Il Gesù storico. Un Manuale [Biblioteca biblica #25 ed.] 8839920250, 9788839920256

Gli esiti dell'indagine scientifica su Gesù, esposti in modo chiaro, completo, aggiornato e soprattutto in un'

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Il Gesù storico. Un Manuale [Biblioteca biblica #25 ed.]
 8839920250, 9788839920256

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Gerd TheiBen - Annette Merz

IL GESÙ STORICO Un Manuale

quinta edizione

Editrice Queriniana

Titolo originale: Gerd TheiBen - Annette Merz, Der historische Jesus: ein Lehrbuch © 1996, 1999' by Vandenhoeck & Ruprecht, Gottingen © 1999, 2011' by Editrice Queriniana, Brescia via Ferri, 75 - 25123 Brescia (Italia/UE) te!. 030 2306925 - fax 030 2306932 internet: www.queriniana.it e-mail: [email protected] Tutti i diritti sono riservati. È pertanto vietata la riproduzione, l'archiviazione o la trasmissione, in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo, comprese la fotocopia e la digitalizzazione, senza l'autorizzazione scritta del!'Editrice Queriniana. ISBN 978-88-399-2025-6 Traduzione dal tedesco di ENZO GATTI Edizione italiana a cura di FLAVIO DALLA VECCHIA Stampato dalla Tipolitografia Queriniana, Brescia

Premessa

Nella generazione passata chi si occupava del Gesù storico partiva non di rado dalla convinzione esplicita che non fosse teologicamente importan­ te confrontarsi con lui intensamente. È determinante - si diceva - il Cristo annunciato, per il quale è sufficiente accertarsi che non si ponga in contra­ sto con i dati di cui disponiamo sul Gesù storico, che sono molto scarni. Questo atteggiamento mentale ha esercitato effetti su vasta scala. Oggi, a chi ci chiede di spiegare, dati alla mano, le informazioni che siamo in gra­ do di appurare sul Gesù storico, i dati che dobbiamo limitarci a supporre e ciò di cui non potremo mai venire a conoscenza, non siamo in grado di dare una risposta. I libri-rivelazione, che promettono di recuperare il vero Gesù dietro alle falsificazioni ecclesiastiche, sfruttano questo vuoto del mercato della cultura e del sapere, alla stessa maniera in cui cercano di sfruttarlo le opere edificanti che, partendo dalle aspirazioni religiose e dai valori etici del nostro tempo, creano un nuovo Gesù. Su entrambi i versanti il paziente lavoro della scienza è oggetto di disprezzo. Eppure, in una società illumi­ nata e in una chiesa aperta, che voglia dare conto delle proprie basi, non c'è alternativa. Questo manuale intende esporre l'indagine scientifica su Gesù; non sol­ tanto i suoi risultati, ma anche il processo dell'acquisizione del sapere. È stato scritto nella convinzione che duecento anni di ricerca storico-critica su Gesù, e la documentazione che in questo tempo è cresciuta enormemente su di lui e sul suo ambiente, abbiano prodotto conoscenze rilevanti. Di questo processo di acquisizione scientifica, peraltro, fanno parte molte cose che ai lettori e alle lettrici interessate anzitutto a risultati direttamente illuminanti richiedono un lavorio paziente. La scienza non dice: "Così è avvenuto", ma: "Così potrebbe essere avve­ nuto sulla base delle fonti a nostra disposizione". Perciò saranno oggetto della nostra trattazione tutte le fonti di rilievo: non solo quelle canoniche,

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bensì anche i vangeli apocrifi, né solo quelle cristiane, ma pure i testi non cristiani che menzionano Gesù. In ogni caso si esporrà sempre la base te­ stuale che fonda le conclusioni e le riflessioni. La scienza non dice mai: "Così stanno le cose", bensì soltanto: "Così si presentano a noi, secondo lo stato dell'indagine scientifica". E ciò significa, in termini espliciti: "Così stanno le cose, in base allo stato delle nostre attua­ li conoscenze e lacune" Per questo su ogni argomento importante ci siamo impegnati a fornire una breve panoramica del lavoro svolto dalla ricerca scientifica. Le posizioni classiche, che sono peraltro riprese con continue variazioni, saranno riferite in modo conciso. L'obiettivo è anche di aiutare il lettore a inquadrare le scelte sostenute in questo libro, per poterle meglio va­ lutare e relativizzare. La scienza non dice: "Questo è il nostro risultato", bensì: "Questo è il ri­ sultato che siamo in grado di raggiungere oggi, sulla base di determinati me­ todi'' Per essa il cammino lungo il quale si giunge alla meta è tanto impor­ tante quanto la stessa meta. Anzi, non di rado è ancora più importante. Il cammino percorso infatti può avere una sua rilevanza in sé, anche quando la meta risulti essere uno stadio intermedio, dal quale ripartire. Perciò in que­ sto libro saranno ricorrenti gli spazi di riflessione metodologica ed ermeneu­ tica. Di fronte allo scetticismo spesso nutrito sulla possibilità effettiva di ar­ rivare a sapere alcunché sul Gesù storico, questa scelta è opportuna. Un in­ tero paragrafo(§ 4) si occupa di tale questione. Infine, la scienza sa che i suoi risultati sono più passeggeri dei problemi ai quali essa cerca di fornire delle risposte. Ciò vale anche per l'indagine su Gesù. Nonostante l'abbondanza enorme di opinioni e posizioni, alcuni pro­ blemi fondamentali tornano continuamente, quasi come delle costanti. Per­ ciò la nostra esposizione è orientata ai problemi. D'altro canto, se non altro per ragioni di trasparenza e di chiarezza, segnaleremo di volta in volta le di­ rettrici che - allo stato attuale del nostro sapere e del nostro errare - possono essere seguite per arrivare a delle soluzioni. Poiché la scienza non può limitarsi a 'raccontare' la realtà, ma riflette sul­ le fonti, sulle condizioni della ricerca, sui metodi e sui problemi, essa è un fenomeno complesso. Ci troviamo di fronte, su questo punto, a una sfida al­ la didattica del sapere scientifico. Il nostro libro vorrebbe comunicare, nel modo più chiaro possibile, un sapere articolato circa i problemi affrontati, e anche un po' della soddisfazione che si prova nel partecipare - all'interno del processo scientifico - alla ricerca della verità e alla correzione dei nostri errori. Abbiamo in mente, come nostri lettori e lettrici, anche i laici interes­ sati, desiderosi di informarsi su Gesù. Per questo tutte le citazioni e le parole greche ed ebraiche sono accompagnate dalla traduzione. Per questo ci siamo

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sforzati di cedere il meno possibile alla propensione accademica a confon­ dere la profondità del pensiero con la poca chiarezza. Per questo il nostro sguardo è orientato marcatamente verso riflessioni didattiche. Tale tendenza trova la sua spiegazione nei corsi intensivi sul Nuovo Testamento che l' Au­ tore ha tenuto in qualità di maestro e ai quali l'Autrice ha preso parte per un periodo abbastanza lungo, come studiosa. Abbiamo intenzionalmente scritto un libro che sia adatto anche allo studio condotto in autonomia, in piccoli gruppi, e anche per il lavoro personale. Ogni paragrafo inizia con una breve introduzione e con esercizi prepara­ tori, che servono spesso a entrare in contatto con testi importanti. In essi so­ no citati per lo più testi al di fuori dell'Antico e del Nuovo Testamento. Di questi testi occorre che prendano visione anche quei lettori che non hanno il tempo per eseguire gli esercizi suggeriti. Essi infatti sono rilevanti per i con­ tenuti della problematica. Invece le proposte di lettura avanzate alcune volte a questo punto non costituiscono un presupposto per la comprensione del paragrafo in questione. Chi peraltro volesse occuparsi di un determinato ar­ gomento in maniera più approfondita, per esempio entro l'ambito di prepa­ razione a eventuali esami, dovrebbe sforzarsi di apprendere questi contributi fondamentali. La parte principale di ogni paragrafo è costituita dalla presentazione dei testi e dei problemi relativi a ciascuna tematica, sulla base di una schematiz­ zazione il più possibile chiara. Le tabelle, i raffronti e gli abbozzi schematici intendono evidenziare problemi importanti. Le suddivisioni in punti e sotto­ punti - con i termini centrali sottolineati - vorrebbero favorire una 'sintesi' mnemonica semplificata dei dati nella loro complessità. Alla fine di ogni parte principale si trova un riepilogo schematico che si discosta dalla suddivisione (artificiosa) in punti e sottopunti. Si vuole indi­ care in tal modo come i risultati scientifici possano essere tradotti in un lin­ guaggio formativo, per la scuola, la comunità ecclesiale e la società. Seguo­ no sollecitazioni alla riflessione ermeneutica. Da un lato esse intendono far capire che non si può chiedere più di tanto alla asettica esposizione del dato scientifico, considerato che non rientra direttamente tra i compiti dell'inda­ gine storica la questione di come noi oggi possiamo trattare i suoi risultati. Dall'altro sono parte dell'impostazione didattica del volume: il sapere di­ venta sapere vivo soltanto se ci confrontiamo personalmente con esso e lo colleghiamo con il nostro pensiero e la nostra esperienza. Alla fine di ogni paragrafo si trovano esercizi di verifica, nei quali ven­ gono sollevate nuove problematiche, in particolare là dove i lettori sono in­ vitati a svolgere vere e proprie operazioni di trasferimento da quanto è stato sviluppato sino a quel punto a dati ancora sconosciuti. Anche questi impegni

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aggiuntivi rientrano nella trattazione del tema. Alla fine del libro si fornisco­ no le soluzioni a tutti i compiti ed esercizi suggeriti. L'obiettivo che ci ha guidato nella stesura di ciascun paragrafo è stato quello di trattare ogni argomento in maniera il più possibile autonoma. Chi, per esempio, si volesse occupare specificamente dell'ultima cena di Gesù, troverà un'esposizione completa dei problemi sull'argomento senza vedersi costretto a leggere tutto il libro. Chi fosse convinto che l'occuparsi del Gesù storico comporti che si debba partire in ogni caso dalla fede nella risurrezio­ ne, può anche cominciare di qui. Anche un manuale che intende comunicare la ricerca su Gesù - e non le idee privilegiate dai due Autori - è caratterizzato da una determinata imma­ gine di Gesù. È un 'immagine di Gesù contestuale. Gesù viene inteso nel contesto del giudaismo e della storia locale, sociale e politica, del suo tem­ po. Anche dietro a questo libro si trovano 'precomprensioni' e 'interessi' Siamo convinti, infatti, che attraverso il Gesù storico è possibile trovare un accesso al giudaismo improntato a simpatia; siamo convinti che il confronto con il suo messaggio affina la coscienza sociale e l'incontro con lui cambia la questione su Dio. Il libro è un lavoro fatto in comune. Di tutte le sezioni, nella loro forma finale, rispondono entrambi gli Autori, ma ci siamo suddivisi i compiti. La gran parte dei paragrafi 1, 4-5 e 7-16 è di Gerd TheiBen. I paragrafi 2-3 e 6 sono stati scritti da Annette Merz. Da lei provengono pure gli esercizi non­ ché le soluzioni che si trovano alle pp. 695-740, oltre ad alcune sezioni negli altri capitoli 1 . Il manoscritto è stato concluso nel settembre del 1995. Non ci è più stato possibile tenere presente la bibliografia apparsa in seguito. Abbiamo sottoposto al vaglio di vari specialisti alcune parti del libro. Per suggerimenti o letture relative a singole sezioni o a tutto il libro, ringrazia­ mo: Petra v. Gemtinden (Ginevra), Michaela Hockel (Gottinga) e Christa TheiBen (Heidelberg). Dorte Bester (Heidelberg) ha studiato a fondo ampie parti del libro e ha avanzato, dal punto di vista dello studente, numerosi sug­ gerimenti per migliorare il testo, che volentieri abbiamo accolto. Il nostro ringraziamento va, inoltre, a Matthias Walter e Heike Gobel per la lettura delle bozze, e a Dorte Bester per la collaborazione nella compilazione del1 Si tratta delle seguenti sezioni:§ 1, 1.1.1-2 (parte della storia della ricerca su Gesù);§ 7, 1.1-3 (Nazaret) e 3.5 (La peculiarità religiosa della Galilea);§ 8, 4.1.1-3 (Giovanni Battista: fonti, dottri­ na e autocomprensione) e 7.1-2 (Gesù e le donne);§ 9, 5.1 (La predicazione di Gesù sul giudizio); § 10, 4.2 (Gesù mago?); § 11, 1.4-6 (parte della storia della ricerca scientifica) e 3.6 (Mt 20,1-12 nell'ambito delle parabole rabbiniche sulla ricompensa);§ 12, 2.1-2 (Gesù maestro) e 5.1-6 (Il co­ mandamento dell'amore);§ 15, 2.5.2 (La prima apparizione di Gesù) e 3 (Ermeneutica).

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l'indice delle citazioni. L'editore, dott. Arndt Ruprecht, ha seguito e inco­ raggiato la nascita del libro, che ha una lunga preistoria, risalente al lavoro svolto sul fascicolo integrativo alla Storia della tradizione sinottica di R. Bultmann. Per questo lo ringraziamo. Dedichiamo il libro a Christoph Burchard, in occasione del suo sessanta­ cinquesimo compleanno. Vuole essere un ringraziamento per il collega e maestro da noi tutti apprezzato e da molti amato. Gerd Theij3en Annette Merz

Avvertenze e abbreviazioni

Bibliografia e modalità di citazione All'inizio di ogni paragrafo, e a volte anche all'inizio di singole sottose­ zioni, si trovano blocchi di bibliografia con titoli scelti per ciascun argomen­ to; nel corso dei paragrafi relativi si fa riferimento a questi titoli citandoli in forma abbreviata sia nel corpo del testo che in nota a pie' di pagina. Non abbiamo cercato la completezza. In questi sguardi d'insieme biblio­ grafici non sono stati tenuti presenti i titoli e la bibliografia apparsi prima del 1930 circa, che sul piano tematico appartengono a un ambito diverso. Essi invece, laddove necessario, sono segnalati in maniera completa nelle note. Per maggior comodità e brevità sono riportate soltanto al termine del vo­ lume, pp. 741-746, le citazioni complete dei testi di riferimento che ricorro­ no più di frequente; il lettore può facilmente individuare questi titoli nel cor­ so del libro perché sono riportati in forma abbreviata e sono contrassegnati da un asterisco.

Abbreviazioni Per gli scritti biblici e le altre fonti sono utilizzate le abbreviazioni dello

Exegetisches Worterbuch zum Neuen Testament [trad. it., Dizionario esege­ tico del Nuovo Testamento, Paideia, Brescia 1995]. Per le altre abbreviazioni si è seguito per lo più la Theologische Realenzyklopiidie [TRE]. Sono diver­

se, o aggiunte a quelle, le seguenti abbreviazioni:

Avvertenze e abbreviazioni

BAR. GLAJJ GMk NEAEHL NTApo 1/11

Biblica[ Archaeological Review. M. STERN, Greek and Latin Authors on Jews and Juda­ ism, voll. I-III, Jerusalem 1974-1984. Geheimes Markusevangelium. E. STERN (ed.), The New Encyclopedia or Archaeologi­ cal Excavations in the Holy Land, voll. I-IV, Jerusalem 1993. W. SCHNEEMELCHER, Neutestamentliche Apokryphen, I: Evangelien, Tiibingen 19875; II: Apostolisches, Apokaly­ psen und Verwandtes, Tiibingen I 9895 •

Altre abbreviazioni pEg VgEbion VgEbr VgNaz VgPt VgTm

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papiro Egerton vangelo degli Ebioniti vangelo degli Ebrei vangelo dei Nazarei vangelo di Pietro vangelo di Tommaso

§ 1. La storia della ricerca sulla vita di Gesù

M. BAUM0TIE (ed.), Die Frage nach dem historischen Jesus. Texte aus drei Jahr­ hunderten (Reader Theologie), Gtitersloh 1984; M.J. BoRG, Jesus in Contemporary Scholarship, Valley Forge 1994; H. BRAUN, Der Sinn der neutestamentlichen Chri­ stologie, in ZThK 54 (1957) 341-377; J.D. CR0SSAN, The Cross that Spoke: The 0rigins of the Passion Narrative, San Francisco 1988; ID., Jesus*; G. EBE LING, Jesus und Glaube, in ZThK 55 (1958) 64-110; E. FuCHs, Die Frage nach dem histori­ schen Jesus, in ZThK 53 (1956) 210-229; D. GE 0RGI, Leben-Jesu-Theologie/Leben­ Jesu-Forschung, in TRE 20 (1990) 566-575; E. lv.SE MANN, Problem*; ID., Sackgas­ sen im Streit um den historischen Jesus. Exegetische Versuche und Besinnungen, II, Gottingen 1964, 31-68; ID., Der Ruf der Freiheit, T tibingen 1968, 19725 ; W.G. K0MME L, Vierzig Jahre Jesusforschung (1950-1990) (BBB 91), Weinheim 1994 (bi­ bl.); S. NE ILL - T. WRIGHT, The lnterpretation of the New Testament 1861-1986, Oxford 1988; S.J. PATIERS0N, The Gospel of Thomas and Jesus, Sonoma/CA 1993; E.P. SANDERS, Jesus*; K.L. ScHMIDT, Rahmen*; H. ScH0RMANN, Die vorosterlichen Anfiinge der Logientradition, in H. R.!ST0W - K. MATTHIAS (edd.), Der historische Jesus und der kerygmatische Christus, Berlin 1960, 342-370; ID., Jesus. Gestalt und Geheimnis, Paderbom 1994; A. SCHWEITZER, Geschichte*; P. STUHLMACHER, Jesus als Versohner. Oberlegungen zum Problem der Darstellung Jesu im Rahmen einer biblischen Theologie des Neuen Testaments, in G. STRECKER (ed.), Jesus Christus in Historie und Theologie (FS H. Conzelmann), Tilbingen 1975, 87-104 (= P. STUHL­ MACHER, Versohnung, Gesetz Jnd Gerechtigkeit. Aufsiitze zur biblischen Theologie, Gottingen 1981, 9-26); G. THEIBEN, Theologie*; W. WREDE, Das Messiasgeheimnis in den Evangelien. Zugleich ein Beitrag zum Verstiindnis des Markusevangeliums, Gottingen 1901, 1969" [trad. it., 1l segreto messianico nei Vangeli, D'Auria, Napoli

1996].

