Il libro dei Prodigi

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Collana diretta da Anna Giordano Rampioni

OSSEQUENTE IL LIBRO DEI PRODIGI SAGGIO INTRODUTTIVO, NUOVA TRADUZIONE E NOTE A CURA DI MARIELLA TIXI CoN UN SAGGIO DI SILVANA RoccA TESTO LATINO A FRONTE

© RL S.p.A. Finito di stampare nel mese di maggio 2017 presso Webprint SpA, Milano (MI)

OSSEQUENTE IL LIBRO DEI PRODIGI

PREMESSA

Dopo una lunga interruzione, la collana nata nel 2006 e da allora da me diretta e pubblicata per la casa editrice Barbera Editore riprende le sue pubblicazioni con altro marchio editoriale, quello della Rusconi Libri. Dopo aver proceduto alla ristampa di numero­ si volumi che erano ormai esauriti, è nostra intenzione proseguire nel progetto originario che si è rivelato apprezzato da numerosi studiosi e lettori e che ci sembra conservi ancora tutta la sua vali­ dità.

Anna Giordano Rampioni Santarcangelo di Romagna, gennaio 2015

VII

PREFAZIONE

" I classici sono la riserva del futuro" (Pontiggia) . Con tale convinzione nasce questa nuova collana di classici greci e latini che si pone come opera di divulgazione curata da specialisti, anche per non specialisti. In particolare intende rivolgersi ai giova­ ni, curiosi dell'antico, per un contatto diretto con i testi, al fine di offrire la possibilità di interrogarli e confrontare i modelli culturali del loro tempo con quelli delle età posteriori e con i nostri. Il testo con traduzione a fronte è una scelta che ormai è nella tradizione editoriale della presentazione dei testi antichi. Siamo ben consapevoli che la lettura della traduzione non può essere equivalente, e quindi sostitutiva, di quella dell'opera in lingua ori­ ginale, ma siamo altrettanto consapevoli che la capacità di leggere e comprendere perfettamente in piena autonomia le lingue antiche, oggi in particolare, è di pochi. È vero: la traduzione è "quasi la stessa cosa" (Eco), ma spesso è necessaria opera di mediazione che permette al lettore di altra lingua, e nel nostro caso, anche di altra epoca, di riudire voci di classici che diversamente non sentirebbe­ ro mai. "L'accesso alle culture antiche è un diritto" (Vegetti) che non vorremmo fosse sottratto a nessuno e soprattutto ai giovani. Ed è stato in particolare pensando a loro che si è per lo più scelto di affidare a giovani studiosi l'arduo compito del tradurre, troppo spesso ancora oggi misconosciuto o comunque ritenuto di scarso prestigio. D'altronde, come è noto, la traduzione ha un alto tasso di deperibilità e, seppure alcune traduzioni del passato ancora oggi ci appaiono efficaci, sono a loro volta divenute dei classici anch 'esse IX

Anna Giordano Rampioni in quanto ogni generazione si appropria dei testi antichi attraverso un proprio codice linguistico e culturale, risultato della cultura e del gusto del tempo. Certo il traduttore sa bene che dietro una semplice parola o concetto espresso nell 'idioma del testo-fonte c'è "un di più " spesso inesprimibile, vuoi per il valore emozionale proprio dell 'opera d 'arte, vuoi perché l'autore rinvia, attraverso la sua lingua, ad una visione, ad un mondo culturale che non è quello del lettore moderno. Per questo aspetto si affida alle note che, di vario genere (storico, antropologico ecc.), hanno lo scopo di aiutare a recuperare le conoscenze necessarie per meglio intendere quanto si va leggendo. L'introduzione è affidata sempre ad 'esperti ', studiosi di lingue e letterature classiche, che, partendo rigorosamente dall 'opera in lingua, offrono una chiave di lettura che pone in un'ottica illumi­ nante, o almeno chiarificatrice, gli elementi significativi del testo.

Anna Giordano Rampioni

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SAGGIO INTRODUTTIVO

I motivi di interesse per una rilettura del Liber prodigiorum1 sono molteplici: perché esso ci offre un'esposizione ampia (dal 1 90 a.C. all'li a.C.) delle credenze religiose del popolo romano nei prodigi che trovano le loro radici profonde nella mentalità umana in gene­ rale e che in particolare la civiltà di Roma aveva inserito in un am­ pio spazio politico e sociale, attribuendo loro anche una dimensio­ ne letteraria ben riconoscibile per esempio in Tacito e in Svetonio; per l'enigma legato a un autore di cui non si hanno praticamente

1 Il titolo completo dell'opuscolo come compare nell'editio princeps pub­ blicata a Venezia nel 1508 a cura di Aldo Manuzio è Iulii Obsequentis ab anno urbis conditae quingentesimo quinto prodigiorum liber cui è stato aggiunto dall'editore stesso imper/ectus: dunque il manoscritto che Aldo Manuzio aveva a disposizione era mutilo della parte iniziale e con i prodi­ gi dei primi anni deve essere anche andata perduta una prefazione nella quale verosimilmente l'autore esponeva gli scopi della sua opera. Del resto che l'elenco dei prodigi avesse inizio nell'anno 505 dalla fondazione di Roma (249 a.C . ) poteva avere la sua giustificazione nel fatto che Osse­ quente avrebbe trovato in Livio sistematicamente riportate le relazioni dei prodigi poiché a partire da quell'anno i pontifices avevano iniziato a riferire nelle tabulae i prodigi, come sostiene Th. Mommsen (Epistula de Romanorum prodigiis ad Ottonem ]ahnium, Leipzig 1 853 , p. XX) o perché in quell'anno si tennero i primi ludi saeculares, come sostiene J. Bernays, Ges. Abhandlungen 2 , ed. H. Usener, Berlin 1 885 , p. 3 07 . Un motivo per la scelta del titolo può ricercarsi nell'ambizione di Ossequente di avvici­ narsi il più possibile al modello liviano: cfr. P. Lubrecht Schmidt, ]ulius

Obsequens und das Problem der Livius-Epitome. Ein Beitrag zur Geschichte der lateinischen Prodigienliteratur, Akad. der Wiss. In Mainz, Abh. der Geistes-und sozialwiss. Kl . 5 , Wiebaden 1968, p. 62 . XI

Mariella Tixi notizie e che provocò le interpretazioni più varie da parte dei fi­ lologi sia per quanto concerne la sua collocazione storica sia per quanto riguarda la sua posizione religiosa; per la vicenda non meno controversa del Liber dal momento in cui fu scritto a quello in cui fu letto molti secoli più tardi dall'erudito Licostene nel '500. Ma c'è di più, perché in tempi più recenti l'operetta è stata segnalata come appartenente al genere fantascientifico in quanto Ossequente parlando di oggetti non identificati o di armi e scudi celesti farebbe riferimento a dischi volanti e UF02 e questa interpretazione ne ha determinato l'inserimento nella Biblioteca dei Misteri, una collana di scienze occulte3.

Le fonti La questione delle fonti del Liber prodigiorum è tutt'altro che di facile soluzione perché, se non ci sono dubbi sul fatto che alla base ci sia la monumentale opera di Livio, problematica è invece la questione relativa all'utilizzazione diretta di un testo che già all'epoca di Marziale non poteva essere contenuto in una normale biblioteca e di cui dovette ben presto circolare un"' Epitome" che sfrondava l'originale dalle abbondanti digressioni e dai molti par­ ticolari non essenziali4 • I rapporti reciproci tra i numerosi com­ pendi liviani apparsi in età imperiale sono stati a lungo e a fondo studiati' . Dopo che già Reinhold aveva dimostrato come non tut­ to il patrimonio epitomatorio poteva essere riportato a un'unica

Cfr. R. G. Wittmann, Flying saucers or flying shields, in " Classical Journal " 63 ( 1 968) , pp. 223 -225 . 3 Giulio Ossequente, Il libro dei prodigi, a cura di Solas Boncompagni, Roma 1 992 . 4 Mart. 14, 190- 1 9 1 . La data della composizione della prima epitome tratta dall'opera di Tito Livio dovrebbe risalire ad appena un decennio dalla morte dell'autore, cioè agli anni immediatamente precedenti il 3 0-32 d.C.: cfr. L. Bessone, La tradizione epitomatoria liviana, in ANRW 3 0/2 , 1 982 , p. 1232. Lo studioso evidenzia come sia ormai improponibile un'interpretazione unitaria della tradizione epitomatoria liviana risalente all ' "Epitome di età tiberiana " . 5 Per una rassegna d i questi studi s i rimanda a l già citato studio di L . Bessone, p p . 1230-1263 . 2

XII

Saggio introduttivo fonté, gli unici interventi volti a dimostrare la dipendenza diretta di Ossequente direttamente da un Livio completo furono quelli di Klotz e di G aldF. Successivamente P. Lubrecht Schmidt cui si deve lo studio più completo su Ossequente8 sembra aver de­ finitivamente dimostrato che il confronto con l'originale liviano permette di giungere alla conclusione che i fatti prodigiosi e i riti per la loro espiazione siano tratti direttamente dalla fonte, anche sulla scorta dell'opera di un altro raccoglitore di prodigi, O rosio . Così nel parallelo: Liv. 3 9 , 56, 6

Obs . 4

Oros. 4, 20, 3 0

. . . baud procul Sicilia insulam, quae non ante /uerat, novam editam e mari esse.

in Sicilia insula nova Maritima.

in Sicilia (tunc Vulcam; quae ante non /uerat (repente) mari edita.

Non è significativa la differenza di uso tra baud procul e in Si­ cilia in quanto in nella prosa tarda viene usato comunemente per indicare " vicino alle coste di " e quindi non è necessario postulare l'esistenza di una fonte intermedia, ma entrambi gli autori posso­ no essere giunti a questa espressione indipendentemente ed epito­ mando direttamente Livio9• I prodigi, sebbene con scopo diverso, sono nei due autori descritti in modo particolareggiato, così che ci si chiede quale motivo di esistere avrebbe avuto un 'epitome che riportava quasi ad verbum il testo liviano: il volume di un'opera di tal genere non si sarebbe distinto dall' opera di Livio. Lo studioso 6 Secondo G. Reinhold, Das Geschichtswerk des Livius als Quelle spiiterer Historzker (Progr. 4 ) , Berlin 1 898, p. 8 ss. Ossequente e Cassiodoro deriv­ erebbero da una fonte intermedia identificabile in un Chronicon andato perduto. 7 A. Klotz, Die Epitoma des Livius, in " Hermes " 48 ( 1 9 14 ) , pp. 543 -557 ; id., s. v. Livius, in P.-W. RE XIII 1 927, eli. 828 ss.; M. Galdi, L'epitome nella letteratura latina, Napoli 1 922. 8 P. Lubrecht Schmidt, ]ulius Obsequens und das Problem der Livius-Epit­ ome. Ein Beitrag zur Geschichte der lateinischen Prodigienliteratur, Akad. der Wiss. In Mainz, Abh. der Geistes-und sozialwiss. Kl. 5, Wiebaden 1 968, p. 3 1 ss. 9 P.L. Schmidt, op.cit., p. 172. XIII

Mariella Tixi risolve così definitivamente il p roblema della fonte dei prodigi e rende possibile senza sospetti una lettura del libretto di Ossequen­ te, considerato come un excerptum piuttosto aderente al testo de­ gli Ab urbe condita e non come un riassunto di seconda o di terza mano. Di maggior impegno è il tentativo di arrivare a un risultato sod­ disfacente anche per quanto riguarda le notizie storiche presenti nell'opera di Ossequente: né per lo storico vero e proprio né per lo storico della letteratura è possibile infatti giungere a una risposta univoca. La questione si è venuta ancor più complicando con il ritrovamento nel 1 903 dell'epitome liviana di Ossirinco10 che pre­ senta evidenti analogie con Ossequente e Cassiodoro 1 1 ; l'epitome tuttavia ha fornito elementi all'ipotesi formulata da P. Lubrecht Schmidt che il papiro di Ossirinco derivi direttamente da Livio e costituisca la fonte di Cassiodoro e delle notizie storiche presenti in Ossequente12• Per verificare la parentela tra Ossequente e Cas­ siodoro lo studioso riporta un parallelo tra i due epitomatori per quanto riguarda la morte di Annibale:

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Il papiro, P Oxyr. 668 del Museo Britannico, è stato soprattutto studiato da O. Rossbach, T Livii Periochae omnium librorum, Fragmenta Oxyrhyn­ chi reperta, Iulii Obsequentis prodigiorum liber, Stuttgart 1 9 1 0 (rist. 1 973 ) , pp. VII-X. 11 Questi tre scritti sono impostati cronologicamente mentre un altro gruppo di epitomi è impostato a un più ampio e libero sviluppo narrativo ed è composto da Floro, il 'De viris illustribus', Ampelio, le 'Periochae', Eutropio, Orosio. Le liste consolari di Cassiodoro trovano corrispondenza quasi completa con quelle dell' " Epitome di Ossirinco " e di Ossequente: cfr. dette corrispondenze in P.L. Schmidt,cit., pp. 50-60. 12 Cassiodoro e Ossequente si rifarebbero al Chronicon di Ossirinco indi­ pendentemente l'uno dall ' altro, senza un collegamento intermedio. La di­ mostrazione starebbe nel fatto che in ambedue i testi si ritrovano tutte le annotazioni storiche presenti nella parte conservata del Chronicon mentre l'altra tradizione dipendente da Livio non conserva nulla di simile. Certo Ossequente usa il suo stile e il suo linguaggio e non si possono tenere come prove, anche se riprendono il Chronicon, espressioni come prospere dimi­ catum o dimicatum che fanno parte di clichés linguistici dell'autore stesso: P. Lubrecht Schmidt, Julius Obsequens und das Problem, cit. pp. 1 83 - 1 84 . XIV

Saggio introduttivo Cass. 57 Obs. 4 Ox. 64 65 65a

Hannibal apud Prusiae veneno periit Hannibal in Bithynis veneno periit Hannibal apud Prusiae rege{m per] legatos Romanos expeditus veneno per]iit

La parentela tra Cassiodoro e Ossequente è evidenziata con la sola variante di in Bithynia dovuta alla passione dell' autore di met­ tere in risalto il luogo. In tutti e tre i casi il personaggio storico protagonista dell'azione viene introdotto subito mentre in Livio 3 9 , 46 , 9 ciò awiene solo gradualmente. L o stesso autore sottolinea che le modifiche che Ossequente effettua rispetto a Cassiodoro ri­ guardano per lo più termini di guerra poco usati da quest'ultimo. In conclusione secondo P.L. Schmidt Ossequente derivò da Livio i prodigi corrispondenti agli anni da lui considerati e li adattò alla sua opera concludendo l'anno con un awenimento storico tratto d al Chronicon di Ossirinco che costituisce la fonte intermedia. Più recentemente Bessone ha tuttavia sostenuto che né per i fatti storici né per i consolati eponimi } ' " Epitome di Ossirinco" può considerarsi la fonte degli altri due testi13, mentre di fronte al dilemma se anche i fatti p rodigiosi si trovassero in forma analoga nella fonte da cui Ossequente ha attinto le notizie storiche e i con­ solati o se l'epitomatore li abbia ricavati direttamente da Livio, modificandone l'espressione in modo da renderla quasi sempre compatibile con la lapidarietà del resto, p ropende per la p rima ipotesF4• Da ultimo P. Mastandrea nell'Introduzione alla sua re13

Anche se le liste consolari di Cassiodoro, in nominativo e con il pre­ nome abbreviato, corrispondono quasi del tutto a quelle in ablativo dell"'Epitome" e di Ossequente (e nei pochi dati aggiunti da Cassiodoro per qualche anno consolare sussistono significative rispondenze con alcune informazioni storiche legate ai prodigi da Ossequente e con la più ampia documentazione storiografca del papiro) " impediscono l 'assunzione di tale tesi i tria nomina di qualche console in Ossequente in corrispondenza ai due soli del papiro, o la mancata rispondenza fra il cognomen dell'uno e il nomen dell'altro, mentre le singole notizie storiche di Ossequente sono talvolta più ampie di quelle offerte dal papiro o da esse divergenti " : L. Bessone, op.cit., p. 1242 . 14 Secondo lo studioso, pur nella ripetizione a volte letterale del testo xv

Mariella Tixi cente edizione del Liber Prodigiorum accetta come risolutiva la tesi di P.L. Schmidt che a suo parere ha sciolto in modo definitivo il nodo del rapporto fra narrazione dei p rodigi e inquadramento storico15• Un confronto preciso con il modello è possibile solo in modo frazionario poiché i primi prodigi riportati da Ossequente ( capp. 1 - 1 1 ) corrispondono agli ultimi libri conservati di Livio (3 7, 3 , 2 -45 , 16 , 5 ) , il confronto riguarda pertanto solo gli anni dall90 al 167 a.C. Si possono così schematizzare le corrispondenze16: anno 1 90 1 88 1 86 1 83 1 82 181 179 178 177 1 76

Obs. l 2 3 4 5 6 7 8 --

9

Liv. 37 3 2 s.· 5 s. (fino a adhibitis) 3 8 ,36 ,4 (da quod luce) 3 9,22 ,3 -5 39 ,46 ,5 (quod . . . Vulcani)+ 56 ,6 (da quod sanguine) 40 2 1 -4 (hno a tactam) 40 1 9,2 s.· 4s.· 29,2 (da sex menses) 40 45 3· 59 7 (hno a mures) ---4 1 9 5 s . . 13 l s. 4 1 14 7 (fino a inventum)· 15 l (da C n. C ornelius)

di Livio, compaiono nel Liber Prodigiorum alcuni particolari taciuti nel presunto modello che presuppongono il ricorso a una fonte alternativa o l'intervento personale dell'autore che " contrasta con la pedissequa aderenza di Ossequente al modello prescelto" . Un tale procedimento compositivo macchinoso e artificioso richiederebbe il ricorso a una ricerca estremamente scrupolosa nel far coincidere i prodigi ai fatti storici che il modesto autore non sempre è riuscito a realizzare: L. Bessone, op. cit., p. 1243 . 1 ' P. Mastandrea, in Giulio Ossequente, Illibro dei prodigi, Milano 2005 , p. VI. 16 Come pone in evidenza P.L. Schmidt, Julius Obsequens und das Problem, cit., pp. 1 64- 165 , sono andati perduti i passi di Livio per l'anno 178, quelli di Ossequente per l'anno 177; Ossequente cita il primo console del 177 e il secondo del 176, riferendoli entrambi a quest'ultimo anno e scrive C. Claudio Q. Petilia consulibus, si perde così il prodigio del177 . Lo stesso si è verificato nel passaggio dal 175 al 1 7 4 e di conseguenza Ossequente riporta ali' anno 17 5 l'epidemia di manzi e uomini, mentre in Livio quella di uomini era collocata nel 174. XVI

Saggio introduttivo 1 75 174 167

--

10 11

4 1 2 1 5 {da quodpestilentia) 45 16 5 (da aedes)

Di un periodo di ventiquattro anni Ossequente tiene conto sol­ tanto di tredici, ma il numero dei prodigi trasmessi da Ossequente tratti dai libri perduti di Livio è grande all'incirca come quello che conosciamo da Livio stesso. Occorre tuttavia tener conto del fatto che nel Liber gran parte di essi sono per lo più ripetizioni di pro­ digi trattati in libri precedenti e tra di essi è annoverata una serie di fatti che non dovrebbero essere considerati come tali: eruzione dell'Etna ( 140, 1 35 , 126 ) , inondazione del lago Fucino ( 13 7 ) e del Po ( 108) , incendio di Reggio ( 1 36 ) . I:autore Non sono stati fin qui affrontati i due p rincipali enigmi legati alla figura di Giulio Ossequente che permettono tra l ' altro di com­ prendere meglio il significato dell'opera; essi riguardano preci­ samente l'epoca in cui visse e la sua fede religiosa. Del resto di lui è molto poco ciò che si può affermare con certezza: nulla si sa eccetto il nome e nessun autore dell' antichità lo menziona17• La studiosa spagnola Ana Moure Casas pensa si tratti di un nome p arlante e forse sotto tale pseudonimo poteva celarsi un autore p agano in epoca cristiana18• Ma quello della sua fede religiosa è oggi uno dei punti meno controversi: la teoria di Mommsen se­ condo la quale Ossequente come cristiano avrebbe voluto dimo­ strare che i tempi del cristianesimo erano migliori mediante la de­ scrizione dei terribili prodigi dell'epoca pagana è stata da tempo confutata da O. Rossbach19• Non è dato trovare nel Liber alcuna 1 7 Questo fatto è sottolineato da Fiehn s. v. Obsequens in P.-W. RE XVII 2 ( 193 7 ) , cl. 1743 . J. Schefferus, De prodigiis liber, Amstelodami 1 679 pen­ sava a un nome derivato "de genere militum ve! satellitum principalium". 18 A. Moure Casas, ]ulio Obsecuente, Libro de los Prodigios, a cura di, Ma­ drid 1990, p . 5. 1 9 O. Rossbach , op. cit. , p . XXXIII ss. Lo studioso in questa sede (pp. XXXIII-XXXVI) corresse il proprio giudizio per quanto riguarda l'età in cui visse Ossequente posticipandola al IV sec. d.C. , mentre aveva in­ izialmente pensato a una datazione alta (metà del 11-111 sec. d.C. ) : Der XVII

Mariella Tixi espressione che possa mettere in dubbio la veridicità del raccon­ to. L'espressione prodigii loco haberi o esse ritorna solo due volte in occasione di un incendio sviluppatosi in Roma al tempo dello scoppio della guerra civile tra Cesare e Pompeo e dell'episodio del 42 quando il p retore Tizio tolse l'incarico al collega; al contra­ rio riportando il passo liviano (40, 59, 7) oleas quoque praegustas­ se mures in prodigium versum est, che farebbe presupporre che non tutti i magistrati fossero p ropensi ad accogliere il prodigium, Ossequente ( 7 ) riporta semplicemente il fatto: de mensa oleas mu­ res praeroserunf-0• Si avverte insomma nell'opera di Ossequente un 'atmosfera di rispetto, di ossequio per le cerimonie p agane. La concezione storico-teologica del nostro autore va tenuta presente anche quando ci si pone il p roblema della datazione del Liber. Anche se la fede nell'importanza religiosa dei prodigi era già an­ data scomparendo nell'età di Livio, occorre tenére p resente che p roprio intorno al 400 d . C . si era diffusa la credenza nei racconti miracolosi, nei segni premonitori, nella potenza degli dei che con essi si manifestava21 • Non solo: proprio in questi anni i Simmachi e i Nicomachi procedettero alla revisione dell'opera liviana che tornò a essere accessibile nella sua forma originaria22• In questo clima di rinnovata fede nei culti pagani si inserisce questa sto­ ria dei prodigi dell' antica religione romana che è, al di là di ogni dubbio, un tema pagano. Gli autori cristiani tuttavia dovettero confrontarsi anche con le narrazioni di prodigi che costituivano l'essenza della religione pagana ma con prospettive ben distinte.

Prodigiorum liber des ]ulius Obssequens, in "Rheinisches Museum " 52 ( 1 897 ) , pp. l ss. Questa determinazione storico-teologica è anche awertibile nel fatto che la storia appare condizionata di volta in volta dall'indifferenza o dal rispet­ to per i sogni premonitori, per es. in Obs. 2; 6; 8; 12; 1 8 ; 23 ; 36; 45 ; 52; 55. 21 Si pensi ai prodigi che precedettero i a morte di Valentiniano, in Amm. 3 0, 5 , 12 o a quelli che si incontrano nelle Vitae dell' Historia Augusta (400 d.C. circa) per Pertinace 14, l; Severo 22, l; Gordiano 26, l. 22 Da un'epistola del 401 diretta a Valeriano da Q. Aurelio Simmaco sap­ piamo di un Livius ingens che si stava preparando con il suo patrocinio: totius Liviani operis quod spopondi: cfr. J.A. Vilar Vidal, in Tito Livio. Perz'ocas, Perìocas de Oxirinco, Fragmentos, intr. , trad. y notas de, Madrid 2008, p. 1 4 . 20

XVIII

Saggio introduttivo Questo appare soprattutto evidente se si confronta il Liber prodi­ giorum con l 'opera di Orosio Historiae adversus paganos-23: poiché ambedue si rifanno a Livio e spesso utilizzano i medesimi prodigi è interessante evidenziare la discrepanza di giudizio che per i me­ desimi accadimenti è evidente. I pagani malgrado la politica religiosa dell'imperatore Teodosio e dei dinasti suoi eredi che a partire dal 3 9 1 li aveva colpiti con intensità sempre maggiore (abolizione dei finanziamenti ai collegi sacerdotali e delle antiche feste del calendario, restrizioni nell'e­ sercizio del culto e chiusura dei templi fino alla distruzione dei ve­ nerandi Libri Sibillini) erano ancora una presenza degna di seria considerazione. Soprattutto quando il 24 agosto del 4 10 dopo un breve assedio i Visigoti guidati da Alarico irruppero in Roma: erano ottocento anni che l' Urbs aeterna non vedeva un nemico vittorioso dentro le sue mura! Agostino, vescovo di Ippona, che pure intorno al 4 15 aveva già composto i primi dieci libri del suo De civitate dei, il capolavoro apologetico della letteratura cristiana, comprese la necessità di parlare alla massa, ai laici, e affidò questo compito al prete spagnolo Paolo Orosio. Egli doveva in modo conciso ma efficace istruire i pagani e porre sotto i loro occhi le scellerate men­ zogne del paganesimo e i mali del passato. li cap. VI l di Orosio dimostra che egli conosceva bene la situa­ zione del paganesimo nel suo tempo. Egli attacca le singole divinità e istituzioni culturali e questi atteggiamenti (gli attacchi ad Apollo e alle Vestali, le considerazioni sulla presunta attendibilità dei prodi­ gi) rivelano che Orosio è partecipe delle polemiche del suo tempo; i prodigi offrivano un materiale eccellente: da una parte erano con­ siderati sventure già di per se stessi, dall'altra gli davano modo di attaccare la vecchia religione. Egli non li riporta regolarmente ma i suoi esempi riescono sempre a mettere in una dubbia luce la religio­ sità dei Romani antichi, anzi sono espressione di forze demoniache, della nequitia daemonum24, e a dimostrare che la sorte dell'impero 23 Già O. Rossbach (pp. XXXIII ss.) aveva preso in considerazione cinque passi di Orosio; Ana Moure Casas (op.cit. , pp. 10- 1 7 ) ritiene utile procedere a una comparazione tra corrispondenti passi di Ossequente e di Orosio.

