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Italian Pages 80 [87] Year 1982
LA GUERRA DI TROIA
INDICE
Pag.7
CANTO I
Pag. 10
CANTO II
Pag.13
CANTO III
Pag.16
CANTO IV
Pag.19
CANTO V
Pag. 22
CANTO VI
Pag. 25
CANTO VII
Pag. 28
CANTO VIII
Pag. 31
CANTO IX
Pag. 34
CANTO X
Pag. 37
CANTO XI
Pag.40
CANTO XII
Pag.43
CANTO XIII
Pag.46
CANTO XIV
Pag.49
CANTO XV
Pag. 52
CANTO XVI
Pag. 55
CANTO XVII
Pag.58
CANTO XVIII
Pag. 61
CANTO XIX
Pag. 64
CANTO XX
Pag. 67
CANTO XXI
Pag. 70
CANTO XXII
Pag.73
CANTO XXIII
Pag.76
CANTO XXIV
LA GUERRA DI TROIA
DAMI EDITORE
Adattamento di STELIO MARTELLI
Illustrazioni di LIBICO MARAJA © 1992 Dami Editore, Milano ISBN 88-09-60051-7 Edizione n.
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Stampa Officine Grafiche De Agostini - Novara Confezione Legatoria del Verbano S.p.A.
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Tra Achzlle e Agamennone si scatena un furioso litigio
CANTO I Da nove anni si combatte sotto la città di Troia. Da nove anni greci e troiani si danno battaglia sanguinosa, senza che agli uni o agli altri arrida una vittoria decisiva. Da nove anni si muore combattendo. È un periodo di tregua, questo; però i greci continuano a morire . Li uccide una malattia misteriosa, alla quale non v ' è possibile r!me dio. È un chiaro segno della collera di Apollo , figlio di Giove. Perché tanta ira? " Perché ? - chiede Achille, re dei Mirmidoni, il più forte di tutti i combattenti - Calcante, tu che sei sacerdote e indovino , spiegalo. Per ché Apollo ci perseguita? In che cosa l' abbiamo offeso ? " Si fa silenzio, nell ' assemblea dei principi greci, e Calcante dice, con volto severo e fronte carru rata: " Apollo vuole punire uno di noi, che tie f\e schiava la giovane Criseide, figlia di Crise, 'he del dio irato è sacerdote prediletto. Crise è enuto qui, rammenterete, ad implorare la li; lerazione della figlia, ma ne ha avuto un secco
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rifiuto. Per questo Apollo ci colpisce . " Un mormorio accoglie queste parole, e tutti guardano verso Agamennone , supremo co mandante dei greci. È lui che tiene schiava la bella Criseide: è dunque lui che, restituendola al padre, può p lacare l' ira di Apollo. Nessuno però osa parlare. Nessuno tranne Achille, che dice: ' 'Re, fa' la tua parte. Rinuncia alla fan ciul la. ' ' "Rinunciare? - replica sdegnato Agamenno ne - Io, il capo? Posso farlo, sì, ma a una con dizione: che in cambio di Criseide, mi venga data una schiava altrettanto giovane e bella. E io so dove andarla a prendere ' ' ' " Pensi forse - chiede turbato Achille - a Bri seide, mia schiava? " " Sì ' - è la dura risposta - e se non me la da rai, verrò io stesso a prenderla!" Achille sente la collera ardergli furiosa nel pet to; a stento si controlla, a stento non mette ma no alla spada; dice fremente: ' 'Vuoi dunque fare questo' Vuoi togliermi 7
quello che ho guadagnato combattendo! I troiani non mi hanno fatto nulla, non mi han no offeso, e pure io li combatto! E per chi? P �r te! Per te, cuore di coniglio! Ho lasciato la m1a terra, sono venuto qui, rischio la vita solo per ché un troiano, Paride, ha rapito la moglie di tuo fratello! Hai detto che l'offesa fatta a Me nelao era un'offesa fatta a tutta la Grecia, e ti abbiamo ascoltato, siamo venuti sotto Troia, abbiamo combattuto, ed io ho combattuto più degli altril Così mi ricompensi, ora? - Nel si lenzio sbigottito, Achille continua: - Bada, Agamennone, se mi toglierai Briseide, io non combatterò più. Tornerò con le mie navi e i miei soldati, in Grecia!'' ' 'Vattene, se hai paura l Combatteremo anche senza di te l '' Sembra, per un attimo, che Achille ed Aga mennone stiano per gettarsi l'uno contro l'al tro; Nestore, allora, il più vecchio e il più sag gio dei principi greci, interviene severamente: "Calmatevi! - esclama - Non capite che, in questo modo, favorirete