Il trattato Sul Bene di Numenio. Saggio introduttivo storico-critico con traduzione e commento del Peri t'agathou

Saggio introduttivo storico-critico con traduzione e commento del ΙΙερί τάγαϑοΰ

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Il trattato Sul Bene di Numenio. Saggio introduttivo storico-critico con traduzione e commento del Peri t'agathou

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PAOLO

IMPARA

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IL TRATTATO SUL BENE DI NUMENIO Saggio introduttivo storico-critico con traduzione e commento del Ihpt "&yo:&ou.

EDIZIONI ABETE 1980

Il Trattato sul Bene di Numenio

COLLANA DI FILOSOFIA ANTICA

con

La presente opera � stata pubblicata il contributo del Consiglio Nazionale delle Ricerche

PAOLO IMPARA

IL TRATTATO SUL BENE DI NUMENIO Saggio introduttivo storico-critico con traduzione e commento del Ile:pl -.ocyoc&oti.

EDIZIONI ABETE

1980

© Tutti i diritti riservati

Settembre 1980 EDIZIONI ABETE

Via Prenestina, 685-00155 Roma

SOMMARIO

SAGGIO INTRODUTTIVO STORICO-CRITICO

Cap. &

I

LA VITA E LE OPERE DI NuMENIO

Pag.

9

II - NUMENIO E LA CULTURA DEL SUO TEMPO

))

14

-

))

III - LA SCOPERTA DELL'INCORPOREO

))

IV - LA TEOLOGIA

23 ))

36

Pag.

54

BIBLIOGRAFIA

))

1 79

INDICE DELLE FONTI

))

191

INDICE DEI LUOGHI

))

193

INDICE DEI NOMI

))

209



llep1 -r&:yoc&ou FRAMMENTI (testo originale, traduzione



e

commento)

LA VITA E LE OPERE DI NUMENIO

Poco sappiamo della vita di Numenio. È noto con certezza che nacque ad Apamea (l'attuale Qual at el Moudiq) sul fiume Oronte in Siria 1• Apamea si presentava come una città ricca di fermenti culturali e in cui c'era posto per ogni fede religiosa 2. In essa sembra che vivessero dei Giudei, che ivi si rifugiarono forse all'epoca di Traiano un gruppo di giudaizzanti sincretisti designati con il nome di Elceseni o Elchaisaiti. La città aveva già una tradizione filosofica, aveva dato i natali a Posidonio e doveva in seguito divenire la sede di una scuola neoplatonica fondata da Amelio 3, il quale fu spinto, for­ se, a trasferirsi in questa città, prima della morte di Plotino 4, dall'ammirazione che lo legava a Numenio 5• Giamblico fon­ derà ad Apamea più tardi la sua scuola 6• Circa il problema di datazione della vita di Numenio, in mancanza di informazioni dirette, ci si basa sul fatto che egli fu maestro di Arpocrazione, allievo anche di Attico, per il quale la cronologia di Eusebio-Gerolamo pone il floruit nel 176 d.C. 7• l) Cfr. PORPH., Vit. Plot., 1 7, 18 ; SUDA, s.v. (Nou(.L�VLoç 'A7tor;� oc1tÒ l:up(or;ç). 2) Cfr. H. C. PuECH, Numénius d'Apamee et les théologies orientales au second siècle ; in Mélanges Bidez, Bruxelles 1934 vol. II, pp. 749 sg. 3) Per la posizione di Amelio all'interno del Neoplatonismo cfr. G. REALE, Storia della filosofia antica, vol. IV, Milano 1978, pp. 626-628. 4) Cfr. PORPH., Vit. Plot. , 3. 5) Che sia stata la stima per Numenio a indurre Amelio a portare ad Apamea il suo gruppo è tesi di J. DILLON, The Middle Platonists 80 B.C. to 220 A.D. Ithaca-New York 1977, p. 361. 6) M. BIDEZ, La philosophie Jamhlique et son siècle, in « Revue des Études Grecques 1> XXXII, 1919, pp. 31-32. 7) Cfr. ATTICUS, Fragments, teste établi et traduit par É . DEs PLA­ CES, Paris 1977, p. 7. 9

Da questo elemento si ricava che il floruit di N umenio deve porsi intorno al 150 8• Un ulteriore terminus ante quem è dato dalla citazione di Numenio in Clemente di Alessandria, riferimento che lo colloca anch'esso prima della fine del II secolo d. C. Questo fa pensare, che Numenio come per Massimo di Tiro e per Giuliano il Teurgo 9, il presunto autore degli Oracoli Caldaici, fosse con­ temporaneo di Marco Aurelio 10. Ancora meno sappiamo circa la località in cui Numenio svolse la sua attività di insegnamento: si può supporre che egli si sia recato ad Atene e ad Alessandria, ma nessuna testimonian­ za sicura ci resta in proposito 11• Potrebbe essere indizio di una permanenza a Roma di Numenio l'attributo di > che gli viene riferito in un frammento di Giovanni Lido 12• La pre­ senza a Roma di Numenio spiegherebbe meglio l'accusa di pia8) Il Des Places, in Numénius, Fragmentes, teste établi et traduit par É . DEs PLACES, Paris 1973, p. 7 insieme con E. A. LEEMANs, Studie over Wijsgeer Numenius van Apamea met Uitgave der Fragmenten ( LXX (1978), pp. 604-625. Si ve­ dano anche gli aggiornamenti di R. DEL RE nel volume di E. ZELLER­ R. MoNDOLFo, op. cit. , pp. 243-257. 2) Cfr. Pagan and Christian in an Age of Anxiety, Cambridge 1965, tr. it. di G. Lanata, Firenze 1970. 14

quindi quella sicurezza reale, che è il segno del comportamento morale di fronte al mondo. Essa tendeva a gettare gli uomini nell'anarchia incontrollata delle grandi suggestioni del momen­ to, degli arbitri e delle violenze, o a reprimerli nella fuga verso l'interiorità, per la conquista dell'uomo interiore, una dimen­ sione che diviene così realmente, sostanzialmente esistente. È propria di simili età di crisi l'estenuazione generale del senso di realtà. Esse sono il terreno di elezioni per il regresso in mon­ di di cultura diversa, per la fioritura delle pratiche magiche, per le trasfigurazioni idealizzatrici del mondo, per le evasioni dal mondo materiale. Le stesse religioni, molteplici, diverse. singolari, tentano di salvaguardare la loro < < privatezza,> utilizzando gli stessi proce­ dimenti dei sistemi filosofici, perché esse possano essere accet­ tate anche su un piano razionale. Pertanto, forme religiose co­ me le egiziane, le orfiche-dionisiache, cui sembra, secondo Ma­ crobio, lo stesso Numenio fosse interessato, tanto da essere con­ siderato 3, si diffondono tentando di mostrare come ciascuna religione rien­ tri nell'unica forma religiosa, nell'unica legge universale, di cui Dio è il logos. La di Numenio, di cui parla Macrobio, fa sup­ porre, da una parte, diversamente dall'opinione del Martano, secondo il quale l' Apamense sarebbe stato > 7 di Numenio dato Io sfumarsi di distinzioni ri5) Per questo si è pensato da parte di alcuni critici come il BIGGS ( The Christian Platonists of Alexand1ia, Oxford 1 886, rist. an. Amsterdam 1968, p. 300 n. l) che Numenio fosse Wl ebreo. Il PUECH (op. cit., p. 754) non è incline a credere Numenio di nascita ebraica, tuttavia è propenso a farne Wl semita. 6) Cfr. ffr. l, 8, 9. DES PLACES. 7) Il peso dell' (C orientalismo >> nel pensiero di Numenio è uno dei temi più discussi dalle varie interpretazioni critiche, le quali possono es­ sere, a mio avviso, divise in tre gruppi: Wl primo gruppo, nel quadro di una rivalutazione del pensiero orientale rispetto al mondo greco, consi­ dera la riflessione numeniana fortemente caratterizzata da Wl influsso orien­ tale. Uno dei maggiori sostenitori di questa tesi è E. NoRDEN (cfr. Agno­ stos Theos, Leipzig-Berlin, 191 3, rist. an. Darmstadt 1956, p. 12) il quale, riprendendo la posizione generale di M. J. MATTER (cfr. Histoire de Neo/e d' Alexandrie, comparée aux principales écoles contemporaines, 2° ed. Paris 1 840-48 3 voll. vol. III, p. 236) - che ritrova in Numenio il solo filosofo greco professante con convinzione temi orientali -e quella specifica po­ stulata da K. PRAEcHTER (cfr. Ueberweg Grundriss der Geschichte der Phi­ losophie. l: Die Philosophie des Altertums, Berlin 1926, p. 521) - che crede, invece, ad Wl influsso gnostico sul pensiero di Numenio -insiste molto sulla rilevanza di matrici prettamente valentiniane come l'incono­ scibilità (concetto per il Norden completamente estraneo al mondo greco) del primo Dio e la funzione del figlio di Dio che media la conoscenza di Dio stesso. Però, il critico più convinto, al di là delle accettazioni delle matrici orientali del pensiero di Numenio poste da E. CUMONT (cfr. Lu­ crèce et le symbolisme pythagoricùm des enfers, in « Revue de Philologie >>, XLIV 1920, pp. 229-240; Lux perpetua, Paris 1949) è da riconoscere H. G. PUECH (cfr. op. cit., pp. 748-778), il quale impostando un'analisi ad ampio raggio su Numenio, tratta anzitutto delle varie componenti orien16

