Introduzione alla semiotica della musica

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Introduzione alla semiotica della musica

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Gino Stefani

Introduzione alla

Semiotica della musica Sellerio editore Palermo

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Gino Stefani

Introduzione alla semiotica della musica

s Sellerio editore Palermo

1976 © Sellerio editore Palermo, via Siracusa, 50

Indice

Introduzione alla semiotica della musica

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Presentazione

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Teoria e prassi Una disciplina democratica

Prospettive

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- 21

Funzioni linguistiche in musica: fatica, emotiva, conativa, referen­ ziale, metalinguistica, poetica - Codice e messaggio - Morfologia dei sistemi: altezze, timbro, durate, dinamiche,... - Analisi struttu­ rale - Semantica.

Analisi, semiosi, semiotica

36

Dalla segmentazione al senso - Dal discorso di senso alle strutture dell’oggetto - Verso una disciplina del segno musicale.

Appendice I

50

’Analisi’, ’interpretazione’: usi musicologici dei termini.

Appendice II

53

Semiosi, pertinenza, semiotica.

Pertinenza e ideologia: per una critica musicale scientifica

56

L’oggetto delle scienze umane - Un ’ piccolo tema anapestico ’ • In­ torno a una sinfonia - Le insidie del discorso ermeneutico - Scienza e privilegi.

7

Pratiche culturali Entrata, esordio, inizio

79

I dati e l’ipotesi - L’Entrata cerimoniale - L’Esordio retorico - Lo ’ schema omologico ’ - Corelli, Concerto di Natale - Bach, Toccata in Re minore - Mozart, Sinfonia K551 (Jupiter) - Beethoven, Quinta Sinfonia - Chopin, Grande Valzer brillante - Bartok, Quinto Quartetto - Conclusioni e prospettive.

La scansione incitativa /,/,///

114

Codice colto e codice popolare - L’unità ritmico-metrica - Le scan­ sioni incitative: cadenza di marcia, battere le mani, slogan - Canto e musica popolare: Bella ciao, altri esempi - Marche di scansione incitativa - Musica colta.

Attività manuale e produzione di senso (II Preludio del Clavicèmbalo di Bach)

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Codice tecnico, tonale, retorico - Sequenza A (miss. 1-24) - Se­ quenza B (miss. 25-27) - Sequenza C (miss. 28-33) - Sequenza D (mis. 34) - Sequenza É (miss. 35-38) - Conclusioni: i codici e le loro funzioni; ’ Preludio ’; la Fuga.

Appendice I

141

Il sistema manuale elementare della tastiera.

143

Appendice II Note per l’esecuzione.

Appendice III

146

Analisi formale.

Appendice IV

153

Analisi della critica.

Codici e testi ” E la vita e la vita

La canzone, cioè l’evasione?

Il paradosso, il gioco - Una festa di massa - E la vita è l’ombrella.

8

159

Un motivo cantabile

168

Il progetto: un’analisi funzionale - La ricerca: tratti, codici, per­ tinenze - Conclusioni.

Poesia e musica: i codici della lirica

178

Nota e sillaba - Ritmica - Metrica - Sintassi-retorica - Lessico, fi­ gure, affetti - Il genere lirico - Conclusioni: un rapporto tra sistemi.

Denotazione e connotazione nei caroselli

200

Denotazione e connotazione: K550, musica ’di natura’; il mo­ dello denotazione/connotazione, sue applicazioni e limiti - Il Mo­ dello Semantico Riformulato (MSR): ’ Liquore Don Bairo il motivo musicale; correlazione tra l’oggetto pubblicitario e il moti­ vo; possibilità e limiti del MSR.

Bibliografia

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Introduzione alla semiotica della musica

Presentazione

Il nostro punto di partenza è che la musica parla della realtà e più precisamente della cultura di una data società. Come la lingua, i gesti, i cerimoniali, il modo di vestire, il tipo di arredamento, i costumi sessuali, i tipi di edilizia, i codici delle leggi, insomma tutti i diversi aspetti di una cultura, così anche la musica — per noi, la nostra musica occidentale, classica e leggera, tradizionale e contempo­ ranea — ci rinvia alla cultura circostante per mezzo di un sistema anzi parecchi sistemi di convenzioni. Noi tutti « parliamo », cioè esercitiamo e comprendiamo que­ ste convenzioni, questi codici culturali: anche senza rendercene con­ to, come avviene per la lingua. Riconoscere questi codici significa perciò mettere il dito sui meccanismi fondamentali della comunica­ zione in musica, significa spiegare — da un punto di vista sodalelinguistico — perchè e come noi « capiamo » la musica. La semio­ tica musicale, come noi la intendiamo, si occupa precisamente di questo. Il lavoro semiotico non è affatto riservato a una élite di spe­ cialisti; può e deve svolgersi invece a diversi livelli, e così avviene di fatto. A un primo livello avviene quando qualcuno, e nel caso tipico un gruppo di base, cioè di persone di qualunque età e cultura, si applica all’interpretazione consapevole di un pezzo di musica: cioè si esercita a collegare certi significati (certi aspetti della cultura) con certi aspetti della musica; chiamiamo questo primo livello « semiosi cosciente ». A un secondo stadio o livello troviamo l’analisi-inter­ pretazione di eventi musicali compiuta secondo un determinato me­ todo, che può essere derivato da prospettive semiotiche generali o particolari, o elaborato ex novo. Più oltre, a un terzo livello, si arri­ va a formulare i metodi stessi dell’analisi-interpretazione e infine le teorie sui diversi modi in cui la musica è segno e linguaggio. L’esperienza dimostra ormai che questo tipo di studio, finora trascurato, porta a risultati sorprendenti e non di rado rivoluzionari. E questo non solo per gli insegnanti o studenti di storia della mu­ sica e di analisi musicale, ma per gli strumentisti e cantanti che in tal modo acquistano una maggiore coscienza delle loro scelte inter­ pretative, per gli educatori e animatori che avviano un ascolto musi­

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cale fondato e fruttuoso, finalmente per qualunque cittadino, che trova un orientamento e una spinta a prendere la parola sulla musi­ ca e con ciò a gestire la musica come bene culturale comune. Questa è la proposta che intende fare la presente Introduzione alla semiotica musicale. L’autore tiene conto della ricerca più avan­ zata, ma nello stesso' tempo mette a frutto un’esperienza ormai ma­ tura nella scuola e in vari gruppi di lavoro. La sezione « Teoria e prassi » sviluppa in modo programmatico l’orientamento ora espo­ sto, precisandolo in rapporto ad altre tendenze della semiotica mu­ sicale contemporanea e della musicologia tradizionale, e concretan­ dolo in analisi dettagliate di pezzi musicali e di testi critici. I tre ampi saggi della sezione « Pratiche culturali » esemplificano su casi precisi — gli « inizi » musicali, il ritmo degli slogans e un preludio bachiano — uno studio dei rapporti fra l’attività musicale e diversi aspetti della cultura, studio condotto secondo principi e metodi de­ terminati (teoria degli interpretanti, teoria dei codici, schema omo­ logico della produzione, ecc.). Nella terza sezione la teoria dei codici viene applicata all’individuazione e definizione di strati « linguistici » fondamentali e comuni alla musica occidentale, popolare e colta. Nella varietà dei temi e delle prospettive si ritroveranno poi an­ che i diversi livelli del lavoro semiotico a cui si è accennato. Ad esempio, esercizi di « semiosi cosciente » (verificati su un gruppo di base) si trovano nei paragrafi « E, la vita la vita » (la sigla di Canzonissima 1975) e « Un motivo cantabile » (cioè il tema della celebre sinfonia in sol minore di Mozart); al secondo livello appar­ tengono la maggior parte dei testi che compongono questo volume; il terzo viene toccato specialmente dalla sezione « Teoria e prassi ». Seguendo quest’ordine si avrebbe così un percorso alternativo per la lettura del libro, un percorso dal più concreto al più astratto. Ma siamo convinti che qualunque percorso in questa Introduzione porta al suo centro. G. S.

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Teoria e prassi

Una disciplina democratica

i. La semiotica musicale è lo studio della musica come segno, comunicazione, linguaggio, condotto in modo rigoroso e secondo gli orientamenti delle moderne discipline del linguaggio e del segno. Va detto subito che intendiamo questo studio come teoria e prassi insieme, cioè come ricerca scientifica e lavoro di base a vari livelli (ad esempio collettivi o gruppi di non musicisti, Conservatorio, Uni­ versità) e qualificato localmente in modo assai diverso.

2. I fatti di segno, comunicazione e linguaggio sono visti dalla semiotica in una duplice prospettiva: come strutture sincroniche e come istituzioni sociali. Vogliamo dire che la semiotica si interessa più al comportamento culturale della collettività che alla creatività dei singoli individui, anche se artisti geniali; più ai sistemi e codici generali che agli stili personali; più ai generi e repertori che alle singole opere; più ai contenuti generali dei discorsi comuni sulla musica che alle interpretazioni private per quanto autorevoli; infine, più ai metodi oggettivi con cui tutti possano costruire il senso dei fatti di cultura, che alle intuizioni personali per quanto illuminate e brillanti. In questo senso la semiotica musicale è una pratica culturale di per se orientata verso un’appropriazione e gestione non elitaria ma democratica del discorso sulla musica e con ciò della mu­ sica stessa. 3. Il nostro punto di partenza è che nella musica tutto è o può essere segno. Qualunque aspetto delle strutture sonore rinvia a molteplici aspetti della cultura; e qualunque giudizio o valutazione sul contenuto di un evento musicale ritaglia inevitabilmente qual­ che struttura materiale sonora. In altre parole: qualunque analisi tecnica cosiddetta formale è al tempo stesso una interpretazione di significati, e viceversa. Il lavoro semiotico consisterà appunto nel definire in che modo avvenga tale correlazione.

4. Nella nostra cultura dominante questo rapporto fra strut­ ture materiali e significati della musica è tutt’altro che riconosciuto, e lo possiamo dimostrare in vari modi.

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a) Una prima prova è la dissociazione tra l’analisi e la cri­ tica: tra i compositori che si occupano del significante musicale pre­ scindendo dal significato e orientando l’analisi a fini personali di produzione di opere (e non di senso), e la prassi comune dei critici che, salvo lodevoli eccezioni, producono discorsi sul senso degli og­ getti musicali prescindendo normalmente dalle strutture materiali. Ora, se è vero che nella nostra società l’accesso dei profani al « senso » della musica passa soprattutto attraverso queste due mediazioni, queste due categorie di datori di senso e di parola sulla musica, ciò vuol dire che la nostra cultura ufficiale non si preoccupa di trovare il punto d’incontro in questa divisione del lavoro culturale, il punto di sutura delle due facce del segno.

b} Ancora, la nostra società accoglie senza risolverla la con­ traddizione tra certi luoghi comuni pseudofilosofici, vecchi ma ancora vivi e vegeti, secondo i quali la musica non avrebbe alcun significato, e luoghi comuni di segno opposto che avallano qualunque liberti­ naggio dell’interpretazione.

c) Venendo ad aspetti più tecnici, un rilievo di carattere locale: nella scuola italiana non esiste alcun insegnamento ufficiale di analisi musicale (trascuriamo l’eccezione sporadica e atipica di un corso straordinario e facoltativo al Conservatorio di Milano): eviden­ temente la precettistica artigianale dei Conservatori e l’idealismo este­ tico sono stati e sono concordi nel considerare l’analisi un perditempo. d) Ancora un rilievo tecnico, di portata più vasta: la nostra prassi e teoria musicale occidentale moderna non è in grado di for­ nirci alcun metodo rigoroso nè di analisi delle strutture musicali nè di verifica dei discorsi sul significato in musica. La risposta che ciò è impossibile o inutile è, come volevasi dimostrare, una risposta ideo­ logica: in realtà i detentori del potere di parola sulla musica non hanno, ovviamente, alcun interesse a mettere sotto inchiesta i loro privilegi. Con ciò le molteplici pratiche culturali (archivistiche, filo­ logiche, ermeneutiche, sociologiche, ecc.) che vanno sotto il denomi­ natore comune di « storia della musica » non dispongono di stru­ menti critici che permettano di sottrarle all’ideologia e all’arbitrio.

5. Ora, la svolta semiotica che interpella oggi anche la musi­ cologia — a tutti i livelli, anche quelli dell’istruzione musicale di base — è proprio l’assunzione di queste impasses e la ricerca di prin­ cipi e metodi rigorosi. Il primo passo metodologico sarà l’esplicltazione cioè la dichiarazione dei principi e metodi applicati nel di­ 18

scorso: infatti, proprio in quanto si dichiara con precisione l’oggetto, il punto di vista e il procedimento, diventano « oggettivi » l’osser­ vazione e il discorso; oggettivi non perchè « veri » o verosimili (cioè rispondenti al senso comune), e neppure perchè completi (nes­ suna scienza può e deve dire tutto sul suo oggetto) o « strutturali » o strutturalistici (cioè tendenti a unificare la molteplicità dell’ogget­ to sotto un’unica ipotesi di lettura); ma oggettivi unicamente perchè verificabili o falsificabili, avendo dichiarato le proprie premesse. Solo con questo passo usciamo dalla « letteratura » sulla musica ed entria­ mo nella scienza, usciamo dal soggettivo ed entriamo nel sociale. Che questo passo oggi si stia facendo lo dimostrano tanti stu­ diosi che in diverse parti del mondo applicano, discutono, perfe­ zionano o abbandonano motivatamente precisi metodi di analisi (è il caso ad esempio del cosiddetto metodo di Ruwet); e lo dimostra l’esperienza quotidiana di gruppi di lavoro di base dove, non ad altezze sublimi ma a livello delle comuni capacità, si tocca con mano — questo è importante — il passaggio dall’intuitivo all’esplicito, dall’impalpabile al verificato, dall’ideologico al critico. 6. Questo per l’atteggiamento di metodo. Quanto al campo di lavoro, se la musica è segno a tutti i livelli della sua organizzazione materiale, e se ogni livello e aspetto rinvia in molteplici direzioni alla « realtà esterna », il compito della semiotica musicale è infinito; Rinviando per panoramiche di informazione su programmi e realiz­ zazioni alla bibliografia, vorremmo qui sottolineare che per noi gli obiettivi preferenziali e congeniali del lavoro semiotico coincidono con quelli di un lavoro culturale inteso non alla trasmissione (sem­ pre autoritaria) di un sapere, tradizionale o individuale, ma alla co­ struzione collettiva e in divenire del senso del nostro essere nel mondo e nella società. 7. Come la linguistica, la semiotica cerca infatti il funziona­ mento segnico della musica nella società, cerca i codici con cui la società legge gli oggetti o eventi musicali: con ciò chiama costantemente e direttamente in causa la competenza comune del parlante ovvero ascoltatore nativo, il « senso » comune linguistico musicale. Per questo come nel caso delle lingue, dei gesti, dei giochi, dei costumi, dei riti, ecc. anche nel caso della musica l’attenzione semio­ tica è soprattutto per i fatti di massa. La ricerca sui sistemi, sui codici porta a scomporre anche le produzioni dotte in una pluralità di strati, di livelli che tiene e rende

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conto della pluralità di comportamenti della nostra società di fronte a un unico oggetto musicale, poniamo una sinfonia di Mozart o un brano lirico. 8. Con ciò ben si vede come la semiotica sia intrinsecamente portata a occuparsi della comunicazione musicale di massa, perchè qui i codici sociali sono più forti, compatti, evidenti: verso la musica classica a vasta popolarità, verso la canzone, il cinema —• anche se lo studio dei messaggi multipli pone problemi difficili. A questo lavoro che, non a caso, le istituzioni ufficiali hanno sinora ignorato o peggio disprezzato — confessando con ciò la loro origine e natura e funzione elitaria — l’istruzione musicale in Italia deve pur decidersi, se non vuole continuare ad alienarsi lontana dalle reali esperienze delle masse.

Vorremmo concludere con una citazione di Charles Morris sul tema « La semiotica c la scuola »: « Poiché un sistema scolastico è semplicemente una delle forme dell’organizzazione sociale con cui una cultura conserva se stessa, la distinzione fra controllo di parte e controllo democratico delle agenzie di informazioni risulta di impor­ tanza fondamentale per l’educazione. La società totalitaria non dedi­ cherà grande attenzione alla semiotica nei suoi piani educativi per il grosso della popolazione, perchè la conoscenza dei fenomeni segnici le rende meno facile manovrare per mezzo dei segni coloro che sono in possesso di questa conoscenza. Ma precisamente grazie a ciò, la semiotica avrà un posto preminente nel sistema educativo di una società democratica » *.

) (* Comunicazione tenuta al Convegno Nazionale per la riforma delle Istituzio­ ni musicali, Reggio Emilia 15-16 febbraio 1975. 1 C. Morris, Segni, linguaggio e comportamento (1946), Milano, Longanesi, 1949, p. 235.

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Prospettive

Funzioni linguistiche in musica Un’ipotesi di lavoro utile per definire la musica come oggetto comunicazionale o semiotico consiste nell’applicare alla musica la nota griglia di funzioni che Jakobson ha desunto dalla teorìa delle comunicazioni applicandola alla linguistica, e che è ormai acquisita come strumento d’indagine in diverse ricerche -semiologiche Qual­ che approccio alla musica in questo senso è già stato tentato, da Lévi-Strauss e da altri2. È appena il caso di premettere che, come per qualunque altra comunicazione complessa, anche per la musica le varie funzioni di cui parliamo sono inestricabilmente connesse, anche se di volta in volta è riconoscibile nei diversi progetti musi­ cali una prevalenza dell’una o dell’altra. i. Funzione fatica o di contatto: evidente in tutta quella pro­ duzione musicale che ingloba progetti d’intrattenimento, di celebra­ zione, di comunione. Tipiche in questo senso la musica barocca che serve al progetto della festa e la musica leggera oggi. Ne conseguo­ no nel messaggio musicale caratteristiche formali riconoscibili, e soprattutto la ridondanza. Ad esempio: funzione fatica hanno gli schemi formali e i gesti reto­ rici che costituiscono dei ’ richiami d’attenzione come le battute d’in­ troduzione al Concerto barocco. L’iterazione binaria costante nei preludi ’ ad arpeggio ’ del Clavicembalo ben temperato di Bach (I, II, V, VI, XI, ecc. del 1° volume) è interpretabile come una struttura di ridondanza con funzione di facilitare la percezione del discorso sintattico-retorico me­ diante una dilatazione temporale.(*) (*) Relazione presentata con il titolo « Prospettive semiotiche in musicologia » in Symposium Intemazionale sulla problematica dell’attuale grafia musicale, Roma 24-26 ottobre 1972, Roma, Istituto Italo-Latino Americano, 1974, PP- 65-84- La ri­ produciamo qui con qualche ritocco. Una versione francese ampliata e modificata è apparsa con il titolo « Sémiotique en musicologie » in Versus. Quaderni di studi semiotici, n. 5, 1973, pp. 20-42. 1 Cfr. R. Jakobson, Saggidi linguistica generale, Milano, Feltrinelli, 1966, pp. 185-192. 2 Cfr. C. Lévi-Strauss, Il crudo e il cotto, Milano, Il Saggiatore, 1966, PP- 30-32. G. Stefani, Communications sonores dans la liturgie, Paris, Institut Ca_ tholique, 1969; Id., «Il musico oratore», LoSpettatore musicale, 1972/5, pp. 25-32 [ora in Musica barocca. Poetica e ideologia, Milano, Bompiani, 1975, pp. 83-88].

