Il Dio di Gesù Cristo [6 ed.] 8839903453, 9788839903457

«Credo in Dio»: è la prima, la più importante e onnicomprensiva enunciazione della fede cristiana. Ma come si può formul

403 75 14MB

Italian Pages XXXII, 464 [449] Year 1997

Report DMCA / Copyright

DOWNLOAD FILE

Polecaj historie

Il Dio di Gesù Cristo [6 ed.]
 8839903453, 9788839903457

Citation preview

Walter Kasper

Il Dio di Gesù Cristo sesta edizione con Nuova Prefazione

Queriniana

Titolo originale

Der Gott ]esu

Christi

© 1982, 1995} by Matthias-Griinewald-Verlag, Mainz © 1984, 19976 (con Nuova Prefazione) by Editrice Queriniana, Brescia via Ferri, 75 - 25123 Brescia ISBN 88-399-0345-3 Traduzione dal tedesco di DINO PEzzETIA Stampato dalla Tipolitografia Queriniana, Brescia

Prefazioni

NUOVA PREFAZIONE ( 1995 )

Dopo la prima edizione di questo libro è diventato ancor più evidente che la questione di Dio è la vera e propria questione centrale per la situa­ zione spirituale del nostro tempo. Ridestare la coscienza su tale questione è il grande compito che oggi si pone alla teologia ed alla chiesa, in ugual misura. È venuto in chiaro che la sfida più aspra per la fede cristiana, nell'epoca moderna, non è l'ateismo umanistico, bensì il nihilismo. Con il crollo del comunismo il sistema marxista ha, per così dire, confutato se stesso. In questo crollo si manife­ sta ben di più del tramonto del socialismo reale, in esso si palesa in defini­ tiva il fallimento dell'idea di autoredenzione dell'uomo in quanto compi­ mento della critica alla religione. n nihilismo, invece, è diventato oggi un modo di sentire e di vivere ampiamente diffuso. Non la consapevole nega­ zione di Dio, ma l'indifferenza di fatto nei confronti della questione di Dio è la caratteristica costitutiva di questo atteggiamento esistenziale. E insieme con la questione di Dio sembra diventata obsoleta anche la que­ stione di un senso ultimo. n vuoto di senso e la cresciuta mancanza di orientamento, riscontrabili in molti nella nostra società, si possono certa­ mente interpretare come sintomi di questo oblio di Dio. Si rende allora necessario schiudere in modi nuovi il tradizionale con­ cetto di Dio. In questa direzione esistono nella teologia contemporanea, sia cattolica che protestante, molti sforzi degni di attenzione e di ricono­ scenza. Punto di partenza di tali tentativi non è tanto la definizione di Dio come «Essere supremo», nel senso della metafisica occidentale, quanto piuttosto la nuova consapevolezza relativa al messaggio che Dio è il Dio vivente e liberante della storia, il Dio della speranza ( Rom 15 , 13 ) , l'Amore stesso. È evidente che là dove tali determinazioni vengono realmente ela­ borate fino in fondo, esse conducono ad un rinnovamento della dottrina trinitaria. Mi sento così confermato nella mia tesi, secondo cui per i cristiani la risposta alla moderna questione di Dio e alla situazione dell'ateismo con-

IV

Nuova Prefazione (1995)

temporaneo non può essere un teismo annacquato, ma solamente la con­ fessione in Dio uno e trino, il Dio di Gesù Cristo. Di fronte alla religiosità diffusa, di recente risveglio, troppo spesso però non di casa nella chiesa, mi sembra diventata ancor più urgente la necessità di una riflessione approfondita sulla confessione trinitaria. C'è oggi bisogno anzitutto di spiegare che solo Dio, o più precisamente il Dio di Gesù Cristo, è la risposta piena e pienamente valida alla questio­ ne dell'uomo. Solo riconoscendo la divinità di Dio si giunge alla piena e vera armonia dell'uomo con se stesso. La gloria di Dio è l'uomo vivente, afferma Ireneo di Lione. Alla lunga, l'indifferenza nei riguardi di Dio con­ duce necessariamente anche all'indifferenza nei confronti dell'uomo. La vera speranza per il futuro dell'umanità non è la morte di Dio, ma il fatto che egli è il Dio vivente della storia.

Walter Kasper

PREFAZIONE ( 1982 )

Il problema di Dio è il problema fondamentale della teologia, e il presente libro vuoi ribadirne con decisione l'importanza. Infatti, benché non manchino pubblicazioni sull'argomento, la maggior parte di esse si limita al confronto con l'ateismo moderno . La concezione cristiana di Dio, il Dio di Gesù Cristo, e quindi pure la confessione trinitaria vengono analizzate solo in modo marginale e senza un reale approfon­ dimento della problematica. La teologia evangelica contemporanea è caratterizzata da una tendenza opposta : radicalizzando il 'solus Chri­ stus' e il 'sola fide' nei confronti dei Riformatori , si cerca un punto di vista situato al di là dell 'ateismo e del teismo, sul quale invece sbocca la prima posizione. A me pare, comunque, che entrambi i punti di vi­ sta siano insostenibili . La risposta al problema moderno di Dio ed alla situazione dell'ateismo contemporaneo sta unicamente nel Dio di Gesù Cristo, in quella confessione di fede trinitaria che non può più essere relegata in un cantuccio e deve ridiventare invece la grammatica dell'in­ tera teologia . Per questo sono andato ancora una volta alla scuola dei Padri e dei grandi dottori della chiesa. E da loro non ho appreso uno smorto tra­ dizionalismo, ma il coraggio di pensare con la mia testa : impresa molto difficile ai nostri giorni . Ci si lamenta spesso di una stasi della teolo­ gia . Appunto per questo dovremmo impegnarci a rinnovare entrambe, la tradizione e la speculazione . Infatti una teologia orientata in senso pastorale, che cioè affronti i problemi dell'uomo moderno e si renda ben conto delle proprie possibilità, pretende non una qualche ma mol­ ta precisione scientifica . Nonostante quel che talvolta ci capita di sen­ tire, la triade 'ecclesialità, scientificità, apertura ai tempi moderni' rap­ presenta un'autentica tradizione di Tubinga, e da essa appunto è nato anche questo libro. Il volume è diretto quindi, in primo luogo, agli studiosi di teologia, ma poi anche a tutti coloro che s 'interessano più approfonditamente ai problemi di fede nella teologia : preti e laici al servizio della chiesa,

6

Prefazione (1982)

cristiani per i quali la partecipazione al dibattito teologico è diventata ormai una componente della loro stessa fede, il numero crescente di uo­ mini che, nell'odierna crisi di valori, s'interessa nuovamente al proble­ ma di Dio anche al di fuori delle chiese. Purtroppo questo volume dedicato alla teodicea e alla Trinità viene pubblicato con molto ritardo, rispetto al programma annunciato nella Cristologia del 1 9 7 4 . I ritardi derivano da svariati impegni in ambito universitario e non, senza contare certe vicende, abbastanza burrascose, che la nostra università ha conosciuto e che ci sono costate tempo, energie e tensioni . Ma soprattutto si sono rese necessarie, trattandosi di una problematica difficile, ulteriori ricerche e riflessioni. Se questo libro, alla fine, ha conosciuto la luce, lo devo all'impegno disinteressato dei miei collaboratori : i miei assistenti Giancarlo Collet e Hans Kreidler, che mi hanno alleviato tanta fatica; la signorina Mar­ tina Lunau , i signori Wolfgang Thonissen , Erich Poschl e Brad Mal­ kovsky, così disponibili ad eseguire i lavori tecnici e ad organizzare gli indici ; le mie segretarie Elli Wolf e Renate Fischer, che hanno curato con scrupolo il manoscritto ; infine i collaboratori dell'editrice Matthias­ Griinewald di Magonza. Le idee che qui espongo non pretendono certo un carattere ultima­ rivo . Del resto, c'è forse qualcuno che può dire di aver risolto il pro­ blema di Dio ? Pur offrendo una visione d'insieme e riassuntiva del problema, il libro vuol essere soltanto un contributo al dibattito, che altri vorranno seguire in modo critico. Qui valgono più che mai le pa­ role del grande Agostino, dal quale ho imparato così tanto, sebbene ta· lora osi contraddirlo : «Spero che chiunque leggerà questo testo, se condivide il mio profondo convincimento prosegua al mio fianco , se con me ha dei dubbi insieme a me cerchi , se riscontra un errore da par­ te sua a me ritorni , se lo trova in me mi richiami. Vogliamo così cam­ minare insieme sulla via dell'amore e tendere verso Colui di cui si dice : 'Cercate sempre il suo volto' (Sal. 1 04 ,4 )» ( De Trinita/e I, 3 ). Vorrei dedicare quest'opera alla memoria di mia madre, a colei che per prima m'insegnò il linguaggio di Dio . Tubinga, festa dell'apostolo Matteo, 1 9 82.

Parte prima

La questione su Dio oggi

I . DIO COME PROBLEMA

l . LA PROBLEMATICA DELLA TRADIZIONE

La confessione di fede, che fin dai primi secoli del cristianesimo ha unificato tutte le grandi chiese d'Oriente e d'Occidente, si apre con la proposizione : 'Credo in unum Deum'! E questa è pure la proposizione fondamentale dell'intero Credo; essa racchiude in se stessa l'intera fede cristiana. Infatti, chi crede che Dio esiste, che Dio dà la vita a coloro che lo ricercano, costui è salvo (Eb. 1 1 ,6 ) . O anche, chi crede che Dio è lo stesso Dio che si è rivelato' nell'Antico e nel Nuovo Testamento, quel Dio che soccorre e libera, che è la vita e infonde la vita, costui è salvo. È vero che il Credo contiene parecchie altre proposizioni le quali non riguardano direttamente Dio : l'inizio e la fine del mondo; l'origine, il peccato, la redenzione e il compimento dell'uomo ; la chiesa, la sua pre­ dicazione, i suoi sacramenti e i suoi ministeri . È vero però anche che queste sono proposizioni di fede solo in quanto hanno un riferimento a Dio , sono cioè enunciati che si fanno sull'agire salvifico di Dio o sulla mediazione di questa attività salvifica divina.2 Dio è quindi l'unico e unificante tema della teologia. 3 Dio - la salvezza del mondo e degli uo­ mini è per così dire l'unica parola deUe molte parole della teologia. E così la teologia è il discorso (l6gos) che responsabilmente si fa su Dio (the6s ), è scienza di Dio, come dicevano gli antichi. 4 -

t

DS 1 50 ; NRit 608 . Per la fede in generale vale ciò che il Vaticano n dice specificamente della sacra Scrittura : si tratta della «verità che Dio per la nostra salvezza» volle fosse rivelata (Dei verbum, 1 1 ). Con questa affermazione il concilio non intende alcuna delimitazione dell'oggetto materiale degli enunciati di fede o della Scrittura, bensì una designazione dell'oggetto formale sotto il quale vanno compresi tutti questi enunciati. 3 Cf. TOMMASO n'AQUINO, Summa theol. I q. l a. 7: «Omnia autem pertractantur in sacra doctrina sub ratione dei , vel quia sunt ipse deus ; vel quia habent ordinem ad deum, ut ad principium et finem . Unde sequitur quod deus vere sit subiectum huius scientiae». 4 Cf. AGOSTINO, De civitate Dei VIII, l (CCL 47, 2 1 7 ) , che definisce la teologia co· me «de divinitate ratio sive sermo» .