tenute rigide fra l'occidente e l'oriente, fra filosofia, mito e reli­ gione. L'importante è riconoscere in questo periodo di assesta­ mento e di ripensamento dei due mondi culturali greco e orien­ tale, quale significato poteva attribuire ad essi Numenio. tali che confluiscono nell'ambiente numeniano. Passando, poi, ad una ve­ rifica puntuale della posizione filosofica di Numenio, oltre a riconoscere l'importanza della conoscenza che l'Apamense aveva del giudaismo, in­ siste sul ruolo decisivo dello gno�ticismo nel mondo numeniano, cui si devono un accentuato dualismo pessimistico e l'idea della rilevanza di un dio sconosciuto. Ogg i , con forti tinte di orientalismo inquadra il pensiero di Numenio CHR. ELSAS (cfr. Neuplatonische, pp. 50-55). L'autore riprendendo tesi care a J. BIDEZ e F. CUMONT (cfr. Lt-s Mages Hellénisés Zoroastre. Ostanès et Hystaspe, d'après la tradition grecque, 2 voli. Paris 1973 1 2, vol. I, p. 33 ; 179) ritrova nell'Apamense tradizioni magico-ermetiche che ottengono sen­ so da origini caldaiche-mesopotamiche e babilonesi. Il secondo gruppo, rifiutando in generale ogni influsso orientalistico sul pensiero greco, interpreta la filosofia di Nwnenio alla luce di modelli teorici greci. Uno dei primi rappresentanti di questa tendenza è E. ZEL­ LER (cfr. op. cit., pp. 245-256) per il quale l'inserimento di Nwnenio nella tradizione del pensiero greco significa un ritorno alle matrici pitagorico­ platoniche e alla fondamantale importanza che queste filosofie attribuiscono alla distinzione di materia ed essere vero e alla conseguente affermazione della trascendenza divina. Dello stesso avviso è R. BEUTLER (cfr. art. cit., pp. 664-678) che si propone di collegare l'intera dottrina di Nwnenio alle fonti greche. Su questa linea si pone A. H . .ARMSTRONG (cfr. Introduction to ancient philosophy, London 1947, pp. 149 sgg.) il quale, inserendo Nu­ menio nella problematica medio-platonica riconosce nell'Apamense pre­ cise tematiche e di origine platonica (come le « forme l)) e di origine aristo­ telica (come il valore che Numenio attribuisce al secondo nous). Allo stes­ so modo E. VACHEROT (cfr. Histoire critique de l'école d'Alexandrie, Paris 1846, 3 voli. rist. an., Amsterdam 1965, vol. I, pp. 3 1 8 sgg.) riporta la dottrina del Primo e del Secondo Dio di Nwnenio alle tesi della Repubblica (Dio = Bene) e del Timeo (Dio = Demiurgo). A questo riguardo, forte­ mente convinto della matrice greca del pensiero di Nwnenio, A. J. FESTU­ GIÈRE (cfr. La ré'Vélation d'Hermès Trismégiste, III, Paris 1953, pp. 44-47) riconoscendo che i due appellativi di Primo Dio e di Secondo Dio sono biblici, anche se l'idea di un dio legislatore non è sconosciuta in Grecia, critica la convinzione del Norden, secondo cui la nozione di inconoscibi­ lità del Dio supremo è conforme a quella degli Gnostici (Dio come to­ talmente inconoscibile che o;i oppone al concetto platonico di Dio &ppi)Toc; xcxt vij) 1:16v� À7J'It'!6c;). 17

Secondo questa interpretazione è possibile tentare di co­ struire prima di inoltrarci nelle specifiche problematiche nu­ meniane, un modello teorico dove il momento greco costituirà Lo stesso M. BJ\LTES (cfr. Numenws von Apamea unti der p!lltonische Timaios, in « Vigiliae Christianae )) XXIX (1975), pp. 241-270) inserendosi in questa lezione mirante a ritrovare matrici greche nel pensiero di Nu­ menio, tenta di riportare certe particolari problematiche numeniane, co­ me la teorizzazione delle due anime, della materia, di Dio, al pensiero pla­ tonico (ed in particolare al Timeo) e a quello pitagorico. Un terzo gruppo di tendenze critiche oltre a cercare di minimizzare il valore e il senso e della matrice greca e di quella orientale nel pensiero di Numenio, ricerca la specificità della filosofia dell'Apamense al di là di esse, riconoscendo ad entrambe la coesistenza nell'ambiente numeniano e per­ tanto la naturale influenza che esse esercitano sulla dottrina numeniana. In questo senso interpreta PH. Mmu.AN (cfr. The Cambridge Histury of Later Greek and Early Medieval Philosophy, Cambridge 1967, p. 96 sg.) che ri­ trova in Numenio un pensiero greco visto però alla luce di dottrine orien­ tali ; così E. R. Donns (cfr. Numenius and Ammonius, p. 5 sg.) il quale crede che il « miraggio orientale l> di cui parla Festugière non è una novi­ tà presso i Greci. Numenio spesso, per il Dodds, interpreta i detti e i costumi orientali alla luce delle idee greche. Il MARTANO (cfr. Numenio, p. 1 15) riprendendo le posizioni del GUTHRIE (cfr. Numenz"us, p. 181 sgg.) e ritrovando un forte sincretismo in Numenio, rileva come lo spirito mo­ nistico orientale si incorpori al razionalismo greco e questo si rinnovi in esso. Dello stesso orientamento sembra essere H. J. KRAMER (cfr. Der Ursprung, p. 65) che riconosce in Numenio il prototipo della congiunzione tra pensiero orientale e occidentale. Lo stesso DEs PLACES (cfr. Numenius, p. 21) 3i trova d'accordo nel riconoscimento di questo equilibrio delle due componenti nel pensiero di Numenio. Questa ammissione trova senso anche in G. REALE (cfr. Storia vol. IV, pp. 412-413) il quale sottolinea l'intrecciarsi di dottrine teologiche medioplatoniche e neopitagoriche e in­ fluenze orientali nell'Apamense. Così il DILLON (cfr. Platonists, pp. 366378) e lo stesso C. MoRESCHINI (cfr. Apuleio e il Platonismo, Firenze 1978, pp. 172-173) che scopre in Numenio forti legami tra motivi diversi di ori­ gine greca e un profondo atteggiamento mistico religioso di origine orien­ tale. A questo proposito il Moreschini nota come sovente il termine « orien­ tale l> per Numenio sia stato us..to in una maniera vaga e indefinita e, sotto­ linea la necessità di un esame più sicuro delle stesse dottrine orientali per valutare, poi, la portata dottrinaria di Numenio. (Cfr. per l'intera questio­ ne esaminata in questa nota G. INVERNIZZI , Lo stato).

18

il piano strutturale-metodologico del pensiero di Numenio e quel­ lo orientale il momento estatico-contemplativo di esso. Ponendosi contro ogni forma di materialismo e di gnoseolo­ gia sensistica dominanti nel suo tempo e prima di esso s, Nume­ nio propone innanzi tutto una fondamentale distinzione di ori­ gine pitagorico-platonica 9 di due piani di realtà : il materiale8) L'atteggiamento mentale di Numenio di fronte alla tradizione filosofica a lui anteriore è studiato con accuratezza da J. H. WASZINK, Parphyrios und Numenios, in interpretative: Numenio si sente pitagorico, ma in realtà il suo pitagorismo è largamente influenzato dal platonismo (cfr. anche R. DEL RE, Numenio d'Apamea e questioni numeniane, in « Cul­ tura e Scuola » XLVII (1973), p. 54). 10) In molti dei suoi frammenti sono rilevabili riferimenti a dialoghi platonici (cfr. Crat., 430a10; Leg. X, 896e4-6; Pkaedr., 245c5 ; Phil., 16c6-7; Resp. VI, 508e3), e soprattutto al Timeo (cfr. frr. 7, 8, 20 DEs PLACES) di cui compaiono anche citazioni testuali. Tale dialogo come è noto (cfr. L. BrussoN, Le Mbne et l'Autre dans le structure ontologique du Timée de Platon. Un com:mentaire systématique du Timée de Platon, Paris 1974) ebbe enorme fortuna nella tarda antichità ed è certamente uno dei testi base, su cui svolgono le loro indagini i Medioplatonici (cfr. G. REALE, Storia, vol. IV, p. 3 1 6 ; H. J. KRAMER, Der Ursprung, pp. 21 sg. ; H. DoR­ RIE, Die Frage nack dem Transzendenten im Mittelplatonismus, in AA.VV., Les Sources de Plotin, pp. 205 sg. ; J. DANI ÉLOU, Histot"re des Origines chré­ tiennes, in 14• Qui Numenio dice che Platone non ha fatto altro che tradurre in greco la dottrina di Mosè. Ma questa interpretazione non è l'unica possibile. In primo luogo va considerato che Eusebio, l'autore che riporta tale passo, aggiunge che la frase è 15 a Numenio. Ciò significa che Eusebio, a differenza di quanto avviene per gli altri frammenti da lui riportati, non ha sotto mano un testo di Numenio in cui sia contenuta tale affermazione. Questo fatto suscita il dubbio che l'affermazione di cui si discute sia stata coniata da alcuni lettori di Numenio - evidentemente cristia­ ni - con l'intenzione di attribuire alla filosofia di Numenio il riconoscimento della superiorità del pensiero ebraico su quello greco 1 6• Ma, anche supponendo che il passo sia effettivamente di Numenio, esso, letto con attenzione, non può essere inteso nel senso che Platone abbia ripreso la sua dottrina da Mosè, ma piuttosto nel senso che la dottrina di Platone è in perfetto accordo con quanto è stato detto da Mosè. Del resto Numenio non vede in Platone il depositario della verità filosofica, tanto che gli rimprovera minor chiarezza e maggior prudenza di So­ crate e Pitagora 1 7• Ne consegue che, anche ammesso che Nu­ menio volesse dire che Platone dipende da Mosè, ciò non signi­ ficherebbe che Numenio pensi che tutta la filosofia greca di­ penda da Mosè. 14) Fr. 8 DEs PLACF.S. 15) Ibidem. 1 6) Questa posizione è espressa chiaramente dal commento che Teo­ doreto fa a questo stesso frammento riportato anche nel suo scritto Gr. aff. cur. 1 1 , 1 14, p. 1 69 CANIVET (cfr. Commentario). 17) Cfr. fr. 24 DES PLACES.

