I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei: Indagine preliminare per una loro contestualizzazione
 178969924X, 9781789699241, 9781789699258

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INDICE
Ringraziamenti
Abbreviazioni
Prefazione
Premessa
SEZIONE I
Capitolo I Il contesto storico
Capitolo II Riflessioni terminologiche e proposizione di un lessico comune
Capitolo III Indagini sui soggetti e motivi egizi ed egittizzanti nel contesto pompeiano: pitture murali emosaici. Un primo prospetto d'insieme.
Capitolo IV Nilotica pompeiana Dal contesto alle analisi sui soggetti individuati
Capitolo V Indagini sui reperti egizi ed egittizzanti nel contesto pompeiano.
Capitolo VI Exempla di correlazioni tra affreschi e reperti
Capitolo VII Approfondimenti di dinamiche e contesti di rinvenimento per alcuni casi pompeiani
Capitolo VIII Conclusioni
SEZIONE II
Capitolo IX L'Egitto a Pompei.Indagini sui reperti (tra gli archivi e i depositi del MANN e della Soprintendenza di Pompei).
APPENDICI
A1 - ASMEP - Appendice dei soggetti e motivi egizi ed egittizzanti nelle pitture e nei mosaicipompeiani
Note all'Appendice dei soggetti
A2 – AREP - Appendice dei reperti egizi ed egittizzanti provenienti da Pompei
A3 - PREP - Prospetto sinottico delle pitture e dei reperti egizi ed egittizzanti nel contesto pompeiano
Note al Prospetto sinottico – PREP
A4 Appendici generali dei ritrovamenti egizi ed egittizzanti presso il sito di Pompei secondo ladocumentazione storica
A5 NSA - Pompei
TAVOLE
A6 – Tavola 1.Supplemento fotografico con una selezione di scene nilotiche
A7 - Tavola 2. Supplemento fotografico con una selezione di reperti egizi ed egittizzanti
A8 Tavola 3 Piante delle distribuzioni (in base a PREP).
Bibliografia
INDICI
Indice analitico essenziale (o dei soggetti più rilevanti)
Indice alfabetico delle testimonianze egizie ed egittizzanti raccolte (in base a PREP)

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Nikola D. Bellucci

I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei Indagine preliminare per una loro contestualizzazione Archaeopress Roman Archaeology 83

I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei. Indagine preliminare per una loro contestualizzazione Nikola D. Bellucci

Archaeopress Roman Archaeology 83

Archaeopress Publishing Ltd Summertown Pavilion 18-24 Middle Way Summertown Oxford OX2 7LG www.archaeopress.com ISBN 978-1-78969-924-1 ISBN 978-1-78969-925-8 (e-Pdf) Published in Oxford, July 2021 © Nikola D. Bellucci and Archaeopress 2021

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INDICE Elenco delle figure Figura 1.1. Figura 1.2. Figura 1.3. Figura 1.4. Figura 1.5. Figura 1.6. Figura 2.1. Figura 3.1. Figura 3.2. Figura 3.3. Figura 3.4. Figura 3.5. Figura 3.6. Figura 3.7. Figura 3.8. Figura 3.9. Figura 3.10. Figura 4.1. Figura 4.2. Figura 4.3. Figura 4.4. Figura 4.5. Figura 4.6. Figura 4.7. Figura 4.8. Figura 4.9. Figura 4.10. Figura 4.11. Figura 4.12. Figura 4.13. Figura 4.14. Figura 4.15.

Alessandro Magno (particolare). La battaglia di Isso (MNN 10020) ............................. 5 Denario d’argento di Ottaviano (28 a.C. circa. BMC 650) .......................................... 11 Carta di distribuzione dei Santuari pubblici isiaci di età repubblicana e imperiale ..... 36 Tableau des dieux égyptiens dans les iscriptions. (Malaise 1972 b, 160) .................... 38 Distribuzione dei culti egiziani e altri culti in Italia su base epigrafica (Da Malaise 1972 b, 460) .................................................................................................................. 41 Percentuale di fedeli dei culti egizi (da Mora 1990, II, XI, Pianta 2)........................... 44 Prospetto terminologico riassuntivo ............................................................................. 56 Prospetto generale della ripartizione dei soggetti (A, B, C) ......................................... 69 Prospetto della distribuzione dei citati soggetti per Regio ........................................... 71 Prospetto della ripartizione degli stili per i soggetti menzionati .................................. 72 Prospetto della distribuzione degli stili per Regio per i soggetti menzionati ............... 72 Distribuzione dei soggetti per ambiente: a) loti; dionisiaco; sfingi; b) serpenti; nilotico;Soggetti ed elementi vari; c) isiaci (i.e. Temi isiaci; Isis Fortuna o Tyche; Io). ................................................................................................................ 74-82 VI, 14, 20, At. Alcuni elementi egittizzanti. Parete sud et nord. Da Niccolini, II, 1862, Tav. 66 et 70 .................................................................................................................. 83 Casa del Frutteto, Cubicolo 8, da sinistra a destra: parete nord, est, sud (Modificato da Bergmann 2018, 286). .............................................................................................. 91 Casa del Frutteto, Cubicolo 8. Veduta delle pareti nord e est (Per gentile concessione della Soprintendenza Archeologica di Pompei). ........................................................... 94 VI, 17, 42, Triclinio (31), parete sud (Per gentile concessione della Soprintendenza Archeologica di Pompei). ............................................................................................. 97 Ricostruzione della decorazione del Triclinio (31) con ninfeo a mosaico. (Da Ciardiello 2006, 170-171). ..................................................................................... 98 Belzoni 1820, pl. 26. Extraordinary overflowing of the Nile ..................................... 105 Distribuzione delle scene nilotiche nell’Impero romano. Versluys 2002, 240 (Tav. 1) ........................................................................................ 106 Distribuzione delle scene nilotiche nelle varie Regiones italiche. Versluys 2002, 241 (Tav. 2) ........................................................................................................................ 107 Nilotica pompeiana. Prospetto distributivo. Indice delle scene nilotiche nel contesto pompeiano............................................................................................................ 114-116 Diagramma della consistenza totale dei soggetti individuati e percentuale di occorrenza nelle scene nilotiche (e relativa legenda) ................................................. 160 Percentuale distributiva delle diverse scene nilotiche con pigmei individuate (e relativa legenda)....................................................................................................................... 177 Prospetto riassuntivo della distribuzione delle scene nilotiche con pigmei individuate per domus .................................................................................................................... 181 Particolari della caccia all’ippopotamo (tre fasi progressive) .................................... 184 Dettaglio dei soggetti includibili nella tipologia “pigmei con bastoncini” ................ 186 Alcune rappresentazioni di anfore nel contesto dei nilotica pompeiana .................... 190 Prospetto di symplegma . (Da Meyboom e Versluys 2007, 184) ................................ 192 Exempla di Venus pendula aversa .............................................................................. 195 Exempla di A tergo ..................................................................................................... 196 Ripartizione delle scene per ambiente. Versluys 2002, 256-257, Diagr. 9 er 10, (Composuit Bellucci) .................................................................................................. 197 Distribuzione delle scene nilotiche per tipologia di ambiente (e relativa legenda) .... 200

I

Figura 4.16. Distribuzione delle scene nilotiche per contesto (e relativa legenda) ....................... 202 Figura 4.17. Prospetto delle associazioni di tali ambienti con giardini, strutture idriche, strutture riguardanti pasti (e relative note di commento) .......................................................... 217 Figura 4.18. Prospetto sinottico generale delle associazioni con giardini, strutture idriche, strutture riguardanti pasti (e relative note di commento) .......................................................... 218 Figura 4.19. Disposizione delle scene su base cronologica ............................................................ 220 Figura 5.1. Reperti di attribuita o attribuibile provenienza pompeiana conservati al MANN e menzionati nel Sottoconto Egizi (e relative note)....................................................... 231 Figura 5. 2. Prospetto dei reperti egizi e egittizzanti – PMS .................................................. 236-237 Figura 5. 3. Prospetto delle terrecotte invetriate a soggetto egizio o egittizzante rinvenute a Pompei .............................................................................................................. 238-239 Figura 5.4. Distribuzione degli oggetti egizi e egittizzanti per Regio .......................................... 242 Figura 5.5. Distribuzione della tipologia degli oggetti egizi e egittizzanti nel contesto pompeiano................................................................................................................... 243 Figura 5.6. Distribuzione dei materiali dei reperti egizi e egittizzanti nel contesto pompeiano ... 243 Figura 6.1. Prospetto della frequenza del numero degli ambienti che presentano soggetti egittizzanti per abitazione (includendo anche quelle in cui è presente il soggetto “Sfingi”) ...................................................................................................................... 249 Figura 6.2. Prospetto della frequenza del numero degli ambienti che presentano soggetti egittizzanti per abitazione (escludendo quelle in cui è presente il soggetto “Sfingi”) ..... 250 Figura 6.3. Prospetto distributivo dei soggetti e reperti (con incidenza percentuale) ................... 251 Figura 7.1. Un esempio di comparazione prospettica (Mosaico del Nilo di Palestrina e Triclinio estivo della casa dell’Efebo) ....................................................................................... 260 Figura 7.2. Esempi di due lucerne egittizzanti (PMS 12876; MNN ?) ......................................... 270 Figura 7.3. Pianta della progressione degli scavi di Pompei (Secondo Ciarallo, De Carolis 1998, fig. 10)......................................................................................................................... 272 Figura 8.1. Pianta degli scavi di Pompei. Prospetto delle attestazioni dei soggetti e dei reperti egizi ed egittizzanti con percentuale di incidenza e marcatura delle aree di diffusione. (Scala 1:10.000). .................................................................................................................... 273 Figura 9.1. Prospetto della cronologia delle acquisizioni e dei progetti espositivi della Collezione (durante il XVIII e XX secolo) ............................................................................ 281-282 Figura 9.2. Morelli 1835, Tav. XV. (Parte della Sezione egiziana in epoca borbonica). .............. 283

II

Ringraziamenti ............................................................................................................................... XIII Abbreviazioni ................................................................................................................................. XIV Prefazione ........................................................................................................................................ XV Eric M. Moormann Premessa ........................................................................................................................................ XVII SEZIONE I Parte prima Dal contesto storico alla riflessione terminologica Capitolo I ............................................................................................................................................ 3 Il contesto storico I.1. I.2. I.3. I.4. I.5. I.5.1. I.6. I.7.

Note introduttive per l'analisi del contesto storico ................................................................... 3 Rapporti storici tra Roma e l'Egitto .......................................................................................... 5 Vicende dei culti egizi in età imperiale ................................................................................... 11 Ricezione dell'Egitto nelle fonti classiche. Una prima messa a punto ................................... 16 Note sulla conoscenza della scrittura geroglifica nel periodo classico................................... 28 Testi geroglifici a Pompei ................................................................................................. 31 Cenni sulla diffusione del culto isiaco. Breve analisi dei contesti ......................................... 33 Considerazioni sull'introduzione dei culti egizi in Italia (e i dati epigrafici) ......................... 39

Capitolo II ......................................................................................................................................... 45 Riflessioni terminologiche e proposizione di un lessico comune II.1. II.2. II.3. II.4. II.5. II.6.

Riflessioni terminologiche. .................................................................................................... 45 ǹੁȖȣʌIJȚĮțȩȢ, Aegyptiacus, Aegyptiaca, Aegyptius: lemmi a confronto ................................. 51 Egittomania, egittofilia e esotismo ......................................................................................... 51 Definizioni e proposizione di un lessico tecnico comune ...................................................... 53 Note conclusive alla Sezione I, parte prima ........................................................................... 57 Propositi della presente indagine ............................................................................................ 57 Parte seconda Soggetti e reperti egizi ed egittizzanti nel contesto pompeiano

Capitolo III ....................................................................................................................................... 59 Indagini sui soggetti e motivi egizi ed egittizzanti nel contesto pompeiano: pitture murali e mosaici. Un primo prospetto d’insieme III.1. III.2. III.3. III.4. III.4.1. III.4.2.

Preambolo ............................................................................................................................ 59 Breve introduzione al contesto generale degli studi ............................................................ 63 Pompei e l'Egitto .................................................................................................................. 65 Distribuzione dei soggetti e dei motivi egizi ed egittizzanti nelle domus pompeiane ......... 66 Introduzione ...................................................................................................................... 66 Ripartizione dei soggetti e dei motivi egittizzanti nelle domus pompeiane. Prime valutazioni dei soggetti e degli stili. .................................................................................. 68

III

III.4.3. Distribuzione dei soggetti per ambiente........................................................................... 73 III.4.4. Prime note interpretatve circa la distribuzione e caratterizzazione di tali soggetti .......... 83 III.5. Osiri nel nome di Dioniso. Exempla di associazioni ........................................................... 87 III.6. Due casi specifici: a) La casa del Frutteto (I, 9, 5-7) e b) del Bracciale d’oro (VI, 17, 42). Brevi osservazioni interpretative. ........................................................................................ 91 III.7. Note conclusive al Capitolo III. ........................................................................................... 98 Capitolo IV ..................................................................................................................................... 100 Nilotica pompeiana. Dal contesto alle analisi sui soggetti individuati IV.1. IV.2. IV.3. IV.4. IV.5. IV.5.1. IV.6. IV.6.1. IV.7. IV.8. IV.9.

Breve introduzione al contesto generale degli studi........................................................... 100 Dati contestuali preliminari ................................................................................................ 106 Scene nilotiche. Esordi e sviluppi di un genere ................................................................. 107 Scene nilotiche nel contesto pompeiano. .......................................................................... 109 Descrizioni analitiche delle scene (con qualche nota esegetica e di commento) ............... 118 Altri esempi .................................................................................................................. 157 Nilotica pompeiana. Analisi sui soggetti individuati e sulla percentuale di frequenza ..... 159 Legenda delle definizioni delle tabelle e delle statistiche ............................................ 161 Legenda delle distribuzioni dei soggetti individuati per domus e ambiente ..................... 161 I Pigmei delle scene nilotiche nel contesto pompeiano..................................................... 172 Caratterizzazioni e distribuzione delle scene nilotiche con pigmei nei contesti di rinvenimento ...................................................................................................................... 177 IV.9.1. Legenda della distribuzione delle scene nei contesti di rinvenimento .......................... 178 IV.9.2. Distribuzione delle scene nilotiche con pigmei individuate per domus (e relative note) 179 IV.10. Scene di violenza o rapporto conflittuale tra pigmei e animali ......................................... 182 IV.11. Scene cultuali .................................................................................................................... 187 IV.12. Raffigurazione e usi della tipologia “anfora” .................................................................... 188 IV.13. Amplessi erotici ................................................................................................................. 190 IV.14. Distribuzione delle scene per tipologia di ambiente e contesto ........................................ 197 IV.14.1. Appendice. Nilotica pompeiana - Prospetto riassuntivo delle attestazioni dei soggetti per domus e ambiente. ................................................................................................... 204 IV.15. Inclusione e associazione a giardini, strutture riguardanti acqua e pasti .......................... 214 IV.16. Note conclusive al Capitolo IV. ......................................................................................... 218 Capitolo V ....................................................................................................................................... 228 Indagini sui reperti egizi ed egittizzanti nel contesto pompeiano V.1. V.2. V.3. V.4. V.5. V.6. V.7.

Premessa .............................................................................................................................. 228 Entità e distribuzione dei reperti egizi ed egittizzanti nelle domus pompeiane ................... 228 I reperti di attribuita o attribuibile provenienza pompeiana conservati al MANN e menzionati nel Sottoconto Egizi........................................................................................... 230 Inedita descrizione dei reperti egizi o egittizzanti provenienti da Pompei (Sottoconto Egizi dall'Inventario Generale - MANN) .................................................................................... 232 Reperti egizi o egittizzanti provenienti da Pompei e oggi conservati presso i depositi di Casa di Bacco. Inedita descrizione dall'Inventario della Soprintendenza di Pompei ................... 235 Reperti egizi ed egittizzanti nel contesto pompeiano. Esposizione dei dati e prime analisi ..... 241 Note conclusive al Capitolo V ............................................................................................. 244

IV

Parte terza Correlazioni tra affreschi e reperti. Tra dinamiche e contesti Capitolo VI...................................................................................................................................... 245 Exempla di correlazioni tra affreschi e reperti VI.1. Alcuni exempla di correlazioni tra affreschi e reperti egizi ed egittizzanti del contesto pompeiano ........................................................................................................................................ 245 Capitolo VII .................................................................................................................................... 253 Approfondimenti di dinamiche e contesti di rinvenimento per alcuni casi pompeiani VII.1. VII.2. VII.3. VII.4. VII.5. VII.6. VII.7.

Preambolo ......................................................................................................................... 253 L'Egitto e Augusto. Dalla Repubblica al Principato ........................................................ 254 Paradeisoi e scene nilotiche. Prodromi di un possibile nesso? ........................................ 257 Specifiche del culto isiaco a Pompei: i Lararia .............................................................. 261 Dentro l'esterno e fuori dall'interno .................................................................................. 263 Note conclusive alla Sezione I, parte terza ....................................................................... 266 Ulteriori prospettive d'indagine ........................................................................................ 270 Parte quarta

Capitolo VIII .................................................................................................................................. 273 VIII.1.

Conclusioni ....................................................................................................................... 273 SEZIONE II Parte prima L'Egitto a Pompei. Tra gli archivi e i depositi

Capitolo IX ..................................................................................................................................... 277 L'Egitto a Pompei. Indagini sui reperti (tra gli archivi e i depositi del MANN e della Soprintendenza di Pompei). IX.1. Premessa ............................................................................................................................ 277 IX.2. Note circa la formazione e primi allestimenti del Museo Reale di Napoli ........................ 279 IX.3. La Collezione egiziana attraverso gli inventari storici ...................................................... 280 IX.3.1. Introduzione ................................................................................................................... 280 IX.3.2. Gli inventari storici ........................................................................................................ 284 IX.3.3. Primi esempi di ricostruzioni storico-inventariali ed espositive.................................... 289

V

Parte seconda Corpus dei materiali Appendici A1 - ASMEP - Appendice dei soggetti e motivi egizi ed egittizzanti nelle pitture e nei mosaici pompeiani ......................................................................................................................................... 293 Note all’appendice dei soggetti ............................................................................................ 344 A2 - AREP - Appendice dei reperti egizi ed egittizzanti provenienti da Pompei ............................ 345 Note all’appendice degli oggetti .......................................................................................... 359 A3 - PREP - Prospetto sinottico delle pitture e dei reperti egizi ed egittizzanti nel contesto pompeiano ........................................................................................................................................ 361 Note al Prospetto sinottico – PREP ...................................................................................... 382 A4 - Appendici generali dei ritrovamenti egizi ed egittizzanti presso il sito di Pompei secondo la documentazione storica .................................................................................................................... 383 A5 - Indici NSA – Pompei ............................................................................................................... 457 Tavole A6 – Tavola 1. Supplemento fotografico con una selezione di scene nilotiche ............................... 471 Tav. 1.1. ........................................................................................................................................... 471 NP 2. Casa del Criptoportico, (I, 6, 2), caldarium. Pittura. In parte disperso. Attorno al 30 a.C. (Per gentile concessione della Soprintendenza Archeologica di Pompei). Tav. 1.2. ........................................................................................................................................... 471 NP 3. Casa dei Ceii (I, 6, 15), viridarium. Pittura. In situ. 70 d.C. ca. Parete est. (Per gentile concessione della Soprintendenza Archeologica di Pompei). Tav. 1.3. ........................................................................................................................................... 472 NP 3. Casa dei Ceii (I, 6, 15), viridarium. Pittura. In situ. 70 d.C. ca. Parete ovest (Per gentile concessione della Soprintendenza Archeologica di Pompei). Tav. 1.4. ........................................................................................................................................... 472 NP 4. Casa di Paquius Proculus (I, 7, 1), triclinium. Mosaico. In situ. 30 a.C. ca. (Per gentile concessione della Soprintendenza Archeologica di Pompei). Tav. 1.5. ........................................................................................................................................... 473 NP 5. Casa dell'Efebo vel di P. Cornelius Tages (I, 7, 11), viridarium, (partes I-XII). In situ. 70 d.C. ca. (Per gentile concessione della Soprintendenza Archeologica di Pompei). Tav. 1.6. ........................................................................................................................................... 473 NP 7. Casa del Menandro (I, 10, 4), oecus 11 (molto probabilmente usato come Triclinium invernale). Mosaico. In situ. 30 a.C. ca. (Per gentile concessione della Soprintendenza Archeologica di Pompei).

VI

Tav. 1.7. ........................................................................................................................................... 474 NP 9. Praedia di Iulia Felix (II, 4, 6), triclinium estivo. Pittura. In situ. MNN, Napoli. 70 d.C. ca. (Per gentile concessione del Ministero della Cultura – Parco Archeologico di Pompei e del Museo Archeologico Nazionale di Napoli). Dall'alto in basso e da destra a sinistra: a) In situ; b) Helbig 1868, I 566b; c) MNN, DCCC; d) In situ; e) MNN 8732; f) MNN 8608; g) MNN, 9102; h) MNN, DCCLXXXIV. Tav. 1.8. ........................................................................................................................................... 474 NP 10. Casa di Gemmarius (II, 9, 2), Triclinium estivo / stibadion. Pittura. In situ. 70 d.C. Ca. (Per gentile concessione del Ministero della Cultura – Parco Archeologico di Pompei). Parte sud (doppio symplegma; scoprimento macrofallico; pigmeo che lotta contro una gru). Dettagli posti in rilievo infra. Tav. 1.9. ........................................................................................................................................... 475 NP 12. Casa delle Nozze d'Argento (V 2, i), sala q. In situ. Pittura. 62-79 d.C. (Per gentile concessione del Ministero della Cultura – Parco Archeologico di Pompei). Dall'alto in basso: a) parete est; b) parete ovest; c) parete ovest. Tav. 1.10. ......................................................................................................................................... 476 NP 15. Casa di Sallustio (VI, 2, 4), peristylium. Disperso. In situ. 70 d.C. ca. Dis. G. Discanno 1870, ADS 122. Tav. 1.11. ......................................................................................................................................... 476 NP 16. Casa delle Amazzoni (VI, 2, 14), viridarium, Perso. Pittura 70 d.C. ca. Dis. F. Morelli 1812, ADS 130. Tav. 1.12. ......................................................................................................................................... 477 NP 18. Casa di Apollo (VI, 7, 23), viridarium al di fuori del cubicolo. Pittura. In situ, tutTav. 1. a quasi svanito. 70 d.C. ca. (Per gentile concessione del Ministero della Cultura – Parco Archeologico di Pompei). Tav. 1.13........................................................................................................................................... 477 NP 20. Casa dei Dioscuri (VI, 9, 6/7), tablinum 42. Pittura. Perduta. 70 d.C. ca. DAIR Archiv 83, 92. Tav. 1.14. ......................................................................................................................................... 478 NP 21. Casa del Fauno (VI 12, 2); triclinio estivo; Mosaico. MNN 10323. 90-80 a.C. (Per gentile concessione del Ministero della Cultura – Museo Archeologico Nazionale di Napoli). Tav. 1.15. ......................................................................................................................................... 478 NP 22. Casa del Bracciale d'oro (VI, 17, 42), triclinium 31. Mosaico. Antiquarium Pompei. 35-45 d.C. (Per gentile concessione del Ministero della Cultura – Parco Archeologico di Pompei). Tav. 1.16. ......................................................................................................................................... 478 NP 25. Casa delle Quadrighe (VII, 2, 25), peristylium. Pittura. MNN 27698 e 27702; 70 d.C. (Per gentile concessione del Ministero della Cultura – Museo Archeologico Nazionale di Napoli). Tav. 1.17. ......................................................................................................................................... 478 NP 27. Casa della Caccia antica (VII, 4, 48), tablinum. Pittura. In situ. 71-79 d.C. (DAI, Roma, n. Cat. 51, Acquerello del XIX sec.). a) parete est

VII

Tav. 1.18. ......................................................................................................................................... 479 NP 29. Casa del Granduca / della Fontana (VII, 4, 56), viridarium. Mosaico. In situ. 40 d.C. circa. (Per gentile concessione del Ministero della Cultura – Parco Archeologico di Pompei). Tav. 1.19. ......................................................................................................................................... 479 NP 30. Tempio di Apollo (VII, 7, 32), peristylium. Pittura. Disperso. 70 d.C. ca. ADS 697. Tav. 1.20. ......................................................................................................................................... 479 NP 31. Casa di Ma. Castricius (VII, 16, 17 (presso l'Insula Occidentalis), giardino 34, palaestra?). Pittura. In situ. 70 d.C. ca. (Per gentile concessione del Ministero della Cultura – Parco Archeologico di Pompei). Tav. 1.21. ......................................................................................................................................... 480 NP 32. Terme del Sarno (VIII, 2, 17) frigidarium, Pittura, In situ. 70 d.C. ca. a) (I) parete nord. Niccolini 1896 (IV), Nuovi scavi, Tab. 12. b) (II) parete ovest. (Per gentile concessione del Ministero della Cultura – Parco Archeologico di Pompei). Tav. 1.22. ......................................................................................................................................... 481 NP 36. Casa del Medico (VIII, 5, 24) peristylium. Pittura. MNN 113195; MNN 113196. 70 d.C. ca. (Per gentile concessione del Ministero della Cultura – Museo Archeologico Nazionale di Napoli). a) Parete nord; b) parete ovest Tav. 1.23. .................................................................................................................................. 482-483 NP 37. Casa dello Scultore (VIII, 7, 24) peristylium. Pittura.70 d.C. ca. (Per gentile concessione del Ministero della Cultura – Parco Archeologico di Pompei). a) (I) parete sud; b) (II) parete nord. Tav. 1.24. ......................................................................................................................................... 484 NP 38. Tempio di Iside (VIII 7, 28), portico. Pittura. MNN 8607 et 8539. 62-79 d.C. (Per gentile concessione del Ministero della Cultura – Museo Archeologico Nazionale di Napoli). Tav. 1.25. .................................................................................................................................. 485-486 NP 40. Casa dei Pigmei (IX, 5, 9), Pittura. In situ. 70 d.C. ca. (Per gentile concessione del Ministero della Cultura – Parco Archeologico di Pompei). a) (I) parete nord; b) (III) parete sud: lato est; c) (III) parete sud: lato ovest. Tav. 1.26. ......................................................................................................................................... 487 NP 45. Terme Suburbanae, natatio del frigidarium. Pittura. In situ. 70 d.C. ca. (I) parete est. (Per gentile concessione del Ministero della Cultura – Parco Archeologico di Pompei). Tav. 1.27. ......................................................................................................................................... 487 NP 46. Villa dei Misteri, atrium. Pittura. In situ. 80-70 a.C. (Particolare della porzione superstite della parete nord, lato destro. (Per gentile concessione del Ministero della Cultura – Parco Archeologico di Pompei).

VIII

Tav. 1.28. ......................................................................................................................................... 488 NP 47. Villa dei Misteri, tablinum. Pittura. In situ. intorno al 10 a.C. (Per gentile concessione del Ministero della Cultura – Parco Archeologico di Pompei). Tav. 1.29. ......................................................................................................................................... 488 NP 49. Porta Vesuvio, tomba di Vestorio Prisco. Pittura. In situ. 75 d.C. ca. (Per gentile concessione del Ministero della Cultura – Parco Archeologico di Pompei). A7 - Tavola 2. Supplemento fotografico con una selezione di reperti egizi ed egittizzanti ............ 489 Tav. 2.1. ........................................................................................................................................... 489 Inv. Gen. MNN 430: Divinità accovacciata, Statua di Faience, rinvenuta presso: VIII,07,28 (Tempio di Iside – Sacrarium). (Per gentile concessione del Ministero della Cultura – Museo Archeologico Nazionale di Napoli). Tav. 2.2............................................................................................................................................. 489 Inv. Gen. MNN 463: Ushabty di Paef-hery-hesu (manca della spalla e di parte delle gambe. Pasta annerita), Statua di Faience, rinvenuto presso: VIII,07,28 (Tempio di Iside). (Per gentile concessione del Ministero della Cultura – Museo Archeologico Nazionale di Napoli). Tav. 2.3............................................................................................................................................. 490 Inv. Gen. MNN 853: Bastet, Statua di Bronzo. (Per gentile concessione del Ministero della Cultura – Museo Archeologico Nazionale di Napoli). Tav. 2.4............................................................................................................................................. 490 Inv. Gen. MNN 976: Iside, Statua di Marmo, rinvenuta presso: VIII,07,28 (Tempio di Iside). (Per gentile concessione del Ministero della Cultura – Museo Archeologico Nazionale di Napoli). Tav. 2.5............................................................................................................................................. 491 Inv. Gen. MNN 1035: Monumento del Privilegiato presso Harsafes, primo sacerdote uab di Sekhmet, Samtoue-tefnakhte, Tavola di calcare, rinvenuto presso: VIII,07,28 (Tempio di Iside). (Per gentile concessione del Ministero della Cultura – Museo Archeologico Nazionale di Napoli). Tav. 2.6............................................................................................................................................. 491 Inv. Gen. MNN 1088: Statua virile, Statua di Grovacca, rinvenuta presso: VI,02,04 (Casa di Sallustio). (Per gentile concessione del Ministero della Cultura – Museo Archeologico Nazionale di Napoli). Tav. 2.7............................................................................................................................................. 492 Inv. Gen. MNN 2395: Sistro a 4 turni, Sistro di Bronzo, rinvenuto presso: VIII,04,05. (Per gentile concessione del Ministero della Cultura – Museo Archeologico Nazionale di Napoli). Tav. 2.8............................................................................................................................................. 492 Inv. Gen. MNN 5312: Isis – Fortuna. Statuetta, Statua di Bronzo. (Per gentile concessione del Ministero della Cultura – Museo Archeologico Nazionale di Napoli).

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Tav. 2.9............................................................................................................................................. 493 Inv. Gen. MNN 6044: Bicchieri in argento con scene isiache, rinvenuti presso: II,07 (Pompei, nei pressi della Palestra Grande: Portico N- O). (Per gentile concessione del Ministero della Cultura – Museo Archeologico Nazionale di Napoli). Tav. 2.10........................................................................................................................................... 493 Inv. Gen. MNN 116665: Bes, Statua di Terracotta invetriata. (Per gentile concessione del Ministero della Cultura – Museo Archeologico Nazionale di Napoli). Tav. 2.11. .......................................................................................................................................... 494 Inv. Gen. MNN 116542: Guttus con effige di Iside che allatta Arpocrate (forse proveniente da VII,07,6/7?). (Per gentile concessione del Ministero della Cultura – Museo Archeologico Nazionale di Napoli). Tav. 2.12........................................................................................................................................... 494 Inv. Gen. MNN 133230: Statua di Horus ieracocefalo, Statua di Alabastro, rinvenuta presso: VI,16,07 (Casa degli amorini dorati). (Per gentile concessione del Ministero della Cultura – Museo Archeologico Nazionale di Napoli). Tav. 2.13........................................................................................................................................... 495 Inv. Gen. MNN 2391 (oggi 264936): Sistro, Sistro di Bronzo, rinvenuto presso: VI,12,02 (Casa del Fauno o Campagna Pompeiana?). (Per gentile concessione del Ministero della Cultura – Museo Archeologico Nazionale di Napoli). Tav. 2.14........................................................................................................................................... 495 Inv. Gen. MNN 284: Bes, Statua di Bronzo. (Per gentile concessione del Ministero della Cultura – Museo Archeologico Nazionale di Napoli). Tav. 2.15........................................................................................................................................... 496 Inv. Gen. PMS 220: Statuetta d' Iside-Fortuna sopra base circolare modanata, Statua di Bronzo, rinvenuta presso: V,06, ? (Per gentile concessione del Ministero della Cultura – Parco Archeologico di Pompei). Tav. 2.16........................................................................................................................................... 496 Inv. Gen. PMS 2930: Sfinge di marmo bianco accucciata su base rettangolare (tra le zampe anteriori un volto gorgonico in bronzo), rinvenuta presso: II,05,02 (Casa di Tiburtino). (Per gentile concessione del Ministero della Cultura – Parco Archeologico di Pompei). Tav. 2.17........................................................................................................................................... 497 Inv. Gen. PMS 3501: Placchetta frontale in bronzo di statuina di Iside: due corna, globo e foglie, rinvenuta presso: I,07,07 (Casa del Sacerdos Amandus). (Per gentile concessione del Ministero della Cultura – Parco Archeologico di Pompei). Tav. 2.18........................................................................................................................................... 497 Inv. Gen. PMS 10108 et 10109: Bustini virili in marmo rosso applicati ad un pilastrino grigio, rinvenuti presso: II,01,13. (Per gentile concessione del Ministero della Cultura – Parco Archeologico di Pompei).

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Tav. 2.19........................................................................................................................................... 498 Inv. Gen. PMS 10485: Mano “Pantea” in bronzo, rinvenuta presso: II,01,12 (Complesso dei riti magici). (Per gentile concessione del Ministero della Cultura – Parco Archeologico di Pompei). Tav. 2.20........................................................................................................................................... 498 Inv. Gen. PMS 10486: Mano “Pantea” in bronzo, rinvenuta presso: II,01,12 (Complesso dei riti magici). (Per gentile concessione del Ministero della Cultura – Parco Archeologico di Pompei). Tav. 2.21........................................................................................................................................... 499 Inv. Gen. PMS 10613 B: Bes, Statua di Terracotta invetriata, rinvenuto presso: II,02,02 (Casa di Octavius Quartio, a Sud del viridarium). (Per gentile concessione del Ministero della Cultura – Parco Archeologico di Pompei). Tav. 2.22........................................................................................................................................... 499 Inv. Gen. PMS 11843: Bes (sostegno di lucerna), rinvenuto presso: I,18,04. (Per gentile concessione del Ministero della Cultura – Parco Archeologico di Pompei). Tav. 2.23........................................................................................................................................... 500 Inv. Gen. PMS 12876: Lucerna fittile monocline (Isis, Arpocrate, Anubi), rinvenuta presso: I,11,17. (Per gentile concessione del Ministero della Cultura – Parco Archeologico di Pompei). Tav. 2.24........................................................................................................................................... 500 Inv. Gen. PMS 12960: Iguana. Statuina di divinità egizia con corpo di coccodrillo su base rettangolare, in ceramica invetriata, rinvenuta presso: I,12,06 (sul podio della cucina nell’angolo SO del peristilio). (Per gentile concessione del Ministero della Cultura – Parco Archeologico di Pompei). Tav. 2.25........................................................................................................................................... 501 Inv. Gen. PMS 20255: Statuina bronzea di Iside con cornucopia e situla. (Per gentile concessione del Ministero della Cultura – Parco Archeologico di Pompei). Tav. 2.26........................................................................................................................................... 501 Inv. Gen. PMS 20256: Amorino - Arpocrate bronzeo con alle spalle un anello mobile su base quadrangolare, rinvenuto presso: Suburbio di Pompei, Villa rustica del fondo G. Imperiali? (Per gentile concessione del Ministero della Cultura – Parco Archeologico di Pompei). A8 - Tavola 3. Piante delle distribuzioni (in base a PREP). ............................................................ 502 Tav. 3.1............................................................................................................................................. 503 Pompei, Regio I Tav. 3.2............................................................................................................................................. 504 Pompei, Regio II

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Tav. 3.3............................................................................................................................................. 505 Pompei, Regio III Tav. 3.4............................................................................................................................................. 506 Pompei, Regio V Tav. 3.5. ........................................................................................................................................... 507 Pompei, Regio VI Tav. 3.6............................................................................................................................................. 508 Pompei, Regio VII Tav. 3.7............................................................................................................................................. 509 Pompei, Regio VIII Tav. 3.8............................................................................................................................................. 510 Pompei, Regio IX Bibliografia ..................................................................................................................................... 511

Indici: Indice analitico essenziale (o dei soggetti più rilevanti) .............................................................. 546 Indice di richiamo ad autori classici ............................................................................................. 552 Indice alfabetico delle testimonianze egizie ed egittizzanti raccolte (in base a PREP) ............ 556

In copertina: VI,17,42 Pompei, Casa del Bracciale d'oro, triclinio estivo 31, tratto est dell'affresco della parete sud. Num. inv. 59467 a (178 x 275 cm). Le riproduzioni fotografiche presenti nel volume e provenienti specie dal sito di Pompei e dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli sono offerte su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Fonti, soggetti e descrizioni generali dei beni riprodotti nel presente volume sono collocate nell’indice a cui fa riferimento il semplice richiamo del numero inventariale nei rispettivi supplementi fotografici (posti nella seconda sezione dell’opera). Ogni ulteriore riproduzione o duplicazione con qualsiasi mezzo e in qualsiasi modo è assolutamente vietata. XII

Ringraziamenti Prima di procedere con la trattazione di questo studio vorrei dedicare qualche riga di ringraziamento in primis a chi mi ha dato la possibilità di eseguirlo e lo ha visto nascere, ovvero la Prof.ssa Elena Mango (Archäologie des Mittelmeerraums, Institut für Archäologische Wissenschaften, Universität Bern), in secundis a chi ha co-supervisionato il progetto il Prof. Eric M. Moormann (Classical Archaeology, Greek and Latin Language and Culture, Radboud University Nijmegen). Un sentito grazie alle istituzioni che mi hanno permesso di condurre le indagini presso Napoli e Pompei, ovvero il Museo Archeologico Nazionale di Napoli (MANN) sotto la direzione del Dott. P. Giulierini e la Dott.ssa V. Sampaolo (già Conservatore delle Collezioni), l’Ufficio scientifico del Museo, l'archivio storico (Dott. A. Milanese) e fotografico (Dott.ssa L. Forte), l'Ufficio Catalogo (Dott.ssa F. Miele) e specialmente l’amica Rita Di Maria per le ricerche presso i depositi e molto altro; il Parco Archeologico di Pompei sotto la direzione del Prof. M. Osanna che mi ha permesso l'accesso ai depositi, agli archivi e in situ e in particolare alla Dott.ssa A. M. Sodo (Dir. Ufficio Scavi di Boscoreale). Sono inoltre grato alle Università di Berna e Bologna che con le loro ricche biblioteche mi hanno consentito di condurre al meglio le presenti ricerche, senza dimenticare amici, colleghi e studiosi con cui si è discusso variamente nel corso di incontri, congressi e seminari circa molte e complesse tematiche riguardo il soggetto qui indagato e che mi hanno permesso di migliorare il lavoro stesso. In particolare ricordo l'Ing. G. Amodei, Prof.ssa C. E. Barrett, Prof.ssa R. Berg, Dott.ssa M. Boglione, Prof.ssa I. Bragantini, Dott. A. Emiliani, Prof. V. Gasparini, Dott.ssa A. Koponen, Dott.ssa A. Mistireki, Prof. E. Poehler, Dott. A. Sansone, Prof. M.J. Versluys, Prof. M. Zecchi, Prof. A. Zumbo. Dedico infine questo lavoro ai miei genitori. Consuetudine levior est labor Nikola D. Bellucci Bologna, inverno 2020

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Abbreviazioni Nel presente volume le abbreviazioni ad autori e opere classiche seguono gli standard di riferimento del LSJ, TLG, TLL, etc… In aggiunta a queste sono presenti abbreviazioni comuni per istituti come ad es. MANN per Museo Archeologico Nazionale di Napoli, o più distinte come PMS per Pompei Magazzino degli Scavi (eventuali e ulteriori specifiche sono comunque di norma esplicitate in nota). In riferimento alle sezioni (e specie alcune appendici) le abbreviazioni adottate sono sciolte nella bibliografia finale. Per le abitazioni di Pompei è adoperata o la menzione moderna (come ad es. Casa dell’Efebo, etc…), o il riferimento all’indirizzo (ad es. I, 7, 11, secondo il comune sistema fiorelliano per regio, insula, domus), o entrambi. Per le trascrizioni e traduzioni di nomi o passi dalla lingua egiziana (traslitterata), greca o latina si sono impiegati i comuni standard normativi. Quando presente una traduzione senza specifica menzione di rimando essa si ritiene compiuta dell’autore.

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Prefazione Gli studi circa materiali egizi ed egittizzanti nel mondo ellenistico e romano godono di una lunga tradizione, ma, allo stesso tempo, hanno spesso mostrato una metodologia di lavoro alquanto limitata. Tali elementi – oggetti egizi, egittizzanti, rappresentazioni di motivi egiziani nelle arti visive, adattamenti e varianti su e di temi egizi – sono stati infatti tradizionalmente interpretati come pure espressioni di fascinazione per un mondo lontano, quasi fiabesco, da parte dei “fruitori” ellenisticoromani. A partire dall’inizio del ventunesimo secolo quest’interpretazione risulta tuttavia ampiamente superata. Ora può comprendersi meglio come questa concezione esprimesse per certi versi l’idea di una “moderna” e ritenuta supremazia verso il paese del Nilo, da cui gli abitatori del Mediterraneo al di fuori dell’Egitto avrebbero attinto quello che piacesse loro. Il fenomeno dell’uso di tali espressioni (per usare un termine collettivo alquanto vago) sembra piuttosto da considerare come parte integrante della cultura ellenistico-romana vista finora come ricettiva. Le traduzioni e variazioni non costituirebbero semplicemente dei risultati del vasto processo di copia come lo conosciamo per altri frammenti d’arte (pittura, scultura, vasellame). Come altre culture contemporanee, quella egizia formerebbe, secondo questo nuovo modello, parte di una cultura visiva mediterranea e ulteriore (oppure ‘global’, per usare un termine oggi di moda). Meglio quindi, non vedere queste espressioni ‘egizie’ ed ‘egittizzanti’ come elementi estranei alla cultura ellenistico-romana, ma come parti integranti di essa, in modo da valorizzare e comprendere ulteriormente sia il contesto attuale che l’Egitto e la sua antica cultura. Con questo studio, Nikola D. Bellucci si pone in questo dibattito in modo innovativo e affascinante. Specialista di filologia e papirologia classica, l’autore ha preso in esame un soggetto connesso con il mondo materiale, non in pura veste di archeologo militante, ma con lo sguardo interpretativo di un lettore colto e concreto. Ha così dato ordine ad una moltitudine di materiali che copre questi aspetti differenti, fra i quali mosaici, pitture parietali nonché oggetti, recuperati negli scavi di Pompei a partire della sua scoperta nel 1748. Sappiamo bene come il ritrovamento del Tempio di Iside nel 1764 suscitò entusiasmo per le cose egizie ed egittizzanti che non è mai svanito, di modo che il complesso, a quell’epoca visto come un monumento veramente egizio e per questo motivo il primo del genere sulla penisola italiana, è rimasto oggetto di ricerca fino ad oggi. Secondo questa nuova agenda di ricerca, tuttavia, esso – e così tutti gli oggetti indagati in questo volume – non costituiscono più dei semplici rimandi all’Egitto, ma servirono come espressione di una cultura aperta e globale dove diversi approcci da varie culture trovarono infine sede. Bellucci ha messo in evidenza la distribuzione dei motivi egizi ed egittizzanti negli edifici di Pompei, dando prova dell’interesse degli antichi pompeiani per questi motivi come parte della loro cultura ‘romana’. Seguono, inoltre, nuove letture e interpretazioni di alcuni complessi recanti temi egizi o egittizzanti. Eppure, coscienziosamente, questo studio non vuol porre un punto definitivo all’argomento, ma invita Lei, Lettrice o Lettore, a seguire suggerimenti e svilupparne ulteriori spunti. Prof. dr. Eric M. Moormann (Radboud University Nijmegen)

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Premessa 28 Marzo 1828. “Se io mi fossi uomo da leggere classiche scritture, dolce alleviamento proverei da certe inamabili occupazioni, per la lettura di un libro degnissimo di scolj e di comenti; sì vasto, sì intralciato, e sì di ammaestramenti di ogni maniera fecondo, che solo esso bastante sarebbe a render chiaro il mio intelletto, ove all'intelletto l'agio corrispondesse, né sì volgare e da poco fosse, al cospetto di coloro, che siedono nelle grandi aule giudici sapientissimi de' suoi prodotti. Un tale libro è Pompei: né havvi pagina in esso che non ti fermi, e da pensare profondamente non ti costringa; tanta e la varietà, tanta la copia, tanti sono gli aspetti diversi delle cose che vi si contengono!...”. PAH, II, (1862), 207.

Pompei, riscoperta a metà del Settecento, è come noto uno dei siti archeologici meglio conservati al mondo. Anche per le vicende storiche occorse, essa presenta pertanto una innumerevole quantità di lavori scientifici (e non) a riguardo o che pur essendo non specifici possono a volte comunque rappresentare notizie molto importanti per il progresso di un'indagine. Ad una complessità cronologica se ne aggiunge pertanto una geografica e tematica dato che gli approfondimenti che tale città presenta in potenza accolgono ricerche di studiosi internazionali in diversi campi della scienza, dalle materie umanistiche a quelle scientifiche. Ciò implica che pur volendo e dovendo in parte circoscrivere e delimitare un più specifico campo d'indagine redigendo un'opera monografica, il quadro così amplio comporta necessariamente la trattazione o allusione ad ulteriori aspetti che non possono tralasciarsi. Una grandezza e varietà di contenuto e riflessione che aveva in parte espresso anche Carlo Bonucci (1799-1870) nel passo appena sopra citato e raccolto nella PAH. Nel corso degli ultimi anni diversi studi più specifici hanno permesso poi di mettere in rilievo e approfondire alcuni aspetti che in precedenza per varie ragioni non era stato possibile affrontare più compiutamente. Nel caso che ci riguarda, le storiche indagini sul culto isiaco o l'interpretazione e studio di alcune pitture o oggetti che richiamassero all'Egitto si sono visti recentemente e in parte ampliati anche da una serie di ricerche più specifiche. Esse tuttavia, nonostante l'impegno, concentrandosi su determinati aspetti, hanno finito col lasciare aperte molte questioni essenziali e in altri casi fornendo ancora una volta studi interpretativi parziali e su soggetti determinati. Alla luce di questo quadro così brevemente delineato, il fine che ci si è posti per il presente lavoro ha inteso invece anzitutto raccogliere per la prima volta in un unico luogo non solo tutte le attestazioni (storiche, documentali e materiali) egizie ed egittizzanti del contesto pompeiano che è stato possibile rintracciare, ma fornirne dei primi studi contestuali generali, derivati e analizzati in base ai dati ricavati e rigorosamente disposti, che fossero in tal modo verificabili e disponibili agli altri studiosi specie per future indagini a riguardo. Importanza essenziale e primaria è stata così dedicata al reperimento e valutazione delle fonti documentarie e materiali, attraverso un costante lavoro d'indagine presso biblioteche, archivi e depositi, che hanno in tal modo permesso di costituire e servirsi di una solida base per la costruzione dell'intero lavoro, permettendo anche inedite valutazioni interpretative. Lo studio si è pertanto basato su una metodologia essenzialmente induttiva, procedendo per raggiungere una conoscenza quanto più oggettiva, verificabile e soprattutto condivisibile, partendo dalla raccolta di dati empirici e da ipotesi da vagliare secondo l'analisi rigorosa di questi dati. Concretamente si è proceduto in primis col tracciare un perimetro d'indagine in cui lo studio fosse condotto. In seguito si è proceduto alla raccolta dei dati materiali, al controllo e all'analisi sistematica di tutte le pitture e i frammenti di pittura a carattere egizio e egittizzante (in situ, nei depositi pompeiani, presso il MANN e i suoi depositi), la stessa operazione ha avuto luogo per a tipologia degli oggetti col fine di formare e fornire in un unico studio il più aggiornato indice che tenesse conto delle valutazioni, interpretazioni e contestualizzazioni circa tali soggetti. Ciò detto, strutturalmente il presente volume si compone nel complesso di due sezioni distinte. La prima parte della prima sezione si compone di due capitoli. Il Cap. I, “Dal contesto storico alla

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riflessione terminologica” introduce al contesto storico delle origini e dei successivi sviluppi dei rapporti tra Roma e l'Egitto, delineando, anche sulla base di dati epigrafici, le alterne vicende dei culti egizi in età imperiale e fornendo inoltre una prima messa a fuoco della ricezione dell'Egitto nell'Occidente romano quale emerge dalla lettura delle fonti classiche1. Nel secondo capitolo (Cap. II) denominato “Riflessioni terminologiche”, attraverso una attenta revisione del loro uso nella letteratura scientifica di settore, sono posti a confronto i lemmi ǹੁȖȣʌIJȚĮțȩȢ, Aegyptiacus, Aegyptiaca, Aegyptius, egittomania, egittofilia e esotismo al fine di poter definire e proporre un lessico tecnico comune. La seconda parte, “Soggetti e reperti egizi ed egittizzanti nel contesto pompeiano”, che si compone di tre capitoli (Cap. III, IV, V) offre un prospetto d'insieme preliminare dei soggetti e motivi egizi ed egittizzanti nel contesto pompeiano: pitture murali e mosaici, indagandone distribuzione, ripartizione dei macrosoggetti e degli stili, distribuzione dei macrosoggetti per ambiente con note e osservazioni, offrendo inoltre exempla di associazioni dei possibili nessi tra culto e rappresentazioni egittizzanti e dionisismo, corredati da brevi osservazioni interpretative seguite da note conclusive al capitolo. Il Cap. IV invece indaga nello specifico le scene di carattere nilotico presenti a Pompei (Nilotica pompeiana). Ad una breve introduzione al contesto generale degli studi segue una puntuale panoramica delle scene nilotiche nel contesto pompeiano di cui si presentano le descrizioni analitiche e progressive delle scene (mediante l'attribuzione ad ogni singolo elemento di un'etichetta alfanumerica). Segue quindi l'analisi dei contesti, con un'approfondita indagine sulla distribuzione dei soggetti individuati per domus e ambiente e sulla percentuale di frequenza e distribuzione delle scene nei contesti di rinvenimento, di cui si valuta inoltre l'inclusione e associazione a giardini, strutture riguardanti acqua e pasti, cui seguono alcune note conclusive al capitolo (si veda a proposito dello studio di distribuzione l'Appendice “Nilotica pompeiana. Prospetto riassuntivo delle attestazioni dei soggetti per domus e ambiente”). Il Cap. V (Indagini sui reperti egizi ed egittizzanti nel contesto pompeiano) tratta poi delle indagini eseguite nei depositi del Museo Archeologico Nazionale di Napoli (in seguito indicato con l'acronimo MANN) e del sito archeologico di Pompei al fine di determinare la consistenza e la distribuzione dei reperti conservati sia presso il MANN tra i materiali esposti e tra tra quelli in deposito, sia presso i depositi della Casa di Bacco a Pompei, la cui provenienza pompeiana sia pienamente accertata o attribuibile sulla base delle descrizioni fornite dalla documentazione inventariale - a tutt'oggi inedite - e in particolare dal Sottoconto Egizi del MANN (1885) e dall'Inventario della Soprintendenza di Pompei, di cui si riporta la trascrizione. Il capitolo prosegue con la presentazione dei dati e dei primi risultati dell'analisi sulla presenza di reperti egizi ed egittizzanti nel contesto pompeiano. La terza parte intitolata “Correlazioni tra affreschi e reperti. Tra dinamiche e contesti” è costituita da tre capitoli (Cap. VI, VII, VIII) e raccoglie alcuni exempla di correlazioni tra affreschi e reperti egizi ed egittizzanti del contesto pompeiano (Cap. VI), approfondendo dinamiche e contesti di rinvenimento. Segue un capitolo (Cap. VII) con alcuni paragrafi d'approfondimento: l'Egitto e Augusto. Dalla Repubblica al Principato; Paradeisoi e scene nilotiche. Prodromi di un possibile nesso?; Specifiche del culto isiaco a Pompei: i Lararia; Dentro l'esterno e fuori dall'interno. La terza parte propone delle note conclusive ai capitoli VI-VII e un paragrafo dedicato ad una riflessione su possibili nuove prospettive di indagine. Seguono poi le conclusioni del volume esposte nel capitolo VIII (parte quarta). La seconda sezione, che si articola in due parti, esordisce con un capitolo dal titolo “L'Egitto a Pompei. Tra gli archivi e i depositi” (Cap. IX), e dopo una premessa circa la formazione e primi allestimenti del Real Museo Borbonico di Napoli (oggi MANN) si propone di indagare e mettere in correlazione Pompei e l'Egitto. Vengono così forniti primi studi circa la Collezione egiziana attraverso gli inventari storici (archivi e depositi del MANN e della Soprintendenza di Pompei), corredati da un'Appendice documentale. Una seconda parte (Corpus dei materiali) contiene invece 1

Circa il riferimento a rilevanti passi di autori classici, nel testo si è in genere fornito quando possibile l'originale greco o latino sovente accompagnato da traduzione o in alternativa la sola traduzione in una lingua moderna.