24 Oros. IV 1 3 , 12. Cfr. A. Lippold, in Orosio, Le Storie contro i pagani, a cura di, I, Milano 1976, p. 404. XIX

Mariella Tixi non poteva certo dipendere da essi o dall'interpretazione che ne da­ vano gli aruspici: eodem anno Flaminius consul contemptis auspiciis quibus pugnare prohibebatur adversus Gallos conflixit et vicit. Egli reinterpreta il valore dei prodigi e converte in bersaglio dei suoi at­ tacchi l'interpretazione pagana che era stata loro attribuita. Poiché uno dei principi della sua storia contro i pagani era stato quello di controbattere le critiche dei suoi avversari religiosi che difendevano i tempi passati in quanto migliori, Orosio vuole soprattutto smitiz­ zare la grandezza della Roma politeista che tanto avevano esaltato i pagani sentimentali del suo secolo e a tal fine utilizza diversi prodigi: l'eruzione dell'Etna, l'attività vulcanica delle isole Lipari (Obs. 29) sono presagi di future sedizioni, che peraltro si verificano puntual­ mente al tempo dei Gracchi, e un'invasione di cavallette in Libia è per Orosio p rova che le calamità dell'epoca pagana superavano di gran lunga quelle della sua epoca-grazie alla provvidenza del dio cri­ stiano (V 10, 1 1 ss. ) . Per negare il potere degli dei pagani ogni dato posteriore che potrebbe confermare il fatto prodigioso viene da Orosio eliminato: sembra quasi esistere una contesa a distanza tra Ossequente e Orosio quando si servono dello stesso prodigio. Ri­ portando l'episodio della figlia di Lucio Elvio colpita a morte da un fulmine mentre gli cavalcava accanto, Ossequente (3 7 ) riferisce che in accordo con il responso degli aruspici quella morte presagiva di­ sonore alle vergini e all'ordine equestre e a conferma di ciò aggiunge che tre Vestali furono condannate a morte per rapporti scandalosi intrattenuti con alcuni cavalieri romani. Orosio (V 1 5 , 20) , che pure considera un p rodigio la morte della giovane, si astiene dal menzio­ nare la corretta interpretazione degli aruspici. Al contrario, quando giunge agli anni di Augusto Orosio ci offre un capitolo di atmosfera completamente diversa (VI 20, 5 - 8 ) . li corrispondente capitolo 6 8 d i Ossequente, uno dei più lunghi del Liber, presenta tutta la se­ rie di prodigi favorevoli che preannunciavano l'avvento al potere di Augusto; Orosio, che già aveva sottolineato la coincidenza tra la sovranità di Augusto e la nascita di Cristo25, dal canto suo in questo capitolo interpreta cristianamente i prodigi che accompagnarono 25 Cfr. Oros. I l, 6; 1 4 . L'idea della coincidenza tra il raggiungimento della massima potenza di Roma sotto Augusto e la nascita di Cristo non sono una scoperta originale di Orosio: A. Lippold, op. cit., pp. 462-463 . xx

Saggio introduttivo Augusto nella sua ascesa, pone in particolare risalto il fatto che ri­ cevette i pieni poteri il giorno dell'Epifania e conclude chiedendosi " che cosa può credersi o conoscersi più degna di fede e più vera concorrendo a così grande rivelazione la pace, il nome, il giorno - se non che colui, il quale nel giorno stesso in cui il Signore doveva rive­ larsi al mondo dette il segno della pace e assunse il nome di sovrano, era destinato pur secondo un ordine arcano di fatti (occulto quidem gestorum ordine ad obsequium praeparationis eius) , a servire al suo avvento? " . Da quanto abbiamo fin qui visto appare evidente che si ammetteva il carattere soprannaturale della maggior parte dei fatti prodigiosi e l'unica discrepanza era a chi se ne dovevano attribuire le cause. Diverso è comunque l'atteggiamento di Ossequente e di Orosio nel riferire i prodigi. Quest'ultimo manifesta continuamente il suo credo religioso, Ossequente non fa mai nessuna dichiarazione espressa di fede, ma la sua posizione è indubbia anche se dubbio è lo scopo della sua presa di posizione; forse non è del tutto azzardato pensare al Liber Prodigiorum come a un testo anticristiano26 perché difendeva l'intervento degli dei pagani nel momento più glorioso della storia di Roma: la sua opposizione al cristianesimo può tut­ tavia congetturarsi più che dimostrarsi dal momento che i pagani erano costretti a essere prudenti. D fatto che Ossequente dia ancora importanza ai riti di espiazione, mentre spinge a collocare la sua atti­ vità non oltre gli inizi del V secolo a causa della repressione del culto dei sacrifici dopo Teodosio, fa pensare a una difesa consapevole se non polemica: grande rilievo è dato alla lustratio, cerimonia purifi­ catrice che di frequente è collegata a eventi positivi della storia di Roma: urbe lustrata nihil triste accidit (Obs. 13 ); cupressea simulacra

Iunonis Reginae posita per virgines viginti septem quae urbem lustra­ verunt, Celtiberi Maedi Dardani subacti (Obs. 48). Né mancherebbe nel Liber un carattere politico se accettiamo l'ipotesi di G. Picone secondo cui la raccolta di prodigi sarebbe avvenuta in epoca con26 Cfr. A. Moure Casas, ed. cit., pp. 1 5 - 1 7 e le osservazioni al proposito di P. Mastandrea, ed. cit., p. XXVIII. A. Momigliano sottolinea il fatto che le opere storiografiche latine pagane sono improntate alla reticenza e questo rende difficile agli studiosi datarle, analizzarne la struttura e attribuirle a un contesto definitivo (Il conflitto tra paganesimo e cristianesimo, Torino 1 975 , pp. 95 -96 ) .

XXI

Mariella Tixi temporanea all'apparizione del Carmen contra paganos. L'episodio è significativo: Virio Nicomaco Flaviano, prefetto di palazzo sotto Teodosio, rappresentante dell'ideologia tradizionalista del senato di Roma tradusse con intenti anticristiani la Vita di Apollonia di Tia­ na di Filostrato e tentò una restaurazione dei culti pagani ma finì tragicamente poiché non resse al crollo del partito tradizionalista e preferì togliersi la vita dopo la sconfitta dell'usurpatore Eugenio al Frigido27• Contro di lui fu scritto un anonimo Carmen adversus Fla­ vianum o adversus paganos, un'acerrima invettiva datata al 3 95 fatto che può aiutarci a datare e giustificare la composizione del Liber

prodigiorum28 .

L'aver riportato con fedeltà gli avvenimenti presenti negli annali di Livio, difensore della grandezza di Roma e delle sue tradizioni, e per questo così amato nel circolo di Simmaco, non solo dimo­ stra la rettitudine morale e professionale dello storiografo che pun­ tualmente registra il legame esistente tra l'umano e il divino: nella maggioranza dei casi l'espiazione religiosa riesce a placare gli dei e a impedire le disgrazie (8, 1 2 , 1 3 , 36 , 49, 52 ) . Ciò che mai acca­ de è che il disprezzo di un presagio sia accompagnato da un esito positivo, al contrario inesorabili sono le conseguenze nefaste se si ignora il segnale divino di proibizione. Il tardo epitomatore aveva colto l'importanza insita nel tentativo di riportare in auge i culti pagani che soli potevano spiegare le contraddizioni tra una visione fatalistica del prodigio e la necessità di riti espiatori e purificatori per il verificarsi del prodigio stesso. Il Liber Prodigiorum ci trasmet­ te i sentimenti di un tradizionalista devoto alla religione atavica di Roma e al tempo stesso partecipe della sua storia (l'orgoglio per la distruzione di Cartagine: in captivos Romanorum per Hasdrubalem barbaro more saevitum, mox Cathago per Aemilianum diruta 20; il giudizio negativo sulle elezioni condotte in un clima viziato dalla corruzione: comitia cum ambitiosissime fierent 1 2 ) . Giulio Ossequente concludeva i l suo Liber con un episodio tra27 il numero dei senatori pagani doveva essere comunque ancora nel 405 assai rilevante, ma la questione è dibattuta: R. Klein, Symmachus, Darm­ stadt 1 97 1 , p. 124. 28 G . Picone, Il problema della datazione del Liber prodigiorum di Giulio Ossequente, in "Pan " 2 ( 1 97 4 ), pp. 7 1 -74. XXII

Saggio introduttivo gico: la comparsa di uno sciame di api posatosi sulla tenda di Druso in Germania p reannunciò la caduta, in conseguenza di agguati, di un enorme numero di soldati romani. Il pessimismo di questa con­ clusione resta un enigma, a meno di non voler vedere un'analogia con la conclusione degli annali di Livio che si fermano al 9 a.C. con la morte di Druso. Noi possiamo solo azzardare ipotesi, reale è però il silenzio, forse eloquente, che per tutto il Medioevo avvol­ se questo testo fintanto che, dopo la p rima edizione a Venezia nel 1508, non giunse nelle mani di Konrad Wolfhart ( 1 5 1 8 - 156 1 ) lati­ nizzato in Lycosthenes che completò il libro da teologo più che da filologo e lesse l'opera di Ossequente come un libro dal contenuto religioso, convertendo i prodigi in giudizi di Dio. Fu questo l'inizio dell'impensabile fortuna del Liber per tutto il XVI secolo. La storia del testo Il padre domenicano Giocondo (Iucundus) da Verona sul finire del '400 ebbe la ventura di trovare tra le mura dell'abbazia di Saint­ Vietar a Parigi un codice contenente le lettere di Plinio il Giovane e il Penegirico a Traiano, lo scritto De viris illustribus, il frammento del De grammaticis et rhetoribus di Svetonio e infine il Liber Prodi­ giorum di Giulio Ossequente. Egli trasmise una copia di quest'ulti­ mo testo a Venezia affinché venisse pubblicato da Aldo Manuzio e dal suocero Andrea Asulano, ma nel frattempo forse questo stesso codice antico veniva acquistato dall'ambasciatore della Serenissi­ ma alla corte di Francia, Alvise Mocenigo, che lo affidò allo stes­ so tipografo. Nel 1508 vedeva la luce la prima edizione del Liber insieme alle altre opere che accompagneranno la sua storia edito­ riale fino all'edizione di Lycosthenes che per primo nel 1552 isolò Ossequente. L'epistola con la quale Aldo Manuzio accompagnava l'edizione inviata al senatore Mocenigo accennava all'antichità del volumen tale "ut putem scriptum Plinzi temporibus"2 9, ma questo codice, di cui si fa menzione nella Prefazione dell'aldina a p. IX

(Addito etiam Iulii Obsequentis libro de prodigiis, quem mihi Iucun­ dus meus iucundissimus dono dedit, ut una cum aliis in hoc volumine

29 Tuttavia il testo di Ossequente dovette essere stato ricavato da una copia posteriore eseguita con poca cura: cfr. P. Mastandrea, ed. cit. , p. XIII. XXIII

Mariella Tixi

imprimendum curarem) andò presto perduto30 e tutte le edizioni successive discendono dall ' editio princeps Aldina. Durante la pri­ ma metà del '500 il Liber conobbe più di trenta ristampe e tra la prima e seconda aldina del 1 5 1 8 ci furono le edizioni del 15 14 a Strasburgo di Beatus Rhenanus e del 15 15 a Firenze di Philippus Giuntus. Il Liber ebbe enorme diffusione nella zona che abbrac­ ciò la Riforma mentre cessò di essere stampato nei paesi cattolici con il 15 1 831• Non è facile stabilire se questo silenzio sia dovuto a fattori ideologici per la condanna espressa di tutti i libri e scritti di geometria, idromanzia, aeromanzia, piromanzia, onomanzia, chi­ romanzia, necromanzia o quelli che contengono sortilegi, auguri, auspici, incantamenti magici indicati nell'Index redatto dai Padri del Sinodo Tridentino ( 1564 ) . Per contro nel mondo protestante ci fu il proliferare di un gran numero di stamperie e motivo di interes­ se poteva anche essere costituito dal fatto che Ossequente veniva edito insieme alle Epistulae di Plinio almeno fino al 1552. Ma forse il motivo della grande diffusione del testo va ricercato nell'interesse suscitato proprio dal tema che trattava, " per che quasi per tutto" vi si parlava " di cose celesti, cioè da' cieli, et nell'aria causate "32• Per un verso fu il carattere astrologico di molti prodigi di Ossequente a dover destare l'attenzione degli umanisti che si occupavano delle diverse forme delle misteriore relazioni che sembravano esistere tra le costellazioni, gli avvenimenti terreni e la vita stessa3 3 , per un altro proprio il suo contenuto religioso, perché trattava dell'antica fede pagana e la facilità con cui poteva essere interpretato allegorica­ mente, dovettero attirare l'attenzione tanto del calvinista Robert Étienne, quanto del luterano Licostene34• Questi curò l'edizione 30 L.D. Reynolds, Texts and Transmission. A survey of Latin Classics, a cura di, Oxfod 1983 , p. 320. 11 Cfr. P. Mastandrea, La fortuna di Giulio Ossequente e due emendazioni al testo di Livio, in "Atti del' Accademia Patavina " 86 ( 1 973 - 197 4 ) , p. 1 97 . 32 Come scriveva l'umanista D. Maraffi nella presentazione della traduzione al testo di Ossequente: P. Mastandrea, La fortuna, cit. , p. 1 97 . 3 3 S. Dresden 1 978, p. 7 1 . 34 L'umanista nacque a Ruffach in Alsazia nel 1 5 1 8 , studiò a Heidelberg ed entrò nel convento di Regenspurg nel 154 1 , divenne professore di gram­ matica e dialettica a Basilea dove morì nel 156 1 . Fu nipote di C. Kurschner XXIV

Saggio introduttivo del Liber Prodigiorum insieme ad altri due trattati dello stesso ar­ gomento redatti da altrettanti emulatori suoi contemporanei, i tre libri De prodigiis Polidori Vergilii e i due libri De ostentis Ioachi­ mi Camerarii. Ma c'è di più perché, seguendo l'uso del suo tem­ po di andare accrescendo ogni libro di sempre nuove integrazioni, come era già accaduto per gli Adagi di Erasmo che da ottocento proverbi nel 1500 erano divenuti otto anni dopo più di tremila, così Licostene cominciò con l'integrare la parte iniziale dal regno di Romolo fino al consolato di Lucio Scipione e Gaio Lelio per cui già nell'edizione dell'anno 1553 lo stampatore di Lione Jean de Tournes poteva scrivere sul frontespizio Iulii Obsequentis Prodigio­

rum Liber, ab Urbe condita usque ad Augustum Caesarem, cujus tan­ tum exstabat /ragmentum, nunc demum, historiarum beneficio, per Conradum Lycosthenem Rubeaquensem integritati suae restitutus. Il libro di Ossequente era tuttavia destinato a divenire una minima parte di una storia universale che raccoglieva in ordine cronologico i prodigi dalla creazione del mondo fino ai tempi del filologo, il Prodigiorum et Ostentorum Chronicon apparso a Basilea nel 155 7 , per l a cui composizione furono utilizzati l a Bibbia e moltissimi altri autori greci e latini oltre naturalmente a Livio35• L'umanista dunque (Conradus Pellicanus ) , professore di teologia a Basilea e come lui durante la sua permanenza a Heidelberg si convertì a fervente luterano. Studiò teologia, ebraico, le lingue classiche, pubblicò un commentario al De viris illustribus attribuito erroneamente a Plinio il Giovane, in realtà di Aurelio Vittore. Scrisse sotto l'influenza di Erasmo gli Apophthegmata, aneddoti e proverbi dei più famosi scrittori in lingua greca e latina, seguendo un ordine alfabetico di temi generali, opera che ebbe molto successo ai suoi tempi. Raccolse un'enorme collezione di esempi storici e di estratti da di­ versi autori di precetti di etica filosofica edita postuma, perché colto da emiplegìa, nel Theatrum vitae humanae libri XIX. Ebbe interessi in ogni campo e ramo del sapere, soprattutto, nell'epoca dei grandi viaggi, per la cosmografia e naturalmente per i prodigi. 35 �Obsequens auctus edito da Lycosthenes recava tuttavia ben evidenzi­ ate dall'originale le aggiunte del filologo. La diffusione del testo, tuttavia, e la sua conseguente fortuna editoriale fecero sì che ben presto gli ac­ corgimenti tipografici che permettevano la distinzione del testo originale dalle parti introdotte successivamente andarono persi (P.L. Schmidt, op. cit., p. 234-235 ) . Si deve a Franciscus Oudendorp l'edizione nel 1720 di xxv

Mariella Tixi lesse il libro di Ossequente come un'opera di contenuto religioso. Ana Moure Casas ci fornisce un quadro molto preciso e interessan­ te del momento storico in cui si situa l'esperienza di Lycosthenes, che è quello dei conflitti di religione, di posizioni religiose ormai inconciliabili, lotte tra cattolici conservatori ed erasmiani, tra cat­ tolici e protestanti, tra luterani, calvinisti, anabattistP6• Nato subito dopo la p romulgazione delle 95 tesi luterane contro le indulgenze papali e morto l'anno precedente allo scoppio della prima guerra di religione, egli visse tutti questi avvenimenti in uno dei centri in cui più intensi si incrociarono questi conflitti, in Svizzera, in un ambiente cioè in cui si concentravano le più diverse posizioni reli­ giose. Lycosthenes con grande acume dovette cogliere nell'opera di Ossequente l'intento di mostrare l'incidenza dei prodigi nella vita dei Romani e che ebbe questa intuizione lo dimostra il fatto che quando egli trova elencata nel Liber una semplice serie di prodigi vi aggiunge avvenimenti storici tratti da Livio o da altre fonti. Per l'umanista la collera divina, che sempre si era manifestata nel corso della storia, a maggior ragione doveva manifestarsi ai suoi tempi in cui addirittura combattevano cristiani contro cristiani. Interpretò come prodigi le catastrofi naturali che si verificarono al suo tempo, gli intensi terremoti e maremoti di Pozzuoli tra il 1 5 50 e il 15 5 1 , le inondazioni di Roma di poco p recedenti, le eruzioni dell'Etna e del Vesuvio. Il libro di Ossequente poteva servire come rimedio per evitare ulteriori castighi se comparati ai terribili prodigi pagani con i quali allora ci si doveva confrontare. Lycosthenes stesso nella epi­ stola dedicatoria al libro (p. 6) confessa questo fine moralizzato­ re: Iulii autem Obsequentis Prodigiorum librum, cuius fragmentum

tantum extabat, eo libentius hoc tempore edere voluz; ut gentilium prodigia cum his quae nostro tempore divinitus eduntur, con/errentur et expenderentur deinde ex rerum eventu, horrenda illa signa semper aliquid imminentium malorum hominibus portendisse, quo aliorum un testo restituito alla sua integrità originale dopo le edizione di Johan Scheffer ( 1 620) e Thomas Hearne ( 1703 ), ma solo nel 1 853 , un allievo di Lachmann, Otto Jahn approntò un'edizione con un apparato scientifico dal quale gli editori successivi poco si discostarono. 36 A. Moure Casas, ]ulio Obsecuente, Libro de las Prodigios, a cura di, Ma­ drid 1 990, pp. 29-3 1 . XXVI

Saggio introduttivo

tandem exemplo moniti, evitandorum periculorum rationes eo dili­ gentius iniremus. Così il Liber Prodigiorum veniva utilizzato con una finalità diametralmente opposta a quella per cui presumibil­ mente era stata scritta: molti secoli dopo la sua apparizione, in un momento di crisi religiosa del mondo romano, un lettore erudito in un altro momento di crisi religiosa pose l'opera anticristiana di Ossequente al servizio del cristianesimo riformato37• La lingua All'inizio del secolo scorso Luterbacher ha coniato un termine per definire il sistema di segni retorici legato all'esposizione dei prodigi e alla loro procuratio quando parlava di "Prodigienstil "38, senza tut­ tavia approfondirne le caratteristiche formali. Nell'opera di Ossequente i capitoletti hanno carattere ripetitivo e protocollare: ritornano espressioni fisse, chiaramente è ricono­ scibile la tendenza di mettere una accanto all' altra frasi brevi coor­ dinate; le subordinate sono un fatto raro. Le coordinate temporali dei consoli eponimi aprono l'elenco, l'indicazione locale è collocata all'inizio della frase con l'uso del locativo o dell'ablativo locale. L'a­ blativo serve anche all'inizio per dare una collocazione temporale, il verbo è spesso alla fine, di solito un perfetto nella forma perifra­ stica, ma con costante eliminazione del verbo esse. Notevole è la frequenza di forme participiali. Queste, è vero, sono le caratteristi­ che espositive del sermo epitomatorius che secondo alcuni studiosi possono risalire a una fonte comune all'Epitome di Ossirinco e a Cassiodoro39; nel caso di Ossequente sussistono tuttavia elementi 37 Una articolata analisi del metodo compositivo utilizzato da Licostene, alla luce della concezione prodigiale 'universalizzante' che indusse l'erudito luterano a 'integrare' illiber di Ossequente presentando come operazione di restituzione del testo originario ciò che in realtà era un allargamento del materiale narrativo, è oggi reperibile nel contributo della scrivente al volume curato da S. Pittaluga, Ilfalso letterario dall'antichità al Rinascimen­ to (Genova 2014 ) : cfr. M. Tixi, Illiber prodigiorum di Giulio Ossequente nell'edizione cum supplementis di Corrado Licostene: un completamento indebito?, pp. 25 -45 . 38 F. Luterbacher, Der Prodigienglaube und Prodigienstil der Romer, Burgdorf 1904, p. 43 ss. 39 C.H. Moore, The Oxyrhynchus Epitome o/Livy in Relation to Obsequens XXVII

Mariella Tixi peculiari del sermo prodigialis, c'è l'impiego di una prosa attinente alle istituzioni religiose, che ricorre alla ripetizione delle struttu­ re se queste servono a precisare meglio il fatto verificatosi, pro­ ducendo fenomeni di straniamento dal consueto e d al quotidiano: ritornano infatti costantemente espressioni quali fulmine pleraque decussa, deiecta, tacta, icta, hastae Martis motae, così come l'uso di aggettivi come aliquot, multus che nella loro indeterminatezza da una parte mettono l'autore al sicuro da eventuali possibili errori numerici40, dall'altra creano un alone di mistero. C 'è insomma il fine implicitamente dichiarato di incutere horror e reverentia per eventi determinati da una volontà numinosa. Il Liber prodigiorum è un'operetta priva di velleità stilistiche o artistiche, ma ci dà un'idea di quelle che dovevano essere le aride liste della cronologia pontificale dal momento che come tutte le opere che ci sono pervenute sui prodigi o che al loro interno tratta­ no dei prodigi riecheggia e riprende il linguaggio della Tabula deal­ bata, ossia la tavola che il Pontefice Massimo faceva esporre e nella quale oltre agli awenimenti storici erano indicati quei prodigi che li avevano preceduti. Altra funzione hanno i prodigi in Livio poiché si innestano nel tessuto della sua storia e partecipano anch 'essi di una valenza artistica. È stato già detto delle forme indirette o impersonali con cui Li­ vio riporta i p rodigi41 : in Ossequente semplicemente essi si mani­ festano e si correlano agli awenimenti storici senza soluzione di continuità, il che non è solo richiesto dall'esigenza di fare un rias­ sunto perché come abbiamo visto Ossequente lo ha fatto copiando praticamente a pié di lettera l'originale42• Questo gli ha permesso

et Cassiodorus, in "Am. Journ. Philol. " 25 ( 1 904 ) , p. 242 ; E. Kornemann, Die Neue Livius-Epitome aus Oxyrhynchus, in " .Klio " Beiheft 2, 1 904 (rist. Aalen) , p. 76; HA. Sanders, The Oxyrhynchus Epitome of Livy and Rein­ hold's Lost Chronicon, in "TAPhA" 3 6 ( 1 905 ) , p. 20; Schmidt 63 , Bessone 1243 .

40 C. Santini, Letteratura prodigiale e sermo prodigialis in Giulio Osse­ quente, in "Philologus " 132 ( 1 988) , p. 2 1 9. 41 Cfr. supra. 42 Come ha segnalato P. Mastandrea, La fortuna di Giulio Ossequente e due emendazioni al testo di Livio, in Atti e Memorie dell'Accademia Patavina, XXVIII

Saggio introduttivo non solo di mantenere la gradazione drammatica presente nel testo liviano ma anzi di intensificarla con la soppressione degli elementi accessori, e in ogni caso non è stato per nulla mutato il tono dell'o­ riginale. Anche se i p rodigi di Ossequente restano distaccati dal dato storico che solo raramente è collegato sintatticamente, esso è comunque visto nell'ottica cupa o sensazionale dei prodigi che l'hanno preceduto43 e innegabile è l'inquietudine che essi comuni­ cano. A differenza dell'epitomato re di Ossirinco, il nostro sembra voler mantenere l'inscindibile correlazione tra storia romana e re­

ligio.

