Il crimine e l'arte nell'arte e nel diritto penale
 9788898639533

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Erminio Mazzucco

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Il crimine e l'arte Il diritto penale nell'arte e viceversa.

Come gli artisti hanno concepito e rappresentato il reato e cosa sono i singoli reati. Un viaggio tra reciproci condizionamenti. Arte, storia, mitologia, nozioni di diritto

penale si illuminano vicendevolmente per consentire al lettore di incamminarsi su sentieri apparentemente faticosi. Cinque delitti: calunnia, furto, omicidio, truffa e usura, come chiavi per aprire

una nuova porta sul bello e il diabolico, al di là del bene e del male.

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Nota dell’autore

Il libro è diviso in due temi: uno giuridico e uno artistico. I temi artistici hanno titoli in rosso,

i temi giuridici in blu. Anche i caratteri dei testi sono differenti. È un libro che potrebbe essere letto con trattazioni separate,

però, il suo intento è che le une illuminino ed interpretino le altre.

Buona Lettura

ISBN 978-88-98639-53-3

Prima edizione febbraio 2017 ® Tutti i diritti riservati

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or”) Grafica, impaginazione e stampa Tipografia Piave Srl - Belluno

Erminio Mazzucco

Il crimine e l'arte nell'arte e nel diritto penale

IN COPERTINA: Il San Sebastiano di Alba D'Alpaos rivisitazione del dipinto di Antonello da Messina Il San Sebastiano: In uno spazio scenico dall’audace prospettiva, esaltato da una luce tersa, un uomo, un novello San Sebastiano in elegante camicia bianca con polsini, si erge statuario nell’asse principale della composizione, legato ad una colonna. Un blu elettrico sul cielo profondo e sul pavimento lastricato accentua il bianco delle vesti e il pallore delle gambe tornite. Le architetture, come una quinta teatrale, sono rese nelle forme desolate che anticipano la pittura metafisica. È un'immagine ambivalente: rappresenta, ad un tempo, l'imputato all'esito di un processo conclusosi con la mortale condanna, così come l’ingiusta pena comminata all’imputato innocente. Rispetto al celeberrimo San Sebastiano di Antonello da Messina, oltre alla moderna camicia, non vi sono dardi acuminati che trafiggono il corpo, ma bandierine con i colori italiani le cui aste appuntite penetrano nelle carni provocando rivoli di sangue. L'artista, così facendo, non ha voluto essere iconoclasta 0 irriverente, al contrario; ha posto, con il linguaggio universale e diretto dei segni e dei colori, l'attualità del tema delle condanne ingiuste in un malato, a suo avviso, sistema di giustizia.

Alba D’Alpaos è nata a Caracas in Venezuela e vive e lavora in Alpago. Ha esposto le sue opere in diverse città italiane ed anche a New York e Miami. Pittrice talentuosa che sa far della solida base accademica, del segno sicuro e dell’uso disinvolto e creativo delle masse

cromatiche, gli strumenti affilati della sua arte pungente e innovativa.

PREFAZIONE

Il crimine e l'arte La vita è fatta di tanti aspetti: belli o brutti, intensi o sfumati, importanti o banali; in ogni contesto sociale democratico è contraddistinta da regole il cui

rispetto è obbligatorio e la cui inosservanza impone l’opportunità, anzi la necessità, della Giustizia, alla quale si deve necessariamente ispirare la quotidianità dei rapporti; la violazione delle regole determina il sorgere dei reati, più o meno gravi, fino a giungere alla soppressione della vita attraverso l’omicidio, passando per il furto, la calunnia, la truffa e l’usura, che incidono sui diritti primari alla proprietà, al buon nome, alla lealtà dei rapporti e delle relazioni economiche. All’opposto, c'è un mondo senza regole: quello dell’arte; in esso ognuno idealizza, costruisce ed apprezza, secondo i propri canoni, i fatti della vita, compresi quelli peggiori; nell’arte non ci sono indicazioni precostituite e naturalmente non c’è alcuna loro violazione perché la libertà del pensare e del

fare ne caratterizza l'essenza. La bravura di Erminio Mazzucco sta nell’aver inventato la congiunzione degli opposti, nell’aver trattato contemporaneamente del mondo che eleva per eccellenza le regole a patrimonio indispensabile del vivere e, per converso, del mondo che si sottrae ad ogni regola, idealizzando la fantasia e traducendola in opere, che

possono piacere o non piacere, ma sono sempre e comunque arte, selezionata con arguzia nel percorso infinito di tante creazioni, sapientemente unite da un filo conduttore, quello della genialità dell'invenzione: è stato geniale proprio l'aver pensato a questa congiunzione e di averla sviluppata attraverso parallelismi efficaci, magari impensabili, ma che fanno riflettere; e dopo la riflessione ci si accorge che ciò che sembrava brutto è invece bello, che ciò che appariva sfumato è invece intenso e che il riferimento che appariva banale è in realtà straordinariamente importante. Belluno, agosto 2016 avv. Maurizio Paniz

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PRESENTAZIONE

Il crimine e l'arte Il diritto penale nell’arte e viceversa. Come gli artisti hanno concepito e rappresentato il reato e cosa sono i singoli reati. Un viaggio tra reciproci condizionamenti. Cinque delitti: calunnia, furto, omicidio, truffa e usura, come chiavi per aprire una nuova porta sul bello e il diabolico, al di là del bene e del male.

Il crimine colpisce l’anima prima di ogni altra cosa: per la violenza inflitta alla mente - anche se coinvolto è il corpo - per l'inganno, per l’insidia maligna, per l’imbroglio vile. Il criminale si appropria fraudolentemente della nostra fiducia, lasciando scoperte le nostre difese fisiche e mentali; viola, proditoriamente, le basilari e confortanti regole della convivenza civile. L’arte coltiva l’anima. Ce lo ricorda George Bernard Shaw quando scrive: “Si usa uno specchio di vetro per guardare il viso; e si usano le opere d’arte per guardare la propria anima”. L'arte e l’anima dal crimine rimangono coinvolte. Perché il crimine è l’espressione più recondita, istintiva, primordiale e brutale sia del profondo dell’anima che dell’altezza dell’arte. In un certo modo, entrambe, ne rimangono

coinvolte e affascinate. La vita dell’artista, sovente, fisicamente

o mentalmente, confina con il crimine: ne

fiuta l’odore e ne gusta il sapore caldo e sanguigno. Caravaggio e Cellini con il delitto di omicidio hanno convissuto. Gian Lorenzo Bernini ha fatto sfregiare la sua amante Costanza e, nello stesso tempo, ha tentato, per gelosia, di uccidere suo fratello Luigi, anche se invero Costanza era la fidanzata di Luigi. Altri, come Bosch, Brueghel, Goya e Dali, assassini lo potevano diventare: la loro rappresentazione del mondo e dell’essere, oltre che fantastica è un caleidoscopio di visioni bizzarre e allucinate, molto

simili a quelle che gli psichiatri analizzano negli omicidi seriali. Anche le opere di Otto Dix si prestano ad essere interpretate come la liberazione di pulsioni omicide. Leonardo ha subito un processo per sodomia. De Chirico è famoso anche per i suoi falsi. Modigliani rubava le traversine dei binari per realizzare le sue sculture in

legno, tacendo del suo uso (o anche spaccio) di droga.

Nell’artista capita che il crimine rappresenti il frutto della sua creatività distorta, una forma d’arte perversa che soddisfa in maniera patologica l’impellenza creativa

di generare qualcosa d’immortale. Un mondo che spesso ha trovato linfa nei crimini, quasi un contrappasso alle diffuse produzioni di opere a soggetto religioso. Un contrasto corrusco è stridente che ha generato, magicamente, filosofia, gusto e bellezza.

Belluno, 5 maggio 2016 Erminio Mazzucco

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INTRODUZIONE

Introduzione Il diritto penale è il complesso di norme

giuridiche che prevedono, vietandoli,

un sistema di comportamenti illeciti, che si definiscono reati, comminando agli eventuali trasgressori particolari tipi di pene. I reati a loro volta si distinguono in delitti, ritenuti generalmente i più gravi, e le contravvenzioni, meno gravi, da qualche autore considerate «delitti nani».

Le pene che conseguono ai delitti sono la reclusione e la multa; le pene che conseguono, invece, alle contravvenzioni, sono l’arresto e l'ammenda. Reclusione e arresto sono pene limitative della libertà personale e si scontano, solitamente, negli Istituti di pena (carceri) o presso la residenza (detenzione o ar-

resto domiciliare). La multa e l'ammenda sono invece sanzioni di tipo pecuniario. Tra le pene principali rientrano anche la permanenza domiciliare e il lavoro sostitutivo irrogabili dal giudice di pace. La più grave delle pene, una volta abrogata la pena di morte, è l'ergastolo. Le fattispecie di sanzioni penali, nel tempo recente, si sono moltiplicate. Sono state introdotte nuove figure sanzionatorie quali, ad esempio i lavori di pubblica utilità nei casi di guida in stato di ebrezza o di violazione della legge sugli stupefacenti, nelle ipotesi più lievi. Le pene principali possono essere convertite in pene di altro tipo con apposito ricorso alla Magistratura di sorveglianza, onde favorire le finalità di rieducazione e risocializzazione del reo. Esse sono le misure alternative dell'affidamento in prova ai servizi sociali, nella forma ordinaria e speciale, la semilibertà e la detenzione domiciliare.

Infine vi sono le pene accessorie che sono quelle che si aggiungono a quelle principali, come ad esempio l'interdizione dai pubblici uffici.

Arte e diritto L’arte è il frutto dell’ingegno e dello spirito più nobile dell’uomo. Nell'antichità stava a significare l’opera dell’uomo, governata e illuminata dall’intelligenza in contrapposto all’operare inconsapevole della natura.

Nella contemporaneità, la si definisce come l’attività umana volta a creare opere

e suoni; a cui si riconosce un valore estetico per mezzo di forme, colori, parole

i attività creativa che si distingue dalla mera tecnica e si distacca da concezion

naturalistiche o divine.

insegnano Diritto e arte si attraggono. In ambiti differenti producono regole di vita: molteplice la realtà, a come capirla e rispettarla, a far attenzione a come essa sia

ed fallace. Un esempio lo vedete adesso. Il

INTRODUZIONE

Flora Meretrix ”...non hebbe effige mai si rara, e vera Di scarpello, o accentato pennel, l’etate antica...”

Il più bel quadro del mondo Questo dipinto, che è stato definito uno dei più bei quadri del mondo, fu

commissionato

da Ro-

dolfo II d'Asburgo

(1552

- 1612), Imperatore del Sacro Romano Impero, affascinato dall’occulto e dall’alchimia,

Flora Meretrix.

uomo

ge-

niale, stravagante e mecenate che apprezzava particolarmente i dipinti che evocavano sensualità spiccata e acceso erotismo. Successivamente il quadro divenne proprietà della Regina Cristina di Svezia (1626-1689), donna straordinariamente complessa ed anticonformista, amante delle arti, della musica e della filosofia, famosa per aver abdicato dopo la sua conversione al cattolicesimo, rinnegando una

tradizione protestante. Il titolo di questo quadro è: «Flora Meretrix». Ritrae una donna dal prosperoso seno scoperto, occhi scuri e diretti, una curata acconciatura abbellita da fiori che definisce il bell’ovale del viso; naso dritto e perfetto, labbra turgide di una bocca piccola e graziosa. O no?

1 Filippo Gherardini 1591, ripreso dal pittore Giovanni Palo Lomazzo, catalogo della mostra su Arcimboldo, Skira, 2011.

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INTRODUZIONE

L'orecchio particolare Osservate questo particolare ravvicinato. Sono dei fiori ed un insetto. Da lontano, sembravano l’orecchio della

Flora, la pelle e i suoi capelli.

Le magie di Arcimboldo L'autore di questo spettacolo è Giusep-

pe Arcimboldo o Arcimboldi (15261593), pittore dalla creatività inusitata, famoso per le sue «teste composte» trompe l’oeil di svariati elementi, frutta, pesci, animali, ecc., combinati in

modo tale da rappresentare o sublimare un volto. Egli ci insegna a guardare e a non limitarsi ad una superficiale visione delle cose, a non fermarsi alla mera

Flora Meretrix, particolare, Giuseppe Arcimboldo 1591-92, olio su tela, 80,4x60,6 cm, ubicazione ignota.

apparenza. Ritornando al nostro quadro, come si nota nel particolare a lato, non si tratta

della vellutata pelle di una donna, ma di una composizione di fiori (la realtà)

che conforma l’immagine di una donna (l'apparenza). Così avviene sovente nei fatti-reato,

dove si realizza l’antinomia realtà/apparenza, come nella truffa, nell’usura, nel furto, nella calunnia e, a volte,

nell’omicidio nell’individuazione dei colpevoli.

Entrambi questi mondi ci educano a ben guardare le cose che ci circondano. L'arte e il diritto non sono solo un

Flora Meretrix, particolare.

modo per comprendere e regolare l’ambiente circostante; sono molto di più: l’arte e il diritto sono infinite e molteplici, pietre solide e al contempo colori cangianti come le persone di questo universo. L'arte e il diritto sono finestre aperte su pa-

norami sconosciuti.

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San Disma

(Gesù Cristo e il buon ladrone) INVATAIA 1110)

1563 ca. olio su tela, 135,5x149,5 cm Pinacoteca Nazionale Bologna

IL CRIMINE

E L'ARTE

Il racconto dei vangeli Matteo (27,44) e Marco (15,32) affermano che entrambi i ladroni insultavano il Maestro. Invece, nel Vangelo secondo Luca, si narra: ...C'era anche una scritta, sopra il suo capo: Questi è il re dei Giudei. Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: “Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi!”. Ma l’altro lo rimproverava: “Neanche tu hai timore di Dio, benché condannato alla stessa pena? Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male”. E aggiunse: “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno”. Gli rispose: “In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso”.

Disma e Gesta ai lati di Gesù Il buon ladrone è San Disma, festeggiato il 25 marzo. Il suo nome compare per la prima volta nel Vangelo apocrifo di Nicodemo (IV sec.), dove troviamo il nome anche dell’altro ladrone: Gesta. Questo dipinto si trova nella Pinacoteca nazionale di Bologna. Tiziano l’ha eseguito in tarda età, nel1566. È una tela monocroma,

pastosa: un trionfo di marroni; l'inquadratura è trasversale; in primo piano il capo lucente del corpo illuminato del Cristo morente, il capo reclinato che gronda sangue; il “ladrone” è in posizione frontale. È l’agonia prima della morte; anche il giorno sta morendo. Non esiste paesaggio. Una nebbia densa di un cielo sospeso dal colore bruno con sfumature d’oro preannuncia l’evento.. È il Vecellio, ormai anziano, che si confronta con il tema della morte e che dipinge

negli occhi del buon ladrone la compassione di Gesù. Il ladrone sembra staccato dalla croce; la mano destra verso il cielo, il corpo in movimento quasi come stesse volando per raggiungere Gesù alla destra del padre. |

Interpretazione .

Non esiste una condanna irrevocabile per il ladro. Un ladro pentito che vuole emendarsi, chiede perdono e viene perdonato, ama e viene premiato ed ascende al cielo. La morale: non esiste solo la pena, ma anche la clemenza, espressione

suprema della Giustizia Divina.

Il furto nell'antichità

Quando si parla di furto, il pensiero corre immediatamente al primo precetto conosciuto: di il settimo comandamento cristiano: «non rubare». Lo ritroviamo anche nel Vangelo uccidere, Matteo (19, 17-19): «se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti: non

si combina con l'altro non commettere adulterio, non rubare...». Il suo fondamento

comandamento, il decimo: «non desiderare la roba d'altri». no l'invidia, il Il tema influisce su particolari riflessioni religiose ed etiche che riguarda

imento desiderio improprio, l'ingordigia e la cupidigia, ma il precetto è un un esplicito riconosc

del diritto violato di un possesso o di una proprieta. 19

IL

FURTO

NELL'ARTE

E

NEL

DIRITTO

PENALE

Nel diritto romano il furto è un illecito civile Il furto, nell'antico diritto romano, non era un delitto, bensì un particolare atto illecito, di natura privata, che si realizzava quando un oggetto, una cosa mobile, veniva portato via (furtum da ferre - fero, che porta) ad altri. Costituiva furto anche sottrarre una persona

libera soggetta all'altrui potestà (es. figlio e moglie) o uno schiavo. La repressione del furtum era affidata alla vendetta del pater familias (o pater gentis nell'età più antica), il quale poteva uccidere o fare suo schiavo colui che lo avesse derubato. Le Leggi delle XII tavole introdussero la distinzione tra furtum manifestum (ladro colto in

fragrante) e furtum nec manifestum (furto fatto di nascosto). Il furtum manifestum era il furto commesso dal ladro catturato dal derubato sul fatto. Qualora il ladro fosse un libero la pena consisteva nella fustigazione e nella addictio (consegna) al derubato pronunciata dal magistrato, 0, in caso di conciliazione, ad una pena pecuniaria. Qualora il ladro fosse un servo la pena era sempre capitale e comportava la fustigazione e la morte per caduta dalla rupe Tarpea. Se il ladro avesse tentato di difendersi con le armi o avesse commesso il furto di notte, il derubato, invocata la testimonianza dei vicini, avrebbe

potuto ucciderlo. In seguito si incominciò ad applicare l'actio furti manifesti, azione penale pretoria con cui il derubato perseguiva il quadruplo del valore della cosa rubata: direttamente contro il ladro se questi era sui iuris (Con autonomo diritto); contro l'avente potestà e in via nossale! se il ladro era alieni iuris (sottoposto ad altrui autorità). Nel caso di furtum nec manifestum, la pena era solo pecuniaria (il duplum - doppio rispetto al valore dell'oggetto del furtum) e fu perciò mantenuta dal pretore e perseguita con l'actio furti nec manifesti. Elementi del furto nel diritto romano, pertanto, sarebbero: a) la contrectatio (contatto fraudolento con la cosa) in senso lato: comprendente, cioè, tanto il furtum rei quanto

il furtum possessionis o usus di una cosa mobile; b) l'intenzione fraudolenta: animus o affectus furandi; c) l'intenzione di trarre lucro dall'oggetto rubato: animus lucri faciendi ?.

In effetti, grazie a tale definizione, rientrò nella categoria di furto l'uso non consentito della res da parte del creditore pignoratizio, del depositario, del comodatario (furtum ususì.

IL FURTO NEL CODICE PENALE Il furto nel diritto penale vigente è un reato contro il patrimonio previsto dall'art. 624 c.p., che recita: «Chiunque si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 154 a 516. Agli effetti della legge penale, si considera «cosa mobile» anche l'energia elettrica che abbia un valore economico.

1

Azione penale contro il pater familias per un danno arrecato da un membro della sua famiglia e/o

sottoposto alla sua autorità. 2

Conilsommo giureconsulto Paolo, si giunge alla definizione di furto come: “Furtum est contrectatio rei

fraudolosa vel ipsius rei vel etiam usus eius possessionisve, quod lege naturali prohibitum est admittere”.

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IL CRIMINE

E L'ARTE

Le aggravanti del furto L'art. 625 c.p. prevede le circostanze aggravanti del furto che portano la pena da uno a sei anni di reclusione e la multa da euro 103 a 1.032. Se più sono le aggravanti che concorrono nel reato, le pene si innalzano da tre a dieci anni e la multa da euro 206 a 1.549. Tra queste aggravanti si ricordano: l'aver agito con violenza sulle cose o con mezzi fraudolenti; portando indosso armi o

usando destrezza; se ècommesso da tre o più persone, da persona travisata o simulando di essere un pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio; se commesso sul bagaglio dei viaggiatori in stazioni o in locali pubblici; su cose esistenti in edifici pubblici o esposte per necessità o per consuetudine o destinazione alla pubblica fede; commesso su componenti metalliche o altro materiale sottratto a impianti o beni destinati a servizi di trasporto, telecomunicazioni, ecc.; se

perpetrato su tre o più capi di bestiame; all'interno di mezzi di pubblico trasporto; ai danni di chi abbia fruito o sia nell'atto di fruire dei servizi di istituti di credito bancario o postale.

La procedibilità Con la |. 205/99 il legislatore ha modificato il regime di procedibilità, da procedibilità d'ufficio a querela della persona offesa, salvo che il furto non sia aggravato; con la | 128/01, il “Pacchetto sicurezza", il legislatore ha innalzato il minimo edittale (in precedenza non previsto ed interpretato dalla dottrina in pochi giorni, attualmente è di 6 mesi).

L'elemento oggettivo del reato: cosa protegge la norma l'oggetto tutelato dall'ordinamento e proprio del reato in questione, è il possesso di una cosa mobile altrui. Sia il legislatore, parlando di spossessamento, sia la maggioranza della dottrina ravvisano nel furto una lesione dell'interesse del possessore; qualche autore, di diverso avviso, reputa che il furto sia una violazione della proprietà: tuttavia il reato non sempre comporta uno svantaggio immediato per il proprietario, in ipotesi che questi non sia contemporaneamente il possessore. AI possessore (che può essere contestualmente anche il proprietario) spetta il diritto di querela.

La condotta Azione diretta a sottraire la cosa all'altrui possesso con il dissenso del possessore.

Elemento materiale dell'azione È la cosa mobile altrui. La cosa può anche avere semplicemente un valore ‘affettivo e non pecuniario (es. lettera o foto). Anche l'energia naturale è considerata cosa mobile. Non costituisce

furto, invece, l'impossessarsi della res derelicta (cosa abbandonata) o della res nullius (cosa di nessuno).

Elemento soggettivo

|

È l'intenzione, cioè la coscienza e volontà di sottrarre e impossessarsi della cosa altrui al fine di trarne profitto per sé o per altri. Il furto "colposo" non è reato: si ha quando l'azione ecc.. furtiva è stata compiuta senza intenzione, per negligenza, imprudenza, superficialità,

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Il fadro di nidi Pieter Bruegel 1568, olio su tela, 59,3x68,3 cm Kunsthistorisches Museum Vienna

IL CRIMINE

E L'ARTE

Il ladro di nidi di Pieter Bruegel Dipinto a olio su tavola (59,3x68,3 cm). È stato realizzato nel 1568. Lo si trova

conservato a Vienna nel Kunsthistorisches Museum.

Il Quadro è appartenuto all’Arciduca Guglielmo Leopoldo (1614-1662) che è stato un militare di alto rango, vescovo, amante e collezionista d’arte, anzi vero patrono delle

arti. Gran Maestro dell'Ordine Teutonico e Governatore dei Paesi Bassi Spagnuoli. La tavola, in basso a sinistra, reca la firma e la data con la scritta: “BRVEGEL MD-LXVHT”.

La morale del dipinto Alcuni critici hanno interpretato il quadro come l'illustrazione di un antico adagio fiammingo, che tradotto in italiano si legge: “Chi sa dov'è il nido si limita a saperlo;

chi lo ruba lo ha”. Altri, notando l’improvvido contadino che non si accorge che sta cadendo in acqua, vedono nel dipinto come un richiamo al precetto evangelico (Matteo, VII, 3) ... «non guardare la pagliuzza nell’occhio del tuo fratello, quando nel tuo c’è una trave».

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IL

FURTO

NELL'ARTE

E

NEL

DIRITTO

PENALE

La luce del paesaggio La scena è calata in un paesaggio luminoso di campagna; agili arbusti campeggiano sul biancore del cielo solcato da nuvole leggere. A destra una vecchia fattoria dal tetto di fieno a capanna. Un’ambientazione serena che preannuncia la quotidianità. Tronchi grossi e curvi, sulla sinistra, disegnano la diagonale degli accadimenti. Nel

quadro, in questa limpida atmosfera, è descritta la scena: lo stolto contadino che, avanzando e distratto dal fanciullo che ruba le uova dal nido, rischia di cadere nell’acqua del ruscello. Il colore sullo sfondo è quasi acquarellato; più intensa la cromia sulla scena in primo piano. Una singolare aurea di pace nasconde il delitto.

Interpretazione Nel dipinto non vi è un’esplicita condanna del furto; non vi è rimprovero. Si accetta il gesto infantile quasi fosse una sorta di usanza, come se il ragazzino si fosse naturalmente MPOSSASSAtO di una res nullius ossia di una cosa che non appartiene a nessuno. 24

IL

CRIMINE

E

L’ARTE

Furti minori Le tre tipologie dei seguenti furti sono procedibili a querela. Se nessuno querela, non succede nulla. Le pene previste sono la reclusione sino ad un anno o la multa sino ad euro 206. Quindi, uno se la potrebbe cavare anche con pochi euro!

ll furto d'uso - art.626 cp co.1 La fattispecie riguarda chi commette il furto al solo scopo di fare un uso momentaneo della cosa sottratta, restituendola, in modo spontaneo, immediatamente dopo. Esempio: si usa

una moto altrui senza averne chiesto il permesso, ma poi la si restituisce.

Furto lieve per bisogno urgente e grave - art. 626 cp co.2 Furto commesso su cose di tenue valore. Tale reato si configura quando vi sono iseguenti elementi: da una parte, l'impossessamento di cose oggettivamente di modesto valore (es. un panino); dall'altra, il bisogno grave (se manca la cosa il danno è rilevante) ed urgente (la cui soddisfazione non può essere differita). È una sottospecie dello stato di necessità. Esempio: uno ruba una modesta somma per potersi recare al capezzale della madre morente.

Spigolatura, rastrellamento e raspollatura abusivi - art. 626 cp co.3 Si tratta di furti di resti di spighe di grano, residui di erbe falciate e grappoli rimasti dopo la vendemmia, cioè di furti compiuti dopo che siano state effettuate le operazioni di raccolta.

