Il restauro virtuale in archeologia 9788843062225, 8843062220

Il restauro virtuale è l'insieme di metodologie informatiche integrate di Computer Graphic, sia bidimensionali che

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Il restauro virtuale in archeologia
 9788843062225, 8843062220

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BIBLIOTECA DI TESTI E DI STUDI / 722 ARCHEOLOGIA

Il volume è corredato da materiali consultabili on line all'indirizzo www.carocci.it

I lettori che desiderano informazioni sui volumi pubblicati dalla casa editrice possono rivolgersi direttamente a: Carocci editore via Sardegna 50, 00187 Roma, telefono 06 I 42 81 84 17, fax 06 I 42 74 79 31

Visitateci sul nostro sito Internet: http://www.carocci.it

Massimo Limoncelli

Il restauro virtuale in archeologia

Carocci editore

Volume pubblicato con il contributo dell'Institute of Classica! Archaeology, Austin Texas

edizione, marzo 2012 © copyright 2012 by Carocci editore S.p.A., Roma 1a

Realizzazione editoriale: Ingarao, Roma Finito di stampare nel marzo 2012 dalla Litografia Varo (Pisa) ISBN 978-88-430-6222-5

Riproduzione vietata ai sensi di legge (art. 171 della legge 22 aprile 1941, n. 633) Senza regolare autorizzazione, è vietato riprodurre questo volume anche parzialmente e con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche per uso interno o didattico.

Indice

Prefazione

II

Presentazione

13

di Francesco D )Andria

di Carla Maria Amici Premessa I.

Il restauro virtuale

17

I.I.

Introduzione Conservazione virtuale e restauro virtuale Verso una definizione disciplinare Campi di applicazione del restauro virtuale in archeologia

17

1.2.

1.3.

r.4.

18 22

26

Parte prima Il restauro virtuale e la restituzione in 2D 2.

L'immagine digitale

31

2.1.

Le immagini digitali La percezione e la misura del colore

31 32

Le caratteristiche dell'immagine bitmap

39

Le caratteristiche dell'illustrazione vettoriale La compressione e i formati dei file d'immagine I software di grafica bitmap e vettoriale

42

2.2.

2.3. 2.4. 2 . 5. 2.6.

2.2.r. Il colore e la calorimetria / 2.2.2. I modelli di colore / 2.2.3. Il gamut o spazio colore 2.3.r. I pixel / 2.3.2. La dimensione e la risoluzione I 2.3.3. I metodi e la profondità di colore / 2.3.4. I metadati

44

47

8

3.1.

3.2.

3.3.

3.4.

3. 5. 3.6.

3. 7. 3.8.

INDICE

Il restauro virtuale 2D

51

Introduzione al restauro virtuale 2D I principi del restauro virtuale 2D Le operazioni preliminari

51 51

54

Il rilievo e la restituzione dell'immagine

59

3.3.1. Caratteristiche del monitor / 3.3.2. Taratura e calibrazione del monitor / 3.3.3. Acquisizione e digitalizzazione dell'immagine 3.4.1. Il fotoraddrizzamento / 3.4.2. Scala di restituzione

L'ottimizzazione dell'immagine

3.5.1. Le selezioni e le maschere / 3.5.2. Il tono e il contrasto / 3.5.3. L'esposizione / 3.5.4. Il colore

Prima del restauro virtuale: analisi non invasive

3.6.1. Analisi dei degradi / 3.6.2. Mappatura dei degradi e degli inter­ venti / 3.6.3. Analisi qualitative e quantitative / 3.6.4. Analisi del colore

Organizzazione e flusso del lavoro

3.7.1. Pulitura e rimozione / 3.7.2. Consolidamento I 3.7.3. Altera­ zioni cromatiche / 3.7.4. Integrazioni

77

Oltre il restauro. La ricostruzione iconografica virtuale

3.8.1. La ricostruzione nel restauro 2D / 3.8.2. Le fonti / 3.8.3. La restituzione in outline I 3.8.4. Il ripristino iconografico virtuale

La pittura

93

La pittura e il restauro virtuale Forme di degrado e interventi

93 97

4.2.1. Dipinti su tavola / 4.2.2. Dipinti su tela / 4.2.3. Dipinti mura­ li

I mosaici

103

Il mosaico e il restauro virtuale Forme di degrado e interventi

103

106

6.

I documenti e i materiali librari

109

6.1. 6.2.

I documenti librari e il restauro virtuale Forme di degrado e interventi

109

110

INDICE

9

Parte seconda Il restauro virtuale e la restituzione in 3D 7•

I modelli digitali

119

7 .1. 7 .2. 7 . 3.

Il modello digitale Le caratteristiche del modello digitale Le tecniche di modellazione manuale

119 122

Le tecniche di modellazione procedurale I modelli da rilievo digitale

130 131

Gli stili di visualizzazione Texture mapping

139 143

L'illuminazione e il rendering

1 47

7 . 4. 7 . 5. 7 .6. 7 .7.

7.3.1. La modellazione parametrica / 7.3.2. La modellazione NURBS / 7.3.3. La modellazione poligonale / 7.3.4. Superfici di suddivisione (subdivision sur/aces) I 7.3.5. Implicit sur/aces e metaballs I 7.3.6. Dis­ placement mapping I 7.3.7. 3D sculpting

7.5.1. Fotomodellazione I 7.5.2. Laser scanner

7.7.1. Texture bitmap / 7.7.2. Texture procedurali / 7.7.3. Proprietà dei materiali / 7.7.4. Le mappe di proiezione 7.8.1. Il rendering I 7.8.2. L'illuminazione diretta / 7.8.3. L'illumina­ zione indiretta

7 .9.

I software di modellazione e i formati dei file 3D

7.9.1. I software di modellazione 3D / 7.9.2. I motori di rendering I 7.9.3. I formati dei file 3D

8.

L'architettura

8.1.

Architettura, archeologia e restauro virtuale

8.2. 8.3. 8.4. 8. 5. 8.6.

8.1.1. Il processo edilizio / 8.1.2. Documentazione dell'attività costrut­ tiva / 8.1.3. Analisi del progetto architettonico

I modelli nella storia dell'architettura Il restauro architettonico tra reale e virtuale Principi del restauro architettonico virtuale Impostare il restauro virtuale: le fonti

8.5.1. Fonti dirette / 8.5.2. Fonti indirette

I modelli di corrispondenza del dato

8.6.1. Modello dello "stato di fatto" I 8.6.2. Modello di anastilosi / 8.6.3. Modello di reintegrazione / 8.6.4. Modelli delle fasi costruttive I 8.6.5. Modelli di verifica / 8.6.6. Modello di edizione

121

IO

INDICE

La scultura

201

La scultura e il restauro virtuale Forme di degrado e interventi

201 204

9.2.r. Analisi preliminari / 9.2.2. Ricostruzione plastica / 9.2.3. I degradi delle superfici

10.

10.1. 10.2.