86 III, Padova 1 973/74, p. 205 .

43 Interessanti sono le osservazioni di Ana Moure Casas, op.cit.,

pp. 8 ss. XXIX

PAROLE E PRODIGI

Non sum nescius ab eadem neglegentia, qua nihil deos portendere vulgo nunc credant, neque nuntiari admodum ulla prodigia in publi­ cum neque in annales re/erri. Ceterum et mzhi vetustas res scribenti nescio qua pacto anticus fit animus, et quaedam religio tenet, quae illi prudentissimi viri publice suscipienda censuerint, ea pro indignis ha­ bere, quae in meos annales re/eram. Così Livio (43 , 1 3 , 1 -2 )44• Questa dichiarazione è rimasta celebre a testimonianza dello scrupolo reli­ gioso e insieme dell'obbligo morale a cui Livio in quanto storico si sente chiamato, cioè a non tralasciare di elencare quei prodigi che i suoi saggi predecessori hanno ritenuto di riconoscere come fatti de-

44 " So bene che per quella stessa indifferenza per cui oggi comunemente si dubita che gli dei inviino segnali, i prodigi non vengono più annunciati in modo ufficiale e negli annali non li si menziona più. Ma a me che scrivo la storia dei tempi antichi si è formato non so come anche un animo antico, e un certo scrupolo religioso mi impedisce di giudicare indegni di essere riportati nei miei annali quei prodigi che gli uomini di quei tempi, ricchi di saggezza, hanno ritenuto di riconoscere come fatti di pubblico interesse". Analogamente, nella Prae/atio 6, Livio afferma che i racconti tradizionali che si riferiscono ai tempi precedenti la fondazione o la futura fondazione dell'Urbe conformi più alle fiabe poetiche che a una rigorosa documenta­ zione storica egli non intende né confermarli né confutarli. XXXI

Silvana Rocca

gni di pubblico interesse. Inoltre, cosa per noi ancor più interessante, egli confessa che a poco a poco, a contatto con i fatti del passato, si è venuta formando in lui un'anima conforme a quei fatti e a quei tempi e dunque anch'essa antica. È una bella lezione di metodo e di tolle­ ranza: preoccupato di ricreare l'atmosfera antica, lo storico ci invita a deporre il nostro scetticismo di moderni e a rileggere con maggiore partecipazione questi cataloghi di prodigi. Viene da chiedersi quanto una tale affermazione abbia potuto influenzare la scelta fatta alcuni secoli più tardi da Giulio Ossequente di raccogliere in un insieme monotematico, il Liber prodigiorum, i passi relativi alle manifestazio­ ni di prodigi presenti nell'opera liviana. Le enumerazioni di prodigi nell'opera di Livio hanno una prete­ sa letteraria, appartengono ai passaggi antiquari dove Livio, buon conoscitore della psicologia di massa, volle ricreare l'atmosfera di terrore religioso aggiungendo alla descrizione cronologica dei fatti prodigiosi, che figuravano negli annali pontifici, un ordine geogra­ fico e soprattutto una gradazione drammatica che accentuava i sen­ timenti di angoscia e di panico collettivo provocati dall ' improwisa apparizione di ciascun prodigio nei momenti di crisi, in particolare durante le guerre puniche45• Le preoccupazioni letterarie non sono dunque assenti da queste enumerazioni di prodigi, soprattutto quando l'intento di Livio è quello di evocare l'impressione prodot­ ta dalla diffusione di notizie meravigliose che affluiscono a Roma e che l'angosciano al tempo delle guerre che dovevano decidere della sua esistenza. Elencati in modo da suggerire le conseguenze psicologiche del loro valore religioso e anche contagioso, questi fe­ nomeni, nella mente dell'autore, dovevano ricreare l'atmosfera dei tempi antichi. Se Livio credesse personalmente a questi prodigi o se elencarli potesse servire alla propaganda di restaurazione religiosa pretesa da Augusto è difficile dire: in quanto storico Livio non po­ teva affermare più di quanto ammesso nel passo sopra citato; certo alla lunga elencazione di prodigi nefasti di 27, 23 , 1 -4 fa seguire queste osservazioni conclusive per evidenziare come l'esito sfavo­ revole di questi prodigi abbia colpito i consoli mentre la repubbli­ ca fu risparmiata: In capita consulum re publica incolumi exitiabilis 45 Cfr. E. De Saint-Dénis , Les énumérations de prodiges dans l'ceuvre di Tite Live, in «Revue de Philologie» 16 ( 1 942), pp. 126- 152. xxx n ·

Parole e prodigi

prodigiorum eventus vertit. Resta il fatto che gli avvenimenti prodi­ giosi vengono generalmente riferiti in forme linguistiche indirette o impersonali che sottolineano le imprecisioni dei dati e sono posti all'inizio della narrazione di ogni anno stabilendo così una certa distanza con i fatti storici posteriori46• Ma da nessuna parte è detto in modo così categorico come nel II libro del De divinatione (72 , 148 ss. ) di Cicerone che non si deve credere ai prodigi e ad alcuna forma di divinazione, anzi all'inizio di quegli anni più ricchi di fatti tragici l'enumerazione dei prodigi appare come un avvertimento, così come per un drammaturgo ogni svolta della sua opera era in­ trodotta da un annuncio meraviglioso che metteva lo spettatore in guardia con un sogno, un oracolo, un prodigio. Gli annalisti a partire dal III secolo a.C. poterono contare su dati ben dettagliati, dal momento cioè in cui ogni anno il pontefice massimo fece affiggere alle mura della Regia la Tabula Pontificis che indicava i principali avvenimenti dell'anno. In essa venivano ricor­ dati i prodigi avvenuti, come Catone ci testimonia (fr. 77 P. ) . Studi autorevoli hanno fissato al 292 a.C. la data di composizione della Tabula47 ed effettivamente l'analisi dei passi liviani evidenzia che a partire da questa data i prodigi vengono messi in relazione con fatti più dettagliati e precisi: Livio ci fornisce una lista esatta e fedele dei prodigi che agitarono le menti dei Romani e i conseguenti atti di procedura sacra che lo Stato adottò in conseguenza di questi segni48• È significativo il fatto che Livio dall'inizio della repubbli46 Inde minoribus etiam dictu prodigiis jides habita: 22, l, 13 (si tratta di ca­ pre trasformate in pecore, galline in galli, galli in galline) ; prodigia eo anno

multa nuntiata sunt, quae qua magis credebant simplices ac religiosi homines, eo plura nuntiabantur: 24, 10, 6; et alia ludibria oculorum auriumque eredita pro veris: 24, 44, 8; adeo minimis etiam rebus prava religio inserii deos: 27, 23, 2; sub unius prodigit; ut /it, mentionem alia quoque nuntiata: 27, 23, 2; in civitate tanto discrimine belli sollicita, cum omniumque secundorum adversorumque causas in deos verterent, multa prodigia nuntiabantur: 28, 1 1, l; impleverat eas res superstitionum animos, pronique et ad nuntianda et ad credenda prodigia erant: eo plura vulgabantur: 29, 1 1 , 2. Si veda anche l'appassionata difesa di Livio da parte di J. Jimenes Delgado, Pastura de Livio /rente al prodigio, in «Helmantica)) 45 ( 1963 ) , pp. 3 8 1 -4 1 9. 47 R. Bloch, Prodigi e divinazione nel mondo antico, Roma 19772, p. 98. 4 8 L'elenco dei prodigi di Stato è in L. Wiilker, Die geschichtliche EntwicXXXIII

Silvana Rocca

ca fino al 292 citi solo dodici prodigi riconosciuti come prodigi di stato, mentre tra il 296 e il 293 (fine del X libro) si registra un solo prodigio per anno. Successivamente uscì, dal 130 a.C. , un importante lavoro sto­ rico, gli Anna/es Maximi ad opera del pontefice massimo Mucius Scaevola in cui venivano riportati i dati della Tabula dealbata e che da Servio sappiamo constare dell'imponente mole di ottanta libri49, mentre apprendiamo da Cicerone che la loro pubblicazione avrebbe risposto' a un'esigen � a di pubblicità (potestas ut esse populo cognoscendP 0 ) , in quanto la cronaca usciva dal segreto sacerdotale e veniva messa a disposizione di tutti. Di importanza cruciale per la conoscenza dei p.rodigi sono ad ogni modo tanto la Tabula, che ebbe una funzione per così dire epistemologica (il prodigio è tale perché viene registrato su di essa) , quanto gli Anna/es Maximi che per Cicerone costituiscono la documentazione ufficiale per cui due notizie " favolistiche" vengono l'una accolta e l'altra rifiutata sulla base dell'inclusione della prima e dell'esclusione della seconda da­ gli Anna/es. Nel primo caso si tratta dell'episodio dell'augure Atto Navio51 riportato anche da Livio e da lui classificato come miracu­ lum ( 1 , 36 , 6 ) ; nel secondo si tratta del pitagorismo di Numa52• A un secolo e mezzo di distanza Floro, epitomatore di Livio, ribadisce questo principio di autorità quando, parlando degli atti di valore compiuti durante la guerra contro Porsenna, scrive: Tunc illa tria

Romani nominis prodigia atque miracula, Horatius, Mucius, Cloelia, qui nisi in annalibus /orent, badie fabula e viderentur (l, 4 , 3 ) . Per poter tuttavia meglio ritrovare l a base reale d i questa creden­ za occorre considerare il prodigio come fenomeno storico-evoluti­ vo, tenere nel massimo conto il fattore temporale ossia seguire nel

klung des Prodigienwesens bei den Romern; Studien zur Geschichte und Oberlie/erung des Staatsprodigien, Leipzig 1 903 . 49 Serv. Dan . ad Aen. l , 373. 5 ° Cic. de or. 2, 52 . Cfr. E. Montanari, Mito e storia nell'annalistica romana delle origini, Roma 1990, p. 67 . 5 1 Cic. de div. l , 32-3 3 . Interessante è la costruzione per antifrasi inserita a conclusione del passo: negemus omnia, comburamus annales, ficta haec esse dicamus. 5 2 Cic. de re 2, 15, 28-29 in cui si parla di annales publici. XXXIV

Parole e prodigi corso dei secoli le nuove prospettive e gli atteggiamenti che si sono sovrapposti alle primitive credenze. È noto che due popoli, due civiltà hanno avuto di volta in volta sulla religione romana grande influenza: gli Etruschi che per oltre un secolo hanno predominato nell' Urbs, poi i Greci in maniera più profonda soprattutto nella situazione socio-culturale venutasi a determinare dopo la seconda guerra punica. È altresì noto che, positivi e concreti, i Latini si sono preoccupati m aggiormente dell'azione immediata che della previ­ sione del futuro ma anche per loro gli dei mandano continuamente segnali della loro presenza e della loro volontà attraverso due cate­ gorie inizialmente ben distinte: i presagi e i prodigi. I presagi, dati da parole annunciatrici, omina, oppure offerti alla vista dal volo degli uccelli, auspicia, hanno in loro l'avvenire, ma si tratta di un avvenire immediato, molto ravvicinato. Il p rodigio non è un segno che prefiguri un avvenimento futuro, prossimo o lontano, ma un fe­ nomeno imprevisto, terribile, contro natura, che esprime sulla terra la collera degli dei. Presagi e prodigi sono inizialmente distinti da una diversa potenza e intensità di anticipazione: il presagio avverte l'uomo di continuare o interrompere le sue imprese, il prodigio ri­ vela che è rotta la tregua col dio e che bisogna dunque ristabilire la pax deorum. Ossequente, come naturalmente prima di lui Livio, ci fornisce una ricca gamma di segnali di rottura: eclissi, raggi, meteo­ re, comete, luci inattese, fuochi celesti, vulcani in eruzione, piogge di sangue, di latte, di pietre, alberi che producono frutti che non sono loro propri, parti mostruosi di esseri umani e di animali, erma­ froditi, animali che parlano e che m anifestano strani comportamen­ ti, visioni di morti e di armi in cielo, templi che si spalancano, statue che sudano, lacrimano, si voltano. Il Romano dunque si adopera a organizzare cerimonie espiatorie e propiziatrici, le sole capaci di fermare il pericolo; di qui la grande importanza che a Roma hanno le procurationes prodigiorum e anche l'iniziale rigida separazione, almeno fino alla fine della repubblica, tra presagi e prodigi in grup­ pi ben distinti. La grande svolta della storia religiosa a Roma è situata all'epoca della seconda guerra punica e molti sono gli studiosi che hanno insistito sulla crisi che ha conosciuto la coscienza religiosa romana durante l'invasione e le numerose sconfitte inflitte all'esercito dalle truppe di Annibale. Mai Roma vide tanti prodigi moltiplicarsi in xxxv

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cielo e in terra come in quegli anni. Fondamentale è la testimonian­ za di Livio a proposito degli avvenimenti del 2 1 8 a.C. (2 16 sconfitta di Canne) : Romae aut circa urbem multa ea hieme prodigia /acta

sunt, aut, quod evenire solet, motis seme! in religione animis, multa nuntiata et temere eredita sunt (2 1 , 6 2 , 1 ) . In questo capitolo di prodigi ce n'è per tutti e di tutte le specie ! Il latino dispone di una abbondante serie di parole per designare il segno divino, il prodigio, che nell'uso letterario sono per lo più indistinte ma che hanno un valore preciso, di formazione in gene­ re chiara e di cui l'etimologia permette di recuperare una iniziale differenziazione di senso. Si tratta di miraculum, monstrum, amen, ostentum, portentum, prodigium. Metodologicamente, quando si affrontano problemi legati all'ambito della semantica è importan­ te, laddove sia possibile, chiarire la storia di un dato vocabolo con l'aiuto di quella di termini sinonimici. Sappiamo, da Saussure in avanti, che le parole formano un sistema in cui ciascuna acquisisce il suo valore in rapporto alle altre e la teoria dei campi semantici che invita a riunire in un medesimo studio i termini che servono a tradurre un medesimo concetto o concetti affini si è rivelato fe­ condo, anche se il sano giudizio di Servio53 prodigium, portentum

et monstrum modico fine discernuntur, sed confuse pro se plerumque ponuntur è generalmente condiviso dalla critica moderna54• Sotto questo aspetto il latino si differenzia dal greco e dalle altre lingue indoeuropee straordinariamente povere nella designazione dei pro53 Così s f legge in Serv. Dan. ad Verg. Aen. 3, 366. Cfr. A. Bouché-Leclerc, Histoire de la divination dans l'Antiquité, IV, Paris 1882, p. 77. Perché si possa stabilire una relazione di opposizione tra gli elementi dell'insieme che costituiscono i nomi latini dei prodigi occorrerebbe che i sememi, i tratti distintivi della significazione, siano distinti gli uni dagli altri da al­ meno un sema, ossia ci si aspetterebbe che questi vocaboli, il cui sema comune è " segno inviato dagli dei " , si differenzino gli uni dagli altri con la presenza o l'assenza di altri tratti come " segno che preannuncia l'avve­ nire " , " segno contrario alle leggi di natura " , "segno che provoca terrore " . Ma l'uso che d i questi vocaboli fanno gli autori latini non c i permette di individuare tra i nomi dei prodigi una distinzione basata sulla presenza o assenza di questi tratti di signifìcazione. 54 Cfr. F. Stok, s.v. monstrum in Enciclopedia Virgiliana, III, Roma 1987, p. 374. XXXVI

Parole e prodigi digi: in greco infatti di fronte a questi sei termini, se si eccettuano

semeion e sema che indicano genericamente il " segno" possiamo porre solo téras. Quasi tutte queste parole vengono elencate, al plurale, da Ci­ cerone nel De divinatione e sono sostanzialmente equivalenti. Egli immagina, con un po' di civetteria, che Quinto gli rammenti il suo gusto etimologizzante e riferendosi alla grandissima perizia acqui­ sita dagli Etruschi nell'interpretare i prodigi afferma: Quorum qui­

dem vim, ut tu soles dicere, verba ipsa prudenter a maioribus posita declarant. Quia enim ostendunt, portendunt, monstrant, praedicunt, ostenta, portenta, monstra, prodigia dicuntur55 (div. l , 93 ) . Cicerone è consapevole dell'inferiorità dei Romani rispetto ai Greci nella fi­ losofia (e quindi della frequente inadeguatezza della lingua latina a rendere termini filosofici greci e della necessità talvolta di coniare termini latini corrispondenti, che è il metodo preferito da Lucrezio, talaltra di usare tali e quali le parole greche) , tuttavia ritiene che in certi casi la lingua latina possieda , per una sorta di filosofia incon­ scia, parole più appropriate di quella greca. Così nel caso di divi­ natio (la parola latina che Cicerone connette immediatamente con divus, parola arcaica più solenne di deus) la parola latina appare più adatta a derivare la divinatio dalla divinità. È vero che l'idea della sapienza insita nelle parole stesse è già greca, da cui il concetto di " etimologia " come ritrovamento del vero ( "etymos" ) significa­ to originario, concetto che starà alla base di molte speculazioni di Hegel, Freud e soprattutto Heidegger. In ogni modo, da Platone in poi, l'etimologia è sempre stata considerata la ricerca di qualcosa che ci illumina sul più profondo e più autentico significato della parola. Nel corso di una ricerca etimologica cercare di identifica­ re quello che Mario AlineP6 ha definito, coniando un neologismo, iconimo (un alloantesemema ossia etimo che mostra un significato diverso da quello originario, indipendentemente dalla conservazio55 Cic. de div. l , 93 "Il cui significato come tu sei solito dire è dimostrato dalle parole stesse foggiate sapientemente dai nostri antenati " . L'elenco torna simile in nat. 2, 7 : praedictiones vero et praesensiones rerum /utu­

rarum quid aliud declarant nisi hominibus ea quae sint ostendi monstrari portendi praedicz� ex qua illa ostenta monstra portenta prodigia dicuntur. 5 6 M. Alinei, L'origine delle parole, Roma 2009, p. 289. XXXVI I

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ne o mutamento della forma) è la sola che possa causare, in chi si confronta con essa, quell'esperienza che i tedeschi chiamano con definizione intraducibile una aha-erlebnis, cioè letteralmente " un 'e­ sperienza di tipo ' ah ! ' , di illu minazione intellettuale, di scoperta illuminante" . Come appunto può avvenire per esempio quando si scopre che parole come "sciagura " o " sciagurato " con la loro con­ notazione così carica di oscure minacce, quasi di divina maledizio­ ne, derivano dall'iconimo ex-auguria e cioè dal sacro terrore che doveva invadere il credente quando gli auspici che si traevano dal volo degli uccelli, o da altri segni premonitori, erano negativi. Quando affrontava il problema della predizione del futuro Ci­ cerone a proposito di praesagire scriveva: Neque enim illud verbum

temere consuetudo adprobavisset, si ea res nulla esse! omnino: "prae­ sagibat animus frustra me ire, cum exirem domo". Sagire enim sentire acute est; ex quo sagae anus quia multa scire volunt, et sagaces dicti canes. Is igitur qui ante sagit quam oblata res est, dicitur praesagire, id est futura ante sentire (div. l , 65)'7• In questo breve excursus sulla saggezza insita nelle parole stesse, esempio di digressione linguisti­ ca che appare più frequente nelle Tusculanae5 8 , Cicerone presenta il verbo semplice sagire che non si trova in testi a noi giunti ma che sarà certo esistito anche se resta difficile dire se Cicerone lo abbia dedotto da praesagire o lo abbia letto in testi arcaici perduti. Quin­ to cita qui il settenario trocaico praesagibat animus frustra me ire, cum exirem domo che in Plauto aul. 1 7 8 presenta l'indicativo (cum exibam). Cicerone, citando a memoria, vi sostituisce il congiuntivo exirem che non è solo più consono alla sua sintassi, ma sta a indi-

57 Cic. de div.

l, 65 : " Né l'uso avrebbe consacrato a caso quella parola 'presagire' se a essa non corrispondesse proprio alcuna realtà: " Me lo pre­ sagiva il cuore, uscendo di casa che sarei venuto inutilmente " . Sagire difatti significa 'aver buon fiuto' donde si chiamano sagae le vecchie fattucchiere perché pretendono di saper molto e 'sagaci' son detti i cani. Perciò chi ha la sensazione (sagit) di qualcosa prima che accada si dice che 'pre-sagisce' ossia sente in anticipo il futuro " . Cfr. S. Timpanaro, in Cicerone, Della di­ vinazione, Milano 1988, p. 282. La parola ha riscontro anche in altre lingue indoeuropee, per es. nel tedesco suchen "cercare " , ma in origine " fiutare in cerca della cacciagione " . 5 8 Per esempio 3 , 23 . XXXVIII

Parole e prodigi care anche una differenza semantica: in Plauto infatti l'azione si riferisce a un momento preciso di cui l'interlocutore è al corrente, con il congiuntivo il locutore fornisce un'informazione dello stesso valore semantico di quella che dà nella proposizione principale. Tornando all'elenco di parole di Cicerone: le relazioni che qui stabilisce sia a giusto titolo tra ostentum, portentum, monstrum e i verbi ostendere, portendere, monstrare, sia a torto tra prodigium e praedicere non sono un fedele riflesso degli usi dei sostantivi che nei testi sono spesso molto lontani dall'annuncio dell'avvenire. Certi grammatici giungevano a opporre tra loro i nomi dei pro­ digi a seconda che predicessero un avvenire prossimo o lontano, così nell'Appendix Probi5 9 si legge: inter ostentum et monstrum et

prodigium et portentum hoc interest, quod ostentum et monstrum praesentia ostentant, prodigium autem et portentum futura significant; e in Servio60 si trova: (monstrum) dictum a monstrando et re/ertur ad praesens eius significatio; prodigium autem est quod in longum tempus dirigi! significationem. La parola prodigium è la meno p resente in Cicerone (29 esempi) che predilige ostentum " apparizione" e mostra di considerare que­ sta, rispetto ad altre espressioni, un termine più tecnico (32 esempi nelle opere filosofiche) . In Livio troviamo 129 occorrenze di prodi­ gium; egli si serve di esso come termine generale che ingloba tutti i fenomeni meravigliosi a fronte di 39 di miraculum, 29 di omen, 10 di portentum, e una sola di monstrum. In Ossequente 12 volte prodigium, 2 omen, l miraculum. Svetonio mostra una netta preferenza per ostentum di cui si ser­ ve 18 volte mentre utilizza 5 volte prodigium e due portentum e monstrum. Si noterà come monstrum sia poco usato dai prosatori, fatta eccezione per Cicerone in cui si trova con valore religioso di "prodigio " nelle opere filosofiche (9 casi su 1 5 ) , mentre prevale in una quarantina di casi l'accezione non religiosa61• Monstrum è il 59 Keil GL IV, p. 200, 6. 60 Serv. ad Aen. 2, 68 1 . 61 Gli esempi di prodigium in Valeria Massimo sono 1 7 , in Tacito 16; mira­ culum ricorre 9 volte in Valeria Massimo, 1 1 in Seneca, più di 70 volte in Plinio ilVecchio, 19 in Tacito e 12 in Apuleio. Per portentum abbiamo una cinquantina di esempi in Cicerone, 8 esempi nelle opere in prosa di Seneca. XXXIX

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termine più usato per indicare il prodigio in poesia62• Alle forme di divinazione naturale romana sono da riportare le " voci" che si odono provenienti non si sa da quale divinità (div. l , 9 9 e 1 0 1 ) : Sisenna narra che all'inizio della guerra marsica ex oc­ culto auditas esse voces, quae pericula belli nuntiarent; spesso anche si narra che nelle battaglie si udirono le voci dei Fauni e nel corso di tumulti parole che predicevano il vero, provenienti non si sa da dove. In Livio, vox, riferita a dei, a uomini e ad animali, può essere

ingens, horrenda, nocturna, caelestis. Una di queste voci profetiche alla quale non si era dato ascolto prima della presa di Roma da parte dei Galli fu personalizzata in una divinità Aius Locutius come lo chiama Livio o Aius Loquens come lo chiama Cicerone a cui fu consacrato un altare ( 1 , 1 0 1 ; 2 , 6 9 ) . Livio narra che nello stesso anno il plebeo Marco Cedicio riferì ai tribuni che nella via Nuova dove ora c'è una cappella, più su del tempio di Vesta, egli aveva udito nel silenzio una voce più forte di quella umana che gli ordinava di avvertire i magistrati che si sta­ vano avvicinando i Galli. Di questa notizia, come suole avvenire, non si tenne alcun conto per la bassa condizione dell'informatore, e anche perché si trattava di una popolazione lontana e perciò poco conosciuta (5 , 3 2 , 6 -7 ) . Dopo la conseguente invasione di Roma da parte dei Galli e la loro cacciata a opera di Camillo, fu fatta la pro­ posta di espiare la voce notturna che era stata udita annunciare la sconfitta prima della guerra gallica e si ordinò di costruire un tem­ pio sulla via Nuova dedicato ad Aio Locuzio. Cfr. anche Plutarco Cam. 14 e 3 0 : neòn Phemes kaì Kledònos. Aius e Locutius o Loquens sono in relazione con verbi, aio e lo­ quor, che significano dire, parlare. Varrone nelle Antichità divine63 ci dice la ragione per cui venne chiamato così: Aius deus appellatus

araque ei statuta est quae est infima nova via, quod eo in loco divini­ tus vox edita era!. Mettendo a confronto aio con gli altri verbi di parola, si può con62 Cfr. Cl. Moussy, Esquisse de l'histoire de monstrum, in «Revue des études latines» 55 ( 1 977), p. 348. 63 Varro div. apud Geli. 16, 17, 2. In questo stesso passo Gellio fa riferi­ mento a Vaticanus: ita Vaticanus deus nominatus, penes quem essen! vocis

humanae initia. XL

Parole e prodigi

statare che i dizionari attribuiscono ad aio solo il senso di " dire " . Donato64 riporta un'osservazione curiosa: aio s i applica a invisa, vana, contemnata, falsa, a cose sgradevoli, vane, disprezzabili, false. Secondo E. Benvenisté5, a giudicare dalle funzioni caratteristi­ che di questo verbo aio, tenuto conto del derivato nominale Aius doppiato ed esplicitato da Locutius si può dire che aio si riferisce dapprima all'enunciato letterale della parola e che questo enuncia­ to porta in se stesso una certa autorità. Che aio implichi un'enun­ ciazione di autorità si ricava anche dalle accezioni più banali. È per questo che nelle espressioni giuridiche è di rigore aio e non dico; aio non enuncia un'opinione, un parere, ma un detto d'autorità che ha valore di impegno. Di qui l'espressione !ex ait mentre non si trova !ex dicit. Così si scriverà Livius ait quando si citano le parole esatte, in casi in cui si presume che esse abbiano una autorità. Aio si oppone a nego e significa " dire di sì"66• Ha valore di affermazione categorica e po­ sitiva. Colui che usa aio assume in proprio un'asserzione di verità. Il dio Aius è chiamato così quod divinitus vox edita est, perché una voce divina si è fatta sentire. Il suo nome non è Dicius, ma Aius, è una voce investita di autorità. A questo punto possiamo esaminare il termine prodigium, che presenta qualche difficoltà in quanto i suoi elementi di formazione sono da interpretare. Partiamo dal verbo difettivo aio che rappresenta un antico *ag-yo. Benveniste fissa la derivazione da prad (= pro- davanti a vocale, cfr. prod-eo) e -agium, derivato nominale di ag- che è radice del sostantivo adagio ( -onis, f. ) con il suo doppione adagium " adagio, proverbio " : prodigium e adagium si ricollegherebbero dunque am­ bedue alla radice di aio, ag-. Contro questa derivazione si confronti­ no però le obiezioni in Ernout-Meillet che propendono per l'estra-