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l'insieme dei dati documentari che sono serviti da base per le analisi dei capitoli precedenti i cui risultati si sono discussi nel corso della trattazione: A1 - ASMEP - Appendice dei soggetti e motivi egizi ed egittizzanti nelle pitture e nei mosaici pompeiani; A2 - AREP - Appendice dei reperti egizi ed egittizzanti provenienti da Pompei; A3 - PREP - Prospetto sinottico delle pitture e dei reperti egizi ed egittizzanti nel contesto pompeiano; A4 - Appendici generali dei ritrovamenti egizi presso il sito di Pompei secondo la documentazione storica, che fornisce un primo prospetto delle menzioni e attestazioni dei rinvenimenti egizi ed egittizzanti presso Pompei da PAH a NSA (e altre fonti storiche) con identificazione dei luoghi e della numerazione inventariale delle pitture e reperti individuati e A5 - l'inedita appendice con composizione degli indici dell'intera serie NSA - Pompei dal 1876 al 1951. Si giunge così ai due Supplementi fotografici: A6 - Supplemento fotografico con una selezione di scene nilotiche; A7 - Supplemento fotografico con una selezione di reperti egizi ed egittizzanti e alle Piante di distribuzione di tale tipologia in base a PREP (A8). Il volume si conclude con la bibliografia finale dell'intero lavoro, per cui a fronte dei molti titoli letti e presi in considerazione si è operata una necessaria selezione quantitativa. Accanto ad una più attenta raccolta e descrizione dei dati intesa a comprendere e tentare di chiarire il valore culturale e/o cultuale delle singole pitture e manufatti e dei sistemi decorativi pubblici o privati, che certo dovranno in seguito e ancora meglio approfondirsi, un risultato primario del lavoro d'indagine ha inteso mostrare e dimostrare come, oltre ciò, l'analisi dei contesti debba tuttavia porsi come elemento essenziale e sia da ritenersi imprescindibile per l'interpretazione delle diverse tipizzazioni e particolarità che caratterizzano tale tipologia nel sito pompeiano. Resta così da tenere in considerazione che diversi aspetti rappresentativi o iconografici segnano e costituiscono ancora delicati elementi d’analisi interdisciplinare, dato che attribuire ad alcuni oggetti esclusivi valori simbolici, derivati da particolari figure o caratterizzazioni d'esse, potrebbe anche compromettere e in parte alterare il quadro generale della documentazione stessa. In tal caso, la stessa moda o gusto d'Egitto diffusasi e ben presente nell'età augustea, non andrà certo intesa come casuale o priva di accezione simbolica, ma in parte forse di richiamo ad una certa condivisione di valori della propaganda post-aziaca, essa non costituirebbe per forza un riferimento espressamente religioso. Andranno pertanto meglio tenute in considerazione e singolarmente riconsiderate le varie accezioni e sfumature insite e derivabili non solo dall'oggetto stesso, ma ancora dagli individui, dal periodo e dal contesto storico. In considerazione di quanto qui sommariamente detto, il presente studio si propone pertanto di approfondire queste tematiche inquadrandole in parte anche all'interno delle vicende storiche, culturali, cultuali e politiche, che hanno caratterizzato la diffusione assieme ai culti isiaci anche delle rappresentazioni e degli oggetti egizi e egittizzanti nel contesto romano-pompeiano. Si tratta di uno studio inedito che presenta una notevole mole di dati trattati scientificamente e razionalmente disposti, suscettibili di ulteriori modifiche e implementazioni, considerando che alcune zone di Pompei attendono di essere ancora indagate in un contesto da ritenere in fieri. Con questa premessa mi accingo a presentare tale opera, sperando che queste indagini possano permettere di accrescere il presente campo di ricerca e conseguentemente lasciar intravedere ulteriori, inediti ed ancora inesplorati fenomeni, scenari e soggetti. Non un limite d'arrivo ma un punto di partenza per una nuova prospettiva.

ma misi me per l’alto mare aperto sol con un legno e con quella compagna picciola da la qual non fui diserto. Dante, Inf., 26, 100-102.

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SEZIONE I

SEZIONE I Parte prima Dal contesto storico alla riflessione terminologica Capitolo I Il contesto storico I.1. Note introduttive per l'analisi del contesto storico Come noto, sin dalle origini della civiltà egizia, i contatti tra l'alta valle del Nilo e il centro Africa nonché la Mesopotamia sono ben attestati. Oggetti egizi si ritrovano ad esempio già nel corso del III millennio a. C. ad Ebla in Siria. Nel II millennio a. C. questa presenza si afferma inoltre nelle zone geograficamente prossime della Nubia e Sudan (a Sud) e Palestina e Siria (a Nord-Est), ed è in questo periodo che paiono più evidenti i rapporti con la cultura minoica e micenea. Accanto a questo fenomeno, in un certo senso espansivo, della cultura egizia pare anche riscontrabile una maggiore presenza straniera nell'Egitto stesso, specie dovuta alla manodopera, e che è riconoscibile anche per la presenza di motivi extra-egiziani. Tuttavia, tra il XIV e il XIII secolo a.C. si verifica nel Mediterraneo orientale una delle più imponenti migrazioni di popoli della storia, noti come “Popoli del Mare”. Un movimento migratorio che avrà l'effetto di cambiare il volto del Mediterraneo e alterare gli equilibri delle relazioni politiche e commerciali che si erano stabilite tra le diverse civiltà fiorite in una vasta area compresa tra l'Europa centrale, dall'Italia peninsulare alle regioni del Danubio, dalla Grecia e Cipro alla Valle del Nilo e al Mediterraneo orientale fino all'Anatolia. Bisognerà attendere il I millennio a.C. per la creazione di condizioni di progressiva ripresa di relazioni commerciali e contatti culturali che in prospettiva avrebbero mediato i caratteri dell'età ellenistica. Le navi fenicie e greche del periodo che commerciando svolgevano rotte che toccavano e comprendevano anche i maggiori porti del Mediterraneo, spesso trasportavano, per il loro carattere esotico, diversi manufatti egizi di piccole dimensioni, come amuleti e vasellame (che non di rado si ritrovano archeologicamente nel Mediterraneo nord occidentale). È difatti nota la capacità decorativa fenicia che spesso soleva utilizzare nella decorazione dei manufatti più fastosi, diversi motivi egizi. Diverse tombe italiche (etrusche, picene, magno-greche, etc...) non hanno infatti mancato di riportare molteplici amuleti egizi, in cui spiccano per esempio scarabei o scaraboidi 1. Al di là di oggetti propriamente egizi e diversificate riproduzioni di essi, nella vasta area del Mediterraneo si riscontrano così anche testimonianze che per forma e funzione si richiamerebbero ad una certa tradizione egizia. È stato ipotizzato come il significato del fenomeno andasse ricercato in primo luogo nei benefici di varia natura (medica, religiosa, artistica etc.) presentati dai divulgatori non-egizi (in primis Fenici), della cultura nilotica alle genti mediterranee che portò così allo sviluppo di un'articolata koiné egittizzante (“egittizzante - fenicio”, “cipriota” etc.). Ciò contribuì inoltre a creare, presso tali genti, una sensibilità nei confronti dell'Egitto che avrebbe in seguito agevolato la diffusione dei culti egizio-alessandrini di Serapide e di Iside, che alla pari di quello degli Aegyptiaca, fu anche esso un 1

Si veda ad. es. De Salvia 2011, 35-44. Francocci 2011, 44-55. De Salvia, 2011, 35 sostiene: “Il grandioso fenomeno culturale degli Aegyptiaca costituisce l'espressione, più visibile dell'incontro dell'Egitto tardofaraonico con i vari popoli del Mediterraneo. Esso è documentato dalla miriade di piccoli manufatti egizi ed egittizzanti (scarabei, statuine di divinità, vasetti etc.) provvisti perlopiù di qualità massificata ed aventi significato magico-religioso popolare.”. Si veda ancora Albore Livadie 1983, 45-51; Melandri 2010, 20-32. Giovannelli 2015. Esistono tuttavia anche lavori per periodi più recenti come Martinez 2013.

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

fenomeno sviluppatosi in ambienti mercantili mediterranei 2. Conseguentemente la valutazione di questi reperti sarebbe passata da una sorta di esaltazione “sentimentale” ed orientalistica degli stessi, in quanto avrebbero celebrato la presenza di civilizzatrici colonie egizie in Occidente, alla loro svalutazione “razionalistica”, in quanto declassati ad esotici fronzoli specie femminili (la “paccottiglia egizia”) e smerciati nell'area mediterranea da mercanti fenici di medio livello. La contestualizzazione di tali reperti avrebbe infatti evidenziato la loro appartenenza essenzialmente all'universo femminile ed infantile, ponendo in luce un certo protagonismo delle donne, specie egizie e semitiche (che si ripeterà anche nella diffusione di Iside alessandrina), sia nella fruizione che nella diffusione di tali manufatti 3. C'è poi da ricordare come tali amuleti egizi ovvero scarabei, statuine, placchette fossero d'uso quasi comune nel mondo egizio. L'amuleto svolgeva una funzione terapeutica allontanando le forze malefiche e negative specie nella credenza dei ceti meno elevati ed alla sfera femminile ed infantile, ovvero le classi maggiormente esposte a mortalità. Pertanto, l'interesse dei popoli stranieri si incentrò specie su quest'ultimo aspetto medico-curativo rispetto a quello teologico o escatologico pur presente nella cultura egizia. Eppure, agli occhi degli stranieri, tali oggetti, con i loro colori e le suggestive immagini e forme geroglifiche, accanto al valore magico-terapeutico, dovevano anche mostrarsi come oggetti fastosi, esotici e perciò rappresentativi di un certo benessere economico. Ciò detto, i rapporti tra Egitto tardo faraonico e Grecia del periodo arcaico e classico restano però ancora meritevoli di interpretazioni. Vari prodotti e manufatti egittizzanti parrebbero infatti attestarsi a prima del periodo ellenistico, dato che fabbriche sarebbero state presenti già in area greco-orientale, come Rodi, mentre questi fenomeni accanto alle forme rituali ed espressive avrebbero anche prodotto determinati sincretismi religiosi greco-egizi 4. Tali manufatti presenti in aree elleniche ed ellenizzate già prima del VI a.C., sembrerebbero essere stati adoperati principalmente in privato (ovvero riconoscibili come espressione di privata superstitio) ed in senso apotropaico, tuttavia estraneo alla cultura ellenica. Non è poi da dimenticarsi il ruolo svolto dai meteci asiatici (Ciprioti, Fenici, Siriani) nella diffusione di aspetti formali e figurativi faraonici fra le genti elleniche, che, specie nel caso cipriota ad es. con Naucrati, forniva una koiné etnica di sostrato risalente al millennio precedente ed in cui potrebbero ben inserirsi mediazioni e traduzioni figurativo-modali volte a favorire l'accoglimento nella pur diversificata sensibilità greca 5. Atteggiamenti duplici di repulsione e attrazione sarebbero peraltro riscontrabili tra i Greci di periodo arcaico e la cultura faraonica 6. Certo, l'Egitto (settentrionale) avrebbe rappresentato, specie inizialmente, un sapere scientifico e tecnico-pratico ampiamente riconosciuto. Attività piratesche greche ai danni delle genti del Delta, assieme alla sempre più presente infiltrazione ellenica, dapprima piuttosto ostile, avrebbero pur di seguito portato a diverse mediazioni. In età persiana pare noto come diversi sacerdoti ben conoscano usanze greche e persino l'idioma ellenico, mentre i Faraoni di Sais si sarebbero mostrati ben disposti verso questo popolo egeo. A Psammetico I andrebbe perfino attribuita l'istituzione di una classe di interpreti della lingua greca, un clima di fervide relazioni intrattenute e testimoniate ancora con i faraoni della XXVI dinastia7. Ma è specie nel 332 a. C. quando Alessandro Magno conquisterà l'Egitto fondando Alessandria (destinata a divenire uno dei centri più importanti del Mediterraneo), che i contatti tra questi due popoli si accrebbero notevolmente. Alla morte del grande sovrano macedone poi, l'Egitto, passando in mano a Tolemeo e alla sua stirpe, parteciperà intensamente alle vicende politiche e culturali del Mediterraneo, nell'importante e creativo periodo ellenistico (323-31 a.C.) 8. 2 3 4 5 6 7 8

De Salvia 2011, 35. De Salvia, 2011, 35-36. In gen. si veda anche De Salvia 1983, 31-43. In gen. si veda Toomer 1971, 27-54. Webb 1978. Hölbl 1979. Roccati 1983, 25-30. Boardman, 1980, 56. Circa i manufatti egiziani in ambito asiatico si veda anche Hölblb 1986. Schmidt 1968. Vd. De Salvia 1989, 125-138. Si veda ad. es. Hdt., 2, 54, 113. La conoscenza dell'epos omerico avrebbe difatti influenzato in età tolemaica i cosiddetti racconti demotici del Ciclo di Petubasti. Barns 1978. Hdt., 2, 154, 2; 164, 1. Vd. anche De Caro 1983, 53-58.

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Capitolo I - Il contesto storico

Fig. 1.1. Alessandro Magno (particolare). La Battaglia di Isso.

Mosaico pavimentale in opus vermiculatum (cm 313 x 582) da Pompei, Casa del Fauno (VI, 12, 2), I a.C. Per gentile concessione del Ministero della Cultura - Museo Archeologico Nazionale di Napoli (MNN 10020).

A fronte dei molti Greci trasferitisi in Egitto (e specie nel Delta egiziano) si ha traccia della presenza di numerosi Egiziani in Grecia e specie ad Atene, dove con lo status di meteci, operavano soprattutto nel commercio, mantenendo propri usi e costumi. Durante il periodo classico tuttavia si assisterebbe ad una maggiore chiusura da parte greca, principalmente dovuta al carattere considerato barbaro dei popoli orientali rispetto all'ellenocentrismo. Ad ogni modo, ad una concezione popolare dell’Egitto come un paese favoloso, fertile, potente e di difficile accessibilità, retaggio del periodo successivo al crollo della civiltà micenea, si contrappose ben presto una sorta di egittofilia o per meglio dire una più profonda curiosità culturale maturata negli ambienti degli intellettuali greci di cui si accennerà anche di seguito trattando delle fonti antiche. Non pare infatti inutile rimarcare come nonostante le varie conquiste culturali greche, i Greci d'età classica ammirassero ancora molto i progressi tecnologici degli Egiziani e dei popoli mesopotamici, tanto che in particolare dal IV sec. a.C. l’Egitto venne considerato culla di varie scienze e luogo nel quale un gran numero di personaggi mitologici e storici avrebbero ricevuto iniziazioni e approfondimenti dottrinali 9. I.2. Rapporti storici tra Roma e l'Egitto Considerati nell'ambito dell'ascesa di Roma sul Mediterraneo, nel delineare un breve quadro storico dei rapporti tra Roma e l'Egitto si inizierà dicendo che già a partire dalla Roma repubblicana sono noti vari contatti con Alessandria e i Tolemei. Dallo scambio di ambascerie (dopo la morte di Pirro) con Tolemeo II Filadelfo (III a. C.), a Tolemeo IV cui i Romani si rivolsero per ottenere forniture di grano dopo la guerra contro Annibale, i rapporti diplomatici (e non solo) furono piuttosto intensi. L’Impero tolemaico nel periodo compreso fra il 270 e il 240, sotto la guida di Tolemeo Filadelfo (285-246 a.C.) e di Tolemeo Evergete (246-222 a.C.), raggiunse infatti il suo 9

Si veda anche Smelik, Hemelrijk 1984, 1878; in part. Russo 2001, 39-42.

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

apogeo, giungendo a estendersi fino all’Eufrate verso Oriente e verso Occidente alla stessa longitudine dell’estrema punta meridionale dell’Italia. In questo periodo gli interessi politici ed economici dei sovrani tolemaici erano fortemente concentrati in Occidente più di qualsiasi altra monarchia orientale. Ciò spiegherebbe l’atteggiamento a prima vista contraddittorio della politica egiziana durante il III secolo a.C., improntata a una voluta e reciproca indifferenza nei confronti di Roma. Nel 212, durante la seconda guerra punica, appena conquistata la città greca di Siracusa – che con Ieronimo pochi anni prima aveva invano cercato l’alleanza lagide (Plb, 7, 2, 2) – Roma inviò al re egiziano un’ambasceria per chiederne il sostegno. Se nel 210 l’Egitto inviò aiuti ai Romani colpiti da una gravissima carestia (Plb, 9, 11a) parrebbe evidente che Tolemeo IV si considerava alleato dei Romani. Considerazione che era evidentemente ricambiata da Roma se, tra i doni inviati al re nello stesso 210, pare fosse compresa una toga. Nel 205 alla morte di Tolemeo gli seguì come erede il figlio di sei anni, Tolemeo V Epifane (204180 a.C.). Morta poi la regina madre Arsinoe III, al momento della proclamazione del nuovo re (203-202) il suo tutore Agatocle inviò due ambascerie, una al Senato romano (Plb, 15, 25, 13-14) e una seconda a Filippo V, con lo scopo di stringere un patto matrimoniale tra l’Epifane e una figlia del re macedone. L’anno successivo i Romani inviarono ad Alessandria una propria delegazione, costituita da M. Emilio Lepido, G. Claudio Nerone e P. Sempronio Tuditano, per comunicare la vittoria sui Cartaginesi e per ringraziare il re d’aver mantenuto fede ai Romani, pregandolo di conservargli lo stesso atteggiamento qualora costretto dalle provocazioni a intraprendere una guerra contro Filippo (Liv., 31, 2, 3-4). La volontà dei Romani di porre freno al desiderio espansionistico di Filippo V fornì verosimilmente alla corte egiziana (preoccupata dalle azioni intraprese da Antigonidi e Seleucidi) l’occasione di chiedere agli alleati occidentali di fare da tutori al giovanissimo Tolemeo e ai suoi possedimenti. La tutela del re fu dunque affidata dal Senato al giovane M. Emilio Lepido al suo primo incarico (Tac., Ann., 2, 67). L’episodio segnerà così l’inizio dell’ingerenza negli affari dei Tolemei da parte di influenti personaggi romani. Nel 184 e nel 183 i Romani inviarono commissioni senatorie per esaminare il nuovo conflitto scaturito fra Sparta e la Lega achea. Un’altra ambasceria fu inviata in occasione del nuovo conflitto scoppiato tra Tolemeo VI Filometore e Antioco IV Epifane, succeduto nel 174, mentre si trovava a Roma, al fratello maggiore Seleuco IV, assassinato. Alla morte di Epifane nel 180, l’impero tolemaico d’oltremare era stato in gran parte smantellato e rispetto ridotto alle sole province centrali: Egitto, Cipro e Cirenaica. A Tolemeo V successe ancora una volta un minore, Tolemeo VI Filometore (180-145 a.C.), che aveva probabilmente solo dieci quando venne incoronato nel 176. Alla morte della reggente Cleopatra I, il governo effettivo fu assunto dai due ministri Euleo e Leneo (Porph., fr. 41 Jacoby) che avrebbero portato il regno sull’orlo della rovina, agitando contro Antioco IV di Siria, nipote di Cleopatra, la questione della Celesiria, dote nuziale della regina. Nel 173, alla vigilia della terza guerra macedonica, Roma inviò poi ad Alessandria cinque legati con lo scopo di avvicinare e conoscerne i propositi dei due tutori dopo la morte della regina madre. La vicenda della ricca provincia di Celesiria e la questione della dote di Cleopatra, importante per motivi diversi sia per Antioco che per Euleo e Leneo, fu portata davanti al Senato romano. Una duplice ambasceria venne inviata a Roma e il re di Siria accusò il governo egiziano di minacciare il suo regno (Plb, 27, 19; Plb, 28, 1; D. S., 30, 2). Il Senato, tuttavia, eluse ufficialmente le speranze di entrambi affidando al console Q. Marcio Filippo il compito di dirimere la questione sul posto (Liv., 42, 47, 4). Nel 170 Filometore, che all'epoca aveva circa sedici anni, dovette assistere impotente all’invasione del suo regno da parte di Antioco IV, il quale, forse per non allarmare Roma con una nuova conquista, lasciò sul trono il giovane re e si ritirò con l’esercito per passare l’inverno. I cittadini di Alessandria isediarono tuttavia sul trono per acclamazione popolare il fratello più giovane di Filometore, Tolemeo Neotero, detto Fiscone. L'anno successivo i due fratelli raggiunto un accordo formarono un governo unitario (169-164 a.C.), che non fu tuttavia ben accolto da Antioco che nella primavera del 168 invase nuovamente l’Egitto, conquistando prima Memphis e avanzando poi verso Alessandria.

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Capitolo I - Il contesto storico

Popilio Lenate intimò così ad Antioco IV di ritirare le forze armate in Egitto (Plb., 29, 27, 2-6) e il paese entrò di fatto nell'ottica di un protettorato romano. Dopo qualche anno Tolemeo VI scappò a Roma (dove godeva della symmachia) a causa di problemi di successione durante il 163 a. C. Il Senato romano colse pertanto l’occasione per indebolire ulteriormente il regno tolemaico, dividendolo in due parti. Fu decretato che Filometore avrebbe regnato sull’Egitto e su Cipro e Neotero sulla Cirenaica. L’anno successivo Neotero chiese inoltre una revisione della ripartizione del regno e il Senato gli diede ragione, affidando a T. (Manlio) Torquato e a Gn. (Cornelio) Merula l’incarico di installare a Cipro il giovane Tolemeo, purché ciò avvenisse senza guerre (Liv., Per., 47; Plb, 31, 10, 10; 17, 4). I rapporti tra i due fratelli resteranno comunque tesi, al punto che Tolemeo Neotero Fiscone nel 155, cercando di far pressione su Roma per consolidare la sua posizione, denunciò un attentato e arrivado a chiedere al popolo romano di difendere il suo regno, qualora fosse morto prematuramente. Copia del suo testamento fu inviato a Roma, un’altra è incisa su una stele marmorea rinvenuta a Cirene (SEG IX (1938), 7, in part. ll. 15-16 e 21). Con la morte improvvisa di Filometore nel 145, Tolemeo VIII Evergete II (145-116 a.C.) riunì sotto una stessa corona i resti dell’impero tolemaico, Egitto, Cipro e Cirenaica, ormai trasformato in un possedimento gestito della potenza dominante. Al momento dell’acclamazione di Evergete II si trovava ad Alessandria la missione guidata da Termo (J., Ap, 2, 50), che apparteneva al circolo degli Scipioni e agiva in Egitto forse solo come tutore degli interessi di gruppi commerciali. Tolemeo Evergete II riceverà ad es. Scipione Emiliano (e Panezio di Rodi). Alla morte dell’Evergete II nel 116 il regno tolemaico fu nuovamente diviso per testamento. Ancora una volta la Cirenaica fu staccata dall’Egitto e divenne il regno di un suo figlio illegittimo, Tolemeo Apione (116-96 a.C.), mentre il trono d’Egitto e di Cipro andò a Tolemeo IX Sotere II (primo regno, 116-107 a.C.), il figlio maggiore avuto dalla seconda moglie (e nipote) Cleopatra III. Questa tuttavia cercò di far insediare al trono il suo figlio prediletto Tolemeo X Alessandro che nel tentativo di riprendere possesso del regno e in cambio del denaro necessario per armare una flotta, vendette il suo regno a Roma tramite un testamento 10. Perse comunque la vita mentre cercava di occupare Cipro e i Romani si affrettarono per tentare di recuperare il denaro prestato. In questo modo, il figlio maggiore di Evergete II e di Cleopatra III, Tolemeo IX Sotere II (secondo regno, 8980 a.C.), potè riunire nuovamente l’Egitto e Cipro. Alla morte di Sotere II nell’80 il nuovo re, Tolemeo XI Alessandro II (80 a.C.), figlio di Sotere, arrivò direttamente da Roma, dove aveva vissuto, con la benedizione del Senato. Egli era l’ultimo maschio legittimo erede al trono. Alla sua morte si dovette quindi e cercare un’alternativa all’estero e furono rintracciati due figli illegittimi di Sotere II, il maggiore Tolemeo Teo Filopatore (meglio noto come Aulete) ricevette il trono d’Egitto, il minore divenne re di Cipro, anch’egli con il nome di Tolemeo. Con la salita al trono di Tolemeo XII (80-51 a.C.) la situazione in Egitto divenne tuttavia ancora più complicata. Per molti romani ormai il trono d’Alessandria non spettava più alla corte alessandrina, ma a Roma, e il Senato rifiutò di riconoscere i nuovi re. Per i successivi ventidue anni Aulete, governò pertanto da un lato sotto la minaccia dell’occupazione romana e dall'altra sotto l’incubo della deposizione 11. Ciò portò negli anni successivi e in particolare nel 65 a. C. il censore M. Licinio Crasso a proporre di annettere l'Egitto alla Repubblica (disegno che venne fermato da Q. Lutazio Catulo 12). Qualche anno dopo, nel 63 a. C., il tribuno della plebe P. Servilio Rullo presentò una legge agraria che si proponeva di acquisire il regno tolemaico, la proposta però non passò 13. Compresa la tendenza, Tolemeo cercò inizialmente di ingraziarsi il favore di G. Pompeo Magno regalandogli una corona d'oro e inviandogli una forza di diecimila cavalieri per conquistare 10 11

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Cic., De lege agraria, 1, 1. Negli anni settanta due figli legittimi di Tolemeo IX, avuti dalla seconda moglie, comparvero a Roma per sostenere il loro diritto al trono, così come fecero anche i due figli della stessa regina nati dal suo quarto matrimonio con Antioco X di Siria (Cic., Verr., 2, 4, 60). Nessuno di loro, tuttavia, ottenne l’appoggio di Roma. Plu., Cras., 13, 2. Interessante fare notare come nel 64 a.C. il Senato decise di sciogliere comunità di culto (collegia e altre associazioni), una scelta che a ben vedere sarà ripetuta durante gli anni di Augusto.

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

la Giudea 14. Tolemeo riuscì poi a farsi riconoscere legittimo re d'Egitto solo nel 59 a. C. (dopo aver pagato una somma di seimila talenti a Giulio Cesare e Pompeo)15. Una delegazione egizia si recò lo stesso anno a Roma facendo riconoscere a Tolemeo, lo stato di socius atque amicus populi Romani 16. L'anno dopo tuttavia Tolemeo fu esiliato dagli Alessandrini poiché non era riuscito a impedire ai Romani di portare a termine la conquista del regno di Cipro. Il sovrano andò così in esilio a Roma, mentre il trono venne preso dalla sua unica figlia legittima, Berenice IV, sotto la co-reggenza della madre, Cleopatra VI. Riuscì poi a fare in modo che, nell'estate del 57 a. C., il Senato romano affidasse la sua restaurazione sul trono al console Publio Cornelio Lentulo Spintere, al quale era stata assegnata la provincia della Cilicia per l'anno successivo. Successivamente il Senato mutò decisione e Tolemeo, venuto a conoscenza della posizione neutrale, decise di trovare rifugio a Efeso, nel tempio di Artemide. In Egitto intanto, il regno di Berenice IV e Cleopatra VI si era concluso per la morte di quest'ultima nel 57 a. C. Berenice, allora, dovette sposare Seleuco VII Kybiosaktes, uno degli ultimi discendenti della deposta dinastia seleucide; Berenice però lo fece uccidere dopo pochi giorni e sposò quindi il cappadocico Archelao, figlio dell'omonimo generale pontico Archelao 17. Giunti al 55 a.C., anno del consolato di Pompeo e M. Licinio Crasso, Tolemeo XII ottenne il favore di Pompeo in modo da esortare il proconsole di Siria, Aulo Gabinio, a restaurare Tolemeo sul suo trono marciando sull'Egitto. Gabinio quindi assieme all'allora generale Marco Antonio raggiunse Alessandria e in poco tempo depose Archelao, che troverà la morte nei pressi del Nilo. Subito dopo la sua restaurazione (55 a. C.) Tolemeo fece giustiziare Berenice IV e tutti quelli che l'avevano favorita, insieme a molti ricchi cittadini per poter avere accesso al loro denaro e ripagare i suoi debiti. A capo delle finanze di Tolemeo fu poi nominato il romano Gaio Rabirio Postumo, al TXDOHYHQQHGDWRLOWLWRORGLGLHFHWD įȚȠȚțȘIJȒȢ GDWRFKHHJOLDYHYDSUHVWDWRLPSRUWDQWLVRPPH di denaro al re d'Egitto, che in seguito rifiutò tuttavia di ripagarlo e lo imprigionò. Rabirio riuscì comunque a fuggire tornando a Roma. Fu accusato di concussione in Egitto e complicità con Aulo Gabinio, difeso da Cicerone (54 a.C.), nel suo celebre discorso Pro Rabirio Postumo e fu poi assolto. Con la morte di Aulete all’inizio del 51, il regno passò, come noto, a sua figlia maggiore Cleopatra VII (51-30 a.C.) e al fratello maggiore Tolemeo XIII (51-47 a.C.), sostituito in seguito prima dal fratello minore, Tolemeo XIV (47-44 a.C.), e poi dal figlio che la regina ebbe da Giulio Cesare, Tolemeo XV detto Cesarione (44-30 a.C.). Dal punto di vista cultuale, è interessante far notare come Tertulliano riporti che Gabinio avesse fatto rimuovere dal Campidoglio statue portate dagli adoratori delle divinità egizie facendone abbattere gli altari che furono tuttavia eretti nuovamente poco dopo per vim popularim, ovvero sotto spinta dei loro sostenitori nonché dei tribuni della plebe 18. Le persecuzioni promosse contro le divinità egiziane già durante il 58 a. C. 19 potrebbero pertanto ben essere state causa di alcune azioni del sovrano lagide 20. In quegli anni infatti gli Alessandrini, saputo che Tolemeo si era rifugiato a Roma, inviarono una delegazione di cento uomini guidati da Dione di Alessandria, per difendersi dal sovrano che pianificava il suo ritorno. Ma avvertito del loro arrivo il Re provvide a farli assalire cosicché nessuno arrivò davanti ai magistrati e Tolomeo, grazie alla protezione di Pompeo, non solo non fu accusato, ma riuscì a far passare sotto silenzio tali scelleratezze. Questo fu peraltro all'inizio del Bellum alexandrinum di Cesare e delle rivalità tra Ottaviano, Antonio e Cleopatra culminanti con l'annessione dell'Egitto all'Impero romano. 14 15 16 17 18 19 20

Mayer Burstein 2007, 12-13. Svet., Iul. Caes., 54, 3 Caes., De Bell. Civ., 3, 107; Cic., Ad Atticum, 2, 16.2; Cic., Pro Sestio, 57; D.C., 39, 57.1-2; Str., 17, 1, 11. Tert. Apol., 6, 7-8. Ma ne sono note anche nel 53-52 a.C. e 48 a.C. Vd. Grimm 1997, 121. Storicamente si veda anche: Jeanmaire 1924, 242; Taylor 1949, 329.

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Capitolo I - Il contesto storico

Eppure, una prima menzione di culti egizi a Roma si ritroverebbe in Apuleio (Ap., Met., 11, 30) nel II d.C., dove l'autore parla di un collegio di Pastophores, ovvero sacerdoti e guaritori (che in speciali cerimonie trasportavano edicole con immagini divine), presente a Roma dai tempi di Silla (80 a. C. circa) e forse legato al sacco di Delo dell'88 a.C. che aveva compreso il ritorno forzato di molti negotiatores. Benché resti difficile definire il ruolo sillano in tale vicenda, ciò mostrerebbe come Roma fosse in fondo preparata sia a livello politico che religioso all'accoglienza di un culto egizio praticato. Resta inoltre interessante far notare come fu a quei tempi che il magistrato monetale L. Calpurnius Piso Frugi (90 a.C.) fece per primo incidere conii con simboli isiaci, e ad lui seguirono C. Vibius Pansa (90- 83 a.C.), L. Iulius Bursio (85 a.C.), L. Papius e L. Roscius Fabatus durante gli anni Settanta e Sessanta a.C., così come a metà degli anni Settanta a.C. un denario emesso da Egnatius Maxsumus rappresentava Iside all'interno di un tempio (mentre M. Plaetorius Cestianus (forse nel 66 a.C.) fece emettere un conio che raffigurava Iside Panthea, con evidenti somiglianze con Cibele Panthea a cui era già stata riconosciuta una posizione ufficiale presso il Pantheon romano) 21. Silla stesso pare poi fosse stato devoto alla Venus Felix 22, i cui attributi erano il timone (o scettro) e il ramo d'ulivo, che come noto si ritroveranno in molte statue rappresentati l'Iside Fortuna romana. Non è forse inutile ricordare inoltre come a Pompei, divenuta nell'80 a.C. colonia romana e popolata da veterani sillani, la tipologia ufficiale di Venere rappresenta infatti la Dea con i medesimi attributi, che non possono che richiamare alla mente la tipologia Iside-Fortuna, che reggeva un timone e una cornucopia. Sebbene il culto fosse stato proibito perché considerato turpis superstitio, cappelle isiache a Roma sarebbero già presenti nella prima parte del I a. C. Nel 65 a.C. il Senato ordinò poi la distruzione di un altare dedicato ad Iside sul Campidoglio 23. Varie vicende infatti testimoniano come diversi santuari isiaci furono alternativamente abbattuti e ricostruiti, specie nel contesto in cui tale culto crebbe di fedeli di tutte le classi sociali e da religione extra moenia divenne ben presto culto intra moenia. È infatti ai tempi di Silla che andrebbe riconosciuta l'istituzione di uno dei primi culti isiaci a Roma come dimostrerebbe la celebre iscrizione lapidaria risalente al I a.C., il cosiddetto Lapis Tiburtinus che contiene un elenco di tredici liberti sepolti nella stessa tomba 24. Qui si individuerebbero i nomi di Porcia Rufa e T. Suplicius, definiti sacerdos Isidis Capitolinae, ovvero sacerdoti dell'Iside capitolina, mostrando così come il culto fosse all'epoca principalmente diffuso tra i ceti sociali meno abbienti 25. Varrà inoltre la pena ricordare come nonostante altri ben noti culti fossero presenti a Roma, solo il culto egizio dette nome ad una delle Regiones di suddivisione dell'Urbe, la Regio III detta Regio Isidis et Serapidis. Ciò detto, a parte la persecuzione del 58 26, altre persecuzioni contro seguaci isiaci si registrarono 21

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Si veda in gen. Takács 1995, 34-40. “The numismatic material shows that Isiac symbols had been integrated into Roman art and that mentally a fusion between Isis and Cybele and other accepted Roman goddesses had taken place. The artistic integration of lsiac symbols involved a detachment from their specific cultic context and consequently a loss of their cultic meaning. Only a cult initiate could understand the actual religious meaning of symbols detached from their original context, but that reached no further than that individual's devotion. The Isis Panthea coin of M. Plaetorius Cestianus illustrates that the figure of Isis was a publicly acceptable iconographic representation. The congruent characteristics with Cybele were decisive for this. The importance of the Isis Panthea coin is that it is a Roman coin minted for Roman use”. Takacs 1995, 51. Schilling 1964, 276-283. Nel 64 a.C. si ricordano altri scioglimenti di collegia e associazioni cultuali da parte del Senato. Grimm 1997, 123. SIRIS 377 = CIL I2 1263 = VI 2247 = ILS 4405 = ILLRP 159. È probabilmente a tale periodo che dovrà anche assegnarsi l'Iseo Metellino (Isium Metellinum) di cui ci riferisce Trebellio Pollio nella Historia Augusta (Treb. Poll., Trig. Tyr. 25) che doveva trovarsi ai piedi del Celio. Caecilius Metellius Pius pare fosse infatti console assieme a Silla. Ma vedi in merito da ultimo anche Coarelli 2019 che parla della sua presenza già negli ultimi decenni del II secolo a.C. Tert., Ad Nat., I, 10, 18; Tert., Apol., 6, 8. Il console Gabinius decise infatti di eseguire un editto senatorio circa gli altari delle divinità Sarapide, Iside, Arpocrate e Anubi sul Campidoglio. Eppure, gli altari che furono distrutti in precedenza, dopo che il Senato aveva deciso di vietarli sul Campidoglio, vennero restaurati dal popolo.

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

nel 53-52 a. C., quando furono abbattuti dei naoi privati dedicati a divinità alessandrine 27. Anche se la questione è piuttosto controversa, qualche anno dopo, nel 50 a.C., pare che il console L. Emilio Paolo per esortare alla distruzione di un tempio isiaco decretato dal Senato, dovette sferrare egli stesso il primo colpo d'ascia per motivare la folla 28. Il che proverebbe in parte la propensione della plebe verso tale culto 29. Eppure, dopo alcune rivolte del 48 e 47 a.C. possono registrarsi ulteriori restrizioni contro i collegia, mentre dagli scritti di Dione Cassio risulterebbe come nell'anno 48 a.C. tutti i santuari romani di Iside e Serapide furono demoliti su istanza degli haruspices, ovvero i pubblici indovini. Pare chiaro pertanto che tali repressioni spesso violente vadano collegate al contesto politico dell'epoca, specie per i dissapori tra Ottimati e Popolari. La persecuzione senatoriale contro le associazioni o collegia si rivolgeva infatti ad una volontà di mitigare e interrompere possibili propagande politiche che venivano da esse esternate, come ad esempio dal console populista Clodio Pulcro. Tuttavia dato che i culti egizi erano oramai diffusi tra i più disparati strati sociali, lungi dal vietarne il culto il Senato riuscì ad ottenere la messa al bado del culto isiaco extra pomerium, ovvero all'esterno del confine sacrale e amministrativo-cittadino della Urbs Romae, al fine di agevolare una pax hominum conseguentemente ad una pax deorum. Ad ogni modo, quando Cesare passò il Rubicone nel 49 a. C., decretando il suo potere su Roma, Pompeo fuggì in Egitto ma ad Alessandria fu ucciso per ordine di Tolelemo XIII che mirava ad ingraziarsi il favore di Cesare. Quest'ultimo giunto però in Egitto egli stesso e resosi conto dell'accaduto, secondo Plutarco pianse Pompeo 30, depose Tolomeo, fece giustiziare Potino (suo consigliere) ed elevò la sorella Cleopatra al trono dell'Egitto 31. Nell'ottica dei rapporti economico-politici e durante i mesi di permanenza nella terra del Nilo la relazione tra Cesare e Cleopatra portò alla nascita di Tolemeo Cesarione, ultimo erede di Cesare. Per l'occasione Cleopatra fece coniare monete in cui viene rappresentata come Iside lactans, facendo decorare il Tempio di Erment (nei pressi di Tebe) con scene raffiguranti la nascita del figlio, che sarebbe divenuto e si sarebbe così giustificato come legittimo discendente di Ra. Avrebbe in tal modo preso forse forma l'idea di creare una monarchia egiziana con Roma, di cui Cesare sarebbe stato il reggente, dando vita ad una dinastia Giulia. Cesare condusse perciò Cleopatra a Roma (dal 46 al 44 a. C.), nonostante fosse sposato dal 49 con la nobile romana Calpurnia e fece erigere in onore della regina una statua nel Tempio di Venere Genitrix 32. Gli intenti di Cesare furono però smantellati dalla congiura che lo vide ucciso nel 44 a. C. mentre Cleopatra scappò in Egitto col figlio. Con l'istituzione, nel 43 a.C. del nuovo triumvirato composto da Antonio, Ottaviano e Lepido, venne anche eretto un tempio a Iside e Serapide, evidentemente per raccogliere i favori di Cleopatra e ricevere aiuti contro i Cesaricidi 33. Comunque sia, la vittoria di Filippi in Grecia (nel 42 a.C.) sui repubblicani, permise ad Antonio di raggiungere l'Oriente, che gli era stato assegnato. Secondo le fonti, incontrò Cleopatra nel 41 a Tarso e la seguì ad Alessandria dove si fermò per un anno. Antonio a sua volta tentò l'instaurazione di una monarchia ellenistica indipendente da Roma. Preoccupato per il potere assunto da Antonio, Ottaviano spinse il Senato a convincere Erode re di Giudea a muovergli guerra. Antiochia, Gerusalemme e la Siria meridionale capitolarono. Antonio ripristinò allora varie monarchie di suo favore lungo le coste mediterranee e del Mar Nero. Erode si insediò tuttavia come re di Gerusalemme nel 37 a.C. Nel mentre Cesarione, come erede di Cesare fu riconosciuto re d'Egitto. Negli anni subito successivi, Antonio decise di ripristinare l'egemonia marittima dei Tolemei 27 28 29 30 31 32 33

D. C., 40, 47, 3-4. Val. Max., 1, 3, 4. Cassio Dione testimonia inoltre che nel 48 a.C. gli auguri pretesero la distruzione delle mura dei templi di Iside e Serpide sul Campidoglio. D.C., 42, 26 2. Plu., Pomp., 80. Per una sinossi delle vicende sull'ascesa mediterranea di Roma tra i paesi di cultura ellenica Vd. anche Parisi Persicce 2010, 19-34 (con ampia bibliografia). App., BC, 2, 102. D.C., 47, 15, 4.

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incorporando nel 34 anche la Siria meridionale. Nel contempo, Antonio e Cleopatra si mostravano pubblicamente come una coppia divina ed i soli sovrani dell'Oriente. Il Senato si convinse pertanto a dichiarare guerra a Cleopatra e dopo la battaglia di Azio del 31 a. C. Ottaviano, annientati i nemici, quale vincitore entrò ad Alessandria.

Fig. 1.2. Denario d'argento (3,83 g 1) di Ottaviano (Brundisium o Roma, 28 a.C. circa) CAESAR COS VI che commemora l'annessione dell'Egitto con la frase Aegypto capta. BMC - Coins of the Roman Empire in the British Museum, 650.

Divenuto re dell'Alto e del Basso Egitto Ottaviano verrà ritratto con la doppia corona sul capo facendosi raffigurare secondo l'iconografia regale d'età faraonica in diversi templi. Da Ottaviano in poi il ruolo dei faraoni egiziani sarà idealmente espletato dagli imperatori romani 34. Data l'importanza dell'Egitto quale granaio di Roma, esso dopo essere stato annesso all'Impero venne trasformato in provincia e posto sotto governo di un prefetto di rango equestre 35. Dal momento che l'Egitto divenne provincia romana i rapporti e gli scambi con l'Occidente romano vennero a moltiplicarsi. Medici, artisti, filosofi (e non solo) passarono a Roma, assieme ai culti egizi sia dal porto di Pozzuoli che di Ostia. La penetrazione dei culti egizi in Italia, attraverso la cultura greca, vedrebbe perciò una importante fase dovuta al commercio di mercanti romani residenti a Delo dopo l'88 a.C., ovvero il sacco della città da parte di Mitridate, con l'importazione a Roma proprio di tali culti (per cui si è ricordata la testimonianza di Apuleio già durante l'epoca sillana). All'epoca imperiale si attestano poi contatti più diretti, specie per le nuove possibilità aperte da Ottaviano, poi Augusto. Eppure, la legge istituita da Ottaviano che proibiva ai senatori di metter piede in Egitto senza permesso causò più tardi anche un contrasto tra Tiberio e Germanico quando quest'ultimo visitò la terra del Nilo attorno al 18-19 d.C. 36 I.3. Vicende dei culti egizi in età imperiale Haec tamen Aegyptia quondam, nunc et sacra Romana sunt. (Min. Fel., 22, 1). 34 35

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Vd. anche Bowman 1986. Per un generale contesto dell'Egitto romano da ultimo si veda Riggs 2012. In gen. vedi Geraci 1983. Per i prefetti d'Egitto si veda da ultimo Faoro 2016. Interessante far notare come Cornelio Gallo dopo aver soppresso una rivolta presso Menfi decise di celebrare la sua vittoria erigendo una iscrizione trilingue (in latino, greco e geroglifici) a File. Vd. anche Hoffmann, Minas-Nerpel, Pfeiffer, 2009. Vedi infra circa la conoscenza dei geroglifici nel periodo classico. Tac. Ann., 2, 60. Per approfondire l'ingresso dei culti egiziani a Roma e nel Lazio si veda da ultimo anche Coarelli 2019.

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

“Questi un tempo egizi ora sono sacri riti romani...”. Così Minucio Felice autore cristiano del II d.C. faceva dire a Cecilio Gentile in un passo della sua opera dialogica Octavius, per mostrare la mortalità degli dei pagani dopo la comparsa del Cristianesimo. Diverse attestazioni dell'espansione dei culti egizi possono ritrovarsi, oltre che nel periodo repubblicano (come accennato anche nel paragrafo precedente), specie durante il periodo imperiale. Di seguito si accennerà brevemente agli eventi maggiormente significativi riguardo tale soggetto al fine di evidenziare e porre in contesto i pur differenti dati storici, seguendo un ordine cronologico 37. Ottaviano Augusto (29 a.C. - 14 d.C. 38) specie per ragioni politiche, fu infatti piuttosto diffidente verso i culti egizi (Sacra Aegyptia), tanto da permetterne il culto purché al di fuori del pomerium, cioè all'esterno della Città (28 a. C.), rifiutandone in un certo senso lo statuto ufficiale 39. Accanto al fatto che, come detto, già da tempo gli dei egizi erano stati introdotti a Roma, non bisogna dimenticare che essi avevano per quel periodo di guerre civili (pur da poco conclusosi) rappresentato quasi simulacro di Antonio e Cleopatra, più volte definitisi e celebrati come Osiri e Iside nonché Dioniso e Afrodite 40. Come Augusto, titolo riconosciutogli nel 27 a. C., una tra le prime leges promulgate fu difatti la cosiddetta Lex Iulia de collegiis, contenente disposizioni relative ai collegia e alle sodalitates ed evidentemente ispirata da Mecenate, il quale aveva già consigliato ad Augusto di abolire tutti i culti stranieri a causa dei collegia sediziosi formati dai loro seguaci 41. In particolare si stabilì allora che tutti i collegia e le sodalitates fino ad allora esistenti (eccettuato un ristretto numero di essi di più antica tradizione) avrebbero dovuti essere sciolti, mentre la costituzione di nuovi enti dello stesso genere era rimessa all'autorizzazione del Senato. Il provvedimento emanato da Agrippa (attorno al 21 a. C.), da cui furono fatti demolire diversi sacelli isiaci nel frattempo eretti, rappresentò inoltre un aggravamento rispetto alle misure adottate da Ottaviano Augusto nel 28, dato che le pratiche d'adorazione isiaca vennero vietate anche al di fuori del pomerium, ovvero il proastion. Eppure, come noto, l'Imperatore eresse alcuni santuari a tali dei. Nel 10 a. C. innalzò due 37 38 39

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Per una panoramica generale si veda Alvar 2008. Tra parentesi sono indicati gli anni di regno. ȀĮ੿ IJ੹ ȝ੻Ȟੂİȡ੹ IJ੹ ǹੁȖȪʌIJȚĮȠ੝țਥıİįȑȟĮIJȠİ੅ıȦIJȠ૨ ʌȦȝȘȡȓȠȣIJ૵Ȟį੻ į੽ ȞĮ૵ȞʌȡȩȞȠȚĮȞਥʌȠȚȒıĮIJȠÚIJȠઃȢȝ੻ȞȖ੹ȡ ਫ਼ʌૃ ੁįȚȦIJ૵ȞIJȚȞȦȞȖİȖİȞȘȝȑȞȠȣȢIJȠ૙ȢIJİʌĮȚı੿ȞĮ੝IJ૵ȞțĮ੿ IJȠ૙ȢਥțȖȩȞȠȚȢİ੅ȖİIJȚȞ੻ȢʌİȡȚોıĮȞਥʌȚıțİȣȐıĮȚਥțȑȜİȣıİ IJȠઃȢ į੻ ȜȠȚʌȠઃȢ Į੝IJઁȢ ȞİțIJȒıĮIJȠ (D.C., 53, 2, 4). Circa ciò è stato recentemente sostenuto: “Malaise reads this passage in the following manner: on the one hand (ȝ੼Ȟ), Augustus banned the cults of Isis from within the pomerium while, on the other hand (į੼), he took care of the sanctuaries (IJ૵Ȟ ȞĮ૵Ȟ) erected for the traditional Roman gods by individuals. Malaise bases this reading on Augustus’ disrespect for the Egyptian religion as expressed most famously by Suetonius and Augustan propaganda that stressed the foreignness of Egypt. The promotion of traditional religion is explained by Malaise by as part of Augustus’ restoration program which can be derived from the Res Gestae. Others, however, feel that the passage concerns two Augustan regulations for the cults of Isis only. They argue that although Augustus banned the cults of Isis from within the pomerium, at the same time, he restored them outside the pomerium. Most recently, Orlin, has interpreted this ambivalence as evidence of a two-way strategy to redefine Roman identity by banning Egyptian deities within the heart of the city while demonstrating the incorporation of Egypt within the Roman world by promoting the worship of these gods outside the pomerium”. Leemreize 2016, 172. Ad es. Plu., Ant., 54, 6; D. C., L, 25,4; Plu., Ant., 60, 3; D.C., L, 5, 3. Il passo narrato da Dione Cassio (D.C., 50, 27, 1) dove Ottaviano incita le truppe a combattere piuttosto che contro il romano Antonio contro un Serapione, per la particolare casistica lemmatica binaria e chiastica del passaggio, andrebbe esclusa dal contesto religioso ed inserita nella più comune idea onomastica. Serapione è infatti contrapposto ad Antonio, diverse attestazioni ci mostrano come percentualmente tale nome era ben diffuso durante il periodo in questione. Occorre perciò qui, almeno nell'intento dell'autore, uno svuotamento della romanità di Antonio e da ultimo del nome stesso, che si accomuna ad un tipico nome egiziano del periodo. Riferimenti religiosi a Serapide sono perciò totalmente da escludersi. “These decisions were probably first and foremost politically/pragmatically motivated. Some scholars see the decision of the triumvirate to vote for a cult place for Isis and Osiris as a gesture towards the populares, who are believed to have been dominant among the Isis worshippers. Hence, we should beware of linking Augustus’ restriction of the cults of Isis in 28 BCE as described by Dio Cassius too easily with Augustan propaganda against Egypt, or the hatred for Cleopatra who was also known as Isis Nea”. Leemreize 2016, 175.

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Capitolo I - Il contesto storico

obelischi provenienti da Eliopoli uno al Circo Massimo e l'altro a Campo Marzio (dove attorno al 38 a.C. era stato eretto un tempio dedito al culto isiaco) 42. L'intenzione sarebbe dunque stata quella di instaurare e forse presentarsi come promotore di una teologia solare marcando le differenze tra culti romani e stranieri al fine di ricostruire un senso d'identità romana che si era indebolito dopo le Guerre Civili 43. I poeti del periodo augusteo presenterebbero tuttavia sentimenti ben contrastanti verso la religiosità egiziana, ma di ciò si dirà successivamente. Tiberio (14 - 37 d. C.), fu ostile ai culti egizi e ne proibì il culto dopo lo scandalo di Decius Mundus, che respinto da una matrona romana di nome Paolina, inscenò nelle vesti del dio Anubi un pretesto per incontrarla nel tempio dove la amò. Paolina, scoperto l'inganno, rivelò l'accaduto al marito Saturnino, che lo riferì a Tiberio, il quale fece crocifiggere il liberto e i sacerdoti che coadiuvarono Decius nel misfatto, abbattere il tempio e gettare la statua di Iside nel Tevere, mentre Decius fu mandato in esilio 44. Nel 19 d. C. sono note le persecuzioni contro Egiziani e Giudei a difesa delle divinità romane 45 e allo stesso modo, come ricorda Svetonio, lo stesso Tiberio fece cessare le cerimonie straniere e i riti egiziani e giudei 46. I discendenti di Antonio parrebbero aver invece favorito il culto isiaco. Come accennato, Germanico pare fosse andato a visitare l'Egitto proprio durante il 1947. Caligola (37- 41 d.C.), pronipote di Antonio, riconobbe ufficialmente i culti egizi e ricostruì il Tempio di Iside al Campo Marzio (poi così caro a Vespasiano) che era stato distrutto da Tiberio. Sposata, alla maniera lagide, la sorella Drusilla si fece poi deificare a modello di Tolomeo Filadelfo e Arsinoe 48. Secondo più fonti, a palazzo pare che la maggior parte dei servitori fosse d'origine egiziana e qui egli reintrodusse la pratica orientale della prosternazione, facendo esaltare le sue virtù da cantanti 49. Secondo quanto riportato dalla Suda pare fosse egli stesso iniziato ai culti isiaci 50. Più certo pare che avesse restaurato il Tempio di Iside nel Campo Marzio e che sotto il suo regno gli Isia, ovvero i misteri di Iside, trovarono accoglimento nei sacra publica di Roma e quindi nei calendari romani equivalendo ad una approvazione ufficiale del culto. Claudio (41- 54 d.C.), come mostrano i diversi suoi nomi attestati in vari tempi egizi ed il suo cartiglio nella Mensa sacra (donata da un certo Tiberio Claudio Callisto, aeditus templi Serapi), non fu indifferente a tali culti 51. Svetonio ricorda nella biografia dell'Imperatore (Suet., Claud., XLIII) dei lavori di ampliamento fatti eseguire presso il Museo di Alessandria. È inoltre sotto il regno di Claudio che Cheremone, il celebre sacerdote egizio e ierogrammateus, fu chiamato a Roma per educare Nerone. Con Nerone (54- 68 d. C.), il quale fu come noto oltre che allievo di Seneca, discepolo dello stoico sacerdote egizio Chaeremon di Alessandria, i culti furono accolti in modo ufficiale e definitivo e vennero eretti nuovi templi. Pare inoltre che Poppea stessa fosse devota ad Iside 52. È peraltro in tale periodo che i giorni riservati alle feste egizie Sacri observandisque dies furono posti ufficialmente nel calendario romano. Dopo la morte di Nerone, nel periodo di crisi in cui si avvicendarono Galba, Otone e Vitellio, si può ricordare come Otone, primo marito di Poppea, fu di certo incline ai culti egizi, di cui celebrava i riti. 42 43 44 45 46 47 48 49 50 51 52

Plin., HN, 36, 71; Amm. Marc., 17, 4, 12. Vd. anche Orlin 2008, 231-252; per una panoramica più generale Vd. anche Orlin 2010. J., Ant. Iud., 18, 65-80. Tac., Ann. 2, 85, 5. Svet., Tib., 36, 1-2. Tac., Ann., 2, 59-61; Svet., Tib., 52, 5. Svet., Calig., 24; 36, I; D.C., 59, 11. Philon, Legatio, 166; D.C., 59, 27, Svet., Calig., 16, 4. Suidas, I, 503. Adler 1928-1938. Seneca nell'Apocoloncytosis deride l'entrata di Claudio negli inferi che viene accolto con le parole rituali dell'Inventio Osiridis. Sen., Apocol., 13, 4. Presso la pompeiana domus VI, 16, 7, che si ritiene probabilmente appartenuta ad un cugino di Poppea, Poppaeus Habitus, diverse attestazioni pittoriche e repertuali lascerebbero infatti intravedere una certa impronta egittizzante e in parte legata al culto isiaco. (si veda anche App. PREP)

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

Anche sotto i Flavi i culti egizi furono favoriti. Vespasiano (68-79 d.C.) fu infatti proclamato Imperatore proprio ad Alessandria. Eresse un tempio al dio Serapide dopo aver assistito ad alcune guarigioni del dio nel Serapeo alessandrino53. Più tardi, nel 68 d.C., dopo la conquista di Gerusalemme e la conseguente vittoria sui Giudei, passò la notte precedente alle celebrazioni col figlio Tito all'Iseo Campense per ringraziare la Dea54. Solo qualche anno dopo, nel 71 (e 73 d.C.), forse a scopo commemorativo, fu infatti coniata una medaglia rappresentante il naos dell'Iseo Campense55. L'Imperatore eresse in quegli anni anche un arco trionfale detto Arcus ad Isis (che potrebbe identificarsi con l'Arco di Camigliano, i cui resti erano visibili fino al XVI sec. presso la piazza del Collegio Romano) ovvero l'arco di entrata ad est dell'Iseo Campense56. All'età di Vespasiano si ascrive anche il restauro “a fundamento” del tempio di Iside di Pompei distrutto dal terremoto del 62 d.C., patrocinato dal giovanissimo Numerio Popidio Celsino. Alla fase vespasianea del IV stile pompeiano risale infatti la decorazione pittorica dell'ultima fase costruttiva dell'edificio poi definitivamente sepolto dall'eruzione del 79 d.C.57 Sebbene di Tito (79-81 d.C.) non sia noto molto, di certo nel 71 d.C. visitò Menfi ed il Serapeo, partecipando alla deificazione di un toro Api. Di fatto Tito avrebbe ripreso le tradizioni faraoniche mostrando riverenza ad Api e non a Serapide. Sua figlia Giulia sarebbe poi stata devota a Iside e a Cibele58. Domiziano (81-96 d.C.) ricostruì l'Iseo di Campo Marzio incendiatosi nell'80 d.C.59. Pare che da giovane sfuggì alle truppe di Vitellio vestendo abiti da sacerdote isiaco60 e amasse circondarsi di schiavi egiziani. Fece eseguire copie di statue nilotiche per i giardini della sua villa al Circeo. Al suo ritorno dalla guerra in Dacia un certo Rutilius Lupus innalzò per l'Imperatore due obelischi e un tempio a Iside a Benevento (88-89 d.C.); qui una statua averebbe raffigurato Domiziano come faraone. Una statua di Iside-Fortuna e altari di stile egizio vennero donati ai tempi della Fortuna Primigenia e Praeneste. L'imperatore arredò inoltre il santuario isiaco di Campo Marzio con vari monumenti egizi ed egittizzanti come l'altare oggi presso piazza Navona (raffigurante l'incoronazione del principe da parte di Iside). Sotto gli Antonini la religione alessandrina pare poi raggiungere grande autorità. Se Traiano (53117 d.C.) fu maggiormente politico che religioso, Adriano (117-138 d.C.), omnium curiositatum explorator per dirla con Tertulliano (Tert. Apol., 5, 7), manifestò grande interesse per i culti orientali, specie alessandrini. Nella sua villa di Tivoli fece edificare un'area (ricordata come Canopo) ornandola di colonne e statue di stile egizio ed egittizzante. Nel 127 dedicò un tempio al dio Serapide a Ostia facendolo decorare con eleganti mosaici a motivi nilotici e statue egizie. Qui ancora fece erigere un Iseo per la comune venerazione di Demetra. Diversi furono i suoi viaggi in Egitto; nel 130 ad esempio vi giunse addirittura accompagnato dalla moglie Sabina e qui in onore del compagno Antinoo, annegato nel Nilo, eresse la città di Antinoe. Il culto di Antinoo si diffuse così per tutto l'Impero. A Roma invece l'Imperatore fece innalzare un obelisco, con dedica geroglifica, in sua memoria, istituendo inoltre un collegio sacerdotale nell'Iseo Campense. Consacrò quindi ben due templi a Iside, a Luxor (126 d.C.) e a Ostia (127 d.C.), come accennato, e nel 135 forse dedicò in Egitto un santuario ellenistico al Nilo. La propensione dell'Imperatore per i culti egizi è poi dimostrata da una medaglia coniata nel 132 ad Alessandria, dove nel retro è presente il dio Serapide in piedi, che tende la mano destra verso Adriano; quest'ultimo posa la mano destra sul tetto di un'edicola che separando i due personaggi riporta la scritta AǻP/IA/NON. Antonino Pio (138-161 d.C.) non ebbe certo la medesima propensione di Adriano, anche se pare 53 54 55 56 57 58 59 60

Tac., Hist., 4, 81-82; Svet., Vesp., 7; Philostr., VA, 5, 27. J., Ant. Iud., 6, 123. Malaise, 1972b, 413. Esso appare raffigurato su un bassorilievo del sepolcro della gens degli Haterii a cui apparteneva Quinto Aterio Thychicus, appaltatore di opere pubbliche redemptor, sotto Domiziano. Vd. anche De Caro 1993, 23-37 [V. Sampaolo]. Vd. Malaise 1972b, 414. D.C., 66, 24, 2. Anche se ciò potrebbe essere una finzione letteraria di Svetonio (Svet., Dom., 1).

