeismo complicato dell'antico Oriente, troviamo nell'Antico Testamento 18 J. ANDERSON, Monotheism and Yahweh s Appropriation of Baal, l O. Sul ruolo svolto Albright nello scenario degli studi rinviamo a: S. CooPER- G.M. ScHWARTZ (eds.), The Study of the Ancient Near East in the Twenty-First Century: The William Foxwe/1 Albright Centennial Conference, Eisenbrauns, Winona Lake 1996. 19 Cf. In questa linea meno ripetiti va va annoverato il tentativo comparativo di N. LOHFINK, «Das Alte Testament und sein Monotheismus», in K. RAHNER (ed.), Der eine Gott un der dreieine Gott. Das Gottesverstiindnis bei Christen, Juden un Muslimen, Schnell & Steiner, Miinchen 1983, 28-47.
Questioni introduttive
23
il monoteismo più rigido; di fronte alle teogonie e intricate genealogie di dei, l'idea di un Dio eterno e immateriale; di fronte alla magia, un Dio onnipotente, al di fuori e al di sopra di qualsiasi destino, libero e dominatore di tutte le creature; di fronte agli dei tutelari e nazionali, un Dio nazionale, che nello stesso tempo governa il mondo e castiga la sua nazione» 20 • Oggi nessuno più difende un monoteismo così secco, aprioristico e ingenuo, anche se non mancano studi in cui si è più possibilisti o, addirittura, molto inclini al monoteismo veterotestamentario che, però, non è fatto risalire all' esperienza mosaica (come nel early-monotheistic mode l) ma è considerato come un monoteismo di compimento: non si prescinde dal bagaglio di conoscenze - ormai acquisito derivante dall'antico vicino Oriente, ma lo integra in una visione della storia biblica più ampia. L. Lepore postula, per esempio, un cammino verso il monoteismo che coinvolge l 'intera umanità a partire dalla vicenda israelitica, e spiega tale fenomeno (che attraversa la fase intermedia dell'enoteismo), come il risultato della co-occorrenza di fattori socioreligiosi. La fede monoteistica sarebbe frutto, secondo le sue parole, dell'evoluzione di elementi differenti; «l) la rivolta delle classi contadine e delle popolazioni nomadi contro il latifondismo dei signori delle città-Stato; 2) la necessità di costruire una base socio-politica comune attraverso un'ideologia aggregante; 3) l'influsso delle culture limitrofe; 4) il risveglio prodotto dall'espansionismo assiro che avvia la cosiddetta 'epoca assiale' »21 •
20 E. GALBIATI -A. PIAZZA (a cura di), Pagine difficili della Bibbia, Editrice Massimo, Milano 1985, 304 (prima edizione del 1951). 21 L. LEPORE, «L'umanità in cammino dall'enoteismo al monoteismo: l'evoluzione della religione di Israele», in Bibbia e Oriente 1-2 (2005), 27. «Dio viene visto come una realtà metafisica di cui il mondo presente è il riflesso e, al contempo, la forma decaduta nella materia che attende, come dirà lo stesso Platone, di essere liberata dalla prigione per tornare alla perfezione iniziale e ideale dell'Iperuranio. Il mondo presente cammina verso l'apocatastasi che comporta il faticoso ritorno del mondo sensibile a quello spirituale della perfezione originaria»: lvi, 45.
24
Io solo il tuo Dio
b) ln principio era il pantheon
Marciano, invece, nella direzione opposta gli studiosi che si pongono in un atteggiamento scettico nei confronti del monoteismo e che criticano severamente gli studi del XX secolo, in cui c'è stato un sostanziale abuso del termine22. Se per F. Stolz si tratta di un diverso orientamento che prese avvio a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso (Paradigmenwechse{) 23 , per J. Anderson non è facile stabilire una data di inizio e tanto meno individuare un unico caposcuola, indicando al limite un simbolico riferimento nell'opera Der Gott der Vater di A. Alt24 . Autori di riferimento di questa diverso paradigma sono, tra gli altri, A. Albertz25 , J.C. De Moor26 , B. Lang27 e M.S. Smith28 .
22 Cf. P. HAYMAN, «Monotheism. A Misused Word in Jewish Studies?», in JJS (1991), 1-15. 23 F. STOLZ, Einjùhurung in den biblischen Monotheismus, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, Darmstadt 1996, 1-3. 24 W. KOHLHAMMER, Stuttgart 1929; cf. «The God of the Fathers» in A. ALT, Essays on Old Testament History and religion, Doubleday, B1ackwell, Oxford 1966, 1-77 (traduzione di R.A. Wilson). Bisogna segnalare che già negli anni sessanta ci sono insignì autori che esprimono profondo scetticismo sul monoteismo. G. von Rad, per esempio, affermava nel 1961 che «porre la questione dell'alternativa tra monoteismo e politeismo, postula un sistema di pensiero all'interno del quale non può essere incorporato il fenomeno della fede mosaica»: God at Work in Israel, Abingdon Press, Nashville 1980, 129 (originale tedesco del 1974). 25 R. ALBERTZ, A History oflsraelite Religion in the Old Testament Peri od. Vol. I, SCM, London 1994 (originale tedesco del 1992). 26 J.C. DE MooR, The The Rise of Yahvism: the Roots of Israelite Monotheism, Peeters, Leuven 19972 • 27 B. LANG, Monotheism and Profetic Minority: An Essay in Biblica! History and Sociology, Almond Prres, Almond 1983. 28 M.S. SMITH, The Early History of God: Yahweh and Other Deities in Ancient Israel, W.B. Eerdmans Publishing, Grand Rapids (MI)/Cambridge 2002 (prima edizione del 1990); lo., The Origin of Biblica! Monotheism: Jsrael's Polyteistic Background and Ugaritic Texts, Oxford University Press, Oxford 2001; Io., The Memoirs ofGod: History, Memory and Experience of the Divine in Ancient Jsrael, Fortress, Minneapolis 2004. G.L Prato a proposito di Smith nota che «è restata celebre la sua proposta che ha visto la religione dell'antico Israele caratterizzata da tre correnti: quella ufficiale di corte, quella sincretistica popolare e quella del movimento fondato esclusivamente su Yhwh
Questioni introduttive
25
Questo variegato filone di studi - che avremo modo di approfondire nell'intero volume- fu caratterizzato da un maggiore impegno nell'esplorazione dell'ambiente coevo a quello biblico, con la conseguente divulgazione dei risultati precedenti che furono fatti oggetto di un più ampio dibattito. Ciò determinò, sostanzialmente, l'abbandono della categoria monoteistica: ci si rese conto sia dell'inadeguatezza della categoria sia della non origine mosaica del fenomeno, profondendosi in una produzione bibliografica 'anti-monoteista' figlia della lettura contestuale della Bibbia. Come diremo meglio in seguito, gli studiosi si dedicarono a indagini del contesto extra biblico arrivando alla conclusione che Israele, come le culture limitrofe, esprime una visione religiosa politeistica (o al più monolatrica), che vedeva a capo del pantheon una coppia di divinità ('El e Athirat) dalle quale discendono tutte le altre (Ba'al e 'Aserah)29 • Gli studi più recenti insistono molto sul legame con le altre divinità, sui meccanismi di inclusione e di opposizione che generano il monoteismo (accoglienza e/o rifiuto delle tradizioni religiose cananee nella teologia biblica): mentre abbandonano definitivamente l'idea del sincretismo come allontanamento dall'iniziale monoteismo mosaico, si orientano su quella che possiamo chiamare la via della Yahweh s appropriation of other Gods30 • Emerge, quindi, con sempre maggiore vigore la consapevolezza del background non monoteista di tanti passaggi
(Jahweh-alone party), che è riuscita alla fine a prevalere» («L'attuale ricerca sul monoteismo ebraico biblico», 47). 29 Cf. J.M. HADLEY, «Yahweh and 'His Asherah': Archeologica! and Textual Evidence fot the Cult of Goddess», in W. DIETRICH - A. KLOPFENSTEIN (eds.), Ein Gott allein?, University Press, Fribourg 1994, 235-268; In., The Cult ofAsherah in Ancient Israel and Judah: Evidence far a Hebrew Goddess, Cambridge University Press, Cambridge 2002; W.G. DEVER, Did God Have a Wife? Archaeology and Folk Religion in Ancient Israel, Eerdmans Publishing, Grand Rapid (MI) 2005. 3° Cf. J. ANDERSON, Monotheism and Yahweh s Appropriation of Baal (2015). Anche questo nostro contributo segue- sostanzialmente- questa intuizione dell'accoglienza/rifiuto delle caratteristiche legate a Ba'al e 'Elohim che, in un secondo momento, sono state esplicitamente attribuite a YHWH.
26
lo solo il tuo Dio
scritturistici e, soprattutto, la grande complessità dei dati che se ne ricavano. Si critica l'assunto monoteista perché, da un lato, non ha tenuto in debito conto la pluralità dei dati storici e archeologici, tracciando un dinamismo evolutivo - dal politeismo al monoteismo - ispirato alla teoria della rivoluzione monoteistica mutuata dall'Egitto con la riforma di Akenaton; dall'altro lato, si denuncia l'impianto filosofico relativo all'unicità dell'Essere supremo come preferibile (perché più vicino all'ideale di perfezione metafisica) alla molteplicità del più primitivo politeismo, ravvisando in questo 'monoteismo'- fatto passare come biblico- un prodotto radicalmente nuovo nella storia universale. La questione sollevata dall'orientamento di questi studi è, quindi, l'attendibilità dei dati biblici: se W. F. Albright e 'compagni' hanno fiducia nella storia biblica, in questo secondo modello ermeneutico si è più dubbiosi, per esempio, sulla riforma di Ezechia e di Giosia, o si guardano con sospetto quei passi in cui il culto a Ba'al è collegato alla regina Gezabele, facendo della dinastia degli Omridi degli idolatri. Su questo versante più scettico si pone G.L. Prato, il quale asserisce a chiare lettere che, «se per ipotesi potessimo leggere qualunque testo dell'Antico Testamento senza doverlo inquadrare nella tradizione religiosa che ce lo ha trasmesso come Sacra Scrittura (e qualunque possa essere poi l'ambito specifico in cui essa ha valore), con tutta probabilità dovremmo onestamente ammettere che nessuna sua pagina suppone una concezione monoteistica della divinità» 31 • Si contesta, per esempio, il fatto che il monoteismo sia una conquista dei testi più recenti (esili ci e postesilici), giacché anche in questi ultimi libri sono presenti aspetti politeistici/monolatrici. Si cita, a proposito, il rapporto che esiste tra 2Re 16 e 2Cr 28: entrambi i testi mettono in cattiva luce il re Acaz ma l'esplicita condanna delle sue strategie politiche prevale su quella delle pratiche religiose; egli in 2Cr 28, ritenuto un testo più recente rispetto a 2Re 16, sacrifica agli dei di Damasco pur
31
G.L.
PRATO,
«L'attuale ricerca sul monoteismo ebraico biblico», 39.
Questioni introduttive
27
di non soccombere a Tiglat-Pileser, contravvenendo al culto legittimo verso il Dio d'Israele e dando per scontato l'esistenza di altre divinità. Si critica, inoltre, il Deutero Isaia nei cui testi non si presuppone il monoteismo ma si assiste solo ad un ampliamento di orizzonti, all'estensione universalizzante della struttura comparativa (la superiorità del Dio d'Israele rispetto alle altre divinità) che di sé non comporta ipso facto il monoteismo. In conclusione: i due modelli della ricerca sul monoteismo ( 'possibilisti' e 'scettici') sembrano, dunque, marciare su binari paralleli. Andrebbero evitati, a nostro avviso, due estremi riconducibili al medesimo errore riduzionistico. Il primo: nel valutare con giusta ragione che l 'Israele storico non è una realtà uniforme e monolitica - ma un mondo complesso che va collocato nel suo più ampio ambiente siro-palestinese del Tardo Bronzo e del Ferro (l e II)-, non ci sembra la soluzione ermeneutica migliore considerare la religione biblica un prodotto derivante tout court dai culti limitrofi, destituendo di ogni valore storico l'Antico Testamento 32 • Il secondo estremo ha più un carattere 'confessionale': si è impermeabili anche alle scoperte archeologiche più evidenti, perché si ammette - più o meno tacitamente - che il monoteismo yahvistico trae origine dall'esperienza mosaica; ciò che è venuto dopo prende il nome di sincretismo e idolatria. Come sopra indicato, utilizzeremo la categoria 'monoteismo' con valore euristico: acclarata una volta per tutte la sua origine filosofica, la questione che essa solleva resta valida e va ricollocata nel contesto scritturistico per coglierne la fecondità in ordine alla conoscenza del Dio d'Israele. Nel cercare di far dialogare storia e teologia, Bibbia e società, 32 In questo senso condividiamo solo parzialmente la tesi di G.L. Prato secondo cui «ciò che si legge nel testo biblico non è altro che una tra le tante manifestazioni religiose di un mondo variegato, racchiusa in una delle sue possibili visioni interpretative)): «Religione biblica e religione storica dell'antico Israele: le aporie della ricerca e la metodologia del confronto)), in Io. (a cura di), Religione biblica e religione storica dell'antico Israele: un monopolio
interpretativo nella continuità culturale. Atti del XV Convegno di Studi Veterotestamentari (Fara Sabina, l 0-12 Settembre 2007), EDB, Bologna 2009, 21.
28
Io solo il tuo Dio
terremo presenti sia la complessità dei dati sia la tensione interna agli stessi: tensione che se non sfocia sempre in un monoteismo diffuso, sembra avere in sé innegabili istanze unificatrici attorno alla figura di YHWH.
Capitolo secondo IL MONOTEISMO NEL PENTATEUCO: NASCITA, FENOMENOLOGIA, TEOLOGIA
Inizi della distinzione mosaica Introducendo queste nostre pagine abbiamo indicato il concetto di 'distinzione mosaica'. Lo riprendiamo, precisandolo, ai fini di meglio comprenderne la portata ermeneutica. J. Assmann, che ha utilizzato questa frase, ne parla come verità con 'V'maiuscola, un'idea esclusiva che separa Israele dal resto dei altri popoli: YHWH sta agli dei come Israele sta ai pagani, espressione che sintetizza il rapporto di esclusività che lega il popolo al suo dio. Il monoteismo biblico non è, come già detto, di natura filosofica ma storica, per cui gli eventi che YWHW pone in essere a favore d 'Israele giocano un ruolo decisivo nel precisare l'identità di questo legame (alleanza) tra i soggetti coinvolti. Dal punto di vista sociologico, come annota A. Albertz, «il culto verso YHWH ha avuto due principali funzioni: ha rafforzato il legame tra YHWH e il gruppo speciale di persone che si è sviluppato nella storia, e ha rinforzato la composizione sociale del gruppo in sé; tale culto fu il fattore che per primo mutò l'eterogeneo grappolo di fuggitivi in una tribù unita e organizzata» 1• Israele è, perciò, il popolo (ha 'iim) mentre tutti gli altri sono g6yim, le nazioni pagane in contrapposizione con Israele, così come si legge per esempio in Es 34,10, testo in cui l'alleanza che YHWH rinnova con Israele dopo l'episodio del vitello d'oro, è presentata come unica nel suo genere e 1 R. ALBERTZ, A History of Jsraelite Religion in the Old Testament Period. Vol. I, 60.
Io solo il tuo Dio
30
costituisce un evento inedito proprio davanti alle altre nazioni della terra: «Il Signore disse [a Mosè]: Ecco io stabilisco un'alleanza: in presenza di tutto il tuo popolo ( 'ammekii) io farò meraviglie, quali non furono mai compiute in nessun paese e in nessuna nazione (haggoyim): tutto il popolo ('iim) in mezzo al quale ti trovi vedrà l'opera del Signore, perché terribile è quanto io sto per fare con te».
Si enumerano, così, nel versetto 11 i nomi dei popoli -una lista di cattivi che ricorre anche altrove con lievi modifiche 2 che il Signore scaccerà davanti a Israele per dare in possesso la terra: l' Amorreo, il Cananeo, l'Hittita, il Perizzita, l'Eveo e il Gebuseo. Le divinità dei goyim non sono come YHWH, non possono nulla e non giocano alcun ruolo nella storia della salvezza, così come i pagani sono inoffensivi, subaltemi e immorali (Lv 18,24) rispetto a Israele. In maniera speculare i molti (dei e pagani) rispetto all'uno (YHWH e Israele), giocano un ruolo fondamentale perché permettono di rappresentare per negazione ciò che è 'nuovo', 'preferibile' e 'migliore': mantenere viva la memoria negativa dei 'nemici' è, infatti, funzionale alla definizione dell'auto-identità. L'Egitto, in particolate, offre per J. Assmann non soltanto un riferimento a un passato di schiavitù e idolatria, ma anche un paradigma per comprendere quello che poi diventerà il monoteismo biblico proprio a partire dalla rivoluzione di Akenaton (per l'autore il confronto con l'Egitto è fondamentale) 3 • I toni severi contro l'Egitto si spiegherebbero proprio perché motiverebbero la traversata identitaria del popolo eletto: dalla schiavitù idolatrica alla terra del monoteismo. Una prima specificità del monoteismo biblico, quindi, non consiste principalmente in una generica affermazione nell'unicità divina ma nel riconoscimento del legame con YHWH,
2
Cf. Es 3,8.17; 13,5; 23,23; 34,11; Dt 7,1; 20,17; Gs 3,10; 24,11; Gdc 3,5;
IRe 9,10; 2Cr 8,7; Esd 9,2. 3
J. ASSMANN, Dio e gli dei, 13.
Il monoteismo nel Pentateuco: nascita, fenomenologia, teologia
31
poiché «è l'esclusività dell'appartenenza ad avere un ruolo decisivo, non l'esclusività dell'esistenza» 4 •
Origine dello yahvismo: i clan e il Dio del padre Se, dunque, la fede in YHWH è una fede storica, quando ha avuto inizio? Quando YWHW ha fatto ingresso nella vicenda d'Israele? Esisteva già un popolo o è stata l'interazione YHWH-Israele che ha generato la nuova fisionomia di quella che sarà chiamata la proprietà privilegiata (segulld) di YHWH (Es 19,5; Dt 7,6; 14,2)? Per rispondere a questi interrogativi interpelliamo A. Lemaire, il quale conduce la sua indagine storica sulla nascita del monoteismo biblico fondandosi su due principali fonti. La prima è rappresentata dalle Lettere di el-Amarna, quasi trecento tavolette cuneiformi ritrovate nel Medio Egitto che rappresentano la corrispondenza tra l 'Egitto e i piccoli re (o i prefetti) di Canaan (Hazor, Akko, Megiddo, Tannak, Sichem, Gezer, Gerusalemme, Lachish, ecc.) nel XIV secolo a.C. (sotto i faraoni Amenophi III, Akenathon, Smenkhkare e Tutankhamon). Da questa documentazione non si ricavano notizie dirette sulla religiosità del tempo a causa del loro genere letterario: non essendo testi mitologici o rituali menzionano diverse divinità senza specificarne i tratti e le mansioni, rivelandone solo i nomi e i luoghi di culto. Lemaire completa la ricerca documentandosi sui testi mitologici e rituali semitico-occidentali rinvenuti a Ugarit (XIII secolo a.C.). E anche se Ugarit non fa parte di Canaan (si trova molto più a nord), rivela di riflesso la cultura semitico-occidentale dell'antico vicino Oriente, anche quella religiosa. Il risultato immediato che si può ricavare dallo studio sulla nascita del monoteismo rimanda a una religiosità chiaramente politeista, che ruota attorno a una trentina di divinità presentate con aspetti antropomorfi. A capo del pantheon c'era la coppia primordiale: il toro, 'El, padre dell'umanità, creatore delle creature, e Athirat, genitrice degli dei. Tra i ruoli più 4
lo., Dio e gli dei, 8.
32
lo solo il tuo Dio
importanti si segnalano quello di Ba'al ('signore') che si contrappone, con l'aiuto della sorella-amante Anat, agli dei Mot ('morte') e Yam ('mare'), e al suo concorrente Athar. Dalla documentazione a disposizione si individuano anche dei testi che menzionano gli habirul 'apiru, un gruppo ai margini della società cananea, soprattutto presenti nella zona collinare della Cisgiordania (Efraim), che si ponevano all'occorrenza a servizio dei re cananei come mercenari. Sebbene non tutti siano d'accordo che gli hapiru siano riconducibili agli 'ibrfm, gli ebrei (o ai 'p r. w- in egizio -gente assimilabile a predoni o vagabondi), A. Lemaire e altri autori ritengono possibile questo accostamento 5• Il termine inteso sia come singolare 'ibrf sia come plurale 'ibrfm, compare nei testi più primitivi della Bibbia e in particolare del Pentateuco (una trentina di volte in tutta la Bibbia Ebraica) specialmente in tre contesti: nella storia di Giuseppe (Gn 39,14.17; 40,15; 41,12; 43,32), nel racconto dell'esodo (Es 1,15-19; 2,6-11.13; 3,18; 5,3; 7,16; 9,1.13; 10,3) e nel racconto della guerra contro i Filistei (lSam 4,6.9; 13,3.19; 14,11.21; 29,3). Da questi brevi passaggi richiamati gli 'ibrfm appaiono come un gruppo di persone povere o, comunque, appartenenti ad un livello sociale basso 6 • 5 «Può essere utile rilevare almeno una qualche corrispondenza, sempre di ordine sociologicm>, annota G.L. Prato, «tra l'ambiente siro-palestinese in cui sono attivi i habiru e quello israelitico posteriore in cui compaiono i 'ibrfm. Questi ultimi sono definiti tali, ossia vengono designati con questo nome, da altri gruppi più configurati, come gli egiziani (Gen 39,14.17; 41,12; Es 1,16; 2,6) e i Filistei (lSam 4,6.9; 13,19; 14,11; 29,3; cf. anche 13,3), e per riflesso essi designano se stessi con questo nome di fronte agli egiziani (Gen 40, 15; Es l, 19; 2,7; 3, 18; 5,3; 7,16; 9, 1.13; l 0,3) [... ]; l'equivalenza che si può stabilire tra i due gruppi è dunque valida, sempre entro certi limiti, nella misura in cui sono equiparabili le due situazioni sociali che li attestano: i 'ibrfm sono qualificati dagli altri e rispetto alle altre componenti sociali assumono la stessa funzione dei habiru delle lettere di Amarna»: G.L. PRATO, «'Straniero': verso una definizione analogica del concetto in riferimento al territorio siro-palestinese del TB-Fl e all'Israele delle origini», in I. CARDELLINI (a cura di), Lo straniero nella Bibbia. Aspetti storici, istituzionali e teologici. XXXIII Settimana Biblica Nazionale (Roma, I 2-16 settembre 1994), EDB, Bologna 1996, 24 (tutto l'articolo pp. 17-40). 6 Da una lettera di Ramses II in cui si parla degli 'hapiru', si legge: «Distribuisci le razioni agli uomini di truppa e agli habiru che stanno trasportando pietre per il grande portale ... di Rames Miamum» (Papiro Leiden 348).
Il monoteismo nel Pentateuco: nascita, fenomenologia, teologia
33
La teoria di A. Lemaire è la seguente: «Poiché Abramo stesso viene qualificato 'ibrf (Gn 14,13), sembra che questa religione degli habiru si rifletta in parte nelle tradizioni bibliche patriarcali più antiche, quelle che lasciano intendere come i gruppi legati ai patriarchi non conoscessero ancora YHWH»7 • La religiosità di questi gruppi, infatti, è di stampo patriarcale venerando il 'Dio del padre' (Ba'al o 'El) in cui il clan si riconosce: le formula 'dio di mio/tuo/suo/nostro padre' e quella 'X, Dio di mio/tuo/suo/nostro padre' sono più antiche della formula 'Dio di X' (per esempio: 'Dio di Abramo' o 'Dio di Isacco'). Questo culto in certi casi si estende al dio particolare dei santuari locali presso i quali il clan si insediava, dando origine a nuove forme di devozione verso un Dio chiamato con un nome particolare (Ba'al-Berit di Gdc 8,33 e 9,4 o Ba'al-Peor di Nm 25,3.5; Dt 4,3; Sal107,28; Os 9,10).
Lo sfondo: una chiara realtà politeistica con una trentina di divinità Il toro, EL padre dell'umanità, creatore delle creature
Ba'al
Mot ('morte'), Yam ('mare') e 'Athar
7 A. LEMAIRE, La nascita del monoteismo. Il punto di vista di uno storico, Paideia, Brescia 2005, 23.
34
lo solo il tuo Dio
Giacobbe prima di Abramo: l Bene Yacob dalla Mesopotamia Diversa è anche la zona geografica in cui si installano i singoli gruppi. Il primo gruppo è quello dei Benè Yacob che si rifà, appunto, a Giacobbe e sarebbe originario dell'Alta Mesopotamia (per la precisione Aram-Naharayim) 8• I motivi che suffragano questa derivazione aramea di Giacobbe e dei suoi discendenti sono stati esposti già nel 1978 dallo stesso A. Lemaire; li esponiamo di seguito9 • a) Terach, il padre di Abramo, in Gn 11,31-32 si installa con la sua famiglia a Carran dove poi morirà e proprio da Carran parte Abramo con i suoi beni verso la terra di Canaan (Gn 12,4-5); un po' dopo si legge che il paese di Aram-Naharyim (Alta Mesopotamia presso all'imbocco dell'Eufrate), e più nello specifico il paese di Nacor, è indicato esplicitamente come suo paese e della sua famiglia (Gn 24,4-10), ed è proprio lì che invia il suo servo a cercare una sposa per suo figlio !sacco. Tuttavia, Abramo non vien~ mai chiamato arameo a differenza di quanto accade per Labano, zio di Giacobbe perché fratello di sua madre Rebecca, che è indicato espressamente come arameo (Gn 28,5; 31 ,20.24). E anche il riferimento a Dt 26,5 «Mio padre era un arameo errante» che è comunemente collegato ad Abramo, sembra alludere, invece, a Giacobbe (cf. infra). b) Rebecca consiglia a Giacobbe di rifugiarsi proprio a Carran e nella piana di Aram, presso il fratello Labano figlio di Betuell'arameo, per sfuggire all'ira del fratello Esaù a cui è stata sottratta la primogenitura (Gn 27,43; 28,2.5-7.10). Qui Giacobbe troverà la moglie Rebecca, figlia di Labano, figlio di Nacor (Gn 29,4-14) ed è qui che si stabilirà. c) Quando Giacobbe lascia la piana di Aram e Labano l'arameo (Gn 31,18-20), egli deve attraversare il fiume Eufrate pri8 Cf. A. LEMAIRE, «La haute Mésopotamie et l'origine des Bene-Jacob», in Vetus Testamentum 34 (1984 ), 95-1 Ol. 9 A. LEMAIRE, «Les Bene Jacob. Essai d'interprétation historique d'une tradition patriarcale», in Révue Biblique 85 (1978), 321-337.
Il monoteismo nel Pentateuco: nascita, fenomenologia, teologia
35
ma di dirigersi verso i monti di Galaad (Gn 31,21 ). Ciò spiega il riferimento di Gs 24,2-3: «Giosuè disse a tutto il popolo: Dice il Signore, Dio d'Israele: I vostri padri, come Terach padre di Abramo e padre di Nacor, abitarono dai tempi antichi oltre il fiume e servirono altri dei. Io presi il padre vostro Abramo da oltre il fiume e gli feci percorrere tutto il paese di Canaan; moltiplicai la sua discendenza e gli diedi Isacco». Il riferimento spaziale a 'oltre il fiume' si ha anche in Gs 24,14 dove si specifica che per seguire YHWH era necessario abbandonare le divinità che i loro padri avevano adorato oltre il fiume. Questo testo di Gs 24 fa parte di un'antica tradizione (il credo storico) in cui l'interlocutore di Giosuè a Sichem sembra essere proprio il gruppo di Giacobbe e che fa alleanza con i figli d'Israele, il gruppo che giunge dall'Egitto (cf. infra). Ciò è confermato anche da un altro testo che compone quello che secondo G. von Rad 10 è il kerygma antico da cui avrebbe avuto origine il Pentateuco, e cioè Dt 26,5 «Mio padre era un arameo errante ... », allusione esplicita a Giacobbe e non tanto ad Abramo. d) Gli antenati di Abramo portano nomi di città dell'Alta Mesopotamia: Seroug, Nacor, Terach sono città aramee: «Queste tradizioni onomastiche sui progenitori biblici di Abramo confermano indirettamente che una parte degli antenati degli Israeliti, concretamente i Benè Yacob, era originari dell'Alta Mesopotamim> 11 • Le ragioni dell'emigrazione in Canaan da parte di Giacobbe e del suo clan sono da ricercare nella concorrenza/ opposizione tra i diversi gruppi aramei della regione, così come si può evincere dal ruolo di Labano nella storia di Giacobbe. Storicamente ciò sarebbe avvenuto quando ci fu l'invasione assira dell'Alta Mesopotamia (regione del Mitanni) nella prima metà del XIII secolo a.C.: Adadnirari I (1307-1275) invase Shubaru/Kanigalbat (1275 a.C. circa). La conclusione di A. Lemaire è la seguente: «La nostra ipotesi
°
1 Cf. G. VON RAD, Das formgeschichtliche Problem des Hexateuchs, Kohlhammer, Stuttgart 1938. Io., Gesammelte Studien zum Alten Testament, Kaiser, Miinchen 1958. Il terzo testo che compone il 'piccolo credo storico' è Dt 6,20-23. 11 A. LEMAIRE, «La haute Mésopotamie et l'origine des Benè-Jacob», 97.
Io solo il tuo Dio
36
dell'emigrazione/fuga di un gruppo di Aramei della regione di Carran verso Canaan, ben si accorda con il fatto che i Bené Yacob sembrano attestarsi verso la fine del XIII secolo a.C. nella regione a nord-est di Sichem, dove si incontrarono con i 'figli d'Israele' [cf. infra] che erano probabilmente fuggiti dall'Egitto sotto Ramses II, anch'essi nella prima metà del XIII secolo o verso i11250» 12 • Solo in secondo momento della storia del popolo d'Israele, come diremo in seguito, si sarebbe tratteggiata la linea genealogica Abramo-Isacco-Giacobbe: al tempo di Davide e dell'unificazione del regno la figura di Abramo diventò segno di quell'unità che il re andava consolidando, e il comune richiamo al padre della fede si rivelò opportuno per raggiungere tale obiettivo teologico e politico. I Bené Yacob si insediarono nella zona a nord e a nord-est di Sichem (il santuario sopra menzionato in rapporto all'alleanza di Giosue 24), regione in cui si concentra anche il seguito della storia di Giacobbe, quella dei suoi figli (Gn 34 e capitoli seguenti). I Bené Yacob veneravano il dio del loro antenato che sembra essere stato Pal)ad 'terrore/zelo' (probabilmente un dio progenitore: Gn 31 ,42.53), di cui resta traccia nel nome teoforo 1t:"T~7~ (all'ombra di Pal)ad) portato da uno dei capi di questo clan (Nm 27,1-11; 37,1-12): «Le figlie di Zelo-Pal)ad, figlio di Efer, figlio di Gàlaad, figlio di Machir, figlio di Manàsse, delle famiglie di Manàsse, figlio di Giuseppe, che si chiamavano Macla, Noa, Ogla, Milca e Tirza». I nomi di queste figlie sono in realtà quelli dei distretti attorno a Sichem (nord nord-est di Manasse), il luogo legato al gruppo di Giacobbe 13 • È probabile che questo gruppo abbia partecipato al culto nel santuario di Ba'ali'El Berit nei pressi di Sichem (Gdc /vi, 98-99. «Il territorio di sedentarizzazione dei Bene Jacob si può, perciò, identificare con il territorio delle 'figlie di Zelo- Pal).ad', cioè 'il paese di Efer', composto essenzialmente dalla valle del Wadi Far'ah che si estende a est fino alla valle del Giordano, a sud-ovest fin verso Sichem e a nord-ovest fino a Dotan»: A. LEMAIRE, «Les Bene Jacob. Essai d'interprétation historique d'une tradition patriarcale», 330. 12 13
li monoteismo nel Pentateuco: nascita, fenomenologia, teologia
37
8,33; 9,4.46). Pal;lad non sarebbe, pertanto, il Dio di !sacco come viene indicato in Gn 31,42 (il 'Terrore di I sacco') ma il Dio antenato di Giacobbe e solo a causa di successivi interventi redazionali si è giunti a legarlo a !sacco disgiungendolo dal nome Giacobbe. Per provare questa sua tesi A. Lemaire riporta diversi argomenti tra i quali segnaliamo i seguenti 14 : a) Pal)ad ha una etimologia incerta che si può far rimontare all'arabo (fahi.Q) o all'aramaico (zona di provenienza di Giacobbe) e può significare 'coscia/femore', (Gb 40,17), ma anche 'testicolo' e, per estensione, 'stirpe'; b) quando Giacobbe lotta contro l'essere divino in Gn 32 si dice che egli fu colpito alla giuntura della coscia: «Giacobbe allora gli chiese: 'Dimmi il tuo nome'. Gli rispose: 'Perché mi chiedi il nome?' E qui lo benedisse»; Gn 32,30 dà l'impressione che il versetto originario presentasse il nome della divinità che protegge Giacobbe, rivelazione successivamente soppressa per motivi teologici; per cui il nome dell'essere divino sarebbe legato direttamente alla zona del corpo ferita. l clan di Abramo e di lsacco
Un secondo clan è legato al patriarca Abramo, situato nella zona di Hebron (a sud nella zona montuosa di Giuda), attorno al santuario di Mamre (Gn 13,18; 18), secondo quanto si legge a proposito dell'acquisto della tomba di Sara a Hebron (Makpela) e il legame con Lot (sud del bacino del mar Morto da cui proverrebbe il clan: Gn 13,5-23; 18-19). Il dio di questo gruppo è chiamato genericamente 'El (non si sa se usato come nome proprio o generico), ma anche ~1~ t,~ e li~7p t,~ ('Dio altissimo'). Il luogo di culto collegato ad Abramo sembra essere Salem, antico nome di Gerusalemme. Per quanto concerne 'El sadday il significato sembra essere 'Dio della montagna', e ciò si ricava dal legame con un vocabolo cananaeo che significa 'montagna' (tdy). È impossibile determinare se sadday sia: «a) Ba'al-Hadad sul monte Saphon 14
Io., 325-327.
38
Io solo il tuo Dio
(luogo in cui si ritira Ba'al dopo aver sconfitto il dio del mare Yam); b) un epiteto di 'El, oppure c) un'antica divinità amorrea abitante sulla montagna, che venne ben presto identificata dai patriarchi con il cananeo 'El; in base a quanto ci è noto 'b' e 'c' sembrano le soluzioni più probabili» 15 • Il terzo gruppo si rifà al patriarca !sacco ed è originario del Neghev, nei pressi di Bersabea, dove si collocherebbe il santuario principale del clan, nel territtorio che la Bibbia identifica con la tribù di Simeone. Il dio principale sarebbe 'El '6liim («Dio eterno/anziano»: Gen 21,33), mentre un
!sacco: è originario del Neghev, nei pressi di Hersabea dove si collocherebbe il santuario principale del clan, nel territtorio che la Bibbia identifica con la tribù di Simeone.ll dio principale sarebbe 'El '6/iim («Dio eterno/anziano»: Gen 21 ,33), mentre un santuario più meridionale potrebbe essere stato dedicato a 'EI-Roi, , 'Dio che vede/provvede' (Go 16,13-14; Gn 22.14). :
-.....
...___ !
