Il compimento della Torah. Gesù e la Scrittura in Mt 5,17-48 8862402066, 9788862402064

Cosa significa che Gesù Cristo non è venuto ad abolire ma a portare a compimento la legge e i profeti? Qual è il rapport

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Il compimento della Torah. Gesù e la Scrittura in Mt 5,17-48
 8862402066, 9788862402064

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Cosa significa che Gesù Cristo non è venuto ad abolire ma a portare a compimento la legge e i profeti? Qual è il rapporto tra l'insegnamento del Messia e la Torah alla luce di quanto viene detto in Mt 5,17-48? Come risolvere l'evidente tensione tra la fedeltà alla legge nei suoi minimi particolari richiesta in Mt 5,18 e il "ma io vi dico" ripetuto sei volte nella continuazione della pericope? La storia dell'interpretazione di Mt 5,17 è ricca: molti hanno tentato di darne un'interpretazione soddisfacente, nessuno è riuscito a fornirne una definitiva. Alcuni hanno letto questo passo del discorso della montagna rappresentandosi un Gesù dal volto raggiante venuto a sostituire l'antica legge con il Vangelo. Altri hanno immaginato semplicemente di vedere un rabbino della Galilea venuto a dare la sua personale interpretazione della Torah. Questa opera, basandosi sullo studio delle fonti giudaiche e cristiane antiche, vuole essere un contributo alla comprensione di un passo così importante per l'identità cristiana e il suo rapporto con l'ebraismo.

IS BN 9 7 8 - 88 - 6240-206-4

25,50 euro

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9 788862 402064

Matteo Munari

Il compimento della Torah Gesù e la Scrittura in Mt 5,17-48

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edizioni terra santa

© 2013 Fondazione Terra Santa- Milano Edizioni Terra Santa- Milano

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Finito di stampare nel dicembre 2013 da Corpo 16 s.n.c. - Bari per conto di Fondazione Terra Santa ISBN 978-88-6240-206-4

PREFAZIONE

... U)lEl~

oi: àyanii'rE 'tOÙ~ )ltcrOUV'ta~ U)lU~

KaÌ OÙX E/;ETE ÈX9p6v

... voi al contrario amate coloro che vi odiano e non avrete alcun nemico (Did 1,3)

Qualche anno fa, ispirato dalla città nella quale vivo, dove non di raro identità religiosa e odio del nemico sono intrinsecamente uniti, decisi di scrivere la mia tesi di licenza su Mt 5,43-48. Desideravo approfondire il tema dell'amore del nemico nella forma e nel contesto in cui esso è presentato nel primo vangelo. Pensavo infatti che la struttura antitetica della pericope fosse particolarmente adatta per descrivere il mondo in cui vivevo e nel quale tuttora vivo: la città santa di Gerusalemme. Capita spesso che l'uomo sia portato a identificare l'amore per la propria fede con l'odio e il disprezzo verso le altre. Tale atteggiamento nasce teoricamente dall'esigenza di difendere la propria identità e prevenire eventuali contaminazioni con altre religioni ritenute pericolose a causa della loro capacità di sedurre e allontanare dalla verità. In pratica tuttavia, il desiderio di separazione da chi è diverso, allontana l'uomo non soltanto dal suo prossimo ma anche dal suo Dio. Studiando l'ultima delle cosiddette antitesi che comanda l'amore per il nemico, fu necessario approfondire la nozione di compimento, che costituisce la chiave di lettura di ognuno dei sei insegnamenti di Gesù illustrati in Mt 5,21-48. Nacque così l'idea di intraprendere una ricerca mirata alla comprensione del genere di compimento annunciato in Mt 5,17, definito in Mt 5,18-20 e applicato in Mt 5,21-48. Quest'opera è una rielaborazione della dissertazione dottorale, della quale ho già pubblicato un estratto. Giunto al termine del lavoro, ammetto che, per quanto interessante e coinvolgente sia stata la ricerca, risulta oggi particolarmente difficile offrire un contributo che abbia carattere di intelligente novità su un tema che è stato approfondito nel corso di venti secoli. Nelle tesi dottorali che si concentrano su 5

Il compimento della Torah

passi noti del Nuovo Testamento, è facile infatti cadere nel rischio di ripetere cose intelligenti già dette o di dire cose nuove che non aggiungono niente alla reale comprensione del testo. Lascio al lettore di giudicare se e in che misura sono stato trascinato verso una o entrambe le derive. Desidero ringraziare tutti coloro che hanno reso possibile questo lavoro e in particolare p. Frédéric Manns e p. Luis Diez Merino che mi hanno seguito e incoraggiato nella ricerca. Uno speciale ringraziamento rivolgo alle sorelle Clarisse di Temi che hanno corretto l'italiano di questa opera eliminando gli "aramaismi" in esso presenti. Ringrazio tutti i confratelli della mia comunità i quali, prima come professori e poi come colleghi, mi hanno insegnato ad amare la Parola di Dio e a cercare in essa la vita. La mia gratitudine va anche ai Frati Minori della Provincia Serafica di S. Francesco di Assisi che mi hanno accolto, formato e mi hanno trasmesso il piacere di vivere il Vangelo. Grazie infine alla mia famiglia e alla mia comunità parrocchiale per il dono della vita, dell'amore e della fede in Cristo. A Lui il mio grazie più grande per ogni bene ricevuto e in particolare per la grazia che mi ha concesso di studiare la sua Parola nella sua Terra. Gerusalemme, 21 settembre 2013

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INTRODUZIONE

Mt 7,28 Kaì ÈyÉVE't:O chE È-rÉÀEm::v ò 'Il)ooùç mùç Myouç -roinouç, èç~:nÀiJooov-ro oi OXÀ.Ol È1tÌ Tfi ùtùaxfi a'Ìnoù· 29 ~v yàp ÙtÙUOKCOV m'noùç roç èçouoiav sxcov Kaì oùx roç oi ypall!la'rEÌyta m>VE'!USl'Jmç hanno ~o ~C\:1.U "la legge e i profeti". In ogni caso anche in greco il senso è "non sono venuto ad abolire né la legge né i profeti"60 •

59 Ho tradotto nA.T]p&crm con "portare a compimento" nel tentativo di mantenere la pluralità dei significati del verbo. Le traduzioni moderne variano. In italiano, la versione CEI del 1974 traduce "dare compimento" mentre la CEI del2008 "dare pieno compimento". La maggioranza delle versioni inglesi traduce con "to fulfill". Una eccezione si trova nella CJB (Complete Jewish Bible del 1998) che traduce con "to complete". La maggior parte delle versioni tedesche traduce con "erfìillen". In francese nA.T]p&crm in generale viene tradotto con "accomplir", la Bible Osty (1973) tuttavia traduce con "compléter". Come mostrerò nel corso della dissertazione, il fatto che Gesù sia venuto a "completare" è parte del compimento ma traducendo in questo modo vengono forse oscurati gli altri aspetti del compimento. 6° Cf. BDR § 462. Riguardo alle caratteristiche della traduzione di Syc·'·P cf. la sintesi di Joosten in J. Joosten, The Syriac Language of the Peshitta and 0/d Syriac Versions of Matthew, 164ss; J. Joosten, "West Aramaic Elements in the Old Syriac an d Peshitta Gospels", 271-289.

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Capitolo primo: Mt 5,17-20

1.2.1.2 Commento In questo v. si trova la prima affermazione di Gesù, nella quale egli parla apertamente dello scopo della sua missione61 • Mt 5,17 non ha paralleli negli altri vangeli sinottici62 e anche per questo motivo è un passo fondamentale per comprendere il primo vangelo. Il v. comincia con Mi] VOJlimrre on ~À9ov così come in Mt 10,34 (Mi] VOJlimrre o·n ~À9ov paJ.,etv eìp'llVYJV È1tÌ TJÌV yfjv· oùK ~À9ov PaÀetv eip'llVYJV ÙÀÀà JlcXXatpav "non pensiate che io sia venuto a mettere pace63 sulla terra, non sono venuto a mettere pace ma una spada") 64 • In Mt 10,34 questa costruzione viene utilizzata per correggere una falsa aspettativa nei confronti del Messia, della sua missione e quindi della missione dei suoi discepoli. Il verbo ~À9ov "sono venuto" esprime l'autorità di Gesù, invita a cogliere l'aspetto programmatico del detto e a non fermarsi soltanto a quello apologetico 65 • In Mt 5,17 il Mi] VOJllO'YJ'te O'tt ~À9ov introduce la prokatalepsis, serve cioè principalmente a prevenire l'obiezione suscitata da un possibile fraintendimento di Mt 5,21-47 66 • Il contenuto delle antitesi infatti potrebbe essere interpretato come una abolizione della Torah 67 • Nella narrazione ancora non è stato rac-

Cf R. Deines, Die Gerechtigkeit der Tora im Reich des Messias, 268. Per quanto riguarda le fonti patristiche, apocrife e rabbiniche che riportano forme alternative o abbreviate di questo logion, Légasse ha mostrato in modo convincente come tutte dipendano da Mt. Cf S. Légasse, "Mt 5,17 et la prétendue tradition paracanonique", 11-21. L'autore con questo non esclude la possibilità che sia esistita una forma prematteana di questo detto, sostiene tuttavia che essa non può essere dedotta dalle altre fonti in nostro possesso. 63 Si noti che nelle traduzioni siriache, come corrispettivo di eipJ1VTJ, si trova r6.a%. e non ~.Il Messia è sì venuto a portare la pace(~) ma questa non può essere intesa come tranquillità ( r6.a%.). In 10,13 infatti dpJ1VTJ, cioè la pace offerta dai discepoli che scenderà sulla casa degna di essa, non viene tradotta con r6.a%. come qui, ma con ~. 64 Sei volte nel vangelo di Mt si trova ~ÀElov "sono venuto" (Mt 5,17; 9,13; 10,34-35) con la funzione di precisare la missione di Gesù. In Mt 20,28 Gesù parla invece della sua missione in terza persona: &crnep ò uiòç 'tOU &.vElpclmou o'ÒK ~ÀElev Òt ,1VN::l. Cf. CD 7,18-20: :1::>1::> 1,i :1m:> ,1VN::l j?1VOi N:l:1 ;,m;, ~1i N1:1 :1::>1::>:11 '7N,1V'O 0:11V Oj?1 :lj?V'O "e la stella è l'interprete della Torah che viene a Damasco, così come è scritto 'una stella avanza da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele'". Secondo la concordanza fornita dal programma Accordance™ 9: Bible Software, (cf. bibliografia), le occorrenze della formula :1m:> ,1VN::l sono tredici. In tre passi si trova la formula :l1n::l::l, ma si tratta di testi ricostruiti in tutto o in parte. Cf. CD 19,1; JQM 15,5-6. 94 Per questo motivo Beauchamp parla di "formules totalisantes". Cf. P. Beauchamp, "Lecture christique de l' Ancien Testament", l 07. 95 Cf. R. Deines, Die Gerechtigkeit der Tora im Reich des Messias, 275.