2

lO

La questione su Dio oggi

Ma chi è propriamente : Dio? L'interrogativo che si pone Kurt Tu­ cholsky è comprensibile, anzi si rende necessario , se è vero che , come af­ ferma M. Buber in un suo passaggio frequentemente citato , quella di Dio «è la più gravata fra tutte le parole umane. Nessun'altra è tanto imbrattata, tanto lacerata. Di generazione in generazione gli uomini han­ no gettato proprio su questa parola il peso della propria vita angosciata, l'hanno stesa a terra, dove ancor si trova avvolta nella polvere , sotto il peso che la schiaccia. Di generazione in generazione, con i loro partiti religiosi, gli esseri umani hanno lacerato questa parola : per essa hanno ammazzato e per essa sono morti ; una parola che conserva ancora le im­ pronte delle loro dita e del loro sangue [. . . ] . Sono uomini che dicono buffonate e che le firmano con il nome di Dio ; si ammazzano gli uni gli altri, e sempre in nome di Dio [ . . . ] . Dobbiamo rispettare coloro che ne proibiscono l'uso, dato che intendono ribellarsi a questo modo scanda­ loso di giustificare i propri arbìtri in nome di Dio».3 Prima quindi di chiedersi se 'Dio esista' e di rispondere che 'esiste', o di supporre che 'non esista', bisognerà stabilire in quale senso venga usato il termine così complesso di 'Dio'. Senza un concetto chiaro , od almeno un pre-concetto, non è possibile rispondere a simili interrogativi, dove anzi ogni risposta non è altro che vuota formula . Ci chiediamo dunque in che modo si possa giungere a tale pre-concet­ to di Dio e dove iniziare con la riflessione teologica. Certo, non da una prova dell'esistenza di Dio apparentemente priva di qualsiasi presuppo­ sto. Infatti, prima di produrre una simile prova, bisognerà avere alme­ no un presentimento di ciò che s'intende dimostrare. Qualsiasi interro­ gativo che sia sensato presuppone una certa precomprensione di ciò su cui s'indaga . E pure una dimostrazione di Dio suppone un pre-concetto di Dio. In modo più generale diremo che non si dà una qualche cono­ scenza slegata da qualsiasi presupposto. Ogni conoscenza umana si svolge nel mezzo del linguaggio, il quale ci presenta sempre simboli e schemi d'interpretazione del reale. Pure in teologia, dunque, non potremo se non partire con il chiederci che cosa abbiano inteso per 'Dio' le religio­ ni e la tradizione teologica. Dovremo interrogare la storia del discorre­ re su Dio, se vogliamo dischiudere il problema che si cela nello stesso termine 'Dio'. Apriamo questa riflessione con uno dei grandi maestri della teologia, 5 M. BUBER, Begegnung. Autobiographische Fragmente, Stuttgart 19612, 43.

Dio come problema

11

ToMMA SO n 'A QU INO ( 1 225- 1 274). All'inizio della sua Summa di teolo­

gia egli dà alcune descrizioni riguardanti ciò che ' tutti' pensano quando parlano di Dio : Dio è il fondamento ultimo, il fondamento infondato di tutta la realtà, quello che tutto sorregge e tutto muove ; Dio è il bene supremo cui partecipano tutti i beni finiti e per i quali egli costituisce il fondamento ; Dio è il fine ultimo, che tutto governa e ordina.6 ANSE L­ MO DI CANTERBURY ( 1 0 3 3- 1 1 09 ) , il padre della scolastica medievale, definiva quindi Dio come «id quo maius cogitari nequit», ciò di cui non si può pensare il maggiore,' ciò che è più grande di tutto quello che si possa pensare .8 Non si tratta di un superlativo : Dio non è il «maximum, quod cogitari potest», ché altrimenti sarebbe l'intensificazione massima possibile dell'uomo. E Dio invece è un comparativo che non avrà mai l'uguale, quell'essere che è sempre maggiore, sempre più ampio, che re­ sterà dissimile nonostante ogni similitudine, resterà sempre diverso, av­ volto nel suo mistero. La definizione che LuTERO dà nel Grande cate­ chismo è quella del ' totalmente Altro', una definizione a-filosofica, che sta ad esprimere la serietà esistenziale del modo d'intendere Dio : «Che cosa significa avere un Dio, o che cos 'è Dio ? Risposta : un Dio significa che ci si deve attendere bontà e protezione in tutte le difficoltà». «Ciò cui [ . . . ] tu affidi il tuo cuore, ciò in cui ti abbandoni, questo propriamente è il tuo Dio» .9 L'Essere necessario ( notwendig ) della definizione sco­ lastica in Lutero è diventato Colui che a noi si volge nella difficoltà (der Not-wendende ) , Colui che sorregge l'uomo nelle sue necessità esistenzia­ li, Colui del quale ci si può fidare incondizionatamente e sul quale è possibile edificare la propria esistenza. Nessun dubbio che qui emerga­ no i motivi di fondo elle accompagnano la fede biblica in Dio. Alcune definizioni più recenti tentano di combinare insieme la dimensione filo­ sofico-astratta con quella esistenziale-concreta. Secondo P. TILLICH Dio è «ciò che riguarda l'uomo incondizionatamente» . 10 Per R . BuLTMANN egli è «la realtà che tutto determina» . 1 1 G. EBELING lo qualifica come «il mistero della realtà», 1 2 K. RAHNER «il mistero santo» , il fine e l'origine n'AQUINO, Summa theol. I q. 2 a. 3 . CANTERBURY, Proslogion 2 . s Ibid. 15 ( 1 1 0 s.). 9 BSLK 560 . IO P. TILLICH, Systematische Theologie I , Stuttgart 1 9563 , 21 s. e passim, spec. 2 5 1 ss. Il R. BULTMANN , Welchen Si nn ha t es, von Gott zu reden ? , in In., Glauben und Verstehen. Gesammelte Aufsiitze I, Tiibingen 1 9645, 26 [trad. it. Credere e com­ prendere, Queriniana, Brescia] . 12 G. EBELING, Dogmatik des christlichen Glaubens, vol. I , Tiibingen 1979, 187.

6 ToMMA S O

7 A N S E L MO

DI

La questione su Dio oggi

12

dell'uomo, ciò «che in quanto in-disponibile e senza-nome governa da dispositore assoluto nella libertà dell'amore» . 13 Tutte queste definizioni, per quanto fra loro diverse, stanno ad indi­ card una cosa: il termine 'Dio', come viene inteso nella tradizione, non vuoi rispondere ad uno fra i tanti problemi che si pongono. Per la tra­ dizione Dio non è una realtà giustapposta o superiore alle altre, non è un oggetto d'indagine e di conoscenza al pari degli altri oggetti. Dio non esiste come esistono gli uomini e le cose. Egli, invece, è la risposta al problema in tutti i problemi, risponde alla problematicità dell'uomo e del mondo, semplicemente. 14 Con 'Dio' si dà una risposta che compren­ de e trascende qualsiasi altra risposta. E questa risposta, comprensiva e trascendente, che diamo con il ter­ mine 'Dio' , coglie in modo esatto la situazione fondamentale dell'uomo. A differenza di tutti gli altri esseri viventi, l'uomo è quell'essere che non si adatta ad un certo ambiente con la sicurezza dell'istinto, quindi sen­ za porsi problemi. L'uomo è l'essere che, come dicono gli antropologi, è aperto al mondo.15 Egli non vive in armonia naturale con se stesso e con il proprio ambiente, ma deve plasmare sé e l'ambiente in cui vive. Egli è dato e affidato a se stesso. Per questo egli può interrogarsi e per lo stesso motivo si muove continuamente nei problemi. E questa capa-· cità d'interrogarsi è la grandezza dell'uomo, il motivo della sua trascen­ denza, cioè di un essere che va al di là e al di sopra di ogni altra cosa, il fondamento della sua stessa libertà. Ma questa capacità d'interrogarsi spiega anche la miseria dell'uomo. Egli è l'unico essere capace di an­ noiarsi, di provare scontentezza e infelicità . L'uomo aperto al mondo in­ tero trova il proprio compimento soltanto dando una risposta al problema del proprio essere ed al senso del reale. E secondo la tradizione religio­ sa questa risposta è data dalla realtà che s'intende con il termine 'Dio'. Secondo questa tradizione, quindi, Dio non è una realtà giustapposta al­ le altre, bensì quella che comprende, motiva e determina tutto il resto, l'Incondizionato in tutto ciò che è condizionato, l'Uno e il Tutto dell'uo13 K. RAHNER, Grundkurs des Glaubens. Einfiihrung in den Begrilf des Christentums, Freiburg-Basel-Wien 1 9766 74 [ trad. it. Corso fondamentale sulla fede, Ed. Paoline, Roma ] . 14 È d a qui che, giustamente, prende l e mosse W. WEISCHEDEL, Der Gott der Philo­ sophen. Grundlegung einer philosophischen Theologie im Zeitalter des Nihilismus, 2 vol., Miinchen 19753 . 1 5 Cosl riassumendo e riferendosi alla questione di Dio E. FROMM, Psychoanalyse und Religion, Ziirich 1 966, 3 1 ss. [ trad. it. Psicoanalisi e religione, Ed. d i Comunità, Milano] . ,

Dio come problema

13

mo. O anche : la questione s u Dio non è di tipo categoriale bensì trascen­ dentale in duplice senso : un problema che avvolge tutto ciò che esiste (trascendentale nel senso della dottrina scolastica dei trascendentali) e un problema che riguarda la condizione di possibilità di tutti gli altri problemi (trascendentale nel senso della filosofia trascendentale mo­ derna) . Essendo la questione di tutte le altre questioni, anche Dio può essere messo in questione. Nemmeno la teologia classica si muoveva nell'atmo­ sfera asettica dell'assenza di contraddizioni, nell'idillio di un mondo er­ roneamente concepito come mondo sano. 16 Nella sua Summa di teologia Tommaso d'Aquino introduce l'articolo sulla questione 'se Dio esista', illustrando due obiezioni che conservano anche ai nostri giorni il loro peso. Egli si riferisce al male presente nel mondo, un motivo cui si ri­ corre per escludere l.a possibilità di un Dio concepito come bene infinito; ma anche alla possibilità di spiegare il mondo in modo puramente im­ manente, « supposito quod Deus non sit». 17 Egli anticipa cosl la spiega­ zione moderna del reale «etsi Deus non daretur» . Ma per Tommaso, nel­ la sua controversia con i pagani (genti/es) , specialmente con l'islam, con­ testato non è soltanto che Dio esista ma anche chi Dio sia. Altrimenti non si sarebbe sentito costretto a scrivere un'intera Summa contra gen­ tiles. Anche per questo pensatore medievale, quindi, Dio non rappresen­ ta una mera ovvietà, e il discorso che su Lui facciamo non può essere minimamente paragonato alla sfera inattaccabile in cui si svolge la pla­ cida contemplazione. Di fronte alla realtà esistente, la fede in Dio è sempre stata una fede che s'interroga e che cerca, e la professione della fede in Lui sempre anche una confessione combattuta. Sempre gli uo­ mini hanno dovuto dire : «Credo, aiutami nella mia incredulità» (Mc. 9,24 ). Cosl, nella tradizione classica, la fede è stata intesa come una 'fides quaerens intellectum' , una fede che cerca di capire. Siamo cosl giunti alla definizione antologica classica della teologia, al discorso responsabilmente condotto su Dio. Riallacciandosi ad Agostino, Anselmo di Canterbury definisce la teologia come 'fides quaerens intel­ lectum', 18 come fede che cerca di comprendere. Secondo questa defini­ zione, non è che l'interrogarsi o il comprendere verrebbero ad aggiun­ gersi alla fede. È la fede stessa, infatti, che è concepita come una fede 16 Cosl G. EBELING, op. cit. 168 s. 1 7 ToMMASO n'AQUINO, Summa theol. I 18 ANSELMO DI CANTERBURY, Proslogion,

q.

2

a.

proem.

3 l.

arg.

l

e

2.