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2. Funzione emotiva cioè di espressione emozionale della sog­ gettività. Secondo l’ascoltatore comune è palese nella maggior parte della produzione musicale; per gli psicologi qualunque musica, anche la più ’ pura ha un contenuto emotivo.

3. Funzione conativa o impressiva, secondo cui il messaggio tende a esercitare una pressione sul destinatario. È la funzione dei messaggi persuasivi, che dà luogo alle retoriche. In musica è, forse, strettamente connessa con la funzione emotiva.

Molte strutture musicali sono impregnate di questa funzione: basta pensare ai codici dell’Affekten- e della Figurenlehre (dottrina degli affetti e delle figure) nell’epoca barocca, e poi agli aspetti paralinguistici o pro­ sodici della dinamica e dell’agogica (crescendo-diminuendo, accelerandorallentando, ecc.), il cui diagramma è in tutto omologo a curve emozio­ nali verificabili per via sperimentale. 4. Funzione referenziale: anche la musica, come qualunque altro fatto linguistico e segnico, può mettere ed essere messa in contatto con realtà esterne. Ciò avviene in maniera evidente per tutte le musiche connesse ad azioni o, più in generale, che hanno un carattere segnaletico: ad esempio, quando in una sala da ballo l’orchestrina attacca un valzer e il pubblico si sente con ciò sollecitato a ballare, scatta un meccanismo di riferimento.

5. Funzione metalinguistica, in cui il messaggio musicale par­ lerebbe del suo codice. Sembra difficile parlarne, in musica; eppure Lévi-Strauss trova metalinguistica la musica di Bach, Stravinskij e Webern3. 6. Funzione poetica o estetica o artistica: elaborazione del mes­ saggio per se stesso cioè, nel caso della musica, come oggetto o evento o ricerca. Nella musica questa funzione è privilegiata e do­ minante come la funzione referenziale lo è per il linguaggio verbale. L’opera od operazione musicale possiede infatti in alto grado le ca­ ratteristiche del messaggio poetico che sono l’ambiguità e l’autoriflessività; e tanto più le possiede quanto più è complessa, meno ridu­ cibile a un comune esercizio fàtico, a un ricamo metalinguistico sul codice, a un’intenzione conativa di violenza o persuasione, a una espressione ’ immediata ’ di affetti, a usi referenziali: in breve, quan­ to più è ’ opera ’, cioè arte. 3 C. Lévi-Strauss, toc. cit..

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7- Ma è proprio per evidenziare meglio questa funzione poe­ tica e con essa lo ’ specifico ’ artistico, che assumiamo la musica nella sua globalità di funzioni comunicazionali; proprio così apparirà me­ glio la dialettica autonomia-eteronomia, arte-linguaggio: « i tenta­ tivi di interpretare l’opera d’arte come ’ messaggio ’, come fatto di comunicazione, servono proprio per risolvere il ’ residuo ’ ineffa­ bile », cioè artistico, in tratti e funzioni riconoscibili4. 8. Nello stesso tempo, l’esame delle funzioni ’ linguistiche ’ del­ l’attività musicale è servito a inquadrare la musica entro l’arco della comunicazione: emissione, messaggio, percezione (o anche: produ­ zione, oggetto, consumo). Con ciò risulta anche definito l’ambito della ricerca semiotica nell’intero campo della musicologia: studio dei rapporti segnici tra il testo musicale e i poli della produzione e della percezione.

Codice e messaggio i. La precedente osservazione delle funzioni socio-linguistiche nella musica porta a stabilire l’esistenza di convenzioni o codici che rendono possibile la comunicazione5. Continuiamo ora con un’in­ dagine sui codici che sottendono il discorso musicale: indagine di estrema importanza il cui obiettivo è individuare precise segmen­ tazioni culturali là dove diversamente non si vedrebbero che blocchi o grumi di realtà più o meno naturali, oppure creazioni assolute del genio.

2. Parafrasando una distinzione di Metz a proposito dei mes­ saggi visivi si può anzitutto dire: « Non perché un messaggio è mu­ sicale tutti i suoi codici lo sono; e non è detto che, se un codice appare in messaggi musicali, non debba mai apparire altrove »6.

Il regime notale e la sintassi tonale sono probabilmente, ma non certissimamente, codici specificamente musicali, cioè riservati all’orga­ 4 U. Eco, La struttura assente. Introduzione alla ricerca termologica, Milano, Bompiani, 1968, p. 280. 5 II termine * codice ’ è usato qui in un senso abbastanza largo che verrà definendosi nel contesto. 4 Ch. Metz, «Au-delà de l’analogie, l’image», Communications 15, 1970, pag. 5. [Ora nel volume di questo autore La significazione nel cinema, Milano, Bom­ piani, 1975, pp. 125-138].

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nizzazione di eventi sonori in quanto sonori. Le forme canoniche si ritrovano in altri tipi di espressione, ad esempio verbali e figurative7. I codici della dinamica e dell’agogica sono modelli o — per usare un termine di Moles e Schaeffer ripreso da Stockhausen — ’ modulazioni ’ generali di energie spazio-temporali, che ritroviamo in tanti eventi di natura, nei meccanismi della psiche, nei linguaggi più diversi. Gli schemi metrici e ritmici del corpus tonale sono desunti in sostanza dalla poesia e dalla danza. Nel melodramma e nella musica vocale gli eventi musicali sono perlopiù disciplinati da codici eteronomi. Nella musica contemporanea è evidente una larghissima tendenza a despecificare il discorso musicale mediante l’inclusione ostentata di elementi e codici ’ extra * (basterà qui ricordare Bussotti). Ma un’analoga despecificazione non è meno evidente nel pensiero seriale-strutturalistico; ciò è inevitabile: volendo sussumere le tendenze linguistiche dei materiali sonori, di fatto eterogenee, sotto un solo codice, si arriva a neutralizzare le valenze specifiche di quei materiali per subordinarle a principi logico-matematici o desunti dalle scienze naturali, o comunque a modelli polivalenti, come nel caso di Metastasis di Xenakis, opera musicale il cui modello matematico è ser­ vito anche per costruire il padiglione Philips a Bruxelles8. 3. Le opere musicali possono avere diversi gradi di codifica, sintattica come semantica. Inoltre, una stessa opera si vale normal­ mente di molti codici: sistemi musicali veri e propri, abitudini reto­ riche, regole di gioco, programmi di controllo, modi di formare, quadri di referenza contestuali, ecc. E ancora, un codice può essere forte o debole, cioè fortemente o debolmente definito e quindi più o meno vincolante; infine si danno per i codici diversi gradi di socia­ lizzazione. Ad esempio, VArte della Fuga di Bach è codificata in altissimo grado secondo due codici fortissimi e altamente socializzati: la sintassi tonale e la retorica contrappuntistica; analogamente, l’ambizione dello strutturalismo seriale o della composizione stocastica è di produrre opere totalmente codificate in base a un unico codice. Al contrario il teatro musicale, da Monteverdi a Kagel, comporta messaggi multipli dove en­ trano in gioco diversi quadri di referenza, sia interni (strutturali) sia esterni: ma proprio il carattere multiplo del testo implica allora un mini­ mo di codifica, dove i codici si aprono a integrare degli ’ extra ’ o dei sottocodici.

Poiché il codice è un insieme di norme restrittive del continuum 7 Così la nota frase latina « In girum imus nocte et consumimur igni », leggi­ bile con lo stesso significato per moto retrogrado; e così il quadrato magico « SATOR/ AREPO/TENET/OPERA/ROTAS » che riassume le quattro forme canoniche del contrappunto classico (e della dodecafonia). 8 Descrizione del progetto in I. Xenakis, Musiques jormelles, Paris, RichardMasse, 1963 (ripr. in Musique Architecture, Tournai, Casterman, 1971, pp. 123-142).

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sintattico-semantico, l’opera più aperta coincide con l’abolizione (per quanto possibile) dei codici. È, al limite, la disponibilità totale di un Cage, dove un semplice ’ gesto ’ estensivo si fa messaggio solo per una sua allusività all’univer­ so culturale circostante nella sua globalità indifferenziata. Con ciò siamo al limite dell’afasia: infatti comunicare è distinguere e opporre, cioè sce­ gliere.

6. Abbiamo visto che un codice può avere diversi gradi di so­ cializzazione secondo il tipo di funzione sociale che il messaggio mu­ sicale si assume. Così il barocco, caratterizzato da una forte tenden­ za comunicazionale, si può definire come l’epoca del codice. Agli antipodi della socializzazione barocca del codice si trovano molte opere contemporanee che tendono a creare un pezzo con un sem­ plice programma di controllo e niente altro; il codice è allora mu­ rato nel messaggio, e decodificare significare decriptare — al limite occorrerà che l’autore fornisca egli stesso la chiave d’interpretazione. D’altra parte, perché un sistema musicale sia ’ comunicativo ’ si presuppone che in quella data civiltà siano presenti e largamente dif­ fusi dei ’ rapporti di trasformazione ’ tra i diversi sistemi culturali (lingua, riti, miti, istituzioni e costumi, ecc.). 7. Converrà aggiungere subito, per evitare di ipostatizzare il codice, che « una semiotica del codice è uno strumento operativo che serve a una semiotica del messaggio », e che « essa ha occasione di costituirsi solo quando l’esistenza di un messaggio la postula come sua condizione esplicativa » ’.

8. Il rapporto fra codici e funzioni socio-linguistiche introduce in questa prospettiva sincronica quella diacronica. Questa appare ancora meglio se allargando l’orizzonte, si considera la relazione tra codici e utenti, che in linguistica si suole formulare come ’ com­ petenza ’ dei parlanti, e che consiste nella capacità non solo di usare ma anche di modificare la lingua (nella dialettica langue-parole). Ora, tale competenza consente evidentemente maggiore iniziativa di crea­ tività per lingue musicali che per quelle verbali, data la prevalenza che la società — almeno la società occidentale moderna — assegna alla funzione poetica in musica. Sarà utile in questo contesto segnalare l’importanza della ridondanza. Prescindendo da altre considerazioni, un sistema musicale è tanto più (’) U. Eco, Le forme del contenuto, Milano, Bompiani, 1971, p. 82.

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‘ linguistico ’ quanto più ridondante; infatti la ridondanza è la condi­ zione di ogni relazione, del senso, dello stile e delle varianti individuali; essa costituisce lo spazio dove si generano i nuovi segni, si instaurano le nuove convenzioni, dove il linguaggio si adatta e si evolve, e dove anche si supera e si distrugge. Basti come esempio la tonalità, dalla sua evoluzione multiforme alla morte con la serialità e alla risurrezione o ’ apothéose ’ con Pousseur10; e come esempio contrario osserveremo che proprio l’assenza di spazio ridondante ha causato la rapida fine dei sistemi ’ esatti ’ di composizione, dalla dodecafonia alla serialità integrale alla stocastica.

Morfologia dei sistemi i. Continuando la riflessione sui codici musicali o, più precisamente, sui codici usati in messaggi musicali, vediamo più da vicino alcune modalità della loro articolazione. L’interesse più generale di questa ricerca sta nel rilevare sempre meglio il carattere discontinuo, analitico, arbitrario e soprattutto eterogeneo delle componenti dell’oggetto-evento musicale, troppo spesso considerato come un’entità unitaria e organica quasi-naturale.

2. Tradizionalmente il continuum fonico viene segmentato in quattro grandi sezioni: altezze, durate, intensità, timbri. Questa articolazione ha certamente un fondamento nelle proprietà fisiche, acustiche del suono (materia dell’espressione, secondo Hjelmslev); ma questi quattro termini sono in realtà categorie culturali filtrate attraverso la percezione e organizzate secondo convenzioni cogni­ tive: sono aspetti morfologici di un discorso (forme dell’espressione e del contenuto). In particolare ci interessa qui notare che tale ripartizione si è venuta formando intorno a un criterio dominante: la pertinenza funzionale al ’ testo ’. In altre parole, i singoli aspetti acustici sono stati prelevati dal continuum sonoro e investiti di statuto ’ musi­ cale ’ nella misura in cui sono entrati nella prospettiva di quello che la cultura dell’epoca considerava ’ testo ’ musicale, e il cui nucleo era il discorso in ’ note ’.11

11 H. Pousseur, L’apothéose de Rameau (Essai sur la question harmonique), in Musiques nouvelles, Paris, Klincksieck, 1968 ( = Revue d'Estbétique, 1968), pp. 105-172. [Di questo musicista-musicologo si veda anche la Prefazione nel suo volume Musica, semantica, società, Milano, Bompiani, 1974].

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Riassumiamo in breve le fasi del processo: nella cantilla2ione gregoriana-medievale il testo è, a rigore, solo quello verbale e tutta la fonicità aggiunta è in definitiva prosodia (musica = canto); con la notazione su linee il testo è il melos, cioè il regime notale-scalare delle altezze (canto = musica); poi si integreranno via via, come coadiuvanti o con funzione autonoma, le durate (Ars Nova), i timbri (Barocco), infine la dinamica, i modi d’attacco e di articolazione.

3. Una prima induzione possibile da questa osservazione è la mobilità e il carattere funzionale della segmentazione in paradigmi del materiale musicale. In concreto: se il criterio della pertinenza al regime notale non è più determinante a partire da Debussy, e non è nemmeno più un criterio nella musica contemporanea, è ben plausibile una segmentazione diversa in funzione di altri criteri do­ minanti, oppure una segmentazione mobile a uso del compositore o dell’analista. 4. Altezze all’interno di ciascun parametro (altezze, durate, ecc.) troviamo una organizzazione a più livelli, ciascuno dei quali è ma­ teria del successivo e forma del precedente. Facciamone un rapido esame, cominciando dal parametro ’ altezze ’. a. Il primo livello è quello del regime notale, che consiste nell’individuare nel continuum delle altezze alcune unità chiamate ’ note ’11. Supponendo che esista — ed è ben possibile — una cultura musicale che non possieda una ’ scala ’ ma che riconosca ad esempio il fenomeno dell’ottava, quella cultura si troverebbe in un regime notale pre-scalare. b. Nelle culture dotte antiche e in quelle occidentali il codice notale si trova però sussunto in un’organizzazione formale-semantica superiore: il codice scalare che, come è noto, è diverso secondo le culture. Il codice scalare segmenta il continuum delle altezze se­ condo un processo culturale omologo a quello che segmenta il con­ tinuum luminoso nello spettro dei colori, o il continuum vocale nel­ l’alfabeto di una lingua. Due modi di approccio si contendono da secoli il campo della scala tonale: quello che chiameremo ’ fonetico ’ (o ’ etic ’), radicato nella teoria degli armonici, e quello che dà la priorità alla solidarietà funzio­ nale delle note entro la scala, e che dunque si può chiamare ’ fonologico ’

11 R. Francès, La perception de la musique, Paris, Vrin, 1958 (2/1972), pp. 23-37, descrive bene la genesi astrattiva, qualitativa e culturale della ’ nota ’ in rapporto al ’suono’.

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(o ’ernie’)12. Senza escludere le radici acustiche della scala occiden­ tale (radici che il moderno pitagorismo armonico ha prolungato in modo plausibile nell’ordine tonale), è ben chiaro che noi adottiamo il secondo punto di vista, cioè I’interpretazione linguistico-culturale. c. Per la mediazione della sostanza scalare, la materia sonora viene sussunta in organizzazioni ulteriori: i sistemi sintattici. La stessa scala occidentale ha infatti dato luogo ai sistemi modale, to­ nale, dodecafonico. d. Sui sistemi sintattici si embricano a loro volta i diversi ed eterogenei codici delle ’forme’: i procedimenti canonici del con­ trappunto, quelli ’ retorici ’ della fuga, della sonata, quelli misti delle forme liriche, ecc. In conclusione, le altezze sono articolate a diversi livelli in co­ dici che sono solidali soltanto occasionalmente e parzialmente, in base a determinate decisioni culturali. Vedremo ora, più in breve, come la coalescenza dei codici delle altezze con quelli che regolano gli altri aspetti del suono sia ancora più varia e mutevole.

5. Il timbro. a. Ha anzitutto la funzione elementare di coadiuvante morfo­ logico, di semplice sviluppo fonico ’ neutro ’ del regime delle altezze. Così nell’orchestra classica l’uso delle ’ famiglie ’ (di archi o legni od ottoni): ciascun membro della famiglia ha il compito di realizzare una data zona dell’estensione scalare. Nel magma timbrico l’unico tratto pertinente è dunque, qui, il registro (o l’ambito o l’estensione). b.

Più ’ musicale ’ è la funzione di coadiuvante sintattico.

Funzione melodica e armonica: ad esempio quando in una sinfo­ nia classica gli ottoni entrano per rinforzare una cadenza o una modu­ lazione. Questa funzione è spesso mediata da una funzione ’ dinamica ’, ad esempio quando i timbri sono ordinati scalarmente secondo scale d’intensità (dal ppp al fff e viceversa). c. Embricata con quella sintattica è la funzione di coadiuvante retorico. Un esempio: la diversa distribuzione dei timbri in funzione della struttura melodia-accompagnamento.

d.

