Il divorzio consensuale 8860816181, 9788860816184

Il saggio qui tradotto si inserisce all'interno di un progetto più ampio, mai realizzato pienamente, sui temi della

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Il divorzio consensuale
 8860816181, 9788860816184

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émile Durkheim

Il divorzio consensuale a cura di Silvia Fornari

Armando editore

DURKHEIM, Émile Il divorzio consensuale ; Roma : Armando, © 2009 96 p. ; 17 cm. (Classici di Sociologia) ISBN: 978-88-6081-618-4 1. Émile Durkheim 2. La funzione sociale del matrimonio 3. Il divorzio nella società moderna CDD 300

Traduzione e cura di Silvia Fornari Émile Durkheim (1906), Le divorce par consentement mutuel. Une édition électronique réalisée à partir d’un texte d’Émile Durkheim (1906), Le divorce par consentement mutuel. Extrait de la Revue bleue, 1906, 44, (5), pp. 549 à 554. Reproduit in Émile Durkheim, Textes. 2. Religion, morale, anomie, pp. 181 à 194. Paris: Éditions de Minuit, 1975, 508 pp. Collection: Le sens commun. © 2009 Armando Armando s.r.l. Viale Trastevere, 236 - 00153 Roma Direzione - Ufficio Stampa 06/5894525 Direzione editoriale e Redazione 06/5817245 Amministrazione - Ufficio Abbonamenti 06/5806420 Fax 06/5818564 Internet: http://www.armando.it E-Mail: [email protected] ; [email protected] 02-04-048 I diritti di traduzione, di riproduzione e di adattamento, totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche), in lingua italiana, sono riservati per tutti i Paesi. Fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, comma 4, della legge 22 aprile 1941 n. 633 ovvero dall’accordo stipulato tra SIAE, SNS e CNA, CONFARTIGIANATO, CASA, CLAAI, CONFCOMMERCIO, CONFESERCENTI il 18 dicembre 2000. Le riproduzioni a uso differente da quello personale potranno avvenire, per un numero di pagine non superiore al 15% del presente volume/fascicolo, solo a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da AIDRO, Via delle Erbe, n. 2, 20121 Milano, telefax 02 809506, e-mail [email protected]

Indice

Introduzione di Silvia Fornari

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Il divorzio consensuale di émile Durkheim

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Nota bio-bibliografica

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Émile Durkheim è un classico della sociologia, colui che ha reso autonoma la scienza sociale, padre della so­ ciologia insieme a Max Weber e Georg Simmel. Rispetto agli esponenti della sociologia tedesca, Durkheim ha il vantaggio di esporre il proprio pensiero all'interno di un contesto culturale e storico come è quello della Francia di fine Ottocento, che gli permise, diversamente da Com­ te, il maestro di riferimento, di trovare piena considera­ zione ed approvazione delle proprie elaborazioni intel­ lettuali. Non va, infatti, dimenticato che nell887 (anco­ ra non trentenne) , Durkheim ricevette il primo incarico ufficiale universitario (sino ad allora era stato professore nei licei parigini) , presso l'Università di Bordeaux, per il primo corso di "scienza sociale " . Coser ricorda così il clima di chiusura rispetto alla richiesta di autonomia da parte della scienza sociale presente anche in Francia: «solo dieci anni prima [della nomina di Durkheim] alla facoltà di lettere di Parigi alcuni irati esaminatori aveva­ no costretto il sociologo Alfred Espinas, futuro collega di Durkheim a Bordeaux, a eliminare l'introduzione del­ la sua tesi perché egli si rifiutava di cancellare dalle sue pagine il nome di Auguste Comte»1 . Successivamente, nel 1 8 96, afferendo al dipartimento di filosofia, ricevette l'incarico ufficiale per l'insegnamen­ to di "pedagogia e scienze sociali " , occupando così la prima cattedra interamente dedicata ai temi sociologici. Durkheim continuò a svolgere l'insegnamento della Pe9

Introduzione

dagogia anche quando si venne a trovare nella condizio­ ne oggettiva di scegliere liberamente i corsi da impartire, anche se alcuni continuarono ad insinuare che tale scelta fu comunque condizionata dagli obblighi che aveva nei confronti di questo specifico insegnamento. Non pos­ siamo, infatti, dimenticare che il tema dell'educazione, insieme a quelli delle norme e del dovere morale, rap­ presentano il sostrato scientifi co della sociologia dur­ kheimiana, sempre tesa verso la definizione di una guida morale per la società, alla ricerca dell'ordine della strut­ tura sociale, poiché se il sociologo costruisce la morale, in quanto scienza positiva, il pedagogo svolge il compito di far interiorizzare questa stessa morale, ponendola così a fondamento della convivenza civile e sociale. Il riconoscimento ufficiale del proprio lavoro acca­ demico, scientifico ed intellettuale, il Nostro riuscirà ad ottenerlo già nel 1 902 , quando viene chiamato alla Sor­ bona come chargé de cour del prof. Ferdinand Buisson (eletto alla Camera dei Deputati) per l'insegnamento di " Pedagogia e scienza dell'educazione"2; corso che, nel 1 9 1 3 , con decreto ministeriale, venne denominato: "Pe­ dagogia e Sociologia " . Se ci fosse bisogno, ciò ribadisce in modo ufficiale che il tributo maggiore all'autonomia della scienza sociale nel mondo accademico e scientifi­ co francese è avvenuto grazie a Durkheim; ancora oggi egli è ricordato e riconosciuto non solo come l'erede di Com te, ma come il vero padre della sociologia, soprattut­ to perché la sua impostazione nello studio della società rappresenta la risposta teorica alla costituzione nascente dello stato laico francese. Il primo corso tenuto alla Sorbona da Durkheim è sulla É ducation morale, raccogliendo l'eredità del suo predecessore in continuazione con gli studi sui "fat10

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ti morali " , di cui i processi educativP sono una diretta conseguenza. La " morale domestica " , che rientra piena­ mente nel novero degli interessi scientifici intorno ai fatti morali, è il titolo della seconda parte delle lezioni che Durkheim tenne nel corso di morale. L'interesse mostra­ to nei confronti delle relazioni coniugali, delle diverse ti­ pologie familiari e delle forme matrimoniali, così come le comparazioni circa l'evoluzione della famiglia o sulle ori­ gini della proibizione dell'incesto, pubblicati nella rivi­ sta «Almée Sociologique», rappresentano una ricchezza socio-antropologica che non ha trovato poi una rielabo­ razione conclusiva e sistematica. In Italia si ricorda, oltre alle diverse antologie di scritti sociologici durkhemiani, un'unica pubblicazione dal titolo Per una soàologia della famiglia 4, contenente i saggi: Introduzione alla soàologia della famiglia ( 1 888) ; La famiglia coniugale ( 1 892 ) . Pur se l'Autore non è giunto ad una sistematica pub­ blicazione in merito a questi temi, egli ha continuato ad occuparsene nella sua produzione saggistica. Una con­ ferma di questo interesse è data dal saggio qui tradotto, Le divorce par consentement mutue!, pubblicato nel 1 906 nella rivista «Revue bleue», come risposta alla proposta di legge, presentata da alcuni politici, per accelerare i tempi del divorzio. n breve scritto è ascrivibile alla pre­ occupazione manifestata da Durkheim nei confronti del­ le difficoltà che la famiglia moderna incontra, nel mante­ nimento della stabilità e coesione matrimoniale. La fragilità familiare nella società moderna

Per entrare nel vivo del nostro tema è necessario precisare che la questione, trattata in questa traduzione, 11

Introduzione

come si è già detto, si lega agli studi inerenti il valore e il significato che assumono la famiglia e l'educazione morale all'interno della grande trasformazione sociale concretizzatasi con all'avvento della società moderna. Con l'emanazione in Francia della legge sul divorzio, nel 1 87 1 , a giudizio di Durkheim si produce un'ulteriore motivazione, che si affianca alle logiche dell'individuali­ smo e della divisione sociale, e non fa altro che accrescere l'instabilità coniugale. Le difficoltà cogenti riguardanti il mantenimento della stabilità e della solidarietà che il ma­ trimonio dà all'unione familiare, è il tema che Durkhein1 tratta, soprattutto quando riconosce gli elementi disgre­ ganti dettati dal cambiamento epocale della società mo­ derna, che indica con la locuzione: " anomia coniugale " . L'anomia coniugale porta alla costituzione di una isti­ tuzione sociale indebolita dai cambiamenti epocali ormai in atto in tutti i Paesi occidentali, che è possibile anche denominare: " famiglia fragile " . Si tratta di una tipologia familiare che prova a rispondere con grandi difficoltà agli stravolgimenti sociali e tenta di mantenere il proprio ruolo di istituzione primaria, soprattutto per ciò che at­ tiene la formazione del senso d'appartenenza sociale e di autorità morale. La fragilità strutturale della famiglia, determinata dall'introduzione della legge sul divorzio, è l'espressione di un più generale processo di mutamen­ to familiare che Durkheim «sintetizza nella formula del movimento centripeto dell'evoluzione della famiglia e del quale la fragilità del vincolo coniugale è la conse­ guenza ultima. In questo senso, p aradossalmente, com'è già implicito in quanto precede, l'effettualità anomizzan­ te e suicidogena del divorzio stesso è irrilevante di fronte all'evidenza che gli innalzamenti della curva dei suicidi sono sempre più indipendenti dallo stato civile»5 . 12

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È necessario non dimenticare che i concetti della fa­ miglia, dell'amore coniugale, le distinzioni di ruolo tra maschile e femminile, erano questioni d'interesse non solo dei primi studiosi della società , ma anche argomen­ ti ampiamente trattati sia nelle ricerche psicologiche, così come nel mondo letterario e culturale in generale. Dagli anni '5 0 dell'Ottocento si è avviato in Europa un vivace dibattito riguardo al matrimonio , alla famiglia ed all'amore , ma non da ultimo anche sui diritti delle don­ ne, e del loro rinnovato ruolo all'interno dell'ambito privato della famiglia a seguito delle trasformazioni del­ la società industriale. In Francia il dibattito è sollecitato da una società civile che vuole e che ha bisogno di com­ prendere ed apportare, se necessario, dei cambiamenti all'interno della famiglia , ma soprattutto di ridefinire i rapporti tra marito e moglie: «la polemica ha assunto un carattere burrascoso specialmente perché fra i radicali e i "liberi pensa tori" s'è manifestata la tendenza a dimo­ strare, con l' ausilio di argomentazioni non solo storiche ma anche fisiologiche, che la donna è un essere affat­ to diverso dall'uomo, e che la sua autentica sfera d ' at­ tività è la vita famigliare»6. Per comprendere il clima complessivo del dibattito intorno a questi argomenti, è necessario ricordare , in questa sede, la pubblicazione dell' opera di Proudhon De la Justice dans la Révolution et dans FEglise. Nouveaux prinàpes de philosophie pra­ tique ( 1 858) 7 , che aprì il dibattito in Francia sui dirit­ ti delle donne, e lo stesso autore commentò come un avalanche des rapsodies, cui fecero seguito una serie di risposte ed altre pubblicazioni sul tema8• n dibattito in­ torno alle tesi di Proudhon superò i confini francesi, tanto che in Russia , un Paese ancora sotto il controllo zarista e in cui vigeva la servitù della gleba, negli stessi 13

Introduzione

anni si era già avviato un ampio dibattito circa i diritti delle donne ; va detto, però, che i pubblicisti russi ac­ colsero freddamente sia l'opera di Proudhon sia quella di risposta di Michelet «ritenendo che fra i due non vi fosse differenza di principio: che entrambi i libri negas­ sero il principio della parità dei diritti, insistessero sulla radicale differenza esistente tra la natura femminile e quella maschile e difendessero l'idea del matrimonio da quella del libero amore [ . . . ] entrambi negano il signifi­ cato sociale della donna e vedono la sua autentica sfera d 'attività nella famiglia. Michelet è preoccupato del nu­ mero dei matrimoni; uno degli scopi principali del suo libro è la riabilitazione dell'idea del matrimonio e della famiglia [ . . . ] entrambi i libri furono giudicati reaziona­ ri, retrogradi, e accolti come una specie d'assurdo ana­ cronismo che testimoniava la completa corruzione dei costumi nella società francese»9. n libero amore, se era argomento d'interesse in quell'epoca in Francia, non riscontrava grandi simpatie soprattutto fra gli studiosi. Proudhon ne è una chiara espressione; egli considera la società costituita da forze fra loro equilibrate, e la liberazione della società si determina nell'eliminazione delle contraddizioni che la determinano. La famiglia e la comunità, per Proudhon, sono la base della società, contraddistinte da una rigida guida interna , e libere di esprimersi verso l'esterno, come non possono al contra­ rio la nazione, lo Stato o le classi sociali. L'ideale comu­ nitario di Proudhon «di uno stato della società in cui famiglie governate dall'autorità vivano libere ed uguali le une accanto alle altre non si poteva semplicemente superare nella raffigurazione di un mondo comunista industrializzato»10, e ciò è in certa misura presente an­ che nel pensiero durkheimiano. 14

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Durkheim si fa quindi interprete di un interesse, di una realtà sociale in cui stanno cambiando velocemente i referenti emotivi, sentimentali, legati all'amore coniuga­ le; il romanticismo aveva avviato un lungo ed ampio di­ battito intorno a questi temi. I romanzi pongono ormai al centro delle loro trame struggenti storie di amori ap­ passionati, di conflitti sociali determinati da differenze di ceto che impediscono lo sbocciare di amori traboccanti, tutto porta ad inneggiare ad un nuovo modo di costruire e di essere famiglia, svincolato dai legami economici e sociali; ci si sposa solo se c'è un sentimento di recipro­ cità tra gli sposi, non più per puri interessi patrimoniali. Questo clima crea sicuramente la necessità di interveni­ re e dare delle risposte nuove a questa metamorfosi so­ ciale, così come oggi, a distanza di centocinquant' anni, ci troviamo ancora una volta a ridiscutere e ridefinire i significati e i valori che determinano le nostre scelte per­ sonali rispetto alla costituzione di un nucleo familiare ed al significato che esso rappresenta per noi1 1 . Quando nel 1892 Durkheim , ancora a Bordeaux, pone al centro delle sue riflessioni il tema della fami­ glia moderna, ne individua la struttura essenziale de­ nominandola "famiglia coniugale " . Questa nasce dalla contrazione della famiglia patriarcale, formata da un numero ristretto di componenti: marito, moglie , figli minorenni e celibi. Esistono dei vincoli in questa nuo­ va struttura familiare che ricordano la precedente for­ ma, in particolare ciò che concerne la patria potestà ed il controllo del padre sui figli sino alla loro maggiore età, ma vi è anche ciò che realmente è cambiato e che non ha superato l'idea della dipendenza a vita, che era il principio della famiglia patriarcale. Durkheim prefe­ risce utilizzare quindi il termine coniugale per definire 15

Introduzione

la nuova tipologia familiare, in quanto il grande cam­ biamento risiede primariamente nel ruolo ricoperto dai membri della famiglia , i quali da oggi non sono più legati al senso comunitario ( " comunistico " ) della fami­ glia tradizionale, ma ognuno di loro ha e mantiene una propria individualità e, conseguentemente , una propria sfera d'azione. La legislazione riconosce a ciascuno di loro dei diritti individuali: pur riservando la patria pote­ stà al padre (ancora a lungo anche in Francia) 12; anche i minori godono di diritti come l'eredità o il possesso di propri beni, ma soprattutto al padre vengono limitati i diritti disciplinari nei confronti dei figli minori. Ciò che viene riconosciuto da Durkhein1 come l'elemento real­ mente innovativo risiede nella possibilità da p arte del­ lo Stato di intervenire nella vita interna delle famiglie , tanto da poter affermare che lo stesso è un elemento della struttura familiare moderna. Lo Stato svolge fun­ zioni sostitutive nei confronti di quei genitori che, per diverse ragioni, non sono in grado di assolvere i loro compiti; ciò che prin1a veniva svolto da altri componenti della famiglia allargata, oggi viene avocato da uno Stato che, nella figura del magistrato, assolve questi compiti, sino a legiferare nei confronti della decadenza della pa­ tria potestà. La famiglia coniugale è strettamente legata alla presenza e alla ingerenza dello Stato che si propone esplicitamente come mediatore delle relazioni interne a questo primo nucleo sociale : i legami parentali sono posti sotto la tutela dello Stato, i singoli cittadini non hanno più esclusivo potere nel decidere in merito. L'intervento dello Stato nella famiglia è letto da Dur­ kheim come il primo segno di questo cambiamento epo­ cale: lo Stato va così ad occupare una zona centrale della famiglia stessa, intorno alla quale ruotano zone seconda16

