Imparare la matematica prima dei tre anni. La rivoluzione gentile 8871448049, 9788871448046

"Imparare la matematica a tre anni" è la risposta ai numerosi genitori che, avendo insegnato con successo ai l

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Imparare la matematica prima dei tre anni. La rivoluzione gentile
 8871448049, 9788871448046

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Table of contents :
Imparare la matematica prima dei tre armi
IMPARARE LA MATEMATICA PRIMA DEI TRE ANNI
Sommario
Introduzione
Mamme e bambini: i gruppi di apprendimento più dinamici al mondo
La lunga strada verso la comprensione
I bambini vogliono imparare la matematica
I bambini piccoli possono imparare la matematica
I bambini dovrebbero imparare la matematica
Come è possibile per i bambini fare matematica istantanea?
Come insegnare al vostro bambino
Come insegnare a percepire
la quantità
Come insegnare le operazioni
10
Come insegnare a risolvere problemi
11
Come insegnare i simboli numerici
L’età ideale per iniziare
na
Sul rispetto
Ringraziamenti
Gli autori
Ulteriori informazioni su come insegnare al vostro bambino
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G lenn Doman - J a n e t Doman

Imparare la matematica prima dei tre armi Lo rivoluzione gentile

Glenn Doman è l’autore di Leggere a tre anni, libro che ha venduto oltre due milioni di copie nel mondo. Imparare la matematica prima dei tre anni è la risposta ai numerosi genitori che, avendo insegnato con successo ai loro bambini a leggere, gli chiedevano: "Come posso insegnare la mate­ matica a mio figlio?”. Questo libro fornisce un programma giornaliero semplice e chiaro per insegnare la matematica ai bambini piccoli. La matematica, sostengono gli autori, non è una materia di studio come la geografia o la storia, ma un modo di pensare e ragionare; il suo insegnamento non deve essere un compito ingrato, bensì un’esperienza gioiosa, divertente e di grande soddisfazione. Essa apre un’altra meravigliosa strada sulla lunga via che porta alla maturità.

Glenn Doman, fondatore e presidente degli Istituti per il Raggiungimento del Potenziale Umano, ha lavorato con i bambini per più di trent'anni in oltre cento paesi. È autore di numerosi testi tra cui, tradotti e pubblicati nelle nostre edi­ zioni: Leggere a tre anni (200529); Che cosa fare per il vostro bambino cerebro­ leso (200311); Come sviluppare nel tuo bambino l ’amore per la conoscenza (2000); Come insegnare al vostro bambino ad essere fisicamente splendido (1992); Come moltiplicare l’intelligenza del vostro bambino (20078). Janet Doman, antropoioga e zoologa, è direttrice degli Institutes for the Achievement of Human Potential.

€ 1 5 . 00

BAMBINI E GENITORI

Glenn Doman - Janet Doman

IMPARARE LA M A TEM A TIC A PRIM A D E I T R E A N N I

La rivoluzione gentile

ARMANDO EDITORE

DOMAN, Glenn DOM AN. Janet Imparare la matematica prima dei tre anni; Roma: Armando. 2007 (rist. ) 224 p.; 22 cm. (Bambini e genitori) ISBN: 88-7144-804-9

1. Sviluppo del bambino/Prima infanzia 2. Matematica e apprendimento 3. Metodo Doman CDD 372 Titolo originale: H o w to T e a c h Y o u r B a b y M a t h

Traduzione di Arcadia Revisione a cura di Anna Paola Frassi Illustrazione di copertina di Michelangelo Pace © 1998 Armando Armando s.r.l. Viale Trastevere, 236 - 00153 Roma Direzione - Ufficio Stampa 06/5894525 Direzione editoriale e Redazione 06/5817245 Amministrazione - Ufficio Abbonamenti 06/5806420 Fax 06/5818564

Internet: http://www.armando.it E-Mail: [email protected]; [email protected] 20-00-038 2007 Seconda ristampa I diritti di traduzione, di riproduzione e di adattamento, totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche), in lingua italiana, sono riservati per tutti i Paesi. Fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall'art. 68, comma 4. della legge 22 aprile 1941 n. 633 ovvero dall'accordo stipulato tra SIAE. SNS e CNA, CONFARTIGIANATO. CASA, CLAAI, CONFCOMMERCIO, CONFESERCENTI il 18 dicembre 2000. Le riproduzioni a uso differente da quello personale potranno avvenire, per un numero di pagi­ ne non superiore al 15% del presente volume/fascicolo. solo a seguito di specifica autorizzazio­ ne rilasciata da AIDRO, Via delle Erbe. n. 2. 20121 Milano, telefax 02 809506. e-mail [email protected]

Sommario

Introduzione

7

1. Mamme e bambini: i gruppi di apprendim ento più dinam ici al mondo

23

2. La lunga stra d a verso la comprensione

29

3 . I bam bini vogliono im parare la m atem atica

35

4 . I bambini piccoli possono im parare la matematica 49 5 . I bam bini dovrebbero im parare la m atem atica

61

6. Come è possibile per i bam bini fare m atem atica istan tan ea? 69 7. Come insegnare al vostro bambino

81

8. Come insegnare a pe rcepire la q u a n tità

97

9. Come insegnare le operazioni

107

10. Come insegnare a risolvere problemi

121

11. Come insegnare i simboli num erici

141

12. L’età ideale per iniziare

153

13. Sul rispetto

175

Gli autori

185

Appendice: Modelli per cartelloni

189

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Questo libro è dedicato con comprensione a tutti coloro che si sono sempre chiesti perché scrivo due e riporto sette. È offerto con cameratismo a tutti coloro che hanno avuto degli insegnanti di matematica più grandi di noi. È offerto con totale empatia a tutti coloro a cui, a scuola, non è mai piaciuta la matematica, a coloro che ancora pro­ prio non capiscono la matematica e anche a coloro che ancora non si sentono molto sicuri quando fanno la somma del conto del droghiere. È offerto con sentimento fraterno a tutti coloro che si sono scervellati per capire come sia possibile che un pezzo di plastica del valore di poche migliaia di lire come la calco­ latrice possa fare cose che noi, con il nostro incredibile cer­ vello, non siamo in grado di fare. In breve, questo libro è dedicato a quasi tutti gli esseri viventi, che abbiano più di due anni di età. Con un po’ di fortuna, ed un po’ di attenzione ai nostri bambini, saremo gli ultimi ad averne bisogno.

Introduzione

Cari genitori, pochissime persone comprano un libro allo scopo di dis­ sentire dal suo contenuto. Il fatto che abbiate com prato questo libro significa che, non im porta quanto im probabile possa suonarvi il titolo, avete un sano sospetto che sia possibile insegnare al vostro bam bino la m atem atica, e questo sospetto è assolutam ente fondato. P o tete farcela e con ris u lta ti che m erav ig lieran n o anche voi genitori. Questo libro vi aiu te rà a capire quanto possa essere semplice farlo, quanto lontano possiate arriv a re con il vostro bambino nell’insegnam ento della m atem atica e, sia voi che il vostro bam bino, sco p rirete u n a g ran d e gioia nel farlo, se com prenderete il modo in cui ci siamo arrivati. Negli ultim i trentacinque anni, lo staff degli In stitu ­ tes for th e Achievement of H um an Potential, h a avuto un meraviglioso rapporto d’am ore con le m adri. Come direttore degli In stitu tes devo dire che è stato un bellis­ simo rapporto, gratificante e appagante insieme. La collaborazione iniziò m ale e in rea ltà sia noi che i genitori fummo costretti ad una specie di appuntam ento

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al buio. Scarsa la fiducia reciproca e grande il sospetto. Anzi questa collaborazione non si sarebbe mai verificata se non fosse stato per i bam bini cerebrolesi e i loro enor­ mi bisogni. Furono i loro bisogni che spinsero noi e i genitori l’uno nelle braccia dell’altro. Negli anni ’40 i genitori di bam bini con lesioni cere­ brali gravi non avevano motivi di essere g rati ai profes­ sionisti e avevano pochi motivi per avere fiducia in loro. In quei giorni i professionisti ritenevano che il solo p a r­ lare di ren d ere sano un bam bino cerebroleso fosse la peggiore delle a ssu rd ità, e che fosse in un certo senso im m orale il solo porselo come obiettivo. Molti professio­ nisti lo credono ancora. Noi, come professionisti che si confrontavano quoti­ dianam ente con bambini paralizzati, m uti, ciechi, sordi, incontinenti, universalm ente considerati dei “rita rd a ti m en tali” senza speranza, abbiam o condiviso il profondo dubbio dei genitori. Anche il nostro primo gruppo, che sareb b e poi divenuto lo sta ff degli In s titu te s for th e A chievem ent of H um an P otential, iniziò con la tacita m a comune convinzione che “tu tte le m am m e sono delle idiote e che non possiedono alcuna v erità”. Questo mito, che prevale tu tto ra, h a il tragico risu ltato che nessuno p arla con le m adri e il buon Dio sa che nessuno dà loro ascolto. In iz ia n d o con q u e s ta convinzione, come abbiam o fatto, abbiam o impiegato diversi anni per im parare che le m adri, seguite a breve distanza dai padri, conoscono il loro bam bino meglio di qualunque a ltra persona al mondo. I m iti sono duri a m orire e il disim parare è di gran lunga più difficile dell’im parare, e per alcuni disim para­ re è sem plicem ente impossibile. Mi spaventa am m ettere che, se i bisogni sconfinati dei bam bini cerebrolesi non 8