Pieter Bruegel Pieter Bruegel il vecchio (Breda - 1528? Bruxelles 1569), è uno straordinario narratore di storie del suo tempo, ed è riuscito, con personalità e creatività, a |

donare dignità d’arte alla c.d. pittura di genere, che dopo di lui diventerà la cifra costante dell’arte fiamminga e olandese del Seicento. Da giovane gira l’Italia e ne studia con attenzione la pittura, scultura e cultura in generale. In particolare si sofferma ad ammirare il sentimento popolare e la

dimensione monumentale tanto di Roma che di Napoli.

e un La sua pittura appare quasi come un percorso pedagogico e moraleggiante, intento didascalico accompagnerà sempre la sua creatività.

Trova feconda ispirazione dall'opera di Bosch, che sviluppa in una nuova voce

fantasia pittorica, affiancandosi ad un'arte ricca di allucinazioni, nel solco di una

zioni contadina del medioevo tardo e grottesco, espressione tanto di supersti popolari, quanto di un afflato mistico.

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IL

FURTO

NELL'ARTE

E NEL

DIRITTO

PENALE

IL CRIMINE

E L'ARTE

Il giovane ladro di nidi Il ragazzo è colto nell’attimo concitato di cogliere le uova. Arrampicato al ramo più grosso, in equilibrio precario, perde il suo cappello marrone. Marrone anche il maglione che contrasta con il rosso dei pantaloni; Diversamente dai tipici quadri bruegeliani, brulicanti di personaggi e di vivacità, in questo dipinto la scena è singolarmente tranquilla e la composizione strutturale apparentemente semplice.

Le cose oggetto di furto L'oggetto materiale dell'azione del furto è necessariamente una cosa mobile. Come tale si intende ogni entità fisico-materiale, diversa dall'uomo o dal cadavere, che presenti icaratteri della definitezza spaziale e dell'esistenza autonoma, e sia idonea a soddisfare un bisogno umano sia morale che materiale e formare oggetto di diritti patrimoniali. Tale cosa deve essere suscettibile di valore di scambio (pecuniario o affettivo). Tra le cose mobili vengono inserite anche le energie naturali (energia elettrica, gas, energia termica), purché costituiscano una sottrazione ad altri soggetti. Le onde radio in chiaro, che possono essere percepite da tutti, non possono costituire oggetto di furto; diverso è il caso delle onde radio relative ai sistemi informatici, anche se le relative reti non sono state protette da password: la giurisprudenza è unanime nel ritenere che il collegamento a Internet attraverso reti wireless non protette i cui diritti di utilizzo sono detenuti da terzi, in forza di contratti con Internet Service Provider, costituisce reato di furto. Da quanto detto, ne deriva che i beni immobili non rientrano nell'ambito di applicazione di questo reato, ma sono disciplinati da altri istituti giuridici.

Il furto in abitazione L'art.624 bis riguarda il «Furto in abitazione e furto con strappo» comminando pene per

gli autori da uno a sei anni di reclusione e multa da euro 309 a 1.032. Se tale reato risulta aggravato, le pene sono da tre a dieci anni di reclusione e multa da 206 a 1.549.

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IL CRIMINE

E L'ARTE

Statua di splendida leggerezza, ritrae il dio nell’attimo di spiccare il volo per compiere una sua missione. Opera di uno scultore fiammingo, Jean de Boulogne, che lasciò notevoli opere in Italia ed in particolare a Firenze dove lavorò alla Corte dei Medici.

Mercurio Dio dei ladri Mercurio: (Mercurius, nome latino del dio greco Hermes, Epyrg) deriva da mercx (merce) e da mercari (commerciare). Messaggero degli dei, è raffigurato con le ali ai piedi. È il dio del commercio e dei ladri oltre che dell’eloquenza e dell'inganno. E anche colui che porta i sogni e il traghettatore delle anime dei morti negli inferi. Le sue capacità erano quelle del perfetto uomo d’affari: potens (di comandare), repertor (di innovare), negoziator (di fare affari e impresa), nominator (di far finanza e speculare), lucri conservator (di conservare vantaggi e competitività).

L'ammirato avo di Ulisse re dei ladri Nell'antichità, il concetto di furto assumeva connotati valoriali ben diversi da quelli

attuali. Somme lodi si facevano all’avo di Ulisse, rappresentato come uomo abile ed imitabile, perché considerato il migliore nell’arte di rubare cavalli, buoi e greggi

e dotato della grande virtù di non farsi mai sorprendere. Infatti, il furto commesso contro un’altra tribù, contro un’altra organizzazione sociale o un popolo straniero era considerata cosa buona; anzi, la razzia era ordinario costume di vita degli antichi: le rappresaglie, il normale contrappasso. Ciò che era riprovato e punito in questo tempo, era il furto nell'interno del gruppo sociale.

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Mercurio e Argo Diego Velazquez 1659, olio su tela, 83x248 cm Museo del Prado, Madrid

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Diego Velazquez Velàzquez Diego de Silva y (Siviglia, 1590; Madrid, 1660). Figlio di un avvocato di origine ebraica, è stato uno dei più eminenti maestri della storia dell’arte. Ha tratto ispirazione dai pittori veneti del Cinquecento e da Caravaggio le cui opere ha potuto conoscere grazie a due viaggi in Italia. Grande ritrattista e geniale inventore di effetti scenici e di arguzie visive, è l’autore di quadri che rappresentano le pietre miliari della pittura di ogni tempo, quali: Las Meninas, Las Hilanderas, Venere e Cupido, il ritratto di Imocenzo X, ed altri

innumerevoli ritratti nei quali ha sprigionato una elevatissima maestria unita ad una inusitata capacita di introspezione psicologica. È stato pittore di corte di Filippo IV di Spagna.

Argo dai cento occhi Argo, mitologico principe del Peloponneso, possedeva cento occhi, la metà dei quali era sempre aperta, per ben osservare e controllare. Giunone era gelosa di una fanciulla di nome «Io» sua sacerdotessa, della quale, Giove suo marito, nutriva un eccessivo interesse. Ordinò, allora, ad Argo di vigilare sui due. Giove, venuto a conoscenza della cosa, da far suo, inviò Mercurio col compito di addormentare

Argo attraverso il suono del suo incantevole flauto. Quando Argo fu colto dal sonno, Mercurio prese la spada e gli tagliò la testa, riuscendo così a liberare »Io» che nel frattempo, Giove, aveva trasformato in una giovenca bianca, per non far

scoprire la sua tresca alla moglie, evidentemente senza riuscirci. Giunone, dispiaciuta per la triste sorte capitata al pastore Argo, prese i suoi cento occhi e li pose sulle piume del pavone, suo animale sacro.

Argo colto dal sonno

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RIMETONCOTA Fernando Botero 1980, olio su tela, 165x111 cm Museo Botero, Bogotà, Colombia Collecciòn de Arte del Banco de la Republica

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Botero Fernando Pittore e scultore colombiano (n. Medellin 1932). È considerato come uno dei più talentuosi artisti dell’età contemporanea; le sue opere e il suo stile sono universalmente conosciuti e la genialità della sua proposta

è indiscutibilmente riconosciuta. Negli anni della fanciullezza, dopo la scuola elementare, prosegue gli studi in un istituto secondario gestito dai gesuiti nella sua città natale: Medellin. A dodici anni lo zio lo iscrive a una scuola per toreri dove rimarrà per due anni: non a caso il suo primo quadro è un acquerello raffigurante un torero e il toro è una figura ricorrente nelle sue opere. La sua produzione giovanile fu influenzata dall’opera di J. C. Orozco, D. Rivera, D. A. Siqueiros; nel 1952 intraprese viaggi di studio in Francia, Spagna, dove frequentò l’Academia de San Fernando a Madrid, e Italia, dove studiò la tecnica

dell’affresco all'Accademia di S. Marco a Firenze; fu quindi in Messico (1956). Dal

1960 si stabili a New York, quindi (dal 1973) a Parigi. I viaggi in Italia, la Toscana la girò in motocicletta, gli consentirono di eseguire copie dei maestri italiani antichi (Giotto) e rinascimentali (Andrea Mantegna) e di studiare i dipinti di Piero della Francesca, Paolo Uccello, Masaccio e Andrea del Castagno, dei quali risentì l’influsso. La sua produzione infatti, pur nell’originalità che le è propria, contiene un’impostazione, di forma e di sostanza, figlia di quella

grande storia. All’inizio degli anni Sessanta la sua opera, già personalissima, risentiva dell’espressionismo astratto (Mona Lisa, 1961, New York, Museum of Modern Art), ma negli anni seguenti il suo stile assunse la sua inconfondibile fisionomia:

l’uso di forme tondeggianti, di figure floride ed opulente che creano immagini e raffigurazioni ironiche, sottilmente caricaturali e grottesche, a monito della nostra

ipertrofica società consumistica.

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La a ‘a A

Dalia

1994, Fernando Botero, Ladron, collezione privata.

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Fernando Botero, Ladron Un ladro grasso con un grosso sacco incede tranquillamente per la via. Dietro di lui, una scala a pioli ancora sistemata alla finestra, svela la modalità del furto. In mano tiene un arnese da scasso. Nel quadro si ritrovano tutte le cifre costanti della pittura di Botero. La pinguedine umana, frammista ad ironia e compiacimento, l'atmosfera e il calore sudamericani resi attraverso una luce tersa e colori puri e liberi e l'impianto compositivo che svela una robusta cultura accademica che si può notare anche nelle diagonali costruite dall’incrocio della scala con il lungo strumento tenuto in mano.

Il furto per Botero I ladri di Botero non hanno fretta, quasi impersonassero una delle tante parti del teatro della vita. La violenza e la concitazione sono bandite. Tutto sembra rientrare in un sereno, sudamericano ordine delle cose. Così il reato di furto si stempera, perdendo i suoi connotati riprovevoli.

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Ritrovamento del corpo di San Marco Tintoretto 1562-1566, olio su tela, 405x405 cm, Pinacoteca di Brera, Milano

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Tintoretto (Venezia 1518- 1594) Jacopo Robusti: Tintoretto perché piccolo di statura e figlio di tintore di stoffe.

Allievo di Tiziano, ne assorbe stile e approccio coloristico; rimane però affascinato dalla maniera michelangiolesca. Nella sua produzione artistica disegno, forma, colore sono portati ad estreme conseguenze espressive, quasi acrobatiche, grazie al suo originalissimo modo di cogliere la luce, usare i movimenti, costruire diagonali. Ha avuto grande influenza su un suo pittore di bottega, El Greco. Nella Scuola Grande di San Rocco, a Venezia, vi è una delle migliori testimonianze

della monumentale bravura del Tintoretto.

Analisi stilistica Il corpo di S. Marco viene trafugato da Alessandria d’Egitto, attorno all’828, da un gruppo di mercanti veneziani, con l’intento di trasportare con qualsiasi mezzo le reliquie dell’evangelista nella nascente Venezia. Lo spazio è sviluppato in profondità. La composizione è sostenuta con dinamismo animoso da un’obliqua fuga prospettica della loggia di destra ove vi sono i sepolcri. Lì uomini stanno calando il corpo del santo. Una solenne drammaticità investe la scena sostenuta da una curata modulazione della luce che segna i protagonisti dell'evento. San Marco, in primo piano, indica il luogo del ritrovamento a SUO COTpo; ai suoi piedi un cadavere che riecheggia il Cristo morto del Mantegna. In secondo piano Tommaso Rangoni, committente dell’opera, paludato con il prezioso robbone simbolo della sua alta carica. Un ossesso, a destra, carica di emotività l’evento: è lo stesso Tintoretto che, «finsevi

di più ingegnosamente un indemoniato ivi condotto». La luce dal fondo del corridoio diventa elemento spaziale delle spericolate fughe prospettiche tipiche dell’opera di Tintoretto.

Interpretazione In questo caso il furto, anzi, il trafugamento del corpo, non è considerato un delitto; al contrario, esso risponde ad un comando divino. Il fine perseguito assume un valore incommensurabilmente alto che non viene contaminato dalla pura azione materiale. Questa, piuttosto, si tramuta in un gesto eroico.

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Testa di donna Amedeo Modigliani 1912, New York, Metropolitan Museum of Art

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Amedeo Modigliani e i furti di pietre e traversine per realizzare le sue sculture

Il pittore maledetto Amedeo Modigliani nasce a Livorno nel 1884. Morirà a Parigi nel 1920. Ebreo, di famiglia agiata, già proprietaria di miniere all’isola d’Elba, un fratello deputato del partito socialista, e forse come egli sostiene, discendente, per parte materna, del

filosofo Baruch Spinoza. È l'emblema dell’artista maledetto: bello, affascinante, drogato e ladro, povero e nobile, passionale e geniale. È malato di tubercolosi sin dai 14 anni. A 22 anni si trasferisce a Parigi e fa amicizia con Picasso, Matisse, Utrillo, Rivera e altri. Tre grandi passioni: l’arte, le donne e l’alcool. La sua prima mostra nel 1917. Durata, non mesi, ma qualche ora: infatti arriva di

gran carriera la polizia per farla chiudere per l’oscenità e lo scandalo provocato dai suoi, in futuro, celebri nudi.

La sua cifra artistica è essenziale. I suoi ritratti sono l’espressione di un linguaggio artistico purificato, semplificato e sommamente evocativo. Con pochi tratti realizza colli allungati e flessuosi come steli, grandi occhi persi nell'infinito, mani dalle dita affusolate e diafane, il tutto di un’eleganza indicibile. Modigliani muore di meningite tubercolotica. Ha solo 36 anni. La giovane moglie Janne Hébuterne, al nono mese di gravidanza, per il dolore incontenibile si suicida

gettandosi nel vuoto.

Non ci sono soldi per il suo funerale. I suoi amici raccolgono una colletta per le esequie e per seppellirlo a Père Lachais, cimitero parigino.

I furti La poetessa russa Anna Achmatova, che ebbe una relazione tormentata con Mo-

digliani, scriveva nel libro ‘Le rose di Modigliani”, pubblicato nel 1982: Amedeo Modigliani non potendo acquistare il materiale per le sue sculture, in se-

guito alle precarie condizioni economiche, era costretto a rubare di notte le pietre nei cantieri edili e le traversine della metropolitana. Ben presto, però, dovette smettere: la salute declinante, era gravemente malato di tubercolosi, non gli permetteva di sostenere lo sforzo fisico necessario e d’altra parte egli non concepiva altro tipo di scultura che quella in pietra, eseguita con scalpello.

«Il legno è molto meno pericoloso della pietra per i suoi polmoni .... Insieme a

Doucet, Amedeo comincia a rubare le traversine ferroviarie dalla vicina stazione

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è

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del metrò Barbès-Rochechouart. Di notte, in due o forse più, perché le traversine

sono molto pesanti, sottraggono al cantiere della linea in costruzione, pezzi di magnifico legno di quercia già squadrato. Una sola scultura fra quelle di questo periodo è giunta fino a noi, fa parte di una collezione privata parigina». Corrado Augias - Modigliani - l’ultimo romantico - pag.137 Mondadori

Maurizio Cattelan e le biciclette Padovano, è nato nel 1960 ed è tra i più famosi e pagati artisti al mondo. Nel 2016 ha letteralmente fatto saltare il banco ad un’asta da Christie's: la sua controversa scultura “Him”, che raffigura Adolf Hitler in-

ginocchiato” è stata pagata 17.189.000 dollari. Maurizio Cattelan, a dire di Francesco Bonami!,

da giovane era noto (mito o realtà) per rubare le biciclette. Lui avrebbe detto: “Erano lì ad aspettarmi”. Non a caso le sue prime sculture sono telai di bicicletta assemblati. Maurizio Cattelan (originale la cravatta!)

Nota finale Il furto è intrinseco nell'arte. Si attribuisce a Picasso questa frase: “Il buon artista copia, il genio ruba”. Citando impropriamente gli antichi, ricordando l’ammirato avo di Ulisse ladro di cavalli, e i furti «a fin di bene», come negli ultimi esempi, si può concludere che forse non tutti ifurti vengono per nuocere!

1

Francesco Bonami, Maurizio Cattelan - autobiografia non autorizzata - strade blu, Mondadori, maggio

2011 e Francesco Bonami, Lo potevo fare anch'io, Mondadori.

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CIUUNIPI Pe]

La calunnia

nell'arte e nel diritto penale

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DIRITTO

PENALE

Calunnia tra arte e diritto La calunnia, fin dall'antichità, è stata intesa come una falsa accusa criminale,

un’accusa temeraria, che era punita, in una sorta di legge del taglione, con la stessa pena che si sarebbe dovuta applicare all’ingiustamente accusato. Così la regolamentavano gli Egizi, gli Ebrei e anche i Romani. L’arte ha sentito il fascino sinistro ed inquieto della calunnia e Botticelli ne ha dato una rappresentazione straordinaria. In una sceneggiatura teatrale, nel tribunale della storia, pullulano attori intrisi di malizia, dalle vesti sollevate da uno strano «venticello». Tra quinte classicheggianti,

un giudice deviato e una giustizia assente. Sontuosità e povertà, seduzione e redenzione, vita e morte; tutte le antinomie si

specchiano e si combattono; e la verità è lontana. Il dipinto la Calunnia è espressione di tecnica ecfrastica (Èkphrasis: “descrizione”)

con ciò si intende la descrizione verbale di un'immagine artistica che cerca di eguagliare in evidenza l’opera originale dello scalpello e del pennello. Ci si riferisce al procedimento sviluppato originariamente dalla retorica classica per cui lo scrittore si cimenta nella descrizione di un’opera fino a renderla quasi “visibile a parole”.

Calunnia - concetto generale La calunnia è un'accusa mendace contro un assente, ignota all’accusato, creduta plausibile in virtù dell’informazione di una sola parte, e la cui verità si rivelerà

solo nel contraddittorio del processo. Questo è il soggetto. La trama della calunnia si confonde sovente tra tragedia e commedia: ci sono tre personaggi principali: il calunniatore, il calunniato e colui al quale la calunnia viene riportata: il giudicante. Anche nell’arte la sceneggiatura si ripete: stessi attori e stessi ruoli precisi, ma, come nelle fiabe, si prendono sempre le parti del più debole: l’innocente-calunniato.

Il codice penale italiano Il codice penale inserisce la calunnia nel Titolo Terzo «Dei delitti contro l'autorità giudiziaria». La ragione dell'incriminazione sorge dalla necessità di evitare due pericoli: che l'Amministrazione della Giustizia sia ingannata e fuorviata; e che l'onore, o peggio, la

libertà personale del soggetto incolpevole, vengano lesi. Contempla tale delitto l'art.368. Art. 368 c.p. Calunnia (art. 368 c.p.) si ha quando taluno, con denunzia, querela, richiesta o istanza, anche se anonima o sotto falso nome, diretta all'Autorità giudiziaria o ad altra Autorità

che abbia l'obbligo di riferire all'Autorità giudiziaria, incolpa di un reato una persona che egli sa essere innocente, oppure simula a carico di una persona le tracce di un reato. Per il reato di calunnia la pena è della reclusione da due a sei anni, salvo i casi di aggravante 44

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Lo schema del dipinto di Apelle Come Apelle rappresentò nel suo dipinto, il pericolo corso: La scena: a destra Re Mida, con le orecchie d’asino e la mano tesa verso la Calunnia, che avanza da lontano; attorno a lui stanno due donne, l’Ignoranza e il Sospetto La Calunnia è una donna straordinariamente bella, ma infuocata in volto e agitata, come se fosse piena di rabbia e di furore; nella sinistra tiene una fiaccola accesa,

con l’altra trascina per i capelli un giovane che tende le mani al cielo e chiama a testimoni gli dei. Due donne, l’Insidia e la Frode spingono, adornano e rendono ancor più seducente la Calunnia. La precede un uomo pallido e deforme: si tratta del Livore o del Malanimo. Segue la penitenza (o il rimorso), una donna dall’aspetto assai dolente, con una veste nera e lacera; si volta indietro piangendo e, con molto pudore, guarda, con mestizia, la Verità ultima e sola.

Soggetto attivo della calunnia Può essere chiunque, ad eccezione dell'incolpato, perché in tal caso si tratterebbe di

autocalunnia.

Caso La falsa denuncia di smarrimento di un assegno bancario rende configurabile, a carico del suo autore, il reato di calunnia comportando, tale falsa denuncia, l'astratta possibilità che

l'innocente negoziatore del titolo falsamente denunciato come smarrito venga sottoposto a procedimento penale per furto o ricettazione. Cassazione penale, sez. VI, 31/01/2012, n. 5929.

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Descrizione Andrea Mantegna (1504-1506), diversamente dal Botticelli, come vedremo, rimane ligio alla tradizione e all’originale, rivelando un approccio al soggetto di tipo squisitamente classico. Volutamente tralascia il colore per creare un'illusione: la monocromia del disegno e il chiaroscuro marcato con cui sono tracciate le personificazioni conferiscono alle stesse una corporeità scultorea e concorrono all’inganno che l’intera immagine sia un bassorilievo. Inganno nel soggetto, inganno nell'oggetto. Mantegna ricrea così un’antica ambientazione, aderente al vero, che rifugge dalle innovazioni pseudo classiche di altri autori a lui coevi (es. l’opera di Bartolomeo Fonzio) che rappresentavano la scena con adattamenti di arredi e costumi dell’epoca loro e non di quella di Apelle.

Apelle e Antifilo Apelle e Antifilo, entrambi pittori, si trovavano alla corte di Tolomeo in Egitto. Antifilo, invidioso dell'onore che Apelle aveva ricevuto dal re e geloso dell’arte del rivale, lo denunciò calunniosamente a Tolomeo con l’accusa di aver partecipato alla congiura di Teodata a Tiro. Antifilo ben sapeva che Apelle mai si era recato a Tiro ed ignorava chi fosse Teodata. Nondimeno riferì al re che qualcuno aveva visto Apelle insieme a Teodata in Fenicia, di avergli parlato all’orecchio durante tutto il banchetto e che la rivolta di Tiro e l'occupazione di Pelusio erano il frutto dei suggerimenti di Apelle. Tolomeo, che viveva nell’adulazione, credette all’accusa senza

considerare se la stessa fosse fondata, se fosse mossa da invidia e se i fatti fossero veri. Tolomeo sì infuriò riempiendo di grida la reggia contro il traditore ingrato. Fortuna fu che qualcuno degli altri arrestati, mosso da pietà per il povero Apelle,

riferì che il pittore non aveva alcuna complicità con loro e che era innocente.

Tolomeo, pentito per la sua poca assennatezza, si vergognò del suo comportamento,

risarcì Apelle con un dono di cento talenti e condannò Antifilo a diventare schiavo proprio di Apelle.

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Andrea Mantegna autoritratto e biog Isola di Carturo (PD) 1431 - Mantova 1506. Si è formato a Padova nella bottega di Francesco Squarcione, suo padre adottivo. Frequentavano la bottega a quel tempo Crivelli, Tura e Giovanni Bellini, del quale diventerà cognato, avendone sposato la sorella Niccolosa. Mantegna rappresenta sicuramente uno dei prototipi dell’artista rinascimentale: tra i primi è riuscito a conciliare e a contemperare le virtù e il coraggio dell’innovazione, specie prospettiche, con gli entusiasmi, le simmetrie e i sentimenti dell’umanista. Moltissime le sue opere famose che costituiscono quasi una sommatoria di citazioni che vanno dal famoso «Cristo Morto» della Pinacoteca di Brera alla decorazione della Camera degli Sposi del Palazzo di Mantova, che rappresenta una delle più affascinanti e suggestive imprese pittoriche del Quattrocento. Il Vasari, che amava più il tratto leggero e la pittura morbida, così lo descriveva: «ebbe sempre opinione Andrea che le buone statue antiche fussino più perfette e avessino più belle parti che non mostra il naturale... e si conosce di questa opinione essersi molto compiaciuto nelle sue opere, nelle quali si vede invero la maniera un pochetto tagliente e che tira talvolta più alla pietra che alla carne viva ...»

Presentazione al Tempio. 1455 Gemaldegalerie Berlino.

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Presentazione al Tempio. 1455 Gemaldegalerie Berlino, particolare: presunto autoritratto giovanile di Andrea Mantegna.

L'insegnamento di Leon Battista Alberti

da Leon Battista Alberti ebbe un ruolo particolarmente importante nell’adozione come modello parte degli artisti rinascimentali del testo della Calunnia di Apelle All’interno da tenere in considerazione al momento di inventare una composizione.

1435 (De del III libro Della Pittura, pubblicato per la prima volta in latino nel

che si apprestano Pictura) e poi in italiano nel 1436, Alberti consiglia agli artisti

ispirate dalla lettura di a ideare un’opera di fare riferimento alle istorie antiche,

poeti e scrittori; tra queste, include la Calunnia di Apelle.

e degli oratori. L'esortazione dell’umanista a ”farassi per loro dilettarsi de’ poeti parallelo tra famoso al a Questi hanno molti ornamenti comuni con il pittore ” rimand della mimesis, entrambe pittura e poesia, l’ut pictura poesis di Orazio, e alla teoria fondamentali per l’estetica umanistico-rinascimentale.

utilità agli artisti: "molto Secondo Alberti poeti e oratori potevano essere di grande

consiste in la invenzione”, gioveranno a bello componere l’istoria, di cui ogni laude ”, in grado di conquistare un al fine di creare una composizione ”amena et ornata pubblico diversificato, "doctus et indoctus... ” 49

Eee

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Sandro Botticelli 1496, tempera su tavola, 62x91 cm, Galleria Uffizi, Firenze

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La calunnia (di Apelle) di Botticelli

Botticelli dal La calunnia di Alessandro Filipepi (Firenze, 1445-1510), detto Sandro sensale del Monte nomignolo inizialmente attribuito al fratello Giovanni, che faceva il ome-cognome poi e che in un documento del 1458 era chiamato “Botticello”, sopran esteso a tutti imembri maschi della famiglia [Vasari 1568].