Più autonoma è la funzione semantica che il timbro acqui­

12 « Etic-cmic » deriva per abbreviazione da « phonetic-phonemic », versione americana delia coppia oppositiva « fonetica-fonologia », che oppone tra loro la con­ siderazione descrittiva c quella funzionale di una lingua.

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sisce soprattutto.in epoca romantica (Berlioz): ciascun carattere timbrico diventa ora un significante carico di denotazioni e connotazio­ ni. In questo ruolo il timbro può essere coordinato al discorso no­ tale, ma può anche sopraffarlo. Così avviene ad esempio per le ’ quinte di corno ’ che significano ormai l’ethos di questo strumento (la selva, la caccia, la guerra, ...) prima ancora di servire alla logica tonale. e. E ancora il timbro può emergere, insieme ai modi d’attacco e di articolazione, come proprietà del jeu strumentale. Ciò avviene particolarmente nel virtuosismo solistico. Si pensi alle sonorità del trombone ottenute da Globokar nella Sequenza V di Berio, e ci si renderà conto come anche qui il regime notale passi spesso in secondo piano rispetto al ’ gesto ’ fonico-stru­ mentale. f. Sempre più in rilievo dall’inizio del 900 è una junzione armonica dove il timbro opera come costitutivo essenziale grazie alle sue proprietà acustiche (gli armonici) che lo determinano.

g. Infine, a partire dalla Klangfarbenmelodie, il timbro acqui­ sta diritti paritetici con gli altri ’ parametri ’ della composizione (seriale o non seriale), fornendo o assumendo strutture generali del­ l’opera o evento musicale. 6.

Durate

Fra i codici più comuni che le regolano possiamo elencare i seguenti:

a. Sintassi tonale, a cui le durate servono come coadiuvante. (Ad esempio: durate maggiori o minori in corrispondenza a note più o meno importanti tonalmente.) b. Procedimenti formali (retorici) canonici: ad esempio l’ag­ gravamento e la diminuzione si realizzano esclusivamente con le durate.

c. Codici ritmici e metrici desunti dalla poesia e dalla danza, d. Codici metronomici e agogici: ’ tempi ’ (Adagio, Allegro, ecc.). f. Il più importante nella tradizione occidentale: il codice nu­ merico delle proporzioni binarie e ternarie (intero, metà, quarto, ecc.).

g. Con il Sacre di Stravinskij (secondo l’analisi di Boulez) e dopo i ’ modes de valeur ’ di Messiaen, le durate si costituiscono in modelli strutturali e non di rado strutturanti rispetto al pezzo.

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7- Dinamiche Sembra l’aspetto più ’ quantitativo ’ cioè più povero di qua­ lità. I suoi pochi moduli specifici tradizionali (scale graduate p-f, pppp-ffff, vettorialità crescendo-diminuendo, modi d’attacco come r/. ecc.) sono generalmente usati come coadiuvanti ai codici notali o a quelli degli altri parametri, in particolare il timbro. Solo con Webem e i ’ modes d’intensité ’ di Messiaen le dinamiche entra­ no in primo piano nel messaggio musicale con i codici più elabo­ rati, ma comunque più elementari degli altri.

8. L’esperienza musicale contemporanea ritaglia il continuum sonoro, sia naturale sia sintetico, in modi inediti. I codici tradizio­ nali ne risultano in parte coinvolti in parte sconvolti; nei nuovi sin­ tagmi, nuovi paradigmi appaiono accanto ai vecchi. Le classificazioni degli ’objets musicaux ’ di Schaeffer: paradigmi eterogenei che pongono il problema di una sistematica delle sorgenti sonore in funzione semiotica (e non solo organologica). Categorie di cinesica e di prossemica sono in azione nella compo­ sizione (e percezione) elettronica e nell’organizzazione dello Zeitraum strutturalistico (già dal Kreuzspiel di Stocldiausen). La morfologia dei ’ punti ’, ’ gruppi ’, ’ momenti ’ ha già un valore semantico in questo senso. Le inclusioni sinestesiche si estendono alla luminosità, al peso, al volume, alla densità, ai caratteri tattili (morbido/duro, rugoso/liscio, eccetera). La creazione musicale prende (riprende) così i suoi modelli morfologici (anzi semiologici) da esperienze sensoriali comuni e fon­ damentali. La musicologia dovrebbe collaborare a questo progetto di ristrutturazione dell’universo semiotico musicale riflettendo me­ glio ai rapporti fra materiali acustici, funzioni musicali, correlazio­ ni culturali.

Analisi strutturale i. Le precedenti riflessioni sui codici e sulla morfologia dei sistemi ci inducono a pensare l’opera musicale come un ’ sistema di sistemi ’: non certo come una meccanicistica ’ somma delle par­ ti ’, ma come un messaggio autoriflessivo dove tutti i livelli di co­ dici convergono verso un archetipo che dà un profilo sintattico uni­ tario e una coalescenza di valenze semantiche a questo insieme di strati piuttosto eterogeneo.

2.

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Di conseguenza, un metodo di analisi adeguato all’opera mu­

sicale così intesa sembra dover consistere, come dice Eco, in « una dialettica critica tra un momento dell’individuazione di modelli ri­ correnti e il momento dell’individuazione di quello scarto partico­ lare, di quel comportamento singolare, di quella operazione di riem­ pimento delle valenze differenziali che fanno di un’opera singola l’oggetto ultimo della descrizione e del giudizio »”. Questo è il progetto di un’analisi ’ strutturale ’ intesa come ricerca di un qualche modello che unifica i diversi piani dell’opera: ricerca « sulle costanti, sul loro ritorno a più livelli, sul modo in cui si corrispondono o si tradiscono per décalages infinitesimali » M. Metodo valido evidentemente non solo per le opere pensate se­ rialmente o strutturalisticamente ma per qualunque opera struttu­ rata, cioè opera tout court.

3. Un’analisi strutturale è sempre un’analisi funzionale (quin­ di non semplicemente morfologica), in quanto risponde a un’ipote­ si che cerca di spiegare in modo unitario l’opera. Ed è un’analisi che, anche se direttamente rivolta ad alcuni aspetti selettivi, ha un movimento centripeto (cioè verso l’unità dell’opera e non al­ l’esterno, verso i singoli elementi e codici che concorrono a costi­ tuirla).

4. Evidenziando le peculiarità dell’analisi strutturale e in par­ ticolare il suo carattere articolato, discreto, distinguiamo questo ap­ proccio da quello ermeneutico, dove interpretazione significa o im­ plica identificazione esistenziale con lo spirito dell’opera e finalmen­ te un giudizio per connaturalità”. Nessuno può fare a meno di considerare magistrali e forse in­ superabili i saggi di Adorno su Wagner, Mahler e Schoenberg. Sol­ tanto, tale approccio esige condizioni ottimali che raramente si trovano insieme: grande ricchezza ed evidenza espressiva dell’ope­ ra; grande capacità intuitiva del critico; relativa contemporaneità del critico con l’opera, per viverne con immediatezza le implicazio­ ni dell’humus culturale (cioè le convenzioni, i codici); relativa af­ finità di tendenze (cioè connaturalità) fra il critico e l’autore. Di 14 U. Eco, La struttura assente, cit., p. 271. In breve, l’analisi strutturale è « quella operazione critica che ritrova nel messaggio, visto sullo sfondo di tutti i codici pubblici a cui si appoggia, il proprio codice privato», p. 275. 14 U. Eco, op. cit., p. 276. 15 Per un approfondimento della distinzione in esame cfr. P. Ricoeur, Le con­ flit des interprétations, Paris, Seuil, 1969, in particolare «Structure et herméneutique», pp. 31-63 e «La question du sujet: le défi de la sémiologie x>, pp. 233-264. [Ora in P. Ricoeur, La sfida setniologica, Roma, Armando, 1974].

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fatto chi potrebbe indicare ermeneutiche moderne su Beethoven o Mozart che siano convincenti o affascinanti quanto quelle citate di Adorno ? Anche ammettendo che l’approccio ermeneutico sia un metodo ideale della critica, questo ideale viene raggiunto solo eccezionalmen­ te; al contrario, come è noto, la sua distorsione è frequentissima e ha conseguenze perniciose altrettanto note. Così resta normale, se non normativo, spingere fin dove possibile l’esplorazione strut­ turale.

5. Infine un’analisi così intesa, a differenza delle indagini quan­ titative ispirate alle matematiche, rispetta la specificità dei mate­ riali culturali; d’altra parte, l’ampiezza e la generalità dei criteri che essa dovrebbe mettere in opera (come risulta da tutto il prece­ dente discorso sui codici e sulla morfologia dei sistemi) può con­ sentire di affrontare in modo efficiente sia i repertori classici occi­ dentali come le musiche di altre culture, sia la musica leggera co­ me quella d’avanguardia, per le quali i metodi elaborati sul corpus tonale risultano inadeguati

Semantica

1. L’ipotesi di base della semiotica è che ogni segmentazione sul piano dell’espressione è nello stesso tempo una segmentazione sul piano del contenuto, e viceversa. Ciò significa due cose. Primo: una semantica, o studio dei significati, senza un crite­ rio corrispondente nell’organizzazione del significante, non è anco­ ra uno studio semiotico; la critica musicale dovrebbe sempre impli­ care l’analisi testuale. Secondo: non sembra più possibile immagi­ nare una teoria e un’analisi musicale che prescindano dai significa­ ti. Lo dimostra già tutto quanto siamo venuti dicendo: le funzioni socio-linguistiche della musica; la dicotomia codice-messaggio; i ca­ ratteri ambiguo e autoriflessivo del messaggio estetico; il carattere eteroclito delle componenti dell’opera musicale e della morfologia sistematica della musica; i caratteri diversi e peculiari dell’analisi strutturale e dell’approccio ermeneutico: tutte queste segmentazio­ ni, che abbiamo considerato come configurazioni dell’espressione, a

M Cfr. J.-J. Nattiez, « Situation de la sémiologie musicale », Musique en jeu 5, 1971 e tutto il numero della rivista. [Ora anche: J.-J. Nattiez, « La linguistica: una nuova via per l’analisi musicale? », Versus 5, 1973, p. 2-19].

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ben guardare valgono simultaneamente come configurazione del con­ tenuto o quanto meno ne implicano di corrispondenti.

2. Quale contenuto? Una prima risposta è già data dal ca­ rattere eteroclito e discontinuo del significante musicale. Restereb­ be ben presto nell’impasse chi cercasse immediatamente un ’ signi­ ficato musicale ’ che sarebbe in musica l’equivalente della ’ spazia­ lità ’ in architettura o della ’ liricità ’ in letteratura. Si avrebbe al­ lora nel percorso semantico un corto circuito che comprometterebbe in partenza l’eventuale scoperta dello ’ specifico » che ci si illude­ va di raggiungere17. In realtà il percorso semantico dovrà neces­ sariamente seguire la configurazione eterogenea del significante, e procedere quindi per approssimazioni successive, per immagini par­ ziali e stratificate. Non si dimenticherà che in questo percorso la parola funziona attivissimamente da relais, essenziale anche se non unico: infatti tutti i messaggi verbali proiettati prima o formulati dopo sull’ascolto sono costituenti e più precisamente interpretanti (nel senso di Peirce) dell’esperienza musicale. 3. Quale contenuto? Se è opinione largamente diffusa che la musica non ha contenuto cognitivo ma ne ha uno emotivo, il pro­ getto semiotico si propone di smentire questa opinione e di ridur­ re l’emotivo al cognitivo. Un primo passo verso il superamento del dualismo emotivo-cognitivo è compiuto dall’estetica sperimentale, quando rileva come fondo costante della soggettiva, ineffabile e mu­ tevole emozione musicale le proprietà simboliche inerenti al signi­ ficante: spazialità, schemi cinetici, dinamici, logici, ecc.l8. Ma l’indagine semiotica va oltre. Le ’ proprietà simboliche ’ sono già esse stesse fatti culturali, coppie espressione/contenuto organizzate secondo convenzioni che — almeno in linea di princi­ pio — è possibile riconoscere e formulare. Il segno ’ iconico ’ (’ na-

M Malgrado le insistenze hanslickiane di un Alfredo Parente (Castità della musica, Torino, Einaudi, 1961), la musica è un linguaggio irrimediabilmente 1 im­ puro’. G. Della Volpe (Critica del gusto, Milano, Feltrinelli, 1960) ha posto le basi del discorso critico che E. Garroni ha poi sviluppato con particolare riguardo al cine­ ma in Semiotica ed estetica. L'eterogeneità del linguaggio e il linguaggio cinemato. grafico, Bari, Laterza, 1968; ciò che egli dice per il cinema sulla eliminazione radicale di ogni residua illusione circa l’idea di un ’linguaggio cinematografico’ come qual­ che cosa di specifico — semplice e omogeneo, cioè come ’ lingua cinematografica ’, vale ugualmente per la musica. 18 Cfr. in particolare R. Francès, op. cit.; L. B. Meyer, Emotion and meaning in music, Chicago, Univ. Press, 19^6; id., « Significato in musica e teoria dell’infor­ mazione», in AA.W., Estetica e teoria dell'informazione, Milano, Bompiani, 1972, PP. I33'I74>

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turale ’, continuo, analogico, ecc.) si traduce e si articola in gran parte come arbitrario, discreto, culturale. Un esempio classico so­ no le dottrine barocche degli affetti e delle figure retoriche in musica.

4. Se è cognitivo ciò che si traduce in termini di denotazione e connotazione, allora il contenuto della musica è ampiamente co­ gnitivo.

a. Secondo una definizione comprensiva la denotazione è « il riferimento immediato che il codice assegna al termine in una data cultura »; l’ampiezza della definizione consiste specificamente nel­ l’inclusione di « significanti di sistemi semiotici puramente sintat­ tici e senza apparente spessore semantico »19, fra i quali è pa­ lesemente compresa una vasta gamma di codici musicali. In questo senso denotazione è anche il valore o significato posizionale di un elemento in un codice, vale a dire il valore se­ mantico della sua funzione sintattica. E che altro sono la teoria e l’analisi tradizionali della musica, se non metalinguaggi e cioè tra­ duzioni, vale a dire formulazioni semantiche di codici sintattici e retorici? Chi pratica l’analisi, poi, sa bene che le connessioni tra i valori posizionali e quelli che si chiamano intensionali sono più o meno strette e al limite tendono a coincidere. b. Questa tendenza a coincidere è prevista quando si defini­ sce la connotazione come la « somma di tutte le unità culturali che il significante può richiamare istituzionalmente alla mente del de­ stinatario »20. Il vasto campo della connotazione può articolarsi, anche per la musica, in direzioni come le seguenti: 1. Valori intensionali. Ad esempio: la cadenza perfetta ha valore di ’ conclusione ’ o ’ ri­ poso ’; il timbro del flauto è tradizionalmente sentito come ' agreste ’ elegiaco ecc.; il motivo principale della 5® Sinfonia di Beethoven ha certi ’caratteri’ (fatalità incombente, sospensione, ecc.). 2. Implicazioni posizionali.

Un dato motivo (ad esempio le cellule del i° tema della Sinfonia in Sol minore di Mozart) può connotare nella sua configurazione stessa la posizione sintattica di ’ antecedente ’ o ’ conseguente ” U. Eco, Le forine del contenuto, cit., pp. 52-55. 20 U. Eco, op. ctt., p. 59.

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3. Scelte ’ ideologiche ’ consistenti nell’identifìcare un evento musicale con uno solo dei suoi valori possibili. Ad esempio il ’ programma ’ dei poemi sinfonici orienta l’ascolto in modo univoco, eliminando l’ambiguità e riducendo così lo spessore propriamente estetico del messaggio. Caso tipico; Fantasia di Walt Disney.

4. Connotazioni emotive. Si tratta di determinare negli effet­ ti emotivi di un evento musicale gli aspetti convenzionati, sociali, culturali.

5. Corrispondenze con gli altri sistemi semiotici: possibilità di trascrizioni verbali, grafiche, di evocazioni figurative, ecc. 6. Connotazioni retoriche. La dottrina barocca delle figure e gli imprestiti della teoria musicale dalle grammatiche delle lingue naturali ne sono documenti evidenti.

7. Connotazioni di stile. A questo livello formale, ormai, la forma dei contenuti è senz’altro una visione articolata della realtà, una Weltanschauung.

8. Connotazioni assiologiche globali. Come qualunque altra realtà,. anche l’opera e anzi il linguaggio musicale può essere og­ getto di valutazioni morali e politiche. Superfluo aggiungere che il significante musicale, in quanto oggetto estetico, resta ambiguo e cioè aperto a diverse letture.

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Analisi, Semiosi, Semiotica

i. Un testo o evento musicale ci si presenta in prima istanza come un’unità: quel pezzo, quell’evento. Unità confusa, di cui non si può propriamente parlare, che si può soltanto indicare. Il per­ corso della conoscenza e della parola passa inevitabilmente per la distinzione, cioè l’analisi. La parola, qualunque parola che viene pronunciata sul testo, lo analizza, e con ciò stesso rivela che la sua unità è un composto, un insieme scomponibile. 2. Normalmente, vale a dire quando l’evento musicale è con­ siderato come testo ossia prodotto di cultura, la parola-analisi scom­ pone il testo in due direzioni o su due versanti: indicando nel te­ sto le parti materiali che lo compongono, e/o attribuendo al testo o a qualche sua parte un determinato senso. In termini semiotici diremo che il discorso sul testo può riguardare direttamente, im­ mediatamente il Significante oppure il Significato.

3. Nella teoria e prassi musicologica corrente il termine ’ ana­ lisi ’ indica di regola il primo caso (lo studio del Significante), men­ tre per il secondo (lo studio del Significato) si parla generalmente di ’ interpretazione ’. Rinviando per la discussione della terminolo­ gia corrente a un’apposita Appendice in fondo a questo testo, ci interessa qui affermare che, nella prospettiva che considera l’ogget­ to musicale come segno, è più legittimo e rigoroso parlare in en­ trambi i casi di ’ analisi ’, come categoria generale che assume i due casi come aspetti particolari. In schema:

ANALISI ’ semiosi ’

’ analisi ’ (del Significante)

’ interpretazione ’ (del Significato).