_ __
15 F.M. CRoss, «'El», in H.-J. FABRY- H. RINGGREN (a cura di), Grande Lessico del! 'Antico Testamento. l, Paideia, Brescia 2006, 540-541. È interessante notare che su 48 attestazioni di §adday nell'Antico Testamento 31 si ritrovano nel libro di Giobbe, rivelando l'idea del Dio al quale il sofferente si rivolge., che non è principalmente quello della fede yahvistica.
Il monoteismo nel Pentateuco: nascita, fenomenologia, teologia
39
santuario più meridionale potrebbe essere stato dedicato a 'El-Roi, 'Dio che vede/provvede' (Gn 16,13-14; Gn 22,14).
l Bene Yisrael e la comparsa di YHWH
Il nome divino YHWH è, invece, legato alla figura di Mosè e al suo gruppo i ~~'1~' -~~ ('figli d'Israele'), i quali si localizzano nella Cisgiordania centrale. L'origine meridionale dello yahvismo si ricava da diversi testi. Innanzi tutto, da quelli che menzionano il Sinai 16 , che è un deserto (Es 19,1; Lv 7,38; Nm 1,1) ma anche una montagna (Es 19,11.18.20); non si conosce bene la sua collocazione precisa anche se la individua nella zona verso l'Egitto, a sud della Palestina: «YHWH è venuto dal Sinai, è spuntato per loro dal Seir, è apparso dal monte Param} (Dt 33,2). «Signore, quando uscivi dal Seir, quando avanzavi dalla steppa di Edom, la terra tremò, i cieli stillarono, le nubi stillarono acqua. Sussultarono i monti davanti al Signore, quello del Sinai, davanti al Signore, Dio d'Israele}} (Gdc 5,4-5). «Dio viene da Teman, il Santo dal monte Paran. La sua maestà ricopre i cieli, delle sue lodi è piena la terra. Ho visto le tende di Kushan in preda a spavento, sono agitati i padiglioni di MadiaM (Ab 3,3.7). «Dio, quando uscivi davanti al tuo popolo, quando camminavi per il deserto, tremò la terra, i cieli stillarono davanti a Dio, quello del Sinai, davanti a Dio, il Dio d'Israele}} (Sal 68,8-9).
16
Le tradizioni israelitiche (del nord) utilizzano il nome di Oreb (IRe 19,8).
40
lo solo il tuo Dio
Il Seir è sia una montagna sia una regione montuosa. Qui risiedono i figli di Esaù (Gn 36,8; Dt 2,4.22). Seir e Sion sarebbero zone limitrofe, a sud del Neghev. Edom è in parallelo con Seir a causa dell'identificazione che ne fanno i testi biblici (Gn 36,1.8.19), ma sembra che l'accostamento sia posteriore e che in origine designasse saltano le montagne a est dell'Arav ah. L'unica menzione di Edom nel papiro di Anastasi la indica come una popolazione nomade a est del delta del Nilo 17 • Come Sion e Seir, anche Paran rappresenta una montagna e un deserto (Nm 10,12; 12,16; 13,3), popolato dai 'figli di Ismaele' (Gn 21,21) e situato vicino a Qadesh-Barnea (Nm 13, 18). Questa regione sembrerebbe confinare con quella di Madian (IRe 11,18) ma più vicina all'Egitto, e si collocherebbe a ovest o a nord-ovest di Qadesh-Barnea. Teman etimologicamente significa 'sud', 'mezzogiorno'. Designa un gruppo che intrattiene rapporti con i 'figli di Esaù' (Gn 36,11.15.42) ed Edom (Am 1,12; Ger 49,7). Alla luce degli scavi di Kuntillet 'Ajrud e delle iscrizioni paleoebraiche ivi ritrovate (VIII secolo a.C.) che menzionano 'YHWH di Teman' a fianco dell'espressione 'YHWH di Samaria', questa regione si individuerebbe a una sessantina di kilometri a
17 Papiro Anastasi VI; cf. J. BRIEND (ed.), lsrael et le nations, Cerf, Paris 1989, 37: «Un'altra comunicazione per il mio signore: abbiamo finito di far passare le tribù s sw di Edom sino a Tkw, attraverso le fortificazioni di Mernephta, fino ai canali di Pitom di Memepta in Tkw, per proteggere la loro vita e quella delle loro bestie, grazie alla benevoleiiZa del faraone, il buon sole di tutto il paese)). Più avanti approfondiremo quella che viene comunemente chiamata l'ipotesi kenita a proposito del legame tra la divinità di Ietro (suocero di Mosè che è definito kenita in Gdc 1,16) e YHWH; qui sottolineiamo come Edom sembra avere una vicinanza geografica con Israele (il gruppo che fa capo a Mosè) a motivo della comune appartenenza a quell'alleanza con Madian e con la figura di Ietro: in Gn 36 e l Cr l si parla della discendenza di Esaù cioè di Edom e tra questi si menziona Reuel (Gen 36,13.17; lCr 1,35.37) che viene chiamato anche ltran, variante del nome letro, in Gn 36,26 e lCr 1,41. Anche Kenaz, eponimo antenato dei kenizziti è tra i discendenti di Esaù (Gn 36, 15; 18,42; l Cr l ,36.53) insieme a Teman (Gn 36,15.34.42; 1Cr 1,36.53); ciò fa pensare alle narrazioni dei due fratelli che originano dai popoli Giacobbe-Israele e Esaù-Edom come il riflesso di una comune iniziale appartenenza allo stesso ceppo di tribù nordarabiche: cf. J. B1enkinsopp, «The Midianite-Kenite Hypothesis Revisited and the Origins of Judah)), in JSOT 33 (2008), 149-151.
ll monoteismo nel Pentateuco: nascita, fenomenologia, teologia
41
sud di Qadesh-Bamea e a 50 kilometri a nord-ovest di Eliat, quindi nei paraggi del sito di Kuntillet 'Ajrud 18 • Kushan e Madian vanno accostati in quanto la prima, probabilmente, una tribù madianita. Una riprova di questa affermazione si ha N m 12, l in cui si rimprovera a Mosè di aver sposato una kushita (cf. Es 2,21 ). Madian, infine, è una regione/popolo nord arabico (almeno stando a Gn 25, 1-6), si dedicava al commercio con l'Egitto (Gn 37,36) e compiva talvolta razzie nella Cisogiordania centrale (Gdc 6,8). Secondo le ricerche archeologiche sarebbe stata una popolazione fiorente nei secoli XIII-XI e avrebbe avuto il suo centro a est del golfo di Aqaba, a nord di Hejaz. Conclusione: «Questo rapido giro d'orizzonte geografico situa con sufficiente chiarezza le origini dello yahvismo nel sud del Neghev di Giuda, nel deserto montuoso del centro del Neghev o del nord-est del Sinai; questa localizzazione originaria pare essere corroborata un po' più tardi, nella prima metà del IX secolo a.C., dal pellegrinaggio di Elia all'Oreb (IRe 19), in una località imprecisata a sud di Bersabea» 19 • I Bené Yisrael si confederano con i Bené Yacob a Sichem (come sopra richiamato) verso la fine del XIII secolo a.C.: qui, attraverso Giosuè che è in questo momento il capo dei Ben è Yisrael, si stipula un'alleanza in cui tutte le tribù dei figli di Giacobbe rinunciano al proprio dio Pa~ad (gli dei stranieri venerati 'oltre il fiume') per fare di YHWH la propria divinità nazionale (Gs 24) 20 • Una conferma indiretta dell'origine meridionale dello yahvismo si ha in alcuni testi egizi risalenti al tempo di Amenophi III che è poi stato ricopiato al tempo di Ramses II, in cui si nominano gli Shosu di YHW' accanto agli 'Shosu della
18 Per uno status quaestionis relativo alle scoperte del sito cf. P. MERLO, «L' Ashera di YHWH a Kuntillet 'Ajrud. Rassegna critica degli studi e delle interpretazioni», in Studi Epigrafici e Linguistici sul Vicino Oriente antico 11 (1994), 21-55. 19 A. LEMAIRE, La nascita del monoteismo, 33. 20 Per Lemaire il capo dei Bene Yacob potrebbe essere Zelo-Pa}J.ad, da lui identificato con il re di Efer di Gs 12,17: «Les Bene Jacob. Essai d'interprétation historique d'une tradition patriarcale», 335.
Io solo il tuo Dio
42
montagna di Seir' 21 • Il ragionamento è il seguente: se Seir è indubbiamente un toponimo legato a YHWH e il termine egizio rinviava a una popolazione nomade o seminomade a sud est della Palestina, anche YHWH sembrerebbe indicare un toponimo. 11 passaggio tra toponimo a teonimo è facile, così come spesso accade nelle tradizioni religiose 22 • Il nome si è evoluto dal verbo s3s(w)
(t ~), in B. BoNs- T. LEGRAND (éd.), Le monothéisme biblique. Évolution, contextes etperspectives, Cerf, Paris 2011,91-108. 39
4
A.
LEMAIRE,
° Cf.
J. JoosTEN,
Il monoteismo nel Pentateuco: nascita, fenomenologia, teologia
:ir~7o,~ "?.17
53
Dt 32,9 ~~~~ ;~.p 1"11n~ p~n. ,:l
La traduzione della CEI così recita: 8 «Quando l'Altissimo divideva le nazioni, quando separava i figli dell'uomo, egli stabilì i confini dei popoli secondo il numero dei figli d'Israele. 9 Perché porzione del Signore è il suo popolo, Giacobbe sua parte di eredità». Il poema di Dt 32 richiama gli inizi dei tempi, quando YHWH ha scelto il suo popolo come sua eredità preferendolo a tutti i popoli della terra. La difficoltà nell'interpretazione di questi versetti è legata a quanto si apprende da Gn l O, quando la divisione delle diverse popolazioni si spiega con la discendenza dei tre figli di Noè- Sem, Cam e Iafet- e non, stando a Dt 32,8-9, alla volontà elettiva di YHWH. Forse l'autore del testo ignora la tradizione genesiaca che, molto prima della comparsa del patriarca Abramo con cui si fa iniziare la storia del popolo eletto, disegna una proto-tipica mappa delle nazioni delle terra. Resta l'incongruenza: come YHWH ha potuto ordinare il mondo in funzione del suo popolo che ancora non esisteva? Uno sguardo alla critica testuale del v. 8 può aiutarci nel risolvere questo problema. La versione greca (LXX) così legge: OtE ÙlEf!Épl(EV ò uljnawç E8VTJ wç OlÉO'TTElpEV uì.oùç Aùaf.L EOtTJOEV p la È8vwv Katà &p t8f.LÒV &yyÉÀWV 8EOÙ
o
«Quando l'Altissimo divise le nazioni secondo la discendenza dei figli di Adamo, fissò i confini delle nazioni secondo il numero degli angeli di Dio». Tutte le volte che ricorre l'espressione t:l,1"T"N ,~~ (Gn 6,2.4; Gb 1,6; 2,1; 38,7) la LXX rende con &yyÉ'Awv 8EOu, e ciò avalla quanto già si ipotizzava nel XIX secolo sulla preferibilità del testo greco rispetto a quello masoretico. Con le scoperte di Qumran questa convinzione si è rafforzata signi-
54
Io solo il tuo Dio
ficativamente poiché in 4QDeuti il v. 8 è reso con t:l":-T"~ ":J.:l 15:lo~', ('secondo il numero degli figli 'Elohìm'). c•:-r',~ ":J:::l sembra essere uno sviluppo secondario del testo che aveva in origine ",~ ":J:::l (figli di 'El). La LXX, pertanto, rivela il testo ebraico che l'agiografo aveva tra le mani e che può essere così ricostruito: «Quando l'Altissimo divideva le nazioni, quando separava i figli dell'uomo, egli stabilì i confini dei popoli secondo il numero dei figli di Dio»41 • A dire il vero, anche se non sempre le traduzioni moderne hanno recepito lo stato testuale di Dt 32,8 42 , più di cinquant'anni fa D. Barthélemy aveva dimostrato- muovendo dalle emendazioni scribali (tiqquné soferim) di un testo ritenuto troppo scandaloso e eretico, perché lasciava intendere l'esistenza di altre divinità per le altre popolazioni - il carattere secondario del testo masoretico rispetto a quello greco 43 • La conclusione logica del testo emendato di Dt 32,8 non ravvisa un trattamento di favore verso Israele al tempo delle origini, in quanto l'Altissimo si occupa delle nazioni della terra e soltanto nel v. 9 si pone in relazione YHWH con il suo popolo. La questione si sposta, quindi, sul legame tra i vv. 8 e 9. Facciamo due ipotesi. l) Se identifichiamo l'Altissimo del v. 8 con YHWH del v. 9, il dio supremo ha ripartito i popoli attribuendo un territorio e una divinità a ciascuna regione, ma Israele si trova in una situazione speciale perché è stato scelto dal dio
41 Questo testo di Dt 32 è anche per Smith un'evidente opera di censura che mira preservare l'originalità della religione d'Israele rispetto al contesto politeistico: cf. il capitolo Censorship in and far Israel: The Case od Deuteronomy 32:8-9 and Genesis 14:22 in God in Translation, 193-216. 42 La traduzione CEI del 1974 era: «Quando l'Altissimo divideva i popoli, quando disperdeva i figli dell'uomo, egli stabilì i confini delle genti secondo il numero degli lsraeliti»; quella del 2008 è: «Quando l'Altissimo divideva le nazioni, quando separava i figli dell'uomo, egli stabilì i confini dei popoli secondo il numero deifigli d'Israele». 43 Cf. D. BARTHÉLEMY, «Les Tiqquné Sopherim et la critique textuelle de l' Ancient Testament», in J.A. EMERTON (éd.), Congress Volume Bonn 1962 (VT.S 9), Leiden, Brilll963, 285-304.
Il monoteismo nel Pentateuco: nascita, fenomenologia, teologia
55
principale44 • Resta, però, un problema: leggendo Dt 32 ci si accorge che YHWH non ha ricevuto Giacobbe agli inizi della spartizione così come è avvenuto per gli altri dei, ma molto dopo, nel deserto. Ma se YHWH coincide con il Dio altissimo che ha attribuito i territori agli altri dei, perché riserva per sé Giacobbe in un tempo successivo (quello del deserto)? 2) Se manteniamo separati l'Altissimo del v. 8 e YHWH del v. 9, si assiste a una 'degradazione' di quest'ultimo: egli non solo è al medesimo rango degli altri dei delle nazioni, tutti sottoposti all'unico 'Eliy6n, ma ha ricevuto solo in una fase successiva il suo popolo, mentre gli altri dei hanno ricevuto il proprio popolo agli inizi dei tempi. Questa lettura, che farebbe di Dt 32 un testo arcaico (XI secolo a.C), non è più difendibile come in passato, perché trascura il contesto generale del capitolo 32 che è una controversia (rfv) tra Dio e il suo popolo, in cui la centralità degli interventi divini a favore d'Israele è ilfocus del contenzioso sollevato da Dio. Queste considerazioni vanificano le prime due ipotesi di lettura segnalate. Si fa strada, pertanto, una nuova interpretazione.
l figli del toro
La non piena soddisfazione della soluzione trovata- cioè che t,N,w~ ~~~ derivi da c~;,t,N ~~~ e, in ultimo, da t,N ~~~ - nasce da due principali difficoltà: quella di ipotizzare l'errore del testo ebraico originario e quella dell'intervento 'canonico' menzionato (tiqquné soferim) che comporta l'aggiunta di ben tre lettere(, ~ ~), a fronte di un atteggiamento notoriamente molto più cauto degli scribi nelle loro correzioni. 44 Gli autori che difendono l'identificazione tra 'Eliyfm e YHWH interpretano 't:i'i1'N 'J:l' come gli angeli, quindi esseri inferiori al Dio supremo che non minaccerebbero il monoteismo contenuto nel testo: cf. I. HIMBAZA, «Dt 32,8, une correction tardive des scribes. Essai d'interpretation et de datatiom>, in Biblica 83 (2002), 527-548. Restano, tuttavia, due problemi: a) Dt 32 ha uno sfondo chiaramente politeista; b) l'inserimento tardivo di YHWH nella spartizione della terra (non avviene agli inizi come per gli angeli/dei ma in un secondo momento).
56
lo solo il tuo Dio
Ma soprattutto, nota J. Joosten, «perché creare un testo assurdo, interpretabile soltanto facendo ricorso a una ginnastica fortemente sospettosa? Per rispondere a questo interrogativo ho proposto un altro modello di sviluppo testuale: la lezione S~i~' 'J~ it>O~S 'il numero dei figli d'Israele' non può che difficilmente essere dedotta dalla lezione S~ 'J~ it>O~S 'il numero dei figli di 'El', né può accadere il contrario; bisogna pensare che le due lezioni risalgano a una lezione più antica: s~ i~ 'J~ itlO~S 'il numero dei figli del toro, 'El '» 45 • Sebbene l'espressione S~ illi non sia attestata nella Bibbia ebraica, è pur vero che compare frequentemente nei testi ugarittici l'analoga frase 'r_t il' in rapporto al toro del dio 'El, padre degli dei 46 • Il vocabolario e la fraseologia di Dt 32 sarebbero, perciò, molto vicini ai testi di Ugarit in cui 'El e 'Athirat sono sposi e hanno settanta figli che formano il pantheon. Nella religiosità d'Israele il dio 'El era stato assimilato a YHWH e l'invocazione del nome di 'El non faceva problema, sebbene il dio d'Israele non potesse essere designato come 'El, il Toro. Questo spiega perché il testo originale fu emendato sopprimendo itli e consegnando alla LXX e a Qumran S~ 'J~ it>O~S 'il numero dei figli di 'El'. «In uno sviluppo parallelo», continua J. Joosten, «in un altro contesto, il testo antico sarebbe stato trascritto -per errore o intenzionalmente - S~i~' 'J~ itlO~S la differenza si ridusse a un raggruppamento di lettere e a una dittografia di yod» 47 • Ritornando ali 'interpretazione dei versetti 8 e 9 di Dt 32, si può ricavare un dato arcaico relativo alle relazioni di familiarità tra gli dei del pantheon: 'El e 'Elyon sono due divinità distinte tra di loro e subordinate (il secondo sembra essere 45 J. JoosTEN, «Deutéronome 32,8-9 et !es commencements de la religion d'Israel», l Ol. Cf. anche dello stesso autore: «A Note on the Text of Deuteronomy xxxii 8», in Vetus Testamentum 57 (2007), 548-555. 46 «Nel suo lamento Baal grida verso il Toro, 'El, suo padre (tr.il.abh), verso 'El, il re, che lo ha creato": M. S. SMJTH- W. T. PITARD (eds.), The Ugaritic Baal Cycle (Il vol.), Leiden, Brill2009, 281. 47 J. JoosTEN, «Deutéronome 32,8-9 et !es commencements de la religion d'Israel», 102.
Il monoteismo nel Pentateuco: nascita, fenomenologia, teologia
57
il nonno di 'El) mentre YHWH è il dio d'Israele. Conformemente al racconto della spartizione dei territori, l'autore del poema di Dt 32 accoglie questa comune credenza antica senza diluirla ma conferendole nuovo significato teologico. YHWH, a differenza degli altri dei che hanno ricevuto i loro popoli all'inizio dei tempi, ha trovato Israele nel deserto, e non si identifica né con Elyon (capo del pantheon) né con 'El, il Toro (padre degli dei). Egli resta totalmente estraneo allo schema di appropriazione cananeo perché agisce in un tempo successivo agli altri dei e, di propria iniziativa, sceglie Giacobbe: il dono del paese si invera nella storia e non in un tempo prima del tempo. Dal punto di vista della teologia tradizionale del v. 8, «YHWH si presenta come un elemento perturbatore: un dio senza padre né padrone, venuto dal nulla per capovolgere l'organizzazione originaria del mondo» 48 • Questo dato teologico interessa l'autore di Dt 32, che moltiplica i riferimenti alle altre divinità (vv. 12.17.21.31.37) proprio per porre in evidenza YHWH, la sua unicità (v. 39) e la subordinazione degli altri dei verso di lui. Dt 32 reagisce, infatti, al contesto politeistico in cui si trova Israele, rispondendo alle domande fondamentali che tale cultura gli rivolgeva: da dove viene YHWH? Chi era suo padre? E chi gli ha dato il diritto di possesso del suo popolo? E soprattutto: chi ha dato a Israele il diritto alla terra occupata? In conclusione, possiamo dire che gli argomenti portati (linguaggio, contatti con Ugarit, teologia arcaica e, aggiungiamo, nessuna menziona degli avvenimenti dell'Esodo forse perché ancora non esistevano 9 fanno di Dt 32 un testo molto antico (forse tra i più antichi dell' AT, tra il XII e l'XI secolo a. C _)5°.
t
Io., 104. Secondo A. de Pury il ciclo di Giacobbe rifletterebbe una tradizione autonoma legata ai patriarchi delle origini d'Israele che solo in un secondo momento sarebbe stata collegata a quella dell'Esodo: «Le cycle de Jacob comme légende autonome des origines d'Israel», in J.AEMERTON (ed.), Congress Volume 1989 (VT.S 43) Leiden, Brilll991, 58-77. 50 Di parere molto diverso è I. Himbaza nel suo articolo «Dt 32,8, une correction tardive des scribes. Essai d'interpretation et de datatiom>: la correzione 48 49
lo solo il tuo Dio
58
La pronuncia del tetragramma YHWH La più antica attestazione del nome di YHWH risale alla stele di Mesha, re di Moab (840 a.C. circa). È una pietra in basalto nero, situata in Giordania, che riporta l'iscrizione effettuata dal re Mesha dei Moabiti in ricordo della battaglia condotta contro Omri, re d'Israele (e anche contro il figlio), episodio menzionato anche in 2Re 3,6-27 (ovviamente la stele offre la versione moabita del racconto). Secondo la stele il re moabita ha saccheggiato il tempio di YHWH e offerto in dono al suo dio Camosh i vasi sacri sottratti al luogo di culto. La stele (alta 124 cm x 71 cm x 71) fu ritrovata sul sito dell'antica Dibone (oggi Dhiban), nell'agosto del 1868 dal reverendo Augustus Klein (1827-1903), un missionario tedesco della Church Mission Society. Il testo che ci interessa è il seguente: «Kemosh mi disse: 'Và, prendi Nebo da Israele': Andai di notte e combattei contro di essa dallo spuntare dell'aurora fino a mezzogiorno. La presi e ammazzai tutti, settemila uomini con stranieri, donne, straniere e concubine, infatti li avevo votati all'anatema per Ashtar-Kemosh. Presi da lì i vasi di YHWH e li portai davanti a Kemosh. Il re d'Israele aveva costruito Yahaz e vi dimorava mentre mi faceva guerra, ma Kemosh lo cacciò davanti a me» 51 •
Il tetragramma appare anche in paleoebraico nelle iscrizioni di Kuntillet 'Ajrud e Khirbet el-Qom (VIII secolo a.C.), e anche negli ostraca di Lachish e Arad (600 a.C.). Si registra, inoltre, la riduzione del tetragramma a tre lettere (YHW), conformemente alla grafia dei nomi teofori giudaici di età del testo colloca al I secolo a.C. la sua composizione perché in questo periodo l'espressione Cl';"T'?N 'J~ non fu più intesa come 'figli degli angeli' ma come 'figli dei potenti, dei giudici, dei notabili'; verificandosi questo equivoco gli scribi ritennero necessario cambiare in 'figli d'Israele' (p. 538-540). Su questo articolo permangono le perplessità sopra segnalate. 51 L'etimologia del nome Kemosh sembra rinviare al significato di 'pericoloso, temibile': cf. L. TOBOLA, «The Divine Name Chemosh: a New Etymological Proposal», in Biblica 74 (2013). 573-575.
Il monoteismo nel Pentateuco: nascita, fenomenologia, teologia
59
monarchica, così come anche la successiva semplificazione a due lettere (YH) nelle iscrizioni del regno del nord. L'esatta pronuncia del tetragramma è difficile da rintracciare a causa dell'assenza delle vocali e della tendenza maturata in età ellenistica di evitare di pronunciare il nome di Dio. Si preferì, così, leggere YHWH con 'adonay ('mio signore/ padrone') che nella LXX fu reso con kyrios. La vocalizzazione di YHWH con le vocali di 'adonay ha portato alla lettura di YeHoWaH, sebbene questa operazione non corrisponda all'intenzione che ha indotto all'utilizzo di 'adonay (sostituire YHWH e non vocalizzarlo ). Oggi si tende a vocalizzare il tetragramma in tre modi: Yahwoh, Yahweh e Ya(h)wa52 • a) Yahwoh si fonda su due caratteristiche dell'ortografia pleoebraica; l) in epoca monarchica la consonante he è spesso preceduta dalla vocale o, in particolare a indicare il suffisso di terza persona singolare (ahu> oh da cui il nome Neboh) che diventa un w pronunciato come o; 2) sempre in quest'epoca il nome divino è abbreviato in YW (yawo> yah) nel regno del nord o in YHW (yahwo> yahu) nel regno del sud; poiché il suono 'o' è spesso associato alla consonante waw, si propone di leggere il tetragramma Yahwoh. Una prova indiretta di questa pronuncia giunge dalle trascrizioni greche più antiche del I secolo d.C.: Diodoro Siculo (ca. 90 a.C.- ca. 27 a.C.) 53 e più tardi Girolamo (34 7-419) 54 riferiscono della pronuncia I aho. b) Il racconto di Es 3 sembra associare il tetragramma al verbo essere (hyh), anche in ragione dell'espressione ;,~0~ ,W~ ;,~_;,~ di 3,14. Uno sguardo più attento a Es 3,14-1~{ci pÒrta cÒnsiderare che la richiesta del nome da parte di Mosè riceve non una ma tre risposte con tre rispettive introduzioni:
a
Cf. A. LEMAIRE, La nascita del monoteismo, 151-154. G. CoRmANO- M. ZoRAT (a cura di), Diodoro Siculo. Biblioteca storica I- VIII, Rusconi, Milano 1998, 217. 54 Commentarius in Psalmos 8,2: «Prius nomen domini apud Hebraeos quatuor litterarum est: jod, he, vau, he, quod proprie Dei vocabulum sonat et !egei potest iaho, et Hebraei arreton, id est, ineffabile opinantum. 52
53
60
Io solo il tuo Dio
«Dio disse a Mosè» (v. 14a), «egli disse» (v. 14b), «Dio disse ancora a Mosè>> (v. 15): «in qualunque modo si traduca la prima di queste, il misterioso 'ehyeh aser 'ehyeh, esso non è un nome, ma una frase che, contenendo l'assicurazione 'io sarò con te' ('ehyeh 'immak, 3,14), intende comunicare qualcosa sulla presenza ed assistenza negli eventi incerti che verranno; la seconda, ''ehyeh mi ha mandato a voi', sembra fare del primo una sorta di nome; esso infatti viene usato come nome perfino da Osea («Tu non sei mio popolo e io non sono il tuo 'ehyeh>>, l ,9), ma non è un nome col quale la divinità può essere invocata; solo nella terza viene dato a YHWH un nome proprio- 'questo è il mio nome per sempre; questo è il mio titolo per tutte le generazioni '» 55 • Resta il fatto che altri testi del libro dell'Esodo spingano nella direzione di un collegamento esplicito tra YHWH e l'espressione 'ehyeh aser 'ehyeh (cf. Es 6,2-8), il che ha fatto intendere il tetragramma come Yahweh legandolo al significato di 'colui che fa essere' (la LXX rende con Èyw Elll~ ò wv). Questa ermeneutica ha portato alla vocalizzazione Yahweh anche da parte di Clemente Alessandrino (150-215 ca.) 56 (Iaoue/ai), Epifanio (315-403 )57 (labe) e, stando a quanto si legge in Teodoreto di Cirro (393-447 ca.) 58 nel V secolo d.C., Iabe/Iabai presso i samaritani. c) La terza ipotesi di vocalizzazione è Ya(h)wa è più recente e si basa su uno studio di J. Tropper in cui si trascrivono i nomi teofori yahvisti in periodo neo-babilonese (attorno al 500 a.C.f 9 • Per l'autore yahu può, tuttavia, derivare da una
55 J. BLENKINSOPP, Il Pentateuco. Introduzione ai primi cinque libri della Bibbia, 174-175. Sulla storia dell'interpretazione di Es 3,14-15 rinviamo a B.S. CHILDS, Il libro del/ 'Esodo. Commentario critico-teologico, Piemme, Casale
Monferrato (Al) 1995,96-103. 56 G. PINI (a cura di), Clemente Alessandrino. Stromati. Note di vera filosofia, Paoline, Milano 1985, 570. 57 Cf. F. WILLIAMS (ed.), The Panorion of Epiphanius of Salamis, Brill, Leiden 1994, 342. 58 Quaestiones XV in Exodum, a Es 3,14. 59 J. TROPPER, «Der Gottesname Yahwa», in Vetus Tesatmentum (2001), 81-106.
Il monoteismo nel Pentateuco: nascita, fenomenologia, teologia
61
forma nominativa yahwu (con 'h' come mater lectionis) in cui, a causa dell'influenza dell'aramaico, la u sia diventata a. La conclusione alla quale possiamo giungere è la seguente: «tutto fa pensare che in origine il teonimo YHWH dovette essere pronunciato Yahwoh, anche se la pronuncia Yahweh si diffuse poi abbastanza facilmente perché consentiva di fornire un'interpretazione teologica di questo nome antico, la cui etimologia originaria non si lascia afferrare, tanto più se, com'è possibile, era in origine un toponimo»60 •
Aniconismo biblico: tra ufficialità e deroghe La diversità di YHWH rispetto alle altre divinità si manifesta anche per la particolare fenomenologia aniconica che ne
60 A. LEMAIRE,
La nascita del monoteismo, 153-154.
62
Io solo il tuo Dio
caratterizza l'espressione religiosa. T.N.D. Mettinger intende l'aniconismo come «un culto in cui non ci sono rappresentazioni iconiche della divinità (antropomorfiche e teriomorfiche) che servono da simbolo dominante (simbolo aniconico) o centrale (vuoto sacro) dello stesso culto; il primo dei due tipi si può chiamare 'materia! aniconism' e il secondo 'emptyspace aniconism '» 61 • Nel secondo caso, quello che maggiormente necessita di una precisazione, ci si riferisce non solo a una stanza vuota ma anche a un trono vuoto, situazione che genera una sorta di proiezione iconografica mentale che porta a immaginare, per esempio, la divinità sotto le spoglie di un re anche se materialmente non è localizzabile né tangibile. Personalmente preferiamo semplificare e nominare 'culto aniconico' la rappresentazione diretta della divinità in forma umana o animale, e di culto semi-aniconico la sostituzione di tale diretta raffigurazione con una componente materiale legata alla divinità che, tuttavia, non ne riporta le sembianze prectse. Il divieto esplicito in Israele della raffigurazione del proprio Dio, è comprovato dall'assenza di ritrovamenti di statue e divinità nazionali nei templi e luoghi di culto, a differenza dei numerosi bassorilievi e immagini raffiguranti le divinità trovate negli scavi in Egitto e Mesopotamia. In effetti, sia nella conquista da parte di Mesha re di Moab (testo sopra citato) dei santuari di Atarot e di Nebo, sia nella presa del tempio di Gerusalemme da parte di Nabucodonosor nel 587 a.C. (2Re 25,13-17), non si parla mai di una statua di YHWH che è stata distrutta o asportata (si menzionano solo vasi e arredi sacri che, secondo Esd l, 7, vengono riportati in patria dopo essere stati trafugati dal re di Babilonia). Inoltre, il bassorilievo della conquista di Lachis ad opera di Sennacherib nel 70 l a.C. (2Re 18-19), riporta soltanto la traslazione di vasellame presente nel tempio e utilizzato nelle funzioni relìgiose, senza menzionare alcuna statua di YHWH.
61 T.N.D. METTINGER, No Graven Image? Isarelite Aniconism in its Ancient Near Eastern Context, Almqvist & Wiksell Stockholm 1995, 19.
Il monoteismo nel Pentateuco: nascita, fenomenologia, teologia
63
In Es 20,4, il secondo comandamento del Decalogo (una sotto specificazione della prima affermazione «Non avrai altri dei di fronte a me», v. 3), si vieta la riproduzione delle forme delle cose del cielo e della terra, un aspetto che sembra rappresentare un unicum nel panorama dell'antico vicino Oriente: «Non ti farai idolo("~~) né immagine (:1~~~t;1) alcuna di quanto è lassù nel cielo, né di quanto è quaggiù sulla terra, né di quanto è nelle acque sotto la terra». Il comandamento nella sua formulazione attuale proibisce la raffigurazione degli idoli in genere e, nella fattispecie, quella di YHWH: non bisogna farsi immagini e non bisogna venerare questi 'E!Ohfm, in quanto la prostrazione è riservata solo a YHWH (Es 20,5-6). In Dt 4,9-20 si trova una spiegazione di questo culto aniconico in quanto nella rivelazione sinaitica il popolo non ha visto alcun Dio e, quindi, non bisogna rappresentarselo: «Poiché non vedeste alcuna figura, quando il Signore vi parlò sull'Oreb dal fuoco, non vi corrompete, dunque, e non fatevi l'immagine scolpita di qualche idolo (',~9-',f n~1~t;l ',t:l~), la figura (n'~:;ltl) di maschio o di femmina, la figura (n'~:;ltl) di qualunque animale che è sopra la terra, la figura (n')~J::I). di un uccello che vola nei cieli, la figura di una bestia che striscia sul suolo, la figura di un pesce che vive nelle acque sotto la terra. Quando alzi gli occhi al cielo e vedi il sole, la luna, le stelle e tutto l'esercito del cielo, tu non !asciarti indurre a prostrarti davanti a quelle cose e a servirle; cose che il Signore, tuo Dio, ha dato in sorte a tutti i popoli che sono sotto tutti i cieli» (4, 15-19).
Ricordiamo, per allargare la nostra indagine, che questo ammonimento è spesso disatteso nella storia d'Israele. Per esempio, in rapporto all'arca, in Es 36,8-9 si legge che essa è decorata con due cherubini che guardano verso l'esterno, le cui ali si posano sul coperchio (essi rappresentano una specie di piedistallo della divinità analogamente a quanto accade per il vitello d'oro di Es 32). È noto, inoltre, che nel tempio d'Israele esistevano numerose rappresentazioni statuarie che furono rimosse solo durante la riforma di Giosia (2Re 23). Un brano significativo è riportato nel libro dei Giudici in cui si
64
lo solo il tuo Dio
narra dell'esistenza di due statue, una di legno e l'altra di metallo, e dei terafim (idoli o maschere antropomorfe), statuette di divinità domestiche costruite per uso privato che verranno poste dai D ani ti nel tempio di Si lo (Gdc 17-18; cf. anche Gn 31 in cui Rachele ruba i terafim del padre per portarli con sé al rientro nella terra di Canaan, cosa che fa molto indispettire Labano). Inoltre, il culto con statue e idoli, anche se ufficialmente bandito, perdurerà fino al tempo dei Maccabei (II secolo a.C.), in cui la caduta in battaglia di alcuni giudei contro l'Idumeo Gorgia (2Mac 12,38-45) è interpretata come il frutto della loro idolatria (alcune statue devozionali sono state trovate sotto gli abiti dei militari).
