Il mondo dei numeri

Table of contents :
COVER......Page 1
I. COMINCIA UN NUOVO SECOLO......Page 6
La serie dei numeri è unica......Page 12
II. IL PARI E IL DISPARI......Page 15
Il criterio dell'ultima cifra......Page 20
«Infinità» della serie dei numeri......Page 21
III. CHE COSA È LA DIVISIBILITA......Page 23
Il criterio generale di divisibilità......Page 28
I problemi insolubili......Page 29
IV. TROVIAMO INSIEME UNA REGOLA......Page 31
Lo zero nei numeri divisibili per 9......Page 35
Un problema curioso......Page 36
V. ECCO LA PROVA DEL NOVE......Page 38
Per chiarire meglio la prova del 9......Page 44
VI. I NUMERI QUADRATI......Page 46
Osservazioni sui numeri quadrati......Page 50
VII. LA LEGGE DEI QUADRATI......Page 52
Notizie sulla legge dei quadrati......Page 56
VIII. LA SCUOLA DI PITAGORA......Page 58
L'opposizione «quadrato-rettangolo» e i Pitagorici......Page 64
IX. RADDOPPIARE MENTALMENTE......Page 66
I sassolini per «calcolare»......Page 72
X. CALCOLIAMO MENTALMENTE......Page 74
Le proprietà dell'addizione......Page 82
XI. L'ORDINE DI PARITÀ......Page 84
La «resistenza» della parità......Page 89
XII. COME SON FATTI I NUMERI......Page 91
Un cenno sulle «potenze»......Page 98
XIII. LE ANOMALIE DELLO ZERO......Page 100
Il significato dello zero......Page 105
Lo zero è divisibile per qualunque numero......Page 106
XIV. UN PO' DI MAGIA NEI CALCOLI......Page 107
Non sempre valida la regola dell'«uno di meno»?......Page 112
XV. L'ELEVAZIONE A POTENZA......Page 114
L'abbreviazione delle potenze......Page 121
Le potenze del 10......Page 122
XVI. I NUMERI PRIMI......Page 123
Come si scrivono le scomposizioni......Page 129
XVII. COMINCIAMO A CONCLUDERE......Page 131
Il calcolo dei soldi......Page 136
Una difficoltà della lingua tedesca......Page 137
Il nome «Fibonacci»......Page 138
XVIII. CONCLUDIAMO LA CONCLUSIONE......Page 139
Potenze e scomposizioni: osservazioni ed esempi......Page 146
INDICE DEI CAPITOLI......Page 148

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ATTILIO

FRAJESE

n mondo dei numeri

CLASSE UNICA 110

ATTILIO FRAJESE

IL MONDO DEI NUMERI

ERI· EDIZIONI RAI RADIOTELEVISIONE ITALIANA

© 1960 by ERI - EDIZIONI RAI - V�a Arsenale, 21 Torino Stampato in Italia - Printed in Italy

I COMINCIA UN NUOVO SECOLO

Ogni anno, nella notte di S. Silvestro, tra il 31 dicem­ bre e il



gennaio, è d'uso brindare all'anno nuovo, con

auguri di felicità. Nessun dubbio, in base al nostro ca­ lendario, che nel momento in cui scoccano i dodici rin­ tocchi della mezzanotte un anno finisca e un anno nuovo cominci. Ma la cosa non è altrettanto semplice se si tratta di festeggiare la fine di un secolo e l'inizio di un secolo nuovo. Per me, personalmente, intanto, c'è una difficoltà fondamentale. Infatti non ho festeggiato l'inizio del se­ colo ventesimo perché in quel momento non ero nato ancora, e non credo che potrò festeggiare l'inizio del se­ colo ventesimoprimo perché, per far ciò, dovrei diven­ tare quasi centenario (insomma, tanto per rendere più chiare le cose, sono nato nel

1 902.).

Ma i lettori sono più

giovani di certo, oppure vivranno più a lungo di me, e quindi si troveranno sicuramente in massa a festeggiare l'inizio del secolo futuro. E allora ecco la difficoltà che resta: dovranno brindat:e al nuovo secolo alla mezzanotte del 3I dicembre dell'anno

2.ooo?

1 999

o alla mezzanotte del 3 I dicembre

In altri termini: il secolo ventesimo, nel

6

qual e viviamo, terminerà con l 'anno 1 999 o con l'anno 2000? In altre parole ancora : l'anno 2000 apparterrà al secolo ventesimo o al secolo ventesimoprimo? Per rispondere à questa domanda viene immediata la idea di riferirci al passato, e di domandarci : come s'è fatto per il passaggio dal secolo decimonono al secolo ventesimo? Il nuovo secolo fu festeggiato, al suo appa­ rire, all'alba del l° gennaio 1 900 o del l° gennaio I 90I? In verità, come apprendiamo dalle cronache del tempo, " le opinioni furono discordi. Un altissimo personaggio, col suo seguito, brindò al nuovo secolo, per le fortune proprie e del proprio paese, alla mezzanotte fra il 3 I di­ cembre 1 899 e il l0 gennaio 1 900 : ritenne cioè che il se­ colo ventesimo cominciasse con l'anno 1 900. Ma vi fu­ rono polemiche a non finire, e si chiese in seguito il pa­ rere di matematici e di storici, si scrissero articoli, si ten­ nero perfino conferenze sull'argomento : « Quando comin­ cia il nuovo secolo?» (a che non arrivano i conferenzieri?) Per rispondere alla domanda, dobbiamo precisare an­ zitutto quale sia il significato dell a parola « secolo ». Esso è molto chiaro : secolo è un periodo di tempo di cento anni. Si badi bene : esattamente 100 anni, e non già 99, o 1 0 1 . Dobbiamo allora, per risolvere l a questione, imparare a contare cento anni. Contare fino a I OO? Ma è cosa facilis­ sima ! potrà dire qualcuno. Già : contare sappiamo tutti, e ben oltre il cento. Ma la questione è un'altra : ed è quella di stabilire da dove si comincia. Se cominciamo a contare dal numero I , per contar 1 00 numeri dobbiamo arrivare fino a 1 00 compreso. Per dare un più semplice esempio, proponiamoci di

7

nominare, uno dopo l'al tro, soltanto i primi dieci numeri. Cominciando da I, avremo : I, 2 , 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, I O. Cioè si comincia da I e si giunge fino a I O compreso. Ma se, invece, cominciassimo dallo zero? Perché anche zero, badate bene, è un numero come un altro. Se cominciassimo a contare da zero, i primi dieci nu­ meri sarebbero 0, I , 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, cioè dovremmo ferm arci al 9 lasciando fuori il I O : appunto perché avendo cominciato da zero come primo numero, I sarebbe il se­ condo numero, 2 il terzo e così via, fino a 9 che sarebbe appunto il decimo numero. Così, se nel contare i 1 00 anni che formano un secolo cominciassimo da un anno zero, il centesimo anno sarebbe l'anno 99. Avrebbe avuto allora ragione quel personaggio che brindò al nuovo secolo all'alba del l° gennaio 1 900. Per dare una risposta sicuramente esatta al nostro que­ sito, ci conviene risalire, di secolo in secolo, a ritroso nella storia, fino al primo secolo della nostra èra, perché la chiave della spiegazione è tutta H. Il primo secolo dell'èra cristiana terminò con l'anno 99, o con l'anno lOO? Il che, in base a quanto sappiamo, vale come dire : il primo secolo del l'éra cristiana cominciò con l'anno zero o con l'anno I? Orbene : l'anno zero non è esistito. Come tutti sanno, a parte un certo piccolo errore di cronologia che in questa sede non c'interessa, gli anni furono contati prendendo come riferimento la nascita del Signore, che Dionigi il piccolo, sia pur commettendo il piccolo errore sopra ac­ cennato, fissò al 2 5 dicembre dell'anno 7 5 3 di Roma, cioè in uno degli ultimi giorni di detto anno.

8

Ebbene: si cominciò a contare come anno I dell'èra cristiana (post Christum

natum) l'anno

7 5 4 di Roma, mentre

l'anno 7 5 3 (ossia quello verso la fine del quale fu fissata la nascita di Gesù Cristo) venne calcolato non già come

«meno uno », cioè come Cristo (ante Christum natum), come se Gesù

«anno zero », I avanti

ma come anno

anno fosse

nato esattamente alla mezzanotte dell'ultimo giorno del­ l'anno 7 5 3 , e non qualche giorno prima. Nessun dubbio, quindi, che il primo secolo dell'èra cristiana cominciò con l'anno I , e non con l'anno zero, che non è mai esistito. Esso terminò quindi con l'anno

100, e non con l'anno 99. E pertanto il secolo decimonono terminò col 3 I dicembre! 1900 e non col 3 I dicembre

1899. E questo nostro secolo ventesimo terminerà col 3 I

dicembre zooo: attenzione dunque a festeggiare l'inizio del secolo ventesimoprimo all'alba del

l0

gennaio ZOO I ,

perché quel benedetto aMO zooo apparterrà ancora al nostro tanto travagliato, e pur tanto caro, secolo ven­ tesimol

Ma ora, risolta la questione aritmetico-cronologica, resta una questione di fondo, che è semplicemente aritmetica. Consideriamo la cosiddetta

serie naturale dei numeri,

cioè

quella dei numeri interi: quella serie che adoperiamo co­ munemente e che abbiamo appreso fin da bambini, quando ci hanno insegnato a contare: I ; z; 3 ; 4; 5 ;

6;

eccetera, eccetera. Vedete: l'abbiamo iniziata dal numero I. Ma la questione è appunto la seguente: si deve comin­

ciare da lo da

zero?

La serie naturale dei numeri è:

I ; z; 3 ; 4; 5 ; 6 oppure:

o; I ;

z;

3 ; 4;

eccetera ... 6 eccetera?

5;

9

Per veder meglio la cosa dobbiamo approfondire la nostra conoscenza del

numero.

Non ci poniamo qui la domanda:

meri? ».

«Che cosa sono i nu­

Sarebbe troppo difficile rispondere in modo ri­

goroso. Ripieghiamo piuttosto sulla domanda:

servono i numeri? »

«A che

Cosi ci contenteremo di dare una rispo­

sta valida in sede pratica. Se riflettiamo un momento, ci accorgiamo che i numeri servono a un doppio scopo. Anzitutto essi rispondono alla domanda: «Quanti sono gli oggetti di un gruppo? » . Supponiamo che s u u n tavolo vi siano alcuni libri. Domandiamo ad un amico:

«Quanti sono? » e supponia­ «Su questo tavolo vi sono quattro

mo che egli ci risponda:

libri ».

Il numero quattro ha dunque risposto alla domanda:

« Quanti sono i singoli libri che formano questo gruppo

libri? »

e più in generale:

«Quanti

di

sono gli oggetti di un

gruppo? ». Domandiamoci ora: sul mio tavolo?

».

«Quante

collane di perle vi sono

Se sul mio tavolo non c'è

nessuna

col­

lana di perle, posso rispondere anche questa volta con un numero ? Certamente I Dirò che sul mio tavolo vi sono

zero

Dunque

collane di perle.

zero

è un numero anch'esso, con pieno diritto

di cittadinanza tra gli altri: esso si usa per indicare che non vi è nessun oggetto in un gruppo; cioè (come suoI dirsi) che quel gruppo· è

vuoto

(pensate ad una scatola

vuota, completamente vuota. Quante monete sono in essa contenute?

Zero

monete). Allora, visto che lo zero è

un numero come gli altri, esso entra trionfalmente a far parte della serie naturale dei numeri e ne occupa addirit-

10

tura il primo posto. L a serie naturale dei numeri comincia dunque così : o; I ; 2; 3 ; 4; eccetera Tutto questo è vero, ma . . . . Ma, come prima accen­ navamo, c'è anche un'altro scopo al quale servono i nu­ meri. Essi servono infatti anche a rispondere alla do­ manda : « Quale posto occupa un oggetto in una serie ordinata? ». Per esempio, se nella platea di un teatro, io voglio individuare uno spettatore, potrò domandare : « In quale fila di poltrone è seduto quel tale? » e la risposta sarà, ad esempio : « Quel tale è seduto nella quarta fila ». Quarta, c'insegnano i grammatici, è un aggettivo nume­ rale ordinale, che corrisponde al numero 4. Avrei potuto anche dire : « Quel tale è seduto nella fila numero 4 ». Si tratta, cioè, sempre in sostanza dello stesso numero 4, che prima, nel caso dei libri, m'indicava quanti libri erano sul tavolo, mentre ora m'indica quale posto occupa quella tal fila nella serie ordinata delle file di poltrone nella pla­ tea del teatro. Nel primo caso si suoI dire che si tratta di numeri cardi­ nali, nel secondo caso che si tratta di numeri ordinali. Di­ ciamo meglio : ciascun numero si presenta sotto un dop­ pio aspetto : l'aspetto cardinale (risposta alla domanda : quanti sono?) e l'aspetto ordinale (risposta alla domanda : quale posto?). Abbiamo detto : ciascun numero si presenta sotto un doppio aspetto, cardinale e ordinale. Ci correggiamo. Questo è vero per tutti i numeri, eccetto che per un nu­ mero solo : lo zero. Infatti lo zero si presenta soltanto sotto l'aspetto cardinale, cioè risponde alla domanda :

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«Quanti sono? ». Quante collane di perle sono sul mio tavolo? Zero . Ma lo zero non può presentarsi sotto l'a­ spetto ordinale, perché la prima fila corrisponde al nu­ mero I , la seconda fila al numero z, e cosi via. Non c'è la fila zero. Così in un treno c'è una prima vettura (vettura numero I ) e non c'è (scusate il termine barbaro coniato per l'occasione) una «zeresima » vettura. Concludiamo che la serie naturale dei numeri comincia con zero o con I secondo l'aspetto che dei numeri stessi consideriamo, cardinale o ordinale. E per il calcolo degli anni vale l'aspetto ordinale (anno primo, anno secondo, e così via, dopo la nascita di Cristo). Ecco perché i secoli cominciano con l'anno I e non con l'anno zero . Nel nostro corso studieremo i numeri della serie natu­ rale, zero compreso : cioè i numeri interi. Contiamo di potere, sia pure entro modesti limiti, approfondirne la conoscenza.

La serie dei numeri è unica

In rapporto alla distinzione tra i numeri cardinali e i nu­ meri ordinali, può dirsi che esistano due serie distinte di numeri, cioè I , z, 3 , 4, . . . e primo, secondo, terzo, quarto . . . ? No : la serie dei numeri naturali è unica ed è quella I , z, . . . . . . (prescindendo qui dallo zero). La distinzione non riguarda i numeri, i quali non si dividono in cardinali e ordinali, ma soltanto il loro uso. 3, 4,

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Eppure in tutti i trattati di grammatica di qualsiasi lingua, a cominciare dal latino, vengono distinti i numeri cardinali dai numeri ordinali. In sede grammaticale si tratta di una pura questione lin­ guistica: accanto ai numeri I ,

2.,

3, 4, ... si pongono cor­

rispondenti aggettivi che ai numeri si riferiscono e che si chiamano «ordinali»:

primo, secondo, terzo, quarto,

ecc.

Ma dal punto di vista matematico esistono soltanto i

meri

I,

2.,

nu­

3, 4 .....

Come s'è detto, essi rispondono a un doppio uso: in quanto servono per indicare

quanti sono

gli oggetti di un

gruppo, essi si presentano, per dir cosi, sotto l'aspetto

cardinale;

invece in quanto servono a indicare

quale posto

occupa un oggetto in una serie ordinata, si presentano sotto l'aspetto

ordinale;

ma è sempre la stessa serie nume­

rica che serve tanto ad uno scopo quanto all'altro.

E tra i due usi c'è anche qualche collegamento diretto? Senza dubbio. Supponiamo, ad esempio, di voler espri­ mere in quale fila di formazione si trovi un soldato, o uno scolaro, e supponiamo che la persona in questione si trovi all'ottava fila. Il numero 8, che indica la fila, viene qui usato in semo ordinale, perché il soldato, o scolaro che sia, si trova nella fila che viene subito dopo la settima, la quale, a sua volta, viene subito dopo la sesta, e così

via fino alla prima. Quindi è fuori di dubbio che il nu ­

mero 8 viene usato in senso ordinale. Ma ad ogni uso

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ordinale, è sempre legato anche indissolubilmente, per dir cosi, un uso cardinale: infatti si potrebbe interpretare il dato numerico anche in quest'altro modo: «Quante sono le file che dall'inizio giungono fino a quella del soldato, essa compresa?» Si risponde: «Le file sono 8 ». Quindi lo stesso numero 8 rappresenta sia il numero d'ordine, sia il numero delle file, cioè

quante

sono le file.

Potrebbe perciò dirsi che contemporaneamente esso sia usato tanto

in senso ordinale, quanto in senso cardinale.

II IL PARI E IL DISPARI

Vogliamo tentare di penetrare nel

mondo dei numeri,

cercando di coglierne qualche aspetto fondamentale, qual­ che proprietà essenziale. Il matematico considera tante specie di numeri: interi, frazionari, razionali, irrazionali, reali, immaginari, algebrici, trascendenti. Niente paura, perché ci limiteremo ai numeri interi. E quanto vi sarebbe da dire anche su di essi soli! I numeri interi sono quelli che continuamente adope;. riamo fin dall'infanzia: sono infatti quei numeri che ab­ biamo conosciuto fin da bambini quando ci hanno inse­ gnato a contare. Essi sono: I , 2, 3, 4, 5, dice anche che essi formano la serie che comincia da

« uno» o,

6 e così via. Si serie dei numeri naturali:

se si vuole, da zero, e di I

in I progredisce dando 2, poi 3, poi 4 e così via. Serie che non ha mai termine, poiché, badiamo bene, non c'è mai un

ultimo numero.

Cioè: per quanto grande sia il numero

al quale giungiamo, possiamo sempre aggiungere ad esso ancora I ed ottenere un numero più grande ancora. Ma neppure quello sarà l'ultimo, poiché ancora potremo ag­ giungere I , e poi ancora I, e così via, senza mai terminare.

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Per esempio, supponiamo che contando di I in I e par­ tendo da I siamo giunti al numero cento mi/ioni. Ci sem­ brerà un numero assai grande : tanto grande che riterremo assai ricco chi possegga cento milioni di lire. Ma per quanto il numero « cento milioni» sia grande, c'è sempre un numero più grande ancora che si ottiene aggiungendo I : cioè il numero « cento milioni e uno », e cosi via, senza mai termine. Ma in questa lezione noi non vogliamo porre l'accento sull'infinità della serie numerica, bensì su un altro suo carattere, che tutti conosciamo, ma sul quale, forse, non abbiamo abbastanza fermato la nostra atten­ zione. Si tratta di quello che potremmo chiamare il carat­ tere oscillatorio della serie dei numeri. A prima vista non si direbbe che la serie dei numeri vada oscillando, ma in­ vece che vada progredendo incessantemente, uniforme­ mente, passando da un numero al consecutivo con l 'ag­ giunta di una unità. E questo è vero. Ma il procedere sempre nella stessa direzione riguarda, per dir così, l'aspetto quantitativo, non quello qualitativo. I numeri, cioè, nel loro progredire nella serie, oscillano tra due qualità opposte, ossia tra una qualità e l'altra contraria, come un gigantesco pendolo. E quali sono queste due « qualità » opposte dei numeri? È presto detto : si tratta della qualità di esser pari o di essere dispari. Il pari e il dispari : ecco i due poli opposti tra i quali, nel suo pro­ gredire incessante, va altrettanto incessantemente oscil­ lando la serie numerica. Tutti sanno che i numeri I , 3, 5, 7, 9 . . . sono dispari, mentre i numeri z, 4, 6, 8, I O sono pari. E dal dispari si passa al pari aggiungendo una unità ; così da 3, dispari, •





16

si passa al

4, pari,

aggiungendo I. Ma anche dal pari,

aggiungendo I, si passa al dispari: cosi da 4, pari, si passa al 5, dispari, con l'aggiunta di una unità. I, 2., 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, I O e cosi via: ecco questa perpetua al­ talena, questo perpetuo oscillare dal dispari al pari e dal pari al dispari. Vediamo ora un po' più da vicino che cosa sia un nu­ mero pari, che cosa sia un numero dispari. Dal punto di vista esteriore osserviamo che ciò che differenzia il numero dispari dal pari, ossia ciò che per­ mette di riconoscere subito, a prima vista, se un numero è pari o dispari è l'ultima cifra. Essa è del tutto determi­ nante: se l'ultima cifra

è

2,

4, 6, 8

oppure zero, il numero

è pari, mentre se l'ultima cifra è I ,

3, 5 , 7, 9

il numero è

dispari, senza che debba tenersi alcun conto delle cifre che precedono. Per esempio, il numero termina con 2, mentre

583

5, 7, 9)

perché

è dispari perché termina con

Può anche parlarsi di cifre pari (2, 4, dispari ( I, 3,

582. è pari, 6, 8, o)

3.

e di cifre

e può dirsi che i numeri pari sono

quelli che terminano con cifra pari ed i numeri dispari sono quelli che terminano con cifra dispari. A questo punto ci accorgiamo di aver parlato di numeri e di cifre, supponendo che già si sappia quale differenza intercorra tra gli uni e le altre. Che cosa siano i numeri è inutile dire: i

numeri, poi, si scrivono nel nostro sistema cifre, le quali sono I , 2., 3,4, 5,6,7, 8,9, o. Cosi per esempio, 72. è un numero di due cifre, formato dalle cifre 7 e 2., mentre 138 è un numero di 3 cifre, for­ mato dalle cifre I, 3, 8. Il numero 9, per esempio, è in­ per mezzo di

vece formato da 'una sola cifra.

