Il cane dell'ortolano-El perro del hortelano 8820738716, 9788820738716

La bella contessa napoletana Diana, dopo aver rifiutato la mano di uomini a lei pari per rango, si invaghisce del suo se

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Il cane dell'ortolano-El perro del hortelano
 8820738716, 9788820738716

Table of contents :
Copertina
Frontespizio
Copyright
Introduzione
1. Nella casa di Lope
2. Il retaggio della commedia palatina
3. Diana fra onore e amore
4. Teodoro, o le ambizioni e i timori di un Icaro moderno
Lope de Vega: cronologia della vita e delle opere
Bibliografia
Criteri di edizione e traduzione
Comedia famosa. El perro del hortelano
Acto primero
Acto segundo
Acto tercero
Commento
Primo atto
Secondo atto
Terzo atto
Indice
Quarta di copertina

Citation preview

BARATARIA Collana diretta da Laura Dolfi 21

Lope de Vega

El perro del hortelano Introduzione e commento di Fausta Antonucci e Stefano Arata Traduzione di Barbara Fiorellino

Liguori Editore

Lope de Vega

Il cane dell’ortolano Introduzione e commento di Fausta Antonucci e Stefano Arata Traduzione di Barbara Fiorellino

Liguori Editore

Il presente volume è stato pubblicato con un contributo del Dipartimento di Studi Americani dell’Università degli Studi di Roma Tre, nell’ambito del progetto di ricerca co-finanziato dal MIUR «Il teatro spagnolo e l’Europa» Questa opera è protetta dalla Legge sul diritto d’autore (Legge n. 633/1941: http://www.giustizia.it/cassazione/leggi/ l633_41.html). Tutti i diritti, in particolare quelli relativi alla traduzione, alla citazione, alla riproduzione in qualsiasi forma, all’uso delle illustrazioni, delle tabelle e del materiale software a corredo, alla trasmissione radiofonica o televisiva, alla registrazione analogica o digitale, alla pubblicazione e diffusione attraverso la rete Internet sono riservati, anche nel caso di utilizzo parziale. La riproduzione di questa opera, anche se parziale o in copia digitale, è ammessa solo ed esclusivamente nei limiti stabiliti dalla Legge ed è soggetta all’autorizzazione scritta dell’Editore. La violazione delle norme comporta le sanzioni previste dalla legge. Il regolamento per l’uso dei contenuti e dei servizi presenti sul sito della Casa Editrice Liguori è disponibile al seguente indirizzo: http://www.liguori.it/politiche_contatti/default.asp?c=legal L’utilizzo in questa pubblicazione di denominazioni generiche, nomi commerciali e marchi registrati, anche se non specificamente identificati, non implica che tali denominazioni o marchi non siano protetti dalle relative leggi o regolamenti. Titolo originale: El perro del hortelano. Traduzione dall’edizione spagnola pubblicata da Liguori Editore - I 80123 Napoli http://www.liguori.it/ © 2006 by Liguori Editore, S.r.l. Tutti i diritti sono riservati Prima edizione italiana Aprile 2006 Vega, Lope de : Il cane dell’ortolano/Lope de Vega Traduzione di: Barbara Fiorellino Napoli : Liguori, 2006 ISBN- 13 978 - 88 - 207 - 4550 - 9 1. Letteratura spagnola 2. Seicento spagnolo I. Titolo. Aggiornamenti: ———————————————————————————— 12 11 10 09 08 07 06 10 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0

Introduzione1

1. Nella casa di Lope Le trinitarie scalze avevano piu` volte protestato. Il loro convento si trovava proprio accanto alla casa del capocomico Alonso Riquelme, in quell’angolo di Madrid che scendeva dalla Puerta del Sol fino alla residenza dell’onnipotente duca di Lerma, di fronte al Prado. Tutti i pomeriggi il vociare degli attori impediva alle suore il raccoglimento 2 necessario. Era il 1614 . Forse Riquelme studiava con la sua compagnia l’allestimento di El perro del hortelano, una commedia che Lope de Vega poteva avergli venduto solo pochi 3 mesi prima . I due si conoscevano da almeno quindici anni, 1 Al momento della sua immatura scomparsa, Stefano Arata aveva redatto solo una parte di questa Introduzione : ultima testimonianza della sua passione per il teatro spagnolo del Siglo de Oro. Confidando nella lunga consuetudine di ricerca e riflessione comune, ho portato a compimento il lavoro, perche´ potesse vedere la luce e raggiungere i lettori cui lui avrebbe voluto trasmettere il suo sapere e il suo entusiasmo. Non ho ritoccato il testo se non per minime correzioni; le parti aggiunte, delle quali mi assumo l’intera responsabilita`, sono racchiuse da parentesi quadre. Di Stefano Arata sono anche il prospetto metrico-tematico dei tre atti, nonche´ la quasi totalita` delle note al testo (quelle che ho ritenuto di aggiungere sono, anch’esse, tra parentesi quadre. Mie sono invece le note all’Introduzione). Naturalmente, questo libro e` dedicato alla memoria dell’amico e collega. 2 Lo riferisce J. Sa´nchez Arjona, Noticias referentes a los anales del teatro en Sevilla desde Lope de Rueda hasta fines del siglo XVII, Sevilla 1898, p. 126. Ringrazio Mimma De Salvo per avermi trovato la fonte di questo aneddoto. 3 Il 16 maggio 1616, Riquelme firma a Valladolid un contratto che lo impegna a rappresentare il successivo 21 giugno cinque commedie, tra le quali, oltre al nostro Perro del hortelano, El poder vencido (Il potere sconfitto) e la prima parte de El prı´ncipe perfecto (Il

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e il loro sodalizio, che aveva avuto alti e bassi, si era nuovamente rafforzato proprio nel 1614. Direttore di una delle compagnie piu` intraprendenti del regno, Riquelme svolgeva da anni un’attivita` incessante, portando in giro per tutta la penisola drammi, commedie e soprattutto autos sacramentales, quelle opere allegoriche in un solo atto nel cui allestimento si era rivelato un vero maestro, e con cui aveva ottenuto premi in numerose citta`. Lope abitava a un solo isolato dalla dimora di Riquelme, in una casa con giardino che aveva acquistato pochi anni prima con i guadagni ricavati dalla vendita delle sue commedie. Nel 1612 era rimasto vedovo della sua seconda moglie, e aveva preso gli abiti sacerdotali. Viveva con la governante Catalina, che si occupava dei suoi tre figli: Marcela e Lopito, avuti dall’attrice sivigliana Micaela de Luja´n, e Feliciana, la bambina frutto del suo ultimo matrimonio; l’altro amatissimo figlio, Carlos Fe´lix, era tragicamente deceduto pochi anni prima. Nel 1614, Lope aveva 52 anni. Suo padre era un artigiano che aveva rivendicato presso le autorita` la sua condizione nobiliare, che di fatto gli veniva negata per il lavoro manuale che esercitava. Dopo aver frequentato qualche anno l’Universita` di Alcala´ de Henares, Lope si era imposto giovanissimo come il piu` acclamato drammaturgo del nuovo teatro. Da qualche anno, inoltre, era stato assunto come segretario privato dal duca di Sessa, un giovane e principe perfetto), anch’esse di Lope (dato riportato da L. Ferna´ndez Martı´n, Comediantes, esclavos y moriscos en Valladolid. Siglo XVI y XVII, Universidad de Valladolid, Valladolid 1988, p. 66). Poiche´ queste ultime due commedie sono del 1614, e poiche´ gia` da questa data sono documentati i rapporti piu` stretti tra Lope e Riquelme, e` possibile che anche El perro del hortelano sia del 1614. G. S. Morley e C. Bruerton, che misero a punto delle congetture cronologiche sulla produzione di Lope basate sui mutamenti nell’impiego della versificazione (congetture spesso rivelatesi esatte alla luce di successivi ritrovamenti di manoscritti datati), propongono dal canto loro come data probabile di composizione del Perro del hortelano il periodo 1613-1615 (G. S. Morley e C. Bruerton, Cronologı´a de las comedias de Lope de Vega, traduzione spagnola Gredos, Madrid 1968; edizione originale 1940). D. McGrady si orienta piuttosto per il 1615, basandosi su un riferimento interno a Jero´nima de Burgos che denota il deterioramento dei rapporti tra questa attrice e Lope, avvenuto proprio nel 1615 (Fuentes, fecha y sentido de “El perro del hortelano”, in “Anuario Lope de Vega”, Barcelona, 1999, V, pp. 151-66).

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rampante aristocratico per il quale Lope svolgeva gli incarichi piu` vari e a volte sconvenienti, dal comporre versi encomiastici, a scrivere lettere d’amore, fino a procacciargli i favori di attrici avvenenti e generose. Attraverso il duca di Sessa Lope sperava di introdursi nei circoli di corte che ruotavano intorno al re Filippo III. In particolare sperava di essere nominato cronista reale, un incarico di prestigio e che gli sembrava un trampolino ideale per rivendicare quello status nobiliare per cui gia` suo padre aveva lottato presso il tribunale di Valladolid. Ma l’aristocrazia di corte aveva nei confronti del drammaturgo un atteggiamento ambivalente. Se da un lato richiedeva spesso i suoi servizi (relazioni di feste, allestimento di spettacoli ecc.), dall’altro lo considerava uno dei tanti servitori sul libro mastro di palazzo, un personaggio, tra l’altro, dalle origini oscure e dalla vita scandalosa. E il posto di cronista gli fu sempre negato. Durante tutta la sua vita, lui che sperava di essere riconosciuto dalla nobilta` di corte, si vide condannato ad essere l’idolo della moltitudine semi-analfabeta che accorreva ai teatri pubblici a pagamento (i cosiddetti corrales de comedias). El perro del hortelano risponde a un modello formale che il drammaturgo aveva perfezionato nel corso di un’attivita` ormai trentennale, e che faceva della comedia spagnola un prodotto che, pur partecipando di una tendenza comune del teatro europeo dell’epoca, se ne distingueva per molti aspetti determinanti. Come avveniva in buona parte del teatro italiano, francese e inglese coevo, i testi di Lope erano legati all’attivita` di attori professionisti che recitavano nei teatri pubblici a pagamento. A questi recinti di evasione, che in Spagna si chiamavano corrales, accorreva un pubblico eterogeneo, composto nelle grandi citta` dalla piccola e media nobilta` urbana (hidalgos e caballeros), da donne, da studenti, da soldati, da artigiani. Quelle stesse commedie che trionfavano nei corrales venivano a volte riproposte nelle ricche magioni dell’alta aristocrazia, piu` raramente nel teatro che il re si era fatto costruire nel cortile del palazzo, proprio sul modello dei corrales cittadini. Fin dal 1604 inoltre, i testi di Lope, dopo aver calcato per qualche anno i palcoscenici delle grandi citta` e della provincia, venivano dati alle stampe in grosse sillogi chiamate comunemente Partes de comedias. Per questo ampio ventaglio di pubblico, e di modalita` di ricezione, che andava dai soldati di stanza nelle metropoli

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alle dame dell’alta aristocrazia, e dall’ascolto nello scomposto rumore dei corrales fino alla lettura silenziosa a casa, Lope era riuscito a creare una formula teatrale che era una prodigiosa sintesi di esperienze drammaturgiche cinquecentesche. Da una parte, aveva ripreso la tradizione della commedia latina, e di quella erudita italiana, rendendole piu` flessibili con il rifiuto delle unita` aristoteliche e stemperandole degli aspetti piu` normativi; dall’altra, la lezione della Commedia dell’Arte, con il suo ricco repertorio di situazioni comiche e con la centralita` dell’attore nell’economia dello spettacolo, era stata adattata a un impianto drammaturgico che manteneva la centralita` del testo scritto. A differenza della commedia italiana del Cinquecento, scritta prevalentemente in prosa, o del teatro elisabettiano, che alterna verso e prosa, le commedie del Siglo de Oro erano in versi ed erano tutte polimetriche. In El perro del hortelano, Lope ricorre a ben sette strofe diverse, che si alternano una quarantina di volte lungo i piu` di tremila versi del testo. La polimetria serviva in primo luogo a sottolineare il rango del personaggio. Le figure dell’autorita` (padri, re, principi), o i potenti rivali in amore (come il conte Federico o il marchese Ricardo nella nostra commedia) si esprimono generalmente con la gravita` degli endecasillabi (in strofe che vanno dalle ottave reali, alla terza rima fino agli endecasillabi sciolti); i galanes, le dame e i servitori preferiscono invece l’ottosillabo, il verso tradizionale spagnolo. Una seconda funzione della polimetria e` quella di sottolineare situazioni drammatiche codificate. Nella nostra commedia, quando un personaggio cerca di fissare un sentimento d’amore, esponendolo in modo epigrammatico, ricorre alla forma chiusa del sonetto, e questo avviene ben nove volte4; per i resoconti retrospettivi, invece, ci si serve delle potenzialita` narrative del romance (e` il caso di Trista´n quando racconta al conte Ludovico la finta biografia di Teodoro); la de´cima, infine, risultava funzionale a certi soliloqui introspettivi, come lo straordinario assolo di Teodoro all’inizio del secondo atto. 4 Caso eccezionale nell’ambito della produzione drammaturgica di Lope; si vedano al riguardo S.G. Morley-C. Bruerton, Cronologı´a de las comedias de Lope de Vega, cit., e le osservazioni pertinenti di F. Weber de Kurlat, “El perro del hortelano”, comedia palatina, in “Nueva Revista de Filologı´a Hispa´nica”, Me´xico, 1975, XXIV, 2, pp. 339-63 [357].

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Oltre a queste funzioni, per cosı` dire tonali, il cambio di strofa annunciava il passaggio da una sequenza drammatica all’altra, svolgendo cosı´ una funzione primaria a livello di strutturazione dell’intreccio. Bisogna infatti ricordare che se la cosiddetta scena prospettica all’italiana del Cinquecento prevedeva una supremazia dello spazio sull’azione, la commedia di Lope rivendicava la netta priorita` dell’azione sullo spazio. Questo spazio non era rappresentato fisicamente (attraverso, per esempio, dei pannelli dipinti), ma era evocato grazie ai dialoghi di situazione (la cosiddetta “scenografia di parola”)5. Il passaggio dell’azione da uno spazio all’altro veniva quindi suggerito spesso, oltre che dal palcoscenico vuoto, proprio dal cambiamento della strofa. [E` quello che succede ad esempio nel terzo atto della nostra commedia, come si puo` apprezzare osservando il prospetto metrico-tematico delle pp. 41-43: il passaggio dalla strada al palazzo di Diana coincide con il passaggio dalle ottave al sonetto nel v. 2562; il passaggio dal palazzo di Diana a quello di Ludovico coincide con il passaggio dal sonetto alla redondilla nel v. 2730; il passaggio dalla strada al palazzo di Diana coincide con il passaggio dall’ottava alle de´cimas nel v. 2986. L’aver preso ad esempio il terzo atto non e` casuale: e` infatti questo l’unico atto di El perro del hortelano in cui si evidenzi un certo susseguirsi di cambiamenti spaziali (strada-palazzo di Diana-palazzo di Ludovico-strada-palazzo di Diana) in coincidenza con gli andirivieni di Trista´n, servo del protagonista e ingegnoso artefice della soluzione dell’intreccio: soluzione che richiede una serie di spostamenti, assimilabili alle mosse di un abile giocatore su una scacchiera che si allarga a comprendere altri spazi oltre al palazzo di Diana. Fino a questo momento, invece, e` lı` che si e` svolta tutta l’azione, tranne una breve sequenza all’inizio del secondo atto ambientata in strada. In corrispondenza con questa continuita` spaziale, si notera` (osservando il prospetto metrico-tematico) che pochissime volte il palcoscenico ri-

5 Si veda al riguardo il lavoro ormai classico di J.M. Dı´ez Borque, Aproximacio´n sociolo´gica a la ‘escena’ del teatro del Siglo de Oro espan˜ol, in Semiologı´a del teatro, eds. J.M. Dı´ez Borque y L. Garcı´a Lorenzo, Planeta, Barcelona 1975, pp. 50-92 (ora anche in Lope de Vega: el teatro, ed. A. Sa´nchez Romeralo, Taurus, Madrid 1989, I, pp. 249-90).

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mane vuoto, a sancire quello che molti studiosi di teatro aureo chiamano mutamento di quadro: cioe` il cambiamento totale dei personaggi in scena, cui corrisponde un cambiamento spaziale e un intervallo temporale6. Ecco allora che la varieta` di forme metriche e la grande frequenza del loro alternarsi viene a bilanciare la singolare continuita` spaziotemporale e scenica della commedia, sottolineando – anzi, quasi evocando auditivamente – il continuo mutare delle aspettative amorose e sociali dei personaggi, sempre in bilico tra illusione e disinganno.]

2. Il retaggio della commedia palatina Da una parte, una contessa dall’evocativo nome di Diana, che per non sottomettersi alle tirannie dell’amore rifiuta i numerosi pretendenti, alimentando cosı` la fama di donna inaccessibile e superba. Dall’altra, un giovane segretario di umili origini, Teodoro, che amoreggia con una dama di compagnia della sua altera padrona. Per una di quelle vendette del dio d’amore, Diana, che ha rifiutato l’amore di mezza Napoli, cade vittima di una passione per il suo timido servitore. Teodoro, dal canto suo, che fino a quel momento e` stato l’aquilotto delle alcove della servitu`, sente improvvisamente le lusinghe di una relazione che richiede un volo ben piu` rischioso, verso quel Sole di bellezza e di potere che e` l’inaccessibile Diana. All’oscillante atteggiamento di costei, dilaniata tra i freni del decoro nobiliare e gli imperativi della legge d’amore, fa da contrappeso il timore di Teodoro. Lo scenario che fa da sfondo al duello di questi due personaggi e` un palazzo nobiliare napoletano, allo stesso tempo asfittico e troppo ampio, abitato da una folla di servitori sfaccendati e inetti, che attendono prebende o si dedicano a origliare dietro gli arazzi della casa. La soluzione riesce a conciliare in modo inatteso, e sorprendente per un teatro considerato convenzionale e conformista, le polarita` del conflitto che oppongono Diana al suo bel servitore:

6 Si veda la definizione di quadro contenuta in J. M. Ruano de la Haza, La escenificacio´n de la Comedia (J. M. Ruano de la Haza y J. Allen, Los teatros comerciales del siglo XVII y la escenificacio´n de la Comedia, Castalia, Madrid 1994, pp. 291-94).

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‘onore’ e ‘amore’, il ‘giusto’ e il ‘gusto’, ‘vergogna’ e ‘valore’, ‘sciocchezza’ e ‘discrezione’. [L’artefice di questa soluzione e` Trista´n, il servo di Teodoro; ricordatosi che un nobile conte napoletano, Ludovico, attende da vent’anni il ritorno a casa del suo unico figlio, anche lui di nome Teodoro, fattogli prigioniero dai pirati turchi, risolve di convincere Ludovico dell’identita` fra i due Teodoro. Ludovico e Diana, per diverse ragioni, non chiedono altro che di credere a questa affrettata e poco verosimile anagnorisis. Diana, in particolare, l’accoglie come l’unica e benvenuta soluzione al suo conflitto interiore, pur essendo stata informata da Teodoro della sua falsita`: certo, il segreto andra` mantenuto a tutti i costi, e Trista´n in particolare viene minacciato di morte se mai rivelera` la trama che il suo ingegno ha osato ordire.] “Nessuna delle commedie che vengono rappresentate in Spagna e` vera commedia, ma tragicommedia, cioe` un misto di tragedia e commedia”7. Questo proclama di Ricardo de Turia, contemporaneo di Lope de Vega ed entusiasta divulgatore del nuovo teatro, viene spesso chiamato in causa per negare l’opportunita` di classificazioni di genere all’interno del teatro del Siglo de Oro. Perche´ – si ragiona – parcellizzare il multiforme patrimonio teatrale spagnolo, quando gli stessi drammaturghi rivendicavano il carattere ibrido della loro drammaturgia? In verita` Lope de Vega, e con lui gli altri drammaturghi coevi, erano coscienti che l’universo tragico e quello comico rispondevano a motivazioni profondamente diverse, e che richiedevano meccanismi drammaturgici spesso opposti. Pensavano, tuttavia, che non vi fossero leggi inderogabili in questo campo, e tanto meno quelle che si presumeva erano state di un’epoca preterita come l’antichita` classica. Cosı`, dei due principali criteri a cui si rifacevano i neo-aristotelici per distinguere una tragedia da una commedia – lo statuto dei personaggi e la natura del finale – Lope rifiutava il primo, che riservava alla tragedia i personaggi di alto rango, relegando alla commedia quelli bassi. Il caso del Perro del hortelano non puo` essere piu´ indicativo, dal mo-

7 Ricardo de Turia, Apologe´tico de las comedias espan˜olas (Valencia 1616), in F. Sa´nchez Escribano y A. Porqueras Mayo, Preceptiva drama´tica espan˜ola del Renacimiento y el Barroco, Gredos, Madrid 19722, p. 177.

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mento che l’intreccio si snoda intorno alla relazione tra una contessa e un umile segretario. Per quanto riguarda il secondo criterio, cioe` la natura del finale (felice per la commedia, infelice per la tragedia), e quindi lo stile (grave per la tragedia, leggero per la commedia) e` difficile trovare dei testi di Lope de Vega in cui questi due universi non siano chiaramente differenziati8. Anche qui non per una servile adesione ai canoni neo-aristotelici, ma semplicemente perche´, a differenza di cio` che avviene con il rango dei personaggi, il finale e lo stile venivano considerati fondamentali nella costruzione di un universo comico. Sotto questo profilo, e a dispetto di tutti i proclami di Ricardo de Turia, El perro del hortelano e` una commedia nel senso classico del termine, cioe` un’opera che tende a far superare con il riso le angosce del pubblico, in cui gli elementi gravi o di rischio sono marginali e sempre subordinati a quelli comici; e in cui, finalmente, l’ultima scena instaura una societa` piu` felice rispetto a quella di partenza9. La commedia palatina e` un genere teatrale del Siglo de Oro che non ha un suo corrispettivo nel teatro italiano e francese del Cinquecento, mentre e` molto vicino a quelle che vengono definite le romantic comedies del teatro inglese (come, per esempio, La dodicesima notte di Shakespeare). Queste opere, dal tono chiaramente comico e fiabesco, sono ambientate in una geografia vaga, lontana nel tempo o nello spazio dalla realta` quotidiana dello spettatore. L’azione puo` 8 A complementare e sfumare quest’affermazione, si veda il recente, chiarificatore lavoro di J. Oleza, La comedia y la tragedia palatinas: modalidades del Arte Nuevo, in “Edad de Oro”, Madrid, 1997, XVI, pp. 235-351, dove si ricorda la presenza, nell’universo drammaturgico del primo Lope de Vega, delle tragedie di finale felice mutuate dall’esperienza teatrale valenzana a sua volta ispiratasi alla teoria teatrale e alla prassi di Giraldi Cinzio. 9 Queste affermazioni si potrebbero ulteriormente approfondire confrontando El perro del hortelano con un’opera dalla tematica molto simile (dama nobile che ama il suo segretario e lo sposa, rivali in amore gelosi del prescelto) ma che, per il trattamento dell’intreccio e dei personaggi e per la conclusione, si configura piuttosto come tragedia: El mayordomo de la Duquesa de Amalfi (Il maggiordomo della duchessa di Amalfi) pubblicata insieme al Perro del hortelano nella Parte XI de Comedias de Lope (1618) e per la quale i gia` citati Morley-Bruerton propongono come data di composizione il periodo 1604-1606.

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svolgersi in un indefinito Medioevo della vicina Castiglia e dell’Aragona, o in un imprecisato presente di reami esotici come la Boemia, la Polonia o la stessa Italia, tutti correlati geografici di un unico universo fantastico e atemporale. I personaggi che popolano questo universo si collocano ai due estremi della scala sociale dell’epoca. Da una parte, sono membri della famiglia reale o dell’alta nobilta` (re, principi, marchesi, duchi), dall’altra, appartengono alle classi piu` basse (pastori, contadini, eremiti). Il primo gruppo vive nello spazio della corte, cioe` in quell’universo dove vige la legge dell’onore e l’etica nobiliare; il secondo, nello spazio della cosiddetta aldea (cioe` il villaggio), che e` a sua volta proiezione di quel mondo naturale che non conosce le costrizioni della societa` di corte. Gli intrecci si snodano tutti tra gli opposti universi della corte e dell’aldea, e coinvolgono in relazioni illecite i membri dei due opposti ceti sociali: principi ereditari abbandonati da piccoli nella natura ostile e che crescono nei villaggi ignari della propria condizione nobile; selvaggi che vengono portati a corte per gioco e s’innamorano di dame nobili; duchesse che fuggono dalla corte e vivono nascoste nel mondo rurale con abiti conta10 dini, ecc. ecc. . La commedia urbana (detta anche di cappa e spada) presenta delle coordinate di genere in un certo senso opposte a quelle della commedia palatina. Gli intrecci non hanno piu` come cornice una geografia esotica nel tempo o nello spazio, ma il presente delle grandi metropoli della Spagna contemporanea (e in particolare la sede della corte, Madrid). Anche i personaggi coprono uno spettro sociale ben diverso da quello del genere palatino: appartenengono al ceto della media e piccola nobilta` urbana (caballeros e hidalgos) e sono quindi socialmente omogenei. Le trame girano intorno a casi d’amore che vedono come protagoniste le giovani nobili delle grandi citta`. Le eroine delle commedie urbane si dibattono tra le proibizioni di padri e fratelli, gelosi dell’onore familiare, e le pulsioni del piacere che le portano a 11 spericolate avventure fuori dal nucleo familiare . 10 Un ottimo riassunto dei tratti caratteristici della commedia palatina, completo di riferimenti bibliografici, e` quello che si trova all’inizio del gia` citato lavoro di J. Oleza, La comedia y la tragedia palatinas, pp. 236-37. 11 Sui tratti caratteristici della commedia di cappa e spada si vedano almeno F. Serralta, Antonio de Solı´s et la “comedia” d’intrigue, France-Ibe´rie Recherche, Toulouse 1987, e I. Arellano, Convenciones

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Dietro alle differenze di ambientazione, di intrecci e di personaggi che caratterizzano i due generi, e` facile scorgere una comune matrice ideologica. Sia la commedia palatina che la commedia urbana esplorano i confini dell’identita` nobiliare e cercano di fare superare con il riso le angosce legate alle costrizioni dell’onore. La commedia palatina esplora soprattutto il versante maschile di questa angoscia, con il tema, per esempio, del nobile abbandonato da piccolo nella aldea (cioe` nel mondo del non-onore) e che cresce ignaro della propria identita`. La commedia urbana, invece, indaga di preferenza il versante femminile della stessa angoscia, con il tema della giovane nobile che perde l’onore ad opera di un giovane, e fugge di casa travestita alla ricerca del suo amato. In tutti e due i casi sara` l’amore l’elemento che portera` gli eroi palatini e urbani a riconquistare il proprio onore e la propria identita` nobiliare smarrita. La grande moda della commedia palatina si colloca agli inizi della riforma teatrale di Lope de Vega, tra il 1585 e il 1598. Con i suoi paesaggi fiabeschi, con la vertiginosa ascesa sociale dei suoi personaggi, con il suo erotismo spesso ai limiti dello scandaloso, questo genere fu una delle carte vincenti con cui Lope si guadagno` il pubblico dei corrales e vinse la partita alle compagnie italiane che avevano introdotto in Spagna la commedia all’improvvisa e i generi comici di tradizione italiana. Ma nel 1613, quando Lope scrive El perro del hortelano, il panorama e` sensibilmente cambiato. Il genere palatino ha perso parte della sua spinta iniziale, ed e` stato sostituito nei favori del pubblico dalla commedia urbana, che conosce il suo momento di grande successo12. Lope scrive allora una commedia palatina in cui tutti gli elementi che definivano il genere vengono ripresi, e allo stesso tempo sottoposti a una vertiginosa trasformazione, accettando allo stesso tempo

y rasgos gene´ricos en la comedia de capa y espada, in “Cuadernos de teatro cla´sico”, Madrid, 1988, I, pp. 27-49 (ora anche in I. Arellano, Convencio´n y recepcio´n. Estudios sobre el teatro del Siglo de Oro, Gredos, Madrid 1999, pp. 37-69). 12 Per una lettura convincente dell’evoluzione dei generi nella produzione di Lope de Vega, dal primo periodo della sua attivita` al periodo della maturita`, si veda J. Oleza, Estudio preliminar a Lope de Vega, Periba´n˜ez y el Comendador de Ocan˜a, edicio´n, pro´logo y notas de D. McGrady, Crı´tica, Barcelona 1977 (Biblioteca Cla´sica, 53).

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alcune istanze della commedia di cappa e spada13. E` una vera e propria riscrittura del genere palatino, che spiazza il pigro orizzonte d’attesa dello spettatore, e che causa l’incertezza dei critici al momento di ascrivere El perro del hortelano a un determinato sottogenere teatrale. Soprattutto coloro che diffidano a priori di questo tipo di operazioni, sostengono che El perro del hortelano e` un’opera unica e geniale, e che cercare di incasellarla all’interno di un sottogenere risulterebbe un’operazione inutile oltre che impropria14. La nostra opinione e` diversa. Pensiamo infatti che la nozione di genere non abbia un valore semplicemente classificatorio. In opere cosı` fortemente formalizzate, come quelle del teatro del Siglo de Oro, il genere permette l’identificazione di quella grammatica profonda che da` senso ai singoli testi inquadrandoli in un orizzonte tipologico preciso. Nel caso della nostra commedia, la sua indiscutibile originalita` e` sempre pensata in relazione al codice della commedia palatina e della sua ideologia, di cui rappresenta uno sviluppo estremo e in buona misura imprevedibile. Dicevamo che in El perro del hortelano gli elementi che definivano il genere palatino (l’ambientazione, l’intreccio, le

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Gia` B. Wardropper la includeva implicitamente tra le commedie di cappa e spada (B. W. Wardropper, Comic Illusion: Lope de Vega’s “El perro del hortelano”, in “Kentucky Romance Quarterly”, 1967, XIV, 1, pp. 101-11; ora in traduzione spagnola in Lope de Vega: el teatro, ed. de A. Sa´nchez Romeralo, Taurus, Madrid 1989, II, pp. 333-45); benche´ poi, in un suo lavoro successivo, la includesse tra le comedias de fantası´a, equivalente di quel sottogenere che noi e altri studiosi chiamiamo commedie palatine (La comedia espan˜ola del Siglo de Oro, in E. Olson, Teorı´a de la comedia, Ariel, Barcelona 1978, pp. 183-242). Dixon nella sua edizione della commedia dichiara che El perro del hortelano “clearly belongs” al genere di cappa e spada (p. 10). Sul modello generico della commedia di cappa e spada come uno tra i molti che soggiacciono alla struttura del Perro del hortelano si veda anche M. Rivas Esquivel, Faveur et disgrace dans “El perro del hortelano” de Lope de Vega, in Me´langes offerts a` Maurice Molho, eds. J. C. Chevalier et M. F. Delport, Ibe´rica, Parı´s 1988, I, pp. 327-35. 14 Si veda ad esempio il parere di V. Dixon, “El vergonzoso en palacio” y “El perro del hortelano”: ¿comedias gemelas?, in Tirso de Molina: del Siglo de Oro al siglo XX. Actas del coloquio internacional (Pamplona, Universidad de Navarra, 15-17 de diciembre de 1994), eds. I. Arellano, B. Oteiza, M. C. Pinillos, M. Zugasti, Revista Estudios, Madrid 1995, pp. 73-86. Anche M. Rivas Esquivel, nel suo articolo cit., parla di commedia “parmi les plus inclassables”.

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situazioni, l’ideologia) vengono ripresi da Lope de Vega e sottoposti a una radicale trasformazione, introducendo alcune istanze proprie della commedia urbana. Prendiamo per esempio lo statuto dei personaggi. Come si e` detto, il fulcro degli intrecci palatini era la relazione tra personaggi appartenenti a ceti radicalmente diversi. Da una parte delle differenze di classe insuperabili, dall’altra delle pulsioni che spingevano i pastori a innamorarsi di giovani principesse, o delle dame di corte che sentivano una misteriosa attrazione per dei selvaggi portati a corte. Solo l’agnizione finale poteva far superare un conflitto altrimenti irrisolvibile. Nel El perro del hortelano si mantiene il tratto distintivo dell’opposizione tra ceti, ma si riduce radicalmente lo scarto sociale tra i due protagonisti. Se Diana appartiene pur sempre all’alta nobilta`, Teodoro non e` piu´ il pastore o il rozzo selvaggio di tante commedie palatine, ma un segretario, cioe` un uomo di lettere, cresciuto ed educatosi a palazzo. Certo, la sua relazione con Diana rimane illecita per il codice dell’onore, e in buona misura scandalosa, ma meno inverosimile di quella dei selvaggi che finivano per sposarsi con le principesse. A ben guardare, anche gli altri personaggi dell’opera sono socialmente piu` omogenei. Marcela e Fabio non sono dei veri e propri servitori come tanti graciosos delle commedie urbane e palatine; sono sı` al servizio di Diana, ma entrambi hanno sangue nobile nelle vene, e quindi si collocano, come in fondo Teodoro, in quella fascia grigia intermedia tra nobilta` e non nobilta`15. Per quanto riguarda le coordinate spazio-temporali, quelle del El perro del hortelano sembrano quanto di piu` lontano si possa immaginare dalle convenzioni del genere palatino. In effetti, un aspetto caratterizzante del genere era proprio la dicotomia spaziale tra il mondo della corte e quello dell’aldea, presentati come universi radicalmente opposti e nettamente separati. El perro del hortelano e` ambientato invece quasi per intero in un unico spazio: il palazzo napoletano di Diana de Belflor. I momenti in cui ci si muove all’esterno sono rari e in buona misura circostanziali, e comunque si tratta sempre di spazi urbani (la strada, il

15 Sullo statuto sociale dei personaggi del Perro del hortelano, e in particolare sulla nobilta` di Teodoro, si vedano le osservazioni di L. Combet, Le cas de Teodoro: quelques aspects de la modernite´ du “Perro del hortelano”, in “Cahiers d’E´tudes Romanes”, 1993, XVII, pp. 45-73.

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palazzo del conte Ludovico). Non solo. Lo spazio si e` come rarefatto e abbiamo difficolta` in molti a casi a definire in che luogo si trovano certi personaggi, quasi che i confini spaziali, con tutte le loro valenze simboliche, fossero improvvisamente stati abbattuti, e ci muovessimo in un unico, indistinto, spazio metafisico. Anche la temporalita` , estremamente dilatata nel codice palatino, viene qui compressa nella durata di tre giorni16. Si badi bene, non si tratta di un ritorno all’ordine neoaristotelico, e nemmeno di un disinteresse per gli aspetti dello spazio scenico. La vertiginosa condensazione spaziotemporale del Perro del hortelano e` perfettamente omologa alla trasformazione che ha subito lo statuto dei personaggi. Cio` che ha fatto Lope e` operare una ‘interiorizzazione’ del conflitto tradizionale del genere palatino. Il superamento dell’angoscia legata al timore di essere esclusi dal mondo dell’onore, e quindi l’indagine sui confini dell’identita` nobiliare, non sono piu´ affidati alle peripezie spaziali che portavano gli eroi palatini dal mondo della corte a quello dell’aldea e viceversa. Nello spazio quasi metafisico del Perro del hortelano quel confine misterioso che separava il mondo dell’aldea dal mondo della corte, il mondo dell’onore da quello del non-onore, non ha piu` il suo tangibile correlato spaziale, ma diventa un confine mentale, non per questo meno rigido; anzi, ancora piu` invalicabile all’apparenza in quanto non ci si aspetta piu` che la soluzione possa venire dal fato, da quell’inevitabile agnizione finale che nella commedia palatina risolveva il conflitto altrimenti irrisolvibile. Nella commedia palatina, gli eroi appartenenti al mondo della corte, una volta proiettati nel mondo dell’aldea, rimanevano turbati da un universo in cui la concezione corporale dell’amore, l’assenza dell’etichetta nobiliare, la liberta` delle relazioni apparivano allo stesso tempo attraenti e repulsive. Questa dialettica si mantiene nel Perro del hortelano, ma non e` piu` legata a lunghi peripli geografici: il 16 Tutti elementi gia` notati da V. Dixon nel suo cit. “El vergonzoso en palacio” y “El perro del hortelano”: ¿comedias gemelas?. Vorrei osservare peraltro che, sebbene ogni atto si sviluppi nell’arco di una giornata o poco piu`, tra il I e il II passa piu` di un mese, se interpretiamo alla lettera quello che dice Teodoro nei vv. 2185-87; e tra il II e il III deve trascorrere qualcosa di piu` di un giorno, se Teodoro ha avuto il tempo di spendere i duemila scudi donatigli da Diana in servi, bei vestiti e cavalli (vv. 2392 e sgg.).

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mondo dell’aldea (per continuare a esprimerci con questa metafora spaziale) si trova semplicemente lı´, nei sottoscala del palazzo di Diana, nel linguaggio dei servitori, nei corridoi dove si parla di pettegolezzi, di beghe domestiche e di amore. E il turbamento che il mondo dell’aldea esercitava sugli eroi palatini che provenivano dalla corte, e` lo stesso che il mondo dei suoi subalterni esercita su Diana. [Nella commedia palatina, gli eroi provenienti dal mondo dell’aldea sentivano dentro di se´ una spinta fortissima a superare la loro situazione sociale di partenza: ambizione ed amore, sempre alleati, li portavano ad osare il volo verso la corte e verso un universo sociale ed affettivo a loro vietato dalle leggi dell’onore ma dal quale si sentivano fortemente attratti. Il protagonista del Perro del hortelano trova la corte e la dama cui aspirare all’interno del palazzo dove e` sempre vissuto: il limite che egli dovra` superare sara` quindi ancora una volta esclusivamente mentale, e non coincidera` piu` con uno spostamento fisico da uno spazio all’altro. La terra cognita che Teodoro abbandona, quando decide di tentare un’impresa tanto impegnativa come la conquista di Diana, non e` piu` l’aldea, ma l’amore di Marcela. Anche se questa decisione e questo abbandono non avvengono una volta per tutte, ma sono soggetti nel corso della commedia a ripensamenti successivi. Ora, da un lato e` vero che questi ripensamenti sono dovuti alle oscillazioni e alle ambiguita` di Diana; elemento che ha portato ad apparentare la nostra commedia alle cosiddette comedias de privanza, quelle cioe` che, con fini morali e politici, mostrano le alterne fortune dei favoriti dei re17. Ricordiamo d’altronde che uno dei nuclei ideologici e d’intreccio caratteristici del genere palatino, soprattutto nel suo versante tragico, era proprio quello degli abusi tirannici del potere assoluto18. E allora apparira` chiaro che Diana e` anche una sorta di “doppio comico” delle protagoniste femminili di quelle che Oleza chiama tragedie palatine, come la Semı´ramis di Virue´s, o l’infanta del Conde Alarcos di Guille´n de Castro, o la

17 M. Vitse, Ele´ments pour une the´orie du the´aˆtre espagnol du XVIIe sie`cle, France-Ibe´rie Recherche, Toulouse 1988, p. 557; ripreso in parte sebbene non citato da M. Rivas Esquivel, Faveur et disgrace dans “El perro del hortelano” de Lope de Vega, cit., pp. 531 e sgg. 18 Si veda il gia` piu` volte citato lavoro di J. Oleza, La comedia y la tragedia palatinas.

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Casandra di Carlos el perseguido dello stesso Lope: donne che usano il potere per ottenere l’amore dell’uomo desiderato, strappandolo alla compagna da lui prescelta anche a costo di violenze e menzogne. D’altro canto, considerati in se´ e per se´ e non in relazione a Diana in quanto contessa, dunque personaggio potente omologo dell’autorita` assoluta, questi ripensamenti del gala´n incerto fra due dame sono anche un elemento caratteristico della commedia di cappa e spada. Lo ritroviamo ad esempio ne La dama boba, commedia di Lope quasi contemporanea alla nostra (e` del 1613), nella quale vediamo un gala´n che, pur deciso a lasciare la sua innamorata per un’altra donna piu` ricca, continua ad illuderla fingendo amore nei suoi confronti; e un altro gala´n che, avendo lasciato la sua sciocca promessa sposa per la dama intelligente, e` pronto a tornare indietro sulle sue scelte quando la sciocca – pero` ricca – diventa anche lei intelligente19. Infine, e` caratteristico della commedia palatina (sulla scia del romanzo bizantino e della novellistica italiana) il motivo dell’agnizione, cioe` il riconoscimento dell’identita` nobile dell’eroe creduto selvaggio o villano, che veniva a colmare provvidenzialmente lo iato tra amore ed onore che si era venuto creando nel corso della commedia. Nella commedia palatina questo riconoscimento, benche´ dovuto sempre a felici coincidenze, era pero` preparato, agli occhi degli spettatori, dalla messa in scena o dal racconto dell’antefatto: il parto della regina caduta in disgrazia cui un’orsa rapiva il primogenito, oppure la sventura o il disonore della principessa o dama nobile costretta ad abbandonare il suo piccolo nella selva o a crescerlo fra i contadini... E questo generalmente avveniva nel primo atto, in modo da costituire una premessa e anche una sorta di garanzia di verosimi19

In effetti La dama boba e El perro del hortelano condividono molti motivi comuni, tra i quali citero` soltanto la coppia dicotomica dama ricca-dama povera, e un abbozzo di scambio di ruoli fra i sessi, con un gala´n mutevole e una o piu` dame costanti nel loro amore. E` interessante notare come Lope non censuri, almeno in queste due commedie, l’incostanza maschile, che anzi viene in qualche modo ricompensata nel finale; al contrario di quello che fara` piu` tardi Caldero´n, che invece conduce i suoi intrecci di cappa e spada in modo da smascherare o comunque frustrare le aspettative dei galanes opportunisti e incostanti (basti pensare a una commedia come Hombre pobre todo es trazas).

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glianza della risoluzione finale, che avveniva nel terzo atto, spesso circa due decenni dopo i fatti rappresentati all’inizio. Al contrario, nel Perro del hortelano, manca questa dilatazione temporale e manca al tempo stesso qualsiasi premessa che prepari e renda in qualche modo verosimile l’agnizione di Teodoro da parte di Ludovico. Una soluzione simile Lope l’aveva gia` tentata dieci anni prima nel Caballero de Illescas (1601-1603), commedia palatina anch’essa abbastanza atipica nella quale un contadino scapestrato si da` alla vita militare per insofferenza al suo destino di fatica e, giunto a Napoli, si finge nobile facendo innamorare di se´ una dama napoletana. Fuggito con lei, e tornato a Illescas, deve rivelarle di essere null’altro che un contadino; il castigo finale dell’impostore e` evitato soltanto in extremis quando il suo padre putativo ne rivela la nascita nobile. Con El perro del hortelano Lope fa un passo avanti nella direzione dell’utilizzazione parodica del topico dell’agnizione; non solo non la prepara con alcun antefatto, ma rende esplicito che si tratta di un inganno ordito estemporaneamente per far uscire Diana e Teodoro 20 dall’impasse in cui si trovano . Ora, se i critici sono concordi nel riconoscere il carattere parodico di questo finale, divergono invece moltissimo nel valutarne il significato. Semplificando molto, potremmo dire che da un lato abbiamo coloro i quali insistono sul carattere meramente burlesco di questa parodia – conferma estrema del carattere comico dell’opera – alla quale dunque sarebbe errato attribuire qualsiasi valore ideologicamente 21 ‘serio’, addirittura critico ; dall’altro abbiamo coloro i quali leggono nella scelta lopiana del motivo della falsa agnizione una critica velata al concetto di onore in vigore all’epoca, quell’onore di casta che vieta a Diana di amare e sposare un 22 subalterno . Se Diana accetta di sposare Teodoro pur sa20 La soluzione della disparita` di rango grazie a una bugia e` presente anche nella commedia El silencio agradecido (1600-1604), la cui paternita` lopiana e` pero` incerta. 21 R. O. Jones, “El perro del hortelano” y la visio´n de Lope, in “Filologı´a”, Buenos Aires, 1964, X, pp. 135-43 (ora anche in Lope de Vega: el teatro, cit., II, pp. 323-31); F. Weber de Kurlat, “El perro del hortelano”, comedia palatina, cit.; M. Vitse, Ele´ments pour une the´orie du the´aˆtre espagnol du XVIIe sie`cle, cit., pp. 542-66. 22 R. D. F. Pring-Mill, Introduction to Lope de Vega, Five Plays, New York 1961, p. XXVIII; B. W. Wardropper, Comic Illusion: Lope de Vega’s “El perro del hortelano”, cit.; B. W. Wardropper, La comedia espan˜ola del Siglo de Oro, cit.; M. Wilson, Lope as satirist: two themes in

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pendo che egli in realta` non e` affatto di sangue nobile – ragionano questi ultimi – cio` vuol dire che quel concetto di onore e` falso, ipocrita, in quanto basato solo sull’apparire e non sull’essere. Nel novero di coloro che danno per buona questa premessa, si apre poi un’ulteriore discrepanza al momento di valutare il comportamento dei protagonisti: c’e` chi li legge come negativi, in quanto si sottomettono comunque alle ipocrisie del codice dell’onore23, e chi invece interpreta positivamente la loro lotta interiore contro le pastoie che questo codice impone alle pulsioni amorose24. E` interessante notare che, tra i due protagonisti, Diana e` quella che fa la parte del leone quanto a giudizi negativi.] C’e` chi l’ha definita una donna dispotica e ossessiva, chi un’isterica, chi, senza troppi complimenti, una cagna in calore travestita da dama petrarchesca. Questi giudizi si spiegano in buona misura con la natura stessa della nostra commedia. A differenza di tanti drammi del Siglo de Oro che si muovono in contesti che ci appaiono storicamente datati, tra esaltazioni di casta e severi moniti postridentini, l’universo del Perro del hortelano sembra parlare un linguaggio che non ha bisogno di mediazioni culturali: che cosa c’e` di piu` vicino a noi, in

“El perro del hortelano”, in “Hispanic Review”, 1972, XL, pp. 271-82; J. Herrero, Lope de Vega y el Barroco: la degradacio´n por el honor, in “Sistema”, 1974, VI, pp. 49-71; J. Ferna´ndez, Honor y libertad: “El perro del hortelano” de Lope de Vega, in “Bulletin of the Comediantes”, 1998, L, 2, pp. 307-16; D. McGrady, Fuentes, fecha y sentido de “El perro del hortelano”, cit. Con toni piu` sfumati ed equilibrati, J.W. Sage (The context of Comedy: Lope de Vega’s “El perro del hortelano” and related plays, in Studies in Spanish literature of the Golden Age presented to E. M. Wilson, Tamesis Books, London 1973, pp. 247-66) sostiene che si tratta comunque di un’opera problematica, per meta` burlesca e per meta` seria in quanto riflette problemi effettivi della societa` del tempo. 23 Fra i critici citati alla nota precedente, Herrero, McGrady, Ferna´ndez, Wilson; ai quali bisogna aggiungere almeno E. H. Friedman, Sign language: the semiotics of love in Lope’s “El perro del hortelano”, in “Hispanic Review”, 2000, LXVIII, pp. 1-20. 24 Fra i critici citati alla nota 22, Wardropper; ai quali bisogna aggiungere almeno S. L. Fischer, ‘Some are born great... and some have greatness thrust upon them’: comic resolution in “El perro del hortelano” and “Twelfth Night”, in “Hispania”, 1989, LXXII, 1, pp. 78-86 e L. Combet, Le cas de Teodoro: quelques aspects de la modernite´ du “Perro del hortelano”, in “Cahiers d’E´´tudes Romanes”, 1993, XVII, pp. 45-73.

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fondo, che passioni come l’amore, la gelosia, il desiderio? Che cosa c’e` di piu` attuale del conflitto tra le convenzioni sociali e le ragioni del cuore in cui sembrano dibattersi Diana e Teodoro? Ci accorgiamo, tuttavia, che se applichiamo pigramente i nostri parametri culturali a El perro del hortelano, il significato della commedia si eclissa improvvisamente, le motivazioni dei personaggi diventano indecifrabili, gli stessi protagonisti contradittori. E` cio` che e` capitato ad alcuni studiosi. Per penetrare l’universo diafano del Perro del hortelano bisogna quindi cercare di definire la sua grammatica profonda, il suo codice barocco. E non per un’operazione di accademica acribia filologica, ma perche´ solo se saremo in grado di comprendere il loro linguaggio, la semantica tutta barocca del loro agire, solo allora Diana e Teodoro ci parleranno come nostri contemporanei.

