Il cammino di Dike: l'idea di giustizia da Omero a Eschilo 8879899384, 9788879899383

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Il cammino di Dike: l'idea di giustizia da Omero a Eschilo
 8879899384, 9788879899383

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Saggi.Scienza e filosofia

AnnaJellamo

IL CAMMINO DI DIKE L'idea di giustizia da Omero a Eschilo

DONZELLI EDITORE

Questo volume è stato realizzato grazie ai Fondi di Ricerca del Dipartimento di Scienze giuridiche della Facoltà di Giurisprudenza dell'Università «La Sapienza,. di Roma

© 2005 Donzelli editore, Roma Via Mentana 2b INTERNET www.donzelli.it E-MAIL [email protected]

ISBN 88-7989-938-4

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IL CAMMINO DI DIKE __

Indice

p.

VII

Introduzione I.

Il tempo del mito 1. Mythos e logos. Lo •stupore•

3

6 10 13 16

2. Mythos e logos. L'origine dell'arche 3. Il divenire dell'ordine. La Teogonia 4. L'ordinamento divino 5. Dike nel mito

u. Hybris e dike 21

1. Hybris e time. Il mondo di Omero 2. Themis e dike 3. La giustizia omerica 4. Responsabilità e colpa 5. Hybris e dike. Il mondo di Esiodo 6. La natura della giustizia esiodea. Responsabilità e colpa 7. La discordia e la contesa

31

34 38 43 47 51 III.

55 57 59 62 66 70 74 76 78

Dike e la città 1. La poesia arcaica

2. Reciprocità e contraccambio 3. La guerra, la morte, il destino 4. Eunomia e dike. Tirteo 5. Eunomia e dike. Solone 6. La giustizia dei thesmoi 7. Libertà e tirannide 8. Il volto ideologico di dike. Teognide 9. Dike e dikaiosyne

V

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IV. 81

84 90 93 98 100 103

108 112 117

Jellamo, Il cammino di Dike _________

L'alba del logos 1. L'interpretazione aristotelica

2. Le radici dell'idea di giustizia. Nomos, nemesis, moros 3. La giustizia dei contrari. Il nascimento 4. La giustizia dei contrari. La sopraffazione 5. La simmetria del numero 6. Dike e dikaiosyne 7. L"armoniadei discordi 8. Nomos e dike 9. Dike polypoinos 10. L'idea di giustizia e il nomos basileus

v. Dike e la tragedia. L'Orestea di Eschilo 121

1. Il volto tragico di dike

122 125 128

2. Da una giustizia all'altra 3. Il doppio volto del contraccambio 4. Il confine violato 5. L'umano e il divino 6. Il nuovo senso dell"antico mito 7. La giustizia divina 8. L'unità di dike

132 135

138 t40

VI

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IL CAMMINO DI DIKE _______

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Introduzione

«Iustitia est costans et perpetua voluntas ius suum cuique tribuens»1. Il Digestoaccoglie, sotto il titolo De iustitiaet iure,il precetto di Ulpiano tratto dal primo libro delle Regul.ie:«dare a ciascuno il suo•'· «A nessuno si può dare qualcosa ch'egli già possiede», notava Kant. Il senso della formula, precisava, non va rintracciato nel dare, ma nell'assicurare: è legge di giustizia (/ex iustiti4e)che a ognuno venga assicurato il «suo» contro ogni altro3•

Questa /ex iustiti4eha dietro di sé una lunga storia. Il principio suum cuique tribuere risale alla cultura greca. Platone lo attribuisce a Simonide, poeta vissuto tra il VI e il V secolo. Socrate a Polemarco: «Simonide dunque, dissi io, ha parlato, come pare, poeticamente per enigmi, nel definire la giustizia (to dikaion). A quanto sembra infatti pensava che la giustizia fosse dare a ciascuno ciò che gli compete, e ciò che gli compete chiamò invece ciò che è dovuto••. La definizione non soddisfa Socrate, il primo libro della Repubblicasi chiude con una immagine diversa: la giustizia come virtù dell'anima. «Non abbiamo convenuto che la giustizia è virtù dell'anima, e l'ingiustizia difetto?•'· Giustizia è ora dikaiosyne:rettitudine. Digesto,1, 1. «Iuris praeceptasunt haee:honeste vivere,alterumnon laedere,suum cuiquetribuere». Digesto,1, 1, par.3. ' I. Kant, La màafisk,,dei cost•mi,I, Principimet4fuicidellatkJttrinadel diritto. SuddivisioneA, trad.it. di G. Vidari,Latena, Roma-Bari1983,p. 43. • Platone, Rep•bblia, ~ 332c,trad. di G. Gabrieli, Rizzoli, Milano 1997. 'Rep•bblia, I, 353c. 1

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VII

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Jellamo,Il camminodi Dike________

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Il termine non è nuovo, compare in un frammento di Teognide6. Neppure il concetto è del tutto nuovo, è, anzi, più antico della parola. La rettitudine era un valore celebrato già da Esiodo, poi da Solone, poi anche da Pitagora. Al tempo di Socrate era già un precetto etico, il più antico precetto etico della cultura greca, le sue tracce risalgono al mondo omerico. Ma non era «virtù dell'anima».

Nel suo significato più antico la rettitudine è conformità alle regole sociali, osservanza dei precetti religiosi, rispetto degli dei, obbedienza alle leggi. Non indica un atteggiamento interiore, è piuttosto una modalità del vivere che appartiene all'ordine dei rapporti esterni: è retta dal meccanismo della reciprocità, governata dalla regola del contraccambio, fondata sul principio del rispetto del limite. Sul concetto di limite, non su quello di virtù, si struttura la più antica idea di giustizia: in un tempo ancora ignaro delle successive distinzioni, questo principio segna i contorni di un giusto che è, in-

sieme,etico e giuridico7• Con Socrate la rettitudine diviene atteggiamento interiore. La giustizia si precisa come valore etico.

«In nessun caso va commessa ingiustizia[ ... ] Non dobbiamo ricambiare le ingiustizie, né far del male a nessuno, qualsiasi cosa gli altri facciano a noi••. Antadikein è il termine usato da Socrate per dire l'ingiustizia del contraccambio. Appena più avanti riprende il concetto: «non è mai retto (orthos) commettere ingiustizia, e neppure ricambiarla, né reagire ai maltrattamenti facendo del male a propria volta•'· Ora accanto ad antadikein compare amynesthai. 'Teognide, Elegie,I, 145-148. L'acmedi Teognide è indicata alla metà del VI secolo. ' ln un certo senso è vero ciò che Havelock invece nega, e che altrisostengono, e cioè che quandogli autoripre-platoniciparlavanodi dike parevanobenissimoparlare di dikaiosyne,cfc.E. A. Havelock,Dìke. La nascitadellacoscienza(1978), Laterza. Roma-Bari1981,p. 365. • Platone,Critone,49b, trad.di M. M. Sassi,Rizzoli, Milano2000;dr. anchePlatone, Gorgia,XXIV, 469b:«ilsupremomale,il peggioreche possa capitare,è commettere ingiustizia•,trad.di F. Adorno, Laterza,Roma-Bari1997. 9 Critone, 49d. Mi discosto dallatrad. cit., rendendoorthos con «retto•, invece che con «corretto•. VIII

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Introduzione __________

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Antadikein è la «ingiustizia ritorsiva•, amynesthai è la violenza di difesa con cui si reagisce ali' aggressione'". Entrambi i termini contengono la valenza del «contraccambiare•. Contro questo principio si indirizzaSocrate. L'antico principio del contraccambio non vale più. Socrate testimonia con la morte la forza di un nuovo principio, e con esso la nascita di una rettitudine nuova, di una nuova virtù. Accettando la condanna obbedisce a un imperativo etico: nel rispetto della legalità avrebbe potuto proporre l'esilio. «Dovrei proporre l'esilio? Voi mi ci manderestepure•'•. Socratenon propone l'esilio. L'atteggiamento di Socrate mette a fuoco un divario tra la scelta conforme all'etica e la scelta conforme alla legalità: in questo divario si insinua la nuova idea di giustizia, e con essa il nuovo volto della dikawsyne. •Il fatto è che io sono persuaso di non aver mai fatto del male intenzionalmente a chicchessia, ma non riesco a persuadernevoi»12• Il rispetto della verità impedisce a Socrate di proporre l'esilio. L'obbedienza all'universale etico gli impone di accettare una condanna ingiusta. La virtù non conosce limite: la nuova visione subentra alla più antica, ed è ora il concetto di virtù, non più quello di limite, a segnare i contorni dell'idea di giustizia. In questo slittamento di prospettiva si consuma il tramonto dell'antica idea di giustizia, e con esso il distacco tra dike e dikaiosyne: dike rimarrà termine del linguaggio giuridico, dikaiosyne apparterrà ali' etica. La specificità dell'antica idea di giustizia è proprio la mancanza di questa distinzione. Dike e dikawsyne si incontrano nell'immagine di una giustizia essenzialmente concepita come rispetto del limite. Concetto complesso, espressione che traduce la connessione tra due termini:metron e peras, la «misura»e il «confine». Sul significatodi antadikein e amynesthainel dirittoattico,anchein relazione allavicendadi Socrate,cfr.U. E. Paoli,Studi sul processoattico, Cedam,Padova1933, pp. 189 sgg., in part.pp. 195-203. 11 Platone,Apologiadi Socrate,37c, trad.di M. M. Sassi,Rizzoli, Milano2000. Il processoattico prevedevache l'imputatofacesse,dopo il verdetto,una contropropostadi pena, sullaqualepoi avrebbedeciso la giuria. 11 Apologia di Socrate,37a. 10

IX

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Jellamo, Il cammino di Dike _______

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Il rispetto del limite dice l'inviolabilità di quei confiniche rappresentano, per ciascuno, la misura del lecito. La misura non è la medesima per tutti, alcuni confini sono più estesi di altri, lo spazio del lecito non conosce uguaglianza. Il rispetto del limite è un principio di giustizia formale. E tuttavia, nel suo essere formale contiene, implicita, una connotazione sostanziale. Ad ogni essere è dato di muoversi entro certi confini, e non oltre: ogni violazione di confinicostituisce un illecito, perché ogni violazione di confini significa invasione dei confini di altri. Questo aspetto emerge già nel mondo omerico, dove più marcata è la distanza tra gli uomini, più netto lo squilibrio dei confini. Il concetto di limite dice anche una giustizia concettualmente strutturata secondo un modulo di tipo procedurale. Dike è termine che implica l'esserci di un rappono tra parti: indica, in origine, «ciò che spetta•13• La visione procedurale contiene però il germe di un principio sostanziale: il senso di dike «denota la spettanza cui si ha diritto, quindi il principio stesso che garantisce questo diritto•"· La lingua greca arcaica non possiede una parola corrispondente al latino ius e per dire «diritto• ricorre alla parola dike, a un tempo •giustizia• e «diritto•. Questo doppio significato è chiaro già nel mondo omerico, in particolare nell'Iliade: «così che nulla di meno tu abbia di ciò che ti spetta (dike)•", dice Odisseo rivolto ad Achille. «Ciò che spetta• definisce ciò a cui si ha diritto, la •parte• o •porzione• assegnata a ciascuno: assegnata dal fato, assegnata dalle consuetudini, assegnata dalle leggi. Dike è anche la parola per dire «pena•, «espiazione•, «ammenda»: l'espressione didonai diken, •rendere giustizia•, che compare nel celebre frammento di Anassimandro, è propria del linguaggio W.Jaeger,Paidei.a.La formazione dell'uomogreco,I. L'etàarcaica.. Apogeoe crisi dellospiritoattico (1944),La Nuova Italia,Firenze 1991,p. 202 (ma si vedano anche pp. 200 sgg.);B. Snell, la culturagreca e le originidelpensieroeuropeo(1948),Einaudi, Torino 1%3,p. 245. · i◄ W.Jaeger,Paideiacit., p. 202 (ma si vedanoanchepp. 200 sgg.) contraM. Gagarin,EarlyGreek Law, Universityof CaliforniaPress,Berkeley-LosAngeles 1986, p. 99, che in sostanzialeaccordocon le tesi di E. A. Havelock,Di./ee cit., osservache la giustizianellaGreciaanticaera «unaproceduranon un principio•. 1 ' Il. XIX, 180. ln questo caso seguo la trad. di C. Cerri,Rizzoli, Milano 1996. 0

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Introduzione __________

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giudiziario. Dike stessa, come parola, è termine del linguaggio giudiziario. Già nei poemi omerici si mostra spesso legata a contesti che hanno come oggetto una controversia. E una valenza che perdura nel tempo, implicita testimonianza della sua antica origine: nel diritto attico dike è l'azione giudiziaria, e in particolare l'azione privata, esperita dalla parte lesa per violazione di un diritto". Il rispetto del limite vale anche nell'ordinamento olimpico. Non è lecito a un dio invadere la pane assegnata a un altro dio. i:Iliade racconta di Poseidone che minaccia insanabile collera contto Zeus, che ha violato i confini della sua giurisdizione. È un'immagine del mito, ma le immagini del mito alimentano la cultura greca ben oltre il tempo del mito: lo scontro tra Apollo e le Erinni nelle Eumenidi di Eschilo è dovuto proprio a una invasione di confini, da parte di Apollo che invade la moira delle Erinni, si appropria del loro dovuto, usurpa il loro «diritto•. Da quel mitico «illecito•, il mito di fondazione di un istituto giuridico, il tribunale dell'Areopago. Il principio del rispetto del limite, in Omero ancora consegnato alle forme dei rapporti sociali e dei valori condivisi, si avvia con Esiodo ad acquistare più fermo spessore giuridico: è il contenuto del nomos imposto da Zeus. Con l'emergere della prima idea di legge (nomos) affiorano le prime immagini di una giustizia intesa come prescrizione universale. Netta e chiara si afferma allora l'antitesi tra dike e hybris. Termine di difficile traduzione, abitualmente reso con •tracotanza•, hybrisè concetto che affonda le sue radici nella grecità più Un riflessodell'intreccioconcettualee semanticoracchiusoin dike può essere colto nel carattereaccusatoriodel processoattico,nel ruolo preponderantedell'impulsodiparte.Sulcarattereaccusatoriodel processoatticocfr.U. E. Paoli,Studi di diritto attico, Bemporad,Firenze1930,in part.pp. 247 sgg. e A. Biscardi,Diritto greco antico, Giuffrè, Milano 1982, in part. pp. 249 sgg. Sul rapporto tra dimensione sostanzialee dimensioneproceduraledeldiritto nell'ordinamentoattico, si vedano S. C. Todd- P.Millet,Law, Societyand Athens, in Nomos. Essaysin Athenian Law, Politics and Society, a curadi P. Canledge,P. Millet,S. C. Todd, CambridgeUniversity Press,Cambridge1990,pp. 1-18;D. Todcl,TheShapeof Atheni4nLaw, Clarendon Press, Oxford 1993, pp. 64-67, cfr. anche Id., The Languageof Law in Classica/ Athens,in The Moral Worldof the La,w,a cura di P. Coss, CambridgeUniversity Press, Cambridge 2000, pp. 17-36. 1 •

Xl

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Jellamo, Il cammino di Dike ________

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arcaica. Secondo il suo etimo significa «eccesso di forza» 17 e di questo suo etimo il termine conserva il senso dell'eccesso: hybris esprime sempre un atteggiamento di dismisura'". Platone indica nella dismisura l'origine di ogni male: «andando oltre la misura [ ... ] tutto viene sconvolto, e per l'esuberanza i corpi vanno incontro alle malattie, e le anime all'ingiustizia che è figlia della tracotanza»19,Hybris indica un atteggiamento eccessivo che si traduce in comportamento oltraggioso: nelle parole di Aristotele, la hybris è indicativa del fare o dire «qualcosa che costituisce un'ignominia per chi la subisce•". Hybris è la violazione del limite. Limite è ciò che circoscrive le possibilità umane: hybris è volontà di trascendere la condizione umana. È il peccato di Bellerofonte, che su un cavallo alato vuole recarsi nelle sedi del cielo, al concilio degli dei". Limite è anche il confine che segna l'incommensurabile distanza tra uomini e dei: hybrisè tracotanza nei confronti degli dei. È il peccato di Agamennone, che nell'Iliade scaccia il sacerdote di Apollo, dileggiando i suoi sacri paramenti". Limite è il rispetto del comando degli dei: hybrisè la disattenzione nei confronti di quel comando, «il peccato capitale di chi afferma la propria personalità•"· È il peccato di Egisto, che si unisce a ClitemeLa parola ha la stessa radice bri- di briàros(forte, solido); il prefisso by equivale a epi(di sopra, su). 19 La bibliografiasulla hybris è assai ampia e investe numerosi problemi. Mi limito per ora a rinviare a due studi ormai classici: L. Gemet, Recherchessur le développement de la penséejuridique et morale en Grèce, Leroux, Paris 1917 e C. Del Gran1 '

de, Hybris. Colpae castigonell'espressione poeticae letterariadegliscrittoridellaGrecia antica, Ricciardi, Napoli 1947. 19 Platone, Leggi.,III, 691c, trad. di E. Pegone, Platone.Tuttele opere,v, a cura di E. V. Maltese, Newton Compton, Roma 1997. 10 Aristotele, Retorica,II, 2, 1378b, trad. di M. Dorati, Mondadori, Milano 1996. Non mi addentro, perché non immediatamente rilevante in questa sede, nella problematica relativa all'importanza o meno del vantaggio che se ne ricava, se non per notare che, nella visione aristotelica, non costiruisce hybris la vendetta, •Ìn quanto restiruire ciò che si è subito non significa oltraggiare, ma vendicarsi•, ibid. Sulla questione del vantaggio, come pure sul problema se sia possibile una hybrissenza vittime, rinvio alle osservazioni di E. Cantarella, Itaca.Eroi,donne,potere tra vendetta e diritto,Feltrinelli, Milano 2002, pp. 77-78 e nn. 11 Pindaro, Istmica vn, 44-4 7. u Il. I, 9 sgg.; 24 sgg. ii E. R. Dodds, I Grecie l'irrazionale(1951), Sansoni, Milano 2003, p. 91. Xli

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Introduzione ___________

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stra nonostante l'avvertimento divino". Limite è il confine di status: hybris è trasgressione delle regole che governano i rapporti di potere, sia nella forma della trasgressione dei limiti imposti dalla propria condizione sociale sia nella forma della prepotenza nei confronti di un proprio pari. Tutta la cultura greca è pervasa da questo senso del limite e dall'idea della sua violazione come illecito.Difficile dire dove trovi le sue radici questa visione, se la hybris nasca come illecito religioso o come illecito sociale'', o dall'intreccio di dimensione sociale e dimensione religiosa. Nel mondo omerico essa si mostra essenzialmente legata alla sfera religiosa e alla struttura gerarchica dei rapporti sociali, nel mondo esiodeo assume una portata più generale: è hybris la violenza, la prepotenza, la sopraffazione tra gli uomini. È hybris l'arroganza del potere. È ancora solo un'immagine, ma questa immagine è destinataa svilupparsi,a penetrare la sfera della politica e del diritto. Due secoli dopo Esiodo, Solone indica nella tirannide il volto politico della hybris;il diritto attico c.hesi afferma tra il V e il IV secolo sanziona la hybriscome reato. L'azione prevista era la graphehybreos:chiunque fosse in possesso dei suoi diritti, indipendentemente dall'esserne personalmente leso, poteva presentare l'accusa davanti al tribunale dei Tesmoteti". 2



Od. 1, 35 sgg. a Laprima interpretazione,un tempo pressoché unanime,fu rovesciataa favore della seconda da L. Gemer. Recherchescit.; dr. anche K. J.Dover, LAmoralepopolare greca all'epocadi Platone e di Aristotele (1974), Paideia,Brescia1983 e N. R. E. Fisher,Hybris.A Study in the Valuesof Honour and Sh(lmein Ancient Greece,Aris and Phillips,Warminster1992. Per una recenteanalisidelle diverselinee interpretativerinvio a E. Cantarella,Itacacit., pp. 76-8-1e nn. i. Il testo della legge: «Se qualcuno mìnacciacon hybrisuna persona,sia bambino o donna o uomo, libero o schiavo, o commette qualcosa di illegale contro di essi, presentareuna chiunque lo desideri, tra gli Ateniesi in possesso dei loro diritti, graphedavantiaiTesmoteti. I Tesmotetipresenterannol'azione al 'Eliaiaentro trenta giorni dalla presentazionedella graphe,se nessunaurgenza pubblica osta, o comunque al più presto rossibile» (Demostene, 21.47: traduco dal testo inglese riportatoin D. M. MacDowel TheLawin ClassicalAthens, Thames and Hudson, London 1978, p. 129). La configurazionedell'azione come grapheè indicativadel rilievo che lo Stato accordavaalla hybriscome movente dell'azione:qualorainvece il movente fosse risultato un qualsiasistato passionaledel colpevole, l'azione non sarebbe più rientrata tra le graphai,bensì tra le dikai, le azioni esperibili solo dalla pane lesa, o dachi per essa. La ratio delladistinzione, che si riflene nel diVersotipo di azione giudiziaria,è nel riconoscimento della rilevanzapubblica della hybris:l'elemento di arbitrio e so-

f,uò

XIII

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Jellamo,IJcamminodi Dike_______

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Con forme e valenze diverse l'antitesi tra hybris e dike alimenta l'idea di giustizia, ne sostiene l'immagine nel suo volgersi dalla sfera dei rapporti interpersonali alla sfera dei rapporti politici. La poesia arcaica e tardo arcaica canta il valore politico di dike, e assieme a dike celebra eunomia:il buon ordine, l'ordine conforme a giustizia. Ma non è solo politico il volto poetico di dike: talvolta il messaggio politico contiene un messaggio etico più ampio, come nel caso di Solone, come nel caso di Simonide e di Senofane, come nel caso di Pindaro, il poeta del nomos basileus.La poesia è attenta al tema della giustizia più di quanto il genere dei componimenti lasci intravedere: dike emerge tra le pieghe dei canti di guerra, tra le pieghe dei canti d'amore, nelle odi celebrative, nelle riflessioni teologiche. Affiora con la poesia arcaica, già nel VII secolo, l'idea della reciprocità come elemento della giustizia. Giustizia come rispetto del limite, giustizia come reciprocità: le radici sono antiche. Alla prima immagine si lega il concetto di moros, termine che indica sia il destinosia la parte assegnata;alla seconda, il concetto di nemesis. Nell'orizzonte di questi concetti prende forma la dike dei primi filosofi. La filosofia del VI secolo non era semplicemente indagine naturalistica, i primi filosofi erano, appunto, filosofi. Nel linguaggio del tempo, sapienti. praffazioneinsito nellahybriseraconsideratoincompatibilecon il principiodellasovranitàdelle leggie dell"uguaglianza dei cittadinidavantiallalegge,ed eradunqueavvertito come intollerabileda parte dello Stato, cfr. U. E. Paoli, Studi di diritto attico cit., p. 251. Riconoscendolatitolaritàdell'azioneper hybris a qualunquecittadinoateniese, l'ordinamentoattico ne riconoscevalagravitàpubblica,l'offesache essa arrecava all'_intera comunità.cfr.D. M. MacDoweti TheLaw in Classica/Athem cit., pp. 57, pp. 130-133. Il provvedimento,nellaformaspeci6cadellagraphehybreos,risaleprobabilmenteall'etàdi Pericle,ma le sue cadicirisalgonoallalegislazionedi Solone,dr. A. Biscard~Diritto grecoanticocit., pp. 294-301; O. Murray,The SokmianIAw of Hubris,in Nomos.Essaysin AthenianLaw cit., pp. 139-145;N. Fisher,The IAw of hubrisin Athens,ivi, pp. 123-138. Una confermadell'attenzionealla specificitàdella hybrisviene da lppodamo da Mileto, attivo verso la metà del V secolo, il quale sottolineavala necessitàdi distingueretra hybrise blabe (Platone, Leggi, IX, 862b; 863a; 864e;865c;879b), «cioè tra la condona colpevole che la città sanzionacon lapoine (rilevanzapenaledel reato)e il dannoche richiededi esseresemplicementerisarcito)!,, cfr. L. Rossetti,Aristotele,Teofrastoe la culturagiuridicaattica,in «RivistaInternazionale di Filosofia dd diritto•, 1999, 4, pp. 651-682, p. 674. XIV

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Introduzione __________

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La sapienza nasce sul terreno della teologia, la stessa indagine

sulla natura era parte di un orizzonte teologico. I primi filosofi volgono il pensiero al tutto, e indagano ta onta: le cose che sono. I frammenti sopravvissuti allo scorrere dei secoli ne mostrano le diramazioni: l'origine delle cose che sono, il perenne movimento del nascere e del perire, lo scorrere del tempo, l'equilibrio del kosmos. Tra le diramazioni del tutto, parte anch'essa delle coseche sono, la giustizia: equilibrio di opposti, armonia di contrari, simmetria. La simmetria è misura; la misura, limite: dal suo immemore passato l'idea della giustizia come rispetto del limite raggiunge lo spessore del logos. Molto si è insistito sulla distanza che separa il tempo del logos dal tempo del mythos, quasi che tra le due forme di pensiero vi sia stata una cesura netta, e il logos si sia imposto all'improvviso,dal · nulla. Senza un passato che ne racconti, in qualche modo, la nascita. Molto si è insistito pure sulla vicinanzatra le prime voci della filosofia e le più antichevoci del mito, quasi che le une altro non fossero se non la forma razionalizzatadelle altre". Sipone per la prima volta sul terrenodel mito l'interrogativotipico dellafilosofiadel VI secolo,sull'originedellecosechesono.La Teogonia di Esiodo dà voce ai grandi miti di fondazioneche popolavano la culturagreca,sullagenesidellecosedivinee dellecoseumane.Cose come il cieloe la terra, il mare e il tempo;cosecome la forza,il potere, il buon governo,e la giustizia:dapprimaThemi,poi ancheDike. Tra il tempo del mito e l'alba della filosofia c'è una vicinanza cronologica e culturale, il mito era parte della cultura greca, era la sua storia e la sua memoria,ma questa vicinanzanon annullala specificitàdelle rispettiveforme di pensiero. La dike della filosofianascentenon è razionalizzazionedel mito di dike. I frammenti del VI secolo mostrano un'immagine della giustiziagià strutturata su quei La bibliografiasulrappono tra mythos e logosè pressochésterminata.Oltre ai riferimentisegnalatinel corso del lavoro, mi limito qui a rinviarea R. Buxton (a cura di), From Myth to Reason?Studies in the Development of Greek Thought, Oxford 11

University Press, Oxford 1999. Il volume, come

già il titolo suggerisce, si pone in

idealeconfronto con le tesi a suo tempo sostenutedal celebreW. Nestle, Vom mythos zum logos.Die Selbstentfaltungdes griechischenDenkensvon Homer bis auf Sophistikund Sokrates(1940),Kl"Oner, Sruttgart197.S,dr. anche M. Untersteiner,Fisiologia del mito (1946), La Nuova Italia,Firenze 1972.

xv

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Jellamo, Il cammino di Dike _________

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concetti che ancora ne dicono l'essenza: la reciprocità, la simmetria, la proporzione. A Critone che lo esorta a fuggire dal carcere, Socrate risponde: e se venissero dinanzi a me le Leggi e la città tutta? Io con esse ho stretto un patto: rispettarne i giudizi". Il patto è il sigillo della reciprocità. È un'idea che viene da lontano: affonda le sue radici nell'epica, nei racconti mitici e teogonici, nella poesia, nelle prime voci della filosofia. Rispetto a quel passato già così lontano, Socrate rappresenta il momento in cui la riflessione sulla giustizia diviene immediatamente percepibile, imponendosi in forza della sua evidenza. Ma è una riflessione lungamente preparata, ha già dietro di sé secoli di storia. Questo libro era stato in un primo tempo pensato come uno studio sulla filosofia del VI secolo: ringrazio Teresa Serra per avermi su~erito di risalire più indietro nel tempo. Ringrazio. Domenico Corradini, per l'aiuto generoso che mi ha dato. Ringrazio Giuliano Crifò, per il tempo che ha dedicato alle mie domande. Rin~razio i colleghi grecisti Antonietta Gostoli e Luigi Enrico Rossi, per le preziose indicazioni e gli indispensabili chiarimenti. Un ringraziamento particolare a Livio Rossetti, per la cortesia e la disponibilità con cui è venuto incontro alle mie tante richieste. Ringrazio il preside della Facoltà di Scienze Politiche dell'Università della Calabria Silvio Gambino, per aver costantemente favorito, con sensibilità personale e istituzionale, un clima di vivacità culturale e di confronto intellettuale che è stato di grande aiuto al mio lavoro. Un ringraziamento sincero anche agli studenti dei miei corsi: l'interesse che hanno sempre dimostrato per il tema della giustizia nel mondo greco è stato per me uno stimolo importante. Ringrazio il Dipartimento di Scienze giuridiche della Facoltà di Giurisprudenza dell'Università «La Sapienza» di Roma, dove per molto tempo ho svolto la mia attività, e il direttore Luigi Capogrossi Colognesi, per aver continuato a sostenere il mio lavoro di ricerca. Con grande affetto ringrazio Francesco Riccobono, per aver già letto queste pagine. Del tutto speciale il mio ringraziamento a Fabrizio, per aver condiviso con me l'entusiasmo e la fatica che sempre accompagnano la stesura di un nuovo lavoro. A Michela il ringraziamento più caro, per i momenti belli legati a questo libro. In chiusura, il ricordo di Vittorio Frosini, per tanti anni Maestro e amico canss1mo. Roma, marzo 2005 A. J. Platone, Critone, 50b, 52c. Emerge chiaro dal dialogo con le Leggicome a motivare il rifiuto di Socrate sia il principio, pre-legale, del rispetto dei patti, e non solo il principio di legalità. Per un'analisi più puntuafe, non affrontabile in questa sede, mi permetto di rinviare al mio Obbedienzae resistenza,in «Parolechiave»,2001, 26, pp. 19-40, in part. pp. 22-25. 21

XVI

Il camminodi Dike

A Michela

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IL CAMMINO DI DIKE _______

I.