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M'è venuta in mente questa osservazione, perché un amico, l'altra sera, mi chiese il numero del mio telefono, ed alla mia risposta che esso era sessanta ottocentosessanta­ sette, cioè sei zero otto sei sette, espresse la sua meraviglia dicendo : « Solo cinque numeri? ». lo corressi : « Sì, solo cinque cifre » e l'amico si accomiatò borbottando : « Come sono pedanti questi professori di matematica ! ». Una volta ricordata, dunque, la differenza tra numero e cifre (le cifre compongono i numeri, i quali possono avere una o più cifre), ripetiamo che l'ultima cifra è quella che determina se un numero è pari o dispari : il numero è pari se termina con cifra pari (2, 4, 6,8,o) , è dispari se termina con cifra dispari (1,3, 5,7,9), Tutte le altre cifre, che pre­ cedono l'ultima, non contano agli effetti della distinzione tra pari e dispari. Cosi è pari 32, è pari 514, è pari il nu­ mero 37 53882 perché la sua ultima cifra, 2, è pari. Non conta, dunque, per essere pari o dispari, l'esser piccolo o grande : ciò che conta è soltanto l'ultima cifra, cioè il modo di terminare del numero. Vediamo ora di cogliere un carattere più essenziale, più intimo, per dir cosi, della differenza tra pari e dispari. È presto detto : qualunque numero pari può dividersi esattamente per 2, ossia per metà : cioè la metà (l'esatta metà) di un numero pari è ancora un numero intero, cioè un numero della serie naturale I , 2, 3, 4 e via dicendo. Così, per esempio, il numero 14 è pari ; ebbene: esso può dividersi per 2 esattamente; la sua metà è 7, ed è ancora un numero intero, cioè un numero della serie naturale. La divisione in due parti uguali, cioè la divisione per 2 o la divisione per metà che dir si voglia, non è invece pos2

i8

sibile per i numeri dispari : cioè non esiste un numero in­ tero che sia la metà d'un numero dispari. Così, ad esempio, non è possibile dividere per 2 il nu­ mero dispari 1 5 , nel senso che non è possibile trovare un numero intero come risultato di questa operazione. Sì, è vero : la metà di 1 5 è 7 e mezzo, ma, come si vede, essa non è un numero intero, perché a 7 occorre aggiungere lafrazione «un mezzo ». Quel numero « 7 e mezzo », cioè, non figura nella serie naturale dei numeri interi, che da 7 passa direttamente a 8 . Dunque ecco l a differenza essenziale : i numeri pari si possono dividere esattamente per 2 (o, come suo] dirsi, sono « divisibili » per z) nel senso che la metà che così si ottiene è ancora un numero intero ; i numeri dispari, in­ vece, non sono divisibili per z : per esprimere la loro metà si deve ricorrere alle frazioni, ovve�o, ciò che fa lo stesso, ai decimali. Questa differenza è davvero essenziale. Nella serie dei numeri interi, alternativamente, uno dopo l'altro, i numeri sono o non sono divisibili per 2. I dispari non lo sono, i pari lo sono. Ecco, dunque, che la serie naturale dei numeri si pre­ senta oscil lante, a guisa di un gigantesco pendolo, tra due poli opposti : il pari e il dispari, il dispari e il pari, il pari e il dispari, senza mai termine. E a determinare l'oscillazione basta appena, anche se i numeri sono grandissimi, l'ag­ giunta di una sola modestissima unità ; basta aggiungere I , anche a numeri enormi, per passare dal pari a l dispari e dal dispari al pari. Questo immane moto osillatorio col quale la serie dei

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numeri interi va progredendo incessantemente, quasi a raffigurare il ritmo incessante della vita, colpi la fantasia degli antichi Pitagorici, i quali di questa opposizione tra pari e dispari fecero uno dei motivi fondamentali di op­ posizione nella struttura del cosmo, come vedremo meglio nel seguito . E il grande filosofo Platone, che per alcuni concetti matematici si ricoll ega ai Pitagorici, assai spesso, nelle sue opere, volendo indicare nel loro insieme i nu­ meri interi, usa la locuzione « il dispari e il pari » , come per mostrare che è per lui di somma importanza il fatto che la serie dei numeri interi si divida in numeri dispari e numeri pari.

Il criterio dell'ultima cifra

Quello dell'ultima cifra è il criterio più semplice per ricono­ scere un numero dispari da uno pari? Piuttosto che il criterio più semplice, esso è l'unico criterio possibile. Si è cercato di accentuare il concetto che ciò che decide circa la parità o meno di un numero sia soltanto ed esclusivamente l'ultima cifra, cioè quella delle unità. Tutte le cifre precedenti, mentre hanno un valore ben grande dal punto di vista quantitativo, non hanno invece nessuna influenza dal punto di vista, per dir così, qualitativo, riguardante l'esser pari o l'esser dispari.

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L'immagine del moto oscillatorio

Perché dire che i numeri oscillano tra il pari e il dispari? Non è più semplice dire che essi sono pari o dispari? Effettivamente questo verbo «

oscillano » è

si presenta sotto forma un po' immaginosa. l'enunciato più semplice

è

questo:

o dispari alternativamente.

«I

qualcosa che

È

chiaro che

numeri sono o pari

»

Ma il fatto che vi sia questa « alternanza

»,

ben si col­

lega all'immagine di un moto oscillatorio. Fatto sta che, di unità in unità, i numeri vanno progredendo nel senso che diventano sempre maggiori; ma la loro qualità, in­ vece, si presenta in questa forma che oserei dire « miste­

riosamente alternativa »,

forma che appunto ci ha richiamato

l'immagine di un gigantesco pendolo oscillante. D'altra parte cerchiamo di dare ai numeri una

«

vita propria »

per

imparare a conoscerli meglio, e le immagini tratte dalla vita pratica ci saranno sempre utili.

« Infinità

»

della serie dei numeri

La serie dei numeri naturali è stata considerata come infinita fin dai tempi Più antichi, o si pensò a un ultimo numero? Presso i popoli più selvaggi si conta fino a un certo punto e non si va oltre, ma non crediamo che neppure presso di loro si pensi effettivamente ad un

ultimo numero.

Piuttosto, presso di loro, ad un certo punto la pluralità

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assume un aspetto, per dir così, « indistinto », o « inde­ finito »; cosicché da un certo punto in poi non si distingue più un numero dall'altro, in modo simile a quello che a noi accade quando a occhio sappiamo distinguere se al­ cuni oggetti sono 3, 4 o 5, mentre ci riesce difficile o im­ possibile apprezzare con esattezza il numero di oggetti quando il numero stesso diventi più grande. Comunque, nell'antichità alla quale si riferisce la storia delle scienze, non sfuggì in alcun modo il concetto di « infinità » della serie dei numeri. Basti pensare che negli « Elementi » di Euclide, l'opera scritta intorno al 300 avanti Cristo, si trova un teorema che afferma che già solo una parte della serie dei numeri naturali, e precisamente la serie dei co­ siddetti numeri primi, è infinita.

III CHE COSA È LA DIVISIBILITA Tutti sanno che cosa sia 1'operazione di divisione. Qual­ cuno, magari, non saprà eseguirla speditamente, special­ mente con un divisore di due o più cifre. Ma non è l'ese­ cuzione pratica della divisione che in questo momento c'interessa. Vogliamo invece ricordare un fatto (certa­ mente a tutti noto) : che alcune divisioni si compiono esattamente, cioè senza lasciare resto, mentre altre divi­ sioni non possono eseguirsi esattamente, nel senso che si trova sì un quoziente, ma che c'è anche un resto . Per esempio, la divisione 20 : 4 è esatta : il quoziente è esattamente 5 , e non c'è resto, o, se vi piace di dir così, c'è il resto zero. Tutti sanno pure che è assai facile ese­ guire la verifica (o, come si suoI dire comunemente, la prova) della divisione esatta. Basta moltiplicare il quoziente per il divisore : se la divisione è stata eseguita bene si deve ritrovare come risu1tato il dividendo . Così, per la divisione s opra detta, cioè 20 : 4 5 nella quale 20 è il dividendo, 4 il divisore, 5 il quoziente, la verifica si esegue moltiplicando il quoziente 5 per il divisore 4, e la moltiplicazione 5 per 4 dà c ome risultato 20, ossia restituisce appunto il dividendo . Un esempio di divisione non esatta? Eccolo subito : '

23

21 : 4. Qui il quoziente è ancora 5; si tratta però di un quoziente approssimato, e c'è il resto l. Ma tralasciamo le divisioni non esatte ed occupiamoci di quelle esatte, per imparare (o, per quasi tutti i lettori, ricordare) il significato della parola « divisibile » . Abbiamo visto che la divisione del numero 20 per i l numero 4 s i compie esattamente, dando il quoziente 5 senza lasciare resto. Ebbene : si dice che il numero 20 è esattamente divisibile per 4, o più semplicemente che 20 è divisibile per 4. Il numero 21, invece, non è divisibile per 4, perché la divisione di 21 per 4 lascia, come s'è visto, un resto, e precisamente il resto l. Un altro esempio? Eccolo : il numero I 5 è divisibile per 5. Infatti la divisione 15 : 5 dà il quoziente esatto ; e non lascia resto. Vogliamo ora vedere se ci riesce di trovare qualche mezzo che ci permetta di sapere se un numero è divisibile per un altro senza bisogno di esguire la divisione. È come una specie di previsione, alla quale vogliamo giungere : l'effettiva divisione potrà poi far verificare la esattezza della previsione stessa. Questi mezzi che ci permetteranno di prevedere se un numero è o non è divisibile per un altro si chiamano criteri di divisibilità. Essi sono abbastanza semplici per al­ cuni particolari divisori. Per esempio, come già abbiamo avuto occasione di dire, è assai facile il criterio di divisibilità per 2 : ossia è estremamente facile poter prevedere se un numero sia, o non sia, divisibile per 2. È presto detto : i numeri pari

24-

sono divisibili per 2, i numeri dispari non lo sono. Così la divisione 24 : 2 non lascia resto perché 24, essendo pari, è divisibile per 2. Invece 2 5 non è divisibile per 2 perché è dispari, e pertanto la divisione 2 5 : 2 lascia re­ sto : precisamente il resto I . Così pure è assai facile il criterio di divisibilità per I O. Perché un numero sia divisibile per IO esso deve ter­ minare con zero. Così, per esempio, 5 0, poiché termina con zero, è divisibile per I O, cioè la divisione 5 0 : I O non lascia resto. Somigliante è il criterio di divisibilità per 5 . Perché un numero sia divisibile per 5 esso deve terminare con zero o con 5 . Così, per esempio, 2 5 è divisibile per 5 ed anche 30 è divisibile per 5 . Il numero 3 0, si badi bene , è divisibile anche per I O, perché termina con zero, ed è divisibile pure per 2 perché è pari. Vediamo di precisare ancor meglio. Il numero 4 5 , è divisibile per 5 ? Sì, perché term!na con 5 . È divisibile per IO? No, perché non termina con zero. Ed è divisibile per 2? No : il numero 45 non è divisibile per 2 perché non è pari, ma dispari. Vediamo se ci riesce di trovare un numero che sia divi­ sibile per 2, ma non per 5 e non per IO. È presto trovato: per esempio 3 6, che è divisibile per 2 perché pari, ma non è divisibile per 5 perché non termina né con 5 né con zero, e non è divisibile per IO perché non termina con zero. Finora, dunque, abbiamo ricordato i criteri di divi­ sibilità per 2, per I O, per 5 , cioè abbiamo ricordato il modo di prevedere se un numero qualsiasi sia divisibile per 2 o per IO o per 5 , ossia 11 modo di prevedere se la

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divisione di un numero qualunque per 2 o per IO o per 5 lasci o non lasci resto. Si tratta di tre regole differenti : per la divisibilità per 2. occorre che il numero sia pari, per la divisibilità per I O occorre che il numero termini con zero, per la divisibilità per 5 occorre che termini o con zero o con 5. Si tratta, ripetiamo, di tre regole diverse : eppure esse hanno tutt'e tre un elemento comune. In tutt'e tre i casi, si badi bene, c'è questo : che tutto si riduce a esaminare l'ultima cifra del numero. Per la divisibilità per 2 basta che il numero sia pari : ma sappiamo che l'esser pari dipende soltanto dall'ultima cifra, perché è quella che decide se il numero è pari o dispari. Per quanto riguarda la divisi­ bi1ità per IO o per 5 , poi, s'è pure veduto che tutto di­ pende dall'ultima cifra : se questa è zero il numero è divi­ sibile per I O, mentre se essa è zero o 5 il numero è di­ visibile per 5. Il numero può esser grande quanto si voglia : esser composto di tante e tante cifre : di venti, di trenta, di quaranta cifre. Non conta nulla, per quanto riguarda la divisibilità per 2, per 5 , per I O. Conta soltanto quella modestissima ultima cifra delle unità, ed è essa che decide se il numero è, o non è, divisibile per 2, per 5, per I O. Già avevamo visto questo a proposito della qualità di esser pari o dispari : ora troviamo ancora esteso il grande valore della modestissima, ripetiamo modestissima, ultima cifra : quella delle unità. La morale? Sl, possiamo trarre una morale da questo semplice fatto aritmetico : non dobbiamo disprezzare nes­ suno e nessuna cosa : anche le persone e le cose più mo-

26

deste hanno la loro importanza, che non possiamo di­ minuire né tanto meno annullare. E ancora un'altra considerazione: questa, di carattere più tecnico. Supponiamo che ci venga proposto il seguente pro­ blema : « Trovare un numero che sia divisibile per 2 e per 5 , ma che non sia divisibile per I O » . Vediamo u n poco. Deve essere, i l numero d a trovare, divisibile per 2 : dunque deve esser pari, cioè deve termi­ nare con una delle cifre 2, 4, 6, 8, o. Ma quel numero, ol­ tre ad essere divisibile per 2, lo deve essere anche per 5 : cosi richiede il problema. Ma un numero è divisibile per 5 soltanto se termina con 5 o con zero: necessariamente dunque, per essere divisibile tanto per 2 quanto per 5 , il nostro numero deve terminare con zero, poiché è da escludere come ultima cifra il 5 , che è dispari, e che non permetterebbe la divisibilità per 2. Ma allora il nostro numero, dal momento che deve terminare con zero, è divisibile anche per I O : è dunq ue impossibile trovare, come il problema richiedeva, un numero che sia divisi­ bile per 2 e per 5 , ma che non lo sia per I O. Perché abbiamo voluto portarvi questo esempio? Per mostrarvi che non tutti i problemi si possono risolvere ma che ve n'è anche di insolubili, di impossibili. Inutile è insistere, accanirsi (per dir così) nei tentativi: quando s 'è dimostrato che un problema è impossibile a risolversi è da dissennati anche il solo tentare. Cosi, per esempio, c'è un classico problema geometrico che ci ha tramandato l'antichità: il problema della qua­ dratura del circolo. Si tratta di trasformare un cerchio in

27

un quadrato equivalente, ossia di costruire un quadrato avente esattamente la stessa area di un cerchio dato, ese­ guendo la costruzione (si badi bene) con l'uso esclusivo, in determinati modi, della riga e del compasso. Gli antichi Greci non riuscirono a risolvere il problema, e non poteva esser diversamente perché la matematica mo­ derna ha dimostrato rigorosamente che si tratta di un pro­ blema impossibile. Eppure, ci credereste? Ancor oggi molti cosiddetti «dilettanti » si dilettano in tentativi, faticosi quanto inutili, per risolvere il problema della quadratura del cerchio. Il vero matematico, invece, guarda e sorride, e, se possibile, tenta di persuadere i malcapitati dell'inu­ tilità dei loro sforzi. Anche qui una morale da trarre? Certamente. Non basta la volontà di fronte all'impos­ sibilità : impieghiamo utilmente, invece, la volontà per cose magari difficili, ma sempre possibili.

Il criterio generale di divisibilità

Sono stati spiegati i criteri di divisibilità per z, per 5 e per I O. non c'è un criterio generale di divisibilità : che valga, cioè per qualsiasi divisore? Ma

Sì : un criterio generale di divisibilità esiste, ma esso è collegato alla cosiddetta scomposizione in fattori primi; cioè ad una serie di operazioni piuttosto complessa. È quindi possibile che in molti casi il riconoscimento della divisibilità mediante il criterio in questione conduca a

28

procedimenti più lunghi di quelli che consisterebbero nel semplice tentativo di operare direttamente la divisione per vedere se la divisione stessa lascia, o non lascia, resto. Tuttavia, almeno da un punto di vista concettuale, un criterio generale di divisibilità esiste, se pure non è sem­ pre di uso assai pratico. Non è però questo il momento per paterne trattare.

I problemi insolubili

Esistono, come la quadratura del circolo, altri problemi in­ solubili? L'antichità classica ci ha tramandato alcuni problemi che la sua matematica non ha saputo risolvere, e dei quali la matematica moderna ha precisato i limiti entro cui si può parlare di possibilità o di impossibilità di soluzione. Per esempio, il problema della quadratura del circolo è stato riconosciuto insolubile se si chiede che per esso si usino soltanto, e in modo determinato, riga e compasso. Altri problemi di questo genere, pure tramandatici dall'antichità, sono quello della trisezione dell'angolo e quello della duplicazione del cubo.

È vero che anche Dante accenna alla quadratura del circolo? Si : egli vi accenna, in sostanza, nell'ultima similitudine del poema, che si trova precisamente nel 33° Canto del Paradiso. Ivi Dante vuoI descrivere qualcosa che sorpassa ogni umana possibilità, e si ferma alle soglie del mistero più alto.

29

E istituisce un paragone col problema della misura del cerchio, mostrando così di conoscerlo, e mostrando pure che la ricerca matematica era per lui elevata e nobile, tanto da potere costituire argomento per la sua suprema similitudine. Ecco le parole di Dante : « Qual è il geomètra che tutto s'affige Per misurar lo cerchio, e non ritrova, Pensando, quel principio ond'egli indige; Tal . . » .

Come s'è detto, qui si parla di « misurare » il cerchio, ma si tratta pur sempre, almeno sotto alcuni aspetti fon­ damentali, d'un problema strettamente collegato a quello della quadratura del circolo.