I reperti mobili

215

I reperti mobili e il restauro virtuale Forme di degrado e interventi

215

Bibliografia

221

Elenco delle figure

237

215

10.2.r. La restituzione 3D dei reperti / 10.2.2. Ricomposizione e rico­ struzione plastica dei reperti / ro. 2. 3. Ricostruzione estetica dei reperti

Elenco delle tavole

Prefazione

}

'

Quale futuro per / Archeologia? E il titolo di un workshop internazionale tenutosi a Roma nel dicembre del 2008, per iniziativa del Consiglio nazio­ nale delle ricerche (gli Atti, a cura di A. L. D'Agata e S. Alaura sono stati pubblicati nel 2009 da Gangemi, Roma). In occasione di quell'incontro erano stati discussi temi importanti, dai rapporti con le istituzioni ai meto­ di di intervento, agli aspetti etici nel lavoro dell'archeologo ed alla forma­ zione; ma era apparso chiaro a tutti che l'archeologia, anzi, le archeologie, compresa quella dell'età classica, nel mondo della globalizzazione doveva­ no diventare scienze "sociali" e investire nella comunicazione per farsi rico­ noscere come fattore attivo nei processi di trasformazione, sempre più veloci, della realtà attuale. Alle università oggi tocca il compito di ripensare radicalmente i per­ corsi di formazione dei futuri archeologi, superando l'antinomia tra passa­ to e presente, per affermare il valore della memoria come fattore di svilup­ po culturale. Alle antinomie nella formazione degli archeologi faceva rife­ rimento, nel citato workshop, Daniele Manacorda e tra queste molto sensi­ bile appare il potenziale conflitto tra "formazione culturale" e "formazione tecnologica", che nel passato aveva attivato chiusure e resistenze recipro­ che, specie nel mondo accademico. Al contrario il futuro dell'archeologia è lungo i confini stessi della disciplina, dove ci si apre al dialogo con le altre scienze e si sperimenta la multidisciplinarità, superando il tradizionale quanto immotivato conflitto tra "le due culture", quella umanistica e quel­ la scientifica. In questo quadro si inserisce bene il manuale di Massimo Limoncelli dedicato al restauro virtuale inteso come insieme di metodologie integrate della Computer Graphic, finalizzata alla restituzione di un manufatto archeologico. Limoncelli è un archeologo di formazione, il quale ha appre­ so i segreti delle tecnologie digitali di restituzione in 2D e 3D, che vengono applicate nel campo della pittura, della scultura e degli edifici antichi. Per la sistematica presentazione dei metodi e delle tecniche oggi utilizzabili, per la chiara definizione delle modalità di impiego e per l'ampia presentazione di esempi applicativi, questo volume costituisce un valido strumento, uti-

12

IL RESTAURO VIRTUALE I:'\ ARCHEOLOGIA

lizzabile dagli studenti di archeologia che vogliano entrare in contatto con il mondo reale della comunicazione nei beni culturali. Sono lieto di presentare questo libro anche perché molte esperienze di "Virtual Archaeology" sono state realizzate da Limoncelli a Hierapolis di Frigia, in Turchia, in un ambizioso progetto di restituzione dell'immagine di questa città ellenistico-romana dove opera, da più di cinquant'anni, una Missione archeologica italiana, diretta da chi scrive. Il restauro virtuale si pone oggi come una risposta strategica alle ten­ denze, a volte preoccupanti, del restauro dei monumenti finalizzato all'in­ cremento del turismo di massa. Ricostruzioni di edifici antichi vengono spesso richieste dalle istituzioni locali, e vengono percepite come l'unica strada possibile per la "valorizzazione" dei siti antichi, contro tutti i criteri faticosamente elaborati da documenti come la Carta del Restauro di Vene­ zia. Il restauro virtuale può essere una risposta valida per trasmettere al grande pubblico l'immagine degli antichi edifici, prima che il tempo li tra­ sformasse in rovine, con il valore semantico che incarnano, anch'esso da tutelare come una delle manifestazioni della cultura occidentale. Così nella lettura di questo libro gli aspetti metodologici, le tecnologie, i vari campi di applicazione diventano anche occasione per una più ampia riflessione sulle strategie dell'archeologia nel mondo di oggi e anche di domani. Lecce, 19 dicembre 2011

FRANCESCO D'ANDRIA Università del Salento, Lecce

Presentazione

: con questa premessa Massimo Limoncelli chiarisce nettamente gli obiettivi del suo manuale, che molto opportunamente si rivolge a studenti delle Facoltà di Beni culturali e più specificatamente di Archeologia e di Storia dell'arte che intendano applicare le tecnologie informatiche ai propri settori di ricerca, introducendoli in maniera semplice e lineare nel variegato, compli­ cato e a volte fuorviante ambito della ricostruzione virtuale. Concettualmente, soprattutto due mi sembrano i pregi di questo lavoro. Il primo, fondamentale, di mettere costantemente in evidenza il fatto che l'utilizzazione delle applicazioni digitali nel campo del restauro deve essere innanzitutto occasione e incentivo per l'analisi e lo studio del bene culturale in oggetto, e solo a seguito di un percorso conoscitivo approfon­ dito può fornire una valida ricostruzione in 3D, utile supporto anche per un effettivo progetto di restauro. Il secondo, la constatazione che, pur nell'esame capillare e dettagliato delle possibili utilizzazioni della realtà virtuale nell'ambito del restauro, viene costantemente privilegiato l'aspetto metodologico e scientifico piut­ tosto che quello tecnologico. Il risultato proposto quindi non è mai l'enne­ sima "bella immagine", di nessuna consistenza scientifica, ma un efficiente strumento di lavoro ed una corretta ricostruzione del manufatto in esame. Dal punto di vista pratico, opportuni riquadri riassuntivi scandiscono, all'interno dei singoli capitoli, l'esemplificazione dei procedimenti operati­ vi; e la possibilità di collegarsi a link interattivi consente di confrontarsi costantemente con casi campione di notevole aiuto nella comprensione e nella applicazione delle procedure indicate. A questo proposito, va anche sottolineata l'ampiezza dell'orizzonte culturale entro cui è possibile pro­ porre l'applicazione di una metodologia di restauro di questo tipo, con caratteristiche decisamente trasversali, tali da superare i limiti del singolo periodo storico o delle specifiche concezioni architettoniche e artistiche.

14

IL RESTAURO VIRTUALE I:'\ ARCHEOLOGIA

In definitiva, il manuale fornisce essenzialmente una efficace metodo­ logia con cui rivedere le enormi possibilità della Computer Graphic all'in­ terno delle regole e dei principi propri del restauro reale; garantendo, come benefici aggiuntivi, ampie possibilità di utilizzazione nella valorizzazione e divulgazione dei beni artistici ed archeologici e innovativi sbocchi profes­ sionali. Roma,