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Paragrafo primo

Introduzione La storia della ricerca sulla vita di Gesù racchiude una grande drammati­ cità al proprio interno. Un'intera cultura è cresciuta con l'intento di orienta­ re tutti i pensieri a una figura unica, di adorare in essa il Dio fatto uomo, di temere il Giudice escatologico, di amare il Redentore. Quale indipendenza intellettuale comporta trasformare tale immagjne in un oggetto di critica sto­ rica! All'inizio troviamo la critica delle fonti. Ci si chiedeva se nei racconti e­ vangelici tutto fosse storico o autentico. E non ci si limitava alla questione se nelle fonti fossero finiti pochi "versetti satanici", ma ci si interrogava se in moltissimi versetti Gesù non fosse stato avvolto in un' aura astorica di mi­ to e poesia. Alla critica delle fonti seguì il relativismo storico. Anche se si fosse riusciti a ottenere un quadro storicamente attendibile di Gesù, sarebbe rimasto il problema dato dal fatto che questa figura risultava profondamente inserita dentro la storia e che essa era meno singolare e assoluta di quanto non si fosse soliti credere. A ciò s' aggiunse infine la consapevolezza di una estraneità ermeneutica: ammesso che si fosse riusciti a possedere dei reso­ conti storicamente attendibili e ad incontrare in essi un personaggio dai tratti inconfondibili, questo Gesù, che per molti nell'infanzia era stato così vicino e buon amico, si allontanava in un mondo passato con i suoi esorcismi e le sue strane ansie da fine dei tempi. Nonostante un simile distanziamento causato dalla critica delle fonti, dal relativismo storico e dall'estraneità ermeneutica, la nostra cultura dipende fino a oggi da questa figura. Anche là dove non si guarda più a lui come al 'Signore', nel rabbi di Nazaret si continua a cercare il grande fratello come alleato: là dove s'invoca una strutturazione della società di stampo sociali­ sta, Gesù diventa l'antesignano del socialismo, lui che ha criticato i ricchi e rifiutato Mammona. Là dove si esalta la gioia di vivere, Gesù diventa il gali­ leo maestro nell' arte di vivere, bollato da contemporanei gretti come «man­ gione e beone, amico di pubblicani e peccatori». Là dove s'insiste sulla ne­ cessità di decisioni esistenziali, Gesù diventa predicatore di un appello alla decisione che invita il singolo a uscire da una vita fatta di certezze. Là dove si caldeggia un umanesimo in grado di emanciparsi dalla tutela della chiesa, Gesù diventa colui che sfida le istituzioni religiose. La sua pretesa non era forse quella di essere semplicemente 'uomo' , il «figlio dell' uomo»? La storia della ricerca sulla vita di Gesù e delle immagini di Gesù è la sto­ ria di un alternarsi continuo tra distanziamenti e avvicinamenti a Gesù. Nel­ le pagine che seguono presenteremo sinteticamente solo le fasi più impor-

La storia della ricerca sulla vita di Gesù

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tanti dell' indagine scientifica su Gesù, mettendo in luce prospettive fonda­ mentali e metodologiche che esercitano la loro influenza fino a oggi. Pro­ prio per questo teniamo a sottolineare come la storia delle immagini di Gesù sia più ricca della storia delle immagini scientifiche di Gesù.

Proposta di lettura Si legga A. SCHWEilZER, Geschichte der Leben-Jesu-Forschung*, soprat­ tutto la Prefazione alla quinta edizione, 29-42, e la Riflessione conclusiva, 620-630 [trad. it., Storia della ricerca sulla vita di Gesù, Paideia, Brescia 1986, 744-756: Riflessione conclusiva] e R. BULTMANN, Jesus (GTB 17), Giitersloh 197()4, 149- 158 (Postfazione di W. Schmithals) [trad. it., Gesù, Queriniana, Brescia 19974, 175-186].

1 . Le cinque fasi della ricerca sulla vita di Gesù 1 . 1 . PRIMA FASE: GLI

' SPUNTI' CRITICI SULLA QUESTIONE DEL GESÙ STORICO DA PARTE DI H.S. REIMARUS E D.F. STRAUB

1 . 1 . 1 . Hermann Samuel Reimarus (1694-1 768) Durante la sua vita il professore di lingue orientali H.S. Reimarus, di Amburgo, fu un pioniere della religione naturale propugnata dal deismo inglese. Tuttavia le basi storico-critiche delle sue idee furono da lui rese note solo a pochi intimi nella sua Apologia, ovvero difesa degli adoratori razionali di Dio. Dopo la sua morte G.E. Lessing pubblicò sette frammenti di quest'ope­ ra ( 1 774-1778), senza rivelare l'identità dell'autore 1 • Con Reimarus inizia l'indagine sulla vita di Gesù da punti di vista meramente storici. 1. Ad aprire il cammino è soprattutto il punto di vista metodologico. H.S. Reimarus distingue fra la predicazione di Gesù e la fede degli apostoli in Cristo: «Io credo che vi siano forti motivi per tenere ben distinto ciò che gli 1 Per la questione sul Gesù storico sono importanti in particolare i frammenti 6 e 7 ( «La storia della risurrezione»; «Sullo scopo di Gesù e dei suoi discepoli») [trad. it., I frammenti dell'Anonimo di Wolfenbiittel pubblicati da GE. Lessing, a cura di Fausto Parente, Bibliopolis, Napoli 1977,

293-348, 349-360).

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Paragrafo primo

apostoli raccontano nei loro propri scritti da ciò che Gesù nella sua vita ha realmente espresso e insegnato»2 • 2. A questo punto di partenza corrisponde la consapevolezza storica che la predicazione di Gesù possa e debba essere compresa soltanto a partire dal contesto della religione giudaica del suo tempo. Reimarus vede il centro della predicazione di Gesù nell'annuncio della prossimità del regno dei cieli e nel conseguente appello alla penitenza. Ciò va inteso «secondo il modo di esprimersi giudaico»: Gesù promette un regno mondano, «il regno di Cristo o del Messia, di cui gli Ebrei avevano così a lungo atteso o sperato la venu­ ta» 3. Gesù è una figura profetico-apocalittica, mentre il cristianesimo che si va staccando dal giudaismo è un'invenzione degli apostoli. 3. La discrepanza fra il messaggio politico-messianico di Gesù e l'annun­ cio di un Cristo che redime attraverso la sofferenza, che risorge e che è de­ stinato a tornare, è spiegata da Reimarus tramite la teoria di un vero e pro­ prio inganno. Per non doverli considerare falliti al pari di Gesù, i suoi di­ scepoli - sostiene Reimarus - ne rubarono il cadavere (cfr. Mt 28, 1 1- 1 5) e dopo cinquanta giorni (quand'esso non era più identificabile) annunciarono la sua risurrezione e il suo ritorno imminente. Mentre la separazione metodologica fra il Gesù storico e il Cristo della fede predicato dagli apostoli è fino a oggi valida e determinante, e l'inseri­ mento di Gesù nel contesto giudaico ai nostri giorni torna ad essere conside­ rato necessario, la spiegazione della fede in Cristo sulla base di un 'inganno' fu contestata ben presto da un secondo grande critico, D.F. StrauB.

1 . 1 .2. David Friedrich Strauj3 ( 1808-1874) Il filosofo e teologo D.F. StrauB, discepolo di F.Chr. Baur e di F.W. Hegel, nel 1 835/36 pubblicò la sua Vita di Gesù4 , che suscitò scalpore, garantì al suo autore considerazione sociale per il resto della sua vita, ma la cui tesi fondamentale, sullo sviluppo mitico della tradizione di Gesù, non può più essere seguita dall'indagine scientifica. I . Il merito principale di StrauB è l'applicazione ai vangeli del concetto di mito, che era già corrente nell'indagine veterotestamentaria del suo tempo. Per StrauB la considerazione della tradizione di Gesù nella prospettiva del 2 «Sullo scopo di Gesù e dei suoi discepoli», § 3 [trad. it. cit., 358]. 3 «Sullo scopo», cit., § 4 [trad. it. cit., 359]. 4 D.F. STRAUB, Das Leben Jesu, kritisch bearbeitet, 2 voll., Tiibingen 1835/36, 1837'; terza edi­ zione attenuata 1838/39; quarta edizione, che concordava nuovamente con la prima, 1840.

la storia della ricerca sulla vita di Gesù

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mito è la sintesi (in senso hegeliano) risultante dalle interpretazioni inade­ guate del soprannaturalismo da un lato e del razionalismo dall'altro. L'interesse principale delle esposizioni della vita di Gesù in chiave razionalistica sta nella spiegazione 'razionale' dei miracoli di Gesù e dei tratti miracolosi nei van­ geli. Un caso esemplare da menzionare sarebbe quello di H.E.G. Paulus (1 7891 85 1 )5 Con riflessioni più o meno sofisticate si vuole rendere comprensibili alla co­ scienza 'illuminata' i miracoli (il risuscitamento come morte apparente, il cammino sulle acque come visione dei discepoli ecc.), e il modo in cui gli evangelisti presen­ tano le vicende di Gesù viene giustificato come concessione alla «bramosia di mira­ coli da parte dei Giudei». La contestazione di questo tipo di interpretazione dei mi­ racoli procurava a StrauB un piacere ancora maggiore del confronto con la credulità tradizionale (di stampo soprannaturalistico). Egli inizia tutte le sezioni della sua vi­ ta di Gesù contrapponendo l'uno all'altro i due orientamenti, ne mette in risalto le debolezze e mostra quindi come la prospettiva mitica nella considerazione dei van­ geli risolva tutti i problemi.

Ogni volta che nei racconti evangelici le leggi della natura vengono abro­ gate, che le tradizioni si contraddicono a vicenda oppure che vengono tra­ sferiti su Gesù motivi diffusi sul piano storico-religioso, soprattutto motivi veterotestamentari, Strau8 vede all'opera il mito, «la saga che compone sen­ za intenzioni precise»6• Ciò che non è storico non è più attribuito a un ingan­ no deliberato, come avveniva con Reimarus, ma a un processo inconscio di immaginazione mitica. 2. Per l'hegeliano illuminato Strau8 il nucleo intimo derla fede cristiana non è toccato dalla considerazione mitica. Nell 'individuo storico Gesù, in­ fatti, si realizza l 'idea dell'umanità di Dio, la più elevata di tutte le idee. Il mito è il rivestimento legittimo «a mo' di storia» di questa idea che riguarda tutta l'umanità7 • 3. Strau8 è stato anche il primo a riconoscere che il vangelo di Giovanni è stato composto a partire da premesse teologiche ed è storicamente meno at­ tendibile dei sinottici. Al sorgere di questa tesi aveva contribuito F.Chr. Baur. La debolezza della critica mossa da Strau8 consisteva nella sua tesi sul rapporto letterario tra i sinottici. Egli sosteneva che il vangelo di Matteo 5 Das Leben Jesu als Grundlage einer reinen

Geschichte des Urchristentums, Heidelberg 1828. 6 Strau8 in effetti non nega che i racconti contengano anche ricordi storici, ma non è ad essi che va il suo interesse; a lui preme esclusivamente scoprire l'onnipresenza del mito. 7 Condurrebbe troppo lontano esporre la cristologia speculativa di Strau8. Ci limitiamo a riman­ dare alla conseguenza, quanto mai scandalosa per i contemporanei ortodossi, secondo cui un'idea non si realizza in un unico esemplare, e per questo gli attributi classici di Cristo (unione della natu­ ra umana con quella divina ecc.) andrebbero riferiti all'umanità nel suo insieme (come genere).

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Paragrafo primo

e il vangelo di Luca erano i due vangeli più antichi e che il vangelo di Mar­ co era un estratto dei primi due (la cosiddetta ipotesi di Grie8bach). Col chiarimento del rapporto tra le fonti da parte della "teoria delle due fonti" perciò la teologia liberale poté sperare di reagire al 'trauma' provocato da Strau8.

1 .2.

SECONDA FASE: L' OTIIMISMO DELLA RICERCA LIBERALE SULLA VITA DI GESÙ

In Germania il periodo dell'impero guglielmino vide il fiorire del liberali­ smo teologico e della classica "ricerca sulla vita di Gesù" (Leben-Jesu-For­ schung). Con la ricostruzione storico-critica della personalità autoritativa di Gesù e della sua storia si sperava 1di rinnovare la fede cristiana, lasciandosi in tal modo alle spalle il dogma ecclesiale. Rappresentante esemplare di questo ideale può essere considerato Heinrich Julius Holtzmann. 1. La base metodologica della ricerca su Gesù di stampo liberale è l 'indi­ viduazione critico-letteraria delle fonti più antiche su Gesù: F.Chr. Baur di­ mostrò la priorità dei sinottici rispetto al vangelo di Giovanni, e H.J. Holtz­ mann(1832-191O) diede il suo sostegno alla "teoria delle due fonti" svilup­ pata da Gottlob Wilke e Christian Hermann Wei8e, garantendole un succes­ so duraturo8 • Ora erano considerate le due fonti più antiche, e di gran lunga attendibili per il Gesù storico, il vangelo di Marco e la fonte Q, vale a dire una fonte che fino a questo punto era rimasta in ombra (Mc) e una fonte ri­ costruita soltanto dalla scienza(Q). Su questa base parve possibile un'eman­ cipazione dall'immagine di Gesù tramandata dalla chiesa. 2. Dal vangelo di Marco Holtzmann prese lo schema di base della vita di Gesù, in cui egli lesse uno sviluppo biografico con il punto di svolta in Mc 8: per Holtzmann in Galilea si sarebbe formata la coscienza messianica di Gesù, il quale poi in Cesarea di Filippo si rivelò ai discepoli come messia. Entro la cornice biografica acquisita dal vangelo di Marco furono inserite le parole autentiche di Gesù ricostruite dalla/onte dei logia. 3. 11 risultato del collegamento fra la concezione aprioristica di uno svi­ luppo della personalità di Gesù che si rifletterebbe nelle fonti e l'analisi cri­ tico-letteraria approfondita sono le "Vite di Gesù" di stampo liberale, che e8

Determinante fu l'opera di H.J. HOLTZMANN, Die synoptischen Evangelien. 1hr Ursprung und geschichtlicher Charakter, Leipzig 1 863. La "teoria delle due fonti" sarà esposta in breve più a­ vanti, a p. 43.

La storia della ricerca sulla vita di Gesù

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rano convinte di ritrovare nelle fonti su Gesù l 'ideale di personalità così co­ me lo nutriva il loro autore.