ci avessero spinto ad un contatto quotidiano “te s ta a te sta ” con i loro genitori, non avrem m o m ai im parato il vero straordinario am ore che i genitori hanno per i loro bambini, il profondo apprezzam ento che essi hanno per le potenziali capacità dei loro bam bini quando compren­ dono il modo estrem am en te pratico in cui funziona il cervello umano. Il sospetto m uore lentam ente e il vero am ore si deve g u ad ag n are. Spesso la necessità non soltanto aguzza l'ingegno m a getta anche le basi per l’inizio dell’am ore e della comprensione, se nessuna delle due p arti può per­ m ettersi il lusso di andarsene. Poiché i bam bini cerebrolesi avevano disperatam ente bisogno di a iu to , noi e i genitori fum m o sp in ti l’uno nelle braccia dell’altro in un m atrim onio che non era sem plicem ente di convenienza m a di necessità. Fu su b ito e v id e n te che noi e i g en ito ri dovevam o dedicare ogni momento della nostra vita a fare in modo che i bam bini cerebrolesi potessero avere un tipo di vita degna di essere vissuta. E così facemmo. Dare inizio a un progetto nell’ambito della ricerca cli­ nica è come prendere un treno per una destinazione igno­ ta. E u n ’av v en tu ra m isteriosa ed em ozionante perché non si sa mai se si avrà uno scompartimento di prim a o seconda classe, se il treno avrà una carrozza ristorante o m eno, quanto costerà il viaggio e se si a rriv e rà in un posto dove si è sem pre sognato di andare o in un luogo sconosciuto che non ci si è mai sognati di visitare. Q uando noi m em bri dell’équipe prendem m o questo treno, alle varie stazioni, speravam o che la nostra desti­ nazione fosse un miglior trattam en to per i bam bini con lesioni cerebrali gravi. Nessuno di noi sognava che, se avessimo raggiunto questo scopo, sarem m o rim asti sul 9

tren o fino a rag g iu n g e re la p o ssib ilità di c o n d u rre i bam bini cerebrolesi ad un livello superiore a quello dei bam bini sani. Il viaggio è durato trentacinque anni, la sistem azione era in seconda classe e il vagone risto ran te serviva per 10 più panini, sera dopo sera, spesso alle tre del m atti­ no. I biglietti sono costati tu tto quello che avevamo, e alcuni di noi non sono vissuti abbastanza da term inare 11 viaggio, m a nessuno di noi avrebbe voluto p erdere questo viaggio per nessun motivo al mondo. E stato un viaggio affascinante. La prim a lista dei passeggeri includeva un neurochi­ rurgo, un fisiatra (un medico specializzato in m edicina fisica e riabilitazione), un fisioterapista, un logopedista, uno psicologo, un educatore ed u n ’inferm iera. Adesso, siamo più di un centinaio e tra noi ci sono molti altri specialisti. Il piccolo gruppo fu originariam ente costituito poiché ognuno dei suoi m em bri era incaricato di u n a fase p a rti­ colare del trattam en to dei bam bini gravem ente cerebrolesi ed ognuno di noi individualm ente aveva fallito. Se si vuol scegliere un campo creativo nel quale lavo­ rare, è difficile sceglierne uno con più possibilità di rea­ lizzare progressi di q uante ne offra uno in cui il falli­ mento si è verificato nel cento per cento dei casi e il suc­ cesso mai. Q uando iniziam m o il nostro lavoro insiem e, tre n ta cinque anni fa, non avevamo m ai visto o sentito di un singolo bam bino cerebroleso che fosse guarito. Il gruppo che si costituì dopo i nostri fallim enti indi­ viduali oggi verrebbe chiam ato “équipe di riabilitazio­ ne”. In quei giorni, tan to tempo fa, nessuna di queste parole era di moda e noi non ci consideravam o all’altez­ za di esse. Forse ci vedevamo più pateticam ente e più 10

c h ia ra m e n te come un gruppo co stitu ito si u n po’ allo stesso modo di un convoglio che si forma, nella speranza che insiem e sarem m o sta ti più forti di quanto non aves­ simo dim ostrato stando separati. Scoprim m o che im p o rta v a m olto poco (se non dal p unto di v ista della ricerca) che un bam bino avesse su b ito la lesione p rim a , d u r a n te o dopo la n a sc ita . Preoccuparsi di u n a cosa del genere era un po’ come preoccuparsi se il bambino era stato investito da u n ’a u ­ tomobile p rim a di mezzogiorno, a mezzogiorno o dopo mezzogiorno. Quello che realm en te ci in teressav a era quale p arte del suo cervello fosse s ta ta d anneggiata e che cosa avrem m o potuto fare a tale riguardo. Poi scoprimmo che aveva assai poca im portanza che il cervello sano di un bambino fosse stato leso a causa della incom patibilità del fattore Rh dei suoi genitori, in se g u ito ad u n a m a la ttia in fe ttiv a , come la ro so lia, a v u ta dalla m adre nel corso dei prim i tre m esi di gravi­ danza, in seguito ad u n ’ossigenazione insufficiente nel periodo p ren atale, o a causa di un parto prem aturo. Il cervello può subire u n a lesione anche a causa di un tr a ­ vaglio prolungato, a causa di ematomi provocati da una caduta di testa , a causa di u n a febbre a lta che porta all’encefalite, a causa di un tra u m a subito dopo essere sta ti in v estiti da u n ’auto, o in seguito a c e n tin aia di altri fattori. E ancora, m entre questo era significativo dal punto di vista della ricerca, era un po’ come preoccuparsi se un particolare bambino era stato investito da una m acchi­ na o colpito da un m artello. L’im portante qui era quale p arte del cervello del bambino era s ta ta lesa, quanto era sta ta lesa e quello che avremo fatto a riguardo. In quei prim i tem pi, il mondo che aveva a che fare con i bam bini cerebrolesi sosteneva che i problem i di 11

questi bam bini potevano essere risolti tra tta n d o i sinto­ mi esistenti nelle orecchie, negli occhi, nel naso, nella bocca, nel torace, nelle spalle, nei gomiti, nei polsi, nelle dita, nelle anche, nelle ginocchia, nelle caviglie e nelle d ita dei piedi. G ran p arte del mondo lo crede ancora. Tale approccio non funzionò allora e potrebbe forse non funzionare mai. A causa di questa totale m ancanza di successo, con­ cludemmo che, se avessimo voluto risolvere i molteplici sin to m i del b a m b in o c ere b ro le so , a v rem m o dovuto attaccare il problema alla fonte e tra tta re d irettam ente il cervello umano. Sebbene all’inizio ciò sem brasse un compito impossi­ bile o alm eno proibitivo, negli anni che seguirono, noi e a ltri trovam m o mezzi chirurgici e non chirurgici per tra tta re il cervello. Prim a di tu tto affrontam m o il problema da un punto di vista non chirurgico. Negli anni che seguirono, ci per­ suadem m o che se non potevamo avere successo con le cellule m orte del cervello, avrem m o dovuto trovare dei modi per riprodurre in qualche modo gli schemi di cre­ scita neurologica di un bambino norm ale. Questo signi­ ficava com prendere come nasce, cresce e m atu ra il cer­ vello di u n bambino. Studiam m o con dedizione m olte centinaia di neonati e bam bini norm ali di tu tte le età. Appena capimmo come cresce un cervello norm ale e che cosa ciò significa, iniziam m o a scoprire che le attiv ità b a s ila r i dei b a m b in i n o rm a li, co n o sciu te da lu n g o tem po, com e s tris c ia re e g a tto n a re sono di enorm e im portanza per il cervello. Im param m o che se tali a tti­ vità vengono negate ai bam bini norm ali, il potenziale di questi bam bini viene seriam ente lim itato. Il potenziale dei bam bini cerebrolesi subisce ancora m aggiorm ente questa limitazione. 12