22

LA SCOPERTA DELL'INCORPOREO

a)

L'6v

Propugnare la necessità del primato del soprasensibile, del­ l'immateriale, dell'incorporeo o trascendente, significava im­ mettersi nelle prospettive di quelle correnti filosofiche che, co­ me il Medioplatonismo 1, avevano collocato in primo piano lo aspetto metafisico-teologico della filosofia, intesa nell'originale senso platonico-aristotelico 2• In questa visione, i frammenti riguardanti il problema del­ l'essere del trattato Sul Bene - la parte della filosofia di Nu­ menio più facilmente ricostruibile, perché meglio documenta­ ta - sono un momento significativo ed illuminante di questa tendenza filosofica. I primi frammenti seguono infatti chiara­ mente la linea eleatico-platonica ponendo la domanda su che cosa sia l'essere vero, escludendo che l'6v possa essere il mul) Questa denominazione è stata affidata dallo studioso K. PRAEC­ (cfr. Die Philosophie vol. I, pp. 524-556) a quel periodo di storia del platonismo che va dalla seconda metà del I secolo a.C. a tutto il II se­ colo d.C. Non esiste accordo ancora tra gli studiosi circa i limiti cronolo­ gici di questa fase del platonismo: cfr. E. BRÉHIER, Les études de philosophie antique, Paris 1939 p. 40; H. DoRRIE, Die Ern.euerung des Platonismus im ersten Jahundert vor Christus, in AA.VV., Le Néoplatonis�, Paris 1971, pp. 24 e 27; É. DES PLACES, Études récentes (1953-1973) sur le platonisme moyen du 112 slecle apres J.-C., « Bullettin de l'Association G. Budé », XXXIII (1974), p. 347. Il platonismo di questo periodo in effetti presenta caratteristiche che lo pongono a metà tra il « platonismo » di Platone e dei suoi immediati seguaci ed il neoplatonismo di Plotino, non solo da un punto di vista cronologico, ma anche filosofico (cfr. G. INVERNIZZI, Il Didaskalikos di Albino e il medioplatonismo, vol. I, Roma 1976, pp. 145-6 n. 2). 2) Cfr. G. REALE, Storia vol. IV, p. 315.

TER

23

tevole implicante l'essere generato e il perire. Le risposte che Numenio dà presentano in primo luogo una critica serrata ad ogni tipo di ontologia materialistica, di cui allora gli Stoici 3 e gli Epicurei erano accaniti sostenitori. L'ov non può identificar­ si, per Numenio, con i quattro elementi né con uno di essi, perché questi nascono ("re:v7J-r&) l'uno dall'altro, mutano, sono soggetti a cambiamenti (mxÀtv&ype:-r(X) 4, mentre l'essere non partecipa a nessun di queste modalità. Esso non può assere neanche la materia data la natura mobile, indefinita e illimita­ ta di essa. Neppure è possibile che l'ov si identifichi con i corpi per la fragilità e i cambiamenti continui nei quali essi sono sog­ getti. Anzi essi stessi hanno bisogno di qualche cosa che garan­ tisca la continuità e questo quid non può essere un corpo, per­ ché se così fosse avrebbe esso pure bisogno ancora di un ulte­ riore principio che ne garantisse la saldezza e la stabilità. Questo principio non potrà essere altro che qualcosa di incorporeo, perché fra tutte le nature solo quella dell'incorporeo, ha fissita e immobilità, che lo escludono totalmente da tutte le caratteri­ stiche dei corpi 5• E ciò che ha nome ov è giustamente ciò che è sempre, perché il suo esistere non comporta né inizio, né fine, mentre il passato fugge senza aver ritorno e il futuro non è an­ cora e si presenta soltanto come possibilità di esistenza. L'es­ sere permane in un eterno presente, immutabile e immobile nel­ l'(XL6lv 6• L'ISv non è suscettibile né di generazione, né di corruzione, 3) PLUT., Vit. phoc. S S.V.F. l, fr. 80; .ALEX .APHROD., Comm. in Arist. Topic. IV, p. 155 ALo. p. 301, 19 WAL. S.V.F. II, fr. 329; S.V.F. II , fr. 359. CLEMENS. ALEXAN., Strom. Il, p. 436 PoTI. 4) Cfr. fr. 3 DES PLACES. 5) Cfr. fr. 4b DES PLACES. Così in ambiente medioplatonico contro la concezione coporeistica degli Stoici fanno valere l'assoluta incorporeità della realtà imma teriale di Dio sia Plutarco (cfr. De fs. et Os., 382F) che Albino (cfr. Didas., XI, 2) che lo stesso Apuleio (cfr. De Plat., I, 193 THo­ MAS). Ugualmente in ambiente neopitagorico prevale la problematica del­ l'incorporeo come in netta antitesi al materialismo epicureo: la dichiara­ zione della trascendenza del principio supremo e la separazione intellegi­ bile e sensibile è posta fermamente da Moderato (cfr. SYMPL., In Arist. Phys., p. 230, 34 sgg. DIELS) e da Nicomaco di Gerasa (cfr. Intr. arithm., l, 1, 1-2 HocHE). 6) Cfr. fr. 5 DES PLACES. =



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=

24

né di accrescimento, né di diminuzione, né di movimento, ma è semplice e persistente nella sua natura, e resta tale senza mai mutare nella sua identità. Non vi può essere cambiamento in questa identità di esistenza, e tale è l'identità di esistenza del­ l'essere vero : l'15v non si allontana da sé né può essere costretto a farlo da altro 7• Sulla bàse di questi elementi è dunque detto &L8Lov s e �&�cdov 9• Necessariamente questo incorporeo non può essere al­ tro che l'intellegibile (vo"l)t"6v), il quale, viene poi da Numenio contrapposto al M�rlat"ov, immagine del sensibile e del divenire secondo uno schema che si rifà palesemente al Platone del Ti­ meo lo. 7) Cfr. fr. 6 DEs PLACES. L'identità di esistenza nell'essere come una identità in se stesso dell'Essere del quale non vi è «allontanamento >> sem­ bra presentare per D. J. O'MEARA (cfr. Being in Numenius and Plotinus. Some points of comparison, in «Phronesis & XXI (1976}, p. 125) delle so­ miglianze a volte con l'essere plotiniano (cfr. Enn. VI, 5, 3, 1-3) che al­ trove nell'Enneadi si presenta come un dinamico e diversificato mondo intelligibile. 8) Cfr. frr. 7, 8 DES PLACES. 9) Cfr. fr. 5 DES PLACES. 10) Cfr. frr. 7, 8 DES PLACF.S. La critica su questa particolare tematica numeniana quasi ununi­ memente riconosce l'influenza eleotico-platonica, cominciando dal BEu­ TLER (cfr. art. cit., c. 669). Insiste su questo aspetto lo stesso MARTANO (cfr. op. cit., p. 21), mostrando come Numenio faccia propria sulla scorta platonica l'intuizione razionalistica eleatica. Oggi, seguendo questa linea G. REALE (cfr. Storia vol. IV, p. 415) non crede solo di trovarsi di fronte ad una ontologia eleatica attraverso i guadagni platonici, ma vede questo essere che realmente è e mai diviene anche come il biblico «colui che è >>. Pro­ pensi in parte ad una lettura eleatico-platonica sono D. J. O'MEARA (cfr. art. cit., pp. 121-128) J. WHITTAKER (cfr. God Time Being in «Simbolae Osloenses »fase. Suppl. XXIII (1971), p. 27 n. 12). Mentre il primo cri­ tico ritrova nella problematica numeniana dell'essere la struttura del Par­ menide (identità-differenza-uguaglianza-disuguaglianza), dall'altra am-­ mette che quando Numenio parla dell'essere in termini di tempo, di mo­ vimento e cambiamento, non trova immediate relazioni con le corrispon­ denti sezioni del Parmenide stesso; anzi Numenio usa, secondo l'O'Mea­ ra, presentando l'essere in relazione al cambiamento e al movimento, una classificazione molto vicina a quella aristotelica più che a quella platonica. Il secondo critico, invece, constatando una strutturale approssimazione del ·