IV TROVIAMO INSIEME UNA REGOLA Abbiamo veduto nello scorso capitolo qualche crite­ rio di divisibilità : precisamente i criteri di divisibilità per 2, per 5 , per I O. Abbiamo cioè dato alcune regole che ci permettono di prevedere, senza eseguire la divisione, se un qualunque numero sia divisibile per 2 o per 5 o per IO, vale a dire se la divisione per 2 o per 5 o per IO di un qualsiasi numero si lasci compiere esattamente, senza lasciare resto. E abbiamo pure veduto che per stabilire se un numero è divisibile per 2 o per 5 o per IO quel che conta è l'ultima cifra, ossia la cifra delle unità. Se essa è pari il numero è divisibile per 2, se essa è zero il numero è divisibile per I O, se essa è zero oppure 5 il numero è divisibile per 5 . Ci occuperemo, ora, invece, della divisibilità per 9, e vedremo che questa volta tutte le cifre entreranno in gio­ co per stabilire la divisibilità o meno : tutte indistintamen­ te, tanto la cifra delle unità quanto la cifra delle decine o quella delle centinaia e così via. Vediamo di trovare insieme il criterio di divisibilità per 9, ossia una regola che ci permetta, dato un numero

31

qualunque, di prevedere se la divisione di esso per 9 si compia esattamente, cioè senza lasciar resto, o meno. Facciamo così. Procuriamoci alcuni numeri che siano certamente divisibili per 9, ed esaminiamoli per vedere che cosa essi abbiano di particolare : potremo così giun­ gere a scoprire la regola. E come faremo per procurarci alcuni numeri divisi­ bili per 9? Ricorriamo alla famosa vecchia tavola pitago­ rica, e precisamente alla tabellina del 9. Ricordate? 9X I 9, 9 X 2. 18, 9 X 3 2.7, 9 X 4 36, 9 X 5 4 5 , e così via, fino a 9 X I O 90. I risultati della tabellina, cioè i numeri 9, 18, 2.7, 3 6, 45 eccetera sono certamente divisibili per 9. Perché? Prendiamo, per esempio, il numero 4 5 , cioè 9 X 5 45, ossia, ciò che fa lo stesso, 5 X 9 45 . S e 5 moltiplicato per 9 dà 4 5 , vuoI dire che 45 diviso per 9 dà esattamente 5, senza lasciar resto : che cioè 45 è divisibile per 9. Lo stesso si dica per gli altri risultati della tabellina del 9 : essi sono tutti divisibili per 9, come del resto è facilissi­ mo verificare in ogni caso. Eccoci dunque in possesso di una bella collezione di numeri tutti divisibili per 9 : essi sono 9, 18, 2.7, 3 6, 45 , 5 4, 6 3 , 72., 8 1 , 90. Non si stupisca nessuno nel vedere che tra i numeri divisibili per 9 abbiamo cominciato col porre il 9 stesso. Il numero 9 è ben divisibile per 9 : infatti la di­ visione 9 : 9 dà il quoziente esatto I , senza lasciar resto. Attenzione, dunque : sono divisibili certamente per 9 i numeri : 9, 18, 2.7, 3 6, 45 , 5 4, 6 3 , 72., 8 1 , 9°. Ebbene : come ci eravamo proposti di fare, osserviamo bene questi nu­ meri, come per cercar di carpire il loro segreto. Comin=

=

=

=

=

=

=

=

32

ciamo col constatare che soltanto il primo di questi nu­ meri è di una sola cifra : il numero 9. Tutti gli altri hanno invece due cifre : cosi 18 si compone delle due cifre I e 8, 27 delle due cifre 2 e 7, e così via, fino a 8 1 , che si com­ pone delle due cifre 8 e I , e a 90, che si compone delle due cifre 9 e o. Osserviamo bene : le cifre non son sempre le stesse, ma vanno cambiando di numero in numero ; le cifre sono I e 8 in 18, 2 e 7 in 27, 3 e 6 in 3 6, 4 e 5 in 4 5 . Di qui in poi ricompaiono le stesse cifre, ma in ordine inverso : 5 e 4 in 5 4, 6 e 3 in 6 3 , 7 e 2 in 72, 8 e I in 8 1 . Final­ mente 9 e ° in 90. Le cifre cambiano, è vero, da numero a numero, ma c'è una cosa che resta sempre la stessa. Che cosa? La somma delle due cifre : questa somma non cambia mai, ed è sempre uguale proprio a 9. Ci spieghiamo meglio. Nel numero 18, se si addizionano le cifre I e 8 si ha : I + 8 9. E nel numero 27, le cui cifre sono 2 e 7, la somma delle cifre è z + 7 cioè ancora 9. =

E continuiamo : 3 6? 45? 5 4? 63 ? 7Z? 8 I? 9°?

3 4 5 6 7 8 9

+ + + + + + +

6 5 4 3 z I

°

=

=

9 9 9 9 9 9 9

Tutti i risultati della tabellina del 9, cioe 1 numeri della nosrta, lista tutti sicuramente divisibili per 9, hanno

33

dunque questo di particolare : la somma dell e loro cifre è sempre 9. (I) Ma non accade sempre così, coi numeri divisibili per 9, che vengono dopo il 90. Per esempio, 99 è certamente divisibile per 9 : infatti la divisione di 99 per 9 dà il quoziente esatto I I, senza l asciar resto . Eppure se addizioniamo le due ci fre, 9 e 9, di 99 non troviamo 9 , ma 9 + 9 cioè 18. Già: ma su questo numero 18 proviamo a ripetere l'operazione, cioè addizioniamo ancora le sue cifre . Cioè per i l numero 18 addizioniamo le ci fre I e 8: o tteniamo I + 8

=

9. Ve­

dete dunque che 'llla fine abbiamo ancora o ttenuto il risuìtato 9. Siamo così giunti alla regola generale, cioè al vero e p roprio criterio

di a/visibilità

per 9 .

Vogliamo vedere se un numero è divisibile p e r 9 ? Addizioniamo l e sue cifre . S e così facendo o tteniamo 9 , i l numero è senz'altro divisibi l e per 9 . Se, invecé, otte­ niamo un numero maggiore di 9, addizioniamone ancora

le cifre , replicando ancora, se occorresse .

(l) Ciò è dovuto al fatto che da un numero divisibile per 9 si pas­ sa al successivo numero divisibile per 9 semplicemente aggiungendo 9. Così da 36 si passa a 45 aggiungendo 9, da 45 si passa a 54 aggiun­ gendo 9, e cosi via. Ma aggiungere 9 significa aggiungere lO e poi sottrarre l; cioè significa aumentare di l la cifra delle decine e dimi­ nuire di l la cifra delle unità. E allora la somma delle due cifre (del­ le decine e delle unità) resta sempre la stessa, perché una di esse au­

menta di

l,

ma l'altra diminuisce di l. E la s�mma delle due cifre

resta per l'appunto sempre eguale a 9, almeno fino al numero 90.

34

Se alla fine otterremo 9, ciò vorrà dire che il numero dal quale siamo partiti è divisibile per 9. Esempio : il numero 3 I 5 è divisibile per 9 ? Un mo­ mento : 3 1 5 si scrive con le tre cifre 3, I, 5 . Addizionia­ mole, queste cifre. Abbiamo : 3 + I 4; 4 + 5 9. Concludiamo che 3 I 5 è divisibile per 9. E possiamo anche enunciare, cioè esporre, dire, la se­ guente : REGOLA. Un numero è divisibile per 9 se addizio­ nando le sue cifre, e replicando l'addizione se occorre, si ottiene come somma il numero 9. Ecco ritrovato, dunque, il famoso criterio di divisi­ bilità per 9 che, come vedremo nella prossima lezione, è assai utile praticamente. Utilità davvero pratica poiché vedremo che si tratterà della prova, o verifica, delle operazioni : di quella prova che è comunemente nota sotto il nome di «prova del 9 » . Avremo cosi u n esempio d i utilità pratica della ricerca teorica : vedremo cioè come quanto abbiamo detto, che a qualcuno potrà essere sembrato inutile, acquisterà in­ vece massimo valore pratico. La matematica, cioè, anche se può a qualcuno sembrare astrusa, teorica, inutile, ha tante e tante pratiche utilissime applicazioni. =

=

Lo zero nei numeri divisibili p er 9

Dal momento che, per quatilo riguarda la divisibilità per 9, tutto dipende dalla somma delle cifre, non dovrebbe avere alcuna influenza, agli effetti della divisibilità stessa, il fatto che tra una cifra e l'altra venga intercalato uno zero. È vero questo?

35

Verissimo. Per esempio, il numero 36 è, come sappia­ mo, divisibile per 9. Infatti la divisione di 36 per 9 dà il quoziente 4 senza lasciar resto. E d'altra parte, ricorrendo alla regola studiata in questa lezione, vediamo pure subito che 36 è divisibile per 9. Infatti il numero 36 è formato dalle due cifre 3 e 6, e sommando queste due cifre ab­ biamo 3 + 6 cioè proprio 9. Ebbene : fra le cifre 3 e 6 intercaliamo uno zero. Otte­ niamo così il numero 306 ; e quando andiamo a sommarne le cifre, otteniamo sempre 9, perché quello zero, nella addizione, non conta nulla. Dunque anche 306 è divisibile per 9.

Ma allora anche il numero 3006 è divisibile per 9 ! Certamente : infatti il numero 3006 si ottiene interca­ lando due zeri fra le cifre 3 e 6, e quei due zeri, nell'ad­ dizione, non contano proprio nulla.

Un problema curioso

Su un libro di aritmetica, c'è questo problema : « Quale è il più Piccolo numero, composto da tutti 3, che sia divisibile per 9 ? » Come si potrebbe rispondere alla domanda? Vediamo quali sono i più piccoli numeri le cui cifre sian tutti 3. Cominciamo da 3 stesso, che non è certamente divisibile per 9. Poi viene 33 : la somma delle sue cifre

36

è

3 + 3,

cioè

6:

dunque detta somma non è 9 e quindi

33

non è divisibile per 9. Dopo

33,

scrivendo un altro

le cui cifre sono biamo

3 +3+ 3

3 , 3 , 3.

3,

abbiamo il numero

333,

Addizionando queste cifre ab­

cioè proprio 9· Dunque

33 3

è divisibile

per 9, come del resto si potrà anche verificare direttamente dividendo

E 333

333

per 9·

è proprio il numero richiesto dal problema, cioè

il più piccolo numero, composto di tutti tura, che sia divisibile per 9.

3

nella sua scrit­

v

ECCO

LA

PROVA DEL NOVE

Abbiamo ritrovato insieme il criterio della divisibilità per 9; abbiamo cioè ritrovato la regola che permette di prevedere se un qualunque numero è divisibile per 9: ossia di prevedere

se

la divisione di quel tal numero per 9

si comFia e sattamente, senza l asciar resto.

E quale è la regola in C)uestione? E' presto detto: si devono addizionare le

cifre che com­

p ongono il numero. Se così facendo si ottiene come ri­ sultato 9, ciò vuoI dire che il numero è divisibi l e per 9. Per e sempio, consideriamo il numero 72. Esso è comp osto dalle due ci fre

7

e

2.

Se addizi oniamo queste due cifre abbiamo 7

+

2

=

9

ossia otteniamo 9. Ciò vuoI dire che il numero 72 è divi­ sibile per 9.

E

infatti la divisione 72: 9 si compie esatta­

mente: dà il quoziente e satto 8, senza l asciar resto. Altro e sempio: il numero ci fre :

I, 3

e

1 35.

Se addizioniamo queste cifre cioè

I + 3

Esso è composto di tre

5. =

4, 4

+ 5

=

I,

3, 5

otteniamo

somma delle cifre. Ciò vuoI dire che

9, ossia che la divisione di

1 35

I

+ 3+5

9 otteniamo cioè 9 come

1 35

è divisibile per

per 9 non l ascia resto .

Talvolta, abbiamo visto, la somma del l e cifre supera 9,

38

e allora bisogna replicare l'operazione, cioè addizionare le cifre del risultato. Se, replicando una o più volte l'ope­ razione, si finisce col trovare il risultato 9, ciò vuoI dire che il numero è divisibile per 9. Per esempio, consideriamo il numero 846. E' esso divisibile per 9, o no? Vediamo. Il nume!O 846 si compone delle tre cifre 8, 4, 6. Addizioniamole, que!te tre cifre 8, 4, 6. Abbiamo : 18. La somma delle cifre è dunque 8 + 4 1 2, 1 2 + 6 18. Replichiamo l'operazione, ossia addizioniamo le due cifre I , 8 di 18. Otteniamo I + 8 9 ossia il risultato finale 9. Concludiamo che il numero 846 è divisibil e per 9. Se qualche lettore volesse verificare l'esattezza di quest'affermazione, esegua la divisione per 9 del numero 846 : troverà il quoziente 94 e il resto zero ; verificherà cioè che 846 è effettivamente divisibile per 9. Ma ora dobbiamo fare un altro passo, che sarà poi quello che ci condurrà ad una applicazione molto utile nella pratica quotidiana. Addizionando le cifre di un numero, e replicando, se occorre, l'operazione, è in verità piuttosto raro il caso in cui si ottenga come risultato finale 9. Il più delle volte si otterrà un risultato diverso da 9. Ciò vorrà dire che il numero non è divisibile per 9. Per esempio, consideriamo i l numero 3 I. Addizionia­ mone le cifre : 3 + I =4. Abbiamo trovato 4 e non c'è possibilità di replicare l'operazione, poiché 4 è un nu­ mero di una sola cifra, Addizionando le cifre del nu­ mero 3 I dunque non abbiamo trovato 9, ma 4. Ciò vuoI dire che 3 I non è divisibile per 9. =

=

=

39

Ora accade un fatto notevole. Se dividiamo 3 I per 9 troviamo 3 come quoziente e 4 come resto, come subito si verifica. Cioè la somma delle cifre di 3 1 , che è 4, ci fa conoscere proprio il resto della divisione di 3 I per 9. E si potrebbe far vedere che questo fatto vale sempre : che cioè addizionando le cifre di qualunque numero, e replicando l'addizione se la somma delle cifre supera 9, si ottiene senz'altro il resto della divisione per 9 di quel numero . Con l'avvertenza però che se si ottiene proprio 9 come somma delle cifre il resto non è 9, ma è zero, e quindi in tal caso ( come abbiamo visto ) il numero è di­ visibile per 9. Diamo alcuni esempi, su qualcuno dei quali i1 lettore che lo volesse potrebbe verificare, eseguendo la divisione, l'esattezza di quanto è stato fin qui detto. Per esempio : consideriamo il numero 43 . Il numero 43 è composto delle due cifre 4 e 3 : la somma delle cifre è dunque presto calcolata : 4 + 3 7. Ebbene : proprio 7 è il resto della divisione di 43 per 9, come subito si vede. Consideriamo ora un numero più grande : per esempio il numero 1 2 3 4. Le cifre che compongono il numero sono in questo caso I , 2, 3 , 4. Addizionarle è assai facile. I + 2 + 3 + 4 fa IO come si vede subito ( I + 2 = 3 , 3 + 3 = 6 , 6 + 4 = I O) . E del numero I O dobbiamo addizionare di nuovo le cifre che sono I e zero. E' subito fatto : I + o I. Ebbene : ciò vuoI dire che I è i l resto della divisione di 1 2 3 4 per 9. Volete verificare? Dividete 1 2 3 4 per 9, e tro=

=

40

verete i l quoziente 1 3 7 e il resto

I,

come avevamo previsto .

Ultimo esempio : quale resto dà, diviso per 9, il nume ro

E' facilissimo : le cifre del numero 200 sono 2, zero, z ero, e la loro somma è 2 + o + 0, cioè 2. Dunque divi­ dendo 200 per 9 si trova il resto 2, come è facile verificare . 200 ?

Per qualunque numero, dunque, sappiamo calcolare, senza eseguire l a divisione, il resto che si ottiene divi­ dendolo per 9. Basta, ripetiamo, addizionare le cifre del numero, replicando l 'operazione se i l risultato supera 9. La somma delle ci fre (replicata se occorre) ci dà i l resto della divisione per 9 del numero, con l'avvertenza che se si trova 9 come risultato ciò vu oI dire che i l resto è zero e che il numero è divisibile per 9. Vediamo o ra un'applicazione pratica d i questa tegola : quella che consiste nella cosiddetta

«

prova del

9 » che

permette di eseguire una verifica di ciascuna delle quattro operazioni, cioè permette, dopo che un'operazione arit­ metica è stata eseguita, di poter affermare se l'operazione stessa è stata e seguita bene o se ne è stata sbagliata l'ese­ cuzione (almeno con altissima probabilità). Ci limitiamo qui a dare un paio di e 8empi per l'ope­ razione di moltiplicazione. Nel primo esempio scegliamo per semplicità numeri piuttosto piccoli, e ciò per rendere la cosa p iù facile. S'intende però che la prova del 9 risulta tanto più utile quanto più grandi sono i numeri sui quali si opera. Si sia dunque eseguita la moltiplicazione: 7 1 X 3 2 . Il risultato è stato

2272

2272.

Vogliamo vedere se il risultato

è esatt o.

P e r verificare

se la mol tiplicazione è stata eseguita

41

bene, s i e segue, accanto a d essa, un'altra moltiplicazione su numeri più piccoli, e precisamente sui resti della divi­ sione per

9 »),

per

9

(o, come più brevemente si dice, sui « resti

che sappiamo calcolare senza e seguire l a divi­

sione. Si trattava, avevamo detto, di verificare l'operazione

71

X F

2272.

=

Anziché eseguire di nuovo, per la ve­

rifica, la moltiplicazione 9 di

71

71

per F , calcoliamo i resti per

e F e moltiplichiamo tra loro questi resti , anzi­

ché i numeri . Moltiplicando tra loro i resti (cosa semplice , perché i resti son numeri piccoli) troveremo un numero che ci darà anch' esso un certo resto per se l'operazione il

prodotto

71

9.

Ebbene :

per F è stata eseguita bene, anche

2272

trovato

dovrà dare lo stesso

resto

per 9 · Vediamo megl i o . Dunque :

71

X F . Quale è il resto della divisione d i

71

7 1 ci dà 7 + I 8. E F ? C i dà 3 + 2 = 5 . Dunque i resti per 9 dei due numeri 7 1 e F s on o 8 e 5 . Dobbiamo verificare l'esattezza della molti­ plicazione 7 1 X F ? Ebbene : invece di rieseguire l a molti­ plicazione 7 1 per F e seguiamo la moltiplicazione dei loro « resti per 9 », cioè, come s'è visto, di 8 per 5 . n risultato è 40. E quale è il resto ' per 9 di 40 ? È 4, come si trova addi7ionand o l e ci fre 4 + ° = 4. p e r 9 ? È presto fatto :

=

Ebbene : se l a m�ltipliC'lzione è stata eseguita bene, 4 deve e ssere anche il resto per di

2272.

9

del risultato trovato , cioè

E così è. Infatti le ci fre di

la loro somma è

2 +

2

=

replicando per i l numero

4, 4

13

+ 7

2272 =

ritroviamo

2, 2, 7, 2 e + 2 = 13 : appunto I + 3 = 4 sono

I I,

II

42

come doveva essere. La verifica è dunque riuscita : pos­ siamo affermare che l'operazione 7 1 per 3 2 è stata ese­ guita bene. Resti per 9 71 X 32 2272

8 5



X

Resto per 9 di 2272 Resto per 9 di 4°

4 4

Un altro esempio? Si sia eseguita la moltiplicazione 2003 per 47. Si è trovato come prodotto il numero 941 41 . Vogliamo eseguire la « prova del 9 ». Primo numero : 2003 . La somma delle sue cifre è 2 + ° + ° + 3 ossia 2 + 3 ossia 5 . Secondo numero : 47. La somma delle cifre è 4 + 7 = I I e, replicando l 'addizione, si trova I + I = 2 . Quindi il primo numero, 200 3 , dà il resto 5 , mentre i l secondo numero, 47, dà il resto 2. Ecco dunque i due resti : 5 e 2. Moltiplkhiamo1i : 5 X 2 = I O. E il resto di IO? I + ° = I, cioè il resto è l o Se l'operazione 2003 X 47 = 94141 è stata eseguita esattamente, anche il risultato 94141 deve dare il resto I. E così è, come si verifica facilmente : le cifre di 94141 sono 9, 4, I , 4, I e addizionandole tro­ viamo 9 + 4 = I 3 , 1 3 + I = 1 4, 14 + 4 = 1 8 , I 8 + I = 1 9. Somma delle cifre, dunque, 1 9. Replichiamo la addizione : I + 9 = I O e di nuovo replicando I + 0 = I , Ecco fatto. I l resto per 9 del risultato 94141 è proprio lo come doveva essere.

43

Resti per 2003 47

X

5

9

X

2 IO

Resto per 9 di Resto per 9 di

941 4 1

I

IO

I

Per chiarire meglio la prova del 9

In sostanza per verificare, ad esempio, se una moltiplicazione è stata eseguita bene, si calcolano anzitutto i resti della divisione per 9 dei due fattori, cioè dei due numeri che si son moltiplicati. Va bene fin qui? Benissimo, e poi?