4. Partendo da queste constatazioni primarie vorremmo qui proporre una riflessione sull’analisi musicale in prospettiva semio­ tica. In particolare vorremmo verificare le seguenti ipotesi, o, per

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dirla in termini più conformi all’andamento discorsivo della nostra esposizione, vorremmo mettere in rilievo i seguenti punti:

i’ L’analisi musicale, in quanto lettura di un fatto culturale che è un fatto segnico, è un processo di semiosi, e ritaglia sempre insieme le due facce Significante/Significato; è cioè una lettura ’ a doppio taglio ’; 2’ la semiosi è virtuale quando l’analisi discretizza ovvero segmenta una faccia del segno, quella del Significante o quella del Significato, prescindendo dall’altra faccia; è effettiva e attuale quan­ do correla i due piani segnici; 3’ la semiosi è intuitiva ed empirica o invece rigorosa e scien­ tifica secondo che esplicita o meno i criteri della correlazione delle due facce segniche;

4’ la disciplina che ha per oggetto la pratica culturale che è la semiosi cioè l’analisi, è la semiotica. Dalla segmentazione al senso

5. Segmentare è indicare qualcosa che è percepito come uno, unitario (indiviso in sé e diviso da altro): qualcosa che ha quindi un suo senso, uno e unitario, distinto e diverso da altro. La sem­ plice discretizzazione di un continuo in parti è quindi una ’ indi­ cazione ’ (nel senso letterale di ’ ostensione ’) di senso, un ricono­ scimento di significanza: è già una lettura ’ a senso ’. Chi segmen­ ta coglie un senso. Coglie e sceglie: perché leggendo o ascoltando possa tagliare qui o là, puntare il dito su questo o quel punto. Co­ me dice Barthes: ometto, cioè scelgo, dunque leggo. Possiamo partire indifferentemente da una faccia o dall’al­ tra. Testa o croce. Partiamo dal Significante. 6. Prendiamo una segmentazione del Se (così chiameremo d’ora in poi il Significante) delle più ’ neutre ’ possibili, vale a dire che prescinda totalmente dal senso: la segmentazione in base al criterio della ripetizione. Ruwet, che è stato il primo a proporre questo criterio in modo esplicito, indicava l’attuazione ideale di questo procedimento in una ipotetica « macchina per il reperimen­ to di identità » ', macchina ovviamente incapace di cogliere ’ sen-(*) (*) Il presente saggio è pubblicato in Rivista Italiana di Musicologia, XI, 1976/1, pp. 106-125. 1 Cfr. N. Ruwet, Langage, musique, poesie, Paris, Seuil, 1972: p. 112.

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si ’, a cui si chiede solamente di segnalare e incolonnare una so­ pra l’altra le eventuali riapparizioni di una pura e semplice identi­ tà materiale. In questo caso, come si vede, il testo viene letto co­ me un sistema monoplanare se non forse come un oggetto di na­ tura: in ogni caso, non come segno.

7. Supponendo applicato il criterio non da una macchina ma dall’uomo, e con un margine minimo di adattamento analogico, un lettore o ascoltatore nativo della musica occidentale segmentereb­ be il primo tema della sinfonia in sol minore K 550 di Mozart, nella catena dello sviluppo temporale-lineare, secondo uno schema che, sorvolando su qualche incertezza di dettaglio, sarà il seguente (Esempio I), dove due diversi livelli di unità sono rappresentati rispettivamente con le lettere maiuscole (livello I) e con quelle minu­ scole (livello II):

Esempio I

8. Consideriamo separatamente ,i due livelli di unità: anzi­ tutto il I (AAi BBi C). Quali piani di So (così chiameremo d’ora in poi il Significato) sono segmentati nello stesso tempo? Ovviamen­ te (ma non esclusivamente) quelli collegati ai codici tradizionali. L’armonia, ad esempio: la nostra segmentazione mette in rilievo il

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percorso ad arco chiuso, di riposo-tensione-riposo, Tonica-Tonica (A Ai), poi una conferma — persuasiva o insistente o rassicuran­ te — del ritorno alla tonica; o in altra interpretazione un ansioso o affanno tentativo di ripetere l’arco (B Bi), tentativo frustrato in quanto la sezione seguente (C) dimostrerebbe vittoriosa la forza centrifuga verso la Dominante; a meno di vedere invece tutto il per­ corso come un equilibrato bilanciamento delle due forze che si di­ stribuiscono in modo perfettamente simmetrico il potere: otto bat­ tute ciascuna, e le quattro centrali di altalena; con il che, però, si trascurerebbe il pathos delle settime diminuite... Poi il ritmo e il metro: una quartina di decasillabi anapestici (A Ai), più una coppia di novenari con solo l’attacco anapestico (B Bi), infine una sequenza libera o irregolare (C): un andamento poetico-lirico che la canzone Caro. Mozart ha ben messo in rilie­ vo 2. Quindi i codici intervallati, che offrono giochi di simmetria e gesti retorici (ad esempio, l’antecedente-conseguente A-Ai). Il discorso potrebbe dilungarsi. Ma stringiamo e concludiamo osservando che, anche nella prospettiva semantica minimale — contenuta fra la teoria dell’informazione e la grammatologia — dtlV embodied meaning come l’intende un Leonard Meyer, il ’ sen­ so ’ globale del nostro diagramma musicale è l’accelerazione progres­ siva della variabilità sotto diversi aspetti (ritmico-metrici, armonici, intervallati, retorici, ecc.); infatti la ripetizione, in tutti gli aspetti considerati, perde progressivamente forza ed estensione. Di qui il senso drammatico e di catastrofe che un Abert vede appunto nel finale del nostro tema: « la seconda parte del primo periodo mani­ festa un considerevole crescendo della sua intensità affettiva, cau­ sato dall’ampliamento metrico e dalla forte insistenza sulla semica­ denza alla dominante: qui esplode selvaggiamente la passione sin qui trattenuta con fatica »3.

9. Per il livello II di unità, che si trova soltanto nella pri­ ma sezione (A Ai), solo qualche breve rilievo. Il rapporto tra a e b (come tra ai e bi), sotto un certo aspetto intervallare, ha non solo il So logico di antecedente-conseguente, ma anche quello retorico di climax-anticlimax (ascendente-discendente), per cui prende rilie­ vo la figura retorica dell’anabasi alla fine di a — e tutto ciò non è forse estraneo all’immagine delle ’ ali ’ nella canzone Caro Mozart. 2 Cfr. G, Stefani, « Caro Mozart », Nuova Rivista Musicale Italiana, VI, 1972, 182-199. J H. Abert, W. A. Mozart, Leipzig, Breitkopf & Hartel, 1923-24, vol. Il, PP- 579 ss- A questo luogo rinviano anche le successive citazioni da questo autore.

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Il ’ dialogo ’ di A At si fa così più serrato e articolato, e vi si fa strada un ’ contrasto ’ relativo ai diversi comportamenti dell’armo­ nica, della ritmica e dei moduli intervallari, secondo lo schema se­ guente: miao.-

1 । . . 2 . . . 3 . . . 4 . ..5. . . 6 e . .7

Ritm •>

a

a

Intera.

a

b

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a

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a

a b!

b

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Con ciò siamo passati da una segmentazione lineare, nella ca­ tena temporale, a una discretizzazione per strati componenziali, per parametri. E come si vede, anche in questa seconda istanza il ta­ glio sul Se è nello stesso tempo un’incisione nel So. io. Proseguendo l’indagine sul materiale Se, a un livello ulte­ riore, che chiameremo livello III, il nostro lettore-ascoltatore na­ tivo della musica classica segmenta nella catena temporale il no­ stro tema nelle unità più piccole (sempre ’ a senso ’) che si otten­ gono con il criterio della ripetizione. Nattiez ha ben messo in luce la complessità delle interferenze che intervengono anche a questo livello di segmentazione4. Ma superando in un modo o nell’altro le incertezze in proposito, otteniamo il seguente prospetto delle unità minime. A questo livello un primo contenuto esplicitabile è la figura ritmica anapestica, ritmo che connota, per la mediazione di tutta una tradizione poetica, un movimento di danza e di guerra. Il ritmo anapestico è infatti notato da due commentatori, Abert e Mila; ma per il primo è * ansimante e pesante ’, mentre per il secondo è ’ ala­ cre e leggero ’5: ciò suggerisce che non ci troviamo di fronte al­ l’ultima discretizzazione possibile, poiché in una stessa unità intui­ tivamente minima diverse letture evidenziano tratti diversi; sare­ mo così costretti (e lo faremo più avanti) a proseguire fino alla scom­ posizione in questi tratti. L’unità iniziale è vista dal Mila e dal Reti come tema (« pic­ 4 J.-J. Nattiez, From Taxonomic Analysis lo Stylistic Characterization, in Actes du I" Congrès de Simiolique Musicale. Belgrade 1973, Pesaro, Centro di Iniziativa Culturale, 1975, pp. 83.110. ’ M. Mila, le sinfonie di Mozart, Torino, Giappichelli, 1967, pp. 123-134. A questo luogo rinviano anche le successive citazioni da questo autore.

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colo tema anapestico », « motivic brick »). Il senso di tema, di cel­ lula, di ’ mattone da costruzione ’ sviluppa anzi nel Reti l’idea di un fervore generativo e costruttivo: egli immagina il compositore

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mentre il tema « gli riecheggia ancora nell’orecchio. Egli rimugina nella sua mente ogni sorta di varianti... »6.

ri. Ed effettivamente non è difficile vedere la nostra serie di figure derivare l’una dall’altra secondo un ’ albero ’ di trasforma­ zioni che, omettendo le figure derivate per semplice trasposizione sulla scala, si potrebbe rappresentare con lo schema seguente (Esem­ pio 2):

12. Ma di fatto i nostri due autori vedono la nostra unità cia­ scuno in modo diverso. Il Mila, parlando di « piccolo tema anape­ stico », evidenzia nella figura O dell’albero il ritmo; il Reti invece, come appare dagli sviluppi del suo discorso (e in particolare dal fatto che considera come altra cellula tematica l’intervallo di *6 ascendente nella figura 3 dell’albero) evidenzia nella figura O il movimento intervallare. Quindi la loro segmentazione del Se, men­ tre sulla catena lineare-temporale si situa al livello delle unità mi­ nime concrete, in realtà si spinge a un livello ulteriore di strati ’ astratti ’ in quanto relativi alle componenti parametriche (altez­ za, ritmoxecc.) delle unità: un livello a cui troveremo i ’tratti componenziali ’. Soltanto a questo livello, inoltre, si potrà tentare (ma noi non lo faremo) di precisare i modi di trasformazione che spie­ gano l’organizzazione delle unità di livello III che abbiamo rappre­ sentato in modo intuitivo nell’ ’ albero ’; e non solo questa orga­ nizzazione, ma in ultima istanza la stessa segmentazione a questo livello. 6 R. Reti, The Thematic Process in Music, London, 1961, pp. 114-119. A que­ sto luogo rinviano anche le successive citazioni da questo autore.

42

13. Ecco un prospetto, indicativo e senza pretese di esausti­ vità, di tratti componenziali relativi al nostro testo musicale. I trat­ ti sono codificati in parametri o classi (con lettere) e paradigmi (con numeri), in un modo che ci sembra contemperare esigenze di precisione e di maneggevolezza. 14. Questa scomposizione può apparire astratta, dettata da una preoccupazione che potrebbe sì essere scientifica, ma che non ha rapporto con l’ordine del So, del contenuto. In altre parole, i tratti rilevati possono sembrare non pertinenti semioticamente o ’ linguisticamente ’. Una simile analisi apparterrebbe allora a una indagine propria di una scienza della natura più che di una scienza umana, in quanto 'l’oggetto vi sarebbe considerato più come un og­ getto di natura che quale in realtà è, vale a dire un fatto di cultura, un fatto segnico. Se così fosse, saremmo di fronte a un lavoro pre­ semiotico, utile e magari necessario alla ricerca propriamente semio-

nhA;

r.Cj chD

li I»

Lt Ln Ln LE Li Li LK

43

tira, ma che potrebbe sboccare a pari diritto in altri tipi di ricer­ che: logiche, statistiche, cibernetiche. In realtà abbiamo visto che proprio le segmentazioni del So rinviavano a una segmentazione del Se che, se non è proprio que­ sta, è certamente a questo livello. Riprendiamo dunque in questa prospettiva le analisi dei nostri autori. Per il Reti, che ricava i suoi due temi dai movimenti intervallari della figura 4 dell’albero, e per Mila che rileva nella stessa figura soltanto il ritmo anapestico, l’analisi è presto fatta, e la trascrizione dà per il primo la formula ((E2) (G»), per il secondo (AB). Abert invece merita un discorso più lungo.

15. Il musicologo tedesco vuole dimostrare che « il tema se­ gue un tipo melodico molto familiare a quell’epoca », che si ritro­ va fra l’altro nel Plauto magico 7, ma che in questa sinfonia se ne discosta per diversi tratti significanti, che verremo sottolineando: «anzitutto il levare iniziale (...) (1’) congiunge la nota superiore del salto di sesta con il tempo debole della battuta. Con ciò quel tipo melodico perde già molto della sua energia vitale d’origine; inoltre tale mutamento viene accentuato dal fatto che quel levare protratto viene differenziato ritmicamente e melodicamente: (20) me­ lodicamente grazie al motivo [rigura o dell’albero] ansimante e pe­ sante, (3°) ritmicamente per il suo carattere anapestico, la cui forza motoria non ha nulla, in questo contesto, di una affermazione vi­ tale, ma fin dall’inizio imprime un andamento d’inquietudine e di tensione. (40) Anche le ripetute cadenze femminili sono caratteri­ stiche ». Il segmento lineare che l’Abert considera è in sostanza l’uni­ tà a (o di) del nostro livello II (miss. 1-3); ma se con l’Abert stes­ so sorvoliamo sulle ripetizioni della figura o dell’albero, l’attenzio­ ne si limita alla figura 4 dell’albero. Trascrivendo la sua lettura di questa figura (e precisamente i quattro tratti che egli vi individua), secondo la nostra codifica paradigmatica, otteniamo: 1* 2’ 3° 4’

tratto: tratto: tratto: tratto:

’ Ecco il tema, riportato dall’Abert:

44

Gé H4 Ei F AB B2 Hi.

i6. Se ora confrontiamo le tre letture dei nostri autori con la lettura ’ neutra ’ e completa della figura 4 dell’albero secondo la no­ stra codifica dei tratti componenziali, otteniamo:

tipi di tratti:

lettura ’ neutra ’:

ritmici

A B2

»

di Reti:

»

di Mila:

(A B)

»

di Abert:

(A B) (B,

Come si vede, la ricamata dalle diverse perlopiù combinano i se) sia eterogenei (di zioni sovrapposte.

intervallari E2

f



(E:)

(G«)

(E2

F) (G.

metrici

scalari

armonici

H
/-/>/ + //' ecc. Di fatto le prati­ che sociali di cui ci occupiamo selezionano e privilegiano i seguen­ ti due tipi di scansione: i’ Una serie ternaria di impulsi di cui il terzo si articola a sua volta in una triplice ripetizione:

/

/

ìli

Applicando varie convenzioni culturali questo schema di rapporti ritmico-metrici sviluppa una rete di significati fra cui i seguenti: — accelerazione metrica, progressione, crescendo, accumulazio­ ne, intensificazione. 2 * Due serie binarie di impulsi di cui la seconda ha un’artico­ lazione interna ed è tronca (rispetto a un modello teorico //, ////)

H

/

/ (/) /

oppure

/•/«

/// >

(Questo tipo potrebbe anche formularsi come una scansione perio­ dica regolare a quattro membri / / / / dove fra il terzo e il quarto si ha un impulso intermedio). Anche questa lettura forma­ le sviluppa significati, fra cui i seguenti: — ripetizione binaria, movimento regolare alternato; — accelerazione metrica, progressione, crescendo, accumulazio­ ne, intensificazione; — interruzione, troncamento, sospensione, proiezione in avanti. Come si vede, le due letture formali hanno una descrizione semantica parzialmente comune, che consiste nelle denotazioni ’ ac­ celerazione metrica ’, ’ accumulazione ’, ’ progressione ’, ’ crescendo ’. Con una formula connotativa potremmo dire: stabilito un anda­ mento a periodicità regolare, lo si accelera, gli si imprime una spin­ ta. Il passaggio dal piano formale a quello semantico è avvenuto sulla base di codici ovvero convenzioni comuni nella nostra cultu­ ra: il codice cerimoniale che associa una ripetizione ternaria a un segnale di attenzione, il codice retorico che la collega a un ’ climax ’ o progressione o crescendo, il codice emozionale che correla le strutture di accelerazione-decelerazione, crescendo-decrescendo a curve emotive corrispondenti, e così via.

106

Le scansioni incitative Già fin d’ora potremmo riassumere i significati del nostro mo­ dulo ritmico-metrico nella formula ’ scansione incitativa Ma que­ sta attribuzione apparirà più fondata se pensiamo il nostro modulo all’opera in ima serie di pratiche culturali come la marcia, lo slo­ gan, il canto collettivo. La cadenza di marcia, il rullo dei tamburi, lo squillo della fanfara, il gridare e cantare e battere ritmicamente le mani non sono tutte scansioni incitative? E il modulo /,/,/// non è associato a esse in modo essenziale? Esse sono dunque ’ in­ terpretanti ’, vale a dire espressioni equivalenti, sinonimi, traduzio­ ni della nostra matrice, che dicono la stessa cosa che essa dice, ga­ rantendo con la loro convergenza che la ’ scansione incitativa ’ è un suo significato stabile, saldamente codificato4. Vale dunque la pena di osservare da vicino queste pratiche cul­ turali, dalle quali il nostro modulo acquisisce specificazioni formali e semantiche che, in quanto largamente e saldamente convenzionali, gli resteranno attaccate anche nei contesti musicali.

Cadenza di marcia Descriviamo la cadenza di marcia, cioè la sequenza « passo, passo, cadenza... » con lo schema seguente: / sin a

(dest) (b)

/ sin a

(dest) (b)

/ / / sin dest sin a a a

La forma della scansione è ambigua: // + /// oppure /// + //. realizzando così simultaneamente i due tipi sopra descritti. È una forma comunque ’ chiusa ’, in quanto in entrambe le ipotesi di let­ tura l’ultimo membro delle due serie è sempre uguale. I signifi­ cati più convenzionali della cadenza di marcia sono: azione collet­ tiva regolata; gesti umani energici e marcati, virili e marziali; al­ ternanza (obbligata) sinistra-destra; tamburi, fanfare; militare; ceri­ moniale.