25

b) L'anima Dal frammento di Nemesio 1 1 si rileva quanta importanza desse Numenio alla dottrina dell'anima. Seguendo lo stesso sche­ ma logico applicato alla dimostrazione dei caratteri dell'iSv, Nu ­ menio si oppone ad ogni forma di materialismo, affermando l'in­ corporeità dell'anima. L'assunto di Numenio è il seguente : es­ sendo i corpi mutevoli, divisibili all'infinito, soggetti a dissolu­ zione, è necessario, secondo un principio unitario razionalistico, supporre l'esistenza di una natura, idonea a coordinare e a so­ stenere le parti, natura che l' Apamense chiama anima. Ammessa come ipotesi che l'anima abbia una corporeità, cioè che sia com­ posta di sottilissime parti, secondo le tesi della psicologia stoica ed epicurea, si tratterrà di dimostrare l'esistenza di un ulteriore principio che coordini quelle parti e se questo principio risul­ tasse essere dotato anch'esso di una sua corporeità, sarebbe ne­ cessario ammettere un altro principio ancora, come l'organizza­ tore delle parti di cui esso pure dovrebbe constare. E così al­ l'infinito ; finché si arriverebbe necessariamente a postulare una sostanza immateriale, l' &:awfLIXTov. La teoria stoica affermava 1'esistenza di un moto tensionale sviluppatesi simultaneamente nei corpi, sia verso l'interno che verso l'esterno ( xtvlla�c; -rov�x� dc; TÒ dcrCù e dc; -rò ��Cù). Nella pri­ ma direzione tale moto produce l'unificazione e l'essenza, nella seconda la grandezza e la qualità. Numenio, contrappone, alla -rov�x� xtvlJmc; degli Stoici una Mv1XfL�c; origine del movimento dei corpi, intesa come forza immateriale. Infatti, secondo l' Apamen­ se, se codesta Mv!XfL�c; fosse dotata di materialità, finirebbe per risolversi nella posizione precedentemente criticata, e anche nel. caso in cui essa fosse una forza , parteciperebbe co­ munque della materia (, ovvero da coloro che intendono la generazione del mondo in modo allego­ rico, e quello rappresentato dagli >, o « eterodossi >> che interpre­ tano alla lettera l'origine del mondo secondo il Timeo di Platone. Oggi, allontanandosi da questa posizione critica, gli interpreti intendono con maggiore elasticità e comprensione quegli aspetti estremi di pensiero (cfr. MORESCHINI, op. cit., pp. 148-161 ; G. REALE, Storia, vol. IV, pp. 245-351). 24) Pertanto la Diade così come in Plutarco (dr. De ls. •t Os., 372F, 374F, 376B, 383A) e in Senocrate (cfr. fr. 26 HEINZE) assume qui in Numenio i caratteri di un principio materiale a cui è affidato come vedremo anche la causa del male. Questa distinzione fra i due aspetti della Diade è diversa però da quella implicitamente presente in Plutarco e in Senocrate, secondo cui da una parte la Diade svolge funzione di principio materiale, dall'altra si presenta come una seconda divinità-anima del mondo (cfr. R. HEINZE, Xenocrates, Darstellung der Lehre und Samnlung der Fragmente, Leipzig 1892, Hildesheim 1965, p. 35 sg. cfr. KRAMER, op. cit., pp. 95 sg. e p. 103 ; per considerazioni critiche sulla distinzione dei due tipi di Diadi cfr. ZEL­ LER-ISNARDI PARENTE, La filosofia dei Greci nel suo sviluppo storico, II, vol. II I/2 , Firenze 1974 p. 944) . 25) La monade diventa qui un'entità metafisica e telogica insieme e non più geometrica come in SEx. EMP., Adv. Math., X, 255 sgg. ; CLEM. ALEx., St1 om., V, 71, 2 sg. ; PHOT., Bibl. , cod. , 249, 439a19 BEKKER e PLuT., Quaest. Plat. , 1001E sgg. 26) Varie fonti ci sono per circoscrivere questa tendenza monistica contro la quale Numenio si oppone : la prima ci viene offerta da quella corrente costituita dai cosidetti « Pitagorici anonimi >> (cfr. G. REALE, Storia, vol. IV, p. 377), i cui rappresentanti maggiori ser,nbrano essere : 30

Diade possa derivare da Dio, denominato in questo contesto a sua volta come Monade, qualificandosi così nettamente come dualista 27 in un momento in cui appunto, erano in corso, di-

Alessandro Poliistore (cfr. D IOG. LAERT. , VIII, 25 ; cfr. sul pitagorismo di Diogene Laerzio A. J. FESTUGIÈRE , Le Mémoires pythagoriques cités par Alexandre Polystoré, in , 22 (1928), pp. 129-142 ; A. J. FESTUGIÈRE, La Ré'IJélation cit. vol. IV, pp. 32 sgg ; 38 sgg. ; J. M. RxsT, The Neoplatonic One and Plato's Parmenides, in 93 (1962) pp. 389-401 ; Ph. M. MERLAN, The Cambridge History of Lattr Greek and Early Medieval Philosophy, ed. A. H. ARMSTRONG, Cambridge 1967, p. 94 ; J. WHITTAKER, Emxe:�vtt vou xttt oòcrEw; in « Vigiliae Christianae t> 23 (1969), pp. 95 sgg. ; J. D ILLON, op. cit., p. 347). Per una visione di insieme della problematica qui trat­ tata si cfr. J. RIST, Monism : Plotinus and some predecessors, in « Harvard Studies in Classica} Philology t>, LXIX (1965), pp. 329-344. 27) Si discute molto se il dualismo di Numenio possa essere spie­ gato tacendo riterimento alle categorie di pensiero greco oppure no. Per i non orientalisti la dottrina della materia può trovare una giustificazione anche nell'ambito della filosofia greca (ctr. in particolare R. BEUTLER, op. cit., c. 673 ; per altre indicazioni ctr. G. INVERNIZZI, Lo stato, pp. 62021) per gli orientalisti invece, la spiegazione della posizione di Numenio è da ricercare in una matrice non greca : il PUECH (cfr. art. cit., pp. 748, 758 e 776), uno dei maggiori sostenitori di questa tesi, che considera il 31

spute tra i Pitagorici, sull'opportunità

di

affermare l'esistenza

di

un unico principio la Monade, da cui avrebbe poi tratto origine la Diade, oppure diversamente di sostenere l'esistenza di due principi distinti ed eternamente opposti, cioè la Monade e la Diade. L'accettabilità, pertanto, su un piano fisico-cosmologico di una materia illimitata e indefinita, in opposizione al materialismo stoico che la concepiva limitata e finita, nella conclusione dell'as­ surdità che ciò che per natura è indeterminato non possa essere ricondotto ad una misura e ad un ordine 2 8 , conduce Numenio alla convinzione dell'esistenza di una natura divina che, in vir­



di

una potenza superiore alla natura materiale, sembra por­

tare la materia da uno stato di illimitatezza ad una posizione fi­ nita e determinata. Questo dualismo che Numenio struttura su un piano fisi­ co-cosmologico, implica anche un dualismo di carattere etico : infatti, la materia così intesa, assume i caratteri di una forza malefica, la cui teorizzazione ancora una volta conduce Nume­ nio a porsi da una parte contro gli stessi Stoici per aver consi­ derato la materia come ( O"-rocO"� t;) 1 0 ed è assolutamente (&pyot;) 11, dall'altra dice che esso è dotato di un movimento connaturato (xtv')O"tc; O'I)[J.qm-roc;) 12, af­ fermazione quest'ultima che è stata interpretata nel senso di un superamento del pensiero aristotelico in direzione neoplatonica 13• È un'anticipazione, infatti, questa, che proponendosi di trasfor­ mare il classico co ncetto eleatico dell'immobile perfezione sfo­ cia nella formulazione della tesi di un Principio essenzialmente immutabile e insieme dinamicamente attivo. Pertanto, in questo modo, al Primo Dio, vengono ricondotte tutte le caratteristiche dell'essere : egli è il vero essere 1 4, l'essere in sé (&v é:oc.u-rcj) &v) 1 5, semplice ed uno con se stesso 1 6 •

Aristotele sia il fondatore della « Nus-Theologie 11, per cui la teologia me­ dioplatonica deve essere fatta risalire prevalentemente a Senocrate. Que­ sta tesi è avvalorata dalla convinzione che lo stesso Aristotele sia influen­ zato da Senocrate. Pertanto ne deriva che la stessa influenza aristotelica sui Medioplatonici sarebbe indirettamente una conferma della derivazione accademica della « Nus-Theologie ». 10) Cfr. fr. 15 DEs PLACES ; cfr. Commentatio n. l. 1 1) Cfr. fr. 12 DES PLACES ; cfr. FESTUGIÈRE, op. cit. , vol. IV, p. 128. 12) Cfr. fr. 15 DEs PLACES cfr. Commentario n. 4. Anche in queste altre attribuzioni è facilmente individuabile oltre l'influsso aristotelico (cfr. Mtth. A 7, 1072a19 sgg. ; cfr. BEUTLER, op. cit., cc. 670 sg. e il Donns, Numenius, p. 7) anche richiami al De Munào ( 5,397b e 6,398b tr. G. REALE) dove il Supremo Dio è il principe immobile del cosmo. Allo stesso mo­ do vengono ricondotte dai critici anche somiglianze linguistiche con lo gnosticismo e in particolar modo con Marcione (cfr. TERTULL., Adv. Mare., V, 19, 7). Lo stesso concetto di « immobilità )) conduce il GUTHRIE a par­ lare di influssi orientali, per cui si rinvia a Filone (De mut. nom., 54-65) e allo gnosticismo ( CLEM . ALEx. Strom. II, 22, 24; XVIII, 12, 14; H I P­ POL. Philos., VI, 9). Il BEUTLER si richiama, invece, a Platino, il quale nella II Enneade (9,1) riguardo alla sua seconda ipostasi afferma che il \IOUc; è !'Jepydqc Xet(WX>c; �!J't'W!Til • 13) Cfr. J. FESTUGIÈRE, Révélation, vol. IV, pp. 123 sg. ; E. Donns, Nutninius, pp. 10 sg. ; MARTANO, op. cit., p. 38. 14) Cfr. fr. 1 7 DES PLACES. 1 5) Cfr. fr. 1 1 DES PLACES. 16) Tema questo (IM: -rò �a;u-rcj) auyyLyv6(.1.evoc; 8L6Àou) che riprende al positivo ciò che esprime Numenio più avanti in un senso negativo (!J.iJ-re 38