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rie, a completamento. L'evoluzione della struttura fami­ liare, che ha portato alla forma della famiglia coniugale, è stata delimitata da una legge di contrazione e dalla nascita di altri gruppi sempre più ristretti che si sostitui­ scono ai precedenti, assorbendo il nucleo della struttura familiare; le sue origini non sono rintracciabili né nella struttura patriarcale né in quella paterna. Questo pro­ cesso di contrazione è un dato storico, determinato dalla necessità dei gruppi di assicurarsi una maggiore protezio­ ne sociale nel momento in cui l'ambiente esterno tende, all'opposto, ad ampliarsi progressivamente; così come il graduale ampliamento dell'ambiente sociale è un dato determinato principalmente dal passaggio da una così detta società tradizionale a quella moderna-industriale. All'estensione dell' ambiente sociale esterno corrisponde il restringimento o ripiegamento verso il nucleo interno della famiglia, che va ad intaccare la costituzione familia­ re; si assiste, così, al lento vacillare del " comunismo fami­ liare " . Alle sue origini il comunismo familiare si attua tra tutti i diversi tipi di relazioni parentali, poiché esiste uno scambio ed una comunanza dei beni, che viene meno nel momento in cui compaiono delle zone secondarie che spingono al restringimento della famiglia verso il nucleo centrale. La conseguenza più diretta di questo restringi­ mento è data dal rafforzamento dei caratteri individuali e personali dei diversi componenti della famiglia, intac­ candone e diminuendone il carattere comunitario, che necessita, al contrario, di coesione e forza per mantenere saldi i vincoli del gruppo sociale. Le strutture familiari coniugali si trovano a subire i duri attacchi apportati dai profondi cambiamenti eco­ nomici, politici e sociali della modernità e, se ad essi as­ sociamo la possibilità di poter introdurre un elemento 17

Introduzione

di disgregazione giuridica come è quello della legge sul divorzio, si indebolisce ulteriormente la solidarietà do­ mestica. Il legame tra i componenti della famiglia defi­ nisce il senso stesso della famiglia: se prima era un senso determinato dagli interessi sulle cose e dalla spartizione economica, ora è specificato dalla scelta di chi sposare, di come costruire la propria famiglia, di come assumono significato i segni delle scelte soggettive dei " coniugi" ; «noi siamo attaccati alla nostra famiglia, perché siamo attaccati alla persona di nostro padre, di nostra madre, di nostra moglie, dei nostri figli. Un tempo era totalmen­ te diverso: i legami che derivavano dalle cose primeg­ giavano su quelli che derivavano dalle persone; lo scopo primario di tutta l'organizzazione familiare era quello di mantenere nella famiglia i beni domestici e, rispetto a questi, ogni considerazione personale sembrava secon­ daria»13 . La famiglia si è così trasformata, non solo a causa di fattori esterni, quali la necessità di vivere in un ambiente più ristretto (urbanizzazione) , di far studiare i propri figli, di non farli lavorare in età precoce, di non vivere con gli anziani, perché oramai non produttivi; ma anche a causa di mutamenti culturali che hanno por­ tato allo sviluppo di una struttura familiare "nucleare/ coniugale " . È nel legame tra i coniugi che nasce il nu­ cleo, il centro, il motore della struttura familiare, ed è a partire da loro che possiamo comprendere le ragioni di quest'evoluzione strutturale della famiglia. È nei legami affettivi ed emotivi che si individua la vita della nuova famiglia, ed è anche per questa ragione che assistiamo ad un lento ripiegamento della stessa verso l'interno, sem­ pre più chiusa verso l'esterno, allontanando il legame con le cose, tanto da far venir meno il significato ed il valore del diritto successorio. 18

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Per queste motivazioni Durkheim, già nell'introdu­ zione al suo corso sulla famiglia, spiega i motivi che lo spingono a comprendere le ragioni di queste trasforma­ zioni, anche se non si tratta semplicemente di un' analisi storica dell'evoluzione della famiglia, poiché, come lo stesso chiarisce, «la famiglia moderna contiene in sé, in modo sintetico, tutto lo sviluppo storico della famiglia [ . . . ] così considerate, le differenti specie familiari che si sono successivamente formate, appaiono come le parti, le membra della famiglia contemporanea, che la storia ci offre, per così dire, naturalmente dissociate [. . . ] di conseguenza, ogni volta che noi costituiremo una specie familiare, cercheremo di vedere ciò che essa può avere in comune con la famiglia attuale, dandone una spiegazio­ ne [ . . . ] perché, cosa c'è di più interessante che vedere la vita della famiglia moderna, così semplice in apparenza, risolversi in una moltitudine di elementi e di rapporti strettamente aggrovigliati gli uni agli altri, e di seguirne nella storia il lento sviluppo, nel corso del quale si sono successivamente formati e combinati»14. Durkheim si dedica allo studio della famiglia con cura scientifica, tenendo lontane impressioni personali e racconti aneddotici circa l'andamento della famiglia, unico modo per poter comprendere precisamente e in profondità la struttura di un determinato tipo familiare. n modo per riuscire in questo lavoro oggettivo di ricerca è rappresentato dallo studio di tutti quei sistemi che si sono consolidati nel tempo, gli usi e i costumi, il diritto; si tratta così di indagare tutti quei casi che non sono ac­ cidentali o soggettivi, ma che rappresentano le pratiche costanti, regolari, le esperienze collettive, acquisite nel corso del tempo, che si sono sedimentate nelle strutture familiari, definendo la famiglia stessa. Ma quali caratteri19

Introduzione

stiche deve avere un costume per poter essere così signi­ ficativo da rappresentare un fatto sociale? Deve essere oggettivo e prescrittivo per una comunità, che in esso si riconosce anche nelle pratiche quotidiane, tanto da dive­ nire "forma concreta" . Il costume assume questa forma nel momento in cui «esso è non solo un modo di agire abituale, ma obbligatorio per tutti i membri della società. Ciò che lo distingue non è la sua frequenza più o meno alta; è la sua virtù imperativa. Il costume non rappresen­ ta semplicemente ciò che si fa più spesso, ma ciò che si deve fare» 1 5 . È una prescrizione e, come tale, i soggetti facenti parte di quella società sono tenuti all'obbedienza altrimenti rischiano di incorrere in una qualche forma sanzionatoria. Durkhein1 vede proprio nella presenza di una sanzione la distinzione tra un costume ed una sem­ plice abitudine. Con l'identificazione dei fatti sociali che caratterizzano la famiglia, comprendendo oggettivamen­ te l'andamento di un costume ed i relativi cambiamen­ ti, noi possiamo realizzare la nostra ricerca, confutando eventualmente la sua stessa validità scientifica. La società non è una struttura rigida, i cambiamenti a cui è soggetta determinano una fluidità nell'andamento; ciò comporta che non sempre vi sia una reciprocità diret­ ta ed univoca; certe istituzioni continuano a mantenersi immuni dai cambiamenti che si fissano nella società viva. Per certe istituzioni, determinati passaggi - o meglio, mutamenti - sono più difficili da interiorizzare, anche se la società civile è viva e ne produce continuamente; questa incertezza metodologica di indagine scientifica, come annota Durkheim, viene in parte superata quando si va ad analizzare lo stato della famiglia contemporanea, in quanto l'attendibilità degli studi demografici ci aiuta a comprendere anche quei fenomeni che ancora non si 20

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sono cristallizzati o che non hanno raggiunto una forma giuridica definita e che invece la demografia riesce ad abbracciare nel suo insieme. La famiglia ha subìto quindi la pressione del tempo e dei cambiamenti culturali: ciò che è la famiglia oggi, per Durkheim, «non è più o meno perfetta di quella di una volta: è solo diversa, perché le circostanze sono diverse. È più complessa, perché l'ambiente in cui vive è più com­ plesso: ecco tutto»16. È con questo spirito che è possibile intendere le variazioni, radicali o superficiali che hanno caratterizzato i mutamenti della prima cellula sociale. Il modo che Durkheim indica come possibile soluzione ri­ siede quindi nella " morale domestica " , considerata una forma d'arte, quanto la scienza; poiché «essa non può dunque limitarsi a spiegare il presente, ma deve, precor­ rendo il futuro, offrirei un ideale che sproni le nostre volontà [ . . . ] ma ogni arte, che non sia meccanica, si basa su una scienza da cui trae ispirazione. Per il diritto, que­ sta scienza non può essere altro che la sociologia: essa è per il diritto ciò che la psicologia è per la medicina»17. Il ruolo della morale e del diritto è strettamente connesso ai cambiamenti sociali ed alla necessità di comprendere l'andamento di questi mutamenti attraverso il "meto­ do comparativo ". Riconoscendo al giudice il suo ruolo, ognuno di noi sa che la capacità di compiere delle scelte non è determinata solo dall'applicazione meccanica del­ le leggi, ma dal conoscere e dal tenere in considerazione i mutamenti sociali, per riuscire ad adattare progressiva­ mente le stesse formule giuridiche decise dal legislatore. Non è possibile pensare semplicemente di adattare il di­ ritto alla società attuale, soprattutto se non conosciamo la società in cui viviamo. Si tratta di conoscerla in modo approfondito - e non solo per pura intuizione soggettiva 21

Introduzione

e vaga - per riuscire ad applicare il diritto di famiglia e controllarne la reale vigenza, ma tutto ciò è possibile solo nel momento in cui si ha una conoscenza effettiva della situazione della famiglia moderna. n corso sulla famiglia tenuto da Durkheim ha, quindi, una sua validità - al di là del mero riconoscimento del valore della famiglia stessa - in relazione alla strutturazione di un metodo di studio e di ricerca che consenta di comprendere ed affinare le tecniche di studio della sociologia della famiglia. La funzione sociale del matrimonio moderno

In uno studio socio-antropologico il matrin1onio vie­ ne descritto da Durkheim come «una disciplina dei rap­ porti tra i sessi che si estende non soltanto agli istinti fisi­ ci che il contatto mette in gioco, ma anche ai sentimenti di varia specie che la civiltà, a poco a poco, ha innestato sulla base degli appetiti materiali. L'amore, infatti, è in noi assai più mentale che organico. L'uomo, nella donna, non cerca soltanto la soddisfazione del desiderio genesi­ co, poiché se questa tendenza naturale è il germe di tutta l'evoluzione sessuale, essa si è progressivamente compli­ cata di sentimenti estetici e morali, tanti e così diversi, al punto che non è più, oggi, che un minimo elemento del processus totale e intricato cui ha dato vita. A contatto di questi elementi intellettuali si è esso stesso parzialmente liberato del corpo e come intellettualizzato. A suscitar­ lo sono le ragioni morali quanto le sollecitazioni fisiche, perciò non presenta più la periodicità regolare e automa­ tica propria degli animali. Una eccitazione psichica può risvegliarlo in ogni istante, in ogni stagione. Ma proprio perché tutte queste diverse inclinazioni così trasforma22

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te non sono direttamente poste sotto la dipendenza di necessità organiche, è indispensabile una regolamenta­ zione sociale. Non essendoci nulla nell'organismo atto a contenerle, occorre che siano contenute dalla società»18. La funzione del matrimonio è quindi quella di regolare la vita passionale, a maggior ragione quando si tratta di un rapporto monogamico, in cui l'oggetto d'amore chiu­ de l'orizzonte. L'orizzonte chiuso dato dal matrimonio è ciò che ri­ esce a creare uno stato di equilibrio morale di cui be­ neficia soprattutto lo sposo, come vedremo, perché egli non può, senza andare contro la morale, cercare altre soddisfazioni fuori dalla famiglia; ciò rappresenta quin­ di una linlitazione ai suoi desideri. n matrinlonio è uno stato sociale fondamentale per la disciplina morale dei coniugi, soprattutto per quella maschile, che viene iden­ tificata come quella più debole all'interno dell'organiz­ zazione matrimoniale. Nella stabilità, nella certezza sa­ lutare della disciplina, l'uomo può riuscire a non sentire le pressioni p assionali, la ricerca della felicità è data dal mantenimento di un equilibrio, la moglie diviene rego­ latrice delle passioni dell'uomo. n matrimonio svolge quindi primariamente una funzione sociale, il cui carico risiede nel ridimensionamento dei ruoli, maschile e fem­ minile, all'interno del nucleo familiare e le conseguenze dei loro comportamenti all'esterno, nel contesto sociale più ampio. Durkheim, analizzando i dati statistici sui matrimoni in Francia, introduce la nozione di: " quoziente di preser­ vazione " , per indicare l'influenza regolatrice esercitata dal matrimonio. Per gli uomini sposati - che vivono in città (Parigi) - essa è pari all ' 1 ,5%, tale da rappresen­ tare un vantaggio soprattutto nella moderazione che il 23

Introduzione

matrimonio genera per il benessere morale degli stessi coniugi. Questo effetto benefico non è p ari nelle donne sposate, le quali non traggono altrettanto giovamento dal matrimonio, ovvero non genera in loro l'accrescimento del quoziente di preservazione; tanto meno la presenza di figli è in grado di correggere gli effetti negativi che il matrimonio ha invece su di loro. Le ragioni di questo oggettivo stato di cose non sono da ricercare, secondo Durkheim, nella natura egoistica e malvagia dei mariti, ma dipendono semplicemente dal fatto che il matrimo­ nio non produce gli stessi effetti sugli uomini e sulle don­ ne, poiché in fondo i rispettivi interessi sono contrari: la moglie ha bisogno di libertà, il marito di freno19. Il matrimonio, quindi, come già affermato, esercita una funzione di protezione sociale per la donna e di fre­ no inibitore nei confronti della fragilità espressa dai " ca­ pricci maschili". L'uomo, per sua natura, è portato alla poligamia, ma la società, secondo l'idea di Durkhein1 , ri­ vendica la scelta della famiglia monogamica per riuscire a mantenere salda l'unità sociale stessa. L'uomo si sacri­ fica a questa scelta sociale per elevare e migliorare lo sta­ tus sociale delle donne; ma, allo stesso tempo, Durkhein1 è convinto che «quali che siano le ragioni storiche che l'hanno condotto a imporsi questa restrizione, l'uomo è quello che più se ne avvantaggia. La libertà cui avrebbe così rinunciato sarebbe stata solo fonte di sofferenze. La donna non aveva le stesse ragioni di rinunciatvi e, a tal riguardo, possiamo dire che assoggettandosi alla medesi­ ma regola, fa un vero e proprio sacrificio»20. Se, quindi, ad una prima sommaria analisi, l'idea del genere femminile che emergeva dallo studio durkheimia­ no poteva apparire piuttosto castrante, dobbiamo ricre­ det-ci, poiché lo studioso alsaziano evidenzia chiaramen24

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te come la forza ed il coraggio di accettare i cambiamenti siano caratteristiche intrinseche alla natura femminile, in quanto la sua struttura organica è più semplice rispetto a quella maschile; ma, proprio perché non è facilmente preda di passioni e pulsionalità istintive, non ricerca e non necessita di sovrastrutture difensive e coercitive per poter ottemperare alle proprie funzioni fisiche e mentali. L'uomo, invece, pure se più complesso, è preda dei pro­ pri istinti biologici; le spinte pulsionali divengono delle trappole per la sua serenità; egli è costantemente alla ri­ cerca di nuovi approdi e vede nel matrimonio la possibi­ lità di una stabilità ed un obbligo morale contro queste pressioni. Nel momento però in cui l'uomo non riesce a sedare gli istinti e la donna chiede il divorzio, succede con molta facilità che lo stesso cada preda di quello stato anomico che lo spinge a trovare nel suicidio la risposta alla propria instabilità mentale e sociale. La risposta a questo stato di malessere dell'uomo è quindi di tipo so­ ciale, né religiosa né giuridica, poiché sino a quando il ruolo sociale delle due parti sarà contrapposto, l'uomo sarà capace di vivere e manifestare i propri interessi e le proprie ambizioni all'esterno, nella vita sociale, man­ tenendo un'origine collettiva; mentre la donna, all'op­ posto, è una spettatrice dall'esterno, vivendo in grado minore la socialità, poiché è più soggetta all'influenza del proprio organismo2 1. Vinstabilità coniugale: il matrùnonio tninimo

Come è stato evidenziato, il matrimonio svolge una funzione sociale fondamentale: mitiga le passioni e man­ tiene il decoro morale degli uomini e delle donne. La 25

Introduzione

logica funzionalistica durkheimiana gli fa considerare il matrimonio come lo strumento per riuscire a mantenere la stabilità e la coesione interna alla famiglia, esercitando anche una forza positiva esternamente sulla società, in quanto prima cellula sociale. Rompere questo schema significa rendere instabili ed incerte le complesse dina­ miche sociali più ampie. Anche per questa ragione, ne Il Suicidio, precisamente nel capitolo dedicato al " suici­ dio anomico " , Durkheim individua quali cause dell' au­ mento dello stato " anomico " , oltre a quelle derivanti dai rapidi e profondi cambiamenti economici, anche quelle determinate dalle condizioni di stato civile, che colpisco­ no gli uomini e le donne. In prin1o luogo, l'autore parla di " anomia domestica " , per indicare lo stato vedovile, generato al momento della scomparsa naturale del pro­ prio coniuge, capace di provocare lo stravolgimento sia della struttura familiare, sia dei sentimenti dei superstiti. A questo stato Durkheim aggiunge anche un'altra causa aggravante, che può portare al suicidio anomico: ovvero l'incidenza delle separazioni e dei divorzi. Il suicidio dei divorziati, come quello dei vedovi, rientra nella categoria dell' " anomia coniugale" , ossia in quella tipologia sociale che Durkheim ha già trattato anche nella Divisione del lavoro socialil-2 . Gli uomini separati e i divorziati (in quei Paesi in cui sono già presenti sia la separazione sia il divorzio )23 sono tendenziahnente più portati al suicidio nel momento in cui si ritrovano soli ad affrontare la vita sociale in que­ sta nuova condizione. È possibile parlare di una vera e propria pro@assi per la donna, la quale, sia nello stato di vedovanza sia in quello di divorziata, riesce a mantenere una propria stabilità personale e familiare, riuscendo a non cadere nella trappola della depressione e, conseguen26