3. Diana fra onore e amore La protagonista del Perro del hortelano risponde a una tipologia di personaggio che Lope aveva delineato fin dalle sue prime opere. Si tratta di una figura femminile che, per timore o per altezzosita`, rifiuta di sottomettersi all’imperio dell’amore. Il rifiuto dell’universo sentimentale porta queste donne a un’esistenza alienata, nella quale subiscono un radicale processo di mascolinizzazione, nel senso che acquisiscono abiti comportamentali che sono tipici delle figure maschili. La comedia non indaga le ragioni psicologiche di questi comportamenti deviati, ne´ tantomeno li vede come positivi processi di emancipazione. Nel codice dell’universo comico barocco, il ‘complesso di Diana’, come lo ha definito un inteprete geniale, appare come la diserzione da una legge di armonia universale, un’abiura che rompe un equilibrio cosmico. Sotto l’aspetto dell’etica nobiliare, appare invece come una forma di avarizia, una rinuncia a quella generositas nobiliare che e` la prima ragion d’essere di tutti gli eroi del teatro barocco, e che trova nei rischi dell’amore uno dei suoi piu` importanti terreni di prova25. Nel suo rifiuto della legge dell’amore Diana si trova in

25 Si fa riferimento alla lettura di M. Vitse, Ele´ments pour une the´orie du the´aˆtre espagnol du XVIIe sie`cle, cit., pp. 542-47.

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compagnia di altri famosi personaggi del teatro coevo. Sono affette dalla stessa patologia la serrana della Vera dell’omonima commedia, che vive allo stato selvaggio, con lo schioppo a tracolla, dedicandosi ad assaltare i malcapitati uomini che incontra sulla sua strada; oppure l’intellettuale Beatriz di No hay burlas con el amor, frigida e saccente ammiratrice del culteranismo alla moda; o infine la Clelia de La fuerza de la costumbre che colleziona spade e si aggira per la citta` in atteggiamento spavaldo e aggressivo26. Di questa ampia schiera di figure patologiche, Diana costituisce forse l’esempio piu` complesso e quello che allude in modo piu` diretto alla figura mitica di cui sembra essere una trasposizione barocca. La prima sequenza della commedia ci introduce nell’universo umano della casa di Diana. E` notte, e in questo palazzo nobiliare, che Diana ha trasformato in una fortezza della castita`, e` stato intravisto un uomo dal mantello dorato e dal viso coperto. Alle urla di Diana escono dalle loro stanze gli inquilini del palazzo: prima un maggiordomo macilento e impotente, poi un servitore impaurito ed effeminato, infine le dame di compagnia della contessa, rinchiuse prudentemente nelle loro recondite alcove. Su questa umanita` blanda e asessuata troneggia la figura mascolinizzata di Diana, decisa a scoprire chi ha violato lo spazio impenetrabile del suo tempio. La sua vanita` la porta a credere, in verita`, che sia uno dei tanti suoi frustrati pretendenti, verso cui gia` prospetta una immediata vendetta. La minuziosa inchiesta a cui sottopone gli abitanti della dimora porta tuttavia alla luce una verita` inaspettata. Diana scopre infatti che una delle sue vestali, Marcela, mantiene da diverso tempo una relazione segreta con Teodoro, il giovane e bel segretario della padrona. E l’imprudente Marcela non risparmia alla sua signora i dettagli di questa relazione. Diana scopre cosı` che in quello spazio domestico che lei credeva sterilizzato dal sentimento, e` invece germogliato l’amore. E che questo amore non e` per lei, ma e` un frutto di cui godono due subalterni che lei pensava di dominare. E` una rivelazione che ha la violenza di un piccolo trauma. Per

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Rispettivamente di Luis Ve´lez de Guevara, Pedro Caldero´n de la Barca e Guille´n de Castro. Un elenco di personaggi teatrali di donne che rifiutano l’amore si trova anche in F. Weber de Kurlat, “El perro del hortelano”: comedia palatina, cit., p. 350.

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la mascolinizzata Diana la commedia ha predisposto un percorso di conquista dell’amore che non potra` che essere distorto, cosı` come distorta e` la sua stessa figura di donna che si negava alle leggi del sentimento. Il suo amore sara` non per un suo pari, ma per un uomo di basso rango; e verra` partorito dalla gelosia, e non viceversa come avviene nell’universo armonico che il grande rifiuto di Diana ha sconvolto. Il sonetto che chiude questa prima sequenza fissa in modo icastico il conflitto che stara` alla base del percorso di Diana. Da una parte l’onore, dall’altro l’amore, leggi entrambe universali, ma che nella vicenda di Diana presentano uno scompenso che deve essere ricomposto. Come abbiamo gia` accennato, una lettura molto diffusa porta a vedere l’opposizione tra onore e amore in Diana come un conflitto tra l’odiosa imposizione esterna dell’onore e il genuino, intimo sentimento dell’amore. Da una parte ci sarebbe l’esteriorita` falsa di una convenzione sociale, dall’altra l’espressione sincera di un’interiorita` personale. Questa interpretazione applica tuttavia all’universo barocco un concetto moderno d’identita`, secondo il quale le convenzioni della societa` sono in contrasto con la vera essenza della persona, che si rivelerebbe, invece, fuori da queste convenzioni, nel mondo dei sentimenti e della vita sessuale. Dal Romanticismo in poi si e` soliti pensare che l’uomo scopre la propria identita` quando si allontana dai ruoli istituzionali che la societa` e le sue leggi gli hanno assegnato. Ma per Diana, come per tanti altri personaggi barocchi, la questione si poneva in termini diversi. In una delle sue commedie, Lope de Vega disse dell’onore: Honra es aquella que consiste en otro; ningu´n hombre es honrado por sı´ mismo, que del otro recibe la honra un hombre. Ser virtuoso hombre y tener me´ritos no es ser honrado; pero dar las causas para que los que tratan les den me´ritos27.

Il paradosso di cio` che possiamo definire l’ontologia barocca dell’onore e` racchiuso in questi pochi versi. L’o27

Cfr. Los comendadores de Co´rdoba.

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nore, che e` poi l’elemento che definisce l’identita` nobiliare, non e` qualcosa di intrinseco alla persona, come la virtu`, con cui a volte si confonde; al contrario, e` qualcosa che si trova, paradossalmente, negli altri, in quello che appare di noi agli altri. Nella societa` barocca, per il semplice fatto di nascere nobili si suppone che si abbiano quelle determinate qualita` che conferiscono onore. L’onore, pertanto, non si conquista, lo si possiede per nascita; tuttavia lo si puo` perdere attraverso un comportamento pubblico che la comunita` nobiliare giudica come infrazione alla legge dell’onore. Questo spiega in buona misura perche´ nella societa` barocca si concede tanta importanza a tutto cio` che riguarda l’esteriorita`, dalla gestualita` al modo di vestirsi, al modo di salutare e di parlare. Perche´, a differenza di cio` che avviene nella nostra societa` in cui l’abito esteriore, il ruolo istituzionale, ci appaiono come una maschera che nasconde la nostra vera identita`, nella societa` dell’onore e` proprio questa esteriorita` cio` che definisce, e garantisce, l’identita` del nobile. Per l’uomo antico l’identita` risiede proprio nel ruolo che gli e` attribuito dalla societa`. La sua interiorita` si adatta a questo ruolo. Se l’identita` dell’uomo d’oggi inizia quando si toglie la giacca e la cravatta, cioe` quando si rende uguale agli altri, l’identita` del cavaliere medievale non esiste fuori dal suo essere cavaliere. Per il cavaliere medievale, ma anche per il nobile barocco, perdere l’onore vuol dire semplicemente perdere la propria identita`, un evento catastrofico che s’identifica con la morte sociale, il che vuol dire spesso la morte tout court. Non c’e` niente che spieghi meglio la complessita` barocca di questa relazione tra l’identita` personale e il sentimento dell’onore dell’espressione “Soy quien soy”, che Diana, come altri eroi teatrali dell’epoca, ripete a se stessa nei momenti in cui vacilla tra le lusinghe dell’amore e il sentimento dell’onore. “Sono chi sono” vuol dire “sono cio` che il mio ceto (naturalmente il ceto nobiliare) mi chiede di essere”. L’apparente tautologia rivela la presenza – gia` molto moderna – di un doppio se´, uno individuale e l’altro collettivo. Ma quel se´ individuale puo` esistere soltanto se riesce a identificarsi con il se´ collettivo dell’onore (cioe` quel se´ che la societa` dell’onore conferisce al singolo). Fuori da questo se´ collettivo, l’individualita` non puo` esistere, si riduce a una pura larva. Rinunciare all’onore vuol dire, per Diana, rinunciare alla propria identita`, vuol dire, in pratica, morire. L’altro estremo del conflitto di Diana, l’amore, non e`

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una semplice pulsione che viene da dentro, ma si colloca, d’accordo con la cosmovisione della Comedia, a un livello simile a quello dell’onore. L’amore e` un elemento dell’armonia universale, che unisce, secondo un’antica tradizione, l’uomo con il creato. Sottrarsi alle leggi dell’amore e al suo imperio e` un’infrazione che il codice della commedia barocca punisce con la stessa severita` con cui la tragedia castiga le infrazioni all’onore. D’altronde amore e onore hanno, nella visione di Lope, degli aspetti comuni che li rendono concetti simmetrici. Entrambi presentano una spinta centrifuga che porta l’uomo ad affidare il proprio se´ ad un altro o ad altri. L’onore, come abbiamo appena visto, attraverso quel legame peculiarissimo con la collettivita` per il quale, come dice Lope, “noi siamo negli altri”. L’amore perche´ e` una passione che porta alla perdita del controllo di se´, e la stessa trasformazione dell’amante nell’amato e` un terreno dove la propria identita` rischia di dissolversi28. Nel sesso femminile inoltre, l’onore e` indissolubilmente legato alla legittimita` delle relazioni sessuali, e quindi il rapporto tra amore e onore si fa ancora piu` stretto. Le protagoniste delle commedie di cappa e spada cercano proprio di conciliare queste due istanze apparentemente in conflitto, quella dell’onore e quella dell’amore (inteso anche nella sua dimensione fisica ed erotica), combattendo contro gli ostacoli rappresentati da padri egoisti e amanti timorosi. [L’obiettivo di Diana e` lo stesso; gli ostacoli che si trova a dover superare sono invece diversi e piu` complessi. Innanzitutto, non ha un padre che la sorvegli; eppure, in certo qual modo, e` come se avesse interiorizzato l’istanza paterna e le sue proibizioni, rifiutandosi all’amore, sorvegliando occhiutamente la sua dimora come potrebbe farlo il piu` sospettoso pater familias. L’innaturale assunzione di un ruolo, sessuale e generazionale, improprio, suscita il contrappasso comico: l’innamoramento, tanto piu` dirompente quanto piu` rigido era stato il rifiuto iniziale. Teodoro e` pero` un innamorato timoroso, esitante e incerto: atteggiamento che non si deve all’immaturita` o al richiamo dell’amicizia maschile, come spesso accade nella commedia di cappa e spada, quanto piuttosto a un “tabu`” sociale, quello

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Su questo tema cruciale nella filosofia e nella letteratura si veda ora il libro di G. Sere´s, La transformacio´n de los amantes. Ima´genes del amor de la Antigu¨edad al Siglo de Oro, Crı´tica, Barcelona 1996.

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che vieta a un uomo di rango inferiore di considerare possibile l’amore ricambiato di una donna dell’alta nobilta`. La differenza di rango tra i due protagonisti crea poi un ostacolo ulteriore: contro le regole correnti del gioco amoroso, e` la donna a dover “fare il primo passo” per incoraggiare un uomo che mai avrebbe osato altrimenti levare gli occhi sulla sua signora. Ovviamente, la dichiarazione non puo` essere troppo esplicita, troppo sfacciata: ed ecco che Diana deve inventare tutta una strategia comunicativa in equilibrio fra il dire e il non dire, fatta di allusioni verbali e di espressioni corporee. Strategia che costituisce uno dei maggiori incanti del Perro del hortelano, debitamente sottolineato dalla critica piu` attenta, cosı` come della commedia di Tirso che spesso le si apparenta per affinita` di genere e di situazioni, El vergonzoso en palacio29. Cito la commedia di Tirso perche´ il suo titolo contiene in se´ un vocabolo che rimanda a quella nozione di vergu¨enza (‘vergogna’, ma anche ‘ritegno’) che Marc Vitse considera fondamentale delle commedie palatine. Vergu¨enza che nasce dalla consapevolezza di un contrasto acutissimo – piu` acuto di quanto gia` non lo sia nella commedia di cappa e spada – tra le esigenze dell’amore e le esigenze dell’onore. E la disparita` di rango che alimenta questa ‘vergogna’ non e` affatto, per dirla con Vitse, “motivo per un riesame contestatario dei valori o della gerarchia sociale, quanto piuttosto, e prima di tutto, un modo per arrivare alla figurazione piu` spinta e all’espressione piu` acuta dell’alienazione di se´ costitutiva di ogni processo di innamoramento”30. Commedie come El perro del hortelano o El vergonzoso en palacio rappresenterebbero dunque una sorta di estremizzazione della commedia di cappa e spada, in quanto entrambi i sottoge-

29 Si vedano ad esempio M. Vitse, Ele´ments pour une the´orie du the´aˆtre espagnol du XVIIe sie`cle, cit., pp. 547-52; e M. Torres, Paradojas de Diana, in Studia aurea. Actas del III Congreso de la Asociacio´n Internacional Siglo de Oro (Toulouse, 1993), II: Teatro, eds. I. Arellano, M. C. Pinillos, F. Serralta, M. Vitse, G.R.I.S.O.-L.E.M.S.O., Pamplona-Toulouse 1996, pp. 395-404. Sulle strategie di linguaggio che informano El perro del hortelano e` anche molto interessante E. H. Friedman, Sign language: the semiotics of love in Lope’s “El perro del hortelano”, cit., che pero` offre una lettura negativa di queste strategie come espressione di ipocrisia e falsita`. 30 M. Vitse, Ele´ments pour une the´orie du the´aˆtre espagnol du XVIIe sie`cle, cit., p. 553 e passim.

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neri esorcizzano attraverso una vicenda comica le due paure piu` forti per il pubblico dell’epoca: l’annullamento del se´ individuale in quell’altro da se´ che e` l’amato, e la morte del se´ sociale per esclusione dalla comunita` dell’onore. Per quanto riguarda l’itinerario della protagonista femminile del Perro del hortelano, c’e` almeno un’altra affinita` con la commedia di cappa e spada che merita di essere sottolineata: la straordinaria iniziativa della protagonista femminile. E` vero che questa iniziativa assume spesso, in Diana, il carattere di un’innaturale mascolinizzazione, conseguenza dell’innaturale rifiuto iniziale dell’amore. Ma essa puo` anche essere letta come l’estremizzazione dell’intraprendenza tipica della dama della commedia di cappa e spada, che se ne serve per ottenere quella conciliazione fra amore ed onore che tanto preme anche a Diana. Ricordiamo che spesso questa dama intraprendente deve vestire panni maschili per riuscire a raggiungere il suo obiettivo. Diana, invece di adottare l’abito maschile, ne assume gli stereotipi comportamentali: collera, violenza, impazienza, prepotenza, iniziativa in amore. Dietro questa facciata piu` ‘scandalosamente’ appariscente, comica per l’inversione di ruoli che propone, c’e` pero` una femminilita` piu` intima e sottile che contribuisce alla profondita` del nostro personaggio: la sua capacita` di seduzione, e soprattutto la sua abilita` nella gestione del linguaggio verbale e corporeo. Gia`, perche´ a differenza di tante eroine delle commedie di cappa e spada, che si travestano o no da uomo, Diana non manifesta la sua iniziativa in avventurose escursioni fuori dallo spazio domestico, quanto piuttosto in un uso sapiente del linguaggio e dei gesti del corpo, in un’avvertita gestione della dialettica silenzio/parola anch’essa di grande effetto teatrale.]

4. Teodoro, o le ambizioni e i timori di un Icaro moderno Se il personaggio di Diana vive il conflitto delle donne della commedia urbana, Teodoro rimanda tipologicamente agli eroi del genere palatino. Con questi ultimi, Teodoro condivide il conflitto fra una posizione sociale subalterna che gli e` imposta per nascita e la possibilita` di un’ascesa sociale, alla quale l’amore fa sempre da tramite. Come nel caso di Diana, anche per Teodoro lo schema di partenza si arricchisce e si

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complica. Cosı` come la figura di Diana e` in relazione con la dea mitica di cui porta il nome, il personaggio di Teodoro, simmetricamente, rimanda a un altro mito dell’antichita`, quello di Icaro, che plasma tutto il suo itinerario dall’umile segretariato fino all’inaspettata conquista della Contea di Belflor. La spericolata impresa del figlio di Dedalo che vola verso il Sole con ali di cera, che si scioglieranno per il calore facendolo precipitare, si applicava, in epoca barocca, a tre domini differenti dell’attivita` umana: l’esperienza amorosa, l’esperienza cortigiana, l’esperienza poetica. Adattando al mito l’iconografia petrarchesca della donna come Sole, il volo di Icaro diventava emblema del corteggiamento dell’amata irraggiungibile; ma anche – grazie alle potenzialita` ideologiche del dualismo spaziale alto/basso – delle alterne vicende della scalata gerarchica all’interno dell’universo di corte; e infine, sulla base dell’omofonia concettista tra le penne di Icaro e la penna del poeta, del volo audace dell’ispirazione poetica. In tutte e tre le applicazioni, il mito assumeva un significato ambivalente. Se da un lato era la parabola di un’ambizione sproporzionata che veniva regolarmente punita, dall’altro era percepito come l’immagine positiva del coraggio eroico di chi opera in completa solitudine e in situazioni fortemente avverse. [Nella nostra commedia, proprio perche´ di commedia si tratta e non di tragedia o tragicommedia, e` la seconda valenza del mito quella che viene attualizzata. Non la punizione attende il moderno Icaro che ha osato volare fino all’altezza della sua signora, ma il premio per la sua audacia. Cio` non toglie che il timore sia presente nel nostro eroe fin dall’inizio della sua traiettoria. Non si tratta di codardia: infatti, nella terza sequenza del primo atto, Lope trova il modo di sottolineare come Teodoro, per amore di Marcela, disprezzi il pericolo che rappresenta per lui la vigilanza della contessa. Si tratta piuttosto di limitata fiducia nelle proprie possibilita`, di reticenza a lanciarsi in un’impresa che si sente come eccessiva. L’uomo Teodoro teme che la sua amata sia effettivamente irraggiungibile; il subalterno Teodoro teme che la sua signora possa, dopo averlo innalzato fino a lei, farlo precipitare negli abissi della disgrazia; infine, Teodoro in quanto essere intelligente teme che il suo pensiero, spintosi fino alle regioni estreme dell’immaginazione, possa perdersi e bruciarsi nell’impresa. Troviamo dunque, nel Perro del hortelano, tutte e tre le applicazioni del mito di Icaro ricordate piu` sopra: quella relativa all’esperienza amorosa,

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quella relativa all’esperienza cortigiana, quella relativa all’esperienza poetica o, piu` in generale, immaginativa. E tuttavia, finalmente, Teodoro vince questo timore e decide di osare; questo avviene nella terza sequenza del secondo atto, che contiene il terzo grande monologo pronunciato dal nostro protagonista31. In esso, sdoppiandosi e dirigendosi al suo pensiero come a un alter ego, Teodoro opta per il rischio e anzi accetta tutte le possibili conseguenze della sua audacia in quanto “no se llama perdido / el que se pierde tan bien”. Il polittoto che notiamo in questi due versi (perdido/pierde) si ripete molte altre volte nei versi contigui: basta citare, nella stessa de´cima, l’analogo “porque es perderse / tan bien que puede tenerse / envidia del mismo mal”. Un tessuto retorico che ricorda la medievale poesia de cancionero, cosı` affezionata ai giochi di parole e alle antitesi. E, come spesso accade, a un’analogia nella forma dell’espressione corrisponde un’analogia nella forma del contenuto: la filigrana concettuale di questo monologo e` infatti il codice dell’amor cortese, che prevede nell’amante la dolorosa/gioiosa accettazione del rischio che comporta l’amore per l’amata superiore e irraggiungibile, spesso crudele, la belle dame sans merci di tanta letteratura di radice trovadorica. Ma a ben guardare non c’e` nulla di piu` moderno e di meno ‘cortese’ dell’atteggiamento di Teodoro. Infatti, finite le de´cimas del monologo, le piu` umili redondillas del dialogo seguente con Trista´n sono un proclama di machiavellismo che prende le mosse da un’azione estremamente significativa: Teodoro straccia, senza neanche leggerla, la lettera che Marcela gli ha indirizzato come a “suo marito”. Ai rimproveri di Trista´n, Teodoro risponde adducendo come argomenti dapprima il suo cambiamento radicale (“Ya soy otro”, v. 1373), poi l’importanza, per ogni essere umano, di saper cogliere l’occasione favorevole (vv. 1411-15). I versi che seguono sembrerebbero nient’altro che una variazione ‘storica’ sul mito di Icaro: a Trista´n che gli ricorda la triste fine del duca che aveva scelto come propria superba divisa

31 Un’acuta analisi di questo monologo e` quella di M. Vitse, El tercer mono´logo de Teodoro en “El perro del hortelano” (II, vv. 1278-1325), in En torno al teatro del Siglo de Oro. Actas de las jornadas IX-X de Almerı´a, eds. H. Castello´n, A. de la Granja, A. Serrano, Instituto de Estudios Almerienses, Almerı´a 1995, pp. 101-12.

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“Caesar aut nihil”, Teodoro ribatte dichiarando di scegliere per se´ lo stesso motto, “y haga despue´s la fortuna / lo que quisiere” (vv. 1428-30). Ora, il duca cui allude Trista´n e` Cesare Borgia, le cui imprese, come si ricordera`, sono evocate lungamente da Machiavelli nel Principe, come esempio dell’agire “prudente e virtuoso” necessario in coloro che, da privati, vogliano diventare principi32. Tra i capisaldi di questo modo di agire vorrei ricordare in particolare la capacita` di cogliere l’occasione favorevole non appena essa si presenta, e di adattarsi rapidamente al cambiamento; per dirla con le parole di Machiavelli, bisogna che egli [il principe] abbia uno animo disposto a volgersi secondo ch’e’ venti della fortuna e le variazioni delle cose li comandano, e... non partirsi dal bene, potendo, ma sapere intrare nel male, necessitato33.

Fatte le debite proporzioni, e` la stessa strategia che Teodoro decide finalmente di abbracciare in questa sequenza, e per gli stessi fini: diventare, da umile segretario, conte di Belflor34. E che l’obiettivo che occupa la mente di Teodoro sia quello della crescita sociale, forse piu` ancora del soddisfacimento sentimentale, lo denunciano i due versi immediatamente successivi a quelli in cui si dichiarava convinto del fatto che a tutti gli uomini viene offerta almeno una volta nella vita un’occasione favorevole: “O morir en la porfı´a / o ser conde de Belflor” (vv. 1416-17). A Diana in quanto donna e individuo si sovrappone qui il suo titolo nobiliare, meta altrettanto se non piu` ambita della persona di lei. Dunque l’allusione a Cesare Borgia non va vista come un riferimento erudito e tutto sommato poco significativo a

32 N. Machiavelli, Il Principe, ed. di U. Dotti, Feltrinelli, Milano 1979 (la citazione e` a pag. 53). 33 Ivi, pp. 100-1. 34 Su questo argomento, si puo` vedere F. Antonucci, Teodoro y Ce´sar Borgia: una clave para la interpretacio´n de “El perro del hortelano”, in Memoria de la palabra. Actas del VI Congreso de la Asociacio´n Internacional Siglo de Oro (Burgos-La Rioja, 15-19 de julio de 2002), eds. M. L. Lobato y F. Domı´nguez Matito, IberoamericanaVervuert, Madrid-Frankfu¨rt, 2004, vol. I, pp. 263-73.

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un personaggio storico dell’immediato passato35, quanto piuttosto come una vera e propria chiave del comportamento e del personaggio di Teodoro. La sua e` la parabola di un’ascesa propiziata sı` dalla fortuna, ma resa possibile e consolidata anche dall’intelligenza e dall’audacia; in questo senso, Teodoro e` un modernissimo ed esemplare “principe” machiavellico. Certo, e` un principe di commedia: dunque, il “male” e il “bene” del suo comportarsi hanno dimensioni comiche e non tragiche, e la sua audacia non sara` punita bensı` premiata dal lieto fine. Ma la strategia del principe machiavellico esemplare, che si sostanzia soprattutto nella capacita` di cogliere l’occasione e di saper seguire i venti della fortuna, quella c’e` tutta. Questa strategia spiega abbondantemente, e giustifica, aspetti del comportamento di Teodoro che buona parte della critica interpreta negativamente, come il ripudio di Marcela, amica ormai inopportuna; e il ritorno a lei quando, dopo la sequenza che stiamo commentando, Teodoro crede di essersi ingannato riguardo ai sentimenti di Diana. Spiega la sua reazione quando sceglie di ingelosire Diana dichiarandole che ama Marcela, perche´ ha capito che Diana e` innamorata e che va in qualche modo forzata a prendere una decisione (terzultima sequenza del secondo atto), o quando si prepara a partire, chiedendo a Marcela di seguirlo, per ingelosire ulteriormente Diana e spingerla a dichiararsi, obiettivo che finalmente otterra` (vv. 3035-36). Spiega anche la sua onesta` alla fine del terzo atto, quando decide di rivelare a Diana l’inganno di Trista´n. Si tratta di tre fasi nel comportamento di Teodoro che vanno considerate nel loro insieme, non separatamente come la maggior parte della critica tende a fare, vedendo nel primo l’espressione di un basso opportunismo e nell’ultimo l’espressione di un animo nobile in contrasto o in evoluzione rispetto alle bassezze anteriori. Tutte e tre le fasi sono, infatti, espressioni diverse di una stessa strategia, che richiede all’inizio prudenza e adattamento alle circostanze, in un secondo momento capacita` di osare, in un terzo momento adeguamento alle aspettative di Diana e al modello comportamentale del nobile che Teodoro vuol arrivare a essere.

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Si pensi che alcune delle edizioni piu` recenti o trascurano del tutto di chiarire in nota questi versi (Carren˜o, Barral Cabestrero) o, se lo fanno, tralasciano il riferimento a Cesare Borgia (Armin˜o).

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E uno dei capisaldi di questo modello comportamentale e` la lealta`, il rifuggire dalla menzogna: non a caso, quando si accinge a svelare a Diana l’inganno, Teodoro dice “mi nobleza natural / que te engan˜e no me deja” (vv. 3294-95), e Diana risponde “tu nobleza / me has mostrado en declararte” (vv. 3303-4). Il che non vuol dire che Teodoro abbia effettivamente un sangue nobile, come ipotizza ad esempio Combet36. Vuol dire piuttosto che ha saputo recuperare alcuni valori dell’etica nobiliare innestandoli su una strategia comportamentale spregiudicata e modernissima, svincolata cioe` dalle pastoie del codice cavalleresco medievale e pronta ad adeguarsi alle sfide dei nuovi tempi. Alla luce di questa singolare compresenza di antico e moderno ci si chiarira` allora anche il senso di alcune apparenti contraddizioni del terzo atto. Quella, per esempio, fra il vocabolario cortese della pena d’amore che Teodoro profonde a piene mani nella quarta e nell’undicesima sequenza del terzo atto, e la spregiudicata manipolazione dei sentimenti di Diana e di Marcela di cui si mostra contemporaneamente capace, esortando Marcela a chiedere alla sua padrona il permesso di sposarlo. O quella fra l’amore reverente per la propria signora, che riflette il modello trovadorico dello squilibrio (sentimentale e sociale) tra la dama e il suo servitore, e il ribaltamento irriverente o la denuncia esplicita del modello, come quando Teodoro accusa Diana di volergli meno bene ora che lo sa suo eguale “porque es costumbre de amor / querer que sea inferior / lo amado” (vv. 3172-74), o quando la saluta con un semplice “Adio´s, Condesa” e, alla protesta scherzosa di Diana (“¿co´mo a su sen˜ora / ası´ responde un criado?”) risponde neanche tanto scherzosamente “Esta´ ya el juego trocado / y soy yo el sen˜or agora” (vv. 3189-90)37. Replica che, tra le altre cose, da` per definitivamente terminata quella fase di inversione dei ruoli sessuali con cui Lope aveva giocato all’inizio della

36 L. Combet, Le cas de Teodoro: quelques aspects de la modernite´ du “Perro del hortelano”, cit., pp. 54 e sgg. 37 Sulla tensione presente nel Perro del hortelano tra linguaggio amoroso convenzionale, ricalcato sui moduli dell’amor cortese, e linguaggio amoroso piu` moderno, anzi ‘rinnovato’, esiste un interessante articolo di N. Ly, La diction de l’amour dans la comedia “El perro del hortelano” de Lope de Vega, in “Bulletin Hispanique”, Bordeaux, 1990, XCII, 1, pp. 493-547.

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commedia, presentandoci una Diana mascolinizzata e un Teodoro femminilizzato. La felice conciliazione finale che la commedia ci propone, tra antico e moderno, tra ‘gusto’ e ‘giusto’, passa dunque attraverso un sostanziale ritorno all’ordine: il ripristino della “naturale” gerarchia dei sessi, e l’assunzione da parte di Teodoro del sistema di valori nobiliare (senza la quale, ricordiamolo, il ‘gusto’ di Diana non sarebbe piu` stato presentabile come ‘giusto’). Sembra percio` irricevibile sostenere, come alcuni critici hanno fatto, la portata eversiva del Perro del hortelano, che metterebbe in questione la rigidezza dei confini cetuali mostrandone gli effetti devastanti sulle relazioni tra uomo e donna e smascherando il topico dell’agnizione con l’inganno e la burla. Ma negare il carattere rivoluzionario della commedia non significa negare qualsiasi trascendenza ideologica al suo discorso, come fa R. O. Jones. A questo proposito, credo che occorra ritornare un momento sul problema dell’appartenenza del Perro del hortelano al sottogenere della commedia palatina. Avevamo detto piu` sopra che i protagonisti delle commedie palatine che si muovono dal mondo dell’aldea verso il mondo della corte si sentono spinti da un’ambizione fortissima; aggiungiamo ora che questa ambizione nasce da un’intima convinzione dell’inadeguatezza del loro umile stato sociale alla grandezza d’animo che sentono dentro di se´. E` la ‘forza del sangue’ che detta questi sentimenti al protagonista delle commedie palatine, selvaggio o contadino che sia: il sangue nobile che scorre nelle sue vene – come si scoprira` debitamente nel finale – e che lo rende capace di atti d’amore e di valore che provano, prima ancora dell’agnizione, la sua sostanziale nobilta`. Il percorso di Teodoro, come abbiamo potuto vedere, e` diverso. Nessuna ambizione mostra all’inizio il nostro protagonista, nessun disagio interiore per il posto che gli tocca occupare nella gerarchia sociale, nessun prurito di dimostrare che lui e` piu` di quello che appare: prova provata, questa, che davvero Teodoro non e` nobile. Eppure – benche´ all’inizio titubante – anch’egli finisce con l’intraprendere un cammino che ha in comune, con quello dei suoi consimili delle altre commedie palatine, l’intraprendenza e l’audacia. E la meta sara` la stessa: il raggiungimento degli obiettivi, l’integrazione nell’ambito della nobilta`. Gia` altrove avevamo sostenuto che gli eroi delle commedie palatine si propongono sempre come dei modelli di

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nobilta`, e spesso come esempi di principe perfetto che si sostituisce felicemente a un potere preesistente corrotto ed ingiusto38. Questo perche´, soprattutto al suo nascere, la commedia palatina si era appropriata di dinamiche ideologiche e d’intreccio caratteristiche della tragedia, trasformandole in direzione comica39. Ora invece, come abbiamo gia` visto, il modello della commedia palatina si contamina con quello della commedia urbana. Ed ecco allora che anche il protagonista del Perro del hortelano si propone, in parte almeno, come un modello di principe: ma un principe molto piu` spregiudicato, che unisce i valori dell’antica etica nobiliare ai precetti di una politica decisamente piu` moderna; un principe che non viene da fuori della corte ma dal suo interno, ed e` un personaggio decisamente urbano e cortigiano, senza spada ne´ eserciti. Anche qui come in molte altre commedie palatine l’eroe in ascesa si fa dei nemici, cortigiani invidiosi che ne insidiano la vita. Ma, coerentemente con il modello soggiacente della commedia urbana, essi non verranno sonoramente sconfitti in battaglia o smascherati ed esemplarmente puniti come accade perlopiu` nelle commedie palatine: verranno invece ingannati e burlati dal gracioso. Ed e` infatti un caso abbastanza singolare, nell’ambito delle commedie palatine, questa presenza a fianco del protagonista di un gracioso tanto intraprendente, con funzioni cosı` marcate di aiutante e non solo di contrappunto comico alla visione del mondo del suo padrone. D’altronde, l’astuzia, la capacita` di simulazione e di dissimulazione, l’inventiva di Trista´n, non sono poi cosı` abissalmente lontane dal modo di essere di Teodoro (mentre lo sono da quello di tanti eroi palatini esemplarmente puri). Si trovano soltanto qualche gradino piu` sotto, in quanto Trista´n, personaggio decisamente subalterno, non 38 F. Antonucci, El salvaje en la Comedia del Siglo de Oro. Historia de un tema de Lope a Caldero´n, Anejos de RILCE-L.E.S.O., Pamplona-Toulouse 1995; S. Arata, Il principe selvaggio: la corte e l’aldea nel teatro spagnolo del Siglo de Oro, in Teatri barocchi. Tragedie, commedie, pastorali nella drammaturgia europea fra ’500 e ’600, ed. S. Carandini, Bulzoni, Roma 2000, pp. 441-68 (ora in traduzione spagnola in S. Arata, Textos, ge´neros, temas. Investigaciones sobre el teatro del Siglo de Oro y su pervivencia, eds. F. Antonucci, L. Arata, M. del V. Ojeda, ETS, Pisa 2002, pp. 169-89). 39 Si veda a questo proposito il lavoro gia` piu` volte citato di J. Oleza, La comedia y la tragedia palatinas.

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puo` e non vuole incorporare alla sua visione del mondo quegli aspetti dell’etica nobiliare, come la capacita` di dedizione amorosa e l’accettazione del rischio, che giustificano l’ingresso di Teodoro in un universo cetuale che non gli appartiene per diritto di sangue. Su quest’ultimo punto, lo stesso Teodoro e` chiarissimo, quando negli ultimi versi della commedia afferma “soy hijo de la tierra, / y no he conocido padre / ma´s que mi ingenio, mis letras / y mi pluma” (vv. 3287-90). Parole dense di significato: all’ingegno, nel senso di ‘qualita` intellettuali’, Teodoro deve le ‘lettere’, cioe` il grado d’istruzione che lo legittima a usare la ‘penna’ come segretario; ma ‘ingegno’ e` anche la sua abilita` strategica; e designa, al tempo stesso, la sua capacita` di immaginare ed osare, le ‘penne’ che lo hanno spinto, moderno Icaro, fino a un Sole-donna che, invece di distruggerlo, ha premiato la sua ambizione. E non e` tutto, perche´ la parola pluma, oltre alla gia` commentata dilogia ‘penna (di chi scrive) / penna (delle ali di Icaro)’, evoca anche l’antinomia medievale tra la penna e la spada. E benche´ nobili umanisti come Santillana e Garcilaso avessero cercato di ricomporre questo dualismo nell’esercizio combinato della poesia e della guerra, ancora al tempo di Lope de Vega era inevitabile associare la spada al nobile, la penna al letrado, che non sempre apparteneva alla nobilta`40. La storia di Teodoro e` dunque, inequivocabilmente, la storia di un non-nobile che riesce a diventare nobile grazie al suo ingegno. Non e` una storia rivoluzionaria, come abbiamo gia` detto, se non altro perche´ Teodoro aderisce in pieno ai valori fondamentali dell’etica nobiliare; e che l’assunzione del punto di vista della classe dominante sia premessa necessaria alla sua riuscita e`, senza alcun dubbio, frutto di un atteggiamento ‘conservatore’. Al tempo stesso, e` impossibile non riconoscere nel Perro del hortelano la presenza di un punto di vista, se non moderno (termine che implica apertura e spinta innovativa), sı` di prudente modernizzazione. E` questo punto di vista che spinge Lope a

40 Cosa che riconosce anche L. Combet, che nel suo articolo piu` volte citato tende peraltro a identificare la condizione di letrado con quella di nobile. Sui letrados come gruppo sociale la cui ascesa fu favorita in particolare dai Re Cattolici, si veda almeno J. Pe´rez, Isabelle et Ferdinand (1988), traduzione italiana Isabella e Ferdinando, SEI, Torino 1991, pp. 157-63.

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recepire ed elaborare le spinte contemporanee alla mobilita` sociale, proponendo una soluzione compensativa, consolatoria, ‘comica’, simile cioe` a quella delle fiabe che da sempre raccontano di queste – relativamente improbabili – parabole 41 di ascesa sociale . E` questo punto di vista che rende possibile l’innesto tra valori nobiliari di stampo medievale e strategie politiche piu` moderne e spregiudicate, visibile nella traiettoria di Teodoro; e` questo punto di vista che spiega la complessita` del concetto di onore cosı` come lo vive Diana, in bilico tra la concezione identitaria medievale e quella moderna, che riconosce solo le ragioni dell’individuo e non quelle del gruppo sociale di appartenenza. Incrocio perfettamente riuscito e originale tra commedia palatina e commedia di cappa e spada, El perro del hortelano non e` allora soltanto un capolavoro del genere comico del teatro spagnolo del Siglo de Oro, ma anche esempio perfetto di uno dei suoi aspetti piu` affascinanti: il tentativo, sempre rinnovato e in modi sempre diversi, di coniugare l’ortodossia conservatrice e la coscienza della modernita`. Tentativo forse non sempre cosciente e mai programmatico, ma che costituisce il lievito e il sale di questo teatro, quello che permette a tante sue opere di 42 sedurci e appassionarci ancora oggi .]

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Vorrei ricordare la popolare fiaba del Gatto con gli stivali, nella quale un giovane e povero mugnaio riesce a sposare la figlia di un re grazie all’astuzia e all’inventiva del suo servitore, uno straordinario gatto con il dono della parola, la cui funzione di aiutante e` in qualche modo assimilabile, per il suo carattere decisivo, a quella di Trista´n nel Perro del hortelano. 42 El perro del hortelano, in particolare, e` una delle opere del teatro spagnolo del Siglo de Oro piu` rappresentate ancor oggi, e non solo in Spagna. L. Combet nel suo articolo piu` volte citato ricorda le principali rappresentazioni francesi di questa commedia dal 1937 al 1988 (p. 50 nota). Aggiungiamo che nel 1998 la regista spagnola Pilar Miro´ ha girato un film che e` una fedele trasposizione cinematografica della commedia, e che ha avuto sugli schermi spagnoli un successo eccezionale per un’opera classica.

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Lope de Vega: cronologia della vita e delle opere

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Nasce a Madrid dal ricamatore Fe´lix de Vega Carpio e da Francisca Ferna´ndez Flores. Dopo aver passato un certo periodo di tempo al servizio del vescovo di A´vila don Jero´nimo Manrique, si iscrive all’Universita` di Alcala´. Secondo il racconto dello stesso Lope, conosce a Madrid, all’eta` di diciassette anni, l’attrice Elena Osorio, figlia del capocomico Jero´nimo Vela´zquez, e se ne innamora. Elena (da lui cantata col nome di Filis) e` il suo primo grande amore e uno dei piu` grandi della sua vita, immortalato ne La Dorotea (opera rielaborata in eta` matura e pubblicata nel 1632). Intrattiene rapporti sempre piu` stretti con il mondo teatrale madrileno. Tra il 1579 e il 1583 compone Los hechos de Garcilaso de la Vega y el moro Tarfe, l’unica delle sue commedie ancora divisa in quattro atti. Partecipa alla spedizione alle Azzorre contro i portoghesi guidata da don A´lvaro Baza´n. Tra il 1583 e il 1587 e` al servizio del marchese de Las Navas. Cervantes, nell’ultimo canto della sua Galatea, cita Lope come talento precoce, tra i maggiori della Spagna dell’epoca. Viene arrestato con l’accusa di aver fatto circolare dei libelli infamanti contro Elena Osorio Filis e la sua famiglia (e` stato soppiantato da un pretendente piu` ricco e anziano e accusa la famiglia di lei di averla spinta a questa scelta per venalita`). Insinua che il motivo vero che ha spinto il padre di Elena a citarlo in giudizio e` un altro: dopo la

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rottura con la figlia, Lope gli aveva tolto l’esclusiva sulle sue commedie, gia` allora apprezzatissime, vendendole a un altro capocomico, Gaspar de Porres. Condannato a dieci anni di esilio, otto da Madrid piu` due dal regno di Castiglia, sceglie di recarsi a Valenza, dove entrera` in contatto con il fiorente mondo teatrale di quella citta`. E` questo un anno particolarmente turbinoso: dopo aver rapito una giovane madrilena di buona famiglia, Isabel de Urbina (Belisa), la sposa il 10 maggio per evitare un nuovo processo; il 29 dello stesso mese parte con la sfortunata spedizione dell’Invencible Armada, per fare ritorno a Valenza alla fine dell’anno dalla sua fedele Belisa. Scaduti i due anni di esilio dal regno di Castiglia, si reca ad Alba de Tormes con la famiglia ed entra al servizio del duca d’Alba. Compone il romanzo pastorale La Arcadia e numerose commedie. Dopo la morte della moglie, torna a Madrid: gli anni di esilio restanti gli vengono condonati a seguito del perdono di Jero´nimo Vela´zquez. E` processato per concubinaggio con Antonia Trillo; nello stesso anno probabilmente inizia la sua relazione con l’attrice Micaela de Luja´n (da lui cantata con lo pseudonimo di Camila Lucinda). Da questo amore, che duro` almeno fino al 1608, nacquero sette figli, tra i quali Marcela (1605) e Lope Fe´lix (1607). Entrato come segretario al servizio del marchese di Sarria´, poi conte di Lemos, pubblica La Arcadia e La Dragontea, poema epico su Francis Drake. Sposa Juana de Guardo e con lei vive a Madrid, ma viaggia continuamente a Toledo e Siviglia per mantenere la relazione con Micaela. Pubblica il poema El Isidro, sulla vita esemplare del contadino che verra` fatto santo e patrono di Madrid. Pubblica La hermosura de Ange´lica, poema di ispirazione ariostesca. Pubblica El peregrino en su patria, opera narrativa alla fine della quale include una lista delle opere

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1605 1609 1610

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1616

1619 1621 1624

teatrali da lui composte a questa data. Esce anche la Parte primera delle sue commedie. Si stampano le Rimas. Fissa il suo domicilio a Toledo, dove risiede dividendosi tra le sue due famiglie. Inizia la sua corrispondenza con il duca di Sessa, del quale diventera` segretario. Pubblica il poema epico La Jerusale´n conquistada e El Arte nuevo de hacer comedias en este tiempo. Torna a risiedere stabilmente a Madrid; lı` ha comprato, in calle de Francos (oggi calle Cervantes), la casa dove abitera` fino alla morte e dove vive ore di tranquilla felicita` domestica insieme alla moglie Juana e all’amatissimo figlio Carlos Fe´lix, nato nel 1606. Pubblica Los pastores de Bele´n, romanzo pastorale a lo divino. Muore Carlos Fe´lix. Muore Juana de Guardo, dando alla luce Feliciana. Lope riceve in casa sua (forse per la morte di Micaela de Luja´n) due dei figli avuti con lei, Marcela e Lope Fe´lix. Decide di ordinarsi sacerdote, e per alcune pratiche relative va a Toledo, dove alloggia in casa dell’attrice Jero´nima de Burgos, con cui in passato aveva avuto una relazione amorosa che pare riallacciare ora. Si pubblica la Parte IV delle sue commedie, la prima alla cui preparazione partecipo` con certezza. Improvviso viaggio a Valenza per incontrarsi con una sua antica fiamma, l’attrice Lucı´a de Salcedo detta La loca (‘La pazza’). Lo stesso anno inizia l’ultimo grande amore della sua vita, quello per Marta de Nevares (Amarilis), che l’anno seguente gli dara` una figlia, Antonia Clara. Sara` un amore che durera` fino alla morte della donna nel 1632, benche´ tormentato dagli scrupoli di coscienza di Lope e piu` tardi dalle malattie di lei, che prima diventera` cieca, poi perdera` la ragione. Pubblica il Romancero espiritual. Pubblica il poema La Filomena. La figlia Marcela diventa monaca trinitaria. Pubblica La Circe.

37

1625 1626 1627 1629 1633 1634

1635

Pubblica Los triunfos divinos con otras rimas. Pubblica Soliloquios amorosos de un alma a Dios, composti gia` nel 1613, dopo la morte della moglie e del figlio. Pubblica La corona tra´gica, poema epico-religioso sulla figura di Maria Stuarda. Compone, e pubblica l’anno seguente, El laurel de Apolo, poema in lode dei poeti suoi contemporanei. Pubblica l’egloga Amarilis, dedicata a Marta de Nevares, morta l’anno precedente, e al suo amore per lei. Pubblica le Rimas humanas y divinas con lo pseudonimo di Tome´ de Burguillos. Muore, in una spedizione marittima, il figlio Lope Fe´lix. Fugge da casa, rapita da un cortigiano, la figlia Antonia Clara. Muore a Madrid, il 27 agosto; ai suoi funerali partecipa una folla immensa.

38

sonetto

romance

octavas

redondillas

sonetto

redondillas

de´cimas

romance

sonetto

551-64

565-688

689-752

753-56

757-70

771-890

891-970

971-1172

1173-86

sonetto

redondillas

339-550

241-324

325-38

redondillas

romance

1-240

Forma metrica

Versi

39

2 speranza di Teodoro

a

2o attacco di Diana

a

1 crisi di Teodoro

a

1 speranza di Teodoro

1o attacco di Diana

Diana scopre l’amore

Macrosequenza

Atto I

Dubbi di Teodoro e decisione di lasciare Marcela

Diana e Teodoro

Marcela e Teodoro

Dubbi e speranze di Teodoro

L’amore e` anteriore alla gelosia

Risposta di Teodoro al sonetto

Ricardo sollecita l’amore di Diana

Diana attacca Trista´n

Diana chiede a Teodoro una risposta

Diana tra amore e gelosia

Diana e la finta amica

Teodoro e Trista´n: commenti sulla notte

Diana tra onore e amore

Diana e Marcela

La casa di Diana violata

Sequenza

Prospetto metrico-tematico

interno del palazzo di Diana

Spazio

339-1186

1-338

Quadro

Il giorno dopo

Prima notte

Tempo

redondillas

romance

octava

romance

sonetto

quintillas

1328-655

1656-23

1724-39

1740-93

1794-807

1808-987

sonetto

romance

sonetto

romance

2120-33

2134-245

2246-59

2260-359

romance

de´cimas

1278-327

octavas

sueltos

1267-77

2072-119

redondillas

1187-266

1988-2071

Forma metrica

Versi

Atto II

Trista´n e Teodoro ragionano sull’accaduto. Diana ricompensa Teodoro.

Teodoro riconosce l’amore di Diana.

40

Teodoro si dichiara. Diana gli dice che ha malinteso. Rabbia di Teodoro, che dice che tornera` da Marcela. Furia di Diana che lo schiaffeggia.

Diana: il potere della gelosia.

Ricardo e Fabio. Diana licenzia Ricardo.

Diana dichiara il suo amore a Teodoro con il gioco della lettera.

1) Marcela rifiuta Teodoro 2) Trista´n ricompone la pace tra i due 3) Diana li spia e si ingelosisce

Marcela: impossibile fingere l’amore che non si ha.

Teodoro e Trista´n. Ritorno a Marcela

Fabio e Teodoro.

Diana e Teodoro. Diana confida di volere sposare il marchese. Delusione di Teodoro.

1) Teodoro e Trista´n. Dubbi del gracioso. Teodoro strappa la lettera di Marcela. 2) Marcela e Teodoro. Rottura. Marcela corteggia Fabio. 3) Diana vuole dimostrare di sapere dominare i propri sentimenti e quindi di non amare.

Teodoro decide di intraprendere il volo verso Diana

Federico e Ricardo davanti a Diana

Timori di Federico

Sequenza

3a speranza di o Teodoro e 2 ripensamento di Diana

3o attacco di Diana

2a crisi di Teodoro

Interno del palazzo di Diana

Uscita di chiesa

2a speranza di Teodoro

Ripensamento di Diana

Spazio

Macrosequenza vv. 1187-2359

Quadro Secondo giorno

Tempo

sonetto

redondillas

romance

octavas

de´cimas

redondillas

sueltos

redondillas

sueltos

redondillas

romance

2716-29

2730-61

2762-921

2922-85

2986-3025

3026-73

3074-138

3139-98

3199-31

3232-64

3265-383

sonetto

octavas

2509-61

redondillas

sueltos

2416-508

2576-715

redondillas

2360-415

2562-75

Forma metrica

Versi

Teodoro confessa a Diana l’inganno. Finale

Teodoro e Trista´n

41

Ricardo e Federico sollecitano Trista´n a uccidere Teodoro.