’ Cfr. U. Eco, op. cit., pp. 101-107 (’L’interpretante’)

107

Battere le mani

Descriveremo insieme due tipi di battito: quello comune (i°), dove le mani 'sono sempre unite; il gioco infantile del coordina­ mento delle mani (2’), dove invece le mani prima si alternano e poi si fronteggiano:

I

0



/ unit a

/. unit a

/ front c

/ front c

/ front c

/ dest a

/ sin b

/ unit a

/ unit a

/ unit a

La scansione ha la forma ambigua // + /// oppure /// + / ed è chiusa nel 1’ tipo; ha la forma // + /// (oppure / + /+///) ed è aperta nel 2'. Tra i significati: azione collettiva regolata; ge­ sti energici, marcati; virili, ma anche infantili e femminili; alternan­ za facoltativa sinistra-destra e altre possibilità combinatorie; gioco, festa, celebrazione; danza.

Slogan

È sul nostro modulo ritmico-metrico che sono costruiti la maggior parte degli slogans politici. Esaminiamone alcuni esempi notissimi: 1. 2. 3.

/

E1 pueblo Fascisti ( ,) Fabbrica ( ,)

/

unzdo carogne scuola

/

( , : ) ( : )

/

jamàs ser/>/// e ogni circostanza o contesto esterni attinenti alle pratiche cultura­ li della scansione incitativa sono interpretanti che confermano la decodifica: di quella sequenza come ’ scansione incitativa ’. Inizieremo dall’analisi di una canzone singola, Bella ciao, per poi passare a osservazioni complessive su una serie di esempi mu­ sicali. Bella ciao La parte più popolare di questo noto canto partigiano è sen­ za dubbio il ritornello7:

’ Lo riportiamo da R. Leydi, op. cit., p. 375.

110

Ora, la nostra ipotesi è che un fattore importante di questa popo­ larità è proprio la nostra matrice ritmico-metrica che costruisce, insieme a tanti suoi interpretanti, questa sequenza come scansione incitativa. Dal punto di vista della nostra analisi funzionale gli interpre­ tanti sono: — Anzitutto la ’cadenza di marcia’: questo è appunto un canto partigiano, di marcia e di lotta, cioè di gruppi che marcia­ no e — sul ritornello — scandiscono il passo;

— da fermi poi, quando il gruppo canta sul posto, la scan­ sione incitativa sulla cadenza di marcia viene non di rado sostitui­ ta da quella del battito delle mani — sui ’ ciao ’, naturalmente. — Le parole, con le loro ripetizioni, sono un saluto, ma in­ sieme una esclamazione, interiezione, acclamazione, un ritornello nonsense. — Tutto il contesto del canto ha il valore di inno, acclama­ zione, esortazione alla Resistenza, alla lotta, alla libertà, come si vede bene il 25 aprile di ogni anno, quando le bande cittadine lo suonano per le strade e le piazze insieme a Fischia il vento e altri inni. — In riferimento al tema della ’ morte ’ e della ’ tomba ’ la matrice ritmico metrica rinvia al significato ’ marcia funebre ’.

— Nel contesto della melodia-canzone, la sequenza ’ bella ciao ’ arriva preparata da un avvio e seguita da una conclusione: è quin­ di al centro, al culmine del motivo (come lo slogan « E1 pueblo unido... » nella canzone corrispondente). Così la matrice si trova insieme esaltata e indipendente, cumulando agevolmente le valenze della scansione incitativa con quelle della canzone. — Più precisamente, la nostra sequenza è il terzo membro am­ plificato di una serie di tre ripetizioni, e ha quindi la funzione re­ torica di climax, di crescendo, di iterazione incitativa. — Finalmente la sequenza ’ Bella ciao ’ è un ritornello, che proprio per la ripetizione periodica ha il valore generico di raffor­ zamento, intensificazione, iterazione incitativa. Un ritornello non è forse l’equivalente musicale dello slogan?

Ili

Passando all’analisi strutturale, mettiamo in corrispondenza con la nostra matrice gli altri aspetti musicali che possiamo correlare: movimento stringendo accelerazione metrica coincidenza degli accenti metrici e delle durate lunghe con gli impulsi ritmo anapestico

durata complessiva : battute

4

movimento intervallare ascendente

coincidenza delle note più alte con gli impulsi coincidenza delle note d’accordo con gli impulsi

apertura Tonica - Domi * nante coincidenza del con gli impulsi.

’ciao’

Nell’insieme, la quantità e qualità degli interpretanti circostan­ ziali e contestuali è tale da non lasciare dubbi sulla lettura di que­ sta sequenza come ’ scansione incitativa ’ fondata sulla nostra ma­ trice ritmico-metrica. A sua volta essa esce da questi contesti e cir­ costanze disambiguata nella forma in modo diverso dai diversi fat­ tori verbali e musicali, e intrisa di nuovi sensi come: inno, enfasi, lotta, epopea, funebre, ecc. A questi sensi della nostra melodia vanno aggiunti o affian­ cati i contributi semantici del ritornello della canzone La me nona l’è vecchierella *-.

* Vedi nota 5.

112

gioco infantile per il coordinamento delle mani, da cui proviene Bella cfao; questi sensi saranno; il folclorico, il tradizionale l’orale, il gioco, ecc. ’

Altri esempi

a. Analisi funzionale

i. Introduzione e/o passaggi indipendenti. Se osserviamo la lista di esempi musicali CPz, MPi-6, possia­ mo agevolmente verificare il loro carattere di scansione incoativa esaminando il contesto del pezzo e le circostanze in cui esso fun­ ziona. Prendiamo CP2: sta all’inizio di una canzone-marcetta sul ’ tamburo della banda d’Affori la quale poi attacca per suo conTavola 1

113

Tavola 2

NOTA alle Tavole 1 e 2. Le citazioni sono a mente, salvo CPi a, b, CP6, MP4, riportati da R. LEYDI, I canti popolari italiani. La trascrizione in tonalità di Do è .per facilitare il confronto.

to in un altro modo; il suo senso d’insieme è quello di un gesto estensivo enfatico: ’Attenzione, eccolo! Abbiamo così le funzio­ ni rituali e retoriche di un’entrata, un esordio, una introduzione: richiamo dell’attenzione, presentazione, avvio dell’azione9, che sono appunto funzioni incitative. Anche MP1-6 sono un’analoga introduzione (o passaggio 0 break) rituale di pratiche sociali come: un ballabile tra la marcetta e il fox-trott; la marcia; un pezzo jazz tradizionale; un valzer vien­ nese; un ballo del ’Maggio’; un pezzo caratteristico per fisarmo’ Si veda qui sopra il saggio «Entrata, Esordio, Inizio».

114

nica (tirolese, con yodler, ecc.). La scansione incitativa viene qui sottolineata dall’intervento massiccio della percussione (MP3), dal passo di marcia effettivo o denotato, dalla danza, dal battito delle mani (MP4). Un’osservazione: come siamo passati dal tempo binario a quel­ lo ternario e dal nostro modulo base alla variante corrispondente? Ancora una volta perché le forme-strutture e le funzioni-significati dei contesti esaminati sono interpretanti che ci autorizzano a con­ siderare i nostri esempi come codificati secondo la nostra matrice nel senso di scansioni incitative. La posizione sintattica di queste sequenze rispetto al conte­ sto musicale è quella di un’introduzione e/o. passaggio indipenden­ te. Si può inoltre osservare che tali contesti comportano di rego­ la parecchie riprese strofiche o comunque ritorni periodici; perciò i nostri motivi possono ritornare più volte nel corso di un’azione e diventare ritornelli indipendenti, con le relative valenze incitati­ ve che abbiamo visto.

2.

Inizi ’sintattici’.

Con gli esempi CP3-8 e MP7-9 passiamo a una situazione di ’ inizio sintattico ’ cioè integrato in modo logico e indissolubile in sequenze più ampie. Questa integrazione non cancella però alcuni tratti verbali e musicali che permettono di riconoscere questi fram­ menti come inizi, anche senza tener conto di ciò che segue: — ripetizione ternaria, e in seconda istanza binaria; — movimento in progressione sotto qualche aspetto (disegno intervallare ascendente, ampliamento delle unità, allontanamento ar­ monico dalla situazione di partenza, ecc.); — durata tipica: 4 battute; in quanto breve, ma più ancora in quanto durata di ’ semifrase ’ secondo un codice retorico-musi­ cale ampiamente diffuso, una sequenza di 4 battute ha significato e funzione di ’ incompiuta ’, ’ antecedente ’ e simili. Come si è visto per CP2 (e più ampiamente nello studio a cui abbiamo rimandato in nota) una situazione di inizio così caratte­ rizzata ha diversi tratti morfologici e semantici in comune con le situazioni di scansione incitativa. Non è quindi un caso se in tanti inizi di azioni rituali (0 ritualeggianti) come sono i canti popolari (o popolareggianti) troviamo attiva la nostra matrice ritmico-metrica. b. Analisi strutturale Ricapitoliamo i tratti caratteristici della nostra matrice come

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scansione incitativa: i. una serie ternaria di impulsi di cui il ter­ zo si articola a sua volta in una triplice ripetizione; 2. due serie binarie di impubi di cui la seconda ha un’articolazione interna ed è tronca; 3. poiché 1. e 2. possono essere sia alternativi sia simul­ tanei, si ha una segmentazione ambivalente: // + /// ° /// + //>’ 4. andamento in due fasi: periodicità costante + accelerazione; 5. forma chiusa della sequenza, nei due tipi principali: ab/ a b a (cadenza di marcia); ab/ c d b (slogan). Passando ai nostri esempi, osserviamo che CP2 contiene tutti i tratti ora elencati: 1. per l’articolazione ritmico-metrica, quasi iden­ tica a quella dei rulli di tamburi più tipici e degli slogan più sem­ plici ossia canonici; 2. per le ripetizioni delle parole; 3. per l’ar­ ticolazione e le parole (ripetizione e lessico); 4. per il testo, di forma a a b / (c) a. Si osserverà inoltre che la nota unica, os­ sia la mancanza di articolazione intervallare, oltre che un trat­ to da Introduzione, è una condizione neutra che assume il carat­ tere dei tratti prevalenti e in definitiva favorisce il progetto della scansione incitativa (anche perché l’assenza di articolazione inter­ vallare ’ significa ’ l’accentuazione di altri parametri, in primo luo­ go il ritmo). Quanto agli altri esempi ci limitarne a illustrare con alcuni casi un’osservazione generale: il grado di codifica di una sequen­ za come scansione incitativa è determinabile mediante l’osservazione comparata dei singoli interpretanti. In concreto la codifica varia da caso a caso: MPi ha la forma a a/b c c per il ritmo e per gli inter­ valli, una accelerazione ossia una maggiore complessità ritmica (la sincope) e intervallare nella seconda parte, ha quindi codificati i tratti i. e 4.; CP4 ha una codifica forte per il ritmo-metro e il te­ sto (ripetizioni e lessico), ma debole per gli intervalli; CP5 codifi­ ca debolmente i tratti 4. e 5., per la decelerazione ritmica e l’aper­ tura armonica, ma fortemente il tratto 2. per il ritmo, gli intervalli e il testo; MP9 ha forte il tratto 3. nel ritmo e negli intervalli, presente il 4., debole il 5.; ecc. Si potrebbero poi rilevare anche qui alcuni fattori che accen­ tuano le funzioni di entrata-esordio-inizio individuate in CP2, ad esempio: in MPi il movimento intervallare, ’ avviato ’ dal SolDominante al Si-sensibile e quivi ’ sospeso ’, e inoltre la sincope che aumenta il senso di climax; in MP2 il disegno lineare d’ottava e l’andamento speculare delle due parti: figure ’ iconiche ’ del mo­ vimento d’avvio: ecc. Quanto ai significati, emergono con insistenza quelli del ’ gio­ co ’, in particolare per la presenza dei (ritornelli) ’ nonsense ’ o

116

’ liolela delle ripetizioni che si specificano in alternanze di ruoli, binarie e ternarie, dando così al gioco il carattere di azione dialo­ gica o competitiva, sportiva; il tutto all’insegna del popolare.

Marche di scansione incitativa

A questo punto è ragionevole l’ipotesi di individuare concre­ te figure ritmiche, metriche, intervallari, armoniche che più di al­ tre si avvicinano agli interpretanti canonici della scansione incita­ tiva (cadenza di marcia, battito delle mani, slogan), e che quindi si possono considerare interpretanti musicali del modulo />/,/// e denominare ’ marche ’ di scansione * incitativa ». In vista di questo lavoro avanziamo le seguenti proposte esem­ plificative, ricavate dai nostri motivi popolari: a. Marca metrica di base: la durata di 4 battute.

b. Marche ritmico-metriche: — un tipo ’ tetico ’ (0 semplice), che ha come interpretanti di base la cadenza di marcia e il battito delle mani, e come figura quella che appare in una forma di base in MP8, e in forme varie in MP6, MP5, MPi, ecc.; — un tipo ’ anacrusico ’ (o articolato), che ha come inter­ pretanti il tipico rullo di tamburo, gli squilli di trombe, lo slogan a parole piane, e come figura di base quella di CP2, che appare con varianti in CPi, CP4, CP5, CP6, CP8, MP9, ecc.

c. Marche intervallari-armoniche: — tipo ’ nota unica ’ (specialmente Dominante), che ha come interpretanti i segnali sonori a suono indeterminato o unico (cam­ panelli, tamburi, ecc.) e come figura di base quella di CP2, variata in MP7, MPi, CP6, ecc; — tipo ’ 3' discendente che ha come interpretanti i richia­ mi sonori (vocali, di trombe, corni, clacson) basati su questo inter­ vallo, e come esempi CP3, CPj, CP7, CP8; — tipo ’ arpeggio ’ (di Tonica o Dominante), i cui interpre­ tanti sono gli squilli-segnale di trombe e corni, e gli esempi MP6, CPi (MP4, MP5), ecc. Naturalmente questa ipotesi rimane qui allo stato di prima proposta, in attesa di verifica per una migliore fondazione. 117

Musica colta ■Nella prospettiva e con il metodo che siamo venuti stabilen­ do nel corso di questa indagine esaminiamo ora alcune situazioni di musica colta. Per verità, più che di un esame si tratterà di una proposta di studio secondo la nostra ipotesi: uno studio che da solo richiederebbe molto più spazio di quello che abbiamo dedicato alle analiis precedenti, ma che in questa sede ci basta aver avviato in modo plausibile. Torniamo all’inizio della Serenata K 525 di Mozart:

L’analisi funzionale ci dice che il pezzo appartiene a un ge­ nere musicale di ’ trattenimento ’, nello spirito del ’ divertimento ’ (di cui ’ Serenata ’ e ’ Cassazione ’ sono pressoché sinonimi) dove il gioco ha una parte importante; nel contesto del pezzo, poi, la no­ stra sequenza è una introduzione c/o un passaggio indipendente, con le relative funzioni rituali di richiamo d’attenzione, segnale di inizio, eoe. Non occorre poi una analisi strutturale approfondita per rilevare in questo frammento certe strutture in tutto simili a quelle riscontrate negli esempi popolari: articolazione ritmica che rinvia allo slogan, ripetizione binaria, unisono-ottava, ecc. In breve, una forte convergenza di interpretanti evidenzia nel nostro testo l’im­ portanza del modulo />/>/// e del suo significato di scansione incitativa. Ora questo non è certo un caso unico né rarissimo di impie­ go della nostra matrice popolare in un contesto musicale colto. Per restare alle situazioni di inizio, le seguenti citazioni da Chopin ci presentano inizi chiaramente rituali di una forma, perdipiù, chiara­ mente ritualizzata come il Valzer: 118

Altri testi rinviano poi visibilmente alla ’ cadenza di marcia come le seguenti ’ Marce * di Mozart e Beethoven:

119

Analogamente si possono con facilità individuare gli interpre­ tanti ludici della nostra matrice in testi come il seguente, ancora di Mozart (dal Flauto Magico)-.

Sorge a questo punto una questione, già apparsa nella fase corrispondente dell’analisi delle musiche popolari: pur riconoscendo nei testi musicali citati la presenza della matrice 1,/JII, che cosa ci obbliga a interpretare questi frammenti musicali come scan­ sioni incitative? Rispondiamo: il codice popolare. Certo, un frui-

120

tore o uno studioso resta libero di applicare soltanto i codici colti, ed è quanto avviene di solito nella prassi musicale e musicologica ufficiale; ma la nostra indagine ci porta a concludere che questa visione è unilaterale e limitativa, se non deviante. Osserviamo ora un’altra serie di esempi, ancora di Mozart e Beethoven (Tavola 3). La presenza della matrice /,/,/// e con ciò il carattere di scansione incitativa è qui più o meno evidente; in qualche caso lo è, comunque, certamente meno che negli esempi precedenti. Nei casi limite — che in realtà nella letteratura musicale classica sono moltissimi — nessun elemento determinante obbliga a privilegiare la nostra matrice e il suo senso rispetto ad altre figure significanti ugualmente plausibili. Come si vede, siamo qui di fronte a un problema che va ben oltre il caso specifico della presente ricerca: è il problema che Eco ha formulato come differenza-alternativa tra decodifica e abduzio­ ne, vale a dire fra interpretazione secondo codici stabiliti e inter­ pretazione che (su basi più o meno plausibili) fonda un codice Per quanto riguarda la nostra indagine, ci limitiamo a rilevare che la pluralità di codici, e in particolare l’alternativa possibile tra co­ dici colti e codici popolari, fa sì che ciò che per un interprete è decodifica, per un altro è invece abduzione, e viceversa. E poiché il nostro scopo non era quello di individuare la ’ ve­ ra ’ interpretazione della musica e imporla ad altri, ma invece quel­ lo di spiegare i meccanismi culturali dell’interpretazione in modo che chiunque, presane coscienza, possa meglio esercitarli, ci arrestia­ mo a questo punto: alla soglia della libera e responsabile decisione sul senso da riconoscere o da dare alle cose.