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temente, del suicidio. Le cause che principalmente pos­ sono portare al suicidio anomico sono rintracciabili nella perdita o nella mancanza di riferimenti sociali per coloro che - per le ragioni di cui si discute - si ritrovano fuori dal matrimonio e non possono più contare sui riferimenti so­ ciali precedenti (marito, moglie) e non hanno riferimenti sociali nuovi in cui riconoscersi, o che almeno in un primo momento non conoscono (essere vedovo/a, separato/a, divorziato/a). Ogni categoria sociale risponde a delle regole di comportamento che debbono essere apprese; se vengono meno o non esistono altre regole sostitutive delle precedenti è facile cadere nella spirale dell'anomia, soprattutto se non si hanno gli strumenti per poter rea­ gire ai cambiamenti, spesso imprevisti e non desiderati. La mancanza di protezione sociale lascia le persone in un limbo dal quale è necessario uscire il prima possibile. L'anomia è quindi, per Durkheim, lo stato insito in tutti quei soggetti che sono preda di un'instabilità menta­ le, anche e soprattutto di tipo sociale. L'instabilità coniu­ gale rientra quindi a pieno titolo in questa problematica sociale, poiché nel momento in cui il matrimonio non riesce a mantenersi saldo e si giunge alla separazione o al divorzio, viene meno principalmente la funzione socia­ le: la regolazione delle passioni. È per tale ragione che, ancora una volta, i soggetti che risentono maggiormen­ te delle sofferenze detetminate dalla rottura del vincolo matrimoniale sono quindi gli uomini. A differenza delle donne, separate o divorziate, gli uomini si ritrovano in una condizione precedente a quella di status di marito, ma non potendo più godere dei benefici dello scapolo, perché magari hanno figli, e perché spesso, diversamen­ te dalle mogli, non possono fare ritorno alla famiglia di or1g111e. 27

Introduzione

Il matrimonio viene quindi intaccato dal divorzio il quale, come istituto sociale, genera l'indebolimento del­ la disciplina matrimoniale. Nei Paesi in cui viene pratica­ to, ma soprattutto dove i costumi ed il diritto facilitano il diffondersi di questa "pratica " , il matrimonio non è più in grado di svolgere la propria funzione, divenendo così quello che Durkheim definisce: " matrimonio mini­ mo "24. L'unità dell'istituzione matrimoniale è stata irre­ versibilmente minata dalla possibilità legale di sciogliere quest'unione che ha reso debole il suo valore istituzio­ nale e sociale25 , ma l'altro lato debole è costituito dalla natura morale dell'uomo, poiché è il suo non riuscire a contenersi che determina l'instabilità matrin1oniale. In un contesto sociale in cui è possibile il divorzio legale, chi si sposa è consapevole di poterlo "non fare " per tutta la vita, di avere anche una via di uscita; ciò va a mina­ re profondamente il significato ed il valore del conteni­ mento morale e passionale che riusciva ad esercitare il cosiddetto " matrimonio intero ". L'indebolimento è de­ terminato dalla perdita del limite che il matrimonio " in­ tero " era in grado di esercitare nei confronti dei desideri, delle spinte pulsionali; senza limiti si è facilmente preda di leggeri movimenti, di scosse, di un'energia che non è in grado di contenere la passione, la quale - espanden­ dosi senza controllo - produce un effetto dirompente. Vengono meno tutte quelle forme di controllo morale e soprattutto viene meno la serenità morale che impediva all'uomo di rispondere all'irrequietezza naturale che lo caratterizza. L'aumento dei suicidi degli uomini divorzia­ ti è frutto, quindi, di una carenza morale, della mancanza della forza coercitiva esercitata dal vincolo matrimoniale che viene a mancare nel momento in cui è possibile una soluzione: separazione e/o divorzio. Per Durkheim l'in28

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certezza e l'instabilità morale fanno franare la terra sotto i piedi ed è per questa ragione che nei Paesi in cui da più tempo vigono le leggi sul divorzio, la capacità di immu­ nizzazione dal suicidio esercitata dal matrimonio viene meno. n nostro autore risponde però ai dubbi di coloro che potrebbero obiettare che anche laddove "il divorzio non tempera il matrimonio " l'obbligo alla monogamia riuscirebbe a determinare una forma di insofferenza tale da portare al suicidio. Ciò è vero perché, comunque, l'in­ segnamento durkheimiano poggia non tanto sull'obbli­ go dettato dal diritto, ma dalla introiezione dello stesso, dalla forza dell'obbligo morale, quella voce interiore che Freud chiamerà " Super lo ". L'autorità della legge quan­ do viene interiorizzata si trasforma in autorità morale, obbligante, che esercita una forza morale dall'interno, che fissa i limiti, arginando le nostre possibilità di scelta, e che è capace di accrescere la forza di volontà delle co­ scienze degli uomini e delle donne. Ritornando alle ragioni dei dati relativi ai divorzi ed alle separazioni nei Paesi europei in cui vigono queste leggi, si evidenzia chiaramente come siano le donne a far principalmente ricorso al divorzio. La parte della società considerata da sempre come più semplice, meno com­ plessa e soprattutto più debole, secondo un comune sen­ tire: la donna è invece, secondo queste ricerche, la parte sociale più forte, poiché anche nella fine del matrimo­ nio riesce a uscirne vincente, niente affatto indebolita. È necessario, infatti, ricordare che coloro che ricorrono maggiormente al suicidio nei momenti di forte insta­ bilità personale sono appunto gli uomini, poiché «dal punto di vista del suicidio il11tatrùnonio favorisce tanto più la donna quanto più è praticato l'uso del divorzio e viceversa»26 . Ne derivano due distinti ordini di effetti: 29

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da una parte, nelle società in cui il divorzio è praticato, le coniugate si uccidono di meno di quelle che vivono in società in cui il matrimonio è inscindibile. Ciò chiarisce come le ragioni determinanti l'aumento dei suicidi non siano da ricercare nell'indebolimento del senso della fa­ miglia, altrimenti ne subirebbero eguali conseguenze sia i mariti sia le mogli, invece, come affermano questi dati oggettivi, è l'uomo ad essere più colpito e a patire mag­ giormente il peso della rottura familiare, tanto da essere più facilmente spinto al suicidio. Secondo Durkheim, la ragione è da ricercare nello stato matrin1oniale, «è infatti possibilissimo che il matrimonio agisca in senso inverso sul marito e sulla moglie, perché se come p arenti hanno gli stessi obiettivi, come coniugi hanno interessi diversi e spesso antagonistici. Può avvenire benissimo che in certe società, una qualche particolarità dell'istituto matrimo­ niale avvantaggi l'uno e danneggi l'altro dei coniugi»2 7. Viene però proposta anche una seconda motivazione per spiegare l'immunità femminile al suicidio. L' allen­ tamento dello stato familiare, causato dalle discussioni e dai litigi all'interno della famiglia, non può essere da solo, causa sufficiente per spiegare l'aumento delle ri­ chieste di divorzio, poiché altrimenti, se tanto il marito quanto la moglie soffrono di questo stato di tensione, non si potrebbe spiegare perché il divorzio sia chiesto primariamente dalle mogli (in Francia il 60% per il di­ vorzio e 1'83% per la separazione). Se così è, la maggior causa di dissensi familiari è imputabile ai mariti, ma ciò non basta ancora a spiegare perché, nei Paesi con più alti tassi di divorzio, gli uomini si uccidano di più e le donne di meno. Così come ci ricorda Durkheim , non è affatto provato che il numero delle liti coniugali abbia come conseguenza diretta l'aumento dei divorzi28• Le 30

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cause dell'aumento dei suicidi degli uomini divorziati non sono quindi da ricercare soltanto nell'allentamento dei legami familiari o del cattivo stato degli stessi, ma è più plausibile l'ipotesi secondo la quale sia l'istituto del divorzio a portare al suicidio, a causa dell'azione eser­ citata sulla funzionalità del matrimonio. Lo " sviluppo parallelo dei divorzi e dei suicidi" , è un fenomeno da spiegare ricorrendo a quella struttura sopra richiamata: l"' anomia coniugale " , determinata dall'introduzione del divorzio. È in questo stato anomico, nella mancanza di riferi­ menti, che possiamo osservare attentamente l' aun1ento dei suicidi tra gli uomini in quei Paesi il cui l'uso del di­ vorzio è frequente. Le problematiche legate alla struttura familiare si evincono con maggior forza quando si analiz­ za il " suicidio anomico " , poiché è in esso che individuia­ mo chiaramente l'anomia coniugale come causa prin1a dell'aumento dei suicidi tra i divorziati. L'importanza del mantenimento dell'integrità della struttura familiare diviene una vera e propria salvaguardia, una sorta di im­ munizzazione ai rischi del suicidio dei componenti della famiglia. La coesione e la densità familiare (determinata dal numero di componenti della famiglia stessa) fanno diminuire i casi di depressione e di suicidio da parte dei membri della famiglia. L'abrogazione della legge sul di­ vorzio in quei Paesi in cui è praticato, viene indicata da Durkheim, nella p arte conclusiva del lavoro, come una possibile soluzione per diminuire il disagio sociale intro­ dotto da questo istituto. La complessità della questione non può trovare come risposta una soluzione semplicistica e retrograda, poiché è certamente chiaro che il legislatore non ha fatto altro che rispondere alle esigenze di una società civile, a ciò 31

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che era già insito nella volontà della " coscienza pubbli­ ca " , così come non possiamo imputare allo stesso l'au­ mento dei suicidi anomici dei divorziati. Durkheim, pur se è consapevole dell'importanza della stabilità coniuga­ le, è anche uomo del suo tempo, capace di comprendere come i cambiamenti tipici della modernità siano il segno di una trasformazione di cui ancora dobbiamo scoprire e comprendere i risvolti successivi, poiché «se la coscienza pubblica non fosse giunta a poco a poco a decidere che l'indissolubilità del vincolo coniugale era priva di ragio­ ne, il legislatore non avrebbe mai pensato di accrescerne la fragilità. L'anomia matrimoniale può esistere nell'opi­ nione pubblica prima che sia inserita nella legge. D'altra parte, soltanto quando ha assunto veste legale può pro­ durre tutte le conseguenze»29. Il divorzio consensuale

Quando Durkheim, nel 1 906, scrive il saggio qui tradotto, vuole rispondere al dibattito civile mosso dal­ la proposta, presentata in Parlamento da Paul e Victor Margueritte, circa l'introduzione della modifi ca alla leg­ ge sul divorzio. La rifmma prevedeva l'introduzione del divorzio consensuale, ovvero della possibilità di ridurre i tempi della richiesta di scioglimento del matrimonio, favorendo quelle coppie che consensualmente giunge­ vano a questa decisione. Si trattava, quindi, di ridurre non solo i tempi previsti, ma soprattutto di escludere la decisione del giudice, non trattandosi di un divorzio giu­ diziale. Questa proposta di modifica ad una legge su cui Durkheim aveva già ampiamente espresso i propri dub­ bi, ora lo costringe a ribadire la grave preoccupazione 32

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che nutre in merito a questa proposta, tanto da doverne spiegare le ragioni in questo saggio, prima del varo della stessa. Non è nelle intenzioni di Durkheim ridiscutere la va­ lidità del divorzio come istituto giuridico, ma si tratta di ribadire la forza che lo stesso istituto è in grado di esercitare sul matrimonio poiché, a più di trent'anni dal­ la promulgazione della legge sul divorzio in Francia, è possibile mostrare le ripercussioni sul tessuto sociale e comprendere meglio la richiesta avanzata dai parlamen­ tari. L'introduzione di un acceleratore nel sistema giuri­ dico del divorzio è positivo o meno per la società? Per Durkheim esistono delle ragioni precise per credere che l'introduzione del divorzio consensuale abbia delle rica­ dute pericolose sull'istituto del matrin1onio e sulla sua funzionalità sociale: «Si incomincia ad intravedere come una larga pratica del divorzio non è scevra da gravi in­ convenienti, tali da far riflettere coloro i quali reclamano una riforma il cui effetto inevitabile sarebbe di facilita­ re ancora e di far entrare maggiormente nelle abitudini l'uso del divorzio»3°. Vengono ribaditi i dati relativi alla correlazione di­ vorzio-suicidi, la variabile del sesso ha evidenziato quan­ to le donne siano meno soggette al suicidio e ciò è vero non solo su un piano generale, ma anche rispetto alle condizioni familiari. Egli ribadisce, come già ampiamen­ te esposto ne Il Suicidio, la convinzione che la relazio­ ne sia molto salda e ancora una volta maggiormente a sfavore dei mariti più che delle mogli. Il divorzio non sfavorisce le donne sposate e ciò è in parte determinato da una minore pulsionalità mentale. Viene ribadito così, anche in questo saggio, quanto il matrimonio non sia in grado di esercitare nelle donne alcuna tutela, tanto che 33

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le stesse non sono portate al suicidio nel momento in cui divorziano, tanto che i tassi di suicidi tra le donne sposate e le nubili non si discostano di molto, come av­ viene, invece, quando si analizzano i dati riguardanti gli uomini. n divorzio è inoffensivo sullo stato mentale delle donne, quanto lo può essere il matrimonio. Le ragioni del grado di preservazione dai suicidi del­ le donne trova ragione - a giudizio di Durkhein1 - nel carattere dei bisogni sessuali della donna, la quale in ge­ nerale è caratterizzata da una vita mentale meno svilup­ pata. In questo senso, le donne sono in grado di porre un freno anticipando e riconoscendo le proprie esigenze organiche e biologiche e questo carattere istintivo è ca­ pace di determinare in loro maggiore pace e serenità. Si ribadisce quanto le donne non abbiano bisogno di una regolamentazione sociale, strutturata, come è quella del matrimonio, in particolare di quello monogamico. La ri­ sposta alla salvezza dal suicidio nella donna risiede quin­ di nella sua semplicità mentale, nel suo non sentire il peso del divieto, sia esso morale o legislativo. n limitato orizzonte di possibilità, che trapela da questa interpreta­ zione durkheimiana, è un confine, ma anche una salvez­ za: la donna, non potendo godere da sempre della libertà di azione e di scelta propria del maschio, è conseguente­ mente salvata da queste stesse limitazioni; ella reagisce al divorzio con un maggior senso di liberazione poiché «la monogamia è per essa rigidamente obbligante, senza al­ cun genere di addolcimento e, d 'altronde, il matrimonio stesso le è meno utile come limite a desideri già natural­ mente contenuti né le insegna ad accontentarsi della sua sorte. Le vieta altresì di cambiare quando diviene intol­ lerabile. La regola per essa è solo una costrizione priva di vantaggi. Perciò tutto quanto giovasse ad alleviarla, a 34

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renderla più flessibile, non potrebbe che migliorare la situazione della moglie. Ecco perché il divorzio la pro­ tegge e perché essa vi ricorre più volentieri>>3 1. A confe11na dell'idea espressa dal Nostro nei con­ fronti della semplicità mentale della donna, come salva­ guardia alla sua vita, riportiamo un' altra citazione, in cui l'autore evidenzia come anche tra i vedovi le donne siano quelle che hanno maggiori probabilità di riuscire a vivere da sole, ribadendo ancora una volta la loro forza biologi­ ca e sociale. Durkheim così giunge a spiegare le motiva­ zioni dell'apparente forza della donna rimasta vedova, e quindi senza scudo sociale, a non scegliere di risposarsi e di rimanere in una condizione di isolamento. Si tratta di un privilegio di cui sembrano godere solo le donne, ma se l'Autore appare positivamente stupito di questa forza femminile così scrive: «in realtà se essa ha tale privilegio lo deve ad una sensibilità più rudimentale che evoluta. Vivendo più dell'uomo fuori della vita comune, la vita comune la penetra meno e la società le è meno necessa­ ria perché è meno impregnata di socialità. Essa ha pochi bisogni rivolti in quel senso e li accontenta con poca spesa. Con qualche pratica pia, con alcuni anin1ali da curare, la vecchia zitella riempie la vita. E se rimane fedele alle tradizioni religiose e vi trova, perciò, riparo dal suicidio, è perché tali forme semplicissime rispondono a tutte le sue esigenze»32. Senza commentare quanto così chiara­ mente esposto, Durkheim prosegue spiegando invece le ragioni dell' altro sesso, la difficoltà che egli rileva nelle caratteristiche tipiche dell'uomo sono il segno della sua debolezza, della impossibilità di vivere al di fuori degli schemi sociali. L'uomo ha bisogno di riferimenti certi per perseguire i propri scopi, poiché egli si sente stret­ to in questa condizione, «il suo pensiero, la sua attività, 35

