Il diritto nel mondo dello spirito. Saggio filosofico [1ª Edizione]

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Il diritto nel mondo dello spirito. Saggio filosofico [1ª Edizione]

Table of contents :
Copertina
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Opere principali dello stesso autore
Frontespizio
Indice del capitoli
I. Posizione dell'assunto. Il diritto nella fenomenologia dell'autocoscienza.
Il. La relazione di giustizia e I'aspetto sociale della coscienza di sè.
III. Il principio costitutivo del diritto e l'aspetto sociale della coscienza di sè.
IV. Il principio di determinazione del diritto e l'aspetto personale dell'auto-coscienza.
V. L'attività giuridica dello Stato ed i processi dell'auto-coscienza.
Conclusione.
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UNIVERSITÀ

DI ROMA

BIBLIOTECA DELL'ISTITUTO

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DI F'ILOSOF'IA DEL DIRITTO

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IL DIRIITO NEL MONDO DELLO· SPIRITO

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OPERE PRINCIPALI DELLO STESSO AUTORE:

1. Lajilosofiapolilica contemporanea - Appunti critici.-Trani, 1892. 2• ediz. Roma, 1904.. 2. La terra nell'odierna ecOMmia capitalistica - Studi di sociologia economica. - Roma, 1903 (un voi. in 8° di pag. 130), esaurito. 3. La fase recentissima della filosofia del diritto in Germania - Ana­ lisi critica poggiata sulla teoria della conoscenza. - Pisa, E. Spoerri ed., 1905. 4. Contributo all'analisi dei caratteri differenziali del diritto nella Rivista italiana per le scienze giuridiclie, anni 1897 e 1898. 5. I limiti del determimsmo scientifico. - Modena, 1900; 2• ediz. Roma, 1902. 6.

J. Nietzsclie e L. Tolstoi. Idee morali del tempo -

Conferenze. -

Napoli, L. Pierro, 1902 (esaurito).

7. Lo stato mercantile daiuso di G. Amedeo FicMe e la premessa teorica del comunismo giuridico - Memoria letta alla R. Acca­ demia di Napoli. - Napoli, 1904. 8. Problemi del mondo morale meditali da un idealista. - Palermo, Sandron edit., 1905. 9. Della sociowgia come scienza autonoma - Memoria letta alla R. Accademia di Napoli. - Napoli, 1905. 10. La sociologia e la sua elisione wgica nella filosofia dello spirito. - Id. ibid., 1905. 1 1. A proposito delle condiziom su/Jbiettive della imputazione penale - Memoria letta alla R. Accademia di Napoli. - Napoli, 1909. 12. L'inerzia della volontà e le energie profonde dello spirito. - Di­ scorso. - Napoli, 1909.

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IGINO PETRONE Plt0P!S80RE ORDINARIO DI PILOIOl'JA Il� Ml!LLA R. UNIYUSffl at NAPOU

IL DIRITTO NEL MONDO DELLO SPIRITO

SAOOIO FILOSOFICO

MILANO LIBRERIA EDITRICE MILANESE

1910

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PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA

Officina Tipografica Luigi Muinoni - Lodi, vi& Mars&la, 20.

INDICE DEI CAPITÒLI

I. Posizione dell'assunto. Il diritto nella fenomenologia dell'autocoscienza. II. La relazione di giustizia e l'aspetto sociale della co­ scienza di sè III. Il principio costitutivo del diritto e l'aspetto sociale della coscienza di sè

pag.

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IV. Il principio di determinazione del diritto e l'aspetto personale dell'auto-coscienza. V. L'attività giuridica dello Stato ed coscienza Conclusione

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I.

Posizione dell'assunto. Il diritto nella fenomenologia dell' autocoscienza.

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1.

