Introduzione alla filologia greca
 8884024617, 9788884024619

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INTRODUZIONE ALLA FILOLOGIA GRECA Dopo !'Introduzione alla filologia latina, pub­ blicata lo scorso anno, si propone ora ai lettori il volume parallelo, l'Introduzione alla filologia greca, edizione italiana dell'Einleitung in die grie­ i:hische Philologie (Stuttgart-Leipzig, Teubner, 1997). Questo volume - interamente dedicato al mondo greco classico e oltre - mira a offrire un panorama completo della scienza dell'anti­ chità greca e dei suoi attuali metodi e compiti, e realizza il proposito di ospitare in una nuova esposizione manualistica (erede della celebre Einleitung in die Alterlumswissenschajt, 'Introduzio­ ne all'antichità classica' di Alfred Gercke ed Eduard Norden) tutte le discipline che afferi­ scono allo studio della cultura classica. L'impianto e il contenuto dell'opera sono stati delineati da Heinz-Giinther Nesselrath, direttore dell'opera e autore egli stesso, in col­ laborazione con 25 specialisti di varie nazio­ nalità, fra cui gli italiani E. Degani e T. Do­ randi: otto sezioni, articolate in capitoli che forniscono sintesi chiare, didatticamente effi­ caci e dettagliate su singoli àmbiti di studio. La materia chiave del curriculum filologico, la storia della letteratura greca, è trattata nella quarta sezione, con approfondimenti che ne ampliano i tradizionali confini cronologici e tematici, sulla letteratura bizantina e sulla me­ trica greca. Intorno a questo tema principale si sviluppano le altre sezioni, dedicate alle di­ scipline che costituiscono o integrano la scienza filologica intesa come "studio del te­ sto" in quanto vettore di tutte le conoscenze sulla civiltà antica: innanzitutto la nascita dei testi e la trasmissione di essi nelle diverse ti­ pologie e supporti, l'approccio critico-testuale della tradizione filologica greca dall'antichità sino al XX secolo, la storia della lingua, ma anche la storia evenemenziale, sociale ed eco­ nomica, la religione, specie di età arcaica e classica, la filosofia e le scienze. Nell'ottava e ultima sezione l'attenzione si sposta sulle ma­ nifestazioni artistiche, in un quadro completo dell'arte e dell'archeologia, con un capitolo dedicato alla numismatica, e l'ausilio di un ricco corredo di illustrazioni. Per aumentarne la fruibilità da parte del pubblico italiano - di studenti, ma anche di studiosi e insegnanti -, infine, anche questa edizione si presenta accresciuta, rispetto all'o­ riginale tedesco, di nuovi, ampi aggiornamen­ ti bibliografici, ap portati con sistematicità in ciascun capitolo fino alle piu recenti pubblica­ zioni scientifiche del 2004. HEINz-GONTHER NESSELRATH è professore or­ dinario di Filologia classica all'Università di G ot­ nnga. È autore di saggi su vari autori classici, fra cui Senofonte, Luciano, Livio, Claudiano, Salone, Giuliano l'Apostata, Erodoto, Aristofane. Tra i suoi volumi: Lukians Parasitendialog. Untersuchungen e Die al­ und Kommentar (Berlin-New York lische Mittlere Komodie. Ihre Stelluns in der antiken Li­ teraturkritik und Literaturgeschichte (ivi

1985),

1990).

In copertina: sec. a.C. Ulisse e le sirene. Vaso greco del Berlino, Staatliche Museen Preussischer Kultur­ besitz Antikensammlung.

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LO SPAZIO L ETTERARIO DELLA GRECIA ANTI CA Nello Spazio letterario della Grecia an­ tica come nello Spazio letterario di Ro­ ma antica - al centro dell'interesse è il testo, nei suoi momenti e percorsi: dal­ la produzione alla circolaziOne, dalla ri­ cezione all'attualizzazione. Come nel­ l'opera dedicata alla civiltà letteraria in lingua latina, di cui questa rappresenta il necessario complemento in un qua­ dro storico complessivo della civiltà clas­ sica, per testo s'intende non soltanto ciò che la tradizione critica ha selezio­ nato come testimonianza significativa della letteratura greca, ma tutto ciò che si presenta come documento dell'e­ spressione in quella lingua, a ogni livel­ lo: testi, dunque, di tradizione orale o scritta, imputabili alla cultura letteraria "ufficiale" o ad altre esperienze o setto­ ri di produzione - testi magico-sacrali e folKlorici, testi giuridici, testi di eco­ nomia e di politica, di matematica, di astronomia, di medicina di musicolo­ gia, di arte -, dei quali si indagano, di volta in volta, le condizioni e i modi della produzione, soprattutto in età el­ lenistica: Atene, Gerusalemme, Ales­ sandria e Cirene, Pergamo, Rodi, An­ tiochia, Cartagine, Roma; i percorsi, nel mondo greco o grecizzato e nel mondo romano, in età classica e dopo la diffusione del cristianesimo; il "desti­ no", anche nel senso dell'evoluzione dei "generi", nell'arco del millennio bi­ zantino. OltTe duemila anni di letteratura greca vengono ricomposti in un qua­ dro unitario e organico, al di là della molteplicità e della complessità delle sue componenti. Un risultato tanto piu rilevante, in quanto nella nozione di «letteratura greca» rientra, com'è noto, una r,luralità di letterature di età fra lo­ ro d1fferenti e di aree geografiche sem­ pre piu vaste, in cui mutano via via ra­ dicalmente i meccanismi di individua­ zione e selezione di ciò che si chiama «fatto letterario>>. Lo sforzo congiunto di numerosi specialisti, italiani e stra­ nieri, delle piu diverse discipline a quel «fatto>> collegate ha permesso di alle­ stire un'()pera nuova e originale, pensa­ ta per offrire al lettore un ventaglio di accessi possibili ad una civiltà letteraria tra le piu ricche e affascinanti. -

INTRODUZIONE ALLA FILOLOGIA GRECA

INTRODUZIONE ALLA FILOLOGIA GRECA Direttore HEINZ-GÙNTHER NESSELRATH EDIZIONE ITALIANA A CURA DI SOTERA FORNARO PRESENTAZIONE DI LUCIANO CANFORA

SALERNO EDITRICE ROMA

Titolo originale dell'opera: EINLEITUNG IN DIE GRIECHISCHE PHILOLOGIE

HERAUSGEGEBEN VON

HEINZ-GÙNTHER NESSELRATH

©

© STUTTGART UND LEIPZIG, TEUBNER, 1997 MÙNCHEN-LEIPZIG, K.G. SAUR VERLAG GMBH, 2004

LE TRADUZIONI soNo A cuRA DI SoTERA FoRNARO (sEz. r-vr), LAuRA SANTINI (sEz. vn), ELISABETTA GARAU (sEz. vm) GLI AGGIORNAMENTI BIBLIOGRAFICI SONO A CURA DI SoTERA FoRNARO (sEz. r-rv, vr) , ANGELO GrAVATTO (sEz. vn), AMEDEO VrscoNTI (sEz. v, vm) INSERTI ICONOGRAFICI DI GAETANA CovrELLO

ISBN 88-8402-461-7 Tutti i diritti riservati - All rights reserved Copyright © 2004 by Salerno Editrice S.r.l., Roma. Sono rigorosamente vietati la riprodu­ zione, la traduzione, l'adattamento, anche parziale o per estratti, per qualsiasi uso e con qual­ siasi mezzo effettuati, compresi la copia fotostatica, il rnicrofìlm, la memorizzazione elettro­ nica, ecc., senza la preventiva autorizzazione scritta della Salerno Editrice S.r.l. Ogni abuso sarà perseguito a norma di legge.

P RE SE N TAZ I O NE D E LL'E D I Z I O NE I TALIANA

Una "Introduzione alla filologia" (nel nostro caso greca in omaggio ad una divisione che è puramente strumentale) implica una idea radicale della centralità di tutto quanto è definibile come "testo". Accade cosi che la "sto­ ria" politica, cosi come la storia dell'arte, della lingua, ecc. figurino - in una tale "Introduzione" - come discipline « ausiliarie >> della filologia. È questo un bello "scossone" per la visione piu tradizionale, secondo cui la « filologia >> (intesa come metodo per la ricostruzione stemmatica di un testo antico o medievale sopravvissuto in piu esemplari) sarebbe essa, piuttosto, una delle "ancelle", magari tra le piu pregevoli, della storia. Cosi è ad esempio in una celebre e felice sintesi intitolata I:histoire et ses méthodes, diretta da Charles Sa­ maran e pubblicata come XI volume dell'Encyclopédie de la Pléiade nel 1961. Analoga disputa fu quella sorta intorno all'ipotesi copernicana, che detroniz­ zò, non senza incontrare possenti resistenze, il nostro pianeta dalla centralità in cui l'astronomia tolemaica l'aveva collocato. Come si sa questa discussione ha risentito delle ondate intellettuali che si sono affrontate e avvicendate nei secoli XIX e XX. La innovazione piu si­ gnificativa, che forse fìnf col togliere valore alla antinomia filologia/storia e alla discussione che ne era scaturita, fu la percezione che anche la ricostru­ zione testuale è nella storia, è un prodotto storico, ed è davvero comprensibile solo se collocata in un determinato tempo e dunque relativizzata. Ciò vale per il "metodo", le cui certezze si sono venute incrinando, e vale per la ma­ teria stessa su cui la critica si esercita: i testi come tali (e la cultura in cui nac­ quero) e i testimoni manoscritti (e le culture da cui furono prodotti, e che poi attraversarono). Una tale visione delle cose porta a concludere che storia e filologia coin­ cidono: l'una è nell'altra. Se nondimeno nello studio delle civiltà antiche, dette "classiche", ciò è piu agevolmente comprensibile, se ne può ravvisare la causa in questo: che in ul­ tima analisi tutto ciò che di quei mondi ci resta è « testo». Per cui il nostro compito ' fondamentale - ad assolvere il quale tutte le discipline convergono è quel­ lo di accertare la fondatezza di una tale galassia di testi e porsi ogni volta la do­ manda: perché e come si è salvato. Il processo di conservazione è esposto notoriamente a forze distruttive in-

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P RESENTAZ I O NE DE LL'E D I Z I ONE ITALIANA

controllabili. Un elemento cosi imponderabile è difficilmente quantificabile, ma va sempre tenuto presente. Esso però non deve offuscare in noi la consa­ pevolezza del fatto che le scelte via via compiute da chi ci ha preceduto, da coloro che ben prima di noi si trovarono a fare i conti con la tradizione-ma­ trice dell'> diretta da M. Di Marco e B.M. Palumbo Stracca, Pisa-Roma 2001-, Istituti 'Editoriali e Poligrafici Internazionali, che con cadenza annuale passa in rassegna, compendiandole, tutte le pubblicazioni di àmbito antichistico (li­ bri, riviste, dissertazioni, miscellanee ) che - in toto o in parte - trattino di au­ tori e di poesia greca. Inoltre occorre aggiungere l'opera in proseguimento G. Whitaker, A Bibliographical Guide to Classica! Studies, L Generai History oJLi­ terature. Literature: Accius-Aristophanes (entries 1-3073), II. Literature: Aristotle-Ful­ gentius (entries 3074-6532), III. Literature: Gaius-Pindaros: (entries 6533-10995), Hil­ desheim-Ziirich-New York-Olms,Weidmann, 1997-2000. Al pubblico italiano voglio qui subito ricordare le collane di testi in tradu­ zione, destinate talora anche alla divulgazione, che costituiscono nondimeno contributi scientifici di rilievo per le introduzioni, i commenti e l'appara­ to bibliografico: innanzitutto i volumi della >; quindi « Il Convivio », a cura di Maria Grazia Ciani, per l'editore Marsilio di Venezia; la per la Utet; piu re­ centemente i volumi della Einaudi-La Pléiade, la cui scelta è però ancora as­ sai ristretta. Tra le opere di consultazione, uno strumento che nel 1997 era ancora all'inizio della pubblicazione, e ora è invece completo, è Der Neue Pauly. Enzyklopiidie der Antike, a cura di H. Cancik e H. Schneider, Stuttgart, Metzler, che comprende anche tre volumi (xm-xv) di Rezeptions- und Wissen­ schafisgeschichte, il contributo piu nuovo rispetto al precedente Neuer Pauly. Di quest'opera è in corso di pubblicazione anche la traduzione inglese presso l'editore Brill ( Leiden) . Anche se talora faremo riferimento ad alcune voci specifiche di questa enciclopedia, rinviamo qui ad essa in generale: si tratta di un'opera di consultazione importante, nonostante alcuni problemi editoriali ne abbiano talora danneggiato l'immagine. Bisogna quindi segnalare che sempre in àmbito tedesco è nel frattempo apparsa una complessiva Ei11fiih­ rung in das Studium der Grdzistik, a cura di P. Riemer, M. WeiEenberger e B. Zimmermann, Miinchen, Beck, 2000, un volume piu agile, anch'esso pensa­ to come introduzione al greco universitario (in senso però piu stretto, che ri­ guarda cioè la trasmissione dei testi e il loro studio negli aspetti della lingua, della metrica, della contestualizzazione letteraria) . In italiano, ma frutto di cooperazione internazionale, bisogna segnalare innanzitutto due opere complessive: Lo Spazio Letterario della Grecia Antica, già menzionato, diretto da G. Cambiano, L. Canfora e D. Lanza, ai cui singoli saggi si rinvia per l'inXII

NOTA DELLA CURATRICE quadramento di problematiche storico-letterarie, di storia della tradizione e di ricezione dell'antichità classica; I Grcci. Storia wlt11ra arte società, a cura di S. Settis, per Einaudi, 4 voll. ( r. Noi e i Greci; II. Una storia ,�reca, in tre tomi: 1 . Formazione (lì tw al VI sec. a. C), 2. D�jìlliziolle (VI-IV secolo a. C}, 3. Trasjòrmazio­ ni (IV secolo a.C.-II secolo d.C.); III. I Greci oltre la Grecia; IV. Atlante). Per l'aspet­ to propriamente letterario si segnalano le sintesi aggiornate e di livello nei tre volumi Storia della ci11iltà letteraria greca e latina, a cura di I. Lana e E.V Mal­ tese, Torino, Utet, 1998, dalle origini sino alla fine del mondo antico. Un'in­ troduzione piti agile, selettiva, per tematiche e non per percorso cronologi­ co, che include però anche un capitolo sul Medioevo greco (di E.V. Malte­ se), è il recente volume La cilliltà dei Greci. Forme, luoghi, contesti, a cura di M. Vetta, Roma, Carocci, 2001. Il pubblico italiano non può comunque ignorare l'opera collettiva che ha segnato l'inizio di una fase nuova nella storia degli studi antichistici italiani del '900, ed è continuamente ristampata: cioè la Sto­ ria e cil'iltà dei Greci, in 10 volumi, che fu diretta da Ranuccio Bianchi Bandi­ nelli, Milano, Bompiani, 1977-1979. Come in tutte le opere collettive, i contributi di questo volume rispondo­ no, anche stilisticamente, al tratto di ogni autore. Qualcuno di essi potrà sembrare estremamente tecnico, specie per le esigenze di un'università che sempre piti richiede strumenti di base che non presuppongano necessaria­ mente la conoscenza della lingua greca antica. Ma il valore di quest'In trodu­ zione, e il peso della tradizione che eredita, è anche nel poter accompagnare tutto un corso di studi, e fungere da strumento d'ausilio per i principianti, come pure per gli specializzandi e non raramente anche per gli studiosi. Per­ sonalmente, ho potuto verificare la validità di alcune parti di quest'Introdu­ zione con gli studenti dei corsi di Letteratura greca e Storia della lingua greca dell'Università di Sassari, e in questo lungo lavoro, che dedico a loro, mi ha spesso incoraggiato il loro sforzo eroico di sopperire alle mancanze struttu­ rali, per i nostri studi, della loro e della mia Università. In particolare ringra­ zio Ivano Loffredo e Simona Lupi per l'aiuto nell'aggiornamento bibliogra­ fico, Aldo Corcella, per avermi evitato alcuni errori con la sua paziente let­ tura di alcune delle sezioni da me tradotte, Margherita Satta per aver riletto il capitolo sulla Religione greca, Eleni Pappa per aver controllato il capitolo sul­ la letteratura bizantina, la redazione di « Eikasm6s » per aver generosamente messo a mia disposizione il contributo originale di Enzo Degani. Ma soprat­ tutto ringrazio il curatore tedesco, il prof. Heinz-Giinther Nesselrath, per aver rivisto la traduzione parola per parola, con grande amore per la nostra

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NOTA DELLA CURATR I CE lingua e per un volume che a ragione considera una sua laboriosa creatura. Di ogni errore rimasto sono tuttavia l'unica responsabile. Ho curato personalmente le sezioni dalla I alla VI, mentre la sezione VII è stata tradotta da Laura Santini e la sezione VIII da Elisabetta Garau. Le sezio­ ni v e VIII sono state aggiornate nella bibliografia da Amedeo Visconti, la se­ zione VII da Angelo Giavatto. La collaborazione, ma ancor di piu l'amicizia di Elisabetta e Laura mi è stata preziosa durante le varie fasi di questo im­ menso lavoro. Devo infine ringraziare per aver atteso ad una prima, non de­ finitiva, traduzione dei capitoli storici e archeologici Gianfranco Chiai e di averla generosamente messa a nostra disposizione. Sassari, luglio 2004

SoTERA FoRNARO

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I NT R O D UZ I O N E A LLA F I LO LO G IA G RE CA

P RE ME S SA

Sei mesi dopo l'Einleitung in die lateinische Philologie ('Introduzione alla filologia latina') esce ora anche il volume complementare sulla filologia greca: si con­ clude cosi l'iniziativa dell'editore B.G. Teubner di ripresentare in forma nuova e aggiornata il classico ma datato manuale curato da Alfred Gercke ed Eduard Norden, Eùzleit1mg i11 die Altertumswissenschafi ('Introduzione all'antichità classica'), pubblicato nel1910. Nella premessa all'Introduzione latina Fritz Graf ha efficacemente e sinteti­ camente spiegato perché oggi si divide in due volumi la materia che nella precedente Introduzione si trovava in uno solo. Ma anche i due volumi conti­ nuano a mostrare come non solo le due filologie, ma tutte le discipline che fanno parte della scienza dell'antichità siano tra loro connesse: cosi per es. nel volume latino sono trattate le opere filosofiche scritte in greco sotto l'im­ pero romano (sez. vm), e valgono anche per l'Occidente latino-mediterra­ neo le condizioni e le specificità della produzione dei testi e dei libri esposte nel volume greco (sez. 11). Si può dunque provare un certo disagio di fronte al fatto che la storia della filologia greca e latina - una e unica almeno sino alla metà del XX secolo - venga "smembrata" in due volumi: ma visibili re­ stano i continui legami tra il volume d'àmbito greco e quello dedicato al la­ tino. Proprio nel XX secolo hanno acquistato autonomia, accanto alle due filo­ logie, le altre discipline della scienza dell'antichità: è di questo processo che la nuova Introduzione cerca di dar conto, collocando le singole filologie ac­ canto alle discipline viciniori o affini; e dunque: poiché ogni singola discipli­ na oggi, a ragione, reclama una vita specifica e un valore autonomo, una "scienza dell'antichità" complessiva può esistere solo nella collaborazione tra queste discipline. Perciò qui si ringraziano non solo i "filologi" in senso stret­ to che hanno collaborato a questo volume, ma anche e specialmente tutti i colleghi delle discipline affini, che con la loro volenterosa partecipazione hanno prodotto la concors varietas, con la quale in questo volume si è potuta rappresentare la filologia greca nella cornice della scienza dell'antichità. Nonostante tutte le variazioni nell'impianto dell'opera che è stato neces­ sario adottare rispetto al vecchio Gercke-Norden, lo scopo principale della nuova Introduzione è comunque rimasto lo stesso di quella più antica. Già nella premessa alla prima edizione del1910 i curatori sottolineavano: era sta-

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P RE M E S S A to in primo luogo il «disorientamento degli studenti di fronte all'impressio­ nante massa di fatti e problemi» a spingerli a realizzare un libro che potesse «indicare loro una via attraverso gli intricati fili del vasto àmbito della scien­ za dell'antichità»; e aggiungevano: >, Basel 1958AKG « Archiv fur Kulturgeschichte », Koln-Wien 1903=

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* Oltre a queste abbreviazioni, altre ne compaiono nei singoli capitoli, con riferimento alle opere segnalate nelle rispettive Bibliografie. Inoltre per le abbreviazioni qui non comprese si ri­ manda a >, Genève-Vandcruvres « É tudes Préliminaires aux Religions Orientales dans l'Empire Romain)), Leiden-New York-K0benhavn­ Koln 1961-1990 Further Greek Epigrams: epigrams bifore A.D. 50 Jrom the Greek anthology and other sources, not included in Hellenistic epigrams or the Garland of Philip, a cura di D.L. PAGE, Cambridge, Cambridge Urùv. Press, 1981 Die Fragmente der Griechischen Historiker, a cura di F. JA­ COBY, 3 voll. in vari to., Leiden et al., Brill, I 19572; n /A 1926; n/B 1929; m/A 19542; m/B 1950; m/C 1958 The Greek Anthology: Hellenistic Epigrams, a cura di A.S.F. Gow-D.L. PAGE, Cambridge, Cambridge Univ. Press, 165

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« Gottingische Gelehrte Anzeigen >> , Gottingen 1802Get;çzraphi Graeci Milwres, a cura di C. MDLLER, 2 voll. + Tabulae, Paris, Didot, 1855-1861 A Sclectiotl (2f Grcek Historical Inscriptions, a cura di M.N. ToD, 2 voll., Oxford, Clarendon Press, r 19462; 1 1 1948 «Greek, Roman and Byzantine Studies », Durham 1959-

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Griechische vt'rs-Inschriften, 1. Grab-Epigramma Verzeichnis: Verzeiclmis der Gedicht-Arifànge und VL>rgleichende Uebersicht zu den griechischen Vers-Inschriften, a cura di W. PEEK, Berlin, Akadernie Verlag, 1955 « Hefte des Archaologischen Serninars der Universitat Bern », Bern 1975Hm1dbuch der Altertumswissenschajt, a cura di I.P.E. voN MOLLER, poi di W OTTO e H. BENGTSON, Miinchen, Beck, 1886The Greek Anthology. Hellenistic Epigrams, a cura di A.S.F. Gow e D.L. PAGE, 2 voll. in 4 to., Cambridge 1965-1968 «Harvard Library Bulletin », Cambridge (Mass.) 1947, Berlin 1925-1936) Der Neue Pauly. Enzyklopà"die der Antike, a cura di H. CANCIK, H. ScHNEIDER e M. LANDFESTER, Stuttgart, Metzler, 1996-2003

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1986; VI/t 2004; VI/2 1998; VII 1989; VIII 1995

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1968Poetae Melici Craeci: Alcmanis, Stesichori, Ibyci, Anacreontis, Simonidis, Corinnae, poetarum minorum reliquias, carmina [ . . . ] quaeque adespota Jeruntur, D.L. PAGE, Oxford, Cla­ rendon Press, 1962, 19672 Poetarum Melicorum Graecorum Fraj!,menta, post D.L. PAGE edidit M. DAviEs, I. Alcman, Stesichorus, Ibycus, Oxford, Clarendon Press, 1991 «Quaderni di Storia», Bari 1975«Revue Archéologique», Paris 1894Reallexikon fiir Antike und Christentum, a cura di TH. KLAUSER (poi E. DASSMANN) , Stuttgart, Hiersemann, 1950- (con supplementi) Paulys Realencyclopéidie der classischen Altertumswissenschajt, a cura di F. PAULY, poi di G. WissowA et al., Stuttgart, Metzler (poi Druckenmiiller), 1893-1978, con suppl.

« Revue des Études Anciennes», Paris-Bordeaux-Mar­ seille 1899>, Milano 1944-1957 (già «Rendiconti. Reale Istituto Lombardo di scienze e lettere. Classe di lettere e scienze morali e storiche», ivi 1937-) «Revue de Philologie», Paris 1845«Revue de Philosophie Ancienne>>, Bruxelles 1983«Revue Suisse d'Art et d'Archéologie», Zurich 1939(già «Anzeiger fur schweizerische Altertumskunde>>, ivi 1868-1938) «Rivista di Studi Classici», Torino 1952-1979 «Rivista Storica Italiana», Torino (poi Napoli) 1884Sammelbuch Griechischer Urkunden aus Agypten, fondato da F. PREISIGKE, a cura di F. BILABEL e E. KlESSLING (poi H.-A. RuPPRECHT), Strassburg et al., Teubner, 1913«Sitzungsberichte der Osterreichische Akadernie der Wissenschaften. Philosophisch-historische Klasse. Wien>>, Wien 1947«Sitzungsberichte der Bayerische Akadernie der Wis­ senschaften», Mlinchen 1944- (già > , a. XXXI 1994, pp. 81-163. 2.6.3. Metacaracterismo :L evento decisivo nella storia della tradizione manoscritta dei testi greci nel Medioevo è la trascrizione di manoscritti in maiuscola in codici in minu­ scola ("metacaracterismo" o "translitterazione"), e dunque la cosciente sosti­ tuzione dell'intero patrimonio letterario manoscritto antico con nuovi esem­ plari. Quest'azione, condotta nell'arco di poche generazioni nel IX e X se­ colo, fu compiuta dopo la cesura culturale dei precedenti secoli "bui", ed eb­ be come presupposto la concentrazione di importanti testimoni manoscritti a Costantinopoli. Si adottarono delle regole cautelative per ridurre al mini­ mo le inevitabili fonti d'errore nella fase della copiatura. Alcune, che qui di seguito esponiamo, possiamo trarle dalla già ricordata corrispondenza di un "professore" bizantino (cfr. 2.1) : per la copiatura si chiamava un "responsabi­ le scientifico" che aveva il compito di collazionare i codici in maiuscola, e di stabilire le varianti. I copisti dovevano annotare queste varianti nei margini bianchi (predisposti ad hoc in una sufficiente ampiezza) dello specchio di scrittura. Questo processo si può oggi verificare su alcuni codici, che rappre-

2 · LA TRAD I Z I O NE MAN O S CRITTA. PALE O G RAFIA sentano, cum grano salis, i predecessori delle nostre moderne edizioni. A Co­ stantinopoli essi dovevano garantire, in quanto esemplari-modello deposita­ ti nella biblioteca del palazzo imperiale o del patriarcato, la correttezza te­ stuale per ulteriori copie (di calligrafi per mecenati, di dotti per i propri stu­ di o per le lezioni). Sulla corrispondenza del "professore": A. MARKoPOULos, La critique des textes au X" siècle. Le témoignage du "Professeur anmtyme11, in JOByz, a. XXXI I 1982, 4 pp. 31-37. [Anonymi professoris epistulae, a cura di A. MARKOPOULOS, Berlin-New York, de Gruyter, 2000.] Un esame dei manoscritti ci ha restituito un'immagine approssimativa dei diversi orientamenti seguiti, nell'arco di decenni, dall'attività di trascrizione. In una prima fa­ se (il primo terzo del IX sec., e verso la fine della seconda fase dell'iconoclasmo) rile­ viamo un particolare interesse per terni di natura scientifica: commenti di Teone e Pappo all'Almagesto di Tolomeo (ms. Laur. 28 18), manoscritti di Tolomeo (come il ms. Vat. gr. 1291 e il ms. Leidens. BPG 78), inoltre l'Almagesto (ms. Par. gr. 2389), un Dioscuride (farmacologia, ms. Par. gr. 2179), e un Paolo di Egina (ginecologia) diviso tra diversi manoscritti. In questa fase diminuiscono ancora i codici filosofici o di re­ torica. Il patriarca Niceforo (8o6-815) si dedicò al Quadrivio (aritmetica, geometria, astronomia, musica) e alla filosofia aristotelica; il patriarca iconoclasta Giovanni VII deve aver posseduto, per i suoi interessi scientifici, codici adeguati; un parente di questo patriarca, il matematico e filosofo Leone, possedette uno dei codici piu sfar­ zosi della Biblioteca Apostolica Vaticana (Vat. gr. 1594): questo codice di Tolomeo fu scritto tra l'830 e l'8so, cosi come il ms. Vat. gr. 204, di argomento matematico-astro­ nomico, e il manoscritto oxoniense Corpus Christi 108, con le opere biologiche di Aristotele. In questi decenni viene collocato anche il piu antico codice platonico, il ms. Par. gr. 1807 (= A), un caso di eccellente esemplare-modello. Qui si può vedere come la costituzione del testo (diortòsi), sopra descritta, sia estesa sino al v libro del­ le Leggi.

Nelle successive fasi del metacaracterismo hanno giocato un ruolo guida due gerarchi della chiesa ortodossa. Foz1o (vd. 2.1; n 2.1.3) , il dinamico allea­ to-oppositore sia dell'imperatore bizantino che del papa, appartiene a quei pochi bizantini che, grazie alla loro cultura eccezionale, svolsero un ruolo decisivo nella storia della Chiesa e della letteratura. Già in giovenrn Fozio, che discendeva da una famiglia ricca, acquistò una notevole biblioteca priva­ ta, e durante una prolungata missione diplomatica, compose una raccolta di escerpti da 150 volumi della sua biblioteca, in 279 brevi biografie, con inte­ ressanti analisi stilistiche e indicazioni sul contenuto. Alcuni degli autori de-

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S T O RI A DEI TESTI

scritti da Fozio non sì sono conservati, ma la sua raccolta sarebbe stata possi­ bile solo sulla base della disponibilità dei codici corrispondenti. Oggi consi­ deriamo i decenni dall'830 all'85o, il periodo in cui fu messa insieme una col­ lezione (cosiddetta "filosofica"), che - a completamento di una precedente raccolta scientifico-naturale - doveva contenere i testi piu importanti della tradizione filosofica, soprattutto della scuola di Platone e Aristotele con i commenti, in esemplari-modello. Il ms. Par. gr. 1807, sopra citato, e altri 10 codici platonici formano il nocciolo di questo gruppo, che, sulla base di ar­ gomenti codicologici, è da attribuire ad un unico scriptorium. L'Aristotele di Vienna (phil. gr. 100), con scritti fisici di Aristotele, e la Metafisica di Teofra­ sto, appartiene ugualmente a questo circolo. Nella storia della scienza, e in particolare nella storia della tradizione, ARETA (vd. 11 2.2.1), arcivescovo di Cesarea in Cappadocia, prosegue, a suo modo, le attività di Fozio. Circa due dozzine di codici di autori antichi, data­ bili intorno al 900, erano in parte proprietà di Areta: qui si possono menzio­ nare Luciano (Lond. Harl. 5994), Elio Aristide (Laur. 6o 3), Aristotele (Vat. Urb. 35), due manoscritti di Platone (Vat. gr. 1; Bodl. Clark. gr. 39, vd. ill. f.t., no 5), e l'Euclide dell'888 (Bodl. d'Orville 301). Una parte di questi mano­ scritti contiene appunti marginali autografi dell'arcivescovo. Da una lettera di Areta veniamo a sapere ch'egli aveva copiato un codice, già gravemente deteriorato, con i Ricordi di Marco Aurelio (vd. FL, vm 4.3.2) e che infine l'a­ veva spedito a un collega, per non possedere da solo un bene tanto prezioso. Sul processo della trascrizione bisogna infine dire che potrebbe esserci sta­ ta tramandata solo una parte dei codici rilevanti per la valutazione di questo fenomeno; comunque anche dagli esempi menzionati si può riconoscere il grande significato di questo periodo per la tradizione manoscritta della lette­ ratura greca antica. Su Fozio e Areta: HuNGER, Schreibctt und Lesen in Byzanz, pp . 66-68; W. TREAD­ GOLD, The Nature ofthe Bibliotheca ofPhotius, Dumbarton Oaks 1980. 2.6.4. Canone e gradi dello stile Gli esempi di forme di scrittura in minuscola sinora presentati (Perlschrift, ecc.) sono tratti da codici calligrafici, cioè esemplari in scritture che mostra­ no un livello di stilizzazione superiore alla media. Naturalmente, nella gran­ de massa di manoscritti in minuscola, ci si presenta un ampio spettro di esempi di scrittura dai livelli di stilizzazione assai diversi. A un capo di que-

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LA T RADIZIONE MAN O S C RITTA. PALE O G RAFIA

sto spettro sono le scrim1re di eccellente livello estetico, dall'altro quelle che rientrano prettamente nella sfera delle corsive. Si potrebbe dunque parlare per le prime - come anche per la maiuscola biblica - di un "canone", com­ prendente caratteristiche sostanziali e imprescindibili dello stile, mentre altri manoscritti non mostrano, o non mostrano piu, tali caratteristiche. Inoltre può avere luogo, nel corso di decenni, una decadenza del "canone", quando una parte sempre piu consistente di esemplari non raggiunge pit.i la qualità d'esecuzione di un livello di stilizzazione medio. Un percorso di questo tipo risulta evidente nello studio del materiale manoscritto dei secoli X-XIII. In­ nanzitutto il canone severo della minuscola viene interrotto dall'inserimento sempre crescente della maiuscola (vd. 2.6.2); un'altra caratteristica che si di­ stacca dal canone riguarda le aste - elemento originariamente tipico dell'al­ fabeto minuscolo -, che tendono a prolungarsi sempre pit.i verso l'alto; il fe­ nomeno è osservabile soprattutto in gamma e tau, mentre è meno accentuato in beta, rho, s(ç;ma, ypsilon e phi. Spesso questi prolungamenti si uniscono ina­ spettatamente a legature, e a segni giustapposti o sovrapposti. Ulteriori al­ lontanamenti da un canone "puro" della minuscola si hanno nell'evidente differenziazione dei nuclei (delle lettere comprese tra le linee mediane): la loro grandezza e la direzione dei tratti che costituiscono le lettere all'interno di un rigo - ma anche di un'intera parola - cambiano progressivamente, e influenzano cosi il livello della stilizzazione. In una fase di sviluppo avanza­ ta si riscontra anche la perdita della linea di base, che può provocare una ge­ nerale assenza di direzione. Tutti questi fenomeni appaiono nei diversi ma­ noscritti in proporzione diversa e in diverse combinazioni, cosi che spesso si può esprimere soltanto un giudizio generale sul grado di stilizzazione (la co­ siddetta "scrittura d'uso", vd. ill. f.t., no 6). Al di fuori del processo delineato si collocano alcuni gruppi di manoscrit­ ti medio-bizantini, che sono stati presi in considerazione dagli studiosi negli ultimi decenni per un preciso ductus. Per il XII secolo ci sono quegli esempi che vengono riuniti sotto la denominazione "2400" (vd. ill. f.t., no 7); per i se­ coli XII e XIII lo "stile di Reggio" (vd. ill. f.t., no 8), mentre si possono segui­ re le diverse particolarità di uno "stile di Otranto", dai primi anni del sec. XII sino al tardo XVI secolo. Anche un monastero importante per la tradizione manoscritta, Hodegòn a Costantinopoli, sviluppò uno stile caratteristico che perdurò oltre i secoli del Medioevo (vd. ill. f.t., no 9). "Gruppo 2400": denominato secondo il cosiddetto Rockfeller McCormick New Testament Codex della Chicago University Library 965 (= ALAND-Liste: 2400); cfr. A. 59

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STO RIA DEI TE STI

WEYL-CARR, A group ofprovincial manuscripts Jrom the twelfth century, in DOP, a. XXXVI 1982, pp. 39-81. Bibliografia: L. PoLITIS, Bine Schreiberschule im Kloster r0v 'Ooryy0v, in ByzZ, a. LI 1958, pp. 17--3 6 e 261-87; P. CANART-J. LEROY, Les manuscrits en style de Reggio, in PGB, pp. 241-61; A. JACOB, Les écritures de Terre d'Otranto, ivi, pp. 269-81; C. M.AzzuccHI, Mi­ nuscolegreche corsive e librarie, in « Aegyptus », a. LVII 1977, pp. 166-89; H : HuNGER-0. KRE­ . STEN, Archaisierende Minuskel und Hodegon-Stil im 14.]ahrhundert, in JOByz, a. XXIX 1980, pp. 187-235; P. CANART-L. PERRIA, Les écritures livresques des XJc et XJJc siècles, in Atti Ber­ lin-Wolfenbiittel, pp. 67-116; A. WEYL-CARR, The Production of Illuminated Manuscripts: A ViewJrom the Late Twelfth Century, ivi, pp. 325-38; E. GAMILLSCHEG, Fragen zur Lokalisie­ rung der Handschriften der Gruppe 2400, in JÒByz, a. XXXVI I 1987, pp . 313-21; M.B. FoTI, Lo Scriptorium del S.mo Salvatore di Messina, in Scritture, libri e testi, pp . 389-416. 2.6.5. Stilizzazioni e scritture d'uso nei secc. XII-XV Com'è noto, il XIII secolo portò, con la presa di Costantinopoli, alla dis­ soluzione dell'impero bizantino e alla sua sostituzione con un impero latino e due governi bizantini in esilio, in Oriente e Occidente (1204-1261). Sarebbe stato inverosimile se gli sconvolgimenti politici e culturali del pa­ norama storico di quei decenni non avessero lasciato tracce anche nelle testi­ monianze della scrittura. La maggior parte dei manoscritti calligrafici mo­ stra, in maniera minore o maggiore, fenomeni di decadenza: la stilizzazione o i tentativi di stilizzazione si attenuano sempre piu, mentre l'uso scrittorio corsivo si insinua progressivamente tra le residue forme posate. In questo quadro di decadenza si afferma, nel XIII secolo, un tentativo di stilizzazione, presto destinato a diffondersi cosi tanto da diventare una "moda", e a perdu­ rare sino al XIV secolo inoltrato. Caratteristica distintiva di questa "moda" è il particolare risalto dato ad alcune lettere rotonde, come omikron, sigma e omega, ma anche alpha (nella forma rotonda) e beta, attraverso il rigonfiamen­ to sproporzionato dei nuclei, cosi che queste grandi lettere rotonde, fra le lettere tracciate volutamente piu piccole rispetto alla media, e spesso com­ presse insieme, appaiono come 'occhi di grasso' (Fettauge11) che galleggiano su una zuppa (vd. ill. f.t., no 10). Nella ricerca di modelli per questa "moda", detta appunto Fettaugenmode, ci si imbatte nella corsiva dei papiri tardo-anti­ chi, ma anche nella "scrittura riservata" dei documenti imperiali dell'età bi­ zantina di mezzo, che spesso si compiace di forme rigonfie. Mentre la Fettaugenmode portava non raramente i copisti a eccessi, un gruppo di copisti di manoscritti contenenti opere di argomento prevalente6o

2 LA T RA D I Z I O N E MAN O S C RITTA. PALEOGRAFIA ·

mente teologico si sforzava di imitare, nella maniera piu convincente possi­ bile, la Perlschrifi dell'XI secolo. Questi tentativi di imitazione, frutto di gran­ de esercizio e a prima vista sorprendenti, rivelano, a un'osservazione piu at­ tenta, la loro sterilità e fiacchezza. Tentativi di "arcaizzazione" di questo tipo, nulla affatto rari, rispecchiano appieno la mentalità bizantina, restia alle in­ novazioni (vd. ill. ft., no u ) . Comunque ci sono anche indizi del fatto che l'infelice sviluppo della cal­ ligrafia greca fu bloccato, all'inizio dell'età dei Paleologi, per influenza della cancelleria imperiale, dalla creazione di una nuova forma di scrittura, alme­ no per alcuni aspetti e per un limitato periodo di tempo. Sono soprattutto i documenti imperiali degli anni di Andronico II e di Andronico III che cer­ carono di limitare, con il ripristino di una nuova disciplina, le esagerazioni dei codici calligrafici del XIII secolo. Assistiamo cosi a una piu netta divisio­ ne tra le singole lettere e quindi all'abbandono della scriptura continua in favo­ re di maggiore chiarezza e leggibilità. Gli accenti del XIII secolo che spesso "straripano" notevolmente, e i gran­ di archi - talora cosi lunghi da investire i margini bianchi - dell'abbreviazio­ ne di - wv, vengono nuovamente evitati, o almeno attenuati; e in generale, tutti gli accenti, anche i circonflessi, assumono dimensioni piccole o piccolis­ sime, e spesso non li si distingue quasi da punti. Le aste superiori e inferiori si riducono fortemente, le abbreviazioni vengono adoperate piu di rado. La "moda" dei Fettaugen ha lasciato in questa scrittura alcune tracce (soprattutto in omega e phi, ma anche in alpha e sigma), ma senza influssi decisivi. Vicever­ sa si incontrano lettere di modulo ridotto nel mezzo delle parole, per es. ep­ silon, eta e theta (nella forma maiuscola), iota, kappa e omicron; delta ha l'asta verso l'alto molto corta, e cosi accade anche per l'asta inferiore di rho. Questa forma caratteristica di scrittura si osserva nei manoscritti fino al XIV secolo avanzato e l'inizio del XV, ma poiché predomina nei pochi codici contenen­ ti i lunghi testi, in gran parte ancora inediti, di Teodoro Metochita (vd. 2.1) , si è autorizzati a parlare di uno "stile del Metochita" (vd. ill. ft., no 12) . Meto­ chita fu attivo per molti anni nelle posizioni piu alte della gerarchia dei fun­ zionari (llea&(wv, 'grande logoteta'), ed ebbe certo la possibilità, nel mettere in ordine il suo lascito letterario - cosi si ipotizza -, di ricorrere agli scrivani d�lla cancelleria imperiale. [G. PRATO, Metochites-Stil, griechischer Schriflstil in der 1. Hà'lfte des 14. ]h., in NP, VIII col. 103.]