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Il tempo del mito È possibiletramandare la memoriadellecose presenti

Alcmane

1. Mythos e logos.Lo

'stupore'.

Platone: «È proprio caratteristico dei filosofi questo stato d'animo, dello stupore; perché altro non è che questo il principio della filosofia; e chi ha detto che Iride è figlia di Taumante pare che non abbia stabilita male la genealogia•'. Aristotele: «Anche colui che ama il mito è, in certo qual modo, filosofo: il mito, infatti, è costituito da una serie di cose che destano stupore» 2• Il mito è risposta allo stupore, racconto fantastico sull'origine delle cose.Racconto privo di autore, che il tempo tramanda. Il mito non è invenzione. Nel suo senso originario, non corrotto· da valenze semantiche più tarde, il mito è espressione di verità, rivelazione del senso delle cose. Il termine stesso significa «annunzio•, anche •realtà• e •parola•'· Solo più tardi questa «parola» assume il significato di «leggenda• e «favola•, e con esso la valenza negativa di «invenzione» e «menzogna» 4• Platone, Teeteto, 155d, trad.di L. Minio-Paluello,Laterza,Roma-Bari1982. : Aristotele, Metafisica,I, 2, 982b 15, trad.di G. Reale, Bompiani,Milano 2000. l Si veda E. Severino,La fJoso/ia antica (1984), Rizzoli, Milano 1987, p. 19. 1

La connotazionenegativadel terminemythos compareperla primavoltain Pindaro,Olim/ica I, 28-30, trad.di F. Ferrari,Olimpiche,Rizzoli, Milano 1999:«molte cose stupetacenti,ma ~pessoal di là del vero la voce che corre fra gliuomini ci svia: 4

storie ricamatedi cangiantimenzogne (mythot)•; si veda anche Nemee, 7, 20-27 e 8, 33, poi Erodoto, Storie 11, 23, 1. 3

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Col significato di «parola», mythos è termine ricorrente nell' epos omerico. Nel libro secondo dell'Iliade',Era •parla parole» ad Atena per indurla a recarsi al campo degli Achei e trattenerli dal prendere il mare (156};nel libro terzo Antenore, riferendosi all'incontro con Menelao e Odisseo, ricorda che •consigli e parole in mezzo a tutti tessevano» {212};ancora nel libro terzo è Priamo a «parlare parole» a Troiani e ad Achei, quando si avvia a Ilio per non assistere al duello tra Menelao e Paride (303). Ma non sempre «parola• è mythos. Non sorio mythoi le «blande parole» con le quali Atena deve trattenere gli Achei'; non sono mythoi le •parole di miele» che Agamennone rivolge a Idomeneo per indurlo ad entrare in battaglia', né le «parole fugaci» di Achille al vecchio Priamo, sull'impotenza degli uomini di fronte alla sorte voluta dagli dei'. Qui, parola è epos. Rispetto alle altre forme, verbali e sostantivali, che pure esprimono il dire e il parlare, mythos compare in contesti nei quali il parlare esprime un pensiero meditato, non casuale, solenne. Mythoi sono le parole di saggezza', le parole che raccontano e spiegano", le parole ponderate". Sono epea le «fugaci parole»: di Odisseo alla madre e di Achille a Odisseo nell'Ade"; con il termine eposè reso il dire di Menelao a Telemaco", e di Odisseo al servo Eumeo". Il confine di significato tra i due termini, difficile da rendere in traduzione, è percepibile all'interno dei contesti. C'è un luogo dell'Odisseanel quale mythos ed eposcompaiono affiancati, nelle parole di Odisseo ad Aiace Telamonio: «Ma vieni, signore, ascolta la mia

s Salvo diversaindicazione, d'ora in avanti l'Iliadesaràcitatasempre nella trad. di R. CalzecchiOnesti, Einaud~Torino 1990. i Il. u, 164; 180. 1 Il. IV,256. 1 J/.XXIV, 517, ' Od. m, 23 (l'Odisseasarà sempre citata nella traci.di R. Calzecchi Onesti, Einaudi,Torino 1989). 10 Od. m, 94; 140. 11 Od. XI,511. 12

Od. Xl, 209; 472.

u

Od. IV, 311. Od. XIV, 52.

1 •

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I)

tempo del mito __________

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parola e il mio dire, e vinci l'ira e il cuore superbo». La mia parola e il mio dire: in'epos kai mython". In origine, mythos non ha un significato diverso rispetto a logos, sono entrambi termini che esprimono il dire". Anche logos è «parola» e «discorso»: compare nel quindicesimo libro dell'Iliade(•e coi discorsi lo rallegrava», 393) e nel primo libro dell'Odissea(«e sempre con tenere, maliose parole lo incanta, perché scordi Itaca•, 5657). Ma è termine meno frequente, esprime un dire meno solenne, e meno veritiero 17• Già con Esiodo questa valenza si perde. In Esiodo, logos è discorso veritiero. È logos il «racconto» delle

cinque età in Opere e giorni: «Ora,. se vuoi, darò coronamento al mio dire con un altro racconto (/ogos}, I bene e in modo opportuno, e tu nel tuo cuore riponilo, / come medesima origine fu agli dei e ai mortali» (Op. 106)". Il «racconto• non è favola. È favola invece quella dell'usignolo e dello sparviero, che Esiodo indirizza ai re perché ne traggano insegnamento; il termine è ainos'9 • «Ora una favola (ainos)ai re narrerò, loro che pure sono assennati» (Op. 202). Neppure mythos è favola: al pari di logos, anche mythos indica il parlare veritiero. is Od. XI,561-562. Gli Inni omerici(citati sempre, d'ora in avanti, nella trad. di G. Zanetto, Rizzai~ Milano 1996) confermano la tendenza a usare epos semplicemente come «parola,. e mythos come discorso meditato, parola veritiera: si vedano l'Inno a Demetra (11)53; 74; 117;121;212; 330; 392, l'Inno ad Apollo (m) 286; 378 e l'Inno ad Ermes (IV)29. Gli inni omerici sono datati a partire dal VII secolo. Si tratta di trentatré componimenti, che usano la lingua e la tecnica narrativa dell'eposeroico. 16 J. P.Vemant, Mito e societànell'anticaGreci.a(1974), Einaudi, Torino 1981, p. 193. 17 Si veda in merito A. Capizzi, La repubblicacosmica.Appunti per una storianon peripateticadella nascitadellafilosofui in Grecia,Edizioni dell'Ateneo, Roma 1982, p. 105. Ancora nel VI secolo, il rapporto tra i due termini talvolta riflette le rispettive originarie valenze. Si veda ad es. Teognide, Elegie,I, 437 («lo si potrebbe educare con accorte parole"') e 254 ( «ma tu m'inganni con le tue parole, quasi un fanciullino io fossi"'): nel primo caso la parola è mythoisi, nel secondo è logos. "Trad. di G. Arrighetti, Garzanti, Milano 1999. *' Sull'uso del termine ainos nella cultura greca arcaica si veda W Jaeger, Paideia cit., p. 141, n. 41. Sulla base del comune significato di «racconto"' di lode delle grandi gesta,Jaeger accosta ainos e mythos: «ainosè "'lode,. in quel senso più ampio che l'accomuna al mito: l'una e l'altro contengono un esempio ....Però non sempre i miti contengono un esempio, quasi mai contengono una morale, che invece è sempre presente nella favola. I grandi miti sono miti di fondazione, raccontano il come di qualcosa, e si propongono come verità; nella favola, e specificamente nella favola con animali, la verità non appartiene al racconto ma almessaggio che attraverso il racconto si vuol dare. In questo senso ainos compare anche in Archiloco, fr. 174 Tarditi.

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È mytbos il «discorso• che le Muse rivolgono ad Esiodo, la verità che gli affidano"': la rivelazione di •ciò che è, e sarà, e fu• (ta t'eonta, ta t'essomena pro' t'eonta)21• Salve figlie di Zeus, datemi I"amabile canto;

[...l dite come dapprima gli dei e la terra nacquero e i fiumi e il mare infinitodi gonfiore furente, e gli astri splendenti e il cielo ampio di sopra; e quelli che da loro nacquero, gli dei dispensatori di beni, e come i beni si divisero e gli onori si spartirono [...] Questo cantatemi o Muse, che abitate le olimpie dimore fin dal principio, e ditemi quale perprimo nacque di loro".

E le Muse rivelano: «Dapprima fu Chaos•: il vuoto immenso".

2. Mythos e logos.L'originedell'arche. Aristotele, discutendo di coloro che per primi hanno posto la causa (aitia) come principio (arche) di ciò che è, afferma: «Si potrebbe pensare che sia stato Esiodo il primo che ricercò una causa di questo genere, o chiunque altro pose l'amore e il desiderio come principio degli esseri, così come fece, per esempio, Parmenide [... J come se riconoscessero, e l'uno e l'altro, che deve esistere negli esseri una causa che muove e riunisce le cose•. Ed Esiodo dice: •prima di ogni cosa fu il Chaos•"· Sulla «verità»(aletheia)del racconto affidato ad Esiodo in contrapposizione alla «menzogna»(pseudea)di altri racconti si vedaJ. Svembro,La parola e il marmo. Alle originidellapoeticagreca,Boringhieri,Torino 1984,p. 74. 11 Teogonia38 (trad. di G. Arrighetti, Rizzoli, Milano 2000).La medesima espressione la si incontra nell'Iliade, a proposito di Calcante, «che conoscevail presente e il futuro e il passato•, li. I, 70. 12 Teogonia104 sgg. v Chaossi riconnette, attraverso chaino,a chasko,«spalancarsi•,sicchéil vuoto infinito è anche uno spalancars~un immenso aprirsi. 11testo greco recitaprotistaChaos genet'. Mi discosto dalla traduzione, che rende protistacon «per primo•, e accolgo la traduzione che, in analoghi contesti, suggerisceG. Colli, La sapienzagreca,Adelphi, Milano 1997,I, Museo 5 [B 14];II, Ferecide 9 [B19]. :i. Aristotele, Metafisica, I, 4, 984b, 24-33. 20

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L'immagine di Chaos è tra le più complesse della mitologia greca. Prima di Esiodo la si incontra nel mito pelasgico della creazione, in cui si narra che la prima figura divina, Eurinome, emerse nuda dal Chaos, poi unitasi a Ofione generò". In Esiodo, Chaos è la voragine, il vuoto immenso senza confini. Qualcosa che sta prima delle case,e che si dissolve con l'apparire di queste. Come nome che identifica una figura, esso compare nella Teogonia soltanto due volte, nel verso riportato sopra e in quello che ne descrive la discendenza: «Da Chaos nacquero Erebo e Nera Notte• (123). Poi, come figura a sé stante non compare più; come pare invece come dimensione del cosmo, come indicano sia l'uso della minuscola sia il contesto, a proposito della guerra tra i Titani e gli dei Olimpici («un ardore prodigioso penetrava chaos•, 700)", e nella descrizione del luogo ove dimorano i Titani, dopo la vittoria di Zeus («lontano da tutti gli dei, / i Titani hanno la loro dimora, di là dal chaos tenebroso•, 813-814). Chaos non è arche.Sin dalle origini, la filosofia indica con il termine arche il principio o l'origine di tutte le cose, l'elemento dal quale tutto deriva, e al quale tutto ritorna. Con questo significato compare per la prima volta in Anassimandro, secondo la testimonianza di Teofrasto". Il Chaos esiodeo non ha questa fisionomia", è piuttosto un dato iniziale, dal quale muove il racconto delle cose; è una linea di confine tra ciò che non era e ciò che è. Chaos è origine di qualcosa,non di tutte le case. Si possono rintracciare nella Teogoniadue origini, due distinti principi di generazione: Chaos e Gaia. Il primo è genitore di Erebo e Notte, e attraverso la discendenza di Notte è all'origine di tutte le Cfr. R. Graves, I miti greci(1955), Longanes~ Milano 1983, pp. 22-23. • Mi discosto dalla traduzione, rendendo chaos con la minuscola, come dal testo greco. 25

Teofrasto,Opinioni deifisici, fr. 2: cAnassimandro[... ] dichiaròl'infinito sia principio (arche)sia elemento (stoicheion)delle cose che sono, e fu il primo a introdurre questo nome di principio», G. Colli, La sapienza greca cit., II, Anassimandro, 11 [B I]. _ 21 Ma dr. R. Mandolfo,Il pensieroantico (1927),La Nuova Italia.Firenze 1950, secondoil quale«daqui viene nei cosmologiionici l'ideaddl'infinitoprimordiale,che restacome contenentedei cosmi, fonte e foce del loro divenire,.(ivi, p. 12). 11

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figure più inquietanti e negative che popolano il pensiero arcaico: Morte, Sonno e Sogni, le Moire e le Kere, Biasimo, Sventura, Discordia. Gaia è origine del mondo fisico: il cielo, i monti, il mare. Gaia è anche progenitrice di tutti gli dei dell'Olimpo: la generazione divina inizia con l'unione di Gaia e Urano stellato. Gaia non è generata da Chaos, di essa si dice solo l'ingenerato esserci: protista Chaosgenet'autarepeita Gai'eurysternos".Né mai si incontrano, Gaia e Chaos; neppure le loro discendenze si incrociano". Questa doppia generazione è un motivo tipicamente esiodeo. L'esigenza di rintracciare l'origine dell'universo non è propria del solo Esiodo, è parte integrante di ogni cosmogonia". Omero riconduce l'origine della generazione divina all'unione di Oceano e Teti"; Ferecide indica l'inizio in Zeus, Tempo e Ctonie"; in alcuni versi attribuiti a Epimenide gli elementi originari sono Aeree Notte"; in altri, attribuiti a Museo,.si dice che per primi furono Tartaro n Teogonia116-117. Sull'importanza di questo elemento in relazione ai successivisviluppi del pensiero greco cfr. B. Snell, la adtura grecae le originidel pensieroeuropeo(1948),Einaudi, Torino 1963,p. 80. Jl Mi limito a segnalareK. Kerenyi, Originee fondazionenellamitologia, in C. G. Jung ~ K. Kerenyi, Prolegomenialk, studio scientificodella mitologia(1940-41), Boringhieri,Torino 1983, pp. 20-21. "Due volte nell'Iliade(XIV, 201 e 246) Oceano è chiamato «principio dei numi,. e Teti «madre». Ma Eudemo cli Rodi contesta questo inizio e, nchiamandosi ad un verso dell'Iliade (XIV,261), sostiene che Omero «comincia dalla Notte», Eudemo di Rodi, fr. 150,in G. CoBi,La sapienzagrecaciL, I, Orfeo, 4 [e 9]a. " Diogene Laerzio, I, 119: ..:Zasorbene e Tempo furono sempre, e Ctonie: ma a Ctonie toccò il nome di Terra, dopo che Zas la onorò dandole la terra in dono• (G. Colli, La sapienzagrecacit., II, Ferecide,9 [A 1]).Eudemo di Rodi aggiungeche «Tempo dal proprio seme produsse fuoco e soffio e acqua• e che da qui sarebbe nata una progenie numerosa d1dei (fr. 150,in G. Colli, La sapienzagrecaeit., II, Ferecide, 9 [B 3]). Ma in altre testimonianze si legge che Ferecide avrebbe considerato principio di tutte le cose l'acqua; Achille di Tazio, Isagoge3: «Taletedi Mileto, po~ e Ferecide di Siro suppongono l'acqua come principio di tutte le cose, proprio l'acqua che Ferecide chiama anche Caos, ricavando questo probabilmente da Esiodo», G. Colli, La sapienza grecacit., II, Ferecide, 9 (e 19]. Secondo altri, «Ferecidedi Siro disse invero che il principio di tutte le cose è la terra», Sesto Empirico, Schizzipimmiani 3, 30, in G. Coli~ La sapienzagrecacit, II, Ferecide,9 [e 15]. "Eudemo di Rod~ fr. 150:«Ed Epimenide assunse due principi primi (d;voprotas archas),Aeree Notte[ ... ] dai quali viene generato Tanaro, terzo principio, ntengo, in quanto misto, per l'unione degli altri due•, G. Colli, La sapienzagrecacit., n, Epimenide, 8 [e 3]a. 30

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e Notte". Nella tradizione orfica tramandata da Eudemo il Peripatetico e riportata da Eudemo di Rodi, in principio era Notte"; ancora la tradizione orfica indica come inizio della generazione Eros. Lo racconta Aristofane: All'inizio c'era Chaos e None e Erebo nero e l'ampio Tartaro, ma non c'era terra né aria né cielo; e nel seno sconfinato di Erebo Notte dalle ali nere genera anzitutto un uovo sollevato dal vento, da cui nelle stagioni ri-

tornanti in cerchio sbocciò Eros il desiderabile, con il dorso rifulgente per due ali d"oro, simile a rapidi turbini di vento. E costui di notte mescolandosi con Chaos alato, nell'ampio Tartaro, fece schiudere la nostra stirpe, e

per prima la condusse alla luce. Sino allora non c'era la stirpe degli immortali, prima che Eros avesse mescolato assieme ogni cosa; ma essendo mescolatele une alle altre, nacquero Cielo e Oceano e Terra e la stirpe senza distruzione di tutti gli dei felici11•

Nei miti greciEros ha diversi nomi, e uno di questi è Fanete: «sialludeva con granprecisione a ciò che il dio aveva fatto appena nato dall'uovo: egliaveva portato allaluce e aveva mostrato quanto fino a quel momento era nascosto nell'uovo d'argento, cioè il mondo intero» 38• Abirualmente, l'elemento iniziale da cui rutto procede non si dissolve, tna perdura: Oceano, Tartaro, Eros, Notte sono figure che continuano ad alimentare il mondo mitico. Il Chaos esiodeo rimane invece estraneo al seguito della narrazione, non partecipa degli eventi, scompare. Salvo i due riferimenti sopra indicati, la Teogonia non ne fa più menzione. Non è un dato casuale. Chaos è un'immagine del rutto estranea a ciò che è, il suo contrario, il vuoto. L'esserci delle cose lo annulla. La scomparsa di Chaos è il primo segno dell'ordine. Filodemo, Sullapietà, 137,5: «Nelle poesie poi attribuite a Museo sta scritto che dapprima ci furono Tanaro e None, e per terzo Aere», G. Colli, La sapienzagrecaciL, i,

I, Museo, 5 [B 14].

"'Eudemo di Rodi, fr. 150:«La teologiatramandatada Euderno il Peripatetico,e da lui attribuita a Orfeo [... ] assume il principio della none.,., G. Colli, La sapienza grecaciL, I, Orfeo, 4 [B 9]a. Ma la cosmogonia orfica conosce anche altre tradizioni: si veda E. Zeller,La fdcsofuidei Grecinel suosviluppostorico(1855),1, La Nuova Italia, Firenze 1932, pp. 205 sgg. "Aristofane, Uccelli,693-702 (G. Colli, La sapienzagrecaeit., I, 4 [A24]). Sulle teogonie orfiche, e in particolare con riferimento al significato religioso ed esoterico dell'Uovo primordiale si veda J. P. Vernant, Mito e religionein Greciaantica (1990), · Donzelli, Roma 2003, pp. 66-68. 11 K. Kerenyi, Gli dei della Grecia(1951), Il Saggiatore, Milano 1994, p. 26. 9

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3. Il divenire dell'ordine.La Teogonia. La Teogoniaracconta il progressivo farsi dell'ordine, dalla nascita dell'universo dal caos iniziale fino al suo assetto definitivo sotto l'egida di Zeus. I:ordine è per sempre, ma non è da sempre: anch'esso ha un inizio. I:ordine inizia con un atto di violenza": l'evirazione di Urano ad opera del figlio Crono. Il mito racconta di Gaia che •per primo generò simile a sé, I Urano stellato, che l'avvolgesse tutta d'intorno,/ che fosse ai beati sede sicura per sempre• (Teogonia126-128). I:amplesso divino non ha mai termine, i figli che nascono vengono nascosti da Urano nel seno di Gaia. «Dentro si doleva Gaia prodigiosa, / stipata; allora escogitò un artificio ingannevole e malvagio• (Teogonia159-160). I:artificio ingannevole è l'accordo con Crono, per uccidere Urano. Venne, portando la notte, il grande Urano, e attorno a Gaia

desiderosod'amoreincombettee si stese dovunque.o.

Con una falce dai denti aguzzi Crono evira il padre. Cessa allora l'amplesso divino, le prime cosetrovano la loro definitiva collocazione: il Cielo e la Terra non si uniranno mai più, e rimarranno ciascuno al proprio posto, lontani, per sempre. Questo atto di violenza è necessario41• I:amplesso divino deve cessare perché il mondo acquisti il suo ordine. E un motivo che si ritrova già in Omero: l'unione originaria, quella tra Oceano e Teti, deve avere termine perché i frutti della generazione possano trovare stabilità. Iliade racconta

r:

"Sulla violenzaintesacome dimensionefondativadell'ordinesi veda R. Girard, La violenza e il sacro(1972),Adelphi,Milano2003, in pan. cap. IVj,si vedaancheId.,

li caproespiatorio(1982), Adele,~. Milano 1999.Per una analisidelle posizioni di Girardsi veda L. Alfieri,Dal conflittodei doppialL, trascendmu ~ùuliziaria.li problemapoliticoe gi,,ridicoin René Girard, in L. Alfieri,C. M. Belle1,D. S. Scalzo,Figure e simbolidell'ardineviolento.Pemmi tra antropologiae filoso["'politiu.,Giappichelli, Torino 2003, pp. 17-51. Teogonia176-178. Per una letturadel temadellaviolenzain rapportoallagenesidel dirittointeso come «risposta esistenzialeallatracotanza dellasoggettività»si veda F. o•Agostino, Perunaarcheologia del diritto.Miti giJ,ridici greci,Giuffrè.Milano1979,in part.cap. 40 41

VII (cit. a p, 107).