Poi si moltiplicano tra loro i due resti. È come una specie di più semplice moltiplicazione tra numeri piccoli, che eseguiamo accanto a quella dei numeri grandi. Esattamente. Col vantaggio che, trattandosi di una mol­ tiplicazione di numeri piccoli è assai difficile sbagliare. E poi?

Dunque s'era detto che, accanto alla moltiplicazione da ve­ rificare ( quella dei « numeri grandi » ) si eseguiva una seconda moltiplicazione su numeri più piccoli, e precisamente sui resti per 9 dei numeri grandi : quei resti, per intenderei, che si calco­ lano addizionando le cifre. Poi . . . .

44

Poi termin o i o . A questo punto avremo due prodotti : quello dei numeri grandi t cioè il ri sultato da verificare ) e quello dei numeri piccoli ( cioè dei resti per 9 ) I due .

prodotti non saranno ugual i : uno sarà più grande, uno sarà più piccol o . Ma l'essenziale è questo : se la primitiva moltiplicazione è stata eseguita esattamente,

i

due pro­

dotti (quello vero, per dir così , e quèllo dei resti) dovranno dare l o stesso resto 9 : cioè addizionand o le cifre (e repli­ can d o se occorre) dovremo trovare lo stesso risultato per l'uno e per l'altro .

VI

I

NUMERI QUADRATI

Fin dalle scuole elementari, quando abbiamo imparato la tavola pitagorica, ci siamo accorti di un fatto notevo­ lissimo, tanto più notevole in quanto ci ha facilitato pure l'apprendimento a memoria della famosa tavola. Si tratta di questo . Per esempio : Quanto fa 5 X 7 ? F a 3 5 . M a anche 7 X 5 fa 3 5 . I fattori sono sempre gli stessi, ma compaiono in ordine inverso. Così 8 X 9 fa 7 2 , ma anche 9 X 8 fa 7 2 . S o n o sempre g l i stessi fattoli 8 e 9 , m a pre s i una volta in un ordine, u n a volta in ordine in­ verso : ciò perché invertendo l'ordine dei fattori il pro- ' dotto resta inalterato , o , come suol dirsi , non cambia. Questo è un celebre enunciato di un'altrettanto celebre

proprietà della cot1lt1lutativa. E

proprietà cot1lt1lutativa ap­

moltiplicazione, che si chiama tale proprietà s i chiama

punto perché afferma che si può cambiare, cioè mutare, cioè

«

COlllt1lutare

», l' ordine dei fattori.

Anche per l'addiz ione vale la stessa proprietà, cioè può cambiarsi l ' ordin e dei numeri da addizionare : la s omma n o n cambia. Così tanto vale 8

+ 6

quanto

6+

8 : la som­

ma è sempre 1 4. Attenzione però ad una differenza di nomenclatura :

46

nell'addizione i numeri da addizionare si chiamano ter­ mini (o addendi) e il risultato si chiama somma. Nella mol­ tiplicazione, invece, i numeri da moltiplicare si chiamano fattori e il risultato si chiama prodotto. La proprietà commutativa, che vale tanto per l'addi­ zione quanto per la moltiplicazione, potrebbe enunciarsi insieme per le due operazioni nel modo seguente : « Sia nell'addizione che nella moltiplicazione, cambiando l'ordine dei numeri sui quali si opera, il risultato non cambia». Enuncian­ dola separatamente per le due operazioni abbiamo, invece, per l'addizione : « Cambiando l'ordine dei termini la somma non cambia » e per la moltiplicazione : « Cambiando l'ordine dei fattori il prodotto non cambia ». E se i due fattori sono uguali? In questo caso non possiamo applicare la proprietà commutativa. Per esempio : 5 X 5 2 5 ; non possiamo certo cambiare l'ordine dei fattori, e resta sempre che 2 5 è il prodotto di 5 X 5 . Così pure non possiamo certo invertire l'ordine dei fattori ne] prodotto 7 X 7 49. Ebbene : numeri come 2 5 e come 49, che si ottengono come prodotto di due fattori uguali, ossia moltiplicando un numero per se stesso, si chiamano numeri quadrati. Vediamo quali sono i numeri quadrati compresi tra I e 1 00. É un numero quadrato 4, che si ottiene moltiplicando 2 per se stesso. Poi viene il numero quadrato 9, che è uguale a 3 per 3 . Moltiplicando 4 per 4 otteniamo il nu­ mero quadrato 1 6. E così via : 5 X 5 25, 6 X 6 36; 7 X 7 49 ; 8 X 8 = 64 ; 9 X 9 = 8 1 ; I O X IO = 1 00. =

=

=

=

=

47

E possiamo aggiungere ancora un altro numero qua­ drato. Abbiamo infatti cominciato col moltiplicare 2 per se stesso, ed abbiamo ottenuto il numero quadrato 4. Ma c'è un numero quadrato più piccolo. Esso è lo Come mai I è un numero quadrato? Ecco : se moltiplichiamo I per se stesso, quanto otteniamo? I per I fa lo Dunque I si può considerare come il prodotto di un numero per se stesso, cioè di I per I . Pertanto anche I è u n numero quadrato. Ripetiamo allora l'elenco dei numeri quadrati compresi tra I e 1 00. I numeri quadrati sono : 1 , 4, 9, 1 6, 2 5 , 3 6, 49, 64, 8 1 , 1 00. A questo punto gli ascoltatori potrebbero domandare : perché si chiamano numeri quadrati questi che si ottengono come prodotto di due fattori uguali, cioè come prodotto di un numero per se stesso? Questa denominazione di « numeri quadrati » è antichissima : ne parla già il grande filosofo greco Platone, circa 3 60 anni avanti Cristo, in un suo Dialogo intitolato al nome di un matematico atenie­ se : Teeteto. Consideriamo per esempio il numero 4 e realizziamolo, materializziamolo, per dir cosi, con 4 sassolini. Possiamo facilmente disporre questi quattro sassolini a forma di quadrato, ponendone uno in ciascun vertice. E per il nu­ mero 9? Possiamo disporre 9 sassolini a formare un qua­ drato, ponendoli su tre file di tre sassolini ciascuno. *

*

*

*

*

*

*

*

*

*

*

*

*

E lo stesso si dica per tutti gli altri numeri quadrati :

43

con tanti sassolini quanti i l numero ne indica possiamo sempre costruire una specie di figura, che è un quadrato . La denominazione

«

numero quadrato » proviene pro­

prio da questo fatto : dalla somiglianza che il numero quadrato ha col quadrato geometrico, . ossia con quella figura geometrica che tutti conoscono : un quadrangolo avente i quattro lati uguali e i quattro ango l i retti . Ma la somiglianza tra

geometrico »

«

numero quadrato »

e

«

quadrato

s i vede anche meglio s e ci rivolgiamo al cal­

colo d ell'area di un quadrato geometrico . Tutti sanno che l'area di un qualunque quad rato si ottiene moltiplicando la lunghezza del lato per se stessa. Così se un quadrato ha il lato lungo 3 metri, l'area si ottiene moltiplicando

3

per 3 , cioè e ssa è di 9 metri quadrati . Dunque l'opera­

zione di moltiplicazione di un numero per se stesso è quel­ la che ci dà l'area di un quadrato geometrico : nessuna me­ raviglia, quindi, se i l prodotto di un numero per se stesso s i chiami, per analogia, numero quadrato. Ed ora facciamo un altro passo ancora. Abbiamo visto, per esempio , che 25 è un numero quadrato, perché è il p rodotto di un numero per s e stesso : precisamente è il prodotto del numero 5 per se s te s s o . Ebbene : si dice, in modo più b reve, che 2 5 è i l quadrato di

5. È

questo, ripe­

tiamo, un modo abbreviato . Si dovrebbe dire che 2 5 è il numero quadrato che s i ottiene moltiplicando 5 per se stesso. Ma invece di mente

quadrato :

la figura geometrica ; moltiplicazione di drato di 5 .

numero quadrato

s i d ice più semplice­

tanto non c'è pericol o di confondere con

5

e

per mostrare che 2 5 proviene d alla

per se stesso si dice che 2 5 è il qua­

49

Vediamo. Quale è il quadrato di 6? Il quadrato di 6 3 6 : infatti moltiplicando 6 per 6 si ottiene 36. E il qua­ drato di 8 ? È 64. Infatti 8 X 8 64. Così 1 00 è il quadrato di I O, 1 6 è il quadrato di 4, 4 è il quadrato di z, e via dicendo . C'è anche un modo particolare di scrivere. Per indicare, per esempio, il quadrato di 5 , si scrive prima 5 , poi subito alla destra di 5 , in alto, come una specie di segno di apostrofo, si scrive un z più piccolo, e si legge « 5 al qua­ drato » : è

=

53

=

25

Così, per indicare che 4 al quadrato è I 6, si scrive : 4, poi un z piccolo a destra in alto, poi il segno e final­ mente 1 6 : 16 43 Quel z piccolo sta ad indicare che 1 6 è i l prodotto di z fattori uguali a 4, cioè che 1 6 è il prodotto 4 X 4. =

=

Osservazioni sui numeri quadrati

l

numeri non quadrati hanno ricevuto un nome speciale ?

Un nome speciale oggi non viene più usato, ma nella antichità greca numeri che risultano dalla moltiplicazione di fattori disuguali furono chiamati numeri rettangolari, o, più letteralmente, numeri « a lati disuguali ». Ma queste denominazioni, ripeto, oggi non sono generalmente più usate . .

;

50

È vero che il doppio di un numero quadrato non è mai nu­ mero quadrato ? Verissimo. Per esempio, 9 è un numero quadrato, cioè 3 per 3. Ebbene : il doppio di 9, che è 1 8, non è un numero quadrato. E questo fatto non vale solo per uno o più casi, ma vale sempre : in ogni caso.

E perché avviene questo? Non è possibile qui dare una spiegazione completa : ma ci limiteremo a dare un'idea facendo osservare che un numero quadrato risulta dalla moltiplicazione di un nu­ mero per se stesso : c'è sempre, cioè, un fattore che com­ pare due volte (come 7 X 7 oppure 8 X 8 e così via). Ma raddoppiando noi non facciamo altro che moltiplicare per 2, cioè introduciamo il fattore 2 una sola volta. Non può, dunque, il doppio di un numero quadrato essere un numero quadrato, a cagione (per dir così) della dissime­ tria di quel fattore 2 in più .

VII LA LEGGE DEI QUADRA 11

Abbiamo imparato a conoscere i numeri quadrati, cioè quei numeri, come I , 4, 9, 1 6, 2 5 eccetera, che si ottengono moltiplicando un numero per se stesso. Cosi, per esempio, 9 è un numero quadrato, perché è il prodotto 3 X 3 , cioè di 3 per se stesso, e si dice appunto che 9 è il quadrato di 3 . Ogni numero ha il suo quadrato : basta moltiplicare il numero per se stesso. Così il quadrato di 7 è 49 : infatti 7 per 7 fa 49 ; il quadrato di 20 è 400, poiché 20 per 20 fa 400, e via dicendo . Tentiamo ora di studiare un po' più da virino questi numeri quadrati, per vedere come si susseguono l'uno all'altro. Fermiamo la nostra attenzione sui primi numeri qua­ drati, cioè su quelli contenuti tra I e 1.00. Essi sono : I , che è i l quadrato di I stesso (infatti I X I I ) , 4 che è il quadrato di 2, 9 che è il quadrato di 3, e così via : 1 6, 2 5 , 3 6, 49, 64, 8 1 , 1 00. S i tratta di I O numeri quadrati, da I (primo numero quadrato) a 1 00 (decimo numero qua­ drato). Scriviamoli di nuovo qui di seguito : I ; 4 ; 9 ; 1 6 ; 2 5 ; 3 6 ; 49 ; 64 ; 8 1 ; 1 00. Questi primi dieci numeri quadrati non sono distri=

52

butti uniformemente. Se così fosse, in ciascuna decina ci dovrebbe essere un numero quadrato : abbiamo infatti dieci numeri quadrati nelle prime dieci decine. Ma invece vediamo nella prima decina ben 3 numeri quadrati : ab­ biamo infatti i numeri quadrati I , 4, 9 tutt'e tre sotto il I O. Ne])a seconda decina, invece, abbiamo un solo numero quadrato : il 1 6. Così un solo numero quadrato nel1a terza decina, il 2 5 , e così pure nella quarta e nella quinta decina. E nella sesta decina, cioè nella decina compresa tra 5 I e 60? Nessun numero quadrato è in essa contenuto. Ugualmente si dica per l'ottava decina : nessun numero quadrato è compreso tra 71 e 80. Effettivamente i numeri quadrati si vanno sempre più rarefacendo. Ce ne rendiamo meglio conto se conside­ riamo numeri quadrati più grandi. Per esempio, vogliamo calcolare il quadrato di 43 ? È presto fatto : basta eseguire la moltiplicazione di 43 per se stesso. Ebbene : 43 per 43 fa 1 849, come si può subito verificare eseguendo mate­ rialmente la moltiplicazione. Dopo il quadrato di 43 verrà il quadrato di 44, che è il prodotto di 44 per 44 cioè, come subito si verifica, 1 9 3 6. E subito dopo verrà il quadrato di 4 5 , che è il prodotto di 45 per 4 5 , cioè 202 5 . Vediamo dunque che tre numeri quadrati consecutivi sono 1 849, 1 9 3 6, 202 5 , cioè sono molto distanziati tra loro. Pensate, per esempio, agli anni 1 849, 1 9 3 6, 202 5 : guardate che distanza ! Nel 1 849 eravamo alla fine della prima guerra d'indipendenza, nel 1 9 3 6 eravamo quasi alla vigilia della seconda guerra mondiale, nel 202 5 chi può prevedere che avverrà nel 202 5 ?

53

Vediamo quindi che c'è ora un anno quadrato solo in ogni secolo : ciò che vale quanto dire che tra un nu­ mero quadrato e l'altro c'è una differenza di quasi 100 unità. È giusto, dunque, dire che i numeri quadrati si vanno sempre maggiormente distanziando tra loro. Cerchiamo ora di stabilire quale sia la legge con la quale avviene questo sempre maggiore distanziamento tra un numero quadrato e l'altro. Torniamo, a questo scopo, ai primi numeri quadrati, cioè a quelli più picco1i : I , 4, 9, 1 6, 2 5 . Veramente il numero I non è proprio il primo numero quadrato, ma il secondo. Poiché, a guardar bene, il primo numero qua­ drato è zero. Infatti zero moltiplicato per zero fa ancora zero : quindi possiamo dire che zero è il quadrato di se stesso, cosi come I è pure il quadrato di se stesso perché I per I fa I . Ecco dunque completata l a nostra lista dei primi nu­ meri quadrati : o, I , 4, 9, 1 6, 2 5 , eccetera. Vediamo allora come si passa da un numero quadrato all'altro. Da o, primo quadrato, si passa ad I , secondo quadrato, aggiun­ gendo l o Da I , secondo quadrato, si passa a 4, aggiun­ gendo 3. E dal numero quadrato 4 si passa al seguente numero quadrato 9, aggiungendo 5 . Dunque s'è aggiunto I , poi 3, poi 5, cioè per passare da un numero quadrato all'altro si aggiungono, uno dopo l'altro, i numeri di­ spari consecutivi I , 3, 5. In altri termini, abbiamo le seguenti addizioni ; + I I I + 3 + 4 4 + 9 o

54

Che sia questa la legge secondo la quale si susseguono numeri quadrati? Vediamo un po'. Da o a I abbiamo aggiunto I , da I a 4 abbiamo aggiunto 3 , da 4 a 9 abbiamo aggiunto 5 . Pro­ viamo ora ad aggiungere il numero dispari che vien subito dopo 5 , cioè 7. Dal quadrato 9, aggiungendo 7, passiamo proprio al successivo quadrato 1 6 : Infatti 9 + 7 16. E d ora dovremo aggiungere il numero dispari che vien dopo 7, cioè 9 : otteniamo così il numero quadrato suc­ cessivo : cioè 1 6 + 9 = 2 5 . Successivamente aggiungiamo I I , 1 3 , 1 5 e così via. Ecco il quadro complessivo : i

=

+ I 1 + 3 4 + o

I 4

9

9 + 7

16

+ 9

25

16

25 + I I 36 + 13 49 + 1 5 64 + 1 7 81 + 19

36 49 64 81 1 00

Da un numero quadrato si passa dunque al numero quadrato successivo addizionando un numero dispari : e tutti questi numeri dispari che si aggiungono vanno cre­ scendo secondo la serie dei numeri dispari stessi : I , 3 , 5 , 7, 9 eccetera. Ecco come va sempre crescendo la diffe­ renza, o, se si vuole, la distanza tra un numero quadrato e il successivo : va crescendo come la serie dei numeri dispari. Vogliamo una conferma, per dir così, sperimentale, della giustezza della nostra affermazione? Ricordiamo, a tale scopo, i tre numeri quadrati (quelli

55

più grandi) che abbiamo prima calcolato, e clOe 1 849 (quadrato di 43), 1 9 3 6 (quadrato di 44), 202 5 (quadrato di 45). Per passare da 1 849 a 1 9 3 6 la distanza è di 87 unità. (87, vedete? numero dispari) come si può verificare subito, eseguendo la sottrazione 1 9 3 6 - 1 849. Dunque da 1 849 si passa a 1 9 3 6 aggiungendo 87 unità. Se le nostre afferma­ zioni sono esatte, dal 1 9 3 6 dovremo passare al numero quadrato successivo aggiungendo non più 87, ma 89, cioè il numero dispari successivo. Ebbene, è proprio così : se aggiungiamo 89 a 1 9 3 6 otteniamo proprio 202 5, cioè il numero quadrato che vien subito dopo. Ecco dunque la legge dei numeri quadrati : un quadrato dopo l'altro si ottiene addizionando uno dopo l'altro i successivi numeri dispari : 0 1 4 9 16

+ + + + +

1 3 7 9

-

1 4 9 16 25

e via dicendo.

Notizie

sulla

legge

dei quadrati

A chi dobbiamo la legge dei quadrati? Ai Pitagorici? Ritengo senz'altro che la legge in questione, la quale fa passare da un quadrato all'altro aggiungendo i successivi

56

numeri dispari, sia dovuta alla scuola pitagorica. Mi ri­ servo, però, di dare ulteriori elementi nel capitolo suc­ cessivo dedicato alla scuola stessa.

Zero e uno sono gli unici quadrati di se stessi? Si, sono soltanto essi, come si potrebbe vedere col sus­ sidio dell'algebra, risolvendo una semplicissima equazione.

Questa legge dei quadrati ha applicazioni nella fisica? Sì, per quanto riguarda il moto. Basti pensare alle ri­ cerche di Galileo sul moto uniformemente accelerato, per il quale vale proprio la cosiddetta legge di Galileo : « Gli spazi perc(;rsi nelle successive unità di tempo crescono come la serie naturale dei numeri dispari » . E Galileo pone diretta­ mente questa legge in relazione con la formazione dei numeri quadrati, per trovare altre leggi dello stesso moto.