Analisi dell'opera

o controverso della Tempera su tavola eseguita, forse, tra il 1494 e il 1497, period Galleria degli Uffizi. maturità del pittore. L’opera è conservata a Firenze, nella

Kos (IV secolo a.C.), Riproduce un dipinto allegorico del pittore greco Apelle di

a Sofistica, da Luciano di andato perduto, ma descritto, nell’epoca della Second Samosata (II secolo d.C.). 51

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In età rinascimentale, il tema venne ripreso anche nel De pictura di Leon Battista Alberti [Alberti 1435]. La genesi: una storia di gelosia ed invidia tra due artisti, uno dei quali, Apelle viene calunniato dall’altro, Antifilo. Apelle, quindi, avrebbe eseguito il quadro, quando scopre che il suo rivale, Antifilo lo aveva ingiustamente accusato di tradimento presso il suo mecenate, il re d'Egitto Tolomeo I Sotere.

La morale Probabilmente il monito e la raccomandazione indirizzati ai Re, allorquando assumono la veste di magistrati giudicanti, di sentenziare con prudenza, tenendo conto solo della verità, al fine di svelare ogni ingiusta delazione e di punire severamente il calunniatore.

Interpretazione La calunnia Botticelli l’ha dipinta sotto il duro ed intransigente influsso del Sa-

vonarola. Esprime l’importanza del delitto, gli effetti nefasti che produce e l’insopprimibile esigenza di ricercare la verità.

Sandro Botticelli (Firenze 1445-1510) Alessandro di Mariano di Vanni Filipepi; apprendista nella bottega di Filippo Lippi e del Verrocchio, dove lavorava come garzone di bottega anche Leonardo. Il linguaggio pittorico di Botticelli è ideologicamente e formalmente privo di antecedenti. Esso è cresciuto nelle preziose concezioni estetiche che sono maturate tra gli intellettuali del raffinato circolo neoplatonico della Corte di Lorenzo il Magnifico. La sua pittura non tende alla sola descrizione fenomenica, bensì ricerca il simbolismo

allegorico e la trasfusione in opera di una visione astrattizzante del mondo delle idee. Tra i più grandi pittori in assoluto, si è cimentato in un recupero in chiave rinascimentale di tematiche pagane che ha espresso in opere indimenticabili quali La primavera, La nascita di Venere, Venere e Marte, non tralasciando, comunque altri temi di carattere religioso. Recentemente il vasto pubblico lo ha conosciuto, sotto altra veste, come grande Maestro

Templare che avrebbe preceduto nell’incarico il suo ex collega Leonardo da Vinci

Re Mida e il suo giudizio Mitico re di Frigia, celebre nella cultura occidentale per la sua magica capacità, donatagli da Dioniso, di trasformare in metallo prezioso - oro qualsiasi cosa

toccasse. Di qui l’espressione «tocco d’oro». Ne parla Ovidio nelle Metamorfosi. Il dono di Dioniso deriverebbe dal fatto che egli gli riportò in Lidia Sileno, suo

patrigno e maestro, che si era perso ubriaco nei boschi. Dioniso per ringraziarlo 52

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gli offri qualsiasi potere o dono egli desiderasse. Re Mida chiese di poter trasformare in oro tutto ciò che toccava. Re Mida ottenuto tale prodigioso potere si accorse che non poteva neppure mangiare

o bere perché tutto ciò che toccava si trasformava istantaneamente in oro. Pentito della sua smania di denaro e ricchezza, implorò Dioniso di togliergli quel potere. Il dio, impietosito dal sincero pentimento del re, esaudi la sua richiesta.

Re Mida tra l'ignoranza e il sospetto Ponete l’attenzione sulle lunghe orecchie da asino, del Re. Guardate quanto vicine sono l'ignoranza e il sospetto, che per meglio farsi sentire prendono in mano l’orecchio e maliziosamente sussurrano.

Orecchie d'asino Mida fu punito da Apollo con un paio di orecchie d’asino in quanto, in una gara musicale contro Marsia, Mida che presiedeva la ”Giuria” non lo aveva decretato vincitore.

tiva narrazione del Bronzino. Vediamo che cosa è successo con l’aiuto della sugges 53

Siete Ao)

VETSE

Agnolo di Cosimo detto Bronzino (RSI

EVA] STRETTOE 72 PZ Collezione privata

IL CRIMINE

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Marsia e Re Mida Minerva che era donna vanitosa e gelosa, si era costruita un flauto. Dopo aver suonato le prime note fu colta dal desiderio di specchiarsi per constatare quanto fosse bella suonando lo strumento. Purtroppo lo specchio d’acqua la riflesse con le guance gonfie ed ella si vide molto

brutta. Gettò il flauto che venne

raccolto da Marsia, il quale, nonostante i divieti e i

rimproveri di Minerva, conservò lo strumento e in breve tempo ne divenne maestro. Un giorno decise di sfidare Apollo, famoso per la sua cetra. Le Muse venerò chiamate come giudici e a presiedere la giuria fu designato Re Mida, che di quell’incarico non avrebbe proprio voluto saperne. La singolar tenzone fu stupenda: le Muse preferirono Apollo, ma Re Mida, che aveva l’ultima parola, preferì Marsia. Gli dei greci si sa non avevano buon carattere, per cui il controverso giudizio scatenò l’ira di Apollo che minacciò Mida dicendogli: «anche tu avrai quello che ti meriti» e le orecchie del re si trasformarono in orecchie

d’asino, lunghe, appuntite e coperte di peli. La vendetta di Apollo poi si scagliò su Marsia: lo scorticò vivo.

La scena principale si svolge a destra ed è la disputa musicale tra Marsia ed Apollo alla presenza di Re Mida e di Minerva

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Apollo scortica Marsia

Agnolo di Cosimo detto il Bronzino (Monticelli di Firenze 1503 - Firenze 1572)

Il soprannome Bronzino, già attestato nelle fonti nel 1529, sembra derivi dal colore del bronzo della sua capigliatura. Allievo e collaboratore del Pontormo, lavora a Pesaro, alla corte del duca di Urbino, Guidobaldo II, e a Firenze dove vive prevalen-

temente. E’ al servizio di Cosimo I de’ Medici e, con il Pontormo, nel 1533 collabora nell’ultimazione degli affreschi della villa medicea di Poggio a Caiano e, nel 1539,

collabora alle opere decorative eseguite in onore di Eleonora di Toledo, in Palazzo Vecchio. È famoso per i ritratti, es. Lucrezia Panciatichi - Uffizi, nei quali ogni minimo dettaglio è pensato per esprimere dignità ed affermare il ruolo sociale, quasi come un valore trascendentale, del committente. In tutti i dipinti egli crea sempre e comunque un’atmosfera distante e rarefatta. Molto richiesto anche per le sue allegorie (trionfo di Venere - National Gallery) in

cui si esprime attraverso un sofisticato e complesso codice di simboli, frutto di una

perfetta combinazione di citazioni classiche e allusioni letterarie, realizzate in una magistrale forma manierista. Bronzino fu anche poeta, a detta di contemporanei,

«forbito e vivace», anche se non sempre originale. 56

IL CRIMINE

a

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Apollo, con Minerva alla sua destra, punisce Mida facendogli crescere le orecchie d'asino

Analisi del dipinto

Il dipinto è stato scoperto, in una collezione privata, solo nel 1994. È un pannello

mobile ed è stato in noce dipinto a olio, forse con la funzione di coperchio di un

in una eseguito dall’artista nel suo soggiorno ad Urbino. L’opera è stata replicata attribuì la errore per che incisione su tre fogli dal veneziano Giulio Sanuto nel 1562, collocate all’interno ad Antonio Correggio. La tavola si divide in 4 scene diverse,

nel dipinto di un paesaggio roccioso. La narrazione si legge da destra. Bronzino

una contesa musicale, e colloca due miti: quello di Marsia che sfida Apollo in

dio in seguito quello di Mida, giudice della contesa tra Apollo e Pan, punito dal i due episodi sono al suo verdetto con delle orecchie d’asino. A livello letterario stati spesso confusi.

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LA

CALUNNIA

NELL'ARTE

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DIRITTO

PENALE

Il Barbiere Vergognandosi delle proprie orecchie d’asino, Mida le nascose sotto un alto berretto, perché nessuno lo sapesse. Solo una persona poteva conoscere il suo segreto: il barbiere, al quale impose risolutamente di non rivelare nulla ad anima viva. Il barbiere giurò. Ma, come tutti i barbieri, conservare un segreto costituiva la più terribile delle condanne. Questa situazione lo tormentava giorno e notte. Voleva sfogarsi, ma non sapeva con chi, per non tradire il giuramento. Una notte si allontanò nel bosco verso il fiume, dove, in un luogo solitario, scavò una buca, vi si distese davanti e, immergendovi la testa, sussurrò: «Re Mida ha le

orecchie d’asino». Sfogatosi, alleggeritosi dal suo peso, riempì la buca e tornò a casa. Lì crebbe un canneto e il giorno dopo, al vento del mattino, le giovani canne risussurrarono «Re Mida ha le orecchie d’asino». Il vento lo disse agli alberi, gli alberi agli uccelli, gli uccelli lo ricantarono alle erbe, alle acque, alle ninfe, agli uomini. E tutti seppero delle orecchie d’asino di Re Mida. Il Re, disperato, si uccise.

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Er

SIA VELSE

INVATOAZTZIIT) 1570-1576, olio su tela, 212x207 cm

VISSINATSOVI Sr OI

GEO)

La splendida e spaventosa interpretazione di Tiziano, che pone lo stridente contrasto la leggiadria del musicante e la terribile crudezza della punizione inflitta a Marsia

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CALUNNIA

NELL'ARTE

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DIRITTO

PENALE

ALCUNI TERMINI NEL DIRITTO PENALE Ignoranza Falsa conoscenza della realtà collegata spesso all'incultura. Rilevante per il diritto civile nei casi di annullamento dei contratti; nel diritto penale sia

come presupposto della colpa sia, talvolta, come elemento scriminante.

Sospetto Potere di insinuare dubbi; di creare il vago e la penombra. Giuridicamente: supposizione di responsabilità - creazione di indizi di responsabilità a carico di qualcuno per fatti illeciti - fonte indiretta di prova.

Livore Rabbia velenosa astio maligno, invidia, rancore.

Da Livor= livido. Perché questo sentimento trasforma il viso in violaceo. Il livore o rancore è il sentimento che induce, in modo proditorio, ad accusare taluno ingiustamente. E' spesso il presupposto emotivo dell'aggravante della premeditazione.

Frode È una condotta che si esprime attraverso artifici e raggiri posti in essere per conseguire illeciti profitti. Tipologie: informatica, assicurativa, fiscale, insolvenza fraudolenta, truffa, ecc.

Insidia Azione astuta e dissimilata che mira a conseguire posizioni di vantaggio a danni di altri. Deriva da in - sideo = mi apposto, fare un agguato al nemico. Giuridicamente: pericolo nascosto.

Verità accanto alla Penitenza Termini collegati in una posizione antitetica: Penitenza deriva da poena (pena, punizione) da cui consegue il pentimento, senso di rincrescimento per un errore fatto per una decisione presa, per un comportamento

assunto

o una condotta

seguita, o, anche, rimorso per un male commesso, per un'offesa o un danno arrecati. Il senso di dolore e rammarico per un’offesa recata alla divinità, o per atti propri

giudicati e sentiti come tali a causa delle conseguenze che ne derivano a singole persone o a una collettività. Verità - vero: che è realmente ciò che dice il suo nome (contrapposto ora a falso, ora a presunto o immaginario).

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CRIMINE

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PENALE

La modella

Simonetta Cattaneo Vespucci (Genova, 28 gennaio (?) 1453 - Firenze, 26 aprile 1476) Sposò Marco Vespucci, un cugino alla lontana di Amerigo Vespucci. Era considerata la più bella donna del tempo. Fu amante di Giuliano de’ Medici, fratello di Lorenzo. Fu la modella prediletta di Botticelli. La sua figura compare nella «Nascita di Venere» e nella «Primavera». Anche Piero di Cosimo la volle come modella per i suoi dipinti. Morì giovanissima di tisi all’età di ventitré anni.

Nascita di Venere, particolare, Sandro Botticelli, 1484-1486. Pittura a tempera, 172x278 cm, Galleria degli Uffizi, Firenze.

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IL CRIMINE

E L'ARTE

Rimorso / Penitenza Pentimento che colpisce emotivamente chi pensa di aver compiuto azioni o assunto comportamenti confliggenti con il proprio codice etico e morale. Pena della mente, volontà di mondarsi dal peccato. Riconoscimento del peccato unito al proposito di una vita dedicata alla santità.

Verità Infinite sono le teorie che hanno tentato di definire il concetto di verità, tendenzialmente si riassumono in: accordo con la lealtà, collegamento perfetto con la realtà. Nel medioevo si pensa la verità in termini di corrispondenza puntuale dell’intellectus alla res; affermazione che riflette un concetto superiore ed ideale. Nietzsche definisce la verità solo ... «come la capacità di mentire secondo le regole socialmente accettate». Gesù: non dice di essere la verità, ma di essere venuto «per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce» (Gv 18,37).

Nel processo siamo passati dalla plena veritas, rappresentativa dell’infallibilità del giudizio divino, ad una verità processuale, non necessariamente coincidente con la verità storica, per la diffidenza verso tutte le verità che si autoaffermano e per la caduta del mito della scienza.

La verità processuale La verità processuale è quella che scaturisce dalle procedure «rituali» ammesse e regolate dai codici, che definiscono ifatti e li selezionano; che accertano la rilevanza dei comportamenti, di là dal mero concetto di vero o falso; che valutano l'evento secondo il nesso di causalità, il grado di volontarietà, la dimensione dell'imputabilità, le condizioni di punibilità e così via. Si giunge attraverso questo percorso selettivo e ad ostacoli - procedura - a fondare su un fatto conosciuto, accertato come «vero» una decisione giudiziaria coerente e razionalmente motivata.

La Corte Costituzionale, nondimeno, ha ripetutamente affermato che: «... fine primario ed ineludibile del processo penale non può che rimanere quello della ricerca della verità»

La calunnia nel diritto romano. II marchio in fronte con la K

Nel diritto romano il delitto di calunnia aveva più sfaccettature, che si sono evolute anche a con l'evolversi del sistema istituzionale: dapprima la calunnia intesa come azione giudiziari

ricevere denaro proposta a scopo vessatorio. Poi si delinea la figura di reato che consiste nel nel senso che per compiere o non compiere determinati negozi o attività in causa; di seguito, accuse temerarie, poi si è affermato, come falsa accusa criminale che si estendeva anche alle

pena che pure in assenza di dolo. Normalmente la calunnia veniva sanzionata con la stessa

calunniatore veniva sarebbe stata irrogata alla vittima della delazione o della falsa accusa. Il

marcato in fronte con impronta di fuoco della lettera «k» iniziale di kalumnia.

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PENALE

Elementi costitutivi della calunnia ib,

Oggetto duplice, tutela: a) Buon andamento b) Libertà e onore dell'incolpato innocente Elemento materiale: a) Incolpare taluno che si sa innocente con denuncia, querela, istanza, ecc. dirette all'Autorità giudiziaria o altra che a questa ha l'obbligo di riferire: CALUNNIA DIRETTA

O FORMALE; b) Accusare falsamente taluno mediante la simulazione o creazione a suo carico di tracce o indizi di reato: CALUNNIA INDIRETTA 0 MATERIALE Innocenza dell'incolpato: l'accusa deve riguardare una persona innocente, anche se non ne sono indicate chiaramente le generalità ma sono stati forniti elementi sufficienti ad individuarla. L'innocenza è acclarata dall'Autorità Giudiziaria perchè: a) Il fatto non sussiste; b) Non è stato commesso dall'incolpato;

c) È stato commesso ma da altri; d) È stato commesso ma a ragione di una scriminante (es. legittima difesa); Elemento soggettivo o psicologico nel dolo generico: coscienza e volontà di incolpare di un reato una persona che si sa essere innocente (il dolo è escluso in caso di errore

circa la colpevolezza dell'accusato).

Il calunniato trascinato innanzi a Re Mida.

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IL CRIMINE

E L'ARTE

Nota finale La calunnia fatta «ad arte» non è qualcosa di raffazzonato o frutto di improvvisazione: richiede grande abilità e notevole astuzia; tant'è che in certi ambienti diventava addirittura motivo di vanto e di ammirazione.

I calunniatori, in tutte le epoche, erano famosi per frequentare le corti dei re. Grande era la loro considerazione tra gli amici dei principi e dei potenti, in un ambiente, affollato di sospetti, gelosie e in cui abbondavano le occasioni per adulare e per calunniare. Le armi potenti e minuziose di cui si servivano i calunniatori erano il raggiro efficace, l’artificiosa menzogna, lo spergiuro convinto, l’impudenza sfrontata e una sequela di altre meschinità. Questa somma di perverse abilità, come ha interessato il diritto, non poteva lasciare

indifferente l’arte. Forse non è strano; sicuramente è vero!

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eJIN E]

La truffa nell'arte e nel diritto penale

IL CRIMINE

E L'ARTE

Truffa e tartufo Anche nella storia del diritto, si reputa che il sostantivo ”truffa” derivi dalla parola francese truffe (tartufo).

Già nei tempi antichi, tuberi che potevano apparire simili al raro, ghiotto e prezioso tartufo, divenivano l’oggetto di inganno di vittime ignare e golose. Una seconda versione fa coincidere il termine ”tartufo” con ”tubero”, nel senso di persona poco sveglia o sciocca. Tartufo

Cosa dice il Codice Penale: art. 640 c.p. Chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé 0 ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa

da euro 51 a euro 1.032. La pena è della reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro 309 a euro 1.549: 1) se il fatto ècommesso a danno dello Stato o di un altro ente pubblico o col pretesto di I far esonerare taluno dal servizio militare; 2) se il fatto è commesso ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario o l'erroneo convincimento di dovere eseguire un ordine dell'autorità; 5). 2 bis) se il fatto è commesso in presenza della circostanza di cui all'articolo 61, numero

(cosiddetta minorata difesa) Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra taluna delle circostanze previste dal capoverso precedente 0 un'altra circostanza aggravante.

L'essenza della truffa

nei delitti L'Antolisei', nel suo fondamentale testo di diritto penale, scriveva che la truffa,

contro il patrimonio, costituisce la “frode per eccellenza".

viene indotta Il nucleo essenziale del reato di truffa è l'inganno attraverso il quale la vittima io, che mai dal furbo agente a compiere un atto che provoca un danno al suo patrimon

avrebbe fatto se non vi fosse stata la frode.

Scopo della norma

piena consapevolezza Ilfine perseguito dalla norma è la tutela della libertà dei consenso e della

dello stesso nei negozi (scambi) patrimoniali. 1

all’Università di Sassari, Genova e Torino, è Francesco Antolisei, illustre docente di diritto penale

Generale e Parte Speciale. l’autore del paradigmatico testo: Manuale di Diritto Penale, Parte

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Giorgione? Nel 1648, l'opera è stata definita da Carlo Ridolfi,

il più celebre biografo degli artisti veneziani rinascimentali e manieristi, «il più bel quadro che si sappi di Giorgione»

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Domenico Capriolo? (Venezia Ritratto maniera pendant

1494-Treviso 1528) Ritratto di giovane uomo in pelliccia. di un giovane fascinoso, appoggiato lateralmente ad una balaustra, alla dei quadri di Tiziano. Nella mano un taccuino per le sue note, che fa da con l'elegante berretto dal decoro geometrico. Ci guarda con occhio colto

e sicuro, all’interno di un lussuoso palazzo sostenuto da svelte ed eleganti colonne. Sullo sfondo, in un cielo azzurro solcato da timide nuvole, il borgo del paese, con Chiesa e svettante campanile. L’opera, di altissima qualità pittorica, è stata venduta nel 1772 dal Marchese Crozat (marchese di ChAtel) a Caterina II di Russia, come opera, appunto, di Giorgione.

La firma dell'autore

dipinto in basso a destra ci Ecco ciò che svelerebbe il mistero: un medaglione

o. indicherebbe l'attribuzione della paternità del dipint Si tratterebbe della firma dell'autore: no al medaglione e l’immagine Domenicus scritto in alto a destra a semicerchio attor si è ipotizzato che sia il suo del capriolo = Domenico Capriolo. Recentemente sarebbe stata truffata. autoritratto”. Anche Caterina II, dunque,

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DIRITTO

PENALE

Domenico Capriolo (Caprioli) Nacque verso il 1494, presumibilmente a Venezia e morì a Treviso nel 1528. Fu apprendista del pittore trevisano Pier Maria Pennacchi,

suo maestro e suo suocero, avendone egli sposato la figlia Camilla. Le opere di Capriolo si trovano in diversi musei Veneti (es. una Adorazione dei pastori a Treviso e a Motta di Livenza) oltre che nelle

autoritratto? Olio su tela, 117x85 cm, Museo Statale Er-

grandi pinacoteche europee (San Pietroburgo Ermitage, Pinacoteca di Dresda, ecc.) Egli risentì certamente l’influsso del Giorgione, ma nei suoi quadri il suo stile si mescola al fare del Pennacchi e del Pordenone, con contaminazioni anche del Bordone e di Palma il Vecchio.La sua prematura e tragica morte gli ha impedito un’evoluzione che superas-

mitage, San Pietroburgo

se la scelta ristretta dei temi che la

Domenico Capriolo? 1512, Ritratto di giovane uomo 0

sua proposta pittorica esplicitava. Morì assassinato per mano del suo nuovo suocero, Francesco de Boscharini, che

dopo la morte del Pennacchi, ne aveva sposato la vedova.

Elementi costitutivi della truffa INTERESSE TUTELATO: patrimonio vulnerato attraverso il ricorso alla frode; l'interesse patrimoniale della persona offesa e l'interesse pubblico alla libertà negoziale.

ELEMENTO MATERIALE: 1) La condotta fraudolenta posta in essere dall'agente con artifici o raggiri; 2) La conseguente induzione in errore della vittima degli stessi artifizi o raggiri; 3) L'atto dispositivo-privativo della vittima determinato dall'errore in cui è caduta;

4) Il danno patrimoniale subito da colui che è caduto in errore correlato all'ingiusto profitto del reo. * Giorgione, Catalogo Skira, 2009, pag. 352.

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IL CRIMINE

E L'ARTE

Artifizi e raggiri Artifizio Manipolazione o trasfigurazione della realtà esterna, provocata mediante la simulazione di circostanze inesistenti o la dissimulazione di circostanze esistenti (simulare ciò che non esiste, nascondere fraudolentemente ciò che esiste)

Binomio esistentefinesistente.

Raggiro Attività simulatrice sostenuta da parole o argomentazioni atte a far scambiare il falso per

il vero (es. ragionamento menzognero) Binomio falso /vero.

Errore

Falsa conoscenza della realtà. Chi cade in errore può essere anche una persona diversa, ma gli effetti patrimoniali devono riverberarsi sul patrimonio del danneggiato Diverso dall'ignoranza (= non c'è inganno) Diverso dal dubbio (= situazione di incertezza) Non c'è truffa se si profitta dell'errore altrui senza porre in essere artifizi 0 raggiri.

Atto di disposizione patrimoniale

La truffa è un reato caratterizzato dalla «cooperazione della vittima» in quanto lo stesso soggetto ingannato contribuisce a provocare la lesione dei suoi interessi patrimoniali; reali, Può avere ad oggetto qualsiasi elemento del patrimonio (beni mobili, immobili, diritti

prestazioni d'opera ...).

Altrui danno e ingiusto profitto Altrui danno

e favorevole); Parte della dottrina sostiene la sua natura «giuridica» (es. perdita di una situazion te e lucro emergen la maggioranza, però, opta per una ricostruzione economica (danno

cessante).

Ingiusto profitto

patrimoniale (può Dottrina e giurisprudenza dominanti negano la natura necessariamente essere anche psicologico o morale).

Elemento soggettivo

nella coscienza e volontà Il dolo, nella truffa, si palesa in una duplice direzione: da una parte,

di ingannare, di indurre in di realizzare quella determinata azione; dall'altra, nella volontà

un danno ingiusto errore la vittima o per realizzare un profitto, o perchè la stessa subisca con la disposizione patrimoniale.

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Le tricheur Georges de La Tour 1635, olio su tela, 106x146 cm Museo del Louvre, Parigi

IL CRIMINE

E L'ARTE

Le tricheur, (1625 ca.) - Il baro Il quadro, che ha lo scopo di commentare la situazione della provincia francese - fatta di ricchezza, povertà, miseria, nobiltà, dedizione, gioco ed avventura rappresenta l’organizzazione di una truffa ai danni del giovane compito ed elegante seduto sulla destra che sta per essere raggirato dall’abile mossa truffaldina dell’altro giovane in combutta con la signora al centro della scena. Ciò che colpisce della rappresentazione è il fascio di luce che innonda le figure che fuoriescono da uno sfondo nero, ad imitazione della grande scuola caravaggesca; la luce è eloquente come il lungo gioco di sguardi che si intrecciano nella scena. Da una parte il truffato ingenuamente concentrato sul suo gioco e dall’altra il duettare malizioso degli sguardi dei due compari, uno dei quali vorrebbe coinvolgere anche gli spettatori, ai quali si unisce, complice, anche la servetta.