Teodoro e Diana decidono di sposarsi

Arriva Ludovico: falsa agnizione

Teodoro si congeda da Diana

Marcela recrimina a Teodoro la partenza

Ludovico, Ricardo e Trista´n

Trista´n parla a Ludovico del figlio

Ludovico e il figlio perduto

Disillusione di Marcela

Teodoro e Diana sulla partenza Marcela chiede di partire con Teodoro. Diana rifiuta

Teodoro decide di partire

Trista´ n propone a Teodoro il piano della falsa parentela

Trista´n viene assoldato da Federico e da Ricardo

Effetti dell’inganno di Trista´n e conclusione

Trista´n mette in opera il suo inganno

Reazione di Teodoro, ed effetti su Diana

Attacco dei rivali e reazione di Trista´n

Macro-sequenza

Atto III

Ricardo e Federico si alleano per uccidere Teodoro

Sequenza

Palazzo di Diana

Strada

Palazzo di Ludovico, poi strada

Palazzo di Ludovico

Palazzo di Diana

Strada

Spazio

vv. 2986-3383

vv. 2730-2985

vv. 2360-2729

Quadro Terzo giorno

Tempo

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Criteri di edizione e traduzione

Per il testo spagnolo riprodotto a fronte della traduzione italiana, e che ha costituito la base della traduzione stessa, seguo, sostanzialmente, il testo fissato dal miglior editore moderno della commedia, Victor Dixon, il quale si e` basato a sua volta sul testo della princeps (Onzena parte de comedias de Lope de Vega, Madrid 1618), confrontato con il testo dell’edizione barcellonese dell’Onzena parte (Sebastia´n de Cormellas, 1618) e con quello di un manoscritto teatrale della meta` del XVII secolo appartenuto alla collezione di Lord Holland. Come in molti altri casi di commedie pubblicate nelle Partes ‘autorizzate’ da Lope de Vega, il testo della princeps presenta numerosi errori evidenti, e con tutta probabilita` non fu quindi composto seguendo un manoscritto autografo quanto, piuttosto, una copia di ambiente teatrale e dunque relativamente corrotta. Ogni edizione successiva alla prima ha quindi tentato di sanare alcuni di questi errori, in modo piu` o meno plausibile. Dato il carattere non specialistico di questa edizione, non indico ne´ nel testo ne´ in nota le divergenze dal testo della princeps dovute a interventi correttivi uniformi alle scelte di Dixon; nella sua edizione il lettore interessato potra` trovare un apparato completo delle varianti e delle letture originali della princeps. Discuto invece in nota le ragioni che mi spingono ad accettare correzioni minime ma significative al testo fissato da Dixon, senza peraltro indicare tali correzioni nel testo con parentesi quadre. Anche nella punteggiatura e nell’attribuzione degli apartes mi discosto spesso da Dixon, pur senza indicarlo in nota. Tra parentesi quadre invece compaiono alcune aggiunte chiarificatrici alle didascalie, gia` proposte nell’edizione di Dixon. Le battute che vanno considerate apartes, per esplicita indicazione della princeps o per congettura dell’editore, sono state racchiuse tra parentesi tonde. Tutti i debiti con editori moderni dell’opera sono stati indicati in nota; i riferimenti bibliografici completi alle relative edizioni si troveranno nel paragrafo corrispondente della Bibliografia.

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Nel testo spagnolo, secondo quanto stabilito da Stefano Arata, sono indicati i cambiamenti di forma metrica in modo da renderli immediatamente visibili al lettore. Fausta Antonucci *** Ho tradotto El perro del hortelano dopo aver gia` portato a termine la traduzione di altre due commedie di Lope de Vega, El castigo sin venganza (inedita, rappresentata al Castello Orsini di Fiano Romano dal regista Alessio Bergamo nell’agosto 2000) e Periba´n˜ez y el comendador de Ocan˜a (pubblicato da Rizzoli nel 2003). In entrambi i casi le traduzioni mi erano state richieste non per l’infedelta`, intesa in senso letterale, delle traduzioni precedenti, ma perche´ queste talvolta non rispettavano quel tessuto retorico e metrico necessari ad ottenere una fedelta` piu` profonda. Del primo esisteva un’ottima traduzione di Maria Grazia Profeti, che pero`, essendo in versi sciolti, indeboliva alcuni degli elementi formali fortemente significanti sottolineati dalla rima sui quali il regista intendeva incentrare la rappresentazione; negli altri due le preesistenti versioni erano in prosa. Il teatro barocco spagnolo e` in versi, e le forme metriche in cui si esprime, tutte rigidamente codificate, sono utilizzate da Lope con grande consapevolezza, come dimostrano i vv. 305-12 dell’Arte nuevo de hacer comedias en este tiempo, poemetto nel quale cosı` consiglia l’aspirante scrittore di commedie di successo: Acomode los versos con prudencia a los sujetos de que va tratando: las de´cimas son buenas para quejas, el soneto esta´ bien en los que aguardan, las relaciones piden los romances, aunque en octavas lucen por extremo; son los tercetos para cosas graves, y para las de amor, las redondillas.

La traduzione in prosa cancella tutta questa diversificazione e spesso non riesce neppure a rispettare il tessuto retorico della frase, che dev’essere interpretato, riallestito, alleggerito per risultare linguisticamente accettabile; la traduzione in versi sciolti da` a volte buoni risultati, specie quando si associa al rispetto della misura del verso, ma fa

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perdere la distinzione tra endecasillabi sciolti, terzine incatenate, sonetti e ottave, da un lato, e tra il romance assonanzato, la redondilla dalle rime incrociate abba e l’elaborata e preziosa de´cima dallo schema complesso di rime abbaaccddc, utilizzati con funzioni e con risultati formali del tutto diversi. Anche l’uso delle rime con funzione di enfatizzazione rischia di perdersi, e se il testo a fronte puo` servire ad integrare, nell’allestimento teatrale la perdita e` irrimediabile. Per far percepire tutti questi elementi al lettore o allo spettatore italiano, il cui orecchio non ha familiarita` con alcune delle strutture metriche sopra indicate, ho scelto di rispettare rime e assonanze. Dove non era possibile ho sostituito la rima con l’assonanza. Una delle difficolta` che presentava la traduzione del Perro del hortelano era la massiccia presenza di sonetti, ben nove, all’interno del testo. La loro struttura compatta ne rendeva in alcuni casi difficile la resa; devo un ringraziamento a Norbert von Prellwitz per averli letti e discussi con me e avermi aiutato a snellire qualche verso pesante. L’intero testo finale e` poi stato letto, annotato, discusso con me da entrambi i curatori, a cui devo molte utili osservazioni e proficui suggerimenti; puntuali e prudenti quelli di Fausta Antonucci, discreti e incoraggianti quelli di Stefano Arata, amico della cui scomparsa non riesco ancora a convincermi. L’entusiasmo che ci siamo comunicati a vicenda per la durata di quasi due anni, ma soprattutto nel periodo finale quando la traduzione era ormai praticamente conclusa, lo segna per me in maniera indelebile. Non posso che dedicarlo alla sua memoria. Un grazie speciale a Fausta Antonucci, per la tenacia con cui ha voluto completarne l’opera. Barbara Fiorellino

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Comedia famosa El perro del hortelano Commedia famosa Il cane dell’ortolano

Hablan en ella las personas siguientes: Diana, Condesa de Belflor. Leonido, criado. El Conde Federico. Antonelo, lacayo. Teodoro, su secretario. Marcela, Dorotea, Anarda, de su ca´mara. Otavio, su mayordomo. Fabio, su gentilhombre. El Conde Ludovico. Furio. Lirano. Trista´n, lacayo. Ricardo, Marque´s. Celio, criado. Camilo.

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Parlano le seguenti persone: Diana, Contessa di Belflor Leonido, servitore Il Conte Federico Antonelo, lacche´ Teodoro, segretario della Contessa Marcela, Dorotea, Anarda, cameriere della Contessa Otavio, maggiordomo della Contessa Fabio, gentiluomo di palazzo Il Conte Ludovico Furio Lirano Trista´n, lacche´ Ricardo, Marchese Celio, servitore Camilo.

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ACTO PRIMERO Salen Teodoro, con una capa guarnecida, de noche, y Trista´n, criado; vienen huyendo. Teodoro Huye, Trista´n, por aquı´. Trista´n Notable desdicha ha sido. Teodoro ¿Si nos habra´ conocido? Trista´n No se´; presumo que sı´.

Redondillas

Va´yanse, y entre tras ellos Diana, Condesa de Belflor. Diana ¡Ah gentilhombre, esperad! ¡Teneos! ¡Oı´d! ¿Que´ digo? ¿Esto se ha de usar conmigo? ¡Volved, mirad, escuchad! ¡Hola! ¿No hay aquı´ un criado? ¡Hola! ¿No hay un hombre aquı´? Pues no es sombra lo que vi, ni suen˜o que me ha burlado. ¡Hola! ¿Todos duermen ya?

5

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Sale Fabio, criado. Fabio ¿Llama Vuestra Sen˜orı´a? Diana Para la co´lera mı´a, gusto esa flema me da. Corred, necio, enhoramala, pues merece´is este nombre, y mirad quie´n es un hombre que salio´ de aquesta sala. Fabio ¿De esta sala? Diana ¡Caminad, y responded con los pies!

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ATTO I Compaiono Teodoro, con un mantello da sera riccamente lavorato, e Trista´n, servitore; stanno fuggendo. Teodoro Fuggi, Trista´n, per di qui. Trista´n Che sfortuna abbiamo avuto! Teodoro Ma ci avra` riconosciuto? Trista´n Non so; presumo di sı`. Se ne vanno ed entra dietro di loro Diana, Contessa di Belflor. Diana Ehi, gentiluomo, aspettate! Fermo, ascoltate, vi ho detto! Che mancanza di rispetto! Fermo, guardate, ascoltate! Ehi! Ma non c’e` un servitore? Non c’e` nessun uomo allora? Certo non ho visto un’ombra ne´ un miraggio ingannatore. Ehi! Tutti dormono gia`?

5

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Entra Fabio, servitore. Fabio Chiama Vostra Signoria? Diana Per questa collera mia tanta calma gusto da`. Corri, sciocco, alla malora – l’epiteto e` meritato – a vedere chi e` scappato da questa sala a quest’ora. Fabio Da questa sala? Diana Ora va’, e rispondimi coi piedi.

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20

Fabio Voy tras e´l. Diana

Sabed quie´n es.

[Va´yase Fabio]. ¿Hay tal traicio´n, tal maldad? Sale Otavio. Otavio Aunque su voz escuchaba, a tal hora no creı´a que era Vuestra Sen˜orı´a quien tan aprisa llamaba. Diana ¡Muy lindo Santelmo hace´is! ¡Bien temprano os acosta´is! ¡Con la flema que llega´is! ¡Que´ despacio que os move´is! Andan hombres en mi casa a tal hora, y aun los siento casi en mi propio aposento – que no se´ yo do´nde pasa tan grande insolencia, Otavio – y vos, muy a lo escudero, cuando yo me desespero, ¿ansı´ remedia´is mi agravio? “Aunque su voz escuchaba, a tal hora no creı´a que era Vuestra Sen˜orı´a quien tan aprisa llamaba”. Volveos, que no soy yo; acostaos, que os hara´ mal. Otavio Sen˜ora... Sale Fabio. Fabio

No he visto tal; como un gavila´n partio´.

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Fabio Lo seguo. Diana

Chi sia lui vedi.

[Fabio esce.] Che tradimento e slealta`! Entra Otavio. Otavio Se anche la voce suonava non credevo che a quest’ora fosse la vostra, signora, che con urgenza chiamava. Diana Che bel Santelmo sembrate! Ben presto andate a dormire! Che flemma poi per venire! Con che lentezza arrivate! Uomini nella mia casa a quest’ora, e cosı` presso al mio dormitorio stesso – e non so dove si e` vista, Otavio, tanta indecenza... – e voi, molto da scudiero, cosı`, mentre mi dispero, rimediate l’insolenza? “Se anche la voce suonava non credevo che a quest’ora fosse la vostra, signora, che con urgenza chiamava”. Andate, che io non ero; a letto, o vi fara` male. Entra Fabio. Otavio Signora... Fabio

Un prodigio tale... Partito come sparviero.

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Diana ¿Viste las sen˜as? Fabio

¿Que´ sen˜as? Diana ¿Una capa no llevaba con oro? Fabio Cuando bajaba la escalera... Diana ¡Hermosas duen˜as sois los hombres de mi casa! Fabio ...a la la´mpara tiro´ el sombrero, y la mato´. Con esto los pasos pasa, y en lo escuro del portal saca la espada, y camina. Diana Vos sois muy lindo gallina. Fabio ¿Que´ querı´as? Diana ¡Pesia tal! Cerrar con e´l y matalle. Otavio Si era hombre de valor, ¿fuera bien echar tu honor desde el portal a la calle? Diana ¿De valor, aquı´? ¿Por que´? Otavio ¿Nadie en Na´poles te quiere, que mientras casarse espere por donde puede te ve? ¿No hay mil sen˜ores que esta´n para casarse contigo ciegos de amor? Pues bien digo, si tu´ le viste gala´n, y Fabio tirar, bajando, a la la´mpara el sombrero.

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Diana Portava segni? Fabio

Che segni? Diana Un mantello non aveva con gli ori? Fabio Quando scendeva le scale... Diana Che damigelle gli uomini della mia casa! Fabio ...il suo cappello ha lanciato sul lume, e l’ha soffocato. Poi passa la scalinata, e nello scuro portale estrae la spada e cammina. Diana E tu, che bella gallina! Fabio Che volevate? Diana Che diamine! Liquidarlo a fil di spada! Otavio Se era di alta condizione, gettavate via l’onore, cosı`, dal portico in strada? Diana Di alto rango qui? Per cosa? Otavio Non c’e` a Napoli chi spera di sposarvi, e nell’attesa vuol vedervi come puo`? Non stanno mille signori, ciechi d’amore, sperando di avervi? Considerando che vedeste voi degli ori, e un cappello vide Fabio lanciare sul candeliere.

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Diana Sin duda fue caballero que, amando y solicitando, vencera´ con intere´s mis criados; que criados tengo, Otavio, tan honrados... Pero yo sabre´ quie´n es. Plumas llevaba el sombrero, y en la escalera ha de estar. Ve por e´l. Fabio ¿Si le he de hallar? Diana Pues claro esta´, majadero; que no habı´a de bajarse por e´l cuando huyendo fue. Fabio Luz, sen˜ora, llevare´.

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[Va´yase]. Diana Si ello viene a averiguarse, no me ha de quedar culpado en casa. Otavio Muy bien hara´s, pues cuando segura esta´s te han puesto en este cuidado. Pero aunque es bachillerı´a, y ma´s estando enojada, hablarte en lo que te enfada, esta tu injusta porfı´a de no te querer casar causa tantos desatinos, solicitando caminos que te obligasen a amar. Diana ¿Sabe´is vos alguna cosa? Otavio Yo, sen˜ora, no se´ ma´s de que en opinio´n esta´s de incasable, cuanto hermosa.

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Diana Era certo un cavaliere il quale, amando e pregando, vincera` con l’interesse i miei servi; ed i miei servi sono, Otavio, cosı` onesti... Ma io scopriro` chi e`. Era un cappello piumato; dev’essere sulle scale. Cerca. Fabio Lo potro` trovare? Diana Ma sicuro, scriteriato; non sara` stato a tornare, se fuggiva, per cercarlo. Fabio Prendo una lampada e vado.

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[Esce]. Diana Se il fatto riesco a appurare il colpevole non dura in casa mia. Otavio Farai bene, giacche´ ti da` queste pene mentre ti senti sicura. Ma anche se e` un’impertinenza parlarti, se sei irritata, di cio` che meno ti aggrada, questa tua ingiusta insistenza di non volerti sposare produce tante follie, e fa cercare le vie che ti costringano a amare. Diana Voi ne sapete qualcosa? Otavio So solo che siete nota per esser bella e sdegnosa e non volervi sposare.

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El condado de Belflor pone a muchos en cuidado.

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Sale Fabio. Fabio Con el sombrero he topado, mas no puede ser peor. Diana Muestra. ¿Que´ es esto? Fabio No se´; este aquel gala´n tiro´. Diana ¿E´ste? Otavio No le he visto yo ma´s sucio. Fabio Pues e´ste fue. Diana ¿E´ste hallaste? Fabio ¿Pues yo habı´a de engan˜arte? Otavio ¡Buenas son las plumas! Fabio E´l es ladro´n. Otavio Sin duda a robar venı´a. Diana Hare´isme perder el seso. Fabio Este sombrero tiro´. Diana Pues las plumas que vi yo, y tantas que aun era exceso, ¿en esto se resolvieron?

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Per la contea di Belflor piu` di uno e` assai preoccupato.

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Entra Fabio. Fabio Il cappello l’ho trovato, ma non puo` essere peggiore. Diana Fai vedere. Che e`? Fabio Non so. Questo e` quello che ha tirato. Diana Questo? Otavio Non ne ho visto un altro piu` sporco. Fabio Questo tiro`. Diana Questo hai trovato? Fabio Ti pare che mentirei? Otavio Proprio buone le piume! Fabio Certo e` un ladrone. Otavio Venuto qui per rubare. Diana Voi mi farete impazzire. Fabio Questo cappello ha tirato. Diana Ma le piume che ho notato, tante da essere eccessive, questo sono diventate?

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Fabio Como en la la´mpara dio, sin duda se las quemo´, y como estopas ardieron. ¿I´caro al sol no subı´a, que, abrasa´ndose las plumas, cayo´ en las blancas espumas del mar? Pues esto serı´a. El sol la la´mpara fue, I´caro el sombrero, y luego las plumas deshizo el fuego y en la escalera le halle´. Diana No estoy para burlas, Fabio; hay aquı´ mucho que hacer. Otavio Tiempo habra´ para saber la verdad. Diana ¿Que´ tiempo, Otavio? Otavio Duerme agora, que man˜ana lo puedes averiguar. Diana No me tengo de acostar, no, por vida de Diana, hasta saber lo que ha sido. Llama esas mujeres todas.

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[Va´yase Fabio]. Otavio ¡Muy bien la noche acomodas! Diana Del suen˜o, Otavio, me olvido, con el cuidado de ver un hombre dentro en mi casa. Otavio Saber despue´s lo que pasa fuera discrecio´n, y hacer secreta averiguacio´n. Diana Sois, Otavio, muy discreto,

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Fabio Giacche´ sul lume e` caduto, si saranno di sicuro come la stoppa bruciate. Non ugualmente salı` Icaro al sole, e le piume non brucio` e cadde alle spume bianche del mare? Cosı` da sole fece la lampada, da Icaro il cappello; dopo, le piume disfece il fuoco, e lo trovai sulla scala. Diana C’e` molto da fare, Fabio, e non mi va di scherzare. Otavio C’e` tempo per appurare la verita`. Diana Quando, Otavio? Otavio Dormite; domani all’alba tutto potrete accertare. Diana Non mi voglio coricare, no, per la vita di Diana, finche´ non so cosa e` stato. Chiama tutte quelle donne.

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[Fabio se ne va]. Otavio Bene accomodi la notte! Diana Del sonno mi scordo, Otavio, per la gran preoccupazione di aver visto in casa un uomo. Otavio Piu` saggio sarebbe dopo chiarire la situazione con una segreta inchiesta. Diana Siete, Otavio, assai discreto:

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que dormir sobre un secreto es notable discrecio´n. Sale Fabio, Dorotea, Marcela, Anarda. Fabio Las que importan he traı´do, que las dema´s no sabra´n lo que deseas, y esta´n rindiendo al suen˜o el sentido. Las de tu ca´mara solas estaban por acostar. Anarda (De noche se altera el mar y se enfurecen las olas.) Otavio ¿Quieres quedar sola? Diana Sı´. Salı´os los dos alla´. Fabio ¡Bravo examen! Otavio Loca esta´. Fabio Y sospechosa de mı´.

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[Va´yanse Fabio y Otavio]. Diana Lle´gate aquı´, Dorotea. Dorotea ¿Que´ manda Vusen˜orı´a? Diana Que me dijeses querrı´a quie´n esta calle pasea. Dorotea Sen˜ora, el Marque´s Ricardo, y algunas veces el Conde Paris. Diana La verdad responde de lo que decirte aguardo,

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dormire su di un segreto e` una discrezione certa. Entrano Fabio, Dorotea, Marcela, Anarda. Fabio Solo chi fa al caso porto; le altre di certo non sanno quello che domandi, e stanno affidando i sensi al sonno. Le tue cameriere sole non erano gia` a dormire. Anarda (Di notte il mare imbizzisce e si infuriano le onde). Otavio Vuoi restare sola? Diana Sı`. Andate nell’altra stanza. Fabio Arduo esame! Otavio Sembra pazza. Fabio Sospetta pure di me.

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[Escono Fabio e Ottavio] Diana Vieni un po’ qui, Dorotea. Dorotea Signora, che comandate? Diana Ti chiamo per domandare chi in questa strada passeggia. Dorotea Viene il Marchese Ricardo, mia signora, e a volte il Conte Paris. Diana Da` esatte risposte a cio` che ora ti domando,

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si quieres tener remedio. Dorotea ¿Que´ te puedo yo negar? Diana ¿Con quie´n los has visto hablar? Dorotea Si me pusieses en medio de mil llamas no podre´ decir que, fuera de ti, hablar con nadie los vi que en aquesta casa este´. Diana ¿No te han dado algu´n papel? ¿Ningu´n paje ha entrado aquı´? Dorotea Jama´s. Diana Apa´rtate allı´. Marcela ¡Brava inquisicio´n! Anarda ¡Cruel! Diana Oye, Anarda. Anarda ¿Que´ me mandas? Diana ¿Que´ hombre es e´ste que salio´... Anarda ¿Hombre? Diana ...de esta sala? Y yo se´ los pasos en que andas. ¿Quie´n le trajo a que me viese? ¿Con quie´n habla de vosotras? Anarda No creas tu´ que en nosotras tal atrevimiento hubiese. ¿Hombre, para verte a ti, habı´a de osar traer criada tuya, ni hacer

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o non scampi alle mie ire. Dorotea Cosa ti posso negare? Diana Con chi li hai visti parlare? Dorotea Se anche in mezzo a fiamme a mille mi mettessi, non potrei dire che abbiano parlato, oltre che a te, a qualcun altro che viva nella tua casa. Diana E non ti hanno dato lettere? Nessun paggio e` entrato qui? Dorotea Mai, nessuno. Diana Torna lı`. Marcela Che inquisizione! Anarda Crudele! Diana Anarda! Anarda Cosa comandi? Diana Che uomo e` questo che e` uscito... Anarda Uomo? Diana ...da questa sala? Io conosco tutti i tuoi affari. Chi l’ha aiutato ad entrare per vedermi? Chi di voi? Anarda Non credere che tra noi una tanto possa osare. Un uomo, per te, qui dentro non oserebbe portare una serva tua, ne´ fare

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esa traicio´n contra ti? No, sen˜ora, no lo entiendes. Diana Espera, apa´rtate ma´s, porque a sospechar me das, si engan˜arme no pretendes, que por alguna criada este hombre ha entrado aquı´. Anarda El verte, sen˜ora, ansı´, y justamente enojada, dejada toda cautela, me obliga a decir verdad, aunque contra el amistad que profeso con Marcela. Ella tiene a un hombre amor, y e´l se le tiene tambie´n, mas nunca he sabido quie´n. Diana Negarlo, Anarda, es error. Ya que confiesas lo ma´s, ¿para que´ niegas lo menos? Anarda Para secretos ajenos mucho tormento me das sabiendo que soy mujer; mas basta que hayas sabido que por Marcela ha venido. Bien te puedes recoger, que es so´lo conversacio´n y ha poco que se comienza. Diana ¿Hay tan cruel desvergu¨enza? Buena andara´ la opinio´n de una mujer por casar! ¡Por el siglo, infame gente, del Conde mi sen˜or...! Anarda Tente, y de´jame disculpar; que no es de fuera de casa el hombre que habla con ella, ni para venir a vella

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a te questo tradimento! No, signora, non capisci. Diana Aspetta, vieni piu` qua, perche´ pensare mi fai, se non e` che mi raggiri, che l’uomo sia entrato qui per qualcuna delle serve. Anarda Vedere te giustamente infuriata, e star cosı`, mi priva di ogni cautela nel dirti la verita`, anche contro l’amicizia che professo per Marcela. Per un uomo prova amore, e l’ama anche lui cosı`; non ho mai saputo chi. Diana Negarlo, Anarda, e` un errore. L’informazione mi dai maggiore, e il meno mi neghi? Anarda Per dei segreti non miei molto tormento mi dai, sapendo che sono donna; ti basti avere saputo che per Marcela e` venuto. Puoi anche ritirarti ora, e` solo conversazione ed e` poco che e` iniziata. Diana E` un’indecenza sfacciata! Bella la reputazione di una donna da sposare! Gente infame, benedetta l’anima del Conte...! Anarda Aspetta, permettimi di spiegare: non e` di fuori di casa l’uomo con cui lei conversa, ne´ per venire a vederla

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por esos peligros pasa. Diana ¿En efeto, es mi criado? Anarda Sı´, sen˜ora. Diana ¿Quie´n? Anarda Teodoro. Diana ¿El secretario? Anarda Yo ignoro lo dema´s; se´ que han hablado. Diana Retı´rate, Anarda, allı´. Anarda Muestra aquı´ tu entendimiento. Diana Con ma´s templanza me siento, sabiendo que no es por mı´. ¡Marcela! Marcela

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Romance

¿Sen˜ora?

Diana

Escucha. Marcela ¿Que´ mandas? (Temblando llego.) Diana ¿Eres tu´ de quien fiaba mi honor y mis pensamientos? Marcela Pues que´ te han dicho de mı´, sabiendo tu´ que profeso la lealtad que tu´ mereces? Diana ¿Tu´, lealtad? Marcela ¿En que´ te ofendo? Diana ¿No es ofensa que en mi casa,

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questi pericoli passa. Diana E` dunque un mio servitore? Anarda Sı`, signora. Diana Chi? Anarda Teodoro. Diana Il segretario? Anarda Altro ignoro. So solo che hanno parlato. Diana Anarda, ritorna lı`. Anarda Mostra qui il tuo intendimento. Diana Piu` tranquilla ora mi sento giacche´ non era per me. Marcela! Marcela Signora? Diana Ascolta. Marcela Che ordini? (Vengo ma tremo.) Diana Sei tu quella a cui affidavo il mio onore e ogni pensiero? Marcela Che ti hanno detto di me, sapendo tu che professo la lealta` che ti si deve? Diana Tu? Lealta`? Marcela In cosa ti offendo? Diana Che entri un uomo per parlarti

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y dentro de mi aposento, entre un hombre a hablar contigo? Marcela Esta´ Teodoro tan necio, que dondequiera me dice dos docenas de requiebros. Diana ¿Dos docenas? Bueno, a fe; bendiga el buen an˜o el cielo, pues se venden por docenas. Marcela Quiero decir que, en saliendo o entrando, luego a la boca traslada sus pensamientos. Diana ¿“Traslada”? Te´rmino extran˜o. ¿Y que´ te dice? Marcela No creo que se me acuerda. Diana Sı´ hara´. Marcela Una vez dice: “Yo pierdo el alma por esos ojos”; otra: “yo vivo por ellos. Esta noche no he dormido, desvelando mis deseos en tu hermosura”; otra vez me pide so´lo un cabello para atarlos, porque este´n en su pensamiento quedos. Mas ¿para que´ me preguntas nin˜erı´as? Diana Tu´ a lo menos bien te huelgas. Marcela No me pesa, porque de Teodoro entiendo que estos amores dirige a fin tan justo y honesto como el casarse conmigo.

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in casa mia, nel mio stesso dormitorio, non e` offesa? Marcela Teodoro e` sciocco completo, mi dice lodi a dozzine dovunque e in ogni momento. Diana A dozzine? Ma che bello! Buona annata manda il cielo se si vendono a dozzine! Marcela Volevo dire che, uscendo o entrando, tosto alla bocca trascrive ogni suo pensiero. Diana “Trascrive”? Termine strano. E che ti dice? Marcela Non credo di ricordarlo. Diana Sı` invece. Marcela Dice una volta: “Io perdo l’anima per il tuo sguardo”, e un’altra “Vivo per esso”. “Stanotte non ho dormito, insonne era il desiderio per la tua bellezza”. E poi, mi chiede solo un capello per legarlo, perche´ stia tranquillo nel suo pensiero. Ma perche´ chiedi di cose cosı` puerili? Diana Tu almeno ti diverti... Marcela Non mi pesa, perche´ di Teodoro intendo che questi amori indirizza a fine giusto ed onesto: vuole sposarsi con me.

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Diana Es el fin del casamiento honesto blanco de amor. ¿Quieres que yo trate de esto? Marcela ¿Que´ mayor bien para mı´? Pues ya, sen˜ora, que veo tanta blandura en tu enojo y tal nobleza en tu pecho, te aseguro que le adoro, porque es el mozo ma´s cuerdo, ma´s prudente y entendido, ma´s amoroso y discreto que tiene aquesta ciudad. Diana Ya se´ yo su entendimiento del oficio en que me sirve. Marcela Es diferente el sujeto de una carta en que le pruebas a dos tı´tulos tus deudos, o el verle hablar, ma´s de cerca, en estilo dulce y tierno, razones enamoradas. Diana Marcela, aunque me resuelvo a que os case´is, cuando sea para ejecutarlo tiempo, no puedo dejar de ser quien soy, como ves que debo a mi generoso nombre; porque no fuera bien hecho daros lugar en mi casa. Sustentar mi enojo quiero, pues que ya todos le saben. Tu´ podra´s con ma´s secreto proseguir ese tu amor; que en la ocasio´n yo me ofrezco a ayudaros a los dos; que Teodoro es hombre cuerdo y se ha criado en mi casa, y a ti, Marcela, te tengo la obligacio´n que tu´ sabes, y no poco parentesco.

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Diana Le nozze sono un onesto bersaglio per un amore. Vuoi che io tratti di questo? Marcela Cosa di piu` potrei chiedere! E, signora, giacche´ vedo tal calma nella tua ira e nobilta` nel tuo petto, ti assicuro che lo adoro, perche´ e` il giovane piu` sveglio, piu` prudente e piu` sagace, piu` amoroso e piu` discreto che viva in questa citta`. Diana Conosco il suo intendimento nel lavoro in cui mi serve. Marcela Provarlo nell’argomento di una lettera a due nobili parenti non e` lo stesso che vederselo vicino, in stile piu` dolce e tenero, dire parole d’amore. Diana Marcela, se anche permetto che vi possiate sposare quando giungera` il momento, non posso adesso non essere chi sono, perche´ lo devo all’alto nome che porto; certo non sarebbe bello tollerarvi in casa mia. Mostrero` il mio malcontento che gia` tutti hanno veduto. Tu potrai con piu` segreto mantenere questo amore, e all’occasione prometto io stessa di darvi aiuto, perche´ Teodoro e` discreto e cresciuto in questa casa, ed a te, Marcela, devo quello che tu sai, non poca parentela con te avendo.

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Marcela A tus pies tienes tu hechura. Diana Vete. Marcela Mil veces los beso. Diana Dejadme sola. Anarda ¿Que´ ha sido? Marcela Enojos en mi provecho. Dorotea ¿Sabe tus secretos ya? Marcela Sı´ sabe, y que son honestos.

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Romance

Ha´ganle tres reverencias, y va´yanse. Diana (sola) Soneto Mil veces he advertido en la belleza, 325 gracia y entendimiento de Teodoro, que, a no ser desigual a mi decoro, estimara su ingenio y gentileza. Es el amor comu´n naturaleza, mas yo tengo mi honor por ma´s tesoro, 330 que los respetos de quien soy adoro, y aun el pensarlo tengo por bajeza. La envidia bien se´ yo que ha de quedarme, que, si la suelen dar bienes ajenos, bien tengo de que´ pueda lamentarme; 335 porque quisiera yo que, por lo menos, Teodoro fuera ma´s para igualarme, o yo para igualarle fuera menos. Soneto [Va´yase] Sale Teodoro, y Trista´n. Teodoro No he podido sosegar. Trista´n Y aun es con mucha razo´n,

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Marcela Ai piedi hai la tua creatura. Diana Vai. Marcela Mille baci vi metto. Diana Lasciatemi sola. Anarda Ebbene? Marcela Ire che in mio bene vengono. Dorotea Ha saputo il tuo segreto? Marcela Lo sa, e sa pure che e` onesto.

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Le fanno tre riverenze e se ne vanno. Diana Mille volte ho apprezzato la bellezza, grazia ed intelligenza di Teodoro, che, se non sconvenisse al mio decoro, stimerei per ingegno e gentilezza. E` una natura comune l’amore, ma io ho l’onore per maggior tesoro, giacche´ il rispetto di chi sono adoro, e anche pensarlo reputo bassezza. L’invidia ben lo so che ha da restarmi, giacche´, se la risveglia il bene altrui, ho gia` di cosa posso lamentarmi; dato che io vorrei che, per lo meno, Teodoro fosse piu`, per eguagliarmi, o io per eguagliarlo fossi meno.

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[Va via.] Entrano Teodoro e Trista´n. Teodoro Nemmeno un’ora ho dormito. Trista´n Hai un’ottima ragione;

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que ha de ser tu perdicio´n si lo llega a averiguar. Dı´jete que la dejaras acostar, y no quisiste. Teodoro Nunca el amor se resiste. Trista´n Tiras, pero no reparas. Teodoro Los diestros lo hacen ansı´. Trista´n Bien se´ yo que si lo fueras el peligro conocieras. Teodoro ¿Si me conocio´? Trista´n No y sı´; que no conocio´ quie´n eras, y sospecha le quedo´. Teodoro Cuando Fabio me siguio´, bajando las escaleras, fue milagro no matalle. Trista´n ¡Que´ lindamente tire´ mi sombrero a la luz! Teodoro Fue detenelle y deslumbralle; porque si adelante pasa no le dejara pasar. Trista´n Dije a la luz al bajar: “Di que no somos de casa”, y respondio´me: “Mentı´s”. Alce´, y tire´le el sombrero. ¿Quede´ agraviado? Teodoro Hoy espero mi muerte. Trista´n Siempre decı´s esas cosas los amantes,

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sara` la tua perdizione nel caso riesca a scoprirlo. Ti dicevo di aspettare che dormisse, ma tu niente. Teodoro L’amore non e` paziente. Trista´n Tiri, ma non sai parare. Teodoro I destri fanno cosı`. Trista´n Se lo fossi, e` garantito, riconosceresti il rischio. Teodoro Sapra` che ero io? Trista´n No e sı`. Non ha visto chi eravamo, pero` il sospetto rimane. Teodoro Quando Fabio per le scale mi inseguiva, per miracolo noi non l’abbiamo ammazzato. Trista´n Hai visto come ho tirato il cappello al lampadario? Teodoro L’hai fermato ed accecato; giacche´ io, se non bastava, l’avrei fermato di certo. Trista´n Ho detto al lume, scendendo: “Di’ che non siamo di casa”, e mi ha risposto: “Mentite”. Alzo e gli tiro il cappello. Resto offeso? Teodoro Oggi mi aspetto di morire. Trista´n Sempre dite queste cose, voi amanti,

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cuando menos pena os dan. Teodoro Pues ¿que´ puedo hacer, Trista´n, en peligros semejantes? Trista´n Dejar de amar a Marcela; pues la Condesa es mujer que, si lo llega a saber, no te ha de valer cautela para no perder su casa. Teodoro Y ¿no hay ma´s, sino olvidar? Trista´n Liciones te quiero dar de co´mo el amor se pasa. Teodoro Ya comienzas desatinos. Trista´n Con arte se vence todo. Oye por tu vida el modo, por tan fa´ciles caminos. Primeramente has de hacer resolucio´n de olvidar, sin pensar que has de tornar eternamente a querer; que si te queda esperanza de volver, no habra´ remedio de olvidar, que, si esta´ en medio la esperanza, no hay mudanza. ¿Por que´ piensas que no olvida luego un hombre a una mujer? Porque, pensando volver, va entreteniendo la vida. Ha de haber resolucio´n dentro del entendimiento, con que cesa el movimiento de aquella imaginacio´n. ¿No has visto faltar la cuerda de un reloj, y estarse quedas sin movimiento las ruedas? Pues de esa suerte se acuerda el que tienen las potencias, cuando la esperanza falta.

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quando soffrite di meno. Teodoro Che posso fare, Trista´n, in mezzo ad insidie tali? Trista´n Smetti di amare Marcela, perche´ la Contessa e` donna che basta che se ne accorga, e non ci sara` cautela da farti restare in casa. Teodoro Non c’e` che dimenticare? Trista´n Lezioni ti voglio dare su come l’amore passa. Teodoro Cominci con le sciocchezze. Trista´n Si ottiene tutto col metodo. Stai a sentire, te ne prego, quali facili vie prendere. Per prima cosa, dovrai decidere di scordare, senza pensare che a amare in eterno tornerai; perche´ se resta speranza in te, con nessun rimedio scorderai: se c’e` di mezzo speranza, non c’e` mutanza. Perche´ pensi che non scorda un uomo presto una donna? Perche´ pensando che torna tiene occupata la vita. Dev’esserci decisione dentro, nell’intendimento, per fermare il movimento di quell’immaginazione. Non hai visto quando resta senza corda un orologio? Le rotelle non si muovono! Nell’identica maniera fa il moto delle potenze, quando la speranza manca.

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Teodoro ¿Y la memoria no salta luego a hacer mil diligencias, despertando el sentimiento a que del bien no se prive? Trista´n Es enemigo que vive asido al entendimiento, como dijo la cancio´n de aquel espan˜ol poeta; mas por eso es linda treta vencer la imaginacio´n. Teodoro ¿Co´mo? Trista´n Pensando defetos y no gracias; que, olvidando, defetos esta´n pensando, que no gracias, los discretos. No la imagines vestida con tan linda proporcio´n de cintura, en el balco´n de unos chapines subida. Toda es vana arquitectura; porque dijo un sabio un dı´a que a los sastres se debı´a la mitad de la hermosura. Como se ha de imaginar una mujer semejante, es como un diciplinante que le llevan a curar; esto sı´, que no adornada del costoso faldellı´n. Pensar defetos, en fin, es medecina aprobada. Si de acordarte que vı´as alguna vez una cosa que te parecio´ asquerosa no comes en treinta dı´as, acorda´ndote, sen˜or, de los defetos que tiene, si a la memoria te viene, se te quitara´ el amor.

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Teodoro E la memoria non balza a prender mille accortezze, risvegliando il sentimento perche´ non privi del bene? Trista´n E` un nemico che trattiene legato l’intendimento, come dice la canzone di quel poeta spagnolo; dunque e` un espediente buono usar l’immaginazione. Teodoro Come? Trista´n Pensando difetti, non pregi; nello scordare, difetti devon pensare, non certo grazie, i discreti. Non la pensare vestita con perfetta proporzione del vitino, sul balcone degli alti tacchi salita. E` tutta vana apparenza; ed un saggio sosteneva che alla sarta si doveva la meta` della bellezza. Cosı` si ha da immaginare una donna come quella: un flagellante che venga condotto a farsi curare. E certo, non adornata di gonfie costose gonne; pensar difetti alle donne e` medicina provata. Se al solo tornarti in mente di avere visto una cosa che ti e` sembrata schifosa per giorni non mangi niente, nel ricordarti, signore, se alla memoria ti viene, dei difetti che possiede, ti si togliera` l’amore.

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Teodoro ¡Que´ grosero cirujano! ¡Que´ ru´stica curacio´n! Los remedios, al fin, son como de tu tosca mano. Me´dico impı´rico eres; no has estudiado, Trista´n. Yo no imagino que esta´n de esa suerte las mujeres, sino todas cristalinas, como un vidro transparentes. Trista´n Vidro sı´, muy bien lo sientes, si a verlas quebrar caminas. Mas si no piensas pensar defetos, pensarte puedo, porque ya he perdido el miedo de que podra´s olvidar. Pardiez, yo quise una vez, con esta cara que miras, a una alforja de mentiras, an˜os cinco veces diez; y entre otros dos mil defetos cierta barriga tenı´a, que encerrar dentro podı´a, sin otros mil parapetos, cuantos legajos de pliegos algu´n escritorio apoya, pues como el caballo en Troya pudiera meter los griegos. ¿No has oı´do que tenı´a cierto lugar un nogal, que en el tronco un oficial con mujer y hijos cabı´a, y aun no era la casa escasa? Pues de esa misma manera en esta panza cupiera un tejedor y su casa. Y querie´ndola olvidar, que debio´ de convenirme, dio la memoria en decirme que pensase en blanco azar, en azucena y jazmı´n, en marfil, en plata, en nieve,

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Teodoro Che medico grossolano! Che rustiche medicine! Questo rimedio, alla fine, e` degno della tua mano. Medico empirico sei: non hai studiato, Trista´n. Io non posso immaginare le donne come dicevi, ma piuttosto, cristalline, trasparenti come vetro. Trista´n Saranno vetro davvero se a romperle ti incammini. Se non pensi di pensare difetti, biadarti posso, non sono piu` timoroso che te ne possa scordare. Con questa faccia che vedi, per Giove, amavo una volta di bugie un sacco e una sporta, anni cinque volte dieci; tra altri duemila difetti aveva una pancia tale che ci potevano stare, senza altri mille sostegni, tutti quanti i documenti dello studio d’un notaio, come in quella del cavallo di Troia entravano i greci. Non lo sai che dentro un noce c’era una cavita` tale che ci potevano entrare un artigiano con moglie e figli, e molte altre cose? Entrare in quella maniera nella sua pancia poteva la casa di un tessitore. E, volendola scordare, cosa che mi conveniva, la memoria suggeriva fior d’arancio di pensare, bianco giglio o gelsomino, avorio, argento e anche neve,

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y en la cortina, que debe de llamarse el faldellı´n; con que yo me deshacı´a. Mas tome´ ma´s cuerdo acuerdo, y di en pensar, como cuerdo, lo que ma´s le parecı´a: cestos de calabazones, bau´les viejos, maletas de cartas para estafetas, almofrejes y jergones. Con que se troco´ en desde´n el amor y la esperanza, y olvide´ la dicha panza por siempre jama´s, ame´n; que era tal, que en los dobleces – y no es mucho encarecer – se pudieran esconder cuatro manos de almireces. Teodoro En las gracias de Marcela no hay defetos que pensar. Yo no la pienso olvidar. Trista´n Pues a tu desgracia apela y sigue tan loca empresa. Teodoro Toda es gracias, ¿que´ he de hacer? Trista´n Pensarlas, hasta perder la gracia de la Condesa. Sale la Condesa. Diana Teodoro. Teodoro

(La misma es.) Diana Escucha. Teodoro A tu hechura manda. Trista´n (Si en averiguarlo anda,

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e cortina – come deve chiamarsi l’ampio vestito – e con questo mi struggevo. Ma ho preso piu` accorto accordo, ed ho pensato, da accorto, a cio` a cui piu` somigliava: canestri di zucche grosse, bauli vecchi, borse piene di posta per il corriere, giacigli e sacchi da notte. Cosı` in disprezzo e` finita la speranza con l’amore, e per sempre quel pancione ho scordato, cosı` sia; tra le pieghe c’era spazio – non e` un’esagerazione – per poterci anche nascondere dei pestelli di mortaio. Teodoro Marcela non ha difetto a cui si possa pensare. Non voglio dimenticare. Trista´n Fa’ alla tua disgrazia appello, continua la folle impresa. Teodoro E` tutta grazie, che fare? Trista´n Perdi allora, per pensarle, la grazia della Contessa. Entra la Contessa. Diana Teodoro. Teodoro (E` proprio lei.) Diana Ascolta. Teodoro Sono ai tuoi ordini. Trista´n (Se fa ancora accertamenti,

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de casa volamos tres.) Diana Hame dicho cierta amiga, que desconfı´a de sı´, que el papel que traigo aquı´ le escriba; a hacerlo me obliga la amistad, aunque yo ignoro, Teodoro, cosas de amor; y que le escribas mejor vengo a decirte, Teodoro. Toma y le´ele. Teodoro Si aquı´, sen˜ora, has puesto la mano, igualarle fuera en vano, y fuera soberbia en mı´. Sin verle, pedirte quiero que a esa sen˜ora le envı´es. Diana Le´ele. Teodoro Que desconfı´es me espanto. Aprender espero estilo que yo no se´, que jama´s trate´ de amor. Diana ¿Jama´s, jama´s? Teodoro Con temor de mis defetos no ame´, que soy muy desconfiado. Diana Y se puede conocer de que no te dejas ver, pues que te vas rebozado. Teodoro ¿Yo, sen˜ora? ¿Cua´ndo, o co´mo? Diana Dije´ronme que salio´ anoche acaso y te vio rebozado el mayordomo.

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di casa voliamo in tre.) Diana Mi ha chiesto una certa amica che non si fida di se´, che la carta che ho con me le scriva; e giacche´ e` mia amica, devo farlo, pero` ignoro, Teodoro, cose d’amore; in uno stile migliore la scriverai tu, Teodoro. Prendi e leggila. Teodoro Giacche´, signora, vi hai messo mano, competer sarebbe vano ed anche superbia in me. Senza vederla, ti chiedo che a quella dama la invii. Diana Leggila. Teodoro Che non confidi mi meraviglia. Mi aspetto che cose nuove mi insegni; io mai ho trattato d’amore. Diana Mai, mai? Teodoro Per il timore che avevo dei miei difetti, non ho amato; sono schivo. Diana Questo lo puo` confermare il fatto che suoli andare di notte a viso coperto. Teodoro Io, signora? Come e quando? Diana Dicono che ieri e` uscito il maggiordomo, e ti ha visto incappucciato, per caso.

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Teodoro Andarı´amos burlando Fabio y yo, como solemos, que mil burlas nos hacemos. Diana Lee, lee. Teodoro Estoy pensando que tengo algu´n envidioso. Diana Celoso podrı´a ser. Lee, lee. Teodoro Quiero ver ese ingenio milagroso. (Lea). Amar por ver amar, envidia ha sido; y primero que amar estar celosa es invencio´n de amor maravillosa y que por imposible se ha tenido. De los celos mi amor ha procedido, por pesarme que, siendo ma´s hermosa, no fuese en ser amada tan dichosa que hubiese lo que envidio merecido. Estoy sin ocasio´n desconfiada; celosa sin amor, aunque sintiendo; debo de amar, pues quiero ser amada. Ni me dejo forzar, ni me defiendo. Darme quiero a entender, sin decir nada. Entie´ndame quien puede; yo me entiendo. Diana ¿Que´ dices? Teodoro Que si esto es a propo´sito del duen˜o, no he visto cosa mejor; mas confieso que no entiendo co´mo puede ser que amor venga a nacer de los celos, pues que siempre fue su padre. Diana Porque esta dama sospecho que se agradaba de ver

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Teodoro Stavamo forse scherzando come al solito, io e Fabio: mille burle ci facciamo. Diana Leggi, leggi. Teodoro Sto pensando che qualcuno sia invidioso. Diana Geloso, potrebbe essere. Su, leggi. Teodoro Voglio vedere questo ingegno prodigioso (Legge). Amar vedendo amare invidia e` stato, e prima ancor d’amare esser gelosa e` invenzione d’amore misteriosa che impossibile era considerato. La gelosia il mio amore ha suscitato, pesandomi che essendo piu` graziosa non fossi piu` in amore venturosa da meritare quello che ho invidiato. Senza motivo sono sfiduciata, gelosa senza amore, ma soffrendo; forse amo, giacche´ voglio essere amata. Non mi lascio forzar ne´ mi difendo; senza dire voglio esser decifrata; e mi intenda chi puo`, che io mi intendo. Diana Che ne dici? Teodoro Dico che non ho sentito di meglio, se cosı` accade alla dama; ma ammetto che non comprendo come l’amore sia nato dalla gelosia, sapendo che sempre ne e` stato il padre. Diana Perche´ alla dama, io penso, piaceva vedere il giovane

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este gala´n, sin deseo; y vie´ndole ya empleado en otro amor, con los celos vino a amar y a desear. ¿Puede ser? Teodoro Yo lo concedo; mas ya esos celos, sen˜ora, de algu´n principio nacieron, y e´se fue amor; que la causa no nace de los efetos, sino los efetos de ella. Diana No se´, Teodoro. Esto siento de esta dama, pues me dijo que nunca al tal caballero tuvo ma´s que inclinacio´n; y en vie´ndole amar, salieron al camino de su honor mil salteadores deseos, que le han desnudado el alma del honesto pensamiento con que pensaba vivir. Teodoro Muy lindo papel has hecho. Yo no me atrevo a igualarle. Diana Entra y prueba. Teodoro No me atrevo. Diana Haz esto, por vida mı´a. Teodoro Vusin˜orı´a con esto quiere probar mi ignorancia. Diana Aquı´ aguardo; vuelve luego. Teodoro Yo voy.