Questa identificazione con l'essere è motivata dal fatto che l' Apamense considera l'intelligibile causato dall'intelletto e che questi, in dignità è superiore 17 all'intellegibile stesso, che costi­ tuisce il vero essere 1 8 • In quest'ordine di ragionamenti è impli­ cita la dottrina delle Idee come pensieri di Dio 19, da Numenio intesa in senso forte. Wdo&nov �(cncw&a.L 'tijt; -ra:ù-r6'n)TOt; (Li}&'u!p' �pou 7tpoaa.va:yxci�ecna:L (fr. 6 DES PLA�). 17) Cfr. frr. 16 (cfr. commentario), 17 (cfr. comtr�entario n. 6) DES PLACES. Queste considerazioni trovano un facile rapporto con il frammento nel quale è detto che il Bene « si libra al di sopra dell'essenza » (fr. 2 DES PLAcES). La stessa terminologia sembra richiamare quella usata da Pio­ tino (cfr. Enn., I, 1,8) per indicare che l'Uno non coincide con l'essere, ma è al di sopra dell'essere stesso. In Numenio non sembra essere esplici­ tamente detto che il Primo Dio sia l'Uno, giacché in questo caso non pos­ sono essere interpretati né il fr. 19 DES PLA�, dove l'affermazione che il Primo Dio è Uno è in realtà un resoconto dossografico della celebre Lezione sul Bene di Platone (sul significato dell'interpretazione numeniana della Lezione sul Bene, che Numenio sembra abbia conosciuto attraverso il resoconto di Aristosseno cfr. É . DES PLACES, Numenius, p. 1 1 2 n. 3 con bibliografia), nè il fr. 52 DES PLACES dove il Primo Dio è detto singulari­ tas (L6�, nè il fr. 2 la cui conclusione alcuni studiosi hanno voluto senza ragione modificare (lv al, posto dell'15v cfr. PUECH, op. cit. , p. 759 n. 3 ; A. J. FESTUGIÈRE, Ré'IJélation, IV, p. 129 ; R. MoNDOLFO, Il pensiero antico, Firenze 195()2, p. 492). 18) Mentre il GUTHRIE (cfr. op. cit., p. 1 16) e il KRAMER (cfr. Der Ursprung, p. 83 sg.) trattano di questo problema in chiave plotiniana, per cui il Primo Dio diventa la base di tutta la realtà, superiore all'essere stes­ so, il BALTES (cfr. op. cit., p. 285 sg.) ritiene invece, che la contraddizione fra l'affermazione secondo cui il Primo Dio è il mondo intelligibile (fr. 22 DES PLACES) e la considerazione che il Primo Dio è superiore al mondo intelligibile stesso (cfr. fr. 2 DES PLAcES) deve essere spiegata nello stesso modo in cui si intende in Platone l'idea del Bene come superiore alle altre Idee, pur essendo a sua volta un'Idea. 19) Individuare il creatore di questa dottrina è stata sempre un'im­ presa difficile. Molti ritengono che la dottrina fosse già presente in Platone (cfr. per uno status quaestionis di questa interpretazione che riconosce nel pensiero di Platone la identità fra intelligenza demiurgica e il mondo ideale o l'intelligenza nel mondo ideale stesso ZELLER-ISNARDI PARENTE, La filosofia dei Greci, II, voll. III/l, pp. 94-106). Allo stesso modo sembra un'ipotesi troppo fragile quella che vuoi vedere in Senocrate la presenza =

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Infatti non solo Dio pensa il mondo ideale, ma ne è egli stesso l'autore 20• Il Primo Dio è infatti detto essere il principio della sostanza 2 1 che sappiamo identificarsi con l' Idea. Nell'Apa­ mense da quanto si può ricavare dalle formulazioni rimasteci, di tale dottrina (cfr. R. M. }ONES, op. cit. , p. 324 ; R. E. WITT, Albinus, Cambridge, 1937, p. 71 ; F. STECKER, On tke problems : Artefact and Idea, in « Classica! Philology )) XXXVII, 1942, pp. 288 sgg. ; C. J. DE VoGEL, La reckercke des étapes prèci.ses entre Platon et le Néoplatonisme, in « Mnemosyne », S. IV, VII (1954), pp. 1 1 1 sg. ; KRAMER, Der Ursprung, pp. 40-46 e in Grundfragen, pp. 481-505). Così mentre da una parte si insiste più convincentemente nel riconoscere in Antiochia colui che in­ troduce la dottrina delle Idee come pensiero di Dio (cfr. THEILER, Die Vorbereitung, pp. 16 sgg. ; G. LucK, Der Akademiker Antiochos, Bem e Stutt­ gart 1953, pp. 28 sgg. ; ARMsTRONG, Tke Background of tke Doctrine « That tke Intelligihles are not Outsidt tke Intellect )>, in AA.VV., Le sources de Plotin, Vandoueuvres-Genève 1%0, p. 401) dall'altra si sottolinea come l'influenza del panteismo stoico fosse tra gli elementi che hanno contri­ buito in modo decisivo allo sviluppo della dottrina (cfr. J. H. LoENEN, Albinus' Metaphysics. An Attempt at Rehabilitation, in « Mnemosyne l>, S. IV, X (1957), pp. # sg. ; R. WITT, Albinus, p. 73 ; C. J. DE VoGEL, On tke Neoplatonic Character of Platonism and tke P/atonie Character of Neopla­ tonism, in « Mind l>, LXII (1953), pp. 61 sgg. ; G. REALE, Storia, vol. III, p. 371 ; G. INVERNIZZI, Il Diàaskalikos, vol. l, pp. 104-108). 20) Cfr. fr. 16 DES PLACES. 21) Cfr. fr. 1 6 DES PLACES. La posizione che la critica assume ri­ guardo al rapporto fra il Primo Dio e le Idee si riallaccia al problema del Primo Dio come inklletto o come qualcosa di superiore all'intelletto stes­ so. Il BEUTLER (cfr. op. cit., c. 671 s.) per esempio ritiene che il Primo Dio contenga in sè tutto il mondo intelligibile, come il vouc; plotiniano, mentre l'ARMsTRONG (cfr. Tke architecture, p. 9) pur accettando la causalità del Primo Dio per le Idee, non ammette che esista un'identità completa fra le Idee e il Primo Dio. Il Donns (cfr. Numenius p. 12, 15, 50, 52) trova co­ me caratteristica del Primo Dio qualcosa al di sopra dell'intelletto, che accomuna all'intelligibile solo per mediazione (cfr. fr. 15 DES PLACES). Il KRAMER (cfr. Der Urprung, p. 40-46) invece, seguendo la sua imposta­ zione generale che vede già in Senocrate l'iniziatore della dottrina delle Idee come pensieri di Dio, ritiene che il Primo Dio in Numenio pensi di­ rettamente le Idee. Il richiamo al fr. 22 DEs PLACES diventa per l'autore tedesco fondamentale, anzi il KRAMER a questo proposito ricorrendo ad un altro frammento (cfr. fr. 1 1 DES PLACES) pensa che il Primo Dio è rivolto verso i soli intelligibili (cfr. FEsTUGIÈRE, Révélation, III, p. 91 n. 3), per cui contemplando l'intellegibile, egli rimane volto verso se stesso, 40

si propende ad eliminare l'esistenza autonoma dell'Idee per ri­ condurle alla realtà mentale di Dio 22 senza che nella sostanza venga fatta più distinzione fra le Idee come realtà mentale e le Idee come sussistenti ontologicamente 23• Questa concezione, tut­ tavia, appare in contrasto con una testimonianza di Proclo, dal­ la quale si ricava che il Primo Dio pensa, giovandosi dell'aiuto del Secondo (€v 7tpoo-xp�aeL -roti �eu-répou voei:v) 24• Questo fatto sembra indicare che l'attività intellettiva non è specifica del Pri­ mo Dio e che, quindi, egli la può svolgere solo con l'aiuto del Secondo Dio, che si caratterizza anch'egli, come si vedrà fra poco, come Intelletto. Non ci sembra esatta, tuttavia, l'ipotesi di alcuni studiosi, che vedono in questo passo esplicitata l'esi­ genza di porre il principio assoluto della realtà al di sopra del pensiero 2 5• Quello che qui Numenio vuoi dire è che il Primo Dio ha un'attività di pensiero diversa da quella intellettiva. Di che tipo sia questa attività, Numenio cerca di spiegarlo nel fr. 19, in un passo stranamente sfuggito agli studiosi. In esso viene detto a tutte lettere che « . . . per quanto riguarda il pensiero ( -rò cppovei:v) esso è da attribuire al solo Primo Dio >> 26 . Si tratta

attuandosi una piena coincidenza di soggetto ed oggetto, in senso ploti­ niano (cfr. G. INVERNIZZI, Lo stato degli studi, p. 616 n. 59). 22) Cfr. N. M. RICH, The P/atonie ldtas as the Thoughs of God, in « Mnemosyne » IV, 7, 1954 p. 129 sg. ; KRAMER, Grundjragen, pp. 489495). 23) Quanto all'« idea in sè >> sembra essere riconosciuta dai critici la presenza in Numenio di due ordini di intelligibili, così come in Albino (cfr. Did., p. 156, 9 sgg. HERMANN) , anche se nell'Apamense non è cogli­ bile la distinzione data la carenza dei documenti a disposizione. Nel fr. 16 DES PLACES vien detto che il Secondo Dio produce l'Idea di se stesso. Poiché, come vedremo, la caratteristica fondamentale del Secondo Dio è agire per imitazione, se ne ricava che tale idea deve essere la riflessione del­ l '�ùw�a.&ov, cioè un intelligibile di secondo livello (cfr. F. THEDINGA, Nu­ menio, p. 14; A. H. ARMSTRONG, The architecture, pp. 8 sg.) ; lo stesso KRA­ MER (cfr. Der Ursprung, p. 84) giunge al medesimo risultato interpretando gnoseologicamente le due oùata.t che appaiono nel fr. 16 DEs PLACES. 24) Cfr. fr. 22 DES PLACES. 25) Per una discussione delle tesi di questi interpreti cfr. G. IN­ VERNIZZI, Lo stato, pp. 61 1 sgg. 26) Cfr. fr. 17 DES PLACES. 41