Don. in Ph. 3 80: ait dicimt�s de eis qui vana loquontur; dicere autem dici­ mus de eis qui validiora. La distinzione non è tuttavia fondata; in Eun. 428 Fest. p. 12 Adagium ad agendum apta. 65 E. Benveniste, Ilvocabolario delle istituzioni indoeuropee, trad. it. , II, Torino 1 976, p. 483 . 66 Cfr. Naev. Com. 125: an nata sponsa est pregnans? Vel ai vel nega. 64

=

XLI

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neità dei due vocaboli prodigium e adagium67• Errata in ogni caso è la derivazione di Cicerone e di qualche altro grammatico antico da: praedicere " p redire"68• Secondo i Glossari latini adagio (adagium) corrisponde per il senso al greco prooimion " preambolo, esordio " . Il passaggio da adagio a d adagium sembra dovuto all' analogia con proverbium di cui adagium sarebbe sinonimo, ma questo senso non si accorda con quello del gr. prooimion "proemio " sia musicale sia oratorio, " esordio " . Bisognerebbe interpretare adagio come un proverbio che si cita come esordio per dare un tono al discorso. La mancanza di esempi letterari rende tuttavia difficile la conferma. Solo in Varroné9 si incontra vetus adagio est. Tornando a prodigium, suggestiva appare la possibilità di utiliz­ zare la descrizione di un prodigio che ebbe luogo sotto il re Tullo e è narrato da Livio l , 3 1 . Dopo la disfatta dei Sabini, fu annunciato al re e ai senatori che vi era stata una pioggia di pietre sul monte 67 In particolare rifiutano il significato di prodigium parola profeti ca poi­ ché non c'è nulla nell'uso del termine che testimoni in epoca storica questo senso e soprattutto perché la a di adagium si presuppone lunga (p. 34). 68 D a notare che Cicerone usa più spesso nelle orazioni prodigium i n senso traslato " azione mostruosa " e addirittura personificato " uomo nefando" a proposito di Catilina. 69 Varro l. L. 7 , 3 1 : Apud Valerium Soranum: Vetus adagio est, o Publi Scipio, quod verbum usque eo evanuit, ut Graecum pro eo positum magis sit apertum: nam idem est quod paroimian vocant Graeci, ut est: Auribus lupum teneo; Canis caninam non est. Adagio est littera commutata am­ =

bagio, dieta ab eo quod ambit orationem, neque in aliqua una re consisti! sola. Ambagio dieta ut ambustum, quod circum ustum est, ut ambegna bos apud augures, quam circum aliae hostiae constituuntur. '1n Valerio Sorano si legge: c'è un vecchio adagio o Publio Scipione. Quella parola adagio è a tal punto uscita d'uso che è più facilmente compreso il termine greco che l'ha sostituita. Infatti significa la stessa cosa di quello che i Greci chiamano paroimia, proverbio, come per esempio "Tengo il lupo per le orecchie; cane non mangia cane " . Adagio non è altro che ambagio col mutamento di una lettera. Essa vuol dire che chi parla gira intorno ambit al discorso e non si ferma esclusivamente su qualche singolo argomento. Ambagio ha la stessa formazione di ambustum che vuol dire ciò che è bruciato intorno e di vacca ambegna, termine in uso nel linguaggio augurale per indicare la vacca intorno a cui sono collocate altre vittime " . Ma adagio non è la stessa cosa di ambagio. XLII

Parole e prodigi

Albano. Si inviò qualcuno a verificare il prodigium (ad id visendum prodigium) . Questi videro in effetti cadere una grossa pioggia di pietre simili a grandine e credettero anche di sentire una grande voce (visi etiam audire vocem ingentem) che si levava dal bosco che coronava la sommità e che prescriveva agli Albani sacrifici secondo i loro riti nazionali. In seguito a questo prodigio i Romani fecero anche una novena sia che una voce celeste l'avesse prescritta dal monte Albano, sia su consiglio degli aruspici. In origine dunque il prodigium sarebbe stato il prodigio di una voce divina che si fa sentire fra gli altri segni. A sostegno dell'ipotesi formulata come detto da Benveniste per arrivare alla definizione di prodigium si può aggiungere che è questa la prima occorrenza liviana in cui una vox celeste è avvicinata al vocabolo prodigium. Dunque anche per Aius Locutius bisogna tener conto di quel processo di istituzionalizzazione che è tipico della religione ro­ mana: quella che era stata una voce misteriosa diviene un dio col suo tempio, col suo culto. L' aspetto anomalo e terrificante viene in qualche modo esorcizzato anche se, come osserva Cicerone, in modo spiritosamente efficace: Quid ergo? Aius iste Loquens, quom

eum nemo notat, et aiebat et loquebatur et ex eo nomen invenit; posteaquam et sedem et aram et nomen invenit, obmutuit.' Il dio si guadagnò il nome tratto da due verbi ( che significano " parlare" ) parlando una volta sola: ottenuto il nome e tutti gli onori divini, non parlò più . Qualcosa di analogo è accaduto per Giunone Moneta se si accet­ ta l'etimologia da monere considerata dai più come una posteriore etimologia popolare, ma probabilmente originaria70• Occorre insistere sul carattere momentaneo di queste e di altre divinità romane primitive. Come ha sottolineato Alfonso Traina71 , la religione romana è immersa nel tempo. Le sue divinità più carat­ teristiche sono divinità dell'istante: prive di forma e di mito, esse si rivelano nell'azione, sia che scandiscano i ritmi della vita e del lavoro umano (sono più di cento le divinità note negli Indigitamen-

70 G. Devoto, Avviamento all'etimologia italiana, Firenze 1 967, p. 272. 7 1 A. Traina in F. Stolz-A. Debrunner-W.P. Schmid, Storia della lingua lati­ na, Bologna 1973', pp. X-XI. XLIII

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ta7 2 ) sia che divinizzino un momento storico irripetibile, come Aius Locutius e Tutanus Rediculus73 • È utile ricordare che l'etimologia 72 n termine è di etimologia oscura; si tratta probabilmente di un frequen­ tativo composto dal preverbio ind-, è forse conservato in un vecchio verbo del rituale, indigitare " invocare gli dei " da *en-ag-itare (cfr. P. -F. 101, 1 1 in­ digitanto: imprecanto) . Da lì indigitamenta, -orum "invocazione rivolta agli dei chiamandoli successivamente con i loro diversi nomi; sorta di litanie" . S i tratta di una raccolta d i preghiere o formulario pontificale i n cui figu­ ravano i nomi di divinità da invocare in diverse circostanze della vita e il cui ufficio era già indicato dal nome stesso (Serv. ad georg. I 2 1 : numina nominibus o/ficiis constat imposita). n solo testo che menziona gli Indigita­ menta pontificali è sempre Servio che ad georg. I 2 1 aggiunge: nomina haec

numinum in Indigitamentis inveniuntur, id est in libris pontificalibus qui et nomina deorum et rationes ipsorum nominum continent, quae etiam Va"o dicit. Per molte divinità funzionali la ratio equivale all'etimologia e questo era forse il modo per individuare con certezza il nome del dio che presie­ deva all'attività per la quale l'uomo chiedeva aiuto. Sappiamo da Censorino (3,2 ) che l'antiquario di età cesariana Grannio Fiacco scrisse un'opera sugli indigitamenta; è tuttavia probabile che tutte le testimonianze che posse­ diamo al proposito siano da riportare a Varrone che doveva attingere agli archivi pontificali quando scriveva il XIV libro delle Antiquitates divinae da cui derivano più dei nove decimi dei nomi che possediamo e a cui si sono rifatti Tert. ad nat. 2, 1 1 e August. de civ. 4, 8, 1 1, 1 6, 2 1 e 6, 9. Cfr. A. Bouché-Leclerc, art. lndigitamenta, in Darenberg-Saglio, Dictionnaire des antiquités grecques et romaines d'après !es textes et !es monuments, Paris 1899. Interessante è notare che in questo elenco Aius Locutius è indicato tra i Dii praesides puerilitatis. Si veda anche S. Fasce, I.;interpretazione del politeismo romano da Va"one a Usener, in "Cultura e Scuola " 106 ( 1 988), p. 35. Per una storia degli Indigitamenta è oggi fondamentale lo studio di M. Perfigli, Indigitamenta. Divinità funzionali e Funzionalità divina nella Religione Romana, Pisa 2004, in particolare per l'etimologia pp. 248-25 1. 73 Tutanus Rediculus ( d a redeo) è l a forza che fermò Annibale davanti alla Porta Capena e che in sogno lo indusse a rientrare in patria. P. Fest. p.

355 : Rediculi /anum extra portam Capenam /uit, quia accedens ad Urbem Hannibal ex eo !oca redierit quibusdam perterritus visis. L'etimologia risale a Cornificio: P. Fest. p. 354, 25, ma il collegamento a tale episodio della guerra annibalica è ritenuto secondario da Pfister, s.v. Rediculus in P.-W. RE I a l ( 1 914), p. 449. R. Peter, art. lndigitamenta in Roscher, p. 1 86 ritie­ ne che si tratti di nomi doppi provenienti probabilmente dalla fusione di due divinità di funzione identica come Vica - Pota Vittoria. =

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Parole e prodigi

del nome, la conoscenza precisa della verità in esso racchiusa serve a percepire senza ambiguità il dio da invocare74 e l'invocazione era intimamente connessa con la scelta esatta del nome, entro cui l'eti­ mologia rappresentava un valido strumento di verifica e convalida e assumeva l'aspetto di una formula75• li Romano, secondo Altheim76, non rappresenta la divinità come un essere fisso, ma come una for­ ma che si manifesta nel tempo. Gli dei avevano bisogno di un atto per sorgere e perciò erano essi stessi attivi, erano agenti come espri­ mevano i loro nomi. Per il Romano dunque conta soprattutto il momento presente e l'immediato dell'azione. La stessa divinità maggiore, di origine in­ doeuropea, Iuppiter, è presentata sub specie temporis, nella persona del flamen Dialis, la cui intera esistenza è un unico, continuo atto culturale. Il neutro monstrum si ricollega al verbo monstrare, ma con una differenza di senso molto marcata. È probabile che monstrare sia il denominativo di monstrum, ma fin dall'inizio i due termini non hanno più niente in comune perché monstrare significa generica­ mente " mostrare " e monstrum designa in generale una " cosa che esce dall'ordinario " , a volte qualcosa di orribile, che viola l'ordine naturale delle cose, un "mostro " , monstrum horrendum (Verg. ) . I Latini avevano coscienza della formazione della parola: monstrum sta per monestrum, da moneo77• A partire dunque da moneo per 74 Cfr. M. Salvadore, Il nome, la persona. Saggio sull'etimologia antica, Tivoli 1987, pp. 81 ss. 75 D. Gambarara, Alle fonti della filosofia del linguaggio, Roma 1984, pp. 19 ss. 7 6 F. Altheim, La religion romaine antique, trad. frane. Paris 1 955, p. 66. 77 Fest. p. 122, 7-8: monstrum ut Aelius Stilo (fr. 17 Fun . ) interpretatur, a monendo dictum est velut monestrum. E ancora citando Sinnio Capitone (fr. 7 Fun.) quod monstret /uturum et moneat voluntatem deorum. Citando Var­ rone Serv. Dan. ad Aen. 3 , 366 scrive monstrum quod monet; ma anche Isid.

orig. 1 1 , 3, 3: portenta . . . a portendendo . . ., ostenta quod ostendere quidquam /uturum videantur, prodigia quod porro dicant . . . , monstra vero a monitu die­ ta, quod aliquid significando demonstrent, sive quod statim monstrent, quid appareat; et hoc proprietatis est, abusione tamen scriptorum plerumque cor­ rumpitur. Cfr. anche Non. 429, 27 M. 693 L.: monstra et ostenta similiter intelleguntur, quod imminentia monstrent et ostendant; Aug. civ. 2 1 , 8: mon­ strum a mostrando quod aliquid significando demonstrent dictum est. =

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stabilire quale sia il senso di monstrum può essere d ' aiuto partire dal denominativo monstrare la cui significazione (senso primario) non è stata modificata da considerazioni religiose. Vi è anche un altro verbo che più comunemente significa " mostrare " , ostendo. La differenza sta nel fatto che monstrare non è tanto " mostrare" un oggetto quanto " insegnare una condotta, prescrivere la via da seguire "78• Se pertanto da montrare si risale a monstrum per ritro­ vare il senso letterale cancellato dall'uso religioso, monstrum deve essere inteso come " consiglio, avvertimento " dato dagli dei. Poi­ ché gli dei si esprimono con prodigi, con segni particolari, un av­ vertimento divino prenderà l'aspetto di un oggetto o di un essere soprannaturale. Festo79 dice " si chiamano monstra quelle cose che escono dal mondo naturale, un serpente con i piedi, un uccello con quattro ali, un uomo con due teste " e solo la potenza divina può ricorrere a questo tipo di " avvertimenti " , così il senso originario di monstrum si è perso nella sua designazione, ma nella forma di monstrum non vi era nulla che richiamasse questa nozione di mo­ struoso se non il fatto che nella dottrina dei presagi un " mostro " rappresentava un " insegnamento, un avvertimento " divino. L'uso traslato di monstrum è attestato già in Flauto (asin. 2 86 ) e in Teren­ zio (eun. 3 3 4 ) ; così anche in Lucrezio (5 , 845 ) monstra ac portenta sono definiti gli androgini e i corpi deformi creati dalla terra. È possibile dunque individuare una iniziale differenza tra monstrum da una p arte e ostentum e portentum dall 'altra poiché in ambedue questi ultimi termini si è mantenuto il senso di " an­ nunciare, mostrare " . Essi hanno infatti forma p assiva, che pre­ suppone la p resenza di un agente, in questo caso il dio che ha inviato un suo segno, ha manifestato la sua collera per mezzo di un dato fenomeno. Si tratta di derivati da composti dello stesso

7 8 Esempi in Pl. Bacch. 133 qui tibi nequiquam saepe monstravit bene; Men. 788 quotiens monstravi tibi ut. 79 Fest. p. 146, 32-35: monstra dicuntur naturae modum egredientia ut ser­ pens cum pedibus, avis cum quattuor alis, homo cum duobus capitibus, iecur cum distabuit in coquendo. XLVI

Parole e prodigi

verbo tendo: obs-tendo 80 e *por-tendo81 di senso identico " mette­ re davanti, presentare, esporre " , ma h anno una frequenza d ' uso diseguale perché ostendo è largamente attestato, partendo è limi­ tato alla sfera dei presagi82. In senso stretto ostentum e portentum significano " cosa presentat a " e il valore di presagio assunto da questi termini in seguito non era compreso nel significato prima­ rio83. Da Varrone in poi portentum, secondo il parere unanime

80 Ob!obs è preverbio che indica che l'azione è prodotta " contro qualcosa, di fronte o a fronte di qualcosa " . L'esempio presente in Catone de agr. 6, 2 ager qui soli ostentus erit " un campo esposto al sole " , con questo senso di " teso incontro a" ci fa capire che ostentum in senso religioso indica un presagio " teso di fronte a, offerto agli occhi" , un segno " porto alla vista per essere interpretato " . BI n ruolo giocato dal preverbio por- è qui essenziale. Gli antichi lo in­ terpretavano come equivalente a porro, così Festo p. 284, 6-7 : portenta, quae quid porro tendatur, indicent e Frontone (Keil GL VII p. 520) porten­

tum quod porro et diutius manet /uturumque postmodum aliquid significa!. Dunque essi sostenevano che si trattasse di un prodigio a lunga scadenza. Questo prefisso è scarsamente presente, ma gli esempi sono tutti signifi­ cativamente legati al campo religioso: porrigo " stendere, offrire qualcosa" ; polluo " sporcare, profanare" ; polliceor "promettere " ; polluceo e porricio due verbi relativi alle offerte. I dizionari attribuiscono a por- lo stesso senso di pro- e prae-, ma più precisamente in por- c'è l'idea di " tirare, stendere" per esempio in porricio che vuoi dire " gettare (le interiora) sulla larghez­ za intera (dell'altare) " : Plaut. Pseud. 2 65 . Cfr. anche Cic. ad Att. 5, 1 8 , l inter caesa et porrecta " all'ultimo momento " . Benveniste (cit., p. 48 1 ) pre­ senta una serie di esempi raccolti da Livio in cui portendere designa una serie di presagi che annunciano awenimenti che si succedono nel tempo e conclude che portentum, a differenza di ostentum, presagisce non solo un awenimento, ma un panorama tutto intero, svelando così una grande porzione dell' awenire. 82 Così in Obs. partendo è sempre legato ai prodigi, mentre ostendo in un'occorrenza ha significato di " mostrare " 52 , 1 2 . 83 Questo è quanto sostiene R . Bloch, Prodigi e divinazione nel mondo an­ tico, trad. it. 1 977 2 , p. 78, che respinge quanto riportato nel Dictionnaire étymologique di Ernout-Meillet (p. 927 ) in cui si legge alla voce portento: portentum: presagio rivelato da qualche fenomeno strano o contrario alle leggi naturali, da cui " cosa meravigliosa, mostruosità, mostro " . XLVII

Silvana Rocca degli eruditi, è considerato un segno p refigurante il futuro84• Per quanto riguarda ostentum, la storia della p arola si può ricostruire all'inverso di monstrum: il termine significava all'inizio " fenome­ no, essere anormale " da cui " p rodigio, mostro " e soltanto più tardi ha avuto il significato di " p resagio dato da un fenomeno " . L a nozione d i p resagio è dunque qui del tutto secondaria85• Una distinzione tra ostentum, portentum e monstrum è tentata da Festa (284 , 4 -9 ): Portenta existimarunt quidam gravia esse, ostenta

bona: alii portenta quaedam bona, ostenta quaedam tristia appellari. Portenta, quae quid porro tendatur, indicent: ostenta, quae tantum modo ostendant; monstra praecipiant quoque remedia. Anche Nonio Marcello, nel De dt//erentia similium significationum indica per due volte in maniera organica le differentiae appunto: nel pri­ mo esempio, troviamo mostra et ostenta similiter intelliguntur, quod imminentia monstrent et ostendant. Omen vero votum est mentis et vocis; unde sacrificantibus dicitur: "bona omina habete", id est, ut circumstantes et mente recta velint et bona oribus pro/erant. Porten­ tum non solum quod portendat, sed quod etiam portenta adportet et faciat ex his significationibus quae in auspiciis, auguriis, extispicinis ostenduntur. Prodigium autem semper pessimum est, dictum quasi porro adigendum86. In questo passo Nonio azzarda per portentum Varro fr. 440 Fun. Serv. Dan. ad Aen. III 3 66 portentum quod aliquzd /uturum portendit; Fest. 122, 12 L. portentum, quod portendat et significet; Charis. p. 520, 30 B. portentum quod porro et diutis manet /uturumque postmodum aliquid significai; App . Prob. 47 prodigium . . . et portentum /u­ tura significant. 85 C. O. Thulin notava già a proposito di ostentum e portentum: "ut simili modo ficta, ita ex principio idem significasse videntur: das Vorgerhallene" : Synonima quaedam latina (prodigium, portentum, ostentum, monstrum) in Commentationes philologicae in honorem Iohannis Paulson, Gi:iteborg 1 905 , pp. 1 94-2 1 4 . Cfr. anche E. Riess, s.v. ostentum in P.-W. RE XVIII 1 942 , eli. 1642 - 1 646 e P. Handel, s.v. portentum in P. -W RE :XXIII 2, 1 959, eli. 2283 -2296; U. Lugli, Portentum in Nonio, in Studi Noniani XXII, Ge­ nova 1 987 , pp. 67 -73 ; S. Fasce, s.v. portentum in Enciclopedia Virgiliana, 84

=

Roma 1 988, p. 222 . Segue la citazione di Verg. Aen. III 3 65-366: sola novum dictuque ne/as Harpyia Caeleno l prodigium canit et tristes denuntiat iras; Non. 429, 27 M. = 693 -694 L. già in parte riportato in n. 20. Prodigium manterrà anche

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un'originale p aretimologia, ma l'interesse principale sta nel fatto che si tratta dell'unica tra le fonti antiche in cui si stabilisce un rapporto tra le significationes dei portenta e quelle dell'aruspicina, gli auspicia, che ben mette in evidenza le mutate caratteristiche dei prodigi a Roma nell'età tardo-repubblicana e imperiale. Il porten­ tum, in quanto manifestazione della collera divina, indicava qualco­ sa che già era accaduto, non poteva essere che nefas e richiedeva di ristabilire la concordia attraverso la procuratio; si differenziava dagli auspicia che erano in relazione con atti da compiersi e perciò in­ coraggiavano o ostacolavano. Più tardi il portentum diviene segno ambivalente della disposizione divina87 • Nel secondo esempio, poco più avanti, monstra et prodigia et

portenta hoc distant, quod sunt monstra ostenta et monita deorum . . . portenta ostenta quae aliquid inminere significantB8, Nonio sottoli­ nea per portentum il senso di minaccia incombente. Per quanto concerne omen i Latini nei loro tentativi etimologici per spiegare il vocabolo cercavano di riportarlo alla sfera della pa­ rola e così Varrone accostava omen a os, come oro oppure osculum e quod ore primum elatum est, osmen dictum89• Anche se omen non ha nulla a che vedere con os, rimane culturalmente interessante il fatto che i Romani abbiano messo in relazione i due termini90• Sulla scorta del passo noniano sopra citato si può pensare a una parola di buon augurio, annunciatrice della sorte. Vale la pena di soffermarsi un momento sulla definizione di Nonio: omen vero vo­

tum est mentis et vocis; unde sacrificantibus dicitur: "bona omina habete", id est, ut circumstantes et mente recta velint et bona oribus pro/erant. Da questa sembrerebbe derivare che omen è un augurio

in età tardo-repubblicana l'originaria connotazione negativa: Charis. p. 3 89, 5 B. 87 Come scrive Serv. ad Aen. VII 58: portenta: signa quae sunt media. . . nam

et bona et mala sunt portenta. 88 Non. 3 3 5 , 26 M. = 701 L. 89 Varro de l. L. 6, 76 et 7 , 97 . Ma amen non ha null a a che vedere con os. 90 " Si sa in quale conto i Romani tenessero i loro omina vocali, ugualmente presagi di voci colte al volo, frasi ingenue, involontarie, che pure contene­ vano un messaggio profondo e spesso fondamentale per la persona a cui erano dirette" : M. Bettini, Le orecchie di Hermes, Torino 2000, pp. 6-7 . XLIX

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legato non solo alla parola ma anche alla retta disposizione d'animo nei sacrifici agli dei91. Oggi si può ricostruire il significato di omen partendo dal radica­ le latino o- paragonato direttamente al tema verbale ittita ha- " cre­ dere, considerare vero " , quindi si interpreterà omen come " dichia­ razione di verità " 92. Miraculum deriva da mirus93, significa " stupefacente, meravi­ glioso " ed evoca la meraviglia dello spettatore in p resenza di un raro fenomeno inviato dalla divinità. Scrive Nonio: mira et mi­ racula veteres pro monstris vel horrendis ponebant94 e P. Pesto (p. 1 1 0, 4 -5 ) : miracula, quae nunc digna admiratione dicimus, antiqui in rebus turpibus utebantur. Tuttavia molti esempi sembrano con­ traddire questa definizione, come per esempio l'episodio narrato da Livio relativo a una battaglia tra Veienti e Tarquinesi e Roma­ ni95. I Veienti furono sbaragliati, mentre Tarquinia e gli Etruschi pur essendo risultati vincitori si ritirarono senza attendere l'esito finale: Addiciunt miracula buie pugnae: silentio proximae noctis ex

silva Arsia ingentem editam vocem; Si/vani vocem eam eredita m: uno plus Tuscorum cecidisse in acie; vincere bellum Romanum. Ita certe 9 1 Poco prima Nonio aveva scritto (357 , 26 = 567 M . ) amen dicitur auspicium prosperum, subito dopo aggiungendo un esempio di adversa significatio. 92 E. Benveniste, Le vocabulaire, cit. , p. 478. 93 Varrone (fr. 440 Fun. = Serv. Dan. ad Aen. III 3 66) scrive miraculum quod mirum est. Tra le formazioni uscenti in -lo- non diminutive, gli agget­ tivi in -culo- Ancilia cum crepitu sua spante mota. Servus Q. Servilii Caepionis Matri Idaeae se praecidit, et trans mare exportatus, ne unquam Ro­ mae reverteretur. Urbs lustrata. Capra cornibus ardentibus per ur­ bem ducta, porta Naevia emissa relictaque. In Aventino luto pluit. Lusitanis devictis, Hispania ulterior pacata, Cimbri deleti.