1 .3. TERZA FASE: IL CROLLO DELLA RICERCA SULLA VITA DI GESÙ Nella fase finale del liberalismo teologico, sul finire del secolo XIX e l'i­ nizio del XX, tre prospettive scientifiche condussero al crollo della teologia della vita di Gesù: I . A. Schweitzer, nella sua Storia della ricerca sulla vita di Gesù sma­ scherò il carattere proiettivo delle immagini tratteggiate dalle vite di Gesù9• Schweitzer dimostrò che ciascuna delle immagini liberali di Gesù mostrava esattamente la struttura della personalità che agli occhi del suo autore era considerata l'ideale etico massimamente degno di essere perseguito. 2. Il carattere tendenzioso della più antica fonte conservataci sulla vita di Gesù fu dimostrato da W. Wrede nel 1901. Per Wrede il vangelo di Marco è espressione di un'opzione dogmatica della comunità. In esso la fede PC)Stpa­ squale nella messianicità di Gesù si retroproietta all'indietro nella vita non messianica dello stesso Gesù. Per Wrede la "teoria del segreto messianico", che non è storica, determina tutto il vangelo di Marco 10• In tal modo s'in­ franse la fiducia di poter distinguere, col ricorso a due fonti antiche, fra la storia di Gesù e l'immagine postpasquale del Cristo. 3. Il carattere frammentario dei vangeli fu provato da K.L. Schmidt, il quale mostrò che la tradizione su Gesù consta di 'piccole unità' e che la cor­ nice cronologica e geografica della storia di Gesù (Der Rahmen der Geschi­ chte Jesu*) è secondaria perché fu composta dall'evangelista Marco. In tal modo venne meno la possibilità di delineare in qualche modo uno sviluppo della personalità di Gesù guardando alla successione delle pericopi. Inoltre la storia delle forme riconobbe che anche le 'piccole unità' devono la loro e­ sistenza e forma primariamente alle necessità della comunità e solo secon­ dariamente riflettono un ricordo storico; insomma, il carattere kerygmatico della tradizione di Gesù determina anche la pericope più ridotta (M. DIBE­ uus, FG*, 1919; R. BULTMANN, GST*, 1921). Lo scetticismo suscitato da questa consapevolezza inferse un grave colpo 9 La prima edizione apparve nel 1906 col titolo Von Reimarus zu Wrede. Eine Geschichte der Leben-Jesu-Forschung. li titolo della seconda edizione, notevolmente ampliata, era: Geschichte der Leben-Jesu-Forschung. Le successive edizioni apparvero immutate; alla quinta, del I 951, Schweitzer aggiunse una nuova prefazione. IO W. WREDE, Messiasgeheimnis.

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Paragrafo primo

che fu in parte 'parato' con motivi teologici, in parte ulteriormente inasprito sul piano programmatico, per esempio da R. Bultmann ( 1 884- 1 976), l'ese­ geta più significativo della teologia dialettica, corrente che ebbe il suo perio­ do di fioritura nell'arco di tempo che va dal 1 9 1 9 al 1 968. I. La teologia dialettica contrappone Dio al mondo in modo tanto radica­ le che essi si toccano soltanto in un punto (come la tangente il cerchio): nell"evento [Daj3]' della venuta di Gesù e nell"evento [Daj3] ' della sua di­ partita, nella croce e risurrezione. Era considerato determinante non quello che Gesù aveva detto e fatto, bensì quello che Dio aveva detto e fatto nella croce e risurrezione. Il messaggio di quest'azione di Dio, il kerygma neote­ stamentario, ha come oggetto non il Gesù storico, bensì il «Cristo kerygma­ tico». 2. Secondo la concezione della.filosofia esistenzialista, l' uomo acquista la sua 'identità propria' soltanto nella decisione, che non può essere garantita da argomenti oggettivi (come il sapere storico). Per un esistenzialismo cri­ stiano questa decisione è risposta ali' appello di Dio nel kerygma della croce e risurrezione di Cristo, che l' uomo fa proprio attraverso un esistentivo «morire e vivere con Cristo». 3. I due abbozzi di teologia neotestamentaria di maggior spicco mostrano poco interesse per il Gesù storico. In 2 Cor 5, 1 6 Paolo nega che abbia rile­ vanza l'aver conosciuto Cristo secondo la carne 1 1 • Nel vangelo di Giovanni il Rivelatore rivela soltanto che egli è il Rivelatore. Sia Paolo che Giovanni sviluppano il kerygma, vale a dire una fede postpasquale che ha 'rifuso' la memoria prepasquale alla luce della croce e risurrezione. Se D.F. StrauB vi­ de la verità del mito di Cristo nella 'idea' , R. Bultmann invece l'ha vista nel kerygma, in un 'appello di Dio' proveniente dall'esterno. 4. L'indagine storico-religiosa aveva chiarito che sul piano teologico Ge­ sù appartiene al giudaismo 12 e che il cristianesimo incomincia soltanto con la pasqua. Da questo dato R. Bultmann ha tratto la conclusione che per una teologia cristiana l' insegnamento di Gesù non riveste alcuna importanza 1 3 • Egli tuttavia ha riconosciuto che la cristologia postpasquale è 'implicita­ mente' fondata sull'appello alla decisione rivolto dal Gesù prepasquale. È 1 1 La pericope 2 Cor 5,16 va intesa verosimilmente nel senso che vi si parla non del «Cristo se­ condo la carne», bensì della conoscenza di lui secondo la carne. 12 Cfr. l'espressione di J. Wellhausen diventata famosa: «Gesù non era un cristiano, bensì un giudeo» (Einleitung in die ersten drei Evangelien, Berlin 1911', 102). 13 Com'è noto, R. BULTMANN, Theologie*, inizia affermando: «La predicazione di Gesù appar­ tiene ai presupposti della teologia del Nuovo Testamento e non è invece parte di questa stessa teo­ logia» ( I [trad. it. cit., 131).

La storia della ricerca sulla vita di Gesù

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stato questo il punto dal quale sono partiti i discepoli di Bultmann per rifor­ mulare la questione del Gesù storico.

1 .4.

QUARTA FASE: LA 'NUOVA RICERCA' DEL GESÙ STORICO

Mentre la (vecchia) questione liberale del Gesù storico contrapponeva il Gesù storico alla predicazione della chiesa, la 'nuova ricerca' 14 sorta entro la cerchia dei discepoli di Bultmann parte dal Cristo kerygmatico e si chiede se la sua elevatezza fondata sulla croce e risurrezione abbia un 'appiglio' nella predicazione prepasquale di Gesù 1 5 • 1 . Lo stesso kerygma cristologico impegna a porre la 'nuova ricerca sul Gesù storico', poiché esso (su fronte anti-entusiastico) 16 si richiama a una fi­ gura terrena e di essa parla narrativamente nei vangeli come di una figura terrena. L' identità fra il Gesù terreno e il Cristo innalzato è presupposta in tutti gli scritti protocristiani. 2. La base metodologica della 'nuova ricerca sul Gesù storico' è la fidu­ cia che è possibile trovare un minimo di tradizione 'autentica ' su Gesù criti­ camente accertata, scartando tutto quello che è derivabile sia dal giudaismo che dal cristianesimo primitivo. Al posto della ricostruzione critico-letteraria delle fonti più antiche da parte della 'vecchia' ricerca sulla vita di Gesù della teologia liberale, sul piano metodologico subentra ora il confronto storico­ religioso e storico-tradizionale: il «criterio della differenza». 3. La ricerca di un aggancio prepasquale del kerygma su Cristo è indipen­ dente dalla questione se Gesù abbia usato titoli cristologici (come figlio del­ l'uomo, messia, figlio di Dio). Piuttosto tale rivendicazione è contenuta im­ plicitamente nel suo comportamento e nella sua predicazione: • come appello di Gesù alla decisione di fronte alla presenza di Dio nel suo regno che sta per iniziare(R. Bultmann) 1 7 ; 1 4 La 'nuova' questione fu suscitata da E. Kasemann nella conferenza tenuta nel 1953 a Marbur­ go: Das Problem des historischen Jesus* [trad. it., Il problema del Gesù storico, in Saggi esegetici, Marietti, Casale Monferrato 1985, 30-57]. 15 È caratteristica di questo orientamento della problematica l'espressione diventata tecnica: 'nuova ricerca (new quest, Riic/ifrage) sul Gesù storico' 16 La tesi secondo cui i motivi antientusiastici-antidocetistici avrebbero ricoperto un ruolo nella stesura dei vangeli è sostenuta in particolare da E. Kiisemann (per esempio: Problem*, 138- 142 [trad. it. cit., 42ss.]). 17 Lo stesso Bultmann peraltro, diversamente dai suoi discepoli, non ha attribuito alcuna rile­ vanza sostanziale al fatto «che la comparsa di Gesù e la sua predicazione implica una cristologia, in quanto egli ha richiesto la decisione di fronte alla sua persona in qualità di portatore della parola

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Paragrafo primo

• come critica mossa da Gesù alla legge, che metteva in questione le basi di tutte le religioni antiche, un «appello alla libertà» (E. Kasemann) 1 8 ; • come immediatezza di Gesù, grazie alla quale egli si distingue sia dall' apo­ calittica che dalla casistica del suo ambiente (G. Bomkamm) 1 9 ; • come rivendicazione del 'amore di Dio per i peccatori, sia nel comporta­ mento di Gesù che nella sua predicazione (E. Fuchs)2° ; • come unità paradossale tra la Torah radicalizzata e la grazia radicale, nel­ le quali la volontà di Dio ci viene incontro in Gesù e accade (H. Braun)2 1 ; • come 'fede di Gesù' , che gli garantisce la partecipazione all'onnipotenza di Dio: «Tutto è possibile a chi crede» (G. Ebeling)22. 4. L'intenzione teologica che già nella predicazione di Gesù mira a sco­ prire in nuce il kerygma cristologico, in connessione con il criterio della dif­ ferenza, ha condotto inevitabilmente alla percezione di Gesù in contrasto con il giudaismo23 •

Excursus: l 'indagine ebraica su Gesù G. LINDESKOG, Die Jesusfrage im neuzeitlichen Judentum. Ein Beitrag zur Geschi­ chte der Leben-Jesu-Forschung (AMNSU 8), Leipzig - Uppsala 1938; W. VoGLER, Judische Jesusinterpretationen in christlicher Sicht (AKG(W) 1 1 ), Weimar I 988. Mentre la teologia cristiana, allontanandosi dal liberalismo teologico, non rico­ nosceva il giusto valore alla ricerca sul Gesù storico, l'indagine scientifica giudaica su Gesù, che stava iniziando, proseguì la tradizione liberale sottolineando aspetti che nell'indagine cristiana non avevano avuto sufficiente attenzione, vale a dire il carattere giudaico della vita e della dottrina di Gesù - un processo che appartiene alla «riconduzione di Gesù al giudaismo». Poiché al conflitto con la legge giudaica di Dio». Questa rivendicazione di autorità piena infatti resterebbe un fenomeno storico, sulla cui appropriatezza secondo Bultmann non si deve esprimere alcun verdetto. L'unità effettiva fra la pre­ dicazione di Gesù e il kérygma su Cristo si apre solo a un'interpretazione esistenziale: entrambe pongono di fronte alla decisione e rendono possibile una nuova esistenza. D'altro canto, dopo la pasqua, al posto della predicazione del Gesù storico è subentrato il kérygma. Fondamentalmente u­ na 'nuova ricerca' è superflua. Cfr. il dibattito di Bultmann con i suoi discepoli nel saggio Das Verhiiltnis der urchristlichen Christusbotschaft zum historischen Jesus; il passo citato sopra si tro­ va ivi, p. 457. 1 8 E. KASEMANN, Der Rufder Freiheit. 19 G. BoRNKAMM, Jesus*, passim [trad. it., Gesù di Nazareth, Claudiana, Torino 1 977). 20 E. FUCHS, Die Frage nach dem historischen Jesus. 2 1 H. BRAUN, Der Sinn der neutestamentlichen Christologie. 22 G. EBELING, Jesus und Glaube. 23 G. THEIBEN, Theologie*, spec. 3 1 9-325.

La storia della ricerca sulla vita di Gesù

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non era più riservata la posizione centrale nella vita di Gesù, per interpretare stori­ camente la morte violenta dello stesso Gesù vennero prese in considerazione altre possibilità: era stato forse un ribelle politico contro i Romani? Le tre esposizioni classiche dell'indagine giudaica su Gesù dell'inizio del XX secolo presentano Gesù come moralista, come profeta e come ribelle. l . Gesù come moralista. J. Klausner (Jesus von Nazareth, ebr. 1907, trad. ted. Berlin 1934, Jerusalem 1 9521) vedeva in Gesù il rappresentante di un'etica giudaica impressionante. Egli ha potuto definirlo un 'nazionalista' radicale (573), peraltro con una nuova 'idea di Dio' (527), che si presentava sganciata dal legame con il po­ polo e la storia. 2. Gesù come profeta. C .G. Montefiore (The Synoptic Gospels, 2 voll., London 1909; 1 9272, oltre a numerose altre pubblicazioni) è chiaramente il più importante di questi primi tre studiosi giudei di Gesù. Per lui Gesù si pone sulla linea dei gran­ di profeti, ma in una situazione storica mutata. I profeti antichi non dovettero con­ frontarsi con la legge come entità completa, conchiusa. Essi polemizzarono contro il culto sacrificale. Quest' ultimo invece al tempo di Gesù era circoscritto al tempio di Gerusalemme, mentre gli altri riti - il sabato, le prescrizioni alimentari, i precetti sulla purità - si erano ridotti a pura esteriorità. Per questo Gesù prese di mira queste pratiche. 3. Gesù come ribelle. La tesi che troviamo all'inizio della ricerca su Gesù, secon­ do cui egli avrebbe voluto fondare un regno mondano (cfr. sopra, p. 16, su Reima­ rus), riprese vita con R. Eisler (IHLOYL BALIAEYL OY BALIAEYLAL, 2 voll., Heidelberg 1929/30)24: nella prima metà della sua vita Gesù avrebbe sostenu­ to una dottrina non violenta; poi però avrebbe conquistato il tempio con la violenza, per finire quindi in conflitto con i Romani. L'indagine giudaica su Gesù si è tenuta lontana anche dalle questioni teologiche specifiche della 'nuova ricerca sul Gesù storico' Due studiosi ebrei più recenti di­ vennero in tal modo precursori ed esponenti della third quest (vedi sotto, 1 .5): D. Flusser (Jesus*, 1 968 [trad. it., Jesus, Lanterna, Genova 1 976)), presenta Gesù co­ me giudeo fedele alla legge. A caratterizzare la sua predicazione sarebbero per Flus­ ser non la critica alla legge, bensì il comandamento dell'amore, il superamento del­ l'idea della vendetta e l'attesa del regno di Dio, tutte tradizioni giudaiche. G. Ver­ mes (Jesus the Jew, 1 973 [trad. it., Gesù l 'ebreo, Borla, Roma 1983)) situa Gesù en­ tro un ambiente carismatico della Galilea: troviamo gesti miracolosi e detti sapien­ ziali anche in }:lanina ben Dosa, legato alla Galilea del tempo. Ai 'titoli cristologici' Vermes dà un'interpretazione che s'inserisce entro la cornice del giudaismo. «Figlio dell'uomo» significherebbe semplicemente «un uomo», una tesi questa che aveva già sostenuto J. Wellhausen, oppure sarebbe una parafrasi per dire «io».

24 Tradotto il titolo del libro

suona: Gesù, un re che non regnò.