Appena im param m o di più sui modi per poter ripro­ d urre questo norm ale schem a fisico di crescita, iniziam ­ mo a vedere dei lievissim i m iglioram enti nei bam bini cerebrolesi. Fu più o meno in questo periodo, dopo anni di lavoro con i g e n ito ri, che svanì il reciproco so sp etto . Sboc­ ciavano am ore e fiducia. Iniziam m o ad avere completa fiducia n ell’am ore di questi genitori e nel loro innato buon senso; sm ettem m o di tra tta re noi stessi i bam bini e in seg n am m o ai g en ito ri tu tto quello che avevam o im parato sul cervello, preparam m o dei program m i per i bam bini e m andam m o i genitori a casa a m ette rli in pratica. I risu lta ti m igliorarono anziché peggiorare. Il nostro risp etto verso i genitori aum entò considerevol­ mente. Fu sem pre in questo periodo che i neurochirurghi del nostro gruppo cominciarono a dim ostrare in modo deci­ sivo che la risposta è proprio nel cervello, sviluppando con successo alcuni approcci chirurgici. Un unico sorprendente metodo servirà come esempio dei num erosi tipi di interventi chirurgici al cervello che h an n o successo e vengono a p p lic ati an co ra oggi per risolvere i problemi del bambino cerebroleso. Di fatto ci sono due cervelli, un cervello destro ed uno sinistro. Questi due cervelli sono divisi esattam en te nel mezzo della te s ta d alla fronte a lla nuca. Negli esseri um ani sani il cervello destro (o, se preferite, l’emisfero destro del cervello) è responsabile del controllo della p a rte sin istra del corpo, m entre l’emisfero sinistro del cervello è responsabile della p arte destra. Se uno degli emisferi è leso, con un qualsiasi grado di lesione, i risu ltati sono catastrofici. La p arte opposta del corpo s a rà p a ra liz z a ta e il bam bino s a rà se riam en te lim itato in tu tte le funzioni. Molti di questi bam bini 13

hanno crisi convulsive costanti e gravi che non rispon­ dono al trattam en to con nessun farmaco conosciuto. Purtroppo dobbiamo dire che alcuni di questi bimbi muoiono. L’antica opinione di coloro che sostenevano che non si potesse fare niente e ra s ta ta rip e tu ta per decenni in questi term ini: quando una cellula cerebrale è m orta, è m orta e non si può far niente per i bam bini con cellule cerebrali m orte; quindi è in u tile provare. M a sin dal 1955 i neurochirurghi del nostro gruppo effettuavano su questi bam bini un tipo di intervento chirurgico presso­ ché incredibile, chiam ato “em isferectom ia”. L’em isferectom ia è p recisam en te ciò che la p arola significa: la rimozione chirurgica di m età del cervello umano. Abbiamo visto bam bini con m età del cervello in testa e l’a ltra m età - m iliardi di cellule cerebrali - in un vaso all’ospedale, cellule m orte per sem pre. Ma i bimbi non sono morti. Abbiamo visto, invece, bam bini con solo m età cervello che cam m inavano, parlavano e andavano a scuola come gli a ltri bam bini. M olti di questi bam bini erano al di sopra della media, e almeno uno di loro aveva un Q.I. comparabile a quello dei geni. E ra quindi ovvio che se un emisfero del cervello del bam bino e ra g rav em en te leso, im p o rta v a v e ram en te poco quanto fosse buona l’a ltra p a rte finché la m età lesa rim aneva al suo posto. Se, ad esempio, il bimbo soffriva di convulsioni, cau sate dall’emisfero sinistro leso, non sarebbe stato in grado di dim ostrare la sua intelligenza fino a quando quella m età non fosse s ta ta rim ossa per perm ettere all’emisfero destro in ta tto di appropriarsi di tu tte le funzioni senza alcuna interferenza. Abbiamo sostenuto a lungo che, contrariam ente alla 14

credenza popolare, un bambino può avere dieci cellule cerebrali m orte e noi potrem m o anche non accorgerce­ ne. Forse, dicevamo, potrebbe avere un centinaio di cel­ li de cerebrali m orte e noi potremmo anche non ren d er­ cene conto. Forse, dicevamo, anche un migliaio. N em m en o in uno dei n o s tri sogni p iù a v v e n ta ti avrem m o osato credere che un bam bino potesse avere m iliardi di cellule cerebrali m orte e ciò nonostante com­ portarsi quasi al pari di un bam bino nella m edia e qu al­ che volta anche meglio. A questo punto il lettore deve seguirci in una rifles­ sione. Per quanto tem po possiamo g uardare Johnny, a cui è stato rimosso m età del cervello, e vederlo compor­ tarsi al pari di Billy, che h a il cervello integro, senza porci la d o m an d a: che cosa c’è che non va in B illy ? Perché Billy, che h a il doppio di cervello di Johnny, non rende il doppio o, se non altro, non è migliore? Avendo visto rip e te rsi q u e sta situazione più volte, abbiamo cominciato a g uardare i bam bini nella m edia con occhi nuovi e interrogativi. I b a m b in i n e lla m e d ia fan n o le cose b e n e com e potrebbero? Q u e sta è u n a d o m an d a che non ci sa rem m o m ai sognati di porci. Nel frattem po i non chirurghi che facevano p arte del nostro gruppo avevano acquisito una grande conoscenza di come tali bam bini crescono e di come si sviluppa il loro cervello. Cresceva la n o stra conoscenza della nor­ m alità e di pari passo si perfezionavano i nostri metodi semplici per riprodurre tale norm alità. Da quel m om en­ to iniziam m o a vedere un ristretto num ero di bambini cerebrolesi raggiungere la norm alità con l’uso di sem pli­ ci metodi di trattam en to non chirurgici, che si evolveva­ no e m iglioravano continuam ente.

Lo scopo di questo libro non è quello di raccontare per l'ilo e per segno né i concetti né i metodi usati per risol­ vere i molteplici problemi dei bam bini cerebrolesi. Altri libri già pubblicati o che al m om ento sono ancora in form a di m an o scritto , descrivono il tra tta m e n to del bambino cerebroleso. Comunque, il fatto che tali proble­ mi vengano risolti quotidianam ente è utile per capire come si è a rriv ati a sapere che i bam bini norm ali posso­ no fare infinitam ente di più di quanto facciano adesso. E sufficiente dire che furono escogitate tecniche e stre ­ m am ente semplici per riprodurre, nei bam bini cerebro­ lesi, gli schemi dello sviluppo normale. Ad esempio, quando un bambino cerebroleso non è in grado di m uoversi correttam ente viene sem plicem ente condotto in progressione ord in ata a ttrav e rso gli stadi della crescita che avvengono nei bam bini norm ali. Come prim a cosa viene a iu tato a m uovere braccia e gambe, poi a strisciare, poi a gattonare e infine a cam m inare. Viene a iu ta to fisicam en te a fare q u e ste cose in u n a sequenza che segue uno schema. Egli progredisce a ttra ­ verso q u esti stad i sem pre più sofisticati, nello stesso modo in cui u n bambino a scuola passa da u n a classe all’a ltra, e gli vengono date illim itate opportunità di u ti­ lizzare queste attività. Subito dopo av er iniziato un program m a di questo tipo, com inciam m o a vedere dei bam bini g ravem ente cerebrolesi le cui capacità rivaleggiavano con quelle di bambini che non avevano sofferto di lesioni al cervello. Via via che le nostre tecniche m iglioravano iniziam m o a vedere bam bini cerebrolesi che non solo si com portava­ no come bam bini n ella m edia, m a che non potevano essere d istinti da questi. Man mano che la nostra comprensione della crescita neurologica e della norm alità cominciava ad assum ere 16

imo schem a veram ente chiaro e i nostri metodi non chi­ rurgici per il recupero della norm alità si m oltiplicavano, incominciammo a vedere alcuni bam bini cerebrolesi che mostravano capacità al di sopra della media, o a d d irit­ tura superiori, senza alcun intervento chirurgico. Fu una cosa oltremodo eccitante. Ci provocò anche un po’ di paura. E ra chiaro che come minimo avevamo sot­ tovalutato il potenziale di ogni bambino. Da tu tto ciò scaturì un quesito affascinante. Suppo­ niamo di g u ardare tre bam bini di sette anni che hanno capacità uguali: A lbert, che h a solo m età del cervello; Milly, che h a u n c erv ello p e rfe tta m e n te n o rm a le e Charley, che h a ricevuto un trattam en to non chirurgico c che adesso si comporta in modo assolutam ente norm a­ le sebbene abbia ancora milioni di cellule m orte nel suo cervello. Che cosa c’era che non andava in Billy, bel bambino nella m edia e non leso? Che cosa c’era che non andava nei bam bini sani? Sebbene stessim o orm ai lavorando sette giorni alla settim an a e diciotto ore al giorno, ogni giorno ed ogni ora sem pre più eccitati, non lo facevamo da soli. C’erano anche i genitori, la cui eccitazione derivava dalle cose incredibili che i loro bam bini cerebrolesi facevano. Nei primi anni sessanta, il rapporto d’am ore aveva m utato dei bam bini lesi in molti bam bini totalm ente sani e in altri che erano a d d irittu ra superiori. Sono diventati così a casa. Questo rapporto d’am ore aveva funzionato per am bedue le p a rti e aveva raggiunto u n ’in te n s ità che non avrebbe mai più perso. In verità che cosa c’era che non andava nei bam bini sani? P er anni il nostro lavoro era stato accompagnato dal­ l’eccitazione che precede gli eventi im portanti e le g ran ­ di scoperte. Nel corso degli anni la nebbia del m istero 17