” Cfr. U. Eco, op. cit., pp. x 85-192.

121

Tavola 3

122

123

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Attività manuale e produzione di senso Il Preludio del Clavicembalo di Bach

Il Clavicembalo ben temperato di Bach è stato composto e viene tuttora utilizzato con due finalità: come testo didattico per lo studio del pianoforte, e come opera d’arte. Questo vale forse in modo particolare per i Preludi, dove in genere è più evidente che nelle Fughe il progetto di un esercizio manuale, anche se vi può essere riconoscibile una costruzione formale. In quale rapporto stanno i due aspetti del Preludio bachiano, l’Esercizio tecnico e l’Opera musicale? Quali criteri di lettura e di ascolto implicano l’una c l’altra lettura? Qual è la descrizione più corretta di questa pratica culturale complessa? Per rispondere a queste domande esamineremo a modo di esempio il II Preludio del i. volume del Clavicembalo, partendo da tre prospettive diverse, certamente presenti nella cultura contemporanea e personale dell’Autore e, con diversa accentuazione, anche nella nostra. Le tre prospettive sono: il codice tecnico, che organizza il Preludio come studio ed esercizio;

il codice tonale, che ne costituisce l’aspetto più propriamen­ te musicale; il codice retorico, che fornisce mediazioni di ’ discorso ’ im­ portanti per la comunicazione sia tecnica sia artistico-estetica

Il parlante o ascoltatore comune di musica classica riconosce a prima vista nel Preludio una serie di sequenze: A, B, C, D, E (misure 1-24, 25-27, 28-33, 34> 35-38). Analizzeremo partitamente il pezzo secondo questa divisione, traendone poi alcune conclusioni riassuntive. Aspetti pertinenti ma particolari, che avrebbero appe­ santito il corso della trattazione centrale, saranno discussi in alcune Appendici finali. 1 II concetto di ’ codice ’ qui assunto è quello elaborato da U. Eco in Segno, Milano, Isedi, 1973, pp. 72-73, 143-144, 154-155 e in Trattato di Semiotica generale, Milano, Bompiani, 1975, pp. 54-56, 73, 178, 182. In particolare assegnatilo ai nostri codici il senso pieno e proprio di convenzioni che correlano significanti e significati, anche se di passaggio ne descriveremo degli aspetti di s-codici, cioè di sistemi monoplanari.

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Sequenza A (miss. 1-24) Il codice tecnico

Chiamiamo ’ codice tecnico ’ l’insieme degli elementi e delle regole per cui il nostro Preludio viene considerato un Esercizio. In esso si distingue un livello più generale e astratto, che chiameremo ’ sistema manuale ’ e un livello di ’ norma ’ concreta per la realiz­ zazione 2. a. Sistema manuale. Il quadro di referenza generale è, qui, il sistema manuale elementare della tastiera (descritto nell’Appendice I), di cui il nostro pezzo — in questa sequenza — è una realiz­ zazione relativamente semplice.

2 Per i concetti di ’ sistema ’ e ’ norma * seguiamo E. Coseriu, « Sistema, nor­ ma e ’parole’» (1952), in Teoria del linguaggio e linguistica generale, Bari, Laterza, 1971, pp. 19.104.

128

Prendiamo il modulo o nucleo o tema che con le sue 48 ripe­ tizioni variate costituisce tutta la nostra sequenza:

Da esso ricaviamo il seguente modulo 0 schema di relazioni od ope­ razioni digitali:

mano sinistra mano destra

s 4- v s + v

s +v s + v

dove r = salto cioè azione di dita non contigue; v = volta cioè azione di dita contigue nella forma che il codice tonale definisce ’ nota di volta ’ discendente. Dall’analisi della sequenza ricaviamo poi le seguenti regole co­ stanti:

— l’ambito scalare-notale di una unità (s 4-v s 4-v) non ec cede l’ottava; — il salto può essere sia ascendente sia discendente; — il modulo si ripete integralmente, e con tale ripetizione sa­ tura l’unità metrica di una misura o battuta; — salvo questa ripetizione, il modulo appare in ogni sua oc correnza con varianti diverse. b. Norma del codice tecnico è l’insieme di regole o procedi­ menti per cui con il sistema manuale descritto si realizza concreta­ mente il Preludio. La descrizione di questa norma risulterebbe la­ boriosa e non è necessaria ai nostri scopi; ci limitiamo a osservare che essa implica il codice tonale e quello retorico, come si potrà vedere agevolmente più avanti; e accenniamo, a modo di esempio, a qualche aspetto o regola di questa norma: — il salto tende ad alternarsi con regolarità nelle due forme ascendente e discendente, cioè con azione digitale centripeta e/o centrifuga; — le due mani tendono ad alternare l’azione parallela e quel­ la speculare; — le durate sono isocrone; — sono evitate le progressioni tonali regolari; ecc.

c.

Il codice tecnico non si limita a costituire un sistema e un

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insieme di regole sintattiche, ma le correla con un piano di signifi­ cati o contenuti, fra cui l’ascoltatore comune identificherà i seguenti: regolarità senza monotonia, scorrevolezza, lavorio minuzioso, minu­ tissimo arabesco, meditazione, ricerca metodica, ecc. La sequenza A si può e si deve leggere secondo il codice tec­ nico, cioè come Esercizio o Studio. Essa presenta infatti una strut­ tura ripetitiva fortemente marcata; ora la ripetizione è un aspetto costituito dell’esercizio in qualunque campo. Nella musica tradi­ zionale classica è appunto il rapporto fra la ripetizione e la variazio­ ne a costituire il criterio per decidere se uno Studio è un brano mu­ sicale o un mero esercizio tecnico: si dirà infatti musicale il pezzo in cui la varietà è abbastanza rilevante perché l’esercizio abbia un interesse estetico; si dirà invece arido, secco, ’ tecnico ’ quello stu­ dio in cui prevale in modo assoluto o decisivo la ripetizione. Ad esempio, dato il modulo del nostro Preludio, chiameremmo Eserci­ zio tecnico uno sviluppo che consistesse nel ripetere il modulo con l’unica variabile della trasposizione di grado (variante che starebbe dalla parte della ’norma’), nel modo seguente:

Nei nostri termini, diremmo che qui la norma tende a risolversi nel sistema; perciò il tasso di novità (variazione) della realizzazione del sistema (ripetizione) è giudicato irrilevante, in quanto facilmente deducibile dal sistema stesso. Letto secondo il codice tecnico, il Preludio ci appare come una sorta di ginnastica digitale artistica, o come una danza delle dita. Questo gioco di rapporti articolatoti potrebbe essere realizzato su una tastiera muta per l’austera contemplazione di qualche esperto della digitazione; oppure si potrebbe visualizzare con rappresenta­ zioni grafiche o cinetiche o luminose omologhe. In questo senso la dimensione fonico-tonale può essere considerata, per il codice tec­ nico, una sonorizzazione omologa dell’azione, un’epifania sonora del gesto fisico.

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Il codice tonale

Secondo il codice tecnico la sequenza A è la parte ’ canonica ' del Preludio, quella per cui il pezzo è un Esercizio. Ma questa se­ quenza si può e si deve leggere anche secondo il codice tonale, inteso qui nel senso allargato di codice musicale tradizionale, che contribui­ sce in modo decisivo alla costituzione del pezzo. Per una descrizione dettagliata di alcuni aspetti tonali del pezzo rinviamo all’Appendice III; qui ci limitiamo a indicare con esempi in che modo il codice tonale interagisce con quello tecnico. a. Salto/volta. Dal punto di vista notale-tonale siamo nell’aspet­ to ’ tematico ’ del Preludio. Di regola, le note estreme del s sono note dell’arpeggio, mentre la nota interna v è nota estranea: abbia­ mo quindi una omologia tra i codici tecnico e tonale in quanto a ’ tastate ’ importanti corrispondono note importanti, e analogamente per le tastate/note secondarie. Ma si danno casi di conflitto con alterne prevalenze: ad esempio, miss. 12, 19 m.d. (LAb è tonal­ mente nota d’arpeggio e manualmente nota v: prevale il codice tonale); mis. 18 m.s. (FA, nota estranea, in luogo di SOL, viola la regola armonica in vista di conservare la condotta a due parti: prevale il codice tecnico).

b. Schema armonico. Poiché le posizioni digitali di r si trovano di regola su note d’arpeggio, uno schema armonico della sequenza dà automaticamente il quadro della sua digitazione essenziale (cfr. Appendice III). c. Tematismo. Dal punto di vista tematico la sequenza A con­ sta di 48 ripetizioni dello stesso breve modulo con varianti minime: resta ambiguo se prevalga l’Esercizio o l’Opera.

d. Ritmica e metrica: massima ripetitività; tipica dell’Esercizio, ma in Bach frequente in contesti esclusivamente — o, diciamo con più prudenza, prevalentemente — musicali. Agogica: Tempo indeterminato; ambiguità tra i codici. Nell’insieme la sequenza ci appare come una attuazione cor­ retta e abbastanza elementare del codice tonale. Come parlanti o ascoltatori musicali abbiamo perciò il diritto di trovare povera o mo­ notona l’Opera (più d’un commentatore lo ha fatto) e rivolgere l’at­ tenzione all’Esercizio.

Il codice retorico Chiamiamo ’ codice retorico ’ l’insieme di convenzioni per cui

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la musica è letta o sentita come discorso, cioè in analogia (omolo­ gia?) con il discorso verbale, e quindi interpretabile con le categorie della retorica. La seguente analisi esplicita tende a dimostrare come la comunicazione sia tecnica sia tonale del Preludio arrivi a noi, sia pure senza che ce ne rendiamo conto, per la mediazione delle strut­ ture oratorie.

a. Sorvoleremo sulla Inventio, la fase creativa in cui il compo­ sitore — secondo Mattheson — cerca il tema, il tono e il modo, il tempo in funzione di un ’ discorso ’ musicale unitario3: una inda­ gine in questo senso ci sembra debba coinvolgere tutto il Preludio; ci si potrà ripensare alla fine della ricerca. b. Quanto alla Dispositi© o Elaboratio, che consiste nell’organizzare e ordinare le parti del discorso/pezzo e corrisponde al livello di composizione e analisi che modernamente si chiama della ’ forma ’, ci limiteremo qui a rilevare la presenza dello schema retorico più semplice:

— esordio (miss. 1-4); — corpo del discorso (miss. 5-18); — finale (miss. 19-24).

Lo schema risulterà chiaro dal resto delle analisi; esso è abba­ stanza netto, ma d’altra parte è retoricamente poco specifico. c. Ci fermeremo invece sulle figure retoriche, che costituiscono il grosso della Elocutio oratoria. Tutto il nostro testo tecnico-mu­ sicale è intessuto di procedimenti del discorso codificati come figure dalla tradizione musicologica barocca. Anzitutto le figure della ripe­ tizione; la ripetizione identica (geminatio, iteratio, palillogia}'.

l'anafora, che si ha quando diverse sequenze iniziano allo stesso modo: miss. 1-4

3 Per questo paragrafo e i successivi riferimenti alla retorica si vedano: H. H. Unger, Die Beziehungen zwischen Musik und Rhetorik im 16.-iS. Jahrhundert (1941), Hildesheim, Olms, 1969/2 (tutta la II parte); H. Lausberg, Elementi di retorica (1949), Bologna, Il Mulino, 1969.

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l’epifora {epistrofe), quando diverse sequenze terminano allo stesso modo:

la complexio, quando una sequenza finisce com’era cominciata: miss. 1-4

la progressione, ascendente (gradatio, climax)'. miss. 12-14

e la progressione discendente (anticlimax)-. miss. 5-18

Poi anche figure più complesse, come quelle di contrasto (anti­ thesis, antitheton)-.

il chiasmo, incrocio di funzioni tra membri paralleli: miss. 1-4

L’impressione d’insieme della sequenza A è che queste pre­ senza delle figure non sia imponente bensì larvata, che non consista in grandi ’ gesti ’ retorici ma in un lavorìo minuto, come una tessi­

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tura delicata che solo a uno sguardo attento e intenzionato si distin­ gue dalla configurazione del codice tecnico filtrato attraverso quello tonale. L’esperienza emotiva di questa sequenza non è, infatti, un passare di sorpresa in sorpresa, ma è una progressiva convinzione guadagnata attraverso un discorso persuasivamente calibrato e razio­ nale. Retoricamente questa sequenza si potrebbe definire un grande poliptoto, una lunga serie o accumulazione di sinonimie che portano finalmente all’evidenza. Con ciò il genere di discorso (genus elocutionis) della sequenza A sarebbe quello ordinario (humilis) che « ha poco ornato (ornatus) in quanto vuol solo insegnare (docente) »4: il genere appunto dell’Esercizio, dello Studio. Tutto questo vale specialmente per le misure 1-18. Poi, in concomitanza con analoghe articolazioni tonali, nella parte che nel­ l’ordine del discorso è ben individuata come ’ finale ’, si ha una evi­ dente e progressiva condensazione di procedimenti retorici:

— miss. 19-20: la m.d. attacca il s dal basso, in contrasto con tutto il comportamento precedente: antitesi; inoltre, chiasmo tra i gruppi p; — miss. 21-24: anafora del SOL grave (pedale); climax nella parte superiore (Mlb-FAdies.-SOL-LAb) che termina con una iper­ bole e una ’ durezza ’ o passus duriusculus (il LAb, che è nota estranea);



miss. 23-24: geminarlo totale (ad eccezione del LAb).

Analogamente nel codice tonale si introducono elementi di ten­ sione: note estranee all’accordo in posizione r; pedale, dissonanze sul tempo forte. E uno sconcerto si ha anche nel codice tecnico sta­ bilito nell’esordio (miss. 1-4) e sviluppato nel corpo del discorso (miss. 5-18): cambiando sensibilmente la norma, il sistema entra in crisi, in quanto il modulo (s+v s + v) tende a modificarsi nel­ l’altro (s+vvv); la tensione emotiva causata dai procedimenti reto­ rici è inoltre aliena dall’ascolto ’ tranquillo ’ tipico del codice tec­ nico. Il significato globale di questa sezione finale della sequenza A è, in definitiva, un crescendo di sospensione non risolta che spinge l’attenzione a ciò die seguirà.

4 H. Lausberg, op. cit., p. 261.

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Sequenza B (miss. 25-27) Il codice tecnico è notevolmente mutato rispetto alla sequen­ za A; il sistema manuale si può rappresentare così:

mano destra: mano sinistra: arp. asc.

s+v arp. spezz. s+v;

nel complesso si hanno reminiscenze del sistema A, ima semplifica­ zione della norma, un dimezzamento dell’attività manuale, una du­ rata troppo breve per un nuovo esercizio tecnico. Il codice tecnico cede così il passo ad altri interessi. Il codice tonale ci segnala un pedale di Dominante; l’interesse melodico si riduce alla figura dell’arpeggio; abbiamo una progres­ sione irregolare a tre membri; una situazione armonica di cadenza; una situazione complessiva di sospensione. L’interesse tonale ci sem­ bra maggiore di quello tecnico. Il codice retorico registra una durata complessiva breve: non di discorso o patte del discorso in sé compiuta. Poi un’anafora evidentissima, ostentata (SOL al basso). La forma del pezzo è un climax melodico che termina (come la sezione finale della sequenza precedente) con iperbole e durezza. Nell’insieme la situazione è reto­ ricamente ben pronunciata: un esordio con connotazioni di solen­ nità, come vedremo subito. Un elemento attira particolarmente l’attenzione: la ripetizione triplice, dove il terzo membro è enfatico. Questo tratto apre la via a un’altra lettura: quella del codice cerimoniale, per cui un breve evento incompiuto, con triplice ripetizione in crescendo, chiaro e nitido, che richiama l’attenzione su di sé e su quanto segue, è letto come un segnale, un annuncio di entrata ovvero inizio di altro evento5. A chi seguiva l’Esercizio, questa sequenza dice: atten­ zione, sta arrivando qualcosa di ’ più ’.

Sequenza C

(miss. 28-33)

Codice tonale. Una grande cadenza sul pedale dì Dominante in tre ampi movimenti o episodi, che su altro modulo (sistema manua­ le A), in forma diversa (progressione discendente), amplificata (du­ rata doppia) e con senso sintattico di conclusione (V-V, V-I, IV-I) risponde alla sequenza precedente, che era pure una triplice cadenza 5 Si veda qui sopra il saggio « Entrata, Esordio, Inizio ».

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sul pedale di Dominante. Dal punto di vista tematico abbiamo una ripresa del tema A in forma di stretta finale, accentuata dal proce­ dimento imitativo e dal tempo Presto. Nell’insieme, l’accento sulla funzione di conclusione ci sembra la risposta principale alle attese musicali.

Codice tecnico. Il sistema manuale è in sostanza quello A. La norma è mutata: alcune regole sono cadute, fra cui quella della ripetizione del modulo di base; fra le nuove emergono le seguenti: — > velocità dell’azione aumentata e regolata: Presto; — il modulo di base (s+v s+v) viene dimezzato nell’ulti­ ma serie di ripetizioni (miss. 322- 33); — il ruolo delle mani, prima indipendente, ora è imitativo; — trasposizione di grado, che fissa l’ampiezza dei salti; — trasposizione d’ottava, che si combina con la precedente e amplifica il movimento delle mani oltre la regola dell’ottava; — movimento delle mani: parallelo sino a mis. 321 e poi contrario. L’attività manuale è così più intensa quantitativamente, più variata, e con varianti più visibilmente e sistematicamente regolate. Codice retorico. A questa messa in mostra, questo dispiega­ mento di attività contribuisce il codice retorico. Le figure hanno qui un’evidenza iconica: un enorme anticlimax costruito su una serie di figure minori di ripetizione, con cesure di iperbole (i salti che superano 1’8 *), intrecciato di antitesi e di chiasmi che infittiscono nel finale. Neppure una nota sfugge a qualche visibile disegno retorico. Come già annunciato nella sequenza B, il genere di discorso non è più quello dell’Esercizio paziente e modesto (sequenza A); la sequenza C « possiede un ornato grazioso » e riesce nello « in­ tento di rallegrare (delectare) » che è proprio del genere ’medio ’. E a differenza del fraseggio a corto respiro e costantemente ripetuto della sequenza iniziale, « preferisce i lunghi periodi con lunghi coli » che sono tipici del genere ’ elevato ’é. In tal modo l’Esercizio si compiace, ostenta se stesso e diventa Gioco; il codice tecnico si trasforma in codice ludico. Inoltre, l’Eser­ cizio mette in mostra la sua norma, si fa disegno, gesto da vedere: diventa Spettacolo. Abbiamo così un codice spettacolare, del gioco in quanto da vedere, da contemplare; si chiarisce così la prospettiva aperta dalla sequenza B, che ha funzionato come segnale cerimoniale é H. Lausberg, op. cit., p. 262.