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Capitolo 44 (652 a.U.c. / 1 02 a.C.) Consolato di Gaio Mario e Quinto Lutazio238 Furono compiuti riti espiatori per nove giorni perché nel territorio dell'Etruria erano piovute pietre. Per ordine degli aruspici la città fu purificata239• A cura dei decemviri le ceneri delle vittime sacrificali furono disperse in mare e per nove giorni una processione di supplici fu guidata dai magistrati della città e dei municipi240 intorno a tutti i templi. Le lance sacre di Marte si mossero da sole nella regia. Nella zona del fiume Aniene241 piovve sangue. Uno sciame di api si fermò su un tempietto nel mercato dei buoi242• In Gallia di notte una luce brillò in un accampamento. Ad Ariccia un bambino di nascita libera fu avvolto da una fiamma che non lo danneggiò. Il tempio di Giove chiuso fu colpito dal fulmine243: l'aruspice Emilio di Potenza nel Piceno24\ poiché per primo aveva indicato la riparazione di tale prodigio, ricevette una ricompensa245, mentre gli altri nascondevano che faceva presagire la morte propria e dei loro figli246• In Cilicia i pirati furono sconfittF47 dai Romani, i Teutoni furono sbaragliati da Mario248• Capitolo 44a (653 a.U.c. / 1 0 1 a.C.) Consolato di Gaio Mario e Mania Aquilio249 Gli scudi si mossero da soli250 con fragore. Uno schiavo di Quinto Servilio Cepione251 si evirò252 in onore della Madre Idea253 e fu condotto al di là del mare, perché non tornasse più a Roma254• La città fu purificata. Una capra con le coma infuocate fu portata attraverso la città255, fatta uscire dalla Porta Nevia e abbandonata. Sull'Aventino piovve fango256• In seguito alla sconfitta dei Lusitani257, la Spagna Ulteriore258 fu pacificata. I Cimbri furono annientati259•

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capp. 45 , 46

45 Gaio Mario Lucio Valeria Coss. Fax ardens Tarquiniis late visa subito lapsu cadens. Sub occasu so­ lis orbis clipei similis ab occidente ad orientem visus perferri. In Piceno terrae motu domicilia ruinis prostrata, quaedam convulsa sede sua inclinata manserunt. Fremitus armorum ex inferno audi­ tus. Quadrigae auratae in foro a pedibus sudaverunt. Fugitivi in Sicilia proeliis trucidati.

46 M. Antonio A. Postumio Coss. Bubone in urbe viso, urbs lustrata. Nimbis et procella plurima dis­ sipata, fulmine pleraque tacta. Lanuvii in aede Iunonis Sospitae in cubiculo deae sanguinis guttae visae. Nursiae aedes sacra terrae motu disiecta. Lusitani rebellantes subacti. Sex. Tius tribunus plebis de agris dividendis populo cum repugnantibus collegis perti­ naciter legem ferret, corvi duo numero in alto volantes ita pugnave­ runt supra contionem ut rostris unguibusque lacerarentur: aruspi­ ces sacra Apollini litanda, et de lege quae ferebatur supersedendum pronuntiarunt. Fremitus ab inferno ad caelum ferri visus inopiam famemque portendit. Populus stipem, matronae thesaurum et virgines dona Cereri et Proserpinae tulerunt. Per virgines viginti septem cantitatum, signa cupressea duo Iunoni Reginae posita. In Lusitania prospere a Romanis pugnatum.

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Capitolo 45 (654 a.U.c. l 1 00 a.C.) Consolato di Gaio Mario e Lucio Valeria A Tarquinia260 un fascio di luce261 fu visto per largo tratto mentre precipitava con rapida caduta. Al tramonto un oggetto rotondo simile a uno scudo262 fu visto attraversare il cielo da occidente a oriente263• Nel Piceno da un terremoto abitazioni furono ridotte in macerie, alcune, squarciate le fondamenta264, rimasero inclinate. Fu udito un frastuono di armi sotterraneo265• Le quadrighe auree nel foro trasudarono dalle zampe dei cavalli266• Gli schiavi fuggitivi in Sicilia furono annientati267 senza combattere. Capitolo 46 (655 a.U.c. l 99 a.C.) Consolato di Marco Antonio e Auto Postumio268 Essendo stato visto un gufo a Roma, la città fu purificata269• Molti edifici furono danneggiati da venti tempestosi, parecchi furono colpiti dal fulmine. A Lanuvio270 nel tempio di Giunone Salvatrice271 furono viste gocce di sangue272 nel sacello della dea. A Norcia273 un santuario fu distrutto dal terremoto. I Lusitani ribelli furono sottomessi. Mentre il tribuna della plebe Sesto Tizio con tenacia presentava una proposta di legge al popolo sulla distribuzione delle terre274 con l'opposizione dei suoi colleghi, due corvi volando in alto tanto si combatterono sopra l' adunanza275 che si ferirono a colpi di becco e di artigli. Gli aruspici sentenziarono276 che si dovevano fare offerte sacre ad Apollo e che si doveva soprassedere sulla legge che veniva proposta. Un rumore sordo sembrò diffondersi dalle profondità del terreno fino al cielo277 e annunciò carestia e fame. A Cerere e Proserpina il popolo offrì oboli, le matrone gioielli e le vergini doni votivi278• Ventisette vergini intonarono canti, furono innalzate due statue in legno di cipresso a Giunone Regina. In Lusitania si combatté con successo da parte dei Romani.

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capp. 47 , 48, 49

47 Quinto Metello T Didio Coss. Bubone in Capitolio supra deorum simulacra viso cum piaretur, taurus victima exanimis concidit. Fulmine pleraque decussa. Ha­ stae Martis in regia motae. Ludis in theatro creta candida pluit: fruges et tempestates portendit bonas. Sereno tonuit. Apud ae­ dem Apollinis decemviris immolantibus caput iocineris non fuit, sacrificantibus ·anguis ad aram inventus. ltem androgynus in mare deportatus. In circo inter pila militum ignis fusus. Hispani pluribus proeliis devicti.

48 Gnaeo Cornelio Lentulo P. Licinio Coss. Supplicatum in urbe quod androgynus inventus et in mare depor­ tatus erat. Pisauri terrae fremitus auditus. Muri pinnae, sine terrae motu passim deiectae, civiles portendere discordias. Nursiae simu­ lacrum lovis in partem sinistram conversum. Cupressea simulacra lunoni Reginae posita per virgines viginti septem, quae urbem lu­ straverunt. Celtiberi Maedi Dardani subacti.

49 Gnaeo Domitio Gaio Cassio Coss. Lupus urbem ingressus in domo privato occisus. Bubo in Capitolio occisus. Fulmine pleraque decussa, signa aurata Iovis cum capite columnaque disiecta. Faesulis sanguine terra manavit. Arretii mu­ lieri e naso spicae farris natae, eadem farris grana vomuit. Urbe lustrata Ptolomaeus, rex Aegypti, Cyrenis mortuus S. P. Q. Roma­ num heredem reliquit.

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Capitolo 47 (656 a.U.c. l 98 a.C.) Consolato di Quinto Metello e Tito Didio Dopo che fu visto sul Campidoglio un gufo279 sopra le statue degli dei mentre si facevano pubbliche cerimonie di espiazione, il toro designato come vittima cadde a terra morto280• Molti edifici furono colpiti dal fulmine. Le lance di Marte nella regia si mossero281 • Durante i giochi nel teatro piovve argilla bianca: annunciò raccolti e tempi favorevoli-282 A ciel sereno tuonò. Presso il tempio di Apollo i decemviri che stavano facendo sacrifici non trovarono la cima del fegato283 , nel corso del rito sacrificale fu invece trovato un serpente vicino all'altare. Fu anche abbandonato in mare un ermafrodito284• Nel circo285 tra le aste dei soldati si generò una fiamma286• Gli Ispanici furono sottomessi con numerosi combattimenti. Capitolo 48 (657 a.U.c. l 97 a.C.) Consolato di Gneo Cornelio Lentulo e Publio Licinio Furono compiute pubbliche cerimonie sacrificalF87, poiché era stato ritrovato un ermafrodito ed era stato abbandonato in mare. A Pesaro fu udito un brontolio della terra288• I merli delle mura289 senza scosse di terremoto caddero a terra qua e là e annunciarono discordie civili. A Norcia la statua di Giove si girò dalla parte sinistra290• Furono innalzate statue in legno di cipresso a Giunone Regina con ventisette vergini che purificarono la città. I CeltiberF91 , i Medi e i DardanF92 furono sottomessi. Capitolo 49 (65 8 a.U.c. l 96 a.C.) Consolato di Gneo Domizio e Gaio Cassio Un lupo entrato a Roma fu ucciso in una casa privata293 • Un gufo fu ucciso sul Campidoglio. Molti templi furono colpiti dal fulmine, statue dorate di Giove furono abbattute con la sommità e la base294• A Fiesole la terra trasudò sangue295• Ad Arezzo nacquero spighe di farro dal naso a una donna: la stessa vomitò chicchi di farro296• Purificata la città, Tolomeo, re d'Egitto, morto a Cirene297, designò come proprio erede il senato e il popolo di Roma298•

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capp. 50, 5 1

50 L. Crasso Quinto Scaevola Coss. Caere lacte pluit. Lebadiae Eutychides in templum Iovis Tropho­ nii degressus tabulam aeneam extulit in qua scripta erant quae ad res Romanas pertinerent. Fulminis afflatu pleraque animalia exani­ mata. Venafri hiatu terra alte subsedit. Vultures canem mortuum laniantes occisi ab aliis et comesi vulturibus. Agnus biceps, puer tribus manibus totidemque pedibus natus. [At] Hastae Martis in regia motae. Androgynus Urbino natus in mare deportatus. Pax domi forisque fuit.

51 Gaio Caelio Lucio Domitio Coss. Novemdiale sacrum fuit quod Volsca gente lapidibus pluerat. Vul­ siniis luna nova defecit et non nisi postero die hora tertia compa­ ruit. Puella biceps, quadripes, quadrimana, gemina feminea natura mortua nata. Avis incendiaria visa occisaque. In Vestinis in villa la­ pidibus pluit. Fax in caelo apparuit et totum caelum ardere visum. Terra sanguine manavit et concrevit. Canes saxa, tegulas vultures roserunt. Faesulis ingens multitudo inter sepulcra lugubri veste, pallida facie interdiu ambulare gregatim visa. Per Nasicam Hispa­ niae principes qui rebellabant supplicio consumpti, urbibus dirutis.

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Capitolo 50 (659 a.U.c. l 95 a.C.) Consolato di Lucio Crasso e Quinto Scevola A Cere299 piovve latte. A Lebadia300 Eutichide sceso nel tempio di Giove Trofonio portò fuori una tavola di bronzo sulla quale erano scritti fatti che riguardavano gli affari di Roma. Molti animali furono uccisi dalla vampa del fulmine3°1 • A Venafro302 la terra sprofondò per una voragine303• Mentre stavano facendo a pezzi la carcassa di un cane avvoltoi furono uccisi e divorati da altri avvoltoi. Nacquero un agnello con due teste e un bambino con tre mani e altrettanti piedP04• Le lance di Marte3°5 nella regia si mossero. Un ermafrodito nato a Urbino fu abbandonato in mare306• All 'interno e al di fuori dei confini regnò la pace3°7• Capitolo 5 1 (660 a.U.c. l 94 a.C . ) Consolato di Gaio Celio e Lucio Domizio Furono celebrate cerimonie sacre per nove giorni, poiché in territorio etrusco erano piovute pietre. A Bolsena308 la luna nuova scomparve e non ricomparve se non all ' ora terza del giorno successivo. Una bambina con due teste, quattro piedi, quattro mani e doppi genitalP09 nacque morta. Fu visto un uccello incendiario e fu ucciso. Nel territorio dei VestinP 10 in una tenuta di campagna piovvero pietre. In cielo apparve un bagliore e tutto il cielo sembrò infiammarsi. La terra trasudò sangue e si rapprese. Cani rosicchiarono pietre, avvoltoi tegole. A Fiesole31 1 una grande folla fu vista di giorno aggirarsi in gruppi fra le tombe con vesti da lutto e volto pallido. I capi ribelli di Spagna furono messi a morte da Nasica3 12, distrutte le loro città.

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capp. 52 , 53

52 Gaio Valeria M. Herennio Coss. Romae et circa fulmine pleraque decussa. Ancilla puerum unima­ num peperit. Fregellis aedes Neptuni nocte patefacta. Maris vituli cum exta demerentur, gemini vitelli in alvo eius inventi. Arretii si­ gnum aeneum Mercurii sudavit. In Lucanis gregem vervecum, cum pasceretur et nocte in stabulo, fiamma circumdata nihil adussit. Carseolis torrens sanguinis fiuxit. Lupi urbem ingressi. Praeneste lana volitavit. In Apulia mula peperit. Milvus in aede Apollinis Romae comprehensus. Herennio consuli bis immolanti caput io­ cineris defuit. In sacro novemdiali, cena deae posita a cane adesa antequam delibaretur. Vulsiniis prima luce fiamma caelo emicare visa: cum in unum coisset, os fiamma ferrugineum ostendit, cae­ lum visum discedere, cuius hiatu vertices fiammae apparuerunt. Lustrationibus prospere expiatum: nam totus annus domi forisque tranquillus fuit.

53 Gaio Claudio M. Perperna Coss. Bubo in aede Fortunae Equestris comprehensus inter manus ex­ spiravit. Faesulis fremitus terrae auditus. Puer ex ancilla natus sine foramine naturae qua umor emittitur. Mulier duplici natura inven­ ta. Fax in caelo visa. Bos locuta. Examen apium in culmine privatae domus consedit. Volaterris sanguinis rivus manavit. Romae lacte pluit. Arretii duo androgyni inventi. Pullus gallinaceus quadripes natus. Fulmine pleraque icta. Supplicatio fuit, populus Cereri et Proserpinae stipem tulit, virgines viginti septem carmen canentes urbem lustraverunt. Maedorum gens in Macedonia provinciam cruente vastavit.

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Capitolo 52 (661 a.U.c. l 93 a.C.) Consolato di Gaio Valeria e Marco Erennio A Roma e nel circondario molti templi furono colpiti dal fulmine. Una schiava partorì un bambino con una sola mano. A Fregelle3 13 il tempio di Nettuno di notte si aprì. Mentre si estraevano le viscere di un vitello maschio furono ritrovati nel suo ventre due vitelli gemelli. Ad Arezzo la statua bronzea di Mercurio sudò. Nel territorio dei Lucani una fiamma si dispose attorno a un gregge di montoni mentre pascolava e di notte nella stalla senza bruciare nulla. A Carseoli3 14 si formò un rivo di sangue. A Roma entrarono lupi. A Preneste lana volteggiò in aria. In Apulia3 15 una mula partorì. A Roma nel tempio di Apollo fu catturato uno sparviero3 16• TI console Erennio per due volte mentre stava offrendo vittime agli dei non trovò la testa del fegato. Durante un rito sacro della durata di nove giorni la cena preparata per la dea3 17 fu mangiata da un cane prima che fosse assaggiata. A Bolsena all'alba una fiamma fu vista risplendere in cielo: dopo essersi raccolta in un punto la fiamma mostrò una bocca del colore del ferro, il cielo sembrò aprirsi e colonne di fuoco apparvero attraverso questa fenditura3 18• Fu fatta l'espiazione con successo attraverso cerimonie di purifìcazione: così tutto l'anno trascorse in tranquillità dentro e fuori dai confini. Capitolo 53 (662 a.U.c. l 92 a.C.) Consolato di Gaio Claudio e Marco Perperna Un gufo catturato nel tempio della Fortuna Equestre3 19 morì tra le mani. A Fiesole fu udita la terra tremare. Da una schiava nacque un bambino privo dell'apertura naturale da cui si espelle l'urina. Fu rinvenuta una donna con due sessi. In cielo fu visto un fascio di luce. Una vacca parlò. Uno sciame di api si fermò sul tetto di una casa privata. A Volterra scaturì un rivo di sangue. A Roma piovve latte. Ad Arezzo furono rinvenuti due ermafroditi. Nacque un pollo con quattro zampe. Molti templi furono colpiti dal fulmine. Si celebrò una solenne cerimonia di espiazione, il popolo offrì oboli a Cerere e Proserpina, ventisette vergini purificarono la città intonando canti. Il popolo dei Medi in Macedonia mise a ferro e fuoco la provincia.

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capp. 54, 55

54 Lucio Marcio Sexto Iulio Coss. Livio Druso tr. pl. leges ferente cum bellum ltalicum consurgeret, prodigia multa apparuerunt urbi. Sub ortu solis globus ignis a sep­ temtrionali regione cum ingenti sono caeli emicuit. Arretii fran­ gentibus panes cruor e mediis fluxit. In Vestinis per dies septem lapidibus testisque pluit. Aenariae terrae hiatu fiamma exorta in caelum emicuit. Circa Regium terrae motu pars urbis murique di­ ruta. In Spoletino colore aureo globus ignis ad terram devolutus, maiorque factus e terra ad orientem ferri visus, magnitudinem solis obtexit. Cumis in arce simulacrum Apollinis sudavit. Aedis Pieta­ tis in circo Flaminio clausa fulmine icta. Asculo per ludos Romani trucidati; cum ex agris in urbem pecora armentaque Latini agerent, strages hominum passim facta: armenta in tantam rabiem concitata sunt, ut vastando suos hostile imaginarentur bellum t la­ crimantesque multis affectibus calamitatem praesagirent suis.

55 Lucio Iulio Caesare P. Rutilio Coss. Metella Caecilia somnio Iunonem Sospitam profugientem, quod immunde sua tempia foedarentur, cum suis precibus aegre revo­ cataro diceret, aedem matronarum sordidis obscenisque corporis coinquinatam ministeriis, in qua etiam sub simulacro deae cubile canis confetae erat, commundatam supplicationibus habitis pristi­ no splendori restituit. A Picentibus Romani barbaro more excru­ ciati, ubique in Latio clades accensa. Rutilius Lupus spretis religio­ nibus, cum in extis caput non invenisset iocineris, amisso exercitu in proelio occisus.

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n libro dei prodigi

Capitolo 54 (663 a.U.c. l 9 1 a.C.) Consolato di Lucio Marcio e Sesto Giulio Mentre scoppiava la guerra italica per le proposte di legge del tribuno della plebe Livio Druso320, molti prodigi si manifestarono in città. All'alba una sfera di fuoco apparve con grande fragore nella zona settentrionale del cielo. Ad Arezzo a persone che spezzavano del pane fuoriuscì sangue dal mezzo. Nel territorio dei Vestini per sette giorni piovvero pietre e cocci. Ad Enaria321 una fiamma sorta da una voragine del terreno balenò in cielo. Presso Reggio per un terremoto una parte della città e delle mura fu distrutta. Nella ragione di Spoleto una sfera di fuoco del colore dell'oro cadde a terra e divenuta più grande fu vista essere trasportata da terra verso oriente e coprì la grandezza del sole. Sulla rocca di Cuma la statua di Apollo sudò. Il tempio della Pietà nel circo Flaminio, con le porte chiuse322, fu colpito dal fulmine. Ad Ascoli durante i giochi i cittadini romani furono uccisP23 ; mentre i Latini portavano dai campi a Roma pecore e buoP24, qua e là vi fu una strage di uomini: gli animali si abbandonarono a tanta furia, che devastando i loro campi sembravano immaginarsi a combattere contro nemici t e piangendo con grande commozione facevano presagire per i loro padroni una calamità325• Capitolo 55 (664 a.U.c. l 90 a.C. ) Consolato. di Lucio Giulio Cesare e Publio Rutilio326 Cecilia Metella327, mentre andava dicendo che in sogno Giunone Salvatrice, che fuggiva perché i suoi templi erano turpemente contaminati, a fatica era stata richiamata indietro dalle sue preghiere328, restituì all'originario splendore, con la celebrazione di riti espiatori e dopo averlo ripulito, il tempio inquinato dalle sozze e indecenti funzioni corporali delle matrone, nel quale anche sotto la statua della dea vi era il giaciglio di una cagna che aveva appena partorito. Cittadini romani furono barbaramente torturati dai Piceni e ovunque nel Lazio329 divampò il conflitto. Rutilio Lupo dopo aver trascurato le pratiche religiose, poiché non aveva trovato la testa del fegato mentre esaminava le viscere, fu ucciso in combattimento dopo aver perso l'esercito.

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Giulio Ossequente

capp. 56, 56a

56 Lucio Sylla Quinto Pomp Coss. Pompeius Szlo in oppidum Bovianum, quod ceperat, trium­ phans invectus omen victoriae hostibus ostendit, quia triumphus in urbem victricem, non victam induci solet: proximo proelio amisso exercitu occisus. Mithridati adversus socios bellum pa­ ranti prodigia apparuerunt; Stratopedo, ubi senatus haberi solet, corvi vulturem tundendo rostris occiderunt; in eundem locum si­ dus ingens caelo demissum; Isidis species visa ful­ mine petere; lucum Furiarum cum Mithridates succenderet, risus exauditus ingens sine auctore. Cum aruspicum iussu virginem Furiis immolaret, e iugulo puellae risus ortus turbavit sacrificium. Classis Mithridatis in Thessalia a Romanis in proe­ lio demersa.

56a

Cinna et Mario per bella crudeliter saevientibus Romae, in castris Gnaei Pompei caelum ruere visum, arma signaque tacta, milites exanimati; ipse Pompeius afflatus sidere interiit: lectum eius popu­ lus diripuit, corpus un co traxit, quod discrimine civili perseverasset periclitanti patriae non succuerrere, cum et imperium et maximos haberet exercitus.

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n libro dei prodigi

Capitolo 56 (666 a.U.c. l 88 a.C.) Consolato di Lucio Sylla e Quinto Pompeo330 Pompedio Silone, portato in trionfo nella fortezza di Boviano, che aveva conquistato, mostrò ai nemici il presagio della vittoria, poiché il trionfo di solito si celebra nella città vincitrice, non in quella vinta: nella battaglia successiva fu ucciso dopo aver perso l' esercito33 1 • A Mitridate che preparava la guerra contro i Rodiesi alleati di Roma apparvero dei prodigi332• Nell'accampamento333, nel luogo stabilito per la riunione dell'assemblea, corvi uccisero un avvoltoio a colpi di becco; nello stesso luogo un corpo di grandi dimensioni cadde dal cielo; una figura dall'aspetto di Iside fu vista colpire con il fulmine una macchina da assedio; fu sentita una grande risata, senza vedere di chi fosse, mentre Mitridate dava fuoco a un bosco sacro alle divinità infernali. Quando poi per ordine degli aruspici334 sacrificò una vergine alle stesse divinità, una risata uscita dalla gola della giovane turbò il sacrificio. Una flotta di Mitridate fu incendiata in Tessaglia, un'altra fu affondata dai Romani in combattimento. Capitolo 56a (667 a.U.c. l 87 a.C.) Consolato di Lucio Cinna e Gneo Ottavio335 Mentre Cinna e Mario infierivano crudelmente a Roma con le violenze336, nell'accampamento di Gneo Pompeo337 il cielo fu visto precipitare, armi e insegne furono colpite dal fulmine, soldati caddero uccisi. Lo stesso Pompeo morì colpito da un influsso maligno degli astri: il popolo distrusse il letto funebre, portò via il corpo con un uncino, perché in un momento di pericolo per la città aveva continuato a non portare aiuto alla patria in difficoltà, pur avendo a disposizione autorità e forze militari.

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Giwio Ossequente

capp. 56b, 57, 58

56b

Piraeum Sylla cum oppugnaret diuturno labore, unus miles eius aggerem ferens exanimatus fulmine; aruspex respondit, quod ca­ put iacentis in oppidum versum esset, introitum et victoriam Ro­ manis significare: post breve tempus Athenae et Piraeum a Sylla capta. Ilio a C. Fimbria incenso, cum aedes quoque Minervae de­ flagrasset, inter ruinas simulacrum antiquissimum inviolatum stetit spemque restitutionis oppido portendit.

57

Lucio Scipione Gaio Norbano Coss. Per Syllana tempora inter Capuam et Vulturnum ingens signorum sonus armorumque horrendo clamore auditus, ita ut viderentur duae acies concurrere per plures dies. Rei miraculum intus con­ siderantibus vestigia equorum hominumque et recenter protritae herbae et virgulta visa molem ingentis belli portendere. In Etruria Clusii mater familiae vivum serpentem peperit, qui iussu aruspi­ cum in profluentem deiectus aversa aqua natavit. Lucius Sylla post quintum annum victor in Italiam reversus magno terrori fuit inimicis. Aeditui Capitolium una nocte conflagravit. Syllae crudelitate foeda proscriptio principum fuit; centena milia hominum consumpta Italico civilique bello relata sunt.

58

Marco Aemilio D. Bruto Coss. D. Laelius legatus Pompei (cui prodigium Romae erat factum in lecto uxoris duo angues conspecti in diversumque lapsi, proxime Pompeio in castris sedenti accipiter super caput accesserat) in Hi­ spania adversus Sertorium inter pabulatores occisus.

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n libro dei prodigi

Capitolo 56b (668 a.U.c. l 86 a.C. )

Consolato di Lucio Cinna e Gaio Mario Mentre Sill a era impegnato nel faticoso assedio del Pireo338, un suo soldato che portava materiali da fortificazione fu ucciso dal fulmine; un aruspice vaticinò che ciò significava per i Romani la conquista e la vittoria, poiché la testa del soldato morto era rivolta verso la fortezza: dopo breve tempo Atene e il Pireo furono conquistati da Silla. Dopo che la città di Ilio fu data alle fiamme da Gaio Fimbria339, essendo stato incendiato anche il tempio di Minerva, tra le rovine emerse un simulacro antichissimo non danneggiato340 e manifestò la speranza di rinascita della città34 1 • Capitolo 57 (67 1 a.U.c. l 8 3 a.C.)

Consolato di Lucio Scipione e Gaio Norbano342 Durante gli anni di Silla fu udito tra Capua e il Volturno un forte rumore di insegne e armi con un terribile fragore, tanto che sembrava che due eserciti schierati si affrontassero per più giorni. A coloro che esaminarono più a fondo il fatto prodigioso343 , tracce di cavalli e di uomini ed erbe appena calpestate e arbusti sembrarono annunciare la difficoltà di una sanguinosa guerra. In Etruria a ChiusP44 una madre di famiglia partorì un serpente vivo, che gettato in un fiume per ordine degli aruspici nuotò contro corrente. Lucio Silla ritornato in Italia vincitore dopo cinque anni fu causa di grande terrore per i propri nemici. In una sola notte il Campidoglio fu invaso dal fuoco345 a causa della negligenza del custode. Ci fu una spaventosa proscrizione di cittadini eminentP46 a causa della crudeltà di Silla. È stato tramandato che centomila uominP47 siano morti nella guerra italica e civile. Capitolo 58 (677 a.U.c. l 77 a.C.)

