Il ragazzo di Agrigento con 'Il greco e la natura'
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ANDRÉ-JEAN FESTUGIÈRE

IL RAGAZZO DI AGRIGENTO con «Il Greco e la natura»

Il ragazzo di Agrigento è un anonimo, vispo e colori­ to fanciullo, a cavalcioni di un asinello carico di aran­ ce e di limoni, che incontra tra i resti dei templi agri­ gentini l'autore in abito domenicano bianco latte, con una grossa corona di rosario cadente dalla cintura; a­ docchiatala, gliela chiede con insistenza, senza peral­ tro attenerla, perché condizione per averla è farsi fra­ te. Il contadinello sparisce tra le ombre incipienti del tramonto, e pare un demone in fuga tra quei luoghi sacri del paganesimo. Sotto la sigla del titolo, evocatore di un mondo che è storia e contemporaneità di cultura, il grande storico francese della grecità antica ha raccolto nove studi che costituiscono altrettanti momenti di un dialogo interiore e con il·lettore sulla poesia, la religiosità, la festa, la mistica e la contemplazione. Il volume si '

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chiude con un saggio originale sull'uomo greco e la natura, dove Festugière- come scrive nella prefazio­ ne- testimonia con il suo pacato e rigoroso indagare che «forse si ha il diritto di amare ciò che è amabile presso l'uomo antico, pur rimanendo cristiani». ANDRÉ-JEAN FESTUGIÈRE (1898-1982) entra nell'ordine Domenicano nel 1924; dopo aver fatto parte delle Scuole francesi di Roma (1920-21) e di Atene (1921-22), si con­ sacra all'analisi

del pensiero greco. Il suo primo libro è

L 'idéal religieux des Grèces et l'Evangile (1932). Oltre che ai saggi Socrate (1934) e Contemplation et vie contempla­

tive selon Platon (1936), dedica tutti i suoi sforzi alla pub­ blicazione e all'interpretazione dei testi del Corpus Herme­

ticum (edizione critica in 4 volumi, dal 1945 al 1954). Del 1949 è il saggio Le Dieu cosmique; del 1959 Antioche pai'enne et chrétienne. In Ermetismo e mistica pagana (Ge­ nova 1991) passa in rassegna i diversi aspetti che riveste la «mistica della salvezza» nello gnosticismo e nelle filosofie che si rifanno a Pitagora e a Platone. Nel 1969 pubblica il saggio De l 'essence de la tragedie grecque.

€ 18- L. 34.853

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Titolo originale:

L 'enfant d 'Agrigente suivi de Le Grec et la nature

© 1950 by Les Iles d'Or, Librairie Plon- Paris © 200 l by Edizioni Medusa ISBN

88-88130-19-5

[email protected] Traduzione: Rosanna Tontini

In copertina:

Efebo inginocchiato,

vaso del VI secolo a. C., Atene, Museo dell'Agorà.

Elaborazione grafica B&C.

André-Jean Festugière

Il ragazzo di Agrigento con «Il Greco e la natura»

Introduzione di Pier Angelo Carozzi

medusa

André-Jean Festugière.

Festugière pagano e cristiano

di Pier Angelo Carozzi

«lo offro qui soltanto l'umile testimonianza di uno storico, la cui regola, peraltro, fu sempre quella di non dissociare mai lo stu­ 1 dio dalla vita». Con questo tratto autobiografico, André-Jean Fe­ 2 stugière sigla con una confessione tra le righe il volume che rac­ coglie i suoi migliori articoli scritti per le riviste domenicane fran­ cesi

Vie Intellectuelle e Vie Spirituelle negli anni 1934-1945. Si era sul crinale delle drammatiche vicende europee degli

anni Trenta che, con lo scontro tra totalitarismi politico-sociali e democrazie liberali, sarebbero culminate nell'orrido buio del se­ condo conflitto mondiale. Lo storico delle religioni della tarda antichità Jean Festugière, dopo un brillante curriculum di studi di filologia classica alla Ecole Normale Superieure conclusosi con una laurea nel 1920, due anni di studi e specializzazione alle Ecoles Françaises di Roma (1920-21) e di Atene (1921-22), pre­ se la decisione, venticinquenne, di entrare nell'Ordine dei Frati Predicatori, assumendo il nome di André-Marie.

3 Nello studentato teologico dei domenicani a Le Saulchoir ,

allora situato a Kain in territorio belga, ricevette a partire dal 1924, formazione filosofica e teologica che culminò con l'or­ dinazione presbiterale nel 1930. Inviato dai superiori, per un pe­ riodo di docenza che lo disilluse, a Gerusalemme, presso l'Ecole Biblique, trascorse l'inverno 1931-32 completamente solo e sen­ za studenti, «in una città» - sono sue parole - «totalmente araba dove le memorie cristiane sono state così stritolate e inabissate che ci si sente più lontani da Cristo che in nessun altro luogo del 4 mondo». Comprensibile reazione di un giovane studioso di an­ tichità classiche che aveva optato con entusiasmo a impegnare il futuro in una forma di vita che il cristianesimo aveva istituziona­ lizzato, non immemore per altro del retaggio di Grecia e di Ro-

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ma. Rientrò quindi in Francia nella primavera del 1932 e, presa dimora a Parigi nel convento «Augustin Maydiem> di rue du Fa­ 5 ubourg St. Honorè 222 , si dedicò alla conclusione del suo pri­ mo libro L

'idéal religieux des Grecs et l 'Evangile6 uscito, con la

7 prefazione del noto biblista padre M.-J. Lagrange , prima della

fine del 1932. Questo libro, che doveva presto rendere celebre il suo autore, costituisce per così dire l'emblema di tutta la ricerca e l'opera di Festugière: la coabitazione di pagani e cristiani nello stesso universo storico e culturale dell'impero romano e medi­ terraneo, lo scontro iniziale, il lento e faticoso dialogo, il passag­ gio del mondo antico al cristianesimo, non senza le contraddi­ zioni del suo sviluppo storico. Da allora - come bene ha scritto un suo discepolo- «il lavoro intellettuale e l'insegnamento sono 8 state le espressioni pubbliche della sua vita interiore». I saggi che qui vengono editi in lingua italiana, sotto la cifra del titolo

Il ragazzo di Agrigento, trovano la loro unità nell'e­

sperienza vissuta personalmente dall'autore durante una sua vi­ sita alla valle dei templi della città siciliana - «la più bella città dei mortali>>, come la cantava Pindaro nella XII

Pitica. L'epi­

sodio è evocato nella dedica del libro «Alle suore francescane di Taormina», di cui fu ospite per qualche giorno nella primavera 1949, dedica che è prosa poetica di grande intensità, quasi pre­ monizione del destino ultimo che lo avrebbe atteso nel piccolo cimitero fiorito di Poissons, nell'Alta Marna, dove ora riposa. L'abbronzato fanciullo, a cavalcioni di un asinello carico di arance e di limoni, che appare, interloquisce e si allontana rapido e imbronciato, svanendo nelle ombre della prima sera - quasi dè­ mone in fuga tra quei luoghi sacri del paganesimo- sintetizza per lo storico francese la compresenza, nella vita e nella storia del­ l'Italia e dell'Occidente europeo, della tradizione greco-romana e della tradizione ebraico-cristiana, ormai compenetrate dopo due­ 9 mila anni di osmosi. Una compenetrazione tuttavia che rimane sempre problematica, perché se il travaso della classicità nel cri­ stianesimo ha dovuto subire, per ben tre secoli, un necessario adattamento, prima di essere assimilata e diventare umanesimo cristiano, non così è per l'essenza del messaggio evangelico, irri­ ducibile a qualsivoglia umanesimo per la sua fondamentale e spe­ cifica sporgenza religiosa. Vale a dire, per entrare veramente nella cultura cristiana, per percepirne- non comprenderne- il mistero,