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mano a mano che si sviluppano, sconfinano sempre di più dai quadri arcaici e gliene occorrono altri. Perché è un essere sociale più complesso e può reggersi in equili­ brio soltanto trovando fuori di sé dei punti di appoggio, ed è perché la sua stabilità morale dipende da parecchie condizioni che egli si turba più facilmente»33. Ciò che reahnente appassiona in questa ricostruzione sono le domande e le risposte che si pone l'autore. Non è l'istituto del divorzio a generare un aumento dei suicidi, ma è l'influenza che esso esercita principalmente in una delle due componenti dell'unione matrimoniale: il mari­ to. Se si riuscisse ad intervenire diminuendo il numero dei suicidi nei mariti, vedremmo crescere quello delle mogli; «è dunque necessario sacrificare uno dei due sessi scegliendo come soluzione il minore dei due mali?»34. Certamente no ! Ma resta il rapporto duale tra parti opposte, due elementi contrari, i quali «finché gli uni avranno bisogno di libertà e gli altri di disciplina, l'istitu­ to matrimoniale non potrà giovare egualmente ad ambo le parti. Ma tale antagonismo, che rende attualmente la questione senza via di uscita, non è irrin1ediabile e si può sperare che sia destinato a scomparire»35. In questa logica possiamo leggere il valore che assu­ me anche il diritto al divorzio consensuale. Separarsi e divorziare è una scelta che i coniugi fanno nel momen­ to in cui vengono meno il senso e le ragioni della loro unione. Né i valori della famiglia né la presenza dei figli possono impedire il verificarsi del venir meno dell'unio­ ne. La famiglia coniugale regge sino a quando il nucleo, i coniugi appunto, è in grado di mantenere l'unità e la co­ esione familiare; venuti meno il senso comunitario della famiglia e le logiche economiche della scelta, nulla si può più opporre alla deliberazione dei coniugi. È in quest'o t36

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tica che possiamo quindi leggere la modernità di questo saggio, soprattutto se pensiamo alla situazione italiana, in cui sino all970 - ossia all'entrata in vigore della legge 898 (legge Fortuna-Baslini) - lo scioglimento del matri­ monio avveniva solo in caso di morte del coniuge36. Ciò che Durkheim continua a ribadire nel suo saggio è che l'introduzione di questa facilitazione - dettata dal fatto che il ruolo del giudice si ridurrebbe esclusivamen­ te a legalizzare quanto richiesto di comune accordo dai coniugi, in assenza o in presenza dei figli - sia tale da ren­ dere nullo il freno inibitore esercitato dal matrimonio, il quale così non sarebbe più in grado di impedire «al cuore di agitarsi e di tormentarsi vanamente alla ricer­ ca di felicità impossibili o deludenti; e rende più facile questa p acifìcazione del cuore, questo equilibrio interio­ re che è la condizione essenziale della salute morale e della felicità. Ma questa consapevolezza non produce gli effetti sperati se non perché il matrin1onio implica una regolamentazione stabile capace di legare solidamente gli uomini»3 7. Il matrimonio, non riuscendo più a svolgere la pro­ pria funzione regolatrice, non sarà più in grado di dare sostegno morale agli uomini e alle donne che vi ricor­ reranno. Durkheim è quindi molto critico e ribadisce con forza i danni che potranno derivare da questa legge. Elenca ragioni gravi, riferibili soprattutto all'indeboli­ mento ulteriore di quella fragile famiglia coniugale, or­ mai ridotta nelle dimensioni ed incapace di reagire alle spinte contrarie della società. I coniugi lasciati soli con questa legge troveranno conferma alla loro debolezza, potranno decidere senza sentire altri componenti della famiglia e questa libertà è estremamente negativa in con­ siderazione della loro fragilità personale. Durkheim ci 37

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ricorda che gli uomini e le donne che hanno deciso di formare con la loro coppia una famiglia hanno assunto delle responsabilità di cui non si possono liberare solo perché la legge permette loro di rescindere con facilità il " contratto matrimoniale ". Gli sposi devono sentirsi responsabili nei confronti della scelta e verso loro stessi e proprio a causa dell'importanza di questa scelta essi, in quanto parte in causa, non possono liberamente sce­ gliere di porre fine alla loro unione. Sarà compito del giudice continuare ad esaminare le problematiche della coppia e porre un freno alla loro scelta, spesso dettata da problemi del momento e non così irreparabili rispetto alla responsabilità morale a cui debbono essere richia­ mati gli sposi. Durkheim è altrettanto cosciente che impedire l' ap­ provazione della legge consensuale non limiterebbe il desiderio degli sposi di separarsi, tanto che anche nelle situazioni più semplici gli stessi potrebbero accordarsi nel chiedere il divorzio per colpa pur di raggiungere il risultato, cioè sciogliere il matrimonio. La critica di Dur­ kheim è rivolta, ancora una volta, a coloro che pensano di aggirare la legge, che pensano comunque di raggiun­ gere il proprio fine senza tener conto degli effetti che questa scelta potrà avere sulla propria ed altrui stabilità. In questo senso gli stessi giudici sono colpevoli nel non far rispettare la legge sul divorzio, cioè nello svolgere ormai questa loro funzione con semplicismo e dilettan­ tismo, considerando la richiesta dei coniugi un lavoro di routine e rispondendo loro solo per concludere una pra­ tica quotidiana senza darsi pena o impegnarsi in prin1a persona per far comprendere l'in1portanza e la rilevanza sociale del passo che gli stessi si accingono a fare. Quin­ di dato lo stato di impossibilità a compiere pienamente 38

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il proprio compito riconciliativo, si aggiunge a questo stato di cose negativo una ulteriore facilitazione da parte del legislatore: il divorzio consensuale. In conclusione, il nodo centrale della nostra discus­ sione risiede nell'indebolimento volontario da parte del legislatore di quelle regole di cui gli uomini e le don­ ne hanno bisogno per non sentirsi isolati al momento di prendere delle decisioni importanti per la loro vita sociale e personale. Liberarsi dai principi per comodi­ tà personale significa, infatti, cercare una via d'uscita semplicistica al proprio malessere ma, come ci ricor­ da Durkheim, «l'uomo non può essere felice, non può soddisfare normalmente i suoi desideri se non quando questi sono regolati, contenuti, moderati, disciplinati. È per questo che la disciplina coniugale non può essere snervata senza che con ciò venga compromessa la feli­ cità degli sposi. Non lasciamoci dunque confondere dal carattere drammatico di qualche incidente p articolare, reale o immaginario, ma che non potrebbe prevalere su queste imperiose necessità. Niente è più verosimile del fatto che, come ogni regola, la regola matrimoniale pos­ sa essere talvolta dura nel modo in cui viene applicata ai singoli individui; ma questa non è affatto una buona ragione per indebolirla. Gli individui stessi sarebbero i primi a patirne le conseguenze»38. Il matritnonio come preservazione all'instabilità È ormai chiaro che per il Nostro l'instabilità coniu­ gale è un malessere dettato primariamente da problema­ tiche personali dei coniugi, ma in esso è possibile indi­ viduare anche ragioni sociali, e l'introduzione di un'ul39

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teriore facilitazione nell'iter giuridico della separazione, per i coniugi rappresenta un ulteriore elemento negativo che non fa altro che allentare le già fragili maglie che ten �ono insieme la famiglia coniugale. E compito del legislatore, del giudice e degli stessi coniugi perseguire i propri fini non dimenticando mai la morale che soggiace sotto ogni personale scelta. L' allen­ tamento della funzione regolatrice delle leggi e la fragi­ lità dello stato morale degli uomini e delle donne della società moderna non fanno altro che rendere difficile il mantenimento della coesione, primariamente familiare e successivamente sociale. Il nostro Autore, infatti, è cosciente che per com­ prendere sino in fondo le ragioni determinanti questa trasformazione sociale sia necessario prima comprende­ re e realizzare «uno studio sul matrimonio e sulla sua evoluzione. Per il momento dobbiamo solo occuparci dei rapporti tra divorzio e suicidio. E da questo punto di vista diremo che: l'unico modo di diminuire il nume­ ro dei suicidi dovuti all'anomia coniugale è di rendere il matrimonio più indissolubile»39. L'indissolubilità del matrin1onio, oltre a rispondere ad una richiesta eminentemente sociale, svolge una vera e propria cernita sulla popolazione. Essa contribuisce a determinare un processo di selezione sociale a mon­ te, poiché il principio da cui parte Durkheim evidenzia come - in questa fase costitutiva della coppia - entrino in gioco non solo i sentimenti. Non tutti coloro che desi­ derano sposarsi riescono nel loro obiettivo; esistono dei requisiti necessari, quali salute, ricchezza e moralità. Chi non li possiede rischia «volente o nolente [di essere] re­ spinto nella categoria dei celibi, che finisce così col rac­ cogliere lo scarto umano del Paese. Vi si trovano infatti 40

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gli infermi, gli incurabili, i poverissimi, o i palesemente tarati. Se questa parte della popolazione è a tal punto inferiore all' altra, è naturale che provi la sua inferiorità con una maggiore mortalità, con una più forte crimina­ lità e, infine, con una tendenza più spiccata al suicidio. In tale ipotesi, non sarebbe la famiglia a preservare dal suicidio, dal delitto o dal male, e il privilegio dei coniu­ gati verrebbe semplicemente dal fatto che sono ammessi nella vita familiare soltanto coloro che già posseggono serie garanzie di salute fisica e morale»40. I tempi odier­ ni non confermano completamente questa dura analisi sociale durkheimiana, ma certamente essa evidenzia lo­ giche ancora presenti nella scelta del matrimonio; data la complessità delle motivazioni che si possono addur­ re, ed a causa dell'economia di questo lavoro, in questa sede non si potrà però realizzare una comparazione tra il significato del matrimonio nella società pre-moderna e nell'attuale società post-moderna. Esiste una differenza che riguarda invece l'idea di fa­ miglia, la quale non si costituisce esclusivamente come un unico gruppo sociale, ma si compone di due associa­ zioni, "il gruppo coniugale " e il "gruppo familiare " , con caratteristiche e strutture ben distinte: la prima deriva «da un contratto e da affinità elettive . . . [la seconda] da un fenomeno naturale, la consanguineità [ . . . ] la prin1a lega tra loro due membri di una stessa generazione, la seconda, una generazione all'altra»4 1 . In questa logica è necessario comprendere che, se il matrimonio ha la capacità di sviluppare un certo grado di preservazione negli uomini e nelle donne, questo pro­ cesso inizia a decrescere con il p assare degli anni ed il collante matrimoniale diminuisce o aumenta in assenza o in presenza dei figli. Rispetto ai tassi di suicidi ana41

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lizzati, coloro che hanno un'incidenza maggiore sono i coniugi senza figli, soprattutto le donne sposate senza figli non godono più di un coefficiente di preservazione; si vede così aumentare il coefficiente di aggravamento, in quanto la protezione non è più realizzata dal matri­ monio, ma dalla famiglia e dai figli. Una famiglia senza figli non riesce a creare un ambiente integrato abbastan­ za forte, tanto che, per Durkheim, più è alto il numero dei componenti della famiglia più diminuisce la possibi­ lità del suicidio; quanto più questa famiglia è " densa " , tanto maggiori sono le probabilità del mantenimento dell'unione e della stabilità, poiché «i sentimenti, i ri­ cordi comuni, in seno a famiglie poco numerose, non possono essere molto intensi, perché non vi sono abba­ stanza coscienze per rappresentarli e rafforzarli condivi­ dendoli. Né vi si potrebbero formare quelle forti tradi­ zioni che servono da vincolo tra i membri di uno stesso gruppo e che sopravvivono ad essi e riallacciano a sé e tra loro le generazioni successive. D'altronde le piccole famiglie sono necessariamente effimere e senza durata non v'è società che possa essere consistente [ . . . ] così quando la famiglia è poco numerosa, con pochi parenti riuniti, la vita domestica langue e in taluni momenti il focolare è deserto»42 . In conclusione, la famiglia preser­ va contro il suicidio tanto più quanto è più forte e salda la sua struttura. I gruppi sociali ed in primis la famiglia rappresentano quindi una risposta concreta, rafforzata dai riferimenti numerici, rispetto ai casi di suicidio. Dall'analisi sin qui condotta è chiaro come per Dur­ kheim la coesione sociale sia l'elemento primo per il mantenimento dell'ordine sociale e tutto ciò che com­ porta una messa in discussione di tale ordine nuoccia al sistema sociale intero. 42

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La logica del divorzio consensuale, come esposto so­ pra, risponde in maniera negativa alle richieste di stabili­ tà, anzi non fa altro che accrescere il senso di anomia e di mancanza di controllo, soprattutto sull'uomo. In questo senso è però possibile introdurre una domanda, che al­ tri studi statistici odierni hanno evidenziato, riguardo la situazione critica in cui vive la famiglia moderna43 . Se la famiglia è in crisi e il matrimonio non presetva dall'infe­ licità è forse da preferirsi il celibato? Le cifre statistiche assolute confermano che i celibi si suicidano meno dei coniugati, ciò sembra in parte confermare l'idea che la vita più semplice dei celibi, in confronto alla vita condotta dagli uomini coniugati, fa­ vorisca la loro longevità e li preservi da scelte drastiche. Primariamente i celibi non sentono il peso delle respon­ sabilità e dei doveri coniugali e questo è sicuramente un vantaggio fondante rispetto all'idea morale di Dur­ kheim. Ma questa lettura è completamente falsata secon­ do Durkheim da una interpretazione che non tiene con­ to di importanti variabili rispetto al rapporto sussistente tra l'età dei celibi e quella dei coniugati. Una lettura più attenta, capace di prendere in considerazione anche le distinzioni di genere, porta a questi prospetti: « l ) I ma­ trimoni troppo precoci hanno un }influenza aggravante sul suicidio} soprattutto per gli uomini [ . . . ] 2) Dai 20 anni in pot� i coniugati dei due sessi beneficiano di un coefficiente di preservazione rispetto ai celibi [ . . ] 3 ) Il coefficiente di preservazione dei coniugati rispetto ai celibi varia a secon­ da del sesso [ . . . ] 4) La vedovanza diminuisce il coefficien­ te dei coniugati dei due sessi ma il più delle volte non lo sopprime del tutto»44 . Per l'Autore non si tratta di un problema eminen­ temente di stato civile, ma si lega soprattutto al ruolo .

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sociale svolto all'interno dell'ambito familiare, alla fun­ zione familiare rivestita; per questo motivo si afferma che se gli uomini coniugati godono di un certo grado di immunità rispetto al suicidio, i fattori da prendere in considerazione sono diversi, poiché non basta avere una propria famiglia e un ambiente domestico per impedire le tendenze suicidogene. Durkheim, nei suoi studi socio-antropologici, ha dato conto delle ragioni determinanti le differenze di genere non solo nella produzione saggistica45, ma anche ne Il Suicidio; espressamente nel capitolo dedicato al " suicidio anomi co " possiamo leggere le affermazioni più chiare rispetto alla distinzione tra i sessi. Se il problema riguarda il diverso grado di socialità rispetto ai due sessi, le donne dovrebbero superare il loro gap nei confronti degli uomini occupandosi degli stessi ambiti d'interesse, ma «è chiaro che non v'è luogo di supporre che la donna sia mai in grado di adempiere alle stesse funzioni sociali dell'uomo, potrà invece avere un ruolo che pur essendo­ le proprio sia tuttavia più attivo e in1portante di quello attuale. Né per questo il sesso femminile diventerà più somigliante a quello maschile, anzi, si può prevedere che se ne differenzierà sempre di più [ . . . ] perché, ad esempio, mano a mano che l'uomo, sempre più assorbito dalle funzioni utilitarie è costretto a rinunciare a quel­ le estetiche, queste non si attribuirebbero alla donna? I due sessi in tal modo si riavvicinerebbero pur differen­ ziandosi, si socializzerebbero del pari ma in modi diver­ si»46. Su questo punto, per noi che viviamo nell'epoca dell'evoluzione dei generi47 , in cui la rivoluzione sessuale e la richiesta di pari opportunità sono ormai entrate nel nostro habitus culturale, dovrebbe risultare chiaro - non solo per la distanza temporale che ci separa rispetto alla 44

Silvia Fornari

data di pubblicazione di quest'opera, ma soprattutto nell'indagare la realtà odierna - che questo processo non si è mai realizzato totalmente e forse è impossibile che trovi una sua completa attuazione. I due sessi si sono rincorsi, sono state fatte rivendicazioni importanti di di­ ritti da parte delle donne, conquiste fondamentali che non devono e non possono essere messe in discussione, ma sul piano relazionale, quello dei rapporti tra uomini e donne, questa esternazione di una parità non ha portato a grandi risultati. Sul piano giuridico non esistono di­ stinzioni, ma sul piano culturale, biologico, relazionale, le diversità non sono elementi negativi, ma sono i tratti distintivi fondamentali e necessari per realizzare l'unio­ ne tra due soggetti che dovrebbero gioire delle proprie diversità. Durkheim ci ha mostrato, attraverso la presen­ tazione dei dati statistici, la diversità tra i sessi: di conse­ guenza, se dobbiamo trovare una soluzione al problema del suicidio tra i divorziati, ciò sarà possibile «soltanto quando lo scarto tra i due coniugi sarà minore, il matri­ monio cesserà di avere vantaggi per gli uni a detrimento degli altri. A coloro che invocano fin da oggi la parità dei diritti tra uomo e donna, diciamo che non dimentichino che l'opera dei secoli non si può cancellare in un istante; e che la parità giuridica non può essere legittin1a finché l'ineguaglianza psicologica è tanto flagrante. Dobbiamo dunque impiegare i nostri sforzi per diminuire quest'ul­ tima. Perché l'uomo e la donna possano essere egual­ mente protetti dalla stessa istituzione, occorre innanzi tutto che siano esseri della stessa natura. Soltanto allora l'indissolubilità del vincolo matrimoniale potrà non esse­ re accusata di servire ad una sola delle due parti>>48. All'uomo si riconosce quindi la naturale debolezza della sua passionalità, istintiva, biologica, la necessità di 45