Consolato di Mamerco Emilio e Decimo Bruto Il luogotenente di Pompeo Decimo Lelio348 (al quale a Roma era occorso il prodigio di due serpenti visti nel letto della moglie e strisciati in direzioni opposte e al quale mentre sedeva nell'accampamento vicino a Pompeo un avvoltoio aveva svolazzato sopra la testa) fu ucciso349 mentre combatteva tra i foraggiatori contro Sertorio in Spagna.

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Giulio Ossequente

capp. 59, 60, 60a

59 Gnaeo Octavio C. Scribonio Coss. Reate terrae motu aedes sacrae in oppido agrisque commotae, saxa quibus forum stratum erat discussa, pontes interrupti, ripae laben­ tis fluminis in aquam provolutae, fremitus inferni exauditi et post paucos dies quae concussa erant corruerunt. Saxum vivum cum provolveretur, in praecipiti rupe immobile stetit. A Sertorio in Hi­ spania exercitus Romani caesi. Adversum Maedos varie dimicatum.

60

C. Aurelio Lucio Octavio Coss. Sertorio in Hispania exercitum ducenti tale prodigium est fac­ tum: scuta equitum parte exteriore iaculaque et pectora equorum cruenta visa. Quod prosperum sibi interpretatus est Sertorius, quia exteriora hostili sanguine maculari solent. Continua ei proelia cum successu fuerunt.

60a

Cyzicum Mithridates cum oppugnaret, Aristagorae, qui in summo magistratu erat, Proserpina in quiete visa est dicere adversus tibi­ cines se tubicinem comparasse: postero die turres hostium vento disiectae sunt. Ad immolandum bos sacra iniussa de montibus per hostium classem adnatavit seque ad aras percutiendam obtulit.

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n libro dei prodigi

Capitolo 59 (678 a.U.c. l 76 a.C.)

Consolato di Gneo Ottavio e Gaio Scribonio A Rieti da un terremoto edifici sacri in città e in campagna furono danneggiati, le pietre di cui il foro era lastricato furono divelte, i ponti interrotti, gli argini lungo il fiume precipitarono in acqua, furono uditi rumori sotterranei e dopo pochi giorni gli edifici che erano stati danneggiati crollarono. Una roccia viva, mentre stava precipitando, rimase immobile350 su una rupe a strapiombo. Gli eserciti romani furono sbaragliati da Sertorio in Spagna35 1 • Contro i Medi si combatté con esito vario. Capitolo 60 (679 a.U.c. l 75 a.C.)

Consolato di Gaio Aurelio e Lucio Ottavio A Sertorio che guidava l'esercito in Spagna occorse questo prodigio352: gli scudi dei cavalieri nella parte esterna, le lance e il petto dei cavalli apparvero insanguinati. Sertorio interpretò ciò come favorevole a sé, poiché le parti esterne solitamente si macchiano del sangue nemico. In molte battaglie successive egli riportò il successo. Capitolo 60a (68 1 a.U.c. l 73 a.C. )

Consolato di Marco Lucullo e Gaio Cassio353 Mentre Mitridate assediava Cizico354, ad Aristagora, che ricopriva la più alta magistratura, apparve in sogno Proserpina che diceva di aver preparato un trombettiere contro i flautisti355• Il giorno successivo le torri dei nemici furono abbattute dal vento. Una vacca consacrata ai sacrifici spontaneamente356 dalle montagne nuotò attraverso la flotta dei nemici e si offrì agli altari per essere uccisa.

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capp. 6 1 , 6 1 a, 62

61

M. Cicerone Gaio Antonio Coss. Fulmine pleraque decussa. Sereno Vargunteius Pompeiis de cae­ lo exanimatus. Trabis ardens ab occasu ad caelum extenta. Terrae motu Spoletum totum concussum et quaedam corruerunt. Inter alia relatum biennio ante in Capitolio lupam Remi et Romuli ful­ mine ictam, signumque Iovis cum columna disiectum, aruspicum responso in foro repositum. Tabulae legum aeneae litteris liquefactis. Ab his prodigiis Catilinae nefaria conspiratio coepta.

61a

cum in agro Pistoriensi Catilinam devicisset, lau­ reatos fasces in provinciam tulit; ibi a Dardanis oppressus, amisso exercitu profugit: apparuit eum hostibus portendisse victoriam, cum ad eos laurum victricem tulerit quam in Capitolio debuerat deponere.

62

Quinto Metello L. A/ranio Coss. Die toto ante sereno circa horam undecimam nox se intendit, dein­ de restitutus fulgor. Turbinis vi tecta deiecta. Ponte sublapso homi­ nes in Tiberini praecipitati. In agris pleraeque arbores eversae radicibus. Lusitani Gallaeci devicti.

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Il libro dei prodigi

Capitolo 61 (69 1 a.U.c. l 63 a.C.)

Consolato di Marco Cicerone e Gaio Antonio357 Molti templi furono colpiti dal fulmine. A Pompei Vargunteio a ciel sereno fu colpito dal fulmine358• Una fiaccola ardente359 si estese in lunghezza verso il cielo a partire da occidente'60• Per un terremoto Spoleto fu completamente sconvolta e ci furono alcuni crolli. Tra le altre notizie è stato tramandato che nei due anni precedentP61 sul Campidoglio la lupa di Remo e Romolo era stata colpita dal fulmine e la statua di Giove era stata abbattuta con la colonna di sostegno; secondo il responso degli aruspici fu ricollocata nel foro362• Le tavole di bronzo delle leggi furono colpite dal fulmine che fece liquefare le lettere. A partire da questi prodigi ebbe inizio la nefasta congiura di Catilina. Capitolo 6 1 a (692 a.U.c. l 62 a.C.)

Consolato di Decimo Giunio Silano e Lucio Licinio Murena363 Gaio Antonio364 dopo avere sconfitto Catilina nei pressi di Pistoia365 portò in provincia i fasci coronati di alloro366; ivi sconfitto dai Dardani fu messo in fuga dopo avere perso l'esercito: fu chiaro che aveva fatto presagire la vittoria ai nemici, poiché aveva portato nella loro terra il lauro della vittoria che avrebbe dovuto deporre sul Campidoglio367•

Capitolo 62 (694 a.U.c. l 60 a.C.)

Consolato di Quinto Metello e Lucio Afranio368 Verso l'ora undicesima in un giorno prima completamente sereno si stese la notte'69, poi ritornò la luce. Dalla violenza di una tempesta i tetti furono danneggiati. Per il crollo di un ponte uomini caddero nel Tevere. Nelle campagne parecchi alberi furono sradicati. I Lusitani di Galizia370 furono sbaragliati.

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capp. 63 , 64, 65

63

Lupi in urbe visi, nocturni wwatus flebiles canum auditi. Simwa­ crum Martis sudavit. FtÙmen tota urbe pervagatum pleraque deo­ rum simulacra decussit, homines exanimavit. Urbs lustrata. Prop­ ter dictaturam Pompeii ingens seditio in urbe fuit.

64

Gnaeo Domitio [Appio Claudio] Coss. M. Crassus ad Parthos profectus cum Euphratem transiret, mtÙta prodigia neglexit. Cum etiam coorta tempestas signifero signum abreptum mersisset gurgite, et offundente nimborum caligine prohiberentur transire, pertinaciter perseverans cum filio et exer­ citu interiit.

65

Lucio Paulo Gaio Marcello Coss. Mwa pariens discordiam civium, bonorum interitum, mutationem legum, turpes matronarum partus significavit. Incendium quo ma­ xima pars urbis deleta est prodigii loco habitum. Inter Caesarem et Pompeium bella civilia exorta.

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Capitolo 63 (700 a.U.c. l 54 a.C . )

Consolato di Ludo Domz"zio e Appio Claudzo371 In città furono visti dei lupi e uditi flebili ululati notturni di cani372• La statua di Marte sudò373 . Il fulmine attraversata tutta quanta la città374 distrusse molte statue di dei e uccise uomini. La città fu purificata. Gravi disordini scoppiarono a Roma375 a causa della dittatura di Pompeo. Capitolo 64 (701 a.U.c. l 53 a.C.)

Consolato di Gneo Domz"zio e Marco Messalla376 Marco Crasso partito per la guerra contro i Parti mentre attraversava l'Eufrate trascurò molti presagi377. Sebbene la violenza di una tempesta avesse sommerso nelle onde un'insegna strappata a un vessillifero378 e una coltre di sabbia annebbiandogli la vista gli impedisse di andare oltre379, continuando con ostinazione andò incontro alla rovina con il figlio e l'esercito.

Capitolo 65 (704 a.U.c. l 50 a.C. )

Consolato di Ludo Paolo e Gaio Marcello380 Il parto di una mula · fece presagire discordia tra i cittadini, rovina degli onesti, stravolgimento delle leggi, turpi parti di matrone. Fu considerato segno prodigioso un incendio381 dal quale la maggior parte della città fu distrutta. Scoppiarono le contese civili tra Cesare e Pompeo.

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capp. 65 a, 66, 67

65a

Adversus Caesarem Pompeius Macedonia curo invitatis gentibus amicis instrueret aciem, a Dyrrhachio venientibus adver­ sa fuerunt fulmina. Examen apium in signis portendit, nocturni terrores in exercitu fuere. Ipse Pompeius pridie pugnae die visus in theatro suo ingenti plausu excipi, mox acie victus in Aegypto occisus. Eo ipso die plerisque locis signa sua sponte con­ versa , clamorem crepitumque armorum Antiochiae, bis ut curreretur in muros, auditum ideque, sonum tympa­ norum Pergami. Palma viridis Trallibus in aede Victoriae sub Cae­ saris statua intra coagmenta lapidum magnitudine matura enata. C. Cornelius augur Patavii eo die, curo aves admitterent, proclamavit rem geri et vincere Caesarem.

66

C. Caesare M. Lepido Coss. Decem legionum aquilae , Cn. Pompeii filio, quae fulmi­ na tenebant visae dimittere et in sublime avolare. Ipse adulescens Pompeius victus et fugiens occisus.

67

Gaio Caesare M. Antonio Coss. Caesari dictatori exta sine corde inventa. Calpurnia uxor somniavit fastigium domus quod S. C. erat adiectum ruisse; nocte curo val­ vae cubili clausae essent, sua sponte apertae sunt, ita ut lunae fulgore qui introvenerat Calpurnia excitaretur. Ipse Caesar viginti tribus vulneribus in curia Pompeiana a coniuratis confossus.

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n libro dei prodigi

Capitolo 65a (706 a.U.c. l 48 a.C.)

Consolato di Gaio Giulio Cesare e Publio Servilùr82 Mentre Pompeo in Macedonia schierava l'esercito con l'appoggio di popoli amicP83 , a coloro che venivano da Durazzo apparvero fulmini sfavorevolP84• Uno sciame di api sulle insegne fece presagire la sconfitta, spaventose visioni notturne vi furono tra i soldati. Lo stesso Pompeo il giorno prima della battaglia sognò di essere accolto nel suo teatro da un grande applauso, subito dopo vinto in battaglia fu ucciso in Egitto. In quello stesso giorno in parecchi luoghP85 risulta che le statue si siano voltate, clamore e frastuono di armi furono uditi ad Antiochia, tanto che per due volte si corse alle mura, e a Tolemaide, suono di timpani fu sentito a Pergamo. A Tralle nel tempio della Vittoria una palma verde già sviluppata nella sua grandezza nacque sotto la statua di Cesare tra le connessioni delle pietre. Nello stesso giorno a Padova l'augure Gaio Cornelio386, poiché lo consentivano gli auspici, annunciò che la battaglia era in corso e che vinceva Cesare. Capitolo 66 (708 a.U.c. l 46 a.C.)

Consolato di Gaio Cesare e Marco Lepido387 A Gneo, figlio di Gneo Pompeo388, apparvero in sogno le aquile di dieci legionP89 che lasciavano cadere i fulmini che avevano tra gli artigli e si levavano in volo. Lo stesso giovane Pompeo fu sconfitto e ucciso mentre fuggiva. Capitolo 67 (7 1 0 a.U.c. l 44 a.C.)

Consolato di Gaio Cesare e Marco Antonio390 Da Cesare dittatore furono trovate nelle vittime sacrificali viscere prive di cuore391 • La moglie Calpurnia sognò che era crollato il frontone della casa che era stato posto per disposizione del senato392; di notte si aprirono da sole le porte della stanza da letto che pure erano state chiuse, così che dal chiarore della luna che era entrato nella stanza Calpurnia fu svegliata393 • Lo stesso Cesare fu trafitto dai congiurati con ventitré pugnalate nella Curia di Pompeo394•

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Giulio Ossequente

cap. 68

68

M. Antonio P. Dolabella Coss. C. Octavius testamento Caesaris patris Brundisii se in luliam gen­ tem adscivit; cumque hora diei tertia ingenti circumfu­ sa multitudine Romam intraret, sol puri ac sereni caeli orbe modico inclusus extremae lineae circulo, qualis tendi arcus in nubibus so­ let, eum circumscripsit. Ludis Veneris Genetricis, quos pro collegio fecit, stella hora undecima crinita sub septemtrionis sidere exorta convertit omnium oculos: quod sidus quia ludis Veneris apparuit, divo Iulio insigne capitis consecrari placuit. Ipsi Caesari monstrosa malignitate Antonii consulis multa perpesso generosa fuit ad resi­ stendum constantia. Terrae motus crebri fuerunt. Fulmine navalia pleraque tacta. Turbinis vi simulacrum quod M. Cicero ante cellam Minervae pridie quam plebiscito in exilium iret po­ suerat, dissipatum membris pronum iacuit, fractis umeris bracchiis capite, dirum ipsi Ciceroni portendit. Tabulae aeneae ex aede Fidei turbine evulsae, aedis Opis valvae fractae, arbores radicitus et ple­ raque tecta eversa. Fax caelo ad occidentem visa ferri. Stella per dies septem insignis arsit. Soles tres fulserunt, circaque solem imum corona spicae similis in orbem emicuit, et postea in unum cir­ culum sole redacto multis mensibus languida lux fuit. In aede Ca­ storis nominum litterae quaedam Antonii et Dolabellae consulum excussae sunt, quibus utrisque alienatio a patria significata. Canum ululatus nocte ante pontificis maximi domum [Lepidi] auditi, ex his maximus a ceteris laniatus turpem infamiam Lepido portendit. Ostiae grex piscium in sicco reciproco maris fluxu relictus. Padus inundavit et intra ripam refluens ingentem viperarum vim reliquit. Inter Caesarem et Antonium civilia bella exorta.

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n libro dei prodigi

Capitolo 68 (7 1 0 a.U.c. l 44 a.C.)

Consolato di Marco Antonio e Publio Dolabella395 Gaio Ottavio venne a sapere a Brindisi di essere entrato a fare parte della gens Iulia per disposizione testamentaria del padre adottivo Cesare. Mentre entrava a Roma all'ora terza del giorno con una folla che lo attorniava da ogni parte, il sole racchiuso da un orizzonte di cielo terso e limpido di modesta ampiezza gli tracciò intorno un contorno con la circonferenza più esterna396, come accade quando tra le nubi si distende l'arcobaleno. Durante i giochi in onore di Venere Genitrice397, che celebrò per conto del collegio sacerdotale, una cometa398 apparsa nella regione settentrionale del cielo all'ora undicesima attirò gli occhi di tutti: fu stabilito di dedicare al divo Giulio come segno distintivo della sua persona questa stella, poiché apparve durante i giochi in onore di Venere. Lo stesso Cesare Ottaviano, costretto a sopportare molti mali dalla nefanda invidia del console Antonio, ebbe grande tenacia nel resistervi. Vi furono frequenti terremoti. I cantieri navalP99 e molti altri luoghi furono colpiti dal fulmine. Per la violenza di una tempesta, la statua che Marco Cicerone aveva posto davanti alla cappella di Minerva il giorno prima di andare in esilio per deliberazione del popolo, fu ritrovata chinata in giù fatta a pezzi con le spalle, le braccia, la testa frantumati: fu segnale di sventura per lo stesso Cicerone. Tavole di bronzo furono strappate via dalla violenza di una tempesta dal tempio della Fede, furono infrante le porte del tempio di Opi400, furono divelti alberi dalle radici e molti tetti furono sollevati. In cielo apparve un bagliore che si muoveva verso occidente. Una stella fulgente brillò per sette giorni. Brillarono tre soli e intorno al sole più basso una corona come di spighe sfavillò assumendo la forma di un disco e in seguito, ritornato il sole a un'unica orbita, per molti mesi vi fu una pallida luce. Nel tempio di Castore alcune lettere dei nomi dei consoli Antonio e Dolabella caddero e con ciò venne indicata a entrambi il distacco dalla patria. Di notte davanti alla casa del pontefice massimo furono uditi ululati di cani, il più grande di essi sbranato dagli altri annunciò a Lepido401 una turpe infamia. A Ostia402 un branco di pesci fu abbandonato all'asciutto dall'alterno movimento del mare. Il Po esondò e tornando negli argini lasciò una grande quantità di vipere. Sorsero contese civili tra Cesare Ottaviano e Antonio. 55

Giulio Ossequente

cap. 69

69 Gaio Pansa Hirtio Coss. Caesari cum honores decreti essent et imperium adversus Anto­ nium, immolanti duplicia exta apparuerunt: secutae sunt eum res prosperae. C. Pansae cos. statua equestris domi corruit; equus phaleratus in ipsius conspectu festinans con­ cidit; quidam e populo sanguine victimarum prolapsus respersam cruore palmam proficiscenti dedit: funesta haec ipsi prodigia fuerunt, qui mox advuersus Antonium dimicans in mortem vul­ neratus est. Armorum telorumque species a terra visa cum fragore ad caelum ferri. Signa legionis, quae relicta a Pansa ad urbis prae­ sidium erat, veluti longo situ inductis araneis vestiri visa. Fulmine pleraque icta. In castris Caesaris luce prima in culmine praetorii super linteum consedit aquila, inde circumvolantibus minoribus avibus excita de conspectu abiit. Oraculo Apollinis vox audita: «Lupis rabies hieme, aestate frumentum non demessum». Vetera­ nis Caesari consulatum flagitantibus terribilis tumultus Romae fuit. Caesar cum in campum Martium exercitum deduceret, sex vultu­ res apparuerunt; conscendenti deinde rostra creato consuli iterum sex vultures conspecti veluti Romuli auspiciis novam urbem condi­ turo signum dederunt. Reconciliatione inter Caesarem Antonium Lepidum facta foeda principum fuit proscriptio.

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n libro dei prodigi

Capitolo 69 (7 1 1 a.U.c. l 43 a.C.)

Consolato dt" Gaio Pansa e Auto Irzt"o403 Doppie viscere apparvero a Ottaviano che celebrava sacrifici dopo che gli erano state attribuite le cariche onorifiche e il comando supremo contro Antonio404: eventi favorevoli lo accompagnarono. Una statua equestre in bronzo davanti all'entrata di casa crollò al console Gaio Pansa; un cavallo ornato di fàlere405 mentre affrettava l'andatura al suo cospetto stramazzò a terra; un tale tra la folla scivolato sul sangue delle vittime sacrificali gli porse il palmo della mano macchiato di sangue: questi presagi furono di significato funesto per lui, che subito dopo combattendo contro Antonio morì per le ferite riportate. Apparizioni di armi e di dardi furono viste muoversi con fragore dalla terra al cielo. Le insegne della legione che era stata lasciata da Pansa a difesa di Roma furono viste ricoprirsi di ragnatele come per una lunga inattività. Molti luoghi furono colpiti dal fulmine. Nell'accampamento di Ottaviano all'alba un'aquila si fermò sul punto più alto della tenda del comandante, poi sparì alla vista disturbata da uccelli più piccoli che le volavano attorno. Questa frase fu sentita dire dall'oracolo di Apollo: " In inverno rabbia per i lupi, in estate frumento non tagliato " . Violenti disordini scoppiarono a Roma per la richiesta del consolato a Ottaviano da parte dei veterani406• Mentre Ottaviano accompagnava le sue truppe al campo Marzio, apparvero sei avvoltoi; poi altri sei avvoltoi mostratisi407 quando salì sulla tribuna nominato console diedero il segno convenuto al fondatore di una nuova città, come lo avevano dato con gli auspici di Romolo. Avvenuta la riconciliazione tra Ottaviano Antonio e Lepido ebbe inizio una infame proscrizione dei cittadini più autorevoli408•

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Giulio Ossequente

cap. 70

70

M. Lepido Munatz'o Planco Coss. Mula Romae ad duodecim portas peperit. Canis aeditui mortua a cane tracta. Lux ita fulsit, ut tamquam die orto ad opus surgeretur. In Mutinensi victoriae Marianae signum meridiem spectans sua sponte conversum in septemtrionem hora quarta: cum haec victimis expiarentur, soles tres circiter hora tertia diei visi, mox in unum orbem contracti. Latinis in Albano monte cum sacrifìcaretur, ex umo ac pollice Iovis cruor manavit. Per Cas­ sium et Brutum in provinciis direptionibus sociorum bella gesta. Notatum est prodigii loco fuisse, quod P. Titius praetor propter dissensiones collegae magistratum abrogavit, et ante annum est mortuus. Constat neminem qui magistratum collegae abstulerat an­ num vixisse. Abrogaverunt autem hi: Lucius lunius Brutus consul Tarquinia Collatino, Tib. Gracchus M. Octavio, C. Cinna tr. pl. C. Marullo et L. Flavo. ** Bruto et Cassio pugnam adversus Caesarem et Antonium molienti­ bus, in castris Cassii examen apium consedit: locus aruspicum iussu interclusus interius ducto vallo; vulturum et aliarum alitum, quibus strages cadaverum pabulo est, ingens vis exercitum advolavit; pm;r in pompa Victoriae cultu cum ferretur, ferculo decidit; lustratione lictor perversis fascibus lauream imposuit; Brutianis in proelium egredientibus Aethiops in porta occurrit et a militibus confossus. Cassius et Brutus interierunt.

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n libro dei prodigi

Capitolo 70 (7 12 a.U.c. l 42 a.C.)

Consolato di Marco Lepido e Lucio Munazio Planco409 A Roma una mula partorì presso le dodici porte. La cagna del custode del tempio morì e fu portata via da un altro cane. A tal punto di notte brillò la luce che ci si alzò per andare al lavoro come se fosse sorto il nuovo giorno. Nelle vicinanze di Modena una statua che ricordava la vittoria di Mario rivolta a mezzogiorno da sola si girò verso il nord all'ora quarta: mentre questi prodigi erano espiati con il sacrificio di animali, intorno all'ora terza del giorno furono visti tre soli, subito ristretti a una unica circonferenza. Mentre i Latini compivano sacrifici sul monte Albano, dalla spalla e dal pollice della statua di Giove410 sgorgò sangue. Da Cassio e Bruto nelle province le campa&ne militari furono condotte con il saccheggio delle città alleate4 1 1 • E stato registrato che fu considerato alla stregua di un prodigio il fatto che il pretore Publio Tizio a causa di discordie destituì dalla magistratura il collega e prima di un anno morì. È generalmente noto che nessuno che abbia tolto la magistratura a un collega sia sopravvissuto un anno. Costoro inoltre destituirono: il console Lucio Giunio Bruto Tarquinio Collatino, Tiberio Gracco Marco Ottavio4 12, Gaio Elvio Cinna i tribuni della plebe Gaio Elpidio Marullo e Lucio Cesezio Flavo4 13 • Mentre Bruto e Cassio preparavano la battaglia contro Ottaviano e Antonio41\ nell'accampamento di Cassio si fermò uno sciame di api: per ordine degli aruspici il luogo fu isolato dall'interno con la costruzione di un vallo; una grande quantità di avvoltoi e di altri uccelli, che si cibano di masse di cadaveri, si presentò davanti agli occhi dei soldati; durante una processione in onore della dea Vittoria un ragazzo mentre veniva trasportato cadde dal carro; durante il rito di purificazione un littore mise la corona d'alloro sui fasci capovolti415; un negro si fece incontro sulla porta416 ai soldati di Bruto che si avviavano alla battaglia e fu da questi ucciso. Cassio e Bruto morirono.

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Giulio Ossequente

capp. 7 1 , 72

71

Gaio Furnio Gaio Silano Coss. Sub Appennino, in villa Liviae uxoris Caesaris, ingenti motu ter­ ra intremuit. Fax caelestis a meridiano ad septemtrionem extenta lucem diurnae similem in nocte fecit. Turris hortorum Caesaris ad portam Collinam de caelo tacta. Insidiis Gerrnanorum Romani cir­ cumventi sub M. Lollio legato graviter vexati.

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Paulo Fabio Quinto Aelio Coss. In Germania in castris Drusi examen apium in tabernaculo Hosti­ lii Rujì, praefecti castrorum, consedit ita ut funem praetendentem praefìxamque tentorio lanceam amplecteretur. Multitudo Romano­ rum per insidias subiecta est.

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n libro dei prodigi

Capitolo 7 1 (73 7 a.U.c. l 17 a.C.)

Consolato di Gaio Furnio e Gaio Silano417 La terra tremò con una forte scossa nella villa di Livia moglie di Augusto vicino all'Appennino. Un bagliore celeste attraversando il cielo da sud verso nord rischiarò la notte con una luce simile a quella del giorno. Un alto edificio dei giardini di Cesare presso porta Collina418 fu colpito dal fulmine. Al comando del legato Marco Lollio419 i Romani furono gravemente travagliati perché sopraffatti dagli agguati dei Germani. Capitolo 72 (743 a.U.c. l 1 1 a.C.)

Consolato di Paolo Fabio

e

Quinto Elio420

In Germania nell'accampamento di Druso42 1 uno sciame di api si posò sulla tenda di Ostilio Rufo, comandante dell'accampamento, in modo tale da avvolgere la fune tesa e l'asta piantata davanti alla tenda. Una grande quantità di soldati romani fu piegata dagli agguati.