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1 .5. QUINTA FASE: LA «THIRD QUEST» SUL GESÙ STORICO Con l'estinguersi della scuola bultmanniana le unilateralità della 'nuova ricerca' sul Gesù storico divennero sempre più chiare. Essa era stata condi­ zionata anzitutto dall'interesse teologico inteso a motivare l'identità cristia­ na delimitandone i contorni nei confronti del giudaismo e a garantirne debi­ tamente la distanza dalle 'eresie' protocristiane (come la gnosi e l'entusia­ smo). Per questo aveva privilegiato fonti canoniche 'ortodosse' Nella third quest 25, emersa inizialmente soprattutto in ambito linguistico anglosassone, all'interesse teologico subentrò un interesse storico-sociologico; al posto della delimitazione di Gesù rispetto al giudaismo si ebbe la sua collocazione entro il giudaismo; anziché la preferenza per le fonti canoniche si manifestò l'apertura anche alle fonti non canoniche (in parte 'eretiche'). 1. L'interesse storico-sociologico. Nella comparsa e nel destino di Gesù si riflettono tensioni che sono caratteristiche della società giudaica del sec. I d.C. Analoghi movimenti di rinnovamento di carattere 'millenaristico' 26 pre­ senti in altre culture sono sempre caratterizzati da una figura profetica domi­ nante. Guardando ad essi possiamo trarre alcune conclusioni anche sul cri­ stianesimo primitivo: fra la cerchia prepasquale di Gesù e il cristianesimo postpasquale c'è continuità sotto il profilo sociale27. I carismatici itineranti della chiesa delle origini portarono avanti lo stile di predicazione e di vita di Gesù28 . 2. L'inserimento nel giudaismo. Gesù è il fondatore di un «movimento di rinnovamento interno al giudaismo», la cui radicalizzazione della Torah e dell'escatologia corrisponde formalmente ad altri movimenti 'radical-teo­ cratici'29. Sul piano del contenuto la predicazione di Gesù è «escatologia della restaurazione»: essa mira alla restaurazione del popolo giudaico30• Tra Gesù e il Cristo kerygmatico c'è una notevole continuità anche sul piano teologico, poiché dopo pasqua l'elevatezza di Gesù fu espressa con l'aiuto di modelli interpretativi biblico-giudaici3 1 • 25 L'espressione third quest è stata coniata da S. NEILL - T. WRIGHT, Interpretation, 379ss. 26 'Millenaristico' deriva da millennium (mille) e in origine si riferisce al regno millenario di cui parla Ap 20. Sono detti millenaristi (o chiliasti) quei movimenti che s'attendono un mutamento ra­ dicale delle cose. 27 H. ScHORMANN, Anfiinge; Io., Jesus, 85- 1 04, è stato il primo a riconoscere, già prima del sorgere della third quest, la continuità sociale tra Gesù e il cristianesimo primitivo. 28 G. THEIBEN, Wanderradikalismus*; Io., Soziologie*. 29 Io., Soziologie*. 30 E.P. SANOERS, Jesus*. 3 1 È rappresentativo, per esempio, il saggio di P. STUHLMACHER, Jesus als Versohner.

La storia della ricerca sulla vita di Gesù

25

3. L' attenzione alle fonti non canoniche. Acquista sempre più importanza la fonte dei logia ricostruita a partire da fonti canoniche e il vangelo di Tom­ maso, riscoperto attorno al 1945, perché considerato indipendente dai van­ geli sinottici32 • Si è d'accordo sul fatto che la molteplicità delle immagini di Gesù del cristianesimo primitivo dev'essere chiarita indipendentemente dai confini del canone (H. Koster; J. Robinson)33 . Si discute peraltro sulla prio­ rità data alle fonti extracanoniche rispetto alle fonti canoniche, per esempio, da J.D. Crossan, il quale non annovera tra le fonti primarie nessuno dei van­ geli canonici, mentre vi annovera tra l'altro lo strato più arcaico del vangelo di Tommaso, il vangelo di Egerton, il vangelo degli Ebrei, la fonte dei logia e un 'vangelo della croce' ricostruito a partire dal vangelo di Pietro34• Nel frattempo l'indagine su Gesù all'interno della third quest si è ramifi­ cata in varie direzioni (cfr. M.J. BORG, Jesus). Le differenziazioni più im­ portanti sono, da un lato, il ritorno a «un'immagine non escatologica di Ge­ sù», in cui lo stesso Gesù diventa esponente di una sapienza di vita parados­ sale, influenzata dal cinismo - un 'cinico giudeo' che, caratterizzato da in­ fluenze ellenistiche, finisce ai margini del giudaismo (B.L. Mack; J.D. Cros­ san). Dall'altro lato, come accadeva nell'indagine precedente, egli viene in­ terpretato entro la cornice della sua escatologia e collocato all'interno del giudaismo di cui sperava la restaurazione (E.P. Sanders). L'interpretazione di Gesù proposta qui appartiene al secondo orientamento. Il Gesù 'non esca­ tologico' sembra avere tratti più californiani che galilaici. Del resto vale per tutte le correnti all'interno della third quest il fatto che l'indagine su Gesù si sgancia chiaramente dal «criterio della differenza» in­ teso come base metodologica per l'indagine su Gesù, per mirare a un crite­ rio di plausibilità storica: ciò che è plausibile in contesto giudaico e rende comprensibile la nascita del cristianesimo dovrebbe essere storico (vedi sot­ to, § 4).

3 2 S.J. PATIERSON, Gospel. 33 Vedi al riguardo § 2, 1 .3., pp. 40ss. 34 J.D. CROSSAN, Jesus*; Io., Cross.

Contesto storico della teologia e della filosofia

criterio

Metodo /

Asserzioni principali

• Carattere proiettivo delle immagini sulla vita di Gesù (A. Schweitzer) • Carattere frammentario della tradizione su Gesù: piccole unità, cornice seconciaria Mc 8); - viene inserita la dottrina • Carattere kerygmatico di Gesù ricostruita sulla della tradizione su Gesù base di Q • Ricostruzione storico.:critica della vita di Gesù sulla base delle fonti più antiche: - Mc come cornice (sviluppo biografico; svolta:

• L' illumini smo esige l 'applicazione di metodi storico-critici ai testi biblici • La filosofia di Hegel influenza Strau8

• Posizione della teologia liberale critica nei confronti della chiesa: liberare la fede dal dogma e rinnovarla a partire dalla storia

• Teologia dialettica (è suffidente )"'evento [DajJ]") • Esistenzialismo (contro l'accertamento mediante fatti storici) • Scuola storico-religiosa (colloca Gesù entro il giu..1 .. : .........., daismo)

• Reimarus: punto di vista • Critica letteraria (teoria • Storia delle forme • Storia della redazione delle due fonti) meramente storico • Strau8: punto di vista • Storia delle religioni 'mitico' (storia delle forme)

• teoria del mito: la tradìzione su Gesù (spec. Gv) presenta tratti mitici marcati

D.F. StraujJ:

• distinzione tra il Gesù storico e il Cristo della chiesa • la teoria dell ' inganno spiega la discrepanza • Gesù interpretato i n contesto giudaico

H.S. Reimarus:

• I rappresentanti più recenti della teologia dialettica si sforzano di colmare i fossati tra rivelazione e storia

• Criterio della differenza (distacco di Gesù dal giudaismo e dal cristianesimo primitivo)

• La convinzione della identità fra il Gesù terreno e il Cristo innalzato richiede che ci s'interroghi sul Gesù storico • L' 'aggancio' del kerygma su Cristo viene trovato nella rivendicazione di autorità ('cristologie implicite') • Conseguenza: Gesù viene percepito in contrasto con il giudaismo

gmdaiche

• Criterio della plausibilità storica (riferimento al contesto giudaico dell'attività di Gesù)

• Gesù in contesto giudaico recepito come fondatore di un «movimento di rinnovamento all'interno del giudaismo» (Sanders) • Continuità fra Gesù e Cristo: - sul piano teologico applicazione di modelli interpretativi biblico-giudaici; - sul piano sociologico: carismatici itineranti portano avanti lo stile di vita di Gesù

Rappresentan- Reimarus; Lessing; Her- Holtzmann; Hase; Bey- Schweitzer; Bultmann; Kiisemann; Bornkamm; Sanders; Vermes; Thei8en; Burchard; Dibelius; Schmidt; Wrede Fuchs; Ebeling; Braun schlag der; Strau8 ti di rilievo Crossan

Spunti critici per la ricer- Ricerca liberale sulla vita Fallimento della ricerca 'Nuova ricerca' sul Gesù 'Third quest' for the historica! Jesus storico sulla vita di Gesù di Gesù ca su Gesù

2. Sguardo d'insieme: storia della ricerca sulla vita di Gesù

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La storia della ricerca sulla vita di Gesù

27

3. Riflessione ermeneutica Dinanzi alla molteplicità delle immagini di Gesù sorge il sospetto che in realtà le rappresentazioni di Gesù siano altrettante autorappresentazioni dei loro autori. Ma che siano invece più di questo risulta dal seguente esperi­ mento: si prendano tutte le esposizioni biografiche della storia del mondo e le si rendano anonime cancellando i nomi propri(di persone, di località e di istituzioni). Nonostante ciò, tutti i libri su Gesù si differenzierebbero chiara­ mente dagli altri. Tali libri infatti dovrebbero utilizzare le stesse fonti, do­ vrebbero far riconoscere la medesima costellazione di personaggi, dovreb­ bero citare le stesse espressioni centrali di Gesù. Già locuzioni tipiche come «i dodici» (discepoli), l'esortazione «Amate i vostri nemici» e la menzione della crocifissione indirizzano verso una identificazione inequivocabile. Resta tuttavia un'ampiezza notevole di possibilità. Infatti tutte le esposi­ zioni su Gesù contengono un elemento costitutivo che va oltre i dati conte­ nuti nelle fonti. Anche l'immaginazione storica con le sue ipotesi crea at­ torno alla figura di Gesù un"aura romanzesca', proprio come l'immagina­ zione religiosa del cristianesimo primitivo. Qui infatti, come là, è all'opera una forza d'immaginazione creativa innescata da questa stessa figura stori­ ca. Qui come là, essa opera in maniera non isolata: simboli religiosi, imma­ gini e miti si sottopongono a interpretazioni sempre nuove, ipotesi storiche sono passibili di correzioni e aggiornamenti continui. In tutto questo né la costruzione religiosa della storia di Gesù, né quella storica procedono in maniera arbitraria, ma si muovono sulla base di convinzioni assiomatiche. L'immaginazione religiosa del cristianesimo primitivo è guidata dalla fede salda nel fatto che tramite Gesù è possibile stabilire un contatto con Dio, la realtà ultima e definitivamente valida. L'immaginazione storica si orienta in base alle convinzioni fondamentali della coscienza storica: tutte le fonti provengono da uomini fallibili e perciò debbono essere sottoposte a critica storica. Inoltre esse devono essere interpretate alla luce di un relativismo storico, il quale sa bene che ogni cosa è in correlazione con l'altra, ogni realtà ha analogie. Infine vale il principio che la distanza storica vieta un'interpretazione anacronistica delle fonti entro la cornice dei valori e del­ le convinzioni proprie del momento storico in cui si vive. Le esposizioni scientifiche su Gesù sono costruzioni dell'immaginazione storica guidate da queste idee, costruzioni relativamente esenti da arbitrarietà, correggibili sulla base delle fonti e limpide nei loro presupposti. Se all'immaginazione religiosa preme l'accesso a Dio, ali' immaginazione storica preme l'accesso a una realtà del passato. Per questo le fonti storiche costituiscono il criterio

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Paragrafo primo

determinante per il suo lavoro. Tutto dev'essere misurato su di esse, ogni i­ dea dev'essere assoggettata a esse. Pertanto ogni esposizione scientifica su Gesù deve iniziare con una presentazione delle fonti a noi disponibili sul Gesù storico.

4. Esercizio Le cinque fasi della

ricerca sulla vita di Gesù

Troverete qui di seguito cinque testi, appartenenti ciascuno a una delle cinque fasi della storia della ricerca sulla vita di Gesù. Si rapportino i testi all'epoca corrispondente. Si dovrà motivare l'ordine prescelto annotando in breve i più importanti contrassegni utili all'identificazione. Inoltre si provi a indovinare chi potrebbe essere l'autore di ciascun testo. Testo 1:

«L'esegesi nel suo complesso, infatti, è d'accordo sul fatto che l'autenticità della prima, seconda e quarta antitesi del discorso della montagna non può essere mes­ sa in dubbio... È determinante... che con lo ÈyÙ> oè ÀÉyw [ma io vi dico] si riven­ dichi un'autorità che si pone accanto e contro quella di Mosé... Su questo punto non esistono paralleli in ambito giudaico, né potrebbero esistere. Infatti l'ebreo che fa quello che accade qui si è staccato dal legame col giudaismo, oppure porta la Torah messianica ed è il messia ... La straordinarietà del detto ne attesta l' au­ tenticità... Gesù ... beninteso è stato giudeo e presuppone la pietà tardogiudaica; allo stesso tempo, tuttavia, con la sua pretesa egli infrange questa sfera».

Testo 2:

«Si pensi a una giovane comunità, che... venera il proprio fondatore... una comunità saturata da una quantità enorme di nuove idee... una comunità... di persone per la stragrande maggioranza illetterate, che dunque erano in grado di appro­ priarsi di tali idee e di esprimerle non nella forma astratta della ragione e del con­ cetto, bensì unicamente nella modalità concreta della fantasia, nella forma di im­ magini e di racconti: .. .in queste circostanze doveva sorgere, inevitabilmente, ciò che di fatto è sorto: una serie di sacre narrazioni, attraverso le quali si dava e­ spressione alla massa enorme di idee nuove suscitate da Gesù, e anche alla quan­ tità di idee vecchie trasferite su di lui come momenti singoli della sua vita. La semplice struttura storica della vita di Gesù ... fu avvolta in ghirlande di pie rifles­ sioni e fantasie, le più svariate ed eloquenti: tutte le idee che la prima cristianità

La storia della ricerca sulla vita di Gesù

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nutriva sul suo Maestro sottrattole, furono tramutate in dati di fatto, intrecciate con la sua vita». Testo 3: «In effetti, sono dell'idea che sulla vita e la personalità di Gesù noi non possiamo più sapere praticamente nulla, poiché le fonti cristiane non se ne sono interessate; inoltre esse sono cresciute in maniera molto frammentaria e sono state ricoperte da leggende; e infine non esistono altre fonti su Gesù. Quello che da un secolo e mezzo circa è stato scritto sulla vita di Gesù, sulla sua personalità, sul suo svilup­ po interiore..., è fantasioso... e romanzesco... Nell'esposizione che segue non ho tenuto conto in alcun modo di tale questione, e questo in ultima analisi non per­ ché su di essa non si può dire nulla di certo, bensì perché personalmente la consi­ dero secondaria». Testo 4: «Qualunque altra cosa sia stato Gesù oltre a ciò, egli era un giudeo della Galilea, e il movimento di Gesù è stato, quanto meno agli inizi, galilaico, o in ogni caso palestinese-giudaico ... Vi sono ... due accessi a Gesù: la storia del cristianesimo primitivo, nella misura in cui essa può essere colta come storia conseguente al­ l'impatto esercitato da Gesù, e la storia della Palestina, in quanto essa è stata luo­ go dell'attività di Gesù ... I due accessi s'integrano a vicenda, in parte si accaval­ lano. Gesù e gli inizi del cristianesimo primitivo appartengono essi stessi alla storia del giudaismo palestinese». Testo 5: «Infine occorre richiamare l'attenzione su come entrambe le fonti [Mc e Q] si comportino in rapporto al materiale in maniera così perfettamente omogenea, da offrire in sostanza tentativi continui di definizione del carattere morale di Gesù. Sia nell'una che nell'altra viene sviluppata un'immagine spirituale armoniosa, il cui tratto fondamentale è costituito dall • energia che scaturisce dalla consapevo­ lezza continua e onnipresente di Dio; lo snodarsi progressivo e in maniera molte­ plice di un'esistenza, il cui principio motore è il fattore religioso-morale».

parte prima

LE FONTI E LA LORO VALUTAZIONE

§ 2. Le fonti cristiane su Gesù

W. BAUER, Das Leben Jesu im Zeitalter der neutestamentlichen Apokryphen, Tiibin­ gen 1909, rist. 1967; R. CAMERON (ed.), The Other Gospels: Non-Canonica/ Gospel Texts, Philadelphia 1982 (bibl.); Io. (ed.), The Apocryphal Jesus and Christian Ori­ gins, in Semeia 49 (1990); J.H. CHARLESWORTH, Research on the New Testament A­ pocrypha and Pseudepigrapha, in ANRW II 25.5 (1988) 3920-3968 (bibl.); Io., The

