Informatica applicata all'archeologia
 8843034901, 9788843034901

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LE BUSSOLE

ARCHEOLOGIA

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la edizione, luglio 2005

©copyright 2005 by Carocci editore S.p.A., Roma Finito di stampare nel luglio 20 05 da Eurolit, Roma ISBN 88-430-3490-1

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Ada Gabucci

Informatica applicata all'archeologia

Carocci editore

A mia madre e mio padre

Nota Il riquadro contrassegnato dalla bussola un approfondimento.

(§) contiene

L'asterisco * all'interno del testo rinvia al glossario.

Indice Introduzione 1.

1.1. 1.2. 1.3. 1.4. 1.5. 1.6.

7

Il tratta mento a utomatico dell ' i nformazione La norma lizzazione prima dell'i nformatica

La macchina come strumento di e laborazione Metod i di rappresentazione dei dati

Archivi e data base

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2.1. 2.2. 2.3. 2.4. 2.5.

L'a rchiviazione dei dati

30

Una pa rentesi: softwa re per database L'a rchivio li nea re

31

32

La teoria relazionale

37

Il database re lazionale Per riassumere ...

3.1. 3.2. 3.3. 3.4.

26

29

2.

3.

24

25

Che cosa è necessa rio sape r fa re? P e r riassumere...

16

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Elaborazioni e procedure di soluzione Codici e programmi

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La documentazione del l o scavo. L'archivio dei dati a lfanu merici Da lla teoria a l la pratica

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44

Tabel le, identificatori, chiavi prima rie e re lazioni L'orga nizzazione delle informazioni L'i nterfaccia amichevole Per riassumere...

14

14

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56

6o

5

4.

La docu mentazione grafica e fotografica

4.1. 4.2. 4.3. 4.4. 4.s.

La georefe re nziazione 61 l sistemi ca rtografici 62 Sistemi grafici vettoria li 65 Sistemi grafici raster 68 Sistemi grafici e database: verso un Per riassume re...

GIS

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76

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s.

La gestione dei reperti di scavo

s.1. s.2. s.3. s.4. s.s.

Da llo scavo a l l o stud io dei mate riali 77 l materiali. Un momento d i riflessione 7 8 La classificazione prelimi n a re 82 Le tabe l le dei materia l i (TMA) 86 Le schede dei repe rti 9 1 Per riassume re...

93

6.

Da l l a teoria a l l a pratica

6.1. 6.2. 6.3. 6.4. 6.s. 6.6. 6.7.

Un database funziona le ed efficiente 9 5 Le rice rche e le regole di compi lazione 9 6 Una pa re ntesi: le classi di materiale (cLs) 102 La compatibilità e l'esportazione dei dati 105 l risultati... sul la ca rta 110 Uno sgua rdo a l l a Rete 112 Ma nute nzione e a ggiornamento 115 Per riassumere...

116

Glossa rio 118

Bi bliografia 123 6

95

61

Introduzione Nell'immaginario collettivo il mestiere dell'archeologo è spesso sinonimo di Indiana Jones, di geniali e felici intuizioni in grado di risolvere enigmi secolari e di avventure affascinanti sulle tracce di tesori perduti. Sempre alla ricerca di qualcosa di molto preciso, comunque, mai banalmente alla scoperta... di quello che c'è da scoprire. La realtà è ben altra cosa. Le indagini archeologiche odierne, come è ovvio, non hanno più come fine la scoperta del tesoro di Troia o il rinvenimento di qualche splendido ciclo sta­ tuario, ma mirano alla ricostruzione del passato, senza distinzione di epoca o di ambito culturale : la stessa attenzione viene così riser­ vata allo studio delle abitudini di vita quotidiana in un convento cinquecentesco, delle attività artigiane in una comunità dell'età del ferro, dei cimeli di un campo di battaglia o del funzionamento di un anfiteatro romano. E potremmo aggiungere che la stessa atten­ zione viene riservata allo studio dei reperti, delle fonti e di qualsia­ si altra notizia storica (Manacorda, 2004, pp. 3-7). Il compito " pratico " dell'archeologo moderno consiste, quindi, in una paziente e minuziosa opera di raccolta di tutte quelle infor­ mazioni - anche le più piccole e apparentemente insignificanti che saranno poi utilizzate nel lavoro di analisi, studio e sintesi. Senza pregiudizi e senza preconcetti. Quando incominciamo uno scavo o una ricognizione topografica non ci dobbiamo porre altro obiettivo se non la raccolta migliore possibile di tutti gli elementi documentari e materiali (i reperti) che ci si presentano, senza cer­ care di raggiungere un traguardo prestabilito (il pavimento roma­ no, il fondo di capanna ecc.). La massa dei dati che si accumulano è sempre notevole. Piante di stra­ to, schede di unità stratigrafìca, cassette di reperti, campioni da analiz­ zare, sezioni e fotografie aff ollano le "baracche" di cantiere e la mente dei ricercatori e necessitano evidentemente di un buon sistema di archiviazione e razionalizzazione. Per fortuna il metodo dell'indagine archeologica risponde alle regole delle scienze esatte - o per lo meno 7

dovrebbe farlo - e numerosi sono ormai i manuali dedicati alla teoria dello scavo stratigrafìco, così che pochi dubbi dovrebbero sorgere sul " come ", " perché" e "quando" raccogliere elementi e informazioni. Più confuso e molto meno codificato è invece il mondo della registra­ zione dei dati e - soprattutto - quello della loro conservazione. Fino a non molto tempo fa, il sistema di archiviazione delle infor­ mazioni era completamente manuale: rotoli di disegni, album foto­ grafici, pacchi di schede, pile di cassette, il tutto rigorosamente divi­ so per unità stratigrafìche e organizzato secondo un criterio scelto di volta in volta dai ricercatori seguendo esigenze logistiche e parame­ tri mentali. Oggi, invece, i PC (personal computer), con la loro dif­ fusione ormai capillare, permettono una gestione molto più agile e semplice delle operazioni nel momento dell'acquisizione dei dati e, soprattutto, portano a una fase di elaborazione estremamente rapida ed efficiente. Il passaggio dall'archivio* fisico all'archivio informati­ co non è stato e non è ancora né semplice né indolore, poiché costringe a un cambio di mentalità e di modo di ragionare. Da uma­ nisti ab i tuati a prendere appunti e a descrivere soffermandosi anche sulla forma del linguaggio, è necessario trasformarsi in scienziati in grado di incasellare le proprie ricerche in schemi prefissati. Sembra uno sforzo enorme e a volte si ha l'impressione di essere rinchiusi in una gabbia di cui sono state gettate le chiavi ! Ma non è così. E proprio gli archeologi non dovrebbero avere dif­ ficoltà a comprenderlo, visto quale grande passo avanti hanno già fatto imparando a razionalizzare il loro metodo di indagine e a indicare gli strati semplicemente - ma in maniera univoca e ine­ quivocabile - con una serie di numeri progressivi (ad esempio, us 117) e non più con descrizioni soggettive o note sulla collocazione spaziale ( ad esempio, " strato verdino limoso con molta ceramica" oppure " livello accanto al muro est sotto lo strato di macerie "). Ne deriva che anche la ricomposizione della sequenza stratigrafica si è trasformata in un'operazione meccanica, frutto di una sorta di gioco matematico obbligato, il quale trae origine dai rapporti fisi­ ci e temporali che intercorrono tra i diversi strati. Così ogni unità strati grafica ( us) si trasforma in una specie di " scatolina" ben defi8

nita che racchiude un numero variabile di attributi (la sua posizio­ ne fisica, i materiali contenuti, il suo modo di formazione ecc.) e che è possibile collocare sopra, sotto o accanto ad altre scatoline, esattamente come fanno i bambini con i cubi di legno. Ogni us è un oggetto " finito " con dei limiti ben precisi e con delle relazioni ben definite, ma agli archeologi rimangono spesso dubbi e incertezze, che si concretizzano in punti interrogativi sulle sche­ de e sui diagrammi stratigrafici e in perplessità ed esitazioni nelle ricostruzioni. Tutto ciò è umano ed è fondamentale che non si perda. Starà quindi a noi capire come utilizzare la macchina che per sua natura - non ha alcuna capacità critica e necessita solo di informazioni esatte. È questo l' ultimo, anche se non certo piccolo, passo da compiere: imparare a eliminare i punti interrogativi, ma solo ed esclusivamente a uso del computer. Facciamo un esempio: di fronte a una sepoltura a cremazione possiamo non essere sicuri che si tratti di un 'incinerazione diretta ( rogo posto direttamente sopra la fossa) piuttosto che indiretta (p ira allestita in un 'area apposita della necropoli; le ceneri del defunto venivano poi raccol­ te e deposte nella fossa). È probabile che nella scheda compilata a mano ci sia da qualche parte un bel punto interrogativo. Come comunicare la nostra incertezza al computer senza " confondergli le idee " e senza perdere informazioni preziose ? Possiamo scegliere diverse strade, ma sarà bene imboccarne una e mantenerla per tutto il percorso ( l'analisi dell'intera necropoli, in questo caso). Possiamo decidere, ad e se m pio, di prevedere una voce generica " incinerazione " da scegliere quando il rito sia dubbio, lasciando a una nota discorsiva il compito di esprimere la perplessità. Così, quando faremo delle ricerche, il computer saprà come comportar­ si senza fornire certezze che non abbiamo ('' diretta" o " indiretta"), ma anche senza tralasciare dati certi (" incinerazione "). Già dall'inizio degli anni ottanta i P C hanno fatto irruzione nella vita di tutti noi, dapprima in sordina (nel 1980 i PC, in tutto il mondo, erano solo 1oo.ooo) poi sempre più prepotentemente (nel 1990 erano già 10 milioni) fino a diventare uno strumento irrinun9

ciabile nella vita lavorativa - e non - di molte persone (negli ultimi anni si è arrivati a circa un miliardo di PC). Anche gli archeologi, inevitabilmente, si sono trovati di fronte alla macchina e alla neces­ sità di utilizzarla, in un primo tempo solo come word processar*, poi anche come strumento di archiviazione e infine come potente mezzo di elaborazione di dati grafici e fotografici e come sistema capace di collegare informazioni cartografiche vettoriali a database* e immagini. Il processo di appropriazione delle nuove tecniche, però, è avvenuto in maniera disorganica ed è stato prevalentemente opera di quegli archeologi che - singolarmente o in piccoli gruppi si sono avvicinati al computer per interesse personale, mentre la comunità scientifica nella sua totalità non ha espresso protocolli uni­ voci, premessa indispensabile a un corretto e soddisfacente uso del mezzo informatico. Il risultato di questo approccio disorganizzato e frammentario è oggi una netta separazione tra coloro che usano il computer in maniera appropriata - spesso a un livello molto avanzato - e coloro che si limitano a servirsene come di una " macchina da scrivere elettronica". Troppo spesso inoltre, la creazione di software* dedicati in campo archeologico è stata interamente delegata a operatori informatici, molto esperti nella loro disciplina, ma totalmente estranei alle pro­ blematiche della ricerca archeologica. L'uso del computer per tanti archeologi - e purtroppo spesso non si tratta di un gap generaziona­ le - è oggi un fatto " dovuto " di cui si ignora la reale utilità. Un esem­ pio tra tanti: le schede di us, diligentemente compilate a mano sul cantiere, sono poi " informatizzate", cioè immesse nel computer nei modi più vari. Chi ha capito quale sia il reale fine dell'operazione uti­ lizza dei software di archiviazione (come vedremo nei prossimi capi­ toli), ma troppi sono ancora coloro che si servono di programmi di seri ttura come Word, con il solo risultato di " mettere in bella" le schede, senza alcun progresso rispetto a quando venivano battute a macchina, ma con la grande - e inutile - soddisfazione di " aver infor­ matizzato (o computerizzato)" il proprio lavoro. Il primo sforzo necessario oggi è quello di far comprendere all'intera comunità scientifica quali siano le reali potenzialità della tecnologia lO

informatica nell'elaborazione e nella gestione di grandi quantità di dati diversi e quali vantaggi possano derivare dalla creazione di ban­ che dati capaci di interagire scambiando informazioni. Ancora oggi, purtroppo, a molti non è chiaro perché sia utile usare un Gis* ( Geo­ graphical Inforrnation System) per documentare lo scavo o perché sia conveniente inserire le informazioni in un database quando, appa­ rentemente, i metodi tradizionali risultano meno macchinosi e più immediati. O ancora - e peggio - c'è chi cerca di piegare la macchi­ na alle proprie esigenze dimenticandosi che il computer è uno stru­ mento che deve viaggiare insieme a noi, ma che siamo noi, esseri umani pensanti, a dover capire come le nostre esigenze possano esse­ re soddisfatte dal mezzo informatico. Proprio come quando decidia­ mo di fare un viaggio in treno: se vogliamo raggiungere una località dotata di stazione ferroviaria l'impresa sarà senz' altro realizzabile, ma i modi dipenderanno da noi (o meglio da chi gestisce le ferrovie, in questo caso) che dovremo decidere dove e quando cambiare treno per giungere a destinazione. E non potremo in alcun modo costrin­ gere il mezzo a mutare il suo percorso. La ricerca archeologica, per la quantità di dati che genera, non può più essere gestita in maniera efficace senza l'uso del computer e, d'al­ tra parte, non può neppure permettersi di rimanere estranea ai moderni sistemi di comunicazione che richiedono, e richiederanno sempre di più, una documentazione completa e leggibile e una gran­ de velocità di trasferimento dei dati ( Isabella, Salzotti, Valenti, 2001 ) . Purtroppo, però, il panorama è piuttosto sconfortante poiché il livello generale di cultura dell'informatizzazione archeologica è ancora basso e non esistono strumenti che agevolino l'approccio alla materia per chi non se ne senta attratto autonomamente. Non esiste una manualistica ad hoc e, soprattutto, non è possibile, attraverso una semplice ricerca bibliografica, così come faremmo per un nor­ male studio in campo archeologico, capire che cosa si possa chiede­ re a un programma* o valutare quanto l'investimento di tempo ini­ ziale porti poi a un reale sveltimento e a una semplificazione nelle procedure di gestione. Il secondo irrinunciabile sforzo è quello di attrezzarsi per diventa11

re degli utenti consapevoli, cioè imparare a conoscere, almeno a grandi linee, il funzionamento della macchina in modo da com­ prendere che cosa si nasconda dietro " l'interfaccia* amichevole ", quali siano le potenzialità di un programma e quali siano i suoi limiti. Non è, ovviamente, necessario chiedere a un archeologo di imparare il linguaggio* macchina - l'unico che il computer sia in grado di com prendere - «seri tto in un codice* che si limita a una successione di bit* espressi in un codice binario*» (Numerico, Vespignani, 20 03, p. 43), ma è indispensabile chiedergli di sapere, almeno a grandi linee, quale sia la sostanza del sistema operativo*. L'interfaccia amichevole, infatti, può essere un'arma a doppio taglio, poiché da un lato semplifica l'uso del computer, ma dall'al­ tro necessita di una no tevole memoria ed è spesso la principale causa dell'instabilità di molti programmi, così che i grandi sistemi, che non possono permettersi una discontinuità di prestazioni, spesso si affidano a Un ix, un sistema operativo che può lavorare ancora con la vecchia interfaccia a caratteri (ivi, p. 46). Oltre ai necessari e irrin un ci abili sforzi che tutti noi archeologi dovremmo compiere per imparare a utilizzare in modo appropria­ to il trattamento automatico dei dati, sarebbe anche auspicabile che quanto prima fossero sviluppati dei software dedicati, ma alla portata di tutti, mettendo fine alla separazione netta tra chi è in grado di sperimentare tecnologie sempre più avanzate ( che pre­ suppongono, oltre a un hardware* piuttosto potente e sempre aggiornato, anche una discreta capacità di gestire programmi com­ plessi) e chi ogni giorno si trova a lavorare sul campo senza essere in grado di produrre una documentazione che, nella sostanza, si discosti molto da quella tradizionale. Oltre alla carenza di cono­ scenze informatiche, pesano moltissimo la mancanza di fondi e un 'errata convinzione che gli investimenti di tempo e denaro in questo campo siano improduttivi. Il mondo degli archeologi avrebbe molto da imparare dal mondo dei medici, dei chimici o dei fisici : esistono uno spazio e un tempo per la sperimentazione di nuove tecnologie, ma a questo deve seguire la divulgazione, la condivisione delle nuove conoscenze con il resto del mondo. Se 12

così non fosse molti medici si recherebbero ancora in visita a1 pazienti con le sanguisughe per il salassa ! Oggi siamo attenti a esporre i risultati scientifici delle nostre ricerche archeologiche, ma manca quasi totalmente lo scambio delle espe­ rienze sulle applicazioni utilizzate per l'archiviazione e l'elaborazione dei dati. Ognuno segue un suo indirizzo autonomo e la conseguenza più diretta è l'impossibilità o, comunque sia, una notevole difficoltà nel mettere in comune gli archivi delle informazioni. In attesa che l'intera comunità degli archeologi si attrezzi, ritengo che sia fondamentale tenere sempre presente la necessità di elabo­ rare dati " scambiabili " e quindi compatibili con applicazioni e programmi diversi, non limitandosi a usare il proprio P C come un sistema chiuso e autoreferenziato. Lo scopo di queste pagine vor­ rebbe essere quello di fornire un aiuto a quanti, archeologi e stu­ denti di archeologia, si trovino a disagio in questo panorama e desiderino avvicinarsi ai sistemi di normalizzazione* dei dati aven­ do a disposizione un hardware limitato e poche conoscenze infor­ matiche. È possibile che la lettura astratta del testo non sempre sia facile e scorrevole, ma è probabile che risulti più accessibile pro­ vando a mettere in pratica i principi esposti, applicandoli alla documentazione di uno scavo (magari di entità limitata, per cominciare) e avendo davanti un computer dotato di un software adeguato. Lascio invece ad altri, molto più esperti di me, il com­ pito di parlare di strumenti informatici avanzati e di programmi sofisticati e complessi. Questo libro è nato grazie a una proposta di Daniele Manacorda, che ne ha lette alcune parti incoraggiandomi a proseguire. Molto devo ad alcune colleghe e amiche che in questi anni hanno con me speri­ mentato e affinato un sistema di documentazione infomatizzata, in particolare a Stefania Ratto ed Elena Quiri che hanno letto con pazienza tutto il testo, dandomi preziosi consigli e suggerimenti.