Assunto supremo della filosofia del diritto è quello d'inserire il fenomeno giuridico nel sistema delle determinazioni universali della coscienza, cogliendone la genesi intima, circoscrivendone il contenuto, il significato, il valore. Comprendere un oggetto ovvero un rapporto e pensarlo fi­ losoficamente è tutt'uno che conformare quell'oggetto o quel rap­ porto in un ordine intelligibile, tutt'uno che ritradurlo nella sin­ tesi creatrice dello spirito, che è genesi unica e prima di ogni intelligibilità e di ogni valutazione:La filosofia è una visione del mondo in termini d'intelligi­ bilità ed è fondazione della possibilità ideale dell'esperienza. È, quindi, di sua natura, una sintesi spirituale dell'esperienza, una ideale composizione e deduzione della medesima, una intuizione della natura intima delle cose e delle relazioni, ossia del lor9 �-s�"-:ento ideakdalla vir�;s-;··-�;il?_s2f!.ti.=·���--il!�i­ n� ÌlnEess�� cler1v3:�_ suT__Erocfotti. dalla c��3:�olezza __ dello spirito produttore, un ritorno ��o §t!irito�'!!,�la sua inte­ _ riorità produttiva .. La conoscenza del diritto (come, del resto, accade di ogni conoscenza di un dato ordine di relazioni o di un particolare gruppo di fenomeni) non è, propriamente e strettamente par­ lando, una conoscenza filosofica, se non quando att1nge l'cqua­ tione spirituale del suo oggetto; quando, cioè, superando ogni

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IL DIRITTO NELLA 'FENOMENOLOGIA

modo di veduta analitica e formale, e col locandosi al centro del mondo che ella descrive, nel diritto un momento della fe. . '····---·----....... �g_ll}enoJ.2�d�H9. s_pi,j!Qi .. \l!l.. Pi:-()ce'!�� _vi,ven! e : cosi via - e le riferisce a sè come a centro del loro aggregato, i le unifica e le obbiettiva alla luce del me, le fa sue, se le attri·' buisce, le appropria. O r ~ n t e in questo nuovo aspetto - che noi chia· miamo qui l'aspetto personale . i sè - è in questa funzione auto-attritnmva ed appropriativa dell'io, in questo giu·

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E L'ASPETTO PERSONALE DELL'AUTO-COSCIENZA

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dil:i'o sintetico a pn"ori di proprietà che l'io pronuncia al cospetto delle sue rappresentazioni, che è riposto il valore aderente alle vòlontà di potenza, -quel valore che le costituisce in ragione di convenevolezza e di proporzione verso il principio p11ro di libertà e che rende possibile la sintesi del momento formale e del contenuto materiale dell'esperienza giuridica. Il molteplice astratto dei rapporti di potere e di vita - che, in quanto molteplice a· stratto, è inintelligibile ed immensurabile - comporta l'unifica· zione e la misura spirituale e diviene oggetto di conformazione giuridica, per virtù di questa qualità o di questa nota comune riconoscibile nei rapporti di potere. In grazia della quale essi si presentano come forme ed espressioni diverse di un unico e più alto potere : di quel potere, per cui l'io si pone a soggetto immanente delle sue attività, a soggetto abituale ed attuale di at· tribuzione delle medesime, a centro delle sue relazioni rappresentative, appreziative e pratiche col mondo o con quell'ambito del mondo che lo circoscrive. L'attività di potere della persona è, bensl, un dato antropo- \ logico ed un'attività naturale; ma, di una natura, ripeto, consa· pevole di sè e della sua sostanza, che riflette il suo contenuto, lo giudica, l'appropria, lo possiede. In codesto suo atto di riconoscimento e di appropriazione, in codesto suo giudizio pratico « l'oggetto è mio • è la qualità, è la nota, è il carattere generale { che aderisce al molteplice delle attività di potere della persona e che lo rende omogeneo e commensurabile al principio formale del diritto. La qual funzione attributiva dell'io autocosciente può signi· ficarsi nel concetto ~ f i é l l o scnema~proprietà, presa la parehrnefs~o ampio che le diede il Rosmini (1); intesa, (1) FHelfljia i' Bbhiu, clr. .Dli principio della tkrivw,u dei diritti, cap. II. • Lasciando la strada fin qui battuta nella determinazione dei diritti, la qual tendeva a determinare i diritti dal 6tne che con l'esercizio di essi si ottiene..., noi tenteremo di determinarli dalle attività che ne costituiscono i subbietti. E la determinazione riuscirà, a parer nostro, evidente, se noi cercheremo prima qual sia quel caralttrt gtntralt, che contraddistingue un'attivit?t in quanto ella è subbietto di diritto... Ora poi, per fissare con una sola parola questo carattere, noi il chiameremo il carattere di propriet?t, allargando al·