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S T O RIA D E I TESTI

Un dettaglio, che in certe condizioni può essere d'aiuto per la datazione dei manoscritti, si riferisce al legame di accenti e spiriti alle relative vocali. Mentre i manoscritti in minuscola dei primi secoli (IX-XII) mantenevano separati gli accenti dalle lettere, nella corsiva nel XII e XIII secolo si comin­ ciò invece ad operare il collegamento diretto, in forma corsiva, di lettere e accenti e, contestualmente, di accenti e spiriti tra loro. Quest'uso era la regola nella maggior parte dei codici dal XIII sino al pri­ mo XV secolo, nella misura in cui essi non si sentivano legati a un preciso modello di stile. Nel XV secolo si constata un chiaro sforzo di tracciare nuo­ vamente distinte le lettere da accenti e spiriti. Ciò è da intendersi, a mio av­ viso, come una specie di "intento depurativo", che perseguiva una migliore leggibilità mediante la limitazione delle abbreviazioni e la rinuncia a strava­ ganze. Questo riallacciarsi alla minuscola dei primi secoli è una vocazione chiaramente attribuibile alle scritture degli umanisti (vd. ill. f.t., no 13) e co­ stituisce un interessante parallelo con i manoscritti latini degli umanisti ita­ liani, che contemporaneamente si ispiravano al nitore della scrittura minu­ scola carolina. Bibliografia: H. HuNGER, Archaisierende Minuskel uttd Gebrauchsschrift zur Bliitezeit der Fettaugenmode, in PGB, pp. 283-90; ID., Die sogenannte Fettaugenmode in griechischen Handschriften des 13. und 14. ]ahrhunderts, in ByzZ, a. IV 1972, pp. 105-13; G. PRATO, La produzione libraria in area grecoorientale nel periodo del regno latino di Costantitwpoli (12041261), in S&C, a. v 1981, pp. 105-47; ID., I matzoscritti greci dei secoli XIII e XIV: tzote paleo­ grafiche, in Atti Berlin-Wolfenbiittel, pp. 131-49; H. HuNGER, Die byzantinische Minuskel des 14. ]ahrhunderts zwischen Tradition und Neuerung, i vi, pp . 151-61; ID., Gibt es eittetz Angeloi­ Stil?, in RHM, a. xxxr r-xxxm 1990-1991, pp . 21-35 (con 19 ili.) ; ID, Elemcnte der Urkutt­ dmschrift in literarischm Hattdschriften des 12. uttd 1J.]ahrhunderts, ivi, a. xxxvn 1995, pp. 2740 (con 31 ili). 2.6.6. Passaggio al libro a stampa Nella seconda metà del XV secolo comincia una diffusa concorrenza tra manoscritto e libro stampato. Gli incisori dei caratteri tipografici cercavano il piu possibile di scegliere, nell'imitare i modelli manoscritti, ciò che da un punto di vista tecnico fosse piu facilmente praticabile, e predilessero perciò alcune soluzioni in seguito adottate anche da alcuni copisti di manoscritti. Questa coincidenza cronologica e culturale emerge soprattutto in quei ma­ noscritti che ricordano la nuova immagine della stampa; la loro scrittura, la 62

2 · LA T RAD I Z I O N E MAN O S CRI TTA. PALEO G RAFIA Druckminuskcl ('minuscola da stampa', vd. ill. f.t., n" 14), si caratterizza per una certa rigidità e angustia d'insieme; lettere caratteristiche sono il si,Rrna maiuscolo allungato all'inizio della parola, il tau in un solo tratto, a forma di bastone a gruccia, tendente verso l'alto, e il t/zeta maiuscolo schiacciato. In media sulla forma della scrittura dei codici del tardo XV secolo e del XVI incide la percentuale relativamente alta degli scribi non-greci, i cui trat­ ti individuali naturalmente divergono molto tra loro, e che per il loro stile maldestro, spesso eccentrico, sono facili da riconoscere. D'altra parte molti copisti sembrano trovarsi sulla via del "barocco" (vd. ill. f.t., ni 15 e 16). I trat­ ti movimentati, le volute e gli svolazzi, che talora si osservano ingrandirsi ri­ petutamente in maniera quasi sorprendente, restano però nell'àmbito delle caratteristiche individuali. È noto che la tipografia francese del XVI secolo scelse una stilizzazione moderata, "pre-barocca", per i caratteri della scrittu­ ra reale ( Grec du roi), che sopravvissero ancora per due/tre secoli nella stam­ pa dei testi antichi. Bibliografia: O. MAzAL, Der griechische Buchdruck des 15. ]ahrhunderts, in Atti Berlin­ Woljènbiittel, pp. 181-97; K.S. STAI Ko s, Xapra rfjç 'EM7]vzxfjç TvnoypaqJiaç. 'H hcoorz­

xij t1paarTJpZOTTJTa rc.Jv 'EMrjvwv xaì 7] Evf.J.fJoÀrj rovç arijv Ilvcvf.J.arzxij A.vayévvTJOTJ

rfjç t1varJç. T6J1.oç A' 15oç ai wvaç, Athenai 1989; G. DE GREGORio, Il copista greco Manuel Malaxos. Studio biografico e paleografico-codicologico, Città del Vaticano 1991; N.G. WILSON, From Byzantium to Italy. Greek Studies in the Italian Renaissance, London 1992; H. HuNGER, Griechische Buchproduktion in Italien im 15.]ahrhundert. Voraussetzungen und Anfà"nge, in Kommunikation zwischen Orient und Okzident. Alltag und Sachkultur. In­ ternationaler Kongress Krems an der Donau, 6. bis 9 · Oktober 1992, Wien 1994, pp. 393-423. [EJ. KENNEY, Testo e metodo. Aspetti dell'edizione dei classici latini e greci nell'età de/ libro a stampa, ed. it. a cura di A. LuNELLI, Roma, Gei, 1995.]

ABBREVIAZIONI ALAND-Liste Atti Berlin-Wolfenbiittel

DOP JOByz

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K. ALANO, Kurzgefasste Liste der griechischen Handschrifien des Neuen Testaments, Berlin 1963. = Paleografia e Codicologia greca. Atti del 11 Colloquio inter­ nazionale, Berlino-Wolfenbiittel, 17-21 ottobre 1983, a cura di D. HARLFINGER e G. PRATO, Alessandria 1991. = , a. XCI 1998, pp. 543-52; W. HABERMANN, Zur chronologischen Verteilung der Papyrologischen Zeugnisse, in ZPE, vol. cxxu 1998, pp. 144-60. Per la storia della papirologia segnalo, innanzi tutto, M. CAPAsso, Rostoutzejfe la papirologia, in Ro­ stovtz4J e l'Italia. Incontri perugini di storia della storiografia antica e sul mondo anti­ co {Ix), Gubbio, Casa di Sant'Ubaldo, 25-27 maggio 1995, a cura di A. MARCONE, Na­ poli, Esi, 1999, pp. 367-418 (lo stesso autore ha scritto diversi contributi sulla storia specifica della papirologia ercolanense); e inoltre B. CRO KE, Mommsen, Wilcken and the Invention ofPapyrology, in Ancient History in a Modem University. Proceedings of a Con­ ference, Macquarie University, 8-13 July 1993, 1. The Ancient Near East, Greece, and Ro­ me, a cura di T.W. HILLARD, R.A. KEARSLEY, C.E.V. NixoN e A.M. NoBBS, N.S.W. Australia, Macquarie University, 1998, pp. 363-71.] ·

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E P I G RAF IA

di GEORG PETZL PREMESSA. Il poco spazio qui a disposizione ci obbliga a rinviare a trattazioni piu dettagliate dell'argomento. L. RoBERT ha descritto l'« épigraphie » in I.:histoire et ses méthodes (Encyclopédie de la Pléiade, Paris 1961, pp. 453-97 = ID., Opera minora selecta [Op. min.], 7 voll., 1969-1990, v pp. 65-109, che è meglio consultare nella traduzione corre­ data di note di H. ENGELMANN, Die Epigraplzik der Klassischen Welt, Bonn 1970) : una trattazione eccellente, con un occhio particolare per il significato dell'epigrafia nella scienza storica, ma anche con molte notizie di base. G. KLAFFENBACH, Griechische Epi­ graphik, Gottingen 19662 dà un'ottima sintesi; per altre indicazioni vd. la Guide de l'é­ pigraphiste. Bibliographie choisie des épigraphies antiques et médiévales, a cura di F. BÉRARD, D. FEISSEL, P. PETITMENGIN e M. SÈVE, Paris 19892 [2ooo3] , ni 1-9, 1829, 1873. I numeri rimandano alle singole voci bibliografiche. [Una ristampa della terza edizione è ap­ parsa nel 2001, con un ulteriore supplemento bibliografico, disponibile anche in rete all'indirizzo: http ://www.ens.fr/antiquite/guide-epigraphiste .htrnl]. I paragrafi che seguono danno un panorama sommario e schematico dell'epigrafia greca, per temi che possono essere approfonditi usando le indicazioni bibliografiche poste in fondo o rimandano a esempi illustrativi, a cui potrebbero esserne aggiunti al­ tri. [Si veda la lista delle Abbreviazioni a fine capitolo].

[Anche per l'epigrafia il ricorso alle banche dati elettroniche è ormai indispensabi­ le; anch'esse sono in continuo aggiornamento, e anch'esse in parte disponibili on-line: anche in questo caso, perciò, rinvio alla sezione Fonti epigrafiche della Rassegna degli stru­ menti in}òrmatici per lo studio dell'A ntichità classica, a cura di A. CRISTOFORI consultabile all'indirizzo: http://www.rassegna.unibo.it/. Nuovamente va segnalata la presenza nel web della ZPE. Tra i contributi piu recenti di tipo generale, vd. quelli raccolti ne­ gli Atti dell'xi Congresso internazionale di epigrafia greca e latina, Roma, 18-24 settembre 1997, Roma, Quasar, 1999.] 5.1. INTRODUZIONE 5.1.1. Oggetto dell'epigrafia greca sono le iscrizioni in lettere greche; costitui­ scono oggetto di studio specifico le iscrizioni in lineare B o nel sillabario cipriota. Alfabeto greco: vd. 5.2.1. Lineare B : G, 1325-51, 1863 sg., 2008-10. Sillabario cipriota: G, 176 sg., 1832, 2011.

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STORIA DEI TESTI

5.1.2. Delimitazione cronologica e spaziale dell'oggetto dell'epigrafia gre­ ca: a partire dall'VIII sec. a.C. circa; non c'è un limite cronologico stabilito una volta per tutte (per es. epoca dell'imperatore Giustiniano; caduta di Co­ stantinopoli). Le iscrizioni greche si rinvengono in tutto l'àmbito del Medi­ terraneo, ma anche negli insediamenti piti lontani della colonizzazione gre­ ca e dell'impero romano. 5.1.3. Materiali scrittori sono soprattutto la pietra e il metallo, vd. avan­ ti, 5·3·1. 5.2. CONTRIBUTO DELLE ISCRIZIONI AI DIVERSI ÀMBITI DELLO STUDIO DEL­ L'ANTICHITÀ GRECA PREMESSA. Il caso di un epigramma dedicatorio da Pergamo (cfr. H. MùLLER, in « Chiron », a. XIX 1989, pp. 499-553; SEG, 39 1334; vd. ill. f.t., no 17) ci servirà per mo­ strare con quanti àmbiti della storia e della civiltà greca possa essere messa in relazione un,1scnz10ne. .

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Composto intorno al 220 a.C., quest'epigramma si trova sulla base di una statua (perduta), che rappresentava un satiro (Skirtos) danzante (cfr. 5.2.8); è redatto in faleci (cfr. 5.2.4) e in dialetto dorico (cfr. 5.2.3); la crasi è una volta resa graficamente, un'altra no (cfr. 5.2.1). Traduzione (cfr. W.D. LEBEK, in ZPE, vol. LXXXII 1990, p. 298) : 'Il figlio di Deino­ crate, Dionisodoro di Sicione, ha eretto me, Skirtos che ama il vino, in tuo onore, fi­ glio di Tione [= Dioniso], e in onore del re Attalo (l'opera è di Thoinias, il soggetto è tratto da Pratina). Ad ambedue sia caro chi mi ha dedicato'.

I.;epigramma dà informazioni sulla vita intellettuale a Pergamo nel tardo III secolo (cfr. 5.2.2), e sul culto di Dionisio in questa città (cfr. 5.2.6). Dioni­ sodoro è noto come comandante della flotta sotto Attalo l , che da parte sua è uno dei due dedicatari; il buon legame fra i due ha significato politico (cfr. 5.2.5). Fratina è tradizionalmente considerato l' "inventore" del dramnu sati­ resco (cfr. 5.2.4). Lo scultore Thoinias di Sicione è attestato anche in altre fonti (cfr. 5.2.8). 5 .2.1. Scrittura. In epoca arcaica ci sono diverse forme regionali dell'alfa­ beto (vd. ill. f.t., no 18). In seguito la forma esterna di un'iscrizione può mo­ dellarsi sulla contemporanea "scrittura libraria" (avvicinamento della maiu-

5 E P I G RAFIA ·

scola alla scrittura corsiva; ordinamento in colonne; ordinamento alfabetico delle voci; rientri o sporgenze; uso di segni diacritici [per es. paragraphoi]; ab­ breviazioni; colorazione [rossa, blu, nera, dorata]; caratteristiche individuali dello scrivente, diverse mani; esercizi, incertezze ed errori di scrittura, corre­ zioni, cancellature). Le iscrizioni possono risalire alle stesse fonti di opere letterarie o servire come fonti agli stessi scrittori antichi. Il confronto tra il testo (autentico) delle iscrizioni e la tradizione letteraria risolve talora pro­ blemi critico-testuali. Alfabeto: A. KrRCHHOFF, Studien zur Geschichte des griechischen Alphabets, Giitersloh 18874; G, 859. Avvicinamento alla corsiva: IG, XII 5 872. Riproduzioni: O. KERN, In­ scriptiones Graecae, Bonn 1913, tab. 35; RoBERT, Hell., 11-12 588 (pentametro con rien­ tranza); Op. min., m 1564; v 518. Colonne : iscrizione di Diogene di Enoanda (vd. avanti, 5.2.7) . Ordinamento alfabetico: Amzuario ( G, 1754) , 1963-1964, 165-202, ni IX sgg. (III sec. a.C.), IK, 24 704-706; G, 1890 (oracolo alfabetico). Sporgenze e paragra­ phoi: iscrizioni con i fasti, didascalie, vincitori (vd. avanti, 5.2.4) . Iscrizione nell'Archi­ locheio (vd. avanti, 5.2.4) , di Isillo (vd. avanti, 5.2.6) , di Diogene di Enoanda (vd. avan­ ti, 5.2.7) . Abbreviazioni: G, 864. Colorazione: SEG, 33 679 (alternanza rosso-blu [?] in ogni riga). Particolarità dello scrivente : S.V. TRACY, G, 863; ID., Attic Letter-Cutters of 229 to 86 B. C., Berkeley 1990, e Athenian Democracy in Transition, ivi 1995. Mani diverse: EA, 22 1994, 73 no 59· Esercizi di scrittura: ]. BousQUET, in BCH, a. cxvr 1992, pp. 183 sg. Incertezze dello scrivente: IK, 23 364 1 sg. Errori, correzioni: EA, 22 1994 78, no 61 1-2. Cancellature, corrette dallo scrivente: EA, 22 1994 27, no 18 3· Passo reso irricono­ scibile in un secondo momento: Syl/.3, 401. Riproduzioni: ]. KIRCHNER-G. KLAFFEN­ BACH, Imagines ( G, 862) , tav. 35, 86. Iscrizioni e opere letterarie che dipendono da una fonte comune o dipendenza dell'opera letteraria dall'iscrizione: detti dei Sette Saggi (vd. avanti, 5.2.7) ; Erodoto, Tucidide, Pausania (vd. avanti, 5.4.1) . Aspetti critico-te­ stuali: in [Dem.], 43 57 il tràdito do!l-Qi. (invece che da'Il oi) è sorto da HE�HOI del­ la scrittura arcaica dell'iscrizione (cfr. IG, r3 104 17) ; per il rifacimento di !l'lÌ xwpGJv, noA.uwvuJ.Loç in J.lllOè A.6y

>, a. L 1972, pp. 61-96; 182-228. Nomi: C, 936-53, 1973, 1985.

5.2.4. Letteratura. Le iscrizioni contribuiscono in varia maniera alla storia della letteratura greca. Quelle contenenti i fasti e le didascalie, per es., e an­ che le liste dei vincitori, tramandano i nomi degli autori, attori, titoli dei drammi, date, e molti altri elementi fondamentali della storia della tragedia e della commedia attica. Alcuni tipi di iscrizione sono in certo senso com­ plementari ad alcuni generi letterari (letteratura consolatoria-decreti di lutto e iscrizioni sepolcrali; epistole letterarie-lettere tràdite epigraficamente [di regnanti, filosofi, ecc.]; per le aretalogie e gli inni vd. avanti, 5.2.6). Sono trà­ dite epigraficamente notizie biografiche (in cronache) e leggendarie sugli autori; ad es. su Archiloco, nel suo heroo n a Paro, dove tra l'altro si racconta della sua investitura di poeta e vengono forniti estratti della sua opera. La gran parte delle iscrizioni redatte in prosa ritmica o artistica (come le iscri­ zioni di Antioco di Commagene) permettono osservazioni di prosodia, me­ trica e stile. Nelle iscrizioni si trovano anche singoli esempi di notaziotù mu­ sicali (vd. ill. f.t., no 1 9). Fasti, didascalie, ecc.: C, 725, 1160-62; SEG, 38 162. Decreti di lutto: O. GoTTWALD, Zu den griech. Trostbeschlussen, in « Commentationes Vindobonenses », 3 1937, pp. 5-19; RoBERT, Op. min., VI 82-93 (R. MERKELBACH, in ZPE, vol. xvm 1975, pp. 146-48) ; R o BERT, Hell., 13 134-47 (R. MERKELBACH, in ZPE, vol. VI 1970, pp. 47-49; vol. xm 1974, p. 276; C. RouECHÉ, Performers and Partisans at Aphrodisias, London 1993, pp. 228-30, ni 89 sg.) ; N. EHRHARDT, in « Laverna >>, a. v 1994, pp. 38-55. Lettere: C.B. WELLES, Royal ­

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5 E P I G RAFIA ·

Correspondence in the Hellenistic Period (cfr. C, 671 sg.); lettere imperiali, in J.H. OLIVER, Greek Constitutiom ofEarly Romm1 Ernperors, Philadelphia 1989; per le lettere di Dioge­ ne di Enoanda o Epicuro (?) vd. avanti, 5.2.7. Archilocheio: SEG, 35 916 sg. Epigram­ mi : G. KAIBEL, Ep(�rammata Greca ex lapidibus cordecta, Berlin 1878 (= C, 761) ; cfr. C, 762-70, 1306-10, 1960. Prosa d'arte: H. DòRRIE, Der Konigs Kult des Antiochos von Kom­ maj?me, Gottingen 1964 (iscrizione di Antioco di Commagene). Stile e ritmo dell'i­ scrizione di Diogene di Enoanda: M.F. SM IT H Diogmes of Oinoanda. The Epicurean In­ scription, Napoli 1993, pp. 110-12 (e vd. 5.2.7) . Note musicali: E. PòHLMANN, Denkmiiler altgriech. Musik, Ntirnberg 1970, pp. 54-76, con illustrazioni; M.L. WEsT, Ancient Greek Musik, Oxford 1992, pp. 279 sg., ni 11-15; Corpus des inscriptions de Delphes, m. Les hymnes à Apollon, a cura di A. BÉLIS, Paris 1992. ,

[Documents ofancient Greek music: the extant rnelodies andJragments, ed. e comm. a cura di E. PòHLMANN e M.L. WEsT, Oxford, Clarendon Press, 2001. Sul rapporto tradizio­ ne dei testi, metrica e musica vd. ora B. GENTILI-L. Lo M IENT O , Metrica e ritmica. Storia delle forme poetiche nella Grecia antica, Milano, Mondadori, 2003.)

5.2.5. Sto r ia Le iscrizioni sono prodotte in un momento e in uno spazio precisi. Non c'è dunque testimonianza epigrafica che non contribuisca alla conoscenza del proprio contesto storico e geografico; viceversa ogni iscrizio­ ne può essere compresa solo nel suo contesto e a partire da esso. I saggi di storia antica politica e istituzionale, ma soprattutto di storia sociale, econo­ mica e culturale si basano su iscrizioni che forniscono notizie, per esempio, sull'educazione e sulla scuola, sulla vita lavorativa e sulla struttura finanzia­ ria, sullo sviluppo dell'agonistica e sull'affermarsi dei giochi gladiatori nel­ l'Oriente greco, sulla legislazione e sull'amministrazione della giustizia. La geografia storica annovera le iscrizioni tra le sue fonti. .

Iscrizioni "storiche", istituzioni politiche: vd. 5.4.3; C, 1171-76, 1991-94, 2005; per Pausania vd. 5.4.1. Storia sociale ed economica: C, 603-98, 1114-20, 1140, 1149, 1858, 1942. Scuola: C, 1155-59. Agonistica: C, 721 sg. Gladiatori: C, 723. Legge e giustizia: R. KoERNER, Inschriftliche Gesetzestexte d. friihen griech. Polis, Koln et al. 1993; H. VAN EF­ FENTERRE-R. FuzÉ, Nomima, 2 voll., Roma-Paris 1994-1995 (e vd. 5.4.3) ; C, 703; M.N. Too, International Arbitration amongst the Greeks, Oxford 1913; "giudici stranieri": Ro­ BERT, Op. min., v 13'7-54; PH. GAUTHIER, ]ourn. Savants, 1994, pp. 164-95. Geografia sto­ rica: C, 186. Pietre miliari: C, 701, 1943 sg.

5.2.6. Religione. Lo spettro molto articolato di iscrizioni che gettano luce sulla vita religiosa va da documenti pubblici sino a documenti del tutto pri­ vati (per es. feste, leggi sacre, oracoli, inni, aretalogie, consacrazioni, ringra­ ziamenti, confessioni, maledizioni, incantesimi, vd. ili. f.t., no 20). Esse sono 101

I

·

S T O RI A D E I TESTI

d'ausilio alla ricostruzione, per diverse epoche e luoghi, delle divinità vene­ rate, delle usanze cultuali, del lessico religioso. Molti elementi religiosi loca­ li sono attestati solo epigraficamente. Diverse religioni (ivi incluse il primo giudaismo e cristianesimo) interferiscono l'una con l'altra, come mostra per esempio il culto, attestato epigraficamente, del 'sommo dio' (theos hypsistos), acclamazioni pagane e cristiane, ecc. Feste, culti: per es. G, 1235-41. Leggi sacre: G, 727-30. Oracoli: H.W. PARKE-D.E.W. WoRMELL, The Delphic Oracle, Oxford 1956; RoBERT, Op. min., v 617-39 (un oracolo da Clara, tràdito epigraficamente a Enoanda, che è anche tràdito letterariamente; riela­ borazione dell'originale [iscrizione]: IllÌ XWPWv, 1tOÀUWVUI-lOç in 1-lTJÒÈ ÀfJ'{CJ,) XWPOU 1-lE­ voç, con tendenza cristiana; cfr. ]. e L. RoBERT, in « Bulletin épigraphique », 1979, 506); vd. anche sopra, 5.2.1 (Ordinamento alfabetico) ; G, 1296. Inni, aretalogie : IG, IV 12, 128 (iscrizione di Isillo)-135; E. BERNARD, Inscr. métr. de l'Egypte, Paris 1969, no 175 (In­ ni a Iside); IK, 5 41 (aretalogia di Iside a Cuma, copiata da una stele a Menfi); H. EN­ GELMANN, The Delian Aretalogy oJSarapis, Leiden 1975; Inni ad Apollo: vd. 5.2.4. Consa­ crazioni, ringraziamenti: L. RoBERT, in BCH, 107 1983, pp. 511-597 (= ID., Docum. d'A­ sie Min., Paris 1987, pp. 355-441); F.T. VAN STRATEN, Giftfor the Gods, in H.S. VERNSEL (a cura di), Faith, Hope and Worship, Leiden 1981, pp. 65-151; G, 734 sg. Confessioni: G. PETZL, in EA, 22 1994. Maledizioni, magie: J.H.M. STRUBBE, in CH .A. FARAONE-D. 0BBINK (a cura di), Magika Hiera, New York 1991, pp. 33-59; ID., inJ.W. VAN HENTEN­ P.W. VAN DER HoRST (a cura di), Studies in EarlyJewish Epigraphy, Leiden 1994, pp. 70128 (ebraico); G, 63, 746-49, 1288, 1956; G. ZuNTZ, Persephotze, Oxford 1971, pp. 277-393 (« The Gold Leaves »). Culti locali:]. KEIL, Die Kulte Lydiens, in Anatolian Studies W M. Ramsay, Manchester 1923, pp. 239-66; RoBERT, in BCH, 107, cit. (vd. sopra); B. FRE­ YER-SCHAUENBURG-G. PETZL, Die lykischen Zwoljgotterreliifs, Bonn 1994; M.B. HATzo­ POULos, Cultes et rites de passage en Macédoine, Athenai 1994. Giudaismo e cristianesimo: STRUBBE (vd. sopra); G, 251, 281, 750-55, 1254-63, 1851, 1957 sg., 2003. Il sommo dio: S. MITCHELL, Anatolia, 11, Oxford 1993, pp. 43-51. Acclanuzioni: per es.: « Grande l uni­ co è il Dio e la sua potenza . . . », vd. E. PETERSON, EIE BEOE, Gottingen 1926.

5.2.7. Filosofia, medicina. Per porre letteralmente "sotto gli occhi" dei membri di una comunità le dottrine filosofiche, queste furono fissate su iscrizioni in luoghi al centro dell'attenzione. Cosi, per esempio, i detti dei Sette Saggi, tràditi anche letterariamente. Li si è trovati anche a Thera e a Ci­ zico, e Clearco di Soli, lo scolaro di Aristotele, li portò sino al margine orien­ tale dell'impero di Alessandro: regole di vita per i Greci insediatisi in Paesi stranieri. Un'iscrizione scolpita in una stoà doveva far familiarizzare i cittadi­ ni della città licia Enoanda con gli insegnamenti della filosofia epicurea: la monumentale opera, di età adrianea, si deve a un entusiasta discepolo di no102

5 E P I G RAFIA ·

me Diogene, e piu della metà resta ancora sotto terra, non scavata. Nella stessa epoca Plotina e Adriano si occuparono di problemi di successione nel­ la direzione della scuola di Epicuro ad Atene, come emerge dalle copie epi­ grafiche della loro corrispondenza. Le testimonianze epigrafiche gettano lu­ ce sugli antichi metodi di cura. I resoconti delle guarigioni miracolose iscritti nei santuari (per es. quello di Asclepio a Epidauro) si pongono al li­ mite tra religione e medicina. Conosciamo elementi dell'organizzazione del sistema sanitario, grazie a iscrizioni onorarie per coloro che operavano uffi­ cialmente nelle comunità in qualità di medici. Detti dei Sette Saggi: JG, XII 3 1020; IK, 26 2; RoBERT, Op. min., v 510-51. Diogene di Enoanda: SMITH, Diogenes of Oirwanda, cit. (vd. 5.2.4); Lettere di Plotina e Adriano: OuvER, Greek Constitutiorzs, cit. (vd. 5.2.4), ni 73 sg. Resoconti di guarigioni: Sylf.J, 116873; H. MD LLER, in « Chiron >> , a. xvii 1987, pp. 193-233 (SEG, 37 1019). Medici pubbli­ ci: G, 1152; cfr. G, 1153 sg. [P. ScHoLz, Ein romischer Epikureer il1 der Provinz: Der Adressatenkreis der Inschrifi des Diogenes von Oinoanda. Bemerkungen zur Verbreitung von Literalitdt und Bildung im kaiser­ zeitlichen Kleinasien, in Philosophie und Lebenswelt in der Antike, a cura di K. PIEPENBRINK, Darmstadt, Wissenschaftl. Buchgesellschaft, 2003, pp. 208-27.] 5.2.8. Archeologia. Tra archeologia ed epigrafia ci sono molti collegamen­ ti: le iscrizioni sono illustrate da rilievi o si riferiscono a rappresentazioni fi­ gurate; gli artisti firmano le loro opere; oggetti d'arte sono descritti negli in­ ventari dei santuari; iscrizioni sulle costruzioni danno, tra l'altro, anche in­ formazioni sulla tecnica e sui termini architettonici. I pezzi in lavorazione nelle cave di pietra erano iscritti. Spesso si affidavano gli incarichi dopo un preventivo concorso (ekdosis); per concorrere, gli architetti dovevano presen­ tare i modelli. Epigrafia e numismatica. Rappresentazioni monetali si riferiscono tra l'altro ad avvenimenti politici, mitici, religiosi, sportivi ecc. testimoniati an­ che epigraficamente; qualcosa del genere vale anche per le legende delle monete (per es. nomi di personalità eminenti, funzionari, divinità, luoghi, ti­ tolature, ecc.). Emissioni monetali rispecchiano circostanze economiche e politiche che possono essere anch'esse oggetto di iscrizioni. Iscrizioni-rappresentazioni figurate: M. MEYER, Diegriechischen Urkundenreliifs, Ber­ lin 1989; D. PINKWART, Das Relief des Archelaos von Prime und die "Musen des Philiskos", Kallmiinz 1965. Firme degli artisti: G, 718-20. Inventari, oggetti d'arte: OGIS, 214 (vd. SEG, 41 952); ]. PomLLoux (G, 29), pp. 140-45. Architettura, concorsi: G, 715-17, 1972;

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I · STORIA D E I TESTI M. C. HELLMANN, Recherches sur le vocabulaire de l'architecture grecque, d'après les inscrip tions de Délos, Paris 1992; SEG, 33 1040 9 sg. Iscrizioni nelle cave: TH. DREw-BEAR, in ME ­ FRA, a. cvi 1994, pp. 747-844. Su uno stretto collegamento tra epigrafia e numismati­ ca cfr. G, 1315-18. Iscrizioni sul conio di monete: SEG, 26 72 (conio in argento ad Ate­ ne) ; M.N. To o, A selection of Greek historical inscriptions, 2 voli., Oxford 1933-1948 (vd. avanti, 5.4.3) no 112 (contratto tra Mitilene e Focea) .

5·3· MATERIALI SCRITTORI E CONTESTI DI RITROVAMENTO. RIPRODUZIONE DELLE ISCRIZIONI 5.3.1. Supporti delle iscrizioni. I..:epigrafia si occupa soprattutto di iscrizioni sulla pietra (steli, altari, basi, mura di edifici o rocce, ecc.); ulteriori materiali scrittori sono il metallo (tavolette di bronzo, d'oro, d'argento, lamelle di piom­ bo, pesi), ceramica, mosaici. Altri materiali non sono conservati (oppure po­ chissimo, come il legno, che era imbiancato o incerato; si scriveva anche sui tessuti, ed è su una mela, com'è noto, che Aconzio scrive il giuramento che voleva porre sulla bocca di Cidippe [Ovidio, Eroidi, 20 e 21; Aristeneto, 1 10]). 5.3.2. Contesti di ritrovamento. Le iscrizioni possono ancor oggi essere visibili esattamente dove erano nell'antichità, incise su edifici, pareti roccio­ se, statue (per es. in Egitto sul "Colosso di Memnone" e ad Abu-Simbel); oppure vengono scoperte con gli scavi. Molte pietre, però, furono già nel­ l'antichità allontanate dal loro contesto e riutilizzate, nuovamente incise, di­ versamente tagliate, ecc. Le si trasportava (e le si trasporta) come materiale da costruzione, zavorra navale e merce; dalla forma esteriore, le formule e il contenuto di un'iscrizione possiamo capire che il sito di ritrovamento non è il sito originario dove l'epigrafe era collocata, e che si tratta di una "pietra er­ rante". I musei ospitano talora notevoli collezioni epigrafiche (per es. Atene, Londra, Parigi, Leida, Manisa [Turchia], ecc.). "Colosso di Memnone", Abu-Simbel: G, 321; R. MEIGGs-D.M. LEWIS, A Selectiotz of Greek Historical Inscriptions to the End ofthe Fifth Cetztury B.C., Oxford 19882 (d'ora in poi MEIGGS-LEWIS, vd. avanti, 5.4.3) , no 7· "Pietre erranti", musei: RoBERT, Op. min., VII 225-75, 637-71; H.W. PLEKET, The Greek Itzscriptiotzs in the "Rijksmuseum van Oudheden" at Leyden, Leiden 1958; H. MALAY, Greek and Latin Inscriptions in the Manisa Museum, Wien 1994; G, 658-68, 1936-38.

5-3·3· Riproduzione delle iscrizioni. I..:e pigrafista sul campo dovrebbe do­ cumentare, per quanto possibile, ogni iscrizione nella quale s'imbatte, dato 104

5 EPI G RAFIA ·

che, se pure non è il primo a visionarla, potrebbe comunque essere l'ultimo. Della descrizione fanno parte le indicazioni sulle dimensioni, sul materiale, sullo stato di conservazione, sul contesto del ritrovamento; anche uno schiz­ zo può dare un'idea dell'apparenza esteriore del monumento, ma c'è biso­ gno soprattutto di foto e di riproduzioni. Tra quèst'ultime bisogna ricordare in primo luogo il calco su carta: la carta assorbente viene applicata sulla su­ perficie pulita della scrittura con una spugna umida. Con una spazzola la carta, divenuta plastica, viene pressata con forza sulla superficie della pietra e sul profilo delle lettere. Una volta asciugato, il calco viene staccato dalla pie­ tra. Il lato applicato alla pietra restituisce un'immagine particolarmente chia­ ra (speculare) dell'iscrizione; essa rende possibile, con un'illuminazione ap­ propriata, di cui spesso non si dispone sul luogo di rinvenimento della pietra, lo studio del testo e la sua fotografia (per riprodurre l'originaria direzione della scrittura occorre stampare il negativo in maniera speculare). Anche il latex liquido (in piu strati, rafforzato con bende) può essere applicato con un rullo sulla superficie iscritta; dopo che si è asciugato, viene trattato come un calco in carta, ma non ha di solito la stessa durata. Un buon calco non ha, ri­ spetto all'originale, nessuna deficienza qualitativa, ed è di solito piu facile da maneggiare e piu comodo da archiviare rispetto alla pietra. Tecnica del calco: G, 855.

5·4· B REVE SCHIZZO DI STORIA DELL'EPIGRAFIA. PUBBLICAZIONI EPIGRAFICHE, STRUMENTI BIBLIOGRAFICI 5.4.1. I primi "epigrafisti". Testi fissati in iscrizioni sono stati usati come fonti dagli autori greci (Erodoto, Tucidide, Pausania e altri); in parte essi li hanno personalmente trascritti dalla pietra (per es. nel caso di offerte votive), in parte si servirono degli esemplari conservati negli archivi. In età ellenisti­ ca furono messe insieme delle collezioni, che possono essere considerate le progenitrici dei corpora ordinati secondo temi o luoghi. Il primo "viaggiatore epigrafista" d'età moderna fu il mercante CIRIACO n 'ANcoNA (prima metà del XV sec.), le cui numerose copie di iscrizioni greche sono ancora parzial­ mente conservate. A partire dalla seconda metà del XVII secolo furono sem­ pre piu spesso intrapresi viaggi nell'Oriente greco e li furono copiate anche iscrizioni, in parte da profani (diplomatici, mercanti, ingegneri, militari, ecc.), in parte da studiosi dell'antichità. Si misero insieme collezioni, sia co105

I

·

STORIA D E I TESTI

me pubblicazioni in volume che, concretamente, come lapidari (per es. la collezione del Conte di Arundel o il lapidario maffeiano a Verona). Ciò che qui (e in parte in 5-4.2) può solo essere accennato si trova esposto detta­ gliatamente in W. LARFELD, Handbuch dergriechischen Epigraphik, I, Leipzig 1907, pp. 16171. Erodoto, Tucidide, Pausania, ecc.: Erodoto tramanda, tra l'altro, in v 77 4 un epi­ gramma dedicatorio (per il problema critico-testuale : è un esempio, questo, di quanto i lavori epigrafici siano portati avanti soprattutto da singoli studiosi e di quan­ to dipenda dai singoli la loro qualità. Questo vale anche per il « Supplemen­ tum Epigraphicum Graecum » (SEG), che si pone come primo obiettivo una nuova riproduzione dei testi (nella misura in cui non siano stati editi in Corpora). I..:utilità è chiara: i nuovi contributi che riguardano l'epigrafia non possono piu per la loro abbondanza essere tenuti tutti presenti dal singolo studioso, e alcuni materiali appaiono in pubblicazioni difficili da reperire. Con l'aiuto del SEG tutto ciò diviene piu facilmente accessibile; si dovrebbe dunque sempre dare, se possibile, per un'iscrizione anche il numero (o i nu­ meri) del SEG. Rispetto al passato, l'utilità si è accresciuta a partire dai volu­ mi 26 sgg., redatti da H.W. Pleket e R. Stroud (con una collaborazione inter­ nazionale), che con cadenza annuale si occupano della raccolta degli anni 19761l977, 1977, ecc.: ogni volume copre l'intero àmbito geografico, sporadi­ camente vengono fornite osservazioni critiche e correzioni, notizie brevi di libri, indici dettagliati. Riviste: vd. G, 1750-95, 2049; « Arkeoloji Dergisi » (Izmir); sono stati citati: > (BCH), « Epigraphica Anatolica » (EA), « Zeit­ schrift fur Papyrologie und Epigraphik » (ZPE). Collane: vd. G, 1813-28; « Menu­ menta Asiae Minoris Antiqua » (MAMA); « Regional Epigraphic Catalogues of Asia Minor » (RECAM). Trattazioni complessive in G, 820-29. ABBREVIAZIONI Bull. ép. G

=

IK = MEFRA = RoBERT, Hell. =

« Bulletin épigraphique » (vd. 5.4-4). Guide de l'épigraphiste. Bibliographie choisie des épigraphies antiques et médiévales, Paris 19892 [2ooo3]. Inschriften griechischer Stéidte aus Kleinasicn, Bonn 1972- (vd. 5.4.2). G, 1785. Hellenica. Recueil d'ep(rçraphie, de numismatique et d'antiquites grecques, a cura di L. RoBERT, Limoges (poi Paris) 1940-1965 (vd. G, 1710).

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II STO RIA D E L LA F I LO LO G IA G RE CA

1

LA F I LO LO G IA G RE CA N E L L'ANT I C H ITÀ

di NIGEL WILSON P� MESSA. Fondamentale per questo tema è R. PFEIFFER, History oJ classica/ scholars­ hip:jrom t!te begimli11gs to the md oJ tlze Hcllmistic age, Oxford 1968 {vd. la ree. di N. WIL­ SO N, in CR, a. XIX 1969, pp. 366-72); trad. tedesca di M. ARNOLD, con correzioni: Ge­ schichte der klassischcn Philologie: uon dm Arifà'tJgen bis zum Ende des Hellenismus, Munchen 19782 [trad. it. a cura di M. GIGANTE, Napoli, Macchiaroli, 1978; sui limiti dell'impo­ stazione di Pfeiffer vd. LE. Rossi, in RFIC, a. CIV 1976, pp. 98-117; cfr. inoltre BLG, pp. 200-1).