Introduzione

essere contenuto in queste mancanze da parte di mogli comprensive e capaci nel mantenere e garantire la stabi­ lità mentale del marito. n matrimonio svolge una espli­ cita funzione sociale poiché, se pensiamo allo stato di instabilità ed incertezza in cui vive lo scapolo, possiamo comprendere il ruolo fondamentale per la vita dell'uo­ mo dell'istituto matrin1oniale. La libertà dello scapolo nelle scelte d'amore, la capacità di godere di più nella diversità di opportunità, non è considerata da Durkhein1 un vantaggio per l'uomo, il quale invece, «potendo le­ gittimamente ricercare quel che vuole, aspira a tutto e nulla lo soddisfa. n male senza fine che l'anomia reca ovunque con sé può colpire tanto quella parte della co­ scienza quanto un'altra e assumere spesso quella forma sessuale [in cui] se niente ci frena non sappiamo frenarci noi stessi e oltre i piaceri sperimentati se ne in1maginano altri, se ne vogliono altri. Se avviene che si sia percorso tutto il circuito del possibile, si sogna l'in1possibile, si è assetati di ciò che non esiste. Come potrebbe la sensi­ bilità non esasperarsi in questa ricerca senza fine? [ . . . ] A ciò è bastante l'esistenza mediocre del volgare celibe. Continue e ripetute esperienze si destano e rin1angono deluse lasciando una impressione faticosa e deludente. D 'altronde come potrebbe fissarsi il desiderio se non è nemmeno sicuro di poter conservare ciò che lo attrae? L' anomia è duplice: il soggetto non si dà definitivamen­ te e così nulla possiede definitivamente. L'incertezza dell'avvenire congiunta alla propria in determinazione lo condanna a una perpetua mobilità. Da tutto ciò risulta lo stato di disordine, di agitazione, di scontentezza che accresce necessariamente la probabilità di suicidio»49. I celibi e non la nubile soffrono dell'incertezza del proprio stato poiché si sentono mossi dalla continua 46

Silvia Fornari

necessità di placare la propria passionalità biologica, ed ancora una volta la figura femminile, la nubile, non è col­ pita da queste spinte pulsionali e non entra in questo stato di negazione. L'uomo è invece colui che, dovendo rispondere a queste spinte, se non riesce a farle rientrare all'interno dell'istituto matrimoniale, si trova costretto a vagare, ricercare continuamente, senza pace e senza sod­ disfazione. In conclusione

Non c'è niente di più attuale che rileggere il pensiero di un autore tacciato spesso di essere rigido e conserva­ tore nei riguardi delle istituzioni sociali, alla ricerca dei meccanismi per la costruzione del sistema solidaristico organtco. Non è possibile fare queste considerazioni senza ri­ cordare che Durkheim, in quanto sociologo, studia le di­ namiche poste in gioco dalla trasformazione sociale della modernità. I processi dell'industrializzazione, la divisio­ ne del lavoro sociale, il passaggio da una società tradi­ zionale a solidarietà meccanica ad una società moderna complessa e diversificata hanno introdotto dei cambia­ menti radicali nei modi e nei tempi di vita degli uomini e delle donne. Queste stesse trasformazioni incidono in maniera profonda soprattutto in quegli istituti comples­ si e primari come la famiglia. Il divorzio, ma anche le separazioni - ed oggi potremmo aggiungere l'uso degli anticoncezionali, dell'aborto, le tecniche di procreazio­ ne assistita, le richieste delle coppie omosessuali o delle coppie di fatto -, hanno e stanno aprendo un dibattito molto serrato intorno a questi temi che sono le determi47

Introduzione

nanti del mantenimento o della trasformazione della così detta cellula primaria della società: "la famiglia "5°. È ormai chiaro che Durkheim, già nel 1 892 , era cer­ to della crisi che avrebbe investito la famiglia nella so­ cietà moderna, tanto che a distanza di più di un secolo si continua a discutere sul senso ed il significato della realtà familiare. Sicuramente ciò che la tiene in vita è il vincolo giuridico, è quindi il matrimonio (lo stabilirsi di un legame prima civile, formale, e solo secondariamen­ te, se scelto, religioso) che determina il senso della vita familiare. Se nella famiglia paterna l'idea del matrimonio poteva trovare anche una forma di libera unione, oggi nella famiglia coniugale non può esistere la libera unione poiché «più la famiglia è organizzata, più il matrimonio tende ad essere la condizione unica della parentela [ . . . ] il matrimonio fonda la famiglia [e allo stesso tempo] ne deriva. Quindi, ogni unione sessuale che non sia contrat­ ta nella fmma matrimoniale è perturbatrice del dovere del legame domestico e, dal giorno in cui lo Stato stes­ so è intervenuto nella vita della famiglia, essa disturba anche l'ordine pubblico. Questa reazione è necessaria, anche da un altro punto di vista. Non può esistere una società morale i cui membri non abbiano, gli uni verso gli altri, degli obblighi, e quando questi obblighi han­ no una certa importanza, essi acquistano un carattere giuridico. L'unione libera è una società coniugale in cui questi obblighi non esistono. Si tratta, dunque, di una società immorale»5 1 . La moralità ritorna e spinge Dur­ kheim a ripresentare la necessità dell'educazione, poiché i figli, allevati in ambienti in cui non esistono obblighi morali si formano senza nessuna moralità: «il bambino può ricevere un'educazione morale, solo se vive in una società in cui tutti i membri sentono, gli uni verso gli 48

Silvia Fornari

altri, i propri obblighi. Al di fuori di questo non c'è mo­ ralità. Così [nella misura in cui il legislatore e la morale si occupano di questo problema] , la tendenza non è di fare di ogni unione, anche libera, un matrimonio, anche se inferiore»52 . n matrimonio è la risposta al mantenimen­ to della struttura familiare, tutto il resto genera disgre­ gazione della famiglia; ciò spiega il signifi cato espres­ so nell'analisi del suicidio anemico, il ritorno al senso morale, civile, come unico riconoscimento del nostro vivere sociale. Una domanda, forse irriverente, è chie­ dersi se Durkheim avrebbe mai potuto accettare l'idea dei PACS secondo il sistema francese. Non potendo dare una risposta, potremmo solo convenire che forse in essi Durkheim avrebbe potuto ritrovare quel riconoscimen­ to dei diritti civili così importanti per il mantenimento della struttura sociale di riferimento e del senso della solidarietà che, in un'epoca di grandi stravolgimenti ed incertezze come la nostra, potrebbero rappresentare una risposta parziale, giuridicamente non meno efficace di quella del matrin1onio. Forse ci aiuterebbe anche a rico­ noscere come quest'unione di persone secondo un patto sociale di mutuo soccorso avrebbe ricordato al nostro Autore la necessità degli uomini e delle donne di oggi di consolidare e legalizzare queste forme di unione, che non hanno la pretesa di essere considerate " famiglie " . La famiglia ancora oggi è la famiglia coniugale, tutte le altre sono forme diverse di unioni, che non chiedono un riconoscimento religioso, ma solo il riconoscimento civi­ le, di diritto (quanto meno di diritto privato) , di quello che spetta a tutti gli uomini e a tutte le donne in un Paese democratico e civile. Per aiutare il lettore ad entrare a pieno nel clima del saggio qui tradotto, vorrei chiudere questa presentazio49

Introduzione

ne, citando Luciano Cavalli, per ribadire, se ancora fos­ se necessario, l'attualità del pensiero durkheimiano e la necessità dei sociologi moderni di conoscere ed appro­ fondire la sua opera, anche in quegli anfratti nascosti di saggi secondari, ma in cui è vivo il pensiero dell'autore, poiché «Durkheim , nonostante i suoi eccessi sociologi­ stici, resta certamente come uno dei più grandi maestri delle scienze sociali: come audace e abile pioniere della ricerca empirica, creatore di nuovi e fortunati concet­ ti, scopritore di nuove prospettive teoriche e metodo­ logiche. Soprattutto, egli ha intuito la gravità della crisi occidentale contemporanea, ha presentito alcune delle nuove esigenze umane, ha instancabilmente creato le vie di una nuova società. Tra i suoi meriti maggiori va posto quello, proprio in questi ultimi anni riscoperto, di aver tra i primi e più risolutamente additato l'importanza dei processi collettivi per il cambiamento sociale. L'uo­ mo che negli scorsi decenni era ritornato "vivo " come ispiratore principale del più grande tentativo di teoria normativa dell'ordine, legato a Parsons, e con ciò aveva conosciuto una rivalutazione degli elementi " statici" e " conservatori " del suo pensiero, gode oggi di un ampio riconoscimento nell'opposta prospettiva: è una prova complessiva di profonda vitalità scientifi ca, mentre an­ cora non è possibile, io credo, un giudizio generale ab­ bastanza distaccato e giusto»53 .

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Silvia Fornari NOTE 1 Cosel' 2 006, p . 13 1 . 2 1ncatico che divenà ufficiale nel 1906 e che egli continuetà a svolgete sino all'anno della sua motte, il 1 9 1 7 .

3 Dlll'kheim ctede nell'importanza della fotmazione dei gio ­ vani attl'avetso un 'educazione laica e fondata sulla tagione: «noi abbiamo deciso di date ai nostl'i tagazzi, nelle nostl'e scuole, un 'educazione morale che sia puramente laica; con questo bi­ sogna intendete un'educazione che non sia improntata minima­ mente ai principi su cui si fondano le religioni rivelate, ma che si appoggi unicamente su delle idee, su dei sentimenti, delle pra­ tiche giustificabili con la sola ragione, in una parola, un'educa­ zione puramente tazionalistica» (Bara cani 1 973 , pp . XIV- XV) . Scelta influenzata anche dagli eventi su ccedutesi al caso Dtey­ fus e dal dissenso espresso nei confronti della S anta Sede, ini­ ziato con il ritil'o dell'ambasciatore francese presso il Vaticano e culminato , nel 1 905 , con la completa separazione tl'a lo Stato e la Chiesa e l' abolizione del concordato napoleonico del 1 80 1 . TI problema evidenziato da Durkheim è non solo di natura politica, ma anche educativa, ed evidenzia il dissenso nei confronti delle congregazioni teligiose e del contl'ollo che queste esercitavano sulle scuole, che si eta già evidenziato nell'epoca napoleonica . Dutkheim fa propria e sviluppa l'idea di un'educazione popola ­ l'e, volta alla fotmazione di cittadini coscienti del loto ruolo, già avviata da Gambetta e Feny. In questo primo corso in cui pro­ segue l'opera del suo predecessore, Durkheim approfondisce il tema dei fatti morali, poiché «l'educazione è l'azione esercitata dalle genetazioni adulte su quelle che non sono ancora matul'e per la vita sociale; ha per obbiettivo di suscita te e sviluppate nel fanciullo un certo numero di stati fìsici, intellettuali e morali che a lui sono richiesti tanto dalla società politica nel suo insieme, quanto dall'ambiente particolare al quale è in modo specifico destinato» (Durkheim 1 973 a , p. 7 1 ) .

51

Introduzione 4 Cfr. Durkheim 1 999b . 5 Bonolis 1 984 , pp . 1 97 - 198. 6 Ejchenbaum 2004 , p . 13 3 . 7 Cfr. Ptoudhon 1 85 8 ; opera in cui negli studi X e XI sono dedicati alla questione della donna e del matrimonio.

8 Tra gli altri merita di essete ricordato Michelet che, per rispondete ai sopra citati studi (X e XI) di Proudhon , pubblica nel 1 85 8 9

I.;Amour e nel

1 85 9 La

Femme; cfr. Proudhon

1 860.

Ejchenbaum 2004 , pp. 1 3 5 - 1 3 6 .

10 Jonas 1 975 , p. 225 . 1 1 Si pensi all' ampio dibattito presente nel nostro Paese e all'influenza che in esso si evidenzia da parte della Chiesa Catto ­ lica circa l'applicazione dei PACS, secondo il modello francese, o di un nuovo accordo civile tra conviventi determinato dalla proposta di legge Pollastrini-Bindi .

12

In Italia, il " Dititto di famiglia " satà modificato solo nel

1 975 , riconoscendo ad entrambi i genitori diritti e doveri nei con­ fronti dei figli, eliminando il concetto di "patria potestà " maschi­ le ribadita dal diritto di famiglia in epoca fascista.

1 3 È necessario precisare che , come annota Donati, l' analisi di Durkheim non è innovativa da questo punto di vista; già pri­ ma di lui Alexis de Toqueville, negli anni 1 83 6-3 8, aveva anti­ cipato il futuro prossimo della famiglia con una lucidità ancora più ma rcata. Cfr. Donati 2006, pp. 49-5 0 .

1 4 Durkheim 1 999b , pp . 67 -69. 1 5 lvi , pp. 72 -73 . 1 6 Ibidem. 1 7 lvi , p . 80 e p . 87 . 1 8 Durkheim 1 969a , pp. 327-328. 1 9 Ibidem. 2 0 lvi , pp. 3 3 3 -3 3 4 . 2 1 Più avanti questo tema della differenza di genere s arà ti­ preso per un ulteriore apptofondimento, per ora continuiamo nella trattazione riguardante l'instabilità coniugale.

52

Silvia Fornari 22 Durkheim 1 999a , pp. 3 60-3 6 1 . 2 3 Cfr. Durkheim 1 969a , prospetti

XXV-XXVIII, pp. 3 14-

323 .

2 4 Ibidem. 25 In quest'opera Durkheim non si riferisce mai alla sacralità del matrimonio poiché la sua testa un'indagine laica, non in­ fluenzata dal significato religioso di tale istituzione.

2 6 Durkheim 1 969a , p. 3 2 6 . 27 Ibidem. 28 lvi, pp. 3 2 6-327 . 29 lvi, pp. 3 3 0-3 3 1 . 3 0 Traduzione, p . 65 del presente volume. 3l Durkheim 1 969a , p . 3 3 0 . 3 2 Ibidem ( corsivo mio) . 33 Ibidem. Non necessitano ulteriori approfondimenti o cri­ tiche a riguardo, si può invece evidenziare come un altro so­ ciologo del tempo, Georg Simmel, riguardo la distinzione di genere avesse mostrato una prospettiva apparentemente oppo­ sta rispetto alle ragioni appena espresse da Durkheim. Per un approfondimento in merito , non potendo farlo in questa sede, cfr. Fornal"i 2 004 .

34 Durkheim 1 969a , p . 453 . 35 Ibidem. 36 Questa legge introdusse l'istituto del divorzio anche se, per colpa di uno dei du e coniugi, venne confermata dal referendum abroga tivo del 1 974 , ed è stata ulteriormente e sostanzialmente modificata (leggi 43 6/ 1 97 8 e 74/ 1 987 ) , con provvedimenti che, pur mantenendo il doppio binario della separazione e poi del divorzio, ridussero da 5 a 3 anni i tempi di attesa necessari per giungere alla sentenza definitiva di divorzio . Essa tuttavia man ­ tiene il carattere intenzionalmente riconciliativo ; il divorzio è ammissibile solo in presenza di motivi per i quali il giudice può ritenere cessata la comunione materiale e spirituale tra i coniugi e vi è un procedimento giurisdizionale inteso a favorire il più

53

Introduzione possibile la riconciliazione. Tra le diverse ipotesi previste, quella che si verifica maggiormente è costituita dal divorzio a seguito di separazione giudiziale ovvero consensuale, purché siano decorsi tre anni dalla comparizione dei coniugi dinanzi al presidente del tribunale. n divorzio può essere presentato mediante una domanda congiunta dei coniugi nella quale avranno elencato tutte le disposizioni relative ai figli e ai loro rapporti economici. In tal caso il tribunale deciderà dopo aver accertato che le con­ dizioni indicate rispettino effettivamente l'interesse della prole e dei coniugi stessi. Qualora il tribunale ritenga iniquo l'accordo emetterà una sentenza difforme.

È indispensabile l'assistenza di

un avvocato. Ma i coniugi, in assenza di un accordo, rimarranno comunque liberi di presentare una domanda giudiziale volta ad ottenere pur sempre lo scioglimento del vincolo coniugale. In questo caso si instaurerà un processo che si svolgerà secondo le forme ordinarie, cioè con il rito contenzioso .