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lL PRINCIPIO DI DETERMINAZIONE DEL DIRITTO

cioè, a rappresentare, in forma generale, quell'attività personale onde l'io riferisce a sè e congiunge con intimità spirituale la serie dei suoi rapporti col mondo. Il contenuto sensibile e rap· presentativo del diritto - quello a cui accede l'imperativo del tiapetto altrui o l'assicurazione della libertà - è il sistema delle appropriazioni pratiche dell'io : appropiiazione delle attività del proprio corpo, o delle cose, o delle prestazioni delle altre per sene e cosi via. -- . 11··~'ètenutosensioile'~p~tivo del diritto è, que, la proprietà, generalmente intesa, dell'io personale. Fu detto e il diritto è la proprietà > e la proposizione apparve erronea, pel fatto che la parola proprietà, in quel caso, era assunta nel limitato senso di un dominio particolare sulle cose (onde il meno era volto a significare il più ed il derivato a dar ragione dell'o· rigmario} e, più ancora, pel fa.tt,o che si conferiva figura e forma di principio costitutivo del diritto a quello che era so~ l'espressione del contenuto rappresentativo del medesimo. tMa, posta questa radicale riserva - che, cioè, la serie delle appN)priazioni pratiche dell'io non è un diritto subbiettivo di per sè, ma solo una determinazione sensibile del contenuto del diiitto, - nulla ci vieta di rievoca.re quella sentenza per conto nostro, dandole un senso più spirituale e più ampio. Il diritto, se non è la proprietà, è, certo, la libertà della propr4 la libertà formale di esplicazione della proprietà medesima.:.J

quanto, pel bisogno di spiegare ciò che vogliamo dire, il significato ordinario di questa parola, o più tosto richiamandola alla sua antica e genuina significazione... (ibid. art. Il). • Noi non limitiamo la parola proprietà a solo indicare con essa il dominio delle cose esterne, mn la prendiamo nella sua estensione originaria e nativa: nella quale significa tutto ciò che la persona ha seco congiunto come parte di sè, ossia come suo. In questo significato, dicevamo, la parola proprietà è acconcissima a significarci quel rara!lere che contraddistingue l'esistenu. dei diritti e dei doveri giuridici: perocchè in tal significato la proprietà costituisce una sfera intorno alla 'persona, di cui la persona~ il centro: nella quale sfera niun altro può entrare ... (il>id. art. IV).

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E L'ASPETTO PERSONALE DELL'AUTO-COSCIENZA

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IV.

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È da distinguere, in vero, un principio costitutivo del diritto - che è tutt'uno che la definizione dell'essenza logica di esso dal principio di determinazione o di differenziazione o di divisione del diritto stesso. È principio costitutivo la nozione dell'universale giuridico, il reine Begrijf o la categoria del diritto, il suo oggetto formale. Noi lo abbiamo avvisato e posto nel principio di libertà, che po· tremmo chiamare, senz'altro, una categoria dell'intendimento pratico, del HOO giuridico, della ratio jun·s. È principio di determinazione del dirit~, invece, lo schema CÌ la rappresentazione generale del contenuto sensibile del diritto'. stesso, delta serie, cioè, dei rapporti di potere e di vita che sono : eonformati dall'universale g-iuridico, che sono sussunti sotto la categoria del diritto. Chiamasi, esso, principio di determina~ionej i perchè è grazie al suo interventICA DELLO STATO