clic avvolgeva i nostri bam bini cerebrolesi si e ra g ra ­ d u a lm e n te d isso lta . Avevam o a n ch e in co m in ciato a vedere fatti che all’inizio non avevamo neppure sospet­ ta to . E ra n o fa tti che rig u a rd a v a n o i b a m b in i sa n i. E m erse un nesso logico tra il bam bino cerebroleso (e quindi neurologicam ente disorganizzato) e il bam bino sano (e quindi neurologicam ente organizzato), m entre prim a esistevano solo fatti scollegati e dissociati rig u ar­ d a n ti i bam bini sani. Q uesta logica conseguenza, nel modo in cui era em ersa, aveva indicato insistentem ente u n m odo p e r c a m b ia re l ’uom o s te s s o , e in m eglio. L’organizzazione neurologica di un bambino nella media costituiva necessariam ente il term ine del sentiero dello sviluppo? Adesso, con i bam bini cerebrolesi che si com portava­ no come o meglio dei bam bini nella m edia, potevam o am p iam en te in tra v e d e re la possibilità di p ro lu n g are ulteriorm ente questo sentiero. Si era sem pre supposto che la crescita neurologica e il suo prodotto finale, la capacità, fossero un fatto s ta ti­ co e irrevocabile: questo bambino era capace e quello no. N iente potrebbe essere più lontano dalla verità. Il fatto è che la crescita neurologica, che noi abbiamo sempre considerato un fatto statico e irreversibile, è un processo dinam ico e in continuo cambiamento. Nel bam bino con lesioni cerebrali gravi il processo della crescita neurologica è com pletam ente fermo. Nel bam bino “rita rd a to ” questo processo è notevol­ m en te r a lle n ta to . Nel b am bino n e lla m ed ia q u e sto avviene ad u n a velocità m edia, nel bambino superiore ad una velocità al di sopra della m edia. A rrivam m o a realizzare che il bambino cerebroleso, il bambino nella media e il bambino superiore non sono tre diversi tipi di bam bini, m a piuttosto rappresentano un continuo che IH

va dall’estrem a disorganizzazione neurologica creata da una lesione cerebrale grave, attrav erso la più m oderata di;«organizzazione neurologica cau sa ta da u n a lesione cerebrale m oderata o leggera, attraverso una q u an tità media di organizzazione neurologica che d im ostra un bambino nella m edia, all’elevato grado di organizzazio­ ne neurologica che un bambino superiore im m ancabil­ mente dimostra. Nel bambino gravem ente cerebroleso eravam o riusciI i a riavviare questo processo, che si era bloccato, e nel bambino ritard ato lo avevamo accelerato. E ra diventato chiaro che il processo di c rescita neurologica poteva venire accelerato come ritardato. Avendo rip etutam ente portato dei bam bini cerebrole­ si dalla disorganizzazione neurologica all’organizzazio­ ne neurologica di livello m edio o p ersin o su p e rio re , impiegando le semplici tecniche non chirurgiche messe a punto, avevam o ogni ragione di credere che queste stesse tecniche potessero essere u sa te per a u m e n tare l'organizzazione neurologica d im o stra ta dai bam bini nella media. U na di queste tecniche è l’insegnam ento della le ttu ra a bam bini cerebrolesi molto piccoli. La possibilità di au m entare l’organizzazione neurolo­ gica non è dim ostrata in nessun caso così chiaram ente come quando si insegna a leggere a un bambino sano. Nel 1963 c’erano cen tin aia di bam bini gravem ente cerebrolesi che sapevano leggere e leggere bene, con comprensione totale, a due anni di età. I loro genitori, a casa, avevano in seg n ato loro a farlo. A lcuni genitori avevano insegnato a farlo anche ai loro bam bini più pic­ coli. E rav am o p ro n ti e avevam o t u tte le in fo rm azio n i necessarie per parlare con le m adri dei bam bini sani, e così facemmo. 19

Nel maggio del 1963 scrivemmo un articolo intitolato Potete in seg n a re a leggere al vostro b a m b in o p er il ■Ladies’ Home Journal». Arrivarono centinaia di lettere da m adri che avevano insegnato ai loro bam bini a legge­ re con successo e che avevano provato una grande gioia nel farlo. Nel maggio del 1964 pubblicammo un libro intitolato How to Teach Your Baby to Read (nella versione italian a Leggere a tre anni)] fu sottotitolato La rivoluzione g enti­ le. Fu pubblicato negli S tati U niti da Random House e in G ran B retagna da Jo n a th an Cape. Oggi quel libro è tradotto in quindici lingue e le lettere delle m adri conti­ nuano ad arrivare, a m igliaia. Quelle lettere ripetono, all’infinito, tre cose: 1. Che è molto più facile in seg n are a leggere a un bambino di uno o due anni che insegnare a uno di quattro; e che è più facile insegnare a uno di q u a t­ tro che a uno di sette. 2. Che insegnare a leggere a un bambino è una grande soddisfazione sia per la mam m a che per il bambino. 3. C he q u ando un bam bino im p a ra a leggere, non solo la su a conoscenza cresce a passi da gigante, m a anche la sua curiosità e la sua consapevolezza del mondo che lo circonda; in breve, è chiaro che au m en ta la sua intelligenza. Le m adri ci ponevano sem pre nuove dom ande a cui rispondere, e in cima alla lista di queste dom ande c’era: ora che ho insegnato al mio bimbo di due anni a leggere, non dovrebbe e sse re a n ch e più facile in se g n a rg li la m atem atica, e se è così, come posso farlo? Abbiamo impiegato dieci lunghi anni per trovare una risposta a questa dom anda. F inalm ente ci siam o a rriv a­ 20

li e abbiam o insegnato la m atem atica a c en tin aia di bambini sani e lesi. I bambini l’hanno appresa facilm en­ te e con u n successo tale da lasciarci in izialm en te a bocca a p erta per la m eraviglia. C hiaram ente è nostro compito m ettere a disposizione di tu tte le m am m e del mondo q u este inform azioni in modo ta le che possano decidere se vogliono o meno approfittare della possibi­ lità di insegnare la m atem atica ai loro bam bini. Questo libro è il nostro modo di inform are le m adri che si può insegnare la m atem atica e come farlo. E così v ed ete, p e r q u a n to im p ro b a b ile se m b ri, il vostro so spetto di poter in se g n are ai bam bini a fare m atem atica h a un fondamento molto solido nella realtà. Delle ta n te cose che abbiam o appreso, il fatto che le m am m e siano in assoluto le migliori insegnanti p er i loro bimbi è quella che apprezziam o di più. G odetevi q u e sti m om enti pieni di gioia, felicità e amore. G len n D oman

P.S. Agli Istitu iti non ci sono sciovinisti, né m aschi né femmine. Amiamo e rispettiam o le m adri e i padri, i bam bini e le bambine. P er risolvere l’annoso proble­ m a di riferirsi a tu tti gli esseri um ani come “perso­ ne” o “persone piccole”, abbiam o deciso in questo libro di u sare il term ine “m adre” o “m am m a” quan­ do in ten d iam o e n tram b i i genitori e “bam bino” o “bimbo” quando intendiam o i figli maschi e le figlie femmine. Ci è sem brata la cosa più giusta. S arà utile al lettore per capire come i bam bini im pa­ rano la m atem atica, conoscere, alm eno a grandi linee, come operano gli Institutes. 21

Gli In s titu te s for th è A chievem ent of H u m a n Poten tial sono un gruppo di sette istitu ti che si trovano nello stesso complesso nei sobborghi di P hiladelphia. Tre di questi istitu ti si occupano d irettam ente dei bam ­ bini, m entre i rim anenti quattro sono istitu ti a c a ra tte ­ re scientifico o di in seg n am en to p er p ro fessio n isti o genitori. Dei tre che si occupano dei bam bini, l’In s titu te for thè Achievement of Physiological Excellence è il più vec­ chio e si occupa esclusivam ente dei bam bini cerebrolesi, creando program m i e insegnando ai loro genitori come svolgerli a casa. L’In stitu te for H um an D evelopm ent è per giovani adulti con gravi problemi di apprendim ento. Il terzo, l’E van T hom as In stitu te , insegna alle neo­ m am m e come insegnare ai loro bam bini a leggere, la m atem atica e molte altre cose. Questo istituto si è svi­ luppato come risu lta to delle scoperte fa tte negli anni passati dagli a ltri istituti. Tutti e tre questi istitu ti hanno come loro obiettivo portare i neonati, i bam bini e i giovani adulti all’eccel­ lenza fisica, intellettiva e sociale.