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Capitolo I - Il contesto storico

giusto ricordare che fece coniare in onore della moglie Faustina una serie di monete con l'effige di Iside e un'altra serie di coni raffiguranti le personificazioni del Nilo e del Tevere, evidentemente volte a ribadire una sintonia mai compromessa tra i due paesi. In una di esse le due personificazioni si stringono la mano (dextra coniunctio), come segno di concordia; sul bordo inferiore della moneta si legge poi Tiberis (in ex. omonoia)61. Marco Aurelio (121-180 d.C.) non fu poi certo avverso agli dei egiziani se sotto il suo regno pare fu promossa la ricostruzione di un tempio isiaco ad Ostia. Pare inoltre avesse al suo seguito un mago originario della Valle del Nilo e di nome Harnuphis, a cui lo storico Dione Cassio attribuisce una miracolosa pioggia che portò alle assetate truppe romane della legione XII Fulminata la vittoria sui Quadi attorno al 172 d.C.62. Ad Aquileia si trova poi un'iscrizione a Iside del 170 circa, proprio di un Arnufi ierogrammateus63. A tale evento fanno comunque riferimento le diverse monete coniate tra il 172 e il 173 con la figura di Mercurio. E sulla stessa scia dovrebbe menzionarsi l'erezione a Roma di un sacello dedicato a Thot64. Lo stesso imperatore infine fece coniare una serie monetale in onore della sua compagna Faustina II che la ritraevano sul rovescio con Iside. Sotto Commodo (182-192 d.C.) si aprì inoltre un'era favorevole ai culti isiaci, e pare che egli stesso durante le festività usasse portare la maschera di Anubi. Le divinità egizie rientrano così in un certo senso ufficialmente nella cerchia degli dei imperiali. Cassio Dione narra di una statua d'oro rappresentante Commodo nelle vesti del dio Horus-falco tra un toro ed una vacca (Osiride-Api e Iside-Hator)65. In un medaglione coniato per i votis felicibus (vel publicis), nel 190, Commodo poi è raffigurato mentre compie sacrifici ai piedi di un faro verso cui si dirigono due battelli e due barche. Il battello più grande ha sulla poppa Serapide ringraziato dall'Imperatore per aver condotto i battelli a Ostia. Nel 191 d.C. Serapide è raffigurato su diverse monete romane, stante con lo scettro in mano e con raggi solari attorno al capo. Al 192 d.C. risale una moneta effigiante l'Imperatore stante, incoronato da una Vittoria che tende la mano a Serapide che ha al suo fianco Iside. Il vero vertice per i culti egizi pare però toccato sotto i Severi. Settimio Severo (193 - 211 d.C.), protesse le divinità orientali. Visitò l'Egitto tra il 199 ed il 200 d. C. Tornato a Roma favorì il culto isiaco e si fece più volte rappresentare sotto l'aspetto di Serapide. Caracalla (211-217 d. C.), figlio di Settimio Severo, fu fedele ai culti egizi. Innalzò edicole e templi accogliendo per primo gli dei egizi entro il pomerium, come ricorda Aurelio Vittore66; sul Quirinale si ricorda un'Aedes dedicata a Serapide67. Nel 215 l'Imperatore si recò in Egitto soggiornando nel Serapeo di Alessandria per chiedere al dio la guarigione corporea e spirituale68. Molte monete coniate tra il 212 e 217 portano difatti l'effige di Serapide. Alessandro Severo (222-235 d.C.) rinunciò al culto della “pietra nera” portata da Eliogabalo favorendo gli dei egizi. Restaurò l'Iseo Campense e gli altri templi e portò al Pantheon diversi oggetti di culto provenienti da Delo per la celebrazione dei misteri. 61

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Poole 1982, 138, n. 1167. Campbell 2012, 158. Manolaraki 2013, 227. “The personifications of the Nile, adopted from Hellenistic art, have a similarly dualistic character, this river having been one of the most frequently depicted in Roman art and also fascinating numerous ancient writers from Herodotus onwards. Its images display mainly religious character, having been associated with cult of Isis and Sarapis. In those gods' temples the statues were placed or paintings made which represented this river, having often been accompanied by the figure of Tiber. The personifications of the Nile, however, brought out the fertility of land lying on it, consequentiy pointing at their ecomomic role, through which they acquired propaganda character. On the other hand, the personifications of the Nile appearing now and again on the mosaics and paintings of Nilotic subject area form a topographical rather than propaganda element”. Ostrowski 1990, 311. D.C., 71, 8-10. Calderini 1937-1938, 67-72. Malaise 1972b, 431. D.C. 73, 15. Vd. anche Takács 1995, 113. Minore è l’importanza data al passo da Hekster 2002, 134-135. “Sacra Isidis Romam deportavit et templa ubique magnifice eidem deae fecit; sacra etiam maiore reverentia celebravit, quam ante celebrantur...”. Aurelius Victor, 21, 4. Vd. anche Ael. Spart., Carac., 9. Malaise 1972b, 440. D.C., 68, 15, 6.

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

Alla morte di quest'ultimo Roma visse un periodo di grande confusione, in cui accanto alla diffusione del culto di Mitra venne a crescere l'importanza del Cristianesimo. Iside pare in tale fase molto poco presente nei ritrovamenti numismatici, mentre Serapide appare solo sotto Gordiano III e Gallieno nel 239-240 e nel 261 (forse per l'influenza esercitata da Plotino che accompagnerà Gordiano in guerra contro i Parti e stabilitosi a Roma diverrà sodale di Gallieno). Aureliano (270275 d.C.) introdusse a Roma il culto del Sol Invictus anche se altri imperatori furono in genere molto meno propensi alle attività religiose. Con Diocleziano (284-305 d.C.) è invece attestabile un ritorno degli dei alessandrini a corte e con molta probabilità è in questo stesso periodo che si eressero l'Iseo e il Serapeo della III Regio. Sotto il suo regno compaiono, come già sotto Commodo, una serie di monete in occasione dei “Vota Publica” con immagini di Iside e Serapide a bordo di battelli in qualità di protettori della navigazione e del commercio. Ritiratosi nella sua villa a Salona in Dalmazia, Diocleziano espresse il suo interesse per gli dei egizi circondandosi specie di reperti, fregi e statue di stile egizio. Per la celebrazione della navigazione (Navigium Isidis del 5 marzo secondo Filocalo69), tra le ultime festività pagane di Roma, si distribuivano poi monete isiache in cui almeno sino a Graziano fu permesso apporre l'immagine dell'imperatore70. L'avvento della dinastia costantiniana (ed in seguito valentiniana) segneranno tuttavia il termine dei culti pagani ed il progresso di quelli cristiani ormai sotto l'egida del potere. Sotto Costantino (312-337 d.C.) si attesta infatti come noto il trionfo del Cristianesimo, eletto a religione ufficiale (313 d. C.) e solo con Giuliano l'Apostata e Valentiniano si avrà un breve ritorno ai riti isiaci71. I.4. Ricezione dell'Egitto nelle fonti classiche. Una prima messa a punto Imprescindibili fonti di notizie circa l'Egitto e la ricezione che se ne ebbe dal punto di vista storico, politico e culturale si ritrovano inoltre stratificate all'interno degli scritti e delle opere degli autori Greci e Latini. Di seguito si fornirà una prima messa a punto delle attestazioni circa tale soggetto per tentare di delineare un essenziale quadro generale che proceda per quanto possibile cronologicamente. Nella letteratura greca diversi richiami all'Egitto si ritrovano infatti con molta eterogeneità. In Omero ad esempio si rammenta l'Egitto come luogo di grandi ricchezze. Nell'Iliade Achille nel respingere l’ambasceria di Agamennone che lo invitava a tornare alla battaglia affermava (Hom., Il., 9, 379-384): Ƞ੝įૃ İ੅ ȝȠȚ įİțȐțȚȢ IJİ țĮ੿ İੁțȠıȐțȚȢ IJȩıĮ įȠȓȘ /੖ııȐ IJȑ Ƞੂ Ȟ૨Ȟ ਩ıIJȚ, țĮ੿ İ੅ ʌȠșİȞ ਙȜȜĮ ȖȑȞȠȚIJȠ, / Ƞ੝įૃ ੖ıૃ ਥȢ ੗ȡȤȠȝİȞઁȞ ʌȠIJȚȞȓıİIJĮȚ, Ƞ੝įૃ ੖ıĮ ĬȒȕĮȢ / ǹੁȖȣʌIJȓĮȢ, ੖șȚ ʌȜİ૙ıIJĮ įȩȝȠȚȢ ਥȞ țIJȒȝĮIJĮ țİ૙IJĮȚ, / Į੆ șૃ ਦțĮIJȩȝʌȣȜȠȓ İੁıȚ, įȚȘțȩıȚȠȚ įૃ ਕȞૃ ਦțȐıIJĮȢ / ਕȞȑȡİȢ ਥȟȠȚȤȞİ૨ıȚ ıઃȞ ੆ʌʌȠȚıȚȞ țĮ੿ ੕ȤİıijȚȞ... “anche se mi desse dieci, venti volte più di quanto ora possiede e di quanto potrebbe avere ancora, le ricchezze di Orcomeno e di Tebe d'Egitto, dove ogni casa ha ingenti tesori, Tebe dalle cento porte, per dove passano duecento guerrieri con carri e cavalli...72”. Simile richiamo si ritrova anche in Hom., Od. 4, 126-127: ...੔Ȣ ਩ȞĮȚૃ ਥȞ੿ ĬȒȕૉȢ /ǹੁȖȣʌIJȓૉȢ, ੖șȚ ʌȜİ૙ıIJĮ įȩȝȠȚȢ ਥȞ țIJȒȝĮIJĮ țİ૙IJĮȚ (… [scil. Alcandre] che dimorava a Tebe d'Egitto, dove immense ricchezze si trovano nelle dimore...). Nell'Odissea tuttavia accanto all'idea della ricchezza73 (prevalente nell'Iliade) s'accompagna 69 70 71 72 73

Salzman 1990, 124. Grimm 1997, 139. Una preliminare lista di eventi di risposta romana al culto isiaco con rimando alla fonte storica (dal periodo repubblicano a quello primo imperiale) è delineata anche in Pearson 2015, 92-93. App. B. Trad. Ciani, Avezzù 1998, 457. Nestore infatti quando Telemaco si reca da lui per cercare notizie del padre Ulisse, sostiene che Menelao ha raccolto grandi ricchezze durante la sua permanenza in Egitto (Hom., Od., 3, 299-302: ਕIJ੹ȡ IJ੹Ȣ ʌȑȞIJİ ȞȑĮȢ țȣĮȞȠʌȡ૳ȡİȓȠȣȢ /ǹੁȖȪʌIJ૳ ਥʌȑȜĮııİ ijȑȡȦȞ ਙȞİȝȩȢ IJİ țĮ੿ ੢įȦȡ. / ੴȢ ੒ ȝ੻Ȟ ਩ȞșĮ ʌȠȜઃȞ ȕȓȠIJȠȞ țĮ੿ ȤȡȣıઁȞ ਕȖİȓȡȦȞ / ਱Ȝ઼IJȠ ȟઃȞ ȞȘȣı੿ țĮIJૃ ਕȜȜȠșȡȩȠȣȢ ਕȞșȡȫʌȠȣȢ; “Cinque navi dalla prora azzurrina furono invece sospinte in Egitto, dal vento e dal mare. Là Menelao andava con le navi fra genti straniere e raccoglieva oro e molte ricchezze”. Trad. Ciani 1994,

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Capitolo I - Il contesto storico

quella della fertilità della terra nonché in genere dell'abilità nell'arte medica (Hom., Od., 4, 227-232: IJȠ૙Į ǻȚઁȢ șȣȖȐIJȘȡ ਩Ȥİ ijȐȡȝĮțĮ ȝȘIJȚȩİȞIJĮ, / ਥıșȜȐ, IJȐ Ƞੂ ȆȠȜȪįĮȝȞĮ ʌȩȡİȞ, Ĭ૵ȞȠȢ ʌĮȡȐțȠȚIJȚȢ / ǹੁȖȣʌIJȓȘ, IJૌ ʌȜİ૙ıIJĮ ijȑȡİȚ ȗİȓįȦȡȠȢ ਙȡȠȣȡĮ / ijȐȡȝĮțĮ, ʌȠȜȜ੹ ȝ੻Ȟ ਥıșȜ੹ ȝİȝȚȖȝȑȞĮ ʌȠȜȜ੹ į੻ ȜȣȖȡȐ: / ੁȘIJȡઁȢ į੻ ਪțĮıIJȠȢ ਥʌȚıIJȐȝİȞȠȢ ʌİȡ੿ ʌȐȞIJȦȞ / ਕȞșȡȫʌȦȞ: ਷ Ȗ੹ȡ ȆĮȚȒȠȞȩȢ İੁıȚ ȖİȞȑșȜȘȢ). “Questi farmaci aveva la figlia di Zeus [scil. Elena], efficaci, potenti, che a lei donò la sposa di Tone, Polidamna l’Egizia. Molti ne produce la fertile terra d’Egitto, benefici alcuni, altri mortali. E degli Egizi ciascuno ne è medico esperto più di ogni altro al mondo, perché dalla stirpe di Peone discendono74”. In Hom., Od., 14, 263 et 17, 432, si parla ad es. di ǹੁȖȣʌIJȓȦȞ ਕȞįȡ૵Ȟ ʌİȡȚțĮȜȜȑĮȢ ਕȖȡȠઃȢ... “bellissime campagne del popolo egizio”. Invece, nelle parole di Menelao, “Egitto” sembrerebbe indicare assieme il paese ed il fiume Nilo75 (si veda ad es. Hom., Od., 14, 257-258: ʌİȝʌIJĮ૙ȠȚ įૃ ǹ੅ȖȣʌIJȠȞ ਥȨȡȡİȓIJȘȞ ੂțȩȝİıșĮ, / ıIJોıĮ įૃ ਥȞ ǹੁȖȪʌIJ૳ ʌȠIJĮȝ૶ ȞȑĮȢ ਕȝijȚİȜȓııĮȢ. “Al quinto giorno arrivammo all’Egitto bella corrente, / ancorai nel fiume Egitto le agili navi)76. In Esiodo (Hes. Th., 337-338) appare inoltre il nome Nilo menzionato tra i figli di Teti e Oceano77. In Tucidide menzioni storiche circa l'Egitto sono molteplici specie nel primo libro delle sue storie78. L'antichità del popolo egizio fu poi oggetto d'interpretazioni differenti. Erodoto nella sua opera storica (Hdt., 2, 2, 1-2) sosteneva come “Gli Egiziani prima del regno di Psammetico, credevano di essere i più antichi di tutti gli uomini. Ma dopo che Psammetico, divenuto re, volle sapere chi fossero stati veramente i primi uomini da allora pensarono che i Frigi siano più antichi di loro ed essi stessi più antichi di altri”79. Il secondo libro erodoteo è tra l'altro foriero di diverse menzioni circa l'Egitto. Diodoro Siculo (I a.C.) nella sua opera Biblioteca storica (D.S., 1, 10, 1), pur opponendosi alla ricerca del popolo più antico, evidenziava le motivazioni addotte dagli Egizi riguardo tale argomento: “Gli Egizi dicono che, al tempo dell'origine di ogni cosa, i primi uomini nacquero in Egitto per la mitezza del clima della regione e per la natura del Nilo”. In ogni caso, la rappresentazione dell'Egitto e più in genere del “mondo barbaro” nella tragedia e nella commedia greca merita una breve digressione a sé. Eschilo e Euripide paiono infatti esotizzare e caratterizzare l'Egitto così da inserirlo nelle drammatiche vicende conclusivo-strutturali delle loro opere80. Eppure, come evidenziato anche da Vasunia, lo stereotipo dell'Egitto come terra dei morti è uno dei più antichi che si collegherebbe a tale cultura. Il Nilo assieme a simbolo di fertilità è anche ritenuto luogo di oscurità e morte. Inoltre, non sarebbe infatti un caso che nel dramma greco l'Egitto tenda a rappresentare alcune problematiche legate all'erotismo, al desiderio ed alla razza (specie in relazione alla morte). Eschilo ed Euripide rispettivamente nelle Supplici81 e nell'Elena82 portano poi in scena morte, sesso (e

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440. Una circostanza che si ritrova più avanti in un racconto di Ulisse che ne riprende quello ad Eumeo: Hom., Od., 14, 285-286: ...਩ȞșĮ ȝ੻Ȟ ਦʌIJȐİIJİȢ ȝȑȞȠȞ Į੝IJȩșȚ, ʌȠȜȜ੹ įૃ ਙȖİȚȡĮ / ȤȡȒȝĮIJૃ ਕȞૃ ǹੁȖȣʌIJȓȠȣȢ ਙȞįȡĮȢ: įȓįȠıĮȞ Ȗ੹ȡ ਚʌĮȞIJİȢ). “Per sette anni vi rimasi, molte ricchezze raccolsi fra il popolo egizio, tutti mi offrivano doni.”. A ciò deve aggiungersi la menzione di come il viaggio per raggiungere l’Egitto sia fortemente sentito come lungo e difficile (Hom., Od., 17, 426). Trad. Ciani 1994, 151. Hom., Od., 4, 477 et Od., 4, 581: ǹੁȖȪʌIJȠȚȠ, įȚȚʌİIJȑȠȢ ʌȠIJĮȝȠ૙Ƞ. Cfr. anche Hom., Od., 14, 258 et 17, 427. Di seguito l'elenco delle menzioni dell'Egitto nelle due celebri opere storicamente attribuite ad Omero: Hom., Il., 9, 381-384; Hom., Od., 3, 301; 4, 127; 4, 227-230; 4, 477; 4, 483; 4, 581; 14, 257-258; 14, 263; 17, 426; 17, 432. Esiodo (Hes., Th., 337-338): ȉȘșઃȢ įૃ ੱțİĮȞ૶ ȆȠIJĮȝȠઃȢ IJȑțİ įȚȞȒİȞIJĮȢ, / ȃİ૙ȜȩȞ IJૃ ਝȜijİȚȩȞ IJİ țĮ੿ ਹȡȚįĮȞઁȞ ȕĮșȣįȓȞȘȞ. Restando nel mito non possono dimenticarsi in particolare alcuni versi delle Supplici di Eschilo, A., Supp., 234-347). Ma se ne ritrova accenno anche altrove (Th., 2, 48; 4, 53 et 8, 35). Trad. Colonna, Bevilacqua 1996, 283. Secondo una nota versione, Psammetico per scoprire quale popolo fosse il più antico, consegnò due neonati a un pastore e gli ordinò di allevarli senza far loro sentire alcuna voce umana. Due anni dopo i bambini pronunciarono il termine bekos con cui i Frigi designano il pane. Psammetico ne dedusse così che i Frigi fossero i più antichi di tutti i popoli. Ma su tale vicenda vi sarebbero anche altre menzioni come quella accennata dallo stesso Erodoto, che il re fece tagliare la lingua a delle donne e gli fece allevare dei bambini. Si veda Froidefond 1971, 69-112; 209-223. Da ultimo, specie circa l'epoca classica, Vasunia 2001. In part. 33-74. Circa il mito delle Danaidi, la più celebre attestazione è infatti costituita dalla tetralogia eschilea, che comprendeva rispettivamente le tragedie Supplici, Egizi e Danaidi e il dramma satiresco Amimone. La saga porta in scena la

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Oriente), Egitto, uomini di colore e potenziali stupri e in entrambe le tragedie sono infine uomini greci che intervengono per salvare le vite e la castità di donne greche83. Dall'altro lato, le prospettive circa la fortuna comica del mito delle Danaidi vedrebbero invece ventuno frammenti dell'opera Danaidi di Aristofane (Ar., Danaid. 256-276 PCG) ed un'opera intitolata l'Egiziano attribuita all'ateniese Callia (Call., Aigypt., PCG) V sec. a.C. Ascrivibili al IV a.C. si ritroverebbero inoltre due frammenti di un'opera Egizi di differenti autori Antifane (Antiph., Aigypt.,18 PCG.) e di Timocle (Timocl., Aegypt., 1 PCG), ed un frammento delle Danaidi di Difilo (Diph., Danaid. 24 PCG). A questi dovranno aggiungersi i passi di opere comiche incentrate sulla figura del mitico re d'Egitto Bousiris e composte tra il VI e il IV secolo a.C., ovvero due frammenti del Bousiris di Epicarmo (Epich., Bousir., 18-19 PCG, ma si vedano anche 81, 1. 10; 82; 223 CGFP), un frammento del Bousiris di Cratino (Cratin., Bousir., 23 PCG) e, risalenti al IV secolo, tre frammenti del Bousiris di Antifane (Antiph., Bousir., 66-68 PCG), uno del Bousiris di Efippo (Ephipp., Bousir., 2 PCG) ed un altro di Mnesimaco (Mnesim., Bousir., 2 PCG)84. Non andrà poi dimenticato come nella commedia (e non solo) vengano a ritrovarsi diversi aggettivi, sostantivi, verbi o perifrasi allusive all'Egitto. ǹੂȖȣʌIJȚȐȗİȚȞ (imitare gli Egizi; comportarsi slealmente oppure, rubicchiare); ĮੁȖȣʌIJȚ૵ıĮȚ (rendere simile agli Egizi, con particolare riferimento agli effetti del sole che brucia la pelle; ǹ੅ȖȣʌIJȠȢ (impiegato comicamente in riferimento alla saga di Egitto e delle Danaidi); ĮੁȖȪʌIJȚȠȢ et ĮੁȖȣʌIJȚȫįȘȢ (termini parodici ed allusivi di divinità, animali, prodotti, pratiche etc...)85. Accanto perciò al comune sostrato mitologico che coinvolge tragedia e commedia consentendo, attraverso una pluralità espressiva ma pur determinabile, una messa in scena ed una realizzazione contrappositiva tra grecità ed altro (o barbaro, come il mondo egizio viene concepito), tra esse sarebbero pur attestabili delle differenze ideologiche volte a giudizio e a critiche verso quanto è egizio rispettivamente riguardo al passato (tragedia) ed al presente (commedia). “Se però nella tragedia, il forte ellenocentrismo si esplica nella caratterizzazione di un Egitto ostile, pericoloso, scuro, insanabilmente contrapposto alla Grecia e soprattutto cristallizzato in un passato statico, immobile, esotico e ben lontano dall'Egitto reale, nella commedia invece la percezione dell'alterità del mondo egizio è operata a livello della quotidianità, nella ripresa

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vicenda delle cinquanta figlie di Danao fuggite ad Argo per evitare le nozze con i cinquanta figli di Egitto. Altre attestazioni di opere perdute o frammentarie, come gli Egizi e le Danaidi di Frinico (Phryn., TrGF, 3 F 1 e 4), le Danaidi di Timesiteo (Timesith., TrGF, 214 F [1].) e il Linceo di Teodette (Theodect., TrGt, 72 t 3a) mostrano la ricorrenza del tema tra altri autori drammatici greci. Una visione ellenocentrica dell'Egitto si ritroverebbe anche nell'Elena euripidea. Qui l'autore accogliendo la versione stesicorea del mito secondo cui la donna non si sarebbe recata a Troia restando in Egitto per ritrovare Menelao, vede il ripetersi di elementi comuni nelle Supplici ovvero delle nozze e della morte in un contesto nilotico, nonché il tema del doppio e della contrapposizione. Si veda anche Austin 1994. Vasunia, che concentra il suo studio su autori greci specie del periodo tra il V e IV a.C,. vedrebbe poi in Erodoto una sorta di desiderio di dominio sull'Egitto: “Herodotus' Egyptian writings both reveal a desire for the mastery of space and time in Egypt and project this desire for mastery onto Egyptian elites Vasunia 2001, 13. Circa Platone si dice: Plato's use of Egypt and the Egyptian writing system to score a point against written discourse is contrary to the basic principles of the hieroglyphic tradition. He resorts to Egypt in order to further the mischief of his own metaphysics. p. 14. The Greek and Roman tradition, with few exceptions, accepts the idea of the xenophobic Egyptian, though the Egyptian tradition has no record of King Busiris and little, if any, proof for human sacrifice in general. At first sight, one Greek who does appear to contradict this Greek tradition is Isocrates, who wrote a speech in praise of the Egyptian king. But the speech is a display-piece, a parody of a serious encomium, and as such it only reinforces the worst Greek fears about the king: far from undoing the mainstream tradition, Isocrates' speech confirms and reinvigorates it”. Vasunia 2001, 14-15. Per approfondire il contesto includente eroine e donne cosiddette malvagie nel romanzo greco del periodo romano imperiale e la letteratura egizia demotica (di cui il romanzo greco sarebbe debitore), si veda ora anche Vinson 2016, 246-263. Allo stesso periodo andranno riferiti alcuni richiami all'Egitto presenti in un verso delle Tracie di Cratino che contiene un misterioso riferimento ad un furto di oggetti d'oro provenienti dall'Egitto (Cratin., Thraitt. 76 PCG. Cfr. Pherecr., Doulodid. 52 PCG); un verso del Pluto di Aristofane con menzione di una symmachia con gli Egizi (Ar., Pl. 178); un frammento delle Poleis di Anassandride che deride divinità e pratiche religiose degli Egizi (Anaxandr., Pol. 40 PCG). Gobara 1992, 391-401.

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Capitolo I - Il contesto storico

derisoria e nel rifiuto diffidente di pratiche religiose e di vita egizie irrimediabilmente diverse da quelle greche e la cui conoscenza doveva circolare nel mondo ellenico non soltanto grazie ad opere come quella erodotea, ma anche ai rapporti intrattenuti dai Greci con la terra del Nilo o più semplicemente dalla vita di tutti i giorni, come risulta dai frequenti riferimenti comici ai prodotti egizi diffusi in Grecia e a tutta una serie di personaggi di origine egizia attivi in Grecia nelle più disparate professioni”. (Berti 2002, 111-112 86). Accanto a ciò, la sfera religiosa favorì chiaramente diverse interpretazioni. L'idea di una comparazione tra divinità dell'antico Egitto e quelle greche (interpretatio graeca) pare non potersi meglio intendere che con le parole stesse dello storico Erodoto di Alicarnasso, che nelle sue Storie 9D& VFULYHYD +GW șİȠઃȢȖ੹ȡį੽ Ƞ੝ IJȠઃȢĮ੝IJȠઃȢਚʌĮȞIJİȢ੒ȝȠȓȦȢǹੁȖȪʌIJȚȠȚıȑȕȠȞIJĮȚ ʌȜ੽Ȟ੍ıȚȩȢIJİțĮ੿ ੗ıȓȡȚȠȢIJઁȞ į੽ ǻȚȩȞȣıȠȞİੇȞĮȚȜȑȖȠȣıȚIJȠȪIJȠȣȢį੻ ੒ȝȠȓȦȢਚʌĮȞIJİȢıȑȕȠȞIJĮȚ “In effetti gli Egiziani non venerano tutti ugualmente gli stessi dei, tranne Iside e Osiride, che dicono corrispondere a Dioniso: queste due divinità le venerano proprio tutti”. (Hdt, 2, 144, 2): [2] IJઁ į੻ ʌȡȩIJİȡȠȞ IJ૵Ȟ ਕȞįȡ૵Ȟ IJȠȪIJȦȞ șİȠઃȢ İੇȞĮȚ IJȠઃȢ ਥȞǹੁȖȪʌIJ૳ ਙȡȤȠȞIJĮȢ ȠੁțȑȠȞIJĮȢ ਚȝĮ IJȠ૙ıȚ ਕȞșȡȫʌȠȚıȚ țĮ੿ IJȠȪIJȦȞ Įੁİ੿ ਪȞĮ IJઁȞ țȡĮIJȑȠȞIJĮ İੇȞĮȚ ੢ıIJĮIJȠȞ į੻ Į੝IJોȢ ȕĮıȚȜİ૨ıĮȚ ੯ȡȠȞ IJઁȞ ੗ıȓȡȚȠȢ ʌĮ૙įĮ IJઁȞ ਝʌȩȜȜȦȞĮ ਰȜȜȘȞİȢ ੑȞȠȝȐȗȠȣıȚ IJȠ૨IJȠȞ țĮIJĮʌĮȪıĮȞIJĮ ȉȣij૵ȞĮ ȕĮıȚȜİ૨ıĮȚ ੢ıIJĮIJȠȞ ǹੁȖȪʌIJȠȣ ਜ਼ıȚȡȚȢ į੻ ਥıIJ੿ ǻȚȩȞȣıȠȢ țĮIJ੹ ਬȜȜȐįĮ ȖȜ૵ııĮȞ ³0HQWUH SULPD GL questi uomini quelli che regnavano in Egitto erano Dei che vivevano insieme agli uomini, ed era sempre uno di loro che deteneva il potere. Avrebbe regnato per ultimo, sul paese, Horo figlio di Osiride, che gli Elleni chiamavano Apollo. Egli avrebbe, dopo aver deposto Tifone, regnato per ultimo sull’Egitto. Osiride corrisponde in lingua greca a Dioniso”. Ecco perciò che: ਜ਼ıȚȡȚȢį੻ ਥıIJ੿ ǻȚȩȞȣıȠȢțĮIJ੹ ਬȜȜȐįĮȖȜ૵ııĮȞRYYHUR2VLULGHFRUULVSRQGH in lingua greca a Dioniso. Mentre Iside a Demetra: ੏ıȚȢ į੻ ਥıIJ੿ țĮIJ੹ IJ੽Ȟ ਬȜȜȒȞȦȞ ȖȜ૵ııĮȞ ǻȘȝȒIJȘȡ 87, anche se a causa dei suoi attributi figurativi (ovvero le corna bovine) era spesso associata ad Io, come ancora si ricorda. (Hdt, 2, 41, 1- IJȠઃȢȝȑȞȞȣȞțĮșĮȡȠઃȢȕȠ૨ȢIJȠઃȢ਩ȡıİȞĮȢ țĮ੿ IJȠઃȢȝȩıȤȠȣȢȠੂ ʌȐȞIJİȢǹੁȖȪʌIJȚȠȚșȪȠȣıȚIJ੹Ȣį੻ șȘȜȑĮȢȠ੡ ıijȚ਩ȟİıIJȚșȪİȚȞਕȜȜ੹ ੂȡĮȓİੁıȚIJોȢ ੍ıȚȠȢ >@ IJઁ Ȗ੹ȡ IJોȢ ੍ıȚȠȢ ਙȖĮȜȝĮ ਥઁȞ ȖȣȞĮȚțȒȚȠȞ ȕȠȪțİȡȦȞ ਥıIJ੿ țĮIJȐ ʌİȡ ਰȜȜȘȞİȢ IJ੽Ȟ ੉Ƞ૨Ȟ 86 87

Berti 2002, 93-112. Hdt, 2, 59 1- ȆĮȞȘȖȣȡȓȗȠȣıȚ į੻ ǹੁȖȪʌIJȚȠȚ Ƞ੝ț ਚʌĮȟ IJȠ૨ ਥȞȚĮȣIJȠ૨ ʌĮȞȘȖȪȡȚȢ į੻ ıȣȤȞȐȢ ȝȐȜȚıIJĮ ȝ੻Ȟ țĮ੿ ʌȡȠșȣȝȩIJĮIJĮਥȢǺȠȪȕĮıIJȚȞʌȩȜȚȞIJૌ ਝȡIJȑȝȚįȚįİȪIJİȡĮį੻ ਥȢǺȠȪıȚȡȚȞʌȩȜȚȞIJૌ ੍ıȚ>@ਥȞIJĮȪIJૉ Ȗ੹ȡį੽ IJૌ ʌȩȜȚ ਥıIJ੿ ȝȑȖȚıIJȠȞ੍ıȚȠȢੂȡȩȞ੆įȡȣIJĮȚį੻ ਲ ʌȩȜȚȢĮ੢IJȘIJોȢ ǹੁȖȪʌIJȠȣਥȞȝȑı૳ IJ૶ ǻȑȜIJĮ੏ıȚȢ į੻ ਥıIJ੿ țĮIJ੹ IJ੽ȞਬȜȜȒȞȦȞ ȖȜ૵ııĮȞǻȘȝȒIJȘȡ >@ IJȡȓIJĮ į੻ ਥȢ ȈȐȚȞ ʌȩȜȚȞ IJૌ ਝșȘȞĮȓૉ ʌĮȞȘȖȣȡȓȗȠȣıȚ IJȑIJĮȡIJĮ į੻ ਥȢ ਺ȜȓȠȣ ʌȩȜȚȞ IJ૶ ਺ȜȓȦ ʌȑȝʌIJĮį੻ ਥȢǺȠȣIJȠ૨ȞʌȩȜȚȞIJૌ ȁȘIJȠ૙, ਪțIJĮį੻ ਥȢȆȐʌȡȘȝȚȞʌȩȜȚȞIJ૶ ਡȡİȧ³Le feste collettive gli Egiziani non le celebrano una sola volta all'anno, ma in continuazione: la principale, e seguita con maggiore partecipazione, è dedicata ad Artemide, nella città di Bubasti; la seconda ha luogo a Busiride ed è dedicata a Iside; 2) in questa città, situata in Egitto nel mezzo del Delta, si trova un grandissimo santuario di Iside, la dea che in greco si chiama Demetra. 3) La terza festa è per Atena, nella città di Sais, la quarta a Eliopoli, per il dio Elio, la quinta a Buto in onore di Leto; la sesta è dedicata ad Ares e ha luogo nella città di Papremi. Una strana alchimia si intravedrebbe poi nel passo in cui l'autore greco afferma come Apollo e Artemide sono figli di Iside e di Dioniso” (che qui è sostituito ad Osiri). Hdt, 2, 156, 4-6. >@ȜȩȖȠȞį੻ IJȩȞįİਥʌȚȜȑȖȠȞIJİȢȠੂ ǹੁȖȪʌIJȚȠȚijĮı੿ İੇȞĮȚĮ੝IJ੽ȞʌȜȦIJȒȞ੪ȢਥȞIJૌ ȞȒı૳ IJĮȪIJૉ Ƞ੝ț ਥȠȪıૉ ʌȡȩIJİȡȠȞ ʌȜȦIJૌ ȁȘIJȫ ਥȠ૨ıĮ IJ૵Ȟ ੑțIJઅ șİ૵Ȟ IJ૵Ȟ ʌȡȫIJȦȞ ȖİȞȠȝȑȞȦȞ ȠੁțȑȠȣıĮ į੻ ਥȞ ǺȠȣIJȠ૙ ʌȩȜȚ ੆ȞĮ įȒ Ƞੂ IJઁ ȤȡȘıIJȒȡȚȠȞ IJȠ૨IJȠ ਥıIJȓ ਝʌȩȜȜȦȞĮ ʌĮȡૃ ੍ıȚȠȢ ʌĮȡĮțĮIJĮșȒțȘȞ įİȟĮȝȑȞȘ įȚȑıȦıİ țĮIJĮțȡȪȥĮıĮਥȞIJૌ Ȟ૨ȞʌȜȦIJૌ ȜİȖȠȝȑȞૉ ȞȒı૳, ੖IJİIJઁ ʌ઼ȞįȚȗȒȝİȞȠȢ੒ ȉȣij૵ȞਥʌોȜșİșȑȜȦȞ ਥȟİȣȡİ૙ȞIJȠ૨ ੗ıȓȡȚȠȢ IJઁȞʌĮ૙įĮ>@ਝʌȩȜȜȦȞĮį੻ țĮ੿ ਡȡIJİȝȚȞǻȚȠȞȪıȠȣțĮ੿ ੍ıȚȠȢȜȑȖȠȣıȚİੇȞĮȚʌĮ૙įĮȢȁȘIJȠ૨Ȟį੻ IJȡȠijઁȞĮ੝IJȠ૙ıȚțĮ੿ ıȫIJİȚȡĮȞȖİȞȑıșĮȚǹੁȖȣʌIJȚıIJ੿ į੻ ਝʌȩȜȜȦȞȝ੻Ȟ੷ȡȠȢǻȘȝȒIJȘȡį੻ ੏ıȚȢ ਡȡIJİȝȚȢį੻ ǺȠȪȕĮıIJȚȢ>@ਥțIJȠȪIJȠȣį੻ IJȠ૨ ȜȩȖȠȣ țĮ੿ Ƞ੝įİȞઁȢ ਙȜȜȠȣ ǹੁıȤȪȜȠȢ ੒ Ǽ੝ijȠȡȓȦȞȠȢ ਸ਼ȡʌĮıİ IJઁ ਥȖઅ ijȡȐıȦ ȝȠ૨ȞȠȢ į੽ ʌȠȚȘIJȑȦȞ IJ૵Ȟ ʌȡȠȖİȞȠȝȑȞȦȞਥʌȠȓȘıİ Ȗ੹ȡਡȡIJİȝȚȞİੇȞĮȚșȣȖĮIJȑȡĮǻȒȝȘIJȡȠȢIJ੽Ȟį੻ ȞોıȠȞįȚ੹ IJȠ૨IJȠȖİȞȑıșĮȚ ʌȜȦIJȒȞIJĮ૨IJĮȝ੻Ȟ Ƞ੢IJȦ ȜȑȖȠȣıȚ 4) “Gli Egiziani quando dicono che questa isola [scil. Buto] galleggia aggiungono anche un racconto: narrano che Latona, una delle prime otto divinità, abitava nella città di Buto, dove ora si trova il suo santuario: su quest'isola che prima era fissa ricevette in custodia Apollo dalle mani di Iside e ve lo tenne in salvo; lo nascondeva pertanto nell'isola che ora ha fama di essere galleggiante, quando giunse Tifone che cercava ovunque pur di trovare il figlio di Osiride. 5) Essi sostengono che Apollo e Artemide sono figli di Iside e di Dioniso e che Latona fu la loro nutrice e salvatrice. In egiziano Apollo corrisponde a Horo, Demetra a Iside e Artemide a Bubasti. 6) Da questa leggenda e non da altre Eschilo figlio di Euforione trasse quanto vengo a dire, distinguendosi dai poeti suoi predecessori: fece che Artemide fosse figlia di Demetra. Ecco perché l'isola sarebbe divenuta galleggiante. Così almeno raccontano gli Egiziani”.

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

ȖȡȐijȠȣıȚțĮ੿ IJ੹ȢȕȠ૨ȢIJ੹ȢșȘȜȑĮȢǹੁȖȪʌIJȚȠȚʌȐȞIJİȢ੒ȝȠȓȦȢıȑȕȠȞIJĮȚʌȡȠȕȐIJȦȞʌȐȞIJȦȞȝȐȜȚıIJĮ ȝĮțȡ૶. “Tutti gli Egiziani sacrificano i buoi maschi e i vitelli che risultano puri, ma non possono toccare le mucche in quanto sacre a Iside. E infatti la statua di Iside rappresenta una donna con corna bovine, proprio come i Greci raffigurano Io; assolutamente non c'è animale domestico venerato dagli Egiziani più delle femmine dei bovini”. I culti greco-romani influenzarono l'Egitto maggiormente negli ultimi secoli a.C., eppure una sorta di fusione tra dei Greci e Romani sarebbe avvertibile già dal IV a.C. e si manifesterebbe con l'apparizione di diverse figurine di terracotta rappresentanti divinità egizie antropomorfe i cui nomi, alquanto grecizzati, potevano già permettere interscambi tra popoli mediterranei 88. Come è stato pur detto, l'Egitto ebbe molta influenza sulla Grecia ma i filosofi ed i pensatori greci ebbero a loro volta forte influenza sulla teologia egizia. S'avviò pertanto il processo esoterico che avrebbe portato alla ricerca del divino attraverso le sue rappresentazioni 89. Platone in diverse sedi (Pl., Ti., 21e-22b; Phdr., 274 c-e 90) non manca inoltre di attestare la sapienza egizia specie su fatti antichi e legata a molte invenzioni. L'apporto di queste alla civiltà è, nonostante il contesto di scrittura dell'opera, ben presente in Isocrate (Busir., XI, 22-23) 91, nonché in alcuni passi di Aristotele (Mete., I, 14, 352b, 20-21 92 et Metaph., I, 981b, 23-24 93). Dal punto di vista “geografico”, Erodoto (Hdt., 2, 5), dopo aver definito “dono del fiume” la

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Vd. anche De Salvia 1989, 125-138. Rivière 1971, 38. Pl., Phdr., 274 c-e: ȈȦțȡȐIJȘȢ ਵțȠȣıĮIJȠȓȞȣȞʌİȡ੿ ȃĮȪțȡĮIJȚȞIJોȢǹੁȖȪʌIJȠȣȖİȞȑıșĮȚIJ૵Ȟਥțİ૙ ʌĮȜĮȚ૵ȞIJȚȞĮșİ૵Ȟ Ƞ੤ țĮ੿ IJઁ ੕ȡȞİȠȞੂİȡઁȞ੔ į੽ țĮȜȠ૨ıȚȞ੏ȕȚȞĮ੝IJ૶ į੻ ੕ȞȠȝĮIJ૶ įĮȓȝȠȞȚİੇȞĮȚĬİȪșIJȠ૨IJȠȞį੽ ʌȡ૵IJȠȞਕȡȚșȝȩȞIJİ țĮ੿ ȜȠȖȚıȝઁȞİਫ਼ȡİ૙ȞțĮ੿ >į@ȖİȦȝİIJȡȓĮȞțĮ੿ ਕıIJȡȠȞȠȝȓĮȞ ਩IJȚį੻ ʌİIJIJİȓĮȢIJİțĮ੿ țȣȕİȓĮȢțĮ੿ į੽ țĮ੿ ȖȡȐȝȝĮIJĮ ȕĮıȚȜȑȦȢįૃ Į੣ IJȩIJİ੕ȞIJȠȢǹੁȖȪʌIJȠȣ੖ȜȘȢĬĮȝȠ૨ ʌİȡ੿ IJ੽ȞȝİȖȐȜȘȞʌȩȜȚȞIJȠ૨ ਙȞȦIJȩʌȠȣ਴ȞȠੂ ਰȜȜȘȞİȢǹੁȖȣʌIJȓĮȢ ĬȒȕĮȢțĮȜȠ૨ıȚțĮ੿ IJઁȞșİઁȞਡȝȝȦȞĮʌĮȡ੹ IJȠ૨IJȠȞਥȜșઅȞ੒ ĬİઃșIJ੹ȢIJȑȤȞĮȢਥʌȑįİȚȟİȞțĮ੿ ਩ijȘįİ૙Ȟ įȚĮįȠșોȞĮȚ IJȠ૙ȢਙȜȜȠȚȢǹੁȖȣʌIJȓȠȚȢ੒ į੻ ਵȡİIJȠਸ਼ȞIJȚȞĮਦțȐıIJȘ਩ȤȠȚ੩ijİȜȓĮȞįȚİȟȚȩȞIJȠȢįȑ੖IJȚțĮȜ૵Ȣਲ਼ ȝ੽ >İ@țĮȜ૵ȢįȠțȠ૙ ȜȑȖİȚȞIJઁ ȝ੻Ȟ਩ȥİȖİȞIJઁ įૃ ਥʌ૊ȞİȚʌȠȜȜ੹ ȝ੻Ȟį੽ ʌİȡ੿ ਦțȐıIJȘȢIJોȢIJȑȤȞȘȢਥʌૃ ਕȝijȩIJİȡĮĬĮȝȠ૨ȞIJ૶ ĬİઃșȜȑȖİIJĮȚ ਕʌȠijȒȞĮıșĮȚਘ ȜȩȖȠȢʌȠȜઃȢਗȞİ੅ȘįȚİȜșİ૙ȞਥʌİȚį੽ į੻ ਥʌ੿ IJȠ૙ȢȖȡȐȝȝĮıȚȞ਷ȞµIJȠ૨IJȠįȑ੯ ȕĮıȚȜİ૨IJઁ ȝȐșȘȝĮ¶ ਩ijȘ੒ ĬİȪșµıȠijȦIJȑȡȠȣȢǹੁȖȣʌIJȓȠȣȢțĮ੿ ȝȞȘȝȠȞȚțȦIJȑȡȠȣȢʌĮȡȑȟİȚȝȞȒȝȘȢIJİȖ੹ȡțĮ੿ ıȠijȓĮȢijȐȡȝĮțȠȞȘਫ਼ȡȑșȘ¶ ੒ įૃ İੇʌİȞµ੯ IJİȤȞȚțȫIJĮIJİĬİȪșਙȜȜȠȢȝ੻ȞIJİțİ૙ȞįȣȞĮIJઁȢIJ੹ IJȑȤȞȘȢਙȜȜȠȢį੻ țȡ૙ȞĮȚIJȓȞૃ ਩ȤİȚȝȠ૙ȡĮȞȕȜȐȕȘȢIJİ țĮ੿ ੩ijİȜȓĮȢIJȠ૙ȢȝȑȜȜȠȣıȚȤȡોıșĮȚ³Ho sentito, quindi, che a Naucratis, in Egitto v'era una delle antiche divinità di quel paese, colui il cui uccello sacro è chiamato ibis, e il nome del dio stesso era Theuth. Lui fu colui che inventò i numeri e l'aritmetica, la geometria e l'astronomia, la dama e i dadi ma, soprattutto, le lettere. Ora, il re di tutto l'Egitto a quel tempo era il dio Thamus, che viveva nella grande città della regione superiore, che i Greci chiamano la Tebe egiziana, e chiamano il dio stesso Amon. A lui venne Thuth per mostrare le sue invenzioni, dicendo che dovevano essere comunicate agli altri Egiziani. Ma Thamus chiese quale uso v'era in ciascuno, e appena Theuth ebbe elencato i loro usi, ne espresse lodi o biasimo, secondo quanto ebbe approvato o disapprovato. La storia dice che Thamus disse molte cose a Theuth in lode o biasimo delle varie arti, cosa che richiederebbe troppo tempo per ripetersi; ma quando arrivarono alle lettere, “Questa invenzione, o re”, disse Theuth, “renderà gli Egiziani più saggi e migliorerà i loro ricordi; perché è un elisir di memoria e saggezza che ho scoperto”. Ma Thamus rispose: “ingegnoso Theuth, un uomo ha la capacità di generare arti, ma la capacità di giudicare della loro utilità o nocività per i loro fruitori appartiene ad altri”. Isoc., Bus   ȝİșૃ ੰȞ ਥțİ૙ȞȠȚ ȕȚȠIJİȪȠȞIJİȢ IJȠ૙Ȣ ȝ੻Ȟ ıȫȝĮıȚȞ ੁĮIJȡȚț੽Ȟ ਥȟİ૨ȡȠȞ ਥʌȚțȠȣȡȓĮȞ Ƞ੝ įȚĮțİțȚȞįȣȞİȣȝȑȞȠȚȢ ijĮȡȝȐțȠȚȢ ȤȡȦȝȑȞȘȞ ਕȜȜ੹ IJȠȚȠȪIJȠȚȢ ਘ IJ੽Ȟ ȝ੻Ȟ ਕıijȐȜİȚĮȞ ੒ȝȠȓĮȞ ਩ȤİȚ IJૌ IJȡȠijૌ IJૌ țĮșૃ ਲȝȑȡĮȞIJ੹Ȣįૃ ੩ijİȜİȓĮȢIJȘȜȚțĮȪIJĮȢ੮ıIJૃ ਥțİȓȞȠȣȢ੒ȝȠȜȠȖȠȣȝȑȞȦȢਫ਼ȖȚİȚȞȠIJȐIJȠȣȢİੇȞĮȚțĮ੿ ȝĮțȡȠȕȚȦIJȐIJȠȣȢIJĮ૙Ȣ į੻ ȥȣȤĮ૙Ȣ ijȚȜȠıȠijȓĮȢ ਙıțȘıȚȞ țĮIJȑįİȚȟĮȞ ਴ țĮ੿ ȞȠȝȠșİIJોıĮȚ țĮ੿ IJ੽Ȟ ijȪıȚȞ IJ૵Ȟ ੕ȞIJȦȞ ȗȘIJોıĮȚ įȪȞĮIJĮȚ “Vivendo in tale condizione di vita, essi [scil. I preti] scoprirono la medicina come mezzo per curare il corpo, una medicina che fa ricorso non a farmaci pericolosi ma a quelli che hanno un grado di sicurezza pari al cibo quotidiano e un'efficacia tale che, viene concordemente riconosciuto che gli Egiziani sono il popolo più in salute e con la più lunga durata della vita. Per l'anima essi insegnarono l'esercizio della filosofia, la quale è in grado di elaborare le leggi e di esplorare la natura della realtà”. In esso si dovrebbe però anche notare che Isocrate scrisse tale opera parodica contro un rivale, il sofista Policrate, che dedicò un elogio a Busiride difendendone i crimini (è infatti noto che questi uccideva i suoi ospiti). Isocrate mostra infatti come anche un villano di tal fatta possa essere “correttamente” elogiato. Si veda anche Livingstone 2001. Arist., Mete., 1, 14, 352b, 20-21: Il paese degli Egiziani che noi reputiamo il popolo più antico, e di fatto prodotto dall'opera di un fiume. Arist., Metaph., 1, 981b, 24- įȚઁ ʌİȡ੿ ǹ੅ȖȣʌIJȠȞ Įੂ ȝĮșȘȝĮIJȚțĮ੿ ʌȡ૵IJȠȞ IJȑȤȞĮȚ ıȣȞȑıIJȘıĮȞ ਥțİ૙ Ȗ੹ȡ ਕijİȓșȘ ıȤȠȜȐȗİȚȞIJઁ IJ૵ȞੂİȡȑȦȞ਩șȞȠȢ&IUDQFKH3O.. Phdr., 274; Hdt. 2, 109.