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occorre la chiave della fede. Se non ci si fa frati domenicani- que­ sto il senso del diniego al fanciullo di Agrigento - non ha senso portare la bella corona del rosario, dai grossi grani, ciondolanti al­ la cintura, non per vezzo di eleganza, ma per memento assiduo di preghiera e di unione con Dio in una scelta di vita protratta sull'arco dell'esistenza. Nei saggi che costituiscono il presente libro, redatti in pagi­ ne chiare e scorrevoli, seppure dense di impianto filologico, Fe­ stugière si intrattiene con il lettore in una sorta di dialogo interio­ re, sotteso al suo argomentare storico, soffermandosi su alcuni momenti fondamentali della cultura greca e romana dell'anti­ chità. Così che la storicità dell'antico - meglio sarebbe dire del tardo antico, se si vuole riconoscere l'originalità della ricerca pionieristica di Festugière, che, in una vita di indagini assidue e 10 puntuali, spesso controcorrente , ha aperto agli studi e alla co­ noscenza storica l'immenso patrimonio della tarda antichità, tra­ scurata, fino agli anni Quaranta dello scorso secolo, per i pregiu­ dizi classicistici di una filologia classica di impronta positivisti­ ca o laicistica che dir si voglia - così che la storicità dell'antico, si diceva, illustrata nei suoi nessi religiosi o poetici, rituali o mi­ stici e contestualizzata nei suoi fatti politici e sociali, di calenda­ ri e di persone, emerge nella sua ineludibile valenza di categoria­ lità umana, specie nell'impronta fondativa della tradizione di vi­ ta e di pensiero occidentali. Merita spendere brevemente una parola sui prodromi della originale ricerca di F estugière, sulle fonti da lui utilizzate, sul 11 suo metodo ancorato alla lettura dei testi , sulle sue interpreta­ zioni innovative del Tardo Antico. E non si può tacere anzitutto il nome, l'opera e il magistero di chi lo stimolò e lo guidò, affian­ candolo nell'impervio sentiero che si era messo a percorrere da­ gli anni Trenta: Franz Cumont, l'archeologo e storico delle reli­ 12 gioni belga, studioso di fama mondiale , che durante il periodo di esilio a Parigi negli anni 1939-1944, in pieno conflitto mon­ diale, riceveva spessissimo, nella sua abitazione di avenue Kle­ ber, l'allora giovane e già affermato ricercatore domenicano, premuroso di sottoporgli a critica e di discutere con lui i com­ plessi lavori sull'ermetismo cui stava attendendo. Non è un caso se il primo volume della monumentale opera La Révélation d'Hermès Trismégiste (4 tomi di circa 1750 pagine), che ha per

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sottotitolo «L'astrologie et les Sciences occulteS)), dato alle stampe a Parigi nel 1944 per i tipi di J. Gabalda, reca la dedica 13 «Francisco Cumont. S(acrum). )). Festugière infatti, dal presupposto di una vasta e sicura pa­ dronanza delle testimonianze della classicità greco-romana, si era orientato fin dagli inizi della sua carriera di studioso, al son­ daggio e al riordino filologico dei cosiddetti

testi minori espressi

dalla civiltà antica: papiri magici, formulari astrologici, scritti ermetici, oracolari, di medicina, mettendosi alla sequela di quei pochi, segnalati filologi di fine Ottocento, come Hermann Use­ 14 e Cumont, che avevano aperto nuove piste di ricerca per la

ner

Altertumswissenschaft, provocata a spingersi oltre nel tempo e nello spazio dell'impero romano fino ai secoli della sua conclu­ sione storica e negli ambiti provinciali o locali che ne avevano espressa la variegata civiltà. Questi precedenti permisero a Fe­ stugière di avvicinarsi maggiormente alla quotidianità della vita dell'uomo antico, di entrare, per quanto possibile a uno storico, nel vissuto del popolo minuto, che si agitava nel dramma della 15 vita durante quei secoli di trasformazione e di crisi epocale , se­ coli che temperarono insieme il cristianesimo che si andava dif­ fondendo, organizzando e istituzionalizzando, e il paganesimo che esauriva, in un conflitto di competizione con la nuova reli­ gione e

Weltanschauung di origine semitica, destinata a prevale­ 16 I numerosissimi scritti di

re, la sua millenaria portata storica.

Festugière - la sua bibliografia registra 350 titoli - lo stanno a 17

dimostrare.

Dei dieci studi qui pubblicati, i primi cinque vertono su te­ matiche desunte dal mondo ellenistico-romano, quel mondo che ha espresso il cosiddetto paganesimo- termine, concetto e storia qui illustrati peraltro magistralmente da Festugière - e che ha trasmesso al pensiero europeo, di stampo dotto e popolare, gram­ 18 matica, sintassi e lessico ; gli altri quattro presentano il diffon­ dersi del cristianesimo con i suoi ideali: anzitutto quello prima­ 19 rio e imprescindibile di carità , e accanto a esso quelli di santità, di mistica, di ascesi e di contemplazione, così come si sono ve­ nuti formulando nel confronto con la saggezza greca ed elleni­ stica (di un ellenismo sovente orientalizzato ); a partire dal famo­ so discorso di Paolo all'Areopago di Atene (Atti XVII, 16-34) fi­ no ad addentrarsi nella «psicologia dei mistich) e a trattare di

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«ascetica e contemplazione al tempo dei Padri)) della Chiesa dei primi secoli cristiani. Quanto ci sia stato di lotta, di compromes­ so, di distinzione - se non di divisione e rottura, specie nei mo­ 20 naci del deserto e nel susseguente monachesimo - tra cultura greco-romana e cristianesimo delle origini, il lettore potrà com­ provarlo di persona confrontandosi con la pagina di Festugière. L'ultimo e decimo studio, edito come opuscolo e presto esauri­ tosi, si articola quale percorso omiletico a tappe - la vita nasco­ sta, il riposo, i paesaggi- ospite di alcuni fra i poeti dell'Antolo­

gia Patatina. Da scrupoloso storico delle religioni della tarda antichità Festugière si pose già dai primi anni di ricerca il problema, di­ ventato in seguito - anche grazie a lui - di stringente attualità, del dover accettare come presupposto per gli studi dell'antichità cosiddetta classica, di riferimento greco-latino, «ciò che dopo tutto ne costituisce l'origine storica, e cioè la cristianizzazione 21 della cultura classica)) . E qui è giusto ricordare che, per !imi­ tarci all'ambito francese, furono due valenti storici dell'anti­ chità a operare con le loro ardite interpretazioni perché il perio­ do tardo antico dell'impero romano, considerato decadente con metro classicistico, venisse rivalutato storicamente da un'ottica 22 cristiana : intendo André-Jean Festugière e i suoi discepoli del­ 23 l'Beole Pratique des Hautes Etudes , primo fra tutti Henri­ Dominique Saffrey, e Henri-Irénée Marrou e i suoi allievi a Lio­ 24 ne e alla Sorbona. Scriverà infatti, a proposito, Arnaldo Momi­ gliano negli anni Ottanta del secolo appena concluso: «Esiste, mi pare, una presa di coscienza sempre più netta fra coloro che si interessano al mondo classico (professionali o no) che tra noi e il mondo classico stanno l'Ebraismo e il Cristianesimo; e che il nostro rapporto con il mondo classico è da un lato in varia misu­ ra ereditato dali 'Ebraismo e dal Cristianesimo, dali'altro lato co­ stituisce una ricorrente ribellione alla nostra eredità ebraica e cristiana. (... ) Si tratta di riconoscere che, in varia misura, tanto il pensiero di Filone quanto quello di S. Paolo o dei rabbini della