1.1. fiLOLOGIA GRECA PRIMA DEGLI ALESSANDRINI 1.1.1. Gli inizi della jìlologia La filologia nasce da una lettura puntuale delle opere letterarie e dalla ne­ cessità di rispondere alle questioni che ne scaturiscono. Nella Grecia arcaica, la poesia era un elemento importante dell'educazione scolastica, e gli inse­ gnanti dovranno aver presto avuto necessità di disporre di materiale per le lezioni. Ma non sappiamo chi cominciò a lavorare in questo senso, né con quali metodi; la nostra ignoranza è dovuta o alla generale mancanza di testi­ monianze del VII e VI sec. a.C., oppure anche all'incapacità dei dotti elleni­ stici e posteriori di comprendere in una prospettiva storica la nascita e lo svi­ luppo della loro stessa attività (quest'ultimo fatto è meno verosimile, dal mo­ mento che gli antichi hanno talora voluto individuare il protos heuretès, il 'pri­ mo scopritore', di ogni scienza). Lo studio di Omero fu comunque, sin dalle epoche piu arcaiche, di gran­ dissima importanza, e possiamo fare due plausibili supposizioni su come fos­ se praticato nella scuola: da una parte sappiamo che le parole americhe, de­ suete oppure ormai incomprensibili, erano spiegate con sinonimi; la raccol­ ta di queste "spiegazioni", conservate in diversi papiri e in manoscritti me­ dievali (generalmente conosciute come "scoli-D", poiché erroneamente at­ tribuite al tardo erudito Didimo) sono versioni modificate o corrette di rac­ colte di sinonimi che esistevano nel V sec. a.C., se non già prima. D'altra parte fu escogitata, con importanti conseguenze, l'esegesi allegori,

III

II

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STORIA DELLA F I L O L O G I A G RE CA

ca di Omero. Sembra che il primo a scrivere sulla vita e la cronologia di Omero, e anche a praticare l'interpretazione allegorica sia stato TEAGENE DI REGGIO (ca. 530 a.C.); si può immaginare che fosse difficile render conto da­ vanti a una classe di scolari di episodi come gli "amori" di Ares e Afrodite (vm libro dell'Odissea), oppure l'inganno di Zeus da parte di Era (xiv libro dell'Iliade); si attribuiva allora a questi passi un significato allegorico, per po­ ter sostenere l'idea che Omero, sotto la finzione del racconto, desse in realtà insegnamenti morali. È questa una concezione molto diffusa in una parte del corpus degli scoli tràditi all'Iliade (i cosiddetti "scoli esegetici"), che, sebbene siano sicuramente testimonianza di un'epoca molto posteriore, potrebbero tuttavia rispecchiare il metodo e le intenzioni degli interpreti piu antichi di Omero. I..:interpretazione allegorica era forse diffusa nel V e IV sec. a.C. (Plat., Crat., 407 b sembra alludervi), non sappiamo in che misura; fu co­ munque prediletta dagli stoici, ed è adottata in una delle poche opere della filologia antica sopravvissute nella loro forma originaria, un breve scritto che va sotto il nome di un tale ERACLITO, normalmente datato non prima del I sec. d.C. (vd. avanti, 1.2.6). 1.1.2. Filologia nel V e IV sec. a. C Nel V secolo un altro reggino, GLAuco, contemporaneo di Democrito, scrisse un libro intitolato Ilepì rWv apxaiwv 7Wl7]rWv xaì f.LOVOlXWv. I pochi frammenti (ed. Miiller [Fragmenta Historicorum Graecorum, 5 voll.], 1 1 23 sg.) non ci permettono di capire se la sua opera fosse qualcosa di piu che una raccolta di aneddoti; tuttavia vi sono certamente poste questioni cronologiche. Uno tra i piu antichi maestri che sembra aver scritto una vita di Omero oppure una specie di "premessa" ai suoi poemi, fu il poeta ANTIMACO (intorno al 400 a.C.; fr. 129-48 ed. Wyss, Berlin 1936 [= 165-87 ed. Matthews, Leiden 1996]). Notizie tràdite negli scoli mostrano come proponesse anche correzioni te­ stuali (per es. in Il., XXI 397; xxm 870; XXIV 71, e Od., I 85), ma non sappiamo come le sostenesse e in che forma le diffondesse. Altre notizie su come fosse studiata la poesia si possono trarre dai Daitaleis di Aristofane (fr. 233 Kassel­ Austin), dove un padre chiede spiegazioni a suo figlio su parole americhe di significato non immediatamente perspicuo, e anche dall'agone di Eschilo ed Euripide nelle Rane. Accenni a un'attività analoga potrebbero essere anche il modo in cui sono presi in esame, in Platone, un componimento di Simonide (Prot., 338 E) e il fr. 169 Snell-Maehler di Pindaro (Gorgia, 484 B). 112

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Ambedue questi passi sono stati tirati in causa per spiegare una vaghissima testimonianza di Isocrate, Antidosi, 45, dove sono elencati gruppi di scrittori in prosa, e del secondo gruppo si dice che è formato da coloro che scrivono in prosa sui poeti. Quel che Isocrate intende è oscuro, ma forse nella catego­ ria rientrerebbe uno scritto del suo avversario Alcidamante il Museion che ' conteneva un agone tra Omero ed Esiodo. Ne restano frammenti nel P Lit. Lond. 191 e in P Mich. 2754 (quest'ultimo comincia dalla fine del testo e con­ tiene un aneddoto frivolo). I..: o sservazione di Isocrate riceve forse luce dal commento a una poesia or­ fico-cosmogonica, scoperto nel papiro di Derveni. La discussione, in questo commento, non può essere definita "filologica"; al centro sta invece l'inter­ pretazione delle dottrine filosofiche. Il papiro è verosimilmente della metà del IV secolo ed è perciò contemporaneo di ARISTOTELE, il cui ruolo nello sviluppo della filologia è stato, nelle piu recenti trattazioni, negato oppure sottovalutato, probabilmente in base a una definizione troppo limitata di quel che sia la filologia; è difficile però negare l'importanza di Aristotele in questo campo, se si considerano i frammenti di due suoi scritti perduti, Sui poeti e Problemi omerici (ni 70-77 e 142-79 ed. Rose, Leipzig 1886) . Un intellet­ tuale vissuto tra il I e il II sec. d.C., Dione Crisostomo, rafforza l'idea di Ari­ stotele come scopritore della filologia letteraria. Nel breve discorso Su Ome­ ro (531, ed. von Arnim, Berlin 1893-1896) Dione dice: « E anche lo stesso Ari­ stotele, dal quale si dice abbia avuto inizio la critica e la grammatica, dà spie­ gazioni in molti dialoghi sul poeta, di solito ammirandolo e dandogli il do­ vuto onore. E cosi anche Eraclide Pontico ». Si possono inoltre ricordare i li­ bri di EuDEMO m Rom, scolaro di Aristotele, sulla storia della geometria, dell'aritmetica e dell'astronomia (fr. 133-149 ed. Wehrli, Basel et al. 1955) , an­ che se il loro contenuto non era filologico; questi scritti nacquero verosimil­ mente dal desiderio di delineare, in senso teleologico, la storia della scienza. .

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[Sul papiro di Derveni vd. adesso i contributi raccolti in Studies on the Derveni papy­ rus, a cura di A. LAKS e G.W. MosT, Oxford, Clarendon Press, 1999, con una trad. in­ glese provvisoria. E inoltre: R. ]ANKO, The Physicist as Hierophant: Aristophanes, Socrates and the Authorship of the Derveni Papyrus, in ZPE, vol. cxvm 1997, pp. 61-94; G.W. MosT, The Fire next Time. Cosmology, Allegoresis, and Salvation in the Derveni Papyrus, in JHS, vol. cxvn 1997, pp. 117-35; I. LABRIOLA, Eraclito e il sole {VS 22 B 3 e 94): una nuova testimonianza e il papiro di Derveni, in « Invigilata Lucernis >> , a. xx 1998, pp. 151-67.)

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I I · STORIA DELLA F I L O L O G I A G RE CA

1.2. F ILOLOGIA AD ALESSANDRIA 1.2.1. La biblioteca di Alessandria Aristotele e i suoi seguaci perseguirono uno spettro assai ampio di interes­ si intellettuali e costruirono verosimilmente una grande biblioteca, anche se gli studi letterari non costituivano il fulcro della loro attività. {;istituzione concorrenziale che i Tolomei fondarono agli inizi del III secolo fu per molti aspetti diversa: innnanzitutto ci fu tra i suoi membri un certo numero di poeti; d'altra parte il desiderio del re di formare una raccolta completa della letteratura greca spinse, forse involontariamente, a riflettere ulteriormente sui testi. Quando si esaminarono con attenzione le copie raccolte per poter­ le catalogare, si scopri che esse mostravano notevoli discordanze tra loro o col testo comunemente accettato; il caso piti notevole erano i poemi omeri­ ci, le cui copie giunsero da una serie di città lontane (incluse Sinope e Mas­ salia). Inoltre vi erano testi di dubbia autenticità. Il processo di copiatura a mano doveva aver cominciato già in quest'epoca a pregiudicare la leggibilità di molti libri. Per circa 150 anni i bibliotecari e gli altri membri del Museo si confrontarono vivacemente con le esigenze poste loro dalle raccolte biblio­ tecarie: e perciò si può loro attribuire il merito di aver scoperto molti princi­ pi ancora fondamentali per la filologia. Furono pubblicati centinaia di tratta­ ti eruditi e di monografie, e i piti importanti testi letterari furono curati in una forma che oggi avrebbe ricevuto la denominazione di "edizione scienti­ fica". Le informazioni sulla biblioteca di Alessandria sono sorprendentemente rare; un utile schizzo in M. EL ABBADI, Life and fate oj the ancient Library oj Alexandria, Paris 19922• [Sulle vicende relative all'incendio della biblioteca vd. L. CANFORA, La biblioteca scomparsa, Palermo, Sellerio, 1986 e gli aggiornamenti bibliografici di 1 1.5.]

1.2.2. Principi dellafilologia alessandrina Sebbene gli scritti filologici superstiti dell'età ellenistica e dei primi secoli cristiani siano pochissimi, ci si può fare un'idea della filologia alessandrina dalle note marginali che si trovano nei manoscritti antichi e medievali. Que­ sta rapida esposizione non può che concentrarsi sui contributi delle poche personalità di spicco; d'altra parte non si può sorvolare su strumenti o metoII4

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LA F I L O L O G IA G RECA NELL ' ANTI C H I TÀ

di della critica che non è possibile ascrivere con sicurezza a una singola per­ sonalità. Un caso del genere è la massima: 'bisogna spiegare Omero con l'aiuto di Omero' ("OflTjpov èç 'Ofllipou o sta per 'passa a', 'produce'; il segno < indica 'deriva da'. 1.1.

IL MICENEO

1.1.1.

Fonti

La decifrazione della scrittura sillabica e ideografica Lineare B, resa nota nel 1953 da M. Ventris e J. Chadwick, ha rivelato che i documenti in essa scritti, datati alla seconda metà del II sec. a.C., sono redatti in un dialetto greco arcaico, il cosiddetto "miceneo". Le fonti del miceneo sono soprattut­ to tavolette d'argilla, anche in frammenti, e anche, in misura minore, sigilli d'argilla e vasi in terracotta iscritti o cocci, che provengono in primo luogo dai centri del potere miceneo andati distrutti: da una parte Creta settentrio­ nale con Cnosso (sigla "KN") e Chania (sigla "KH") - che per il momento apporta solo sparuti ritrovamenti -; dall'altra la terraferma: Pilo (sigla "PY"), nella Messenia occidentale (presso l'attuale Ano Englianos), che, come Cnosso, è un luogo particolarmente ricco di ritrovamenti, quindi Micene

I DAL M I CENEO AL GRECO CLA S S I C O ·

(sigla "MY") e Tirinto (sigla "TI") - sinora meno fruttuosa -, infine Tebe (sigla "TH"). Frammenti con iscrizioni in Lineare B sono stati inoltre trova­ ti a Eleusi, Creusi, Mamelouka e Orcomeno. I ritrovamenti in argilla sulla terraferma, cotti dai catastrofali incendi e perciò conservatisi, sono datati al­ la fine del XIII sec. a.C., mentre è discussa la cronologia delle tavolette d'ar­ gilla di Cnosso, anch'esse conservatesi in seguito a un incendio: alcuni stu­ diosi difendono un'idea più recente, secondo la quale i documenti di Cnos­ so sono da considerare quasi contemporanei di quelli provenienti da Pilo, Micene, ecc.; quest'idea si oppone a una datazione più arcaica, sostenuta già dallo scopritore Sir A. Evans (fine Tardoelladico 1 1 , più precisamente intor­ no al 1400 a.C.), e ad altre analoghe datazioni - oscillanti tra la prima o per­ sino la seconda metà del XIV sec. a.C. - sostenute da altri ricercatori. Le ta­ volette facevano sempre parte di archivi dei palazzi, oppure, come a Mice­ ne, dei luoghi loro circostanti. I documenti contengono per lo più, perciò, registrazioni di palazzo connesse all'amministrazione centrale delle relative regioni, dunque compilazioni e liste di tributi, attribuzioni, possedimenti, ecc. per il periodo di un anno. Le liste, raccolte archeologicamente in grup­ pi omogenei e scritte a grandi lettere, si riferiscono a persone, bestiame, prodotti dell'agricoltura e dell'artigianato, metalli, armi, arnesi e oggetti d'arredo. Queste fonti da un lato contribuiscono alla spiegazione linguistica del miceneo con molte informazioni sull'onomastica (nomi di persone e di luoghi) e sul thesaurus di parole e forme appellativali e pronominali, ma sono d'altro lato anche piuttosto li­ mitate: l'aspetto formale e nominale del verbo e la sintassi del miceneo si conoscono infatti solo lacunosamente, poiché le attestazioni sono da questo punto di vista insuf­ ficienti. Inoltre il sillabario della Lineare B implica numerosi deficit, che derivano tra l'altro dalla mancanza di notazioni della lunghezza delle vocali, della seconda parte dei dittonghi in -i, delle consonanti in fine di parola e sillaba, delle distinzioni tra le liquide (r e � e tra i tipi di articolazione delle occlusive (tenui medie - eccetto le den­ tali - tenui aspirate). Oscurità e possibilità di plurime interpretazioni (per es. pa-te dà sia /pater/ ma anche /pantes/, e potenzialmente ancora il participio plurale o duale */phante/, */phantes/) pregiudicano in alcuni luoghi, cioè quando il contesto non permette che siano risolte le ambiguità degli ideogrammi, sia la valutazione linguisti­ ca che quella filologico-storica dei documenti. Gli interpreti moderni sono perciò svantaggiati rispetto ai registratori micenei, che avevano familiarità con gli oggetti in questione e con le varie forme di registrazione, che scrissero note nel greco della Li­ neare B o anche in una scrittura abbreviata, ed erano in grado di rileggere le loro an­ notazioni.

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III 1.1.2.

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STORIA DELLA L I NG UA G RE CA

Evidenze linguistiche

Il miceneo si distingue in generale dal greco del I sec. a.C. per due parti­ colarità: in primo luogo ci fa conoscere uno stadio della lingua piu arcaico, poiché le sue fonti sono piu antiche di diversi secoli; in secondo luogo pre­ senta una serie di caratteristiche specifiche. Tra queste, alcune sono varianti interne dello stesso miceneo - numericamente limitate, ma che bisogna co­ munque spiegare. Altre ricorrono in maniera uguale o analoga anche in di­ verse parlate del I sec. a.C., e dunque riguardano lo status del miceneo come dialetto greco. Caratteristiche arcaiche si trovano sia nel sistema fonetico e morfologico, sia nel vocabolario del miceneo. Esse spesso attestano, cioè, un gradino pre­ cedente rispetto ai fenomeni che si riscontrano nel greco piu tardo. Ne dia­ mo a illustrazione alcuni casi esemplari: a) Elementi fonetici. Mancano ancora tutte le contrazioni vocaliche, in­ cluse quindi anche quelle che si verificano in tutte le varietà del greco piu tardo già in età relativamente arcaica; cosi, per esempio, l'uscita dell'infinito presente attivo dei verbi tematici appare ancora con l'unione aperta delle vo­ cali -e-e, miceneo e-ke-e, piu tardi fXEtv o fXTJV, secondo i diversi dialetti. 1J non sillabico (translitterato: w) si conserva in tutte le posizioni, senza ecce­ zioni. Lo stesso vale solo parzialmente (cioè secondo l'attestazione di varian­ ti di scrittura con j oppure meno regolarmente senza j) per i non sillabico (translitterato: j) all'inizio di parola (se piu tardi h-) o intervocalico. Le labio­ velari e il gruppo bifonematico *ky non coincidono ancora, come nel I mil­ lennio a.C., con labiali o dentali: si dice, per esempio, -qe /-kwe/ invece di "'CT, qo-u-ko-ro /gwoukoloi/ invece di poux6Àot e i-qo /(h)ikkwoil invece di trrn:ot. I numerosi esempi di questi casi confermano alcune ricostruzioni teoriche, a cui gli studiosi erano giunti prima della decifrazione della Lineare B col con­ fronto tra differenti forme fonetiche delle parole in questione nei dialetti greci posteriori e/o con le loro corrispondenti in lingue affini. Altre attesta­ zioni micenee di parole greche hanno pem1esso, invece, di modificare le de­ rivazioni di queste ultime: cosi per esempio il gr. evexa non può piu essere ricondotto a *evFEXa, e l'omerico dvexa potrebbe contenere piuttosto un al­ lungamento metrico, poiché la parola micenea attestata è e-ne-ka (non: e-ne­ we-ka*). Il gr. &n:av-r-, TIW't-, prima accostato al ved. sa-StJatlt, 'numeroso', 'tut­ to', e collegato, a causa del -su-, con un originario *(-)ky-, contiene invece, sulla base del miceneo pa-te /pantes/, ecc., un *p- etimologico, e deve ora es172

I DAL M I CENEO A L G RECO CLA S S ICO ·

sere messo in relazione con altro, cioè con il toc. AB pont-, 'tutto', 'ognuno', 'intero'. b) Elementi morfologici. Forme attestate di comparativi primari e di par­ ticipi perfetti attivi sono ancora formati dalle radici in -s (cioè con l'aspira­ zione del segno distintivo della radice) : miceneo du. (p l.) m. e f. me-zo-e /mezohe(s)/, n. mc-zo-a2 /mezoha/, om. llri(oveç, llfi(ova (accusativo sing. maschile, ma attico llfi(ouç, -w - contratto rispetto alle fome micenee) ; a-ra­ ru-wo-a /ararwoha/: om. àpflp6ra, te-tu-ko-wo-a (e -a2) /t(h)et(h)ukhwoha l con in piu l'originario grado zero della radice : om. -rneuxwç (-6-r-), inoltre e­ q i- ti-wo- e di TH Wu 75, /ekwhthiwohe(s)/ 'morti (sci!. maiali)', cfr. om. (y sing. perf. medio) e -Ef.Lf.L-) accanto allo ionico in -vrxt (dvrxt con lo ion. *-wv- > -etv-) ; dativo plurale di radici nominali consonanti­ che in -wot, tipo rc6owm (v) , come tra l'altro nei dialetti eolici, accanto a forme ioni­ che in -ot, tipo rcoo (o) i (v) ; la particella modale xe (v) come in eolico e cipriota, accan­ to allo ionico &v; congiunzione ai come in eolico (e greco-occidentale) accanto allo ionico ei, ecc. 3. Elementi di lingua poetica accanto a elementi di lingua normale: per es. parole adattate all'esametro per allungamento o "distensione" (Zerdehnung) per preci­ si gruppi ritmici nell'àmbito di un verso, e forme come a) &x&f.1rxto- accanto a cXf.11lxrx­ vo-, prosodicamente senza problemi; b) òp6w (vteç) accanto al normalmente contrat­ to òpw(neç) ; parole artificiali, per esempio attraverso spostamenti di limiti di parole all'interno di determinati nessi nel verso, formazioni nate in parte nella preistoria e nella storia arcaica della lingua epica (tipo: òxpu6etç accanto e al posto di xpu6nç) , in parte solo in rielaborazioni post-omeriche (tipo: vliòuf.Loç urcvoç, invece del normale i)ouf.Lo- urcvo- come piu tardi ancora Simonide, fr. 599 PMG) : vd. M. LEUMANN, Hom. Worter, Basel 1950, pp. 44-45 e 49-50. 4· Forme dialettali miste accanto a forme naturali (reahnente parlate) : per es. aor. 3a sing. ili-LPPote (aumento secondo lo ionico, -po- < - *r con fonetismo non ioni­ co accanto all'imperfetto iJf.L&ptrxve (YJ- e -rxp- ionici), aoristo Uf.Lct.pte (senza aumento, -rxp- ionico); dat. pl. vliwm (v) con -Y]- ionico e la finale non ionica -wot accanto alla terminazione ionica VY]Uoi (v) . 5· Formule fisse ripetute, in prevalenza in determinate posizioni nel verso (spes­ so alla fine del verso) accanto a nessi pili liberi, ecc. Maggiori e pili precisi ragguagli sulle variazioni di questo genere in generale in FoRSSMAN 1991. • • .

• • •

Teorie sull'origine della "lingua d'arte" omerica. La coesistenza di nu­ merosi elementi eterogenei del tipo su accennato dimostra che la lingua omerica è una "lingua d'arte" (Kunstsprache) sui generis. Essa si è in gran parte formata nelle specifiche condizioni della recitazione orale del genere epico (ora! poetry) . Gli aedi erano cosi in grado, nelle improvvisazioni, innanzitutto 186

I DAL M I CENEO AL G RECO CLA S S I CO ·

di creare esametri metricamente corretti anche con una serie di parole e for­ me non adatte nella loro sequenza quantitativa delle vocali, e in secondo luogo di costruirli basandosi su "zeppe" (formule). Sull'ipotetico sviluppo di un tale complesso dialetto epico e sull'origine delle sue componenti c'è una lunga storia degli studi, dal corso mutevole, e non ancora conclusa. Qui ci si deve limitare ad alcune brevi considerazioni. Elementi non ionici come, tra gli altri, quelli sopra menzionati ai punti 2) e 4) so­ no innanzitutto alcuni di provenienza eolica. Il loro contributo alla lingua america, accanto a quello delle più preponderanti caratteristiche ioniche, viene spiegato di so­ lito nella cornice di una specie di "teoria della successione": la poesia epica orale sa­ rebbe giunta dalla Tessaglia eolica (la patria di Achille) agli Ioni, e presso questi la sua lingua, vincolata al metro, ha ricevuto conio principalmente ionico, a prescindere da alcuni relitti eolici sopravvissuti (soprattutto se protetti metricamente). Alcuni stu­ diosi - sulla scia di precedenti, soprattutto CJ. Ruijgh - prendono in considerazione, sulla base di fondati motivi, uno stadio di sviluppo "acheo" che precederebbe la fase eolica della poesia epica nel Peloponneso predorico (patria di Nestore, Agamennone, Menelao ed Elena). Per una tale ipotesi parlano a favore in parte, per es., isoglosse lessicali esclusive (come ÌTJ-r"Tlp, 'medico' col suffisso --r"Tlp, oloç, 'solo', 'uno') che sussi­ stono tra la lingua america da una parte e il miceneo e/o l'arcadico-cipriota dall'altra, e in più alcune particolarità grammaticali comuni a questi àmbiti, come gli aoristi in -i;a nei verbi in -(w. Da altri è stata messa in discussione una tale specifica fase arcaica "achea", cosi per es. più volte da A. HEUBECK, - che comunque guarda a una catena di tradizione rni­ ceneo-omerica - e da PETERS 1986. Alcuni studiosi hanno cercato di mettere in di­ scussione la "teoria della successione" persino per quel che riguarda una pre-fase eo­ lica. Anche secondo questa teoria almeno una certa base di eolismi omerici (infiniti in -J..LEVat, ecc.) è indubitabile - diversamente, ma su quest'aspetto sorpassato, STRUNK 1957 -, ma non si deve spiegare come eredità di un generale stadio eolico transitorio dell'ep os bensi come "capitata" in una maniera o nell'altra nella lingua d'arte ameri­ ca: come se - visto poetologicamente - una « spugna di colore » (Farbtupfer) fosse sta­ ta consapevolmente passata sul « colore di base » ionico per « elevare » il dettato (HEUBECK 1981); oppure in seguito a interferenze epiche preistoriche tra gli Ioni del Peloponneso predorico orientale e gli Eoli ad Oriente (PETERS 1986); o ancora come prodotto di una reciproca penetrazione della tradizione epica rnicenea, un tempo au­ tonoma ed equilibrata, da una parte in àmbito ionico, dall'altra in àmbito eolico (HoRROCKS 1987). Al possibile vantaggio di un'ipotesi del genere (la spiegazione del­ le · complesse evidenze linguistiche deriverebbe cosi non da un puro e semplice sus­ seguirsi di strati dialettali) si oppone uno svantaggio, e cioè il non saper spiegare ade­ guatamente, ancor meno della "teoria della successione", gli eolismi metrico-praso­ dici del testo omerico non sostituibili da equivalenti ionici. ,

I I I S T O RI A DE LLA L I NGUA G RECA ·

Per il contingente principale della lingua omerica, quello ionico, è stato infine po­ sto in gioco, oltre allo ionico orientale, anche quello occidentale (dell'Eubea, Oropo) : considerando i fonetismi ionico-occidentali (piuttosto che attici) nell'omerico l;evw-, Il., xi 470: 1-LovwU'Liç accanto a quelli ionico-orientali nell'omerico l;nvw-, Od., xv 386: 1-LouvwU'éna (WATHELET 1981; RUIJGH 1985) ; e poi a causa della mancanza di alcune caratteristiche specificamente ionico orientali (come le forme xo1-e, xwç, ecc. realiz­ zate dal suono xo-, xw, dalla radice interrogativa indefinita *k"'o-) in Omero (dove si ha solo no-re, nwç, ecc.), vd. WEST 1988. La lingua epica di Esiodo e degli Inni omerici. I poemi esiodei e quelli trà­ diti sotto il nome di Esiodo, cosi come i cosiddetti Inni omerici, dei quali an­ che i piu lunghi dovrebbero essere piu recenti di Esiodo ( che è certamente da datarsi intorno al 700 a.C.) , si pongono chiaramente, per quel che riguar­ da il verso e la lingua, nella tradizione artistica che ebbe il suo culmine nel­ l' epos omerico. Nonostante l'impressione generale linguistica "o merica" tra­ smessa dalle opere di Esiodo e dagli Inni omerici, ambedue i corpora differisco­ no sia dall'Iliade e dall' Odissea che tra loro per una serie di dettagli. Le singo­ larità in questione rappresentano piu volte innovazioni o sviluppi rispetto al materiale omerico, occasionalmente anche arcaismi conservatisi indipen­ dentemente da Omero o forme dialettali usate; inoltre ricorrono parole non usate da Omero in quella forma o in quel significato, oppure presenti nel te­ sto omerico solo in maniera latente (p er es. in forme derivate) . Cosi per esempio si è constatato statisticamente sia in Esiodo che negli Im1i o merici una relativa riduzione rispetto a Omero (specialmente l'Iliade) degli effetti prosodici e fonetici del digamma e di alcune forme morfologicamente piu antiche rispetto ad altre piu recenti (JANKO 1982) . Del resto si trovano in Esiodo singoli eolisrni non ome­ rià: per es. l'ibrido -rptT)XOV'tWV di Op., 696 (ionico -T)-, in eolico forma di caso decli­ nato - in una parola che esprime un numero cardinale da "uno" a "quattro"); in Op., 666, 693: xau&çatç (eolico < *xaFFal;- < *xa-rFal;- om. Il., I 459: aùépuaav, eolico < *àFFrpua- Umç, 21 iJém[ç, dat. pl. in -mç, invece che in -mot, awt, prevalenti in lesbi­ co davanti a un inizio di parola consonantico (eccetto nell'articolo). Conclusioni: affinità metriche e linguistiche alla dizione epica si condizio­ nano reciprocamente in Archiloco e nei melici lesbici. Cioè: lo ionico parla­ to si mostra piu puro nelle poesie non-elegiache di Archiloco; nella monodia lesbica di Saffo e Alceo, analogamente, il lesbico parlato è attestato nelle nu­ merose poesie "normali" di Saffo e Alceo. -

1.3.4. Dialetti eforme linguistiche nella poesia e prosa post-omeriche Anche nelle altre opere tràdite di poesia e prosa post-omeriche sino all'e­ tà classica, la forma linguistica non è uniformemente legata ai rispettivi ge­ neri letterari, e solo nei tratti essenziali ha le caratteristiche del dialetto del­ l'àmbito geografico nel quale le opere sono state scritte. I monumenti della poesia post-omerica e della prosa, anche all'interno di uno stesso genere o ti­ po di rappresentazione letteraria, testimoniano - questo è certo - particola­ rità linguistiche diverse autore per autore, che si rivelano in molti dettagli. Queste particolarità hanno diverse cause : mutamenti linguistici intervenuti nel frattempo; imitazioni linguistiche di diversi modelli; tratti sporadici del dialetto d'origine dell'autore (fenomeno spiccato nei melici: vd. sopra 1.3.3 e piu oltre); le scelte formali dell'autore stesso, sia nel vocabolario che nella sintassi; e anche gli interventi successivi nella storia del testo, verifìcatisi non dappertutto nella stessa misura (per es. rielaborazioni alessandrine, copie di manoscritti). La considerazione di tutti questi elementi esige un'analisi di dettaglio. Qui può essere offerto ancora solo un panorama complessivo, sommario, delle forme linguistiche della letteratura post-omerica. I seguen­ ti dialetti letterari servono come armatura ai generi poetici post-epici. Elegia. Fortemente caratterizzata da ionico, assai permeato da epicismi, ma anche con forme non omeriche come il xwç di Callino, e il xo-re di Cal­ lino e Mimnermo; colorata d'attico in Solone (in parte TJ, in parte ii- puro dGpo t, p) ; singoli dorismi nei Theognidea (per es. 785, gen. sing.: EùpW"r&.) . Epigramma. Dialetti locali con prestiti - in parte anche questi fonetica­ mente adattati - dall'epos e dall'elegia, che con i suoi distici si presentava par­ ticolarmente affine all'epigramma sotto l'aspetto formale.

191

III

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STORIA DELLA L I NG UA G RE CA

Poesia di versi recitativi (giambo e trocheo ). Ionico d'uso quotidiano in Archiloco, Semonide, lpponatte (nel primo stilizzato con alcuni elementi epici, che erano contemporaneamente ionici o che potrebbero essere visti come foneticamente antico-ionici); attico in Solone. Melos. Non c'è una lingua d'arte unitaria di questo genere letterario, ma una chiara propensione per il dialetto nativo del poeta. Eolico : a) lesbico in Saffo, Alceo (per gli omerismi vd. sopra 1.3.3); b) beotico in Corinna (di Ta­ nagra, l'epoca è discussa) ; ionico in Anacreonte (di Teo). Lirica corale. Dorico, tra una notevole mistura di provenienza epica, talo­ ra esclusivamente ionica (per es. Bacchilide, 11 13: ù �-tvd:iat, 15 Ue�) ed eolica (anche non epica come foneticamente -ota- < *-ova- nel part. pres. attivo femm. in -owa, ecc., che proviene certamente dal melos lesbico arcaico del VII sec. a.C.); inoltre il rapporto di commistione delle parlate che vi prendo­ no parte varia tra i lirici corali (per es. la componente dorica è notevole in Alcmane e Pindaro, limitata in Simonide e Bacchilide), singoli elementi beo­ tici in Pindaro (di Cinoscefale, Tebe), come tv + ace. accanto ad tç, eiç, imp. oiom, oz., I 85; vi 104. Dramma. 1) Tragedia: attico, in gran parte stilizzato, con numerosi tratti epici, dorici, alcuni esclusivamente ionici (per es. 8pij�; npeu�-tev'llç < *np11u- : att. np> (B 93). Di qui l'epiteto axo1-ew6ç, 'oscuro' che gli antichi diede­ ro all'Efesio. Nel IV secolo un eracliteo, SciTINO (IEG, II 97 sg.), tenterà di metterne in versi le difficili sentenze.

Ultimo rappresentante della filosofia arcaica è EMPEDOCLE ( VS, 31; vd. vn 1.2.5). Moltissime le opere che gli venivano attribuite (fra l'altro, tragedie, discorsi pub­ blici, un trattato di medicina in 6oo versi). Abbiamo frammenti solo di due poemi esametrici: uno (Sulla natura) esponeva la dottrina empedoclea, l'altro (Purificaziatzi) invitava - un invito imposto dalla credenza nella reincarnazione - a evitare l'immo­ lazione rituale degli animali. Come poeta, Empedocle veniva giudicato già da Aristo­ tele « omerizzante e di notevoli capacità espressive, in quanto ricco di metafore e abi­ le nell'uso di tutti gli artifici della poesia >> (VS, 31; A 1 par. 57). Scuola ionica, ed. commentata: A. MADDALENA, Firenze 1963. Pitagorici, ed. com­ mentata: M. TIMPANARO CARDINI, ivi 1958-1964, 3 voll. Senofane: vd. in 3·3· Parmeni­ de, ed. commentata: M. UNTERSTEINER, Firenze 1958. Eraclito, ed. commentata: C. DIANo-G. SERRA, Milano 1980. Empedocle, ed. commentata: ]. BoLLACK, Paris 19651969, 2 voll. Cfr. BLG, pp. 582-93 e 594-603; SFA, pp. 1-49; SPA, pp. 289-301. [Eraclito: è in preparazione l'opera Heraclitea: édition critique complète des témoignages sur la vie et l'ceuvre d'Héraclite d'Éphèse et des vestiges de son livre, textes réunis, établis et trad. par S.N. MouRAVIEV, Sankt Augustin, Academia-Verl. Per Parmenide: Parmenide de Elea, Poema sulla natura, intr., testo, trad. e note di G. CERRI, Milano, Rizzoli, 1999, con bibliografia; inoltre: M. CoNCHE, Parménide. La Poème. Fragments. Texte grec, traduc­ tion, présentation et commentaire (Epiméthée}, Paris, PuF, 1996; P.A. MEJER, Parmenides be­ yond the gates. The divine revelation on being, thinking and the doxa, Amsterdam, Gieben, 1997; P. CuRD, The legacy ofParmenides. Eleatic monism and later presocratic thought, Prince-

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ton (NJ), Princeton Univ. Press, 1998; Parménide, Sur la nature ou sur l'étant. La lanJtue de l'erre, Presentazione, trad. e comm. di B. CASSIN, Editions du Seuil, 1998; S. SELLMER, A(l?Umentationsstrukturen bei Parmmides, Bern et al., Lang, 1998. Per Empedocle vi è sta­ ta negli ultimi anni la rilevantissima novità della pubblicazione di un papiro a lui at­ tribuito: L:Empédocle de Strasbour;g (P Strasb. gr. Inv. 1665-1666). Introduction, édition et com­ mentaire, a cura di O. PRIMAVESI e A. LAKS, Berlin-New York, de Gruyter, 1998, che ha ovviamente provocanto una grande discussione sull'attribuzione e sull'interpreta­ zione (vd. per esempio : C. OsBORNE, in « O:xford Studies in Ancient Philosophy », vol. xvm 2ooo, pp. 329-56). Infine vd. anche : R. LAURENTI, Empedocle, Napoli, D'Au­ ria, 1999.]

1.7. STORIOGRAFIA Anche la ricerca storica - la io-roptTJ, intesa in primo luogo come accerta­ mento autoptico dei fatti - ebbe origine tra gli Ioni d'Asia. Interessi geo-et­ nografici da un lato (stimolati, almeno inizialmente, da necessità pratiche le­ gate alla navigazione e al commercio) e, dall'altro, l'esigenza di spiegare ra­ zionalmente miti e leggende del passato: di qui una cospicua produzione, quasi integralmente perduta, di peripli e periegesi, raccolte di notizie su vari popoli, cronache locali, genealogie. Questi loro primi predecessori furono chiamati dagli storici greci > ('scrittori in prosa', in contrapposizio­ ne ai poeti epici). Sullo scorcio del VI secolo SciLACE DI CARIANDA (FGrHist, 709) compose un Peri­ pio delle regioni al di là delle colonne di Eracle, resoconto del viaggio da lui compiuto, per incarico di Dario I, dall'Indo al Golfo Persico, e una Fijç nepioooç, ossia una descri­ zione, con acclusa carta geografica, della terra: di quest'opera, dedicata in particolare alle coste del Mediterraneo e del Ponto Eusino, ci è pervenuta una rielaborazione della metà del N secolo ( GGM, 1 15-96), tuttavia profondamente alterata da aggiun­ te e compendi di epoca varia (cfr. A. PERETTI, Il Perip lo di Scilace. Studio sul primo porto­ fano del Mediterraneo, Pisa 1980, e SCO, vol. XXXV III 1988, pp. 13-138). Si sa inoltre che Scilace scrisse un lavoro sull'eroe cario Eraclide di Milasa, il che gli dà diritto al titolo di primo biografo.

Il logografo a noi piti noto e di maggior rilievo è EcATEO DI MILETO (560 ca.-490; FGrHist, 1), vero e proprio precursore di Erodoto, che ebbe in lui, a onta dei continui dissensi, un costante modello da emulare. Ecateo ebbe una parte notevole nei drammatici anni della rivolta antipersiana (499-497). Frutto dei suoi lunghi viaggi è l'opera geo-etnologica in due libri (dedicati

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IV STO RIA D ELLA LETTE RATURA G RE CA ·

rispettivamente a Europa e Asia), che ricevette in seguito il titolo di Periegesi. Struttu­ rata come un periplo del Mediterraneo, era corredata di una carta dell'ecumene che perfezionava l'esemplare già disegnato da Anassimandro. Nei 4 libri delle Genealogie erano esposti, insieme, eventi mitici e storici, cronologicamente disposti per genera­ zioni: selezionando ciò che del mito gli sembrava razionalmente accettabile, Ecateo tentava di dar ordine alle leggende eroiche, contrapponendosi radicalmente ai > dei predecessori (fr. 1) . Questi erano, in primis, i poeti epici, con le loro teogonie e cosmogonie. Altri logografi attivi nella prima metà del V secolo: autori di un'opera sulla Persia (Ilepazxa) furono DIONISIO DI MILETO (FGrHist, 687) e, in 2 libri, CARONE DI LAMP­ sAco (ivi, 262) , che scrisse pure degli Annali dei Lampsaceni; di cose lidie (ilvòzaxa) si occupò invece XANTO DI SARDI (ivi, 765) . AcusiLAO DI ARGO (ivi, 2) compilò delle Genalogie in 3 libri (corrispondenti ad altrettante sezioni relative a dèi, eroi e uomini) e una Cosmogonia (o Teologia) che rielaborava, in prosa, l'opera esiodea. Di poco ante­ riore all'invasione persiana fu FERECIDE DI ATENE (ivi, 3) , che nei 10 libri delle sue Storie ( 1aropiaz) metteva a partito sia la tradizione epica che le saghe locali, in primo luogo ateniesi, per ricostruire gli alberi genealogici degli eroi secondo una prospetti­ va cronologica. Qualche nuovo frammento di Ecateo è in NFPhot., 28 sg. Cfr. BLG, pp. 312-16. [Sulla storiografia vd. i contributi in La storiografia greca, a cura di M. BETTALLI, Ro­ ma, Carocci, 2001.]

1.8. PoESIA DRAMMATICA 1.8.1. Le origini Le origini della poesia drammatica costituiscono uno dei problemi piti controversi e dibattuti della letteratura greca. Le notizie forniteci in proposi­ to dagli antichi sono scarse, frammentarie, non di rado contrastanti: contro­ verso, tra l'altro, lo stesso etimo di -rpcxy�oicx e XWf.!�Oicx. Precisato che i opci,_ux:ra. sono cosi chiamati perché imitano 'persone che agiscono' (opwneç), Aristotele scrive che « i Dori rivendicano a sé la tragedia e la commedia [ . . . ] vedendone un segno nel nome: essi affermano infatti di chiamare XW!J.O:t i vil­ laggi, mentre gli Ateniesi li chiamano Ofl!J.ot, come se i XWIJ.> (Poet., 1448 a 28-b 2) . Tra le due etimologie di XWIJ.>, LI ! 1973, pp. 162-77. [L. PEPE, La misura e l'equivalenza: lafisica di Anassagora, Napoli, Loffredo, 1998; E. LE­ wrs, Anaxagoras and the seeds oJa physical theory, in « Apeiron », vol. XXXI II 2000, pp. 1-23.] Democrito, ed. commentata: R. LòBL, Wiirzburg 1989. Cfr. BLG, pp. 603-7; SFA, pp. 72-74· [S.M. NrKoLAOU, Die Atomlehre Demokrits und Platons Timaios. Eine vergleichende Un­ tersuchung, Stuttgart-Leipzig, Teubner, 1998; C.C.W. TAYLO R, The Atomists. Leucippus and Democritus. Fragments: A Text and Translation with a Commentary, Toronto, London, Univ. ofToronto Press, 1999; D. KoNSTAN, Democritus the physicist, in ,

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in Filosofia, storia, irmnaginario mitologico, a cura di M. GuGLIELMO e G.F. GIANOTTI, Alessandria, Edizioni dell'Orso, 1997, pp. 11-39; R.D. LuGINBILL, Rcthinking Antiphon's Peri aletheias, in « Apeiron » a. xxx 1997, pp. 163-87; TH . ZINSMAIER, Wahrhcit, Gerecht(�­ keit und Rhetorik in den Rcden Antiphons. Zur Getzcse einiger Topoi der Gcrichtsredc, in « Hermes » , a. cxxvi 1998, pp. 398-422; M. GAGARIN, Antiphon the Athenian. Oratory, law, and justice in the ac�e (�(the sophists, Austin, Texas Univ. Press, 2002.]

1.9.3. Socrate e i socratici La personalità filosofica di SocRATE (cfr. vn 1.3.2) può essere ricostruita so­ lo sulla base di testimonianze, tutt'altro che omogenee, che vanno dall'idea­ lizzazione degli allievi alla smitizzazione degli avversari: è la cosiddetta "questione socratica", uno dei problemi piu complessi e dibattuti della filo­ sofia greca. Con la sua condanna a morte nel 399 la restaurata democrazia si vendicò dell'uo­ mo che aveva avuto tra i suoi discepoli personaggi quali l'esecrato Crizia e Carmide (uno dei dieci arconti al Pireo sotto i Trenta), nonché Alcibiade e vari altri antidemo­ cratici e fìlospartani (a cominciare da Platone e Senofonte). Sotto il nome di Socrate ci sono pervenute alcune lettere e qualche distico elegiaco (IEG, 11 138 sg.) : materiale ovviamente spurio. La tradizione fa di Socrate un allievo di Anassagora e dell'anassagoreo Archelao. In effetti, che prima di dedicarsi a problemi etici egli non abbia trascurato le scienze na­ turali, confermano le Nuvole aristofanee, dove Socrate viene dipinto come l'adepto di una metereologia matrice di ateismo e propedeutica di una retorica prevaricatrice e corruttrice di giovani. Metereologia e ateismo ritornano, con esplicito riferimento ad Anassagora, sia nell'Apologia platonica (26 c-e) che nei Memorabili senofontei (Iv 7 s7) . Del resto, lo stesso Socrate platonico ammette di essere stato inizialmente attratto dalla dottrina anassagorea (Phaed., 97 b-98 c). Su tali problemi, cfr. Aristofane. Le Nuvo­ le, a cura di F. TuRATO, Venezia 1995, pp. 9-61.

Socrate ha dato vita, con la sua morte, a una grandiosa fioritura di scritti aventi al centro proprio la sua vicenda umana e il suo magistero: i cosiddetti J..6y m awxpanxoi, classificati da Aristotele come nuovo genere letterario (Poet., 1447 b u) . Appartengono a tale produzione innanzitutto i Dialoghi platonici, le opere socrati­ che di Senofonte (Memorabili di Socrate, Economico, Simposio, Apologia di Socrate) e quel­ le, quasi del tutto perdute, di altri discepoli di Socrate: EscHINE DI SPETTO (Alcibiade, Aspasia, Assioco, Gallia, Milziade, ecc.) e FEDONE DI ELIDE. Di contro a tale letteratura apologetica non mancò una letteratura antisocratica, rappresentata in primo luogo

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I V STORIA D E LLA LETTE RATU RA GRECA ·

dall'Accusa contro Socrate del retore e sofìsta PoucRATE DI ATENE: pubblicata tra il 393 e il 392, quest'opera (u 222 Baiter-Sauppe) - di cui si conosce in buona parte il conte­ nuto grazie ad alcuni scritti composti espressamente per rispondere a essa (special­ mente l'Apologia di Socrate composta, sette secoli piu tardi, dal retore Libanio, vd. IV 4.2.1) - rappresenta un attacco eminentemente politico contro Socrate (e il socrati­ smo ), visto come un pericolo per le istituzioni democratiche ateniesi. Con altrettan­ te Apologie di Socrate, per noi perdute, replicarono a Policrate LISIA, TEoDETTE DI FA­ SELIDE, DEMETRIO FALEREO, TEONE DI ANTIOCHIA e PLUTARCO.