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Capitolo I - Il contesto storico

parte dell’Egitto verso la quale si dirigono i naviganti greci, si sofferma sulla forma del territorio94 e sulle piene del fiume Nilo che ricoprono di fertile limo il territorio circostante (Hdt., 2, 6-34). Circa le sorgenti del Nilo (Hdt., 1, 16), lo stesso pare tuttavia in netta contrapposizione a Ecateo e Anassagora. A ciò deve aggiungersi come l’innalzarsi del livello del fiume era da Talete (DK 11 A16) e in parte da Democrito di Abdera (DK 68 A99)95, collegato ai venti etesii, ipotesi totalmente respinta da Diodoro96. Erodoto invece pareva convinto che la portata normale del Nilo fosse quella delle piene mentre l'andamento delle acque calasse d’inverno. Per Diodoro97 era Agatarchide di Cnido a formulare un’ipotesi che egli considerava maggiormente veritiera collegando cioè l’innalzamento delle acque alle piogge estive, che cadono dal solstizio d’estate fino all’equinozio d’autunno98. La considerazione sulle cause delle piene del Nilo è presente anche in Strabone (Str., 17, 475299), che fa menzione del nilometro (ovvero una cavità costruita sulla riva del fiume per registrare

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Diodoro Siculo (D.S., 1, 30-41) ricordava come il Delta del fiume Nilo fosse simile per forma alla Sicilia soffermandosi sugli animali che lo popolano e indagando circa alcune esplicazioni delle piene del Nilo (D.S., 1, 3741). Circa il commento del I libro di Diodoro si veda anche Burton 1972. Diels, Kranz 1989-1990, 81-230. 411 (Sull'ingrossarsi del Nilo). Secondo Democrito, dai vapori prodottisi con lo scioglimento delle nevi in vicinanza del solstizio estivo e con il loro discendere dalle zone settentrionali si ingenerano le nuvole, che, spinte verso il Meridione e l'Egitto dai venti etesii, determinano intense piogge, che riempiono i laghi e il fiume Nilo. Contro le affermazioni di Euripide e di Anassagora, Democrito di Abdera sostiene che non nevica nelle regioni meridionali, bensì in quelle settentrionali... (Sullo straripamento del Nilo). Democrito afferma che durante il solstizio invernale, nevica nelle regioni settentrionali, mentre durante il solstizio estivo, quando il sole cambia la sua posizione, la neve si scioglie e, a causa dello scioglimento, evapora, sicché si generano le nuvole, che vengono afferrate dagli alisei e trasportate verso il Meridione. Quando queste nuvole si scontrano tra loro in Etiopia e in Libia, si genera una copiosa pioggia, che scorre (verso la terra), riempiendo il Nilo. Stando all'opinione di Democrito, è questa la causa dello straripamento del Nilo... Luria 2007, 491-493. Cfr. Sen., QN, 4, 22. Tali venti sono anche menzionati da Metrodoro (DK 70 A18). Un'analisi degli stessi si ritrova in Arist., Mete., 5, 362a. Che si contrapponeva, come Democrito, alle teorie di Euripide e Anassagora, che associavano le piene del Nilo allo scioglimento delle nevi in Etiopia. Euripide, Archelao frag. 228. Nauck 1888. Si veda anche Aeschylus (frg. 304). Plinio invece pare combinane le due più probabili cause ovvero i venti etesii e le piogge estive. Pl., HN, 5, 55: “Causas huius incrementi varias prodidere, sed maxime probabiles etesiarum eo tempore ex adverso flantium repercussum, ultra in ora acto mari, aut imbres Aethiopiae aestivos, isdem etesiis nubila illo ferentibus e reliquo orbe”. Str., 17, 48: ਺ ਫȜİijĮȞIJȓȞȘ ਲ ȝ੻Ȟ ਥʌ੿ IJ૵Ȟ ੖ȡȦȞ IJોȢ ǹੁșȚȠʌȓĮȢ țĮ੿ IJોȢ ǹੁȖȪʌIJȠȣ ʌȩȜȚȢ, ਲ įૃ ਥȞ IJ૶ ȃİȓȜ૳ ʌȡȠțİȚȝȑȞȘ IJોȢ ȈȣȒȞȘȢ ȞોıȠȢ ਥȞ ਲȝȚıIJĮįȓ૳ țĮ੿ ਥȞ IJĮȪIJૉ ʌȩȜȚȢ ਩ȤȠȣıĮ ੂİȡઁȞ ȀȞȠȪijȚįȠȢ țĮ੿ ȞİȚȜȠȝȑIJȡȚȠȞ, țĮșȐʌİȡ ȂȑȝijȚȢ. ਩ıIJȚ į੻ IJઁ ȞİȚȜȠȝȑIJȡȚȠȞ ıȣȞȞȩȝ૳ Ȝȓș૳ țĮIJİıțİȣĮıȝȑȞȠȞ ਥʌ੿ IJૌ ੕Ȥșૉ IJȠ૨ ȃİȓȜȠȣ ijȡȑĮȡ, ਥȞ મ IJ੹Ȣ ਕȞĮȕȐıİȚȢ IJȠ૨ ȃİȓȜȠȣ ıȘȝİȚȠ૨ȞIJĮȚ IJ੹Ȣ ȝİȖȓıIJĮȢ IJİ țĮ੿ ਥȜĮȤȓıIJĮȢ țĮ੿ IJ੹Ȣ ȝȑıĮȢ: ıȣȞĮȞĮȕĮȓȞİȚ Ȗ੹ȡ țĮ੿ ıȣȞIJĮʌİȚȞȠ૨IJĮȚ IJ૶ ʌȠIJĮȝ૶ IJઁ ਥȞ IJ૶ ijȡȑĮIJȚ ੢įȦȡ. İੁı੿Ȟ Ƞ੣Ȟ ਥȞ IJ૶ IJȠȓȤ૳ IJȠ૨ ijȡȑĮIJȠȢ ʌĮȡĮȖȡĮijĮȓ, ȝȑIJȡĮ IJ૵Ȟ IJİȜİȓȦȞ țĮ੿ IJ૵Ȟ ਙȜȜȦȞ [p. 1140] ਕȞĮȕȐıİȦȞ: ਥʌȚıțȠʌȠ૨ȞIJİȢ Ƞ੣Ȟ IJĮȪIJĮȢ įȚĮıȘȝĮȓȞȠȣıȚ IJȠ૙Ȣ ਙȜȜȠȚȢ, ੖ʌȦȢ İੁįİ૙İȞ: ʌȡઁ ʌȠȜȜȠ૨ Ȗ੹ȡ ੅ıĮıȚȞ ਥț IJ૵Ȟ IJȠȚȠȪIJȦȞ ıȘȝİȓȦȞ țĮ੿ IJ૵Ȟ ਲȝİȡ૵Ȟ IJ੽Ȟ ਥıȠȝȑȞȘȞ ਕȞȐȕĮıȚȞ țĮ੿ ʌȡȠįȘȜȠ૨ıȚ. IJȠ૨IJȠ į੻ țĮ੿ IJȠ૙Ȣ ȖİȦȡȖȠ૙Ȣ ȤȡȒıȚȝȠȞ IJોȢ IJ૵Ȟ ਫ਼įȐIJȦȞ IJĮȝȚİȓĮȢ ȤȐȡȚȞ țĮ੿ ʌĮȡĮȤȦȝȐIJȦȞ țĮ੿ įȚȦȡȪȖȦȞ țĮ੿ ਙȜȜȦȞ IJȠȚȠȪIJȦȞ, țĮ੿ IJȠ૙Ȣ ਲȖİȝȩıȚ IJ૵Ȟ ʌȡȠıȩįȦȞ ȤȐȡȚȞ: Įੂ Ȗ੹ȡ ȝİȓȗȠȣȢ ਕȞĮȕȐıİȚȢ ȝİȓȗȠȣȢ țĮ੿ IJ੹Ȣ ʌȡȠıȩįȠȣȢ ਫ਼ʌĮȖȠȡİȪȠȣıȚȞ... “Elephantina is an island in the Nile, at the distance of half a stadium in front of Syene; in this island is a city with a temple of Cnuphis, and a nilometer like that at Memphis. The nilometer is a well upon the banks of the Nile, constructed of close-fitting stones, on which are marked the greatest, least, and mean risings of the Nile; for the water in the well and in the river rises and subsides simultaneously. Upon the wall of the well are lines, which indicate the complete rise of the river, and other degrees of its rising. Those who examine these marks communicate the result to the public for their information. For it is known long before, by these marks, and by the time elapsed from the commencement, what the future rise of the river will be, and notice is given of it. This information is of service to the husbandmen with reference to the distribution of the water; for the purpose also of attending to the embankments, canals, and other things of this kind. It is of use also to the governors, who fix the revenue; for the greater the rise of the river, the greater it is expected will be the revenue”. Hamilton, Falconer 1903. Cfr. anche D.S., I, 35. In Plinio (Pl., HN, 5, 58) si ritrovano le misure distinte per la misurazione del livello in cubiti: “Iustum incrementum est cubitorum XVI. Minores aquae non omnia rigant, ampliores detinent tardius recedendo. hae serendi tempora absumunt solo madente, illae non dant sitiente. utrumque reputat provincia. in XII cubitis famem sentit, in XIII etiamnum esurit, XIIII cubita hilaritatem adferunt, XV securitatem, XVI delicias. maximum incrementum ad hoc aevi fuit cubitorum XVIII Claudio principe, minimum V Pharsalico bello, veluti necem Magni prodigio quodam flumine adversante”.

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

la massima e la minima altezza delle acque) 100. A piene maggiori corrispondevano infatti produttività più elevate dei campi e conseguentemente tasse più elevate. È inoltre attestabile come molti tra viaggiatori, storici, filosofi e pensatori provenienti dalla Grecia visitarono l'Egitto. Uno dei primi storici religiosi greci presenti in Egitto parrebbe essere stato Ellanico di Lesbo (V a. C.), senza poi dimenticare Solone, lo stesso Platone, Eraclide Pontico, Aristagora di Mileto, Eussodo di Cnido 101 ed ancora Plutarco ed atri 102. Oltre a ciò, nella tradizione del tardo misticismo ed in seguito unitamente alla corrente del neoplatonismo non possono non menzionarsi una serie di autori e opere che rappresentarono (assieme al secondo libro di Erodoto, il primo di Diodoro, il diciassettesimo di Strabone e l'Iside e Osiride di Plutarco) la tradizione greca di riferimento circa l'Egitto. Oltre a Ecateo di Abdera (340-280 a.C. circa), che parrebbe aver tra l'altro redatto un'opera intitolata Aegyptiaca, o Sugli Egiziani 103, Manetone (III secolo a.C.) è ritenuto l'autore degli Aegyptiaca, o Storia dell'Egitto, commissionata pare da Tolomeo II Filadelfo. L'opera fornirebbe tra l'altro importanti notizie sulla cronologia dei regni degli antichi faraoni 104. Cheremone di Alessandria (10-80 d.C.) fu autore di una Storia dell'Egitto, di opere sulle comete, sull'astrologia egizia e sui geroglifici oltre ad un trattato grammaticale 105. Non è infatti da far passare in secondo piano come le speculazioni religiose egizie attraverso il pensiero platonico produrranno poi quel Neoplatonismo che in dialogo col Cristianesimo stimolerà grandi pensatori come Clemente Alessandrino (150 circa-215 d.C.) ed Origene (185-254 d.C.). Alla rassegna si aggiunge Giamblico (250-330 circa d.C.) tra l'altro autore di un'opera da titolo Ȇİȡ੿ IJ૵Ȟ ǹੁȖȣʌIJȓȦȞ ȝȣıIJȘȡȓȦȞ 6XL PLVWHUL GHJOL (JL]L  LQ DSerta polemica contro Plotino 106. Orapollo (450-490 circa d.C.), autore di un’opera intitolata Hieroglyphika, un trattato sui geroglifici. (Vd. Suda, omega, 159). Esso ci sarebbe pervenuto attraverso la traduzione greca (di un certo Filippo) del testo “egiziano” degli Hieroglyphica di tale Orapollo (in due volumi) ritrovata all’inizio del XV secolo sull’isola di Andros in Grecia, ed evidentemente risalente al IV-V d. C. (Vd. anche Bellucci 2017, 262-264; Sbordone 1940). Il testo fu inoltre di fondamentale importanza per l'allegoria e il simbolismo del Rinascimento italiano a seguito dell'accettazione delle definizioni di Plotino formulate da Ficino, poi valorizzate dall’opera Hieroglyphica di P. Valeriano (Vd. Valeriano 1556). Senza dimenticare il Corpus Hermeticum, collazionato attorno al sec. XI sec. 107 e attribuito all'antichità egizia e che rappresentò anche fonte d'ispirazione per il pensiero ermetico e neoplatonico rinascimentale. È soprattutto a partire dal periodo ellenistico però che la tradizione egizia incontra e si coniuga a quella greca, creando così inediti linguaggi figurativi (che anche nella più antica tradizione religiosa 100 101 102

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Precedentemente lo stesso aveva soffermato la sua attenzione sul Delta: Cfr. ad es. Str., 17, 24; 17, 30. Lasserre 1966. In Diodoro, chiaramente per i fini della sua esposizione, se ne ritroverebbe una lista mitologica e storica: “Orfeo, Museo, Melampo, Dédalo, Homero, Licurgo, Solón, Platón, Pitágoras, Eudoxo, Demócrito y Enópides, desarrollados en este capítulo y en los dos siguientes. En cuanto a las imágenes de griegos en Egipto, hay que recordar el famoso hemiciclo del Serapeum de Menfis, con cinco estatuas de filósofos griegos y cinco estatuas de poetas en torno a Homero, pero data sólo de la época tolemaica; Estrabón, XVII 1, 29, dice que, en Heliopolis, se mostraban las casas que acogieron a Platón y a Eudoxo... Los últimos griegos que estuvieron en Egipto citados son dos escultores, Telecles y Teodoro. Ello da pie para contar la técnica estatuaria egipcia...”. Parreu Alasà 2001, 8991. A Manetone va di certo poi riconosciuta la diffusione delle dottrine esoteriche egizie in Grecia, mentre cominciò a prendere forma la scuola alessandrina, che per lungo tempo fu da lume per molte scienze. Cfr. Diels 1903, 480-484: 60 a et b; Suda, rho, 100. Rhemphis, Re d'Egitto; D. S., I, 62, 5-6; FGrHist 264. Cfr. Waddell 1940; Cfr. anche Suda, mu, 142 et 143 (FGrHist 609). (Cfr. J., Ap., I, 32-33). Si veda Van der Horst 1984. Suda, alpha, 1128 s.v. ਝȜȑȟĮȞįȡȠȢ ǹੁȖĮ૙ȠȢ ijȚȜȩıȠijȠȢ ȆİȡȚʌĮIJȘIJȚțȩȢ įȚįȐıțĮȜȠȢ ȃȑȡȦȞȠȢ IJȠ૨ ȕĮıȚȜȑȦȢ ਚȝĮ ȋĮȚȡȒȝȠȞȚ IJ૶ ijȚȜȠıȩij૳. Chi  V Y ȋĮȚȡȒȝȦȞ țĮ੿ ਪIJİȡȠȢ ȋĮȚȡȒȝȦȞ ȖȡȐȥĮȢ ੊İȡȠȖȜȣijȚțȐ Delta  V Y ǻȚȠȞȪıȚȠȢ ਷Ȟ į੻ țĮ੿ įȚįȐıțĮȜȠȢ ȆĮȡșİȞȓȠȣ IJȠ૨ ȖȡĮȝȝĮIJȚțȠ૨ ȝĮșȘIJ੽Ȣ į੻ ȋĮȚȡȒȝȠȞȠȢ IJȠ૨ ijȚȜȠıȩijȠȣ ੔Ȟ țĮ੿ įȚİįȑȟĮIJȠ ਥȞ ਝȜİȟĮȞįȡİȓ઺. Iota, 175, s. v. ੊İȡȠȖȜȣijȚț੹ : ੊İȡȠȖȜȣijȚț੹ ਩ȖȡĮȥİȞ ੒ ȋĮȚȡȒȝȦȞ &IU DQFKH omega, 182, s.v. ੱȡȚȖȑȞȘȢ &IU$GOHU -1938. FGrHist 618. Vd. anche Clarke, Dillon, Hershbell 2003. Da ultimo si veda Scarpi 2011.

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Capitolo I - Il contesto storico

egizia vengono progressivamente ad assumere forme iconiche prevalentemente di origine greca). A tale casistica può ad esempio richiamarsi il culto di Serpide, presso il Serapeo di Alessandria fondato da Tolemeo Soter. L'origine del culto per tale divinità restava però poco chiara agli stessi storici greci, i quali oscillavano sulla concezione che si trattasse di un dio egizio grecizzato o un dio greco egittizzato 108. Eppure, se Serapide non fosse che l'ellenizzazione dell'egiziano Osor-Api, ovvero il bue Api, una delle manifestazioni terrestri del dio Osiri dopo la morte, ciò intenderebbe che i Greci non riconoscendo l'identificazione mistica del dio, lo adottarono come nuova divinità. Gli Egizi ne riconobbero il loro Osiri e, sotto i Tolemei, Serapide divenne una delle principali divinità del paese, a cui furono dedicati anche inni, così come ad Iside, la cui rigidità artistica egiziana fu addolcita da più fini caratteri ellenici. Questo affinamento dei più austeri e rigidi culti templari egizi contribuì e ne permise in fondo la propagazione ed espansione nel mondo greco e romano. Un concetto importante che se ne delineerebbe, specie nel periodo precedente la conquista di Alessandro il Grande, sarebbe pertanto includibile nella pur molteplice accezione di rappresentazione dello straniero 109, che gli Egiziani ben conoscevano. “It is worth remarking that Egyptian representations of the foreign, the exotic, and the other, across three millennia of ancient civilization, offer a useful counterpoint to Greek representations of Egypt. By tradition, Egypt and Egyptian society were part of the ordered cosmos, while nonEgyptians such as Nubians, West Asiatics, and Libyans figured as chaos and disorder” 110. Tuttavia, come accennato sopra specie nel periodo classico i Greci sembrano mostrare profonda stima verso l'Egitto e gli Egiziani a cui attribuiscono diverse scientificità e saperi. Il riconoscimento di tale condizione “debitrice” verso tale popolo porta infatti i Greci a farne elogio più volte, pur considerandoli barbari, ma certo non alla stregua dei Persiani, dei Babilonesi o degli Sciiti111. Ciò detto, è così possibile affermare come la letteratura greca in genere ha tuttavia mostrato non solo come i Greci si videro contrapposti agli Egiziani (spesso criticati), ma come di essi si sentirono storicamente anche i continuatori culturali (il che ne evidenzia una sorta di rispetto “originario”). La cultura romana subì invece l'influsso culturale egiziano, meno direttamente e derivandolo, come noto, specie dalla tradizione greco-ellenistica 112. Eppure, le interpretazioni romane circa l'Egitto e gli Egiziani possono in fondo essere contenute dicotomicamente in una concezione negativa legata a stereotipi comuni (come l'essere inaffidabili, effeminati, superstiziosi113) ed una concezione 108 109

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Plutarco De Iside et Osiride pare tentò di conciliare tali due opinioni tuttavia senza successo. Rivière 1971, 33. Circa la rappresentazione del barbaro nella tragedia e nella commedia, una lista essenziale si ricava da Berti 2002, 93-94. Bacon 1961; Hall 1989; Long 1986; Colvin 2000, 285-298; Lonis 2002, 183-194. In generale per uno studio della visione e del rapporto dei Greci con il mondo barbaro, vd. Moggi 1992, 51-76; Hartog 1996; Nippel 1996, 165-196; Lissarrague 1997, 937-958. In particolare sull'immagine greca della cultura egiziana, vd. Hartog 1986, 953-967; Zecchini 1989, 703- 713; Donadoni, 1990, 12-26; Burstein 1996, 591-604; Assmann 2001, 401-469. Vasunia 2001, 8. “Readers of Herodotus, Plato, and Aristotle inevitably come across statements about the antiquity of Egypt; the Egyptian invention of writing, geometry, and philosophy; or the contribution of Egyptians to the Greek religious tradition. The Greeks appear to show an esteem for Egyptian knowledge that they never show for Persian or even Babylonian science. Persia is rarely credited by the Greeks as being the homeland of knowledge, but the Greeks frequently credit Egyptians with scientific, philosophical, and religious learning, and admit to intellectual influences from Egypt. Vasunia 2001, 4-5. If both the Egyptians and Persians were called barbarians by the Greeks, the Egyptians nonetheless occupied a multiplicity of positions in the Greek discourse on the other. To Greek writers, Egyptians are inventors, philosophers, priests, historians, tyrants, rapacious cousins, or murderous hosts. In fact, the flexibility of Egypt in this cultural discourse points to its special place in the logie of otherness, for Egypt serves as the condition for the possibility of a Greek discourse on barbarians as such. What is interesting in Greek pronouncements is that the most accomplished and the most vile Egyptians are equally barbarians, no more and no less than Persians, Babylonians, Scythians, or Indians”. Vasunia 2001, 6. Cfr. ad. es. Woolf 1994, 116-43; Assmann 2005. Cic., Nat. deor., 1, 43: Aegyptiorumque… dementiam; Cic., Nat. deor., 1, 81: at non Aegyptii nec Syri nec fere cuncta barbaria; Cic., Nat. deor., 1, 101: inridentur Aegyptii; Cic., Nat. deor., 3, 47: cur barbarorum deos repudiemus; Cic., Tusc., 5, 78: Aegyptiorum morem quis ignorat? Quorum inbutae mentes pravitatis erroribus; Cic. Leg., 1, 32: nec si opiniones aliae sunt apud alios, idcirco qui canem et felem ut deos colunt non eadem superstitione qua ceterae gentes conflictantur... Cf. ad. es. Nimis 2004, 41; Isaac 2004, 352-370; Maehler 2003, 103-215; Versluys, 2002 387443; Berthelot 2000; Sonnabend 1986; Smelik, Hemelrijk 1984, 1852-2000; Reinhold 1980.

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

positiva derivata dall'antichità del paese 114, che in realtà vede contrapposti il moderno rispetto all'antico Egitto. Concezione non poi troppo diversa da quella dei Greci. La conquista dell'Egitto da parte di Roma favorirà di poi un regolato traffico plurale di persone, oggetti, mode e culti che dall'Egitto si irradieranno diversificandosi nelle varie zone dell'Impero 115. Pompei ad esempio vide compiuto il Tempio di Iside attorno alla metà del II a.C., e a Roma il culto si affermò, a dispetto delle diverse azioni repressive, incontrando il favore in primis dei ceti mediobassi, i liberti e gli schiavi (come si dirà di seguito). Trattare della ricezione dell'Egitto e di ciò che all'Egitto era associato e si associava nel mondo latino potrebbe poi ben dar seguito ad una distinta trattazione a sé, al di là delle specifiche del presente lavoro, e specie data l'enorme mole di dati presenti e di volta in volta interpretabili circa tale soggetto. L'operazione che invece potrebbe risultare più prolifica nel contesto del presente studio e che potrebbe pur dirsi d'inquadramento, vorrebbe invece tentare di individuare ed interpretare quanto esemplarmente riscontrabile attraverso le fonti latine ma collegandolo più specificatamente con la concezione circa la religione egizia che durante il periodo romano si ebbe, senza tuttavia del tutto trascurare anche altre specificità e caratteristiche che attraverso le indagini sugli autori di quest'epoca possono unitamente ritrovarsi. Storicamente, le trattative intraprese a Roma da Tolemeo XII Aulete per ottenere supporto romano al fine di tornare sul trono, la causa contro C. Rabirius Postumus, che aveva elargito denaro a Tolomeo (accusato di concussione, de repetundis) e difeso da Cicerone (54 a. C.) 116, l'assassinio di Pompeo in Egitto (48 a. C.), la guerra di Alessandria iniziata da Cesare per difendere gli interessi di Cleopatra (48-47 a. C.), certo non favorirono il mantenimento di un clima di generale imperturbabilità. Properzio sosteneva che “il Tevere ed il Nilo non furono mai amici” (Prop., 2, 33, 20: cum Tiberi Nilo gratia nulla fuit... Per l'identificazione metonimica dei due Paesi attraverso i fiumi Vd. Prop. 3, 11,42); Cicerone (Cic., Pro Rab., 12, 34-35 et 13, 36), parlava di Alessandria come una città da cui vengono impostori e frodi; Cesare (Caes., Bell. Civ., 3, 110, 2 et Bell. Alex., 24, 1) parlava della falsità degli Alessandrini; Lucano rammenta della barbara Menfi (Lucan., 8, 542-544) e dell'Egitto come terra infetta dai crimini della guerra civile (Lucan., 8, 823 et 10, 474 117); Orazio, Plinio il giovane, Properzio, Q. Curzio, Ovidio, Giovenale, Seneca ed altri non risparmiano poi certo critiche sulla mollezza e gli eccessi egiziani (si veda ad es. Hor., Od., 1, 37, 9; Plin. Iun., Paneg., 31, 2; Prop., 3, 11, 35; Tac., Hist., 2, 60; Curt., Alex., 4, I, 30; Ovid., Amor., 2, 13, 9; Prop. 3, 11, 39; Lucan., 8, 542-544; 10, 63-65; Juv., 6, 82-84; 15, 2-8; 45-46; Sen., Ep., 51, 3) 118. Ovid., Met., 1, 422-432, allude al Nilo come ragione della fertilità egiziana per cui sono possibili trasformazioni fisiche che l'autore celebrerà nel corso del poema, e nel corso della stessa opera, (Ovid., Met., 9, 686-695), metterà in risalto Iside-Io come dea esotica attorniata da divinità animali e straniere. Lucrezio (Lucr., 6, 714-737), pur riprendendo tradizioni precedenti, tentava di spiegare le possibili cause dello straripamento del Nilo, delineando diverse ipotesi. Una prima suggeriva che potesse essere causato dal ritardo dei venti etesii, che rallentando la corrente del Nilo, provocassero un forte contrasto tra freddo e caldo. Una seconda che gli stessi venti assieme al cambiamento delle correnti marine avessero creato banchi di sabbia alla foce del delta, ostruendo pertanto il fiume. La terza, che i venti avessero causato l'accumulo di nuvole nel profondo sud durante l'estate portando a piogge attorno alle sorgenti del Nilo. Un'ultima sosterebbe che durante l'intenso calore estivo le nevi della regione venissero a sciogliersi, provocando lo straripamento. Secondo Cassio Dione (D.C., 50, 24, 6; 25, 3-4 et 26, 5-27, 1), Ottaviano, desideroso di 114 115 116 117 118

Cf. ad. es. Gruen 2011a; Manolaraki 2013. Merci di lusso egiziane erano certamente conosciute a Roma già intorno al 200 a.C., come gli Alexandrina beluata tonsilia tapetia, menzionati da Plauto (Plaut., Pseud., 1, 2, 14). Cic., Pro Rabirio Postumo, del 54 a.C. Considerazioni che non paiono in genere migliori. Si veda anche Lucan., 10, 268-271. Circa Seneca in Egitto si veda storicamente anche Faider 1930, 83-87.

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sostenere e fronteggiare al meglio la guerra civile contro Antonio e Cleopatra, aveva intrapreso anche una forte propaganda contro i culti e la religione egizia a favore delle divinità romane, tanto che prima della battaglia di Azio (31 a. C.), che poi ne decreterà la vittoria, rimproverava ad Antonio di essersi considerato Osiri o Dioniso e a Cleopatra di presentarsi come Iside o Selene, invitando i suoi soldati a combattere contro un Serapione piuttosto che un romano (D.C., 50, 27, 1: ȂȒIJૃ Ƞ੣Ȟ૮ȦȝĮ૙ȠȞİੇȞĮȓIJȚȢĮ੝IJઁȞȞȠȝȚȗȑIJȦਕȜȜȐIJȚȞĮǹੁȖȪʌIJȚȠȞȝȒIJૃ ਝȞIJȫȞȚȠȞੑȞȠȝĮȗȑIJȦ ਕȜȜȐ IJȚȞĮȈĮȡĮʌȓȦȞĮ 119). Virgilio, che molto dovrà ad Ottaviano, in effetti nell'ottavo libro dell'Eneide ben metterà in risalto tale “scontro” divino, tra divinità romane ed egizie. Verg., Aen., 8, 696-706 120. “Col patrio sistro, e co’ suoi cenni il moto / Dava alla pugna; e non vedea (meschina!) / Quai due colúbri le venian da tergo. / L’abbaiatore Anúbi e i mostri tutti, /Ch’eran suoi dii, contra Nettuno e contra / [1090] Venere e Palla armati eran con lei, / E Marte in mezzo, che nel campo d’oro /Di ferro era scolpito, or questi or quelli / A la zuffa infiammava: e l’empie Furie / Co’ lor serpenti, la Discordia pazza [1095] Col suo squarciato ammanto, con la sferza / Di sangue tinta la crudel Bellona / Sgominavan le genti; e l’azio Apollo / Saettava di sopra: agli cui strali / L’Egitto e gl’Indi e gli Arabi e i Sabei [1100] Davan le spalle...” 121. Secondo Servio, Varrone era indignato che si dedicassero culti egiziani a Roma (Serv., Ad Aen., 8, 698). Le posizioni di Cicerone non erano certo migliori (si veda Cic., Tuscul., 5, 27, 78 e Nat. deor., 1, 16,43; Cic., Nat. deor., 3, 19, 47; Cic., De divin., 1, 58, 132) 122. Ed in genere diversi autori mostreranno decisa ostilità verso i culti e le divinità egizie (Lucan., 8, 832; D.C., 51, 16, 5; Tac., Ann., 2, 85, 5; Lucan., 8, 478; Cic., De divin., 1, 58, 132; Juv., 6, 526536; Sen., De vit., 26, 8; Sen., Apocol., 13, 4; Stat., Silv., 5, 3, 244-245), nonché circa la moralità dei culti isiaci i cui luoghi verranno anche tacciati di essere posti per incontri sentimentali (Cat., 10, 2427; Ovid., Ars amat., 1, 77-78; 3, 393; Amor., 2, 2, 25-26; Mart., 3, 20, 10-11; 11, 47, 1-4; Juv., 6, 489; 9, 20-22. J., Ant. Iud., 18, 65-80). Eppure, accanto a tali critiche, alcuni di questi stessi autori non mancano di ricordare le meraviglie in parte lodando la terra del Nilo (si veda ad es. Plin., HN, 36, 103; Plin. Iun., Ep., 8, 20, 2; Prop., 3, 22, 16-18) e lo stesso Cicerone, che certo non si risparmiò rancori, ebbe a dire: “Cupio equidem et iam pridem cupio Alexandream reliquamque Aegyptum visere”. (Cic., Ad Att., 2, 5, I). Marziale (Mart. 8, 36, 1-4) presenterebbe poi un atteggiamento ambiguo; positivo dato che ne celebrò la meraviglia delle piramidi eppure negativo poiché definì barbara la città di Menfi. Giovenale attaccava l'Egitto tacciandolo di rozzezza e stravaganza specie circa i costumi e le credenze religiose, ma sostenendo che peggio può ritrovarsi nella ellenizzata Canopo vicino Alessandria, marcandone così ulteriormente il giudizio negativo (Juv. 15, 44-46: “horrida sane Aegyptos, sed luxuria, quantum ipse notavi, barbara famoso non cedit turba Canopo”). Tibullo 1, 7, celebrò il compleanno del patrono Messalla, attraverso la sua vittoria sulla tribù gallica degli Aquitani, e indicando altre gesta militari dello stesso (elogiandone le opere pubbliche) ne incluse anche una spedizione in Egitto (Tib., 1, 7, 23-54), non risparmiando accenni ad Osiri come dio civilizzatore (associandolo a Bacco) e circa la fertilità del Nilo. La vicenda di Lucio, mutato in asino per sbaglio, narrata nelle Metamorfosi (o Asino d'oro secondo Aug., De civ. Dei, 18, 18) di Apuleio è poi significativa per diversi aspetti, dato che qui si espongono anche riti isiaci d'iniziazione. I primi capitoli (11, 1-6), narrano del risveglio notturno di Lucio sul lido di Cencre presso 119 120

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Cfr. Cary 1955. Verg., Aen., 8, 696-706: “Regina in mediis patrio vocat agmina sistro, / necdum etiam geminos a tergo respicit anguis. / Omnigenumque deum monstra et latrator Anubis / contra Neptunum et Venerem contraque Minervam / tela tenent. Saevit medio in certamine Mavors [700] / caelatus ferro, tristesque ex aethere Dirae, / et scissa gaudens vadit Discordia palla, / quam cum sanguineo sequitur Bellona flagello. / Actius haec cernens arcum intendebat Apollo / desuper; omnis eo terrore Aegyptus et Indi, [705] / omnis Arabs, omnes vertebant terga Sabaei”. Trad. Caro 1892. VIII, vv. 1085-1110. Eppure, già durante il periodo repubblicano non era raro trovare elementi egizi a Roma. Cicerone stesso pare avesse a suo servizio una liberta egizia di nome Aegypta (Cic., Ad fam., 16, 15, 1-2; Ad Att., 8, 15, I; 12, 37, I; 13, 3, 2) e pare ricordare la presenza di molti eunuchi provenienti dall'Egitto (Cic., Or., 70, 232).

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Corinto, mentre egli rivolge una preghiera alla luna, a cui chiede di ritornare umano oppure la morte. A questo punto però egli pare avere una visione, il simulacro di una divinità, descritto con dovizia da Apuleio:

“[5] Eccomi a te, o Lucio. Commossa dalle tue preghiere, io, madre della natura, signora di tutti gli elementi, origine prima di tutti i secoli, somma tra gli dèi, regina dei morti, signora dei celesti, sono accorsa. Io di tutti gli dèi e le dee in me riassumo gli aspetti e col mio cenno governo i culmini radiosi del cielo, i salutiferi venti del mare, i desolati silenzi dell'Averno: e il nume mio, unico pur sotto multiformi aspetti, con vari riti e sotto diversi nomi, il mondo tutto adora. Ond'è che i Frigi, primi nati nel mondo, mi chiamano Pessinunzia, madre degli dèi; e gli Attici autoctoni Minerva Cecropia; e i Ciprioti, gente di mare, Venere Pafia; e i Cretesi, gente armata di saette, Diana Dictinna; e i Siculi trilingui Proserpina Stigia; e i vetusti abitatori d'Eleusi Cerere Attica; ed altri Giunone, altri Bellona, altri Ecate, altri Ramnusia. Ma entrambi i popoli degli Etiopi, che sono illuminati dai raggi sorgenti al mattino, e gli Egizi: cui dà lustro l'antica sapienza, mi onorano con i riti più appropriati e mi chiamano col mio vero nome, Iside regina. Sono accorsa impietosita dalle tue disgrazie e vengo a te benigna e propizia. Smetti ora di piangere, smetti di lamentarti! Bando al dolore! Ormai, grazie alla mia provvidenza, brilla per te il giorno della salvezza. Dunque sta' ben attento a quello che ti ordino. Il giorno che nascerà da questa notte, per antica devozione, è stato consacrato a me. È esso il giorno in cui, placate le tempeste dell'inverno e sedati i flutti procellosi del mare, i miei sacerdoti affidano al mare ormai navigabile una nave ancor vergine e mi offrono le primizie del traffico. Tu devi dunque attendere questa festa con l'animo libero da ogni timore, ma anche da ogni peccato. [6] Vedrai che il sacerdote, in testa alla processione, porterà nella destra, per mio suggerimento, una corona di rose intrecciata a un sistro. Tu, facendoti sùbito largo in mezzo alla folla, unisciti senz'altro alla processione, pienamente fiducioso nei miei voleri; guarda poi d'avvicinarti pian piano al sacerdote, come per baciargli la mano, e da' uno strappo alle rose e vedrai che in un momento ti spoglierai della pelle di codesta brutta bestia, che ormai non posso più sopportare”. Ap., Met., 11, 5-6. (Trad. Augello 1980, 625-627).

Ecco come dunque Iside viene a presentarsi: “rerum naturae parens, elementorum omnium domina, saeculorum progenies initialis, summa numinum, regina manium, prima caelitum, deorum dearumque facies uniformis, quae caeli luminosa culmina, maris salubria flamina, inferum deplorata silentia nutibus meis dispenso: cuius numen unicum multiformi specie, ritu vario, nomine multiiugo totus veneratus orbis...”. I Capitoli 11, 7-17, contengono poi tre diverse scene collegate dall'arrivo dell'alba e che si svolgono durante le feste di Iside. In 11, 8-10: vi è una lunga descrizione della pompa sospitratrics deae, del corteo, della processione che accompagna la dea, in cui si riconoscono il popolo, gli iniziati, ed all'interno degli iniziati i sacerdoti assieme ad altre divinità. Essi sono seguiti da una reformatio e spiegazione (11, 11-15). Ai capitoli 11, 16-17 è descritto il rito del navigium Isidis, festa di consacrazione di una nave in primavera a segnalazione della ripresa della navigazione dopo d'inverno. Sono di poi descritte: la vita di Lucio presso il santuario (11, 18-20); la prima iniziazione e un inno ad Iside (11, 21-25); una seconda e una terza iniziazione, al culto di Iside e Osiri, per terminare a Roma dove Lucio vive esercitando il mestiere del foro (11, 26-30). “Non erano trascorsi che pochi giorni, quando, dietro consiglio della dea, rifeci in fretta il mio bagaglio e mi imbarcai per Roma. Grazie ai venti favorevoli arrivai presto e senza rischi al porto d'Augusto (i.e. Ostia); là presi una carrozza e la sera, vigilia delle Idi di dicembre, facevo ingresso in quella sacrosanta città. Da quel momento fu mia somma cura pregare ogni giorno l'eccelso nume della regina Iside, quella che dal sito del tempio ha preso il nome di Iside Campense e vi riscuote l'omaggio di devotissime folle”. (Ap., Met., 11, 26. Trad. Augello 1980, 659). Il testo presenta degli elementi molto interessanti; Lucio è infatti mutato in asino e questo era simbolicamente animale di Set, antagonista mitico di Iside ed Osiride. Ad ogni modo, come è stato giustamente osservato, “il culto di Iside era dunque nell'età di Apuleio quanto di meglio potesse offrire la piazza religiosa. Era tra i pochi a cui convenisse l'adattamento che subiva il platonismo; tra i pochi a cui potesse sentirsi attirato un uomo che faceva professione di filosofia come Apuleio; tra i pochi dove l'umanità potesse essere chiamata a spegnere la paura della morte e del malefizio. Iside infatti non era solo una divinità soteriologica, capace quindi di assicurare la vita eterna, ma anche la dea della magia bianca. Il suo intervento nella resurrezione di Osiride le aveva garantita la fama di maga... Anche Lucio-Apuleio ci fa sapere alla 26

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fine del romanzo che oltre a sentirsi “rinato” per l'eternità, ha trovato pace e successo in questa terra, che gli invidiosi nulla possono ormai contro di lui, posto sotto la tutela di Isityche, la fortuna veggente...” (Augello 1980, 26-27). Il libro si chiude poi con una importante notizia ovvero una prima menzione di culti egizi a Roma (Ap., Met., 11, 30) nel II d.C.; l'autore parla infatti di un collegio di Pastophores, ovvero sacerdoti e guaritori (che in speciali cerimonie trasportavano edicole con immagini divine), presente a Roma dai tempi di Silla (80 a. C. circa). “Ac ne sacris suis gregi cetero permixtus deservirem, in collegium me pastophorum suorum immo inter ipsos decurionum quinquennales adlegit. Rursus denique quaqua raso capillo collegii vetustissimi et sub illis Syllae temporibus conditi munia, non obumbrato vel obtecto calvitio, sed quoquoversus obvio, gaudens obibam”. “Infine il dio non permise ch'io continuassi a servire ai suoi riti, confuso tra la massa; ma mi fece entrare nel collegio dei Pastofori, anzi mi innalzò al grado di decurione quinquennale. Perciò di nuovo mi rasai completamente la testa a zero e, senza dissimulare o coprire la mia calvizie, anzi esponendola per ogni verso, con l'animo lieto mi dedicavo alle incombenze di questo vetustissimo sodalizio fondato ai tempi di Silla” 123. Il testo pare dunque un chiaro segno del successo di tali credenze all'interno dell'ormai diversificato mondo romano. In Macrobio (Macr., Sat., 1, 21, 11- 21), Osiri è detto dio solare mentre Iside dea della terra (Macr. Sat., 1, 20, 13; 20, 18; 21, 11) e tra gli animali preferiti ed accomunabili al culto solare si ricordano il leone e il toro. Macr. Sat., 1, 21, 12: “Gli Egiziani per dimostrare che Osiri è il Sole, quando vogliono rappresentarlo nella loro scrittura geroglifica, disegnano uno scettro e vi pongono la figura di un occhio...”. Lo stesso (Macr., Sat., 1, 20, 16) sosteneva come il Re Nicocreonte introdusse i culti egizi a Cipro dopo aver consultato il Serapeo; Agatocle fece ugualmente in Sicilia. Seleuco Callinico fece erigere un santuario per Iside ad Antiochia. Il culto isiaco fu diffuso inoltre dai marinai egiziani e greci che ne riconoscevano la patrona dei naviganti, sulle coste della Siria, della Grecia, dell'Asia minore nelle isole dell'Arcipelago, in Tracia e nell'Ellesponto. Nell'opera di Macrobio l'Egitto appare quindi diversamente celebrato, specie dal punto di vista religioso (si veda ad. es. Macr., 1, 13, 3: “Aegyptios solos divinrum rerum omnium conscios...”; Macr., 7, 13, 12: “Aegypto, divinarum omnium disciplinarum compote”). L'egiziano Oro, pugile, vincitore delle Olimpiadi di Antiochia del 364 e successivamente filosofo cinico, sostiene infatti che gli Egiziani fossero un popolo religiosissimo e che essi, sino alla morte di Alessandro, non avrebbero introdotto nei templi né Saturno né Serapide ma vi furono costretti sotto i Tolemei. Dato inoltre che prima non vi erano sacrifici animali o offerte di sangue, quando questi culti stranieri in cui tali pratiche rituali cruente venivano officiate furono introdotti, stabilirono luoghi sacri per essi ma fuori dalle città per non contaminarle. (Marcr., Sat., 1, 7, 14-15) 124. Pare quindi difficilmente negabile come anche nel periodo romano, pur con le dovute eccezioni, in genere la concezione dell'Egitto vada dicotomicamente divisa in una visione favorevole dei luoghi, dei tempi e della religiosità passate a cui in genere si attribuisce una sorta di rispetto reverenziale e una visione maggiormente maldisposta verso quanto fosse legato all'allora distinto e ritenuto moderno Egitto, ovvero contemporaneo al periodo romano, in cui i concetti suddetti sono ribaltati causando inevitabilmente forti contrasti, a volte facilmente riscontrabili persino all'interno di scritti di uno stesso autore, che pur criticando aspramente l'Egitto ne riconosce le sue eccellenze (si veda ad es. Cic.,, Tuscul., 5, 27, 78 et Nat. deor., 1, 16, 43; Cic., Nat. deor., 3, 19, 47; Cic., De divin., 1, 58, 132 e Cic. Ad Att., 2, 5, I).

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Trad. Augello 1980, 667. Menzioni ulteriori circa gli egiziani possono ritrovarsi in Macr., Sat., lib. 1, 7, 14; 7, 15; 12, 2; 14,3; 16, 39; 18, 10; 19, 10; 10, 13; 19, 16; 19, 17; 20, 7; 20 11; 20, 16; 21, 20; 23, 10; 23, 11; 2, 17, 15; 3, 20, 6; 7, 13, 9. Circa l'Egitto come regio invece:1, 12, 35; 15, 1; 15, 4; 16, 38; 16, 40; 20, 13; 23, 10; 23, 11; 2, 2, 7; 3, 17, 18; 7, 8, 9; 8, 11; 13, 8; 13, 10; 16, 12.

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I.5. Note sulla conoscenza della scrittura geroglifica nel periodo classico Ciò detto, dopo aver pur brevemente trattato della ricezione che dell'Egitto potrebbe rinvenirsi nelle fonti classiche pare questo il caso di approfondire tale aspetto e aggiungere che la conoscenza del sistema di grafia dei geroglifici, secondo i più recenti studi non fu in genere ben noto dagli autori classici. Il che ci aiuta a fornire e comprendere un'ulteriore sfumatura che dell'Egitto avrebbero avuto Greci e Romani. Infatti, anche se l’ultima incisione geroglifica nota, rinvenuta a Philae, nel Tempio di Iside (ora ricostruito presso l’isola di Agilkia), risalirebbe al 394 d. C., tale data rappresenterebbe così anche l’inizio della dispersione e del mistero che caratterizzeranno i secoli medievali e successivi sino alla loro decifrazione avvenuta per merito di Champollion nel 1822. Difatti, dopo la “scomparsa” della scrittura geroglifica, il primo scritto riguardo tale soggetto si ritroverebbe nella traduzione greca (di un certo Filippo) del testo “egiziano” degli Hieroglyphica di tale Orapollo (in due volumi) ritrovata all’inizio del XV secolo sull’isola di Andros in Grecia, ed evidentemente risalente al IV-V d. C. Tuttavia, anche se pare indubbia una certa conoscenza dei segni e della simbologia, il sistema usato dall’autore è quello prettamente allegorico, forse perché scritto e rivolto ad un pubblico “greco”. Eppure, le spiegazioni “allegoriche” di Horapollo furono influenti ed un approccio molto simile al suo dominò anche per i secoli successivi al XV 125. L’effetto e l’influenza che i geroglifici egiziani ebbero sull’allegoria ed il simbolismo del rinascimento italiano e specie nell’ambito artistico 126, furono infatti considerevoli. Tali espressioni sarebbero inoltre da ri-collegare al neoplatonismo rinascimentale 127. In seguito (e sino al XVIII sec.) si ritroverebbe così lo stesso accoglimento delle definizioni di Plotino formulate da Ficino e valorizzate dall’opera Hieroglyphica di P.Valeriano 128 (che ebbe numerosissime ristampe sino al 1678 nonché traduzioni in francese nel 1576 e in tedesco nel 1615). Solo alla metà del XVII sec., con A. Kircher vi furono notevoli progressi scientifici circa i geroglifici; lo studioso era infatti persuaso che essi avrebbero dovuto rappresentare suoni e concetti, e pensò così di “legarli” all’ultima fase della lingua egiziana, il copto, ma la natura mistica che il linguaggio aveva “assunto”, specie durante il medioevo, portarono a veder fallire tutti i suoi tentativi di decifrazione. La decifrazione avvenne infatti solo anni dopo grazie al ritrovamento della stele trilingue (geroglifico, demotico e greco) di Rosetta nel 1799, quando lo studioso francese Champollion, basandosi sulle corrispondenze dei cartigli dei nomi dei sovrani egiziani, ne identificò alcuni nomi. Successive interpretazioni portarono Champollion a comprendere che i geroglifici potessero valere sia da fonogrammi che da ideogrammi e che la lingua delle iscrizioni era come quella copta. Quando nel 1822, venne fatto l’annuncio dell’avvenuta decifrazione, si delineò così l’inizio della nuova scienza dell’Egittologia129. Pochi anni dopo Champollion ribadiva: C’est un système complexe, une écriture tout à la fois figurative, symbolique et phonétique, dans un même texte, une même phrase, je dirais presque dans un même mot 130. Tali affermazioni, prima di essere accettate, furono tuttavia all'inizio accolte con molto scetticismo specie da alcuni studiosi partenopei 131. Alle soglie della sua più celebre scoperta, Champollion ricordava infatti come: Les auteurs grecs et latins ne nous ont transmis aucune notion formelle sur l’écriture phonétique égyptienne 132. Mancava tuttavia uno studio specifico circa le conoscenze che gli autori classici ebbero di tale sistema di scrittura egiziano. 125 126 127 128 129 130 131 132

Hornung 2001, 83-91; Iversen 1993, 88-122. Si veda Giehlow 1915, di cui è stata recentemente approntata una traduzione inglese: Giehlow 2015. Per approfondire si veda ancora Westerfeld 2019. Iversen 1993, 57-87. Talavera Esteso 2013, 153-155. Champollion 1822. Champollion 1828², 375. Si veda la diatriba tra Jannelli e Cipelli in Bellucci 2017, 269-272. Si veda anche De Salvia, 1991, 107-119. Champollion 1822.

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Fu a ciò che cercò di puntare il testo di Marestaing del 1913 Les écritures égyptiennes et l’Antiquité Classique che, pur mettendo in rilievo l'incompletezza di tale opera, prendeva in considerazione e commentava passi di diversi autori classici. Di seguito gli autori e i passi (commentati) citati nello studio133 di Marestaing: Erodoto (Hdt., 2, 36; 102; 106; 125); Platone (Pl., Phaedrus 274 c 134; Phileb. 18 b-c 135); Cicerone (Cic., Nat. deor., 3, 22); Diodoro Siculo (D.S., 1, 27, 3; 1, 60, 5; 1, 81,4; 1, 46,8; 1, 55,7; 3, 3, 4; 3, 4); Igino, (Igin., Fab. 277); Strabone (Str., 16, 4; 17, 5; 46); Apuleio (Ap., Met. 1, 1; 11, 22); Dione Crisostomo (D. Chr., 11, 37); Flavio Giuseppe (J., Ap. 1, 28; 228; 2, 9,6); Lucano (Lucan., 3, 220; 10, 176); Filone di Alessandria (Ph., 1, 23 136 ); Plinio il Vecchio (Plin., HN, 7, 57; 36, 14,1); Plutarco (Plu., De Pyth. 400a 137; Quaes. Conv. 738e 138; De Iside 354 c; 355a; 362d; 363f; 364c; 374a 139); Pomponio Mela (Pomp. Mela, De Chor. 48; 50; 53; 54; 56); Tacito (Tac., Ann. 11, 14; 2, 60); Cassio Dione (D.C., 75, 13 140); Luciano, (Luc., Herm. 44 141; ȂDFU 4 142); Teone di Smirne (Theo. Sm., 105 143); Diogene Laerzio (D.L., 9, 49144); Plotino (Plot., 5, 8, 6); Porfirio (Porph., VP 11 145); Ammiano Marcellino (Amm., 17, 4; 16-23146); Eliodoro (Heliod., 2, 28; 3, 8; 4, 8) Giamblico (Iamb., Myst. 8, 5); Trebellio Pollio (Treb. Pol., Trig. Tyr., 22, 13-14; Servio (Serv., Comm. Verg. Aen. 4, 577); Macrobio (Macr., Sat. 1, 19,12; 1, 21,12); Marziano Capella (Mart. Cap., Nupt. 1, 136-137); Ps. Victorinus (Ps. Victor., Victorini siue Palaemonis ars, p. 194, l. 12 147); Audax, Excerpta de Scauro et Palladio, p. 325, l. 3 148 ; Gn. Gellius, frag. 1 (Ex Ann.) 149. Come si può vedere la lista conta una pluralità argomentativa e cronologica di testimonianze, dove accanto ad alcune fonti più rilevanti, molte altre si limitano a trattare solo di passaggio l’argomento spesso con inverosimili o erronee considerazioni. A tale quadro devono aggiungersi note e riflessioni di diversi passi integrati da recenti studi: (Lucan., 3, 220-224; Adnotationes super Lucanum, ad. Lib. III 150; Ap. Met., 11, 22; Clem. Al. Strom. 5, 4; Macr., Sat. 1, 21,11; Varr., L.L., 8, 65; Solin. De mirab. 32, 17; SHA, Gordiani tres Iuli Capitolini, 34, 2-3; Heliod. 1, 19, 3; 1, 30, 7; Isid., Orig. 1, 3, 5; 5, 36, 2; 7, 6, 17; 8, 11, 84). Il caso delle iscrizioni che vennero redatte comunque in caratteri geroglifici sino al IV d.C. piuttosto che mostrare una conoscenza della scrittura presso i Greci ed i Latini, sono poi da inserire prettamente nell'ambito templare rivelandone una conoscenza particolareggiata e riservata specie alla casta sacerdotale egiziana (come è stato pur fatto notare 151). Un esempio su tutti può dirsi quello della stele trilingue (geroglifici, greco e latino 152) dedicata a Cornelio Gallo (69 a.C. - 26 a.C.), primo prefetto d'Egitto, e datata al 16 aprile del 29 a.C. 153. Questi 133

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La cui citazione contava spesso su testi (a volte parziali) e oggi chiaramente desueti, per cui si è provveduto a fornire l’indicazione degli stessi in edizioni maggiormente note e di riferimento. Di notevole riguardo, tra le altre, le osservazioni fatte circa Platone, Apuleio, Tacito e Porfirio che spesso, specie a causa della relativa bassa disponibilità del testo, non hanno goduto del meritato riconoscimento. Burnet 1903. Burnet 1903. Cohn 1902 (repr.1962), 119-268. Sieveking 1929 (repr. 1972), 25-59. Hubert 1938 (repr. 1971), 1-335. Sieveking 1935 (repr. 1971), 1-80. Boissevain 1:1895; 2: 1898; 3: 1901 (repr. 1955). Kilburn 1959 (repr. 1968): 260-414. Harmon 1913 (repr. 1961): 222-244. Hiller 1878: 1-205. Long 1964 (repr. 1966): 1: 1-246; 2: 247-565. Nauck 1886 (repr. Hildesheim 1963): 17-52. Celebre il caso dell'obelisco, oggi nei pressi di San Giovanni in Laterano, di cui Ammiano riporta la traduzione in greco secondo l'interpretazione di un tale Ermapione. GLK VI: 187-215. GLK VII: 320-361,12. Funaioli 1907: 120 Endt 1969. Bellucci 2017, 261-289. Che sarebbe ancora meritevole di diverse osservazioni specie data differenza tra i testi iscritti. Per cui si veda Hoffmann, Minas-Nerpel, Pfeiffer 2009. Vd. anche Gagliardi 2012, 94-114. Da ultimo si veda anche Rohr Vio, Ciampini 2015.