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Introduzione Nell'esprimere una valutazione sulle fonti che riguardano il Gesù storico occorre tenere presenti due punti di vista: la loro vicinanza storica (geschi­ chtliche) al Gesù della storia (historisch) e la loro indipendenza. Una fonte è tanto più preziosa quanto più ci porta vicini al Gesù della sto­ ria. Per questo è importante precisare l'antichità delle fonti. Ma l'antichità non è identica alla prossimità storica (geschichtliche). Le lettere di Paolo sono più antiche dei vangeli sinottici, e tuttavia sul piano della prossimità storica questi ultimi sono più vicini al Gesù della storia. Anzitutto poiché es­ si contengono un numero notevole di tradizioni che sono più arcaiche delle lettere paoline, e soprattutto poiché sono liberi dalla 'tendenza' paolina a ve­ dere in Gesù un essere preesistente, mitico. La tradizione del cristianesimo primitivo ha cercato di garantire la prossimità storica dei vangeli attribuen­ doli a un autore apostolico. Secondo essa il vangelo di Matteo e il vangelo di Giovanni provengono da apostoli di Gesù (vale a dire da testimoni ocula­ ri), il vangelo di Marco e il vangelo di Luca da discepoli di apostoli (ossia da persone che avevano accesso alle tradizioni dei testimoni oculari). At­ tualmente c'è la tendenza a riabilitare in parte questa tradizione della chiesa primitiva, che fa risalire il vangelo di Marco a Giovanni Marco, il vangelo di Luca a Luca compagno di Paolo e il vangelo di Giovanni a uno dei disce­ poli di Gesù, a un presbitero di nome Giovanni. Ma anche indipendente­ mente da questo, è possibile cercare di precisare la vicinanza di una fonte storica a Gesù o la lontananza da lui: Qui gioca un ruolo importante il secondo punto di vista, l' indipendenza delle fonti tra di loro. Noi infatti non possiamo mai vagliare le nostre fonti attraverso il confronto diretto con la realtà storica, ma sempre e soltanto in base al confronto con altre fonti. Nel caso in cui la reciproca dipendenza delle fonti sia marcatamente ampia, noi presupponiamo che esse siano di­ pendenti l'una dall'altra. Quando invece siamo di fronte a contraddizioni troppo aspre, riteniamo che una di esse (o entrambe) alterino fortemente la realtà e quindi siano prive di valore. La situazione delle fonti è favorevole là dove le incongruenze tra di esse garantiscono l'indipendenza e nel caso in

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cui, d' altro canto, le stesse fonti possono essere interpretate in maniera coe­ rente come testimoni di una medesima realtà storica. Nel caso di scritti che rielaborano tradizioni, questa indipendenza di più fonti tra di loro può rapportarsi a queste tradizioni, indipendentemente dal fatto se l'autore che le ha raccolte possa aver conosciuto gli altri vangeli. È determinante che segua una tradizione autonoma nei confronti degli altri vangeli. Al riguardo è indifferente che si tratti di fonti canoniche o non ca­ noniche. Per l'indagine storica tutte le fonti hanno le medesime opportunità di successo, il che non vuol necessariamente dire che, dopo una verifica sto­ rica, a esse possa essere attribuito un medesimo valore storico. Poiché una tale equiparazione della tradizione canonica su Gesù con la tradizione non canonica su di lui non è affatto data per scontata, questo sguardo d'insieme sulle fonti inizia con una breve panoramica sulle tendenze dell'indagine scientifica e le fasi da essa percorse nella valutazione della cosiddetta tradi­ zione apocrifa.

Esercizio Si apra la quinta edizione di W. ScHNEEMELCHER, Neutestamentliche A­ pokryphen, voi. I: Evangelien, Ttibingen 1987 (abbr. NTApo I) e se ne scorra l' indice per farsi un' idea della letteratura evangelica extracanonica [ed. it., per es., L. MoRALDI (ed.), Apocrifi del Nuovo Testamento, UTET, Torino 197 1 , voi. I: «I vangeli della natività e dell'infanzia e la vita pubblica di Ge­ sù»]. Si può scegliere per la lettura testi con valore di fonti come, a titolo di esempio, il vangelo di Tommaso, frammenti papiracei di vangeli sconosciuti (POx 840; papiro Egerton), il frammento del vangelo di Pietro, l'Apocrifo di Giacomo, i frammenti dei vangeli giudeocristiani, il frammento del van­ gelo segreto di Marco.

1 . L'importanza della letteratura cristiana extracanonica per la ricerca su Gesù: tendenze e fasi della ricerca Sono necessarie anzitutto alcune delucidazioni di carattere linguistico. Fra le fonti extracanoniche si distinguono tradizionalmente diversi gruppi di scritti, la cui denominazione viene riconosciuta oggi come sempre più pro­ blematica:

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Apocrifi del Nuovo Testamento: tutti gli scritti protocristiani che non sono stati accolti nel canone, non appartengono ai padri apostolici e sul piano del contenuto o della storia dei generi letterari si riferiscono al Nuovo Testamento. Questo presunto rapporto con il Nuovo Testamento peraltro non coglie la consapevolezza della mag­ gior parte di questi scritti. 'Apocrifo' (àn:6XQUlxmov: Mt 20,4) viene determi­ nato da un lato a partire dagli accordi salariali (v. 1 3), vale a dire dalle pro­ messe ed esigenze della Torah, e dall'altro dalla bontà di Dio anche nei con­ fronti degli ' ultimi', i quali sono riusciti a svolgere soltanto una minima par­ te del lavoro richiesto (vv. 4 . 14b- 1 5). In Gesù dunque vengono uniti insieme all'interno di una parabola i due aspetti della metafora del salario, che nei rabbini ricorrono invece separatamente. 4. A partire dal riempimento della metafora del salario rispettivamente co­ me giustizia, o come bontà, o in una connessione paradossale delle due, e 40 Citato secondo C. HEsZER, Lohnmetaphorik, 308. 4 1 MidrPss 26,3,109a; l05,13,227a (citato secondo C. HESZER, Lohnmetaphorik, 307-309). 42 Alla luce dei paralleli rabbinici l'amministratore appare un personaggio enigmatico. Sul piano narrativo, non è necessario delegare a lui il compito di pagare il salario, poiché il padrone non ab­ bandona la scena, come mostra il dialogo conclusivo tra lui e i lavoratori che mormorano. Si po­ trebbe vedere in ciò un riflesso irrilevante della vita di ogni giorno; ma contro questa prospettiva parla anzitutto la forte stilizzazione dell'azione, senza considerazione delle vere consuetudini quo­ tidiane (quale datore di lavoro va per ben cinque volte a cercare dei lavoratori?); in secondo luogo, il dato di fatto secondo cui tutte le parabole rabbiniche lasciano allo stesso re l'iniziativa del paga­ mento. In terzo luogo, nel caso in cui invece si volesse riflettere le situazioni concrete della vita quotidiana, anche l'assunzione dei lavoratori avrebbe dovuto essere fatta dall'amministratore. Poi­ ché in linea generale le parabole non contengono personaggi e iniziative non necessarie, nell'acco­ stamento del padrone che assume e dell'amministratore che paga dietro suo incarico si dovrà vede­ re un 'tratto singolo significante'. Poiché il padrone che cerca operai è Dio, che assolda gli uomini al suo servizio, nel caso dell'amministratore può trattarsi soltanto di una figura di giudice che agi­ sce dietro incarico di Dio e, dunque, entro la cornice del vangelo di Matteo, del Figlio dell'uomo. Poiché l'amministratore finale nella parabola ricopre un ruolo del tutto subordinato e funge sem­ plicemente da 'delegato' di Dio, non si dovrà considerare impossibile che Gesù abbia espresso con un'immagine la propria missione attraverso la figura dell'amministratore.

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dai diversi destinatari intesi, risulta la differenza nelle strutture di appello dei rabbini da un lato e di Gesù dall'altro. Le parabole rabbiniche, che prendono le mosse dal concetto della giusti­ zia formale, per lo più invitano gli uditori, esplicitamente o implicitamente, a dimostrarsi dinanzi a Dio, 'buoni' lavoratori, vale a dire Giudei fedeli alla Torah(nella consapevolezza della ricompensa, ma senza in ogni caso badare troppo ad essa). Le parabole rabbiniche che pongono al centro la bontà di Dio, si rivolgono alle medesime persone, ora però nella consapevolezza del­ la loro fallibilità (sono lavoratori 'pigri', che trascurano la Torah). Ad essi viene assicurato che riceveranno la loro ricompensa, benché immeritata. Co­ me reazione, essi devono rispondere a Dio lodandolo e ringraziandolo (co­ me risulta con particolare chiarezza in MdrPss 105,13,227a). L'appello si ri­ ferisce sempre a una condotta umana adeguata dinanzi a Dio, come risposta alle sue esigenze e alla sua bontà. La, parabola di Gesù presuppone entrambi gli atteggiamenti dinanzi a Dio: la necessità di sforzarsi di fronte alle esigenze della giustizia formale di Dio e la riconoscenza per la sua bontà di fronte alla fallibilità umana. Ma e­ sige dagli uditori una differenziazione dei destinatari e sposta l 'appello sul piano dei rapporti interumani. Mentre nelle parabole rabbiniche l'intero I­ sraele sta sempre o dalla parte dei lavoratori che s' impegnano onestamente (diversamente dai pagani), o dei lavoratori pigri, Gesù diversifica la situa­ zione tenendo presente i suoi uditori giudei. Coloro che si sforzano con ogni impegno di compiere la volontà di Dio(per esempio i farisei) ricevono - co­ me pattuito - la loro ricompensa; ma, allo stesso tempo, dinanzi alla bontà di Dio verso i meno perfetti (per esempio i pubblicani e le prostitute), viene loro richiesto di reagire con 'occhio buono', e non alla maniera dei lavorato­ ri che mormorano. Riepilogando: il regno di Dio si manifesta come la nuova comunità di I­ sraele resa possibile dalla giustizia e dalla bontà divina, che ri-abbraccia i gruppi emarginati e nella quale, attraverso la imitatio Dei, si deve praticare una nuova percezione e realizzazione dei rapporti tra gli uomini. Come ab­ biamo mostrato, in tutti i suoi aspetti specifici, formali e contenutistici, la parabola si radica in tradizioni giudaiche, ed è allo stesso tempo - in quanto, nel suo complesso, opera poetica - espressione inconfondibile del messag­ gio di Gesù.

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4. Riepilogo e riflessioni ermeneutiche Sul piano narrativo le parabole di Gesù sono metafore dilatate, che attin­ gono al patrimonio di immagini del giudaismo e che, in grande misura, non hanno perso il loro significato tradizionale di 'metafore permanenti' Gesù le sviluppa in parte trasformandole in piccole descrizioni(le 'similitudini' in senso stretto), in parte dilatandole in racconti più diffusi (le 'parabole'). L'intenzione assertiva del tradizionale patrimonio di immagini e motivi de­ stinati a essere continuamente riattualizzati, risulta dall'insieme del quadro e del racconto, che perciò ha una sola pointe dominante. I tratti insoliti ricor­ renti nell'immagine, gli incroci e le sovrapposizioni che coinvolgono gli u­ ditori, possono essere interpretati, insieme alle metafore permanenti, come 'aspetti singoli significanti', ma restano subordinati alla pointe dominante. Con le parabole Gesù sceglie una forma popolare, accessibile a tutti, comu­ nicando però in essa, attraverso il confronto con Dio, una elevata autoconsa­ pevolezza: un éthos aristocratico della responsabilità e della disponibilità al rischio. Giustamente le parabole di Gesù sono considerate, ancor oggi, il paradig­ ma del discorso religioso su Dio. Poiché di Dio si può parlare adeguatamen­ te solo in immagini e parabole. Resta tuttavia oggetto di discussione come Dio si rapporti all'immagine espressa in parole. Una concezione delle parabole in chiave di parola-sacramento presuppo­ ne una specie di presenza reale; come modello vale l'incarnazione: «Come Cristo è inteso quale incarnazione della parola divina (e non semplicemente come informazione sul suo contenuto), alla stessa maniera nelle parabole il regno di Dio viene incarnato linguisticamente (e non soltanto descritto). La parabola parla anch'essa in termini di incarnazione»43 • La realtà sarebbe pre­ sente nell' immagine alla stessa maniera in cui (come accade in alcuni inse­ gnamenti impartiti durante l'ultima cena) l'Innalzato è presente in modo reale negli elementi della cena. A questa comprensione delle parabole, in cui la parola è considerata in di­ mensione sacramentale, si può contrapporre una loro comprensione poetica, nella quale le parabole sono considerate segni che rimandano a Dio, imma­ gini che permettono agli uomini di trovare la libertà, nella misura in cui essi scoprono la realtà che si cela dietro ad esse. Le parabole dunque non rendo­ no la signoria di Dio presente realmente sì da creare la realtà, ma mutano 43 Così H. WEDER, Wahrheit, 1 1 5.

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l'uomo attraverso immagini che dischiudono la realtà, e che consentono al­ l'uomo di vedere il nuovo nella realtà. Questa tabella pone in contrasto le differenze fondamentali tra le due prospettive sulle parabole: Comprensione della parabola Comprensione poetica delle nella prospettiva della parola- parabole: le parabole come sesacramento: le parabole opera- gni e immagini che dischiudo-

no come eventi linguistici che no la realtà. creano realtà.

La cosa (il regno di Dio = A) è L'immagine rimanda alla cosa, Il rapporto tra immagine presente nell' immagine della che è identica e non identica e cosa parabola (= B). Si incarna in con essa: A significa B. essa: A è B. Il tema delle parabole

La traducibilità

L'appello agli uditori

Tutte le parabole parlano del regno di Dio. Esse hanno un unico tema e un unico contenuto.

Le parabole sono in linea di principio intraducibili, al punto che la realtà presente in esse trova espressione soltanto attraverso di esse.

Le parabole mirano in ultima analisi a una confessione cristologica, ossia al riconoscimento di Gesù, nella cui parola è presente il regno di Dio.

La molteplicità delle immagini rimanda ai molteplici aspetti di una realtà: le parabole parlano di Dio e dell'uomo sotto molte-

plici aspetti.

Le parabole tendono a essere traducibili - con altre immagini e interpretazioni sempre nuove. Resta però un'eccedenza poetica di non-traducibilità. Le parabole danno un impulso continuo e sempre nuovo per la riflessione e la condotta: sensibilizzano nei confronti della presenza di Dio, di cui non si può disporre.

Tra queste due concezioni delle parabole è possibile, certamente, mediare. La comprensione che sottolinea la sacramentalità della parola corre tuttavia il rischio di trascurare la struttura metaforica fondamentale della parabola e di trarre da essa un'asserzione mitica. È come se dalla metafora «Achille è un leone» derivasse una storia in cui si afferma che «in Achille si nasconde un piccolo leone, che a suo tempo si è trasformato in lui e che ora è realmente presente in lui». Questo sarebbe un mito. E la sua struttura fondamentale è: «A è(letteralmente) B». La metafora invece ha sempre la struttura «A è B» e allo stesso tempo «A non è B». Dio è Padre e allo stesso tempo non è un pa-

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dre 'reale' Tutte le metafore sono fraintese se prese alla lettera. Il mito inve­ ce dev'essere inteso alla lettera. La metafora lascia la libertà poetica di deci­ dere là dove l'immagine e la cosa coincidono e dove no. Essa ha un 'referen­ te aperto' (un punto di riferimento nella realtà). Il mito non consente questa libertà; per questo esso può dare espressione a ciò che in un gruppo ha valore assiomatico ed è indiscusso: ai suoi dogmi impliciti ed espliciti. Senza dubbio Gesù è vissuto anche ali' interno di convinzioni mitiche. Ma al centro della sua predicazione egli pone un linguaggio metaforico fatto di segni: le parabole, un modo non dogmatico di parlare di Dio. Questo lin­ guaggio non vuole testimoniare che cosa si pensava in ogni caso di Dio. Non vuole prescrivere che cosa si deve pensare di lui. Intende dare impulsi a pensare su di lui in termini sempre nuovi e diversi44 •

5. Esercizi 5 . 1 . FORME DEL DISCORSO METAFORICO 1. Cercate nella parabola della zizzania in mezzo al grano (Mt 13,24-30), per le tre forme di 'tratti singoli significanti', altrettanti esempi (metafora permanente, tratti insoliti, incroci). 2. Disponete le seguenti similitudini (in senso ampio) di Luca nei sottoge­ neri: similitudini (in senso stretto), parabole, racconti esemplari, e motivate in breve la vostra scelta: Le 6,43-45; 7,41-43; 10,30-37; 11,11-13; 11,34-36; 12,16-21; 15,8-10; 15,11-32; 16,19-31; 17,7-10; 18,1-8; 18,9-14. 3. Assegnate i seguenti testi alle tre forme allegoriche (allegoria, allegore­ si e allegorizzazione): Ez 17,3-10; Mc 12,1-11; Mt 22,1-14; 13,36-43; Gal 4,21-31; Ap 17,1-6. 4. Spiegate perché la 'parabola dell'anello' di G.E. Lessing nel senso del­ la definizione corrente nella scienza neotestamentaria non è una 'parabola'. Come andrebbe piuttosto definita? 44 Le parabole manifestano un rapporto libero con la tradizione teologica; ne sono la prosecu­ zione ermeneutica. Come alternativa nel giudaismo del tempo c'erano gli scritti segreti apocalitti­ ci, che autorizzavano nuove conoscenze religiose attraverso visioni, e l'interpretazione allegorica delle Scritture, che le mischiava a testi noti; due forme che presuppongono una certa erudizione scritturistica. Le parabole invece mostrano un rapporto ermeneutico libero con la tradizione teolo­ gica, svincolato dalla formazione e dalla erudizione biblica.