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ma senza alcun desiderio; poi, gelosa che impegnato fosse nel corteggiamento di un’altra, amo` e bramo`... puo` essere? Teodoro Lo concedo; ma la gelosia, signora, sara` nata, io ritengo, da un principio, che e` l’amore; la causa produce effetto, non nasce certo da lui. Diana Non lo so, Teodoro; sento questo, perche´ quella dama per il cavaliere, ha detto, non ebbe che inclinazione, finche´, che amava vedendo, sulla strada del suo onore mille desideri vennero come briganti a spogliarle l’anima di ogni pensiero onesto con cui viveva. Teodoro Proprio un bel componimento. Non oso fare altrettanto. Diana Prova. Teodoro Non oso davvero. Diana Fallo, per la vita mia. Teodoro Signora, tu vuoi con questo provare la mia ignoranza. Diana Aspetto qui; torna presto. Teodoro Vado.

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[Va´yase]. Diana

Escucha, Trista´n. Trista´n A ver lo que mandas vuelvo, con vergu¨enza de estas calzas; que el secretario, mi duen˜o, anda falido estos dı´as, y hace mal un caballero, sabiendo que su lacayo le va sirviendo de espejo, de lucero y de cortina, en no traerle bien puesto. Escalera del sen˜or, si va a caballo, un discreto nos llamo´, pues a su cara se sube por nuestros cuerpos. No debe de poder ma´s. Diana ¿Juega? Trista´n ¡Pluguiera a los cielos! Que a quien juega nunca faltan, de esto o de aquello, dineros. Antiguamente los reyes algu´n oficio aprendieron, por, si en la guerra o la mar perdı´an su patria y reino, saber con que´ sustentarse. Dichosos los que, pequen˜os, aprendieron a jugar; pues en faltando, es el juego un arte noble, que gana con poca pena el sustento. Vera´s un grande pintor, acrisolando el ingenio, hacer una imagen viva, y decir el otro necio que no vale diez escudos; y que el que juega, en diciendo ‘paro’, con salir la suerte, le sale a ciento por ciento.

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[Va via]. Diana

Vieni qui, Trista´n. Trista´n A prendere ordini vengo, vergognoso dei calzoni, perche´ il mio padrone adesso non ha il becco d’un quattrino, pero` fa male, sapendo che a un cavaliere il lacche´ serve sempre come specchio, come ornamento e cortina, a non tenerlo ben messo. Scalinata del signore, se va a cavallo, un discreto ci chiama, perche´ per noi si sale al volto di quello. Non credo che abbia piu` soldi. Diana Gioca? Trista´n Lo volesse il cielo! Chi gioca non e` mai a corto di soldi, tra questo e quello. Anticamente i regnanti qualche mestiere apprendevano, perche´ se in guerra o per mare avessero perso il regno, potessero mantenersi. Beato colui che ha appreso, fin da piccolo, a giocare; e` arte nobile, e occorrendo, con quest’arte si guadagna facilmente l’alimento. Vedrai un grande pittore, col crogiuolo del suo ingegno, fare un’immagine viva, mentre dice un altro, inetto, che non vale dieci scudi; e il giocatore, dicendo solo “sto”, se c’e` fortuna, ne guadagna a cento a cento.

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Diana En fin, no juega. Trista´n

Es cuitado. Diana A la cuenta sera´ cierto tener amores. Trista´n ¿Amores? ¡Oh que´ donaire, es un hielo! Diana Pues un hombre de su talle, gala´n, discreto y mancebo, ¿no tiene algunos amores de honesto entretenimiento? Trista´n Yo trato en paja y cebada, no en papeles y requiebros. De dı´a te sirve aquı´; que esta´ ocupado sospecho. Diana ¿Pues nunca sale de noche? Trista´n No le acompan˜o, que tengo una cadera quebrada. Diana ¿De que´, Trista´n? Trista´n Bien te puedo responder lo que responden las mal casadas, en viendo cardenales en su cara del mojico´n de los celos: “Rode´ por las escaleras”. Diana ¿Rodaste? Trista´n Por largo trecho; con las costillas conte´ los pasos. Diana Forzoso es eso,

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Diana Dunque non gioca. Trista´n

Ha paura. Diana Allora passera` il tempo negli amori. Trista´n Negli amori? Stai scherzando! Ma se e` un gelo! Diana Un uomo con il suo aspetto, giovane, fine e discreto, puo` mai non avere amori di onesto intrattenimento? Trista´n Io tratto di paglia e biada, non carte e corteggiamento. Tutto il giorno e` al tuo servizio, che sia occupato ritengo. Diana Di notte non esce mai? Trista´n Io non lo accompagno, avendo un’anca assai malandata. Diana Come mai? Trista´n Dico lo stesso che dice a chi glielo chiede la moglie d’uomo violento, quando ha i lividi sul volto dei pugni gelosi effetto: “son caduto dalle scale”. Diana Caduto? Trista´n Per un bel pezzo: con le costole ho contato i gradini. Diana E` stato certo

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si a la la´mpara, Trista´n, le tirabas el sombrero. Trista´n (¡Oste puto! ¡Vive Dios que se sabe todo el cuento!) Diana ¿No respondes? Trista´n Por pensar cua´ndo; pero ya me acuerdo. Anoche andaban en casa unos murcie´galos negros; el sombrero los tiraba, fue´se a la luz uno de ellos, y acerte´, por dar en e´l, en la la´mpara, y tan presto por la escalera rode´, que los dos pies se me fueron. Diana Todo esta´ muy bien pensado; pero un libro de secretos dice que es buena la sangre para quitar el cabello – de esos murcie´galos digo – y hare´ yo sacarla luego, si es cabello la ocasio´n, para quitarla con ellos. Trista´n (¡Vive Dios que hay chamusquina, y que por murciegalero me pone en una galera!) Diana (¡Que´ traigo de pensamientos!)

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Sale Fabio. Fabio Aquı´ esta´ el Marque´s Ricardo. Diana Poned esas sillas luego.

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perche´ sul lume, Trista´n, hai lanciato il tuo cappello. Trista´n (Orco cane, vivaddio, sa gia` tutto il fattarello!) Diana Non rispondi? Trista´n Sto pensando... Ecco, adesso mi rammento. Ieri sera c’era in casa qualche pipistrello nero; uno di essi vola al lume mentre gli tiro il cappello, ed e` allora che ho colpito la lampada, e cosı` svelto per le scale ho rotolato che i piedi mi sono perso. Diana Tutto e` molto ben pensato; pero` io ho letto un rimedio in un libro di segreti: il sangue di un pipistrello non fa piu` crescere chioma; di fargliene estrarre penso, e se e` chioma l’occasione, andra` anche lei via con quello. Trista´n (Sento puzza di bruciato; che questa del pipistrello sia per mandarmi in galera?) Diana (Quante cose ho nel pensiero!) Entra Fabio. Fabio Ecco il Marchese Riccardo. Diana Portate le sedie, presto.

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Sale Ricardo, Marque´s, y Celio. Ricardo Con el cuidado que el amor, Diana, pone en un pecho que aquel fin desea que la mayor dificultad allana – e´l mismo quiere que te adore y vea – solicito mi causa, aunque por vana esta ambicio´n algu´n contrario crea, que, dando ma´s lugar a su esperanza, tendra´ menos amor que confianza. Esta´ Vusin˜orı´a tan hermosa que estar buena el mirarla me asegura, que en la mujer – y es bien pensada cosa – la ma´s cierta salud es la hermosura; que en estando gallarda, alegre, airosa, es necedad, es inorancia pura llegar a preguntarle si esta´ buena, que todo entendimiento la condena. Sabiendo que lo esta´is, como lo dice la hermosura, Diana, y la alegrı´a, de mı´, si a la razo´n no contradice, saber, sen˜ora, co´mo estoy querrı´a. Diana Que Vuestra Sen˜orı´a solenice lo que en Italia llaman gallardı´a por hermosura, es digno pensamiento de su buen gusto y claro entendimiento; que me pregunte co´mo esta´, no creo que soy tan duen˜o suyo que lo diga. Ricardo Quien sabe de mi amor y mi deseo el fin honesto, a este favor se obliga. A vuestros deudos inclinados veo para que en lo tratado se prosiga; so´lo falta, sen˜ora, vuestro acuerdo, porque sin e´l las esperanzas pierdo. Si, como soy sen˜or de aquel estado que con igual nobleza herede´ agora, lo fuera desde el sur ma´s abrasado a los primeros pan˜os del aurora; si el oro de los hombres adorado, las congeladas la´grimas que llora el cielo, o los diamantes orientales,

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Entra Ricardo, Marchese, e Celio. Ricardo Con l’apprensione che l’amore, Diana, mette in un petto che quel fine spera che la difficolta` maggiore appiana, – lui stesso vuole che ti adori e veda – sostengo la mia causa, anche se vana ambizione qualche rival la creda, che, dando di speranza maggior mostra, essere illuso piu` che amar dimostra. Sı` bella appare la Signoria Vostra che mostra di star bene con chiarezza; e nella donna – ben pensata cosa – la piu` certa salute e` la bellezza; essendo allegra, gagliarda, graziosa e` un’ignoranza pura, e` insensatezza, osare domandarle se sta bene; ogni mente sensata ne conviene. Sapendovi in salute, come dice la bellezza, Diana, con l’allegria, se la ragione non mi contraddice, vorrei sapere pure come io stia. Diana Se Vostra Signoria mi attribuisce cio` che in Italia chiaman gagliardia come bellezza, e` degno sentimento del suo buon gusto e chiaro intendimento; se chiede come sta, non tanto credo di essere sua signora da saperlo. Ricardo Chi sa dell’amor mio e del desiderio l’onesto fine, ben merita questo. I familiari vostri vedo inclini, a che le trattative abbiano seguito. Manca solo oramai il vostro consenso, senza il quale io la speranza perdo. Se, come io possiedo quello stato che con nobilta` uguale eredito ora, fossi signore dal Sud piu` infocato fino ai primi velami dell’aurora, e se l’oro dagli uomini adorato, le congelate lacrime che gronda il cielo, oppure i diamanti orientali

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que abrieron por el mar caminos tales, tuviera yo, lo mismo os ofreciera; y no dude´is, sen˜ora, que pasara adonde el sol apenas luz me diera, como a so´lo serviros importara; en campan˜as de sal pies de madera por las remotas aguas estampara, hasta llegar a las australes playas, del humano poder u´ltimas rayas. Diana Creo, sen˜or Marque´s, el amor vuestro y, satisfecha de nobleza tanta, hare´ tratar el pensamiento nuestro, si el Conde Federico no le espanta. Ricardo Bien se´ que en trazas es el Conde diestro, porque en ninguna cosa me adelanta; mas yo fı´o de vos, que mi justicia los ojos cegara´ de su malicia.

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Sale Teodoro. Teodoro Ya lo que mandas hice. Ricardo

Si ocupada Vusen˜orı´a esta´, no sera´ justo hurtarle el tiempo. Diana No importara nada, puesto que a Roma escribo. Ricardo No hay disgusto como en dı´a de cartas dilatada visita. Diana Sois discreto. Ricardo En daros gusto. Celio ¿que´ te parece? Celio Que quisiera que ya tu justo amor premio tuviera.

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che hanno aperto per mare strade tali, avessi io, tutto vi avrei offerto; credetelo, signora, arriverei fin dove il lume del sole e` piu` incerto, e solo per servirvi cio` farei; in campagne di sal piedi di legno per le acque piu` remote imprimerei, fin quando toccherei gli australi lidi, dell’umano potere ultimi limiti. Diana Credo, Marchese, nell’amore vostro, e, soddisfatta di nobilta` tanta, faro` trattar questo pensiero nostro, se il Conte Federico non reclama. Ricardo Bene i tranelli del Conte conosco, anche se in nulla egli mi sopravanza, ma mi fido di voi; la mia giustizia lo sguardo accechera` alla sua malizia.

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Entra Teodoro. Teodoro Ecco quello che hai chiesto. Ricardo

Se occupata e` Vostra Signoria, non sara` giusto rubarle tempo. Diana Cio` non ha importanza, anche se a Roma scrivo. Ricardo E` un gran disturbo, in dı` di lettere, una prolungata visita. Diana Siete accorto. Ricardo In darvi gusto. Celio, che pensi? Celio Che mi piacerebbe che ora il tuo giusto amore premio avesse.

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Vase Ricardo [y Celio.] Diana ¿Escribiste? Teodoro

Redondillas

Diana

Redondillas

Ya escribı´, aunque bien desconfiado; mas soy mandado y forzado. 755 Diana Muestra. Teodoro Lee. Diana Dice ası´: Lee Redondillas Querer por ver querer, envidia fuera, Soneto si quien lo vio, sin ver amar no amara; porque si antes de amar, no amar pensara, despue´s no amara, puesto que amar viera. 760 Amor que lo que agrada considera en ajeno poder, su amor declara; que como la color sale a la cara, sale a la lengua lo que al alma altera. No digo ma´s, porque lo ma´s ofendo 765 desde lo menos, si es que desmerezco, porque del ser dichoso me defiendo. Esto que entiendo solamente ofrezco; que lo que no merezco, no lo entiendo por no dar a entender que lo merezco. Soneto 770 Muy bien guardaste el decoro. Teodoro ¿Bu´rlaste? Diana (¡Pluguiera a Dios!) Teodoro ¿Que´ dices? Diana Que de los dos el tuyo vence, Teodoro. Teodoro Pe´same, pues no es pequen˜o

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Va via Ricardo [con Celio]. Diana Hai scritto dunque? Teodoro

Sı`, ho scritto, anche se assai scoraggiato, ma comandato e forzato. Diana Mostra. Teodoro Leggi. Diana Ecco. C’e` scritto: Legge:

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Amar vedendo amar sarebbe stato invidia, se chi vide non amava gia` prima, e se di non amar pensava, vedendo amare non avrebbe amato. Amor, che spesso crede cio` che brama esser d’un altro, dichiara il suo amore; e cosı` come al viso esce il colore, esce alla lingua cio` che turba l’anima. Non dico piu`, giacche´ il piu` cosı` offendo essendo meno, se e` che non lo merito perche´ da esser felice mi difendo. Cio` che ho capito sto soltanto offrendo, quel che non merito nemmeno lo intendo per non dare ad intender che lo merito.

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Diana Bene hai tenuto il decoro. Teodoro Ti burli? Diana (Piacesse a Dio!) Teodoro Che dici? Diana Rispetto al mio e` il tuo che vince, Teodoro. Teodoro Mi pesa, perche´ sovente

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principio de aborrecer un criado, el entender que sabe ma´s que su duen˜o. De cierto rey se conto´ que le dijo a un gran privado: “Un papel me da cuidado, y si bien le he escrito yo, quiero ver otro de vos y el mejor escoger quiero”. Escribio´le el caballero, y fue el mejor de los dos. Como vio que el rey decı´a que era su papel mejor, fuese, y dı´jole al mayor hijo, de tres que tenı´a: “Va´monos del reino luego, que en gran peligro estoy yo”. El mozo le pregunto´ la causa, turbado y ciego, y respondio´le: “Ha sabido el rey que yo se´ ma´s que e´l”; que es lo que en este papel me puede haber sucedido. Diana No, Teodoro, que aunque digo que es el tuyo ma´s discreto, es porque sigue el conceto de la materia que sigo, y no para que presuma tu pluma que, si me agrada, pierdo el estar confiada de los puntos de mi pluma; fuera de que soy mujer, a cualquier error sujeta, y no se´ si muy discreta, como se me echa de ver. Desde lo menos aquı´ dices que ofendes lo ma´s, y amando, engan˜ado esta´s, porque en amor no es ansı´; que no ofende un desigual amando, pues so´lo entiendo que se ofende aborreciendo.

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cosı` incomincia il padrone a odiare il suo servitore: vedendo che e` piu` sapiente. Un certo re aveva detto, si narra, a un gran consigliere: “Una lettera mi preme; se anche l’ho scritta io stesso, ne voglio un’altra da voi, per poi la migliore scegliere”. La compose il cavaliere e fece meglio di lui. Ma quando sentı` il re dire che la sua era la migliore, se ne ando`, chiamo` il maggiore dei suoi tre figli e gli disse: “Il regno lasciamo, presto, perche´ in grave rischio sto”. Il figlio gli domando` la causa, turbato e cieco; lui rispose: “Il re ha saputo che lo supero in sapienza”; e` cio` che con questa lettera io rischio che sia accaduto. Diana No, Teodoro; anche se dico che questo tuo e` piu` discreto, e` perche´ segue il concetto della materia del mio, e non perche´ la tua penna creda che, perche´ mi piace, non altrettanto capace io la mia penna ritenga; anche se sono una donna, ad ogni errore soggetta, non so se cosı` discreta come mi appare alle volte. Dici che dal meno qui offenderesti il di piu`, ma in amore sbagli tu, l’amore non e` cosı`: non offende un disuguale amando; solo, ritengo, si offende disprezzo avendo.

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Teodoro Esa es razo´n natural; mas pintaron a Faetonte y a I´caro despen˜ados, uno en caballos dorados, precipitado en un monte, y otro con alas de cera, derretido en el crisol del sol. Diana No lo hiciera el sol si, como es sol, mujer fuera. Si alguna cosa sirvieres alta, sı´rvela y confı´a, que amor no es ma´s que porfı´a; no son piedras las mujeres. Yo me llevo este papel, que despacio me conviene verle. Teodoro Mil errores tiene. Diana No hay error ninguno en e´l. Teodoro Honras mi deseo. Aquı´ traigo el tuyo. Diana Pues alla´ le guarda; aunque bien sera´ rasgarle. Teodoro ¿Rasgarle? Diana Sı´; que no importa que se pierda, si se puede perder ma´s. Va´yase. Teodoro Fuese. ¿Quie´n penso´ jama´s de mujer tan noble y cuerda este arrojarse tan presto

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Teodoro E` ragione naturale; ma dipingono Fetonte e Icaro precipitando, l’uno da un carro dorato, sfracellato sopra un monte, l’altro con le ali di cera sciolte nel grande crogiolo del sole. Diana Lo avrebbe sciolto se fosse stato una donna? Se un’altezza corteggiassi corteggia pure, e confida; l’amore non e` che sfida, non sono le donne sassi. Porto con me questo foglio, perche´ con calma bisogna che lo veda. Teodoro Ha mille errori. Diana Errori non ce ne sono. Teodoro Onori il mio desiderio. Io ho qui il tuo. Diana Tienilo la`; anche se meglio sara` strapparlo. Teodoro Strapparlo? Diana Sı`; non importa che si perda, se ben altro si puo` perdere. Esce. Teodoro E` andata via. Chi puo` credere che una donna come quella, alta e accorta, cosı` presto

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a dar su amor a entender? Pero tambie´n puede ser que yo me engan˜ase en esto. Mas no me ha dicho jama´s, ni a lo menos se me acuerda: “¿Pues que´ importa que se pierda, si se puede perder ma´s?” ¿“Perder ma´s”? Bien puede ser por la mujer que decı´a. Mas todo es bachillerı´a, y ella es la misma mujer. Aunque no, que la Condesa es tan discreta y tan varia, que es la cosa ma´s contraria de la ambicio´n que profesa. Sı´rvenla prı´ncipes hoy en Na´poles, que no puedo ser su esclavo. Tengo miedo, que en grande peligro estoy. Ella sabe que a Marcela sirvo; pues aquı´ ha fundado el engan˜o, y me ha burlado. Pero en vano se recela mi temor, porque jama´s, burlando, salen colores. ¿Y el decir con mil temores “que se puede perder ma´s”? ¿Que´ rosa, al llorar la aurora, hizo de las hojas ojos, abriendo los labios rojos con risa a ver co´mo llora, como ella los puso en mı´, ban˜ada en pu´rpura y grana? O ¿que´ pa´lida manzana se esmalto´ de carmesı´? Lo que veo y lo que escucho, yo lo juzgo, o estoy loco, para ser de veras, poco, y para de burlas, mucho. Mas teneos, pensamiento, que os vais ya tras la grandeza; aunque si digo belleza, bien sabe´is vos que no miento, que es bellı´sima Diana, y en discrecio´n sin igual.

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lasciasse il suo amore intendere? Pero` potrebbe anche essere che io mi inganni su questo. Ma non mi aveva mai detto – perlomeno, non mi sembra – “non importa che si perda, se ben altro si puo` perdere”. “Ben altro”? Certo, puo` essere per quella dama sua amica... No, questo e` tutto un sofisma, quella dama e` proprio lei. O forse no, la Contessa e` cosı` discreta e varia, che e` la cosa piu` contraria della brama che professa. La corteggiano dei principi, oggi a Napoli, e non posso esser suo schiavo; e` rischioso, e temo gravi pericoli. Dunque lei sa che Marcela corteggio; su cio` ha fondato quest’inganno, e mi ha burlato. Ma il mio timore sospetta invano, e non e` da credere che si arrossisca burlando. E che si dica tremando che “ben altro si puo` perdere”? Che rosa, quando l’aurora pianse, ha fatto occhi le foglie, aprendo le labbra rosse in riso a veder quel pianto, come lei quando poso` i suoi in me, in porpora e grana bagnata, o che mela chiara tanto carminio sfoggio`? Le cose che vedo e ascolto, se non sono pazzo, sono, per essere vere, poco, e per esser burle, molto... Ma trattieniti, pensiero, che gia` insegui la grandezza; e se dicessi bellezza gia` sapresti che non mento, perche´ e` bellissima Diana, e discreta senza uguale.

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Sale Marcela. Marcela ¿Puedo hablarte? Teodoro

Ocasio´n tal mil imposibles allana; que por ti, Marcela mı´a, la muerte me es agradable. Marcela Como yo te vea y hable, dos mil vidas perderı´a. Estuve esperando el dı´a como el pajarillo solo, y cuando vi que, en el polo que Apolo ma´s presto dora, le despertaba la aurora, dije: “Yo vere´ mi Apolo”. Grandes cosas han pasado, que no se quiso acostar la Condesa, hasta dejar satisfecho su cuidado. Amigas que han envidiado mi dicha, con deslealtad le han contado la verdad; que entre quien sirve, aunque veas que hay amistad, no la creas, porque es fingida amistad. Todo lo sabe en efeto, que si es Diana la luna, siempre a quien ama importuna, salio´, y vio nuestro secreto; pero sera´, te prometo, para mayor bien, Teodoro, que del honesto decoro con que tratas de casarte le di parte, y dije aparte cua´n tiernamente te adoro. Tus prendas le encarecı´, tu estilo, tu gentileza; y ella entonces su grandeza mostro´ tan piadosa en mı´, que se alegro´ de que en ti hubiese los ojos puesto,

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Entra Marcela. Marcela Posso parlarti? Teodoro

Una tale occasione i rischi appiana; e per te, Marcela mia, la morte potrei affrontare. Marcela Per vederti e per parlare vite ne darei duemila. Aspettavo il nuovo giorno come un uccellino solo, e quando ho visto che al polo che Apollo per primo dora lo risvegliava l’aurora, ho detto: “vedro` il mio Apollo”. Son successe tali cose, che a letto non volle andare Diana prima di appurare preoccupata la ragione. Allora amiche invidiose del mio bene, con slealta`, dissero la verita`, perche´ se vedi in chi serve amicizia, non la credere; falsa amicizia sara`. Ora sa tutto, in effetto; e giacche´ Diana e` la luna, che chi ama sempre importuna, spunto` a vedere il segreto; pero` sara`, ti prometto, per maggior bene, Teodoro, perche´ l’onesto decoro con cui vorresti sposarti le ho detto, e le ho detto quanto teneramente ti adoro. I tuoi pregi ho detto a lei, il tuo stile e gentilezza, e lei nella sua grandezza mostro` gran pieta` per me, rallegrandosi che in te i miei occhi avessi messo,

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y de casarnos muy presto palabra tambie´n me dio, luego que de mı´ entendio´ que era tu amor tan honesto. Yo pense´ que se enojara y la casa revolviera, que a los dos nos despidiera y a los dema´s castigara; mas su sangre ilustre y clara, y aquel ingenio en efeto tan prudente y tan perfeto, conocio´ lo que mereces. ¡Oh, bien haya, ame´n mil veces, quien sirve a sen˜or discreto! Teodoro ¿Que casarme prometio´ contigo? Marcela ¿Pones en duda que a su ilustre sangre acuda? Teodoro (Mi ignorancia me engan˜o´. ¡Que´ necio pensaba yo que hablaba en mı´ la Condesa! De haber pensado me pesa que pudo tenerme amor, que nunca tan alto azor se humilla a tan baja presa.) Marcela ¿Que´ murmuras entre ti? Teodoro Marcela, conmigo hablo´; pero no se declaro´ en darme a entender que fui el que embozado salı´ anoche de su aposento. Marcela Fue discreto pensamiento, por no obligarse al castigo de saber que hable´ contigo, si no lo es el casamiento; que el castigo ma´s piadoso de dos que se quieren bien

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e di sposarci assai presto la sua parola mi diede, dopo che venne a sapere da me che il tuo amore e` onesto. Pensavo che si arrabbiasse e rivoltasse la casa, cacciasse noi due, sdegnata, e anche gli altri castigasse; pero` il suo nobile sangue e quel cosı` chiaro ingegno tanto prudente e perfetto cio` che vali riconosce. Sia beato mille volte chi ha un padrone discreto! Teodoro Di sposarmi ha assicurato con te? Marcela Metti in dubbio che abbia dimostrato nobilta`? Teodoro (L’ignoranza mi ha ingannato. Che sciocco! Di me pensavo che parlasse la Contessa! Aver pensato mi pesa che fosse per me il suo amore, giacche´ mai cosı` alto astore scende a cosı` bassa preda.) Marcela Che stai dicendo tra te? Teodoro Marcela, con me ha parlato, pero` non mi ha rivelato di avere saputo che ero io colui che e` fuggito a viso coperto. Marcela E` stato un saggio pensiero, per non essere obbligata a castigare, avvisata che ti ho parlato; e davvero che il castigo piu` pietoso, se due si vogliono bene,

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es casarlos. Teodoro

Dices bien, y el remedio ma´s honroso. Marcela ¿Querra´s tu´? Teodoro Sere´ dichoso. Marcela Confı´rmalo. Teodoro Con los brazos, que son los rasgos y lazos de la pluma del amor; pues no hay ru´brica mejor que la que firman los brazos.

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Sale la Condesa. Diana Esto se ha enmendado bien. Agora estoy muy contenta, que siempre a quien reprehende da gran gusto ver la enmienda. No os turbe´is ni os altere´is. Teodoro Dije, sen˜ora, a Marcela, que anoche salı´ de aqui con tanto disgusto y pena de que Vuestra Sen˜orı´a imaginase en su ofensa este pensamiento honesto para casarme con ella, que me he pensado morir; y da´ndome por respuesta que mostrabas en casarnos tu piedad y tu grandeza, dile mis brazos; y advierte que, si mentirte quisiera, no me faltara un engan˜o; pero no hay cosa que venza como decir la verdad

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e` sposarli. Teodoro

Dici bene; la cura che piu` si addice. Marcela Lo vuoi? Teodoro Ne sono felice. Marcela Lo confermi? Teodoro Con l’abbraccio, che e` il ghirigoro intrecciato della penna dell’amore, e non c’e` firma migliore di quella apposta abbracciando.

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Entra la Contessa. Diana Tutto si e` risolto bene. Adesso sono contenta, perche´ chi riprende ha gusto a veder la giusta ammenda. Non vi turbate o alterate. Teodoro Stavo dicendo a Marcela che ieri uscivo di qui, signora, con tale pena, temendo Vossignoria credesse che era in sua offesa questo mio onesto pensiero di sposarmi con Marcela, che pensavo di morire; ma giacche´ ora lei mi afferma che mostri nello sposarci la tua indulgenza e grandezza, l’ho abbracciata; sai di certo che se un inganno si cerca, lo si trova, per mentire; ma dire una cosa vera e` cio` che meglio puo` vincere

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a una persona discreta. Diana Teodoro, justo castigo la deslealtad mereciera de haber perdido el respeto a mi casa; y la nobleza que use´ anoche con los dos no es justo que parte sea a que os atreva´is ansı´; que en llegando a desvergu¨enza el amor, no hay privilegio que el castigo le defienda. Mientras no os casa´is los dos, mejor estara´ Marcela cerrada en un aposento; que no quiero yo que os vean juntos las dema´s criadas, y que por ejemplo os tengan para casa´rseme todas. ¡Dorotea! ¡Ah, Dorotea!

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Sale Dorotea. Dorotea ¿Sen˜ora? Diana

Toma esta llave, y en mi propia cuadra encierra a Marcela, que estos dı´as podra´ hacer labor en ella. No dire´is que esto es enojo. Dorotea ¿Que´ es esto, Marcela? Marcela Fuerza de un poderoso tirano y una rigurosa estrella; encie´rrame por Teodoro. Dorotea Ca´rcel aquı´ no la temas, que para puertas de celos tiene Amor llave maestra.

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una persona discreta. Diana Teodoro, un giusto castigo meriterebbe l’offesa di avere perso il rispetto per casa mia; e l’indulgenza che ho avuto ieri per voi non e` bene che sia resa complice di tanto osare; se si fa svergognatezza l’amore, non c’e` indulgenza che dal castigo difenda. Finche´ non vi sposerete, e` meglio che stia Marcela in una stanza rinchiusa; non voglio che vi si veda insieme, e dalle altre serve cio` come esempio si prenda. Non mi si sposino tutte! Dorotea! Ehi, Dorotea!

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Entra Dorotea. Dorotea Signora? Diana

Ecco una chiave. Nella mia saletta stessa chiudi Marcela; al ricamo potra` dedicarsi in essa. E non si dica che e` ira. Dorotea Che vuol dire cio`, Marcela? Marcela Forza di una tirannia e di una severa stella. Mi rinchiude per Teodoro. Dorotea Non sara` prigione stretta; per porte di gelosia l’Amore ha chiave maestra.

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Va´yanse las dos; queden la Condesa y Teodoro. Diana ¿En fin, Teodoro, tu´ quieres casarte? Teodoro Yo no quisiera hacer cosa sin tu gusto; y cre´eme que mi ofensa no es tanta como te han dicho, que bien sabes que con lengua de escorpio´n pintan la envidia, y que si Ovidio supiera que´ era servir, no en los campos, no en las montan˜as desiertas pintara su escura casa; que aquı´ habita, y aquı´ reina. Diana Luego ¿no es verdad que quieres a Marcela? Teodoro Bien pudiera vivir sin Marcela yo. Diana Pues dı´ceme que por ella pierdes el seso. Teodoro Es tan poco, que no es mucho que le pierda; mas crea Vusin˜orı´a que, aunque Marcela merezca esas finezas, en mı´ no ha habido tantas finezas. Diana Pues ¿no le has dicho requiebros tales, que engan˜ar pudieran a mujer de ma´s valor? Teodoro Las palabras poco cuestan. Diana ¿Que´ le has dicho, por mi vida? ¿Co´mo, Teodoro, requiebran los hombres a las mujeres?

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Vanno via entrambe; restano la Contessa e Teodoro. Diana Infine, Teodoro, vuoi sposarti? Teodoro Non vorrei senza il tuo permesso far nulla; e credi che la mia offesa non e` tanta come dicono; l’invidia si rappresenta con la lingua di scorpione, lo sai. Se Ovidio cos’era servire avesse saputo, non in montagna deserta ne´ in campo avrebbe dipinto la sua casa; e` qui che regna. Diana Non e` vero allora che ami Marcela? Teodoro Con lei o senza, potrei vivere lo stesso. Diana Eppure lei mi diceva che per lei perdi il cervello. Teodoro Non e` molto che si perda, se e` cosı` poco; e credete, che anche se Marcela merita queste finezze, c’e` stata appena qualche finezza. Diana Non le hai fatto lodi tali che anche ben altra altezza avrebbero fatto illudere? Teodoro La parola poco pesa. Diana Che hai detto, per la mia vita? Teodoro, in quale maniera corteggia un uomo una donna?

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Teodoro Como quien ama y quien ruega, vistiendo de mil mentiras una verdad, y e´sa apenas. Diana Sı´, pero ¿con que´ palabras? Teodoro Extran˜amente me aprieta Vusen˜orı´a. “Esos ojos”, le dije, “esas nin˜as bellas son luz con que ven los mı´os, y los corales y perlas de esa boca celestial”. Diana ¿“Celestial”? Teodoro Cosas como e´stas son la cartilla, sen˜ora, de quien ama y quien desea. Diana Mal gusto tienes, Teodoro. No te espantes de que pierdas hoy el cre´dito conmigo, porque se´ yo que en Marcela hay ma´s defectos que gracias, como la miro ma´s cerca. Sin esto, porque no es limpia no tengo pocas pendencias con ella... Pero no quiero desenamorarte de ella; que bien pudiera decirte cosas... Pero aquı´ se quedan sus gracias o sus desgracias, que yo quiero que la quieras y que os case´is en buen hora. Mas, pues de amador te precias, dame consejo, Teodoro, – ansı´ a Marcela poseas – para aquella amiga mı´a, que ha dı´as que no sosiega de amores de un hombre humilde; porque si en quererle piensa ofende su autoridad,

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Teodoro Come chi ama e chi prega, di mille bugie vestendo qualcosa che e` vero appena. Diana Sı`, pero`... con che parole? Teodoro Singolarmente mi assedia Vostra Signoria. “Questi occhi, queste tue pupille belle sono luce con cui vedono i miei; e corallo e perle della bocca celestiale...”. Diana “Celestiale”? Teodoro Chi corteggia sa a memoria un sillabario di espressioni come questa. Diana Cattivo gusto hai, Teodoro. Non ti stupisca che scenda l’opinione che ho di te, dato che so che Marcela ha piu` difetti che pregi, piu` da vicino vedendola. Poi non essendo una donna molto pulita, ho sospesa qualche questione con lei... Ma non voglio di Marcela disamorarti, anche avendo da dirti altro... Qui resta la sua grazia o sua disgrazia; io voglio che tu la prenda in moglie e le voglia bene. Ma dato che vanti questa abilita` d’amatore, dimmi – e sia pur tua Marcela – per quella dama mia amica, cui da giorni non da` tregua l’amore che ha per un umile; giacche´ se di amarlo pensa lede la sua autorita`,

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y si de quererle deja pierde el juicio de celos que el hombre, que no sospecha tanto amor, anda cobarde, aunque es discreto, con ella. Teodoro ¿Yo, sen˜ora, se´ de amor? No se´, por Dios, co´mo pueda aconsejarte. Diana ¿No quieres, como dices, a Marcela? ¿No le has dicho esos requiebros? Tuvieran lengua las puertas, que ellas dijeran... Teodoro No hay cosa que decir las puertas puedan. Diana Ea, que ya te sonrojas, y lo que niega la lengua confiesas con las colores. Teodoro Si ella te lo ha dicho, es necia. Una mano le tome´, y no me quede´ con ella, que luego se la volvı´. No se´ yo de que´ se queja. Diana Sı´, pero hay manos que son como la paz de la iglesia, que siempre vuelven besadas. Teodoro Es necı´sima Marcela. Es verdad que me atrevı´, pero con mucha vergu¨enza, a que templase la boca con nieve y con azucenas. Diana ¿Con azucenas y nieve? Huelgo de saber que tiempla ese emplasto el corazo´n. Ahora bien ¿que´ me aconsejas?

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mentre se smette, la testa perde dalla gelosia; mentre lui, che non sospetta tanto amore, fa il codardo, pur se discreto, con quella. Teodoro Io, signora, so di amore? Non so, per Dio, con che scienza ti consiglierei. Diana Non ami, come sostieni, Marcela? Non le fai dei complimenti? Le porte, avendo favella, ne direbbero... Teodoro Non c’e` cosa che possa esser detta. Diana Allora, perche´ arrossisci? Se la tua lingua lo nega lo confessano i colori. Teodoro Se lei te l’ha detto, e` scema; solo una mano ho toccato, e dopo avergliela presa gliel’ho subito ridata. Non so di che si lamenta. Diana Ci sono mani che sono come l’ostensorio in chiesa, non tornano senza un bacio. Teodoro Quant’e` stupida Marcela! E` ben vero che ho arrischiato, ma con molta timidezza, a temperare la bocca con gigli e con neve fresca... Diana Con i gigli e con la neve? Gusto ho a sapere che tempera il cuore questa pozione! Che consigli allora?

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Teodoro Que si esa dama que dices hombre tan bajo desea, y de quererle resulta a su honor tanta bajeza, haga que con un engan˜o, sin que la conozca, pueda gozarle. Diana Queda el peligro de presumir que lo entienda. ¿No sera´ mejor matarle? Teodoro De Marco Aurelio se cuenta que dio a su mujer Faustina, para quitarle la pena, sangre de un esgrimidor, pero estas romanas pruebas son buenas entre gentiles. Diana Bien dices, que no hay Lucrecias, ni Torcatos ni Virginios en esta edad, y en aque´lla hubo Faustinas, Teodoro, Mesalinas y Popeas. Escrı´beme algu´n papel que a este propo´sito sea, y queda con Dios... ¡Ay Dios! (Caiga) Caı´. ¿Que´ me miras? Llega, dame la mano. Teodoro El respeto me detuvo de ofrecella. Diana ¡Que´ graciosa groserı´a! ¡Que con la capa la ofrezcas! Teodoro Ası´ cuando vas a misa te la da Otavio. Diana Es aque´lla mano que yo no le pido,

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Quella dama di cui mi hai parlato, se di un inferiore e` presa, e dall’amarlo il suo onore avrebbe tanta bassezza, faccia sı`, con un inganno, che quello possa goderla senza che la riconosca. Diana Ma il rischio comunque resta che se ne accorga... Ed ucciderlo? Teodoro Di Marco Aurelio si recita che alla sua sposa Faustina diede, a calmarne la pena, il sangue di un gladiatore; ma queste romane gesta sono buone tra i gentili. Diana Dici bene; ne´ Lucrezia, ne´ Torquato ne´ Virginio sono di questa eta`, e in quella c’era Faustina, Teodoro, Messalina e anche Poppea. Scrivimi un componimento che questi temi riprenda, e vai con Dio. Ah, Dio, cado! (Cade). Vieni qui! Cosa ti frena? Dammi la mano! Teodoro Il rispetto dall’offrirla mi teneva. Diana Ma che buffa scortesia porgerla con la mantella! Teodoro Cosı` quando vai alla messa te la porge Otavio. Diana Quella e` mano che non gli chiedo;

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y debe de haber setenta an˜os que fue mano, y viene amortajada por muerta. Aguardar quien ha caı´do a que se vista de seda, es como ponerse un jaco quien ve al amigo en pendencia, que mientras baja le han muerto. Dema´s que no es bien que tenga nadie por ma´s cortesı´a, aunque melindres lo aprueban, que una mano, si es honrada, traiga la cara cubierta. Teodoro Quiero estimar la merced que me has hecho. Diana Cuando seas escudero, la dara´s en el ferreruelo envuelta; que agora eres secretario, con que te he dicho que tengas 1170 secreta aquesta caı´da, si levantarte deseas.

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Va´yase. Teodoro Soneto ¿Puedo creer que aquesto es verdad? Puedo, si miro que es mujer Diana hermosa. Pidio´ mi mano, y la color de rosa, 1175 al da´rsela, robo´ del rostro el miedo. Temblo´, yo lo sentı´; dudoso quedo. ¿Que´ hare´? Seguir mi suerte venturosa, si bien, por ser la empresa tan dudosa, niego al temor lo que al valor concedo. 1180 Mas dejar a Marcela es caso injusto; que las mujeres no es razo´n que esperen de nuestra obligacio´n tanto disgusto. Pero si ellas nos dejan cuando quieren, por cualquiera intere´s o nuevo gusto, 1185 mueran tambie´n como los hombres mueren.

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e` settant’anni, mi sembra, che fu mano e, come morta, le e` sudario la mantella. Che per porgerla si aspetti di rivestirla di seta, e` come indossar la cotta per soccorrere un amico che intanto viene ammazzato; poi non e` bene che tenga nessuno per cortesia, anche se e` smanceria ammessa, che una mano, se e` onorata, abbia la faccia coperta. Teodoro Voglio apprezzare la grazia che mi fai. Diana Quando sarai scudiero la dovrai porgere dal ferraiolo coperta; ma adesso sei segretario; con cio`, dico che si tenga segreta questa caduta, se ti vorrai sollevare.

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Va via. Teodoro Posso pensare che sia vero? Posso, poiche´ so che la bella Diana e` donna. Ha chiesto la mia mano, io l’ho porta, e il timore ha rubato il rosa al volto. Ha tremato, l’ho visto; in dubbio sono. Che fare? Seguiro` la mia fortuna, sebbene in un’impresa cosı` dubbia quanto al coraggio do, al timore tolgo. Ma lasciare Marcela non e` giusto; le donne non son solite aspettarsi dai nostri obblighi un cosı` gran disgusto. Ma se possono a volonta` lasciarci per un capriccio o per un nuovo gusto, muoiano anch’esse come noi moriamo.

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ACTO SEGUNDO Salen el Conde Federico y Leonido, criado. Federico ¿Aquı´ la viste? Leonido

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Aquı´ entro´ como el alba por un prado, que a su tapete bordado la primera luz le dio; y segu´n la devocio´n no pienso que tardara´n, que conozco al capella´n, y es ma´s breve que es razo´n. Federico ¡Ay, si la pudiese hablar! Leonido Siendo tu´ su primo, es cosa acompan˜arla forzosa. Federico El pretenderme casar ha hecho ya sospechoso mi parentesco, Leonido, que antes de haberla querido nunca estuve temeroso. Vera´s que un hombre visita una dama libremente, por conocido o pariente, mientras no la solicita; pero en llegando a querella, aunque de todos se guarde, menos entra, y ma´s cobarde, y apenas habla con ella. Tal me ha sucedido a mı´ con mi prima la Condesa; tanto, que de amar me pesa, pues lo ma´s del bien perdı´; pues me estaba mejor vella tan libre como solı´a.

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ATTO SECONDO Entrano il Conte Federico e Leonido, servitore. Federico L’hai vista? Leonido

Qui dentro e` entrata come l’aurora in un prato, che al tappeto ricamato la prima luce regala; quanto alla celebrazione, non credo che impieghi molto, perche´ il prete lo conosco ed e` breve oltre ragione. Federico Ah, le potessi parlare! Leonido Sei suo cugino, e cio` basta a obbligarti a accompagnarla. Federico Questo volermi sposare ha gia` reso sospettoso, Leonido, il mio parentado; che prima di averla amata mai ero stato timoroso. Saprai che una donna vede un uomo liberamente, da conoscente o parente, fino a quando non la chiede; ma quando si e` innamorato, se anche da tutti si guarda, ha paura a visitarla e non le parla piu` tanto. E` questo che mi e` successo con mia cugina Contessa, tanto che amare mi pesa perche´ il piu` del bene ho perso, potendola frequentare piu` liberamente, prima.

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Sale el Marque´s Ricardo y Celio. Celio A pie digo que salı´a, y alguna gente con ella. Ricardo Por estar la iglesia enfrente, y por preciarse del talle, ha querido honrar la calle. Celio ¿No has visto por el oriente salir, serena man˜ana, el sol con mil rayos de oro, cuando dora el blanco Toro que pace campos de grana, que ası´ llamaba un poeta los primeros arreboles? Pues tal salio´, con dos soles, ma´s hermosa y ma´s perfecta, la bellı´sima Diana, la Condesa de Belflor. Ricardo Mi amor te ha vuelto pintor de tan serena man˜ana; y ha´cesla sol con razo´n, porque el sol en sus caminos va pasando varios signos, que sus pretendientes son. Mira que allı´ Federico aguarda sus rayos de oro. Celio ¿Cua´l de los dos sera´ el Toro a quien hoy al sol aplico? Ricardo E´l, por primera aficio´n, aunque del nombre se guarde, que yo, por entrar ma´s tarde, sere´ el signo del Leo´n. Federico ¿Es aque´l Ricardo? Leonido E´l es.

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Entrano il Marchese Ricardo, e Celio. Celio A piedi, ti dico, e` uscita, con gente che l’accompagna. Ricardo Giacche´ la chiesa e` di fronte e e` fiera di come appare, la via ha voluto onorare. Celio Non hai visto all’orizzonte a oriente spuntare all’alba il sole con raggi d’oro, quando indora il bianco Toro che pasce in campi granata, come chiamava un poeta quei primi rosei colori? Cosı` e` uscita con due soli, piu` bella ancora e perfetta, la bellissima Diana, la Contessa di Belflor. Ricardo Ti fa pittore il mio amore di un’aurora cosı` calma, e a ragione la fai sole, perche´ il sole quando avanza tra costellazioni passa, e ognuna e` un corteggiatore. Guarda, lı` c’e` Federico che aspetta i suoi raggi d’oro. Celio Chi dei due sara` oggi il Toro che con il sole ho descritto? Ricardo Lui, per la prima affezione, purche´ del nome si guardi, mentre io, che entro piu` tardi, saro` il segno del Leone. Federico Quello e` il Marchese Ricardo? Leonido Sı`.

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Federico Fuera maravilla rara que de este puesto faltara. Leonido Gallardo viene el Marque´s. Federico No pudieras decir ma´s si tu´ fueras el celoso. Leonido ¿Celos tienes? Federico ¿No es forzoso? De alabarle me los das. Leonido Si a nadie quiere Diana, ¿de que´ los puedes tener? Federico De que le puede querer, que es mujer. Leonido Sı´, mas tan vana, tan altiva y desden˜osa, que a todos os asegura. Federico Es soberbia la hermosura. Leonido No hay ingratitud hermosa. Celio Diana sale, sen˜or. Ricardo Pues tendra´ mi noche dı´a. Celio ¿Hablara´sla? Ricardo Eso querrı´a, si quiere el competidor.

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Federico Una meraviglia rara sarebbe la sua mancanza. Leonido Ha un aspetto assai gagliardo. Federico Fossi tu quello geloso, di piu` non potresti dire. Leonido Sei geloso? Federico Sı`; a sentire tante lodi, non e` d’obbligo? Leonido Ma se lei nessuno ama, di che potresti temere? Federico Potrebbe cambiar parere; e` donna. Leonido Ma cosı` vana, cosı` altera e disdegnosa, che tutti vi rassicura. Federico E` superba la bellezza. Leonido Non c’e` sdegnosita` bella. Celio Diana sta per arrivare. Ricardo La mia notte avra` il suo giorno. Celio Le parlerai? Ricardo Questo voglio, se permette il mio rivale.

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Salen Otavio, Fabio, Teodoro, la Condesa, y detra´s Marcela, Dorotea, Anarda con mantos; llegue el Conde por un lado. Federico Aquı´ aguardaba con deseo de veros. Diana Sen˜or Conde, sea´is muy bien hallado. Ricardo Y yo, sen˜ora, con el mismo agora a acompan˜aros vengo, y a serviros. Diana Sen˜or Marque´s, ¿que´ dicha es e´sta mı´a? ¿Tanta merced? Ricardo Bien debe a mi deseo Vusen˜orı´a este cuidado. Federico Creo que no soy bien mirado y admitido. Leonido Ha´blala, no te turbes. Federico ¡Ay, Leonido! Quien sabe que no gustan de escuchalle, ¿de que´ te admiras que se turbe y calle?

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Todos se entren por la otra puerta acompan˜ando a la Condesa, y quede allı´ Teodoro. Teodoro Nuevo pensamiento mı´o, desvanecido en el viento, que con ser mi pensamiento de veros volar me rı´o; parad, detened el brı´o, que os detengo y os provoco, porque, si el intento es loco, de los dos lo mismo escucho, aunque, donde el premio es mucho, el atrevimiento es poco. Y si por disculpa dais que es infinito el que espero,

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Entrano Otavio, Fabio, Teodoro, la Contessa, e dietro Marcela, Dorotea, Anarda con manti; il Conte si avvicina da un lato. Federico Qui attendevo, con voglia di vedervi. Diana Signor Conte, voi siate il ben trovato. Ricardo E io, signora, con la stessa vengo ora ad accompagnarvi, e per servirvi. Diana Signor Marchese, che fortuna e` questa? Tanta grazia! Ricardo Deve al mio desiderio Vossignoria questa attenzione. Federico Credo di non essere ben ammesso e visto. Leonido Parlale, non temere. Federico Ahime´, Leonido! Chi sa che non lo vogliono sentire ti stupisci che possa ammutolire?