La questione su Dio oggi

14

che cerca e vuole intendere . Essa è un atto dell'uomo (anche se, da un altro punto di vista, è un intervento della grazia e illuminazione di Dio sull'uomo); esiste fede soltanto nel mezzo dell'ascolto, della compren­ sione, dell'assenso e pure della ricerca dell'uomo. La teologia riprende quindi un movimento che inizia nella e dalla fede, e lo sviluppa. Nel senso proprio del termine essa è scienza della fede. Il carattere peculiare della teologia in quanto scienza sta appunto nel fatto che essa riprende la ricerca di comprensione, immanente alla fede, secondo un modo me­ todico e sistematico, la riferisce ai problemi che si pongono nelle diffe­ renti situazioni e tenta di chiarirla con i mezzi che il modo di pensare dell'una e dell'altra epoca mette a disposizione}9

2 . LA PROBLEMATICA CONTEMPORANEA Per quanto Dio non sia mai stato considerato una mera ovvietà, la situazione in cui noi oggi dobbiamo parlare di Lui è profondamente · mutata rispetto a quella dell'inizio dell'età moderna. se allora , per l'in­ dividuo religioso, Dio o il Divino costituiva la vera realtà, mentre il mondo arrischiava di essere considerato una realtà meramente apparen­ te e umbratile,20 alla fine del sec. xx la coscienza dell'individuo medio è capovolta : ovvia per lui è la realtà che si percepisce mediante i sensi, mentre la realtà di Dio tende a ridursi a mero riflesso del mondo, a pu­ ra ideologia . Anche oggi il detto nicciano sulla morte di Dio può essere considerato una cifra diagnostico-culturale . In senso analogo si espri­ mono M. Heidegger, che con Holderlin parla di 'assenza di Dio'/1 e M. Buber che parla di 'tenebre' che al nostro tempo avvolgono l'immagine di Dio .22 Tormentati nell'anim1 e nel corpo, prigionieri della Gestapo , il

19 Non è possibile , in questo contesto , approfondire tutti i problemi epistemologici della teologia. Cf. W. KASPER, Metboden der Dogmatik. Einheit und Vielheit, Miin­ chen 1967 [ trad . i t. Per un rinnovamento del metodo teologico, Queriniana, Brescia] ; Io., Dogmatik als Wissenschaft. Versuch einer Neubegriindung, in TbQ 157 ( 1977 ) 189-203 ; Io., Wissenschaftliche Fre1heit und lehramtliche Bindung der katholischen Theologie, in Essener Gespriiche zum Thema Staat und Kirche 16, Miinster 1982, 12-44 , spec. 26 ss. ( sempre con indicazioni bibliografiche). 20 C/. M. ELIAOE, Kosmos und Geschichte. Der Mythos der ewigen Wiederkehr IRowohlts deutsche Enzyklopiidie 260), Hamburg 1 966, 9 s. [ trad . i t. Il mito dell'eter­ no ritorno, Rusconi, Milano ] . 2 1 M . HEIDEGGER, Erliiuterungen zu Holderlins Dichung, Frankfurt a M . 1951 , 27. 22 M. BuBER, Gottes/insternis. Betrachtungen zur Beziehung zwiscben Religion und

Dio come problema

15

teologo evangelico D. Bonhoeffer 23 e il gesuita cattolico A. Delp 24 evo­ cano un'età areligiosa, atea, dove gli antichi termini religiosi sono ormai impotenti ed incomprensibili. Nel frattempo la situazione ha assunto dimensioni universali, fino al punto che l'ateismo non riguarda più sol­ tanto gli altri ma tocca i nostri stessi cuori. Secondo il concilio Vaticano II l'ateismo «va annoverato fra le cose più gravi del nostro tempo »,25 è uno dei (segni dei tempi'. Il contesto in cui si esprime, per la prima volta nella storia dell'uma­ nità, questo ateismo di massa, viene generalmente descritto come seco­ larizzazione: s 'intende così il processo che ha portato ad una compren­ sione del mondo e delle sue branche (politica, cultura, economia, scien­ za ecc.), e ad un rapporto con esso, a prescindere se non altro dalla sua motivazione trascendente, per considerarlo e trattarlo in modo meramen­ te immanente.Jt� Di tale processo si sono gia date valutazioni diametralmente oppos te. Rea­

gendo all'accettazione programmatica di stampa liberale della secolarizzazio­ ne, la teologia tradizionale poteva riconoscere, nella secolarizzazione moderPhilosophie (WW l, Miinchen 1962), 503-603 [trad. it. L'eclissi di Dio, Ed. di Comu­ nità, Milano] . 23 D. BoNHOEFFER, Widerstand und Ergebung. Briefe und Aufzeichnungen aus der Ha/t ( ed. E. Bethge) , Miinchen 19772 [ trad. it. Resistenza e resa, Bompiani, Milano]. 24 A. DE LP, Im Angesicht des Todes. Geschrieben ::.wischen Verhaftung und Hinrich­ tung 1944-1945, Frankfurt a.M. 19638. 25 VATICANO II, Gaudium et spes, 19. J6 Sul tema della secolarizzaz ione: K. Lowrrn, Weltgeschichte tmd Heilsgeschehen. Die theologische Voraussetzung der Geschichtsphilosophie, Stuttgart 1979'> [ trad. it. Significato e fine della storia, Ed. di Comunità, Milano]; T. RENOTORFF, Kirche und Theologie. Die systematische Funktion des Kirchenbegriffs in der neueren. Theologie, Giitersloh 1966; Io., Theorie des Christentums. Historisch-theologische Studien zu sei­ ner neuzeitlichen Verfassung, Giitersloh 1972; F. GoGARTEN, Verhiingnis und Hoffnung der Neuzeit. Die Siikularisierung als theologisches Problem, Miinchen-Hamburg 19 66 [ trad it. Destino e speranza dell'.-:poca moderna, Morcelliana, Brescia]; J .B. METZ, Zur Theologie der Welt, Mainz 1968 [trad. it. Sulla teologia del mondo, Queriniana, Brescia]; Io., Glaube in Geschichte und Gesellschaft. Studien zu einer praktischen Fundamentaltheologie, Mainz 1977 [trad. it. La fede, nella storia e nella società, Que­ riniana, Brescia ] ; P.L. BERGER, Zur Dialektik von R.eligion und Gesellschaft. Elemente einer soziologischen Theorie, Frankfurt a.M. 1973; H. LuBBE, Siikularisierung. Geschich­ te eines ideenpolitischen Begriffs, Freiburg-Miinchen 19752 [ trad. it. La secolariua­ zione, Il Mulino, Bologna]; H. BLUMENBERG, Die Legitimitiit der Neuzeit, Frankfurt a.M. 1966; Io., Sakularisierung und Selbstbehauptung, Frankfurt a.M. 1974 (al propo­ sito cf. W. PANNENBERG, Gottesgedanke und menschliche Freiheit, GOttingen 1972, 1 14-128 [ trad. it. Idea di Dio e libertà dell'uomo, in Questioni fondamentali di teolo­ gia sistematica, Queriniana, Brescia]); W. KAsPER, Autonomie und Theonomie. Zur .

16

La questione su Dio oggi

na, soltanto un unico, grande distacco da Dio e dal cristianesimo, per cui pensava che ci si fosse ormai avviati verso la catastrofe generale . Al pro­ gramma della secolarizzazione ci si sarebbe dovuti opporre con il program­ ma cris tiano della restaurazione . In contrasto con questa tesi restauratrice­ tradizionale, un'impostazione più recente e progressista, la cosiddetta teolo­ gia della secolarizzazione degli anni Cinquanta e Sessanta, richiamandosi ad Hegel, M. Weber, E. Troeltsch e K. Lowith, sostiene che la secolarizzazione moderna è un prodotto del cristianesimo, anzi in certo senso la sua attua­ zione mondana (F. Gogarten, J.B. Metz ) . Essa è convinta che sia stata pro­ prio la distinzione biblica .fra Dio e mondo a consentire un modo mondano d'intendere il mondo . In questa ·prospettiva l'ateismo moderno, il quale di­ mentica le proprie origini cristiane e contro di esse eleva la sua protesta, è un'interpretazione possibile - per quanto non l'unica né la sola necessa­ ria - del processo moderno di secolarizzazione. Si è voluto cosi distinguere fra secolarizzazione legittima e secolarismo illegi ttimo . A differenza della precedente teoria restauratrice, questa teoria 'progressista' non esclude una accettazione cristiana dei processi moderni di liberazione . Eppure, di fronte al modo concreto in cui la storia moderna si è svolta, questa teoria dimo­ stra tutta la sua astrattezza . Infatti la storia concreta dell'età moderna si è sviluppata sempre più in antitesi al cristianesimo ed è stata sempre accom­ pagnata dalla protesta delle chiese. Se osserviamo i risultati, il mondo seco­ larizzato non è un mondo cristiano ma un mondo indifferente agli elementi cristiani. Perché non si debba poi parlare di equivoci che sarebbero sorti su entrambi i versanti, H . Blumenberg critica la tesi della secolarizzazione in base ad un terzo modello interpretativo : l'età moderna nasce come atto di auto-i. affermazione umana sia rispetto ad una trascendenza strapotente che schia­ vizza l'uomo, come contro delle strutture ecclesiastiche sclerotizzate, diven­ tate ormai reazionarie e repressive . L'età moderna viene dunque interpreta­ ta come reazione critica al cristianesimo e come tentativo di autofondazione autonoma dell'uomo. Questa teoria spiega meglio della tesi astratta della secolarizzazione il reale processo che la storia moderna ha conosciuto. E tut­ tavia nemmeno essa è in grado di motivare questi suoi giusti punti di vista, e quindi di affermarsi come teoria che spieghi, in modo del tutto soddisfa­ cente, questa età storica . Se vogliamo giungere ad una valutazione più corretta di questi fenomeni, Ortsbestimmung des Christentums in der modernen Welt, in Anspruch der Wirklich­ keit un d christlicher Glaube. Probleme und Wege theologischer Ethik beute (FS A. Auer ), a cura di H. Weber-D. Mieth, Dii sseldorf 1980, 17-41; K. LEHMANN, Prole­ gomena zur theologischen Bewaltigung der Slikularisierungsproblematik, in In., Gegen­ wart des Glaubens, Mainz 1974, 94-108 [ trad. it. Presenza della fede, Queriniana, Bre­ scia ] ; U. RUH, Slikularisierung, in Christlicher Glaube in moderner Gesellschaft 18, Freiburg-BaselJWien 1982, 59-100 (bibl .).