Mishnah sono una reazione al mondo greco-romano circostante: reazione che a poco a poco conquistò larghe cerchie di pagani. Non c'è dubbio sul vincitore: è il cristianesimo paolino, che as­ sorbe molta parte della letteratura giudeo-ellenistica, compreso Filone e Flavio Giuseppe, ma non riesce ad assorbire il giudai-

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smo rabbinico, il quale continua ad aver vita indipendente e a es­ sere fonte attraverso i secoli di una civiltà organica e legata a suo modo col mondo classico. Come Giudaismo e, poi, Cristianesi­ mo vengano a prendere posizione di fronte al mondo greco­ romano è uno dei temi di cui gli studi classici, se i segni del pre­ sente non ingannano, si dovranno occupare sempre di più nel prossimo futuro. Come già ho accennato, da questa considera­ zione specifici temi (...) potranno essere riorientati, quali lo stu­ dio della religione e del mito in Grecia e a Roma. Ma esiste an­ cora un'altra ragione per cui il Cristianesimo evidentemente en­ tra in qualsiasi analisi della società antica: ed è che esso spesso è un fenomeno non solo genericamente culturale, ma di riorganiz­ 25 zazione sociale)). E aggiungeva Momigliano, in una prospetti­ va di ulteriore avanzamento di ricerca: «Che poi da questo ap­ prezzamento di quanto di nuovo il Giudaismo e il Cristianesimo hanno apportato al nostro mondo, si possa e si debba passare a un apprezzamento di quanto di nuovo altre fedi - e soprattutto l'Islam- abbiano introdotto in quello che fu il cerchio della ci­ 26 viltà antica va da sé». Ma attendersi questo da Festugière, uomo di fine Ottocento e pioniere coraggioso negli studi dell'antichità classico-cristia­ na, è sinceramente chiedergli troppo. Basti ricordare che grazie ai suoi originali e ampi studi sull'ermetismo e la cosiddetta «ri­ 27 velazione di Ermete Trismegistm) - dottrina e prassi filosofi­ co-religiosa ellenistico-romana, che procedette dal II secolo del­ la nostra era accanto e in competizione con il cristianesimo che si andava contemporaneamente sviluppando e strutturando- si è 28 potuto parlare di un' «era Festugière)) negli studi su questo tipo di religiosità interreligiosa e interculturale di matrice egizia, che Festugière ricollocò nella complessità del suo contesto storico. 29 Siamo comunque grati a padre Festugière per averci illu­ strato con riconosciuta acribia e con sentire profondo - fu a un tempo grande storico e grande mistico - l'anima pagana dell 'uo­ mo greco-romano e le sue affinità cristiane, alle sorgenti della religione che avrebbe cementato la cultura dell'Occidente.

Introduzione l 1 1 1 Cfr. A.-J. FESTUGIÈRE, L 'enfant d 'Agrigente, suivi de Le Grec et la nature, Les Iles d'Or-Librairie Plon, Paris 1 950, p. 1 29 infra p. 1 28. 2 Sulla figura, l'attività e l'opera di A.-J. FESTUGIÈRE ( 1 898- 1 982) si leggono con pro­ fitto le pagine commemorative di R. MARICHAL, Allocutions de M. Robert Marichal Pré­ =

. er, sident, à l'occasion du décès du R. P. André-Jean Festugière et de M. Claude Schaeff académiciens ordinaires, Séance du l octobre 1 982, in Académie des Inscriptions et Bel­ les Lettres, Comptes Rendues des Séances de l' Année 1 982, juillet-octobre, De Boccard, er

Paris 1 982, pp. 504-508. Su Festugière, uomo di religione e di studio, si vedano di J.-R. BOUCHET, Homelie prononcée le mercredi 27 octobre 1982 à la messe pour le Frère A.-J. Festugière, in «Ut sint unum». Bulletin de liaison de la Province [des Dominicains] de France, n° 458, novembre 1 982, pp. 91-93 e di H.-D. SAFFREY, Le Père André, Jean Festu­ gière, ibid. pp. 94-99. Si veda pure di P. HADOT, André-Jean Festugière. Necrologie, in Ecole Pratique des Hautes Etudes, Ve Section-Sciences religieuses, Annuaire, tome XCII, 1 983-1984, pp. 3 1 -35. A tutt'oggi, il profilo biografico meglio delineato e partecipato, è quello di H.-D. SAFFREY, Le Père André-Jean Festugière O.P. (1898-1982). Portrait, pubblicato in apertura del Mémorial A.-J. Festugière. Antiquitè Paiimne et Chrétienne par E. Lucchesi et H.-D. Saffrey, P. Cramer Ed., Genéve, 1 984, pp. VII-XV (la Bibliografia completa dell'autore è alle pp. XVII-XXXIV). 3 Sull'ambiente altamente qualificato della formazione filosofico-teologica dei dome­ nicani di Francia, luogo di rinnovamento degli studi i cui maestri saranno successivamente protagonisti dell'aggiornamento ecclesiale al Concilio Vaticano II ( 1 962-1965), si veda, in traduzione italiana, di M.-D. CHENU, Le Sau/choir. Una scuola di teologia, introduzione di G. Alberigo, Marietti, Casale Monferrato 1 982. 4 Lettera al confratello P. Antonin Motte O.P. del lO gennaio 1 932. 5 Dove visse per quarantadue anni fino al 23 marzo 1 975 e dove chi scrive lo incontrò la prima volta, ormai settantenne, durante uno dei primi soggiorni nella capitale francese, esperimentando di persona uno dei suoi noti scatti di aggressività. A questo riguardo, nel tracciame icasticamente il carattere, H.-D. SAFFREY afferma che «A.-J. Festugière era un uomo ansioso, gemebondo, indomabile, scosso da accessi di aggressività», in Mémorial André-Jean Festugière, cit., p. VII. 6 Si veda A.-J. FESTUGIÈRE, L 'idéal religieux des Grecs et Evangile, avec une préface par M.-J. Lagrange, O.P. (Coli. Etudes Bibliques), J. Gabalda, Paris 1 932, 340 pp. In se­ conda edizione con alcune corrigenda, J . Gabalda, Paris 1 98 1 . 7 Albert (Marie-Joseph sono i nomi di professione religiosa) LAGRANGE ( 1 855-1 938) fu biblista di vaglia e fondatore a Gerusalemme, presso il convento domenicano di Santo Stefano, della poi famosa Eco le Biblique, che diresse fino alla morte. 8 Si veda H.-D. SAFFREY, Le Père André-Jean Festugière O.P. (1898-1982). Portrait, cit. p. VIII.