Ad alcuni interpreti e continuatori del pensiero di Socrate le fonti antiche attribuiscono la fondazione di vere e proprie scuole, che prospereranno fino a età ellenistica inoltrata: la "megarica", la "cinica" e la "cirenaica", per noi rappresentate da scarsissimi frammenti. Sono ben diverse tra loro, dato il ca­ rattere asistematico e aperto dell'insegnamento socratico : elementi comuni sono l'indagine dialettica e il confronto, affidato alla discussione. La scuola megarica fu fondata da EucLIDE DI MEGARA (435 ca.-365), autore di sei dialoghi), che sviluppò la ricerca del Maestro in campo sia etico che dialettico. Tipi­ co di Euclide e dei suoi allievi (tra i quali Stilpone di Megara o di Atene) fu il ragio­ namento "eristico". Contemporaneo di Euclide fu l'ateniese ANTISTENE, allievo, pri­ ma che di Socrate, di Gorgia (e a questa esperienza si collegano due esercitazioni re­ toriche giunte a noi, l'Aiace e l'Odisseo) : dal ginnasio del Cinosarge, dove raccoglieva i suoi seguaci, avrebbe preso il nome la scuola cinica da lui fondata, a meno che la de­ nominazione non sia invece da collegare alla vita da "cani" condotta dai cinici, i qua­ li, riponendo la virili nell'a.trrcipxrux, ossia nel 'bastare a se stessi', predicarono l'af­ francamento da ogni bisogno e da ogni convenzione sociale. Di Antistene conoscia­ mo i titoli di una sessantina di opere, apprezzate dagli antichi per lo stile e la purezza della lingua attica. Seguace di Antistene fu DIOGENE DI SINOPE (410 ca.-323). Egli por­ tò agli estremi il rigorismo della scuola, contestando radicalmente ogni portato di ci­ viltà in nome di un ideale cosmopolitismo. Scrisse varie opere, tra cui dialoghi e tra­ gedie (perdute). Per noi egli rimane soprattutto il protagonista di un'abbondante let­ teratura biografica, dossografìca e apoftegmatica. Il suo discepolo CRATETE DI TEBE (365-285; SH, 347-68), fu autore di "tragedie" (con ogni probabilità di ispirazione pa­ rodica), brevi componimenti satirici (na.iyvta.), e di un poemetto parodico, la Bisaaia, in cui tesseva gli elogi di una città ideale dove gli uomini vivono beati senza possede­ re alcun bene personale. Fondatore della scuola cirenaica fu ARISTIPPO DI CIRENE (435-356), che riponeva la virili nel piacere (T)ùov1l), donde il nome di edonismo dato alla sua dottrina. Di lui conosciamo i titoli di 25 dialoghi e di varie altre opere, tra le quali una Storia dei Libici in 3 libri. Socratici, edizione: G. GIANNANTONI, 4 voll., Roma 19902-1991. Epistole, ed. com­ mentata: J. SvKUTRIS, Paderborn 1933. Megarici, ed. commentata: K. DòRING, Am-

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sterdam 1972. Antistene (declamazioni), edizione : F. DECLEVA CAIZZI, Milano-Varese 1966. Cirenaici, ed. commentata: E. MANNEBACH, Leiden 1961. Cfr. BLG, pp. 612-15 e p. 65o; SFA, pp. 75-78. [M.L. McPHERRAN, Wisdom, ��norance and Virtuc: New Essays in Socratic Studies, Ed­ montan, Academic Printing & Publishing, 1997; J.V. GRAv, TheJraming ofSocratcs: thc litcrary interpretation ofXenophon's Memorabilia, Stuttgart, Steiner, 1998;]. HowLAND, The paradox ofpolitica! philosophy: Socrates' philosophic trial, Lanham (Md.), Rowman & Lit­ tlefìeld Publishers, 1998; DerJragmde Sokrates, a cura di K. PESTALOZZI, Stuttgart-Leip­ zig, Teubner, 1999; G. REALE, Socrate. Alla scoperta della sapic11za umana, Milano, Rizzo­ li, 2000; L.E. NAVIA, Antisthenes of Athens: settin,� the world aright, Westport (Conn.), Greenwood Press, 2001.]

1.9.4. Platone e l'A ccademia Dare alla filosofia uno scopo in primo luogo etico, sul piano sia politico che educativo, fu l'obiettivo fondamentale che si propose PLATONE (vd. vn 1.4), nel quadro della sua grandiosa costruzione metafisica ("dottrina delle idee"). L'incontro decisivo con Socrate avvenne intorno al 407. Nel 387, al ritorno dalla Si­ cilia, apri ad Atene la famosa scuola, che dall'area in cui sorse, sacra all'eroe Academo, prese il nome di "Accademia". Quanto egli ha scritto ci è pervenuto per intero, ma non tutto quello che si fregia del suo nome è autentico: a corninci2.re dai 23 epigram­ mi (cfr. 1.15.8) e dalle 13 lettere (solo la VI, VII e vm sono in genere considerate genui­ ne). Il resto è costituito dall'Apologia di Socrate, dalle spurie Dtifìnizioni e da 41 dialoghi, sette dei quali erano giustamente rifiutati a Platone già dagli antichi (Sul giusto, Sulla virtu, Demodoco, Sisifò, Erissia, Assioco, Alcione); almeno altrettanti saranno da aggiunge­ re alla lista (Alcibiade I e Alcibiade II, Ipparco, Anterasti, Teagene, Minosse, Clitofonte). Il cor­ pus platonico fu anticamente distribuito in trilogie (Aristofane di Bisanzio) e in tetra­ logie (Trasillo di Alessandria?); oggi si è giunti - sulla base di analisi linguistico-stili­ stiche - a una suddivisione cronologica (su questo vd. VII 1.4.1) : il Menesseno viene ta­ lora attribuito al primo gruppo, talora al secondo; il Parmenide e il Teeteto talora al se­ condo, talora al terzo gruppo. Il Crizia (sulla lotta dell'Atene preistorica contro la mi­ tica Atlantide), rimasto incompiuto, doveva far parte - col Timeo (sull'origine del mondo) e coll'Ermocrate, che non fu mai composto - di una trilogia sulla storia del mondo; l'Epinomide, che si presenta come una prosecuzione delle Leggi, è forse opera di un allievo, FILIPPO DI 0PUNTE.

I dialoghi espongono, soprattutto per bocca di Socrate, che ne è in genere il protagonista, i cardini della dottrina platonica. E lo fanno senza alcun rigo­ re sistematico e con frequente ricorso a una nuova mitologia, costituita da

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IV · STORIA DELLA LETTE RATURA G RE CA grandiose parabole alle quali è delegato il compito di illustrare intuitivamen­ te - in relazione a eventi storicamente remoti o di natura escatologica (im­ mortalità dell'anima, vita ultraterrena, ecc.) - ciò che trascende l'esperienza sensibile. Filosoficamente veri e perciò moralmente sani, questi miti si contrappongono a quelli tradizionali, falsi e riprovevoli, che vengono quindi ripudiati senza riserve nei libri II e m della Repubblica. A tale condanna si associa quella dell'educazione poetico­ musicale della tradizione (Omero, Esiodo, tragici) : mimesi del mondo sensibile, a sua volta cifra imperfetta di quello delle idee, l'arte rappresenta un ulteriore, perico­ loso traviamento dalla realtà suprema, e pertanto viene bandita dallo Stato ideale. Nelle Leggi Platone attenuerà tale condanna, facendo rientrare la poesia tra i piaceri innocui e attribuendo alla musica un valore educativo.

Ma il dialogo platonico - fusione di dialettica sofistica, dramma attico e mimo siciliano (cfr. 1.15.2) - è anche e soprattutto una grande opera d'arte : la sua pura prosa attica, che trapassa dall'astrazione allo slancio poetico, fa di Platone uno dei massimi scrittori greci. Dall'Accademia (vii 1-4.5) uscirono insigni matematici, astronomi e geografi quali EuDosso DI CNmo (vii 2.4.3) ed ERACLIDE PoNTICO (all'incirca 390-310), autore an­ che di dialoghi - perduti - che trattavano di dialettica, etica, storia letteraria e filolo­ gia. Immediati successori di Platone a capo dell'Accademia furono l'ateniese SPEUSIP­ PO e SENOCRATE DI CALCEDONE: autori di numerosissime opere (di cui resta qualche frammento), svilupparono entrambi in senso matematico la dottrina delle idee, con l'aggiunta, nel secondo, di una forte componente mistico-astrologica. Un matemati­ co fu anche Ermodoro di Siracusa, biografo ed editore di Platone. Edizione: ]. BuRNET, 5 voll., Oxford 1900-1907 (OCT). Cfr. BLG, pp. 616-27; SFA, pp. 78-180. Speusippo, ed. commentata: L. TARAN, Leiden 1981. Senocrate ed Ermo­ doro, ed. commentata: M. I sNARDI PARENTE, Napoli 1982. Eudosso, ed. commentata: F. LASSERRE, Berlin 1966. Eraclide Pontico, ed. commentata: F. WEHRLI, Basel-Stutt­ gart 19692• Filippo di Opunte, ed. commentata: F. LASSERRE, Napoli 1987. Cfr. BLG, pp. 652 sg. [Per gli aggiornamenti sulla bibliografia platonica, vd. il repertorio on-line a parti­ re dal 1992 a cura di Luc Brisson, finanziato dal CNRS francese, all'indirizzo: http:/l upr_76.\jf.cnrs.fr/Instruments_travail!Bibliogr_spec/Bibl_plat/BPFrontFrench. html. Lo stesso L. B RISSON ha pubblicato Platmt: 1990-1995: bibliographie, Paris, Vrin, 1999. Si veda inoltre: M. VEGETTI, La 'Repubblica' di Platoue nella tradizione antica, Na­ poli, Bibliopolis, 1999;]. BEVERSLUIS, Cross-e.1Camining Socrates: a d�{ense of the interlocutors in Plato's early dialogues, Cambridge, Cambridge Univ. Press, 2000; S. B DTTNER, Die Li­ teraturtheorie bei Platon und ihre anthropologische Begriindung, Tiibingen, Francke, 2000;

I LETTE RATURA G RE CA S I N O AL 300 A.C. ·

Études sur l'aspect tJerbal chez Platon, ed. a cura di B. JAcQUINOD, in coll. con ]. LALLOT, O. MoRTIER-WALDSCHMIDT e G. WAKKER, Saint-Étienne, Publications de l'Univer­ sité de Saint-Étienne, 2ooo; A. HoBBS, Flato a11d the Hcro: Couragc, Manliness and the Im­ personai Good, Cambridge, Cambridge Univ. Press, 2ooo; ].E. JosEPH, Limiting the arbi­ trary: linguistic naturalism and its opposits ilz Plato's 'Cratylus' and the modern theories o{ lan­ guage, Amsterdam, Benjamins, 20oo; La struttura del diah�ì!,O platonico, a cura di G·. CA­ SERTANO, Napoli, Loffredo, 2ooo; S.B. LEVIN, The ancient quarrcl between philosophy and poctry revisited: Flato arzd the Greek literary tradition, Oxford, Oxford Univ. Press, 2ooo; M.M. McCABE, Flato and his predecessors. The dramatisation of reason, Cambridge, Cam­ bridge Univ. Press, 2ooo; S.S. MoNosoN, Flato and Atherzian democracy, Princeton (NJ.), Princeton Univ. Press, 2000; K.A. MoRGAN, Myth and philosophyJrom the pre-So­ cratics to Flato, Cambridge, Cambridge Univ. Press, 2ooo; W.R. NEWELL, Ruling pas­ sion. The erotics ofstatecrajt in p/atonie politica! philosophy, Lanham, Rowman & Littlefield, 2000; E.E. PENDER, Images ofpersOtzs tmseen. Plato's metaphorsJor the gods and the soul, Sankt Augustin, Acadernia Verlag, 2000; Retracing the Platonic text, a cura di J.E. RussoN, Evanston (Ill.), Northwestern Univ. Press, 2000; H. TARRANT, Plato's first interpreters. Ancient approaches to reading a troublesome author, London, Duckworth, 2000; Who speaks Jor Flato? Studies in P/atonie anonymity, a cura di G.A. PREss, Lanham-Boulder-New York-Oxford, Rowman & Littlefield, 2ooo; A. BALANSARD, Technè dans les Dialogues de Platon: l'empreinte de la sophistique, Sankt Augustin, Acadernia Verlag, 2001; M. HILLER, Das zwitterhafte Wesen des Wortes: eine Interpretation von Platons Dialog Kratylos, Tiibingen, Attempto-Verl., 2001; D. STAUFFER, Plato's introduction to the question ofjustice, Albany

(N.Y), State Univ. of New York Press, 2001.]

1.9.5. Aristotele e il Peripato Il tentativo di ARISTOTELE (vd. vn 1.5) di conferire empirica consistenza al mondo delle idee fini per configurarsi come un rovesciamento radicale del platonismo. Di Aristotele ci è pervenuta una cinquantina di opere (non tutte autenti­ che), delle circa 200 che gli erano attribuite. Egli stesso le aveva distinte in edite e inedite, chiamando le prime « essoteriche >>, in quanto destinate alla diffusione 'al di fuori' (ei;w) della scuola, le seconde « acroamatiche » (o « eso­ teriche >>), in quanto destinate all'ascolto, a uso interno, in forma di appunti, piu o meno elaborati, per le lezioni. Delle essoteriche - con la sola eccezio­ ne della Costituzione degli Ateniesi, unica superstite di una raccolta di ben 158 Costituzioni non ci sono pervenuti che frammenti. -

Esse comprendevano dialoghi di tipo platonico (Eudemo o Sull'anima, Protrettico o Esortazione allafilosofia, Intorno allafilosofia, Grillo o Sulla retorica, Sulle idee, Sui poeti, ecc.),

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IV STORIA DELLA LETTE RATURA GRECA ·

trattati di carattere etico (Sull'educazione), politico (Sulla monarchia), letterario (Sulle tra­ ,Redie), nonché lavori eruditi, come le Didascalie (dati relativi alla rappresentazione di circa 1.580 tragedie e 970 commedie), gli elenchi dei Vincitori olimpici e dei Vincitori pi­ tici, una Raccolta di arti (-réxvcn) retoriche, i Problemi omerici e cosi via. Lo stile degli scritti essoterici fu lodato senza riserve dagli antichi per la sua chiarezza ed efficacia (Dion. Hal., Imit., II 4; Cic., Acad., II 119) .

Pur se prive di una compiuta elaborazione formale, le opere acroamatiche fanno di Aristotele il vero creatore della prosa scientifica, caratterizzata da sobria e limpida precisione. Esse ci sono pervenute dopo una romanzesca vi­ cenda e in un ordine sistematico e unitario che era certo estraneo all'autore. Sulla storia della tradizione e sulla precisa composizione del corpus cfr. VII 1.5.1. Tra le opere spurie, il trattato Sul cosmo e la Retorica ad Alessandro, che è dello storico ANAS­ SIMENE DI LAMPSACO.

Successore di Aristotele a capo della scuola fu il suo prediletto scolaro TEoFRASTO DI EREso (all'incira 370-287; vd. vu 1.5.3 ) , che continuò degna­ mente, non senza apporti originali, gli indirizzi del maestro. Sotto la sua guida il Peripato arrivò ad avere fino a 2.000 allievi; tra il 317 e il 307 esercitò anche una certa influenza politica, come consigliere del suo discepolo De­ metrio Falereo (vd. piu avanti). Delle 226 opere teofrastee, che abbracciavano presso­ ché tutti i campi del sapere, ci sono pervenute integre solo le Ricerche sulle pia11te (9 li­ bri), le Cause delle piante (6 libri) e i Caratteri. Abbiamo inoltre circa 200 frammenti e vari estratti, talora considerevoli (Sulle pietre, Sul fuoco, Sui venti, ecc.), e un sommario di Metafisica (dove il discepolo si discosta qua e là dal maestro). Tra gli scritti perduti, le Dottrine deifisici e le Leggi erano fondamentali per la storia della scienza e del dirit­ to costituzionale comparato, mentre nel trattato Sullo stile era elaborata la teoria dei quattro irrinunciabili requisiti (purezza, perspicuità, appropriatezza, piacevolezza), ed era forse già in nuce la triplice distinzione stilistica (sublime, medio, umile) che do­ minerà in età imperiale. Negli altri Peripatetici le varie discipline tendono ad affrancarsi dalla filosofia. Dr­ CEARCO DI MEssENE (nato intorno al 376) si occupò soprattutto di etica, politica, sto­ ria letteraria (vite di poeti, raccolte di documenti sugli agoni musicali, ecc.), storia della civiltà (Vita della Grecia) e geografia (Descrizione della terra, corredata da carte). Va qui ricordato l'esploratore Pr TEA DI MAssALIA (vd. VII 2.4.4) , che al tempo della gran­ de spedizione di Alessandro descrisse nell'opera Sull'Oceano i suoi viaggi fino all'Arti­ de. Vasti interessi ebbero FENIA DI ERE s o (botanica, storia, critica letteraria e filosofia) e ARISTOSSENO DI TARANTO , autore di ben 453 volumi, ma a noi noto come biografo di filosofi (Pitagora, Archita, Socrate, Platone, ecc.), ma soprattutto come musicologo (cfr. 1.11.2) . EuDEMO m Rom, l'editore dell'Etica Eudemea, trattò per primo di storia

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della geometria, dell'aritmetica e dell'astronomia; AuTouco D I PrTANE si occupò di geometria sferica in due lavori che ci sono pervenuti. Per incarico dello stesso Aristo­ tele MENONE scrisse invece una storia della medicina, di cui un papiro - il cosiddetto Anonymus Lottdinmsis - ci ha restihlito un estratto. In relazione con il Peripato fu pu­ re il medico - inferiore per fama al solo Ippocrate DIOCLE DI CARISTO, che fu il pri­ mo a scrivere di medicina in attico. Discepolo piu di Teofrasto che di Aristotele fu in­ vece DEMETRIO FALEREO che dal 317 al 307 resse Atene come governatore della Ma­ cedonia per conto di Cassandra (vd. v 2.4.1) ; poi, come consigliere di Tolomeo I So­ ter, ebbe sicuramente parte nella fondazione della Biblioteca e del Museo. Fu il pri­ mo a raccogliere le favole di Esopo e i detti dei Sette Sapienti; scrisse di critica lette­ raria, di esegesi omerica, di etica, di storia politica ed espose i principi del suo gover­ no nei volumi Sul decennio e Sulla costituzione. Di tutto ciò restano solo frammenti; non suo l'importante trattatello Sull'interpretazione, tràdito, di impronta peripatetica ma composto in epoca posteriore. Aristotele, edizioni: cfr. vrr 1.5.2; CPFTL, 24; frammenti, edizione: O. GIGON, Ber­ lin-New York 1987. Cfr. BLG, pp. 627-39; SFA, pp. 180-85. Teofrasto, edizione: F. WIMMER, Paris 1866; frammenti, edizione: W.W. FoRTENBAUGH et al., 2 voll., Lei­ den-New York-Koln 1992. Dicearco, ed. commentata: F. WEHRLI, Basel-Stuttgart 19672• Pitea, ed. commentata: HJ. METTE, Berlin 1952; [S. BIANCHETTI, Pitea di Massa­ Zia: 'I:Oceano', Intr., testo, trad. e commento, Pisa-Roma, Ist. Editoriali e Poligrafici In­ ternazionali, 1998; B. W. CuNLIFFE, The extraordinary voyage oj Pytheas the Greek, Lon­ don, Allen Lane, 2001]. Fenia, ed. commentata: F. WEHRLI, Basel-Stuttgart 19692• Eu­ demo, ed. commentata: F. WEHRLI, Basel-Stuttgart 1955. Autolico, edizione: GER­ MAINE AuJAC, Paris 1979 (BL). Menone, ed. commentata: W.H .S. JoNES, Cambridge (Mass.) 1947. Diocle, edizione: M. WELLMANN, Berlin 1901. Prassagora, ed. commen­ tata: F. STECKERL, Leiden 1958. Demetrio, ed. commentata: F. WEHRLI, Basel-Stutt­ gart 19682• Cfr. BLG, pp. 654-57, 711. [Sulla scuola di Aristotele: M. GIGANTE, La scuola di Aristotele, in Beitriige zur antiken Philosophie. Festschrifi Jiir Wolfiang Kullmann, a cura di H .-CH . GDNTHER e A. RENGA­ KOS, Stuttgart, Steiner, 1997, pp. 255-70; Antiaristotelismo, a cura di C. NATALI e S. MA­ so, Amsterdam, Hackert, 1999. Su Aristotele segnalo solo alcune opere recenti su sin­ gole opere o aspetti complessivi: R. B o o Éus, Aristotle and the theology oj the living im­ mortals, Albany, State Univ. of New York Press, 2ooo; D. CHARLES, Aristotle on mearzing arzd esserzce, Oxford, Clarendon Press, 2000;]. HoLZHAUSEN, Paidefa oder Paidid. Aristate­ Ics und Aristophanes zur Wirkung dergriechischerz Tragodie, Stuttgart, Steiner, 2000; CH. ]E­ D AN, Willenifreiheit bei Aristate/es?, Gottingen, Vandenhoeck & Ruprecht, 2ooo; K. KA­ LIMTzrs, Aristotle on Politica[ Enmity and Disease. An Inquiry into Stasis, Albany, State Univ. of New York Press, 2000; W.-R. MANN, The Discovery ojthings. Aristotle's Catego­ ries and their Context, Princeton, Princeton Univ. Press, 2000; T. REINHARDT, Das Buch E der Aristotelischerz Topik. Untersuchurzgen zur Echheitifrage, Gottingen, Vandenhoeck & Ruprecht, 2ooo; M. RIEDENAUER, Orexis urzd Eupraxia. Ethikbegriindurzg im Streben bei -

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IV · STORIA D ELLA LETTE RATURA G RE CA Aristate/es, Wiirzburg, Kongishausen & Neumann, 2000; A. STEVENS, I:antalagie d'A ri­ state au camifour du lagique et du réel, Paris, Vrin, 2000; A.-CH. THIEM, Die Veifassung Athens im 5· ]h. v. Chr. in den staatsphilasaphischen Schriflen des Aristate/es. Kampendium zu VetjàssunJtSJ;rundsiitzen und Rejormen, Miinster, Agenda-Verlag, 2000; J.G. LENNOX, Ari­ statle's Philasaphy afBialagy: Studies in the Origins afLife Science, Cambridge, Cambridge Univ. Press, 2001; D .l{.W. MooRAK, Aristatle's theary af language and meaning, ivi, id., 2001. Utile il recente C. RAPP, Aristateles zur Einfiihrung, Hamburg, Junius-Verl., 2001. Su Teofrasto: Theaphrastus. Reappraising the Saurces, a cura di J.M. VAN 0PHUIJSEN e M. VAN RAALTE, New Brunswick-London, Transaction Publishers, 1998. Continuano

a uscire gli importanti volumi, a cura di vari autori, di testo, trad. e commento nella grande opera: Theaphrastus of Eresus: Saurces far his Life, Writings, Thought and Injluellce, Leiden, Brill. Recente anche J. HENRICH, Die Metaphysik Theaphrasts. Editian, Kammen­ tar, Interpretatianen, Miinchen-Leipzig, Saur, 2000.]

1.10. STORIOGRAFIA 1.10.1. Erodoto

I:indiscriminata ampiezza della ricerca logografìca (cfr. 1.7) si restringe alla sfera dell'agire umano con ERODOTO, che in questo senso appare veramente, come suona la celebre definizione ciceroniana, il pater historiae (Leg., I s). Visitò quasi tutti i paesi allora conosciuti (compresi Egitto, Mesopotamia e Scizia). Ad Atene, dove fu in rapporto con i personaggi piu ragguardevoli dell'ambiente pe­ ricleo, diede pubbliche letture della sua opera. Si trasferi poi a Turi, dove mori dopo il 430; e in occasione del suo trasferimento nella colonia (fondata da Pericle nel 444/443), Sofocle gli avrebbe dedicato un'ode (cfr. 1.13.3). Ai grammatici alessandrini risalgono sia il titolo che la divisione in 9 libri (ciascuno dei quali contrassegnato col nome di una Musa) delle sue Storie. In queste lo scontro tra Greci e Persiani trova po­ sto solo negli ultimi 5 libri, mentre la parte iniziale è costituita da una serie di À6ym relativi all'impero persiano e ai popoli coi quali esso venne in contatto: per cui si è supposto che a un progetto originario di trattazioni indipendenti a carattere soprat­ tutto geo-etnografico (sulla linea dei logografi) si sia piu tardi sovrapposto - col sog­ giorno di Erodoto ad Atene - un progetto che metteva in primo piano le guerre per­ siane, conferendo all'opera una dimensione e consapevolezza nuove. Se ogni ipotesi sulla genesi e composizione delle Storie resta opinabile, certo è comunque che esse hanno l'aspetto di llepazxa che seguono passo dopo passo l'ingigantirsi dell'impero persiano, ignaro di giustizia e misura, fino al drammatico crollo finale. Incongruenze e contraddizioni provano che l'opera non fu riveduta. E forse rimase incompiuta: l'e­ pisodio di scarso rilievo storico che la chiude, e cioè la presa di Sesto da parte degli Ateniesi (478), difficilmente può fungere da epilogo.

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I LETTERATURA G RECA S I N O AL 300 A.C. ·

A Erodoto va riconosciuto lo scrupolo documentaristico che sta alla base di ogni io-ropiT] : sua fonte primaria è tutto ciò che egli stesso ha direttamen­ te visto (epigrafi, monumenti, documenti ufficiali, raccolte di oracoli, ecc.) o appreso da testimoni. Numerosi gli errori, in parte dovuti alle difficoltà dell'assunto (informatori e inter­ preti non sempre affidabili, ecc.). L'inattendibilità erodotea fu piu volte denunciata già dagli antichi, a cominciare da Ctesia (FGrHist, 688) e Aristotele (CA, 756 b 6-8). Erodoto fu inoltre accusato di parzialità: emblematico l'opuscolo plutarcheo Sulla malig11ità di Erodoto.

L'opera erodotea fa d'altra parte largo spazio all'elemento favoloso, para­ dossale e soprannaturale : racconti esotici e sensazionali offerti al diletto del pubblico (i serpenti alati d'Arabia, le formiche giganti del deserto indiano che ammassano sabbia mescolata a oro, ecc.), nonché prodigi, sogni, oracoli, lo stesso famoso concetto dello q>U'6voç U'eGN (l' 'invidia degli dei', per cui la divinità punisce chi - come Serse - trascende i limiti fissati all'umana natu­ ra) mantengono Erodoto ben lontano da una seria e rigorosa metodologia, dall'illuministica fiducia di poter scoprire leggi del processo storico. Notevo­ le, viceversa, il valore letterario, che assicurò alle Storie una fama imperitura. Vi è evidente l'influsso sia dell'epica che della tragedia: epica, ad es., è la ca­ pacità di ricondurre le innumerevoli divagazioni aneddotiche e favolistiche al motivo fondamentale dell'ascesa e caduta dell'impero persiano (cosf come gli episodi dell'Iliade vengono ricondotti all'ira di Achille); tragici sono la ten­ sione drammatica impressa alle vicende individuali, i dialoghi e i discorsi che animano le varie scene, il senso della vanità di ogni umano progetto. Fluidi­ tà e grazia dello stile furono unanimemente lodati già dagli antichi. Edizioni: K. Hu oE, 2 voll., Oxford 19273 (OCT); H.B. RosÉN, 2 voll., Leipzig 19771997 (BT). Cfr. BLG, pp. 316-24. (Opere recenti di carattere generale: R. BICHLER, Herodots Welt. Der Aujbau der Hi­ storie am Bild derJremden Uinder und Volker, ihrer Zivilisation und ihrer Geschichte, mit Bei­ lagen von D. FEIL und W. SIEBERER, Berlin, Akadernie Verlag, 2ooo; M. DoRATI, Le 'Storie' di Erodoto. Etnografia e raaonto, Pisa-Roma, Ist. Editoriali e Poligrafìci Interna­ zionali, 2ooo; T. HARRISON, Divinity and History. The Religion oJHerodotus, Oxford, Cla­ r:endon Press, 2000; R. RoLLINGER-R. BICHLER, Herodot, Hildesheim-Zlirich-New York, G. Olms, 2000; R. THOMAS, Herodotus in Context. Ethnography, Science and the Art ofPersuasion, Cambridge, Cambridge Univ. Press, 2ooo; vd. la rassegna di A. CoRCEL­ LA, Alcuni recenti studi erodotei, in « Athenaeum >>, vol. LXXXIX 2001, pp. 592-98. Inoltre: ].

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I V · STORIA DELLA LETTE RATURA G RE CA ScHULTE-ALTEDORNEBURG, Geschichtliches Handeln und tragisches Scheitern: Herodots Kon­ zept historiographischer Mimesis, Frankfurt a.M. et al., Lang, 2001; N. LuRAGHI (a cura di), The Historiatt's Grafi in the Age ofHerodotus, Oxford, Oxford Univ. Press, 2001; R.V. MuNSON, Telling Wonders. Ethnographic and Politica! Discourse in the Work of Herodotus, Ann Arbor, Michigan Univ. Press, 2001; Brill's Companion to Herodotus, a cura di EJ. BAKKER, IJ.F. DE JoNG e H. vAN WEES, Leiden-Boston-Koln, Brill, 2002; G. BooEI GIGLIONI, Erodoto e i sogni di Serse. Unvasione persiana dell'Europa, Roma, Donzelli, 2002; B. PATZEK, Miindlichkeit und Schriftlichkeit im Geschichtswerk Herodots, in « Klio », a. LXXXIV 2002, pp. 7-26; Herodotus and his World. EssaysJrom a Conference in Memory oJGeor­ ge Forrest, a cura di P. DEROW e R. PARKER, Oxford, Oxford Univ. Press, 2003; G. LA­ CHENAUD, I:arc-en-ciel et l'archer. Récits et philosophie de l'histoire chez Hérodote, Limoges, Pulim, 2003; J.D. MIKALSON, Herodotus and Religion in the Persian Wars, Chapel Hill,

North Carolina Univ. Press, 2003. Sulla fortuna di Erodoto come autore scolastico: S. KIPF, Herodot als Schulautor. Ein Beitrag zur Geschichte des Griechischunterrichts in Deutsch­ land vom 15- bis zum 20. ]ahrhundert, Koln-Weirnar-Wien, Bohlau, 1999· Si ricordano, infme, i volumi della di Bretschneider, 2002, pp. 453-62.]

IV · STORIA DELLA LETTE RATURA GRECA Al modello tucidideo si collega pure l'autore di un esteso brano papiraceo che viene convenzionalmente designato, dal luogo del rinvenimento, Elleni­ che di Ossirinco: relativo agli avvenimenti del 396-395, esso rivela la mano di uno storico di vaglia, che da Tucidide assume, oltre a moduli espressivi e linguistici, sia l'ordinamento annalistico che lo scrupolo documentaristico (notevolmente superiore a quello della parallela narrazione senofontea). Per la paternità dell'opera si sono fatti i nomi degli ateniesi Cratippo (FGrHist, 64) e Androzione (ivi, 324), nonché del plateese Daimaco (ivi, 65) e di altri, senza però decisivi supporti. Elleniche, edizione: M. CHAMBERS, Leipzig 1993 (BT). Cfr. BLG, p. 352.

[F. LANDUCCI GATTINONI, Le 'Elleniche di Ossirinco' e la storiografia locale, in "Storiogra­ fia Locale e Storiografia Universale'� Forme di acquisizione del sapere storico nella cultura a11tica. Atti del Congresso, Bologna, 16-18 dicembre 1999, Como, New Press, 2001, pp. 33146; R. PINTAUDI, Le 'Elleniche di Ossirinco'. Appunti delle lezioni di storia greca tenute dal prof G. De Sanctis, in QS, a. LVII 2003, pp. 5-100.]

Vinflusso della retorica, per cui la storia diventa un opus oratorium maxime, relegando in secondo piano l'indagine sulla realtà dei fatti e sulle loro moti­ vazioni, risulta particolarmente evidente nei discepoli di Isocrate EFoRo DI CuMA (FHG, 70), le cui compilative Storie (30 libri) si estendevano dall'inva­ sione dorica al regno di Filippo II (346), e TEOPOMPO DI CHio (FGrHist, 115), che con le Elleniche (12 libri) continuò le Storie tucididee fino alla battaglia con cui Conone pose fine, a Cnido, all'egemonia spartana (394), mentre nel­ le Filippiche (58 libri) si occupò - con non poche digressioni geo-etnografi­ che, mitiche, filosofiche e storico-culturali - del regno di Filippo II (359-336). Personale lo stile, sostenuto da una vigorosa elaborazione formale e dalla ri­ cerca di effetti. BLG, pp. 351 sg.

[L. BREGLIA PuLci DoRIA, Storia universale e geogrqfìa in Eforo di Cuma, e G. PARMEG­ GIANI, Eforo F31b. I:indagine locale e l'autopsia archeologica, in "Storiogrt!fia Locale e Storiogra­ fia Universale", cit., pp. 139-64 e pp. 165-98; V. PARKER, Ephoms und Xenopho11 on Greece in the years 375-372 B. C., in « Klio », a. LXXXI II 2001, pp. 353-68.]

Erano invece dedicate al periodo compreso tra la pace di Antalcida (386) e l'inizio della guerra sacra (356) le Elleniche (10 libri) di CALLISTENE D I OuN­ To, discepolo e, forse, pronipote di Aristotele (FGrHist, 124) : storico ufficiale di Alessandro (che peraltro lo condannò a morte nel 327), egli inaugurò pu288

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LETTE RATURA G RECA S I N O AL 300 A.C.

re, con le Gesta di Alessandro, un filone celebrativo assai fecondo. Su tale via si pose il retore ANASSIMENE DI LAMPSAco (FHG, 72), che ai 12 libri delle sue Elleniche, che si estendevano dai primordi cosmogonici alla battaglia di Man­ tinea (362), fece seguire un'opera sulle imprese di Filippo e una su quelle di Alessandro. Maestro di Anassimene fu il retore ZoiLO DI ANTIOCHIA (FGrHist, 71), che scrisse un trattato di storia greca dalle origini alla morte di Filippo di Macedonia (in 3 libri) e una storia di Anfipoli, oltre che opere grammaticali ed esercitazioni di tipo sofisti­ co. Tagliente polemista, attaccò Isocrate, Platone e soprattutto Omero (Contro la poe­ sia di Omero, in 9 libri), tanto da meritarsi l'epiteto di 'frusta di Omero' ( 'Of..LTJ POf..La­ ani;).

Di Alessandro si occuparono, tra gli altri, l'alessandrino CLITARCO (FGrHist, 137), ONESICRITO DI AsnPALEA (ivi, 134), ARISTOBULO DI CASSANDREA (ivi, 139). Una circostanziata Nal'igazione lungo la costa indiana scrisse il cretese NEARCO, ammiraglio di Alessandro (ivi, 133), mentre ToLOMEO, figlio di La­ go e Arsinoe (FHG, 138), che, prima di divenire re d'Egitto (Tolomeo I So­ ter), era stato aiutante personale del sovrano, viene considerato dagli antichi il piu attendibile tra gli "storici di Alessandro". BLG, pp. 354 sg.

C'è infine la storiografia regionale, rappresentata da autori di monografie dedicate a singoli popoli e città. Spicca fra costoro ELLANico DI LEsBo (FGrHist, 4; V sec.), la cui ricca produzione comprendeva opere su usi e co­ stumi, vicende e tradizioni mitiche di genti greche e straniere, nella mentali­ tà e nello stile degli antichi logografi. Scrisse pure una :Ariliç (ivi, 323 a) in due libri, nella quale tentò per primo di stabilire una cronologia comparata sulla base delle liste degli arconti ateniesi e di quelle dei sacerdoti e re orien­ tali, nonché di talune da lui stesso compilate. Egli inaugurò con ciò la tradi­ zione degli "attidografi", ossia di quegli autori che si occuparono, a partire dalla metà del IV secolo, di cronaca locale ateniese: sono i vari Androzione, Clidemo, Fanodemo, Demone, Filocoro e Melanzio (risp. ivi, 323-28), e Fi­ locoro (ivi, 328), il piu significativo (340 ca.-26o), autore di numerose opere di carattere erudito (ci sono noti 26 titoli) : la sua :Ariliç (17 libri) trattava gli av­ venimenti fino ad Antioco I (intorno al 28o) o II (261) di Siria. Secondo la tradizione, allievo di Ellanico fu DAMASTE DI SI GEO (FGrHist, s), autore di opere a carattere prevalentemente geo-etnografico. Del V secolo sono pure IPPIDE

IV STORIA D ELLA LETTERATURA GRECA ·

DI REGGIO (ivi, 554), con cui ebbe inizio la storiografìa italo-greca, e il suo continua­ tore ANTIOCO DI SIRACUSA (ivi, 555), che scrisse, in ionico, un Ilepì 'lraÀiaç e dei .L'zxdzxa, che partivano dal mitico Cocalo e arrivavano fino alla pace di Gela (424). Tra V e IV secolo si colloca ERODORO DI ERACLEA (ivi, 31), che si occupò soprattutto di miti (Storia di Eracle, Argonautiche, Storia dei Pelopidi), con spiccata tendenza alla ra­ zionalizzazione allegorica. BLG, pp. 349 sg. [Iframmenti di Antioco di Siracusa, a cura di C. CuscuNÀ, Alessan­ dria, Edizioni dell'Orso, 2003]. (Edizione dei mitografì ora in Early Greek mythography, a cura di R.L. FoWLER, New York-Oxford, Oxford Univ. Press, 2000, a cui seguirà un volume di commento. Vd. inoltre in generale gli Atti del Congresso ({Storiografla Locale e Storiografla Universale", cit.]

1.10.5. Libellistica politica Durante la guerra peloponnesiaca prese piede anche la libellistica di carattere poli­ tico. Esempio cospicuo ne è la Costituzione degli Ateniesi, pervenutaci nel Corpus seno­ fonteo ma in realtà composta verosimilmente intorno al 415. Stando alla suggestiva congettura del Cobet (1858), all'operetta andrebbe riconosciuta un'originaria forma dialogica che contrapporrebbe, come interlocutori, due oligarchi: uno di stampo tra­ dizionale (forse uno spartano) e l'altro (con ogni probabilità l'autore) di tendenze estremiste. Quest'ultimo analizzerebbe con lucidità meccanismi, difetti ma anche punti di forza del sistema democratico. Notevole l'importanza dell'opuscolo, non privo di pregi letterari e caratterizzato da uno stile vigoroso ed efficace. Non impro­ babile l'attribuzione del dialogo a Crizia, suggerita da una glossa di Polluce (vm 25, cfr. A&R, a. xxrx 1984, 186 sg.), sostenuta già dal Boeckh (1850) e oggi, con nuovi ar­ gomenti, da L. CANFORA (Studi sull'54thenaion politeia' pseudo-smojòntea, Torino 1980, pp. 79-90). Ed. commentata: E. KALINKA, Leipzig-Berlin 1913; cfr. W. LAPINI, Commento all'54thenaion politeia' pseudo-senofontea, Firenze 1997. BLG, pp. 348 sg. [F. MoNTANA, L'54thenaiatl politeia' di Aristotele negli scholia vetera ad Aristtfane, Pisa­ Roma, 1st. Editoriali e Poligrafìci Internazionali, 1996; L'54tlzenaiot1 politcia' dello Pseu­ do-Senofonte. Incontri perugini di storia della storiografìa antica e sul mondo antico, vm, Acquasparta, Palazzo Cesi, 28-30 maggio 1993, a cura di M. GIGANTE, Napoli, Esi, 1997; ].A.C. L6PEZ, La lencf?Ua y el estilo de la Republica de los Atenienses del Pseudo-Jenojon­ te, Amsterdam, Hakkert, 1997;]. 0BER, Politica! Dissent itl Democratic Athens: Intellectual Critics ojPopular Rule, Princeton, Princeton Univ. Press, 1998.] Altro polemista fu STESIMBROTO DI TAso (FGrHist, 107), autore - oltre che di un trattato Sui misteri e di interpretazioni allegoriche su Omero (cfr. 1.6.2) - di un vio-

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LETTE RATURA G RECA S I NO AL 300 A.C.

lento pamphlet, composto nel 430/429, che prendeva di mira la politica egemonica ateniese (Su Temistocle, Tucidide [di Melesia], e Pericle).