i troianiì Agamenno ne, rinuncia a Briseide. Achille, rispetta il rei" Sono parole sagge, ma cadono nel vuoto. Achille sdegnato lascia l'assemblea e torna al suo accampamento. Qui, poco dopo, si presentano due messi di Agamennone: vengono a prendere Briseide. Achille non si oppone: ' 'Patroclo - ordina al suo più car è propizio." Guar da: Menelao è ancora là, solo, sul campo del duello. Uccidilo con una freccia: puoi farlo, e ne avrai gloria! La guerra finirà! Non esitare!'' Pandaro è un uomo d'onore e di coraggio; ma le parole di Minerva lo impressionano e lo scuotono. Sì, i patti sono stati presi solenne mente tra Agamennone ed Ettore, ma varreb be la pena di infrangerli se, con una sola frec cia, si potesse chiudere la guerra e salvare
Troia. .. Pandaro, non visto, incocca una lunga freccia nell'arco poderoso, prende la mira, ten de la corda, la lascia... ... la freccia che saetta ronzando trafiggerebbe il cuore di Menelao se Minerva, fulmineamente intervenendo, non la deviasse. Il dardo colpisce quindi il principe greco al fianco, trapassa le borchie della corazza, s'apre un varco nella fa scia di cuoio, si pianta nella carne. Menelao lancia un breve grido e si piega sulle ginocchia, e già il suo sangue arrossa la terra. Subito, i gre ci lanciano tutti insieme un urlo di sdegno e di rabbia, e si stringono brandendo le armi: "Tradimento! Tradimeato!" si grida; ed Aga mennone si china sul fratello ormai a terra: "Chiamate Macaone, il medico, che accorra! E intanto prepariamoci! I troiani pagherar.no, per questo! No, fratello - aggiunge, vedendo che Menelao sta cercando di strapparsi la freccia da solo - lascia che sia Macaone a curarti. Non
Pandaro colpisce con una freccia Menelao, infrangendo i patti di pace
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morrai per cotesta ferita, e tornerai a combatte re'" Stanno accorrendo intanto altri principi greci, mentre tutto l'esercito comincia a muo versi n�inacciosamente. La battaglia sta per ave re IniZIO. Un araldo, intanto, è corso da Macaone, figlio di Esculapio, grande medico: ''Vieni, presto gli dice - Menelao è stato ferito da una frec cia! Devi salvarlo''' Macaone s'affretta sul campo; Menelao giace a
Macaone cura Menelao ferito
terra, pallido, il sangue gli sgorga dalla ferita; attorno a lui si sono stretti, a difenderlo e a confortarlo, gli amici. Facendosi largo tra di lo ro, Macaone si china, saldamente impugna la freccia e con uno strappo deciso la estrae: ''No, non temere, Menelao - dice- la ferita è me no profonda di quello che pensi. È come dice vo - aggiunge dopo aver tolto la corazza e la cintura del principe - ora ti medicherò. " "Il nemico avanza'" grida d'un tratto qualcu no. Sì. I troiani si stanno muovendo all'attacco, guidati da Ettore. Superato lo stupore, essi si sono riordinati per la battaglia. Avevano sperato, certo, che la guerra si concludesse con il duello tra Paride e Menelao; non tutti hanno approvato quanto ha fatto Pandaro. Ma poiché la freccia è stata scagliata, il sangue è stato versato, e i patti sono stati violati, è chiaro che si dovrà combattere ancora. E si combatterà, perché Troia va difesa ad ogni costo; e per quanto Paride sia un guer riero dal cuore di coniglio, vale la pena di bat tersi per una donna così bella come Elena. .. "Andiamo avanti, amici' - ha gridato Ettore brandendo la spada - Il nostro destino è nella battaglia''' ''Il nemico avanza''' A questo grido, Agamen none sguaina la spada lucente, e lasciando Me nelao alle cure di Macaone, grida: "Ebbene, che venga' Non sarà certo ai rroiani, traditori dei patti, che Giove darà il suo aiuto'" Prima di salire sul carro da battaglia, cui sono aggio gati due splendidi cavalli scalpitanti, il re cam mina davanti alle sue schiere, e così passandole in, rassegna dice: · E arrivato il momento, figli della Grecia! Qui SI deodono le nostre sorti' Se vinceremo, entre remo in Troia; se perderemo, i nemici arrive ranno al nostro campo, daranno fuoco alle no stre navt, e non avremo più speranza di tornare m patna. UIJsse, conto su di te' Idomeneo re di Creta, sii forte in battaglia! Aiace d'Oileo continua Agamennone - Aiace Telamonio eroi, se avessi altri capitani della vostra forza, , guerra sarebbe da tempo finita' Nestore, amico mw, combatti accanto a me! Diomede, sta' rit to sul tuo carro e colpisci' Greci, andiamo! Alla battagiia'... ''