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infatti a sua gloria fece erigere una stele su cui superiormente si ritrova parte di una scena che decorava una lunetta. Dai resti si vede un personaggio su un cavallo al galoppo, con le zampe anteriori alte, contro un nemico inginocchiato che sostiene uno scudo per proteggersi. Il richiamo va subito a due esempi tolemaici, ovvero due stele di Rafia, di Tolomeo IV (del 217 a.C.), effigianti un sovrano a cavallo contro un nemico 154. La stele fu ritrovata nel 1896 a File, tagliata con estrema precisione in due parti per una lunghezza di circa 10 cm, al fine di eliminare la figura centrale a cavallo e venne in seguito riutilizzata per la pavimentazione a basamento dell'ara nel Tempio di Augusto, costruito sull'isola dal 13 a. C. Ora, l'operazione potrebbe intendersi una damnatio memoriae nei confronti dell'eques Cornelio, e il nome scritto all’interno del cartiglio della didascalia geroglifica della stele di File, invece che Q3srs, come pure si era un tempo proposto, potrebbe proprio far riferimento a Cornelius (Krnrwys) 155 o a Ottaviano intendendo nel cartiglio “romano” 156. Ecco dunque che pur con varie eccezioni la conoscenza classica circa i geroglifici era essenziale quasi sintetizzabile in un passo pliniano in cui circa preziosi marmi, eruditamente si osservava: scalpturae illae effigiesque quas videmus Aegyptiae sunt litterae... (Plin., HN, 36, 14, 64). Dalle indagini condotte circa questo punto non può dunque che constatarsi una conoscenza davvero minima e superficiale dei segni geroglifici da parte degli autori classici, seppur con qualche isolato e periferico inquadramento, che quasi mai sfocia però nell’indagine critica ed attenta (e quando, pur brevemente, si sofferma, essa risulta incorretta o indicante un sapere non del tutto “rivelato” come nel caso apuleiano) preferendo restare e rappresentare il livello del curioso e della citazione, dislocandosi ed impoverendosi come una cornice lontana dal quadro. La situazione linguistica dell’Egitto del periodo tolemaico fu poi diversamente complessa. In tale periodo gli Egiziani parlavano il demotico, fase precedente lo stadio finale della loro lingua, il copto. La modalità di scrittura del loro idioma era ancora possibile attraverso i tre noti sistemi: geroglifico, il più raffinato, conosciuto dalla casta sacerdotale e riservato alle iscrizioni monumentali; ieratico, forma corsiva dei geroglifici e d’uso nella scrittura corrente, e il demotico, sviluppatosi da successiva semplificazione dello ieratico. La perpetuazione delle tradizioni indigene pur sotto i dominatori ellenistici si esplicò poi proprio attraverso la detenzione e l’uso del linguaggio geroglifico, che arrivò (plausibilmente per ragioni di conservatività e scarsa accessibilità) a vedere comprensibilmente aumentato il numero dei segni 157, mentre i Tolemei (con l’eccezione di Cleopatra VII 158) non furono in genere troppo propensi ad imparare la lingua locale, sebbene d’uso per monumenti ed iscrizioni. Nonostante il dominio, prima dei Greci e poi dei Romani 159, di certo la scrittura geroglifica fu in 154 155

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Gauthier - Sottas 1925 (= Rafïa 1); Kamal 1905, 218-219 (= Rafïa 2). “La megalomania rimproverata a Cornelio Gallo, punita da Augusto, aveva dunque nella stele di File un esempio appariscente; si comprende che la figura del reprobo sia stata tolta. Invece, il nome in geroglifici, chi lo poteva leggere dei Romani? Certo, lo leggevano i sacerdoti di File, che erano però i responsabili della redazione geroglifica della stele. Così il nome di Cornelio, nonostante la persecuzione di Augusto, è stato salvato dalla damnatio memoriae”. Bresciani 1989, 93-98. Secondo Hoffmann, Minas-Nerpel, Pfeiffer 2009, 31-40. Ruiz 2001, 256. Ruiz 2001, 253. L'uso di trasportare obelischi a Roma si ritrova ad es. specie nei primi secoli dell’era cristiana. Il cosiddetto obelisco di Sallustio (oggi presso Trinità dei Monti) rappresenterebbe, dopo il trasporto a Roma, l’esecuzione di geroglifici iscritti da parte di un artigiano locale (evidentemente copia dell’obelisco Flaminio (dell’epoca di Ramesse II) che assieme a quello detto di Montecitorio (risalente a Psammetico II) furono trasportati a Roma da Augusto). L’obelisco c.d. Vaticano, privo di geroglifici, fu potato a Roma da Caligola nel 40 d. C. Si concedeva perciò maggiore importanza ai monumenti iscritti piuttosto che a quelli anepigrafi (i quali spesso poi venivano iscritti copiando alti obelischi). Con Domiziano l’uso di erigere obelischi dedicatori divenne poi consueto (cfr. il c.d. obelisco Agonale, oggi presso Piazza Navona; il c.d. obelisco Esquilino). L’obelisco detto del Quirinale (gemello dell’Esquilino) anch’esso privo di iscrizioni, l’obelisco della Minerva (piazza della Minerva) arrivarono a Roma assieme all’obelisco del Pantheon (realizzato sotto Ramsete II) e quello di Dogali, sempre sotto Domiziano. Nel periodo di Adriano si ricorda il c.d. obelisco del Pincio. L’obelisco Lateranense (XV secolo a.C.) , fu poi portato a Roma per

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parte nota (come rappresentano le varie steli poliglotte e le iscrizioni durante questo pur vasto periodo), ma relegata all’ambito che le era più proprio, quello templare, ed in possesso alla “gelosa”, diffidente e non sempre disponibile casta sacerdotale, che finì, in un certo senso, per isolare la scrittura a fronte di una sempre maggiore evoluzione e diffusione prima dello ieratico e poi del demotico (e delle rispettive grafie) e che portò alla predominanza di quest’ultima, quella popolare, pur con tutte le diversificazioni e infiltrazioni idiomatiche dei domini passati, chiaramente compresenti nel copto. Quando l’imperatore bizantino Teodosio I decise, nel 391 d. C., di emettere i noti decreti teodosiani, rappresentanti di fatto l’attualizzazione pratica dell’Editto di Tessalonica, promulgato nel 380 contro i pagani, le proibizioni pratico-cultuali si risolsero in occupazioni, distruzioni e soppressione di moltissimi templi pagani. Nel caso egiziano la vecchia scrittura rimase così nota a pochi sacerdoti e con la loro fine se ne perse anche la “memoria” per interpretarli. L’ultima incisione geroglifica nota, 394 d. C., rinvenuta a Philae, nel Tempio di Iside (ora presso Agilkia), rappresenta così anche l’inizio della dispersione e del mistero che caratterizzeranno i secoli medievali e successivi sino alla loro decifrazione. Eppure, i simboli e la simbologia geroglifica (sebbene fosse oramai perduta ogni possibilità interpretativa reale) continuarono a “rappresentare” un patrimonio inconscio anche per coloro che pur acculturati non erano più in grado di decifrarne il sistema. Un noto passo della Suda (SigmDVYȈIJĮȣȡȠȓ ULFRUGDLQIDWWLFRPH³4XDQGRTXHOOL dei Greci che erano diventati cristiani le videro [scil. Croci], dissero che per coloro che conoscevano i geroglifici, la croce significava la vita a venire”. Confondendo l’ankh egizio (anche noto come, soffio di vita, chiave del Nilo), che era il geroglifico che intendeva “vita”, rappresentando un segno trilittero per le consonanti Ayin-Nun-Het 160, con la croce cristiana (che ha tutt’altro senso) 161. I.5.1. Testi geroglifici a Pompei Ciò detto, per dar voce ad alcune occorrenze presenti anche nel contesto pompeiano, iscrizioni geroglifiche si ritrovano ad esempio su alcuni oggetti tra cui: MNN 463, ovvero l'ushabty in faience di Paef-hery-hesu, inizio della XXVI dinastia (il quale manca della spalla e di parte delle gambe e si presenta annerito), che fu rinvenuto presso il Tempio di Iside. Esso reca attorno alla parte inferiore del corpo e le gambe il VI capitolo del Libro dei Morti di cui restano sei righi geroglifici ad incavo delimitati da linee orizzontali che iniziano e terminano sul retro della figura, lasciando uno spazio tra l'inizio e la fine di ciascun rigo. Si legge: “Risplenda l'Osiride Intimo del Re. Servitore di Amon, Paef-hery-hesu giusto di voce. Egli dice: quest'ushabty, se sarà reclutato l'Osiride Intimo del Re, Servitore di Amon, Paef-hery-hesu giusto di voce, figlio della Signora della casa Ta-seh-er-ider giusta di voce, per fare ogni lavoro che si fa lì nell'aldilà – ecco, si infligge un impedimento lì, come (a) un uomo che svolge il suo compito... - eccolo! Dirai, reclutate me, in ogni momento di lavorare lì, per coltivare (?)....”. MNN 1035: la ben nota tavola calcarea rappresentante il Monumento del Privilegiato presso Harsafes, primo sacerdote uab di Sekhmet, Samtoue-tefnakhte, anch'esso rinvenuto presso il Tempio isiaco. Tale lastra rettangolare evidentemente parte di un basamento per una statua, oppure la lastra dorsale di una statua (dato che mostra tracce di geroglifici anche sui lati), si compone di venti linee orizontali di geroglifici sormontate da un registro che reca in rilievo nell'incavo alcune figure antropomorfe in processione che rendono omaggio a una divinità (Herishef). L'iscrizione ricorda poi i benefici di cui questo sacerdote ha goduto grazie alla protezione del dio Harsafes, sia

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volontà di Costanzo II nel 357 d.C. Si ricorda infine l’obelisco di Villa Celimontana (risalente all’epoca di Ramsete II). Questi sono i tredici obelischi antichi di Roma. Cfr. D’Onofrio 1967². Wirsching 2013³. Vd. anche Iversen 1993, 50- 56. Simbolo che successivamente fu adottato dai cristiani copti e noto come la crux ansata. Le note conclusive riprendono le osservazioni finali di Bellucci 2017, 283-286. Circa la diffusione della tradizione magica nel periodo tardo si veda anche Bohak 2016, 357-378.

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sotto gli ultimi faraoni egizi, che presso i persiani e durante l'offensiva greca 162. Tale lastra era stata riutilizzata come decorazione presso il tempio isiaco di Pompei. MNN 999: Mensa sacra di Psammetico II (XXVI dinastia, 594-589 a.C.), lastra di Basalto nero, rinvenuta presso VII,03,12 (Casa del Doppio Larario) dove venne reimpiegato come soglia dell'abitazione. Il monumento si presenta come una lastra parallelepipeda sui quattro lati della quale corre una linea orizzontale di geroglifici delimitata superiormente inferiormente da linee incise. L'iscrizione contiene due testi che cominciano simmetricamente su uno dei lati brevi, proseguendo lungo i lati lunghi e terminano sul lato breve opposto. Il contenuto è lo stesso tranne per l'inizio dei testi: quello che va verso destra comincia con il nome di Her-nub del sovrano, seguito dal cartiglio con il suo nome Sa-Ra (Psammetico); quello verso sinistra comincia con il nome di Horus, seguito dal cartiglio con il nome di Nesu-bit (Nefer-ib-Ra). La traduzione sarebbe: “L'Horus Menekh-ib, Nefer-ib-Ra è venuto da te, Atum, signore di Eliopoli, egli ti ha consacrato l'occhio di Horus; il figlio di Ra, Psammetico ti rende omaggio con il vaso shepset, egli adora la tua immagine a Eliopoli, perché tu gli conceda numerose feste Sed sul trono di Horus, in eterno”. Interessante inoltre menzionare alcuni alcuni scarabei che presenterebbero anche alcuni caratteri geroglifici incisi. Tra essi MNN 158820: Scaraboide di pasta vitrea con geroglifici, rinvenuto presso: I,13,03 (per cui si veda anche Pannuti 1983, n. 347). L'uso e la considerazione di cui avrebbero goduto tali reperti tenderebbe pertanto a rappresentare una situazione piuttosto marcata, in alcuni casi, rappresentati da MNN 463 e MNN 1035 i reperti furono adoperati presso il Tempio isiaco, molto probabilmente a causa di un loro presunto senso di richiamo all'Egitto, mentre MNN 999, fu addirittura reimpiegato (quasi ad uso specificamente estetico o decorativo) come soglia dell'abitazione VII,03,12, senza lasciare intravedere alcuna evidente comprensione o interpretazione del significato dell'opera originaria. Se, come appena accennato, tale occorrenza da un lato può intendersi nell'ambito dell'esotismo (o moda decorativa), dall'altro pare da legare alla diffusione del culto isiaco, di cui si discuterà brevemente nel prossimo paragrafo.

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Di seguito la traduzione di Tresson 1931, 382- 384: “(1) Le prince héréditaire, noble seigneur, scelleur du Roi du Nord, ami unique, prophète de l'Horus maìtre d'Hebnou, prophète des dieux du nome de l'Oryx, prophète de Samtaoui du monticule (2) de Hehou, bouche du dieu, chef de la rive, directeur des pretres de Sakhmet en toute l'Égypte, Sam-taouitef- nekht, fils du maître de grains, (3) prophète d'Amon-Rà, seigneur de Pershat, Ze-Sam-taouief-ànkh et de la dame Ankhit, dit: O maîre des dieux, Harsaphès, roi des Deux-Terres, (4) régent des pays, toi dont l'ascension au ciel produit l'illumination de la terre, toi dont l'oeil droit est le soleil et dont l'oeil gauche est la lune, dont l'âme est (5) la lumière et dont les narines exhalent le vent du Nord en vue de faire vivre toute chose! Je suis ton serviteur. Mon coeur est dans ton sillage et j' ai rempli mon coeur de toi. (6) Je n'ai point fait prospérer de ville en dehors de ta ville et je n'ai pas manqué de répandre sa réputation parmi tous les gens. Chaque jour, mon creur a cherché les biens véritables en ton sanctuaire. (7) Tu m'as témoigné des millions de fois la reconnaissance pour la perfection de ces actions, Tu m'as permis d'entrer à mon gré dans le palais, le coeur du dieu bon étant satisfait (8) de mes paroles. Quand tu retiras ta protection à l'Égypte, tu me mis en relief à la tète de millions de gens, faisant naìtre mon amour dans le coeur du Roi d'Asie. (9) Ses amis me complimentèrent et lui m'éleva à la dignité de directeur des pretres de Sakhmet, à la place de mon onde maternel, chef des prètres de Sakhmet dans (10) le Sud et dans le Nord, Nekht-Henb. Puis, tu me protégeas durant le combat des Grecs, quand tu repoussas les Asiatiques. (11) Ceux-là tuèrent un million de gens à mes côtés, sans que personne levàt le bras contre moi. de t'ai vu (12) dans la suite, en songe Ta Majesté de me dire: Hàte-toi vers Héracléopolis. Ma protection est sur toi! Je parcourus tout seul les pays étrangers. (13) Je traversai la mer. Je me suis montré plein de confiance en toi et je ne transgressai pas tes ordres. Je parvins à Héracléopolis, (14) sans qu'un cheveu fût tombé de ma tète. Puisque, gràce à toi, le commencement de mon existence a été parfait, veuille bien en disposer la fin et m'accorder un long temps de vie dans la joie du coeur. (15) O vous tous les prètres qui accompagnez ce dieu vénérable, Harsaphès seigneur des Deux-Terres, Ra-har-akhti, maître universel, bélier solide en Héracléopolis, (16) Toum dans Nart, - vous le Roi du bélier, force du commencement, seigneur du bélier dit taureau fécondant; - vous, le Régent accompli du Régent des Pays; (17) - et vous, le fils chéri du Roi des DeuxTerres, entrant dans le ciel (= le Saint des Saints) et contemplant celui qui s'y trouve, savoir Harsaphès, souverain de l'Égypte, Toum résidant en sa Djbait, Khnoum, (18) dieu grand dans l'Hait, le Roi du Sud et du Nord Ounnefer, - vos noms seront fermes sur terre sous les faveurs (19) d'Harsaphès, roi des Deux-Terres, si vous dites les louanges des dieux et des déesses habitant Héracléopolis, ainsi que celles du favori de son dieu, l'amakhou de son nome, (20) Sam-ta.oui-tef-nekht. Cela vous sera utile à vous personnellement. Un autre prononcera vos noms dans le cours des âges”.

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I.6. Cenni sulla diffusione del culto isiaco. Breve analisi dei contesti Come noto, in età ellenistica e romana il culto isiaco favorì decisamente l'espansione dei culti egizi fuori Egitto. Se infatti nella documentazione egizia tout court si era assistito ad una progressiva sovrapposizione tra le figure di Iside e la divinità astrale, Hator, quest'ultima in tempi antichi identificata con Baalat di Bilbo, città marittima frequentemente in contatto con l'Egitto (e l'Astarte fenicia), Iside era invece identificata anche con Sothis, ovvero la stella Sirio a cui era legata la piena del Nilo 163. Ad ogni modo, la sua diffusione nel Mediterraneo arricchì tale figura di molteplici aspetti164. Da sposa, vedova e madre (che furono gli elementi caratteristici del mito e della tradizione), Iside accolse anche diverse sovrapposizioni di divinità allogene. Il legame della Dea con l'elemento dell'acqua ad esempio, forse originariamente ispirato dalla fertilità fluviale ed agricola, venne evidentemente ad allargarsi anche alla navigazione e in seguito ad estendersi alla funzione o al ruolo di protettrice dei naviganti (Iside Pharia vel Pelagia) o alla Fortuna stessa (Iside - Tyche) 165. Se le contrapposte posizioni di F. Cumont che vedeva legata all’intervento lagide la fortuna dei 163

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Già dal III millennio Iside (il cui nome è espresso dal segno geroglifico del trono) è infatti menzionata all'interno di un variopinto scenario occupato da diverse divinità egizie pur non apparendo nei documenti più antichi e non godendo di precedenza verso altre divinità. Dagli inizi del II millennio, tra il Medio e specie il Nuovo Regno, la triade Amon, Mut e Khonsu divenne infatti la triade più importante. Iside è rappresentata in forma antropomorfa con atteggiamento elegante in piedi o seduta, impugnante con una mano uno scettro con l'altra l'ankh (cosiddetta croce ansata). Porta come Mut, la dea madre, come copricapo una spoglia di avvoltoio con ureo a protezione. Col Nuovo Regno Iside mutua da Hator il disco solare racchiuso tra corna bovine, mentre le sue funzioni si specializzano verso i ruoli vitali di sposa e madre (specie sotto la XIX dinastia, 1300-1180 a.C.). Nei noti Testi delle piramidi, raccolta di formule destinate alla sopravvivenza del faraone nell'aldilà, paiono poi già presenti elementi del mito osiriaco. Iside, sposa di Osiri, va alla ricerca delle parti del marito fatto assassinare e tagliato a pezzi dal fratello e nemico Seth assieme alla sorella Nefti. Compiuta la lunga ricerca e ricomposte del marito le parti (di cui mancherà il fallo inghiottito da un pesce) Iside, dopo essersi trasmutata in uccello, rianima il cadavere. Con la resurrezione di Osiri e l'unione di questi con Iside nascerà Horus, destinato a vendicare il padre e salire sul trono, mentre ad Osiri è affidato il Regno dei defunti. ਺ Ȗ੹ȡ ੏ıȓȢ ਥıIJȚ ȝ੻Ȟ IJઁ IJોȢ ijȪıİȦȢ șોȜȣ țĮ੿ įİțIJȚțઁȞ ਖʌȐıȘȢ ȖİȞȑıİȦȢ țĮșઁ IJȚșȒȞȘ țĮ੿ ʌĮȞįİȤ੽Ȣ ਫ਼ʌઁ IJȠ૨ ȆȜȐIJȦȞȠȢਫ਼ʌઁ į੻ IJ૵ȞʌȠȜȜ૵ȞȝȣȡȚȫȞȣȝȠȢțȑțȜȘIJĮȚįȚ੹ IJઁ ʌȐıĮȢਫ਼ʌઁ IJȠ૨ ȜȩȖȠȣIJȡİʌȠȝȑȞȘȝȠȡij੹ȢįȑȤİıșĮȚțĮ੿ ੁįȑĮȢ. (Plut. De Isid., 372e-f). “Iside è il principio femminile della natura, che accoglie cioè ogni forma generativa. Platone la chiama “nutrice e ricettacolo d'ogni cosa”; comunemente, trasmutata per ragione, le vengono poi attribuiti altri innumerabili nomi, che hanno origine dal suo vario disporsi in tutti gli aspetti e tutte le diverse forme fisiche e spirituali”. Così Plutarco in una delle sue celebri opere De Iside et Osiride, descriveva e celebrava la Dea egizia. Accanto alle proprietà vitali e generative l'autore greco pone in rilievo le varie sfaccettature della figura e delle funzioni nel tempo attribuite ad Iside che attraverso le forme acquisisce presso le genti innumerevoli nomi. Cf. Hdt. 2, 59; 156 (Demeter). Per gli epiteti polymorphos, polyônymos e myriônymos, si veda Heyob 1975, 37; Prop. 2, 33a: “quaecumque illa fuit”; Ap. Met., 11, 22: “deae multinominis”. In gen. si veda anche Vittozzi 2006, 19-20; Alvar Ezquerra 2008. Come nell'Egitto d'età tarda la Iside greco-romana venne quindi raffigurata come abbigliata in modo sobrio (spesso con una tunica di finissimo lino) e con i capelli raccolti. Elementi sostanziali sono il basileion (la corona della dea Hator il disco solare tra corna bovine sovrastato da due lunghe piume di falco o doppia piuma di struzzo dalla sommità ricurva). Spesso la dea agita un sistro e tiene una situla, altre volte impugna uno scettro o ureo e porta la cornucopia. Eppure, l'iconografia di base tenderebbe a restare immutata quando la dea viene rappresentata in trono. Iside è poi, come noto, oggetto di diversi sincretismi tra cui si accenna ad Iside-Afrodite, Iside-Demetra, Iside-Fortuna Primigenia (Preaenestre), Iside-Tyche, Iside-Io, Pelagia, Sothis, Panthea, a cui corrispondono diversificatamene differenti caratteristiche rappresentativoiconografiche ed aspetti cultuali e mitografici. Partendo dall'epoca tolemaica sarebbe così possibile tracciare tre grandi correnti iconografiche ellenizzate facenti capo alla dea. Una prima categoria che presenta fattezze egittizzanti con Iside in posa ieratica con rispetto della frontalità delle statue egizie, con veste aderente e mantello, parrucca libica e stringe l'ankh e il loto. Tale tipologia tuttavia poco ellenizzata pare attestata in Egitto a partire dal III a.C. e in Italia in epoca imperiale con accentuazione dei tratti egizi. La seconda categoria vedrebbe una Iside già piuttosto ellenizzata, con chitone su cui è annodato un'himation spesso frangiato, testa cinta dal basileion. All'interno di tale tipologia si ritrova la dea stringere cornucopia e patera come simbolo di prosperità oppure ureo e situla. Una terza tipizzazione proporrebbe invece una Iside in movimento con una gamba flessa che sorregge un lungo scettro oppure agita un sistro ed impugna una situla. Altre volte appare assisa, come nel celeberrimo caso della cosiddetta Iside lactans, ovvero la dea che allatta il piccolo Horus tenendolo sulle ginocchia (e che in parte è stata certo iconografia d'ispirazione per raffigurazione della Madonna con Cristo).

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culti egiziani nel Mediterraneo orientale 166 e P. Fraser, che riconosceva la mancanza di un’azione religiosa diretta da parte dei Tolomei nei loro territori 167, appaiono ad oggi superate a favore di un possibile influsso culturale egiziano che portò alla sostanziale diffusione dei culti isiaci in zone di interesse lagide 168, la critica si è poi ampliata e diretta verso altre indagini. Ad esempio circa il ruolo assunto dalla componente alessandrina nella propagazione dei culti isiaci verso Oriente, per alcuni ritenuta poco influente rispetto a quello avuto dai commercianti greci che dall’Egitto li avrebbero successivamente diffusi in area mediterranea 169 (cfr. Malaise 1972b, 319; Golvin 1994, 238). Il ruolo assunto in tal caso da Delo, dopo l'88 a.C., come vettore principale della diffusione di tale culto pare vada poi fortemente ridimensionato (cfr. Malaise 1984, 1640. Cfr. Roussel 1915-1916, 280; Malaise 1972b, 71; Takács 1995, 29-30), anche se non è parso del tutto inopportuno tracciare delle estremità espansive di diffusione dei luoghi di culto isiaco da individuarsi a Delo per il Nord (mediterraneo) e File a Sud (zona africana) 170. Mentre la critica più recente si è inoltre soffermata sui meccanismi d'introduzione cultuale, vedendo da ultimo la Sicilia come a una sorta di “precoce” centro tra Roma e la Campania171, Malaise ha proposto l’esistenza di due momenti essenziali. Un primo, corrispondente all’azione dei mercatores italici (che tra il II ed il I secolo a.C. avrebbero conosciuto i culti isiaci nella Grecia insulare) ed un secondo, legato ai più diretti contatti con l'Egitto e che andrebbe collocato in piena età imperiale 172. Per Coarelli il processo di propagazione dei culti isiaci andrebbe invece diviso in tre fasi graduali. Un primo momento di introduzione cultuale privato seguito da una prima diffusione verso la fine del II a.C., terminante con l'ufficializzazione del culto in età repubblicana 173. Bricault ha poi proposto uno schema generale, composto da diverse fasi legate alla diffusione dei culti isiaci nel mondo greco-romano 174. Accanto all'interpretazione delle condizioni, per citare M. Bloch 175, resta però basilare valutare le cause di tale diffusione. Pare pertanto condivisibile quanto scritto recentemente da Fontana: “Un aspetto di un certo interesse risulta, a tale proposito, quHOOR GHOOD ұJHUDUFKLD LQWHUQDҲ DL culti che potrebbe dipendere dall’elemento propagatore nei singoli contesti. Ove giunge la talassocrazia lagide, infatti, arriva anche la concezione della regalità tolemaica e, quindi, sul piano della trasposizione religiosa, la coppia divina Iside-Serapide, nella quale la divinità maschile 166 167 168 169

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Cumont 19294, 74-76; si veda anche Malaise 1972b, 256. Si veda Fraser 1960, 20-49; Vidman 1970, 27- 46. Come aveva anticipato Roussel 1915-1916. Vd. anche Sfameni Gasparro 2006. Cfr. Dunand 1983, 79-82; Dunand 1998, 369-370; Bricault 2007, 246-247. A metà del V a.C. la fortuna della dea è ben testimoniata da Erodoto (Hdt., 2, 42), mentre con la conquista dell'Egitto di Alessandro Magno (332 a.C.), l'insediamento di molti coloni greci e sotto la dinastia macedone (30430 a.C.) con Alessandria oramai centro indiscusso del Regno tolemaico si vedranno Iside, Osiri, Horus e Anubi tra le divinità più seducenti nel pur ricco pantheon egizio. A tali aspetti è di certo da collegare l'introduzione menfitica del culto di Serapide da parte di Tolemeo I. L'iconografia ellenistica avrebbe infatti trasportato la ieraticità della dea a forme più plastiche con nuovi attributi legati anche a divinità greche. Ciò detto, pare chiaro che l'interpretatio graeca, ovvero attribuire a concetti stranieri termini greci, porterà a superare meri limiti di raffronto a favore di una contaminazione più sostanziale. Aretalogie di Iside, ovvero testi greci scritti in prosa o versi ed elencanti virtù magiche della dea, sono poi ben attestate specie lungo tutto il periodo compreso tra il III a.C. ed il III d.C. (Si veda anche Mora 1990, II, 47-71). In ogni caso, la fortuna del mito osiriaco sarebbe da collegarsi specie all'opera civilizzatrice e universale del dio, mentre la compagna Iside avrebbe posto termine all'antropofagia istituendo leggi, introducendo l'agricoltura, le arti, le scienze e proteggendo l'uomo dai pericoli della navigazione. Circa l'iconografia di Iside e delle sue sacerdotesse nell'impero romano si veda anche Eingartner 1991. Il tempio di File fu infatti l'ultimo tempio pagano a resistere oltre l'editto di Teodosio (346 d.C.) sino al tempo di Giustiniano, VI d.C. Si veda anche Roccati 1978, 988-996. Roccati 2005. Cfr. Sfameni Gasparro 1998, 655; Sfameni Gasparro 2000, 35-36 e 59. In generale sulla questione, cfr. Sfameni Gasparro 1998, 654; Sfameni Gasparro 2000, 35-38; Manganaro 2002, 618; Sfameni Gasparro 2006, 254-255. Per Malaise, invece, l’influenza della Sicilia non sarebbe così determinante, cfr. Malaise 1972a, 261-263; Malaise 1972b, 316-324; Malaise 1978, 659-663; Malaise 1984, 1640-1641. Cfr. Malaise 1972b, 255, 259 e 33; Malaise 1984, 1641. Cfr. Coarelli 1984, 462. Bricault 2000b, 203-204. Bloch 1993².

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risulta, comprensibilmente, predominante. Lo stesso si può notare nella devozione da parte delle comunità di Alessandrini insediati nella penisola, per i quali Serapide era, oltre a tutto il resto, anche la divinità poliade, punto chiave della loro identità etnica. È questo sicuramente il caso di molti contesti toccati dall’influenza lagide, come le città greche sul Mar Nero, Efeso, Cipro, le Cicladi, la Beozia e, soprattutto, Puteoli, principale porto commerciale in età repubblicana ed augustea, nel quale sbarcavano certamente anche le navi provenienti dall’Egitto. Che nel centro campano a diffondere il culto sia stata una comunità di Alessandrini è reso evidente, anche in questo caso, dal fatto che la documentazione menziona esplicitamente un Serapeo. Anche la Sicilia presenta una documentazione compatibile con questa interpretazione 176”. Certo, la diffusione del culto isiaco in Occidente avvenne in maniera poco uniforme. Dopo l'apertura all'Egitto nel periodo ellenistico, molti centri greci (Delo, Eretria Orcomeno, Daulia) iniziarono ad importare e favorire lo sviluppo delle divinità nilotiche. La documentazione relativa al culto di Iside verrebbe tuttavia a concentrarsi specie nella zona orientale della Grecia, mentre Messenia, Elide, Etolia, Acarnania, Epiro (ovvero le regioni occidentali) parrebbero aver tenuto meno in considerazione tali culti, mentre in età imperiale Atene, Argo, Corinto, Epidauro, Mantinea, la Focide, Cheronea, Larissa, Tessalonica confermarono la presenza di culti egizi almeno fino al III d.C. Nonostante i diversi sincretismi religiosi avvenuti e nel tempo adottati, su cui sarebbe troppo lungo soffermarsi in tale sede, la Iside greca pare essere stata principalmente divinità agraria e dei raccolti nonché protettrice del destino (caratteristiche derivanti direttamente dall'Egitto antico). Tuttavia, a differenza dell'Egitto, in Grecia la presenza dei fedeli, del ruolo delle donne, dei doni e una meno rigida organizzazione gerarchizzata del clero, ne avrebbero fatto un esempio a sé. Cipro sarebbe poi stato luogo estremamente decisivo per alcune specializzazioni della divinità (come ad es. l'associazione ad Afrodite). Accanto a ciò non può che accennarsi al ruolo svolto dalla penisola iberica (che riporta anche diverse attestazioni del culto di Serapide, ad es. nella ben nota Ampurias), o dalla Francia (in particolare con i centri di Nimes e Arles). Una sinossi circa penetrazione e diffusione del culto isiaco nelle provincie dell'Impero romano, a cui si rimanda per una visione più generale, è stato inoltre di recente delineato da Clerc 177. Passando più rapidamente all'ambiente italico, accanto all'oggi incerta presenza di isei nei siti di Arezzo, Pisa, Pollenzo, Calavatone, Gubbio, Sentino, Chieti, Sulmona, Gravisca, da cui sono pervenuti oggetti cultuali purtroppo privi di contesto, in città come Ostia, Porto, Nemi, Pozzuoli, Benevento, Firenze, Luni, Verona, Aquileia, Bologna, Roma 178 l'esistenza di templi dedicati alla dea Iside pare chiaramente attestata da fonti storiche ed archeologiche (queste ultime malauguratamente non sempre conservatesi). Attraverso tali dati, voler tracciare una tipologia templare dedicata ad Iside pare inoltre piuttosto complesso, dato che le uniche informazioni a riguardo deriverebbero dal sito di Pompei, dove ancora oggi vi sono i resti di un santuario isiaco ricostruito dopo il terremoto del 62 d.C. (a cui doveva forse assomigliare anche l'Iseo Campense di Roma 179). L'aspetto dei templi isiaci non doveva perciò essere troppo difforme dal tradizionale tempio ellenistico-romano, in cui, più che la struttura in sé, veri protagonisti erano le decorazioni architettoniche, l'arredo piuttosto esotico dell'edificio e soprattutto la tradizionale presenza attorno al tempio di stanze e locali annessi per consentire lo svolgimento delle funzioni rituali specifiche previste dal culto isiaco 180. Di seguito si ripropone una carta di distribuzione sinottica dei santuari pubblici isiaci di età repubblicana e imperiale, secondo i più aggiornati studi 181.

176 177 178 179 180 181

Fontana 2010, 25-26. Clerc 1997, 526-540. Mentre per la diffusione del culto isiaco in Oriente e in Nord Africa in gen. si veda da ultimo anche Tiradritti 1997, 541-550. Ensoli 2000, 576-583; Ensoli, La Rocca 2000. Sist 1997, 297-305. Gallo 1997, 290-296. In generale non può non menzionarsi l'atlante della diffusione del culto isiaco di Bricault 2001. In particolare per il suolo italico si veda Gasparini 2007, 65-87.

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

Fig. 1.3. Carta di distribuzione dei Santuari pubblici isiaci di età repubblicana e imperiale.

Entro triangoli i santuari (I: Iseum, S: Serapeum, IS: Iseum et Serapeum) la cui esistenza è possibile, entro cerchi quelli la cui esistenza è probabile, entro quadrati quelli la cui esistenza è sicura. Da Gasparini 2007, 75-76. Composizione e didascalie. Bellucci.

Da essi, per parafrasare Gasparini, se ne trarrebbe che per l’età repubblicana, a parte la parentesi siceliota e le ipotetiche fasi originarie dei santuari di Benevento, Aquileia e Verona non si avrebbe al momento attestazione di templi isiaci al di fuori della Regio I. Tra Latium et Campania parrebbe pertanto lecito constatare l’esistenza di almeno nove santuari pubblici isiaci tra la fine del II a.C. e l’epoca augustea. L'età imperiale vedrebbe invece una diffusione superiore e maggiormente distribuita per il territorio italico in cui si attesterebbero in totale 51 santuari (presso 42 siti antichi). Di questi l'esistenza pare plausibile in 15 casi, probabile in 5 e certa in 31. Questi ultimi dati VDUHEEHUR SULQFLSDOPHQWH GRYXWL DOOD SUHVHQ]D GL LVFUL]LRQL PHQ]LRQDQWL O¶HGLILFLR HR XQD GHFLVD concentrazione di reperti isiaci presso un edificio templare scavato. A tali dati andrebbe poi aggiunto il santuario isiaco di Copiae (Sybaris), risalente almeno all'età domizianea oppure giulioclaudia, anche se resterebbe ancora da appurare quale fosse il suo rapporto con le fasi precedenti 182. Pare pertanto interessante rilevare una certa mancanza dell’evidenza archeologica relativa ai culti isiaci in Magna Grecia. Oltre a Sibari, materiale significativo a sud dell’asse Paestum-Bari proverrebbe solo da Brindisi (e da Tuturano), Lecce, Locri, Reggio e Taranto. Così che Calabria e Basilicata, parrebbero restare piuttosto isolate da tali pratiche cultuali con somiglianze che possono ritrovarsi ancora in Etruria, Liguria, Sabina, Sardegna interna e Sicilia centro-orientale, per restare sul suolo italico. Eccezioni che potrebbero ben essere causa di una storica, ricercata e forte presenza di un retaggio identitario locale, ma che potrebbero anche mostrare come il numero ancora esiguo di scavi effettuati in tali aree forniscano dei dati parziali che spesso potrebbero tendere ad alterare il reale stato archeologico 183. 182 183

Greco, Gasparini 2014, 55-72. La presenza di rappresentazioni isiache nell'artigianato artistico d'età romana pare poi molto cospicua specie a partire dal II a.C. (Circa le terrecotte a soggetto isiaco del periodo romano conservate al Museo del Cairo si veda ad es. Dunand 1979). Bronzetti, statuette fittili in primis che dovevano far parte di immagini destinate al culto privato, ma anche all'ornamento e all'uso quotidiano. Le prime testimonianze fanno di certo capo a tipizzazioni alessandrino-

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Allo stato attuale sarebbero quindi stati individuati resti archeologici riconducibili a 19 di questi santuari. Esclusi l’Iseo di Pompei e il Serapeo di Ostia, limitati o dalla perdita della documentazione (come per Faesulae e Florentia), o dalla parziale estensione degli scavi (come per Alba Fucens, Cumae, Populonia, Portus, Trea, Verona, Villa Adriana o l’Iseo-Serapeo Campense a Roma), o, più in genere, dall’assenza di prove decisive, come esplicite testimonianze epigrafiche in situ (Industria, Minturnae, Nemus Dianae, l’Oppio, Syracusae e l’Iseo di Praeneste). In altri 18 casi, i luoghi in cui tali santuari sorgevano, pur nell’assenza di strutture scavate, si potrebbero localizzare con certa approssimazione, mentre nei rimanenti 14 casi non si ritroverebbe alcuna indicazione topografica fruttuosa. Circa metà dei santuari resterebbe, come accennato, compresa quindi all'interno della Regio I. Ad Aquileia, Minturnae, Ostia, Pompei, Populonia, Portus e Puteoli, il culto di Iside Pelagia, Euploia e Pharia mostrerebbe poi il prosperare di tali luoghi di culto lungo la costa marittima e presso importanti centri portuali (anche se meno della metà dei santuari isiaci italici è situato lungo la costa, 20 casi su 51). Eppure, il complemento della dea riferibile al liquido parrebbe associarsi nell'entroterra specie alla presenza di sorgenti e acque termali, fiumi e bacini lacustri. Una tendenza potrebbe per di più evidenziare la presenza, oltre alle coste, sulle vie di comunicazione terrestre e lungo importanti assi stradali, specie in posizione elevata e spesso da includersi nei circuiti murari. Ciò detto, accanto ad una notevole diffusione popolare, ne andrà evidenziata anche una gentilizia, testimoniata ad esempio dal caso della fondazione dell'Isium Metellinum (attribuibile ad un membro della famiglia dei Caecilii Metelli), dagli Aemilii Lepidi legati alla Lex Aemilia frumentaria del 78 a.C. e al rifornimento di grano dall'Egitto oltre ad essere coinvolti nella costruzione dell'Iseo Campense e dall'attività di due monetales, padre e figlio, Calpurnii Pisones Frugi (il primo console nel 133 a.C. e censore designato per il 120 a.C. e il figlio magistrato monetario per il 90 a.C.) responsabili del conio di alcune monete con temi isiaci, con varie interpretazioni propagandistiche ed esaltative che andranno tenute in conto. Inoltre, andrebbe forse attribuita una dimensione piuttosto individuale della venerazione isiaca come Iside Panthea, protettrice della fortuna individuale e perciò meno legata all'introduzione della coppia Iside-Serapide come emanazione del culto dinastico lagide o alla dimensione poliadica. Alla dea myrionima si attribuiscono così forme sincretiche differenti, corrispondenti a tipologie iconografiche in parte codificate ovvero dalla più nota e diffusa Iside-Fortuna alla più rara Isideellenistiche o del periodo del sincretismo tolemaico. Una popolarità che si affermò specie dopo la battaglia di Azio (31 a.C.) con una ricezione di modelli e di elementi che sono spesso stati detti di “egittomania” (Cf. De Vos 1980) e che verranno a consolidarsi durante il successivo periodo flavio. Dal punto di vista iconografico si è poi parlato di tre raggruppamenti: 1) egittizzante; 2) egittizzante con elementi ellenistici e, 3) del tutto ellenistica. Un caratteristico elemento romano diffusosi specie nel II d.C. resta la grande corona di fiori che attraversava diagonalmente il petto della dea sopra il mantello. Accanto a diverse associazioni già menzionate, su tutte Iside-Fortuna o Iside-Cerere, e l'associazione alla coppia divina Iside-Serapide, notevole appare la presenza di gemme e pietre intagliate recanti tali soggetti. (Vedi anche Sena Chiesa 1997, 151-159). Circa l'identificazione tra Iside ed Io, secondo il mito, Zeus, a causa di un incantesimo, si innamorò di Io, ma temendo la gelosia di Era quando andava a trovarla la celava dietro una nuvola dorata. Dopo esser stato accusato di tradimento da Era e per evitare di essere scoperto trasformò Io in una giovenca bianca, di cui Era reclamò la proprietà affidandola ad Argo. Zeus incaricò così Ermes di liberare Io, ed egli vi riuscì uccidendo il gigante Argo. Era tuttavia inviò un tafano a pungere Io, che cominciò a correre per tutto il mondo nel tentativo di sfuggire all'insetto. Arrivata allo stretto tra Europa e Asia lo attraversò a nuoto ed esso prese FRVu LO QRPH GL %RVIRUR ǺȩıʌȠȡȠȢ ³SDVVDJJLR GHOOD JLRYHQFD´  JLXQJHQGR LQILQH LQ (JLWWR GRYH SDUWRUu (SDIR (mitico Re egizio), riacquistando sembianza umana. Si veda inoltre: Ov. Met., 1, 568-747. Diodoro Siculo ricorda invece: (D.S., 1, 24, 8-  ijĮı੿ į੻ țĮ੿ IJઁȞȆİȡıȑĮȖİȖȠȞȑȞĮȚțĮIJૃ ǹ੅ȖȣʌIJȠȞțĮ੿ IJોȢ੍ıȚįȠȢIJ੽ȞȖȑȞİıȚȞਫ਼ʌઁ IJ૵ȞਬȜȜȒȞȦȞİੁȢਡȡȖȠȢȝİIJĮijȑȡİıșĮȚȝȣșȠȜȠȖȠȪȞIJȦȞIJ੽Ȟ੉અ IJ੽ȞİੁȢȕȠઁȢIJȪʌȠȞȝİIJĮȝȠȡijȦșİ૙ıĮȞțĮșȩȜȠȣį੻ ʌȠȜȜȒIJȓȢਥıIJȚįȚĮijȦȞȓĮʌİȡ੿ IJȠȪIJȦȞIJ૵Ȟșİ૵ȞIJ੽ȞĮ੝IJ੽ȞȖ੹ȡȠੂ ȝ੻Ȟ੏ıȚȞȠੂ į੻ ǻȒȝȘIJȡĮȞȠੂ į੻ ĬİıȝȠijȩȡȠȞȠੂ į੻ ȈİȜȒȞȘȞ Ƞੂ į੻ ਾȡĮȞ Ƞੂ į੻ ʌȐıĮȚȢ IJĮ૙Ȣ ʌȡȠıȘȖȠȡȓĮȚȢ ੑȞȠȝȐȗȠȣıȚ ³( GLFRQR FKH DQFKH 3HUVHR >Scil. come Eracle] nacque in Egitto, e che l'origine di Iside è trasposta dai Greci ad Argo nel mito in cui si parla di Io che venne mutata in una giovenca. In generale, c'è un gran disaccordo circa questi dei. Perché la stessa dea è chiamata da qualcuno Iside, da altri Demetra, da altri Thesmophoros, da altri Selene, da altri Hera, mentre ancora altri applicano a lei tutti questi nomi...”. Per l'identificazione di Iside come Io nel periodo augusteo si veda: Prop. 2, 28, 15-18; 2, 28, 61- 62; II, 33a; Ovid. Her., 14, 85-86; Met., 9, 687; Fasti, 1, 453-154; Juv., 6, 526; Stat., Silv. 3, 2, 101. (Cf. anche Leemreize 2016, 178). Per una panoramica generale sul culto isiaco si veda anche Bricault, Versluys 2014.

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Nemesi, attraverso Iside-Demetra, Iside-Afrodite, Iside-Selene ed altre 184. Tra gli dei d'origine egizia attestati in Italia, lo studio di Malaise aveva riconosciuto che Iside con 211 delle attestazioni 185 (60%) fosse la divinità maggiormente rappresentata, seguita da Serapide 116 attestazioni (32%), mentre le altre divinità risultavano più raramente citate nelle iscrizioni (Osiri, 11 attestazioni; Horus 1; Arpocrate 4; Anubi 4; Antinoo 2; Neotera 2; Bubastis 4) 186. Le rappresentazioni figurate di Iside sarebbero inoltre più diffuse di quelle di Serapide.

Fig. 1.4. Malaise 1972b, 160. Mettendo inoltre in relazione i nomi dei dedicanti e le divinità citate nelle iscrizioni, si intravedrebbe come su un totale di 216 attestazioni isiache (69%), 152 porterebbero nomi latini e 64 greco-orientali, mentre per Serapide si attestano 35 portatori di nomi latini e 61 greco-orientali (31%) 187. 184 185

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In gen. Malaise 1978, 689-690; Tran Tam Tinh 1984,1710-1738; Malaise 2005, 141-152. L'autore riserva però, in assenza di nome della divinità, a Iside anche le attestazioni generalmente ritrovate sui siti isiaci: le iscrizizoni decorate con rilievi tipicamente isiaci ad es. sistri, o contenenti menzione di personaggi detti sacrorum, pastofori, navarchi. Allo stesso modo i testi epigrafici segnalanti un neocoro sono attribuiti a Serapide. Malaise 1972b, 159-160. Primi studi più specifici circa monumenti egizi e egittizzanti furono eseguiti da Roullet 1972. Malaise, 1972b, 164. Come si è accennato, una volta divenuta provincia romana i rapporti tra Roma e Egitto vennero infatti ad intensificarsi. Inizia pertanto ad essere più frequente la presenza di cognomina geografici legati alla terra del Nilo di cui si ritrovano spesso testimoniane epigrafiche e letterarie. Gasparini 2014, 264-265, ha fornito ulteriori note circa tale stato sottolineando come: “Les 221 inscriptions mentionnées (si ci riferisce a Bricault 2005 che supera Vidman 1969) fournissent une prosopographie isiaque de 202 individus, sur lesquels nous possédons des informations fiables, pour ce qui est de la classe sociale, dans 64 cas uniquement (soit 31,7%); 24 autres cas sont incertains (11,9%); dans les 114 cas restants (56,4%), on ne peut malheureusement pas obtenir ce type d’informations. Parmi les ingenui (c’est-à-dire les individus libres: 42, entre les certains et les probables) nous pouvons remarquer la présence d’un seul chevalier deux sénateurs (sur lesquels nous reviendrons en détail) et quatre militaires: un primipilaris de Misenum, deux vétérans de Faesulae et un centurion d’Aquanigra. Aucune intervention d’empereur n’est attestée. Au moins douze ingenui sont concentrés dans la regio I, Latium et Campania... Quant à la participation servile aux cultes isiaques, elle semble être limitée. Les esclaves sont, en effet,

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Se ne concluderebbe perciò che individui di onomastica latina avrebbero in maggioranza abbracciato il culto isiaco, mentre tra gli individui di origine greco-orientale non si noterebbero grandi predilezioni per una specifica divinità. Ecco forse perché attestazioni di Serapide sembrerebbero più frequenti in centri maggiormente cosmopoliti, come Roma, o commerciali, come Ostia e Pozzuoli 188. Il culto di Serapide non avrebbe tuttavia incontrato che poca espansione fuori dalla corte alessandrina. L'intento di Tolemeo Sotere, ovvero riunire Greci e Egiziani sotto un unico culto, si vedrà infatti solo in parte raggiunto, dato che gli Egiziani (specie per la resistenza della corrente indigena 189) non avrebbero accolto mai pienamente Serapide e a partire dal II a. C. anche i Greci non lo accettarono che pacatamente. Vandebeek 190 sosteneva inoltre che se le regine lagidi tendevano spesso ad identificarsi con Iside, il ruolo del “compagno” ne sarebbe uscito molto ridimensionato. Le attestazioni di Serapide in epoca romano-repubblicana potrebbero richiamarsi all'azione dei negotiatores di Delo, anche se nel periodo imperiale Serapide conoscerà in Egitto una sorta di rinnovato favore d'ispirazione imperiale tesa a rimarcare e connettersi con la dinastia lagide. A ciò dovranno integrarsi le caratteristiche intrinseche delle divinità stesse. Serapide è infatti divinità trionfante, autoritaria, e maggiormente lontano dagli affari e le vicende umane, mentre Iside si sarebbe presentata con molte più complessità ed attrattività. Dea consolatrice, salutare, dell'amore, dell'amore materno, et cetera, Iside, attraverso il periodo ellenistico, si confermerebbe anche in periodo romano superiore a Serapide come mostrerebbero diverse rappresentazioni 191, sino all'identificazione della cosiddetta Iside-Fortuna. C'è inoltre chi ha sostenuto che Iside fu infatti più dispensatrice di benefici terreni che garante di una felicità eterna 192. I.7. Considerazioni sull'introduzione dei culti egizi in Italia (e i dati epigrafici) Come è stato detto, l'Iseo di Pompei e il Tempio di Serapide a Pozzuoli risalenti al II a. C., sono le più antiche testimonianze del culto isiaco in Italia, la cui introduzione tuttavia non dovrebbe attestarsi prima della fine del III a. C. Nonostante molti studi pregressi abbiano considerato che i culti egiziani si fossero diffusi in Grecia specie per la politica d'imperialismo religioso praticata dalla stirpe lagide 193, più recentemente è stato dimostrato come la diffusione di tali culti nella zona mediterranea fu in parte indipendente dalla politica tolemaica, risultando maggiormente legata a fenomeni di carattere cosmopolita e dovuti alle più frequenti relazioni commerciali 194. Sembra più complesso tuttavia attribuire la penetrazione dei culti egiziani in Italia alla sola azione evangelizzante dei religiosi, specie perché il proselitismo parrebbe, come è stato pur sostenuto, una concezione poco egiziana 195. In effetti, ai tempi del primo “assestamento” dei culti isiaci in Italia, la presenza di egiziani sul suolo italico sembrerebbe molto limitata, mentre durante il periodo repubblicano forti scambi tra Romani ed Egiziani sono ben attestati presso Delo. È dunque molto probabile che prima dell'avvento dell'Impero furono specie i Romani stessi ad introdurre tale tipologia cultuale. In più, se i culti isiaci sono maggiormente attestati tra schiavi, liberti, le

188

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seulement représentés par cinq témoignages fiables de la seconde moitié du IIe siècle apr. J.-C.”. Nello studio si menziona anche la partecipazione a tali culti dei poteri locali come Augustales, Magistrati e Decurioni. Per un approfondimento delle sole divinità Auguste si veda anche Gregori 2009, 307-330. A Pompei Iside avrebbe ricevuto il titolo di Augusta prima che a Roma, ma non apparirebbe come tale nella dedica del tempio restaurato dopo il terremoto del 62 d.C. da N. Popidio Celsino. Brady 1935; Malaise 1972b, 24. Vandebeek 1946; Malaise,1972b, 164-189. Tran Tam Tinh 1964, 125, n. 6; 128, n. 14 et pl. XVI, 2; 138-140, n. 40 et pl. VI; p. 145, n. 51 et pl. VIII, I. Cumont 1949, 265. Sfameni Gasparro 2018, 74-107; Moormann 2018, 366-383; Swetnam-Burland 2018, 585-608; Gasparini 2018, 714-746. In gen. vd. anche Bricault Bonnet 2013; Gasparini, Veymiers 2018 (II volumi). Lafaye, 1884, 25; Nilsson 1961, 149; Cumont 1929, 74-76; Wilcken, 1927-1957, I, 84. Witt 1971. Fraser 1960, 20-49. In gen. si veda anche Roussel 1915-1916, 240-245; Nock 1933, 54-55; Brady 1935, 23; Dow 1937, 227- 229; Magie 1953, 163-187. Vd. anche Bricault 2004. Malaise 1972b, 258.

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aristocrazie municipali e le classi o i ceti più modesti della popolazione, come artigiani, commercianti, tali dati ben entrerebbero in relazione col fatto che gran parte delle iscrizioni “isiache” riportino spesso nomi di origine greco-orientale, legando quasi certamente tale fenomeno a centri di maggiore consistenza cosmopolita nonché a zone commerciali, come i porti196. Non bisogna poi dimenticare come le divinità egizie adorate in suolo italico durante il periodo romano, furono risultato di un sincretismo ellenistico tra elementi egizi e greci 197. “Ces rapports fréquents se plaçant à l'époque impériale, il est nécessaire de distinguer deux étapes dans l'histoire des cultes isiaques en Italie. Dans la première phase, celle de la pénétration, les commerçants romains ont ramené dans leur pays les dieux égyptiens rencontres dans la sphère grecque. Dans un deuxième temps, celui de la pleine diffusion, sous l'influence de rapports directs et suivis avec l'Égypte, Isis et ses compagnons divins reçoivent une empreinte égyptisante. A cette époque, non seulement les affaires commerciales amènent Egyptiens en Italie et Italiens en Égypte, mais de nombreux habitants de la vallée du Nil gagnent les côtes de la péninsule comme esclaves, médecins, histrions, marins et athlètes. Cet afflux d'Égyptiens fut à l'origine d'un nouvel épanouissement des cultes isiaques; il est symptomatique que tous les témoignages isiaques d'Ostie et Porto sont postérieurs a l'aménagement des installations portuaires effectuées par Trajan et qui permirent l'arrivée des bateaux égyptiens”. (Malaise 1972b, 259). Se la Sicilia o l'Asia minore sembrerebbero tuttavia aver avuto un ruolo piuttosto marginale, ma certo ancora meglio approfondibile, nella diffusione dei culti isiaci, anche la Grecia in fondo non avrebbe mostrato che poche attestazioni di concentrazioni di mercanti italici che paiono comunque attestabili nella maggior parte dei luoghi in cui tali culti erano pur ben presenti (ad es. Atene, Beozia, Eubea, Cicladi, Tessaglia, Macedonia) 198. Il caso dell'isola di Delo, il cui ruolo andrebbe pur ridimensionato, resterebbe tuttavia paradigmatico. L'espansione romana o di trafficanti italici verso l'Oriente ellenistico era stato indagato e suddiviso da Hatzfeld in quattro periodi 199. Uno di questi, il secondo periodo espansivo (tra la metà del II a.C. sino alle guerre mitridatiche, prima metà del I a.C.), parrebbe caratterizzato proprio da una progressione verso Delo. Le motivazioni potrebbero principalmente ricondursi alla particolare posizione geografica dell'isola, posta tra le rotte orientali ed occidentali, nonché alla sua caratteristica natura politica (come città di storica indipendenza internazionale) e religiosa (dovuta soprattutto al santuario d'Apollo). La presenza del porto, seppur modesto, non poteva poi che attirare mercanti da tutto il Mediterraneo, specie dopo la distruzione di Corinto nel 146 a. C., che di fatto eleggerà Delo a centro del commercio orientale e in cui confluiranno stabilendosi molti Romano-italici. La prosperità dell'isola sembrerebbe poi più che al commercio di grano, essere stata legata al commercio schiavile e di prodotti diciamo pure orientali 200. Diverse epigrafi porterebbero inoltre attestazione di come vi fosse una discreta presenza alessandrina già a partire dall'epoca di Tolomeo Filometore, e con Evergete II e Sotere II. Tra essi alcuni di certo erano fedeli a culti egizi 201. Dopo l'88 a.C. con l'invasione di Delo da parte di Mitridate VI, Re del Ponto, l'isola subì una prima battuta d'arresto e in seguito fu saccheggiata dai pirati attorno al 69 a. C. Il rinnovamento e la costruzione della flotta di Pozzuoli (Puteoli), che dopo Delo divenne il porto più importante del Mediterraneo, fecero sì che si rinnovassero e tenessero relazioni ancora più dirette con la Siria e 196

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La più antica iscrizione isiaca (datata al 102 a. C.) venne difatti rinvenuta presso il porto di Pozzuoli.Vd. Malaise 1972b, 258. “Les classes dirigeantes municipales ont accueilli plus tot et avec plus de ferveur Isis et Sérapis, comme l'illustre particulierement bien l'abondante documentation de Pompéi. Les soldats n'ont participé que tres occasionnellement aux cultes isiaques. Le fait que la majorité des fideles ne porte aucun titre, invite a conclure que les divinites égyptiennes ont avant tout réconforté la masse des individus de condition moyenne. La situation professionnelle et économique des Isiaques confirme cette déduction. Commerçants, artisans, boutiquiers et represéntants du monde du spectacle ont fourni de nombreux adeptes aux dieux alexandrins...”. Malaise 1972b, 471. Per una breve messa a punto si veda anche Merkelbach 2001², Bommas 2005 e Bommas 2012, 419-435. Si veda specialmente Malaise 1972b, 261-268. Hatzfeld 1919, 31-36. Storicamente si veda anche Casson 1954,178-179. Roussel 1916, Inscriptions de Delos, nn. 1525; 1528; 1531; 1532; 2037.