1.11. LETTERATURA SCIENTIFICA 1.11.1. Scienze speciali L'affermarsi delle scienze in epoca classica si accompagna a una specifica produ­ zione letteraria, imponente anche se quasi del tutto scomparsa. A delinearne il qua­ dro bastano alcuni dati, a integrazione di quelli già visti nella trattazione soprattutto di sofisti (vd. 1.9.2), accademici (vd. 1.9.4) e peripatetici (vd. 1.9.5). Scritti teorici sulla loro arte composero sia leTINO, il celebre architetto del Parteno­ ne, sia lo scultore PoucLETO (VS, 40; vd. vm 2.2.5). AGATARCO DI SAMo, contempora­ neo di Eschilo, fu invece autore di un commentario sulla pittura scenografica, di cui era considerato inventore (Vitr., VII proemio u) , mentre Sofocle scrisse una monogra­ fia Sul coro in cui discuteva le opinioni di Tespi e di Cherilo (test. 2 R.). Di urbanistica trattò l'architetto IPPODAMO DI MILETO (VS, 39; vd. vm 2.5.4), progettatore del Pireo, vissuto in età periclea, il quale fu pure il primo politologo di cui si abbia notizia, pre­ cursore - con FALEA DI CALCEDONE, fiorito intorno al 400 - della progettazione pla­ tonica di uno Stato ideale (VS, 39). Di problemi matematici (quadratura del cerchio, tripartizione dell'angolo, raddoppiamento del cubo) si occuparono - oltre ai sofisti ANTIFONTE e IPPIA (cfr. 1.9.2) - il pitagorico IPPOCRATE DI CHio (ivi, 42; seconda me­ tà del V sec.), che venne ad Atene intorno alla metà del V secolo, BrusoNE DI ERA­ CLEA, e TEODORO DI CIRENE (ivi, 43), altro pitagorico altamente stimato da Platone e probabile continuatore dell'opera di lppaso (cfr. 1.6). Grande matematico, oltre che musicologo, fu il protagorico ARCHITA DI TARANTO (VS, 47), lo statista amico di Pla­ tone. Piu astronomi che matematici furono ENOPIDE DI CHio (ivi, 41; V sec.), scopri­ tore dell'eclittica, gli ateniesi EucTEMONE e METONE, riformatori fra l'altro del calen­ dario (vd. VII 2.4.3), nonché fiLOLAO DI CROTONE (VS, 42; anch'egli del V secolo, vd. VII 1.2.2). Altro astronomo pitagorico fu lcETA DI SIRACUSA (V sec.), forse il primo a sostenere l'immobilità dei corpi celesti e la rotazione della terra intorno a se stessa ( VS, so) . Geografia ed etnografia, ebbero un continuatore nell'ateniese FrLEA (V sec.), autore di una periegetica Ilcpì ncpioòoç piu tardi utilizzata da Stefano di Bisanzio. Di tecnica militare si occupò invece ENEA TATTICO, autore del IV secolo da identificare, forse, con lo stratego ENEA DI STINFALO ricordato da Senofonte (Hell., vn 3 1). Dei suoi numerosi trattati in materia ci sono pervenuti i JloÀwpX7JWUX, operetta relativa alle misure da adottare in una città assediata, scritta in un attico disadorno che anticipa la xmv1l e non priva di istruttive analisi socio-economiche, corredate da esempi storici. Brisone, ed. commentata: K. DòRING, Amsterdam 1972. Enea Tattico, edizione: A. DAIN, Paris 1967 (BL); ed. commentata: M. BETTALLI, Pisa 1990. Cfr. BLG, pp. 725-29, 732-35·

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I V STO RIA DELLA LETTERATURA G RE CA ·

[Letteratura scientifìca e tecnica greca e latina. Atti del Seminario internazionale di studi, Messina, 29-31 ottobre 1997, a cura di P. RADici Co LACE e A. ZuMBO, Messina, EDAS, 2000.]

1.11.2. Medicina Nella seconda metà del V secolo anche la medicina acquista un suo con­ sapevole e autonomo statuto (vd. vn 2.4.6). Sotto il nome di IPPOCRATE DI Cos (ca. 460-370?) visto da sempre come il fondatore della scienza medica, ci è pervenuta un'imponente ed eterogenea raccolta di opere che pongono problemi tanto complessi quanto irrisolti. Il Corpus Hippocraticum comprende 58 trattati (in 73 libri), in dialetto ionico, assai di­ versi per struttura, stile, impostazione metodologica, presupposti e risultati: composti tra il 430 e il 300 a.C. (salvo i Praecepta, che sono del sec. II d.C.), essi rappresentano una biblioteca nella quale a trattati tecnico-terapeutici sono mescolati lavori di ispira­ zione filosofica, schede cliniche (spesso redatte senza alcuna elaborazione formale), aforismi; né manca il celebre Giuramento, che segna l'inizio di una solenne deontolo­ gia professionale. Problema tuttora aperto (Galeno vi dedicò un libro) è stabilire co­ sa risalga con certezza a lppocrate. Che egli inserisse la propria arte in una conoscen­ za universale della natura, facendo discendere ogni caso particolare da principi gene­ rali, sembra comunque confermare un passo platonico (Phdr., 270 c-d). Non sarebbe quindi ippocratico il trattato Sull'antica medicina, scritto verosimilmente intorno al 425: l'autore vi contesta le tendenze a inquadrare l'arte medica entro schemi teorici simili a quelli dei filosofi naturalisti, contrapponendo a esse una prassi empirica, fondata sull'analisi dei singoli casi.

Tra le piu antiche e significative opere del Corpus si impongono i trattati Sulle arie, le acque, i luoghi, relativo all'influsso dell'ambiente geografico e cli­ matico sia sulla salute degli individui che sulle caratteristiche antropologiche dei diversi popoli, e Sul morbo sacro, nel quale l'epilessia viene ricondotta nel­ l'àmbito di cause naturali, e dunque curabili. Altra famosa opera è il Progno­ stico, uno studio di sintomatologia scritto intorno al 410 e rimasto in uso fino al secolo scorso. >, è il compito del medico (par. 1): è il principio anassagoreo, ben evidente, ad esempio, nelle cartelle cliniche incluse nello scritto Sulle malattie (4 libri) e nelle Epidemie (Soggiorni in terre straniere, 7 libri). Di PoLIBO, genero di lppo­ crate, è lo scritto Sulla natura dell'uomo, composto intorno al 400: esso presen­ ta la "teoria circolatoria dei quattro umori" (sangue, muco, bile gialla, bile nera), modellata sulla dottrina empedoclea. Altri medici dell'epoca furono

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AcRONE DI AGRIGENTO ed EuRIFONE DI CNmo, entrambi del v secolo; poi FILISTIONE DI LocRI EPIZEFIRI, e MNESITEO DI ATENE (IV secolo). Corpus Hippocraticum, edizione : E. LITTRÉ, 9 voll., Paris 1839-1861; Sull'antica medici­ na/Giuramento, edizione : J.L. HEIBERG ( CMG, I 1 1927); Sulle arie, le acque, i luoghi, edi­ zione: H. DILLER (ivi, I 1.2 1970); Sul morbo sacro, ed. commentata: H. GRENSEMANN, Berlin 1968; Prognostico, edizione: B. ALEXANDERSON, Stockholm 1963; Sul vitto, edi­ zione: R. JOLY (CMG, I 2.4 1984); Sulla natura dell'uomo, edizione: J. JouANNA (CMG, I 1.3 1975). Cfr. BLG, pp. 690-710. Altri medici, edizione: M. WELLMANN, Berlin 1901. Eurifone e Filistione (Anon. Lond.), ed. commentata: W.H.S. JoNES, Cambridge 1947. Mnesiteo, ed. commentata: ]. BERTHIER, Leiden 1972. Cfr. BLG, pp. 711 sg. 1.11.3. Teoria musicale La teorizzazione musicale ebbe un interprete di rilievo nell'ateniese DA­ MONE, maestro e consigliere di Pericle, assai stimato da Platone e Aristotele, che ne accolsero senza riserve le vedute sul valore etico-pedagogico, e dun­ que politico, delle armonie e dei ritmi. Nel suo Areopagitico, Damone sostenne la profonda influenza della musica sul ca­ rattere dell'uomo, e anzi dell'intera comurùtà, tanto che : poesia e «peiformance », in I Greci, II. Una storia greca, 3· Trasformazioni, 1999, pp. 617-53; Synaulia. Cultura musicale in Grecia e contatti mediterranei, a cura di A.C. CASSIO, D. MusTI e LE. Ro ss i , Napoli, Ist. Universitario Orientale, 2000.]

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IV · STORIA DELLA LETTE RATU RA GRECA

1.12. ORATORIA 1.12.1. Origini dell'eloquenza La pratica e l'insegnamento dell'eloquenza ebbero inizio in Sicilia, e in particolare a Siracusa, dove le rivendicazioni di proprietà, che seguirono alla caduta della tirannide di Trasibulo (467) , dettero impulso all'attività tecnico­ didattica di CoRACE e del suo discepolo TISIA, autori della prima Arte retorica (TéxvTJ). Basata sull'argomento della verosimiglianza (rix6ç), essa doveva essere - come di norma le Téxvaz prearistoteliche - non tanto un manuale di sistematica precettistica, quanto piuttosto una raccolta di esercizi in usum scholarum, ossia di esempi da memo­ rizzare (cfr. T CoLE, in QUCC, a. LII 1986, pp. 7-21). Anche ad Agrigento, col crollo della tirannide di Trasideo (471), dovette verifìcarsi un analogo fenomeno: non a caso Empedocle - maestro di Gorgia - fu visto come l'rùpr-rliç della retorica, mentre proprio di Agrigento era Polo, l'allievo di Gorgia. Al­ l'inizio della guerra del Peloponneso si trasferirono ad Atene - dove la democrazia aveva creato le condizioni ideali al prosperare dell'eloquenza - Gorgia, Polo e lo stes­ so Tisia, indicato dalla tradizione come maestro sia di Isocrate che di Lisia. Di fonda­ mentale importanza fu l'impatto coi sofìsti, che all'eloquenza - parte integrante del loro programma didattico - conferirono la dignità di una forma autonoma del sapere.

Capostipite della tendenza piu propriamente retorica della sofistica fu GoRGIA, che colse l'elemento magico e psicagogico della parola musical­ mente disposta, ne teorizzò i caratteri e le forme, dandone pratica dimostra­ zione nei suoi discorsi. I piu famosi furono l'Epitafio per i caduti ateniesi nel­ la guerra del Peloponneso, il Pitico, tenuto a Delfi, e l'Olimpico, ispirato all'i­ deale panellenico poi ripreso da lsocrate. Di queste opere non abbiamo che frammenti; conservate sono invece l'Encomio di Elena e la Difesa di Palamede, esercitazioni che facevano probabilmente parte - come mod� lli da imitare di una perduta TéxvTJ (cfr. VS, 82 B 12-14) . Una sezione dell Encomio di Elena (8-15) è dedicata all'esaltazione delle onnipotenti virtU della parola e dell'elo­ quenza, assimilate alla poesia: a tale concezione corrisponde una prosa ritmi­ co-musicale impreziosita da voci poetiche e metafore, caratterizzata da figu­ re retoriche tipicamente gorgiane (antitesi, isocolo, omeoptoto, paronoma­ sia, omoteleuto). Questa nonrnx'JÌ Àél;tç avrà grande successo, ma Aristotele giudicherà ormai àmxioru-rot ('incolti') i suoi ammiratori (Rhet., 1404 a 24-28) . '

Oltre all'oratore Isocrate e ai retori-sofìsti Polo e Alcidamante, discepoli di Gorgia furono il tragico AGATONE, il filosofo ANTISTENE, il ditirambografo LICIMNIO, nella

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TéxvrJ i termini tecnici erano espressi Téxvaz vanno annoverati lo stesso PoLo (sul

da metafore. Tra i numerosi autori di quale cfr. R. W FowLER, in >, sembra il suo motto (fr. 737). La teoria del progresso è ampiamente esposta nell'Antigone, dove le arti, la civil­ tà e gli innumerevoli eùplij.u:n-cx dell'uomo - essere terribile e onnipotente, dominato­ re di mare, terra, cielo - non sono che illusori, senza il rispetto delle leggi avite e del­ la « giustizia consacrata dai giuramenti agli dèi >> (vv. 332-75). È in nome di questi eter-

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ni principi che Antigone si immola, mentre l'illuministico Creonte, assertore di una laica quanto ampia ragion di Stato, coinvolgerà, nella sua tragedia famigliare, le sorti della stessa Tebe. L'appassionato richiamo agli àpxa'ìot ZT]vÒç VO!J.ot, 'le antiche leggi di Zeus' è uno dei Leitmotit'c piu insistenti (E/., vv 1090-97, Or., vv 863-71, OC, v. 1382, ecc.), come pure la difesa della mantica, particolarmente accentuata nell Edipo re, do­ ve Giocasta, che senza sosta denigra gli oracoli (vv 711 sg., 720-23, 857 sg., ecc.), è la prima a sperimentarne la veracità, mentre l'orgoglioso Edipo, che si vanta di aver ri­ dicolizzato con la sua yvWj..LT] la vuota ciarlataneria degli indovini (vv 387-98), potrà redimersi solo quando avrà preso atto fino in fondo della sua nullità e, al tempo stes­ so, della suprema potenza degli dèi. Il responso degli oracoli è legge che non si dis­ cute: al punto che nell'Elettra lo stesso matricidio, in quanto patrocinato da Apollo, diventa lecito e anzi doveroso, e le Erinni, che tanta parte avevano avuto in Eschilo, non vengono neppure nominate (questo intransigente "delfismo" ritornava in dram­ mi perduti, quali Crcusa, Crise, Ermione). Il rifiuto della sofistica è particolarmente evi­ dente nel Filottete, dove la figura di Odisseo, per il quale il fine giustifica i mezzi e la vittoria vale piu dell'onore (vv 79-85), è singolarmente vicina a quella del Discorso Ingiusto nelle Nuvole aristofanee : alla sua spregiudicata etica viene contrapposta quel­ la, di stampo gentilizio, impersonata da Neottolemo. Cfr. SCG, pp. 280-92; PT, n pp. 26-29. .

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Anche Sofocle ebbe fama di grande poeta satire sco (Cfr. Dioscoride, in AP, vn 37). I Cercatori di tracce (Ichneutai) e alcuni frammenti di altri drammi documentano in effetti una comicità di raffinata eleganza. Tema dei Cercatori di tracce è, con qualche divergenza di dettaglio, quello dell'ome­ neo Inno a Hermes. Per recuperare la mandria che gli è stata rubata, Apollo si affida a Sileno e ai satiri, promettendo loro la libertà e una ricompensa in oro. La movimen­ tata ricerca delle orme viene interrotta da suoni misteriosi che sembrano provenire dalle viscere della terra: è il piccolo Hermes, come spiega la sua nutrice Cillene, che sta suonando la lira, da lui fabbricata con un guscio di testuggine e stringhe di cuoio bovino - e i satiri a questo punto individuano il ladro. Nella parte conclusiva, perdu­ ta, non sarà mancata la riconciliazione di Hermes e Apollo. Ampi frammenti papira­ cei si hanno pure dell'Inaco, che trattava la leggenda di Io (figlia di Inaco), mutata in mucca da Era e affidata alla custodia del mostro Argo, verosimilmente coadiuvato dai satiri. Di altri drammi non resta che il titolo e qualche verso o glossa.

Tra le innovazioni drammaturgiche sofoclee spiccano l'introduzione del terzo attore, la riduzione del ruolo del coro, l'aumento dei coreuti da 12 a 15, soprattutto l'abbandono della trilogia di tipo eschileo (con la sola eccezione, parrebbe, di una Telefia) : conseguenza diretta di una trattazione del mito non piu arcaicamente orientata nella prospettiva del yévoç, della 'stirpe', bensf 3 13

I V STORIA DE LLA LETTE RATURA GRECA ·

nella dimensione individuale dell'eroe. I personaggi, delineati per contrasto, sono giganteschi, ma meno statuari che in Eschilo, talora non privi di sfuma­ ture (come quello di Deianira). Anche Sofocle, come Eschilo, fu uno zelantissimo imitatore di Omero, tanto da meritarsi la qualifica di « Omero tragico » (test. usa-b). La drammatizzazione di inte­ ri episodi omerici risulta tuttavia piuttosto modesta rispetto a Eschilo, limitandosi a Nausicaa o Lavandare, Lavacri e, forse, Feaci. Notevolissima, e sottolineata già dagli anti­ chi (test. 136) , la dipendenza di Sofocle dal Ciclo epico, in particolare troiano: su ciò, e in generale sui frammenti cfr. S. R.ADT, in Entretiens, vol. xxrx 1983, pp. 185-231.

Sofocle rifuggi dal turgore stilistico e dalle audaci metafore eschilee, e la sua dizione, mirando alla rappresentazione dei caratteri, assunse duttilità e naturalezza. Gli antichi, che videro ben presto in lui il tragico perfetto, non a torto giudicarono "medio" il suo stile, in equilibrio fra quello sfarzoso di Eschilo e quello dimesso e piano di Euripide. Sofocle indicava tre fasi nella propria evoluzione stilistica (test. 100) : la prima in­ fluenzata dall'oyxoç, dal 'turgore', eschileo, la seconda caratterizzata da uno stile aspro e artificioso (mxpòç xaì xa•arexvoç), la terza da uno stile quanto mai teso a rap­ presentare il carattere dei personaggi (iJ1hxW.a•oç). Le tragedie pervenuteci sembra­ no appartenere tutte alla terza fase, dominata da straordinarie capacità etopoietiche. Delle altre due troviamo tracce nei frammenti (RADT, art. cit., pp. 213-15) . Edizione: H. LLOYD-JoNEs-N.G. WrLSON, Oxford 1990 (OCT). Frammenti: TrGF, rv. Elegie, edizioni: IEG, n 165 sg.; PE, n 58 sg. Cfr. BLG, pp. 402-15. [H. LLOYD-JoNEs-N.G. WrLSON, Sophocles. Second Thoughts, Gottingen, Vanden­ hoeck & Ruprecht, 1997; T. HALTER, Konig Oedipus. Von Sophokles zu Cocteau, Stutt­ gart, Steiner, 1998; J. lruGOIN, La composition architecturale du Philoctète de Sophocle, in REA, a. c 1998, pp. 509-24; P. RrEMER, Chor und Hm1dlung in den Tragodien des Sophokles, in Der Chor im antiken und modernen Drama, a cura di P. RIEMER e B. ZrMMERMANN, Stuttgart-Weimar, Metzler, 1998, pp. 89-111; M. RrNGER, Electra and the empty urn. Me­ tatheater and role playing in Sophocles, Chapel Hill, Univ. of North Carolina Press, 1998; W. B. TYRRELL L. J. BENNETT, Recapturing Sophocles' �ntigone', Lanham, Boulder, New York-Oxford, Rowman & Littlefield, 1998; T. VrsSER, Untersuchungen zum Sophoklei­ schen 'Philoktet'. Das auslosende Ereignis in der Stiickgestaltun,R, Stuttgart-Leipzig, Teubner, 1998; R. KlTZINGER, Sophoklean Dialogues, in Contextualizing Classics. Ideology, Peiforman­ ce, Dialogue. Essays in Honor ofjohn]. Peradotto, a cura di TH.M. FALKNER, N. FELSON e D. KoNSTAN, Lanham-Boulder-New York-Oxford, Rowman & Littlefield, 1999, pp. 205-20; F. MAIULLARI, Unterpretazione anamotjìca dell'Edip o Re. Una nuova lettura della tra­ gedia sofoclea, Pisa-Roma, 1st. Editoriali e Poligrafici Internazionali, 1999; Sophocles revi­ sited. Essays presented to Sir Hugh Lloyd-]ones, a cura di J. GRIFFIN, Oxford, Oxford Univ. -

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1.13.4· Eurip ide Pur contemporaneo di Sofocle, l'anassagoreo EuRIPIDE (485/4-406) è l'ar­ tefice di un teatro nuovo, aperto alle problematiche culturali dell'epoca e contraddistinto da una costante demistificazione dei valori tradizionali, a partire da quelli religiosi (o la -rux11 o gli dèi, è il suo tormentato dilemma) : un teatro nel quale il personaggio mitico viene sottoposto a un laico e anti­ conformistico processo di verifica, che ne riduce da un lato la dimensione

IV STORIA D E L LA LETTERATURA G RECA ·

eroica ai limiti di una comune umanità, facendone dall'altro il portavoce dei disagi e dei risentimenti di larghe fasce sociali. La tradizione lo dice allievo di Anassagora (cfr. 1.9.1), che certo ebbe su di lui un'in­ fluenza determinante; lo mette pure in relazione con Archelao, con i sofìsti Protago­ ra e Prodico, con Socrate. Nel 408 si recò (come Agatone e Timoteo), alla corte di Archelao re di Macedonia, in onore del quale compose l'Archelao; mori, sempre a Pel­ la, due anni dopo, e le sue ultime opere (Baaanti, Alcmeone a Corinto, Ifigenia in Aulide) furono rappresentate, postume, da un omonimo figlio o nipote, anch'egli poeta tra­ gico. A Euripide è stato attribuito un epitafìo per i caduti di Siracusa (cfr. 1.15.8), non­ ché un epinicio per Alcibiade, vincitore a Olimpia (forse nel 416) nelle gare col car­ ro: ma sulla paternità di tale componimento, di cui resta qualche verso (PMG, 755 sg.), si dubitava già nell'antichità (cfr. Plut., Dem., 1 1). Negli agoni tragici esordi nel 455 (Peliadi); compose 22 tetralogie (conosciamo 82 titoli sicuri), ottenendo però solo 5 vittorie (una postuma; la prima nel 441). Oltre a circa 1.100 frammenti e al dramma satiresco Ciclope (forse del 414), ci sono pervenute 17 tragedie: Alcesti (rappresentata nel 438, al posto di un dramma satiresco, dopo la trilogia Cretesi-Alcmeone in Psofidc-Te­ lifo), Medea (431), Eraclidi (forse 430), Ippolito (428), Andromaca (tra 429 e 425), Ecuba (in­ torno al 425-424), Supplici (423 o 422), Eracle (intorno al 416), Troiane (415: terzo dram­ ma di una trilogia di tipo eschileo, che comprendeva Alessandro e Palamede, oltre al sa­ tiresco Sisifo), Ifigenia in Tauride (forse 414 o 413), Elettra (forse 413; secondo alcuni an­ teriore, tra il 421 e il 417, per ragioni metriche), Elena (412), Ione (411), Fenicie (forse tra il 411 e 409), Oreste (4o8), Ifigenia in Aulide e Baccanti (entrambe rappresentate postu­ me). Spurio è il Reso (epoca ignota): l'opera omonima di Euripide è andata perduta, e questa, che ci è pervenuta, è di un ignoto autore del sec. IV.

Secondo un aneddoto ricordato da Aristotele, Sofocle amava dire di aver dipinto i suoi personaggi « come devono essere >>, Euripide invece > (Poet., 1460 b 32 sg.). Prerogativa di Euripide è in effetti di aver portato sulla scena l'uomo, con tutte le sue debolezze e contraddizioni, riconoscen­ do fra l'altro dignità letteraria a tutta una serie di personaggi umili e emargi­ nati, capaci di riflessioni giudiziose e spesso autenticamente nobili. Anche le donne trovano spazio notevolissimo in Euripide, che sulla loro ingiusta con­ dizione di inferiorità ha detto al pubblico cose fino allora mai udite (cfr. Med., 230-51) . Per Aristofane, se Eschilo fu il maestro per eccellenza della n6.hç, Euripi­ de viceversa, col suo corrosivo razionalismo, ne sarebbe stato il corruttore. Vero è comunque che Euripide non additò ai suoi concittadini certezze o modelli assoluti per l'interpretazione della realtà: il suo è il teatro del dubbio, della disperata quanto vana ricerca di un principio d'ordine nel disordine

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I · LETTE RATURA GRECA S I N O AL 300 A.C. delle cose umane. Schiacciato da un mondo nel quale non è possibile intra­ vedere un disegno di superiore eticità, l'eroe euripideo può al più trovare in se stesso, nel rapporto affettivo e solidale coi propri simili, un'àncora di sal­ vezza. Da questo punto di vista l'Eracle euripideo, che accetta di vivere la propria degradazione sorretto dalla fraterna amicizia di Teseo, si colloca al polo opposto rispetto all'Aiace sofocleo. Una lettura in chiave politica dell'opera euripidea rivela il graduale e sofferto pas­ saggio da una fase di accettazione senza riserve del programma pericleo al deciso ri­ fiuto di ogni imperialismo e a istanze pacifiste che per certi aspetti finiscono per av­ vicinare il democratico Euripide al moderato Aristofane. Il fervente patriottismo del­ le prime opere Medea (cfr. vv 824-45), Eraclidi, la stessa Andromaca col suo radicale antilaconismo (cfr. vv. 445-63) cede il passo, a partire dagli anni immediatamente precedenti la "pace di Nicia" (421), a un antibellicismo sempre piu deciso: dai perdu­ ti Cresfonte (cfr. fr. 453 Nauck�) ed Eretteo (cfr. fr. 6o Austin) alle Supplici, all'Eracle (che si chiude con l'abbraccio tra l'eroe della stirpe dorica e il mitico progenitore di Ate­ ne), alle Troadi (implacabile denuncia degli orrori della guerra e condanna senza ap­ pello, alla vigilia della disastrosa spedizione in Sicilia, di ogni impresa imperialistica), ai drammatici appelli dell'Elena (vv 1151-60). Parallelamente viene esaltato, e teoriz­ zato già nelle Supplici (vv 238-45), il ruolo decisivo della classe media, coerentemente associato a pratiche sia contro l'arroganza dei ceti abbienti sia contro i demagoghi: è la classe degli atrroupyoi, dei 'lavoratori in proprio', rappresentata essenzialmente da quei contadini che, come il marito di Elettra nell'omonima tragedia, « sono gli unici a salvare la patria », come si ribadisce nell'Oreste (v. 920). Anche l'alleanza tra Sparta e la Persia, che, sanzionata ufficialmente nel 412, avrebbe tra poco deciso le sorti del conflitto, non mancò di lasciare tracce profonde nell'ultimo Euripide. Il poeta che nell'Andromaca, nell'Ecuba, nelle Troadi si era posto, con umana simpatia, dalla parte dei barbari, non si stanca ora di dipingerli come rozzi, crudeli, incivili: schiavi per na­ tura, si sottolineerà nell'.ljìgenia in Aulide (v. 1401). In quest'opera anche la spedizione di Troia assume le caratteristiche di una grande e giusta impresa panellenica contro il nemico di sempre, il dispotismo asiatico: una causa grandiosa, per la quale vale la pe­ na di immolarsi (cfr. SCG, pp. 292-310; PT, n pp. 29-33). -

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Il Ciclope è l'unico dramma satiresco che ci sia integralmente pervenuto. I satiri, che col padre Sileno sono asserviti al mostruoso protagonista (ne sa­ ranno liberati alla fine da Odisseo), sono non piu che spettatori della vicen­ da. Ma la ridotta funzione del coro non è la sola differenza rispetto ai dram­ mi di Eschilo e di Sofocle che ci sono noti. Pur nella cornice scherzosa, rav­ vivata da lazzi a volte piuttosto grevi (probabile influsso della commedia), abbondano nel Ciclope le implicazioni etico-sociali e le istanze filosofiche é:a­ re a Euripide : l'agone tra Odisseo e Polifemo, ad esempio, traduce in forma

I V STORIA DELLA LETTE RATURA G RE CA ·

drammatica l'antitesi v6,.wç-rulzc� der 'Iphigencia in Aulis'. Die Re­ zeption des Mythos in mztiken zmd modemm Dramen, Stuttgart, Teubner, 1999; P. IPPOLI­ TO, La vita di Euripide, Napoli, Giannini, 1999; U. ALBINI, Euripide o dell'invenzione, Mi­ lano, Garzanti, 2ooo; W. ALLAN, The Artdromachc und Euripidean Tragedy, Oxford, Ox­ ford Univ. Press, 2000; M. CROPP-K. LEE-D. SANSONE, Euripides and Tragic Theatre in the Late F!fth Ccntury, Champaign, Stipes, 2ooo; E. HALL-F. MAciNTOSH-0. TAPLIN, Medea in Performance, 1500-2000, Oxford, Legenda, 2000; C.W. MDLLER, Euripides. 'Philoktet'. Testimonien u11d Fragmmte, Berlin-New York, de Gruyter , 2ooo; C. PREISER, Euripides: 'Telephos'. Einleittmg, Tcxt, Kommmtar, Hildesheim, Olms, 2000; S.D. SuLLI­ VAN, Euripides' use of psychological terminology, Montreal-Kingston-London-lthaca, McGill-Queen's Univ. Press, 2ooo; j. AssAEL, Euripide, philosophe et poète tragique, Lou­ vain et al., Peeters-Société cles Etudes classiques, 2001; A.-T. Cozz o u, Euripide, 'Crete­ si', lntr., testimonianze, testo critico, trad. e commento, Pisa-Roma, 1st. Editoriali e Poligrafìci Internazionali, 2001; M. DuBISCHAR, Die Agonszenen bei Euripides: Untersu­ chungen zu ausgewéihlten Dramen, Stuttgart-Weimar, Metzler, 2001; E. MEDDA, Euripide, 'Oreste', lntr., trad. e note. Testo greco a fronte, Milano, Rizzoli, 2001; G. PACE, Euripi­ des. 'Reso'. I canti, Roma, Edizioni dell'Ateneo, 2001; D. SusANETTI, Euripide, Hlcesti', Ve­ nezia, Marsilio, 2001; F. TuRATO, Euripide, 7figenia in Aulide'. Con testo a fronte, ivi, id., 2001; J.W. BEc K, 'Medeas' Chor: Euripides' politische Losung. Mit einer vergleichenden Be­ trachtung von 14 weiteren 'Medea'-Dramen), Gottingen, Duehrkohp und Radicke, 2002; R. FALCETTO, Il 'Palamede' di Euripide. Edizione e commento dei frammenti, Alessandria, Edizioni dell'Orso, 2002; H. KucH, Euripides. Mit einer Prosa-Ubertragung der 'Medea', Amsterdam, Hakkert, 2002; DJ. MAsTRONARDE, Euripides, 'Medea', Cambridge, Cam­ bridge Univ. Press, 2002; K. MATTHIESSEN, Die Tragodien des Euripides, Mlinchen, Beck, 2002; D. MENDELSOHN, Gender and the city in Euripides' politica! plays, Oxford, Oxford Univ. Press, 2002; Approaches to Teaching the Dramas , vol. LXI 1991, pp. 151-68) . Gli Ateniesi dedicarono una statua in bronzo - per primo dopo Eschilo - ad Asn­

DAMANTE IL GIOVANE ( TrGF, 6o), cosi detto per distinguerlo dall'omonimo genitore,

figlio di Morsimo e anche lui poeta tragico (ivi, 59). Una ventina di titoli (satireschi erano l'Eracle e, forse, l'Hermes) e una decina di poco significativi frammenti è quanto resta di lui. In questo periodo i contatti tra retorica e tragedia furono quanto mai in­ tensi, e non pochi si cimentarono nell'uno come nell'altro campo. Tra questi fu l'ate­ niese AFAREO, figlio del sofista lppia e vincitore due volte alle Dionisie e due alle Le­ nee: di lui non abbiamo che qualche titolo (ivi, 73). Celebre anche per la sua TéxvTJ (cfr. 1.12.4) fu TEODETTE DI FASELIDE, cui si attribuivano so drammi e 7 vittorie ( TrGF, 72). Abbiamo di Teodette 9 titoli (tra i quali il non mitologico Mausolo) e una ventina di frammenti, che rivelano predilezione per il monologo moraleggiante, la ricerca del pathos, il gusto per gli indovinelli. L'influsso della retorica è evidente anche in CHEREMONE, che per la sua àxpi�na Aristotele paragonava a un logografo, defi­ nendone l'opera piu adatta alla lettura che alla recitazione (Rhet., 1413 b 12 sg.). Di lui abbiamo 10 titoli e 43 frammenti, per un totale di circa 8o lambiccati versi ( TrGF, 71). Sappiamo che il suo Centauro mescolava insieme una gran quantità di metri diversi: eccentricità censurata da Aristotele (Poet., 1447 b 20-23.; 1460 a 1 sg.). Altro tragico di successo (11 vittorie dionisiache) fu il figlio di Senocrate CARCINO IL GIOVANE, cui

321

IV STORIA DELLA LETTERATURA G RE CA ·

vengono attribuiti 160 drammi: ci sono pervenuti una decina di titoli e altrettanti �re­ vi frammenti (TrGF, 70). Alla tragedia - oltre che alla composizione di opere stonche (FgrHist, 557), di elegie (IEG, II 6o sg.), di peani (cfr. FJ!,rHist, 76 fr. 32) e, pare, di com­ medie (PCG, v 41) - si dedicò DIONISIO I (TrGF, 76), che non mancò di ottenere al­ cune vittorie (una ad Atene nel 367), a onta delle ironie dei detrattori (cfr. testt. 11 sg.). Ci restano una dozzina di frammenti e 5 titoli: di un certo interesse la satiresca Fame, che sviluppava il tradizionale motivo della voracità di Eracle presentando Sileno nel­ le insolite vesti di medico. Tra gli autori della seconda metà del secolo vanno ricor­ dati TIMOCLE (diverso dall'omonimo poeta comico, sul quale cfr. 1.14.4), che si impo­ se alle Dionisie del 340 col satiresco Licurgo (TrGF, 86); su PITONE DI CATANIA o Bi­ sanzio (ivi, 91), e il suo dramma satiresco Ageno cfr. IV 2.2.1. Ione, ed. commentata: A. voN BLUMENTHAL, Stuttgart-Berlin 1939; con testimo­ nianze e nuovi frammenti (SLG, 316; NFPhot., 62 sg.); edizione: L. LEURINI, Amster­ dam 1992. Cfr. BLG, pp. 387 sg. [L. PICCIRILLI, Cimone in Ione di Chio, in QS, vol. xux 1999, pp. 267-71.]

1.14. LA COMMEDIA 1.14.1. Premessa Anche il teatro comico, come quello tragico, fu caratterizzato da uno stret­ to legame con la n:6Àtç, intese assolvere una funzione distensiva, ma al tempo stesso educativa, unendo al yeÀo'ìov, il 'comico', l'altrettanto imprescindibile on:ouoa'ìov, la 'serietà' (cfr. Ar., Ach., v. soo; Ran., vv. 391 sg., 686 sg.). Dalla struttura della tragedia la commedia derivò il prologo, la parodo, l'aggruppa­ mento delle scene in episodi divisi da canti corali e l'esodo. Caratteristici della com­ media erano invece l'agone e la parabasi. Vagone era un contrasto tra due avversari che si minacciavano e si insultavano. A un certo punto, per lo piu proprio dopo l'a­ gone, gli attori abbandonavano la scena e i coreuti, deposti i loro mantelli e le ma­ schere, si rivolgevano direttamente agli spettatori sfilando davanti a loro (mxpa.�a.i­ vew): di qui il nome di parabasi, a designare i canti e le parti recitative che costitui­ scono questa importante sezione della commedia. Essa rompeva l'illusione scenica, e il poeta faceva dire al coro tutto ciò che voleva senza alcuna necessaria attinenza coll'argomento della commedia. Agli agoni comici, organizzati come quelli tragici (cfr. 1.13.1), venivano ammessi 5 concorrenti (ridotti probabilmente a 3, a causa della precaria situazione economica, negli anni 426-421 e 415-404), ciascuno con una sola commedia. Il coro comico era composto da 24 coreuti, che si travestivano nelle fog­ ge piu strane (rane, vespe, uccelli, ecc.) e facevano uso di una danza sfrenata detta « cordace ». La lingua del dialogo era l'attico contemporaneo, con volgarismi e tri­ vialità lessicali; aulica, con patina dorizzante, quella dei cori. Gli attori portavano 322

l

· LETTE RATURA G RE CA S I N O AL 300 A.C.

una maschera comica e talora - come risulta da alcune rappresentazioni vascolari e da alcuni passi aristofanei - un grande fallo di cuoio, retaggio degli ancestrali riti fal­ lici.

Il riferimento polemico all'attualità, senza paraventi mitici o eroici, fu una caratteristica costante di quasi tutta la poesia comica del V secolo. Lo Stato democratico si vantò sempre di concedere ai poeti la rcapp11oia, inclusa la possibilità di ÒVOjl (m 116 sg.; cfr. VII 294 a), « Esiodo o Teognide dei ghiottoni » (vii 310 a). Il poema ebbe un notevole successo - malgrado le moralistiche condanne di peripatetici, stoici e cri­ stiani - non solo nel mondo greco (specie presso i cornici), ma anche in quello latino: Ennio, nei suoi Hedyphagetica, lo ebbe sicuramente sott'occhio (cfr. Varrone, 35-36 = '

SH,

187 1-3).

Reliquie p arodico-gastronorniche, ed. commentate: P. BRANDT, Leipzig 1888 (BT); SH, 132-92 (Archestrato), 534-40 (Matrone). Cfr. E. DEGANI, Poesia parodicagreca, Bolo-

343

I V STORIA DELLA LETTE RATURA GRECA ·

gna 19832; La poesia gastronomica greca, in « Alma Mater Studiorum » , 3/2 1990, pp . 3350; 4/1 1991, pp. 147--5 5; Problemi di poesia gastronomica greca, in >, LXXIX 1990-1991, pp. 67--8 0. [Dello stesso DEGANI, I:elemento gastronomico nella commedia greca postaristofanea, in La comedia griega, cit. in 1.14.1, pp. 215-25; vd. inoltre Archestratos oJGela: text, translation, and commentary, a cura di S. DouGLAS 0LSON e A. SENS, Oxford, Oxford Univ. Press, 2ooo; la "voce" Gastronomische Dichtung di O. MoNTANARI in NP, e M. PELLEGRINO, Utopie e immagini gastronomiche nei frammenti dell' 'archaia', Bologna, Pàtron, 2000; F. CoNDELLO, Note al 'Convivium Atticum' di Matrone (fr. I 0.-S. = SH 534), in >, a. xm 2002, pp. 133-50.]

344

2

E L LE N I S M O

di RICHARD HuNTER 2.1. INTRODUZIONE 2.1.1. Caratteristiche ge11erali Solo briciole sono tràdite della letteratura greca prodotta tra l'epoca di Alessandro Magno e la vittoria di Ottaviano su Cleopatra nel 31 a.C.: la mag­ gior parte della poesia fu scritta nel III secolo ad Alessandria, o è ad Alessan­ dria in qualche maniera legata. Perciò si è posta spesso la questione su come si possa davvero distinguere tra letteratura "ellenistica" e "alessandrina"; tan­ to piu che ambedue i concetti, almeno sino a poco tempo fa, erano connota­ ti non solo cronologicamente e geograficamente, ma anche da un giudizio di valore, quasi un giudizio morale. Nel significato e nella delimitazione del problematico concetto di "ellenismo", la letteratura gioca comunque un ruolo centrale. Rimpiangiamo di aver cosi poco della poesia greca del tardo II secolo e del I a.C.: del periodo, cioè, che deve aver avuto una grande, de­ terminante, influenza sulla poesia romana; di Partenio, ad esempio, ci resta­ no solo circa 30 versi, senza contesto, e alcune parole singole (SH, 6o6-66). Nella prosa dominarono, in quest'epoca, scienza e storiografia, e in quest'ul­ tima sia cronache locali che storie universali; ambedue questi tipi di storia­ grafia hanno, del resto, pendants in poesia (vd. 2.4.1; 2.5.2-2.5.3). La separazione sempre piu netta, nel mondo greco post-classico, tra cul­ tura "popolare" ed "elitaria" (o "dotta"), è particolarmente evidente nella poesia, fatta eccezione per il dramma (vd. 2.2.1). Una poesia di sofisticata raf­ finatezza come l'idillio xv di Teocrito (che descrive due donne del popolo che si recano a una festa nel palazzo dei Tolomei) mostra tale separazione, e la rende contemporaneamente oggetto di poesia. Una cultura poetica dotta fiori sotto il patronato di potenti dinastie, che "impadronendosi" dell'eredità culturale greca cercarono di accrescere il loro prestigio e le loro aspirazioni egemoniche sul mondo greco. I grandi centri poetici, nel III e II sec. a.C., so­ no le corti dei Tolomei ad Alessandria, degli Antigonidi a Pella e dei Seleu­ cidi a Antiochia. Un processo, invero, iniziato molto tempo prima: già verso 345

IV STORIA DELLA LETTE RATU RA G RE C A ·

la fine del V sec. a.C., infatti, il re macedone Archelao aveva chiamato alla sua corte non solo autori drammatici come Agatone ed Euripide, ma anche il poeta epico Cherilo di Samo, che fu per qualche tempo anche al seguito del generale spartano Lisandro; ai Lysandreia del 404 a Samo insieme a Che­ rilo c'era inoltre Antimaco di Colofone, la cui Lide elegiaca doveva divenire pietra di paragone del gusto alessandrino (vd. 2.4.1). Il progressivo raccogliersi dei poeti piu importanti nei centri del potere fe­ ce sf che nascesse una categoria di poeti avulsa dalle tradizionali occasioni del far poesia; del resto, alla fine del V sec. a C. l'epoca aurea della lirica co­ rale era ormai un ricordo. Ad Atene e anche altrove furono certo sempre scritte e rappresentate tragedie e commedie (vd. 2.2.1) , ma quella che si è de­ nominata 'cultura del canto' ( Gesangskultur) greca lasciò lentamente posto al­ la "cultura del libro". Sebbene la poesia non lirica fosse naturalmente sempre recitata e rappresentata, si continuò a leggere la grande poesia del passato so­ lo sui libri: questo nuovo tipo di ricezione divenne decisivo per un fare poe­ tico, che trovava sempre piu la fonte principale della sua creatività nel "n­ scrivere" la poesia anteriore. I.:introduzione di "libri di poesia" durante il IV e il III sec. a.C. (Eronda, i Giambi di Callimaco, gli epigrammatici, probabil­ mente Teocrito e altri), un fenomeno con implicazioni decisive per la poesia romana, fu in parte una diretta conseguenza del fatto che i poeti avevano let­ to i loro modelli arcaici e classici sui libri. Inoltre la progressiva separazione tra forma metrica e musicale, e il nascere di categorie distinte di "poeti" da una parte e "musici" dall'altra, spezzarono il legame che c'era stato fino a quel momento tra l'occasione poetica e la sua forma. Da tutti questi feno­ meni scaturi quel che noi definiamo "letteratura", e condusse a un prolifera­ re di poeti che si provarono in una varietà di forme mai conosciuta prima. Si dice ad esempio che Timone di Fliunte (vd. 2.3) scrisse > dove > , a. XXIII 2001, pp. 239-62; F.W WALBANK, Polybius, Rome and the Hellenistic World: Essays and Re­ jlections, Cambridge, Cambridge Univ. Press, 2002; M. WEISSENBERGER, Das Imperium Romanum in den Proomien dreier griechischer Historiker: Polybius, Dionysios !lOn Halikarnassos und Appian, in RhM, a. cxLv 2002, pp. 262-81; E. FouLON, Entre >: Euergetische Initiativen und Kommunikations­ formen in griechischen Heiligtiimern zur Zeit der Zweiten Sophistik, in Griechenland in der Kaiserzeit. Neue Funde und Forschungen zu Skulptur, Architektur und Topographie. Kollo­ quium zum sechzigsten Geburtstag von Prof. D. Willers, Bern, 12.-13. ]uni 1998, a cu­ ra di C. REusSER, Bern, Inst. fur Klassische Archaologie der Universitat Bern, 2002, pp. 43-70; Greek Romans and Roman Greeks. Studies in cultura! interaction, a cura di E.N. O sTENFELD, con la collaborazione di K. BLOMQVIST e L. NEVETT, Aarhus, Aarhus Univ. Press, 2002; B. PuECH, Orateurs et sophistes grecs dans les inscrip tions d'époque impé­ riale, Paris, Vrin, 2002; Studium declamatorium. Untersuchungen zu Schuliibungen und Prun­ kreden von der Antike bis zur Neuzeit aoachim Dingel zum 65. Geburtstag}, a cura di B.-J. ScHRòDER e J. PETER, Miinchen-Leipzig, Saur, 2003.] «

379

IV STORIA DELLA LETTE RATURA G RE CA ·

3.2. LA RETORICA 3.2.1. La teoria retorica

La retorica scolastica in epoca imperiale arriva al piu alto livello di elabo­ razione. Nel II sec. d.C. MINUCIANO e soprattutto ERMOGENE DI TARSO nel Ilepì aréwewv portarono alla forma definitiva la dottrina delle staseis ( m:&.mç, 'posizione che un oratore deve sviluppare durante il procedimento nell'ac­ cusare o nel difendere') di ERMAGORA DI TEMNO (II sec. a.C.) . Ermogene de­ scrive nel Sui tipi di stile (Ilepì ioewv) 7 diversi tipi di stile (con ulteriori divi­ sioni) . Gli sono a torto attribuite due altre opere, Ilepì evpéaewç (Sull'inven­ zione), e Ilepì f.ie{)'6oov oezv6r7Jroç (Sull'acutezza del metodo). Soprattutto que­ stioni stilistiche trattano anche le Ttxvaz fnlropzxai, 'arti retoriche' (ugual­ mente del II sec. d.C.) tràdite sotto il nome di Aristide (vd. 3.2.2) , che distin­ guono 12 ioéat. Nel III secolo APSINE DI GÀDARA produce, accanto ad altri scritti teorici, l'ultima TéxvTJ retorica tràdita per intero; verso la fìne dello stesso secolo il retore MENANDRO DI LAODICEA scrive co mm enti a Demoste­ ne (uno dei fondamenti degli scoli demostenici) , a Minuciano e a Ermo ge­ ne, e inoltre almeno il secondo dei trattati a lui attribuiti Ilepì brzoezxrzxWv (Sui discorsi epidittici). A partire dal I sec. d.C. si formano molte raccolte di 'esercizi preparatori' (7tpoyuf.!VcXaf..La'ta; la più antica risale a Euo TEONE) , che tramandano, con esempi, i principali tipi di discorsi su cui bisognava eserci­ tarsi nelle scuole di retorica. Il sistema retorico diventò quindi una disciplina propedeutica nella tradi­ zione d'insegnamento neoplatonica: se Porfìrio (vd. vn 1.7.2) commentava ancora Minuciano, al posto di quest'ultimo subentrarono presto gli scritti di Ermogene, che dal IV secolo fu commentato dai neoplatonici ( Sopatro, Si­ riano) e diventò canonico nelle scuole di retorica sino alla fine dell'impero bizantino. M. HEATH, Hermogenes, On Issues: Strategies oJArgummt in later Greek rhctoric, Oxford 1995; D.A. RussELL-N.G.WILSON, Menander Rhctor, ivi 1981 (trad. inglese e commen­ to) . [BLG, pp. 545-50. G. LINDBERG, in ANRW, II 34/3 1997, pp. 1978-2063; L RuTHER­ FORD, Canons of Style in the Antonine Age. Idea-Theory m1d its Litcrary Context, Oxford, Clarendon Press; 1998. Teone e Apsine hanno ora edizioni con ricche introduzioni e commento nella collana greca BL, il primo a cura di M. PATILLON e G. BoLOGNESI (1997) , il secondo a cura di M. PATILLON (2001) .]