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CANTO V
I due eserciti muovono l'uno contro l'altro guidati dai capitani, alti sui loro carri; marcian� do, i guerrieri gridano, agitano le !ance e gli scudi rilucenti al sole, la terra rimbomba, il fra gore delle armi sale al cielo. Ancor prima che si venga allo scontro, nuvole di frecce s'abbattono sulle opposte schiere; qualche guerriero cade, morto o ferito: ciò non ferma gli altri. Come le onde del mare, sospinte dal vento, muovono verso le scogliere, infrangendosi contro di esse, rifluendo e tornando fragorosamente a farsi avanti, così si scontrano le linee dei greci e dei troiani. Costoro hanno contro Minerva, lo san no bene: ma sanno altrettanto bene che Marte, il dio della guerra, è al loro fianco. Gli dei in fatti, scesi dall'Olimpo, prendono parte alla battaglia, chi per uccidere, chi per spargere ter rore, chi invece per salvare una vita o per dare l'ultimo conforto a un morente. Molti sono, infatti, i combatter�ti che hanno, per madre o per padre, un dio. E, questa, una guerra che si combatte tanto nel cielo quanto nella pianura che dalle superbe mura di Troia si stende fino al mare. Gli scudi cozzano gli uni contro gli altri, le !an ce si incrociano, si scontrano uomini vestiti di ferro, fasciati di cuoio; l'aria, che risuonava fi no a poco fa di grida e di insulti, risuona adesso di gemiti, di urla di vittoria e di sfida, di la menti; si confondono le voci di chi muore e di chi uccide, di chi vince e di chi è sconfitto. Il primo a cadere è Echépolo Talusiasi, un giova ne troiano al quale il greco Antiloco trapassa la fronte con la lancia: Echépolo cade in un risuo nare di bronzo, e subito attorno al suo corpo arde feroce la mischia, perché in questa guerra chi cade viene spogliato delle armi, ed è amara vergogna lasciare il cadavere di un compagno nelle mani del nemico. Troppo lungo sarebbe elencare tutti i guerrieri, principi o semplici gregari, che in questo giorno trovano combat tendo la morte; sembra che, dopo un primo scontro, i troiani debbano ripiegare sotto l'im peto del nemico, quando risuona la voce di Apollo:
"Troiani, domatori di cavalli, non arretrate! Che cosa temete? La pelle dei greci non è pie tra; non è acciaio, che non possa essere ferita! Rammentate che oggi Achille non combatte! Avanti! Avanti' " I troiani contrattaccano, e nel sangue, nella polvere, tra lo scalpitare dei cavalli e il cigolare dei carri, sotto la pioggia delle frecce e dei gia vellotti, infuriano da un lato Marte e dall'altro Minerva che, però, stanca, grida a un tratto: "Marre, tu che massacri gli uomini in batta glia, vieni con me! Usciamo dalla mischia, non battiamoci più! Non irritiamo nostro padre Giove''' Così dicendo, prende per mano il vio lento fratello e lo conduce sulle rive dello Sca mandro; qui entrambi si fermano, ansanti e imbrattati di sangue. Non per questo la battaglia perde d'intensità. Diomede, uno dei più valorosi principi greci, come travolto da furia eroica, si getta con cre scente violenza contro i troiani che, sotto i suoi colpi, sono nuovamente costretti a ritirarsi; sembra, Diomede, un torrente in piena, che tutto abbatte e che nulla riesce a fermare. Ma Pandaro, lo stesso che poco prima ha ferito Me nelao a tradimento, non trema vedendolo; in cocca una freccia al suo arco formidabile, e la scaglia. Non manca il colpo: raggiunto ad