Culto semi-aniconico: il toro L'idea che Israele abbia avuto un culto puramente aniconico va in parte ridimensionata, sebbene sia doveroso costatare che nessun argomento, archeologico e letterario, lo contraddica: lo yahvismo sin dall'inizio non ha utilizzato immagini. Tuttavia, bisogna precisare che anche altri culti si esprimono attraverso l'assenza di immagini, così come si registra in Siria e a Mari, a Emar e Qtana come anche in Palestina all'inizio del III millennio, in cui sono presenti delle steli aniconiche (sikkiinu) che non raffiguravano il dio ma ne richiamavano la presenza fisica. Sebbene non fosse la norma, la presenza di un culto tramite betili o steli era conosciuta nell'antico vicino Oriente. Questo particolare tipo di culto aniconico con supporto fisico, può essere ritrovato anche nella Bibbia. La prima forma di basamento tangibile è rappresentato dal toro o, come più diffusamente è conosciuto, dal vitello d'oro di Es 32, espressione di un aniconismo che possiamo chiamare 'materializzato' (in quanto una statua è comunque presente). Il vitello d'oro confezionato da Aronne su richiesta del popolo non sembra essere, a differenza di quello che normal-
Il monoteismo nel Pentateuco: nascita, fenomenologia, teologia
65
mente si è portati a credere, un idolo in sostituzione del dio di Mosè ma una sua rappresentazione. Poiché Mosè tardava a scendere dal monte, il popolo rivolge la domanda Aronne di avere un dio (c,ry',~) che cammini alla loro testa perché non si hanno più notizie di Mosè; i monili d'oro delle donne israelite vengono a lui consegnate e fuse in una forma (~1D) dalla quale ottenne un vitello di metallo fuso (:1~t:)~ ',~.!J): · · c,1~~ n.~~ ·~p"~ry ,w~ "~1~, ~rtt"~ :-r~~ ,,~~~1 1çTfi :"11:"1,~ '-0 ,~~~11'"1::)~ ~qp~1 ,,~~7 r:t:ll\~ 1?.~11'"1::)~ NT1
«Allora dissero: Questi sono i tuoi dei, o Israele, colui che ti hanno fatto uscire dal paese d'Egitto! Ciò vedendo, Aronne costruì un altare davanti a lui e proclamò: Domani sarà festa in onore del Signore» (32,4b-5). Israele non cerca un sostituto ma un dio che si possa vedere e toccare, un dio statico perché fissato nella sua struttura. La colpa del popolo sembra essere duplice. La prima riguarda un fraintendimento: YHWH non è un dio immobile di cui si possa localizzare il trono/piedistallo alla maniera degli altri culti, nei quali la festa in onore della divinità aveva lo scopo di consacrare e animare il simulacro conferendogli poteri magici. Tale raffigurazione prodigiosa di un dio statico contraddice, dal punto di vista teologico, l'immagine del Dio vivente d'Israele- e dell'alleanza stipulata con lui- che decide di rivelarsi autonomamente e non perché costretto dagli uomini; il vitello sottintende, in fondo, l'assenza della divinità alla quale si da una forma proprio per sopperire alla sua distanza. Il secondo motivo di biasimo si spiega con la facile confusione che si può ingenerare tra l'accessorio e la divinità, portando all'identificazione del toro che si vede con la divinità che non si vede e alla sostituzione del rappresentante umano (Mosè) con la rappresentazione animale. Queste considerazioni spiegano in parte il senso di Es 32. Ma possiamo ulteriormente precisare la portata del brano se lo si collega a IRe 12, testo in cui Geroboamo I colloca due vitelli, uno nel santuario di Bete! e l' atro in quello di Dan, per
66
lo solo il tuo Dio
fare concorrenza al tempio di Gerusalemme, provocando un vero e proprio scisma religioso. L'anteriorità di questa tradizione si ricava dalla formula che il re utilizza in l Re 12,28 e che è identica a quella di Es 32,4: «Ecco, Israele, il tuo dio ( 'tuoi dei'), che ti ha fatto uscire dal paese d'Egitto» c,1~~ Yl-~~ -;-p',~ry 1 W~ ',~lip, 1,~',~ ~~-~ Il plurale di 'l, ii',~ in l Re 12 si riferisce ai due vitelli posti nei due santuari e aiuta a capire perché tale formula compaia anche in Es 32,4: solo in un secondo momento, al tempo di Geroboamo I e della sua riforma (IRe 12), Es 32 è divenuto il testo che squalifica il vitello e, di conseguenza, il santuario di Betel (e di Dan) a favore di quello di Gerusalemme. La tradizione di Es 32 ha lo scopo di condannare l'atto di Geroboamo come apostasia e rottura dell'alleanza, «come viene espresso soprattutto con la rottura delle tavole sulle quali erano scritte 'le parole dell'alleanza' (Es 34,28); essa», continua M. Noth, «pone la collocazione dei vitelli d'oro da parte di Geroboamo e l'adorazione che questi vitelli trovarono in Israele, in rapporto con una tendenza all'infedeltà presente in Israele fin dal principio» 62 • Notiamo che anche altrove nell' AT si menziona il culto verso il vitello (IRe 12,28.32; 2Re 10,29; 17,16; cf. anche 2Cr 13,8): in questi testi la polemica deutoronomista si leva contro il santuario di Betel, il cui richiamo ci permette di fare delle constatazioni proprio sul vitello d'oro di Esodo 63 • È, infatti, legittimo ipotizzare che Aronne sia l'espressione di un gruppo sacerdotale legato al culto di YHWH a Betel (Gdc 20,26-28) che aveva il toro come suo simbolo, e che
M. NoTH, Esodo, 307 Cf. H. SJMIAN-YOFRE, «L'immagine di Dio nella Bibbia ebraica», in M. CROCIATA (a cura di), Il Dio di Gesù Cristo e i monoteismi, Ciità Nuova, Roma 2003, 35-55; l'articolo rinvia anche a uno studio dell'autore dal titolo: Il deserto degli dei. Teologia e storia ne/libro di Osea, EDB, Bologna 1994 (in particolare lepp. 167-171). 62
63
Il monoteismo nel Pentateuco: nascita, fenomenologia, teologia
67
questi sacerdoti siano stati antagonisti a quelli di Gerusalemme; tale gruppo sarebbe stato voluto da Davide e da Ebiatar, figura sempre associata al re ma successivamente sostituita da Salomone. L'introduzione del toro nel tempio di Betel avrebbe come scopo la legittimazione del sacerdozio aronitico e getterebbe nuova luce su Es 32, che non sarebbe la storia dell'idolatria di Aronne e del popolo ma, in origine, l'inizio legittimo del sacerdozio a Betele del suo simbolo, il toro, alla presenza di Mosè e di suo fratello. La stesura di queste tradizioni mosaiche antiche (XI secolo a.C.) esprime, perciò, la teologia della famiglia sacerdotale aronita degli elidi (discendenti di Eli) nel santuario di Silo, il principale luogo di culto yahvista dell'epoca pre-monarchica, meta di pellegrinaggi (Gdc 21, 19; l Sam l ,3 .21) anche per la presenza al suo interno dell'arca (lSam 4) 64 • Tracce del culto legittimo del toro associato a YHWH si possono trovare anche nella predicazione del profeta Osea che, criticando 'i tori', intende squalificare il culto yahvistico di Betel e Samaria e non tanto condannare una pratica idolatrica che si consuma in questi santuari: «'Il tuo vitello ti ha ripudiato, Samaria' (Os 8,5a) implicherebbe che la religione yahvista, così come era stata praticata in Betel, benché non fosse legata a forme idolatriche, aveva respinto Samaria, diventando per essa inutile; non solo il toro-supporto, opera di uno scultore, ma anche la religione che gli artigiani del culto hanno elaborato nel corso del tempo, sono destinati a cadere in frantumi (Os 8,5.6)»65 • 64 Di questo avviso era già R. De Vaux che avanzava anche un 'ulteriore lettura sempre in rapporto al gruppo dei seguaci di Aronne: «Vi è un rapporto evidente tra l'iniziativa di Geroboamo e l'episodio del vitello d'oro al Sinai, Es 32; spesso si suppone che questa storia sia stata inventata per appoggiare la polemica contro il culto del regno del nord mediante una condanna da parte di Mosè e di Dio stesso, ma è possibile che il racconto conservi un ricordo più antico, deformato dall'ostilità degli ambienti giudaici: gruppi che si richiamavano ad Aronne avrebbero avuto il toro come segno della divina presenza che li guidava nelle loro marce, Es 32,1.4; IRe 12,28, come i gruppi richiamantisi a Mosè avevano l'arca a precederli e a segnare le loro tappe, N m l 0,33-36» (R. DE VAUX, Le istituzioni del! 'Antico Testamento, Mari etti, Genova 19773 , 331-332). 65 H. SIMIAN-YOFRE, Il deserto degli dei, 169.
68
Io solo il tuo Dio
In conclusione possiamo dire che sotto l'influsso dei culti cananei il toro sarebbe passato da piedistallo simbolico della presenza di YHWH a oggetto centrale di venerazione, similmente a quanto narrato sul serpente di bronzo di Mosè (Nm 2I) fatto distruggere da Ezechia (2Re I8,4). La condanna di IRe I2 e la ripresa di Es 32 palesa quella che sarà la teologia ufficiale che si consoliderà con la centralizzazione del tempio e la riforma anti-idolatrica di Giosia: a tale proposito dobbiamo constatare l'artificiosità di IRe I2 quando suppone che a Gerusalemme ci sia l'unico santuario legittimo, anticipando quella centralizzazione che non si ebbe al tempo di Geroboamo I ma, appunto, di Giosia (622 a.C.); una riprova di tale anacronistico spaccato religioso è data dalla predicazione dei profeti dell'VIII secolo (Elia e Osea), i quali non accennano alla situazione descritta da IRe I2.
Culto semi-aniconico: altare, stele e albero sacro
La seconda espressione iconica che prendiamo brevemente in considerazione si ritrova nel luogo di culto all'aperto, la ;,~t 6 • Abbiamo sopra menzionato i diversi clan familiari e le loro tradizioni cultuali principalmente rivolte al dio 'El, in un santuario locale collocato in una posizione elevata e in aperta campagna67 ; in questo spazio sacro si individuavano tre elementi: un altare, una stele e un albero. Il primo si attesta nella storia di Abramo presso le querce di Mamre (Gn I2,7; 13,I8 ma anche a Betel in Gn I2,8, forse in seguito all'unificazione delle tradizioni patriarcali), in quella di !sacco a Bersabea (Gn 26,25) e nella vicenda di Giacobbe a Sichem (Gn 33,20) e a Betel (Gn 35,1.3.7).
66 Cf. T.N.D. METTINGER, No Graven lmage? barelite Aniconism in its Ancient Near Eastern Context, 18-35. 67 Lv 26,30; Nm 33,52; IRe 3,2-3; 12,31-32; 13,2.32; 14,23; 2Re 12,3; 17,9.29.32; 18,4.22;23,5.8-9.13.19-20; 2Cr 11,15; 14,3.5; 15,17; 17,6; 20,33; 21,11; 28,4.25; 31,1.12; 33,3.17; 34,3; Ger 19,5; 32,35; 48,35; Ez 6,6; 20,29.
Il monoteismo nel Pentateuco: nascita, fenomenologia, teologia
69
Per quanto riguarda il secondo elemento presente nei santuari all'aperto, famosa è la pietra usata come guanciale da Giacobbe e consacrata come stele (i1~~~) a Betel (Gn 28,18.22; 31,13; 35,9-15), come segno dell'incontro-scontro con l'angelo; un'altra stele si ritrova a Galaad quando Giacobbe fa alleanza con Labano: un mucchio di pietre viene riversato sulla prima stele (o accanto, il testo è ambiguo), facendo di quel cumulo un luogo sul quale celebrare un pasto sacro, luogo che riceve addirittura un duplice nome dai due contraenti («Làbano lo chiamò Iegar-Saaduta, mentre Giacobbe lo chiamò Gal-Ed', 31 ,47) a conferma della sua importanza rituale (deve vegliare sui loro propositi e sugli impegni assunti, segnando anche la zona off-limits dei territori, Gn 31 ,43-53). Anche ai piedi del monte Sion (le dodici steli erette da Mosè, Es 24,4), a Sichem (posta sotto il terebinto) e come segno dell'alleanza al tempo di Giosuè (Gs 24,26), la stele ha un valore testimoniate. I termini utilizzati dai testi sono sia il generico p~ sia il più preciso ;,~~~: la differenza con le altre pietre è data dall'esplicita volontà di porre in essere un atto religioso - in un contesto in cui si compiono unzioni, pasti sacri e sacrifici - che rimanga nella memoria futura. Per quanto riguarda, infine, l'albero sacro, poteva essere una quercia come a Mamre (Gn 31,18; 14,13; 18,1), a More (Gn 12,6; Dt 11,30) o a Betel (Gn 35,8), un tamerisco come quello piantato da Abramo a Bersabea (Gn 21,33), un terebinto sotto il quale Giacobbe seppellisce i monili e gli dei stranieri appartenenti al suo clan presso Sichem come segno di riconoscenza (Gn 35,4; anche Gs 24,26), oppure un qualsiasi albero verde che simboleggiasse potenza e vita. Questa religiosità del tempo dei patriarchi è pre-yahvistica, riflettendo la situazione cultuale della Cisgiordania centrale (territorio di Efraim) immediatamente prima dell'arrivo del gruppo mosaico che si riconosceva nel dio liberatore YHWH (1200 a.C.), e che soltanto attorno al1000 a.C. si diffuse nella regione montuosa della Giudea. C'è stato un periodo, infatti, in cui queste tradizioni antiche a carattere regionale hanno convissuto con la fede yahvistica, sebbene alcuni aspetti di questa religiosità siano sopravvissuti fino all'VIII secolo a.C.
Io solo il tuo Dio
70
Ciò che ci interessa rimarcare è il graduale abbandono di tali pratiche semi-aniconiche e ciò come espressione di una religiosità superiore: come fa notare T.D.N. Mettinger, il rapporto tra culto aniconico e yahvismo «è un indice del grado di 'spiritualità' di una religione» 68 •
L'assimilazione politico-religiosa sotto il regno di Davide Il momento di svolta dello yahvismo si ha con Davide. Le diverse motivazioni politiche e belliche che portarono alla richiesta di un re come gli altri popoli della terra (l Sam 8), segnarono l'inizio della monarchia sotto la conduzione di Saul e, soprattutto, sotto la guida di Davide. La sua ascesa al trono prima a Ebron (1010-1003 a.C. circa) e poi aGerusalemme (l 003-970 a.C. circa), viene raccontata da quel cerchio di intellettuali che trovano nel sacerdote Ebiatar la propria espressione teologica, concentrando attorno al tempio di Silo i propri interessi. Il figlio di lesse viene rappresentato con un tratto religioso particolare: l'ardente fede yahvistica. La diffusione dello yahvismo, grazie alle guerre per YHWH da lui intraprese (l Sam 18, 17; 25,28), si spiegano richiamando cinque aspetti principali del suo mandato regale: a) solo con Davide si ha la graduale unificazione del regno, mentre precedentemente egli è acclamato re solo in Ebron (2Sam 2,1-5,5); l'annessione del regno della Giudea fino a Bersabea segna l'espansione dello yahvismo che fino a quel momento sembra essere sconosciuto in quella zona, facendone la religione ufficiale; b) l'espansione davi dica raggiunge anche il nord e le zone costiere delle pianure di Yzreel, di Sharon e Akko, territori sottratti all'influenza e alla religiosità filistea e annessi alla nuova religione yahvistica; 6R
T.N.D. METTINGER, No Graven Image? Isarelite Aniconism in its Ancient
Near Eastern Context, 38.
Il monoteismo nel Pentateuco: nascita, fenomenologia, teologia
71
c) l'avanzamento del potere davidico vede nella traslazione dell'arca da Silo a Gerusalemme l'apice di un movimento che è allo stesso tempo politico e religioso (2Sam 6): Davide trasferisce la capitale del suo regno dal precedente centro religioso yahvistico al nuovo, simbolizzando l'ascesa di YHWH come capo degli eserciti israeliti con l'ingresso dell'arca sotto la benedizione di Ebiatar. d) la nascita e/o l'incremento di un'attività di composizione: «È probabile che proprio a uno scriba di questa cerchia monarchica», notiamo con A. Lemaire, «sia dovuta la prima stesura scritta delle tradizioni patriarcali unificate, in cui il rilievo attribuito al ruolo di Abramo, antenato degli ebrei, corrisponde per così dire a quello di David a capo della monarchia unificata» 69 . Questo spiega perché da questo momento in poi si seguirà la sequenza genealogica Abramo-!sacco-Giacobbe: si abbandona la memoria storica dei Benè Yacob per evitare di dare enfasi al passato che ha visto la separazione dei primi clan, smorzando così ogni tendenza separazionista del nord e sottolineando l'unità religiosa che rimonta a un unico patriarca70 • A ciò si deve aggiungere la perdita di potere del
69 A. LEMAIRE, La nascita del monoteismo, 49. Le opinioni degli studiosi divergono sull'inizio storico delle tradizioni scritte: pur convenendo con Lemaire segnaliamo, a tale proposito, la posizione J.C. Gertz che afferma che il monoteismo è iniziato alla fine di Samaria e sotto il regno di Manasse, quando si costruisce la saga di Mosè per contrastare l'avanzata d eU' Assiria; successivamente, nel periodo post-esilico, la fede nell'unico Dio è stata retro-datata addirittura alla storia dei patriarchi e fatta risalire alla creazione raccontata in Gn 1-11 (Mose und die Anfiinge der Jiidischen Religion, in Zeitschrift fiir Theologie und Kirche 99 [2002], 3-20). Dalle riflessioni consegnate in queste nostre pagine va emergendo, tuttavia, che non si può parlare di monoteismo pieno nei testi genesiaci che rimangono ancorati a una prospettiva polienoteistica. 70 Non è da tralasciare il ruolo della comunità post-esilica (golah) nel rielaborare la figura di Abramo, così come ipotizza J.L. Ska; Abramo sarebbe l'immagine del primo pellegrino che giunge dalla Mesopotamia, un viaggio che prefigura quello dei rimpatriati; «La figura di un Abramo fedele e obbediente, che osserva la Legge e insegna ai suoi figli a fare altrettanto, proviene con tutta probabilità, da una composizione o da una serie di riletture post-esiliche»: J.L. SKA, «Essai sur la nature et la signification du cycle de Abraham (Gn 11,27-25,11)», in A. WÉNIN (ed.), Studies in the Book ofGenesis. Literature, Redaction and History, Leuven University Press, Leuven 2001, 169. Cf. anche
72
lo solo il tuo Dio
santuario di Sichem (cuore dell'ideologia dei Bene Yacob) fatto distruggere dal faraone Sheshonqi I a favore di quello di Silo. L'occultamento della tradizione di Sichem fu successivamente completato dai deuteronomisti in seguito alla caduta del regno del nord (722 a.C.). e) un forte sviluppo dell 'urbanizzazione che portò in pochi decenni all'aumento del 25% della popolazione (50.000 a 75.000), con la nascita di una classe media di 'intellettuali' che prese le distanze dalla religiosità folkloristica dominante71. L'aumento della distanza tra le classi sociali fu anche di natura economica grazie alla crescente specializzazione delle mansioni lavorative, e ciò provocherà nei secoli successivi quella frattura sociale tra ricchi e poveri che i profeti denunceranno con vigore. I cinque elementi appena richiamati non sembrano avere un effetto religioso eccessivamente traumatizzante, grazie alla politica perpetrata che non mostra i tratti dell'esclusivismo imponendo l 'unificazione tribale e religiosa, ma si mostra tollerante con le tradizioni patriarcali pur individuando in YHWH e in Davide il fulcro nel nuovo assetto d'Israele. In una simile situazione possiamo ipotizzare una differenziazione interna relativa all'adesione al nuovo dio: forse YHWH non era il dio di tutte le tribù o, meglio, non lo era allo stesso modo perché il suo culto abbracciava con intensità diversa l'intera area geografica Le consuetudini religiose precedenti, in ogni caso, non sono cancellate ma integrate e incanalate nello yahvismo, conferendo loro un nuovo orizzonte di senso. In questo senso possiamo dire- attingendo dalle acquisizioni della sociologia della religione che spiega l'espressione religiosa dominante come risultato di una serie complessa di fattori già in parte contenuti in quella precedente-, che le tradizioni patriarcali non rappresentano un semplice step verso la fede yahvistica
F. DALLA VECCHIA, «Abramo. All'origine d'Israele: il dibattito sull'identità nazionale», in A. PASSARO- A PITTA (a cura di), Abramo tra storia e fede, EDB, Bologna 2014, 25-47. 71 Cf. W.G. DEVER, Did God Have a Wife?, 274.
Il monoteismo nel Pentateuco: nascita, fenomenologia, teologia
73
ma ne costituiscono un vero e proprio substrato, che ha determinato quella specifica espressione storica della religione d'Israele nel suo Dio. Esplicitando una delle modalità con cui si passa dal politeismo al monoteismo, abbiamo menzionato la 'traduzione', operazione che si può collegare a questa politica dell'assimilazione di più divinità n eli 'unico nome/presenza di YHWH. Le divinità patriarcali che attorno al dio 'El avevano avuto diversi nomi e caratterizzazioni, con l'unificazione della monarchia vengono convogliate nel gran dio YHWH, e lo stesso YHWH, a sua volta, fu considerato come un altro nome con il quale il dio riconosciuto dai padri si era manifestato ad Abramo, !sacco e Giacobbe. Quest'assimilazione si palesa in alcuni testi: Es 3,6
:!p~~ '::1"~,. pçt::;: 'D"~ CçtT?~ 'D"~ '9'::1~ '::1"~ ':::~~ ,7?~~1 t!l':ln~ ~,, -
"
''T
':l 1'JS ;,wb •
T T
','
,no~, •·
: --
«E disse: 'Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di !sacco, il Dio di Giacobbe. Mosè allora si velò il viso, perché aveva paura di guardare verso Dio'».
,w~ '~li 'Jli-n~ 'n'~, '.'
:,'~k:;>~-n~
-:
'
-
'T!
'."
'
'
T
Es 3,7 ;,k, m;,' ,~~~, T
T
:
'."
-
':13?1: ':: 1'ip~~ '~~~ 'Dl?~~ c~R~~rn~: c:1~~~
«Il Signore disse: 'Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sorveglianti; conosco infatti le sue sofferenze'». Es 3,15 ;,wb-',~ c';,',~ 1ìli ,~~~1 C:"i,:!~
':i"~ c::'nj~ ':i"~
:11:1' ·',~,ci,
'J:l-',~ ,~~n·-n~
,, ,-,7 ,,~ìT ~r1 o·~;~ ,;w~nr'c;,~~ 'JÒ~~ ;~~~ 'D~~1·.·p~~, ';::t',~
74
lo solo il tuo Dio
«Dio aggiunse a Mosè: 'Dirai agli Israeliti: Il Signore, il Dio dei vostri padri, il Dio di Abramo, il Dio di I sacco, il Dio di Giacobbe mi ha mandato a voi. Questo è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione'». Es 6,3 ory7 ~n~""JiJ ~'-, ii'ii~ ~~~, ~ltP '-,~~ :::~~~-'-,~~ pJ;1~~-'-,~ Oti'~~-'-,~ Kl~' «Sono apparso ad Abramo, a !sacco, a Giacobbe come Dio onnipotente, ma con il mio nome di Signore non mi son manifestato a loro». I testi depongono a favore dell'integrazione operata dalla tradizione sacerdotale dei vari culti del dio 'El con quello di YHWH, divinità che assumerà a sua volta nuovi tratti mutuati dalla combinazione con la divinità cananea (dio supremo, creatore, guaritore, sapiente, ecc.) 72 • Questo processo di assimilazione è sostanzialmente pacifico perché non sembrano esserci tracce di conflitto tra YHWH ed 'El: «Non si tratta ancora di un monoteismo in senso stretto; ma è nello stesso tempo una concezione di Dio che ha già abbandonato il politeismo tipico; là, infatti, ogni dio è soltanto un elemento di una costellazione divina; questa concezione di YHWH del tempo primitivo è finita con la decisione davidica per una società statale comprendente anche i non israeliti [.. .]: in tale contesto ci fu certamente anche un 'movimento per il solo YHWH', che alla fine portò a una nuova forma della monolatria yahvista» 73 •
72 «In questo, come anche per altri aspetti», fa notare J. Blenkinsopp, «P è molto esplicito e schematico, poiché la rivelazione progressiva dei nomi divini in P - prima Elohim, poi 'El Shaddai ed infine YHWH - corrisponde a successive fasi dell'economia salvifica, a successivi interventi di Dio nella storia del mondo e del suo popolo» (Il Pentateuco. Introduzione ai primi cinque libri
della Bibbia, 175). 73 N. LOHFINK, «Per una storia della discussione sul monoteismo nell'Israele antico», in N. LOHFINK- E. ZENGER- G. BRAULIK- J. SCHARBERT (a cura di), Dio l'Unico. Sulla nascita del monoteismo in Israele, Morcelliana, Brescia 1991,21.
Il monoteismo nel Pentateuco: nascita, fenomenologia, teologia
75
In Gn 14,18-22, un testo che risale probabilmente al tempo di Davide, si legge che Melchisedeq è sacerdote del Dio altissimo e che era re di Salem, l'antico nome di Gerusalemme. Ciò che segna questa transizione da 'El 'Elyon a YHWH è la consegna della prerogativa primaria del primo (dio creatore) al secondo (che in origine è un dio guerriero): Gn 14,18 Gn 14, 18 «Intanto Melchisedek, re di Salem, offrì pane e P~-~--~s~, vino: era sacerdote del Dio al- S~~ 1:1~ Nii!] l~ cry7 N'~i! eS~ l~ tissimo li'~~ Gn 14, 19 e lo benedisse con Gn 14,19 queste parole: 'Sia benedetto li'~l1 S~~ Cl~~ li,~ ,~N~J ii!;,l?~J Abram dal Dio altissimo, crea:S!:i~ ii?'~~ ;s- 1 !)~J tore del cielo e della terra, Gn 14,20 e benedetto sia il Dio Gn 14,20 altissimo, che ti ha messo in 1)~~ ';r:r~ p~-,w~ li'~~ s~ l,,~, mano i tuoi nemici' gli diede la :'S!:i~ ,i?'l!,~ ;S-l!)~J decima di tutto. Gn 14,21 Poi il re di Sòdoma disse adAbram: 'Dammi le persone; i beni prendili per te'.
Gn 14,21
tLì~~tr -S-11) C1~~-Stt C19-l7~ i~N~J
:l'f-n~ tLì~.l~l Gn 14,22 Ma Abram disse al re di Sòdoma: 'Alzo la mano davanti al Signore, il Dio altissimo, creatore del cielo e della terra'».
Gn 14,22
'i~ 'nb',ti c19 l77tS~ C1~N i~N~J
:n~~ c-~~ i!~.P li'~~ s~ i!~i!~:.s~
Concludendo possiamo dire, pertanto, che l'assimilazione 'El/'Elyion- YHWH segna un punto di svolta, e se da un lato comporta lo svuotamento delle divinità dei padri, dali' altro arricchisce la personalità di YHWH che originariamente era
76
lo solo il tuo Dio
principalmente dio guetTiero e, probabilmente, dio della tempesta74. Questa transizione, com'è facilmente comprensibile, ha richiesto un certo tempo e, stando all'indagine statistica delle occorrenze dei nomi teofori nelle varie tribù d'Israele (con particolare attenzione a Giuda e Beniamino), notiamo con J. De Moor che fino al tempo della nascita della monarchia il nome El era più attestato di YHWH: solo da Davide in poi si ebbe l'incremento della presenza di nomi propri di persona legati a YHWH, compiendo un processo iniziato almeno due secoli prima75 . Pertanto possiamo ragionevolmente concludere che, «anche se il principio dell'assimilazione e non del rifiuto dei culti tradizionali sembra acquisito verso l 'inizio del regno di Davide, a partire dal momento in cui questi diventa re di Giuda, ci si trova di fronte a un processo la cui applicazione continuò forse per tutto l'inizio del periodo monarchico, probabilmente sino alla riforma di Ezechia attorno alla fine dell'VIII secolo a.C.>> 76 .
Il rigetto esplicito di Ba'al Accanto all'acquisizione pacifica e alla conseguentemente diffusione dello yahvismo come religione ufficiale, si segnala l'opposizione ad altre forme di culto le cui divinità sono ritenute concorrenti di YHWH, e tra queste si segnala Ba'al.
74 Secondo E.A. Knauf il nome Yahwe si spiega collegandolo all'epiteto divino formato dall'imperfetto del verbo hwy il cui significato sarebbe 'soffiare (il vento)' che trae origine da una radice nord-arabica: «Yahwe», VT34 (1984), 467-472. Una simile spiegazione, tutta da verificare, avvalorerebbe l'idea di YHWH come un dio cosmico e della bufera (cf. Sal30). 75 Cf. J. DE MooR, The Rise ofYahvism: the Roots of Israelite Monotheism, 23-40: «I nomi personali della Bibbia fino al tempo di Davide mostrano una preferenza non per YHWH ma per 'El; questa tendenza è presente in ogni tribù d'Israele; tuttavia, il numero dei nomi teofori con YHWH è così alto che dobbiamo prendere atto che la popolarità dello yahvismo iniziò molto prima che Davide facesse di Sion il centro nazionale del culto a YHWH» (p. 39). 76 A. LEMAIRE, La nascita del monoteismo, 51.
Il monoteismo nel Pentateuco: nascita, fenomenologia, teologia
77
Ba'al in diverse lingue semitiche (accadico, ugaritico, fenicio, aramaico ed ebraico), è un nome comune e significa 'signore/marito'. In genere si legge l'espressione 'il dio X, ba' al (signore) di quel luogo', come quando si parla di Ba' al di Peor (N m 25,3.5; Dt 4,3; Os 9, l O; Sal l 06,28) per indicare un luogo di culto in Transgiordania, di Ba'al-Berit, dio di Sichem (Gdc 8,33; 9,4) e di Ba'al-Zebub, dio di Ekron (2Re 1,2.6.16). Si attesta anche l'uso di Ba'al come nome proprio della divinità senza ulteriori toponimi, e ciò già nei testi paleo-assiri, amorrei e egizi (secolo XVII a.C.), ittiti (secolo XV a.C.), in Ugarit (XIII secolo a.C.) ed el-Arnama (XIV secolo a.C.), e nel mondo fenicio qualche secolo dopo (dal l 000 a.C. in poi). La descrizione più precisa di Ba' al ci è giunta attraverso i miti di Ugarif 7 . Come abbiamo avuto già modo di osservare, egli è figlio del dio 'El che, pur essendo il genitore degli dei, non ha alcun valore attivo nel pantheon. Ba'al scatena una guerra contro il padre 'El, il dio supremo, per prendeme il posto e conquista anche le due mogli di 'El, Atirat e Anat, che è anche sua figlia; quest'ultima è associata pure ad Astarte ('Astoret). Atirat, invece, è solo occasionalmente presentata come sposa di Ba' al anche se n eli' Antico Testamento essa diventa la sua sposa con il nome di 'Aserah. Anche 'Astoret (nome assiro Ishtar) appare, al pari di 'Aserah, come moglie di Ba'al nella Bibbia, la cui venerazione in Israele è fatta risalire alle moglie di Salomone (IRe 11,1-8; si registra una certa confusione tra 'Aserah e 'Astoret - nome che è utilizzato anche al plurale - almeno stando a 2Re 23, 15; 2Re 21 ,3; 2Cr 33,3)1 8 • Sulla regalità di Ba'al (ottenuta con la sconfitta di Yam e Mot, il mare e la morte) e sul rapporto conflittuale con 'El ci sono alcune teorie che negano la totale sostituzione del dio
77 G. DEL OLMO LETE, Mitos y legendas de Canacin segun la tradici6n de Ugarit, Ediciones Cristianidad, Madrid 1981; cf. anche M.S. SMITH, «lnterpreting the Baal Cycle», in Ugarit-Forschungen 18 (1986), 313-339. 78 La confusione aumenta anche perché LXX in alcuni casi traduce 'Aseriih con Astarte (2Cr 15, 16).
78
Io solo il tuo Dio
sovrano con il giovane re, anche perché la dignità regale è ugualmente detenuta da entrambi; al dio supremo spetterebbe un primato teogonico in quanto egli domina sugli dei più anziani, mentre al giovane Ba'al un primato cosmogonico 79 • Questo dio in ascesa, al quale si dedicavano diverse feste tra le quali quella più importante in autunno, festa della vendemmia, ha competenze metereologiche e belliche, e nella Bibbia è messo in relazione alla regione della Fenicia. Ed è proprio alla regina fenicia Gezabele che viene accollata la colpa del peccato del marito e del popolo d'Israele: «Acab, figlio dì Omrì, fece ciò che è male agli occhi del Signore, più di tutti quelli prima di lui. Non gli bastò imitare il peccato di Geroboamo, figlio di Nebat, ma prese anche in moglie Gezabele, figlia di Etbàal, re di quelli di Sidone, e si mise a servire Ba'al e a prostrarsi davanti a lui. Eresse un altare a Ba'al nel tempio di Ba'al, che egli aveva costruito a Samaria. Acab eresse anche il palo sacro (ill!L.i~) e continuò ad agire provocando a sdegno il Signore, Dio d'Israele, più di tutti i re d'Israele prima di lui» (IRe 16,30-33).
La letteratura deuteronomista ha già messo in guardia dalle donne straniere a proposito delle numerose mogli di Salomone, a causa delle quali il re saggio per antonomasia cede all'idolatria (IRe 11); lo stesso metro di valutazione viene applicato ad A cab la cui moglie Gezabele, essendo figlia di un re godeva, come comprensibilmente si potrebbe pensare, di alcuni diritti di rango; per tale ragione egli passerà alla storia biblica come un sovrano idolatra (IRe 16). In effetti, ciò che il racconto sottolinea non è tanto una religiosità privata ma
79 Cf. L. SEMBRANO, «Il regno di Dio nel Primo Testamento», in S.A. PANIMOLLE (a cura di), Regno di Dio nella Bibbia, Borla, Roma 2011, 53-57. La difficoltà nell'interpretare i testi dipende dall'eterogeneità dei generi (amministrativi, miti, leggende, ecc.), dalla qualità variabile della scrittura delle tavolette (facendo pensare a tavolette confezionate come semplici esercizi scolastici o, al contrario, ad altre molto più raffinate e curate, frutto della mano di scribi esperti o, addirittura, di uno stesso scriba) e, infine, dal non chiaro ordine con cui leggere i testi ritrovati (i miti, per esempio, sono inseriti in dei cicli di racconti la cui sequenza non è sempre chiara).
Il monoteismo nel Pentateuco: nascita, fenomenologia, teologia
79
l'ufficialità del ba'alismo di cui è segno la notevole prosperità dei suoi sacerdoti, così come emerge dal ciclo di Elia (i quattrocentocinquanta profeti: IRe 18-19)80 • Fuori dalle fonti bibliche, la riprova della diffusione del ba'alismo è data dall'onomastica degli ostraca di Samaria all'inizio dell'VIII secolo a.C.: i nomi propri teofori di Ba'al sono molto più numerosi di quelli yahvisti, e ciò si segnala maggiormente nella classe media, tra gli amministratori delle fattorie, i commercianti e non solo tra i fenici stranieri; attestata era, infatti, la fede in Ba' al particolarmente in questa regione al confine con la ricca zona costiera dove, forse, YHWH era venerato con minore fervore8 1• Elia ( 'eliyyiihu da 'el, Dio, e yiih, YWHW: 'il suo Dio è YHWH'), proveniente da una regione più ortodossa (Galaad in Transgiordania), fa del monte Carmelo il limite oltre il quale il ba'alismo non deve giungere, fissando una gara decisiva tra le due divinità -entrambi sono dei della tempesta- e per tale ragione dichiaratamente concorrenti (l Re 18, 18-46). Se abbiamo constatato l'assimilazione di YHWH al dio 'El, non si può perciò dire la stessa cosa di Ba' al: l' ordalia sul monte Carmelo, vuole ripristinare non tanto il monoteismo in sé quanto l 'unicità che lega YHWH a Israele: «Il profeta Elia e disse: Signore, Dio di Abramo, di !sacco e d'Israele, oggi si sappia che tu sei Dio in Israele (~~nt;1:=ll c,;,',~ ;,~~-,:: )» (IRe 18,36).