Dio come problema

17

dobbiamo tener presente che l'età moderna, e specialmente l'ateismo tardo­ moderno , rappresenta .u na realtà stratificata, che non è possibile derivare in modo monocausale da un principio unico .n Muovendoci nella storia dello spirito, con H. Blumenberg potremo prendere senz'altro come punto di partenza il conflitto fra autonomia ed una teonomia schiacciante, per aggiun­ gere però anche subito altri punti di vista. L'emancipazione dal cristianesi­ mo, infatti, si basa pur sempre su dei presupposti cristiani . L'idea della li­ bertà e dignità di ogni essere umano è venuta al mondo con il cristianesi­ mo 28 e l'emancipazione moderna presuppone questa liberazione cristiana del­ l'uomo proprio come la supponevano il nominalismo tardo-medievale e le strutture ecclesiastiche sclerotizzate dell 'età confessionale , quando questa stes­ sa libertà veniva negata. L'autoaffermazione dell'uomo contro il cristianesi­ mo risulta dunque ancora una volta cristianamente mediata. Si aggiunga poi il richiamo all'umanesimo antico ed alla rinascenza dell'antichità, che servi­ vano a motivare le nuove posizioni umanistiche.29 E non si dimentichino nep­ pure le idee - spesso così mal interpretate - che la Riforma proponeva : quella della libertà del cristiano, quella dei due regni, quella della vocazione profana .30 Assieme a questo motivo storico-ideale dovremo poi ricordare alcuni fattori storico-reali, ad essi stret tamente saldati : la lacerazione nella compagine ec­ clesiale del sec. XVI e l'affermarsi della borghesia moderna.31 In seguito alla 27 Così E. TROELTSCH, Das Wesen des modernen Geistes (Ges . Schriften IV, Tiibin­ gen 1925 = Aalen 1966), 334 [ trad. it. L'essenza del mondo moderno, Bibliopolis, Napoli ] . 28 HEGEL, Grundlinien der Philosophie des Rechts (ed. J. Hoffmeister), 70, 1 1 2, 167 s. [ trad i t . Lineamenti di filosofia del diritto, Laterza, Bari ] . 29 Un aspetto che è stato evidenziato soprattutto da W . DI LTHEY, Weltanschauung und Analyse des Menschen seit Renaissance und Reformation ( WW Il, Stuttgart-GOt­ tingen 19575), 254 ss. e passim [ trad. it. L'analisi dell'uomo e l'intuizione della natura, La Nuova Italia, Firenze] . 30 K . HoLL, Die Geschichte des Worts Beruf, in I o., Gesammelte Aufsiitze zur Kir­ chengeschichte II I: Der W esten, Ttibingen 1928, 189-219; M . WEBER, Di e protestan­ tische Ethik und der Geist des Kapitalismus, in I o., Gesammelte Aufsiitze zur Reli­ gionssoziologie I, Tiibingen 19726 ( 1920), 17-206 [ trad. it. L'etica protestante e lo spi­ rito del capitalismo, Sansoni, Firenze] . 3 1 Dopo le analisi di J. Habennas, R. Koselleck, M. Riedel, B . Groethuysen, D. Schel­ long, L. Goldman e altri, la categoria 'società borghese' è diventata fondamentale, spe­ cialmente tramite la nuova teologia politica di J.B . Metz, per l'ermeneutica del cristia­ nesimo nei rapporti dell'attuale situazione socio-storica. Cf. J.B. METz, Glaube in Ge­ schichte und Gesellschaft. Studien zu einer praktischen Fundamentaltheologie, Mainz 1977 [ trad. i t. La fede, nella storia e nella società, Queriniana, Brescia] ; Io., ]enseits burgerlichen Religion. Reden uber die Zukunft des Christentums, Mainz-Miinchen 1980 [ trad . it. Al di là della religione borghese, Queriniana , Brescia ] . Buona ed equilibrata la sintesi di W. MiiLLER, Biirgertum und Christentum, in Christlicher Glaube in mo­ derner Gesellschaft 18, Freibutg-Basel-Wien 1982, 5-58 (bibl.). È un tentativo stimo-

18

La questione su Dio oggi

Riforma risultava ormai compromessa l'unità di fede e quindi pure il fonda­ mento unitario che aveva fino ad allora sorretto la società. Ne rimaneva scon­ volto l'intero ordinamento sociale. Come effetto abbiamo le guerre di reli­ gione dei sec. XVI e xvn, che portarono la società sull 'orlo del crollo . Ci si accorse che la religione aveva ormai perso il suo ruolo di integrazione e che per sopravvivere bisognava pensare ad una nuova base unificante , normativa per tutti , a prescindere dalla religione. Per garantire la pace ci si vedeva co­ stretti a dichiarare la religione affare privato, rifondando la convivenza sulla ragione che è comune a tutti gli uomini , su un ordine naturale che è possi­ bile conoscere in modo razionale e che conserva la propria validità - alme­ no così si pensa- «etsi Deus non daretur» {H . Grozio ).32 Sul piano sociale Dio perde cosl ogni funzione . Questo tipo di sviluppo converge con l'ascesa della borghesia moderna, che già prepamta nel sec. XII e sostanzialmente ap­ poggiata dilla Riforma , ora si presenta come un'emancipazione dai tradizionali poteri politici, sociali e culturali, e prende a fondamento il principio dell'auto­ nomia, di un uomo che si realizza mediante 1a conoscenza , il lavoro, ,la presta­ zione e la diligenza. Ma quando il senso della realtà e della propria esistenza viene ricavato esclusivamente dal proprio modo di pensare e di agire, una reli­ gione la quale riconosce la realtà come istituzione e provvidenza divina, se non

!ante e promettente. Ma bisogna anche riconoscerne i limiti. Infatti la borghesia, la quale si sviluppa in un lungo arco di tempo ( dal sec. XII fino ai sec. XIX-xx ), ha cono­ sciuto notevoli trasformazioni, e chissà quante ne conoscerà in futuro! Storicamente, dunque , quello di 'borghese' è un concetto generico ad elevato grado di astrazione e come tale è inadatto a precisare la. situazione concreta dei nostri giorni. Quando poi non si dice chiaramente che cosa con esso s'intenda esprimere, tale concetto assume anche una tinta diffamatoria, e con questa 'carica' emotiva si blocca ogni discussione razionale. Esso cela inoltre le grandi conquiste della cultura borghese, a favore di una critica unidimensionale , più o meno marxista : la dignità della libertà individuale, i diritti dell'uomo e i diritti alla libertà, l'idea di tolleranza ecc. ecc. Invece di evocare �consideratamente una religione post-borghese, dovremmo innanzitutto impegnarci per­ ché queste idee, che in definitiva traggono origine dal cristianesimo, vengano realizzate e rispettate nelle religioni e chiese. Con questo non si negano i limiti e la crisi della cultura borghese, i quali però non potranno essere superati in più ampi nessi con la negazione astratta di quel che è borghese, ma soltanto mediante una trasformazione della sua positiva eredità. Come vedremo, questo nesso più ampio non si esaurisce af­ fatto nella dimensione politica della religione, in antitesi alla sua privatizzazione nella borghesia. Se attentamente considerata, la religione borghese non si presentava poi cosi a-politica, ma solo troppo politica ; e non ha addomesticato la nuova problematica so­ ciale per una sua presunta a-politicità, ma non ne ha preso coscienza in quanto impri­ gionata nelle strutture sociali esistenti, che essa legittimava. n fallimento della cosid­ detta religione borghese non si. spiega con la perdita di una dimensione politica , per cui anche la nuova impostazione della teologia politica è troppo angusta ed esige una dilatazione. 32 H. GRonus, De iure belli ac pacis, Prolegomena Il (ed. P.C. Molhuysen, Lug­ duni Batavorum 1919, 7 ) .

Dio come problema

19

appare ormai superflua ed insensata, si riduce comunque a morale privata, ha senso soltanto come risposta al 'che cosa dobbiamo fare ? ' e come tale, se so­ cialmente ut,i1le al popolo, vien pure riconosciuta. È una religione, dunque , che facilmente può sfociare in ideologia del sistema vigente, quando la sua funzio­ ne, per quanto solenne, ha ormai smarrito qualsiasi carattere costitutivo. Non si dimentichi, infine, la nascita delle scienze moderne, le quali rendono ora possibile una concezione del mondo slegata da ogni motivazione trascenden­ te, addirittura in contrasto con il modo di vedere proprio della Bibbia e della tradizione ecclesiastica.33 Questa emancipazione della sfera pubblica dai nessi di motivazione teologica causò poi la perdita del carattere universalistico tipico dell'idea di Dio. La religione divenne un fatto meramente interiore , slegato da ogni rapporto con la realtà. Il pietismo ed i diversi movimenti di risveglio la tramutarono poi in un oggetto di pia soggettività, in una religione del cuore. lnsuperabile rimane il modo in cui Hegel ci ha descritto tale situazione : « La religione costrui­ sce nel cuore dell'individuo i suoi templi ed i suoi altari , ed i sospiri e le preghiere cercano un Dio che non si lascia contemplare, essendo sempre pre­ sente il pericolo dell'intelletto, il quale vorrebbe conoscere il contemplato come fosse una cosa, il boschetto sacro come bosco di legna».34 Per Hegel l'oggettivazione della realtà e il ripiegamento della religione sulla soggetti­ vità appiattiscono il reale e svuotano pure la religione . Il mondo diventa sen­ za Dio, Dio senza mondo e- nel senso proprio del termine- senza oggetto, inconsistente . «Dio stesso è morto», una frase dell'innario luterano, diventa per lui un termine atto ad esprimere la nuova cultura e il nuovo modo di sentire, le basi «SU cui poggia la religione della nuova età» .35

Il risultato è quindi che la secolarizzazione moderna presenta diffe­ renti radici. Resa possibile dallo stesso cristianesimo, essa scaturisce co­ me reazione in nome della libertà e contro un'immagine assolutistica di Dio . Essa risulta inscindibilmente legata alla soggettività moderna, che non giustifica più la propria autonomia in modo teonomo bensì in modo immanente, anzi critico rispetto alla religione, ed anche per questo si appella all'umanesimo antico. Per ciò, da motivi diversi, in parte anche 33 Cf. più avanti,

33 ss.

34 HEGEL, Glauben und Wissen oder die Religionsphilosophie der Subjektivitiit, in

der Vollstiindigkeit ihrer Formen als Kantische, ]acobische und Fichtesche Philosophie rWW I , ed. H. Glockner), 281 s. [ trad . it. Fede e Sapere, in Primi scritti critici, Mursia, Milano ] . 35 lbid. 433 ; cf. In., Phiinomenologie des Geistes (ed. J. Hoffmeister), 523, 546 [ trad. it. Fenomenologia dello spirito, La Nuova Italia, Firenze ] ; In., Vorlesungen uber die Philosophie der Religion, 3 . Teil: Die absolute Religion (ed. G. Lasson ), 157 s. [ trad . i t. Lezioni sulla filosofia della religione, Zanichelli, Bologna] .

20

La questione su Dio oggi

contrastanti, nasce la cultura moderna autonoma, una cultura che nella sua prospettiva immanente si distingue in modo netto dall'immagine del mondo tipicamente medievale, sviluppata in chiave trascendente e in­ fluenzata dalle concezioni agostiniane. In questo mondo secolarizzato l'ipotesi 'Dio', per spiegare i fenomeni intramondani , diventa sempre più superflua : Dio perde sempre più la sua funzione nel mondo. Si de­ ve vivere nel mondo «etsi Deus non daretur» . Per cui anche la fede in Dio si rende nebulosa, povera di esperienza e vuota di realtà : Dio è sempre più irreale. Ed alla fin fine il 'Dio è morto' potrà allora spiegare il modo moderno di sentire la vita e la realtà. Ma evidentemente non è possibile cancellare la realtà di Dio e pensare che tutto rimanga come prima. Nella storia dell'umanità il termine 'Dio' rappresenta il fondamento e il fine ultimo dell'uomo e del mondo. Se Dio scompare, anche il mondo smarrisce la propria ragione e destinazio­ ne, e ogni cosa arrischia di rendersi insensata. Infatti ha senso soltanto ciò che s'inserisce in un contesto più ampio, di per se stesso significati­ vo. Quando si perde il senso dell'intero , quando non si coglie più quella realtà divina che tutto determina, tutto dispone e sorregge, anche le cose, in definitiva , diventano insensate . Tutto sprofonda nell'abisso del nulla. E così, come J. Paul, J acobi, Novalis, Fichte, Schelling, Hegel avevano già intuito, questa evoluzione si conclude nel nichilismo. F. Nietzsche è stato uno dei pochi a trarre coraggiosamente le conseguen­ ze nichilistiche cui l'ateismo conduce . Nella Gaia scienza egli accompa­ gna il suo annuncio della morte di Dio a tutta una serie di interrogativi : «Che mai facemmo a sciogliere questa terra dalla catena del suo sole? dov'è che si muove ora ? dov'è che ci muoviamo noi ? via da tutti i soli? non è il nostro un eterno precipitare ? e all'indietro, di fianco, in avan­ ti , da tutti i lati ? esiste ancora un alto e un basso ? non stiamo forse vagando come attraverso un infinito nulla? non alita su di noi lo spazio vuoto ? non si è fatto più freddo ? non seguita a venire notte, sempre più notte ? » .36 Il pensiero nicciano ci si presenta oggi in tutta la sua sbalorditiva at­ tualità. È più attuale di tutti gli schemi elaborati dall'ateismo umanisti­ co, più attuale anche dell'ateismo marxista, che fino a non molto tempo fa parecchi consideravano la sfida c�e viene lanciata al cristianesimo. 36 F. NIETZSCHE, Die frohliche Wissenschaft (WW I I , ed. K. Schlechta), 127 [ trad . it. La gaia scienza, Adelphi, Milano] .