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1.

Il trattamento automatico dell'informazione

1.1. La normalizzazione pri m a del l 'i nformatica Il pnmo grande passo da compiere per arrivare a un più consapevole uso del computer - e non solo delle sue applicazioni in campo archeologi­ co, ovviamente - è semplicissimo. Si tratta di accettare un 'eviden­ te e inequivocabile, ma tutto sommato scomoda, verità: siamo seduti di fronte a una macchina, a uno strumento inanimato fatto di plastica, metallo e circuiti stampati che non è in grado di agire consapevolmente per risolvere i nostri problemi, né è capace di prendere alcuna iniziativa. Un apparecchio meccanico che rimane immobile e muto, nell'attesa di eseguire pedissequamente gli ordi­ ni che noi saremo in grado di impartirgli. A volte avremo l'im­ pressione che non sia niente affatto docile e che abbia una spicca­ ta tendenza " a fare di testa sua". Ma non è vero, naturalmente. È inutile cercare scuse. Tutto dipende soltanto dagli esseri umani, in primo luogo dagli informatici che avranno predisposto il sistema operativo e i programmi applicativi e poi da noi che immetteremo via via le informazioni da elaborare. D'altra parte, chi di noi si sognerebbe di imputare al mixer la mancata riuscita di una torta ? E se il problema è nel forno, siamo noi i colpevoli, che non ci siamo resi conto del suo cattivo funzionamento o che abbiamo regolato male la tem peratura. Incominciamo dal fondo, cioè dall'inserimento dei dati, un'opera­ zione piuttosto semplice, a volte noiosa, ma indispensabile per proseguire nello sviluppo della ricerca e per ottenere risultati utili che ci ripaghino della fatica affrontata. Il presupposto fondamen­ tale è accettare il fatto che la normalizzazione sia qualcosa di inte­ ramente svincolato dall'informatica e che la capacità di organizza­ re e mettere in fila in maniera logica le informazioni debba essere parte integrante del nostro modo di ragionare. Il primo accorgi­ mento da adottare per andare verso una corretta organizzazione dei 14

dati dovrà necessariamente essere l'eliminazione quanto più possi­ bile completa degli errori. Gli sbagli più semplici da rimuovere sono, ovviamente, i refusi, ma è fondamentale capire come, nella loro banalità, possano essere fonte di disguidi molto seri nelle successive operazioni di elaborazione. Basti pensare a una rubrica telefonica con i nomi (di battesimo) dei nostri amici. Nella fretta abbiamo scritto " Gulia" invece di " Giu­ lia". Potrebbe non essere un problema se non avessimo deciso di affidare il riordino alfabetico a un ornino a cui abbiamo detto di considerare corretta la grafia di qualsiasi parola (e per il computer la grafia di ogni parola è sempre corretta). Ecco che, quando cerchere­ mo il numero di telefono della nostra amica Giulia tra quello di Gianni e quello di Gloria, non lo troveremo. Naturalmente, poiché la mente umana è quasi sempre dotata di una certa elasticità, potre­ mo scorrere il resto dello schedario e, trovando una " Gulia" tra Greta e Ilaria, capire che si tratta proprio dell'amica che stiamo cer­ cando. Ma la macchina non è in grado di fare ciò e, quindi, quan­ do le chiederemo di trovare il numero di telefono di Giulia, dirà semplicemente che non c'è. Anche in questo caso, se si tratta della rubrica con i nomi di poche decine di amici e se siamo proprio certi della presenza di Giulia nell'elenco, potremmo decidere di far inter­ venire nuovamente la mente umana e scorrere a video tutti i nomi­ nativi inseriti fino a scovare l'errore. Ma come fare quando il refuso si dovesse nascondere in un elenco con migliaia di voci nel quale non sappiamo con esattezza chi o che cosa sia stato inserito ? Fin qui si tratta solo di fare attenzione all'ortografia e vedremo in seguito come la macchina stessa potrà venirci in aiuto . Più com­ plesso è il problema della terminologia. Proviamo a immaginare di dover mettere insieme un ricettario di cucina: quando scriveremo le diverse ricette per le paste asciutte staremo ben attenti a sceglie­ re il formato di pasta più adatto, così che con il pesto proporremo le trofìe e non gli spaghetti. In tal modo, però, quando stampere­ mo un fascicoletto basato su una selezione di ricette per spaghetti, la nostra pasta con il pesto non comparirà. Come al solito, nessun problema o quasi per la mente umana che avrà il buon senso di 15

scorrere il fascicolo degli spaghetti, ma anche quello delle penne, dei rigatoni ecc. , fino a trovare le trofie. Ma la macchina ? Conti­ nuerà ostinatamente a dirci che gli spaghetti con il pesto non esi­ stono, senza proporci alcuna alternativa. O peggio, suggerendoci alternative insensate come fanno alcuni motori di ricerca o modi­ ficando le nostre parole come i correttori ortografici* automatici che si intestardiscono a trasformare Varrone in Marrone o il pove­ ro Caracalla in un ignoto Caracolla! È chiaro quindi che il termi­ ne preciso da utilizzare (spaghetti ? trofie ? pasta ?) dipenderà esclu­ sivamente dall'uso che ne vogliamo fare e quindi dall'obiettivo - o meglio dagli obiettivi - del nostro lavoro. Tenendo sempre pre­ sente, però, che è importante prevedere il maggior numero possi­ bile di finalità. Nel caso del ricettario, ad esempio, sarà meglio considerare un voce generica " pasta", che non escluda però una voce più specifica " trofie ". In tal modo saremo in grado di trova­ re qualunque condimento per pasta asciutta, ma avremo nello stes­ so tempo salvaguardato la scelta di un certo formato adatto alla salsa. E anche la macchina sarà capace di fare le medesime ricerche con risultati positivi ( ES E M P I O 1) .

1.2. La macchi na come stru mento d i elaborazione Ormai abbiamo capito come una necessità primaria e imprescindibile per poter utilizzare in maniera proficua la tecnologia informatica sia quella di raccogliere dati coerenti, privi di errori o ambiguità e descritti in maniera omogenea. E come questa operazione sia tutta a carico nostro, poiché dipende unicamente dal nostro rigore men­ tale e dalla nostra capacità organizzativa. Solo quando saremo capaci di considerare il computer come uno strumento utilissimo, alla stregua della lavatrice o dell'automobile, senza aspettarci che da un momento all'altro si trasformi in una scopa magica, solo allora potremo pensare al trattamento automatico delle informa­ zioni. Ed entrare finalmente nel mondo dell'informatica, cioè della «disciplina che si occupa del trattamento dell'informazione e che tenta di operare tale trattamento in modo automatico». ( Giglioz­ zi, 20 03, p. 1). Ciò significa, evidentemente, che solo il processo di 16

automazione dipende dalla macchina, mentre i procedimenti adot­ tati nel trattamento dell'informazione sono del tutto autonomi. È strano come l'uomo, che nell'ultimo secolo si è abituato a un 'ac­ celerazione vertiginosa del processo di sviluppo delle tecnologie e che ha imparato a usare automobili, televisori, frigoriferi e telefo­ nini comprendendo facilmente l'utilità e i limiti delle singole mac­ chine, abbia tanta difficoltà ad accettare la natura del computer. Perché nessuno chiede alla sua utilitaria di arrampicarsi su un albe­ ro o al suo frigorifero di fare il caffè, mentre davanti a un compu­ ter si va su tutte le furie perché " non trova le cose " oppure perché " ha cancellato tutto " ? È vero che capita di perdere dati preziosi e di non riuscire a ottenere i risultati desiderati, ma alla base di tutto

ESEMPIO 1 Orga nizzazione ge ra rchica di un ricettario

Trofi e a l pesto

Spa g h etti a l l o sco g l i o

Bucati n i a l l'a matricia na

Gnocchi a l pesto

Gnocchi bu rro e sa lvia

I n u n ri cetta rio o rga n izzato co m e n e l l a fi gu ra , s a rà poss i b i l e p reve­ d e re d iversi l ive l l i di sel ez i o n e , u n o m o lto gen eri co di tutti i p ri m i p i atti e u n o più s p ecifi co d i tutte l e paste asci utte; s a rà i n o ltre fa ci l e esegu i re d e l l e ricerc h e p u ntu a l i , l e trofie co n i l pesto , a d ese m p io.

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c'è sempre l'uomo : il quale ha fornito indicazioni errate, ha dato istruzioni contrastanti che hanno confuso la macchina o ha pro­ dotto un programma instabile e " bacato " (è vero che in questo caso non siamo noi la causa diretta, ma gli operatori informatici, ma è pur sempre una causa umana!). Il fatto è che, mentre per poter guidare un'automobile tutti abbiamo bisogno di una patente, l'apprendimento dell'uso del computer dipende spesso solo dalla volontà dei singoli. O per lo meno così è quando l'elaboratore elettronico è uno strumento di lavoro e non lo strumento di lavoro. Gli informatici - e non solo loro - sono ovviamente molto ben attrezzati sull'argomento e hanno pochi dubbi sulle capaci tà e sui limiti del computer (si può vedere in generale Harel, 2002 ) . Men tre sulla strada, però, anche se camionis ti e autisti di autobus hanno una patente diver­ sa dalla nostra, più difficile da ottenere, anche noi dobbiamo (siamo costretti dalla legge) superare un esame per poter guida­ re, nel mondo dell'informatica solo gli addetti ai lavori seguono dei corsi e, soprattutto, imparano la teoria. Dagli tutti altri ci si aspetta che si iscrivano autonomamente a qualche corso o che si arrangino e passino indifferentemente dal foglio di calcolo* al gioco elettronico e dal vis ualizzatore per immagini alla conver­ sione di file* M P 3 * o all'uso del CAD * , destreggiandosi agilmente in una giungla particolarmente os tile perché in continuo muta­ mento ed evoluzione. E per noi umanisti tutto è ancora più com­ plicato, perché nessuno ha previsto nel nostro curriculum uni­ versi tario la presenza di esami di matematica, di logica o di analisi. È vero che in macchina si possono provocare tragedie, ma tutti noi ne siamo consapevoli e sappiamo bene che una sempli­ ce distrazione può essere causa di disastri immani. La stessa cosa può capitare con un uso non appropriato e soprattutto non con­ sapevole del computer e danni di notevole entità possono deriva­ re da errori banali. La storia dell'informatica è costellata di " pic­ cole sviste " che hanno portato a conseguenze gravissime, come quando «nel giugno 1996 il razzo francese Ariane 5 esplose pochi secondi dopo il lancio [ . .. ]. L'errore stava in una sola riga del pro18

gramma: un numero lungo 64 bit veniva immagazzinato in un registro lungo soltanto 1 6 bit, causando così quello che in termi­ ni scie n tifi ci si definisce overjlow (letteralmente, uno " straripa­ mento ")» (ivi, p. 23). Coloro che si sono avvicinati al computer negli anni ottanta, prima dell'avvento del mondo delle " interfacce amichevoli " (Win­ dows, ad esempio) sono probabilmente avvantaggiati poiché hanno dovuto imparare a eseguire le numerose operazioni che rimanevano a carico dell'utente finale. Nei primi P C , ancora privi di hard disk, si lavorava con due floppy, uno per il sistema opera­ tivo e uno per l'archiviazione dei dati. È chiaro che a computer spento e muto non era proprio possibile immaginarsi che fosse nient'altro che un ammasso di plastica e circuiti elettrici ! Proviamo a vedere in pratica quali erano le differenze sostanziali, e quali le identità. Utilizzando un programma di scrittura - qualche antenato di Word - non era possibile avere a video l'immagine della pagina così come sarebbe risultata in fase di stampa e anche la resa dei caratteri - davvero pochi in verità - era gestita esclusi­ vamente nel processo di stampa. Così, volendo ottenere " questo risultato ", dovevo digitare " C trl+I questo ris ultatoC trl+I " . A vide o ottenevo un codice al posto della combinazione di tasti mentre le parole " questo risultato " rimanevano identiche al resto del testo. Oggi è tutto molto più semplice, ma la sostanza non è cambiata e, se provate a fare la stessa operazione men tre scrivete un testo con Word, otterrete una parola scritta in corsivo (o in grassetto con la combinazione Ctrl+G o sottolineata con Ctrl+S). Ciò significa che il pulsantino del corsivo nella barra degli strumenti del vostro pro­ gramma di seri ttura non produce magie, ma invia una serie di istruzioni che permettono alla macchina di capire che vogliamo scrivere una parola in corsivo. L'interfaccia amichevole, quindi, pur avendo semplificato molte operazioni che risultano oggi di comprensione più immediata, non ha mutato la sostanza. Ma non sapere che cosa ci sia dietro a queste facilitazioni, o non sapere che dietro c'è qualcosa, anzi, ignorare che tutta la sostanza è proprio dietro, è molto pericoloso, perché corria19

m o il rischio di dare alla macchina indicazioni contrastanti che la possono confondere. Se io - per assurdo - continuassi ad attivare i pulsanti del maiuscolo, del corsivo, del sottolineato ecc., alternando­ li e sovrapponendoli, prima o poi avrei un PC totalmente disorienta­ to - se è permesso umanizzare a tal punto una macchina! - perché si troverà a eseguire azioni che si elidono reciprocamente.

1.3. Metodi di ra ppresentazione dei dati Ora che abbiamo capito che, esattamente come avviene con qualsiasi altra macchina, solo ed esclusivamente le istruzioni umane sono responsabili del funzionamento del computer, credo che sia opportuno fare una breve digressione sui metodi che si possono utilizzare per rappre­ sentare le informazioni da elaborare. Esistono due sole possibilità, la rappresentazione analogica* e quella digitale* . Per comprendere facilmente la differenza sostanziale tra i due sistemi, basta pensare agli orologi, dove analogico è l'orologio tradizionale con le lancet­ te e digitale è quello con i numeri. Nel primo caso il tempo viene misurato in maniera continua, così che sappiamo sempre quanta parte dell'ora o del minuto - o anche del secondo - è passata e quanta deve ancora trascorrere . Negli orologi digitali, invece, il tempo è calcolato in maniera discontinua - il termine appropriato è " discreta" - e i numeri sul nostro quadrante rimangono fermi fino allo scatto successivo (in realtà in questo caso è solo l' appa­ renza, poiché anche gli orologi digitali effettuano il calcolo del tempo in modo analogico). Questo tipo di rappresentazione, che deriva evi de n teme n te dai calcoli fatti usando le dita delle mani (e poi gli abachi), necessita di un numero limitato di simboli e per­ mette quindi di lavorare facilmente con grandi quantitativi di dati . Naturalmente occorre accettare un limite evidente: poiché la rap­ presentazione digitale consente di indicare solamente gli estremi di ogni intervallo, tanto più grande sarà l'intervallo considerato tanto minore sarà la precisione del nostro calcolo . Un esempio banale: se avessi un orologio digitale che segna solo le ore, non avrei la più pallida idea del tempo trascorso nell'arco di ben 59 minuti e 59 secondi (più tutti i decimi e i centesimi). A questo punto sarem20

m o portati a stabilire che la rappresentazione analogica debba per forza portare a una precisione maggiore. In realtà, ciò non è esat­ to, poiché noi abbiamo bisogno di " cogliere l'attimo " per poter acquisire un dato preciso. Prendiamo di nuovo come esempio la

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La codifica* bi n a ria di ca ratteri a lfa n umerici

Pe r ca ratteri " a l fa n u m e ri ci " s i i nte n d o n o tutti q u ei seg n i che posso­ n o essere p resenti a l l ' i nte rn o d i un testo : l ette re, n u m eri , i n d i cazi o ­ n i d i p u nteggiatu ra, si m bo l i pa rtico l a ri (f, &, @, . . . ) , a ccenti d i va rio ti po ecc. Lo sta n d a rd u n ive rsa l m e nte a d ottato per a p p l i cazi o n i a basso l ive l l o ( i l cosi d d etto testo n o n fo rm attato ) è stato fi n o ra i l co d i ­ c e AS CII*, acro n i m o d i Am eri ca n Sta n d a rd Co d e far lnfo rm ati o n lnte rc h a n ge ( http:// www.asciita b l e.co m ) . S i tratta d i u n co d i ce basa ­ to s u l sistem a b i n a ri o a 8 bit c h e assegna u n n u m e ro ( d a d i gita re ten e n d o p re m uto i l tasto ALT) a l l e l ettere d e l l ' a lfa beto, a i n u m e ri e a i s i m bo l i . L a ve rsio n e estesa d e i ca ratteri AS CII è ca p a ce d i ri p rod u rre 255 segn i ; i p ri m i 128 co rris p o n d o n o a l l e l ette re, m a i usco l e e m i n u ­ sco l e, a i n u m e ri e ad a l c u n i ca ratteri d i co ntro l l o, m e ntre i su ccessi ­ v i servo n o a ri pro d u rre segn i pa rti co l a ri u sati s o l o i n a l c u n e l i n gu e. Pre m e n d o ALT+88, a d es e m pio, otte rre m o u n a "X", m entre per ave re u n a "o" s a rà n ecess a ri o d i gita re ALT+l11, per u n a "0" ALT+155 e per u n a "É" ALT+1 44 (in rea ltà so lo per i pri m i 128 ca ratteri è d avve ro ga ra ntita l ' u n ive rsa l ità ; p e r l ' estens i o n e a i s u ccess ivi 128 esisto n o d iverse ta be l l e c h e n o n co l l i m a n o ) . Qu i n d i , co ntra ri a m e nte a q u a nto avven iva co n le m a cch i n e da scrive re m ecca n i c h e, n e l l e q u a l i la bat­ titu ra se rviva a sta m pa re fis i ca m e nte l ette re, n u m eri e s i m bo l i , q u a n d o n o i d i giti a m o i l tasto c h e ri p rod u ce l a "ç" , sti a m o i n rea ltà o rd i n a n d o a l l a m a cc h i n a d i a g i re s u l l a co m bi nazi o n e d i tasti ALT+135. I l sistem a bi n a rio si sta oggi evo lve n d o co n n u ovi co d i ci co m e U n i co­ d e ( http ://www. u n i co d e.org) , c h e usa a n co ra un s istem a e red itato c h e g l i co nsente d i rico n osce re i l cod i ce ASCII, e 1 so 10646 c h e pos­ sono l avo ra re a 16, m a a n ch e 32 bit a rriva n d o a l l a ra p p resentazi o n e d i o l tre 65.000 ca ratteri i n u n caso e p i ù d i 4 m i l i a rd i n e l l ' a ltro.