80 Lo studio di J. Anderson offre un'interpretazione diversa e interessante dei fatti collegati ad Acab e alla sua famiglia. Sarebbe da ricollegarsi proprio alla dinastia Omridi la prima tappa nella crescita di YHWH come il dio principale di Israele; solo successivamente i teologi del sud descrissero gli Omridi come idolatri e avversi' a YHWH, ma ciò avvenne perché si rese necessario prendere le distanze dal santuario di Bete! a favore di quello di Gerusalemme, assumendo il patrimonio degli Ornridi ma misconoscendo le origine settentrionali dello yahvismo: J. ANDERSON, Monotheism and Yahweh's Appropriation ofBaal, 99-122. 81 «A giudicare dall'onomastica, questa popolazione [attorno a Samaria] aveva origini diverse; si ritrova qualche nome di origine egiziana, un certo numero di nomi yahvisti tipicamente ebraici e, soprattutto, molti nomi appartenenti a un comune sfondo semitico e specialmente cananeo»: A. LEMAIRE, Inscriptions hèbrai'ques. Tome I, Cerf, Paris 1977, 55.
80
Io solo il tuo Dio
Lo scontro aperto tra Elia e il ba'alismo si risolverà nell'841 a.C., quando Ieu fece scomparire Ba'al da Israele (2Re l 0,28), mentre a Gerusalemme Ioas fece distruggere il tempio dedicato proprio a Ba' al (2Re 11 ,4-18), anche se il culto a Ba'al continuerà fino al secolo VIII a.C. come testimonia Osea (2,8.13.17; 11,12), per poi ricevere un nuovo impulso da Manasse nel regno di Giuda nel VII secolo a.C. (2Re 21, 1-9). La presenza di Ba 'al e di altri idoli è, infine, denunciata dalla riforma di Giosia (622 a.C.) quando si porrà definitivamente fine, almeno stando a quanto i deuteronomisti riferiscono, ali' idolatria in Israele (2Re 22-23). La motivazione della forte opposizione tra Ba'al e YHWH nasce, dunque, dalla stretta somiglianza di prerogative tra i due, espressa anche dalla tipologia esclusiva che li lega agli uomini 82 • Concludiamo questo paragrafo con una necessaria precisazione sull'estensione del culto baalistico: se è vero che Ba'al è inconciliabile con YHWH, ciò è vero «a livello di teologia ufficiale, perché nella religione dei comuni mortali, almeno fino a una certa epoca, predominava un sereno sincretismo nel quale la devozione a YHWH doveva convivere accanto a quella per 'Aserah, la sua sposa cananea, per lo stesso Ba' al e per molte altre figure minori, il cui destino sarebbe stato di trasformarsi o in accoliti del Dio d'Israele, o in figure 'demoniache' da lui stesso combattute, vinte, distrutte o asservite ai suoi ordini>> 83 •
82 Secondo l'opinione di O. Loretz, Israele sviluppò la confessione della propria fede (Dt 6) trasferendo i testi di Ras Shamara-Ugarit da Ba'al a YHWH: O. LORETZ, L 'unicità di Dio. Un modello argomentativo orientale per !'«Ascolta Israele!», Paideia, Brescia 2007, 95. 83 P. XELLA, Da Baal di Ugarit agli dèi.fenici: una questione di vita e di morte, in Io. (a cura di), Quando un dio muore, 75.
Il monoteismo nel Pentateuco: nascita, fenomenologia, teologia
81
Storicità della riforma di Giosia Il dibattito sulla storicità della riforma di Giosia - la cui attendibilità fu messa in discussione già nel 1923 84 - è ancora aperto, suscitando prese di posizione sia per confermare gli eventi narrati sia per sconfessarli. Per T. Romer 2Re 22-23 sarebbe un racconto ascrivibile al genere 'mito di fondazione': i deuteronomisti vogliono
84 Cf. H. HòLSCHER, Das Buch der Konige, seine Quellen und seine Redaktion, in H. GUNKEL (ed.), Eucharisterion. Studien zur Religion und Literature des Alten und Neuen Testament. Teil l, Vandenhoeck & Ruprecht, Gottingen 1923, 158-213.
82
lo solo il tuo Dio
interpretare e motivare la distruzione del tempio avvenuta alcuni anni dopo ad opera dei Babilonesi. In effetti, è legittimo chiedersi quale senso abbia potuto avere la purificazione del tempio e della fede se comunque, successivamente, la distruzione di Gerusalemme non è stata evitata. Commenta Romer dicendo che «la purificazione del tempio non fu davvero di grande utilità, se fu distrutto pochi decenni dopo; ma la scoperta del libro offriva la possibilità di comprendere questa distruzione e di prestare culto a YHWH senza alcun tempio. Il motivo del ritrovamento del libro è senza dubbio comune nella letteratura antica ed è solitamente impiegato per cambiamenti in questioni religiose, economiche e politiche» 85 • Il racconto di 2Re 22-23 non avrebbe, perciò, alcun valore storico in quanto è una costruzione letteraria e una convenzione testuale. Per avvalorare tale posizione l'autore adduce testimonianze convincenti mutuate anche dalla prassi delle corti egizie e babilonesi86 • A livello testuale si segnala l 'interruzione del racconto iniziato con 22,3-7 e ripreso con il v. 8; questo sarebbe il primo dei due racconti presenti nel capitolo del racconto iniziato con 22,3-7 e ripreso con il v. 8; questo sarebbe il primo dei due racconti presenti nel capitolo 22 legato al restauro del libro; i vv. 8.10.11.13.16-18.20 costituirebbero il 'racconto del ritrovamento' (poi ripreso anche in 23, 1-3), frutto di un redattore post-esilico. Con onestà intellettuale si riconosce, tuttavia, anche la plausibilità di una tale riforma. Alla fine del VII secolo a.C., infatti, si creò un breve periodo nel quale l'influenza assira si fece quasi assente; se i dati di 2Re
85 T. ROMER, Dal Deuteronomio ai libri dei Re. introduzione storica, letteraria e sociologica, Claudiana, Torino 2007, 52-53. 86 Si rimanda all'opera egizia il Libro dei Morti che riferisce del ritrovamento del capitolo 64 dell'opera rinvenuto sotto il piede della divinità e riferito ai primordi dell'epoca egizia (l'opera ebbe una stesura finale verso il 644-525 a.C.).
Il monoteismo nel Pentateuco: nascita, fenomenologia, teologia
83
22, l sono veritieri, Giosia, al momento di assumere il potere aveva otto anni; questo significa che gli scribi - i deuteronomisti - potrebbero aver regnato in sua vece avviando una risistemazione dell'apparato religioso ed economico. Questa ipotesi spiegherebbe i mutamenti legati al culto astrale che nel VII a.C. scompare o si ridimensiona: i segni raffiguranti le divinità del cielo mancano totalmente dai 260 sigilli legati alla corte gerosolimitana e ritrovati nel 600 a.C. Storicamente questa assenza si può spiegare in concomitanza alla perdita dell'influenza della cultura e della religione assira. Una posizione che, in un certo senso, si pone nella linea di un compromesso, è sostenuta da chi distingue tra massimalisti - gli studiosi che riconoscono la storicità dei testi in questione senza esigere prove certe ma accontentandosi di argomenti ragionevoli - e minimalisti coloro che metodologicamente procedono solo in base a dati archeologici ineccepibili e chiari-, nella convinzione della «veridicità di fondo» 87 della riforma giosiana. Riportiamo gli argomenti a sostegno di questa tesi di compromesso. In breve si possono indicare una serie di motivi letteraricorroborati dal dato della distruzione dei 'segni' della religiosità cananea: a) la presenza in testi di Amos dell'appellativo YHWH'Elohìm, la cui coniazione risale al tempo di Elia, di raccomandazioni circa la giustizia sociale e dei valori annunciati dai profeti dell'VIII secolo a.C.; b) l 'utilizzo della forma verbale hiphil in oracoli (Is 8,23b; 9,1-4; 2Sam 7,8b-17; Dt 26,5b-9) che risalirebbero - almeno nella forma più antica - all'VIII secolo a.C., esprime la 'teologia della storia' riconducibile al tempo di Giosia: «la forma verbale causativa, usata nel contesto dell'esodo e della guerra, apre all'idea di una
87 L. LEPORE, La storicità del "manifesto" di Giosia, in Bibbia e Oriente 215 (2003) 7.
lo solo il tuo Dio
84
divinità che, schierata dalla parte di Giosia, per mezzo di lui[ ... ] spezza la verga dell'aguzzino e le divise dell'esercito assiro» 88 ; c) la celebrazione del patto nel quale Giosia media il rapporto tra Dio e il popolo in 2Re 23,1-3, richiama nel vocabolario - siimiir, 'adot, mi.yw6t, buqq6t - analoghe stipulazioni neo-assire legate al tempo di Sargon II e Asharardon. d) la condanna delle ma.y.yevot, le stele legate alla religiosità cananea; tale pratica consisteva n eli' erezione di un palo a ricordo di una presenza del divino (cf. per esempio Gn 18,28: la stele di Giacobbe dopo il sogno della scala). Il risoluto atteggiamento di condanna, a fronte di una certa tolleranza in testi della Genesi e anche di Osea, fa pensare che sia intervenuto un cambiamento di notevole importanza se tale pratica arcaica fu poi aborrita. In conclusione, la veridicità della riforma di Giosia si spiega in rapporto all'assoluta novità intervenuta nella religiosità d'Israele- il monoteismo- 'incubata' in quel tempo e del quale le diverse redazioni del deuteronomista sarebbero conseguenza e non causa. (Cf. S. Pinto, "Io sono un Dio geloso", 74-77).
YHWH e la sua 'Aserah
Did God have a wife? Con questa domanda provocatoria W.G. Dever intitola il suo lavoro sulla religione nell'antico Israele, in cui dedica grande attenzione al mondo femminile e alla sua religiosità. Senza troppo diritto di appello egli afferma, argomentando con dovizia di particolari, che «tutte le maggiori divinità neIl' Antico Vicino Oriente era accoppiate; come possiamo ancora continuare a insistere che l'antico 88
lvi, 21.
Il monoteismo nel Pentateuco: nascita, fenomenologia, teologia
85
Israele era 'unico'?» 89 • Egli muove da una prospettiva ermeneutica che considera la religiosità biblica troppo 'ingenua' (candid) perché riporta quello che 'ufficialmente' si doveva credere, mentre la realtà dei fatti sconfessa il monoteismo maschilista che gli agiografi hanno voluto propagandare. La riforma religiosa del 622 a.C. rappresenta, in questa prospettiva, solo una finzione teologica. Evitando questi eccessi che svalutano integralmente il dato biblico nella sua storicità, apprendiamo da 2Re 22-23 che Giosia intende purificare il tempio di Gerusalemme da tutte quelle incrostazioni sincretiste volute dai re d'Israele, e tra queste spicca, oltre già richiamato Ba' al, la figura 'Aserah: «Il re (Giosia) ordinò al sommo sacerdote Chelkia, ai sacerdoti del secondo ordine e ai custodi della soglia di condurre fuori dal tempio tutti gli oggetti fatti in onore di Ba'al, di 'Aserah (;,lfL.i~) e di tutta la milizia del cielo; li bruciò fuori di Gerusalemme, nei campi del Cedron, e ne portò la cenere a Betel>) (2Re 23,4). Chi è questa 'Aserah? Nel XIV secolo a.C. compare nelle lettere di el-Amama il nome 'Abdi-Ashirta, nome conosciuto in Mesopotamia nella forma Ashartu già al tempo del regno di Hammurabi (1792-1750 a.C. circa). A Ugarit il corrispettivo di 'Abdi-Ashirta sembra essere Athirat, la signora del mare, creatrice e genitrice degli dei, che a Tiro ha un santuario importante. Tuttavia si perdono le tracce di questa figura chiamata con questi nomi: Athirat/' Aserah appare nel I millennio soltanto nell'epigrafia sud-arabica, quindi lontano dalle zone normalmente interessate dalla Bibbia. Nel 1969 W.G. Dever scoprì in una tomba giudaica di Khirbet el-Qom (forse il sito biblico di Maqqeda, 15 km a ovest di Hebron) un'iscrizione paleoebraica della metà dell'VIII secolo a.C.: 'Per YHWH e la sua' Aserah' 90 ; e dato che normalmente ogni pantheon era presieduto da una coppia, si W.G. DEVER, Did God Have a Wife?, 167. W. G. DEVER- H.D. LANCE- G.E WRIGGHT (eds.), Gezer /: Preliminary Report ofthe 1964-66 Seasons, Keter, Jerusalem 1970. L'iscrizione è incisa due volte e quindi difficile da leggere, anche perché la seconda incisione non 89
90
86
lo solo il tuo Dio
pensò immediatamente che 'Aserah fosse la sposafparedra di YHWH. Un altro famoso sito archeologico fu scavato tra il 1975 e il1976, ed è quello della fortezza giudaica di Kuntillet 'Ajrud (VIII secolo a.C. nel Sinai tra Qadesh-Barnea ed Elat, attuale nord Sinai); ancora oggi diversi sono i problemi interpretativi in rapporto alle iscrizioni che vi sono state trovate in cui si menzionano Ba'al, 'El e Yhwh e, in particolare, circa il valore da attribuire alle figure e alle formule di benedizioni dipinte su due grandi giare (pithoi) catalogate con A e B91 • È stata proposta la seguente lettura dell'iscrizione sulla giara A: 'Vi benedico da parte di YHWH di Samaria e della sua 'Aserah' (l 'srth )92 • La giara B riporta un'iscrizione simile menzionando YHWH di Teman 93 • 'Aserah potrebbe essere o la figura seduta con l'arpa in mano o quella accanto alla figura più grande (quella di YHWH) o, ancora, l'albero/palo stilizzato anch'esso rappresentato sul pithos A. Il ritrovamento in altri siti archeologici di numerose statuette femminili al tempo del Ferro II farebbe supporre che queste immagini siano rappresentazioni di 'Aserah. Tale convinzione, sostenuta fino agli anni ottanta del secolo scorso, oggi sembra essere meno difendibile (si potrebbe, infatti, trattare di raffigurazioni femminili in onore della
copre totalmente la prima: cf. A. LEMAIRE, Les inscriptions de Kirbet el-Qom et l'ashérah de YHWH, RB 84 (1977), 595-608. 91 Cf. Z. MESHEL, Kuntillet 'Ajrud, a Religious Cenfl·e from the Time of the Judean Monarchy on the Border of Sin, The Israel Museum, Jerusalem 1978; Z. MESHEL ET. AL., Kuntillet 'Ajrud (Horvat Teman): an Iran Age Il religious sile on the Judah-Sinai border, Israel Exploration Society, Jerusalem 20 12; cf. l'articolo già citato di P. MERLO, «L' Ashera di YHWH a Kuntillet 'Ajrud. Rassegna critica degli studi e delle interpretazioni», in Studi Epigrafici e Linguistici sul Vicino Oriente antico Il (1994), 21-55. Le immagini sono riportate alla fine di questo paragrafo e sono tratte dali' articolo di P. Merlo. 92 'mr. '[syw] h[ml]k. 'mr. lyhl[l'] wlyw . §h. w[] brkt. 'tkm. lyhwh. smrn. wl'srth, «Dice'[ ... ] h[ ... ]k: di' a Yhl[ ... ] e a Yw'sh e[ ... ] vi benedico da parte di Yhwh di Samaria (opp. nostro guardiano?) e della sua Aserah>>. 93 'mr 'mryw 'mr l. 'dny hslm. 't brktk. lyhwh tmn wl'srth. ybrk. wysmrk 1-1yhy 'm. 'dny[ ]k, «Dice 'mryw, di' al mio signore: tu come stai? Ti benedico da parte di Yhwh di Teman e della sua Aserah. Ti benedica e ti protegga e sia col mio signore ... ».
Il monoteismo nel Pentateuco: nascita, fenomenologia, teologia
87
madre o di semplici talismani da utilizzare in alcuni momenti della vita quali, ad esempio, la nascita di un figlio per propiziarsi il buon esito del parto )94 • Dal punto di vista dell'interpretazione dell'iscrizione, infatti, la presenza della consonante he (l 'srth) risulta alquanto problematica perché normalmente tale suffisso di terza persona singolare non si usa con i nomi propri ('YHWH e la sua 'Aserah'); inoltre, non sembrano attestarsi nomi propri teofori che a lei si ispirano. L'associazione tra YHWH e l'' Aserah in una formula di benedizione esprimerebbe, perciò, più che la persona stessa della divinità, la partecipazione di questo palo sacro alla potenza di YHWH, così come è facilmente comprensibile quando si pensa alla vicinanza fisica di un oggetto alla divinità che a lungo andare viene associato alla sua stessa forza vitale e magica 95 • Nell'Antico Testamento, infatti, 'aserah è un nome comune e non un nome proprio: si trova nei pressi dei santuari designando qualcosa di legno (Dt 16,21 ; Gdc 6,25-26) che sta in piedi (2Re 13,6; 2Cr 33,19) presso l'altare di YHWH (Dt 16,21-22), che si può piantare, strappare (Mi 5, 13), tagliare (Es 34,31; Gdc 6,25-30; 2Re 18,4; 23,14) e fare a pezzi (2Cr
94 Rinviamo alla discussione nel!' Appendice Monotheism and Politheism in Ancient Jsrael (pp. 150-159) in B.D. SoMMER, The Bodies of God and the World ofAncient Israel, Cambridge University Press, Cambridge 2009. Il culto della paredra di YHWH è per Sommer innegabile, e benché vadano ridimensionati alcuni dati archeologici relativamente alle statuette femminili, il fatto che 'Aserah abbia una sua rappresentazione mostra che, almeno in un primo stadio della storia israelitica relativamente al nord del regno, la divinità 'Aserah ricevesse un culto pari a quello di YHWH (p. 159). Anche T. Romer è a favore di un esplicito rinvio dell" Aserah alla dea paredra: «L' Ancient Testament est-il monothéiste?>>, in P. GrsEL- G. EMERY (éd.), Le christianisme est-il un monothéisme?, Labor et Fidei, Genève 200 l, 78-79. 95 Non sono di questo avviso gli autori che ravvisano a Kuntillet 'Ajrud una formula di benedizione in cui del!'' Aserah è presentata come una divinità: «Nonostante l'esistenza di resistenze da parte di alcuni studiosi, ci si sta ormai muovendo verso un'interpretazione divina di 'srh, questo soprattutto sulla base del rinvenimento di ulteriori usi di nomi divini specificati da pronomi p,ersonali suffissi in ugaritticm>: P. MERLO, «L' Ashera di YHWH a Kuntillet 'Ajrud. Rassegna critica degli studi e delle interpretazioni», 47.
lo solo il tuo Dio
88
34,4.7), che si può abbattere (Dt 7,5; 2Cr 14,2; 31,1) e bruciare (Dt 12,3; 2Re 23,15). La contiguità tra il palo e il luogo della memoria divina ha sacralizzato questa 'aserah creando un'ambiguità che ha portato all'identificazione (ipostatizzazione) di una dea dal nome 'Aserah. L'ideologia deuteronomista ha giocato un ruolo fondamentale in questo processo, associando la figura femminile al culto di Ba'al per meglio respingere e bloccare la diffusione del ba'alismo (Gdc 3,7; IRe 18,19). Ciò aiuta a capire anche l'associazione di 'Aserah con pese! (immagine scolpita) in 2Re 21,7, testo che rinvia a una rappresentazione del palo sacro con dei tratti più definiti, sui quali le donne ponevano dei pezzi di stoffa colorata come segno di devozione (2Re 23,7). È innegabile, dunque, che la condanna dell'' Aserah concomitante con la riforma di Giosia, provocherà un passaggio significativo nell'espressione de Il' aniconismo yahvistico, perché se nei testi precedenti la presenza di alberi sacri, steli e altari era tollerata, il pericolo legato alla loro divinizzazione porterà a un aniconismo vuoto, più puro, espresso solo dagli arredi del tempio (i vasi sacri) e dalla sua architettura; «seguendo il principio di questa riforma, l'aniconismo 'materializzato' dalla stele viene ormai respinto, e la presenza divina semplicemente evocata dal vuoto; l'aniconismo dello yahvismo supera quindi una tappa importante e si fa più coerente»96 •
96
A.
LEMAIRE,
La nascita del monoteismo, 98.
Il monoteismo nel Pentateuco: nascita, fenomenologia, teologia
89
l .
\
\ i
l
f
90
Io solo il tuo Dio
-
Il monoteismo nel Pentateuco: nascita, fenomenologia, teologia
91
Numeri 25: la violenza nella fede yahvistica
Abbiamo detto, nelle prime pagine di questo volume, che la peculiarità del monoteismo mosaico risiede nell'esclusività dell'appartenenza più che in quella dell'esistenza. Abbiamo anche preso atto che, se tra il dio 'El è YHWH l'assimilazione è sostanzialmente priva di traumi -perché totalmente a vantaggio del secondo-, nei confronti di Ba'al si assiste, invece, a un crescendo di pronunciamenti e comportamenti violenti che coinvolgono gli adepti di questa religione. L'intransigenza, la violenza e l'esclusività, segnano esplicitamente le manifestazioni del monoteismo biblico; in particolare si segnàla la violenza contro il paganesimo e in genere contro i 'pagani' interni al gruppo, verso i quali si applica una spietata 'tolleranza zero'. Prendiamo il caso di Nm 25. Questo capitolo esprime il tentativo del sacerdozio aronitico di cancellare quella che abbiamo già indicato come un'alleanza ufficiale tra madianiti e simeoniti, stipulata con l'avallo di Mosè e di tutta l' assemblea, attraverso il matrimonio tra due rappresentanti dei rispettivi casati97 • «Israele si stabilì a Sittìm e il popolo cominciò a fornicare con le figlie di Moab. Esse invitarono il popolo ai sacrifici offerti ai loro dèi; il popolo mangiò e si prostrò davanti ai loro dèi. Israele aderì a Ba'al-Peor e l'ira del Signore si accese contro Israele. Il Signore disse a Mosè: 'Prendi tutti i capi del popolo e fa' appendere al palo costoro, davanti al Signore, in faccia al sole, e si allontanerà l 'ira ardente del Signore da Israele'. Mosè disse ai giudici d'Israele: 'Ognuno di voi uccida dei suoi uomini coloro che halll1o aderito a Ba'al-Peor'. Uno degli Israeliti velll1e e condusse ai suoi fratelli una donna madianita, sotto gli occhi di Mosè e di tutta la comunità degli Israeliti, mentre essi stavano piangendo all'ingresso della tenda del convegno. Vedendo ciò, Fineès, figlio di Eleàzaro, figlio del sacerdote Aronne, si alzò in mezzo alla comunità, prese in mano una lancia, seguì quell'uo-
97 Cf. J. BLENKINSOPP, «The Midianite-Kenite Hypothesis Revisited and the Origins of Judah», 147.
92
Io solo il tuo Dio
modi Israele nell'alcova e li trafisse tutti e due, l'uomo d'Israele e la donna, nel basso ventre. E il flagello si allontanò dagli Israeliti. Quelli che morirono per il flagello furono ventiquattromila. Il Signore parlò a Mosè e disse: 'Fineès, figlio di Eleàzaro, figlio del sacerdote Aronne, ha allontanato la mia collera dagli Israeliti, mostrando la mia stessa gelosia in mezzo a loro, e io nella mia gelosia non ho sterminato gli Israeliti. Perciò digli che io stabilisco con lui la mia alleanza di pace; essa sarà per lui e per la sua discendenza dopo di lui un'alleanza di perenne sacerdozio, perché egli ha avuto zelo per il suo Dio e ha compiuto il rito espiatorio per gli Israeliti'. L'uomo d'Israele, ucciso con la Madianita, si chiamava Zimri, figlio di Salu, principe di un casato paterno dei Simeoniti. La donna uccisa, la Madianita, si chiamava Cozbì, figlia di Sur, capo della gente di un casato in Madian. Il Signore parlò a Mosè e disse: 'Trattate i Madianiti da nemici e uccideteli, poiché essi sono stati nemici per voi con le astuzie che hanno usato con voi nella vicenda di Peor e di Cozbì, figlia di un principe di Madian, loro sorella, che è stata uccisa il giorno del flagello causato per il fatto di Peor'.
L' incipit del brano mette sul banco degli imputi le donne moabite (e non quelle madianite come, invece, nel v. 15) con cui gli israeliti di danno alla fornicazione e ali 'idolatria, palesando il tentativo di distogliere l'attenzione dalla tradizione che sta al cuore di questo racconto, tradizione che emerge dal confronto con Nm 31 (in cui si menzionano, appunto, le madianite). Questo capitolo, che prosegue la narrazione di Nm 25, menziona l'esecuzione all'ordine di uccisione dato dal Signore a Mosè come punizione del peccato di idolatria (Nm 25, 16), rivelando sia il rimando ai madianiti sia la comune centralità degli aroniti (qui palesemente legittimati nel loro sacerdozio) con Finees, figlio di Eleazaro e nipote di Aronne, grazie al quale viene eliminato tale peccato in Israele come già raccontato in Nm 25,10-13. Una riprova del legame tra Nm 25 e Nm 31 è data, inoltre, da Sur, nome del padre di Cozbi, la madianita uccisa (Nm 25, 15): Sur è uno dei re Madianiti caduti nella guerra santa menzionata in Nm 31 («Gli israeliti uccisero anche, oltre i loro caduti, i re di Madian Evi, Rekem, Sur, Ur e Reba cioè cinque re di Madian», 31 ,8).
Il monoteismo nel Pentateuco: nascita, fenomenologia, teologia
93
Il luogo in cui tale peccato sessuale viene consumato è la qubba («Pincas .... segui quell'uomo nella tenda», Nm 25,8), una comune tenda tipica dei nomadi arabi ma anche una tendasantuario che seguiva gli spostamenti della tribù e che era drizzata nel campo presso la dimora dello sceicco; tale tenda era di colore rosso così come quella di Es 26,14 e aveva la stessa funzione oracolare (Es 33,7) 98 ; il collegamento con la 'tenda del convegno' del v. 6 resta incerto anche se esprime la volontà di contrapporre due luoghi 'centrali' per la comunità, di cui uno è quello legittimo (quello sacro) mentre l'altro è quello che i redattori vogliono screditare, anche se in origine rappresentava l'alcova in cui si consumava l'atto sessuale a seguito di un matrimonio ufficiale che celebrava la lega giudeo-madianita. Il significato di qubba, termine che compare solo qui in tutta l'Antico Testamento, è comunque recepito negativamente dalle versioni antiche che lo descrivono come un postribolo (lupanar per la Vulgata) o una fornace (KUf.!tvoç per la LXX). La violenza posta in essere dal Signore presso Moab in Nm 25 (sia inviando una non meglio precisata pestilenza sia chiedendo l'impalamento degli infedeli) non è generata dall'idea astratta del monoteismo ma da quella dell'appartenenza: mira principalmente all'esclusione degli altri dei- l'episodio di Ba'al-Peor è menzionato anche in Os 9,10 («Trovai Israele come uva nel deserto, riguardai i vostri padri come fichi primaticci alloro inizio; ma essi appena arrivati a Ba'al-Peor si consacrarono a quell'infamia e divennero abominevoli come ciò che essi amavano») - e comporta la conseguente lotta contro la falsità delle altre religioni rispetto alla propria. In questa linea interpretativa si spiega anche la parentela tra Nm 25 e il Sal l 06,28-31, rivelando la comune appartenenza alla tradizione sacerdotale anche in ragione dell'elogio che si fa
98 La qubbéi secondo R. De Vaux continua un'antica tradizione pre-islamica conservatasi anche in tempi successivi: essa indicava «una piccola tenda sacra in cuoio rosso, nella quale erano trasportati gli idoli di pietra della tribù, i betili, e che era recata a dorso di un cammello nelle processioni religiosi e nei combattimenti; giovanette ne avevano la guardia» (Le istituzioni dell'Antico Testamento, 297).
94
lo solo il tuo Dio
di Finees 99 - insignito del titolo di 'giudice', aspetto assente nel racconto perché solo nella prima parte del capitolo si parla dei giudici che uccidono gli idolatri della propria tribù (Nm 25,5) - e del suo intervento terapeutico per curare la piaga dell'idolatria: «Si asservirono a Ba'al-Peor e mangiarono i sacrifici dei morti, provocarono Dio con tali azioni e tra essi scoppiò una pestilenza. Ma Finees si alzò e si fece giudice, allora cessò la peste e gli fu computato a giustizia presso ogni generazione, sempre» (Sal l 06,28-31 ). Si ricava da questi testi che i moabiti e i madianiti sono l'emblema di tutto ciò che è impurità, infedeltà e abominio, e ciò si attesterà sempre più chiaramente nella riflessione teologica del rapporto 'Israele/altri popoli', generando una feroce opposizione verso i goyim ('le nazioni pagane'), la cui eliminazione da parte di YHWH con la conseguente appropriazione delle loro terre e delle loro ricchezze da parte di Israele, è espressione del suo favore e della sua benevolenza (cf. Es 34,11 in cui il Signore si rivolge a Mosè impegnandosi nell'alleanza con tutto il popolo e nella protezione dalle nazioni straniere: «Ecco, caccio davanti a te l' Amorreo, il Cananeo, l'Hittita, il Perizzita, l'Eveo e il Gebuseo»; anche Nm 14,15-16). Il popolo eletto è, pertanto, invitato a rispettare il patto con YHWH rifuggendo il pericoloso contatto con gli altri popoli della terra i quali sono reputati una minaccia non soltanto perché sono occasione d'idolatria (Dt 12,29-31) ma anche d'immoralità (Lv 18,24-30). Nella 'lista dei cattivi' si ritrova, con qualche variazione, il cliché dei popoli nemici: in Es 13,5 sono nominati i Cananei, Hittiti, Amorrei, Evei e Gebusei; mancano i Cananei in IRe 9,10; 2Cr 8,7 mentre in Dt 7,1 e Gs 3,10; 24,11 si inseriscono i Gergesei; in Esd 9,2 l'elenco riporta una serie di sei popolazioni (Cananei, Hittiti, Amorrei, Perizziti, Evei e Gebusei) che, con qualche aggiunta o con qualche sottrazione si ritrova anche in altri testi quali, 99 La menzione del nome Finees nella tradizione post-esilica del libro di Esdra (8,2 ma anche l'apocrifo lEsd 5,5; 8,9) esplicita la legittimazione del gruppo sacerdotale che vede nel governatore, sommo sacerdote e scriba Esdra il rappresentante legittimo dell'Israele del secondo tempio (P.J. Buoo, Leviticus, Eerdmans, Grand Rapids MI 1996, 278).
Il monoteismo nel Pentateuco: nascita, fenomenologùi, teologia
95
per esempio, Es 3,8.17; 23,23; Gs 9,1; 12,8 (cf. anche Es 33,2; 34,11; Dt20,17; Gdc 3,5). Si può dire che l'elencazione di popoli, più che avere dei precisi riferimenti geografici ed etnici, ha una valenza simbolica connotandosi come formula tendenzialmente standard che racchiude l'indicazione delle popolazioni nemiche di Israele. In Nm 25 emerge questo stigma anche nell'insistenza del v. 18 sui connotati caratteriali dei madianiti («Essi sono stati nemici per voi con le astuzie che hanno usato con voi nella vicenda di Peor e di Cozbi» ), riflettendosi anche nel nome della donna (Cozbi) uccisa che significa, appunto, 'la menzognera'. Allargando, pertanto, la prospettiva alle tappe del cammino nel deserto che conducono il popolo alle soglie della terra promessa, quanto narrato in N m 25 rappresenta il culmine di una serie di atti di apostasia, malcontento e insubordinazione individuale e comunitaria, che ha irritato YHWH dal Sinai a Kadesh: -apostasia (il vitello d'oro di Es 32) - malcontento (Taberà, le quaglie di N m 11) -insubordinazione-individuale (Maria eArone di N m 12) -insubordinazione-Israele (Kadesh di Nm 14) -insubordinazione-individuale (Kore, Datan e Abiran di Nm 16) -malcontento (serpenti di N m 21) - apostasia (Sittim di Nm 25) Questa sequenza «mostra che il principale interesse di Nm 25 non è il peccato di Zimri e Cozbi, di cui non è facile precisare la natura, ma la giustificazione di Finees nel suo sacerdozio e la dimensione madianitica dell'episodio di Baal-Peor [... ];è possibile che Finees rappresentò un gruppo levitico che rientra da Babilonia e che intese promuovere il suo sacerdozio caratterizzato da un particolare zelo contro i matrimoni misti e a favore dell'esclusione degli stranieri dal tempio; in questo senso la storia difende la sua promozione» 100 •
100
P.J. Buoo, Leviticus, 282.
lo solo il tuo Dio
96
Un Dio violento Non è facile affrontare quest'argomento così delicato. Ci limitiamo a consegnare alcune considerazioni sulla violenza in genere nella Bibbia. l) La prima è di natura 'esistenziale' e riguarda la percezione del male: «Che cosa si può ricavare da un libro come la Bibbia senza l'esperienza, e qual è l'uomo, la donna o il bambino che non abbia l'esperienza della violenza, che non l'abbia subita o praticata? In questo campo, più che in ogni altro, il commentatore e il lettore non possono fermarsi al piano dell'informazione erudita» (P. Beauchamp, Testamento biblico, Edizioni Qiqajon, Magnano [BI] 2007, 141). 2) La seconda considerazione prende atto della distanza tra noi e il mondo della Bibbia. Per la sensibilità del mondo antico e, in particolare d eli' Antico Testamento, un Dio che si presentasse incapace di sconfiggere i propri nemici, quindi un debole, non sarebbe credibile. Questo spiega la frase 'per la durezza del vostro cuore' (Mt 19,8; Mc l 0,5) che esplicita la concessione di un modus operandi successivamente superato (Dio adotta uno stile che gli uomini potevano capire). 3) Un compromesso nella gestione della violenza. Nel primo racconto della creazione (Gn l,l-2,4a) non c'è uccisione né violenza (neanche per nutrirsi), ma questo non vuoi dire che l'uomo fosse vegetariano, in quanto l'accento della narrazione è posto sulla considerazione che alle origini non c'è sopraffazione dell'uomo contro l'altro uomo e dell'uomo contro gli animali. Solo dopo il diluvio si autorizza lo spargimento di sangue in ordine al nutrimento («Quanto si muove e ha vita vi servirà di cibo», Gn 9,4), anche se ci si affretta a limitare l'espressione della violenza: «Del sangue vostro anzi, ossia della vostra vita, io domanderò conto» (Gn 9,5) perché l'uomo è stato creato a immagine di Dio. È come se ci concedesse una sorta di equilibrio: qualcosa
Il monoteismo nel Pentateuco: nascita, fenomenologia, teologia
è concesso ma è anche sottratto, palesando una sorta di «meccanismo compensatorio» (P. Beauchamp, 148), un compromesso nella gestione della violenza che è giudicata come realtà imperfetta rispetto all'ideale dello shalom genesiaco. 4) La preghiera come atto di giustizia. Nel Salterio troviamo i cosiddetti Salmi imprecatori (57, 82 e 108) che esprimono la volontà di ristabilire la giustizia divina, compiendo in tal modo un primo atto morale perché l' orante affida a Dio, il solo giusto, il ristabilimento dell'ordine rinunciando a porre atti violenti: egli chiede al Signore di eliminare la sofferenza (personale o comunitaria) aprendosi a una giustizia che va oltre (senza saltarla a piè pari) l'umana comprensione del progetto d'amore di Dio, di cui l'orante ha solo una parziale perceziOne. 5) La riserva escatologica. È difficile coniugare il volto di un Dio violento con quello misericordioso di Gesù Cristo. Le sue parole (l'amore per i nemici) e il suo sacrificio (si consegna ai violenti) creano la percezione di un Dio 'di verso'. Il credente sa che la giustizia divina si compirà nel giudizio finale ma è anche consapevole che essa inizia già su questa terra; ed è proprio per il raggiungimento di tale obiettivo (il regno dei cieli) che egli lavora e si affatica nel tentativo di trasformare ogni struttura ingiusta. Nell'attesa di questa pienezza egli cerca di raggiungere il massimo risultato possibile sottoscrivendo degli 'armistizi', conscio che il processo di pacificazione è faticoso e graduale. Non è un caso che la conciliazione o la concordia tra gli estremi è la 'forma' della pace messianica che l' AT consegna: «Il lupo dimorerà insieme con l'agnello, la pantera si sdraierà accanto al capretto; il vitello e illeoncello pascoleranno insieme e un fanciullo li guiderà. La vacca e l' orsa pascoleranno insieme; si sdraieranno insieme i loro piccoli. Il leone si ciberà di paglia, come il bue. Il lattante si trastullerà
97
lo solo il tuo Dio
98
sulla buca dell'aspide; il bambino metterà la mano nel covo di serpenti velenosi. Non agiranno più iniquamente né saccheggeranno in tutto il mio santo monte, perché la saggezza del Signore riempirà il paese come le acque ricoprono il mare» (cf. Is 11,6-9). Non l'eliminazione dell'altro, dunque,- cioè la sostituzione di una violenza con un'altra- ma la sua pacifìcazione.