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che Oceano e Teti, dalla cui unione era nato il mondo, «da molto tempo stanno lontani dall'amore e dal letto• (Il. XN, 206-207). Anche il mito pelasgico della creazione prevede la fine dell'unione originaria: Eurinome si adira con Ofione e lo relega nelle caverne sotterranee42• Nella Teogonial'inizio dell'ordine del creato coincide con il dominio di Crono". Crono si unisce a Rea. Dalla loro unione nasce Zeus 44• L'ordine del creato è anche ordine del tempo: del tempo lineare, che si esprime attraverso il succedersi delle generazioni divine, e del tempo ciclico, che si esprime attraverso il perenne alternarsi della luce e delle tenebre, del Giorno e della Notte. E di Notte oscurala casaterribile si innalza,danuvole livideavvolta. Di fronte ad essa il figlio di lapeto tiene il cielo ampio [ ...] là dove Notte e Giorno venendovicini si salutanopassando alterniil granlimitare di bronzo, l'uno per scenderedentrol"altroattraversola porta esce, né maia un tempo entrambila casadentrotrattiene, ma sempre l'uno fuori dallacasa la terrapercorree l'altrodentrola casa aspettal'ora del suo viaggio fin che essa venga; l'uno tenendoper i terrestrila luce che molto vede, l"altrahaSonno fra le sue mani45•

Il mito racconta la tensione dei contrari.La loro impossibile compresenza assieme al loro inesorabile richiamarsi trova rappresentazione in quel salutarsi passandoalterni:i contrari si avvicinano e si sat.2

Frammentidi questomitosi trovanoin ApollonioRodio,Argonautiche,I, 496-

SOS;cfr.R. Gnves, / miti greciciL, p. 22.

" Anche Crono viene sconfino, daZeussuo figlio.Hegel leggevaquestasconfitcome rappresentazione del conflino tra potere politico e tempo:si veda G. W. F. Hegel,lezioni s.J/afiù,sofiadelL,storia,I, a cura di E. Codignolae G. Sanna,La Nuova Italia,Firenze1978,p. 182.Perun'analisidellaletturahegeliana,e più in generale dellatematicarelativaaJ.rappono tra potere politico e tempo, si veda D. Mazzù, Mithose logos,dMefigNredelloscisma,in L'immaginarioe ilpotere cit., pp. 217-233. 44 Crono potrebbe essereChronos,il Tempo,ma l'identificazione tra K.rono(il figliodi Urano) e Chronos (il Tempo) è controversa: cfr.A. M,gris, L'ideadi destinonel pensieroantico,r.Dalleorigini111V secoloa.e., Del Bianco,Udine 1984,p. 54, n. 108. ., Teogonia744-756. ta

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lutano, ma non si incrociano, ciascuno aspetta che giunga l'ora del suo viaggio.Se non aspettàssero, se invadessero l'uno l'oradell'altro, la regola sarebbe sovvertita, l'universo perderebbe il suo ordine. Dall'ordine del mondo fisico all'ordine del mondo umano. Esiodo racconta anche l'origine di coseche al mondo umano appartengono, sistemandone la genealogia secondo criteri di assonanza e opposizione: cosecome la guerra e la pace, la discordia e l' armonia, la saggezza e la prudenza, la memoria e l'oblio; cosecome il potere e la forza, il giuramento e la giustizia. Il linguaggio del mito oscura ma non annulla la struttura logica del racconto esiodeo". La genealogia di ciascuna figura già racchiude il senso che essa possiede nel mondo; l'ordine in cui le varie divinità si susseguono esprime questo senso in maniera più globale. Non è casuale che alcuni dei appartengano, proprio quelli, alla prima generazione divina. Nella sistemazione delle varie divinità, Esiodo non segue il criterio della gerarchia teologica, se non per quel che riguarda Zeus, la cui nascita chiude i cicli delle grandi generazioni. Per il resto segue un criterio diverso.

Alla prima generazione di dei, figlie di Gaia e Urano, apparten-

gono non solo divinitàimportanti,ma anchedivinitàminori,come Theia, Mnemosyne e Febe. Figure minori da un punto di vista teologico, ma essenziali nella cultura greca, rappresentative di una visione del mondo: Theia è la divinità della luce, l'espressione della verità, ha la stessa radice di theiazo,verbo che indica l'attività del profetizzare; Mnemosine è la memoria; Phebe ha la stessa radice di phoibesis,il vaticinio. Alla prima generazione, figlie di Notte, appartengono anche le divinità del destino, le Moire, e Nemesi •sciagura degli uomini mortali•. Le Non nd senso che l'opera esiocleapossa essere intesa possedere «tutta la ricchezza e tutto il rigoredi un sistema filosoficoio P. Vemant, Mitoe societànell'antica Greciacit., pp. 204-205), ma nel senso indicatodaKerenyi:«nei mitologemiche formanoil grandemito elciGreci,ancheil logosavevala sua parte•, K. Kereny~Prr:r meteo e Niobe. Due archetipidel modo di esistereumano,in AaVv.,Atti del Congresso Internazionaledi Filosofia,u, Castellani& Co., Milano 1948, p. 270. Sul rapporto tra dialegesthai e mythologein,e sullafunzioneculturalee archetipicanel mito, dr. D. CorradiniBroussard.Miti e politica,Pixart,Pisa 2001, capp. I e II.Sul tema del rapporto tra mito e linguaggiocfr.E. Cassirer,Linguaggioe mito. ContribHtoal problema dei nomi deglidei, Garzanti,Milano1975. 46

a.

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Erinni invece, cui la mitologia attribuisce il compito di punire i delitti tra consanguinei, nascono dopo l'evirazione di Urano, dalle gocce del suo sangue che Gaia accoglie. Alla prima generazione appartiene Stige, la divinità che presiede algiuramento dei numi, e che nel suo nome reca il segno dell'odio", e i figli di questa: Zelos, la rivalità, e Nike, la vittoria; Kratos e Bia, il potere e la forza; pure Eris e Neikos, la discordia e la contesa". Sono le figure che muovono la vicenda divina, la lotta per la conquista del potere. È una vicenda costellata di violenze, di malvagità e inganni. La prima malvagità la commette Urano, che prende in odio i figli e li nasconde nel seno di Gaia; poi Crono, che evira il padre e prende il dominio del mondo. Poi è ancora violenza: Crono divora i figli avuti da Rea. Li divorava il grande Crono, appena ciascuno dal ventre dellasacramadreai suoi ginocchiarrivava, e ciò escogitava perché nessuno degli illustri figli di Urano

fra gliimmortaliavesseil potere regale. Infatti aveva saputo da Gaia e da Urano stellato

che per lui eradestino l'esservinto da un figlio'".

Ma Zeus, l'ultimo nato, sopravvive grazie a uno stratagemma.Il destino si compie: Il grandeCrono dai torti pensieririsputòi suoi figlioli, vinto dallearti e dallaforza del figlio".

L'ultimo atto della lotta per il potere è la guerra tra gli dei dell'Olimpo e i Titani: la sua conclusione segna l'acquisizione del potere da parte di Zeus e il definitivo assetto dell'Olimpo. 4. L'ordinamentodivino. L'assetto dell'Olimpo che Esiodo racconta riflette le caratteristiche dell'ordine umano, gli elementi in grado di organizzare la conStigeè Styx:nome connessoa stygein, odiare,e a stygos, l'abominio. ._Per ragioniche sarannochiaritepiù avanti,midiscosto dallatraduzione,che rende eriscon «contesa• e neikoscon «discordia• . ., Teogonia459-464. » Teogonia495-496. 41

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vivenza tra gli uomini". Il mondo olimpico è ordinamento: comprensivo di regole, sanzioni, competenze, giurisdizioni. L'atto che inaugura l'ordinamento divino è l'investitura di Zeus: gli dei lo invitano •a prendere il trono e il comando• (Teogonia 883). Il primo atto del sovrano olimpico è la distribuzione degli onori (tima,), e la distribuzione degli onori sancisce la sua signoria su tutti gli dei. Le prime timaiche Zeus assegna sono il potere, la forza e il giuramento.

La prima divinità che si avvicina a Zeus per riaverne l'onore è Stige, la divinità che custodisce il gran giuramento dei numi. Il giuramento è un atto solenne, vincolante. Nel mondo divino è la modalità di accertamento della verità quando tra gli dei sorga contesa: Se qualcunomente tra gli abitantidelle case d'Olimpo, Zeusmanda Iride a portare degli dei il gran giuramento".

La violazione del giuramento è colpa grave anche tra gli dei: il mito rappresenta questa colpa, nell'immagine di una condanna all'isolamento dal consesso divino. Chi infatti degli dei commette spergiuro giace senza respiro finché un anno compiuto non s~

né maiall'ambrosiae al nettarepuò avvicinarsi, suo nutrimento,ma giacesenza respiroe senza parola su letto ben steso e un cattivo torpore lo copre.

Ma quandoil male hafine,compiuto un grandeanno, passa dauna a un'altraprova più aspra: per nove annidaglideiè tenuto lontano, sempre viventi, né perconsiglio a loro si unisce né per banchetto,

per nove anniinteri;al decimo ancoras'unisce all'assembleadegli immortali che abitano le case dell'Olimpo".

Il giuramento dei numi è un'immagine antichissima, più volte evocata da Omero. Proprio in Omero si trova il racconto di un eia11

Sulcomplesso,e controversotemadel rapportotra ordinamentoumanoe ordi-

namentodivùtosi vedaG. Fassò,La leggedellaragione(1963), a curadi C. Taralli,E. Pattaro, G. Zucclùni,Giuffrè,Milano1999,pp. 20-23. ~ Teogonia 783-784. » Teogonia 795-804. 14

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Il tempodel mito_________

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moroso spergiuro divino, che rimane impunito: lo commette Era, che di fronte a Zeus, solennemente giurando, nega di aver indotto Poseidone ad aiutare gli Achei: Sappiadunque la Terra e il Cielo vasto di sopra, e l'ondascorrentedi Stige- questoè giuramento grandee tremendofrai numibeatie il tuo sacrocapo e il nost10letto legittimo,pel qualenon vorròmaispergiurare, non per mio incitamento Poseidone Enosictono malmena Ettore e i Teucri, e soccorre gliAchei,

ma certo lo spinge e lo costringeil suo cuore54.

Le cose erano andate diversamente". E tuttavia c'è del vero nelle parole di Era: non lei direttamente, bensì Sonno aveva incitato Poseidone. Con equilibrismo precario e sottile, Omero salva Era dall'onta dello spergiuro. Il giuramento assolve il ruolo di norma fondamentale della convivenza divina, e però non basta: sono necessari anche il potere e la forza. Zeus prende accanto a sé per sempre i due figli di Stige, Kratos, il potere, e Bia, la forza. Ma forza e potere devono servire la giustizia: Zeus riconosce l'onore di Therni, e nel nome di Therni assegna le divine timai. Figlia di Gaia e Urano stellato, appartenente quindi alla prima generazione di dei, Themi non viene mai nominata nella narrazione dei fatti violenti che portano al regno di Zeus. Né mai compare, per quei fatti, la qualifica di «ingiusti•. Giustizia non c'era: Therni era silente, nascosta anch'essa nel ventre di Gaia. Il suo nascondimento rappresenta il vuoto di giustizia che precede l'ordine olimpico. Ricompare solo dopo la vittoria di Zeus, e Zeus è il primo a pronunciarne il nome, appunto nella formula con cui distribuisce onori e premi a conclusione della guerra con i Titani. Therni è regola di convivenza: la prima regola di convivenza, la prima misura di giustizia, è il rispetto di ciò che è stato acquisito. • Il. xv,36-43, " Eraavevastrettoun pattocon Sonnogiurando«perl'inviolabileacquadi Stige» chegliavrebbedatoin sposaunadelle Graziese l'avesseaiutataa ingannareZeuse a ponaresoccorsoagliAchei.

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La distribuzione degli onori ricalca quella già esistente, gli dei conservano le loro timai": Colui che con me aglidei Titaniabbiafattola guerra di nessun suo onore saràprivato e ciascuno l'appannaggio conserveràche primaavevafra gli dei immortali51• Giustizia è anche è restituzione del dovuto, riparazione del torto subito. Zeus risarcisce gli dei degli onori di cui erano stati privati: Chi fu privato d'onori o di premio da Crono d'onore e di premio sarà compartecipe;così vuole giustiziase.

Così vuole giustizia: nella Teogonia,Esiodo conserva la formula e themis estin, che in Omero accompagna sempre le espressioni solenni. Ma Themi è ormai pronta a cedere il passo, perché nasce l'altra giustizia, Dike. Anche Dike mostra, nella sua fisionomia e nella struttura della sua ascendenza, gli elementi propri dell'umana percezione del giusto: è l'emblema dell'ordine, della misura, della saggezza.

5. Dike nel mito. Dike nasce dall'unione di Themi con Zeus". Assieme a Dike nascono Eirene, la pace, ed Eunomia, l'ordine conforme a giustizia. Dike, Eirene ed Eunomia non possono che nascere insieme.Il mito antropomorfizza un nesso logico, e ne dà rappresentazione simbolica nel vincolo di parentela che unisce le tre divinità: esse sono sorelle, in quanto taliidentificate con un unico nome, Ore. Anche questaimmaginesuggerisceun'ideadi stabilità.Zeus, infatti,non dà a1 mondo divino un nuovo ordine,non rivoluzional'assetto precedente,piuttosto fissa in manieradefinitivacompetenzee ruoligiàricoperti.Non è un sempliceatto di ratifica, giacchétalicompetenze e onori Zeus li distribuisce,ed è appuntol'atto delladistribuzione a recarein sé l'improntadellanuovaautorità,il segnodel comandodivino. 57 Teogonia392-394. $8 Teogonia395-396. " Nei versidi Pindaro:«perprimaThemiscelestedaisaggipensieriI su aureicavalli dallesorgentid'Oceano/ le Moireallascalasolennecondussero/d'Olimpoper lavia sontuosa/ a divenirel'anticaconsortedi Zeus salvatore~(Innoa Zeusper i Tebani,fr. 30 Maehler,in Pindaro,Frammenti,trad.di R. Sevieri,LaVitaFelice,Milano1999). 56

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Il tempo delmito __________

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Le Ore sono figlie dell'autorità e della regola: nascono da Zeus, signore dell'Olimpo, e da Themi, primigenia dea della giustizia, custode dell'ordine cosmico. Sono figlie della saggezza. Prima di unirsi a Themi, Zeus aveva preso in sposa Meti, figlia di Oceano e di Teti, •che sa più di tutti gli dei e degli uomini mortali» (Teogonia 887), e se ne era appropriato, inghiottendola: •affinché la dea potesse consigliarlo sul bene e sul male» (Teogonia 900). Metis significa saggezza e prudenza. Ha la stessa radice di metron, la misura. Le Ore personificano gli elementi costitutivi dell'ordine umano, ma non solo. Sono anche la personificazione delle stagioni, come il loro stesso nome indica", e le custodi delle porte celesti: in questa veste sono celebrate da Omero, poi da Pindaro". Sorelle, le Ore partecipano di un medesimo statuto divino, e hanno pari dignità; insieme «vegliano sull'opera degli uomini mortali» (Teogonia 903). Ma la prima ad essere nominata non è Dike, è Eunomia. La giustizia richiede, come sua condizione, il buon ordine. Letteralmente e concettualmente, eunomia indica la buona legge; per estensione, il buon ordine, l'ordine determinato da buone leggi". Con· questo significato il termine si sarebbe definitivamente affermato nel VI secolo con Solone. Ma il tempo di Esiodo è ancora ignaro della specificità della dimensione legislativa: eunomia non 6ll

Il termineora in grecosignificaa.epuntostagione,e l'annoeraconsideratodiviso

in tre stagioni:le Ore rappresentavanonspettivamentela primavera,l'estate e l'autunno. 1 ' /l. v, 749-751; VIII, 393-396; Pindaro,OlimpicaIV,1-3. 62 Secondo alcuni, eunomiaconnoterebbenon solo il possesso di buone leggi, ma

anchela disposizionea obbedireadesse:cfr.H. Lloyd-Jones,The]usticeof Zeus,University of California Press, Berkeley-Los Angeles-London 1971, p. 36. Si tratta di un'interpretazioneinteressante,perché consente di metterea fuoco le radicidell'idea

ireca di obbligo politico:ma l'ideadelladisposizionea obbedirealle leggi in quanto msitanel concettodi eunomianon sembraadeguataa1tempo cui l'autorela riferisce, infanila percezionedellaspeche è quellodi Omeroe di Ediodo.Essaimplicherebbe cificitàdel concettodi nomos,che in Omero mancae in Esiodocominciaappenaad dellelegaffacciarsi. L'ideadieunomiacome espressionecomprensivadell'osservanza gi appanienein realtàa Solone,che infattile oppone dysnomia,come sottolineaG. Fassò,LA legge dellaragiom cit., p. 34: c.Eunomiaè in paritempo la buonalegislazione e l'osservanzadi essa,la legalità:così come il suo contrario,la dysnomia[... ] è, oltreche la legislazionecattiva,l'inosservanza delle leggi,il disordinesocialee politidi Kerenyi,quandorendeeunoco•. Probabilmentequestaè anchel'interpretazione niacome «ordinamentolegale»,K. Kereny~Gli dei dellaGreciacit., p. 92. 17

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Jellamo,Il camminodi Dike ________

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è ancora «la buona legislazione tecnicamente intesa•", ma la buona amministrazione della giustizia. Il senso dell' eunomia esiodea è vicino a quello delle omeriche themistes, i pronunciamenti e le «sentenze• di ispirazione divina, rese dal sacerdote, o dal re"; disposi-

zioni particolari,contingenti,la cui forza normativasi costituisce solo a seguito del pronunciamento, vale solo per i richiedenti e in relazione allo specifico oggetto della richiesta". In epoca arcaica le giuste sentenze sono il volto della giustizia, il modo del suo essere e del suo manifestarsi: di fatto, l'eunomia esiodea coincide con il retto giudizio sulla ragione e sul torto. Il retto giudizio non ha ancora dietro di sé la forza dei nomoi: tuttavia è proprio con Esiodo che si affaccia, per la prima volta, l'idea della legge come nomos, come regola generale. Il termine nomos, assente in Omero, compare dapprima nella Teogonia, con riferimento al canto delle Muse: e loro dalla boccal'amabilevoce levando cantanole leggi e i sacricostumi degliimmortalicelebrano 66



Pure eunomia, col significato di ordine garantito dalle retta amministrazione della giustizia, compare per la prima volta nella Teoi) G. Fassò,la democraziain Grecia(1959),a curadi F.Faralli, E. Pattaro,G. Zucchini, Giuffrè.Milano1999,p. 34. .. Potrebbeesserciun nessotra l'originedivinadèllethemistese la proceduradisegretezzache connotavala decisionegiudizialenel dirino attico,cui si legavala mancanza dell'istitutodella motivazionedella sentenza.Ma il tema è troppo complesso per poter essere sviluppato in questa sede. Sulla mancanzadell'istitutodella motivazione della sentenzacome trano tipico del processo attico rispetto al diritto romano richiamal'anenzioneL. Rossetti.Non solo dottrine politiche. l'apporto di Platone, Aristotele,Teofrastoe altriperipateticiaJJa culturagiuridica,in Gigantomachia.Convergenze e divergenze tra Platonee Aristotele,a curadi M. Migliorini,Morcelliana, Milano2002, pp. 375-377 (in part. pp. 375-375) e Id., Materialiper una storiadellaletteraturagiuridicaattica, in Nomos.Direilo e sociedadena AntiguidadeClassica,a cura di D. F. Leao, L. Rossetti,M. do Céu G. Z. Fialho,EdicionesCla5icas,Madrid

2004, pp. 51-73 (p. 72). u Sulsignificatodelle themistese la loro gradualeconversionein precedentinormativisi vedaA. Biscard.i,Diritto grecoanticocit., in pan.l'A.PpendiceIL,par.2. Per un'analisistorico-filosoficasi vedaB. Leoni,Lezioni di fJoso/ia del diritto, I. Il pensieroantico,Viscontea,Pavia-Milano1949,pp. 14 sgg.; cfr.ancheG. Fassò,La democraziain Greciacit., p. 26.

" Teogonia65-66. 18

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Il tempo delmito_________

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gonia.Come termine è già presente in Omero, ma con significato diverso: indica la giusta divisione tra le sfere di influenza delle stirpi familiari (i gene)", ma anche i retti costumi degli uomini. Con questo significato compare nell'Odissea Spesso gli de~ simili a ospiti d'altre contrade, sotto tutte le forme girano per le città, pervederei soprusio i retticostumi(eunomien)degli uomini".

«Sopruso• rende il greco hybris. Hybris non è figura del pantheon olimpico rappresentato nella Teogonia,dove infatti non compare come divinità. La prima traccia di hybris come divinità, secondo una testimonianza di Clemente Alessandrino, è in Epimenide, sapiente del tardo VII secolo, «che ad Atene innalzò altaria Tracotanza•"· Ma sulla veridicità del fatto si nutrono dubbi. Sicura invece è l'attestazione in Pindaro, dove hybris compare personificata: «Tracotanza, sfrontata madre di sazietà•"· In Solone, dove il rapporto tra i due termini è invertito, hybrisè attestata con la minuscola, segno di una personificazione non ancora compiuta 71•

In Esiodo, poi in Solone, gli dei puniscono la hybristra gli uomini con mali tremendi. Anche nella cultura omerica ci sono tracce dell'illiceità della hybris.Ma sono, appunto, tracce.

E. Cantarella.Itacacit., p. 76. "Od. XVII,485-487. Nell'Inno a Gai4. compare il termine eunomiesi,che la traduzione rendecon «governanocon giustizia»(Inni omerici, xxx, 11). " ClementeAlessandrino,Protrettico, 2. 26, G. Colli, La sapienzagreca cit., n, Epimenide,8 [B 16] e p. 271 in nota. 10 Pindaro,Olimpica XIII, 10,trad.di F. Ferrari,Rizzoli,Milano1998. u

71

Solone,fr.8 Gentili-Prato.

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IL CAMMINO DI DIK.E_______

11. Hybris

1. Hybris e time.

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e dike

Il mondo di Omero.

Nell'Iliade, la hybris incontra certezza di punizione divina solo quando è diretta contro gli dei'. Emblematica è la vicenda che apre il poema: l'atteggiamento sprezzante di Agamennone nei confronti di Crise, sacerdote di Apollo. Il disprezzo non è solo nei confronti di Crise: Agamennone ne dileggia i paramenti sacri: «lo scettro, la benda del dio•. Crise invoca la punizione divina, e Apollo invia la pestilenza nel campo degli Achei. Ma nessun dio interviene a punire la tracotanza di Agamennone nei confronti di Aclùlle. Il silenzio degli dei è significativo. Spesso la hybrisè parte dell'arete, compagna dell'onore'. Anche la violenza fa parte dell'onore. Appartiene alla time di Achille fare scempio del cadavere di Ettore: di fronte a questa time anche gli dei si fermano, pur avvertendo la sconcezza di quella mancanza di pietà. «I numi beati, vedendo, ne avevan pietà•'· La virtù è essenzialmente virtù guerriera: coraggio, forza fisica, senso dell'onore. Si veda H. Lloyd-Jones,The]ustice of Zeus, University of CaliforniaPress, Berkeley-LosAngeles-London1971,cap.1. z Sullacentralità di questiconcettinellaGreciaarcaicasi vedaW.Jaeger,Paideia cit.,caf P· 1-11. 1

l. XXIV,23. Ma il pietoso vedere non si traducein intervento:«Il corpo del nemico ucciso è consideratoancoraunavolta predadi guerrae proprietàincondiziona3

dirittodi quest'ultimoa fame scempio equivarrebbea un'indebitasottrazionedi gloria•:G. Cerri,Introduzione,in Iliade cit., p. 85. Rinvio ta del vincitore.Limitareil

a Cerrianche per la complessa tematicadel codice di guerranel mondo omerico (ivi, pp. 83-86). 21

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Jellamo, Il cammino di Dike ________

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La giustizia è «virtù minore»•, la virtù maggiore è l'onore5. In un mondo dominato dal!'arete guerriera, l'onore violato non può rispondere che con un atto di forza; spesso l'atto di forza è una violazione della time altrui•. Gran parte delle vicende narrate dalI'Iliade sono la conseguenza di uno scontro tra timai: tra l'onore di Agamennone e l'onore di Achille. Nel libro primo, ad Agamennone che vuole un dono in cambio della liberazione di Criseide, Achille oppone l'avvenuta divisione del bottino: Come ti daranno un dono i magnanimi Achei? In nessun luogo vediamo ricchi tesori comuni; quelli delle città che bruciammo, quelli sono stati divisi. Non va che i guerrieri li mettano di nuovo in comun~-

MaAgamennone deve affermare la sua supremazia. Costretto a restituire il suo dono per volontà di Apollo, egli deve compensare l'obbedienza con un atto di prepotenza: poi che Criseide mi porta via Febo Apollo, io lei con la mia nave e con i miei compagni rimanderò; ma mi prendo Briseideguancia graziosa, andando io stesso alla tenda, il tuo dono, si, che tu sappia quanto son più forte di te, e tremi anche un altro

di parlarmiallapari, o di levarmisia frontel. ◄ A. W. H. Adkins. La moraledei Greci.Da Omero ad Anistotele (1960),Laterza, Roma-Bari 1987,J.P· 94-98; E. Cantarella, Norma e sanzione in Omero. Contri-

buto allaprotostoria el dirittogreco,Giuffrè,Milano 1979,in part. cap. rv,par. 2, ove tra l'altro: «Che la giustizia non fosse un valore diffuso discende chiaramente dalla considerazione del comportamento degli dei, il cui atteggiamentonei confronti degli uomini ignoravatotalmente questo criterio», e tuttavia occiònon toglie che nei poemi esistano un dio e un eroe giusto, o, quanto meno, un dio e un eroe che affiancanoalle altre virtù, non senza contraddizioni, la virtù della giustizia:e sono, rispettivamente, Zew e Odisseo• (ivi, p. 148). s Si veda E. Dodds, / Grecie l'i"azionale (1951),Sansoni,Milano 2003, p. 59, ma anche L. D. Caims, Aidos:the Psychologyand Ethicsof Honour ami Shamein Ancient Greek Literature, Clarendon Press, Oxford 1993,pp. 14-74. 'ocPer asserirelapropria virtù, per difendereil proprio onore in una situazionedi crisi, l'eroe è indotto -è anzi necessariamentespinto - a violarela time altrui»,M. Vegetti, l'etica antica (198'1~Laterza, Roma-Bari 2000, p. 18. Sottolinea il carattere costantemente negativodellahybrisnellacultura g,,ecaF. D'Agostino,s;,,.. Vioknu e gi,,stizÌ4 nellafìrosofo,e n,lla ktt.-raturadellaGreciaantica,Giuffrè,Milano 1983,pp. 25 sgg.