10

gennaio 2012 CARLA MARIA AMICI Università del Salento, Lecce

Premessa

L'uso delle applicazioni digitali nel campo dell'archeologia e del restauro si pone come occasione di studio ed analisi di un bene che aiuti l'archeologo e il restauratore a condurre tutte quelle operazioni che . Questo volume non è un manuale di informatica in quanto non ha alcu­ na pretesa di guidare il lettore nell'utilizzo di specifici programmi di grafi­ ca 2D e 3D, ma è stato pensato per coloro che, cimentandosi in questa disci­ plina, abbiano già una conoscenza dei software di fotoritocco, di rilievo digitale o di modellazione. lnfatti, come è noto, si indirizzano a questo scopo numerosi manuali, corsi didattici, videocorsi on line, spesso realizza­ ti dalle case produttrici dei programmi di Computer Graphic, comunque in molti casi esaustivi e soprattutto votati ad una certa "praticità" nell'inse­ gnamento. Con questo volume, invece, si vuole porre l'accento sulle possi­ bili utilizzazioni in ambito archeologico e storico-artistico della Realtà Vir­ tuale, privilegiando l'aspetto metodologico e scientifico piuttosto che quel­ lo meramente tecnologico. D'altronde l'evoluzione costante della discipli­ na, dovuta al continuo sviluppo di sempre nuove tecnologie informatiche, impone, a mio avviso, di porre alcune riflessioni sull'uso del "virtuale" nella ricerca archeologica al di là del grado tecnologico raggiunto oggi dai soft­ ware. Il libro si rivolge a studenti di Archeologia, Storia dell'arte e Restauro che vogliano applicare le tecnologie informatiche ai propri settori di ricer­ ca, introducendoli in maniera agile all'interno del vasto mondo del virtua­ le. A tal proposito, nel testo si farà riferimento prevalentemente a tecniche e strumenti informatici low cast che non comportano spese elevate per gli utenti: un computer di uso consumer, una fotocamera digitale, software open source. Sono ben consapevole che in questo ambito si possono utiliz­ zare anche strumentazioni molto sofisticate e costose, ad esempio scanner laser e strumenti ottici per la topografia e il rilievo digitale, software com­ merciali, fotocamere e obiettivi per immagini digitali oppure computer con prestazioni elevatissime. Ovviamente, però, queste sono apparecchiature

16

IL RESTAURO VIRTUALE I:'\ ARCHEOLOGIA

che non sono alla portata di tutti e che rimangono a disposizione solo di alcuni ambiti privilegiati della ricerca, come istituti del CNR e di diparti­ menti universitari, che solitamente dispongono anche di equivalenti risor­ se umane da impiegare nelle indagini. Pertanto, questo libro vuole fornire un supporto e un metodo con il quale sia possibile ricondurre le immense potenzialità della Computer Graphic all'interno di regole e principi propri del restauro, indirizzando le applicazioni virtuali e il restauro reale verso un percorso metodologico comune. La pubblicazione di questo volume è stata resa possibile grazie al contri­ buto dell'Institute of Classica! Archaeology-University of Texas nella per­ sona del direttore prof. Joseph Carter e della dott.ssa Esmeralda Moscatel­ li, a cui va tutto il mio affetto. Inoltre, colgo l'occasione per ringraziare anche quanti hanno contribuito alla realizzazione di questo lavoro, primo fra tutti il direttore della Missione archeologica italiana a Hierapolis di Fri­ gia prof. Francesco D'Andria, per i continui suggerimenti e per avermi dato la possibilità di poter lavorare in uno dei siti archeologici più impor­ tanti del Mediterraneo. Ringrazio inoltre Carla Maria Amici, Marina Falla Castelfranchi, Lucinia Speciale e Paul Arthur (Università del Salento); Gioia Bertelli (Università di Bari); Gioacchino Francesco La Torre e Loren­ zo Campagna (Università di Messina); Carlo Rescigno (II Università di Napoli); Anna Paola Zaccaria (Università di Venezia); Clemente Marconi e Rasali Puma (Institute Fine Arts of New York); Piera Caggia, Tommaso Ismaelli, Giuseppe Scardozzi, Giacomo Di Giacomo e Francesco Gabella­ ne (CNR-IBAM sede di Lecce); Stefania Mancuso (Università della Calabria); Eugenio Donato (NonSoloMuri s.r.l.); Mario Catania (Catania Restauri s.r.l.); infine Erminia Lapadula, Valeria Camilleri, Luana Toniolo, Marco Leo Imperiale, Pierpaolo Saporito, Anna Roma, Chiara Nardella, Mauro Bosco, Giuliana Albanese, Dario Corritore, Pio Panarelli, Massimiliano Passarelli e Stefania Alfarano. Tutti, consapevolmente o inconsapevolmen­ te (o forse colpevolmente), hanno contribuito con i loro suggerimenti alla realizzazione di questo libro.

I

Il restauro virtuale

I.I

Introduzione

In genere con il termine virtuale si identifica l'opposto di una realtà mate­ riale, visibile e concreta. Secondo il filosofo francese Pierre Lévy, partendo dalla concezione aristotelica della metafisica, il virtuale è cioè > 1 • Il vir­ tuale non ha niente a che vedere con il falso, l'illusorio o l'immaginario ma, piuttosto, è uno dei possibili modi di essere alternativo non alla "realtà" ma alla "attualità". Lévy contrappone il "virtuale" all"'attuale" e il "possibile" al "reale", cosicché il virtuale non risulta essere il contrario di reale ma > 1 9 . All'inizio l'utilizzo del calcolatore si indirizzò principal­ mente all'ambito della catalogazione e archiviazione digitale per la gestio­ ne dei dati concernenti il patrimonio artistico nazionale. Solo sullo scorcio degli anni Settanta del Novecento i restauratori si accorsero dell'importan­ za della nascente informatica applicata al restauro, soprattutto pittorico, con cui era possibile eseguire > 21 • Inoltre > 2 7 . Fin da quando fu proposta la definizione di "Restauro Virtuale" si è acceso un dibattito terminologico dovuto all'associazione dei due vocaboli che, giustamente, possono apparire divergenti. Se da un lato 28 e poteva sembrare una defi­ nizione efficace, dall'altro lato, alcuni teorici del restauro lo definirono un "ossimoro" in quanto non ritenevano opportuno denominare "restauro", sebbene virtuale, 29 il cui obiettivo è intervenire sulla materia dell'opera per resti­ tuirle i caratteri di funzionalità, di estetica e di durabilità nel tempo. Il problema di definire il Restauro Virtuale è legato principalmente alla confusione concettuale relativa alla parola "restauro". La stessa storia del restauro 3 °. In realtà il dibattito lessicale sul restauro virtuale è 3 1. Il restauro virtuale, proprio per la sua caratteristica principale di agire all'interno di un ambiente virtuale, risponde a tutta una serie di domande provenienti dall'ambito delle teorie del restauro reale, in primo luogo l'an­ noso problema se 3 2 oppure il quesito che precede e accompagna qualsiasi intervento di restauro, nella fattispecie quando intervenire su un manufatto e, soprattutto, con quali tecniche. > 3 5 secondo un percorso che può essere definito un "restauro mentale" inteso come

I.

IL RESTAURO VIRTUALE

25

3 6 . In realtà questo percorso può essere reso complesso da 3 7. Inoltre > 33 • Possono esserci lacune "ricostruibili", quando la pellicola pittorica superstite conserva ancora dati certi disegnativi, cromatici e luministici necessari al completamento, e lacu­ ne "non ricostruibili", quindi prive di informazioni. - Abrasioni: sono intese come una 34 ; si differenziano dalle lacune per­ ché la perdita è meno profonda e non intacca gli strati pittorici sottostanti. Craquelure (o crettatura) : sono screpolature presenti sulla pellicola pit­ torica dovute a trazioni indotte da fenomeni chimici e fisici e si distinguo­ no tra quelle dovute a "invecchiamento" del materiale, che non necessaria­ mente devono essere risarcite, e quelle dettate da un difettoso "essicca­ mento" del colore che, invece, devono essere eliminate dal ritocco. Craterizzazione: è un fenomeno che determina la presenza di piccoli crateri dovuti a trazioni meccaniche seguite ad alterazioni fisiche o chimi­ che del supporto o della preparazione. - Esfoliazione: sollevamento del colore a lamelle dovuto alla pressione eser­ citata dall'acqua contenuta nell'impasto che può provocare caduta di colore.