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Alessandria d'Egitto. Delo divenne perciò uno scalo lentamente dimenticato, e gli Egiziani che desideravano venire ad occidente passavano direttamente in Italia. Ciò detto, i culti egizi a Delo sono ben attestati da testimonianze epigrafiche e ritrovamenti archeologici 202. Il Tempio di Serapide, secondo un'iscrizione ritrovata su una colonna del Serapeo A, venne introdotto da un tale Apollonio originario di Menfi, nella prima metà del III a.C. Il culto isiaco pare fu praticato soprattutto privatamente e l'iscrizione più antica dedicata a divinità egizie, nello specifico Iside, risalirebbe alla fine del IV a. C. Alle iniziative private possono richiamarsi infine anche il Serapeo B e C, quest'ultimo, rispetto agli altri due che furono specie luoghi di riunione, pare in seguito aver goduto del ruolo di santuario pubblico 203. Le divinità più venerate, pur accanto ad altre, furono pertanto Serapide, Iside e Anubi. Dopo le guerre puniche, il territorio italico attraversò invece una profonda crisi religiosa, di cui sono prova l'introduzione ufficiale del culto di Cibele a Roma (204 a.C.) e lo scandalo dei Baccanali (186 a.C.). Il sentimento religioso lungi dallo spegnersi, si mitigò verso una più decisa misticità, ovvero verso concezioni orientali. Se, come detto, è verso la metà del II a.C. che può riscontrarsi l'espansione dovuta ai mercanti verso rotte commerciali più prolifiche, come Delo, non è difficile credere che fu proprio in tali itinerari e frequentazioni che i Romani videro e furono sedotti dai culti egizi, peraltro già presenti in tali aree. Senza dimenticare che Serapide e Iside nell'antichità ben erano ricordati come dei protettori della navigazione. Uno studio di Malaise circa gli italici presenti sull'isola, ha mostrato che sono epigraficamente menzionati all'interno di culti egizi ben 114 testimonianze prosopografiche 204, di cui la maggior parte inclusi nel periodo tra il 166 a. C. e 88 a. C., ovvero nel periodo in cui Delo diviene porto franco.

Fig. 1.5. Distribuzione dei culti egiziani e altri culti in Italia su base epigrafica. Da Malaise 1972b, 460.

202 203 204

Per le testimonianze che le terrecotte egittizzanti forniscono circa le interiezioni tra Greci ed Egiziani, il sincretismoreligioso e la costruzione identitaria a Delo, si veda Barrett 2011. Roussel, 1915-1916, 19-32 (Serapeum A); 33-46 (Serap. B); 47-69 (Serap. C); Salaþ1915, 401 -421. Malaise 1972b, 283-303. Per integrare vd. anche Ricci 1993, 71-91. Bricault 2005; Bricault 2013.

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

Per restare all'ambiente italico, una tavola sinottica ci permette invece di individuare come all'interno di diversi altri culti ben presenti ed attestati, i culti egizi rappresentino da soli più del 36% del totale. Tale dato, che chiaramente è condizionato dalla casualità dei ritrovamenti, parrebbe comunque doversi tenere in conto rispetto ad un interesse ed una diffusione generale che tali pratiche ebbero nel periodo romano. A tali dati andrebbero poi affiancati secondo gli studi di Malaise le caratteristiche riscontrabili nelle epigrafi di ambiente italico, per cui in circa il 55% dei casi il nome di Iside appare da solo, mentre il restante numero attesterebbe i diversi nomi dei tratti della sua personalità205. Dal punto di vista dei dedicanti si è già ricordato come, secondo i dati di Malaise 206, individui recanti onomastica latina parrebbero aver in maggioranza abbracciato il culto isiaco, mentre tra gli individui di origine greco-orientale non si noterebbero predilezioni per una specifica divinità. Sulla prosopografia isiaca nel corso degli anni si sono poi distinti diversi studi parziali come Brady 1935, 47-88 (una prima statistica di isiaci greci), Malaise 1972, 241-357 (isiaci italici), Dunand 1973, II, 287-319 (il clero isiaco per il mondo greco), Baslez 1977, 315-391 (devoti attestati tra culti orientali a Delo) e specialmente Mora 1990 (in due volumi). In quest'ultimo vengono ripresi non solo i membri del clero e dei fedeli attestati dalle dediche, ma anche i nomi che appaiono nelle liste sottoscrittive, negli inventari dei templi, nei certificati di atti religiosi (anche circa altre divinità da parte di isiaci o membri delle loro famiglie, sia in templi isiaci che in altri contesti). L'insieme della documentazione è nel I vol. ripartita in sei parti (seguite da indici con i nomina degli isiaci, le concordanze, le date delle iscrizioni, specifiche sociali): I. A. Delo (1084 numeri); II. B. Oriente greco (1399); III. C. Italia (403); IV. D. Province danubiane (115); V. E. Province occidentali (79); VI. F. Province africane (54) 207. Le statistiche delineate nel vol. II paiono alquanto significative. In sintesi, a Delo la partecipazione femminile 208 a tale tipologia cultuale parrebbe essere attestata nel 17,9% dei dedicanti, nel 11,3% nei Cataloghi di sottoscrizioni o Collegi cultuali e nel 22,3% negli Inventari d'offerte. In Grecia la presenza femminile pare invece accentuarsi. In Attica per l'epoca imperiale si assesterebbe al 37,8%, in Eubea dopo il II a.C. al 50,4% nell'Elenco dei navarchi, in Macedonia nelle dediche d'epoca imperiale al 29,3% mentre negli atti di affrancamento con consacrazione a divinità egizie al 57,8% in Beozia e 36,1% in Focide. Percentuali diverse si ritrovano tra documenti individuali (dediche) e associativi (cataloghi), ad es. a Tessalonica sarebbe stata minima, mentre in Tracia nel periodo ellenistico le donne costituirebbero il 31,8% nelle associazioni ma il 15,4% nelle dediche. Nella Grecia insulare la partecipazione femminile pare di molto inferiore, il 10,3% rispetto al 27,8% della Grecia continentale, lo stesso varrebbe per l'Asia minore. Nella Grecia continentale la presenza femminile tra le dediche pare in genere più elevata in epoca imperiale (31,1%) che in epoca ellenistica (20%). Sul suolo italico la percentuale di partecipazione femminile a Roma parrebbe attestarsi al 27,1% rispetto al resto dell'Italia Centrale (17,1%) pur essendo inferiore alle regioni settentrionali (32,1%) e Meridionali (37,8%). Nelle Provincie occidentali si ritroverebbe al 29,5% nelle Gallie, al 37,5% nella Penisola Iberica, mentre è molto meno presente in Germania e Gran Bretagna. L'Africa si assesterebbe al 22,2% e come la situazione delle Provincie danubiane conoscerebbe una situazione intermedia. Per quanto riguarderebbe l'isismo all'interno dell'organizzazione dei culti, a Delo il 58,3% dei fedeli pare si rivolgessero a figure principali quali, Serapide, Iside, Anubi, Arpocrate (spesso, nel 24,7% dei casi, alla triade Serapide, Iside e Anubi). Il 6,7% dei fedeli si sarebbe indirizzato verso altre divinità egizie (ad es. Osiride, Horo, Amon etc), mentre il 36,8% avrebbero adorato divinità 205 206 207 208

Malaise 1972b, 181. Malaise 1972b, 164. Mora 1990, I. Studi precedenti su tale tematica furono trattati da Heyob 1975.

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Capitolo I - Il contesto storico

non isiache. Nel contesto greco, a parte Delo, la presenza delle tetradi Serapide, Iside, Anubi e Arpocrate paiono scarseggiare. 1,2% in Asia Minore, 3,9% nella Grecia continentale, 6% nella Grecia insulare. La triade Serapide, Iside e Anubi pare piuttosto poco diffusa in Asia Minore (10,5%) e Grecia insulare (12,5%), ma più presente nella Grecia continentale (25,4%). Più costante sembrerebbe invece la presenza della coppia Serapide – Iside (circa il 25%), specie nelle zone del Peloponneso, della Tracia, della Tessaglia e Creta. Molto diffusa la venerazione rivolta unicamente a Serapide in Asia Minore (44,2%), e in misura minore in Grecia nelle regioni della Tracia, della Tessaglia, dell'Attica e Peloponneso (23,5%). Il culto di Iside parrebbe invece concentrato specie nella Grecia continentale (20,4%), in particolare in Attica (64,7%). La Macedonia, avrebbe invece offerto maggiore varietà di combinazioni cultuali con interesse anche per altre divinità egizie. Se a Delo con la prima età imperiale si vedrà in parte ridimensionata la diffusione della triade isiaca del periodo ellenistico, nell'oriente greco, solamente due divinità saranno frequentemente associate col culto isiaco: Zeus con Serapis e Afrodite con Iside. Per l'Italia e le provincie orientali è attestabile una supremazia del culto di Iside rispetto a quello di Serapide (pur molto diffuso a Roma) mentre la valutazione resterebbe più complessa specie per le sincrasie con divinità non egiziane sempre molto diffuse specie in età imperiale (su tutti, Zeus *LRYH H 6ROH+HOLRV  LQ FXL SDUH LQROWUH SL IUHTXHQWH O XVR GL HSLWHWL GLYLQi come augustus, vel augusta, regina, invictus e victrix) 209. Ma tali dati, utili termini di confronto, tuttavia risalenti a studi degli anni Settanta e Novanta del Novecento, potrebbero ben essere modificati ed arricchiti in base ad auspicabili ritrovamenti ed ulteriori attestazioni che ne alimentino le ricerche a riguardo 210. Si passerà ora all'indagine della terminologia che circa tale tipologia di reperti egizi ed egittizzanti è stata adoperata o pare attualmente in uso presso diversi studiosi, al fine di evidenziarne similarità e differenze e per introdurre e proporre una nomenclatura specifica che tenendo conto del senso lemmatico e storico del termine ne giustifichi l'uso.

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II dato maggiormente rilevante sembrerebbe pertanto l'assenza di raggruppamenti strutturati (quali quelli individuati a Delo e nell'Oriente greco) nonché uno scarso peso della coppia Iside - Serapide, cui si rivolge il 21,2% dei fedeli nelle province danubiane, solo il 15,1% in Italia (9,6% a Roma) e il 15,4% nelle province occidentali, e addirittura appena 1'8,9% in quelle africane. Mora 1990, II, 44. Tra gli ultimi e più interessanti studi plurali sul soggetto isiaco si vedano anche Bricault, Versluys, Meyboom 2007; Bricault, Versluys 2010; Bricault, Versluys 2014.

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

Fig. 1.6. Percentuale di fedeli dei culti egizi. (Da Mora 1990, II, XI, Pianta 2).

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Capitolo II Riflessioni terminologiche e proposizione di un lessico comune II.1. Riflessioni terminologiche Come è stato fatto osservare, la presenza e la varietà degli oggetti e dei motivi egizi nel mondo e nella cultura romana ha prodotto una ingente serie di lavori in questo settore, che negli ultimi anni ha visto un certo sviluppo (pur superando, specie nel contesto pompeiano le ancora importanti e valutabili concezioni di Tran Tam Tinh 1). La differenziazione tipologica (e non solo) di molteplici casistiche ha difatti creato nel corso del tempo diverse interpretazioni piuttosto personali su oggetti e motivi d'indagine in tale settore di studi. Una problematica che ha portato non pochi a definire un proprio lessico usuale spesso fuorviante (o ritenuto perfettibile) per altri, e per cui già Malaise qualche anno addietro, aveva tentato di fornire alcune precisazioni terminologiche al fine di poter discutere collegialmente 2 determinando e proponendo una sorta di lessico comune circa diverse tipologie terminologiche più frequentemente adoperate. Anzitutto, la proposta di sostituzione dell’espressione “culti isiaci egiziani” con quella di “religione egizia isiaca” non ha trovato larghi consensi. Il termine “religione” potrebbe infatti risultare improprio alla definizione di “misteri”, dato che si riferirebbe ad una sovrastruttura ideologica e a sistemi culturali complessi, che non parrebbero chiaramente attestati per i misteri 3. Lo studioso francese definiva poi “isiaca”, oggetti egizi a soggetto o tema isiaco provenienti da contesti isiaci accertati da diverse scoperte, iscrizioni o resti architettonici significativi, mentre i ritrovamenti isolati o fuori contesto e perciò di incerto significato col termine di “testimonianze di tipo isiaco 4”. Partendo dalle riflessioni di J. Yoyotte, Malaise (Malaise 2005, 201-220) proponeva così di definire aegyptiaca quei ritrovamenti di oggetti egizi o d’imitazione egittizzante, effettuati fuori dall’Egitto e dal Sudan, e che siano estranei ad un contesto cultuale isiaco, mentre con pharaonica, ritrovamenti effettuati presso contesti cultuali isiaci. “Un premier concept, souvent utilisé, est celui d’aegyptiaca, mais, de par sa signification vague, le mot a été employé avec des acceptions très variées, au point de recouvrir tout ce qui a trait à l’Égypte, en dehors de ses frontières. Il vaut mieux donner à ce terme une signification plus précise. On peut, à la suite de Jean Yoyotte 5, considérer que les aegyptiaca désignent les trouvailles faites 1 2

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5

Tran Tam Tinh 1964. Il dialogo scaturisce dalle argomentazioni circa le definizioni di culti isiaci e isiaca. “Dans son emploi moderne, O¶H[SUHVVLRQҳFXOWHVLVLDTXHVҲGRLWV¶DSSOLTXHUjFHTXLFRQFHUQHOHFXOWHKRUV d’Égypte, entre la fin du IVe siècle av. J.-C. et la fin du IVe siècle apr. J.-C., d’une douzaine de divinités [definite in seguito gens isiaque], plus ou moins hellénisées, appartenant à un même cercle mythique, cultuel et liturgique, originaires de la vallée du Nil. Ces déités sont Isis, son époux Osiris ou Sérapis, leur fils Harpocrate, leur compagnon Anubis/Hermanubis, le faucon Horus, Boubastis, l’ancienne Bastet, le taureau Apis, Hydreios, forme hydriaque d’Osiris, Nephthys, la soeur d’Isis, et dans une certaine mesure Neilos. La definizione di isiaca è già più articolata: 4XDQWDXWHUPHҳLVLDFDҲHQVDLQHORJLTXHLO ne devrait s’appliquer qu’aux documents émanant clairement d’un milieu cultuel hors d’Égypte et dans la fourchette chronologique définie. Hélas, bien des objets sont des trouvailles isolées et/ou découvertes hors de toute indication de contexte. Une statuette d’Isis provenant d’un laraire suffit à assurer son usage cultuel. Pareillement, une seule inscription isiaque retrouvée sur son site d’origine permet de conclure à la présence d’un culte, fût-il privé. Mais que penser d’une figurine isolée en bronze d’Isis, sans indication précise de provenance”. Malaise, 2007, 21. Gasparini 2009, 483-487. “4XDQW DX WHUPH ҳLVLDFDҲ HQVDLQH ORJLTXH il ne devrait s’appliquer qu’aux documents émanant clairement d’un milieu cultuel hors d’Égypte et dans la fourchette chronologique définie... Pour faire le partage entre les sources provenant de sites isiaques assurés, par de nombreuses découvertes, ou des inscriptions ou des restes architecturaux significatifs, et les découvertes isolées ou hors contexte, et donc à la signification douteuse, nous proposons de SDUOHUGDQVOHSUHPLHUFDVGHҳFXOWHVLVLDTXHVҲRXG¶ҳLVLDFDҲHWGans le second, de témoignages de type isiaque”. Malaise 2007, 21-22. Yoyotte 1998, 199. Precedentemente Albore Livadie 1983, 45 aveva scritto: “In Campania i più antichi aegyptiaca – oggetti rientranti nella tipologia egizia o che ad essa si ispirano, ma non sempre propriamente di fabbrica nilotica (per i quali sarebbe forse più logico parlare in generale di orientalia) provengono dalle tombe a fossa di epoca

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

hors de l’Égypte et du Soudan de produits authentiquement égyptiens et d’imitations peu ou prou égyptisantes sorties des ateliers de Phénicie, de Chypre ou de Rhodes. Ces exportations se FRPSRVHQWVXUWRXWG¶XQHҳSDFRWLOOHҲpJ\SWLHQQHRXpJ\SWLVDQWH VFDUDEpHVDPXOHWWHV jODTXHlle les acquéreurs ont dû souvent conférer une valeur plus ou moins magique... Par ailleurs, nombre de véritables aegyptiaca, comme des statues pharaoniques, ont été découverts dans des sanctuaires isiaques. À ces témoins, on pourrait réserver le mot de pharaonica. En résumé, les aegyptiaca sont des objets introduits, quelle que soit l’époque, en dehors de toute référence au circuit isiaque” 6. Se è vero che Bricault aveva in parte tentato di limitare cronologicamente l'uso di tale termine agli oggetti “qui ont inondé le bassin méditerranéen depuis le début du IIe millénaire jusqu’au IVe s. av. J.-C., c’est-à-dire avant la diffusion des cultes isiaques 7”, questa operazione porterebbe tuttavia a problematiche nella considerazione della produzione egiziana o egizittizante che ha raggiunto altri paesi mediterranei più tardivamente e al di fuori del contesto isiaco, come giustamente appuntava anche Malaise 8. Sebbene sia una specializzazione, l'introduzione del controverso termine pharaonica per indicare statue “faraoniche” scoperte entro santuari isiaci, oltre alla semantica non pare esente da un vizio congetturale. Se infatti Malaise sostiene che tali reperiti cosiddetti “pharaonica” siano “nombre de véritables aegyptiaca... découverts dans des sanctuaires isiaques” ovvero, veri aegyptiaca ritrovati in santuari isiaci, dove definisce aegyptiaca oggetti distanti da riferimenti al culto isiaco “des objets introduits, quelle que soit l’époque, en dehors de toute référence au circuit isiaque”, la definizione si presterebbe a confusione in quanto la categoria pharaonica definirebbe prodotti (specie statuari) di importazione egiziana e legati all'ambiente isiaco, eppure tale categoria sarebbe inclusa (dato che ne sarebbe una sorta di specializzazione 9) nella definizione di aegyptiaca (o meglio véritables aegyptiaca), che tuttavia definirebbe, come detto, oggetti distanti da riferimenti al culto isiaco 10. Si verrebbe perciò a creare una difficile considerazione attorno a ciò che dovrebbero ritenersi veri aegyptiaca e falsi. Lo studioso includerebbe poi sotto il termine aegyptiaca i reperti autenticamente egizi ma ritrovati fuori dall'Egitto e dal Sudan ma anche quelli imitativi o egittizzanti usciti da ateliers fenici, cipri o rodii (les aegyptiaca désignent les trouvailles faites hors de l’Égypte et du Soudan de produits authentiquement égyptiens et d’imitations peu ou prou égyptisantes sorties des ateliers de Phénicie, de Chypre ou de Rhodes). Eppure, la volontà di accorpare sotto tale stessa categoria oggetti autentici e imitazioni (pur limitandoli ad alcuni particolari casi) parrebbe alquanto improduttiva, dato che se pare vero che alcuni laboratori fenici, cipri o rodii avessero prodotto ed in seguito esportato più ad occidente specie la cosiddetta paccottiglia egizia o egittizzante (scarabei o amuleti), si dovrà pur ammettere che a rigor di logica tale produzione (ed esportazione) resterebbe fuori dall'Egitto. In altre parole, nonostante una volontà associativa ideale, si dovrà ammettere che sembrerebbe maggiormente corretto tentare se possibile di tenere in parte distinte tali due differenti realtà. Lo stesso Malaise, che come si è visto tende ad unificare due concetti distinti come quelli delineati appena sopra, tuttavia definisce e caratterizza più distintamente una ulteriore categoria che chiama pharaonica, di cui si è già accennato sopra.

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precoloniale...”. De Salvia 1983, 31-32 scriveva: “Ora le testimonianze più tangibili della diffusione culturale egizia nel Mediterraneo pre-ellenistico sono rappresentate dagli Aegyptiaca, ossia da quelle centinaia di manufatti di tipologia egizia (scarabei, collane, vasetti, etc...) autentici o d'imitazione fenicia e greca rinvenuti nei contesti archeologici tanto fenicio-punici che ellenistici in un'area che va dalla Russia meridionale alla penisola iberica...”. Malaise 2007, 34. Bricault 2000a, 92. Malaise 2007, 34. Che includerebbe anche una tipologia di produzione definita Pharaonica d'imitazione. “Un certain nombre d’oeuvres égyptisantes, assez proches des productions égyptiennes, ont pu être attribuées à des artisans égyptiens installés en Italie, tandis que d’autres réalisations, moins fidèles, sont sans doute sorties des mains d’artistes italiens, mais elles méritent, vu l’inspiration, d’être qualifiées de pharaonica d’imitation”. Cfr. Roullet 1972, 18-22, 157-158; Parlasca 1977, 59-65; Parlasca 2004, 405-419. Circa Benevento si veda anche Müller 1969. Malaise 2007, 34.

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Capitolo II - Riflessioni terminologiche e proposizione di un lessico comun

“Pour leur part, les pharaonica 11 seraient des oeuvres produites en Égypte, même à l’époque gréco-romaine, qui ont été intégrées dans des sanctuaires isiaques, publics ou privés, voire dans des laraires. Il n’est pas simple de savoir ce que représentaient ces objets aux yeux de populations éloignées des rives du Nil. Pour certains exégètes, ces pièces jouaient avant tout un rôle exotique, étranger aux réalités cultuelles 12. Pour d’autres analystes, certains dispositifs et décors sont en fait des transpositions de sites saints égyptiens célèbres”. Accanto a tali tipologie è necessario argomentare circa le cosiddette scene nilotiche. Il suggerimento dello studioso francese all'inclusione delle scene nilotiche in una categoria a parte detta “nilotica” (di cui si discuterà di seguito) ha se non altro il pregio di allontanare questa tipologia dalla categoria degli aegyptiaca in cui era stata inclusa da Versluys (dalla sua scuola ed altri), che raggruppava sotto tale caratterizzazione reperti egiziani o egittizzanti che evocavano l'Egitto (anche faraonico 13). “8QHDXWUHFDWpJRULHGHGRFXPHQWV SHLQWXUHVPXUDOHVPRVDwTXHVPDLVDXVVLUHOLHIVODPSHVHW SODTXHVHQWHUUHFXLWH QRXVOLYUHGHVVFqQHVnilotiques. Miguel John Versluys a bien montré que ces compositions évoquent avant tout les bienfaits du Nil en crue. Elles se rencontrent dans des contextes bien différents, mais la moitié d’entre elles proviennent d’un environnement privé. Notre collègue intègre ces scènes à la catégorie des aegyptiaca, terme sous lequel il regroupe oeuvres égyptiennes et égyptisantes qui évoquent la terre des pharaons 14. Cette attitude nous paraît difficile à soutenir, puisque les scènes nilotiques ne dérivent pas de modèles égyptiens et ne sont pas davantage marquées par un style égyptien. Nous préférons donc baptiser pareilles compositions du nom de nilotica, même si certaines d’entre elles, assez naturellement, se conjuguent avec des contextes isiaques” 15. Come si è detto tuttavia la riflessione terminologica ha sviluppato negli stessi anni opinioni differenti, per esempio si ci richiama a Swetnam-Burland, che sostiene come: “An object is either Egyptian, usually meant to signify that it was an import, brought to Rome across the Mediterranean, or Egyptianizing, inspired by such material but created in Italy” 16. L'autrice ha perciò in mente due categorie Egyptian e Egyptianizing. Alla prima allega il senso di opera importata dall'Egitto, alla seconda di oggetti ispirati a questi primi ma creati in Italia, ma logicamente anche in altri paesi mediterranei (e non solo). La stessa però, come si vedrà di seguito, contesta decisamente il termine “egittizante”, ritenuto un peggiorativo, sostenendo come sia necessario comprendere nella categoria aegyptiaca, artefatti egiziani inclusi in nuovi contesti romani e creazioni romane di stile egizio. “I argue that we must see both Egyptian artifacts displayed 17 in new Roman contexts and Roman creations in Egyptian styles as legitimate Roman cultural products, two classes of the same genus of materials that I, and others, call aegyptiaca. Although Italian artists may not—and did not—always get Egyptian imagery ‘right’, in the sense of producing a carbon copy of an original, Italian-made aegyptiaca remain invaluable documents for reconstructing the Roman discourse on Egypt and the place Romans imagined Egypt to be” 18. Quello che però dovrebbe essere inteso come una sorta di “caratterizzazione” di certo in parte già 11

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18

Yoyotte 1998, 199-244 “a XWLOLVp FH WHUPH SRXU GpVLJQHU OHV PRQXPHQWV DQWLTXHV RX SWROpPDwTXHV GH VW\OH pharaonique qui ont été importés dans la cité grecque d’Alexandrie. Abd el-Fattah 1998, 7-13 lui ont préféré l’expression ‫ލ‬DHJ\SWLDFDDOH[DQGULQD‫ތ‬et considèrent que beaucoup de ces restes pharaoniques ont dû orner temples et sanctuaires”. Malaise 2007, 35. Cf. Versluys 2002, 355. Ad es. Müskens 2017, 15. Cf. Versluys 2002, 305. Cf. Malaise 2003, 313. Swetnam-Burland 2007, 114. Si ci riferisce a: “For example, Osiride representations of canopic jars from temples and shrines in Italy, like those from the carved columns of the Iseum Campense in Rome, seem to have derived from Egyptian representations of the deity “Osiris in hydria”, a representation of Osiris with the body of a hydria, not a canopic jar, and a human head. Though the fascination with canopic jars may have originated from a misunderstanding of cultic practice in Egypt, the result was a tradition that was distinctively Italian”. (Vd. Infra). Swetnam-Burland 2007, 115-116.

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

presente in antico, ovvero oggetti egizi in nuovi contesti romani e “creazioni” romane in stile egizio, non può includersi nella stessa categoria appunto perché tali oggetti non possono rappresentare (neanche concettualmente) lo stesso genere di materiale, tanto meno da includere sotto il concetto “unificatore” di Aegyptiaca (detti generalmente essere soggetti o oggetti relati all'Egitto). Al lemma egittizzante, l'autrice appone un senso peggiorativo, tuttavia assente, come si dirà: “Use of the term Egyptianizing impedes this kind of study, not least because the word is a relatively recent scholarly invention used to describe a perceived artistic style: Egyptian-like, but not genuinely Egyptian. Recent scholarship has questioned the use of similar coinages, such as Classicizing or archaizing and archaistic. The problem with such language is that its use implies a value judgment: one object, an emulation, is less than perfect, a perversion that requires the pejorative -izing designation” 19. Riteniamo perciò che questa reductio ad unum non tenga conto delle molteplici problematiche legate a diversi fattori, e invece di tentare di chiarire una terminologia tenda piuttosto a forzarla quasi innaturalmente. Passeremo pertanto ad un esempio maggiormente pratico sulla base di quanto sostenuto dall'autrice. “To avoid the problematic Egyptian and Egyptianizing dichotomy, we can begin our analysis, instead, by grouping all Egyptian-looking material together as aegyptiaca, meaning ‘things or matters related to Egypt” 20.’ Swetnam-Burland parlando di Aegyptiaca from Pompeii, include infatti inizialmente oggetti cosiddetti d'importazione: “Temple of Isis in Pompeii boasted an impressive collection of such imports. The excavators found a sphinx, the feet from an Egyptian statue, two statues of divinities, and a canopic urn, none of which survives today 21. The extant imports include a 26th dynasty ushabty figurine, a type of funerary figurine buried with the dead, a small faience Ptolemaic statue of a male divinity, and an early Ptolemaic inscription from Herakleopolis, a dedication to the god Herishef and one of the rare testimonia to the upheaval in Egypt just after the conquest of Alexander 22... Use and display of similar objects may suggest that these, too, had powerful associations for Roman viewers, who may have seen them as apotropiac. For instance, a so-called mensa sacra, actually an inscription from a statue or monument, was re-used in the threshold of the Casa del Doppio Larario” 23. Eppure, accanto a questi, parrebbe includere come nella stessa categoria ad es. gli affreschi domestici, dei giardini e le rappresentazioni isiache dei lararia. “Often our best evidence for the display of imported Egyptianlooking works in Pompeian homes comes from representations in domestic frescoes. Evidence from Pompeian paintings shows that Egyptian imports, as well as objects of Roman manufacture in Egyptian styles, were particularly suited to display in garden contexts. Many garden paintings feature statues of sphinxes, either freestanding or as supports for fountains or bird baths, statues of pharaohs, and pinakes, which correspond to real Egyptianlooking material seen in contexts like the villa-garden of the Casa di D. Octavius Quartio.... A statuette of Horus found in the Isiac shrine of the Casa degli Amorini Dorati recalls the ushabty found in the sacrarium shrine of the Temple of Isis. Just as images of the genius and lares from shrines were cult objects, this statuette would have been the focus of family veneration. A ritual scene from the shrine, which includes representations of Isis, Anubis, Serapis, and Harpocrates, illustrates what seems to be a domestic Isiac procession” 24. 19

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Swetnam-Burland 2007, 116: “The use of the term Egyptianizing to describe Egyptian-themed works of Italian production similarly shifts the focus of our interpretations away from the significance of such works in their Roman contexts. The term consigns Egyptian-looking art of Italian manufacture to an inferior class, conflating the ‘failure’ to copy with the failure to understand”. Swetnam-Burland 2007, 118. Swetnam-Burland 2007, 119. D’Errico 1992, 77-80. Si veda discorso infra in note al Prospetto sinottico (PREP). Swetnam-Burland 2007, 126. Swetnam-Burland 2007, 131.Vedi Clarke 2007, 155-169. Swetnam-Burland 2007, 131-132.

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Capitolo II - Riflessioni terminologiche e proposizione di un lessico comun

Oggetti importati e non importati (questi ultimi detti locally-produced aegyptiaca 25) vengono quindi secondo l'autrice ad essere inclusi nella stessa categoria degli aegyptiaca 26, una considerazione che si richiama in parte a quelle precedenti che sono già state largamente criticate. Barrett si inserisce invece nella questione in modo più riflessivo 27, e pur richiamandosi brevemente alle considerazioni di Swetnam-Burland 2007 e in parte a Mol 2015 28, giunge argomentando in tal modo al senso da attribuire al termine Aegyptiacus: “Swetnam-Burland argues that Italian consumers may not have attached different valuations to imported versus locally produced objects. Seeking to avoid stigmatizing Italian-made ҳ(J\SWLDQL]LQJҲ PDWHULDO FXOWXUH DFFRUGLQJ WR ұPRGHUQ QRWLRQV RI DXWKHQWLFLW\Ҳ 6ZHWQDP-Burland interprets all Roman material and visual references to Egypt, regardless of place of production, as ұOHgitimDWH 5RPDQ FXOWXUDO SURGXFWVҲ $FFRUGLQJO\ VKH DGYRFDWHV IRU WKH XVH RI Rne term, ‫ދ‬DHJ\SWLDFD‫ތ‬for all Egyptian-looking artifacts or images from Italy... More recently, Eva Mol has also criticized scholarly constructions of ‫ދ‬$HJ\SWLDFD‫ތ‬Mol argues that not all objects perceived by modern scholars as “Egyptian”-looking would have been so perceived in antiquity, and ancient consumers may have valued such artifacts for reasons unconnected to their Egyptian associations. Accordingly, she seeks to destabilize constructions of ‫ދ‬$HJ\SWLDFD‫ތ‬DVDұKRPRJHQHRXVFDWHJRU\RIPDWHULDOFXOWXUH‫ ތ‬in Italy” 29. Swetnam-Burland 2007, 136. Oppure “Roman-made aegyptiaca”. Swetnam-Burland 2015, 19. “Aegyptiaca... it suggests a conceptual category employed by the Romans themselves, encompassing two kinds of material that to modem eyes might seem distinct - works imported from Egypt and those created by Romans outside of Egypt in an EgyptiaQ RUWKHVR-FDOOHG(J\SWLDQL]LQJ VW\OH”. Swetnam-Burland 2002, 57. Una problematica interpretazione che l'autrice eredita da studi pregressi come la dissertazione dottorale in cui afferma, Swetnam-Burland 2002, 57, n. 4: “The adjective aegyptiacus was not used much differently than aegyptus, indicating that for Romans, the difference between ұEgyptianҲ and ұof or related to EgyptҲ was slight”. Teorizzazione piuttosto discussa che ancora anni dopo viene ribadita sostenendo: “There is a binary divide in scholarship on Egyptian and Egyptian-looking materials in Roman Italy, which generally treats them either as ұreligiousҲ WKDW LV DV HYLGHQFH IRU WKH (J\SWLDQ FXOWV  RU DV ұexoticҲ WKDW LV DV GHFRUDWLYH WKHLU YDOXH GHULYHG IURP WKHLU unusual appearance)”. Swetnam-Burland 2015, 12. Ma a tale riduzione non tendono invece gran parte degli studi. Un oggetto egittizzante potrebbe infatti essere anche adoperato in funzione cultuale, e certo parte delle scene egittizzanti dello stesso tempio di Iside a Pompei non rappresenterebbero aspetti “esotici”. Una ulteriore contestualizzazione si tenterebbe ancora in Swetnam-Burland 2015, 42-51. Sull'obelisco Agonale (di piazza Navona) oggi al centro della Fontana dei Quattro Fiumi si accennerà solo che certo, esso fu realizzato all'epoca dell'Imperatore Domiziano ma imitando modelli egiziani. Importato dall'Egitto il monolite infatti poteva restare senza iscrizioni (vd. ad. es. l'obelisco Vaticano) o già possedere geroglifici inscritti, ma anche essere scolpito in età romana come l'Obelisco Sallustiano (piazza Trinità dei Monti) riprendendo altre iscrizioni, in tal caso quella dell'obelisco di piazza del Popolo. Infine, circa le iscrizioni geroglifiche degli obelischi di Benevento andrà aggiunto come alcuni più recenti studi proverebbero che la sintassi alquanto indiretta ed altri dettagli lascerebbero intendere che l'iscrizione geroglifica, sebbene opera di scribi professionisti, parrebbe esser frutto della traduzione di un testo in greco, evidentemente redatto in ambiente alessandrino. Cf. Vergineo 2011, 62-75. In genere sulla conoscenza della scrittura geroglifica nel periodo classico si veda anche Bellucci 2017, 261-289. 26 “What emerges from an examination of the Egyptian materials in the city of Pompeii is a sense of dialogue between imported and non-imported artworks, particularly in contexts like the Temple of Isis or the shrine from the Casa degli Amorini Dorati, in which both types of aegyptiaca were displayed together, each reinforcing and elaborating the meaning of the other. Exotic ‘Egyptian’ imagery was often paired with familiar ‘Roman’ imagery, in domestic shrines, landscape vignettes, peopled-friezes, and pinakes. It was the juxtaposition of old and new, the employment of a familiar visual vocabulary in different combinations, that underscored the significance of Egyptian-inspired imagery for its viewers. The evidence from Pompeii shows us that many Romans, including women and men from a wide range of social classes, would have encountered Egyptian materials in their daily lives in contexts as diverse as the homes of their peers and temples and shrines in the heart of the city”. Swetnam-Burland 2007, 134. 27 Barrett 2017a. Le cui deduzioni fanno da sostrato anche a Barrett 2019, 10-16. 28 Mol 2015, 118. 29 All'ultimo Congresso internazionale di Archeologia classica, Bonn 2018, E. Mol mi riferiva che la versione finale del testo sarebbe stata presto edita. L'autrice circa la terminologia adottata si esprimeva in tal modo: “In general this term [scil. Aegyptiaca] has been used by scholars to denote the complete range of objects connected to Egypt in terms of provenance, style and content, divided under those objects WKDWZHUHLPSRUWHGIURP(J\SW (J\SWLDQ DQG ORFDOO\ SURGXFHG REMHFWV PHDQW WR ORRN (J\SWLDQ (J\SWLDQLViQJ ”. Mol 2015, 3. Mol sosterrebbe perciò che aegyptiaca intenda un gruppo eterogeneo di oggetti trovato in contesti di vario tipo, aggiungendo che “the meanings of Aegyptiaca depend upon perception of the ancient viewer”. Mol 2015, 54; 58. Una concezione fondante dello 25

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

Barrett pertanto sintetizzava il suo pensiero sul termine asserendo come: “This essay also retains ‫ދ‬$HJ\SWLDFD‫ ތ‬as a conceptual category, albeit one requiring certain qualifications. Arguments against the existence of an emic category corresponding to ‫ދ‬$HJ\SWLDFD‫ތ‬should not be overstated... In this article, the term ‫ދ‬$HJ\SWLDFD‫ ތ‬describes material culture that makes emically recognizable visual reference to places, people, or cultural practices associated with Egypt”. Ecco invece quanto sostenuto dalla stessa studiosa circa il senso da attribuire a “egittizzante” nel lavoro citato: “7KLV DUWLFOH WKXV UHWDLQV WKH WHUP ұ(J\SWLDQL]LQJҲ IRU REMHFWV PDGH LQ ,WDO\ ZKRVH style, form, or iconography makes reference to parallels in Egyptian material culture. However, this XVDJH H[SOLFLWO\ DFNQRZOHGJHV WKDW ұ(J\SWLDQL]ingҲ is an etic term without a precise emic equivalent, and that ancient consumers may not necessarily have valued or recognized such distinctions”. Barrett quindi parrebbe non concordare appieno con Swetnam-Burland, specie nell'ultimo assunto, per la creazione di un’unica categoria includente reperti egizi giunti in contesti romani e oggetti romani diciamo per ora “ispirati” da uno “stile” egizio 30. Egittizzanti sarebbero, secondo l'autrice, oggetti creati in Italia di cui lo stile e/o la forma fanno riferimento alla cultura egizia. Quest'uso, sostiene poi, si richiama ad un aspetto etico (i.e. ottica scientifica) che non vedrebbe precisi equivalenti emici (i.e. ottica del nativo), dove cioè sarebbe pur possibile che gli attori sociali non necessariamente valutarono o riconobbero tale distinzione. Difatti, conoscere esattamente la percezione o la prospettiva antica di un Romano dell'epoca riguardo tali espressioni culturali, in mancanza di testimonianze dirette ed indiscutibili, resterebbe indimostrabile 31. Ogni caso andrà pertanto valutato singolarmente cautelandosi dal pericolo di trarre “ipotesi soggettive generalizzate” su prospettive emiche e ponendo la questione come un problema da indagare, non un’argomentazione a priori. Non può pertanto che concordarsi con Barrett con l’affermazione conclusiva che: “When asking whether ancient viewers would have recognized an object as alluding to ‘Egypt’, we need to consider not only that object’s iconography, but also the ways in which its context and material properties shaped encounters with viewers”. Infatti, solo per esempio, tra gli oggetti sopra elencati e provenienti come si è detto dal Tempio di Iside, sono presenti un ushabti (MNN 463) e una iscrizione di età tolemaica proveniente da Herakleopolis (MNN 1035), nello stesso tempio sono poi presenti, come noto, raffigurazioni isiache chiaramente attribuibili al contesto pompeiano (o scene nilotiche). È possibile che un Romano dell'epoca o meglio un frequentatore di tale culto, non comprendesse la differenza tra le due tipologie, che sono tra l'altro chiaramente distinguibili, se non altro perché gli affreschi eseguiti in loco ne determinano una netta differenziazione (non solo stilistica)? Ma detto ciò, al di là della produzione e della provenienza, come avrebbe interpretato un Romano del tempo in base alla sua cultura tali rappresentazioni? O meglio, pur considerandole di natura diversa le avrebbe forse ritenute causalmente associate? Se perciò potrebbe mettersi in dubbio l'esistenza di una categoria emica qui detta “aegyptiaca”, intesa come categoria concettuale, può sostenersi anche che il termine può descrivere la cultura materiale che avrebbe reso emicamente riconoscibili riferimenti visuali a luoghi, persone e pratiche associate all'Egitto. Tuttavia, essendo il punto di vista degli studiosi etico ovvero scientifico, resterebbe impossibile determinare una precisa componente emica (cioè in base all'ottica del nativo), e pertanto l’inclusione o meno di determinati reperti in tale tipologia (quale sia essa considerata) dipenderà dal grado di affinamento terminologico e teorico moderno e andrà comunque considerata non originaria. Si dovrà perciò necessariamente sostenere che pur non potendo spingersi nell'essenzialità della

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studio, e in parte ammissibile, è perciò la seguente: “A multitude of explanations concerning the Aegyptiaca of Pompeii shall be reached, depending on the way objects were produced, circulated, and used. However, this multivocality is not the product of an inherent ambiguity of meaning which allows a constant expansion; it possesses more precise meanings, which shall be revealed by means of the context in which the object was used”. (Mol 2015, 59). Un primo approccio circa alcune caratteristiche delle modalità di rappresentazione di tale tipologia di richiamo all'Egitto è poi compendiato in Mol 2013, 117-131. Mol 2017, 169-191. Swetnam-Burland 2007, 115-116. La stessa considerazione varrà per Mol 2015.

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Capitolo II - Riflessioni terminologiche e proposizione di un lessico comun

comprensione del dato emico fondante e caratterizzante una certa tipologia di oggetti, agli studiosi compete eticamente tentare di risolvere e categorizzare, appunto per mostrare i dati o i risultati scientifici, specie in vista di nuove fasi di studio. II.ǹੁȖȣʌIJȚĮțȩȢAegyptiacus, Aegyptiaca, Aegyptius: lemmi a confronto Di seguito proporremo alcune riflessioni circa lemmi di cui si è spesso accennato anche sopra per tentare di delinearne senso e possibilità attributive. Si inizierà col dire, seguendo il TLL, che l'aggettivo latino Aegyptiacus, a, um, deriverebbe GLUHWWDPHQWH GDO JUHFR ǹੁȖȣʌIJȚĮțȩȢ Ȓ ȩȞ Esso in greco intende propriamente “di o per gli Egiziani” (Cf. LSJ: of or for the Egyptians, Ath. 4, 15, etc.: ǹੁȖȣʌIJȚĮțȐ, IJȐ, title of works by Hellanicus and others, Id. 15, 679f, etc.; by Manetho, J. Ap., 1, 14) 32. L'aggettivo Aegyptiacus, appare per la prima volta in Gellio (Gell., 10, 10, 2): Apion in libris aegyptiacis... dicit, ed ancora in Capit., Cord, 34, 2: “titulum... addentes et Graecis et Latinis et Persicis et Iudaicis et Aegyptiacis litteris”. Etc... (Si veda TLL, 962-963). Il neutro plurale Aegyptiaca, orum, pur attestato, si ritroverebbe in contesti che si riferiscono tuttavia specie ad opere, ad es. libri aegyptiaci vel historia aegyptiaca (Si veda ad es. Flavio Giuseppe, Contra Apionem, 1, 73, 2 et 1, 91, 1 e ancora TLL, 962-963). Aegyptiacus, a, um, prevalentemente attestato in un lessico latino più tardo (o medievale) che propriamente classico, intenderebbe pertanto “egiziano”. Come si ritroverebbe ad es. già in Macr., Sat., 7, 13, 16: vel Etruscam vel Aegyptiacam opinionem sequatur. Ad un periodo più classico sembrerebbe invece meglio attestarsi l'aggettivo Aegyptius, ii, ovvero ³HJL]LDQR GHOO (JLWWR´ GHULYDQWH GDO JUHFRǹੁȖȪʌIJȚȠȢ Į ȠȞ (Cic., Nat. deor., 1, 82: “Quid igitur censes Apim illum sanctum Aegyptiorum bovem nonne deum videri Aegyptiis?”) 33. ,QWHUHVVDQWHSRLQRWDUHFRPHJLjLOJUHFRULVHUYDVVHODIRUPDǹੁȖȣʌIJ-ȓȦȢ per intendere “in stile egiziano”. Cf. D.C., 48, 30, (Vd. LSJ) 34. II.(JLWWRPDQLDHJLWWRILOLDHHVRWLVPR Per tornare quindi decisamente al tema principale di tale sezione si osserverà come il giudizio degli storici romani circa la cultura e i modi egizi, come lo era stato precedentemente sui costumi greci, non era certo dei migliori. Una negatività espressa da tali autori che vedeva nell'adesione a queste idee un allontanamento dal mos maiorum (Sen., Ep., 83, 25; 86, 4, etc...) ritenendo un modello teocratico proprio dell'Egitto faraonico e percepito come molto pericoloso nei confronti della Res publica che era agli antipodi di tale concezione (Tac., Ann., 13-16; Hist., 4; Agr., 44-45). Giovenale, Lucano e Properzio 35 non mancarono di mostrare una sorta di disprezzo verso la cultualità egizia, specie per la venerazione tenuta verso animali, piante (in particolare Juv., Sat., 15). Seneca e Cicerone paiono invece aver avuto concezioni più miti a riguardo. A causa di una storiografia siffatta, non pare difficile intendere come l'ingresso di mode, stili e culti egizi nell'Impero fosse giudicato una sorta di moda esotica, ed il fenomeno avvicinato ad un concetto molto diverso che è in fondo quello di “egittomania”. Pare perciò chiaro sulle orme di Humbert 36 dover necessariamente tener distinti i concetti di 32

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Così da intendersi anche in Plut. Caes. LV, 1. In Du Cange, si ritrova: Aegyptiaci. Gall. egyptiens, Bohemiens, Vagi homines, harioli ac fatidici, qui hac et illac errantes ex manus inspectione futura præsagire se fingunt ut de marsupiis incautorum nummos corrogent... Du Cange, et al., 1883-1887, t. 1, col. 115b. Si veda anche Apul., Met., XI, 11; 16. $OWUHIRUPHOHJDWHDTXHVWDUDGLFHVRQRDGHVǹੁȖȣʌIJȚ-ĮıȝȩȢ੒, imitazione degli Egiziani, Cf. Eust., Ad D.P., 391 et ǹੁȖȣʌIJȚ-ȐȗȦHVVHUHFRPHXQHJL]LDQRLHHVVHUHIXUER&I&UDWLQFI$UTh., 922; oppure “parlare egiziano”, Cf. Luc., Philops., 31; (Vd. LSJ, ǹੁȖȣʌIJȚȩȦWRPDNHOLNHDQ(J\SWLDQLHVZDUWK\ȤȡȩĮȞ&RP$GHVS Hsch). Si veda anche precedente Cap, I, 4. Humbert 1989.

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

egittomania, egittofilia e esotismo. L’egittomania sarebbe quindi la ripresa di elementi decorativi tratti dalla grammatica ornamentale egizia, adottati per creare opere che rispondono tuttavia alla sensibilità del tempo nel quale vengono realizzate e alle sue necessità. (Capriotti Vittozzi 2016, 15). Il termine si dovrà perciò riferire alla modifica (anche parziale) degli oggetti piuttosto che alla semplice copia di forme egizie, il che tende a creare nuovi e inediti significati non presenti negli originari egiziani 37. Come è stato sottolineato inoltre, specie nell'ambito archeologico o accademico il suffisso “mania” non deve essere inteso come dispregiativo, ma semplicemente rimarcare un riuso e una reinterpretazione di motivi o elementi egizi o egittizzanti in nuove prospettive38. Tale moda, presente anche in antico, è però attestabile specie nell’arte, nell'architettura occidentale specie tra il XVIII e il XIX sec. (ma ancora ben presente nel XX secolo), quasi in corrispondenza con la campagna napoleonica o ad es. l’apertura del canale di Suez. Il termine “egittomania” può considerarsi poi incluso in un linguaggio scientifico almeno a partire dal celebre studio di De Vos 39, che pare considerarne l'insieme in un certo senso come estraneo al culto isiaco 40, pur definendo le rappresentazioni trattate nel suo catalogo come “figure egittizzanti”. Ziegler, in occasione della mostra Égyptomania. L’Égypte dans l’art occidental, tenutasi a Parigi nel 1994, ha poi riletto la presenza di motivi egizi nel mondo romano in una prospettiva primariamente decorativa 41, mentre altri studiosi, come S. H. Aufrère, consideravano i richiami egizi nell’Italia romana come rispondenti a semplice curiosità esotica 42. Ma, come hanno mostrato molti studi, è chiaro che la presenza egizia nella cultura romana non possa essere considerata solo “egittomania”, dato che tali attestazioni non si presentano solamente come una moda superficiale e non sono frutto (o evoluzione) di una conoscenza storica sconosciuta in tal caso dai Romani 43. Se il termine “egittomania” potrebbe pertanto essere utilizzato solo per alcune limitate manifestazioni dell’interesse romano per l’Egitto, anche l’“egittofilia” potrebbe essere riconosciuta nell’ambiente romano. In essa si identificherebbe pertanto un interesse per la cultura faraonica che condusse filosofi e intellettuali a viaggiare in Egitto, a studiarne gli usi, a collezionarne gli oggetti, a entrare in contatto con i rappresentanti di quella antichissima cultura, come ad esempio i sacerdoti 44. Circa il termine Egittomania lo stesso Malaise ricordava poi: “Comme l’a montré Jean-Marcel Humbert 45 ce terme [scil. Aegyptomania] est à réserver au domaine de l’art et représente un travail de recréation, avec la sensibilité d’une époque, et le désir d’une réutilisation autre qu’à l’origine. Dans cette perspective, la première page de l’égyptomanie est la confection de monuments égyptisants dans l’Italie antique, qui, avec le temps, vont se marquer d’un certain réalisme romain” 46. Eppure, credo che si possa meglio proporre quanto segue. Se si può concordare nel sostenere che Egittomania indichi “ripresa di elementi decorativi tratti dalla grammatica ornamentale egizia, adottati per creare opere che rispondono tuttavia alla sensibilità del tempo nel quale vengono 37

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“Egyptomania refers rather to the modifying rather than simply copying of Egyptian forms, often providing new symbolic meanings never inherent in the Egyptian originals”. C. Lupton, 2013, s.v., Egyptomania, 2340-2343. Si veda inoltre, Fritze 2016. Colla 2007. Si veda Leclant, 1997, 27. De Vos 1980. Su tale punto si veda anche Malaise 2007, 34. Con cui si concorda comunque nell'inserire gli esempi di processioni isiache in un quadro cultuale. De Vos 1980, nn. 20, 35-45. Ziegler 1994, 15-20. Vd. in gen. Humbert, Pantazzi, Ziegler 1994. Humbert, 1994, 21-26.Vd. anche Capriotti Vittozzi 2000, 121-139. Aufrère 1997, 25-40. Si veda anche Petersen 2016. In part. 17-56. Si veda anche Capriotti Vittozzi 2013, 32. Per parlare della diffusione di elementi egizi o egittizzanti, la stessa autrice parla di “egianizzazione”. Capriotti Vittozzi 2013, 105. Humbert 1988, 25; Humbert 1994, 21-25. Vd. anche Ashton 2004.