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Il compimento della Torah

Nello status quaestionis ho già riportato schematicamente i diversi modi nei quali può essere interpretato 1tÀ11p6m in Mt 5,17. La categoria del compimento della legge e dei profeti96 è dunque la chiave di lettura attraverso la quale vengono introdotte le cosiddette antitesi di Gesù, che alcuni preferiscono chiamare, proprio per questo motivo, compimenti della legge97 • Diversi passi del NT mostrano come il concetto di "compimento/adempimento" della Torah e più in generale della Scrittura, possa assumere diversi significati. La categoria del compimento infatti, seppur ampiamente valorizzata dal primo evangelista, non è di quest'ultimo esclusiva né lo è dei vangeli sinottici. In Gv ad es. il compimento della Scrittura ha un'importanza fondamentale. Il climax formato dalle citazioni del quarto vangelo evidenzia infatti come sia la passione di Gesù (in particolare Gv 19,28-30) il momento in cui la Scrittura e l'opera del Padre vengono portate al punto più alto di perfezione98 • A tal riguardo sono particolarmente importanti le quattro citazioni di Gv 19,24.28.36.37 introdotte da 'Lva il ypa 1te1tÀftpmTat, èv •0· àyanlicretç TÒV 1tÀ11criov crou ffiç creauT6v "poiché tutta la

96 Sul rapporto tra Scrittura e vita di Gesù cf. M.P. Knowels, "Scripture, History, Messiah", 59-82. 97 Cf. G.H. Stassen, "The Fourteen Triads of the Serrnon on the Mount", 270. Hagner, viste le interpretazioni restrittive ed estremamente esigenti di Gesù, le chiamerebbe "intensifications". Cf. D.A. Hagner, "Ethics and the Serrnon on the Mount", 47. Tumer, associandosi all'opinione di diversi altri autori, sostiene che definire Mt 5,21-48 come antitesi è certamente un errore. Cf. D.L. Tumer, Matthew, 165. 98 Cf. H.J. Klauck, "Geschrieben, erfiillt, vollendet", 157; C. Mariano, Tetelestai, 151. Sarebbe interessante verificare se in Gv il compimento dell'opera del Padre e della Scrittura non siano in fondo che due aspetti della stessa realtà. Cf. l'uso di teì..et6w in Gv 4,34; 5,36; 17 ,4; 19,28. Una buona metafora per descrivere la nozione di compimento che lega i due Testamenti in Gv (e forse nel NT in genere) è quella della crescita umana e più in generale dello sviluppo: "ciò che è contenuto in nuce nella Scrittura d'Israele trova compimento nel Messia Gesù Nazareno e nella Scrittura cristiana" (A. Cavicchia, Le sorti e le vesti, 406). 99 In Gv 19,37 la citazione è introdotta da Kaì naÀtv étépa ypa1VDi1 1N'?D 110' i11VD n1m '?N "e nel giorno nel quale l 'uomo prende su di se il giuramento di ritornare alla Torah di Mosè, l'angelo della persecuzione se ne andrà da lui, se adempirà le sue parole". Riporto infine alcuni esempi dell'uso al pi"el di C1p nell'ebraico della Mi-

tenzione originaria del Padre, dall'altra mi sembra che IRe 1,14 sia l'esempio sbagliato per sostenerla, in quanto Natan deve dare il sostegno della parola profetica alle parole semplicemente umane di Betsabea. Grilli si ispira all'analogia che Limbeck fa tra la conferma che Natan conferisce alle parole di Betsabea e la conferma che Gesù porta alle promesse divine della legge e dei profeti (cf. M. Limbeck, Das Gesetz im Alten und Neuen Testament, 130), poi però trae conclusioni diverse. 118 Per un approfondimento sull'argomento cf. R. Le Déaut, La nuit pasca/e. 119 La nascita di !sacco, narrata nella Scrittura prima degli eventi del Sinai, è presentata come compimento della Scrittura. Probabilmente questo è dovuto anche alla concezione secondo la quale la Torah è stata creata duemila anni prima del mondo: TgNl Gen 3,24 N,::J., N; ;y Oip Nn',1N N,::J. l'lWT l'.!hN !',n NTJ;y "duemila anni prima di creare il mondo, egli creò la Torah". Secondo b. Zev 116a, la Torah fu creata novecentoquarantasette generazioni prima del mondo. Per altri paralleli contenenti queste due tradizioni cf. F. Weber, Jiidische Theologie, 15-16. 120 Probabilmente il compimento riguarda anche la morte del primogenito del faraone annunciata in 4,23 come conseguenza del suo rifiuto di far partire Israele. 36

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shnah. In m. Shevi l 0,9 tJ"p? viene impiegato per indicare la fedeltà alla parola data: UT;J'iJ i1Qil tJ'Q?t) IJ~ì iì:t1 n~ tJ'~i?9iJ ?;> "chiunque mantiene la propria parola ... , lo spirito dei sapienti trova piacere in lui" 121 • Riguardo all'adempimento di un precetto cf. m. Suk 2,7: i1;>~c nWQ i1J;l9'~i? N? liJil {1?} ;,n;i) 1;> c~ 1'9~Q "se (a tal riguardo) ti sei comportato così, nella tua vita non hai mai compiuto il precetto di Sukkah". Riguardo a tJ"p?, inteso nel senso di confermare e sostenere l'opinione di qualcuno in m. Hag 2,4 si trova un chiaro esempio: '1:;11 [n~] tJ'~i?? N;W n~w iD~? n·w~ tJ'!T?iNi) "per non confermare le parole (l;opini~ne) d(quelÙ che dicono che A$eret (deve cadere) dopo il sabato". Per questo significato di confermare o sostenere un opinione si vedano anche m. Yev 4,13 ('ì '1:;11 tJ'~i?? 1'tpii1;) e m. Yev 8,4 (i1:t'i?~ 'ì '1:t1 tJ'~i??). . . Per quanto concerne l'adempimento della Torah cf. m. Av 4,9: 'QiN t.QJi' 'ì i!lic ìWiVQ i1lifliJ n~ ?iP.:;t9iJ ?;>1 ìWiVQ i'17ri?? i!lic 'JiVQ i1lifliJ n~ tJ'~i?9iJ ?;> :'~iVQ n?'f:t? "rabbi Yonatan dice: chiunque adempie la Torah nella povertà, alla fine l'adempirà nella ricchezza, ma chi trascura 122 la Torah nella ricchezza alla fine la trascurerà nella povertà". La radice mp è stata indicata come corrispondente al significato di 1tÀ11p6co in Mt 5,17 fin dai tempi di Dalman 123 , e da quel momento secondo Moule 124 è diventato come un assioma che a tale radice ci si debba rifare. Ho già citato Rm 3,31, passo nel quale Paolo desidera difendersi da un'eventuale accusa di antinomismo. È possibile ricondurre questa formulazione alle radici 01p e ?o::J. usate nel linguaggio rabbinico, sia in aramaico che in ebraico 125 • In questo caso infatti anche SyP traduce così: ~m ~ ~9 ~ L a gmstl. . ~ qcn ~C\::1U ~f

c•i!Q

c~?-9~. . ~~· 19.~~~· c~~~;j 'rq~·~~ '1wR'?- b:1~··,wi ·~j·111~n~ ;,ipv,J ·~ibv,':~bN~ :c;r:nrn~ i1tWl?D i11pV,1 c~'1lTn~ ;,~'?'Ì?.J;I

Cosi dice il Signore degli eserciti, Dio d'Israele: "riguardo a voi e le vostre mogli, avete parlato 133 con la vostra bocca, avete adempiuto con le vostre mani dicendo: 'adempiremo 134 certamente i voti che abbiamo fatti, bruciando incenso

131 Cf. HALOT II, 584. Il quinto significato riportato dal dizionario è "fulfil". Nell'ebraico e nell'aramaico rabbinico invece, il verbo non viene impiegato per esprimere il compimento. Cf. Jastrow Il, 785 per l'ebraico e 789 per l'aramaico; DJPA, 309-310; DJBA, 678-679. 132 Riguardo alla forma idiomatica 1n:::1. o•71VN in aramaico cf. DJPA, 555. In siriaco come forma corrispondente si trova lo saph 'el di~ seguito da i6. Cf. N m 14,24; 32,11-12; Dt 1,36; Gs 14,8-9.14; IRe 11,6. L'elenco non pretende essere esaustivo. 133 L'alternanza nelle forma femminile e maschile dei verbi può essere intenzionale. Cf. J.R. Lundbom,Jeremiah 37-52, 165. 134 Letteralmente "faremo".

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Il compimento della Torah

alla regina del cielo e facendole delle libazioni'. Adempirete certamente i vostri voti; eseguirete certamente i vostri voti".

Anche in questo passo il p i "el di ~ 1m e l' hiph 'il di c1p sembrano essere usati come sinonimi 135 • I Lxx come sempre traducono ~ 1m con nÀ:rlP6co, mentre l' hiph 'il di c1p viene tradotto con Èj.!f.UNCO "persistere". TJon invece traduce ~ 1m con il pa "el di C1P e l' hiph 'il di m p con l' aph 'el della stessa radice. Oltre ai numerosi passi nei quali ~ 1m nell' AT è utilizzato per esprimere il compimento, è interessante vedere come le versioni siriache del NT hanno tradotto nÀ11p6co. Il significato "riempire" che accomuna ~ e 1tÀllp6co ha infatti spesso guidato i traduttori del NT in siriaco e in aramaico cristianopalestinese136. In Sy'·c.ph e PSLG infatti, il verbo usato per tradurre nÀ11p6co in M t 5,17 è ~: r&:>:,«'~ ..6~ «'~«'~ ~~~

..6 SyP

........_eu«' ~ ~«' ........_eu«' f~ .h!.,ch .&l ~ ...ai>~ .G.~ cn»). Ne consegue che, anche se l'insegnamento di Gesù costituisse qualcosa di diverso da una semplice spiegazione della Torah, tale novità potrebbe essere vista (almeno nel pensiero di Paolo) come una sua conferma. Cf. Rm 3,21 Nuvi oì: xcopiç VÒf!OU otKutOcrUVll Saoii Jteq:>uvtpco'tut f!Upropouf!ÉVll imò wii VÒf!OU Kui 1&v 1tpOq:>Tt't 1I111I1:J i1I1:JI1:> c?w;, 11:::11 1'J.!:l? 'nN i1:J"i'i1 11JT.:l 1:::111 p?•o:J 1:::1 Nll1'::l tj?N1 'TJ?1V i1:J"j?i1 ?"N .'JTJTJ "11' 11j?V? 1Vj?:JTJ 'TJ?1V '1i11 .?o:J U'N

Disse R. Yehoshua ben Levi, uno yod che era nella (parola) yarbeh lo accusò. R. Shimeon ben Yohai insegnò che il libro del Deuteronomio salì e si prostrò davanti al Santo, sia Egli benedetto. Disse alla sua presenza: "Signore del mondo, hai scritto nella tua Torah che ogni documento (testamento=ùux8iJK11) che è nullo in parte, è nullo nella sua totalità, ed ecco Salomone cerca di sradicare da me uno yod. Gli disse il Santo, sia egli benedetto: "Salomone e mille come lui (possono essere) annullati, ma non una parola da te".