VIII LA SCUOLA DI PITAGORA

Abbiamo già accennato al fatto che nella scuola pita­ gorica massima importanza venne data alla distinzione tra numeri pari e numeri dispari : distinzione che venne concepita addirittura come opposizione, nel sen so cioè che numero pari e numero dispari vennero considerati come contrari, come opposti. l'uno all 'altro. Vogliamo ora fissare meglio le idee, approfondendo un po' di più l'indagine sul terreno storico. Anzitutto : che cosa è questa « scuola pitagorica » di cui si sente tanto parlare? Essa è naturalmente la scuola di Pitagora, ossia un gruppo di discepoli stretti intorno a un grandissimo maestro : Pitagora di Samo. Quando visse Pitagora? All'incirca tra il 5 70 e il 5 00 avanti Cristo, cioè agli inizi della scienza greca, che prima di Pitagora conta soltanto la figura del filosofo e scienziato Talete di Mileto. Dato che si tratta di tempi tanto remoti, è comprensibile che su Pitagora si abbiano scarsissime notizie. Possiamo soltanto affermare che egli fondò la sua scuola nell'Italia

58

meridionale, dove visse a lungo : dapprima a Crotone, poi a Metaponto. Ma avvertiamo che non è possibile, a causa della scarsezza di notizie, distinguere tra l'opera per­ s onale di Pitagora e quella dei suoi immediati discepoli : ecco perché si suoI parlare genericamente di « scuola pi­ tagorica ». Non entriamo qui in questioni strettamente tecniche di storia della matematica : diciamo soltanto che si hanno fondatissimi motivi per ritenere che pressoché fin dalla sua fondazione la scuola pitagorica, oltre che di filosofia, si occupò anche di matematica : pressoché fin dalla fon­ dazione, abbiamo detto, cioè sotto gli occhi del Maestro ancora vivente. Del resto le concezioni filosofiche della scuola pitago­ rica furono fin dagli inizi strettamente legate a concezioni matematiche : fu avvertito che molti fenomeni naturali, dal moto degli astri all'emissione del suono, sono rego­ lati da leggi matematiche, nelle quali cioè il numero entra come elemento essenziale. Di qui la concezione, carat­ teristicamente pitagorica, che il numero sia principio di tutte le cose. Ma vogliamo ora trattenerci un po' di più sulla cosid­ detta lista delle dieci coppie di contrari, che, come ci tramanda Aristotele nella sua Metafisica, risale alla primitiva scuola pitagorica. Secondo questa concezione, il mondo è retto da dieci princìpi, ciascuno dei quali, però, si presenta in contrapposizione ad uno di altri dieci princìpi opposti. Le dieci coppie di princìpi contrari concepite dai Pitago­ rici sono, secondo la relazione certamente fedele di Ari­ stotele :

59

finito dispari uno destro maschio in quiete diritto luce buono quadrato

e e e e e e e e e e

infinito pari molteplice sinistro femmina in movimento curvo oscurità cattivo rettangolo

Alcune corrispondenze, in questa lista, sono immediate : ad esempio il buono è dalla stessa parte della luce, il cattivo dalla stessa parte del l'oscurità. Ci duole di dover far pre­ sente alle gentili lettrici che dalla parte del buono c'è anche il maschio, e che dalla parte del cattivo c'è la femmina. Evi­ dentemente sono stati uomini quei Pitagorici che hanno stabilito la lista dei contrari : le donne non avevano, a quel tempo, voce in capitolo. E va osservato che dalla parte del buono c'è anche il destro, dalla parte del cattivo il sinistro. Anche oggi teniamo molto a insegnare ai nostri figli, fin da bambini, a porgere la mano destra anziché la sinis�ra ; e nel linguaggio co­ mune si parla di cosa sinistra o di uomo sinistro in senso spregiativo, e, addirittura, nel linguaggio delle assicu­ razioni, si adopera la parola « sinistro » come nome, come sostantivo per significare « disgrazia ». Ma a noi interessano, nella lista, quei contrari che ri­ guardano direttamente la matematica. Tra di essi fermiamo la nostra attenzione su :

60

finito dispari uno quadrato

infinito pari molteplice rettangolo

Per quanto riguarda l'ultima coppia va avvertito che rettangolo viene presentato in opposizione a quadrato non a causa degli angoli, ma dei lati. Gli angoli, infatti, sono retti tanto nel quadrato quanto nel rettangolo : i lati, in­ vece, sono uguali nel quadrato, disuguali (a due a due) nel rettangolo. Del resto, nel testo greco di Aristotele, la parola che traduciamo con « rettangolo » significa invece proprio figura « avente lati disuguali ». Che il finito corrisponda all'uno e l'infinito al malteplia, cioè al la pluralità, è evidente. Ma perché il dispari cor­ risponde al quadrato, all'uno e al finito, mentre il pari corrisponde al rettangolo, al molteplice e all'infinito? Per tentare di rispondere a questa domanda vogliamo ricordare ciò che abbiamo già detto, sulla somiglianza tra numeri quadrati e quadrati geometrici. Il numero qua­ drato si ottiene moltiplicando un numero )per se stesso (così, ad esempio, il numero quadrato '9 è uguale al pro­ dotto ; per ;) e l'area della figura geometrica « quadrato » si ottiene, similmente, moltiplican do la lunghezza del l ato per se stessa (cosi, ad esempio, se il lato d'un qua­ drato è lungo ; l'area del quadrato è uguale al prodotto ; per ;) Senza dubbio alla mente dei matematici pitagorici era ben presente questa corrispondenza tra numero quadrato e quadrato geometrico : anzi proprio per questa corrispon.

61

denza i numeri quadrati ricevettero una tale denomina­ zione. Nella opposizione tra quadrato e rettangolo, dob­ biamo dunque vedere, accanto all'aspetto geometrico, anche quello aritmetico : cioè non si tratta soltanto delle figure geometriche, ma anche dei numeri ad esse corri­ spondenti : cioè dei numeri quadrati (che si ottengono mol­ tiplicando tra loro due numeri uguali) e dei numeri ret­ tangolari (che, come ci fa sapere Platone nel dialogo Tu­ teto, si ottengono moltiplicando tra loro due numeri dif­ ferenti tra loro. Ad esempio, 1 2 è un numero rettangolare, perché si ottiene moltiplicando 3 per 4). Ebbene : come si ottengono i numeri quadrati? Abbia­ mo imparato nella precedente lezione che i successivi numeri quadrati si ottengono addizionando i successivi numeri dispari. Cioè addizionando I + 3 e poi al risul­ tato addizionando 5 , e poi ancora al risultato addizionando 7, e così via, si ottengono, uno dopo l'altro, tutti i numeri quadrati. Infatti : I + 3 4 + 5 9 + 7

4 (numero quadrato) 9 � altro numero quadrato) 1 6 (altro numero quadrato)

via dicendo. Se addizioniamo, invece, i successivi numeri pari, non otteniamo numeri quadrati, ma numeri rettangolari. Ba­ sterà, per questo, citare l'esempio dei primi due numeri pari, cioè di 2 e 4 : addizionandoli abbiamo : e

62

cioè otteniamo 6, che è un numero rettangolare, perché è il prodotto di due numeri differenti 2 e 3 : infatti

E così continuando : 6 12

+ +

6

12

3 X

8

20

4

4

X 5

e via di seguito. Ecco A BBIAMO

ALLORA : SOMMANDO I SUCCES SIVI NUMERI DI SPARI I

N UMERI

NUMERI PARI

QUADRATI,

SOMMANDO

ABBIAMO I NUMERI

I

SUCCESSIVI

RETTANGOLARI.

Questa può essere una spiegazione (abbastanza verosi­ mile, se pure non sicura) della corrispondenza, nella pi­ tagorica lista dei contrari, tra dispari e quadrato, tra pari e rettangolo. E inoltre si osservi che tutti i quadrati, grandi o pic­ coli che siano, hanno tutti una sola forma : la forma qua­ drata, mentre di rettangoli ce n'è d'infinite forme : allun­ gatissimi come sottili strisce, o a lati quasi uguali, sì da confondersi quasi coi quadrati . Ecco dunque dalla stessa parte della lista : uno, quadrato, finito, dispari, in contrapposizione rispet­ tivamente a : molteplice, rettangolo, infinito, pari. Abbiamo voluto trattare questo argomento per mo­ strare che le nozioni di aritmetica, come quelle esposte

63

sui numeri quadrati, possono essere utili anche per l a spiegazione, nel campo storico, d i antichi tef>ti e d i an­ tiche teorie.

L'opposizione « quadrato-rettangolo » e i Pitagorici

Al quadrato non è forse di più evidente opposizione il cer­ chio? Il rettangolo è quasi un quadrato allungato. Senza dubbio al quadrato, come ad ogni altro poli­ gono, è direttamente in opposizione una figura, come il cerchio, a contorno curvilineo. Ma questa opposizione già esiste, in linea generale, presso i Pitagorici, i quali ci danno la coppia di opposti : diritto e curvo. Quindi in questa opposizione rientra quella tra quadrato e cerchio. Il fatto che il rettangolo (quadrato allungato, come dice la domanda in maniera inesatta ma espressiva) sia dai Pitagorici posto in opposizione al quadrato vero e pro­ prio, è caratteristico dei Pitagorici stessi. Questa oppo­ sizione è stata senz'altro superata dalla matematica mo­ derna in base ad un principio di continuità, che fa con­ siderare il quadrato come uno speciale rettangolo, avente per caso tutti e quattro i lati uguali. Ma questa concezione di continuità mancava ai Pitagorici, i quali nella oppo­ sizione tra quadrato e rettangolo vedevano proprio ri­ flessa l'altra nettissima opposizione, nel campo dei numeri, tra dispari e pari.

64

I Pitagorici che hanno escogitato questa lista dei contrari sono piuttosto tardi o sono veri e propri scolari di Pitagora? Sono veri e propri scolari di Pitagora, come possiamo rilevare da una testimonianza di Aristotele, che viene, in sostanza, a dirci che questa lista è stata composta quando Pitagora, se pure vecchio, era ancora vivente.

IX RADDOPPIARE MENTALMENTE

C'è una parte dell'aritmetica che è assai importante dal punto di vista pratico : il cosiddetto calcolo mentale. È certo assai utile saper eseguire mentalmente molte opera­ zioni aritmetiche, almeno nei casi più facili. Mentalmente significa questo : che l'operazione viene eseguita senza scrivere nulla, senza legger nulla, senza consultare ta­ belle. Tutti sanno quale abilità nel calcolo mentale sia necessaria nella pratica quotidiana del piccolo commercio della vendita e della compera al minuto. lo mi son sem­ pre sentito pieno d'ammirazione, ad esempio, verso quei fruttivendoli che, al mercato, eseguono in un batter d'oc­ chio operazioni anche complicate, che son quasi sempre combinazioni di moltiplicazioni e di addizioni. Vorrei poi fare osservare che fra tutti gli argomenti di aritmetica pratica quello del calcolo mentale è parti­ colarmente adatto per l'insegnamento mediante la radio: infatti la trasmissione radio fonica è soltanto parola par­ lata, e la ricezione è soltanto ascolto : ci si trova dunque nelle condizioni ideali per insegnare, e imparare, ad ese­ guire mentalmente alcuni calcoli. 5

66

Ho detto « alcuni calcoli », poiché necessariamente do­ vremo fermarci ai casi più semplici. E non accumuleremo neppure tanti casi insieme, ma procederemo con la do­ vuta gradualità. Cominciamo con una semplice operazione : quella che consiste nel raddopPiare. Raddoppiare un numero significa, come tutti sanno, moltiplicare il numero per 2.. Anzitutto va ricordato che tutti sappiamo moltiplicare mentalmente per 2. i numeri compresi tra I e I O. Si tratta, infatti, della più facile tabellina della tavola pita­ gorica, cioè della tabellina del 2. . I X 2. = 2. ; 2. X 2. = 4 ; 3 X 2. = 6 e così via fino a 9 X 2. = 1 8 ; IO X 2. = 2.0. Sappiamo dunque, fin dalla terza classe elementare, rad­ doppiare i numeri da I a I O. Vediamo ora di andare oltre. È, ad esempio, pressoché altrettanto facile raddoppiare mentalmente i numeri di due cifre terminanti con zero : ad esempio i numeri 2.0, 3 0 , 40 e così via fino a 90. Ba­ sta infatti raddoppiare la prima cifra e poi aggiungere, sempre mentalmente, uno zero. Vediamo un po'. Il doppio di 2.0 è 40 : si raddoppia cioè il 2. e poi si aggiunge uno zero. Così, quanto è il doppio di 40 ? È 8o : cioè 8 (il doppio di 4) seguito da uno zero. E se vogliamo raddoppiare 6o? È presto fatto : il dop­ pio di 6 è 1 2., e aggiungendo uno zero otteniamo 1 2.0. Così il doppio di 70 è . . 1 40 (cioè 1 4, doppio di 7, seguito da uno zero). E così via : raddoppiando 80 si .

67

ottiene 1 60, il doppio di 90 è I S o , il doppio di 100 è 200. Ma fin qui si tratta di casi particolari : e, diciamo pure, di casi particolarmente semplici : o numeri di una sola cifra (per i quali basta, per effettuare il raddoppiamento, conoscere bene la famosa tabellina del 2), o numeri di due cifre, ma terminanti con zero. Vediamo ora di raddoppiare mentalmente un numero quàlunque di due cifre, non terminante con zero : ad esempio il numero 2 3 . È presto fatto : i l doppio di 2 3 è 46. I l numero 2 3 è infatti composto da 20 più 3 . L'operazione del raddop­ piamento, ossia quella della moltiplicazione per 2, è stata DISTRIBUITA tra le due parti componenti il numero 2 3 : cioè tra il 20 e il 3 . E i l doppio di 20 è 40, il doppio di 3 è 6, perciò il doppio di 2 3 è 40 più 6, o ssia 46. Diamo qualche altro esempio. Raddoppiamo il numero 43 . Otteniamo S6. Infatti 43 è 40 più 3 : il doppio di 40 è So, il doppio di 3 è 6, e perciò il doppio di 43 è S o più 6, cioè s6. Cosi il doppio di 32 è 64, il doppio di 24 è 4S, il doppio di 1 3 è 26 e via dicendo. Ora, vogliamo riflettere un momento su questi calcoli. Va infatti osservato che le regole, regolette o regoluzze che dir si voglia, del calcolo mentale si fondano sopra le cosiddette proprietà delle operazioni, cioè sopra alcune pro­ posizioni che sono caratteristiche, « proprie », delle ope­ razioni (perciò si chiamano « proprietà »). Un momento di attenzione. S'è visto che per moltiplicare per 2 il numero 23 si può scindere il numero 23 nella somma 20 più 3, e poi

68

distribuire la moltiplicazione tra le due parti .lO e 3 . Ri­ petiamo : .lO per 2 fa 40, 3 per 2 fa 6 e finalmente, addi­ zionando i due risultati parziali, si ottiene 40 più 6 cioè 46. Cosi facendo, applichiamo (forse senza rendercene con­ to) una proprietà fondamentale della moltiplicazione : la cosiddetta PROPRIETA' DISTRIBUTIVA della moltiplicazione stessa. In che consiste questa famosa proprietà distributiva della moltiplicazione? Ecco : consideriamo un numero, ad esempio 23, come somma di due altri numeri, ad esempio come .lO più 3 . Attenzione, dunque. Da noi, in questo momento, il numero 23 viene pensato come la somma di due numeri : .lO più 3 , ossia, come si suoI dire, come somma dei due termini .lO e 3 . Supponiamo ora di voler moltiplicare questa somma 23, cioè .lO + 3 , ossia la somma dei termini .l O e 3 , per un numero qualunque : per 2, per 3 , per 5, per 3 5 , e via dicendo. Ma per semplicità fermiamoci al caso del raddoppia­ mento, trattato in questa lezione, cioè della moltipli­ cazione per 2. Ebbene : per la moltiplicazione vale la proprietà di­ stributiva : cioè se vogliamo moltiplicare una somma (ad esempio .lO più 3) per un numero (ad esempio 2) pos­ siamo distribuire la moltiplicazione fra i termini .lO e 3 : eseguire le moltiplicazioni parziali (.lO per 2 e 3 per 2) e finalmente addizionare · i prodotti parziali (40 più 6, cioè 46). Ecco dunque la proprietà distributiva della moltiplica-

69

zione nel suo enunciato generale : « Per moltiplicare una somma per un numero, si possono moltiplicare per il numero i singoli termini della somma, e poi addizionare i prodotti parziali così ottenuti ». Per terminare, vorrei ricordare che se 46 è il doPPio di 2 3 , viceversa 2 3 , come tutti ben sanno, è la metà di 46. Così, poiché 28 è il doppio di 1 4, 14 è la metà di 28, e via dicendo. Ebbene : c'è un raddoppiamento che possiamo operare, senza scrivere e diremmo quasi senza pensare, a colpo sicuro : il raddoppiamento della metà. Per esempio : quale è il doppio della metà di 2 4 ? E' 2 4 . Infatti la metà di 24 è 1 2, e il doppio di 1 2 è 24. Così, quanto è il doppio della metà di 1 00? E' 1 00 : infatti l a metà di 1 00 è 5 0, e i l doppio di 5 0 è 1 00. Non abbiate paura : quanto è il doppio della metà di 5 8 64 ? È 5 864. Il fatto è che raddoppiamento e dimez­ zamento sono due operazioni l'una inversa dell'altra, e quindi si elidono a vicenda. Ecco perché il doppio della metà di qualunque numero è il numero stesso. E lo stesso si dica della metà del doppio I Non è questo, della moltiplicazione e della divisione per 2, l'unico esempio di operazioni che si elidano a vi­ cenda e riconducano quindi al numero di partenza. Un altro esempio è fornito dall'addizione e dalla sottrazione dello stesso numero. Se ad un numero qualsiasi prima addizioniamo 3 e poi sottraiamo 3 , è come se non aves­ simo eseguito alcuna operazione : ritroviamo cioè il nume­ ro dal quale siamo partiti.

70

Vale la pena di ricordare, in sede di calcolo mentale, che sulle operazioni che si elidono scambievolmente sono fondati quei giochetti nei quali si propone di pensare un numero, di raddoppiarlo, eccetera eccetera, giungendo alla fine a « indovinare » il numero dall'altro pensato. Na­ turalmente si aggiunge qualche operazione supplementare (qualche trucco, stavo per dire) per fuorviare ] 'atten­ zione. Per esempio, potremmo proporre all'amico : « Pensa un numero ». Va bene : l'amico, per esempio, pensa al nume­ ro 8. « RaddopPialo » . E l'amico, mentalmente, raddoppia : 8 X 2 = 1 6. « Adesso aggiungi 4 » . E l'amico, sempre men­ talmente : 1 6 + 4 = zo. A questo punto, potremmo far sottrarre 4 e poi dividere per 2, cioè potremmo far riper­ correre la stessa strada in senso contrario . L'amico opere­ rebbe cioè mentalmente così : 20 - 4 = 1 6 ; 1 6 : 2 = 8. E alla nostra richiesta : « A quale risultato sei giunto? » egH risponderebbe : « 8 ». E noi potremmo replicare : « Eb­ bene : questo è il numero da te pensato ». Effettivamente il gioco è proprio basato sul principio di far compiere ope­ razioni inverse, che cioè si elidono a vicenda, e di far ri­ trovare, quindi, il numero di partenza. Ma occorre (come dire?) camuffarlo un poco. Per esempio, dopo aver fatto pensare un numero (che era 8, nel nostro esempio), rad­ doppiarlo (8 X 2 = 1 6) e aggiungere 4 ( 1 6 + 4 20) , possiamo procedere, nel viaggio di ritorno, così : « Di­ vidi per 2 » CE l'altro, mentalmente : 20 : 2 = I O). Qui, avendo dimezzato, dovremmo far sottrarre 2 anziché 4. Con ciò l'amico ritroverebbe il suo numero 8 di partenza. Invece, ordiniamogli, per esempio, di aggiungere 3 . Con =

71

C10, s e vorremo ritrovare i l numero pensato, dovremo sottrarre 5 , cioè 2 (che dovevamo sottrarre già prima) e ancora 3 , che abbiamo successivamente aggiunto. Ripetiamo tutto l'esempio :

( 8) ( 1 6) ( 20) ( 20 : 2 ( IO + 3

Pensa un numero : Raddoppialo : Aggiungi 4 : Dividi per 2 : Aggiungi 3 :

=

=

I O) 1 3)

Quanto hai ottenuto? ». L'amico risponde : 1 3 . E voi sottrarrete mentalmente 5 , cioè compirete mentalmente la sottrazione : 1 3 - 5 8 e risponderete : « Il numero da te pensato era 8 ». E potrete variare il giochetto a vostro piacere. L'essen­ ziale è che esso si fonda sul principio delle operazioni in­ verse l'una dall'altra : moltiplicare e poi dividere per lo stes­ so numero, addizionare e poi sottrarre lo stesso numero. «

=

I sassolini per « calcolare »

Che significa, esattamente,

«

calcolare » in matematica?

« Calcolare » è un verbo che si riferisce al sostantivo calcolo. E questa parola significa nientemeno che pie/ruzza, sassolino. (Ne sanno qualche cosa coloro che disgraziata­ mente soffrono di calcoli, ad esempio ai reni, o al fegato I). Fatto sta che pietruzze e sassolini servirono fin dall'an­ tichità per aiutare a compiere operazioni (stavo per dire proprio : a compiere calcoli). Il loro uso per dir così, uf-

72

ficiale e disciplinato si ebbe negli àbachi, specie di primi­ tive macchine per calcolare.