sè stesso. La contraddizione dell'individuo e dello Stato è una percezione empirica, provvisoria e fallace. In fondo i due termini approdano all'unità. . L'autolimitazione dello Stato è, appunto, il tramite e la via onde si supera l'apparente dissidio e lo Stato reintegra la sua identità di nozione con l'individuo. In quest'autocoscienza reco· gnitiva della sua medesimezza con quello, lo Stato attinge il suo fastigio ideale, la sua oggettività giuridica, la sua libertà. Lo Stato non è libero se vede nell'individuo un suo limite esterno, una sua negazione, anzichè vedervi l'immagine di sè, il suo organo vivente. Lo stato non è libero se l'individuo è servo (x). Se lo Stato è riconosciuto passivamente dall'individuo e l'individuo non è attivamente riconosciuto dallo Stato, se lo Stato si porge come puro ed irrelativo soggetto e l'individuo residua e permane come puro oggetto, fra l'individuo e Io Stato manca ogni possibilità di relazione spirituale. Essi si pongono, in tal caso, come due sostanze incompenetrabili, come due immedia· tezze incommensurabili, contradditorie, infinitamente distanti. Lo Stato si giace, in tale ipotesi, nella sua inane individuazione astratta, cioè a dire in un olimpo di logica inerzia. Di qui, da questo nuovo momento della sua autocoscienza limitativa, si genera il riconoscimento immanente, diretto e positivo che lo Stato fa dell'individuo come soggetto di diritti soggettivi, come persona la cui proprietà va conformata in libertà giuridica ed assicurata contro l'arbitrio dei consociati e del sovrano medesimo. Di qui, nel limitato campo pubblicistico, si ge· nera il riconoscimento e la posizione di tutta una nuova serie di diritti pubblici soggettivi attribuiti all'individuo; diritti positivi di tutela civica e di partecipazione alla sovranità politica - mediati e derivati anch'essi rispetto alla legge ed al sovrano volere che li sancisce, e non anteriori ad esso perchè, anzi, deducibili da esso, ma pur sempre, alla loro volta, diritti soggettivi veri e propri, che avvalorano la personalità pubblica dell'individuo, e che lo reintegrano nella funzione di soggetto del diritto pubblico. (1) Cfr. HEGEL,

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ED I PROCESSI DELL'AUTO-COSCIENZA

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VII. L'auto-limitazione dello Stato è, adunque, il momento dialettico che risolve l'antinomia tra due concetti egualmente legit· timi e due esigenze del pari inviolabili: il concetto della sovranità assoluta e dell'autarchia dello Stato, il concetto del diritto pubblico soggettivo. Essa è il principio che rende possibile e concepibile la presenza del rapporto pubblicistico come rapporto giuridico. È una condizione di pensabilità dello Stato come sog· getto di diritto. Un principio d'intelligibilità del diritto pubblico. Il momento autocratico del sistema dei rapporti pubblicistici, quel momento, cioè, in cui lo Stato si pone come sostanza as· soluta e come illimitato potere al cospetto del quale l'individuo appare come puro soggetto di obbedienza, non segna che il li· mite a quo del diritto pubblico. Il cui contenuto strettamente detto si sviluppa di qua da quel momento e procede, appunto, dall'auto· limite dello Stato. Non si nega, quindi, nè vuolsi negare la sussistenza ed il valore di quel momento autocratico. Non si nega che, come ultima instanza di una regressione infinita nella serie dei rapporti di diritto pubblico e come estremo originario e terminale del sistema dei rapporti medesimi, sia da porre il momento-limite della sovranità assoluta e dell'autocrasza dello Stato, Ma quello che si vuole, in pari tempo, riconoscere è che quel } momento-limite non assolve nè consuma il contenuto progressivo del diritto pubblico, di cui esso segna, appunto, l'antecedente i· ( deale ed il presupposto originario. Che se è vero, come si è detto, che non v'ha diritto pubblico di là da esso (il che signi· fica la inconcepibilità dei diritti pubblici soggettivi naturali ed originari) deve essere, adunque, tanto più vero che un diritto pubblico soggettivo non è concepibile che di q11a di esso, come addimostra la sopravvenienza dei diritti pubblici secondari e derivati. In altri termini, la posizione assoluta della sovranità dello Stato è un primo momento della determinazione reale dello Stato medesimo; un momento preliminare e fondamentale, in cui lo Stato si atteggia come sostanza. In questo momento il cittadino si por·