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NoTE

1 Iunonis Lucinae templum: si tratta del tempio di !uno Lucina sul colle Esquilino (v d. Appendice, carta l ) . L'attributo Lucina fa riferi­ mento a una delle prerogative della dea Giunone, tutrice del sesso femminile e del matrimonio, in quanto, protettrice dei parti, aiuta a venire alla luce. A Giunone Lucina le donne sposate offrivano mazzi di fiori, salendo appunto al tempio dell'Esquilino, durante le feste denominate Matronalia, celebrate il primo giorno di marzo (Kalendae /eminarum, secondo il calendario romano) . 2 fulmine ictum: insieme al seguente de caelo tacta è espressione tec­ nica del linguaggio della folgorazione e formula assai ricorrente nei capitoli del Liber di Ossequente. Giunone era una delle divinità a cui la religione romana riconosceva il potere di scagliare fulmini: poiché nel rituale politico-religioso romano le porte dei templi rivestivano particolari valori simbolici, ai fulmini che le colpivano veniva attribu­ ita grande importanza. In questo caso potrebbe trattarsi di un /ulmen postulatorium, attraverso il quale la dea richiede il compimento di specifici atti di devozione. 3 Nursiae . . . Tusculi . . . Reate: con questa serie di specificazioni loca­ tive il resoconto dei prodigia annuali tocca per la prima volta luoghi esterni all ' Urbs. Nursia, che sarà menzionata anche nei capitoli 40, 46 e 48, è una città della Sabina, l'odierna Norcia; Tusculum (Tu­ scolo) è una antichissima città del Lazio, non lontana dall'odierna Frascati; Reate (Rieti) , citata anche nei capitoli 5, 15, 28 e 59, fu un importante centro agricolo, sede di mercati di prodotti della terra e di animali (vd. Appendice, carta 2 ) . Spesso è ricordata da Ossequente 63

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per prodigia connessi a nascite deformi o parti anomali di muli. I prodigia registrati da Ossequente si distribuiscono in una estesa area dell'Italia centro-meridionale e toccano talvolta anche luoghi extrai­ talici, ma permeati da identica sensibilità culturale sul tema specifico della procuratio prodigiorum. 4 nimbi orti et homines duo exanimati: queste due frasi offrono un primo esempio di una costante stilistica distintiva della scrittura di Ossequente. L'ellissi delle forme del verbo sum nei tempi compo­ sti è infatti strumento prediletto dall'autore ai fini della brevitas che riproduce l'asciutta registrazione degli eventi negli Annales Maximi (o Pontificum) : si veda anche la frase conclusiva del capitolo Supplica­ fio . . . habita. Per una più approfondita valutazione stilistica del passo e come riscontro della tecnica compositiva del nostro si propone il confronto con il testo liviano direttamente rielaborato da Ossequen­ te (in evidenza le parti conservate dall'epitomatore) : Romae Iunonis Lucinae templum de caelo tactum erat. ita ut fastigium valvaeque de­ formarentur: Puteolis pluribus loetS murus et porta fulmine icta et duo homines exanimati; Nursiae sereno sattS constabat nimbum ortum: ibi quoque duos liberos homines exanimatos: terra apud se pluvtSse Tuscu­ lani nuntiabant, et Reatini mulam in agro suo peperisse. Ea procurata, Latinaeque instauratae, quod Laurentibus carnis quae dari debet data non /uerat. Supplicatio quoque earum religionum causa /uit qui bus dis decemviri ex libris ut fiere! ediderunt. Decem ingenui decem virg,ines. patrimi omnes matrimique. ad id sacrificium adibiti, et decemviri nocte lactentibus rem divina m fecerunt (Liv. 3 7 ,2,3 ) . Nel più disteso dettato liviano affiora tra l'altro, qua e là, una più marcata relatività (quin­ di opinabilità?) nel resoconto degli eventi prodigiosi (satis constabat nimbum ortum; terra apud se pluvisse Tusculani nuntiabant) , che va prevalentemente a costituire frasi dipendenti da principali che con­ tengono verbi di 'dire', 'riferire', 'essere risaputo' . 5 Mula . . . peperit: il resoconto dei prodigi sembra seguire in questo capitolo una sorta di climax. Più il prodigio sowerte le regole del mondo naturale, più è grave il segnale della collera divina che esso trasmette. Il parto di una mula, animale sterile, è un vero e proprio adynaton (e tale è anche come espressione proverbiale: cum mula pe­ pererit, 'quando la mula avrà figliato' , cioè 'mai'). 6 Supplicatio: la solenne processione di fanciulli e fanciulle di con­ dizione pura è una delle forme di purificazione previste dal rituale 64

Note

romano della procuratio prodigiorum. È questa la procedura di risa­ namento della pax deorum messa in crisi dal verificarsi del prodigium: la procuratio assume grande rilievo istituzionale all'interno della co­ munità romana, in quanto è la diretta conseguenza dell'accettazione pubblica, del riconoscimento ufficiale (nuntiatio) del prodigio. Nelle procedure della nuntiatio e della procuratio i collegi sacerdotali (in particolare il Ponti/ex Maximus) e gli organismi politici dell' Urbs (magistrati, senato) collaboravano strettamente al fine di garantire alla collettività sociale il benessere e la prosperità messi in pericolo dal presagio sfavorevole rappresentato dal prodigium. 7 inter horam tertiam et quartam: il computo delle ore nell'antica Roma prevedeva la divisione del tempo intercorrente tra l'alba e il tramonto (dalle 6 alle 18) in 12 horae. La terza hora copriva lo spazio di tempo tra le 8 e le 9 antimeridiane. 8 Luce. . . tenebrae ortae: è qui ben riconoscibile un'eclissi di sole in pieno giorno (luce) . Per tutto il capitoletto il riferimento diretto è a Livio 3 8,3 6,4, che ricorda la supplicatio di tre giorni con la quale il prodigium fu espiato e anche il novendiale sacrificium indetto dopo la pioggia di pietre: supplicatio triduum pro collegio decemvirorum im­

perata /uit in omnibus compitis, quod luce inter horam tertiam /ere et quartam tenebrae obortae /uerant. Et novendiale sacrificium indictum est, quod in Aventino lapidibus pluvisset. 9 In Aventino: è uno dei sette colli di Roma, situato fra il Palatino e il Celio (vd. Appendice, carta 1 ) . Fin dai tempi più antichi vi ebbe sede un tempio assai celebre di Diana. 10 novemdiali: la forma sostantivata da novemdialis, -e ( che dura nove giorni) indica la serie di atti espiatori della durata di nove giorni propria della procuratio relativa alla pioggia di pietre. Livio testimo­ nia l'istituzione di questo rituale, durante il quale si sospendeva ogni lavoro, ai tempi di Tullio Ostilio: Romanis quoque ab eodem prodigio =

novendiale sacrum publice susceptum est (. . . ); mansit certe sollemne ut, quandoque idem prodigium nuntiaretur, /eriae per novem dies age­ rentur ( 1 ,3 1 ,4 ) . 11 In Hispania prospere militatum: compare qui per la prima volta una modalità compositiva che sarà ricorrente nei capitoli successivi, cioè il succinto e conclusivo riferimento all'esito di avvenimenti politico­ militari, con diretta connessione al successo (o insuccesso) della pro­ curatio dei prodigi registrati. 65

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1 2 Sp. Postumio Q. Marcio: è la coppia consolare dell'anno 186 a.C. In questo anno il Senato conferì con un provvedimento straordinario (Senatus consultum de Bacchanalibus) ai due consoli eletti il compito di sciogliere il culto di Bacco e procedere alla distruzione dei templi in cui questo si praticava, con la persecuzione degli adepti e l'arresto dei capi. Livio dedica alla vicenda ampio e drammatico spazio, men­ tre Ossequente la cela, come tralascia di ricordare il grave rovescio militare subito dal console Quinto Marcio Filippo inviato a repri­ mere la ribellione dei Liguri Apuani. La battaglia, che costò la vita a 4000 legionari, avvenne in un luogo poi denominato Saltus Marcius. (Cfr. Livio 39, 20, 10: saltus, unde eum Ligures /ugaverant, Marcius est appellatus) . Lo stesso Livio è fonte della notizia sui Galli: eodem

anno Galli Transalpini transgressi in Venetiam sine populatione aut bello haud procul inde, ubi nunc Aquileia est, locum oppido condendo ceperunt (3 9, 22, 7 ) . n sacrum novemdiale . . . pluit: cfr. note 8 e 10. 1 4 in Piceno: regione dell'Italia centrale affacciata sul mare Adriatico (vd. Appendice, carta 2 ) . Verrà menzionata da Ossequente anche nei capitoli 14 e 48. 1 � ignesque caelestes: ripresa letterale di Livio 39, 22 , 3 : ignesque caele­ stes multz/ariam orti adussisse complurium levi ad/latu vestimenta maxi­ me dicebantur. 16 semimas . . . aruspicumque iussu necatus: tra i prodigia che più tur­ bavano la collettività vi era la notizia della nascita o del ritrovamen­ to di individui di incerta identità sessuale, segno del venir meno di un ordine naturale indispensabile per la sopravvivenza della specie umana. Nei casi di androginia la procuratio era curata dagli aruspi­ ci. I riti espiatori prevedevano processioni lustrali attraverso la città. L'annegamento era la forma specifica con cui si riparava l'infausto

prodigium. 1 7 Galli. . . eiecti: cfr. nota 1 2. 18 In area Vulcani. . . in area Concordiae: i templi dedicati a Vulcano, dio romano del fuoco, venivano generalmente costruiti fuori dalle città, affinché il dio tenesse lontano il pericolo degli incendi. Il culto della dea Concordia ebbe inizio nel IV secolo a.C., all'epoca delle lot­ te tra patrizi e plebei. Quando si giunse alla pacificazione fu costruito il primo tempio per la dea (3 87 a.C. ) . Il vocabolo area indica generi­ camente uno spazio non edificato; nello specifico l'area antistante, lo 66

Note

spiazzo sul quale si apre l'ingresso a un luogo di culto. 1 9 insula nova mari nata: la testimonianza di Orosio (Hist. 4, 20, 30) induce a identificare quest'isola emersa dal mare con l'isola di Vul­ cano. 2 0 Hannibal. . . periit: costretto dai Romani all'esilio fin dal 195 a.C., Annibale si rifugiò prima in Siria e poi in Bitinia. Quando i Romani ottennero dal re di Bitinia Prusia I la sua consegna, preferì suicidarsi. Livio ricorda la notizia della morte di Annibale, nell'anno 1 83 a.C., così come la pioggia di sangue della durata di due giorni e l' emersio­ ne della insula nova: Hannibalem hoc anno Antias Valerius decessisse est auctor legatis ad eam rem ad Prusiam missis (39, 56, 7 ) . 2 1 Celtiberi subacti: sono una popolazione della Spagna centrale, deri­ vata dalla mescolanza degli Iberi indigeni con i Celti. 22 Procellosa tempestas: il significato di base della vox media 'tempe­ stas' ( stagione, tempo meteorologico) viene accentuato negativa­ mente dall'aggettivo, a indicare un temporale di anomala intensità. Nel testo liviano che è riferimento diretto di Ossequente si trova una atrox cum vento tempestas (Liv. 40, 1 ,2 ) . 23 deiecit . . . evertit . . . dissipavi!: i tre verbi sono accomunati dalla se­ mantica della distruzione, in climax ascendente, che, riguardando og­ getto di culto, provoca particolare turbamento. 24 /astigia templorum: la ripresa di Livio è qui praticamente lettera­ le (/astigia aliquot templorum a culminibus abrupta foede dissipavt"t, 40, 1 ,2 ) . Pur avendo il vocabolo fastigium un'accezione molto simile a culmen nel senso di 'tetto, sommità', si è qui preferito nella resa italiana il traducente 'pinnacoli, ornamenti' (della sommità dei tem­ pli) secondo il significato tecnico del termine documentato da Plinio, nat. 35,46,158. Ai tre vertici del frontone c'eranò infatti piedistalli o zoccoli portanti statue d'uomini o figure di animali o altri ornamenti. 25 Mulus tripes: è il primo dei prodigi connessi al tema delle nascite deformi di uomini e animali, specifico segnale di rottura nefasta delle leggi naturali. 26 Caietae: specificazione locativa riferibile all'odierna Gaeta dove, se­ condo la tradizione, fu sepolta la nutrice di Enea, Caieta (Verg. Aen. 7, 1 -4 ) . Il culto di Apollo, di cui qui viene ricordato il tempio di Ga­ eta, fu intenso in tutta la Campania, come dimostra la localizzazione dell'antro della Sibilla a Cuma. 27 P Cornelio Cethego M. Baebio Tamphilo coss. : per questo capitolo =

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(6) seguiamo la titolazione proposta da Rossbach, che permette la corretta individuazione della coppia consolare dell'anno 1 8 1 a.C. 2 8 Hastae Martis motae: sono le lance sacre di Marte, custodite nella regia. Si tratta dell'edificio meglio conosciuto come reggia di Numa sulla via Sacra, presso il tempio della dea Vesta. Fatta costruire secon­ do la leggenda da Numa Pompilio, fu residenza in epoca repubblica­ na del pontefice massimo. Conteneva diversi piccoli sacrari: in quello di Marte erano conservate le lance sacre e gli ancili (scudi sacri) . li prodigium qui riferito è turbativo perché contrario all'ordine naturale che impedisce il movimento autonomo a ciò che è inanimato e, so­ prattutto, perché riguarda oggetti e luoghi sacri. 29 Lanuvù' simulacrum Iunonz's Sospz'tae lacrimavz't: la città laziale di Lanuvio, a sud del lago Albano, fu sede di un antico e famoso tempio di Giunone Sospita (Salvatrice) , il cui culto fu poi trasferito a Roma (3 3 8 a.C . ) . 30 Ubz'tina non su/feàt: Libitina era un'antica divinità dei morti e dei funerali. L'epiteto Ubz'tina venne anche riferito a Venere, per una er­ rata connessione della parola al vocabolo lz'bido. La carenza di mezzi per la sepoltura dei cadaveri in occasione di epidemie viene altre vol­ te ricordata da Ossequente (e.g. cap. 22 ) . 3 1 ex Sibyllz'nt's: l a consultazione dei Libri Sibillini avveniva nella mas­ sima segretezza. Era disposta dal senato in caso di prodigi di parti­ colare gravità (epidemia e carestia erano considerati eventi anomali e del tutto incontrollabili) e affidata ai decemviri sacrz's /aàundz's, uno dei tre corpi sacerdotali (con i pontefici e gli aruspici) che avevano competenza nella trattazione dei prodigi. I Libri Sibillini, venduti secondo la leggenda dalla Sibilla a uno dei due re Tarquin1, erano scritti in greco e furono custoditi in epoca repubblicana a cura dei decemviri nel tempio di Giove Capitolino. Quando nell'SO a.C. i li­ bri andarono distrutti nell'incendio del Campidoglio, nelle colonie e nei luoghi dove vi erano le Sibille vennero raccolti tutti i possibili frammenti per ricostituirli. Augusto trasferì poi la loro custodia nel tempio di Apollo. 32 vz'ctz' deletique: l'endiadi dei due verbi di significato affine rafforza l'idea complessiva di una vittoria travolgente. 33 In lectz'sternio: il lettisternio (lectos sternere stendere i letti tricli­ nari) era una solenne cerimonia religiosa durante la quale si offriva agli dei un banchetto, allestito solitamente dal collegio sacerdotale =

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Note

degli Epuloni, allo scopo di placare la collera divina in concomitanza con epidemie, carestie, calamità naturali. Livio testimonia (5 , 1 3 , 6) lo svolgimento del primo lettisternio a Roma nel 3 99 a.C. in occasione di un'epidemia. La cerimonia si svolgeva presso un tempio e poteva onorare contemporaneamente diversi dei, le cui statue o altri simula­ cri venivano adagiati sui letti triclinari. Esisteva anche una pratica or­ dinaria del lettisternio, generalmente volta a onorare le divinità della Triade Capitolina. 34 Capita se converterunt: il verbo converto esprime qui l'azione del 'girarsi dall'altra parte' , interpretabile come segno funesto di rifiuto del cerimoniale da parte della divinità. 35 decidz't de mensa, oleas mures praeroserunt: nell' editio princeps al­ dina una diversa interpunzione (punto fermo dopo decidit) induce una diversa struttura frasale (de mensa oleas mures praeroserunt) : non alterandosi in nessun caso l'interpretazione dei due prodigia infausti (a causa della caduta del piatto il cibo predisposto per la divinità viene rosicchiato dai topi) si preferisce tuttavia l'assetto sintattico più prevedibile (decidit de mensa). 36 circa forum: nel Foro e nelle zone limitrofe. Il riferimento è qui al Forum Romanum, che occupava l'area ai piedi del Palatino e del Campidoglio (vd. Appendice, carta l ) ed era il centro degli affari pub­ blici e dell'amministrazione della giustizia. 37 aedes Veneris: si tratta del primo tempio dedicato a Venus obse­ quens, eretto nel 295 a.C. nei pressi del Circo Massimo (vd. Appen­ dice, carta 1 ) . La Venus latina, originariamente divinità italica pro­ tettrice della vegetazione e del desiderio sessuale, fu identificata con l'Afrodite greca, dea della bellezza e dell'amore, nel IV secolo a.C. 38 Vestae penetralis: è il tempio di Vesta sulla Via Sacra. Situato accan­ to alla regia (cfr. nota 28) , aveva pianta circolare e vi si conservava a cura delle sacerdotesse Vestali il fuoco sacro sempre acceso. Lo spe­ gnimento di questo fuoco (ignis extinctus) , simbolo della potenza ro­ mana, era segno infausto e determinava la punizione della negligenza delle Vestali responsabili. 39 flagro caesa: la negligenza causa dello spegnimento del fuoco sacro veniva punita con la fustigazione per ordine del Ponti/ex maximus che aveva le Vestali sotto la propria patria potestà. In caso di infra­ zione di un altro importante obbligo, quello della castità, le Vestali venivano punite con la morte (cfr. nota 1 90) . 69

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40 Histria: del bellum Hz'stricum Livio parla nei primi capitoli del libro 4 1 . 4 1 Gaio Claudio Ti. Sempronio Graccho coss. : per questo capitolo (8a) , di cui è stata tràdita solo parte del titolo, accogliamo l'integrazione del nome del secondo console proposta da Rossbach. Tiberio Sem­ pronio è il padre dei più noti Tiberio e Gaio Gracco. 42 eum immolassent victimas consules: ogni atto compiuto in nome del popolo romano doveva essere preceduto, fin dai tempi più antichi, dall'indagine dei segni della volontà divina, che potevano manifestar­ si in varie forme. Dal metodo etrusco dell'aruspicina (Etrusca disci­ plina) i Romani ereditarono lo studio dei segni contenuti nel fegato (iecur) e nelle altre viscere delle vittime sacrificate alla divinità, al fine di legittimare, con la certezza di un generico e iniziale consenso dei numina, l'imperium dell'autorità civile, regia o consolare che fosse. 43 iecur extabuit: il verbo extabescere è vocabolo tecnico nel rituale che prevede l'esame degli exta (viscere: fegato, cuore, polmoni, ci­ stifellea, intestino) degli animali offerti in sacrificio. Ogni segno di anomalia in queste viscere (exta tristia) era interpretato come indi­ sponibilità degli dei a cooperare con gli uomini: in questo caso l'au­ spicio negativo riguarda gli stessi officianti del sacrificio, i consoli, che trovano entrambi la morte, come più ampiamente testimoniato da Livio (4 1 , 16,3 e 4 1 , 1 8, 1 1 . ) 4 4 non sufficiente Libitina: vd. nota 30. 4' vulturius non apparuit: la mancata comparsa degli avvoltoi è da in­ tendersi come segno della benevolenza divina. 46 Anagniae: è l'odierna Anagni, antichissima città laziale, situata nel punto di convergenza delle vie Labicana e Praenestina. 47 Lanuvi: vd. nota 29. 48 fax ardens: si tratta di un tipo di prodigium celeste più volte riporta­ to da Ossequen�e, identificabile con una cometa. 49 Calatiae: città della Campania, sulla via Appia. È l'odierna le Galeazze. ' 0 in agro publico: l'ager publicus, contrapposto all'ager privatus, indi­ ca il territorio demaniale, di proprietà dello Stato e inalienabile. 5 1 rex Illyrici Gentius et Macedoniae Perseus devicti: il riferimento cro­ nologico del capitolo è l'anno 167 a.C., i cui eventi sono ampiamente testimoniati da Livio 45 , 42 . Perseus fu figlio naturale del re di Ma­ cedonia Filippo V. Contro di lui Roma diede inizio alla terza guerra macedonica ( 1 7 1 - 1 68 a. C . ) : piegato con rapidità il re d'Illiria Genzio alleato di Perseo, Lucio Emilio Paolo riportò su quest'ultimo la vit70

Note

toria nella battaglia di Pidna. Il re macedone fu portato prigioniero a Roma dove poco dopo morì. Con Perseo ebbe termine la dinastia macedone. La forma Perseus ha come variante grafica al nominativo Perses, come in Aldina e in Rossbach. 52 In Praenestino: è la regione di Praeneste, l'odierna Palestrina in Lazio. 53 Veienti: è la regione di Veio, antica città etrusca, il cui territorio era in origine molto vasto, estendendosi a sud fino alla riva destra del Te­ vere e a ovest fino al mare. Fu a lungo rivale di Roma per il controllo del commercio sul Tevere e per la supremazia nel Lazio. 54 lana ex arboribus nata: il prodigium segnala la rottura di un equili­ brio naturale, come l'analogo /ruges in arboribus (cfr. cap. 26) . 55 Terracinae: anche Tarracinae, è l'odierna Terracina in Lazio (vd. Appendice, carta 2 ) . 56 mulieres tres . . . exanimatae: l'edizione aldina e l'edizione curata da Rossbach integrano exanimatae anteponendovi fulmine ed esprimen­ do la folgorazione come causa della morte delle tre donne. 57 Ad lucum Libitinae: probabilmente nella zona dell'Aventino si tro­ vava un bosco sacro a Libitina (cfr. nota 30) dove si riuniva la corpo­ razione dei libitinarii, gli addetti alle pompe funebri che conservava­ no gli oggetti necessari alla loro mansione nel tempio della dea che presiedeva ai funerali. 58 ex ore et pede aqua manavit diu: seguendo Scheffer il testo costi­ tuito da Mastandrea inserisce equi tra pede e aqua, fornendo così un dettaglio la cui omissione comunque non impedisce la comprensione né contrasta con il procedere essenziale e talvolta tendente alla gene­ ricità di Ossequente. 59 Comitia cum ambitiosissime fierent: l'avverbio ambitiose, con i cor­ relati ambitio e ambire, trova la sua semantica originaria nel compor­ tamento dei candidati alle cariche pubbliche, che 'andavano in giro' (< ambeo) alla ricerca dei voti necessari per essere eletti. L'abitudine era naturalmente foriera di raggiri e imbrogli e trovava le sue motiva­ zioni nella brama di potere e successo (la nostra 'ambizione' ) . 60 senatus in Capito/io haberetur: il vocabolo senatus indica, oltre che l'assemblea dei senatori, anche le distinte riunioni (sedute) di essa. In questo caso la riunione si tenne sul Campidoglio, il colle di Roma su cui sorse il primo nucleo della città e dove si trovava il tempio di Giove capitolino (vd. Appendice, carta 3 ) , la cui cella (dove veniva 71

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custodita la statua del dio) è menzionata poco oltre. 61 milvus volans mustela raptam . . . misit: l'apparizione di un nibbio e di una donnola durante la seduta del senato possono rinviare a un inquietante e prodigioso contatto con animali che non hanno natu­ rale collocazione nei luoghi urbanizzati. La presenza dei rapaci, in particolare, era considerata segno infausto. 62 aedes Salutis: alla divinità romana personificazione della salute, sia privata sia pubblica, era dedicato un tempio sul Collis Salutaris, una delle quattro cime del Quirinale (vd. Appendice, carta 1 ) . 63 Cassini: variante grafica di Casini (Casinum, città del Lazio, nelle cui vicinanze si trova oggi la celebre abbazia di Montecassino, vd. Appendice, carta 2 ) . 64 sol per aliquot horas noctis visus: s e accostato al precedente fax in caelo nocte conspecta, potrebbe indicare uno stesso fenomeno, come il passaggio di una cometa o un bolide. 65 Teani Sidicini: di Teano in Campania (vd. Appendice, carta 2 ) . I Si­ dicini erano una popolazione che abitava il versante settentrionale del monte Massico: Teanum era il loro centro principale. Esiste un'altra Teano in Puglia. 66 Puer cum quattuor manibus et totidem pedibus: per il tema delle nascite deformi cfr. nota 25 . 67 Urbe lustrata: i prodigia vengono qui espiati con il ristabilire la pu­ rezza dei luoghi, la cui contaminazione viene considerata causa dei fenomeni anormali. In Roma i rituali di purificazione potevano ave­ re carattere privato o pubblico. Una lustratio pubblica regolarmente compiuta era quella che ogni cinque anni accompagnava l' abbando­ no della carica da parte dei censori: da qui deriva il significato di 'lustro' come 'periodo di cinque anni' . La cerimonia comportava in questo caso il sacrificio dei suovetaurilia (un maiale, una pecora, un toro) che venivano condotti per tre volte intorno all'assemblea del popolo radunata nel Campo Marzio. 68 ex Sibyllinis: cfr. nota 3 1 . 69 operaturus sederit: l'espressione ha un valore quasi formulare nel lessico religioso: sedeo nell'uso che fu anche di Virgilio e Tibullo in­ dica l'atto di sedersi davanti all'altare della divinità per implorarne un responso o un aiuto; il participio con valore finale operaturus esprime l'uso assoluto del verbo operar propriamente costruito con il dativo (operari sacris attendere ai riti religiosi) . =