Nella variante di ShemR 6 al posto di "una parola" si trova "un segno/ apice" (?o~TJ 'J'N 11JIJ i1ll1j?1 "ma un segno da te io non lo annullo") 217 • Si noti come nel racconto l'omissione o la sostituzione di uno yod possa corrispondere allo iéi'rra e i1ll1j? a Kcpaia218 . Al di là della distanza di tempo tra la stesura per iscritto di questo racconto nelle sue varie recensioni e il vangelo di Mt, nonostante l'affinità nel linguaggio, emerge il diverso approccio nei confronti della Torah: nel racconto di y. San 20c e paralleli, il messaggio è che la Torah è eterna, in Mt la Torah resta in vigore in questo secolo, è legata ad un tempo, senza per questo essere giudicata di meno valore 219 • In comune resta la concezione che ogni singola lettera della Torah non deve essere modificata o tolta. A tal riguardo cf. anche b. San 107a, dove si narra dello yod tolto dal nome di Sarai ('11VIJ '11?'0J1V 1"1' "lo yod che presi da Sarai". Cf. Gen 17, 15) quando le fu cambiato il nome in Sara. Lo yod tolto continuò a gridare per qualche anno fino al momento in cui fu inserito di nuovo nella Torah, quando cioè Osea figlio di Nun fu chiamato Giosia (1? '11!l01i11 V1V1i1' N~1V 1V "fino a quando giunse Giosuè e lo aggiunsi a lui". Cf. Nm 13,16). In questi esempi, emerge chiaramente come nel giudaismo successivo alla distruzione del 70 d.C., la Torah fu valorizzata al punto di poter immaginare che tre ore al giorno anche Dio fosse occupato in essa (TgN1 Dt 32,4 i111'11N~ 'V? l'V'IV 11?11)220 •

Per altri esempi nei quali :-llllj?/J'li' viene usato per descrivere un trattino appartenente ad una lettera della Torah cf. Jastrow II, 1340. Il primo dei significati di illllj?/J'li' è "spina". 218 O 'f'lj?. Cf. Bill. I, 248. Come altre possibilità per interpretare KEpaia vengono proposti anche 1n::l, N.ln e :111j?l. Deines propone anche di interpretare KEpaia come traslitterazione dell'aramaico N')J1::l "gambe (delle lettere)". R. Deines, Die Gerechtigkeit der Tora im Reich des Messias, 332. 219 Per un approfondimento sulla leggenda nelle sue diverse cf. R. Deines, Die Gerechtigkeit der Tora im Reich des Messias, 294-312. 220 Diez Macho sostiene che nell'AT non solo non si predice la permanenza della Torah di Mosè nell'era Messianica ma addirittura ne viene prevista la sostituzione con una nuova legge 217

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eroç uv mivm ytvrrmt. La legge per Mt, oltre ad avere un valore etico-normativo, ha un valore profetico e anche per questo motivo forse in Mt 5,17 legge e profeti sono giustapposti. In M t 11,13 appare chiaramente il valore profetico della legge accostata ai profeti: navrEç yàp oi npo:l:"~>o- (codex A e C ~lr....), il che potrebbe indurre a pensare che il traduttore abbia interpretato in modo "etico" il detto. In realtà uno dei significati di ~ ali' ithpe 'el è quello di "accadere" (cf. F. Schulthess, Lexicon syropalaestinum, 141; DJPA, 392) e per questo neanche questa traduzione rappresenta per forza una interpretazione

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Il compimento della Torah

questa sfumatura, credo che vada scelto il senso più ovvio e cioè "prima che tutto sia avvenuto". Quest'ultima interpretazione può essere confermata da Mt 24,34, dove si trova la stessa formulazione: Ùj.llÌV Myro 'Òj.liV on ou j..LlÌ napéì..8niJ ycveà aihll éro~ av mivra •au-ra YÉV'll'tat "in verità vi dico che non passerà questa generazione fino a che tutte queste cose avvengano". Il limite temporale entro il quale gli avvenimenti profetizzati da Gesù devono compiersi è quello della fine della generazione dei suoi contemporanei. Si tratta di eventi che devono succedere e non di precetti da eseguire. In Mt 5,18 la costruzione è più complessa dal momento che ci sono due éro~ àv. Il limite temporale è la durata del cielo e della terra, periodo durante il quale neppure il più piccolo dettaglio della legge passa senza che quanto è scritto trovi il suo compimento nella storia. La logica del versetto è chiara se si tiene presente che éro~ (ùv), come (1) 1V in aramaico, hanno il significato di "fino a, prima che" e "mentre"224 • Riguardo al rapporto tra la venuta del Messia e la Torah, molto interessante è TO Gen 49,10-11. Nn'1VT:l 'n"i iV Not,p iV 'il1l:l 'J:IT:l N1!l01 ili1i1' n':liT:l ltlt,11V i':IV 'i'V' N~ l 0 il'~:::l'il pJ:l' NOV il'n1p~ ~N11V' 1no• 11 :N•oov l1VT:ln1V' il'~, Nn1:::>~o N'il il'~'ii il'n1o:::>1 il'1V1:1~ :~o JU1N 'il' il'DV J!lt,1N:l Nn'11N 'i:IV1 il'~ 11no 11no N'i''ill Pil' :f'J)):lll1 '11i1t V:lll N~'T:l N~'T:l

l ONon passerà dalla casa di Giuda colui che esercita il dominio, né lo scriba dai figli dei suoi figli, in eterno, fino che venga il Messia, al quale appartiene il regno e al quale le nazioni obbediranno. 11 Israele si radunerà intorno alla sua città, il popolo (ri)costruirà il suo tempio. I giusti saranno intorno a lui (il Messia) e coloro che compiono la Torah nell'istruzione con lui. Sarà fine porpora il suo vestito e lana fine il suo abbigliamento, color scarlatto e tessuti colorati. Il v. lO presenta una costruzione sintattica molto vicina a Mt 5,18 (1V + 1V 1). La tradizione del Messia maestro nei Tg, è propria diTO. Nella tradizione del Tg palestinese infatti il Messia è essenzialmente re e la permanenza della Torah nella sua epoca è presupposta (cf. TgNl Gen 49,11 ~dn:J N1i1 'N' i1TJ cp•TJt;, 1'1"1V1 Nn'1Zm "come è bello il Re Messia che sorgerà") 225 •

,x:oa

etica di 6coç av 1tclvt(J. ytvr]Tat. Cf, SyP·' r.l ~~. Sy' r 'Ji'1T 0'1131 np1!l 0'11PN 1'nt:l " ... liberando i prigionieri, aprendo gli occhi dei ciechi, sollevando coloro che sono piegati" (cf. 4Q521 f2ii+4,8; Mt 11,5; Le 7,22). 227 Cuvillier sostiene che questo accento è proprio di Mt. In realtà Mt 24,35 è quasi identico ai paralleli Mc 13,31 e Le 21,33. Cf. E. Cuvillier, "Torah Observance and Radicalization in the First Gospel", 151. 67

Il compimento della Torah

1.2.2.3 Conclusione Dall'analisi di Mt 5,18, da una parte emerge che il concetto della permanenza della validità della legge, almeno per il periodo della durata del cielo e della terra, viene accolto ed integrato nell'insegnamento di Gesù, dall'altra viene sottolineata la necessità che quanto nella legge è profetizzato avvenga. Alla luce di questo principio e delle numerose citazioni di adempimento della Scrittura presenti in Mt, è possibile individuare il primo aspetto del compimento proclamato in Mt 5,17: Gesù è venuto a compiere la legge e i profeti poiché nella sua vita avviene ciò che nella legge e nei profeti è stato detto di

lue 28 • La Torah non è soltanto codice normativo ma anche profezia della venuta del Messia. Ogni dettaglio della legge ha dunque valore e resta in vigore almeno fino al tempo in cui saranno creati cieli nuovi e terra nuova. In questo le parole di Gesù sono molto vicine al sentire del mondo giudaico del suo tempo. La permanenza della validità della legge è patrimonio comune del giudaismo palestinese ed ellenistico, ed è già presente nella corrente sapienziale dei secoli che precedono l'era del NT. Riguardo a questo non vi è dunque novità nell'insegnamento di Gesù. Dal confronto con Mt 24,35, emerge invece chiaramente come novità, che la parola di Gesù è almeno allo stesso livello della Scrittura e, se lo si accetta, essa è anche superiore in quanto destinata a rimanere nella nuova creazione. Quest'ultimo punto rappresenta certamente una novità che non può essere presente altrove.

228 Cf. F. Manns, "Pour que l'Écriture s'accomplit", 443. Cf. F. Hahn, "Mt 5,17- Anmerkungen zum Erfiillungsgedanken bei Matthiius", 45-46.

68

Capitolo primo: Mt 5,17-20

1.2.3 Mt 5,19: Insegnare e praticare la Torah

oç ÈÙV OÙV À:ucrn !llllV 'tÒ>V ÈV'tO"J...&V 'tOl)'t(ùV 'tÒ>V ÈÀUXic:HCùV KUÌ (hoa/;n oiJ'troç wùç àv8pffin:ouç, ÈÀUXtoucrtv lìè n; '.lO 1!l,1N l"l'N i1V10ll7.:1; i1l"l"Jl 0'17.:1 l"lJ"nl"lNi J.l ;p '11N N1i1l 'l'l ;p 0'17.:1

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Nonostante il fatto che la profetessa Miriam divenne colpevole al punto di diventare lebbrosa, c'è molto insegnamento per i saggi e coloro che osservano la Torah: per il fatto di aver osservato un piccolo precetto, una persona riceve in cambio una grande ricompensa. Poiché Miriam stette sulla riva del fiume per conoscere quale fosse stata la fine di Mosè, Israele divenne seicentomila, che corrisponde a ottanta legioni e le nuvole della gloria e il pozzo non si muovevano dal loro luogo fino al tempo in cui la profetessa Miriam fu guarita dalla lebbra. Si mosse il popolo da Hatzerot e si accampò nel deserto di Paran.

Si nota subito che per indicare un "piccolo precetto" viene impiegata la terminologia i11'VT i11:lll:l e quindi come non sia indispensabile ricorrere alla definizione di i1?p i11:lll:l. Anche le antiche traduzioni siriache di Mt 5,19 hanno :u.o ~;~, ~m ~:\C~ ~ (PSLG ~;~, ~:l~ ~m ~ :u.o) che si integra molto meglio con ciò che segue. ÈÀUXtc>wç; KÀ.lJ81lcrstat f;v rfj ~acrtÀEi, f.lTt1t01:É O'E xapaOc'ì> 6 IÌVTWlKOç Ttì> Kptt'fi K 'Ò1tTJPÉTTI Kaì eiç cpuÀ.alCIÌV Pì..TJ9ftcrn · 26 Ùf.lTJV ì.f:yro crot, o'6 f.lTJ èi;ÉÀ.9nç ÈKeteev, éroç liv àxo8tì>ç -ròv ÉQ'X' iJJ.t.àç Kaì Ènì -rà 'tÉKVa T]j.u'ìiv "e tutto il popolo rispose dicendo: 'il suo sangue (ricada) su di noi e sui nostri figli"'. Per una interpretazione secondo la quale queste parole evocano un rito espiatorio simile a quello dello Yom Kippur cf. G. Michelini, Il sangue dell'alleanza e la salvezza dei peccatori, 437. Riguardo all'interpretazione antisemita di Mt 27,25 cf. anche J. Nolland, "The Gospel of Matthew and Anti-Semitism", 163-169. L'autore spiega bene come nella storia, l'estrapolazione del v. da un contesto giudeo-cristiano abbia causato una catena di equivoci e di atteggiamenti decisamente contrari al messaggio evangelico. Cf. anche H. Frankemolle, Matthiius II, 480-488; F.P. Viljoen, "Matthew, the Church and Anti-Semitism", 665-682. 324 Cf. Mt 5,22.28.32.34.39.44.