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Tutti escono da un’altra porta accompagnando la Contessa, mentre Teodoro rimane. Teodoro O nuovo pensiero mio, perduto in una ventata che rido a veder alzata portando te, che sei mio, fermati, trattieni il brio, perche´ se incito o trattengo, da entrambi lo stesso ottengo, visto che l’intento e` stolto; anche se, ove il premio e` molto, non e` troppo l’ardimento. Se per scusarti rispondi che quel che spero e` infinito,

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averigu¨emos primero, 1290 pensamiento, en que´ os funda´is. ¿Vos a quien servı´s ama´is? Dire´is que ocasio´n tene´is si a vuestros ojos cree´is; pues, pensamiento, decildes que sobre pajas humildes torres de diamante hace´is. Si no me sucede bien quiero culparos a vos, mas tenie´ndola los dos no es justo que culpa os den; que podre´is decir tambie´n, cuando del alma os levanto, y de la altura me espanto donde el amor os subio´, que el estar tan bajo yo os hace a vos subir tanto. Cuando algu´n hombre ofendido al que le ofende defiende, que dio la ocasio´n se entiende del dan˜o que os ha venido. Sed en buen hora atrevido; que aunque los dos nos perdamos, esta disculpa llevamos: que vos os perde´is por mı´, y que yo tras vos me fui sin saber ado´nde vamos. Id en buen hora, aunque os den mil muertes por atrevido, que no se llama perdido el que se pierde tan bien. Como otros dan parabie´n de lo que hallan, estoy tal que de perdicio´n igual os le doy, porque es perderse tan bien, que puede tenerse envidia del mismo mal. Trista´n [saliendo]. Si en tantas lamentaciones cabe un papel de Marcela, que contigo se consuela de sus pasadas prisiones, bien te le dare´ sin porte,

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prima andrebbe definito, pensiero, su che ti fondi. Ami chi servi? Rispondi che motivo ben ne hai avuto, se credi a cio` che hai veduto; ma avverti i tuoi occhi, almeno, che sopra povero fieno torri di diamante crei. Non vedendomi appagato io la colpa vorrei darti, ma non e` giusto incolparti se entrambi abbiamo sbagliato; potresti anche dire, quando dall’anima ti sollevo a tale altezza che tremo di quanto ti eleva amore, che e` l’essere io inferiore a farti salire tanto. Se un uomo che offesa ha avuto colui che offende difende, che ha dato adito s’intende al danno che gli e` venuto. Osa dunque alla buon’ora, e se entrambi ci perdiamo, questa buona scusa abbiamo: tu ti sei perso per me, io venendo dietro a te, ignari di dove andiamo. Vattene adesso; e se cento morti ti desse il tuo osare, perduto non puoi chiamare chi si perde in buon intento. Se per gli altri e` buon evento il trovare, io voglio adesso complimentarmi lo stesso, perche´ e` perdersi un tal bene che a volte persino viene invidia del male stesso. Trista´n [entrando] Se in queste lamentazioni c’entra un foglio di Marcela, che con te si risolleva delle passate prigioni, te lo daro` senza imposte,

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porque a quien no ha menester nadie le procura ver, a la usanza de la corte. Cuando esta´ en alto lugar un hombre – ¡y que´ bien lo imitas! – ¡que´ le vienen de visitas a molestar y a enfadar! Pero si mudo´ de estado, como es la fortuna incierta, todos huyen de su puerta como si fuese apestado. ¿Pare´cete que lavemos en vinagre este papel? Teodoro Contigo, necio, y con e´l entrambas cosas tenemos. Muestra, que vendra´ lavado si en tus manos ha venido. (Lea). “A Teodoro, mi marido”. ¿Marido? ¡Que´ necio enfado! ¡Que´ necia cosa! Trista´n Es muy necia. Teodoro Pregu´ntale a mi ventura si, subida a tanta altura, esas mariposas precia. Trista´n Le´ele, por vida mı´a, aunque ya este´s tan divino, que no se desprecia el vino de los mosquitos que crı´a; que yo se´ cuando Marcela, que llamas ya mariposa, era a´guila caudalosa. Teodoro El pensamiento, que vuela a los mismos cercos de oro del sol, tan baja la mira, que aun de que la ve se admira. Trista´n Hablas con justo decoro;

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perche´ colui che non serve nessuno lo vuol vedere, secondo l’uso di corte. Se un uomo ha una posizione alta – e come gli somigli! – quante visite riceve a dargli noia e fastidi! Ma se poi cambia di stato, dato che la sorte e` incerta, la sua porta va deserta come se fosse appestato. Credi sia bene lavare nell’aceto questo foglio? Teodoro Avendo il foglio e te, sciocco, ci sono entrambe le cose. Mostra; sara` gia` lavato se dalle tue mani e` porto. (Legge). “A mio marito Teodoro”. Che fastidio scriteriato! Che sciocchezza! Trista´n Molto sciocca! Teodoro Domanda se, ora che e` ascesa la mia sorte a tanta altezza, si cura delle farfalle. Trista´n Leggilo, per la mia vita, tu che ti senti divino, perche´ non disprezza il vino i moscerini che attira; prima Marcela, ricorda, che adesso chiami farfalla, era un’aquila romana. Teodoro Il pensiero, che alla chioma dorata del sole ascende, cosı` bassa la contempla che si stupisce a vederla. Trista´n Parli decorosamente;

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mas ¿que´ haremos del papel? Teodoro Esto. Trista´n ¿Rasga´stele? Teodoro Sı´. Trista´n ¿Por que´, sen˜or? Teodoro Porque ansı´ respondı´ ma´s presto a e´l. Trista´n E´se es injusto rigor. Teodoro Ya soy otro, no te espantes. Trista´n Basta, que sois los amantes boticarios del amor, que, como ellos las recetas, vais ensartando papeles. Re´cipe, celos crueles: agua de azules violetas. Re´cipe, un desde´n extran˜o: sirupi del borrajorum, con que la sangre templorum para asegurar el dan˜o. Re´cipe, ausencia: tomad un emplasto para el pecho, que os hiciera ma´s provecho estaros en la ciudad. Re´cipe de matrimonio: allı´ es menester jarabes, y tras diez dı´as suaves purgalle con entimonio. Re´cipe, signus celeste que Capricornius dicetur: ese enfermo morietur si no es que paciencia preste. Re´cipe, que de una tienda joya o vestido sacabis: con tabletas confortabis la bolsa que tal emprenda.

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ma che faremo del foglio? Teodoro Questo. Trista´n L’hai strappato? Teodoro Sı`. Trista´n Perche´ mai? Teodoro Perche´ cosı` piu` sollecito rispondo. Trista´n Questo e` un ingiusto rigore. Teodoro Sono un altro, non stupirti. Trista´n Voi amanti, farmacisti mi sembrate dell’amore; come quelli le ricette, accumulate missive; recipe, per gelosie, acqua di azzurre violette; recipe, se vi disdegnano, sirupi del borragorum, col quale il sangue placorum, per tutelare dal danno. Recipe, per lontananza, cataplasma per il petto; ma forse sarebbe meglio rimanersene in citta`. Recipe del matrimonio, lo sciroppo e` cio` che serve; dopo la luna di miele una purga di antimonio. Recipe signus celeste che Capricornius dicetur; questo malato morietur, se non portera` pazienza. Recipe se da un negozio gioielli o vesti prendabis; con pastiglie confortabis il borsellino ormai vuoto.

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A esta traza finalmente van todo el an˜o ensartando. Llega la paga; en pagando, o viva o muera el doliente, se rasga todo papel. Tu´ la cuenta has acabado, y el de Marcela has rasgado, sin saber lo que hay en e´l. Teodoro Ya tu´ debes de venir con el vino que otras veces. Trista´n Pienso que te desvaneces con lo que intentas subir. Teodoro Trista´n, cuantos han nacido su ventura han de tener; no saberla conocer es el no haberla tenido. O morir en la porfı´a, o ser Conde de Belflor. Trista´n Ce´sar llamaron, sen˜or, a aquel duque que traı´a escrito por gran blaso´n: Ce´sar o nada; y en fin tuvo tan contrario el fin que al fin de su pretensio´n escribio´ una pluma airada: “Ce´sar o nada dijiste, y todo, Ce´sar, lo fuiste, pues fuiste Ce´sar y nada”. Teodoro Pues tomo, Trista´n, la empresa, y haga despue´s la Fortuna lo que quisiere.

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Salen Marcela y Dorotea. Dorotea

Si a alguna de tus desdichas le pesa de todas las que servimos a la Condesa, soy yo.

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In questo modo, alla fine, continuano tutto l’anno: arriva il conto, e pagando, viva o muoia l’ammalato, ogni ricetta si straccia. Tu la bolletta hai pagato, e di Marcela hai stracciato, senza leggerla, la carta. Teodoro Devi gia` essere ubriaco quanto in passate occasioni. Trista´n Credo che a niente ti porti questo tuo puntare in alto. Teodoro Trista´n, la propria fortuna sulla terra ognuno vuole; ma chi non la riconosce e` come non l’abbia avuta. O morire nell’impresa, o esser Conte di Belflor. Trista´n Quel duca che aveva il nome di Cesare, aveva presa una scritta per blasone: Cesare o niente; alla fine la sorte fu tanto ostile, che sulla sua presunzione scrisse una penna furente: “Cesare o niente, dicevi, e tutto, Cesare, eri essendo Cesare e niente”. Teodoro Faccio mia quella divisa, Trista´n, e operi fortuna come vuole.

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Entrano Marcela e Dorotea. Dorotea

Se a qualcuna la tua disgrazia e` sgradita, tra chi serve la Contessa, quella certo sono io.

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Marcela En la prisio´n que me dio tan justa amistad hicimos, y yo me siento obligada de suerte, mi Dorotea, que no habra´ amiga que sea ma´s de Marcela estimada. Anarda piensa que yo no se´ co´mo quiere a Fabio; pues de ella nacio´ mi agravio, que a la Condesa conto´ los amores de Teodoro. Dorotea Teodoro esta´ aquı´. Marcela ¡Mi bien! Teodoro Marcela, el paso dete´n. Marcela ¿Co´mo, mi bien, si te adoro, cuando a mis ojos te ofreces? Teodoro Mira lo que haces y dices, que en palacio los tapices han hablado algunas veces. ¿De que´ piensas que nacio´ hacer figuras en ellos? De avisar que detra´s de ellos siempre algu´n vivo escucho´. Si un mudo, viendo matar a un rey, su padre, dio voces, figuras que no conoces pintadas sabra´n hablar. Marcela ¿Has leı´do mi papel? Teodoro Sin leerle le he rasgado, que estoy tan escarmentado que rasgue´ mi amor con e´l. Marcela ¿Son los pedazos aquestos?

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Marcela Nel castigo che subisco, e` nata una cosı` retta amicizia, che obbligata sono con te, Dorotea, al punto che da Marcela nessun’altra e` piu` stimata. Anarda pensa che io non sappia di lei e Fabio; lei mi ha fatto questo sgarbo, dicendo a Diana che io amoreggio con Teodoro. Dorotea Teodoro e` qui. Marcela Che bellezza! Teodoro Trattieni il passo, Marcela! Marcela Come, caro, se ti adoro quando ai miei occhi ti mostri? Teodoro Guarda quel che dici e fai; nel palazzo anche gli arazzi sanno fare i delatori. Perche´ pensi che sia nato il far figure su quelli? Per dire che dietro ad essi sempre qualcuno ha ascoltato. Se vedendo che ammazzavano il Re suo padre, ha gridato un muto, ben potra` un quadro che ignori, saper parlare. Marcela Hai gia` letto la mia lettera? Teodoro Senza aprirla l’ho strappata; la lezione l’ho imparata, strappo l’amore con quella. Marcela Questi qui sono i brandelli?

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Teodoro Sı´, Marcela. Marcela

¿Y ya mi amor has rasgado? Teodoro ¿No es mejor que vernos por puntos puestos en peligros tan extran˜os? Si tu´ de mi intento esta´s, no tratemos de esto ma´s, para excusar tantos dan˜os. Marcela ¿Que´ dices? Teodoro Que estoy dispuesto a no darle ma´s enojos a la Condesa. Marcela En los ojos tuve muchas veces puesto el temor de esta verdad. Teodoro Marcela, queda con Dios, aquı´ acaba de los dos el amor, no el amistad. Dorotea ¿Tu´ dices eso, Teodoro, a Marcela? Teodoro Yo lo digo, que soy de quietud amigo, y de guardar el decoro a la casa que me ha dado el ser que tengo. Marcela Oye, advierte... Teodoro De´jame. Marcela ¿De aquesta suerte me tratas?

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Teodoro Sı`, Marcela. Marcela

E hai strappato gia` il mio amore? Teodoro Non e` stato meglio che restare in questi strani e costanti pericoli? Se sei del mio avviso stesso, non parliamo piu` di questo, per evitarci altri rischi. Marcela Cosa dici? Teodoro Che ho deciso di non dar preoccupazioni alla Contessa. Marcela Negli occhi quante volte ho presentito una tale verita`! Teodoro Marcela, resta con Dio. Finisce l’amore mio, ma l’amicizia rimane. Dorotea Tu dici questo, Teodoro, a Marcela? Teodoro Io lo dico; sono della pace amico, non voglio urtare il decoro della casa in cui ho avuto l’essere che ho. Marcela Senti bene! Teodoro Lasciami. Marcela Sono maniere queste?

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Teodoro

¡Que´ necio enfado! Va´yase.

Marcela ¡Ah Trista´n, Trista´n! Trista´n

¿Que´ quieres?

Marcela ¿Que´ es esto? Trista´n

Una mudancita, que a las mujeres imita Teodoro. Marcela ¿Cua´les mujeres? Trista´n Unas de azu´car y miel. Marcela Dile... Trista´n No me digas nada, que soy vaina de esta espada, nema de aqueste papel, caja de aqueste sombrero, fieltro de este caminante, mudanza de este danzante, dı´a de este vario hebrero, sombra de este cuerpo vano, posta de aquesta estafeta, rastro de aquesta cometa, tempestad de este verano; y finalmente yo soy la un˜a de aqueste dedo que, en corta´ndome, no puedo decir que con e´l estoy. Va´yase Marcela ¿Que´ sientes de esto?

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Teodoro Che fastidio stupido! Va´yase. Marcela Ah, Trista´n, Trista´n! Trista´n

Che c’e`?

Marcela Che e` questo? Trista´n

Una piroettina da niente; Teodoro imita le donne. Marcela Le donne? Quali? Trista´n Quelle di zucchero e miele. Marcela Digli... Trista´n Non mi dire niente. Son guaina di questa spada, sigillo di questa carta, cassa di questo cappello, manto di questo viandante, passo di questo danzante, dı` di questo marzo pazzo, ombra a questo corpo vano, posta di questa staffetta, coda di questa cometa, tempesta di quest’estate; ed infine, sono io un’unghia di questo dito a cui, tagliata, non posso dire che sia ancora unito. (Va via) Marcela Che ne pensi?

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Dorotea

No se´, que a hablar no me atrevo. Marcela ¿No? Pues yo hablare´. Dorotea Pues yo no. Marcela Pues yo sı´. Dorotea Mira que fue bueno el aviso, Marcela, de los tapices que miras. Marcela Amor, en celosas iras, ningu´n peligro recela. A no saber cua´n altiva es la Condesa, dijera que Teodoro en algo espera, porque no sin causa priva tanto estos dı´as Teodoro. Dorotea Calla, que esta´s enojada. Marcela Mas yo me vere´ vengada, ni soy tan necia que ignoro las tretas de hacer pesar.

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Sale Fabio. Fabio ¿Esta´ el secretario aquı´? Marcela ¿Es por burlarte de mı´? Fabio Por Dios, que le ando a buscar, que le llama mi sen˜ora. Marcela Fabio, que sea o no sea, pregu´ntale a Dorotea cua´l puse a Teodoro agora.

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Dorotea non oso parlare. Marcela Invece io parlo. Dorotea

Non lo so, No? Io no.

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Marcela Ma io sı`. Dorotea

Guarda che e` stato buono l’avviso, Marcela, su quegli arazzi che vedi. Marcela Amore in gelosi accessi nessun pericolo evita. Penserei, se non sapessi quant’e` altera la Contessa, che lui qualcosa si aspetta; forse non a caso in questi giorni e` sempre lı` Teodoro. Dorotea Stai zitta, che sei nervosa. Marcela Ma non sono cosı` sciocca; stratagemmi non ignoro per potermi vendicare.

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Entra Fabio. Fabio Il segretario e` con te? Marcela Ti stai burlando di me? Fabio Per Dio, lo devo trovare, la signora l’ha chiamato. Marcela Sia o non sia in questa maniera, Fabio, chiedi a Dorotea se non l’ho ben sistemato.

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¿No es majadero cansado este secretario nuestro? Fabio ¡Que´ engan˜o tan necio el vuestro! ¿Querre´is que este´ deslumbrado de los que los dos trata´is? ¿Es concierto de los dos? Marcela ¿Concierto? ¡Bueno! Fabio Por Dios, que pienso que me engan˜a´is. Marcela Confieso, Fabio, que oı´ las locuras de Teodoro, mas yo se´ que a un hombre adoro harto parecido a ti. Fabio ¿A mı´? Marcela ¿Pues no te pareces a ti? Fabio Pues ¿a mı´, Marcela? Marcela Si te hablo con cautela, Fabio, si no me enloqueces, si tu talle no me agrada, si no soy tuya, mi Fabio, ma´teme el mayor agravio, que es el querer despreciada. Fabio Es engan˜o conocido; o tu´ te quieres morir, pues quieres restituir el alma que me has debido. Si es burla o es invencio´n, ¿a que´ camina tu intento? Dorotea Fabio, ten atrevimiento, y aprovecha la ocasio´n, que hoy te ha de querer Marcela

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Non e` un grande seccatore questo segretario nostro? Fabio Che stupido inganno il vostro! Volete che io sia all’oscuro di quello che voi trattate? Vi siete messi d’accordo? Marcela D’accordo? Oh bella! Fabio Dio buono, penso che voi mi inganniate! Marcela Ho ascoltato, Fabio, e` vero, follie dette da Teodoro, ma io so che un uomo adoro che somiglia tanto a te. Fabio A me? Marcela Perche´, non somigli a te stesso? Fabio A me, Marcela? Marcela Se con te sono insincera, Fabio, se tu non mi affascini, se il tuo aspetto non mi aggrada, se non sono tua, mio Fabio, mi uccida il disprezzo massimo, che e` l’amare non amata. Fabio Questo e` un manifesto inganno; oppure tu vuoi morire, giacche´ vuoi restituire l’anima che mi hai rubato. Se e` una burla o un’invenzione, a cosa mira il tuo intento? Dorotea Fabio, dimostra ardimento, cogli al volo l’occasione, che oggi Marcela per forza

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por fuerza. Fabio

Por voluntad fuera amor, fuera verdad. Dorotea Teodoro ma´s alto vuela; de Marcela se descarta. Fabio Marcela, a buscarle voy. Bueno en sus desdenes soy, si amor te convierte en carta: el sobrescrito a Teodoro, y en su ausencia, denla a Fabio. Mas yo perdono el agravio, aunque ofenda mi decoro, y de espacio te hablare´, siempre tuyo en bien o en mal. (Va´yase) Dorotea ¿Que´ has hecho? Marcela No se´, estoy tal que de mı´ misma no se´. ¿Anarda no quiere a Fabio? Dorotea Sı´ quiere. Marcela Pues de los dos me vengo; que Amor es dios de la envidia y del agravio.

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Salen la Condesa y Anarda. Diana E´sta ha sido la ocasio´n; no me reprehendas ma´s. Anarda La disculpa que me das me ha puesto en ma´s confusio´n. Marcela esta´ aquı´, sen˜ora, hablando con Dorotea. Diana Pues no hay disgusto que sea para mı´ mayor agora.

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ti amera`. Fabio

Solo volendo sarebbe amore davvero. Dorotea Teodoro piu` in alto vola, e percio` scarta Marcela. Fabio Marcela, vado a cercarlo. Servo solo a rimpiazzarlo, se amore ti cambia in lettera; “busta diretta a Teodoro, oppure a Fabio, in sua assenza.” Ma io perdono l’offesa, benche´ offenda il mio decoro; con pazienza aspettero`: “sempre tuo, in bene e in male” (Va via). Dorotea Che hai fatto? Marcela Non so; sto in tale stato, che di me non so. Anarda non ama Fabio? Dorotea Sı`. Marcela Allora di entrambi io mi vendico; Amore e` dio dell’invidia e dell’oltraggio.

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Entrano la Contessa e Anarda. Diana Questa e` stata l’occasione; non mi criticare piu`. Anarda Il motivo che dai tu mi aumenta la confusione. Marcela sta qui, signora, parlando con Dorotea. Diana Non c’e` cosa per cui senta fastidio piu` grande, ora.

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Salte alla´ fuera, Marcela. Marcela Vamos, Dorotea, de aquı´. Bien digo yo que de mı´ o se enfada o se recela.

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Va´yase Marcela y Dorotea. Anarda ¿Pue´dote hablar? Diana

Ya bien puedes. Anarda Los dos que de aquı´ se van ciegos de tu amor esta´n. Tu´ en desden˜arlos excedes la condicio´n de Anajarte, la castidad de Lucrecia; y quien a tantos desprecia... Diana Ya me canso de escucharte. Anarda ¿Con quie´n te piensas casar? ¿No puede el Marque´s Ricardo, por generoso y gallardo, si no exceder, igualar al ma´s poderoso y rico? ¿Y la ma´s noble mujer tambie´n no lo puede ser de tu primo Federico? ¿Por que´ los has despedido con tan extran˜o desprecio? Diana Porque uno es loco, otro necio, y tu´, en no haberme entendido, ma´s, Anarda, que los dos. No los quiero, porque quiero; y quiero porque no espero remedio. Anarda ¡Va´lame Dios! ¿Tu´ quieres?

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Vattene fuori, Marcela. Marcela Dorotea, usciamo di qui. So che con me fa cosı`; o la irrito o sospetta.

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Marcela e Dorotea escono. Anarda Posso parlarti? Diana

Ora puoi. Anarda Quei due che tu hai congedato ciechi per amore stanno. In indifferenza superi per condizione, Anassarte, e per castita`, Lucrezia; pero` chi tanti disprezza... Diana Non ti voglio piu` ascoltare. Anarda E chi pensi di sposare? Non puo` il Marchese Ricardo, cosı` nobile e gagliardo, se non vincere, uguagliare il piu` potente, il piu` ricco? E la piu` nobile donna non potrebbe andare sposa anche al Conte Federico? Perche´ li hai mandati via con cosı` strano disprezzo? Diana Uno e` pazzo, l’altro scemo, e tu, se non mi hai capita, lo sei, Anarda, piu` di loro. Non li voglio, perche´ amo; e amo perche´ ho lasciato ogni speranza. Anarda Dio buono! Tu ami?

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Diana

¿No soy mujer? Anarda Sı´, pero imagen de hielo, donde el mismo sol del cielo podra´ tocar y no arder. Diana Pues esos hielos, Anarda, dieron todos a los pies de un hombre humilde. Anarda ¿Quie´n es? Diana La vergu¨enza me acobarda que de mi propio valor tengo; no dire´ su nombre. Basta que sepas que es hombre que puede infamar mi honor. Anarda Si Pasife quiso un toro, Semı´ramis un caballo, y otras los monstros que callo por no infamar su decoro, ¿que´ ofensa te puede hacer querer hombre, sea quien fuere? Diana Quien quiere, puede, si quiere, como quiso, aborrecer. Esto es lo mejor: yo quiero no querer. Anarda ¿Podra´s? Diana Podre´; que si cuando quise ame´, no amar en queriendo espero. Toquen dentro. ¿Quie´n canta? Anarda

Fabio, con Clara. Diana ¡Ojala´ que me diviertan!

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Diana

Non sono donna? Anarda Sı`, ma figura di gelo, che il sole stesso del cielo non scalda ma solo sfiora. Diana Ora tutto questo gelo e` caduto, Anarda, ai piedi di un uomo umile. Anarda Chi e`? Diana Per il pudore ho spavento, perche´ il mio stesso valore lo causa; non lo diro`. Sappi solo che e` qualcuno che puo` infamare il mio onore. Anarda Se Pasifae amava un toro, Semiramide un cavallo, ed altre i mostri che taccio per non macchiarne il decoro, che offesa ti dara` amare un uomo, sia quel che sia? Diana Chi ama puo`, se desidera, come ha amato, disprezzare. E` meglio; percio` io voglio non amare. Anarda Potrai? Diana Sı`; volevo, e ho amato cosı`; non amero` se lo voglio. Musica fuori scena. Chi canta? Anarda

Clara, con Fabio. Diana Speriamo che mi distraggano!

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Anarda Mu´sica y amor conciertan bien. En la cancio´n repara. Canten dentro: ¡Oh que, ¡Oh que,

quie´n pudiera hacer, oh quie´n hiciese, en no queriendo amar, aborreciese! quie´n pudiera hacer, oh quie´n hiciera en no queriendo amar, aborreciera!

Anarda ¿Que´ te dice la cancio´n? ¿No ves que te contradice? Diana Bien entiendo lo que dice, mas yo se´ mi condicio´n, y se´ que estara´ en mi mano, como amar, aborrecer. Anarda Quien tiene tanto poder pasa del lı´mite humano.

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Redondillas 1655

[Va´yase] Teodoro entre. Teodoro Fabio me ha dicho, sen˜ora, que le mandaste buscarme. Diana Horas ha que te deseo. Teodoro Pues ya vengo a que me mandes, y perdona si he faltado. Diana Ya has visto estos dos amantes, estos dos mis pretendientes. Teodoro Sı´, sen˜ora. Diana Buenos talles tienen los dos.

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Romance

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Anarda Musica e amore si accordano bene. Ascolta questo canto. Cantano fuori scena: Oh, che Oh, che

poter fare in modo, poter fare, non volendo amare non si amasse! poter fare in modo, poter fare, non si amasse non volendo amare!

Anarda Che ti dice la canzone? Non vedi? Ti contraddice! Diana Capisco quello che dice, ma so la mia condizione, e so che io saro` in grado, come amo, di non amare. Anarda Colui che ha un potere tale supera il limite umano.

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[Esce] Entra Teodoro. Teodoro Fabio mi ha detto, signora, che l’hai mandato a cercarmi. Diana Sono ore che ti desidero. Teodoro Vengo perche´ mi comandi, e perdona se mancavo. Diana Hai visto questi due amanti, questi miei due pretendenti. Teodoro Sı`, signora. Diana Sono entrambi di bell’aspetto.

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1660

Teodoro

Y muy buenos. Diana No quiero determinarme sin tu consejo. ¿Con cua´l te parece que me case? Teodoro Pues ¿que´ consejo, sen˜ora, puedo yo en las cosas darte que consisten en tu gusto? Cualquiera que quieras darme por duen˜o, sera´ el mejor. Diana Mal pagas el estimarte por consejero, Teodoro, en caso tan importante. Teodoro Sen˜ora ¿en casa no hay viejos que entienden de casos tales? Otavio, tu mayordomo, con experiencia lo sabe, fuera de su larga edad. Diana Quiero yo que a ti te agrade el duen˜o que has de tener. ¿Tiene el Marque´s mejor talle que mi primo? Teodoro Sı´, sen˜ora. Diana Pues elijo al Marque´s. Parte, y pı´dele las albricias.

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Va´yase la Condesa. Teodoro ¿Hay desdicha semejante? ¿Hay resolucio´n tan breve? ¿Hay mudanza tan notable? ¿E´stos eran los intentos que tuve? Oh sol, abrasadme las alas con que subı´, pues vuestro rayo deshace

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Teodoro

Assai bello. Diana Non voglio determinarmi senza il tuo consiglio. Quale credi che debba sposarmi? Teodoro Ma che consiglio, signora, posso in queste cose darti, se dipendono dal gusto? Chi per padrone vorrai darmi tu, sara` il migliore. Diana Mal ripaghi lo stimarti buon consigliere, Teodoro, in cose cosı` importanti. Teodoro Non ci sono in casa anziani che sanno di questi casi? Otavio, il tuo maggiordomo, in questo ha esperienze tali, oltre ad una lunga eta`. Diana Ma io voglio che ti garbi il tuo padrone futuro. Non e` il Marchese piu` aitante di mio cugino? Teodoro Lo e`. Diana Allora lo scelgo. Parti, e ti paghi la notizia.

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La Contessa va via. Teodoro Ci sono disgrazie uguali? Decisione tanto breve? Cambiamenti cosı` grandi? E questi erano i progetti che avevo? O sole, ardi le ali con cui volavo, giacche´ sciogli coi tuoi raggi

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1690

las mal atrevidas plumas a la belleza de un a´ngel. Cayo´ Diana en su error. Oh ¡que´ mal hice en fiarme de una palabra amorosa! ¡Ay, co´mo entre desiguales mal se concierta el amor! Pero ¿es mucho que me engan˜en aquellos ojos a mı´, si pudieran ser bastantes a hacer engan˜os a Ulises? De nadie puedo quejarme sino de mı´, pero en fin ¿que´ pierdo cuando me falte? Hare´ cuenta que he tenido algu´n acidente grave, y que mientras me duro´ imagine´ disparates. No ma´s, despedı´os de ser, oh pensamiento arrogante, Conde de Belflor; volved la proa al antigua margen. Queramos nuestra Marcela, para vos Marcela baste; sen˜oras busquen sen˜ores, que amor se engendra de iguales. Y pues en aire nacistes, quedad convertido en aire, que, donde me´ritos faltan, los que piensan subir, caen.

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1720 Romance

Sale Fabio. Fabio ¿Hablaste ya con mi sen˜ora? Teodoro

Agora, Fabio, la hable´, y estoy con gran contento, porque ya la Condesa, mi sen˜ora, rinde su condicio´n al casamiento. Los dos que viste, cada cual la adora, mas ella, con su raro entendimiento, al Marque´s escogio´.

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Octavas

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le mal arrischiate piume a una bellezza da angeli. Diana ha visto il proprio errore. Male ho fatto ad affidarmi a una parola amorosa! E come tra disuguali mal si concerta l’amore! Ed e` troppo che mi inganni quella coppia d’occhi, se potrebbero esser capaci di ingannare Ulisse stesso? Io non posso lamentarmi che di me, pero` alla fine che perdero`, quando manchi? Immaginero` che avevo avuto incidenti gravi e che mentre ero malato ho fatto pensieri strani. Basta, scordati di essere, oh pensiero mio arrogante, Conte di Belflor; rivolgi la proa alle antiche spiagge. Torniamo a amare Marcela, ed a te Marcela basti; le signore coi signori, l’amore nasce da uguali. E se sei nato dall’aria, ritorna d’aria, ma sappi che quando i meriti mancano pensi di salire, e cadi.

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Entra Fabio. Fabio Hai parlato con la signora? Teodoro

Ora, Fabio, ho parlato e sono assai contento, perche´ gia` la Contessa, mia signora, finalmente alle nozze ha accondisceso. Ognuno di quei due, lo sai, l’adora, ma lei, con il suo raro intendimento, sceglie il Marchese.

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Fabio

Discreta ha sido. Teodoro Que gane las albricias me ha pedido; mas yo, que soy tu amigo, quiero darte, Fabio, aqueste provecho. Parte presto, y pı´delas por mı´. Fabio Si debo amarte muestra la obligacio´n en que me has puesto. Voy como un rayo, y volvere´ a buscarte, satisfecho de ti, contento de esto. Y ala´bese el Marque´s, que ha sido empresa de gran valor rendirse la Condesa.

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Octavas

Vase Fabio, y sale Trista´n. Trista´n Turbado a buscarte vengo. ¿Es verdad lo que me han dicho? Teodoro Ay, Trista´n, verdad sera´ si son desengan˜os mı´os. Trista´n Ya, Teodoro, en las dos sillas los dos batanes he visto que molieron a Diana; pero que hubiese elegido, hasta agora no lo se´. Teodoro Pues Trista´n, agora vino ese tornasol mudable, esa veleta, ese vidrio, ese rı´o junto al mar, que vuelve atra´s, aunque es rı´o, esa Diana, esa luna, esa mujer, ese hechizo, ese monstro de mudanzas, que so´lo perderme quiso por afrentar sus vitorias, y que dijese me dijo cua´l de los dos me agradaba, porque sin consejo mı´o

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Romance 1740

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Fabio

E` stata molto saggia. Teodoro Che pagare la notizia mi faccia, ha detto; pero`, amico, voglio darti questo profitto. Adesso parti, presto, e vai tu in vece mia. Fabio Che devo amarti l’obbligo mostra nel quale mi hai messo. Vado in un lampo, poi torno a cercarti, soddisfatto di te, allegro di questo. E si glori il Marchese, perche´ e` impresa valorosa aver vinto la Contessa.

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Fabio va via; entra Trista´n. Trista´n Turbato vengo a cercarti. E` vero quello che sento? Teodoro Trista´n, se e` il mio disinganno di cui parli, e` proprio vero. Trista´n Gia`, Teodoro, qui seduti quei due pestelli vedevo che hanno macinato Diana, ma che gia` lei avesse scelto finora non l’ho saputo. Teodoro Trista´n, e` venuto adesso quel tornasole mutevole, quella banderuola, vetro, fiume che vicino al mare, pur fiume, ritorna indietro, quella Diana, quella luna, quella donna, incantamento, mostro di mutevolezza, che ha voluto che io sia perso perche´ i suoi trionfi ho oscurato; e addirittura mi ha chiesto quale dei due mi piaceva, di sposarsi non avendo

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no se pensaba casar. Quede´ muerto, y tan perdido que no responder locuras fue de mi locura indicio. Dı´jome en fin que el Marque´s le agradaba, y que yo mismo fuese a pedir las albricias. Trista´n ¿Ella en fin tiene marido? Teodoro El Marque´s Ricardo. Trista´n Pienso que, a no verte sin juicio, y porque dar aflicio´n no es justo a los afligidos, que agora te diera vaya de aquel pensamiento altivo con que a ser Conde aspirabas. Teodoro Si aspire´, Trista´n, ya expiro. Trista´n La culpa tienes de todo. Teodoro No lo niego, que yo he sido fa´cil en creer los ojos de una mujer. Trista´n Yo te digo que no hay vasos de veneno a los mortales sentidos, Teodoro, como los ojos de una mujer. Teodoro De corrido, te juro, Trista´n, que apenas puedo levantar los mı´os. Esto paso´, y el remedio es sepultar en olvido el suceso y el amor. Trista´n ¡Que´ arrepentido y contrito has de volver a Marcela!

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voglia senza il mio consiglio. Restai morto e tanto perso che non risponder follie della mia follia fu segno. Poi mi ha detto che il Marchese le piaceva, e che io stesso gli avrei dato la notizia. Trista´n Allora, il marito ha scelto? Teodoro Sı`. Il Marchese. Trista´n Se non fossi cosı` fuori di te stesso e non sapessi che e` ingiusto affliggere chi ha gia` un peso, ora potrei farmi gioco di quel pensiero superbo con cui alla contea aspiravi. Teodoro Se aspiravo, spiro adesso. Trista´n Hai tu la colpa di tutto. Teodoro Sono stato, non lo nego, facile a credere agli occhi di una donna. Trista´n E ti confermo che i begli occhi di una donna nuocciono piu` di un veleno ai nostri sensi mortali, Teodoro. Teodoro Trista´n, mi sento cosı` umiliato, che appena ad alzare i miei riesco. Ma e` successo, e seppellire voglio – sia questo il rimedio – l’accaduto ed il mio amore. Trista´n Con che grande pentimento te ne torni da Marcela!

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Teodoro Presto seremos amigos.

Romance

Sale Marcela [sin verlos]. Marcela Soneto ¡Que´ mal que finge amor quien no le tiene! ¡Que´ mal puede olvidarse amor de un an˜o, 1795 pues mientras ma´s el pensamiento engan˜o, ma´s atrevido a la memoria viene! Pero si es fuerza, y al honor conviene, remedio suele ser del desengan˜o curar el propio amor amor extran˜o, 1800 que no es poco remedio el que entretiene. Mas ¡ay! que imaginar que puede amarse en medio de otro amor, es atreverse a dar mayor venganza por vengarse. Mejor es esperar que no perderse, 1805 que suele alguna vez, pensando helarse, amor con los remedios encenderse. Soneto Teodoro Quintillas Marcela. Marcela ¿Quie´n es? Teodoro Yo soy. ¿Ası´ te olvidas de mı´? Marcela Y tan olvidada estoy, 1810 que a no imaginar en ti fuera de mı´ misma voy; porque, si en mı´ misma fuera, te imaginara y te viera, que para no imaginarte 1815 tengo el alma en otra parte, aunque olvidarte no quiera. ¿Co´mo me osaste nombrar? ¿Co´mo cupo en esa boca mi nombre? Teodoro Quise probar 1820 tu firmeza, y es tan poca, que no me ha dado lugar.

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Teodoro Presto amanti torneremo. Entra Marcela [senza vederli]. Marcela Mal finge amore chi non lo possiede! Male si scorda amore che ha gia` un anno, perche´ mentre il pensiero meglio inganno piu` temerario alla memoria viene! Ma se si deve e all’onore conviene, suole essere rimedio al disinganno curare il proprio amore con un altro, giacche´ non poco cura chi intrattiene. Pero` pensare che si possa amare in mezzo a un altro amore fa rischiare la vendetta volendo vendicarsi. Meglio sara` non perdersi e aspettare, giacche´ l’amore, invece di gelarsi, suole con questi mezzi piu` bruciare. Teodoro Marcela! Marcela Chi e`? Teodoro Sono io. Cosı` ti scordi di me? Marcela E` cosı` grande l’oblio, che per non pensare a te fuori di me stessa vado; perche´ se io fossi in me ti immaginerei e vedrei, e per non pensare a te l’anima altrove ho mandato, anche se non vuol scordare. Come hai osato nominarmi? Come e` entrato in quella bocca il mio nome? Teodoro Io provarti ho voluto, e molto poca e` stata la tua fermezza.

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Ya dicen que se empleo´ tu cuidado en un sujeto que mi amor sostituyo´. Marcela Nunca, Teodoro, el discreto mujer ni vidrio probo´. Mas no me des a entender que prueba quisiste hacer. Yo te conozco, Teodoro; unos pensamientos de oro te hicieron enloquecer. ¿Co´mo te va? ¿No te salen como tu´ los imaginas? ¿No te cuestan lo que valen? ¿No hay dichas que las divinas partes de tu duen˜o igualen? ¿Que´ ha sucedido? ¿Que´ tienes? Turbado, Teodoro, vienes. ¿Mudo´se aquel vendaval? ¿Vuelves a buscar tu igual, o te burlas y entretienes? Confieso que me holgarı´a que dieses a mi esperanza, Teodoro, un alegre dı´a. Teodoro Si le quieres con venganza, ¿que´ mayor, Marcela mı´a? Pero mira que el amor es hijo de la nobleza. No muestres tanto rigor, que es la venganza bajeza indigna del vencedor. Venciste; yo vuelvo a ti, Marcela, que no salı´ con aquel mi pensamiento. Perdona el atrevimiento, si ha quedado amor en ti. No porque no puede ser proseguir las esperanzas con que te pude ofender, mas porque en estas mudanzas memorias me hacen volver. Sean, pues, estas memorias parte a despertar la tuya,

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Gia` ti dicono impegnata a pensare ad un soggetto che il mio amore ha rimpiazzato. Marcela Non ha mai persona saggia la donna o il vetro provato. Ma tu non mi dare a bere che mi volevi provare. Io ti conosco, Teodoro: ti han fatto uscire di senno alcuni pensieri d’oro. Come ti va? Non ti vengono come tu li hai immaginati? Non costano cio` che valgono? Non c’e` fortuna che eguagli le sue divine belta`? Che e` successo? Che cos’hai? Turbato, Teodoro, sei. Forse e` cambiato quel vento? Cerchi ancora chi ti e` uguale, o ti burli e ti diverti? Confesso che gradirei che dessi alla mia speranza una felice giornata. Teodoro Se e` la vendetta che aspetti, quale sarebbe piu` aspra? Pero` guarda che l’amore nasce dalla nobilta`: non dimostrare rigore, perche´ la vendetta da` disonore al vincitore. Hai vinto; torno da te, Marcela, perche´ non e` riuscita la mia ambizione. Perdona la presunzione, se e` rimasto amore in te. Non perche´ non possa avere ancora quelle speranze con cui ti ho potuto offendere, ma perche´ mi fan tornare, dal capriccio, le memorie. Siano queste mie memorie a risvegliare la tua;

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pues confieso tus vitorias. Marcela No quiera Dios que destruya los principios de tus glorias. Sirve, bien haces, porfı´a; no te rindas, que dira´ tu duen˜o que es cobardı´a. Sigue tu dicha, que ya voy prosiguiendo la mı´a. No es agravio amar a Fabio – pues me dejaste, Teodoro –, sino el remedio ma´s sabio; que, aunque el duen˜o no mejoro, basta vengar el agravio. Y que´date a Dios, que ya me cansa el hablar contigo; no venga Fabio, que esta´ medio casado conmigo. Teodoro Tenla, Trista´n, que se va. Trista´n Sen˜ora, sen˜ora, advierte que no es volver a quererte dejar de haberte querido. Disculpa el buscarte ha sido, si ha sido culpa ofenderte. ´ yeme, Marcela, a mı´. O Marcela ¿Que´ quieres, Trista´n? Trista´n Espera.

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Salen la Condesa y Anarda [sin ser vistas]. Diana ¿Teodoro y Marcela aquı´? Anarda Parece que el ver te altera que estos dos se hablen ansı´. Diana Toma, Anarda, esta antepuerta, y cubra´monos las dos. (Amor con celos despierta.)

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confesso le tue vittorie. Marcela Dio non voglia che distrugga dall’inizio le tue glorie. Corteggia, fai bene, e rischia; non ti arrendere, o dira` la dama che e` codardia. Segui la tua sorte; gia` io sto seguendo la mia. Non e` insulto amare Fabio, se mi hai lasciata, Teodoro, bensı` il rimedio piu` saggio; se il soggetto non miglioro, vendico pero` lo smacco. Addio, resta pure qua; sono stanca di parlarti; non venga Fabio, che sta gia` sul punto di sposarmi. Teodoro Trista´n, fermala, che va. Trista´n Signora, signora, sappi che non e` di nuovo amarti smettere di averti amato. Discolpa il cercarti e` stato, se e` stato colpa oltraggiarti. Ascolta un po’ me, Marcela, Marcela Cosa vuoi, Trista´n? Trista´n Aspetta.

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Entrano la Contessa e Anarda [non viste]. Diana Teodoro e Marcela qui? Anarda Sembra che ti renda inquieta che si parlino cosı`. Diana Vieni, e dietro a quella tenda nascondiamoci tu ed io. (La gelosia amore desta.)

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Marcela De´jame, Trista´n, por Dios. Anarda Trista´n a los dos concierta, que deben de estar ren˜idos. Diana El alcahuete lacayo me ha quitado los sentidos. Trista´n No paso´ ma´s presto el rayo que por sus ojos y oı´dos paso´ la necia belleza de esa mujer que le adora. Ya desprecia su riqueza, que ma´s riqueza atesora tu gallarda gentileza. Haz cuenta que fue cometa aquel amor. Ven aca´, Teodoro. Diana ¡Brava estafeta es el lacayo! Teodoro Si ya Marcela, a Fabio sujeta, dice que le tiene amor, ¿por que´ me llamas, Trista´n? Trista´n ¡Otro enojado! Teodoro Mejor los dos casarse podra´n. Trista´n ¿Tu´ tambie´n? ¡Bravo rigor! ¡Ea! Acaba, llega pues, dame esa mano, y despue´s que se hagan las amistades. Teodoro ¿Necio, tu´ me persuades? Trista´n Por mı´ quiero que le des la mano esta vez, sen˜or.

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Marcela Trista´n, lasciami, per Dio. Anarda Trista´n di accordarli tenta, devono aver litigato. Diana Quel ruffiano di un lacche` senza sensi mi ha lasciato. Trista´n Non piu` in fretta passo` il lampo, che dai suoi occhi ed orecchie la scriteriata bellezza di quella donna che l’ama. Gia` ne sprezza la ricchezza, perche´ di piu` ne contiene la tua aitante gentilezza. Considera una cometa quell’amore. Vieni qua, Teodoro. Diana Bella staffetta postale il lacche`! Teodoro Se gia` Marcela a Fabio si lega e dice che e` lui che ama, perche´ mi chiami, Trista´n? Trista´n Un altro offeso! Teodoro Potranno sposarsi meglio quei due. Trista´n Anche tu? Che bel puntiglio! Su, smettila, vieni qui, dammi quella mano, e poi fate la pace tra voi. Teodoro Sciocco, cerchi di convincermi? Trista´n Vorrei che tu le prendessi ora la mano, signore.

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Teodoro ¿Cua´ndo he dicho yo a Marcela que he tenido a nadie amor? Y ella me ha dicho... Trista´n Es cautela para vengar tu rigor. Marcela No es cautela, que es verdad. Trista´n Calla, boba. ¡Ea! Llegad. ¡Que´ necios esta´is los dos! Teodoro Yo rogaba, mas ¡por Dios, que no he de hacer amistad! Marcela ¡Pues a mı´ me pase un rayo! Trista´n No jures. Marcela Aunque le muestro enojo, ya me desmayo. Trista´n Pues tente firme. Diana ¡Que´ diestro esta´ el bellaco lacayo! Marcela De´jame, Trista´n, que tengo que hacer. Teodoro De´jala, Trista´n. Trista´n Por mı´, vaya. Teodoro Tenla. Marcela Vengo mi amor. Trista´n ¿Co´mo no se van,

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Teodoro Quando ho detto io a Marcela che un’altra mi ha preso il cuore? E lei mi ha detto... Trista´n E` un’astuzia per vendicare il rigore. Marcela Non e` un’astuzia, e` realta`. Trista´n Zitta, sciocca. Ma che sciocchi entrambi! Venite qua. Teodoro Io pregavo, ma per Dio, non voglio fare la pace. Marcela E io, mi trapassi un fulmine! Trista´n Non giurare. Marcela Anche se mostro offesa, sto per svenire. Trista´n Tieniti, allora. Diana Che destro quel briccone di un lacche`! Marcela Trista´n, lasciami, che adesso ho da fare. Teodoro Trista´n, lasciala. Trista´n Per me, vada. Teodoro Ferma! Marcela Vendico l’amor mio. Trista´n Perche´ non vanno,

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ya que a ninguno detengo? Marcela ¡Ay mi bien, no puedo irme! Teodoro Ni yo, porque no es tan firme ninguna roca en la mar. Marcela Los brazos te quiero dar. Teodoro Y yo a los tuyos asirme. Trista´n Si yo no era menester ¿por que´ me hicistes cansar? Anarda ¿Desto gustas? Diana Vengo a ver lo poco que hay que fiar de un hombre y una mujer. Teodoro ¡Ay, que´ me has dicho de afrentas! Trista´n Yo he caı´do ya, con veros juntar las almas contentas, que es desgracia de terceros no se concertar las ventas. Marcela Si te trocare, mi bien, por Fabio, ni por el mundo, que tus agravios me den la muerte. Teodoro Hoy de nuevo fundo, Marcela, mi amor tambie´n, y si te olvidare, digo que me de´ el cielo en castigo el verte en brazos de Fabio. Marcela ¿Quieres deshacer mi agravio? Teodoro ¿Que´ no hare´ por ti y contigo?

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se adesso non li trattengo? Marcela Mio bene, non posso andarmene! Teodoro Neanch’io, perche´ in mezzo al mare non c’e` scoglio cosı` forte. Marcela Le braccia ti voglio dare. Teodoro E io alle tue afferrarmi. Trista´n Se non servivo, perche´ mi avete fatto stancare? Anarda Ti soddisfa? Diana Sto a guardare quanto ci si puo` fidare poco di un uomo e una donna. Teodoro Ah, quante offese hai lanciato! Trista´n Io ho capito, col vedervi unire i cuori contenti, che e` disgrazia dei ruffiani non concludere gli affari. Marcela Se ti cambiassi, mio bene, per Fabio, o per tutto il mondo, mi dia il torto che ti faccio la morte. Teodoro Di nuovo fondo oggi il mio amore, Marcela, e se lo scordassi, dico che il cielo mi dia in castigo di vederti unita a Fabio. Marcela Vuoi essere perdonato? Teodoro Cosa non farei per te!

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Marcela Di que todas las mujeres son feas. Teodoro Contigo, es claro. Mira que´ otra cosa quieres. Marcela En ciertos celos reparo, ya que tan mi amigo eres; que no importa que este´ aquı´ Trista´n. Trista´n Bien pode´is por mı´, aunque de mı´ mismo sea. Marcela Di que la Condesa es fea. Teodoro Y un demonio para mı´. Marcela ¿No es necia? Teodoro Por todo extremo. Marcela ¿No es bachillera? Teodoro Es cuitada. Diana Quiero estorbarlos, que temo que no reparen en nada, y aunque me hielo, me quemo. Anarda ¡Ay, sen˜ora, no hagas tal! Trista´n Cuando quera´is decir mal de la Condesa y su talle, a mı´ me oı´d. Diana ¿Escuchalle podre´ desvergu¨enza igual? Trista´n Lo primero...