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misurazione del tempo: solo i cronometri digitali permettono di fissare con certezza una prestazione da record e la precisione dipen­ derà unicamente dal grado di approssimazione a cui decideremo di arrivare misurando i decimi, i ce n tesi mi o anche i millesimi di secondo. La rappresentazione digitale, inoltre, ha anche l'innega­ bile vantaggio di occupare spazi di memoria molto più limitati di una corrispondente rappresentazione analogica (Numerico, Vespi­ gnani, 2003, pp. 23-4). Nel mondo dell'elettronica prevale nettamente l'uso della rap­ presentazione digitale binaria, che è basata sull'impiego di due soli simboli, che possono essere o e 1 , ma anche sì/no o vero/falso secondo un sistema ereditato dalla logica. Ecco che piano piano ci stiamo avvicinando a quello che più ci interessa, ovvero impa­ rare come " ragiona" il nostro P C . I circuiti elettrici che formano il suo " cervello " sono organizzati per rispondere a qualsiasi domanda scegliendo esclusivamente tra due possibilità contrap­ poste e ognuna di queste risposte porta a 1 bit (binary digit = cifra binaria) di informazione; a un raggruppamento di 8 bit si dà il nome di byte* e i suoi multipli sono i kilobyte ( KB*; Kb* sono i m ultipli dei bit), i megabyte ( M B) e i gigabyte ( G B) (Numerico , Vespignani, 2003 , p. 39). Con ogni byte si possono rappresenta­ re ben 2 8 (cioè 25 6) dati diversi e ogni carattere digitato sulla tastiera occupa appunto un byte di memoria. A questo punto stiamo per fare un n uovo passo fondamentale verso la com pren­ sione della nostra macchina: 256 caratteri ci sembrano senz' altro moltissimi . In fondo la lingua italiana prevede al massimo 26 let­ tere . . . minuscole . E altre 26 maiuscole. E quelle accentate ? I punti, le virgole, i n umeri . . . Insomma la sola tastiera può ripro­ durre più di 110 caratteri, senza contare quelli che si possono ottenere come " simboli " . E per il nostro P C ognuno di quei caratteri è diverso d a tutti gli altri. Se io scrivo " perchè " qualunque essere umano che conosca l'italiano leggendo capisce che avrei voluto scrivere " perché " (oppure osserva che non conosco le regole ortografiche), così come se scrivo " vorrei un pò d'acqua" è chiaro che il mio desiderio è 22

quello di avere un po' d'acqua. Ma il computer non lo capisce. Lui non si chiede che cosa avrei voluto dire, ma si limita a constatare che ho detto qualcosa che per lui non ha senso . Se va bene. Se va male, ciò che ho detto può avere un senso per lui, diverso da quel­ lo che ha per me . Come nel caso della rubrica telefonica, nella quale la nostra povera amica Giulia era diventata " G ulia", scom­ parendo tra Greta e Ilaria. Pensate ora a quale sequela di errori potremmo innescare se la nostra rubrica fosse parte di un archivio più ampio nel quale venisse impostata una ricerca sulla selezione di tutte le Giulie, per regalare loro una bicicletta, con la quale farle partecipare a una gara, il cui risultato sarebbe pubblicato sul gior­ nale, dove le più brave sarebbero notate da un allenatore . . . Insom­ ma è chiaro che la nostra " G ulia" rimarrebbe tristemente appieda-

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L'a lgo ritmo

Al l ' i n izio d el IX seco l o , i l m atem ati co a ra bo A b u ja 'fa r M u h a m m a d i b n M u s a , d etto a i-Kh u wa rizm i , scriveva u n l i b ro Kitab al-jabr wa'l-m uqobalah, c h e poss i a m o re n d e re i n ita l i a n o co m e l/libro delle in tegrazioni e delle soluzioni n um erich e i n c u i e n u n ci ava p recise rego l e d i ca l co l o per le q u attro o pe razi o n i ; ce rto a i-Kh u wa riz m i n o n avre b b e m a i i m m a gi n ato c h e p ro p ri o d a l s u o n o m e , l ati n izzato i n A l go ri s m u s , sa re b b e d e rivata l a pa ro l a "a l go ritm o " e c h e d a u n ter­ m i n e usato n e l tito l o del suo trattato - a l-jabr- sa re b be d isceso "a l ge b ra " . Il pri m o a l go ritmo rico n osci b i l e co m e ta l e, p e rò , e ra stato i nve ntato già da Eu c l i de, n e l IV seco l o a.C . , per dete rm i n a re il m a s ­ s i m o co m u n e d ivis o re d i d u e n u m eri i nte ri positivi ( a l go ritmo e u c l i ­ d eo) . U n a l go rit m o , p e r ess e re d efi n ito ta l e, d eve segu i re rego l e p recise, che p reved o n o , o ltre a l l a c h i a rezza e non a m b i g u ità del l i n g u a ggio, di co m p i e re l ' o p e ra z i o n e in un n u m e ro d i passi fi n ito, d i poter d i m ostra re il p roced i m e nto e d i p oter a p p l i ca re l a stessa p ro ced u ­ ra p e r l a riso l u zi o n e d i q u a l u n q u e p ro b l e m a d e l l o stesso ge n e re ( N u m e ri co , Ves p i g n a n i , 2003, p p. 50-1) . -

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ta e quella " i " di differenza significherebbe per lei la chiusura irri­ mediabile di una porta.

1.4. Elaborazioni e procedu re di sol uzione Il processo di elaborazione consiste nell'affrontare un problema per risolverlo, ovvero nel mani polare un insieme di dati di partenza per ottenere il risultato cercato. Ci sono problemi di cui si conosce bene la pro­ cedura* di soluzione (ad esempio far funzionare una lavatrice) e ce ne sono altri che siamo in grado di risolvere senza neppure cono­ scere con esattezza la procedura necessaria (ad es e m pio cammina­ re). Ma ci sono anche casi in cui dobbiamo essere in grado di comunicare ad altri il metodo da applicare nella risoluzione di un problema; cosa non difficile se si tratta di un essere umano che parla la nostra stessa lingua, ma estremamente complessa quando è neces­ sario trasmettere le istruzioni a una macchina. Ed è proprio questo che dobbiamo prepararci a fare. Tuttavia, non possiamo impartire al computer dei comandi complessi, perché non sarebbe in grado di comprenderli; è necessario scomporre le nostre istruzioni in algo­ ritmi* elementari affinché il PC possa eseguirle in fasi successive . Un algoritmo è una lista di operazioni che devono essere seguite in ordine prefissato per risolvere il problema; un algoritmo è una ricetta di cucina, nella quale sono spiegati tutti i passi necessari per ottenere dagli stessi ingredienti (carne, carote, cipolle, sale, pepe, spezie) un ottimo bollito, ma anche un brasato, uno spezzatino o un arrosto, poiché è proprio la ricetta " la bacchetta magica" capa­ ce di trasformare gli ingredienti in una pietanza. Un a ricetta di cucina è un algoritmo com p lesso, poiché ri unisce in sé numerosi algoritmi elementari . Ad esempio, se leggo « aggiungere un pizzico di sale», capisco di dover aprire il barat­ tolo del sale (e già questo è un algoritmo complesso, poiché signi­ fica che devo alzare il braccio , aprire la mano , chi uderla intorno al barattolo ecc.), prenderne un quan titativo adeguato , scoper­ chiare la pentola, mettere il sale e mescolare il tutto . Nel tra­ smettere delle is truzioni a una macchina, però, dobbiamo neces­ sariamente accettare che non sia in grado di interpretare delle 24

is truzioni complesse e pertan to dovremo spezzare le operazioni in una serie di algoritmi elementari che compiano un lavoro preci­ so, cioè un 'azione che non può essere ulteriormente scomposta in parti minori; ogni operazione dovrà essere completamente descritta e specificata, effettivamente eseguibile e dovrà arrestarsi dopo un numero finito di passi. La mossa successiva sarà descrivere le istruzioni in un linguaggio preciso dal punto di vista della sintassi nota alla macchina, poiché «Un linguaggio di programmazione deve avere una sintassi ferrea, che ammetta l'uso solo di alcuni simboli e parole speciali. Dalla sintassi non si deve mai deviare, pena il disastro» (Harel, 2002, p. 19). Se il nostro linguaggio non è quello noto alla macchina, l'au­ toma lo rifiuta come errato, ma se il nostro codice è ambiguo , il computer potrebbe confondersi, entrare in errore e bloccarsi o molto peggio - eseguire operazioni diverse da quelle che avevamo pensato. E basta davvero molto poco. Se, ad esempio, la nostra macchina si aspetta una scelta tra " sì " e " no " e noi rispondiamo " si " (omettendo il necessario accento), questa non sarà in grado di capire la nostra istruzione e continuerà a chiederci di darle una risposta certa.

1.5. Codici e progra m m i Abbiamo visto sommariamente come sia possibile comunicare con il computer. Ma la comunicazione ele­ mentare non basta. Dobbiamo arrivare ai programmi, ovvero alla costruzione di algoritmi molto complessi eseguendo i quali sarà pos­ sibile, ad esempio, inviare un messaggio di posta elettronica o navi­ gare in Internet. Il software è una specie di " bacchetta magica" in grado di elaborare i nostri dati utilizzando i tutto sommato pochi elementi costitutivi della macchina (di nuovo i circuiti elettrici !). Non saremo noi archeologi a dover scrivere i codici necessari e tanto meno a doverli tradurre in linguaggio macchina, naturalmente, ma può essere molto utile capire quali siano i presupposti indispensabi­ li alla costruzione di un programma, perché in questo modo riusci­ remo meglio a districarci nella scelta del software più appropriato alle nostre esigenze. 25

Il primo e fondamentale passo verso la stesura di un programma è decidere l'obiettivo, stabilire quali risultati si vogliano ottenere e quali dati si debbano elaborare con quel software. Sembra banale, ma forse non lo è, soprattutto per i non addetti ai lavori che guardano al computer come un enorme quaderno con una penna che non finisce mai l'inchiostro . M a, mentre il matemati­ co , il poeta, il disegnatore e lo studente possono usare tutti, più o meno, la stessa carta e la stessa penna - variano la qualità, la grana, il colore, ma la sostanza non cambia - un software di gestione aziendale, un programma di grafica e un word processar sono completamente diversi e spesso molti obiettivi che si riesco­ no a raggiungere con uno sono impossibili (o improduttivi e inefficaci) con un altro . Così, men tre il poeta e l'architetto pos­ sono, sullo stesso foglio, anno tare alcuni versi e schizzare il dise­ gno preliminare per la ristrutturazione di una cucina, è del tutto insensato che il poeta avvii un programma di CAD (Computer Aided Design) per scrivere la sua poesia o che l'architetto si osti­ ni a usare gli strumenti di disegno di un programma di seri t tura per il suo progetto. Certo , con un CAD si può anche scrivere, ma ha senso solo per le poche parole necessarie al completamento di tavole grafiche. E un word processar è " capace " di disegnare, ma in maniera molto rozza e poco precisa. Ne deriva, evidentemente, la constatazione che la scrittura di un nuovo programma presuppone, la presenza del programmatore informatico, ma, necessariamente, anche quella del futuro fruito­ re del software . Solo quest'ultimo infatti potrà stabilire esatta­ mente le sue necessità. S arà poi compito dell'informatico realizza­ re un programma funzionante che sia in grado di risolvere, il più velocemente possibile, «tutti gli input* ammissibili specificati dal problema: le soluzioni parziali non sono accettabili» (Harel, 200 2, p. 24 ) .

1.6. Che cosa è necessa rio sa per fa re? A questo punto dob­ biamo chiederci quale debba essere il nostro ruolo in questa vicen­ da. Abbiamo visto come la seri ttura di un programma preveda 26

alcune operazioni irrinunciabili, che possiamo riassumere molto sinteticamente in: • individuazione degli obiettivi; • definizione dell'algoritmo; • codifica del programma, cioè traduzione dell'algoritmo risolu­ to re in una sequenza di istruzioni scritte in un opportuno linguag­ gio di programmazione; • traduzione del programma scritto in linguaggio macchina; • collaudo del programma tradotto ( debugging* , ovvero " disin­ festazione, eliminazione di bachi ", come si dice correntemente in linguaggio informatico, da quando uno dei primi computer si bloccò a causa di un insetto e n trato nel suo " cervello "). La codifica del programma sarà certo lasciata all'abilità del pro­ grammatore informatico e la traduzione in linguaggio macchina spetterà al compilatore* ( un programma che traduce automatica­ mente il codice seri tto in un linguaggio " ad alto livello " in uno a livello più basso , comprensibile per la macchina), ma noi dovre­ mo partecipare attivamente all'individuazione degli obiettivi e alla fase di definizione dell'algoritmo, cioè alla descrizione a tavo­ lino di tutte le operazioni che la macchina, usando quel pro­ gramma, dovrà essere in grado di compiere. Solo collaborando strettamente con il programmatore, infatti, po tremo sperare di avere un software adatto alle nostre esigenze. È questo, credo, uno dei punti centrali della ques tione. È asso­ lutamente necessario che noi archeologi - potrei dire più in generale noi umanisti, ma altre discipline umanistiche, come la linguistica, si sono già da tempo attrezzate - diventiamo " uten­ ti co nsapevoli " , in modo da essere capaci di comunicare con cognizione di causa le nostre esigenze a un programmatore , sapendo già quali sian o i limiti che ci dobbiamo porre. Non è infatti proponibile che sia l'informatico ad attrezzarsi per com­ prendere le esigenze di un archeologo . Lui è lì per risolvere i nostri problemi, ma potrà farlo solo se noi saremo in grado di esporglieli in maniera corretta. È necessario quindi che nascano nuove professionalità, capaci di coniugare il loro sapere umani27

stico con le conoscenze necessarie al buon uso degli strumenti informatici, facendo da trami te tra il mondo della tecnica e quello delle scienze umane. Esis tono oggi numerosi insegna­ menti di Informatica umanistica; ma si tratta quasi sempre di applicazioni alla linguistica e, nonostante si sostenga la necessi­ tà della nascita di una materia trasversale ( Numerico , Vespigna­ ni, 2003, p. 1 3 ; Celentano , Cortesi, M astandrea, 2004), anche il corso di laurea in Informatica umanistica attivato dall 'Universi­ tà degli Studi di Pisa (http : //in fo uma. di . unipi .it/), prevede oggi, oltre alle materie informatiche e linguistiche, solo due insegna­ menti di S toria, uno di Geografia culturale e uno di S toria del­ l'arte e non molto di più prevede lo stesso corso di laurea all'U­ niversità di Venezia ( http : / !1ette re2. unive . i t/infouman/home insegnamenti . htm). S arebbe auspicabile che il panorama venisse allargato per lo meno ai corsi di metodologia della ricerca archeo­ logica, in modo da formare professionisti che in futuro sappiano gestire in modo efficace il collegamento tra il mondo archeologico e quello dell'automazione. Mondi che, come abbiamo già detto, non possono rimanere separati a lungo per colloquiare solo nelle ricerche pilota di pochi gruppi di lavoro molto specializzati. Nel frattempo è necessario " sopravvivere " , senza rinunciare all'u­ so delle nuove tecnologie, ma scegliendo applicazioni largamen­ te utilizzate e molto diffuse per consentire un più agevole scam­ bio dei dati . La programmazione vera e propria dovrebbe essere un traguardo anche per l'archeologo, ma già la semplice creazio­ ne di applicazioni sarà un modo per evitare l'uso meccanico e acritico del computer che è in grado di fornire alte prestazioni solo se gli vengono rivolte le domande gi uste . La man canza di bibliografia specifica rimane però un grosso ostacolo nell' affron­ tare i linguaggi e i tecnicismi informatici, soprattutto per un umanista purtroppo quasi sempre carente di nozioni matemati­ che di base. La condivisione dei problemi, la nascita di un dibat­ tito , lo scambio delle esperienze potranno servire comunque sia a superare scogli e difficoltà, dando vi ta a un sistema quanto più possibile univoco e omogeneo . 28

