Il bello del mio mestiere. Scritti sul cinema 8875212473, 9788875212476

Martin Scorsese (New York, 1942) è uno dei più grandi autori del cinema americano contemporaneo. Fra i suoi capolavori,

124 51 7MB

Italian Pages 243 [105] Year 2010

Report DMCA / Copyright

DOWNLOAD FILE

Polecaj historie

Il bello del mio mestiere. Scritti sul cinema
 8875212473, 9788875212476

Citation preview

Libreremo Questo libro è il frutto di un percorso di lotta per l’accesso alle conoscenze e alla formazione promosso dal CSOA Terra Terra, CSOA Officina 99, Get Up Kids!, Neapolis Hacklab. Questo libro è solo uno dei tanti messi a disposizione da LIBREREMO, un portale finalizzato alla condivisione e alla libera circolazione di materiali di studio universitario (e non solo!). Pensiamo che in un’università dai costi e dai ritmi sempre più escludenti, sempre più subordinata agli interessi delle aziende, LIBREREMO possa essere uno strumento nelle mani degli studenti per riappropriarsi, attraverso la collaborazione reciproca, del proprio diritto allo studio e per stimolare, attraverso la diffusione di materiale controinformativo, una critica della proprietà intellettuale al fine di smascherarne i reali interessi. I diritti di proprietà intellettuale (che siano brevetti o copyright) sono da sempre – e soprattutto oggi - grosse fonti di profitto per multinazionali e grandi gruppi economici, che pur di tutelare i loro guadagni sono disposti a privatizzare le idee, a impedire l’accesso alla ricerca e a qualsiasi contenuto, tagliando fuori dalla cultura e dallo sviluppo la stragrande maggioranza delle persone. Inoltre impedire l’accesso ai saperi, renderlo possibile solo ad una ristretta minoranza, reprimere i contenuti culturali dal carattere emancipatorio e proporre solo contenuti inoffensivi o di intrattenimento sono da sempre i mezzi del capitale per garantirsi un controllo massiccio sulle classi sociali subalterne. L’ignoranza, la mancanza di un pensiero critico rende succubi e sottomette alle logiche di profitto e di oppressione: per questo riappropriarsi della cultura – che sia un disco, un libro, un film o altro – è un atto cosciente caratterizzato da un preciso significato e peso politico. Condividere e cercare canali alternativi per la circolazione dei saperi significa combattere tale situazione, apportando benefici per tutti. Abbiamo scelto di mettere in condivisione proprio i libri di testo perché i primi ad essere colpiti dall’attuale repressione di qualsiasi tipo di copia privata messa in atto da SIAE, governi e multinazionali, sono la gran parte degli studenti che, considerati gli alti costi che hanno attualmente i libri, non possono affrontare spese eccessive, costretti già a fare i conti con affitti elevati, mancanza di strutture, carenza di servizi e borse di studio etc... Questo va evidentemente a ledere il nostro diritto allo studio: le università dovrebbero fornire libri di testo gratuiti o quanto meno strutture e biblioteche attrezzate, invece di creare di fatto uno sbarramento per chi non ha la possibilità di spendere migliaia di euro fra tasse e libri originali... Proprio per reagire a tale situazione, senza stare ad aspettare nulla dall’alto, invitiamo tutt* a far circolare il più possibile i libri, approfittando delle enormi possibilità che ci offrono al momento attuale internet e le nuove tecnologie, appropriandocene, liberandole e liberandoci dai limiti imposti dal controllo repressivo di tali mezzi da parte del capitale. Facciamo fronte comune davanti ad un problema che Riappropriamoci di ciò che è un nostro inviolabile diritto!

coinvolge

tutt*

noi!

csoa TerraaTerra Get Up Kids!

Neapolis Hacklab

csoa Terra Terra

csoa Officina 99

www.getupkids.org

www.neapolishacklab.org

www.csoaterraterra.org

www.officina99.org

www.libreremo.org

MARTIN SCORSESE

IL BELLO DEL MIO MESTIERE SCRITTI SUL CINEMA Martin Scorsese Il bello del mio mestiere. Scritti sul cinema titolo originale: Mes plaisirs de cinéphile. Textes, entretiens, filmographie traduzione di Andreina Lombardi Bom appendici a cura di Andreina Lombardi Bom e Martina Testa

traduzione di ANDREINA LOMBARDI BbM

© Martin Scorsese, 1998 © Editions Cahiers du cinéma, 1998 © minimum fax, 2002

Tutti i diritti riservati Edizioni minimum fax piazzale di Ponte Milvìo, 28 - 00191 Roma te!. 06.3336545 / 06.3336553 - fax 06.3336385 www.minimumfax.com [email protected] I edizione: marzo 2002 II edizione: ottobre 2004 ISBN 88-7521-036-5

ffL:r

Cineasta-cinefilo, Martin Scorsese collega in questo modo la pratica della sua arte al ricordo dei film che hanno segnato la sua vita di spettatore. Come tutti ì grandissimi creatori, Martin Scorsese non separa mai la vita dalla professione: queste si ricongiungono in un moto segreto, intimo, che trova la sua espressione nei suoi film così come nei suoi articoli, spesso profondamente toccanti. La lavorazione del numero 500 resta senza dubbio uno dei ricordi più belli della redazione dei «Cahiers», affiancata per alcune settimane da uno dei talenti più originali e vigorosi cleì cinema americano. Piuttosto che come un'antologia, questo libro è costruito come una variazione su tre temi: la vita, i film e il lavoro, partendo dai quali si è delineata la divisione in tre capitoli, al tempo stesso indipendenti e inscindibili, a immagine e somiglianza cli questo opus cinematografico singolare nel quale passato e presente si fondono in un tutto unico. Da cìnefilo pragmatico, Martin Scorsese costruisce la sua passione per il cinema sotto forma cli un rapporto pieno cli vita, cercando ispirazione nell'opera dei maestri per esprimere la sua visione tormentata e appassionata ciel mondo. In questo modo il desiderio cli realizzare film è aìimentato continuamente clal1'amore per il cinema. È di questo amore e cli questa passione che Il bello del mio mestiere, modestamente, si augura cli rendere partecipe il lettore, cinefilo o cineasta che sia, nella speranza che arrivato all'ultima pagina egli sia divenuto un po' l'uno e l'altro.

UNA PASSIONE AUTENTICA

di Martin Scorsese

Questo libro 1zon avrebbe visto la luce senza il sostegno prezioso dello stesso Martin Scorsese, cli Kent Jones e di Helrn Morris che ne !wnno seguito da vicino la realizzazione.

Ho scoperto il cinema quando ero bambinò. Sono nato nei 1942, e i primi film che ho visto con la mia famiglia sono stati quelli degli anni Quaranta e dei primi anni Cinquanta. Film come Duello al sole e Le forze del male mi hanno aiutato a costruire la mia visione ciel cinema e, in un certo senso, anche la mia visione della vita. Più o meno nello stesso periodo un gruppo cli giovani, più grandi di me cli una decina d'anni, scopriva allo stesso modo il cìnema americano; come per chiunque altro in Francia, per Goclarcl, Truffaut, Rivette, Chabrol e gli altri futuri critici dei «Cahiers clu cinéma», era stato impossibile vedere film americani durante l'occupazione tedesca. È difficile immaginare, oggi, che cosa abbia rappresentato l'arrivo improvviso di una tale quantità di film americani Quarto potere, se non sbaglio, fu proiettato a Parigi solo nel 1946! Per avvicinarsi al cinema, i futuri cineasti della Nouvelle Vague cominciarono a scriverne - e questo fu davvero l'inizio della loro caITiera cli registi, dato che si può avvertire nei loro scritti la stessa passione per iì cinema che più tardi si potrà scoprire nei loro film. Naturalmente a quell'epoca non leggevo i «Cahiers clu cinéma»; la loro influenza negli Stati Uniti cominciò a essere avvertita molto più tardi, per il tramite cli Anclrew Sarris che s'impadronì della "politique cles au-

6

7

teurs" 2 per trasformarla nella "author theory" (in effetti, a metà degli anni Sessanta, Sarris pubblicò alcuni numeri dei «Cahiers» in inglese). Ma fu l'uscita di film come I quattrocento colpì nel 1959, Fino al! 'ultimo respiro e Jules e Jim, nel 1961, a produrre l'impatto decisivo. E molti altri film li avrebbero seguiti. Quando studiavo cinema, al principio degli anni Sessanta, i film della Nouvelle Vague erano uno degli straordinari fenomeni che nascevano in tutto il pianeta: John Cassavetes e Shirley Clarke in America, Oshirna e Imamura in Giappone, i grandi maestri italiani, i giovani registi inglesi. Il nostro insegnante, Haig Manoogian, non si stancava mai di ripeterci: "Filmate quello che conoscete". Era la regola che tutti quei registi - soprattutto quelli della Nouvelle Vague - seguivano rigorosamente, e che distingueva i loro film dal cinema a cui si opponevano (e alcuni esempi ciel quale tuttavia non mi dispiacciono: due o tre anni fa, ho collaborato alla ridistribuzione nelle sale cinematografiche americane degli Orgogliosi cli Yves Allégret). Loro conoscevano Parigi, conoscevano il desiderio e il romanticismo della giovinezza, conoscevano la letteratura e, soprattutto, conoscevano a meraviglia il cìnema. L'amore per il cìnema faceva parte della loro vita, quindi è logico che facesse parte integrante dei loro film. Quei giovani erano già dei registi quando cominciarono a scrivere, e restarono dei critici quando realizzarono i loro film. Non è facile capire, dopo tanti anni, l'entusiasmo, l'intensa circolazione di energia che c'era allora. Quando Rivette mostrava un gruppo cli persone che guardano Metropolis in Paris nous appartient, o quando Godarcl, nel Disprezzo, riprendeva Michel Piccoli con un cappello in testa nella vasca da bagno, come Dean Martin in Qualcuno verrà, non si trattava semplicemente di feticismo gratuito.

Era un modo per affermare che il cinema era la libertà, l'alternativa al conformismo uggioso dell'epoca, una passione autentica. Questa passione si diffuse poi in tutto il mondo, e fu una delle ragioni che ci aprirono la strada, consentendoci di reaìizzare i nostri film. Non ripeteremo mai abbastanza come tutto sia partito da un gruppo di giovani che si erano semplicemente riuniti per scrivere cli quello che amavano. Non è un segreto per nessuno che molti film, al giorno d'oggi, vengono prodotti in uno spirito di sterile professionismo e di calcolo cinico. Per questo è così importante che i giovani sappiano e comprendano ciò che è successo durante quel periodo. È essenziale che capiscano come all'origine di tutto ci fosse la passione. (Apparso sul numero 500 dei «Cahìers du cinéma», marzo 1996)

2. Cfr il volume La politica degli autori. Le grandi interviste dei «Cahìers du cì11éma». minmrnm fax. Roma 2000.

8

9

IL BELLO DEL MIO MESTIERE

SCORSESE PRIVATO

LA NOSTRA GENERAZIONE

Francis Ford Coppola Coppola in un certo senso era il capo, il leader. Ha qualche anno più di noi e così, fra i registi della mia generazione, lui era un po' il padrino. È stato di grande ispirazione per noi, era una sorta di modello. Ci ha aiutato molto. È stato Jay Cocks a presentanni Coppola, così come mi ha presentato Mario Longardi, l'agente di Fellini e di molti altri a Roma. Nel 1970 avevo preparato una raccolta dei documentari e dei film che avevo realizzato da studente, per il festival di SoITento, ed è stato lì che ho incontrato Francis. A quell'epoca stava scrivendo Il padrino. Siamo andati subito d'accordo. Con sua moglie e i suoi figli abbiamo visitato Pompei, ce ne siamo andati a zonzo per un po'. Quando ho fatto Mean Streets, dovevo pagare cinquemila dollari alla San Gennaro Society (san Gennaro è il santo di cui si vede la statua nelle scene della processione, mentre gira per le strade). Ma quei soldi io non li avevo, allora chiesi a Francis se poteva prestarmeli lui, e lui me li prestò. È stato il primo a cui ho restituito i soldi dopo aver venduto il film, ed è stato il primo a vedere il film. Ne po1tai una copia a San Francisco per mostrargliela. Mi incoraggiò e fu una guida preziosa. Aveva ormai finito Il padrino, e fu proprio la sera che gli feci vedere Mean Streets che lui pensò a De Niro per Il padrino - Parte II. Quando girò Il padrino - Parte 11, uno

15

dei film più grandi della storia del cinema, cominciò a occuparsi della sua casa di produzione; e mi proponeva continuamente di lavorare con lui. Ma non mi è mai piaciuto lavorare sotto la responsabilità di qualcun altro. Credo dipenda dal fatto che sono pigro, e perché non voglio lavorare per nessuno. Certo, non penso che avrei lavorato per lui, ma forse la situazione non mi avrebbe consentito di esprimem1i totalmente. Francis fa dei sogni. Ci si concentra, ci lavora e, a volte, riesce a concretizzarli. Per me è diverso: mi ritengo già fortunato quando riesco a pensare un film per volta e poi a realizzarlo. Penso che, all'epoca, tutta quella attività- produrre altri film, supervisionarli - mi avrebbe impedito di lavorare. Certo, oggi produco i film di altri registi, ma questo non mi distoglie molto dal mio lavoro; mentre allora non avrei mai potuto concentrarmi sulla mia carriera e allo stesso tempo fare il produttore. Quando lavori in uno studio, devi rispondere cli quello che fai ai responsabili dello studio: e questo per me è impossibile. Ma Francis mi ha davvero aiutato e incoraggiato per tutti questi anni. Ho scoperto solo adesso, leggendo il libro di JuliaPhillips' You 'llNever Eat Lunch in This TownAgain, che non gli piaceva Taxi Driver. Lui non me l'aveva mai detto. È roba di oltre vent'anni fa. Sei anni fa il produttore Irwin Winkler mi ha detto che Paul Schrader e Michael Chapman2 detestavano Toro scatenato. Thelma [Schoonmaker]3 mì ha raccontato che alla troupe 1. Julia Phillips, brillante produttrice, ha al suo attivo Tc1xi Driver e J11co11tn rm·vicinati del terzo tipo, tra i suoi film più famosi.La sua carriera s1 è interrotta bruscamente. Dopo alcum anni di ritiro dal mondo del cinema. ha raccontato la sua esperienza a Hollywood in un libro-scandalo molto controverso, al quale Scorsese fa qui riferimento, non senza ironia. 2. Paul Schrader è autore della sceneggiatura di diversi film di Scorsese, fra cui Taxi Driver. Tor~ scate11ato, l 'ultìma tenta:uone di Cristo. Michael Chapman ha lavorato come direttore della fotografia in Taxi Driver, l'ultimo mf:::.er e Toro scatenato.