'li.

I,

123-126.

Il. 1, 182-187.La consequenzialitàtra l'atto di sottomissione e l'atto di arroganza è chiaramenteespresso dal ocma»(de) che lega le due parti del discorso. 1

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Hybrise dike__________

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Con il suo gesto, Agamennone riafferma la sua supremazia, per il presente e per il futuro; con quel gesto viola l'onore di Achille, doppiamente. «Dono• è geras:il premio d'onore destinato agli eroi'. Ha dunque un forte e specifico significato onorifico, di riconoscimento del valore guerriero. I:umiliazione è insopportabile: questo dolore tremendo l'anima e il cuore mi penetra quando un uomo vuole spogliare un suo pari e levargli il suo dono, perché per potenza va innanzi. Tremendo dolore m'è questo, patii strazio nell'animo.

La fanciulla[ ... ] dalle bracciame l"hastrappatail potente Agamennone Atride, come a un senza patriaqualsiasi10•

Come a un senza patria qualsiasi: il termine greco è atimetos, senza onore. Togliendogli il geras, Agamennone ha spogliato Achille del suo status, ne ha disprezzato la figura guerriera, ne ha violato l'onore. Achille deve vendicarsi, per riaffermare la sua time, e con essa il suo valore, la sua arete. Reagisce sullo stesso terreno sul quale Agamennone lo aveva umiliato, sul terreno della sua virtù guerriera. Giura di non combattere più per gli Achei. La reazione di Achille non è atto di hybris.Hybris è il termine che definisce invece il comportamento di Agamennone, nelle parole che Achille rivolge ad Atena e nelle parole della stessa Atena (1, 202-214): la violazione dell'onore è un illecito sociale". Ma non è una colpa, e infatti gli dei non la puniscono. I:intervento di Zeus, che provoca la sconfitta degli Achei privi di Achille, non è sanzione nei confronti di Agamennone, ma risposta all'implorazione di Teti, affinché l'onore violato del figlio possa trovare soddisfazione": ' Il termineindica'un privilegioparticolarenelladivisionedel bottinodi guerra, che spettaagliuominidi classereale:si vedaE. Benveniste,// vocabolariodelleistituzioni indoeuropee(1969), II,Einaudi,Torino2004. " Il. XVI,52 sgg. 11 N. R. E. Fisher,SocialValuesin Classica/Athens,Dent and Sons,Toronto 1976, pp. 50 sgg.Laviolazionedelle regoleè così eclatanteche Achillelevasubitola suavoce contro la pretesadi Agamennone,primaancorache la sceltacadapropriosul suo geras(li.~ 22-25). u «Gloria•traducequi il grecotime, termineche annoveratrai suoi significatianil renderesoddisfazione.Con questosignificatocompareancheil darerisarcimento, che in Il. I, 70. 23

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dà onore al figlio mio, che morteprecocefra tutti ebbe in sorte;e ora il signoredi genti Agamennone l'haoffeso, gli hapreso e si tiene il suo dono: gliel'hastrappato. Dagli tu gloria,dunque,olimpiosaggioZeus, dàla vittoriaai Troiani,fin quandogli Achei onorinoil figlio mio, lo riempianodi gloria!!)

Zeus risponde con un cenno del capo". Il mondo divino riproduce i valori del mondo umano: anche gli dei difendono la loro time. La reazione di Poseidone al comando di Zeus di abbandonare la lotta a favore degli Achei è l'omologo divino di quella di Achille di fronte alla prepotenza di Agamennone: per quanto forte [ Zeus ] con arroganza ha parlato,

se me, paria lui in gloria,vuol sopraffarecosì...

[...l tremendo dolore mi scende nel cuore e nell'animo,

quandome, paria lui, destinatoa ugualparte, Zeusprendedi petto, con parole furiose'5•

Dando ordini a Poseidone, Zeus ne disconosce la pari dignità divina, ne viola la time, l'onore legato alla titolarità della giurisdizio. . ne sui man. Come Achille, anche Poseidone si sottomette, ma la sottomissione non è incondizionata. Il dio minaccia Zeus, e con tale gesto riafferma il suo essere omotimos di Zeus, suo pari: se contro il mio desiderio, d' Atena predatrice,

d'Era,d'Ermetee del sire Efesto, Ilio rocciosarisparmierà,non vorrà distruggerlae daregranvittoriaagli Argivi, sappiache avremoinsanabilecollera1'.

Anche gli dei litigano e tessono inganni, e si scontrano per difendere la loro time. Gli Inni omerici raccontano di Demetra che 505-510. Prerogativadi Zeus,il cenno del caporappresentala massimaespressionedella promessadivina,e dd divinocomando,si vedanoanchegli Inni omerici(A Dioniso, u /[. I, 14

16; A

Demetra,466).

1 • //.

xv, 185 sgg.;208 sgg. Nelle paroledi Poseidone,la ..,forza,.. di Zeus è il suo

essereagathos, termineconnesso allaarete e indicativodi unacondizionedi forzae di valore. 16 xv, 213-217. //. 24

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Hybrise dike__________

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non esita a vendicarsi dell'affronto patito ad opera di Ade e di Zeus. Addolorata e offesa con Zeus, che ha tramato con Ade il rapimento della figlia Persefone, abbandona l'Olimpo e si ritira a Eleusi, nel tempio a lei dedicato. Dea della fertilità, si vendica infliggendo la carestia, togliendo agli uomini il sostentamento e agli dei •l'onore glorioso• delle offerte e dei sacrifici: Soprala terrafeconda essa rese terribilee odioso quell'annoper gli uomini, perché nei coltivi i semi non germogliavano:li nascondevaDemetra dalla bella corona11•

La reazione di Zeus nei confronti di Demetra è l'omologo di quella di Agamennone di fronte all'ira di Achille. Prima manda un messo, Iride, affinché convinca la dea a recedere dall'ira, a tornare nel consesso divino; poi invia tutti gli dei, con preghiere e offerta di doni: venendo uno dopo l'altro

la supplicavano e le offrivanomoltibellissimidoni e tutti gli onori di cui volesse godere tra gli immortali11•

La reazione di Demetra all'offerta di Zeus è l'omologo di quella di Achille di fronte ai messaggeri di Agamennone: i discorsi non la convincono, l'offerta di doni non basta, ciò che vuole è ciò che ingiustamente le è stato tolto. Zeus trova una soluzione che fa salvi l'onore di Demetra e l'acquisito diritto di Ade: vivrà nelle tenebre per un terzo dell'anno, e per due terzi con la madre e gli altri immortali. !:Inno ad Apollo racconta anche lo sdegno di Era contro Zeus che le ha tolto l'onore, facendo nascere da solo Atena: Ascoltatemi,voi tuttidei e dee; sentite come Zeus adunatoredi nubi mi offende19.

Subito progetta la vendetta: da sola genera Tifone. Anche gli dei combattono battaglie, e conoscono bia: «violenza•, ma anche •forza•, componente del potere (kratos), col quale 11

Inno a Demetra, 305-307.

11

Innoa Demetra,326-328. Inno ad Apollo, 311-312. «Offendere• rendeil greco atimazein: toglierel'onore.

1 '

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infatti spesso compare in endiadi". Nel mondo aristocratico e guerriero descritto da Omero, la violenza è forza, parte anch'essa,come la hybris,dell'arete. Difficile dire quando bia debba essere intesa come «violenza•, quando come «forza•, quando infinecome sinonimodi agathos,terminepolisemicoanch'esso,che sta a indicarela nobiltàe lapotenza,la capacità,l'eccellenza.Agathosè il termine con il quale Nesrore indica la potenza di Agamennone,quando tenta di ricomporre la lite con Achille;nel dialogotra Iri e Poseidone,per indicarelo status di Zeus, Poseidoneusa il termineagathos,Iri il termine bia.Nella reazionedi Ettore di fronte alla viltà di Paride,bia indicala forza d'animo («ma forza in cuore non c'è, non valore•, Il. III, 45), e divienesinonimo di autorità nelleparolecon cui Ettore mandaa chiamarePriamo («recate l'autorità di Priamo,perchéconsacrii patti in persona•, Il. III, 105)''. Hybrise bia,time, kratos, arete:nel!'Iliade l'idea di giustizia si struttura intorno a questi concetti. Di nuovo emblematicaè la vicenda che apre il poema. La hybrisdi Agamennone è connessa alla sua condizione di capo, alla sua time: non si addice al capo che rimanga, lui solo, privo di dono, agerastos".Tra tùtti gli eroi greci sceglieproprio il gerasdi Achille, il guerriero più forte e onorato. La sua prepotenza è chiara, e tuttavia Nestore lo implora di condonaread Achillel'ira. Larichiesta di condono segnalala posizione di supremazia di Agamennone rispetto ad Achille, dovuta alla sua condizione di capo: «ben più potente, ché su molti comanda•"· Nel racconto dell'ambasceria, i messi inviati da Agamennone non disconoscono le ragioni di Achille. E tuttavia insistono affin10 La Teogonia di Esiodo affiancaK.ratose Bia come fratelli.fisli di Stige,sempre vicinia Zew. «Poteree Forza generò,illustrisuoi figli,lontanodai qualid1Zeusnon c'è né casa né sede( ... ] ma semprepresso Zeus che tuona profondo hanno la loro dimora,..(Teogonia385-388).Nell'Iliade,l'espressionepiù emblematicadél vincolo che legaarete, time e biaè nel libro IX, 498. 11 Mi discosto dallatraduzione,che qui rendebiacon «forza». u •Non io solo degli Argivi resti indonato, non è conveniente» (J/. I, 118-119): «non è conveniente•,ovvero «è sconveniente•:epeioudeeoike. _ " «DavveropotrebbeallietarsiPriamoe i figli di Priamo,e gli altriTroianimolto potrebberogoderein cuore,se tantosapesseroche voi due contendete[... ] Tu,puressendo potente (agathos)non toglierea lui la giovane,lasciala,ché a lui la diederoin dono i figli degli Achei. E tu non volere Pelide,contenderecol re facciaa faccia,perché non ebbe onorecomuneun re scettrato,a cui Zeus diedela gloria• (Il. I, 275 sgg.).

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Hybrisedike __________

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ché receda dal suo proponimento: non perché esso sia ingiusto, ma perché ora Agamennone offre riparazione all'offesa, con doni e promessa di doni. Le parole di Fenice: Se doni (dora)non t'offrisse e non promettesse in futuro l'Atride,ma sempreviolento mantenesseil corruccio, certo ch'io non vorrei spingerti a smetterel'ira e a difender gli Argivi,per quanto bisogno ne avesserc24. Agamennone riconosce l'offesa arrecata e offre riparazione, il suo gesto intacca la giustezza della posizione di Achille. Non le ragioni della sua ira, ma le ragioni della sua inflessibilità. Nel divario che si apre tra le une e le altre si insinua il messaggio morale del poeta: accettare la riparazione, mitigare l'animo che vuole vendetta. Ma doma,Achille, il cuore magnanimo;non ti conviene aver petto spietato; si piegano anche

gli dei,

5 • dei qualiceno maggioreè la forza e l'onoree il potere-2

Non respingere le preghiere:esse sono figlie di Zeus; se inascoltate, si vendicano". Zeus stesso è protettore dei supplici. È un messaggio di temperanza, quello che emerge dai versi di Omero, un messaggio di moderazione, invito, non detto e tuttavia chiaro, a evitare l'arroganza della hybris:•si piegano anche gli dei•. Ma le preghiere, senza l'offerta di doni, non sarebbero sufficienti: •se doni non t'offrisse ... •. Non le preghiere, ma l'offerta di doni ribalta la situazione, rendendo ingiusto ciò che prima appariva giusto. Il gesto di riparazione priva Achille della sola ragione in grado di giustificarne l'atteggiamento: l'offesa all'onore. L'offerta di doni rappresenta la pubblica ammissione dell'offesa arrecata, il pubblico riconoscimento dell'onore di Achille. La pubblicità è essenziale: l'onore non è un fatto privato, vive di un riconoscimento pubblico che necessita di continua conferma; neppure può essere un fatto privato la riparazione della sua violazione". •Il.IX, 515-518. 2~ Il. IX. 496-498 sgg. 26 Il. IX.502 sgg. 17 Sul significatodella dimensionepubblicanel mondo omerico si veda M. Bonanni,Il cerchioe la piramide. L'epicaomericae le originidelpolitico,il Mulino,Bologna 1992, in pan. cap. vu. 27

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Jellamo, Il cammino di Dike ________

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Da qui l'esortazione di Odisseo ad Agamennone, di portare i doni in mezzo alla piazza, affinché davanti a tutti Achille vada a prenderseli. E davanti a tutti, «in piedi in mezzo agli Achei», Agamennone deve giurare di non essersi mai unito a Briseide.

L'onore innanzi tutto. In un mondo dominato dall'arete,l'onore si mostra unità di misura del giust9 e dell'ingiusto". Solo quando l'arete muta di fisionomia, quando cessa di essere essenzialmente virtù guerriera per assumere più fermi contenuti di intelligenza, capacità, sagacia, solo allora giusto e ingiusto troveranno un referente diverso dall'onore. Solo allora hybrise bia acquisteranno valenza intrinsecamente negativa e saranno l'opposto di dike. I primi segnali in questa direzione appartengono all'Odissea. Hybris è il termine che definisce il comportamento dei Proci: essi oltraggiano Odisseo, appropriandosi indebitamente e smodatamente dei suoi beni, mandando in rovina la sua casa. Il motivo del godimento indebito e smodato dei beni domina il racconto della vicenda che si svolge a Itaca. Telemaco ai Proci: «altri banchetti cercatevi, / mangiando le vostre sostanze, casa per casa invitandovi• (Od. 1, 374-375); Antinoo a Telemaco: •sempre saran divorate le tue sostanze e i tuoi averi[ ... ]. Noi non andremo né ai nostri lavori né altrove, / prima che fra gli Achei ella sposi chi vuole» (Od. II, 127-128); Telemaco all'assemblea degli Itacesi: «le azioni loro non sono più tollerabili: ormai malamente / la mia casa n I vv. 386-388del libro XVIsembrano contraddire questo rilievo, e sono infatti richiamati spesso a testimonianza di una dike nettamente contrapposta a hybrise a bia, quasi espressione di un principio di giustizia retributiva: «Zeus, se adirato con gli umani imperversa, perché (oi) con prepotenza (bia) contorte sentenze sentenziano, e scacciano giustizia (dike), non curano l'occhio dei numi•. Il significato del passo dipende dalla traduzione di oi, qui reso con «perché•. Ma lo stesso termine può essere reso con «i quali•, e in tal caso il significato del passo si modifica: Zeus se adirato imperversa con gli umani i quali con prepotenza contorte sentenze sentenziano, e scacciano giustizia, non curano l'occhio dei numi. In nessun caso, comunque, la parola dike indica la giustizia come principio, ma solo la necessità di applicare le themistesin modo conforme alle norme divine, si vedano M. P. Mittica, Il divenire dell'ordine. L'interpretazionenormativanellasocietàomerica,Giuffrè, Milano 1996,p. 193, n. 11 e M. Vegetti, L'eticadegliantichicit., il quale, con l'avvertenza che probabilmente si tratta di un passo tardivo che risente dell'influenza della trattazione esiodea, scrive: «Qui Zeus si sta avviando a compiere la sua metamorfosi: in nome di un valore nuovo e praticamente innominato nell'Iliade,la dike, egli punisce proprio quella bia che nella morale eroica faceva corpo con la stessa virtù• (ivi, p. 29).

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Hybrisedike __________

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rovina• (Od. Il, 63-64); e a Menelao: «lamia casa è divorata, vanno in malora i fertili campi, / di malevoli ho piena la casa, che sempre / le folte gregge mi sgozzano e i buoi gambe storte corna lunate: / quelli che bramano la madre mia, e hanno superbia ingiuriosa• (Od. IV, 318-321); e ad Odisseo, ancora nei panni di •straniero•: «tutti la madre mia chiedono e mi distruggon la casa [ ... J quelli intanto banchettando rovinano/ la casa mia e presto sbraneranno anche me• (Od. XVI, 125-128). Il motivo dell'appropriazione indebita risuona anche nelle parole di Eumeo: I porci ingrassatise li divorano i pretendenti, senza riguardoall'occhio dei numi, senza misericordia. [ ... ] e non intendono fare la corte con giustizia a Penelope e tornarsenea casa, ma senza pensiero scialacquanoi beni, senza misura:non fanno risparmion.

I Proci approfittano smodatamente dell'assenza di Odisseo. Questo approfittaredefinisce la loro hybris, l'ingiustizia del loro comportamento. Hybris e bia, tracotanza e violenza, compaiono ora accomunate nella medesima valenza, nella medesima condanna. Le parole di Odisseo esprimono la duplice colpa dei Proci, la mancanza di timore degli dei e degli uomini: Ah cani,non pensavate che indietro, a casa, tornassi dallaterradei Teucri,perciò mi mangiatela casa, delle mie schiave entrate per forza nel letto, e mentre son vivo mi corteggiate la sposa,

senza temere gli dei che l'ampio cielo possiedono, né la vendetta(nemesis),che in seguito potesse venire dagli uomini. Ora tutti ha raggiunto il termine di morte!10

Come già nell'Iliade,anche nell'Odisseasi trova il motivo del risarcimento come atto in grado di annullare l'ira. Eurimaco chiede a Odisseo di perdonare, riconoscendo giusta la sua ira, rendendogli pubblicaammenda,offrendo risarcimento per quanto gli è stato indebitamentesonratto 31 , Od. XIV,81 sgg. Od. xxu, 35 sgg. 1 ' Od. XXII. 45 sgg. r1

.IO

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La situazione descritta nell'Odisseaè fonnalmente simile a quella che nell'Iliade oppone Agamennone e Achille, diversa è però ora la soluzione. Gesti e parole simili a quelli acquistano diverso significato. Nell'Iliade, le preghiere e l'offerta di doni da parte di Agamennone indeboliscono la posizione di Achille; nell'Odissea,preghiere e offerta di riparazione non bastano a scalfire la posizione di Odisseo. Le parole di Eurirnaco che accompagnano l'offerta di riparazione ricordano quelle di Fenice ad Achille. «Sedoni non t'offrisse ... •, esclama Fenice; ed Eurirnaco a Odisseo: •tu al popolo / tuo perdona; noi, rendendoti pubblica ammenda / per quanto è stato bevuto e mangiato in palazzo, / [... ] bronzo e oro ti renderemo, finché il tuo cuore I si rassereni;prima non merita biasimo l'ira»32• Ma l'offesa non può essere sanatacon le modalitàconsuete, risarcimentoe pubblica ammenda non bastano più: Eurimaco,nemmenose mi pagatetutti i beni Patemi, quantiora ne avete, e se anchealtriaggiungete, nemmenocosì le manimie fermeròdallastrage, primache tutta l'offesa mi paghino i pretendentin.

L'onore violato di Odisseo non è lo stesso onore violato di Achille: Odisseo deve riaffermare la sua condizione di re di fronte agli Itacesi, deve riaffermare la sua forza, fondamento del suo potere regale". La vendetta è inevitabile, impossibile trovare composizione legale": troppo grave l'offesa, troppo importante la riconquista del potere, perché Odisseo possa accettare il risarcimento offerto da Eurimaco. L'accettazione del risarcimento, soluzione già di Od. XXII, 54-59. )) Od. XXII, 61-64. )I Sull'imponanza dellaforzain relazioneallaconservazionedel poterepolitico,e sul nessotraforzae consensorichiamal'attenzioneE. Cantarella,Ulissetra Oriente e Occidente:vecchiee nuove ipotesisul diritto in Omero, in Nomos. Direito e sociedade cit., pp. 91-111,in _part. 99-101. » «L'azionepnncipaleè extra-legale; taleè la tramadellastoria.Da questopunto di vistal'Odissearispecchiaun tipo èlicomportamentodel primoperiodogrecoche è più primitivorispetoalle procedureseguitenell'Iliade,e cioè un tipo di componamentoche è probabilesia coesistitopermoltotempoinsiemeaimetodidi accordopiù pacifici•(E. A. Havelock,Dike cit.,p. 182). )l

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Hybris e dii«-----------

per sé meno onorevole della vendetta", ne avrebbe intaccato il ruolo politico.

2. Themise dike.

Nell'Iliade domina themis, dike compare di meno". A volte i due termini compaiono affiancati. Nel diciannovesimo libro, i versi dedicati alle condizioni di riappacificazione tra Agamennone e Achille sono tra quelli che meglio consentono di mettere a confronto le due figure all'interno di un medesimo contesto. A parlare è Odissea, con riferimento ad Agamennone: E giuri giuramento, in piedi in mezzo agli Achei, che mai è salito nel letto, né si è unito a Briseide, come è normale, o re, fra uomini e donne: e così nel petto si plachi l'animo tuo. Non solo, nella sua tenda ti inviti a cena abbondante perché niente della giustizia si lascill.

•Come è normale• traduce il greco e themisestin;•giustizia•, il greco dike. Nel passo citato, la prima formula indica la giustizia come conformità ali'ordine naturale; la seconda, la giustizia come conformità alle regole in uso. Non sono espressioni equivalenti". "Sul rapporto tra le due modalità di risoluzione, e sul maggior prestigio della vendetta rispetto all'accenazionedel risarcimento, cfr. E. Cantarella, Norma e sanzione in Omero cit., p. 168. 7 l La letteratura su themis e dike è vastissima.Rinvio per ora a due studi fondamentali: G. Glotz, La solidaritéde la famule dans le droit criminelen Grèce,Fontemoing, Paris 1904e M. Detienne, / maestridi verità nellaGreciaarcaica(1967), Laterza, Roma-Bari t9n. Si veda inoltre, per un approccio storico-giuridico,A. Biscardi,Diritto grecoanticocit., in part. l'Appendice m e, per un approccio filosofico-giuridico, G. Cos~ Il sacroe il giusto.Itineraridi archetipologiagiuridica,Angeli, Milano 1990.Cfr. anche E. Benveniste,Il vocabolariodelleistituzioniindoeuropeecit. • Il. XJX, 175-178. » Contra M. P. Mittica. Il divenire dell'ordinecit., p.191: «dall'analisidei contesti in cui si rinvengonoin particolarele due espressionidi e themisestie di e dike esti,non emergeuna differenzadi significatotra le due forme•. Il riferimento specificodell'autrice, portato a titolo esemplificativodella equivalenzatra le due formule, è a Od. XI, 451 e 255.

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La formula di tbemis rinvia all'ordine della natura"', rappresentato da Themi: l'ordine della convivenza insito nella natura, comprensivo dell'ordine tra i sessi41• L'unione tra uomo e donna risponde a questo ordine, ed è, in questo senso, normale".La giustizia cui fa riferimento la seconda parte del passo ha un significato diverso, rinvia alle regole d'uso, è indicativa di ciò che spetta: •così che nulla meno tu abbia di quanto ti spetta•". Nell'Iliade, la formula di tbemis come indicativa di una giustizia a fondamento divino è frequente: compare nell'undicesimo libro, a proposito dell'accoglienza dovuta agliospiti (779); nel quattordicesimo, a proposito della natura divina di Poseidone, cui non è lecito accostarsi in battaglia (386); nel ventitreesimo, quando Achille, invocando Zeus, rifiuta il lavacro prima che siano compiuti gli onori funebri per Patroclo (44). Più incerto il significato dell'espressione nelle parole che Achille rivolge a Priamo, a proposito dell'u~o degli Achei di tenere consiglio presso la sua tenda («come vuol l'uso•)". Anche nell'Odisseala formula di tbemis appare indicativa di una giustizia che ha il suo fondamento nella norma divina: nell'invito di Pisistrato ad Atena a •pregare e libare• prima di porgere la coppa di vino a Telemaco (111, 45); nel richiamo al rispetto degli ospiti che Odisseo rivolge a Poseidone (IX,268); nelle parole di Agamennone a Odisseo nell'Ade, quando gli predice l'abbraccio del figlio (XI, 451); e di Eumeo a Odisseo a proposito dell'amore di Penelope (XIV,130), e di Eolo a Odisseo, quando gli rifiuta aiuto per rispetto agli dei (X, 73). La formula di dike è invece indicativa di ciò che spetta. Segnala la parte che le consuetudini e gli usi, gli dei e il destino hanno staTraccedi questosignificatosono rintracciabili nellastrutturadellaparola:cfr.G. Il sacro e il giustocit., p. 54. • 1 K. Kerenyi,Gli dei della Greciacit., pp. 65 e 91, e contra]. W. Jones, The Law and Legai Theoryof the Greek. An lntroduaion, ClarendonPress,Oxford 1956, p. 31, che in themisvede essenzialmenteuna manifestazionedell'ordinesociale. u Col medesimosignificato,in relazioneal medesimocontesto,la formuladi themis comparenel dialogo tra Nestore e Agamennone(//. IX, 131-134;274-276);col significatodi ciò che è nell'ordinedelle cose, e themisesticomparenell'Innoad Apollo (m) con riferimentoai diverbie alleviolenzeche sorgono tra gli uomini (540-541). ° Così traduceG. Cerri,li. cit., il v. 180soprariportatonellatraci.CalzecchiOnesti. +i Il. XXN, 652. L'espressione potrebbeessereindicativadi una consuetudine,co• me suggeriscela traduzioneCerri:«è un'abitudine•. -10

Cos~

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Hybris edike __________

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bilico per gli uomini, e per regolare i rapporti tra gli uomini. Questa valenza attraversa e unifica i diversi significati di dike. «Dei pretendenti non era questa la dike finora• (Od. XVIII, 273 sgg.), esclama Penelope rivolta ai Proci: l'uso imponeva l'offerta di doni alla donna che si chiedeva in moglie". «Taci e la tua mente frena e non fare domande:/ questa è la dike degli dei che han l'Olimpo• (Od. XIX, 42-43): è prerogativa divina illuminare di luce splendente. Lo strazio è la dike di un uomo da molto tempo lontano dalla sua casa"; dormire mollemente è la dike dei vecchi". La protervia è la dike dei re: Penelope ricorda la rettitudine di Odisseo: nessuno maid"ingiustizia colpendo,né a parolené a fatti tra il popolo; eppure questo è dike tra i re divini

[...l Ma lui nulladi ingiustofece a nessuno....