Georges de La Tour (Vic sur Seille 1593 - Luneville 1652) Figlio di un panettiere, è registrato per la prima volta come pittore in occasione del suo matrimonio nel 1617. Conosce le opere di Caravaggio attraverso delle copie. ; Il suo realismo, minuto rispetto a Michelangelo Merisi, è più blando e misterioso Ama gli ambienti intimi, illuminati dalla candela, un trucco stilistico o un'ossessione

che conserverà tutta la vita. ici Gli interni che danzano alla tremula luce della candela producono effetti virtuosist santi o scene di luci ed ombre e, in questi contesti, La Tour ambienterà immagini di

di vita quotidiana. iute 0 AI di là delle opere più famose, molte altre sono incerte o non riconosc

identificate.

Interpretazione

in tutta la sua Qui il reato di truffa è mostrato, nella fraudolenta messa in scena, scintillante e perniciosa insidia. amente l’induzione Vittima l’innocente ed inesperto giovane che rappresenta plastic traggono vantaggio in errore avvenuta tramite gli artifizi e i raggiri, e della quale la combutta dei rei per ottenere l’ingiusto profitto.

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| bari Caravaggio 1594, olio su tela, 94x131 cm Kimbell Art Museum, Fort Worth (USA)

IL CRIMINE

E L’ARTE

I bari - analisi Sono due: il primo a destra bara, nascondendo la carta dietro le spalle, mentre il

complice sbircia le carte alle spalle dell’ingenuo giocatore. Il dipinto, commissionato dal cardinale Francesco Maria Del Monte, dimostra la straordinaria capacità e bravura del pittore nel curare ogni particolare della scena, caratterizzando il dipinto con connotati teatrali, da vera e propria Commedia

dell’arte. Il complice del baro, rappresenta il male, che con gli occhi spiritati indica la carta, mentre

di fronte la vittima, un giovane dalla fisionomia innocua ed ingenua,

pensierosa sulle carte da giocare. L’altro giocatore in procinto di barare si presenta anch'egli con uno sguardo ingenuo, in bilico tra il bene ed il male, mentre attende l'evolversi della situazione

e con la mano estrae la carta nascosta alle sue spalle guardando fisso la vittima. Sul tavolo le carte da gioco, e all’estremità di quest’ultimo il gioco del backgammon quasi in bilico. È probabile che il Caravaggio abbia tratto ispirazione dalle scene di gioco delle bettole dei sobborghi di Roma, frequentate dal pittore tanto nei primi anni della sua carriera, quanto in seguito. La vittima è vestita di velluto scuro e decorazioni nere mentre i bari hanno vesti : variopinte. La parete, usata come sfondo, è colpita da un fascio di luce che proviene da una finestra posta in alto a sinistra e mette in luce, oltre ai personaggi, l'angolo di

intersezione dei muri perimetrali della stanza. Per la prima volta una scena è dipinta con i soggetti rappresentati di tre quarti. La resa della tensione dei due bari è notevole, sembra che il baro più anziano sia pronto a spiccare un balzo; gli sguardi, le orecchie tese in ascolto, così come i muscoli. Il giovane sprovveduto è invece rappresentato rilassato, calmo e mollemente appoggiato sul tavolo. Egli è in procinto di giocare la sua carta, e proprio per questo cono i due bari sono protesi fisicamente verso il suo corpo. Le due figure costituis l’ingenuo sizione contrappo così quasi un contenitore che avvolge l’ingenuo. In per trasmettere la è rannicchiato su sé stesso, non in senso difensivo, ma solo

sensazione di non essere all’altezza della situazione. Da notare,

ia della oltre alla luce sinuosa e tagliente, la scientifica geometr

composizione, sviluppata in triangoli su triangoli.

Ji

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DIRITTO

PENALE

La carta nascosta del baro e il pugnale come simbolo del male e della violenza, anche morale Il pugnale che pende dalla cinta del baro giovane serve ad informare l'osservatore del carattere malandrino dei due ceffi. Tutto nel dipinto sembra sovrastare l’ingenuo, come ad esempio il livello degli occhi dei bari che si trovano in un piano superiore rispetto a quelli del soggetto truffato, rivelando indiscutibilmente l’innata e straordinaria capacità di descrizione psicologica di Caravaggio.

IL CRIMINE

E L'ARTE

Caravaggio Michelangelo Merisi Nato a Milano nel 1571 e morto (forse) a Porto Ercole, Grosseto, nel 1610.

Sviluppa il suo tirocinio in Lombardia ed in particolare a Milano, sotto la guida di Simone Peterzano, che si professava diretto allievo di Tiziano e che fu esponente

significativo del Manierismo lombardo. Caravaggio dimostrò da subito capacità ed abilità pittoriche di inusitata elevazione, così come un carattere irascibile e una vita turbolenta. L'amicizia romana con il Cardinal Francesco Maria del Monte, uomo coltissimo

e appassionato d’arte, «ridusse in buono stato Michele e lo sollevò dandogli luogo onorato in casa fra gentiluomini». Le opere che realizzò di lì in avanti furono dirompenti per: 1) La scelta di soggetti del popolo minuto, rappresentati nella loro reale drammaticità; 2) Il crudo realismo delle scene; 3) La luce che traccia come un dardo le scene sulla tela.

La sua vita sempre al limite, come lo scandalo che suscitavano le sue opere, lo costrinse all'esilio. Fu anche ricercato dalla polizia romana per l’uccisione di un avversario di gioco. Nel 1606 è a Napoli, nel 1608 a Malta. Poi nel suo migrare ancora a Messina e a

Palermo, quindi di nuovo a Napoli. Muore sulla spiaggia di Porto Ercole, Grosseto, mentre tenta di rientrare a Roma, a causa di una febbre alta, provocata da una infezione intestinale. Grandissimo nella pittura, ebbe in sorte, come altri artisti, la sepoltura in una fossa

comune nel cimitero di San Sebastiano nella spiaggia di Porto Ercole, riservata agli stranieri. In occasione dei 400 anni dalla morte, dopo anni di studi e di ricerche, sono state ritrovate le ossa attribuibili a Caravaggio, oggi conservate in una tecaossario a Porto Ercole. Secondo altri recenti studi, il Caravaggio fu assassinato a Palo di Ladispoli da inviati segreti dei Cavalieri di Malta che agivano col tacito assenso della Curia Romana.

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TRUFFA

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L'inusitata abilità di Caravaggio di rendere il vero e il bello, scavando nella psiche umana

IL CRIMINE

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Ancora sugli artifizi e raggiri «Non esiste artifizio e raggiro penalmente rilevante se in concreto non abbia provocato l'induzione in errore e se questo non sia conseguenza degli artifizi e raggiri (Enc. Dir. Su conforme Cassazione)» L'ARTIFIZIO, come abbiamo visto, è mise en scène, come la definiva il Codice francese del

1810. E' la trasformazione della realtà, diretta a far apparire esistente ciò che non esiste o a nascondere l'esistenza stessa. La simulazione o la dissimulazione creata ad hoc con la finalità di raggirare e di indurre in errore. La vedremo fra poco con Michelangelo Buonarroti. RAGGIRO: l'attività ingegnosa, menzognera, subdola, persuasiva aggirante posta in essere per convincere, sorprendere l'altrui buonafede e così facendo, indurre in errore la vittima.

È ciò che capiterà al Cardinale di San Giorgio, Raffaele Riario a cui propineranno per opera romana un'opera a lui contemporanea.

Il buco nel guanto del complice del baro.

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VISAE(AVIV [Ge] s(oREA VETAG Particolare del Cupido dormiente Tintoretto INSVOESTR GERE

RISE RESI

Alte Pinakothek, Monaco

IL CRIMINE

Da

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Michelangelo e la truffa del cupido dormiente Il Cupido era lungo circa “quattro spanne”, cioè 80 cm circa, ed era in marmo di

Carrara. Giorgio Vasari (1568), parla di una statua di un Dio d’amore, d’età di sei anni in sette, à iacere in guisa d’huom che dorma, fatta su commissione di Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici dopo il ritorno dell’artista da Bologna. Si trattava di un’opera (assieme al Cupido-Apollo, anch'esso disperso) che si rifaceva all'arte antica. Su suggerimento forse dello stesso committente, (Michelangelo non sembrò del tutto estraneo al progetto truffaldino), il Cupido venne sotterrato per patinarlo come un reperto archeologico e rivenderlo sul mercato delle opere d’arte antica a Roma, allora molto in auge. L’inganno riuscì e vide come illustre vittima il cardinale di San Giorgio Raffaele Riario, uno dei più ricchi collezionisti d’arte del tempo. Questi pagò l’opera per la somma di duecento ducati, per quell'epoca molto cospicua. L’inganno si svelò in poco tempo, e il cardinale risalì a Michelangelo, che ingenuamente confermò la truffa, lamentando, non di meno, di essere anche lui

vittima del raggiro avendo percepito soli 35 ducati. Il cardinale, infuriato per la truffa, ma ammirato, volle conoscere l’artefice capace di così ben emulare gli antichi. Conosciuto e apprezzato, lo introdusse nei migliori ambienti artistici. L’opera passò poi a Cesare Borgia, che la cedette a Guidobaldo da Montefeltro di Urbino. Quando il Borgia ne conquistò il ducato nel 1502 si riprese il Cupido, per donarlo poi personalmente a Isabella d’Este. osi La Marchesa di Mantova conservò gelosamente l’opera nel suo Studiolo, rifiutand Borgia. del domini dei di restituirla ai Montefeltro reinsediati dopo la caduta da Carlo I di Il Cupido, nel 1632, venne acquistato dalla collezione Gonzaga,

Inghilterra. distrutto da Nel 1698 il palazzo di Whitehall, che conservava la scultura, venne un incendio. Da allora non si sa più nulla del Cupido.

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PENALE

Michelangelo l'artista per antonomasia Michelangelo Buonarroti (1475 - 1564) nasce a Caprese (provincia di Arezzo) da una famiglia di nobili fiorentini ormai in declino. A dodici anni, dopo i primi studi umanistici diviene apprendista di Domenico Ghirlandaio, uno dei più importanti artisti fiorentini dell’epoca, vincendo la forte resistenza della famiglia, che riteneva fosse troppo umile un lavoro di bottega per uno di loro poiché pensavano di discendere dai Rucellai e da Matilde di Canossa. Completa la sua formazione presso il giardino di San Marco, un'accademia di giovani artisti, sostenuta economicamente da Lorenzo il Magnifico. Michelangelo si distinse fra tutti e le sue realizzazioni colpirono così nel profondo il signore di Firenze, tanto da indurlo ad ospitarlo nel palazzo di via Larga, residenza della famiglia Medici tra illustri letterati quali Angelo Poliziano, Pico della Mirandola e Marsilio Ficino. Lorenzo il Magnifico, il cardinale Jacopo Galli, papa Alessandro VI, papa Giulio II presso il quale svolse la parte principale della sua carriera, sono stati i suoi mentori. Se è pur vero che Michelangelo godette dell'appoggio di molti influenti mecenati, ciò nonostante, non fu legato ad essi da alcun vincolo creativo e dimostrò sempre

una forte indipendenza artistica. Spesso le sue opere non erano destinate ad alcun committente, ma create per essere vendute agli amanti della sua arte, cosa che per l'epoca era assolutamente inconcepibile ed innovativa. Michelangelo fu, prima di ogni altra cosa, scultore e il suo lavoro è indissolubilmente legato al candore del marmo di Carrara e di Pietrasanta. L'artista osservando il blocco di marmo vi vedeva all’interno una figura imprigionata che doveva liberare e rendere visibile al mondo eliminando con lo scalpello la materia in eccesso. Così nascono capolavori come la splendida Pietà Vaticana, la sua prima opera in marmo, realizzata quando aveva solo 23 anni. Dalle cronache biografiche riferite dal Vasari, si legge che Michelangelo lavorava ininterrottamente senza pace, anche una settimana, quando lo spirito creativo si impossessava di lui. Poteva non dormire per giorni, o calzare gli stessi abiti e stivali per mesi. Non era solito creare grandi calchi preparatori, solo qualche bozzetto, prima di affrontare la nuda pietra con scalpello o subbia. Vasari descrive in modo affascinante come Michelangelo cercasse di «far emergere la figura dalla pietra come se la si vedesse affiorare da uno specchio d’acqua». È cosa nota che egli avesse un cattivo carattere. Da giovane, un giorno, nella Cappella Brancacci di Firenze, fece infuriare a tal punto lo scultore Pietro Torrigiani, ragazzo parimenti litigioso, che questi lo colpì violentemente con un pugno deformandoli per sempre la fisionomia del volto. In un’altra circostanza, di fronte a

Agnolo Doni che lesinava sul prezzo pattuito di 70 ducati per il dipinto, il famoso Tondo, che gli aveva commissionato, Michelangelo perse la pazienza e si riprese

la sua opera già consegnata da un suo garzone, obbligando l’avaro committente a

dover pagare il doppio della somma pattuita per riaverla indietro. Ovviamente, Il

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IL CRIMINE

E L’ARTE

Doni, a malincuore, pagò i 140 ducati. Suo il David (realizzato tra il 1501 e il 1504)

considerata l’opera scultorea più famosa al mondo. All’epoca nacque una discussione sulla sua collocazione. Si creò un incredibile comitato composto da Botticelli, Perugino, Lippi, Sangallo, Sansovino e altri famosi artisti per scegliere il luogo migliore. Vi faceva parte anche Leonardo che proponeva di sistemare il David sotto la loggia dei Lanzi, al coperto e protetta; Michelangelo voleva invece che la statua fosse collocata ai piedi di Palazzo Vecchio, dove avrebbe goduto di maggiore visibilità. Come la storia ha insegnato, fu Michelangelo ad avere la meglio. La rivalità tra Leonardo e Michelangelo è storica. Nel 1504 venne commissionato all’artista un affresco su una parete della Sala Grande del Consiglio di Palazzo Vecchio che doveva celebrare la vittoria ottenuta dai fiorentini nella battaglia di Cascina; la parete di fronte venne invece affidata a Leonardo che la usò

per dipingere la famosa Battaglia di Anghiari. Una vera sfida tra due giganti, ma con sconfitta per entrambi. Il dipinto di Leonardo rovinò prima d'essere finito per la tecnica impropria adottata, come nella Cena di Milano. Michelangelo, invece, aveva appena finito il cartone, quando fu richiamato a Roma da Giulio II, ma non iniziò mai l’opera. Racconta Cellini che i due cartoni, finché si conservarono, furono “la

scuola del mondo”. Parlando di pittura, le imprese più strepitose di Michelangelo furono quelle realizzate nella Cappella Sistina: la volta (tra il 1508 e il 1512) e îl Giudizio Universale (1535 - 1541), capolavori di proporzioni colossali che da soli riescono a fornire «un'idea completa di ciò che un uomo è capace di raggiungere» (Goethe). Michelangelo è stato grande scultore, pittore oltre che poeta. Si è distinto anche

come importante architetto. Era ormai settantenne (1546) quando assunse l’incarico di dirigere i lavori per la monumentale Basilica di San Pietro in Vaticano dopo avervi progettato la cupola. Michelangelo è considerato uno dei più grandi artisti di sempre. Le sue opere hanno anno influenzato a tal punto l’arte italiana da generare una scuola a cui prender

di...”). ispirazione gli artisti successivi e questa sarà il “manierismo” (“alla maniera 85

Laocoonte e Il braccio destro mancante Laocoonte, Baccio Baldinelli 1520-1525, marmo bianco in tre pezzi, 213x120, Galleria degli Uffizi, Firenze Laocoonte, Antonella Mazzucco 2016, foglio d'oro e tecnica mista su cartoncino, 31x29 cm, collezione privata.

In quest'opera è riprodotto il «braccio Pollak» della scultura conservata nei Musei Vaticani.

Copia in marmo commissionata da Leone X nel 1520 a Baccio Bandinelli destinata a Francesco | di Francia.

IL CRIMINE

E L'ARTE

Nella storia si sono succeduti vari interventi per sostituire 1 braccio destro mancante del Laocoonte, che hanno preso il nome dal loro autore o dello scopritore. I più importanti: «Braccio Baldinelli» di Baccio 1525, ripiegato a 90 gradi; «Braccio Montorsoli» di Giovanni Angelo, 1532-1533, un braccio teso; «Braccio Girardon» di Francois, 1800, a braccio proteso; Infine l’ultimo e definitivo, chiamato «Braccio

Pollak» dal cognome di Ludwig lo studioso che lo ritrovò nel 1905, e che ci consegna la configurazione attuale.

Laocoonte Il gruppo scultoreo del Laocoonte e i suoi figli, meglio conosciuto come Gruppo del Laocoonte, è una scultura in marmo (h 242 cm) attribuita, secondo Plinio che la vide nella casa dell'Imperatore Tito, agli scultori greci Agesandro, Atanodoro e Polidoro. Esso è databile al I secolo d.C. e conservato nei Musei Vaticani, a Roma. Raffigura

il famoso episodio narrato nell’Eneide che vede il troiano Laocoonte ed i suoi figli assaliti da serpenti marini. Figlio di Antenore, Laocoonte era descritto come un veggente e gran sacerdote di Poseidone o di Apollo. Si narra che alla vista del cavallo di Troia scagliasse contro lo stesso una lancia e proferisse la frase: «timeo Danaos et dona ferentes» (temo i Greci anche quando portano doni). Atena lo punì inviandogli contro Porcete e Caribea, mostruosi serpenti marini, che stritolarono i suoi due figli e lui stesso che era corso loro in aiuto.

Michelangelo e il Laocoonte La statua fu trovata il 14 gennaio del1506 scavando in una vigna sul colle Oppiodi proprietà di Felice de Fredis, nelle vicinanze della Domus Aurea di Nerone. Tra le persone che assistettero al ritrovamento, ci furono Michelangelo e l'architetto Giuliano da Sangallo inviato appositamente dal Papa a valutare il ritrovamento.

Due teorie Michelangelo «influenzato» dal Laocoonte

rilevante Si dice che Michelangelo rimase particolarmente impressionato dalla figure delle ntazione massa della statua, dal suo aspetto sensuale, dalla rapprese come il San maschili. Molti dei lavori di Michelangelo successivi alla scoperta,

ati dal Laocoonte. Matteo, lo Schiavo ribelle e lo Schiavo morente, furono influenz

Michelangelo autore del Laocoonte

i

il complesso monumentale Una teoria minoritaria", ma affascinante, sostiene che

a greco-ellenistica sia eccessivamente dinamico per gli standard della scultur Agesandro, Atanodoro e specificatamente se confrontati con precedenti opere di

Polidoro, e che in realtà il Laocoonte sia opera di Michelangelo. * Marco Buticchi, La stella di pietra, Longanesi, 2013.

87

4

LA

TRUFFA

NELL'ARTE

E

NEL

DIRITTO

PENALE

È bene ricordare che Giulio Romano fu incaricato dal Papa Giulio II di periziare l’opera: egli scoprì che la scultura non era il lavoro su un'unica pietra, come asserito da Plinio il Vecchio, che l'aveva vista nella Casa dell'Imperatore Tito, bensì che era composta da 4 blocchi assemblati in modo perfetto e con le giunture truccate talmente bene che ebbe notevoli difficoltà a rilevarle. Inoltre, nella disputa sul restauro del braccio, intervenne Michelangelo, che al contrario dei più che volevano replicarlo disteso, sostenne che il braccio fosse invece piegato all'indietro e con l’avambraccio diretto verso la testa. Che sia accreditabile come opera di Michelangelo, un particolare lo svelerebbe...

La firma di Michelangelo: è il braccio ripiegato? Il fatto singolare è che il braccio di Laocoonte è stato ritrovato solo nel 1905 e riconosciuto originale nel 1954, da Ernesto Vergara Caffarelli.

Michelangelo, già al tempo, lo aveva descritto, pur mancante. Come aveva fatto? Che quel particolare sia la sua firma?

Particolari, in senso orario da sinistra: Laocoonte, Antonella Mazzucco, 2016, collezione privata; Social Jesus,

rivisitazione del particolare del Giudizio Universale Michelangelo, Antonella Mazzucco, 201 6; Tomba di Guliano de' Medici duca di Nemours, Michelangelo, 1526-1532 circa, Cappelle Medicee, Firenze; Tondo Doni, Michelangelo, 1506-1508, Gallerie degli Uffizi, Firenze; Schiavo Morente, Michelangelo, 1513-1515, Museo del Louvre, Parigi;

David, Michelangelo, 1504, copia situata in Piazza della Signoria, Firenze.

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IL CRIMINE

E L’ARTE

Vero o falso Agatha Cristhie, nella trama dei suoi avvincenti gialli, soleva scrivere: «un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova». Michelangelo è stato complice, diretto o indiretto, di una truffa; ha decritto il ripiegamento del braccio mancante così come è stato ritrovato; nelle sue opere

quel movimento del braccio è ricorrente, come si è potuto constatare. La scultura è composta da quattro blocchi assemblati, invece di essere un unico blocco come riportato da Plinio. Infine, la copia romana non ricalca gli stilemi ei caratteri distintivi delle opere dei presunti autori greci. Qui, di indizi ce ne sono almeno cinque! Comunque, valutate voi, indossando le vesti dell’esperto di stile e di grafia pittorica,

o da grafologi dell’arte e scoprite il vero o il falso. Michelangelo è stato un grande artista, sublime in tutto, ha trasformato la materia vile e morta nelle più vive e sorprendenti opere. Perfetto e meraviglioso, sempre: un maestro. Sempre! Anche nell’arte di truffare?

| benefici della truffa: una tesi singolare, ma non peregrina

La truffa non è da tutti vista solo come un delitto e un danno; alcuni ne hanno visto l'inedito aspetto positivo. Arthur Schopenhauer, per esempio, ne coglie, sorprendentemente, una peculiarità trascurata, ma che nasconde, a ben pensarci, una profonda verità:

“Non c'è denaro impiegato più vantaggiosamente di quello che ci siamo fatti portar via con l'inganno: in cambio, infatti, ne abbiamo guadagnato in saggezza. P

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Social Jesus Antonella Mazzucco 2016, tecnica mista, acrilico e pastello, 26x45 cm, collezione privata.

Rivisitazione del «Cristo Giudice» delle Cappella Sistina in Vaticano

(7%

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Metailiatlio nell'arte e nel diritto penale

Ecce Homo Daumier Honoré 1850, olio su tela, 162,5x130 cm

Museum Folkwang di Essen

IL CRIMINE

E L'ARTE

L'accusa In una tribuna collocata al di sopra di una folla assetata di vendetta, un uomo, con gestualità esasperata, si protrae versola moltitudine, indicando perentoriamente

un Cristo gia flagellato, ma dignitoso nell’aspetto; L’opera in monocromo, scandita da luci ed ombre, realizzata con straordinaria

rapidità e attraverso brevi tratti segnici, mostra con toni perentori un risoluto atto di accusa.

Daumier Honoré (Marsiglia 1808 - Valmondois 1879) Pittore, scultore, litografo e vignettista francese. Nato in una modesta famiglia, già fattorino e commesso in libreria, si è dedicato

alla pittura seguendo lezioni all'Accademia svizzera e all’Accademia Boudin. Attraverso la collaborazione con giornali satirici francesi, apprende la tecnica della

litografia, il cui uso lo portò a comprometterne la vista. Giunge tardi alla pittura, interessandosi dapprima del paesaggio, e successivamente allo studio psicologico e interiore del suoi personaggi. Di fede repubblicana, fu rivoluzionario nelle piazze e nell’arte. Pur esprimendo un’autorevole soggettività ed autonomia, nelle sue opere si intravede

l'influsso dei maestri fiamminghi del XVII secolo, di Rubens, di Bouchet e Fragonart. Per Baudelaire, Daumier è “il pittore della circostanza e di tutto ciò che essa suggerisce di eterno”.

Art. 575 c.p. - Omicidio doloso

Chiungue cagiona la morte di un uomo è punito con la reclusione non inferiore ad anni ventuno. Omicidio (lat. Homicidium da Homo e Cidium per Caedere tagliare). Letteralmente togliere la vita ad un uomo con un'arma da taglio.

In generale, nel linguaggio giuridico è l'uccisione di un uomo causata dal fatto antigiuridico, volontario 0 colposo, di un altro uomo. uccisione Non é omicidio l'uccisione di un uomo causata da forze della natura e la stessa

presenza volontaria, ma non contra legem (p. es. l'uccisione del condannato a morte o in di una causa di giustificazione: es. legittima difesa). morte di un Costituisce omicidio l'anticipare, anche di una minima frazione di tempo, la uomo.

95

Caino uccide Abele INVATAIOA 1510) 1542-1544. olio su tela, 298x282 cm

BENISO SE

ERETTE ESE] AV 146]

IL CRIMINE

E L'ARTE

Caino uccide Abele La scena è contenuta nel libro della Genesi. Caino, il primogenito di Adamo ed Eva, diviene agricoltore, mentre il fratello Abele viene ricordato come il primo pastore. Entrambi i fratelli offrono i frutti del loro lavoro a Dio, ma quelli di Caino non sono apprezzati come l’immolazione dei primogeniti del gregge offerti da Abele; Caino decide di vendicarsi uccidendo il fratello. Per questo atto verrà poi condannato da Dio a “vagare ramingo sulla terra come primo fuggiasco”, ma gli verrà imposto un segno (il marchio di Caino) per proteggerlo da chiunque voglia ucciderlo.