3 ETÀ I M PERIALE ·

3.2.2. La prassi retorica Si continuarono a praticare le tre forme di retorica, secondo la distinzione che risale ad Aristotele. I "veri" discorsi giudiziari diminuirono notevolmen­ te; i discorsi simbuleutici -indirizzati a comunità cittadine e a corporazioni provinciali, oppure discorsi tenuti in occasione di ambascerie (in particolare presso l'imperatore) -, invece, conservarono un certo ruolo. La parte piu consistente della retorica imperiale ha però carattere epidittico: discorsi fe­ stivi, d'omaggio o di saluto; conferenze d'intrattenimento di un pubblico adeguatamente colto, che consistono in 'premesse' (rcpo.Àa.Àtai, òta.Àél;nç) e 'declamazioni studiate' (IJ.E.Àé-rat) o 'improvvisate' (aù-roaxtowt .À6ym). Gli oratori si immedesimano in casi giudiziari fittizi e in grandi situazioni deci­ sive della storia greca "classica", ma forniscono anche elogi di oggetti umili o addirittura assurdi (&ool;a, rcap&òol;a). Della maggior parte di loro (Niceta [vd. 3.1.2], Scopeliano di Clazomene, Adriano di Tiro, Alessandro Peloplato­ ne, e altri) si ha conoscenza solo dalle Vite dei sofisti di Filostrato (vd. 3.4.2) e da testimonianze epigrafiche; di Polemone di Laodicea sono conservate, se si eccettuano i Physiognomica, tràditi in piu tarde rielaborazioni, due MeJ..éraz (che oggi appaiono astruse). Qui di seguito presenteremo piu nei dettagli gli oratori di cui è tràdita gran parte dell'opera. G.W. BoWERSOCK, Greek Sophists in the Roman Empire, Oxford 1969, da leggere con le precisazioni di E.L. BowiE, The importance ofsophists, in YClS, a. XXVII 1982, pp. 2959; D.A. RussELL, Greek declamation, Cambridge 1983; G. ANDERSON, The pepaideume­ nos in action: Sophists and their outlook in the early Roman Empire, in ANRW, n 33/1 1989, pp. 79-208; L. PERNOT, La rhétorique de ['éloge dans le monde gréco-romain, 2 voll., Paris 1993; J.-J. FLINTERMAN, Power, Paideia & Pythagoreanism: Greek identity, conceptions of the relationship between philosophers and monarchs and politica! ideas in Philostratus' Life oJApol­ lonius, Amsterdam 1995, pp. 29-51. Su Polemone (e Favorino, vd. sotto) ora M.W. GLEASON, Making men: Sophists and selfpresentation in Ancient Rome, Princeton 1995. [P. VEYNE, I:identité Grecque devant Rome et l'Empereur, in REG, vol. cxii 1999, pp. 510-67.]

DIO NE m PRusA, detto « Cristostomo >> (40 ca.-112), membro di una ricca famiglia bitinica, godette nella Roma dei Flavi di un prestigio considerevole, sino all'esilio comminatogli da Domiziano; iniziò allora una vita girovaga di stampo cinico, che terminò solo con la morte di quell'imperatore. "Riabilita­ to" sotto Nerva e Traiano, Dione trascorse i suoi ultimi decenni a Prusa, do­ ve giocò ancora un ruolo importante nella vita politica della città. La crono-

IV · S T O RIA DELLA LETTERATURA G RECA

logia della sua poderosa opera è per molti aspetti assai discussa. Essa com­ prende paradossografia "sofistica" (l'Encomio dei capelli è in parte tràdito nel­ l'Encomio della calvizie di Sinesio [vd. IV 4.3.7] ; il Tpwzx6ç, Discorso troiano capo­ volge la guerra troiana com'è raccontata da Omero), trattati su temi di filo­ sofia morale (Sulla schiavitu, Sulla libertà, SulJato, SuWinvidia, Sullafilosofia) e vi­ vaci dialoghi intorno a Diogene cinico; inoltre saggi di critica letteraria e di­ scorsi politico-morali rivolti a diverse comunità cittadine della parte orienta­ le dell'impero. Significativi per il loro contenuto estetico e religioso sono l"OÀvfimX6ç (Discorso olimpico) e il BopvaV'evzrzx6ç (Boristenico), per quello po­ litico i quattro discorsi Ilepì fJaazÀeiaç (Sulla regalità), nei quali Dione svilup­ pa davanti a Traiano un ideale di monarchia ispirato alla tradizione cinico­ stoica, per quello socio-politico l'Ev{Jozx6ç (Euboico). I Discorsi bitinici offrono un panorama della situazione delle città provinciali nell'impero orientale. Un tempo si è distinto, in base a una testimonianza di Sinesio (vd. IV 4·3·7·), un Dione "sofistico" precedente al Dione "filosofico": una divisione a cui si è rinunciato, perché è la retorica - onnipresente in Dione - ad avere talora maggiori, talora minori, contenuti filosofici. C.P. JoNES, T1ze Roman World oJDio Chrysostom, Cambridge (Mass.) 1978; P. DEsi­ DERI, Diane di Prusa: Un intellettuale greco nell'impero romano, Messina 1978; B.F. HARRIS, Dio ofPrusa: a survey ofrecent work, in ANRW, II 33/5 1991, pp. 3853-881; D.A. RussELL, Dio Chrysostom. 'Orations 7, 12, 36', Cambridge 1992; SwAIN, 187-241. [BLG, pp. 551-53. Dio Chrysostom. Politics, letters, and philosophy, a cura di S. SwAIN, Oxford, Oxford Univ. Press, 2000, con rassegna della bibliografia sino al 2000; S. FoRNARO, Accuse e difese d'Omero: Platone nell'orazione undicesima di Diane Crisostomo, in > bei Philon von Alexandrie11 und Ffm,iusJosephus. Studien zum Verstandnis und zur Funktion der Thora bei den beiden Hauptzeugen des helleni­ stischen ]udentums, Frankfurt a.M., Lang, 2001; S. CASTELLI, Il terzo libro delle :Antichità giudaiche' di Flavio Giuseppe e la Bibbia. Problemi storici e letterari. Traduzio11e e commento, Como, New Press, 2002. Vd. anche i vari contributi in Flavian Rome. Culture, Image, Text, a cura di AJ. BoYLE e W. J. DoMINIK, Leiden-Boston, Brill, 2003.] «

3.8. LETTERATURA CRISTIANA IN LINGUA GRECA Nota: alla base del seguente schizzo (di necessità breve) sono le seguenti opere: B. ALTANER-A. STUIBER, Patrologie. Leben, Schriflen und Lehren der Kirchcnvéiter, Wien 19819; H. DROBNER, Lehrbuch der Patrologic, Freiburg i.Br. 1994; C. MoRESCHINI-E. NoRELLI, Storia della letteratura cristiana antica greca e latina, 1. Da Paolo all'età costantiniana, Brescia 1995; ull. Dal Concilio di Nicea agli inizi del Medioevo, ivi 1996, con due voll. di antolo­ gta, 1999. 3.8.1. Inizi Le lettere di PAoLo, scritte tra il so e il 58, contengono le piu antiche for­ mule liturgiche, inniche e di fede del cristianesimo, e documentano le prime 408

3 · ETÀ I M PERIALE fasi della separazione della nuova religione dal giudaismo; sicuramente au­ tentiche sono solo le lettere: 1 Tessalonicesi, 1 e 2 Corinzi, Galati, Filippesi, Filemone e Romani, le altre sono di origine piu tarda. Le tre lettere di GIO­ VANNI sono uno sviluppo dei pensieri del Vangelo di Giovanni (vd. 3.8.2) ; le restanti lettere degli apostoli sono dei trattati nati verso la fine del I secolo (la parte piu recente del Nuovo Testamento è la Seconda lettera di Pietro, an­ cora un po' piu tarda). La Lettera di Barnaba (inizio del II secolo) è una te­ stimonianza importante della crescente divisione dal giudaismo. Sin dalla fìne del I secolo appaiono le prime nùssive legate a nonù di non apostoli: la Prima lettera di CLEMENTE (che prende il nome dal terzo successore di Pietro), le sette lettere di IGNAZIO DI ANTIOCHIA e la lettera del vescovo PoucARPO ai Filippesi. All'incirca contemporaneamente nascono i primi scritti d'insegnamento per la vita comunitaria all'interno della Chiesa (la Didaché, scoperta in un manoscritto autono­ mo nel 1873, e altri). La retorica della predica Sullafesta di Pasqua (scoperta nel 1936) di MELITONE DI SARDI (metà del II sec.) mostra chiare affinità con la contemporanea "Seconda sofistica" (vd. 3.1.2). A partire dal II secolo sorgono anche le piu antiche te­ stimonianze dell'incrollabile passione e morte dei martiri cristiani, che vennero in gran parte raccolte da Eusebio nella sua Storia della Chiesa (vd. IV 4.3.2).

3.8.2. Vangeli e apocalittica La nascita e la "canonizzazione" dei quattro Vangeli del Nuovo Testa­ mento resta nei dettagli ancora da spiegare definitivamente. I tre Vangeli co­ siddetti "sinottici" sono forse stati prodotti tra il 70 e il 90 (vi sono infatti ri­ flessi della distruzione di Gerusalemme). Il Vangelo di Marco è il piu breve e il piu antico; il Vangelo di Matteo e il Vangelo di Luca sembrano aver at­ tinto dal Vangelo di Marco e dalla fonte dei A6yza (raccolta di sentenze di Gesti) e mostrano, rispetto a Marco, maggiore attenzione per lo stile (so­ prattutto Luca; cfr. m 2.2.4) . Nel Vangelo di Luca e nella sua prosecuzione, gli Atti degli Apostoli, si mostra chiaramente il distacco dal giudaismo e l'a­ pertura all'impero romano. Il Vangelo di Giovanni prese la sua forma attua­ le probabilmente verso la fine del I secolo. Intorno al 170 Taziano (vd. 3.8.4) raccolse questi quattro Vangeli (e forse materiale apocrifo) in un unico testo, nel Diatessaron, di cui, per la rottura di Taziano con l'ortodossia, oggi sono tràditi solo frammenti (anche di numerose traduzioni). Accanto ai Vangeli canonici si formarono, sin dalla fìne del I secolo, altri scritti di tipo evangelico (in parte con tendenza gnostica), che intanto sono stati meglio cono-

I V STORIA DELLA LETTERATURA G RECA ·

sciuti grazie a ritrovamenti in Egitto (Nag Hammadi 1948) . Accanto agli Atti degli Apostoli compaiono "atti degli apostoli" apocrifi. Di fronte a tali testi diventò sempre piu urgente distinguere la tradizione "autentica" da quella spuria: perciò nella � ri� a metà del II secolo PAPIA m lERAPOLI (Spiegazioni della parola del Signore, presente m a­ tazioni e frammenti in autori piu tardi) tentò di salvaguardare la tradizione, senza la­ cune; gli Hypomnemata di EGESIPPO (fonte importante per la Storia della Chiesa di Eu­ sebio [vd. IV 4.3.2]) intendevano invece conservare, nella seconda metà del II secolo, le tradizioni autentiche sulla successione dei vescovi soprattutto a Roma e Corinto.

Con l'Apocalisse di Giovanni, una visione della fine del mondo e del giu­ dizio universale che ha sullo sfondo la minacciosa persecuzione dei cristiani, comincia, verso la fine del I secolo, la letteratura apocalittica. A essa appar­ tiene il Pastore di Erma, scritto intorno alla metà del II secolo, che consiste in quattro visioni piu una, che contiene dodici precetti e dieci similitudini: il "pastore" è l'angelo, che all'inizio della quinta visione di Erma compare co­ me mediatore e interprete della rivelazione. 3.8.3. Eresie e ortodossia Sin dal II secolo gli autori cristiani furono sempre piu spesso costretti a prendere posizione per il "vero" cristianesimo contro la "falsa" dottrina: i montanisti furono combattuti in quanto agitatori che mettevano in discus­ sione le tradizioni; anche contro MARCIONE, che nelle sue Antitesi (non trà­ dite) considera autentiche solo le lettere di Paolo e il Vangelo di Luca e vede annunciarsi negli altri testi biblici solo un dio-demiurgo minore, si indirizza­ rono molti sforzi di confutazione (Giustino Martire, Syntagma contro Marcione e tutte le eresie; Tertulliano, Contra Marcionem) . Ancora oltre andarono le dot­ trine gnostiche; i loro esponenti sono stati a lungo conosciuti soltanto attra­ verso gli scritti dei loro oppositori (Giustino, Ireneo, Ippolito) . Grazie ai ri­ trovamenti di Nag Hammadi sono intanto divenuti disponibili anche testi (in copto) del II e III secolo, anonimi. La prima grande opera contro queste dottrine è l' " EÀeyxoç xaì ixvarponij rijç rf!evowvVJ.lOV yvwaewç (Inchiesta e re­ putazione della gnosi pseudonima, che abbiamo per intero solo nella traduzione latina) di IRENEO DI LIONE, scritta sotto papa Eleutero (1 74-189) . Il primo li­ bro presenta i diversi sistemi gnostici (anche le dottrine di Marcione e Tazia­ no), i quattro libri seguenti li confutano. Autore di uno scritto antieretico an­ cora piu complesso, il Karà naaCN aipéaewv cÀeyxoç (Inchiesta contro tutte le eresie) , in 10 libri, è IPPOLITO DI RoMA (inizio del III sec.), noto anche come 410

3 ETÀ I M PE RIALE ·

autore di numerosi scritti polemici, apologetici, esegetici. Nei primi quattro libri dell' " EÀeyxoç (i libri 11-111 e una parte del quarto sono perduti) le tradi­ zioni pagane (dottrine filosofiche, culti misterici, astrologia e magia) furono presentate come le basi delle diverse dottrine eretiche e quindi, nei libri v-Ix, confutate; il libro x dà un compendio. Lo scritto apologetico di Ippolito llpòç "EMr;vaç xaì npòç llÀécrwva fJ xaì nepì rov navr6ç è tràdito solo in frammenti e nel compendio bizantino di Fozio; sulla sua Cronaca e quella di Giulio Africano, cfr. IV 4.3.2. 3.8.4. I..:apologetica cristiana A partire dagli inizi del II secolo, gli autori cristiani cercarono di difende­ re la loro fede dalle incomprensioni e le polemiche del mondo pagano. Le prime apologie di questo tipo furono indirizzate ad Adriano da QuADRATO e ARISTIDE DI ATENE; sono tràdite solo in frammenti o in rielaborazioni e tra­ duzioni piu tarde. A metà del II secolo, GIUSTINO MARTIRE, che aveva una profonda cultura greca, essendo stato prima adepto di diverse scuole filosofi­ che, scrisse sia la Prima e la Seconda apologia, che il Dialogo con l'ebreo Trifone; il suo discepolo siriaco TAZIANO redasse, accanto al citato Diatesseron (vd. 3.8.2) il A6yoç npòç "EMr;vaç (Discorso ai Greci), con pungenti attacchi all'intera cul­ tura greca. A Marco Aurelio e Commodo si indirizza la llpeafleia nepì Xpz­ arzavwv (Ambasceria sui cristiani), di ATENAGoRA; un po' piu tardi TEoFILO DI ANTIOCHIA fu autore di tre libri Ad Autolico, nei quali cerca di esporre a un pagano la superiorità della religione cristiana e perciò si rifà a Filone e Flavio Giuseppe (vd. 3·7). Il ,1zaaVpf.lÒç TWv e(w qnÀoa6> , a. xm 1987, pp. 113-23, tuttavia ulteriori dubbi sulla paternità in B. CouuE-L.F. SHERRY, Thesaurus Ps.­ Nonni quotam Pmzopolitmzi, Paraphrasis 'Evmzgclii S. Iomm is , Turnhout 1995. Corrispon­ dentemente divergono le interpretazioni del rapporto con il genere pagano delle Dionisiache (4.4.5 ) . '

4 · 4 · LETTERATURA PROFANA: DA MARCIANO (45o) A GIUSTINIANO I (565) 4-4.1. Filosofia La scuola di Atene divenne la roccaforte pagana. Visse il suo culmine nel 450-485 sotto PRocLo, la cui molteplice produzione (cfr. 4-4.5) includeva le perdute Prove contro i Cristiani. Giustiniano I chiuse nel 529 la scuola, tuttavia ancora l'erudito SIMPLICIO (prima metà del VI sec.) scrisse commenti ad Ari­ stotele e a Epitteto. Al centro dell' "agiografia neoplatonica" Marino pose il suo predecessore Proclo, e Damascio il suo maestro Isidoro (ed. C. ZINTZEN, Hildesheim 1967) . Una vita di Pro­ do di Marino si presentava anche in esametri (Suda, 1..1 198) , e inoltre anche Cristodo­ ro di Copto scrisse componimenti poetici sugli allievi di Proclo Qoh. Lyd., Mag., 3 26) . P. Cox, Biography in Late Antiquity, Berkeley 1983. Alessandria fu sino all'inizio del V secolo solo un centro di matematica e discipline scientifiche, come mostrano in parte le opere tràdite di TEONE e i titoli di sua figlia IPAZIA, che fra l'altro fu maestra di Sinesio. Fu assassinata nel 415 da seguaci di Cirillo. IEROCLE DI ALESSANDRIA (prima metà del V sec.), che si occupò di etica, e dal 470 circa soprattutto AMMONIO, scolaro di Proda, formarono la scuola alessandrina, dalla quale scaturirono commenta­ tori di Aristotele come Simplicio (vd. sotto) e i cristiani DAVIDE ed ELIA (2a metà del VI sec.). Si pubblicarono resoconti dall'insegnamento (ax6Àta) spesso a nome di chi li aveva trascritti - e commentari continui (unOJlV11Jla­ -ra), stilisticamente piu elaborati. Di GIOVANNI FILOPONO (morto dopo il 570) sono tràditi non solo scritti filosofici e teologici: con dottrine platoniche, ari­ stoteliche e sue proprie, Filopono spiegò anche il racconto della creazione sulla base delle conoscenze della cosmologia scientifica (De opificio mundi). -

435

IV

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S T O RI A DELLA LETTERATURA G RE CA

D. BLANK, Ammonius, 'On Aristotle On interpretation 1-8', London, 1996. Su Davide ed Elia: J.P. M.AHÉ, in L HADOT (a cura di), Simplicius. 'Commentaire sur les catégories', 1, Lei­ den 1990, pp. 189-207; E. LAMBERZ, Proklos und die Form des philosophischen Kommentars, in J. PÉPIN-H.D. SAFFREY (a cura di), Proclus. Lecteur et interprète des anciens, Paris 1987, pp. 1-20; F. Ro MANO, La scuola filosofica e il commento, in SLeGA, 1/3, pp. 587-611; C. ScHOLTEN, Antike Naturphilosophie und christliche Kosmologie in der Schrift 'De opificio m un­ di' desJohannes Philoponos, Berlin-New York 1996. [Su Ipazia: G. BERETTA, Ipazia di Alessandria, Roma, Editori Riuniti, 1993; S. RoN­ CHEY, Ipazia l'intellettuale, in Roma al femminile, a cura di A. FRASCHETTI, Roma-Bari, Laterza, 1999; A. PETTA-A. CoLAVITO, Ipazia, scienziata alessandrina. 8 marzo 415 d.C., Milano, Lampi di Stampa, 2004.] 4.4.2. Storiografia pagana La storia contemporanea di PRISCO DI PANIO abbracciava circa 40 anni; aveva probabilmente inizio dal 433/434 con Attila, che il retore aveva incon­ trato in un'ambasceria nel 448. La sua imitazione di Tucidide ed Erodoto, non solo linguistica ma anche contenutistica, è d'impedimento al giudizio storico. Non una sola volta si svela la sua religione (su questo fenomeno : Av. e Al. Cameron, in CQ, a. LVIII 1964, pp. 316-28). Quasi solo per l'impero d'Oriente valgono i Bv(avrzaxa del sofìsta MALeo DI FILADELFIA sugli in­ quieti anni dal 473 al 491. Come Prisco, dà meno storia militare che diplo­ matica, per es. racconta un duello oratorio tra Teodorico e l'ambasciatore Adamanzio, e ragguaglia su personalità letterarie (Pamprepio ). Secondo Fo­ zio era un cristiano, cosa che non viene in luce dai frammenti. Sono tràditi 6 libri della Néa iaropia del funzionario pagano ZosiMO, che intorno al soo dette uno schizzo di storia dell'impero romano da Augusto sino a Dioclezia­ no, e con una piu dettagliata continuazione giunse solo sino al 410. Con un racconto di seconda mano dette tutt'altro che una "storia nuova"; tuttavia è l'unica opera storica greca sulla tarda antichità a noi tràdita che abbia un pun­ to di vista pagano. Su Prisco e Maleo: BLOCKLEY; B. BALDWIN, Priscus cifPanium, in ID., Studies, pp. 25598. [La storia di Zosimo è in corso di pubblicazione per BL a cura di F. PAscHoun]. La ricerca su Zosimo dal 1971 al 1987 in appendice all'ed. PASCHOUD, vol. m 2, Paris 1989, pp. 79-117; CEsA, cit. in 4.2.5. Il tentativo di rendere Bisanzio erede di Roma favori lo studio dei Realien romani. GIOVANNI Lmo (nato nel 490), chiamato da Giustiniano I come professore di latino, scrisse sul calendario romano e sulle sue feste (De mmsibus), sull'efficacia dei segni

4 TARD OANTICO ·

premonitori divini (Dc ostcntis) e un Sulle cariche dello Stato romano, zeppo di prolissità erudite, ma anche di dettagliate notizie sul proprio wrriwlum da funzionario imperia­ le. M. MAA. s ,john Lydus and the Roman Past, London et. al. 1992. [L. FERRERI, Il codice Barbcri11imw greco 194 i suoi ap(��rqfì e la mcmcata edizione del 'De mensilms' di Gioummi Lido da parte di Leone Allacci, in « AION », a. xxm 2001, pp. 271-27.]

4·4·3· La scuola oratoria di Gaza L'ultimo baluardo della sofistica fu la scuola di Gaza. Lf ENEA, allievo di !erode (vd. 4.4.1) dette la veste di un dialogo alla conversione di un neopla­ tonico al cristianesimo ( Teofrasto, questo il nome del convertito), sul cui mo­ dello Zaccaria (cfr. 4.5.1) scrisse una disputa anche col suo antico maestro di filosofia (Ammonio) . Di PRocoPIO, il piu famoso dei Gazei (inizio del VI sec., vd. n 1.3.5) sono tra l'altro tràdite ekphraseis su un orologio e un ciclo di im­ magini. Il retore cristiano (cfr. 4.5.2) si rapporta senza alcuna remora alle sce­ ne mitologiche (che si collocano nella tradizione classica), e ritmizza stretta­ mente le clausole della frase (legge di Meyer: vd. sopra 4.2.1). CoRICIO, suo scolaro, adoperava un'ulteriore raffinatezza (l'evitare lo iato), per es. nella sua D ifesa degli attori di mimi (cfr. la difesa della pantomima in Libanio, Or., 64, contro Aristide [vd. IV 3.2.2]). K. SEITZ, Die Schule von Gaza, Heidelberg 1892; G. DowNWY, The Christian schools of Palestìne, in HLB, a. XII 1958. Enea e il platonismo: M. WACHT, Aeneas von Gaza als Apologet, Bonn 1969; N. AUJOULAT, in VChr, a. XLI 1987, pp. ss-8s; F.K. LITSAS, Chori­ cius of Gaza, Diss. Chicago 1980 (intr., trad. e commento di una scelta di discorsi); L.R. CRESCI, 'Imìtatìo' e 'realia' nella polemica di Coricio sul mimo, in « Koinonia », a. x 1986, pp. 49-66.

4·4·4· Letteratura d'intrattenimento Il cristianesimo aveva represso spettacoli, rnitografìa e romanzi (vd. IV 3.3.2). Al bisogno di letture piu leggere venne allora incontro la letteratura edificante su monaci e santi (vd. 4.3.6). Sopravvivevano, inoltre, i resoconti di fatti sensazionali (paradossografìa). Pure eccezioni sono le 50 lettere di "ARI­ " STENETo (II metà del V/inizio del VI sec.), una prosecuzione abilmente sti­ lizzata delle lettere di etere del II secolo (vd. IV 3.3.4), un genere coltivato an­ cora nel VII secolo da Teofìlatto Simocatta (vd. IV 5.2.1), e il Philogelos, una raccolta di barzellette in parte davvero antiche (al piu presto del IV sec., ma piuttosto del V). 43 7

IV · S T O RI A DELLA LETTERATURA G RE CA Paradossografìa, Timoteo di Gaza (intorno al 5oo) : M. HAUPT, Opuscula, III 2, Leip­ zig, 1876, pp. 274-302), Filone di Bisanzio, Sulle sette meraviglie del mondo (opera di estre­ ma retorica), e Damascio (Phot., Bibl., cod. 130; cfr. 4.4.1) : W.G. ARNOTT, Pastiche, plea­ santry, prudish eroticism. The letters ofllristaenetus', in YClS, a. XXVII 1982, pp. 291-32o; ].R. VIEILLE FOND, Aristénète. Lettres d'amour, Paris 1992 (ed., trad., bibl.); A. THIERFELDE R, Philogelos. Der Lachfreund, Miinchen 1968 (ed. e trad.) ; B. BALDWIN, The Philogelos or Laughter-lover, Amsterdam 1983 (trad. e comm.); ST. WEST, in CQ, a. LXXXVI 1992, pp. 287-88. [Edizione BT del Philogelos a cura di R.D. DAWE, 2ooo]. 4·4·5· Poesia

Le Dionisiache di NoNNO m PANOPOLI, il piu lungo poema greco tràdito (48 libri), fecero nuovamente rivivere l'epos mitologico. Già i Bassarikà di Dionisio e Soterico avevano rappresentato la campagna contro gli Indiani ispirata alla spedizione militare di Alessandro, il "nuovo Dioniso" (vd. IV 3.6.1). Tuttavia Nonno va molto a di là della materia enunciata, e lascia l'a­ zione principale sullo sfondo rispetto agli excursus. Ci sono certo segni di in­ compiutezza redazionale, ma la maestria di Nonno si rivela soprattutto nel­ la finitezza espressiva delle singole scene. Una lingua "barocca", tendente al­ la ripetizione, alla ridondanza e all'esagerazione, piena di allusioni a Omero, alla poesia ellenistica e all'epica piu tarda sino a Trifìodoro (Iv 3.6.1), concetti rari, nuovi coni di parole e di espressioni, e soprattutto regole piu rigorose per l'esametro, caratterizzano il suo stile, che ebbe comunque predecessori, e che ha poi improntato tutta l'epica elevata e l'epigrammatica (vd. IV 5 .2 .1) del tardo V e del VI secolo. Bibliografia di N. HoPKINSON (a cura di), Studies in the (Dionysiaka' 4Nomms, Cam­ bridge 1994. Verosimilmente PAMPREPIO DI PANOPOLI, l'ultimo vero e proprio poeta pagano, compose alla maniera "nonniana" - già prima di CrusTODORO DI CoPTo (vd. avanti) e ConuTo DI LICOPOLI (Ratto di Elena) -, un epillio con un'introduzione in giambi sullo svolgersi del giorno in campagna (fr. 3 Livrea) e un encomio (fr. 4) per l'arconte ateniese Teagene (vd. MARTINDALE, 2 1063 sg.; al piu tardi 476). Un encomio a ['Hp&]xÀewç (HEITSCH, no 34) ha a che vedere forse con la campagna contro i Van­ dali (470 d.C.) a cui aveva partecipato un vetèrano morto nel 474/5 (MARTINDALE, 2 541 sg.: Heraclius, 4). Lo stesso Nonno (Dion., XVI 321 sg.; xx 372 sg.) conosce probabil­ mente un lamento funebre (441/442 d.C.) di Ciro di Panopoli (AP, IX 136; 4.2.6) ma a una dipendenza inversa pensava AL. CAMERON, in YClS, a. xxvn 1982, p. 239. [Le Dionisiache sono in corso di pubblicazione in BL a cura di F. VIAN (ultimo vol. pubblicato il XVIII 2003, canto xLvm); R.E.C. SHORROCK, The challenge of epic. Allusive

4 · TARDOANT I CO engagement in the 'Dionysiaca' 4Nomms, Leiden-Boston-Koln, Brill, 2001; C. DE STEFA­ NI, Nonno di Panopoli. Parafi'asi del Vangelo di S. GioFamzi. 'Cmzto I', intr., testo critico e commento, Bologna, Pàtron, 2002; G. AGOSTI, No1zno di Panopoli, Parq_{rasi del Vangelo di San Giovmmi. 'Canto qui11to', intr., ed. critica, trad. e commento, Firenze, Università degli studi di Firenze, Dipartimento di scienze dell'antichità "Giorgio Pasquali", 2003; E. LIVREA, The Nomtzts Qucstiotz RcFisited, in Des Géants à Dionysos. Mélanges de mythologie et dc poésie grecques (1ferts à Francis Vimz, a cura di D. AccoRrNTI e P. CHuviN, Allessandria, Edizioni dell'Orso, 2003, pp. 447-56, nonché i vari contributi su Nonno contenuti nello stesso volume. Vd. infine la trad. it., con bibliografia e note sintetiche a cura di G. GIGLI PICCARDI, Milano, Rizzoli, 2003.]

MusEo, probabilmente un cristiano, descrive l'incontro e l'amore segreto tra Ero, una sacerdotessa di Cipride, chiusa in una torre, e Leandro, che di notte nuota da lei attraversando l'Ellesponto, sino a che l'amore senza spe­ ranza finisce con l'annegamento di lui e lei che si getta dalla torre. Il tema el­ lenistico, rielaborato in maniera romanzesca da Museo, ha avuto fortuna in letteratura (Schiller, Grillparzer), arte e musica. Commento: K. KosT, Musaios. Hero und Leander, Bonn 1971. La sconfitta degli !sau­ ri nel 497/8 fu argomento di un'opera storica {Capitone il Licio: FgrHist, 750) e di epi­ ca storica ( 'Iaavpzxa di Cristodoro e Panolbio, forse Pamprepio). Si mise in poesia an­ che la storia di città (Iléapza di Cristodoro). Con i componimenti per ['Hpa]x.ì..ewç e Teagene (vd. sopra) sono tràditi resti di un encomio {difficilmente di Pamprepio), forse per l'imperatore Zenone (R. C. McCALL, in JHS, a. xcvm 1978, pp, 38-63), op­ pure residui dei Ilepazxa (dopo il 505) di Colluto: AL CAMERON, in YClS, a. XXVII 1982, pp. 236 sgg., n. 82. Giambi del VI secolo per un Archelao (MARTINDALE, 3 105: Archelao II?) potettero esser serviti da introduzione a esametri perduti: AL CAME­ RON, in CQ, a. LXIV 1970, pp. 119-29. [R.B. MARTINEZ NIETO, La 'Theogonia' de Museo;fi'agmentos inéditos e intento de recon­ strucci6n, in « Emérita a. LXIX 2001, pp. 115-52.] »,

Sette brevi inni teologico-filosofici sono quasi tutto ciò che rimane dell'o­ pera poetica di PROCLO (vd. 4.4.1). I loro modelli sono gli inni in esametri omerici e orfìci. Nel corso del VI secolo gli esametri (nonniani) si conserva­ no solo nell'epigramma e nell' ekp hrasis (vd. IV 5.2.1). Intorno al soo MAssiMO traspose gli esametri dei poeti alessandrini in giambi (di dodici sillabe?, vd. IV 5.1.4). Non molto piu tardi furono scritti giambi sulle fatiche di Eracle. V epos storico e mitologico rinunciò del tutto all'esametro, che un tempo ne era sta­ ta caratteristica irrinunciabile: i 90 esametri nonniani attribuiti a GIORGIO m PISIDIA (VI sec.) sarebbero un puro residuo, ché quest'ultimo compose il suo

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IV S T O RIA DE L LA LETTERATURA G RE CA ·

epos storico col verso di dodici sillabe (vd. IV 5.2.1). I confini dell' ep os furono travalicati anche dal punto di vista contenutistico. Sono tràdite lunghe ek­ phraseis su edifici e opere d'arte : le piu antiche sono quelle di CRisTODORO sulle 8o statue nelle terme di Zeuxippo a Costantinopoli (inizio del VI sec.; su ekphraseis piu tarde vd. IV 5.2.4). Accanto a epigrammi ed ekphraseis (vd. IV 5.2.1) il codice dell'Anthologia pa­ latina contiene anche 6o componimenti simposiali e d'amore in anacreontee (vd. IV 6.5.1) e semigiambi. Alcuni furono composti prima del IV sec. (vd. IV 3.6.2), forse già prima di Gellio (ni 1, 4, 6-20), altri probabilmente nel V/VI secolo (ni 2, 5, 35-60), alcuni osservano la quantità, altri la tragrediscono. Il verso continua a vivere a Bisanzio (vd. IV 5.1.4). Nelle poesie d'occasione e nelle etopoie di Giovanni di Gaza (3 342-48 ed. Bergk4, Leipzig 1843-1915) e Giorgio il Grammatico (3 364-75 Bergk4; forse anche 363-364), in parte con prologhi in altri metri (per lo piu giambi), è la sintassi, non la metrica, a pro­ durre una costruzione strofica. M. ERLER, Interpretieren als Gottesdienst. Proklos' Hymnen tJor dem Hintergnmd seiHes Kratylos-Kommentars, in G. Boss-G. SEEL (a cura di), Proclus et son ùifluence, Ziirich 1987, pp. 179-217. A Prodo M.L. WEsT, in CQ, a. LXIV 1970, pp. 300-4, attribuisce l'ottavo inno Omerico ad Ares; B. KNòs, Ein spcitgriechisches Gedicht iiber die Arbeiten des Hera­ kles, in ByzZ, a. XVII 1908, pp. 397-429; M.L. WEsT, Carmina Anacreontea, Leipzig 1984; NISSEN, Die byzantinischen, cit. in 4.3.6, pp. 13-26; R. GENTILE MEssiNA, Nota alle ana­ creontee di GiotJanni di Gaza, in AA.VV., Studi di filologia bizantùta, IV, Catania 1988, pp. 33-39· [R.M. BERG, Proclus' 'Hymns'. Essays, translatùm, commentary, Leiden-Boston-Koln, Brill, 2001; ]. M.A. Hoz-J. M. G. Rmz, Proclo, Himnos y epigramas. Traducci6n, iutroductio11 y notas, Donostia, Iralka, 2003.] 4·5· LETTERATURA CRISTIANA: DA CALCEDONIA SINO A GIUSTINIANO l Nestorianesimo e monofisitismo (esponente principale: Severo di Antio­ chia, prima metà del VI secolo) furono di continuo ostinatamente difesi e of­ frirono occasione per polemiche dogmatiche (soprattutto grazie a LEONZIO m BISANZIO ) , nella quale si gettò lo stesso Giustiniano con editti e trattati (forse redatti sotto la guida di altri). Per il resto venne meno la precedente li­ mitazione a temi cristiani, e si fece incursione nei domini propri del pagane­ simo, sofistica (vd. 4.4.3), storiografia politico-militare (vd. 4.5.1) oppure la profana poesia epigrammatica. Mentre la dogmatica del IV secolo si basava 440

4 TARD OANTICO ·

sulla terminologia e sui metodi della filosofia greca, furono adesso cristianiz­ zati anche i sistemi filosofici (vd. 4.4.1; 4.5.3); nella cosiddetta "teosofia di Tu­ binga" (sorta sotto Zenone) lé sentenze degli dèi pagani, dei filosofi precri­ stiani e neoplatonici, di Istapse e dei Caldei sono interpretate come rivela­ zioni ispirate da Dio. M. AMELOTTI-L. MIGLIARDI ZINGALE, Scritti tcologid cd ecclesiastici di Giustiniano, Mi­ lano 1977; H. ERBsE, Theosophorum Graecorum JT-agmmta, Stuttgart-Leipzig 1995, pp. XIX-XXIV. 4.5.1. Storiograjìa cristiana ZAcARIA retore o scolastico, prima monofisita, dopo vescovo di Mitilene (prima metà del VI sec.; vd. 4.3.4, 4.4.3), descrisse l'epoca dal 450 sino al 491 (morte di Zenone). Il suo m)yypcq..q..ux sopravvisse, abbreviato, in un'antolo­ gia siriaca. Egli raccontò anche la vita del monofisita Severo di Antiochia si­ no alla sua elezione a vescovo nel 512, con interessanti notizie sulla sua lotta al culto pagano e alla superstizione (tràdito in siriaco). BAsiLIO DI CILICIA (prima metà del VI sec.) trattò di sicuro gli anni 450-540 circa, mentre il monofisita GIOVANNI DIACRINOMENO continuò (inconsapevolmente?) l'o­ pera di Teodoreto (dal 429 sino a Zenone). Tràdita frammentariamente (per intero i libri I e n) è la continuazione sino a Giustino I (518-527) che TEo­ DORO ANAGNOSTES (inizio del VI sec.) fece seguire al suo compendio sinot­ tico da Socrate, Sozomeno e Teodoreto. Tràdita nella sua interezza è solo la prosecuzione del "sinottico" da parte del rigoroso ortodosso EvAGRIO Sco­ LASTICO (nato sicuramente nel 536/7), una fonte preziosa per il tardo nesto­ rianesimo e monofisitismo (431-594) . Legando strettamente gli avvenimenti della Chiesa alla storia profana, quest'opera segna la fine della pura storia ecclesiastica. Ulteriore impulso ebbe l'agiografia. Come opera storiografica, proprio perché rinunciano al panegirico, spiccano le Vite dei monaci di CIRILLO DI SciToPou (524 ca.-558). E. HoNIGMANN, Zacharias oJMytilene, in ID., Patristic studies, cit. in 4.3.2, pp. 194-204; P. ALLEN, Evagrius Scholasticus the church historian, Leuven 1981; CH E S NUT, Thefirst Chri­ ·Stian, cit. in 4.3.2. [Trad. inglese di Evagrio a cura di M. WHITBY, Liverpool, Liverpool Univ. Press, 2000.]