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5.2. IL DATORE DI LAVORO GENEROSO (MT 20, 1 - 1 6): LÀ IL MERITO, QUI LA GRAZIA?

La seguente interpretazione della parabola dei lavoratori nella vigna può essere considerata un esempio tipico di un diffuso modo esegetico di rappor­ tarsi alle parabole rabbiniche: «La limpidezza e la semplicità con la quale la nostra parabola esprime la Buo­ na Novella, risalta in modo particolare se la si confronta con un parallelo rabbini­ co, trasmessoci dal Talmud di Gerusalemme. Un eccellente dottore della legge, Rabbi Bun bar J:lijja, morì in giovane età verso il 325 d.C., nel giorno stesso in cui nasceva suo figlio, il futuro Rabbi Bun Il. I suoi vecchi maestri, diventati poi suoi colleghi, si raccolsero per tributargli le estreme onoranze. Uno di essi, Rabbi zecera, tenne l'orazione funebre sotto la veste di una parabola. Un re - così co­ minciò - assoldò un gran numero di operai. Due ore dopo l'inizio del lavoro, venne a visitare gli operai. Vide allora che uno degli operai si distingueva sopra tutti gli altri per la sua diligenza e abilità. Lo prese per mano e passeggiò con lui qua e là fino a sera. Quando i lavoratori vennero a ricevere il loro salario, quegli ottenne la stessa paga degli altri. Allora si misero a mormorare e a dire: Noi ab­ biamo lavorato tutto il giorno e questi soltanto due ore; tuttavia tu gli hai dato il salario intero! E il re di rimando: Io non vi faccio ingiustizia, perché quest'ope­ raio ha fatto in due ore lo stesso lavoro che voi avete compiuto in un giorno. Allo stesso modo - così concludeva l'orazione funebre - Rabbi Bun bar J:lijja in soli ventotto anni ha fatto più di molti altri dottori della Legge in cento anni (scii.: perciò Dio, dopo un periodo così breve di attività, lo ha preso per mano e lo ha voluto con sé) UBer 2,8; il testo è riprodotto liberamente] ... ...Gesù ha forse ripreso e trasformato una parabola ebraica? Oppure è stato Rabbi zecera a utilizzare una parabola di Gesù, senza conoscerne, forse, la prove­ nienza? Possiamo affermare, con una probabilità che sconfina nella certezza, che la priorità spetta a Gesù, pur prescindendo dal fatto che zecera visse trecento anni dopo Gesù. La versione rabbinica mostra, infatti, dei tratti secondari... ed è artifi­ ciosa (il re passeggia con l' operaio volonteroso dalle otto del mattino fino alle sei della sera: addirittura dieci ore); ma, soprattutto, le mormorazioni non hanno al­ tra ragione se non nella situazione concreta di Gesù che la parabola intende illu­ strare... Nella redazione rabbinica l'operaio che ha lavorato solo per poco, ha re­ so più di tutti gli altri, meritandosi quindi il salario completo: la parabola viene raccontata per mostrare la ricompensa della sua attività. Nella parabola di Gesù, invece, gli ultimi arrivati non hanno alcun merito che possa dar loro il diritto a pretendere la paga intera. Se l' hanno ricevuta, non han­ no che da ringraziare il proprietario per la sua bontà. Con questa differenza, che potrebbe sembrare di mediocre importanza, si distinguono due mondi: là il meri­ to, qui la grazia; da una parte la Legge, dall'altra l'Evangelo».

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Che cosa potete contestare, sul piano metodologico e da un punto di vista contenutistico, a questa interpretazione? Che considerazioni può fare, inol­ tre, il lettore, a proposito della prospettiva teologica che sottostà a questa in­ terpretazione della parabola rabbinica confrontata con quella di Gesù?

§ 12. Il Gesù maestro: l'etica di Gesù

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Introduzione L'etica giudaica è interpretazione della volontà di Dio. La volontà di Dio si incontra nella Torah, nella creazione e nella futura azione escatologica di Dio. La Torah occupa qui una posizione centrale. Nel giudaismo antico è in­ terpretata da un lato come legge cosmica e identificata con la sapienza di Dio nella creazione; dall'altro garantisce l'accesso all' éschaton, poiché chi la osserva fedelmente diventa cittadino del mondo nuovo. In corrispondenza con la triplice dimensione della volontà di Dio, l'etica di Gesù può essere interpretata come etica della Torah, come etica sapienziale e come etica e­ scatologica. l. Etica della Torah: il rapporto di Gesù con la Torah è discusso. La tradi­ zionale immagine protestante vede in Gesù colui che supera il legalismo giudaico. Ciò che E. Stauffer ha formulato in termini accentuati, si trova co­ me atteggiamento fondamentale in molti libri su Gesù: Gesù è «il messagge­ ro di una morale non giuridica, che è fondamentalmente libera da qualsivo­ glia legame con la Torah mosaica e con l'ubbidienza giudaica alla Torah» 1 • Questo modo di vedere le cose ignora l'atteggiamento differenziato di Gesù verso la Torah. Accanto a una relativizzazione di determinate norme della Torah, si trova in lui l' inasprimento di essa; accanto alla magnanimità 'libe­ rale', una severità rigorosa, che attesta un intenso legame interiore con la Torah. Perciò il problema primo e fondamentale nell'interpretazione dell'e­ tica di Gesù consiste nell'interpretare la tensione tra l' inasprimento della Torah e il suo deprezzamento. A questo primo problema di fondo va aggiun­ to un secondo tema, altrettanto basilare: la tensione fra la motivazione sa­ pienziale e quella escatologica. L'etica sapienziale fa i conti con un mondo destinato a durare nel tempo, l'etica escatologica con la sua trasformazione (che verrà presto). Nella sua etica Gesù unisce insieme motivi sapienziali e motivi escatologici. 1

E. STAUFFER, Die Botschaft Jesu, Bem 1959, 26.

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Paragrafo dodicesimo

2. Etica sapienziale: oltre a quello che la Torah tramandata prescriveva obbligatoriamente per tutti i Giudei, i maestri di sapienza formulavano mas­ sime etiche sulla base di riflessioni sulla creazione e sulla vita, e nelle quali coglievano la volontà di Dio rivolta direttamente al presente. Dio infatti ave­ va creato il mondo con la sua sapienza. Perciò la sapienza umana era in gra­ do di trarre da essa direttive per la condotta umana, così come quelle formu­ late altrimenti dalla Torah. In parti del giudaismo ciò condusse alla fede nel­ la Torah come entità cosmica, identificata con la sapienza di Dio presente in tutta la creazione (Sir 24; Sap; Filone). Poiché in Gesù si riscontra una li­ bertà interiore di fronte alla legge tramandata e insieme un richiamo ali' e­ sperienza diretta, la sua etica potrebbe essere considerata una prosecuzione dell'etica giudaico-sapienziale. 3. Etica escatologica: ma il radicalismo di Gesù si spiega a partire dalla sua attesa escatologica, piuttosto che dalla ricerca sapienziale di una vita vissuta in sintonia con la creazione attuale. Nella predicazione di Gesù il re­ gno di Dio si presenta come potenza etica che dà nuova forma al mondo e rende partecipi gli uomini a questa trasformazione. Qui l'uomo viene con­ frontato con la volontà divina che conduce oltre la Torah e la sapienza, sen­ za porsi fondamentalmente in tensione con esse. La tensione fra sapienza ed escatologia potrebbe rimandare al fatto che Gesù, al pari di tutti i Giudei, aveva come centro del proprio orientamento di vita la Torah, mentre gli aspetti sapienziali ed escatologici formavano so­ lo la cornice della sua etica. Le immagini sapienziali tratte dalla creazione (per esempio l'immagine dei «gigli del campo») e l'attesa escatologica ser­ vono come motivazione per compiere la volontà di Dio. D' altro canto il contenuto della volontà di Dio risulta dall'interpretazione della Torah. Una siffatta interpretazione dell'etica di Gesù a partire dalla Torah, tuttavia, con­ tinua a cozzare contro pregiudizi tradizionali che, nella modalità di pensiero tipicamente cristiana, alterano in maniera radicale l'immagine giudaica del­ l'etica della Torah. Menzioniamo in breve cinque di questi pregiudizi inve­ terati: 1. L'assolutizzazione della legge: dopo l'esilio la legge sarebbe stata tra­ sformata da entità regolatrice all'interno del patto in una entità costitutiva dello stesso patto (così M. Noth, G. von Rad). 2. La casistica: la legge sarebbe diventata casistica, vale a dire sarebbe stata interpretata in rapporto a un numero indefinito di casi singoli. In tal modo la volontà di Dio che chiama in causa l'uomo nella sua totalità sareb­ be stata 'frammentata' (e in tal modo l'uomo nella sua totalità sarebbe stato sottratto alla stessa volontà di Dio).

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3. Una morale della ricompensa: l'ubbidienza alla legge sarebbe motiva­ ta dalla prospettiva della retribuzione. Di qui lo sforzo per acquisire sempre più meriti. 4. Ilformalismo: la legge sarebbe stata osservata perché comandata. L'ub­ bidienza alla legge sarebbe in tal modo 'eteronoma', vale a dire seguirebbe una norma estranea e non una convinzione interiore. 5. La sofferenza sotto la legge: la vita sotto la legge sarebbe stata avverti­ ta come un peso (cfr. Mt 23,4; At 15, 1 0.28). Gli scribi avrebbero addossato agli uomini e alle donne esigenze inutili. Grande parte del lavoro di revisione della nostra immagine del giudaismo negli ultimi decenni è consistito proprio nel correggere questi pregiudizi.

Esercizio e proposte di lettura Partendo dalla vostra idea di giudaismo, cercate di formulare argomenti contrari alle cinque affermazioni fatte qui sopra sulla Torah giudaica. Si legga W. ScHRAGE, Ethik IV, in TRE 10(1982) 436-443; e J. AMIR, Ge­ setz li (Judentum), in TRE 13( 1984) 52-55.

1 . Fasi della storia della ricerca Nell'indagine scientifica sull'etica di Gesù ha fatto chiaramente sentire, per troppo tempo, i suoi effetti, il legame normativo degli studiosi con il lo­ ro oggetto. Per quanto sia stato storicamente relativizzato nella dottrina e nella vita di Gesù, ciò è accaduto però nella consapevolezza di avere, nell'e­ tica di Gesù, un punto fisso sottratto a qualsivoglia relativismo. E sempre questa rivendicazione dovette fare i conti con la consapevolezza che Gesù visse e insegnò entro un contesto giudaico. Ma una coerente 'storicizzazio­ ne' dell'etica di Gesù, vale a dire la sua spiegazione e interpretazione a par­ tire dal suo contesto storico-religioso, iniziò soltanto gradualmente. Essa passò attraverso tre fasi. Come contesto primario dell'etica di Gesù furono chiamati in causa, una dopo l'altra, l'apocalittica giudaica, l'interpretazione della legge e la tradizione sapienziale. Soltanto negli ultimi decenni essa i­ noltre è stata inserita anche in contesti storico-sociali.

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1 . 1 . IL CONTESTO GIUDAICO DELLA DOTTRINA DI GESÙ E LA VALIDITÀ ATEMPORALE DELLA SUA ETICA

In H.S. Reimarus(1694-1768) si trova per la prima volta il riconoscimen­ to del fatto che Gesù, con la sua vita e il suo insegnamento, rimase in tutto e per tutto entro i confini del giudaismo. Per Reimarus, Gesù «non avrebbe in­ flitto alcun colpo al giudaismo e tanto meno avrebbe voluto eliminare la leg­ ge scritta... ». Sarebbero stati in seguito i suoi discepoli a staccarsi da essa e «a portare il giudaismo alla tomba»2 • Anche D.F. Strau8 (1808-1874) sotto­ lineò che l'alto apprezzamento della legge da parte di Gesù non era solo un suo adeguarsi alla mentalità del tempo: Gesù era convinto della validità del­ la Torah di Mosè. E l'ha interpretata in modo tale da porre l'accento sulla sua essenza, oltre che sulla coscienza dell'uomo. Alla critica mossa da Gesù alle prescrizioni sabbatiche - «non importa in che cosa consistesse in realtà»3 - Strau8 non attribuì alcuna importanza fondamentale. Per il suo maestro F.Chr. Baur (1792-1860), invece, l'etica di Gesù era «pura moralità». Per Baur, nel discorso della montagna si manifesta «la por­ tata assoluta dell'idea etica»4• Per lui nelle antitesi si ha la formulazione di «un nuovo principio, essenzialmente diverso dal mosaismo»: «All'esterno viene contrapposto l'interno, ali' azione la coscienza, alla lettera lo spirito». Gesù sarebbe stato talmente certo della differenza di principio rispetto al giudaismo, «che, anche se egli stesso s'attenne, nella misura del possibile, alle antiche forme tradizionali, versando in tal modo vino nuovo in otri vec­ chi, lo fece però nella sicura consapevolezza che ben presto il nuovo conte­ nuto avrebbe infranto la vecchia forma»5 • Ciò accadrà più tardi nella moda­ lità del paolinismo universalistico. In H.J. Holtzmann (1832-1910) cambia la prospettiva storica nel com­ plesso, ma si riscontra una posizione analoga. Per quanto concerne l'etica di Gesù, accade che con essa «si produce pura verità morale eterna, del tutto priva di... limitatezza storica»6• Nel periodo dominato dal liberalismo teolo2

H.S. REIMARUS, Apologie oder Schutzschriftfur verniinftigen Verherer Gottes I, A. d. Joachirn­ Jungius-Gesellschaft der Wissenschaften Harnburg, a cura di G. Alexander, 1972, Il, 99ss. 3 D.F. STRAUB, Das Leben Jesu, kritish bearbeitet II, Tiibingen 1 836, 380. 4 F.CHR. BAUR, Kritische Untersuchungen iiber die kanonischen Evangelien, ihr Verhiiltnis zueinander, ihren Charakter und Ursprung, Tiibingen 1 847, 585. 5 Io., Das Christentum und die christliche Kirche der drei ersten Jahrhunderte, Tiibingen 1 860', 29s. 6 H.J. HoLTZMANN, Die synoptischen Evangelien, Leipzig 1 863, citato secondo KOMMEL, NT", 1 88.

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gico, questa 'verità etica eterna' non è individuata nelle esigenze concrete di Gesù (spesso non praticabili), bensì nella sensibilità che sta alla base di es­ se: l'etica di Gesù come etica del sentimento.

1 .2. L' ETICA DI GESÙ COME ETICA ESCATOLOGICA: IL PRIMO PASSO VERSO LA STORICIZZAZIONE DELL' ETICA DI GESÙ

Gli esponenti di una interpretazione di Gesù in chiave di escatologia con­ seguente hanno inteso la sua etica, per la prima volta, a partire sistematica­ mente dal suo contesto storico. In quanto etica eccezionale (J. WeiB)7, o eti­ ca interinale (A. Schweitzer)8 , l'etica di Gesù è legata ai presupposti dell'a­ pocalittica giudaica. Gesù non ha annunciato massime etiche atemporali, per un mondo destinato a durare nel tempo, bensì le condizioni richieste per l'ingresso nel regno di Dio, destinate a restare vigenti per il breve periodo intermedio previsto prima della fine. Ciò spiega la radicalità 'estranea al mondo' di alcune direttive di Gesù. L'escatologia scoperta dai teologi liberali finì al centro degli interessi nel­ la teologia dialettica. Secondo R. Bultmann, essa significa il confronto del­ l'uomo con Dio. Lo stesso accade nella predicazione etica di Gesù. Entram­ be pongono l'uomo in una situazione di decisione ultima nella quale sono in gioco la riuscita o il fallimento della vita. La loro radicalità strappa l'uomo dai propri rapporti 'mondani' e lo pone di fronte all'etemità9 • È questo il suo senso proprio. I contenuti concreti della predicazione etica, invece, sono meno importanti. Anche nell'indagine scientifica attuale si riconosce la dimensione escato­ logica dell'etica di Gesù. In Die Gottesherrschaft als Handlungsprinzip, H. Merklein vede da un lato fondata formalmente nell'escatologia l'immedia­ tezza con la quale Gesù impartisce direttive indipendentemente dalla Torah e dal culto: Gesù prende le mosse da una nuova conoscenza escatologica dell'azione elettiva di Dio. D'altro canto, dall'escatologia derivano le ten­ denze contenutistiche dell'etica di Gesù: se Dio sceglie i poveri e i peccato­ ri, ciò ha conseguenze per il comportamento umano nei loro confronti. 7 J. WEIB, Die Predigt Jesu vom Reiche Gottes, Gottingen 1892, 19002, 139. 8 A. SCHWEITZER, Reimarus* (1906), 35 l ss. [Geschichte*, 400ss.].