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L'ATTlVITÀ GIURIDICA DELLO STATO

ge, come si è detto, nella pura funzione di suddito. Egli non ha diritto contro lo Stato sovrano e fonte di diritto. È un momento questo, che, a rigore, non rientra nell'ordine del diritto. È un limite del diritto, non il diritto stesso. Il rapporto di sovranità è rapporto di autorità e di superiorità, non di correspettività giuridica. L'individuo è, ivi, oggetto, non soggetto giuridicamente parlando. Ovvero (il che non contrasta) è soggetto etico di un rapporto di obbedienza, a sua volta, non giuridica, ma etico-politica. In questo momento, nessuna personalità pubblica aderisce all'individuo. Si ha lo status passivae subjectionis. Se questo momento fosse assolutamente comprensivo di tutto il processo dell'attività dello Stato, non vi sarebbe più diritto pubblico in quanto tale, ma solo un rapporto d'imperatività eticopolitica. Ed un puro rapporto d'imperatività etico-politica è stata, appunto, ed è la relazione fra lo Stato e cittadini in tutte le forme storiche dell'autocrazia assoluta del. Sovrano ed in quell'in· coercibile momento autocratico, che è superstite ed immanente, come limite originario, nelle stesse più 'ideali e concepibili forme di costituzione giuridica dello Stato. E la ragione di ciò, giova ripeterlo a sazietà, è che il rapporto giuridico, qualitativamente differenziato, è rapporto interpersonale e bilaterale di correspettività e di reciprocanza. Ma questo momento-limite originario, questo momento autocratico, non è punto comprensivo di tutto il processo dell'attività dello Stato, e lo status passivae subjectio· nis non investe tutte le relazioni fra lo Stato ed i cittadini e tutte le determinazioni dell'attività pratica dell'individuo. Ed a quel momento-limite originario segue una serie di momenti successivi, progredienti, intermedi che procedono dall'auto-limite dello Stato: segue il conferimento e l'attribuzione di diritti pub' blici soggettivi agl' individui: segue, come si è deduttivamente dichiarato, il movimento ascensionale degli status, dello status libertatis o dei diritti di libertà, dello status civitalis o dei diritti civici cosl detti, dello status activae civitatis o dei diritti politici (I),

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(1) JELLINEK - SysUlll dn- su6iektiven offentlicken Red,u - II Aufl. s. 81· -·· .· ___ .....:__,-. ~........-93 (TUbingen, 1905).

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·. ED I PROCESSI DELL'AUTO-COSCIENZA