Numeri 25: la gelosia di YHWH
YHWH in N m 25,11 viene presentato come un Dio qannii' 'geloso' perché non tollera concorrenti e castiga la colpa degli infedeli (la radice qn 'ricorre 3 volte nel versetto). Egli è il geloso (Es 20,5; 34,14; Dt 4,24; 5,9; 6,15; 32,21), almeno stando alle occorrenze della radice qannii' (complessivamente 85 volte nell'Antico Testamento), mentre il sostantivo qin 'a ('gelosia') è attestato 43 volte con particolare riferimento alla tradizione profeti ca: ad eccezione di ls 11,13 (in cui si parla della gelosia di Efraim) in tutti i passai profetici Dio è il soggetto della qin 'a 101 • È interessante notare che la radice qannii' sembra essere imparentata con quella del verbo 'acquisire/comprare' (qaniih), traducendo la relazione che intercorre tra il proprietario e la cosa posseduta, in questo caso tra YHWH e Israele: «la pretesa su un oggetto si intende più volentieri come invidia, mentre nei confronti di una persona si parla di gelosia; che in ebraico per entrambi gli aspetti vi sia a disposizione soltanto una parola è facilmente comprensibile, se si 101 Cf. S. PrNTO, 'Io sono un Dio geloso'. Manuale sul Pentateuco e i Libri Storici: introduzione ed esegesi, Boria, Roma 2010, 219-220. Nella tradizione sapienziale, invece, la qin 'd è rapportata ai sentimenti umani (compare 10 volte): è riferita, per esempio, all'invidia (Pr 14,30), alla gelosia bruciante verso un'altra persona (Pr 6,34; 27,4), alla collera (Gb 5,2), all'amore passionale (Ct 8,6). In queste ricorrenze legate all'ambito dei rapporti personali qin 'iì esprime, innanzi tutto, un 'emozione violenta che si scatena a causa della paura di perdere un oggetto o una persona.
Il monoteismo nel Pentateuco: nascita, fenomenologia, teologia
99
considera che anche nelle lingue dell'Europa centrale solo a partire dal Medioevo si è sviluppata una distinzione tra zelo, invidia e gelosia» 102 • Perciò, il culto riservato a YHWH, pretende di essere esclusivo alla stregua del rapporto che lega un marito alla propria moglie, come in Pr 6,34 e soprattutto in Osea 1-2 103 • La gelosia divina comporta la punizione di coloro che lo odiano, cioè di tutti quelli che lo rifiutano preferendo altre divinità, estendendo tale punizione sino alla quarta generazione (Es 20,5). Il fondamento teologico della gelosia di YHWH è Dt 6,14-15 (cf. anche Dt 5,8-9): il divieto di seguire altri déi significa venerarli e contravvenire al primo comandamento peccando di idolatria. Il contesto di questi versetti sulla qin 'd divina, richiamano il peccato di idolatria/ prostituzione in Os 2,7.9: l'espressione tipicamente deuteronomistica 'andare dietro' (hiilak 'iibar) descrive l'attitudine di Gomer ad inseguire i suoi amanti, comportamento che è contrapposto al tornare (suv nel v. 9) presso il proprio marito/YHWH. La provenienza profetica di questo concetto di gelosia appare chiara: «nei fatti, se non nella terminologia, il debito è chiaramente con il pensiero di Osea; con chiarezza insuperabile Osea esprime la relazione d'Israele con il proprio Dio con l'immagine del matrimonio (2,4.7; 3,1ss; 4,16ss). L'agire della donna infedele corrisponde ai culti stranieri sulle alture, ne Il' accettazione dei culti balistici da parte di Israele. YHWH è il marito che rimprovera la moglie, va a riprenderla, la minaccia e proclama la propria esclusività. La rappresentazione sviluppata da Osea del matrimonio
102 E. REUTER, qin'a /qanna', in H.-J. FABRY- H. RINGGREN (a cura di), Grande Lessico del! 'Antico Testamento. VII, Paideia, Brescia 2007, l 007. 103 La nozione biblica della collera/gelosia «conduce il teologo molto più lontano del semplice studio di una categoria antropomorfica proiettata su Dio; essa dice quanto il peccato dell'uomo è serio agli occhi di Dio; e prima di vedere il segno di una religione della paura, di una religione moralizzante, noi siamo invitati a interrogare il mistero stesso della rivelazione»: M.-J. TERNYNCK, «Colère, jalousie et amour en Dieu dans l'Ancien Testament. Notes d'exégèse et de théologie biblique», in Aletheia 26 (2004), 28.
100
lo solo il tuo Dio
tra YHWH e Israele sarà elaborata dal deuteronomista nella 'teologia del patto'>> 104 • Questo aspetto della gelosia divina ha delle immediate conseguenze in rapporto al comportamento degli israeliti, poiché allo zelo divino deve corrispondere quello umano. Ritornando a Nm 25, il mangiare insieme alle madianite, unitamente a un peccato di natura carnale- probabilmente legato a una festa tipica del culto ba' alistico che nel rapporto sessuale riproduceva e, allo stesso tempo, propiziava la fecondità della terra che si univa a Ba'al-, equivale a partecipare al sacrificio rituale contravvenendo al divieto di idolatria così apertamente comunicato a Israele. Ciò spiega la ferocia della violenza di YHWH e dei suoi seguaci: in questione è la dedizione assoluta al vero Dio messa a repentaglio dall'antagonismo di Ba'al, perché in questa fase monolatrica dello yahvismo gli altri dei possono esercitare un pericoloso fascino anche sui fedeli di YHWH. Tale aggressività è vivamente raccomandata anche in altri testi (Es 32,26-28; 34,12-16; Dt 13,7-10; 20,15-18), sebbene si debba intendere più dal punto di vista simbolico, risolvendosi in una rappresentazione ufficiale della propria forza più che in una concreta azione bellica. In questo senso va intesa
104 E. REUTER, Qin'a/Qanna', in H.-J. FABRY- H. RINGGREN (a cura di), Grande Lessico dell'Antico Testamento, l 012. L'esegesi femminista ha accentuato la violenza di YHWH nei confronti della sposa-Israele con la conseguente svalutazione teologica dell'immagine matrimoniale; condannando la prassi maschilista di punire la sposa infedele si è, di conseguenza, svuotato anche il dato positivo del messaggio profetico. P.L. Day chiarisce, in un suo contributo, che il linguaggio profetico va interpretato nella sua valenza metaforica in quanto non intende incoraggiare alla violenza né difendere retaggi maschilisti legati a costumi matrimoniali nell'antico Israele («Yahwe's Broken Marriages as Metaphoric Vehicle», in M. NISSINEN- R. URo [eds.], Sacred Marriages. The Divine-Human Sexual Metaphor from Sumer to Early Christianity, Eisenbrauns, Winona Lake, IN 2008, 219-241). A conferma di ciò Day fa notare i contrasti che esistono tra quanto previsto dalla Legge sul matrimonio e quanto dicono i profeti del matrimonio YHWH-Israele: i testi profetici non seguono alla lettera i dettami legislativi perché non sono primariamente interessati all'istituto matrimoniale; il linguaggio utilizzato funge da veicolo per denunciare i peccati di idolatria e di tradimento dell'alleanza, che derivano dai rapporti con le potenze straniere, Egitto e Assiria in primis (pp. 232-233).
Il monoteismo nel Pentateuco: nascita, fenomenologia, teologia
101
l'espressione 'votare allo sterminio' (dalla radice l;rm) 105 che non indica principalmente la distruzione delle proprietà mobili e immobili (sebbene si debba prevedere dei casi in cui sia stata applicata in questo senso), ma la perdita della proprietà sui beni (inclusa la propria vita) che vengono sequestrati, confiscati, messi a parte, 'consacrati/separati' e gestiti dalla comunità stessa (Es 22,19; Lv 27,29; Gs 6,17-18; Esd 10,8) 106 • Lo zelo yahvistico si esprime, perciò, con maggiore violenza rispetto al paganesimo che si mostra più tollerante rispetto agli altri culti. Questa gelosia violenta ha due principali tipologie: quella extrasistemica «diretta contro i seguaci delle altre religioni che vennero riunite sotto l'etichetta di idolatre, e quella contro credenze e pratiche devianti nell'ambito della propria religione, definite 'eresie'»; ma tale sistema di violenza, continua J. Assmann, «in quanto extrasistemico, tende sempre ad essere perpetrato prima di tutto contro i membri del proprio gruppo che, in un modo o nell'altro, sono usciti dal sistema» 107 • Nm 25 condensa, nella storia della sua redenzione, queste dinamiche legate alle esigenze del culto yahvistico.
105 Cf. P.D. STERN, The Biblica[ Herem. A Window on Israel's Religious Experience, Scholar Press, Atlanta (GA) 1991; S. NrmTCH, War in the Bible. A Study on the Ethics on Violence, Oxford University Press, New York 1993. P. COPAN- M. FLANNANG (edd.), Did God Really Command Genocide?, Baker
Books, Grand Rapids (MI) 2014. 106 Sebbene non concordiamo con Assman nel considerare come priva di alcun fondamento storico l'intera vicenda mosaica (cioè crediamo che un fondamento sia rintracciabile: cf. A. LEMAIRE, La nascita del monoteismo, 34-37), condividiamo la constatazione che il linguaggio della violenza e dell'intolleranza nella Bibbia ebraica è principalmente un'impresa mnemonica, in quanto «è riconducibile ai modi in cui il monoteismo biblico rappresenta e ricorda la sua fondazione, non i modi in cui è stato effettivamente fondato»: J. AssMANN, Dio e gli dei, 182. 107 J. AsSMANN, Dio e gli dei, 49.
102
Io solo il tuo Dio
Esodo 32 e Numeri 25: l'inizio e la fine della generazione di Mosè Questi due capitoli (Es 32 e Nm 25) sono gli unici due, in tutto percorso nel deserto, in cui il popolo adora esplicitamente altre divinità. Il primo si segnala all'inizio del cammino quando il popolo ha celebrato la prima alleanza sinaitica (Es 19,1-24,1-11) e si prepara al culto verso YHWH (Es 24,12-31, 18); questo episodio del vitello d'oro comporterà la rottura delle tavole della Legge (segno della fragilità del primo patto) e la 'seconda' alleanza di Es 34. Il secondo giunge a conclusione di una serie di atti di insubordinazione, in cui Israele si è mostrato 'duro di cervice' contestando ripetutamente Dio e i suoi servi, e segna l'apice del cammino presso le steppe di Moab, nell'imminenza dell'ingresso nella terra di Canaan. Questi due brani hanno, quindi, la funzione di segnare l'inizio e la fine dell'esperienza della vecchia generazione che deve ormai cedere il passo, con il nuovo censimento di N m 26, al 'nuovo' popolo capeggiato da Giosuè e illuminato dall'esempio zelante di Finees. Evidenziamo di seguito gli elementi che accomunano questi due racconti: l) idolatria e culto: in entrambi i casi Israele non solo adora un altro Dio ma compie sacrifici a suo favore (Es 32,6; Nm 25,2); 2) colpevolezza degli stranieri: in Es 32,2-4 gli egiziani forniscono l'oro per la costruzione dell'idolo (cf. Es 12,35-37), in Nm 25,1-2.6 le moabite e le madianite offrono se stesse per il culto; 3) alleanza con i pagani e prostituzione: dopo l'episodio del vitello, Dio ordina a Mosé di non fare alleanza con i popoli di Canaan: «Non fare alleanza con gli abitanti di quel paese, altrimenti, quando si prostituiranno ai loro dei e faranno sacrifici ai loro dei, inviteranno anche te: tu allora mangeresti le loro vittime sacrificali. Non prendere per mogli dei tuoi figli le loro figlie, altrimenti, quando
Il monoteismo nel Pentateuco: nascita, fenomenologia, teologia
l 03
esse si prostituiranno ai loro dei, indurrebbero anche i tuoi figli a prostituirsi ai loro dei» (Es 34, 15-16); in N m 25, l accade esattamente quanto era stato esplicitamente vietato: si reitera il tema della pericolosità dei pagani e lo si declina menzionando l'idolatria e la prostituzione; 4) uccisione degli infedeli: i leviti uccidono tremila persone tra gli adoratori del vitello d'oro (Es 32,28), così come faranno i capi e i giudici verso coloro che avevano adorato Ba'al-Peor (Nm 25,4-5); 5) consacrazione dei leviti: per la fedeltà nell'esecuzione dell'epurazione degli infedeli i leviti sono abilitati al culto in Es 32,25.29 («Consacratevi oggi al Signore»); in Nm 25,6-13 il sacerdote Finees, figlio di Eleazaro, figlio di Aronne, riceverà un sacerdozio perenne (perché si estenderà ai suoi discendenti) proprio a motivo del suo fervore per il suo Dio; 6) espiazione: sia Mosè (Es 32,35) sia Finees (Nm 25, 13) faranno espiare il popolo dal peccato commesso; 7) flagello: in entrambi gli episodi Dio manda un (non meglio precisato) castigo sul popolo (Es 32,35; N m 25,9). «Questi parallelismi tra i due episodi», concludiamo con D.T. Olson, «ci fanno capire che la vecchia generazione del deserto ha fatto ben pochi progressi nel suo impegno di rispettare il patto con Dio; essa finisce esattamente come ha iniziato, adorando altri dei e infrangendo il primo comandamento, quello fondamentale: «Non avrai altri dei oltre me» (Es 20,2); l 'unico barlume di speranza nell'episodio di Ba' alPeor è rappresentato dal sacerdote Finees, nipote del sacerdote Aronne; mentre Aronne era colpevole di aver fuorviato il popolo e averlo portato ad adorare il vitello d'oro (Es 23,1-5.25.35), Finees difende i comandamenti di Dio, cercando di arrestare la disubbidienza di Israele (Nm 25,6-13); forse c'è speranza per la nuova generazione di israeliti che sta per entrare nella terra promessa» (D.T. Olson, Numeri, Claudiana, Torino 2006, 167).
lo solo il tuo Dio
104
La proibizione dei sacrifici umani Se è vero che lo yahvismo porta con sé intransigenze e pratiche violente, è vero anche che con il suo diffondersi si attenua la pratica del sacrificio umano in onore di una divinità. Tale sacrificio è attestato in epoca premonarchica nella storia dei Giudici in occasione del voto di Iefte che lo porterà, contro la sua volontà, a immolare la propria figlia a YHWH (Gdc 11 ,29-40), ma la si può ritrovare anche in Esodo a proposito dell'immolazione del primogenito (13,11-16; 22,28-29; 34,20; cf. anche Nm 18,15-18). La richiesta di immolazione del primogenito al Signore (che trova eco molto certamente anche in Gn 22, il sacrificio di l sacco), si trova formulata accanto a quella del sacrificio del primo frutto del grembo animale. «Quando il Signore ti avrà fatto entrare nella terra del Cananeo, come ha giurato a te e ai tuoi padri, e te l'avrà data in possesso, tu riserverai per il Signore ogni primogenito del seno materno; ogni primo parto del tuo bestiame, se di sesso maschile, lo consacrerai (J;'!~~Oi) al Signore. Riscatterai (:"'1'1~n) ogni primo parto dell'asino mediante un capo di bestiame minuto e, se non lo vorrai riscattare, gli spaccherai la nuca. Riscatterai (:1'1Eln) ogni primogenito dell'uomo tra i tuoi discendenti. Quando tuo figlio un domani ti chiederà: Che significa ciò?, tu gli risponderai: Con la potenza del suo braccio il Signore ci ha fatto uscire dall'Egitto, dalla condizione servile. Poiché il faraone si ostinava a non !asciarci partire, il Signore ha ucciso ogni primogenito nella terra d'Egitto: i primogeniti degli uomini e i primogeniti del bestiame. Per questo io sacrifico al Signore ogni primo parto di sesso maschile e riscatto (:1}~~) ogni primogenito dei miei discendenti» (Es 13,11-15).
A questa pratica rimandano anche Es 22,28-29 e 34,19-20 «Non ritarderai l'offerta di ciò che riempie il tuo granaio e di ciò che stilla dal tuo frantoio. Il primogenito dei tuoi figli lo darai a me ('',-;~!1!1). Così farai per il tuo bue e per il tuo bestiame minuto: sette giorni resterà con sua madre, l'ottavo giorno lo darai a me (-~-;~I;l!1)» (Es 22,28-29). «Ogni essere che nasce per primo dal seno materno è mio: ogni tuo capo di bestiame maschio, primo parto del bestiame grosso e minuto. Riscatterai (:-l}~n) il primo parto dell'asino mediante
Il monoteismo nel Pentateuco: nascita, fenomenologia, teologia
105
un capo di bestiame minuto e, se non lo vorrai riscattare (nEl,iJ), gli spaccherai la nuca. Ogni primogenito dei tuoi figli lo dovrai riscattare (i1Jf?l1 )» (Es 34, 19-20). Il cosiddetto libro dell'Alleanza (Es 20,22-23,33) che fa da cornice a Es 22,28-29, rappresenta un codice indipendente che annovera leggi- sia antiche sia più recenti -riunite in un unico blocco (e successivamente collocate nel libro dell'Esodo), risalenti al tempo dell'insediamento in Canaan; l'apoditticità della formulazione delle leggi e l'assenza di riferimenti a istituzioni 'statali', si spiegano come espressioni di un assetto giuridico più primitivo rispetto, per esempio, alla tradizione deuteronomistica. Questa premessa storico-redazionale aiuta a comprendere l'idea teologica che ispira queste norme: ci si ricollega alla convinzione che YHWH sia il possessore assoluto della terra, e che Israele deve pagare il debito che ha contratto con lui quando l'ha ricevuto in dono 108 • La dichiarata volontà di prendere le distanze dai popoli pagani e dalle loro usanze ignominiose - segno evidente di un'evoluzione della società e delle norme giuridiche che la reggono -, porterà a legiferare contro il sacrificio umano; ciò spiegherebbe l'attuale carattere aleatorio della redazione delle norme di Esodo sul sacrificio dei primogeniti: questa genericità del legislatore «che formula la richiesta solo in linea di principio» è dovuta, secondo M. Noth 109 , all'assenza di prove sicure circa la legittimità di tale culto, ma soprattutto (a nostro avviso) alla devastante ricaduta sociale della messa in pratica della norma che avrebbe fiaccato sensibilmente il tessuto familiare e sociale d'Israele. 108 Sui quattro principali significati (offerta, contributo per una festa comune, sostituzione e controllo della violenza sociale) che assumono le leggi sul riscatto nei vari contesti sociali a cui rinviano i testi, segnaliamo: K. FINSTERBUCH, «The Firts-Bom between Sacrifice and Redemption in the Hebrew Bible)), in K. FINSTERBUCH- A. LANGE- K.F. DIETHARD ROMHELD (eds.), Human Sacrifice in Jewish and Christian Tradition, Brill, Leiden - Boston 2007, 87-108. 109 M. NoTH, Esodo, 125-126; 233. Facciamo notare, inoltre, che sul rapporto tra sacrificio dei primogeniti degli egizi e quello degli ebrei, difficilmente si può avallare l'idea che la Pasqua sia principalmente un sacrificio di primogeniti.
lo solo il tuo Dio
106
Con M. Priotto facciamo notare che con Es 13,12-13 «compare anzitutto una prescrizione generale (13,12a), a cui seguono una precisazione circa i primogeniti del bestiame (13,12b) e due disposizioni particolari circa il riscatto dell'asino e del primogenito umano (13, 13); nella prescrizione generale non compare il verbo qd~ (consacrare: 13,2), bensì 'br (alla forma hifil, letteralmente: 'far passare'); questo verbo, che in connessione con l'espressione bii'è.~ (nel fuoco) indica l'immolazione dei bambini nel fuoco (2Re 16,3; 17,17; 21,6; Dt 18,10), qui è sinonimo di qds e significa semplicemente 'offrire, consacrare'». Leggendo Es 13 alla luce della norma di Es 22,29-30 in cui non si specifica in qual modo debbano essere 'dati' (ntn) i primogeniti e di Es 13,13.15 e 34,20 (in ricorre la radice piidiih 'riscattare' che ha una valenza prettamente giuridica di liberazione da una schiavitù o un' appartenenza), possiamo ipotizzare che questa pratica del sacrificio umano fosse conosciuta in Israele: «tuttavia è chiaro l'intento teologico della presente istruzione mosaica: essa riprende la precedente prescrizione generale di Es 13,2, reinterpretandola alla luce dell'evento salvifico esodale» 110 • Tali prassi arcaica sarà, dunque, sostituita dall'offerta dell'animale al posto del figlio (N m 18, 15-16), e sarà reinterpretata nel più generale processo teologico che fa emergere YHWH come il Dio della vita: «l'antico rito della consacrazione dei primogeniti, probabilmente preisraelitico, viene riletto alla luce della Pasqua e in particolare alla luce della decima piaga; il risparmio dei primogeniti ebrei e la morte dei primogeniti egiziani testimoniano non solo il diritto di Dio sulla vita, ma in particolare la figliolanza adottiva di Israele da parte di YHWH» 111 • Di conseguenza, il sacrificio umano verrà letto come abominevole espressione di idolatria (Dt 12,31) e tabuizzato come un atto di venerazione rivolto al dio Molok: «Non consegnerai alcuno dei tuoi figli per farlo passare a Molok e non profanerai il nome del tuo Dio. Io sono il Signore» (Lv 18,21);
110 111
M. PRIOTTO, Esodo, 242-243. lo., 243.
Il monoteismo nel Pentateuco: nascita, fenomenologia, teologia
l 07
«Dirai agli Israeliti: Chiunque tra gli Israeliti o tra i forestieri che dimorano in Israele darà qualcuno dei suoi figli a Molok, dovrà essere messo a morte; il popolo della terra lo lapiderà. Anch'io volgerò il mio volto contro quell'uomo e lo eliminerò dal suo popolo, perché ha dato qualcuno dei suoi figli a Molok, con l'intenzione di rendere impuro il mio santuario e profanare il mio santo nome. Se il popolo della terra chiude gli occhi quando quell'uomo dà qualcuno dei suoi figli a Molok e non lo mette a morte, io volgerò il mio volto contro quell'uomo e contro la sua famiglia ed eliminerò dal suo popolo lui con quanti si danno all'idolatria come lui, prostituendosi a venerare Molok» (Lv 20,2-5).
Lv 18,21 si trova all'interno di un capitolo in cui si disciplinano i rapporti sessuali e ciò rende questo versetto una glossa estranea al Codice di Santità (Lv 17-26), a meno che non la si colleghi alla pratica della prostituzione che è esplicitamente richiamata in Lv 20,5 proprio a proposito di Molok e del peccato d'idolatria in genere 112 • Il Molok della Bibbia è parente del Malik ('re') presente nel pantheon assiro e di Ras Shamara; ma anche il dio degli Ammoniti, chiamato Milcom (2Sam 12,30; IRe 11 ,5.33; 2Re 23, 13), è una variante di Molok. Il sacrificio umano è la caratteristica che ne contraddistingue il culto così come emerge sia da Is 57,9 in cui l'appellativo 're' è in rapporto con valle di Ben-Himmon 113 e con il suo crematoio, sia in 2Re 17,31 che riporta i nomi divini composti Adramam-Melek e Anam-Melek ('17.1?.~~1 '17.1?."1'"1~). Anche la riforma giosiana interverrà per sanzionare questo culto praticato a Gerusalemme (immolazione conosciuta da Geremia 19,5 e 32,35 e che viene associata al culto baalistico): «Giosia rese impuro il tofet, che si trovava nella valle di BenInnòm, perché nessuno vi facesse passare il proprio figlio o la propria figlia per il fuoco in onore di Molok» (2Re 23, l 0).
112 Cf. J. DAY, Molech. A God of Human Sacri.fice in the Old Testament, Cambridge University Press, Cambridge 1989, 23. Cf. anche l'excursus su Molok in J.E. HARTLEY, Leviticus, Word Books, Dallas TX 1992, 333-337. 113 Da Bet-Hinnom e dal sacrificio che qui si consuma si svilupperà l'immagine della Geenna come luogo di tormento eterno (M t 5,22.29.30; Mc 9,43.45; Le 12,5).
108
lo solo il tuo Dio
La parola tofet è stata interpretata in modi assai differenti ed è centrale per comprendere in profondità il culto verso Molok; sembra che sia imparentata con l'aramaico, il siriaco e l'arabo, rinviando a un 'luogo dove si brucia' 114 ; questa origine, però, non significa che il culto a Molok sia desunto da tradizioni aramaiche ma, più pertinentemente, da quello cananeo così come è confermato dalla Bibbia (2Re 3,27). Sembra, infatti, che tali sacrifici presso gli israeliti siano limitati nel tempo, apparendo solo conAcaz (2Re 16,3) che regno dal 735 al 726 a.C. circa, in un momento in cui il culto è influenzato da pratiche straniere: «è verosimilmente dalla Fenicia che i sacrifici dei bambini bruciati sono stati introdotti in Israele in un'epoca di sincretismo religioso, ed è per gli stessi motivi eccezionali di quei sacrifici della Fenicia, che si possono spiegare i due soli casi precisi menzionati dalla Bibbia: al momento della guerra siro-efraimita Acaz fa 'passare per il fuoco suo figlio' (2Re 16,3); eManasse agisce allo stesso modo (2Re 21,6) davanti a una minaccia assira (di cui i libri dei re non parlano, ma della quale 2Cr 33,llss conserva forse il ricordo)» 115 • Alcuni studi recenti hanno, aiutato a focalizzare con maggiore precisione la portata reale del sacrificio a Molok evidenziando due aspetti principali 116 : a) dagli scavi archeologici che provengono dalle colonie fenicie e cartaginesi disseminate lungo le coste del Mediterraneo, emergono dei santuari (ciò che la Bibbia chiama tofet) con numerose urne cinerarie su cui erano collocate delle steli votive; dalla decifrazione delle iscrizioni è emerso che la divinità a cui venivano offerte le vittime non era Molok ma la dea Tanit (figura femminile legata a Ba'al); questo sacrificio era chiamato molk, vocabolo in seguito divenuto incomprensibile al punto da indicare la stessa divinità; 114 Cf. la discussione in J. DAY, Molech. A God of Human Sacrifice in the Old Testament, 24-28. Suggestiva è l'interpretazione rabbinica che lega tojèt alla radice ebraica tpp 'suono di tamburelli': i sacerdoti pagani, per coprire le grida dei bambini trucidati e dei loro genitori, suonavano i tamburelli. 115 R. DE VAUX, Le istituzioni del/ 'Antico Testamento, 431. 116 Cf. S. MoscATI, Il mondo dei fenici, Il Saggiatore, Milano 1979, 131276; cf. anche dello stesso autore: Gli adoratori di Moloch, Jaka Book, Milano 1991,175-182.
Il monoteismo nel Pentateuco: nascita, fenomenologia, teologia
109
b) la principale diffusione delle notizie sulla presenza e sull'esercizio del sacrificio a Molok, fu opera di Diodoro Siculo (90 a.C. - 27 d.C. circa), una fonte che accentuò la crudeltà delle pratiche cartaginesi enfatizzando la liberalità e il merito dell'immolazione dei figli primogeniti (le famiglie più in vista facevano a gara per presentare i propri figli a Crono, nome greco di Ba'al Hammon); sembra, invece, che si trattasse non di un sacrificio volontario ma dell'immolazione di un bambino nato morto o deceduto per cause naturali e a ciò si è giunti dall'analisi delle ossa contenuti nei tofet che appartenevano a dei feti e, quindi, non potevano essere sacrificati. «Alla luce di tali risultati», osserva G. Deiana, «si avanza l'ipotesi più probabile che non si trattasse di un sacrificio di bambini vivi, ma di quelli nati morti o morti accidentalmente; il rito serviva non al controllo delle nascite, come qualcuno ha proposto, ma più verosimilmente per ottenere dalla divinità un altro figlio che sostituisse quello morto; questo non significa che non esistesser.o casi in cui venivano offerti bambini come sacrificio: alcuni passi biblici sono in proposito espliciti (2Re 3,27; Gdc 11,29-40; Ger 7,31; Ez 20,26)» 117 • Negli ultimi decenni del secolo scorso ha trovato basi linguistiche sempre più solide, la già indicata convinzione circa l'inesistenza di una divinità chiamata Molok, parola che deriverebbe dalla radice del verbo hlk ('andare') che nella forma causativa equivale a 'far passare' nel senso cultuale e, quindi, 'immolare' 118 • Il confronto con il fenicio e il punico
117 G. DEIANA, Levitico. Nuova versione, introduzione e commento, Edizione Paoline, Milano 2005, 219. Sul valore del sacrificio umano in Geremia e più in generale nel!' Antico Testamento cf. A. LANGE, «'They Burn their Sons and Daugthers. That was no Command of Mine' (Jer 7,31). Childs Sacrifice in the Hebrew Bible and in the Deuteronomistic Jeremiah Redactiom>, in K. FINSTERBUCH- A. LANGE- K.F. DIETHARD ROMHELD (eds.), Human Sacrifice in Jewish and Christian Tradition, l 09-132. 118 R. De Vaux segnalava già la complessità della questione ipotizzando l'accostamento di molek con boset ('vergogna'): «La formula molek, predominante nei testi biblici, si spiegherebbe con un cambiamento di vocalizzazione che invitava a leggere boset, 'onta', come è scritto a tutte lettere in Ger 3,24»; si sarebbe proceduto alla sostituzione di boset a Ba'al in Ger 11,13 e Os 9,10 e in certi nomi propri» (Le istituzioni dell'Antico Testamento, 432). Il sacrifi-
110
Io solo il tuo Dio
rivelerebbe, cioè, che nella Bibbia ebraica non si rimanda alla presenza di un dio chiamato Molok ma alla pratica sacrificai e: l~iii di Nm 17,11 ('fallo passare' cioè 'offrilo') corrisponde, per esempio, a l~b di Ger 32,35 ('offerta' a Ba'a1') 119 • Contro questa convinzione si possono apportare alcuni argomenti 120 • a) L'accostamento tra prostituzione (verbo zanah) e pratiche idolatriche come, per esempio, la negromanzia che viene menzionata in Lv 20,6 (il versetto successivo a quello che menziona Molok); tra le attività religiose illecite si annovera la consultazione divina attraverso l't;[od (lSam 23,6.9; 30,7) o gli spiriti (Gdc 8,27; 1Sam 28,13; Is 8,19). Il rimando a Molok è sulla stessa linea teologica che condanna tali usanze che furono tollerate per un certo periodo (l Sam 14,3; 21, l O); ciò rende possibile l'accostamento esplicito tra lo spiritismo e Molok o, più in generale, tra questi e il culto verso gli antenati, anche a motivo della presenza di un dio (milku) fra gli dei degli inferi a cui vengono offerte libagioni per i defunti, così come attestato nei testi mesopotamici e a Ebla 121 • b) Non solo il verbo zanah ma anche altre forme verbali sono utilizzate per descrivere il sacrificio rivolto a una divinità ('br, 'offrire', ntn, 'dare', 8rp, 'bruciare'), attestandosi nella costruzione verbo + ze+ il nome della divinità come nel caso di Molok (Es 13,12; Ez 16,21; 32,37); la costruzione verbo + ze+ termine sacrifìcale, così come pensano coloro che riducono Molok a una formula, non avrebbe senso fuori da tale contesto in cui la divinità è chiamata direttamente in causa. cio molk si ritrova negli scavi archeologici in ambito punico: cf. K. VAN DER TooRN (et. al.), Dictionary ofDeities and Demons in the Bible, Brill, Leiden 1995, 1090-1097. 119 Cf. B.H. REYNOLDS, «Molek: Dead or A1ive? The Meaning and Derivation of mlk and li-,~», in K. FINSTERBUCH -A. LANGE - K.F. DIETHARD ROMHELD (eds.), Human Sacriftce in Jewish and Christian Tradition, 133-150. Cf. anche: A. GIANTO, «Some Notes on the Mulk Inscription from N ehi Yunis», in Biblica 68 (1987), 397-40 l. 12 ° Cf. J. DAY, Molech. A God of Human Sacriftce in the 0/d Testament, 10-13. 121 G. DEIANA, Levitico, 220.
Il monoteismo nel Pentateuco: nascita, fenomenologia, teologia
111
c) La non recezione di Molok come termine sacrificale nelle antiche versioni della Bibbia depone a favore della divinità: la LXX legge &pxwv ('principe' ma Aquila, Simmaco e Teodozione riportano quasi sempre MoÀ.ox), la Vulgata 'Moloch', la versione Siriaca malkom in l k 11,7, 'amlek in 2Re 23, l O e Ger 32,35, mentre in tutte le occorrenze del Levitico si lega Molok all'unione con donne straniere avendo nukrayta, similmente al Targum Pseudo-Jonatan che ha nukra 'ah (eccetto in Lv 20,2 dove è tradotto con mwlk) 122 • d) Se nell'interpretare Molok si è commesso un errore, tale errore sarebbe stato ripetuto in epoche differenti e da tradizioni che avevano prospettive teologiche differenti: il Codice di Santità, la storia deuteronomistica, la redazione deuteronomistica di Geremia, il Proto e il Trito Isaia (se le allusioni di Is 30,33 e 57,9 sono corrette). Questa serie di argomenti ci porta alla conclusione che la proibizione del sacrificio umano rivolto al dio Molok- sebbene possa essere ridimensionato nella sua efferatezza e diffusione - ha comportato, comunque, un ulteriore passo in avanti nel cammino verso un culto yahvistico più rispettoso del valore della vita umana. Il Dio d'Israele non gradisce più questi sacrifici che ora sono tabuizzati come 'pratiche pagane': il volto che si va gradualmente palesando è quello di un Dio dai marcati tratti morali, così come espliciterà la tradizione profetica che legherà la vera religiosità al rispetto dei poveri e dei deboli e non all'inutile spargimento di sangue (Mi 6,1-8).