9 Questo parallelismo tra messaggio sul regno di Dio ed etica è attestato, per esempio, dalla se­ guente affermazione di Bultmann: «Dunque, rimandando l'uomo al suo adesso come all'ultima ora della decisione, il messaggio sull'avvento del regno di Dio e quello sulla volontà di Dio formano una unità» (Jesus*, 91 [trad. it. cit., 107]).

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1 .3 . L' ETICA DI GESÙ COME SPIEGAZIONE DELLA LEGGE: IL SECONDO PASSO VERSO LA STORICIZZAZIONE DELL'ETICA DI GESÙ

Ben presto contro l'interpretazione dell'etica di Gesù basata sulla escato­ logia conseguente si obiettò che per lo stesso Gesù, come per tutti i Giudei, la volontà eterna di Dio è contenuta anzitutto nella Torah. L'aspetto caratte­ ristico della sua etica consiste in una modalità specifica di interpretazione della Torah, che può essere chiarita sulla base di un confronto storico: sia at­ traverso il confronto con la spiegazione rabbinica della Torah (G. Kittel; C.G. Montefiore; E.P. Sanders), sia attraverso il confronto con l'interpreta­ zione della Torah da parte della comunità di Qumran (H. Braun) o del giu­ daismo ellenistico (K. Berger). Di conseguenza è possibile distinguere tre differenti approcci:

1 .3 . I . Il confronto con l 'interpretazione rabbinica della legge G. Kittel 10 dimostrò che per ciascuna delle richieste singole del discorso della montagna esistono analogie nella letteratura rabbinica. Tutto quello che afferma Gesù sul piano etico, in linea di principio è pensabile anche nel giudaismo. Per Kittel l'aspetto specifico dell'etica di Gesù consiste soltanto nella concentrazione del messaggio etico(che nei rabbini si troverebbe mol­ to disperso e misto a ritualismi) e nella sua intensità: le esigenze assolute convincerebbero l'essere umano di essere peccatore, in modo tale che egli resterebbe dipendente solo dalla grazia. Qui Gesù viene trasformato in pre­ decessore di Lutero. Contro siffatte tendenze nell'immagine protestante di Gesù si scagliò lo studioso ebreo C.G. Montefiore 1 1 , affermando che non è storico distinguere l'etica rabbinica intesa come etica delle opere da un'etica della grazia, che sarebbe quella di Gesù. Anche i rabbini sanno che la grazia di Dio è necessaria per fare il bene. Gesù non è un precursore della teologia protestante, ma si pone nel solco della profezia giudaica, in condizioni stori­ che mutate 12 • Di recente è stato soprattutto E.P. Sanders (Jewish Law, 1990) a inquadra­ re l'etica di Gesù e la sua condotta entro la tradizione dell'interpretazione IO G. Km"EL, Die Bergpredigt und die Ethik des Judentums, in ZSTh 2 ( 1924) 555-594. 1 1 Cfr. il suo The Synoptic Gospels 1/11, London 1927'; ID., Rabbinic Literature and Gospel Teachings, London 1930. Sulla sua immagine cli Gesù, cfr. W. VOGLER, Jiidische Jesusinterpreta­ tionen in christlicher Sicht, Weimar 1 988, 35-40. 1 2 C.G. MoNTEFIORE, The Synpotic Gospels l, cxvii-cxx.

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giudaica della Torah. Secondo lui né le infrazioni del sabato, né le antitesi si allontanano dalla Torah giudaica.

1 .3 .2. Il confronto con l'interpretazione della legge a Qumran I testi rabbinici provengono spesso da un periodo assai più recente di quello dei vangeli sinottici e delle loro fonti. Con la scoperta dei testi di Qumran, nel 1945 circa, si ebbero a disposizione invece testi di confronto contemporanei ai vangeli. Nella sua indagine sul radicalismo eretico tardo­ giudaico e proto-cristiano (Spiitjiidisch-hiiretischer umi friihchristlicher Ra­ dikalismus, 1957), H. Braun dimostrò che sia a Qumran sia in Gesù si ri­ scontra un inasprimento della Torah. In Qumran ciò accade in maniera radicale; l'intenzione è di osservare tutti i precetti della Torah; in Gesù invece tale inasprimento non è radicale 13 . A Qumran l'ubbidienza alla Torah è motivata a partire dalla Scrittura, così co­ me essa è intesa sulla base dell'interpretazione autorevole del maestro di giustizia. Gesù invece può chiamare in causa passi biblici gli uni contro gli altri (cfr. Mc I O, l ss.). A Qumran la pietà basata sulla Torah costituisce la via alla salvezza, in Gesù invece la pietà basata sulla Torah appare come un pe­ ricolo. All'inasprimento della Torah perciò subentra la radicalizzazione della grazia, che vale proprio per i non pii; alla radicalizzazione del «tu devi» su­ bentra la radicalizzazione del «tu puoi».

1 .3 .3. Il confronto con la concezione della legge propria del giudaismo ellenistico K. Berger ha mostrato come al tempo di Gesù nel giudaismo ellenistico vi fosse una concezione della legge che si limitava ad abbracciare «il monotei­ smo, collegato a virtù comuni e sociali», in modo tale che di fatto la legge veterotestamentaria risultava ridotta a questo 14 • Ad essa si contrappone nel giudaismo una concezione della legge di stampo rabbinico-giudaico, nata da una reazione antiellenistica. Poiché alla fine è quest'ultima interpretazione a imporsi all'interno del giudaismo, la concezione più aperta della legge di­ venta un contrassegno del cristianesimo. In tal modo una differenza creatasi inizialmente all'interno del giudaismo divenne in un secondo momento un segno di distinzione tra ebrei e cristiani. Per Berger, la tradizione di Gesù è 1 3 Mt 5, l 7ss. è considerato da Braun formazione della comunità. 1 4 K. BERGER, Gesetzesauslegung, 39.

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caratterizzata in ampia misura da questa concezione più aperta della legge, con la conseguenza che egli nega allo stesso Gesù molte tradizioni, oppure lascia aperta la questione della loro origine.

1 .4. L'ETICA DI GESÙ COME ETICA SAPIENZIALE:

IL TERZO PASSO VERSO LA STORICIZZAZIONE DELL'ETICA DI GESÙ

Sul piano storico-formale, ben presto (R. Bultmann) si riconobbe che molte tradizioni etiche di Gesù sono trasmesse con generi letterari sapien­ ziali. Ma le conseguenze per una comprensione di questa etica furono tratte solo più tardi. Nel 1971 G. Bornkamm 1 5 richiamò l'attenzione su questa in­ terpretazione sapienziale della legge, estranea a qualsivoglia casistica legata alla Torah. Bornkamm vede qui la condizione storica previa per l'etica di Gesù non casistica, che mira all'evidenza interiore. Nel 1977 D. Zeller 16 mostrò come, all'interno della tradizione sapienziale, i detti di Gesù manife­ stino peculiarità formali e contenutistiche. Sul piano formale è caratteristica la frequenza di detti di esortazione al plurale; sul piano contenutistico, tra l'altro, lo è la concentrazione sul comportamento nei riguardi dei propri si­ mili. Infine, nel 1979, nel suo Fruhjudische Weisheitstraditionen, M. Kiich­ ler ricondusse l'aspetto peculiare della sapienza di Gesù al denominatore dell'inasprimento della sapienza: altrove nel giudaismo la sapienza è consi­ derata rilevante sempre in connessione con altre entità (con la Torah, o con il l6gos ecc.). Gesù invece «provoca la sapienza nei suoi aspetti più propri e peculiari» (583).

1 .5. LA RICERCA STORICO-SOCIOLOGICA SUL «SITZ IM LEBEN» DELL' ETICA DI GESÙ

L'interpretazione dell'etica di Gesù entro la cornice del suo tempo si li­ mitò per anni al contesto spirituale e a quello storico-tradizionale. A partire dal 1970 circa questa forma di 'storicizzazione' dell'etica di Gesù venne e­ stesa alle condizioni storico-sociali. Nel 1973 G. Thei8en interpretò il radi­ calismo della tradizione sinottica - in particolare il suo elevato apprezza­ mento dell'assenza di fissa dimora, di beni e di protezione, nonché il suo 1 5 G. BoRNKAMM, Wandlungen im alt- und neutestamentlichen Gesetzesverstiindnis,

16 D. ZELLER, Die weisheitlichen Mahnspruche bei den Synoptikern.

73- l l9.

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éthos familiare - come espressione della situazione tipica dei carismatici iti­ neranti. Indipendenti dai legami con la vita quotidiana e da un'esistenza 'normale' dedicata a lavorare e guadagnare, i seguaci di Gesù potevano pra­ ticare un éthos radicale e predicare norme corrispondenti, senza diventare i­ nattendibili (Wanderradikalismus*). La loro assenza di patria sarebbe e­ spressione di uno «sradicamento sociale» 17, condizionato anche da una crisi globale della società giudaico-palestinese (Soziologie der Jesusbewegung*, 1977). Nel 1989 la 'nuova' etica viene interpretata come «rivoluzione dei valori», vale a dire come appropriazione di valori tipici dei ceti superiori da parte di ceti inferiori. Nei detti sull'amore del nemico, sugli operatori di pa­ ce, sulla magnanimità (liberalitas) nel rapporto con i beni materiali, sul non preoccuparsi, nonché nell' invito della sapienza al riposo (Mt l l,29s.), G. TheiBen vede frammenti di ideali tipici degli strati sociali superiori, che nel­ la predicazione di Gesù sono resi accessibili a tutti (Jesusbewegung*). Un'interpretazione alternativa di stampo storico-sociale dell'etica di Gesù è stata proposta da R.H. Horsley, in Jesus and the Spirai of Violence( 1987). Per Horsley l'etica di Gesù avrebbe il proprio Sitz im Leben non nel radica­ lismo itinerante, bensì nella vita del villaggio di Palestina, che Gesù intende rinnovare richiamandosi alle tradizioni popolari. Per questo egli sottolinee­ rebbe la solidarietà degli uomini tra di loro. I carismatici itineranti sarebbero stati soltanto i catalizzatori di questo movimento di rinnovamento negli am­ bienti e centri ruralP 8 • Indipendentemente dalla questione se l'etica di Gesù abbia il proprio Sitz im Leben in carismatici itineranti marginali o nella vita rurale della Palesti­ na, in ogni caso si presuppone un dato di fatto di carattere storico-sociale: Gesù diffuse la propria etica svolgendo il ruolo sociale di maestro. Che cosa sappiamo di questo ruolo al tempo di Gesù?

2. Gesù maestro (rabbi) B.

CHILTON - C.A. EVANS, Jesus and Israel 's Scriptures, in Studying*, 281 -335; C. HEZSER, Oberlegungen zur Neubestimmung des Verhaltnisses zwischen Jesus unti

17

G. TuElBEN, "Wir haben alles verlassen " ( 1 977). 18 Alla visione del movimento di Gesù esposta da G. TheiBen, R.H. Horsley - nel suo Sociology ami the Jesus Movement ( 1 989) - muove una critica aspra a partire da una prospettiva storico-so­ ciale.

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dem rabbinischen Judentum, conferenza tenuta a Heidelberg il 3 1 ottobre 1994; R. R.!ESNER, Jesus als Lehrer (WUNT 2/7), T tibingen 1 98 1 , 1 9883 •

In una porzione particolare della tradizione di Gesù, conservata in Marco e Giovanni, lo stesso Gesù viene interpellato (al pari di Giovanni Battista) come 'rabbi' 1 9•

È diffusa l'idea che nel caso di Gesù 'rabbi' sia semplicemente un appellativo o­ norifico usato per rivolgersi a persone di condizione superiore. Essa si basa sul fatto che gli scritti rabbinici chiamano 'rabbi' solo persone vissute dopo il 70 d.C. e che pochi sarebbero gli elementi che ricollegano Gesù a questi scribi20• Ma l'ipotesi di due diversi significati del titolo non è sostenibile. Essa è dovuta alla definizione let­ teraria di un rabbi negli scritti rabbinici, che è legata alla finzione storica di questa cerchia, secondo la quale soltanto a partire dall'assemblea di Jabne esiste un giudai­ smo (rabbinico) unitario. Le più antiche fonti cristiane, che risalgono a prima del 70 d.C., attestano che 'rabbi' era l'equivalente aramaico di ou'>aoxaÀ.E (cioè: 'mae­ stro'; cfr. Gv 1 ,38; 3,2; Mt 23,8), che gli scribi e i farisei responsabili dell'interpre­ tazione della legge mosaica si facevano chiamare 'rabbi', come accade anche per Giovanni Battista e Gesù (Mt 23,2.7), e che v'erano maestri giudeocristiani che ri­ vendicavano questo titolo (Mt 23,8; cfr. 13,52). La valutazione storico-sociale della documentazione cristiana, epigrafica e rabbinica da parte di C . Hezser ( Oberlegun­ gen) dà come risultato il fatto che il movimento rabbinico, ancora molto tempo do­ po i suoi inizi nel sec. I d.C., costituiva una rete piuttosto blanda di cerchie di erudi­ ti con convinzioni eterogenee e senza riti di accoglienza e di esclusione consolidati. Il 'rabbi' diventava uno scriba non appena altri, e in particolare dei discepoli, lo in­ terpellavano come tale e gli chiedevano consiglio.

Dal canto suo Gesù, l'ex discepolo del rabbi Giovanni, che discuteva con gli scribi, che raccolse attorno a sé degli 'scolari'(µa0rrmi.)2 1 , che insegna­ va durante il culto sinagogale e rispondeva a domande teologiche rivoltegli da laici, secondo le concezioni del tempo corrispondeva a un rabbi. Una si­ mile attività in veste di scriba presuppone - anche se si può escludere con certezza un curriculum formativo durato molti anni - una certa formazione. Purtroppo non siamo in grado di dire come Gesù si sia procurato questa i­ struzione. 1 9 Mc 9,5; 11,21; 14,45; Gv 1 ,38.49; 3,2; 4,31; 6,25; 9,2; 11,8; Mt 23,7s.; 26,25.49; 'rabbuni' : Mc 10,51; Gv 20,16. 20 Per giunta, attestazioni epigrafiche del titolo (che non sembrano adatte a rabbini fedeli alla legge) suscitano sconcerto, poiché Giudei ai quali tale titolo era attribuito si facevano seppellire nei pressi di sarcofaghi ornati con abbondanti immagini (e per di più immagini con motivi in parte ispirati alla mitologia greca). 2 1 La traduzione corrente di 'discepoli' induce in errore.