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1 Mamme e bambini: i gruppi di apprendim ento più dinamici al mondo

«Noi madri siamo i vasai e i nostri bambini l’argilla». WlNIFRED SACKVILLE STONER,

Naturai Education

Inizio la m ia giornata, come fa la maggior p arte delle persone, con la colazione, che è una cosa piacevole, e con la mia quotidiana dose di depressione - il giornale - che non lo è affatto. C erte volte, quando recita la sua litania di orrore, di guerra, di omicidi, di violenze sessuali, di crudeltà, di follia, di m orte e di distruzione lo m etto da una p a rte con la sensazione che non ci s a rà n e ssu n futuro, e se le cose stessero proprio così, allora quella potrebbe e sse re sem plicem ente la m iglior n o tizia di tu tte. La cronaca giornalistica è solo un aspetto della realtà e, per fortuna, non è l’unico. E io ho a p o rtata di mano u n modo infallibile per riportare, istan tan eam en ­ te, il mondo a una prospettiva piacevole. Ad u n centinaio di m etri da casa m ia sorge l’Evan 23

Thomas Institute con le sue sim patiche giovani mamme, il suo giovane e incantevole staff e i suoi gioiosi, norm a­ lissimi, ma straordinari, bambini piccoli e piccolissimi. Scivolo silenziosam ente in fondo alla stanza, mi siedo sul pavimento, mi appoggio al muro e guardo svolgersi la più im portante e gentile rivoluzione del mondo. In cin­ que m inuti le mie speranze per il mondo aum entano ver­ tiginosam ente, il mio umore va alle stelle, la m ia vista torna a fuoco, ed è di nuovo una gran bella giornata. E u n a stan za serena, la stanza giapponese, con il suo pavim ento tatam i, paraventi shoji e n ient’altro a p arte persone straordinarie e u n a vibrante sensazione di ecci­ tazione, am ore e rispetto così palpabile che chiunque vi en tri riesce ad avvertire. D alla p arte opposta della stanza e rivolti verso di me, tre m em bri dello staff vicini ai tre n ta n n i stanno seduti in ginocchio. In to rn o a loro in sem icerchio e rivolte verso di loro, si trovano venti m adri dai venti ai tre n ­ t a n n i . Seduti sul pavim ento davanti alle m am m e si tro ­ vano i norm alissim i, stra o rd in a ri e adorabili bim bi di due-tre anni. Alcune m adri tengono in braccio bam bini piccolissi­ mi. Nessuno presta la benché m inim a attenzione a me o agli altri osservatori, tra cui un docente universitario, due in seg n an ti, uno scritto re britannico, un p e d ia tra au stralian o e una neo-mamma. U na bella bimba bionda di due anni sta leggendo ad a lta voce. E così assorta nella sua le ttu ra che talvolta ridacchia quando u n a frase solletica il suo senso dell’u ­ morismo. Io non riesco a cogliere l’umorismo perché sta leggen­ do in giapponese. Sebbene lavori spesso in G iappone con bam bini giapponesi, il mio piccolo bagaglio di giap­ ponese non è al livello della sua lettura. Q uando legge 24

la frase che la fa ridacchiare, anche gli altri bimbi rido­ no. S ta leggendo il giapponese, non con cara tte ri inglesi, ma nell’antico Kanji, la lingua degli studiosi giapponesi. C’è solo u n a persona giapponese nella stanza. Avvolta in un kimono, la bella Miki N akayachi, la sensei giappo­ nese interrom pe per fare una dom anda alla bimba. La dom anda di Miki e la risposta di Lindley sono entram be in giapponese, quindi io non capisco nessuna delle due. bicordo a me stesso di dom andare a Miki che cosa sta ­ vano dicendo che interessava tu tti così tanto. Lindley finisce, e J a n e t Dom an, la d irettrice dell’I­ stituto, dom anda in inglese: «Chi vuole comporre alcune frasi buffe in giapponese?». Varie m ani si alzano e J a n e t sceglie M ark, un bimbo di tre anni. M ark balza in piedi e va a inginocchiarsi vicino a Suzie Aisen, vicedirettrice dell’Istitu to . Suzie inette alcu n i g ru p p i di c a rte lli di fronte a M ark. Su ognuno è disegnato un singolo e, per me, indecifrabile ideogramm a Kanji. Alcuni cartelli contengono sostanti­ vi, a ltri verbi, a ltri ancora articoli, aggettivi, o avverbi. M ark sceglie alcuni cartelli, li dispone sul pavim ento nell’ordine che preferisce e li legge ad a lta voce. T utti ridono, e J a n e t trad u ce, con mio g ran d e sollievo. Ha scritto: “L’alce si siede sulla to rta di m ele”. Un bimbo di due an n i compone la frase “L’elefante lava i denti alla fragola”. E così, in un baleno, passano tre n ta m inuti divertenti. Le tre insegnanti si alzano e si m ettono di fronte alle mam m e e ai bam bini. I bimbi si alzano con ovvia rilu t­ tanza, e le m adri fanno a ltre tta n to . Con grazia fanno l'inchino gli uni agli a ltri. È uno spettacolo così dolce che mi vengono le lacrim e agli occhi, e guardo a tte n ta ­ m ente verso il basso il mio orologio per nasconderle. Sento delle risate perché un bimbo di quindici mesi si è 25

chinato così in basso da perdere l’equilibrio. Ride anche lui m entre si rialza. La rilu ttan za a lasciare la lezione di lingua, le ttu ra e com posizione giapponese finisce q u an d o il corteo di mam m e e bambini norm alissim i m a strao rd in ari si spo­ sta lungo il corridoio verso la classe successiva, ovvero quella di m atem atica avanzata. Realizzo ora quali progressi abbiam o fatto negli u lti­ mi quindici anni che sono volati via così velocemente da quando era com inciata così quietam ente la rivoluzione gentile con la pubblicazione di How to Teach Your Baby to R ead (Leggere a tre anni) nel maggio del 1963. Q uando le m adri scoprirono che non solo potevano insegnare ai loro bimbi a leggere, m a che lo potevano fare meglio e più facilm ente a due anni di e tà di quanto non riu scisse a fare la scuola con i bam bini di se tte anni, presero la palla al balzo e si aprì loro un mondo nuovo, in d escriv ib ilm en te incantevole. U n m ondo di m am m e e bam bini, che racchiude in sé la potenzialità di cam biare il m ondo intero in breve tem po e, senza nessun dubbio, di renderlo infinitam ente migliore. Nel 1975 un gruppetto di m adri, giovani, intelligenti e z e la n ti av eva sco p erto l’E v an T hom as I n s titu te e l’E van Thom as In s titu te aveva scoperto loro. Insiem e insegnarono ai loro bam bini a leggere, non solo in per­ fetto inglese m a correttam ente in altre due o tre lingue. Insegnarono ai bam bini la m atem atica con una rapidità tale da lasciarle sbalordite, incredule, m a felicissim e. In se g n aro n o ai loro bam b in i di uno, d u e e tr e a n n i nozioni enciclopediche su uccelli, fiori, in se tti, alberi, presidenti, bandiere, nazioni, geografia e su una m iria­ de di a ltri argom enti. Insegnarono loro a fare esercizi alla trav e degni di un a tle ta olimpico, a nuotare e a suo­ nare il violino. 26

In breve, avevano scoperto di poter insegnare ai loro bam bini v eram ente tu tto ciò che potevano p resen tare loro in modo onesto e concreto. E, cosa più interessante di tu tte , scoprirono che, così Incendo, avevano m o ltiplicato l’in te llig e n z a dei loro bambini. E, cosa più importante di tu tte , scoprirono che farlo era per loro e per i loro bambini l’esperienza più piace­ vole che av essero m ai sp e rim e n ta to insiem e. Il loro amore reciproco e, cosa forse ancora più im portante, il loro rispetto reciproco si moltiplicarono. L’Evan Thom as In stitu te in rea ltà non insegna affat­ to ai bambini: insegna piuttosto alle m adri come inse­ gnare ai loro bam bini. Ecco qui dunque queste giovani donne, nel fiore degli anni, non al principio della fine ma piuttosto alla fine del principio. Esse stesse si ritro ­ vavano, all’età di venticinque o tren tad u e anni, a im pa­ rare a p a rla re il giapponese, a leggere lo spagnolo, a su o n are il violino, ad a ssiste re a concerti, a v isita re musei, a fare ginnastica e una m iriade di a ltre splendi­ de cose che la m aggior p arte delle donne sogna di fare in un qualche m om ento in un futuro lontano, m a che per la m aggior p a rte delle persone non si realizzano mai. Il fatto che stessero facendo queste cose con i pro­ pri bambini aum entava la loro gioia nel farle. Il senso di colpa per il fatto di trascu rare i loro bam bini era stato in qualche modo, e m agicam ente, trasform ato in orgo­ glio e in u n nobile scopo per se stesse, per i loro bimbi e per il contributo che avrebbero apportato al mondo. Una m attina, un anno fa o forse più, quando arrivai olla lezione di m atem atica, Suzie e J a n e t stavano pre­ sentando ai bam bini dei problem i di m atem atica più velocem ente di q u a n to io potessi assim ila rli. Le loro risposte erano corrette, non quasi corrette m a esatte. 27

"Quanto fa» - domandò Suzie - «16 per 19, meno 151, moltiplicato per 3, più 111, diviso 4 e meno 51?». «Quanto d ista P h ilad elp h ia da Chicago?» dom andò Ja n e t. «E se la vostra m acchina fa 2 chilom etri con 1 litro di benzina, quanti litri di benzina ci vorranno per an d are a Chicago?». «E se la m acchina fa 5 chilom etri con 1 litro?». Pensai a Giulio Simeone e al giorno in cui gli chiesi quanto faceva 19 al quadrato. «361, m a dom andam i qualcosa di difficile con u n a risposta complicata». «Va bene», avevo risposto, cercando nella m ia m ente qualcosa con u n a risp o sta com plicata. «Q uanti zeri ci sono in u n sestilione?». Giulio, che aveva tre an n i e a cui piacevano i num eri grandi, pensò per pochi secondi. «21», annunciò con un sorriso. Mi sedetti e scrissi un sestilione. Ci sono 21 zeri in un sestilione. Avevo visto accadere cose così splendide m olte altre volte, m a non m ancavano mai di sorprenderm i nuova­ mente. E sono sem pre riuscite a rincuorare il mio animo e la m ia fiducia nel fatto che il dom ani sarebbe stato degno di essere visto e vissuto. Ci vollero dieci an n i per im p arare come, m a fin al­ m ente eravam o pronti a insegnare a tu tte le m adri che volevano sapere come insegnare ai loro bam bini fin da piccolissimi a fare m atem atica. C onsiderando qu an to strao rd in ariam ente intelligenti siano i bam bini e quan­ to facilm ente im parino, non era poi così sorprendente che potessim o insegnare loro. La cosa incredibile era che avevamo im parato come insegnare loro a fare m ate­ m atica meglio dei loro genitori, che avevano avuto il ruolo di insegnanti. Com’è possibile e come ci siamo arrivati?