Dt 6,4: 'YHWH è uno': il monoyahvismo Dalle riflessioni sin qui poste in essere sul Pentateuco e in genere sull'Antico Testamento, si evince la coesistenza tra 122 «È interessante notare che l'ignoranza dei rabbini sulla vera natura del culto di Molok è paragonabile all'ignoranza che essi dimostrano in rapporto degli altri aspetti sincretistici del culto, come per esempio la vera natura degli Asherim che sono stati erroneamente interpretati come alberi vivi più che come pali sacri della divinità Ashera»: J. DAY, Molech. A God of Human Sacri/ice in the Old Testament, 22.
lo solo il tuo Dio
112
forme di religiosità politeistiche, monolatriche ed enoteistiche, non essendoci ancora imbattuti in espressioni chiaramente monoteistiche. Questo composito quadro biblico ridimensiona fortemente l'ingenua idea del monoteismo come connotato saliente della fede ebraica, e sembra dar ragione a quegli studiosi che hanno rinunciato a vedere un esito monoteistico come vertice verso il quale tende l'Antico Testamento. Già nel lontano 1902 S.R. Driver affermava, con realismo storico, che «difficilmente si può dire esplicitamente che il monoteismo sia attestato prima del Deuteronomio e di Geremia; spesso è, invece, implicato il concetto della superiorità di YHWH sugli 'altri dèi' i quali non possono essere paragonati a lui (Es 15,11; Sal 18,32-33; Dt 3,24); tali espressioni riflettono la sua supremazia nei confronti della natura o del mondo pagano e la sua relazione con gli 'altri dèi', la cui utilizzazione (come fa Amos) non lascia, logicamente, spazio alle divinità pagane accanto a lui: inoltre, l'esistenza reale degli 'altri dèi' non sembra essere attualmente negata; che YHWH sia l 'unico nel complesso degli 'altri dèi' e che gli 'altri dèi' non hanno reale esistenza alcuna accanto a lui, è visto con chiarezza ed esplicitamente pensato solo gradualmente» 123 • Tuttavia, se è vero che il monoteismo non abita ogni pagina della Bibbia, è pur vero che in Dt 4 e 6 si possano facilmente intendere delle affermazioni che spingono verso il monoteismo yahvistico. In Dt 6,4 si legge: inN it,it, ,~,;i'-,N mit, t,Nittl, T';
T'
''
•;;
T;
''T:•
smw -:
'Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno. Questa famosa frase dello s"ma' Yisrii 'el è stata accolta come il 'manifesto' dell'unicità di YHWH: egli è l 'unico perché non ci sono altri dèi ( 'Elohfm ). Questa potrebbe essere un'interpretazione plausibile anche se il versetto insiste prin-
12·1 S.R. DRIVER, A Critica/ and Exegetical Commentary on Deuteronomy, T &T Clark, Edinburgh 1902, 90-91.
Il monoteismo nel Pentateuco: nascita, fenomenologia, teologia
113
cipalmente sul legame di Israele con YHWH ('il nostro Dio') e la sua assoluta unicità ('YHWH è il solo'); saremmo quindi nella linea dell'enoteismo e non del monoteismo. Costatiamo, a proposito, con O. Loretz che la peculiarità delle fede israelitica non è tanto il riferimento al solo e unico Dio ma al privilegiato rapporto che si stabilisce tra YHWH e il suo popolo, in quanto «la predicazione riguardo a YHWH 'unico' veniva interpretata 'unicamente' in senso ecclesiologico: YHWH è l'unico cui Israele dev'essere legato nell'amore con tutte le sue forze; non si parla del Dio unico del monoteismo, ma si esige l'amore esclusivo d'Israele per il suo 'unico' Dio, appunto YHWH, il 'nostro' Dio» 124 • La frase iJ:;!t:t :·q;,~ è suscettibile, per questo autore, di diverse traduzioni (almeno otto) che si muovono più che nel solco del monoteismo in quello del monoyahvismo: l) 2) 3) 4) 5) 6) 7)
YHWH è il nostro Dio, YHWH è unico; YHWH, il nostro Dio, è un YHWH (unico); YHWH è il nostro Dio, YHWH è uno; YHWH è il nostro Dio, YHWH solo; il nostro Dio YHWH è un YHWH; YHWH è il nostro Dio, YHWH come unico; YHWH è il nostro Dio, YHWH è uno che è solo (cioè non appartiene a una famiglia di dei); 8) YHWH è il nostro Dio, YHWH è un unico 125 •
Non sempre sono nette le sfumature contenute in queste proposte di letture (soprattutto è difficile cogliere la differenza tra l, 2, 6 e 8); resta chiara, però, la polisemia di un' espressione che nella fede giudeo-cristiana è stata invece accolta come univocamente monoteista. In effetti, lo sema' non professa l'inesistenza degli altri dei ma dichiara che Israele ha YHWH come unico Dio; ciò esclude sia l'idea di un Dio universale
124 O. LORETZ, L 'unicità di Dio. Un modello argomentativo orientale per !'«Ascolta Israele!», 87.
L'ultima traduzione è quella preferita da O. Loretz. Cf. anche N. McDeuteronomy and the Meaning of 'Monotheism ', Mohr, Tiibingen 2003, 60-75. 125
DONALO,
114
lo solo il tuo Dio
(uno stesso per tutti gli uomini) sia quella della sua unità metafisica. Tale sottolineatura filosofica relativa all'unità interna di YHWH esula dal contesto, e nonostante possa essere suffragata dalla LXX (aKouE Iapa11À Kupwç ò 8EÒç ~f.LWV KUptoç Etç Èanv), il motivo dell'unicità di Dio dal punto di vista antologico non fa parte della visione teologica del Deuteronomio e non è ripreso in nessun altro passo del libro; tuttavia, «l'unicità di YHWH potrebbe essere messa in relazione e voler far riferimento all'unicità del luogo dove onorare la divinità; in questo modo verrebbe quindi a costituirsi un ponte tematico con la legge sulla centralizzazione del culto in Dt 12, che caratterizza e condiziona tutto il codice legislativo di Dt 12-26» 126 • Dal punto di vista storico-teologico, infatti, la riforma di Giosia ebbe come conseguenza non solo la proibizione dei culti ad altri dei ma anche il passaggio dal poliyahvismo al monoyahvismo: fu autorizzata la venerazione di YHWH solo a Gerusalemme mentre fu interdetta negli altri santuari (Samaria, Silo, Betel) con la conseguente eliminazione degli 'altri' YHWH. L'intervento deuteronomista non ebbe, perciò, come obiettivo solo il culto di Ba'al ma anche quello yahvistico fuori dalla capitale: «La centralizzazione del culto nel tempio di Gerusalemme ebbe per conseguenza l'eliminazione di tutti gli altri santuari di YHWH; è storicamente possibile che da un determinato momento entrambe le azioni siano andate di pari passo: i luoghi dedicati al culto di YHWH furono distrutti come se fossero santuari di altri dei, perché là il culto era diventato sincretista. In questo i culti stranieri e i culti per YHWH sulle alture, venivano compresi teologicamente come trasgressione di un solo comandamento, del primo comandamento del Decalogo; alla fine li si proibì anche in un unico testo, Dt 12» 127 • 126 S. PAGANINI, Deuteronomio. Nuova versione, introduzione e commento, Paoline, Milano 2011, 188. L'autore annota, comunque, che «all'interno del testo canonico del Deuteronomio appare chiaro come l'affem1azione di stampo monoteistico di Dt 4,35.39 voglia proporsi come chiave di lettura privilegiata anche per Dt 6,4», 189. 127 G. BRAULIK, «Il Deuteronomio e la nascita del monoteismo», in N. LOHFINK- E. ZENGER- G. BRAULIK- J. SCHARBERT (a cura di), Dio ['Unico. Sulla nascita del monoteismo in Israele, 55-56.
Il monoteismo nel Pentateuco: nascita, fenomenologia, teologia
115
Va tenuto in considerazione, perciò, questa reductio ad unum che getta nuova luce sul più generale processo di transizione verso il monoteismo; non è solo l'enoteismo, infatti, la tappa intermedia tra politeismo e monoteismo in quanto esiste anche una differenziazione ad intra di quello che chiamiamo complessivamente yahvismo, movimento che si tende generalmente a descrivere come un blocco teologico monolitico. Tenendo presente quanto sin qui detto, possiamo infatti dire che il monoteismo è frutto dell'interazione tra due movimenti ad extra- opposizione (a Ba'all' Aserah) e assimilazione (con il Dio 'El)-, e uno ad intra (riduzione: dai tanti all'unico YHWH).
Monoteismo
116
Io solo il tuo Dio
Il salto verso il monoteismo (Dt 4,35.39; 32,39) La terza via attraverso la quale si passa dal politeismo al monoteismo che abbiamo indicato all'inizio di questa nostra trattazione, è il salto esplicito verso la fede monoteistica. Tale salto si pone in aperta rottura con il politeismo e non va considerato come il 'travaso' dal molteplice all'Uno, sebbene a questo punto della nostra riflessione possiamo essere più precisi nel dire che, se è vero che l'originalità del monoteismo biblico esclude la sovrapposizione tra YHWH e gli altri dei, è anche vero che tale processo di assimilazioneapprossimazione si possa individuare in alcune tappe dello sviluppo teologico. Ci riferiamo a quanto detto in rapporto della transizione pacifica da 'El a YHWH (cf. sopra). Il vero e proprio scatto monoteistico ufficiale nel Pentateuco si attesta solo nel capitolo quarto del Deuteronomio: 4,35 i'1~7~ ìili rl't c~;;~,çT K~:-t :11:1~ «YHWH lui è il dio, non ce n'è altri al di fuori di lui». 4,39 n~::r-"~ "~~ I:J'~lf';ll:l~:-t"~çt K,:-t ;,~;,~ ~: 1??""""~ J;'1jWm ci~ ;:t~~ ìili l'l't no1;1~ «Sappi dunque oggi e conserva bene nel tuo cuore che il Signore è Dio lassù nei cieli e quaggiù sulla terra; e non ve n'è altro». YHWH non è dichiarato soltanto superiore alle altre divinità ma come l'unica divinità esistente, esplicitando la sua alterità radicale ed esclusiva 128 • Questi versetti sono posti all'interno dell'ammonizione parenetica che funge da introduzione al libro del Deuteronomio e, contraddicendo in 128 Cf. F. LAURENT, «De l'incomparable, de l'unique 'C'est le Seigneur qui est Dieu'. Dt 4, 1-40>>, in B. BoNs- T. LEGRAND (éd), Le monothéisme biblique. Èvolution, contextes et perspectives, 71-90.
Il monoteismo nel Pentateuco: nascita, fenomenologia, teologia
117
un certo senso la visione monolatrica esposta nei capitoli precedenti, sottolinea inequivocabilmente come la modalità con cui deve essere vissuta la fede in YHWH, facendo di Dt 4,35 la «chiave di lettura per tutto il libro del Deuteronomio» 129 • Questo monoteismo inedito in un generale contesto politeistico, costituisce un vero e proprio balzo teologico, in cui l'assenza di una forma fisica di YHWH gioca un ruolo fondamentale nel mostrare lo scarto rispetto agli altri dei: «La sovranità assoluta del Signore sui popoli e sul cosmo, l'impossibilità di rappresentarlo, la sua azione straordinaria, fanno sgorgare una concezione radicalmente esclusiva di Dio che rivela Dio e ridimensiona, allo stesso tempo, le divinità che gli sono attorno; la loro autenticità è turbata, la loro esistenza è artificiosa; il niente degli idoli che sono costruiti è affermato con forza (4,28), e ciò tocca le entità che essi rappresentano con delle ricadute sulla loro identità» 130 • La proibizione delle immagini si muove, di fatti, di pari passo con la fedeltà a YHWH, perché la sua epifania reale non si riduce a un simulacro ma alla storia della salvezza («Bada a te e guardati bene dal dimenticare le cose che i tuoi occhi hanno visto, non ti sfuggano dal cuore per tutto il tempo della tua vita», v. 9): essendo un dio vivo e operativo, è proprio dall'agire storico-salvifico che fa dipendere la sua reale conoscenza e non dalla mediazione di un'immobile scultura. In effetti, è l'idea stessa di YHWH che non può essere forgiata: vietando la riproduzione d'immagini egli si preserva dalla strumentalizzazione concettuale perché costringe a guardare oltre (nel passato) per sapere chi egli sia (nel presente) e cosa sarà in grado di compiere ancora (nel futuro): «Il Signore, tuo Dio, è un Dio misericordioso, non ti abbandonerà e non 129 S. PAGANINI, Deuteronomio. Nuova versione, introduzione e commento 153. Nella tradizione deuteronomistica tendenze monoteistiche possono essere rintracciate in l Sam 2,2; 2Sam 7 ,22; 22,32 che sono state in genere considerate come interpolazioni esiliche e post-esiliche: cf. S.R. DRIVER, Notes on the Hebrew Text and the Topography ofthe the Books of Samuels, Clarendon Press, Oxford 19602 , 12-34. 130 F. LAURENT, «De l'incomparable, de l'unique 'C'est le Seigneur qui est Dieu'. Dt 4,1-40», 89.
Io solo il tuo Dio
118
ti distruggerà, non dimenticherà l'alleanza che ha giurato ai tuoi padri» (v. 31 ). Partendo da una distinzione di J. Assmann - in base alla quale «la teologia implicita potrebbe essere definita 'costellazionale' perché si relaziona con le divinità intese come una pluralità interconnesse, mentre la teologia esplicita, è non costellazionale in quanto centrata sull'Uno, che rappresenta l'origine e il centro di potere di ogni cosa» 131 -,possiamo dire che i deuteronomisti compiono un'azione teologica esplicita definendo la natura del loro dio, le funzioni, le prerogative, i rapporti con il cosmo e con gli altri popoli della terra, analogamente a quanto operato al tempo di Davide dal gruppo sacerdotale vicino a Ebiatar (vedi sopra). E sebbene in Dt 4 non si estenda ancora la fede yahvistica ai non israeliti mancando l'espressione 'YHWH è il dio di tutti i popoli della terra', non siamo troppo lontani da quello sviluppo universalistico che giungerà solo con la sofferta meditazione di Giona e del Deutero Isaia, processo di cui si pongono solide basi 132 • Non si possono chiedere, infatti, a questo testo sensibilità teologiche che maturano solo gradualmente, pur registrandosi lo sforzo ermeneutico di comprendere il funzionamento del mondo all'interno di una struttura ordinata attorno a YHWH, il quale diventa l'orizzonte di significati anche oltre i confini del gruppo di cui è signore. Va sempre tenuta presente, inoltre, la natura di questo monoteismo che «non diventa una dottrina indipendente sull'unico Dio, ma viene sempre esposta con l'attenzione pastorale verso un Israele disperso tra i popoli, e dunque verso la sua identità e la sua singolarità; sullo sfondo di questo orizzonte si realizza ora un tramonto progressivo degli dei» 133 •
J. ASSMANN, Dio e gli dei, 88. Sulle aperture soteriologiche ne !l'Antico Testamento, rinviamo a S. Pinto, «Tra rigorismo e timide aperture: tracce di universalismo della salvezza nell' AT», in G. IBBA (a cura di), Una salvezza a misura di universo, Città Nuova, Roma 2015, 65-83. 133 G. BRAULIK, «Il Deuteronomio e la nascita del monoteismo»,75. Per F. Laurent l'universalismo è già incluso in Dt 4 («De l'incomparable, de l'unique 131
132
Il monoteismo nel Pentateuco: nascita, fenomenologia, teologia
119
Il salto monoteistico palesa, quindi, la natura singolare, innovativa e sovversiva della religione biblica, aspetto che non ha paralleli in altre espressioni confessionali del mondo antico 134 • Il monoteismo del Deutero Isaia Insieme a Dt 4,35.39 nell'Antico Testamento ebraico altri tre testi esplicitano il monoteismo: Is 43, l 0-12; 44,6.8; 45,5-6.21. Il genere letterario del rfb caratterizza questi oracoli. YHWH cita in giudizio il popolo d'Israele perché non ha saputo cogliere i prodigi operati a suo favore: egli può parlare con sicurezza contro i misfatti d'Israele perché ha dalla sua parte la storia. A differenza degli altri dei che non hanno potuto far nulla a difesa dei poveri, YHWH può vantare un impegno fattivo: «Prima di me non fu formato alcun dio né dopo ce ne sarà. Io, io sono il Signore, fuori di me non c'è salvatore. Io ho annunciato e ho salvato, mi sono fatto sentire e non c'era tra voi alcun dio straniero>> (Is 43,10-12). Coerentemente con il tratto caratteristico dello yahvismo delle tradizioni storiche, il profeta consegna un'affermazione monoteistica che non ha il carattere astratto di una dichiarazione filosofica, ma esprime la volontà di mantener fede ad una relazione d'amore («Perché tu sei prezioso ai miei occhi, perché sei degno di stima e io ti amo», Is 43,4a). L'accusa contro il popolo è quella di idolatria: invece di adorare il vero e unico Dio, Israele ha preferito costruire i propri idoli. La descrizione di Is 44,6-23 è segnata dalla dovizia dei particolari con cui l'artigiano confeziona la statua. L'argomentazione profetica si basa sull'impotenza che impedisce agli idoli di intervenire e favore
'C'est le Seigneur qui est Dieu'. Dt 4,1-40», 90) anche se, a nostro avviso, ciò non è così evidente. 134 Cf. J. AssMANN, Dio e gli dei, 160.
120
lo solo il tuo Dio
d'Israele: essi non possono conoscere le sorti del popolo, a differenza di YHWH che regge le sorti del mondo: «Così dice il Signore, il re d'Israele, il suo redentore, il Signore degli eserciti: Io sono il primo e io l 'ultimo; fuori di me non vi sono dèi. Chi è come me? Lo proclami, lo annunci e me lo esponga. Chi ha reso noto il futuro dal tempo antico? Ci annuncino ciò che succederà. Non siate ansiosi e non temete: non è forse già da molto tempo che te l'ho fatto intendere e rivelato? Voi siete miei testimoni: c'è forse un dio fuori di me o una roccia che io non conosca?» (Is 44,6-8). YHWH, a differenza degli dei babilonesi persi nelle loro epopee celesti che raccontano fatti accaduti prima del terppo, fa della storia il punto di forza della propria accusa contro Israele: «Che YHWH fosse coinvolto negli avvenimenti storici era una deduzione teologica che gli ebrei avevano tratto sin dall'epoca dell'esodo dall'Egitto; i profeti continuarono a coltivare la tradizione di esaminare l'esperienza umana in rapporto al progetto divino» (P.D. Hanson, Isaia 40-66, Claudiana, Torino 2012, l 08). Is 45 allarga la prospettiva del monoteismo israelitico: Dio è presentato sempre più come il giudice universale che convoca i sopravvissuti alla crisi, i superstiti delle nazioni, invitando a trovare solo in lui la salvezza «Radunatevi e venite, avvicinatevi tutti insieme, superstiti delle nazioni! Non comprendono quelli che portano un loro idolo di legno e pregano un dio che non può salvare. Raccontate, presentate le prove, consigliatevi pure insieme! Chi ha fatto sentire ciò da molto tempo e chi l 'ha raccontato fin da allora? Non sono forse io, il Signore? Fuori di me non c'è altro dio; un dio giusto e salvatore non c'è all'infuori di me. Volgetevi a me e sarete salvi, voi tutti confini della terra, perché io sono Dio, non ce n'è altri» (ls 45,20-22). Come negli oracoli precedenti, è sulla storia (la capacità di suscitare il re Ciro per intervenire a favore del suo popolo, Is 45,1-6) che si attesta il divario tra YHWH e gli dei.
Capitolo terzo CONCLUSIONE: UNA FEDE NELLA STORIA E NELL'UOMO
Abbiamo spesso rinviato in queste pagine al mondo egizio e alla sua religiosità. Gli autori hanno opinioni differenti rispetto alla correttezza di un simile accostamento e noi stessi abbiamo dato molto credito all'origine madianita dello yahvismo. J. Assmann, convinto che l 'Egitto rimanga la cornice indispensabile per comprendere il monoteismo biblico, offre a tal riguardo alcune intuizioni utili ai fini del nostro discorso e, in particolare, in ordine al rapporto tra storia e religiosità. Secondo l'egittologo esistono tre tipologie principali di presenza o manifestazione delle divinità egizie: forme (jrw), trasformazioni (kheperu) e nomi (rnw). La forma è data dalle rappresentazioni delle divinità, le sue immagini; la trasformazione indica le epifanie cosmiche come il sole, la luna, il vento, l'acqua, il Nilo; il nome è dato dai nomi propri delle divinità con le quali le si invoca e le si racconta. Queste tre classificazioni della presenza divina, esprimono altrettante dimensioni- quella cultuale, quella cosmica e quella linguistica - comuni a ogni divinità egizia, la quale possedeva, rispettivamente, un tempio con un'immagine, una caratterizzazione tratta dal mondo della natura e una genealogia e mitologia 1• In una simile prospettiva, in Egitto (e nelle società pagane in genere) non esiste una distinzione tra cultura in generale
1 Per esempio: il mito (dimensione linguistica) solare rappresenta il sole che gira introno alla terra (dimensione cosmica), rispecchiando la sovranità terrena del faraone (dimensione cultuale) e simboleggiando il ciclo della vita costituito da nascita, morte e rinascita; questo modello riflette il destino e la speranza degli uomini che vengono solo parzialmente ambiti dal mondo degli dei («la mitologia degli egizi è antropomorfica ma non antropocentrica)): J. AssMANN, Dio e gli dei, 31).
lo solo il tuo Dio
122
e religione in particolare; si ritrova, semmai, una linea di demarcazione che separa la sfera religiosa da quella secolare in rapporto al 'dentro' (luoghi di culto appartati) e al 'fuori' (il mondo esterno). Il culto gradito agli dei consisteva in una serie di ritualità e processioni che conservavano la divinità presente, vicina e visibile agli uomini. La sfera prettamente sociale con l'insieme delle sue consuetudini, usi e leggi, non rappresenta un aspetto significativo della religiosità: pur essendoci soprattutto nei testi sapienziali egizi una forte carica etica (il re amministra la giustizia e la rappresenta su ordine degli dei, anche se questo non rientra tra le azioni cultuali), venerare gli dei non implica la giustizia, e ciò nasce dall'assenza di distinzione tra sfera politica e sfera religiosa. Diverso è, invece, il rapporto tra socialità e fede nel mondo biblico: se il mondo egizio è, infatti, frutto di un continuo processo di trasformazione ad opera degli dei, «il Dio biblico sviluppa e rivela le sue personali caratteristiche non in relazione ad altri dei in una cornice di costellazione mitiche ma in relazione all'umanità[ ... ]; la storia diviene la dimensione privilegiata della vicinanza o della lontananza di Dio dall'uomo [... ];la santificazione della storia, ovvero il processo tramite il quale si eleva la storia in una dimensione di presenza divina, ha molto a che fare con il forte legame stabilito nella Bibbia tra storia e giustizia; la storia è vista come la manifestazione della volontà di Dio, un dio che reagisce alle azioni dell'umanità punendo, ricompensando, guidando e, da ultimo, redimendm>2 . Se l'evento storico per gli egizi è un'anomalia nel sempre identico sistema cosmico-religioso che ha leggi cicliche eterne, nel mondo biblico è espressione dello sviluppo lineare del tempo che non è totalmente demandato agli dei e condannato a perpetuarsi nella sua immobilità, ma è affidato alla responsabilità umana chiamata a misurarsi con la libertà divina. E se anche le forme cultuali della Mesopotamia presentavano le divinità vicine alla storia degli uomini, ciò si contestualizzava in un mondo dominato dalla divinazione in cui la liberta umana giocava un ruolo molto limitato, la novità della visione laica del tempo e 2
J. ASSMANN, Dio e gli dei, 33.
Conclusione: unafede nella storia e nell'uomo
123
dello spazio è tipicamente biblica e si lega al sorgere di un dio che ha fatto della storia la sua principale rappresentazione. Un solo re, un solo Dio
La fede del popolo ebraico non si basa, quindi, su miti atemporali lontani nello spazio e nel tempo ma nasce e si sviluppa nel concreto realizzarsi della storia, con le sue luci e con le sue ombre, a contatto con gli avvenimenti e in una continua interazione tra i soggetti che, di questa storia, sono i protagonisti. Più volte abbiamo constatato che la rivelazione biblica non cade dal cielo in una forma perfetta e preconfezionata, in quanto Dio si svela gradualmente agli uomini, rispettandone i tempi di maturazione e consegnando un messaggio di senso che si rende disponibile non in astratto ma nella vita. In questo senso la fede nel Dio liberatore porta in sé le caratteristiche storiche che distinguono Israele dalle popolazioni limitrofe, palesando profonde istanze sociali e politiche: maggiore solidarietà e sempre più pressanti spinte all'aggregazione, contrassegnano l'assetto sociale giocando un ruolo non trascurabile nel processo di unificazione e, allo steso tempo, di elaborazione teologica3 • Nelle zone della Siria e della Transgiordania nel periodo riconducibile all'inizio dell'età del ferro, l' interazione tra i diversi sotto-sistemi porta alla commistione della cultura nomade con quella sedentaria. La situazione storica di questo periodo registra un'involuzione socio-economica rispetto alla tarda età del bronzo: la miscela di angherie e furti, di tasse e dazi da pagare all'Egitto e ai signorotti locali, insieme alla minaccia dei popoli del Mare (i Fenici), rendono impossibile la vita delle popolazioni locali e crea il contesto idoneo alla nascita dell'unificazione delle tribù. In l Sam 8 viene presentata a Samuele la petizione di un sovrano che renda Israele simile agli altri popoli della terra 3 Cf. I due paragrafi 'The key religious experience ofpoliticalliberation' e anche' Yahweh, the God of liberation' in R. ALBERTZ, A History of Israelite Religion in the Old Testament Period, 46-52.
124
lo solo il tuo Dio
(kkol-haggòyim); tale richiesta- accettata a malincuore da Samuele - traghetterà genererà il nuovo volto della società ebraica: «Il re prenderà i vostri figli per destinarli ai carri e ai suoi cavalli, li farà correre davanti al suo cocchio, li farà capi di migliaia e capì di cinquantine; li costringerà ad arare i suoi campi, a mietere le sue messi, ad apprestargli armi per le sue battaglie e attrezzature per i suoi carri. Prenderà anche le vostre figlie per farle sue profumiere e cuoche e fornaie. Si farà consegnare anche i vostri campi, le vostre vigne i vostri oliveti più belli e li regalerà ai suoi ministri. Sulle vostre sementi e sulle vostre vigne prenderà le decime e le darà ai suoi consiglieri e ai suoi ministri. Vi sequestrerà gli schiavi e le schiave, i vostri armenti migliori e i vostri asini e li adopererà nei suoi lavori. Metterà la decima sui vostri greggi e voi stessi diventerete suoi schiavi. Allora griderete a causa del re che avrete voluto eleggere, ma il Signore non vi ascolterà» (lSam 8,11-18).
Queste pretese del re (l Sam 8, Il), che Samuele presenta in modo così negativo (il testo fa risuonare quanto riportato in Dt 17)\ possono essere così schematizzate:
4 Cf. S. PINTO, Saremo anche noi come tutti i popoli'. Nascita della monarchia (l Sam 8-10) e ritorno dall 'esilio (Esdra) riletti in chiave biblicosociologica, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2008, 47.
Conclusione: una fede nella storia e n eli 'uomo
125
Costatiamo, innanzitutto, che un potere così assoluto sul popolo è inedito in Israele, tenendo presente che la monarchia «non dà l'impressione di essere stata un regime così assolutistico» 5, in quanto la regalità piena appartiene solo a Dio (lui solo è arbitro dei beni della terra in quanto è stato lui a donarla al popolo). Ciò che a noi interessa (al di là della portata storica delle affermazioni) è la rappresentazione della regalità, che comporta una società più organizzata e potenzialmente più efficiente, anche se il costo da pagare sembra essere alto (sperequazione delle risorse e una disparità tra i poteri del monarca e del suo entourage, e quelli del resto del popolo). Questi cambiamenti saranno decisivi per l'intero scenario biblico successivo; è in questo periodo che un élite pensante ha fatto propria la causa monarchica per due principali motivi: a) era congeniale a mettere insieme le diverse etnie e culture cananee da un lato e, dall'altro, b) si rivelava necessaria per difendersi dalla minaccia straniera. Non è un caso che Saul, il primo re, è un uomo esperto nella guerra (l Sam 9, l), qualità particolarmente apprezzata in questi frangenti storici; lo stesso Davide darà prova della sua abilità sconfiggendo il nemico filisteo e facendo guadagnare a Israele grandi vittorie (l Sam 17). Gli interventi teologici più significativi che abbiamo visto nei paragrafi precedenti, si spiegano, quindi, in concomitanza con questa nuova fisionomia comunitaria: ordine pubblico, sicurezza, giustizia, valorizzazione delle risorse e delle forze del popolo e, soprattutto, una nuova percezione della propria identità («Saremo anche noi come tutti i popoli»), procedono di pari passo con la rappresentazione di un Dio percepito come 'differenziato' rispetto agli altri dei, giusto e difensore del popolo di cui è sovrano unico. Il punto di svolta dello yahvismo, rispetto alla fede patriarcale nel Dio del clan che ruotava principalmente attorno alla difesa degli immediati interessi del proprio gruppo, è rappresentato dalla presa in con-
5 H. W. HERTZEBERG, I libri di Samuele. Traduzione e commento, Paideia, Brescia 2003, 85.
lo solo il tuo Dio
126
siderazione di «importanti aspetti precedentemente trascurati dalla religione a livello tribale, quali la bellicosa esclusività della relazione con Dio, l'alto grado di pervasività etica, l'incorporazione alla sfera dell'azione politica, le specifiche istituzioni cultuali e una vera riflessione teologica; la pietà sopravvissuta nella primitive famiglie israelitiche era, da questo punto di vista, pre-cultica, pre-politica e pre-morale» 6 • L'assimilazione, l'opposizione e la riduzione, come abbiamo avuto modo di spiegare, sono i processi che determinano i successivi sviluppi della religiosità ebraica, processi che si possono ricollegare a quella che chiamiamo la teoria dei sistemi aperti (aperti perché in comunicazione con l'esterno ma parzialmente chiusi per definire i propri confini identitari), e che permette di spiegare l'esito monoteistico (in realtà in questo periodo ancora enoteistico e monarchico: in concomitanza con lo sviluppo socio-politico-religioso si verifica una maggiore presa di coscienza della propria peculiarità, essere il popolo di YHWH, e la conseguente presa di distanza da tutto ciò che, sia religiosamente sia etnicamente, non si accorda con tale consapevolezza. Detto in termini sociologici: si innescano tutta una serie di processi riconducibili a quella che denominiamo chiusura operativa 8 : la chiusura del siste-
r
6 R. ALBERTZ, A Histmy oflsraelite Religion in the 0/d Testament Period. Vol. I, 39. C'è da notare come anche YHWH difenda il proprio gruppo al pari del dio dei padri ma con due differenze: a) la realizzazione delle promesse di beneficio di dilata nel tempo abbracciando generazioni intere; b) la presenza di Mosè come intermediario. 7 A livello familiare alcune fette della popolazione, infatti, poteva continuare le pratiche religiose politeistiche legate a Ba'al, associandole a una specie di di-teismo legato alla coppia YHWH- 'Aseriih (o Astarte) o di tri-teismo in riferimento, per esempio, a Gn 18,1-9, in cui Abramo accoglie tre angeli come divinità. Se, in effetti, la teologia esplicita andava formulando l'intelligenza della propria fede yahvistica, a livello di teologia implicita (non tematizzata ma praticata) nulla vieta la possibilità di un culto sincretistico persistente. 8 Cf. N. LUHMANN - R. DE GIORGI, Teoria della società, Franco Angeli, Milano 1994, 22: «Con questo concetto [chiusura operativa] non ci si riferisce a ciò che potrebbe essere inteso come isolamento casuale, come mancanza di contatto o come una sorta di segregazione del sistema [ ... ] perché resta pur sempre valido il principio, acquisito già con la teoria dei sistemi aperti, che indipendenza e dipendenza possono essere accresciute reciprocamente l'una at-
Conclusione: una fede nella storia e nel! 'uomo
127
ma alle sollecitazioni dell'ambiente con conseguente apertura a nuove forme sociali e religiose. L'esito di tale chiusura operativa è la generazione di una nuova 'forma' del corpo sociale che si presenta più differenziato e, per ciò stesso, più capace di far fronte ai suoi bisogni: tale differenziazione non è, perciò, il semplice frazionamento del tutto (prima uniforme e monolitico) in più parti in relazione tra di loro ma la ricostruzione e, allo stesso tempo, riformulazione (e, quindi, evoluzione) dell'intero sistema complessivo9 •
Monoteismo e profetismo Esula dalla nostra indagine l'approfondimento del rapporto tra profetismo e monoteismo. Ci limitiamo in questo para-
traverso l 'altra [ ... ]; espresso in maniera più completa, questo significa che solo sistemi operativamente chiusi possono costruire alta complessità propria». Per l'approfondimento cf. anche: N. LUHMANN, Struttura della società e semantica, Laterza, Roma-Bari 1983; lo., Sistemi sociali. Fondamenti di una teoria sociale, Il Mulino, Bologna 1990; Io., La.fùnzione della religione, Morcelliana, Brescia 1990; A. CHIOFALO, I sistemi di Niklas Luhmann, Le Lettere, Firenze 2011. 9 Quattro sono le forme di differenziazione che possiamo individuare. La prima è la differenziazione segmentaria: si caratterizza per l 'uguaglianza dei sistemi parziali della società; questi sono uguali in quanto formano ambienti gli uni per gli altri. Il processo di differenziazione avviene in base alla discendenza, alla comunità di abitazione o in base alla combinazione di entrambe. La seconda forma di differenziazione riguarda un centro e a una periferia: non si postula l 'uguaglianza tra i sistemi sociali ma si ammette un caso di disuguaglianza (il centro rispetto alla periferia), e si prevedono numerosi segmenti riguardanti le due parti differenziate. La terza forma di differenziazione è chiamata stratificatoria: ammette la disuguaglianza di importanza tra i sistemi parziali con la presenza di una gerarchia stabile e di posizioni sociali tendenzialmente fisse (quella relativa alla nascita della monarchia in l Sam 8). L'ultima forma di differenziazione è quella funzionale ed è quella che interessa il nostro discorso sul monoteismo: non è importante l'uguaglianza o la disuguaglianza dei sistemi parziali tra di loro quanto la funzione che essi mutuamente svolgono; questi sono uguali nella loro disuguaglianza. Il rapporto tra le quattro forme di differenziazione non è di tipo evolutivo nel senso del passaggio da 'un più' a 'un meno'; un tale cambiamento, sebbene sia in parte presente, va spiegato diversamente: la discriminante è da ricondurre alla sostituzione delle forme della differenziazione e non alla crescente differenziazione della società; cf. S. PINTO, Saremo anche noi come tuttii popoli'. 23-27.