3. Thelma Schoonmaker ha curato il montaggio dei film di Scorsese da Toro scatenato in poi.

16

non piaceva il soggetto del film. Si chiedevano come mai perdessi tem;o a raccontare la storia cli quel fallito, e la cosa mi sorprese molto. Ma poi, una sera a cena, Paul disse a Thelma che aveva rivisto il film e che gli era piaciuto. Mi sembra molto gentile da parte sua. Chapman invece non lo vedo da anni. Mi ha sempre sostenuto e spesso incoraggiato. Recentemente, quando giravo gli esterni di Quei bravi ragazzi, si è trovato a passare nelle vicinanze e si è informato su chi stesse girando. Quando gli hanno detto che si tratta va di me, è venuto a cercarmi per dirmi quanto gli piacessero i miei film più recenti. È stato veramente gentiìe.

Brian De Palma Ho conosciuto Brian prima àegli altri, nel 1964, alla New York University. Brian apparteneva a un'altra generazione.Aveva esordito con due film indipendenti che ali' epoca ebbero un grande successo: Hi Mom! e Ciao America; è stato lui a scoprire De Niro. In effetti ha lavorato con tutti i grandi atto1i della sua generazione, e prima che diventassero famosi. Lo stesso vale per Coppola. De Palma è stato il mio sostenitore principale a Hollywood: mi ha trascinato a tutte le feste, mi ha presentato produttori, attori e attrici. Mi ha tirato fuori dall'ospedale quando soffrivo d'asma. Non parìo dei periodo in cui mi drogavo. Stavo sempre male. Quando avevo quarant'anni, l'asma è scomparsa di colpo ... Stavo raccogliendo materiale per L'ultima tentazione di Cristo e una guaritrice mi ha imposto le mani. Mi trovavo negli uffici di Irwin Winkler e di Robe1t Chartoff, che inizialmente avrebbero dovuto prodtme il mio film (alla fine l'ho fatto con altri produttori). Insomma questa donna mi ha guarito. Un film con Ellen Burstyn,Resurrection, è ispirato a lei. Prima non riuscivo a dormire, mi svegliavo tutte le mattine tossendo, poi riuscivo a riprendere sonno, un sonno molto profondo; ma a quell'ora dove-

17

vo alzarmi per andare al lavoro. Tanto che ero sempre spossato e di cattivo umore. Lei si è messa dietro di me, mi ha posato le mani sul petto, e ho sentito una specie di calore. E quella notte ho d01111ito. A Los Angeles c'era lo smog, il traffico ... E poi c'era la tensione che derivava dallo sforzo di farcela a tutti i costi. Io venivo da New York, ed eccomi a L.A., in un posto tutto nuovo, a lavorare come montatore e a cercare di girare un film mio. Ero molto irrequieto, e tutto questo si traduceva nelle crisi di asma: a volte erano così violente che dovevano ricoverarmi. Per tutto quel periodo Brian veniva a trovarmi, si occupava di me e alla fine mi riaccompagnava a casa. A quell'epoca, poteva capitarmi di restare dieci giorni filati in ospedale. Era molto dura. Brian è un grande regista. Nessuno è capace di interpretare visivamente le cose come ìui. Voglio dire, rìesce a raccontare una storia per mezzo della cìnepresa. Prendete per esempio la scena degli Intoccabili in cuì Charles Martin Smith viene ammazzato nell'ascensore. Guardate la steadycam. De Palma non si accontenta di muovere la cinepresa in un lungo piano sequenza giusto per far vedere che sta usando la steadycam. Una volta Francis mi ha detto che con una steadycam ci si può muovere come si vuole, si può anche salire in cima all'Empire State Building e ridiscendere in una sola sequenza: può farlo chiunque, basta saperla usare un po'. Un sacco di registi utilizzano la steadycam senza sapere veramente cosa farci. Invece Brian la usa per raccontare ìa storia, con quel piano sequenza porta avanti la storia. Questo è solo un esempio fra i tanti. Prendete Carlito's Way: c'è una inquadratura nella quale sì entra in un night-club e la cinepresa avanza, poi si solleva. Lui sceglie sempre delle storie che gli permettano di fare cose del genere. Quando prendi un vero film alla De Palma, come Omicidio a lucì rosse o Doppia personalità, il risultato è unico. È provocatorio: può fare qualcosa già fatta da Hitchcock e dire: "Lo ha già fatto lui ... E allora? Io lo faccio così". 18

È difficile quando ci dicono che siamo dei grandi registi. Abbiamo visto molti film, senza dubbio più di quanti ne abbiano visti quelli che si complimentano con noi, e abbiamo sempre vissuto con questi film, i classici ciell 'età d'oro hollywoodiana. Sappiamo ciò che vogliamo ottenere ma siamo coscienti del fatto che difficilmente ci riusciremo, quasi maì. Su questo io e Brian la pensiamo allo stesso modo. Cerchiamo di restare a galla. Qualche volta l'acqua sale e noi finiamo sotto, poi scende di nuovo e allora cerchiamo cli respirare ...

Steven Spielberg Spielberg proveniva dalla televisione, un campo del quale non sapevo niente. Era un altro mondo. Ancora oggi, quando ci incontriamo, nessuno dei due sa che cosa l'altro abbia in testa ... (Ride.) È un altro tipo cli sensibilità. Ma in comune abbiamo il gusto per i vecchi film di fantascienza degli anni Cinquanta. In generale, lui preferisce i vecchi film prodotti dalle grandi case cinematografiche ... È il suo lato alla Michael Curtiz ... Ha sempre detto di me che volevo diventare un secondo Victor Fleming,4 sottintendendo che vorrei assomiglia.re a quei registi che lavoravano per le grandi case di produzione. Ma io non ho assolutamente intenzione cli diventare il nuovo Victor Fleming! (Ride.) Non che lui fosse un cattivo regista, ma ce ne sono altri con i quali preferirei identificarmi: Vidor, Ford, Walsh, o Welles, che non era certo un regista da grande casa di produzione. Eppure Ford ha dato il meglio di sé lavorando per i grandi studios, proprio come Walsh. Quello che mi piace di Steven è il suo senso della messa in sce4. Michael Curtiz e Vie tor Fleming sono due registi simbolo della Hollywood anni Trenta e Quaranta: il pnmo ha diretto Casablw1ca, il secondo Via col vellfo.

19

na, il suo modo di disporre gli elementi nel quadro, di far muovere 1~ comparse e gli interpreti. È un grande fabbricante di immagini. E capace di visualizzare e di trovare in un attimo il (Tiusto angolo di ripresa. Prendiamo la scena dell'invasione giap;onese di Shanghai nell'Impero del sole. Era in esterni, ripresa dall'alto, dal punto di vista di un caseggiato. E luì gridava: "I giapponesi di qtia, i cinesi dall'altra parte. Fate questo e quello, e voi altri, spostatevi per di qua!" (Ride.) Io sul set non c'ero, ma quando mi ha spiegato come aveva fatto, ho detto: "Dio mio, è incredibile!" Mi ha raccontato che prima di tutto aveva dise b0 nato ooni inquadratura , e b che all'ultimo momento aveva immaginato qualcosa di diverso. I giapponesi, i cinesi, ìa ripresa dall'alto, i due soldati cinesi che muoiono nel primo piano dell'inquadratura. Chi altro sarebbe in grado di fare una cosa del genere? Io mi trovo in difficoltà anche solo a far muovere due personaggi in una stanza! Alcuni registi preferiscono rìprendere da ogni angolazione possibile, e poì risolvere tutto in fase di montaggio. Ma in realtà c'è un solo modo giusto di riprendere una scena, e bisogna trovarlo. Badate bene, Peckinpah riprendeva da diverse angolazioni, ma possedeva una grande forza. L.Q. Jones 5 e quelli che hanno lavorato con lui raccontavano che Peckinpah faceva i film sempre tre volte: al momento della sceneggiatura, sul set e in sala di montaggio. Era la sua maniera personale di procedere, senza farsi troppe domande. Anche Arthur Penn lavorava ìn questo modo. Se Peckinpah avesse dovuto filmare la nostra conversazione, avrebbe fatto anzitutto un campo lungo cli noi tre, poi un campo medio su voi due, poi un primo piano su di me, poi un altro, più ristretto, su ciascuno cli voi, poi un altro di me dal vostro punto di vista, e poi avrebbe portato tutto al montaggio. Quando sai in anticipo da quali angolazioni fil5. L.Q. Jones ha interpretato diversi western di Peckinpah, fra cui ll 111ucchio sel1·aggio e Pat Garrett e Bil/y the Kid.

20

mare una scena, imprimi una visione personale al film ... Questo lo sì vede in Cane di paglia. È possibile vederlo anche nel Mucchio selvaggio, ma è più chiaro in Cane di paglia, dove avviene su una scala cli versa, più piccola.

George Lucas È un amico fantastico. Ho preso perfino un aereo apposta per anelare alla festa del suo cinquantesimo compleanno, e due settimane fa sono andato a San Francisco per una foto che cì ha scattato Annie Leibowitz: eravamo io, Coppola, Spielberg, George ... A George non piace dirigere, lo detesta.C'è gente che viene regolarmente a trovarlo per dirgli: "Voglio diventare regista". E lui risponde sempre: "Peggio per te! Buon divertimento!" È un visionario che ha realizzato il ranch Skywalker, e il fantastico sonoro THX. ln questo momento sta girando di nuovo aìcune scene del prìmo Guerre stellari rielaborandole al computer. È una specie di Davicl O. Selznick." Non vuole dirigere, vuole.fàre dei film. Anche se ci conosciamo eia quasi venticinque anni, siamo completamente diversi. Lui è di Marin County, ìn California, e la cosa che gli piace di più è la Cammo, un modello speciale cli automobile realizzato dalla Chevrolet. A Manhattan, dove vivo, non c'è bisogno cli avere la macchina, ci sono i taxi! I nostri modi di vivere sono completamente diversi. Sapete qual è il piatto preferito di George? L'hamburger cli Big Boy, una storica catena di drivein ... Io e Brian lo prendevamo sempre in giro per tutte queste differenze culturali che ci separano. Ma in tutti questi anni ci siamo

6. Selznick è stato uno dei più grandi produttori dell'epoca d'oro degli stlldiu.1· hollywoodiani. Fra i suoi film, È /!lita una stella, Via col vento. Duello al sole, Il ter::.o uomo.

21

divertiti un sacco insieme. George ha un rapporto più stretto con Francis, che ha conosciuto alla scuola di cinema. Ci siamo conosciuti tutti intorno ai 1971-72.

Una nuova generazione Tarantino è diverso dalla nostra generazione. Paui Schracler mi ha eletto una cosa divertente a questo proposito. Per capirlo, bisogna conoscere almeno un po' !'universo cleì talk show televisivi americani. Abbiamo Johnny Carson, che rappresenta ii talk show classico, e il nuovo, David Letterman, deJ tutto diverso, sempre aggiornato, che commenta in modo satirico la società, la televisione e l'idea stessa di celebrità. Carson è più autentico. Insomma Schrader ha eletto: "Tarantino sta a Scorsese come Letterman sta a Carson". (Ride.) Vale a dire che oggi l'eroe ironico è "in", mentre l'eroe esistenzialista sarebbe ·'out". "Siamo finiti", mi ha detto Schrader un giorno; e io gli ho risposto: "E allora? Noi siamo uomini del ventesimo secolo, e il ventunesimo secolo sta arrivando". Me ne infischio. Non avevo idea che i personaggi che avevamo creato fossero degli eroi esistenzialisti. Non ho mica studiato filosofia. Ho sempre creduto ai sentimenti di quei personaggi. E se provo di nuovo la stessa cosa per un pei·sonaggio, lo utilizzerò allo stesso modo, non importa se è alla moda o se è ironico. Continuerò a fare film con personaggi nei quali credo. L'eroe cli Tarantino è ironico, non esistenzialista. Se gli capita di ammazzare qualcuno, dice: "Be', e con questo?" Del resto non credo che sia una grande novità; mi sembra che Goclarcl facesse la stessa cosa nei suoi primi film. Mi è piaciuto Le iene. L'utilizzo della musica è fantastico. L'ispirazione viene da Melville. È stato proprio Schracler a farmi scoprire Jean-Pierre Melville, portandomi a vedere Tutte le ore feriscono. l'ultima uccide!, che è un film straordinario. 22

Poi abbiamo visto Lo spione, Bob il giocatore e Frank Costello faccia ci 'allgelo. Comunque è vero che, rispetto a Tarantino e a tutta la sua generazione, noi altri siamo un po' sorpassati. Può darsi che Paul Schracler la veda anche da un altro punto cli vista; è uno sceneggiatore e deve guadagnarsi eia vivere facendo questo mestiere. Mi dice che oggi le grandi case cinematografiche aspettano che qualcuno gli porti il nuovo Pulp Fiction. E sono le stesse che a suo tempo ignorarono Pulp Fiction. Paul dice che, se anche scrivesse il nuovo Pulp Fiction e glielo portasse, i dirigenti non sarebbero capaci cli riconoscerlo, visto che non erano stati capaci di riconoscere il primo. Lui ha l'impressione che al giorno d'oggi, nel sistema hollywoodiano, per essere uno scrittore si debba essere alla moda. Si sente completamente intrappolato in questa logica. Quanto a me, che non sono sceneggiatore, ho problemi di altro genere. Mi piacerebbe poter vivere ciel lavoro di sceneggiatore, ma non ho una sufficiente padronanza cli quel tipo di linguaggio. Non mi interessa l'intreccio. Quando guardo un film mi piacciono gli intrecci, ma quando faccio un film mi interessano di più i personaggi, preferisco disarticolare le nozioni cli tempo e di spazio. Cerco di trovare altre forme cli narTazione, di allontanarmi dalla drammaturgia ciel diciannovesimo secolo, che si basa su una divisione in tre atti. A Hollywood sono ancora fermi a queste strutture classiche. Capita di sentirsi dire: "Il film è buono, ma c'è un problema nel terzo atto ..." Il terzo atto? Che cosa vuoi dire? Siamo forse a teatro, sta per alzar-si il sipario? Un film come ho già ripetuto molte volte è costruito su una serie cli sequenze, a loro volta divise in scene. Ci sono cinque o sei sequenze divise in cinque o sei scene. Questa è la struttura tradizionale, e poi uno può tentar-e di rivoluzionarla. Si può fare come Goclarcl: nel Disprezzo, la prima parte del film è costituita dalla scenata nell'appartamento. Tutta la prìma parte! Io vengo da una tradizione cinematografica basata sul!' entertainment. È la tradizione del cinema americano. '.'.3