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2 La lunga strad a verso la comprensione

«L’uomo è un eterno somaro, erra in vecchiaia come in gioventù; i bambini conoscono la verità». S winburne ( lib e r a

tr a d u z io n e I

Ero sbigottito. Possibile che fosse così semplice come sem brava? Se lo e ra , come potevo essere sta to così tre m e n d a ­ mente sciocco da non accorgermene quando avevo avuto la risposta davanti agli occhi per così ta n ti anni? Se era vero, ero sta to proprio uno sciocco e, al tem po stesso, speravo di esserlo stato. E ra uno strano posto per im battersi nell’ovvia rispo­ sta e, alm eno per me, u n ’ora ancora più stran a. Mi tro ­ vavo all’Hotel O kura a Tokyo, ed erano da poco passate le sei del m attino. R aram ente mi sveglio così presto, dal momento che raram en te riesco ad andare a letto prim a delle 2 o le 3 del m attino. Ero andato a dorm ire poche ore prim a con il proble­ ma ben presente nella m ia mente. Io e l’équipe degli In stitu tes eravam o a Tokyo, dove ci 29

rechiam o alm eno due volte a ll’anno p er in se g n a re ai genitori dei bam bini giapponesi come m oltiplicare l’in­ telligenza dei loro bam bini sani e dei loro bam bini cere­ brolesi. Avevamo una certa esperienza nel farlo, poiché lo facevamo due volte all’anno anche in G ran B retagna, Irlanda, Italia, A ustralia e Brasile, esattam ente come lo facevamo in America a tem po pieno. I genitori giapponesi, come gli altri genitori a cui ave­ vamo insegnato da noi a Philadelphia e all’estero, sta ­ vano ottenendo risu ltati meravigliosi. P raticam ente tu tti i bam bini sapevano leggere a età molto più precoci rispetto a quanto non facessero i bam ­ bini nella media; di fatto tu tti i bam bini avevano im m a­ gazzinato nei loro cervelli m igliaia di informazioni enci­ clo p ed ich e su u n a m iria d e di a rg o m e n ti. F acev an o anche m atem atica a u n a velocità che superava quella degli adulti, u n fatto meraviglioso m a che al tem po ste s­ so tu rb av a gli adulti (sebbene non desse affatto fastidio ai bam bini, in quanto non sapevano che gli adulti non riuscivano a farlo). La conferenza su come insegnare la m atem atica al proprio bam bino era s ta ta u n a conferenza di ripasso, giacché in rea ltà tu tti i bambini di due e tre anni già la facevano con successo. I genitori, che erano contenti di essere sta ti loro a insegnare con successo ai propri bam ­ bini, stavano estrem am ente atte n ti, ma per loro non era anco ra m olto c h ia ra la m ia spiegazione sul perché i bam bini riuscissero a fare m atem atica più velocemente e meglio di quanto non riuscissero a fare loro stessi. Io sapevo che il motivo per cui non lo capivano del tu tto era perché neppure io lo capivo del tu tto , ed ero io che lo stavo spiegando. Sia loro che io sapevam o senza om bra di dubbio che era così, perché i bam bini facevano la m atem atica magnificamente. 30

Né io né i genitori eravam o v e ram en te so d d isfatti delle mie risposte sul perché. E ra sem plicem ente quel m etodo così fo n d am en tal­ m ente diverso che avevam o sviluppato per intro d u rli alla m atem atica? Se la risposta era questa, perché non avevamo trovato un solo adulto in grado di im parare con lo stesso semplice sistem a? Ero andato a letto scontento delle risposte complesse che avevo dato alle loro domande. Mi ero svegliato alcu­ ni m inuti prim a delle sei, com pletam ente lucido, cosa piuttosto insolita per me. E ra concepibile che la risp o sta potesse essere così semplice e chiara? Avevo considerato e scartato un cen­ tinaio di risposte più complesse. E ra forse possibile che noi adulti avessimo usato così a lungo dei simboli per rappresentare dei fatti tanto da aver im parato (almeno in m atem atica) a percepire sol­ tanto i simboli e da non riuscire a percepire i fatti? E ra chiaro che i bam bini riuscivano a percepire i fatti, per­ ché praticam ente lo facevano tutti. Mi ricordai i buoni consigli di Sherlock Holmes, che aveva suggerito che se si elim inano tu tti i fattori che sono impossibili, qualsiasi soluzione rim anga deve esse­ re la risposta, per quanto im probabile possa sem brare. Q uesta era la risposta. E sorprendente come noi adulti siamo riusciti così a lungo a tenere nascosto ai bam bini il segreto di come fare m ate m a tic a. E s tra n o che i bam bini con la loro intelligenza, e sono davvero intelligenti, non siano riu ­ sciti a scoprirlo prim a. L’unico motivo per cui qualche adulto sbadato non ha vuotato il sacco con i bam bini di due anni è che neppure noi adulti conoscevamo il segre­ to. Ma ora tu tto è chiaro. Il più im portante segreto riguarda i bam bini stessi. 31

Noi ad u lti abbiam o creduto che più si è grandi, più è semplice im parare, e per certe cose questo è vero. Ma certam ente non lo è per quanto riguarda i linguaggi. I linguaggi sono com posti di fatti c h iam ati parole, num eri o note, a seconda del linguaggio. N ell’a p p re n ­ dim ento di fatti puri e sem plici, i bam bini riescono a im p arare qualsiasi cosa siam o in grado di p resen tare loro in modo onesto e concreto. O meglio, più sono picco­ li, più è facile. Le parole, come tu tti sanno, sono simboli scritti che rappresentano cose, azioni o pensieri specifici e concreti. Le note m usicali sono simboli scritti che rappresentano suoni specifici e concreti e i simboli num erici sono sim ­ boli scritti che rappresentano num eri specifici e concreti di oggetti. N ella le ttu ra , nella m usica e n ella m a te m a tic a la maggior parte degli adulti riesce meglio della maggior parte dei bam bini, ma nel distinguere le parole, le note e i num eri singolarmente tu tti i bam bini im parano più velocemente e più facilm ente di tu tti gli adulti, se viene d a ta loro l ’o p p o rtu n ità d i app ren d ere q u a n d o sono abbastanza piccoli. E più facile im parare dei fatti per u n bambino di cinque anni che per uno di sei, per uno di q u attro più che per uno di cinque, per uno di tre più che per uno di quattro, per uno di due più che per uno di tre. E, perbacco, è più facile per un bambino di un anno che per uno di due, se si è abbastanza pazienti da a sp et­ ta re fino a che non av rà due anni per dim ostrarlo. Adesso è assolutam ente chiaro che più si è piccoli quan­ do si im para a fare qualcosa, meglio la si fa. John Stuart Mill sapeva leggere in greco all’età di tre anni. Eugene O rm andy sapeva suonare il violino all’e tà di tre anni, e così anche Mozart. La maggior parte dei matematici, come B ertrand Russell, sapeva fare l’aritm etica da bambini. 32