82

IL RESTAURO VIRTUALE I:'\ ARCHEOLOGIA

- Fratture: sono perdite di superficie pittorica dovute al degrado del sup­ porto su cui sono dipinte. Nel caso di supporti lignei si possono avere fen­ diture e fessure dovute alla cattiva stagionatura del legno o al movimento e al distacco delle assi; negli affreschi si possono trovare spaccature dovute a un difettoso tiraggio della calce con l'inerte. Infine, nei dipinti su tela, si possono ritrovare lacerazioni e strappi. - Scal/iture: lievi incisioni dovute ad azioni meccaniche. - Spicchettatura o martellinatura: asportazione di parte della superficie pittorica presente sulle superfici pittoriche degli affreschi realizzata con utensili appuntiti col fine di creare ancoraggi alla successiva ridipintura o a • una rintonacatura. Analogamente a quanto si esegue nel restauro reale, anche in virtuale si possono applicare le stesse tecniche di integrazioni che si avvalgono preva­ lentemente di Strumenti di ritocco. Il fine dell'integrazione è la riduzione dell'alterazione della percezione dell'immagine dovuta alla presenza di lacune, ristabilendo la continuità del testo figurativo e facendo sì che que­ sta 3 5 • A seconda del tipo di lacuna si può interve­ nire, sia in digitale che nel reale, con tecniche di integrazione differenti che si possono suddividere in "monocrome", "a tratteggio" o in "mimetico". L'integrazione in monocromia si rifà al "principio dell'astrazione" secondo cui gli elementi ricostruiti sono in realtà semplificazioni cromati­ che o volumetriche astratte dalla realtà dell'oggetto e si devono riconosce, re dall'originale senza però lasciare lacune3 6 • E un metodo ampiamente impiegato nel restauro pittorico reale per la sua peculiarità di rispettare i principi di riconoscibilità e reversibilità degli interventi. Questo metodo è inoltre utilizzato nel risarcimento delle lacune di medie e grandi estensione o per la ricostruzione delle parti mancanti delle opere pittoriche ed è facil­ mente impiegabile anche nel restauro e nel ripristino iconografico virtuale. Si esegue attraverso campiture e con colori neutri. Campitura: è una > 39 ; si applica su aree di estensioni notevoli quando non è possibile stabilire una continuità formale con la pit­ tura superstite. Si esegue con un tratteggio incrociato dei tre colori primari con l'aggiunta del nero e dei colori dominanti presenti sulla pittura che formano così una tessitura cromatica che si armonizza con la pellicola pit• torica. - Selezione cromatica: è una tecnica di integrazione delle lacune che ha principi simili alla precedente, basata 40 che si differenzia per il tipo di tratteggio impie­ gato, in questo caso "divisionistico", composto sempre dai tre colori giallo, rosso, blu. Il ductus della pennellata ha un andamento direzionale che può essere verticale, orizzontale, diagonale o circolare. - Rigatino: detto anche "righettino", è un tratteggio solamente verticale composto da colori in sintonia con i valori cromatici dei pigmenti attorno alla lacuna. Le integrazioni in mimetico sono, infine, le più utilizzate nel restauro virtuale delle pitture, dei mosaici e della carta in quanto permettono di sfruttare tutte le potenzialità del fotoritocco. In questo modo si restituisce all'opera pittorica una lettura dell'unità formale non sempre possibile, "spesso impossibile", da ottenere da un restauro reale. - Ricostruzione mimetica: è un intervento imitativo atto a integrare le lacune e le mancanze completando le parti mancanti senza prevedere la distinzione con le parti originarie dell'opera e non rispettando il principio della riconoscibilità. - Ringranatura: un intervento eseguito a piccoli tocchi di pennello delle zone abrase ma leggibili che consente di restituire una cromia più compat­ ta e uniforme. - Ridi-pintura: intervento per camuffare le lacune e nascondere il degrado in mimetico. Questa tecnica va distinta dalla integrazione delle lacune in quanto è eseguita su una superficie cromatica ancora esistente (FIG. 3.9). Ombreggiatura: è un intervento utilizzato nelle integrazioni mimetiche delle lacune attraverso una tecnica di tratteggio fatta per ottenere l'effetto "rilievo" del disegno. - Ritocco: è l'ultimo tipo di integrazione che si esegue sull'opera e consiste in una stesura finale di colore sovrapposta ad una superficie cromatica ancora esistente4 1 • Questa integrazione viene eseguita nel restauro virtuale per rendere più uniforme l'effetto dell'integrazione • • m1met1ca.

86

IL RE S TAURO V IRTU AL E I� ARC HEO L OGIA

FIGURA 3 .9

Hierapolis di Frigia (Turchia), Insula 104. Restauro virtuale dell'affresco nel Vano A1207 della Casa del Cortile Dorico: raddrizzamento (A), ottimizzazione dell'immagine (B) e restauro virtuale in mimetico (C) (M. Limoncelli)

2m

1

o

1

5m

1

5m

2m

1

o

3 . IL RESTAURO VIRTUALE 2D

3. 8 Oltre il restauro. La ricostruzione iconografica virtuale

3. 8 .1. La ricostruzione nel restauro 2D La ricostruzione iconografica virtuale rappresenta una fase successiva e addizionale al restauro virtuale vero proprio; è un intervento filologico e integrativo sulle lacune e sulle mancanze finalizzato a restituire l'unità for­ male dell'opera cercando di ripristinare lo stadio il più possibile vicino all'originale. Si può applicare a tutti i manufatti pittorici a prescindere dal supporto su cui sono stati dipinti, e dei quali bisogna saper valutare l'effet­ tiva possibilità di intervento, alla luce dello stato di conservazione e sulla base della documentazione e delle fonti a disposizione. Nel restauro virtuale 2D si possono realizzare integrazioni delle man­ canze e delle lacune non ricostruibili degli affreschi oppure si possono ese­ guire sui dipinti su tavola ricostruzioni plastiche delle parti mancanti (es. attacco di lesioni) con cui si vuole ripristinare la continuità volumetrica e strutturale del supporto ligneo ed eseguire la reintegrazione cromatica. Nel restauro degli affreschi o dei mosaici la ricostruzione iconografica può esse­ re utilizzata per simulare la ricomposizione dei dipinti murari interi, o parti di essi, che a causa di eventi accidentali si presentano in condizioni fram­ mentarie. Infine è possibile eseguire anche il riassemblaggio o l'unione di più assi a incastro o incollaggio delle assi (commettitura) per i dipinti su tavola. L'obiettivo è di restituire l'unità formale delle decorazioni e ripristina­ re in virtuale la fruibilità e la leggibilità dell'opera e possibilmente, nel caso di mosaici e affreschi, di ricollocarli su un modello tridimensionale nella loro posizione originaria al fine di visualizzarli nel contesto non svincolato del rapporto intimo tra architettura e apparato decorativo in quanto 42 • 3.8.2. Le fonti Esattamente come per il restauro anche la ricostruzione segue un iter meto­ dologico preciso fondato su solide basi teoriche. Per la ricostruzione delle immagini si possono utilizzare, laddove necessario, fonti che possano for­ nire informazioni utili al restauratore per ricostruire pitture, affreschi, tele e mosaici. Sono informazioni non reperibili direttamente dal manufatto ma che possono essere ottenute solamente grazie alla ricerca storica (d'archi-