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IV · STO RIA DELLA LETTERATURA G RE CA

4.5.2. Catene Esegeti biblici come 0 LIMPIODORO DI ALESSANDRIA (prima metà del VI sec.) si rifacevano già a una lunga tradizione (vd. 4-3-5). Sicuramente a partire dal tardo V secolo si giunse inoltre a elencare l'una dietro l'altra le spiegazio­ ni dei precedenti esegeti (vd. II 1.3.5). Le piu antiche 'ExÀoyai di questo tipo tràdite (in parte ancora inedite), sono quelle di Procopio di Gaza (cfr. 4-4-3). Durante il Medioevo le si denominò « catene )) ('commenti a catena'). U. e D. HAGEDORN, Olympiodor Diakon von Alexandria. Kommetttar zu Hiob, Berlin­ New York 1984; G. DoRIVAL, Les chafnes exégétiques grecques sur les Psaumes. Contribution à l'étude d'uneforme littéraire, 3 voll., Leuven 1986-1992.

4-5·3· Immagini speculative del mondo CosMA cosiddetto I NDICOPLEUSTE (metà del VI sec.), che non era mai sta­ to davvero in India, portò al culmine, nella sua Topografia cristiana illustrata, l'interpretazione letterale della Bibbia: contro la conoscenza della forma sfe­ rica della terra (vd. VII 2.4.4) sostenne, traendola dall'Antico Testamento, la forma di un edificio dalla base rettangolare, le cui pareti portano alla volta celeste (gli si oppose Giovanni Filopono nel De opificio mundi; vd. 4.4.1). Scrit­ ti speculativi che andavano sotto il nome di D IONISIO A REOPAGITA, noto da At, 17 34, trasformarono, intorno al 500, il sistema neoplatonico di Proclo (vd. 4.4.1) in uno Stato divino, terreno e celeste, stn1tturato in triadi. Ancora nella prima metà del VI secolo questi scritti furono raccolti in un corpus com­ mentato, presto anche tradotto, ed ebbero influenza sino alla scolastica me­ dievale. W. WOLSKA, La Topographie Chrétienne de Cosmas Indicopleustès, Paris 1962; P. Ro­ REM, Pseudo-Dionysius, Oxford 1993; nuova edizione per le cure del Princeton Theo­ logical Seminary, 1990-.

4·5·4· Poesia cristiana Nel primo libro dell'Antologia Palatùta si trovano epigrammi cristiani, per lo piu su edifici ecclesiastici e temi biblici. Nella nuova ritmica dell'inno (cfr. 4·3-7) furono composte brevi poesie liturgiche in versi di strofe uguali oppu­ re di strofe ripetute con versi di diverso numero di sillabe e accenti. A parti­ re dal VI secolo questi tropari fecero parte della messa. 442

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] . BAUER, Zu dctZ christlichen GedichtCI! der A11tholoJ;ia Gracu1, in JÒByz, a. IX 1960, pp. 31-40. Tropari: P. MMs, Friihbyzantinische KirchC11poesie, 1 . A11otzyme Hymtzeri des V-VI ]h.s, 52/3, Berlin 19312, pp. 1-10 (> , Louvain-La Neuve-Leuven; « Elenchus ofBiblica >> (prima intitolato > ), Roma; z).6rcarpzç, nella tradizione di Luciano, polemica con­ tro i pagani (reazione all'epoca dell'enciclopedismo?), e nella quale è latente anche l'opposizione all'ortodossia. Il IX e il X secolo sono la grande epoca dell'agiografia. Delle numerose

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vite di Santi nomineremo qui solo le piu importanti: la Vita Euthymii patriar­ chae (?), la Vita Basi/ii iunioris (del monaco Gregorio), la Vita IJ!.natii patriarchae (di Niceta Davide Paflagone), la vita di Andrea Salos (di Niceforo), un "ro­ manzo" agiografìco, ecc. La fìgura dominante nell' àmbito dell'agiografia del tempo è il già menzionato Simeone Metafraste (da identificarsi con il crona­ chista Simeone Logoteta), che scrisse numerose vite e le riprese nel suo Me­ nologion, e che ha anche lasciato poesie di carattere liturgico e non. L'espo­ nente piu significativo della poesia liturgica è GIUSEPPE lNNOGRAFO (816886), con il quale l'innografia visse in quest' epoca una nuova fioritura (poetò nella maniera del contacio, ma si dedicò soprattutto al canone, che riformò) e ANASTASIO TRAuLo (questore), un po' piu giovane, che gioca con la forma del canone, introducendo il trimetro giambico intercalato da forme accen­ tuativo-ritmiche. Nella poesia accentuativa dell'epoca si incontrano anacreontee (prosodiche o non prosodiche), trimetri giambici (nella forma del dodecasillabo, che si sviluppò sino a diventare il verso preferito dai bizantini), esametri xcftà 01:ixov e distici elegiaci; alcu­ ni poeti praticarono piu di una di queste forme (e inoltre anche poesia liturgica); i te­ mi sono vari, religiosi e (soprattutto) profani, e inoltre non sono legati al tipo di ver­ so. Scrissero anacreontee Metrofane di Smirna, Arsenio di Cercira (accentuative) e Costantino Siceliota (antichizzanti). Anacreontee ed epigrammi (che a poco a poco divennero alla moda) scrissero LEONE MAGISTRO (Choirosphaktes: 824 ca.-dopo il 919), autore anche di poesie liturgiche e di un compendio di teologia (XzÀz6arzxoç U'eoÀoyia) di circa mille dodecasillabi, ancora inedito, e l'imperatore LEONE VI, che fu anche poeta ecclesiastico e scrisse poesie giambiche e cosiddetti 'versi del cancro' (Kapxivoz) . CosTANTINO Romo (87o/80-931) scrisse epigrammi e invettive su Leone Choirosphaktes e Teodoro Paflagone e una ekphrasis sulle sette meraviglie di Costan­ tinopoli e sulla chiesa degli Apostoli fatta costruire da Giustiniano I, in 981 dodecasil­ labi. Il piu significativo poeta del tempo è GIOVANNI GEOMETRA (detto anche Kyrio­ tes, m. nel 990 ca.), che si rifà a modelli antichi e ha lasciato un'ampia gamma di poe­ sie in eleganti versi giambici ed esametrici su temi mitologici, storico-artistici e su av­ venimenti quotidiani di ogni tipo; spicca per originalità, nell'epoca, la sua auto-ironia. [Vd. ora l'edizione della Chiliostichos theologia, con trad. tedesca e commento a cura di I. VASSIS, Berlin-New York, De Gruyter, 2002 (Supplementa Byzantina, 6).] Quattro componimenti poetici d'argomento profano, scritte nel cosiddet­ 'to stichos politikos (inserito in un sistema strofìco con un ritornello di sette sil­ labe), composte all'inizio del X secolo alla corte dell'imperatore Leone VI e tràdite nel famoso codice Scylitzes Matritensis, rappresentano un'assoluta e an-

I V · STO RI A DELLA LETTERATURA GRECA ticipatrice novità. La loro lingua è semplice e comprensibile a tutti, senza pe­ rò essere popolare: quest'ultima la troviamo invece nei canti eroici che furo­ no composti (sempre in quindici sillabe) molto probabilmente in quest'epo­ ca, e che rispecchiano l'opposizione dei bizantini agli arabi sui confini orien­ tali. Questa sembra essere anche l'epoca dei grandi canti eroici, che si desi­ gnano come "acriteici", che si annoverano, cioè, nell'àmbito dell' epos del Di­ ghenis Akritas (vd. 5.2.6). 5.2.5. Epoca (post-macedone" (1000-1080 ca.}. Reazione e continuità? Sebbene in quest'epoca regnino ancora per lo piu membri della dinastia macedo­ ne, si è qui consapevolmente scelta la definizione "post-macedone": la letteratura di questi anni, infatti si può comprendere, da una parte, come reazione all'occuparsi dell'antichità in modo arido e al severo enciclopedismo dell'epoca macedone vera e propria, dall'altra come una sua continuazione. È un'epoca di tensioni e di contraddi­ zioni, ma anche di picchi letterari {soprattutto nella poesia e nella storiografìa), che inutilmente si cercherebbero nell'epoca precedente. Già alla svolta tra il X e l'XI secolo incontriamo un poeta, la cui opera ha valore universale, il mistico SIMEONE Nuovo TEoLoGo (949-1022). I suoi in­ ni stanno come un "blocco erratico" fuori dalle forme tradizionali della reli­ giosità ortodossa e assai lontani dalla lingua e dalla metrica della poesia anti­ chizzante dell'epoca; il loro dettato (metricamente in quindici e dodici silla­ be e in anacreontee), in una lingua semplice, mostra immediatamente l'e­ mozione della propria esperienza mistica; nelle esperienze e nelle visioni raccontate dal poeta c'è qualcosa di nuovo e di unico. Questa esplosione di esperienza religiosa individuale vuole essere una reazione all'attività enciclo­ pedica del X secolo. Nella prima metà del secolo opera uno dei piu significativi epigrammati­ ci bizantini, CRISTOFORo MITILENEO (woo-1050), al quale possono essere at­ tribuiti con sicurezza 145 componimenti, in cui fa uso di metri antichi (ad ec­ cezione delle sue poesie liturgiche), anacreontee, per lo piu giambi ed esa­ metri (unico, forse, nell'XI sec.!). Compose poesie di ogni tipo su temi reli­ giosi (versi per il calendario dei santi) e profani (con scene di vita quotidiana spesso personalmente vissute) ; fu un acuto osservatore e si distinse sia per la lingua semplice che per l' humor raffinato e non proprio frequente nella poe­ sia bizantina; manca di tutto ciò che sa di esercizio di scuola, d'artificio. Que­ sta personalità poetica a sé stante rappresenta qualcosa di nuovo, anche se si

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C O M PE N D I O DELLA LETTERATURA BIZANTINA

pone nella tradizione di Giovanni Geometra nella scelta degli argomenti e nella tecnica versificatoria. GIOVANNI MAuROPO (1000 ca.-1075 o 1081), metropolita di Euchaita, predi­ catore misurato e uno dei piu simpatici poeti bizantini, scrive sia poesia li­ turgica (ca. 150 canoni) che profana (epigrammi e poesia d'occasione, tutti in dodecasillabi, in cui si avvicina alla tematica di Cristoforo Mitileneo). Signi­ ficativo per il suo atteggiamento nei confronti dell'antichità è un epigram­ ma, nel quale prega Cristo di concedere a Platone e Plutarco la grazia. Toni originali esprimono due epigrammi alla sua casa, nei quali in maniera del tutto personale esprime il suo legame interiore con essa. In opposizione alla pura "codificazione" del sapere antico nel X secolo, cerca di distillare da que­ st'ultimo un sistema di valori per i suoi contemporanei; perciò è a ragione considerato un umanista vero e proprio. Anche il suo scolaro, lo scrittore e uomo di Stato MicHELE PsELLO (10181079), la figura predominante del secolo, considerò l'eredità antica qualcosa di ancora vivente, con cui ci si deve confrontare; lui in persona si confrontò con Platone, Aristotele e il neoplatonismo e cercò di approdare, da elementi antichi e cristiani, a una visione umanistica del mondo. La Chiesa lo accusò perciò di infedeltà e lo minacciò di scomunica, che seppe però abilmente evitare (il suo allievo Giovanni Italo fu tuttavia condannato come eretico nel 1082). Psello incarna, nell'XI secolo, il polistore erudito; l'arco della sua pro­ duzione letteraria va dalla teologia (con agiografia e poesia liturgica) a filo­ sofia, scienze naturali, filologia (con grammatica e retorica), musica, storia e letteratura sino alla giurisprudenza. Parla sempre in base alla propria espe­ rienza, la sua epigrammatica dà mostra di asprezza espressiva, fonda il sotto­ genere del poema epico in quindici sillabe. Ma la sua grande impresa sta nel­ la storiografia: nella XpovoypaqJia, che tratta l'epoca dal 976 al 1077 (conti­ nuando cosi, secondo l'antica tradizione storiografica, Leone Diacono), ab­ bandona l'abituale arido schema cronologico della cronachistica e offre, or­ dinata secondo i regni degli imperatori, una rappresentazione vivace (in uno stile a ragione famoso, elegante, inimitabile) della storia dell'epoca. Per la storia culturale del tempo è importante anche la ricca corrispondenza di Psello. [Sulle edizioni recenti di Psello vd. J. ScHAMP, Miche! Psellos à lafin du zoe siècle: état des éditions, in AC, a. LXVI 1997, pp. 353-69. Nella BT è uscito il II vol. dei Theologica, a cura di L. G. WESTERINK e J.M. DuFFY. Sulle opere filosofiche: DJ. O'MEARA, Aspects du travail philosophique de Miche! Psellus (Philosophica minora, vol. n), in Festschrifi

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STO RIA DELLA LETTERATURA G RE CA

C.C. Hansen, a cura di C.-F. CoLLATZ, Wiirzburg, Konigshausen und Neumann, 1998, pp. 431-39. Sulle lettere: E.N. PAPAIOANNOU, Das Briefiorpus des Michael Psellos. Vo­ rarbeiten zu einer kritischen Neuedition: mit einem Anhang: Edition eines unbekmmten Briifes, in JOByz, a. XLVIII 1998, pp. 67-117. V d. anche II 2.2.2.]

In uno stile arcaizzante e manieristico, al contrario, si distingue dal suo preceden­ te la 'Iawpia di MICHELE ATTALEIATE, che tratta il periodo 1034-1067, basata sull'e­ sperienza personale dell'autore. GIOVANNI SKYLITZES (II metà dell'XI sec.) intende farsi, con la sua I:vvol{nç iawpz&v (intorno al 1084), prosecutore di Teofane Confesso­ re. Sorprendentemente personale è lo I:rparryyzxòv di un non identificabile Cecau­ meno, della fine di quest'epoca, singolare, nel suo genere, nella letteratura bizantina: esso contiene consigli militari-tattici e politico-statali per il figlio dell'autore. Questo breve illuminato periodo prepara il terreno per l'apertura di fme secolo al­ le culture straniere (orientali) e alla ricezione delle leggende orientali; e con ciò sia­ mo giunti nell'epoca successiva. 5.2.6. I:epoca dei Comneni (1081-1204). Classicismo e nascita della letteratura popolare Per motivi pratici qui sarà inclusa anche l'epoca degli Angeli (1185-1204). I Comne­ ni non sono importanti solo nella storia politico-militare ed economica dell'epoca, ma sono influenti anche nella teologia e nella letteratura. Dal punto di vista storico­ letterario una linea diretta conduce dall' "epoca macedone" all'epoca qui trattata, pas­ sando per quella "post-macedone" dell'Xl secolo: adesso si commenta la letteratura antica e, per quanto possibile, la si interpreta; si riprendono generi antichi e li si pra­ tica intensamente; ma contemporaneamente si sviluppano generi popolari e in lin­ gua d'uso e ci si apre a culture diverse - da questo punto di vista, dunque, è anche un'epoca di contraddizioni. I..: agiografia e (in maniera piu rilevante) la poesia liturgi­ ca sono trascurate. Con Teodoro Prodomo fa la sua comparsa il letterato e intellet­ tuale di professione; sopravvive il tipo del polistore che avevano già incontrato, con Psello nell'XI secolo (Giovanni Tzetzes). Il genere della storiografia raggiunge un nuovo culmine nell' opera della colta e ambiziosa principessa ANNA CoMNENA (1083-1153/4); la sua )AÀe(z&ç, un "grande epos in prosa bizantino", che racconta le imprese di suo padre Alessio I sino alla morte nel 1118, si pone tra storia ed encomio, ma ha anche grande valore per la ricchezza del materiale usato come fonte, poiché l'au­ trice disponeva degli archivi e dei racconti orali dei testimoni. I modelli di Anna sono Tucidide e Polibio, la sua lingua è atticistica-purista (talora chie­ de venia, se si vede obbligata a usare un'espressione della lingua popolare), la rappresentazione è vivace. Con questo documento storico-letterario del XII

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secolo Anna prosegue l'opera storica, rimasta incompiuta, di suo marito NI­ CEFORO BRIENNIO (1062-1137 ca.) , N YÀ1J iaropiaç, che trattava il periodo dal 1070 al 1079. I.;A/essiade, da parte sua, fu continuata dall' 'Emro;.1:rj di GIOVAN­ NI CINNAMO (dopo il 1143-?) , che tratta il periodo 1118-1176; lo stile di Cinna­ mo è arcaizzante, alto il valore dell' opera come fonte storica. [P. MoRELLI, Arma Comtll'1ta: la poetessa epica (c. 1083-c. 1148-1153), Milano, Jaca Book, 1998; Anna Komnerzc mzd her times, a cura di T GouMA-PETERSON New York Garland 2000. I:Alessiade è ora edita a cura di D.R. REINSCH e A. KAMBYLIS Berlin-New York' de Gruyter, 2001, e tradotta in tedesco e commentata dallo stesso REINSCH, ivi, id., 2001 (CFHB, 40).] '

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Al piu importante cronachista del tempo, GIOVANNI ZoNARA, e alla sua 'EmroJ..L iJ iaropzCN, scritta in una koinè elevata, siamo debitori di ricco mate­ riale documentario sino al 1110. CosTANTINO MANASSE (1130-1187) fu autore di una cronaca romanzesca (sino al 1081) in versi di quindici sillabe, e inoltre del romanzo Aristandro e Callitea, anch'esso in versi di quindici sillabe. Anche la cronaca di MICHELE GLYKAS, compilazione da fonti piu antiche con pro­ prie aggiunte, arriva sino al 1118; la sua preghiera dal carcere all'imperatore Manuele l, in versi da quindici sillabe, è una delle piu antiche testimonianze della letteratura in lingua popolare (vd. sotto) . La cronaca universale di GIORGIO CEDRENO non ha nessun particolare valore documentario; la sua seconda parte (811-1057) è identica a Skylitzes. A un unico avvenimento storico, la presa di Tessalonica da parte dei Normanni (1185) è dedicato il resoconto in prima persona di EusTAZIO DI TEsSALONICA (11151196/6), che assistette agli avvenimenti. Conosciuto soprattutto per commenti e in­ terpretazioni di poeti antichi ( Omero, Aristofane, Pindaro, Dionisio Periegete; vd. II 2.2.3) , Eustazio redasse anche una serie di trattati e discorsi di contenuto spirituale e profano, lettere e canoni, e mostra interesse per la lingua popolare. Nella retorica e nell'oratoria spirituale, che visse la massima fioritura nel XII secolo, si sono distinti molti bizantini; accanto a Eustazio si può ricorda­ re qui solo NICEFORO BASI LACE (1115-1182) , del quale possediamo anche un'autobiografia. Un fenomeno unico rappresentano i quattro romanzi d'amore in lingua colta, che appartengono alla tradizione di età imperiale, e sembra rispondes­ sero a un bisogno della società del XII secolo: il romanzo di Costantino Ma­ nasse (vd. sopra) ; Teodoro Prodromo (vd. avanti) , Rodante e Dosicle, in 4.605 dodecasillabi bizantini e 9 esametri; NICETA EuGENIANO (sul modello di

IV · STO RIA D E L LA LETTE RATURA G RE CA Prodromo), Drosilla e Caricle, in 3-557 dodecasillabi e 83 esametri; e anche Eu­ STAZIO MAcREMBOLITA, Ismene e Ismenia (l'unico romanzo in prosa). [Vd. ora I. NILSSON, Erotic Pathos, rhetorical Pleasure: narratil!e Technique and Mimesis in Eumathios Makrembolites , a. xn 2001, pp. 197-204.] Analogamente versatile, ma piti versificatore che poeta, è il polistore GIO­ VANNI TzETZES (1110-1185), noto per numerosi componimenti didascalici su 4 70

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C O M PEND I O DELLA LETTERATURA BIZANTINA

autori antichi (Omero, Esiodo, Aristofane, Licofrone, Oppiano, Nicandro, Ermogene, Porfirio). Come Psello, Tzetzes usa il verso di quindici sillabe; interessante dal punto di vista della storia letteraria sono le sue lettere, spes­ so difficili, per la cui migliore comprensione scrisse le 'Iaropiaz (o Chiliadi), in 12.674 versi politici; a quest'opera siamo debitori di gran parte di quel che conosciamo su Ipponatte (vd. IV 1.3.2) . Tra XI e XII secolo incontriamo a Costantinopoli il poeta di talento NICOLAO CAL­ LICLE, che scrisse, nella tradizione di Cristoforo Mitileneo, poesie d'occasione ed epi­ grammi, e anche FILIPPO MoNOTROPO {Solita�us), autore dei 11z6nrpa (dialogo pole­ mico tra anima e corpo in versi da quindici sillabe), che piu tardi fece precedere dai IUauiJ'Iloi (Lame11ti), una parenesi all'anima. Prodotti della "provincia" bizantina sono l'elaborato poema di ringraziamento in 1.057 dodecasillabi di Nicolao III Muzalo, al­ lora arcivescovo di Cipro, e 24 epigrammi di EuGENIO m PALE RM O in lingua greca. Il cammino dalla letteratura classicistica a quella, sorta nello stesso momento, in lingua d'uso, passa attraverso due opere della letteratura popolare, traduzioni o me­ glio adattamenti di modelli orientali in prosa e in lingua colta della fine dell'XI seco­ lo. Il Romazo di Sintipa è una rielaborazione della saga di Sindbad di MICHELE AN­ DREOPULO, sulla base della traduzione siriaca (da qui il tema è confluito tra l'altro an­ che nel Decamermze di Boccaccio) ; si sono conservati anche frammenti di una tradu­ zione piu antica. Il racconto Ere>, 8); R. HARDER, Der byzantinische Roman des 12. ]ahrhunderts als Spiegel des zeitgenossischen Literaturbetriebs, in The ancimt nwel and beyond, a cura di S. PANAYOTAKIS, M. ZIMMERMAN e W. KEuLEN, Leiden-Boston, Brill, 2003, pp. 357-69.]

5.2.7. L:epoca degli stati (post-bizantini'' (1204-1261). Letteratura nell'isolammto? Tra gli stati che, dopo la presa di Costantinopoli, sorsero grazie alle crociate sul­ l'antico territorio bizantino, il regno di Nicea (fondato dall'imperatore Teodoro I La­ scaris) si senti a ragione il vero successore dell'impero bizantino. La famiglia Lascaris regnò sino alla restaurazione. In quest'epoca vivono e operano alcuni eruditi e scrittori di stampo classi­ cistico: NI CETA CoNIATA (1115/7-1217), il piti insigne dei "profughi", tratta nella sua Xpovzxij oz7jy7Jazç, ricollegandosi ad Anna Comnena, il periodo dal 1118 al 12o6; fu spettatore del tradimento dei principi ispiratori delle Crocia­ te e la presa di Costantinopoli da parte dei crociati, e nelle ultime parole del­ la sua storia esprime rassegnazione, e il suo disprezzo per i "barbari". Alle sue fonti appartengono opere storiche precedenti e resoconti orali; parti del suo racconto si basano sull'autopsia. La mimesi è notevole a ogni livello (si è parlato di un « citare esageratamente colto »), ed è molto alto il livello lette­ rario raggiunto dall'opera. Niceta ha inoltre lasciato discorsi, lettere, un poe­ ma e l'opera conosciuta col titolo 87]aavp6ç opfJooo(iaç, una "panoplia" alla maniera di Zigabeno. GIORGIO AcROPOLITA (1217-1282) prosegue con la sua Xpovzxij avyypacp7j l'opera di Niceta; tratta gli avvenimenti dal 1203 al 1261 472

5 C O M PE N D I O D E LLA LETTE RATURA BIZANTINA ·

ed è con ciò lo storico del regno di Nicea. Fa un uso oculato della mimesi, la sua rappresentazione è chiara e sembra affidabile; ha anche lasciato poe­ sie. Di N ICEFORO B LEMMIDA (1217-1272) possediamo, accanto a diverse ope­ re sulla filosofia, un'autobiografia, in cui si sono introdotti elementi dell'a­ giografia, e uno speculum principis dal titolo BaazAzxòç ixvopuiç, che scrisse per il suo scolaro, piu tardi divenuto imperatore, TEoDoRo II D ucAs LA­ SCARIS (1254-1258); quest'ultimo fu anche attivo in campo letterario e scris­ se, oltre a opere teologiche, discorsi, encomi e canoni in onore della Ma­ donna. Si devono menzionare anche alcuni nomi della provincia: MICHELE CoNIATA (1158-1222; vd. II 2.2.3), fratello di Niceta e scolaro di Eustazio di Tessalonica, prima arcivescovo di Atene, visse dopo il 1204 come emigrato sull'isola di Ceo; scrisse cate­ chesi, epitaffi, discorsi e numerose lettere, interessanti dal punto di vista storico (tut­ to in uno stile elegante), e alcune poesie; lo interessano i problemi legati alla creativi­ tà artistica. DEMETRIO CoMATENO (metà del XII sec.-1236 ca.), tra l'altro vescovo di Ochrid, ha lasciato, oltre a scritti canonici, anche lettere preziose per la storia cultu­ rale, la vita e l' akoluthia di San Clemente, per il quale scrisse anche canoni. I poeti GIOVANNI GRAssos, GIOVANNI e NICOLAO DI OTRANTO e GioRGIO DI GALLIPOLI scrissero epigrammi in Sud Italia, all'epoca dell'imperatore Federico II.

[Demetrios Chomatenos, Poemata diaphora, intr., testo critico e indici a cura di G. PRI N­ ZING, Berlin-New York, de Gruyter, 2001 ( CFHB, 41); Michaelis Choniatae 'Epistulae', recens. F. KoLovou, ivi, id., 2001 ( CFHB, 38); K. HuLT, Theodore Metochites On Ancient Authors and Philosophy. 'Semeioseis gnomikai' 1-26 & 71, Goteborg, Acta Universitatis Go­ thoburgensis, 2002; B. BYDÉN, Theodore Metochites' 'Stoicheiosis Astronomike' and the Study oJNatural Philosophy and Mathematics in Early Palaiologan Byzantium, ivi, id., 2003.) 5.2.8. I:epoca dei Paleologi (1261-1453). Nuovo approccio alla tradizione antica; eman­ cipazione della poesia in lingua popolare e rinnovata definizione dei generi I Paleologi sapevano che con la riconquista di Costantinopoli non recuperavano un organismo sano; la decadenza era già iniziata insieme con la restaurazione. Le cause erano molte, soprattutto il potere turco che premeva a Oriente e il cattolicesi­ mo in Occidente. La situazione costrinse tutta la dinastia regnante a una nuova visio­ ne delle cose, e cosf l'epoca e la sua letteratura sono contraddistinte dalla tendenza al­ la riflessione e alla scepsi: questo si rileva nella storiografia (vd. avanti) e nella saggi­ stica (Hypomnematismon) di TEODORO METocHITA (vd. II 2.3.1), e inoltre nella con­ trapposizione teologica tra gli adepti (Gregorio Palama e altri) e gli avversari (Bar­ laam e altri) dell'esicasmo (una nuova forma di mistica orientale), e tra i sostenitori e

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I V · STORIA DELLA LETTERATURA G RE CA gli avversari dell'unione con la Chiesa d'Occidente, dispute che qui non possono es­ sere descritte per motivi di spazio. [E.B. FRYDE, The Early Palaeologan Renaissance (1261-136o), Leiden, Brill, 2000.]

La letteratura di quest'epoca abbraccia i tre seguenti àmbiti: 1) l'agiografia, trascurata nell'epoca precedente (Gregorio Cipria) e la poesia liturgica (Gio­ vanni e Marco Eugenico) ebbero nuova vita, senza tuttavia raggiungere i ri­ sultati di un tempo od offrire molto di nuovo. 2) {;approccio all' eredità anti­ ca assunse nuove forme; l'attività filologica raggiunse un alto grado di scien­ tificità (cfr. le edizioni di Planude, Moscopulo, Tommaso Magistro, Tricli­ nio: II 2.3.1). Nell' àmbito dell'imitazione, l' atteggiamento nei confronti della letteratura antica è ambivalente: per METOCHITA (1270/1-1332) la letteratura classica è sempre metro di paragone e modello vincolante (cfr. le sue poesie esametriche); tuttavia dalla coscienza della sua irraggiungibilità scaturisce il senso di una personale incapacità, e sorgono per la prima volta dubbi sulla sua validità assoluta rispetto a un presente che è sentito come un' età di crisi. Illimitatamente positivo rispetto all'antichità è, al contrario, l' atteggiamento del filosofo GIORGIO GEMISTO PLETONE (1355-1451; vd. I I 2.3.2), che sperava, col rispristino della religione greca antica, di risolvere i problemi dell' epoca e ottenere la salvezza dello Stato. Contro queste idee, reagi violentemente il dotto patriarca Gennadio II Scholarios, che fece bruciare l'opera principale di Pletone, la N6f1,WV avyypa> (ivi 1942 e sgg. [SC]); W. CH RI ST-M. PARANIKAS, Anthologia Graeca carminum christianorum, Leip­ zig 1871 (rist. 1963); R. CANTARELLA, Poeti bizantini, 2 voll., Milano 1948, 19922; É. LE ­ GRAND, Bibliothèque grecque vulgaire, 10 voll., Paris 1880-1913; W. WAGNER, Carmilta Graeca medii aevi, Leipzig 1874; E. KRIARAS, Bv(avrzvà i mwnxà f.1VVWroprjJ.1ara, Athe­ nal l955· Trattazioni d'insieme, monografie e saggi (una scelta, che integra le indicazioni precedenti) : H.G. BECK, Das byzantinische]ahrtausend, Mi.inchen 1988 [trad. it. Il millen­ nio bizantino, Roma, Salerno Editrice, 1981]; ID., Das literarische Schaffen der Byzantiner. Wege zu seinem Verstandnis, SB Wien, vol. 294 1974, Abh. 4; R. BRoWNING, The Langua­ ge of Byzantine Literature, in SP. VRYONIS (a cura di), The Past of Medieval and Modern Greek Culture, Malibu 1978, pp. 103-34; H. HuNGER, Das Reich der Neuen Mitte, Graz 1965; ID., Stilstujen in der Geschichtsschreibung des 12. ]h.s: Anna Komnene zmd Michael Glykas, in « Byzantinische Studien-Études byzantiniennes », a. v 1978, pp. 139-70; RJ.H. JENKINS, The Hellenistic Or��ins ofByzantirze Literature, in DOP, a. xvn 1963, pp. 37-52; A. KAzHADAN, Der Mensch in der byzantinischen Literaturgeschichte, in JOByz, a. XXVIII 1979, pp. 1-21; ID., Studies on Byzantine Literature ojthe Eleventh and Tweifth Centu­ ries, Cambridge 1984; P. LEMERLE, Le premier humanisme byzantin. Notes et remarques sur enseignement et culture à Byzance des origines au Xc siècle, Paris 1971, ed. ingl. ampliata Can­ berra 1986; C. MANGO, Byzantine Literature as a distorting mirror, Oxford 1975; P. SPE C K, Ikonoklasmus und die Atifange der Makedonischen Renaissarzce, in Varia, vol. I, a cura di R.­ J. LILIE e P. SPECK, Bonn 1984, pp. 175-210; L SEVCENKO, Leuels ofstyle in Byza11tine pro­ se, in JOByz, a. XXXI 1981, fase. 1 pp. 289-312; ID., The Palaelogan Renaissance, in W. TREADGOLD (a cura di), Renaissances bifore the Renaissance, Standford 1984, pp. 144-71; W. TREADGOLD, The Macedonian Renaissance, ivi, pp. 75-98. Riviste: « Byzantinische Zeitschrift >> (= ByzZ, Leipzig-Berlin-Mi.inchen 1892-, con bibliografia); « Byzantinoslavica » (= ByzSlav, Praga 1929-; con bibliografia); « Byzan­ tion » (Paris-Bruxelles 1942-); WVT]atç (xpiim.ç, auvt(T]atç) : per es. Archiloco, 23 13: tyw,_,ou·roç (u u). ·

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In Omero ed Esiodo numerosi iati sono evitati per l'effetto di un F (digammma) , dunque si tratta di iati apparenti (in Il., I 1-100; cento casi, 4: òè (F)rÀ�ta, 7: -rr ( F) Ii­ val;, ecc.) . lato vero e proprio è nah1ralmente permesso senza limiti nella sequenza di versi e perciò nella poesia corale diviene un indizio decisivo per stabilire la fine del verso (vd. 6.5).

6.2.4. Brevis in longo I versi greci finiscono sempre con un longum fisso o chiuso (. . . - u - 11 , . . . uu 1 1) L'ultimo longum può tuttavia essere formato da una sillaba breve, che quindi, per la pausa alla fine del verso, riceve la qualità di una lunga ( Quint., Inst., IX 4 93) . P. Maas ha coniato per questo fenomeno il concetto: (syllaba) bretJis in (elemento) longo. In realtà si tratta sostanzialmente di nient'al­ tro che di un anceps, poiché quest'ultimo (per es. in 'X '-u-) può essere lun­ go o breve metricamente e prosodicamente. -

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Brevis in longa è dunque un fenomeno della fme del verso e perciò diviene nella poesia corale (vd. 6.5), come lo iato (vd. 6.2.3), un indizio decisivo per stabilire la fine del verso.

6.2.5. Parola e gruppo verbale (Wortbild) La divisione interna del verso si basa sempre su finali di parole ricercate o evitate. In greco tuttavia numerose parole funzionali (come pre- o postposi­ tive) formano con parole di contenuto gruppi di parole o (secondo P. Maas) « gruppi verbali » (cfr. Devine-Stephens, cit. in 6.2.2, pp. 291-375 ) . Le tavole di maledizione di Teo ( CIG, 3044; R. MEIGGs-D.M. LEWIS, A Selection oJ Greek Historical Inscriptions to the End of the Fifht Century B. C., Oxford 19882, no 30), del 470 a.C. ca., dividono esemplarmente il testo, per mezzo di cola (:), in parole e grup­

pi verbali: A 1-5 : oanç : > , a. XXVIII 1998, pp. 193-212; L. DE LIBERO, Delphi und die archaische Tyrannis, in « Hermes », a. cxxix 2001, pp. 3-20.]

1.4. IL KOSMOS DI SPARTA NEL VII E NEL VI SECOLO 1.4.1. Subito dopo la fine della prima guerra sacra (vd. 3.3), falli, per la resi­ stenza dei Facesi e dei Beoti, il tentativo della Lega tessala (con un monarca elettivo, il -r&yoç, a capo della dominante aristocrazia equestre) di estendere il proprio predominio sulla Grecia centrale. Al contrario, la comunità di citta­ dini/guerrieri di Sparta, il piu grande centro abitato della piana dell'Eurota in Laconia, già all'inizio del VII secolo aveva gettato le basi di un potere du­ raturo. Il particolare ordinamento statale di questa polis di guerrieri (il ko­ smos) i cui cittadini di pieno diritto si definivano orgogliosamente gli > (oiJ.Otot), sorto, presumibilmente, soltanto dopo una fase di violente lotte intestine (Hdt., I 65 2 sg.; Thuc., I 18 1 sg.), viene attribuito dalla tradizione, fortemente intrisa di elementi leggendari, al legislatore Licurgo e all'oracolo di Delfi. Con la "grande Rhetra" di Licurgo (Plut., Lyc., 6, già parafrasata nel componimento di Tirteo noto come Eunomia) possediamo la piu antica, au524

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ETÀ ARCAICA E C LA S S I CA

tentica costituzione della storia greca; i dettagli del nuovo edificio costitu­ zionale non possono hittavia essere ricostruiti. Il tradizionale regno illeo­ eraclide (vd. 1.2.1 ) venne ripartito in due monarchie ereditarie di tàmiglie reali, rigorosamente separate l'una dall'altra dal punto di vista dinastico (Agiadi ed Euripontidi - con tradizioni differenti e anche di rango diverso!); il potere decisionale fu legato hlttavia al consenso dell'esercito, che si riuniva regolarmente, e all'assemblea popolare del damos (nel tardo VI secolo forma­ ta all'incirca di 9.000 cittadini/guerrieri obbligati al servizio militare), mentre importanti diritti di iniziativa e di controllo spettavano alla ,Rerusia (consiglio di anziani e tribunale statale di 28 membri, eletti a vita). Presto si aggiunse (al piu tardi all'inizio del VI sec.) il collegio reggente eponimo dei cinque efori, eletto annualmente dal damos, dotato di ampi poteri di controllo, sia nei con­ fronti dei re, sia, soprattutto, sui grandi gruppi della popolazione che resta­ vano esclusi dai diritti politici, vale a dire i perieci e gli iloti (vd. 1.2.1) , sui quali doveva vigilare rigorosamente. 1.4.2. Alla formazione interna del kosmos (con la forzata annessione del­ l'antico sito miceneo di Amide) è manifestamente ed intimamente connes­ sa l'espansione del dominio di Sparta su tutta la regione lacedemone, che portava un nome pregreco - un processo che ancora nelle ricostruzioni piu moderne, viene spesso erroneamente messo in relazione (cfr. B.M. Clauss, Sparta. Eine Einfuhrung in seine Geschichte und Zivilisation, Miinchen 1983) con la dorizzazione della Laconia all'inizio dei "secoli bui" (vd. 1.2.1) . Gli altri Lacedemoni rimanevano negli insediamenti dorici della Laconia (si tratta dei perieci, 'coloro che abitano intorno'); conservavano la loro libertà personale e la loro autonomia interna, ma erano tenuti a seguire i re spartani in guerra, ed erano in generale vincolati alle decisioni prese a Sparta per tutto lo Stato « dei Lacedemoni >>. Un altro grande gruppo della popolazione della Laconia, sulla cui origine etnica non si sa nulla di preciso, fu sottomesso con violenza e costretto in maniera brutale a re­ stare legato alla proprietà fondiaria degli Spartiati (il xÀiX.poç) in qualità di iloti (cioè con lo status di schiavi, privi di ogni diritto, della comunità cittadina dominante). Mentre il commercio, le attività artigianali e minerarie erano pressoché esclusiva­ mente nelle mani dei perieci, chi apparteneva alla classe dominante oplitica, sfruttan­ do il lavoro agricolo cui le famiglie degli iloti erano costrette, doveva condurre una vita "militare", sottoposta ad un generale controllo sociale (era, in altre parole, in una condizione di perenne esercizio militare e conduceva a Sparta una vita "da caserma"). Un simile, totalizzante programma educativo statale doveva garantire l'azzeramento, o quasi, della sfera privata e la mancanza di qualsiasi possibilità di emancipazione in­ dividuale.

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V · STORIA DEL M O N D O G RE C O Una parte di questo sistema educativo che voleva esaltare la virilità era costituita dalla pederastia istituzionalizzata, tra adolescenti (a partire dai 12 anni) e uomini adulti; da questo favorire i rapporti omosessuali tra Spartiati si sperava un aumento dell'ardore militare e una maggiore coesione emotiva in guerra. All o stesso tempo dalla continua separazione del cittadino/guerriero dal suo olxoç, derivò, per le don­ ne spartane che vivevano nei possedimenti terrieri e che come 'signore' (òéanowcn) godevano nella vita pubblica di un ruolo di prestigio, una libertà, sia sociale che eco­ nomica, assai grande se messa a confronto con quella di cui godevano le donne in al­ tre poleis greche. I..:aristocrazia, che senza dubbio all'inizio dovette essere molto in­ fluente, a Sparta si era dovuta ben presto inquadrare nell'àmbito della nuova costitu­ zione oplitica, rigorosamente disciplinata, e nel suo totalizzante sistema educativo (aywyij) ; i gruppi che opposero resistenza furono costretti all'esilio (intorno al 700 venne cosi fondata Taranto da un gruppo di aristocratici spartani). Verso la fine dell'VIII secolo Sparta fu in grado di sottomettere la Messenia, una regione straordinariamente fertile, il cui territorio coltivabile fu diviso in 'lotti' (xÀéi­ pot) , poi ripartiti tra i cittadini guerrieri, che a loro volta li davano da coltivare alla po­ polazione locale, ridotta alla condizione di iloti. Tuttavia, nella seconda metà del VII secolo, a seguito di una sollevazione dei Messeni durata diversi anni e appoggiata da­ gli Arcadi e dalla polis di Argo (che controllava sino ad allora tutta quanta la parte orientale del Peloponneso), il kosmos spartano cadde in una profonda crisi, che venne superata vittoriosamente soltanto grazie all'impegno estremo di tutte le forze (è la cosiddetta seconda guerra messenica, nel terzo quarto del VII secolo). In seguito a questa crisi, che aveva fortemente messo in pericolo la sua stabilità, la polis di Sparta, che nell'VIII secolo aveva preso parte alla vita culturale greca (cfr., tra le altre cose, le canzoni di Alcmane, inneggianti alla vita [1v 1.3.4] , e le elegie di Tir­ teo, ma anche la fioritura dell'artigianato artistico in Laconia nel VII/VI sec.), prese sempre di piu i tratti di un regime sospettoso, chiuso agli influssi esterni e alle inno­ vazioni di ogni genere, persino all'economia monetale! Anche le descrizioni di Spar­ ta che si leggono in Erodoto e Tucidide, fanno concordemente riconoscere che que­ sto processo di sviluppo non può essere datato nel V secolo, o solo nell'epoca imme­ diatamente successiva alle guerre persiane (contra L. THOMMEN, Lakcdaimtmiotl Politeia, Stuttgart 1996). La specifica cultura musicale spartana, con i suoi splendidi cori e le sue danze, fu indubbiamente molto rinomata in tutta quanta la Grecia. Ma il complesso istituzio­ nale del kosmos spartano non si sviluppò nel corso del VI secolo. Non si era nemme­ no disposti a concedere qualche possibilità di emancipazione ai perieci, perché fosse­ ro ammessi nei ranghi degli Spartiati. Inoltre, quanti tra gli "uguali" si erano rifiutati di prestare servizio militare o non erano in grado per motivi finanziari di fornire la porzione stabilita per prendere parte ai banchetti comuni (i sissizi), decadevano in uno status di 'inferiori' (ùnoiJ.doveç) ; cosi già solo il motivo della conservazione del proprio status politico-sociale dovette agire per un rigoroso controllo delle nascite e

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per una progressiva diminuzione, di generazione in generazione, del numero dei cit­ tadini.