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per annunciare il più bello, l’imprevisto, il ’ tour de force ’, il ’ sem­ pre più difficile ’, il gesto di bravura — musicalmente, la cadenza virtuosistica.

Sequenza D

(mis. 34)

Codice tecnico. Scompare; non riusciamo più a seguire mental­ mente l’azione manuale, per difetto dell’azione stessa, nella quantità e nella forma. Emerge un interesse per il codice tonale; si ha un evento nuo­ vo, un breve interludio recitativo, di due frasi isomorfe per durata, simili per la ritmica e vagamente analoghe per la condotta melodica, in forma ’ libera ’, con funzione sintattica di cadenza (al IV e al VII grado), su pedale di Tonica.

Il codice retorico fa sentire questo intervento così contrastante te nel discorso come una Confutatio che precede una Conclusione. In particolare si segnalano: la figura del ’ silenzio ’ o pausa (aposiopesis) che si sente dietro i due arpeggi e che introduce una sospen­ sione emotiva inedita; i tratti di asseverazione alla fine di ciascuna frase; il significato stesso di ’ frase ’, cioè di gesto vocale orale dei due segmenti sonori, con carattere di ’ oratio soluta ’ ovvero discorso libero e prosastico per la cessazione di regole ritmico-metrico-agogiche rigorose. Se si aggiunge l’aumento di ornato (accordo arpeg­ giato, mordente, scheggiati rapidi), l’ampiezza dei periodi e la solen­ nità della pronuncia in tempo Adagio, la generale significazione fàtica si colora di connotazioni di genere medio-elevato.

Sequenza E (miss. 35-38) Il codice tecnico riemerge qui debolmente, quanto basta a ricor­ darci che siamo alla conclusione di un Preludio-Esercizio. Anzitutto la sequenza non è unitaria, ma si suddivide in sezioni: a) mis. 35; b) miss. 36-371; c) miss. 372-38. Ogni sezione ha un sistema ma­ nuale diverso, costruito in prevalenza sull’arpeggio spezzato; le nor­ me sono complesse, e riepilogano in parte le sequenze B (sez. a e c) e C (sez. b}. li tempo Allegro può dare adito, nella sezione b, a un ’ assolo ’ della mano destra, un breve ’ ultimo sprazzo ’ di virtuosi­ smo digitale; d’altra parte la discesa in regione grave significa estin­ zione di attività.

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Il codice tonale dà una situazione cadenzale: pedale di Tonica, gravitazione sulla Sottodominante, forma-arco, iterazione ricapitolativa.

Il codice retorico conferma la situazione di Conclusione: itera­ zione perorativa, anticlimax con ripetizione triplice, di nuovo cli­ max in tre fasi; e conferma i caratteri di genere medio-elevato già osservati.

Conclusioni I codici e le loro funzioni.

Eravamo partiti con alcune domande. A questo punto ci sem­ bra interessante, più che dare una risposta diretta a quelle domande, formulare alcune ipotesi di ricerca, che comprendono e superano il punto di partenza spostando l’obiettivo più oltre, a una verifica su altri Preludi ed eventualmente su interi generi e repertori musicali. i) Poiché nella produzione e nella percezione di pezzi del ge­ nere di questo Preludio convergono il codice tecnico e quello tonale, un’analisi corretta dovrà individuare l’uno e l’altro nonché i loro rapporti. 2) L’interesse che all’ascolto presentano pezzi come questo Preludio non appare pienamente giustificato né dal codice tecnico né da quello tonale (come confermerà in parte l’Appendice IV); è perciò utile se non necessario introdurre altri codici di lettura. 3) Fra questi è di particolare importanza il codice retorico, che svolge diverse funzioni: è eccipiente per la comunicazione del codice tecnico e di quello tonale; è struttura determinante in situazioni segnaletico-cerimoniali; coadiuva il codice tecnico nel dar luogo a si­ tuazioni di gioco e spettacolo; coadiuva il codice tonale nel formare situazioni musicali di ’ forma libera ’; concorre con entrambi i co­ dici nel determinare il carattere e la funzione formale di certe sezioni del pezzo e con ciò la forma globale del Preludio stesso. ’ Preludio *

Al primo ascolto o alla prima lettura il nostro Preludio si pre­ senta come una serie di sequenze non facilmente riconducibili a un’unità. Alcuni commentatori propongono delle interpretazioni unifican­

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ti; ma vedremo in alcuni esempi (nell *Appendice IV) come si tenda all’unificazione privilegiando qualche aspetto dell’unico codice tonale. La teoria musicale risolve (o semplicemente formula) il pro­ blema in modo generale dicendo che appunto una pluralità di com­ portamenti musicali è la caratteristica formale del Preludio: un evento musicale libero, rapsodico, improvvisatorio, in cui l’unità è soltanto una unità pragmatica di tempo-luogo-azione; lo confer­ mano i sinonimi di Preludio: Toccata, Fantasia, Ouverture. La nostra ricerca (o, diciamo meglio, la nostra ipotesi) verifica queste affermazioni: il Preludio bachiano ha globalmente, nel suo insieme i caratteri della Toccata, della Fantasia, dell’ouverture che descriveremo fra poco. Di più, se Apel pensava verosimilmente alle grandi opere per organo quando scriveva che « le Toccate di Bach conservano lo schema di Menilo in cinque sezioni, dove si alternano lo stile libero e quello contrappuntistico »7 o rigoroso, abbiamo visto che proprio cinque e in stile abbastanza alternato sono le sezioni di questo Preludio del Clavicembalo. Ora, la nostra lettura plurale permette di precisare ulteriormente questa ’ forma globale ’; non intendiamo né crediamo necessario proporre una formula defi­ nitoria in proposito; ma si vedrà facilmente l’utilità di riassumere, anche in prospettiva di unificazione, l’andamento del Preludio osser­ vando nelle diverse sequenze l’emergere dell’uno o dell’altro com­ portamento o codice: — Sequenza A: prevale il codice tecnico; siamo di fronte a una Toccata in uno « stile idiomatico da tastiera », con « la preci­ sione ritmica delia tarda Toccata italiana (Pasquini) » e nella forma di « perpetuum mobile che è molto simile agli Studi del secolo XIX (Clementi) ». Nella sezione finale emergono comportamenti retorici che annunciano un cambiamento di regime. — Sequenza B: prevale il codice retorico; siamo di fronte a un segnale, un annuncio cerimoniale, un ’ preludiare ’ a qualcosa, una Entrata o Introduzione o Ouverture. — Sequenza C: i codici tecnico e retorico concorrono nel rea­ lizzare e comunicare un Esercizio-Gioco-Spettacolo, dove la Toccata della sequenza A si amplifica e accelera in un « virtuosismo piani­ stico » peraltro musicalmente non « vacuo », in quanto incorpora almeno un aspetto interessante del codice tonale, cioè il procedi­ mento imitativo che appartiene allo « stile legato e contrappunti­ stico ». — Sequenza D: recede il codice tecnico; la forma tonale è 7 W. Apel, Harvard Dictionary of Music, alla voce Toccata; a questa e alla voce Prelude si riferiscono le altre citazioni di questo paragrafo.

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quella della Fantasia, dal « free tempo » e dal « carattere libero é rapsodico » la cui logica è, sempre nei termini di Apel, quella di un « unbounded irrationalism »; il codice retorico sottolinea questo ca­ rattere di ’ oratio soluta ’ e la connota di solennità. — Sequenza E: ricapitolazione dei comportamenti tecnici, to­ nali, retorici con senso convergente di ’ conclusione

La Fuga

Resta da domandarsi, per finire, se per collegare il nostro Pre­ ludio alla sua Fuga (la quale con il codice tonale non ha verosi­ milmente niente in comune salvo la tonalità di Do minore) bastano i nostri codici o ne occorre qualcun altro. Sappiamo che il collega­ mento avviene per una convenzione d’epoca che costituisce questi due pezzi (di cui il primo può essere: Preludio, Fantasia, Toccata) in una coppia unitaria. Dal nostro punto di vista diremo che il Preludio privilegia i codici tecnico e retorico, cioè aspetti meno spe­ cificamente ’ musicali ’ e in certo senso ’ premusicali con ciò pre­ para, introduce, avvia, come Esercizio e Discorso, all’Opera della Fuga, che evidentemente privilegia il codice tonale.

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Appendice I

Il sistema manuale elementare della tastiera

La cultura che ha forgiato la tastiera ha anche elaborato gra­ dualmente, in un processo di omologia, un sistema manuale corre­ lativo Nella sua forma elementare tale sistema si può rappre­ sentare così: mano destra

mano sinistra

5 4 3 2 1 mign. anul. medio indice pollice . — |. — | ecc.

grave

1 2 3 4 5 pollice indice medio anul. mign.

tastiera

acuto

Il sistema manuale consta di figure elementari o unità minime indi­ visibili: sono le singole dita, (o più precisamente la loro azione o ’ tastata ’) che vengono codificate con le cifre da 1 a 5 nel modo qui sopra descritto. Quanto alle regole di questo sistema, basta una scorsa agli esercizi dei pianisti principianti per rendersi conto che l’attività manuale sulla tastiera si va organizzando progressivamente a partire da unità binarie come l’articolazione di due dita congiunte o disgiunte

e da figure composte tipiche come lo scaleggiato e l’arpeggio.

* L’ipotesi dell’omologia tra i diversi settori e sistemi culturali, che ispira tutto il presente saggio, ha un’esposizione fondamentale in F. Rossi-Landi, « Per uno schema omologico della produzione », in II linguaggio come lavoro e come mercato, Milano, Bompiani, 1968, pp. 177-228.

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Per il rapporto fra le due mani, i suddetti esercizi primari ci mostrano subito alcune possibilità formalizzate come: azione paral­ lela o speculare, dove le due serie di dita agiscono nell’ordine da destra a sinistra o viceversa, con movimenti centripeto o centrifugo, dai mignoli ai pollici o viceversa:

Questo sistema è sentito come un modo ’ naturale ’ di trattare la tastiera: le mani si assestano sui tasti in posizione distesa, ri­ lassata (l’equivalente orizzontale della distensione verticale); le dita si limitano alle azioni più semplici, a prendere coscienza della pro­ pria individualità, una per volta, con compiti congeniali, che si rias­ sumono nell’articolazione. Il sistema manuale elementare, dicevamo, è in radice omologo al sistema della tastiera, e questo è a sua volta omologo al sistema scalare occidentale. L’omologia appare con evidenza decisiva nello scaleggiato e nell’arpeggio (esempi 304): qui infatti le unità digi­ tali stanno fra loro nello stesso rapporto che intercorre fra le uni­ tà tastaii-scalari-tonali (diatoniche): un rapporto di successione im­ mediata per contiguità o per salto. Negli esercizi ’ per le cinque dita ’ la mano « si appoggerà sul­ la tastiera in modo che le dita si trovino in corrispondenza delle cinque note prescelte. È tradizione che queste note debbano essere do, re, mi, fa, sol; meglio sarebbe, però, se le note fossero mi, fa diesis, sol diesis, la diesis, do. Tale posizione, più naturale rispet­ to alla conformazione della mano, consente anche uno spazio ugua­ le fra un dito e l’altro, evitando il semitono » ’. Questa citazione di un manuale didattico, che propone di spostare i confini tra il ’ naturale ’ e la ’ tradizione ’ ovvero la convenzione ci serve per dimostrare il carattere convenzionale, sociale, anche di ciò che vie­ ne sentito come naturale: l’omologia tra la diteggiatura, la tastiera, il sistema tonale. Una estensione del sistema manuale elementare descritto è quella dove le dita si allargano ma senza che la mano si torca o il braccio si sposti; così, dita congiunte potranno azionare tastisuoni disgiunti di poco, e l’ambito tastale-scalare si dilata dalla 5' di base a un’8" circa. Su questo sistema elementare allargato è co­ struito precisamente il sistema manuale del nostro Preludio quale descritto nella sequenza A. (’) G. Piccioli, Didattica pianistica, Milano, Girci, 1947, p. io.

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Appendice II

Note per l’esecuzione (sequenza A)

La pratica culturale dell’Esercizio o Studio differisce da quel­ la del Concerto in quanto è un’attività (o un lavoro) per uso e consumo di chi la fa. In essa il testo vale come indicazione di azio­ ne, come nel caso delle istruzioni per esercizi ginnici o di medita­ zione voga, da appropriarsi in modo personale secondo le capaci­ tà, il tempo a disposizione, le intenzioni e i gusti di chi le pratica. È così che le scuole di pianoforte utilizzano di fatto il nostro Pre­ ludio, che tutti gli studenti apprendono a compitare, poi a padro­ neggiare, infine magari a interpretare ma sempre in privato; men­ tre solo in rarissimi casi questa musica apparirà in un concerto. Se l’Esercizio conta per chi lo fa, le indicazioni possono essere realizzate ad 'libitum per tutti i parametri non determinati da ap­ posite prescrizioni: nel nostro caso saranno ad libitum il tipo pre­ ciso di strumento, il tempo, la dinamica, il modo di attacco e di articolazione, il fraseggio, ecc. Perciò, supponendo che in una ese­ cuzione pubblica del Preludio si volesse sottolineare il suo carat­ tere di Esercizio tecnico, si dovrebbe precisamente evidenziare il carattere ad libitum di questi parametri. Si potrebbe, per esempio:

— suonare il pezzo su due o più strumenti a tastiera (ad es. un clavicembalo, un clavicordo e un pianoforte); — alternare gli interventi sull’uno o sull’altro strumento in modo preferibilmente casuale; — variare nello stesso modo casuale l’agogica, la dinamica e il modo di attacco e di articolazione più volte nel corso del pezzo. Si dovrebbe così arrivare al risultato percettivo e percepibile di sottolineare separatamente da un lato il testo come indicazio­ ne eserciziale, dall’altro l’appropriazione personale. In definitiva la comunicazione verterebbe più sul ’ lavoro ’ del suonatore di tastie­ ra che sull’ ’ opera ’ del compositore. Concretiamo ora questa prospettiva proponendo diversi modi di articolazione del modulo di base, in cui la notazione bachiana la­ scia a questo riguardo una zona d’ambiguità che permette appunto diverse interpretazioni.

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Modo I

I. a) Tutto legato; b) tutto sciolto; si potrà aggiungere an­ che un c), tutto staccato. Articolazione il più possibile uniforme: lascia indistinte le diverse possibilità di lettura e ascolto. Si potrà privilegiare il codice tecnico e concentrarsi sull’attività manuale re­ golare in una specie di meditazione ipnotico-catartica, dove la ri­ petizione uguale assume un ruolo essenziale,0; sarà conforme a questo obbiettivo tenere un tempo e una dinamica moderati e il più possibile uniformi. Oppure si potrà accentuare il codice tonale e seguire la costruzione sintattica che si viene svolgendo con le uni­ tà di senso che sono le singole misure; emergeranno così lo sche­ ma armonico, il movimento lineare discendente, ecc. Poiché tutto questo finisce col finire del modulo canonico, questa esecuzioneinterpretazione dà il massimo stacco tra la sequenza A e il testo del Preludio.

Modo II Articolazione del modulo in due segmenti. Oppone tra lo­ ro i due gruppi (s + v) (s + v). Nel codice tecnico si sottolinea l’articolazione delle dita estreme e gli eventuali casi devianti (mis. 14, m.d.); in quello tonale, le note principali dell’accordo e gli eventuali casi devianti (miss. 14, 18, 19, 21, 23-24); in quello re­ torico, l’antitesi alto-basso nella m.d. ed eventuali devianze (miss. 14, 19, 20, 23-24) e all’inverso per la m.s. Nella sequenza C (miss. 32-2-33) dà rilievo alla suddivisione del modulo canonico nei due gruppi s + v. Modo III

Distingue nel modulo un attacco disgiunto da un resto con­ giunto. Codice tecnico: oppone il r estremo (con le dita 5) a tutto il resto; il sistema manuale tende a diventare s + vvv. Codi­ ce tonale: si mettono in rilievo le note estreme e con ciò i loro eventuali disegni lineari (in miss. 5-18, il movimento discendente; (w) Si veda in proposito G. Stefani, La ripetizione in Bach: i preludi ’ad ar­ peggio ’ del Clavicembalo, Urbino, Centro Intcrnaz, di Semiotica e di Linguistica, 1973 (Documenti di lavoro E/22).

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in miss. 21-24 il pedale al basso; ecc.). Codice retorico: risaltano tutte le figure composte dalle parti estreme: anafora (corrisponden­ te ai pedali), climax e anticlimax (corrispondenti alle progressio­ ni), ecc.

Modo IV

IV. Articola ciascun gruppo nelle due figure r e v. Tecnicamente, dà il massimo stacco all’azione disgiunta e congiunta. To­ nalmente, tende ad assorbire nelle note d’accordo la nota di volta, come se la scrittura fosse: ? —

Il ritmo si fa agile e nervoso. Si articoleranno in questo modo le miss. 32J-33 se si vuole dare nella sequenza C maggiore risalto al­ la sua originalità nel trattare il modulo canonico.

Modo V Tecnicamente, il legato tende a rendere equivalenti l’azione disgiunta (r) e quella congiunta (t>). Tonalmente si dà risalto alla nota v, per cui il modulo tende a essere percepito così:

Retoricamente, la frantumazione quasi-sillabica delle unità di di­ scorso rende difficile la percezione di figure ad ampio respiro — anche perché, per rendere manualmente bene questa esecuzione, il tempo dovrebbe essere ben moderato. L’esemplificazione potrebbe continuare. Ma già l’alternanza di questi diversi modi di articolazione e le diverse combinazioni che essi offrono nell’azione simultanea delle due mani costituiscono un ampio ventaglio di possibilità interpretative della nostra sequenza.