Perciò bisogna fare attenzione al modo ìn cui si racconta una storia. Se un progetto che ho in testa da dieci o quindici anni non riesce ad andare in porto, per me è un brutto colpo. Ci sono stati due mom~nti nella mia vita in cui non sapevo più cosa volevo fare davvero. E successo tra New York, New York e Toroscatenato,e poi tra Re per una notte e Il colore dei soldi. Ma dopo Il colore dei soldi sapevo che, se non avessi fatto L'ultima temazione di Cristo, avrei potuto girare Quei bravi ragazzi, al quale avevo già messo mano. Sapevo che avevo rimesso in carreggiata il mio lavoro. (Testi11zonia11z.e raccolte da Thierry Jousse e Nicolas Saada a Lcmdra il 3 fèbbraio 1996, e apparse sul rn,mero 500 deì «Cahiers du cinéma», marza 1996)

lOEDENIRO

Non eravamo mai andati a bere qualcosa insieme, ma frequentavamo gli stessi locali. Mi ricordo che tutti gli volevano bene perché era veramente simpatico. Fu Brian De Palma a parlarmi di lui ìa prima volta. Io non mi ricordavo di Bob, ma lui si ricordava di me. Ci incontrammo a una cena a casa di Jay Cocks 7 (che è stato un punto di riferimento per ogni cosa che riguardasse Mean Streets). De Niro mi si avvicinò e cominciammo a parlare degli amici che avevamo in comune. Frequentavamo la stessa saìa eia ballo, la Webster Hall, negli anni Cinquanta (i miei genitori la frequentavano negli anni Venti), la stessa in cui ho ambientato la scena cli Toro scatenato nella quale Vickie balla con dei gangster. Organizzai per lui una proiezione di Chi sta bussando alla 111ia porta? Pensavo che la parte cli Johnny Boy [in Mean Streets] fosse perfetta per lui. Un giorno lo vidi per strada, vestito come ai vecchi tempi, con un cappello ... mi sembrò che il cappello fosse completamente in tono con il personaggio. Capii subito che era lui!

7. Jay Cocks è un critico cinematografico amico c(i Scorsese, insieme al quale ha scntlo la sceneggiatura dell' Etcì dell'i1111oce11::,a. E inoltre l'autore della sceneggiatura di Stra11ge Days. 24

25

1vlean Streets

Avevamo provato ìa scena nella sala da biliardo. Ma Bob saltò sul tavolo con Io slancio cli un animale preso in trappola. Non ricordo se fosse compreso in quello che avevamo provato, ma mi sembra di avere previsto qualcosa del genere, la fiamma cli una candela che prima di spegnersi diventa più brillante ... ed è proprio quello che ha fatto lui. Adesso non saprei dire se è stata un' improvvisazione, ma faceva parte di un lungo piano-sequenza. E un'altra cosa che fa è tirare calci. Quando vivi per strada elevi saper tirare calci, può salvarti la vita se non sei abbastanza forte con i pugni ... Bob tutto questo lo sapeva a memoria: ed è questo che rende la scena così autentica. Quanto a me, soffrivo di asma e quindi non ero in grado cli fare a botte: non solo non ne avevo il coraggio, ma a causa dell'asma difficilmente avrei potuto salvarmi con la fuga. Sarebbe stato ridicolo tirare un calcio e poi restare fermo lì come un idiota a farsi picchiare ... Alla fine di Mean Streets- tutto era stabilito nella sceneggiatura, naturalmente - il ritmo si intensifica, accelera: c'è una successione di tre scene che si ripete. Anzitutto Michael, l'usuraio, comunica a Charlie [Harvey Keitel] che Johnny [Robert De Niro] non ha pagato il suo debito. Poi Charlie io dice a Johnny, che si scusa e promette di pagare ia prossima volta. Infine Charlie va a dire a Michael che riavrà il suo denaro. Avevamo provato queste tre scene e, man mano, tutto diventava sempre più violento e complesso.Alla fine, quando non ci sono più alternative, la parola passa alle armi. Mi ricordo che mio padre diceva: "Quando sì paria troppo, alla fine non restano più parole a disposizione. Non resta che andare a prendere una mazza da baseball e picchiare!" Qui ci troviamo al cli là delle parole, ma anche di una semplice scazzottata. Tirando fuori un revolver, Johnny infrange in pieno il codice cli comportamento della strada (non dimentichiamo che non si tratta

'26

di gangster, ma di ragazzi). I tizi con i quali ho trascorso la mia adolescenza - ecco la cosa importante in questa scena - somigliano a Michael: delle persone di animo gentile, in fondo. Johnny esprime tutto il suo disprezzo per una persona del genere, pyrché a lui non frega niente di niente, non gli importa di morire; invece Charlie deve continuare a vivere nel quartiere e cerca di tenere tutto sotto controllo. Michaeì può anche comportarsi come se fosse un vero gangster, come se avesse fatto un patto di sangue e via folcloristicamente dicendo. ma tutti sappiamo che non è un gangster e che probabilmente non lo sarà mai: non ha né il fegato né il cervello necessari. Ma perché farglielo capire?, sta dicendo Charlie a Johnny: se Michael mi mancasse di rispetto, le cose si potrebbero aooiustare in un certo modo, ma lui non manca di rispetto a nessubb no, e allora perché farlo passare per imbecille? E invece Johnny, mettendo mano al revolver, lo costringe ad agire ... Michael non ha più scelta.C'è una battuta di dialogo che mi fa morire dalle risate. È quando Johnny dice a Michael: "Io mi sono fatto prestare soldi da tutti quelli del quartiere, e non li ho mai restituiti. Perciò non potevo hmneli prestare più da nessuno, giusto?[ ... ] Ho chiesto soldi a te perché eri l'unico stronzo della zona a cui potevo prenderli senza poi doverli restituire!" Michael è un ragazzo gentile, ma non appartiene a quel mondo: si comporta come un gangster, ma tutti sanno che non lo è. Johnny ìo costringe a usare la violenza. Johnny ha detto la verità, ma qualche volta dire la verità non è saggio.

Taxi Driver In una delle mie scene preferite Harvey Keitel e Robert De Niro si trovano uno di fronte ali' altro: il corpo cli Keitel è in posizione di attacco, pronto a colpire, mentre Bob gli sta davanti impassibile, gelido, pronto a tutto, come a dire: "Magari le prendo, ma pu-

27

re tu non la passi liscia". Fu incredibile il modo in cui Bob si bloccò all'improvviso. Sapeva fare qualunque cosa. AH' improvviso assunse quella posi~ione, e a queì punto Keitel capì perfettamente come muoversi. E una scena molto divertente perché Harvey Keitel l'aveva totalmente improvvisata, compreso il discorso su quello che può fare con Iris [Jodie Poster]: "Puoi farci questo e quello ... ma niente roba sadica!" Come una litania oscena. È l'umorismo della strada, anche se la maggior parte delle persone 11011 lo trova divertente ... Tuttavia il film è piaciuto molto. Avevo una gran voglia di fare il film per via della sceneggiatura di Paul Schrader e della forza dei personaggi, ma non ci credevo, pensavo che non avrebbe mai funzionato. Bob invece ci credeva. E anche i produttori. Il taglio alla mohawk ... È una sorta di omaggio a un mio amico, Vietar Magnotta. Eravamo insieme alla New York University. Voleva farsi prete. Poi scoppiò la guerra del Vietnam e lui si arruol? nei r~p~1rti speciali. Si ritrovò in uno degli squadroni pegg10n, specializzato nella guerriglia. Al suo ritorno, ci incontrammo una sera a cena. E mi raccontò tutto quello che aveva fatto, · quello che gli era successo laggiù ... Erano veri racconti dell'orrore. Poi si mise a fare io stunt-man. E infatti compare in tutti i film che ho fatto fino a un certo momento. Una sera, mentre giravamo Taxi Driver, eravamo a cena insieme, e Bob gli chiese cli raccont~re l.a sua esperienza nelle forze speciali, la giungla, i serpenti e via cl1cendo. E lui ci raccontò che a Saigon, quando si incontravano per strada dei tizi con il cranio rasato alla mohawk, voleva dire che appartenevano alle forze speciali, che era meglio stargli lontano perché erano pronti ad avventarsi, a uccidere. Erano stati condizionati a fare questo. Poi ci mostrò una fotografia. Il taglio era un po' più corto cli quello che Bob ha nel film, ma gli somigliava molto. E non mi ricordo chi disse che dovevamo riprenderlo nel film. Bob dice che l'idea è stata sua. È una storia di cui ci sia28

mo appropriati tutti e due. (Ride.) Diciamo che è sua! Mi ricordo che ci guardammo allo stesso momento. A partire da allora è capitato sempre più spesso che io e Bob avessimo queste idee simultaneamente. Anche poco tempo fa, all'epoca di Cape Feor. Ero andato in campagna per due giorni - cosa che in linea di massima non faccio mai e lui ha cercato di mettersi in contatto con me. Al mio ritorno l'ho richiamato e gli ho detto che durante il mio soggiorno avevo rivisto Il promontorio della paura, e che mi ero reso conto che bisognava utilizzare a ogni costo la musica originale di Bernard Herrmann. E ìui mi fa: "È proprio per questo che voìevo parlarti. Ho avuto la stessa idea!" (Ride.) È così dai tempi di Taxi Driver. Vie Magnotta è morto durante un'acrobazia su un set di New York ... Era l'ultima acrobazia della giornata: un tuffo nell 'Hudson con la macchina. È stato nel I 988. Ha tirato a sorte con un altro stunt-man, ed è toccato a lui. Si è tuffato e non è più risalito in superficie ...

New York,New York Robert De Niro possiede una gamma recitativa immensa. Sul set di New York, New York abbiamo tentato ogni genere di cosa e siamo andati molto lontano. Ognuno ha i suoi limiti e c'erano momenti in cui io stesso non sapevo fin dove potevo spingermi. Ho fatto Neiv York, New York seguendo un metodo molto diverso dai miei film precedenti. Di solito preparo tutto, disegno le inquadrature prima di girare. Può darsi che i miei piani cambino a seconda della scenografia o degli esterni, ma ci sono sempre dei piani già pronti, dei quali ho veramente bisogno. In New York, New York ho cercato di improvvisare, e non mi sentivo molto a mio agio. Ho sprecato un sacco di tempo e di sol29

di. E mi aspettavo molto da Bob, che trovavo davvero straordinario dopo Mean Streets e Taxi Driver. Pensavo che stimolandolo avrebbe dato qualcosa di unico in ogni ripresa, in ogni momento. Quindi ho spinto molto in quella direzione. Ma oltre un certo punto non si può andare. Dopo questo film, mi sono fatto un punto d' onore di "recitare" ogni tanto in qualche film, di mettermi almeno qualche volta davanti alla cinepresa per rendermi conto di quello che rappresentano per un attore l'attesa, i cambi di sceneggiatura all'ultimo momento ... Voglio imparare i limiti, per capire quanto posso davvero aspettarmi dalle persone. Per esempio, cambiare i dialoghi al! 'ultimo minuto: per molti attori questa è una grossa difficoltà. Imparano un testo a memoria, e poi ecco che viene cambiato tutto. Come si fa a improvvisare restando nel personaggio? Quando recito, non recito davvero, cerco di restare me stesso. Ma almeno sono davanti a una cinepresa, sento da dove viene ìa luce. E quindi capisco che a mia volta posso far sentire le stesse cose anche all'attore. In New York, New York mi aspettavo molto da Bob e da Liza Minnelli. Ho ottenuto quello che volevo ma, se avessi saputo modellare meglio la loro recitazione, avrebbero avuto modo cli ampliare ancora di più la loro gamma espressiva. Però ci sono tre scene di cui sono proprio soddisfatto. La scena iniziale, quando Bob cerca cli rimorchiare Liza nel iocale notturno, è riuscita molto bene; la scena della proposta cli matrimonio nella neve, quando lui rompe il finestrino per sbaglio, è stata improvvisata fino a quando non abbiamo trovato davvero il tono giusto; la terza sequenza, che secondo me è la migliore, quella a cui avrebbe dovuto somigliare tutto il film, è quando provano insieme all'orchestra. Lei dà il tempo ai musicisti: "Uno, due ... ", ma lui la interrompe e le dice: "Non farlo mai più ... Tu non dai il via all 'orchestra, sono io che do il via all'orchestra ... " Poi si airnbbia e comincia a rovesciare i tavoli. Poi le dà una pacca sul sedere, per umiliarla. E infine si mette a litigare con il batterista. A questo punto

non si tratta più soltanto di una prova. La scena racconta anche qualcos'altro: la loro collaborazione, la rivalità che esiste fra loro, la loro gelosia, ì loro desideri, le loro musiche che vanno in due direzioni opposte. Tutto il film avrebbe dovuto essere come queste tre scene. La cosa migliore del film sono Dél Niro e Liza ... e i comprimari, che sono bravissimi. Poi c'èHappy Endings,la finta commedia musicaìe scritta da John Kancler e Frecl Ebb, che mi piace molto. È bastato dirgli che volevo qualcosa in quello stile. L'idea dell'immagine cli Liza Minnelli come maschera del cinema è stata cli Boris Leven,8 che l'ha ripresa da un quadro cli Eclwarcl Hopper. .. Boris Leven ha disegnato tutti gli interni. L'unica cosa che mi restava da fare era filmarli. Avevo la musica che ci voleva, un grande coreografo. Era molto facile. I primi dieci giorni di riprese sono il mio ricordo più bello: non sono mai stato così felice.