E come era fatto un àbaco? Era una tavoletta nella quale erano state praticate Tarie lunghe scanalature, tutte parallele tra loro : di so1ito tutte in senso trasversale, dall'alto verso il basso, per dir così. Nelle scanalature si ponevano càlcoli, cioè sassolini. In quella più a destra ogni calcolo valeva I, cioè la scanala­ tura più a destra era quella delle unità. Quella immedia­ tamente a sinistra era la scanal atura delle decine, cioè ogni calcolo in essa posto valeva I O. E così via, con la scanala­ tura delle centinaia, con quella delle migliaia, eccetera.

E come venivano usate le varie scanalature? Ogni volta che in una scanalatura si trovavano I O cal­ coli, essi venivano tolti e sostituiti con un solo calcolo nella scanalatura immediatamente a sinistra, così come noi ope­ riamo il riporto nell'addizione. La parola « calcolo » è poi passata al nostro uso figurato : oltre che per le operazioni aritmetiche ordinarie la parola è usata anche per operazioni ben più elevate, con le quali i sassolini non hanno proprio nulla a che fare : ad esempio quelle del calcolo infinitesimale.

x

CALCOLIAMO MENTALMENTE

Abbiamo fornito alcune indicazioni riguardanti il co­ siddetto calcolo mentale, cioè quella speciale tecnica, quella particolare abilità, che consiste nell'eseguire a mente ope­ razioni aritmetiche anche complicate : a mente, cioè senza scrivere, senza legger nulla, senza consultare nessun foglio o nessuna tabella. Ci siamo naturalmente limitati a qualche caso estre­ mamente semplice, perché più che altro potesse servire di modello, di esempio, per altre operazioni più compli­ cate. E più precisamente ci siamo limitati ad alcuni casi di raddoppiamento, cioè di moltiplicazione per 2 di nu­ meri di due cifre. Abbiamo, a tale scopo, fatto uso della cosiddetta proprietà distributiva della moltiplicazione. Di che si tratta? Ecco : lo ricordiamo brevemente. Vogliamo raddoppiare, ad esempio, il numero 24, ossia vogliamo eseguire la moltiplicazione 24 per 2? Possiamo scindere 24 nella somma 20 + 4 e poi distribuire 1'ope­ razione di moltiplicazione per 2 tra le due parti in cui 24 è stato pensato diviso : cioè 20 e 4. Separatamente, cioè, moltiplichiamo per 2 prima 20 e poi 4 e finalmente

74

addizioniamo i due prodotti parziali così ottenuti. Cioè, ricapitolando : Si debba eseguire mentalmente l'operazione : 24 X 2 Ebbene :

20 + 4

20 X 2

=

40

Dunque :

4 X 2 40 + 8 24 X 2

=

=

8

48 48

« Che brodo lungo ! » osserverà senza dubbio qualche ascoltatore. « Lo sapevo bene fin da principio, che 24 per 2 fa 48 ». D'ac­ cordo. Ma a noi interessa il procedimento fondato sulla proprietà distributiva della moltiplicazione, perché esso ci permetterà di giungere a casi meno semplici di molti­ plicazione per 2 : anzi di moltiplicazione per qualsiasi numero di una sola cifra. Proponiamoci, ad esempio, di eseguire mentalmente la moltiplicazione :

27

X

2

Consideriamo 27 come la somma 20 + 7 e distribuiamo tra le due parti 20 e 7 la moltiplicazione per 2. Abbiamo così : 20 X 2

7

X

2

14

75

Dobbiamo ora, come al solito, addizionare i due pro­ dotti parziali 40 e 14 cosi ottenuti. E mentalmente possiamo certo eseguire l'addizione : 40 + 1 4 54 =

Dunque :

27

X

2

=

54

Ripetiamo : con l'applicazione della proprietà distribu­ tiva della moltiplicazione si procede così : si spezza in due parti il numero da moltiplicare, che si suppone di due cifre, in modo che una del le parti termini con zero, e l'altra parte sia di una sola cifra. Cioè :

27

=

20 + 7

Si moltiplicano poi separatamente le due parti per 2 (o per 3 , o per 4, o per quel che sarà richiesto, perché la re­ gola vale sempre). Queste moltiplicazioni si eseguono facilmente, perché una parte termina con zero e l'altra parte ha una sola cifra. Così :

20 X 2 7 X 2

I due prodotti parziali cosi ottenuti vanno ora addizio­ nati, cioè : 40 + 1 4 54 =

Dunque :

27 X

2

=

54

76

Altro esempio : 28 X 3 Questa volta dovremo moltip1icare per 3 , e non per 2. Attenzione : 28 20 X 3 Dunque :

20 +

8

60

8 X 3 60 + 24 28 X 3

E così via. Un ultimo esempio potrà bastare. Sia da eseguire la moltiplicazione :

abbiamo

30 + 6

30 X 7 210 (2 1 , cioè 3 X 7, con uno zero in fondo) =

2 1 0 + 42

=

6 X 7

=

42

252

Con un po' di pratica, operazioni di questo genere diventano facilissime e si compiono del tutto men­ talmente. Ciò è fondato, ripetiamo, su quella davvero meravi­ gliosa proprietà distributiva della moltiplicazione, la quale ci permette, una volta considerato il numero da

77

moltiplicare come somma di due parti, di moltiplicare separatamente ciascuna delle due parti, e poi ci fa addi­ zionare i prodotti parziali così ottenuti. Naturalmente la divisione in parti del numero da moltiplicare si fa in modo che riesca particolarmente facile la moltiplicazione di ciascuna parte. Ecco perché 3 6 si scinde in 30 + 6. È infatti facile moltiplicare 3 0 (che termina con zero) per 7. È come se si moltiplicasse 3 X 7 che fa Z I , e poi si aggiunge uno zero alla fine. Così da Z I si passa a Z I O . Non offrirebbe nessun vantaggio per i l nostro , scopo, invece, una divisione in parti eseguita diversamente. Scindere, ad esempio 3 6 in z8 + 8 non ci servirebbe a nulla, perché tanto varrebbe moltiplicare z8, quanto 3 6 per qualsiasi numero : l a difficoltà resterebbe la stessa. Ed ora, affidando al lettore la cura di esercitarsi in casi di questo genere (cioè nella moltiplicazione, da eseguire mentalmente, di un qualunque numero di due cifre per un qualunque numero d'una sola cifra), vogliamo vedere un po' più da vicino questa famosa) proprietà distributiva ddla moltiplicazione. Da che dipende il fatto che valga per la moltiplicazione questa proprietà, che abbiamo visto es�ere tanto utile? E, si badi bene, l'utilità non si esau­ risce nel calcolo mentale, ma si estende anche al calcoll1 scritto. Sarebbe facile, infatti, mostrare che pure la regola per eseguire per iscritto anche la più complicata moltipli­ cazione si fonda sulla proprietà distributiva, in modo del tutto simile a quello da noi esposto per gli esempi di calcolo mentale. Ebbene : per la moltiplicazione vale la proprietà di-

78

stributiva per il semplice fatto che la moltiplicazione è una speciale addizione, ma pur sempre un'addizione. La proprietà distributiva discende, infatti, come ora vedremo, dalle proprietà dell'addizione. La mpltiplicazione è una speciale addizione? Certa­ mente : essa è un'addizione in cui i termini (cioè i numeri da addizionare) son tutti uguali tra loro . Così, per esempio, vediamo che significa la moltipli­ cazione 5 X 3 Essa sta a indicare in modo abbreviato la somma di 3 termini uguali a 5 , cioè : 5 X 3 val quanto dire 5 + 5 + 5 cioè I 5 · Cosi, che significa 6 X 4 ? Significa 6 + 6 + 6 + 6, cioè la somma di 4 termini uguali a 6. Come tutti sanno, se si tratta di moltiplicare tra loro due numeri, il primo numero si chiama moltiplicando e il secondo numero si chiama moltiplicatore. Così in

6

X

4

6 è il moltiplicando, 4 il moltiplicatore. Si può allora dire che una moltiplicazione non è altro che l'addizione di tanti termini uguali al moltiplicando quante sono le uni­ tà del moltiplicatore : 4 nel nostro caso. Cioè :

6

X

4

=

6 + 6 + 6 + 6

Per renderci ora meglio conto della proprietà distri-

79

butiva della moltiplicazione limitiamoci al caso più sem­ plice, cioè alla moltiplicazione per 2., ossia al raddoppia­ mento. Per esempio, riprendiamo il caso semplicissimo della moltiplicazione : 2. 3

X

2.

Intanto trasformiamo la moltiplicazione in addizione cioè invece di 2.3 X 2. consideriamo l'addizione 2.3 + 2. 3 : è la stessa cosa. Da questo momento, dunque, non ab­ biamo più nulla a che fare con la moltiplicazione, ma ci troviamo dinanzi ad un'addizione : precisamente all'ad­ dizione :

Ma per l'addizione vale una certa proprietà, che si chiama proprietà dissociativa. Possiamo cioè dissociare, divi­ dere in parti i numeri da addizionare. Dividiamo allora 2. 3 in 2.0 + 3 . Cosicché invece di eseguire l'addizione

eseguiamo l'altra : 2.0

+

3

+ 2. 0 +

3

È evidente (non ci fermiamo su questo punto) che il risultato sarà lo stesso. Ma l'addizione gode anche di un'altra proprietà : la proprietà associativa.

80

Prima, con la proprietà dissociativa, dissociavamo, scin­ devamo, spezzavamo in parti alcuni termini. Ora, in­ vece, con la proprietà associativa, possiamo associare, riunire, addizionare tra loro, a parte, i termini come vo­ gliamo, nell'ordine che ci piaccia di seguire (entra in gioco qui anche la proprietà commutativa, ma non ce ne occupiamo). Dunque l'addizione :

è diventata prima 20 + 3 + 20 + 3 Poi associamo tra loro i due 20 e tra loro i due 3 . Otteniamo cosi : 20 + 3 + 20 + 3 cioè

=

(20+ 20) + (3 + 3)

40 + 6

cioè ancora 46.

Ecco dunque che abbiamo operato separatamente il raddoppiamento, cioè la moltiplicazione per 2, delle due parti 20 e 3, e poi abbiamo addizionato i prodotti par­ ziali 40 e 6, proprio come facevamo applicando la pro­ prietà distributiva. Questa proprietà, dunque, deriva dalle proprietà del­ l 'addizione : è come la figlia di quelle proprietà, cosi come la moltiplicazione stessa è una figlia dell'addizione. Figlia che supera senza dubbio la madre in rapidità e praticità, ma pur della madre assai rispettosa : riconosce

81

che dalla madre deriva quella sua tanto utile distributiva ».

«

proprietà

Le p roprietà dell'addizione

In che consistono quelle benedette proprietà dell'addizione, apprese vagamente fin dalla scuola media : proprietà !commu­ tativa, proprietà associativa, proprietà dissociativa. Proprietà commutativa : tanto vale 5 + 7 quanto 7 + 5. La somma è sempre 1 2, cioè non cambia se si cambia l'ordine dei termini. Proprietà associativa : è su di essa che ci fondiamo quando addizioniamo tre o più numeri. Per esempio, quanto fa 5 + 8 + 3 ? Per rispondere, eseguiamo prima l'addizione 5 + 8 che dà 1 3 , e poi a 1 3 addizioniamo 3 , ottenendo 1 3 + 3 = 1 6. Cioè nell'addizione 5 + 8 + 3 è lecito associare, cioè unire insieme, due termini : nel nostro caso 5 + 8. Tanto vale, cioè, dire 5 + 8 + 3 quanto dire 1 3 + 3 . Anzi è proprio cosi, ripeto, che si esegue (e si può definire) l'addizione di più di due termini.

Va bene. Comprendo pure che la proprietà dissociativa è l'inversa dell'associativa. Cioè sarà possibile dissociare un nu­ mero in altri due. Ma questo significherà rendere più complicate le cose e non già semplificar/e. Ci domandiamo dunque a che cosa possa servire la proprietà dissociativa dell'addizione. G

82

Supponiamo, per esempio, di voler eseguire mental­ mente l'addizione : 98 + 5 1 . Osservo che al numero 9 8 mancano solo 2 unità per giungere a 1 00. Allora dissocio (ecco che applico la proprietà dissociativa) il nu­ mero n in 2 + 5 5 . La somma 9 8 + 5 7 diventa cosÌ : 9 8 + 2 + 5 5 . Ma 98 + 2 fa 1 00 e 1 00 + 5 5 fa 1 5 5 . Ecco dunque : 98 + 5 7 = 1 5 5 , addizione eseguita mentalmente applicando la proprietà dissociativa, in­ sieme alle altre.

XI L'ORDINE DI PARITÀ Consideriamo due numeri : per esempio 1 2 e 1 8 . Si tratta, come si vede, di numeri pari, cioè di numeri divisibili per 2. « Divisibili per 2 » significa che la loro divisione per 2 si compie esattamente, senza lasciar resto. Infatti : 1 2 : 2 = 6 senza resto, ed anche 1 8 : 2 9 senza resto. Cioè tanto la metà di 1 2 quanto la metà di 1 8 sono numeri interi : rispettivamente sono 6 e 9. A prima vista, non sapremmo dunque dire che 12 e 1 8 siano numeri di specie diversa : l'uno e l'altro sono pari : dell'uno e dell'altro esiste un numero intero che ne è la metà esatta : 6 nel primo caso, 9 nel secondo. Eppure ; se guardiamo bene, pur essendo pari tutti e due, 1 2 e 1 8 sono pari in modo diverso : si direbbe quasi che il loro ordine di parità sia diverso . Ci spieghiamo subito. Consideriamo anzitutto il numero 1 8 . Esso è pari : la divisione per 2 si compie esattamente e si ottiene così la metà di 1 8, che è 9. Vogliamo ancora dividere per 2 ? Nulla da fare : 9 è u n numero dispari, e quindi non s i può dividere esattamente per 2, restando nel campo dei numeri interi : bisognerebbe ricorrere alle frazioni, cosa che non =

84-

entra nell'ordine delle nostre considerazioni, che si rivol­ gono esclusivamente a numeri interi. Dunque il numero 1 8 è pari, s1, ma la metà, 9, è un nu­ mero dispari, ossia non è divisibile per z. Dopo la prima divisione per z, cioè, abbiamo subito trovato un ostacolo insormontabile per continuare a di­ videre per z : abbiamo cioè trovato subito un numero dispari. Questo per il numero 1 8. Passiamo ora a considerare il numero I Z . Anch'esso è pari, cioè divisibile per z. Eseguiamo appunto la divisione per z, cioè I Z : z. Troviamo il quoziente 6. Questa volta possiamo ancora continuare, perché abbiamo trovato che la metà di I z, cioè 6, è ancora un numero pari. Ma a questo punto dividendo 6 per z troviamo il quoziente dispari 3 , e d urtiamo quindi anche questa volta contro u n ostacolo che non possiamo superare : infatti 3 , essendo dispari, non può essere diviso per z . C'è u n diverso comportamento, comunque, nei riguardi della parità, tra i due numeri I z e 1 8 : ambedue sono pari, ma mentre la metà di 1 8 è dispari, la metà di I Z è invece pari, e può quindi essere ulteriormente divisa per z. Si direbbe che IZ sia « Più pari » di 1 8 : come se la parità di I Z fosse più piena, più completa, della parità di 1 8 . Il grande matematico greco Euclide, vissuto ad Ales­ sandria intorno al 3 00 avanti Cristo, che in una classica opera che ha varcato i secoli, gli « Elementi )) (detti ap­ punto : gli « Elementi di Euclide ))), ha composto un'espo­ sizione sistematica della matematica elementare ellenica, usò una denominazione speciale per i numeri come I Z : quella di numeri « parimenti pari )), come per dire che sono

85

più pari di numeri come 1 8, che chiama in altro modo. Osserviamo, tuttavia, che anche per il numero 1 2. la pa­ rità si è dimostrata, per dir cosi, piuttosto limitata : infatti dopo appena due divisioni per 2. abbiamo trovato l'osta­ colo di un numero dispari. Consideriamo, invece, il numero 48. Esso è pari : di­ videndolo per 2. troviamo il quoziente 2.4 che è ancora pari ; dividendo 2.4 per 2. troviamo 1 2., ancora pari. Ed anche la metà di 1 2. è pari, poiché è 6 ; possiamo perciò ancora dividere per 2., ottenendo il quoziente 3 , che è finalmente dispari. Vedete dunque che ben quattro divisioni per 2. abbiamo potuto eseguire partendo dal numero 48, ottenendo suc­ cessivamente i quozienti 2.4, 1 2., 6, 3 . Quindi potremmo dire che l'ordine di parità di 48 sia più elevato di quello di 1 2. e tanto più di quello di 1 8. Ancora un esempio. Consideriamo questa volta il nu­ mero 3 2.. Possiamo dividere ben 5 volte per 2.. Infatti : 3 2. 16 8

4 2.

2. = 1 6 2. 8 2. 4 2. 2. I 2.

Questa volta siamo giunti all'ultimo quoziente I : l'o­ stacolo del numero dispari si è cioè presentato col minimo numero dispari possibile, ossia con l . Riassumiamo : abbiamo considerato i numeri 1 8, 12., 48, 3 2. : tutt'e quattro sono numeri pari, e apparentemente

86

non differiscono, per quanto riguarda la parità, l'uno dall'altro. Dividendo per 2, invece, e tentando di replicare quanto possibile la divisione per 2, siamo riusciti a distin­ guere la parità di un numero dalla parità dell'altro. Abbiamo così veduto che la parità di 1 8 ha, per dir così, subito ceduto, dopo una sola divisione per 2 ; che la parità di 1 2 ha resistito a due divisioni, che la parità di 48 ha resistito a quattro divisioni, che la parità di 3Z ha re­ sistito a ben cinque divisioni. E per iI numero 3 2, abbiamo osservato, siamo giunti all'ultimo quoziente I : diremmo quasi di essere arrivati in fondo. Possiamo ora veder me­ glio come iI numero 3 2 è, per dir così, costituito, riper­ correndo lo stesso cammino in senso inverso : partendo cioè dal punto d'arrivo, che è stato iI numero I, e mol­ tiplicando, invece di dividere, per 2. Abbiamo cosi : I

X 2

=

2;

2 X 2

4; 4 X 2 16 X 2 32

=

=

8;

8

X

2

=

16;

=

Cioè mentre prima, eseguendo una dopo l'altra cinque divisioni per 2, dal numero 3 2 eravamo giunti al numero I , ora, invece, eseguendo una dopo l'altra cinque moltipli­ cazioni per 2 siamo risaliti da I a 3 2. Possiamo perciò dire che 3 Z è uguale a I X 2 X 2 X 2 X 2 X 2 (abbiamo ripetuto il fattore 2 per cinque volte). Siamo cioè giunti a conoscere, per dir così, come è costituito, « com'è fatto dentro », il numero 3 2. Potremmo anche dire di avere studiato l'ana­ tomia del numero 3 2, o, per trarre un'immagine più gio­ cosa, abbiamo fatto come il bambino che, spinto dalla curiosità, rompe l'involucro esterno del suo giocattolo

87

per vedere co �e il giocattolo stesso è fatto dentro ! Quante bambole, quanti trenini, quanti altri giocattoli sono stati rotti, spezzati, squarciati, proprio per il soddisfacimento di una tale curiosità infantile ! Ebbene : i l matematico vuoI sapere come i suoi numeri son fatti : perciò li rompe, li spezza, li squarcia. Abbiamo così fatto per il numero 3 2. L'abbiamo spezzato a metà, poi ancora abbiamo diviso la metà per metà, e così via per ben cinque volte : 3 2. : 2. = 1 6 ; 1 6 : 2. = 8 ; 8 : 2. = 4 ; 4 : 2. = 2. ; 2. : 2. = I . Così facendo, abbiamo spezzato 3 2. in 3 2. unità. Ma adesso, a differenza da quel che fa il bambino, riprendiamo questi minuscoli pezzi e ricomponiamoli insieme. Cioè invece di dividere moltiplichiamo, fino a riottenere 3 2., come abbiamo 'veduto prima. 1 2. 4 8 16

Cioè :

X X X X X

2. 2. 2. 2. 2.

2. 4 8 16 3 2.