allora di comprendere che cosa significa precisamente questo cppove�v. Nei dialoghi platonici esistono sufficienti indicazioni per spiegare la posizione di Numenio. In primo luogo si tratta di chiarire che uso venga fatto in generale del termine cppovdv in Platone. Esso indica una forma di conoscenza razionale (inteso questo termine nel suo senso più generale, cioè come conoscen­ za contrapposta alla conoscenza sensibile) che coinvolge l'intera vita del soggetto conoscente. In altri termini esso implica anche, contemporaneamente, una scelta morale. Non per nulla spesso il cppove�v, quando è usato assolutamente, è reso con 27• Quest'ulti­ ma precisazione è importante, perché serve a distinguere il cppove�v, dal voe�v, che invece, è un tipo di conoscenza intuitiva, raggiungibile è vero, attraverso una purificazione, non conpor­ tante direttamente una modificazione del soggetto conoscente 2 8 • Questo significato è attestato con estrema chiarezza nel Fi­ lebo, dove più volte è riaffermata la contrapposizione fra il tipo di vita dedito al piacere e quello dedito al cppove�v 29 . È da ri­ levare come in questo dialogo il cppove�v sia posto come fine ultimo dell'uomo, in quanto esso è in grado di partecipare ad esso 30• Affermare che si partecipa al cppove�v significa che esso esiste già di per sé o che esistono delle realtà che già realizzano in questa forma di attività razionale il loro fine ultimo. Nella Repubblica vien detto, infatti, che il cppovdv è qualcosa di di­ vino 31 ; questa affermazione non avrebbe molta importanza, se anche nel Sofista, in un passo per altri versi assai discusso 32 , 27) Oltre ai passi che saranno indicati più oltre, si vedano quelli cui rimanda É . DES PLACES, Lexique de la langue philosophique tt religieuse de Platon, Paris 1964, s.v. 28) Cfr. A. J. FESTUGIÈRE, Contemplation et vie contemplative selon Platon, Paris 195()2. 29) Cfr. Phil., 1 1 be, 12 d. 30) Cfr. Phil., 55a. 3 1) Cfr. Resp. VII, 518e. 32) Cfr. Soph., 249a. Questo passo è spesso citato da quegli studiosi che vedono già prefigurata in Platone la dottrina della presenza delle Idee in una mente divina ; cfr., per esempio, C. J. DE VoGEL, A la reche1che des étapes, pp. 1 1 1-122. 42

non venisse affermato che al mondo ideale compete il cppove:i:v. La stessa tematica è ancora ripresa nell' Epinomide 33, in cui anche agli dei astrali viene attribuito, come caratteristica del loro modo di vivere, con un chiaro richiamo al Filebo, il cppove:i:v. Dunque il cppove:i:v serve ad indicare in Platone l'attività ra­ zionale del divino e, certamente, Numenio può aver avuto pre­ sente questi passi nel frammento citato. La scelta di questo ter­ mine per indicare l'attività di pensiero del primo Dio può forse essere stata motivata dal fatto che, come si è visto, il primo Dio in Numenio è anche il Bene, donde una valenza auf des Denken Plotins, Winterthur 1%4, p. 9 ; BALTES, op. cit. 51) Nell'operazione distintiva che Numenio pone fra il Primo Dio e il Secondo si è voluto vedere un richiamo alla distinzione che Platone opera tra Creatore e Reggitore dell'Universo nella S,;sta Epistola (323d). Allo stesso modo, mentre viene sottolineato come la stessa separazione della figura del Demiurgo da quella del Primo Dio fosse da intendere come una eredità gnostica, si fa notare come in Plutarco (cfr. Quaest. Plat., 2) e in Apuleio (cfr. De Plat. I, 1 1 THoMAS) non vi sia alcuna differenza tra Dio Sommo e Dio Creatore. In Filone, invece, come intermediario appare un'entità che deriva dal Padre, ma ne è in qualche modo distante, il Logos (cfr. E. ZELLER-R. DEL RE, La Filosofia dei Greci, III, vol. IV, p. 249-250). 52) Cfr. fr. 1 1 DEs PLACES. Questo Terzo Dio che Numenio chia­ ma cbt6yovo� o 7tO('IJ!J.CX e di cui si parla in altri due frammenti (cfr. 21 e 22 =

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rattere di duplicità. Esiste, però, un elemento comune alle varie spiegazioni, ossia il fatto che il carattere di duplicità deriva dal Secondo Dio dalla sua precipua funzione mediatrice fra l'intelligi­ bile e il sensibile. Infatti il Secondo Dio esplica nei confronti del­ l'universo la stessa funzione di causa esemplare del Primo Dio, proprio perché facendo riferimento al Primo Dio media la sua esemplarità. Se il Secondo Dio si presenta come causa ordina­ trice del mondo, ciò deve essere intesa nel senso che questa sua causalità si esplicita nel condurre il mondo verso la causa finale che è il Primo Dio. In un primo passo Numenio afferma infatti, che la divisione si produce nel Secondo Dio, in quanto egli abbandona la contem­ plazione dell'intellegibile e ordina la materia : questa attività pro­ duce in lui divisione 53, in quanto egli ha, si, la capacità di unifi­ care la materia, ma, a sua volta, viene dal caratte­ re diadico della materia 54• Una teoria simile è implicita anche in un altro passo in cui si afferma che il Secondo Dio, nella misura in cui si rivolge al mondo sensibile, produce la vita nel mondo, mentre tale vita cessa, quando egli si ritrae in se stesso, nella contemplazione 55• Questo passo, affermando con sufficiente chiarezza che il Se­ condo Dio può svolgere un'attività completamente , DF.S PLACES) è visto dagli intepreti come un aspetto insieme al Secondo Dio una medesima entità (cft. E. VACHEROT, op. cit., p. 325 ; ZELLER, op. cit. , p. 220 ; PUECH, op. cit. , p. 756 ; PH. MERLAN, Drei Anmerkungen, pp. 140 sg ; G. REALE, Storia vol. IV, p. 421 ; J. DI LLON , op . cit . , p. 374) ; il KRA­ MER, Der Ursprung, p. 72 sg., invece distinguendosi nettamente da queste interpretazioni, attribuisce al Secondo-Terzo Dio, identificato con l'anima del mondo, un'attività creatrice-animatrice del cosmo ; fa derivare la dua­ lità della coppia Secondo-Terzo Dio dalla caratteristica di Diade attribuita da Senocrate alla sua seconda divinità (cfr. HEINZE, op. cit., pp. 35 sg.). 53) Per il BALTES (op. cit. , p. 260) nella sua analisi comparativa con il Timeo il Secondo e Terzo Dio sono un aspetto del Demiurgo (Tim. 39e). Il &6c; xa.&opw11 è rivolto verso i 'IIOlJ-rli, il &s:6c; 8Lot\looufL&IIot; -roLotu-rott; xott -roaotu-rott; !8éott; 8s:!11 xott -r68s: axs:!11 si pone in relazione alla hyle come in Numenio. Così nel fr. 15 (DES PLACES) il Secondo Dio si porta m:pt -rò: 'IIOlJ-rÒ: xott ot!a&lj-rò: ; diviene Secondo Dio nel senso più alto quando è rivolto ns:pt -rò: 'IIOlJ-rò:, terzo Dio quando si rivolge ns:pt -rò: ot!a&lj-rò:. 54) Cfr. fr. 1 1 DES PLACES. 55) Cfr. fr. 12 DES PLACES. di

47

spiega anche quanto vien detto in un altro frammento, che ha su­ scitato molte discussioni fra gli studiosi, ove viene affermato che, > (�m:L-roc) aver ordinato il cosmo, il Demiurgo è intera­ mente dedito alla contemplazione 56• Evidentemente quel 132), vol. I, Paris 1967, p. 1 17, che è stata accolta anche d:il DES PLACES, Numénius, p. 43. Numenio attribuì senza dubbio una notevole importanza al metodo allegorico (cfr. Introduzione, pp. 21-23), che del resto, prima di lui, aveva già, raggiunto una matura formulazione come ab­ biamo detto in Filone di Alessandria (cfr. G. REALE, Storia, IV, pp. 256260, con le relative indicazioni bibliografiche). Sul rapporto tra Numenio e Platino riguardo a questo problema cfr. J. PÉPIN, Remarques sur la théo­ ria de l'exègèse allégorique chez Philon, in AA.VV. Philon d' Alexandrie. Colloques nationaux du Centre National de la Recherche Scientifique, Lyon 1 1-15 Septembre 1966, Paris 1967, pp. 131-167.