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Quintillas Romance

Marcela Di’ che sono tutte brutte le donne. Teodoro Le vinci tutte. Guarda cos’altro vorresti. Marcela Penso a certe gelosie, giacche´ mi sei tanto amico; e non importa che qui ci sia Trista´n. Trista´n Per me, dite; fosse pure su di me... Marcela Di’ che la Contessa e` brutta. Teodoro Ed e` un demonio per me. Marcela Non e` sciocca? Teodoro Estremamente. Marcela Saccente? Teodoro Una poveretta. Diana Li interrompero`, altrimenti temo non li fermi niente, e anche se gelo, mi infiammo. Anarda No, signora, non lo fare! Trista´n Se voleste dire male della Contessa e il suo aspetto, ascoltate me. Diana Io sento una volgarita` tale? Trista´n Prima cosa...

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Diana [descubrie´ndose]. Yo no aguardo a lo segundo, que fuera necedad. Marcela Voyme, Teodoro.

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Va´yase con una reverencia Marcela. Trista´n ¡La Condesa! Teodoro

¿La Condesa?

Diana Teodoro. Teodoro

Sen˜ora, advierte... Trista´n El cielo a tronar comienza; no pienso aguardar los rayos. Vase Trista´n. Diana Anarda, un bufete llega. Escribira´me Teodoro una carta de su letra, pero nota´ndola yo.

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[Va´yase Anarda]. Teodoro (Todo el corazo´n me tiembla. ¿Si oyo´ lo que hablado habemos?) Diana (Bravamente amor despierta con los celos a los ojos. ¡Que aqueste amase a Marcela, y que yo no tenga partes para que tambie´n me quiera! ¡Que se burlasen de mı´!) Teodoro (Ella murmura y se queja.

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2000

2005

Diana [mostrandosi] Non aspetto la seconda; una sciocchezza sarebbe. Marcela Vado, Teodoro.

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Marcela fa una riverenza e va via. Trista´n La Contessa! Teodoro

La Contessa! Diana Teodoro. Teodoro Signora, sappi... Trista´n Il cielo tuona a tempesta; non voglio attendere i fulmini. Trista´n va via. Diana Anarda, voglio che venga portato qui uno scrittoio; Teodoro scriva la lettera che dettero`, di sua mano.

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[Anarda esce]. Teodoro (Tutto il mio essere trema, pensando che abbia sentito.) Diana (Violento amore si desta con la gelosia negli occhi. Che Teodoro ami Marcela, e che io non abbia doti per cui amare me deva! Che si burlino di me!) Teodoro (Lei borbotta e si lamenta;

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2000

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Bien digo yo que en palacio, para que a callar aprenda, tapices tienen oı´dos y paredes tienen lenguas.)

2010

Sale Anarda con un bufetillo pequen˜o y recado de escribir. Anarda Este pequen˜o he traı´do, y tu escribanı´a. Diana Llega, Teodoro, y toma la pluma. Teodoro (Hoy me mata o me destierra.) Diana Escribe. Teodoro Di. Diana No esta´s bien con la rodilla en la tierra. Ponle, Anarda, una almohada. Teodoro Yo estoy bien. Diana Po´nsela, necia. Teodoro (No me agrada este favor sobre enojos y sospechas; que quien honra las rodillas cortar quiere la cabeza.) Yo aguardo. Diana Yo digo ansı´. Teodoro (Mil cruces hacer quisiera.)

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2015

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2025

bene dico che un palazzo, perche´ a tacere io apprenda, possiede arazzi orecchiuti e pareti con favella.)

2010

Entra Anarda con un piccolo scrittoio e l’occorrente per scrivere. Anarda Questo piccolo ho portato, e l’occorrente. Diana La penna prendi, e vieni qui, Teodoro. Teodoro (Mi uccide o esilia con questa.) Diana Scrivi. Teodoro Di’. Diana Ma non stai bene inginocchiato per terra; mettigli, Anarda, un cuscino. Teodoro Sto bene. Diana Mettilo, scema. Teodoro (Non mi piace un tal favore in chi e` furioso e sospetta, perche´ onora le ginocchia chi dopo taglia la testa.) Ecco. Diana Detto. Teodoro (Mille croci mi faccio, e Dio mi protegga.)

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Sie´ntese la Condesa en una silla alta. Ella diga, y e´l vaya escribiendo: “Cuando una mujer principal se ha declarado con un hombre humilde, eslo mucho el te´rmino de volver a hablar con otra; mas quien no estima su fortuna, que´dese para necio”. Teodoro ¿No dices ma´s? Diana

Pues ¿que´ ma´s? El papel, Teodoro, cierra. Anarda ¿Que´ es esto que haces, sen˜ora? Diana Necedades de amor llenas. Anarda Pues ¿a quie´n tienes amor? Diana ¿Au´n no le conoces, bestia? Pues yo se´ que le murmuran de mi casa hasta las piedras. Teodoro Ya el papel esta´ cerrado. So´lo el sobrescrito resta. Diana Pon, Teodoro, para ti, y no le entienda Marcela, que quiza´ le entendera´s cuando de espacio le leas.

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Va´yase, y quede solo, y entre Marcela. Teodoro ¿Hay confusio´n tan extran˜a? ¡Que aquesta mujer me quiera con pausas, como sangrı´a, y que tenga intercadencias el pulso de amor tan grandes! Marcela ¿Que´ te ha dicho la Condesa, mi bien? Que he estado temblando

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La Contessa si siede in una sedia alta. Detta, e Teodoro scrive: “Quando una donna di alto rango si e` dichiarata ad un uomo di bassa condizione, lo e` molto il fatto di tornare a parlare con un’altra, ma chi non stima la propria fortuna, resti lı` come uno sciocco”. Teodoro Non dici altro? Diana

Che altro? Teodoro, chiudi la lettera. Anarda Che cosa e` questa, signora? Diana Sciocchezze che amore detta. Anarda Ma di chi sei innamorata? Diana Non lo vedi ancora, bestia? Ma se so che in questa casa ormai mormora ogni pietra! Teodoro Ho appena chiuso la lettera; solo l’indirizzo resta. Diana Scrivi, Teodoro, per te, e non lo sappia Marcela; e forse la capirai dopo una lettura attenta.

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Va via, e Teodoro resta solo; entra Marcela. Teodoro Quale strana confusione! Che questa donna mi ami a pause, come un salasso, e cosı` strana cadenza abbia il polso dell’amore! Marcela Che ti ha detto la Contessa, mio bene? Stavo tremando

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detra´s de aquella antepuerta. Teodoro Dı´jome que te querı´a casar con Fabio, Marcela; y este papel que escribı´ es que despacha a su tierra por los dineros del dote. Marcela ¿Que´ dices? Teodoro So´lo que sea para bien, y pues te casas, que de burlas ni de veras tomes mi nombre en tu boca. Marcela Oye. Teodoro Es tarde para quejas.

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Va´yase. Marcela No, no puedo yo creer que aquesta la ocasio´n sea. Favores de aquesta loca le han hecho dar esta vuelta; que e´l esta´ como arcaduz, que cuando baja, le llena del agua de su favor, y cuando sube, le mengua. ¡Ay de mı´, Teodoro ingrato, que luego que su grandeza te toca al arma, me olvidas! Cuando te quiere, me dejas; cuando te deja, me quieres. ¿Quie´n ha de tener paciencia?

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Sale el Marque´s y Fabio. Ricardo No pude, Fabio, detenerme un hora; por tal merced le besare´ las manos.

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Octavas

laggiu`, dietro a quella tenda. Teodoro Ha detto che ora ti vuole sposare a Fabio, Marcela, e la lettera che ho scritto la spedisce alla sua terra per richiedere la dote. Marcela Che dici? Teodoro Che e` cosa retta; e ora, dato che ti sposi, il mio nome non ti venga neanche per scherzo alla bocca. Marcela Ma... Teodoro E` tardi per ogni replica.

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Va via. Marcela No, io non ci posso credere che la causa e` stata questa. Quella pazza e i suoi favori gli hanno riempito la testa; ma lui e` una tazza di noria: fin quando sta in basso, e` piena dell’acqua del suo favore, ma se si alza, vuota resta. Triste me, Teodoro ingrato, che appena la sua grandezza batte il tamburo, mi scordi! Mi lasci quando ti cerca, mi cerchi quando ti lascia. Chi potra` avere pazienza? Entra il Marchese, con Fabio. Ricardo Aspettare non voglio neanche un’ora a baciarle le mani per tal grazia.

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Fabio Dile presto, Marcela, a mi sen˜ora que esta´ el Marque´s aquı´. Marcela (Celos tiranos, celos crueles ¿que´ quere´is agora, tras tantos locos pensamientos vanos?) Fabio ¿No vas? Marcela Ya voy. Fabio Pues dile que ha venido nuestro nuevo sen˜or y su marido.

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Vase Marcela. Ricardo Id, Fabio, a mi posada, que man˜ana os dare´ mil escudos y un caballo de la casta mejor napolitana. Fabio Sabre´, si no servillo, celebrallo. Ricardo E´ste es principio so´lo, que Diana os tiene por criado y por vasallo, y yo por so´lo amigo. Fabio Esos pies beso. Ricardo No pago ansı´; la obligacio´n confieso.

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Sale la Condesa. Diana Vusen˜orı´a aquı´? Ricardo

Pues ¿no era justo, si me envia´is con Fabio tal recado, y que despue´s de aquel mortal disgusto me elegı´s por marido y por criado? Dadme esos pies, que de manera el gusto de ver mi amor en tan dichoso estado

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Fabio Di’ subito, Marcela, alla signora che c’e` il Marchese. Marcela (Gelosia tiranna, crudele gelosia, cosa vuoi ora, tra tanti miei pensieri e follia vana?) Fabio Vai. Marcela Vado. Fabio Di’ che vedere la vuole suo marito, che e` ormai il nostro signore.

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Marcela esce. Ricardo Domani vieni, Fabio, alla mia casa; ti daro` mille scudi ed un cavallo della miglior razza napoletana. Fabio Sapro` apprezzare, se non ricambiarlo. Ricardo Questo e` solo il principio, e se per Diana tu sei un buon servitore ed un vassallo, sei un amico per me. Fabio I tuoi piedi bacio. Ricardo Cosı` non pago, anzi resto obbligato.

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Entra la Contessa. Diana Voi qui, signore? Ricardo Non e` forse giusto, se ricevo da Fabio un tal messaggio, e se dopo quel mortale disgusto mi scegliete per marito e per schiavo? Vi bacio i piedi; a tale punto il gusto di vedere il mio amore ora appagato

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me vuelve loco, que le tengo en poco si me contento con volverme loco. ¿Cua´ndo pense´, sen˜ora, mereceros, ni llegar a ma´s bien que desearos? Diana No acierto, aunque lo intento, a responderos. ¿Yo he enviado a llamaros, o es burlaros? Ricardo Fabio, ¿que´ es esto? Fabio ¿Pude yo traeros sin ocasio´n agora, ni llamaros, menos que de Teodoro prevenido? Diana Sen˜or Marque´s, Teodoro culpa ha sido. Oyo´me anteponer a Federico vuestra persona, con ser primo hermano y caballero generoso y rico, y presumio´ que os daba ya la mano. A Vuestra Sen˜orı´a le suplico perdone aquestos necios. Ricardo Fuera en vano dar a Fabio perdo´n, si no estuviera adonde vuestra imagen le valiera. Be´soos los pies por el favor, y espero que ha de vencer mi amor esta porfı´a.

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Va´yase el Marqus. Diana ¿Pare´ceos bien aquesto, majadero? Fabio ¿Por que´ me culpa a mı´ Vusen˜orı´a? Diana Llamad luego a Teodoro. (¡Que´ ligero este cansado pretensor venı´a, cuando me matan celos de Teodoro!) Fabio (¡Perdı´ el caballo y mil escudos de oro!)

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Octavas

mi fa impazzire, che poco lo valuto se mi contento di diventar pazzo. Quando ho pensato di potervi avere, signora, e non solo desiderarvi? Diana Anche se provo, non so che rispondere. Io vi ho chiamato? Dite per burlarvi? Ricardo Fabio, cosa vuol dire? Fabio Potrei essere senza motivo venuto a cercarvi, se Teodoro non mi avesse mandato? Diana Signor Marchese, il segretario e` stato. Mi ha sentito anteporvi a Federico anche se lui e` mio cugino germano e cavaliere generoso e ricco; penso` che concedessi a voi la mano. Vi prego di scusare, come dico, questi due stupidi. Ricardo Sarebbe vano dare a Fabio il perdono, se non fosse all’ombra della vostra protezione. Vi bacio i piedi pel favore, e spero che il mio amore trionfi in questa sfida.

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Il Marchese se ne va. Diana Ti sembra bello questo, lestofante? Fabio Perche´ m’incolpa Vostra Signoria? Diana Chiamatemi Teodoro. (Che stancante pretendente, e che rapido veniva, mentre muoio d’amore per Teodoro!) Fabio Perdo il cavallo e mille scudi d’oro.

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Va´yase Fabio, y quede la Condesa sola. Diana Soneto ¿Que´ me quieres, Amor? ¿Ya no tenı´a 2120 olvidado a Teodoro? ¿Que´ me quieres? Pero respondera´s que tu´ no eres, sino tu sombra que detra´s venı´a. ¡Oh celos! ¿Que´ no hara´ vuestra porfı´a? Malos letrados sois con las mujeres, 2125 pues jama´s os pidieron pareceres que pudiese el honor guardarse un dı´a. Yo quiero a un hombre bien, mas se me acuerda que yo soy mar, y que es humilde barco, y que es contra razo´n que el mar se pierda. 2130 En gran peligro, Amor, el alma embarco; mas si tanto el honor tira la cuerda, por Dios que temo que se rompa el arco. Soneto Sale Teodoro y Fabio. Fabio Penso´ matarme el Marque´s; pero, la verdad diciendo, ma´s sentı´ los mil escudos. Teodoro Yo quiero darte un consejo. Fabio ¿Co´mo? Teodoro El Conde Federico estaba perdiendo el seso porque el Marque´s se casaba; parte, y di que el casamiento se ha deshecho, y te dara´ esos mil escudos luego. Fabio Voy como un rayo. Teodoro Camina. Va´yase Fabio. ¿Llama´basme?

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Fabio va via e la Contessa resta sola. Diana Cosa mi chiedi, Amore? Non avevo gia` scordato Teodoro? Che mi chiedi? Certo risponderai che tu non eri, ma l’ombra tua, che ti veniva dietro. Gelosia! Che potra` il tuo accanimento? Con le donne sei un pessimo avvocato che non da` mai pareri, consultato, cui l’onore permetta adempimento. Amo un uomo, ma tengo bene in mente che sono mare, e lui umile barca, e che il mare si perda e` irragionevole. L’anima, Amore, con gran rischio imbarco, ma se l’onore tira assai la corda, temo, per Dio, che mi si rompa l’arco.

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Entra Teodoro, con Fabio. Fabio Mi avrebbe ucciso il Marchese, e tuttavia, a dire il vero, soffro piu` dei mille scudi. Teodoro Voglio consigliarti meglio. Fabio Come? Teodoro Il Conte Federico stava perdendo il cervello per le nozze del Marchese; parti, e digli che e` disdetto il matrimonio; dara` lui quei mille scudi, e presto. Fabio Saro` un fulmine. Teodoro Cammina. Fabio va via. Mi chiamavi?

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Diana

Bien ha hecho ese necio en irse agora. Teodoro Un hora he estado leyendo tu papel, y bien mirado, sen˜ora, tu pensamiento, hallo que mi cobardı´a procede de tu respeto; pero que ya soy culpado en tenerle, como necio, a tus muchas diligencias; y ası´ a decir me resuelvo que te quiero, y que es disculpa que con respeto te quiero. Temblando estoy, no te espantes. Diana Teodoro, yo te lo creo. ¿Por que´ no me has de querer, si soy tu sen˜ora, y tengo tu voluntad obligada, pues te estimo y favorezco ma´s que a los otros criados? Teodoro Ese lenguaje no entiendo. Diana No hay ma´s que entender, Teodoro, ni pasar el pensamiento un a´tomo de esta raya. Enfrena cualquier deseo, que de una mujer, Teodoro, tan principal, y ma´s siendo tus me´ritos tan humildes, basta un favor muy pequen˜o para que toda la vida vivas honrado y contento. Teodoro Cierto que Vusen˜orı´a – perdo´neme si me atrevo – tiene en el juicio a veces, que no en el entendimiento, mil lu´cidos intervalos. ¿Para que´ puede ser bueno

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Diana

Bene questo sciocco ha fatto ad andar via. Teodoro Per un’ora intera ho letto la lettera, meditando, mia signora, il tuo pensiero; trovo che la timidezza mia provenga dal rispetto, e che io sono colpevole a mantenerla, da inetto, nonostante i molti inviti; quindi voglio dirti adesso che ti amo, e a mia discolpa che con rispetto ti venero. Sto tremando, non stupirti. Diana Certo, Teodoro, ti credo. Perche´ non dovresti amarmi, se, come padrona, tengo la tua volonta` obbligata, giacche´ stimo e privilegio te piu` che gli altri miei servi? Teodoro E` lingua che non intendo. Diana Non c’e`, Teodoro, da intendere; non oltrepassi il pensiero di un atomo questa linea. Frena ogni tuo desiderio, perche´ da donna, Teodoro, tanto nobile, e poi essendo cosı` umili i tuoi meriti, basta un pur piccolo gesto a farti tutta la vita stare onorato e contento. Teodoro Certo che Vossignoria – scusi se oso dire questo – ha nel giudizio alle volte – non gia` nell’intendimento – mille lucidi intervalli. A che scopo e` stato questo

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haberme dado esperanzas que en tal estado me han puesto – pues del peso de mis dichas caı´, como sabe, enfermo casi un mes en una cama luego que tratamos de esto – si, cuando ve que me enfrı´o, se abrasa de vivo fuego, y cuando ve que me abraso se hiela de puro hielo? Deja´rame con Marcela. Mas vie´nele bien el cuento del perro del hortelano. No quiere, abrasada en celos, que me case con Marcela; y en viendo que no la quiero, vuelve a quitarme el juicio y a despertarme si duermo. Pues coma, o deje comer, porque yo no me sustento de esperanzas tan cansadas; que si no, desde aquı´ vuelvo a querer donde me quieren. Diana Eso no, Teodoro, advierto que Marcela no ha de ser. En otro cualquier sujeto pon los ojos, que en Marcela no hay remedio. Teodoro ¿No hay remedio? Pues ¿quiere Vusen˜orı´a que, si me quiere y la quiero, ande a probar voluntades? ¿Tengo yo de tener puesto adonde no tengo gusto mi gusto por el ajeno? Yo adoro a Marcela y ella me adora, y es muy honesto este amor. Diana ¡Pı´caro infame, hare´ yo que os maten luego!

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avermi dato speranze, che in tal stato mi hanno messo – giacche´ il peso della gioia mi ha fatto cadere infermo, stando quasi un mese a letto, quando parlammo di questo – se, quando mi vede freddo, arde come fuoco acceso, e quando vede che ardo si ghiaccia di puro gelo? Mi lasciasse con Marcela, almeno! Calza il proverbio del cane dell’ortolano. Arde in gelosia, volendo che io non sposi Marcela; ma se vede che non l’amo torna a svegliarmi se dormo e a farmi uscire di senno; ma mangi o lasci mangiare, perche´ io non mi mantengo con speranze tanto scarse; se no da adesso riprendo ad amare chi mi ama. Diana No, Teodoro. Io ti avverto che Marcela non dev’essere. Su qualsiasi altro soggetto metti gli occhi; su Marcela non c’e` verso. Teodoro Non c’e` verso? Se lei mi ama e io la amo, cosa dovrei fare adesso, sondare altre volonta`? E dovrei vedere messo il mio gusto, per il gusto altrui, in cio` che non scelgo? Adoro Marcela, e lei mi adora; ed e` molto onesto questo amore. Diana Che furfante! Vi faro` ammazzare presto!

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Teodoro ¿Que´ hace Vusen˜orı´a? Diana Daros por sucio y grosero estos bofetones.

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Sale Fabio y el Conde Federico. Fabio

Tente. Federico Bien dices, Fabio, no entremos; pero mejor es llegar. Sen˜ora mı´a ¿que´ es esto? Diana No es nada; enojos que pasan entre criados y duen˜os. Federico ¿Quiere Vuestra Sen˜orı´a alguna cosa? Diana No quiero ma´s de hablaros en las mı´as. Federico Quisiera venir a tiempo que os hallara con ma´s gusto. Diana Gusto, Federico, tengo, que aquestas son nin˜erı´as. Entrad, y sabre´is mi intento en lo que toca al Marque´s. Va´yase Diana. Federico Fabio. Fabio ¿Sen˜or? Federico

Yo sospecho que en estos disgustos hay algunos gustos secretos.

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Teodoro Che fa Vostra Signoria? Diana Sporco villano, ecco questo paio di schiaffi.

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Entrano Fabio e il Conte Federico. Fabio

Trattieniti. Federico Sı`, meglio non andar dentro... Ma forse e` meglio che entriamo. Signora mia, che e` successo? Diana Nulla; battibecchi usuali di una padrona col servo. Federico Vuole Vostra Signoria qualche cosa? Diana Non vi chiedo che di dirvi delle mie. Federico Vorrei venire in momento in cui ne aveste piu` gusto. Diana Gusto ne ho, cugino; questo era un litigio infantile. Entrate; diro` che penso di fare circa il Marchese. Diana va via. Federico Fabio. Fabio Signore. Federico

Sospetto che in questi litigi stia un po’ di gusto segreto.

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Fabio No se´, por Dios; admirado de ver, sen˜or Conde, quedo tratar tan mal a Teodoro, cosa que jama´s ha hecho la Condesa mi sen˜ora. Federico Ban˜o´le de sangre el lienzo.

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Romance

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Va´yanse Federico y Fabio. Teodoro Soneto Si aquesto no es amor ¿que´ nombre quieres, Amor, que tengan desatinos tales? Si ansı´ quieren mujeres principales, furias las llamo yo, que no mujeres. Si la grandeza excusa los placeres 2250 que iguales pueden ser en desiguales, ¿por que´, enemiga, de crueldad te vales, y por matar a quien adoras mueres? ¡Oh mano poderosa de matarme! ¡Quie´n te besara entonces, mano hermosa, 2255 agradecido al dulce castigarme! No te esperaba yo tan rigurosa; pero si me castigas por tocarme, tu´ sola hallaste gusto en ser celosa. Soneto Sale Trista´n. Trista´n Siempre tengo de venir acabados los sucesos; parezco espada cobarde. Teodoro ¡Ay, Trista´n! Trista´n Sen˜or ¿que´ es esto? ¿Sangre en el lienzo? Teodoro Con sangre quiere amor que de los celos entre la letra. Trista´n ¡Por Dios, que han sido celos muy necios!

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Fabio Non so; sono stupefatto, per Dio, del maltrattamento di Teodoro, anche perche´ mai aveva fatto questo la Contessa mia signora. Federico C’e` sangue sul fazzoletto.

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Federico e Fabio escono. Teodoro Se questo non e` amore, come, Amore, vuoi che si chiami un simile sproposito? Le nobildonne, se amano in tal modo, furie le chiamo io, certo non donne. Se la grandezza ti vieta i piaceri che uguali sono spesso in disuguali, perche´, ostile, di crudelta` ti vali, e per uccider chi ti adora muori? Oh mano che mi puo` dare la morte! Oh baciarti in quel mentre, bella mano, ringraziando per il castigo dolce! Non ti aspettavo cosı` rigorosa, ma se tu mi castighi per toccarmi, tu sola hai gusto in essere gelosa.

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Entra Trista´n Trista´n Io devo sempre arrivare dopo che tutto e` successo; sembro una spada codarda. Teodoro Ah, Trista´n! Trista´n Ma e` sangue, questo? Teodoro Della gelosia l’Amore vuole che l’insegnamento entri col sangue. Trista´n Per Dio, gelosia senza criterio!

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Teodoro No te espantes, que esta´ loca de un amoroso deseo; y como el ejecutarle tiene su honor por desprecio, quiere deshacer mi rostro, porque es mi rostro el espejo adonde mira su honor, y ve´ngase en verle feo. Trista´n Sen˜or, que Juana o Lucı´a cierren conmigo por celos, y me rompan con las un˜as el cuello que ellas me dieron; que me repelen y aran˜en sobre averiguar por cierto que les hice un peso falso, vaya; es gente de pandero, de media de cordellate y de zapato frailesco; pero que tan gran sen˜ora se pierda tanto el respeto a sı´ misma, es vil accio´n. Teodoro No se´, Trista´n, pierdo el seso de ver que me esta´ adorando y que me aborrece luego. No quiere que sea suyo, ni de Marcela, y si dejo de mirarla, luego busca para hablarme algu´n enredo. No dudes; naturalmente es del hortelano el perro: ni come ni comer deja; ni esta´ fuera, ni esta´ dentro. Trista´n Conta´ronme que un doctor, catedra´tico y maestro, tenı´a un ama y un mozo que siempre andaban rin˜endo. Ren˜´ıan a la comida, a la cena, y hasta el suen˜o le quitaban con sus voces,

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Teodoro Non e` strano, perche´ e` pazza di amoroso desiderio, e il suo onore soddisfarlo considera abbassamento; cosı` vuole sfarmi il viso, perche´ il mio viso e` lo specchio nel quale guarda il suo onore, e si vendica imbruttendolo. Trista´n Che Lucı´a o Juana, signore, gelose mi corran dietro, e mi rompano con le unghie il colletto che mi diedero, che mi tirino i capelli graffiando, se hanno scoperto di essere state ingannate, passi, che e` gente di cembalo, calze di lana pesante e scarpe da fraticello; ma che una tale signora tanto abbandoni il rispetto di se stessa, e` vile azione. Teodoro Non lo so; perdo il cervello a vedere che mi adora e poi mi odia cosı` presto. Non vuole che io sia suo ne´ di Marcela, e se accenno a distaccarmi, lei trova per riparlarmi ogni mezzo. Il cane dell’ortolano sembra, quello del proverbio: non mangia e non fa mangiare, non sta fuori e non sta dentro. Trista´n Dicono avesse un dottore, cattedratico e maestro, un servo e una governante litigiosi in grado estremo. Litigavano per pranzo e per cena, ed anche a letto le grida lo risvegliavano:

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que estudiar no habı´a remedio. Estando en licio´n un dı´a, fuele forzoso corriendo volver a casa; y entrando de improviso en su aposento, vio el ama y mozo acostados con amorosos requiebros, y dijo: “¡Gracias a Dios que una vez en paz os veo!” Y esto imagino de entrambos, aunque siempre anda´is rin˜endo.

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Sale la Condesa. Diana Teodoro. Teodoro ¿Sen˜ora? Trista´n esta mujer?) Diana

(¿Es duende

So´lo vengo a saber co´mo te hallas. Teodoro ¿Ya no lo ves? Diana ¿Esta´s bueno? Trista´n Bueno estoy. Diana ¿Y no dira´s: “a tu servicio”? Teodoro No puedo estar mucho en tu servicio, siendo tal el tratamiento. Diana ¡Que´ poco sabes! Teodoro Tan poco, que te siento y no te entiendo;

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di studiar non c’era verso. Un giorno dava lezione, ma dovette scappar presto a casa; entro` all’improvviso nella sua stanza correndo, dove servo e governante vide amoreggiare a letto, e disse: “Grazie a Dio in pace vi vedo una volta almeno!”. Questo immagino di voi, anche se sembrate in screzio.

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Entra la Contessa. Diana Teodoro. Teodoro Signora? Trista´n questa donna?) Diana

(E` un diavolo

Solo vengo a chiedere come stai. Teodoro Non lo vedi? Diana Bene, credo? Teodoro Sto bene. Diana E non dici piu` “al tuo servizio”? Teodoro Non penso di restare al tuo servizio, giacche´ questo e` il trattamento. Diana Che poco sai! Teodoro Cosı` poco che ti sento e non t’intendo;

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pues no entiendo tus palabras y tus bofetones siento. Si no te quiero, te enfadas, y eno´jaste si te quiero; escrı´besme si me olvido, y si me acuerdo te ofendo; pretendes que yo te entienda, y si te entiendo soy necio. Ma´tame o dame la vida; da un medio a tantos extremos. Diana ¿Hı´cete sangre? Teodoro ¿Pues no? Diana ¿Ado´nde tienes el lienzo? Teodoro Aquı´. Diana Muestra. Teodoro ¿Para que´? Diana Para que esta sangre quiero. Habla a Otavio, a quien agora mande´ que te diese luego dos mil escudos, Teodoro. Teodoro ¿Para que´? Diana Para hacer lienzos. Va´yase la Condesa. Teodoro ¿Hay disparates iguales? Trista´n ¿Que´ encantamentos son e´stos? Teodoro Dos mil escudos me ha dado. Trista´n Bien puedes tomar al precio

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non intendo le parole, pero` gli schiaffi li sento. Se non ti amo ti adiri e se ti amo provi sdegno, mi scrivi quando ti scordo e se ricordo ti offendo, pretendi che io ti intenda ma sono sciocco se intendo. Uccidimi o dammi vita; a tanti estremi da’ un medio. Diana Ti ho fatto uscir sangue? Teodoro No? Diana Dove tieni il fazzoletto? Teodoro Qui. Diana Fai vedere. Teodoro Perche´? Diana Questo sangue me lo prendo. Ho parlato con Otavio, che ti versera` ben presto duemila scudi, Teodoro. Teodoro Perche´? Diana Per far fazzoletti. La Contessa va via. Teodoro Mai viste follie del genere! Trista´n Che incantesimi son questi? Teodoro Duemila scudi mi ha dato. Trista´n Potresti, per questi prezzi,

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otros cuatro bofetones. Teodoro Dice que son para lienzos, y llevo´ el mı´o con sangre. Trista´n Pago´ la sangre, y te ha hecho doncella por las narices. Teodoro No anda mal agora el perro, pues despue´s que muerde halaga. Trista´n Todos aquestos extremos han de parar en el ama del doctor. Teodoro ¡Quie´ralo el cielo!

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prendere quattro altri schiaffi. Teodoro Dice che e` per fazzoletti, e ha preso il mio insanguinato. Trista´n Paga il sangue, e anche il renderti verginella per il naso. Teodoro Il cane ha fatto progressi; morde, pero` poi ripaga. Trista´n Andranno a parare questi eccessi alla governante del dottore. Teodoro Voglia il cielo!

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ACTO TERCERO Salen Federico y Ricardo. Ricardo ¿Esto vistes? Federico

Redondillas

Esto vi. Ricardo ¿Y que le dio bofetones? Federico El servir tiene ocasiones, mas no lo son para mı´; que el poner una mujer de aquellas prendas la mano al rostro de un hombre, es llano que otra ocasio´n puede haber. Y bien veis que lo acredita el andar tan mejorado. Ricardo Ella es mujer, y e´l criado. Federico Su perdicio´n solicita. Ricardo La fa´bula que pinto´ el Filo´sofo Moral de las dos ollas ¡que´ igual hoy a los dos la vistio´! Era de barro la una, la otra de cobre o hierro, que un rı´o a los pies de un cerro llevo´ con varia fortuna. Desvio´se la de barro de la de cobre, temiendo que la quebrase; y yo entiendo pensamiento tan bizarro del hombre y de la mujer, hierro y barro; y no me espanto, pues acerca´ndose tanto, por fuerza se han de romper. Federico La altivez y bizarrı´a de Diana me admiro´,

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TERZO ATTO Entrano Federico e Ricardo. Ricardo Questo avete visto? Federico

Questo. Ricardo E gli ha dato degli schiaffi? Federico Si danno di questi casi coi servi, pero` non credo che una donna di quel rango la sua mano giunga a mettere sul viso a un uomo; puo` essere anche un altro caso, e` chiaro. Vedete che lo conferma il fatto che sta gia` meglio. Ricardo Lei e` una donna e lui un servo. Federico La sua perdizione cerca. Ricardo Quella vicenda dipinta dal filosofo morale delle due pentole, uguale alla loro l’ha vestita! Di creta era fatta l’una, l’altra di ferro o di rame; le trasporto` un fiume a valle con alternante fortuna. Quella di creta fuggiva quella di rame, temendo di rompersi; io ritengo l’immagine peregrina calzi per l’uomo e la donna, ferro e creta; non stupisco, perche´ standosi vicino si romperanno per forza. Federico Diana mi ha meravigliato per gagliardia e per orgoglio,

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y bien puede ser que yo viese y no viese aquel dı´a; mas ver caballos y pajes en Teodoro, y tantas galas, ¿que´ son sino nuevas alas? Pues criados, oro y trajes no los tuviera Teodoro sin ocasio´n tan notable. Ricardo Antes que de esto se hable en Na´poles, y el decoro de vuestra sangre se ofenda, sea o no sea verdad, ha de morir. Federico Y es piedad matarle, aunque ella lo entienda. ¿Podra´ ser? Ricardo Bien puede ser, que hay en Na´poles quien vive de eso, y en oro recibe lo que en sangre ha de volver. No hay ma´s de buscar un bravo, y que le despache luego. Federico Por la brevedad os ruego. Ricardo Hoy tendra´ su justo pago semejante atrevimiento. Federico ¿Son bravos e´stos? Ricardo Sin duda. Federico El cielo ofendido ayuda vuestro justo pensamiento.

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Redondillas

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Salen Furio, Antonelo y Lirano, lacayos, y Trista´n, vestido de nuevo. Furio Pagar tene´is el vino en alboroque

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Sueltos

e posso avere quel giorno veduto giusto o sbagliato; ma ora, questi che ha Teodoro, paggi, ornamenti e cavalli, non sono forse nuove ali? Perche´ servi, vesti ed oro lui non avrebbe ottenuto senza motivi importanti. Ricardo Prima che di cio` si parli e si infanghi dappertutto per Napoli il vostro nome, sia o non sia la verita`, deve morire. Federico E` pieta`, anche se lei se ne accorge. Ma si puo`? Ricardo Napoli ha gente che vive di questo, e riceve in oro quello che in sangue restituira`. Bisogna cercare un bravo, e che lo liquidi presto. Federico E che sia in fretta vi prego. Ricardo Avra` il compenso adeguato un cosı` folle ardimento. Federico Quelli lı` sono dei bravi? Ricardo Senza dubbio. Federico Il Cielo aiuta il vostro giusto progetto.

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Entrano Furio, Antonelo e Lirano, lacche`, e Trista´n, con abiti nuovi. Furio Il vino pagherete a festeggiare

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del famoso vestido que os han dado. Antonelo Eso bien sabe el buen Trista´n que es justo. Trista´n Digo, sen˜ores, que de hacerlo gusto. Lirano Bravo salio´ el vestido. Trista´n Todo aquesto es cosa de chacota y zarandajas respeto del lugar que tendre´ presto. Si no muda los bolos la Fortuna, secretario he de ser del secretario. Lirano Mucha merced le hace la Condesa a vuestro amo, Trista´n. Trista´n Es su privanza, es su mano derecha y es la puerta por donde se entra a su favor. Antonelo Dejemos favores y fortunas, y bebamos. Furio En este taberna´culo sospecho que hay la´grima famosa y malvası´a. Trista´n Probemos vino greco, que deseo hablar en griego, y con beberlo basta. Ricardo Aquel moreno del color quebrado me parece el ma´s bravo, pues que todos le estiman, hablan y hacen cortesı´a. Celio. Celio ¿Sen˜or? Ricardo De aquellos gentilhombres llama al descolorido. Celio ¡Ah, caballero! Antes que se entre en esa santa ermita,

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l’eccellente vestito che vi han dato. Antonelo Il buon Trista´n sa gia` che questo e` giusto. Trista´n Dico, signori, che di farlo ho gusto. Lirano Un sontuoso vestito. Trista´n Tutto questo e` una cosa da burla, e` una bazzecola, rispetto al posto che otterro` ben presto. Se non cambia le carte la fortuna, segretario saro` del segretario. Lirano Favorisce parecchio la Contessa il tuo padrone. Trista´n Sta nella sua grazia come suo braccio destro, ed e` la porta per averne il favore. Antonelo Ma ora basta con la fortuna e i favori; beviamo. Furio In questo tabernacolo sospetto ci sia lacrima buona e malvası`a. Trista´n Proviamo vino greco, che desidero parlare greco, e basta solo il berlo. Ricardo Quello moro dal colorito pallido mi sembra il piu` spavaldo, perche´ tutti gli parlano con stima e con rispetto. Celio. Celio Signore. Ricardo Chiama il gentiluomo piu` pallido tra quelli. Celio Ehi, cavaliere! Prima di entrare in quest’eremo santo

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el Marque´s mi sen˜or hablarle quiere. Trista´n Camaradas, allı´ me llama un prı´ncipe; no puedo rehusar el ver que´ manda. Entren, y tomen siete o ocho azumbres, y aperciban dos dedos de formache, en tanto que me informo de su gusto. Antonelo Pues despachad aprisa. Trista´n Ire´ volando. [Va´yanse los dema´s] ¿Que´ es lo que manda Vuestra Sen˜orı´a? Ricardo El veros entre tanta valentı´a nos ha obligado, al conde Federico y a mı´, para saber si sere´is hombre para matar un hombre. Trista´n (¡Vive el cielo, que son los pretendientes de mi ama, y que hay algu´n enredo! Fingir quiero.) Federico ¿No responde´is? Trista´n Estaba imaginando si Vuestra Sen˜orı´a esta´ burlando de nuestro modo de vivir; pues ¡vive el que reparte fuerzas a los hombres, que no hay en toda Na´poles espada que no tiemble de so´lo el nombre mı´o! ¿No conoce´is a He´ctor? Pues no hay He´ctor adonde esta´ mi furibundo brazo, que si e´l lo fue de Troya, yo de Italia. Federico E´ste es, Marque´s, el hombre que buscamos. Por vida de los dos, que no burlamos, sino que si tene´is conforme al nombre el a´nimo, y quere´is matar un hombre, que os demos el dinero que quisie´redes. Trista´n Con docientos escudos me contento, y sea el diablo.

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vuole parlarvi il mio signor Marchese. Trista´n Amici miei, laggiu` mi chiama un principe. Non posso non sentire che comanda. Entrate a bere sette o otto fiaschette e prendete due dita di buon cacio, mentre io vado a chiedergli che vuole. Antonelo Vedi di fare in fretta. Trista´n Di volata. [Escono gli altri] Cosa comanda Vostra Signoria? Ricardo Vedervi in mezzo a tanta valentia obbliga me ed il Conte Federico a vedere se siete cosı` uomo da liquidare un uomo. Trista´n (Vivaddio, i pretendenti della mia padrona, e c’e` qualche garbuglio! Voglio fingere.) Federico Non rispondete? Trista´n Mi stavo chiedendo se Vostra Signoria si sta burlando del nostro modo di vivere; ma viva chi riparte tra gli uomini la forza, perche´ non c’e` in tutta Napoli spada che non tremi soltanto al nome mio! Non conoscete Ettore? Non c’e` Ettore dove passa il mio furibondo braccio; lui lo e` stato di Troia, io d’Italia. Federico Questo e`, Marchese, l’uomo che cerchiamo. Per la vita di entrambi, non scherziamo, e se la fama e` pari al vostro animo e accettate di liquidare un uomo, vi daremo il denaro che chiedete. Trista´n Saro` contento di duecento scudi, e sia pur Belzebu`.

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Ricardo

Yo os dare´ trecientos, y despachalde aquesta noche. Trista´n El nombre del hombre espero, y parte del dinero. Ricardo ¿Conoce´is a Diana, la condesa de Belflor? Trista´n Y en su casa tengo amigos. Ricardo ¿Matare´is un criado de su casa? Trista´n Matare´ los criados, y criadas, y los mismos frisones de su coche. Ricardo Pues a Teodoro habe´is de dar la muerte. Trista´n Eso ha de ser, sen˜ores, de otra suerte, porque Teodoro, como yo he sabido, no sale ya de noche, temeroso, por ventura, de haberos ofendido. Que le sirva estos dı´as me han pedido; deja´dmele servir, y yo os ofrezco de darle alguna noche dos mojadas con que el pobreto in pace requiescat, y yo quede seguro y sin sospecha. ¿Es algo lo que digo? Federico No pudiera hallarse en toda Na´poles un hombre que tan seguramente le matara. Servilde, pues, y ası´ al descuido un dı´a pegalde, y acudid a nuestra casa. Trista´n Yo he menester agora cien escudos. Ricardo Cincuenta tengo en esta bolsa; luego que yo os vea en su casa de Diana, os ofrezco los ciento, y muchos cientos.

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Ricardo

Pago trecento, ma si uccida stanotte stessa. Trista´n Il nome dell’uomo aspetto, e parte del denaro. Ricardo Conoscete voi Diana, la Contessa di Belflor? Trista´n Sı`, ed ho amici in casa sua. Ricardo Ucciderete un servo della casa? Trista´n Uccidero` i servitori e le serve, e i cavalli frisoni del suo cocchio. Ricardo A Teodoro dovete dare morte. Trista´n Questo pero` va fatto in altro modo, signori miei, perche´ di lui ho saputo che di notte non esce piu`, temendo forse di avervi fatto qualche offesa. Mi ha chiesto di servirlo in questi giorni; lasciate che lo serva, e vi prometto una notte di dargli due stoccate, con cui il tapino requiescat in pace, e io resti sicuro e insospettato. Che ve ne pare? Federico Che non si potrebbe trovare in tutta Napoli un altro uomo che con tanta certezza lo uccidesse. Servitelo e, quando non se lo aspetta, colpite; e poi venite a casa nostra. Trista´n Avrei bisogno ora di cento scudi. Ricardo In questa borsa ne ho cinquanta, e dopo che vi avro` visto gia` in casa di Diana, i cento vi daro`, e molti altri cento.

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Trista´n (Eso de muchos cientos no me agrada.) Vayan Vusin˜orı´as en buen hora, que me aguarda Mastranzo, Rompemuros, Mano de Hierro, Arfuz y Espantadiablos, y no quiero que acaso piensen algo. Ricardo Decı´s muy bien; adio´s. Federico ¡Que´ gran ventura! Ricardo A Teodoro contalde por difunto. Federico El bellaco´n ¡que´ bravo talle tiene!

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Va´yase Federico, Ricardo y Celio. Trista´n Avisar a Teodoro me conviene; perdone el vino greco y los amigos. A casa voy, que esta´ de aquı´ muy lejos; mas e´ste me parece que es Teodoro.

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Sale Teodoro. Sen˜or ¿ado´nde vas? Teodoro

Lo mismo ignoro, porque de suerte estoy, Trista´n amigo, que no se´ do´nde voy ni quie´n me lleva. Solo y sin alma, el pensamiento sigo que al sol me dice que la vista atreva. ¿Ves cua´nto ayer Diana hablo´ conmigo? Pues hoy de aquel amor se hallo´ tan nueva, que apenas jurara´s que me conoce, porque Marcela de mi mal se goce. Trista´n Vuelve hacia casa, que a los dos importa que no nos vean juntos. Teodoro ¿De que´ suerte?

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Trista´n (Questo di molti cento sa di frusta.) Signori, adesso andate alla buon’ora; mi attendono Mentastro, Rompimuri, Mano di Ferro, Arfuz, Spaventadiavoli, e non voglio che intendano qualcosa. Ricardo Dite assai bene. Addio. Federico Che gran fortuna! Ricardo Teodoro si puo` dare gia` per morto. Federico Che spavalda figura, quel briccone!

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Federico, Ricardo e Celio vanno via. Trista´n Conviene andare a avvisare Teodoro. Perdonino gli amici e il vino greco. Vado a casa, che da qui dista molto. Ma eccolo, mi sembra che sia lui.

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Arriva Teodoro. Signore, dove vai? Teodoro

Questo lo ignoro,

perche´ il mio stato e` tale, amico mio, che non so dove vado e chi mi porta. Solo e senz’anima, il pensiero seguo che mi dice che al sole gli occhi volga, ardito... Hai visto, Diana mi parlava ieri, e di quell’amore gia` si scorda e appena si direbbe mi conosca, perche´ Marcela del mio male goda. Trista´n Torna a casa, perche´ a noi due ora importa non essere veduti insieme. Teodoro Come!

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Trista´n Por el camino te dire´ quie´n corta los pasos dirigidos a tu muerte. Teodoro ¿Mi muerte? Pues ¿por que´? Trista´n La voz reporta, y la ocasio´n de tu remedio advierte. Ricardo y Federico me han hablado, y que te de´ la muerte concertado. Teodoro ¿Ellos a mı´? Trista´n Por ciertos bofetones el amor de tu duen˜o conjeturan, y pensando que soy de los leones que a tales homicidios se aventuran, tu vida me han trocado a cien doblones, y con cincuenta escudos me aseguran. Yo dije que un amigo me pedı´a que te sirviese, y que hoy te servirı´a, donde ma´s fa´cilmente te matase, a efeto de guardarte de esta suerte. Teodoro ¡Pluguiera a Dios que alguno me quitase la vida y me sacase de esta muerte! Trista´n ¿Tan loco esta´s? Teodoro ¿No quieres que me abrase por tan dulce ocasio´n? Trista´n, advierte que si Diana algu´n camino hallara de disculpa, conmigo se casara. Teme su honor, y cuando ma´s se abrasa, se hiela y me desprecia. Trista´n Si te diese remedio, ¿que´ dira´s? Teodoro Que a ti se pasa de Ulises el espı´ritu. Trista´n Si fuese

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Trista´n Per strada ti diro` chi e` che ti accorcia i passi con cui vai verso la morte. Teodoro La mia morte! Perche´? Trista´n La gente mormora, ma l’occasione offre la soluzione. Ricardo e Federico mi han parlato, e di ucciderti mi hanno incaricato. Teodoro Loro? Perche´? Trista´n Per certi bei ceffoni un amore con Diana congetturano, e credendomi uno di quei leoni che a simili omicidi si avventurano, mi hanno ingaggiato per cento dobloni, e gia` cinquanta scudi ho ricevuto per spacciarti... un amico, gli ho inventato, mi ha chiesto di servirti, e l’avrei fatto, dove potrei facilmente ammazzarti, per poterti proteggere in tal sorte. Teodoro Se qualcuno riuscisse ad ammazzarmi e mi levasse da quest’altra morte! Trista´n Sei impazzito? Teodoro Dovrei non rallegrarmi di avere un’occasione cosı` dolce? Sappi, Trista´n, che se vuole scusarsi non avrebbe altro mezzo che sposarmi. Teme per il suo onore, e se si infiamma poi si gela e mi sprezza. Trista´n Se ti dessi un rimedio, che diresti? Teodoro Che passa Ulisse a te il suo spirito. Trista´n Se avessi

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tan ingenioso, que a tu misma casa un generoso padre te trajese, con que fueses igual a la Condesa, ¿no saldrı´as, sen˜or, con esta empresa? Teodoro Eso es sin duda. Trista´n El conde Ludovico, caballero ya viejo, habra´ veinte an˜os que enviaba a Malta un hijo de tu nombre, que era sobrino de su Gran Maestre. Cautiva´ronle moros de Biserta, y nunca supo de e´l, muerto ni vivo. E´ste ha de ser tu padre, y tu´ su hijo, y yo lo he de trazar. Teodoro Trista´n, advierte que puedes levantar alguna cosa que nos cueste a los dos la honra y vida. Trista´n A casa hemos llegado. A Dios te queda; que tu´ sera´s marido de Diana antes que den las doce de man˜ana.

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2560 Sueltos

Va´yase Trista´n. Teodoro Soneto Bien al contrario pienso yo dar medio a tanto mal, pues el Amor bien sabe que no tiene enemigo que le acabe con ma´s facilidad que tierra en medio. 2565 Tierra quiero poner, pues que remedio con ausentarme, Amor, rigor tan grave, pues no hay rayo tan fuerte que se alabe que entro´ en la tierra, de tu ardor remedio. Todos los que llegaron a este punto, 2570 poniendo tierra en medio te olvidaron, que en tierra al fin le resolvieron junto. Y la razo´n que de olvidar hallaron es que Amor se confiesa por difunto, pues que con tierra en medio le enterraron. Soneto 2575

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tanto ingegno che alla tua stessa casa un padre nobiluomo conducessi, con cui tu fossi uguale alla Contessa, non vinceresti, signore, l’impresa? Teodoro Senza alcun dubbio. Trista´n Il Conte Ludovico, anziano cavaliere, son venti anni che mando` a Malta un figlio col tuo nome, che era nipote del suo Gran Maestro. Lo rapirono i mori di Biserta e non ne seppe piu`, morto ne´ vivo. Quello sara` tuo padre, e tu suo figlio; io l’architettero`. Teodoro Trista´n, stai attento, perche´ se ci va storta qualche cosa puo` costarci l’onore e anche la vita. Trista´n Siamo arrivati a casa. Vai con Dio; diventerai suo marito domani, prima che sia suonato mezzogiorno.

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Trista´n va via. Teodoro Penso al contrario con diverso mezzo di rimediare, giacche´ sa l’Amore che nemico non ha che gli dia morte con piu` facilita` che terra in mezzo. Terra vi mettero`, giacche´ partendo rimedio, Amore, a male cosı` grave; non c’e` raggio che possa penetrare la terra, che del tuo ardore e` rimedio. Quelli che sono giunti a questo punto mettendo terra in mezzo hanno scordato; e in terra infine hanno risolto tutto. E dell’oblio il motivo ecco spiegato: Amore si confessa ormai defunto, poiche´, con terra in mezzo, e` sotterrato.