Tiziano il principe dei pittori Tiziano Vecellio, pittore di Pieve di Cadore, dove era nato, ma la cui data, stranamente, è incerta, comunque tra il 1477 e il 1485; secondo Vasari era il 1480. La data della morte, invece, è certa. Era il 27 agosto del 1576, a Venezia. Causa: la peste.

Da Pieve, piccolo ma incantevole borgo tra le Dolomiti, era partita la sua spettacolare carriera, passata per la conquista artistica di Venezia - alla morte di Giovanni Bellini nel 1516 la Serenissima lo nominò suo pittore ufficiale - per poi passare alla corte degli Este a Ferrara, a quella dei Gonzaga a Mantova, poi ancora ad Urbino dai Della Rovere, dal papa a Roma per infine approdare alla corte sontuosa dell’imperatore. Fu collaboratore più che allievo del Giorgione. Si dice che mentre Giorgione affrescava la facciata del Fondaco dei Tedeschi che guarda verso il Canal Grande,

Tiziano affrescava l’altra, verso la Merceria, raggiungendo e superando il maestro per la vivacità dell’intonazione dei colori. A motivo di ciò, sembra che i rapporti fra i due pittori si siano incrinati proprio poco prima che Giorgione morisse, probabilmente di peste, nell'ottobre del 1510. fu l’influenza, soprattutto per i suoi sapienti effetti plastici. Di Giorgione grande Tiziano, tuttavia, ha espresso un linguaggio pittorico che, contemperando la nouvelle vague rinascimentale con il misticismo lagunare figlio dell’arte bizantina, è riuscito a segnare il tempo della sua epoca, specie nella capacità di riprodurre il

reale avvalendosi delle qualità spaziali del colore. “Pochi e comuni colori erano sulla tavolozza di Tiziano: onde la maggior vaghezza una de’ dipinti suoi nasceva da contrapposti. Un bianco candido panno vicino a

a, figura ignuda ne accendea tanto la tinta, che dei più vivi cinabri parea impastat

con un quando niente più aveavi adoperato Tiziano che la semplice terra rossa, delle vaghezza la poco di lacca verso i contorni e nelle estremità (...) Quindi fu che

opere di Tiziano mai non oltre passò la verità; e tanto più era ed è universalmente

pittura venegradita quanto più congiunta al gran principio della natura”. (Della Zanetti, L771) ziana e delle opere pubbliche de veneziani maestri, Antonio Maria delle vesti, rossi dei enti accostam Gli azzurri quasi sbiaditi, il giallo esangue, gli

Tiziano agli spazi il verde opaco degli alberi e degli interni aprono la maniera di 97

L'OMICIDIO

NELL'ARTE

E NEL

DIRITTO

PENALE

illusori e luminosi della nuova dimensione detta “prospettiva atmosferica”. Inimitabile la sua pennellata, vigorosa e contaminata, densa e materica. Spesso egli ultimava i dipinti con ”sfregazzi delle dita”. Palma il Giovane diceva che nei finimenti "dipingeva più con le dita che con i pennelli”. Una maniera tutta veneziana, sensuale, che verrà definita «arte del colore» per distinguerla dall’altra corrente rinascimentale, fiorentina e romana, molto più fredda

e intellettualistica, detta “del disegno”. A tal proposito, racconta il Vasari che Michelangelo, pur ammirato dall’espressione coloristica di Tiziano, abbia esclamato: «che era un peccato ... che non abbia imparato da principio a ben disegnare!». Le sue opere di carattere profano quali: Il concerto campestre, l’amor sacro e l’amor profano, Flora, la Venere d’Urbino, Danae; i ritratti: di Carlo V a cavallo 98

IL CRIMINE

è

E L'ARTE

o col cane, di Isabella d’Este, di Federico Il Gonzaga, del Doge Andrea Gritti, di

Ariosto; i quadri di ispirazione religiosa quali: l’Assunta, la Maddalena penitente, il Cristo coronato di spine e La pietà - solo per citarne alcuni fra i tanti - hanno marcato la storia dell’arte. Il letterato Pietro Aretino fu, per usare un termine moderno, l’agente di Tiziano, promuovendone,

in termini encomiastici, l’immagine e l’opera, non mancando

di affiancarla ad un’attività di denigrazione dei suoi rivali. Anche questo servì a Tiziano per garantirsi per lunghi anni una sorta di monopolio artistico. A testimonianza della grandezza di Tiziano, questo aneddoto o verità.

Si racconta che l’imperatore Carlo V si sia chinato al cospetto del maestro Tiziano Vecellio, per raccogliere il pennello che gli era sfuggito di mano; di fronte allo stupore del Vecellio, che confuso gli disse: «Sire non merita tanto onore un suo servo» abbia risposto: «È degno Tiziano di essere servito da Cesare». Nel 1532 l'Imperatore gli conferì il titolo di Conte Palatino; ...con facoltà di nominare notai e giudici ordinari e di legittimar bastardi; con questa onorificenza, per la prima volta, un pittore veniva ascritto alla nobiltà dell’Impero per meriti artistici; Tiziano, in virtù di tanto, ebbe riconosciuto un seggio alla Dieta d'Asburgo. “Natura potentior ars” «L’arte è più potente della natura» era il motto del pittore, il quale aveva scelto come emblema un’orsa, poiché questa, leccando il cucciolo appena nato, lo libera dall’ammasso indistinguibile in cui l'aveva partorito per conferirgli la sua naturale figura. Ammaestramento per i potenti poiche la metafora dell’orsa insegna che l’arte è più potente della natura e che bisogna guardare le cose nella loro essenziale verità, ben oltre l'apparenza confusa dell'esperienza sensibile.

L'omicidio nel codice penale - art.575

Chiunque cagiona la morte di un uomo è punito con la reclusione non inferiore ad anni

ventuno.

Oggetto materiale L'oggetto dell'omicidio è un altro uomo, una persona diversa dall'agente.

se si uccide Qualcuno, simpaticamente, ha sostenuto, stante la lettera della norma, che è inteso "uomo" o sostantiv il e, una donna non incorrerebbe in questo delitto! Ovviament

come persona umana.

Elemento soggettivo

E

Intenzione, L'omicidio può essere doloso, se fatto con intenzione; colposo, se provocato senza

dell'azione ma per negligenza, imperizia, imprudenza ecc.; preterintenzionale se èconseguenza e). di chi voleva cagionare alla vittima solo percosse e lesioni (più avanti la spiegazion

99

Caino uccide Abele Tintoretto 1550-1553, olio su tela, 149x196 cm Gallerie dell'Accademia di Venezia

IL CRIMINE

È

E L’ARTE

Tintoretto (Venezia 1518- 1594) Jacopo Robusti: Tintoretto perché piccolo di statura e figlio di tintore di stoffe. Allievo di Tiziano, ne assorbe stile e approccio coloristico; rimane però affascinato dalla maniera michelangiolesca. Disegno forma colore sono portati ad estreme conseguenze espressive, quasi acrobatiche, grazie al suo originalissimo modo di cogliere la luce, usare imovimenti, costruire diagonali. Ha avuto grande influenza su un suo pittore di bottega, lo straordinario ed ieratico El Greco. Nella Scuola Grande di San Rocco, a Venezia, vi è una delle migliori testimonianze

della monumentale bravura del Tintoretto.

Tintoretto, Caino uccide Abele (1550-1553) Il dipinto sviluppa un gioco dinamico delle figure, valorizzando le membra muscolose in tensione. Lo schema sembra desunto dalla simile composizione di Tiziano; qui, però, le due figure sono contenute in un ideale quadrato che trova il

suo pendant nello scorcio di azzurro a margine. L'assetto strutturale del dipinto è armonioso e combina con maestria e originalità, tanto il moto violento e l’equilibrio dell’insieme quanto il colore cangiante e stridente e le linee eleganti e morbide. Qui troviamo una felice antitesi di luce e di ombra, sottolineata dalle fronde degli

alberi mosse come da un vento impetuoso. In basso a destra si nota l'agnello sacrificale rimasto a terra.

Interpretazione dell'omicidio L'omicidio in Tintoretto, come in Tiziano, è una vibrante manifestazione di violenza

pura e brutale anche se resa in una cornice coloristica e compositiva splendida. E’ un duello antinomico di luce: il cattivo in ombra contro il buono illuminato nelle membra.

L'omicidio nella storia del diritto penale: greci, egizi, assiro-babilonesi, ebrei

come In ogni epoca, cultura e territorio l'omicidio volontario è sempre stato considerato sempre non un delitto, ma punito in modo difforme; la potestà repressiva sanzionatoria le fu monopolio statale. Notevolmente diverse nel tempo e nello spazio appaiono inoltre riguardava l'omicidio circostanze di aggravamento, di diminuzione o di scusa. In età omerica della vendetta. esclusivamente i parenti dell'ucciso, solo ai quali era affidato l'esercizio

in Nel contesto egizio la pena per l'omicidio era la morte; speciali supplizi erano previsti e legislazion ipotesi di parricidio. Le ferree norme babilonesi e assire, risalenti a una più antica e schiavi sumerica, regolavano minuziosamente le pene per l'omicidio distinguendo liberi amente volontari e già dolo e colpa. Infatti, il delitto era punito con la morte se commesso schiavo; le leggi su un libero, con la pena pecuniaria se involontario o commesso su uno to come contempla era non mosaiche stabilivano la pena di morte per l'omicidio; il parricidio o la madre. reato a sé, ma era punito di morte chiunque solo percuoteva il padre 101

Ole

RE RE RE RESERO] Caravaggio

IL CRIMINE

E L’ARTE

Giuditta ed Oloferne Storia tratta dal libro dell'Antico Testamento che porta il nome dell’eroina (il libro è considerato come sacro dai cattolici e dagli ortodossi, mentre apocrifo dagli ebrei e dai protestanti). Giuditta, bellissima e ricca vedova che vive nella città di Betulia,

assediata dalle truppe assire del re Nabucodonosor, guidate dal generale Oloferne, stanca di vedere il suo popolo morire di fame e di sete, decide di dismettere le umili vesti da vedova e indossa i suoi abiti più belli per sedurre Oloferne. Fingendo di voler ottenere una lauta ricompensa rivelando i punti deboli dell'esercito d'Israele, in modo da facilitare l’attacco agli assiri, riesce ad incontrare il generale nemico. Al banchetto organizzato in suo onore, Oloferne si ubriaca e viene lasciato in compagnia della bella Giuditta, la quale, pronunciata la preghiera “Confirma me, Domine Deus Israel, in hac hora”, brandisce la scimitarra del comandante e lo decapita. Con l’aiuto della sua ancella, nasconde la testa di Oloferne in una bisaccia e, di nascosto, rientra in città. L'esercito assiro è costretto alla ritirata. Il popolo di Israele, sentendo la storia e vedendo anche la testa di Oloferne, la osanna, ricompensandola con denari e onori. Giuditta, simbolo femminile di riscatto alla tirannia e di libertà, non si risposa mai

più. L'episodio era popolare nelle raffigurazioni artistiche fin dal Medioevo poiché simboleggiava la vittoria della virtù sul vizio e sulla mancanza di Dio. La scena è stata dipinta anche da Michelangelo nella Cappella Sistina.

Analisi stilistica Protagoniste del quadro sono Giuditta, ritratta con una veste elegante, e la sua fantesca, in abiti servili e un bianco turbante in testa. Sul letto, Oloferne, sorpreso, nel sonno, tenta invano di opporsi al gesto omicidiario. L’artista isola il fatto narrato con taglio ravvicinato, come in una fotografia scattata a ridosso della scena cruenta. La composizione pittorica è racchiusa in una splendida ed immaginaria elissi con punto focale il manico della spada. La luce, proveniente da sinistra, lascia profondi gorghi d'ombra. Con una mano ente l’eroina ebrea inchioda la testa dell’uomo sul letto e con l’altra affonda pesantem

la lama sul collo della vittima. ntemente, La brutalità del l’azione, sottolineata dal sangue che schizza e cola abbonda contrasta con l’accurato abbigliamento di Giuditta.

posizione, scenica ed La tensione del momento è altresì evidenziata dalla contrap

lenzuola. emozionale, tra il rosso della coperta di velluto e il bianco delle

Interpretazione

preoccupata, mentre La Giuditta di Caravaggio sembra assistere alla scena, quasi

suo gesto: è l'attrice quella, che fra poco vedremo, di Artemisia, è totalmente presa nel

risoluto di rivalsa della determinante dell’evento, è coscienza € volontà, spirito ma lo stupro da lei subito. donna contro l’uomo, una nemesi metaforica che richia 103

Giuditta che uccide Oloferne Artemisia

Gentileschi

1620 ca. olio su tela, 199x162 cm Galleria degli Uffizi, Firenze

IL CRIMINE

Sv

E L’ARTE

Artemisia Gentileschi (Roma 1597- Napoli 1653) Figlia di Orazio, grande pittore che operò alla corte di Maria de’ Medici Regina di Francia e di Carlo I d'Inghilterra. A 18 anni Artemisia subisce violenza da parte di Agostino Tassi, pittore che collaborava con il padre. L'evento fa scoppiare uno scandaloso processo che inciderà profondamente nella vita della giovane Artemisia.

I quadri realizzati da Artemisia (es. La Maddalena e Giuditta e Oloferne) evidenziano sia il ricordo dello stupro e una sorta di nemesi artistica sia il grande influsso caravaggesco. Artista già affermata nel suo tempo; godette dell’amicizia e della protezione di Galileo Galilei e di Michelangelo Buonarroti il giovane. A Firenze venne accolta all'Accademia del disegno. Seguì il padre a Genova e in Inghilterra, dove, anch’ella, conquistò un successo immediato.

L'omicidio nella storia del diritto penale - antica Roma Dalle leggi romane (XII Tavole, /ex Cornelia de sicariis et veneficiis, lex Pompeia de parricidiis)

si traggono alcuni precisi principi: tramontato l'uso della vendetta del sangue, la pena per l'uccisione di un uomo diventa quella capitale. Nulla importa se la morte sia succeduta immediatamente alla ferita; ciò che è richiesto è che esista fra idue fatti, della ferita e della

morte, un legame di causa ad effetto ed inoltre che il feritore abbia agito non solo con la voluntas nocendi (volontà di nuocere, di far male) ma proprio con l'animus occidendi (intenzione di uccidere). Infine che non vi siano ragioni di giustificazione del fatto.

L'omicidio colposo è ritenuto e punito come un danneggiamento.

La poena cullei La poena cullei, la pena del sacco.

e ad alto Istituita da Tarquinio Prisco, era la sanzione irrogata al parricida, la più terribile («verghe contenuto simbolico. Il colpevole veniva dapprima frustato con virgae sanguineae

insieme colore del sangue») e quindi veniva cucito in un culleus (sacco) di cuoio impermeabile un ad animali che rappresentavano i vizi e gli attributi maligni: un cane (viltà e oscenità),

una vipera (le vipere gallo (ferocia, catena di uccisioni senza fine perché mangia le serpi) o

le altre hanno fretta di uscire dal ventre materno; la prima viene partorita naturalmente,

caricatura dell'uomo), escono lateralmente uccidendo la madre) ed una scimmia (orripilante

da un bue nero, e, dopo essere stato trasportato attraverso la città su di un carro trainato

veniva gettato nel Tevere o in mare.

L'omicidio nella storia del diritto penale - Grecia

attica (sec. V e IV.. | parenti Interessante la forma di repressione indiretta adottata nell'età

l'omicida dinnanzi al tribunale esperivano la dixm dovov (processo per omicidio), accusando cioè

ndentemente peraltro dall'azione di dello stato, che lo puniva con la condanna a morte. Indipe

il divieto di frequentare luoghi omicidio promossa dai parenti, lo stato imponeva all'omicida 105

4

L’OMICIDIO

NELL'ARTE

E NEL

DIRITTO

PENALE

pubblici e di esercitare i diritti del cittadino; pertanto qualunque cittadino avesse sorpreso il colpevole nell'atto di trasgredire il divieto poteva trascinarlo dinnanzi al tribunale che lo condannava a morte. In mancanza di parenti l'azione di omicidio poteva essere esperita da

un membro della fratria a cui apparteneva l'ucciso, e sempre per la stessa ragione qualunque cittadino poteva accusare di empietà (ypadi aoeféac segno di empietà) il parente che non perseguiva l'omicida violando così questo che era, per lui, un diritto e un dovere.

L'omicidio nella storia del diritto penale - Medioevo Nel diritto intermedio all'autorità dello stato si sostituì la vendetta privata, e alla pena una semplice composizione pecuniaria (guidrigildo); poi i gravi disordini che si manifestavano e la mutata coscienza pubblica indussero al ritorno della pena afflittiva irrogata dallo stato. Nel contempo il diritto ecclesiastico influenzò la legislazione penale, stabilendo che

anche nel caso di uccisione di un feto si trattasse di omicidio. Il feto nel ventre materno, per la Chiesa, è homo in quanto è animato. Inoltre la dottrina ecclesiastica introdusse una distinzione più elaborata fra dolo e colpa nell'ambito del delitto omicidiario.

Omicidio - diritto vigente tutela del bene vita Bene giuridico: vita, come diritto fondamentale e interesse della collettività;

Soggetto attivo: chiunque (reato comune); Soggetto passivo: persona umana vivente (non lo è il feto prima del parto, né il cadavere). La qualità di uomo si acquisisce quando il feto è non dipende più dall'organismo materno (distacco dall'utero); Evento: morte; sul piano medico-legale si distinguono la morte per cessazione dell'attività respiratoria, per arresto cardiocircolatorio, morte cerebrale, arresto del c.d. tripode vitale

(attività respiratoria, cardiocircolatoria e nervosa). Il Legislatore ha optato per la morte cerebrale (cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell'encefalo.

Omicidio doloso L'omicidio doloso è l'evento realizzato da chi volontariamente cagiona la morte di un'altra persona, ossia ha l'effettiva intenzione di uccidere. L'omicidio è frutto di precisa coscienza e

volontà. E' un delitto a forma libera perché la condotta può manifestarsi nei modi più svariati: con un'azione (es. sparare) o un'omissione? (es. la madre che lascia morire di fame il figlio).

3. Si distinguono, nel campo dell’omissione, i reati omissivi propri e i reati omissivi impropri. I primi, si realizzano con la semplice omissione, il non fare, come, ad esempio, l’omissione di soccorso, mentre l'evento morte, se si verifica, può essere considerato un’aggravante. Gli omissivi

impropri, commissivi mediante omissione, richiedono che, proprio in ragione dell’omissione, del non fare, si provochi la morte della persona, come ad esempio, il medico che non presti le

dovute cure al paziente. Questi ultimi, basano la loro ratio sull'esistenza di un dovere civico di

attivarsi per evitare il danno.

106

IL CRIMINE

E L'ARTE

Animus necandi (intenzione di uccidere) La giurisprudenza ha individuato alcuni indici della volontà omicida: es. numero e violenza dei colpi, grado di «micidialità» del mezzo utilizzato, parte del corpo attinta, distanza tra agente e vittima al momento del fatto. MOVENTE: ha un ruolo sussidiario, di completamento degli altri indici, attribuisce univocità ai singoli indici

Esempio di Animus necandi Tizio vuole dare una «lezione» a Caio; lo attira in un angolo buio e lo colpisce violentemente al capo con una spranga di ferro. Caio non muore. Tizio risponderà di tentato omicidio o lesioni aggravate? Orientamento dominante in giurisprudenza: nonostante la volontà di Tizio non fosse orientata a cagionare la morte di Caio, la volontà omicida comunque viene ravvisata negli indici qui sopra indicati.

107

Davide con la testa di Golia Caravaggio 1609-1610, olio su tela, 125x100 cm Galleria Borghese, Roma

IL CRIMINE

E L’ARTE

Davide e Golia Caravaggio Il peggior nemico che potrai incontrare, sarai sempre tu per te stesso. F. Nietzsche. Ilrumore del vero entra prepotente anche in questo quadro di Michelangelo Merisi. E annunciato dalla sfolgorante luce di traverso che squarcia il buio della scena. Due uomini rappresentati, ma in vero un solo uomo, da giovine e da uomo maturo. La testa di Golia tenuta in pugno come trofeo, è il ritratto dell’uomo-Caravaggio, segnato dai vizi e dai peccati di una vita sregolata. Il giovine Golia, fiero e ardimentoso, compiaciuto per l’abilità del suo gesto, convinto della sua intelligenza, ma dallo sguardo mesto e dolente, è sempre

Caravaggio, che si ritrae nella sua età più fresca e più pura. E’ la pena del castigo, la volontà di annientare il male che cova nel suo essere. Meravigliosamente viene rappresentata l’auto soppressione per mano della bellezza e bontà della gioventù contro la depravazione del tempo. L'artista anticipa il tragico epilogo del ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde.

Caravaggio omicida Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, i suoi contemporanei, dissero che portava sempre con sé la spada. Ebbe un carattere attaccabrighe, e facilmente lo si trovava in mezzo ad una rissa. Con la spada, raccontano le cronache, ferì il pittore Tommaso Salini per la strada; cosa da poco, poi, spaccò un piatto in testa a un cameriere in un’osteria; ben più grave il fatto di cui si macchiò nel 1605: ferì gravemente donne; durante una ennesima rissa il notaio Marino Pasqualoni, per questioni di

l’anno successivo, il 28 maggio del 1606, uccise, per una palla contestata in una quale partita a tennis, allora pallacorda, Ranuccio Tomassoni da Terni (per il e potente dalla nutriva risentimento, anche qui a causa di una donna), protetto

nobile famiglia Farnese.

eseguita Condannato a morte, per decapitazione — che, tra l’altro, poteva essere all’esecuzione. da chiunque lo avesse riconosciuto, fuggì da Roma per scampare da quel Questa condanna segnò anche il percorso artistico di Caravaggio, poiché e con ti giustizia gi momento, realizzò quasi ossessivamente quadri con personag

la testa mozzata. o papale. Morì a Porto Ercole (forse) il 18 luglio del 1610, in attesa del perdon

Aggravanti dell'omicidio (artt. 576 e 57/7 c.p.)

l'art. 577 c.p. l'ergastolo. Nel Codice Rocco l'art. 576 c.p. prevedeva la pena di morte, mentre della pena di morte nel La promulgazione della Costituzione ha comportato l'abolizione ogni differenziazione novero delle sanzioni penali. Abolita la pena di morte, è venuta meno tra le circostanze di cui agli artt. 576 e 577 c.p.

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d

L’OMICIDIO

NELL'ARTE

E NEL

DIRITTO

PENALE

Alcune circostanze aggravanti contemplate nell'art. 576 c.p. Si applica la pena dell'ergastolo se il fatto preveduto dall'articolo precedente (omicidio) è

commesso: 1)

col concorso di taluna delle circostanze indicate nel numero 2 dell'articolo 61 (aggravante teleologica (es. aver commesso l'omicidio per commettere o occultare

2)

contro l'ascendente o il discendente, quando concorre taluna delle circostanze

un altro delitto); indicate nei numeri 1 e 4 dell'articolo 61 (motivi futili o abbietti, operato con sevizie e/o crudeltà) o quando è adoperato un mezzo venefico o un altro mezzo insidioso

3)

(parricidio aggravato) ovvero quando vi è premeditazione; dal latitante per sottrarsi all'arresto...;

4)

dall'associato per delinquere...;

5)

in occasione della commissione di taluno dei delitti previsti dagli articoli 609-bis, 609-quater e 609-octies (omicidio commesso nell'atto di compiere violenza sessuale);

5.1)

dall'autore del delitto previsto dall'articolo 612-bis (stalking) nei confronti della

5-bis)

Stessa persona offesa; contro un ufficiale o agente di polizia giudiziaria... nell'atto o a causa dell'adempimento delle funzioni o del servizio;

Si applica la pena dell'ergastolo se il fatto preveduto dall'articolo 575 è commesso: 1) contro l'ascendente (parricidio) o il discendente; 2)

col mezzo di sostanze venefiche, ovvero con un altro mezzo insidioso (trabocchetto,

inganno che ostacola la difesa privata della vittima e consente all'aggressore di ottenere più facilmente il risultato lesivo);

3)

con premeditazione;

4)

col concorso di talune delle circostanze indicate nei numeri 1 e 4 dell'articolo 61

(motivi futili o abbietti, operato con sevizie e/o crudeltà).

La pena è della reclusione da ventiquattro a trenta anni, se il fatto è commesso contro il coniuge, il fratello o la sorella, il padre o la madre adottivi, o il figlio adottivo, o contro un

affine in linea retta.

Premeditazione Aggravante prevista dall'art. 576 c.p. per cui è prevista la pena dell'ergastolo. Il Legislatore

non la definisce. Dottrina e giurisprudenza: concezione classica: era ritenuta la condotta posta in essere frigido pacatoque animo (con freddezza e pacatezza d'animo); successivamente è stato inteso come spazio temporale deliberativo intercorrente tra la fase ideativa e quella esecutiva del programma criminoso unitamente alla risoluzione criminosa ferma ed irrevocabile perdurante nell'animo dell'agente

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IL CRIMINE

E L'ARTE

ALTRE TIPOLOGIE DI OMICIDIO L'omicidio preterintenzionale Da praeter (oltre) è previsto dall'art. 584, e si verifica allorché «chiunque con atti diretti a commettere uno dei delitti preveduti dagli art. 581 e 582, cagiona la morte di un uomo». L'evento morte non è dunque voluto dall'agente ma si verifica a seguito di percosse e lesioni personali. |termini delle questioni girano attorno alla disciplina della preterintenzione, tipico istituto della cosiddetta genera/prevenzione. Per aversi tale tipo di omicidio secondo alcuni è necessario il mero nesso causale tra la percossa (o la lesione) e l'evento morte, secondo

altri è invece necessario che l'evento morte sia quantomeno imputabile all'agente a titolo di colpa. Vive discussioni suscita anche la problematica dell'atteggiarsi delle lesioni o delle percosse: è necessario che esse siano consumate, o basta il loro tentativo?