N ell’a p p re n d im e n to d e lla m a te m a tic a i b a m b in i Ininno in rea ltà un enorm e vantaggio rispetto agli adul­ ti Nella le ttu ra delle parole noi adulti sappiam o ricono­ scere i simboli o il fatto senza sforzo. P er cui sia la paro­ le s c ritta frigorifero che il frigorifero stesso possono essere ric h ia m a ti a lla m en te is ta n ta n e a m e n te e con facilità. Im p arare il linguaggio della m usica è un po’ più iliflìcile per gli adulti che per i bam bini. Se noi adulti riusciamo in qualche modo a leggere la m usica, è molto più facile riconoscere la no ta sc ritta che essere sicuri d ell’e s a tto suono che ra p p re s e n ta . M olti di noi non Ininno orecchio m usicale e sono assolutam ente incapaci di identificare il suono reale anche se potrem m o essere rapaci di leggere il sim bolo. Molto pochi di noi sono perfettam ente intonati” e riescono sem pre a identifica­ re l’esatto suono rappresentato dalla nota. Ai bam bini si può insegnare con pochissimo sforzo a essere quasi per­ fettam ente intonati. E in cred ib ile il van tag g io che i bam bini h a n n o in m atem atica. Noi adulti riconosciamo con grande facilità e s e n z a a lc u n o sfo rz o i sim b o li n u m e ric i d a 1 a 1.000.000 e oltre. T uttavia, non siamo capaci di ricono­ scere il num ero effettivo di oggetti oltre dieci o poco più con un certo grado di affidabilità. I bam bini sono in grado di vedere e identificare quasi .dl’istan te l’effettivo num ero di oggetti, così come identi­ ficano il simbolo numerico se viene data loro l ’o pportu­ nità di farlo sufficientemente presto nella vita e prim a t hè vengano presentati loro i simboli numerici. In questo modo i bam bini risultano incredibilm ente ivvantaggiati rispetto agli adulti nell’im parare la m ate­ matica e nel capire realm ente che cosa succede in a rit­ metica. S arà utile, per avere una totale comprensione, che il 33

lettore rifletta su questo semplice fatto, m a ben lontano d all’essere sem plicistico, per alcuni brevi capitoli. Noi abbiam o riflettuto su questo problem a per lunghi anni. Ecco qui alcuni fatti: 1. I bam bini vogliono im parare la m atem atica. 2. I bam bini possono im parare la m atem atica (e più sono piccoli, più è facile). 3. I b am b in i dovrebbero im p a ra re la m a te m a tic a (perché è un vantaggio fare m atem atica meglio e più facilmente). Abbiam o dedicato un breve capitolo a ciascuno di questi fatti essenziali.

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I bam bini vogliono im parare la m atem atica

“I bambini e i geni hanno in comune lo stesso organo maestro: l’avidità di sapere. Facciamo largo all'infanzia perché comincia dove comin­ cia la genialità, e potrebbe scoprire quello che la genialità scopre». E dward G. Bulwer-Lytton

M entre è n a tu rale che nessun bambino voglia im pa­ ni re la m atem atica finché non viene a conoscenza della min esistenza, tu tti i bam bini vogliono assorbire infor­ mazioni su tu tto quello che li circonda e, in circostanze appropriate, la m atem atica è una di queste cose. Q uanto segue sono i punti fermi sulla voglia di im pa­ rare che hanno i bam bini e la loro fantastica capacità di tarlo: 1. Il processo di apprendim ento inizia alla nascita o prima. 2. Tutti i neonati sono ansiosi di im parare. 3. I bam bini preferirebbero im p a rare p iu tto sto che m angiare.

4. I bam bini preferirebbero im parare molto più che giocare. 5. I bambini credono che crescere sia il loro m estiere. 6. I bam bini vogliono crescere subito. 7. T utti i bam bini credono che im p a ra re sia in d i­ spensabile per la sopravvivenza. 8. Hanno ragione a credere in questo. 9. I bam bini vogliono im parare tutto e subito. 10. La m atem atica è u n a di quelle cose che vale la pena di im parare. Non vi è mai stato, nella storia dell’uomo, uno scien­ ziato ad u lto che fosse curioso la m età di quello che è qualsiasi bambino tra i q uattro mesi e i q uattro anni di e tà . Noi a d u lti abbiam o confuso q u e s ta eccezionale curiosità nei confronti di qualsiasi cosa p e r u n a m an ­ canza di capacità di concentrazione dei bambini. Noi, n atu ralm ente, abbiam o osservato i nostri bam bi­ ni a tte n ta m e n te , m a non sem pre abbiam o capito che cosa significhino le loro azioni. Tanto per com inciare, molte persone spesso usano due parole m olto diverse come se fossero uguali. Q ueste due parole sono appren­ dim ento e istruzione. L ’apprendimento generalm ente si riferisce al processo di acquisizione di u n a conoscenza, m entre Yistruzione è spesso il processo di apprendim ento formale guidato da un insegnante o da una scuola. Sebbene tu tti in realtà conoscano questa distinzione, questi due processi sono frequentem ente considerati come un unico processo. Per questo motivo, a volte, crediam o che poiché l’i­ struzione convenzionale inizia all’età di sei anni, anche il più im portante processo dell’apprendim ento inizi a sei anni di età. N iente potrebbe essere più lontano dalla verità. 36

ha verità è che un bambino inizia ad apprendere fin •lidia nascita o prim a. Quando a rriv a ai sei anni di età e inizia la su a scolarizzazione, ha già assorbito una incre­ dibile q u an tità di informazioni, fatto per fatto, probabil­ mente pili di quanto im parerà nel resto della sua vita. Prim a che u n bambino compia i sei anni, ha im parato In maggior p arte dei fatti riguardanti se stesso e la sua l.nniglia. Ha im parato tu tto riguardo ai suoi vicini e ai suoi rapporti con loro, riguardo al suo mondo e al suo rapporto con esso, e u n a m iriade di altri fatti che sono let teralm ente incalcolabili. S oprattutto e più significati­ vamente, ha im parato alm eno una lingua e talvolta più ili una. (È assai im probabile che, dopo i sei anni, riesca nd avere la perfetta padronanza di un’a ltra lingua.) 'rutto questo prim a che abbia messo piede in un’aula. Il processo di apprendim ento d u ra n te questi prim i unni procede a grande velocità a meno che noi non lo ostacoliamo. Se lo apprezziamo e lo incoraggiamo, il pro­ ci-sso avviene con una rapidità veram ente incredibile. Un bambino h a dentro di sé un desiderio bruciante di im parare senza limiti. Possiam o sp egnere del tu tto questo desiderio solo distruggendo com pletam ente il bambino. Possiamo riuscire quasi a soffocarlo isolando il bam ­ bino. Ogni tan to capita di leggere, per esempio, di un idiota di tredici anni trovato in una soffitta incatenato lillà testie ra del letto, presum ibilm ente perché e ra un idiota. Probabilm ente è accaduto il contrario, e cioè è estrem am en te probabile che sia un idiota perché era stato incatenato alla te sta ta del letto. Per com prendere questo fatto dobbiamo renderci conto che soltanto dei genitori psicotici incatenerebbero un qualsiasi bambino. I In genitore incatena un bimbo al letto perché il genito­ ri • è psicotico, e il risultato è un bambino idiota perché 37

gli sono sta te negate praticam ente tu tte le opportunità di im parare. P o ssiam o d im in u ir e il d e sid e rio di im p a ra re del bam bino lim itando le esperienze a cui lo esponiam o. P u rtro p p o , abbiam o fatto ciò q u asi u n iv e rsa lm e n te , so tto v alu tan d o d ra stic a m e n te le sue cap a cità di a p ­ prendere. Possiam o aum entare notevolm ente e facilm ente il suo apprendim ento sopprim endo m olte delle restrizioni fisi­ che alle quali siamo soliti sottoporlo. Possiam o m oltiplicare di m olte volte le nozioni che acquisisce se apprezziam o la sua capacità eccezionale di im parare e gli offriamo un num ero illim itato di possibi­ lità, incoraggiandolo al tem po stesso a im parare. Nel corso della sto ria ci sono s ta ti casi iso lati m a num erosi di persone che hanno effettivam ente insegna­ to a bam bini ad apprendere le cose più strao rd in arie, tra cui la m atem atica, le lingue straniere, la lettu ra, la ginnastica e una m iriade di a ltre cose, apprezzandoli e incoraggiandoli. In tu tti i casi che siamo sta ti in grado di scoprire, le opportunità di im parare offerte ai bam bi­ ni n e ll’am b ito fa m ilia re si p o tev an o c la ssific a re da “eccellenti” a “stupefacenti” e creavano bam bini conten­ ti e bene inseriti, con intelligenza di livello eccezional­ m ente elevato. E molto im portante tenere presente che non si tr a tta ­ va di bam bini nei quali era sta ta riscontrata fin dall’ini­ zio u n ’intelligenza eccezionale e ai quali, di conseguen­ za, venivano offerte opportunità di apprendim ento fuori dal norm ale, m a che si tra tta v a invece sem plicem ente di bam bini i cui genitori avevano deciso di esporli, fin dalla più ten era età, al maggior num ero di informazioni possibili. U na volta che una m am m a si rende conto che tu tti i 38