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Sale la Condesa. Diana ¿Esta´s ya ma´s mejorado de tus tristezas, Teodoro? Teodoro Si en mis tristezas adoro sabre´ estimar mi cuidado. No quiero yo mejorar de la enfermedad que tengo, pues so´lo a estar triste vengo cuando imagino sanar. ¡Bien hayan males que son tan dulces para sufrir, que se ve un hombre morir, y estima su perdicio´n! So´lo me pesa que ya este´ mi mal en estado que he de alejar mi cuidado de donde su duen˜o esta´. Diana ¿Ausentarte? Pues ¿por que´? Teodoro Quie´renme matar. Diana Sı´ hara´n. Teodoro Envidia a mi mal tendra´n, que bien al principio fue. Con esta ocasio´n te pido licencia para irme a Espan˜a. Diana Sera´ generosa hazan˜a de un hombre tan entendido, que con eso quitara´s la ocasio´n de tus enojos, y aunque des agua a mis ojos, honra a mi casa dara´s; que desde aquel bofeto´n Federico me ha tratado como celoso, y me ha dado para dejarte ocasio´n.

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Entra la Contessa. Diana Cominciano a migliorare le tue tristezze, Teodoro? Teodoro Se le mie tristezze adoro, le pene sapro` apprezzare. Io non desidero uscire dalla malattia che ho, dato che piu` triste sto quando penso di guarire. Questa malattia ben venga, cosı` dolce da soffrire che un uomo, andando a morire, la sua perdizione apprezza. Solo mi pesa che gia` stia il mio male in tale stato che l’amore separato dall’oggetto suo sara`. Diana Vai via? Perche´? Teodoro C’e` chi cerca di uccidermi. Diana Lo faranno. Teodoro Del mio male invidia avranno, che bene al principio era. Per questa causa ti chiedo di andare in Spagna licenza. Diana Sara` generosa impresa, giacche´ hai tanto intendimento, perche´ con cio` toglierai la causa alla tua disgrazia, e se ai miei occhi dai acqua, alla casa onore dai; da quello schiaffo in avanti Federico mi ha trattato con gelosia, e ben mi ha dato occasione di lasciarti.

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Vete a Espan˜a, que yo hare´ que te den seis mil escudos. Teodoro Hare´ tus contrarios mudos con mi ausencia. Dame el pie. Diana Anda, Teodoro, no ma´s; de´jame, que soy mujer. Teodoro (Llora, mas ¿que´ puedo hacer?) Diana ¿En fin, Teodoro, te vas? Teodoro Sı´, sen˜ora. Diana Espera... Vete... Oye... Teodoro ¿Que´ mandas? Diana No, nada. Vete. Teodoro Voyme. Diana (Estoy turbada. ¿Hay tormento que inquiete como una pasio´n de amor?) ¿No eres ido? Teodoro Ya, sen˜ora, me voy.

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Vase Teodoro. Diana

¡Buena quedo agora! ¡Maldı´gate Dios, honor! Temeraria invencio´n fuiste, tan opuesta al propio gusto. ¿Quie´n te invento´? Mas fue justo, pues que tu freno resiste

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In Spagna vai; ti faro` dare altri seimila scudi. Teodoro Rendero` i rivali muti partendo. Porgimi il piede. Diana Basta, Teodoro. Ora vai, sono donna... Devi andare. Teodoro (Piange, ma che posso fare?) Diana Allora, Teodoro, vai? Teodoro Sı`, signora. Diana Aspetta. Parti. Senti... Teodoro Che comandi? Diana Nulla. Vai. Teodoro Vado. Diana (Questo mi turba. Che tormento puo` inquietarmi come una pena d’amore?) Non sei andato? Teodoro Ecco, signora, vado.

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Teodoro va via. Diana

Sto proprio bene, ora! Dio ti maledica, onore! Cosı` imprudente invenzione, tanto opposta al proprio gusto, chi l’ha pensata? Ma e` giusto, perche´ il tuo freno si oppone

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tantas cosas tan mal hechas. Sale Teodoro. Teodoro Vuelvo a saber si hoy podre´ partirme. Diana Ni yo lo se´, ni tu´, Teodoro, sospechas que me pesa de mirarte, pues que te vuelves aquı´. Teodoro Sen˜ora, vuelvo por mı´, que no estoy en otra parte, y como me he de llevar, vengo para que me des a mı´ mismo. Diana Si despue´s te has de volver a buscar, no me pidas que te de´. Pero vete, que el amor lucha con mi noble honor, y vienes tu´ a ser traspie´. Vete, Teodoro, de aquı´; no te pidas, aunque puedas, que yo se´ que, si te quedas, alla´ me llevas a mı´. Teodoro Quede Vuestra Sen˜orı´a con Dios.

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Va´yase. Diana

Maldita ella sea, pues me quita que yo sea de quien el alma querı´a. Buena quedo ya, sin quien era luz de aquestos ojos. Pero sientan sus enojos; quien mira mal, llore bien. Ojos, pues os habe´is puesto

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a un gran numero di mali. Entra Teodoro. Teodoro Torno a chiedere se posso partire. Diana Ma anch’io lo ignoro, ne´ tu, Teodoro, saprai quanto mi pesa guardarti, dato che ritorni, adesso. Teodoro Signora, cerco me stesso perche´ non sto da altre parti, e giacche´ devo portarmi, perche´ tu mi renda a me stesso vengo. Diana Se da me tornassi ancora a cercarti, non chiedermi di ridarti. Ma ora vai, perche´ l’amore tenta il mio nobile onore, e tu fai in modo che inciampi. Vai via, Teodoro, di qui; e, anche se puoi, non richiederti, perche´ io so che se resti, anche me porterai lı`. Teodoro Resti Vostra Signoria con Dio.

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Va via. Diana

Maledetta sia, perche´ impedisce ch’io sia di chi l’anima vorrebbe. Sto proprio bene, privata della luce dei miei occhi; soffrite i vostri dolori: chi mal guarda bene pianga. Occhi, se avete guardato

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en cosa tan desigual, pagad el mirar tan mal, que no soy la culpa de esto; mas no lloren, que tambie´n tiempla el mal llorar los ojos. Pero sientan sus enojos; quien mira mal, llore bien. Aunque tendra´n ya pensada la disculpa para todo, que el sol los pone en el lodo y no se le pega nada. Luego bien es que no den en llorar; cesad, mis ojos. Pero sientan sus enojos; quien mira mal, llore bien.

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Sale Marcela. Marcela Si puede la confianza de los an˜os de servirte humildemente pedirte lo que justamente alcanza, a la mano te ha venido la ocasio´n de mi remedio, y, poniendo tierra en medio, no verme si te he ofendido. Diana ¿De tu remedio, Marcela? ¿Cua´l ocasio´n? Que aquı´ estoy. Marcela Dicen que se parte hoy, por peligros que recela, Teodoro a Espan˜a, y con e´l puedes casada enviarme, pues no verme es remediarme. Diana ¿Sabes tu´ que querra´ e´l? Marcela Pues ¿pidie´rate yo a ti, sin tener satisfacio´n, remedio en esta ocasio´n?

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cosa cosı` disuguale, pagate il guardare male, che io non ne ho colpa affatto. Ma non piangete, che calma il male il pianto degli occhi; soffrite i vostri dolori: chi mal guarda bene pianga. Forse avete gia` pensato ad una scusa adeguata, dicendo che il sole guarda, senza sporcarsene, il fango. Allora piangere basta, non e` bene; pero`, occhi, soffrite i vostri dolori: chi mal guarda bene pianga.

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Entra Marcela. Marcela Se la fiducia acquisita nel servirti lungamente puo` chiedere ora umilmente cio` a cui giustamente aspira, se anche ti ho offesa, ti viene ora un modo a mio rimedio e, mettendo terra in mezzo, per non dovermi vedere. Diana A tuo rimedio, Marcela? Quale modo? Di’, ti ascolto. Marcela Dicono che oggi Teodoro, che pericoli sospetta, andra` in Spagna, e tu con lui potrai sposata inviarmi; risolve, ed e` allontanarmi. Diana Ma tu sai se vuole lui? Marcela Credi che chiederei a te, senza averne presunzione, rimedio in questa occasione?

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Diana ¿Hasle hablado? Marcela

Y e´l a mı´, pidie´ndome lo que digo. Diana (¡Que´ a propo´sito me viene esta desdicha!) Marcela Ya tiene tratado aquesto conmigo, y el modo con que podemos ir con ma´s comodidad. Diana (¡Ay necio honor!, perdonad, que amor quiere hacer extremos; pero no sera´ razo´n, pues que pode´is remediar fa´cilmente este pesar.) Marcela ¿No tomas resolucio´n? Diana No podre´ vivir sin ti, Marcela, y haces agravio a mi amor, y aun al de Fabio, que se´ yo que adora en ti. Yo te casare´ con e´l; deja partir a Teodoro. Marcela A Fabio aborrezco; adoro a Teodoro. Diana (¡Que´ cruel ocasio´n de declararme! ¡Mas teneos, loco amor!) Fabio te estara´ mejor. Marcela Sen˜ora... Diana No hay replicarme.

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Diana Gli hai parlato? Marcela

E lui a me, chiedendomi quanto ho detto. Diana (Mi viene cosı` a proposito questa disgrazia!) Marcela Ha proposto lui stesso a me tutto questo, e abbiamo discusso come rendere il viaggio piu` comodo. Diana (Stupido onore, perdono! Vuole far follie l’amore; pero` non e` giusto questo, giacche´ tu puoi rimediare facilmente questo male.) Marcela Non prendi una decisione? Diana Non so stare senza te, Marcela, e faresti danno al mio amore, ed anche a Fabio, che io so che adora te. Sposa sua ti voglio rendere; lascia partire Teodoro. Marcela Disprezzo Fabio; io adoro Teodoro... Diana (Quale crudele maniera di dichiararmi! Ma ora basta, folle amore.) E` Fabio per te il migliore. Marcela Signora... Diana Non replicarmi.

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Va´yase. Marcela ¿Que´ intentan imposibles mis sentidos, contra tanto poder determinados? que celos poderosos declarados hara´n un desatino resistidos. Volved, volved atra´s, pasos perdidos, que corre´is a mi fin precipitados. A´rboles son amores desdichados a quien el hielo marchito´ floridos. Alegraron el alma las colores que el tirano poder cubrio´ de luto, que hiela ajeno amor muchos amores; y cuando de esperar daba tributo, ¿que´ importa la hermosura de las flores, si se perdieron esperando el fruto?

Soneto

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Soneto

[Va´yase.] Sale el Conde Ludovico, viejo, y Camilo. Camilo Para tener sucesio´n no te queda otro remedio. Ludovico Hay muchos an˜os en medio, que mis enemigos son, y aunque tiene esa disculpa el casarse en la vejez, quiere el temor ser juez, y ha de averiguar la culpa. Y podrı´a suceder que sucesio´n no alcanzase, y casado me quedase; y en un viejo una mujer es en un olmo una hiedra, que, aunque con tan varios lazos la cubre de sus abrazos, e´l se seca y ella medra. Y tratarme casamientos es traerme a la memoria, Camilo, mi antigua historia, y renovar mis tormentos.

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Va via. Marcela Che impossibili tentano i miei sensi, determinati contro forza tanta? La gelosia possente dichiarata, se contrastata, fa cose incoerenti. Tornate indietro, via, passi smarriti che alla mia fine correte affrettati; sono alberi gli amori sfortunati che fa appassire il gelo gia` fioriti. Rallegravano l’anima i colori cui tirannica forza ha imposto il lutto; l’amore d’altri gela molti amori. E se sperare anche sembrava giusto, che importa la bellezza di quei fiori se si e` perduta senza dare frutto?

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[Va via]. Entra il Conte Ludovico, anziano, con Camilo. Camilo Per avere degli eredi non ti rimane altro mezzo. Ludovico Ci sono molti anni in mezzo che mi sono sfavorevoli, e anche se ha questa discolpa da vecchio prendere moglie, sara` giudice il timore nell’accertare la colpa. E poi potrebbe anche darsi che di eredi non ne avessi e sposato rimanessi; e per un vecchio una moglie e` come un olmo con l’edera che, anche se con vari lacci lo ricopre dei suoi abbracci, si accresce mentre lui secca. E parlare di sposarmi e` portarmi alla memoria, Camilo, la vecchia storia, e il dolore rinnovarmi.

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Esperando cada dı´a con engan˜os a Teodoro, veinte an˜os ha que le lloro.

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Sale un paje. Paje Aquı´ a Vuestra Sen˜orı´a busca un griego mercader. Sale Trista`n vestido de armeno con un turbante graciosamente, y Furio con otro. Ludovico Di que entre. Trista´n

Dadme esas manos, y los cielos soberanos con su divino poder os den el mayor consuelo que espera´is. Ludovico Bien sea´is venido; mas ¿que´ causa os ha traı´do por este remoto suelo? Trista´n De Costantinopla vine a Chipre, y de ella a Venecia, con una nave cargada de ricas telas de Persia. Acorde´me de una historia que algunos pasos me cuesta, y con deseo de ver a Na´poles, ciudad bella, mientras alla´ mis criados van despachando las telas, vine, como veis, aquı´, donde mis ojos confiesan su grandeza y hermosura. Ludovico Tiene hermosura y grandeza Na´poles.

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Da venti anni mi tormento aspettando giorno a giorno, ingannandomi, Teodoro.

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Entra un paggio. Paggio Chiede qui un mercante greco Vossignoria di vedere. Entra Trista´n, vestito in modo buffo, da armeno, con un turbante, e Furio con un altro. Ludovico Entri. Trista´n Vi bacio le mani, e chiedo ai cieli sovrani ed al divino potere di darvi la grande gioia che aspettate. Ludovico Benvenuto; ma cos’e` che vi ha condotto in questa terra remota? Trista´n Giunto da Costantinopoli a Cipro e, dopo, a Venezia, con una gran nave carica di ricche tele di Persia, mi ricordai di una storia che a un altro viaggio mi impegna, e volendo visitare anche questa citta` bella, mentre laggiu` la mia gente smercia le tele in mia assenza, a Napoli sono giunto, di cui il mio sguardo confessa la grandezza e lo splendore. Ludovico Ne ha di splendore e grandezza Napoli.

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Trista´n Ası´ es verdad. Mi padre, sen˜or, en Grecia fue mercader, y en su trato el de ma´s ganancia era comprar y vender esclavos; ansı´ en la feria de Azteclias compro´ un nin˜o, el ma´s hermoso que vio la naturaleza, por testigo del poder que le dio el cielo en la tierra. Vendı´anle algunos turcos, entre otra gente bien puesta de una galera de Malta, que la de un Baja´ turquesca prendio´ en la Chafalonı´a. Ludovico Camilo, el alma me altera. Trista´n Aficionado al rapaz, compro´le y llevo´le a Armenia, donde se crio´ conmigo y una hermana. Ludovico Amigo, espera, espera, que me traspasas las entran˜as. Trista´n (¡Que´ bien entra!) Ludovico ¿Dijo co´mo se llamaba? Trista´n Teodoro. Ludovico ¡Ay cielo! ¡Que´ fuerza tiene la verdad! De oı´rte la´grimas mis canas riegan. Trista´n Serpalitonia, mi hermana, y este mozo – ¡nunca fuera tan bello! – con la ocasio´n de la crianza, que engendra el amor que todos saben,

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Trista´n Questo e` sicuro. Mio padre, signore, in Grecia era mercante, e il commercio che piu` gli rendeva era comprare e vendere schiavi; cosı` alla fiera di Azteclias compro` un bimbo cosı` bello che la natura superba prova in lui tutto il potere che il cielo le ha dato in terra. Glielo diedero dei turchi, tra altri di bella presenza di una galera di Malta che a Cefalonia fu presa dalle genti di un pascia`. Ludovico Camilo, il cuore mi trema. Trista´n Affezionato al ragazzo, lo compro` e porto` in Armenia, dove crebbe con me e con mia sorella. Ludovico Amico, aspetta, aspetta, che mi trapassi le viscere! Trista´n (Abbocca all’esca!) Ludovico E ve l’ha detto il suo nome? Trista´n Teodoro. Ludovico Dio, che potenza la verita`! Bagno in pianto la bianca barba all’apprenderla! Trista´n Il giovane – fosse stato meno bello! – e mia sorella Serpalitonia, crescendo insieme, cosa che genera l’amore che tutti sanno,

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se amaron desde la tierna edad; y a diecise´is an˜os, de mi padre en cierta ausencia, ejecutaron su amor, y crecio´ de suerte en ella que se le echaba de ver; con cuyo temor se ausenta Teodoro, y para parir a Serpalitonia deja. Catiborratos, mi padre, no sintio´ tanto la ofensa como el dejarle Teodoro. Murio´ en efeto de pena, y bautizamos su hijo, que aquella parte de Armenia tiene vuestra misma ley, aunque es diferente iglesia. Llamamos al bello nin˜o Terimaconio, que queda un bello rapaz agora en la ciudad de Tepecas. Andando en Na´poles yo, mirando cosas diversas, saque´ un papel en que traje de este Teodoro las sen˜as; y preguntando por e´l, me dijo una esclava griega que en mi posada servı´a: ‘‘¿Cosa que ese mozo sea el del conde Ludovico?’’ Diome el alma una luz nueva, y doy en que os he de hablar; y por entrar en la vuestra, entro, segu´n me dijeron, en casa de la Condesa de Belflor, y al primer hombre que pregunto... Ludovico Ya me tiembla el alma. Trista´n Veo a Teodoro. Ludovico ¿A Teodoro?

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si amarono fin da tenera eta`; e giunti a sedici anni, mentre mio padre non c’era saziarono il loro amore, che in lei crebbe in tal maniera da cominciare a vedersi; per il timore si assenta Teodoro, prima che il parto di Serpalitonia avvenga. Catiborratos, mio padre, avvertı` meno l’offesa che l’assenza di Teodoro. Presto lui morı` di pena, e battezzammo suo figlio, che´ quella parte d’Armenia ha la vostra stessa fede, anche se diversa chiesa. Chiamammo quel bel bambino Terimaconio, che resta, ormai fatto un bel ragazzo, nella citta` di Tepecas. E mentre andavo per Napoli di novita` alla ricerca, mostrai un foglio che Teodoro in dettaglio descriveva, e quando ho chiesto di lui mi ha detto una schiava greca che serve alla mia locanda: “Che non sia il figlio che cerca tanto il Conte Ludovico?” Vide una luce novella l’anima, e volli parlarvi; e non sapendo dov’era la vostra casa, mi trovo in quella della Contessa di Belflor, e al primo uomo a cui chiedo... Ludovico Gia` mi trema l’anima. Trista´n Vedo Teodoro. Ludovico Teodoro?

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Trista´n

E´l bien quisiera huirse, pero no pudo. Dude´ un poco, y era fuerza, porque el estar ya barbado tiene alguna diferencia. Fui tras e´l, ası´le en fin, hablo´me, aunque con vergu¨enza, y dijo que no dijese a nadie en casa quie´n era, porque el haber sido esclavo no diese alguna sospecha. Dı´jele: “Si yo he sabido que eres hijo en esta tierra de un tı´tulo, ¿por que´ tienes la esclavitud por bajeza?’’ Hizo gran burla de mı´, y yo, por ver si concuerda tu historia con la que digo, vine a verte, y a que tengas, si es verdad que e´ste es tu hijo, con tu nieto alguna cuenta, o permitas que mi hermana con e´l a Na´poles venga; no para tratar casarse, aunque le sobra nobleza, mas porque Terimaconio tan ilustre abuelo vea. Ludovico Dame mil veces tus brazos, que el alma con sus potencias que es verdadera tu historia en su regocijo muestran. ¡Ay, hijo del alma mı´a, tras tantos an˜os de ausencia hallado para mi bien! Camilo ¿que´ me aconsejas? ¿Ire´ a verle y conocerle? Camilo ¿Eso dudas? Parte, vuela, y an˜ade vida en sus brazos a los an˜os de tus penas. Ludovico Amigo, si quieres ir

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Trista´n

Quello voleva fuggire, e non ha potuto. Ho vacillato un po’; era ormai barbato, e cio` fa una certa differenza. L’ho seguito, l’ho fermato, lui mi ha parlato non senza vergogna; vuole non dica a nessuno in casa chi era, perche´ essere stato schiavo non dia luogo a diffidenza. Io ho detto: “Ma se ho saputo che sei figlio in questa terra di un nobile, perche´ reputi quella schiavitu` bassezza?” Si e` preso gioco di me; vengo per aver conferma che la tua storia si accordi con la mia, e perche´ tu tenga presente, se lui e` tuo figlio, che possiedi discendenza, o lasci che mia sorella col bimbo a Napoli venga, non per sposare Teodoro, pur nobile alla sua altezza, ma perche´ Terimaconio cosı` illustre nonno veda. Ludovico Abbracciami mille volte, perche´ l’anima mia e` certa, con tutte le sue potenze, da quanto se ne rallegra. Figlio dell’anima mia, dopo tanti anni di assenza trovato per il mio bene! Camilo, sara` prudenza andare gia` per conoscerlo? Camilo Ne dubiti? Parti in fretta, rendi vita col suo abbraccio agli anni della tua pena. Ludovico Amico, se vuoi venire

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conmigo, sera´ ma´s cierta mi dicha; si descansar, aquı´ aguardando te queda; y de´nte por tanto bien toda mi casa y hacienda, que no puedo detenerme. Trista´n Yo deje´, puesto que cerca, ciertos diamantes que traigo, y volvere´ cuando vuelvas. Vamos de aquı´, Mercaponios. Furio Vamos, sen˜or. Trista´n Bien se entrecas el engan˜ifo. Furio Muy bonis. Trista´n Andemis. Camilo ¡Extran˜a lengua! Ludovico Vente, Camilo, tras mı´.

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Va´yase el Conde y Camilo. Trista´n ¿Trasponen? Furio

El viejo vuela, sin aguardar coche o gente. Trista´n ¿Cosa que esto verdad sea, y que e´ste fuese Teodoro? Furio ¿Mas si en mentira como e´sta hubiese alguna verdad? Trista´n Estas almalafas lleva, que me importa desnudarme porque ninguno me vea de los que aquı´ me conocen.

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con me, sara` piu` completa la mia gioia; se in riposo mi vuoi attendere qui, resta; ti si dia per tanto bene la mia casa e quanto e` in essa, ma io non posso tardare. Trista´n Avevo dato in consegna, qui vicino, dei diamanti, ma ci vediamo stasera. Andiamo via, Marcaponios. Furio Signore, andiamo. Trista´n Benecas ha abboccatos. Furio Molto bonis. Trista´n Andemis. Camilo Strana favella! Ludovico Vieni, Camilo, con me.

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Il Conte e Camilo vanno via. Trista´n Gia` via? Furio

Il vecchio ha gran fretta, va senza ne´ cocchio ne´ seguito. Trista´n Se la storia fosse vera e questo fosse Teodoro? Furio Se in menzogna come questa vi fosse qualche realta`? Trista´n Queste due tuniche leva via di qui; voglio spogliarmi, perche´ nessuno mi veda di quelli che mi conoscono.

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Furio Desnuda presto. Trista´n

¡Que pueda esto el amor de los hijos! Furio ¿Ado´nde te aguardo? Trista´n Espera, Furio, en la choza del olmo. Furio Adio´s.

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Va´yase Furio. Trista´n ¿Que´ tesoro llega al ingenio? Aquı´ debajo traigo la capa revuelta, que como medio sotana me la puse, porque hubiera ma´s lugar, en el peligro, de dejar en una puerta, con el armenio turbante, las hopalandas greguescas.

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2920 Romance

Salen Ricardo y Federico Federico Digo que es e´ste el matador valiente, que a Teodoro ha de dar muerte segura. Ricardo ¡Ah hidalgo! ¿Ansı´ se cumple, entre la gente que honor profesa y que opinio´n procura, lo que se prometio´ tan fa´cilmente? Trista´n Sen˜or... Federico ¿Somos nosotros por ventura de los iguales vuestros? Trista´n Sin oı´rme no es justo que mi culpa se confirme.

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Octavas

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Furio Fai presto. Trista´n

Che tanto ottenga l’amore pei propri figli! Furio Dove ci vediamo? Trista´n Aspetta alla taverna dell’olmo. Furio A poi.

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Furio va via. Trista´n

Che grande ricchezza l’ingegno! Proprio qui sotto la cappa girata ho messa, che come mezza sottana ho portato per averla se, trovandomi in pericolo, mi fossi disfatto in fretta, con quel gran turbante armeno, della lunga veste greca.

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Entrano Ricardo e Federico. Federico E` questo qui l’assassino valente che a Teodoro dara` morte sicura. Ricardo Gentiluomo, cosı` compie la gente che dell’onore e della fama ha cura, cio` che ha promesso cosı` facilmente? Trista´n Signore... Federico Ci credete per ventura vostri pari? Trista´n Senza avermi ascoltato e` ingiusto che mi abbiate condannato.

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Yo estoy sirviendo al mı´sero Teodoro, que ha de morir por esta mano airada; pero puede ofender vuestro decoro pu´blicamente ensangrentar mi espada. Es la prudencia un celestial tesoro, y fue de los antiguos celebrada por u´nica virtud; este´n muy ciertos que le pueden contar entre los muertos. Esta´se melanco´lico de dı´a, y de noche cerrado en su aposento; que alguna cuidadosa fantası´a le debe de ocupar el pensamiento. De´jenme a mı´, que una mojada frı´a pondra´ silencio a su vital aliento, y no se precipiten de esa suerte, que yo se´ cua´ndo le he de dar la muerte. Federico Pare´ceme, Marque´s, que el hombre acierta. Ya que le sirve, ha comenzado el caso. No dude´is, matara´le. Ricardo Cosa es cierta; por muerto le contad. Federico Hablemos paso. Trista´n En tanto que esta muerte se concierta, ¿Vusin˜orı´as no tendra´n acaso cincuenta escudos? Que comprar querrı´a un rocı´n que volase el mismo dı´a. Ricardo Aquı´ los tengo yo. Tomad, seguro de que, en saliendo con aquesta empresa, lo menos es pagaros. Trista´n Yo aventuro la vida, que servir buenos profesa. Con esto, adio´s; que no me vean procuro hablar, desde el balco´n de la Condesa, con Vuestras Sen˜orı´as. Federico Sois discreto.

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Io sto servendo il povero Teodoro, che morira` di questa mano irata; pero` potrebbe offendervi il decoro se in pubblico colpisse la mia spada. E` la prudenza un divino tesoro, e e` stata dagli antichi celebrata come unica virtu`; state sicuri di poterlo contare tra i defunti. Trascorre il giorno in gran malinconia, e se ne sta la notte chiuso in stanza; certo qualche penosa fantasia deve tenergli la mente occupata. Lasciate fare a me; sara` zittita l’aria vitale con una stoccata, e non date giudizi di tal sorte, perche´ so io quando dargli la morte. Federico Penso, Marchese, che e` la giusta tecnica. Giacche´ lo serve, ha cominciato il caso. Credete, colpira`. Ricardo La cosa e` certa. Per morto datelo. Federico Parliamo piano. Trista´n Intanto che la morte si concerta, le Vostre Signorie avranno per caso cinquanta scudi? Avro` certo bisogno di un ronzino che voli via quel giorno. Ricardo Eccoli qui. Prendeteli, sicuro che, quando riuscirete in questa impresa, sara` pagarvi il meno. Trista´n Io avventuro la vita, che a servire i buoni ho messa. E ora addio. Non mi veda nessuno dal balcone parlar della Contessa con voi, signori. Federico Sı`, siete discreto.

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Trista´n Ya lo vera´n al tiempo del efeto. Va´yase. Federico Bravo es el hombre. Ricardo

Astuto y ingenioso.

Federico ¡Que´ bien le ha de matar! Ricardo

Notablemente.

Sale Celio. Celio ¿Hay caso ma´s extran˜o y fabuloso? Federico ¿Que´ es esto, Celio? ¿Do´nde vas? Detente. Celio Un suceso notable y riguroso para los dos. ¿No veis aquella gente que entra en casa del conde Ludovico? Ricardo ¿Es muerto? Celio Que me escuches te suplico. A darle van el parabie´n, contentos de haber hallado un hijo que ha perdido. Ricardo Pues ¿que´ puede ofender nuestros intentos que le haya esa ventura sucedido? Celio ¿No importa a los secretos pensamientos que con Diana habe´is los dos tenido que sea aquel Teodoro, su criado, hijo del Conde? Federico El alma me has turbado. Ricardo ¿Hijo del Conde? Pues ¿de que´ manera se ha venido a saber?

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Trista´n Lo vedrete al momento dell’effetto. Va via. Federico Uomo valente. Ricardo Federico L’uccidera` per bene. Ricardo

Astuto ed ingegnoso.

Egregiamente.

Arriva Celio. Celio C’e` un caso tanto strano e favoloso? Federico Dove vai, Celio? Fermo. Che succede? Celio Un evento notevole e penoso per voi due. Non vedete quella gente che entra in casa del Conte Ludovico? Ricardo E` morto? Celio Datemi ascolto, vi dico. Contenti vanno a fargli i complimenti perche´ ha trovato quel figlio che ha perso. Ricardo E in cosa puo` influenzare i nostri intenti che un fatto cosı` fausto sia successo? Celio Non vi sconvolge i pensieri segreti che circa Diana entrambi avete adesso il fatto che quel figlio ritrovato sia Teodoro? Federico L’anima mi hai turbato. Ricardo Figlio del Conte? Ma, in quale maniera si e` venuto a sapere?

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Celio

Es larga historia, y cue´ntanla tan varia, que no hubiera 2980 para tomarla tiempo ni memoria. Federico ¿A quie´n mayor desdicha sucediera? Ricardo Troco´se en pena mi esperada gloria. Federico Yo quiero ver lo que es. Ricardo Yo, Conde, os sigo. Celio Presto vere´is que la verdad os digo. Octavas 2985 Va´yanse, y salgan Teodoro, de camino, y Marcela. Marcela En fin, Teodoro, ¿te vas? Teodoro Tu´ eres causa de esta ausencia; que en desigual competencia no resulta bien jama´s. Marcela Disculpas tan falsas das como tu engan˜o lo ha sido, porque haberme aborrecido y haber amado a Diana, lleva tu esperanza vana so´lo a procurar su olvido. Teodoro ¿Yo a Diana? Marcela Niegas tarde, Teodoro, el loco deseo con que perdido te veo de atrevido y de cobarde: cobarde, en que ella se guarde el respeto que se debe, y atrevido, pues se atreve tu bajeza a su valor;

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De´cimas

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Celio

E` lunga storia, e la raccontano tanto diversa, che a dirla non c’e` tempo ne´ memoria. Federico A chi maggiore disgrazia e` successa? Ricardo Cambia in pena la mia sperata gloria. Federico Voglio andare a vedere. Ricardo Io vi seguo. Celio Presto vedrete che vi ho detto il vero.

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Vanno via, ed entrano in scena Teodoro, in abbigliamento da viaggio, e Marcela. Marcela Infine, Teodoro, vai? Teodoro Causi tu la mia partenza; disuguale concorrenza non da` buoni frutti mai. Marcela Scuse cosı` false dai quanto il tuo inganno lo e` stato, perche´ l’avermi lasciato ed avere amato Diana porta la speranza vana solo a cercare il suo oblio. Teodoro Diana, io? Marcela Neghi in ritardo il tuo folle desiderio, nel quale ti vedo perso da temerario e codardo; codardo per il riguardo con cui il suo onore protegge, e temerario perche´, basso, aspiri al suo valore;

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que entre el honor y el amor hay muchos montes de nieve. Vengada quedo de ti, aunque quedo enamorada, porque olvidare´ vengada, que el amor olvida ansı´. Si te acordares de mı´, imagina que te olvido porque me quieras; que ha sido siempre, porque suele hacer que vuelva un hombre a querer pensar que es aborrecido. Teodoro ¡Que´ de quimeras tan locas para casarte con Fabio! Marcela Tu´ me casas, que al agravio de tu desde´n me provocas.

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Sale Fabio. Fabio Siendo las horas tan pocas que aquı´ Teodoro ha de estar, bien haces, Marcela, en dar ese descanso a tus ojos. Teodoro No te den celos enojos que han de pasar tanto mar. Fabio En fin, ¿te vas? Teodoro ¿No lo ves? Fabio Mi sen˜ora viene a verte.

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De´cimas 3025 Redondillas

Sale la Condesa, y Dorotea y Anarda. Diana ¿Ya, Teodoro, de esta suerte? Teodoro Alas quisiera en los pies, cuanto ma´s, sen˜ora, espuelas.

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e tra l’onore e l’amore ci sono monti di neve. Vendetta ho avuto di te, pur restando innamorata, e scordero` vendicata: l’amore scorda cosı`. Se tu ricorderai me, pensa che gia` ti ho scordato, per amarmi; cosı` e` stato sempre, giacche´ suole fare che ritorni un uomo a amare il pensarsi disprezzato. Teodoro Quante insensate chimere solo perche´ sposi Fabio! Marcela Tu mi spingi, e questo sgarbo il tuo disprezzo richiede.

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Entra Fabio. Fabio Sono le ultime ore queste che lui qui dovra` passare; fai bene, Marcela, a dare questo conforto ai tuoi occhi. Teodoro Non c’e` da essere gelosi di pena che va oltremare. Fabio Vai via dunque? Teodoro Non lo vedi? Fabio C’e` Diana che vuol parlarti.

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Entra la Contessa, con Dorotea e Anarda. Diana Dunque, Teodoro, gia` parti? Teodoro Vorrei avere le ali ai piedi, piu` che speroni, signora.

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Diana ¡Hola! ¿Esta´ esa ropa a punto? Anarda Todo esta´ aprestado y junto. Fabio En fin, ¿se va? Marcela Y tu´ me celas. Diana Oye aquı´ aparte. Teodoro Aquı´ estoy a tu servicio (aparte los dos). Diana Teodoro, tu´ te partes, yo te adoro. Teodoro Por tus crueldades me voy. Diana Soy quien sabes: ¿que´ he de hacer? Teodoro ¿Lloras? Diana No, que me ha caı´do algo en los ojos. Teodoro ¿Si ha sido amor? Diana Sı´ debe de ser; pero mucho antes cayo´, y agora salir querrı´a. Teodoro Yo me voy, sen˜ora mı´a; yo me voy, el alma no. Sin ella tengo de ir, no hago al serviros falta, porque hermosura tan alta con almas se ha de servir. ¿Que´ me manda´is? Porque yo soy vuestro.

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Diana La biancheria e` preparata? Anarda E` gia` pronta e inamidata. Fabio Va via? Marcela Sei geloso, ora? Diana Vieni e senti. Teodoro Sono qua, al tuo servizio (a parte tra di loro). Diana Teodoro, tu parti, ed io ti adoro. Teodoro E` per le tue crudelta`. Diana Sono chi sai. Cosa posso fare? Teodoro Piangi? Diana No; mi e` entrato qualcosa negli occhi. Teodoro E` stato l’amore? Diana Sı`, credo proprio; da molto tempo pero`, e adesso cerca l’uscita. Teodoro Io vado, signora mia; io vado, l’anima no. Senza quella devo andare; d’amore non e` mancanza, perche´ bellezza cosı` alta l’anima la deve amare. Cio` che ordinate faro`; sono vostro.

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Diana

¡Que´ triste dı´a! Teodoro Yo me voy, sen˜ora mı´a; yo me voy, el alma no. Diana ¿Lloras? Teodoro No, que me ha caı´do algo, como a ti, en los ojos. Diana Deben de ser mis enojos. Teodoro Eso debe de haber sido. Diana Mil nin˜erı´as te he dado que en un bau´l hallara´s; perdona, no pude ma´s. Si le abrieres, ten cuidado de decir, como a despojos de vitoria tan tirana: ‘‘Aque´stos puso Diana con la´grimas de sus ojos’’. Anarda Perdidos los dos esta´n. Dorotea ¡Que´ mal se encubre el amor! Anarda Quedarse fuera mejor. Manos y prendas se dan. Dorotea Diana ha venido a ser el perro del hortelano. Anarda Tarde le toma la mano. Dorotea ¡O coma, o deje comer!

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Redondillas

Sale el Conde Ludovico, y Camilo. Ludovico Bien puede el regocijo dar licencia,

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Sueltos

Diana

Triste giorno! Teodoro Io vado, signora mia; io vado, l’anima no. Diana Stai piangendo? Teodoro No; mi e` entrato qualcosa, anche a me, negli occhi. Diana Non saranno i miei dolori? Teodoro Questo dev’essere stato. Diana Mille sciocchezze ti ho dato che in un baule troverai; non di piu`, ma scuserai. E bada a dire, guardandolo, se tali trofei riporti da tal vittoria tiranna: “Questi oggetti ha messo Diana con il pianto dei suoi occhi”. Anarda Entrambi sono ormai persi. Dorotea L’amore male si cela! Anarda Meglio era se rimaneva. Si scambiano mani e pegni. Dorotea Diana e` diventata ormai il cane dell’ortolano. Anarda Tardi gli prende la mano. Dorotea O lasci mangiare o mangi. Entra il Conte Ludovico, con Camilo. Ludovico Licenza bene puo` dare la gioia,

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Diana ilustre, a un hombre de mis an˜os, para entrar de esta suerte a visitaros. Diana Sen˜or Conde, ¿que´ es esto? Ludovico Pues ¿vos sola no sabe´is lo que sabe toda Na´poles? Que en un instante que llego´ la nueva apenas me han dejado por las calles, ni he podido llegar a ver mi hijo. Diana ¿Que´ hijo? que no entiendo el regocijo. Ludovico ¿Nunca Vusen˜orı´a de mi historia ha tenido noticia, y que ha veinte an˜os que enviaba un nin˜o a Malta con su tı´o, y que le cautivaron las galeras de Alı´ Baja´? Diana Sospecho que me han dicho ese suceso vuestro. Ludovico Pues el cielo me ha dado a conocer el hijo mı´o despue´s de mil fortunas que ha pasado. Diana Con justa causa, Conde, me habe´is dado tan buena nueva. Ludovico Vos, sen˜ora mı´a, me habe´is de dar, en cambio de la nueva, el hijo mı´o, que sirvie´ndoos vive, bien descuidado de que soy su padre. ¡Ay, si viviera su difunta madre! Diana ¿Vuestro hijo me sirve? ¿Es Fabio acaso? Ludovico No, sen˜ora, no es Fabio, que es Teodoro. Diana ¿Teodoro? Ludovico Sı´, sen˜ora.

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Diana illustre, ad un uomo dei miei anni, perche´ venga in tal modo a visitarvi. Diana Signor Conte, che accade? Ludovico Voi soltanto non sapete cio` che sa tutta Napoli? In un attimo, da quando e` arrivata la notizia, non mi lasciano in strada, ne´ ho potuto venire da mio figlio. Diana Non capisco la gioia; quale figlio? Ludovico Vossignoria non ha avuto notizia della mia storia, che venti anni fa mandai a Malta un bambino da suo zio, e che fu fatto ostaggio dalle navi di Alı` Pascia`? Diana Mi hanno parlato, credo, di questa vostra storia. Ludovico Adesso il cielo mi ha fatto ritrovare il figlio mio dopo mille avventure che ha passato. Diana Con giusta causa mi portate, Conte, notizia cosı` buona. Ludovico Voi, signora, dovete darmi, in cambio della nuova, il figlio mio, che servendovi vive senza sapere che sono suo padre. Se vivesse la sua defunta madre! Diana Vostro figlio mi serve? Che sia Fabio? Ludovico Signora, non e` Fabio, ma Teodoro. Diana Teodoro? Ludovico Sı`, signora.

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Teodoro

¿Co´mo es esto? Diana Habla, Teodoro, si es tu padre el Conde. Ludovico Luego ¿es aque´ste? Teodoro Sen˜or Conde, advierta Vusen˜orı´a... Ludovico No hay que advertir, hijo, hijo de mis entran˜as, sino so´lo el morir en tus brazos. Diana ¡Caso extran˜o! Anarda ¡Ay sen˜ora! ¿Teodoro es caballero tan principal y de tan alto estado? Teodoro Sen˜or, yo estoy sin alma de turbado. ¿Hijo soy vuestro? Ludovico Cuando no tuviera tanta seguridad, el verte fuera de todas la mayor. ¡Que´ parecido a cuando mozo fui! Teodoro Los pies te pido, y te suplico... Ludovico No me digas nada, que estoy fuera de mı´. ¡Que´ gallardı´a! ¡Dios te bendiga, que´ real presencia! ¡Que´ bien que te escribio´ naturaleza en la cara, Teodoro, la nobleza! Vamos de aquı´; ven luego, luego toma posesio´n de mi casa y de mi hacienda; ven a ver esas puertas coronadas de las armas ma´s nobles de este reino. Teodoro Sen˜or, yo estaba de partida a Espan˜a, y ası´ me importa...

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Teodoro

Cosa dite? Diana Dimmi, Teodoro, se e` tuo padre il Conte. Ludovico E` dunque questo? Teodoro Signor Conte, sappia Vossignoria... Ludovico Nulla voglio sapere, figlio delle mie viscere, ma solo morire nel tuo abbraccio. Diana Strano caso! Anarda Oh, signora, Teodoro e` cavaliere cosı` nobile e di tanto alto stato? Teodoro Signore, svengo per il turbamento. Vi sono figlio? Ludovico Se la sicurezza non avessi, il vederti sarebbe la maggiore di tutte. A me da giovane quanto somigli! Teodoro Porgimi i tuoi piedi, e ti supplico... Ludovico Non mi dire niente, sono fuori di me. Che gagliardia! Dio ti protegga, che reale presenza! E come bene la natura ha scritto la nobilta`, Teodoro, sul tuo viso! Presto, andiamo; presto prendi possesso della mia casa e delle mie ricchezze. Vieni e vedi le porte coronate delle armi piu` stimate in questo regno. Teodoro Signore, ero in partenza per la Spagna e vorrei...

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Ludovico

¿Co´mo a Espan˜a? ¡Bueno, Espan˜a son mis brazos! Diana Yo os suplico, sen˜or Conde, deje´is aquı´ a Teodoro hasta que se reporte, y en buen ha´bito vaya a reconoceros como hijo; que no quiero que salga de mi casa con aqueste alboroto de la gente. Ludovico Habla´is como quien sois tan cuerdamente. Dejarle siento por un breve instante; mas porque ma´s rumor no se levante me ire´, rogando a Vuestra Sen˜orı´a que sin mi bien no me anochezca el dı´a. Diana Palabra os doy. Ludovico Adio´s, Teodoro mı´o. Teodoro Mil veces beso vuestros pies. Ludovico Camilo, venga la muerte agora. Camilo ¡Que´ gallardo mancebo que es Teodoro! Ludovico Pensar poco quiero este bien, por no volverme loco.

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Sueltos

Va´yase el Conde, y lleguen todos los criados a Teodoro. Fabio ¡Danos a todos las manos! Anarda Bien puedes, por gran sen˜or. Dorotea Hacernos debes favor.

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Ludovico

Come per la Spagna? Ebbene, Spagna son le mie braccia. Diana Io vi chiedo, signor Conte, di lasciare Teodoro fin quando si riprenda, e in un buon abito venga a rendervi omaggio come figlio; non voglio che dalla mia casa esca in mezzo a questo tumulto di gente. Ludovico Parlate accortamente, da chi siete. Mi dispiace lasciarlo per un attimo, ma perche´ piu` rumore non si crei andro`, pregando Vostra Signoria che senza lui non mi colga la notte. Diana Lo prometto. Ludovico A presto, mio Teodoro. Teodoro Mille volte vi bacio i piedi. Ludovico Venga pure la morte ora, Camilo. Camilo Splendido giovane che e` Teodoro! Ludovico Poco voglio pensarci, per non diventare matto.

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Il Conte va via, e tutti i servitori vanno intorno a Teodoro. Fabio Dai la mano a tutti noi. Anarda Puoi anche, da gran signore. Dorotea Dispensaci il tuo favore.

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Marcela Los sen˜ores que son llanos conquistan las voluntades. Los brazos nos puedes dar. Diana Apartaos, dadme lugar, no le diga´is necedades. De´me Vuestra Sen˜orı´a las manos, sen˜or Teodoro. Teodoro Agora esos pies adoro y sois ma´s sen˜ora mı´a. Diana Salı´os todos alla´; dejadme con e´l un poco. Marcela ¿Que´ dices, Fabio? Fabio Estoy loco. Dorotea ¿Que´ te parece? Anarda Que ya mi ama no querra´ ser el perro del hortelano. Dorotea ¿Comera´ ya? Anarda Pues ¿no es llano? Dorotea Pues ¡reviente de comer!

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Va´yanse los criados. Diana ¿No te vas a Espan˜a? Teodoro Diana ¿No dice Vusen˜orı´a: “Yo me voy, sen˜ora mı´a; yo me voy, el alma no”?

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Marcela Con modi aperti i signori stregano le volonta`. Un abbraccio ci puoi dare. Diana Via ora, fatemi passare, e non dite assurdita`. Mi dia Vostra Signoria le mani, signor Teodoro. Teodoro Adesso quei piedi adoro, siete piu` signora mia. Diana Andate tutti di la`, con lui lasciatemi un poco. Marcela Che dici, Fabio? Fabio Sconvolto. Dorotea Che te ne pare? Anarda Che gia` Diana non vorra` piu` fare il cane dell’ortolano. Dorotea Mangera` ora? Anarda Non e` chiaro? Dorotea Mangi allora da scoppiare!

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I Servitori se ne vanno. Diana Non vai piu` in Spagna? Teodoro Diana Non dice Vossignoria: “Io vado, signora mia, io vado, l’anima no”?

Io? 3160

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Teodoro ¿Burlas de ver los favores de la Fortuna? Diana Haz extremos. Teodoro Con igualdad nos tratemos, como suelen los sen˜ores, pues todos lo somos ya. Diana Otro me pareces. Teodoro Creo que esta´s con menos deseo; pena el ser tu igual te da. Quisie´rasme tu criado, porque es costumbre de amor querer que sea inferior lo amado. Diana Esta´s engan˜ado, porque agora sera´s mı´o, y esta noche he de casarme contigo. Teodoro No hay ma´s que darme; Fortuna, tente. Diana Confı´o que no ha de haber en el mundo tan venturosa mujer. Vete a vestir. Teodoro Ire´ a ver el mayorazgo que hoy fundo, y este padre que me halle´ sin saber co´mo o por do´nde. Diana Pues adio´s, mi sen˜or Conde. Teodoro Adio´s, Condesa.

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Teodoro Ti fai beffe dei favori della sorte? Diana Non ti esalti? Teodoro Trattiamoci come pari, come sogliono i signori, dato che lo siamo gia`. Diana Non ti riconosco. Teodoro Credo che ora hai meno desiderio. Che ti sia pari ti da` pena; servo mi vorrai, perche´ e` costume d’amore volere che sia inferiore l’essere amato. Diana Ti sbagli, perche´ adesso sarai mio, giacche´ ti voglio sposare stanotte. Teodoro A che altro aspirare! Fortuna, frena. Diana Credo io che non ci sia donna al mondo fortunata come me. Ve`stiti. Teodoro Vado a vedere il casato che oggi fondo, e quel padre che ho trovato non sapendo come e dove. Diana A presto, mio signor Conte. Teodoro Contessa, a poi.

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Diana

Oye.

Teodoro

¿Que´? Diana ¿Que´? Pues ¿co´mo a su sen˜ora ası´ responde un criado? Teodoro Esta´ ya el juego trocado, y soy yo el sen˜or agora. Diana Sepa que no me ha de dar ma´s celitos con Marcela, aunque este golpe le duela. Teodoro No nos solemos bajar los sen˜ores a querer las criadas. Diana Tenga cuenta con lo que dice. Teodoro Es afrenta. Diana Pues ¿quie´n soy yo? Teodoro Mi mujer.

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Va´yase. Diana No hay ma´s que desear. Tente, Fortuna, como dijo Teodoro, tente, tente. Salen Federico y Ricardo. Ricardo ¿En tantos regocijos y alborotos no se da parte a los amigos? Diana cuanta Vusen˜orı´as me pidieren.

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Tanta

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Diana

Senti.

Teodoro

Che? Diana Che? Cosı` alla sua signora si rivolge un servitore? Teodoro Sono io adesso il signore, le carte sono cambiate. Diana Sappia che non dovra` farmi piu` scherzetti con Marcela, anche se il colpo risenta. Teodoro Non siamo avvezzi a abbassarci noi signori a far la corte alle serve. Diana Tenga a mente quanto dice. Teodoro Lei mi offende. Diana Perche´, chi sono io? Teodoro Mia moglie.