L'omicidio colposo Previsto dall'art. 589 c.p., si verifica quando qualcuno per colpa (ossia per una condotta negligente, imprudente, imperita o inosservante di regole) cagiona la morte di un uomo. Le diverse tipologie di omicidio, sezionate in base all'elemento soggettivo, hanno discipline diverse in materia di attenuanti, concorso e aggravanti. Si sono viste, per l'omicidio doloso

gli art. 576 e 577; per l'omicidio colposo i capoversi dell'articolo e, infine, per l'omicidio preterintenzionale l'articolo 585. Tipi3co esempio di omicidio colposo è quello automobilistico.

Una morale inconsueta Assassini (in particolare seriali)" ed artisti hanno in comune una cifra costante: vivono in un clima di insoddisfazione permanente che si rinnova all'infinito. Si sentono indotti a ripetere, come in un rituale non scritto e sotto una spinta primordiale, atti, comportamenti, fasi e modalità, per creare l’opera desiderata .... 0 il delitto ... Per l’artista si tratta di un processo creativo che porta alla realizzazione di capolavori è che ottengono l’approvazione del pubblico, mentre per l'omicida il risultato della l’attenzione e distruttivo ed è biasimato, però suscita anch'egli il clamore

collettività.

una volta Una tesi enunciata dal criminologo De Luca* e confermata dal fatto che, quasi, il catturati, molti assassini seriali chiedono di poter disegnare e dipingere, del processo cimentarsi con l’arte, fosse una sorta di compensazione o surrogato omicidiario che in carcere non possono più commettere. *Spunti presi da Ruben De Luca nel libro 2006) Omicida e artista - le due facce del serial killer (Edizioni Magi,

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L’OMICIDIO

NELL'ARTE

E

NEL

DIRITTO

PENALE

La morale della storia È ovvio che abbiamo

inteso l'omicidio, ossia la soppressione della vita umana

altrui, in senso soggettivo, non in senso oggettivo come il frutto di guerre o di repressioni statuali. Le considerazioni giuridiche e morali in tal caso cambierebbero radicalmente. Illuminante il pensiero di Simone Weil: «La storia non è altro che una compilazione delle deposizioni fatte dagli assassini circa le loro vittime e se stessi».

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Enrico nell'atto di donare la Cappella Giotto 1303-1305, affresco, Cappella degli Scrovegni, Padova

IL CRIMINE

E L'ARTE

Giotto raffigura Enrico degli Scrovegni, un banchiere I banchieri crearono immensi patrimoni che condizionarono direttamente o indirettamente anche l’arte figurativa. Ricchezza e gestione dei rapporti internazionali favoriti dalle pratiche mercantilistiche, spiegano anche la nascita del mecenatismo moderno che ha origine spesso come gesto penitenziale (il confine tra credito e il peccato dell’usura è labile), per poi mutarsi, bon gré mal gré, in espressione della ricchezza e manifestazione del potere o strumento del potere.

Giotto cappella degli Scrovegni La famiglia Scrovegni, di umili origini, maniscalchi e musicanti, raggiunse successo, ricchezza e fama grazie al prestito del denaro. Si consolidò

con Rinaldo

di Ugolino e con i figli di lui, Manfredo

ed Enrico.

Quest'ultimo, che lega il suo nome alla famosa Cappella, fu fautore della salita al potere dei Carrara a Padova, con la quale però ebbe un rapporto contrastato. L'importanza della famiglia si ritrova anche con la nomina del figlio di Enrico,

Ugolino, che fu Podestà a Belluno (1361-1362) e successivamente, Capitano del Popolo a Firenze (tra il 1370 e il 1390). La cappella degli Scrovegni si trova a Padova ed è detta anche dell'Arena (si trova nei pressi dell’Arena romana). Fu fatta costruire da Enrico degli Scrovegni all’inizio del 300 (1303-1305), sia per rafforzare il legame con la chiesa terrena, sia con lo scopo

di emendare suo padre e se stesso dai peccati commessi, in particolare da quello di usura, che avevano praticato con grande disinvoltura nel loro ruolo di banchieri.

Enrico nell'atto di donare la Cappella

Enrico Scrovegni ritratto nel gesto di offrire la Cappella, dedicata alla Vergine

Maria. I volti del donatore e quello del Canonico che con evidente sforzo regge il

degli pesante modello, a testimonianza della concretezza del dono, rappresentano

esiti pittorici di assoluto pregio dell’arte giottesca.

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L’USURA

NELL'ARTE

E

NEL

DIRITTO

PENALE

Usura: l'etimologia Il termine Usura assume vari significati: viene dal latino us&ra(m), derivato di uti usare. È logorio, principio di consunzione’ (dal francese usure, derivato di user, vale a dire usare nel senso di ‘consumare’). Altro significato, esigere e farsi dare «un interesse (o altro compenso) notevolmente

superiore alla misura corrente o legale in corrispettivo di un prestito». La parola l’usuraio è attestata dalla fine del Duecento nell’italiano scritto. L'usuraio è conosciuto in termini e in modi assai spicci e colloquiali: strozzino (derivato di strozzare, nel chiaro senso figurato di ‘prendere alla gola’, dalla metà dell'Ottocento nell’italiano scritto) e poi, in modi ancor più brutali, marchiati da dialettalità romanesca: cravattaro. Nel gergo semidialettale il cravattaro è colui che stringe l’implacabile nodo dei debiti intorno al collo altrui sino a strangolarlo, lo strozzino, insomma.

Cappio. Metafora del prestito usuraio. Qualche analogia con la cravatta di Cattelan?

C'è anche chi, prescindendo da qualsivoglia considerazione morale, non si è fatto remore nel far denaro, anche in modo artistico: questi èAndy Warhol. Del denaro e del far denaro ne ha fatto un’arte, non importa se esso sia frutto di usura. Pecunia non olet. Di seguito la sua frase famosa. 118

Un WOIELELE

L’USURA

NELL'ARTE

E NEL

DIRITTO

PENALE

Andy Warhol Nato nel 1928 a Pittsburgh, in Pennsylvania, mente artistica vulcanica, fu uno dei

protagonisti dell'Arte del Novecento. Suo il merito di aver inventato e diffuso la Pop Art. Fu anche produttore cinematografico e attore. Dopo gli studi in arte pubblicitaria al Carnegie Institute of Technology e le prime esperienze sulle principali riviste glamour, come Vogue, nel luglio del 1962 inaugurò la sua prima mostra alla Ferus Gallery di Los Angeles. Con l’opera Campbell’s Soup Cans (32 dipinti con altrettante lattine di zuppa di una nota marca, in diversi gusti e colori) espresse in pieno lo spirito della Pop Art, che da quel momento cominciò a fare presa su pubblico e critica. Innumerevoli le sue opere, prodotte con la tecnica della serigrafia in ripetizione: su tele molto grandi riproduceva la stessa immagine cambiandone i colori. Amava usare i grandi marchi commerciali: li decodificava, li svuotava di significato, proprio attraverso la loro ripetizione. Il suo obiettivo era quello di rendere l’arte “consumabile” come i prodotti dei centri commerciali: anzi, per lui qualsiasi oggetto del supermercato meritava di stare in un museo. Più tardi nella sua carriera riprodusse anche opere degli artisti passati, come L'ultima Cena di Leonardo da Vinci. Scomparso a New York il 22 febbraio 1987, gran parte delle sue opere sono conservate al Museum of Modern Art di New York. Ultima nota: Andy aveva capito che più grande, come dimensioni, era un quadro e più alta era la sua quotazione. La moltiplicazione dell'immagine riprodotta nei suoi quadri, non era esente da questa considerazione.

”...un buon affare è il massimo di tutte le arti”.

Il volto di Marilyn Andy amava riprodurre immagini, in particolare il volto di Marilyn Monroe. Quello di lato è stato realizzato nel 1967. La serigrafia misura 91,5 x 91,5 cme

si ammira alla Andy Warhol Foundation di

New York. La serie si caratterizza per cromatismo intenso congiunto ad un tratto molto marcato.

La combinazione perfetta di questi due elementi, unita ad uno stile innovativo, definisce la forza e il valore dell’opera.

Il volto di Marilyn appartiene ad una cartella contenente dieci serigrafie ed è una delle più famose e citate dell’artista americano. Andy, in questo caso, volutamente gioca sui contrasti dei colori complementari quali il blu, il rosso, il verde, l’azzurro e il rosa.

I ritratti vengono riprodotti in tinte fredde, quasi plasticate, funzionali per l’artista per accentuare ancor più l’antagonismo cromatico.

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4

L'USURA

NELL'ARTE

E NEL

DIRITTO

PENALE

La condanna dell'usura: dall'Antico Testamento al Medioevo Uno dei primi riferimenti documentari relativi all'usura risale al Vecchio Testamento: “se presti denaro al mio popolo, al povero che abita con te ...”, si legge nel Libro dell’Esodo, “...non lo vesserai come un esattore, né l’opprimerai con le usure” e nel Levitico “non darai il tuo denaro ad usura al tuo fratello, e non esigerai un sovrappiù di frutti”. Nel Vangelo rilevante è il famoso precetto di Cristo: “date mutuum, nihil inde sperantes”, ossia “concedete prestiti senza sperarne nulla” (e il vostro premio sarà grande), contenuto nel “Discorso della montagna” (Luca 6, 35). Il precetto indica di prestare a coloro che ne hanno bisogno, cioè “gli indigenti, e quelli che chiedono, ragionevolmente, allo scopo di sostenere una vita”. L'usura, dunque, è un peccato di particolare rilevanza perché contraddice una domanda di carità: consentire un prestito caritatevole è un’azione di grazia; chiedere un prezzo per questa grazia è un peccato abominevole.

Aristotele D'altra parte già Aristotele condannava l’usura ritenendola “la forma di acquisto che più di ogni altra può dirsi contro natura”. Egli sosteneva che la moneta fosse per sua stessa natura sterile; con l’usura invece la moneta si moltiplica ed è per questo che egli reputava l'usura il modo più innaturale di guadagnare.

L'usura nel diritto romano Nel diritto romano antico, la legge delle dodici tavole puniva l'usuraio, cioè chi avesse fatto prestiti ad un tasso superiore a quello legale, fissato, a quel che sembra, nel cento per cento annuo, con

l'obbligo di restituire il quadruplo di quanto avesse ricevuto. Più tardi l'azione penale fu sostituita da un'azione civile di ripetizione dell'indebito, limitata all'ammontare degli interessi. A quanto riferiscono alcuni autori (Manzini), sembra che Cesare imperatore avesse ordinato la repressione criminale dell'usura, che tuttavia poco tempo dopo venne abolita o cadde in desuetudine. La legislazione giustinianea, invece, disciplinò la materia degli interessi attraverso dei "massimali" su base annua. In pratica venne stabilito che l'interesse non potesse superare il 4%.

Dante Gli usurai sono collocati da Dante nel VII cerchio dell’Inferno, al terzo girone, tra i violenti contro Dio e contro la natura. Dante, nell’inferno, è ansioso che il Virgilio

sciolga il suo dubbio su una questione come la pratica dell'usura, centrale, anche simbolicamente, nel quadro delle pratiche negative e dei disvalori che minano la società fiorentina. Virgilio risponderà a Dante elevando un inno di forte caratura

morale al lavoro umano, condannando l’usura che permette a chi la pratica di vivere senza muovere un dito e di spogliare chi lavora e produce davvero.

Dante ce l’ha tanto con l’usura e con tutti i delitti contro il patrimonio, anche perché fu accusato dalle autorità cittadine di vari reati, tra cui quello infamante di aver preso denaro come amministratore della cosa pubblica (baratteria). 122

L’USURA

NELL'ARTE

E NEL

DIRITTO

PENALE

Gli usurai di Marinus van Reymerswaele: come si personifica l'usura (1490-1567) 1540 circa Firenze, Museo Stibbert

Significato dell'opera L’avidità la fa da principe in quest'opera dell’artista fiammingo, Marinus van Reymerswaele. E’ ben rappresentata nelle facce ghignanti che divengono quasi caricaturali e grottesche, di questi due usurai lussuosamente vestiti e agghindati con vistosi copricapi, caratteristici della moda fiamminga del Quattrocento. Sulla pagina scritta del libro che tengono aperto sul tavolo non si leggono i conti che presumibilmente i due stanno controllando, ma una frase moraleggiante: “Non ambite troppo a ricchezze ingiuste, perché esse non vi daranno alcun vantaggio il giorno della Venuta [di Cristo] e del Giudizio. Siate dunque senza avarizia”. L'intento quindi di queste opere è essenzialmente moraleggiante: rendere palese, in maniera distaccata e divertita, l'animo turpe e insaziabile dei protagonisti che incarnano i vizi propri della società mercantile e bancaria.

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IL CRIMINE

E L'ARTE

Il delitto di usura — art. 644 c.p. Chiunque, fuori dei casi previsti dall'articolo 643 (circonvenzione di persona incapace), si fa dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per sé o per altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità, interessi o altri vantaggi usurari [c.c. 1448, 1815], è punito con la reclusione da due a dieci anni e con la multa da euro 5.000 a euro 30.000. Alla stessa pena soggiace chi, fuori del caso di concorso nel delitto previsto dal primo comma, procura a taluno una somma di denaro od altra utilità facendo dare o promettere,

a sé o ad altri, per la mediazione, un compenso usurario [c.p. 649]. La legge stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari. Sono altresi usurari gli interessi, anche se inferiori a tale limite, e gli altri vantaggi o compensi che, avuto riguardo alle concrete modalità del fatto e al tasso medio praticato per operazioni similari, risultano comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, ovvero all'opera di mediazione, quando chi li ha dati o promessi si trova in condizioni di difficoltà economica o finanziaria. Per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito. Le pene per ifatti di cui al primo e secondo comma sono aumentate da un terzo alla metà: 1) se il colpevole ha agito nell'esercizio di una attività professionale, bancaria o di intermediazione finanziaria mobiliare;

2) se il colpevole ha richiesto in garanzia partecipazioni o quote societarie o aziendali o proprietà immobiliari; 3) se il reato è commesso in danno di chi si trova in stato di bisogno;

4) se il reato è commesso in danno di chi svolge attività imprenditoriale, professionale 0 artigianale; 5) se il reato ècommesso da persona sottoposta con provvedimento definitivo alla misura e di prevenzione della sorveglianza speciale durante il periodo previsto di applicazione fino a tre anni dal momento in cui è cessata l'esecuzione. codice di Nel caso di condanna, o di applicazione di pena ai sensi dell'articolo 444 del la confisca procedura penale, per uno dei delitti di cui al presente articolo, èsempre ordinata

beni ed dei beni che costituiscono prezzo o profitto del reato ovvero di somme di denaro, pari al utilità di cui il reo ha la disponibilità anche per interposta persona per un importo

diritti della persona valore degli interessi o degli altri vantaggi o compensi usurari, salvi i

offesa dal reato alle restituzioni e al risarcimento dei danni.

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L'USURA

NELL'ARTE

E NEL

DIRITTO

PENALE

La ratio della norma L'usura consiste nello sfruttare il bisogno di denaro o di altre utilità di un altro individuo per procurarsi un ingiusto guadagno. L'etimologia del termine usura deriva, come già accennato, dal latino usus che indica l'utile che va riconosciuto al creditore in aggiunta alla restituzione del bene mobile o del denaro ottenuto in prestito. A seguito dell'abrogazione ad opera della |. 7.3.1996, n. 108 dell'art. 644 bis (recante le fattispecie di usura impropria introdotte dall'art.11 quinquies, co. 1, lett.b, e 2 del d.l. 8.6.1992, n.306, conv. con madificazioni nella |. 7.8.1992, n. 356) con trasferimento dei suoi contenuti

nell'art. 644 c.p. integralmente riscritto, il codice penale distingue due figure dell'usura: - la prestazione usuraria (co. 1): quando un soggetto approfittando dello stato di bisogno di una persona si fa dare o promettere interessi o altri vantaggi usurai, quale corrispettivo di una prestazione di denaro o altra cosa mobile; - la mediazione usuraria (co. 2): quando taluno, non in concorso, si intromette e fa da

mediatore tra vittima usurario e si fa promettere o dare un compenso per tale attività di intermediazione. Le due fattispecie hanno in comune l'induzione del soggetto passivo alla pattuizione di interessi o altri vantaggi usurari (cose mobili o immobili, prestazioni di lavoro, di opere o di servizi economicamente valutabili) quale corrispettivo del prestito di una somma di denaro o di altra cosa mobile, caratterizzato dal conseguimento di un profitto illecito.

Perché sussista il delitto sono necessari iseguenti elementi: - lo stato di bisogno della vittima;

- che uno approfitti di tale stato di bisogno; - che gli interessi o i vantaggi, dati o promessi, siano usurari (ossia superiiori ad un limite

stabilito dalla legge).

Stato di bisogno Perché vi sia stato di bisogno, si ritiene sia sufficiente che la vittima si trovi in una situazione

patrimoniale deficitaria, assillata dalle preoccupazioni economico-finanziarie.

Approfittare Significa giovarsi in modo illecito di situazioni di svantaggio altrui. Si approfitta non solo quando si agisce in tal senso circuendo la vittima, bastando a volte un semplice comportamento passivo, se anche da questo si trae un vantaggio.

L'elemento psicologico La cosciente volontà di approfittare dello stato di bisogno altrui con la consapevolezza di concludere, o far concludere, un contratto con interessi da usura, ossia superiori al limite fissato dalla legge.

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e sua moglie

Marinus van Reymerswaele

‘Alte Pinakothek, Monaco



L'USURA

NELL'ARTE

E NEL

DIRITTO

PENALE

Marinus van Reymerswaele Certi artisti passano alla storia, più per qualche loro quadro che per la loro opera generale. Il caso di tipico è Marinus van Reymerswaele con il suo capolavoro, l’Esattore di tasse con la moglie (Alte Pinakothek, Monaco), derivato da un’opera di Quentin Massys, conservato al Louvre (1514). Marinus nacque in Zelanda ai primi del 1500 e si formò nella bottega del pittore di vetrate Simon van Daele ad Anversa, città dove egli rimase a vivere. Per capire la sua pittura, è da premettere che in quel contesto storico, Anversa, fu una capitale finanziaria, centro di un fiorente mercato monetario. La città fu sostenuta da Carlo V, interessato a coglierne i frutti monetari a favore della sua politica di espansione in Europa e nei nuovi mondi Marinus van Reymerswaele ebbe una lunga carriera, che durò oltre 40 anni. Nella pittura di genere trovò il suo estro, e nella quale si specializzò e divenne famoso. Rimase sempre fedele ad un suo modello originario, scegliendo deliberatamente una tematica ancorata alla quotidianità del tempo, di talché nel suo lungo arco pittorico non espresse particolari sviluppi stilistici. Amante dei dettagli curiosi e bizzarri, è celebre soprattutto per una serie di ritratti di personaggi al lavoro al limite del caricaturale. Nel comporre queste opere egli attingeva agli esempi dei maestri del passato, arricchendone i temi con spunti personali. Fu molto attratto dai problemi sociali e religiosi degli anni della Riforma che cercò di interpretare in modo attento e fedele. Nel 1567 venne bandito da Middelburg per aver preso parte a un’azione iconoclasta nella Westmunsterkerk, segno della sua adesione alla Riforma protestante.

"Il Cambiavalute (esattore di tasse) e sua Moglie" Marinus van Reymerswaele, 1540 Marinus si inserì con le sue opere in una vivace corrente artistica che condannava esplicitamente l’avidità degli speculatori e dei banchieri. Furono quelle, dunque, le motivazioni che lo indussero a dipingere, con un'analisi impietosa, questa coppia di cambiavalute, più probabilmente usurai o esattori delle tasse.

L'artista raffigura i due ricchi borghesi nell’atto di verificare con una bilancetta il peso esatto delle monete, che venivano spesso limate per ricavarne polvere d’oro. Seduti l’una accanto all’altro, appoggiati su un tavolo coperto da un tappeto verde, confrontano il peso di un pezzo d’oro con quello di un piccolo disco e contano ansiosamente, con mani rapaci, le monete sparpagliate; la penna è pronta per

annotare il risultato della pesatura. L'intensità dello sguardo con il quale la donna scruta attentamente le monete sfogliando il libro con le sue lunghe dita artigliate è segno evidente della sua avidità. Una luce nitida viene da sinistra, da una finestra

che non vediamo. Essa consente al pittore una descrizione analitica della realtà, nella quale sfoggia 128

IL CRIMINE

E L'ARTE

una prodigiosa maestria: agli oggetti viene conferita una sorta di consistenza “tattile”. In particolare egli valorizza ogni dettaglio con un disegno minuzioso. Sul tavolo, in primo piano, sono riprodotti scrupolosamente i libri dei conti e i registri, la penna e la borsa vuota e poi la mensola di fondo, la candela spenta e i rotoli di carta sparsi all’interno della stanza. Quanto ai due personaggi, abiti colorati e ricchi, toni accesi, vistose pieghe delle stoffe e un copricapo per entrambi. Della tavola del Prado esistono varie repliche dello stesso Marinus con poche modifiche e varianti, riconducibili alla stessa epoca, gli anni Quaranta del Cinquecento.

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A L'USURA

NELL'ARTE

E NEL

DIRITTO

PENALE

L'avarizia Alla base dell’usura, spesso troviamo l’avarizia. Dal Vocabolario Treccani: avarizia s. f. [dal lat. avaritia, der. di avarus «avaro»]. - 1. Eccessivo ritegno nello spendere e nel donare, per un gretto attaccamento al denaro e a ciò che si possiede (considerato, nella dottrina cattolica, uno dei sette peccati capitali): peccare di

a.; è noto per la sua grande a.; è un individuo di un’a. sordida; O d’a. al par che di grandezza Famoso Atride (V. Monti); l’a. è il più stupido dei vizi capitali perché gode di una possibilità, o se si preferisce di un potere, che non si realizza mai (Umberto Galimberti); crepi l’a.!, muoia l’a.!, espressione scherzosa di chi si

decide a qualche piccola spesa o si concede eccezionalmente qualche modesto lusso. 2. ant. Desiderio intenso di ricchezze, insaziabile avidità di denaro: O esecrabile Avarizia,

o ingorda Fame d’avere (Ariosto). Anche, raram., avidità in genere: come

sepolto Scheletro, cui di terra Avarizia o pietà rende all’aperto (Leopardi).

La Chiesa stabilisce: è vietato il commercio del tempo Tra i vizi capitali fissati dalla Chiesa l’usura rientra nell’avarizia, e l’usuraio pecca perché vende l’intervallo tra il momento in cui presta e quello in cui viene rimborsato con l’interesse: commercia dunque il tempo, che compete solo a Dio. Il veto trovò due clamorose eccezioni: Tommaso d’Aquino che pose le premesse per inserire il tasso di interesse fra i contratti leciti; Bernardino da Siena, che precisò la distinzione tra usuraio e banchiere, valorizzando il secondo la cui attività è

meritoria perché consente la circolazione della ricchezza, ed il prestito che si colloca alla base del moderno sistema finanziario. In questo antagonismo, si fecero strada le donazioni pro remedio animae (per la salvezza dell’anima), destinate a opere di bene, o d’arte e auspicabilmente anche alla salvezza dell'anima del donatore. Pur tuttavia, in generale, le rappresentazioni dei prestatori-usurai conservano sempre connotazioni negative. D'altronde, la figura dell’usuraio è legata a quella dell’ebreo al quale erano interdette quasi tutte le attività e vietata la proprietà dei beni immobili, per cui al medesimo non restava che la pratica della medicina e del prestito. La Chiesa avverti la necessità di aiutare chi fosse in difficoltà e i francescani, dal 1462, ispirarono e fondarono i Monti di Pietà come istituzioni antiusura.

Dopo vedremo chi.

130

sita:

131

L'USURA

NELL'ARTE

E

NEL

DIRITTO

PENALE

"L'avaro e la Morte" Jan Provost - 1505-1510

Significato dell'opera - il denaro è indifferente anche innanzi alla morte Il fiammingo Jan Provost, ai primi del ‘500, dipinge l’Avaro e la Morte dal forte significato: diversamente da come si potrebbe pensare, tutto ruota intorno al giovane accigliato e col cappello nero sulla destra che indica il foglietto tenuto in mano dalla Morte e sul quale vi è un’iscrizione, in stato frammentario, che inizia

con «Ic Ian Lanckart...». Si tratta del committente dell’opera, ormai defunto (lo si capisce perché ha il sudario della Morte addosso); la Morte è giunta a pagare il debito lasciato insoluto dal giovane, mentre il banchiere, che non si sgomenta minimamente davanti ad essa, si limita a controllare scrupolosamente nel suo libro

contabile l'ammontare del proprio credito e restituisce la lettera di cambio. Il tutto si svolge tranquillamente all’interno della bottega del banchiere, preziosamente vestito con una sopraveste rossa imbottita di pelliccia, tra sacchetti di denaro e foglietti scritti, sparsi per l’ambiente a significare che davanti al denaro e all’interesse il banchiere non guarda in faccia nessuno. Insieme a Massys, Provost è il più importante pittore del primo Rinascimento nei Paesi Bassi.