9 Si veda infra, la dedica in apertura di volume. 10

Quando Festugière recò a uno dei suoi maestri, il filologo Pau l Mazon, illustre greci­ sta, il manoscritto della sua innovatrice monografia La Révélation d'Hermès Trismégiste, che aveva iniziato a pubblicare nel 1 944 nella collezione delle Università di Francia, detta anche «Guillaume Budé», di cui Mazon era direttore, si sentì dire: «Festugière, io vi voglio davvero bene, ma il vostro Hermès non mi piace affatto». Era la voce del classicista stati­ co che si rivolgeva a un classicista storico, per dirla in termini cari ad Augusto Rostagni; cfr. A. ROSTAGNI, Letteratura classica senza classicismo, in Classicità e spirito moderno, Einaudi, Torino 1 939, pp. 43-67. 11 Si veda infra, la n. 29. 12 Franz CUMONT ( 1 868- 1 84 7), professore di Istituzioni Romane ali 'Università di Gent

12 l Pier Angelo Carozzi

(Belgio), fu pure conservatore del Museo Reale di Antichità (o del Cinquantenario) di Bru­ xelles. Del noto Catalogus Codicum Astrologorum Graecorum, edito in 1 2 volumi a Bru­ xelles, 1 898- 1 936, fu uno degli ideatori e il frutto dei suoi studi mithraici si verifica in un'opera ancora fondamentale come i Textes et monumentsfigurés relatift aux mystères de Mithra, Bruxelles 1 895-1 899, in 2 volumi sintetizzati successivamente nel! 'opera Les mystères de Mithra, Bruxelles 1 900- 1 9 1 3 3 ( The mysteries of Mithra, New York 1 956). Compì missioni archeologiche nella Siria settentrionale e in Asia Minore presentandone i risultati negli Studia Pontica, Bruxelles 1 906 e nelle Etudes Syriennes, Paris 1 9 1 7. Della vastissima produzione di Cumont ricordiamo i titoli principali: Les religions orienta/es dans le paganisme romaine, Paris 1 906 (trad. i tal. di Luigi Salvatorelli, Laterza, Bari 1 9 1 3 , 1 967, con pref. di S. Donadoni); L 'Egypte des Astrologues, Bruxelles 1937; in collabora­ zione con Joseph BIDEZ, Les Mages hellénisés. Zoroastre, Ostanès et Hystaspe d'après la tradition grecque, Paris 1 938, 2 voli.; Recherches sur le symbolisme jùnéraire des Roma­ ins, Paris 1942; Lux perpetua, Paris 1949, uscito postumo. Su di lui si veda Accademia Na­ zionale dei Lincei, anno CCC XL VI - 1 949, Quaderno n. 1 5, In memoria di Franz Cumont, Roma 1 950 (con un saggio di Raffaele Pettazzoni in memoria dello studioso belga, Socio straniero dei Lincei). Quando l'Accademia Reale Belga decise di istituire un Premio inter­ nazionale dedicato a Franz Cumont, primo titolare ne fu André-Jean Festugière (Bruxelles, 1 973). In una delle mie visite nell'estate di quell'anno, fui tra i primi a esserne informato, in termini di gioiosa soddisfazione, dallo stesso Festugière. 1 3 Si veda infra, n. 27. 14 Hermann USENER ( 1 834- 1 905), illustre filologo classico e storico delle religioni te­ desco, insegnò nelle Università di Bema, Greifswald e di Bonn (dal 1 866 alla morte); stu­ =

diò particolarmente la religione greca e il cristianesimo delle origini (Atti dei martiri e fe­ stività) ed elaborò pure una propria teoria sulla formazione dell' idea di Dio, sviluppatasi in tre stadi («Dio momentaneO>>, «Dio categoriale», «Dio personale»). Delle sue opere ricor­ diamo Das Weihnachtsfest, Bonn 1 889; Religionsgeschichtliche Untersuchungen, Bonn 1 889, voli. I-III; Gotternamen. Versuch einer Lehre von der religiosen Begriffsbildung, Bonn 1 896 e Die Sintfluthsagen, Bonn 1 899. D ' importanza storiografica anche i volumi postumi Vortriige und Aufsiitze, Leipzig und Berli n 1 907 e le Kleine Schriften, Leipzig und Berlin 1 9 1 3 , in 4 volumi. Di lui in edizione italiana, è uscito lo studio Triade: un saggio di numerologia mitologica, Guida, Napoli 1 995. Sulla figura e l 'opera di Usener si veda il da­ tato ma importante studio di U. PESTALOZZA , Ermanno Usener, in «Il Rinnovamento», 3 ( 1 909}, pp. 1 34-15 1 e da ultimo, a cura di A. MOMIGLIANO, Aspetti di Hermann Usener,jì­ lo/ogo della religione, Giardini, Pisa 1 983. 1 5 «Proseguendo l' impulso dato da Franz Cumont [Festugière] è stato uno dei pionieri in Francia della scoperta della Tarda Antichità e dei testi "minori": per lungo tempo ha ope­ rato in isolamento quasi totale. È in questi testi "minori" che incontrava la vita umana in tutte le sue forme e manifestazioni, la vita interiore del filosofo o del santo, ma anche la vita religiosa o profana della gente minuta del mondo antico», cfr. P. HADOT, André-Jean Fe­ stugière. Necrologie, cit., p. 34. 16 «Ciò che gli interessava era lo studio scrupolosamente obiettivo della religiosità elle­ nistica e romana e l'articolo che aveva redatto ancor prima della seconda guerra mondiale per essere pubblicato nel Reallexikonfor Antike und Christentum intitolato Quadro della mistica ellenistica [è il primo saggio del volume Hermétisme et mystique pai"enne, Paris 1 967, pp. 1 3-27], costituisce una sorta di frontespizio a tutta la sua opera. ( . . . ) Il padre Fe­ stugière voleva dunque studiare scientificamente le religioni della tarda antichità, o piutto­ sto il sentimento religioso degli uomini di quel tempo. Perché non solo esponeva su quell 'argomento il pensiero dei grandi autori (da cui nacque la sua tesi dottorale), ma so-

Introduzione l 1 3

prattutto - e questo è caratteristico d i tutto i l suo impegno- voleva tentare di esprimere ciò che chiamava la religione personale, l'esperienza che un individuo può fare della divinità. Da qui il suo interesse per il corpus dei testi ermetici, corrente religiosa assai diffusa nel II secolo della nostra era. Egli doveva dame non solo l'edizione critica dei testi con uno stu­ dioso anglo-americano, Arthur Darby Nock, ma anche l' interpretazione di tutto questo mo­ vimento religioso con Io studio approfondito di tutto il suo contesto filosofico e religioso nei quattro volumi de La Révélation d 'Hermès Trismégiste», cfr. H.-D. SAFFREY, Le Père André, Jean Festugière, in «Ut sint unum», cit., p. 96. 17 Per la bibliografia completa si veda infra, n. 2. 18 «A.-J. Festugière è stato uno dei più grandi conoscitori della religione antica. È stato pure un notevole traduttore, nel senso più forte della parola, capace di cogliere tutte le sfu­ mature del testo, in grado di rendere il pensiero dell'autore con rara felicità di espressione, nella tensione a una scrupolosa esattezza (''Dio è in uno iòta sottoscritto", gli piaceva ripe­ tere). I suoi corsi erano una meravigliosa scuola di interpretazione di testi», Cfr. P. HADOT, ibid., p. 34. Si veda pure H.-D. SAFFREY, Le Père André-Jean Festugière O.P. (18981982). Portrait, cit., p. XII n. 1 9: in una lettera del IO novembre 1 959 Eric Robertson Dod­ ds, Regius Professar ofGreek nell'Università di Oxford così provocava l'amico Festugiè­ re: «God is no doubt, as you say, in the respect for a Greek accent ; but I could name places where I perceive more of him». Cfr. anche E. R. Dooos, Missing Persons. An Autobio­ graphy, Oxford 1 977, pp. 1 76 e 1 87. 19 «Tutta la sua vita [di Festugière] era stata dedicata a studiare, nel suo contesto paga­ no, il fatto cristiano e quanto più possedeva del contesto pagano una conoscenza esatta e approfondita, più la specificità del fatto cristiano gli appariva nella sua chiarezza. È sotto la sua penna di storico che troviamo questo elogio della carità delle comunità cristiane: "È quello il fatto nuovo, la novità del cristianesimo. È quello che ha toccato i cuori. È quello