97

Ii compimento della Torah

formule interessanti che esprimono posizioni sulla halakhah: tJ':l1vm UnJN "noi pensiamo"325 e tJ',T:l1N UnJN "noi diciamo"326 • Come nella letteratura rabbinica anche nei manoscritti del Mar Morto tuttavia non esistono veri paralleli alle antitesi matteane. La congiunzione coordinante òé, come risaputo, può avere significato avversativo o semplicemente copulativo, può cioè contrapporre due pensieri o aggiungere un pensiero ad un altro 327 • Nei sei compimenti di Mt 5,21-48 è necessario verificare se l'insegnamento di Gesù si contrappone alla Torah o se semplicemente egli aggiunga un elemento non contrapposto. Molto interessante a tal riguardo sono Mc 7,10-11 e il suo parallelo in Mt 15,4-5. Gesù sostiene che quello che ha detto Mosè (Mroucrfjç yàp cinev) sia contraddetto da ciò che i farisei e gli scribi giunti da Gerusalemme insegnano (u11dç ùf; À.Éyc-rc). In Mt si precisa che ciò che essi contraddicono è stato detto da Dio (ò yàp 8còç cinev) e non da Mosè (il quale rimane uno strumento). In questo passo il ÙÉ è chiaramente avversativo. In Mt 16,18 invece Gesù parla a Pietro dicendo Kàyò:l òé crot À.Éyro on crù et IIÉ-rpoç "e anche io ti dico: 'tu sei Pietro' ... ". N el v. precedente Pietro viene proclamato beato poiché ha ricevuto una rivelazione dal Padre e ora Gesù aggiunge a ciò che il Padre ha rivelato sulla sua identità una rivelazione sull'identità e la missione di Pietro. In questo caso il ÙÉ non contrappone ma aggiunge 328 • La grammatica permette diverse interpretazioni, è dunque la semantica ad essere decisiva329 •

325 Cf. 4Q394 f3-7i,5.11; f3-7ii,16; f8iii,7.12; 4Q396 fl-2i,2-3; 4Q397 f4,1; f5,3. Foster, come principale differenza tra le antitesi di Mt e la lettera halakhica contenuta nei frammenti riportati, vede il tono maggiormente conciliante presente nella letteratura del mar morto. Cf. P. Foster, Community, Law and Mission in Matthew Gospel, 92. 326 Cf. 4Q394 f8iv,5; 4Q396 fl-2iv,2; 4Q397 f6-13,1.6.11. 327 Cf. BDR § 447. Per uno studio sulle congiunzioni in Mt cf. S.L. Black, Sentence Conjunction in the Gospel of Matthew. L'analisi di Black si concentra maggiormente sulle sezioni narrative, forse per questo motivo nel cap. dedicato a lìé (p. 142-178) non vengono mai citate le antitesi di Mt. Secondo Black, M in Mt più che essere avversativo, esprime discontinuità nella narrazione. Questa conclusione è molto interessante e riguardo a questa pericope, pur trattandosi di discorso e non di narrazione, l'idea di una discontinuità indice di novità più che di contrapposizione può illuminare la comprensione. Riguardo all'uso di M e di Kai nella narrazione cf. anche S.L. Black, "How Matthew Tells the Story", 34. 328 In questo caso i11ìé segue il Kai e ha la funzione di distinguere ciò che viene aggiunto. Cf. Sy"·P ..,Y. r6r< i::>lr< r6r< ~r< "anche io dico a te ... ". 329 Riguardo a Mt 5,21-48, è data la possibilità di tradurre éyro oÈ Myro ÙJliV con "ma io vi dico" o con "e io vi dico/ora io vi dico". Dopo molte indecisioni ho scelto di continuare a tradurre "ma io vi dico" per il semplice motivo che anche in italiano è possibile impiegare la congiunzione coordinante avversativa "ma" con questa sfumatura: "sapevamo che Luisa cucinava bene ma sabato sera ha veramente superato se stessa ... ". Una costruzione del genere im-

s

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Capitolo secondo: Mt 5,21-48

Per quanto riguarda i detti di Gesù, è logico pensare che essi abbiano avuto una fase di trasmissione orale o scritta in una lingua semitica, per questo motivo il Oé impiegato nelle antitesi ha molto probabilmente il valore del waw ebraico o aramaico. Detto questo, soltanto il confronto tra il contenuto del passo citato e quello del comandamento di Gesù costituisce l'elemento decisivo per stabilire se vi è contrapposizione o meno tra ciò che è stato detto e ciò che dice il Messia. Ciò che va sottolineato ancora una volta è il parallelismo presente nella prima antitesi di ogni triade: ÈppÉ9Tj/Èyw ò€ Myro - LOtç àpxaiotçh'>f.ltV. Gesù è posto in parallelo con Dio330 e i suoi uditori vengono messi sullo stesso piano degli anziani che hanno ricevuto la Torah. Viene così data una particolare enfasi al momento e al tempo che gli ascoltatori del discorso della montagna stanno vivendo 331 • 1tàç ò òpyts6f.lEVoç 'r àòcÀq>'JJ1?:;l ?p) ilt~T'D ':;l "da quando gli adulteri divennero molti, venne interrotto il procedimento delle acque amare. Rabban Yohanan ben Zaccai l'ha interrotto poiché è stato detto 'non punirò le vostre figlie per il fatto che si prostituiscono, né le vostre nuore per il fatto che commettono adulterio"'. La citazione è di Os 4,14. In realtà l'argomento è l'abolizione del procedimento delle acque amare e non della pena di morte per gli adulteri. Probabilmente, ciò che faceva la differenza era la presenza di legislazioni diverse come quella dell'impero romano che, in materie come la pena di morte, prendevano il sopravvento. Cf. Gv 18,31: TJ!-liv oÙK ei;Ecrnv Ù7tOK'tEivut oùlìtvu "a noi non è lecito mettere a morte nessuno". In ogni caso, come fa notare Meier, ciò che è scritto nella Mishnah non può essere acriticamente trattato come una descrizione precisa del mondo palestinese del primo secolo. Cf. J.P. Meier, "The Historical Jesus and Oaths", 54. 381 Cf. DJPA, 297. 378

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Capitolo secondo: Mt 5,21-48

zata) 382 , ciò è chiaro anche dalle parole che seguono: fl811 Èl.wixeucmv aùnìv ÈV rfl KapOi!,l aùwu "già ha commesso adulterio con lei nel suo cuore". L'espressione 1tpòç 'tÒ Èm9ullficmt aÙ't'JÌV teoricamente può essere interpretata come finale "per desiderarla" o come consecutiva "così da desiderarla"383 , tuttavia in Mt 1tpòç 'tÒ + infinito ha sempre valore finale 384 • Si tratta dunque di uno sguardo intenzionale che alimenta il desiderio e cerca un'occasione di adulterio 385 • Il verbo Èm9u!lÉW, nel senso di "desiderare sessualmente", seguito dall'accusativo non è comune nel greco classico 386 • Si trova tuttavia così in Lxx Es 20,17 (=Dt 5,21): oÙK È1tt9u!lftcretç nìv yuvaìKa 'tOU 1tÀ1lcriov crou "non desidererai la donna del tuo prossimo" (TM 1~1 mp~ ibr;u:n-6)387 • Es 20,17 viene citato in 4Mac 2,5 a proposito di Giuseppe, il quale in 4Mac 2,2 viene lodato "poiché per mezzo della mente ha dominato la lussuria": otavoi(,l1teptEKpa'tllcrev 'tfiç ft8u1ta9daç. In 4Mac 2,6 viene encomiata la ragione, la quale "può prendere il dominio dei desideri, così come degli affetti, i quali sono impedimenti alla giustizia": 'tOW È1tt9U!ltffiv Kpa'teìv ouva'tat ò Àoytcr!l6c;. 'llcr1tep Kaì •&v KWÀU'ttKéùv 'tfiç OtKatocrùYllc; 1ta8&v. Sir 9,8 mette in guardia dal pericolo del desiderio scaturito dallo sguardo: a1t6mpE\jfOV òn ,:J). 468 Cf. W.D. Davies - D.C. Allison, A Critica! and Exegetical Commentary on the Gospel According to Saint Matthew I, 534; W. D. Davies, The Setting of the Sermon on the Mount, 240. Alcuni autori sostengono che chi ha tradotto la fonte aramaica di questo passo abbia fatto confusione a causa della mancata conoscenza del linguaggio rabbinico. Cf. W.F. Albright - C.S. Mann, Matthew, 66. 469 Nella prima parte del v. si proibisce il ritardo nell'adempimento. 467

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Capitolo secondo: Mt 5,21-48

mente ad esso 470 • Anche in Gc 5,12 si trova il divieto di giurare espresso in modo assoluto: !l'JÌ ÒjlvUE'tE jlTJ'tE 'tÒV OÙpUVÒV jlTJ'tE 't'JÌV yfjv jlTJ'tE UÀÀOV nvà OpKov· ll'tCO ÙÈ UjlÒ:lV -rò vuì vuì KUÌ -rò ou ou, t:vu !l'lÌ u1tò Kpicnv 1tÉO"T]'tE "non giurate né per il cielo né per la terra, né con alcun altro giuramento. Al contrario, il vostro sì sia sì e il vostro no no, affinché non cadiate sotto il giudizio". Secondo Luz la versione di Gc 5,12 è più vicina a quella che poteva essere la forma più antica di questo detto471 • Tre sono gli elementi in comune con Mt: il divieto assoluto di giurare, il riferimento al cielo e alla terra e la necessità che il sì sia veramente sì e che il no sia veramente no. Tra le differenze va notato che il verbo ÒjlvUffi in Gc è seguito dall'accusativo, secondo la normale costruzione greca472. Riguardo poi agli oggetti per cui giurare, Mt è più dettagliato473 • In merito allo stile, quello di Mt è più semitico474 • La costruzione con tv può infatti essere il risultato della traduzione dell'ebraico :l V:J1VJ o dell'aramaico V:Jn1Vil :l t:J"j?/:::1 ''CJ'/:::1475 • Di fronte all'insieme delle somiglianze e delle differenze tra Mt 5,34-37 e Gc 5,12, buona parte degli esegeti conclude che non vi è una dipendenza letteraria diretta né in un senso né nell'altro. Si tratterebbe dunque di due versioni indipendenti di una comune tradizione orale, che può risalire a Gesù stesso 476 e che probabilmente si è diffusa nella prima generazione cristiana (30-70 d.C.) 477 • Il fatto che Giacomo non lo citi come detto del Signore non significa che egli non sia consapevole dell'origine dominicale dellogion. Si tratta invece probabilmente dello stile della prima parenesi cristiana che incor-