88

IL RESTAURO VIRTUALE I:'\ ARCHEOLOGIA

vio o storico-artistica) e, più precisamente, da fonti iconografiche come fotografie, incisioni o stampe, disegni o rilievi43 • - Fotografie: informazioni utili si possono ricavare da fotografie e diaposi­ tive conservate in fototeche e diapoteche di Musei e Soprintendenze per i Beni archeologici e per i beni artistici e storici. Queste fotografie possono testimoniarci lo stato di conservazione dei manufatti prima che intervenis­ sero alterazioni fisiche, chimiche o estetiche dovute a processi di invecchia­ mento naturale o indotto da eventi traumatici (atti vandalici, asportazioni, terremoti ecc.) o in conseguenza ad interventi di restaurato precedenti (ridi­ pinture), consentendo di ricostruire alcune parti mancanti dell'opera. - Incisioni e stampe, disegni e dipinti: possono offrire informazioni icono­ grafiche sui manufatti anche per periodi di molto antecedenti alle fotogra­ fie. Una criticità di questa fonte è legata all'effettivo obiettivo del pittore (o incisore) di rappresentare fedelmente il manufatto in quanto possono inter­ venire nel dipinto fattori che potrebbero rendere inattendibile la fonte quali le influenze dei gusti artistici dell'epoca o la fantasia dell'artista stesso. 3 . 8 . 3 . La restituzione in outline '

E un procedimento simile a quello applicato per la realizzazione delle mappature dei degradi e degli interventi e prevede la restituzione grafica di un'immagine costituita esclusivamente da linee di contorno e da tratti interni che definiscono i bordi. Nel restauro virtuale può costituire uno strumento utile mediante cui ipotizzare la fisionomia delle integrazioni delle parti mancanti del manufatto utilizzando le fonti oppure elementi ico­ nografici di altre parti della stessa opera o ancora attraverso confronti con altre opere con la medesima rappresentazione iconografica. La restituzione in outline deve prevedere sia la distinzione tra le parti originali e quelle sup­ poste, utilizzando linee con colori differenti, sia dei livelli di corrisponden­ za del dato, ricavati dalle analisi qualitative, e che aiutino a definire il grado di affidabilità della ricostruzione (FIG. 3 . 10) . 3 . 8 .4. Il ripristino iconografico virtuale

In seguito allo studio iconografico e alla ricostruzione in outline dell'ico­ nografia dell'immagine attraverso la valutazione della documentazione e delle fonti disponibili, si può procedere alla restituzione finale del manu­ fatto pittorico. Si possono realizzare due tipi di ricostruzione delle lacune e delle mancanze: in "sottotono" o in "mimetico". Entrambe queste tec­ niche garantiscono un risultato finale che permette di ristabilire l'unità formale dell'opera pittorica offrendo un'idea più realistica del manufatto completo.

3 . IL RE S TAURO V IRTU ALE 2D

FIGURA 3 . 10

Hierapolis di Frigia (Turchia) , Insula 104. Restauro virtuale dell'affresco nel Vano A1207 della Casa del Cortile Dorico: ricostruzione iconografica in outline (A) , in mimetico (B) e in sottotono (C) (M. Limoncelli) 2m

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I L RE STAURO VIRTU ALE I � ARC HEOL OGIA

Procedimento

Ripristino iconografico virtuale: duplicare il layer sfondo dell'immagine restaurata aprire un nuovo layer (outline) eseguire la restituzione in outline dell'immagine aprire un terzo layer (sottotono) reintegrare le lacune e le mancanze con campiture in sottotono valutando il valore cromatico del neutro aprire un quarto layer (mimetico) reintegrare le lacune e le mancanze con le tecniche in mimetico salvare l'immagine con un formato di compressione file lossless unendo i livel­ li separati (PSD o TIFF)

Note r. C. Brandi, Teoria del restauro, Edizioni di storia e letteratura, Roma

19 63 .

R. Strassoldo, Le carte del restauro. I criteri per gli interventi di recupero dei beni archi­ tettonici, Forum Edizioni, Udine 2007; G. Biscontin, G. Driussi, La reversibilità nel restauro: riflessioni: esperienze, percorsi di ricerca, Arcadia Ricerche, Venezia 200 3 . 3. Brandi, Teoria del restauro, cit. 4. G. Basile, Che cos'è il restauro, Editori Riuniti, Roma 19 8 9 . 5. F. Gabellone, I. Ferrari, F. Giuri, M. Limoncelli, Development o/ Integrated 3D Methods /or Creation o/ a DVR-Based Knowledge Plat/orm, in R. Lasaponara, N. Masini, Remote Sensing /or Archaeology and Cultura! Heritage Management, Aracne, Roma 2008 ; F. Gabellane, Metodologie integrate per la conoscenza dello stato attuale e lo studio ricostruttivo dei Beni Culturali, in F. D'Andria, D. Malfitana, N. Masini, G. Scardozzi (a cura di), Il dia­ logo dei saperi: metodologie integrate per i Beni Culturali, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 2010, p. 49 7 . 6. V. Pace, La chiesa di Santa Maria di Cerrate e i suoi a/freschi, in A. V. Zakharova (ed.), Obraz Vizantii. Sbornik state} v cest' O. S. Popovoj, Sevemyj Palomnik, Moskva 2008 . 7. K. Eismann, Photoshop. Manuale di/otoritocco e restauro, Apogeo, Milano 2004. 8 . G. Maio, Fotografia digitale reflex, Fag Edizioni, Milano 2007. 9 . B. Long, Fotografia digitale: il manuale, Apogeo, Milano 200 5 . 1 0 . G. Saitta, Gli scanner, Jackson Libri Editore, Milano 19 99 . 11. M. Teroni, Manuale di redazione, Apogeo, Milano 2007. 12. Istituto Centrale per il Restauro-Opificio delle Pietre Dure, Restauro dei dipinti murali: su tavola, su tela, Tipografia del Genio Civile, Roma 2007. 13 . Ivi, p. 47. 14. K. Kraus, Fotogrammetria. Teoria e applicazioni, Levrotto & Bella, Torino 1994. 15. M. Bianchini, Manuale di rilievo e di documentazione digitale in archeologia, Aracne, Roma 2009 . 1 6 . Ivi, p. 129 . 17. C. Mascione, Il rilievo strumentale in archeologia, Carocci, Roma 200 6 . 18 . C. F. Giuliani, La documentazione grafica in archeologia, Leonardo Arte, Roma 19 8 7 . 19 . Adobe system, Adobe Photoshop CS5, Adobe Systems Incorporated, San Josè 2010 . 20. Ibid. 21. Eismann, Photoshop. Manuale di/otoritocco e restauro, cit. 22. Maio, Fotografia digitale reflex, cit. 2.