30

31

Toro scatenato È stato Bob a voler fare quel film. Io no: non capivo niente cli pugilato. Cioè, capivo soltanto che è una specie cli partita a scacchi fisica. Ci vuole l'intelligenza di uno scacchista, ma la partita la giochi col corpo. Uno può essere completamente ignorante e rivelai·si un genio nell'arte del pugilato. Quando ero piccolo, guardavo al cinema gli incontri cli pugilato, che erano ripresi sempre dalla stessa angolazione, e non riuscivo mai a distinguere i pugili. Mi sembrava noioso, e in più non ci capivo niente. Ma avevo un'idea, per quanto minima, delle motivazioni di un pugile, e capivo perché Bob volesse a tutti i costi interpretare il ruolo cli Jake La Motta. Proveniva dal8. Boris Leven è uno dei grandi art director di Hollywood. Ha lavorato con Robert Rossen per Lo spaccone, con Elia Kazan per Fronte del porto e con Josef von Sternberg per I misteri di Shanghai.

lo stesso ambiente di operai italoamericani; eia ragazzi luì e il fratello erano due ladruncoli e questa era la storia di due fratelli, ecosì via. Io avevo in mente un'altra idea, che alla fine è diventata il soggetto cli una sceneggiatura intitolata The Neighborhood, che ho scritto insieme a Nick Pileggi: l'arrivo degli italiani in America, l'incontro tra mio padre e mia madre, e tutta l'esperienza degli italoamericani tra gìi anni Venti e gli anni Sessanta. Era in quella direzione che volevo andare. Lavorai a quella sceneggiatura per due anni. In quel periodo girai New York, New York e L'ultimo val::.er. Divorziai per la seconda volta e nacque il mio secondo figlio. Cominciai a trascorrere molto tempo con Robbie Robertson'J e a fare un grande uso cli droghe. Vivevo al limite e mi distrussi quasi completamente. (Silen::.io.) Subito prima di toccare davvero il fondo, chiesi a Pauì Schracler cli scrivere una nuova versione della storia cli La Motta. Lui ebbe l'idea geniale cli cominciare il racconto dalla metà, nel momento in cui Jake sta per vincere un incontro. Mette al tappeto l 'avversario, ma alla fine perde. Perché? Perché non vuole seguire le regole della mafia. Non per onore, semplicemente perché non vuole dividere i suoi soldi con loro. Quindi torna a casa e litiga con la moglie perché non gli piace come cucina le bistecche. Questo vuol dire che ci sarà una scenata, che la tavola apparecchiata finirà in pezzi e che suo fratello cercherà di fare eia paciere ... Ecco fatto, abbiamo un film. Schrader ci ha dato tutto questo, la progressione drammatica del film, il conflitto che monta. Anelava dritto al socio, ma non m'interessava. Preferivo darmi alla pazza gioia, divertirmi. Non sapevo più che genere di film volevo fare. Soprattutto dopo New York, New York ...

9, Leader della Band. gruppo di riferimento degli anni Settanta che ha suonato con Bob Dyìan. e che Scorsese ha ritratto nel 1978 in Cultww rnl::,er, prodotto dallo stesso Robertson.

L'altra idea che avevo era Gangs ù1New York, un film sulle gang newyorkesi del secolo scorso. Ma non sapevo davvero che cosa volevo raccontare. Il fiasco cli New York, Nnv York era stato accolto con una sorta di esultanza a Hollywood. E io mi lasciai completamente andare, dicendo: "Su, avanti, scendiamo all'inferno, vediamo cosa succede ..." In quel periodo ero ancora abbastanza giovane per pensare che non ne sarei morto. Era il 1977-78: frequentavo gli ambienti ciel cinema internazionale e hollywooèliano. La droga circolava, ce n'era un sacco. Robbie mi diceva: "C'è una festa a Parigi, vuoi venire?" Andavamo ovunque: Parigi, Roma, Londra, New York ... Era sempre la stessa festa. Poi mi dicevo: "Ma in questo modo incontrerò la donna della mia vita? Vivrò delle esperienze sessuali indimenticabili? Non credo!" Ad ogni modo non ci sapevo fare granché! (Ride.) Erano le rockstar a farla da padroni! Loro sì che se la spassavano. Io mi accontentavo di seguirli e di cercare di vivere al loro stesso ritmo. Non riuscivo più a concentrm111i sul mio lavoro. Cercavo di accumulare esperienze .in un modo idiota, ma non ero più in grado di lavorare. Arrivai al punto che quattro giorni su sette restavo a letto, malato, a causa della mia asma, della coca, deile pillole. Quattro giorni su sette! In tutto questo periodo, ero mrnbbiato con me stesso per il fiasco di New York, New York. Che avrei potuto fare dopo? Sapevo di voler continuare a fare film. Ma non sapevo su cosa ... Cercavo semplicemente una situazione, alcuni personaggi dei quali volessi raccontare la storia. Poi successe qualcosa di molto interessante. Feci un film splendido, magnifico, L'ultimo valzer, che era il frutto ciel lavoro cli altre persone assolutamente meravigliose: Bob Dylan, Van Morrison,Joni Mitchell. Ci lavorai davvero sodo, sperimentando moltissimo con i miei due montatori. La supervisione durò due anni. Io avevo girato il film, ma è più opera ìoro che mia. Ricordo la sera della prima al Cinerama Dome. Era senza dubbio la cosa migliore che avessi fatto, e tuttavia non ero felice. Non di-

co che si debba essere felici per ogni minuto della propria vita ... Ma quella sera non provai nessuna soddisfazione da un punto di vista creativo. Nessuna. In quel momento capii che avevo un problema, che c'era quella smta di vuoto dentro me. E cominciai a drogarmi ancora di più! Dopo di questo crollai definitivamente, toccai il fondo. A quell'epoca conobbi Isabella Rossellini. Stavo cercando di riprendermi, ma era già troppo tardi. Il mio corpo aveva ceduto. Pesavo quarantanove chili. Oggi ne peso settanta. Non riuscivo a ricompormi fisicamente e psicologicamente. Mi ricordo che al Telluride Film Festival non riuscii ad assistere fino in fondo alla proiezione di un bellissimo film di Wim Wenders. Wim era presente, e fui costretto a dirglielo. Non riuscivo a restare nella sala di proiezione. Il mio corpo non funzionava più. Non sapevo cosa mi stesse succedendo. Stavo per morire, avevo un'emorragia interna ma non lo sapevo. Mi sanguinavano gli occhi, le mani, tutto. Sputavo sangue ... Era il settembre del 1978. Mi ritrovai a Las Vegas con Tom Luddy, due registi cechi, Isabella Rossellini e Wim Wenders. Per me fu un incubo. Riuscii a tornare a New York, mi misero a letto e prima di rendermene conto ero al pronto soccorso del New York Hospital. Un dottore si occupò di me per dieci giorni. Bob venne a trovanni. Avevamo la sceneggiatura di Paul, ma non riuscivo a riprendermi. Ci stavamo occupando del casting, ma non ci badavo affatto. Ero talmente sfinito che non riuscivo nemmeno a parlare durante i provini. Bob sperava tanto che riuscissi a risalire la china. Da parte mia, ancora non capivo che cosa ci trovasse di tanto interessante in quel soggetto. Sapevo che voleva aumentare di peso per la parte. Allora avevamo entrambi trentacinque o trentasei anni. Non smetteva di ripetermi: "Ho solo altri due anni per poter sottoporre il mio corpo a tutto questo ... Dobbiamo assolutamente fare questo film". E io ancora non riuscivo a comprendere la posta in gioco del progetto. Poi un giorno lui venne a trovarmi e mi

disse: "Ma che ti succede?" E poi continuò: ''Non hai voglia di fare questo film? Tu sei l'unico che lo può fare!" Risposi: "Sì ..." E a quel punto capii; mi accorsi che io ero lui ... (Scorsese mostra lafoto di De Niro nel ruolo cli Jake La Motta obeso) Potevo farlo. Quel film parlava di me ... Non avevo bisogno di dirlo a Bob. Lo sapeva già. Tutto quello che voleva da me era un impegno. E in un certo modo qualcosa scattò dentro di me. Dissi: "Facciamolo allora, su". Lui mi disse: "Vai a trovare Isabella quando esci dall'ospedale, passa qualche giorno a Roma, rilassati e torna. Al tuo ritorno, se vuoi, lavoriamo insieme alla sceneggiatura". Fui dimesso dall'ospedale e partii per Roma, poi andai su nel nord Italia per andare a trovare i Rossellini. Andai anche a trovare i fratelli Taviani, che stavano girando Il prato. Tornato in America partii insieme a De Niro per un'isola dei Caraibi e rimaneggiammo la sceneggiatura. In realtà, durante quelle due settimane e mezzo sull'isola di Saint Martin, rifacemmo completamente il film. È strano perché, due anni più tardi, Peter Savage, uno dei coproduttori del film, morì proprio su quell'isola, colpito da infarto mentre giocava alla roulette ... Aveva una parte in Toro scatenato, e anche in Taxi Driver. Quando tornai, smisi con la droga. Una sera, durante quel periodo, incontrai di nuovo Robbie. Ogni tanto lui si alzava per andare ìn bagno. Io gli dissi: "Non c'è bisogno che vai in bagno per drogarti, puoi farlo davanti a me". Lui mi rispose: "Io non mi drogo, Marty. Perché dovrei? Sei tu quello che si faceva di tutto ... le hai provate veramente tutte, nessuna esclusa". Stava esagerando, ma era vero che avevo sprecato una quantità enorme di tempo e di energie. Però adesso non ne avevo più bisogno. Avevo ritrovato quello che avevo voglia di fare, di dire.L'opinione della gente non m'importava più. Non parlavo mai di questo a Bob, ma lui sapeva che cosa voleva fare con questo film. E anch'io lo sapevo. L'avevamo capito durante quel periodo di lavoro sull'isola. Era talmente chiaro, talmente preciso. Avevo una convinzione fortissima, la stessa di

34

35

quando avevo fatto Mean Streets e Taxi Driver. Mi sentivo di nuovo a mio agio. Mi rendevo conto che il mio atteggiamento nei confronti della droga era stato ridicolo. Ma so che tutti quelli che ci sono passati provano la stessa cosa: ci vergogniamo un poco, abbiamo paura che le persone ricordino e anivino a odiarci per quello che è successo. Ma non è vero. Quello che conta è ciò che siamo e ciò che facciamo nel momento in cui lo facciamo. Ho disegnato tutte le scene di combattimento. Mi ricordo che un giorno Bob mi portò a vedere il suo allenamento per farmi osservare i coìpi. Lui era sul ring. A un certo punto distolsi lo sguardo. Bob venne eia me e mi disse: "Stai facendo attenzione?", e io risposi: "Sì, sì". E lui continuò: "Guarda che io mi sto ammazzando di fatica, mi lascio mettere al tappeto e lo faccio per te ..." Poi risalì sul ring. Ma quello che lui non sapeva era che mi stavo accorgendo di non poter riprendere tutto questo frontalmente, in modo neutro, perché non avrebbe dato l'effetto giusto. Mi dicevo: "Bisogna riprendere il combattimento dall'interno del ring. Bisogna girare in maniera molto dettagliata, molto elaborata". Lui poteva mostrarmi tutti i colpi che voleva, non avrebbe cambiato niente. Aveva ripreso quelle sedute di allenamento con una videocamera perché potessi rivederle molte volte e disegnare le scene più facilmente. Quei filmati mi mostravano un grande impiego di energia fisica, ma niente di più, e non potevo dirglielo. Ciò che mi colpì quel giorno fu ì 'enormità deì compito che mi attendeva se volevo disegnare il film: non dico farlo, ma disegnarlo, disegnare le singole scene di combattimento. Girammo prima quelle, per dieci settimane; il resto delle scene, con gli attori, durò altre dieci settimane. Quelle furono toste, ma erano riprese normali, con problemi che mi aspettavo. Per le sequenze dei combattimenti, invece, io e Michael Chapman, l'operatore, trovavamo ogni giorno enormi difficoltà per sistemare fisicamente le macchine in modo da ottenere le inquadrature che voìevamo. Inoltre dovevamo fare atten36

zione al fisico di Bob, per quanto riguardava la durata giornaliera delle riprese, ma devo dire che sul ring aveva un'energia straordinaria. Le riprese delle sequenze di combattimento equivalevano a quelle di dieci film messi insieme.