È la dike di tutti i mortali lo sfaldarsi dei nervi: Ahi figlio mio, fragli uominitutti il più misero non t"inganna Persefonefigliadi Zeus; questa è la sorte dei mortali (aute dike esti broton), quando uno muore:

i nervi non reggono più l'ossa e la carne, ma la forza gagliarda del fuoco fiammante

li annienta,dopo che l'ossabianchehalasciatola vita49•

È la dike dei servi una vita precaria: Straniero,non è mio costome (themis)-venga pure uno più malconcio di te trattar male gli ospiti: tutti da parte di Zeus vengono gliospiti e i poveri:ma dono piccolo e caro è il nostro: questa è la sorte (dike) dei servi, sempre sotto il terrore, quando comanclan padroninuovi50• ., La trad.it. rendedikecon «uso•. "'Od. XIX,168 sgg. La trad.rende dike con «sempreè così•. 1 • Od. XXIV,255. La trad.rendedike con ctaleè il dirittodei vecchi».

Od. IV, 69-693.La trad.rendedike con cè normale». .. Od. Xl, 216-221.Mi discostoleggermentedallatraduzione,cherendebrotoncon cdegliuomini», ,G Od. XIV, 56-60. 41

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La parola «costume• non rende in pieno il senso di questa themis. Nel dire ou moi themis est', Eumeo non intende riferirsi alla propria costumanza, ma alla norma divina che impone l' accoglienza dell'ospite. E «ospite», non più «straniero», è il termine con cui Eumeo si rivolge ad Odisseo nel narrargli la propria storia". Il senso del passo: la giustizia (themis)non mi permette di trattar male gli ospiti, perché sono cari a Zeus; ma io non sono che un servo, e come tale posso offrirti solo un piccolo dono. È la sorte (dike) dei servi di vivere sempre nel terrore, quando comandano nuovi padroni".

3. La giustiziaomerica. I:idea di giustizia che emerge dal!' eposomerico non è facile da decifrare, l'alternarsi di themis e dike non ne agevola la comprensione. Le formule e themis esti e e dike esti dicono entrambe cosa sia conformea giustizia, e tuttavia, in questo loro comune dire, non dicono la stessa cosa. Non convince l'idea della sostanziale equivalenza tra i due termini53, che compaiono spesso impiegati in CO lii.testi diversi, né di dike come applicazione di themis", che tra l'altro implicherebbe la percezione sicura della distinzione tra dimensione prescrittiva e dimensione amministrativa della giustizia, in realtà difficile da rintracciare. Anche l'immagine di dike in quanto attinente alla sola giustizia umana e di themis in quanto espressione della giustizia divina non si adatta al tempo di Omero, ancora ignaro della specificità della giustizia umana". Od. xv, 390. 'il Il senso di questadike può essereinteso indicaredei confinidi status, se si considerala virgolache segue la parola«servi•:_ proprioperchéservo,Eumeopuò offrire solo un piccolo dono, non sarebbelecito offrirneuno più grande.Ma si veda E. Benveniste,Il vocabolariodelleistituzioniindoeuropeecit., il qualeritieneche il termine dike siaindicativodiunagiustiziacheregolai rapportitrale famiglie:nel versoin questione «l'usodi dikemostragiustamenteche si esce dall'ambitodellafamigliae si tratta di rapponicon altrigruppi»(ivi, Il, p. 361). SJ M. P.Mittica,Il divenire dell'ordinecit., p. 191. s- N. Yamagata,Homeric Morality,Brill,Leiden-NewYork-KOln1994,f.P·78 sgg. ssLa distinzioneè in G. Cosi, Il sacroe il giusto cit., p. 54, che infatti a mette in relazionealla comparsadella personificazionedi dike (Dike), successivarispetto al tempo di Omero. SI

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Vi sono due elementiche in Omero caratterizzano duee,e la distinguono da themis. Il primo è la mancanza di personificazione. Dike non è mai personificata,come attesta il costante uso della minuscola nel testo greco. Il secondo elemento che caratterizza dike, e i termini conne~si, è la sua coStante, anche se non esclusiva, attinenza a contesti che hanno come oggetto una controversia 56• L'attività del giudicareè allora resa con dikazein,e non con tbemisteuein, e dike, non tbemis,è la parola impiegataper dire «giustizia•.

Il caso più tipico, e più celebre,è quello della scena rappresentata sullo scudo di Achille: E v'era del popolo nella piazza raccolto:e qui una lite sorgeva: due uomini leticavano per il compenso d'un morto; uno gridava d'aver tutto dato,

dichiarandoloin pubblico, l'altro negavad'aver niente avuto: enttambiricorrevanoal giudice(histor)perporre fineallalite(peirarekstha,), il popolo acclamava ad entrambi, di qua e di là difendendoli; gli araldi trattenevano il popolo; i vecchi sedevano su pietre lisce in sacro cerchio, avevano in mano i bastoni degli araldi voce sonora, con questi si alzavano e sentenziavano (dikazon) ognuno a sua volta; nel mezzo erano posti due talenti d'oro, da dare a chi di loro dicessepiù dritta giustizia(dike ithuntata eipoi)S1•

La sentenza emergeràdal confronto tra le parti, e dipenderà dalla capacitàcon cui ciascunaparte riuscirà a dire le proprie ragioni. Dike acquista qui il significatodi •ragione di parte•"· La presenza dello bistorconferma questo significato.Lo historè una figura particolare del mondo giuridico omerico, insieme testimone e attore •terzo• dei fatti in relazione ai quali sorge la controversia", nel caSi veda in tal senso M. Gagarin,Di/tein the ArchaicGreek Thought,in «Classical Philology», 1974,1, pp. 186-197.Per una analisidi dike come concetto afferente alla dimensionegiudiziaria,dr. J. W.Jones, The Law and Legai Theoryof the Greek. An IntrodNction,Clarendon Press,Oxford 1956,pp. 24 sgg. s, Il. XVIII, 497-508.Mi discosto dalla traduzione, che rende l'espressionepeirmelesthaicon «averela sentenza»,e seguo E. Cantarella,Itaca cit., p. 198,nel renderla con «la fine della lite». 51 Si veda E. Cantarella,Itaca cit., p. 198. " La funzionedellohistorcompareanchein IL XXIII, 485sgg.,a propositodel diverbio tra Aiaced'Olileoe Idomeneosu qualecarro conducessela gara nelcorso dei giochi funebriin onore di Patroclo,sequellodi Eumeloo quellodi Menelao.Per risolverela disputaIdomeneoproponead Aiacedi nominareentrambihistorAgamennone.In quelcaso, a differenzadello historcui si riferiscela scenadello scudo,la sua funzioneè palesementequelladi arbitro,essendoAgamennonecoluicui si pensadi affidarela decisione. ~

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so raffigurato il pagamento dell'ammenda che, secondo le regole in uso, era dovuto alla parte lesa come risarcimento per l'omicidio. Nella scena raffigurata, dallo histordipende la fine della lite, nel senso che le sue parole possono confermare o smentire la versione di ciascuna parte"'. Ma la funzione giurisdizionale, nel caso in questione, compete ai gerontes.Sono questi infatti che a turno, alzandosi in piedi •sentenziano• (dikazon).E ciò su cui sentenziano riguarda il pagamento della poine, l'ammenda che riscattava la colpa di omicidio, consentendo al colpevole di sottrarsi alla vendetta. È questo infatti l'oggetto della lite: quel •compenso d'un morto• che l'uno dichiarava di aver corrisposto, l'altro negava di aver ricevuto. La sentenza stabilirà la ragione e il torto". Un altro celebre diverbio è quello che oppone Menelao ad Antiloco. Nel corso dei giochi funebri in onore di Patroclo, a conclusione della corsa con le bighe, Menelao accusa Antiloco di averlo volutamente ostacolato coi suoi cavall4 per superarlo e ottenere il premio previsto. Il diverbio ha la struttura di una controversia: Menelao dapprima invita gli Achei a esprimere il loro giudizio per dirimere la questione: «Ma su, capi e guide degli Argivi, / date in palese un giudizio su entramb4 e non parzialmente»(//. XXIII, 573-574);poi si asL'interpretazionedel passo è comunque controversa.Seguo E. Cantarella,Itaca cit., p. 198 e nn., si veda ache Id., Dispute Settlement in Homer. once again on the Schildof Achilles,in Mélangesen l'honneurde PanayotisDimakis. Droits antiques et Societé(Rechtsphilosophischeund RechtshistorischeStudien,10), a curadiJ. Strangas, Sakkoulas-Bohlau,Athens 2002, pp. 147-165. Al di là delle possibili interpretazioni, l'aspenoessenzialedellascenaraffigurataè che si trattadelladescrizionedi una proceduragiudiziariapubblica,con connessaimplicitaaccettazionedel verdetto,si veda M. Gagarin,EarlyGreek Law, University of CaliforniaPress, Berkeley 1986, pp. 32-33; per un'analisidel passo omerico in relazione alla legge di Draconte sull'omicidio si veda Id.• Drakon and EarleyAtbeni.anHomicide Law, Yale University Press, London 1981, pp. 13-16; si veda anche R. Westbrook. Tbe Tria/Scenein tbe Hili.ad, in «HarvardStucliesin Classica1Philology•, 1992, 94, pp. 53-56. 1 ' «Fonnalmente è una sentenza di accertamento:ma, implicitamente,contiene una statuizionee un comando»:autorizzala vendetta,dichiarandonela leginirnità,nel caso in cuivenga accertatoche lapoine non sia stata corrisposta,in tutto o in parte;la vieta, dichiarandonela illeginimità, nel caso in cui l'atto porti aJl'esitoopposto: così A. Biscard~Diritto grecoantico cit., p. 277, nel sottolinearela genesi del processo non dallalega1izzazionedell'arbitratoma dall'interventodella collettività,coincidente con l'avvio della spersonalizzazionedella vendena. «La vendetta,quindi, non era più un fattoprivato [... ] era l'eserciziodi un potere pubblico, che lacollettività,in assenza di organi istituziona1mentepreposti a questo, demandavaalla partelesa• (ivi, p. 278). 1,0

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sume egli stesso questo compito: «Anzi, darò il giudizio io stesso e nessuno, ti dico,/ avrà da ridire fra i Danai, perché sarà retto» (579580). In entrambi i casi l'attività del giudicare è indicata con forme verbali risalenti a dikazein;l'espressione «giudizio retto• è analoga a quella che si incontra nella scena dello scudo: dikasoitheia. La rettitudine del giudizio si misura sull'imparzialità: che non dica qualcunodei Danai chitoni di bronzo: «Menelao con menzogne ha fatto violenza ad Antiloco

e se ne va col premio:avevacavallipeggiori, ma vale di più per potenza e per meriti»62•

Menelao stesso si preoccupa di dare un giudizio imparziale, e proprio a testimonianza di tale imparzialità in realtà non giudica egli stesso, ma invita Antiloco a giurare di non averlo ostacolato «volutamente e con dolo». La formula con cui richiama Antiloco al giuramento di innocenza" è la formula di themis. Themis e dike: nel mondo omerico, dike non è ancora espressione di una divinità autonoma, non è dunque riconducibile a un'idea di giustizia distinta da quella rappresentata col nome di Themi. «La giustizia, divinizzata, era il principio architettonico organizzatore del cosmo, e "giusto" l'uomo che non si discostava da tale ordine, conoscendo il proprio limite»".Limite nei rapporti tra umano e divino, essenzialmente, ma anche limite nei rapporti tra classi di uomini, indicativo dei confini di status, e dei rapporti tra pari. Il rispetto del limite come principio di themis trova riflesso in una dike percepita come rispetto del dovuto. È il messaggio contenuto nella scena dello scudo di Achille, e nelle parole con cui Menelao sfida Antiloco a giurare, e nel richiamo di Achille, affinché Agamennone non pretenda di rimettere in comune i tesori di guerra, sottraendo ai guerrieri il dovuto: «non va che i guerrieri li mettano di nuovo in comune•. Ma è una idea ancora fragile, quella che emerge dal mondo di Omero, il rispetto del dovuto non trova ancora definizione certa. Il. XXIII, 575-578. Il giuramentodi innocenza prevedevache l'accusatogiurasseinvocando la punizione divinain caso di spergiuro.Vi ricorreAgamennone,9uandogiuradi non essersi unito a Briseide:«Se spergiuro v'è in questo, / pene nu diano gli dei, / molte, 1,2

61

quantene danno a chi li offende giurando»(Il. XIX, 264-265). 64 G. Cosi, Il logosdel diritto, Giappichelli,Torino 1993, p. 108.

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4. Responsabilitàe colpa.

Giustizia è la volontà degli dei. E però, la volontà degli dei è mutevole, la giustizia divina non offre certezze, punizione e premio prescindono dai comportamenti umani. Emblematiche le parole di Poseidone: Ohimè, io ho dolore per il magnanimoEnea, che presto, abbattuto dal Pelide, scenderà ali'Ade

[...l E perchéora costui soffriràdanno,incolpevole, invano,per le pene degli altri? Eppure sempre graditi doni offre agli dei, che vivono nel vasto cielou.

e le parole di Apollo: Crudelivoi siete, o numi,distruttori!A voi forse non bruciavamaiEttore cosce di bovi e capre perfette? E ora non volete salvarlo,nemmeno cadavere".

L'offerta di doni graditi non basta, non basta l'onore tributato alle divinità del cielo. La mancanza di colpe non basta. Troppo vicini agli uomini, gli dei dell'Iliade, troppo umani essi stessi per poter rappresentare una giustizia sottratta alle passioni, imparziale e certa. L'Odisseaconferma questa immagine. Ancora gli dei sono partecipi delle vicende umane: Atena a fianco di Telemaco, Poseidone contro Odisseo. La vecchia Euriclea lamenta con il padrone l'immotivato odio di Zeus: Ahi troppo Zeus

t'haodiato tra gli uomini, benché pio di cuoré7. La renitudine di Odisseo non basta a garantirgli la benevolenza divina. Si confermano, tra uomini e dei, le antiche alleanze e i vecchi rancori;si confermal'immaginedell'impotenza umana: Zeusè la causa:lui dà la sone

agliuomini industri, come vuole a ciascuno".

•Il.xx, 293-299. fl. XXIV,33-35. •Od.XIX, 363-364. •Od.I, 348-349. 66

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Hybris edike __________

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La volontà divina è misura del bene e del male. Mail volontarismo dell'Odi.Otere delladivinitàche qu~ come in ogni altra religione,viene a conflittocol principioche ladivinitàè giustai.,H. K.elsen.SoCUtàe natMra ciL, p. 290. n Il. III,178-180;239-242; VI,354-356. 74 Così E. Cantarella,Itaca cit., p. 187,che fariferimentoaicasidi Egisto e di Elena. Ma Egisto è punito,edElenarinunciaa ribellarsi(Il. Ili, 399-420). 15 Od. I, 33-34. 12

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Hybris e dike ___________

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to l'avvertimento degli dei, di non unirsi a Clitemestra. «Contro il dovuto si prese la donna legittima dell'Atride» (Od. I, 35 sgg.). Hyper moron è l'espressione greca che dice la violazione di una regola che è, insieme, violazione del comando divino e appropriazione di ciò che non spetta. La ribellione agli dei rimane esclusa dall'orizzonte etico di Omero. Esclusa pure l'idea di responsabilità: i personaggi omerici possono essere colpevoli, ma non responsabili". Non sono essi la causa degli eventi. I:uso dello stesso termine, aitia, per indicare sia la colpa che la causa non consente di rendere al meglio la differenza tra colpevolezza e responsabilità, ma essa emerge chiara dal testo. Colpa è il nesso che unisce l'azione al soggetto come autore materiale dell'azione; la responsabilità, invece, è un'altra cosa: non gli appaniene, appaniene agli dei. Essi sono la causa degli eventi, essi la causa della colpa umana. I:immagine è chiarissima nelle parole di Agamennone: pure non io son colpevole

ma Zeus e la Moira e l'Erinni che nella nebbia cammina; essi nell'assemblea gettarono contro di me stolto errore (21te)

quel giorno che tolsi il suo dono ad Achille.

Ma che potevo fare? I numi tutto compiscono. Ate è la figlia maggioredi Zeus.,che tutti fa errare, funesta11• Sul tema dellaresponsabilitànel mondo omericosi veda però R. Mondolfo,Responsabilitàe sanzionenelpiù anticopensierogreco,in «Civiltà moderna"', 1930, 1, pp. 5 sg~.,che giustamentedistingue la questione deJlaresponsabilitàa secondadel pun76

to di vista del soggetto parlante: «l'agente è per l'accusa autore delropera sua e responsabile di essa e delle sue conseguenze; per la difesa, strumènto ed esecutore della volontà irresistibile degli dei, e per ciò irresponsabile. Ma il contrasto tra le due posizioni mostra che il concetto di responsabilità s'è già affermato nell'età cui risalgono le parti meno recenti dei poemi omerici• (iv~ p. 6). 71 Il. XIX, 86-92. Non mi addentro nella tematica relativa ad ate, «l'accecamento», per il suo caratterecomunque esterno. Lo stato d'animo di ate «è, in realtà, una pazzia parziale e temporanea; come ogni pazzia, viene attribuita non a cause fisiologicheo psicologiche, ma a un'operazione demonica ester'na• (H. Dodds, / Grecie l'irrazionale ciL, p. 47}. Per un'interpretazione di ate in terminidi trascendenza si veda A. Magris, L'ideadi destinonelpensieroantico,I. Dalleoriginial V secoloa.C., Del Bianco,Udine 1984,cap. II, ove tra l'altro: «se l'ate non è una condizione "normate• dell'uomo, se è qualcosa ai assurdo, di eccezionale, allora la sua radice va ricercata in una dimensione superiore, e l'errore esprime un infausto destino in cui si sente tutto l'insondabile enigma della trascendenza» (ivi, p. 85). Magris estende al mondo omerico il senso di ate come «rovina» e compimento del destino, che in realtà appartiene alla tragedia. 41

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È una dichiarazione di impotenza". Privo dello spessore etico che può derivare solo dall'assunzione di responsabilità, privo del senso della responsabilità che deriva dall' esercizio della scelta, l'uomo di Omero è imprigionato in un ruolo ùnmobile, consegnato allo svolgersi di eventi che assai poco dipendono dalla sua volontà, dalla sua libertà, dalla sua stessa rettitudine". Spiegare questa assoluta ùnpotenza con l'idea di una responsabilità collettiva e assolutache si perpetua nel tempo attraverso il succedersi delle generazioni" non fa che rinviare all'indietro il problema, su chi gravasse la responsabilità iniziale. Troia distrutta è il simbolo della colpa commessa dalla casa di Priamo, da Paride che non ha rispettato le leggi dell'ospitalità; i lutti degli Achei, la conseguenza della colpa che ha investito la casa di Menelao, di Elena che non ha rispettato il talamo nuziale. Madietro la colpa di Paride e di Elena c'è pur sempre una dea", anche dietro il perdurare della guerra di Troia ci sono gli dei, che in violazione di themisinducono con l'inganno i Troiani a violare patti e giuramenti. È Zeus che ordisce l'inganno, per compiacere Era, e nonostante riconosca gli onori che sempre la casa di Priamo gli aveva reso. Non sempre l'ira degli dei è risposta a una colpa umana"; non sempre il contrappassoha un fondamento". Su questaimpotenza,che di fattocoincidecon unadere~nsabilizzazione, e sul sensodiverg_o_gna che si accompagnaallaviolazionedi modellisocialicondivisisi veda E. R. Dodds, I grecie l'irrazionalecit., p. 59. 79 Masi veda.contra, B. Snell,La culturagreca e k originidelpensiero euTf!Peo ciL, pp. 56 sgg., secondo il quale l'ideadella liberàè comunquerintracciabilenel mondo omerico,e con essa l'ideadella responsabilità.Il riferimentospecificodi Snell è I/. I, 206 sgg. ., H. Kelsen,Societàe natura cit., p.529, n. 36. 11 L'elementodella volontàdivinacome causadellacolpa di Elenaè motivo di difesa nell'Encomiodi Elenadi Gorgia:è ~&ossibile ostacolareil volere divino con la previdenzaumana,e se Elenafu inclotta colpada un dio è sul dio che deve essere rigettatal'accusa,ed Elenadeve essereliberatadallasua cattivafama. 12 È questo inveceil punto di vistadi Kelsenche, in polemicacon G. Finsler(Homer, Teubner,Leipzig 1924),scrive:«l'iradivinasta semprea si#Jcare una colpa o un l'eccato,anchese commessiinvolontariamenteo inconsapevolmente•,H. Kelsen. Soaetà e natura cit., f,·530. Il punto di vista di Finsler,riportatoda Kelsen,è invece che «l'iradeitlidei co pisca gliuominiper malasorte;non è necessariauna colpa specificadel colpito•. La diversainterpreuzionesi riflettesul problemadel rapportotra colpa e punizione:secondo Kelsen,l'irae dunquela punizione è conseguenzadella colpa, aitualeo risalente,mentreper Finslergli uomiruomerici«vedononelle disgrazie l'iradivina,ma non la punizione• (ivi, J?P·529-530). u L'interpretazione dellagiustiziaomenca come espressionedel principiodel contrappassoè di H. Kelsen.Società e natura cit., in pan. pp. 284 sgg. 11

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Hybrisedike__________

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Giustizia è la volontà degli dei, e la volontà degli dei è imperscrutabile. Sebbene gli dèi siano pensati sul modello umano,· preda delle stesse passioni degli uomini, la distanza tra uomini e dei è incommensurabile, e mai accade che si metta in dubbio la giustezza della volontà divina. Al più, un senso di rassegnaw sgomento, come nelle parole della serva Euriclea: «Ahi troppo Zeus / t'ha odiato tra gli uomini, benché pio di cuore• (Od. XIX, 363-364); o del porcaio Eumeo: «Eppure non amano le male azioni gli dei beati, / solo giustizia onorano, le azioni oneste degli uomini• (Od. XIV, 83-84). Manca, in Omero, un nesso forte tra responsabilità e colpa, e tra colpa e punizione. La visione della giustizia risente di questa mancanza.

5. Hybris e dike. Il mondo di Esiodo. Il mondo di Esiodo è assai diverso dal mondo di Omero. L'incertezza sulla datazione delle opere omeriche ha talvolta indotto, fino in tempi remoti, ad avvicinare Omero ed Esiodo come appartenenti a uno stesso tempo". La critica è abbastanza concorde nel datare l'opera di Esiodo all'VIII secolo, probabilmente la seconda metà"; è presumibile che l'eposomerico risalga a un'epoca precedente". Diversi elementi suggeriscono questa interpretazione, no.. Erodoto, Storie, 11, 54 li ritenevacontemporanei,calcolandoche fossero entrambivissuticircaquattrocentoanniprimadi lui. L'anonimoCertame di Omero ed Esiodo, la cui versioneoriginalerisaleal VI-V secolo, rielaboratadal retore Alcidache raccontadi una gamantenelIV secolo e giuntaa noi nellaversionealessandrina, ra r.oeticatra Esiodo e Omero avvalorerebbel'ipotesidellaloro contemporaneità. Per i più recentisviluppidel dibattitointornoalladatazionedellasocietàrappresentatada Omero si veda E. Cantarella,Ulissetra Oriente e occidentecit., p. 94 e relativeindi-

cazionibibliografiche. Vtstosaeccezioneè l'interpretazione di Kirk,che dataOmero tra lametàe la fine dell'VIIIsecolo, Esiodo allaprimametàdel VII secolo: G. S. Kirk, La natHradei miti greci(1974), Laterza, Roma-Bari 1993, pp. %-99. • Contro questainterpretazione,sostenutacon forzada W.Jaeger,Paideia,I cit., p. S3, l'autorevolelettura di U. von Wtlamowitz-Moellendorf, Die Hemnkehrdes Odysseus.NeHehomerischeUntersHchHngen, Weidmann,Berlin1927,citatae contesi vedanoancheF. Solmsen,Hestatadajaeger,Paideiacit.,pp. S1-S4.Sull'argomenco siodamiAeschylHs, Comell UniversicyPress, Ithaca1949,p. 7 e M. L. Wesc,Hesiod .-Theogony»,Oxford UniversicyPress,Oxford 1966,pp. 40--46. 115

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nostante la diversità dell'oggetto renda la comparazione comunque difficile. Il primo elemento è che in Esiodo compaiono termini che nell'epos omerico mancano, o sono usati con accezioni diverse. Il caso più vistoso è il termine nomos". Il mondo omerico non possiede il concetto di legge, ma solo quello di sentenza, e proprio per la mancanza dell'idea di legge non riesce a raggiungere una dimensione normativa. Il diritto omerico è essenzialmente procedurale. Alla natura procedurale del diritto corrisponde la funzione di Zeus. In Omero, Zeus è giudice. Il primo indizio di funzione legislativa appartiene ad Esiodo. Il primo legislatore è Zeus: in Operee giornisi dice che Zeus anthropoisi nomon dietaxe,•agli uomini impose la legge•. Questa immagine di Zeus che impone la legge è un momento fondamentale nello sviluppo della concezione arcaica della giustizia, non solo per la specificità del concetto espresso, ma anche per ciò che esso implica: la percezione del carattere generale della legge. È in germe il principio dell'isonomia, dell'uguaglianza davanti alla legge. Esiodo non lo nomina, e tuttavia esso attraversa l'intera rappresentazione della giustizia. Non ci sono in Esiodo personaggi privilegiati, per i quali valgono regole speciali. Non c'è spazio per una giustizia strutturata sul principio dell'onore. La time non è più elemento di discrimine tra classi di uomini. Anche I'arete ha mutato volto. Il mondo di Esiodo non è un mondo di eroi. Si fa strada il quotidiano, la dimensione delle opere e dei giorni. Anche la rappresentazione del divino è diversa dal precedente omerico. Gli dei sono ora più distanti: non litigano più, né tessono per gli uomini inganni e favori. Con maggior forza rispetto ad Omero si fa strada l'idea dell'imparzialità del giudizio, non più solo come espressione di rettitudine individuale, come nel caso di Menelao, ma come elemento costitutivo della giustizia. Secondo alcuni l'assenza del termine nomos in Omero sarebbe in realtà legata alla lettura della parola noon (Od. I, 3), che potrebbe essere lena come nomon: di questo avviso M. Gigante, Nomos Basileus, Glaux, Napoli 1956, pp. 4445 e nn. 11

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Hybrise dike___________

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Uguaglianza davanti alla legge, imparzialità del giudizio: si affaccia l'immagine di un ideale di giustizia". I.:asse portante di questo ideale è nell'antitesi che oppone hybrise dike". Hybrisè violazione della misura: con Esiodo il senso di questa violazione si precisa, il suo ambito semantico si estende. Diventano volti di hybrisla violenza, la prepotenza, la sopraffazione: conformi alla legge degli animali,non a quella che Zeus ha voluto per gli uomini": Tale è la legge che agli uomini impose il figlio di Crono: ai pesci e alle fiere e agli uccelli alati di mangiarsi fraloro, perché fra loro giustizia non c'è; 1 ma agliuominidiedegiustizia,che moltomigliore' •

Giustizia è il nomos divino. Il messaggio ritorna, chiaro, nella favola che racconta la violenza dello sparviero sull'usignolo, cui si lega per contrasto la prima esortazione a Perse: O Perse, tu ascolta Giustizia, e la violenza non favorire92•

• Violenza• è hybris. Appena più avanti, in analogo contesto esortativo, in contrapposizione a dike compare bia: O Perse,

talicose

nel cuore riponi,

e ascolta Giustizia, e violenza dimentica9'.