che ha convertito. Non la parola, l'esempio. O meglio: la verità della parola provata dal­ l'esempio. Le sublimità della dottrina passavano senza dubbio sopra le teste, come del re­ sto vi passano ancora. Ma quello, lo spettacolo della carità incessante, lo si vedeva, se ne beneficiava. Se non ci fosse stato quello, il mondo sarebbe ancora pagano. E il giorno in cui non ci sarà più quello, il mondo ritornerà pagano" (Rev. de Théo/ogie et de Phi/osophie de Lausanne, 1 96 1 , p. l 22)», cfr. H.-D. SAFFREY, ibid. p. 98. 20 Dall'importante volume Antioche paiimne et chrétienne. Libanius, Ch1ysostome et /es moines de Syrie, avec un commentaire archéologique sur l'Antiochikos par R. Martin (Bibliothèque des Ecoles Françaises d' Athènes et de Rome, 1 94}, De Boccard, Paris 1 959, Festugière seguitò a interessarsi per tutti gli anni Sessanta e oltre al tema del monachesimo antico con la edizione di molteplici biografie dei monaci di Oriente pubblicate alle edizioni du Cerf. Apre la serie la Historia monachorum in Aegypto (Coli. Subsidia Hagiographica, 34), Societé des Bollandistes, Bruxelles 1 96 1 . 21 Si veda A. MOMIGLIANO, Epilogo senza conclusione, in Les études classiques aux XIX et XX siècles: leur piace dans / 'histoire des idées, Entretiens sur l' Antiquité Classique, publiés par O. Reverdin et B. Grange, tome XXVI, Fondation Hardt, Vandoeuvres-Genève 1980, pp. 305-325 (la citazione mia è da p. 3 1 O)= Settimo Contributo alla Storia degli Stu­ di classici e del mondo antico, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma I 984, pp. 37-47 =Tra storia e storicismo, Nistri Lischi, Pisa 1 985, pp. 253-264. 22 «il problema della conversione del mondo antico al cristianesimo è sempre quello che mi assilla, e le ricerche che intraprenderò alla Scuola di Alti Studi saranno senza dubbio una serie di lavori di scavo verso la risposta», lettera di André-Jean Festugière al confratel­ lo teologo P. Henri Féret, O.P. dell5 settembre 1 94 1 . 23 Nominato nel 1 942, in piena guerra, Directeur d'études nella V sezione di Sciences Re/i-

1 4 l Pier Angelo Carozzi

gieuses della Ecole Pratique des Hautes Etudes, Festugière vi svolse lezioni e vi tenne seminari fino al 1969, anno di pensionamento, puntualmente ogni giovedì mattina dalle 9 alle I l . 24 Basti qui ricordare di Henri-lrénée MARROU Saint Augustin et lafin de la culture an­ tique, De Boccard, Paris 1 9584, tesi di dottorato che risale al 1 938, e la brillante sintesi Dé­ cadence romaine ou antiquité tardive?, III"- v1• siècle, Editions du Seui!, Paris 1 977. Di entrambi i lavori esiste traduzione italiana per i tipi della Jaca Book di Milano, 1 986 e 1 979. 2 5 Cfr. A. MOMIGLIANO, Epilogo senza conclusione, ci t., pp. 3 1 0-3 1 1 . 26 Id. ibid. p. 3 1 2. 2 7 Oltre ali 'opera monumentale La Révélation d 'Hermès Trismégiste: I. L 'astrologie et /es sciences occultes, avec un appendice sur I'Hermétisme arabe par L. Massignon (Coli. Etudes Bibliques ), J. Gabalda, Paris 1 944, 1 950 e in nuova edizione Les Beli es Lettres, Pa­ ris 1 98 1 . II. Le Dieu cosmique, J. Gabalda, Paris 1 949 = Le Belles Lettres, Paris 1 98 1 . III. Les doctrines de l'cime, J. Gabalda, Paris 1 953 = Les Beli es Lettres, 1 98 1 . IV. Le Dieu in­ connu et la gnose, J. Gabalda, Paris 1 954 Les Belles Lettres, 1 9 8 1 ; va ricordato il volume che raccoglie saggi sull'ermetismo, l'astrologia, l'alchimia e correnti religiose parallele, Hermetisme et mystique pai"enne, Aubier Montaigne, Paris 1 967 = trad. i t. Ermetismo e mi­ stica pagana, I l Melangolo, Genova 1 99 1 . 2H Lo studioso M. A. GONZALEZ BLANCO, in Aufstieg und Niedergang der romischen Welt, Bd. 1 7. 4, Ber! in 1 984, pp. 2240-228 1 , trattando degli studi sull' ermetismo negli anni 1 940- 1 970 ha scritto testualmente «festugière era» (p. 2274), precisando la sua asserzione con il lusinghiero giudizio: «The Corpus Hermeticum has since Festugière 's time become less hermetic». ,

=

29 E chi scrive gli deve un debito di riconoscenza da discepolo: «Mon cher ami, il faut li­ re !es textes, lire !es textes, lire !es textes», era solito ripetermi - con esortazione che era ammonimento - ogni qualvolta lo consultavo su interpretazioni e problemi inerenti l'ermetismo, anteponendo sempre, nel suo metodo, l'approccio testuale a quello critico.

Nota editoriale*

l . La religion d 'Euripide, «La Vie Intellectuelle>>, 1 3 ( 1 945), n. 2, pp. 1 28- 139 e n. 3, pp. 1 34- 149 = 1 -32. 2. Sur un épitaphe de Simonide, V Int, 47 ( 1 937), pp. 284-302 = pp. 33-49. 3. De la traduction des Poètes grecs, V Int, 56 ( 1 938), pp. 448-467 = pp. 50-67. 4. Chansons grecques, «Revue des Jeunes», 26 (1 935), pp. 695-700 = pp. 68-73. 5. Fétes agricoles de Rome, R J, 30 ( 1 939), pp. 26-35 e 1 38- 1 5 1 =pp. 74- 100. 6. Saint Pau/ à Athènes, V Int, 34 ( 1 935), pp. 357-369 ; testo edito con il titolo Saint Pau! à Athènes et la lère Epftre aux Corin­ thiens = pp. 1 0 1 - 109. 7. Le Sage et le Saint, V Int, 27 ( 1 934), pp. 390-408 = pp. 1 1 0- 1 26. 8. Mystique pai'enne et charité, «Vie Spirituelle», Suppl. 58 (1 939), pp. 65-79; testo integrale dal titolo Psychologie des mysti­ ques = pp. 127- 1 33, testo parziale con il titolo che qui compare. 9. Ascèse et contemplation, V Sp., Suppl. 61 ( 1 939), pp. 65-84 con titolo Ascèse et mystique au temps des Pères = pp. 134- 148. l O. Le Grec et la nature, Ed. J. et R. Wittmann, Paris 1 946, 28 pp.=pp. 149-1 69.

• La serie continuativa delle pagine si riferisce all'edizione originale francese del 1950 con esclusione delle note (pp. 171-187). Tutte le traduzioni dei testi di poesia e di prosa, sia classici greco-latini che cristiani, sono sta­ te rese in lingua italiana a partire dagli originali e con il riscontro sulla traduzione francese di Fe­

stugière o di altri studiosi, nonché sulle ultime versioni italiane (Utet, Ei naudi, etc.). N. d. C.