Re per una notte

L'idea venne dall'ultima scena di Toro scatenato, quando Bob si guarda allo specchio e ripete il discorso cli Fronte del porto. Era l'immagine di quaìcuno che aveva superato prove terribili, che aveva sofferto e fatto soffrire quelli che gli erano vicini, e che attraverso tutto questo era arrivato a una sorta di pace con se stesso e con il mondo. Io non avevo ancora trovato quella pace dentro cli me. Dopo Toro scatenato, ridiventai nervoso. Per me, quel film era stato fatto alla maniera di un kamikaze: ce l'avevo messa tutta e pensavo che sarebbe stato il mio ultimo film. Pensavo di partire per Roma e andare a girare documentari sulle vite dei santi. Pensavo di riconvertirmi in regista di documentari. Ero ancora piuttosto insoddisfatto. Mi piaceva Toro scatenato e sentivo che l'energia che avevo messo in quel film non si era ancora esaurita, ma non sapevo bene che cosa fame. Allora Bob tornò da me per propormi Re per una notte. Mi disse: "È un film che puoi girare a New York, molto in fretta. Puoi farlo come vuoi". Ci pensai su. Poi mi venne l'idea di Jerry Lewis,lo ìncontrai a Las Vegas e a Los Angeles, trovai anche Sandra Bernhard, e a quel punto feci il film. Ero ancora un po' indebolito dopo Toro scatenato. Non ero ancora del tutto guarito dalla polmonite. Cominciammo la pre-produzione e le riprese cli Re per una notte prima del previsto, a causa di uno sciopero dei registi che stava per cominciare. È stato allora che ho capito di non essere un vero regista. Perché un regista è un professionista. Si alza la mattina per andare al lavoro. Ma io sono pigro. E poi non 37

mi andava molto. Stavo per girare un film da venti milioni di dollari e non mi sentivo dell'umore giusto ... ma ci pensate?! Allora perché avevo accettato di farlo? Mi sentivo a disagio. Bob mi aveva dato •la sceneggiatura dieci anni prima e allora il socrnetto 11011 mi bb aveva detto granché. ma dieci anni più tardi potevo afferrare megiio i personaggi di Jerry e di Rupert, grazie alle esperienze che avevo vissuto nel frattempo. Bob aveva capito queste cose dall'inizio perché era già una star. era abituato al rapporto con ì fan. Riteng~ che il film sia riuscito piuttosto bene. soprattutto grazie agli che sono meravigliosi. Volevo fare due cose: girare quel film 11 pm velocemente possibile, e soprattutto ridurre il mio stile a qualcosa di molto contenuto. con inquadrature dalla composizione molto semplice che suggerissero l'idea che i persona gai vi fossero rinchi~si. I personaggi dividono una stessa inquadratu7-a senza pote~· ~scu-e, e questo crea una sorta di tensione. Mi diede un po' fast1d10 quando al! 'epoca i critici dissero del mio film: "Se ne potrebbe prendere un 'inquadratura e appenderla al muro come un quadro". Io pensavo a certi vecchi film di Hollywood che mi piacevano molto, fatti con un 'illuminazione abbastanza piatta, inquadrature semplici, e che pure hanno una grande potenza e riescono a emozionare. Allo stesso modo dei film di Ozu, per esempio. Non volevo imporre al pubblico dei movimenti di macchina ricercati. La mia scelta era peliettamente adatta al soggetto, perché si trattava di una commedia di costume. Volevo che le inquadrature somigliassero a quelle della teievisione. Michael Chapman, che non ha curato la fotografia di questo film. mi aveva detto che sarebbe stato impossibile perché il mio occhio era troppo sofisticato. Può darsi che sia vero, e infatti è venuto fuori qualcosa di diverso. Quello che è certo è che non lavorai abbastanza rapidamente,e persi la mia e?ergia sul set. E ogni giorno dovevo ricordare a me stesso perché diavolo avevo voluto fare questo film. Con Re per una !lotte capii che sarebbe stato sempre più difficile per me girare un film in fret-

~tto::•

38

ta per passare a un altro. Non avevo più l'età per ragionare in questo modo. Era un soggetto che piaceva a De Niro. e avevano dovuto convincermi a farlo. Se c'è bisogno cli convincermi a fare un film, è meglio che non lo faccio. Non significa che venga fuori un brutto film, che gli attori non recitino magari in maniera straordinaria: solo che io faccio una fatica enorme. Da allora ho capito che devo girare soltanto film che vengono da me. Ma trovo che Re per una notte sia un film molto buono, e gli attori sono formidabili. Dopo Re per una notte dovevo girare L'ultima tentazione di Cristo. Ma il progetto non partì e nel 1983 crollai. Uscì E.T.. e prima era uscito Guerre stellari (New York, New York era mTivato nelle sale una settimana o due prima di Guerre stellari. e il confronto cì aveva letteralmente fatti fuori). Fu questo a farmi crollare. Durante gli anni Ottanta fui costretto a cercare di sopravvivere. nel vero senso della parola. Dovevo ripensare completamente la mia caITiera. Girai perfino due film che non erano stati progettati da me, Fuori orario e Il colore dei soldi. Volevo mettermi in riga e diventare un vero regista. Non lo dico per falsa modestia. Volevo sentirmi capace di realizzare soggetti altrui. e vedere fino a che punto sarei riuscito a farli miei.

Quei bravi ragazzi Fra Re per una notte e Quei bravi ragazzi passarono quasi tre anni. Per tutto quel tempo. non ìavorai con De Niro. A proposito del lavoro in coppia. Michael Powell ha detto: "Quando uno dei due ne ricava più dell'altro. la collaborazione deve cessare". Io ero molto meno soddisfatto cli quanto non lo fosse Bob. Non per causa sua: in Re per una notte è straordinario. Ma capii che non dovevo realizzare soggetti che mi venivano presentati da altri, a meno che non ci trovassi qualcosa di particolare. Come ho detto. avevo 39

deciso di girare L'ultima tentazione di Cristo. Paul Schrader aveva scritto una sceneggiatura magnifica. Cominciai a lavorare al film, e poi il progetto fu annullato. Non mi restava niente. Mi proposero due progetti a Hollywood nel giro di due giorni. Li rifiutai per girare un film indipendente, Fuori orario. Questo film mi permise di fare diverse còse. Anzitutto raccontare una storia molto diversa dal solito - non si sapeva come sarebbe andata a finire. Seconda cosa, era un film di cui potevo facilmente controllare i costi: c'è un uomo che gira di notte per le strade, e sul suo cammino incontra diversi personaggi. Nessuna scena di massa, niente inseguimenti in auto. Terzo, questo film mi ha insegnato a lavorare più in fretta. Lavorare piano come facevo prima non mi avrebbe condotto a niente, io non sono una star. Le star possono permetterselo, io no. Dovevo imparare a ìavorare più in fretta, e fu in questa occasione che conobbi Michael Ballhaus. 1° Con lui giravo dodiciquindici inquadrature al giorno. Le riprese durarono quaranta giorni, anzi per la precisione quaranta notti. Subito dopo questo film, feci Il colore dei soldi seguendo uno stile più hollywoodiano, con una star, Paul Newman. Durante il montaggio di questo film anche Tom Cruise diventò una star: con Top Gun, che uscì in quel periodo. Questo film lo feci in un anno, cioè in un tempo per me assai breve. E alla fine mi ritrovai con due star, Newman e Cruise. Dopodiché, incontrai Michael Ovitz, 11 che mì propose un contratto con la sua società e mi chiese che cosa mi sarebbe piaciuto girare; gli risposi: "L'ultima tentazione di Cristo". Mi diede la sua disponibilità. Un anno dopo, stavamo girando. D'accordo, lavorammo praticamente gratis. E a ripensarci, mi rendo conto che avrei avuto bisogno di due settimane di riprese supplementari ... e

anche di due mesi di montaggio in più. Ci sono degli elementi del film che non avrei mai dovuto aggiungere, delle cose che avrei potuto togliere. Ma ci sono anche delle belle sequenze. Le riprese dell'Ultima tentazione nel 1987 e la sua uscita nel 1988 mi diedero per lo meno l'impressione di trovarmi di nuovo in carreggiata. All'epoca, al momento deì Colore dei soldi, avevo trovato il libro di Nicholas Pileggi, Il delitto paga bene. Mi sono detto: '·È un sacco di tempo che non faccio un film sui gangster". Cercai di informarmi sui diritti del libro. Irwin Winkler mi contattò e mi disse: "Ti piace questo libro? Te lo compro io". lo e Nick Pileggi scrivemmo la sceneggiatura tra il 1986 e il 1988. Ci vollero due anni per ottenere una sceneggiatura solida. Ma a quel punto sapevo che era un progetto su cui potevo contare sul serio. In compenso molti si chiedevano il perché della mia scelta. Marlon Brando, per esempio, quando andai a trovarlo sulla sua i,sola nel 1987, mi disse: "Ma perché vuoi fare un film di gangster? E una cosa che hai già fatto". Perfino Michael Powell me lo disse. Io stesso dopo un po' iniziai a domandarmi se fosse davvero una buona idea ... forse dovevo andare in un'altra direzione. Rimasi affascinato dall'Età dell'innocenza, un romanzo di Edith Wharton che mi aveva fatto leggere Jay Cocks. Volevo cominciare a lavorarci insieme a lui; ne discutevamo spesso, quando la sera passava a trovarmi a casa. Michael Powell voleva leggere la sceneggiatura di Quei bravi ragazzi e chiesi a Thelma Schoonmaker di leggergliela lei, perché lui stava cominciando a perdere la vista. Era un'ottima sceneggiatura, forte, ben costruita. Mi piaceva molto quello che io e Nick avevamo scritto. Ma per il momento avevo lasciato perdere e avevo girato L'ultima tentazione e Lezioni dal vero, l'episodio di New York Stories ,12 perché pensavo: "Forse hanno ragione, forse non dovrei

I O. Direttore della fotografia per numerosi film di Scorsese, ha lavorato anche, tra gli altn, con Fassbìnder. 11. Michael Ovìtz era considerato l'agente più importante di Hollywood.

40

12. New York Stories (1989), film in tre episodi, comprende anche Edipo relitto di Woody Allen e La vita senza Zoe di Francis Ford Coppola.

41

fare que_sto_ film". Ma quando Thelma lesse la sceneggiatura a Michael lm 1111 telefonò e, mi disse: "Ho capito perché volevi farlo. Gira questo film. Fallo. E davvero un modo del tutto nuovo di vedere i gangster". Così mi convinse. Andai a trovare le persone alla Warner che avevano aspettato per tutto quel tempo che te1111inassi L'ultima tentazione di Cristo. E loro mi dissero: "Ci vuole una star... " ~llora c~1iesi a Bob, che aveva letto la sceneggiatura un anno prima, d1. danm un suggerimento per la paite di Jimmy. Lui mi disse: "J1mmy,è quello un po' più anziano,che compare solo in poche scene?" Gli risposi di sì ... "E se lo facessi io?" Gli risposi: "Sarebbe fantastico!" A quel punto la Warner si lanciò e ci diede i soldi per fare il film. Bob era cambiato in quei nove anni che ci separavano da Re per una notte. Aveva girato C'era una volta in America di Seraio Leone, e molti altri film. In altre parole, aveva cambiato stile. Dopo C'era una volta in America, una superproduzione, aveva recitato in Mission, altra superproduzione. Poi aveva fatto una breve apparizione in Brazil: mostrava così la sua volontà di lavorare continuamente, sperimentando e passando dallo stile di un regista a quello di un altro. Quindi si era abituato a lavorare anche pe1: periodi molto brevi, come doveva essere per Quei bravi ragazzz. La nostra collaborazione si era evoluta: mi chiedeva di cosa avevo bisogno, io glielo dicevo; lui trovava una soluzione poi si passava a un'altra scena. Molto rapidamente. Ci veniva d~ ridere, e ne parlavamo fra una ripresa e l'altra nel suo camerino· mi diceva: -"Ti ricordi, prima, come parlavamo? Si parlava, si parlava ... Ma cosa avevamo da discutere tanto?" Ci rendevamo conto di essere invecchiati, rievocavamo i vecchi tempi. Ma la verità è che con Bob si discute sempre. È stato così per Cape Fear ... e per Casinò.

42

Cape Fear Prima di tutto, la scena dello stupro. Non era affatto previsto che il personaggio interpretato da Nick Nolte avesse una relazione con la giovane donna interpretata da Illeana Douglas. Viene detto anche in un momento del film. Ma i critici hanno sempre pensato che fossero amanti. Ad ogni modo, è proprio questa idea di colpevolezza del personaggio dell'avvocato [Nick Nolte] che cercavo di trasmettere: ha perso il rispetto della sua famiglia; qualunque cosa faccia, non verrà mai perdonato. Max, il personaggio interpretato da Bob, interviene per porre fine a qualcosa che lui ha già cominciato. Con De Niro facemmo una ricerca sugli stupratori e trovammo un documento, una deposizione di una donna alla quale era stata strappata a morsi una guancia. Questo tipo di aggressione è considerato solo ''lesioni aggravate". Io, Nick Nolte e De Niro restammo veramente sconvolti. In questo genere di situazioni, una donna è fregata sotto tutti gli aspetti. Il personaggio del film è una brava ragazza, non esce con chiunque. Ha solo bevuto un po' ... ed ecco qua. Comunque sia, questo non era un film che volevo fare davvero; ma avevo preso un impegno con la Universal, gli avevo promesso un film, e così, sulla base di Quei bravi ragazzi e L'ultima tentazione di Cristo, volevo vedere di nuovo se ero capace di fare il regista. Non sto cercando di giustificarmi: in questo film ho tentato diversi esperimenti, alcuni riusciti, altri meno, e onestamente non so dire se nel compìesso funzioni o no. La recitazione di De Niro è sopra le righe, l'ha accentuata di proposito e a me è sembrata una buona idea. Dovevamo far dimenticare la prima versione [Il promontorio della paura (1962) di Jack Lee Thompson] che è, in un ce110 senso, un modello del genere. Nel film di Jack Lee Thompson, Mitchum recita in modo molto sobrio, molto contenuto. Dovevamo muoverci nell'altra direzione, non solo per distinguerci dal primo film, ma anche per raggiungere un altro stato

43

d'animo, una forma mentis religiosa. C'è anche l'idea cli un angelo vendicatore, e cli un personaggio che paga per i suoi peccati. La forma un po' operistica del film era già nella sceneggiatura di Wesley Strick. In un primo momento il regista cli Cape Fear doveva essere Spielberg, e io quello cli Schindler s Lìst. Quando uscì L'ultima tenta-zione ricevetti una telefonata di Tom Pollock 13 che mi proponeva di girare Schindler 's List. Mi spiegò che Steven non si sentiva pronto a farlo. Ma io sapevo che per Steven l'idea di girare Schùzdler s List era altrettanto antica e importante di quanto era stato per me il desiderio di fare L'ultima tentazione di Cristo. Allora lessi il libro, che trovai magnifico. Non capivo il perché del gesto di Schindler. Forse perché era una persona perbene, semplicemente. Ne parlai a Steve Zaillian, che in seguito scrisse una prima versione della sceneggiatura. Poi, quando lessi la sceneggiatura, ebbi la sensazione cli rubare a Steven il suo progetto più personale. E mi dissi che spettava a Steven fare Sc/zindlers List. Lui lesse la sceneggiatura, lariscrisse, poi finalmente la realizzò. Fu allora che decisi cli provare a girare Cape Fear, questa produzione in puro stile hollywoodiano, con una sequenza alla Spielberg come quella della tempesta e delle vere scene d'azione. La scena della tempesta la misi a punto in ogni dettaglio, la disegnai inquadratura per inquadratura senza ricorrere a un disegnatore cli storyboarcl. Come all'epoca cli Toro scate,wto. Facemmo duecento disegni. Lavorai insieme a Fredclie Francis,'-1 un operatore che appartiene a un'altra epoca del cinema. Volevamo che tutto il film sembrasse di un'altra epoca: Elmer Bernstein rielaborò la partitura cli Bernard Hemnann, Henry Bumstead 15 era il direttore 13. Tom Pollock è stato il titolare della U mversal. 14. Freddie Francìs ha curato la fotografia, tra l'altro, di Suspense di Jack Clayton, e di molti film cli Joseph Losey e John Huston. 15. Hemy B umstead ha supervisionato la direzione artistica di alcuni film di Hitchcock negli anni Cinquanta, tra cuì La donna che visse due volte.