3 . IL RE STAURO V IRTU ALE 2D

91

23. Eismann, Photoshop. Manuale di/otoritocco e restauro, cit. 24. A. Conti, Manuale di restauro, Einaudi, Torino 2001. 25. C. Giannini, R. Roani, Dizionario del restauro e della diagnostica, Nardini, Firenze 2000, p. 100 . 26. C. L. Ragghianti, Capire tarte col computer, in "Critica d'arte" , XVIII, n.s., fascicolo 160-162, Firenze 1978, p. 10. 27. C. Giannini, Lessico del restauro. Storia tecniche strumenti, Nardini, Firenze 1992. 28. T. Bracher, La patina nel restauro delle opere d}arte, Nardini, Firenze 1990. 29. Adobe system, Adobe Photoshop CS5, cit. 30. M. Faldi, C. Paolini, Arte su arte. Una introduzione alle tecniche e al restauro dei dipinti su tavola e su tela, Istituto per l'Arte e il Restauro, Firenze 1997. 31. Ivi, p. 23. 32. A. Conti, G. Ercoli, M. A. Holly, L}Arte (Critica e Conservazione) , Jaca Book, Milano 1993. 33. Giannini, Roani, Dizionario del restauro e della diagnostica, cit., p. 100. 34. lvi, p. 18. 35. lvi, p. 94. 36. Faldi, Paolini, Arte su arte. Una introduzione alle tecniche e al restauro dei dipinti su tavola e su tela, cit. 37. Giannini, Roani, Dizionario del restauro e della diagnostica, cit. , p. 42. 38. L. Uzielli, O. Casazza, Conservazione dei dipinti su tavola, Nardini, Firenze 1994. 39. Giannini, Roani, Dizionario del restauro e della diagnostica, cit. , pp. 94, 32, 167. 40. Ivi, p. 167. 41. Ivi, p. 158. 42. M. Andaloro, La pittura medioevale a Roma JI2-I4JI. Atlante percorsi visivi, voi. I, Jaca Book, Milano 2006. 43. M. Carmassi, Approcci Metodologici. Progetto di conservazione, Mancosu, Roma 2010.

4

La pittura

4.1 La pittura e il restauro virtuale

La pittura è 1 • Il termine dipingere ("dipintura" o "pittura alla cosa dipinta"), invece, indica > 8. Nella tecnica ad olio si utilizzano pigmenti in polvere mescolati con leganti a base di oli sia comuni come lino, noce, papavero e, più raramente, d'oliva, sia oli essenziali quali trementina o essenza di rosmarino, che si possono applica­ re sia a supporti su tavole che su tela. - Pittura a encausto: è una tecnica pittorica che si può applicare a tutti i tipi di supporti (su muro, marmo, legno, terracotta, avorio e a volte anche sulla tela), che consiste nel mescolare i pigmenti di colore alla cera liquida. Questi vengono fissati a caldo sul supporto attraverso un'azione di caute­ rizzazione mediante strumenti metallici detti "cestri " 9 . Tra gli esempi più significati di restauro virtuale si possono menzio­ nare due casi relativi a pitture di età medievale: gli affreschi della Basili­ ca Superiore di Assisi dipinti da Giotto e il Progetto Mantegna a Padova. Il primo caso può essere annoverato tra i primi esempi in cui l'utilizzo del computer ha reso possibile l'intervento di un restauro reale. Infatti, a seguito della scossa tellurica del 199 7, che ha comportato il crollo delle volte a vela affrescate del soffitto della Basilica Superiore, furono utiliz­ zate per la prima volta, grazie alla collaborazione tra storici dell'arte, restauratori, ingegneri e matematici, tecnologie informatiche per la cata­ logazione, l'archiviazione e il riassemblaggio virtuale di migliaia di fram­ menti10. Attraverso funzioni di comparazione automatizzata, basata su caratteristiche distintive dei singoli frammenti, è stato possibile mettere a disposizione dei restauratori tutte le informazioni necessarie a consentire la formulazione di ipotesi di ricostruzione reale delle volte affrescate. Sempre ad Assisi, nel 2009 , è stato curato dal CNR un progetto sui Colori di Giotto con cui, attraverso il supporto delle indagini scientifiche effet­ tuate dall'ENEA (Ente per l'Energia e l'Ambiente) con lampade fosfore­ scenti e a luci radenti, si è potuto individuare la cromia originale resti­ tuendo agli affreschi, i colori e la corposità cromatica dei dipinti e la per­ cezione originariau.

IL RESTAURO VIRTUALE I:'\ ARCHEOLOGIA

FIGURA 4. 1

Padova, Mantegna, Cappella degli Ovetari, riassemblaggio virtuale degli affreschi (A) ; Assisi (PG ) , Giotto, affresco della Basilica Superiore, restauro virtuale della scena del Dono del mantello (B)

A

Fonte: G. Basile, I colori di Giotto. La basilica di Assisi: restauro e restituzione virtuale, Silvana, Cinisello Balsa­ mo

2010.

Un secondo esempio di applicazioni informatiche impiegate nel restauro pittorico è rappresentato dall'anastilosi virtuale degli affreschi della Cap­ pella degli Ovetari nella chiesa degli Eremitani a Padova, dipinta da Andrea Mantegna12 • La cappella fu distrutta nel 1944 a seguito dei bom­ bardamenti alleati sulla città veneta, che provocarono il crollo parziale del1'edificio riducendo in frammenti gran parte degli affreschi con cui era decorata la chiesa. Analogamente a quanto compiuto ad Assisi, anche per questi affreschi, è stato elaborato un metodo matematico che, operando su

4 . LA P ITTURA

97

rappresentazioni digitali di immagini dei singoli affreschi e dei loro fram­ menti, ha consentito di calcolare automaticamente la posizione originaria di circa 80.000 frammenti, ottenendo una ricomposizione virtuale dei 6 episodi delle storie di san Giacomo e dei 4 episodi delle storie di san Cri­ stoforo, dipinti in origine sulle pareti della cappella (FIG. 4.1). 4.2

Forme di degrado e interventi > 49 . In questo caso la luce simulata agisce sugli oggetti, che nella realtà sono bombardati da numerose sorgenti luminose, e rimbalzan­ do da una superficie ad un'altra genera un effetto di radiazione luminosa definita anche illuminazione globale5 0 • In natura, infatti, quasi tutti gli oggetti riflettono la luce ed è questa luce riflessa che conferisce ad un oggetto il suo colore. Nella maggior parte dei sistemi di rendering l'illuminazione diretta viene calcolata come la somma di due modelli di riflessione: diffusa e spe­ culare. Il modello di riflessione diffusa, detto anche modello di "riflettanza lambertiana" 5 1, corrisponde al modo in cui la luce viene respinta dall'og­ getto in maniera uguale in tutte le direzioni, mentre nella riflessione specu­ lare la luce si riflette sulla superficie dell'oggetto come su uno specchio. Nel caso dell'illuminazione indiretta al calcolo del rendering viene aggiunta una componente di riflessione ambientale, il modello di riflessione Phong, per calcolare il colore dei punti appartenenti ad una superficie. Per ottenere un'illuminazione all'interno di una scena è necessario inse­ rire delle sorgenti luminose e attribuire una mappa di proiezione delle ombre che può essere parallela, convergente verso la sorgente di luce oppu­ re divergente. All'interno di una scena si possono combinare contempora­ neamente diversi tipi di fonti di luce con altrettanti tipi di ombre52 . Le sor­ genti di luce più utilizzate sono le seguenti. - Omnidirezionale: è una sorgente di luce che si comporta esattamente come una normale lampadina proiettando i suoi raggi in tutte le direzioni. - Spot light: a differenza della precedente proietta i suoi raggi solamente in una direzione. Questa luce può proiettare un fascio di luce visibile sia come un cono luminoso, rotondo o quadrato, sia come un cilindro e in que­ sto caso, viene definito spot a luce parallela. - Infinita: chiamata anche luce distante simula una luce proiettata da una distanza infinita, ad esempio una luce solare, ed è caratterizzata dall'assen­ za di un'origine e genera soltanto ombre parallele. - Area: è una sorgente di luce corrispondente ad una superficie lumino­ sa dalla quale si espandono raggi da tutti i punti della sua area verso tutte le direzioni. L'illuminazione e gli effetti speculari risultanti sono piuttosto diversi da quelli ottenuti con una luce omni. Le zone di massima luce spe­ culare sono più angolari e l'illuminazione della superficie più ricca. Più la luce area è vicina ad un oggetto e più esso diventa evidente. Le mappe delle ombre (shadow mapping) , invece, possono essere rap­ presentate secondo tre parametri di "diffusione". - Ombre nette: sono caratterizzate da una diffusione in cui il passaggio