C'è in Esiodo un uso sinonimico dei due termini, hybris e bia, che però sinonimi non sono. Bia è violenza, ma anche forza, e spesso compare affiancata a kratos, potere. La mitologia li presenta come fratelli, figli di Stige. La Teogoniali colloca accanto a Zeus, come attributi necessari del governo divino. "W. Jaeger,Paideiacit., cap. rv.contra M. Gagarin,Dike in ArchaicGreek Thought cit., pp. 186-189 sgg.; si veda E. A. Havelock, Esiodopensoso(1966), in EsWdo. Letture critiche,a curadi G. Arrighetti,Mursia,Milano 1975,pp. 89-99, ma anche Id., Dike eit., capp.v e IX. "Secondo alcuniinterpretil'antitesitra hybris e dikeè insitaanchenel racconto esiodeo delle cinqueetà:J. P.Vemant,Il mito esiodeodelle razze. Tentativodi analisi strutturale(1966), in Id., Mito e pensieropressoi Greci cit., pp. 15-47 eJ. Fontenrose, Work]ustice and Hesiod'sFive Ages, Universityof CaliforniaPress,Berkeley1985. 90 F.Solmsen,Hesiodand Aeschyluscit., p. 93. 1 ' Op. 276-279. Qui come negli altripassi riportatirimangoaderenteal testo greco nell'usoddla maiuscolao minuscoladella paroladike. "Op. 213. " Op. 274-275. 45

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L'assimilazione di hybris e bia è tipica di Esiodo. In Opere e giorni,ogni manifestazione di hybris è intesa avere in sé una connotazione violenta, come ogni forma di violenza è considerata espressione di hybris. La distanza semantica tra i due termini si assottiglia fino ad annullarsi: sono entrambi modi d'essere della sopraffazione, dimensioni dello squilibrio, violazioni della misura. Trionfo della forza. Dirimiamo la nostra contesa (neikos)

secondo retta giustizia (itheisidikes),che venendo daZeusè la migliore.

Infattigiàle nostrepani le abbiamodivise,ma molto altrocercavi di prenderee di portartelovia,prodigando i tuoi omaggi ai re mangiatoridi doni, i qualicon questagiustiziaa giudicaresono disposti94.

Esiodo rammenta al fratello l'avvenuto accordo per la divisione dei beni, e quell'accordo richiama a testimonianza dell'ingiustizia della nuova pretesa. A Perse rimprovera il suo pretendere di più, e la corruzione dei giudici per ottenere di più. Quel di più è una pretesa ingiusta, perché travalica la misura del dovuto, stabilito attraverso l'accordo di divisione. Fuori misura, la pretesa di Perse può trovare fondamento solo oltre la soglia della giustizia: nella violenza della sopraffazione. In hybris,appunto, e non in dike. In termini moderni: nella forza, non nel diritto. «Diritto• è termine che in Esiodo non compare", dike assorbe in sé ogni determinazione giuridica". Del diritto c'è però l'intuizione: la percezione che la pretesa debba avere un fondamento, una ragione che la giustifichi. Qualcosa,che converta la pretesa in diritto. Nella favola richiamata, lo sparviero può disporre dell'usignolo perché è più forte, ed è questa sua maggior forza a costituire il suo giusto titolo a disporre della creatura più debole, secondo la legge degli animali. Ma per gli uomini vale un altro nomos, la pretesa necessita di un fondamento diverso dalla forza: questo fondamento, Esiodo lo chiama giustizia. "Op. 35-39. " Il termine semanticamente più prossimo, sia pure per contrasto, è cheirodikai. Comparealv 189,nelladescrizionedell'ultimadellestirpicreateda Zeus. Cheirodikes indical'usodel dirittodel più forte,ovveroil dirittofondatosullaforza;la traduzione ·rendeil terminecon «il diritto starànella forza». 111Accantoall'accezionepiù generalee astratta di dikecome «giustizia,.compareanche l'uso giàomericodel termine:dileecome «ciò che spetta• a ciascuno(Op.270-273).

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Hybrisedike __________

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La giustizia migliore, la giustizia che viene da Zeus è definita retta: il testo recita itheisi dikes. L'espressione è analoga all'omerica itheia dike che si incontra nella scena dello scudo di Achille. Con una differenza sostanziale: itheia dike non è più solo la giustizia «più dritta•, più aderente alla verità dei fatti, è la giustizia retta, la giustizia che trova il suo referente nel nomos di Zeus. E si contrappone all'altra, alla giustizia fatta «con torte sentenze•, al giudizio corrotto dei re «mangiatori di doni•: Là subito va Giuramento,insieme alle torte sentenze; e di Giustiziac"èil pianto, trascinatadagli uomini _mangiatoridi doni, che con torte sentenze amministranolagiustizia-».

Hybris è la prepotenza del pretendere più del dovuto, ma hybris è anche la sentenza emessa sotto l'impulso della corruzione. Sono facce di una stessa mèdaglia, violazioni dello stesso nomos. Offesa a Dike. Il monito di Esiodo vale per il popolo e per i re, soprattutto per i re, perché a loro è affidata l'amministrazione della giustizia: O re, ora voi meditate,anche voi, questa giustizia;presentiinfatti,tra gli uomini, gliimmortali guardanoquanti, con torte sentenze, si fanno ingiustiziafra loro senza curaregli dei. [...] A questo pensate, o re, raddrizzatele vostre parole, voi mangiatoridi doni, e le vostreiniquesentenzescordate')II.

6. La natura dellagiustiziaesiodea.Respomabilitàe colpa. Il rispetto della giustizia è rispetto degli dei, timore di quello •sguardo divino• (Diosophthalmos)cui nulla sfugge delle azioni e dei pensieri degli uomini. Lo «sguardo divino•, l'occhio vigile di Zeus, è l'espressione della giustizia divina, che inesorabilmente raggiunge chi ha offeso Dike. Concetto centrale della religiosità arcaica, più volte evocato da Omero, assume con Esiodo la precisa valenza di un monito con' tro la hybris.Hybris è il disprezzo degli dei, ma il disprezzo degli • Op. 219-221. • Op. 248 sgg.

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dei ha ora esteso la sua portata. La sanzione divina non colpisce solo la tracotanza verso gli dei, colpisce anche la violazione di quel nomos che Zeus ha voluto come misura dei rapporti tra gli uomini. Per questa ragione, ogni violazione della giustizia è offesa agli dei, ogni atto di prepotenza è espressione di hybris.I:idea della misura ha varcato i confini della separazione tra umano e divino, si avvia ad essere elemento regolativo dei rapporti tra gli uomini. Il nomos di Zeus vieta agli uomini «di mangiarsi tra loro»: alla legge della forza, tipica e propria del mondo animale, sostituisce la legge della giustizia. È sulla base di questo nomos che la giustizia diviene l'antitesi della forza. Giustizia è ordine e misura: il messaggio di Esiodo è chiaro, nella connotazione negativa che marca il racconto dell'ultima stirpe creata da Zeus: il dirittostarànella forza e l'uno all'altrosaccheggeràla cittàw. Né il giuramentosaràrispettato,né lo saràchi è giusto o dabbene;piuttosto l'autoredi mali e l'uomo violento rispetteranno;la giustizia sarànella forza e coscienza (aidos) non vi sarà[... ] i dolori che fanno piangere resteranno agliuomini e difesanon ci saràcontro il male100•

Ma non sono gli dei gli autori del destino degli uomini. In Omero, i concetti di responsabilità e colpa rimangono legati alla preponderanza dell'elemento divino, Esiodo chiude gli spazi per una delega di responsabilità. Il bene e il male sono l'esito di una scelta, e alla scelta si lega la responsabilità; alla responsabilità la colpa, alla colpa la punizione: a se stesso preparamalil'uomo che maliper altriprepara e un cattivo pensiero pessimo è per chi l'ha pensato; lo sguardo di Zeus tutto vede e tutto notando

anchequesto, se vuole, scorge, né gli fallisce qual è questagiustiziache la città racchiudedentro di sé

101



In Esiodo, assai più che in Omero, la punizione divina è sempre risposta alla colpa umana. E la colpa umana, sebbene trovi il suo re"' Il diritto starànellaforza:il terminegrecoè cheirodikai(si veda supra,n. 95). 100 Op. 189 sgg. lOI Op. 265-269. 48

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ferente ultimo nell'offesa al divino, è sempre colpa verso altri uomini. È colpa la corruzione, lo spergiuro, il furto; ma anche l'aiuto negato è colpa, la sfrontatezza, la mancanza di rispetto verso gli anziani, le ingiustizie verso gli orfani"'· Sono tutti modi d'essere della prepotenza, violazioni della misura. Inesorabile e certa arriva allora la punizione divina: ciò che è stato tolto con la colpa, viene restituito con la punizione. La sanzione divina è ciò che spetta, il dovuto in termini di giustizia retributiva. Il meccanismo retributivo ha il carattere della certezza: gli dei sempre puniscono le opere scellerate e malvagie, sempre premiano le opere oneste.

Viene così a istituirsi,tra colpa e punizione, tra merito e ricompensa, un nesso di consequenzialità: non l'interiorizzazione di principi e valori, ma il timore della punizione e l'aspettativa della ricompensa costituiscono il fondamento dell'idea di responsabilità. Giustizia è sempre la volontà degli dei. In nessun modo emerge l'idea di una giustizia umana provvista di una sua specificità, e di un fondamento che non sia quello divino. Ma gli dei non sono più preda delle umane passioni: la risposta alle azioni degli uomini è certa; il giudizio, imparziale. Imparzialità e certezza sostengono la prima immagine di una giustizia ormai avviata ad essere simmetria: nel rapporto tra il dare e l'avere, tra colpa e punizione, tra merito e ricompensa. La giustizia esiodea è essenzialmente retributiva.Ma è un'immagine generica, che mal si accorda con l'emergente principio di responsabilità. La giustizia divina è squilibrata e smisurata: il principio di responsabilità travalica i confini del principio di imputazione, il nesso colpa-punizione esorbita il principio della soggettività della colpa: Tre secoli dopo Esiodo, verso la seconda metà del V secolo, l'anenzione verso gli orfani si traduce in propostaoperativa:Ippodamoda Mileto, «il primo di quelli che, pur non occupandosi di politica,tentarono di dire qualcosasulla costituzione migliore• (Aristotele,Politica,u, 8, 1267b30, trad.di R. Laurenti,Laterza,Roma-Bari 1972),insistesullanecessitàdi adottaremisurenormativea favoredegliorfanidi guerra; sullafiguradi lppodamodaMileto,si veda L. Rossett~La fdosofuipenaledi Ippodamoe la culturagiuridicadeisofisti,in «RivistaInternazionaledi Filosofiadel diritto», 1989, 2, pp. 315-335. tQ?

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Jellamo,Il camminodi Dike __

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spesso ancheun'interacittàsi trovaa soffrireper un solo cattivo che si rende colpevole e macchinascelleratezze: per loro mandadal cielo un grandecastigo il figlio di Crono103•

L'idea della responsabilità collettiva trova il suo senso nella cornice religiosa che interamente anima la poesia esiodea; al suo interno trova fondamento anche l'idea di una giustizia intesa come certezza della risposta, nella duplice forma della risposta umana e della risposta divina. Ed è ancora il sentimento religioso che ispira gli elementi cardine della concezione della giustizia, per cui essa è uguaglianza di trattamento, riparazione del tono, imparzialità del giudizio. Tutti elementi che sostengono l'aspetto davvero innovativo della concezione esiodea: la giustizia umana come osservanza della legge, nel componamento degli uomini e nelle sentenze dei re. È di fronte al fallimento della giustizia umana che interviene la giustizia divina, come modalità di riequilibrio delle ingiustizie. L'attenzione che Esiodo riserva al tema della responsabilità umana, nei confronti di se stessi e degli altri uomini e degli dei, è il riflesso di una giustizia pensata come argine al prevalere della forza nei rapporti tra gli uomini. È un monito fone, quello che emerge dalle pagine esiodee, a farsi carico delle proprie azioni e dei propri progetti, ed è in questa ottica che il richiamo allo sguardo di Zeus assume una valenza nuova, di messaggio non solo religioso ma anche morale e civile. Questa nuova valenza emerge soprattutto nel monito ai re, nell'insistito appello alla retta amministrazione della giustizia, nell'insistita condanna di una hybrische ha ora il volto dell'arroganza del potere. È la stessa immagine che si trova nella Teogonia:«èper questo che i re sono saggi, perché alle genti offese nell'assemblea danno riparazione• (Teogonia88-89). Dike è argine contro la prepotenza, terreno di confronto tra le ragioni di parte: Esiodo approfondisce l'immagine omerica della giustizia procedurale, guardando a dike come misura del contrasto. Ma il contrasto ha un doppio volto, e una doppia significazione: discordia e contesa.

·

iro Op.240-242.

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Hybris edike __________

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7. La discordiae la contesa. Eris è la discordia. La Teogoniala presenta come figliadi Notte,

appartenente alla prima generazionedi dei. N eikosè la contesa, figliadi Eris, sorella di una serie di divinità negative:Inganno, Ambiguità, Dolore, Omicidio. Con eris,neikos condivide il principio essenzialedel disaccordo,della contrapposizione, del dissidio. È, in questo senso, anch'essa discordia. Ma neikosè la discordia priva di hybrise priva di bia. In Esiodo la differenza tra i due termini è costante e rimarcata, ciascuno

di essi compare in contesti

nei quali

il contrasto assume

l'una o l'altra forma, significal'una o l'altra cosa. L'uso dell'un termine o dell'altro non è mai casuale.Ma non è Esiodo a introdurre l'uso differenziatodei due termini, a significareatteggiamentie stati d'animodiversi.Già Omero ne fa un uso avvenito, anch'egliindicando con erisla discordia,con neikosla contesa. Zeus ad Era, nel libro quarto dell'Iliade: Ebbene, fa come vuoi, ché in seguito questa contesa (neikos) fra te e me non divengadiscordia(eris)grave fra noi104.

Zeus ad Ares, nel libro quinto: Non starmia sederequie a piangere,banderuola! Tu sei il più odioso per mer,dei numi che hanno l'Olimpo: sempre discordia(eris)t'è cara,e guerrae battaglia105•

Eris è la mala contesa.Fenice ad Achille: Trattientida malacontesa,perchémaggiormente t'onorinoi giovanie gli anzianidei Danai106•

Eris è la lite che oppone Achille e Agamennone: Atride, ah, che bene fu maiper entrambi, per me e per te, che noi due, morsi in petto dalla lite che il cuore divora, ci adirassimoper una fanciulla?101 IO!]/. JY, 37-38.

Il. v, 890-891.Mi discostodallatraduzione,che rendeeriscon «contesa•. ••li.IX, 257-258. 107 Il. XIX, 56-58. Ma già i versidi aperturadel poemapresentanolo scontrotra Agamennonee Achillecol termineeris. 105

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È inveceneikos la lite descritta nella scena dello scudo di Achil-

le, la lite giudiziaria. Anche in Esiodo neikos è il termine che indica la lite giudiziaria: [... ] le genti tutte guardanoa lui che la giustizia amministra con retti giudiz~ mentre lui parla sicuro,

subito, ancheuna grandecontesa(neikos)placasapientemente108•

Anche in Operee giorniil termine è sempre indicativodi una lite di tipo giudiziario: dirimiamoora la nostra contesa (neikos) 10 9. secondo rettagiUStizia O Perse, tu queste cose nel tuo animo poni,

né la Discordia (Eris) che gode del male distolga dal lavoro il tuo cuore per starea guardarele liti (neikos)ascoltandola piazza110•

La lite che oppone Esiodo a Perse è sempre indicata col termine neikos. N eikos è la lite giudiziaria,la discordia secondo misura; è il dissidio che riconosceun termine medio nella figura dello histor o dei geronteso del re. È la discordia mediata da giustizia. Eris è invece la discordia smisurata, violenta; la discordia che può essererisolta solo con la forza. È la discordiache esplodein hybris e in bia. A differenza della contesa, che sempre conosce un oggetto del contendere, la discordia può manifestarsia tanti livelli,ed esplodere anche senza un oggetto specifico:come testimoniaproprio quella buona eris"' sulla quale molto, forse troppo, si è insistito. La buona erisè pur sempreeris:è fatta di competitività,spirito di emulazione, ansia di successo.Invidia. E dall'invidia,il dissidio. Nulla autorizza a credere che la buona discordianon contengain sé il germe della discordia cattiva (eriskakochartos)"'. Teogonia86-87. IO, Op. 35-36. 110 Op.28-30. 111 Op. 11-26. \Il Op. 29. Della buona eris, nella Teogonia,non c'è traccia. È probabile che lo sdoppiamentodi questafigurasia dovuto agli intentistessidel componimento,celebrativo del valore del lavoro, e della prosperitàconquistataattraversoil lavoro. ii:i.

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Hybrise dike__________

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Eris e neikos: l'uso esiodeo ricalca l'uso omerico. Pure trova conferma l'immagine omerica di una giustizia terrena che ha essenzialmente il volto della giustizia procedurale. Giustizia è il rispetto delle regole, e il rispetto delle regole produce giustizia. E tuttavia, il riferimento esiodeo al nomos apre un varco nella concezione procedurale tipica del mondo omerico: dietro quelle themistes che ancora costituiscono il mondo di dike si intravede l'idea di una norma generale, destinata a tutti. È un'immagine appena abbozzata, e quasi sommersa dagli intenti particolari che guidano il componimento. È però il segno di un'esigenza nuova, il primo affacciarsi di una idea di giustizia che travalica la dimensione procedurale per porsi come comune misura dell'agire.

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IL CAMMINO DI DIKE _______

III.

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Dike e la città

1. La poesiaarcaica.

Comune misura dell'agire, la giustizia di Solone, argine contro una hybrische ha ora il volto della tirannide. I:idea della generalità della legge, in Esiodo appena accennata, diviene il presupposto della concezione soloniana della giustizia; il nesso tra nomos e dike trova il suo punto di forza nel principio di isonomia.r:antitesi tra hybrise dike acquista spessore politico. Esortazione morale, essenzialmente, il canto esiodeo, messaggio isolato di un poeta estraneo alle vicende politiche. Tutta immersa nella città la giustizia di Solone, limite e vincolo all'azione politica. Ma già prima di Solone, nei canti di Tirteo e di Callino, dike mostra la sua valenza politica, nel vincolo che sempre la lega alla città. Muta, col passaggio del secolo, il tenore dei componimenti. I poeti cantano le loro passioni, lo smarrimento, la precarietà del vivere. Cantano il loro amore, e il loro rancore. La speranza, la delusione. E su tutto domina la potenza degli dei, e il fato ineluttabile che sovrasta le umane vicende. Muta pure la fisionomia del poeta: prepotente e chiaro emerge il ruolo protagonista del poeta stesso'. Protagonista del suo canto, protagonista degli eventi cantati'. Si vedaB. Gentili,Poesiae pubblico nella Greci.aarcaica,Laterza,Roma-Bari 1984,Id.,Poesiae simposionellaGreciaantica.Guidastoricae critica,a curadiM. Vetta, Late=, Roma-Bari 1983, pp. 189-191; E. L. Bowie, Early Greek Elegy.Symposiwnand PublicFestWal,in «Joumalof HellenicalStudies»,1986, 106, pp. 13-35;D. E. Gerber,ACompanionto the Greek LyricPoets, Brill,Leiden-NewYork1997,pp. 1

6-7 e nn. 23-25. z Il

pacca è l'io parlante,e ciò di cui parlaè spessociò a cui haassistito,o clicui ha

memona prossima.Questo ruolo protagonistaemerge talvolta dal proemio: l'invoca55

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Jellamo, Il cammino di Dike ________

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Molto si è insistito sull'individualismo di Archiloco, sul suo anticonformismo, e sul soggettivismo dei valori'. Vale per Archiloco, ma vale anche per altri poeti di quel tempo, che in maniera più sommessa comunque si distanziano dai canoni etici del passato, dall'etica eroica di Omero come dalla morale esiodea•. Anacreonte è esplicito nel rifiuto della virilità guerriera, cara invece a Callino e a Tirteo; Mimnermo oppone all'ideale eroico il piacere dell'amore, e leva un doloroso lamento sulla caducità della vita umana, sulla brevità della giovinezza; Saffo canta l'amore; Pindaro la gloria dell' agon, la luce della vittoria; Senofane ripensa la dimensione del divino'; Simonide riflette sulla pochezza umana'. È un mondo variegato, composito. Ospita tante cose. Ospita anche dike. Il tema della giustizia è presente più di quanto gli scarni frammenti lascino a prima vista intravedere, ma raramente occupa uno spazio suo proprio: dike attraversa i sentimenti e le passioni, le speranze e gli ideali dei poeti. Talvolta si manifesta, più spesso rimane nell'ombra, nascosta tra le pieghe di quegli antichi incantamenti 7 • zione alle Muse, o alla divinità, non ha più, come aveva in Esiodo, funzione rivelatoria, è piuttosto richiesta di assistenza benevola per ciò che il poeta si accinge a dire. Quando Solone parla agli Ateniesi, esaltando i benefici di Eunomia, trasmette un moto dell'animo(thymos)non una rivelazionedelle Muse. E quando si accingealla stesura dei thesmoiinvocaZeus a protezione delle sue leggi.Si vedano però le osservazioni di G. Arrighetti, La culturaletterariain Grecia,Laterza, Roma-Bari 1989, p. 16,

secondo il quale può essere rintracciatoJ.roprio in Esiodo (Op. 293-295) l'avvio di quel ruolo protagonista del poeta tipico ella poesia del VII-VI secolo. ' Cfr. B. Snell, La cuhura grecae le originidel pensieroeuropeocit., pp. 92 sgg. e l'Introduzione di G. Tarditi a Id. (a cura di), ArchilochHs.Fragmentaedidit. Veterum testimoniaco/legit,Edizioni dell'Ateneo, Roma 1%8, pp. 1-2, ma già G. Pasquali, Pagine meno stravaganti(1935),in Id., Paginestravagantidi un filologo, I, a cura di C. F.Russo, Le Lettere, Firenze 1994,cap. vu. • Ma sugli echi omerici della prima poesia arcaica, con particolare riferimento ad Archiloco, cfr. D. Page, Archilochusand tbe Ora/ Tradition,in «Entretiens Hardt•, 1963,10, pp. 119-163;sullo stesso tema, con riferimento a Tirteo, cfr. P.Janni,La cultura di Spartaarcaica.Ricerche11, Edizioni dell'Ateneo, Roma 1970. 1 È nota la critica di Senofane alle figurazioni antropomorfiche del divino (fr. 14 B 21 DK55). • Sulle tematiche e gli autori della poesia arcaica e tardo arcaica cfr. L. E. Rossi, Letteraturagreca,Le Monnier, Firenze 1995,cap. VI. 7 «Quelli che noi diciamo canti, ma che in realtà sono incantamenti per le anime• (Platone, Legg~11,659e). 56

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Dike e la città__________

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2. Reciprocitàe contraccambio. O Zeus,padreZeus, tuo è l'imperodel cielo, tu scorgile azionidegliuomini quelle scellerate e quelle giuste, e non

trascurila prepotenzae la giustiziadeglianimali•.