Possiamo così dire, ripetiamo, che 3 2 è uguale a 1 X 2. X 2. X 2. X 2. X 2., o anche meglio, sopprimendo quel primo fattore 1 che non serve a nulla, possiamo dire che : 3 2.

=

2. X 2. X 2.

X

2.

X

2.

Ecco ricomposto il numero 3 2.. Ma ora esso non ci na­ sconde più nulla : sappiamo ora bene « come è fatto dentro » :

88

esso risulta dalla moltiplicazione di cinque fattori uguali a z. Gli altri numeri da noi prima considerati, e cioè 1 8 , 1 2, 48, sono invece fatti diversamente. Ce ne occuperemo nel seguito : vogliamo infatti carpire il segreto di qualunque nu­ mero, ricercando in qual modo si possa giungere a stabi­ lire come ciascun numero è costituito.

La

«

resistenza

»

della parità

Si è partiti dal numero 3 2 e, dividendo successivamente per z, si è mostrato che la parità di 3 z ha resistito a ben 5 divisioni. Poi si è ricomposto il numero 3 z partendo da z e moltiplicando sempre per 2. , cioè 2. X 2. X Z X z X z = 3 z. Che suc­ cederebbe se ora moltiplicassimo ancora per z, una o più volte? Troveremmo numeri la cui parità sarebbe ancor più resistente ». Così per esempio : 3 z X z = 64. Ebbene : 64 resisterebbe a 6 divisioni per 2.. E così via : 64 X 2., cioè 1 2 8, resisterebbe a 7 divisioni per 2. , eccetera. «

E proprio il numero

2. ,

a quante divisioni resisterebbe?

Ad una sola, perché dividendo z per z si ottiene il quo­ ziente I, cioè un numero dispari .

89

La parità del numero IO resiste ad una sola divisione perché si trova subito un quoziente dispari. Infatti I O : 2 5. Forse 1 00 resiste, invece, a 2 division ? E 1000 resiste a 3 ? =

Ma certo ! La domanda offre spontaneamente una rego­ la. Per i numeri come I O, 1 00, 1 000, 1 0000 eccetera, si può dividere per 2 tante volte quanti sono gli zeri neces­ sari per scrivere il numero : così una volta per I O : (IO : 2 5), due volte per 1 00 (100 : 2 50; 50 : 2 2 5) tre volte per 1 000, e cosi via. =

=

=

XII COME SON FATTI

I

NUMERI

Nel precedente capitolo abbiamo preso in esame alcuni numeri pari : precisamente i numeri 1 8, 1 2, 48, 3 2 per renderci conto, per dir così, del loro grado di parità. E abbiamo veduto, provando a dividere ciascun numero per 2, che la parità di 1 8 ha, per dir così, subito ceduto, perché 1 8 : 2 = 9, cioè abbiamo trovato subito l'ostacolo d'un numero dispari, 9, che non può più esser diviso esatta­ mente per 2. Per il numero 12 la parità ha resistito, invece, a due divisioni per 2. Infatti 1 2 : 2 = 6 ; 6 : 2 = 3 . Per il nu­ mero 48 la parità ha resistito a ben quattro divisioni per 2, prima che ci fermassimo contro l'ostacolo del numero dispari. Infatti : 48 24 12 6

2 2 2 2

24 12 6 3

Ma il primato è stato battuto dal numero 3 2, il quale ha resistito a ben cinque divisioni per 2. Inoltre il numero

91

dispari contro cui s i è urtato è stato il più piccolo numero dispari possibile, cioè 1 . Infatti ecco le cinque divisioni successive, che partono da 3 2 e giungono al quoziente finale I :

32 : 2 = 16; 16 2 : 2 = 1.

2

8;

8

2

2 ,'

Abbiamo poi ripercorso lo stesso cammino in senso inverso per il numero 3 2 ed abbiamo così veduto che partendo da I si ricompone il numero 3 2 mediante cinque moltiplicazioni per 2, e cioè :

I X 2 = 2; 2 X 2 = 1 6 X 2 = 3 2,

4;

4

X 2

8;

8

X

2

16;

Cioè i l numero 3 2 s i ricompone partendo dal numero I e moltiplicando cinque volte per 2 ossia :

32 = I X 2 X 2 X 2 X 2 X 2 ovvero, tralasciando quel primo fattore I , che è inutile, possiamo dire che :

32 = 2 X 2 X 2 X 2 X 2 Abbiamo fatto osservare che conoscere questo modo di scomporre, e di ricomporre, 3 2 significa conoscere l'intima costituzione del numero 3 2, significa conoscerne l'anatomia, ovvero (con un'espressione presa a prestito dal

92

comportamento dei fanciulli dinanzi a un giocattolo) si­ gnifica rompere, spezzare il numero 3 2. per vedere come è fatto dentro. Il numero 3 2., dunque, risulta come prodotto di cinque fattori tutti uguali a l. : ecco come il numero 3 2. è fatto. Ma proviamoci ora a vedere come son fatti quegli altri numeri che prima avevamo esaminato, e cioè i numeri 1 2, 1 8, 48. Cominciamo col 1 2.. Abbiamo veduto che esso resiste a due divisioni per 2 : cioè : 12 : 2 = 6

6 : 2. = 3 Per il numero 3 2., mediante successive divisioni per 2, era­ vamo arrivati, alla fine, all'ultimo risultato I , dal quale siamo poi ripartiti per ricomporre il numero stesso. Qui, per il numero 1 2., dopo due divisioni per 2 ci troviamo dinanzi al numero 3 . Come possiamo fare per giungere, anche in questo caso, al risultato finale I ? Partendo da 3 , è semplicisssimo. Basta dividere 3 per s e stesso, ossia 3 per 3 . Abbiamo infatti :

Mentre nel caso di 32. siamo giunti ad I mediante cinque divisioni per 2, nel caso di 1 2. giungiamo invece ad I mediante due divisioni per 2 ed una divisione per 3 . Infatti : 12

2

6; 6

2

I

93

Se ora, partendo da I, vogliamo, percorrendo il cam­ mino in senso inverso, ricomporre il numero 1 2, dob­ biamo moltiplicare anziché dividere, e precisamente mol­ tiplicare una volta per 3 e due volte per 2, COSÌ : I

X 3 = 3;

3 X 2 = 6;

ossia 1 2 si ottiene moltiplicando ancora per 2, ossia : 12 =

I

I

6 X 2

=

12

per 3 , poi per 2 , poi

X 3 X 2 X 2

ovvero, tralasciando il fattore tato inutile :

I

di partenza, ora diven­

12 = 3 X 2 X 2 Ecco come è fatto il numero 1 2. Anzi vi dirò che si usa procedere, per i fattori, in ordine crescente : cioè, in questo caso, si scrive prima il 2 e poi il 3 , ossia : 12 = 2 X 2 X 3 Vedete come son fatti diversamente i numeri 3 2 e 1 2 ? I l numero 3 Z (lo ripetiamo ancora una volta) è compo­ sto da 5 fattori tutti uguali a 2, ossia : 3Z = 2 X 2 X 2 X 2 X 2

94

mentre 1 2 è composto da 2 fattori uguali a 2 e da un fattore uguale a 3 , ossia : 12

=

2 X 2 X 3

In modo simile si procede per gli altri numeri. Per esempio, come si scompone nei suoi fattori il numero 1 8 ? Ricordiamo che soltanto una volta ci è stato possibile di dividere 1 8 per 2 : abbiamo infatti ottenuto il quoziente dispari 9. Ma il numero 9 è divisibile per 3 , come su­ bito si vede : infatti 9 : 3 = 3 esattamente, senza lasciar resto. Facciamo al1 0ra così : 18 : 2

=

9;

9 : 3

=

3

e finalmente arriviamo anche questa volta al risultato I dividendo ancora per 3 . 3

3

I

Ripetiamo : 18 : 2

=

9; 9 : 3

=

3; 3 : 3

=

I

cioè siamo giunti, partendo da 1 8, all'unità dividendo una sola volta per 2 e due volte per 3 . Ripercorrendo l o stesso cammino in senso inverso, cioè partendo da I per tornare a 1 8, dovremo dunque moltiplicare due volte per 3 e una volta per 2, cioè : 18

I

X

3

X 3 X 2,

95

ossia, tralasciando il fattore

18

=

3

I

X

diventato inutile : 3 X 2

cioè 2 volte il fattore 3 ed una volta il fattore 2. Ordinando i fattori in ordine crescente (cioè prima il 2 e poi il 3) avremo :

18

=

2

X

3

X

3

Ecco scomposto nei suoi fattori, lacerato, analizzato, il numero 1 8 . Vediamo di fissare bene la differenza rispetto a 1 2. Per 1 2 avevamo due volte il fattore 2 ed una volta il fattore 3; per 1 8, inversamente, abbiamo una sola volta il fattore 2 e due volte il fattore 3, ossia : 12 18

2 X 2 X 3 2 X 3 X 3

Ci resta ora, per completare la scomposizione in lattori dei numeri prima veduti, di operare sul numero 48. Esso resiste a 4 divisioni per 2, cioè : 48 : 2 = 24; 24 : 2 = 1 2 ; 1 2 : 2 6; 6 : 2 3 Per arrivare ad I basterà dividere l'ultimo risultato 3 per se stesso, cioè : =

Quindi da 48 si passa ad

I

=

dividendo 4 volte per 2 ed

96

una sola volta per 3 : ricomponendo 48 partendo da 1 moltiplicheremo 4 volte per 2 ed una sola volta per 3 , ossia avremo : 48

=

1 X 2 X 2 X 2 X 2 X 3

ovvero, tralasciando il primo fattore 1 diventato inutile

48

=

2 X 2 X 2 X 2 X 3

Ecco frantumato, polverizzato, o, come si suoI dire, scomposto in fattori, il numero 48 Ripetiamo : 32 12 18 48

2 2 2 2

X X X X

2 2 3 2

X X X X

2 X 2 X 2 3 3 2 X 2 X 3

Quanto è stato finora detto andrà più tardi completato mediante una spiegazione sui cosiddetti numeri primi. Soltanto allora saremo in grado di scomporre nei suoi ultimi fattori qualunque numero, cioè saremo in grado di conoscere come è fatto dentro qualsiasi numero. Si tratta di un'operazione fondamentale : un'operazione complessa che si compie attraverso successive divisioni. È fonda­ mentale la scomposizione di un numero nei suoi. fattori, perché, facendoci conoscere l'intima, l'ultima composi­ zione dei numeri, ci permette poi di compiere con mag­ gior facilità le operazioni sui numeri stessi.

97

Se, pertanto, questa lezione vi è sembrata (come dire?) troppo tecnica ve ne chiedo scusa. Cosi come un chimico vi chiederebbe scusa se per com­ piere l'analisi chimica di una sostanza avesse dovuto ricor­ rere ad operazioni lunghe e complesse .

U n cenno sulle

«

potenze »

Troviamo un po' lungo dire, o scrivere, uno dopo l'altro tutti quei fattori : per esempio z X z X z X z X z e così via. N(m c'è modo più breve? C'è senz'altro, e lo vedremo in una prossima lezione sulle cosiddette potenze.

Si sono dati esempi di scomposizione per 4 numeri : 1 z, 1 S , 4 8 , 3 Z. Qualche esempio di scomposizione si può addurre per un numlro più grande? Senza dubbio. Proviamo, ad esempio, a scomporre un numero ben più grande di quelli finora veduti, e precisamente il nu­ mero 1 44. Ho scelto proprio 1 44 perché è il quadrato di 1 Z, ossia (come tutti possono verificare) è il prodot­ to 1 Z per 1 2. Dal momento che 1 44 si ottiene moltiplicando 1 Z per 1 Z, e che 1 Z è composto, come abbiamo visto, da z X Z X 3 avremo che 1 44 è composto da Z X Z X 3 X Z X Z X 3 , 7

98

cioè da 4 fattori uguali a 2 e da 2 fattori uguali a 3 . Cioè, ordinando, 1 44

=

2 X 2 X 2 X 2 X 3 X 3

Come s'è detto, usando le cosiddette potenze si potrà esprimere meglio la composizione dei numeri, special­ mente di numeri grandi.

XIII LE ANOMALIE DELLO ZERO

Abbiamo imparato che lo zero è un numero come gli altri, almeno sotto certi aspetti. Se consideriamo i numeri sotto l'aspetto che suoI dirsi cardinale, cioè se consideriamo i numeri in quanto rispon­ dono alla domanda : « Quanti sono gli oggetti contenuti in questo gruppo? » è evidente che lo zero entra fra gli altri numeri con pieno diritto di cittadinanza e serve per ri­ spondere alla domanda suddetta quando il gruppo non contiene nessun oggetto . Per esempio : quante vocali u compaiono nella parola radio? Risposta : nessuna, cioè zero : nella parola « radio » compaiono zero vocali u. Abbiamo invece veduto che lo zero non offre nessuna ri­ sposta alla domanda : « Quale posto occupa un oggetto in una serie ordinata? ». Questo è il modo di considerare i numeri sotto l'aspetto che suoI dirsi ordinale. Si comincia dal posto primo, cioè dal posto che ha il numero d'ordine I , e non dal posto, per dir così, « zerèsimo ». Così in un treno abbiamo la prima vettura (vettura nu­ mero I ) , una seconda vettura (vettura numero 2), e cosi via : non abbiamo una vettura numero zero.

100

Vediamo poi che lo zero ha grande, anzi massima, im­ portanza nella scrittura dei numeri. Consideriamo il nu­ mero 2, ad esempio. Si tratta di un numero piccolo, che si compone aggiungendo una unità ad un'altra unità. Eb­ bene : se scriviamo uno zero alla destra di 2, otteniamo il numero 20 ; se aggiungiamo due zeri otteniamo il numero 200, e cosi via. Ma anche da solo lo zero conta, nel senso che serve ad esprimere un fatto : l'assenza di oggetti in un gruppo ; cioè (ripetiamo) serve a rispondere, nel caso dell' assenza, alla domanda : « Quanti? ». Mi ricordo che, quando insegnavo in un ginnasio, ad un alunno che insisteva nell'affermare che lo zero, non contando nulla, non era un numero, gli dissi : « Bene : tu dici che lo zero, da solo, non conta nulla : quindi che ci sia o non ci sia, per te è lo stesso ! » . E alla conferma del ragazzo, aggiunsi : « Ti scriverò allora uno zero sul regi­ stra : dato che lo zero non conta nulla non ti farà né caldo né freddo ! ». Naturalmente non segnai alcuno zero sul registro, e non avrei ricordato il lontano episodio se non avessi incon­ trato recentemente il ragazzo, divenuto uomo, ed egli non mi avesse ricordato l'episodio stesso, affermando che gli era rimasto impresso. Vediamo ora come si compiono le operazioni sullo zero. L'addizione? Semplicissimo. Lo zero è il cosiddetto nu­ mero indifferente rispetto all'addizione : cioè effettivamente, nell' addizione, non conta nulla :

101

oppure, se volete, in ordine inverso (vale sempre, per l'addizione, la proprietà commutativa) :

0 + 5 = 5 ; 0 + 4 = 4 Similmente si dica per la sottrazione. Sottrarre zero da un numero significa non sottrarre nulla : il numero resta quindi invariato :

5 - 0 = 5 ; 4 - 0 = 4 Passiamo ora alla moltiplicazione. Quanto fa : 4 X o? Fa o : risponderanno gli ascoltatori. Ed è giusto : effetti­ vamente 4 X o = o, così 7 X o = o eccetera. Cioè qua­ lunque numero, moltiplicato per zero, dà il prodotto zero. Ma ora vogliamo domandarci il perché di questo fatto così universalmente e solennemente affermato. Perché, per esempio, 4 per zero fa zero? Vediamo un poco. Che cosa è la moltiplicazione? È, l'abbiamo detto, una addizione abbreviata, nella quale i termini, cioè i numeri da addizionare, sono tutti uguali tra loro. Così, per esempio, che significa 4 X 3 ? Significa 4 per 3 volte, cioè la somma di 3 termini uguali a 4, ossia 4 X 3 significa 4 + 4 + 4, che fa I Z. ' E che significa 5 X z ? Significa 5 + 5 cioè I O : somma di due termini uguali a 5 . La moltiplicazione, ripetiamo, è un'addizione abbreviata . Ma per avere un'addizione occorrono almeno due termini : cioè occo rre che vi siano almeno due numeri da addizio­ nare. Ora la moltiplicazione 5 X o sarebbe l'addizione di

1 02

zero termini uguali a 5 . Ma l'avete vista mai, cari lettori, un'addizione di zero termini? Dobbiamo dunque dire che l'espressione 5 X o è di per sé priva totalmente di significato : nel senso che non ha nessun significato. « Come mai, » mi direte allora, « affermate che 5 per zero fa zero? In tal modo voi venite a dire un significato (e precisamente quello espresso dal numero zero) al prodotto 5 X o ». Vi dirò, per rispondere a questa osservazione, che si parte non già da 5 X o, ma da o X 5 . « È la stessa cosa : » direte voi « in base alla cosiddetta proprietà commutativa della moltiplicazione il prodotto non cambia se si cambia l'ordine dei fattori : quindi tanto vale 5 X o quanto o X 5 ». Giustissimo. Appunto per questo vediamo di calcolare, se ci riesce, quanto fa o X 5 : poi daremo' al prodotto 5 X o lo stesso valore. Ebbene : calcolare il prodotto o X 5 è cosa facilissima. Che significa o X 5 , infatti? Significa la somma di 5 termini uguali a zero. Ossia o X 5 significa o + o + o + o + o, che fa ancora zero . Dunque o X 5 è uguale a zero. Allora, per pura convenzione, cioè stabi­ lendo che anche per moltiplicazioni che di per sé non hanno alcun significato, come la moltiplicazione di 5 per zero, valga la proprietà commutativa, diciamo che « J per zero », dovendo essere uguale a « zero per 5 », vale anch'es­ so zero. Dunque «5 per zero» viene posto uguale a zero, per far sì che questo prodotto ubbidisca anch'esso alla proprietà commutativa, e su questo tutti siamo d'accordo : qualun­ que numero, moltiplicato per zero, dà il prodotto zero. Passiamo finalmente alla divisione. Nessuna difficoltà

103

quando lo zero sia il dividendo. Quanto fa, per esempio, : 5 ? Evidentemente fa zero. È come se si dicesse : devo dividere zero lire fra cinque persone : quanto tocca a ciascuno? Naturalmente non tocca nulla , cioè tocca zero. Perciò, ripetiamo, ° : 5 o, e così ° : 7 o, e via di­ cendo. Le cose si complicano, invece, se pensiamo di far figu­ rare lo zero come divisore. Per esempio, quanto fa 3 di­ viso per zero? Nessuno saprebbe rispondere a questa do­ manda, perché non esiste nessun numero che sia uguale a 3 diviso per zero. Vediamo di renderci conto del perché. Per ogni divisione è sempre possibile eseguire una sem­ plice verifica : moltiplicando il quoziente per il divisore si deve riottenere, come tutti sanno, il dividendo. Così, per esempio per la divisione : 6 : 3 2, il quo­ ziente 2, moltiplicato per 3 (divisore) ci dà 6 (dividendo). Nella divisione « 3 diviso zero » cerchiamo un quoziente, è vero? Ebbene, questo tal quoziente, moltiplicato per il divisore, che è zero, ci dovrebbe restituire il dividendo 3 . Ma qualunque numero, moltiplicato per l o zero, ci darà come prodotto zero, e non ci potrà dare né il dividendo 3 né alcun altro dividendo. Dunque non esiste nessun numero che sia uguale a 3 : o, perché un tal numero, supposto che esistesse, ci dovrebbe, se moltiplicato per il divisore zero, ridare il dividendo 3 , e ci dà invece zero. Lo stesso si dica per 5 : o, per I O : ° e così via. L'ope­ razione del dividere per lo zero è dunque un'operazione °

=

=

=

104

proibita, una operazione che assolutamente va evitata, dato che non porta a nessun risultato. E qualcuno potrebbe dirci : « E se anche il dividendo fosse zero? Chi ci vieta di eseguire l'operazione o : o? }) Per carità ! Peggio che andar di notte ! O meglio : troppa grazia ! Infatti 5 : o oppure 6 : o oppure 7 : o non ci davano nessun risultato : cioè esprimevano operazioni impossi­ bili. L'operazione o : o ci dà invece tutti i numeri possi­ bili ! Volete dire che o : o sia uguale a 4? Avete ragione : infatti 4 (quoziente) moltiplicato per o (divisore) restl­ tu isce o (dividendo). E così : volete dire che o : o sia ugua­ le a 5 , a 7, a 1 2 8, a 3 0o.ooo? Avete sempre ragione : infatti ciascuno di questi numeri (e qualunque altro numero) moltiplicato per zero dà sempre zero. Dunque anche la divisione o : o è una operazione proibita, da evitare cioè in ogni modo : non ci dà infatti un risultato, ma ci dà tutti i risultati possibili, ossia ci dà, come suoI dirsi, la indeterminazione. Attenzione, dunque. È severamente proibito usare come divisore lo zero, perché si giunge ad un'operazione im­ possibile (nulla va bene come risultato) oppure (nel caso in cui anche il dividendo sia zero) si giunge al caos della indeterminazione (tutto va bene come risultato). Il significato dello zero

Lo zero è un numero come gli altri, se pure ha alcune partico­ larità, alcune anomalie. Per esempio, non si può dividere per lo zero, e non si può dare allo zero un significato ordinale. Ma du-

1 05

bitiamo che, anche prescindendo da queste anomalie, si possa dire che zero sia un numero. Infatti se ne potrebbe fare a meno nello scrivere i numeri, così come (mi sembra) ne facevano a meno i Romani antichi, col loro sistema di scrittura. Non bisogna confondere fra lo zero considerato in sé e per sé e lo zero in quanto usato nella scrittura dei nu­ meri. Qualunque sia il sistema usato per scrivere i numeri, resta il fatto che lo zero è il numero che esprime quanti sono gli elementi de l la cosiddetta classe vuota, o, in termini spiccioli, è il numero che risponde alla domanda : « Quanti sono gli oggetti di un gruppo? » quando nel gruppo non vi è alcun oggetto. Fin qui siamo rimasti nel campo dei numeri naturali. Inutile dire qui quel che avviene estendendo il concetto di numero.