°

Cf. J. Nolland, The Gospel of Matthew, 250. Betz elenca autori classici schierati su questa linea. Cf. H.D. Betz, The Sermon on the Mount, 267. 471 Cf. U. Luz, Matthew 1-7, 260. Il fatto che Giacomo sembri ignorare l'origine dominicale di questo detto, costituisce per Dautzenberg uno degli argomenti contro la sua autenticità. Cf. G. Dautzenberg, "1st das Schwurverbot Mt 5,33-37; Jak 5,12 ein Beispiel fiir die Torakritik Jesu?", 61-63. Dei quattro argomenti che spingono Dautzenberg a prendere questa posizione, nessuno di essi, secondo lto, è in effetti convincente. Cf. A. Ito, "The Question ofthe Authenticity ofthe Ban on Swearing (Matthew 5.33-37)", 6. A favore dell'autenticità del detto cf. anche G. Strecker, "Die Antithesen der Bergpredigt (Mt 5.21-48 par)", 58-60. 472 Cf. G. C. Bottini, Giacomo e la sua lettera, 111. Se si tratta di un miglioramento stilistico, è possibile ipotizzare la posteriorità della versione di Gc. 473 Cf. J. Schroter, "Jesus Tradition in Matthew, James, and the Didache", 247. Questo dettaglio, insieme al fatto che in Mt il detto è inserito nella struttura dell'antitesi, sono per l'autore indizi del fatto che Gc sia più vicino alla forma originaria. 474 Cf. P.H. Davids, "Palestinian Traditions in the Epistle of James", 49. 47

475

Cf. BDAG, 705.

Cf. J.P. Meier, "Did the Historical Jesus Prohibit ali Oaths? Part 1", 176. Cf. J.P. Meier, "Did the Historical Jesus Prohibit ali Oaths? Part 2", 4; J.P. Meier, A Margina! Jew, Rethinking the Historical Jesus IV, 191. 476

477

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Il compimento della Torah

porava detti del Signore senza citarne esplicitamente la fonte 478 • Importante è anche la citazione di Giustino in Apol l, 16,5: Ilcpì OÈ tou l-llÌ Ò!J.vUVat oA.roç, tÙÀ.TJ8fi oÈ Myctv àci, outroç napEKEwcrato· "Mi] Ò!J.OO"TJtE oA.roç· Ecrtffi OÈ U!J.&V tò Naì vai· KUÌ tò 00 ou· tò OÈ 1tEptcrcròv tOUtffiV ÈK tOU 1tOVTJpou". "Riguardo poi al non giurare affatto e al dire sempre il vero, ha comandato così: 'non giurate affatto, sia il vostro sì sì e il no no. Il di più viene dal male"'. Indubbiamente vi è una dipendenza da Mt 5,34.37 479 • Non può sfuggire tuttavia anche la concordanza con Gc 5,12 nel riportare o nell'interpretare il detto su "sì, sì" e "no, no". Si è già visto, nelle note di critica testuale, come l'articolo davanti al doppio sì e al doppio no sia presente anche in e pc; Cl ctom Or Cyr. Giustino riporta il detto come un comando di Gesù e lo interpreta come obbligo di dire sempre la verità. Il divieto categorico di giurare potrebbe essere visto ancora una volta come una siepe alla Torah, che impedisce in modo assoluto al discepolo di trasgredire un comando della legge. Va detto tuttavia che la Torah in alcuni casi richiede il giuramento. In Es 22, l O ad es., nel caso in cui vi sia un danno recato ad un animale dato in custodia, il giuramento è richiesto: 7'~ i1~i;JT:l i1!i1; np~1p OiJ~Jw "ci sarà il giuramento del Signore tra i due"480 • In Dt 6,13 viene comandato ·di temere il Signore, di servirlo e di giurare nel suo nome: -:r~ti;~ i1}p;-n~ l'~o/T:l iT?1p:;l~ i~V,tl il)N! N']'f:l "il Signore dovrai temere, lui dovrai servire e nel suo nome giurerai". Questi tre precetti hanno l'obbiettivo di indirizzare il timore, il servizio e la fedeltà al Signore in contrapposizione agli altri idoli (cf. Dt 6,14). Così in N m 5,19 il giuramento viene imposto dal sacerdote alla donna sospettata di infedeltà: FJ!:liJ i'IJ;!N l'~:;l'PD! "e il sacerdote la farà giurare ... ". Se ci sono casi in cui il giuramento è richiesto dalla legge, non è possibile sostenere che il divieto di giurare corrisponda ad una siepe alla Torah 481 • La tendenza alla prudenza nel giuramento sicuramente era già presente nei secoli immediatamente precedenti il NT. In Sir 23,9-11 ad es. si dice che il

Cf. P.J. Hartin, James and the Q Sayings ofJesus, 216. Riguardo a Gc, alla letteratura paolina e a Did, l'autore fa notare come la prima parenesi era intrisa degli insegnamenti del Signore, anche se non si sentiva la necessità di esplicitarne la fonte. 479 La dipendenza contenutistica dalla pericope delle antitesi la si nota anche da ciò che precede. È chiaro tuttavia che Giustino cita liberamente e, se possibile, rende il greco più chiaro e stilisticamente migliore. Cf. anche D.C. Duling, "Against Oaths", 99-138. 48° Cf. m. BM3,1. 481 Meier sottolinea come in Nm 30,17 la legislazione sui voti venga presentata come un insieme di precetti che il Signore ha ordinato a Mosè: illP,iYntt illil; il~~ 11P,~ O'PDiJ il~~ "questi sono i precetti che il Signore ha ordinato a Mosè". Non si tratta quindi di una concessione, quanto di precetti provenienti da Dio che confermano la positività dell'istituzione voto/giuramento. Cf. J.P. Meier, Law and History in Matthew's Gospel, 152. 478

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Capitolo secondo: Mt 5,21-48

giuramento non deve essere abituale, al contrario deve essere usato raramente per due motivi: evitare l'uso frequente del nome di Dio (Sir 23,9 Kaì òvo11acri~ -rou ayiou ll1Ì cruvE9tcr9iiç; "e non abituarti a nominare il nome del Santo"); evitare di incorrere in un giuramento falso (Sir 23,11 Kaì EÌ òtà Kcvfiç; ffi!locrcv, où òtKatffi9l'Jm::-rm "e se giura invano, non sarà giustificato"). Secondo Giuseppe Flavio (Bel! 2,135) gli Esseni evitavano il giuramento, soprattutto perché "dicono che è già condannato chi non è credibile senza (giurare su) Dio" (11811 yàp Ka'tEyv&creai n:J1V:J 11V.!JJ ?v Oj?'1 i11V11:l n1m "e prenderà su di se l'obbligo per mezzo del giuramento del voto di ritornare alla legge di Mosè ... ") si può notare tuttavia come il divieto di giurare non fosse assoluto 482 • Nel giudaismo della Diaspora è da notare il pensiero di Filone dal quale emerge, secondo Meier, una tensione tra il suo desiderio di essere fedele alla Torah da una parte e la sua avversione ai giuramenti dall'altra483 • In SpecLeg 2,2 anche Filone mostra di interpretare il divieto di nominare il nome di Dio invano di Es 20,7 /Dt 5,11, come divieto di giurare il falso in nome di Dio. In pratica Filone condivide l'interpretazione di MekhY su Es 20,7, Sifra su Lv 19,12, TO e TPsJ Es 20,7. In SpecLeg 2,5 egli continua dicendo che se qualcuno deve proprio giurare, lo faccia utilizzando gli elementi del cosmo evitando così di usare il nome di Dio: aUà yfiv, t]ì.tov, acr-répaç;, oùpav6v, -ròv O"Ù!lnav•a KOO"!lOV "ma per la terra, il sole, le stelle, il cielo, il mondo intero". La preoccupazione di Filone infatti, da quanto emerge in SpecLeg 2,2-5, è che non venga profanato il nome di Dio 484 •

Nel rotolo del tempio (JJQ19), spesso citato dai commentari, in realtà non vi è altro che una riscrittura di molte leggi contenute in Dt. Cf. 11Ql9 53,9-54,5. Altri passi che normalmente vengono citati per contraddire o ridimensionare ciò che Giuseppe Flavio dice sono: CD 9,8-12; 15,1-8. In particolare in CD 15,6.8 si trova la definizione n'1:li1 n))l:ll!l "il giuramento dell'alleanza". Per un'approfondimento sul giuramento nei testi di Qumran cf. M. Vahrenhorst, "Ihr sollt iiberhaupt nicht schworen ", 75-95. 483 J.P. Meier, "Did the Historical Jesus Prohibit all Oaths? Part l", 184. 484 Cf. anche Decal 84-86: riguardo a Dio, Filone sostiene che ogni sua parola equivale a un giuramento, essendo egli in ogni punto veritiero. L'uomo di conseguenza deve essere restio nel pronunciare giuramenti, deve cercare di evitarli, rimandarli e farli soltanto se costretto da necessità. Riguardo all'avversione verso l'istituzione del giuramento in ambito pagano cf. W.D. Davies- D.C. Allison, A Critica! and Exegetical Commentary on the Gospel According to Saint Matthew l, 535. Cf. anche B. Kollmann, "Das Schwurverbot Mt 5,33-37/Jak 5,12 im Spiegel antiker Eidkritik", 179-193, dove viene presa anche in esame la critica al giuramento da parte di Pitagora. 482

137

Il compimento della Torah

M t 5,34b-3 7 Esempi illustrativi e sentenza conclusiva Mt 5,34b ,. n'rrc f.v 'tep oùpavép, O'tt 8p6voç Ècr'tÌV 'tOÙ ewù. 35 !J.ft'tE f.v 'tfi yfj, on Ù1to1t6òt6v Ècrnv 't&v noò&v mhoù, !J.ft'tE dç 'lcpocr6ÀU!J.U, on n6Àtç Ècr'tÌV 'tOÙ !J.EyaÀou pacrtMroç, 36 !J.ft'tE f.v 'tfi KE ùta~ÒÀ 7tOVTJPé!> va inteso come neutro, e quindi significa "al male". Cf. U. Luz, Matthew 1-7, 275. Per Weaver il riferimento è diretto ai romani occupanti. Cf. D.J. Weaver, "'Thus You Will Know Them by Their Fruits' ", 111. Cf. M.G. Steinhauser, "The Violence of Occupation", 28-37. 516 Per una panoramica sull'interpretazione di Lv 19,17-18 nel periodo intertestamentario cf. S. Ruzer, "'Love Your Enemy' Precept in the Sermon on the Mount in the Context of Early Jewish Exegesis", 193-208., In particolare riguardo al rifiuto della vendetta e al porgere l'altra guancia, l'autore vede l'insegnamento di Gesù come un'invito al martirio (p. 202). 512