145

Appendice III

Analisi formale

Descriveremo ora alcuni aspetti del ’ codice tonale ’ del Pre­ ludio, cioè delle convenzioni per le quali questo pezzo viene consi­ derato ’ musicale Qualcuno definirà ’ neutro ’ questo tipo di ana­ lisi; con ciò si presuppone che la lettura tonale sia la lettura (na­ turale) del testo e si vuol dire che ad essa non ne viene sovrapposta nessun’altra. Ora la nostra indagine ha ben mostrato che ii codice tonale è solo uno fra gli altri e che non sempre è in primo piano. Invi­ tiamo quindi il lettore a sovrapporre e comparare altri codici: si vedrà allora la miriade di configurazioni che possono scaturire dal pezzo, la serie infinita di proposte per l’esecuzione e l’ascolto.

Tematica

Oggetto: organizzazione del Preludio in funzione del ’ tema ’ cioè del modulo base in quanto modello di trasformazioni. Nel cor­ so del pezzo il tema assume le seguenti forme tipiche:

Codifica

forma A :

s -|- v s + v

s + v s + v

forma A :

s + v

s + v

forma a :

s + v s + v

forma a :

s + v.

Chiameremo inoltre: X, Y, Z le unità non tematiche di durata corrispondente ad A; s, y, z le unità non tematiche di durata corri­ spondenti ad a. La cifra i indicherà una variante essenziale del modulo. Le formule AA, xaya, ecc. coprono l’unità metrica (una mi­ sura o battuta).

146

Schema del. Preludio:

miss.

T-24 25-27

Segment.

I)AA[ |xaya< AA^ t AA ,

» »

Th

28

29-31 32-33

34

35

36-37 37-38

aaaa, ZZ\ xayai

YY< ,ayyyz[

1 1___________________ 1 l_----------------------- 1

III!___ I L_________________ I L________________ I

Interpretazione: Le segmentazioni II e III sono alternative: II evidenzia la costanza tematica, III la variabilità. In entrambi i casi emerge la seguente ’legge: caduta da un regime di massima canonicità e costanza a un regime di variabilità accelerata per salti verso una situazione agrammaticale. Armonica

In analogia con quanto abbiamo fatto altrove per il 1. Prelu­ dio del Clavicembalo11 (e quindi con la possibilità di stabilire un confronto tra i due pezzi e tra le nostre ricerche su di essi) orga­ nizziamo la lettura armonica del 2. Preludio in modo da mettere in rilievo la seguente ipotesi: il pezzo consiste in una serie di ca­ denze elementari il cui modulo armonico è la cadenza I-IV-V-I e il modulo metrico una unità di quattro misure.

Polifonia Oggetto: numero e ruolo delle parti. Codifica: ' p = parte con ruolo uguale. x, y = parte con ruolo disuguale P, Y = parte con ruolo dominante.

miss.

Schema del Preludio: 1-24 25-27

Segm. globale ( pp Numero parti t A

Ruolo parti

t p

B

A uguagl.

28

29

30

31

32-33

t tPx

pP

Pp

pP

pP t (Yxx

। ।__ । । B disug.

A। ।

At uguagl. con tens.

34

35-38 Pxx

C



Bt disug.

11 Nello studio citato alla nota precedente.

147

Interpretazione: Tutte le letture convergono verso alcune co­ stanti: per due terzi circa della sua durata il Preludio procede nel­ la massima canonicità (due parti con ruolo uguale e senza predo­ minanza) e regolarità; segue una fase di variabilità relativa e si ter­ mina con una fase di grande variabilità.

148

Organizzazione lineare i. Articolazione

Oggetto: movimento congiunto/disgiunto degli intervalli li­ neari. Codifica:

d, c = disgiunto, congiunto D, C — articolazione su più di 3 gradi consecutivi C— = note tenute de, cd = alternanza equilibrata dei due elementi ddc, dee = prevalenza dell’uno o dell’altro elemento.

Schema e segmentazioni miss,

1 11 ni

1-11 de

12 13 14 dee de dee

15-17 de

1819 dee

20 de

21-22 23 24 dee de dee

25-27 De

28 cd C--

2933 cd

34 35 3638 D Cd ddc CC- C-

1__ 11____ 11_____ 11_____ 11___ 11_______ 11--------- 11-------------- 1 1 11____________________ _ ___ 1 1---------------- 11-------------- 1 1____________________________ 11_________ 11________ 1

Le segmentazioni I e II evidenziano a livelli diversi ri mo­ dulo de (cd); III evidenzia i moduli D e C. Interpretazione: I due fattori disgiunto/congiunto tendono a un equilibrio sia successivo, a livello di nucleo s + v (miss. 1-11) o di battute singole (miss. 12-13) o di sequenze (miss. 23-27), sia

149

simultaneo (miss. 35-38). Il decorso del pezzo è una caduta da un regime di stabilità canonica (miss. 1-11) a una progressiva accele­ razione di variabilità, cioè di amplificazione degli spazi metrici del­ l’alternanza e poi dei moduli stessi in alternanza. 2.

Forma del movimento

Oggetto: tipo ascendente/discendente degli intervalli. Codifica: a, d = intervallo ascendente, discendente.

Dall’analisi del Preludio ricaviamo i seguenti paradigmi:

paradigmi quaternari (normali) par.

forma

par.

forma

paradigmi binari (anomali) par.

forma

par.

forma

0

d a a a

3

ad a d

0

d a

1/

a d

1

d a a d

4

ad a a

0/

d a

1

a d

2

d d a d

5

da d a

/o

2

d d

a a

Schema e segmentazione miss. parad.

1-3 4 5-9 10-13 14 15 16-18 19 20 21 22 23-24 2 0 1 oro 1 2 3 4 i 0

miss. parad.

25-27 28-29//29-32//32-33//33 34 35 36-38 02 o 5 1/ /o /o 0/

Interpretazione: Quanto al tipo degli intervalli, il pezzo pro­ cede da un regime di omogeneità includente piccoli resti eterogenei a un regime di disintegrazione includente resti omogenei; l’inizio e la fine sono alla massima distanza qualitativa. Una segmentazione minuta è già data nello schema; a livelli superiori, dopo la sequenza 1-18 occorrerebbe differenziare la segmentazione con vari criteri.

’ Culmini melodici ’ Oggetto: costanza di moto (ascendente o discendente) per gra­ di congiunti, o di immobilità, delle parti estreme.

150

Codifica:

Segmentazione:

5-11

15-18

miss.

1-4

p. sup. p. inf.

I________________ l |---- 1 |___ | |____ | ||

12-14

32-33//33-34 p. sup.

19-20

2T-24

28-29

30-31

35'38

I------- 1 I------- 1 I____

p. inf.

I------------- 1

Nota comune

Oggetto: regola per cui fra gli accordi di due misure consecu­ tive c’è sempre una nota comune, come dimostra il grafico seguen­ te. Ove occorra, la regola è mantenuta ricorrendo a ritardi, anti­ cipi, pedali.

Per concludere, riassumiamo una correlazione fra le diverse

151

segmentazioni nelle seguenti tre segmentazioni in cui convergono tutte le altre: miss.

i-4

5’18

x9 24

25-27

28

29-33

34

35'38

Segment.

I 1__ I I------ 1 I------- 1 I------- 1 I—I I------- 1 ।----- 11------- 1

»

Il I__ I I______ —J I____ I I________ I I________ I

»

IH |_______________________________ ]|________ |

Si noterà che la segmentazione in due membri costituisce nel Preludio una sequenza canonica (1-33) e un resto (34-38), e ha una corrispondenza in ciascuno dei nostri tre codici. Dalle nostre cor­ relazioni ’ formali ’ non risulta inoltre privilegiata la segmentazio­ ne intuitiva in cinque sequenze da noi seguita nella precedente in­ dagine: un altro indizio dell’inadeguatezza del codice tonale a ’ spie­ gare ’ il nostro Preludio ?

152

Appendice IV

Analisi della critica

Esamineremo alcuni commenti di musicologi (Riemann, Perrachio, Barblan) su questo Preludio11. Scopo dell’esame è dimostrare che una lettura del Preludio unicamente con il codice tonale non solo impoverisce l’interpretazione e non rende conto delle pratiche cul­ turali che si incentrano sul pezzo, ma facilmente distorce la stessa lettura tonale. La dimostrazione sarà ovviamente indiziale e non apodittica; in ogni caso pensiamo che ne risulterà confermata la utilità di una lettura plurale come quella che abbiamo proposto. L’osservazione si limiterà ad alcuni temi e ha un carattere esempli­ ficativo. La tonalità di Do minore Riemann: « Nei diversi numeri del Clavicembalo, Bach mira non solo a uno spiegamento tecnico in tutte le posizioni della ta­ stiera ina nello stesso tempo, e una volta per tutte, a rivelare in modo tipico il carattere di ciascuna tonalità. Il preludio in Do mi­ nore della i* parte è così impregnato dello spirito della tonalità, così pieno di potenza trattenuta, di palpiti di passione, che vengo­ no subito in mente la sinfonia in Do minore e la Sonata ’ patetica ’ di Beethoven ». Perracchio: L’atmosfera « si agita, qui, e senza perdere di au­ sterità e gravità si fa calda e impetuosa. E mi pare appropriata l’in­ dicazione di movimento — che è pure, e così deve essere, indica­ zione di carattere ». Barblan: « Dopo la penetrante letizia del do maggiore ecco che il do minore — col suo clima drammatico e con i suoi echeggiamenti patetici — insorge ora nel martellante impeto del pre­ ludio ».12 12 I testi citati e in esame sono: H. Riemann, Analysis of J. S. Backs Preludes & Fugues (1890), tr. J. S. Shedlock, London, Augener, s.d.; L. Perrachio, G. S. Back. Il Clavicembalo ben temperato, Milano, Bottega di Poesia, 1926; G. Barblan, Guida al Clavicembalo ben temperato di J. S. Bach, Milano, Curci, 1961, alle pagine relative al nostro Preludio.

153

Su questo tema osserviamo che: a. Questi autori non tengono conto della poetica-retorica ba­ chiana: l’epoca di Bach non conosce ancora la tipologia romantica delle tonalità. L’ethos tonale del nostro compositore è la popolariz­ zazione barocca del modo maggiore/minor e 13 : il minore ha i ca­ ratteri della ’ depressione ’ del tono vitale, come il maggiore ha quelli della ’ esaltazione ’ positiva. Le interpretazioni ora riportate sono dunque anacronistiche. Nella nostra prospettiva è pertinente non il carattere della tonalità (ethos tonale), ma il modo minore in quanto dà luogo a un dato tipo di scala e la tonalità in quanto produce un certo sistema di digitar zione; per il resto non ci sembra che i nostri codici diano qualche risalto al carattere ’ minore ’ del Preludio. b. In realtà, alcuni dei caratteri attribuiti dai commentatori alla tonalità di do minore si spiegano bene con altri fattori: l’in­ calzare retorico, agogico, articolatoti© delle sequenze A-B-C; gli im­ provvisi cambiamenti di regime delle sequenze C-D-E; ecc. c. Siamo quindi di fronte a una forzatura dei significati di un parametro tonale, a cui si addossa una responsabilità semantica che in realtà andrebbe ripartita fra diversi codici e su altri aspetti del pezzo.

Segmentazione

Riemann: « La costruzione del pezzo (...) consiste in tre (am­ pi) periodi, 'l’ultimo con un deciso carattere di Coda (pedale su Sol e infine su Do, con una puntata alla Sottodominante. Il primo pe­ riodo si apre ex abrupto (...) e conclude nel tono di base. (...) Il terzo periodo (Coda) è segnato da Bach con Presto (...) ma nel se­ condo semiperiodo torna attraverso {’Adagio al Tempo primo (Al­ legro) ». a. Il Preludio risulta quindi diviso così: I (miss. 1-18), Il (19-27), III (28-38); i criteri di segmentazione sono presi esclusi­ vamente dal codice tonale. Comportamenti tonali (tematici, ritmici, agogici, ecc.), oltre che tecnici e retorici, molto diversi tra loro come sono quelli delle sequenze C-D-E, vengono qui identificati come una sola unità sulla base di un criterio sintattico (la funzione formale di Coda) individuata sulla sola base del criterio armonico (i pedali). Lo stesso criterio porta a vedere un attacco ’ ex abrupto ’, cioè a denunciare la carenza di una introduzione, là dove la prospettiva 13 Cfr. G. Stefani, Musica barocca, Milano, Bompiani, 1974, pp. 78-79.

154

tecnica vede semplicemente e legittimamente l’inizio dell’Esercizio; e porta a 'sentire VAllegrò finale come un ritorno a un ipotetico ’Tempo primo ’: con ciò la ricchezza e libertà formale del Preludio, che abbiamo visto dispiegare le sue diverse valenze di Toccata, Fan­ tasia e Ouverture, ben manifestate nella nostra divisione in cinque sequenze, viene livellata anzi annullata in una lettura formale ’ po­ vera ’ di tipo tonale.

Il ’ pensiero ’ musicale Perrachio: « Dovrebb’essere superfluo notare che l’esecuzione di questo preludio deve essere (...) di una precisione e di una niti­ dezza assoluta. Non ci si dia la pena di marcare alcune note più delle altre. Non occorre. Il significato della composizione viene fuori da sé e da solo: i disegni e le disposizioni sono stati orientati in modo che il significato ne esce automaticamente. Né si ricorra a grada­ zioni e a contratti dinamici (...) questi tentativi immeschiniscono in minutaglie di effetti la austerità delia concezione e abbassano quel livello di pensiero, serio e schivo di ogni esteriorità, che è uno ed unico dal principio alla fine ». L’autore rinuncia a qualunque suddivisione micro- o macrosco­ pica del Preludio, anzi la proibisce, negando con ciò l’evidenza fisica del pezzo. Il criterio adottato è una ’ unità di pensiero ’ ipotetica, affermata e non dimostrata in alcun modo: è, cioè, uno ’specifico musicale ’ (nei nostri termini: tonale) tanto astratto da annullare totalmente le dimensioni che vengono sentite come eteronome, come extra rispetto alla ’ concezione ’ musicale: l’esercizio, il discorso, il gioco, lo spettacolo. Non solo, ma così si annullano anche tutti gli aspetti concreti ed effettivi del codice tonale: se si,pensa a quello che l’autore diceva poco sopra a proposito del ’ carattere ’ del pezzo (agitato, caldo e impetuoso, allegro con fuoco, ecc.) si domanda come questo ethos rientra nel logos tutto razionale che egli vede dominare in quest’opera.

'Tematismo

Barblan: « Il persistere di un tenace ritmo (...) è vivificato dall’ariosa fantasia dei momenti che sembrano dettati da una felice improvvisazione. Come nel primo preludio anche qui in ogni misura abbiamo la ripetizione della stessa figura ritmica, in una ostinata riaffermazione della formula ».

155

Quella che è la condizione essenziale dell’Esercizio — la co­ stanza e la ripetizione di un modulo — diventa curiosamente una persistenza, una tenacia, un’ostinazione ritmica priva di ’ fantasia Ora, si noti, in questa lettura non soltanto si ignora il codice tecnico e quello retorico, ma si limita gravemente l’estensione dello stesso codice musical-tonale che serve da criterio: perché la sequenza A (magari insieme alla B e alla C) viene ridotta alia sola dimensione ritmica? Probabilmente perché è l’unica che il commentatore è riuscito a comporre con un altro parametro musicale, la tonalità di Do minore, in una visione unitaria dove suonano bene insieme il ’ clima drammatico ’, gli ’ echeggiatnenti patetici ’ e il ’ martellante impeto ’. Ma il Do minore non è la stessa tonalità in cui operano la ’ariosa fantasia’ e la ’felice improvvisazione’? Certo, alcune delle critiche che abbiamo mosso a questi testi si rivolgono a incongruenze degli autori e non soltanto all’inadegua­ tezza dei loro metodi. Ma crediamo siano ugualmente indicative per lo scopo che ci siamo proposto.

156

Codici e testi

"E la vita e la vita” La canzone, cioè l’evasione?

All’attacco di questa canzone (guarda caso, proprio tre segmenti più uno) ci è venuto spontaneo l’applauso: kitsch kitsch kitch - hurrah! Che cosa vuol dire: che inneggiamo biecamente al vitello d’oro? Oibò, sarebbe troppo. Allora, al contrario, che assistiamo al barbaro rito con fiero cipiglio — senza battere ciglio — fuori della festa, del gioco? Certo, si può anche rifiutare tutto; ma nel gioco — in questo gioco concreto — che abbiamo visto ben costruito, quanti meccanismi cultu­ rali anzi antropologici funzionano, che molti condannano qui per fruirli poi, pensiamoci bene, in un altro contesto appena un po’ diverso. Tra apocalittici e integrati, lo sappiamo ormai da tempo (ma non sembra chiaro per tutti), c’è una terza via: la lettura attenta e critica dei fatti di cultura» senza pregiudizi e preclusioni di generi e livelli (1).(*)

(*) Testo pubblicato nella Nuova Rivista Musicale Italiana, 1975/1, pp. 97-105. (1) Il presente intervento riprende in forma discorsiva e con apporti personali un lavoro collettivo, più analitico c rigoroso, svolto nel corso di Semiologia della musica al Conservatorio di Pesaro e in quello di Storia della musica all’università di Macerata. Quanto alle immagini che in TV accompagnavano questa sigla finale di Ganzonissima 1974-75, ci sembra che l’analisi della canzone ha dimostato di essere possi­ bile anche prescindendo dalle sequenze visive; riteniamo anzi che proprio questo studio a parte dei fatti sonori — parola, musica, canto — sia una condizione previa ideale per un’indagine accurata di questo mass-message audiovisivo.

159

e al ' lo-raha det-to “io par - to giorno in-ve-ce ha sof-fer - in — man-ffia (rop-pa mi-ne - atra— chi è co - stretto a sal-tar la fi - ne - stra

Fh7

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F*

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do * ve va-do se par - toaem-pre am-mes-so che par- to? sem-pre li quel-Io che par - te_ ma do -ve ar - ri - va se par-te.

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160

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Ciao! A chi Ciaol A chi

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