lumi bini hanno uno sm odato desiderio di im parare ed nini strao rd in aria abilità nel farlo, allora il rispetto si ...... all’am ore e ci si dom anda come è possibile che limi se ne sia resa conto prima. O sservate atten tam en te un bimbo di diciotto mesi e vedete cosa fa. In primo luogo fa im pazzire chi gli sta vicino. Perché lo fa? Perché la sua curiosità non ha lim iti. Il mio desiderio di apprendere non può essere represso con In dissuasione, la disciplina o l’isolam ento, per quanto d u ram en te ci si provi, e certam e n te noi ce l’abbiam o messa tu tta . Preferirebbe im parare piuttosto che m ani:iiire o giocare. Vuole sap ere della lam pada e della tazza da caffè, della p resa della corrente e del giornale, e di tu tte le nltre cose che sono nella sta n za ; il che vuol d ire che butte sulla lam pada, rovescia il caffè, m ette le dita nella p resa d e lla c o rre n te e s tr a p p a il g io rn a le . Im p a ra i (istantem ente e, cosa piuttosto n atu rale, noi non lo sop­ portiamo. Dal modo in cui si comporta abbiam o concluso che è ip erattiv o e incapace di p re s ta re atte n zio n e, quando invece la semplice verità è che presta attenzione a tutto. K incredibilm ente pronto a servirsi di tu tto per im parare tu tto sul mondo che lo circonda. Vede, sente, tocca, annusa e assaggia. Non c’è nessun altro modo per im pa­ rare se non attraverso queste cinque vie che portano al cervello, e il bam bino le usa tutte. Vede la lam pada e la tira giù in modo da poterla toc­ care, sentire, guardare, an n u sare e assaggiare. Se gli si dà l’opportunità, farà tu tte queste cose alla lam pada e farà lo stesso con qualsiasi altro oggetto nella stanza. Non ch ied erà di uscire d a lla sta n z a finché non a v rà assorbito tu tto ciò che può, attraverso tu tti i sensi a sua 39

disposizione, riguardo ad ogni oggetto nella stanza. Sta facendo del suo meglio per im parare e, n atu ralm en te, noi stiam o facendo del nostro meglio per impedirglielo perché il suo processo di apprendim ento è decisam ente troppo costoso. Noi g enitori abbiam o ideato v ari m etodi p er te n e r testa alla curiosità del bambino molto piccolo, m a p u r­ troppo quasi tu tti sono a discapito dell’apprendim ento del bambino. Lui è consapevole, anche se noi non lo siam o, del fatto che im parare è per gli esseri um ani una capacità per sopravvivere. E il suo istinto che glielo suggerisce. P oiché noi n e siam o m eno c o n sap ev o li, a b b iam o inconsciam ente escogitato v ari m etodi per ostacolare l’apprendim ento. Il primo metodo generale è la scuola di pensiero “diamogli-qualcosa-con-cui-giocare-che-non-possa-rompere”. Questo solitam ente significa un simpatico sonaglio rosa con cui giocare. Potrebbe anche essere un giocattolo più complicato di un sonaglio, ma è pur sem pre un giocatto­ lo. Q uando gli si presenta un tale oggetto, il bam bino lo g uarda prontam ente (motivo per cui i giocattoli hanno dei colori vivaci), lo sbatacchia per scoprire se fa rum ore (motivo per cui i sonagli suonano), lo tocca (motivo per cui i g io catto li non h a n n o e s tre m ità a p p u n tite ), lo assaggia (motivo per cui la vernice non è velenosa) e lo an n u sa persino (non abbiam o ancora capito che odore dovrebbero avere i giocattoli, motivo per cui non hanno odore). Q uesto processo lo im pegna per circa novanta secondi. Adesso che sa tu tto quello che vuole sap ere p er il m om ento sul giocattolo, il bam bino p ro n ta m e n te lo abbandona e rivolge la sua attenzione alla scatola che lo conteneva. Il bimbo trova la scatola in te ressa n te pro40

l'i'ìn come il giocattolo, motivo per cui dovremmo sem pre com p rare g iocattoli che sono c o n te n u ti in scatole, e Im para tu tto su lla scatola. In rea ltà , il bam bino pre'*0 1 18 75 12

5 + 12 >10 3 5 - 15 > 5 8 x 4 > 20 66 '• 11 > 4 6 + 24 < 35 4 2 - 1 2 6 5 - 1 8 2x 5>2x 3 72 : 12 >24 6 Dopo c h e a v e t e in iziato le frazioni 1/2 di 10 > 1/2 di 5 1/3 di 3 < 1/3 di 9 1/10 di 100 > 1/10di 10 1/4 di 20 < 1/2 di 20 Dopo c h e a v e t e in iziato l’a l g e b r a 16 + y > 18 + 35 y > 37

1/2 di 10 = 1/4 di 20 1/10 di 100= 1/2 di 20 1/5 di 50= 1/3 di 30 1/16 di 16 = 1/90 di 90

2 0 - y< 93-78 y 3 x 12 y> 18

1/3 di y = 12 y = 36

y : 10 < 54 : 9 y < 60

1/10 di 2 0 * 1/10 di 40 1/4 di 2 8 * 1/2 di 28 1/8 di 1 6 * 1/2 di 10 1/3 di 9 * 1 / 4 di 20 Dopo c h e a v e t e in iziato l’a l g e b r a

1/2 di y = 10 y=5

Esempi di operazioni per il retro dei cartelli con i pallini da 2 a 60 2 +0 =2

3 -1 =2

2 -0 =2

4 -2 = 2

1+1=2 2x1 = 2

5 -3 =2 6 -4 = 2

7 -5 = 2

4 :2 = 2

8 -6 =2

6 :3 = 2

9 -7 =2

8 :4 = 2

1 0-8 = 2

1 0:5 = 2

3+ 0 =3

4 - 1 =3

3 -0 =3 3x1 = 3

5 -2 =3 6 -3 =3

2 + 1=3

7 -4 =3

8 -5 = 3

3=1 = 3

9 -6 =3

6:2 = 3

10-7 = 3

9 :3 = 3

11 -8 = 3

12:4 = 3

2 + 2 -4

4 -0 =4

1 »/>

a

4 +0=4 4x1 = 4

6 -2 =4

3+1 =4

7 -3 =4

8 -4 =4

8 :2 = 4

9 -5 =4

12 3 = 4

1 0-6 = 4

2x2 = 4

11 -7 = 4

40:10 = 4

5 +0=5

5 -0 =5

4 + 1=5

6 -1 = 5

3 +2 =5

7 -2 =5

2 +3 =5

8 -3 =5

9 -4 = 5

1 0:2 = 5

1 0-5 = 5

50:10 = 5

11 -6 = 5

100:20 = 5

12 -7 = 5

5x1 - 5

6 + 0=6

6x1 = 6

5 + 1=6

1+2+3=6

4+2=6

2x3 = 6

3+3=6

3x2 = 6

7 -1 = 6

11 - 5 = 6

8 -2 =6

1 2-6 = 6 12 :2 = 6 18 :3 = 6

7+0=7

8 -1 =7 1 0 -3 = 7

4+3=7

11 - 4 = 7

1 2-5 = 7

16 -9 = 7

1 3-6 = 7

14-2 = 7

1 4-7 = 7

21:3 = 7 7x1 = 7

I

9 -2 =7

5+2=7

CD

6 + 1 =7

II ^4

9 -3 = 6 10-4 = 6

cn

6

7 + 1 =8

2 x2x2 - 8

6 +2= 8

8x1 . 8

5+3 =8

4x2 = 8

4+4= 8

2x4 = 8

9 -1 = 8

1 3-5 = 8

1 0-2 = 8

14 -6 = 8

11 -3 = 8

1 5-7 = 8

12 -4 = 8

1 6-8 = 8

8+1=9

10-1 =9

7+2 =9

1 1-2 = 9

6+3 =9

12 -3 = 9

5+4=9

13 -4 = 9

1 4-5 = 9

1 8-9 = 9

1 5-6 = 9

18 :2 = 9

1 6-7 = 9

3x3 = 9

1 7-8 = 9

9x1 - 9

10

9 + 1 = 10

5 + 5 = 10

8 + 2 = 10

2 x 5 = 10

7 + 3 = 10

5x2 = 10

6 + 4 = 10

1 + 2 + 3 + 4 = 10

2 0 : 2 = 10

1 9 - 9 = 10

3 0 : 3 = 10

1 8 - 8 = 10

4 0 : 4 = 10

1 7 - 7 = 10

5 0 :5 = 1 0

1 6 - 6 = 10

9 + 2 = 11

2 + 9 = 11

8 + 3=11

3 + 8 = 11

7 + 4 = 11

4 + 7 = 11

6 + 5 = 11

5 + 6 = 11

2 2 : 2 = 11

6 6 : 6 = 11

3 3 : 3 = 11

7 7 : 7 = 11

4 4 ‘- 4 = 11

8 8 : 8 = 11

5 5 :5 - = 11

9 9 : 9 = 11

6 + 6 = 12

2 x6-12

7 + 5 = 12

3 x4-12

8 + 4 = 12

4 x3-12

9 + 3 = 12

2x2x3-12

10 + 2 = 12

2 4 : 2 = 12

11 + 1 = 1 2

1 3 - 1 =12

4 + 4 + 4 = 12

2 0 - 0 = 12

3+3+3+3=12

1 5 - 3 = 12

12 + 1 = 1 3

8 + 5 = 13

1 1 + 2 = 13

7 + 6 = 13

10 + 3 = 13

6 + 7 = 13

9 + 4 = 13

5 + 8 = 13

4 + 9 = 13

1 4 - 1 = 13

3 + 10 = 13

1 5 - 2 = 13

2 + 11 = 1 3

2 0 - 7 = 13

1 + 1 2 = 13

13x1 - 13

14

1 3 + 1 = 14

9 + 5 = 14

12+2=14

8 + 6 = 14

11 + 3 = 14

7 + 7=14

10 + 4 = 14

6 + 8=14

198

II