Nota bio-bibliografica* Storico delle religioni della tarda antichità, André-Jean FESTUGIÈRE (1898-1982) ha contri­ buito più di chiunque altro a rinnovare, in Francia, questa disciplina. Nato a Parigi il 15 marzo 1898, Jean Festugière fu allievo della Ecole normale supérieure e divenne professore di lettere nel 1920. Membro delle Scuole francesi di Roma (1920-21) e di Atene (1921-1922), nel 1923 egli decise di entrare nella vita religiosa e si consacrò a Dio nell'ordine dei domenicani. Dopo aver studiato al Saulchoir, fu ordinato sacerdote nel 1930. Per qualche mese insegnò alla Scuola Biblica di Gerusalemme, poi, tornato a Parigi, cominciò a scrivere e pubblicare. Il suo primo li­ bro, L 'idéal religieux des Grecs et /'Evangile (Paris 1932) indica subito l'oggetto di quello che sarà la ricerca di tutta la sua vita: la conversione del mondo pagano antico al cristianesimo. La sua produzione si organizza allora come una specie di dialogo permanente fra i pagani e i cristia­ ni dell'antichità greco-romana. Accanto ai libri Sacra/e (1934) e Contemplation et vie contem­ plative selon Platon (Paris 1936, sua tesi di dottorato in lettere), troviamo Le monde gré­ co-romain au temps de Notre-Seigneur (Paris 1935) e L 'enfant d 'Agrigente (Paris 1941 ), e anco­ ra accanto a La sainteté troviamo «La religion grecque» in Histoire des Religions (Quillet), en­ trambe del 1942. Dal 1944, egli dedica tutti i suoi sforzi alla pubblicazione e ali 'interpretazione dei testi del Corpus Hermeticum (edizione critica dei testi in 4 volumi della «Collection des Uni­ versités de France» fra il 1945 e il 1954, interpretazione delle dottrine in 4 volumi sotto il titolo La révélation d 'Hermès Trismégiste pubblicati a Parigi fra il 1944 e il 1954, con circa 1750 pagi­ ne). In quest'opera, compiuta in parte con la collaborazione di A. D. Nock, professore alla Har­ vard University, Festugière si richiama al patrocinio e all'ispirazione del grande studioso belga Franz Cumont. In seguito egli studia l'astrologia e le scienze occulte, il dio cosmico, le dottrine dell'anima, il dio ignoto e la gnosi. Nel l 942 viene eletto direttore di studi alla Ecole Pratique des Hautes Etudes, nella quale insegnerà fino al 1969. Nel 1'152-'53, è invitato dall'Università di Berkeley (California) per pronunciarvi le «Sather Lectures» il cui testo fu pubblicato in inglese

col titolo Personal Religion among the Gree ks (Berkeley e Los Angeles 1954). Nel 1959 pubbli­

ca, sotto il titolo Antioche pai'enne et chrétienne, una specie di studio sociologico dell'Antiochia del IV secolo, in cui si vedono fronteggiarsi gli studenti pagani di Libanio e il popolo cristiano evangelizzato da Giovanni Crisostomo. Nella stessa linea pubblica in edizione critica, o in traduzione francese (nei casi in cui esisto­ no già buone edizioni), le Vies des moines d'Orients (7 volumi), le Histoires ecclésiastiques (2 volumi), i Dialogues di San Gregorio Magno e Collections de miracles, mentre, nello stesso tem­ po, traduce anche La de{des songes di Artemidoro, le Prédications pagane di Telete e Musonio, i Discours sacrés di Elio Aristide e i commenti del filosofo platonico Proclo al Timeo e alla Re­ puhhlica (8 volumi). Della Bibbia, egli aveva tradotto e annotato ampi passi rimasti inediti della versione dei Settanta; l'ultima sua opera è una traduzione, la prima in francese, degli atti dei Con­ cili di Efeso e di Calcedonia (Actes des Conci/es d'Ephèse et de Chalcédoine, Paris-Genève 1982). Infine, egli raccolse in 4 volumi i suoi articoli sciolti. In totale, la produzione del P. Festu­ gière arriva a 71 libri

e

175 articoli.

Nel 1958, il P. Festugière venne eletto membro dell'lnstitut de France; nel 1963, la Repub­ blica Federale Tedesca gli conferì l'ordine al merito; nel 1967, il maestro generale dell'ordine dei domenicani lo nominò maestro di teologia. Il P. Festugière morì il 13 maggio 1982. Aveva avuto l'ambizione di far vedere la specificità del fatto cristiano in uno studio approfondito del suo contesto pagano. Ha saputo parlare, in modo altrettanto esatto e felice, della grandezza splen­ dente del paganesimo greco-romano e della luce liberatrice del Vangelo.

Henri Dominique .\'affrry •In Grande dizionario delle religioni, a cura di P. Poupard, ed. it. Cittadella-Marietti, Assisi-Casale Monferrato 1988,

I

vol. A-C, pp.

723-724.

Il ragazzo di Agrigento

Dedica

Alle Suore francescane di Taormina

I sogni se ne vanno a uno a uno. Il cuore si placa. Si invecchia. Arriva l 'età in cui non si aspira che al riposo. Dio riempie tutto della sua grande om­ bra silenziosa e i luoghi che non parlano di lui sembrano desolati. Accade al­ lora, che si rivedano, senza piacere, dei paesaggi celebri. Ma accade anche di lasciarsi incantare da un certo angolo sconosciuto del mondo dove, un tempo, si poté vivere in una calma contemplazione. Se chiudo gli occhi lo rivedo, quel bel giardino selvaggio, sulle pendici della collina da cui la vista si tuffa nel mare, preceduto da un viale di palme ed eucalipti. Porta a un convento costruito nel XVI0 sec. dai francescani: oggi ci vi­ vono donne pie, che lì vengono chiamate "Suore Bianche ". Oltrepassato il porticato, si scopre un piccolo chiostro dalle linee pure, in centro vi è il pozzo comune. a ogni ora, la luce e l 'ombra vi riflettono il /oro contrasto; c 'è sem­ pre un angolo in ombra, sempre un angolo al sole. Intorno al pozzo ci sono deifiori. E, se si alzano gli occhi, si vedono volteggiare, nel cielo azzurro, si­ mili a vele, i "panni ", di un candore accecante. Dietro è un paradiso. Il paradiso, proprio come uno se lo immagina: non troppo curato, ancora libero, innocente, capriccioso, dove tutte le pian­ te, le bestie e gli uccelli fanno amicizia con l 'uomo e l 'uomo con Dio. Qui, ho vissuto tre giorni e, secondo l 'ora passeggiavo qua e là. Talvolta m 'iner­ picavo sulla collina, salendo di terrazza in terrazza, fino al punto dal quale si scorge l 'immensità del mare. Intorno a me, addossati alle rocce, cactus, aloe, fiori selvaggi dai lunghi steli che formavano una specie di rifugio, tanto che mi trovavo perduto fra cielo e terra, lontano dagli uomini, lontano da ogni rumore, immerso nella natura primitiva, immerso in Dio. Tal altra, va­ gavo per ore lungo i viali del giardino, scoprendo sempre nuove meraviglie: qui un aranceto, là un ciuffo di garofani abbarbicati al muro; in un altro an­ golo, una panca di marmo a forma di mezzaluna sulla quale dormivano pic­ cole lucertole. Non si sentiva neppure un suono,se non di quando in quando il rintocco di una campana e di sera, il delizioso cinguettio dei bambini, ne/ lo­ ro italiano canoro si mescolava al canto degli uccelli. Se chiudo gli occhi. . . sono già trascorse settimane. Poi diventeranno mesi, anni. Sempre però, nel mio profondo vivrà questo giardino incantato­ quel giardino che ognuno di noi porta nel segreto del suo cuore, quel bel Giardino Perduto che, a volte, la Provvidenza ci permette di ritrovare quag­ giù, per confortarci nel cammino e per ricordarcene il termine. Parigi, maggio