7.

I M O D E L L I D I G ITAL I

1 53

FIGURA 7. 1 1

Selinunte (TP) , tempio B: esempio di illuminazione indiretta senza (A) e con texture (B) (M. Limoncelli)

A

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IL RESTAURO VIRTUALE I:\' ARCHEOLOGIA

tra la zona in ombra e la zona in luce presenta aspetto squadrato e non molto realistico, poiché in natura è difficile trovare dei contorni d'ombra netti. Sono particolarmente adatte per la creazione di immagini tecniche. - Ombre morbide: nella realtà, tutti gli oggetti sono illuminati da varie sor­ genti di luce parziali. Il risultato è una transizione graduale dalla luce all'om­ bra, ossia un'immagine in una gradazione di grigi della scena guardata dal punto di vista della sorgente di luce. I principali vantaggi di questo metodo sono l'alta velocità di calcolo e l'aspetto naturale conferito dall'ombra mor­ bida alla scena, mentre lo svantaggio è la grande richiesta di memoria. - Ombra area: sebbene le ombre morbide appaiano più naturali di quel­ le nette, esse non sono perfettamente naturali in quanto i contorni morbi­ di hanno sempre la stessa decadenza (larghezza). In natura, invece, più un oggetto è vicino alla superficie su cui proietta l'ombra, più definito sarà il contorno e più si allontana, più morbida sarà la diffusione. Le ombre area simulano questo effetto partendo dall'origine della sorgente di luce verso l'esterno indipendentemente dal tipo di luce inserito nella scena (omni, spot o area) . Lo svantaggio di questo tipo di ombra è che richiede un alto tempo di rendering e quindi si preferiscono le ombre morbide, nonostante la loro qualità più scarsa. mentre il vantaggio è rappresentato dalla produzione di effetti molto realistici ( FIG. 7 . 11) . 7.8.3. L'illuminazione indiretta

Villuminazione indiretta o globale (global illumination) è un gruppo di algoritmi utilizzato nella Computer Graphic 3D allo scopo di raggiungere un'illuminazione più realistica rispetto alle scene che utilizzano la sola illu­ minazione diretta5 3 • Questi algoritmi tengono conto del comportamento naturale della luce. Gli oggetti sono irradiati da numerose sorgenti lumi­ nose indirette in cui i raggi di luce rimbalzano da un oggetto all'altro fin­ ché non perdono energia. Villuminazione globale simula appunto questo comportamento della radiazione luminosa. Esattamente come l'illumina­ zione diretta, essa comprende una componente di luce riflessa diffusa ed una di luce riflessa speculare. La prima si riferisce alla luce che colpisce un oggetto dopo averne colpito un altro assorbendo, in parte, una data lun­ ghezza d'onda dello spettro della luce incidente e, dall'altra, respingendo i raggi luminosi determina un colore diverso da quella da cui è illuminato. La seconda (riflessione speculare) si visualizza con la concentrazione della radiazione luminosa in un determinato punto di una superficie descritta matematicamente con la "funzione di distribuzione della riflessione bidire­ zionale" (Bidirectional Reflectance Distribution Function, BRDF), che tiene conto del materiale illuminato 54 • Tra gli algoritmi di global illumination più utilizzati si hanno il radiosity, il photon mapping, e l'ambient occlusion.

7 . I MODELLI DIGITALI

1 55

- Radiosity: è stato il primo algoritmo di rendering utilizzato nel calcolo di luce indiretta diffusa e la sua utilizzazione ha migliorato notevolmente i risultati di fotorealismo fino ad allora ottenuti attraverso il precedente metodo del raytracing, con cui era possibile calcolare effetti quali riflessio­ ni, rifrazioni ed ombre 55 • Nonostante fossero fenomeni "globali" (o meglio un"'interriflessione diffusa"), non si riferivano ad una illuminazione globa­ le vera e propria e, proprio per questo, spesso il radiosity è stato confuso con l'illuminazione globale. L'algoritmo di radiosity si basa sul concetto di trasferimento del colore e agisce suddividendo la superficie della scena in più superfici (patches) e calcolando progressivamente tutti i passaggi della luce che ogni patch riceve e irradia sulle altre. Nel primo passaggio la luce illumina solo gli oggetti che ricevono i raggi direttamente dalla sorgente di luce mentre, in quelli successivi le altre superfici riceveranno la luce a causa del rimbalzo sulle patches già illuminate fino a quando l'intera scena acqui­ sirà una luminosità completa dovuta al quasi totale assorbimento della luce da parte di tutte le patches. La luce irradiata da una pacth è data dalla somma della luce auto emessa dalle sorgenti e la luce dovuta all'ambiente circostante e da questa viene riflessa secondo il modello di riflettanza lam­ bertiana5 6, cioè che rilascia la luce in modo uniforme rispetto 6 e su di essa influi­ scono due processi paralleli: !"'ideazione", che rappresenta la traduzione del programma in spazio e volumi, e la "soluzione costruttiva", cioè lo stu­ dio delle modalità costruttive idonee mediante la scelta tra i materiali da costruzione disponibili e la loro utilizzazione sulla base delle leggi della natura7 • Il rapporto tra soluzione costruttiva e ideazione dà quindi origine ali'attività di progettazione architettonica che precede a sua volta l'attività di edificazione, chiamata "attività costruttiva". L'attività costruttiva rap­ presenta quindi la fase in cui si attua materialmente l'oggetto edilizio, cioè la costruzione vera e propria di un'opera architettonica, secondo le varie fasi che vanno dalla posa delle fondazioni alla costruzione degli alzati (muri e pareti) fino alla copertura e alle opere accessorie (pavimenti, rivestimen­ ti interni ed esterni ecc.). Le attività di progettazione e costruzione deter­ minano quindi un processo edilizio attraverso il quale si dà forma ad un manufatto architettonico. Nel progetto convergono le esigenze del pro-