Lo zero è divisibile per qualunque numero

Non è possibile dividere per zero, cioè lo zero non può mai esser divisore. Esso può però essere dividendo : si può dividere zero per qualunque numero. Ma allora : per quali numeri è divi­ sibile lo zero? Per qualunque numero ! o : 9 = o senza lasciar resto o : 1 5 = o senza lasciar resto, e così via. Cioè, e questa (se si vuole) è un'altra anomalia dello zero, il numero zero è sempre divisibile per qualsiasi numero.

XIV UN PO' DI MAGIA NEI CALCOLI Abbiamo già altra volta detto che vi sono persone abi­ lissime nel calcolo mentale, cioè abilissime nell'eseguire operazioni aritmetiche, anche complicate, a memoria, vale a dire senza scrivere nulla. Non vogliamo qui alludere ai cosiddetti calcolatori-prodigio, ma anche più semplicemente a tutti quei commercianti, in particolare a quei modesti rivenditori, i quali in un batter d'occhio vi sanno dire quanto costa un certo quantitativo della loro merce. Ab­ biamo cercato d'insegnare, attraverso taluna di queste lezioni, come si possan compiere mentalmente alcuni cal­ coli : ad esempio abbiamo spiegato come si può, utiliz­ zando la cosiddetta proprietà distributiva della moltiplica­ zione, moltiplicare un numero qualunque di due cifre per un numero di una sola cifra, per esempio 5 4 per 8 . Qui non vogliamo tornare sull'argomento, m a voglia­ mo invece insegnare qualche mezzo, qualche regoletta speciale, che permetta di giungere mentalmente con gran­ de rapidità al risultato anche quando si tratti di molti­ plicazioni più complicate, ad esempio col moltiplicatore di due cifre. Non si tratterà, naturalmente, di regole ge­ nerali che permettano di ese guire rapidamente e mental-

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mente qualunque moltiplicazione, ma solo di regole speciali che valgono per moltiplicazioni speciali. Cominciamo col considerare un numero di due cifre che termini con 5 : per esempio il numero 3 5 . Vogliamo moltiplicare 3 5 per se stesso, cioè vogliamo calcolare men­ talmente il prodotto 3 5 X 3 5 , ossia il cosiddetto quadrato di 3 5 . Vi diamo per questo una regola : una specie di colpo segreto. Potrete così sbalordire i vostri amici con la vostra bra­ vura, e (perché no?) vincere anche una scommessa. Vogliamo dunque moltiplicare 3 5 per 3 5 ? Si fa così : moltiplichiamo la cifra 3 delle decine non già per se stessa ma, per dir così, per se stessa aumentata di lo Cioè non moltiplichiamo 3 per 3, ma 3 per 4. Otteniamo così 1 2, che ci dà l'insieme delle prime due cifre del prodotto cer­ cato : le ultime due cifre, quelle che dobbiamo aggiungere, sono poi sempre 2 e 5 . Cioè dopo 1 2 pensiamo sia scritto 2 5 . Otteniamo così il numero 1 22 5 : ebbene, 1 22 5 è il pro­ dotto cercato : cioè 3 5 X 3 5 1 2 2 5 , come i lettori possono immediatamente verificare. Ripetiamo : 3 5 X 3 5 . La cifra delle decine 3 va moltiplicata non già per se stessa, ma per 3 + I, cioè per 4. Si ha : 3 X 4 1 2. Dopo 1 2 pensiamo di aver posto 2 5 : cioè formiamo il numero che si ottiene scrivendo prima 1 2 e poi 2 5 . Esso è il nume­ ro 1 2 2 5 . Ebbene : 1 22 5 è il prodotto cercato, ossia 3 5 X 3 5 , vale a dire il quadrato di 3 5 . Vediamo subito un altro esempio, ricordando che la regoletta vale per moltiplicare per se stesso qualunque numero di due cifre terminante con 5 . =

=

1 08

Per esempio, vogliamo calcolare mentalmente il pro­ dotto 8 5 per 8 5 . Si fa così : si moltiplica non già 8 per 8 , m a 8 per 9 , che fa 72.. E appresso 2. 5 , che s i pensa scritto subito dopo il 72.. Abbiamo così il numero formato scrivendo prima 72. e poi 2. 5 ; cioè il numero 72.2. 5 . Ossia :

o, se vi piace di dir così, il quadrato di 8 5 è 72.2. 5 . Ancora un esempio. Quanto fa 2. 5 X 2. 5 ? Cifra delle decine 2., da moltiplicare non per se stessa, ma per (2. + I) cioè per 3 . Ossia : 2. X 3 = 6. Dopo il 6 pen­ siamo sia scritto, come sempre, 2. 5 ; otteniamo così il nu­ mero 62. 5 . Il prodotto 2. 5 X 2. 5 , ossia il quadrato di 2. 5 , è per l'appunto 62. 5 . Sappiamo così calcolare mentalmente i quadrati di 1 5 , 2. 5 , 3 5 , 4 5 , 5 5 , 6 5 , 7 5 , 8 5 , 9 5 . E su questa vostra « sapienza » potrete sfidare i vostri amici : ricorda­ tevi però che un bel gioco dura poco, e che in questa ma­ teria non dovrete dar retta al proverbio famoso che dice : « Chi sa il gioco non l'insegni ». Insegnàtela, invece la regola che vi abbiamo data : la imparerete così, oltre tutto, ancor meglio voi stessi, nel cercare il miglior modo possibile per spiegarla agli altri. Supponiamo ora di non voler moltiplicare per se stesso un numero di due cifre terminante con 5 , ma di voler moltiplicare tra loro due numeri di due cifre aventi la stessa cifra delle decine, ma aventi come cifra delle unità rispettivamente 6 e 4 (cioè, per dir così, I di più e I di meno di 5). Per esempio, vog1iamo eseguire la moltiplicazione 3 6 X 34.

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Attenzione, dunque. Prima avevamo imparato a calco­ lare il prodotto 3 5 X 3 5 . Ora, invece, vogliamo calco­ lare il prodotto 3 6 X 3 4, cioè il prodotto di due numeri uno dei quali supera di I il numero 3 5 , mentre l'altro è inferiore di I allo stesso numero. Già a prima vista si comprende che il prodotto 3 6 X 34 non deve essere molto diverso da quello 3 5 X 3 5 , perché c'è senza dubbio una certa compensazione tra i fattori : abbiamo aumentato di poco l'uno, e diminuito di altret­ tanto l'altro. Ebbene : il prodotto 3 6 X 3 4 non è proprio esattamente uguale a quello 3 5 X 3 5 , ma è inferiore ad esso di una unità. Basta dunque, p er calcolare mentalmente il pro­ dotto 36 X 3 4, calcolare il prodotto 3 5 X 3 5 e poi sot­ trarre I , cioè una unità. Vediamo. Calcoliamo ancora una volta insieme il pro­ dotto 3 5 X 3 5 , ossia il quadrato di 3 5 . Si tratta della nostra famosa regola. Dunque : cifra delle decine 3 . Questo nu­ mero 3 non va moltiplicato per se stesso, ma va moltipli­ cato per (3 + 1;), cioè per 4. E si ha : 3 X 4 1 2.. « Attac­ chiamo » a I 2. quella specie di invariabile « coda », che è il gruppo 2. 5 , ed abbiamo cosi 12. seguito da 2. 5 , ossia 1 2. 2. 5 . Dunque : 35 X 35 12. 2. 5 come già sapevamo. E quanto farà 3 6 X 3 4 ? Farà 1 di meno, cioè invece di 12. 2. 5 farà 1 2.2.4. =

=

Dunque : Ancora qualche esempio sulle due regole imparate in questa lezione, senza passare ad altre regole, perché, come

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suoI dirsi, non bisogna mettere troppa carne al fuoco : clO che è particolarmente vero per l'insegnamento della ma­ tematica. Supponiamo, dunque, di voler calcolare mentalmente il prodotto 86 X 84. Cominciamo col calcolare il prodotto 8 5 X 8 5 , poi sottrarremo una unità. Dunque : 8 5 X 8 5 . Cifra delle decine 8. Dobbiamo mol­ tiplicare 8 non già per se stesso, ma per (8 + I), cioè per 9 . E abbiamo : 8 X 9 = 72. A 72 attacchiamo la solita coda 2 5 : otteniamo così 72 seguito da 2 5 , cioè 722 5 . Dunque, come sapevamo :

E allora, sottraendo una unità, abbiamo 7224, invece di 722 5 , per il prodotto 86 X 84, cioè :

Casi particolari? Certamente, ma si tratta di regolette che possono anche estendersi a casi più generali, e che in ogni modo possono sempre essere utili. A proposito di quel « non mettere troppa carne al fUOCO » teniamo presente che si tratta di un'esort�ione che, ripe­ tiamo, ha particolare valore per l'insegnamento della ma­ tematica. Voler far troppo in una volta, e troppo presto, significa votare l'insegnamento all'insuccesso : qualunque insegna­ mento, a dir vero, ma in particolare quello della matema­ tica, che non può procedere ad insegnare una seconda

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nozione, se la prima nozione non è stata ben compresa : addirittura ben assimilata. Ecco perché è necessario, nell'insegnamento della ma­ tematica, procedere con estremamente lenta gradualità. Così ai fanciulli delle nostre scuole elementari, i quali im­ parano, allora per sempre, i fondamenti del calcolo arit­ metico, cioè la tecnica delle quattro operazioni, si cerca di porgere la materia a tempo debito, senza dannose antici­ pazioni affrettate. Per esempio, nei programmi vigenti per dette scuole, programmi che tengono conto delle esi­ genze sopra accennate, è stato ritardato alla terza classe l'apprendimento mnemonico delle famose tabelline della tavola pitagorica. « Chi va piano va sano e va .lontano », dice­ vano i nostri genitori. E i più lontani progenitori latini solevan dire : « Festina lente », ossia : « Affrettati lenta­ mente ». Cerchiamo di ricordarcene sempre.

Non semp re valida la regola dell'« uno di meno » ?

Abbiamo appreso dapprima a calcolare mentalmente il qua­ drato di numeri di due cifre, come 3 5 , 45 , eccetera, che termina­ no con 5 . Poi ci è stato detto che dovendo, anziché 3 5 per 3 5 , moltiplicare 3 6 X 3 4 il risultato è il quadrato di 3 5 diminuito di 1 . La stessa regola vale per il quadrato di qualunque numero? La regola per calcolare il quadrato non vale più : essa è stata data soltanto per i numeri di due cifre che terminano con 5 . Ma la regola, per dir così, dell 'uno di lJJeno vale sem-

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pre, per qualunque quadrato. Per esempio : 7 per 7 fa 49, cioè 49 è il quadrato di 7. Ebbene : invece di moltiplicare 7 per 7, moltiplichiamo 8 ( I più di 7) per 6 ( I meno di 7) . Quanto fa 8 per 6 ? Fa 48 : cioè proprio I di meno di 49. Cosi ancora 8 per 8 fa 64. Ebbene : 9 per 7 fa 6 3 , cioè I di meno . Andiamo a numeri più grandi. Quanto fa 100 p e r 1 0 0 ? F a 1 0.000 : infatti per moltiplicare per 1 00 si scrivono 2. zeri alla destra del moltiplicando : quindi 1 00 con 2. zeri alla destra diventa 1 0.000. Comunque : 1 00 per 1 00 fa 1 0.000. Ecco allora come po­ tremo calcolare mentalmente un prodotto notevolissimo : invece di moltiplicare 100 per 1 00 moltiplichiamo 1 0 1 per 99 : il prodotto sarà 10.000 meno I , cioè 9.999. Abbiamo cioè mentalmente calcolato il prodotto : 101

X

99

=

9·999

esatto, come ognuno potrà verificare.

xv

L'ELEVAZIONE A POTENZA

L'aritmetica dispone di mezzi che permettono di indi­ care assai brevemente anche operazioni lunghe e com­ plesse. Così, per esempio, la moltiplicazione rappresenta una ab­ breviazione, una semplificazione notevole rispetto all'ad­ dizione, almeno in alcuni casi. Per esempio, supponiamo di dover eseguire l'addizione : 2 + 2 + 2 + 2 + 2, cioè l'addizione di cinque termini tutti uguali a 2 (si chiamano termini i numeri da addizio­ nare). Ci si può sbagliare facilmente nel contare. Nello scrivere (o nel dire) : 2 + 2

+ 2 + 2 + 2

bisogna far molta attenzione nel rivelare che si tratta della addizione di cinque, e non già di sei, o di quattro, termini uguali a 2. Che dire, poi, se, invece di cinque termini, si trattasse di venti o trenta termini uguali a 2 ? Ma invece d i scrivere una lunga addizione d i termini tutti uguali, si può indicare la stessa operazione per mezzo s

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del segno di moltiplicazione, cioè si può trasformare l'ad­ dizione (quando i numeri da addizionare sono tutti uguali tra loro) in una moltiplicazione. E precisamente, invece di dire (o di scrivere) : z + z + z + z +

z

si scrive z una volta sola, e poi appresso al z, separato dal segno X della moltiplicazione, si scrive 5 . Cioè, invece di z + z + z + z + z si scrive z X 5 che val quanto dire z replicato per 5 volte. Figuratevi che avverrebbe se non fosse stata, per dir così, inventata l'operazione di moltiplicazione. Un tale vuole comprare 1 5 0 chilogrammi di merce che costa lire 1 8o iI chilogrammo. Quanto spende ? Spende 1 8o lire per iI primo chilogrammo, 1 8o lire per iI secondo, 1 8o per iI terzo, e così via fino al centocinquan­ tesimo chilogrammo. Ve la immaginate, questa somma di 1 5 0 termini tutti uguali a 1 8o? 1 8o + 1 8o + 1 8o + 1 8o eccetera eccetera per ben 1 5 0 volte ! Pensate soltanto alla fatica che si compirebbe per esser certi di avere scritto iI numero 1 8o per 1 5 0 volte, e non per 1 49 o per 1 5 1 volte ! E invece, un' operazione sem­ plicissima viene compiuta : la moltiplicazione 1 8o X 1 5 0, che si esegue in un batter d'occhio. Ricordiamolo bene, dunque : la moltiplicazione non è altro che una speciale addizione abbreviata che si usa nel caso in cui tutti i termini, cioè tutti i numeri da addizio­ nare, siano uguali tra loro. Ma anche la moltiplicazione può presentarsi sotto una

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certa forma, in certi casi, così da poter essere abbreviata, ossia sostituita con un'altra operazione. Ciò avviene quan­ do i fattori (cioè i numeri da moltiplicare) sono tutti uguali tra loro, e l'operazione che sostituisce la moltiplicazione in questo caso si chiama elevazione a potenza. Supponiamo, per esempio, di dover eseguire l'opera­ zione seguente : 2

X

2

X

2

X

2

X

2

Si tratta di calcolare il prodotto di cinque fattori, tutti uguali a 2. Prima, invece, si trattava di 2 + 2 + 2 + 2 + 2, cioè della somma di cinque termini, tutti uguali a 2. E prima, invece di 2 + 2 + 2 + 2 + 2, abbiamo detto, e scritto, 2 X 5. Vediamo come diremo, ora, invece di : 2

X

2

X

2

X

2

X

2

Ci serviremo questa volta, per non far confusione con la moltiplicazione, dei numerali ordinali invece che dei numerali cardinali. Cioè invece di I , 2, 3 , 4, 5 , 6, 7 eccetera ci serviremo degli ordinali : primo, secondo, terzo, quarto, quinto, sesto, settimo eccetera. E per dir che 2 va moltiplicato per se stesso, in una mol­ tiplicazione di 5 fattori, cioè per dire 2 X 2 X 2 X 2 X 2 in modo più breve diremo : « due alla quinta ». Cioè « due alla quinta » significa il prodotto di cinque fattori uguali a 2.

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È un modo di dire abbreviato : « due alla quinta » sta per « due alla quinta potenza » o, meglio ancora, sta per : « due elevato alla quinta potenza », perché l'operazione di cui stia­ mo parlando si chiama appunto « elevazione a potenza », e il risultato dell'operazione si chiama « potenza ». Cioè : invece di 2 X 2 X 2 X 2 X 2 diciamo « due alla quinta ». Quale è il risultato? Vediamo : 2 X 2 = 4 (e abbiamo già impiegato due fattori) 4 X 2 = 8 (tre fattori) 8 X 2 = 1 6 (quattro fattori) 1 6 X 2 = 3 2 (cinque fattori, cioè tutti). Dunque, « 2 alla quinta » è uguale a 3 2 . Ebbene : si dice che 3 2 è la « quinta potenza » di 2 . Diamo u n altro esempi o : Vogliamo calcolare il prodotto :

cioè il prodotto di 3 fattori uguali a 4. Invece di dire 4 X 4 X 4 diremo « quattro alla terza » e diremo che il risultato è « la terza potenza di 4 » E quanto fa? Dobbiamo calcolare il prodotto di 3 fat­ tori : 4 4 16

X X

X

4

X

4

cioè

4 = 1 6 (due fattori così sono stati impiegati) 4 64 (tre fattori impiegati, cioè tutti). =

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Cioè : 4 alla terza è uguale a 64, ossia 6 4 è l a terza po­ tenza di 4. Quando i fattori da moltiplicare sono soltanto due, cioè quando abbiamo le « seconde potenze », ritroviamo una vecchia conoscenza, cioè i « numeri quadrati », o, più bre­ vemente, i quadrati. Per esempio : 5

X 5

=

25

Sappiamo che 2 5 è il quadrato di 5 . Ma si può anche dire che 2 5 è la seconda potenza di 5 , ovvero che « 5 alla seconda » fa 2 5 . Insomma « quadrato » e « seconda potenza » sono la stessa cosa. Proviamo : quale è il quadrato di 7 ?

È 7

X

7 cioè 49

Ebbene : possiamo anche dire che 49 è la seconda potenza di 7, ovvero che « 7 alla seconda » fa 49. Ancora un esempio. Quanto fa « I O alla terza » ? « I O alla terza » , cioè « I O elevato alla terza potenza» vuoI dire : « prodotto di 3 fattori uguali a I O », ossia : IO X

IO X

IO

cioè I O X I O 1 00 ; 1 00 X I O 1 000 Dunque « I O alla terza» è uguale a 1 000, ossia 1 000 è la terza potenza di I O. =

=

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Ed ora, per terminare, vogliamo ricordare la famosa storiella della richiesta fatta al re dall'invent