1949

Prefazione*

Alcuni amici mi hanno chiesto di raccogliere quei saggi, con i quali, per rilassarmi da impegni più gravosi, avevo tentato di fare amicizia con il cuore grande, eroico e tenero, e l'anima stessa degli antichi, Greci eRo­ mam. Il cristiano che si azzarda ad avvicinarsi all'anima pagana deve af­ frontare una doppia critica. I sostenitori del Vangelo diranno che viene at­ tribuita troppa virtù agli antichi saggi; coloro che rifiutano il Vangelo di­ ranno che non se ne dà loro abbastanza poiché si riserva il premio più alto alla virtù della carità, che i saggi non hanno mai conosciuta. Volete che ve lo confessi? Queste dispute mi lasciano indifferente. Prima e dopo Cristo ho cercato solo delle anime, le loro lotte, la loro tristezza, il loro coraggio. Nessun sistema potrebbe prevalere sull'esempio di un Socrate o di un Mar­ co Aurelio, nei quali vedo un accordo, come fra l'uomo e il suo destino, senza orgoglio, senza illusioni, e non posso fare a meno di ammirarli. Però rimane il fatto che, il Vangelo è di un ordine diverso e che, forse si ha il di­ ritto di amare nell'uomo antico ciò che è amabile, pur restando cristiano. Ho messo questo opuscolo sotto il patrocinio di un fanciullo di Agri­ gento.Bisogna che vi dica il perché. Era il crepuscolo, l'ora in cui la luce esita sulla soglia dell'ombra, si attarda sui capitelli e sui frontoni, mentre l'enorme base delle colonne già si confonde con la notte. Nel tempio di Castore e Polluce, che fiancheg­ giano, come un rifugio, teneri prati e boschi di mandorli, poco a poco gli uccelli tacquero e tutto si riempì di pace. Seduto sul bordo dell'altare ro­ tondo, guardavo digradare fra bagliori di rosa, la sommità del tempio di "Ercole", quando un grido mi scosse: "Com'è bella! Oh! mi da la coro­ na?" Vidi uno splendido fanciullo appollaiato su un asinello, dai fianchi del quale pendevano ceste di arance e limoni. Saltò giù, corse verso di me, porgendomi il suo viso, che risplendeva nell'ombra: denti bianchi, occhi neri, guance abbronzate dal sole. Attaccato al mio rosario, ripeteva il ge­ sto supplicante. Inutilmente rifiutai, spiegai il mio rifiuto, ma il ragazzo si ostinava. Allora, gli dissi: "Vuoi diventare anche tu, un piccolo frate do­ menicano, indossare il saio bianco e il cappuccio? Se Io vuoi, ti verrà dato un rosario". Allora, la fiamma del suo viso si spense. Bruciavano soltanto

Prefazione l 2 1

i suoi occhi, insaziabili. Piegò la testa, scontroso e in silenzio; poi, im­ provvisamente scappò, senza salutare. In un momento, il berretto rosso e appuntito di quell'affascinante Dioscuro sgattaiolò fra i tronchi e sparì completamente: intorno a me c'era soltanto la massa scura dei templi e del boschetto. Era stato un sogno? Qualche démone spuntato dal crepuscolo per lu­ singarmi? In quella vallata, gli dei non avevano forse l'abitudine di riunir­ si di notte? M'incamminai risalendo verso la città: ogni focolare era illu­ minato, disegnando una curva rossiccia contro il cielo di un azzurro palli­ do.Una campanella rintoccò. E nel mentre sgranavo il mio rosario, felice di sentirlo fra le dita e di percepime il tintinnio al mio fianco, una preghie­ ra mi venne alle labbra: "O Maria, abbiate pietà del piccolo pastore che non vuole diventare frate, ma che desidera ingenuamente la vostra coro­ na". Ho pensato che questa invocazione, in uno dei luoghi sacri del paga­ nesimo, mi offrisse il chiaro simbolo di un'amicizia che non vuole esclu­ dere niente. o\hot OUVÉX9EtV, Ò.À)-..Ù OUJ.! A.etJ.L&voç 73-74 à.KTUXX'tov A.etJ.L&va 76-77), un prato custodito dal Pudore (Ai&Oç 78), al quale possono accedere soltanto gli esseri casti per natura ('tÒ croxppovdv 80). Ione può spargere sul sagrato del tempio l'acqua pura della fontana Castalia (Ka9apa.tç oÈ Opòcrotç, Ione, 96) perché è casto e puro (&noç à.1t' eùvéiç rov 150). Infine il binomio santità e castità, si ritrova nelle Baccanti. 1 1 Come ha scritto bene H. Weil 1 2 , sembra che il poeta "si consolasse allo spettacolo della realtà contemplan­ do quell'ideale che egli individuava soltanto in alcune anime elette, anime giovani che l'esperienza della vita non aveva ancora avviz­ zito, che l'egoismo non aveva ancora degradato e che formano quello che si può chiamare il paradiso di Euripide". I contrasti nell'atteggiamento religioso di Euripide non si spiegano dunque affatto attraverso un'evoluzione, e quindi, non si può vedeme un'opposizione fra quello che Euripide avrebbe as­ sunto dalla leggenda e quello che egli aggiunge di sua creatività. Una pietà tenera nei confronti degli dei, amare proteste contro gli dei sono nell'intimo dello stesso uomo, scaturite dalla stessa ani­ ma. Non si ha alcun diritto di scegliere fra un Euripide religioso e un Euripide empio e, non si può dire "questo è Euripide" o "questo non è Euripide". Il pio Ippolito, il pio Ione, sono Euripide e, allo stesso modo le critiche dello stesso Ione, o di Eracle o di Ifigenìa in

La religione di Euripide l 3 1

Tauride. In più, lungi dall'escludersi, questi termini opposti si com­ pletano e concorrono, ciascuno per la sua parte, a perfezionare l'immagine del vero Euripide. Diciamolo subito, giudicate ai gior­ ni nostri, queste critiche attestano in modo evidente che questo po­ eta è un'anima profondamente religiosa. Perché soltanto un'anima religiosa può esigere che l'immagine che si offre del suo Dio sia grande e pura. E soltanto un'anima religiosa può protestare, nel do­ lore, contro la crudeltà del Dio. Come potrebbe l'indifferente, o lo scettico, prendersela con il divino, se non ammettesse l'esistenza del divino? Non si sentono bestemmie sulla bocca di un materiali­ sta: per bestemmiare bisogna credere. e infine, è soltanto l'anima religiosa che può inquietarsi davanti a questo impenetrabile enig­ ma (ooo'tomxcrtoç EiOévat, Trai. 885) che è l'essere divino, per pro­ vare fino all'angoscia il mistero del Dio sconosciuto. Riprendiamo dunque le proteste dei drammi euripidei, rivediamo li alla luce delle osservazioni che stiamo facendo e che ci hanno permesso di giun­ gere a questo primo risultato: Euripide è un'anima religiosa. La prima serie di critiche, quelle che riguardano l'immoralità delle leggende, non hanno niente di originale ai tempi del poeta. Fin da allora, se si mettevano a riflettere su questo aspetto dei miti, gli spiriti seri dovevano fatalmente arrivare a una condanna. Questa venne pronunciata già da Senofane, nella seconda metà del VI se­ colo, da Eraclito e da Pindaro, nella prima metà del V. Diventerà abituale presso i Sofisti, e Platone la riprenderà nell' Eutifrone per svilupparla ampiamente nel II libro della Repubblica. Le proteste contro la crudeltà o l'indifferenza degli dei sono comunque una banalità. Come non potrebbero non esserlo? Chi non soffre su questa terra? E chi, dunque, se soffre e se crede in Dio - cioè in un Essere potentissimo, o quantomeno infinitamente più potente dell'uomo, che potrebbe impedire, se lo volesse, le miserie dell'uomo - non comincerebbe a ribellarsi o a preoccuparsi di sa­ pere che cosa facciano lassù gli dei, spettatori impassibili delle sue lotte? Tutta la poesia greca, tutta la poesia umana non è che un lun­ go grido di rivolta, un interminabile lamento. Gli dei non possono piangere (!pp. , 1 395- 1 396). Gli dei non possono soffrire (!pp. , 1 440- 1 44 1 ; Er. , 1 1 1 3- 1 1 1 5 ; Troi. , 833 ss). 1 3 E tuttavia la fiducia nell'aiuto degli dei è tanto radicata in noi che