Jan Provost, biografia Pittore, ingegnere ed architetto fiammingo Jan Provost, o Provoost, nasce a Mons intorno al 1465. Si trasferisce a Valenciennes e nel 1491 sposa Jeanne de Quaroube, vedova di Simon Marmion, artista che probabilmente gli ha fatto da maestro. Nel 1493 Provost si trasferisce ad Anversa dove entra a fare parte della gilda di San Luca. Il lavoro di Provost è ben accolto a Bruges dove diventa artista prestigioso

e celebre tanto da ricevere numerose commissioni civili ed ecclesiastiche. L'artista ha un ruolo importante nella corporazione dei pittori occupando al suo interno posizioni di rilievo. Nel 1520 si occupa delle decorazioni per festeggiare l'ingresso trionfale di Carlo V in Bruges. Torna ad Anversa lo stesso anno dove incontra Diirer nella primavera del 1521 subendo la sua forte influenza. L’opera più importante di Provost è il Giudizio Universale, dipinto tra il 1524 e il 1526 per il Comune di Bruges. Il pittore fiammingo è considerato uno degli esempi più significativi

del passaggio dal Gotico al Rinascimento dei Paesi Bassi. La sua arte combina la tecnica accuratamente dettagliata, tipica dalla tradizione olandese, con una nuova

mentalità più rinascimentale. I suoi pannelli sono caratterizzati da un delicato uso del colore e da un sempre più realistico tocco. Dopo la morte della prima moglie nel 1506 avrà altri tre matrimoni e due dei suoi figli seguiranno le sue orme artistiche, Adriaen sarà pittore e Thomas un decoratore di vetrate, entrambi attivi a Bruges. 132

I tre provveditori della 7

— Ca'd'Oro

A L'USURA

NELL'ARTE

E NEL

DIRITTO

PENALE

Domenico Tintoretto | tre provveditori della zecca Venezia, Ca' d'Oro I Governatori in Zecca, creati nel 1522, avevano la direzione generale della Zecca;

La Zecca era «officina monetaria e istituto di emissione, di deposito e credito verso lo Stato [...] custodiva le riserve valutarie pubbliche, gestiva in parte il debito

pubblico». Alla Zecca presiedevano diversi magistrati con funzioni sia tecnicoamministrative sia finanziarie. Il «Provveditore in Zecca» fu istituito nel 1552 quando il Consiglio dei X - fino a questa data sovraintendente alla Zecca - affidò al magistrato parte delle attribuzioni. Il numero dei Provveditori fu portato a tre nel 1572 con compiti di vigilanza sulla coniazione dell’oro.

Il figlio del piccolo tintore Analogo al tema, anche questo dipinto di Domenico Tintoretto. Domenico Robusti (Venezia, 1560.- Venezia,17 maggio 1635) è stato un pittore italiano, erede del padre Jacopo, noto come il Tintoretto.

Affiancò il padre nel lavoro di bottega, aiutandolo sempre più man mano che l’età del genitore avanzava rendendogli meno agile il lavoro: alla sua morte, prese le redini della bottega, che però non brillò più della fama paterna. Più che nelle grandi composizioni con diverse figure, eccelse invece nei ritratti: nel 1605 ne eseguì uno di Galileo Galilei.

Analisi stilistica Le colonne decorate di un palazzo sfarzoso alle spalle, la laguna lattiginosa sullo sfondo in un giorno che si spegne; in primo piano, monete sul tavolo, alcune in

sacchettini ben sigillati, un libro contabile aperto con annotazioni, uomini dalle nere toghe intenti a tirar giuste le somme, lunghe dita affusolate che si destreggiano

tra monete e fogli. Sembra la stessa scena e la medesima regia dei quadri di van Reymerswaele; identica anche la brama di ricchezza. L'immagine sembrerebbe 134

IL CRIMINE

E L'ARTE

esaltare la probità e l’onestà degli alti funzionari della Serenissima; forse solo in via ipotetica. Cambia il contesto, può darsi. Dubitiamo. Marinus ritraeva cittadini

privati avidi di denaro, Domenico, pubblici funzionari, forse altrettanto avidi e dietro l'angolo una frode ammantata di legalità. La ricchezza, comunque, come valore sopra ogni cosa! i:

Il denaro, la bellezza e il mecenatismo Il mito del mecenate è strettamente legato a quello dei banchieri che finanziarono le imprese delle case regnanti, ed è proprio quella convergenza di potere e di denaro che favorì l’operare dei più importanti artisti di tutti i tempi. Ad esempio un immaginario viaggio alla radice del potere fiorentino e veneziano in Europa (i Medici e gli altri banchieri) ma anche un’analisi di quei meccanismi economici che - mezzo millennio prima degli attuali mezzi di comunicazione permettono di capire come i fiorentini e i veneziani siano riusciti a dominare il mondo degli scambi commerciali e, di conseguenza a finanziare il Rinascimento e l'esplosione di una bellezza artistica immortale. La nascita del mecenatismo moderno, come visto ha origine spesso come gesto penitenziale per trasformarsi in seguito, per una modificazione dei modelli valoriali, in strumento di potere. Senza banchieri niente Rinascimento. Non solo per le immense somme di denaro che questi uomini investivano in dipinti e palazzi, ma anche per il senso di colpa e la disapprovazione della Chiesa che essi cercavano di superare con le loro donazioni artistiche. Ogni prestito dato a interesse era un peccato contro natura: per gli usurai si aprivano le porte dell’inferno. Questi ricchi cristiani si ingegnavano allora ad escogitare delle vie di salvezza: o tramite prestiti vantaggiosi che non comportassero interessi; ovvero placando la severità ammonitrice della Chiesa con donazioni. Così facendo, scoprirono che l’arte, che poteva essere comprata con il denaro, creava un valore

che andava ben oltre il denaro: l’arte conferiva prestigio sociale e, al contempo, rendeva la Chiesa più accogliente e bella. Per cui, molti uomini di Chiesa erano felicissimi di accettare i soldi dei banchieri. Non tutti. Altri invece, come Savonarola, non scendevano mai a compromessi.

135

Cie TUISENGNELCÌE | Fra Bartolomeo 1498 ca, olio su tela, 46,5x32,5 Museo Nazionale di San Marco, Firenze

IL CRIMINE

E L'ARTE

Girolamo Savonarola, 1498 ca. Dipinto da Fra Bartolomeo al secolo Baccio della Porta, 1473-1517. Girolamo Savonarola nacque a Ferrara il 21 settembre 1452 da una modesta famiglia. Nel 1475 entrò nell’Ordine domenicano. Nel 1482 fu chiamato a Firenze da Lorenzo il Magnifico come lettore della Sacra Scrittura nel convento di San Marco. Abile oratore e persona colta, Girolamo Savonarola si creò un largo seguito nella città, predicando con grande vigore contro il lusso della signoria medicea e la politica nepotista del discusso pontefice Alessandro VI Borgia. Violente anche le sue invettive contro l’usura.

L'usura nella giurisprudenza L'art. 644 c.p. distingue due fattispecie di usura: l'usura presunta, che ricorre quando si eccede la soglia d'usura; l'usura concreta che, invece, ricorre nel caso di abuso dello stato di difficoltà della vittima,

quale strumento di lucro indebito attraverso la sproporzione delle prestazioni. La giurisprudenza si è occupata principalmente della prima fattispecie: soprattutto in questi ultimi anni, anche a seguito delle ferme posizioni assunte dalla Suprema Corte,

sono ampiamente proliferati i ricorsi all'Organo giudiziario per i presunti debordi dei limiti di usura negli interessi, commissioni ed altre spese praticati dagli intermediari creditizi.

Usura in concreto La Cassazione Penale, sez Ill ha stabilito che ‘Aî fini dell'interazione dell'elemento materiale della c.d. usura in concreto (art. 644 c.p., commi 1 e 3, seconda parte) occorre che ilsoggetto

passivo versi in condizioni di difficoltà economica o finanziaria e che gli interessi (pur inferiori al tasso-soglia usurario ex lege) ed i vantaggi e i compensi pattuiti, risultino, avuto riguardo alle concrete modalità del fatto e al tasso medio praticato per operazioni similari, sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, ovvero all'opera di mediazione:

157

L’USURA

NELL'ARTE

E NEL

DIRITTO

PENALE

Nota finale con Bernardino da Feltre e i suoi Monti di Pietà Bernardino da Feltre (Feltre 1439 - Pavia 1494), al secolo Martino Tomitano, di agiatissima famiglia di Feltre, dopo essersi laureato a pieni voti all’Università di Padova, scelse il convento ed entrò nell’Ordine dei Frati Minori. Persecutore degli

ebrei, fu beato ma non santo. Noto e veemente predicatore, si scaglio contro il lusso e la pratica dell’usura. Strano il suo destino o il destino della sua opera. Per

sottrarre i poveri allo sfruttamento degli usurai, inventò i Monti di Pietà. Solo che questi - destino cinico e baro - si trasformarono in Istituti di Credito su Pegno, poi Banche del Monte, poi Banche pure e semplici. Banche che prestavano denaro ad interesse, anche usurario!

E non vissero tutti felici e contenti.

Costantino Corti. Bernardino da Feltre. Statua collocata nella

splendida cornice di Piazza Maggiore di Feltre.

138

Da IL CRIMINE

E L'ARTE

San Nicola e San Matteo Ah, dimenticavo, pure gli usurai, hanno il loro santo protettore, è San Nicola di Bari.

Anche San Matteo l’evangelista, a dire il vero, potrebbe annoverarsi tra i Santi amati dagli usurai. Ufficialmente è il patrono di Banchieri, Contabili, Doganieri, Ragionieri e della Guardia di Finanza. Qualche affinità tra queste categorie e gli usurai non si può negare, nel bene e nel male. Per di più, Matteo che era anche chiamato Levi, di professione faceva il pubblicano, cioè l'appaltatore delle imposte per conto del fisco romano (Equitalia ante litteram), categoria tra le più odiate dal popolo ebraico. In effetti, in quel tempo, gli esattori anticipavano a Roma i tributi e poi si rifacevano abbondantemente sia riscuotendo draconianamente l'imposta, sia applicando tassi usurai alla popolazione. Ma torniamo a San Nicola.

San Nicola, protettore anche degli avvocati Non si sa bene quando sia nato o sia morto. Quello che si sa che i natali li diede Patara in Licia (Turchia) all’incirca nella metà del III secolo e che ascese al cielo

verso il 350 d.C.. Da laico fu proclamato Vescovo di Myra. Partecipò al Concilio di Nicea, condannando l’eresia ariana. Morì, questo sembra certo, il 6 dicembre, data che è diventata una festa per i bimbi in molti paesi. Nei paesi transalpini e nel folklore americano è diventato Santa Claus (corruzione di Sanctus Nicolaus), dalla sporta piena di doni per i bambini. I mercanti di Bari trafugarono il suo corpo da Myra nel 1087, lo portarono nella loro patria, dove fu eretta in suo onore la famosa basilica.

I Veneziani, non da

meno, rinvennero nella tomba una gran quantità di minuti frammenti ossei che i baresi non avevano potuto

prelevare. Questi vennero traslati nell'abbazia di San Nicolò del Lido e li venerati. Il numero tre, paradigma

della perfezione, sembra la sua cifra costante: tre le sorelle salvate dalla perdizione con le tre le palle d’oro o le tre borse, tre ibambini resuscitati, tre icondannati a morte salvati, ecc.

San Nicola è protettore di ben 271 comuni,

e a lui

sono affidati moltissimi pa139

,

L'USURA

NELL'ARTE

E NEL

DIRITTO

PENALE

tronati tra cui quello dei navigatori, dei pellegrini, dei pescatori, dei poveri, degli scolari, della Lorena, della Grecia e dell’intera Russia. Però, lo è anche degli avvocati, forse perché fece liberare tre ufficiali bizantini

accusati ingiustamente di tradimento e condannati a morte, delle prostitute e degli usurai!. Si diffida, ovviamente, dagli accostamenti!

San Nicola La Mazzucco sceglie di rappresentare un San Nicola barocco, - riecheggiante la maniera del pittore spagnolo Claudio Coello - in abiti da Vesovo di Myra, trasportato dagli Angeli sul cielo dell'Alpago, sopra l'elegante e cilindrico sacello che contiene la sua pala e a lui dedicato, che l’angelo di destra ci mostra con il dito.

Il dinamico movimento delle braccia, lo sguardo severo ed indagatore del Santo, le colorate vesti svolazzanti, il cielo di nuvole in-

quiete, il volo libero degli angeli, donano al dipinto una naturale

leggerezza e sospensione, rendendo realistico anche il volo del Santo. Antonella Mazzucco, nata a Feltre, vive e lavora a Vittorio Vene-

to. Pittrice di pregevoli doti tecniche, è, per formazione, più incline alla pittura figurativa, seppur non disdegni escursioni nell’ambito dell’astratto. Si occupa anche di

restauro di pale e dipinti antichi.

Antonella Mazzucco, Pala d'Altare, 2004 acrilico su tavola, Sacello di Garna d'Al-

pago (BL)

1

140

Reinhold C. Mueller San Nicolò patrono dei banchieri, degli ebrei e dei ladri Crediti e debiti, ricchezza e povertà nelle leggende medievali -© Reinhold C. Mueller, 2016

IL CRIMINE

E L'ARTE

Tre palle d'oro Particolare delle tre palle d’oro, poste sopra un libro, che sono l’attributo di San Nicola, a memoria della vicenda in cui salvò dalla prostituzione tre ragazze in povertà, donando loro in dote, all'insaputa di tutti, tre borse

contenenti monete d’oro.

Particolare del paesaggio di Alpago (BL) con Sacello di Garna in primo piano L'artista ha reso con veristica prospettiva, la bella veduta dei dolci, verdi e boscosi

declivi dell'Alpago. In primo piano, a destra, ha collocato la chiesetta che contiene la pala di S. Nicola. Sullo sfondo, la lama azzurro chiaro del lago di Santa Croce incorniciato dai profili della foresta del Cansiglio e del Nevegal, resi con una pennellata fluente e sicura.

Siamo alla fine. Da questi magnifici luoghi, e con il piacere di aver condiviso con voi questo libro, mi congedo e vi saluto. Ma c’è un seguito... 141

as

O[OAEIP||

RESfaregR,

Il diavolo nei dettagli. nell'arte e nel diritto penale Il crimine e il vizio sono le due corna del diavolo. (Victor Hugo)

4

IL

DIAVOLO

NEI

DETTAGLI

NELL'ARTE

E

NEL

DIRITTO

Il Diavolo nei dettagli nell'arte e nel diritto Sul nero fondale dei delitti, e dell'omicidio in particolare, appare il tocco delle infide e maligne dita del diavolo.

Una presenza occulta, ma cogente come una fune tesa, pervasiva e oppressiva come un male oscuro, alla quale il reo non riesce a sottrarsi. Analizzando i delitti in questa insolita prospettiva, si entra negli scoscesi e tenebrosi meandri che aprono alla disputa intorno alla natura ed al conflitto del Bene e del Male, temi che hanno suscitato analisi e acuti commenti religiosi e filosofici; l’arte, ovviamente, non ne poteva rimanere indifferente: si pensi solo ai «giudizi universali» di Luca Signorelli, Michelangelo e Giotto; e decisamente il diritto ne ha sentito il pieno coinvolgimento. Con riferimento a quest’ultimo, qualcuno, con notevole acume, ha infatti scritto che il diritto perfetto si trova all’inferno, non in Paradiso, dove non servono leggi e il lupo dorme accanto all’agnello. In Paradiso sono tutti buonissimi, onestissimi

e perbene, per cui nemmeno le tre regole di Ulpiano!, l’Honeste vivere, alterum non laedere, suum cuique tribuere (vivere onestamente, non recare danno agli altri e attribuire a ciascuno il suo) sono necessarie. A ben vedere, e a suo modo, il diavolo svolge anche una funzione eminentemente

giuridica, tecnicamente, di esecuzione della pena: punisce i peccatori, ossia quelli che hanno deliberatamente infranto le regole comandate da Dio o fors’anche statuite dall'uomo, irrogando l’infernale pena.

L’arte ha tratto a piene mani ispirazione dal materiale letterario-teologico del demoniaco, basti osservare come i pittori hanno reso le torture inflitte ai peccatori

e con quale lucidità le hanno illustrate senza risparmiare i particolari più truci, attraverso un realismo a volte impressionante. Questo, quando il Maligno era il tema principale. Tuttavia, nell’arte e nel diritto, il Diavolo, non si palesa apertamente, si nasconde

sempre nei dettagli.

1

EneoDomizioUlpiano (Tiro, 170 circa - Roma, 228). È stato un celebre e stimato giurista

della Roma imperiale. Scrisse e riordinò molte norme del diritto civile e amministrativo. Considerato uno dei maggiori esponenti della dottrina giuridica romana, le sue opere furono ampiamente impiegate nella redazione del Digesto di Giustiniano. I sui lavori giuridici sono a fondamento del diritto moderno e, tutt'oggi, materia di studio nelle facoltà

di giurisprudenza.

146

Giudizio universale, particolare Giotto da Bondone

1303-1305 ca., Cappella degli Scrovegni, Padova

IL DIAVOLO

NEI

DETTAGLI

NELL'ARTE

E NEL

DIRITTO

Giotto Vespignano 1267 ca. - Firenze 1337. Si sa che fu allievo del celebre maestro Cimabue, al cui fianco collaborò nel grande cantiere di San Francesco ad Assisi, dove, in seguito, fu chiamato per compiere il ciclo principale di affreschi della basilica superiore. Tra lo spirare del Duecento e gli inizi del Trecento sono documentati i suoi lavori in

Roma, Assisi e Firenze dove realizzò il Crocifisso di Santa Maria Novella. In due anni, tra il 1304 e il 1306, decorò a Padova la cappella privata dei banchieri Scrovegni. Importante la committenza affidatagli a Firenze, ove portò a termine, nel 1327, gli affreschi delle cappelle Peruzzi e Bardi nella chiesa francescana di Santa Croce. L'anno successivo, sino al 1333, lo troviamo a Napoli, presso la Corte angioina, stregata dal suo genio, dove avrebbe realizzato - ma dubbi persistono - gli affreschi nella chiesa e nel monastero di Santa Chiara a Spaccanapoli. Il resto è andato perduto. Nel 1334 fu insignito della nomina di capomastro dell’opera del duomo di Firenze. La sua morte, nel 1337, gli impedì di completare l’opera. Suo il progetto della torre campanaria di Santa Maria del Fiore, conosciuto nel mondo come il campanile di Giotto. Cosa degna di attenzione è che Giotto lavorò in tutti i conventi francescani, da

Assisi a Rimini sino a Padova, e da quest’Ordine fu profondamente influenzato per come essi testimoniavano il senso della vita, della realtà fisica, oltre che dalle lievi

ma potenti parole di Francesco. Questo milieu culturale e religioso «ha stabilito una modernità formidabile: egli è il primo pittore che rappresenta la realtà come si vede, i sentimenti e le emozioni come si provano ...?». Giotto inaugura, dunque, una nuova concezione della pittura nella quale il pro-

tagonista è l’uomo calato nella realtà quotidiana in cui vive. L'artista, elaborando gradualmente detta ideologia tramite un personale linguaggio cromatico, compositivo e spirituale, conferisce infatti un senso di concretezza terrena alle sacre rappresentazioni che divengono pulsanti anche per l’interazione degli inserti paesaggistici, dei fremiti atmosferici e dei contesti architettonici nei quali si percepisce il sussurro della presenza umana. È un approccio davvero rivoluzionario con i

testi sacri attraverso la visualizzazione attualizzata dei medesimi che per la prima volta - superata la sublime immaterialità della tradizione bizantina - riescono davvero a comunicare e a coinvolgere i fedeli di ogni strato sociale e culturale.

La pittura giottesca, slegata dall’aulica iconografia dei fratelli cristiani d'Oriente, si pone come il capitolo di esordio di quella “italiana” e nel contempo diviene il modello privilegiato per l'elaborazione di molteplici schemi della “Bibbia pauperum”, variamente declinati negli affreschi di molti luoghi di culto della penisola.

2.

Vittorio Sgarbi - Da Giotto a Picasso - Discorso sulla pittura - Rizzoli libri illustrati, 2002,

Gruppo Skira.

148

IL CRIMINE

E L’ARTE

Particolare del Leviatano il mostro biblico Dettaglio del Leviatano - il gigantesco e vorace dragone, emblema

del potere terreno, assoluto ed autoritario dello stato — trono di Lucifero, che come il suo Signore, voracemente,

sbrana i corpi dei

peccatori. Similmente,

incredibili

mostri, che fuoriescono dalle sue

orecchie e da quelle di Satana, divorano con altrettanta avidità i dannati.

Le Goff: il medioevo crea il diavolo Secondo il grande storico francese, Jacques Le Goff (1924-2014), il diavolo è sta-

to «la grande creazione del cristianesimo durante il Medioevo». Nel Medioevo, considerata l'immensa influenza del pensiero cristiano in tutti gli ambiti della vita, il diavolo divenne una figura pervasiva del pensiero della cultura e della mentalità. Le «sovrastrutture» ne rimasero contaminate: certamente l’arte e altrettanto sicuramente il diritto, quale espressione di longa manus temporale del divino, nella disciplina dello Stato e nelle regole della condotta civile. L'etimologia di questa figura maligna di per sé non indica qualcosa di trascendentale; al contrario, è metafora e preludio di un male terreno, con implicazioni giuridiche. Vediamole singolarmente. Diàvolo, dal lat. tardo, eccles., diabòlus, gr. SaBo\oc, propr. «calunniatore» (der. didraBAX\w - dia (attraverso) bàllo (getto, metto) «gettare attraverso, calunniare, nel senso di gettare su qualcuno una falsa accusa». Nell'antica Grecia, in tale ultimo significato di calunniatore, il termine era in uso. Dunque, il diavolo è un calunniatore, un soggetto attivo del diritto penale. Lucifero, un nome che non assume alcuna connotazione malevola, anzi, significa letteralmente “Portatore di luce”, in quanto deriva dall’equivalente latino lucifer,

composto di lux (luce) e ferre (portare). Era il principe degli angeli, il più bello di

tutti, ma

promosse la loro ribellione contro Dio; fu sconfitto dall’arcangelo Mi-

chele e gettato nell’inferno, a governare i demoni. Secondo alcuni, Lucifero era il nome da angelo, Satana il nome assunto dopo la caduta agli inferi, quale sovrano, decaduto e deposto, di Satania?.

3.

Male, Perun puntuale inquadramento sul versante teologico si rinvia a: E.J. Yarnold, vocem

Balsamo (Mi) in Nuovo dizionario di telogia, a cura di G. Barbaglio e S. Dianich, Cinisello

1985, pp. 831-834.

149

IL

DIAVOLO

NEI

DETTAGLI

NELL'ARTE

E

NEL

DIRITTO

Egli è un angelo che ha violato le leggi divine e che ha subito la tremenda sanzione, diventando la personificazione assoluta del male. Satana, il principe dei demoni, deriva dall'ebraico Satan (avversario, nemico, oppositore), identificato con l'antico serpente tentatore; nel Vecchio Testamento è colui che esercita «l’ufficio» di accusatore, un angelo che riporta al Signore tutti i peccati dell’uomo, un ruolo tipicamente processuale, un Pubblico Ministero ante litteram.

Belzebù, la sua origine nell’ebraico Ba’ alzebub, “il Signore delle mosche”, poi mutato in Ba ‘alzèbul, signore della casa (degli inferi). Dovevano essere davvero tanto

fastidiose le mosche a quel tempo per associarne il nome al peggiore dei maligni! Il demonio

è conosciuto, specie nella tradizione ebraica, anche con molti altri

nomi: Astarte, Belfagor, Belial, Lilith, Asmodeus, Azazél, Baal, Dagon, Moloch,

Mammona, Mefistofele, Samael. C'è solo l'imbarazzo della scelta.

Diavolo e diritto Antico il rapporto tra Diavolo e diritto. Il diavolo nasconde la sua coda nei dettagli. La contesa condotta e disciplinata dalle regole giuridiche è lo scenario privilegiato dove collocare il conflitto fra Bene e Male. È innanzi all'albero del bene e del male che Adamo ed Eva trasgrediscono il primo ed unico precetto, indotti da Satana, il tentatore-calunniatore, cogliendo il frutto proibito (mela, fico?), cui è seguita la punizione divina della loro cacciata dal Paradiso terrestre. Abbiamo così il primordiale esempio di norma perfetta: composta di precetto e sanzione. Prendiamo, adesso, un padre della Chiesa: Sant'Agostino, il quale afferma che il Diavolo detiene l'umanità in ragione di un preciso diritto che Dio gli avrebbe accordato. Come punizione per il peccato originale Dio avrebbe consegnato il genere umano al Diavolo, ponendolo sotto la sua potestas. La punizione di Dio segue, dunque, una strada giuridica e si configura come conseguenza diretta dell'applicazione della giustizia, è la pena che segue alla sentenza di condanna. Anche nel percorso salvifico Dio sceglie di servirsi delle regole del diritto*. La scelta di Dio di liberare l'umanità servendosi degli strumenti della giustizia, non è certamente vincolata dalle regole che Egli stesso può sempre stabilire, ma, secondo la visione di Agostino, Dio li

utilizza per sconfiggere il Male, proprio perché il potere del Diavolo sull'umanità è fondato su presupposti giuridici. La redemptio (l'acquisto, il riscatto), per esempio, nella religione è perdono o assoluzione dei peccati, ma è propriamente un istituto giuridico, ossia la liberazione dello schiavo. La teologia medievale, fortemente influenzata dalla concomitante esplosione delle scuole di diritto, mette a punto nuove teorie sulla salvezza dell'umanità, accentuandone proprio l'elemento giuridico; tale teologia è fondata sulla dialettica, si appoggia necessariamente all'ermeneutica giuridica, ne assume alfabeto e vocabolario. Tutto è jus (diritto). 4

Beatrice Pasciuta, Il Diavolo nel Medioevo, Centro Studi sul basso Medioevo - Accademia

Tudertina, Atti del XLIX Convegno storico internazionale, Todi, 14-17 ottobre 2012

150

VIS Rivisitazione del particolare del Giudizio Universale di Michelangelo Alba D’Alpaos 2016, tecnica mista, tempera e acrilico, su tela, 0x60 cm, collezione privata

IL

DIAVOLO

NFI

DETTAGLI

NELL'ARTE

E

NEL

DIRITTO

Il demonio, a volte, indossa anche le vesti del giudice, ne abbiamo un mirabile esempio in un particolare del Giudizio Universale di Michelangelo. Guardate che insolita, stravagante e maligna rappresentazione.