Io solo il tuo Dio
128
grafo a cogliere i principali tratti della predicazione profetica, relativamente a quegli aspetti (minimi ed essenziali) dai quali non si può prescindere in una trattazione sul monoteismo veterotestamentario. L. Lepore ipotizza che l'istituzione monarchica sia il risultato della predicazione profetica: i profeti ne abbracciarono la causa cercando di dirimere, in questo modo, i tanti piccoli conflitti inter-tribali o inter-etnici del secolo XI a.C. Elia e la sua cerchia, per esempio, supportano religiosamente la riforma politica del regno del nord: è probabile che il profetismo abbia favorito la coagulazione di Efraim sotto la dinastia di Omri che con Acab però si allea, a causa del matrimonio con la fenicia Gezabele, con i popoli del Mare mentre i profeti avrebbero voluto l'alleanza con gli aramei. Il giudizio dei nevi 'im ha una forte carica sociale perché stigmatizza le ingiustizie intestine al popolo d'Israele che lacerano il tessuto di solidarietà nazionale: «è probabile che a causa del diffuso benessere delle classi benestanti si sia strappato il tessuto sociale; la facile ricchezza di pochi mette in crisi gli equilibri di un mondo in sostanza egualitario; così viene ostacolato il riformismo profetico che, puntando sulla monolatria yahvista e sulla giustizia sociale, aveva tentato di salvare l'unità della nazione e la sopravvivenza della stessa monarchia» 10 • È da ricondurre ai profeti l'accusa di idolatria connessa con le donne straniere: le mogli straniere di Salomone («Il re Salomone amò molte donne straniere, oltre la figlia del faraone: moabite, ammonite, edomite, sidònie e ittite, provenienti dai popoli di cui aveva detto il Signore agli Israeliti: 'Non andate da loro ed essi non vengano da voi, perché certo faranno deviare i vostri cuori dietro i loro dèi'. Salomone si legò a loro per amore», l Re 11, 1-2) e Gezabele, moglie fenicia di A cab («Acab prese anche in moglie Gezabele, figlia di Etbàal, re di quelli di Sidone, e si mise a servire Ba' al e a prostrarsi davanti a lui. Eresse un altare a Ba'al nel tempio di Ba' al, che egli aveva costruito a Samaria. Acab eresse anche
10
L.
LEPORE,
L'umanità in cammino dall'enoteismo al monoteismo, 40.
Conclusione: una fede nella storia e nel! 'uomo
129
il palo sacro e continuò ad agire provocando a sdegno il Signore, Dio d'Israele, più di tutti i re d'Israele prima di lui», 1Re 16,31-33), sono descritte come la causa dell'ingresso dell'idolatria ufficiale a corte, almeno stando all'interpretazione dei deuteronomisti che legano al matrimonio con donne pagane questo abominio. Durante l'esilio babilonese un altro profeta, il DeuteroIsaia (capitoli 40-55), fa sua la causa del monoteismo an tiidolatrico che diventa il tema attorno al quale ritrovare l 'unità nazionale al rientro in patria. In questa prospettiva, il re pagano Ciro, descritto come l'unto che permette il ritorno degli esuli, è inserito all'interno dell'ideologia che consente al profeta di traghettare la comunità che, lasciandosi alle spalle il fallimento della monarchia, ora si apre ad una nuova configurazione politica, sociale e religiosa 11 • Il Trito-Isaia (capitoli 56-66) conferisce, invece, alle premesse di restaurazione una valenza escatologica, ampliandone la portata e approdando ad esiti meno razzisti rispetto alle politiche separazioniste di Esdra e Neemia, e più possibilisti sulla questione della salvezza rivolta ai pagani (si fa strada una sorta di universalismo mediato dal ruolo di Israele). Sull'incidenza che la vicenda personale di Osea ha avuto sul legame matrimoniale tra YHWH e Israele, e sull'importanza di Malachia nell'offrire un supporto alla monogamia (con i suoi sviluppi monoteistici), riferiremo nei prossimi paragrafi.
11 Lepore, forse con troppo entusiasmo, considera fondamentale tenere presente l'eredità che giunge a Israele dalla religiosità persiana: «Dio viene visto come una realtà metafisica di cui il mondo presente è il riflesso e, al contempo, la forma decaduta nella materia che attende, come dirà lo stesso Platone, di essere liberata dalla prigione per tornare alla perfezione iniziale e ideale dell'Iperuranio. Il mondo presente cammina verso l'apocatastasi che comporta il faticoso ritorno del mondo sensibile a quello spirituale della perfezione originaria»: L. LEPORE, L 'umanità in cammino dal! 'enoteismo al monoteismo, 45.
130
lo solo il tuo Dio
Il ruolo della bet 'abòt Il punto di arrivo della stigmatizzazione dell'esogamia sarà Esd 9, testo in cui tale consuetudine sarà presentata come il peccato contro Dio e, allo stesso tempo, contro la società: «I capi del popolo si avvicinarono a me dicendo: 'Il popolo d'Israele, i sacerdoti e i leviti non si sono separati dai popoli delle terre e dai loro abomini: Cananei, Ritti ti, Perizziti, Gebusei, Ammoniti, Egiziani e Amorrei. Poiché hanno preso le figlie di costoro per sé e per i propri figli e la stirpe santa si è contaminata con i popoli delle terre. La mano dei capi e dei magistrati è stata la prima a compiere questa profanazione'. Quando udii questa cosa mi stracciai la veste e la tunica, mi strappai i capelli del mio capo e la mia barba e mi sedetti desolato. Allora si radunarono attorno a me tutti coloro che tremavano alle parole del Dio d'Israele, a motivo della profanazione compiuta dagli esuli. Ed io rimasi là, desolato, fino al sacrificio della sera. Al sacrificio della sera mi alzai dalla mia umiliazione, con la mia veste e la mia tunica a brandelli, mi piegai sulle ginocchia. Stesi le mie mani verso il Signore, Dio mio, e dissi: 'Mio Dio, mi vergogno e sono confuso per alzare il mio volto verso di te. I nostri delitti infatti si sono moltiplicati fin sopra la testa e la nostra colpa è grande fino al cielo. Ma ora, che cosa potremo dire, Signore nostro Dio, dopo tutto ciò? Abbiamo infatti abbandonato i tuoi comandamenti, che tu avevi ordinato per mezzo dei tuoi servi, i profeti, dicendo: 'Il paese, in cui entrate per prendeme possesso, è un paese di impurità, per le impurità dei popoli delle terre, per i loro abomini con i quali l'hanno riempito da un'estremità all'altra estremità con le loro immondezze'. E ora, non date le vostre figlie ai loro figli, né prendete le loro figlie per i vostri figli. Non cercate mai la loro pace e il loro benessere, affinché siate forti, e possiate mangiare i frutti migliori del paese e lasciarli in eredità ai vostri figli per sempre. Ma dopo quanto ci è avvenuto a causa delle nostre azioni cattive e per la nostra grande colpa - poiché tu nostro Dio ti sei trattenuto al di sotto delle nostre colpe e ci hai dato un rifugio come questo - torneremo noi forse a violare i tuoi comandamenti, imparentandoci con questi popoli abominevoli? Forse non ti adireresti contro di noi fino a distruggerci, sicché non vi sia più né resto né rifugio? YHWH, Dio d'Israele, tu sei giusto, poiché noi, un resto, sopravviviamo così come (accade) quest'oggi. Eccoci davanti a te con
Conclusione: una fede nella storia e nel! 'uomo
131
la nostra colpa, benché nessuno può stare (in piedi) davanti a te a causa di questa (colpa)'» (9,1-6.10-15).
Nella Bibbia la valutazione dei matrimoni esogami non sempre è negativa, così come si evince dalle unioni tra Abramo e Agar (Gn 16), Abramo e Chetura (Gn 25,1-6), Esaù e le sue diverse mogli (Gn 26,34-35; 28,6-9; 36,2-5), Giuda e Tamar (Gn 38), Mosè e Zippora (Es 2,21), Davide e le sue mogli (2 Sam 3,2-5) 12 • Il divieto di non contrarre matrimonio con donne straniere, infatti, non si attesta prima dell'esilio babilonese, e si contestualizza nella provincia achemenide di Giuda dove si attuò tramite il gruppo religioso che si identifica con la bet 'iibòt che propugnava uno stretto monoteismo, insieme alla pericolosità delle straniere, in rapporto alla sacralità d'Israele e alla saldezza dei legami familiari e religiosi 13 • Inoltre, è evidente che l'endogamia post-esilica è, di fatti, «un tentativo di conservare i possedimenti della famiglia contro la minaccia che altri ereditino la terra; gli antropologi interpretano il matrimonio come un metodo di controllo delle merci che vengono scambiate per ottenere certi vantaggi» 14 • Nel libro di Esdra compaiono due espressioni sostanzialmente equivalenti che indicano sia coloro che possono legit-
12 Cf. F. BIANCHI, La donna del tuo popolo. La proibizione dei matrimoni misti nella Bibbia e nel medio giudaismo, Città Nuova, Roma 2005. 13 Cf. T.C. ESKENAZI- E.P. JUDD, Marriage to a Stranger in Ezdra 9-10, in T.C. EsKENAZI- K.H. RlCHARDS (edd.), Second Temple Studies. Temple Community in the Persian Period, Academic Press, Sheffield 1994, 266-285. Esiste, inoltre, un legame tra la straniera di Esdra e Neemia e quella del libro dei Proverbi; per l'approfondimento rinviamo a: J. BLENKINSOPP, The Social Context ofthe "Outsider Woman" in Proverbs 1-9, in Bib 72 (1991), 457-472; H. C. WASHINGTON, The Strange Woman ~::li~;-t/Ti;"l ;-tll?N) of Proverbs 1-9 and Post-Exilic Judean Society, in T. C. EsKENAZI- K.H. RICHARDS (edd.), Second Temple Studies, 217-242; C.V. CAMP, Wise and Strange: An Interpretation ofthe Female Imagery in Proverbs in Light of Trickster Mythology, in A. BRENNER (ed.), A Feminist Companion to Wisdom Literature, Academic Press, Sheffield 1995, 131-156; ID., Wise, Strange and Holy: The Strange Woman and the Making ofthe Bible, Sheffield 2000. 14 C. BALZARETTI, Esdra-Neemia. Nuova versione, introduzione e commento, Paoline, Milano 1999, 106.
lo solo il tuo Dio
132
timamente rientrare in patria dall'esilio babilonese sia coloro che saranno gli artefici della ricostruzione dell'Israele postesilico; la prima è 'abòt (1,5; 2,68; 3,12; 4,2-3; 8,29; 10,16) e la seconda è bét 'abòtam (letteralmente 'casa dei loro padri': 2,59; l O, 16 in questo versetto le due espressioni compaiono insieme). «l termini bét 'abòt/'abòt», afferma J.P. Weinberg, «sono caratteristici della terminologia veterotestamentaria del periodo acheminide; può infatti essere dimostrato che, all'infuori dell'utilizzazione del cronista, i termini non compaiono prima di lui» 15 • L'autore riporta una lista di ricorrenze mostrando che prima dell'esilio si incontra l'espressione bét 'ab e non bét 'abòt. Solo nei libri di Esdra e Neemia quest'ultima compare 19 volte. È, pertanto, condivisibile la tesi che 'abati bét 'abòt esprimano il cambiamento sociale che il rientro in Giudea comporta nella stratificazione della società ebraica. Dalle occorrenze si evince, infatti, una vera e propria stratificazione della bét 'àbòt che si riferirsi ai clan (le famiglie o insiemi di famiglie) che costituiscono la nervatura portante della comunità post-esilica. La bét 'abòt è, in definitiva, l 'istituzione locale interna alla comunità dei cittadini legata al tempio, nel periodo tra il sesto e il quarto secolo a.C.: non si tratta di una singola famiglia ma di un nome collettivo che presenta al suo interno una struttura articolata secondo una sequenza che può essere a un solo membro X oppure a due membra X+Y o, ancora, a tre membra X+Y+Z. J. La sequenza singola, per esempio, si trova nella lista di Esd 2 nel v. 3 in cui leggiamo 'figli di Paros' e nel v. 4 in cui sono nominati 'i figli di Sefatia'. La doppia sequenza si incontra in Esd 2,36 in cui si dice che i sacerdoti figli di Iedaia della casa di Giosuè erano novecentosettantatre: qui abbiamo la struttura X (Iedaia) + Y (Giosuè) in quanto vengono nominati solo due antenati; in Esd 2,6 si legge: «l figli di Pacat-Moab, cioè i figli Giosuè e di Ioab: l 15 J.P. WEINBERG, The Citizen-Temple Community, Sheffield Academic Press, Sheffield 1992, 48; cf. anche S. PINTO, 'Saremo anche noi come tutti
i popoli'. Nascita della monarchia (/ Sam 8-10) e ritorno dali 'esilio (Esdra) riletti in chiave biblico-sociologica, 99-155.
Conclusione: una fede nella storia e nell'uomo
133
duemilaottocentodieci»; qui la sequenza è X (Pacat-Moab) + Y (Giosuè) + Z (Ioab). Chi poteva rivendicare tre generazioni (il47% dei rimpatriati secondo Weinberg e, quindi, la maggioranza assoluta) aveva, di conseguenza, più peso sociale potendo far valere i propri diritti e conseguenti poteri sul sistema socio-religioso e, soprattutto, sulla proprietà: vantare la certezza di aver avuto antenati che occupavano in passato la terra di Giuda, comporta maggiore diritto di riacquistarne il possesso e, insieme a questo, una rilevante autorità derivante dall'annesso status di possidenti. J. Weinberg dimostra che, sebbene anche prima dell'esilio il testo di Giosuè 7,16-18 frazioni la società- la tribù composta da famiglie a loro volta composte da case (bayit) -,nel post-esilio nasce una società diversa con un'organizzazione che è in continuità con quella precedente ma anche in chiara discontinuità a motivo del suo ruolo di guida nella ricostruzione. Le valutazioni sociologiche della procedura contro i matrimoni esogami per preservare la purità religiosa del gruppo, rivelano la profonda interconnessione fede-società che andiamo presentando in queste pagine: la preferenza della bet 'abòt per l'endogamia non si limitò alla dimensione politico-economica ma ebbe, evidentemente, notevoli conseguenze per religiosità che assunse i tratti del separazionismo intransigente, della monogamia e del monoteismo.
La ba'alizzazione di YWHW Mischiarsi e contaminarsi con le straniere è, dunque, offesa diretta della purezza e della trascendenza del Dio d'Israele. Questo assunto di fede ha inizio con Osea e la gelosia di YHWH, ma si radica nel concetto di alleanza e di segulla (come sopra spiegato); la formula stessa dell'alleanza- «Voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio» (Es 6, 7) - è una sorta di calco della formula matrimoniale, evidenziando la parentela stretta che tale patto creava, rendendo familiari e fratelli uniti per la vita e per la morte (vedi Davide e Gionata in l Sam 18,3; 2Sam l ,26; ma anche Salomone e Hiram in
134
Io solo il tuo Dio
lRe 5,26; 9,13). Si passò da un patto prettamente politico a uno più affettivo, e da un impianto teologico incentrato sui diritti e i doveri a uno psicologico-emotivo segnato dal simbolismo matrimoniale: dalla gelosia di YHWH legislatore si passò a quella di YHWH sposo 16 • Accanto a questa ipotesi dell'origine remota della metafora sponsale, se ne può ragionevolmente pensare una più prossima che getta nuova luce sul rapporto di opposizione tra YWHW e Ba'al: «un secolo prima Elia poteva imporre il dilemma: "Se YHWH è Dio seguitelo! Se lo è Ba'al, seguite lui! (lRe 18,21)"; ad Osea», commentava M. Adinolfi in un suo contributo sulla metafora sponsale nei profeti, «incombeva una missione più difficile, quella di de-baalizzare YHWH depurandolo da quanto sapeva di ba'alismo, particolarmente a livello di miti e riti sessuali; ma Osea si spinse oltre: il profeta pensò di recuperare quanto di valido c'era sotto l' immoralità della ierogamia e ierodulia cananea; operò, insomma, direi, oltre alla de-baalizzazione integrale dello yahvismo, una yahvistizzazione parziale del ba'alismo, che condannò come vera prostituzione adulterina» 17 • Di ba'alizzazione di YHWH parla esplicitamente J. Anderson, il quale nota che l'opposizione a questo dio si manifesta attraverso diverse forme: abbiamo già visto che può essere esplicita ma può anche esprimersi in modo più implicito, arrivando a una vera e propria accoglienza di aspetti che precedentemente erano stati 16 Con Osea inizia un processo teologico che anche altri profeti svilupperanno. Come fa notare G. Ravasi «con Osea nell'VIII secolo avviene una svolta enneneutica significativa riguardo alla categoria 'alleanza' con la quale si erano simbolicamente espressi i rapporti tra Dio e Israele: ad una simbolica più di stampo 'politico' se ne sostituisce una più 'psicologica', legata alla relazione d'amore che intercorre tra due sposi; nasce un modo molto più intenso e più ricco di rappresentare il dialogo tra l 'uomo e il suo Dio; questa prospettiva è accolta da almeno cinque profeti di grande statura teologica e poetica: l'Isaia classico (l; 5), Geremia (2-3; 31 ), Ezechiele (16), il Secondo Isaia (54, 1-1 O) e il Terzo Isaia (62). La simbologia si espande in tutte le sue potenzialità coinvolgendo la dimensione della fecondità, della generazione, della maternità e della paternità»: G. RAVASI, «Il rapporto uomo-donna simbolo dell'alleanza nei profeti», in Parole, Spirito e Vita l (1986), 41. 17 M. ADINOLFI, «Simbolismo sponsale in Osea e Geremia», in Euntes Docete 25 (1972), 137.
Conclusione: una fede nella storia e nell'uomo
135
disapprovati. In effetti, «le polemiche sono frequentemente incorporate nella narrazione e assolvono a diversi obiettivi; spesso agiscono sottotraccia essendo qualche volta attive sotto la superfice, con il fine di evitare negli ascoltatori una reazione negativa nei confronti dell'agenda ideologica avanzata nel testo; con il passare del tempo, quando la situazione diventa meno delicata, una polemica più aperta potrebbe essere espressa con un rischio più basso rispetto alla situazione precedente, provocando un'appropriazione da parte di YHWH dei tratti delle altre divinità» 18 • Ritornando alle dichiarazioni di M. Adinolfi, possiamo dire che, fatta la necessaria 'serematura' dell'eccesiva importanza che gli studiosi del secolo scorso tributavano ai riti orgiastici cananei, il passaggio della dimensione affettiva e sessuale da Ba'al a YHWH, potenziò significativamente la figura del Dio d'Israele di quel pathos che lo caratterizzerà come lo sposo geloso della sua sposa che non tollera altri concorrenti: «Perciò, ecco, la attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore. E avverrà in quel giorno- oracolo del Signore- mi chiamerai: 'Marito mio', e non mi chiamerai più: 'Mio padrone' (alla lettera: -~~:;). Le toglierò dalla bocca i nomi dei Ba'al, che non saranno pili ricordati» (Os 2,16.19).
Anche se la poligamia continuò a essere praticata, la conseguenza più rilevante di questo nuovo assunto teologico sull'istituzione del matrimonio fu l'abbandono della famiglia-harem a favore della monogamia, perché se nel regime poligamico il legame tra l 'unico marito e le tante donne era sostanzialmente debole- in quanto si poteva rompere facilmente per volontà unilaterale dell'uomo-, la forza simbolica dell'unione coniugale tra YHWH e Israele esprime sia la preziosità dell'unica sposa (nonostante la sua infedeltà) sia la volontà di salvare e consacrare tale vincolo:
18
J. ANDERSON, Monotheism and Yahweh's Appropriation ofBaal, 63.
136
lo solo il tuo Dio
«Il Signore mi disse ancora: Và, ama una donna che è amata da un altro ed è adultera; come il Signore ama gli Israeliti ed essi si rivolgono ad altri dei e amano le schiacciate d'uva. Io me l'acquistai per quindici pezzi d'argento e una misura e mezza d'orzo e le dissi: Per lunghi giorni starai calma con me; non ti prostituirai e non sarai di alcun uomo; così anch 'io mi comporterò con te» (Os 3,1-3).
La novità di questo dato monogamico, si deve alla qualità del rapporto al quale Israele è invitato e al quale si giunge attraverso la logica 'castigo-rimprovero-minaccia-riconciliazione' che caratterizza il libro di Osea. Se con Ba'al la relazione era incentrata sulla logica commerciale e, quindi, sbilanciata sulla consumazione egoistica del piacere, della prestazione occasionale e dell'interesse economico («La loro madre si è prostituita, la loro genitrice si è coperta di vergogna. Essa ha detto: Seguirò i miei amanti, che mi danno il mio pane e la mia acqua, la mia lana, il mio lino, il mio olio e le mie bevande», Os 2,7), con YHWH è necessario operare un salto verso una relazione fondata sulla fiducia e non sul tornaconto, in quanto egli non vuole essere considerato alla stregua degli altri 'ba'al/padroni' ai quali Israele è appartenuto. Il cambiamento del partner, da Ba'al a YHWH, è perciò ben espresso dal cambiamento del nome da «Mio Ba' al» (~"l1;1.) a «Mio marito» (~~~~ ), rinviando a quella relazione fondante che il libro della Genesi presenta come il prototipo dell'unione coniugale (Gn 2,23-24): «Quando il Signore oppone i due nomi 'isi, 'mio uomo', e ba 'ali, 'mio marito/ padrone', contrappone due tipi di relazione; egli sottolinea in questo modo che il nuovo legame che si può instaurare tra lui e Israele è una alleanza nella reciprocità, fondata sul mutuo riconoscimento; ciò non permetterà a Israele di considerare il suo Dio, da questo momento in poi, come un padrone, a immagine degli dei ai quali egli si è asservito per tanto tempo per approfittare di quei doni che pensava di ottenere» 19 •
19 A. WÉNIN, Osée et Gomer; parabole de lafidélité de Dieu (Os 1-3), Lumen Vitae, Bruxelles 1998, 39.
Conclusione: una fede nella storia e nell'uomo
137
Con la predicazione del profeta Malachia in epoca postesilica (tre secoli dopo Osea), si consolida questa convinzione teologica ormai definitivamente depurata dal suo retroterra di miti e pratiche sessuali: «Non abbiamo forse tutti noi un solo padre? Forse non ci ha creati un unico Dio? Perché dunque agire con perfidia l'uno contro l'altro, profanando l'alleanza dei nostri padri? Giuda è stato sleale e l'abominio è stato commesso in Israele e a Gerusalemme. Giuda infatti ha osato profanare il santuario caro al Signore e ha sposato la figlia di un dio straniero!» (2, l O-Il).
Fu proprio Malachia che accentuò la difesa del matrimonio monogamico predicando la fedeltà coniugale: «Il Signore è testimone fra te e la donna della tua giovinezza, che hai tradito, mentre era la tua compagna, la donna legata a te da un patto. Non fece egli un essere solo dotato di carne e soffio vitale? Che cosa cerca quest'unico essere, se non prole da parte di Dio? Custodite dunque il vostro soffio vitale e nessuno tradisca la donna del1a sua giovinezza. Perché io detesto il ripudio, dice il Signore, Dio d'Israele, e chi copre d'iniquità la propria veste, dice il Signore degli eserciti. Custodite dunque il vostro soffio vitale e non siate infedeli» (2, 14-16).
Egli, in definitiva, promosse la concezione monogamica ed endogamica della famiglia che divenne 'la culla' teologica nella quale si generò e perpetuò il mondo assiologico di Israele attorno al monoteismo, che diventa a sua volta il punto di forza dell'unità della famiglia stessa e della comunità20 •
20 Esiste un legame tra la donna straniera che abbandona il compagno della sua giovinezza di Pr 2,17 e la 'donna della sua giovinezza' di Ml2,15: in entrambi i testi si deplora la condotta adulterina e l'abbandono del patto religioso; cf. G.P. HUGENBERGER, Marriage as Covenant, A Study of Biblica! Law and Ethics Governing Marriage, Developedfrom the Perspective ofMalachi, Brill, Leiden 1993, 269-302.
138
Io solo il tuo Dio
Ba'alismo e prostituzione in Osea «Ecco come si svolsero i fatti. Per comando apparentemente assurdo di YHWH Osea sposa Gomer, figlia di Diblaim, una prostituta sacra di professione [ ... ]; dopo sei-sette anni Gomer abbandona il marito e ridiventa ierodula presso un santuario del paese; benché affranto dal dolore, Osea tradito non riesce ad allontanare dal pensiero e dal cuore la sposa infedele; alla fine, dietro un nuovo ordine di YHWH, la riammette al suo amore, dopo averla riscattata e averle inflitto un periodo di segregazione per punirla e purificarla dalla sua prostituzione sacra (3,1-3)» (M. Adinolfi, «Simbolismo sponsale in Osea e Geremia», 127). Oggi si è molto più prudenti nel fare simili ricostruzioni sulla storia di Osea, anche se un tempo godevano di un certo consenso tra gli studiosi. Tra i partigiani della teoria che accentua il dato della prostituzione sacra di Gomer segnaliamo anche A. Fanuli che nel 1984 si esprimeva così: «Così come suona il testo [Os l ,2] farebbe intendere che Osea ora che è diventato profeta e in quanto tale deve sposare una prostituta; la quale nell'ambiente socio-religioso dell'Israele di Osea, poteva essere una comune prostituta (Gn 38, 15) o una prostituta sacra dei culti baalistici (Dt 23, 18) o forse anche una ragazza che aveva offerta la sua verginità alla dea (Ger 7, 18) per propiziarsi una felice fecondità nell'incipiente matrimonio; la maggior parte degli interpreti opta per il secondo tipo» (A. Fanuli, Osea: il profeta dell'amore sempre disposto ad innamorarsi. Michea: l'uomo dall'acuta coscienza profetica, Queriniana, Brescia 1984, 26). Se le principali interpretazioni restano tre (Gomer come prostituta, Gomer come una comune donna adultera o, infine, Gomer come né prostituta né infedele ma soltanto frutto dell'incomprensione dei discepoli del profeta), la gran parte degli studiosi conviene che Gomer non sia
Conclusione: una fede nella storia e nel! 'uomo
139
stata affatto una prostituta ma semplicemente una donna infedele al proprio marito al punto da abbandonarlo: «Questa tragica esperienza matrimoniale servì a Osea per comprendere ed esprimere le relazioni tra Dio e il suo popolo; Dio è lo sposo, Israele la sposa infedele, che lo ha lasciato per andarsene con un altro (Ba'al) o con altri (l'Assiria e l 'Egitto)» (L. Alonso Schokel- J.L. Sicre Diaz, I Profeti, Boria, Roma 1989, 973).
Conclusione: dal trionfo monoteistico al monoteismo biblico come prospettiva Il percorso va dal politeismo, alla monolatria, al monoteismo, si afferma, gradualmente e non sempre secondo una linea semplicisticamente evolutiva e continua e, sebbene la fede monoteistica non abbia avuto uno sviluppo lineare e uniforme perché ha seguito le vicende storiche d'Israele, non si può negare la forte spinta ali' emersione di un Dio sugli altri considerato come la propria, unica ed somma divinità. In un lasso di tempo che abbraccia i secoli XIII-VII a.C., il dio guerriero YHWH degli Shosu ha soppiantato il dio fenicio-cananeo Ba'al, il signore della natura, e si è caricato delle peculiarità del dio 'El dei patriarchF 1• Vengono, inoltre, rivisitate e reinterpretate le coppie presenti nel pantheon cananeo: come Ba'al ha la sua 'Aserah così anche YHWH ha la sua sposa, Israele; la coppia della divinità maschile e femminile è, infatti, sostituita dali 'abbinamento YHWHpopolo, ponendosi come metafora dell'esclusivo rapporto tra Dio e Israele. I profeti dell'VIII secolo a.C. giocano un
21 Inoltre, nella nuova idea di divinità che si va delineando vengono assorbiti, secondo l'opinione di P. Xella, anche tratti del dio Hadad, signore degli uragani e delle tempeste: rimandiamo per l'approfondimento a: P. XELLA, Da Baal di Ugarit agli dèi fenici: una questione di vita e di morte, in Io. (a cura di), Quando un dio muore. Morti e assenze divine nelle antiche tradizioni mediterranee, Essedue Edizioni, Verona 2001, 73-96.
Conclusione: una fede nella storia e nell'uomo
140
ruolo decisivo nella maturazione di una coscienza religiosa (Osea); ad Amos, per esempio, andrebbe attribuita la formula onomastica YHWH-'Elohìm (12 occorrenze) con l'intento di fondere, in un unico richiamo teologico, caratteristiche in partenza differenti (3,13; 4,13; 5,14.15.16.27; 6,8.14; 7,8.15; 8,2; 9,15). Le successive riforme religiose (d'impronta sacerdotale e deuteronomistica), spingono verso il rifiuto della cultura Cananea - nel cui habitat prende consistenza e si sviluppa Israele - per approdare all'ebraismo 'puro', monoyahvistico e monoteistico; il politeismo, nella forma di-teistica o tri-teistica, nella quale ora non ci si riconosce più, non può più essere tollerato dalla fede nell'unico ed eccelso YHWH. Con l'esilio e il post-esilio si fanno nuove riflessioni teologiche che accentuano l'esclusività del rapporto monoteistico (Malachia): all'esplicita formulazione teologica fa seguito la netta politica separazionista in difesa della razza e della terra (Esdra-N eemia)22 • È possibile, in conclusione, coniugare approccio storico e lettura teologica del monoteismo? A questa domanda iniziale (tra diacronia e teologia) possiamo rispondere positivamente: anche all'occhio dello studioso più disincantato il monoteismo biblico non può presentarsi come un abbaglio, una finzione teologica o un 'utopia mai realizzata. Se è vero che l'inizio della religione d'Israele ha un avvio storico e non mitico, le forme precedenti attraverso cui si Facciamo notare, da ultimo, che il post-esilio non è soltanto il tempo della chiusura ma anche quello dell'apertura teologica. In età achemenide coesiste con il rigorismo anche l'apertura istanze mutuate da altre divinità, istanze che, secondo il ben noto processo di assimilazione, vengono percepite adatte nella descrizione di YHWH. Secondo Lemaire, «sia l'apertura universalistica che si distingueva per un certo avvicinamento alla religione ufficiale dei persiani, il mazdeismo [attestato nel quadro della religione ufficiale dal tempo di Dario salito al trono proprio grazie al sostegno di Ahuramazda], sia la necessità di farsi capire e anche sostenere ideologicamente da queste autorità condurranno, in una certa misura, i sacerdoti e i responsabili religiosi giudaici a mettere in risalto l'aspetto trascendente e universalistico di YHWH, assai simile al gran dio Ahura Mazda»: A. LEMAIRE, La nascita del monoteismo, 121. Questa tendenza porterà al cambiamento del nome con cui ci si rivolgerà al dio d'Israele che sarà chiamato sempre meno YHWH e sempre più spesso 'grande Dio' (Esd 5,8), 'Dio del cielo e della terra' (Esd 5,11), 'Dio dei cieli' (2Cr 36,23). 22
Conclusione: una fede nella storia e nell'uomo
141
esprime la religione ebraica costituiscono il substrato della fede nel Dio-YHWH, una sorta di livello preliminare molto più antico della manifestazione storica della fede monoteistica affermatasi solo successivamente. Il confronto con il politeismo dei culti limitrofi e l'assenza in Israele di tanti suoi elementi tipici, contribuisce a corroborare la convinzione che non solo la fede dell'Antico Testamento approda alla monolatria ma giunge anche al monoteismo: questa impostazione ermeneutica mira a salvaguardare sia la concretezza degli avvenimenti storici che si susseguono in materia religiosa, sia il dato teologico che vede confluire prospetticamente le diverse manifestazioni religiose politeistiche nella fede in YHWH. In queste pagine in cui abbiamo trattato la non facile questione del monoteismo biblico del Pentateuco (con qualche necessario rinvio ad altri libri), abbiamo cercato di evitare due estremi. Il primo consiste nel considerare il monoteismo come un aspetto totalmente assente nell'Antico Testamento; il secondo, al contrario, ritrova un cammino lineare dagli dei al Dio unico e universale («trionfo monoteistico» )23 • Il primo fa del monoteismo quasi una bestemmia, il secondo una bandiera ideologica: in entrambe le eventualità si trascura la complessità dei dati biblici, storici, sociologici e teologici, a favore di una semplificazione (rispettivamente storicistica e confessionale) figlia di un approccio ermeneutico che ha già deciso in partenza l'obiettivo della propria ricerca. La questione in gioco, in entrambe le posizioni, è la stessa: la sottovalutazione del testo biblico ridotto a un filtro opaco della vera religiosità d'Israele nella visione storicistica, e a un blocco lineare di concetti in evoluzione in quella dogmatica; il vulnus di entrambi è rappresentato dal modo pre-testuale (e quindi pretestuoso!) con cui si pongono nei confronti della Bibbia.
Espressione che si ritrova nella presentazione del volume a cura di C. Dagli dei a Dio. Parole sacre e parole profetiche sulle sponde del mediterraneo. Atti del Convegno internazionale di Studi promosso dal/ 'Associazione 'Biblia '. Bari, 13-15 settembre 1991, Messaggi, Cassano delle Murge (Ba) 1997, 3. 23
CoLAFEMMINA:
142
Conclusione: una .fede nella storia e nel! 'uomo
Dio e i suoi intermediari Facciamo notare, infine, che la riflessione sul monoteismo approderà, paradossalmente, a formulare l'idea di un Dio solo, e ciò in ragione al progressivo processo di astrazione al quale è stato sottoposto per liberarlo dalle incrostazioni politeistiche. Il Dio del cielo, il Dio altissimo appare sempre più lontano, solo e chiuso nella propria soprannaturalità perché l'occultamento delle differenze rispetto agli altri dei ne ha, in qualche modo, svuotato la personalità. La fede ebraica post-esilica proverà a strappare Dio da tale isolamento attraverso lo sviluppo dell' angelologia e della presenza femminile della Sapienza. Per quanto riguarda il primo aspetto, notiamo che un Dio universale e morale (unico e venerato da tutti), portatore di bene e di giustizia, non può essere la causa della sciagura degli uomini; la volontà di discolpare la divinità comporterà lo spostamento dell'attribuzione di responsabilità su figure intermedie demoniache: Satana è la causa della rovina di Giobbe (1-2) e la personificazione della collera divina (lCr 21,1; 2Sam 24,1), così come il demone Asmodeo è all'origine dell'infelicità di Sara nella storia di Tobia (Tb 3,8.17). In positivo si sviluppa un' angelologia speculare a quella negativa che media e storicizza la benevolenza divina: ricordiamo, sempre nel libro di Tobia, l'angelo Raffaele (5,4; 6,13; 7,9; 8,2-3; 12,15) e il principe Michele nel libro di Daniele (Dn 10,13.21; 12,1). Relativamente, invece, al secondo aspetto, quello sapienziale, anche la Sapienza personificata di Proverbi e Siracide serve a mediare un Dio troppo lontano, colmando il vuoto lasciato dalle divinità inferiori che, nel precedente enoteismo, attorniavano YHWH; tale personificazione al femminile, alla stregua di una donna che ammaestra direttamente gli uomini, ri-presenta con tratti materni e, quindi, più accondiscendenti l 'autorità con cui Dio stesso si rivolge al suo popolo (Pr l; 8; 9; Sir 24) 24 • 24 Sul monoteismo e l'attenzione al femminile cf. E. PARMENTIER, «La critique du monothéisme comme solitude de Dieu», in P. GJSEL- G. EMERY (éd.), Le christianisme est-il un monothéisme?, 119-136.