Dio come problema

21

Infatti, con il mistero di Dio scompare anche il mistero dell'uomo. Nell'uomo non si vede altro che un bisogno biologico, un complesso di rapporti sociali . Quando non esiste più ciò che è più grande dell'uo­ mo e del suo mondo, si afferma l'ideologia dell'adattamento totale al mondo dei bisogni e dei rapporti sociali, ma allora muore anche la li­ bertà, l'uomo si sviluppa all'indietro, ritornando allo stadio primitivo di animale ingegnoso e spegnendo in se stesso ogni fame e sete di giustizia assoluta. La morte di Dio porta alla morte dell'uomo. Assistiamo cosl al vuoto terribile, alla mancanza di senso, alla perdita di prospettiva, in de­ finitiva alla vera ragione dell'angoscia esistenziale che tanti individui co­ noscono . Più ancora dell'ateismo, ciò che propriamente caratterizza la nostra epoca è il nichilismo che da esso deriva. Secondo L. Kolakowski , «con la sicurezza della fede è andata a pezzi anche la sicurezza dell'incredulità. A differenza di un mondo familiare, protetto da una natura benefica e benigna, come ce la proponeva l'atei­ smo illuministico, il mondo senza Dio dei giorni nostri viene avvertito come un caos opprimente, eterno . È un mondo privato di ogni suo sen­ so, di qualsiasi direzione, segno di orientamento, struttura [ . . . ] . Da cent'anni a questa parte, da quando Nietzsche annunciava la morte di Dio, non abbiamo più visto atei sereni [. . . ]. L'assenza di Dio è diven­ tata la ferita sempre aperta dello spirito europeo, per quanto ci si sia sforzati di dimenticarlo ricorrendo ad ogni sorta di narcotici [ . . . ] . Il crollo del cristianesimo che l'illuminismo si attendeva con gioia si è ri­ velato - nella misura in cui effettivamente c'è stato - pure come il crollo dell'illuminismo. Né si è mai instaurato l 'ordine radioso del­ l'antropocentrismo, quello che si sarebbe dovuto erigere sulle macerie di Dio » .37 In una simile situazione_, uno dei compiti più urgenti, anzi il più ur­ gente che al teologo s'impone, è quello di parlare di Dio come del fon­ damento e fine di ogni realtà, e proprio per salvare l'uomo. M. Buber, un filosofo ebreo che ha studiato il fenomeno delle religioni, dopo aver detto che la parola di Dio - come si ricordava all'inizio del capitolo­ «è la più gravata fra tutte le parole umane», conclude affermando : «Noi non possiamo proporre il termine 'Dio' in tutta la sua purezza, non lo 37 L. KoLAKOWSKI, Die Sorge um Gott in unserem scheinbar gottlosen Zeitalter, in In., Der nahe und der ferne Gott. Nichttheologische Texte zur Gottesfrage im 20, Jahrhundert. Ein Lesebuch, Berlin 1981, 10.

La questione su Dio oggi

22

possiamo produrre nella sua integrità, ma soltanto levarlo da terra e, imbrattato e lacerato com'è, innalzarlo su un 'ora di grave pena» .38

3 . LA PROBLEMA TICA TEOLOGICA Come parlare quindi in modo comprensibile di Dio in questa situa­ zione ? Senz'altro non partend:) immediatamente da una fede più o meno ovvia in Dio, ma nemmeno procedendo in termini meramente positivi­ stici dal Dio della rivelazione biblica. Questa partenza immediata dal­ l'alto oggi ci è resa impossibile, perché qualsiasi risposta può essere com­ presa soltanto se prima si è capita pure la domanda cui si deve rispon­ dere. Ma allora non potremo nemmeno prendere come punto di parten­ za una prospettiva - apparentemente o realmente - immotivata e poi procedere, passo dopo passo, nella dimostrazione che Dio esiste. Anche questo itinerario dal basso ci riesce impossibile, perché ogni problema suppone già una precomprensione della realtà su cui s'indaga. Se non avessimo mai sentito parlare di Dio, non ci verrebbe nemmeno in men­ te di parlare di Lui o addirittura di dimostrarne l'esistenza. Del resto queste prove dell'esistenza di Dio il più delle volte suonano convincenti soltanto a coloro che in Lui già credono. Nel nostro discorrere su Dio noi veniamo riferiti, anzi affidati, alla tradizione.39 Si può dunque partire dal discorso tramandato su Dio soltanto per­ ché esso non è mai esclusivamente tradizione. La tradizione religiosa si è potuta e può ancora affermarsi solo perché è risposta ad una domanda permanente, a quell'interrogativo che è lo stesso uomo. Il problema di Dio non può mai ignorare l'uomo perché è dato con l'uomo stesso . Cer­ to, una politica culturale ed una educazione che per una o due genera­ zioni vengano imposte con criteri ateistici possono determinare gravi conseguenze. E tuttavia anche la propaganda ateistica, a suo modo, con­ tribuisce a mantener desto il problema di Dio. Se si volesse soffocare Dio, bisognerebbe soffocare anche i problemi dell'uomo, le questioni cui la tradizione umana ha risposto appellandosi a Dio . Non è quindi affatto casuale che simili !entativi non abbiano raggiunto il loro scopo nemmeop. cit., 44. Per una più precisa motivazione vedi più avanti, 1 10 s., 124

38 M. BuBER, Begegnung, 39

ss.

Dio come problema

23

no nei sistemi totalitari. Al contrario, oggi assistiamo ovunque ad una straordinaria ripresa della problematico di Dio. Prendiamo allora come punto di partenza un problema che ci viene delineato nel termine (Dio' tramandatoci nel corso della storia. E un problema è sempre anche un progetto, una risposta che contiene una domanda, un punto di riferimento che ci dice in quale direzione cerca­ re, se vogliamo giungere al fine cui tendiamo. Già Aristotele sosteneva la tesi secondo la quale la scienza, specialmen­ te la metafisica, deve partire da problemi emersi nel corso della ricerca precedente .40 Mutatis mutandis ciò vale anche per la scienza teologica . La teologia parte dal discorso su Dio (the6s ) che ci viene tramandato nella confessione di fede della chiesa e cerca poi di legi ttimarlo e di ap­ profondirlo al cospetto della ragione (l6gos) e di fronte ai problemi che l'uomo si pone . La teologia vuoi essere dunque un rendiconto (apologia) della speranza che si esprime nella confessione della fede in Dio, e lo fa davanti ad un mondo incredulo ( 1 Pt. 3 , 1 5 ) . La teologia è 'fides quae­ rens intellectum', una fede in Dio che mira alla comprensione. Il cre­ dente risulterà dunque condizionato dalla situazione di incredulità e di assenza di Dio in cui vive. Ciò che è decisivo non è l'ateismo degli altri bensì l'ateismo che si annida nei nostri stessi cuori. Ed allora è la fede stessa a porsi in questione. La teologia non vuoi essere altro che un capire, un cercare ( quaerere ) ed un interrogare ciò che appartiene al­ la fede stessa, un tentativo di comprensione in forma scientificamente riflessa. Trasformando il problema della fede in un problema scientifico, essa non costruisce qualcosa di diverso (aliud) · dalla fede, ma articola soltanto in modo diverso (aliter) l'unica e medesima fede, la riconduce alla forma di una riflessione metodologico-scientifica. Articolare diversamente l'unica e medesima fede non significa tramu­ tare la fede in gnosi. Il problema che con Dio si pone non è un singolo problema categoriale, ma un problema di fondo e trascendentale, per cui a priori l'obiettivo che la teologia si prefigge non sarà quello di una comprensione razionalistica di Dio stesso. Qualsiasi comprensione pre­ suppone un punto di vista, una prospettiva più ampia. Ma se Dio è la realtà che tutto avvolge, Egli sarà anche «id quo maius cogitari nequit», ciò che non si potrà più concepire entro un orizzonte più ampio. Una 40 ARIS TOTELE, Met. II, 994 a-b. Sul concetto di 'problema' in Aristotele, vedi Top. 104 b.

La questione su Dio oggi

24

teologia che avesse capito Dio, Lo avrebbe anche 'mancato', Lo avrebbe spogliato della sua divinità, Lo avrebbe ridotto al rango di idolo finito. Una teologia che si proponesse come metodo un razionalismo capace di intendere tutto, Dio compreso, non potrebbe non sfociare nella super­ stizione (che magari pretende di combattere) e diventerebbe essa stessa la più buia di tutte le superstizioni . Questo però significa che per la ra­ gione teologica Dio non è un problema simile ai tanti altri problemi che almeno in linea di principio è possibile risolvere in certa successione. Dio è un problema permanente, quel problema 'katéxochen' che noi chiamiamo mistero. 41 Il fine della teologia non può essere, quindi, pri­ mariamente, quello della solutio dei problemi, e nemmeno quello della progressio da problema a problema, ma soltanto quello della ricondu­ zione di ogni conoscenza e ricerca al mistero di Dio (reductio in my­ sterium ) . La teologia mirerà non a risolvere la fede in Dio nel pensiero bensì a capire il mistero di Dio nel suo carattere di mistero. Dopo quanto si è detto è chiaro che questo compito potrà essere as­ solto soltanto quando il mistero di Dio verrà compreso come risposta al mistero dell'uomo. Concretamente, lo potremo assolvere soltanto di­ battendo sul mistero della realtà e dell'uomo, polemizzando con le interpretazioni che gli ateismi contemporanei ci offrono come progetti di senso e di speranza. Per sua stessa natura questo conflitto non potrà essere puramente teorico, perché non tocca soltanto la sfera privata e personale. La discussione su Dio, essendo una discussione sull'uomo, presenta una problematica estremamente pratica, che riguarda l'uomo in tutte le sue dimensioni e che evidenzia pure una dimensione politica. Chi crede in Dio come in una realtà che tutto .determina, non può acconten­ tarsi della dissociazione borghese fra una sfera pubblica profana ed una sfera privata, nella quale , soltanto , la religione avrebbe diritto ad esistere . Con­ corderemo quindi pienamente con una nuova teologia politica che richiami l'attenzione su questi aspetti ed esiga che Dio si affermi , in modo piena­ mente manifesto, come la verità che vale per l 'uomo e la convivenza umana. Con pari vigore ci opporremo, tuttavia, ad una teologia che trasforma la dimensione politica in base programmatica , nel contesto ed orizzonte che costituiranno l'unica cornice entro la quale sviluppare le proprie argomenta­ zioni. Già sul terreno intramondano, 'politico ' non è sinonimo di 'realtà', quindi dell'ambito nel quale trattare della libertà della persona. Per quanto

41

Per il concetto di 'mistero', vedi più avanti, 173 ss.

Dio come problema

25

socialmente articolata e nella sua realizzazione concreta pur sempre riferita ad un ordinamento sociale della libertà , la persona vanta un proprio e ori­ ginario diritto nei confronti della società, è essa stessa fondamento radica­ le, supporto e fine di qualsiasi istituzione sociale .42 Il punto di partenza del­ la nostra argomentazione non è dunque la società come tale, bensì l'uomo che, come persona , possiede una dimensione sociale, che però al tempo stesso trascende verso una realtà più ampia, quella realtà globale che lui solo anticipa ma che mai possiede , verso la quale è sempre in cammino, cercando, interrogando, sperando ed osando.