61

le

ORIG., Contra Celsum, IV, 5 1 ; I, p. 324, 18-23 KOETS­ CHAU ; II, p . 3 16, 14-20 BORRET ( = fr. 32 LEEMANS ; cfr. Test. 17)

' Eyw �· o!�oc xoct Nou[i�VLov -rov llu6ocy6peLov . . . 1tOÀÀocxou -r&v auyyptX[i[iiX-rwv ocù-ro\.i Èx-rL6É[ievov -roc Mwuaéwç xoct -r&v 1tpocp'Yj-r&v xoct oÙx ocm61fvwç ocÙ-roc -rpo1toÀoyo\.iv-roc, i:li) Èa't'� TÒ lSv ; �poc 't'!XU't'l. ..a a't'o�xe'i:oc ..a Téaaocpoc, � y1j xocl. 't'Ò 1tup xocl. oct &ÀÀoc� ?>ùo !J.E't'oc�ù cpuae�t; ; �poc oùv 8� 't'OC ov't'oc T!XU't'oc Èa't'�v, � .. o� au).).ljo8'1)v � xoc6' �v yl: ..� oc1hwv ; - Kocl. 1tWt;, 11 yl: Èan xocl. YEV'1j't'OC xocl. 7t!XÀ�vocype't'oc, E� r' éa't'�V opiiv !XÙ't'OC È� àJ...).ij).wv y�yv6(.LEV!X xocl. È7t!XÀÀ!X0'0'6(.LEV!X xocE (.Li)'t'E O''t'o�xe'i:oc tl7tocpxovToc !J.iJn auÀÀoco&.ç ; - I:&!J.!X !J.ÈV 't'!XU't'l. oi.hwt; oùx llv 't'Ò o v. 'A).).' llpoc 't'!XU't'l. !J.ÈV ou, � ?>È UÀ'1) OUV!X't'!X� e!voc� ov ; - 'AÀÀoc xocl. ocù't'ijv 7t!XV't'Òt; !J.OCÀÀOV oc8tJV!X't'OV, ocppwa't'(� 't'OU !J.É:VE�V • O't' 7t OC !J.Òt; yocp � UÀ'1) p ow81Jt; xocl. ò�uppo7tot;, �&.6oç xocl. 7tMTot; xocl. !L!fixot; oc6p�O''t'Ot; xocl. ocvljVU't'Ot;.

72

Fr. 3 ( 12 L. )

- Che cosa è, dunque, l'essere 1 ? Forse sono essere questi quattro elementi 2 che vediamo e le altre due nature intermedie ? Ed ancora : essi sono essere nel loro complesso oppure consi­ derati singolarmente ? - Ma come potrebbe avvenire ciò ? Non sono essi realtà generate e mutevoli, dal momento che, come possiamo vedere, si generano gli uni dagli altri e mutano, senza mai permanere né come elementi né come aggregati ? - Queste realtà, insomma, sono corpo e, pertanto, esse non potranno coincidere con l'essere. Ma, se queste realtà che ve­ diamo non sono l'essere, può forse esserlo la materia ? - È del tutto impossibile, e a maggior ragione, che anche la materia sia essere, perché essa è incapace di permanere immu­ tata. La materia, infatti, è simile a un fiume 3 dalla corrente impetuosa e rapida, che è indefinito e illimitato in profondità, in larghezza e in lunghezza 4.

73

Commento Fr. 3

l) Con questo frammento, che è strutturato in forma dialogica (cfr. l'Introduzione, p. 1 1), inizia la trattazione dell'ontologia, che compren­ de anche i frammenti 4a, 5, 6, 7, 8 DEs PLACES, fino alla dimostrazione del­ la tesi che il vero essere è l'incorporeo. 2) Sembrano essere proprio i quattro elementi (Motxe:r:�), che gli Stoici distinguevano nettamente dai principi (apxcxL). Cfr. DIOG. LAERT. VII, 134 = S.V. F. , I, fr. 85 ; SToB., Ecl. I 17, 3 p. 1 52, 19 W. = S.V.F., I, fr. 102 ; PROB., Ad verg. Ecl. 6, 3 1 p. lO K.EIL = S. V.F. , I, fr. 496 ; EusEB., PrtUp. evang. XV 15, 7 = S. V.F., I, fr. 499 ; PLUT. De 'Virt. mor. 4 p. 443a B. = S. V.F., Il, fr. 299 ; CIC., De finis. IV, 40 = S. V.F., Il, 412; GELL., Noct. Att., II 18, 8 = S.V.F., II, 432. 3) Per questo concetto cfr. PLAT. , Tim., 52e e PLOT., Enn. V, 6, 15. 4) Numenio accenna qui alla sua dottrina della materia, che egli identifica, come sappiamo (cfr. I'Introduziot>e, pp. 27-3 3), con la diade indefinita.

75

4a EUSEB., Praep. ev. , XV, 17, 3-8; p. 819c-820a V. ; II, 381, 18- 382, 19 MRAS ( = fr. 13 LEEMANS)

p.

"!la't'e xa:Àwç o Myoç etpljxe !pliç, d É). 3) Cfr. PLAT., Tim., 52a ; PHIL. , Leg. ali., I, 5 1 ; Cher., 44, 52 ; He­ res. 206 ; Vita Mos., 171. .

99

8 EUSEB., Praep. ev . , XI, 10, 12- 14; p. 526d-527a V. ; II, 28, 1- 1 1 MRAS (= fr. 17 LEEMANS)

E!-riX Ù1to0&c; cp7JO'LV

p.

·

El (.LÈ'I 8� -rò òv 7ttXV't'Cilc; 7ttXV't'Tl &t8t6v -ré EO''t'L KIXL �-rpe1t't'ov KIXL ou81X(.L&c; ou81X(.L'Ìi &l;tO"t'tX(.LeVOV &1; ÉIXU't'OU, (.1-éveL 8è )(IX't'a ..a IXU't'a KIXL &O'IXU't'Cilc; �O"t'7)Ke, -rou-ro 8lj1tou lXv et7) -rò T1j •voljO"eL �-ra ì..6you 7tepL­ ÌI7J7tT6v' . El 8è 't'Ò 0'&(.1-IX pet KIXL cpépej 't'IXL Ù1tÒ -rijc; eu6Ù (.1-e't'IXOOÌI'Yjc;, &7to8t8pocGKeL xiXl. oux. lO"t'tv. "06ev ou 1toÌIÌI� (.LIXVEIX (.L� ou -rou-ro e!viXL &6pt0'­ -rov, 86l;7J 8è [.L6V1J 8ol;IXO''t'ÒV KIXL, é:>c; cpl)O'L fiJ.tf't'CilV, •ytyv6(.LeVOV KIXL &7toÌIÌIU(.LeVov, ISv-rCilc; 8è ou8é7tO't'e v Muaomcéi'>v -rà 7te:pt -roti .&e:oi:i xa:t x60"!J.OU yevÉae:wt; &7toauÀljaa;aa;v. Non ci pare giustificato neppure il tentativo del MERLAN, The Cambridge, p. 100, il quale indica nella concezione mosaica dell'essere l'elemento di contatto individuato da Numenio tra Platone e Mosè. Tale concezione sa­ rebbe, tra l'altro, suggerita dalla posizione della citazione di Eusebio, a conclusione di un frammento che parla della concezione dell'essere. Ma Eusebio fa capire chiaramente che non esiste continuità fra il testo di Nu­ menio cui attinge il frammento e la frase di cui qui ci occupiamo. =

1 03

III 9 EUSEB., Praep. ev. , IX, 8, 1-2; p. 4lld-412a. V. ; l, p . 494, 9- 18 MRAS ( = fr. 1 8 LEEMANS)

Toc a· é:ç"ijç ' ltXvvljç XIXL 'lcx[.LOpljç AtyU1t't'�O� te:poypCX[.L[.LCX't'E�ç. &vape:ç oùae:vòç �TTouç [.Lcxye:uacxL xpL6évTe:ç dv cx L , bd ' louacxtwv èçe:Àcxuvo[.Lévwv - ' ' � ' 1 �-..v. aè: &lç 6e:o q> LÀEL ye:vo(.LÉV [.LCXpTUpe:�.

104

FRAMMENTI DEL TERZO LIBRO Fr. 9 ( 18 L.)

Nel libro terzo lo stesso Numenio ricorda Mosè, dicendo questo : In seguito, ci furono Ianne e I ambre 1, scribi sacri egiziani che vennero giudicati uomini a nessuno inferiori nei culti ma­ gici 2, all'epoca dell'espulsione dei Giudei dall'Egitto. Infatti, quando i Giudei avevano come capo Museo 3, un uomo assai potente nel pregare Dio, furono proprio costoro ad essere scel­ ti dalla maggior parte degli Egizi per opporsi a Museo ed essi si dimostrarono capaci di far cessare le più gravi calamità che Museo aveva introdotto nell'Egitto 4• Con questi esempi Numenio dà testimonianza sia degli ec­ cezionali prodigi compiuti da Mosè, sia del fatto che egli era amato da Dio.

105

Commento Fr. 9

l) Questi due nomi dei maghi egiziani, chiamati dal Faraone per contrastare l'azione di Mosè, non sono ricordati nell'Esodo, bensì nella Epistola II a Timoteo, 3, 8, dr. É. DES PLACES Numénius, p. 52. Ianne è conosciuto anche da Apuleio (cfr. Apol., c. 90, p. 100, 1 1 HELM.). 2) Plutarco e Massimo di Tiro considerano con simpatia le cre­ denze magiche (cfr. R. HEINZE, Xenocrates, pp. 99 sg.). Lo stesso Apuleio mostra di credere nella magia e nella natura dei demoni (cfr. Apol. c. 43, p. 50, 2 HELM. ; De deo Socr., c. 6, p. 13, 1 8 THoMAS). Anche Platino pre­ senta un'interpretazione magica delle preghiere (cfr. Enn., Il, 9, 1 4 ; IV, 4, 26). 3) Mosè è, dunque, identificato con Museo, il mitico poeta greco. Di questa identificazione tratta lo storico giudeo Artapanos ricordato da ALEX. PoL., ap. EusEB., Praep. e'V. , IX, 27, 3 sg. ; p. 4 3 2 a sg. VIGER. 4) Si tratta naturalmente delle famose piaghe d'Egitto. Il ruolo non primario attribuito da Numenio a Mosè si deduce dal fatto che egli, con­ traddicendo alla Bibbia, afferma che i maghi del Faraone furono in grado di fermare le piaghe.