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Si obbietta che queste prerogative conferite all'individuo non sono veri e propri diritti soggettivi, poichè esse non sono aderenti all'individuo medesimo per virtù di una qualità primaria che si riconosce come immanente in lui, ma gli provengono dalla limita· zione che Io Stato impone a s! stesso, ossia dalla spontanea determinazione del suo potere sovrano nei limiti della legge. Ma è evidente che codesta obbiezione rispecchia l'usato ed abusato modo d'intendere il diritto soggettivo come una attitudine originaria, irrelativa di signoria della persona, come un atteggia· mento che si assolve nel soggetto il quale ne è il possessore, concepito all'infuori del correlativo comportamento di dovere del· l'altro termine del rapporto. Come abbiamo espressamente di· mostrato nel capo III, il contenuto giuridico del diritto sogget· tivo non è nel presun_to potere immediato ed unilatere del soggetto, ma nell'obbligazione di non impedimento e di rispetto dell'altro. Il fatto, quindi, che i diritti pubblici individuali sieno con· cepiti come secondari ed indiretti, come derivati, cioè, dall'attitudine di obbligazione che lo Stato assume in virtù dell' are/o-limite impostosi, non toglie che essi sieno dei diritti veri e propri. Ciò è, anzi, la più evidente e concludente testimonianza della loro qualità e del loro contenuto di diritto soggettivo. È proprietà di/ tutti i diritti soggettivi quella di essere meno l'espressione di / un proprio e connaturato potere che il riverbero e la ripercus-: sione di un'attitudine altrui di limitazione e di obbligazione :i quella, cioè, di essere non originari, ma derivati, non primari \ ma secondari, non immediati ma mediati, non assoluti ma rela- i tivi, non diretti ma di riflesso. Come il diritto sof~:~ivo privato . nasce per riflesso del dovere imposto' agtrilln associati dalla 1 legge di limitaz10n i 1 mtto p u b b l i c ~ per ri sso d ' · itazione dello tato. E, cosi all'uno come all'altro, non toglie di essere diritto il suo germogliare da un'attitudine altrui di dovere, anzichè da .una ipotetica presuntiva attitudine propria. Anche qui le distinzioni analitiche della dog· matica e della tecnica convergono e si riannodano nell'unità fi. losofica della nozione. Quello che appariva come un caso parti· . colare del diritto soggettivo pubblico ed un suo argomento d'inferiorità si svela come un momento logico del diritto soggettivo nella sua universalità ideale.

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L'ATTIVITÀ GIURIDICA DELLO STATO

Cosl si spiega, altresl, come, per tracciare, ai fini della definizione, il principio formale costitutivo e lo schema generale rappresentativo dei diritti pubblici soggettivi, non occorra far \ capo ad indagini e ad escogitazioni nuove. I concetti formolati nella disamina del diritto soggettivo privato soccorrono, con la loro significazione ideale, anche alla disamina del diritto pubblico. Il concetto della libertà e lo schema della proprietà riappaiono, qui, spontaneamente, non per esperimento economico di analogia, ma per necessità logica di cose. La dottrina filosofica del dirit:o soggettivo, come ogni dottrina filosofica, è unica ed unitaria. Anche i diritti pubblici soggettivi sono delle libertà, dal punto di vista formale, delle libere proprietà, dal punto di vista formale e materiale insieme. Sono delle assicurazioni di libertà, cioè delle garanzie di non impedibilità di alcune attività consentite dalla legge. Sono delle libere proprietà, e, quindi, una protezione ed una tutela giuridica delle appropriazioni dell'io, di una sua proprietà. Solo che, a differenza dei diritti privati soggettivi, essi ) sono una libera proprietà non dell'io privato, economico dell' in· dividuo, ma dell'io sociale e politico di lui. VIII.

Tornando, adunque, all'assunto, i diritti pubblici subbiettivi non si differenziano dai diritti soggettivi privati per qualità e valore di contenuto giuridico. Essi sono, quindi, dei diritti veri e propri, non ostante la loro genesi mediata dall'auto-limite dello Stato. È in essi e per essi che l'individuo non è più oggetto passivo dell'altrui potere, ma soggetto garentito a sua volta. È in essi e per essi che viene assicurata e costituita la personalità pubblica dell'individuo. È in essi e per essi che il rapporto di sovranità, da un lato, e· quello di sudditanza, dall'altro, rivestono un contenuto ed assumono un carattere giuridico. In essi i e per essi, che si consuma la transizione dal moment?·limite • autocrtitù:o al momento giuridico dell'attività dello Stato. E mercè l'attribuzione di essi che lo Stato si pone non più come soggetto di forza e d'imperio, ma come soggetto di sovranità di diritto:

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ED I PROCESSI DELL'AUTOCOSCIENZA

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per la mediazione di essi che lo Stato, assicurando la personalità pubblica dell'individuo, pone anche sè medesimo come per· sona giuridica, come capacità di diritto e di obbligazione, come soggetto di un diritto pubblico vero e proprio. IX. Se non che, la dottrina dialettica dell'auto-/imilROCESSI DELL'AUTO.COSCIENZA

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talità componenti dell'unione. Egli è l'istrumento della volontà nerale comune. Egli è l'individuazione e la concrezione visi· e del socius. Il valore di funzione statuale non è nel volere di lui, ma in un altro volere di cui quello di lui è tramite, mediazione, riflesso. Il dominatore non è sovrano se non in quanto \ ppare come organo di una sovranità, che è dapprima cli lui e opra di lui, che gli sopravviene, lo suffraga, lo informa. La per· onalità di lui è una individuazione materiale (una localizzazione ntropologica) della sovranità, non un principio formale della meesima. Questo principio formale è nell'oggettività del socius, nell'unità.spirituale dell'uniòne o del popolo, espressa dalla ragione e dalla volontà dello Stato. Il valore della volontà del dominatore non è di qualità, ma di funzione (nel senso matematico di questa parola), non di soggetto ma di fenomeno, non di causa ma di effetto: non di volontà o di cosa in sè, ma cli rappresen• tazione. Un valore di risonanza, di ripercussione, d'imprestito (spesso, nelle torbide vie della storia, generoso e malcauto): un'eco ed un epifenomeno; un valore derivatole dall'idea dello Stato, nell'ordine ontologico e formale, ovvero dalla coscienza cli Stato che vibra nelle unità del consorzio, nell'ordine fenomenologico ed empirico. Se quella idea non irraggia la sua luce, se questa coscienza non si sveglia, il volere del dominatore resta un bruto e nudo volere individuale, un potere fisico inqualificato ed ideai· mente indeterminabile ed inqualificabile, un potere ed un volere non dirò già antistatuale, ma - il che è più - aslatuale, vuoto, cioè, di quel predicato, che è l'essenza stessa di quello che si cerca, la sostanza ideale della vita politica e della scienza pubblicistica. L'abito nominalistico non consente al Seydel di ravvisare, traver.;;o l'individualità empirica del volere supremo che comanda, l'universale dello Stato, il logo. Di qui una dottrina materiali· stica estranea allo spirito, estranea alla ricerca ed alla deterini· nazione dei valori, estranea, cioè, ed impervia alla stessa materia di che tratta. Di reale, per questa dottrina, non v'è che l'empirico, il particolare, l'individuale. Di umano, per essa, non vi è che l'antropologico, l'organico, il corporeo. L'idea dello Stato, come ogni universale, è un'astrazione vuota di significato, una finzione, un

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L•ATTMTÀ GIÙRIDICA DELLÒ STATO