Il discorso su Dio, sulla realtà che tutto comprende e tutto determi­ na, sul fondamento e fine, sull' «id quo maius cogitari nequit», va inteso come risposta alla domanda che l'uomo stesso si pone, e proprio come persona, sulla realtà nel suo insieme, ed è un discorso che è possibile articolare solo alla luce di questa domanda, la più ampia di tutte le do­ mande. La scienza che s'interroga non sul singolo essere e sfere di esi­ stenza bensì sull'essere in quanto tale e nel suo insieme, è detta meta6.sica .43 Il discorso su Dio presuppone la questione metafisica dell'esse­ re ed al tempo stesso la mantiene desta. In quanto discorso su Dio, la teologia diventa, proprio nella situazione in cui viviamo, la tutrice e ga­ rante della filosofia come problematizzazione dell'essere in quanto tale. «Dio stesso è morto' : 53 richiamo che aveva già trovato dei precedenti in Pascal e nel discorso di J . Pau l sulla morte d i Cristo. Per Hegel ' Dio stesso è morto' s t a a d esprimere la formazione del proprio tempo, il modo di sentire della religione della nuova età. Per vincere una simile situazione, secondo lui si deve ricorrere all'idea di un 'venerdì santo speculativo', cioè alla conciliazione fra Dio e morte tramite l'idea della libertà assoluta, la quale giunge a se stessa nel suo contrario . Dio deve essere pensato come Dio vivente, come Libertà che si esteriorizza, come Amore che si aliena nel suo contrario, nella morte, e in tal modo può togliere la morte stessa. Nonostante la grandiosità di questa concezione, il tentativo di superare in modo dialettico l'ateismo rimane pur sempre, in Hegel , un procedimento ambiguo. Infatti, subito dopo la morte del maestro ( 1 83 1 ), la scuola si divi­ se in una destra ed in una sinistra . Mentre gli hegeliani di destra, special­ mente Ph . Marheineke , tentarono d'interpretarlo secondo degli schemi atei­ stico-ortodossi, gli hegeliani di sinistra lo accusarono subito di ateismo. SinGeschichte. Philosophie und Theologie der Geschichte in der Spiitphilosophie Schellings, Mainz 1965, 188. 50 ] .G. FICHTE, O ber den Grund unseres Glaubens an e ine gottliche W eltregierung (WW III, ed. F. Medicus ), 129 s. 5 1 Ibid. 1 3 1 ; cf. 400. 52 Cf. W. KASPER, op. cit., spec. 1 8 1 ss. 53 HEGEL, Glauben und Wissen, Ioc. cit., 431 ss . ; Io., Phiinomenologie des Geistes (ed. J. Hoffmeister), 523, 546 ss. [trad . it. Fenomenologia dello spirito, La Nuova Ita­ lia, Firenze ] ; Io., Vorlesungen uber die Philosophie der Religion II/2 (ed. G. La sson ), 155 ss. [ trad. i t. Lezioni sulla filosofia della religione, Zan ichelli , Bologna] .

La negazione di Dio nell'ateismo moderno

43

tomatico al proposito il libro di B . Bauer : La tromba dell'ultimo giudizio su Hegel, ateo e anticristo ( 1 84 1 ). Stando a Bauer, Hegel conosce soltanto lo Spirito universale del mondo , quello Spirito che nell'uomo prende coscienza di sé. Discepoli ingenui, del tipo di Strauss, per Bauer qui hanno visto solo del panteismo. Ci troviamo invece di fronte alla forma più radicale di atei­ smo, quella che al posto di Dio pone la coscienza di sé. 54 A . Ruge qualifica­ va poi Hegel come 'messia dell'ateismo' e ' Robespierre della teologia'.55 Non è questo il luogo in cui risolvere il problema della corretta interpretazione del pensiero di Hegel . Ciò che qui importa è che la sua filo>Sofia, negli ef­ fetti storici, si è ribaltata in un ateismo che caratterizza anche la situazion � in cui oggi viviamo. 56

Quali profeti del nuovo ateismo umantsttco ricorderemo soprattutto due pensatori : L. Feuerbach e K. Marx. Un terzo di cui ci occuperemo, F. Nietzsche, riflette già sulle conseguenze nichilistiche di questo atei­ smo e del teismo . Ludwig Feuerbach

L. Feuerbach ( 1 804- 1 87 2 ) è il discepolo hegeliano che riduce, nel modo più efficace e più gravido di conseguenze, la teologia ad antropo­ gia .57 Da teologo egli si tramuta in filosofo antiteologico, da hegeliano in 54 Cf. al proposito K . WWITH, Von Hegel zu Nietzsche. Der revolutioniire Bruch im Denken des 19. ]ahrhunderts, Stuttgart 19645 , 366-374 [trad. it. Da Hegel a Nietzsche, Einaudi , Torino ] . 55 Citaz. in ibid. 372. 56 Cf. H. KONG, Menschwerdung Gottes. Eine Ein/iihrung in Hegels theologisches Denken als Prolegomena zu einer kiinftigen Christologie ( ùkumenische Forschungen, vol . I ) , Freiburg�Basel-Wien 1970, 503-522 [ trad . i t. l ncarnazione di Dio, Queriniana, Brescia ] . Sul piano letterario la 'rivoluzione' appare evidente soprattutto in H. Heine. Cf. E. PETERS - E. KIRSCH, Religionskritik bei Heinrich Heine (Erfurter Theol. Stud. 13), Leipzig 1977. 57 Per la critica della religione di Feuerbach, cf. G. NODLING, Ludwig Feuerbachs Religionsphilosophie. Die Auflosung der Theologie in Anthropologie, Paderborn 19612; M. VON GAGERN, Ludwig Feuerbach. Philosophie und Religionskritik. Die «Neue» Philosophie, Miinchen-Salzburg 1970 ; M. XHAUFFLAIRE, Feuerbach et la théologie de la sécularisation, Cerf, Paris 1970 ; H.J. BRAUN, Die Religionsphilosophie Feuer­ bachs. Kritik und Annahme des Religiosen, Stuttgart 1 972 ; E. ScHNEIDER, Die Theologie und Feuerbachs Religionskritik. Die Reaktion der Theologie des 1 9. ]ahrhunderts auf Ludwig Feuerbachs Religionskritik, Gottingen 1972 ; H. LOBBE - H.M. Soss (edd.), Atheismus in der Diskussion. Kontroversen um L. Feuerbach, Miinchen-Mainz 1975 ; H. FRIES, L. Feuerbachs Herausforderung und die Theologie, in Glaube und Kirche als

44

La questione su Dio oggi

antropologo che propone una realtà sensibile di tipo materialistico, spes­ so oggi interpretata come realtà emancipatrice.58 Qui ci limiteremo alla sua critica della religione. Karl Marx pensava che con Feuerbach la cri­ tica alla religione avesse conosciuto le sue estreme conseguenze .59 «Non vi resta alcun'altra via per giungere alla verità ed alla libertà se non quella che attraversa il torrente infuocato (Feuer-bach ) . Feuerbach è il purgatorio del presente» .60 Sono le conclusioni che Feuerbach compendia nel suo L'essenza del cristianesimo ( 1 841 ). La coincidenza fra Dio e uomo, che per Hegel an­ dava intesa in modo dialettico, qui risulta rovesciata. Il punto di par­ tenza ora suona : la « religione è la coscienza dell'infinito » .61 E questa coscienza dell'infinito appartiene necessariamente alla coscienza che di­ stingue l'uomo dall'animale. Per cui egli può anche dire : «Nella co­ scienza dell'infinito l'oggetto della coscienza è l'infinitudine della pro­ pria essenza» .62 «L'essenza assoluta, il Dio dell'uomo, è sua propria es­ senza ».63 «Dio è l'intimo manifesto, è il Sé interpellato dall'uomo ; la re­ ligione è il disvelamento solenne del tesoro nascosto nell'uomo, è l'am­ missione delle sue idee più recondite, la confessione pubblica dei suoi misteri d'amore» .64 «Dio è lo specchio dell'uomo» .65 Il mistero della teologia è dunque l'antropologia. Nella religione l'uomo obiettivizza quindi la sua propria essenza.66 Feuerbach spiega la nascita della religione con la sua teoria della pro­ iezione. L'uomo, che non trova in se stesso il pieno compimento, pro­ ietta i suoi desideri di infinitudine in Dio. «Ciò. che non è realmente ma che desidera essere, l'uomo lo rende suo Dio» .67 In tal modo egli Angebot, Graz-Wien-Koln 1976, 62-90. Per la ricezione di Feuerbach nella teologia prote­ stante, cf. E. THIES (ed.), Ludwig Feuerbach, Darmstadt 1976. 58 Cf. A. ScHMIDT, Eman:r.ipatorische Sinnlichkeit. Ludwig Feuerbachs anthropologischer Materialismus, Miinchen 1973. 59 Cf. K. MARX, Zur Kritik der Hegelschen Rechtsphilosophie ( Werke-Schriften-Briefe, vol . I , ed. H.J. Lieber e P. Furth, Darmstadt 1962), 488 [ trad. it. Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico, in Opere filosofiche giovanili, Editori Riuniti, Roma] . 60 K. MARX, Luther als Schiedsrichter :r.wischen Strauss und Feuerbach, in ibid. 1 09 . 61 L. FEUERBACH, Das Wesen des Christentums (ed. W. Schuffenhauer ), vol. I, Berlin 1956, 36 [ trad. it. L'essenza del cristianesimo, Feltrinelli, M ilano ] . 62 Ibid. 37. 63 Ibid. 4 1 . 64 Ibid. 5 1 . 65 Ibid. 122. 66 Ibid. 75. 67 In., Vorlesungen uber das Wesen der Religion (WW VIII, ed. W. Bolin ), 293 .

La negazione di Dio nell'ateismo moderno

45

si estrania da se stesso. «Per arricchire Dio l'uomo deve impoverire se stesso ; perché Dio sia tutto, l'uomo dev'essere niente» . « L'uomo affer­ ma in Dio quel che nega in se stesso» .68 Per cui la religione è «la disso­ ciazione dell'uomo con se stesso [ . . . ] . Dio non è ciò che l 'uomo è l'uomo non è ciò che Dio è». E questa scissione non è altro che «una scissione tra l'uomo e la sua propria essenza». 69 La proiezione religiosa conduce quindi all'estraniazione ed all'alienazione, alla negazione del­ l'uomo. In tal prospettiva l'ateismo è la negazione della negazione, quindi una nuova e più elevata posizione. Il No a Dio è il Sì profferito all'uo­ mo. Una volta che il mistero della teologia si è rivelato come mistero dell'antropologia, la fede in Dio è fede dell'uomo in sé. « L'uomo è l'ini­ zio della religione, l'uomo è il centro della religione, l'uomo è la fine del­ la religione» .70 L'antropoteismo, quindi, è la teologia che ha preso co­ scienza di se stessa. «Homo homini Deus - è questo il massimo po­ stulato pratico, questo il punto di svolta della storia universale».71 L'ateismo di Feuerbach si conclude infine con l'apoteosi del mondo. « l misteri più profondi stanno nell'ordinario, nel quotidiano» . Acqua, pane, vino sono di per se stessi sacramenti. Feuerbach conclude : «San­ to sia per noi dunque il pane, santo il vino, ma santa anche l'acqua! Amen» .72 Questo trapasso in un nuovo tipo di religione traspare ancor più chiaramente nella frase : «E cosl cambiano le cose : quel che ieri era religione oggi non lo è più e quel che oggi si considera ateismo domani sarà religione» .73 In seguito Feuerbach dilaterà questa sua filosofia. La 'nuova filoso­ fia' di Feuerbach anticipa una filosofia dell'Io e Tu,"' anzi la stessa teologia politica. «Uomo con uomo - l'unità dell'Io e Tu è Dio».75 «La vera dialettica non è un monologo del pensiero solitario con se stesso ma un dialogo tra Io e Tm> .76 Al posto della religione non suben-