44

mtistico, c'erano Gregory Peck e Robert Mitchum. Era una sorta d'incrocio tra il cinema cli ieri e quello di oggi ... La recitazione cli De Niro era molto intensa: ogni scena aveva qualcosa di particolare ... Volevamo mostrare che il suo personaggio ritornava in continuazione, qualsiasi cosa gli si facesse. Non parlo solo del finale, quando Bob riemerge dall'acqua, una scena che appaiteneva cli più al genere, con in più dei riferimenti religiosi. Ma in lui c'è una determinazione fortissima: "Tu mi hai fatto del male. Devi pagare. Niente potrà farmi cambiare idea. Vuoi ricorrere alla legge? Posso farlo anch'io. Vuoi andare alla polizia? Posso andarci anch'io. Ti rivolgerai a un avvocato'? Io posso permettermelo ... Non puoi fare niente. Devi solo pagare. Per di più, sai di avere torto". Volevo che fosse come un coltello. Con quei tatuaggi sulla schiena, il suo corpo somiglia a un 'arma mortale. Andrà fino in fondo, sa che alla fine rischia di ·autodistruggersi, ma non gli importa. E in un certo senso sta facendo un favore al personaggio di Nick Nolte, perché gli apre gli occhi, lo costringe ad affrontare se stesso. Non può più vivere finché non avrà affrontato Nolte. Fu De Niro ad avere l'idea della sequenza in cui si nasconde sotto l'automobile e ci si aggrappa. A partire da questa sequenza entriamo in un altro film, più vicino al genere ciel cinema d'azione di oggi, sul tipo cii Terminator. L'idea era quella cli far tornare continuamente all'attacco il personaggio, come se fosse invincibile. Ma non è un film cyberpunk. C'è in ballo una questione morale, quella della colpa; quando cominciai a vedere il soggetto in quest'ottica, trasformai completamente il personaggio di Max. Nel primo film c'è una scena in cui lui insegue la ragazzina dentro la scuola: a un certo punto lei rimane appesa a una tenda, i sostegni cominciano a staccarsi uno dopo l'altro, e lui sta quasi per prenderla. Ma poi succede qualcosa, la ragazzina si salva e Max se ne va. Inizialmente anche nel mio film c'era una sequenza del genere, ma più semplice: lei si spaventa, ma alla fine si accorge che si tratta semplice45

mente del bidello. Poi però pensai che non ero in grado di girare una scena del genere: Spielberg è bravissimo in queste cose, ma io ero già fortunato se riuscivo a cavarmela con la scena della tempesta ... Mi sentivo uno scolaretto alle prime armi. Allora immaginai un'altra scena tra Max e la ragazzina, nella quale lui la seduce distruggendo quel poco di rispetto e di fiducia che lei ha per suo padre. Io vedevo la sequenza in questo modo. Steven mi consigliò di rielaborare la scena con Wesley Strick, uno sceneggiatore che non conoscevo. Io, Bob e Wesley ci incontrammo di nuovo, e ci dicemmo che tutto ii film doveva partire da lì. Wesley fece un lavoro magnifico su questa sequenza. E a partire da lì è cambiato tutto: i personaggi, la famiglia, tutto tranne la fine. Di tutti i miei film, è quello che ha incassato di più: ottantasette milioni di dollari solo negli Stati Uniti! E anche in Europa. Vi racconto questo perché l'ho letto sull' «Hollywood Reporter» qualche settimana fa. Quei bravi ragazzi ha incassato solo cinquanta milioni di dollari negli Stati Uniti. È stata una buona collaborazione tra me e De Niro, per un fiìm che resta comunque un film hollywoodiano.

Casinò Per Casinò volevo due personaggi, l'uno padrone di sé, l'altro pericoloso. Per gli interpreti potevo pensare solo a Bob e a Joe [Pesci]. Perché sforzarsi a fare ricerche? Non sono veloce come quei registi dei vecchi tempi, tipo Hawks o Ford, che facevano due film all'anno. Io ne faccio uno ogni due anni. Allora perché perdere tempo a cercare in giro? Se in un ruolo trovo qualcosa che è diverso da quello che io e Bob abbiamo fatto finora, mi interessa lavorarci. Incontrammo Rosenthal, che ha ispirato il personaggio interpretato nel film da Bob, e capimmo subito che il personaggio sarebbe stato diverso da quelli che aveva interpretato fino a quel

46

momento. Si tratta di un uomo che nasconde le proprie emozioni, e questo è interessante. Inoltre il suo modo di vestire era perfetto, sia per me sia per Bob. Ci piaceva da morire. Lo invitai alle sed~te di sceneggiatura, come faccio sempre. Non avevamo una stona completa, lineare. Man mano che scrivevamo ìa sceneggiatura, raccoalievamo sempre più informazioni. Quando avevo un eìement; nuovo, lo passavo a Bob, che chiedeva maggiori dettagli a Rosenthal. Poteva darsi quindi che Rosenthal raccontasse un'altra storia a Bob, o a Nìck [Pìleggi] al telefono. Noi prendevamo nota dì tutto. E a partire da quello che ci avevano detto Rosenthal e altrì trovammo il modo di raccontare tutta l'evoluzione della sua relazione con Ginger [il personaggio interpretato da Sharon Stone], basandoci su avvenimenti reali che integrammo con nostre invenzioni. Cambiammo la cronologia, alterammo alcune cose ... Fu un brano molto lungo, molto difficile, perché l'inizio delle riprese era previsto per la fine di quell'anno, mentre per Q'.tei bravi ragazzi avevamo avuto due anni per scrivere la sceneggiatura. Io non volevo fare un film sulla mafia di Las Vegas che parlasse semplicemente di una famiglia. Doveva acquistare un'altra dimensione, doveva comprendere l'intero meccanismo, riflettere l'America di ieri e di oggi. Qualunque simbolo la gente ci voglia trovare,c'è. D~ fatto, poi, è la storia di due personaggi che inseguono un sacco d1 soldi. Sono marito e moglie, e vogliono quei soldi ... Stavolta bisoanava che la recitazione di De Niro fosse" più sob . . bria. Non voglio rifare sempre le stesse cose. E 1111 sento prn a 11110 agio quando mi esprimo attraverso di lui come attor~: Sono stato fo 1tunato a lavorare con lui, perché non ha paura d1 mterpretare personaao-i a volte sgradevoli o spaventosi. La cosa interessante è che Bobbè una persona sincera, buona e affettuosa. Io credo che il pubblico se ne accorga. E lui è riuscito a trasmett~re qu~sto_ suo modo di essere nel personaggio di Travis Bickle, m Taxi Driver. Non so come abbia fatto. Ci sono momenti in cui non abbiamo

47

nemmeno bisogno di parlare per comprenderci. Che si tratti di fiducia, di senso di colpa, di orgoglio. Lo sappiamo. In questo modo evitiamo tutti i problemi di poco conto che gli altri devono affrontare spesso ...

SENZA LA MUSICA SAREI PERDUTO

(Apparso, in forma leggermente diversa, sul 11u111ero 500 dei «Caluers du ci11éma», marzo 1996)

La musica è sempre stata per me una fonte d'ispirazione fondamentale. Quando ero giovane, la musica leggera era la colonna sonora della mia esistenza. Ricordo tutte quelle musiche che invadevano le strade durante la notte, provenienti dalle automobili e dalle case: musica doo-wop, Frank Sinatra, arie d'opera. Per un ragazzo di oggi, che ascolta musica soprattutto sul suo walkman o nell'intimità della sua stanza, deve essere difficiìe immaginare quello che succedeva allora. Era naturale che la musica diventasse altrettanto importante nella mia opera, e questo fin dai miei primi film di studente. Troppo spesso si utilizza la musica solo per definire un tono generale o per collocare storicamente un film-in altre parole, la si riduce a elemento decorativo. Personalmente, non l'ho mai considerata in questo modo. In Mecm Streets, per esempio, la musica è di un periodo precedente a quello del film, perché è quella che i personaggi preferiscono: perciò, invece di ascoltare i successi del 1973, si dilettano con Johnny Ace o con le Ronettes. Per Toro scatenato il mio approccio è stato molto diverso. Ci ho messo la musica della mia prima infanzia, quella dei dischi a 78 giri di mio padre e dei miei zii. Abbiamo selezionato frammenti di canzoni che colpissero lo spettatore al momento opportuno, come quando Bob Crosby fischietta il motivo di "Big Noise from Winnetka" mentre 48

49

Jake [La Motta] guarda Vicki [sua moglie] lasciare il club in auto con quei_ tizi. Abbiamo ripescato brani straordinari di quel periodo, ma, npeto, questo non aveva niente a che vedere con il desiderio di puntualizzare che l'azione del film si svolge negli anni Quaranta. La musica s'intona perfettamente alla collera, alla gelosia, a!le t~ndenz~ autodistruttive di Jake. In Quei bravi ragazzi la musica e p~rte mtegran_te dell'ambiente in cui vivono i personaggi_ fa anch essa parte d1 quel perpetuo movimento in avanti che finisce per diventare incontrollabile. In Casinò è ancora un altro discorso - la musica è più ironica dato che il film ha un tono triste amaro. '

Sono sempre stato molto fortunato riguardo ai musicisti con i quali ho avuto l'onore di lavorare. Uno dei dettagli chiave di Taxi Driver è il fatto che Travis [il personaggio principale interpretato da Robert De Niro] non ascolta mai musica-è completamente solo. Bernard Herrmann ha captato magnificamente questa sensa-

zione di solitudine estrema, di esclusione. All'inizio si era rifiutato di comporre le musiche, dicendomi che non era il suo genere di film, ma quando alla fine ha letto la sceneggiatura (gli è piaciuta moltissimo la scena in cui Travis versa del liquore alla pesca sui suoi cornflakes) ha finito per accettare. Per L ·ultima tentazione cli Cristo, ho pensato alle immagini solo dopo aver ascoltato un gruppo marocchino che sì chiama Nass El Ghiwane. Quando ho sentito la musica di Peter Gabrieì, sono diventato immediatamente un suo fan. La sua composizione per il mio film era magnifica: qualcosa di primitivo, di molto reìigioso, e di profondamente radicato nelle musiche dell'Africa del Nord, della Turchia, dell'Armenia. Era molto lontana dagli accompagnamenti musicali della Più grande storia mai raccontata o del Re dei Re (due fiìm che del resto mi piacciono tantissimo) perché volevo che la musica del mio film provenisse dalle regioni dove si era svolta l'azione. Per guanto riguarda Elmer Bernstein, erano molti anni che ammiravo il suo lavoro. Ha fatto qualcosa di straordinario rielaborando la partitura che Bernard HeITmann aveva composto per la prima versione di Cape Fear. Il mio film è molto lontano dall'originale - la sua energia e il suo scopo sono del tutto diversi. Bernstein ha riorchestrato la partitura in modo magistrale. Per L'età dell'innocenza avevo ovviamente bisogno di una musica che riflettesse il periodo, e in particolare la musica da camera dell'epoca, ma volevo anche esprimere la tristezza opprimente che grava sulle spalle di Newland [il personaggio interpretato da Danìel Day-Lewis]. Elmer ha saputo cogliere questa sensazione con estrema delicatezza. Stanley Kubrick ha detto una volta che la combinazione delle immagini e della musica è guanto di più forte ci sia nel cinema, e basta guardare i suoi film per convincersi che aveva ragione: l 'utilizzo, in Barry Lynclon, di quella musica lenta e maestosa, è asso-

50

51

. La musica leggera ha un potenziale tanto grande da riuscire a mfondere nei film una forza e un dinamismo che altrimenti mancherebbero. Uno degli esempi più sorprendenti si trova in Nemico pubblico, per cui William Wellman scelse della musìca dell 'epoca al posto di una partitura orchestrale. In particolare, c'è il continuo ritornello di 'Tm Forever Blowing Bubbles" che, ritornando senza sosta su immagini di una violenza terribile, finisce per creare una sensazione di gelida ironia. L'altro film la cui musica ~1i ha influenzato molto, Scorpio Rising di Kenneth Anger, ~ssocrnva le canzoni popolari degli anni Cinquanta e Sessanta a 11~magini feticiste della cultura degli Hell's Angels. Vidi per la pnma volta questo film a casa del mio amico Vernon Zimmerman. ~ra stato vietato dalla censura, e mi ricordo che fu proprio la musica la cosa che mi colpì di più. Era una musica che mi era familiare, ma in questo caso era stata utilizzata in maniera totalmente imprevista.

lutamente straordinario. Io so che, senza la musica, sarei perduto. Molto spesso è solo ascoltando ìa musica scelta per iì mio film che comincio a visualizzarlo. (Apparso sul nwnero speciale "Niltsique cut cinema" dei «Calziers du cinéma», dicembre 1995).