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l 'uomo si stupisce sempre che Zeus possa abbandonarlo nella sua disperazione: O Zeus, dal trono dove siede Era, vedi questo spettacolo?

domanda Anfitrione, quando Eracle, lentamente, riprende coscien­ za dopo il suo mostruoso delirio (Er. , 1 1 27). E Taltibio gli fa eco (Ec. , 488-49 1 ) : Zeus! Cosa pensare?apri tu gli occhi sugli uomini? O, la tuafama è inutile ed è soltanto il Caso che ovunque regna su di loro ?

Ecco, è l 'indifferenza di Zeus che costituisce il grande scanda­ 4 1 lo. E questo scandalo è maggiormente avvertito quando l'uomo ha coscienza di aver compiuto tutti i suoi doveri nei confronti degli dèi. Cos'è più normale della nozione di contratto, applicata alle re­ lazioni fra l'uomo e il divino? L'intera società umana è fondata sul contratto. Tutto quaggiù si basa sull'idea di giustizia. Dunque, co­ me non stupirsi quando sembra che soltanto gli dèi vogliano sot­ trarsi alle loro responsabilità, senza pagare il dovuto? Ascoltiamo il dialogo fra Elettra e il coro delle figlie di Argo. Queste, per trasci­ nare Elettra alla festa di Era, le ricordano il principio che regola l 'intera religione greca (Elettra, 1 93 ss): Credi che le lacrime vinceranno i tuoi nemici, se non rendi onore agli dei? Non sono certo i singhiozzi, ma le preghiere e il rispetto degli dei, figlia, che ti daranno giorni prosperi.

Ma Elettra, che ha già pregato tanto senza essere stata esaudi­ ta, risponde amaramente ( 1 97 ss ): Nessun dio ascolta la mia voce nella sventura; essi dimenticano i sacrifici che mio padre, una volta offrì loro.

Elettra, e lo si sente, è profondamente ferita. L'uomo e il suo dio sono soci; ognuno dà e ognuno riceve; tutto questo scambio è regolato dalla giustizia. Che la giustizia crolli allora e, con lei tut­ to l'ordine divino e la religione, d'un solo colpo. Così la pensava-

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no già le donne di Tebe nei Sette ( 1 74 ss): Ah! divinità amiche, avvolgete questa città con il vostro soccorso li­ bera/orio: mostrate che prediligete le vostre città, ricordatevi dei sacrifi­ ci che questo popolo vi offrì e che questo ricordo vi mandi in suo soccor­ so. Non dimenticate i misteri prodighi di offerte celebrati in questa città.

Così rifletteva Oreste sulla tomba di Agamennone (Coef, 255-257' 260-26 1 ) : Se lascerai morire la nidiata di un padre che un tempofu tuo sacer­ dote e ti colmò di ossequio, dove troverai una mano tanto generosa che ti offrirà ricchi banchetti?. . . Se lascerai seccarefino alle radici questa raz­ za regale, chi accudirà i tuoi altari nei giorni del/ 'ecatombe?

Dunque lo si vede, queste proteste dell'eroe che soffre, nel momento stesso in cui soffre, lontano dal dimostrare un' anima em­ pia, sono al contrario il simbolo di un'anima religiosa delusa nella sua fiducia e nel sentimento che aveva della giustizia divina, nel­ l'idea stessa alta e pura che si faceva del divino e che quindi non può trattenersi dal manifestare il suo disinganno. Rimane la terza serie di critiche, quelle che vertono sull'es­ senza divina e sul modo con cui Dio regola gli affari umani. Questa volta, per la verità, si tratta più di interrogativi che di vere critiche; interrogativi che ogni uomo si pone e talvolta fanno tormentare l'individuo, anche il più religioso. Che cos'è Dio? Qual è il suo progetto? Quale disegno giusto si nasconde sotto il mistero appa­ rente, lo scandalo apparente del governo divino? A prima vista tut­ to è turbamento e confusione. Qui vi è una verità talmente evidente che l'empio e crudele Polimestore può esprimerlo davanti a eucuba come fatto incontestabile (Ec. , 956 ss): Ahimè! Non c 'è nulla di sicuro; la gloria non lo è, e lafelicità pre­ sente non ci garantisce contro i malifuturi. Gli dei sconvolgono tutto da cima a fondo; ci gettano nella discordia per farsi adorare, favoriti dalla 15 nostra zgnoranza. o

e ancora? Dobbiamo veramente rassegnarci a non saper nien-

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te? O si può tentare di indagare "come a tentoni" questo dominio segreto dei voleri divini? Da Omero, due concetti hanno dibattuto l'anima greca. Se­ condo il primo, la cieca Necessità regna su tutte le cose e comanda gli stessi dei. 1 6 Secondo l'altro, che si è imposto abbastanza lenta­ mente a mano a mano che si purificava l'idea di Dio, l' Ananke si sottomette a Zeus, è uno strumento di Zeus, e, come Zeus è preva­ lentemente saggio, così le sue decisioni sono sagge e giuste; l'A­ nanke non è che una delle facce della stessa realtà l'altra di chiama Dike. Questi due concetti si alternano in Euripide. Talvolta egli sembra ammettere il regno universale dell' Ananke. Così come ap­ pare in un canto corale dell'A/cesti (962-982), dove tutti gli inter­ preti sono d'accordo nel riconoscere la voce stessa di Euripide: Ho percorso il campo delle Muse, ho preso lo slancio verso le cime, sono approdato a molte dottrine e non ho visto niente di così potente co­ me l 'Ananke. Contro di lei, non vi sono rimedi. Orfeo, il Tracio, non inci­ se nulla sulle sue tavolette. Agli Asclepiadi, Febo non diede nessuna ri­ cetta che valesse contro l 'Ananke, nessuna pianta che servisse da antido­ to agli innumerevoli mali dei mortali. Lei è la sola dea che non permette di avvicinarsi né ai suoi altari, né al suo idolo; è sorda ai sacr(fìci. Di grazia, o Sovrana, non rendermi la vita più pesante di quanto lo fosse in passato. Perché il decreto, che Zeus approva, è con te che l 'ha realizzato.Anche ilferro dei Calibi sotto la tua mano si piega. E il tuo rigido volere non risparmia nessuno.

Se dall'A/cesti, rappresentata nel 43 8, passiamo a opere più tardive, eccone due prodotte nel 4 1 4 e 4 1 3, in cui riappare la stes­ sa dottrina. Alla fine dell'Ifigenia in Tauride, quando il re Toan­ te, apprende che Ifigenia è scappata con i due stranieri, richiama tutto il popolo all'inseguimento dei fuggiaschi. Ma appare Atena e gli intima di fermare l' inseguimento. Toante s'inchina. Sarebbe una follia disobbedire agli ordini degli dei ( 1475- 1476). Che con­ venienza ci sarebbe mettersi contro gli dei che rappresentano la forza? ( 1 478- 1479). Dunque per obbedire alla dea (roa1tep cròv JCÉÀ.eucrll' È