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Capitolo secondo: Mt 5,21-48

In Pr 20,22 la speranza nell'intervento di Dio viene posta come alternativa al ripagare il male con il male: :1? V'P-~1 il1il'7 ilJj? VTili?~W~ i(;lNn-;~ "non dire: 'ripagherò il male'. Spera nel Signore ed egli ti salverà". Anche in Pr 24,29 viene in un certo senso proibita la vendetta: ìQNn-;~ :i?~~9 w·~? ~·w~ ;?-iliP.V,~ 1?. •?,-ilo/~ ,W~~ "non dire: 'come ha fatto a me, così io farò a lui, renderò all'uomo secondo la sua azione"'. In Sir 28,1-7 il pensiero è ancora più sviluppato. Riporto qui di seguito soltanto Sir 28, l: ò ÈKÙtKWV napà KUpiou eupijcret ÈKOlKTJGtV, KUÌ •àç Uf.!Up'tiaç au'tou ùta'tl']p&v ùtantpiJcret "colui che si vendica troverà la vendetta presso il Signore e i suoi peccati verrano certamente tenuti in mente". In JQS 10,17-18 si trova il principio secondo il quale non si restituisce male per male, poiché è Dio che ricompensa: ~iiN ~10~ Vi ;ml 'tV'N; ~''tVN N1; 1'ìml 'tV'N'ì o;'tV' ilN1il1 •n ;,:l O!l'tVTJ ;N nN N':J i~l "a nessuno restituirò male per male (una ricompensa di male), inseguirò un uomo (soltanto) per il bene, poiché è presso Dio il giudizio di ogni vivente ed è Egli che ripagherà ad ognuno la propria ricompensa". In JQS 10,20-21 si legge poi: ~N~ i10N N1'ì 1ii 'ii10 'ì1:J 'ìv oniN N,;, V'tV!l ·~w; "non conserverò rancore verso coloro che si pentono della colpa ma non avrò misericordia per coloro che si ribellano alla Via". Questi pochi passi citati mostrano una tendenza ad affidare la vendetta a Dio e a porre in lui la speranza in una giustizia difficilmente realizzabile su un piano puramente umano. Tale tendenza è riscontrabile soprattutto nella letteratura sapienziale. Lo stesso pensiero è accolto e sviluppato in diversi scritti del NT. Nella letteratura paolina sono diversi i passi nei quali è presente l'invito a non rispondere al male con il male. In lTs 5,15 ad es. Paolo dice: òpihe f.!TJ nç KUKÒV àvrì KUKOU nvt ànoo(ì'>, ÙÀÀÙ naV'tO'te 'tÒ àya9òv OtCÙKe'tE KUÌ eìç àUiJÀouç Kaì eìç nav•aç "Guardate che nessuno renda ad alcuno male per male; anzi perseguite sempre il bene gli uni degli altri e quello di tutti". Questo principio, come visto, si trova già nell'ATe qui viene ripreso da Paolo in quello che probabilmente è uno dei primi scritti neo-testamentari 517 • In Rm 12,9-21, inserito in un contesto parenetico più ampio, si trova una sezione dedicata all'amore visto come norma delle relazioni 518 • Il discorso comincia in Rm 12,9 con una proposizione nominale che appare come un titolo: 'H àyanYJ àvun6KpHoç "l'amore non sia ipocrita". Molti elementi sembrano essere collegati alla quinta ed alla sesta antitesi di M t. In Rm 12, 17, ad es.,

517 518

Cf. F.F. Bruce, l & 2 Thessalonians, xix. Cf. J.D.G. Dunn, Romans 9-16, 737. 147

Il compimento della Torah

Paolo dice: f..LT]OEVÌ KUKÒV ÙV'tÌ KUKOU Ù1tOOlOOV'tEç, 1tpOVOOUf..LEVOl KUÀÙ èvromov 1tÙV'tffiV àv9pronffiv· " ... non rendete 519 a nessuno male per male, cercate di compiere il bene davanti a tutti gli uomini" 520 • In Rm 12,19 Paolo ritorna poi sul tema del non vendicarsi e lo fa citando Dt 32,35: fllÌ Éau'toùc; èKotKouvw;, àya1tT]'toi, àUà OO'tE •6nov rft òpyfj, yéypan•m yap· Èf..LOÌ ÈKOtKT]crtç, èyffi àvmnoorocrffi, ÀÉyEt riptoc; "Non vendicatevi da voi stessi, carissimi, ma cedete il posto all'ira (divina). Sta scritto infatti: 'A me la vendetta, sono io che ripagherò' dice il Signore"521 • Qui Paolo in effetti non aggiunge niente a ciò che si trova nell'AT, nel v. successivo infatti egli riporta l'intera citazione di Pr 25,21-22. In 1Pt 3,9 si trova un altro parallelo interessante: !l'lÌ ànoot06V'tEç KUKÒV àv•ì KaKou iì ì-.moopiav àv•ì ì-.otoopiaç, wùvav•iov oè Ei>wyouv•~::ç flU1ttcrJla EÌ Àajl~avovn· Ei !lèv yàp :xpdav exrov Àajl~UVEt nç, à9Q">oç ecr-rat· ò OÈ lllÌ :xpEiav exrov oci:JcrEt OiKTJV, 'iva "ti EÀU~E KUÌ Eiç "ti "guai a colui che riceve. Se da una parte infatti chi riceve avendone bisogno è innocente, dall'altra chi non ne ha bisogno dovrà rendere conto del perché ha ricevuto e per quale fine ... ". 546 In Es 22,24 ad es. viene proibita la riscossione di un interesse nel caso si presti denaro ad un connazionale. A tale divieto segue immediatamente quello di prendere il mantello come pegno (Es 22,25-26). Questo dato consente di vedere un legame più forte tra quest'ultimo esempio e i precedenti. Cf. Lv 25,36-37. 547 Cf. anche Pr 28,27; Sir 4,1-10; 29,1-2; Tob 4,7. 548 Cf. Bill. l, 346-353. 543

544

153

Il compimento della Torah

2.2.5.3 Conclusione alla quinta antitesi L'atteggiamento richiesto in questa quinta antitesi è una vera e propria spogliazione nell'onore e nella ricchezza549 • Tale atteggiamento prepara il discepolo all'ascolto dell'ultimo insegnamento che ha per oggetto l'amore del nemico. Anche la quinta antitesi è costruita in modo da mostrare che l'insegnamento di Gesù non va contro la Torah ma è più esigente di essa. Anche in questo caso sembra comunque semplicistico interpretare l'insegnamento di Gesù come "siepe alla Torah", soprattutto dal momento che in Dt 19,21 emerge chiaramente come l'applicazione della /ex talionis fosse un dovere e non una concessione. L'insegnamento di Gesù non si discosta di molto dalla tendenza al rifiuto della vendetta già presente in diversi passi dell' AT. Tale atteggiamento era espressione di fiducia nella giustizia divina. Ai discepoli viene richiesto un comportamento decisamente unico e sorprendente, di rinunciare cioè alla difesa del proprio corpo, dei propri diritti, del proprio onore, del proprio tempo e del proprio denaro 550 • Anche in questo passo Mt sottolinea che l'insegnamento di Gesù arriva ad estirpare la radice del peccato, ad interrompere una catena di vendette che continua a generare male. Per questo motivo anche questa antitesi è compimento e non annullamento della legge e dei profeti, di essi infatti costituisce il punto d'arrivo di un progressivo cammino di giustizia che qui trova la sua piena rivelazione.

Cf. C. S. Keener, The Gospel of Matthew, 195. Secondo France, in questa antitesi Gesù si discosta in maniera più marcata dali' AT rispetto a tutte le antitesi precedenti. Cf. R. T. France, The Gospel of Matthew, 217. 549 550

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Capitolo secondo: Mt 5,21-48

2.2.6 Ultima antitesi: l'amore dei nemici (Mt 5,43-47)

Mt 5,43 'HKOUO"UTE on ~ppÉ9rr ùyam1crEtç TÒV nÀT]criov crou KUÌ f!tcrftcraç TÒV ~x9pòv crou. 44 ~yò:J òf: Uym uf!iv· ùyanà-r~: -roùç ~xepoùç Uf!&v Kaì npocrwx~:cre~: unf:p TWV ÒtiDKÒVTIDV Uf!Ùt ~ou· ò~oicoç KllÌ 1tUV'!aliv8pco1tOV lÌYU1tTJO"Il ffiç TÈKVIl ~ou "ho amato il Signore con tutta la mia forza, allo stesso modo ho amato ogni uomo come fosse mio figlio". In TestBen 4,2-5,1 viene elogiato l'uomo buono che vince il male con il bene (oihoç àya8oJtotiùv vtK~ -rò KaK6v cf. Rm 12,21) e ama i giusti come la propria anima (wùç ÒÈ ÒtKaiouç àyan~ ffiç Tl'jv ljiUXlÌV mhoii). 567 Per un'opinione contraria cf. J. Thachuparamban, "Greater Righteousness and Perfection in the Matthean Community", 292. L'autore sostiene che i nemici di Mt 5,43-48 non possono essere identificati con i romani perché nel resto del vangelo essi non vengono mai chiamati così e questa inimicizia non è espressa in nessun modo. Il contesto in cui Mt 5,43-48 è inserito sembra invece suggerire il contrario. Se da una parte infatti gli avversari principali del ministero di Gesù sono chiaramente scribi e farisei, dall'altra in questo passo è molto probabile un riferimento all'oppressore straniero. 568 Per un episodio di odio e violenza tra samaritani e galilei cf. Ant 20, 118ss. 569 Cf. J.R. Donahue, "Who is my Enemy", 137-156. Per un approfondimento sui samaritani nel NT cf. anche J.P. Meier, "The Historical Jesus and the Historical Samaritans", 202-232. 57 Come figura opposta al nemico, in m. San 3,5, viene delineata quella del r:;npit.V "amico" (in particolare l'amico dello sposo cf. Jastrow II, 1543). Egli, in quanto coinvolto nell'amicizia,