SCORSESE CINEFILO

52

UN MONDO MAGICO

È impossibile per me indicare un unico film come il più emozionante fra quelli che ho visto. Da dove posso cominciare? Scarpette rosse, Quarto potere, Otto e mezzo, Sentieri selvaggi, Senso, Il gattopardo, Il terzo uomo, Fronte del porto,La valle dell'Eden, I racconti di Hoffman, Il cavaliere della valle solitaria, La do111w che visse due volte, Il mucchio selvaggio, Gangster Story, Aleksander Nevskzj, Scm:fè1ce, Viaggio in Italia, 2001: Odissea nello spa-:::,io, Duello a Berlino, L'avventura ... In effetti, la prima cosa che mi viene in mente è il ricordo della sala cinematografica in sé. Ricordo quando mi portavano al cinema da piccolo che fossi con mio padre, con mia madre o con mio fratello - e la mia prima sensazione era quella di penetrare in un mondo magico: la moquette spessa, il profumo del popcorn fresco, l'oscurità, la sensazione cli sicurezza e soprattutto quella di essere in un luogo sacro - tutte cose che, nella mia memoria, evocano una chiesa. Un mondo cli sogni. Un luogo che sollecitava e dilatava la mia immaginazione. La prima immagine cli cinema che ricordi proviene dal trailer cli un film cli Roy Rogers. In groppa al suo cavallo Trigger, lo si vedeva saltare al di sopra cli un albero che sbarrava una strada. Mio padre mi disse: "È Trigger, lo sai chi è Trigger?'" E io risposi: "Sì, I. Trigger: in inglese '"grilletto". [n.d.t.J

55

è quella cosa che sta sulla pistola". E lui mi corresse: ''Ma no, è il n_om~, del s_uo ca:'allo. Verremo a vedere il film la settimana prossima . Ind1ment1cabile!

Ma il primo film di cui ricordi il nome è Duello al sole. La rassic,urante _oscurità della sala fu improvvisamente squarciata da un esp~os_10ne s~r~va~ai:te di colori vivaci, seguita da parecchi colpi d1 pistola: 1 titoli d1 apertura del film. Era il 1946, avevo cinque anni. Fu una grandiosa esperienza sensoriale: 1'intensità selvaggia della musica, il Technicolor in tricromia, la sensazione dello spazio_ (c_o1~e s?lo Ki~g Vidor sapeva ricreai-la), l'impiego del matte pamtrng-e, mfine, 11 "duello al sole" vero e proprio, tutto era travolgente. Ne fui impaurito - ricordo di essermi coperto ali occhi durante la sequenza finale, mentre la musica esplode sulla dissolvenza incrociata di Jennifer Jones a cavallo che cede il posto a un sole accecante di un giallo quasi bianco, mentre i due amanti si sparano addosso e poi, dopo l'aiTampicata di Jennifer Jones muoiono l'uno nelle braccia dell'altra. La qualità allucinatoria dj quelle immagini non si è mai attenuata, dopo tutti questi anni. Credo che questa esperienza mi abbia segnato per sempre.

Ricordi degli anni Quaranta Una macchina da presa che si dirige verso un Globo in Technicolor, mentre la voce quasi divina di Cecil B. DeMille presenta la sua epopea Sansone e Dalila; schiavi che trascinano enormi statue di pietra, inquadrate in modo molto espressivo sullo sfondo di un cielo tempestoso color rosso sangue.

2. La tecnica di dipingere gli s~ondi o particolari non realizzabili scenograficamente su la_stre d1 vetro per poi mtegrarle, mediante varie tecniche, con le scene girate dal vivo. [n.d.t.}

56

L'eccitazione speranzosa con la quaìe entro nell'atrio del cinema, tentando cli rubare attraverso i vetri delle porte della sala qualche immagine del Fiume rosso: dei cowboy seduti, di notte, intorno al fuoco cii un campo; fotografia notturna in bianco e nero: ricordo che pioveva. Mia madre che mi porta a vedere un western di serie B: El Paso. Un messicano insegna a John Wayne come si spara con il revolver. Nel montaggio, la luce che si riflette sulle lunghe canne delle pistole, scintille argentate che resusciteranno in Taxi Driver, ventisette anni più tardi, quando De Niro gioca con le sue pistole davanti allo specchio. El Paso, in un chiassoso CineColor - i cui due colorì base sono l'arancione e il turchese-cieli turchesi! Lampade arancioni! Surrealista. L'uomo del Colorado: un western psicologico e noir in Technicolor. La meraviglia e il fremito nel vedere il logo Buena Vista-Disney comporsi su uno schermo ali' inizio di Bambì - la ricchezza dell'immagine. Come se avvertissi ì pennelli disegnare le lettere. La fosca rissa nella taverna in Sangue sulla luna. Nello stesso programma, Il bacio di Venere. Io e mio padre siamo su un autobus nel Queens, diretti al cinema dove danno Ho ucciso lesse il bandito, e ci chiediamo: "Perché tutti continuano tranquillamente a badare ai loro affari? Non sanno che è in programma Ho ucciso lesse il bandito? Davvero non hanno intenzione di anelarlo a vedere?" Robin Hood entra nella grande sala dei banchetti del principe Giovanni, con un daino morto sulle spalle, nella Leggenda di Robìn Hood- in Technicolor. Le gambe della strega cattiva che spuntano da sotto la casa distrutta di Dorothy, e che si rattrappiscono fino a sparire, nel Mago di Oz - in Technicolor. 57

Judy Garland che lancia mobili e ogni sorta cli oggetti contro Gene Kelly nel Pirata - in Technicolor. L'attesa appassionata della proiezione dei Cavalieri del Nord Ovest - poi mi ammalo e mi perdo lo spettacolo. La stessa eccitazione per Ombre rosse quando vedo che è in programma, di nuovo, per soli due giorni lunedì e mmtedì. Tutti gli adulti sono al lavoro. Cerco disperatamente di convincere qualche parente ad accompagnarmici. Perdo anche quello. Ancora oggi, nonostante abbia visto questi due film chissà quante volte, ho l'impressione di non averli. n,ai vi.sù davvero. Come se i.\ peùodo ideale per apprezzarli fosse trascorso per sempre. E adesso, quando vado a vederli, non provo lo stesso genere di soddisfazione che avrei avuto se li avessi visti quando rappresentavano davvero qualcosa di fondamentale. E poi, all'inizio degli anni Cinquanta, il tragitto in metropolitana dalla Terza Avenue alla Quattordicesima Strada, per andare a vedere film come Nei basszfondi di Los Angeles con Dick Powell e Ultimatum alla Terra. Scarpette rosse - a otto anni. L'intensità cli un'autentica comunione, una domenica pomeriggio - migliaia di persone, e l'effetto provocato in tutti dalla Cosa da un altro mondo. Esco da un cinema, un pomeriggio - nella luce accecante del sole - distruggendo la magia dell'incanto che subivo; non ho avvertito mai più con tanta chiarezza il senso della perdita di quel1'incanto come quando, a dieci anni, sono uscito dal cinema ciel mio quartiere dopo aver visto Via col vento in Technicolor. Il cavaliere della valle solitaria - a dieci anni. La morte dei marziani nella Guerra dei mondi in Technicolor. La spaventosa potenza e l'intensità di Mano pericolosa, in prima visione. Il fiume - Renoir, a dieci anni. La bellezza della Carovana dei mormoni, in prima visione. 58

li fremito di gioia nell'assistere a un autentico doppio programma in 3D, all'uscita della Maschera ~li c:1-c1. , . . . E più tardi, nel 1953, un sabato pomenggio, veoo il sipar:io _del Roxy aprirsi, e aprirsi ancora cli più e poi continuare ad apnrsi su un immenso schermo Cinemascope: La tunica. Questa vasta immagine mi ha segnato per sempre, allo stesso modo del_ Technico~ lor in tricromia; è una delle ossessioni che sono stato 111 grado di soddisfare per la prima volta alcuni anni fa, realizzando Cape Fear in Panavision "anamorfizzato". Mi accorgo della "scenografia". Non sapevo che potesse, esistere una cosa chiamata "scenario" teatrale perché non ero mai stato a teatro; pure, quando ho visto- per la prima volta - una sc~nografia deliberatamente espressionista nel _Calice d'argento, al cinema Warner, ne sono rimasto molto colpito. Spettacolo cli varietà- a undici anni. , , , Uno dei miei arandi ricordi cli spettatore: la sera mcm, con 11110 cugino Michaeì,~·iusciamo a entrare cli straforo ali~ serat~ cli gala del Gigallte, al Roxy cli New York - colori, grandi spazi, James Dean. U 11 ' irresistibile impressione di autenticità- suscitata dalle scenoarafie e dalla musica - nella rappresentazione clell' antico Egito

to: La regina delle Piramidi. Hollywood nel Bruto e la bella. . . , Con mio fratello, un doppio programma in occas10ne cli H~1loween, in un cinema del quartiere: /~ fanta~ma dell 'O~era,, 111 Technicolor, e Il raggio invisibile. Altn doppi programmi dell epoca: la nuova uscita delle Quattro piume e della Più grande av-

ventura, entrambi in Technicolor. Robert Donat in Stupenda conquista - in Technicolor -. ch,e spiega la "persistenza delle immagini retiniche'~ pe~ mezzo di n~inuscoli cliseanì sui margini cli un libro del quale ra gzrare molto rapidamente pagine; e i disegni si animano- il disegno ammato ...

1:

59

Il re dell'Ajhca e L'uomo leopardo sangue che sì sparge sotto la porta mettendo una gran strizza a tutti i ragazzini presenti. Montgomery Clift che bussa a una porta di Washington Square, alla fine dell'Ereditiera. Piccolo Cesare e Nemico pubblico. Nemico pubblico o la potenza elettrica di James Cagney. Influenza principale: l'impiego di brani di musica contemporanea - la musica che sì ascolta tutti i giorni- invece del solito accompagnamento musicale. I miei ricordi di spettatore sono indissolubilmente legati alla famiglia. Io e mio padre provavamo un senso di tacita comunione spirituale condividendo quelle immagini e quelle emozioni straordinarie. Tutto questo mi ha segnato a tal punto, fino a oggi.che l'essenza del mio desiderio e del mio bisogno di esprimermi attraverso il cinema ne scaturiscono direttamente. Con il passare degli anni, una parte di questo amore e di questa comunicazione si è ripetuta in me e nei miei figli. Li porto a vedere quei film - gli stessi che ho visto io - nel momento preciso della loro vita in cui penso che sapranno apprezzarli meo-lio r1xorxio d' b \ 1 rec~nte ho fatto vedere Il terw uomo a mia figlia, che ha quindici anm). (Apparso sul numero 500 dei «Cahiers du cinéma», 111c1rw 1996)

60

SUL CINEMA INGLESE

Il cinema inglese mi è particolarmente caro. Ha esercitato una grandissima influenza sui miei anni di formazione e sulla mia opera. Il mio primo ricordo di un film inglese risale al 1948, quando mio padre acquistò il nostro primo televisore: venivano trasmessi molti film inglesi, tra la fine degli anni Quaranta e l'inizio degli anni Cinquanta. Io ìi vedevo a ripetizione. In effetti, la mia cultura cinematografica si è costruita intorno ai film inglesi e, naturalmente, americani, senza dimenticare alcuni film italiani neorealisti trasmessi in televisione alla fine degli anni Quaranta. Ma il cinema inglese ha sempre avuto per me un'importanza speciale. Tutto partiva da elementi fondamentali come la luce - quel cielo inglese sempre coperto che dava ai film a colori, ma anche a quelli in bianco e nero, un aspetto molto particolare o ,mcora la calligrafia utilizzata per i titoli di testa e di coda che era straordinaria soprattutto nelle produzioni Powell-Pressburger come Scarpette rosse: elementi di base che, uniti alla sceneggiatura, alla recitazione e alla regia, mi diedero una visione completamente nuova, un altro modo di guardare il mondo. Più tardi, a scuola di cinema, ho cominciato a studiare i film inglesi in modo molto più sistematico, da Caro] Reed a David Lean, e poi ho continuato durante gli anni Sessanta e Settanta, quando il British Film Institute ba iniziato a restaurare i grandi film di Michael Powell ed Emeric Pressburger.

61

Q~este opere in un certo senso hanno trovato il modo di riapparire nei film che ho realizzato in seguito. ~lcuni esempi: !_'utilizzo della voce narrante fuori campo _ con 11 suo humour e 11 suo understatement- si ritrova in un cortometraggio che ho fatto alla New York University nel I 965,Jt's Not Just You, Nlurray!, e che, a sua volta, è servito da modello a uno dei miei film, venticinque anni dopo: Quei bravi ragazzi, e poi al1' Età dell'innocenza. Quando ci penso, mi rendo conto che quello humour e quell'understatement s'ispirano direttamente alla magnifica voce fuori campo di un film molto bello, Sangue blu, che Dennis Price e Robert Hamer realizzarono alla fine deoli anni b Q uaranta. C "e una sequenza favolosa in Duello a Berlino di Powell e Pressburger, durante la quale Roger Livesey e Anton Walbro,ok si preparano per un duello. Tutto si regge su questi preparativi: appena le lame si incrociano la macchina da presa indietreggia, indietreggia ancora attraverso i raggi di soìe e poi se ne va. Perché non è il duello che conta, ma i suoi preparativi. È il fondamento stesso del_ fiìm, perché do~o quel duello Roger Livesey e ':nton Walbrook diventano amici. E a questo che s'ispira la scena dr Toro scatenato nella quale Jake La Motta sale sul ring, in un campo lungo della steadycam che lo accompagna nell'incontro di campionato. Per fare un esempio più recente, in Sabato sera domenica mattina, del 1960, c'è una scena in cui Albert Finn~y si guarda allo specchio e dice: "Che cosa sono io?" Questa scena ha ispirato direttamente la sequenza che precede i titoli di testa in M ean Streets, nella quale Harvey Keitel, che si sveglia da un incubo, si guarda a sua volta allo specchio e pensa esattamente la stessa cosa. Poi c'è I' anti-eroe di Io sono un campione di Lindsay Anderson, che è il precursore di quello di Toro scatenato. In senso più generale, le tecniche utilizzate in Tam Jones si sono rivelate molto liberatorie; insieme alla Nouvelle Vague, ci hanno liberato - noi, gli studenti di cinema degli anni Sessanta- dalla strut-