Per riassu mere ... La razi o n a l izzazi o n e d e i d ati e l a n o rm a l izzazi o n e s o n o o p e razi o n i co m p l eta m e nte svi n co l ate d a l l'i nfo rm atica e d evo n o fa r pa rte d e l n ostro m o d o d i ra gi o n a re. Pa rte i ntegra nte d e l p rocesso d i o rga n i zzazi o n e d e l l e i nfo rma zi o n i è l ' e l i m i n a zi o n e d egl i e rro ri , di q u a lsiasi gen ere essi siano. • È i m po rta nte s a p e re co m e fu nzi o n a e co m e " ra gi o n a " u n co m p uter ed è s o p rattutto essenzi a l e ca p i re che d i etro q u a l siasi sua o p e razi o n e, d a l l e p i ù sem p l i ci a l l e p i ù co m p l esse, c'è s e m pre l'i nterve nto u m a n o. Un co m p ute r s pento è s o l o u n a m m asso d i p l asti ca, m eta l l o e ci rc u iti sta m pati . D o b b i a m o i m pa ra re a i m pa rti rg l i istru zi o n i che sia n o per l u i co m p re n s i bi l i con esattezza e senza peri co l o d i a m bi gu ità e , a l l o stesso te m po, esegu i bi l i . • La cod ifica bi n a ri a , basata s u u n a seq u enza d i scelte tra d u e o pzi o ­ n i ( sì/ n o , ve ro /fa lso, m a a n ch e o n /off) co n l e q u a l i è poss i b i l e costru i re degl i a l go ritm i e l e m e nta ri , è i l siste m a p i ù se m p l i ce per co l l oq u i a re co n l a m a cch i n a . • È n ecess a ri o ch e ciasc u n o d i n o i d iventi u n utente co nsa pevo l e per poter pa rteci pa re attiva m e nte e p rofi cu a m ente a l l a fase di d efi n izi o n e d egl i o bi ettivi e d e l l a costruzi o n e d eg l i a l go ritm i d u ra nte l a scrittu ra d ei progra m m i co n i q u a l i d ovre m o poi l avo ra re. So l o u n a rc h eo l o go, i nfat­ ti , p u ò co n oscere rea l m e nte le s u e n ecessità , ma so l o u n a rch eo l o go c h e sia i n gra d o d i usa re i l co m p ute r i n m a n i e ra i ntel l i ge nte e p ro d uttiva sa rà i n gra d o d i co l l oq u i a re p rofi cu a m e nte co n l o s p eci a l ista i nfo rmati ­ co, p o n e n d o d o m a n d e a p p ro p ri ate e prete n d e n d o s o l uzio n i a d eg u ate. •

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2.

Archivi e database

2.1. L'a rchiviazione dei dati Immagazzinare informazioni per poterle poi elaborare, estrapolare e gestire in modo da ottene­ re i risultati cercati è un elemento fondamentale in qualunque ambito della ricerca. Ormai da anni siamo abituati - spesso senza neppure rendercene conto - a interagire con enormi archivi elet­ tronici laddove prima esistevano solo registri e schede cartacee (basti pensare alla richiesta di un certificato anagrafico o a un'in­ terrogazione del nostro estratto con to). E di conseguenza ci siamo abituati ad avere risposte rapide ed efficienti alle nostre domande. Anche in campo archeologico sono stati fatti dei grandi passi avan­ ti nella creazione di archivi elettronici, quasi sempre però dedicati

(§)

L'Istituto centra l e per il cata logo e la documentazione

L' I stituto ce ntra l e per il cata l ogo e la d o c u m e ntazi o n e (1cco) pro ­ m u ove e co o rd i n a l ' attività esecutiva d i cata l o gazi o n e, c u ra n d o l ' u n i ­ fi cazi o n e e l a d iffu s i o n e d e i m eto d i attrave rs o: l ' e l a b o razi o n e d e l l e m eto d o l ogie cata l ografi c h e ; l a p red is posizi o n e d egl i stru m e nti d i co ntro l l o per l a va l id a zi o n e d e i dati ; l a costitu zio n e e gesti o n e d e l siste m a i nfo rm ativo d e l Cata l o go d e i b e n i a m bienta l i , a rch itetto n i ci, a rc h eo l o gici, a rtisti ci e sto ri ci, d e m o etn oa ntro po l ogici; l a rea l izzazi o ­ n e d i p rogetti cu ltu ra l i co n istitu zi o n i naz i o n a l i e i nte rnazi o n a l i ( http://www. iccd . ben i c u ltu ra l i . it/istituto/i n d ex. htm l , aggi o rn ato a llo fe b b ra i o 200 5). L ' o p e raz i o n e è, n atu ra l m e nte, estre m a m e nte co m ­ p l essa, a n c h e perc h é l'1cco i nte n d e contro l l a re, co n i l m e d esi m o pro ­ gra m m a, i nfo rm azi o n i c h e ri g u a rd a n o be n i m o bi l i e i m m o b i l i , sia a rc h e o l ogici, sia sto ri co-a rtisti ci , m o n u m e nta l i e d e m oetn oa ntro p o ­ l o gi c i . I l p ro getto è att u a l m e nte a n co ra i n fase d i e l a b o razi o n e e l a creazi o n e d i tra cciati, l i m itata a m e n o d el l a m età d e i m o d el l i d i sche­ d a previsti d a l l a n o rm ativa , è i n ce ntrata s o p rattutto sul patri m o n i o sto ri co e a rtistico ( http://www. i ccd . be n i c u ltu ra l i . it/sta n d a rd/) .

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a singoli progetti gestiti da quelle équipe molto evolute e attrezza­ te che sono state in grado di sviluppare e gestire una tecnologia avanzata (una tra tutte, il LIAAM di Siena, ossia il Laboratorio di informatica applicata all'archeologia medievale il cui sito web* si trova all'indirizzo http:/ /archeologiamedievale. unisi.it/NewPages/ LAB O RATORIO/home. html). Elemento unificante avrebbe dovuto essere l'Icco ( Istituto centrale per il catalogo e la docu­ mentazione) che da oltre vent'anni sta elaborando una normativa strutturata per le schedature e realizzando programmi applicativi per l'automazione dei dati. Come vedremo però in seguito, il pro­ cesso è estremamente lento e comporta non pochi problemi, così che oggi siamo ancora ben lontani dall'aver creato quella grande banca dati* del patrimonio archeologico italiano (o più in genera­ le dei " beni culturali ") che si auspica da più parti. Queste pagine non vogliono colmare le grandi lacune e neppure pos­ sono insegnare a programmare e a gestire grandi progetti di archivia­ zione. Lo scopo è soltanto quello di aiutare tutti gli archeologi che ne sentano il bisogno - ma la necessità dovrebbe essere indiscutibile - a utilizzare un'applicazione adatta per organizzare le proprie informa­ zioni in maniera semplice e razionale, ma nello stesso tempo condi­ visibile e scambiabile, in una piccola banca dati (o, come si preferisce chiamarla oggi, base di dati). In tal modo, pur senza registrare i dati in un unico archivio, sarà sempre possibile consultare informazioni residenti in altri archivi confrontandole con le proprie. Facciamo ancora un passo. Leggendo queste pagine non sarà pos­ sibile stabilire se sia meglio costruire un archivio con Microsoft­ Access, con FileMaker, con Oracle o con Paradox - anche perché non è detto che esista una scelta migliore -, ma si acquisiranno maggiori certezze sulla necessità di usare un programma di archi­ viazione e non una tabella* all'interno di un programma di video scrittura, ma neppure un apparentemente (solo apparentemente) più semplice foglio di calcolo elettronico.

2.2. U n a parentesi: softwa re per database In queste pagi­ ne cercheremo di affrontare il problema della costruzione di un 31

archivio elettronico a prescindere dal programma utilizzato, anche se in alcuni casi sarà inevitabile scendere a esempi pratici. Nella scelta del software più idoneo sarà bene farsi guidare dalle considerazioni che dovrebbero regolare sempre la valutazione in campo informati­ co, soprattutto quando si è alle prime armi, ovvero il grado di diffu­ sione e le caratteristiche di compatibilità con le altre applicazioni. Determinare quale sia per noi la soluzione migliore è davvero com­ plesso e a volte dipenderà in buona parte anche dal sistema operati­ vo che stiamo utilizzando oppure, ancora più banalmente, dai con­ sigli di amici e colleghi. FileMaker, ad esempio, è molto diffuso tra gli utenti Macintosh - piattaforma* per la quale non esiste una ver­ sione di Access - mentre chi lavora in ambiente Windows preferisce di solito scegliere MicrosoftAccess. Ed entrambi saranno pronti a giurare che solo il software che usano loro funziona, me n tre l'altro è instabile, ingestibile, rigido ecc. La realtà è che la maggior parte degli utenti non specialisti impiegherà una minima parte delle potenziali­ tà offerte dal programma e che quindi, tutto sommato, una scelta varrà l'altra e la discriminante potrà essere davvero, oltre alla com­ plessità dell'archivio, la sua compatibilità con le applicazioni con cui dovrà dialogare. Maggiore attenzione dovremo invece prestare al fatto che i software per la gestione dei database - come d'altra parte tutti i programmi e le applicazioni informatiche - invecchiano con molta rapidità e le versioni si succedono le une alle altre aumentan­ do la nostra confusione. Dovremo infatti ricordarci costantemente di aggiornare i nostri archivi elettronici, evitando di abbandonarli per anni, per poi scoprire che la versione del programma con cui li avevamo creati non è più convertibile nelle versioni correnti (o peg­ gio, che il programma non è stato più aggiornato ed è ormai illeggi­ bile). Questo ci esporrebbe al rischio di una notevole perdita di dati e saremmo comunque costretti a richiedere l'intervento di uno spe­ cialista informatico per provare a recuperare le informazioni.

2.3. L'a rchivio l ineare «Chi usa un database deve essere, ovviamente, in grado di: 1) creare un archivio; 2) definire la strut­ tura di un record*; 3) inserire i dati nell'archivio; 4) ritrovare ed 32

elaborare questi dati; s) eliminare i dati indesiderati; 6) distrugge­ re l'archivio» ( Gigliozzi, 2003, p. 83). Per ora ci possiamo limitare alla prima fondamentale operazione, creare un archivio; dalla sua correttezza deriverà il successo o l'in­ successo del nostro lavoro. In questa fase, che è totalmente svincola­ ta dall'informatica, per stabilire quali siano le finalità del nostro pro­ getto potremmo anche armarci semplicemente di carta e penna. La costruzione di un archivio a tavolino è infatti un'operazione preli­ minare ed essenziale. lnnanzitutto sarà necessario fissare gli elementi fondamentali della nostra ricerca, quelli che siamo certi di dover elaborare, cercare, manipolare, in modo da organizzare, per ciascuno di essi, un " con­ tenitore " che permetta di gestire allo stesso modo la mia rubrica personale e l'elenco telefonico di New York (evidentemente con modalità applicative diverse; ma qui stiamo parlando di teoria). Un a delle caratteristiche fondame n tali di un buon sistema di archiviazione è infatti proprio quella di essere incrementabile senza restrizioni, anche se è ovvio che, nel caso di un archivio fisico, sarà necessario periodicamente sostituire e aumentare i cassetti delle schede. Creando le mie schede a mano sarò tentata di limitare il n umero di elementi da indicizzare* per facili tarne la ricerca, per­ ché ogni operazione di indicizzazione richiede la scrittura di una n uova copia della scheda. Facciamo un esempio . Se voglio poter trovare i miei amici, oltre che nel classico ordine alfabetico per cognome, anche per città (voglio poter sapere rapidamente quanti amici ho a Salerno), sarò costretta a produrre due archivi fisici identici (diciamo due cassettini), ordinati uno per cognome e uno per città. Se poi desiderassi sapere anche - per assurdo - quante Giulie conosco, dovrei creare un terzo archivio fisico con le sche­ de ordinate - insensatamente ! - per nome proprio. Ma noi siamo, per fortuna, alle prese con la creazione razionale di un progetto di archivio elettronico e ci possiamo porre obiettivi anche molto complessi, poiché compilando un'unica scheda sare­ mo in grado di gestire numerosi indici diversi. Dobbiamo pensare che «il modello di base per la gestione di un archivio si fonda sulla 33

teoria matematica delle matrici e si esplicita in campo informatico con il concetto di tabella suddivisa in righe e in colonne» ( F ronza, 2000, p. 125). Ogni record (riga), che rappresenta una scheda del

(§)

L'a l goritmo d i ricerca bi n a ria co m puter sono in grado d i otti m izza re a l go ritm i che n oi spesso ese­ g u i a m o i nvo l o nta ria m e nte, se p u re i n m a n iera e m p i rica e poco preci­ sa. Provi a m o a pensa re di d over trova re un n o m e i n un elenco tel efo n i ­ co. A n ess u n o verrà i n m e nte d i cerca re " M i l l i ca" i n co m i n ci a n d o a sco rrere l'elenco d a "Abate" e "Abete" . . . Tutti noi prendere m o i n m a n o l'e l e n co tel efo n i co e l o a pri rem o n e l pu nto che - va l uta n d o a occhio ci sem b ra possa avvi ci n a rsi a q u e l l o che cerc h i a m o. E poi conti n u e re m o per a p p rossi mazio n e fi n o a sco rre re pa rte d ei n o m i d i u n a so l a pagi na. Un co m p uter è in gra d o d i fa re tutto ciò p recisa m e nte, senza d ove r poi "sco rre re" n u l l a , sem p l i ce m e nte d ivi d e n d o o g n i vo lta a m età l a l ista e ve rifi ca n d o s e i l n o m e cercato s i trova n e l l a p ri m a o n e l l a seco n d a m età . Fa ce n d o i n q u esto m o d o l a ri ce rca - c h e s i c h i a m a b i n a ri a perc h é p reve d e sem p re l a sce lta tra d u e possi b i l ità - d ive nta ra pid issi m a s o p ratt utto co n l'a u m e nta re d e i dati . Ad es e m p i o, se co n u n a l ista d i 10 n o m i sa ra n n o n ecessa ri a l m assi m o tre passaggi per trova re l a pa ro l a ce rcata , co n u n a l ista d i 100.000 n o m i i passa ggi d ive ntera n n o 16 per sa l i re so l a m ente a 20 co n 1.000.000 di n o m i . Co m e s i vede, q u i n d i , l a ri ce rca d ive nta p ro po rzi o n a l m ente sem p re p i ù ra p i d a a m a n o a m a n o c h e cresce l a m o l e d e i d ati . Lo stesso a l go ritm o d i ri ce rca bi n a ria ci vi e n e i n a i uto a n ch e se d o b­ bia m o l oca l izza re u n erro re c h e sa p p ia m o essersi ve rifi cato i n u n a rco d i te m po d efi n ito. Così, u n o s b a g l i o a l l'i nte rno d e l b i l a ncio d i u n a n n o p u ò essere i n d ivid u ato contro l l a n d o p ri m a s e a fi n e gi u g n o i l re n d i co nto e ra a n co ra co rretto; i n caso d i ris posta positiva , potre m o fa re u n co ntro l l o a fi n e sette m b re e p o i co nti n u a re p e r a p p ross i m a ­ z i o n i s u ccess ive fi n o a d ove r co ntro l l a re s o l o i d oc u m enti co nta bi l i d i u n m ese. Un b e l rispa rm i o d i te m po rispetto a l riesa m e d i tutta l a d o c u m e ntazi o n e a pa rti re d a l l0 ge n n a i o ! l