3 7 Traduzione, p . 6 9 del presente volume. 3 8 Traduzione, pp. 7'5 -76 del presente volume. 3 9 Durkheim 1 969a , p. 4'52 . 4 0 Ibidem. 4 1 lvi, p . 23 0. 42 lvi, pp. 249-2'5 0 . 43 Cfr. Volpi 2007 , pp. 79-83 . 44 Durkheim 1 969a , pp. 222 -224 . 45 Cfr. Nota bio-bibliografica al testo, pp . 77 -94 . 4 6 Durkheim 1 969a , pp. 4'53 -4'5 4 . 47 Si pensi all'introduzione del terzo genere: transgender. 4 8 Durkheim 1 969a , p. 4'54 . 4 9 lvi, pp. 3 2 8 -3 2 9 . 5 ° Cfr. Fornari 2009. 5 1 Durkheim 1 969a , pp. 1 1 1 - 1 12 . 5 2 lvi, p . 1 12 . 53 Cavalli 1 969, p . 3 7 .

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Silvia Fornari

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La questione del divorzio consensuale è stata resa at­ tuale dall'interesse dei letterati. I giuristi e i politici hanno seguito l'andamento della questione che si è propagata con una rapidità poco comune. Senza esitazione, l'opi­ nione pubblica, che sino ad allora non si preoccupava molto del problema, appare pronta oggi a pronunciarsi per la soluzione più audace e più rivoluzionaria, come se fosse la più evidente di per sé. N el provare a resistere ad un coinvolgimento così generale, ci si espone dunque ad essere considerato uno spirito retrogrado. Tuttavia, nella misura in cui si è in grado di conoscere se stessi, non mi sento un animo reazionario. Non esiste un'istituzione, neanche tra quelle che passano per le più sacre, che io consideri come posta al di sopra della controversia; e ri­ tengo che il mondo morale, esattamente come la natura fisica, sia liberamente aperto alla disputa degli uomini. La nostra concezione della patria, la nostra concezione della famiglia sono destinate ad evolvere e stanno evol­ vendo sotto i nostri occhi. Tuttavia, questa non è una ragione per cedere a tutte le velleità di cambiamento che possono prodursi giorno per giorno. Ora, malgrado quella sorta di unanimità con la quale viene accolta l'idea di Paul e Victor Margueritte (per lo meno fuori dagli ambienti propriamente cattolici) e malgrado l' autorità esercitata dai difensori della stessa, tanto in Parlamento quanto nei tribunali, la riforma che essi preconizzavano mi causa un'inquietudine di cui esporrò le ragioni. Del resto, non mi propongo di trattare qui il proble­ ma in tutta la sua ampiezza, vorrei soltanto mostrarne un 59

Il divorzio consensuale

aspetto, che in generale sembra essere abbastanza mi­ sconosciuto. È soprattutto nell'interesse dei genitori - e un po' anche, come si dice, nell'interesse dei figli - che si reclama per gli sposi il diritto di separarsi quando la loro unione è divenuta intollerabile; si vuole, innanzitut­ to, liberarli da una catena che li inchioda l'uno all'altro per la loro comune infelicità e mettere termine alla loro sofferenza. Ma c'è un altro punto di vista dal quale la questione deve essere esaminata: c'è l'interesse della stessa istituzione matrimoniale, che il regime del divor­ zio non può mancare di colpire. Certamente, niente è più lontano dal nostro pensiero che porre in discussione il principio del divorzio. Che, in certe condizioni, si deb­ ba permettere agli sposi di evadere dal matrimonio non sembra poter essere contestato. Ma è anche necessario che il divorzio non sia inteso in modo da contraddire e far crollare il principio sul quale si basa la condizione matrimoniale; poiché ciò, dietro il pretesto di rimediare ai mali individuali, costituirebbe, per se stesso, una grave malattia sociale e di cui l'individuo stesso finirebbe per subire un contraccolpo. Ora, ci sono delle ragioni precise per temere che il divorzio consensuale non abbia sul matrimonio e sulle sue funzioni normali una influenza molto pericolosa. I parte

Se esiste una legge statistica ben definita è quella che Bertillon ha a1munciato nel 1 882 1 nei seguenti termini: in tutt'Europa il numero dei suicidi varia come quello dei divorzi. 1 «i\nnales de démographie internationale», sept. 1 882 . 60

Émzle Durkheim

Questa legge viene verificata quando si confrontano sia i diversi Paesi d'Europa, gli uni con gli altri, sia le diverse province d'uno stesso Paese. La Svizzera è, su questo punto, un esempio particolarmente significativo. Vi si trovano cantoni di tutte le religioni e di tutte le na­ zionalità, e si sa che la tendenza ai suicidi varia a seconda delle confessioni religiose e a seconda delle popolazioni. Ora, in Svizzera, c'è un fattore che domina le stesse in­ fluenze confessionali così come quelle etnico-nazionali; è il divorzio . Sia che si tratti di cantoni protestanti, cat­ tolici o misti, che la popolazione sia francese, tedesca o italiana, dove ci sono molti divorzi ci si uccide molto, dove ci sono pochi divorzi, ci si uccide poco, e lo stesso parallelismo si ritrova in tutte le gamme intermedie. Chiaramente, non sono i suicidi dei divorziati che vanno ad ingrossare il numero delle morti volontarie. Probabilmente, i divorziati si uccidono più delle persone sposate, quasi tre o quattro volte di più; ma il loro nume­ ro è troppo debole perché il loro contributo alla mortali­ tà-suicida sia evidente. Nel peggiore dei casi, ci possono essere, in Francia, da 50 a 1 00 suicidi di divorziati. Cosa sono queste cifre comparate agli 8 o 9.000 suicidi che si registrano annualmente nelle nostre statistiche? Una goccia d'acqua in un fiume; e non ci sono variazioni si­ gnificative di queste gocce microscopiche che possono far variare il livello del fiume. Bertillon, quando scoprì e formulò la sua legge , ave­ va creduto di poter dare una semplicissin1a spiegazio­ ne. Secondo lui, ci sono tanti più divorziati in un Paese in cui si trovano più persone incestanti, più nevrotici, più individui dal carattere instabile e irragionevole ; poiché l'incostanza e l'instabilità fanno i cattivi sposi . Ora , questo stesso temperamento predispone anche al 61

Il divorzio consensuale

suicidio; e così si spiegherà naturalmente la concordia di questi due fenomeni. Ma oltre al fatto che sia arbi­ trario attribuire alla Svizzera, per esempio, un numero di persone instabili 15 volte superiore a quelle che vi sono in Italia , e 6 volte superiore a quelle che vi sono in Francia (perché i divorzi in Svizzera sono 15 volte più frequenti di quelli nel primo degli altri due Paesi e 6 volte più che nel secondo)2 , questa teoria molto sem­ plicistica di Bertillon appare proprio insostenibile alla luce delle nuove rilevazioni che ho pubblicato nel mio libro Il Suicidio . Invece di comparare le cifre globali dei suicidi nei Paesi in cui si divorzia molto con le cifre globali corri­ spondenti ai Paesi in cui il divorzio è meno praticato, ho estratto la parte specifica, nell'insieme delle morti volon­ tarie, che si riferisce a ciascuna categoria di stato civile: celibi-nubili, persone sposate, vedovi. Ora risulta che l'aumento dei suicidi che si osserva laddove il divorzio è frequente è principalmente dovuto alle persone sposa­ te. Così pure, in Francia, si divorzia e ci si uccide molto più a Parigi che non in provincia. Ma quest'aumento dei suicidi è quasi nullo presso i celibi-nubili; riguarda quasi esclusivamente gli sposi, e ad ogni classe d'età, come di­ mostrano le cifre sotto riportate:

2 Per essere esatti, va aggiunto che Bertillon invoca anche la più grande attitudine alla rassegnazione che il cattolicesimo svilupperebbe sui suoi fedeli, soprattutto sulle donne; il che le porterebbe a tollerare pazientemente il loro stato di malessere. Ma la legge si applica ugualmente ai Paesi protestanti. 62

Émile Durkheim Numero di suicidi per un milione di CEUBI-NUBILI per ciascuna /ascia di età (1 889- 1 89 1) A Parigi

In provincia

Quante volte più a Parigi

Da 20-3 0 anni

579

986

1 ,5

Da 3 0-40 anni

5 90

869

1 ,4

Da 40-50 anni

976

985

1 , 08

Da 5 0-60 anni

1 445

1 3 67

0,9

Da 60-70 anni

l

1 500

0,8

Da 70-80 anni

2 000

l

0,8

790

783

Numero dei suicidi per un milione di coniugati per ciascuna /ascia di età In provincia

A Parigi

Quante volte più a Parigi

Da 20-3 0 annP

1 03

298

2 ,9

Da 3 0-40 anni

202

43 6

2,1

Da 40-50 anni

2 95

808

2 ,9

Da 50-60 anni

470

1 152

2 ,4

Da 60-70 anni

582

1 55 9

2 ,6

Da 70-80 anni

664

l

2 ,6

74 1

Tranne che negli anni dei grandi cambiamenti verso l'età adulta, cioè tra i venti e i quarant'anni, i celibi e le nubili non si uccidono di più ossia si uccidono meno a 3 I suicidi dei coniugi prima dei 25 anni non sono presi in considerazione poiché le cifte sono ttoppo esigue (un paio pet un milione) ; non si può giungete a nessuna conclusione petti­ nente, tenendo in considerazione questi dati. 63

Il divorzio consensuale

Parigi che in provincia; e ancora, quando la stessa ten­ denza al suicidio dei celibi-nubili parigini è più marca­ ta rispetto a quella dei celibi-nubili della provincia, essa è molto meno decisa ( 1 ,5 ) . Al contrario, ad ogni età, i mariti parigini si uccidono due volte e mezzo più e fino circa a tre volte più dei mariti della provincia. I vedovi, in effetti, contribuiscono ugualmente a que­ sta maggiorazione: la loro tendenza al suicidio è all'in­ circa 2 ,5 volte più forte a Parigi che in provincia. L' au­ mento è dunque ugualmente molto più forte che per i celibi-nubili. Ma questo fatto è solo un caso particolare di una legge più generale, che ho stabilito nella stessa opera e che si può annunciare così: la tendenza al suicidio dei vedovi varia come quella dei coniugatt4 . Quando le persone sposate si uccidono poco, i vedovi si uccidono poco; quando avviene l'inverso da una parte, si produ­ ce ugualmente dall'altra. E in effetti, si può facilmente immaginare che il matrimonio determini negli sposi una certa costituzione morale che incida in maniera de t ermi­ nante sulla loro tendenza al suicidio e, anche se un poco indebolita dalla crisi della vedovanza, sopravviva alla dissoluzione del matrin1onio. In poche parole, l'insieme delle idee, delle abitudini e delle disposizioni continua­ no a produrre i loro effetti anche quando la causa che ha determinato la loro nascita ha cessato di esistere. Se l'elevato numero dei suicidi nei Paesi dove si di­ vorzia molto deriva quasi esclusivamente dal fatto che le persone sposate vi si uccidono più che altrove, l'ipotesi di Bertillon diviene inammissibile; poiché è impossibile supporre che vi siano più individui instabili e incestanti 4

p.

Vedere i fatti che dimostrano questa legge ne Le Suicide,

202 e ss. 64

Émzle Durkheim

tra le persone sposate che tra i celibi-nubili. Ma, poiché l'aumento constatato è una caratteristica propria dei co­ niugati, è probabile che la pratica del divorzio incida for­ temente sulla costituzione morale che determina lo stato del matrimonio. Giacché è indubbio che il matrimonio crea negli sposi una costituzione morale sui generis, che sopravvive tra i vedovi alla dissoluzione del legame co­ niugale e che è certamente in rapporto con la tendenza al suicidio . In effetti, sappiamo che il matrimonio da solo, e senza che la sua azione sia rinforzata dalla presenza dei figli, conferisce agli sposi una immunità relativa contro il sui­ cidio; l'uomo sposato, anche se il matrimonio è sterile, si uccide una volta e mezzo meno del celibe; o, per sinte­ tizzare, ha nei confronti di quest'ultimo, un coefficiente di preservazione di l ,5 . Quando ci sono i figli, questo coefficiente aumenta fino a 3 ed oltre. Ora, nell'opera già citata, ho riunito un certo numero di fatti che dimostra­ no che il coefficiente di preservazione dei coniugati varia in ragione inversa del numero dei divorzi: aumenta quan­ do i divorzi sono rari; si abbassa in caso contrario. Tra gli anni 1 889- 1 89 1 , in provincia, dove si divorzia di meno, il coefficiente di preservazione degli uomini sposati dai 25 agli 80 anni oscillava tra 3) 54 e 3) 01 ; a Parigi, nello stesso periodo, non superava in nessuna classe d'età 2 ,0 1 ; non raggiungeva queste cifre che una sola volta per gli uomini dai 25 ai 3 0 anni, mentre dai 40 agli 80 anni, era appena superiore all'unità ( 1 ,2 1 era il massimo) . Diminuiva per­ fino sotto questi valori tra i 60 e i 70 anni; ciò signifi ca che a questa età gli uomini sposati si uccidevano più dei celibi. Infine il coefficiente medio di preservazione per gli uomini da 25 a 80 anni è in provincia di 3 , 15 e a Parigi di 1 ,49, cioè due volte e mezzo più debole. 65

Il divorzio consensuale

Si incomincia ad intravedere come una larga pratica del divorzio non è scevra da gravi inconvenienti morali, tali da far riflettere coloro i quali reclamano una riforma il cui effetto inevitabile sarebbe di facilitare ancora, e di fare entrare maggiormente nelle abitudini, l'uso del di­ vorzio. II parte

È vero che i fatti che precedono si riferiscono sola­ mente agli uomini. Il divorzio non appare sfavorire le donne sposate. Probabilmente, si uccidono più a Parigi che in provincia; ma anche le ragazze si uccidono di più e il picco è sensibilmente lo stesso nelle due categorie di stato civile, come dimostrano le seguenti tavole:

Numero di suicidi per un milione di ragazze per ciascuna /ascia di età (1 889- 1 891) In provincia

A Parigi

Quante volte più a Parigi

Da 20-3 0 anni

524

2 17

2 ,4

Da 3 0-40 anni

281

101

2 ,7

Da 40-50 anni

357

147

2 ,4

Da 50-60 anni

456

178

2 ,5

Da 60-70 anni

5 15

1 63

3,1

Da 70-80 anni

326

2 00

1 ,6

66

Émzle Durkheim Numero di suicidi per un milione di coniugate per ciascuna /ascia di età In provincia

A Parigi

Quante volte più a Parigi

Da 20-3 0 anni

1 67

1 16

1 ,4

Da 3 0-40 anni

156

74

2

Da 40-50 anni

2 17

95

2 ,2

Da 5 0-60 anni

353

136

2 ,6

Da 60-70 anni

47 1

142

3 ,3

Da 70-80 anni

677

191

3 ,5

Il picco è un po' più forte - di ben poco, del resto sia per le ragazze sia per le donne sposate fino a 50 anni, ma oltre quest'età si verifica l'inverso; questi due scosta­ menti contrari si compensano e l'acutizzazione mediana è di 2 ,4 per le ragazze e di 2 ,5 per le donne sposate. Nel mio libro Il Suicidio, mi sono spinto a dire (p. 298 e ss.) che l'effetto del divorzio era quello di aumentare di un poco l'immunità delle coniugate. E, in effetti, il coef­ ficiente di preservazione delle donne sposate rispetto alle nubili era, in media, negli anni 1 889- 1 891 , un poco più elevato a Parigi che in provincia; 1 ,79 al posto di 1 ,49. Ma, riprendendo la questione in occasione del presente lavoro, mi sono accorto che questo vantaggio delle pari­ gine sposate è puramente apparente e non è determinato dal fatto che la donna sposata sia in condizioni morali migliori a Parigi piuttosto che in provincia - e, di conse­ guenza, ci siano meno suicidi -, bensì è determinato dal fatto che le ragazze tra i 20 e i 35 anni all'incirca sono in condizioni morali più sfavorevoli e si uccidono di più. In effetti, mentre i celibi non si suicidano molto di più 67

Il divorzio consensuale

nelle capitale rispetto alla provincia, al contrario, come si è appena visto, c'è per le nubili un'acutizzazione, il cui tasso, salvo in un unico periodo in cui diminuisce a 1 ,6, oscilla tra 2,4 e 3 , 1 ; e si comprende facilmente quali siano questi pericoli speciali ai quali la ragazza, ancora giova­ ne, è esposta a Parigi, e che la spingono più facilmente al suicidio. Il risultato è che le donne parigine sposate sembrano più protette che in provincia rispetto alle ragazze nubili; ma ciò non dipende dal fatto che la costituzione morale della donna sposata sia più resistente, bensì più sempli­ cemente a Parigi un maggior numero di ragazze nubili ( conseguentemente alle condizioni nelle quali esse vi­ vono o alla debolezza originaria del loro temperamento morale, o contemporaneamente all'una e all'altra causa) sono fortemente esposte al suicidio. Di conseguenza, tutto ciò che possiamo fondatamente dire dell'influenza preservatrice che l'età del matrimonio esercita diretta­ mente sul suicidio, è che essa non deve essere sensibil­ mente differente a Parigi e in provincia5. Non sembra dunque che la pratica del divorzio incida in modo ap­ prezzabile sul suicidio femminile. Del resto, un tale fatto non è per nulla sorprendente; è un caso p articolare di una legge più generale che si può così formulare: lo stato del matrin1onio incide solo debolmente sulla costituzione morale della donna. Que­ sta inefficacia della società coniugale è particolarmente 5 Risulta dalle stesse cifre precedenti che la donna sposata si uccide più a Parigi che in provincia. Ma niente ci autorizza a pensare che questo aumento sia imputabile allo stato della società coniugale a Patigi; poiché, nell'ambiente parigino, ci sono ben altre cause che possono spiegarlo. 68