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Capitolo II - Riflessioni terminologiche e proposizione di un lessico comun

realizzate e alle sue necessità” (Humbert 1989 47), assieme ad opere egittizzanti dovrà includersi nello stesso periodo romano anche l'accezione di egittomania. Ma un'opera egittizzante non andrà sempre classificata come espressione di egittomania dato che con quest'ultimo termine si dovrà intendere un prodotto spesso sconnesso e slegato del suo primario significato (o allusione) che lo connetteva al culto (o a pratiche e modalità anche solo culturali richiamanti l'Egitto). In un certo senso, il termine egittomania andrebbe piuttosto collegato alla moda per l'Egitto (slegato dal suo senso primario) che si sviluppò specialmente nei secoli successivi, tra il XVIII e il XIX secolo, ma dato che già nel periodo romano si potrebbero attestare, pur con ragionevoli dubbi, alcuni casi che richiamerebbero a tale modalità interpretativa, parrebbe congruo poter definire egittomania come una evoluzione tesa al progressivo svuotamento di quei legami cultuali e rimandi nei confronti dell'Egitto, ovvero di ciò che invece sottintende il termine egittizzante. Date perciò tali riflessioni, il concetto di egittomania, da intendere come sfumatura e modalità consequenziale e in un certo senso passivo rispetto al più dinamico concetto di egittizzante, non è detto che non sia potuto concettualmente esistere od in parte essere già presente nel mondo romano, come testimonierebbero alcuni casi, anche se specie a causa della prossimità delle due azioni logiche non sempre sarà possibile definirne pienamente o rimarcare i limiti differenziali di essi 48. II.4. Definizioni e proposizione di un lessico tecnico comune Dopo questo attento e aggiornato status quaestionis su tale punto che tiene a ragione conto della pur non poca bibliografia edita e dei vari dibattiti tenutisi e ancora in corso, si proporranno di seguito delle riflessioni terminologiche nel tentativo di fornire un lessico quanto più definito entro il quale tale ricerca intende muoversi e che alla luce delle varie opinioni a riguardo, vorrebbe cercare di creare e circoscrivere coscienziosamente un lessico comune per gli studiosi impegnati in tali tematiche d'indagine plurale. 6L SDUWLUj GDO SULQFLSLR &RPH VL q DYXWR PRGR GL GLUH ǹੁȖȣʌIJȚĮțȩȢ Ȓ ȩȞ LQ JUHFR LQWHQGH propriamente “di o per gli Egiziani”, è da esso che deriva l'aggettivo latino Aegyptiacus, a, um. Nel greco (specie tardo) l'aggettivo e così definito e riferito al popolo egiziano (una rapida ricerca su TLG confermerebbe tale impressione). Eppure in latino il lemma Aegyptiacus subisce, pur mantenendo di fondo un senso più generico, una sorta di specializzazione che porterebbe ad indicare specie opere di autori, e ciò è più vero se si parla della forma al neutro plurale Aegyptiaca, orum (come è riscontrabile in TLL). Nel periodo classico sembrerebbe però più comune l'uso di Aegyptius, ii, ovvero “egiziano, GHOO (JLWWR´ GDOJUHFRǹੁȖȪʌIJȚȠȢĮȠȞ PDAegyptii, orum, Egiziani, mentre Aegyptiacus, a, um, parrebbe prevalentemente attestato in un lessico latino più tardo. Erodoto infatti per definire questa tipologia di oggetti egizi d'importazione usava il termine ǹੁȖȪʌIJȚȐ ȆİȡıȑȦȞȝȑȞȞȣȞȠੂ ȜȩȖȚȠȚĭȠȓȞȚțĮȢĮੁIJȓȠȣȢijĮı੿ ȖİȞȑıșĮȚIJોȢįȚĮijȠȡોȢIJȠȪIJȠȣȢȖ੹ȡਕʌઁ IJોȢ ਫȡȣșȡોȢțĮȜİȠȝȑȞȘȢșĮȜȐııȘȢਕʌȚțȠȝȑȞȠȣȢਥʌ੿ IJȒȞįİIJ੽ȞșȐȜĮııĮȞțĮ੿ ȠੁțȒıĮȞIJĮȢIJȠ૨IJȠȞIJઁȞ Ȥ૵ȡȠȞ IJઁȞ țĮ੿ Ȟ૨Ȟ ȠੁțȑȠȣıȚ Į੝IJȓțĮ ȞĮȣIJȚȜȓૉıȚ ȝĮțȡૌıȚ ਥʌȚșȑıșĮȚ ਕʌĮȖȚȞȑȠȞIJĮȢ į੻ ijȠȡIJȓĮ ǹੁȖȪʌIJȚȐIJİțĮ੿ ਝııȪȡȚĮIJૌ IJİਙȜȜૉ ਥıĮʌȚțȞȑİıșĮȚțĮ੿ į੽ țĮ੿ ਥȢਡȡȖȠȢ +GW  “I dotti persiani affermano che i responsabili della contesa furono i Fenici. Costoro giunsero in queste nostre acque provenienti dal mare chiamato Eritreo; insediatisi nella regione che abitano tutt’oggi, subito, con lunghi viaggi di navigazione, presero a fare commercio in vari paesi di prodotti egiziani ed assiri, e si spinsero sino ad Argo”. Se inoltre, come è stato fDWWR QRWDUH LO JUHFR ULVHUYDYD OD IRUPDǹੁȖȣʌIJ-ȓȦȢ SHU LQWHQGHUH ³LQ stile egiziano”. (Cf. D.C., 48, 30. Vd. anche LSJ), non sembrerebbe tuttavia attestarsi un diretto parallelo latino (eccettuatasi una formazione parafrasale). 47 48

Vedi anche Vittozzi 2013, 30. Un esempio di egittomania romana potrebbe in fondo ritrovarsi ad es. nel supporto bronzeo per tavolo con sfinge su base, MNN 130860, proveniente dalla Casa dell'Ara Massima (VI,16,15,0G,TrN).

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

Per tornare ad un punto di vista archeologico, il contesto di rinvenimento parrebbe pertanto essenziale per una prima differenziazione. Il lemma greco Aegyptia potrebbe anche essere generalmente adoperato per opere egiziane su suolo egizio (ossia, oggetti originali rinvenuti in Egitto). Erodoto infatti denomina prodotti provenienti e perciò presenti in Egitto in tal modo, volendo definire le produzioni proprie di quella terra che ai suoi tempi erano anche commercializzate. Data però la forte e ormai ineliminabile presenza del termine aegyptiaca nei più vari contesti andrà poi congetturato quanto segue. ǹੁȖȣʌIJȚĮțȩȢ Ȓ ȩȞ GD FXL Aegyptiacus, a, um dovrà generalmente intendersi come “egiziano” (specie detto e riferibile agli Egiziani). Seguendo tale schema al termine Aegyptiaca (che potrebbe parafrasarsi quasi come “soggetti e/o oggetti egiziani”) andrebbero allora riferiti tutti quei prodotti d'importazione (primariamente dall'Egitto e anche dal Sudan 49) e che sono stati rinvenuti fuori da tali originarie zone (come ad es. nell'occidente romano) indipendentemente dal contesto e dal valore culturale attribuito dai moderni. A tale delimitazione geografica dovranno tuttavia aggiungersi ulteriori caratteristiche. Tale tipologia infatti dovrà essere includibile per stile, forma e modi nei periodi di caratterizzazione della civiltà egizia, comprendendo perciò le produzioni dell'Antico Egitto (dal Periodo Protodinastico al Periodo Tardo, ovvero 3000-332 a.C.; il periodo ellenistico (332-31 a.C.) ed in parte anche quello romano) 50. Seguendo tale definizione, se proprio si vorrà conservare, la categoria dei cosiddetti “Pharaonica” che Malaise considerava “véritables aegyptiaca, comme des statues pharaoniques, ont été découverts dans des sanctuaires isiaques”, potrebbe intendersi come una sorta di specializzazione più che di Aegyptiaca di Aegyptia. La limitazione contestuale di Malaise, come si è visto, creava seri problemi concettuali, in quanto i Pharaonica (véritables aegyptiaca) sarebbero da includere negli aegyptiaca (definiti: des objets introduits, quelle que soit l’époque, en dehors de toute référence au circuit isiaque). A giusto completamento di Aegyptiaca, interverrebbe pertanto il termine o concetto di “egittizzante”, che non si ritiene assolutamente un peggiorativo, come invece sostenuto da Swetnam-Burland, che include il termine in quello di Aegyptiaca, che si sostiene comprendere artefatti egiziani immessi in nuovi contesti romani e “creazioni” romane ma di stile egizio. Il termine “egittizzante” con le sue varie forme derivate e presenti nelle principali lingue europee egyptianizing, égyptisant, etc..., potrebbe primariamente intendersi, una operazione modulare, riferibile ad oggetti, pitture e ornamenti creati principalmente fuori dall'originario contesto egizio, e che si richiamano ad uno stile, ad una forma o tipologia che presenterebbe corrispondenze (e somiglianze o caratterizzazioni chiaramente distinguibili51) verso quanto possa essere definibile cultura ideale e materiale egiziana 52. Ecco quindi in genere che produzioni locali, ad esempio italiche (realizzate ad es. in marmo italiano), anche nel caso limite, e cioè eseguite da artisti egizi o di cerchie e formazione egizia 53, non possono che rientrare nella categoria egittizzante 54. Dato che non si tratterebbe di opere originariamente egizie e perciò importate, ma opere realizzate fuori contesto, le stesse si richiamerebbero infatti ad un periodo, stile o forma precedente, il che è discriminante, in quanto pur non parlando di copia o imitazione è necessario sostenere un qualche grado di emulazione, 49 50

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Ovvero materiali egiziani provenienti dall'Egitto faraonico, tolemaico e romano. In quest'ultimo intendendo ancora attiva una certa produzione interna. Eviterei pertanto di includere, come fa Malaise 2007, 34, in tale categoria anche oggetti egittizzanti, prodotti in alcune specifiche zone fuori dall'Egitto e Sudan, inquadrandoli in una ulteriore tipologia. Ispirandosi perciò principalmente ad una ideale modalità di rappresentazione (specie dell'Egitto nel periodo faraonico o ellenistico). Includendo anche opere di contenuto ispirato all'Egitto ma attuate secondo modi figurativi ellenistico-romani. Vd. anche Del Francia 1991, 146. Che Vittozzi considera egiziane. Vittozzi 2013, 32-33. Sviluppando tale concetto ci si troverebbe a valutare anche una sorta di interpretazione egiziana che alcuni aspetti del pensiero greco assumono in Egitto e che sono poi introdotti altrove come categorie ideologiche.

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Capitolo II - Riflessioni terminologiche e proposizione di un lessico comun

necessario ad una caratterizzazione e ciò non può che essere caratteristico di una inedita tipologia che va tuttavia allontanata e differenziata dal senso di aegyptiaca 55. Le scene nilotiche o nilotica (per cui potrebbe anche non essere necessario creare un'altra tipizzazione), le pitture pompeiane che si richiamano a culti isiaci, solo per fare un esempio, non rientrerebbero in fondo che in tale tipologia, ovvero egittizzante 56. Per meglio definire le varie casistiche terminologiche, assieme al contesto di rinvenimento, che rappresenta solo un dato parziale degli oggetti/soggetti, andranno pertanto tenuti presenti la provenienza (ovvero se un oggetto sia stato creato in Egitto e/o Sudan, o in un’area esterna a questa), la produzione (ossia se si tratti di un originale egiziano, o di un prodotto d'imitazione ovvero egittizzante), e la funzione (cioè se abbia una connotazione cultuale o culturale nel suo utilizzo finale, a prescindere dall’utilizzo con cui era stato prodotto in origine). Ci si troverebbe così davanti ad alcune casistiche per cui potrebbero anche proporsi delle definizioni in ragione a quanto argomentato sopra: - un oggetto originale egizio prodotto/trovato in Egitto, di natura culturale (Aegyptia) o cultuale (volendo anche Pharaonica 57?); - un oggetto originale egizio trovato fuori dall’Egitto, con funzione culturale (Aegyptiaca) o cultuale (per specifiche opere anche Isiaca?); - un oggetto d'imitazione trovato fuori dall’Egitto, con funzione culturale (egittizzante) o cultuale (per cui se ne evidenzierà l'eventuale uso o interpretazione, facendolo ad ogni modo rientrare in tale tipologia). Qualora il contesto sia pertanto ad es. quello pubblico o domestico (ma pur sempre in un contesto di religiosità privata), potrebbe anche non necessitarsi di un'ulteriore terminologia ove la sua funzione cultuale venga puntualmente rimarcata 58. Pare evidente quindi che si debba, come si è detto, raggiungere un compromesso terminologico, che provi a coniugare differenti prospettive, giungendo ad una terminologia che sia il più possibile condivisa e metodologicamente verificabile. Di seguito propongo dunque un prospetto terminologico riassuntivo che tenga conto delle ricerche storico-linguistiche effettuate e che sintetizzi quanto sopra esposto. Tale sintesi terminologica sarà così tenuta presente e adoperata nel corso del presente studio.

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Si è già avuto modo di trattare la questione della concezione emica ed etica riguardo tali caratterizzazioni. Ma come già detto, allo studioso compete un'ottica scientifica nella quale si dovrà cercare di includere ed escludere forme e tipologie al fine di fornire una quanto più oggettiva rappresentazione valutabile di dati espositivi ed ulteriormente accrescibili e indagabili. Inoltre, l'asserzione di Malaise: “Nous préférons donc baptiser pareilles compositions du nom de nilotica, même si certaines d’entre elles, assez naturellement, se conjuguent avec des contextes isiaques...”, potrebbe portare alla seguente riflessione: opere egizie ritrovate in ambito cultuale isiaco dovrebbero essere per l'autore specificatamente definite pharaonica, mentre scene nilotiche in contesti isiaci continuerebbero ad essere comunque dette nilotica. Andrebbero poi menzionate a parte alcune testimonianze epigrafiche o figurative della presenza di edifici connessi a culti egiziani, ma di cui non è stata rinvenuta traccia sul terreno. Vd. anche Del Francia 1991, 146. Dato che con tale termine potrebbe anche richiamarsi l'idea di un diretto riferimento alla cultualità divina come noto annesso al culto faraonico dell'Antico Egitto, proseguito con i Tolemei e poi ancora con lo stesso Augusto. Gasparini 2009, 487, proponeva che il termine isiaca potesse essere utilizzato giustapposto a categorie più generali per precisarne le caratteristiche cultuali. Tale aggiunta terminologica non parrebbe entrare in contrasto con altre categorie e volendo resterebbe una specificazione pur adottabile, che tuttavia parrebbe meglio specificare.

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

Fig. 2.1. Prospetto terminologico riassuntivo Tipologia

Aegyptia

Significato

ǹੁȖȪʌIJȚȠȢ, Į, ȠȞ (egiziano, dell'Egitto)

Sinossi

Altre tipologie includibili (sottoinsiemi complementari60)

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Aegyptiaca Di o per gli Egiziani (LSJ dal gr. ǹੁȖȣʌIJȚĮțȩȢ, Ȓ, ȩȞ), ovvero egiziano (proveniente dall'Egitto).

Egittizzante Non propriamente egiziano.

Egittomania Moda dell'Egitto. Attestabile specie nell’arte e nell'architettura occidentale tra il XVIII e il XIX secolo.

Opere egiziane su Prodotti Produzioni Ripresa di elementi suolo egizio (ossia, d'importazione (principalmente decorativi tratti dalla oggetti originali (primariamente realizzate fuori grammatica rinvenuti e presenti dall'Egitto) che sono dall'originario contesto ornamentale egizia, in Egitto) stati rinvenuti fuori da egizio) e imitanti o adottati per creare tali originarie zone e emulanti quanto può opere che rispondono possono includersi nella tuttavia alla sensibilità cronologicamente e definizione di cultura del tempo nel quale tipologicamente essere ideale e materiale vengono realizzate e distinti. egiziana (verso cui alle sue necessità presentano (Humbert 198959). caratteristiche riconoscibili). Isiaca: Nilotica (Malaise): Pharaonica: Specifiche opere egizie Opere raffiguranti il Opere egizie (prodotte in Egitto) (trovate fuori d'Egitto) paesaggio della terra del nell'ambito dei culti nell'ambito dei culti Nilo con i suoi abitanti, la sua flora e fauna egizi, in santuari sia isiaci, in santuari sia pubblici che privati62. caratteristici. pubblici che privati61. Hieratica63: Immagini e simboli che si propongono di imitare più formalmente lo stile, i modelli e le architetture dell’Antico Egitto.

Vd. anche Vittozzi 2013, 30. Tra esse si è cercato, sulla scorta degli studi precedenti, di valutare ed includere anche altre tipologie: Pharaonica e Isiaca (prettamente nel contesto cultuale) e Nilotica. Va da sé che tali sottoinsiemi rientrano e fanno parte delle tipologie maggiori a cui si è cercato di attribuire un senso che fosse quanto più cronologicamente e accademicamente corretto considerati anche i precedenti studi prodotti, ma di cui si potrebbe anche fare a meno includendo o specificando le funzioni cultuali o culturali all'interno delle tipologie maggiori. Sviluppando Gasparini 2009, e reinterpretando Malaise che intendeva, come detto, ritrovamenti effettuati presso contesti cultuali isiaci fuori d'Egitto. Anche se il termine non allude direttamente a contesti cultuali si potrebbe dire che esso richiami ai sovrani dell'antico Egitto, che divinità impersonate esse stesse tutelarono pur variamente le altre divinità del pantheon egizio. Se Malaise aveva voluto intendere “isiaca” con oggetti egizi a soggetto o tema isiaco, lo stesso termine potrebbe, sviluppando Gasparini 2009, 483-487, anche essere utilizzato giustapposto ad una categoria più generale (come in tale caso specifico) per precisarne le caratteristiche cultuali. Circa una prima differenziazione di varie accezioni di “egizianismo” all'interno di culti isiaci si veda ora anche Gasparini, Gordon 2018, 571-606. Per alcuni differenti concetti culturali di “Egitto”, si veda ancora Versluys 2010, 7-38. Dal lat. hieratƱcus, gr. ੂİȡĮIJȚțંȢ, der. di ੂİȡ੺ȠȝĮȚ «esercitare il sacerdozio», da ੂİȡંȢ «sacro». Per estensione: improntato a un senso grave e solenne (di sacralità o devozione). Con tale termine si vuole evitare l'ambiguità che vi sarebbe chiamando tale categoria “pharaonica”, oggi pur largamente utilizzato per distinguere questo filone.

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Capitolo II - Riflessioni terminologiche e proposizione di un lessico comun

II.5. Note concluVLYHDOOD6H]LRQH,SDUWHSULPD Nella prima parte di questa sezione partendo dalla conoscenza storica e dalle fonti riguardanti i contatti e le relazioni tra Egitto e Roma si è cercato di fornire anche un breve quadro contestuale delle vicende politiche avvenute, accennando come, specie in età imperiale, la diffusione dei culti orientali e soprattutto egizi, avesse trovato mutevole accoglienza presso gli Imperatori, mentre continuava a trovare fortuna in primis nei ceti medio-bassi ma non solo. La terra d'Egitto suscitò incredibile attrazione per la cultura greca e latina, divenendo spesso anche fonte primaria di civilizzazione e di dottrine tecnico-filosofiche. Una prima messa a punto della ricezione dell'Egitto nelle fonti classiche ha permesso così di comprendere le sue alterne vicende e influenze letterarie (o opinioni personali) decretandone successi ma anche abbandoni e in un certo periodo persino rifiuti, dato l'incorporamento nell'Impero romano. Ma a tale parvenza letteraria ne corrisponderebbe anche la pratica diffusione del culto isiaco che specie dall'età ellenistica venne in seguito a diffondersi in tutto l'Impero, favorendo la costruzione di santuari pubblici e privati, e trovando proseliti tra diverse classi sociali, come dimostrerebbero anche le fonti epigrafiche. Passando così ad un punto di vista più pratico, nel corso degli anni e degli studi, è stato possibile rilevare come spesso l'impiego di una differente terminologia specie circa gli oggetti egizi o egittizzanti avesse in fondo portato a divergenze interpretative, lasciando ancora da approfondire essenziali problematiche. Pertanto, attraverso attente riflessioni terminologiche, che tenessero conto della storia degli studi, si è tentato di considerare e definire un lessico comune, che ponendo cura alla diversità interpretativa e funzionale di tali rinvenimenti, possa così essere adoperato da chi decida di dedicarsi e impegnarsi in tali ricerche. II.6. Propositi della presente indagine Nella parte prima della prima sezione “Dal contesto storico alla riflessione terminologica”, si è inteso brevemente fornire e mettere in rilievo le basi storiche circa i contatti e le relazioni tra Egitto e Roma, mostrando successivamente come spesso tra accademici e studiosi l'impiego di una dissimile terminologia specie riguardante gli oggetti egizi o egittizzanti avesse portato non solo a varie divergenze interpretative, ma lasciato ancora aperte questioni piuttosto sostanziali. Prima tuttavia di passare alla seconda parte di tale sezione, che può considerarsi il cuore di questo studio, si dovrà ribadire come l'intento principale di questa indagine sia principalmente da inquadrare e legare alla volontà di disporre ordinatamente e fornire per la prima volta in un unico luogo un esaustivo ed aggiornato corpus dei soggetti e dei reperti egizi ed egittizzanti presenti nel territorio pompeiano. Procedendo innanzitutto col delimitare un perimetro d'indagine per lo studio, un primo risultato da raggiungere riguarderà la specifica raccolta dei dati materiali, attraverso il controllo e l'analisi sistematica di tutte le pitture, i frammenti di pittura e i reperti di carattere egizio e egittizzante (in situ, nei depositi pompeiani, presso il MANN e i suoi depositi 64). Basandosi su tale essenziale corpus di dati (che in qualità di appendici (da A1 ad A8) correderanno la parte finale della sezione II 65) si tenterà pertanto di indagare, definire e valutare per la prima volta in maniera piuttosto omogenea interpretazioni e contestualizzazioni circa tale particolare tipologia di soggetti. Anzitutto 64

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Un breve ma necessario inquadramento storico degli scavi di Pompei e della nascita del Museo Borbonico argomentando degli archivi e degli inventari storici ivi preservati sarà inoltre fornito ad inizio della Sezione II, redigendo un primo prospetto riguardante la complessa storia della collezione egiziana del Museo Archeologico Nazionale di Napoli con attenzione specie ai rinvenimenti pompeiani confluiti e di seguito conservati al MANN (esposti e depositi) e a Pompei (in situ e depositi) che saranno inoltre oggetto della prossima parte. Tali dati, come avremo modo di vedere anche nelle successive sezioni di questo stesso lavoro, restano difatti essenziali per giungere ad una più approfondita conoscenza non solo storica dei reperti stessi. Cui sarà premesso un prossimo capitolo intitolato “L'Egitto a Pompei. Tra gli archivi e i depositi”.

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

ci si propone di stimare distribuzione e ripartizione dei soggetti e degli stili, dei soggetti per ambiente, valutando due casi o esempi di possibili associazioni tra culto isiaco o rappresentazioni egittizzanti e dionisismo. Come peculiarità dei soggetti si intende inoltre indagare più nello specifico le scene di carattere nilotico presenti a Pompei (Nilotica pompeiana) offrendo una accurata panoramica delle scene nilotiche nel contesto pompeiano tramite descrizioni analitiche e progressive di ciascuna scena. Potranno così delinearsi analisi dei contesti e ricerche sulla distribuzione dei soggetti individuati per domus e ambiente e sulla percentuale di frequenza e distribuzione delle scene nei contesti di rinvenimento ri-valutando inoltre l'inclusione e associazione di queste stesse a giardini e strutture riguardanti acqua e pasti. Attraverso le indagini sui reperti egizi ed egittizzanti provenienti dal contesto pompeiano potrà così argomentarsi della loro entità e distribuzione, approfondendo più specificamente i reperti di attribuita o attribuibile provenienza pompeiana conservati al MANN e menzionati nel Sottoconto Egizi e i reperti provenienti da Pompei e oggi conservati presso i depositi di Casa di Bacco. Grazie a tali indagini ci si propone pertanto di mostrare e fornire delle prime e inedite correlazioni tra affreschi e reperti, valutandone dinamiche e contesti (attraverso alcuni exempla). A tali evidenze specifiche dovranno accompagnarsi ulteriori elementi d'approfondimento più generale riguardanti il contesto e le modalità in cui queste tendenze ebbero a prosperare considerandone le particolarità culturali (e cultuali) che esse avrebbero in parte rappresentato, lasciando inoltre spazio ad una riflessione circa prossime prospettive d'indagine.

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SEZIONE I Parte seconda Soggetti e reperti egizi ed egittizzanti nel contesto pompeiano Capitolo III Indagini sui soggetti e motivi egizi ed egittizzanti nel contesto pompeiano: pitture murali e mosaici. Un primo prospetto d'insieme. III.1. Preambolo Forte Puteolanum sinum praetervehenti vectores nautaeque de navi Alexandrina, quae tantum quod appulerat, candidati coronatique et tura libantes fausta omina et eximias laudes congesserant, per illum se vivere, per illum navigare, libertate atque fortunis per illum frui. Qua re admodum exhilaratus quadragenos aureos comitibus divisit iusque iurandum et cautionem exegit a singulis, non alio datam summam quam in emptionem Alexandrinarum mercium absumpturos. (Svet., Aug., 98). Trovandosi [scil. Augusto] per caso a passare per la baia di Pozzuoli, i passeggeri e i marinai di una nave di Alessandria, che aveva appena attraccato, e che indossavano vesti bianche e col capo cinto da corone mentre bruciavano incensi, lo avevano riempito di presagi favorevoli e splendide lodi. Era merito suo se essi potevano vivere, navigare e a lui dovevano la libertà e la prosperità di cui godevano. Rallegratosi molto di ciò egli distribuì a ognuno che era al suo seguito quaranta monete d'oro e pretese che ciascuno gli desse assicurazione con solenne giuramento che tale denaro fosse speso unicamente nell'acquisto di merci da Alessandria.

Con la conquista da parte di Ottaviano dell'Egitto si incentivò e in un certo senso si normalizzò l'introduzione a Roma e nell'Impero di taluni elementi dell'Egitto faraonico e tolemaico. L'artigianato artistico egittizzante presente nella corte imperiale romana attraverso dipinti, oggetti, decorazioni e giardini, come dimostrerebbe anche il precedente passo riportato da Svetonio fu difatti estremamente fiorente durante il periodo di Augusto 1. All'interno delle pitture con motivi ornamentali ellenistico-alessandrini, sono storicamente attestati elementi egittizzanti in contesti floreali (o fitomorfi) proto-augustei i quali successivamente saranno anche ripresi in decorazioni di epoca neroniana e flavia. Un'opera che pare aver diversamente influito sulla pittura romano-campana fu inoltre molto probabilmente la cosiddetta Mensa Isiaca (in metallo), di probabile provenienza alessandrina e oggi al Museo Egizio di Torino, in cui si vedono riprodotti oltre alla scena centrale, anche i marginali ornamenti grotteschi e vegetali. I lati lunghi della cornice sono poi ornati da maschere di Bes in un fregio di loti, rosette a otto petali, rosette composite o circoscritte, fra volute simmetriche, come spesso è stato riscontrato in diverse pitture proto-augustee di provenienza romana 2. Tali elementi di cornice rappresenterebbero secondo alcuni, un raro esempio della fusione completa tra elementi faraonici ed ellenistici 3. Peraltro, la vegetalizzazione di figure egittizzanti, 1 2

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Si veda inoltre la testimonianza di Seneca, Sen., Ep., 17. De Vos 1980, 63. L'inserimento di maschere in ornamenti fitomorfi parrebbe tipico della pittura di eta augustea. Si vedano i fregi floreali dipinti nella Villa della Farnesina, che paiono ispirati a prototipi alessandrini simili a quelli della Mensa Isiaca. “Le maschere in fregi floreali, presenti nella ceramica dipinta del IV secolo a.C. nella Magna Grecia, da lì avranno preso la strada di Alessandria: come tanti altri motivi e classi di materiale. Fregi floreali con maschere derivate da teste di Bes, si trovano nell'architettura come nella pittura della prima eta imperiale, nella cornice stuccata della tomba augustea di L. Cellius (necropoli di Porta Nocera, Pompei), nel fregio marmoreo della Fonte di Giuturna al Foro Romano (del restauro tiberiano o claudio) e nel tablino della Casa di Lucretius Fronto a Pompei della prima

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

pur poco attestata nelle figure dell'Egitto faraonico, sembrerebbe invece una caratteristica segnante pitture d'ispirazione alessandrina (come ad es. quelle della Villa della Farnesina). Per comprendere meglio tali questioni resterebbe tuttavia essenziale una più approfondita conoscenza delle condizioni socio-culturali delle mode e degli stili prodotti e “esportati” da Alessandria e Roma specie nel periodo proto-imperiale, che permetterebbe di esplorare tempi e modi dell'introduzione di tali modelli specie nei pur compositi dipinti del terzo stile presenti nel Lazio e in Campania 4. Difatti, pur afferendo poche volte a complessi di spiccata natura religiosa o cultuale, tali rappresentazioni dove sono presenti anche divinità egizie, parrebbero spesso non essere legate specificamente al culto isiaco. Spesso connessi ad ambienti di corte (o alle classi dirigenti d'età proto-imperiale), tali quadretti faraonici (o meglio ieratici) richiamerebbero principalmente una sorta di gusto per l'esotico 5. Una moda che pare attestata nella stessa Roma dalla Piramide Cestia, dall'erezione attorno al 10 a.C. dell'obelisco del Campo Marzio (urbanizzato su modello alessandrino) e collocato come gnomone dell'Orologio di Augusto, solo per fare alcuni esempi. Una presenza, il più delle volte ornamentale, che intenderebbe anche mostrare, specie nelle domus, una funzione di collezionismo e abbellimento domestico (con pitture ed oggetti), nonostante le pur note persecuzioni al culto isiaco volute da Agrippa e Augusto attorno al 20 a.C. Resterebbe così interessante far notare come al di là dell'annessione dell'Egitto dopo Azio (31 a.C.), riflessi egittizzanti fossero già presenti ed attestabili almeno vent'anni prima in diversi ambienti della corte romana: le pitture della Casa di Livia, dell'Aula isiaca, del piano superiore della domus di Augusto e della già menzionata Villa della Farnesina tutte risalenti alla fase II b del secondo stile non sono che degli esempi, di cui si dirà ancora di seguito. Del resto, nell'ambito ellenistico richiami egittizzanti dovevano essere già presenti alla fine del II a.C. come si è in parte già messo in evidenza discutendo dei paesaggi nilotici di Palestrina e nell'atrio della Villa dei Misteri databile al I a.C. (che pur rappresenterebbero due distinte ma affini tendenze), nei paesaggi popolati da pigmei, nei fregi parodistici e nella strutturazione architettonica di alcune pareti del II stile con motivi di spiccata tendenza orientale e specie alessandrina 6. Ad ogni modo, dal punto di vista iconografico la pittura cosiddetta architettonica del II stile parrebbe intesa piuttosto come di rappresentanza, suggerendo specie facciate di monumentali edifici ellenistici, mentre pitture nilotiche e scene o fregi con pigmei, facendo forza sul senso caricaturistico 7, avrebbero rappresentato per i committenti romani una sorta di evasione dalla quotidianità normativa verso una sorta di esotismo (pur senza mancare di lasciare intravedere altri aspetti). Ad ogni modo, potrà sostenersi come l'introduzione del sistema decorativo di terzo stile sia stato

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età claudia. Teste di Bes in serie figurano nei fregi dei templi tolemaici, come a Denderah, e nella toreutica coeva....”. De Vos 1980, 64. Per una disamina di questi elementi in relazione alla Casa del Fauno e circa la presenza di elementi egittizzanti nella produzione d'età romana si veda inoltre Del Francia 1986, 261-285; Del Francia 1991, 145-158. Dalla fine della Repubblica gli scambi commerciali tra Alessandria e l'Italia parrebbero attestati anche dalla numerosa presenza di egiziani su territorio italico. Oltre a Germanico, che visitò l'Egitto nel 19 d.C., almeno da Antonio in poi diversi aristocratici romani erano possidenti di vasti appezzamenti terrieri in Egitto. Per un primo contesto sulla questione delle ousiai si veda ad es. anche Parassoglou 1978. “I quadretti faraonici (nn. 1-13) mostrano figure distanziate in serie paratattiche o gruppi simmetrici, con al centro un oggetto o idolo: imitandone bene l'impostazione generale dettata dai canoni millenari dell'Egitto... Nel caso dei quadretti faraonici, la secolarizzazione e cosi sistematica: collana usekh tramutata in coprispalle, vesti pieghettate rese come lembi aliformi, acconciature e copricapi faraonici ridotti a semplici loti, barba finta raffigurata come naturale, da far supporre la mana di un solo pittore o la circolazione di modelli già alterati fra i pittori decoratori romano-campani”. De Vos 1980, 89-90. Diversi modelli di pitture egittizzanti potrebbero persino provenire da alcuni papiri illustrati, come si è in parte potuto dimostrare per la parte zoologica del mosaico di Palestrina (Adornato 2008, 224-245) per certe scene erotiche (Weitzmann 1947, 66-68; Omlin 1973); per la satira animalesca (Kenner 1970, 8-17, 38, 52, 55-56), ed altri casi, come ad es. Smith 2010, 211-221, che discute circa un papiro egizio oggi al Cairo che riporta un disegno architettonico del III a.C., ovvero, una costruzione tabulare sostenuta da esili e decorate colonne che incorniciano gli esercizi di lettura del manuale di un insegnante. Il papiro fornirebbe inoltre una prospettiva piuttosto trascurata circa la pittura murale augustea di terzo stile a Roma. Una tendenza che pare attestabile anche nell'antica tradizione egiziana e in molti manufatti greco-alessandrini.

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Capitolo III - Indagini sui soggetti e motivi egizi ed egittizzanti nel contesto pompeiano: pitture murali e mosaici

piuttosto coerente, rappresentando un fenomeno che ci si presenterebbe in qualche modo già formato, e che la stessa coerenza caratterizzi il suo abbandono, dato che pur accanto a flussi e correnti ellenistiche che vennero a manifestarsi in diverse e più distinte ondate, non andrà dimenticato che si tratta di fenomeni riconducibili agli intenti della committenza, piuttosto che ai comportamenti degli artigiani 8. L'ipotesi di Beyen 9 che l'introduzione del soggetto dei pigmei all'interno dei paesaggi nilotici parietali fosse dovuta all'opera dei mosaicisti (e che avrebbe ispirato i decoratori dei fregi negli zoccoli dipinti del secondo stile a Pompei e Roma), troverebbe in parte riscontro nelle nostre indagini su questa tipologia pittorica (Si vedano le considerazioni della Sezione III). Pare infatti poco contestabile l'affinità che vige tra il mosaico nilotico di Palestrina, e alcuni emblemata con pigmei, come quello della Casa del Menandro e di P. Proculus a Pompei 10. Nel terzo stile, data la voluta e ricercata organizzazione spaziale, potrà quasi parlarsi di un'assenza delle tipizzazioni includenti paesaggi nilotici; specie in Campania, pigmei, coccodrilli, ippopotami, soggetti caratterizzanti e pressoché dominanti tali rappresentazioni lascerebbero posto a nuclei scenografici minori (spesso miniaturistici) da inserire in pitture da giardino, nature morte e ornamenti. Un abbinamento ieratico-paesistico peraltro attestabile nella produzione artigianale alessandrina che trova riscontri nell'iconografia egiziana. Scontri con animali o tra animali (tomba di Petosiris; Neacles) e scene palustri entro tralci (patera di Egyed) paiono evidentemente modelli ben noti 11. Tralci “popolati” (o peopled scrolls) così dipinti paiono riapparire con il quarto stile che tendeva a rimaneggiare noti motivi enfatici dal secondo stile, come: cariatidi egizie; urei in posizione antitetica in tralci simmetrici; tralci continui orizzontali e verticali con animali in prevalenza nilotici (saltanti fra girali); paesaggi con pigmei12. “Innovazioni” pur sempre tratte da vecchi modelli, ad es. quelli dei mosaicisti di Palestrina, parrebbero: zoccoli con piante popolate da animali (già presenti nel tardo terzo stile, con aironi, serpenti, anche urei, tartarughe, topolini); fregi con animali esotici; fregi con pesci; paradeisoi. Fenomeni da ritenere e far rientrare nella tendenza rinnovatrice della pittura parietale dell'epoca in cui anche molti temi mitologici paiono introdotti o riproposti in diversa versione 13. 8

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Per il filone microasiatico, si ci richiama spesso all'aneddoto di Apaturius di Alabanda (Vitr., 7, 5, 1); per quello alessandrino, al mosaico di Palestrina pur così vicino ai mosaici della Casa del Fauno, per cui i mosaicisti avrebbero tenuto a modello oltre che originali alessandrini (con scene marine e pescatori o pesci), anche qualche cartone proveniente da Pergamo. Beyen 1960, 313, n. 1; 191 n. 1. Accanto cui potrebbe collocarsi anche il mosaico nilotico dell'Aventino. Tra gli esempi pompeiani (II stile, fase IIa) potrebbero altresì menzionarsi: la Casa dello Scultore; Casa del Criptoportico; la Casa di Obellius Firmus. Per gli esempi romani (II stile, fase IIb) almeno: la Casa di Livia; l'Aula Isiaca. Tale casistica di animali detti antagonisti venne inoltre indagata e approfondita dalla cultura ellenistica, che studiò i comportamenti animali all'interno di una indagine sul mondo naturale (per approfondire si veda anche Mielsch 2005). Animali antagonisti spesso presenti all'interno dello schema ieratico, sembrerebbero prevalere inoltre in diversi mosaici ittici d'età tardo ellenistica (come la celebre lotta tra polipo e aragosta del mosaico della Casa del Fauno), lasciando spazio a rappresentazioni minori di animali tipiche del terzo stile. Un'altra corrente vedrebbe invece impegnati ad es. amorini: nella Villa di Fabius Rufus a Pompei (VII, Ins. Occ. 19), si scorgono infatti protomi di amorini sorgenti da tralci fioriti, che cacciano protomi di cervi anch'esse emergenti dai fiori dei tralci (IV Stile). Un richiamo egittizzante nei tralci dell'Iseum pompeiano è stato individuato nell'Arpocrate che sorge da un cespuglio di acanto. Inoltre, Coccodrilli paiono presenti su candelabri floreali di IV stile della Casa di Loreius Tiburtinus. Altre pitture di questa tipologia presenterebbero poi spesso alcuni tocchi egittizzanti: Casa della Venere in bikini (I, 11, 6: offerenti con piatti sui cui vi sono serpenti); Casa delle Nozze d'argento (V, 2, e, ambiente q) e Casa del Centenario (IX 8, 7, triclinio 7): pigmei nelle predelle; Casa dell'Ara Massima (VI 16, 15, tablino); probabile replica della lotta tra coccodrillo e asino di Nealces (Pompei VII 4, 48, Casa della Caccia antica, tablino, parete est, predella); coccodrillo azzannato da ippopotamo nel paesaggio palustre con pigmei (scomparso), che figurava nella decorazione del IV stile del Tempio di Apollo a Pompei, solo per riprendere alcuni esempi. Si veda anche De Vos, 1980, 86-87. Altra questione riguarderebbe le cosiddette naumachie dipinte come quelle presenti nella Casa del Labirinto (Pompei I, 11, 9-10), cubicolo (46) di secondo stile, fase Ib, dove è presente una marina con anatre e una nave da guerra nello zoccolo; oppure quella nel fregio nilotico con pigmei dipinto nel peristilio della Casa della Scultore (VIII 7, 24). Quadretti con naumachie del II e del IV stile, spesso in ambienti egittizzanti (come la Villa romana della Farnesina, i templi di Iside e di Apollo a Pompei), parrebbero in genere richiamarsi o far riferimento a modelli

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Per quanto riguarda le pitture da giardino, si è discusso se esse possano trarre origine dall'Egitto 14, i primi giardini dipinti a grandezza naturale vedrebbero infatti luce in Italia specie in eta proto-imperiale (si pensi alla Villa di Livia a Prima Porta, la Villa della Farnesina, l'Auditorium di Maecenas). In forma minore, questi horti conclusi verrebbero così introdotti anche nelle pitture del terzo stile 15. Ciò detto, andrà di seguito fatto notare come l'inserimento di cosiddetti motivi egizi negli schemi ellenistici delle pareti dipinte sia stato da molti spiegato specie attraverso l'eclettismo di Romani e Alessandrini, che avrebbero proposto audaci combinazioni di elementi spesso eterogenei (come se ne ritroverebbe esempio a Roma nell'architettura monumentale proto-augustea). Una tendenza questa già peraltro attiva nell'Egitto tolemaico attraverso l'accostamento, pur senza fusione, di elementi greci e faraonici, dopo la morte di Alessandro Magno. Accanto a ciò, giusto peso andrà poi dato anche ai manufatti figurati dell'artigianato alessandrino (o del periodo faraonico), che risulterebbero mezzo privilegiato per i temi iconografici. Tali prodotti, molto esportati, sarebbero tuttavia stati largamente presenti nel mondo romano, spesso ad uso laico e il più delle volte ornamentale 16. Scyphoi intarsiati con figure faraoniche, faïence, vetri a mosaico, a millefiori (o dorati) 17 sono attestazioni ben note della produzione alessandrina estesasi verso Roma e l'Italia. Diverse lastrine di millefiori (per rivestimento, gioielli e pavimenti) lascerebbero inoltre intravedere i medesimi e ricorrenti motivi nelle parti ornamentali delle pitture proto-augustee. Rosette, loti e palmette in serie o disposti radialmente (spesso con minute maschere teatrali) parrebbero così in parte risentire della tipica stilizzazione lineare e policroma della pittura 18. Come accennato in precedenza materiali di produzione egizia pervenuti su suolo italico tenderebbero a concentrarsi maggiormente, pur in un sistema generalmente costante, in due distinti periodi. Il primo va dalla fine del IX alla metà del VII a.C. ed il secondo tra il I a.C. ed il II d.C. Al periodo più antico dovranno richiamarsi i rinvenimenti in tombe a fossa di collane in pasta vitrea, amuleti in forma di divinità e scarabei a Capua, nonché aryballoi con decori a forme di fiori di loto da Cuma. Dopo la fondazione della colonia di Pitecusa da parte degli Euboici (metà VIII sec.) l'incidenza degli elementi collegabili all'Egitto si sarebbe poi accresciuta e ampliata. Nella necropoli sono difatti stati rinvenuti numerosi scarabei. Altri centri come Suessula, Valle del Sarno, Calathia, Pontecagnano, hanno mostrato presenza di tali manufatti in ambra e faience. Dalla seconda metà del VIII sec. sino al IV l'incidenza di tali rinvenimenti parrebbe secondo le diverse fonti diminuire. Tali reperti, piuttosto impropriamente spesso ritenuti paccottiglia, avrebbero avuto il significato di assicurare protezione magica al vivo contro le malattie e i pericoli del mondo e ai defunti garantire l'esistenza nell'aldilà.

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alessandrini come la nave da guerra del mosaico di Palestrina, o la celebre battaglia navale tra Egiziani e Persiani dipinta da Nealces per Tolomeo III nel III a.C. Vd. anche Berlan-Bajard 2006. Esempi che tendono a tale direzione, parafrasando De Vos 1980, 88-89, sarebbero: il palmeto dipinto nell'ipogeo V, cameretta (2), della necropoli di Anfushi in Alessandria, e i fondi “scoperti” tra pergolati o tralci dei soffitti faraonici e alessandrini; i giardini dipinti nelle cosiddette “tombe dei privati” dell'età faraonica; l'orto botanico a rilievo dipinto nell'ambiente (U) del tempio di Karnak; la tradizione dei giardini di lusso delle ville situate lungo il Nilo e il Canopo; l'allestimento all'egizia di giardini a Pompei e altrove, con “euripi” e statuette egittizzanti; l'impianto architettonico dei giardini dipinti: con cancelli a recessi semicircolari e rettangolari, strutturati come il Terrazzo degli Emicicli a Palestrina e l'emiciclo nella Villa della Farnesina, nell'Iseum Campense e nel Serapeum della Villa Adriana a Tivoli; l'esedra in funzione dell'assialità, introdotta nell'architettura proto-ellenistica della Grecia insulare (Cos, Rhodos, Thasos) e dai Tolomei a Cirene, Sakkara e Alessandria; le palme, e le sfingi accovacciate su alti piedistalli o fontanofore, spesso presenti nei giardini dipinti romano-campani (per cui si veda anche Prospetto sinottico PREP). Un precedente tardo-repubblicano resterebbe la pineta dipinta nella nicchia (25), che dava sul peristilio della Casa del Menandro a Pompei. Essa, popolata di volatili fantastici e veduta attraverso il tramezzo di un'arcata anch'essa dipinta (in II stile, fase IIa), presenterebbe un allestimento richiamante l'esempio alessandrino, come mostrerebbero le lastre Campana (del 36-28 a.C.) effigianti paesaggi nilotici e rilievi scultorei. Si pensi ad es. al sostegno di tavolo in bronzo, con una sfinge faraonica che regge un vaso tra le braccia, rinvenuto nella Casa dell'Ara Massima (VI, 16, 15) a Pompei. Coarelli 1963, 61-85 Müller 1964, 133, 152-155, 158-159.

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Capitolo III - Indagini sui soggetti e motivi egizi ed egittizzanti nel contesto pompeiano: pitture murali e mosaici

Nel successivo periodo che andrebbe dalla fine del IV al I a.C. la presenza dell'Egitto, quantomeno in Campania, sarebbe da ritenersi affidata a cosiddetti centri di mediazione alessandrina, ricchi di grande creatività religiosa e tecnica. Al di là della creazione di Serapide, sotto i Tolemei, il contatto tra religione greca e egiziana fece infatti nascere sincretismi di cui non è sempre semplice rilevare le conseguenze; basti pensare alla fortuna del culto di Iside che divenne universale. In Campania pertanto assieme a questa divinità che potrebbe dirsi principale, andranno ricordate anche divinità come Serapide, Arpocrate e Anubi 19, che pur meno di Iside goderono di una certa diffusione. Dal punto di vista manifatturiero, assieme alla religione isiaca saranno inoltre accolte diverse tecniche di lavorazione come il vetro a millefiori e il cameo intagliato o la produzione del cosiddetto blu egizio, solo per fare alcuni esempi. Ciò detto, il trasferimento verso l'Italia di fabbriche, tecniche, materiali e motivi egizi o egittizzanti (specie dalla fine del II a.C.) avrebbe difatti comportato un allargamento di questa tendenza egittizzante sul territorio italico (e oltre), il che è attestato non solo dalla fondazione dei primi santuari legati al culto isiaco (come a Palestrina, Pozzuoli e Pompei), ma anche dalla diffusione di materiali di culto e laici di derivazione alessandrina e di un pur riscontrabile gusto o stile egittizzante presente in diversi strati sociali specie attorno alla prima età imperiale (metà del I d.C.) e particolarmente in Campania e nel Lazio 20. III.2. Breve introduzione al contesto generale degli studi. Storicamente i più importanti e influenti studi sulle pitture e gli oggetti egizi ed egittizzanti nei contesti italiani hanno visto luce a partire dalla seconda metà del Novecento. Ci si riferisce a Malaise, Roullet, Tran Tam Tinh e de Vos 21. Malaise si è occupato delle condizioni di penetrazione e diffusione dei culti egizi all'interno della penisola italiana (fornendo inoltre un inventario circa le attestazioni di tale tipologia riscontrabili in Italia, che ancora oggi risulta opera in parte essenziale); Roullet invece si è occupata della mappatura dei monumenti egizi ed egittizzanti della Roma imperiale, tenendone presente il contesto religioso 22. Tran Tam Tinh e de Vos hanno invece concentrato la loro attenzione specie sul sito pompeiano (ma anche Ercolano e più in genere sulla Campania) 23. Macroscopicamente, negli studi tradizionali molti artefatti di richiamo all'Egitto erano prevalentemente inclusi e spiegati nel contesto della religione e del culto isiaco, con una distinzione tra almeno due linee principali di pensiero, un primo e più influente, includente un paradigma 19 20 21 22

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Per un catalogo delle fonti alessandrine e romane su quest'ultimo si veda ancora Grenier 1977. Per un approfondimento sugli aspetti principali dell'arte tardo antica in Egitto, si veda anche Török 2005. Tran Tam Tinh 1964; Malaise 1972; Roullet 1972; de Vos 1981. Da notare che nel caso di Roullet la questione tra la diversificazione (storiografica e non solo) tra cultura materiale egiziana ed egizittizzante durante il periodo romano diventa evidente. Egizio si riferisce a oggetti religiosi importati dall'Egitto, mentre egittizzanti a copie locali di tale tipologia di oggetti, avanzando inoltre una embrionale problematica non solo nella distinzione tra copia e importazione, ma anche nella classificazione stilistica, in cui sarebbe dovuta sussistere una differenziazione tra funzione ed estetica (Roullet 1972, 21). Lo studio di tale tipologia repertuale in contesti romani è stato legato agli sviluppi nel campo della religione romana e in particolare a quelli sul culto di Iside. In tale modo, oggetti legati all'Egitto e provenienti da diversi contesti furono quasi meccanicamente definiti come espressioni cultuali della dea Iside. Pertanto, quando i culti egizi fuori dall'Egitto iniziarno a diventare argomento di ricerca già alla fine del XIX secolo, la cultura materiale egiziana era stata a priori associata alla religione. (Vd. anche Lafaye 1884). La tradizione egittologica (anch'essa allora incentrata principalmente sulla religione) e sui reperti provenienti dall'Iseum a Pompei, l'Iseum Campense e Benevento, fornirono e si concentrarono specie su possiili collegamenti tra la cultura materiale egiziana e il culto isiaco. Dipinti egittizzanti nelle case, mosaici nilotici e statue di animali egiziani erano così intesi e spiegati come una forma di venerazione isiaca. Tale nesso tra manufatti egizi (o egittizzanti) e i culti di Iside hanno rappresentato una forte componente nella serie ÉPRO (Études préliminaires aux religions orientales dans l'Empire romain), successivamente incorporata nella serie RGRW (Religions in the Graeco-Roman World), che basava il proprio focus sullo studio dei culti orientali in epoca romana. Attraverso questa serie, il cosiddetto modello religioso è stato ulteriormente sviluppato da studiosi come Cumont, Vermaseren e Leclant, ed ancora Malaise (vd. Cumont 1929; Leclant 1984; Malaise 1972; 2005).

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religioso in cui il culto isiaco avrebbe svolto un ruolo dominante nella diffusione di tale tipologia pittorica e repertuale in contesti romani e un secondo che interpretava tali soggetti come artefatti esotici da intendersi nell'ottica dell'egittomania. Specificamente riguardo Pompei, anni prima di Roulette e Malaise, V. Tran Tam Tinh pubblicò nel 1964 il suo Essai sur le Culte d'Isis a Pompéi, ancora oggi considerato uno degli studi più influenti circa tale tipologia repertuale a Pompei. Rappresentando uno dei primi studi specifici su Iside trattandone il nesso con la cultura materiale collegata all'Egitto, lo studio (che considerava tali rinvenimenti come espressioni legate al culto) ha così avuto un profondo impatto sull'interpretazione generale degli oggetti e i motivi egizi ed egittizzanti, anche fuori dall'abitato della antica Pompei. Pertanto, a partire da Tran Tam Tinh molti studiosi hanno iniziato anche quasi inconsciamente ad intravedere, dentro e fuori Pompei, una sorta di nesso tra oggetti e pitture di tale tipologia e le attività di culto; inoltre, i rinnovati studi sul santuario di Iside a Pompei certo contribuirono a fornire e consolidare l'idea che nella città tale culto occupasse un ruolo quasi essenziale. Parallela e non in sostituzione all'interpretazione cultuale, una seconda modalità di esegesi degli oggetti egizi ed egittizzanti nel mondo romano è confluita nell'idea della cosiddetta Egittomania. Secondo tale prospettiva, il fascino per l'antico Egitto costituì la principale motivazione per incorporare elementi richiamanti l'Egitto in contesti non egiziani, mostrando e richiamando la popolarità raggiunta da tale fenomeno durante il periodo augusteo, anche se come si è detto, Egittomania sarebbe un termine da collegare più strettamente al XVIII secolo (e dopo la conquista dell'Egitto da parte di Napoleone, 1789-1799). Furono tuttavia studi più recenti, in cui potrà in parte osservarsi una sorta di evoluzione nell'approccio d'analisi su tale tipologia di oggetti (da includersi all'interno di un contesto culturale più ampio), a mettere in evidenza alcune ulteriori sfaccettature del problema indagandone aspetti diversi. Tra i primi, Swetnam-Burland, che si occupò di reperti egizi in contesti romani (con attenzione anche sul sito pompeiano); Versluys che con i suoi studi sui nilotica presenti nell'Impero romano ha aperto la strada ad altri interessanti studi (di suoi diretti allievi), si pensi ad es. a Mol, che si è occupata dell'uso e della percezione di testimonianze egizie nel contesto domentico pompeiano, van Aerde, che ha fornito una prima panoramica archeologica e interpretativa della presenza di motivi e manufatti richiamanti l'Egitto nel contesto della cosiddetta rivoluzione culturale augustea, Muskens, che ha condotto una attenta e dettagliata indagine sui materiali e la materialità di reperti egizi ed egittizzanti nel contesto romano, ed infine Barrett che si è proficuamente occupata delle scene nilotiche pompeiane nel contesto dei giardini, fornendo interessanti spunti di riflessione 24. Delineato così molto brevemente il constesto degli studi precedenti, si procederà ora col definire ciò che il presente studio si propone, ovvero fornire un primo approfondito e aggiornato corpus circa i soggetti e reperti egizi ed egittizzanti nel contesto pompeiano per valutarne occorrenze e possibili interpretazioni. Partendo così da un preliminare prospetto d'insieme per i soggetti e motivi 25 egizi ed egittizzanti nel contesto pompeiano (pitture murali e mosaici) (per cui si veda App. ASMEP), si indagherà la distribuzione, la ripartizione dei soggetti e degli stili, la distribuzione dei soggetti per ambiente, offrendo exempla di associazioni (con brevi osservazioni interpretative) di possibili nessi tra culto e rappresentazioni egittizzanti e dionisismo. Si passerà poi più nello specifico alle scene di carattere nilotico presenti a Pompei (Nilotica pompeiana) e dopo una prima sezione con una breve introduzione al contesto generale degli studi, si offrirà una puntuale panoramica delle scene nilotiche nel contesto pompeiano attraverso descrizioni analitiche e progressive delle scene (tutte indagate attribuendo ad ogni singolo soggetto un'etichetta alfanumerica. Per cui si rimanda alle relative appendici interne). Si procederà quindi 24 25

Si vedano ad es. Swetnam-Burland 2002; Swetnam-Burland 2007; Swetnam-Burland 2015; Versluys 2002; Mol 2015; Muskens 2017; van Aerde 2019; Barrett 2019. Con soggetto si vuole qui intendere rappresentazione figurata (o modello) caratterizzato da determinati individui o cose che portano a distinguerne certe specificità. Con motivo si intende più in genere elemento decorativo sia nella sua unicità che nella sua più ampia accezione di regolare ripetizione di un elemento (pur complesso) nello spazio.