34

nostro vecchio archivio fisico, è diviso in un numero predefinito, ma variabile in base alla natura dell'archivio stesso, di campi (colonne). Niente di diverso da quando predisponevamo, appun­ to, le schede di carta. Anche in quella situazione sarebbero stati utili una normalizzazione delle informazioni e un certo rigore di compilazione, ma ora diventano operazioni necessarie a un fun­ zionamento della macchina efficace e produttivo . Dobbiamo con­ siderare che nella tabella ogni riga rappresenta un'entità e ogni colonna un attributo di quella stessa entità (l'entità è la nostra amica Giulia e i suoi attributi, sono il numero di telefono, l'indi­ rizzo, la professione ecc. ; ricordiamoci che non è possibile preve­ dere due colonne identiche); all'intersezione tra una riga e una colonna ci deve essere un solo valore, che può essere positivo o nullo (quando la cella - la " casellina" - è vuota). È molto impor­ tante tenere a mente tutto ciò perché ci aiuterà a capire la necessi­ tà di frazionare in campi distinti le informazioni che devono esse­ re trattate diversamente o sulle quali è necessario poter effettuare delle ricerche rapide ed efficienti. Creando l'architettura del database che utilizzeremo dovremo, come si è detto, considerare quali siano le finalità del nostro lavoro. Abbia­ mo deciso che vogliamo poter trovare i cognomi dei nostri amici, ma anche la città dove abitano e il loro nome proprio e, visto che l'uso del computer ci permette di avere obiettivi più ambiziosi, anche la loro professione e la data di nascita. Basterà costruire il nostro database prevedendo campi separati per ognuna di queste voci ( ES E M PI O 2) . A questo punto siamo pronti per inserire nel nostro archivio elet­ tronico i nomi di tutti i nostri amici, perché pensiamo di aver crea­ to una tabella che permette l'immissione di dati omogenei. Abbia­ mo previsto anche un campo* " Note " , che vogliamo usare come un blocchetto per appunti, per registrare tutto ciò che vogliamo ricordare, ma che non può essere codificato negli altri campi. Naturalmente dovremo fare attenzione nella compilazione: ad esempio, non dovremo mai dimenticare di inserire l'indicazione della provincia, non perché qualcuno possa dubitare che Milano 35

sia in provincia di Milano, ma perché il computer . . . non lo sa e per fare una ricerca di tutti gli amici che abbiamo in provincia di Mila­ no avrà sempre bisogno che quel campo specifico sia compilato correttamente. Ecco che abbiamo definito gli elementi fondamentali del nostro progetto . Si tratta di un database semplice, bidimensionale - o archivio lineare -, formato da una sola tabella contenitore di tutti i dati. Sarà possibile effettuare le ricerche in maniera sicuramente più rapida che non scorrendo uno schedario o sfogliando un cata­ logo . Ma si tratterà ancora di un progetto scarsamente razionale, nel quale le ridondanze saranno moltissime (i nomi delle città, le province, ma anche le professioni). Il problema si avvertirà poco lavorando con una mole di dati limitata, ma con l'aumento delle informazioni sarà necessaria una sempre maggiore memoria di massa* per poter gestire il database e, comunque sia, le elaborazio­ ni dei dati rimarranno sempre a uno stadio elementare. Se volessi-

ESEMPIO 2 Rubrica telefonica Cognome Nome

Telefono

Città

Provincia Via

Bisto lfi

080.44444

Molfetta

BA

Arri go

Li l l i , 6

Nascita

Lavoro

Note

3/5/53

po l l ivendolo

s i m patico e chiacchierone

Cerro l i

M i l e n a 02.2222222

Milano

MI

Bava, 1

8/4/48

pa rru cch iera m o lto n o iosa, ma i nte l l i gente

C ri sci

C h ia ra

0125.99494

Za nzi

Fa u sto

011.5468282 To ri n o

Ivrea

13/8/50

TO

Botta, 6

TO

Roma, 1 1/1/11

co n s u l ente

i n sopporta bil e

pensionato

un b rav' u o m o

L u cch i

Li bero

06.88888884 Ro ma

RM

Po, 6

12/12/45 g i o rna l ista

vera m ente gen i a l e

P i o la

Mina

0 5 64.232322 Orbetello G R

Lu n ga , 1 25/12/52 estetista

d e l iziosa e ri posa nte

mo utilizzare questo stesso schema per archiviare la documenta­ zione dello scavo di una necropoli, ci troveremmo inevitabilmente a gestire i nostri archivi in " cassetti " separati, proprio come se lavo­ rassimo ancora con uno schedario fisico. In un cassetto ci sarebbe­ ro le schede delle tombe e in un altro quelle dei reperti. E sarem­ mo costretti a riportare nelle schede delle tombe un riferimento agli oggetti di corredo e in quelle dei reperti dovremmo per forza ogni volta scrivere il numero della tomba. Aggiungiamo ancora qualcosa che ci aiuti a districarci nella giun­ gla delle applicazioni informatiche. Per realizzare un archivio lineare non è necessario utilizzare un software appositamente crea­ to per la costruzione di database. Un foglio di calcolo - come Excel, ad esempio - sarà sufficiente e non avrà alcun problema a gestire una grande massa di dati. Se, in seguito, dovessimo render­ ci conto di avere bisogno di un sistema di archiviazione più com­ plesso, con qualche accortezza e un po' di esperienza non sarà dif­ ficile importare i nostri dati in un software più adatto. Sempre in una tabella lineare, comunque sia, sulla quale poi dovremo costrui­ re il nostro nuovo archivio. È invece sconsigliabile l'uso delle tabel­ le che si possono disegnare con i programmi di scrittura. Si tratta di strumenti adatti all'inserimento di piccoli schemi o prospetti all'interno di un testo scritto, dotati di potenzialità molto limitata e non creati per gestire una massa consistente di informazioni. È possibile di solito esportare* i dati in un foglio di calcolo, mentre il riversamento in un programma di database, soprattutto per tabelle corpose, non è consigliabile poiché difficilmente si può fare direttamente - cioè senza " passare " attraverso il foglio di calcolo ed elevato è il rischio di errore e molto difficile il suo controllo.

2.4. La teoria rel azionale A questo punto è necessario impa­ rare a costruire archivi complessi, basati sulla presenza di diversi archivi lineari connessi tra loro mediante campi comuni, secondo le regole della teoria relazionale. Il tipo di relazione* più semplice ( uno a uno) collega un record di un archivio a uno e un solo record di un altro archivio. È un tipo di rela37

zione apparentemente inutile poiché, se a un record della tabella A corrisponde uno e un solo record della tabella B, di fatto i due archi­ vi potrebbero essere unificati. In realtà viene utilizzata quando si desi­ dera spezzare le tabelle per renderle più agili o per criptarne in parte i dati. Un esempio classico è la creazione di una tabella con l'archivio delle schede personali degli impiegati e una seconda tabella, collega­ ta, in cui si trovano le informazioni relative ai loro stipendi. In tal modo nessun trattamento dei dati personali rischia di riportare la notizia, senz' altro riservata, dell'ammontare degli emolumenti di cia­ scun dipendente. La relazione uno a molti (e molti a uno, ovvi amen te) collega un record dell'archivio principale (o master) a un numero illimitato di record di un archivio secondario . Si tratta del tipo di connessione più frequente e, come vedremo in seguito, quello che meglio si adatta alle esigenze della documentazione archeologica. Proviamo a riprendere i nostri cassetti con la documentazione della necropo­ li . L'archivio principale sarà quello che contiene i dati relativi alle sepolture e ogni record corrisponderà alla scheda di una tomba; nell'archivio secondario, invece, metteremo la schedatura dei materiali di corredo (uno per record). Potremmo stabilire - alme­ no per ora, in seguito vedremo che si può ancora migliorare - una relazione tra i due archivi sulla base del campo " numero di tomba" , in modo che a ogni record dell'archivio principale siano collegati tutti i record dell'archivio secondario nei quali siano stati schedati gli oggetti del corredo di quella determinata tomba

( ES E M PI O 3) .

La relazione molti a molti presuppone, invece, che un record della tabella A sia in relazione con più record della tabella B che, a loro volta, possono essere in relazione con altri record della tabella A. Per fare un esempio possiamo pensare allo schedario di una biblio­ teca che vedrà autori ( archiviati nella tabella A) che avranno scrit­ to diversi libri e articoli (archiviati nella tabella B), ma anche alcu­ ni libri e articoli scritti da più autori. Come è evidente è una relazione molto complessa e richiede la creazione di una tabella esterna che gestisca due diverse relazioni uno a molti ( un autore a

molti articoli e un articolo a molti autori) per ottenere alla fine il risultato cercato. N o n è questa la sede per approfondire il proble­ ma che, certamente, verrà risolto abilmente da molti fra quelli che, leggendo queste pagine, si saranno appassionati e vorranno perse­ guire l'obiettivo di migliorare e ottimizzare l'applicazione della tec­ nologia informatica alle proprie ricerche.

2.5. Il data base rel azionale Il modello del database relazio­ nale, introdotto all'inizio degli anni settanta da Edgar Frank Codd, un ricercatore dell'1MB scomparso nel 2003, ha dato una svolta decisiva all'impiego degli archivi elettronici. Con questo sistema i dati vengono organizzati in tabelle separate collegate tra loro da campi comuni; in tal modo è possibile ridurre al minimo le ridondanze e qualsiasi modifica ai dati o alle relazioni comporta operazioni molto se m p li ci e rapide. T ornando alla nostra rubrica telefonica, ad esempio, potremo creare delle tabelle separate per le città, le province e le professioni e collegarle alla tabella con i nomi dei nostri amici. Anche se dovremo elencare dieci persone residen­ ti a Lecco, esisterà - nella tabella delle città - un solo record " Lecco " collegato a dieci diversi record della tabella dei nomi. E ogni nome aggiunto non farà aumentare il volume dei dati. Se poi, per assurdo, ci rendessimo conto che i nostri amici che pensavamo residenti a Lecco, sono in realtà residenti a Lecce, dovremo solo modificare il record della tabella città per ottenere automatica­ mente l'aggiornamento del dato. Ora è facile capire quali grandi vantaggi possa avere una gestione di questo tipo se applicata alla necropoli che avevamo intenzione di schedare: sarà difficile aver confuso Lecco con Lecce per ben dieci volte, ma sarà molto più facile aver attribuito delle caratteristiche sbagliate a una tomba con dieci oggetti di corredo. Così le modifiche fatte solo sul record della tomba nella tabella relativa saranno effettive per tutti i singo­ li oggetti ( ES E M P I O 3) . La tabella di un database relazionale ha, formalmen te, le stesse caratteristiche di quella del database lineare, cioè una serie pre­ definita - ma incremen tabile e modificabile in corso d'opera, 39

ESEMPIO 3 Esemp i o d i ra p porti ge ra rchici tra la scheda d i una tomba e gli e l ementi del corredo a rc h ivio p ri ncipa l e ta be l la A

/

EJ �



a rc h ivio p ri n cipa l e ta be l la B

u rna ci n e ra ria ba lsa m a rio i n vetro soffiato fibu la i n bro nzo piatto in s i g i l lata ita l ica

u rna ci n e ra ria

/ .---_ --EJ � specc h io c i rco l a re

to m ba 11



....----.

'---- L..,_l_uc_e_rn_a_a_ca_n_a_le_a_p_e_rt_o_ � coppa costo lata i n vetro

_____.

u rn a c i n e ra ria

/ ba lsa m a rio i n vetro soffiato

l l.

to m ba 11 to m ba 12

� �� l� � ·�\

fi b u l a in b ro nzo piatto i n s i g i l lata ila l i ca u rna c i n e ra ria

--------1 r--

s pecc h i o c i rco l a re

l u ce rn a a ca n a l e a pe rto co p pa costo lata in vetro

u rn a ci n e ra ri a

to m ba 11

b a l sa m a ri o i n vetro soffiato

to m b a 11

fi b u la in b ro n zo

to m ba 11

piatto in s i g i l l ata ita l ica

to m ba 11

u rn a ci n e ra ri a

to m ba 12

s p e cc h i o c i rco l a re

to m ba 12

l u cerna a ca n a l e a pe rto

to m ba 12

co p p a costo lata in vetro

to m ba 12

È evi d e nte co m e la ta b e l l a di d estra a b b i a d e i d ati ri d o n d a nti ( i l n u m ero d e l l a to m b a ) , c h e uti l izza n d o l e d u e ta bel l e corre l ate a s i n i ­ stra è poss i b i l e e l i m i n a re.

40

con le dovute cautele - di campi (colonne) e un n umero n di record (righe). Tuttavia, se nel database bidimensionale , costi­ tuito da un ' unica tabella, avevamo previsto i campi necessari a registrare tutti i dati che ci servivano , nel nostro progetto di database relazionale dovremo invece ragionare in maniera molto più articolata per creare tabelle che contengano dati omogenei tra loro, evitando di progettare un 'architettura in cui vi siano ridondanze e ripetizioni che appesan tirebbero inutilmente il database . N el creare le diverse tabelle sarà necessario prevedere che vi siano dei campi comuni (gli identificatori) che servano da collegamen­ to . Nel caso della necropoli, ad esempio, potremmo pensare di stabilire una relazione utilizzando un campo con il numero della tomba, perché è proprio quello che, in fondo, faremmo se doves­ simo ordinare il nostro archivio di carta: una cartellina con il numero della tomba e dentro le schede degli oggetti . Nel caso di un archivio elettronico, invece , sarà più opportuno, soprattutto per sveltire la fase della ricerca, prevedere dei campi di collega­ mento n umerici (e sappiamo bene, invece, quante volte il nostro " n umero " di tomba si arricchirà di " a" o di " bis " o di " t3/14" !). Ogni tabella dovrà avere un campo a riempimento automatico (contatore), che normalmente viene definito I D (identificatore); che crea una numerazione progressiva sulla quale non è possibile intervenire; nessun numero verrà mai ripetuto dalla macchina e, se cancelleremo il record che ha l'Io 5 , il numero cinque sparirà dalla lista dei nostri identificatori, per non comparire mai più all'interno di quella stessa tabella. Questo sistema, sebbene possa sembrare macchinoso, permette di lavorare con record univoci anche nel caso di dati identici. Se, ad esempio, tra i materiali di una tomba dovessimo registrare due piatti in ceramica sigillata dello stesso tipo e con lo stesso marchio di fabbrica, non corre­ remmo il rischio di confonderli, anche senza aver loro dato un numero di inventario . Ogni tabella, oltre al suo contatore, dovrà riportare campi numerici che servano di collegamento con le altre tabelle. Lavorando con numerose tabelle sarà meglio rendere 41

esplicito il nome degli identificatori, sia nei campi con tatore che nei campi numerici correlati . Avremo quindi - sempre nella sche­ datura della nostra necropoli - un I D T B (identificatore tomba) che sarà il campo contatore nella tabella con le schede delle depo­ sizioni e costituirà invece il campo numerico di collegamento nella tabella con le schede dei reperti; qui il campo contatore potrebbe invece chiamarsi I D RA (identificatore reperto archeolo­ gico). Ma in altri casi potremmo avere anche un I D P ROV per ide n tifi care il campo contatore in una tabella con un elenco di province e un ID COM per l'elenco dei comuni. E così via. Il passo successivo sarà il fondamentale collegamento tra le diverse tabel­ le, che solitamente può essere fatto graficamente, creando una serie di frecce tra i campi comuni.

Per riassumere ... La crea z i o n e d i a rc h ivi e l ett ro n i c i , c h e costitu i s ca n o ba n c h e d ati a ccess i b i l i e co n d ivis i b i l i , d eve ess e re u n o d eg l i o b i ettivi p ri m a ri d e l l a m o d e r n a ricerca a rc h e o l o g i c a . E l e m e nto u n ifi ca nte d ovre b b e esse re l ' 1 cc o , c h e d a m o lti a n n i sta e l a b o ra n d o u n p ro getto a rt i co l ato e co m ­ p l esso. N e l fratte m po , c i a sc u n o d i n o i d eve rea l i zza re i p ro p ri a rc h ivi e l ett ro n i c i in m o d o fu n z i o n a l e e pro d uttivo , ma, a l l o stesso te m p o, d eve o rga n i zza rl i seco n d o le n o rm ative m i n iste ri a l i . So l o in q u esto m o d o s a rà u n g i o rn o p o ss i b i l e rive rsa re tutte le i nfo r m a z i o n i in u n a b a n ca d ati u n ita ri a . • L a costru zi o n e d i u n a rch ivi o è u n 'o perazi o n e c h e va fatta a tavo l i ­ n o e c h e, a n co ra u n a vo lta, es u l a co m p l eta m e nte d a l m o n d o d e l l ' i nfo r­ m atica. So l o d o po aver p rogettato s u l l a ca rta i l n o stro data base potre­ m o p roced e re a l l a s u a rea l izzazi o n e co n il p rogra m m a a d eg u ato. • L ' a rch ivi o pi ù sem p l i ce, q u e l l o l i n ea re, è costitu ito da u n a so l a ta bel l a co n u n n u m e ro p refissato , m a m o d ifi ca bi l e, d i co l o n n e (ca m p i ) e u n n u m ero n d i ri g h e ( reco rd ) . I l co l l ega m ento d i p i ù ta bel l e c i per­ m etterà d i passa re a l pi ù uti l e e pi ù fu nz i o n a l e d atabase re l azi o n a l e. • Pe r pote r l avo ra re co n u n a rc h ivi o re l a z i o n a l e è n e cessa ri o ave re c h i a re q u a l i s i a n o le re l a zi o n i p ossi b i l i tra l e d iverse ta be l l e d e l •

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n o stro p ro getto : u n o a u n o, c h e co l l e ga u n reco rd d i u n a rc h ivi o a u n o e u n s o l o reco rd d i u n a l tro a rc h ivi o , u n o a m olti, c h e co l l ega u n reco rd d e l l ' a rch ivi o p ri n ci p a l e ( o m a ster) a u n n u m e ro i l l i m itato d i reco rd d i u n a rc h ivi o seco n d a ri o , e m olti a m o lti, c h e p reved e i l co l l e­ ga m e nto di p i ù reco rd di u n a ta b e l l a co n p i ù reco rd di u n ' a l tra .