È una volpe che parla, e il suo dire evoca il messaggio esiodeo, la ferma antitesi tra hybrise dike, la denuncia della sopraffazione come elemento contrario alla legge di Zeus. Ma è così solo in parte. La favola racconta di un patto di amicizia tra una volpe e un'aquila, che l'aquila infrange, divorando i piccoli della volpe. Poi, per sottrarsi alla vendetta si rifugia su un picco roccioso, dove la volpe non può raggiungerla. Disperata, la volpe invoca l'intervento di Zeus, perché punisca l'aquila. La punizione non tarda ad arrivare: i piccoli dell'aquila sono raggiunti da una scintilla di fuoco, cadono a terra, e divengono pasto della volpe'. Giustizia è restituzione:ciò che è stato tolto con la colpa viene restituito con la punizione. Ma la colpa non è la sopraffazione degli inermi volpacchiotti. La colpa dell'aquila è il tradimento del patto di amicizia, l'ingiustizia della sopraffazione è essenzialmente I'adikia di questa violazione. Senza il patto non ci sarebbe stata prepotenza: l'aquila, come lo sparviero della favola esiodea, avrebbe fatto uso a buon diritto della sua maggior forza. Il patto annulla questo diritto, togliendo valore allo squilibrio delle forze. L'ingiustizia del tradimento è uno dei temi centrali della lirica arcaica: ingiustizia estrema, che si consuma nella violazione di quel principio di reciprocità avvertito come proprio dell'idea di giustizia. Tradimento di un accordo, come nella vicenda personale di Ar' Archiloco,fr.174 Tarditi(il frammentoè citato neUatrad.di G. Tarcliti,Archilocus cit.). 'La versioneesopicadellafavolapermettedi ricostruireil senso dei frammentiarchilochei (frr.168-178Tarditi).In realtà,la colpa dell'aquilaè duplice:dopo averconsumatoil tradimento,rubauno dei visceridi una caprache venivasacrificataaglidei. È dalle bracidel sacrificioche si leva la scintillache dà fuoco agli aquilotti.La colpa dell'aquilaè dunqueduplice:non solo la violazionedel patto, ancheil furtodi qualcosa destinatoaglidei. Non è dato saperequaledelledue colpe suscitila punizionedivina.Nel contestoarchilocheo,è certamentela violazionedel patto:la favolaserveinfattiad introdurrela vicendapersonaledel poeta, traditoda Licambe,che primagli promettee poi gli rifiutala figliain sposa. · 57

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Jellamo,Il camminodi Dik.e_______

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chiloco, tradimento di un'alleanza politica, come nella poesia di Alceo. Persino tradimento delle aspettative d'amore: la mancata corresponsione è anch'essa vissuta e cantata come adikia". La reciprocità è principio guida nelle varie situazioni della vita: definisce i confini dell'azione, fonda aspertative di azione. Garantisce l'equilibrio del rapporto. La sua violazione crea disordine: la venderta ripristina l'ordine infranto, restituisce al rapporto l'equilibrio perduto. Il tema non è nuovo. Già nei poemi omerici il tradimento impone la vendetta; la violazione del giuramento che sancisce il patto è colpa estrema. E gli dei sono invocati a testimoni e garanti dei patti, e a vendicare l'oltraggio dell'accordo violato. Contro i Teucri, colpevoli di aver violato i patti, Agamennone confida nell'ira di Zeus: «egli stesso scuoterà l'egida tenebrosa su turti costoro, irato del tradimento•"· Nei poemi omerici il tradimento è essenzialmente violazione d'onore, ed è l'onore violato a imporre la venderta. Il patto è sempre patLa favola arto tra pari, la reciprocità è possibile solo tra horrwioi. chilochea mostra una nuova possibilità nel momento in cui istituisce, proprio attraverso il patto, l'idea di una reciprocità che non si incardina sull'uguale forza. Corollario del tradimento vissuto come lesione d'onore, nel mondo omerico, è l'estensione della vendetta. Agamennone invoca l'ira di Zeus sui Teucri, colpevoli di aver calpestato i patti, fiducioso che essi pagheranno «con molto, con le teste loro, e con le donne e coi figli•"· La lirica mostra una diversa concezione: al torto personale corrisponde una venderta personale. Ipponatte invoca mali terribili contro un amico: •perché mi ha fatto torto, ha messo sotto i piedi il giuramento•"· E già Archiloco:

°Cfr. B. Gentili, Poesia e pubblico nella Grecia antica cit, pp. 114-115e passim; si vedaancheId., /I «letto insaziato• di Medea e il tema dellaadikiaa U'Uello amoroso nei lirici(Saffo,Teognide)e nella «Medea• di Euripide,in «Studiclassiciorientali•, 1972,21, pp. 60-72; ancheM. G. Bonanno, Osservazionisul tema della«giHsta•reciprocitàamorosa da Saffoai comici,in •Quaderni Urbinatiio,1973, 16, pp. 110-120. 11 Il. IV,167-168. u Il. IV, 155sgg. u Il fr.è citatonellatraduzionedi E. Mandruzzato, Liricigrecidell'etàarcaica,Rizzoli, Milano1996,dove comparecome fr.8. L'attribuzione è incerta,potrebbe in realtà trattarsi di Archiloco: si vedain talsensoB. Snell,la a,/turagrecae le originidelpensieroeuropeocit., p. 101 e n.;in talsenso ancheG. Tarditi,Archilochuscit.,fr.193. 1

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Dikee la città__________

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«Una sola cosa conosco di importante: ricambiarecon mali terribili chi.mi danneggia•"· Bene per bene, maleper male, è la regola del contraccambio.Teognideinvoca l'aiuto di Zeus, affinchéesaudisca la sua richiesta:che possa aver modo di infliggeretormenti in cambio di tormenti", che possa coglierlodestino di morte dopo aver riscosso il conto: Zeus mi conceda di restituirequel che si meritanocosì agli~ci che nuamano comeainemicimieie diavere,o Cimo,piùpoteredeinemici.E allorami parrebbedi essereun dio in mezzo agliuomini, se mi cogliessedestino dimone 1 dopo averriscosso il conto •.

E Archiloco: «so amare chi mi è amico, ma odiare (e ingiuriare) il nemico»,11, «Chiti è nemico tieni lontano»,ammonivaEsiodo,«e dà a chi ti dà e non dare a chi non ti dà•"· Il tenore dei messaggiè analogo, ma diverso è il loro orizzonte. 3. La guerra, la morte, il destino.

Archiloco è poeta dell'eros, e dell'immediatezza del vivere. È poeta della precarietà della condizione umana, incalzatada passioni di gioia e di dolore. Il dolore tocca oggi ad uno, domani ad un altro. Ora h_acolpito no~ e leviamogemitiper la ferita sangumosa: subito però saràla volta di altri1'.

È cantore del destino incerto che governa la vita dei mortali, do-

minata,quasi schiacciatadalla potenza degli dei: i◄ Archiloco,fr.104Tarditi (nellatrad.di N. Russello,Archiloco.Frammenti,Rizzoli, Milano2000, fr. 126). "Teognide, Elegie,~ 341-350, trad. di F.Ferrari, Teognid,.Elegie,Rizzali, Milano 2000. 1 ' Teognide,Elegie,1, 337-340.

"Archiloco, fr. 54 Tarditi (trad. G. Tardiri). " Op. 342; 354. 1 ' Archiloco,fr.10 Tarditi{trad.N. Russello,fr. 13).

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Jellamo, Il cammino di Dike _________

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Per gli dei tutto è facile:spesso risollevanodalla disgrazia uomini che giacciono prostrati nella nera polvere; spesso invece rovesciano a terra, supini, anche quanti avanzanoltl.

La vita umana come un campo di battaglia, la guerra come strumento di vita: Alla lancia devo la mia pagnotta d'orzo impastato,

alla lancia devo anche il vino d'Ismaro, e lo bevo appoggiato alla lancia21•

Il poeta è poeta-soldato: Io sono scudiero del signore Enialo E conosco l'amabile dono delle Musell.

Archiloco ripete le parole di Ettore: «Ares è comune a tutti gli uomini». Il senso del verso è incerto: può essere inteso evocare alternanza della sorte, o il comune destino degli uomini". Ares lascia in ombra l'etica della solidarietà celebrata da Esiodo. Pure la dike esiodea rimane in disparte. Altre immagini, altri valori vengono in primo piano: la virtù guerriera, l'onore. La guerra. E la morte in guerra: la poesia di Tirteo esalta l'amor di morte'•: Avanti contro il nemico, con lo scudo: vi sia in odio la vita, e amate le chere fosche della mone come raggio di sole25• Archiloco, fr. 94 Tarditi {traci. N. Rossello, fr. 130) Archiloco, fr. 2 Tarditi (traci. N. Rossello, 2). L'interpretazione è controversa, dipende dalla traduzione del termine doru, qui reso con «lancia•, ma che può anche significare «leqno•, «tavola•, «trave della nave•: si veda in tal senso B. Gentili, Nota ad Archiloco,Jr. 2 Tard., in «Quaderrù Urbinati•, 1976, 21, pp. 18-21; dr. anche D. Amoud, Archiloque et le vin J'Ismaros, in «Revue de Philologie•, 1980, 54, p. 291. u Archiloco, fr. 1 Tarditi (traci. N. Russello, 1). Il riferimento a Enialo, epiteto di Ares, sottolineando la crudeltà della guerra enfatizza la figura dello Scudiero. E un derivato di Enio, divinità della furia bellica, legato a enyo, uccidere. Già in uso nell'Iliade: «Enialo massacratore• (Il. VII, 166), ma anche «Aresenualios»(Il. XVII, 211). 23 Archiloco, fr. 98 Tarditi (trad. N. Russello, 110); cfr. Il. XVIII, 309': «enialo è u~ale per tutti: e uccide anche l'uccisore». Incide sul senso del verso anche la traduzione della parola xynos: «comune• (trad. N. Russello) o «uguale» (trad. G. Tarditi). 4 l «Amor di morte• è il titolo dato da Pontani al canto di cui questi versi sono parte: F.M. Pontani, Pleiadi.Frammentidi /iriC4greca,Gismondi, Roma 1952, p. 48. a Tirteo, fr. 8 Prato, vv. 4-6 (trad. di M. Cavalli, lirici greci.Poeti elegiaci,Mon20

11

dadori, Milano 1992,fr. 11). 60

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Dikee la città__________

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La morte è il destino comune degli uomini; la morte in guerra è il destino degli eroi: Tutto il popolo sente nostalgiaper l'eroe quando mQore,e se vive è come un semidio16•

«Morireè bello cadendo in battagliafra i primi», recitaun verso di Tirteo". E già Callino: e dunquesi vada,di faccia, tendendo la lancia, col cuore raccolto, testardo, 28 dentrolo scudo, come cominciala battaglia •

Callino incita i giovani al thymos, al coraggio della guerra, agitando lo spettro della riprovazione sociale". Anche Tirteo fa appello al thymos, agitando lo spettro di una povertà raminga che è tutt'uno con la perdita della propria identità cittadina". È l'antico concetto di aidos, che emerge dai versi dei poeti, e che assume il ruolo di forza-guida della coscienza individuale". La virtù più grande è il coraggio guerriero; per coloro che arretrano, disonore e sventura: atimie kai kakotes". I poeti cantano la virtù guerriera, ma la virtù guerriera non è più un fatto individuale. La guerra non è esaltazione, ma sacrificio di sé. Ares è pianto, crudele è la guerra: ma se si trema muore la virtù". l;arete è l'onore della polis:la sua unità, la sua storia, la sua memoria. Su questo valore si misura il valore dei singoli, la loro personale arete.Si combatte per la città. !;immagine accomuna Callino e T1rteo: Combattiamodunque per la terraed i figli, con l'anima, moriamo, non avaridella vita.,... u Callino,fr. 1 Diehl, vv. 18-19(trad.di E. Mandruzzato,Lirici greci dell'età arcaicacit.). Semidioè emitheos:è lo stessotermineusatoda Esiodoper definirelanaturadella quartastirpe creatada Zeus (Op. 159-160). v Tirteo, fr.6 Prato, 1 (trad.Mandruzzato,fr.2). Sottolineaperò Prato che non di

«morire• si tratta,ma di «giacermorti•: si veda C. Prato, Tyrtaeus,Edizioni dell'Ate.neo, Roma 1%8, p. 87. 21 Callino, fr.1 Diehl, vv. 9-10 (trad. E. Mandruzzato). 29 Callino, fr.1 Diehl, vv. 1-4-16. 30 Tirteo, frr. 6 e 7 Prato, risp. vv. 3-8, v. 17. Jl In talsenso C. Prato, Tyrtaeuscit., comrn.p. 91. "Tirteo, fr.6 Prato, v. 10. ,i Tineo, fr.8 Prato. Il concetto dd tremareè espressoattraversoil verbo treo: fuggireatterriti,ritirarsiper lapaura.Il verso recita:«tressantond'andronpas'apo/ol arete•. 34 Tmeo, fr.6 Prato, vv. 13-1-4Prato (trad. E. Mandruzzato,fr. 2).

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Jellamo,Il camminodi Dike________

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È l'onore,è la gloriadell'uomocombattere per la sua terra, la propria donna e i figli

contro il nemico'5•

4. Eunomia e dike. Tirteo. La guerra è virtù civica, servizio reso per il bene comune: xynon

esthlon"'.. La nost4lgi4dell'eroe morto è il tributo del popolo", e dell'eroe la cittàconservalagloriae la memoria31• La veraarete, recitaun verso di Tirteo, è la virtù guerriera al servizio della città: «è questa la vera arete, questo il premio più alto fra gli uomini, il più bello per

un uomo giovane»''· Tirteo non celebra l'estetica della guerra, canta il valore della città. L'esortazione alla guerra è esortazione a combattere per la città; l'esaltazione della morte in guerra è ancora esaltazione del supremo valore della città". Si combatte per i patridi". È la città a scandire il senso dei valori. Anche il senso di dike si misura sulla città. È, quella tirtaica, una dike forse nascosta, ma certo non assente; una dike che non è soverchiata dall'eroismo, ma è tutt'uno con l'eroismo stesso•2• Nell'elegia dedicata alla virtù guerriera, dike compare una sola volta, accanto ad aidos,a indicare i diritti e il rispetto dovuti all'en Callino, fr.t Diehl., vv. 6-8 (trad. E. Mandruzzato). ,. lineo, fr.9 Prato. La trad.cit. di M. Cavalli(fr. 12) rendecon •gloria comune•. L'espressione xyn_on esthlonè alv. 15, matutta l'elegiaecheggiaquestoconcetto.L'espressione,in dialettoionico, equivalea koinonagathon:così W.Jaeger,Paideia,I cit., cap. v, n. 56. 1 ' Callino, fr.1, Diehl, v. 18. 31 Ttrteo,fr.9 Prato,vv. 27-34. "Ttrteo, fr.9 Prato,vv. 13-14 (trad.E. Mandruzzato). 40 Sonolineavacon forza lo spessoreetico-politico dell'ideatirtaicadella guerraV. Beonio-Brocchieri,Trattatodi storiadelledottrinepolitiche.Parteprima. La dottrina d,/1,, Stato ne/i,,culturaell,nica,Hoepli, Milano 1934,p. 48. Cfr. C. Del Grande, HybrisciL, p. 43: «Nell'idealedi Spana,espressoda lineo, nellascaladei valoriumani al primo posto c'è il guerriero». 1 • lineo, fr.6 Prato. 4l DiversamenteE. Mandruzzito, Liricigreci dell'età arcaicacit., p. 69: «a Tirteo non importavanulladella giustizia.L'eroismola superava».

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Dikee la città__________

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roe". L'eroismo non è solo bello, è anche giusto. Giustizia è il bene della città". I versi di Tirteo danno voce a una concezione «politica• della giustizia:dike non è un'astrazione,non è un principio,è un servizio, unafunzWne della città. E la città non è un'ideaastratta,è un valore politico. Il bene comune che con la città si identifica è anch'esso un valore politico". La giustizia serve questo valore. Proprio la politicità della visione tirtaica segna una svolta nell'idea arcaica di giustizia. Giustizia non è più solo volontà divina, è anche impegno umano: abnegazione, sacrificio per qualcosa di comune. L'idea «rivoluzionaria• di Tirteo è questo guardare alla giustizia nell'ottica di un valore che trascende i rapporti tra i singoli". La giustizia serve un ideale politico, pure serve un ideale etico: si fa strada un nuovo modello di aner agathos, insieme cittadino e combattente. Difficile distinguere il combattente dal cittadino, difficile distinguere il combattente stesso nella sua isolata, specifica virtù guerriera. La tattica oplitica, in uso già nel VII secolo, non consentiva l'eroismo isolato: ogni combattente era schierato su una fila, le varie file a formare una falange, ogni falange era un'unità compatta. «L'op lita spartano è come l'anello di una catena indissolubile, dove non ha più senso l'isolato atto di valore, ma solo la concorde, decisa volontà della schiera•"· Anche i canti di guerra vanno in questa direzione: erano cantati dai soldati in marcia perché si mantenesse saiu Tirteo,fr.9 Prato,v. 40. Maforsesarebbefiù esano parlaredi «privilegi»: diritti che ne rispecchianola posizione privilegiatam seno allacomunità:così C. Prato, Tyrtaeuscit., comm. pp. 137-138. .. Taluneedizioniattribuisconoa Trrteoalcuniversicome facentipartedel fr.sull'eunomia:«perdeliberareil m~io e agirecon giustizia,senzamaistortureper lacittà. La metaè la forzae la vittoriadel ~polo. Così disse Febo per la nostracittà• (trad. di M. Cavalli,Liricigrecicit., dove il frammentoè indicatocome fr.4). Non tiene conto di questi versi C. Prato, Tyrtaeuscit., fr.lb e comm. pp. 64 sgg. ., Ma si vedasull'argomento B. Sneli La cuitHragrecae le origini delpensieroeuropeocit., p. 250, secondoil qualeil richiamotirtaicoal «benecomune-indicail tencfr.C. Prato,TyrtaeHscit., tativodi coglierein formaastrattal'unitàsovraindividuale, comrn.p. 122. * L'espressione travirgoletteè di C. Prato,TyrtaeNScit., comm.,pp.122e 130. 1 • C. Prato,Tynaeus cit., lntrodMzillne,p. 22.

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Jellamo,Il camminodi Dike________

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da la compattezza della compagine". «Infatti contro alle anni muove I il suono bello della cetra•, recita un verso di Alcmane". La guerra è guerra per l'eunomia": l'ordine della tradizione, il buon ordine di Sparta, la terra assegnata da Zeus". Eunomia è la giustizia della rhetra": AscoltaronoFebo e daPito riportarono

il responsoinfallibiledel dio diriganoil consiglioi re onoratidaglidei che governano Spartaamata

e i consiglierianziani,poi i cittadini rispondendo secondo la retta legge (eutheiaisrhetrais?J.

Rhetra è «convenzione», «patto•, «trattato•; anche «oracolo». Nel frammento ha significato di legge", ma secondo l'antico significato del termine rhetra:«discorso• di ispirazione divina". Il tempo dei disordini e delle guerre vale a rammentare eunomia e, con eunomia, dike. È il pensiero del buon ordine a guidare il pensiero della giustizia, ed è in funzione del buon ordine della città che la giustizia acquista di senso. Non è un problema filosofico, è un problema politico. · Protagonista è sempre la città. Per la difesa della città, Callino e T trteo cantano la virtù guerriera; per l'eccellenza della città, per la C. Prato, Tyrtaeuscit., Introduzione p. 7 e nn. 40-43. " Alcmane,fr. 143Calame(trad.di C. Calarne,Ah.man,Edizionidell'Ateneo,Ro41

ma 1983).

Eunomiadà titolo a un componimento di Tirteo. La critica è abbastanzaconcorde nel ritenerei frammentisuperstitiparte della Po/iteia Lakedemonios,opera comprendentediversicomponimentiriguardantila costituzionee la storiadi Sparta. È pr(?babileche il titolo Eunomiarisalgaall'età classica,e sia stato usato per distinguerenell'operatirtaicai carmidi genereguerrescoda quellidi generecivile. si Tirteo, fr.la Prato. » Il termineindicale normeintrodotteda Licurgosu ispirazionedi Apollo delfico (M. CavaJli,Liricigrecicit., P·174 n. 2). "Fr. 1b Prato.Si fermaquala citazionedi Plutarco(Licurgo,6), che è quellaaccolta da Prato,Tyrtaeuscit., comm. pp. 64 sgg. Altriversisono tramandati da Diodoro (7, 12, 6): «per deliberareil meglio e agirecon giustizia/ senza maistortureper la città./ La metaè la forza e la vinoriadel popolo. / Così disse Febo per la nostracittà» (trad.M. Cavalli,Liricigrecicit., dove il frammentocomparecome fr. 4). Sul significato dell'espressioneeutheiaisrhetrais(«leggigiuste•) in relazionealcontesto si veda C. Prato,Tyrtaeuscit., comm.p. 73. ~ C. Prato,Tyrtaeuscit., comm.p. 73. ,sw.Jaeger,Paideia,Icit.,pp.165, n.17; 166,n.19; 187-188. 50

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Dike e la città __________

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sua eunomia, Senofane celebra la sophia del poeta, ad essa opponendo l'effimera gloria dell'agon: [... )lamia sapienza

ha più valore che non la forza di uomini e cavalli. Tutto questo è assurdo: non è giusto anteporre la forza all'utilità della sapienza.

Se anche vi sia fra i cittadini un campione nel pugilato, nel pentathlon, nella lotta, o nella corsa - che è la più importante fra le gare che si basano sulla forza fisica-, non per questo avrà un buon governo la città: ben misero vanto avere un cittadino

vincitore delle gare sulle rive del Pisa non si ingrassano così le casse dello stato~.

Alla città guarda Simonide, nei versi finali dell'encomio a Scopas, consapevole dei limiti della condizione umana e dell'umana virtù: M'accontento d'un uomo non cattivo non troppo sprovveduto, che comprenda

la giustizia che giova alla città57•

Anche Pindaro canta l'ordine e la giustizia della città". Celebra «Eunomia gloriosa•" e •Quiete che giova alle città•". E per Tebe intona un peana: affinché •per lungo tempo coroni la stirpe dei cittadini con i fiori di una sapiente giustizia»". Canta la gloria di Egina: la «città ordinata• (eunomon po/in)", Senofane,fr. 21 B 2 Diels-Kranz, 11 sgg. (trad. M. Cavalli, Liricigrecicit.). Su ciuestivers~ e più in generale sulla poesia di Senofane,si veda M. Untersteiner, Senofane. Testimonianzee frammenti, La Nuova Italia, Firenze 1955p. 97-117. v Simonide,fr. 542 Page (trad. E. Mandruzzato, Liricigrecidell'etàarcaicacit., dove compare come fr. 7). 511 La comunanza del tema ovviamentenon annulla la diversità dei valori politici di riferimento: cfr. L. E. Rossi, Letteratura Grecacit., cap. VI. Sulle diverse ideologieche accompagnanoi componimenti dei lirici arcaici e tardo arcaici cfr.E. Opocher, Lezioni di storiadelledottrinepolitiche.Le ideologiepolitichenellacittà grecadallaciviltà omerica alla rivoluzioneilluministicadel V secolo,Cedam, Padova 1966,cap. IV. • Pmdaro, OlimpicaIX, 16 (trad. di F. Ferraci). 60 Olimpica IV, 16 (trad. di R. Savieri). 61 Pindaro, Peri Tebaniall'Jsmenion(fr.52a Maehler), in Frammenti cit. Nel testo greco, •giustizia» è eunomia. La città è sentimento e memoria: laprima Istmica si apre e si chiude nel nome di Tebe •madre mia•. Istmica v, 22 (trad. di G. A. Privitera, Le Istmiche, Fondazione Valla-Mondadori, Milano 1998). M

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Jellamo, Il cammino di Dike ________

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dove assisaa lato di Zeus ospitale Temisalvificapiù che aluove è onorataltl;

e di Corinto, ove dimora Eunomia e Dike a lei sorella, solida base di città, e Irene con loro nutrita, dispensatricedi ricchezze agli uomini, auree figliedi Temi la saggia"4.

Sono ancora sorelle,Eunomia, Dike e Irene, «auree figlie di Temi la saggia•, ma il vincolo sororale è già vincolo politico: custodiscono la città, tengono lontane hybris e koros, la prevaricazione e l'arroganza". Riferiti alla città, hybris e koros sono mali politici: in essi si annida il germe della discordia civile (stasis).Politico è il volto di Eunomia: «la figlia salvifica• di Temi". La buona legislazione è un valore politico. Anche la giustizia è un valore politico 6'. ' Solone rappresenta il momento più alto di questa visione.

5. Eunomia e dike. Solone. Ho scritto le leggi (thesmous) ugualmenteper l'umile e per il nobile, conciliando una retta giustizia per ciascuno68• • Olimpicavm, 22-24 (trad. F. Ferraci). • Olimpicaxm, 6-8 (trad. F. Ferraci). 65 Olimpicaxm, 9-10 (trad. F. Ferrari): rendo Koroscon «arroganza» e non, come pure si incontra frequentemente, con «sazietà,. accogliendo la traduzione di Privitera (Le Istmiche cit., p. 193). Il tema del rappono tra hybris e koros è ricorrente: si veda Solone, fr. 8 Gentili-Prato;Teoçnide, Ekgie, I, 153-154.Sia in Solone sia in Teognide korosè palesemente «sazietà,..(si veda Solone, fr. 1 Gentili-Prato, 73;Teognide, Elegie, I, 605-606).Nell'ode pindarica koros compare in un contesto diverso, il cui soggetto è la città: non avrebbe senso l'idea che la buona legislazione,la giustizia e la pace tengano lontana la sazietà. Nella stessa ode la Pace è detta «dispensatrice di ricchezze agli uomini,..,e in OlimpicaXlii, 7 a dispensare la ricchezza sono la Pace e la Giustizia. ~ OlimpicaIX, 15. Su eunomiasi veda anche PiticaVIII, 22 e Nerma IV, 12. ,..,B. Gentili, Poesiae pubbliconella Greciaanticacit., p. 190, n. 83. 61 Fr. 30 Gentili-Prato (trad. di M. Fatuzzi, Solone.Frammentidell'operapoetica, Rizzoli, Milano 2001). I frammenti dell'opera di Solone sono sempre citati da questa edizione. 66

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Dike e la città__________

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Retta giustizia: euthei4dike. !:espressione è uguale a quella già propria di Omero, poi di Esiodo", e tuttavia il suo significato è ancora diverso. l:euthei4 dike di cui scrive Solone non è la conformità alla verità dei fatti, e neppure il giudizio incorrotto. È la rettagiustizi4. La retta giustizia è armonia: armosasdiken è l'espressione con cui Solone esprime il senso di una giustizia intesa come armonia di parti. La forma verbale risalente è armozo, che la traduzione rende con «conciliare•. È lo stesso termine che si incontra nell'Iliade, quando Ettore chiama gli dei a custodi del patto con Achille (episkopoiarmoni4on).!:armonia è volontà di armonia. Non sempre è possibile: Achille rifiuta". armonia è adattamento e accordo''. Diviene accordo di dissonanze". Armonia degli opposti, dirà Eraclito, come quelli dell'arco e della lira". La mitologia racconta la nascita di Armonia dall'unione di opposti: Ares e Afrodite. · armonia di Solone è proporzione: una retta giustizia per cia-

r:

r:

scuno. Al popolo infattiho dato i privilegiche bastano, senza togliere onore ma anche senza elargizioni. Quelli che invece avevano il potere ed erano in vista per ricchezze, anche per loro provvidi che non subissero sconvenienza alcuna. Mi ersi a protenderelo scudo possente su entrambi E non lasciaiche né gli uni né gli altririportasseroun'ingiustavittoria74•

La retta giustizia impone che ciascuno abbia la sua parte, secondo misura. Ma la misura non è la stessa per tutti . .. Ma diversadaquellatirtaica, dove il termineeutheia è riferitonon allagiustizia, ma alla legge (lr. lb Prato). 10

Ettore si impegnaa non «sconciare»il cadaveredi Achille,se la vittoriagli arri-

derà;in cambiochiedeugualetrattamento.Ma Achillerifiutal'impossibilearmonia: «come non v'è fidaalleanzafra uomo e leone, e lupo e agnellonon hanmaicuori concord~ ma s'odianosenza riposo l'un con l'altro,così maipotràdirsiche ci amiamoio e te; fra di noi non saranpatti•(//. XXII,254-266). 71 Eraquesto il significatooriginariodel terminearmonia(harmonia),«connessionella cultura greca e romana ne», «adattamento»:si veda G. Comotti, La mMSica (1979),EDT, Torino 1991,pp. 27 sgg. 12 Come accordodi dissonanze,l'armoniadi Solone:«equilibriocomplessivotra i diversi gruppi sociali», L. Rossetti, Eraclito(e Solone)sullastasis,in Atti del SymposU4mHeraditeum, a curadi L. Rossett~ Edizioni dell'Ateneo,Roma 1981,I, p. 350. n Eraclito,fr.22 B 51 OK. 14 Solone, fr.7 Gentili-Prato. 67

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Jellamo,Il camminodi Dike_______

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Non mi va benedi farealcunchécon la forzadellatirannide, o che i poveri e i nobili abbiano parte allo stesso modo (ìsomoiria) della terra fertile".