8 . L' ARCHITETTURA

gramma di costruzione che danno forma ad un organismo spaziale ed orga­ nizzato il quale, a sua volta, acquista una fisionomia duratura e definitiva attraverso le soluzioni adottate nell'attività costruttiva. L'archeologia ha principalmente privilegiato lo studio delle informa­ zioni contenute nell'attività costruttiva. Diversi sono stati gli approcci e le finalità delle indagini condotte sulle strutture, sia che queste siano state rin­ venute all'interno di uno scavo archeologico oppure che siano ancora edi­ fici integri e funzionanti. Un primo approccio è l'analisi tecnica di un edificio, il cui obiettivo è lo studio della logica strutturale e funzionale attraverso la comprensione delle soluzioni costruttive adottate8 . In questo caso è determinante la Scien­ za dei materiali da costruzione, una disciplina che si occupa del comporta­ mento statico e dinamico delle strutture di un manufatto architettonico e dell'equilibrio delle sue componenti strutturali sotto l'effetto di carichi per­ manenti o accidentali9 • Inoltre, un edificio è determinato da una sequenza di azioni costruttive ma nel corso della sua vita può aver subito diverse manipolazioni e attività di trasformazione che possono aver comportato nel tempo la modifica degli "equilibri statici" originari10 • Le trasformazioni possono essere di varia natura, sia dettate da eventi traumatici come sismi, incendi o abbandono oppure da cambiamenti introdotti nel suo equilibrio dall'uomo quali ampliamenti della fabbrica, riorganizzazione degli spazi interni, differenti sistemi di copertura o cambi di funzione. Per cui, anche l'aspetto costruttivo-strutturale assume un valore importante per la cono­ scenza di un manufatto, soprattutto se pensato in vista di un eventuale intervento di restauro, sia reale che virtuale. In questo ambito di ricerca rientrano anche lo studio della sequenza del degrado11 , un processo post­ deposizionale "passivo", o trasformativo12 , che ha come causa l'azione fisi­ co-chimica sui materiali da costruzione. Gli agenti di degrado possono avere diverse origini: possono provenire dal suolo, come l'acqua; possono provenire da azioni antropiche lente e continue (usure di superfici) oppu­ re traumatiche (effetti bellici, abbandono ecc.); infine, possono essere natu­ rali come le azioni di vegetali o del clima. L'invecchiamento e il degrado dei materiali edili non va inteso in maniera "antropocentrica" ma dipende esclusivamente da cause esterne al materiale stesso: nessun materiale, il legno compreso, cambia nel tempo le sue caratteristiche per cause pro­ prie1 3 . Conoscere gli agenti del degrado è sempre stata una componente essenziale nella pratica del costruire, analogamente alle conoscenze sulla manutenzione, conservazione e restauro delle costruzioni. Per materiali da costruzione non si devono intendere però solo quelli lapidei ma anche tutti quelli che vengono utilizzati nella realizzazione di un manufatto architettonico come i materiali argillosi, il legno, i metalli, il vetro, i leganti, gli intonaci e gli stucchi. In campo architettonico o dell'in-

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IL RESTAURO VIRTUALE I:\' ARCHEOLOGIA

gegneria civile lo studio dei materiali è legato alla conoscenza dei caratteri di lavorabilità e di resistenza meccanica1 4 mentre nel campo dell'archeolo­ gia e del restauro le analisi vengono condotte con strumenti propri delle scienze naturali, cioè l'archeometria1 5 , disciplina con la quale si determina la natura minero-petrografica e la sua composizione chimica, le sue caratteri­ stiche chimiche, fisiche o tecnologiche, il suo comportamento ai vari tipi di degrado. Le analisi archeometriche possono servire per determinare la pro­ venienza delle materie prime impiegate. Queste informazioni sono utili non solo per la storia costruttiva ma anche per il restauro reale di un edificio. Alcuni materiali sono anche indicatori cronologici le cui datazioni sono ricavabili mediante metodi scientifici: radiocarbonio e dendrocronologia per il legno, termoluminescenza e archeomagnetismo per laterizi, terrecot­ te, forno e focolari16 , a mero titolo di esempio. Un secondo approccio è lo studio delle tecniche murarie e della loro evoluzione nel corso del tempo, che può fornire non solo indicazioni di carattere cronologico ma anche informazioni relative al ciclo produttivo dei materiali da costruzione1 7 • In natura non esistono materiali da costruzione pronti all'uso ma risorse naturali trasformabili in materie prime attraverso processi semplici o complessi. Lo studio dei cicli produttivi, che fino all'e­ tà preindustriale indicavano tutte 1 8, signifi­ ca comprendere tutti i passaggi che trasformano la risorsa naturale in pro­ dotto edile finito. La "risorsa naturale" è >2 5 • A seconda dello stato di conservazione, della posizione, della dimensione e della forma degli edi­ fici studiati si possono applicare specifiche tecniche di rilievo. Tale indagi­ ne prevede la realizzazione di piante, prospetti, sezioni secondo le diverse metodologie, dalla semplice triangolazione alle più complesse tecniche di fotogrammetria digitale, foto-modellazione e laser scanner (FIG . 8 . 2) . Il rilievo è un'azione propedeutica a qualsiasi intervento di restauro e va inteso come "un'edizione critica del testo monumentale" attraverso la quale è possibile conoscere, capire e interpretare dati. Utilizzando un opportuno sistema di codici o normative grafiche26 si possono ottenere diversi tipi di elaborati tematici: il "rilievo geometrico" , con cui si possono conoscere le misure e le perimetrazioni dei singoli elementi costitutivi del1'edificio, e il "rilievo tettonico" (o aderente), con il quale si dà risalto alle tecniche costruttive ai fini di un'analisi storico-tecnica, e alle condizioni di

00'

r:onte: E 'fo> attribuendo al solo progetto l'intero valore del concetto di archi­ tettura. Infatti, in esso, sempre secondo Scamozzi, si risolve il momento logico dell'operazione compositiva, che non ha alcun bisogno di essere pro­ lungata nella costruzione della fabbrica. Lo stesso concetto fu ripreso tre secoli dopo da Luigi Grassi, nella Storia del Disegno. Secondo l'architetto 35 • Viceversa, Giulio Carlo Argan, parlando sempre del concetto di progettazione architettonica, afferma che > 3 8 . La seconda, invece, è dello svizzero Le Corbu-

IL RESTAURO VIRTUALE I:\' ARCHEOLOGIA

sier secondo cui 39 . Infine, analogo concet­ to è sintetizzato dal tedesco Walter Gropius: > 55 • Inoltre, il Vasari racconta che Arnolfo di Lapo avrebbe eseguito uno dei modelli per la chiesa di S. Maria del Fiore a Firenze, il quale fu poi distrutto nel 1367 in seguito all'approva­ zione di quello definitivo di Benci di Ciane e Neri di Fioravante 5 6 . Infine,

IL RESTAURO VIRTUALE I:\' ARCHEOLOGIA

lo stesso Vasari prepara per Marco da Faenza il disegno per l'affresco dipinto tra il 1556 e il 1558 nella sala di Cosimo il Vecchio nel Palazzo Vec­ chio di Firenze, raffigurante gli architetti Brunelleschi e Ghiberti che pre­ sentano a Cosimo il modello della chiesa di San Lorenzo. Un'altra citazione sui modelli la ritroviamo nel De Re Aedi/icatoria di Leon Battista Alberti in cui appare: 57 . Una ulte­ riore citazione appare nel trattato di Vincenzo Scamozzi secondo cui > 76 •