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3 . La documentazione dello scavo. L'archivio dei dati alfanumerici 3.1. Da l l a teoria a l l a pratica Dopo una digressione ampia nel mondo dell'informatica e dell'automazione dei dati, proviamo a tornare sul cantiere di scavo, nella baracca dove stiamo accumu­ lando la nostra documentazione. Come abbiamo detto, avremo pacchi di schede, rotoli di disegni, album fotografici e molto altro, in quantità variabile a seconda delle dimensioni della nostra inda­ gine. Occupiamoci ora di quelli che si chiamano " dati alfanumeri­ ci ", cioè dati testuali (insomma, " parole scritte ", non cifre sulle quali effettuare calcoli) in cui possono essere presenti, oltre alle let­ tere, anche numeri, segni di punteggiatura, simboli e caratteri par­ ticolari. È importante tenere presente questa distinzione. Il com­ puter, infatti, ha un suo modo di " ragionare " e, se gli abbiamo detto che si sta occupando di numeri, sarà capace di "vedere " il loro valore e di eseguire operazioni, me n tre se " penserà" di avere a " " che fare con dati alfanumerici considererà un 5 alla stregua di una "A" o di una " c" . La prova è presto fatta: apri te un qualsiasi " " programma di scrittura e digitate 4+ 5 = e provate a ottenere dal computer una risposta plausibile. Rimarrà muto . Dovrete allora provare a ripetere la stessa richiesta lavorando all'interno di una tabella o, meglio ancora di un foglio di calcolo. Qui, in un ambiente che il computer riconosce come dedicato ai numeri, uti­ lizzando l'apposita funzione somma (di solito esplicitata con una " ? "), otterrete il risultato voluto . Torniamo alla nostra documentazione e tralasciamo per ora dise­ gni e fotografie . Se abbiamo lavorato in maniera attenta e sistema­ tica ( cioè se avremo abbandonato il letterario, ma poco rigoroso diario di scavo) avremo prodotto delle schede e degli elenchi, che è proprio quanto serve per costruire un database. Naturalmente, dopo aver i m parato a gestire le nostre informazioni con un archi­ vio elettronico, potremo agevolmente servircene in corso d'opera, 44

registrando i dati a mano a mano che li acquisiremo. Nulla ci vie­ terà, inoltre, di tenere anche un giornale con le annotazioni che riterremo fondamentali sull'andamento del cantiere e sulle scelte strategiche e metodo logiche che via via compiremo (cfr. , ad esem­ pio, quanto è stato realizzato dal L IAAM di Siena per lo scavo di Poggibonsi all'indirizzo http :// www. paesaggimedievali.it/Luo­ ghi/Poggibonsi/ scavo/ 2004/ diario2004_.html). Vediamo ora quali saranno i vantaggi che trarremo da questa fati­ ca iniziale. È infatti inutile nascondersi che - soprattutto per noi umanisti poco avvezzi all'uso di formule, criteri logici e codici - l'i­ nizio sembrerà duro, macchinoso e interminabile e molte volte saremo presi dall'irrefrenabile impulso di archiviare tutto nei soli­ ti cassetti ! Ma cerchiamo di superare lo scoglio iniziale, pensando che il nostro sudatissimo database, con le debite modifiche, potrà essere facilmente riutilizzato in molte altre occasioni. Il primo innegabile vantaggio sarà quello di poter mantenere - con operazioni semplicissime alla portata di qualsiasi principiante - un controllo costante sugli errori che deriverebbero dalla duplicazio­ ne involontaria dei numeri di us, sull'esecuzione o meno di plani­ metrie, sezioni e fotografie, su eventuali campionature ecc. In una fase successiva non sarà difficile imparare a introdurre controlli che ci aiutino a verificare la correttezza delle relazioni inserite e che evi­ denzino conflitti, in congruenze o " relazioni circolari " ( ad esem­ pio, 1 copre 2, 2 copre 3, 3 copre 1 !). Anche la fase di archiviazione potrebbe rivelarsi inferiore alle nostre aspettative, perché ci siamo abituati a pensare che tutto ciò che si fa con il computer debba essere rapidissimo, quasi istanta­ neo. E non lo è, per quanto digitare sulla tastiera sia, comunque, molto più rapido e meno faticoso che non scrivere con la penna. Il passo successivo, però, ci porterà davvero in un altro mondo, per­ ché l'elaborazione elettronica delle informazioni (l'informatica appun to) viaggia a una velocità molto lontana da qualsiasi possi­ bilità umana. I vantaggi saranno tanto maggiori quanto più gran­ de sarà la mole di dati sui quali opereremo. In una necropoli con dieci tombe non sarà difficile elaborare i dati sui riti, sulla presen45

za di determinati elementi di corredo o sul sesso dei defunti anche lavorando con la carta, la penna e la mente. Ma nel caso di un sepolcreto con molte ce n ti naia di deposizioni saremmo costretti a stilare lunghi elenchi di " tutte le tombe a incinerazione diretta", " tutte le tombe a inumazione ", " tutte le tombe di bambini " , " tutte l e tombe dove c'è una moneta" ecc., rischiando anche di perdere qualche dato per involontaria distrazione nello scorrere le schede. Il computer, invece, sarà in grado di vagliare centinaia di record in un tempo misurabile in decimi di secondo e di restituir­ ci il risultato cercato. E, come ormai si sa, l'esito felice della ricer­ ca dipenderà esclusivamente dalla correttezza dell'architettura del database e dall'esattezza e omogeneità dei dati inseriti. Tuttavia, i vantaggi più grandi, quello che dovrebbero fugare ogni dubbio, sono la scambiabilità dei dati, la capacità di condividere le proprie informazioni e la possibilità di interagire con archivi omo­ genei al nostro. In particolare, l'ultimo costituisce uno dei nodi centrali di tutta la questione, poiché gli archeologi molto spesso sono estremamente gelosi dei propri dati e non amano condivi­ derli. Ma è un errore gravissimo. Il progredire della ricerca è lega­ to strettamente alla possibilità di lavorare su una base di dati più ampia possibile e solo il concorso di tutti gli studiosi può portare alla creazione di un archivio veramente efficace. Troppe volte nella storia degli studi archeologici si sono basate le proprie conclusioni sull'assenza di un elemento (il pericolosissimo argumentum ex silentio) , per poi essere smentiti - nostro malgrado - non dalle nuove indagini, ma dall'edizione di informazioni note (a pochi) già da tempo. È questo, ad esempio, il caso dell'importante lavoro di Philip Kenrick che, nel 2000, ha pubblicato la seconda edizione del Corpus Vasorum Arretinorum, completa di un prezioso databa­ se su C D - RO M che permette di cercare agevolmente anche i bolli frammentari. Kenrick ha potuto schedare l'edito - a eccezione delle non poche pubblicazioni a circolazione quasi esclusivamente locale - e alcuni grossi lotti di materiali inediti ( Oxé, Comfort, Kenrick, 2000\ pp. 4, 27 e 38). Il resto, centinaia e centinaia di marchi, spesso già schedati, è rimasto escluso; a vantaggio di chi ? 46

N o n sarebbe stato meglio che Kenrick avesse potuto collazionare diverse banche dati omogenee per creare un archivio realmente esaustivo (almeno allo stato attuale delle conoscenze) ? Invece non è stato così e ci troviamo oggi costretti a pensare all'edizione di supplementi al volume di Kenrick; ma sarà necessario prevedere allora anche un aggiornamento del database ... Non dovremmo avere paura di essere scippati del nostro lavoro. In fondo solo molto raramente entriamo in possesso di qualcosa che possa essere definito uno scoop come il rinvenimento dei Bronzi di Riace o dell'iscrizione di Valeria Poplicola. Il più delle volte la ricerca progredisce non tanto per il valore intrinseco dei materiali o degli scavi che pubblichiamo, ma per il modo in cui lo facciamo e per le conclusioni che ne traiamo. La parte puramen te speculati­ va rimarrà comunque sempre appannaggio dei singoli cervelli e nessun computer potrà sostituirsi mai alle capacità deduttive di una mente agile e colta: potrà solo esserne il fido servitore. Perché dunque preoccuparsi della condivisione di dati su duecento fram­ menti di sigillata con marchio di fabbrica o delle informazioni sulle associazioni di materiali in corredi funerari con monete o altri materiali ben databili ? In fondo gli storici elaborano i loro studi e le loro ricerche partendo dalle stesse fonti e dagli stessi documenti per giungere molte volte a risultati differenti. N o i archeologi abbiamo poca dimestichezza con la condivisione dei dati, ma dovremmo cominciare ad attrezzarci, se non vogliamo correre il rischio di estinguerci, per lo meno come categoria pro­ fessionale. Al giorno d'oggi, non è più sostenibile una ricerca che duri qualche mese, o anche qualche anno, e che abbia poi tempi di edizione - o comunque di divulgazione - decennali. L' elaborazio­ ne automatica dell'informazione (di nuovo, l'informatica) è pro­ prio questo : grande velocità di elaborazione (e ormai è chiaro a molti), ma anche un enorme potenziale dato dalla capacità di scambio e interazione delle informazioni. Chiunque sia in posses­ so di un archivio (la documentazione di uno scavo, ad esempio , o la schedatura dei materiali di un museo o di un deposito) deve oggi poter rispondere in tempo reale a interrogazioni dall'esterno. Sem47

pre, naturalmente, che si tratti di richieste di semplici dati; i risul­ tati di eventuali elaborazioni sono un 'altra cosa e credo che deb­ bano rimanere proprietà intellettuale esclusiva del ricercatore, il quale ha comunque il dovere - per lo meno morale - di divulgar­ li al più presto . Credo importante non dimenticare che il mondo può continuare a vivere ugualmente anche senza gli archeologi, i quali non servono a salvare vite umane, né a costruire ponti e stra­ de, né incidono sull'andamento dei mercati finanziari ! Siamo noi, quindi, a doverci adeguare ai sistemi di comunicazione attuali, imparando a trasferire i nostri dati a una pluralità composita di soggetti - dall'ente pubblico, al ricercatore, al semplice navigato re della rete - per evitare di rimanere tagliati fuori dalla grande infor­ mazione contin uando a lavorare solo per noi stessi . N o n rimane che rimboccarsi le maniche e affrontare la costruzio­ ne di un database per l'archivio della documentazione alfanumeri­ ca di uno scavo archeologico, che dovrà diventare il cervello e il motore di qualsiasi più complesso sistema di gestione delle infor­ mazioni.

3.2. Tabelle, identificatori, chiavi pri m a rie e relazioni 3.2.1. Ta bel l e e ide ntificatori Siamo di nuovo nella baracca, seduti davanti al cassetto che contiene tutte le schede della necropoli che abbiamo appena finito di scavare; come abbiamo già detto, quan­ do saremo più bravi potremo costruire un bel database vuoto prima di iniziare le indagini, ma ora è più semplice comprendere partendo da una documentazione già redatta. Nel cassetto ci sono tante cartelline quante sono le tombe del sepolcreto e, in ognuna di esse, tante schede quanti sono gli ogget­ ti di corredo ; abbiamo poi, a parte, un fascicolo con i risultati delle analisi sui resti dei defunti e altri dossier con informazioni sui resti paleobotanici. Sulla parte anteriore dello schedario sono riportate le notizie essenziali sul sito della necropoli (provincia, comune, località, dati di scavo ecc.). La conversione di questo ordinato e organizzato archivio fisico in un database relazionale è piuttosto 48

semplice e presuppone solo un grande rigore nell'esecuzione: ricor­ diamo sempre che un piccolo errore può avere conseguenze impre­ viste e anche devastanti ! Incominciamo dalle tabelle. Abbiamo già visto che sono formate da un numero predefinito di campi e da un numero variabile e incrementabile di record e abbiamo già detto anche che un data­ base relazionale è costituito da una serie di tabelle correlate che con tengono dati omogenei. N el nostro caso la struttura del data­ base, oltre che relazionale, sarà anche gerarchica poiché potremo creare una prima tabella contenitore con i dati della necropoli, dalla quale dipenderà una seconda con le schede delle deposizioni, dalla quale a sua volta dipenderà una terza con le schede degli oggetti. Come si può ben vedere, niente altro che una banale repli­ ca del nostro archivio fisico. Apparentemente la tabella con i dati della necropoli potrà sembra­ re inutile poiché conterrà un unico record. In realtà avrà il dupli­ ce scopo di fare da ideale contenitore a tutta la documentazione del sepolcreto e di permettere l'aggancio con altri eventuali scavi della stessa località e, più in generale, servirà a legare la documen­ tazione della necropoli ai dati esterni ad essa. Le informazioni con­ tenute nel record della tabella che chiameremo, ad esempio, " Necropoli " (o forse meglio " Principale ", per ricordarci che a que­ sta devono essere collegate gerarchicamente le altre tabelle), potranno comparire, a video, ma anche a stampa, su ciascuna sche­ da di tomba e di reperto, pur essendo fisicamente scritte un 'unica volta. Naturalmente la tabella avrà un suo contatore che potremo chiamare J onecropoli (i nomi sono ininfluenti, ma è consigliabile evidenziare con la sigla ID i contatori e i campi numerici correlati e descriverli con una sigla in modo da non confonderli). Allo stes­ so modo la tabella con le schede delle tombe (chiamiamola appun­ to " Tombe ") avrà il suo I DTB e un campo numerico I Dnecropoli, oltre a tutti i campi che riterremo necessari e che saranno molto probabilmente quelli che già si trovano sulle schede normalmente usate nei cantieri di scavo. La terza tabella, quella degli oggetti, potrebbe chiamarsi " Materia49

li " o " Reperti " o, più semplicemente, RA, utilizzando l'acronimo per " reperto archeologico " in uso nella codifica ministeriale ( cfr. infra) . Avrà quindi un suo contatore I D RA e dei campi numerici che si chiameranno I DTB e ID necropoli, oltre a tutti gli altri campi necessari alla schedatura degli oggetti ( E S E M P I O 4) .

ESEMPIO 4 Struttura d i ta b e l l e Tabella "Tombe " Ca m po

Ti po Ca m po

Descrizione

I DT B 1 o n ecro po l i N U MT B TipoTB

Co ntato re N u m e rico l u n go Testo Testo

Fo rmaTe

Testo

n u m e ro p rogressivo di i m m issio n e ca m po com u n e a l la ta be l la " N ecropo l i " n u m e ro d e l la d eposizio n e t i p o d i d eposizio n e ( i n u m a z i o n e, i nei n e ra z i o n e . . . ) fo rma d e l la to m ba (ca pp u cci n a , fossa, cassa ecc . )

Tabella " RA " Ca m po

Ti po Ca m po

Descrizione

I D RA I DT B 1 o n ecro po l i I NV N OGTD OGTT

Co ntato re N u m e rico l u n go N u m e rico l u n go Testo Testo Testo Testo

n u m e ro p rogressivo di i m m iss i o n e ca m po co m u n e a l la ta be l la "To m be " ca m po com u n e a l la ta be l la " N ecropo l i " n u m e ro d i i nve nta rio d efin iz io n e d e l l'o ggetto tipologia d e l l'o ggetto classe d i m ate ria l e

CLS

L'esem p i o è stato costru ito uti l izza n d o M i c rosoftAccess , m a i l co n cet­ to è m o lto s i m i l e per tutti i softwa re d i d ata base, a n ch e se la rea l iz­ zazi o n e può va ria re l e gge r m e nte.

50

La scelta dei campi da inserire di penderà dalle nostre esigenze, ma sarà consigliabile prevedere comunque dei campi facilmente rico­ noscibili anche da altri archivi. Per questo ritengo che la soluzione più semplice sia quella di utilizzare i nomi e le dimensioni ( cioè il numero di caratteri che il campo può contenere e che noi saremo tenuti a rispettare per evitare che " il programma ci cancelli dei

(§)

Query, maschere e report

La q u ery ( i nterrogazi o n e) è u n o stru m e nto d i estraz i o n e e ri o rd i n o d e i d ati c h e c i perm ette d i o rga n izza re a n ostro p i a ci m e nto l e i nfo r­ mazi o n i , l asci a n d o i n a lte rata la struttu ra d e l l e ta be l l e. Potre m o , a d esem p i o , c h i ed e re a l p rogra m m a d i restitu i rei l a ru b ri ca tel efo n i ca seco n d o l ' o rd i n e a l fa beti co, a n c h e se avre m o i n serito G i u l ia p ri m a d i An n a e d o po O rl a n d o , co n l a co n segu e nte assegnazi o n e degl i ID ( O rl a n d o = I D l, G i u l i a = ID 2 e An n a = ID 3) . O p p u re potre m o scegl i e re d i vis u a l izza re s o l a m e nte i reco rd c h e ris p o n d o n o a d eterm i n ati cri ­ teri . E così vi a . Da o g n i ta b e l l a potre m o estra rre u n n u m e ro i n d efi n i ­ to d i q u e ry, ta nte q u a nte s o n o l e d o m a n d e c h e p oss i a m o p o rre; e potre m o a n c h e crea re d e l l e q u ery s u i d ati d i p i ù ta b e l l e co nte m po ­ ra n ea m e nte. L e i nfo rmazi o n i così ri cavate potra n n o essere co n s u lta­ te fati co s a m e nte co me ta bel l a , o p p u re pi ù agevo l m e nte esa m i n ate co m e masc h e ra * , p re o rd i n a n d o u n a o p i ù scherm ate p rogettate co m e a n o i sa rà p i ù co m o d o e co n ge n i a l e. Le m asch e re so n o i nte r­ fa cce che n asco n d o n o l a co m p l ess ità d e l l e ta be l l e e d e l l e l o ro re l a ­ zi o n i e c h e p e rm etto n o d i vis u a l izza re o n asco n d e re i ca m p i a seco n ­ d a d e l l e n e cessità ( n e l l a n o stra ru b ri ca , ad ese m p i o , n asco n d ere m o certa m e nte i l ca m po " N ote" , co n i s u o i a vo lte i m ba razza nti gi u d izi s u gl i a m i c i , s i m pati c i , c h i a cch i e ro n i o n o io s i ) . Per sta m pa re i d ati estratti - o l ' i ntero d ata base, n atu ra l m e nte - d ovre m o i nvece ricor­ rere al report ( ra p p o rto ) , che in m a n i e ra s i m i l e a l l a masch e ra, ci per­ m etterà d i o rga n izza re l e i nfo rmazi o n i i n ma n i era a d eg u ata e co n s o ­ n a a l l a resa s u ca rta .