68 Io., Das Wesen des Christentums, vol. I , 70 [ trad . i t. cit.] .

69

81. 287 . vol. I I , 408 ss. vol. I I , 4 1 8 s. vol. I, 78. 74 Cf. M. BUBER, Zur Geschichte des dialogischen Prinzip (WW I , Miinchen 1962), 293 s. [ trad. it. Il principio dialogico, Ed. di Comunità, Milano] . 75 L. FEUERBACH, Grundsatze der Philosophie der Zukunft, in Kleine Schriften, a cura di K. LOwith, Frankfurt a.M. 1966, 2 1 7 [ trad. it. La filosofia dell'avvenire, La­ terza, Bari ] . 76 Ibid. 218. Ibid. I bid. 71 Ibid. 72 Ibid. 73 Ibid. m

·

46

La questione su Dio oggi

tra allora il culto dell'individuo : al posto della religione e della chiesa ora subentra la politica, al posto della preghiera il lavoro.77 «·La nuo­ va religione, la religione del futuro, è la politica» .78 « Questa anti-teologia di Feuerbach rimane comunque un interroga­ tivo posto alla teologia del tempo, e forse non soltanto di quel tem­ po».79 Ma non si devono neanche dimenticare le contro-domande che a questa impostazione yanno rivolte. Per quanto riguarda la teoria della proiezione, osserveremo innanzitutto che la proiezione accompagna ogni esperienza e conoscenza umana, quindi non può essere negata nell'esperienza e conoscenza di tipo religioso. Ma dal fatto della proie­ zione segue soltanto un elemento soggettivo ed irrinunciabile della no­ stra conoscenza, nulla invece sulla realtà dell'oggetto sperimentato e conosciuto . Questa teoria ci può aiutare, fino ad un certo punto, a chiarire le rappresentazioni soggettive che noi ci facciamo di Dio , ma non potrà dirci alcunché sulla realtà di Dio stesso. Più in particolare, osserveremo che la coscienza umana è sì intenzionalmente infinita, ma proprio entro l'orizzonte di questa infinitudine intenzionale cessa la sua propria infinitudine. In forza della sua finitudine costitutiva, l'uomo non potrà mai soddisfare materialmente la propria infinitudine formale. Per cui, in definitiva, egli non si arresta mai in se stesso, né lo si può rendere incondizionatamente felice riconducendolo a se stesso. E ciò spiega anche perché l'uomo non possa mai essere Dio per l'uomo. Ri­ ducendo la teologia ad antropologia non si risolve allora il problema cui la teologia intende rispondere. Dall'infinitudine intenzionale del­ l 'uomo non consegue ancora che al trascendimento umano risponde­ rebbe una trascendenza reale, ma meno ancora consegue che Dio non esisterebbe e che noi dovremmo concepirlo a misura d'uomo. La critica di Feuerbach non raggiunge il suo fine. Qui il problema di Dio rimane ancora aperto. La riduzione antropologica della religione ad opera di Feuerbach resta co­ munque un elemento di fondo della critica che anche oggi si muove alla re­ ligione . E ciò non vale solo per il marxismo ma anche per pensatori che si muovono entro schemi più borghesi . È un'impostazione che sopravvive nelL. FEUERBACH, Notwendigkeit einer Veranderung, in ib id. 22-l . Ibid. 23 1 , nota l . 79 K. BARTH, Die protestantische Theologie im 1 9. ]ahrhundert. Ihre Vorgeschichte und ihre Geschichte, Zollikon-Ziirich 1 9603, 486 [ trad . it. La teologia protestante nel XIX secolo, 2 vol ., Jaca Book , Milano] . n

78

La negazione di Dio nell'ateismo moderno

47

l'ateismo postulatorio del sec. xx , quello che per salvare l'uomo e la sua libertà si vede costretto a negare Dio ( N . Hartmann, J ..P. Sartre, Merleau­ Ponty e altri ) . Qui la prova postulatoria dell'esistenza di Dio, come Kant la formulava, viene rovesciata nel · suo contrario : non è l'esistenza bensì la non­ esistenza di Dio a postulare la libertà dell 'uomo . Un Dio, ammesso che esi­ sta, non ha più alcun ruolo da svolgere per l'uomo.80 L'autonomia dell'uomo contraddice qualsiasi forma di teonomia ! Nessun altro più di SIGMUND FREUD 81 ( 1 856- 1 9 39 ), la cui psicoanalisi del­ l'esperienza e coscienza di sé ha aperto tutta una serie di dimensioni nuove e determinato enormi conseguenze pratiche , specialmente nella sfera del com­ portamento sessuale, ci mostra l'attualità del pensiero di Feuerbach . Ma la psicoanalisi non è più un procedimento soltanto medico-terapeutico : oggi rappresenta un nuovo stadio nello sviluppo illuministico e incide tanto sulle scienze letterarie, culturali e artistiche , come sulla pedagogia, etica , scienza delle religioni e filosofia . Si tratta di una nuova chiave per interpretare la realtà, non per ultima la realtà della religione . Nei suoi risultati l'interpreta­ zione psicoanalitica della religione si avvicina parecchio alla teoria della pro­ iezione e rende quindi ancor più urgente un confronto tra le due imposta­ Zlom . In Freud la critica della religione viene sviluppata in stretto nesso con la sua antropologlia generale e psicoanalisi, che non possiamo qui approfondire, co­ me non possiamo tm.ttare del modo in cui in seguito vedi Totem e tabù -

80 ].P. SARTRE, Ist der Existentialismus ein Humanismus? , in Drei Essays. Frank­ furt a.M.-Berlin 196 1 , 7-36, spec. 10 s., 15 ss. , 35 s. [ trad. it. L'esistenzialismo è un umanismo?, Mursia, Milano ] . Cf. G. HASENHUTTL, Gott ohne Gott. Ein Dialog mit ].P. Sartre, Graz-Wien 1972 . 8 1 Sulla critica della religione di Freud, cf. A. PLÉ, Freud e la religione ( 1968 ), Città Nuova, Roma; K. BIRK, S. Freud und die Religion, Miinsterschwarzach 1970 ; J. ScHARFEN· BERG, Sigmund Freud und seine Religionskritik als Herausforderung 'fur den christlichen Glauben, Gottingen 197!3; In., Religion zwischen Wahn und Wirklichkeit. Gesammelte Beitriige zur Korrelation von Theologie und Psychoanalyse, Hamburg 1972 ; H. ZAHRNT ( ed.), ]esus und Freud. Ein Symposion von Psychoanalytikern und Theologen, Miin­ chen 1 972 ; E. NASE - J. ScHAR FENBERG ( edd . J . Psvchoanal)•Se und Religion , Darmstad·t 1 977. Per l'interpretazione dell'opera di Freud in ge ne ra le cf. E. JoNAS, Das Leben und Werk von Sigmund Freud, 3 vol . . Bern 1960- 1 962 ; P. RICOEUR, Die Interpre­ tation. Ein Versuch uber Freud, Frankfurt 1974 [ trad. it. Della Interpretazione. Saggio su Freud, Il Saggiatore, Milano] ; W. LocH, Zur Theorie, Technik un d Therapie der Psychoanalyse, Frankfurt a.M. 1972 ; A. MITSCHERLICH, Der Kampf um die Erinne­ rung. Psychoanalyse fur fortgeschrittene Anfiinger, Miinchen 1975 . In questo contesto è importante anche la controversia originata dai libri di J. PoHIER, Au nom du père. Recherches théologiques et psychoanalytiques, Paris 1972 [ trad. it. Ricerche di teologia e psicoanalisi, Cittadella, Assisi ] e Quand je dis Dieu, Paris 1977 . La relativa dichia­ razione della Congregazione per la dottrina della fede {3 aprile 1979) è riportata nel­ l'edizione tedesca dell'ultima opera citata ( Wenn ich Gott sage, Olten-Freiburg i Br . 1980, 12 s.). ,

.

La questione s u Dio oggi

48

e L 'uomo Mosè Freud deriva, con rigore storico abbastanza scarso , il fe­ nomeno religioso dalla storia delle religioni e delle culture. Qui ci limitere­ mo allo scritto più importante in materia religiosa : L'avvenire di un 'illusio­ ne ( 1 927 ) , poi in tegrato con l'altro : Il disagio della civiltà ( 1 9 3 0 ) . Per Freud l 'uomo è innanzitutto u n essere istintuale, cui sia l a realtà esterna che la cultura impongono di rinunciare agli istinti . Ed allora nascono i con­ flitti che, se malamente o non sufficientemente composti, portano alla neu­ rosi, alla fuga dalla dura realtà ed a soluzioni di tipo compensativo . Ciò che a noi maggiormente importa è che Freud riconosce un'analogia fra queste neurosi ed il comportamento religioso. Secondo lui la religione nasce dal tentativo di mitigare le difficoltà che s'incontrano nella vita e le rinunzie che la cultura impone, per rendere maggiormente sopportabile la condimone uma­ na. Le rappresentazioni religiose sono prodotte dalla necessità di «difendersi contro il potere oppressivo della natura» e «correggere quelle imperfezioni deLla cultura che penosamente si avvertono» . 82 Le rappresentazioni religiose non sono dunque « ripercussioni dell 'esperienza o risultati cui giunge il pensiero, hensl illusioni , soddisfacimenti di desideri che l'umanità prova da sempre e in modo impellente» .83 Si tratta di soddisfacimenti infantili, di una «neurosi ossessiva che investe l'intera umanità», di «un sistema di soddisfa­ cimenti accompagnati dalla negazione della realtà» .84 A questo comportamen­ to infantile Freud oppone la 'educazione alla realtà'. Esso comporta una resa di fronte alle difficoltà del destino, contro le quali la scienza non è in grado di offrirei aiuto alcuno . In questa rassegnazione la speranza svolge un ruo­ lo molto modesto «rinunciando alle aspettative dell'aldilà e, concentrando tut­ te le forze disponibili nella vita terrena , [ l'uomo ] riuscirà forse a fare in mo­ do che la vita diventi a tutti sopportabile e che la cultura non opprima più ' nessuno» .85 La critica che Freud muove alla religione può rafforzare l'incredulo nella sua incredulità ma può anche purificare la fede del credente. Per questo, d al punto di vista teologico e pastorale, essa è di estrema importanza. Non biso­ gna comunque dimenticarne i limiti. Possiamo supporre, come del tutto ov­ via, questa analogia tra fenomeni religiosi e fenomeni psicopatologici ( neu­ rosi ossessive, soddisfacimenti infantili ) ? Converremo, se non altro , sulla im­ possibilità di trarre da queste analogie un'identità sostanziale . Riconosceremo invece che il fenomeno religioso va analizzato innanzit �tto in se stesso e che è a prio ri irriconducibile ad altri fenomeni. In caso diverso, ' miraggio' -

82 S. FREUD, Die Zukunft einer lllusion ( in WW XIV, Frankfurt a.M. 1948), 338 ss. [ trad. it. L'avvenire di un'illusione, in Il disagio della civiltà e altri saggi, Boringhieri, Torino] . 83 lbid. 352. 84 lbid. 367 . ss Ibid., 373.

La negazione di Dio nell'ateismo moderno

49

non sarebbe la religione . ma proprio l'ateismo ! Battendo questa via dell'ana­ lisi approfondita del fenomeno religioso, altri psicologi del profondo giun­ gono ad una valutazione della religione ben più positiva di quella riscontrata in Freud ( ricordiamo C .G. Jung, E. Fromm, V.E. Frankl). Comunque sia, la psicologia potrà chiarire soltanto la realtà psicologica , il contenuto e le conseguenze psichiche della religione, ma con i suoi metodi non sarà mai in grado di dire alcunché circa la realtà oggettiva e il contenuto di verità delle rappresentazioni religiose . Ancora una volta c'imbattiamo nei limiti della teoria della proiezione e della sua reale portata.