tura narrativa tradizionale: era qualcosa di assolutamente eccezionale per l'epoca. Ma l'impatto più importante del cinema inglese, e una delle mie prime esperienze cinematografiche, risale a un film intitolato Stupenda conquista. Stupenda conquista fu diretto da fohn Boulting e prodotto da Ronald Neame, che è anche un grande regista cinematografico (La bocca della verità, Whisky e gloria e molti altri). Per quello che ne so, è l'unico film mai realizzato sull'invenzione del cinema. Fu anche il contributo dell'industria cinematografica inglese al Festival of Britain del 1951, che coincise con il cinquantenario del cinema inglese. Per me era un momento straordinario per vedere quel film! Avevo dieci anni. Mio padre mi portò a vederlo all' Accademia di Musica di New York, nel 1953. Il film narrava la storia dell'inventore inglese William Friese-Greene, uno sconosciuto pioniere del cinema ali' epoca in cui questo muoveva ancora i suoi primi passi. Per me si trattò di una rivelazione. C'è una scena nella quale Friese-Greene spiega il concetto di persistenza delle immagini retiniche, che è proprio l'essenza del cinema. Lo descrive alla sua fidanzata facendo scorrere molto rapidamente una serie di disegni che ha abbozzato sul margine di un libro: tutte queste immagini sono separate, statiche, ma quando si susseguono rapidamente si muovono come per miracolo. Quella è stata la prima volta che ho capito che cos'erano i film. Quei film che mi appassionavano da sempre - anche se avevo solo dieci anni: e a un tratto ho capito come si faceva a fabbricarli. Da quel momento non sono più stato ia stessa persona. Ma quel film mostrava anche ìa vita di Friese-Greene; e il fatto di vedere quest'uomo che soffriva per inventare una macchina favolosa, che avrebbe aperto nuovi orizzonti all'animo e alla mente del genere umano, ha lasciato in me una traccia indelebile. Il fatto che fosse stato mio padre a portarmi a vedere quel film è stato fondamentale poiché, sotto molti aspetti, quell'esperienza 63

ha rappresentato il vero inizio della mia vocazione. Mio padre non era quello che si direbbe un uomo istruito: non c'erano libri in casa; lui era un operaio che lavorava come stiratore, nel quartiere delle sartorie. Eppure adorava il cinema. Ma ancora mi chiedo perché mi avesse portato a vedere Stupenda conquista. Avevo l'asma e i miei genitori mi portavano continuamente al cinema. Mi piacevano i western, quindi spesso mi accompagnavano a vedere un western pubblicizzato in fondo al manifesto di un doppio programma: in cima al manifesto, e 'era un grande film come Viale del tramonto, Il bruto e la bella, film "da grandi" che io vedevo nello stesso spettacolo. Ma Stupenda conquista ... ho fatto delle ricerche, una quindicina di giorni fa, per vedere che cosa davano al1' Accademia di Musica in quel periodo: si trattava di Secret Flight, un altro film inglese realizzato da Peter Ustinov. Perciò mi è sembrato molto commovente che mio padre, un operaio di sartoria, abbia voluto vedere un film sulla nascita ciel cinema. Questo mi fa pensare all'universalità del cinema, al fatto che il suo potere possa superare ogni tipo di frontiere e rivolgersi a guaìungue persona sulla faccia della terra. Inutile dire che mio padre non poteva prevedere l'impatto che guest' opera avrebbe avuto su di me. Non riesco a smettere di pensare a quel film: in fin dei conti, che cosa ci ho trovato cli così stupefacente? Erano i suoi bei colori? Il suo stile? Era la battaglia per creare la tecnologia necessaria a realizzare i film? Era la storia cli guell 'uomo, la lotta della famiglia Friese-Greene? O era l'attore, Robert Donat, che avevo imparato ad apprezzare a forza di vedere e rivedere in televisione un film inglese che adoravo, Il fantasma galante? Forse era un po' cli tutto questo, perché l'insieme di questi elementi finiva per ricomporre l'ossessione di Friese-Greene. È un'ossessione cli cui, eia allora, mi sono appropriato. La stessa meraviglia che ho provato vedendo la scena della persistenza delle immagini retiniche in Stupenda conquista sono felice di poter dire che continuo a provarla oggi, 6.J.

con Thelma Schoonmaker, nella saletta di montaggio, vedendo sfilare le immagini. È incredibile allo stesso modo. Mi spiego: prendiamo due pezzi di pellicola - uno si muove, l'altro pure si muove, e quando Ii monti insieme, succede qualcosa di diverso. Il montaggio in sé crea un altro tipo di movimento. È un movimento per l'occhio della mente. Ma questa 1~1ente è tanto individuale guanto collettiva, dato che il pubblico condivide un'esperienza, un'emozione, un ricordo. In fin dei conti è una comunione, un momento dello spirito. Ho sempre pensato che il cinema rappresenti la risposta a un' antica esigenza dell 'umanìtà: il desiderio di condividere una memoria comu~1e, un retaggio. Ecco perché il cinema è un'arte universale. Il potere di quello che Friese-Greene ha contribuito a inventare è così immenso che non sorprende il fatto che questa invenzione l'abbia ossessionato tanto. Aveva una sorta di sacro rispetto per la sua stessa creazione. Aveva trovato ìa chiave di un'altra realtà, di un altro livello dell'esperienza umana. Entriamo oggi nel secondo secolo del cinematografo, e il cinema inalese resta ai miei occhi uno dei princìpali punti di riferib mento, dai film della Two Cities cli Del Giudice a quelli della London Films di Korda, dalla Rank alla Ealing, e ancora le produzioni Gainsborough, Hammer, Woodfall, Goldcrest, Handmade, senza dimenticare naturalmente laArchers di Powell e Pressburger. Il cinema inglese non smette di rinnovarsi, poiché questa tradizione costituisce delle fondamenta sulle quali si può continuamente costruire e ricostruire. (Apparso sul nu111ero 500 dei «Cahiers du cùzéma», marzo 1996)

65

FILMARE NEW YORK

Quando si fa un film a New York,si ottiene sempre più di guanto ci si aspettava. È quello che ho imparato girando Taxi Driver. Un 'estate umida e incredibilmente calda (la temperatura superava i 35 gradi) schiacciava la città- una strana atmosfera per girare un film! Inoltre c'era uno sciopero dei netturbini. La cosa più strana era che per le riprese di Mean Streets, a Los Angeles, avevamo dovuto spargere immondizia per strada perché sembrasse New York! Questa volta, invece, l'immondizia abbiamo dovuto toglierla. Ma al di là di questi problemi, del rumore e delle condizioni di lavoro impossibili, c'è qualcosa in New York, una sensazione che imbeve il soggetto trattato (qualunque sia) e finisce per influenzare il comp011amento dei personaggi. Questa sensazione - una specie di elettiicità sotto pelle - è indefinibile, ma chiunque viva in questa città sa di cosa sto parlando. Finisce perfino per contaminare i film su New York girati in studio. New York può essere definita con tanti di quegli aggettivi - volgare, magica, spaventosa, dinamizzante, spossante, prosaica - che ogni volta che in un film la si deve evocare, anche solo incidentalmente, finisce per imporsi. Non accetta di essere solo un vago sfondo, come è Los Angeles in tanti film. I primi grandi film su New York sono probabilmente quei film su supporto di carta girati un po' dovunque a Manhattan ali' inizio del secolo. Sono documenti incredibili. Non ci si accontentava di 66

riprendere i quartieri alti e la famosa prospettiva dei grattacieli con il cielo sullo sfondo (anche se la scoperta della Manhattan di quell'epoca è proprio appassionante), ma si filmavano gli angoli più nascosti.Abbiamo studiato a lungo quei film mentre preparavamo L'età dell'innocenza. Uno di essi, What Happened on 23rd Street, che descrive una giornata piena di vento nel 1901, ha ispirato la scena in cui tutti gli uomini si tengono stretti ì cappelli. D.W. Griffith ha girato un buon numero dei suoi primi rulli di pellicola a New York. Io li guardo ogni tanto, per ricordarmi che cos'è un film e come lo si gira. Sono tutti fondamentali, ma The Musketeers of Pig Alley è davvero stupefacente. È il primo film interpretato da Lillian Gish, e anche uno dei primi film di gangster. Certo, La rigenerazione di Raoul Walsh era stato realizzato tre anni prima, ma in Griffith le ambientazioni sono ancora più spoglie e piì:1 scabre, la sensazione di che cosa fosse la vita nei quartieri operai è ancora più cruda. Un film più recente, La folla, di King Vidor, affronta un altro aspetto della vita newyorkese: la disperazione della classe media, la pressione incredibile che viene esercitata su chi tenta di raggiungere una vita decente, la delusione che si prova quando ci si accorge che la vita non risponde alle proprie aspirazioni. Come molti film muti, quest'opera unisce alcuni tratti espressionisti (quell'inquadratura che sembra farci viaggiare fino alla cima di un grattacielo per poi farci entrare attraverso una finestra) a un magnifico lavoro sugli esterni, come la bellissima sequenza di Coney Island (ce n'è un'altra, memorabile, in A rotta di collo con Harold Lloyd, realizzato pure nel 1928) o le scene in cui un autobus con imperiale scende lungo la TerzaAvenue. Dagli anni Trenta in poi, si vedono meno riprese in esterni. Molti film cominciano con delle inquadrature sul panorama di Manhattan, ma poi ci si ritrova immediatamente in studio. Però, come dicevo prima, nei migliori film girati in studio c'è comunque !a sensazione di New York! In Ventesimo secolo di Hawks, solo l'i67

nizio si svolge a New York, ma l'energia straordinaria che esiste tra John BaITymore e Carole Lombare! è in puro stiìe Broadway dal! 'inizio alla fine. È un film molto strano, ma anche molto realista, su ciò che provano le persone intrappolate da un ego colossale. Quarantaduesima Strada rappresenta, è chiaro, l'altra faccia di Broadway; in un certo senso è un film molto duro, sull'aspetto meschino, miserabile, del mondo dello spettacolo. Il suo vero soggetto è lo sfruttamento completo delle ballerine di varietà, dei macchinisti e del regista, il tutto rappresentato con molto verismo. La settima vittima, realizzato nel 1943, è un film molto particolare, uno dei migliori che Val Lewton abbia prodotto per la RKO negli anni Quaranta, e il primo di Marlc Robson. Il film parla cli un gruppo di adoratori del c!iavoìo nel Greenwich Village, e sfrutta l'atmosfera bohémien del quartiere nel modo delicatamente orribile che è il marchio di fabbrica di Lewton. Giorni perduti di Wilder [1944] è un film dell'orrore di altro genere; c'è un lavoro meraviglioso sugli esterni, lungo la Terza Avenue, e uno studio brillante del comportamento newyorkese, ricco di cinismo, come quella ragazza che ripete continuamente: "Don 't be riclic !" 3 Anche Doppia vita, di George Cukor, tratta ciel mondo dello spettacolo, ma questa volta dal punto di vista di un attore che impazzisce identificandosi con Otello un film molto forte, quasi espressionista, a mio avviso molto sottovalutato. Negìi anni Quaranta cì sono stati anche molti ottimi film d'epoca sulla New York della fine ciel XIX secolo e l'inizio del xx - Biondafì·agola cli Walsh (Walsh era un bambino alla fine dell'Ottocento, e quindi conosceva tutti i piccoli dettagli che contano), e subito dopo mi vengono in mente U!l albero cresce a Brooklyn di Kazan e L'ereditiera di Wyler. Le suggestioni dell'Ereditiera hanno avuto un grandissimo peso sull'Età del!' innoce1Zza. 3. Sì può tradurre con "Non fare lo stup(-ìdoJ!" [n.d.t.]

68

Anche Le forze del male di Abraham Polonsky ha avuto un' influenza considerevole su di me poiché, per la prima volta nella mia vita, vi riconoscevo il mondo in cui vivevo. Non parlo delle riprese in esterni, che pure sono magnifiche, ma della brutalità dei rapporti umani, della realtà in cui questi personaggi si evolvono. Fu un elemento determinante per la realizzazione di Toro scafe/lato questa sensazione di slealtà tra fratelli, la fotografia chiaroscurata. Anche Fronte del porto dì Kazan ha avuto un'importanza cruciale per il mio lavoro. Gli esterni di Le forze del male sono quasi espressionisti, mentre quelli di Fronte del porto sono desertici, grigi, invernali, ma entrambi ì film possiedono un senso incredibile di tragedia urbana (Le.forze del male è shakespeariano, mentre Fronte del porto fa pensare piuttosto all'opera lirica). Piombo roFe!lfe di Alexander Mackendrick è pure un film chiave, il primo che abbia rappresentato davvero la brutalità emotiva del mondo dello spettacolo. Il genere di acredine che s'indovina nei rapporti tra Lancaster e Curtis esiste sempre, anche se oggi tutto si svolge ìn maniera un po' più civile. James Wong Howe, l'operatore, riesce a fare in modo che Broaclway somigli a una elegante trappola per topi. C'è anche un cortometraggio molto sottovalutato che mi piace, realizzato negli anni Cinquanta: In the Street, di James Agee, Janice Loeb e Helen Levin, una grande direttrice della fotografia. Richard Price mi ha regalato una cassetta cli questo film: è un documentario di un quarto d'ora sulla vita in un rione di Harlem; il montaggio è magnifico, e l'atmosfera d'insieme risulta davvero angosciante grazie a un senso acuto del! 'improvvisazione e del dettaglio. Quanto a Ombre di John Cassavetes, è stato un evento fondamentale per me; è uno sguardo, quasi insopportabile per il suo realismo, su un gruppo cli persone che sembravano essere state prese dalla strada. Mi ha influenzato moltissimo! Cool World di Shirley Clarke, realizzato nello stesso periodo, è un film altrettanto provo69

catorio del quale purtroppo oggi mm s1 parla più molto, ma che merita un posto nella storia del cinema. Generalmente non sì pensa a Va' e uccidi come a un film newyorkese. Eppure la scena più brillante contiene uno dei migliori impieghi cli riprese in esterni cittadini che abbia mai visto - Laurence Harvey che cammina per Centra! Park, in preda a una specie cli trance ipnotica, e finisce per gettarsi in acqua. Viene naturale pensare a Rosemary '.