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dati " !) dei campi previsti dalla normativa ministeriale (cfr. infra) . Per quanto possano sembrare criptici e astrusi (ad esempio I NVN = numero di inventario, F U R = funzionario responsabile e S T M P = posizione del marchio, stemma, emblema, graffito sull'oggetto) possiamo considerarli " com uni " a tutti coloro che producono schedature di beni culturali in I tali a. E come tali facilmente rico­ noscibili e quindi capaci di essere riversati da un archivio all'altro. Nulla ci impedirà di aggiungere anche dei campi utili solo al nostro personale lavoro, che potranno rimanere residenti unica­ mente nel nostro P C . 3.2.2. Ch iavi primarie e relazioni Ora possediamo tre tabelle e pos­ siamo passare alla costruzione dell'archivio relazionale. Il primo passo sarà quello di stabilire - per ciascuna tabella - una chiave pri­ maria*, ovvero scegliere un campo che distingua ciascun record dagli altri e garantisca l'integrità dei dati. La chiave primaria non dovrà mai contenere valori nulli o duplicati e potrà essere formata da caratteri di testo o da numeri; nel primo caso rimarrà a carico nostro la responsabilità di digitare stringhe di testo diverse per ogni record, con tutte i rischi di errore che ne conseguono. La scelta più oculata sarà, quindi, quella di lasciare alla macchina questa delica­ ta incombenza scegliendo come chiavi primarie quei campi conta­ tore, della cui univocità possiamo essere certi. Il legittimo bisogno di tenere le nostre schede ordinate con un cri te rio logico - per la mente umana - cioè, ad esempio, secondo il numero della tomba o dell'inventario dei reperti, sarà facilmente soddisfatto ricorrendo allo strumento delle query. A questo punto non ci resta che stabilire le relazioni tra le tre tabel­ le. Il procedimento pratico varierà probabilmente a seconda del programma che avremo scelto, ma la sostanza rimarrà comunque identica. Lavorando con MicrosoftAccess, ad esempio, sarà sufficiente affiancare le tabelle trascinando il campo numerico correlato della tabella che nella relazione " uno a molti " è dalla parte dei molti fino a toccare il campo con tatore della tabella con cui la stiamo 52

mettendo in relazione ( ES E M PI O 5) . Queste operazioni sembrano certamente molto complesse, ma nella realtà sono piuttosto sem­ plici e qualsiasi manuale utente di software dedicato alla costru­ zione di database sarà in grado di fornire spiegazioni adeguate e comprensibili. L'aver stabili t o una relazione " uno a molti " tra due tabelle crea il presupposto per quello che si chiama il controllo dell'integrità referenziale*, cioè la verifica che tutti i record della tabella " molti " abbiano un corrispondente record nella tabella " uno ". Più sempli­ cemente, sarà necessario accertarsi che ogni oggetto di corredo abbia una corrispondente deposizione di provenienza nella tabella delle tombe e che l'eventuale cancellazione della scheda della tomba 21 2 non lasci " orfani " i relativi reperti nella tabella RA . Il software è in grado anche di aggiornare ed eliminare a catena i record (se cancelliamo dalla tabella tombe la scheda della tomba 21 2, automaticamente - senza nessun controllo da parte nostra verranno eliminate anche le schede degli oggetti di corredo nella tabella RA ) , ma è un 'operazione molto pericolosa che non è consi­ gliabile attivare.

ESEMPIO 5 R e l a z i o n e un o a m o lti i n un ra p p o rto ge ra rch ico

Principale

Tom be

I D n ec ro po l i � ----PVRC PVRF 5 PR 055 FU R CMPN

I DT B "'"'lllf I D n ec ro po l i N U MT B Ti poTB Fo rmaTB

Tabella RA

I D RA I DT B ------ I D n ecro p o l i I NVN



-

OGTD O GTT C L5

53

3.3. L'orga n izzazione d e l l e i nform azi o n i L'ossatura del nostro database è ormai pronta. Vediamo ora di affron tare e risol­ vere il fondame n tale nodo della archiviazione razionale delle infor­ mazioni che, come abbiamo già detto, è il presupposto indispen­ sabile per un 'efficace e produttiva analisi ed elaborazione dei dati. I m pariamo innanzi tutto a dividere le informazioni principali da quelle accessorie , attribuendo alle informazioni principali dei valori scelti in un elenco prestabili to che semplifichino le ricer­ che ed evitino gli errori di compilazione. Le informazioni acces­ sorie, invece, saranno archiviate in un campo libero in cui sarà possibile inserire qualunque specifica noi riterremo utile. In tal modo, scegliendo valori utili a definire le informazioni principa­ li, riusciremo a mantenere il giusto equilibrio tra le necessità dello studioso di definire il dato e il bisogno della macchina di semplificarne l'immissione. Lo stato di conservazione dei reperti, ad esempio, potrà essere descritto in due campi diversi (come peraltro prevede anche la normativa ministeriale): • STCC (Stato di conservazione), il cui riempimento sarà regola­ to da un vocabolario controllato a scelta obbligata (ad esempio: integro, ricomposto, ricomponibile, parzialmente ricomposto, parzialmente ricomponibile, mutilo, frammentario). Non è consi­ gliabile inserire un numero troppo elevato di termini perché ral­ lenterebbe la compilazione e potrebbe generare dei dubbi renden­ do complessa e troppo soggettiva e arbitraria la scelta del termine appropriato; • S T C S (Stato di conservazione, specifiche per lo), un campo senza vincoli nel quale sarà possibile inserire tutte le informazioni che riterremo utili a una più approfondita valutazione dello stato di conservazione del pezzo. La scelta di dividere le informazioni in più campi potrà sembrare a prima vista un'insensata e inutile complicazione. In realtà è pro­ prio questa la chiave per soddisfare contemporaneamente le esi­ genze nostre e quelle della macchina. Per il computer sarà molto rapido e se m p li ce effettuare delle ricerche e delle selezioni dei dati 54

immessi nel campo a riempimento obbligato e noi saremo sempre certi della loro completezza e della loro correttezza; sarà sicura, infatti, l'assenza di qualsiasi re fuso e sarà garantita l'uniformità delle definizioni (ad esempio l'uso del termine " frammentario " nella schedatura sia di un piatto sia di un'anfora, poiché l'aggetti­ vo è riferito allo stato di conservazione e non al pezzo). La creazione di vocabolari controllati a scelta obbligata per alcun campi specifici - lo stato di conservazione, la classe di materiale, ma anche la tipologia del rito funerario (per evitare, ad esempio, confusioni in generate dall'uso contemporaneo dei termini " inci­ nerazione " e " cremazione ") - deve essere vista come una rappre­ sentazione sin tetica e irrin un ci abile dei dati. Questo ci aiuterà a considerare veramente obbligatoria la compilazione di quei campi. Non dimentichiamo infatti che se è vero che refusi e dati incoe­ renti falsano i risultati dell'elaborazione, anche la presenza di valo­ ri nulli può portare a notevoli disguidi. Per tale motivo potremo anche chiedere alla macchina di riempire automaticamente alcuni campi, prevedendo un valore predefinito. In molti casi questo potrà essere il valore definitivo (ad esempio il nome del compila­ tore delle schede o il luogo di collocazione dei pezzi), ma in altri potrà essere modificato. Se, per esempio, ci trovassimo a schedare cento boccali di maiolica arcaica, in gran parte già restaurati, potremmo prevedere, per il campo " restauro " , un valore predefi­ nito " sì" (o meglio ancora un valore predefinito che riporti la data e l'autore del restauro), che sarà semplice modificare nei pochi casi di pezzi ancora da restaurare. Un altro notevole aiuto nella verifica della correttezza dei dati ci verrà dalla possibilità di prevedere dei limiti ai valori e ai fo rma­ ti consen titi. Potremo dire alla macchina che, visto che stiamo inserendo le schede di una necropoli scavata tra il 1999 e il 2001, non deve accettare date di scavo anteriori al 1999 e posteriori al 2001. Opp ure che non deve permettere che il campo O G T D (definizione dell'oggetto) sia vuoto ; se non lo riempiremo, il programma ci impedirà di passare al record successivo, ostinan­ dosi a chiederci il valore del campo O G T D . 55

A questo punto il nostro piccolo database è quasi pronto. Ora dob­ biamo solo personalizzarlo rendendolo facilmente utilizzabile.

3.4. L'interfacci a a m ichevole Fino ad ora ci siamo occupati degli elementi costitutivi dell'archivio elettronico, quelle tabelle nelle quali risiederanno tutti i dati e le informazioni. Potremmo anche lavorare semplicemente sulle tabelle, ma sarebbe poco prati­ co e soprattutto ci impedirebbe di ottenere un adeguato rendi­ mento delle enormi potenzialità del programma (potenzialità che saremo comunque capaci di sfruttare solo in maniera molto limi­ tata; nessuno di noi sarà mai in grado di utilizzare - ma neppure

ES E M P I O 6 M a sc h e ra rB

1 35

Orientamento Età Conservazione Taglia Tagl iata da

l Tipologia l E-W

l i n c i n e ra z i o n e d i retta l Forma l fossa l Quota superiore 1 122.50 l Piano di posa ! 123.35 l n .d . l Sesso l n . d . l l sco nvo lta l Posizione corredo l s pa rso in tutta la fossa I re 56 l Ire 8 4 l

Note



s cavata 1 n d u e n p rese. Non e poss i b i l e fare 1 potes1 s u l l e S I Ste nza o m e n o d i u n conten itore p e r le ce n e ri

Elenco degl i oggetti di corredo Classe a nfore d a tra s porto sigi l l ata ita l i ca cera m i ca com u n e l u cern e vetri

Oggetto

Tipo

Inventario

Cassa

l a n fora l giatto l o l ge l l u cerna a vo l ute l co��a costo l ata

l Dressel 68 l Co n s gectus 3 l l Loesch cke IV l l s i n gs 3

1 12 564 112�6� 112 566 112567 112�68

1 23 1 23 1 23 1 23 1 23

l l l

l

di conoscere - tutte le possibilità offerte da un software !). Dob­ biamo quindi fare uno sforzo per comprendere l'ultimo passo. Come abbiamo visto, il programma - gli esempi partono sempre da MicrosoftAccess, ma le differenze con gli altri software sono relative - ci permette di creare delle selezioni ( query), delle maschere e dei report di stampa anche operando contemporanea­ mente sui dati di più tabelle incrociate. Potremo così lavorare su una schermata nella quale compariranno allo stesso tempo i dati essenziali sulle deposizioni e le schede dei materiali di corredo di ogni tomba. In un 'altra schermata, invece, potremo avere le sche­ de integrali delle tombe o, ad esempio, le schede bibliografiche complete di tutti i testi utilizzati nel corso del lavoro ( ES E M PI O 6 ) . Le stesse informazioni potranno essere riprese più volte, i n masche­ re diverse, a seconda delle necessità e la rimozione, lo spostamento o l'aggiunta di campi nelle maschere non avrà alcun effetto sui dati delle tabelle, poiché solo quello che scriveremo in ogni singolo campo verrà registrato. A questo proposito è bene tenere a mente che di solito i programmi di database memorizzano automatica­ mente le informazioni quando si passa al record successivo. Non è quindi necessario predisporre salvataggi automatici, come conviene fare con i word processar, o ricordarsi di salvare periodicamente il proprio lavoro, ma è bene essere certi di ciò che si è digitato, soprat­ tutto se si fanno delle correzioni, per evitare che il passaggio al record seguente provochi la perdita di dati preziosi. I report ci serviranno, invece, per stampare il nostro lavoro, nelle forme e nei modi che più riterremo utili: elenchi di oggetti, sche­ de complete delle tombe, schede di tombe singole con l'elenco dei materiali di corredo ecc. Tutto questo senza dover mai intervenire fisicamente sui dati, ma limitandosi a manipolare il loro aspetto, scegliendo di volta in volta cosa inserire e in che modo farlo

( E S E M P I O 7) .

Con una buona dose di curiosità (e anche di pazienza, almeno all'inizio) e un po' di esperienza saremo presto in grado di perso­ nalizzare il nostro database rendendo più amichevole e gradevole, ma anche più razionale, l'aspetto delle maschere che utilizzeremo 57

ES E M PI O 7 R e p o rt d i sta m pa To m ba :

697

mcmerazione

Se sso : n . d .

Età : n .d .

Datazione: post 37/41 d .C.

d i forma g rosso modo c i rcolare . Pi cco l i fra m m e nti ce ra m ici i nte rni a l l ' u rn a : orlo d i pi atto con orlo a fascia Co nspectus 21, fo ndo di b a l sa m a rio tubolare , a n sa di rec i p i e nte non id. in pasta vitrea bia ncastra , orlo di p ro b a b i l e coppa e m i sferica Conspectus 36 e s i m i l i .

Classe di materia le lnv. i n stru ment u m monete

VR VR

Tipo

Oggetto

9980 chi odi 9984 a sse di Ca l igola

RI C l , p .

Cassa

Cronologia 112 , n . 58

789

37-41 d .C.

( zecca di Roma) i n stru m e nt u m (?)

789 789

scorie di ferro u rna con pa rete a costo lature o rizzonta l i

cer. com. g rezza

VR

1037

vetri

VR

TSNI

VR

9981 b a l sa m a rio t u b o l a re 9982 coppa care nata

TSNI

VR

9983 coppa e m i sferica

l s i n g s 8/28 Co nspectus 26-27

metà 1 -metà 11 d .C. 787 l d.C. 787

Co nspectus 37

l d.C.

787

He n keldellenbecher

50-150 d.C.

787

Co nspectus 21

10 - 50 d.C.

l s i n g s 8/28

787

metà 1 -metà 11 d .C. 787

con orlo d i ritto con orlo d i sti nto cera m ica com u ne

VR

9985 bicc h i e re a n sato con de p ressione

sigi l l ata a retina

VR

vetri vetri vetri

VR

9986 piatto con orlo a fascia 1036 b a l s a m a rio t u b o l a re fra m m e nti di vetro fuso recipie nte non i d .

vetri

b a l s a m a rio t u b o l a re

l s i n g s 8/28

metà 1 -metà 11 d .C

fra m m e nti ce ra m ici To m ba

697

Orie nta m e nto Quota s u pe riore Piano d i posa

Ti pologia

Fo rma

fossa

i n c i n e razione

Sesso

n.d.

Età

787 787 787 786

n .d .

Violata O

55.96 55.34

M i s u re

d i a m c m 120 ci rca

Conservazione Posizione

tag l iata da TB 699 a sud di TB 699 e a ovest di TB 700

Tag l i a � ta g l iata Te rra di rogo Segnacolo N u m .deposizioni Offe rta Posizione corredo

a b bondante e spa rsa

spa rso n e l l a terra del rogo i n sieme a o ssa co m b u ste ; u rna i n situ e pa rte del corredo s u l fo ndo

E l e m e nti data nti Data zione Motivazione crono

post 37/41 d.C.

Ritua l i Annota zio n i

d i fo rma g rosso modo c i rcol a re . Picco l i fra m m e nti cera m ici i nte rni a l l ' u rn a : orlo d i p iatto c o n o r l o a fascia Co nspectus 2 1 , fo ndo d i b a l sa m a rio tubolare , a n sa d i rec i p i e nte non i d . i n pasta vitrea bia ncastra, o r l o d i p ro b a b i l e co ppa e m i sferica Con s pectus 3 6 e s i m i l i .

5600 5600 1140-1142

Pia nte

VR

Se zion i Foto b/n

VR

Foto dia

nel nostro lavoro . Il programma ci permetterà di scegliere colori, caratteri, dimensioni e di inserire immagini e disegni. E, soprat­ tutto, di modificare l'aspetto della maschera in qualsiasi momen­ to, senza conseguenze. C'è chi sceglierà colori sgargianti e chi vorrà piuttosto delle sobrie schermare in bianco e nero, chi preferirà sfo­ gliare diverse maschere poco affollate e chi invece opterà per rac­ cogliere tutti i dati su cui deve lavorare in un'unica schermata molto densa. Ma la sostanza rimarranno se m p re le informazioni contenute nelle tabelle. Per i più esperti sarà poi possibile sveltire le operazioni con l' ag­ giunta di routine* apposite che potranno semplificare le operazio­ ni di inserimento dei dati. Ma tutto questo si potrà - più o meno facilmente - i m parare dal manuale di istruzioni del programma che decideremo di utilizzare. Se poi saremo tanto fortunati da lavorare in condizioni ambienta­ li idonee, cioè se potremo avere la corrente elettrica sul cantiere e se avremo almeno una baracca che sia un luogo pulito, asciutto, non gelido e neppure torrido (non dimentichiamoci che i computer sof­ frono come noi del troppo caldo e del troppo freddo) e ben custo­ dito, allora potremo organizzarci in modo da evitare la redazione delle schede di us cartacee, per passare direttamente alla compila­ zione del database. Questo farà inorridire molti di noi, perché " la carta", in fondo, ci dà ancora una sicurezza maggiore e ci sentiamo più tranquilli nel sapere che i nostri dati sono comunque " scritti con la penna su un foglio ". Ma dovremo abituarci e, comunque sia, nes­ suno ci vieterà di annotare ancora gli elementi che riteniamo utili su un nostro personale taccuino o in un'apposita scheda. Pensiamo invece che una registrazione contestuale delle informazioni nel nostro database eviterà molti dei dubbi che insorgono a posteriori interpretando i dati inseriti - non sempre da noi - nei diversi campi della scheda. E soprattutto ci sarà possibile mantenere l'indispensa­ bile controllo costante sulla correttezza delle relazioni, fisiche e stra­ tigrafìche, inserite.