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2. 1 . LA FORMAZIONE DI GESÙ In verità, i vangeli apocrifi dell'infanzia contengono racconti sul periodo scolare di Gesù e la leggenda di Le 2,41-5 1 narra come il Gesù dodicenne abbia suscitato stupore nel tempio con la sua straordinaria sapienza. Ma non siamo di fronte a notizie storiche attendibili sul curriculum formativo di Ge­ sù. Possiamo soltanto delineare in breve le condizioni generali del quadro entro il quale egli ha acquisito le sue conoscenze. 1. Un'istituzione formativa di importanza determinante era la casa pater­ na. Qui aveva luogo l'educazione religiosa elementare, attraverso il raccon­ to, l' insegnamento e l'apprendimento mnemonico di testi biblici centrali e di brani liturgici; e qui il figlio imparava il mestiere del padre (cfr. Mc 6,3 con Mt 13,55). Nel caso di Gesù, alcuni indizi - i nomi biblici dei figli, il pio fratello Giacomo - fanno pensare a una famiglia saldamente ancorata al­ le tradizioni di Israele. 2. Rimane questione aperta se Gesù abbia frequentato una scuola elemen­ tare, dove s'insegnava a leggere e a scrivere. In effetti, sotto l'influsso elle­ nistico, sorse in Palestina un'istituzione scolastica efficiente, completata dalle iniziative dei rabbini(cfr. R. RIESNER, Jesus, 97-245). Ma è impossibi­ le dire se agli inizi del sec. I d.C. un villaggio insignificante come Nazaret avesse o meno una scuola pubblica. 3. Tuttavia, sul piano letterario, abbiamo la documentazione dell'esisten­ za a Nazaret di una sinagoga (Mc 6,2; Mt 13,54; Le 4, 16), la quale doveva a­ vere per lo meno un rotolo della Torah, e accanto ad esso - a seconda dei mezzi di cui disponeva - quanto meno un rotolo di Isaia (cfr. Le 4,17), un Salterio, oltre a possibili traduzioni (targumim). Ogni sabato, durante il cul­ to sinagogale, si faceva la lettura della Torah e dei profeti, che erano quindi commentati e tradotti, cosa che già per i bambini (cfr. Ant 14,260) era la via normale per conoscere la Bibbia. In ambito sinagogale era possibile organiz­ zare anche l'apprendimento della lettura (e della scrittura?) per i bambini, sia da parte del padre che della madre22, nonché di ufficiali della sinagoga, di maestri o di altre persone capaci di insegnare a leggere. 22 Dal fatto che la Mishna più tardi vieti esplicitamente di assegnare a donne l'incarico di mae­ stre elementari (cfr. Quid IV, 1 3 e R. RIESNER, Jesus, 104s.), si può presupporre che a volte esse partecipassero alla formazione dei figli propri e altrui in modo più intenso di quanto prevedesse la tradizione patriarcale, che affidava questo compito al padre. In questo contesto, l'argomento, conti­ nuamente addotto contro la formazione delle donne, della giovane età in cui le ragazze venivano date in matrimonio ( 1 2 o 1 3 anni), è irrilevante, poiché l'età prevista per la formazione elementare andava dai 6 o 7 anni fino ai 1 3 circa.

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4. Che Gesù fosse quanto meno in grado di leggere, lo fanno pensare tutta una serie di indizi: • In numerose controversie, sulla bocca di Gesù ricorre la formula: «Non a­ vete letto forse... ?», la quale presuppone ovviamente che egli stesso sa­ pesse leggere23 • • È vero che Le 4, 16ss. ha una marcata impronta lucana. Ma nelle sinagoghe Gesù deve aver insegnato nella maniera in cui se ne parla qui: rifacendosi al brano della Scrittura, che a volte egli stesso deve aver letto. Il suo inse­ gnamento nelle sinagoghe è presentato come un tratto tipico della sua at­ tività(cfr. Mc 1,39 e passim). È difficile pensare che Gesù si recasse a in­ segnare in una istituzione così fortemente caratterizzata dall'ascolto della parola scritta, se non era egli stesso nella condizione di svolgere - se invi­ tato - il servizio della lettura pubblica. • Secondo Gv 7, 15, gli uditori si stupiscono dinanzi alla lezione svolta da Gesù: «Come può costui capire la Scrittura (ygaµµata OLLc>aoxaÀE. Inoltre tanto in Matteo che in Luca si ha la locuzione Èv 'tlp voµcp, sebbene in diverso contesto. 2. La versione marciana, nell' accentuazione del monoteismo e nell' accu­ mulazione di espressioni che fanno riferimento alla mente e ragione u­ mana44, mostra una marcata impronta ellenistica. 3. La versione Q non è ricostruibile con certezza sufficiente; sicché se ne può dedurre solo il seguente nucleo comune: 1. Della legge/dei comandamenti, si pone in risalto una norma suprema. 2. Essa consiste, sul piano del contenuto, nel legarne tra /'amore di Dio (citazione di Dt 6,5) e l 'amore del prossimo (citazione di Lv 1 9, 1 8). 3. Si mostra la vicinanza con l 'interlocutore ebreo o il suo consenso. 44 Così Dio, al di là del TM e dei LXX di Dt 6,5, dev'essere amato È; OÀ.l]ç i:ijç òtavo[aç o cruvfoewç (con tutta la mente/l'intelligenza: cfr. Mc 12,30.33). Lo scriba consenziente nel com­ mentario narrativo è detto vouvexwç (ragionevole, saggio: cfr. 12,34).

47 1

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10,25-27.28ss.

Mt 22,34-40

Mc 12,28-34

le

Domanda di un maestro della legge (voµu1.6ç) sul comandamento più grande (ÈvtoÀ� µEycu.T) Èv tc'p v6µcp).

Domanda di uno scriba (YQaµµatEuç) sul primo/ massimo comandamento (èvto>..� JtQù.ltT) mivtcov).

Domanda di un maestro della legge (voµLx6ç): Che devo fare per ereditare la vita eterna (tl JtOL�oaç �co�v atci.ivwv KÀTJQOvoµ�oco)?

Risposta di Gesù:

Risposta di Gesù:

Replica di Gesù:

1. Monoteismo (= Dt 6,4) e amore di Dio (àya:1t�OELç KUQLOV tÒV 0EOV oou + quattro energie = Dt 6,5).

Che cosa c'è nella legge. (Èv tc'p v6µcp)?

I. Amore di Dio (Ùy�OELç KUQLOV tòv 0E6v oou + tre energie = Dt 6,5). A questo primo e massimo comandamento (µEYciÀT) xat JtQù.ltT) ÈvtoÀ�) è simile (oµola): 2. l'amore del prossimo (ÙyM�OELç tÒV JtÀT)OLOV oou wç OEUUtOV = Lv 19,18).

Accanto a questo primo comandamento si pone, come secondo comandamento,

Da entrambi dipendono la legge e i profeti (v6µoç xat ltQO«piitaL).

Non c'è comandamento più grande.

2. l'amore del prossimo (àya1t�OELç tòv JtÀT)olov oou ooç OEUUtOV = Lv 19,18).

Risposta dello scriba: I. Monoteismo (= Dt 6,4, ampliato con Dr 4,35). 2. Amare Dio (Dt 6,5) e amare il prossimo (Lv 19,18) è più del sacrificio. Conferma di Gesù: Non sei lontano dal re�no di Dio (où µaxQciv EL à1tò tijç �aoL>..Elaç toii 0EOii).

Dibattito sull' interpretazione della legge: equiparazione esplicita tra amore di Dio e amore del prossimo; doppio comandamento come sommario della legge e dei profeti, senza culminare nella critica al culto.

Risposta dello scriba: Amerai (àya1t�OELç): I . Dio (XUQLOV tòv 0E6v oou + quattro energie) e 2. il tuo prossimo (xat tòv JtÀTJolov oou wç 0Eau16v = Dt 6,5 + Lv 19,18). Confenna di Gesù: Fa' questo e vivrai (toiito 1toi.EL xat ��cm). Replica: Chi è il mio prossimo? Parabola del samaritano

Dibattito sul massimo comanda- Dibattito sul fare, che conduce almento in assoluto: al primo po- la vita; è lo scriba a fornire la risto il monoteismo (in modo an- sposta combinando insieme due cor più marcato nella risposta); citazioni; consenso tra lo scriba e subordinazione della legge cui- Gesù; parabola del samaritano tuale; prossimità (o gradualità, come interpretazione, come dilacfr. µaxQciv) tra il maestro giu- tazione esplicita a tutti gli uomideo e Gesù, tra il giudaismo e il ni. cristianesimo.

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La sinossi di p. 47 1 , sulle differenze nelle pericopi di Matteo, Marco e Luca, mostra che tutti e tre sottolineano alla loro maniera il consenso con il giudaismo: Marco parlando della reazione di assenso dello scriba; Luca col fatto che è lo stesso scriba a dare la risposta decisiva; Matteo col fatto che e­ gli pone al centro, esplicitamente, il doppio comandamento dell' amore, su cui si basano la legge e i profeti.

5.2. LE TRADIZIONI GIUDAICHE SUL DUPLICE COMANDAMENTO DELL' AMORE

Di fronte al dato di fatto secondo cui Marco e Luca presuppongono la sin­ tonia tra Gesù e il suo interlocutore nell'apprezzamento del doppio coman­ damento dell'amore inteso come nucleo della Torah, i paralleli giudaici as­ sumono una rilevanza notevole45 • In verità, finora non è possibile documen­ tare la combinazione esplicita delle due citazioni di Dt 6,5 e Lv 1 9, 1 8; ma si trovano tre gruppi di asserzioni che rendono comprensibile il duplice co­ mandamento dell'amore formulato all'interno del cristianesimo primitivo come nuova creazione specifica e caratteristica, a partire tuttavia da un'am­ pia corrente di tradizioni giudaiche similari. 1 . In particolare nel giudaismo ellenistico, sono diffuse affermazioni sul

monoteismo come primo comandamento (cfr. Mc 1 2,28-29.32).

• La Lettera di Aristea 1 32: «Al di sopra di ogni cosa, egli ha mostrato che c'è un solo Dio (JtQOi.iJtÉl>EL�E yàg Jt(lvtù)V JtQW"tOV Ot'L µovoç o 0eoç Èo"tL) e che la sua forza si manifesta attraverso tutte le cose, poiché ogni luogo è pieno della sua potenza... ». • FILONE, Decal 65: «Così noi vogliamo rinvigorire in noi il primo e più san­ to comandamento, considerare e venerare come unico il Dio altissimo... (JtQW"tOV µi:v oùv JtagayyeÀ.µa xaì, JtagayyeÀ.µa"tCOV LEQcina-wv 45 Tradizioni cristiane convergenti su una nonna suprema della legge si hanno in Mt 7,12 - la re­ gola aurea, che è designata anche come «la legge e i profeti» e rappresenta una versione 'profana' di Lv 19, 1 8 - e in Mt 23,23, dove KQimç (diritto, giustizia), ÈÀ.eoç (misericordia) e :rdmtç (fede/fe­ deltà) sono considerati «la cosa più importante nella legge». Entrambe le sottolineature peraltro provengono dalla penna del primo evangelista, come mostrano i paralleli di Le 6,3 1 e 1 1 ,42: la re­ gola aurea ricorre, senza ulteriore sottolineatura, nell'interpretazione del comandamento sull'amo­ re dei nemici; in 1 1 ,42 (di redazione lucana?) sembra si faccia riferimento al duplice comandamen­ to dell'amore.

/I Gesù maestro

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OtflÀ.LtEuacoµev Èv Éautoi:ç, Eva tòv àvootéttoo voµttetv tE xaì, ttµa.v 0eov)». • Pseudo Focilide 8: «Sopra tutte le cose onora Dio, quindi i tuoi genitori (JtQWta 0eòv nµa.v, µetÉJtELta bÈ aei:o yov'fiaç)». • FLAVIO GIUSEPPE, Ap 2,190: «Come primo principio basilare [del popolo giudaico] viene considerato quello che afferma che Dio è padrone dell'U­ niverso (n:QOOtl') b' �yei:tm � n:egì, 0eou À.Éyouaa on 0eòç ÉXEL tà 01J µn:étvta)». 2. Affermazioni sulla solidarietà tra gli uomini come nucleo della Torah - sia nella forma della regola aurea(come in Mt 7,12), sia come commen­ to a Lv 19,18 - sono offerte dalle tradizioni di rabbi Hillel e di rabbi Aki­ ba. • bShab 31a racconta come Shammai cacciò via un non-giudeo impudente, il quale si diceva disposto a diventare proselito se qualcuno fosse riuscito a insegnargli tutta la Torah nel tempo in cui egli sarebbe riuscito a stare su una gamba sola. Costui si recò poi da rabbi Hillel(attorno al 20 a.C.) il quale fece di lui un proselito, dicendo: «Quello che non piace a te, non farlo nemmeno al tuo prossimo. Questa è l'intera dottrina della legge [la Torah]; tutto il resto è solo spiegazione; va' e imparala». La differenza tra questo apoftegma e la tradizione di Gesù viene per lo più esage­ rata. In verità, qui la regola aurea è pensata come riepilogo provvisorio, allo sco­ po di iniziare a tutta la Torah, e non come sua sostituzione. Ma un sommario rie­ pilogante resta tale anche se formulato in funzione pedagogica. Nemmeno Gesù ha considerato superflue ulteriori spiegazioni di questioni singole, accanto al du­ plice comandamento dell'amore.

• Secondo SLv 19,18, rabbi Akiba(morto nel 135 d.C.) avrebbe detto sul co­ mandamento dell'amore del prossimo (Lv 19,18): «Questo è un grande principio di sintesi nella Torah» (Bill 1,357). Secondo ARN B 26, anch'e­ gli avrebbe indicato, come «norma principale», la regola aurea (in una versione parallela a quella attribuita a Hillel nell'aneddoto riportato qui sopra). Forse è vero che rabbi Akiba per 'prossimo' intese soltanto i correligionari (vedi sotto, sull'amore dei nemici); ma sul risalto dato al comandamento dell'amore del prossimo non ci sono motivi per dubitare.

3. Infine c'è una serie di tradizioni nelle quali il rapporto con Dio e la so­ lidarietà tra gli uomini sono combinati insieme e assumono una posizio-

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ne di rilievo entro la cornice di serie parenetiche (lub; Test Xl[), oppure vengono designate addirittura come dottrine fondamentali della Torah (Filone). • Nel libro dei Giubilei (sec. II a.C.) esortazioni etiche tramandate, che Noé (lub 7,20), Abramo (20,2) e Giacobbe (36,7s.) hanno affidato ai loro di­ scendenti, sono poste accanto all ' amore/timore di Dio e all'amore del prossimo. Così Giacobbe pronuncia un solenne giuramento, il più grande di tutti: «Siate tali, da temerlo (Dio) e adorarlo e da amare ciascuno il suo prossimo nella misericordia e nella giustizia». • Nei Testamenti dei dodici patriarchi il doppio comandamento dell ' amore ricorre in serie parenetiche. Purtroppo mancano fino ad ora, tra i testi rin­ venuti a Qumran, testamenti corrispondenti, sicché l'origine precristiana delle tradizioni, pur essendo probabile, non può tuttavia essere dimostrata con certezza. TestDan 5,3: «Amate il Signore in tutta la vostra vita e (amatevi) tra di voi con cuore sincero (àyrutl)CJU't'E 1:ÒV X'UQLOV ÈV JtClCJTI ,:fi �OOfi uµoov XUL ÒÀÀYJÀOllç Èv ÒÀl]0tvfi xaQOLQ)». Testlss 5, l s.: «Osservate dunque, figli miei, la legge di Dio, e conquistate la purezza e camminate nella mansuetudine, non siate interessati come curiosi delle azioni del vicino, ma amate il Signore e il prossimo (àì..ì..à àyaJtl)CJa-tE ,:òv xu­ QLOV xaì, ,:Òv JtÀl]CJLOv), abbiate compassione del debole e del povero». Cfr. an­ che Test'Zab 5, l , con l'esplicita estensione a tutti gli uomini. La conclusione della biografia (ideale) di Testlss 7,6 fa intravedere l' influenza di Dt 6,5 e Lv 19, 1 8 combinati insieme: «Amai il Signore e ogni uomo con tutta la mia forza [lect. var.: con tutto il cuore] (,:òv X'UQLOV �YClJtf]CJa xaì, Jtcivra èiv0QooJtov è!; OÀl]ç i:flç laxuoç [lect. var. : xaQOiaç] µou). Fate così anche voi». Qui l'amore del prossimo è apprezzato enonnemente: anch'esso dev'essere attuato «con tutta la forza», come l'amore di Dio. Testlos 1 1 , 1 ; TestBen 3,3-5 ingiungono il timore di Dio e l'amore del prossi­ mo. Una variante con la regola aurea si ha nel (tardo) TestNeft l ,6: «Lui (Dio) devono temere tutte le creature e nessuno faccia al prossimo quello che non vuo­ le che altri faccia a lui». [Per i Testamenti dei Dodici patriarchi, cfr. trad. it. in P. SACCHI (ed.), Apocrifi dell'Antico Testamento, cit., I, 727ss.].

• FILONE, SpecLeg 11,63, parla della 'filosofia' che di sabato viene insegnata nella sinagoga: «E vi sono, per così dire, due dottrine fondamentali (Ma ,:à àvcoi:cii:co xe