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Note

7 0 circa compita: il vocabolo compitum indica il crocicchio, il punto d'incontro di due strade. Poiché nei crocicchi venivano collocati tem­ pietti e piccole are, può anche significare 'tempietto, altare'. 7 1 in aede Penatium: insieme con i Lari e i Genii, i Penati erano divinità domestiche che avevano il loro piccolo tempio nella casa e trovavano il loro sacerdote nel pater /amilias. I Penates sono etimologicamente gli dei del penus, il vano riservato alle prowiste, che si trova nella par­ te più interna della domus romana (cfr. awerbio penitus = in fondo) . Lo Stato romano, volendo riprodurre in pubblico questa forma di culto privato, creò sul modello dei Penati familiari i Penates publici. 72 valvae . . . adapertae: torna a manifestarsi l'importanza simbolica del­ le porte dei templi (cfr. nota 2 ) . 73 lupi. . . apparuerunt: il lupo era uno degli animalia in/elicia (con rapaci diurni e notturni e serpenti) la cui apparizione in luoghi abi­ tati era considerata portatrice di disgrazia. La presenza di un lupo nell' Urbs, nella quiete già di per sé 'panica' dell'ora del meriggio, ve­ niva interpretata come pericolosa irruzione della natura selvaggia nel mondo ordinato degli uomini. 74 Urbe lustrata: cfr. nota 67 . Nelle lustrationes le processioni seguivano un percorso circolare intorno allo spazio da purificare, che si richia­ mava alla nozione magico-religiosa arcaica del "cerchio protettore" . 75 In agro Stellati: è Campo Stellate, distretto della Campania assai fertile. 7 6 /ulgure: è hapax in Ossequente, corrispondente a fulmine. 77 Formiis: antichissima città sulla costa tirrenica, oggi Formia, affac­ ciata sul golfo di Gaeta. Cicerone vi possedeva una villa, nei cui pressi trovò la morte per mano dei sicari di Antonio. 7 8 homo combustus: l'episodio sembra riguardare un lampo generato da uno specchio. La determinazione di luogo Consae è proposta da Mastandrea in corrispondenza di Concii nell'edizione aldina ad iden­ tificare la città di Conza (vd. nota 97 ) . 7 9 Gabii: Gabi era una piccola città del Lazio fra Roma e Preneste. 80 in templum Victoriae: è l'antico tempio dedicato alla Vittoria sul Palatino vd. Appendice, carta 1 ) . 8 1 cygnus . . . effugit: prodigium di difficile interpretazione, anche per­ ché non è documentata alcuna simbologia del cigno nell'ambito dei prodigia. Un qualche elemento infausto può forse derivare dalla fuga dell'animale dal tempio della Vittoria o dal tema dell'ultimo canto dell'animale morente. 73

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82 Priverni: Privernum è l'odierna città laziale di Piperno. 83 puella sine manu nata: anche qui deformità umane e animali, come più sotto porcus humanis manibus et pedibus natus, et pueri quadrupe­ des et quadrumanes nati sono segnale di equilibri naturali ormai rotti, del venir meno della condiscendenza divina. terra pluit: è una delle frequenti anomalie atmosferiche legate alla pioggia (di sangue, di pietre, di sabbia, di latte) . Si tratta in realtà di fenomeni scientificamente spiegabili con la presenza di sostanze di vario colore e consistenza disperse nell'atmosfera. 85 Pisauri: Pisaurum, oggi Pesaro, faceva parte dell'ampia regione de­ nominata Picenum (vd. Appendice, carta 2 ) . 86 ad forum A esi: il vocabolo Aesis, -is indica il fiume dell'Umbria Esi (oggi Esino) e, come in questo caso, la città di lesi. 87 bos locutus: specifico rilievo prodigioso veniva attribuito al com­ portamento anomalo o innaturale degli animali, cfr. nota 5. Tra gli animali parlanti sono frequenti i bovini (maschi e femmine) . 88 Legatus in Syria . . . occisus: a conferma del significato sinistro dei prodigi sopra ricordati, Ossequente dà notizia delle turbolente rela­ zioni di Roma con la Siria al tempo di Lisia, reggente del giovane re Antioco IV Epifane. 89 aedes lavis: a Giove erano tributati vari culti: il più antico era quello di Giove Feretrio, nel cui santuario si consacravano le armi di ogni nemico ucciso in combattimento; il più importante era quello di Gio­ ve Ottimo Massimo, al cui tempio si recavano i generali durante la celebrazione del trionfo. 90 Pontis t maximi tectum . . . deiectum: l'evento sembra da collega­ re alla procellosa tempestas del Campidoglio. Il guasto del testo im­ pedisce però di identificare il tectum cum columnis che viene spinto nel Tevere. Sulla base di Mommsen Rossbach propose l'integrazione ponti is che giustifica grammaticalmente maximi ma non aiuta l'interpretazione, dato che il tectum riferito alla dimora del pontefice massimo ha a che fare con la regia sulla Via Sacra. 9 1 In circo Flaminio: il circus Flaminius fu costruito nel 22 1 a.C. da C . Flaminio al principio della via Flaminia, destinato principalmente ai ludi plebei. 92 inter aedem Iunonis Reginae et Fortunae: la dea Giunone formava con Giove e Minerva la triade capitolina, il gruppo delle tre divinità che venivano venerate sul Campidoglio; la dea Fortuna era venerata 84

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Note

dai Romani come personificazione della buona e cattiva ventura e ve­ niva festeggiata il primo giorno di aprile come protettrice del pudore e della fecondità. Importanti luoghi di culto della Fortuna si trovava­ no, oltre che a Roma, a Preneste e ad Anzio. 93 tacta (se. sunt): la formula corrisponde alle più frequenti de/e caelo

tacta. 94 taurus corruit: il verbo corruo indica specificamente nel caso di es­ seri animati il cadere a terra o il venir meno per la paura (ob haec ipsa =

del fulmine) .

95 Dalmatae Scordisci: sono gli Scordisci della Dalmazia, lungo la costa orientale dell'Adriatico.

96 consul cum immolare! . . . caput in iocinere non invenit: cfr. note 42 e 43 . Il mancato ritrovamento della porzione craniale del fegato (caput) impedisce il compiersi del rito specificamente romano della litatio ( sacrificio gradito agli dei) . L'animale scelto per essere sacrificato è gradito agli dei solo se le sue viscere sono esenti da anomalie. Nel vocabolario degli antichi collegi sacerdotali il verbo litare non era sinonimo di sacrificare, poiché indicava specificamente il sacrificio compiuto sotto auspici favorevoli. 97 Consae: seguiamo con Mastandrea la lezione tradita dall'edizione aldina. Si tratta di Compsa, città degli Irpini nei monti del Sannio, oggi Conza (vd. Appendice, carta 2 ) . 98 in campo: indica qui il Campus Martius (Campo Marzio o d i Mar­ te) , situato a nord-ovest del Palatino e del Campidoglio. L'area, il cui nome è dovuto alla presenza di un'antica ara dedicata a Marte, era inizialmente esterna alle mura cittadine (vd. Appendice, carta 1 ) . Il campo Marzio fu impiegato dapprima per le esercitazioni militari; divenne poi sede di manifestazioni con grande partecipazione popo­ lare. A partire dal II secolo a.C. la zona fu intensamente urbanizzata con la costruzione di vari edifici e monumenti (circo Flaminio, teatro di Pompeo, Pantheon, Ara Pacis) . 99 cumque aruspices respondissent. . . abdicaverunt: l'interpretazione del prodigium a cura degli aruspici segnala una grave disapprova­ zione dell'operato degli uomini delle istitituzioni da parte degli dei. Quegli stessi uomini, anzi, saranno chiamati a pagare il fio delle loro responsabilità. 1 00 Ariciae: Aricia (Ariccia) è una delle più antiche città del Lazio, ai piedi dei colli Albani, sulla via Appia. Nella zona di Ariccia si trova=

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vavano il celebre tempio e il bosco di Diana, oltre al lacus Nemoren­ sis, oggi lago di Nemi. 101 : l'integrazione risolve in modo convin­ cente le incertezze testuali. Per il novemdiale cfr. note 8 e 10. 102 item supplz'catz'o habita: varie erano le occasioni per le quali veniva tenuta la solenne cerimonia della supplz'catio, e non tutte collegate alla registrazione di prodigia. In questo caso essa sembra costituire la procuratio del prodigium che ne viene indicato come causa (quod. . .

speàes . . . eludebant) . 103 speàes togarum . . . eludebant: si tratta di una apparizione che potrebbe ricordare gli accompagnamenti funebri solenni nei quali davanti al feretro venivano portate in processione le imagines, ma­ schere di cera degli antenati illustri del defunto. Le supplz'cationes venivano celebrate anche in relazione a gravi lutti, di cui queste appa­ rizioni potrebbero essere il segno. 104 regia: cfr. nota 28. 10� sacrarium et ex duabus altera laurus . . . inviolatae steterunt: il pas­ saggio testuale, così ricostruito dopo l'intervento di Oudendorp, è da leggersi alla luce dell'Epitome di Ossirinco (1. 127 sg. ) : sacrarium Opis et laurus /oà maximo incendio inviolata. Opi era l'antica divinità sabina dell'abbondanza del raccolto, protettrice del grano deposto nel granaio. Le feste in suo onore (Opalz'a) celebrate il 19 dicembre si svolgevano nella regia con la supervisione del ponti/ex maximus assistito dalla vestali. n doppio prodigium positivo (la cappella e il lauro, pianta sacra ad Apollo, vengono risparmiati dall'incendio che interessa tutta Roma) è segnale della protezione divina nel momento del pericolo. 1 06 Pseudophilz'ppus: da identificarsi con lo Pseudoperseo che si face­ va passare per il figlio di Perseo di Macedonia. Si tratta in realtà di Andrisco, schiavo di nascita oscura che suscitò la quarta guerra ma­ cedonica, conclusasi nel 147 a.C. con la riduzione della Macedonia a provincia romana. Andrisco seguì come prigioniero il trionfo del pretore Quinto Cecilio Metello. 107 P Africano: si tratta di Publio Cornelio Scipione Emiliano, detto anche Africano minore e Numantino. Era figlio di Lucio Emilio Pa­ olo e fu poi adottato da Publio Cornelio Scipione, figlio di Publio Cornelio Scipione Africano, vincitore di Zama. Concluse vittoriosa­ mente la terza guerra punica distruggendo Cartagine; durante il suo 76

Note

secondo consolato, ottenuto in deroga alle leggi vigenti, portò a ter­ mine la guerra numantina distruggendo la città iberica di Numanzia. È il protagonista del De republica ciceroniano. 108 Amiterni: antichissima città della Sabina (vd. Appendice, carta 2 ) , patria dello storico Sallustio. 109 Caere: è l'odierna Cerveteri, una delle antiche e fiorenti città della dodeca poli etrusca. Dell'antica città rimane oggi una vasta necropoli. 1 10 duo discolores circuii solem cinxerunt: pare un fenomeno analogo a quello dell'arcobaleno, caratterizzato qui dalla presenza attorno al sole di due contorni circolari di diverso colore, dovuti alla riflessione e dispersione dei raggi solari nelle gocce d'acqua presenti nell'atmosfera. 1 1 1 Stella arsit: una cometa o un bolide, di notevole luminosità e durata. 1 1 2 per Hasdrubalem: questo Adsrubale non è il fratello minore di An­ nibale (ucciso dai Romani nella battaglia del Metauro del 207 a.C . ) , m a u n omonimo generale cartaginese che s i distinse prima nella sfortunata guerra di Cartagine contro il re numida Massinissa e poi nell'ultima resistenza della città a Scipione Emiliano (Carthago per Aemilianum diruta) . Dopo la resa di Cartagine fu condotto prigionie­ ro a Roma, dove morì. m Appio Claudio Q. Metello coss. : la coppia consolare dell'anno 143 a.C. fu costituita da Appio Claudio Pulcro e Quinto Cecilio Metello Macedonico. Quest'ultimo è il pretore del 148 a.C., vincitore di An­ drisco (cfr. nota 106) . Come console fece costruire nella zona del cir­ co Flaminio il primo tempio interamente in marmo, dedicato a Giove Statore, che sorse accanto al tempio di Giunone Regina. I due templi vennero circondati da un portico, cioè la Porticus Metelli, che poi sarà ricostruita da Ottaviano con il nome di Portico di Ottavia. La princi­ pale vicenda che vide protagonista il primo console dell'anno, Appio Claudio Pulcro, è argomento del capitolo: per poter celebrare un trion­ fo egli attaccò il popolo celtico dei Salassi. Inizialmente fu sconfitto, ma seguendo alcuni accorgimenti dei Libri Sibillini ottenne infine la vittoria (Dione Cassio, Frammenti LXXIX, LXXX; Orosio 5, 4, 7). 1 1 4 a Salassis: popolo celtico stanziato nell'attuale Valle d'Aosta e nel Canavese. 1 1 5 per decemviros supplicatum: la frase ellittica in clausola è di forte effetto formulare. 1 16 Lunae: è l'odierna Luni, anticamente Luna. 1 1 7 androgynus . . . in mare deportatus: cfr. nota 16. 77

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1 18 pestilentia: da intendersi genericamente come morbus a carattere epidemico.

1 1 9 Viriathum: capo dei ribelli lusitani, tenne a lungo impegnati gli eserciti romani finché il proconsole Quinto Fabio Massimo Servilia­ no concluse con lui un disonorevole trattato, poi sconfessato dal Se­ nato (vd. cap. 23 : Annus paeatus /uit Viriatho vieto) . 1 20 Q. Caepione Gaio Laelio eoss. : Il primo dei due consoli dell'anno 140 a.C., Quinto Servilio Cepione, condusse la fase conclusiva della guerra contro i ribelli lusitani, che si concluse con la morte di Viriato, ucciso a tradimento dai compagni. Gaio Lelio Sapiente, il secondo console, fu unito da profonda amicizia a Publio Cornelio Scipione Emiliano, con cui partecipò alla distruzione di Cartagine. All a sua figura si richiama esplicitamente l'opera ciceroniana sul tema dell'a­ micizia, il trattato Laelius de amicitia. 1 2 1 Cephallenia: è l'isola greca di Cefalonia, nel mar Ionio di fronte al golfo di Patrasso. Fu conquistata dai Romani nel 189 a.C. 1 22 signa de eaelo eecidisse visa: il precipitare di insegne militari non può che essere segno di rovescio militare, che appare tuttavia di in­ certa identificazione, anche perché gli anni 139 e 138 non ci sono giunti documentati dai capitoli di Ossequente. 1 23 maioribus hostiis: le hostiae maiores sono gli animali adulti desti­ nati al sacrificio, contrapposte alle hostiae laetentes (animali giovani) . 1 24 Viriatho vieto: vd. nota 120. In realtà la morte di Viriato awenne nel 139 a.C. 1 25 cum . . . auspiearentur: l'integrazione eonsules proposta nel testo stabilito da Mastandrea è coerente con l'indicazione della località (Lavinii) in cui all'inizio del loro mandato i magistrati maggiori trae­ vano gli auspici. Il verbo auspiearz· per tale motivo ha assunto anche l'accezione di 'inaugurare'. 1 26 Lavinii: è la città laziale di Lavinium, che il fondatore Enea secon­ do la leggenda nominò dalla moglie Lavinia. 1 27 pulii: sono i pulii sacri, nidiacei degli uccelli utilizzati a scopo rituale. 1 28 silvam Laurentinam: bosco nei pressi della città di Laurento, tra Ostia e Lavinio. 1 29 Praeneste: a Palestrina sorgeva un tempio della Fortuna con an­ nesso oracolo. 1 3 0 sereno intonuit: altro prodigium celeste: un fulmine a ciel sereno? 1 3 1 Terracinae: alla serrata sequenza di prodigi variamente localizzati 78

Note

della prima metà del capitolo fa seguito una serie di segni della con­ trarietà degli dei più "personalizzata " , che ha per ignaro destinatario il console Mancino. Lo sventurato epilogo della vicenda (Ipse consul devictus, mox Numantinis deditus) suona come ammonimento verso chi si ostini a non riconoscere, e adeguatamente espiare, i prodigia. 1 3 2 In Graecostasi. . . sanguine fluxit: la Graecostasis era l'edificio pres­ so la Curia dove gli ambasciatori greci e di altri popoli stranieri sosta­ vano in attesa dell'udienza del Senato. li prodigio si collega probabil­ mente al rifiuto del Senato di ricevere gli ambasciatori di Numanzia che chiedevano il riconoscimento del foedus stipulato con il console Ostilio Mancino. 1 33 in comitio: è lo spazio nel Foro, alle pendici del Campidoglio, de­ stinato alle adunanze del popolo. 1 34 vox . . . audita: è il primo dei prodigia che chiamano direttamente in causa il console. L'invito a non partire viene ignorato, come il segna­ le funesto rappresentato dal rinvenimento di un serpente. I prodigi occorsi in questa occasione al console Gaio Ostilio Mancino sono riferiti anche da Valerio Massimo, epit. I 6,7 . 1 35 mane . . . Mancine: il risalto dei meccanismi fonico-ritmici su cui si costruisce l'espressione (allitterazione, ripetizione in crescendo delle unità sillabiche -ma- e -ne-) conferisce autorevolezza magico-sacra­ le alla misteriosa vox. Come è stato giustamente osservato, "siamo in presenza di scampoli di prosa attinente alla sfera delle istituzio­ ni religiose il cui fine implicitamente dichiarato di incutere horror e reverentia per eventi determinati da una volontà luminosa si avvale soprattutto del mezzo stilistico della ripetizione, determinando così nella lexis fenomeni di straniamento dal quotidiano e dal consueto" (Santini, cit. p. 22 1 ) . 1 3 6 Ipse consul devictus . . . deditus: viene qui ricordata la dura sconfitta ( 137 a.C.) del console Ostilio Mancino durante la cosiddetta guerra numantina, che rappresentò l'ultima fase della resistenza celtibera alla conquista romana. La guerra si protrasse per dieci anni ( 143 133 a.C.) con alterne fortune (vd. cap. 26 : Numantia res male gestae, exercitus Romanus oppressus) e fu risolta da Scipione Emiliano, al cui assedio Numanzia si piegò. La città fu rasa al suolo, dopo che gli abitanti superstiti furono venduti come schiavi (cfr. nota 1 06). 1 37 Regium atrium: seguiamo l'integrazione operata da Mastandrea, che induce a identificare l'incendio come riguardante il complesso 79

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della regia e non le città individuabili con il nome Regium (Reggio Calabria e Reggio Emilia) . 1 3 8 Puer. . . natus: l'infausto prodigium rappresentato dalle deformità neonatali viene più sotto espiato aruspicum iussu. Gli aruspici erano in origine indovini etruschi, successivamente anche romani di con­ dizione aristocratica, e maestri insuperati nella divinazione in base ai visceri delle vittime (exta, cfr. nota 43 ) . Si occupavano anche di interpretare ed espiare prodigi, e curavano in particolare la procuratio dei lampi e delle folgori. 1 39 Puteolis: città della Campania con molte sorgenti minerali; oggi Pozzuoli. 1 40 maioribus . . . ignibus: questa eruzione dell'Etna, di inconsueta in­ tensità, accompagna probabilmente la rivolta degli schiavi siciliani di cui al capitolo successivo. 1 4 1 solidus posteriore naturae parte genitus: il prodigium del puer privo dell'orifizio anale ritorna al cap. 40. 1 42 /ruges in arboribus: altro fenomeno da ricondurre al sovvertimento delle leggi naturali, questa volta nel mondo vegetale. 1 43 bubonis vox: cfr. nota 6 1 . 1 44 praemio posito: il dettaglio sottolinea l'urgenza d i una procuratio risolutiva. In questo caso l'infausta avis viene incenerita e dispersa nel Tevere. 1 45 In Numantia res male gestae : cfr. note 106 e 136. 1 46 P. Africano: è il secondo consolato di Publio Cornelio Scipione Emiliano detto Africano minore (vd. nota 106) . 1 47 sol noctu visus: il fenomeno visivo fa pensare a un cielo notturno illuminato a giorno da un bagliore persistente. 1 48 Bos lucutus et nutritus publice: torna il caso di un bovino parlante, cfr. nota 86. 1 49 servo tunica arsit: l'incendio che divampa all'esterno di questo schiavo può essere interpretato come segno dell'ardere interno dello spirito di rivolta. 1 50 avis gemitus similes hominis dedit: la confusione delle emissioni vocali di uomini e animali è segno di una condizione generale di per­ turbazione dell'ordine naturale. 1 5 1 /ugitivorum bellum. . . coniuratione servorum Italia oppressa: " li moltiplicarsi delle grandi tenute a personale schiavile (spesso trattato e sfruttato in modo disumano) e il dilatarsi delle zone destinate a pa80

Note

scolo, in cui il bestiame era difeso e vegliato da schiavi pastori arma­ ti, crearono i presupposti per il ripetuto esplodere di rivolte servili, laddove questi fenomeni si presentavano in forma più intensa" (G. Geraci-A. Marcone, Storia romana, Firenze 2004 , p. 1 15 ) . 1 52 P. Mucio L . Calpurnio coss.: l'integrazione del titolo consente di individuare correttamente la coppia consolare dell'anno 133 a.C. n console Publio Mucio Scevola sostenne l'azione legislativa di Tiberio Gracco appoggiando l'elaborazione della !ex Sempronia agraria. Non prese tuttavia prowedimenti per impedire che i disordini fomentati dalla nobilitas contro il tribuno della plebe sfociassero nell'assassinio di quest'ultimo. m Tiberius Gracchus tribunus plebis in legibus /erendis: il testo accolto da Mastandrea risolve in questo modo il guasto tràdito, tenendo con­ to di varie ipotesi precedenti di integrazione. Il costrutto in legibus /erendis ricorre anche nel capitolo successivo, sempre in riferimento alla stessa proposta di legge. L'espressione/erre legem ha significato tecnico-giuridico e indica l'atto del proporre una legge all'approva­ zione degli organismi competenti. Tiberio propose ai comizi tributi un progetto di legge agraria che fissava all'occupazione di agro pub­ blico un limite di 500 iugeri ( 125 ettari), con l'aggiunta di 250 iugeri per ogni figlio forse fino a un massimo di 1000 iugeri per famiglia. Un collegio di triumviri (tresviri agris dandis iudicandis adsignandis) eletto dal popolo e composto dallo stesso Tiberio, dal fratello Gaio e dal suocero Appio Claudio Pulcro con l'appoggio dei giuristi Publio Licinio Crasso e Publio Mucio Scevola avrebbe poi avuto il compito di ripartire i lotti e recuperare i terreni in eccesso. Scopo principale della legge pare essere stata l'esigenza di ricostituire e conservare un ceto di piccoli proprietari, che tendenzialmente si andava dissolven­ do, anche per garantire una base stabile al reclutamento dell'esercito (i nullatenenti, privi di censo fondiario, non potevano essere arruola­ ti) . A causa tuttavia della violenta opposizione conservatrice non fu possibile completare l'iter legislativo entro la scadenza del mandato tribunizio di Tiberio, che anche per non perdere la prerogativa della inviolabilità personale pensò di presentare la candidatura al tribunato della plebe anche per l'anno successivo, in violazione della !ex Villia. 1 54 tristia . . . o mina: è la prima volta che nel testo di Ossequente com­ pare il vocabolo omen, il cui significato sembra qui molto vicino al nostro 'pronostico', buono o cattivo. L'idea del malaugurio è mag81

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giormente esplicita nel successivo aggettivo sostantivato dira, ad in­ dicare gli eventi sinistri che si profilano all'immediato orizzonte della vita di Tiberio Gracco. 1 55 sinistro . . . ex stillicidio: il prodigium ha come ambientazione il luo­ go privato che tra tutti porta maggiormente con sé l'idea di un conte­ sto protetto. L'inciampare del piede sinistro sulla soglia fa presagire un ostacolo imprevisto e infausto, mentre la caduta del frammento di tegola indica la rovina stessa della casa nel suo elemento strutturale di 'copertura' . Stillicidium indica qui propriamente l'elemento archi­ tettonico che incanala la caduta dell'acqua piovana. 1 5 6 Ardeae: è Ardea, città molto antica e già capitale del regno di Turno. 1 57 Minturnis: è la città di Minturno, al confine tra Lazio e Campania. Nelle vicine paludi Mario stette nascosto fuggendo da Sill a . 1 58 scuta . . . maculata: l'indicazione pare riferirsi agli ancilia, gli scudi sacri, simbolo e garanzia della potenza romana, custoditi fin dai tem­ pi di Numa nella regia (vd. nota 28). Secondo la tradizione il primo ancile era caduto dal cielo e da allora era custodito con altri undici uguali per evitare che venisse rubato. Nel mese di marzo gli ancilia venivano portati in processione dai sacerdoti Salii. In ogni caso, il sangue versato sullo scudo è il sangue versato in guerra. 1 59 androgynus . . . deiectus: è il prodigio più inquietante, per il quale è attuata la purificazione della città con la processione e il canto delle vergini, il cui numero evoca di per sé magiche significazioni (27 è multiplo di tre e di nove). 160 multa milia servo rum. . . in Sicilia fugitivi: la notizia ricalca anche linguisticamente la conclusione del capitolo precedente. Vero è che le rivolte servili si ripeterono in uno stretto volgere di tempo. 161 in Graecostasi: cfr. nota 132. 162 Grex ovium . . . deiectum: si propone qui il testo come riordinato da Mastandrea con un intervento risolutivo di diverse problematiche connesse al testo tràdito, che presenta, tra l'altro, improbabili e inna­ turali collocazioni del sintagma fulmine exanimatus. 163 Publius Crassus: nel 133 a.C. il re di Pergamo Attalo III aveva lascia­ to il suo regno ai Romani. Si proclamò tuttavia suo erede Aristonico, forse figlio naturale del padre di Attalo, Eumene II. Egli facendosi chiamare, con chiari intenti dinastici, Eumene III capeggiò una rivolta antiromana. I Romani gli inviarono contro un esercito comandato da Publio Licinio Crasso Muciano, il quale però fu ucciso. I Romani in82

Note

viarono allora un secondo esercito guidato dal console Marco Ebuzio Perperna, il quale sconfisse e catturò Aristonico nel 129 a.C. 1 64 Phrigia recepta, Asia . . . legata Romanis: i nuovi territori furono or­ ganizzati nella provincia romana d'Asia. 165 '