una spalla Diomede si ferma, piegandosi sulle gi nocchia. S'alza un grido di trionfo, e i troiani riprendono l'attacco. L'indomabile Diomede reagisce però al dolore e alla debolezza: "Sté nelo' - ordina ad un compagno- Strappami questa freccia, in modo che io possa tornare al la lotta! E tu, Minerva, ridammi la forza, e fa' che io uccida chi mi ha ferito''' La freccia è strappata; e per quanto perda sangue, Diome de torna alla battaglia. Il terreno è rosso di san gue e ingombro di caduti. Due figli di Priamo, Cromio e Echémone, che combattono insieme dallo stesso carro, vengono affrontati dal furi bondo Diomede, colpiti, atterrati, uccisi e spo gliati; allora Enea, capo dei dardani, figlio di Venere, chiama a sé Pandaro, e: "Pandaro' grida - Dobbiamo fermare Diomede! Sali sul 19
La battaglia tra greci e troiani prosegue furibonda
mio carro, andiamo!'' Panàaro accorre: ''Già l'ho ferito, quel massacratore! -dice - E ora lo ucciderò' Andiamo! Tu guida il carro, Enea, a me la lancia!'' I due infuriando attraversano il campo di battaglia, puntando diritti su Dio mede; Sténelo li vede: ''Diomede - esclama - ritirati! Enea e Pandaro ti stanno venendo addosso' Sei ferito, non esporti così'" Diomede non lo ascolta, resta impavido ad at tendere, e quando Pandaro, con tutta la sua forza, gli scaglia contro il giavellotto, egli è pronto a schivare il colpo: ''Mi hai mancato''' urla, e a sua volta colpisce. Pandaro, trafitto al la gola, piomba morto dal carro; Enea è pronto a difendere l'amico caduto, ma Diomede rac coglie da terra una grossa pietra, gliela scara venta addosso colpendolo a una gamba; Enea 20
cade e certo morrebbe, trafitto dalla lancia in sanguinata del nemico, se Venere non accorres se in suo aiuto, nascondendolo sotto il suo ve lo. Nemmeno davanti a una dea, però, Dio mede s'arresta: gridando, insegue furibondo Venere e la ferisce a un polso con la lancia; la bellissima divina creatura grida·di dolore, e il guerriero: "Via di qui' - urla - Questa è la battaglia, e se volevi sapere che cos'è, ora lo sai1" In un turbine di vento, Venere torna piangendo all'Olimpo; è sconvolta, insangui nata, sofferente. Ma ha sottratto a morte sicura il suo diletto figlio Enea. La forza di Diomede viene da Minerva che dopo aver ripreso fiato, è tornata nella m schia Immediatamente Marte la imita, accorrendo a difesa dei troiani.
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' 'Fino a quando - grida ad essi - vi lascerete massacrare? Enea è ferito: vorreste forse abban donarlo al nemico?" A queste parole, i troiani rispondono con un disperato contrattacco, ed Ettore con il suo car ro si spinge avanti, facendosi largo tra i nemici, fino a raggiungere Enea, e a strapparlo dalle mani dei greci che lo circondavano. Enea, pur malconcio, è in grado di combattere; ma i troiani riprendono a ritirarsi, trovandosi infine serrati sotto le mura. Un figlio di Priamo, allo ra, il valoroso Eleno, che per tutto il giorno s'è battuto tra i primi, s'avvicina ad Ettore: ''Fratello - gli dice - le cose si mettono ma le: non siamo ancora perduti, ma le porte di Troia sono così vicine, che qualcuno può essere tentato di rifugiarsi in città, e sarebbe il disa-
stro. Occorre che tu ed Enea esortiate gli uomi ni al combattimento: combatteranno. Ma, Et tore, questo non basta: va' in città, poi, e chie di alle matrone di offrire un peplo, il più bello, a Minerva. Deve cessare di esserci nemica! '' Et tore annuisce; e a fianco di Enea eccolo riper correre tutta la linea del combattimento, rin cuorando le sue schiere ed incitando alla resi stenza; poi lascia il campo, e correndo entra in Troia da una porta che s'apre per lui. 21
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Ecuba, con altre donne troiane, porta a Minerva zl più bello dei suoi pepii