nomen. Una finzione l'unità spirituale di un volere comune emergente dal consenso dei voleri personali. Una finzione la coscienza personale e la coscienza di Stato. Che meraviglia, dopo ciò, che appaia una finzione la personalità dello Stato? Il nominalismo è conseguente nella limitazione empirica del suo campo visivo. Ma è vittima anch'esso della logica dell'idea. Avendo consumato la negazione più recisa e più risoluta della sostanza ideale e della qualità, non può volerla di poi insinuare surrettiziamente come attributo e come predicato. Ed avendo detto di no all'idea dello Stato, le sarà tolto di rievocarla per salvezza della tesi, ad intento di qualificare il volere del dominatore come volere pubblico e pubblicistico, come volere statuale. Quel volere - estraniato dall'idealità dello Stato, di cui è il simbolo corpulento, e ritradotto nella sua nativa opacità - è un volere nudo, indifferenziato, immensurabile, un volere destituito di ogni predicato e di ogni qualità spirituale. Quel volere torbido ed oscuro non esprime, non significa, non garentisce che sè stesso, la sua indivisa suità, il suo puro arbitrio. Saldo, omogeneo, compatto come una unità di massa, nessuna trasparenza ideale lo illumina, lo penetra. Difettando di virtù rappresentativa ed ideale, esso non è l'esponente di nessuno. È egocentrico. Il suo circolo vitale si trascrive nel rapporto di medesimezza. E, nel concreto, è nulla più che un rapporto nudo di forza e di pressione fisica. Come tale, è illimitato. È un volere omogeneo, indistinto, unitario ed informe, che non sopporta una dualità, una secessione, una critica interna senza contraddizione e senza rovina. L'autolimite è concepibile nello Stato, poichè esso è, in ipotesi, e funge in atto come una unità spirituale che può esperimentare la crisi ed accoglierla e superarla, non già nella personalità empirica del dominatore. È nello Stato e nell'attività di esso che noi possiamo inserire la feconda dualità di una sostanza e di una idea, di un fenomeno e di un soggetto, di una rappresentazione e di una volontà, di un potere e di un dovere, di un limitato, cioè, e di un limite, di una sovranità come fatto e

  • I ~ROCESSI bELL1AUTO-COSCIENZA

    175

    XIII. Nè è a dire che l'autolimitazione, come atto unilatere dello Stato, sia, in effetti ed in definitiva, confidata al puro arbitrio della sovranità e sia, quindi, di sua natura, contingente e problematica o un dato eventuale, labile e caduco e non un principio d'intelligibilità. Chè nulla vi è di contingente, di problematico, di fortuito nel sistema delle determinazioni dello spirito: e se l'auto-limite dello Stato non è il prodotto o il dettato di un imperativo giuridico che s'imponga allo Stato ab extra e che lo domini in forma di comando primo-primo, esso è, per altro, il prodotto ed il pronunciato di una necessità logica, di una esigenza ontologica, di una imperatività etica. Di una necessità di posizione logica, perchè, come si è piil volte dichiarato, il processo dell'auto-limitazione è, per lo Stato come per ogni ente e soggetto spirituale, una condizione indeclinabile dell'affennazione di sè stesso, della sua subbiettività giu· ridica e della sua equazione personale, il tramite, la mediazione e la via dell'autocoscienza. Di una esigenza ontologica, perchè lo Stato rinviene nella stessa natura sua bipolare e complessa le ragioni apodittich~ e perenni del limite interno. Lo Stato è l'incarnazione e l'obbiettivazione del socius. Come tale, esso accoglie due momenti e due aspetti. Per l'uno, si porge come autorità ed autarchia suprema, soprastante agl'individui. Per l'altro, si porge come la sostanza stessa, l'universale, dell'individuo medesimo. La qualità e la fun· zione dello Stato - come governo e come amministrazione corrisponde al primo momento ed è limitata dall'altra e più spi· rituale ed essenziale funzione che risponde al secondo momento - la funzione di rappresentanza ideale e di unità della comunanza e dell'associazione degl'individui. Cosl si corregge e si supera l'apparente paradosso o l'apparente antinomia aderente alla nozione dell'auto-limite. Ogni limite arguisce una dualità di termini: un limitante ed un limitato. Ed una dualità cosiffatta vi ha, appunto, nella nozione dello Stato. Solo che i due termini non sono esterne entità, ma momenti di un interno processo:

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    L'ATTIVITÀ GIURIDICA bELLO STATÒ

    non sostanze estensive, ma modi o aspetti o fun$Ìoni. Lo Stat che limita sè stesso è lo Stato che è limitato dalla sua idea dalla sua causa finale. È lo Stato-socius, lo Stato-legge che li mita lo Stato-governo: l'immanenza spirituale che supera la rap presentazione e l'illusione della trascendenza estensiva e spaziale. Lo Stato, come legge della relazione, è unità sopt