Émzle Durkheim

evidente in ciò che concerne il suicidio. Quando non ci sono figli, le donne sposate sembrano uccidersi poco di più delle ragazze della stessa età. Quando la donna è, nello stesso tempo, anche ma­ dre, è meglio protetta, ma sempre in maniera molto più debole del marito6. Poiché il matrimonio, in generale, esercita su di essa una blanda azione benefica, è del tutto naturale che il divorzio non abbia in più su questa una chiara azione dannosa: è al di sopra degli effetti morali del matrimonio. Considerato che beneficia poco dell'uno, essa non soffre molto dell'altro. Ma anche se il divorzio non aumenta la tendenza al suicidio, bisogna evitare di concludere che il divorzio sia inoffensivo; è inoffensivo solo nella misura in cui il matrimonio è inefficace. III parte

Rimane dunque certo che il matrimonio è capace d'esercitare, soprattutto sul sesso maschile, un'influenza morale, di cui beneficiano gli individui stessi; la moralità, infatti, li lega molto di più alla vita, mentre, contraria­ mente a tutto ciò che si poteva prevedere a priori, gli uomini se ne liberano quando è più facile per loro rom­ pere il legan1e coniugale. Ora, questa benefica influenza morale si fa sentire tanto meno quanto più il divorzio è praticato. In effetti, il matrimonio, consentendo l'appli­ cazione del principio del disciplinamento delle passio­ ni, dà all'uomo un equilibrio morale che accresce la sua forza e la resistenza. Assegnando ai desideri un oggetto certo, definito e, di regola, invariabile, il matrimonio im6 Cfr. Le suicide, p. 196 e la spiegazione del fatto, p. 23 1 . 69

Il divorzio consensuale

pedisce agli uomini di esasperarsi nell'inseguire fini ogni giorno nuovi, ogni giorno diversi, che si esauriscono nel tentativo di soddisfazione immediata, creano un danno, scoraggiano ogni tentativo, e non fanno altro che lasciare dietro di sé fatica e disincanto. Il matrimonio impedisce al cuore di agitarsi e di tormentarsi vanamente alla ri­ cerca di felicità impossibili o deludenti; rende più facile questa p acifìcazione del cuore, quell'equilibrio interio­ re che è la condizione essenziale della salute morale e della felicità. Ma questa consapevolezza non produce gli effetti sperati se non perché il matrin1onio implica una regolamentazione stabile capace di legare solidamente gli uomini. Al contrario, quando ci sono legami fragili, quando è possibile romperli a piacimento, il matrimonio cessa di essere tale e, di conseguenza, non può più avere la stessa virtù. Una regolamentazione alla quale è possibile sottrarsi liberamente non è più una regolamentazione. Un freno da cui ci si può liberare con questa facilità non è più un freno che può moderare i desideri e, nella mo­ derazione, placarli. Non c'è bisogno di din1ostrare che, istituendo il di­ vorzio consensuale, si aggiungerebbe una facilitazione in più a quelle di cui gli sposi godono già per uscire dallo stato coniugale. E quale facilitazione, poiché il ruolo del giudice si ridurrebbe ad assicurare che la volontà delle parti è ben reale e determinata ! Sotto questo punto di vista, il divorzio consensuale costituisce un tipo di di­ vorzio sui generis, molto distante dalle altre tipologie: quando il divorzio ha luogo per cause determinate, è compito dei magistrati esaminare se gli sposi sono pie­ namente in diritto; se il consenso reciproco è sufficiente, il fatto diventa il diritto e la rottura del legame coniugale 70

Émzle Durkheim

ha luogo ipso facto ed è per questa sola ragione che gli interessati la vogliono. Nel primo caso, il divorzio viene concesso solo se è giusto; nell' altro caso, è concesso ob­ bligatoriamente per la sola ragione che viene richiesto. Dunque, nella misura in cui si hanno buoni motivi per prevedere il futuro rifacendosi al passato - e si è visto che la relazione che unisce il tasso dei divorzi al tasso dei suicidi è senza dubbio nota - questo nuovo ampliamento del divorzio deve certamente avere per effetto l'aumen­ to della mortalità-suicida. Al matrimonio sarà, ancora più di oggi, impedito di giocare il suo ruolo di freno, di esercitare l'azione moderatrice e salutare che è la sua principale ragione d'essere, e così una misura, la cui mira è di alleggerire le miserie morali degli sposi, avrà come risultato di demoralizzare e di distaccare molto di più dalla vita. Questo è l'eventuale effetto negativo della riforma che sta seducendo l'opinione pubblica: ed è difficile di­ sconoscerne l'importanza. Per andar oltre rischi così considerevoli, per giustifi­ care la riforma, sarebbe necessario almeno poter invoca­ re la particolare gravità delle ragioni che l'hanno deter­ minata. Vediamo rapidamente quali sono. Si è detto che il matrimonio, essendo un contratto, deve potersi rescindere mediante il semplice accordo delle parti. Ma ciò signifi ca dimenticare che il contratto è suscettibile di coinvolgere anche i terzi; in questo caso, i contraenti si ritrovano, ad un certo punto, coinvolti in legami che non dipendono più dalla loro singola volontà, ma dai terzi interessati. Questo è ciò che accade a chi si sposa. Già di per sé, il matrimonio modifica l'economia materiale e morale delle due famiglie: le relazioni delle persone tra loro e le relazioni delle cose alle persone non 71

Il divorzio consensuale

sono più quelle di prima. E così, perfino quando non ci sono figli, il matrimonio ha delle ripercussioni che si allargano al di là degli sposi; tutto sommato, però, queste ripercussioni sono secondarie. Ma non è più lo stesso dal momento in cui nascono i figli. Da qui, la fisionomia del matrimonio cambia totalmente di aspetto. La coppia coniugale cessa allora di essere finalizzata a se stessa, per diventare un mezzo in vista di un fine che gli è superiore; questo fine è la famiglia che i coniugi hanno fondato e di cui hanno ormai la responsabilità. Ognuno degli sposi è diventato un funzionario della società domestica, inca­ ricato, come tale, di assicurarne, per sua parte, il buon funzionamento. Ora di questo compito né i mariti né le mogli possono più liberarsi a loro piacimento per la sola ragione che il matrimonio non procura o non procurerà più le soddisfazioni che si aspettavano. I coniugi devono dedicarsi agli altri oltre che a loro stessi. È probabile che possa accadere che, nell'interesse stesso del buon ordine domestico e dei figli, sia preferi­ bile dissolvere la società coniugale piuttosto che !asciarla durare senza profitto per alcuno; poiché, se la società coniugale non è più in grado di svolgere la sua funzio­ ne, non c'è ragione per continuare a mantenerla. Ma per porre fine alla questione, non sarebbe sufficiente pren­ dere in considerazione i mutui sentin1enti dei genitori ed il loro benessere materiale o morale. Degli interessi più alti e più gravi sono in gioco, che sfuggono alla compe­ tenza dei coniugi e solo il giudice può valutare a pieno tali ragioni. Pertanto è inammissibile che lo scioglimento del legame possa essere determinato solo dalla volontà degli sposi. Ma si potrebbe sostenere che quando gli sposi non vogliono più vivere lnsleme, la separazione è forse 72

Émzle Durkheim

preferibile per i figli stessi? Probabilmente, la rottura dell'unione può essere preferibile dai genitori, il cui ac­ cordo è impossibile in quanto ciò toglie alla loro unione tutta l'utilità morale. Ma, accanto a questi casi estremi e probabilmente assai poco numerosi, quanti ménages semplicemente mediocri esistono, nei quali gli sposi non hanno più l'uno per l'altro tutta la simpatia che sarebbe auspicabile, e nei quali tuttavia ciascuno continua a man­ tenere come suo dovere un sentimento sufficiente per adempiere utilmente alla propria funzione e, nello stesso tempo, quel certo attaccamento all'opera comune, che li avvicina in una mutua tolleranza e rende loro la vita più sopportabile e più dolce ! Ma perché essi restino così attaccati alle loro funzioni, è necessario che lo sentano ancora come un dovere cogente. E come sarà possibi­ le avere questo sentimento se la legge, interprete della coscienza pubblica, li incoraggia al contrario a deviare dando loro la possibilità di separarsi quando ne hanno voglia? Dove attingerebbero la forza morale necessaria per sopportare con coraggio un'esistenza in cui le gioie non possono essere che un'assenza austera, se l'autorità pubblica proclama solennemente che essi hanno il di­ ritto di liberarsi del vincolo quando lo desiderano? Così il divorzio consensuale non può far altro che allentare le molle della vita domestica, disorganizzare un maggior numero di famiglie, e questo senza che ne risulti tutta­ via, per la media dei coniugati, un aumento di felicità o, quantomeno, una diminuzione del mal-essere. Ma resta un ultimo argomento, che numerosi intellet­ tuali considerano decisivo. È inutile, si dice, proibire il divorzio consensuale perché, nella pratica, la proibizio­ ne è facile da eludere. Due sposi che vogliono divorziare possono facilmente dare alla loro richiesta un pretesto 73

Il divorzio consensuale

legale davanti al quale il giudice è obbligato ad inchi­ narsi: il marito simula un adulterio, la moglie si rassegna a subire la grave costrizione della convivenza, forzata­ mente imposta dalla legge, ecc. Ma supporre che queste collusioni tra coniugi che dimenticano i loro doveri sia­ no effettivamente difficili da evitare è per ciò stesso una ragione per spianare loro ancor di più la strada? Poiché è relativamente facile raggirare la legge, è questa una va­ lida ragione per abrogare o per dichiarare lecito ciò che non lo è? Numerosi sono gli imbroglioni, i truffatori, i ricattatori di tutti i tipi che vivono abilmente ai margini del codice; non si pensa tuttavia di legittin1are legislati­ vamente la truffa o il ricatto. C'è qualche cosa di peggio­ re che l'impotenza del giudice a far rispettare la legge; è la compiacenza del legislatore che erige a stato di diritto la violazione stessa del diritto . Non si tiene abbastanza in considerazione la demoralizzazione pubblica che risulta da queste carenze legislative. Una tale abdicazione della coscienza pubblica non può che irritare le coscienze pri­ vate; e, da questo momento, l'idea del divorzio germina e si sviluppa senza difficoltà, senza incontrare resisten­ za. La necessità di ricorrere a questi pietosi sotterfugi è tutt'al più un ostacolo morale che richiama agli interes­ sati il carattere fraudolento ed immorale del loro atto; e questo è sufficiente a sviare tutti quelli che mantengono qualche sentimento dignitoso. Se dunque si pensa che il divorzio consensuale è, almeno quando ci sono dei figli, contrario all'idea stessa del matrimonio e della famiglia, non potremmo rassegnarci a riconoscerlo e a sanzionarlo legalmente? E del resto, siamo certi che il giudice sia disarmato a tal punto e che spesso non ci sia molta compiacenza nella maniera in cui si lascia ingannare? Molte delle fro74

Émzle Durkheim

di non si sarebbero potute realizzare se si fosse sentito più chiaramente come un vero dovere quello di non far­ sene complici, se le inchieste, quando lo sposo conve­ nuto è manchevole, fossero condotte più seriamente, se alcuni magistrati non mettessero un certo dilettantismo e una sorta di emulazione agonistica nello sbrigare, in un'udienza, un inverosimile numero di questionf. In ogni modo, se veramente il giudice non ha tra le mani delle armi sufficienti per fare rispettare la legge, non sembra impossibile fornirne delle nuove. Sarebbe suf­ ficiente definire un po' più esattamente la nozione di sevizia o d'ingiuria di cui nella magistratura si è abusa­ to : una parola un po' troppo "vivace " o un movimento violento, non controllato, in un accesso di collera non sono sufficienti a provare che un uomo e una donna non possono vivere insieme ed allevare insieme i loro figli. L' abbandono del domicilio coniugale quando ci sono dei figli potrebbe essere, e a buon diritto, qualificato come un delitto; e se questo delitto, come è giusto, fosse pu­ nito severamente, si sarebbe meno tentati di simularlo. D 'altronde, ogni simulazione concertata allo scopo di ingannare la giustizia non costituisce forse un atto d elit­ tuoso e che dovrebbe essere represso? Ma non vorrei insistere più a lungo su queste consi­ derazioni, in quanto mi sento incompetente a trattare il problema nei suoi aspetti puramente giuridici. Pertanto, tutte le ragioni che si possono addurre per giustificare il divorzio consensuale si cancellano una volta che si è ben compreso quale urgente necessità c'è di non indebolire 7 Si parla di 15 9 e persino di 242 giudizi di divotzio emessi in una stessa udienza. (Cft. A. Valensi, I.;application de la loi de divorce en France, p. 102 ) . 75

Il divorzio consensuale

negli animi [dei coniugi] questo sentimento: che le rela­ zioni coniugali e domestiche non dovrebbero essere ab­ bandonate all'arbitrio dei singoli, che ci sono dei doveri di cui gli individui non dovrebbero potersi liberare per mere ragioni di comodità personale, e ciò nel loro stesso interesse, giacché l'uomo non può essere felice, non può soddisfare normalmente i suoi desideri se non quando questi sono regolari, contenuti, moderati, disciplinati. È per questo che la disciplina coniugale non può essere snervata senza che con ciò venga compromessa la feli­ cità degli sposi. Non lasciamoci dunque confondere dal carattere drammatico di qualche incidente p articolare, reale o immaginario, ma che non potrebbe prevalere su queste imperiose necessità. Niente è più verosimile del fatto che, come ogni regola, la regola matrimoniale pos­ sa essere talvolta dura nel modo in cui viene applicata ai singoli individui; ma questa non è affatto una buona ragione per indebolirla. Gli individui stessi sarebbero i primi a patirne le conseguenze. Sfortunatamente, non possiamo dissimulare il fatto che questa accezione della regola e della sua utilità è ben lontana dall'essere condivisa e popolare. L'opinione pubblica vede ancora nella totale regolamentazione un male, al quale è necessario talvolta rassegnarsi, ma che bisogna anche provare a ridurre al minimo. Pertanto, è da temere fortemente che questo nuovo assalto rivolto al matrimonio raggiunga il suo scopo. E tuttavia l' espe­ rienza del periodo rivoluzionario dovrebbe servirei da lezione. Già allora il divorzio fu elargito a dismisura. Ma quale ne fu l'esito? Che il principio stesso dell'istituzione matrimoniale venne trascurato, ed anche da insigni intel­ lettuali, per più di mezzo secolo.

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Nella nota qui editata sono presentati, in forma sin­ tetica, nella prima parte i cenni biografici sull'autore, nella seconda le pubblicazioni principali di Durkheim in volume e in rivista, nonché le principali traduzioni italia­ ne. Per quei lettori che desiderano notizie più ampie si rimanda sia alla bibliografia intellettuale curata da Gian­ franco Poggi ( Émile Durkheim, il Mulino, Bologna 2003 , pp . 9-2 7 ) ; sia alla più completa nota, curata da Luciano Cavalli, in appendice alla traduzione dell'opera Il suici­ dio. !}educazione morale (Utet, Torino 1 969) . I parte

l) Émile Durkheim: vita e opere 1 85 8

Émile David Durkheim nasce a Epinal (Vosgi - Lorena) il 1 5 aprile da una famiglia ebrea praticante. Il padre è un rabbino, così come lo erano stati i suoi antenati. Il clima familiare, che influenzerà molto Émile, è caratterizzato da uno stile austero, in cui i valori intellettua­ li svolgono però un ruolo fondamentale.

1 87 0- 1 87 1 Le tumultuose vicende storiche che caratte­ rizzano in questi anni Parigi e la Francia se­ gnano profondamente il giovane Durkheim : la sconfitta dell'imperatore Napoleone III nella battaglia di Sedan ( 1 /9/1 870) e la resa ai prussiani (con la conseguente perdita da 79

Nota bio-bibliografica

parte della Francia dei territori dell'Alsazia e della Lorena) ; dopo due giorni, con una ri­ voluzione incruenta, i repubblicani di Parigi proclamano la nascita della Terza Repubbli­ ca, resistendo per quattro mesi all'assedio ne­ mico sino alla capitolazione il 28 gennaio del 1 87 1 ; tra il 17 e il 1 8 marzo il popolo parigino organizza un'insurrezione contro il governo nazionale ed instaura un governo del popolo a carattere socialista: dopo le elezioni demo­ cratiche per la nomina del Consiglio munici­ pale del 26 marzo questo " esperimento poli­ tico" divenne noto come " Comune di Parigi " e " comunardi " saranno chiamati i suoi fau­ tori. Tutti questi eventi furono determinanti nel far nascere in Durkheim il desiderio di comprendere le ragioni della divisione so­ ciale e la conseguente passione per l'unità e la coesione sociale che caratterizzerà tutta la sua attività intellettuale. 1 87 1 - 1 879 Rifiutandosi di seguire le orme dei suoi an­ tenati, É . non diviene rabbino, distaccandosi successivamente anche dalla tradizione ebrai­ ca senza grandi conflitti personali. A conclu­ sione del baccalaureato a Épinal si iscrive al liceo a Parigi e nel 1 879 viene ammesso all' É cole Normale Supérieur (prestigiosa accademia per la formazione degli insegnan­ ti di Liceo) . All' É cole frequenta insieme ad altri futuri talenti intellettuali, tra cui: Belot, Bergson, Blondel, Lévy-Bruhl, J anet, J aurès ed altri. Segue i corsi di Fustel de Coulanges 80

Nota bio-bibliografica

sulle istituzioni delle società antiche. Legge le opere di Herbert Spencer, Auguste Comte e del suo allievo Charles Renouvier. 1 882

Durkheim segue all' É cole principalmente studi di storia e filosofia; dopo la laurea e l'abilitazione diviene infatti professore di fi­ losofia nei licei parigini di Sens , Saint Quen­ tin e Troyes .