1 07

lOa ORIG. ,

Contra Celsum, IV, 5 1 ; l, p. 324, 23-27 KOETS­ CHAU ; I l , p. 3 16, 20-24 BORRET (= fr. 19 LEEMANS)

' Ev 8è 't'éj> 't'phcp Ilept 't'� � OC1tO't'e't'eUy(LéVCJ>�, IJ.XAou xoc�pou m�v e[1tei:v. ' Ex't'tee't'oc� xoct 't"Ìjv 1tept Mwuaéw� xoct ' locvvou xoct 'loc(L6pou tO"t'optocv.

108

Fr.

lOa ( 19 L.)

Numenio, nel terzo libro del trattato Sul Bene, riferisce, tra l'altro, una storia di Gesù, benché egli non citi il suo nome, e la interpreta in modo allegorico 1 • Se l'abbia fatto con esito fe­ lice o meno, avremo modo di dirlo in altra occasione. Egli ri­ ferisce anche la storia di Mosè, di lanne e di Iambre 2 •

109

Commento Fr. lOa

l) Da questo passo si deve dedurre che, secondo Origene, Nume­ nio avrebbe conosciuto Gesù. Nulla ci viene detto però circa le fonti di tale conoscenza. Per il ricorso al metodo allegorico cfr. l'Introduzione, pp. 2 1-23 e, sopra la nota n. 3 del fr. lb. 2) Cfr. il frammento 9. Origene, però, non fa cenno sull'identifica­ zione di Mosè con il poeta Museo.

111

lOb CALC. , In Tim. , capp. 295-299 ; WASZINK fr. 52 (Test. 30 L.)

p.

297,

1-301, 20

=

CCXCV. Nunc iam Pythagoricorum dogma recenseatur. Numenius ex Pythagorae magisterio Stoicorum hoc de initiis dogma refellens Pythagorae dogmate, cui concinere dicit dogma platonicum, ait Pythagoram deum quidem singularitatis no­ mine nominasse, silvam vero duitatis ; quam duitatem indeter­ minatam quidem minime genitam, limitatam vero generatam es­ se dicere, hoc est, antequam exornaretur quidem formamque et ordinem nancisceretur, sine ortu et generatione, exornatam ve­ ro atque illustratam a digestore deo esse generatam, atque ita, quia generationis sit fortuna posterior, inornatum illud minime generatum aequaevum deo, a quo est ordinatum, intellegi de­ beat. Sed non nullos Pythagoreos vim sententiae non recte as­ secutos putasse dici etiam illam indeterminatam et immensam duitatem ab unica singularitate institutam recedente a natura sua singularitate et in duitatis habitum migrante - non recte, ut quae erat singularitas esse desineret, quae non erat duitas subsisteret, atque ex deo silva et ex singularitate immensa et indeterminata duitas converteretur ; quae opinio ne mediocriter quidem institutis hominibus competit ; denique Stoicos defini­ tam et limitatam silvam esse natura propria, Pythagoram vero in­ finitam et sine limite dicere, cumque illi quod natura sit immen­ sum non posse ad modum atque ordinem redigi censeant, Py­ thagoram solius hanc dei fore virtutem ac potentiam asserere, ut quod natura efficere nequeat, deus facile possit, ut qui sit omni virtute potentior atque praestantior, et a quo natura ipsa vires mutuetur. 1 12

Fr. l Ob (Fr. 52)

CCXCV. Consideriamo 1 ora la dottrina pitagorica. Nu­ menio, che era della scuola di Pitagora, confuta questa dottrina stoica dei principi con la dottrina di Pitagora 2, con la quale, egli dice, concorda quella di Platone. Numenio dice che Pitagora ha dato a Dio il nome di Mo­ nade 3, alla materia 4 quella di Diade. Questa Diade, per quan­ to in essa v'è di indeterminato, non fu generata, per quanto in essa v'è di determinato fu generata 5 • In altri termini : prima che venisse ordinata e che ricevesse la forma e l'ordine, essa non aveva né nascita, né generazione, ma, una volta ornata e abbel­ lita dal Demiurgo, è generata 6 ; e cosi, dato che la generazione è un accadimento posteriore, quel principio, in quanto non ancora ordinato, si deve intendere come non generato e pertanto coe­ terno a Dio ', dal quale è stato poi ordinata 8• Ma si dice che alcuni Pitagorici, non comprendendo corret­ tamente il valore di questa dottrina 9, hanno sostenuto che an­ che la Diade indeterminata e priva di misura è stata prodotta dall'unica Monade, allorché la Monade stessa abbandona la pro­ pria natura per assumere la configurazione della Diade. Ma que­ sto è assurdo, dal momento che la Monade, che esisteva, dove­ va cessare di esistere, e per di più Dio si sarebbe dovuto mutare in materia e la Monade nella Diade senza misura e determina­ zione : una concezione questa che non può essere sostenuta nean­ che da uomini di mediocre cultura. Infine, mentre gli Stoici sostengono che la materia è, per sua propria natura 1 0, determi­ nata e limitata, Pitagora afferma che essa è indefinita e senza limiti ; e mentre i primi sostengono che ciò che per natura è indeterminato non può ricondursi ad una misura ed a un ordine, Pitagora afferma che Dio solo può avere la forza e la potenza di poter fare facilmente ciò che è impossibile alla natura, lui che 1 13

CCXCVI. Igitur Pythagoras quoque, inquit Numenius, flui­ dam et sine qualitate silvam esse censet nec tamen, ut Soici, na­ turae mediae interque bonorum malorumque viciniam, quod ge­ nus illi appellant indifferens, sed plane noxiam. Deum quippe esse - ut etiam Platani videtur - initium et causam bonorum, silvam malorum, et vero quod ex specie silvaque sit, indifferens, non ergo silvam, sed mundum ex speciei bonitate silvaeque ma­ litia temperatum ; denique ex providentia et necessitate progeni­ tum veterum theologorum scitis haberi. CCXCVII. Silvam igitur informem et carentem qualitate tam Stoici quam Pythagoras consentiunt, sed Pythagoras mali­ gnam quoque, Soici nec bonam nec malam. Dehinc, tanquam in progressu viae malis aliquot obviis perrogati : ....A.., 0< (L�>V OE:UTE:pOt; 1tE:p�' TIX\ VO'Y)TIX\ XIX�' Ot�uvt1OUV 1tpWTOt; 1tE:p�\ TOt\ V07JT0tl 1 O< oe: TcX. Mlj 60tU(J.cX07Jt; 8' d -rou-r' é 7tpw-rcp. 'l'cp' où oùv -ra &J:Aoc CÌ1t'ox.poc(ve-roc� xoct &yoc6ou-roc�, èav -rou-ro èxdvcp (J.6vov !J.6vcp 7tpo a7j , tioeÀ-répocc; ocv dl) ljJu:x,�c; é-r� tX!J.cp�Àoyef:v. Et yap tiyoc66c; È.Mw o 8eu-repoc; où 7totp' éocu-rou, 7tocpa 8è: -roti 7tpw-rou, 1twc; o!6v 't'& ucp' oÙ (J.&'rOUO'(otc; È.O"t'LV oÙ-roc; tiyoc66c;, (J.� tiyot6Òv (e!vot�) , &AA(or:. Contrariamente il KRAMER (cfr. Der Urspnmg, pp. 76-77) tenta di associare questo fram­ mento con il fr. 6 di Senocrate. Cfr. l'Introduzione. 2) Cfr. il fr. 16. 3) Numenio, come si vede da quanto subito segue, si riferisce alla famosa lezione sul Bene di Platone. Il riferimento ad un sillogismo, per noi oscuro, deriva forse, come suggerisce Mmu.AN, Drei Anmerkungen, pp. 143 sgg., da una particolare interpretazione data da Numenio al re­ soconto che Aristosseno fece della lezione (cfr. ARisrox., Harm., 2, p. 30, 27 sgg. MACRAN) : Numenio avrebbe inteso il 1:ò m� nel senso di au(J.­ xtpor:a[J.or: aristotelico. (Cfr. E. DES PLACES. Numénius, p. 1 1 2 n. 3). 4) Cfr. l'Introd�, p. 39 n. 17.

1 65

20 EUSEB., Praep. ev. , XI, 22, 9- 10, MRAS ( fr. 29 LEEMANS)

p.

544d V. ; Il, p. 5 1, 2-9

=

T!Xth(X a· oiJ't"Cùt; �XOV't"(X �e"t)X.&V o llÀIX't"CùV 1J.ì..ì.n. X.(Xt 1J.ì..ì.n. XCùPLO'!Xt; • ' Ilo ' , T L!L!XLov) vede quali e quante specie vi si contemplano, così pensò (8!4Vo�&lj) che tali e tanti anche que­ sti (scii. : il mondo) ne dovesse accogliere 1>. 2) Le difficoltà presentate da questa testimonianza indussero già il THEDINGA e il DIEHL a proporre di integrare il testo inserendo un xpw-rov prima dell'intelletto posto fra virgolette (xa:Tà: TÒv xpwTov vouv). Questa congettura fa assumere un senso completamente diverso alla testimonian­ za e, di conseguenza, la traduzione risulterebbe così modificata :