Isorrwrossignifica parte uguale. Il concetto è già in uso nei poemi omerici: lo incontra nell'Iliade,quando Poseidone, irato con Zeus, rammenta di essere •pari a lui• (isomoron), «destinato a ugual parte•"· Poseidone è «destinato a ugual parte• perché pari a Zeus;è il suo status di pari a destinarlo (pepromenos).Ma gli uomini non hanno uguale status,non sono pari; non sono destinatiad avere parte uguale. Letta alla luce del concetto di armonia, questa immagine non indica una «biforcazione• dell'idea di giustizia, una contraddizione tra la giustizia politica e la giustizia sociale". Rafforza piuttosto, invece di indebolire, il senso dell'idea di giustizia nel pensiero di Solone". La giustizia non è al servizio di interessi di parte, quale che sia la parte: «non lasciai che né gli uni né gli altri riportassero un'ingiusta vittoria•. Ingiusta sarebbe stata la vittoria, degli uni o degli altri, perché lesiva del principio di armonia, lesiva della disparità,che all'armonia si lega: avrebbe alimentato ansia di rivalsa, germi di sedizione, per un verso; e, per altro verso, tracotanza.E dalla sedizione e dalla tracotanza, la tirannide. Solone accosta tirannide e violenza"; definisce schiavitù la condizione del popolo sottomesso a un monarca80• In più occasioni misura il suo onore proprio sul rifiuto della tirannide". Tyrannosè il titolo con cui a quel tempo si definiva colui che deteneva il potere assoluto. Il termine non possedeva ancora il significato di conquista violenta e abuso del potere politico, che avrebbe acquistato nel V secolou. ~

Fr.29b Gentili-Prato. Il. xv,209; letteralmente:con «parte• o «diritto• uguale. 71 Si veda G. Vlastos, Studiesin Greek Phiiosopby,PrincetonUniversity Press, Princeton 1995, pp. 32-56. "Si vedanel meritoA. W.H. Adkins,PoeticCraftin tbe EarlyGreekElegists,The Chicago UniversityPress,Chicago-London1985,p. 124. "'Frr.29 e 29b Getili-Prato. 1e Frr.12 e 15 Gentili-Prato. 11 Frr.29 e 29b Gentili-Prato. u Si vedaV. Parker,Tyrannos:the Semanticsof a Politica/Conceptfrom Archilochusto Aristotle,in «Hermes"',1998,pp. 145-172. 16

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Dike e la città__________

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Nel rifiutare di diventare tiranno Solone rifiuta il potere assoluto. Il rifiuto è espressione di un ideale politico: «potendo sottomettere alla sua autorità gli altri e diventare tiranno di Atene, si fece odiare da entrambi i partiti e ritenne in maggior conto il bene e la salvezza della città che la sua personale grandezza•"· Dietro l'ideale politico, il principio etico della metriotes. È l'ideale, già esiodeo, della misura, cui Solone imprime però una direzione nuova: non più solo modalità del vivere, né semplice esortazione morale, ma vittù civile e politica. I:idea di misura entra nella città, diviene criterio orientativo dell'azione politica. Il potere deve accompagnarsi alla forza, ma potere e forza non possono essere staccati da dike. Come due facce di una stessa medaglia, giustizia e forza: strumenti di buon uso del potere: Queste cose ho compiuto con il mio potere, 14 abbinandoassiemeforzae giustizia •

Queste «cose• sono le riforme dell'ordinamento di Atene. Di esse riferisce Aristotele, e ne indica le principali: «la prima e la più importante era l'abolizione dei prestiti su pegno di persona; la seconda, la facoltà concessa a chiunque volesse di intervenire a favore d'una persona lesa; la terza, infine, che dicono sia stata la vera origine della forza del popolo, il diritto di appello al tribunale: in realtà, quando il popolo dispone del voto, dispone della costituzione»". Alla abolizione dei prestiti su pegno di persona si lega l'abolizione della schiavitù per debiti, che Solone stesso ricorda: Molti ho ricondotto adAtene, patriafondatadaglidei, che erano stati venduti, alcuni ingiustamente altrigiustamente;altriche sotto la spintadell'impellentenecessità se ne erano andatiprofughi, e non parlavanopiù la lingua attica, come succede a chi vaga ora qua ora là, u Aristotele, La costituzionedegli Ateniesi,VI, 3 (trad.di L. Laureati,Laterza,Bari I 972, p. 429). 14 Fr. 30 Gentili-Prato,vv. 15-16. n Aristotele, La costituzionedegliAteniesi, IX, 1 (trad.it. cit., p. 432) e _piùdistesamentev-x. La problematicarelativaalle riformedi Solone,e allafonte anstotelica,è ampiae dibattuta:si veda comunqueP.J.Rhodes,A Commentary on the Aristotelian Athenaion Politeia, ClarendonPress, Oxford 1981e Id., The Laws of Athens in the AristotelianAthenaion Politeia, in No,ru,s.Direito e sociedadecit., pp. 75-87, in part. pp. 76-80, al qualerinvio ancheper approfondimentibibliografici.

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e altri ancora che proprio qui subivano disonorante schiavitù, tremando per gli umori dei padroni, li ho resi liberi86•

Dike è compagna di eunomia,l'ordine conforme a giustizia. Solone mantiene l'immagine esiodea di una giustizia personificata, ma è già solo un'immagine", soverchiata dallaconsapevolezza dell'intento: Questo l'animo mi impone di insegnare agliAteniesi: che Dysnomia procura moltissimimalialla città,

mentre Eunomia rende tutto bene ordinato e conveniente".

È una eunomia diversa da quella esiodea, e da quella tirtaica", una eunomia che attinge direttamente all'idea di uguaglianza davanti alla legge: isonomia"'. La dike di Solone è in realtà il punto di forza di un progetto politico teso a coniugare ordine e armonia nella città. I thesmoi sono l'espressione di questo progetto. 6. La giustizia dei thesmoi.

Thesmos:«disposizione legale, regola, norma•". Leggi, statuizioni solenni. • Fr. 30 Gentili-Prato, vv. 8-15. «Ingiustamente» e «giustamente•: rispettivamente, nel testo gr:eco,ekdikose dikaios.La distinzione attiene allaconformità, formale o sostanziale, alle regole. Il verbo ekdikeo,da cui deriva il termine in questione, indica la punizione dovuta a vendetta, e, in questo senso, ingiusta. Una vendita ekdikos potrebbe esserequella effettuata vendetta personale.In conformità alle regole sarebbe invece Javendita dikaios.Diversamente, la distinzione tra vendita ingiusta e vendita giusta sarebbe incom_patibilecon la ratiodd provvedimento di Solone: sarebbe stato contraddittorio abolire la schiavitù per debin e contemporaneamente accogliere l'idea di una qualche giustavendita di soggetti insolventi. 17 Una «persona poetica» (poeticperson), secondo 1'interpretazione di M. Ostwald, Nomos and the Beginningsof the Athenian DemOCTacy, Clarendon Press, Oxford 1969, p. 66. • Fr. 3 Gentili-Prato, vv. 30-32. " Per un confronto tra Tirteo e Solone si veda, oltre a W Jaeger, Paideiacit., pp. 220 sgg., M. Gigante, Nomos Basileuscit., pp. 42-43. ,io Ma la parola, in Solone, non comf.are. La si incontra per laprima volta nell'anonimo Armodio, canto conviviale che ce ebra la fine della tirannia dei Pisistratidi e l'avvento della democrazia. È dedicato ad Armodio e Aristogitone: «perchéessiuccisero il tiranno e diedero ad Atene uguaglianzadi foggi• {Diehl,Scoliaanon., 10,·13:cito da G. Fassò, La, democraziain GreciaCÌL, p. 25). Sui concetti di eunomiae isonomiasi veda V. Ehrenberg, Lo Sta~ dei Greci (1961), La Nuova Italia, Firenze 1967, pp. 66-67. ' 1 E. Benveniste, J/ vocabolario delle istituzioniindoeuropeecit., p. 359; ma la parola, come altre del linguaggio greco a.rcaico,rimane sostanzialmente intraducibile.

rer

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Dikee la città__________

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Sono thesrrwile disposizioni di Draconte in materia di omicidio", thesmoi anche le leggi di Solone". Il termine è antico. Compare in Omero, a designare la dimensione istituzionale dell'unione coniugale: «Allora, bramosi, i diritti del letto antico riebbero•"· I thesmoi sono in origine le istituzioni poste sotto l'egida degli dei, come è appunto il caso del matrimonio, di cui è custode Demetra: Potnia thesmophore,in un verso di Pindaro, «Signora che dai le leggi•"· Nel tempo, il termine thesmoi viene ad indicare le istituzioni della polis, e i thesmoi diventano «nomoi codificati•"· È il primo passo verso la nuova accezione del termine: volontà del legislatore. Ma non è «manifestazione immediata della volontà umana•"· Solone invoca Zeus, affinché conceda ai suoi thesmoi buona sorte e prestigio". L'uso di thesmosal posto di nomos può essere significativo. Al tempo di Solone la parola norrwsera già nota, attestata in Esiodo e in Archiloco. Esiodo indica col termine nomos la legge di Zeus, ma anche la legge che governa la vita dei campi"; Archiloco richiama un nomos cretese"". E però, al tempo di Solone, la parola n Il testo dellaleggediDraconteè riportatoin A. Biscardi,Diritto grecoanticocit., pp. 284-285: il temùne thesmoi compareallalinea 21; per una analis~e riferimentiin meritoal ripristinodel terminethesmoinel testo, si vedaA. Tulin,Dike Phono11. The Right of Prosecutionand Attic Homicitk Procedure,Tcubner,Stuttgart-Leipzig 1996, cap. I e nn. 93 Solone, fr.30 Gentili-Prato. M Od. XXIÌI, 296. • Pindaro, fr. 37 Maheler (trad. di R. Severi, La Vita Felice, Milano 1999). " Così M. Gigante,Nomos basileuscit., p. 35. " B. Leoni. Lezionidi filosofiadel diritto,I. Il pensieroanticocit., p. 19. "Fr. 40 Gentili-Prato.I dubbisull'autenticitàdel frammento(si veda M. Noussia, Solonecit., n. di comm. p. 379) non inficianoil rappono tra l'invocazionee i thesmoi, come pure il fatto che le invocazioniproemialia Zeusfossero un trattocaratteristico dellapoesia arcaica.Come giàosservato,Solone non chiedeuna rivelazione,invocala benevolenzadivina a protezione delle sue leggi. " Op. 388. Ma sul nomosdi Zeus come legge di caratteregeneralesi vedano le riPaideia cit., p. 142, n. 44, che si richiamaa U. von Wtlaserve avanzatedaW.Jaeger, mowitz-Moellendorf(a curadi), Hesiod. Erga, GU.tersloh,Berlin 1928. 100 «Nomos de Kretikos didaJJeetai•,fr.50 Tard.iti:si veda Archilochmcit., anche per il riferimentoa EraclidePontico,che richiamaArchilocoa dimostrazionedell'antichitàdella costituzione cretese;cfr. anche F. Bossi, Studi su Archiloco,Clueb, Bologna 1984, p. 2J7. 71

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nomos non aveva ancora acquistato la connotazione che l'avrebbe contraddistinta in seguito. In Teognide il termine nomos ha ancora il significato di «costume. 101• La sostituzione di thesmos con nomos si afferma nel V secolo, in concomitanza con l'affermarsi della democrazia 102• Non per una sostanziale equivalenza di significato'", ma al contrario per una significativa differenza, Solone definisce le sue leggi thesmoi. C'è, tra i due termini, una differenza semantica significativa: thesmos ha una valenza sacrale, che in parte deriva dall'antico significato del termine, in parte dall'approvazione divina, che si manifestava attraverso l'oracolo di Delfi. Ma vi è anche una differenza che attiene alla struttura della parola, e che si riflette sulla natura della disposizione normativa. Thesmos ha la stessa radice di themistes, parola che a·sua volta rinvia a tithemi: «porre», ma anche «imporre», .:proclamare», «stabilire». Anche «offrire», «consacrare»-10". Pindaro, nell'Olimpica VIII, menziona entrambi i termini, thesmos'" e nomos, col primo indicando il volere divino che sancisce la fama di Egina (il «celeste decreto•), col secondo le norme di rito'". Eschilo indica con thesmos la legge divina che sancisce la prerogativa delle Erinni'". Thesmos è anche il decreto con cui, a conclusione di Eumenidi, Atena istituisce l'Areopago, e l'istituto stesso. «Fonderò un istituto di giustizia che resterà saldo per sempre•'". E M. Gigante, Nomos Basikus cit., p. 47. M. Ostwald, Nomos and the Beginnings of Athenian Democracy cit., pp. 137173,secondo il quale si trattò di un vero e proprio atto di natura politica voluto da Clistene per rimarcare proprio la svolta democratica della politica ateniese. Il caranere innovativo e fortemente democratico della legge-nomosrispeno alla legge-thesmos è sonolineato anche da D. M. MacDowell, The Law in Classica/Athens cit., pp. 44-45: il termine nomos «implica che la validità di una legge dipende f.iù dalla sua accenazione da parte della comunità che non dall'autorità di colui che 'ha posta•. 103 J. W. Jones, The Law and Legai Theory of the Greeks.An Introductwn, Clarendon Press, Oxford 1956, pp. -33-35. ICII Od. XII, 347. 1 °' Pindaro usa la forma dorica tethmos:OlimpicaVIII, 25 sgg., ma anche Olimpica VII, 88, dove il termine indica «il canto sancito per Riiolimpionici•. 1°' OlimpicaVIII, 77-78. La prima anestazione dell'espressione kat.anomon è in Esiodo (Teogonia417), con riferimento ai sacrifici propiziatorii. 101 Eschilo, Eumenidi, 391. 1 ~ Eumenidi, 484, ma anche 490-491. 101

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così Apollo: •Parlerò a voi, a questo grande tribunale istituito (megan thesmon) da Athena•"'. E le Erinni dolenti: •Questo giorno vedrà rivolgimenti di nuove istituzioni (neon thesmion)'". Thesmos contiene un elemento autoritativo e sacrale, gatanzia di stabilità. Solone vuole imprimere alle sue leggi proprio questo tratto di sacralità, a gatanzia della stabilità di eunomia"'; rafforzate la natura autoritativa dei provvedimenti legislativi, imporre un vincolo duraturo, segno di una rinnovata armonia nella città. Armonia tra le parti, per la salvezza della città: di questa atmonia, Solone stesso si fa simbolo e gatante, presentandosi come medio tra le opposte patti'": come in mezzo tra le schiere di costoro, mi posi quale pilastro 1u.

Alla città Solone offre delle leggi che sono il riscatto della sua dignità, leggi pensate per durate, statuizioni solenni: thesmoi. Sono leggi che non hanno reciso i vincoli con le forme più atcaiche della giuridicità greca, e che proprio per questo danno forza al nuovo compito di dike: argine contro una hybrische ha ora il volto della tirannide 114: •o( Eumenidi, 614-615.

Eumenidi, 490-491. In questo senso mi pare possa essere intesa l'osservazione di Gigante, che legge eunomia come eu-nomos e individua in Solone la presenza di una «Norma divina di giustizia• come fondamento di un ordine generale di vita (M. Gigante, Nomos Basileus ciL, p. 49). iu Accenti assai simili a quelli soloniani si ritrovano in Euripide: nelle parole che Teseo rivolge ad Adrasto a proposito delle tre •categorie• di cittadini (Supplici,238 sgg.), come pure nelle parole, rivolte all'Araldo di Tebe, con cui sottolinea il valore delle leggi scritte, garanzia di uguaglianza giuridica e dunque primo argine contro la tirannide (Supplici,430 sgg.). Ma in Euripide le leggi sono nomoi, non thesmoi. m Fr. 31 Gentili-Prato, vv. 8-9. m È questa la «novità» del pensiero soloniano, e non, come insistentemente suggerisce Havdock, il riconoscimento «che Atene è composta di almeno due classi. quella ricca e quella povera, e che è necessario un compromesso tra le due» (si veda E. A. Havelock, Dike cit., p, 314 e in generale il cap. XIV);piuttosto riduttiva anche l'interpretazione del senso di eunomia: «Può darsi che Solone non voglia dire altro all'infuori del fatto che l'ordine civico favorisce uno stile di vita pacifico ed educato» (ivi. p. 315). Insiste sulla natura economicistica della giustizia soloniana M. Gagarin, Dike in ArchaicGreek Thoughtcit., pp. 190-192. Ma il profdo etico-giuridico della legislazione soloniana emerge chiaro dall'analisi di D. M. MacDowell, The Law in Classicai Athens cit., pp. 29 sgg. 110 111

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la città perisce per opera dei potenti e il popolo è caduto nella schiavitùdi un monarca,per ignoranzaus.

7. Libertà e tirannide.

Come dike, anche hybrisentra nella città. L'antitesi acquista valenza politica. L'antico monito esiodeo ad ascoltare dike e a non seguire hybrisdiviene con Solone messaggio politico, destinato alla città. Nasce da hybrisil male pubblico, demoswnkakon: Il male pubblico arriva a ciascuno dentro casa e le porte del cortile non sono più disposte a fermarlo: al di sopra dell'alto recinto balza e scova nitti quanti anche se uno se ne sta in fuga nel recesso del talamo 116•

L'immagine, già esiodea ma comune a tutta la grecità arcaica, della punizione divina che si abbatte sul colpevole, e sulla sua discendenza, viene utilizzata da Solone in chiave politica: Uno paga subito, un altro dopo; anche per quelli che sfuggano

di persona, e non sopraggiunga a coglierli il destino deciso dagli dei, arriva poi dopo, in ogni modo: senza colpa pagano per le loro azioni o i loro figlio la discendenza in seguito 117•

Indice di una •visione magica• della giustizia, questa punizione che attraversa le generazionÌ 118, in realtà indice di una visiorie religiosa della giustizia stessa. Una visione già propria di Esiodo, che con Solone raggiunge il piano politico. Difficile scindere, all'interno di questa visione, la giustizia come dike dalla giustizia come moira 119. m Fr. 12 Gentili-Prato, vv. 3-4. «Il peggior male per una città è un tiranno .., dirà più tardi Euripide (S•pplici,429).

Fr. 3 Gentili-Prato, vv.26-29. Solone,fr. 1 Gentili-Prato, vv.29-32. 111 Cfr. G. Vlastos, Studiesin Greek Philosophycit., pp. 46-47. 11 ' L'idea di una distinzione tra dike e moiracome espressionidi due diveni livelli di trattazione dellagiustizia,l'uno relativoalla sfera politica l'altro allasfera della vita personale,è inJ.Lewis,«Dike»,«Moira»,•Bios»and the Limits to Undentanding in So/on 13 (West),in «Dike»,2001,4, pp. 113-13S. 11 • 111

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Il destino deciso dagli dei è la giusta punizione (theon moira): Questo sta arrivando ormai, come piaga inevitabile per tutta la città,

e in un attimo essa è caduta nella malvagiaschiavitù, che desta la sedizione civile e la guerra sopita 1:zo.

Anche il monito contro la ricchezza ingiustamente raggiunta ha una coloritura politica. Non è solo esortazione alla misura, diviene parte di un messaggio rivolto alla città: Sazietàinfatti ~nera violenza, quando molta prosperità si accompa~ a UOIDllll

che non pensano in modo conveniente

121 •

Monito contro i ploutousi kakoi: coloro che sono privi di valore (arete), ma provvisti di beni (kremata)"'· A fronte dei kakoi, gli agathoi (i valenti), e gli esthloi (i nobili). Nessun dubbio sulle preferenze di Solone: •non scambieremo mai con loro/ la ricchezza con il valore, perché questo è sempre stabile, / mentre il denaro ora lo ha uno ora lo ha un altro•"'· Ma il messaggio è più generale. La voce di Solone si leva contro la tracotanza di quanti per desiderio di ricchezza e di potere mandano in rovina la città. Di questa tracotanza, di questa hybrische somma in sé arroganza e prepotenza, i cittadini portano la responsabilità"'. Sono i cittadini stessi che per la loro stoltezza,

proni alle ricchezze, vogliono distruggere una grande città, e la mente ingiusta dei capi del popolo, a cui è preparato che soffrano molti dolori per la loro grave arroganza 125• Fr. 3 Gentili-Prato, vv. 17-19. m Fr. 8 Gentili-Prato. iu Fr. 6 Gentili-Prato, v. 1. in Fr. 6 Gentili-Prato, vv. 3-4. La connotazione dispregiativanei confronti dei kakoi in quanto ploutousikakoi è confermata per contrasto dal fr. 7, in cui il popolo è indicato col più generico termine di demos. m Sul concetto di responsabilità in Solone, come pure sulla natura del compito del legislatore, A. Masaracchia, Solone,La Nuova Italia, Firenze 1958,pp. 252-253 e 260261. In polenùca con laeger, Masaracchia contesta l'idea che la responsabilità, degli uomini come del legisatore, abbiain Solone il senso «illuministico• di un potenziamento dell'umano. La concezione soloniana del mondo «hasernere avuto in primo piano la divinità, con la sua onnipotente e solenne fedèltà ai principi eterni della giustizia, che si traducono negli ordinamenti proprietari e morali tipici della società arcaica. In questo quadro, benpiccolo è il posto occupato dall'uomo•. us Fr. 3 Gentili-Prato, vv. 5-8. 1111

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Jellamo,Il camminodi Dike ________

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Ancora: Se avete subito miserie per la vostra dappocaggine, non attribuiteagli dei la causadi esse: siete stati voi a innalzarecostoro, fornendoadessi appoggi, e perciò vi siete presi la malvagiaschiavitù126• È la tirannide il volto estremo della hybris.Il disordine morale e civile, la violenza, l'arroganza della tirannide. La dysnomia:il go-

verno senza giustizia. •Questo l'animo mi impone di insegnare agli Ateniesi•. Nel1'appello che nasce dal!' animo, eunomiae dike coincidono: la giustizia nella città e per la città ha il volto del governo secondo giustizia. Solone affida a eunomia il compito che Esiodo affidava a dike. Ma il compito non è più solo raddrizzare le storte sentenze e fiaccare la tracotanza nei rapporti interpersonali: è anche far cessare gli atti di sedizione, arginare la discordia, disseccare sul nascere i germogli della rovina"'. La tirannide non nasce all'improvviso.

8. Il volto ideologicodi dike. Teognide. Il monito contro la hybris sorgente di ogni male è forte anche in Teognide: Cimo, questacittà è gravidae temo che figli un uomo capace di raddrizzarela nostra stolta ttacotanza118•

Il monito è ricorrente, insistito: nasce dalla hybrisla rovina del-

la città129• Fr. 15 Gentili-Prato,1-4.

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2(,

Fr. 3 Gentili-Prato, 30 sgg. Il messaggio ritorna nel celebre frammento sulla giustizia del mare: «Daiventi è agitato il mare, ma se uno / non lo muove, è tra tutte le cose il più giusto• (fr. 13 Gentili-Prato).L'immobilitàdel marenon agitato dai venti è metaforaper dire dell'equilibriodel popolo, quandonon è scosso claJlasedizione e dalladiscordia:si veda B. Gentili, La giustizia del mare: Solone,fr. JJD., 12 121

West.Semioticatkl concetto di dike in greco arcaico, in cQuaderniUrbinati•, 1975, 2, pp. 159-162. 111 129

Teognide,Elegie,I, 39-40 (trad.F. Ferrati). Elegie,I, 289-292;541-542;603-604;1103-1104. 76

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Dike e la città __________

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Dalla hybris, la discordia civile (stasis)e i massacri tra fratelli (emphyloiphono1).Dalla hybrisla frantumazione dell'ordine politico, la fine di ogni giustizia tra i cittadini (isosdasmos)"'·Infine, un

tiranno: monarchos131 o tyrannosm. Il tiranno è definito demaphagos: divoratore del popolo"'. È lo stesso termine che si incontra in Esiodo, con riferimento alla corruzione dei re, e prima ancora in Omero, nell'invettiva di Achille contro Agamennone'~. In Teognide, demaphagosè più vicino all'uso omerico che a quello esiodeo: indica, più che la corruzione, la prepotenza, l'arroganza del potere. Acquista però, rispetto all'uso omerico, · una precisa valenza politica: indica un potere che non conosce limiti. I: avversione alla tirannide, tipica della poesia aristocratica, si accompagna in Teognide allo sprezzante rifiuto delle nuove classi emergenti. r:elemento ideologico è dominante; l'avversione nei confronti dei kakoi è costantemente ribadita"'. Ai kakoi, il poeta fa carico della hybrische rovina la città: plebei che prima «logoravano attorno ai fianchi pelli di capra»"', ignari di giustizia e di leggi"', Adesso sono loro i nobili, o figlio di Polipao, e quelli che prima erano i nobili ora sono plebe. Come tollerare un simile spettacolo? 1~ Ora ciò che agli occhi dei nobili è un male si cangia in bene

per i plebei:di strane leggiesultano. Ogni senso di rispetto è mono, impudenza e tracotanza hanno sopraffatto la giustizia e dominano per tutta la contrada 1J