1.4.3. Intorno al 560 l'espansione di Sparta nel Peloponneso cessò a segui­ to di una politica di alleanze con gli Stati contìnanti non ancora sottomessi. Cosi, nella seconda metà del VI secolo, sorse nella Grecia meridionale, sot­ to la guida di Sparta, un forte sistema di alleanze, al quale nel Peloponneso fu in grado di sottrarsi a lungo soltanto Argo, l'ambiziosa, antica rivale di Sparta. Con il nascere di stretti contatti sia con il re di Lidia (Creso, vd. 1.3.3) che con il faraone egiziano Amasi, Sparta - assurta quasi al rango di riconosciuta potenza egemone della Grecia (Hdt., I 69; m 47) - riuscf ad avviare rapporti con quel sistema dei grandi Stati del Vicino Oriente costituititosi dopo la ca­ duta dell'Assiria (612) e nel quale erano inseriti anche l'impero medo, che aveva il suo centro ad Ecbatana, e quello neobabilonese di Nabucodònosor II (605-562). La vittoriosa ascesa del sovrano vassallo persiano Ciro II (ca. 560-529; vd. 1.3.6) ai danni del suo signore medo, Astiage (intorno al 550), e la sorprendente sconfitta di Creso (546), a cui si aggiungono la capitolazione di Babilonia davanti ai Persiani e, infine, la conquista dell'Egitto da parte di Cambise (529-522), successore di Ciro, condussero ad un radicale cambia­ mento della situazione politica, sul quale Sparta e le altre poleis greche non ri­ uscirono ad avere alcuna influenza. In ogni caso, nel periodo successivo, i dispendiosi interventi di Sparta, nel 524, contro l'egemonia sui mari esercita­ ta dal tiranno di Samo Policrate (1.3.5) e poi - con vari mutamenti di fronte in Attica (511-506, vd. 1.5.4-5), ci inducono pensare che la "Lega peloponne­ siaca" nel tardo VI secolo era sempre piu pronta ad assumere il ruolo di rea­ le potenza egemone nel mondo egeo. Indicazioni bibliografiche. Sull'egemonia tessalica nella Grecia centrale e soprat­ tutto sul suo rapido dissolvimento intorno al 570, cfr. G.A. LEHMANN, Thessaliens He­ gemonie iiber Mittelgriechenland im VI. ]h. v. Chr., in « Boreas », a. VI 1983, pp. 35-43· Sulla tradizione antica relativa alla Sparta di Licurgo, cfr. E.N. TIGERSTEDT, The Legend of Sparla in Classica! Antiquity, 3 voll., Stockholm 1965-1978; sulla storia degli studi dedi­ cati a Sparta, si veda l'eccellente introduzione di Sparta, a cura di K. CHRIST, Darm­ stadt 1986, pp. 1-72; nello stesso volume, ma sull'interpretazione della "Grande Rhe­ .tra": K. BRINGMANN, Die Grafie Rhetra und die Entstehung des sparlanischen "Kosmos", pp. 351-86. Cfr. ancora P. OuvA, Sparla and her Social Problems, Amsterdam 1971; A. Po­ WELL (a cura di) , Classica! Sparla: Techniques behind her Success, London 1989; A. Po­ WELL-S. HoDKINSON (a cura di) , The Shadow ojSparla, London-New York 1994.

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[S. HooKINSON, The Development ofSpartan Society and Institutions in the Archaic Period, in The Development ojthe Polis in Archaic Greece, a cura di L.G. MITCHELL e PJ. RHooEs, London-New York, Routledge, 1997, pp. 83-102; E. BALTRUSCH, Sparta. Geschichte, Ge­ sellschafl, Kultur, Mtinchen, Beck, 1998, trad. it. Sparta, Bologna, Il Mulino, 2002; S. RE­ BENICH, Fremdenfeindlichkeit in Sparta? Uberlegungen zur Tradition der spartanischen Xenela­ sie, in « Klio >>, a. LXXX 1998, pp. 336-59; N. RICHER, Les Ephores. Etudes sur l'histoire et l'i­ mage de Sparte (Vlil"-Ilfe siècles avant Jésus-Christ), Paris, Publications de la Sorbonne, 1998; M. MEIER, Aristokraten und Damoden. Untersuchungen zur itmeren Entwicklung Spar­ tas im 7 Jahrhundert v. Chr. und zur politischen Funktion der Dichtung des Tyrtaios, Stuttgart, Steiner, 1998; M. LuPI, !.}ordine delle generazioni. Classi di età e costumi matrimoniali nell'an­ tica Sparta, Bari, Edipuglia, 2ooo; ].M. HALL, Sparta, Lakedaimon and the Nature oJPerioi­ kic Dependency, in Further Studies in the Ancient Greek Polis, a cura di P. FLENSTED-JEN­ SEN, Stuttgart, Steiner, 2000, pp. 73-89; N. RICHER, Eunomia et eudaimonia à Sparte, in « Dike >>, a. IV 2001, pp. 13-38; E. LÉVY, Sparte. Histoire politique et socialejusqu'à la conquete romaine, Paris, Éditions du Seuil, 2003; L. THOMMEN, Sparta. Veifasswzgs- zmd Sozialge­ schichte einergriechischen Polis, Stuttgart-Weimar, Metzler, 2003.]

1.5. DA S aLONE A CLISTENE: IL CAMMINO DI ATENE VERSO LA DEMOCRAZIA 1.5.1. La polis di Atene, contemporaneamente a Sparta e partendo da pre­ supposti del tutto analoghi, si sviluppò in una maniera assolutamente diffe­ rente. Un dato di fatto fondamentale della storia arcaica ateniese è rappre­ sentato dalla totale integrazione sin dall'inizio della parte principale della pe­ nisola dell'Attica (il 'promontorio'lrorrij sino al Capo Sunio, con insedia­ menti in parte notevoli) nella signoria v) , sino a una decisione del tribunale in proposito. Il sistema dì un governo effettivo attraverso l' ealesia, ma anche il sistema giudizia­ rio dì Atene, sarebbero potuti restare efficienti, se la cerchia dì quanti possedevano la cittadinanza non fosse sensibilmente aumentata andando oltre il numero raggiunto già durante l'età di Pericle dì circa 40.000 cittadini. N el 451/50, Pericle emanò una legge sulla cittadinanza, secondo la quale in futuro sarebbero stati cittadini solo colo­ ro che fossero stati ateniesi per parte dì padre e dì madre. Cosi dovevano essere toc­ cati ì legami familiari « internazionali )) delle casate nobiliari attiche, ma doveva anche essere esclusa un'eccessiva presenza dì stranieri tra ì politai, dovuta alla popolazione, notevolmente in crescita, dei meteci nel centro economico e commerciale dì Atene. Nel momento dì massima fioritura dell'età periclea, alla popolazione cittadina dì cir­ ca 120-140.000 persone, in Attica sì contrapponevano circa 30.000 mete ci (con ì loro familiari) e una popolazione dì schiavi, etnicamente eterogenea, valutata intorno ai 6o-8o.ooo individui, che appartenevano pressoché esclusivamente a privati. Il rappor­ to numerico restò dunque in certa misura equilibrato. Il lavoro schiavile, specialmen­ te nei territori montani, rappresentò certo un fattore considerevole nella vita econo­ mica dell'Atene classica, ma non era, tuttavia, in alcun modo - come la schiaviru co­ munitaria degli iloti a Sparta (vd. 1.4.2) - il fondamento del sistema politico e sociale ateniese. Fonti contemporanee testimoniano, per la maggior parte degli schiavi, al­ l'interno dell'Atene democratica, condizioni di vita relativamente umane e inusual­ mente buone, se messe a confronto con quelle nelle quali gli schiavi vivevano nel re­ sto della Grecia; spesso gli schiavi ad Atene ricevevano un salario, come artigiani e la­ voratori specializzati, cosi che esisteva per loro la reale possibilità dì acquistare dal lo­ ro signore e proprietario la libertà e di raggiungere in questo modo lo status dì mete­ ci (cfr. Ps. Xen., Ath. Pol., 1 10) .

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Con l'ascesa a potenza egemone sul mare, anche la forma politica democratica in­ carnata da Atene, si diffuse sempre più non solo tra le polcis aderenti alla Lega navale, ma anche nel Peloponneso (l'Elide, Mantinea), dove Argo già all'inizio del V secolo aveva, indipendentemente da Atene, dato vita ad uno Stato democratico. Negli anni Sessanta del V secolo nel mondo greco d'Occidente vennero dappertutto rovesciate le tiranni di e introdotte democrazie, che per lo meno esteriormente si improntavano al modello ateniese; il grande dominio territoriale retto da Siracusa cadde, cosi che poterono risorgere la maggior parte delle polcis distrutte e cancellate dai tiratmi. Nel­ la democratica Siracusa, che come prima continuava a perseguire, con la sua politica, ambizioni egemoniche, il ricordo dei tiranni Gelone e Ierone restò comunque lega­ to al prestigio delle vittoriose battaglie contro i Cartaginesi e gli Etruschi, e allo splendido sviluppo urbanistico della città, dei suoi templi e della sua vita culturale.

1.7.3. Quanto più, dopo la vittoria ateniese all'Eurimedonte (vd. 1.6.4), non si avvertiva, in Grecia, la minaccia dell'impero persiano, tanto più si fece grande tra gli alleati di Sparta - soprattutto Corinto - la diffidenza verso la nuova potenza marittima. Con la rapida realizzazione della democrazia ate­ niese a partire dalle riforme del 462/1, i contrasti tra la potenza ateniese e quella spartano-peloponnesiaca si acuirono ancora di più; si accrebbe la po­ larizzazione tra una politeia oplitica, "oligarchico-conservativa" da una parte, e una democrazia "radicale" dall'altra. A partire dal 460/59 si arrivò a dei conflitti armati, che da un lato misero alla prova - anche in battaglie terrestri - l'enorme forza militare ateniese, dall'altro, però, dopo una pesante sconfit­ ta in Egitto (454: sconfitta disastrosa della flotta e del corpo di spedizione at­ tico; cfr. 1.6.4), mostrarono chiaramente che la polis non era in grado di so­ stenere un doppio fronte di guerra, contro l'impero achemenide da una par­ te e i rivali greci dall'altro. Dopo un nuovo - inutile - tentativo di scacciare i Persiani (e i Fenici) da Cipro (450/49) ad Atene riusci di stilare nel 448 un trattato di pace definitivo con la Persia (la cosiddetta pace di Callia): in cam­ bio della cessazione delle offensive navali nel Mediterraneo orientale e la ri­ nuncia a Cipro, il Gran Re si impegnava a non intraprendere piu alcun at­ tacco nell'Egeo e contro le città costiere occidentali dell'Asia Minore, senza tuttavia rinunciare formalmente alle sue mire di dominio sulla lonia. Nel 446 Pericle riusci a stipulare un trattato di pace (per 30 anni!) con Sparta, con il quale Atene, in cambio della rinuncia alle posizioni conquistate sulla terra­ ferma, riceveva il riconoscimento dell'egemonia marittima e della sua posi­ zione di guida nella Lega navale; i contenziosi dovevano in futuro essere sot­ toposti ad un arbitrato. ,

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V · STORIA DEL M O N D O G RE CO Il ritiro ateniese dalla Grecia centrale venne sfruttato in Beozia per creare una nuova, efficiente federazione, sulla base di una politeia oplitica. Mentre le poleis che ne facevano parte venivane rette da divisioni di gruppi di cittadini a pieno titolo, ogni volta diversi, il territorio federale fu suddiviso in 11 distretti, cosi che le poleis con il territorio piu grande comprendevano piu distretti (la città di Tebe ne arrivava a com­ prendere addirittura quattro), quelle piu piccole, invece, messe insieme ne formava­ no uno. Per ciascun distretto (!lépoç) le poleis facenti parte di questa Lega (xmv6v) po­ tevano inviare ciascuna 6o rappresentanti nell'assemblea federale e un magistrato nel collegio dei beotarchi, che restava in carica un anno. Inoltre si doveva versare un ade­ guato contributo per il mantenimento della Lega, e fornire all'esercito 1.000 opliti e 100 cavalieri per ciascun distretto. In questo modo la Beozia, nell'età di Pericle, rea­ lizza il modello di una costituzione rappresentativa dal carattere "oligarchico", sebbe­ ne in alcune poleis (in particolare a Tespie) seppe affermarsi una forte opposizione fì­ loateniese e dunque fìlodemocratica. Nella fase di crisi della democrazia attica, du­ rante la guerra peloponnesiaca (vd. 1.8.3), fu evidente, comunque, che negli ambienti degli opliti ateniesi, accanto ad appassionati ammiratori di Sparta, c'erano anche mol­ ti simpatizzanti dell'ordinamento costituzionale e sociale beotico.

1.7.4. Immediatamente dopo la pace di Callia, Atene aveva tentato di rag­ giungere (verosimilmente nel 447), sulla base dell'antica "confederazione greca" prodottasi all'epoca delle guerre persiane, un generale stato di pace per la Grecia - ed anche, per la sua grande potenza marittima, la stabilità fi­ nanziaria; questa iniziativa era tuttavia fallita per l'opposizione di Sparta (Plut., Pericl., 17). Per reazione, Atene - malgrado la fine ormai sopravvenuta della guerra con la Persia - si attenne ad una organizzazione rigida della Le­ ga navale, dopo che, già nel 454, in seguito alla pesante sconfitta in Egitto (vd. 1.7.3), la cassa della Lega fu trasferita da Delo sull'Acropoli d'Atene. Co­ si Atena, dea della città, ascese definitivamente al ruolo di "dea dell'impero", alla quale da allora in avanti si doveva versare una quota (pari a 1/6o) da cia­ scun tributo-phoros dato dagli alleati. Nello stesso periodo si portò finalmen­ te a termine la ricostruzione dell'Acropoli, che era stata distrutta dai Persia­ ni, con i grandi, classici progetti del Partenone e dei Propilei (vd. vm 2.5.1 e 2.5.2) . I contributi annuali degli stati facenti parte della Lega, come attestano i numerosi frammenti epigrafici delle liste dei tributi, non superarono mai nell'età di Pericle l'ammontare complessivo, stabilito nel 478/7, di 460 talenti (vd. 1.6.4), cosi che la somma delle restanti entrate annuali di Atene (deri­ vanti da tasse indirette, dogane, tributi, ecc.) era sempre molto piti alta. Tut­ tavia, la presenza di Atene, con grande impiego di personale, nel territorio 544

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della Lega - e non di meno l'incessante attività dell'ccdesia attica, con l'ema­ nazione di "leggi dell'impero", che dovevano cioè essere rispettate da tutti gli Stati membri della Lega - venne sentita dalle poleis che della Lega erano par­ te, come una crescente minaccia alla loro autonomia. D'altra parte però, la flotta ateniese, per la quale veniva effettivamente impiegata la maggior parte dei soldi del phoros, proteggeva efficacemente l'Egeo dalla pirateria come an­ che da nuovi attacchi o tentativi di espansione intrapresi dai Persiani. Il trasferimento di tutti quanti i processi capitali al tribunale popolare di Atene fu sentito da parte delle polt'is della Lega, come un atto di intromissione particolarmen­ te grave, poiché tale misura doveva servire, in prima istanza, a proteggere nelle poleis federate i politici filoateniesi (cfr. Ps.-Xen., Ath. Poi., 1 16). Al contrario, la legge mo­ netale (lo psephisma di Clearco) che obbligava tutte le poleis della Lega a servirsi esclu­ sivamente di denaro ateniese, e anche l'esorbitante aumento del tributo da pagare, da tre a quattro volte maggiore (psephisma di Thudippos), vennero decisi, sembra, solo all'epoca del demagogo Cleone, durante la guerra archidamica (vd. 1.8.1). A partire dagli anni Sessanta, le poleis della Lega si sollevarono ripetutamente contro la sotto­ missione al sempre piu pesante dominio ateniese. Dopo il vittorioso superamento della crisi di Samo (441-39), che diventò una guerra legittima della Lega contro l'isola ribelle, nessuno degli stati che, all'interno della Lega marittima, ancora disponessero di una flotta propria (Chio, Mitilene, ecc.), aveva ormai piu le forze per contrastare potenzialmente la potenza egemone attica. Indicazioni bibliografiche: A.H.M. JoNES, Athenian Democracy, Oxford 1957; R.K. SINCLAIR, Democracy and Participation in Athens, Cambridge 1988; C. MEIER-P. VEYNE, Kannten die Griechen die Demokratie? Zwei Studien, Berlin 1988; PJ. RHODES, A Com­ mentary on the Aristotelian Athenaion Politeia, Oxford 1981; R.W WALLACE, The Areopa­ gus Council, to 307 B.C., Baltimore-London 1985; M. OsTWALD, From Popular Soverei­ gnity to Sovereignity of Law, Berkeley-Las Angeles 1986; B.D. MERITT-H.T. WADE­ GERY-M.F. McGREGOR, The Athenian Tribute Lists, 4 voll., Princeton 1939-1953; W ScHULLER, Die Herrschafi der Athener im Ersten attischen Seebund, Berlin-New York 1974; B. SMARCZYK, Untersuchungen zur Religionspolitik und politischen Propaganda Athens im De­ lisch-Attischen Seebund, Mtinchen 1990; E. BADIAN, The Peace of Callias, in JHS, a. cvn 1987, pp. 1-39; C. REINSBERG, Ehe, HetCirentum und Knabenliebe im antiken Griechenland, Mtinchen 1989. [Opere generali: K.-W WELWEI, Das klassische Athen. Demokratie und Machtpolitik im 5· und 4.]ahrhundert, Darmstadt, Primus Verlag, 1999; QuEYREL, Athènes, cit. in 1.5. Sulla democrazia ateniese: Démocratie athénienne et culture. Colloque international organisé par l'Académie d'Athènes en coopération avec l'Unesco, Athènes, 23-25 no­ vembre 1992, a cura di M. SAKELLARIOU, Athènes, Académie d'Athènes, 1996; N. SA­ LOMON, Le cleruchie di Atene. Caratteri efunzioni, Pisa, ETs, 1997; M.R. CHRIST, The Liti-

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gious Athcnian, Baltimore-London, The Johns Hopkins Univ. Press, 1998; D . HAM� L, Athenian Genera/s. Military Authority in the Classica! Period, Leiden-Boston-Koln, Bnll, 1998; J. 0BER, Politica! Dissent in Democratic Athens. Intellectual Critics of Popular Rule, Princeton, Princeton Univ. Press, 1998; N.F. JoNES, The Associations of Classica! Athcns. The Response to Democracy, New York-Oxford, Oxford Univ. Press, 1999; EE. CoHEN, The Athenian Nation, Princeton, Princeton Univ. Press, 2000; M. MuNN, The School of History. Athens in the Age of Socrates, Berkeley-Las Angeles-London, California Univ. Press, 2000; L. CANFORA, La democrazia. Storia di w1'ideologia, Roma-Bari, Laterza, 2004. In particolare sulla condizione della donna all'interno della comunità cittadina: A. BELTRAMETTI, Immagini della donna, maschere del logos, in I Greci, vol. rr. Una storia greca, to. 2. Dtfinizionc, 1997, pp. 897-935. Sulla democrazia di Argo: M. PrÉRART, Argos. Une autre démocratie, in Polis & Politics. Studies in Ancient Greek History. Presented to Mogens Her­ man Hansen on his sixtieth birthday, a cura di P. FLENSTED-JENSEN, T.H. NrELSEN e L. RuBINSTEIN, K0benhavn, Museum Tusculanum, 2000, pp. 297-314. 1.7.3. J.H. ScHREINER, Hellanikos, Thukydides and the Era oJ Kimon, Aarhus, Aarhus Univ. Press, 1998.]

1.8. LA CRISI DEL MONDO GRECO NELLA GUERRA DEL PELOPONNESO 1.8.1. Già negli anni precedenti lo scoppio, nel 431, della grande guerra nel­ la quale si contrapposero i due blocchi guidati rispettivamente da Sparta e da Atene, Pericle, nell'ekklesia, aveva di continuo richiamato l'attenzione sul conflitto imminente. Egli era convinto che Atene non potesse tirarsi indietro di fronte alla nuova prova di forza, e, davanti all'ultimatum di Sparta, che nel 432 non lasciò spazio a trattative o al ricorso ad un arbitrato (vd. 1.7.3), confi­ dava sulla superiorità marittima e finanziaria della città, che era stata unita al Pireo da un possente sistema murario (le "lunghe mura") ed era perciò ine­ spugnabile con un attacco via terra. Il piano di Pericle fu di attendere al ripa­ ro delle "lunghe mura" l'invasione peloponnesiaca e, contemporaneamente, guadagnare il sopravvento in territorio nemico con duri attacchi della flotta. Per la difesa del territorio dell'Attica doveva essere impiegato attivamente solo il forte corpo di cavalleria, creato negli anni Quaranta e Trenta (Thuc., n 13 8) e sempre pronto come truppa di attacco (viene esaltato nella rappre­ sentazione che la cittadinanza ateniese diede di se stessa sul fregio della cella del Partenone!). Questo piano di guerra si mantenne a lungo, ma il sovrappopolato "trian­ golo fortificato" Atene-Pireo-Falero, fu colpito negli anni 430-428 da un'epi­ demia di peste, che causò la morte di un quarto della popolazione militar­ mente attiva; tra le vittime ci fu pure l'insostituibile Pericle. I politici, per la

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maggior parte di origini non nobili, che successero a Pericle come "demago­ ghi" di punta, o, meglio, come strateghi del demo attico (tra questi si ricorda specialmente il ricco conciatore di pelli Cleone ), non erano maturi per il compito di alta responsabilità politica cui furono chiamati. Come constatato da Tucidide, partecipe e coinvolto testimone oculare di tali avvenimenti ( n 65), essi cedettero sempre piu, senza dare prova di forte personalità, alle mu­ tevoli emozioni di una eccitata massa popolare e, non preoccupandosi della crescente polarizzazione che si andava producendo all'interno della stessa Lega navale, perseguirono una politica di guerra fatta di arroganti pretese e di brutali soprusi nei confronti degli alleati e dei nemici sottomessi. Nel periodo postpericleo trovò sempre più eco, nel ceto dirigente e soprattutto nella gioventù ateniese, la dottrina di una morale della forza fondata sul 'diritto natu­ rale' (>, a. LXXXV II 1999, pp. 191-200.]

2.3. LA SPEDIZIONE ASIATICA DI ALESSANDRO MAGNO E L'IMPERO MONDIALE MACEDONE 2.3.1. I.:appena ventenne Alessandro III (piu noto come Alessandro Ma­ gno), designato regolarmente da Filippo come successore, fu in grado solo con grandi sforzi e con rapide azioni militari di evitare lo scoppio di una cri­ si dinastica in Macedonia e di spegnere pericolosi focolai di rivolta che anda­ vano accendendosi in Grecia. La Lega di Corinto, espressione della "pace generale" raggiunta, non disponeva o quasi, al contrario, di forze proprie: nel 335 il re - nel mezzo di una campagna volta al rafforzamento dei confini set­ tentrionali della Macedonia - dovette intervenire di persona nella Grecia centrale il piu velocemente possibile, per sottomettere i Tebani che si erano ribellati. Per dissuadere gli altri stati greci dal fare qualcosa del genere, la cit­ tà di Tebe, una volta conquistata (formalmente sulla base di una decisione della Lega di Corinto!), fu distrutta e la sua popolazione ridotta in schiavitli. Nell'esercito che si trasferi con Alessandro in Asia Minore nella primavera del 334 - in un momento di grave crisi finanziaria - e che era formato da circa 30.000 fanti e s.ooo cavalieri, le truppe della Lega di Corinto costituivano solo un modesto contin­ gente (intorno ai 7.000 uomini), laddove nell'armata schierata dal Gran Re persiano prestavano servizio forti contingenti di mercenari greci. Ciò nonostante Alessandro tenne fede al programma di una guerra "panellenica" di vendetta, sino almeno alla presa di Persepoli (e alla distruzione del palazzo di Serse). A questo progetto di "ven­ detta" si potevano facilmente legare la "liberazione" delle città ioniche (e la restaura­ zione al loro interno di regimi democratici), ma anche l'attenzione dimostrativa ri­ volta alle popolazioni locali e alle loro piu genuine tradizioni (in Lidia, Caria, Frigia, e piu tardi in Egitto e Babilonia). La struttura satrapica dell'impero achemenide ven­ ne mvece mantenuta. Un ruolo importante nell'immaginario del giovane re giocò l'entusiasmo per i per­ sonaggi e per l'ethos aristocratico-guerriero dell'Iliade omerica; infine per parte di ma-

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dre Alessandro poteva arrogarsi il carisma della famiglia regale dei Molassi, gli Eacidi (con il suo "capostipite" Achille; vd. v 1.3.1). Anche nell'educazione adatta ad un prin­ cipe, che Alessandro, con una cerchia di compagni macedoni e greci, ricevette per tre anni a Mieza (a ovest di Pella), ad opera peraltro di Aristotele, fu basilare - in seno ad una più vasta formazione generale - la lettura di Omero (accanto a quella di Erodo­ to). Il 'desiderio'/rc 6ì}oç di Alessandro (un concetto che risale a lui in persona!) di su­ perare i grandi eroi suoi antenati - Achille, Perseo o Eracle - fu sempre di grande im­ portanza quale spinta interiore sia nelle grandi imprese che nelle sue azioni indivi­ duali, spesso drammatiche.

2.3.2. La comprensione storica della figura di Alessandro e della sua campa­ gna in Asia viene resa difficile - oltre che dalle mutevoli prospettive intelle­ tuali e dalle esperienze politiche degli osservatori - da uno status delle fonti molto problematico: le testimonianze documentarie a disposizione sono po­ che e la tradizione storico-letteraria superstite, relativamente vasta, è essenzial­ mente solo di epoca piu tarda e condizionata da tendenze del tutto diverse. Mentre la rappresentazione di Alessandro, ufficiosa e panegiristica, dello storico di corte Callistene (giustiziato nel 327) rimase incompiuta (FGrHist, 124), l'opera ro­ manzata su Alessandro, molto popolare nell'antichità, scritta da Clitarco di Alessan­ dria (310 circa, ivi, 137), nonché il suo orientamento, condizionato da una fantasia an­ ch'essa tendente al panegirico (pure del diadoco Tolomeo e della sua corte), si colgo­ no ancora bene nella rielaborazione fattane da Diodoro (L xvn) . Questa tradizione "vulgata" (dai tratti leggendari molto accentuati) si è poi trasformata, nell'opera di Trogo-Giustino (ll. XI-xn) e di Curzio Rufo, nell'immagine negativa di Alessandro quale sovrano poi degenerato in un desposta di stampo orientale. In questo hanno giocato un ruolo importante, a quanto pare, sia le reazioni alla propaganda favorevo­ le ad Alessandro e antiromana maturata nell'Oriente greco, specie durante le guerre mitridatiche (dall'89/88); sia il problema della imitatio Alexandri nella Roma della fine della Repubblica e del primo Principato (cfr., tra altri, la polemica condotta da Livio, IX 17-19) . Di contro, nella biografia di Alessandro scritta da Plutarco e nell'Anabasi di Arriano (vd. IV 3.4.1) ci si riferisce, di conseguenza, a quei testimoni oculari piu im­ portanti e competenti che pure figurano tra gli storici di Alessandro (specialmente Aristobulo di Cassandrea e Tolomeo). Perciò, dal punto di vista del metodo, si deve attribuire obiettività critica e un consapevole giudizio storico all'opera su Alessandro di Arriano; tuttavia la sua rappresentazione si concentra unicamente sul virtuosismo militare di Alessandro (ancora attuale in età imperiale) nella "battaglia ad anni com­ patte", mentre sono appena sfiorate la sua opera politica e le sue idee.

2.3.3. I.:attacco di Alessandro colse l'impero achemenide alla fìne di una crisi dinastica durata molti anni e che fece seguito all'uccisione di Artaserse

V · STORIA D E L M O N D O G RE C O

III Ochos (359-338) : il dispotismo dei satrapi dell'Asia Minore (battaglia del Granico, 334 ) e la rapida avanzata macedone intralciarono i piani della flotta persiana, comandata dal radio Memnone, che consistevano nel fermare l'ag­ gressore in Asia Minore attraverso un'offensiva navale nell'Egeo - secondo la strategia impiegata da Canone nella battaglia contro Agesilao del 395/4 (vd. v 1.9.1) - e in una nuova mobilitazione, in Grecia, delle forze antimace­ doni (con a capo il re spartano Agide III: 332!1) . Nella controffensiva, Ales­ sandro, dopo la vittoria a Isso (novembre 333) sull'esercito imperiale guidato dal Gran Re Dario III in persona, si mantenne fermo nel suo disegno di im­ padronirsi di tutta quanta la costa orientale del Mediterraneo e di privare co­ si la flotta persiana di tutte le sue basi operative. Nel 332 seguirono la con­ quista di Tiro (dopo un lungo assedio) e di Gaza, e anche la marcia in Egitto, dove Alessandro venne salutato come il liberatore da un regime straniero oppressivo e si fece incoronare faraone. Sul ramo destro del delta del Nilo il re, ben considerando la favorevole posizione geografica, fondò la grande città portuale e futura metropoli di Alessandria; questo accadde prima della sua visita al santuario oracolare dell'oasi di Siwa, strettamente connesso con la Grecia (vd. v 1.3.2), nel quale fu accolto dai sacerdoti come il figlio del sommo dio: un episodio, questo, che ebbe una grande risonanza nel mondo gre­ co (Callistene, FGrHist, 124 F 14). Quest'onore venne accettato con gratitudine da Alessandro, che era evidentemente alla ricerca di nuove forme per il suo dominio sulle poleis greche, che si reputavano indipendenti. Questa onorificenza fu infine ul­ teriormente sviluppata, di fronte agli stati greci, in una concezione divina della mo­ narchia (vd. 2.3.5).

2.3.4. La seconda fase della campagna asiatica iniziò nel 331 con lo scopo di conquistare tutto quanto il territorio iranico e la parte nord-occidentale del­ l'India. La vittoria nella decisiva battaglia di Gaugamela (con la proclamazio­ ne di Alessandro "re dell'Asia": Plut., Alex., 34 1) apri al Macedone le porte delle ricche metropoli di Babilonia, Susa e Persepoli, dove Alessandro prov­ vide a far coniare e, attraverso il suo seguito e l'esercito, a mettere in circola­ zione l'enorme quantità di metallo prezioso che era stata ricavata dai tributi e che era andata accumulandosi nel corso di generazioni. Questa decisione fece nascere un commercio di proporzioni davvero mondiali in tutta quanta l'Asia Anteriore e nel bacino del Mediterraneo - con un enorme incremen­ to della vita economica (dopo una prima crisi di assestamento) - e contribui in maniera sostanziale al miglioramento delle condizioni di vita sia dei vin­ citori che dei vinti (Ath., VI 231 e). 566

2 · E LLEN I S M O Dopo l'incendio del palazzo di Serse a Persepoli, dal valore chiaramente dimostra­ tivo, Alessandro congedò il contingente della Lega di Corinto (primavera del 33o); la "spedizione punitiva" contro i Persiani e con essa i compiti di Alessandro come con­ dottiero della Lega erano terminati. Da allora in poi il re condusse la guerra nelle ve­ sti di signore legittimo dell'impero achemenide e successore di Dario, che durante la fuga in Media era stato assassinato dal satrapo battriano Besso. Dopo tre anni di este­ nuante guerriglia nell'Iran nord-orientale (avanzata in Sogdiana, sino alla corrente del fiume Jaxartes-/Syr Daja, e fondazione della città piu settentrionale tra quelle che presero nome da Alessandro, oggi Chodschent in Tagikistan), ad Alessandro riuscf di portare stabilmente dalla sua parte l'aristocrazia iranico-orientale (matrimonio con Rossane, prigioniera di guerra della Sogdiana, secondo il rito iranico). Contro la vi­ vace opposizione di una parte del suo seguito greco-macedone (catastrofi di Filota, Parmenione, Clito e Callistene), il re volle introdurre, nell'esercito, nell'ammistrazio­ ne e a corte, una continua "fusione" tra i Macedoni, i Greci e le popolazioni orienta­ li soggiogate (assunzione parziale della veste del re persiano e del cerimoniale di cor­ te). l:insediamento di numerosi soldati greci in Battriana e in Sogdiana fece sorgere nell'Asia superiore un centro di cultura greca, in stretta simbiosi con la nobiltà irani­ co-orientale. Questo, nel III/II secolo, come regno indipendente greco-battriano (e indiano) detto "delle 1.000 città" (Strab., xv 1 3 686; Trogo-Giustino, xu 1 8), si espan­ se sino al Gange e lasciò tracce durevoli nell'arte dell'India. l:anelito personale (n6U'oç) del sovrano a raggiungere l'Oceano e i confini dell'e­ cumene, ma anche la sua preoccupazione per una rapida integrazione politico-mili­ tare delle classi dirigenti iraniche, motivarono la campagna dall'Hindukusch sino al­ l'India anteriore (327-325). Tutta la terra dei cinque fiumi e il delta dell'Indo divenne­ ro, dopo violente battaglie, una parte dell'impero di Alessandro. I Macedoni, sfiniti dalla fatica e dalle pioggie monsoniche, una volta arrivati al corso dell'Ifasi (Bias), si rifiutarono di marciare ulteriormente sino alla valle del Gange. La marcia di ritorno (325/4) dalla foce dell'Indo all'Iran sud-occidentale doveva rendere accessibili, trat­ tandosi di un'operazione combinata della flotta e delle truppe terrestri, i confini sul­ l'oceano dell'impero mondiale, e dare vita al commercio marittimo con l'India; men­ tre la spedizione per mare (sotto il comando del cretese Nearco, FGrHist, 133) prose­ gui con successo, l'esercito subf gravi perdite nell'attraversamento del deserto della Gedrosia (Belucistan), nonostante un'accurata programmazione e preparazione (G. ScHEPENS, Zum Problem der "Unbesiegbarkeit" Alexanders des Groflen, in AncSoc, a. xx 1 9 8 9, pp. 15-53).

2.3.5. Da Babilonia cominciarono nel 324 massicce operazioni di coloniz­ zazione nella Babilonia meridionale e sul Golfo Persico (con un significativo ·coinvolgimento dei Fenici) e furono preparati l'assedio e la spoliazione del­ l'Arabia. Inoltre il sovrano prese decisioni importanti per un nuovo ordina­ mento politico del mondo greco: senza tenere in considerazione l'atto di

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fondazione della Lega del 337 e la politica di stampo repressivo attuata nei confronti della Grecia da Antipatro - che come "stratego d'Europa" e reg­ gente al posto di Alessandro seguiva ancora le linee della politica di Filippo II -, durante le feste olimpiche del 324 fu proclamato con decreto regale il rientro nelle città di origine dei circa 10.000 Greci che erano stati esiliati per ragioni politiche (in gran parte di sentimenti antimacedoni e d'idee demo­ cratiche). Gli stati aderenti alla Lega di Corinto, evidentemente, non dove­ vano piu restare privi delle loro forze migliori, ma trovare un duraturo equi­ librio interno (leggi di Mitilene e di Tegea, cfr. CHI, II, ni 201, 202) . La "Le­ ga di Corinto" di Filippo II si era ampliata. Per Atene e la Lega etolica comunque, con il decreto relativo agli esuli, si pose il problema se potessero essere richiamati in quest'occasione anche gli abitanti di Samo o Oiniadai che erano stati deportati in Acarnania (vd. 2.2-4). Nonostante le crescenti tensioni, Atene nel 342/3 da parte sua si attenne a quella politica di prudente attendi­ smo (rafforzando anche il suo potenziale bellico), che perseguiva nei confronti di Alessandro dai tempi della catastrofe di Tebe (vd. 2.3.1). Contemporaneamente, nei vari stati greci ci si doveva confrontare con la richiesta di istituire e di organizzare un culto per il sovrano tra quelli per gli dèi della città, e di conferire alle sue disposizio­ ni un rango che sino ad allora era stato riconosciuto solo all'oracolo delfico (cfr. su questo Arr., VII 23 2). Alessandro non si considerava piu un h��emon, ma il signore dei Greci. D'altro canto, poco prima di ammalarsi, dispose di persona il richiamo di An­ tipatro dalla Macedonia, espressamente nel segno di una nuova politica di "libertà per i Greci" (Id., VII 12, 4).

2.3.6. Immediatamente prima della partenza da Babilonia (che non era sta­ ta affatto prevista come capitale dell'impero) per la spedizione in Arabia, per la quale Alessandro, accanto a una grande flotta nel Golfo Persico, aveva rag­ giunto una maggiore integrazione dei contingenti asiatici nel suo esercito, il re, non ancora trentatreenne, fu sopraffatto da una febbre malarica (10 giu­ gno 323) ; la sua salma (imbalsamata) trovò piu tardi un lussuoso monumen­ to funerario nel potente regno del diadoco Tolomeo, nel palazzo reale di Alessandria, un monumento connesso con l'istituzione di un nuovo culto del sovrano. Mentre i grandi popoli dell'Asia Anteriore, dopo l'improvvisa morte del sovrano, rimasero tranquilli - e anche nel periodo successivo si comportarono lealmente nei confronti dei loro (diversi) sovrani macedoni -, la falange macedone di stanza a Ba­ bilonia insorse in maniera violenta contro i suoi nobili comandanti. Il fratellastro mi­ norato di Alessandro, Arrideo, venne proclamato re e assunse il programmatico no-

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m e dinastico di "Filippo" (III) ; piu tardi anche il figlio di Alessandro e Rossane, Ales­ s�ndr� (IV), I�ato successivamente, venne riconosciuto come coreggente. La spedi­ Zione m Arabta dovette essere interrotta; analogamente, anche tutti i dispendiosi pro­ getti allora in fase di preparazione (tra i quali l'allestimento di una enorme flotta per la sottomissione del Mediterraneo occidentale : Diodoro, xvm 4; Arriano, vii 15 4) fu­ rono annullati dall'assemblea dell'esercito macedone. Anche la politica della propa­ gandistica "fusione tra i popoli" e la creazione di una élite mista fu in gran parte revo­ cata. Poiché mancava un successore maggiorenne e la famiglia reale era profonda­ mente divisa, il potere passò, attraverso l'assemblea dell'esercito macedone, ai "gene­ rali" di Alessandro, che subito cercarono di assicurarsi un territorio su cui esercitare il potere o dove fondare addirittura un regno. L'idea di una guida collettiva e centrale senza la dinastia argeade - avendo al centro solo un vero e proprio culto di Alessan­ dro (''culto del trono vuoto") nel luogo di consulta del regime militare - fu forse pre­ sa in considerazione nella prima fase delle lotte dei Diadochi (Curt. Ruf., x 6 15), ma fu praticata con un certo successo solo dal greco Eumene di Cardia (Diodoro, xvm 6o; Plut., Eum., 13).

2.3.7. Lo scoppio delle guerre tra i Diadochi per l'impero di Alessandro fu trattenuto ancora dall'esplosione della guerra di liberazione contro i Mace­ doni scoppiata in Grecia nel 323/2 (guerra "ellenica" o "lamiaca") : Atene, in­ sieme agli Etoli, si pose a capo del movimento e fondò una nuova Lega elle­ nica (con un consiglio rappresentativo dell'alleanza come organo stabile di guida e un connesso comando militare ) . Il sistema di dominio macedone in Grecia cadde quasi del tutto, Antipatro venne cinto in stato d'assedio a Lamia a seguito di dure sconfitte; la "rivincita di Cheronea" sembrò già ottenuta. L'indesiderata capitolazione dello "stratego d'Europa" davanti alla Lega ellenica dovette essere assolutamente evitata, ma il comando macedone, anche con i rinforzi giunti dall'Asia, non riusci a raggiungere una vittoria decisiva sull'esercito greco che combatteva in Tessaglia. Si decise piuttosto per il mare, con la flotta imperiale, rin­ forzata ancora da Alessandro in Fenicia (vd. 2.3.5), che inflisse alle bene armate navi ateniesi una pesante sconfitta nell'Ellesponto e presso Amorgo (luglio 322). Dopo lo scioglimento della Lega ellenica, Atene si vide costretta alla capitolazione nell'ago­ sto/settembre del 322, davanti ai comandanti macedoni Antipatro e Cratero. Dovet­ te piegarsi a dure condizioni: il Pireo ricevette una guarnigione macedone, la demo­ crazia venne abolita e sostituita da un regime su base censitaria (si tratta del regime di FociONE e DEMADE, in vigore fino al 318). Demostene, lperide e altri rappresentanti eminenti della democrazia furono condannati a morte. Lo scoppio della prima guer­ ra tra i Diadochi (contro PERDI CCA, che usurpava la reggenza dell'impero) condusse tuttavia, verso la fine del 322, all'interruzione della campagna macedone contro la re­ gione montuosa dell'Etolia; la sottomissione della Grecia restò incompiuta.

V S T O RIA D E L M O N D O G RE C O ·

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