Biagio da Cesena nelle vesti di Minosse, giudice infernale Descrizione e stile Qui riprodotta è l’interessante rivisitazione che Alba D’Alpaos propone dell’inquietante e suggestiva immagine del Minosse di Michelangelo, partico-

lare che si trova nell’angolo in basso a destra (entrando) del Giudizio Universale della Cappella Sistina. Le vigorose masse muscolari, le lunghe orecchie asinine sul volto teso del Minosse-Biagio, la lunga coda attorcigliata al corpo che assume il linguaggio di condanna, il verismo accentuato dell’orrida serpe verdastra gli che morde il membro, sono un tributo magniloquente all’opera michelangiolesca. Il colpo d’ali, poi, è dato dalla brillante

intuizione dell’artista di stendere sul dipinto una leggera velatura di una tempera cadmio

rosso, che non

solo

esalta la plasticità del nerboruto corpo, ma ricrea realisticamente il calore

delle sfolgoranti fiamme dell’inferno, ed accentua vividamente le sofferenze dei dannati che gli fanno corona. Minosse, mitico Re di Creta, sacerdote e legislatore. Secondo la tradizione egli fu l’autore della costituzione cretese, con leggi che, si diceva, gli erano state suggerite da Zeus stesso. È il giudice infernale collocato da Dante, nel V canto, all’entrata

dell'Inferno, col compito di ascoltare le confessioni dei dannati e comminare conseguentemente loro la giusta di È la EZIO

ed inflessibile. _ 152

del Giudice severo

IL CRIMINE

È

E L'ARTE

Il peccatore conosceva ii girone dell’inferno a lui destinato guardando la lunga coda che avvolge Minosse attorno al corpo e tante volte sono i giri della coda, tanti sono i Cerchi che il dannato doveva discendere. «Stavvi Minòs orribilmente, e ringhia:

essamina le colpe ne l’intrata; giudica e manda secondo ch’avvinghia. Dico che quando l’anima mal nata li vien dinanzi, tutta si confessa;

e quel conoscitor de le peccata vede qual loco d’inferno è da essa; cignesi con la coda tante volte quantunque gradi vuol che giù sia messa.» (Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno, V,4-12). Nel Giudizio Universale, Michelangelo, lo raffigura in un suo detrattore, Biagio da Cesena, il cerimoniere di papa Paolo III, che ebbe l’improntitudine e la disavventura di criticare aspramente il suo grande affresco mentre era ancora in preparazione. Biagio sostenne, infatti, che l’opera fosse più adatta ad un bagno termale che non ad una chiesa, visto che c'erano troppe figure nude e che Michelangelo aveva riempito la cappella papale «di un’orgia di oscenità pagane e di eresie». Questa la terribile risposta di Michelangelo: non solo lo ha trasformato in un diavolo, ma lo ha avvolto tra le spire di un serpente che gli morde il membro virile. Ben strana la sorte di questo giudice, che al contempo punisce ed è punito.

La coda del diavolo, nei dettagli: l'indizio Dettàglio è la circostanza minuta, la particolarità, deriva dal francese détail, der.

di détailler. Nel diritto penale, il dettaglio può essere l’indizio (dal lat. indicium, der. di indexdicis indice — inde e dicere (mostrare là) che è l'elemento sufficiente a fornire un

orientamento soggettivamente od oggettivamente valido. L’indizio è una prova indiretta che porta e svela l'ignoto dal noto; è una circostanza o un fatto che ci consente di compiere presunzioni (art. 2727 c.c.) che sono le

conseguenze che la legge o il giudice trae da un fatto noto per risalire ad un fatto ignorato. Esso si può ricavare anche attraverso una relazione costituita o da leggi scientifiche o da una massima di esperienza. L’indizio, per la sua validità deve es-

sere corredato, ex art.192 c.p.p., da una molteplicità di registri: dalla gravità, cioè, la rilevante capacità dimostrativa; dalla precisione, l'idoneità ad escludere una differente

interpretazione; dalla concordanza, ossia dalla convergenza sintetica

di tutti gli elementi indizianti. Costituiscono indizi, le tracce del delitto, i rilievi tecnici della polizia giudiziaria (dattiloscopici, fotografici, antropometrici, ecc.), e qualsiasi altro fatto o elemento che possa indurre e portare a costruire la verità oscura e non conosciuta.

153

IL

DIAVOLO

NEI

DETTAGLI

NELL'ARTE

E

NEL

DIRITTO

| dettagli Nei dettagli si nasconde o si svela la perfezione di un’opera e di questo avevano fatto tesoro i pittori fiamminghi, ma anche, paradossalmente, gli impressionisti: «Dieu est dans le détail (Dio è nei dettagli) scriveva Gustave Flaubert. Tuttavia anche il fallimento di un’opera si nasconde nei dettagli, se il diavolo ci mette

la coda. Scandagliando i dettagli si rinvengono una pluralità di rimandi, si scoprono sovrapposti significati allegorici o simbolici, luoghi in cui il diavolo può svolgere il suo compito. Il Maligno è doppiezza, calunnia, divide e falsifica, frammenta e disperde. Basta il suo zampino e un’incrinatura per distruggere il tutto. Lo sanno bene gli artisti che, per un particolare all'apparenza insignificante o un dettaglio futile, possono rovinare un quadro o una scultura; consapevoli lo sono pure i giuristi, perché una piccola svista, una banale eccezione inconferente, una incauta parola di un teste, un tempismo infausto, sono capaci di demolire l'impianto

di ore ed I dettagli, brucianti Infine, se

ore di ricerca e di studio. Colpa della coda del diavolo! dunque, sono brandelli di quell’inferno terreno, che consuma e annienta, e affascinanti come le rosse fiamme di Satana. dobbiamo fare anche gli avvocati del Diavolo, possiamo sostenere, come

ha scritto Samuel Butler, che «in difesa del diavolo, va detto che abbiamo sentito

una sola campana. Dio ha scritto tutti i libri».

154

La Coda di Lucifero- do

più bello

Antonella Mazzucco Matita e tempera su cartoncino 17x24 cm, collezione privata.

RINGRAZIAMENTI

Ringraziamenti

Un libro è una sfida contro l’ignoto, con pericoli e agguati. Ci vuole coraggio e il sostegno di tanti. La mia gratitudine va, dunque, a coloro che mi hanno accompagnato, sostenendomi, in questo avventuroso viaggio. A Laura, Valentina, insostituibili. A Giuseppina, Marina, Giada e Gian Piero per il supporto ed i preziosi consigli. Ad Antonella ed Alba, i cui quadri ho utilizzato, per i suggerimenti datimi.

Al’On. avv. Maurizio Paniz per l’onore della sua acuta e bella prefazione. Al dott. Giovanni Grazioli per il puntuale esame del testo. Al prof. Flavio Vizzutti per il sostegno e le pertinenti osservazioni. AI dott. Marco Maierotti per gli accorti pareri di esperto del settore. All’avv. Pierluigi Ronzani, per l’interesse dimostrato per la buona riuscita del libro.

156

BIBLIOGRAFIA

Bibliografia essenziale James Hall, L’autoritratto - Una storia culturale, Einaudi, 2014. Meryle Secrest, Modigliani, Le Scie Mondadori, 2012. AA.VV., Arte, Illustrati Mondadori,

1992.

AA.VV., a cura di Enrico Maria Dal Pozzolo e Lionello Puppi, Giorgione, Skira, 2009. AA.VV., a cura di Sylvia Ferino-Pagden, Arcimboldo, Skira, 2011. AA.VV., La grande storia dell’arte, Scala Group - Gruppo Editoriale L'Espresso, 2003. AA.VV., a cura di Formisano, Martino, Pezzano, Scognamiglio, Codice Penale Operativo,

Gruppo editoriale Esselibri Simone, 2015. AA.VV., Enciclopedia Treccani, formato digitale e cartaceo. AA.VV., Enciclopedia del Diritto, Giuffrè, 2004. Alvise Zorzi, Il colore e la gloria - Genio, fortuna e passioni di Tiziano Vecellio, Mondadori, 2003.

Forti Seminara Zuccalà, Commentario breve al codice penali, Cedam, 2015. Ferrando Mantovani, Diritto Panale, Cedam, 1992. Francesco Antolisei, Manuale di diritto penale — parte generale e parte speciale, Giuffè Editore, 1986.

Francesco Bonami, Lo potevo fare anch'io, Piccola Biblioteca Oscar Mondadori, 2011. Francesco Bonami, Maurizio Cattelan - Autobiografia non autorizzata, Strade Blu Mondadori, 2011.

Juanjo Saez, L'Arte - Conversazioni immaginarie con mia madre, Salani Editore, 2007. Marco Buticchi, La stella di pietra, Longanesi, 2013. Rosa Giorgi, Santi, Dizionari dell’Arte Mondadori Electa, 2003. Ruben De Luca, Omicida e Artista —- le due facce del serial killer, Edizioni Magi, 2006. Sandro Dorna, Che cos'è l’arte? 822 definizioni di qualcosa d’indefinibile, Umberto Alle-

mandi & C., 1994. Vasari, Le Vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti, IMammut Newton, 1991.

157

AUTORIZZAZIONI

Autorizzazioni

Con l'autorizzazione e i dovuti ringraziamenti a: Su concessione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo - Museo Na-

zionale del Bargello, Gianbologna, Mercurio, inv. B 449 (prot. 1038 - cl. 28.13.10 del 4.8.16); Su concessione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo - Museo Nazionale del Bargello, Michelangelo Buonarroti, Tomba di Giuliano de’ Medici duca di Nemours, fotografia di Antonio Quattrone, Firenze, Cappelle Medicee (prot. 1298 - cl. 28.13.10 del 23.9.16); Su concessione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Museo Nazionale, Firenze, Museo di San Marco, Frà Bartolomeo, Girolamo Savonarola, inv. 1890/8550

(prot. n. 4162 - cl. 28.13.10/1.3 del 5.8.16);

Su concessione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo - Gallerie degli Uffizi, S. Botticelli, La calunnia, Nascita di Venere, A. Gentileschi, Giuditta e Oloferne, Michelangelo, Tondo Doni, Galleria delle Statue e delle Pitture degli Uffizi (prot. n. 5747 - cl. 28.13.10 del 3.8.16);

Su concessione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Polo Museale

Emilia Romagna, Tiziano Vecellio, Gesù Cristo e il buon ladrone, inv. 521 (prot. N. 5292 - class. 28.13.10/2 del 7.9.16);

Su gentile concessione del Comune di Padova - Assessorato alla Cultura, Giotto, Enrico Scrovegni nell'atto di donare la Cappella (prot. 02163336 — cl. 2016 - 7.5 del 26.7.16); Giotto, Giudizio Universale (particolare: Lucifero) (prot. 258130 del 12.9.16);

Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo - Galleria Borghese, Roma,

Caravaggio, Davide con la testa di Golia, inv. 455 (prot. n. MIBACT-GA-BOR UFF_PROT 0001155 29.7.2016 - cl. 28.13.10/42 del 29.7.16);

158

AUTORIZZAZIONI

Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo - Gallerie dell’Accademia di Venezia, J. Robusti detto il Tintoretto, Caino e Abele (prot. 1238 - cl. 28.13.10/2 del 27.7.16); Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo - Direzione Generale Musei Polo Museale del Veneto - Galleria Giorgio Franchetti alla Ca” d'Oro, Domenico Tintoretto, I tre provveditori della zecca (prot. 3839 - cl. 28.13.10/2 del 1°.8.16); Curia Patriarcale di Venezia - Beni Culturali, Tiziano Vecellio, Caino uccide Abele, Chiesa di Santa Maria della Salute di Venezia (prot. 8.16.2006 del 1°.8.16); Gallerie Nazionali di Arte Antica di Roma, Palazzo Barberini, Caravaggio, Giuditta e Oloferne (inv. N. 2533), (prot. MIBACT-GAN-AAR SEGR_DIR class 0001123 14/9/2016 cl. 28.4.01/23;

Museo Stibbert, Firenze, Marinus van Reymaerswaele, Gli Usurai, inv. 4080 (prot. 9221 del 22.7.16); Kimbell Art Museum, Fort Worth, Texas, Caravaggio, I bari - The cardsharps (AP 1987.06), (e-mail del 28.7.16); Arcidiecézni muzeum Kromèétiz (Archdiocesan Museum Kromèriz, Muzeum uméni Olomouc (Olomouc Museum of Art), Tiziano Vecellio, La punizione di Marsia - Flaying of Marsyas, photographer Zdenék Sodoma (reproduction permission 29.7.2016); KHM-Museumsverband, Kunst Historisches Museum Wien, Pieter Bruegel, Il ladro di nidi - Vogelieb GG 1020 (reference n. 1679/2016), (invoice R16/0539 del 29.7.16);

The British Museum, Andrea Mantegna, La calunnia di Apelle - The calumny of Apelles, ID 00051853001 (licence confirmation receipt n. 116960 del 27.7.16);

© Museo Nacional del Prado, Diego Velazquez, Mercurio e Argo (order n. 16-A1-3-00339 del 27.7.16);

© Museum Folkwang Essen - ARTOTHEK, Daumier Honoré, Ecce Homo, Image ID: 48299 (invoice n. 2526116232 del 19.8.16); © The Andy Warhol Foundation for the Visual Arts Inc., by SIAE 2016, Andy Warhol, Volto di Marilyn (SIAE O.L.A.F. prot. N. 5/20160877/2016/LS del 26.8.16);

The Metropolitan Museum of Art, New York, Amedeo Modigliani, Testa di donna, © 2016.

Image copyright The Metropolitan Museum of Art/Art Resource/Scala, Firenze, © Foto Scala, Firenze (bolla 5425 del 29.8.16);

159

AUTORIZZAZIONI

Gemàldegalerie Staatliche Museen zu Berlin, Andrea Mantegna, Presentazione al tempio,

Foto: Joerg P. Anders. © 2016. Foto Scala, Firenze/bpk, Bildagentur fuer Kunst, Kultur and Geschichte, Berlin, © Foto Scala Firenze (bolla 5425 del 29.8.16); Alte Pinakothek Monaco di Baviera, Tintoretto, Vulcano e Marte - particolare del cupido dormiente, © 2016. Foto Scala, Firenze/bpk, Bildagentur fuer Kunst, Kultur and Geschichte, Berlin, © Foto Scala Firenze (bolla 5425) e Marinus van Reymerswaele, L’esattore delle tasse con la moglie, © 2016. Foto Scala, Firenze/bpk, Bildagentur fuer Kunst, Kultur and Geschichte, Berlin, © Foto Scala Firenze (bolla 5425 del 29.8.16); The State Hermitage Museum, St. Petersburg, Domenico Capriolo, Ritratto di giovane uomo

o autoritratto / Portrait of a Man (Self-Portrait), Photograph © The State Hermitage Museum | photo by Vladimir Terebenin (contract-invoice #158/16 del 25.8.16);

Comune di Alpago, Antonella Mazzucco, San Nicola, sacello di Garna (Alpago - BL), (prot. 5842 dell’8.8.16);

Musée du Louvre, Parigi, Georges de La Tour, La Tricheur à l’as de carreau, photo © RMN Gran Palais (musée du Louvre) / Adrien Didierjean; Michelangelo, Esclave mourant, photo © RMN - Gran Palais (musée du Louvre) / René-Gabriel 0jéda (invoice n. FP00312197 del 14.9.16);

Musea Brugge-Groeningemuseum, Bruges, Jan Provoost, Death and the miser - L’avaro e la morte, © Lukas - Art in Flanders VZW, photo Hugo Maertens (order reference 3749 del 12.9.16);

Collecciòn de Arte del Banco de la Republica, Museo Botero, Bogotà (Colombia), Fernando Botero, El Ladron (AP3215), (e-mail del 20.9.2016);

Su gentile concessione del Direttore Generale della Pinacoteca di Brera Dr.

i

James Bradburne, Jacopo Tintoretto, Ritrovamento del corpo di San Marco (e-mail 5.9.2016)

Brera

Fao

A OCCHI APERTI

Su concessione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo - Gallerie

degli Uffizi, Baccio Bandinelli, Gruppo di Laocoonte, Galleria delle Statue e delle Pitture degli Uffizi (prot. n. 189 - cl. 28.13.10 del 10.1.17);

Con l’espressa avvertenza del divieto di ulteriori riproduzioni o duplicazioni con qualsiasi mezzo.

160

INDICE

DEI

NOMI

Indice dei nomi

A

C

Agesandro, Atanodoro e Polidoro p. 87

Capriolo Domenico pp. 71, 72

Agostino Santo (Aurelio Agostino d'Ippona) p. 150 Alberti Leon Battista pp. 49, 52

Caravaggio (Michelangelo Merisi) pp. 76,

Alessandro VI (Papa Borgia) pp. 84, 137

Cattelan Maurizio pp. 40, 118 Cellini Benvenuto pp. 9, 85

Andrea del Castagno (Andrea di Bartolo di Bargilla) p. 33 Antolisei Francesco p. 69

Antonello da Messina p. 6 Arcimboldo pp. 12, 13

77, 78, 79, 80, 102, 103, 108, 109 Carlo V pp. 98, 99, 128, 132

Cimabue (Cenni di Pepo) pp. 148, 161 Coello Claudio p. 140 Cristhie Agatha p. 89 Cristina Regina di Svezia p. 12

Aretino Pietro p. 99

Aristotele p. 122 Artemisia (Gentileschî) pp. 103, 104, 105

D D’Alpaos Alba pp. 6, 151, 152 Dante (Alighieri) pp. 122, 152, 153

B Baudelaire Charles p. 95

Daumier Honoré pp. 94, 95 de La Tour Georges pp. 74, 75 Del Monte Francesco Maria p. 77, 79 Disma pp. 18,19

Bellini Giovanni pp. 48, 97 Bernardino da Feltre (Martino Tomitano) p.138

Bernardino da Siena p. 130 Bernini Gian Lorenzo p. 9

E El Greco (Theotokòpoulos Dominikos) pp.

Biagio da Cesena (Biagio Martinelli) pp.

37, 101

F

1527153 Bonami Francesco p. 40

Flaubert Gustave p. 154

Borgia Cesare p. 83

Fragonart Jean-Honoré p. 95

Bosch Hieronymus pp. 9, 25

Botero Fernando pp. 32, 33, 34, 35 Botticelli Sandro pp. 44, 47, 50, 51, 52, 62, 85 Bouchet Francois p. 95

Bronzino (Agnolo di Cosimo) pp. 54, 56, 57 Bruegel Pieter pp. 22, 23, 25, 27

Butler Samuel p. 154

G Galilei Galileo p. 105, 134 Gentileschi Orazio p. 105

Gesta p. 19

|

Giambologna p. 28

Giorgione (Giorgio da Castelfranco) pp. 70,747 125597

161

INDICE DEI NOMI

Giotto (di Bondone) pp. 33, 116, 117, 146, 147, 148

Goethe Johann Wolfgang von p.85

R Riario Raffaele p. 81, 83

Hugo Victor p. 145

Ridolfi Carlo p. 70 Rodolfo II d'Asburgo p. 12 Romano Giulio p. 88 Rubens Pieter Paul p. 95

L

S

Le Goff Jacques p. 149

Savonarola Girolamo pp. 135, 136, 137 San Nicola pp. 139, 140, 141 Schopenhauer Arthur p. 89 Scrovegni Enrico p. 116, 117, 147, 148 Sgarbi Vittorio, p. 148 Signorelli Luca p. 146

H

Leonardo (da Vinci) pp. 52, 85, 120 Lorenzo il Magnifico (de’ Medici) pp. 52, 84, 137

M Mantegna Masaccio Mone Mazzucco

Andrea pp. 33, 37, 46, 47, 48, 49 (Tommaso di ser Giovanni di Cassai) p. 33 Antonella pp. 86, 140, 155

Mercurio pp. 28, 29, 30, 31

Michelangelo (Buonarroti) pp. 81, 83, 84, 85, 87, 88, 89, 98, 103, 105, 146, 151, L52958

Modigliani Amedeo pp. 38, 39, 40

N Nietzsche Friedrich p. 63, 109

L Tassi Agostino p. 105 Tintoretto (Jacopo Robusti) pp. 36, 37, 82, 100, 101 Tintoretto Domenico pp. 133, 134 Tiziano (Vecellio) pp. 18, 19, 37, 59, 71, 79, I6A9TA98 499001 Tommaso d'Aquino p. 130 U Uccello Paolo (Paolo di Dono) p. 33

Ulpiano Eneo Domizio p. 146 p Palma il Giovane (Giacomo Negretti) p. 98 Palma il Vecchio (Jacopo Negretti) p. 72 Pennacchi Pier Maria p. 72 Peterzano Simone p. 79 Picasso Pablo pp. 39, 40 Piero della Francesca (Piero di Benedetto

V Van Reymerswaele Marinus pp. 123, 124,

128129135 Vasari Giorgio pp. 48, 51, 83, 84, 97, 98

Velazquez Diego pp. 30, 31 Vespucci Amerigo p. 62

de’ Franceschi) p. 33 Pontormo (Jacopo Carucci) p. 56

Vespucci Cattaneo Simonetta p. 62

Pordenone (Giovanni Antonio de’ Sacchis) p. 72 Provost Jan p. 132

W

162

Warhol Andy p. 118, 119, 120, 121

Weil Simone p. 112

Indice [Col

Prefazione Presentazione Introduzione

IL FURTO 18 22 28 30 32 36 38

San Disma (Gesù Cristo e il buon ladrone) Tiziano Vecellio Il ladro di nidi Pieter Bruegel Mercurio Giambologna Mercurio e Argo Diego Velazquez El ladron Botero Ritrovamento del corpo di San Marco Tintoretto

Amedeo Modigliani e i furti di pietre e traversine per realizzare le sue sculture

46 50

L'OMICIDIO 92 94 98 100 102 106

L'USURA 114 119

LA CALUNNIA La calunnia di Apelle

121

Andrea Mantegna

125

La calunnia (di Apelle) Sandro Botticelli

54

Sfida tra Apollo e Marsia

129

59

Agnolo di Cosimo detto Bronzino La punizione di Marsia Tiziano Vecellio

131

LA TRUFFA

134

70 74 76 82

Ritratto di giovane uomo o autoritratto? Domenico Capriolo? Le tricheur Georges de La Tour I bari Caravaggio Venere, vulcano e Marte,

particolare Cupido dormiente 86 90

Tintoretto Laocoonte e il braccio destro mancante Social Jesus Antonella Mazzucco

Ecce Homo Daumier Honoré Caino uccide Abele Tiziano Vecellio Caino uccide Abele Tintoretto Giuditta che taglia la testa ad Oloferne Caravaggio Giuditta che uccide Oloferne Artemisia Gentileschi Davide con la testa di Golia Caravaggio

145

Enrico nell’atto di donare la Cappella Giotto Il volto di Marilyn Andy Warhol Gli usurai Marinus van Reymerswaele Il Cambiavalute (esattore di tasse) e sua moglie Marinus van Reymerswaele L’avaro e la Morte Jan Provost I tre provveditori della zecca Venezia, Ca’ d’Oro Domenico Tintoretto Girolamo Savonarola Fra Bartolomeo

IL DIAVOLO Giudizio universale, particolare Giotto da Bondone

151

Minosse Alba D’Alpaos

155

La Coda di Lucifero - L'Angelo più bello Antonella Mazzucco

156 157 158 161

Ringraziamenti

Bibliografia essenziale Autorizzazioni

Indice dei nomi

0”) Grafica, impaginazione e stampa Tipografia Piave Srl - Belluno Febbraio 2017

Erminio Mazzucco È un awocato cassazionista del Foro di Belluno. Nel suo bagaglio due lauree con il massimo dei voti: in Scienze Politiche e in Giurisprudenza.

È stato sindaco del Comune di Pieve d'Alpago per due legislature dopo esservi stato assessore alla Cultura. In quel periodo il suo Comune è diventato un riferimento per l'arte e la cultura

non solo locale. Ama l'insegnamento ed è docente part time di diritto. Da sempre attivo nell'ambito culturale e dell'associazionismo, è presidente dell'Univer-

— sità Auser di Belluno e Capo Delegazione FAI della Provincia di Belluno. Nel 2015 ha pubblicato, sempre per TiPi Edizioni, il testo "Diritto turistico regionale" della Regione Veneto. Appassionato d'arte, è un critico apprezzato. Risiede inAlpago. In copertina: Alba D'Alpaos, San Sebastiano, 2011, tecnica mista su tavola, 157,5x70 cm,

collezione privata.