Karl Marx Karl Marx 86 ( 1 8 1 8- 1 883) veniva da una famiglia ebraica, poi con­ vertitasi al protestantesimo. Ancor giovane conobbe l'illuminismo fran­ cese, più tardi entrò nel circolo berlinese degli hegeliani di sinistra, atei (A. Ruge, M. Stirner, M. Hess e altri), sposando la critica feuer­ bachiana alla religione. Soltanto nel periodo parigino aderì al sociali­ smo e comunismo, quando venne a conoscenza dei primi socialisti (Proudhon, Saint-Simon, Owen e altri) e strinse amicizia con H. Heine e F. Engels. Assieme a quest'ultimo nel 1 848 compose il Manifesto del Partito Comunista, che starà poi alla base del movimento comuni­ sta. Fu lo stesso Engels a spingerlo allo studio dell'economia politica 86 Per la critica della religione di K. Marx, cf. M. REDING, Thomas von Aquin und Karl Marx, Graz 1953 ; T. GoLLWITZER, Die marxistische Religionskritik und der christ· liebe Glaube, Miinchen-Hamburg 1 965 [ trad. i t. La critica marxista della religione e la fede cristiana, Morcelliana , Brescia ] ; R. GARAUDY, Gott ist tot, Frankfurt 1969 ; V. GARDA V SKI , Gott ist nicht ganz tot, Munchen 1969 ; G.M.M. CoTT I ER, L'athéisme du ieune Marx. Ses origines Hégélienn::s, Paris 1969 ; W. Po s T, Kritik der Religion bei Karl Marx, Munchen 1969 ; J. KADENBACH, Das Religionsverstiindnis von Karl Marx, Munchen-Paderborn�Wien 1970 ; R. GARAUDY - J.B. METz - K. RAHNER, Der Dialog, oder: .ii ndert sich das Verhiiltnis zwischen Katbolizismus und Marxismus?, Reinbek 1972 ; H. RoLFES (ed . ) , Marxismus und Christentum, Mainz 1974 ; V. SPi.iLBECK, Neo­ marxismus und Theologie, Freiburg i .Br. 1977. Per il marxismo in generale, cf. ].M. BocHENSKI, Der sowjetrussische diafektische Materialismus, Miinchen-Salzburg-Koln 1958 ; G.A. WETTER, Der dialektische Materialismus. Seine Geschichte und sein System in der Sowjetunion, Freiburg i .Br. 1952 [ trad. it. Il materialismo dialettico sovietico, Ei­ naudi, Torino] ; ]. HABERMAS , Zur philosophischen Diskussion um Marx und Marxis­ mus, in Theorie und Praxis, Neuwied�Berlin 19693, 262-335 [ trad. it. Teoria e prassi, Laterza, Bari ] ; I . FETSCHER, Karl Marx und der Marxismus. Von der Philosophie des Proletariats zur proletarischen Weltanschauung, Munchen 1967 [ trad. i t. Marx e il marxismo, Sansoni, Firenze] ; K. HARTMANN, Die Marxsche Theorie, Berlin 1 970 ; L. KoLAKOWSKI, Die Hauptstromungen des Marxismus. Entstehung, Entwicklung, Zerfall, 3 vol., Miinchen 1977-1979.

La questione

50

su

Dio oggi

(A. Smith, D. Ricardo, J.St. Mill ) . Se i prtml Manoscritti parigini ( 1 844) hanno ancora un'impronta filosofico-umanistica, l'interesse che poi egli dimostrerà in modo sempre più evidente sarà quello per un umanesimo reale. Così ne Il capitale ( 1 86 7 ) in primo piano abbiamo delle analisi di tipo economico. Al materialismo dialettico (Diamat ) Marx arriverà soltanto dopo l'Anti-Duhring di F. Engels ( 1 87 8 ) , che aveva dilatato la dialettica storica della società in una visione del mon­ do così generale da poter essere inquadrata - con un richiamo alla teoria evoluzionistica di Darwin - in una più ampia dialettica della natura. Con Lenin il Diamat divenne la concezione ufficiale del mondo per il partito comunista. Il rapporto fra primo e secondo Marx, fra Marx e marxismo, è ancora controverso. Oggi comunque, pur ricono­ scendo tutte le differenze, l 'accento che si pone è soprattutto quello sulla continuità. Solo dopo la pubblicazione dei Manoscritti di Parigi ( 1 932 ) si prese a discu­ tere sul marxismo originario di K. Marx, differenziandolo dal marxismo orto­ dosso, dottrinario e totali tario, dell'ideologia comunista del Partito e dello Stato . Si ebbero così diverse in terpretazioni antropologico-umanistiche di Marx, che il marxismo ortodosso sconfessò come revisionis tiche ( Lukacs, Korsch , Gramsci, Schaff, Kolakowski , Machovec , Bloch, Sartre, Garaudy, Lefèbvre, Merleau-Ponty e altri ). E si profilò pure la concezione di un mar­ xismo democratico, con nuove possibilità di dialogo con il cristianesimo . Nel· la 'Scuola di Francoforte' ( M . Horkheimer , Th .W. Adorno e altri) si tentò d'interpretare il marxismo come una prosecuzione dell'illuminismo moder. no, per riproporlo come filosofia della storia con intenzione pratica ( J . Ha­ bermas) . L'interpretazione strutturalistica che ne dà invece L. Althusser sot­ tolinea come non sia l'uomo singolo bensì l 'insieme dei rapporti il soggetto della storia. Le interpretazioni più recenti mostrano come non soltanto il marxismo ma lo stesso pensiero di K. Marx presenti dei tratti totalitari, tan­ to che lo sviluppo del marxismo , se osservato in chiave intramarxista, non è da considerarsi una degenerazione, bensi uno svilluppo più o meno conse­ quenziale (A . Glucksmann, Ch . Jambet , G. Lardreau, B .H. Lévy ) . Il pro­ blema che dal punto di vista teologico ci si pone, di fronte a questa inter­ pretazione di Marx, è quello di stabilire se la critica alla religione e l'atei­ smo siano essenziali per il marxismo e non invece storicamente condizionati e ad esso estrinseci . .

Sul piano storico l 'ateismo umamsuco di Feuerbach rappresentò, per la critica che Marx muove alla religione, una base incontestabile.

La negazione di Dio nell'ateismo moderno

51

« Il fondamento della critica alla religione suona : è l'uomo che fa la religione, non la religione l'uomo» .87 Come per Feuerbach, anche per Marx la religione è una proiezione. Anche per lui l'ateismo non è sem­ pl ice negazione, bensì la negazione della negazione e quindi una po­ sizione, la posizione dell'umanesimo . Il comunismo suppone questo ateismo, il quale a sua volta non coincide con il comunismo. Per il marxismo la critica alla religione è piuttosto la premessa di una criti­ ca alla realtà mondana. «La critica del cielo si tramuta dunque in una critica della terra, la critica della religione in una critica del diritto, la critica della teologia in una critica della politica».88 È questo il punto da cui Marx muove per superare decisamente le posizioni di Feuerbach. A differenza di quest 'ultimo lui tenta di comprendere l'uomo nei e dai suoi condizionamenti socio-economici. L'uomo, però, «non è un astratto immanente all 'individuo singolo. Nella sua realtà egli è l'insieme dei rapporti sociali». 89 «L'uomo, cioè il mondo del­ l 'uomo, lo Stato, la Società. È questo Stato, questa Società che pro­ ducono la religione» .90 Il modo concreto di osservare l'uomo, questa visione econom ico-politica, ha delle conseguenze per il nuovo umanesimo verso cui Marx tende. Se l'inten­ zione di Feuerbach era quella di smascherare il panteismo hegeliano nel suo carattere ateistico , Marx vuole che dal 'filosofizzarsi del mondo', come Hegel ce lo descrive, si passi ad un 'mondanizzarsi della filosofia' .91 Hegel ha ricon­ ciliato il mondo soltanto nel pensiero, non ne1la realtà: di fronte ad una filo­ sofia compiuta, abbiamo un mondo ancora rovesciato . Bisogna quindi rea­ lizzare appieno la filosofia , superarla tramutandola da teoria in prassi. «l fi. losofi si sono limitati ad interpretare in vari modi il mondo: ora bisogna cambiarlo» .92 La differenza di fondo con il precedente materiaìismo, anche quello di Feuerbach , secondo lui sta nel fatto che la realtà è concepita solo come oggetto dell'intuizione e non soggettivamente, come at tività umana, come prassi.93 Marx va oltre il materialismo meccanicistico del passato per affermare un materialismo di tipo storico. È il materialismo che si riallaccia � K. MARX, Zur Kritik der Hege/schen Rechtsphilosophie ( Joc. cit .), 488. Ibid. 489. 89 In., Thesen iiber Feuerbach, in ibid. II, Darmstadt 197 1 , 3 [ trad. it. Tesi su Feuer· bach, in K. MARX - F. ENGELS, Opere V, Editori Riuni ti, Roma] . 90 In., Zur Kritik, 488. 91 In., Aus den Anmerkungen zur Dissertation, in ibid. I , 7 1 ; 103 ; In., in Rheiniscb,• Zeitung del 14 luglio 1842, in ibid. 188; In., Zur Kritik, 495. 92 In., Thesen uber Feuerbach, 4. 93 lbid. l s. 88

52

La questione su Dio oggi

all'idea moderna della soggettività e che quindi può intendersi come vero erede dell'illuminismo e dell'idealismo . Il materialismo di Marx è dunque anche un umanesimo, dove l'uomo rappresenta l'essere massimo per lo stesso uomo.94 Dato però che esistono soltanto uomini concreti, l 'umanesimo è al contempo naturalismo, cioè realizzazione di un mondo umano . E questo a sua volta suppone che i prodotti del lavoro, in quanto mediazione tra uomo e mondo, appartengano a tutti. Il superamento della proprietà privata sarà il comuni�mo, il vero umanesimo .95 I n definitiva l'obiettivo di Marx è l'eman­ cipazione universale e radicale, cioè il ricupero pieno dell'uomo, «la ricon­ duzione del mondo umano e dei suoi rapporti all'uomo stesso».96 Ciò che si impone è un rovesciamento di tutti i rapporti in cui l'uomo si trovi come essere umiliato , asservito, abbandonato, disprezzato .97

Questa concezione politico-pratica dell'uomo investiva immediata­ mente la critica feuerbachiana alla religione, cioè la dilatava sul terre­ no politico, economico e pratico. Il testo classico si trova nella Critica della filosofia hegeliana del diritto ( 1 84 3/44 ) . La religione non è una coscienza rovesciata di se stessi bensì una coscienza rovesciata del mondo, in quanto sta ad esprimere un mondo capovolto ; anzi, essa è «la teoria universale di questo mondo», la « sua sanzione morale», la «sua ragione universale di consolazione e giustificazione», «la religio­ ne è il gemito della natura oppressa, il sentimento di un mondo senza cuore, poiché essa è lo spirito di situazioni senza spirito. La religione è l'oppio del popolo» .98 Affermazioni non prive d'interesse. In primo luogo qui la religione viene intesa come proiezione . Ma il punto di partenza non è l'uomo in se stesso considerato. Come si dirà in seguito, la religione viene consi­ derata quale sovrastruttura di rapporti reali. Lo si coglie specialmen­ te nel capitolo - il più importante quando si tratti di capire il senso di una critica all a religione - che ne Il capitale porta il titolo significa­ tivo : « Il carattere di feticcio della merce e il suo arcano» . Per Marx la merce «è una cosa imbrogliatissima, piena di sottigliezza metafisica e 94 In., Zur ]udenfrage, in ibid. I, 479 ; ID., Zur Kritik, 504 [ trad. it. La questione ebraica e altri scritti giovanili, Editori Riuniti, Roma ] . 95 Io., Zur Kritik der Nationalokonomie - dkonomisch-philosophische Manuskrip. te, in ibid. I , 593 s., 596 [ trad . i t. Per la critica dell'economia politica, Einaudi, Tori­ no e Manoscritti economico-filosofici, Einaudi, Torino] . 96 lo., Zur ]udenfrage, 479 ; cf. lo., Zur Kritik, 502 ss.