CANTO VI ImpolveratO, insanguinatO, madido di sudore, con l'armatura ammaccata, Ettore raggiunge la reggia; sta salendo le scale, ed Ecuba, sua ma dre, gli corre incontro: "Ettore, figlio mio, vieni dunque a pregare Giove, perché ci sostenga in battaglia? Sì, devi farlo! Ma bevi prima questO vino, ristorati: sei stanco, lo vedo l'' ''No, nobile madre, non offrirmi vino, non oso bere a Giove con le mani sporche di san gue: e il vino roglie la forza. Ascolta, piuttOsto: raduna le tue figlie, le tue nuore e le più nobili donne di Troia, e con loro reca, subito, a Mi nerva, il più bel peplo che avete... Promettile che ogni anno immoleremo in suo onore dodi ci delle vacche più belle: ma che allontani Dio22
mede dalla battaglia. È lui che ci sta distrug gendo! Fallo, madre, e subitol Io vado a cercare Paridel'' Ciò detto, Ettore s'allontana correndo attraver so i corridoi e le risplendenti sale del palazzo; ed Ecuba, poco dopo, insieme con le altre don ne, solennemente reca davanti alla statua di Minerva il più ricco ed il più bello dei suoi pe pli. Alla terribile dea vengono promessi lunghi e generosi sacrifici: "Spezza, o dea - pregano le donne troiane - la lancia a Diomede massa cratore! '' Ma è inutile. Minerva fa segno di no. Ettore è frattanto giunto nelle stanze di Elena; qui trova Paride, seduto accanto alla bellissima moglie, e tranquillamente intento a lucidare
elmo, corazza e scudo: ''Disgraziato! - grida, investendolo - Intor no alla città la gente si fa uccidere per te, e tu che fai? Lucidi coteste armi che non hai nem meno. il coraggio di usare! Avanti, sciagurato, corri al tuo posto'" "Ettore, fratello - replica Paride, arrossendo - sì, hai ragione, voi combattete e io sono qui: ma abbi pazienza, cerca di capirmi, volevo solo sfogarmi con Elena, e del resto anche lei mi ha incitato alla battaglia. Faccio in un atti mo, indosso l'armatura e ti raggiungo!" Dice allora Elena: ''Ettore, fossi io morta, piut tosto che esser causa di questa guerra! Ho cerca-
to di convincere Paride a battersi, ma il suo cuore è quello che è. Siedi vicino a me, cognato mio, riposati un poco, e..." ''Non posso, Elena' - la interrompe Ettore L'esercito si sta battendo e ha bisogno di me. Voglio vedere mia moglie e mio figlio. Tu, ba: da che Paride si armi e che torni al suo posto. E un giorno decisivo, questo, può segnare la no stra fine''' Ed Ettore se ne va a cercare sua mo glie, Andromaca. Ma ella non è nelle sue stanze: non è nemme no andata con Ecuba e le altre donne a recare il peplo alla statua di Minerva. Saputo che si combatte a ridosso della città, e che i greci stan-
Ettore rimprovera Pande perché, anziché combattere, sta oziando con Elena
no vincendo, ha preso con sé una balia e il pic colo figlio Astianatte, ed è corsa alle mura, sul la torre che sovrasta le Porte Scee, donde si scorge il campo di battaglia. Alle Porte Scee, dunque, s'affretta Ettore: quando Andromaca lo vede� gli corre incontro pallida e piena di an goscia; vedendo che il marito sorride guardan do Astianatte, mormora: "Oh, misero, il tuo coraggio ti perderà! Non hai compassione, Ettore, di me, di nostro fi glio? Non ho nessuno, tranne te: tu sei per me marito, padre, madre e fratello. Ah, abbi pie tà, resta qui sulla torre' Richiama l'esercito en tro le mura, limitati a difendere Troia, senza più uscire alla battaglia''' "Donna - risponde pensoso Ettore - sì, anch'io la penso così. Ma non posso sottrarmi al mio dovere. Forse morrò: ma ti lascerò alme no l'orgoglio d'essere stata moglie di un com battente che non è fuggito. Dammi- aggiun ge dolcemente - il bambino.'' E così Ettore prende tra le braccia Astianatte che, spaventato dall'aspetto del padre e dal suo cimiero ondeggiante, dà un grido infantile; sorridendo l'eroe si toglie l'elmo, bacia il picco lo, lo alza come porgendolo al cielo e dice: ''Giove, e voi tutti, dei, fate che questo mio fi glio cresca forte, che_ regni su Troia; fate che la gente dica di lui: