Introduzione alla lettura di Hegel. Lezioni sulla «Fenomenologia dello Spirito» tenute dal 1933 al 1939 all’École Pratique des Hautes Études raccolte e pubblicate da Raymond Queneau 8845912299, 9788845912290

C’era, nella Parigi degli anni fra il 1933 e il 1939, un evento intellettuale di cui si sussurrava con emozione e sconce

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Italian Pages 770 [772] Year 1996

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Introduzione alla lettura di Hegel. Lezioni sulla «Fenomenologia dello Spirito» tenute dal 1933 al 1939 all’École Pratique des Hautes Études raccolte e pubblicate da Raymond Queneau
 8845912299, 9788845912290

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C'era, nella Parigi degli anni fra il 1933 e un

il 1939,

evento intellettuale di cui si

sussurrava con emozione e sconcerto: le

�egei

l�zioni su Beole

tenute da KoJève alla

Pratique

des

Hautes

Etudes.

I

giovani che andavano ad ascoltarlo con fervore si chiamavano Jacques Lacan e

Raymond Aron, Merleau-Ponty e Georges Bataille, André Breton e Roger Caillois. Ma l'influenza di quelle lezioni si sarebbe

estesa a molti altri, talvolta opposti per costituzione, come Pierre Klossowski e

Jean-Paul

Sartre.

Mentre

l'allievo

che

prendeva le note preziose da cui poi ha tratto origine questo libro altri non era se non Raymond Queneau. Commentando la

Fenomenologia (come dire: ricostruendo la

genesi

del

mondo

storico

e

l'articolazione dello Spirito), Kojève riuscì a

metteme

roventi:

in

evidenza

innanzitutto

alcuni

le

nuclei

figure

del

«Signore» e del «Servo» - e il gioco fra queste

e

le

nozioni di

àné�-in:eaiahte l'attività pro­ pria, dall'altra, mediante l'attività dell'altro.

[Il rimo" uomo che incontra per la rima volta un alt u..omo. s attribuisce già una . rea ta e un va re aut()_nomi asso . , c e a « certezza soggettii s ��l�r c�� : �·s 1� r}J!;·f3tf�!�;��;ri �;t�;qf.�;l1fil � se stesso può esseref��[_ .Perché questa idea sza una verità OCèOfreé7fe(tsTa-n� r�a oggettiva, cioè un'entità che vale ed esiste non soltanto per se stessa, ma anche per realtà altre da essa. Nel caso in questione, l'uomo, per essere veramente, real­ mente uomo ", e sapersi tale, deve dunque imporre l'idea che si el fa di se stesso ad altri da sé: dey rsi. rififlJ!Rsçere dpgli q, caso limite ideale: da tutti� �f51Jfrtn/!1/ffilfftJ'Nrtf orma­ re il mondo (naturale e umano) in cui non è riconosciuto, in un mondo in cui tale riconoscimento si realizza. Questa trasformazione del mo1"14o, O§_t�le___f} .'!!:.rl: Proge_t!� '!.!.rlJ!i:fi.q;�Iri:� .fli(iif4.ij_:·i:ì. :�S{Q. confòrine, si chiama q, inio�e ,,, ��· Questa azione essenziat-me:Yitè'-umai-U:i/1/f.PYtl'!ftrina� antropogena - co­ mincerà con l'atto di imporsi al" primo" altro che si incontrerà. E poiché quest'altro, se è (o, più esattamente, se vuole essere, e si crede) un essere umano, devefare altrettanto, la« prima" azione «

� � Pft � :''f:Vatrrà···a-z:rt.-'7'flamin'ecite···t··veFo Tìr;iSutiaùi?lèaa.-;:u�� mter::aZione con gli altri; il suo Io e l'idea che egli si fa di se stesso sono làta ' TfYrovàto- ·:n;r gò"dim��tQj , .

Ma; ·pef"là stessa: ·r·à'gione'; q�ffi����M�2.•-�f:�e.tr���:a·

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