1 885 - 1 886 Durante l'incarico di docenza vince una borsa di studio che gli permette di approfondire le condizioni delle scienze sociali in Germania. Si stabilisce a Berlino e poi a Lipsia per ave­ re la possibilità di frequentare il laboratorio di psicofisica del celebre Wilhehm Wundt. Questa esperienza fa nascere in Durkheim il desiderio di far riconoscere la sociologia come disciplina autonoma all'interno del si­ stema accademico francese. Nel 1 885 diviene collaboratore alla «Revue Philosophique», dimostrando sin da subito grandi doti di sen­ sibilità critica e sintesi. 1 887

Sposa la figlia di un industriale di orlgtne ebraica: Louise Dreyfus, da cui avrà due figli, Marie e André. A soli ventinove anni Dur­ kheim è già un riconosciuto e serio filosofo sociale, con alle spalle ottime esperienze in­ tellettuali. Nello stesso anno viene istituito un corso di scienze sociali dal titolo: " Scienza sociale e Pedagogia " , presso l'università di Bordeaux. 81

Nota bio-bibliografica

1 887 - 1 902 In questi quindici anni mantiene il proprio insegnamento a Bordeaux. Si tratta del pe­ riodo più importante per il suo percorso in­ tellettuale. La prima lezione viene ricordata perché traccia le linee di sviluppo della nuova scienza sociologica. Nei suoi corsi si occupa dei temi della solidarietà sociale, del suicidio, della "fisiologia " del diritto e dei costumi, dei fatti morali e religiosi, così come delle strut­ ture educative e delle dottrine pedagogiche ma, progressivamente, grande attenzione sarà dedicata anche al tema della famiglia. 1 888

Pubblica negli «Annales de la Faculté des Lettres de Bordeaux» l' Introduction à la So­ ciologie de la Famille.

1 893

Discute la tesi di dottorato dal titolo: De la di­ vision du tra va il social: Etude sur l'organisation des sociétés supérieure e Quid secundatus poli­ ticae scientiae instituendae contulerit. La com­ missione è piuttosto critica, ma spesso non propriamente con il tema trattato dal Nostro, il quale ribatte dimostrando quanto il suo stu­ dio riguardi la trattazione dei fatti morali at­ traverso il metodo delle scienze positive. Nello stesso anno la tesi sarà pubblicata con il titolo: De la division du travail social, Alcan, Paris.

1 895

Viene regolarizzata la sua nomina a docente universitario riuscendo ad ottenere da parte del ministero il cambio di nome della catte­ dra in "scienza sociale " . Nello stesso anno 82

Nota bio-bibliografica

pubblica l}origine du Mariage dans Fespèce humaine d}après Westermack, nella «Revue Philosophique», 40; e vengono pubblicati, in volume, gli articoli dedicati a Les règles de la méthode sociologique. 1 896

Fonda insieme ai suoi collaboratori la rivista «Année Sociologique», voce sociologica nuo­ va, che diviene punto di incontro di studiosi del panorama sociologico nazionale ed inter­ nazionale.

1 897

Viene pubblicata e presentata al pubblico la ricerca Le suicide. Inizia ad approfondire il le­ game esistente tra religione e società scriven­ do il saggio Des quelques /ormes primitives de classification: contribue à t étude des représen­ tations collectives; pubblica anche lo studio antropologico: La prohibition de Finceste et ses origin es, in «Année Sociologique», l.

1 898

Viene pubblicato, nella «Revue de métaphy­ sique et de morale», un brillante articolo che conferma la validità degli studi durkheimiani nell'ambito delle rappresentazioni individuali e collettive, dal titolo Représentations indivi­ duelles et représentations collectives. Pubblica poi anche De la définition des phénomènes re­ ligieux, in «Année Sociologique».

1 902

Diventa titolare della cattedra di " Scienza dell'educazione" alla Sorbona, !asciatagli come eredità da Ferdinand Buisson , divenuto 83

Nota bio-bibliografica

deputato al Parlamento parigino. Con decre­ to ministeriale del 12 luglio 1 9 1 3 , la cattedra cambia nome in: " Scienze dell'Educazione e della sociologia " . 1 902 - 1 9 13 Questi sono gli anni più fecondi per la diffu­ sione del pensiero durkhemiano. Nasce una vera e propria scuola che trova nella rivista «Année Sociologique» un appropriato luogo di incontro scientifico. In particolare si ricor­ dano le figure di alcuni studiosi: suo nipote Marcel Mauss ( 1 873 - 1 950), Henry Hubert ( 1 87 1 - 1 927 ) , Robert Hertz ( 1 88 1 - 1 9 15 ) , François Simiand ( 1 873 - 1 93 5 ) e Maurice Halbwachs ( 1 877 - 1 945 ) . Insieme daranno vita al " Collège de Sociologie " , uno dei grup­ pi di avanguardia intellettuale più importanti del primo Novecento. 1912

Nel periodo parigino conclude e pubblica il lavoro più importante: Les /ormes élémentai­ res de la vie religieuse: le système totémique en Australie.

1914

Fetvente sostenitore dell'idea d i progresso ­ che corre parallela tra il progresso s cientifico e tecnico da un lato ed il progresso sociale e morale dall'altro - allo scoppio della Pri­ ma Guerra Mondiale, Durkheim cade in una profonda depressione, vedendo venir meno la sua ottimistica fiducia nei confronti del fu­ turo dell'umanità e della centralità culturale dell'Europa. 84

Nota bio-bibliografica

1 9 15

Viene nominato responsabile del comitato per la pubblicazione di studi e documenti sulla guerra, insieme al presidente Lavisse ed altri illustri membri come Charles Andler, Hency Bergson, Gustave Lanson e Charles Seignobos . La perdita nel conflitto mondiale d i molti suoi giovani studenti e collaboratori come Robert Hertz (arruolatosi come volontario) , ma so­ prattutto la perdita del figlio André, durante un'avventura militare nei Dardanelli , colpisce duramente la salute mentale e fisica di Dur­ kheim.

1917

Prematuramente invecchiato e spento non rie­ sce a sopravvive al dolore e il 1 5 novembre, a soli 5 9 anni, muore.

II parte

l . Principali opere di Durkheim in volume 1 893

De la division du travail social: Etude sur tor­ ganisation des sociétés supérieures, Alcan, Pa­ rls.

1 895

Les Règles de la Méthode sociologique, Alcan, Paris.

1 897

Le Suicide. Etude de sociologie, Alcan , Paris.

1912

Les /ormes élémentaires de la vie religieuse. Le système totémique en Australie, Alcan , Paris.

85

Nota bio-bibliografica

1915

La

sociologie, Larousse, Paris.

1915

Qui a voulu la guerre? Les origines de la guer­ re d'après les documents diplomatiques, Colin, Paris.

1915

«I;Allemagne au-dessus de tout». La mentali­ té allemande et la guerre, Colin , Paris.

1916

Lettres à tous les Français, Colin , Paris; préfa­ ce de M. Maffesoli, Colin , Paris ( 1 992 ) .

2 . Principali opere di Durkheim in volume postume 1 922

Education et Sociologie, introduction de Paul Fauconnet, Alcan, Paris.

1 924

Sociologie et Philosophie, préface de Célestin Bouglé, Alcan , Paris.

1 925

I;éducation mora!, Cours dispensé en 1 902 1 903 à la Sorbonne; introduction de Paul Fauconnet, Alcan, Paris ( 1 93 4 ) .

1 92 8

Le Socialisme. Sa définition, ses débuts. La Doctrine saint-simonienne, édité par Marcell Mauss, Alcan , Paris.

1 93 8

I;évolution pédagogique en France, Alcan , Pa­ rls.

1 95 0

Leçon de sociologie, PUF, Paris. 86

Nota bio-bibliografica

1 95 3

Montesquieu et Rousseau. Précurseurs de la sociologie contemporaine, note introductive par G. Davy, Rivière, Paris.

1 955

Pragmatisme et sociologie, cours inédit pro­ noncé à la Sorbonne en 1 9 13 - 1 9 14 et restitué par Armand Cuvillier, Vrin, Paris.

1 969

Journal sociologique, introduction et notes de J. Duvignaud , PUF, Paris.

1 97 0

La

1 975

Textes (raccolta delle opere) , présentation de V. Karady, Vol. l : Éléments d'une théorie so­ ciale; Vol. 2 : Religion, morale, anomie; Vol. 3 : Fonctions sociales et institutions, É ditions de Minuit, Paris.

1 998

Lettres à Marcel Mauss, présentées par P. Be­ snard , M. Fournier, PUF, Paris.

Science sociale et tAction, PUF, Paris.

3. Alcuni saggi in rivista 1 888

Introduction à la sociologie de la /amille, in «Textes», vol. 3 ; É ditions de Minuit, Paris ( 1 975 ) .

1 892

La /amille

1 895

l}origine

conjugale, in «Textes», vol. 3 ; É di­ tions de Minuit, Paris ( 1 975 ) . du mariage dans l'espèce humaine 87

Nota bio-bibliografica

d'après Westermack, que», 40.

m

«Revue Philosophi­

1 897

La

prohibition de Finceste et ses origines, in «Année Sociologique», l.

1 898

Types de /amille et/ormes de mariage, in «An­ née Sociologique», I .

1 899

Parenté artificielle chez les slaves du sud, in «Année Sociologique», Il.

1 898

Représentations individuelles et représenta­ tions collectives, in «Revue de métaphysique et de morale», VI, pp. 273 -3 02 . Ristampa­ to in Sociologie et philosophie, Alcan, Paris ( 1 924) .

1 903

Evolution de l'exécution testamentaire, «Année Sociologique», IV.

1 903

Coutumes sexuelles dans la phytologie Greco­ romaine, in «Année Sociologique», VI.

1 903

Pédagogie et Sociologie, in «Revue de méta­ physique et de morale», Xl.

1 903

Sociologie et sciences sociales, in «Revue phi­ losophique», LV.

1 904

La

m

Sociologie et les sciences sociales, in «Re­ vue Internationale de Sociologie», XII.

88

Nota bio-bibliografica

1 906

La

Détermination du /ait mora!, in «Bulletin de la Société F rançaise de Philosophie», VI.

1 906

Le Divorce par consentement mutue!, in «Re­ vue bleue», 44 , (V) , pp . 549-554.

191 1

I:Education Sexuelle, in «Bulletin de la So­ ciété F rançaise de Philosophie», Xl.

1912

Remarques sur l'évolution récente de la /amil­ le, estratto da «Libres entretiens de l'Union pour la verité», VIII serie.

1913

I:évolution de la communauté de biens conju­ gales, in «Année Sociologique», XII.

4. Traduzioni italiane delle opere in volume 1 95 1

Le origini dei poteri magici, Einaudi, Torino; Bollati Boringhieri, Torino ( 1 977 ) .

1 962

La

1 962

Pedagogia e sociologia, Canova, Treviso.

1 963

Le regole del metodo sociologico, a cura di C.A. Viano, Edizioni di Comunità, Milano; a cura di A. Negri, Sansoni, Firenze ( 1 970).

1 963

Le forme elementari della vita religiosa, a cura di R. Cantoni, Edizioni di Comunità, Milano ( 1 97 1 ) .

divisione del lavoro sociale, a cura di A. Pizzorno, Edizioni di Comunità, Milano ( 1 977) ( 1 999) .

89

Nota bio-bibliografica

1 969

Il

1 97 1

Breviario di sociologia, a cura di A. Sabino, Newton Compton , Milano.

1 97 1

La

1 972

scienza sociale e Fazione, introduzione di J.C. Filloux, Il Saggiatore, Milano ( 1 996) .

1 973

Educazione come socializzazione, La Nuova Italia, Firenze.

1 973

Il socialismo, Franco Angeli, Milano ( 1 982 ) .

1 973

Lezioni di sociologia. Fisica dei costumi e del diritto, Etas, Milano.

1 97 6

Montesquieu e Rousseau. Le origini della scienza sociale, a cura di M. Proto, Lacaita, Napoli.

1 97 6

Sociologia e antropologia, Newton Compton, Milano.

1 97 7

Due leggi dell'evoluzione penale. L a costruzio­ ne sociale della devianza, il Mulino, Bologna.

1 986

Pragmatismo e sociologia. Corso tenuto alla Sorbona (1 913- 1 9 1 4) , a cura di N . Baraca, la­ nua, Roma.

suicidio. Studio di sociologia; [}educazione morale, a cura di L. Cavalli, UTET, Torino.

socio logia e t educazione, a cura di A. Sabi­ no, Newton Compton, Milano.

La

90

Nota bio-bibliografica

suicidio. Studio di sociologia, introduzione di R. Guiducci, BUR, Milano (2007 ) .

1 987

Il

1 996

Le regole del metodo sociologico. Sociolo­ gia e filosofia, Edizioni di Comunità, Milano (200 1 ) .

1 996

Per una definizione dei fenomeni religiosi, a cura di E. Pace, Armando, Roma.

1 999

Per una sociologia della famiglia, a cura di F. Citarella, Armando, Roma.

2005

Le forme elementari della vita religiosa, a cura di M. Rosati, Meltemi, Roma.

2006

l} evoluzione

pedagogica in Francia. Storia dell'insegnamento secondario, a cura di A. Russo, Bonomia University Press, Bologna.

5. Bibliografia secondaria: ci si limita a segnalare alcuni saggi e volumi di critica contemporanea e di agevole re­ peribilità 1 965

Nisbet R. , Émile Durkheim, Prentice Hall, New Jersey.

1 97 1

Rositi F. , Indeterminatezza culturale e variabi­ lità sociale: una discussione su Durkheim, in F. Rositi, Contraddizioni di cultura, Guaraldi, Firenze, pp. 59-74 .

91

Nota bio-bibliografica

1 972

Poggi G . , Images o/ Society. Essays on the Sociological Theory o/ Tocqueville, Marx, and Durkheim, Stanford University Press, Stan­ ford, Ca.

1 97 8

Giddens A. , Durkheim, HarperCollins Publi­ shers , London; trad. it. il Mulino, Bologna 1 998 .

1 97 8

Izzo A . ( a cura di) , Durkheùn, antologia di scritti sociologici, il Mulino, Bologna.

1 98 1

Duvignaud J. , Ferrarotti F. , Izzo A., Indivi­ duo e società in Durkheùn, lanua, Roma.

1 984

Giglioli P.P. , Una lettura durkhemiana di Go/­ /man, in «Rassegna Italiana di Sociologia», 25 , 3 , pp . 40 1 -427 .

1 989

Aron R. , Émile Durkheim, in Id. , Le tappe del pensiero sociologico, Mondadori, Milano, pp . 293 -3 66.

1 992

Paoletti G . , Durkheim à l'Eco/e Normale Supérieure: lectures de jeunesse, in «Durkhei­ mian Studies», IV, pp. 9-2 1 .

1 993

Cardi F. , Plantier J. (a cura di) , Durkheim, so­ ciologue de l' éducation , L'Harmattan , Paris.

1 999

Ferrara A., Tracce di universalismo esemplare della modernità nella tradizione sociologica: Simme4 Weber, Durkheim, in «La società de­ gli individui», 3 . 92

Nota bio-bibliografica

2000

Poggi G . , Durkheim, Oxford University Press, Oxford; trad. it. il Mulino, Bologna, 2003 .

2002

Rosati M . , Santambrogio A. (a cura di) , Dur­ kheùn. Contributi per una rilettura critica, con saggi di J.C. Alexander, M.S. Cladis, G. Fele, G. Paoletti, A. Rawls, M. Rosati, A. Santam­ brogio, S. Stedm an Jones, W. Watts Miller, Meltemi, Roma.

2004

Alpini S . , La soàologia {{repubblicana)) france­ se. Émile Durkheùn e i durkheimiani, Franco Angeli, Milano.

2 004

Borlandi M . , Busino G. (a cura di) , La so­ àologie durkheimienne: actualité et tradi­ tion. Philippe Besnard in memoriam, «Revue européenne des sciences sociales», XLII ( 129) .

2005

Rosati M . , Abitare una terra di nessuno. Dur­ kheùn e la modernità, introduzione a É . Dur­ kheim, Le forme elementari della vita religio­ sa, Meltemi, Roma.

2006

AA.VV. , Rileggere Durkheùn, in «Quaderni di Teoria Sociale» , n. 6.

93