Conclusione: una fede nella storia e nell'uomo
143
Questi intermediari rispondono, dunque, alla questione della solitudine di Dio avvertita anche dalla sensibilità cultuale post-esilica, i cui rappresentanti, moltiplicando e complicando le proprie liturgie, tentano di rendere l 'uomo meno indegno di Dio, Dio più accessibile all'uomo e, in ultima istanza, entrambi un po' più affini. Una nuova prospettiva monoteistica sarà sviluppata, infine, nel Nuovo Testamento, prospettiva che i testi dell'Antico potevano soltanto intuire da lontano; la narrazione trinitaria fatta da Gesù Cristo paleserà, infatti, un dato nuovo e inedito: l'interiorità del Dio-comunione (Uno e Trino) e la sua natura che coniuga familiarità e alterità, storicità e atemporalità, puntuale prossimità e infinita trascendenza. Monoteismo e Trinità La rivelazione trinitaria è specifica del Nuovo Testamento. L'Antico Testamento più che consegnare puntuali anticipazioni, offre un orizzonte ampio in cui il Dio d 'Israele si fa conoscere e si relazione con gli uomini. La categoria di 'storia della salvezza' colloca la rivelazione non in un tempo fuori del tempo, ma in precise coordinate storico-geografiche: il Dio d'Israele cammina con il suo popolo e la sua autorivelazione è fortemente connotata dalla gradualità con cui si fa conoscere e amare. In questo senso possiamo dire che nelle pagine dell'Antico Testamento si possono rintracciare un orientamento, una tendenza, una direzione monoteistica, in cui c'è spazio per alcune manifestazioni che alludono al mistero del Dio Uno e Trino. Negli studi di un recente passato, si dava maggiormente spazio alla figura l'angelo di YHWH (Es 14,19; 23,20.23; 2Sam 24,16-17; Zc 3,1-8) che, come castigatore, come giudice o come guida, si rendeva presente in alcuni momenti della vita del popolo mediando l'intervento divino; in questa linea ermeneutica si menzionavano anche i tre angeli che appaiono ad Abramo a Mamre (Gn 18). Oggi, forse più
144
Conclusione: una fede nella storia e nell'uomo
pertinentemente, si tende a individuare tre forme di quelle che possiamo chiamare anticipazioni germinali del mistero trinitario: la Parola, la Sapienza e lo Spirito. Ciò che accomuna queste tre realtà è il marcato processo di personificazione da cui sono interessati. La Parola gode di una sua vitalità e performatività (Ger 23,29; Sal l 07 ,20), quando viene pronunciata esprime una certa autonomia che la rende viva e feconda: «Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme a chi semina e il pane a chi mangia, così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l'ho mandata' (Is 55,10-11). La Sapienza compie le azioni tipiche di una persona: chiama, esorta, rimprovera, abita, educa, gioca, imbandisce la tavola, prepara un banchetto (Pr 8; Sir 24; Sap 7,22-8,1). E anche se la personificazione non permette la sua esplicita connotazione femminile, dal confronto con l'antisapienza (la donna follia e la donna straniera di Pr 1-9) si può intendere la hokma alla stregua di una donna da amare e sposare. Il rua/:1 'Elohfm, infine, si manifesta come forza di Dio capace di vivificare ogni cosa (Sap l ,9; Sall39,7), dono che è particolarmente elargito nei tempi messianici (Is 11 ,2; Gl 3, 1-2); similmente alla Parola e alla Sapienza, anche lo Spirito assume tratti personali: parla nell'intimo dell'uomo (2Sam 23,2), può essere contristato dalla cattiva condotta umana (ls 63, l 0-11; Sap l ,5), istruisce e sa mostrarsi con volto amichevole verso coloro che ricercano la sapienza (Sap l ,5): 'Il santo spirito, che ammaestra, fugge ogni inganno, si tiene lontano dai discorsi insensati e viene scacciato al sopraggiungere dell'ingiustizia».
BIBLIOGRAFIA
ADINOLFI M., «Simbolismo sponsale in Osea e Geremia~~. in Euntes Docete 25 (1972), 126-138. ALBERTZ A., A History of Israelite Religion in the Old Testament Period. Vol. I, SCM, London 1994. ALBRIGHT W. F., «Jethro, Hobab, and Reuel in Early Hebrew Traditiom~, in CBQ 25 (1963), 1-11. ID., From the Stone Age to Christianity: Monotheism and Historical Process, The Johns Hopkins Press, 1946. ID., Archaeology and the Religion of Israel, The Johns Hopkins University Press, Baltimore 1946. ID., Yahweh and the Gods ofCanaan: A Historical Analysis ofTwo Contrasting Faiths, Doubleday, New York 1968. ALONSO SCHOKEL L.- SICRE DiAZ J.L., I Profeti, Boria, Roma 1989. ALT A., Essays on Old Testament History and Religion, Doubleday, Blackwell, Oxford 1966 (traduzione di R.A. Wilson). ANDERSON J., Monotheism and Yahweh 's Appropriation of Ba al, Bloomsbury T&T Clark, London 2015. AssMANN J., Àgyptische Hymnen und Gebete, Artemis, Ziirich 1975. ID., Dio e gli dei. Egitto, Israele e la nascita del monoteismo, Il Mulino, Bologna 2009. BALZARETTI C., Esdra-Neemia. Nuova versione, introduzione e commento, Paoline, Milano 1999. BARTHÉLEMY D., «Les Tiqquné Sopherim et la critique textuelle de l' Ancient Testament», in J .A. EMERTON (éd. ), Congress Volume Bonn 1962 (VT.S 9), Leiden, Bri111963, 285-304. BEAUCHAMP P., Testamento biblico, Qiqajon, Magnano (BI) 2007. BIANCHI F., La donna del tuo popolo. La proibizione dei matrimoni misti nella Bibbia e nel medio giudaismo, Città Nuova, Roma 2005.
146
Bibliografia
BLENKINSOPP J., The Social Context ofthe "Outsider Woman" in Proverbs 1-9, inBib 72 (1991), 457-472.
Io., Il Pentateuco. Introduzione ai primi cinque libri della Bibbia, Queriniana, Brescia 1996.
Io., «The Midianite-Kenite Hypothesis Revisited and the Origins of Judah», inJSOT33 (2008), 131-153. BLUM E., «Die literarische Verbindung von Erzvatem und Exodus. Ein Geprach mit neueren Endredaktionshypothesen», in J.C. GERTZ- K. SCHMID- M. VITTE (eds. ), Abschied vom Jahwisten. Die Komposition des Hexateuch in der jungsten Diskussion, W. De Gruyter, Berlin-New York 2002, 119-155. BOTTERO J., «Les noms de Marduk, l'écriture et la 'logique' en Mesopotamie ancienne», in J. ELLIS (ed.), Essays on the Ancient Near East in Memory ofJavob Joel Finkelstein, Hamden, Connecticut 1977, 5-28. BRAULIK G., «Il Deuteronomio e la nascita del monoteismo», in N. LOHFINK- E. ZENGER- G. BRAULIK- J. SCHARBERT (a cura di), Dio l'Unico. Sulla nascita del monoteismo in Israele, Morcelliana, Brescia 1991,55-101. BRESCIANI E., Letteratura e poesia del/ 'Antico Egitto, Einaudi, Torino 1990. BRIEND J. (ed.), Israe/ et le nations, Cerf, Paris 1989. BRIGHT J., A History of Israel, Westminster John Knox, Louisville 19804 • Buon P.J., Leviticus, Eerdmans, Grand Rapids (MI) 1996. CAMP C.V., «Wise and Strange: An Interpretation of the Female Imagery in Proverbs in Light of Trickster Mythology», in A. BRENNER (ed.), A Feminist Companion to Wisdom Literature, Academic Press, Sheffield 1995, 131-156.
Io., Wise, Strange and Holy: The Strange Woman and the Making of the Bible, Academic Press, Sheffield 2000. CHILDS B.S., Il libro del/ 'Esodo. Commentario critico-teologico, Piemme, Casale Monferrato (Al) 1995. CHIOFALO A., I sistemi di Niklas Luhmann, Le Lettere, Firenze 2011. COLAFEMMINA C., Dagli dei a Dio. Parole sacre e parole profetiche
sulle sponde del mediterraneo. Atti del Convegno internazionale di Studi promosso dali 'Associazione 'Biblia ·. Bari, 13-15 settembre 1991, Messaggi, Cassano delle Murge (Ba) 1997.
Bibliografia
147
COOPER S.- ScHWARTZ G.M. (eds.), The Study ofthe Ancient Near East in the Twenty-First Century: The William Foxwell Albright Centennial Conference, Eisenbrauns, Winona Lake 1996. CoPAN P.- FLANNANG M., Did God Really Genocide?, Baker Books, Grand Rapids (MI) 2014. CORDIANO G.- ZoRAT M. (a cura di), Diodoro Siculo. Biblioteca storica 1- VIII, Rusconi, Milano 1998. CROSS F.M., Canaanite Myth and Hebrew Epic: Essays in the History of the Religion of Israel, Harvard University Press, Cambridge (MA) 1973. ID., «'El», in H.-J. Fabry- H. Ringgren (a cura di), Grande Lessico del/ 'Antico Testamento. l, Paideia, Brescia 2006, 540-541. CRUSEMANN F., La Torà. Teologia e storia sociale della legge nel! 'Antico Testamento, Paideia, Brescia 2008. DALLA VECCHIA F., «Abramo. All'origine d'Israele: il dibattito sull'identità nazionale», in A. PASSARO -A. PITTA (a cura di), Abramo tra storia e fede, EDB, Bologna 2014,25-47. DAY J., Molech. A God of Human Sacrifice in the Old Testament, Cambridge University Press, Cambridge 1989. ID., «Yahwe's Broken Marriages as Metaphoric Vehicle», in M. NISSINEN- R. URo [eds.], Sacred Marriages. The Divine-Human Sexual Metaphor from Sumer to Early Christianity, Eisenbrauns, Winona Lake, IN 2008,219-241. DE MooR J.C., The Rise ofYahvism: the Roots oflsraelite Monotheism, Peeters, Leuven 1997 2 • DE PURY A., «Le cycle de Jacob comme légende autonome des origines d'Israel», in J.AEMERTON (ed.), Congress Volume 1989 (VT.S 43) Leiden, Brilll991, 58-77. DE VAUX R., Le istituzioni dell'Antico Testamento, Marietti, Genova 19773 . DEIANA G., Levitico. Nuova versione, introduzione e commento, Paoline, Milano 2005. DEL OLMO LETE G., Mitos y legendas de Canaim segun la tradici6n de Ugarit, Cristiandad, Madrid 1981. DEVER W. G., Did God Have a Wife? Archaeology and Folk Religion in Ancient lsrael, Eerdmans, Grand Rapids (MI) 2005. DEVER W.G.- LANCE H.D.- WRIGGHT G.E (eds.), Gezer 1: Preliminary Report ofthe 1964-66 Seasons, Keter, Jerusalem 1970. DRIVER S.R., A Critica! and Exegetical Commentary on Deuteronomy, T&T Clark, Edinburgh 1902.
148
Bibliografia
Io., Notes on the Hebrew Text and the Topography ofthe the Books of Samuels, Clarendon Press, Oxford 1960 2 • EsKENAZI T.C.- Juoo E.P., Marriage to a Stranger in Ezdra 9-10, in T.C. EsKENAZI- K.H. RicHARDS (eds.), Second Tempie Studies. Tempie Community in the Persian Period, Academic Press, Sheffield 1994, 266-285. FANULI A., Osea: il profeta dell'amore sempre disposto ad innamorarsi. Michea: l 'uomo dali 'acu'ta coscienza profetica, Queriniana, Brescia 1984. FINSTERBUCH K., «The Firts-Born between Sacrifice and Redemption in the Hebrew Bible», in K. FINSTERBUCH - A. LANGE - K.F. DIETHARD ROMHELD (eds.), Human Sacrifìce in Jewish and Christian Tradition, Brill, Leiden- Boston 2007, 87 -l 08. FREVEL C., «' Jetzt habe ich erkannt, dass YHWH groBer ist als alle Gotter'. Ex 18 und seine kompositionsgeschichtliche Stellung im Pentateuch», BZ 47 (2003), 3-22. GALBIATI E.- PIAZZA A. (a cura di), Pagine difficili della Bibbia, Massimo, Milano 1985. GERTZ J.C., «Mose und die Anfange der Jiidischen Religion», in Zeitschriftfor Theologie und Kirche 99 (2002), 3-20. GIANTO A., «Some Notes on the Mulk Inscription from Nebi Yunis», in Biblica 68 ( 1987), 397-40 l. HADLEY J.M., «Yahweh and 'His Asherah': Archeologica! and Textual Evidence fot the Cult of Goddess», in W. Dietrich- A. Klopfenstein (eds.), Ein Gott allein?, University Press, Fribourg 1994, 235-268.
Io., The Cult ofAsherah in Ancient Israel and Judah: Evidence fora Hebrew Goddess, Cambridge University Press, Cambridge 2002. HANSON P.D., Isaia 40-66, Claudiana, Torino 2012. HARTLEY J.E., Leviticus, Word Books, Dallas TX 1992. HAYMAN P., «Monotheism. A Misused Word in Jewish Studies?», in JJS (1991), 1-15. HERTZEBERG H. W., I libri di Samuele. Traduzione e commento, Paideia, Brescia 2003. HIMBAZA 1., «Dt 32,8, une correction tardive des scribes. Essai d'interpretation et de datation», in Biblica 83 (2002), 527-548. HoLSCHER H., Das Buch der Konige, seine Quellen und seine Redaktion, in H. Gunkel (ed.), Eucharisterion. Studien zur Religion und Literatur des Alten un d Neuen Testament. Te il l, Vandenhoeck & Ruprecht, Gottingen 1923, 158-213.
Bibliografia
149
HUGENBERGER G.P., Marriage as Covenant, A Study of Biblica/ Law and Ethics Governing Marriage, Developed from the Perspective of Malachi, Brill, Leiden 1993. JoosTEN J., «A Note on the Text ofDeuteronomy xxxii 8», in Vetus Testamentum 57 (2007), 548-555. ID., «Deutéronome 32,8-9 et les commencements de la religion d'Israel», in B. BoNs- T. LEGRAND (éd. ), Le monothéisme biblique. Évolution, contextes et perspectives, Cerf, Paris 2011, 91-108. KNAUF E.A., «Yahwe», in VT 34 (1984), 467-472. LANG B., Monotheism and Profetic Minority: An Essay in Biblica/ History and Sociology, Almond Prres, Almond 1983. LANGE A., «'They Burn their Sons and Daugthers. That was no Command ofMine' (Jer 7,31). Childs Sacrifice in the Hebrew Bible and in the Deuteronomistic Jeremiah Redaction», in K. FINSTERBUCH- A. LANGE- K.F. DIETHARD ROMHELD (eds.), Human Sacrifice in Jewish and Christian Tradition, Brill, Leiden- Boston 2007, 109-132. LASH N., The Beginning and the End of 'Religion ', Cambridge Univesity Press, Cambridge 1996. LAURENT F., «De l'incomparable, de l'unique 'C'est le Seigneur qui est Dieu'. Dt 4,1-40», in B. BoNS- T. LEGRAND (éd), Le monothéisme biblique. Èvolution, contextes et perspectives, Cerf, Paris 2011,71-90. LECLANT J., «Le 'tetragramme' à l'époque d'Amémpphis III», in M. Mori (ed.), Near Eastern Studies Dedicated to H.I.H. Prince TakahitoMikasa, Harrassowitz, Wiesbaden 1991,215-217. LEMAIRE A., Inscriptions hébrai'ques. Tome I, Cerf, Paris 1977. Io., «Les inscriptions de Kirbet el-Q6m et l'ashérah de YHWH)), in Révue Biblique 84 (1977), 595-608. lo., «Les Bene Jacob. Essai d'interprétation historique d'une tradition patriarcale)), in Révue Biblique 85 (1978), 321-337. Io., «La haute Mésopotamie et l'origine des Benè-Jacob)), in Vetus Testamentum 34 (1984), 95-101. Io., La nascita del monoteismo. Il punto di vista di uno storico, Paideia, Brescia 2005. LEPORE L., «La storicità del "manifesto" di Giosia)), in Bibbia e Oriente 215 (2003), 3-33. ID., «L'umanità in cammino dall'enoteismo al monoteismo: l'evoluzione della religione di Israele)), in Bibbia e Oriente 1-2 (2005), 23-54.
150
Bibliografia
LEVEEN A., «lnside Out: Jethro, the Midianites and a Biblica} Construction ofthe Outsider», JSOT 34 (2010), 395-417. LIPINSKI E., «L'étymologie de 'Juda'», VT23 (1973), 380-381. LITKE R.L., A Reconstruction ofthe Assyro-Babylonian God-Lists An: Da-Nu-Um & An: Anu Sa Amel, Yale Babylonian Collection, New Haven 1998. LoHFINK N., «Das Alte Testameilt und sein Monotheismus», in K. RAHNER (ed.), Der eine Gott und der dreieine Gott. Das Gottesverstandnis bei Christen, Juden und Muslimen, Schnell & Steiner, Miinchen 1983, 28-47. ID., «Per una storia della discussione sul monoteismo nell'Israele antico», in N. LOHFINK- E. ZENGER- G. BRAULIK- J. SCHARBERT (a cura di), Dio l 'Unico. Sulla nascita del monoteismo in Israele, Morcelliana, Brescia 1991, 7-24. LORETZ 0., L 'unicità di Dio. Un modello argomentativo orientale per !'«Ascolta Israele!», Paideia, Brescia 2007. LUHMANN N., Struttura della società e semantica, Laterza, RomaBari 1983. ID., Sistemi sociali. Fondamenti di una teoria sociale, Il Mulino, Bologna 1990. ID., La funzione della religione, Morcelliana, Brescia 1990. LUHMANN N. -DE GIORGI R., Teoria della società, Franco Angeli, Milano 1994. McDONALD N., Deuteronomy and the Meaning o.f 'Monotheism ', Mohr, Tiibingen 2003. MERLO P., «L' Ashera di YHWH a Kuntillet 'Ajrud. Rassegna critica degli studi e delle interpretazioni», in Studi Epigrafici e Linguistici sul Vicino Oriente antico 11 (1994), 21-55. MESHEL Z., Kuntillet 'Ajrud, a Religious Centre .from the Time o.f the Judean Monarchy o n the Border o.f Sin, The Israel Museum, Jerusalem 1978. MESHEL Z. ET. AL., Kuntillet 'Ajrud (Horvat Teman): an Iran Age II religious site on the Judah-Sinai border, Israel Exploration Society, Jerusalem 2012. METTINGER T.N.D., No Graven Image? Isarelite Aniconism in its Ancient Near Eastem Context, Almqvist & Wiksell, Stockholm 1995. MILLARDA.R., «The Meaning ofName Judah», inZAW86 (1974), 216-220. MILLER P.D., The Religion o.fAncient Israel, SPCK, London 2000. MOBERLY R.W.L., «How Appropriate is 'Monotheism' as a Category for Biblica} lnterpretation?», in R. W. L. MOBERLY- L. T. STU-
Bibliografia
151
CKENBRUCK (eds. ), Early Jewish and Christian Monotheism, T & T Clark lntemational, Edinburg 2004, 216-234. MOSCATI S., Il mondo dei fenici, n Saggiatore, Milano 1979. ID., Gli adoratori di Moloch, Jaca Book, Milano 1991. MuLLEN E. T., The Divine Council in Canaanite and Early Hebrew Literature, Scholars Press, Chico (CA) 1980. NmiTCH S., War in the Bible. A Study an the Ethics of Violence, Oxford University Press, Oxford 1993. NoTH M., Esodo, Paideia, Brescia 1977. OLSON D. T., Numeri, Claudiana, Torino 2006. PAGANINI S., Deuteronomio. Nuova versione, introduzione e commento, Paoline, Milano 2011. PARMENTIER E., «La critique du monothéisme comme solitude de Diem>, in P. GISEL- G. EMERY (éd.), Le christianisme est-il un monothéisme?, Labor et Fidei, Genève 2001,119-136. PINI G. (a cura di), Clemente Alessandrino. Stromati. Note di vera filosofia, Paoline, Milano 1985. PINTO S., 'Saremo anche noi come tutti i popoli'. Nascita della monarchia (l Sam 8-10) e ritorno dall'esilio (Esdra) riletti in chiave biblico-sociologica, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2008. ID., 'Io sono un Dio geloso'. Manuale sul Pentateuco e i Libri Storici: introduzione ed esegesi, Borla, Roma 2010. ID., «Tra rigorismo e timide aperture: tracce di universalismo della salvezza nell' AT», in G. lBBA (a cura di), Una salvezza a misura del/ 'universo. Scritti in onore di Gérard Rossè, Città Nuova, Roma 2015, 65-83. PRATO G.L., «'Straniero': verso una definizione analogica del concetto in riferimento al territorio siro-palestinese del TB-Fl e all'Israele delle origini», in I. CARDELLINI (a cura di), Lo stranie-
ro nella Bibbia. Aspetti storici, istituzionali e teologici. XXXIII Settimana Biblica Nazionale (Roma, 12-16 settembre 1994), EDB, Bologna 1996, 17-40. ID., «L'attuale ricerca sul monoteismo ebraico biblico», in G. Cereti (a cura di), Monoteismo cristiano e monoteismi, Associazione Teologica Italiana, San Paolo, Roma 2001, 37-65. ID., (a cura di), Religione biblica e religione storica del! 'antico Israele: un monopolio interpretativo nella continuità culturale. Atti del XV Convegno di Studi Veterotestamentari (Fara Sabina, 10-12 Settembre 2007), EDB, Bologna 2009, 5-23. PRIOTTO M., Esodo. Nuova versione, introduzione e commento, Paoline, Milano 2014.
152
Bibliografia
RAD VON G., Das formgeschichtliche Problem des Hexateuchs, Kohlhammer, Stuttgart 1938. ID., Gesammelte Studien zum Alten Testament, Kaiser, Mi.inchen 1958. ID., Teologia de/l 'Antico Testamento I. Teologia delle tradizioni storiche d 'Israele, Paideia, Brescia 1972. ID., God at Work in Israel, Abingdon Press, Nashville 1980 (originale tedesco del1974). RAVASI G., «Il rapporto uomo-donna simbolo dell'alleanza nei profeth>, in Parola, Spirito e Vita l (1986), 41-56. REUTER E., «Qin'à /Qannli'», in H.-J. FABRY- H. RINGGREN (a cura di), Grande Lessico del! 'Antico Testamento. VII, Paideia, Brescia 2007,1005-1017. REYNOLDS B.H., «Molek: Dead or Alive? The Meaning and Derivation of m/k and l',~>>, in K. FINSTERBUCH- A. LANGE- K.F. DIETHARD R6MHELD (eds.), Human Sacrifice in Jewish and Christian Tradition, Brill, Leiden- Boston 2007, 133-150. RINGGREN H., Israele. I padri, l 'epoca dei re, il giudaismo, Jaca Book, Milano 1987. ROMER T., «L' Ancient Testament est-il monothéiste?», in P. GISELG. EMERY (éd.), Le christianisme est-il un monothéisme?, Labor et Fidei, Genève 2001,72-92. ID., Dal Deuteronomio ai libri dei Re. Introduzione storica, letteraria e sociologica, Claudiana, Torino 2007. SCHMID K., Genesis and the Moses Story. Israel's Dual Origins in the Hebrew Bible, Eisenbrauns, Winona Lake (IN) 2010. ID., «Genesis and Exodus as Two Formerly Independent Traditions of Origins for Ancient Israel», in Biblica 93 (20 12), 187-208. SEITZ C., Word Without End: The.Old Testament is Abiding Theological Witness, Eerdmans, Grand Rapids (MI) 1998. SEMBRANO L., «Il regno di Dio nel Primo Testamento», in S.A. PANIMOLLE (a cura di), Regno di Dio nella Bibbia, Boria, Roma 2011, 19-140. SIMIAN-YoFRE H., Il deserto degli dei. Teologia e storia ne/libro di Osea, EDB, Bologna 1994. ID., «L'immagine di Dio nella Bibbia ebraica», in M. Crociata (a cura di), Il Dio di Gesù Cristo e i monoteismi, Città Nuova, Roma 2003, 35-55. SKA J.L., «Essai sur la nature et la signification du cycle de Abraham (Gn 11 ,27-25,11)», in A. WÉNIN (ed.), Studies in the Book
Bibliograjia
153
ofGenesis. Literature, Redaction and History, Leuven University Press, Leuven 2001, 153-177. SMITH M. S., «Interpreting the Baal Cycle», in Ugarit-Forschungen 18 (1986), 313-339. ID., The Origin of Biblica! Monotheism: Israel s Polyteistic Background and Ugaritic Texts, Oxford University Press, Oxford 2001. In., The Early History ofGod: Yahweh and Other Deities in Ancient Israel, W.B. Eerdmans, Grand Rapids (MI)/Cambridge 2002 (prima edizione del 1990). ID., The Memoirs of God: History, Memory and Experience of the Divine in Ancient Israel, Fortress, Minneapolis 2004. ID., God in Translation: Deities in Cross-Cultural Discourse in the Biblica/ World, Mohr Siebeck, Tiibingen 2008. SMITH M. S.- PITARD W. T. (eds.), The Ugaritic Baal Cycle (II vol.), Brill, Leiden 2009. SoMMER B.D., The Bodies ofGod and the World ofAncient Israel, Cambridge University Press, Cambridge 2009. STERN P.D., The Biblica/ Herem. A Window on Israels Religious Experience, Scholar Press, Atlanta (GA) 1991. STOLZ F., Einfiihrung in den biblischen Monotheismus, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, Darmstadt 1996. TERNYNCK M.-J., «Colère, jalousie et amour en Di eu dans l' Ancien Testament. Notes d'exégèse et de théologie biblique», in Aletheia 26 (2004), 23-32. TOBOLA L., «The Divine Name Chemosh: a New Etymological Proposal», in Biblica 74 (2013), 573-575. TooRN VAN DER K. ET. AL., Dictionary ofDeities and Demons in the Bible, Brill, Leiden 1995. VAN SETERS J., «The Patriarchs and Exodus: Bridging the Gap between Two Origin Traditions», in R. RouKEMA (ed.), The Interpretation ofExodus. Studi es in Honour of Cornelis Houtman, Dudley-Peeters, Leuven-Paris 2006, 1-15. WASHINGTON H. C., The Strange Woman ~::11~:1/T1:1 :1iZJK) ofProverbs 1-9 and Post-Exilic Judean Society, in T.C. EsKENAZI- K.H. RicHARDS (eds.), Second Tempie Studies. Tempie Community in the Persian Period, Academic Press, Sheffield 1994, 217-242. WEINBERG J.P., The Citizen-Temple Community, SheffieldAcademic Press, Sheffield 1992. WELLHAUSEN J., Die Composition des Hexateuchs und der historischen Biicher des Alten Testaments, Reimer, Berlin 1899.
154
Bibliografia
ID., Prolegomena zur Geschichte Israels, Reimer, Berlin 1905. WÉNIN A., Osée et Gomer, parabole de lafidélité de Dieu (Os 1-3), Lumen Vitae, Bruxelles 1998. WILLIAMS F. (ed.), The Panorion of Epiphanius of Salamis, Brill, Leiden 1994. XELLA P., Gli antenati di Dio. Divinità e miti della tradizione di Canaan, Essedue, Verona 1982. ID., «Da Baal di Ugarit agli dèi fenici: una questione di vita e di morte», in ID. (a cura di), Quando un dio muore. Morti e assenze divine nelle antiche tradizioni mediterranee, Essedue, Verona 2001, 73-96.
INDICE DEl NOMI
Adinolfi M., 134, 138, 145 Albertz A., 12, 29, 42, 145 Albright W.F., 44, 145 Alonso Sch6kel L., 139, 145 Alt A., 24, 145 Anderson J., 21, 22, 24, 25, 79, 134, 135, 145 Assmann J., 13, 15, 16, 19, 29, 30, 31, 101, 118, 119, 121, 122, 145 Balzaretti C., 145 Barthélemy D., 54, 145 Beauchamp P., 96, 97, 145 Bianchi F., 145 Blenkinsopp J., 40, 42, 45, 46, 49,50,51,60, 74 BlumE., 146 Bons B., 52, 116, 149 BotteroJ., 18,146 Braulik G., 74, 114, 118, 146, 150 Brenner A., 131, 146 Bresciani E., 19, 146 Briend J., 40, 42, 146 Bright J., 21, 146 Budd P.J., 94, 95, 146 Camp C.V., 131, 146 Cardellini L, 32, 151 Cereti G., 151
Childs B.S., 60, 109, 146, 149 Chiofalo A., 127, 146 Colafemmina C., 146 Cooper S., 22, 147 Cordiano G., 59, 147 Crociata M., 66, 152 Cross F.M., 17, 38, 153 Criisemann F., 42, 147 Dalla Vecchia F., 72, 147 DayJ., 100,107,108,110,111, 147 De Giorgi R., 150 De Moor J., 76, 147 De Pury A., 147 De Vaux R., 67, 93, 108, 109, 147 Deiana G., 109, 110, 147 Del Olmo Lete G., 77, 147 Dever W. G., 72, 84, 85, 147 Diethard Romheld K.F., l 05, 109, 110, 148, 149, 152 Dietrich W., 10, 25, 148 Driver S.R., 112, 117, 147 EllisJ., 18,146 Emerton J.A., 54, 57, 145, 147 Emery G., 87, 151, 152 Eskenazi T.C., 131, 148. 153 Fabry H.-J., 38, 99, 100, 147, 152
156
Indice dei nomi
Fanuli A., 138, 148 Finsterbuch K., 105, 109, 110, 148, 149, 152 Frevel C., 42, 148
Litke R.L., 16, 149 Lohfink N., 74, 114, 146, 150 Loretz 0., 10, 80, 113, 150 Luhmann N., 150
Galbiati E., 23, 148 Gertz J.C., 71, 148 GiantoA., 110, 148 GiselP., 87,151,152 Gunkel H., 148
McDonald N., 113, 150 Merlo P., 41, 86, 87, 150 Meshel Z., 86, 150 Mettinger T.N.D., 62, 68, 70, 150 MillardA.R., 51, 150 Miller P.D., 21, 150 Moscati S., 108, 150 Mullen E.T., 21, 150
Hadley J.M., 25, 148 Hanson P.D., 120, 148 Hartley J.E., 107, 148 Hayman P., 24, 148 Himbaza I., 55, 57, 148 Holscher H., 148 Hugenberger G.P., 137, 148 lbbaG., 118,151 Joosten J., 52, 56, 148 JuddE.P., 131,147 Klopfenstein A., 25, 148 KnaufE.A., 76, 149 Lance H.D., 85, 147 LangB., 105,109,110,148, 149, 152 Lange A., 105, 109, 110, 148, 149, 152 Lash N., 9, 149 Laurent F., 116, 117, 118, 149 Leclant J., 42, 149 Legrand T., 52, 116, 149 Lemaire A., 31, 32, 33, 34, 35, 36, 37, 41, 52, 59, 61, 71, 76, 79,86, 88,101,149 Lepore L., 83, 149 Leveen A., 43, 149 Lipinski E., 51, 149
NiditchS., 101,151 Nissinen M., 100, 147 Noth M., 43, 45, 66, 105, 151 Olson D.T., 103, 151 Paganini S., 114, 117, 151 Panimolle S.A., 78, 152 Parmentier E., 151 Passaro A., 72, 147 PiazzaA., 23, 148 PiniG., 60,151 Pinto S., 98, 151 Pitard W.T., 56, 153 Pitta A., 72, 147 Prato G.L., 32, 151 Priotto M., 44, 106, 151 Rad von G., 151 Ravasi G., 134, 152 Reuter E., 99, l 00, 152 Reyno1ds B.H., 110, 152 Richards K.H., 131, 147, 153 Ringgren H., 38, 44, 45, 99, 100, 147, 152 Romer T., 81, 82, 87, 152
157
Indice dei nomi
Scharbert J., 74, 114, 146, 150 Schmid K., 146, 152 Schwartz G.M., 22, 146 Seitz C., 6, 152 Sembrano L., 78, 152 Sicre Diaz J.L., 139, 145 Simian-Yofre H., 66, 67, 152 Ska J.L., 71, 152 Smith M.S., 16, 54, 56, 77, 152, 153 Sommer B.D., 87, 153 Stem P.D., 101, 153 Stolz F., 24, 153 Temynck M.-J., 99, 153 Tobola L., 58, 153 Toom Van der K., 153
Uro R., 100, 147 Van Seters J., 153 Weinberg J.P., 153 Wellhausen J., 22, 153 WéninA., 71, 136, 152, 153 Williams F., 60, 153 Wrigght G.E., 85, 147 Xella P., 17, 80, 153 Zenger E., 74, 114, 146, 150 Zorat M., 59, 147
INDICE
PREMESSA Capitolo primo QUESTIONI INTRODUTTIVE Monoteismo, politeismo, enoteismo e monolatria: una prima definizione L'Uno preferibile al molteplice Tra diacronia e teologia Passaggio dal politeismo al monoteismo: le tre vie a) La traduzione degli dei b) La gerarchizzazione degli dei c) Il salto dal politeismo al monoteismo La ricerca sul monoteismo: questioni principali a) In principio era il monoteismo b) In principio era il pantheon Capitolo secondo IL MONOTEISMO NEL PENTATEUCO: NASCITA, FENOMENOLOGIA, TEOLOGIA Inizi della distinzione mosaica Origine dello yahvismo: i clan e il Dio del padre Giacobbe prima di Abramo: I Bene Yacob dalla Mesopotamia I clan di Abramo e di Isacco I Bene Yisrael e la comparsa di YHWH YHWH è il dio dei Madianiti: l 'ipotesi kenita La lega proto-arabica tra Madian e Giuda YHWH: un dio outsider I figli del toro La pronuncia del tetragramma YHWH Aniconismo biblico: tra ufficialità e deroghe Culto semi-aniconico: il toro Culto semi-aniconico: altare, stele e albero sacro
Pag.
5
))
9
))
9
))
Il
))
12
))
)) ))
)) )) ))
»
)) ))
))
))
)) )) ))
))
)) ))
» )) ))
))
13
14 17 20 20 21 24
29 29 31 34 37 39 42 49 52 55 58 61 64 68
160
L'assimilazione politico-religiosa sotto il regno di Davide Il rigetto esplicito di Ba'al Storicità della riforma di Giosia YHWH e la sua 'Aserah Numeri 25: la violenza nella fede yahvistica Un Dio violento Numeri 25: la gelosia di YHWH Esodo 32 e Numeri 25: l'inizio e la fine della generazione di Mosè La proibizione dei sacrifici umani Dt 6,4: 'YHWH è uno': il monoyahvismo Il salto verso il monoteismo (Dt 4,35.39; 32,39) Il monoteismo del Deutero Isaia
Capitolo terzo CONCLUSIONE: UNA FEDE NELLA STORIA E NELL'UOMO Un solo re, un solo Dio Monoteismo e profetismo Il ruolo della bet 'abòt La ba' alizzazione di YWHW Ba'alismo e prostituzione in Osea Conclusione: dal trionfo monoteistico al monoteismo biblico come prospettiva Dio e i suoi intermediari Monoteismo e Trinità
Indice
Pag. ))
)) )) ))
» » » » ))
»
»
» » »
» » »
»
70 76 81 84 91 96 98 102 104 111 116 119
121 123 127 130 133 138
»
139 142 143
BIBLIOGRAFIA
))
145
INDICE DEI NOMI
»
155
))