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Va via. Diana Nient’altro piu` desidero! Fortuna, come ha detto Teodoro, frena, frena! Entrano Federico e Ricardo. Ricardo In mezzo a tanti tumulti di gioia non si da` parte agli amici? Diana Sı`, quanta le Vostre Signorie mi chiederanno.

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Federico De ser tan gran sen˜or vuestro criado os las pedimos. Diana Yo pense´, sen˜ores, que las pedı´s, con que licencia os pido, de ser Teodoro Conde, y mi marido.

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Va´yase la Condesa. Ricardo ¿Que´ os parece de aquesto? Federico

Estoy sin seso. Ricardo ¡Oh, si le hubiera muerto este pican˜o! Sale Trista´n. Federico ¿Veisle? Aquı´ viene. Trista´n

(Todo esta´ en su punto. ¡Brava cosa, que pueda un lacayı´fero ingenio alborotar a toda Na´poles!) Ricardo Tente, Trista´n, o como te apellidas. Trista´n Mi nombre natural es “Quita-vidas”. Federico ¡Bien se ha echado de ver! Trista´n Hecho estuviera, a no ser Conde de hoy aca´ este muerto. Ricardo Pues ¿eso importa? Trista´n Al tiempo que el concierto hice, por los trecientos solamente, era para matar, como fue llano, un Teodoro criado, mas no Conde. Teodoro Conde es cosa diferente,

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Federico Di come un servo sia un grande signore vi chiediamo ragione. Diana Io credevo me la chiedeste, e ne chiedo licenza, del fatto che lui e` conte e mio marito.

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La Contessa va via. Ricardo Che ve ne sembra? Federico

Ci perdo il cervello. Ricardo Oh, l’avesse ammazzato quel briccone! Entra Trista´n. Federico Eccolo, viene. Trista´n

E` tutto al punto giusto. Bella cosa! Che potesse un laccheico ingegno rivoltare tutta Napoli! Ricardo Fermo, Trista´n, o come fai di nome. Trista´n Ammazza-gente e` il mio vero cognome. Federico E si e` ben visto! Trista´n Ormai sarebbe fatta, se da oggi Conte non fosse quel morto. Ricardo E che importa? Trista´n Quando facemmo il patto concordammo i trecento solamente: era per ammazzare, ed era chiaro, un servitore Teodoro, e non Conte. Teodoro Conte e` cosa differente,

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y es menester que el galardo´n se aumente; que ma´s costa tendra´ matar un Conde que cuatro o seis criados, que esta´n muertos unos de hambre y otros de esperanzas, 3225 y no pocos de envidia. Federico ¿Cua´ntos quieres? ¡Y ma´tale esta noche! Trista´n Mil escudos. Ricardo Yo los prometo. Trista´n Alguna sen˜al quiero. Ricardo Esta cadena. Trista´n Cuenten el dinero. Federico Yo voy a prevenillo. Trista´n Yo a matalle. 3230 ¿Oyen? Ricardo ¿Que´ quieres ma´s? Trista´n Todo hombre calle. Sueltos Va´yanse Ricardo y Federico, y entre Teodoro. Teodoro Desde aquı´ te he visto hablar con aquellos matadores. Trista´n Los dos necios son mayores que tiene tan gran lugar. Esta cadena me han dado, mil escudos prometido, porque hoy te mate. Teodoro ¿Que´ ha sido esto que tienes trazado?

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e il compenso bisogna che si aumenti; costa certo di piu` ammazzare un Conte che quattro o sei dei servi, gia` ammazzati chi dalla fame, chi dalle speranze, chi dall’invidia. Federico Di’ quanti ne vuoi, ma che sia questa notte! Trista´n Mille scudi. Ricardo Li prometto. Trista´n Un anticipo vi chiedo. Ricardo Questa catena. Trista´n Contate il denaro. Federico Vado a disporre. Trista´n Io vado a ammazzare. Sentite? Ricardo Che altro vuoi? Trista´n Silenzio fate.

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Ricardo e Federico se ne vanno; entra Teodoro. Teodoro Da qui ti ho visto parlare con quei due assassini. Trista´n Sono i maggiori cretini di questa grande citta`. Questa catena mi han dato, e mille scudi promesso, per spacciarti oggi. Teodoro Che e` questo piano che hai architettato?

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Que estoy temblando, Trista´n. Trista´n Si me vieras hablar griego, me dieras, Teodoro, luego ma´s que estos locos me dan. ¡Por vida mı´a, que es cosa fa´cil el greguecizar! Ello, en fin, no es ma´s de hablar; mas era cosa donosa los nombres que les decı´a: Azteclias, Catiborratos, Serpelitonia, Xipatos, Atecas, Filimoclı´a, que esto debe de ser griego, como ninguno lo entiende, y en fin por griego se vende. Teodoro A mil pensamientos llego que me causan gran tristeza; pues si se sabe este engan˜o no hay que esperar menos dan˜o que cortarme la cabeza. Trista´n ¿Agora sales con eso? Teodoro Demonio debes de ser. Trista´n Deja la suerte correr, y espera el fin del suceso. Teodoro La Condesa viene aquı´. Trista´n Yo me escondo; no me vea. [Esco´ndese detra´s del pan˜o.] Sale la Condesa. Diana ¿No eres ido a ver tu padre, Teodoro? Teodoro Una grave pena me detiene, y finalmente

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Io sto tremando, Trista´n. Trista´n Se mi udissi parlar greco, Teodoro, daresti, e presto, piu` di quel che loro danno. Per la mia vita, e` una cosa facile il grecizzare! In fondo, e` come parlare; pero` era cosa graziosa sciorinare quella sfilza: Azteclias, Catiborratos, Serpelitonia, Xipatos, Atecas, Filimoclia... questo dev’essere greco, perche´ nessuno lo intende, e poi, per greco si vende. Teodoro Mille pensieri mi vengono, causando grande tristezza, perche´ se scopre l’inganno mi aspetto non minor danno che mi si tagli la testa. Trista´n Ora ti fai queste fisime? Teodoro Un demonio tu devi essere. Trista´n Lascia la sorte procedere, vedi come va a finire. Teodoro La Contessa viene qui. Trista´n Mi nascondo; non mi veda. [Si nascondano dietro il telo] Entra la Contessa. Diana Non sei andato da tuo padre, Teodoro? Teodoro Una grave pena mi trattiene, ed alla fine

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vuelvo a pedirte licencia para proseguir mi intento de ir a Espan˜a. Diana Si Marcela te ha vuelto a tocar al arma, muy justa disculpa es e´sa. Teodoro ¿Yo, Marcela? Diana Pues ¿que´ tienes? Teodoro No es cosa para ponerla desde mi boca a tu oı´do. Diana Habla, Teodoro, aunque sea mil veces contra mi honor. Teodoro Trista´n, a quien hoy pudiera hacer el engan˜o estatuas, la industria versos, y Creta rendir laberintos, viendo mi amor, mi eterna tristeza, sabiendo que Ludovico perdio´ un hijo, esta quimera ha levantado conmigo; que soy hijo de la tierra, y no he conocido padre ma´s que mi ingenio, mis letras y mi pluma. El Conde cree que lo soy, y aunque pudiera ser tu marido, y tener tanta dicha y tal grandeza, mi nobleza natural que te engan˜e no me deja; porque soy naturalmente hombre que verdad profesa. Con esto, para ir a Espan˜a vuelvo a pedirte licencia, que no quiero yo engan˜ar tu amor, tu sangre y tus prendas. Diana Discreto y necio has andado:

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torno a chiederti licenza per continuare il mio intento di partire. Diana Se Marcela e` ritornata alla carica, che giusta scusante e` questa! Teodoro Io, Marcela? Diana Perche´ allora? Teodoro Non e` cosa che va messa tra la mia bocca e il tuo udito. Diana Di’ invece, anche quando leda il mio onore mille volte. Teodoro Trista´n, cui puo` la doppiezza oggi fare un monumento, l’astuzia poemi, e Creta dare labirinti, visti il mio amore e la tristezza, sapendo che Ludovico ha perduto un figlio, questa chimera ha ordito per me, figlio solo della terra, che non ho avuto altro padre se non ingegno, sapienza e penna; il Conte mi crede lui, ma se potrei, Contessa, sposarti ed avere accesso a tanta gioia e grandezza, la mia nobile natura rifugge lo stratagemma, perche´ ho l’animo di un uomo che la verita` professa. Con questo, di andare in Spagna torno a chiederti licenza, giacche´ non voglio ingannarti in amore, sangue e altezza. Diana Discreto e sciocco sei stato:

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discreto, en que tu nobleza me has mostrado en declararte, necio, en pensar que lo sea en dejarme de casar, pues he hallado a tu bajeza el color que yo querı´a; que el gusto no esta´ en grandezas, sino en ajustarse al alma aquello que se desea. Yo me he de casar contigo; y porque Trı´sta´n no pueda decir aqueste secreto, hoy hare´ que, cuando duerma, en ese pozo de casa le sepulten. Trista´n (detra´s del pan˜o). ¡Guarda afuera! Diana ¿Quie´n habla aquı´? Trista´n ¿Quie´n? Trista´n, que justamente se queja de la ingratitud mayor que de mujeres se cuenta; pues, siendo yo vuestro gozo, aunque nunca yo lo fuera, ¿en el pozo me arroja´is? Diana ¿Que lo has oı´do? Trista´n No creas que me pescara´s el cuerpo. Diana Vuelve. Trista´n ¿Que vuelva? Diana Que vuelvas. Por el donaire te doy palabra de que no tengas mayor amiga en el mundo; pero has de tener secreta esta invencio´n, pues es tuya.

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e` stata cosa discreta dichiararti nobilmente, sciocca credere che smetta di pensare di sposarti, se e` tinta la tua bassezza del colore che volevo; non e` gusto la grandezza, ma che si accordi con l’anima la cosa che si desidera. Voglio sposarmi con te; e semmai Trista´n intenda spargere questo segreto, lo faro` stanotte stessa seppellire in questo pozzo mentre dorme. Trista´n (nascosto). Con cautela! Diana Chi e` che parla? Trista´n Chi? Trista´n, che a ragione si lamenta del maggiore tradimento che mai una donna commetta. Essendo io il vostro bene, – mai lo fossi! – in ricompensa voi mi gettate nel pozzo? Diana Non avrai mica sentito? Trista´n Non credere che mi peschi! Diana Torna. Trista´n Torno? Diana Torna in fretta. Per l’arguzia ti prometto che non avrai piu` sincera amica al mondo; pero` dovrai tenere segreta questa astuzia, perche´ e` tua.

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Trista´n Si me importa que lo sea, ¿no quieres que calle? Teodoro

Escucha, ¿que´ gente y que´ grita es esta?

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Salen el Conde Ludovico, Federico, Ricardo, Camilo, Fabio, Anarda, Dorotea, Marcela. Ricardo Queremos acompan˜ar a vuestro hijo. Federico La bella Na´poles esta´ esperando que salga, junta a la puerta. Ludovico Con licencia de Diana, una carroza te espera, Teodoro, y junta, a caballo, de Na´poles la nobleza. Ven, hijo, a tu propia casa tras tantos an˜os de ausencia; vera´s adonde naciste. Diana Antes que salga y la vea, quiero, Conde, que sepa´is que soy su mujer. Ludovico ¡Detenga la Fortuna en tanto bien con clavo de oro la rueda! Dos hijos saco de aquı´, si vine por uno. Federico Llega, Ricardo, y da el parabie´n. Ricardo Darle, sen˜ores, pudiera de la vida de Teodoro, que celos de la Condesa me hicieron que a este cobarde

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Trista´n Se il segreto mi interessa non vuoi che taccia? Teodoro

Ma ascolta. Che chiasso, che gente e` questa?

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Entrano il Conte Ludovico, Federico, Ricardo, Camilo, Fabio, Anarda, Dorotea, Marcela. Ricardo Noi vogliamo accompagnare il vostro figlio. Federico La bella Napoli sta gia` aspettando alla sua porta che esca. Ludovico Con il permesso di Diana, una carrozza ti aspetta, e di Napoli, a cavallo, tutta la nobilta` in festa. Vieni, figlio, a casa tua dopo tanti anni di assenza, e vedi dove sei nato. Diana Prima che esca e che la veda, voglio, Conte, che sappiate che sono sua moglie. Ludovico Tenga la sua ruota la fortuna con un chiodo d’oro ferma: vengo per un figlio, e due ne trovo. Federico Ricardo, vieni adesso a congratularti. Ricardo Farlo, signori, potrei, per la vita di Teodoro; gelosie della Contessa mi hanno fatto dare a questo

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diera, sin esta cadena, por matarle mil escudos. Haced que luego le prendan, que es encubierto ladro´n. Teodoro Eso no, que no profesa ser ladro´n quien a su amo defiende. Ricardo ¿No? Pues ¿quie´n era este valiente fingido? Teodoro Mi criado; y porque tenga premio el defender mi vida, sin otras secretas deudas, con licencia de Diana le caso con Dorotea, pues que ya Su Sen˜orı´a caso´ con Fabio a Marcela. Ricardo Yo doto a Marcela. Federico Y yo a Dorotea. Ludovico Bien queda para mı´, con hijo y casa, el dote de la Condesa. Teodoro Con esto, senado noble, que a nadie diga´is se os ruega el secreto de Teodoro; dando, con licencia vuestra, del Perro del hortelano fin la famosa comedia.

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vile, oltre a questa catena, mille scudi per ucciderlo. Fatelo arrestare in fretta, perche´ e` un ladro truffatore. Teodoro Questo no, che non s’ingegna di rubare chi il padrone difende. Ricardo No? Ma chi era questo finto coraggioso? Teodoro Il mio servo; e perche´ ottenga la mia difesa un compenso, senza altra tassa segreta, con il permesso di Diana lo sposo con Dorotea, poiche´ ha gia` sposato Fabio con Marcela la Contessa. Ricardo Io doto Marcela. Federico Ed io Dorotea. Ludovico Mentre a me spetta, e` chiaro, con figlio e casa, la dote della Contessa. Teodoro Con cio`, nobile senato, di non dire vi si prega il segreto di Teodoro; e si chiude, con licenza, Il cane dell’ortolano, questa famosa commedia.

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Commento

PRIMO ATTO 1. capa [...] de noche. In un teatro scenograficamente povero, e che si rappresentava alla luce del giorno, il tipo di abito svolgeva una funzione importante ai fini della definizione temporale e spaziale dell’azione. Il mantello da sera, come dice questa didascalia e come si capira` piu` avanti dalle parole di Diana, e` ornato di passamanerie dorate (in altre commedie, e` di ricca stoffa rossa), mentre il mantello da giorno e` per lo piu` di stoffa scura. 14. Vuestra Sen˜orı´a. Era trattamento riservato esclusivamente all’alta nobilta` (Conti, Marchesi, Duchi). Nelle forme allocutive, la Comedia segue scrupolosamente le distinzioni gerarchiche dell’epoca. 29. Il fuoco di Sant’Elmo era quella fiammella luminosa che appariva sugli alberi delle navi durante le tempeste notturne. Per i marinai era un segnale che annunciava la fine del temporale. Nella letteratura del Siglo de Oro il sintagma viene usato come metafora per indicare chi offre il proprio aiuto a pericolo ormai passato; esempi di un uso analogo della parola si possono vedere in Lope de Vega, El villano en su rinco´n – Las bizarrı´as de Belisa, edicio´n de A. Zamora Vicente, Espasa-Calpe, Madrid 1963 (Cla´sicos Castellanos, 157), p. 128; e in Baltasar Gracia´n, El Critico´n, edicio´n de E. Correa Caldero´n, Espasa-Calpe, Madrid 1971, III, p. 140 (Cla´sicos Castellanos, 167). L’attore che interpretava il vecchio scudiero entrava probabilmente in scena con in mano un candelabro, o una lucerna, per rafforzare il gioco allusivo. D’altronde, tutta la sequenza dell’agitata notte e` costellata da metafore che rimandano a una tempesta marina (si vedano anche i vv. 159-60).

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38. [Diana vuol dire che Otavio si sta comportando con la flemma e l’inefficacia propria di quella figura spesso comica che era all’epoca lo scudiero, hidalgo impoverito e in la` con gli anni che fungeva da accompagnatore e attendente delle dame nobili. Otavio svolge effettivamente anche le funzioni dello scudiero (si veda nota al v. 1167), ma e` innanzitutto il maggiordomo di Diana, cioe` il capo della sua servitu`.] 48. gavila´n. Uccello rapace che attacca di notte; nel linguaggio della malavita, ‘ladro’. Gli si attribuiva anche un’indole nobile, tanto che si diceva hidalgo como gavila´n (Covarrubias). 119-20. plumas [...] tantas. Diana gioca con il sintagma tener pluma che all’epoca significava ‘avere ricchezze’, ‘essere potente’ (Autoridades, s.v. pluma). 125-28. [E` la prima volta che si allude in questa commedia al mito di Icaro; figlio di Dedalo, il padre aveva costruito per se´ e per lui delle ali di cera per poter fuggire dal labirinto di Creta in cui erano stati rinchiusi da Minosse. Incurante delle raccomandazioni del padre, Icaro si avvicino` troppo al sole che sciolse la cera delle sue ali facendolo precipitare nel mare.] 168. pasea. Da intendersi nel significato spagnolo (pasear la calle) di ‘corteggiare, facendo la ronda sotto le finestre di una dama’. 217. sabiendo que soy mujer. Il proverbio ammoniva: “a la mujer y a la picaza, lo que dirı´as, en la plaza”. 226-27. [Questo Conte e` con ogni probabilita` il defunto padre di Diana, figura paterna la cui assenza spiega la relativa indipendenza della protagonista femminile e l’ansia dei tanti suoi pretendenti nobili che aspirano, piu` che alla sua persona, a un titolo rimasto vacante.] 261. traslada. Usato metaforicamente con il significato di ‘trasferisce’ era un tipico stilema del poeta Go´ngora e dei suoi seguaci. Lope de Vega criticava la poesia gongorina perche´ rompeva le regole del decoro, usando metafore oscure, e spesso stravaganti, per descrivere fatti ordinari.

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274. nin˜erı´as. Il termine spagnolo nin˜erı´as significava ‘sciocchezze’ (Autoridades), ma nella poesia erotica dell’epoca era spesso utilizzato come eufemismo per indicare un rapporto sessuale (vedi anche l’uso dello stesso termine al v. 2234). 303-4. ser quien soy. “Soy quien soy” e` un sintagma codificato e ricorrente in bocca a personaggi nobili, e valeva come autorichiamo a una rigida etica nobiliare; significava ‘sono cio` che il mio rango mi impone di essere, a scapito di qualsiasi inclinazione o desiderio personale’. 347. diestros. L’aggettivo sostantivizzato diestro valeva all’epoca ‘abile schermidore’ (Autoridades). 377-78. I consigli di Trista´n riprendono liberamente passi dei Remedia amoris di Ovidio. 403. Le potenze dell’animo erano la memoria, l’intelletto e la volonta`. Era comune all’epoca comparare l’animo umano a un congegno di orologio, che funzionava solo grazie al movimento armonico delle tre facolta`. 412. aquel espan˜ol poeta. E` Lope stesso. La canzone in questione, come ha dimostrato Dixon (nella nota corrispondente della sua edizione della commedia), viene cantata nella prima scena della commedia Antonio Roca (anteriore al 1604): “No hay mal como la memoria / para el alma y para el cuerpo, / que es enemigo que vive / asido al entendimiento; / en e´l caben desengan˜os / como imposibles deseos”. 422. chapines. Zoccoli altissimi che facevano furore tra le giovani di classe alta agli inizi del Seicento. Questo tipo di calzatura era violentemente censurata nella letteratura moralista e misogina dell’epoca. 447. me´dico impı´rico. Era colui che esercitava la medicina, senza possedere studi universitari. 453-54. [Era proverbiale all’epoca la somiglianza fra donna e vetro, basata non tanto sulla trasparenza quanto sulla fragilita`. Niente di piu` fragile, si pensava, dell’onore femminile: “El honor y la mujer son como el vidrio, que al primer golpe se quiebran”. Si vedano anche i vv. 1826-27.]

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456. pensarte puedo. ‘Ti considero alla stregua di un animale’. Nell’originale, la strofa e` costruita sull’omofonia tra pensar (‘pensare’) e pensar (‘foraggiare’, ‘biadare’ un animale). 611-14. [Il lacche´ infatti precedeva a piedi il cavallo del padrone; gli sguardi della gente si fissavano dunque dapprima su di lui, e poi si alzavano a guardare il signore. Un lacche´ trascurato nella persona e nel vestito non era certo un buono “specchio” o “ornamento” del suo signore.] 676-79. Si tratta di De’ secreti del reverendo Donno Alessio Piamontese (Venezia 1563). Come ricetta per una depilazione definitiva, l’autore consigliava di usare un rasoio arroventato, bagnato nel sangue di un pipistrello (la fonte e` segnalata da Dixon nella nota corrispondente ai vv. 676-82, nella sua edizione della commedia; lo studioso indica anche altre opere di Lope in cui si trovano riferimenti espliciti o impliciti a quest’opera di Alessio Piamontese). 680-82. Tutto il passaggio e` un gioco concettista basato sulla doppia accezione di murcie´lago (‘pipistrello’, ma anche ‘malfattore’ nel gergo della malavita). Intendi: ‘gli cavero` il sangue a quel malfattore; e, poiche´ l’occasione si raffigura con un lungo ciuffo di capelli sulla fronte da afferrare al volo, con quel sangue le togliero` per sempre la chioma (cioe`, evitero` qualsiasi possibile occasione futura di intromissione a casa mia)’. 684-85. Traduciamo cosı` il gioco di parole dell’originale tra murcie´galo (variante di murcie´lago, ‘pipistrello’) e murciegalero, che nel gergo della malavita indicava il ‘ladro che agiva di notte’ (Autoridades, s.v. murcigallero). 710. [La gagliardia (in italiano come in spagnolo) indicava, piu` che la bellezza dei tratti del volto, l’eleganza del portamento, lo stato di buona salute fisica che si traduce in un corpo fiorente e robusto.] 726-27. la´grimas que llora. ‘Le perle’. Si pensava che le perle fossero procreate dalla rugiada che penetrava nelle ostriche. 731. Cioe`, ‘fino al polo artico’ (piu` avanti, v. 735, si offrira` di arrivare all’estremo opposto, cioe` al polo australe).

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733-34. pies de madera. ‘I vascelli (fatti di legno) che solcano il mare salato (campagne di sal)’. La metafora e` modellata parodicamente sullo stile gongorino (vedi nota al v. 261). Secondo N. Ly (“La diction de l’amour dans la comedia El perro del hortelano de Lope de Vega”, cit.) e` un calco ritmico e semantico dell’ultimo verso della Soledad primera di Go´ngora (a batallas de amor campo de pluma). 771. [decoro. Termine dal significato complesso, qui pare indicare in primo luogo un valore centrale nella precettistica classica, cioe` la congruita` dello stile al tema trattato. Non gli sono certamente estranee pero`, in questo verso, le connotazioni di ‘rispetto’, ‘discrezione’, ‘salvaguardia dell’onore proprio o altrui’, proprie del termine decoro in un contesto non letterario.] 779-96. L’aneddoto circolava all’epoca: come ricorda Dixon (nella nota corrispondente della sua edizione della commedia), citando Mele cui si deve la segnalazione della fonte, appare ad esempio in una epistola di Antonio Pe´rez – ministro favorito di Filippo II poi caduto in disgrazia ed esiliato – datata 24 giugno 1594 e diretta “A un gran privado”. La lettera in questione si trova in Epistolario espan˜ol. Coleccio´n de cartas de espan˜oles ilustres antiguos y modernos, edicio´n de E. de Ochoa, Atlas, Madrid, 1945 (B.A.E. XIII), I, p. 471. 803-6. I versi giocano sulla anfibologia tra termini che possono essere riferiti sia all’arte di scrivere che alle gerarchie sociali: puntos indicava un certo tipo di pennino, ma anche l’onore di una persona (si diceva mujer de puntos ‘donna di alto rango’); sul significato sociale di tener pluma (‘avere ricchezze’, ‘essere potente’) si veda nota ai vv. 119-20. 819-22. [Si fa riferimento qui al secondo grande mito classico emblematico dell’ambizione imprudente: Fetonte, figlio del Sole, aveva chiesto al padre il permesso di guidarne il carro dorato; ma, inesperto, si era avvicinato troppo alla Terra e rischiava di incenerirla. Zeus, allora, colpı´ il giovane temerario con un fulmine che lo fece precipitare nel fiume Eridano, e non su un monte, come dice Lope; proprio questa incongruenza porta a domandarsi se il testo spagnolo sia corretto in questo punto, e se invece di precipitado en un

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monte non debba leggersi precipitado de un monte. Il manoscritto che Dixon utilizza fra i testimoni per la sua edizione legge in effetti precipitado del monte; e Dixon stesso cita un’altra opera di Lope in cui il drammaturgo parla di Fetonte “precipitado del celeste monte/de su soberbia” (Laurel de Apolo, silva V). Per il mito di Icaro, si veda nota ai vv. 125-28.] 871-74. La metafora e` complessa e difficile da sciogliere: ‘Quale rosa, quando l’aurora ha pianto (cioe` quando all’alba e` comparsa la rugiada), ha reso le proprie foglie simili ad occhi ed ha aperto le rosse labbra (i petali) in riso nel vedere quel pianto, come lei quando e` arrossita, come fosse stata dipinta di color porpora e granata, nel vedere me, o quale pallida mela si e` in tal modo smaltata di carminio?’. 1012. [cuadra. Indicava una stanza, generalmente quadrata, piu` interna rispetto alla sala.] 1021-22. [Nel testo spagnolo, ho scelto di correggere la lezione della princeps (accolta da tutti gli editori moderni) y para puertas de celos del v. 1021, con que para..., nella quale coincidono l’edizione barcellonese del 1618 e il manoscritto teatrale del XVII secolo. Si tratta di una lezione piu` logica nel contesto, e d’altronde l’errore y per que e` frequentissimo nella tradizione manoscritta e a stampa dei testi del XVII secolo, e perfettamente spiegabile con ragioni paleografiche, in quanto que si scriveva di solito abbreviato in q, facilmente confondibile con una y. Il senso del passo e` che Marcela non deve temere di subire una prigionia rigida perche´ (il que e` causale) l’Amore riesce sempre ad aprire (con chiave maestra, quella cioe` che puo` aprire tutte le serrature di una casa) le porte chiuse dalla gelosia. Dorotea sembra sottintendere che si proporra` come ministra dell’Amore liberatore a dispetto della gelosia di Diana: e non a caso diventera` la migliore amica di Marcela (cfr. vv. 1434-39).] 1030-34. [Si tratta di un riferimento alle Metamorfosi di Ovidio (II, 760-82), dove l’abitazione dell’Invidia e` descritta come “una valle profonda, priva di sole... spettrale e tutta invasa da intorpidente gelo, sempre sprovvista di fuoco, sempre ricoperta da caligine” (traduzione di Enrico Oddone).]

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1071-73. [non essendo una donna/molto pulita: nell’originale, porque no es limpia. Nessun editore moderno annota questo passo, che pure si presenta problematico. Ser (o no ser) limpio/a infatti, nella Spagna del Siglo de Oro voleva dire generalmente ‘non essere di sangue pulito’ (cioe`, avere ascendenti ebrei). Nel caso di Marcela, questo sembra poco probabile, giacche´ in precedenza (v. 316 e sgg.) Diana ha alluso a una sua parentela neanche troppo remota con lei. E` possibile che Diana voglia far qui riferimento piuttosto alle abitudini personali di Marcela in quanto a pulizia ed igiene, cosa tanto piu` verosimile in quanto Marcela e` una delle sue cameriere personali, dunque addetta al vestiario e alla toeletta della padrona.] 1130-33. L’aneddoto risale alla Vita Marci Aurelii Philosophi di Giulio Capitolino. Secondo la versione di Matteo Bandello (Parte I, 36), che e` quella che sembra seguire Lope, Faustina si era invaghita di un gladiatore; aveva quindi confessato la sua passione al marito Marco Aurelio, pregandolo di farla accoppiare al guerriero, perche´, in caso contrario, sarebbe morta. Per curare Faustina dalla sua insana passione, un medico caldeo consiglio` all’imperatore di uccidere il gladiatore, e di usarne il sangue per cospargere il corpo della donna. 1136-38. [Lucrecias... Torcatos... Virginios. Tre personaggi della storia romana, che Lope a piu` riprese nelle sue opere cita come esempi di virtu` antiche, per non dire obsolete. Lucrezia, violata da Sesto Tarquinio, si uccise dopo aver denunciato il fatto al padre e al marito e averli esortati alla ribellione; Tito Manlio Torquato fece giustiziare il figlio che, pur vincitore in battaglia, aveva disobbedito gli ordini militari dei superiori; Lucio Virginio uccise la figlia per sottrarla alla violenza di Appio Claudio.] 1140. [Mesalinas... Popeas. Moglie di Claudio e madre di Nerone la prima, amante e poi moglie di Nerone la seconda, fanno da contraltare ai personaggi citati anteriormente in quanto esempi topici di lascivia e crudelta`.] 1160-64. Nel suo manuale Estilo de servir a prı´ncipes (1614), Miguel Yelgo de Va´zquez raccomandava esplicitamente a chi svolgeva funzioni di segretario: “Avra` cura, nel caso dovesse dare la mano alla signora, di togliersi il cappello, e

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quando e` in procinto di porgerle la mano, di coprirla con la cappa, perche´ e` segnale di poco rispetto che il servitore dia la mano nuda, senza mettere sopra la cappa” (traduzione di S.A.). 1167-69. [Si intenda: ‘quando sarai ormai anziano la coprirai col mantello (il ferreruelo dell’originale e` un mantello corto, ampio e senza cappuccio)’. Sulla figura dello scudiero si veda la nota al v. 38.] 1171-72. La sequenza della dama che cade e del gala´n che le da` la mano per rialzarsi acquistava, nella commedia del Siglo de Oro, una valenza simbolica premonitoria. La rischiosa deviazione dalle costrizioni dell’onore (la caduta) sarebbe stata riparata e compensata dall’unione matrimoniale (dare la mano).

SECONDO ATTO 1222-28. La metafora ricalca parodicamente l’inizio della Soledad primera di Go´ngora, dove si descriveva in modo estremamente artificioso l’entrata del sole nella costellazione del Toro. La battuta e` doppiamente ridicola, perche´ gongorina e perche´ recitata dal servitore. 1229. dos soles. Allude metaforicamente ai due occhi di Diana. 1233. Continua il comico scambio di parti fra padrone e servitore nell’uso del linguaggio amoroso codificato, dal momento che, come afferma spesso Lope, e` l’amante che viene trasformato in pittore (o in poeta) dall’amore. 1243-46. Si intenda: ‘poiche´ Federico per primo ha corteggiato Diana e` giusto che venga considerato come il Toro, anche se dovra` stare attento al significato che ha questo nome (‘cornuto’). Io, che sono arrivato piu` tardi, saro` considerato il Leone, perche´ il sole entra nella costellazione del Leone (a luglio), dopo essere passato per quella del Toro (ad aprile)’. 1344-45. [lavemos en vinagre. Per disinfettarlo, perche´ pro-

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viene da una persona (Marcela) che, caduta in disgrazia, viene fuggita come se fosse appestata.] 1346-49. [Teodoro equipara Trista´n all’aceto, tacciandolo implicitamente di ubriacone e di persona sgradevole; la parola vinagre poteva indicare infatti per metafora la persona antipatica, cosı` come il beone che puzza di alcool.] 1358-62. [mosquitos... mariposa... a´guila. Queste qualificazioni metaforiche di Marcela vanno inserite in un contesto che da` particolare rilievo e significazione alle metafore ornitologiche e, piu` in generale, del volo. Ora Marcela viene paragonata a un moscerino attirato dal vino (dunque, la piu` piccola ed infima tra le creature volanti) e poi a una farfalla, che vola molto piu` bassa dei pensieri di Teodoro (e si ricordi che tra le caratteristiche topiche della farfalla c’era quella di venire attirata dalla fiamma da cui poi rimaneva bruciata). Un tempo pero`, quando Teodoro l’amava, Marcela era un’aquila, l’uccello che vola piu` in alto di tutti (e anche, si ricordi, l’unico che poteva guardare fisso nel sole senza venirne accecato, secondo una convinzione diffusissima all’epoca).] 1378. Re´cipe. ‘Prendi’. Era voce latina, con cui iniziavano le ricette mediche. 1379. Nella simbologia dei colori, l’azzurro rappresentava la gelosia. 1381. Nel suo latino storpiato Trista´n fa riferimento all’acqua di borragine. Borrajorum dell’originale evoca allo stesso tempo, con un gioco paronomastico, la parola borracho (‘ubriaco’), o forse anche il verbo borrar (‘cancellare’, sottintendendo ‘dal cuore’). 1389. Nel linguaggio equivoco dei medici d’amore barocchi, sciroppo (jarabe) valeva ‘sperma’. 1392-95. [Si fa riferimento ai cornuti (il Capricorno, come il Toro e anche l’Ariete, sono segni dello zodiaco comunemente usati in senso allusivo, perche´ animali dotati di corna). Il cornuto ha solo due rimedi per il suo male: sopportare con pazienza o morire.]

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1421. Il motto Aut Caesar, aut nihil si attribuiva a Cesare Borgia, duca di Valentinois, detto anche il Valentino. Nel Seicento la frase era gia` divenuta proverbiale. Come ricorda un testimone coevo: “ha quedado en proverbio, aun en nuestro espan˜ol, de los que no se quieren contentar con una medianı´a, y las ma´s veces [se quedan] sin lo uno y lo otro; porque habiendo llegado a gran fortuna, no se saben conservar en ella y dan una mortal caı´da que los vuelve en nada” (Covarrubias, s.v. Ce´sar). 1425-27. [Lope fa riferimento probabilmente, come ha mostrato Mele (Lope de Vega e due epigrammi del Sannazaro, cit.), a un epigramma di Sannazaro su Cesare Borgia: “Aut nihil, aut Caesar vult dici Borgia: quid ni?/Quum simul et Caesar possit, et esse nihil”.] 1456-58. Allude alla storia del figlio muto del re Creso. Il giovane, vedendo un soldato in procinto di uccidere suo padre, recupero` miracolosamente la parola, e il re si salvo` grazie all’urlo del figlio. La storia proviene da Erodoto. In Spagna fu divulgata da Pero Mexı´a (Silva de varia leccio´n, Parte prima, cap. 36). 1499. [vario hebrero. Traduciamo: marzo pazzo. La mutevolezza che in italiano si attribuisce al mese di marzo, in spagnolo e` vista invece come caratteristica di febbraio. Si veda il proverbio: “En febrero, un dı´a malo y otro bueno”.] 1501. [estafeta. E` il corriere che viaggia a cavallo, utilizzando le cavalcature di posta. Posta, qui, tra i tanti significati possibili, ha dunque quello di ‘cavallo di ricambio che attende il corriere ad ogni stazione’.] 1546-51. [Questo giuramento di Marcela, cosı` come piu` avanti quello analogo di Teodoro (vv. 1963-65), prevede come punizione, in caso di insincerita` o di inadempienza alla promessa, un evento non particolarmente temibile perche´, come in questo caso, gia` fa parte della realta` delle cose. Di fatto, Marcela gia` ama, non amata, Teodoro; e lo spettatore lo sa, e sa dunque che quello di Marcela e` uno spergiuro.] 1552-55. [Si intenda: ‘io ero gia` da tempo innamorato di te; se ora dici di amarmi sara` perche´ stai per morire e, per

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garantirti la salvezza eterna, vuoi restituirmi l’anima che mi hai rubato’. Si noti che, cosı` come Teodoro e` stato prontissimo a rispondere alle profferte amorose di Diana, abbandonando Marcela, cosı` ora Fabio e` prontissimo a rispondere alle profferte di Marcela, dimenticando su due piedi il suo amore per Anarda. Anche l’esortazione successiva di Dorotea a Fabio affinche´ colga l’occasione e mostri ardimento, riecheggia in tono minore la vicenda di Teodoro.] 1573. [Questo verso finale della risposta di Fabio e` annotato solo nell’edizione di Armin˜o, che ha giustamente segnalato come si tratti di una parodia delle formule topiche di chiusura di una missiva. Tutta la battuta di Fabio e` infatti strutturata sul paragone tra Marcela e una lettera con un destinatario “di riserva”. Piu` difficile da interpretare il senso della risposta di Fabio: Armin˜o la intende come un rifiuto; io credo, anche alla luce dei vv. 1553-55, che si tratti di un’accettazione espressa in termini ambigui. Notiamo che hablar a una mujer significava anche ‘avere con lei una relazione amorosa illecita’, come ci informa il Diccionario de Autoridades. Despacio te hablare´ dell’originale potrebbe dunque voler dire ‘avro` tutto il tempo di allacciare con te una relazione’. Nella traduzione cerchiamo di rendere l’ambiguita` di questi versi, adombrando pero` l’accettazione da parte di Fabio delle profferte di Marcela.] 1596-97. Anajarte e Lucrecia. Erano esempi rispettivamente di insensibilita` all’amore e di castita`. La storia di Anassarete appare nelle Metamorfosi di Ovidio (XIV, 698-764) dove il giovane Ifi, respinto dalla donna, finisce per impiccarsi alla sua porta, e Anassarete verra` trasformata dagli de`i in statua di pietra. Per Lucrezia, si veda la nota al v. 1136. 1613. Nel testo originale Lope gioca anfibologicamente sul doppio significato che ha in spagnolo il verbo “querer” (‘amare’, ma anche ‘volere’): no los quiero, porque quiero significa quindi ‘non li amo, perche´ amo (un altro)’ e ‘non li voglio, perche´ amo’. Lo stesso gioco concettista si ripete piu` avanti nella stessa sequenza (vv. 1634-35). 1628-29. Se Pasifae si accoppio` con un toro, introducendosi nel finto corpo di una vitella, fabbricato per lei da Dedalo, Semiramide fu posseduta da un cavallo, secondo quanto riferisce un’oscura leggenda che risale a Plinio il Vecchio.

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Questi due esempi di sfrenato appetito sessuale si contrappongono, per eccesso, ai due esempi di continenza citati ai vv. 1596-97. 1644-47. Lope riscrive in endecasillabi un ritornello che doveva essere molto conosciuto all’epoca, e che ci e` pervenuto grazie al canzoniere cinquecentesco di Alonso Nu´n˜ez: “¡Quie´n pudiese, o quie´n hiciese /que no queriendo querer,/que no quisiese!” (Eugenio Asensio, Una cancio´n de Lope de Vega en “El perro del hortelano”, cit.). Far ascoltare ai personaggi una misteriosa canzone le cui note provengono da un luogo indefinito fuori dalla scena e` un espediente drammaturgico che Lope inserisce spesso nelle sue commedie, e sempre in posizione preminente (qui, per esempio, a meta` commedia). L’anonimato e il carattere spesso popolare di queste canzoni conferiscono loro il valore di una verita` risaputa e inappellabile, che ha funzione di avvertimento diretto a uno dei protagonisti. 1757-58. [Si intenda: ‘si e` voluta vendicare di me, perdendomi, perche´ io non le ho permesso di essere del tutto vittoriosa sull’amore come lei avrebbe voluto’.] 1940-41. [Accolgo qui, nella punteggiatura del testo originale, che si riflette sulla traduzione, una correzione proposta da F. Serralta (Traduccio´n, coherencia y fijacio´n textual: apuntes sobre “El perro del hortelano”, cit.) al testo quale si presenta in tutte le edizioni moderne compresa quella di Dixon. Secondo Serralta, il Vengo dell’originale non va inteso come voce del verbo venir (in quanto l’uso corrente della lingua castigliana avrebbe voluto un Voy, voce del verbo ir), bensı` come voce del verbo vengar. La correzione rende anche molto piu` coerente la progressione psicologica delle battute.] 2193-94. “...che non mangia le verze ne´ le lascia mangiare ad altri” (El perro del hortelano que ni come las berzas, ni las deja comer a otro). Il proverbio e` antichissimo, e fino a pochi anni fa di uso comune in Spagna. Recrimina il comportamento di coloro che non colgono le occasioni, e, allo stesso tempo, impediscono ad altri di approfittarne al loro posto. 2265-66. [Nell’originale c’e` un riferimento chiarissimo al modo di dire proverbiale, comune ancora ai nostri giorni,

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“la letra con sangre entra” (“si impara a scrivere col sangue”: il che non vuol dire necessariamente ‘a forza di botte’, ma piuttosto ‘con fatica’).] 2276. [Lucı´a e Juana sono due nomi molto comuni fra la servitu`, e usati spessissimo nella Comedia Nueva come nomi di servette.] 2283. [gente de pandero. Nell’originale, letteralmente, ‘tamburello’, strumento popolare per definizione e, anche, metafora di ‘persona stupidamente chiacchierona’.] 2353-54. [Lo scherzo irriverente di Trista´n allude probabilmente alla situazione del signore che, dopo aver violentato una fanciulla al suo servizio, le “pagava il sangue”, cioe` la risarciva della perdita della verginita` pagandole una dote che le consentisse un matrimonio riparatore. Ancora una volta (e per l’ultima volta) assistiamo, benche´ solo negli scherzi del gracioso, a uno scambio di ruoli sessuali fra Diana e Teodoro.]

TERZO ATTO 2372-74. Filo´sofo Moral. Cosı´ veniva definito Esopo in alcune edizioni seicentesche delle sue favole. L’apologo delle due pentole rientra nel suo repertorio. 2423-24. [Trista´n, in questi due versi, si proietta in un futuro prossimo, quando il suo stratagemma avra` avuto successo. Diventare segretario del segretario puo` voler dire che Trista´n aspira a ricoprire il posto di segretario quando Teodoro, gia` segretario della Contessa, ne sara` il marito; e` un’interpretazione possibile, che rafforzerebbe l’interpretazione comica del motivo dell’ascesa sociale, ma anche poco verosimile in quanto Trista´n, lacche´ di bassissima estrazione, non solo non ha la cultura di Teodoro ma probabilmente non sa neppure leggere e scrivere. Mi sembra piu` probabile che Trista´n voglia dire che avra` un segreto da custodire che riguarda il segretario, e che questo gli portera` altri soldi e un posto privilegiato accanto al suo padrone (vedi anche il 3331 e sgg.).]

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2430-31 [taberna´culo. Qui, ‘taverna’ (in spagnolo taberna), con gioco paronomastico. Nel gergo della malavita si utilizzavano metafore devote per indicare i luoghi del bere, come si puo` vedere anche nell’ermita (‘eremo’) del v. 2439. E` probabile poi che tabernacolo entri in risonanza con uno dei nomi di vino del verso successivo, la lacrima (se e` vero che qui Lope allude al Lachryma Christi, vino bianco leggermente aromatico tipico del Napoletano). Anche la malvasia e il vino greco, che spesso compaiono in associazione alla lacrima nelle commedie di Lope come vini prelibati, erano considerati vini tipici di Napoli (si possono vedere al riguardo i dati offerti da Dixon nella sua nota a questi versi).] 2456-57. vive/el que reparte fuerzas a los hombres. ‘viva Dio’. 2496. [Poiche´ uno dei castighi possibili per i malfattori erano le frustate, misurate a centinaia (spesso duecento), e` frequente nella letteratura del Siglo de Oro questo scherzo sui numerali cento/duecento con allusione alla pena della frusta.] 2649. Maldita ella sea. Il soggetto sottinteso e` ‘Signoria’: e` infatti il suo status di nobile, che le da` diritto al trattamento di Signoria, che impedisce a Diana di godere dell’amore di Teodoro. 2727. [Si intenda: ‘se quei fiori davano adito a sperare nei frutti...’.] 2777-871. Diversi elementi del racconto di Trista´n sembrano ripresi da un novella di Boccaccio (Decameron, V, 7). Nel testo italiano, Teodoro e` uno schiavo comprato dal ricco Amerigo, che lo fa diventare suo maggiordomo. Teodoro s’innamora, ricambiato, di Violante, la figlia del suo padrone. Durante una tempesta, i due giovani consumano il loro amore, e la giovane rimane incinta. Scoperta la relazione da Amerigo, Teodoro viene condannato a morte. Mentre viene portato al patibolo, Fineo, un cavaliere armeno, lo vede e lo riconosce come suo figlio. Amerigo perdona il suo maggiordomo e Teodoro sposa la bella Violante. [Il fatto che Lope abbia scelto di mantenere, nel racconto di Trista´n, anche tutto l’episodio dei presunti amori giovanili di Teodoro, si spiega forse come un’allusione giocosa all’abbandono di Marcela da parte di Teodoro.]

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2985. L’abbigliamento de camino era particolarmente vistoso, comprendendo abiti di seta o velluto colorati, un ampio cappello con piume e nastri, stivali con speroni, l’immancabile valigia. 3036. Tutta la sequenza e` costruita sul motivo di origine petrarchesca del corpo che si separa dall’anima al momento di lasciare l’amata (si veda il sonetto del Canzoniere “I dolci colli ov’io lasciai me stesso”). Lope arricchisce il motivo con il gioco concettista (ripreso dalla poesia spagnola quattrocentesca) basato sul verbo partirse, che deve essere inteso qui nella sua doppia accezione di ‘allontanarsi’ e ‘dividersi’. 3147. Vuestra Sin˜orı´a. Vedi nota al v. 14. 3287. soy hijo de la tierra. L’espressione spagnola hijo de la tierra valeva ‘trovatello’, ‘persona che non conosce le proprie origini’. 3322-24. gozo / [...] / en el pozo. Fa riferimento al detto: “mi gozo en el pozo” (‘il mio bene nel pozzo’), che alludeva a un repentino e catastrofico cambio di fortuna. 3367-73. [Si noti che Anarda, la confidente di Diana, colei che le aveva svelato l’amore fra Marcela e Teodoro mettendo in moto la trama, rimane esclusa da questa conclusione matrimoniale.] 3378. [Era abituale nel teatro spagnolo del Siglo de Oro dirigersi al pubblico con questo appellativo, sia negli ultimi versi dell’opera, sia nelle loas che potevano precedere la rappresentazione teatrale vera e propria. E` uso ereditato dal teatro classico latino.]

313

Indice

1

Introduzione 1. Nella casa di Lope 1; 2. Il retaggio della commedia palatina 6; 3. Diana fra onore e amore 18; 4. Teodoro, o le ambizioni e i timori di un Icaro moderno 24

Lope de Vega: cronologia della vita e delle opere

35

Bibliografia

43

Criteri di edizione e traduzione

49

Comedia famosa. El perro del hortelano Commedia famosa. Il cane dell’ortolano

53 53

Acto primero Atto primo

56 57

Acto segundo Atto secondo

134 135

Acto tercero Atto terzo

220 221

Commento

299

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Barataria

Collana diretta da Laura Dolfi

Barataria-Testi 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19.

Fray Luis de León, Poesie (cura di O. Macrí) Tirso de Molina, Lo scantinato e la ruota (a cura di L. Dolfi) Córdova y Maldonado, La vendetta nel sepolcro (a cura di P. Menarini) La vita di Lazzariglio del Torme (a cura di A. Ruffinatto) Rubén Dario, Azzurro... (a cura di M. R. Alfani) Alfonso X el Sabio, Astromagia (a cura di A. D’Agostino) Cristoforo Colombo, La lettera della scoperta (a cura di L. Formisano) José Echegaray, O pazzia o santità (a cura di E. Caldera) San Juan de la Cruz, Poesia (a cura di G. Caravaggi) Gustavo Adolfo Béquer, Rime (a cura di O. Macrí) Juan Larrea, Versione celeste (a cura di L. Dolfi; in preparazione) Vicente Aleixandre, Ambito (a cura di G. Morelli) Garcilaso de la Vega, Poesie complete – Vol. I – Le liriche (a cura di M. Di Pinto) L. Fernández de Moratín, Il vecchio e la giovane (a cura di B. Tejerina) J. Gil de Biedma, Le persone del verbo (a cura di G. Calabrò) Miguel de Cervantes, Il Ruffiano Santo (a cura di G. B. De Cesare) Hernando de Ludueña, Dottrinale di gentilezza (a cura di G. Mazzocchi) F. de Quevedo, Clío. Musa I (a cura di A. Martinengo, F. Cappelli e B. Garzelli) Garcilaso de la Vega, Poesie complete – Vol. II – Le egloghe (a cura di M. Di Pinto)

20. 21. 22.

Azorín, L’isola senza aurora (a cura di R. Londero) Lope de Vega, Il cane dell’ortolano (a cura di F. Antonucci e S. Arata) M. de Unamuno, Da Fuerteventura a Parigi. Diario intimo di confino e di esilio

Barataria-Saggi 1. 2. 3. 4.

O. Macrí, Studi ispanici. I: Poeti e Narratori (a cura di L. Doffi) O. Macrí, Studi irpanici. II: I Critici (a cura di L. Dolfi) R. Paoli, Borges e gli scrittori italiani A. Gargano, Le arti della pace. Tradizione e rinnovamento letterario nella Spagna dei Re Cattolici