°

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Il compimento della Torah

L'ingiunzione di odiare il nemico in questa forma non si trova né nel TM, né nelle versioni antiche. L'aggiunta di questa glossa può corrispondere ad una citazione del comandamento nella sua comprensione popolare571 • La sua funzione oppure può essere quella di restringere il campo semantico di prossimo572. Può essere poi interpretata come un'aggiunta esegetica dettata dalla necessità di precisare il comandamento, in modo da rendere possibile un contrasto con l'insegnamento di Gesù 573 • Prima di trarre conclusioni tuttavia, è necessario prendere in considerazione alcuni passi dell' AT dove l'odio verso il nemico è presentato come positivo 574 • In Dt 7,2 viene detto dei popoli della terra promessa, destinati ad essere scacciati (Dt 7, l), che dovranno essere votati allo sterminio, con essi non si dovrà fare alleanza e di essi non si dovrà avere compassione (ory? n'1~1:n6 t:J~QI;I N?1 n'l:jl) 575 • In Dt 30,7 si trova la promessa della maledizione sui nemici di Israele: 1m1 'TJ~~1"'! 1tp~ 'TJ'~~1v-?lt1 'TJ'~;~-?p 11?~~ ni?~~-?~ n~ 'TJ'ry?~ i1J,.1; "e il Signore tuo Dio porrà tutte queste maledizioni sui tuoi nemici e su coloro che ti odiano, i quali ti hanno perseguitato". In Sal 26,5 l'odio verso l'assemblea dei malvagi è presentato come positivo: t:l'V.19 ?iJi? 'D~J~ "ho odiato l'assemblea dei malvagi". L'odio del nemico è parte di quella integrità che il salmi sta attribuisce a se stesso: Sal 26, l '~i?.~o/ 'T;97i:) '~D.:jl ·~~-,~ 11111; "giudicami o Signore poiché io nella mia integrità ho camminato " 576 • In Sal139,2ll'odio del nemico di Dio è di nuovo presentato positivamente: :oçipt;~~ 'TJ'~9ii'J;1:;1~ ~l'P~ l i1;t.1; 'TJ'~~tp9-~i7r) "non odio forse quelli che ti odiano Signore e disprezzo quelli che insorgono contro di te?". Nel v. successivo si legge: '7 ~'i) t:l':;l;i~7 t:l'D~Jip i1~~\p n'?~D "li ho odiati con odio estremo, sono divenuti per me nemici"577 • Nel v. 23 il salmista invita Dio ad esaminare il suo

non può essere ascoltato come testimone né può essere giudice nel caso in questione. Cf. R. T. France, The Gospel of Matthew, 224. 572 Cf. W.D. Davies - D.C. Allison, A Critica! and Exegetical Commentary on the Gospel According to Saint Matthew I, 550. 573 Cf. U. Luz, Matthew 1-7,288. 574 Riguardo al comandamento di odiare il nemico, anche Hagner sostiene che tale ingiunzione poteva essere dedotta da alcuni passi biblici. Cf. D.A. Hagner, Matthew I-13,134. 575 Anche in Dt 20,16-18 si trova il comando di votare allo sterminio gli abitanti delle città che verranno conquistate. La giustificazione di tale comando è la necessità di evitare ad ogni costo una contaminazione con la religione dei popoli conquistati (Dt 20,18). 576 Cf. Sal137,7-9. 577 Per un approfondimento sui diversi aspetti che può avere l'idea di nemico nei salmi cf. T.R. Hobbs- P.K. Jackson, "The Enemy in the Psalms", 22-29. 571

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cuore, perché tale odio verso il nemico religioso è presentato certamente come positivo. Anche in questo passo l'odio del nemico di Dio e del salmista, ha un valore positivo. Questi sono alcuni passi che mettono in guardia dall'escludere dali' AT il valore de li' odio del nemico 578 • Nella letteratura extra-canonica lo stesso pensiero continua e si sviluppa. In Sa!Sa/12,5 l'odio dell'ingiusto è presentato come un valore che merita la protezione di Dio: c:puA.a~at riptoç; 'JfUX'JÌV ÌJcrUXtoV J.ncroucrav ùòiKouç; "il Signore custodisca l'anima quieta che odia gli ingiusti". Leggendo JQS, e in particolare passi come 1,9-11 e 9,21, si capisce come dalle citazioni bibliche sopra riportate, si poteva facilmente concludere che per adempiere la legge era necessario disprezzare e odiare il nemico, il quale era prima di tutto nemico di Dio 579 . In JQS 1,9-11 si trova questo comando: nDj?l:l 1nD1VN:J 1V'N TIZJ1n 'l:l ?1:J N1J1V?1 ?N n~V:l 1?,U:J 1V'N ,,N 'l:l ?1:J :l1i1N?1 ?N "e amare tutti i figli della luce, ciascuno secondo la sua assegnazione nel

consiglio di Dio e odiare tutti i figli della tenebra, ognuno secondo la sua colpa nella vendetta di Dio"580 • Il concetto di prossimo si restringe ai "figli della luce", mentre per i "figli della tenebra" viene comandato l'odio. La marcata auto-designazione e la coscienza della propria elezione vengono espresse in un forte dualismo, che si manifesta nel contrasto tra l'amore per chi è dentro e l'odio per chi è fuori 581 • Una interpretazione del genere poteva essere comune anche nelle sinagoghe e soprattutto il meturgeman traducendo poteva glossare il testo aggiungendo spiegazioni 582 • Così anche in JQS 9,21 l'odio è presentato positivamente: :1?N1 c?1v nNl1V 1nNl1V cv m:1:1N? :1?Ni1 C'nV:l Z,':J1VD? ,,,;, 'l1:Jn "e questi sono i precetti della Via per l'istruttore in questi tempi, (riguardanti) il suo amare con il suo odiare. Odio eterno!". In Sifra su Lv 19,18 (4,12 p,!l C'1Zmp) si trova poi un caso interessante nel quale il rancore e la vendetta verso il pagano sono chiaramente presentati come leciti: 1V,z, n:l:1N1 C'1nNZ, 1"1l1 nN cpu 1DV 'l:l nN 11"n N?1 cpn N?

Cf. 2Cr 19,2; Sal26,5; 31,7; 119,113. In tutti questi passi l'odio verso i nemici di Dio, che diventano nemici di chi è fedele a lui, è presentato come un valore positivo. 579 D.A. Hagner, Matthew 1-13, 135. 580 Sull'uso dell'infinito con t, per esprimere un comando cf. E. Qimron, The Hebrew of the Dead Sea Scrolls, 71. 581 Cf. R. C.D. Amold, The Social Role of Liturgy in the Religion of the Qumran Community, 50. Per lo sviluppo redazionale del documento cf. S. Metso, The Textual Development of the Qumran Community Rule. 582 Cf. M. McNamara, The New Testament and the Palestinian Targum to the Pentateuch, 127; M. Smith, "Mt. 5.43: 'Hate Thine Enemy' ", 72. 578

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Il compimento della Torah

1,1J:l "non ti vendicherai e non serberai rancore verso i figli del tuo popolo, tu devi vendicarti e serbare rancore verso gli altri, ma amerai il prossimo tuo come te stesso"583 •

M t 5,44-45 L 'insegnamento di Gesù Mt 5,44 àyanàtE toùç éxepoùç UJ.u'òv. Il passo parallelo di Le 6,27 è articolato in due parti: àyattàtE toùç txepoùç UJ.u'òv, KaM'òç notEitE toiç !ltcroucrtv u11àç "amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano". È possibile che alla base delle due tradizioni vi sia la trasmissione del detto in aramaico (t,:l'J0'7 mn, "amate i vostri nemici/coloro che vi odiano"). Anche in Did 1,3 si comanda di amare coloro dai quali si è odiati: U!1Eiç ÒÈ àyanàtE toùç !ltcrouvtaç u11àç Kaì oox ÉSEtE éx9p6v "voi al contrario amate coloro che vi odiano e non avrete alcun nemico" 584 • Riporto ora altri passi veterotestamentari, nei quali già è contenuto qualcosa di simile all'amore del nemico. In Es 23,4-5 ad es. viene richiesto un atteggiamento benevolente verso il proprio nemico: \'~'1 ~~~iV ìiltt) i1~ìi:!-'~ 5 o :i'? U~'WI;l :up,~

;,p,n ilbt) i~ ~:;t~t:t ìio/ v~~I:l '?.Es 23,4

o :irpv. ::~tv,.tJ ::~tl? ;7 :~!v.~ t~'nm ;~~Q nDp

Es 23,4 Se incontri il bue del tuo nemico o il suo asino smarrito, devi ricondurglielo. 5 Se vedi l'asino di colui che ti odia giacente sotto il suo carico e vorresti evitare di liberarlo, lo libererai invece insieme a lui 585 •

Nei Lxx sia :J~N che il participio di NJ'IV vengono tradotti con èx9p6ç. TO, TgN1 e TPsJ interpretano il primo :JTV nel senso di abbandonare il risentimento presente nel cuore (cf TO: 'in'7V 1::1''7::11 Nr.l p,:J'IVfl j?:J'IVr.l "lascierai ciò che sta nel tuo cuore contro di lui"), per poi aiutare il nemico nel liberare l'asino dal suo carico. In Pr 24,17 si trova il divieto di rallegrarsi per le disgrazie del nemico: ',~p ~#'? '7~z-r,~ ;t;'P~:;l~ ng~T:I-r,~ ì:;t~i~586 "Quando cade il tuo nemico, non gioire e quando inciampa, non si rallegri il tuo cuore"587 •

Riguardo all'uso del participio per esprimere l'obbligo (almeno nell'ebraico mishnico) cf. 15, i1l1VOi1 J1VÌ? ,,:~.nn ,,tN 'O. Per l'uso del participio con valore imperativale cf. M. Pérez Femandez, An Introductory Grammar ofRabbinic Hebrew, 13 8-139. 584 Cf. Giustino in Apo/15,9, l: Ka.ì àya7td'tE 'toùc; J.LtcrouV'tac; 'ÒJ.Ldc; "amate coloro che vi odiano"=Jl:J'lO? 10m; 2Clem 13,4: àllà xaptc; UJ.LÌ:V Ei àya7td'tE 'toùc; èx8poùc; KllÌ 'toùc; J.LtO'Oi'iv'tac; 'ÒJ.Ldc; "ma c'è credito per voi (vi spetta una ricompensa) se amate i vostri nemici e coloro che vi odiano". 585 Per i diversi significati di :ltV cf. HALOT II, 806-807. 586 Ketiv ;p~~iN. 587 Pr24,17ècitatoinm.Av4,19. 583

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Capitolo secondo: Mt 5,21-48

In Pr 25,21-22 si chiarisce che fare del bene al proprio nemico significa in fin dei conti affidare la propria causa a Dio 588 : i1!Jh i1J;l~ O''?Q~ '?, 22 :O'~ 1i1i;'.o/D NQ~-0~1 OQ2 1i1]:;J~D ';f~~iz{ :qtro~ Pr 25,21 :1i-o?w~ i1li1'i i1fN,-?p Pr 25,21 "Se ha fame il tuo nemico, dagli pane da mangiare; se ha sete, dagli acqua da bere, 22 perché così raccoglierai carboni accesi sul suo capo e il Signore ti ricompenserà" 589 •

Nella letteratura peritestamentaria si trova un parallelo molto interessante in TestG 18,2: KUÌ f.àv etì-n nç KUK01t0lfjcrm Uj..Ulç, U!J.EÌç Tfj aya9o1toti~ euxecree U1tÈp au·wu· KUÌ U1tÒ 1tUVTÒç KUKOU À.mpco9iJcrecr9e òtà KUpiou "e se qualcuno vuole farvi qualcosa di male, voi nel vostro impegno nel fare il bene, pregate per lui e sarete liberati da ogni male per opera del Signore"590 . Come sottolinea Nolland, anche nel mondo babilonese ed egiziano è possibile trovare paralleli nei quali si raccomandano atteggiamenti benevoli verso il nemico ma tutti per un tornaconto personale o al fine di un loro ravvedimento591. Più in generale, si può quindi dire che l'atteggiamento pedagogico volto al recupero del peccatore non è una peculiarità dell'insegnamento di Gesù, anche nel mondo greco-romano 592 ci sono esempi nei quali è valorizzato l'at-