59

Per riassumere ... I l passaggio d a l l ' a rc h ivi o fis i co a q u e l l o e l ettro n i co è m o lto p i ù se m p l i ce d i q u a nto s i possa p e n sa re, p o i c h é si tratta s o l o d i cod ifi ca re l e i nfo rmazio n i che d ovre m m o ave re già n o rm a l izzato e struttu rato n e l l a fase d i docu m e ntazi o n e. • La creaz i o n e d i b a n c h e d ati co n d ivise è i l p res u p posto i n d is pe n s a ­ b i l e a l p rogresso sci e ntifi co i n q u a l u n q u e d isci p l i n a e a n c h e l ' i n d a gi n e a rc h eo l o gi ca n o n s i sottra e a q u esta rego l a . • Costru i a m o i l n ostro data base rel a zi o n a l e trasfo rm a n d o i n ta bel l e co l l egate gera rc h i ca m e nte i l cassetto, l e ca rte l l e, i fasci co l i e l e sch e d e d e l n o stro a rc h ivi o. I n q u esta o p e razi o n e è fo n d a m enta l e d ecidere q u a l i sia n o i ca m pi s u c u i d ovre m o i n s egu ito effettua re ricerch e p e r pote r sta b i l i re d e l l e rego l e d i co m p i l azi o n e c h e sve ltisca n o i l l avo ro e te n ga ­ n o sotto contro l l o gl i erro ri . • Co m e tutte l e a rch itettu re, a n c h e q u e l l a d e l data base p u ò esse re a b bel l ita e resa pi ù attra e nte grazie a u n a serie d i stru m e nti (q u e ry, m asch ere e re p o rt) c h e ci a i ute ra n n o a crea re d e l l e s c h e r m ate d i l avo ro c h e sia n o " u ser fri e n d ly" . •

60

4 . La documentazione grafica e fotografica 4.1. la georeferenziazione L'automazione è un problema molto più complesso per la documentazione grafica che per i dati alfanumerici ed è anche molto più ambizioso pensare di spiegare in poche pagine che cosa si debba fare e quali siano le conoscenze necessarie a un'efficace archiviazione dei dati grafici. N o n è un ini­ zio confortante, ma la difficoltà sta in buona parte nella poca - per non dire nulla - dimestichezza che noi umanisti abbiamo non solo con i computer, ma anche con il disegno tecnico e con la trigono­ metria. Cerchiamo almeno di comprendere quali siano i vantaggi che potremo trarre dallo sforzo che ci apprestiamo a fare e soprat­ tutto come l'uso della macchina per la registrazione e l' elaborazio­ ne di planimetrie, sezioni e prospetti sia indispensabile alla nostra vita lavorativa, perché solo così possiamo aspirare a un'efficace interazione con istituzioni ed enti pubblici e privati. Per molto tempo i rilievi di scavo sono stati eseguiti - se pure spes­ so con grande perizia e con un notevole senso artistico - in manie­ ra piuttosto approssimativa, con misurazioni lineari da punti noti, ma opinabili, come " il marciapiede ", " lo spigolo della casa" o, peggio, " il bordo della strada". Tutti riferimenti che potevano scomparire in qualsiasi momento, ma che agli archeologi di un tempo sembravano sufficienti a collocare resti e ruderi. In epoche più recenti si è passati alla creazione di griglie ideali ( quadrettatu­ re) per suddividere il terreno di scavo e all'uso della triangolazione o trilaterazione per effettuare i rilievi (l'uso pratico di questo siste­ ma è esaurientemente esposto in Medri, 2003, pp. 292-3). L'intro­ duzione di strumenti ottici , come livelli e teodoliti, sempre più sofisticati ha permesso di giungere a un grado di precisione note­ vole nella quotatura altimetrica, ma soprattutto nel posizionamen­ to dei rinvenimenti rispetto a coordinate note, che erano poi anno­ tate sul disegno e registrate negli appositi libretti di campagna. 61

Oggi è possibile, invece, riferire qualsiasi ritrovamento diretta­ mente alle coordinate terrestri (georeferenziazione) e contempora­ neamente agganciarlo con esattezza a elementi noti e meno astrat­ ti - di nuovo " il marciapiede " e " lo spigolo della casa" - ma questa volta usati solo per aiutare l'occhio umano. Il posizionamento esat­ to rimane quello delle coordinate terrestri e l'indispensabile inseri­ mento dei rilievi di scavo nel con testo generale territoriale è note­ volmente facilitato dall'esistenza di diversi supporti cartografici georeferenziati, come le carte tecniche che molte regioni hanno già realizzato ( CTR, Carta tecnica regionale, o e r e , Carta tecnica comunale; Medri, 2003, pp. 157-9); i file, infatti, saranno perfetta­ mente sovrapponibili, semplicemente istruendo la macchina in modo che utilizzi in entrambe i casi come punto di inserimento l'origine o,o. N o n è facilissimo da capire, ma proviamo.

4.2. l sistemi ca rtografici Per secoli la riproduzione cartogra­ fica del terreno è stata estremamente sommaria, poiché non esiste­ va un modo efficace per rappresentare in piano la curva terrestre ; solo nel XIX secolo, il matematico tedesco Karl Friederich Gauss e n un ciò i teoremi sulla curvatura delle superfici e sulla loro rap­ presentazione conforme, generalizzandone l'uso per il calcolo sul piano delle triangolazioni geodetiche. Nello stesso periodo veniva­ no istituiti i primi grandi servizi cartografici nazionali e, in Italia, dall'unificazione dei servizi geografici di vari Stati, nasceva, nel 1 872, l'Istituto topografico militare che, dieci anni più tardi, assun­ se definitivamente il nome di Istituto geografico militare (I GM). Sembra tutto poco attinente al nostro problema, ma non è così ; andiamo avanti. Nel 1948, il geodeta capo dell'IGM, Giovanni Boaga, per definire «la vera forma terrestre», applicò alla rappre­ sentazione cartografica del territorio italiano la proiezione confor­ me di Gauss, che è caratterizzata da tre condizioni di base: • il meridiano centrale della zona da cartografare e l'equatore devono essere rappresentati da due rette; • le distanze devono essere conservate lungo il meridiano centrale; • la carta deve essere conforme, ovvero m an tenere gli angoli nel 62

passaggio tra l'ellissoide (la superficie terrestre) e il piano (la sua rappresentazione caro grafica). La proiezione di Gauss ha quindi il suo punto di origine (o,o) all'incrocio tra l'equatore (che si chiama E ed è l'asse delle ascisse) e il meridiano prescelto (asse delle ordinate N); poiché la defor­ mazione cresce moltissimo in senso longitudinale allontanandosi dal meridiano di origine, si cerca di eseguire la proiezione su più fusi, in modo da limitare l'errore. Il territorio italiano è stato divi­ so, convenzionalmente, in due fusi di un'ampiezza di circa 6°30', al centro dei quali è il meridiano di Monte Mario. Forse stiamo incominciando a capire cosa vuoi dire georeferenziato : il punto " 1448709. 6469, 5010045. 5877" (chiamiamolo A) sarà un unico punto nello spazio, ben preciso e non confondibile e, se l'origine delle coordinate ( o,o) corrisponderà all'incrocio tra l'equatore e il meridiano di Monte Mario (Gauss-Boaga Roma 40), ecco che il nostro punto sarà automaticamente georeferenziato (o georiferito). Se poi avremo bisogno di posizionare A sulla cartografia georefe­ renziata del territorio in cui si trova basterà inserire un file nell'al­ tro dando alla macchina l'informazione che deve usare in entram­ be i casi come origine le coordinate o,o. È importante ricordare che, nel caso si debbano sovrapporre un disegno georiferito e uno non georiferito, sarà necessario aprire sempre il file georeferenzia­ to posizionando al suo interno l'altro disegno; impostando l' ope­ razione al contrario rischieremmo di perdere irrimediabilmente la georeferenziazione. Ma non abbiamo ancora finito. Verso il 1950, per iniziativa degli u sA e soprattutto per esigenza della NAT O , la proiezione di Gauss è stata assunta a base del sistema UTM ( Universal Transverse Mercator Projection) , destinato a unificare la geodesia, la topografia e la car­ tografia militare del mondo occidentale; la terra è stato divisa in 6o fusi di 6° d'ampiezza a partire dal meridiano di Greenwich, mentre si è deciso di rappresentare le calotte polari nella proiezione stereo­ grafica polare del sistema U P S ( Universal Polar System) . Così la car­ tografia ufficiale italiana oggi è riferita a un duplice e ben distinto reticolato che permette di i de n tifi care sia il sistema nazionale

(Gauss- Bo aga Roma 40) sia il sistema internazionale europeo (uTMED 5 0 e UTMWGS 84), i quali non coincidono tra loro. Nella maggior parte dei casi la cartografia riporta le coordinate dei diver­ si sistemi ed è inoltre possibile avvalersi di alcuni software che per­ mettono una relativamente facile conversione; dal sito dell'IGM, ad esempio, all'indirizzo http :/ /www. igmi.org/Pages/dentro. html, è possibile scaricare gratuitamente CartLab1, un programma che non solo gestisce il passaggio delle informazioni tra i diversi siste­ mi geodetici di riferimento e i rispettivi sistemi cartografici (tra­ sformazione da coordinate geografiche a coordinate piane e vice­ versa), ma permette anche il trasferimento dei dati da un sistema all'altro e il passaggio da coordinate Gauss-Bo aga a Cassini-Sold­ ner (sistema di gestione dei dati catastali). Tutto questo non è semplice, soprattutto per i meno esperti. Nell'impossibilità di approfondire il problema in questa sede, sarà sufficiente capire quanto sia vasto e variegato l'affascinante mondo della cartografia e imparare almeno a fare attenzione allo scambio di file cartografi­ ci con altri utenti per essere certi di utilizzare lo stesso sistema. È importante poi cercare di tenersi aggiornati con l'evoluzione delle tecniche e il progresso delle applicazioni, per non rischiare di uti­ lizzare materiale ormai superato. Le tavolette IGM, che gli archeo­ logi da decenni utilizzano ( IGM 25v), ad esempio, non vengono più aggiornate da tempo e sono state parzialmente sostituite da una nuova serie (IGM 25) - con numerazione completamente diversa - a cui sta ora subentrando una versione ancora più moder­ na, associata a un database con la raccolta dei dati geografici (I GM 2 5 DB). È evidente che sarà ben presto necessario confrontarsi con questa realtà - cosa che forse alcuni hanno già fatto - per pensare a una conversione dei riferimenti dal sistema vecchio a quello nuovo. Nella complessità della materia - e forse nella confusione ingene­ rata dalla lettura di queste pagine - un sito che può essere molto utile anche ai principianti, soprattutto per rendersi conto delle dif­ ferenti fonti dalle quali è possibile attingere per l'acquisizione di materiale cartografico, è all'indirizzo http:/ /www. atlanteitaliano. it. 64

Vi si trovano le coordinate UTM per comuni e località, è possibile consultare cartografia digitale a varie scale e carte particolareggiate e foto aeree di città e territori, e ha un motore di ricerca* interno il cui dettaglio arriva fino ai toponimi. La necessità di avere una certa dimestichezza con il mondo della cartografia deriva, come dovrebbe ormai essere chiaro a tutti, dal­ l' esigenza di fornire una documentazione adeguata e conforme alle richieste nel momento della stesura o della modifica di piani regolatori, della programmazione di piani territoriali o della costruzione di cartografie del rischio archeologico. Non è più possibile, infatti, che al giorno d'oggi gli archeologi - sempre che vogliano rimanere nel mondo del lavoro - redigano esclusiva­ mente rilievi su carta o, anche peggio, che producano una docu­ men tazione grafica solo apparentemente informatizzata, che necessita quindi di una radicale rielaborazione prima di essere assunta in un rilievo catastale o in una carta tecnica regionale. M a di questo parleremo in seguito.

4.3. Siste m i grafici vettoria l i Il metodo di rappresentazione vettoriale degli elementi grafici si basa sull'uso dei vettori all'inter­ no di un sistema cartesiano, per cui ogni punto viene definito indi­ candone le coordinate x e y (alle quali si aggiunge quasi sempre la z, la quota altimetrica). Vediamo ora quali sono i vantaggi che derivano dall'applicazione di questo metodo per l'archiviazione delle informazioni grafiche. Partiamo da una considerazione piut­ tosto semplice e certamente nota a tutti: il grado di precisione di un disegno manuale dipende fondamentalmente dall'accuratezza e attenzione con cui sono state tracciate le linee e dalla scala scelta. Se consideriamo che il tratto di una matita o di un pennino può essere valutato intorno ai 0. 25 mm, in scala 1:1, possiamo facil­ mente calcolare che, lo stesso disegno, ridotto in scala 1:100, avrà un'imprecisione di almeno 25 mm e che, ridotto ancora in scala 1:1o.ooo, potrà portarsi dietro un errore di ben 2 metri e mezzo. In realtà, nel disegno manuale, è possibile che le imprecisioni siano molto maggiori, perché nel passaggio a scale molto diverse sarà

probabilmente necessario ridisegnare più volte il rilievo, aggiun­ gendo errore all'errore. N el disegno realizzato con il sistema vettoriale, invece, ogni ele­ mento grafico viene archiviato nella memoria del computer attra­ verso formule matematiche che contengono le istruzioni necessa­ rie a tracciarlo, con una precisione che può arrivare fino alla decima cifra decimale. Un 'esattezza che nessun occhio umano potrà mai apprezzare né a video né a stampa. N el disegno di un segmento, ad esempio, il computer memorizzerà esclusivamente le coordinate del punto iniziale e di quello finale, mentre per un cer­ chio saranno sufficienti le coordinate del centro e la lunghezza de raggio. Ogni elemento archiviato in formato vettoriale porta in sé tutte le informazioni necessarie e non ha bisogno di etichette aggiuntive che riportino quote altimetriche, coordinate ecc. La grafica vettoriale gestisce gli elementi che rappresenta attra­ verso funzioni matematiche, che possono essere semplicissime come quelle che servono a tracciare una retta, ma anche molto complesse, come richiede la costruzione di elementi composti da più figure geometriche . In tal modo, però , tutte le parti della rap­ presentazione mantengono inalterata la loro precisione, anche nel caso in cui il disegno venga ingrandito o rimpicciolito molto, poiché l'immagine è definita solo da punti notevoli che sono descritti tramite i vettori . Non credo sia necessario che tutti imparino a lavorare con la gra­ fica vettoriale, così come prima non era necessario che tutti gli archeologi disegnassero sullo scavo. Ma, come tutti dovevano esse­ re in grado di srotolare una planimetria e di capire di cosa si trat­ tava o di fare rilievi molto semplici (ad esempio, i limiti di uno strato), così ora è indispensabile che tutti siano in grado per lo meno di aprire un file realizzato con un programma di CAD e di leggeri o. Mentre abbiamo visto che è possibile imparare a usare un pro­ gramma di database anche solo con la buona volontà, un po' di pazienza e una certa dose di curiosità, è piuttosto difficile appren­ dere l'uso di un programma di CAD in maniera interamente auto66

(§)

Disegna re con la tastie ra I m pa ra re a l avo ra re co n i l CAD è m o lto uti l e e a n ch e gratifi ca nte. Ma non s em p l i ce, so prattutto per c h i non è a bitu ato a un uso freq u e nte d e l l e rego l e tri go n o m etri che e n o n ved e co n fa ci l ità la possi b i l ità d i a p p l i ca re fo rm u l e e teo re m i . Per ca p i re q u a nto i l d isegno vetto ria l e d i pe n d a d a l l 'a p p l i cazi o n e d i rego l e m atem ati c h e, basti pensa re c h e s i p u ò rea l izza re - e a l l ' i n izio s i fa ceva so l o così - a n ch e escl usiva m e n ­ t e co n l ' uso d e l l a tasti era, d i gita n d o i co m a n d i ; per otte n e re i l d ise­ g n o seg u e nte basta scrivere (in co rs ivo so n o le ri ch i este d e l p rogra m ­ m a , AutocAo, i n q u esto caso) : Com m a n d: p l i n e Specify start poin t o , o Current line-width is o.oooo Sp ecify n ext p oint o r [A rc/C/ose/Ha lf­ width!Length!Un do!Width]: @23 < 5 6 Sp ecify n ext p oint o r [A rc/C/ose/Ha lf­ width!Length!Un do!Width]: @48 5