Cf. Dt 32,35. Come già visto, Pr 25,21-22 viene citato da Paolo in Rrn 12,20. Cf. anche Sir 27,33-28,9, dove vengono stigmatizzate l'ira e la vendetta e che Ruzer considera un commento esegetico di Lv 19,18. Cf. S. Ruzer, "From 'Love Your Neighbour' to 'Love Your Enemy' ", 377. 590 In EArist 207 si trova l'invito ad un atteggiamento benevolente verso i sottomessi e i peccatori. In EArist 188 viene valorizzato un atteggiamento clemente verso chi merita un castigo e in 227, per mezzo della generosità, si auspica il ritorno alla legalità di coloro che stanno ali' opposizione. 591 Cf. J. Nolland, The Gospel of Matthew, 265. Interessante è anche il detto riferito a Budda che riporta Gnilka (J. Gnilka, Il vangelo di Matteo I, 290): "Anche quando banditi e assassini staccano a qualcuno con una sega doppia un membro dopo l'altro, costui, se il suo spirito fosse pieno di rabbia, proprio per questo non sarebbe seguace della mia dottrina di salvezza. Anche in questo caso dovete frenarvi e dire: 'il nostro spirito non deve irritarsi, non intendiamo pronunciare nessuna parola cattiva, vogliamo restare benevoli e pietosi, disposti all'indulgenza, senza odio nel nostro intimo e vogliamo compenetrare quest'uomo di spirito gentile'". La distanza geografica esclude comunque chiaramente la possibilità di una dipendenza del detto da questa fonte. Cf. C.S. Keener, The Gospel of Matthew, 202. 592 Cf. in particolare Seneca, De Beneficiis 4,26, I anche per la imitatio Dei (in questo caso deorum) e per l'esempio riportato: Si deos inquit imitaris, da et ingratis beneficia; nam et sceleratis sol oritur, et piratis patent maria "se volete imitare gli dei, date benefici anche agli ingrati, poiché il sole si leva anche per gli scellerati e ai pirati è aperto il mare". Forse Seneca aveva ascoltato qualcosa del genere dai cristiani (cf. Mt 5,45)? O forse Gesù ha usato un detto popolare diffuso nel bacino del mediterraneo? 588 589

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Il compimento della Torah

teggiamento di chi fa del bene al proprio nemico. L'amore verso il nemico tuttavia, enunciato in questo modo, è difficilmente riscontrabile altrove 593 • 7tpocmuxecr9e U7tÈp •ffiv òtroK6v'trov DJlfiç. Il parallelismo tra amore e preghiera, tra inimicizia e persecuzione, mostrano che al discepolo è chiesto molto più di un semplice affidamento della propria causa a Dio594 • Il parallelismo tra nemici e persecutori obbliga a vedere in essi più di un vicino di casa col quale si ha avuto una disputa. Chi sono i persecutori di cui si parla? In Mt il verbo ÒtKovTat; UJliit;, eùlwoyei'te Kaì JllÌ KaTapiicree "be-

599 Paolo fu uno dei persecutori. Cf. A t 26,14 ijKoucra v•aç; Uf.u'iç;. Di norma col presente nell'apodosi esso andrebbe classificato come "iterativo" (cf. BDR § 373), ma in questo caso è evidente che il presente ha un significato futuro, in quanto la ricompensa non è immediata. 616 Cf. BDR § 372. 617 M. Kister, "Words and Formulae in the Gospels", 130s. Cf. Qo 5,15. 618 In realtà Sir 40,18 presenta diversi problemi di critica testuale: il ms. B ha 1::JW1 J" "vino e 614 615

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Capitolo secondo: Mt 5,21-48

Exen:; ha 1toia UJltV xaptç Ècr-riv; È possibile che nella ipotetica fonte aramaica o nella tradizione orale ci fosse p:>? 'n'~ 1l~ ;m (cf. SyP ~.:c' r; TPsJ '11:l1V:l C',1V).

In Dt 18,13 viene richiesta l'integrità nei confronti del Signore: il~i;JI;.l C'T,;l.I;l Ck? "perfetto sarai con il Signore tuo Dio"; Lxx 'tÉÀ.Btoç ean €vav'tiov KUpiou 'tOÙ 8eoù aou "perfetto sarai davanti al Signore tuo Dio"; TO 1i1;N '1'1 Nn;n1:l 'i111 C';1V, "perfetto sarai nel timore del Signore tuo Dio"; TgNl J1:li1;N m CV il:l.O i11:l.V:l 711i111 p~;1V ;N,1V' 'J:l '~V "popolo mio, figli d'Israele, sarete perfetti nella buona opera con il Signore vostro Dio" e in TPsJ J1:lj?;N m1 N11,n1:l 711i111 p~;1V "sarete perfetti nel timore del Signore vostro Dio". Giustamente Massey fa notare che cv. qui potrebbe significare "come"659 • In questo caso si tratterebbe di una formula di imitatio Dei, dove si comanda di essere perfetti/integri come lo è il Signore Dio. In Gb l, l si dice di Giobbe che era C';:i;~ N1'1 ,o/~1 C.I;!, "integro, retto e timorato di Dio"660 , il Tg ha m C1j? 7~ ''n1 f',m C';1V661 • Con riferimento alla Torah, in Sal 119, l si trova la beatitudine dei perfetti che camminano nella legge del Signore: :il)},; 11Ji11=i! C'~'fh~ 1l:T'Q'I?I;l 'J~~; Tg i11i1'1 N11',1N:l p:l;i1~1 Nn11N '~';1V1 J1i1':l10. Si può dunque concludere che il modo più comune per esprimere la perfezione e l'integrità di una persona nell'aramaico targumico è l'aggettivo C';1V. Riguardo al rapporto tra perfezione e compimento è interessante il caso di 2Sam 22,26 (=Sall8,26)662 • La proposizione ClpDD C'Q.I;l ,twcv. "con il prode integro ti mostri integro", nel TJon viene parafrasata così: c•;w i11i11 pml' il'~V 1111V, ,~,~ N11~';1VN p:l:l 111;n1:1 "quanto a !sacco, poiché è stato perfetto nel tuo timore, hai portato a compimento la parola della tua volontà con lui". Il meturgeman riprende la radice c;w che ha utilizzato nella traduzione di 2Sam 22,21 (" 'JJ'~'1V' "mi ricompensi il Signore") e di 22,24 (c';1V 11'1i11 i1'11;n1:l "e sono stato perfetto nel suo timore"), per costruire un gioco di parole in 22,26 663 • Perfezione, ricompensa e compimento sono dunque espresse dalla medesima radice c;w. Perfezione e compimento sono elementi strettamente legati anche in Mt ;-;p\j;~ il)p;

659 Cf. I.A. Massey, lnterpreting the Sermon on the Mount in the Light of Jewish Tradition as Evidenced in the Palestinian Targums of the Pentateuch, 46. Per questo significato di OJl cf. anche HALOT II, 839; BDB, 767. 660 In Gb 2,3 (TM e Tg) Giobbe viene descritto con le stesse parole, mentre in Gb 12,4 egli si definisce O'QJ;l i'''!:!i (Tg NQ't,1V1 i1N::Jt). 661 Se si vogliono esaminare anche i casi neiquali si parla di cuore integro cf. 2Re 20,3; Is 38,3; 1Cr 12,39; 28,9; 29,9.19; 2Cr 19,9; 25,2: o71p :J7 (o :Ji-7) ebraico e o•;w :Jt, aramaico. 662 Il Tg del Sal 18 è stato probabilmente preso da TJon 2Sam 22. Cf. E.M. Cook, "The Psalms Targum", 186. 663 Per le varianti testuali ed un commento cf. E., Van Staalduine-Sulman, The Targum of Samuel, 653.

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Capitolo secondo: Mt 5,21-48

5,17-48 e questo lo si può dedurre anche a prescindere da uno studio filologico664. Se però si interpretano questi due concetti alla luce della radice o?w, il quadro diventa ancora più chiaro e va integrato con la nozione di pace. L'ultima cosa che va detta dell'aggettivo 0'?1V/0?1V infatti è che oltre a significare "perfetto", "integro", sia in ebraico che in aramaico può avere la connotazione di "pacifico", "uomo di pace"665 . In Gen 34,21 si trova un esempio: O'W~~Q u~~ OiJ O'Q?o/ il?~i! "quegli uomini sono pacifici con noi"; Lxx oi av8pmnot oiS'tOt EÌpT]VlKOi dmv J.H:8' iJJ.l&V; TO NJD'V PJ'N o?w r?Nil N',:Jl "quegli uomini sono in pace con noi"; TgN1 JDV N:J" Ni:JV:J 1'D?1V 1''ì'Nil N",:Jl "quegli uomini sono perfetti nell'opera buona con noi"; TPsJ PJ'N J'D'?1V r?•Nil N",:JU NJD'V "quegli uomini sono pacifici con noi". Molto interessante è anche l'accostamento dei termini o•?w1 1':JD "umile e pacifico" in Tg Sal56,1; 57,1; 58,1 e 59,1. Essi vengono impiegati per descrivere l'atteggiamento di Davide nel momento della persecuzione da parte dei Filistei in Tg Sal 56,1, da parte di Saul in Tg Sal 57,1 e 59,1 e in generale in Tg Sal 58, l. Nei manoscritti del Mar Morto l'integrità è espressa comunemente con l'ebraico o•an ed è spesso associata al concetto di santità (1Vip). L'integrità del cuore, come del resto anche nella letteratura biblica, viene espressa con :::1? o?w666. Nelle versioni siriache, come traduzione di TÉÀetoç; si trova ~667 . Il termine ,'Dl esiste anche nell'aramaico giudaico palestinese ma non è usato normalmente per descrivere l'integrità o la perfezione di un uomo (almeno nei Tgt68 . Anche nell'aramaico cristiano palestinese la perfezione è espressa con la radice -pk.. Cf. la traduzione di t"ÉÀetoç; in Mt 5,48: PSLG ~rut. (nel codice A -pk.). Nell'ebraico rabbinico C'Q~ e o?'f sono impiegati come sinonimi in m. Ned 3,11: ilt o7.1f N"")i?~ N? OQ""):t~ 1l':;l~ il'f~tp ni~QiJ ?ftp [il?'Q il?ii~] 669 'iN ,,~9 ,, O'Ql/ il~i;J! ~J-97 1;.01/'0 '~W ?9tp "R. Meir dice: 'poiché nonostante tutti i co-

Cf. G. Angelini, "'Soyez parfaits, comme le Père .. .' (Mt 5,48)", 178. Cf. Jastrow Il, 1584; DJPA, 554-555. 666 Cf. CD 7,5; 20,5; JQS 8,20. Per o?w :b cf. CD 1,10; JQHa 8,25.35; 4Q266 f2i,14. 667 In SyP esistono comunque termini indicanti la perfezione costruiti con la radice ,L... In Gc 1,25 Ò OÈ 1t