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alle analisi dei contesti, approfondendo le ricerche sulla distribuzione dei soggetti individuati per domus e ambiente e sulla percentuale di frequenza e distribuzione delle scene nei contesti di rinvenimento valutandone inoltre l'inclusione e associazione a giardini, strutture riguardanti acqua e pasti. Una seconda parte tratterà quindi delle indagini sui reperti egizi ed egittizzanti nel contesto pompeiano (per cui si veda App. AREP). Dopo le ricerche effettuate presso i depositi e in situ si propone di argomentare entità e distribuzione di tale tipologia di reperti, approfondendo nello specifico quelli di attribuita o attribuibile provenienza pompeiana conservati al MANN e menzionati nel Sottoconto Egizi (di cui si fornisce inedita descrizione) e i reperti egizi o egittizzanti provenienti da Pompei e oggi conservati presso i depositi di Casa di Bacco (con inedita descrizione dall'Inventario della Soprintendenza di Pompei). L'indagine procede così fornendo esposizione dei primi dati e analisi circa i reperti egizi ed egittizzanti nel contesto pompeiano. A conclusione di tale parte si offrono inoltre primi exempla di correlazioni tra affreschi e reperti egizi ed egittizzanti del contesto pompeiano, approfondendone dinamiche e contesti di rinvenimento. (Per cui si rimanda al Prospetto sinottico delle pitture e dei reperti egizi ed egittizzanti nel contesto pompeiano – PREP) 26. III.3. Pompei e l'Egitto Se l'associazione potrebbe intendersi piuttosto strana, in realtà la città di Pompei e la riscoperta fascinazione per la cultura dell'Antico Egitto parrebbero in sé in parte legate dal caso e dalla storia. Il primo edificio sacro trovato a Pompei fu infatti il Tempio di Iside nel 1764. Facilmente identificabile grazie all'iscrizione sopra l'ingresso principale, gli oggetti trovati all'interno e la decorazione e iconografia in deciso richiamo allo stile egiziano. Giovanni Casanova prese quanto prima a dedicarsi alla documentazione cartacea e lo stesso Ferdinando I visitò lo scavo il 23 novembre nel 1765. Essa rappresentò nei fatti la scoperta più spettacolare sino ad allora contribuendo a far identificare e legare l'idea dell'Egitto a Pompei in parte anche successivamente 27. La scoperta dell'Iseum stimolò e promosse poi la pubblicazione di diversi studi seri ma anche di altri ben poco attendibili 28. Ad ogni modo, l'interesse per questo tempio stava nel fatto che prima della sua scoperta l'Europa sapeva molto poco d'Egitto. Si potrebbe quasi dire che il ritrovamento del Tempio di Iside a Pompei incentivò in parte la curiosità e la riscoperta stessa dell'Egitto. Fu meta ambita di numerosi viaggiatori e eminenti studiosi del periodo e apparve nelle prime mappe topografiche pompeiane come quelle di Latapie e Piranesi. Fu il primo complesso ad essere provvisto di una copertura protettiva, in seguito rimossa, quando le pitture furono staccate e portate 26

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A ciò segue un capitolo con alcuni paragrafi d'approfondimento circa l'Egitto e Augusto. Dalla Repubblica al Principato; Paradeisoi e scene nilotiche. Prodromi di un possibile nesso?; Specifiche del culto isiaco a Pompei: i Lararia; Dentro l'esterno e fuori dall'interno, e note conclusive al capitolo. Si lascia inoltre spazio ad una riflessione per prossime prospettive d'indagine. I dipinti con grandi paesaggi raffigurati nella prima corte e gli elementi decorativi erano peculiari a tal punto che Tanucci avrebbe inteso lasciarli in situ, ma il rapido deterioramento dovuto agli agenti atmosferici ne rese necessaria la rimozione che rattristò Volkmann, e portò Swinburne ad osservare che i lavoratori avessero lasciato aperture murali che sfiguravano le pareti. Augustin Creuzé de Lesser, funzionario di Napoleone che si dimise quando il suo diario di viaggio non incontrò alcuna approvazione da parte dell'Imperatore, parlò persino di una profanazione del santuario. I conoscitori dei classici e dell'Asino d'oro di Apuleio raffiguravano il tempio come servisse per l'esecuzione dei misteri dedicati a Iside. Moormann 2015, 142. Circa la cronologia e l'architettura dell'iseo pompeiano si veda anche Gasparini 2011, 67-88. Giusto per ricordare alcuni dei secondi, Domenico Migliacci notò ad es. che la presenza di tegole sparse nel sito avrebbe indicato che la maggior parte del complesso doveva essere coperto e che vi erano dei fori distruttivi fatti dagli agricoltori che vi piantavano alberi. Affermò in seguito che la presenza di iscrizioni latine dimostrava che il popolo di Pompei parlava latino, sebbene fossero greci. Per l'iscrizione a cui fa riferimento il restauro dell'edificio dopo il terremoto grazie a un dono di Popidio Celsinus, Migliacci proponeva che sexs, invece che sei intendesse sessanta, sostenendo che nessuno sarebbe divenuto membro del consiglio di decurioni a sei anni. Moormann 2015, 142-143. Al tempo si riteneva inoltre che il tempio rappresentasse l'arredo di un autentico santuario egizio.

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a Portici 29. Fino ad allora la terra del Nilo era infatti specie meta di viaggiatori, mercanti, religiosi o soldati. Gli studiosi leggevano descrizioni dell'Antico Egitto dagli autori classici e anche se in Italia erano presenti statue ed epigrafi con geroglifici oltre a Kircher, i tentativi di lettura non ebbero successo sino al ritrovamento della stele di Rosetta decifrata da Champollion 30. Resta spiegabile in questo senso d'affascinazione che F. Piranesi presentò a raffigurazione d'apertura del suo tomo II delle Antiquités de Pompeïa del 1804, uno sfondo con colonne iscritte di geroglifici, sistri, maschere o ornamenti egiziani, proponendo diversi disegni del tempio isiaco all'interno della stessa opera 31. Il santuario dovette tuttavia perdere prestigio a partire dall'Ottocento quando sotto il regime francese si decise di concentrare gli scavi presso la zona del foro in cui vennero alla luce due tempi e vari edifici pubblici. Il Tempio di Iside ispirò comunque la fantasia di molti scrittori di romanzi o racconti specie del XIX secolo come nel noto The last days of Pompeii di E. Bulwer-Lytton del 1834 in cui erano presenti sacerdoti d'Iside 32. III.4. Distribuzione dei soggetti e dei motivi egizi ed egittizzanti nelle domus pompeiane III.4.1. Introduzione Data la sua estensione, la ricchezza e la varietà di cui dispone, Pompei rappresenta uno degli scenari archeologici più documentati e indagabili ma per tali ragioni anche uno dei più complessi. Nel corso degli anni diversi studi e studiosi hanno tentato e conseguito importanti risultati specifici e generali. Tra questi ultimi, i risultati raggiunti da PPP e PPM, che hanno raccolto con sforzo plurale una mole di dati e informazioni prima inconcepibile, rappresentano un esempio comunemente noto per il contesto pompeiano. A tali risultati tuttavia non sempre hanno fatto seguito nuovi e rinnovati interessi d'indagine o di ri-elaborazione che approfondissero alcuni degli esiti precedentemente raggiunti 33. A fronte di questa situazione, indagini riguardanti particolari 29

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PAH I.1, 164-167, 171-174, 181-184, 191-192; I.2, 66-68, 159-151; Hamilton 1777, tav. XI, XVIII; Piranesi 17851792, nn. 5-6. Si pensi ad es. all'interessamento di Zoega al tempio. Da ultimo si veda Bellucci-Moormann 2019,

159-171. Le riscoperte dei siti vesuviani contribuirono inoltre in diverso modo allo sviluppo delle scienze (e non solo) nel regno di Napoli. Nel 1817, D. Romanelli nell'introduzione del suo “Viaggio a Pompei e a Pesto” scriveva: “Gli oggetti ritratti dagli scavi di queste sepolte città hanno formato il Real Museo Borbonico, unico sulla terra, per la sorprendente varietà che presenta in pitture, sculture, bronzi, marmi, vetri, vasi, papiri, medaglie, iscrizioni, strumenti d'arte e i lusso, ed utensili i più necessari ed usuali alla vita, di cui non aveasi affatto alcuno idea. Da queste scoverte si squarciò quel denso velo, che ci copriva la veneranda antichità: si si risvegliarono i talenti nazionali, che fecero delle ricerche utili e diede stimolo a perfezionare le arti e si richiamò l'attenzione degli esteri, quali spinti da curiosità vennero in folla a diffondere nel regno il lor denaro”. Romanelli 1817, 19. Ciarallo 2007, 9. Piranesi 1804. All'interno si ritrovano pl. LXI: Porta d'ingresso del Tempi od'Iside con processione; pl. LXII: Porta d'ingresso del Tempio con iscrizione; pl. LXIII et LXIV: modalità d'apertura della porta d'ingresso; cerniere che sostenevano la porta; pl. LXV: Prospettiva del Tempio isiaco; pl. LXVI: Vista di facciata del tempio isiaco. pl. LXVII: Vista dal pronao del tempio; Pl. LXVIII:Piano del tempio d'Iside; pl. LXIX: Ricostruzione geometrica del tempio; pl.LXX: Particolare dell'iscrizione latina e del mosaico bianco e nero che orna la cella; pl. LXXI: mosaico bianco e nero che orna il centro del pronao; LXXII: iscrizioni che ornavano il tempio. Le opere di narrativa includevano spesso personaggi egiziani, data la relazione tra cose egiziane e la rappresentazione di città lussuose. La scoperta del Tempio di Iside a Pompei nel 1764 solleticò la fantasia dei visitatori sul culto egiziano e la sua valenza. Serapion nell'Euforione di Gregorovius aiuta i sopravvissuti ad andare in Egitto. Anche Böttiger e Nerval mostrano fascino per Isis. La prêtresse d'Isis Légende de Pompeï di Édouard Schuré non fa poi che presentare favorevolmente il culto isiaco. Böttiger 1837-1838, II, 210-230; Schuré 1907. Moormann 2015, 209. Die Zauberflöte (Il flauto magico) di Mozart scritto nel 1791 contiene elementi egiziani divenuti molto celebri e che ispirarono diversi artisti. L'archeologo olandese Frédéric Louis Bastet suggerì, tuttavia impropriamente (come ha notato Moormann 2015, 361-362), che Mozart si fosse ispirato al libretto di Wolfgang Schikaneder, ovvero al tempio di Iside a Pompei. Bastet 1986. Assmann 2005, 93. Per una aggiornata panoramica e messa a punto di studi sul sito pompeiano si veda ancora Dobbins, Foss 2007. Per un punto di vista economico anche Flohr, Wilson 2017. Da menzionare inoltre l'interessante mostra dedicata a Pompei e l'Egitto. Vd. Poole 2016. Potenzialità che attraverso i nuovi sistemi informatici e digitali rappresentano oggi un fondamentale tassello per

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soggetti o tipologie si rendono maggiormente complessi, in primo luogo per il numero reale e potenziale dei dati, in secondo luogo per la diversificazione del luogo di conservazione degli stessi. Con questa breve ma doverosa premessa ci si accinge ora a presentare i risultati ottenuti attraverso la presente indagine che sviluppatasi attraverso molteplici modalità è stata eseguita nel corso degli ultimi anni. Anzitutto, varrà la pena ricordare come prima di questa indagine i dati riguardanti soggetti e motivi egizi o egittizzanti nel contesto pompeiano non avevano goduto che di brevi e parziali attenzioni34. Partendo pertanto da un quadro piuttosto discontinuo si è cercato inizialmente di raccogliere quanto redatto circa questo soggetto nell'ambito scientifico e accademico, ma accanto alle fonti secondarie, essenziale importanza è stata data alle fonti primarie. Tale specifica vorrebbe lasciar intendere che non esisteva una raccolta di attestazioni provenienti da PAH, Giornali di scavo, NSA o altre fonti coeve che attestasse menzione del ritrovamento di tale tipologia (o ne fornisse sua descrizione). Il pur pregevole lavoro di Pagano – Prisciandaro35, come è noto a chi ha avuto modo di visionarlo con attenzione, omette infatti diversi passaggi da PAH, fornendo l'utile richiamo inventariale esclusivamente ai reperti individuati (che spesso risulterebbe sfortunatamente piuttosto inesatto). Convinti della necessità di partire da una raccolta che si basasse sulla menzione di tali reperti o soggetti, si è così deciso di formare un corpus contenente le diverse attestazioni riportate dalle fonti storiche per un periodo compreso tra il 1748 al 1951 e prendendo esempio da Pagano – Prisciandaro di aggiungere la menzione inventariale ai reperti o soggetti quando individuati. Il risultato di tale indagine ha portato alla creazione di un elenco cronologicamente progressivo che attestasse la particolare tipologia qui indagata (si vedano Appendice documentale e gli inediti indici NSA, Pompei di seguito). Le ricerche archivistiche tuttavia avrebbero portato a una lettura dei dati alquanto parziale se non si fosse proceduto alla sistematica ricerca e catalogazione presso i depositi del MANN di Napoli (assieme ai reperti esposti) e PMS di Pompei (assieme a quelli in situ). Se studi precedenti potevano pertanto basarsi su notizie e mappature spesso parziali, la gran mole dei reperti visionati (solo in PMS circa 89843) nel tentativo di rinvenire quelli oggetto della nostra indagine ha permesso di constatare e fornire per la prima volta un quadro aggiornato e quanto più oggettivo del posseduto. Di ciò si tornerà comunque a parlare nella sezione successiva specificatamente dedicata agli oggetti. Per tornare ora alle specifiche della nostra indagine andrà ribadito come partendo da vari dati specie contenuti in PPP si sia giunti al presente ordinamento. Come noto, PPP raccoglieva diverse informazioni con stringhe che riportavano elementi pittorici (o musivi) schedati alla fine degli anni Ottanta del Novecento, tuttavia essendo tale lavoro stato eseguito per ICCD (Istituto centrale per il catalogo e la documentazione del Ministero per i beni culturali e ambientali) esso rappresentava anche un'opera fotografica dei contesti (ogni scheda riportava infatti un numero di serie che ne avrebbe specificato la riproduzione fotografica conservata all'Istituto). Va da sé che un diverso soggetto presenterebbe dunque in PPP diverse schede in base alla riproduzione eseguita e ciò rende l'opera di digitalizzazione del lavoro tout court poco utile a causa della varietà e della frequenza ripetitiva di uguali soggetti che invece in un più sviluppato sistema avrebbero dovuto esser rappresentati da un'unica menzione per poter essere elaborati. Attraverso l'opera di sistematizzazione, correzione e implemento di tale preziosa ricerca da cui si è scelto di partire poiché rappresenta in fondo un eccezionale documento d'indagine, si è proceduto a formare il nostro ordinamento, in cui ogni soggetto è definito da un unico riferimento. Esso, qui riportato in appendice alla presente sezione, prevede una disposizione progressiva per Regio, Insula e Domus includente: Collocazione, ossia un codice composto nella sua integrità da cinque specifiche (ma a causa della scarsità delle informazioni a volte anche quattro o tre) divise da virgole

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tentare di ricomporre un quadro quanto più differenziato e complessivo di Pompei stessa. Si veda ad es. il progetto PALP diretto da E. Poehler. Si pensi ad esempio che il più completo studio precedente raccoglieva nel complesso solamente 202 numeri tra oggetti e pitture di tale tipologia. Si veda Mol 2015, 475-479, App. A. Mentre, come si dirà di seguito, lo studio di Barrett 2019, si occupava monograficamente specie di scene nilotiche incluse nei giardini pompeiani. Pagano, Prisciandaro 2006.

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

che ne identificano in ordine: Regio, Insula, Domus, Ambiente, Definizione ambiente (ad es. I,06,15,0H,ViE , i.e. Regio I, Insula 06, Domus 15, Ambiente 0H, Definizione dell'ambiente e punto cardinale: ViE). Ambiente: scioglimento dell'abbreviazione dell'ultima specifica della Collocazione (con riferimento al punto cardinale in cui è riscontrabile il soggetto individuato). Posizione, ossia in che zona della parete il soggetto è stato individuato (ad es. zoccolo, zona mediana, zona superiore, etc...); Soggetto, i.e. Raggruppamento progressivo per similarità di vari soggetti singoli in un campo inclusivo maggiore (vd. infra); Descrizione, ovvero sintetica presentazione dell'elemento rilevato; Stile, ovvero identificazione di uno dei quattro stili pompeiani (o delle sue fasi intermedie); Si avrà pertanto nell'ordine il seguente prospetto: Affresco; I,06,15,0H,ViE; Viridario, Est; zoccolo rosso / zona mediana; A; paesaggio nilotico; IV 36. III.4.2. Ripartizione dei soggetti e dei motivi egittizzanti nelle domus pompeiane. Prime valutazioni dei soggetti e degli stili. In base alle indagini eseguite per il sito pompeiano è stato ad ora possibile rilevare come circa 130 domus presentassero elementi o motivi che si potrebbero in qualche modo richiamare all'Egitto 37. Procedendo progressivamente: Regio I (30 domus, ovvero il 23%); II (5 domus, 4%); III (1 domus, 1%); V (8 domus, 6%); VI (25 domus, 19%); VII (25 domus, 19%); VIII (16 domus, 12%); IX (20 domus, 15%) 38. La sistematica analisi dei dati permetterà così di valutare la ripartizione dei vari soggetti accorpati per affinità e in base ai ben noti stili pompeiani individuati. Saranno pertanto di seguito valutati: soggetti per Regio; soggetti per ambiente; stili per i soggetti menzionati; stili dei medesimi per Regio. L'indagine del contesto pompeiano ha portato al riconoscimento di circa quattrocento (per la precisione 386) soggetti pittorici richiamanti l'Egitto (o ad esso legati in qualche modo, come si avrà modo di approfondire anche di seguito). Pur dovendo tuttavia riscontrare e riconoscerne varietà e particolarità di gran parte di essi si è comunque scelto di classificarli raggruppandoli e includendoli in determinate categorie di soggetti che potessero attraverso il criterio dell'analogia permettere così di fornire un preliminare quadro generale dei dati. L'attenta elaborazione di questi ultimi ai fini della presente indagine ha così permesso di rilevare come all'interno del contesto pompeiano possano in fondo rilevarsi diversi soggetti. Questi potrebbero tutti essere inclusi nell'accezione di “Egittizzanti” comprendendo le seguenti categorie: 36 37

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Per ragioni di spazio la tipologia, ovvero se presente un affresco (come la maggior parte delle volte), stucco o mosaico, sarà comunque deducibile dall'ambiente o dal soggetto. In tale conteggio è tenuto in considerazione il soggetto “sfingi” che benché ambiguo (per ragioni che si spiegheranno di seguito) tenderebbe a rappresentare il più delle volte richiami all'Egitto, mentre viene qui escluso il soggetto “loto”. Abitazioni che presenterebbero elementi e motivi egittizzanti: I,02,03; I,02,20; I,02,24; I,03,02; I,03,25; I,04,05; I,04,25; I,06,02; I,06,04; I,06,07; I,06,13; I,06,15; I,07,01; I,07,05; I,07,10; I,07,11; I,07,18; I,07,19; I,09,05; I,09,12; I,10,04; I,10,07; I,10,11; I,11,06; I,11,15; I,12,03; I,12,05; I,13,04; I,13,12; I,17,04; II,02,02; II,03,03; II,04,03; II,09,02; II,09,04; III,04,02; V,01,07; V,01,26; V,02,01; V,02,0I; V,03,04; V,04,03; V,04,09; V,04,0A; VI,01,07; VI,01,25; VI,02,04; VI,02,14; VI,05,05; VI,05,09; VI,07,06; VI,07,20; VI,07,23; VI,08,03; VI,08,23; VI,09,01; VI,09,02; VI,09,06; VI,10,11; VI,11,09; VI,12,02; VI,14,20; VI,14,28; VI,14,30; VI,15,01; VI,15,07; VI,16,07; VI,16,15; VI,17,42; VII,01,08; VII,01,25; VII,01,40; VII,01,47; VII,02,25; VII,02,45; VII,03,21; VII,03,29; VII,03,30; VII,04,31; VII,04,48; VII,04,56; VII,04,59; VII,06,28; VII,07,10; VII,07,32; VII,09,01; VII,09,07; VII,09,47; VII,15,02; VII,16,0A; VII,16,12; VII,16,13; VII,16,17; VII,16,22; VIII,01,04; VIII,02,17; VIII,02,26; VIII,02,28; VIII,02,34; VIII,02,38; VIII,02,39; VIII,03,11; VIII,03,14; VIII,03,8/; VIII,04,12; VIII,05,24; VIII,05,37; VIII,05,39; VIII,07,24; VIII,07,28; IX,01,03; IX,01,20; IX,02,18; IX,03,05; IX,03,10; IX,03,15; IX,05,02; IX,05,06; IX,05,09; IX,05,14; IX,05,18; IX,06,f-g; IX,07,07; IX,07,21; IX,08,03; IX,08,06; IX,09,0C; IX,09,0D; IX,13,03; IX,14,04. La statistica cambierebbe qualora si volessero considerare anche le domus che presentano l'elemento “loto”. In tal caso le abitazioni interessate sarebbero 212 presentando questa distribuzione: Regio I (53 domus, ovvero il 25%); II (5 domus, 2%); III (3 domus, 1%); V (11 domus, 5%); VI (39 domus, 18%); VII (43 domus, 20%); VIII (24 domus, 11%); IX (33 domus, 16%)

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Capitolo III - Indagini sui soggetti e motivi egizi ed egittizzanti nel contesto pompeiano: pitture murali e mosaici

A - Nilotici [ossia paesaggi nilotici con soggetti, fauna e flora tipiche]: 74 (ovvero il 19% di 386 39); B - Isiaci [ossia figure, simboli, oggetti e personaggi precipuamente legati al culto isiaco 40]: 59 (15%); C - Soggetti ed elementi vari [ovvero figure (o vignette) egizie, statue faraoniche, divinità (Apis, Horus-falco), personificazioni dell'Egitto, scene, paesaggi, architetture, elementi (ad es. sistri, situle, simboli, anfore) richiamanti l'Egitto]: 253 (66%). In particolare: Elementi egittizzanti 91 41 (24%); Sfingi 162 (42%). Ecco di seguito il prospetto della ripartizione dei soggetti appena citati nel contesto pompeiano 42 (Fig. 3. 1).

Fig. 3.1. Prospetto generale della ripartizione dei soggetti (A, B, C).

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Escludendo, come accennato, l'ambiguo soggetto “loto”. Dato che la sua inclusione al novero dei cosiddetti egittizzanti porterebbe chiaramente (a causa del numero) a statistiche differenti: Loti: 576 (42%); Sfingi 162 (12%); Nilotico 74 (6%); Soggetti ed elementi vari 91 (7%); Isiaco 59 (4%). Il numero totale dei soggetti pittorici rinvenuti salirebbe a 1357 considerando l'inclusione dei soggetti “dionisiaco” e “serpenti”, i quali sono qui messi in evidenza ma che saranno trattati in associazione ai vari elementi egittizzanti nel corso dei paragrafi successivi: Dionisiaco 292 (21%); Serpenti 101 (7%). Queste ultime attestazioni saranno infatti tenute presenti per le associazioni al culto di Osiri di cui si parlerà a breve. In tale categoria possono considerarsi inclusi i soggetti: Temi isiaci, Isis Fortuna o Tyche e Io (che per ragioni pratiche sono qui accorpati ma nel prosieguo saranno anche considerati singolarmente in riferimento alla loro presenza e frequenza nei diversi ambienti della domus). Qui sono inclusi anche alcuni soggetti (o vignette) che presenterebbero poche attestazioni che benché isolati da complessi figurativi maggiori, lasciano comunque intravedere legami con l'Egitto o con l'idea dell'Egitto. La categoria Soggetti ed elementi vari vuole pertanto includere come accennato, oltre alle Sfingi, anche Pigmei, Zeus – Ammon, Elefanti, Ibis, Anatre, Coccodrilli. Ulteriori delucidazioni circa eventuali accorpamenti sarà data nel paragrafo III. 4. 4.

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

Note al Prospetto: Distribuzione per Regiones e Insulae (includendo tutti i soggetti individuati e tenuti presenti nel corso dell'indagine 43): Regio I: Ins. 02: Isiaco (1); Isis Fortuna o Tyche (1); Nilotico (1); 03: Isis Fortuna o Tyche (1); Loti (3); Soggetti ed elementi vari [i.e. C] (1); 04: Loti (1); Soggetti ed elementi vari (2); Sfingi (1); Dionisiaco (1); Io (1); 05: Loti (1); 06: Nilotico (6); Loti (22); Sfingi (10); Dionisiaco (18); Serpenti (1); Elefanti (1); 07: Isis Fortuna o Tyche (2); Nilotico (5); Loti (32); Sfingi (6); Dionisiaco (9); Serpenti (2); Ibis (1); 08: Loti (9); Dionisiaco (1); Serpenti (5); 09: Isiaco (1); Loti (13); Soggetti ed elementi vari (6); Sfingi (4); Dionisiaco (6); Serpenti (1); 10: Nilotico (3); Loti (34); Sfingi (13); Dionisiaco (16); Serpenti (3); Zeus – Ammon (2); Anatre (2); Coccodrilli (2); 11: Loti (12); Sfingi (7); Dionisiaco (3); Serpenti (6); 12: Loti (4); Soggetti ed elementi vari (1); Sfingi (1); Dionisiaco (3); Serpenti (5); 13: Isiaco (1); Loti (13); Sfingi (1); Serpenti (3); 15: Dionisiaco (2); 16: Loti (8); Serpenti (3); 17: Sfingi (1); 22: Loti (2); Regio II: Ins. 01: Serpenti (2); Dionisiaco (1); 02: Dionisiaco (2); Loti (3); Isis Fortuna o Tyche (1); Nilotico (1); 03: Dionisiaco (1); Loti (2); Sfingi (10); 04: Loti (6); Nilotico (3); Sfingi (6); Soggetti ed elementi vari (2); Isiaco (1); 09: Nilotico (2); Regio III: Ins. 02; Loti (7); Dionisiaco (2); 04: Loti (2); Dionisiaco (2); Sfingi (1); Regio V: Ins. 01: Pigmei (1); Soggetti ed elementi vari (1); Dionisiaco (14); Loti (7); Isiaco ((1); Sfingi (1); 02: Pigmei (1); Dionisiaco (4); Loti (33); Isiaco (1); Serpenti (3); Nilotico (5); 03: Soggetti ed elementi vari (1); Loti (5); Sfingi (1); Serpenti (2); 04: Soggetti ed elementi vari (1); Dionisiaco (6); Loti (14); Sfingi (9); Serpenti (6); Isis Fortuna o Tyche (2); 05: Dionisiaco (3); Loti (3); 06: Dionisiaco (1) 44; Regio VI: Ins. 01: Dionisiaco (1); Sfingi (4); 02: Dionisiaco (2); Sfingi (1); Isiaco (2); Nilotico (3); Loti (11); Isis Fortuna o Tyche (1); 05: Sfingi (1); Nilotico (1); Loti (8); 07: Dionisiaco (2); Sfingi (1); Nilotico (2); Loti (7); Serpenti (3); Soggetti ed elementi vari (1); 08: Dionisiaco (1); Sfingi (2); Loti (18); Zeus – Ammon (1); 09: Dionisiaco (9); Sfingi (8); Nilotico(1); Loti (17); Serpenti (2); Soggetti ed elementi vari (2); Io (3); 10: Dionisiaco (5); Sfingi (3); 11: Dionisiaco (1); Loti (2); Soggetti ed elementi vari (1); 12: Dionisiaco (1); Nilotico (1); 14: Dionisiaco (2); Sfingi (1); Loti (9); Serpenti (1); Soggetti ed elementi vari (5); Ibis (1); 15: Dionisiaco (12); Sfingi (1); Loti (7); Serpenti (4); Elefanti (1); 16: Dionisiaco (18); Sfingi (6); Isiaco (4); Loti (36); Isis Fortuna o Tyche (1); Serpenti (8); Soggetti ed elementi vari (4); Zeus – Ammon (1); Ibis (1); 17: Dionisiaco (23); Sfingi (5); Isiaco (5); Nilotico (2); Loti (19); Soggetti ed elementi vari (8); Zeus – Ammon (2); Regio VII: Ins. 01: Loti (13); Dionisiaco (7); Nilotico (5); Sfingi (5); Isis Fortuna o Tyche (1); Isiaco ((1); 02: Loti (8); Dionisiaco (8); Nilotico (2); Sfingi (2); Serpenti (3); 03: Loti (8); Dionisiaco (2); Sfingi (2); Serpenti (3); Soggetti ed elementi vari (1); 04: Loti (18); Dionisiaco (8); Nilotico (4); Sfingi (5); Serpenti (1); Soggetti ed elementi vari (6); Pigmei (3); 05: Loti (3); 06: Loti (2); Dionisiaco (1); Sfingi (2); 07: Dionisiaco (4); Nilotico (1); Sfingi (1); Serpenti (2); Elefanti (1); 09: Loti (4); Sfingi (1); Isiaco (2); Io (1); 10: Dionisiaco (3); 11: Loti (1); Serpenti (1); 12: Loti (6); Serpenti (2); 13: Loti (1); 14: Loti (1); Dionisiaco (1); 15: Dionisiaco (1); Sfingi (1); Serpenti (2); 16: Loti (17); Dionisiaco (12); Nilotico (2); Sfingi (12); Serpenti (4); Soggetti ed elementi vari (3); Regio VIII: Ins. 01: Isiaco ((1); 02: Isiaco (1); Dionisiaco (3); Loti (10); Nilotico (4); Ibis (1); Soggetti ed elementi vari (2); 03: Isiaco ((1); Loti (2); Nilotico (1); Serpenti (1); Pigmei (3); 04: Isiaco ((1); Dionisiaco (9); Loti (5); 05: Dionisiaco (1); Loti (8); Nilotico (1); Soggetti ed elementi vari (1); Serpenti (1); Sfingi (1); Isis Fortuna o Tyche (1); 06: Loti (3); 07: Isiaco (4); Loti (15); Nilotico (4); Soggetti ed elementi vari (7); Serpenti (2); Io (1); Regio IX: Ins. 01: Isis Fortuna o Tyche (1); Loti (10); Dionisiaco (4); Sfingi (2); 02: Loti (10); Dionisiaco (3); Serpenti (5); Io (1); 03: Isis Fortuna o Tyche (1); Loti (3); Dionisiaco (11); Sfingi (4); Serpenti (2); Soggetti ed elementi vari (1); Elefanti (1); Isiaco (4); 05: Loti (28); Dionisiaco (16); Sfingi (3); Serpenti (1); Soggetti ed elementi vari (1); Isiaco (1); Nilotico (5); 06: Loti (2); Serpenti (1); Nilotico (1); 07: Isis Fortuna o Tyche (1); Loti (8); Dionisiaco (3); Elefanti (1); 08: Loti (4); Dionisiaco (12); Sfingi (10); Serpenti (3); Soggetti ed elementi vari (5); Isiaco (4); Nilotico (8); 09: Loti (5); Dionisiaco (2); Serpenti (2); Io (1); Soggetti ed elementi vari (1); 11: Serpenti (1); 12: Serpenti (1); 13: Loti (11); Dionisiaco (8); Sfingi (5); Serpenti (2); 14: Dionisiaco (1); Sfingi (1); Serpenti (1).

La distribuzione di questi soggetti per ciascuna regio permette inoltre di rilevare come essi risultino in fondo ripartiti quasi modularmente (pur tenendo presente la precipua differenza numerica). Regio I: Isiaco (3); Isis Fortuna o Tyche (4); Nilotico (15); Loti (154); Soggetti ed elementi vari (10); Sfingi (44); Dionisiaco (59); Io (1); Serpenti (29); Elefanti (1); Ibis (1); Zeus – Ammon (2); Anatre (2); Coccodrilli (2); Regio II: Isiaco (1); Isis Fortuna o Tyche (1); Nilotico (6); Loti (11); Soggetti ed elementi vari (2); Sfingi (16); Dionisiaco (4); ; Serpenti (2); Regio III: Loti (9); ; Sfingi (1); Dionisiaco (4); Regio V: Isiaco (2); Isis Fortuna o Tyche (2); Nilotico (5); Loti (62); Soggetti ed elementi vari (3); Sfingi (11); Dionisiaco (28); ; Serpenti (11); Pigmei (2); Regio VI: Isiaco (11); Isis Fortuna o Tyche (2); Nilotico (10); Loti (134); Soggetti ed elementi vari (21); Sfingi (33); Dionisiaco (77); Io (3); Serpenti (18); Elefanti (1); Ibis (2); Zeus – Ammon (4); RegioVII: Isiaco (3); Isis Fortuna o Tyche (1); Nilotico (14); Loti (82); Soggetti 43 44

Per cui si veda anche il grafico circa la distribuzione dello stile, Fig. 3.3; Fig. 3.4. Recentissima e in parte ancora da valutare la notizia del ritrovamento di quella che sarebbe stata definita una sfingetta alata in V, 7, 7 (presso la parete ovest delle fauces dell'abitazione).

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Capitolo III - Indagini sui soggetti e motivi egizi ed egittizzanti nel contesto pompeiano: pitture murali e mosaici

ed elementi vari (10); Sfingi (31); Dionisiaco (47); Io (1); Serpenti (18 45); Elefanti (1); Pigmei (3) Regio VIII: Isiaco (8); Isis Fortuna o Tyche (1); Nilotico (10); Loti (43); Soggetti ed elementi vari (10); Sfingi (1); Dionisiaco (13); Io (1); Serpenti (4); ; Ibis (1); Pigmei (3) Regio IX: Isiaco (9); Isis Fortuna o Tyche (3); Nilotico (14); Loti (81); Soggetti ed elementi vari (8); Sfingi (25); Dionisiaco (60); Io (2); Serpenti (19); Elefanti (2).

Tenendo tuttavia conto solo dei soggetti cosiddetti egittizzanti (A, B, C, sopra menzionati) si può così giungere al seguente grafico.

Fig. 3.2. Prospetto della distribuzione dei citati soggetti per Regio. Tenendo invece presente la somma di tutti i soggetti indagati nel corso dell'indagine 46, nel seguente prospetto è possibile comprendere come tra essi, ben più della metà rientri percentualmente all'interno del IV e più recente stile pompeiano.

45 46

In VII, 9 42 (Macellum), andranno annoverati anche due serpenti ora svaniti presso i lati del larario. Compresi i soggetti loto; dionisiaco e serpenti.

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

Fig. 3.3. Prospetto della ripartizione degli stili per i soggetti menzionati. La distribuzione degli stili di tali soggetti per ciascuna regio (Fig. 3. 4.) permette così di avere un quadro visivo generale di tali dati.

Fig. 3.4. Prospetto della distribuzione degli stili per Regio per i soggetti menzionati.

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Capitolo III - Indagini sui soggetti e motivi egizi ed egittizzanti nel contesto pompeiano: pitture murali e mosaici

III.4.3. Distribuzione dei soggetti per ambiente Accanto ai dati più generali appena presentati e che consentono di focalizzare e fornire un quadro piuttosto complessivo dei soggetti individuati, si tenterà ora di porre in rilievo l'ambiente specifico in cui essi tendono a ricorrere. Tale frequenza permetterà così di avanzare nuove interpretazioni, intravedere possibili associazioni e comprendere meglio il contesto stesso di tali attestazioni 47. I fiori di loto, se si considera che in genere molti ambienti resterebbero in parte indefiniti 48, troverebbero maggiore attestazione nell'ordine in cubicula, triclinia, tablinia, oeci, artia, peristilia e alae. Detto ciò, resta incontrovertibile che tale tipologia rappresenterebbe quella meglio attestata e distribuita (almeno 41 ambienti). Per le sfingi si noterebbe una frequenza maggiore in cubicula, triclinia, peristilia, oeci, viridaria. Le scene nilotiche abbondano invece dei viridaria, ma una non trascurabile frequenza si ritroverebbe anche in peristilia, calidaria, triclinia, tablinia e nymphea. Gli elementi egittizzanti paiono poi prevalere in cubicola, peristilia, oeci e triclinia. Ciò detto, se gli elementi definiti “isiaci” si attesterebbero specie tra cubicula, oeci e triclinia, anche le attestazioni più specifiche (e tenute qui distinte solo per metodica) di Isis Fortuna (cubicula e viridaria) e Io (triclinia e portici) sembrerebbero in fondo confermare tale assunto. Per quanto riguarda gli altri 6 soggetti individuati (con 26 testimonianze) e che assieme raggiungono appena il 2%, la frequenza d'attestazione vedrebbe: Anatre: Cubicolo (2); Coccodrilli: Cubicolo (2); Ibis: Ala (1); Ambiente (1); Peristilio (1); Triclinio (1); Elefanti: Cubicolo (1); Facciata (1); Oecus (1); Peristilio (1); Sala (1); Zeus – Ammon: Atrio (1); Peristilio (1); Tablino (1); Triclinio (3); Pigmei: Ambiente (1); Atrio (4); Triclinio (3).

Fig. 3.5. Distribuzione dei soggetti per ambiente: a) loti; dionisiaco; sfingi; b) serpenti; nilotico; Soggetti ed elementi vari; c) Isiaci (i.e. Temi isiaci; Isis Fortuna o Tyche; Io).

47

48

Secondo i dati, se si vuole considerarli tra gli elementi egittizzanti, i fiori di loto sarebbero tra i più presenti a Pompei seguiti da altre più specifiche tipologie richiamanti l'Egitto. Che si tratti pertanto di cornici di stucco a loti oppure a loti e palmette, oppure di fregi o fasce (di varie colorazioni) a loti, essi vengono ad esser principalmente distribuiti tra zoccoli, zone mediane e zone superiori. Le sfingi, di profilo, frontali o accovacciate, molto frequenti specie su zoccoli e zone mediane, risultano poi elementi molto comuni al sostegno (come piedistallo, in funzione di cariatide) o sormontanti oggetti. Se pur vero che la rappresentazione del fiore di loto o della sfinge (solo per esempio) si richiamerebbero e deriverebbero piuttosto da strutture e concezioni ellenistico-alessandrine, pare pur interessante far notare come tali elementi raffigurativi potrebbero spesso anche essere attestati in contesti in cui sono o erano presenti più decisi richiami o rappresentazioni egittizzanti o di distinto richiamo isiaco (o legati all'Egitto). Vd. appendice ASMEP. Delle scene nilotiche, distribuite maggiormente tra le zone mediane, accanto alla predominanza degli affreschi si ritrovano anche 9 casi di mosaici (Per le analisi più specifiche si veda il successivo Cap. IV). Di qui il motivo di includere nei grafici tali attestazioni in ambienti non meglio definiti, definibili (o la cui funzione resta incerta) in un'unica e generica menzione di “Ambiente” (a modello citazionale del PPP). Ad ogni modo, nelle appendici finali di questa sezione, pur non potendo esprimersi pienamente sulla funzione dell'ambiente menzionato, sarà sempre riportata la specifica topologica del vano, che ne individua precipuamente l'area (i.e. quarta parte del codice della Collocazione).

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Fig. 3.6. VI, 14, 20, At. Alcuni elementi egittizzanti. Parete sud et nord. Da Niccolini, II, 1862, Tav. 66 et 70. III.4.4. Prime note interpretative circa la distribuzione e caratterizzazione di tali soggetti Se uno studio statistico preliminare di A. Koponen sui motivi egiziani nei dipinti murali pompeiani avrebbe rivelato una sorta di “unwritten social code”, tentando di intravederne alcuni schemi spaziali e sociali 49, la presente indagine eseguita sul pur ampio numero di attestazioni egizie ed egittizzanti nel contesto pompeiano parrebbe completare e in parte confermare tali precedenti ipotesi. Codici sociali non scritti erano del resto ben noti in diverse società antiche e specie nell'antichità romana, basti pensare alla valenza del termine decor in Cicerone e Vitruvio 50. Nella decorazione delle pareti i Romani adottarono, come noto, temi greci combinandoli e fornendoli di nuovi messaggi. Non sarebbe pertanto ingiustificato voler intravedere o attribuire similare funzione anche ai motivi richiamanti l'Egitto. Prendendo pertanto in considerazione solo i soggetti che parrebbero essere più intimamente legati o richiamare l'Egitto ed eliminando i pur spesso ambigui fiori di loto, la cui tipologia tuttavia dovrà pur lasciare almeno in parte intendere o richiamare possibilmente ad aspetti o tradizioni egittizzanti greco-ellenistiche, si potrebbe giungere a delineare un prospetto comprendente le seguenti categorie più specifiche (qui posti in ordine quantitativo decrescente). Sfingi 162 (42%); Nilotico 74 (19%); Soggetti ed elementi vari 64 (17%); Temi isiaci 37 (10%); Isis Fortuna o Tyche 14 (4%); Io 8 (2%); [Pigmei 8 (2%); Zeus – Ammon 6 (2%); Elefanti 5 (15); Ibis 4 (1%); Anatre 2 (1%); Coccodrilli 2 (1%) 51]. Di seguito, invece, in ordine alfabetico e con indicazione della collocazione.

49 50 51

Vd. anche Koponen 2017, 125-130. Ma si veda anche Hölscher 2004. Si sono qui voluti valutare distintamente anche alcune categorie minori dato che essi sono inquadrati in altri contesti rispetto alle più note scene nilotiche (ad es. Pigmei). Essi sono tuttavia inclusi nella categoria C.

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Anatre

I,10,11,07,CuE; I,10,11,07,CuO.

Coccodrilli

I,10,11,07,CuE; I,10,11,07,CuO.

Soggetti ed elementi vari

I,03,25,0I,Oe?; I,04,05,?; I,04,25,PeN; I,09,05,08,CuE; I,09,05,08,CuE; I,09,05,08,CuN; I,09,05,08,CuN; I,09,05,08,CuS; I,09,05,08,CuS; I,12,05; II,04,03,08,PeE; II,04,03,AeS; V,01,07,0B,PeO; V,03,04,Am?; V,04,09,Am?; VI,07,20,Es?; VI,09,06,35,CuE; VI,09,06,53,Pe?; VI,11,09,bagno?; VI,14,20,0L,AmN; VI,14,20,0L,AmN; VI,14,20,0L,AmS; VI,14,28-33?; VI,14,30,0A,AtS; VI,16,07,0F,LaS; VI,16,07,0F,PeE; VI,16,15,0B,AtO; VI,16,15,0D,AtO; VI,17,42,27,Cu; VI,17,42,31,TrS; VI,17,42,31,TrS; VI,17,42,32,OeN; VI,17,42,32,OeS; VI,17,42,32,OeS; VI,17,42,32,OeO; VI,17,42,32,OeO; VII,03,29,0L,Tr ?; VII,04,31,21,AmS; VII,04,48,13,ViO; VII,04,56,16,PeS; VII,04,56,16,PeS; VII,04,56,16,ViS; VII,04,59,EsS; VII,16,12,Tr ?; VII,16,13,31,TrS; VII,16,13,31,TrS; VIII,02,28,0X,NinO; VIII,02,39,0H,AlN; VIII,05,39,Pe?; VIII,07,28,04,Fac N; VIII,07,28,04,FacE; VIII,07,28,04,FacN; VIII,07,28,04,FacO; VIII,07,28,06,EkkN; VIII,07,28,06,EkkO; VIII,07,28,06,EkkS; IX,03,05,05,CuE; IX,05,14,0C,Cu?; IX,08,03,0B,CuE; IX,08,03,0B,CuN; IX,08,03,0B,CuN; IX,08,03,0B,CuS; IX,08,03,33,Nin; IX,09,0C,0E,Tr ?.

Elefanti

I,06,04,0P,SalE; VI,15,01,0Q,OeN; VII,07,10,0P,PeNO; IX,03,05,05,CuE; IX,07,07,AA,FacE.

Ibis

I,07,18,0G,PeN; VI,14,20,0E,AmN; VI,16,15,0F,AlE; VIII,02,26,06,TrE.

Io

I,04,25,TrN; VI,09,01,?,Oe?; VI,09,02,13,Ta?; IX,02,18,0B,CuO; IX,09,0D,0L,TrO.

VI,09,06,45,PoO;

VII,09,07,0D,PoO;

VIII,07,28,06,EkkS;

Temi isiaci

I,02,03,AtS; I,09,05,12,CuE; I,13,12,03,AtO; II,04,03,90,ViE; V,01,26,0I,TaN; V,02,0I,0Q,AmS; VI,02,04,14,AmN; VI,02,04,34,CuS; VI,16,07,0F,LaE; VI,16,07,0F,LaE; VI,16,07,0F,PeS; VI,16,07,0F,PeS; VI,17,42,32,OeN; VI,17,42,32,OeE; VI,17,42,32,OeE; VI,17,42,32,OeE; VI,17,42,32,OeS; VII,01,47,Cu?; VII,09,01,Am?; VII,09,47,09,OeN; VIII,01,04,Am?; VIII,02,38,At?; VIII,03,11,Am?; VIII,04,12,CuN; VIII,07,28,01,PoS; VIII,07,28,04,Fac N; VIII,07,28,04,FacN; VIII,07,28,04,FacN; IX,03,05,06,CuE; IX,03,05,06,CuO; IX,03,05,16,TrS; IX,03,10,Pi?; IX,05,18,Am?; IX,08,03,41,TrE; IX,08,03,41,TrN; IX,08,03,41,TrO; IX,08,03,41,TrS.

Isis - Fortuna

I,02,20,ViN; I,03,02,Bot?; I,07,10/12,Tr; I,07,11,02,CuS; II,02,02,0F,AmS; V,04,03/05,At?; V,04,09,0C,CuS; VI,02,14,09,ViE; VI,16,07,0F,LaS; VII,01,47,Am?; VIII,05,39,0E,CucS; IX,01,03, Am?; IX,03,15,0H,AmN; IX,07,21,Corr ?.

Nilotico

I,02,24,0K,TaN; I,06,02,28,CaE; I,06,02,28,CaN; I,06,02,28,CaO; I,06,02,28,CaP; I,06,15,0H,ViE; I,06,15,0H,ViO; I,07,01,16,TrP; I,07,05,0B,AmSE; I,07,11,23,VIE; I,07,11,23,ViO; I,07,11,23,ViS; I,10,04,0B,AtN; I,10,04,11,OeP; I,10,04,48,Cal; II,02,02,0L,Gi; II,04,03,83,TrN; II,04,03,83,TrS; II,04,03,91,BiO; II,09,02,ViN; II,09,04,Vi; V,02,0I,0Q,AmE; V,02,0I,0Q,AmE; V,02,0I,0Q,AmN; V,02,0I,0Q,AmO; V,02,0I,0R,PeO; VI,02,04,32,Pe?; VI,02,04,32,Vi?; VI,02,14,09,ViE; VI,05,09,(19)?; VI,07,23,07,TaN; VI,07,23,10,ViS; VI,09,06,42,TaS; VI,12,02,EsE; VI,17,42,31,Nin; VI,17,42,32,OeN; VII,01,08,09,CalN; VII,01,08,09,CalO; VII,01,08,0F,NinO; VII,01,08,0G,NinO; VII,01,40,16,CalO; VII,02,25,0K,Pe?; VII,02,25,0K,ViE; VII,04,48,10,TaE; VII,04,48,10,TaO; VII,04,48,13,ViO; VII,04,56,16,ViS; VII,07,32,0A,Pe; VII,16,0A,FriE; VII,16,17,34,PaN; VIII,02,17,07,ApoN; VIII,02,17,07,ApoO; VIII,02,28,0X,NinN; VIII,02,34-35,TerN; VIII,03,8/9,?; VIII,05,24,0G,PeS; VIII,07,24,12,PeE; VIII,07,24,12,PeN; VIII,07,24,12,PeS; VIII,07,28,01,PoE; IX,05,06,0D,AlS; IX,05,09,0L,OeE; IX,05,09,0L,OeN; IX,05,09,0L,OeS; IX,05,14,0B,AtS; IX,06,f-g?; IX,08,03,07,TrN; IX,08,03,07,TrO; IX,08,03,33,ViE; IX,08,03,44,FrE; IX,08,03,44,FrE; IX,08,03,44,FrO; IX,08,06,31,FriE; IX,08,06,NinO.

Pigmei

V,01,07,04,AtE; V,02,01,0Q,AmE; VIII,03,14At; VIII,03,14At.

VII,04,31,30,TrE;

84

VII,04,31,30,TrN;

VII,04,31,30,TrS;

VIII,03,14At;

Capitolo III - Indagini sui soggetti e motivi egizi ed egittizzanti nel contesto pompeiano: pitture murali e mosaici

Sfingi

I,04,05,35,EsS; I,06,02,20,FrN; I,06,02,20,FrS; I,06,02,20,FrS; I,06,02,21,AnFrN; I,06,04,0H,S; I,06,04,0I,CuE; I,06,07,0G,OeN; I,06,13,13,ViN; I,06,15,0H,ViE; I,06,15,0H,ViN; I,07,11,02,CuE; I,07,11,03,CuE; I,07,11,03,CuE; I,07,11,22,CuE; I,07,19,0C, TaS; I,07,19,0C,TaN; I,09,05,11,TrN; I,09,05,11,TrN; I,09,05,11,TrN; I,09,12,05,TaE; I,10,04,04,AlN; I,10,04,04,AlS; I,10,04,0B,AtE; I,10,04,11,OeE; I,10,04,11,OeO; I,10,04,18,TrS; I,10,11,04,CuO; I,10,11,07,CuN; I,10,11,07,CuN; I,10,11,07,CuS; I,10,11,08,TrSof; I,10,11,12,OeN; I,10,11,12,OeO; I,11,06,04,AmE; I,11,06,04,AmN; I,11,06,08,ViS; I,11,06,10,TrE; I,11,06,10,TrN; I,11,06,10,TrN; I,11,15,09,AmN; I,12,03,05,TaE; I,13,04,07,TrS; I,17,04,01,PeN; II,03,03,08,PeO; II,03,03,11,CuE; II,03,03,11,CuO; II,03,03,11,CuS; II,03,03,14,CuE; II,03,03,14,CuN; II,03,03,14,CuN; II,03,03,14,CuO; II,03,03,14,CuS; II,03,03,14,CuS; II,04,03,86,AmE; II,04,03,89,AmE; II,04,03,89,AmN; II,04,03,89,AmO; II,04,03,94,AmN; II,04,03,94,AmS; III,04,02,04,AmO; V,01,26,0I,TaS; V,03,04,0N,AmbN; V,04,0A,05,CuE; V,04,0A,05,CuE; V,04,0A,05,CuE; V,04,0A,05,CuE; V,04,0A,05,CuE; V,04,0A,05,CuE; V,04,0A,05,CuN; V,04,0A,05,CuO; V,04,0A,05,CuO; VI,01,07,39,PeE; VI,01,07,39,PeO; VI,01,07,39,PeS; VI,01,25, Po?; VI,02,04,32,ViS; VI,05,05,12,PeS; VI,07,06,09,AlS; VI,08,03,15,TrN; VI,08,23,24,AmE; VI,09,06,35,CuN; VI,09,06,35,CuO; VI,09,06,43,OeE; VI,09,06,43,OeN; VI,09,06,44,CuE; VI,09,06,44,CuO; VI,09,06,53,PeN; VI,09,06,53,PeN; VI,10,11,02,AtE; VI,10,11,02,AtN; VI,10,11,02,AtS; VI,14,20,0L,AmN; VI,15,07,0L,PorN; VI,16,07,0Q,AmE; VI,16,07,0Q,AmE; VI,16,07,0Q,AmN; VI,16,07,0Q,AmO; VI,16,07,0R,AmN; VI,16,15,0B,AtO; VI,17,42,20,TrN; VI,17,42,31,TrE; VI,17,42,31,TrN; VI,17,42,31,TrN; VI,17,42,31,TrS; VII,01,08,0B,PeN; VII,01,25,08,TrN; VII,01,25,08,TrN; VII,01,25,34,CuO; VII,01,40,04,CuN; VII,02,45,0M,ViN; VII,02,45,I',AmO; VII,03,21,0C,OeO; VII,03,30,0G,CuN; VII,04,31,21,AmS; VII,04,31,28,TaO; VII,04,48,02,AtN; VII,04,59,0Y,TrO; VII,04,59,0Y,TrS; VII,06,28,04,PeN; VII,06,28,04,PeN; VII,07,10,0P,PeN; VII,09,47,04,CuO; VII,15,02,D',Tep; VII,16,22,29,AmO; VII,16,22,29,AmS; VII,16,22,32,SalO; VII,16,22,48,OeE; VII,16,22,48,OeS; VII,16,22,49,CuE; VII,16,22,49,CuE; VII,16,22,49,CuN; VII,16,22,49,CuO; VII,16,22,49,CuS; VII,16,22,53,CuN; VII,16,22,53,CuSof; VIII,05,37,0C,AmN; IX,01,20,0S,TrE; IX,01,20,AA,Fac; IX,03,05,05,CuE; IX,03,05,05,CuO; IX,03,05,05,CuS; IX,03,05,07,CuE; IX,05,02,0F,CuN; IX,05,06,0I,TaS; IX,05,06,0K,CorrN; IX,08,03,07,TrN; IX,08,03,07,TrO; IX,08,03,08,TrE; IX,08,03,08,TrN; IX,08,03,0B,CuO; IX,08,03,0D,AnN; IX,08,03,31,AmO; IX,08,03,33,ViE; IX,08,03,33,ViO; IX,08,03,43,CuO; IX,13,03,HH,TrE; IX,13,03,HH,TrN; IX,13,03,II,CuE; IX,13,03,II,CuE; IX,13,03,II,CuO; IX,14,04,03,OeE.

Zeus- Ammon

I,10,04,0B,AtN; I,10,04,18,TrN; VI,08,23,08,TabE; VI,16,07,0F,PeN; VI,17,42,20,TrE; VI,17,42,20,TrN.

Il totale dei soggetti individuati, ovvero 386, potrebbe essere inoltre ulteriormente circoscritto e specificato a 224 con l'esclusione del soggetto “Sfingi” 52. Ciò detto, in genere le abitazioni che presenterebbero tale casistica parrebbero 129, con un totale di 218 ambienti coinvolti. Mentre, eliminando il soggetto “Sfingi”, che spesso potrebbe anche risultare per più ragioni controverso, si conterebbero 98 domus, per 141 ambienti coinvolti, così divise per Regiones, Domus e ambienti: Regio I (20 domus; 26 ambienti); Regio II (4 domus; 9 ambienti); Regio V (7 domus; 11 ambienti); Regio VI (18 domus; 30 ambienti); Regio VII (18 domus; 23 ambienti); Regio VIII (15 domus; 18 ambienti); Regio IX (16 domus; 24 ambienti). Come è stato possibile mettere in rilievo, rappresentazioni egittizzanti e richiami all'Egitto presenterebbero differente caratterizzazione nel contesto pompeiano. La gran maggioranza delle abitazioni possedeva nel complesso un contenuto numero di tali attestazioni che erano tuttavia il più delle volte lontane dall'asse visivo principale. Inoltre, se pare piuttosto attestabile che l'arte pubblica romana fosse intrisa di messaggi politici53 lo stesso concetto varrebbe meno per gli spazi domestici in cui tale funzione potrebbe anche richiamarsi agli atria o tablinia (che tuttavia di rado presentavano elementi egittizzanti). Di conseguenza sembrerebbe più giusto pensare che motivi egiziani fossero di rado scelti su base 52

53

In genere considerate nell'ottica egiziana, la rappresentazione delle sfingi pare potesse esprimersi in due iconografie note in età romana: quella del mito greco (basata sulla storia di Edipo, con testa femminile, seni, alata e spesso seduta o stante) e quella considerata faraonica (maschile, che indossa il copricapo nemes e quasi sempre adagiata). Zanker 2002, 214.

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

politica e più di frequente per gli interessi del proprietario (specie quelli cultuali). Le rappresentazioni richiamanti più espressamente l'Egitto e presenti nei dipinti murali pompeiani potrebbero in fondo anche essere ulteriormente divisi in diversi sottogruppi (che pur sarebbero da far rientrare tra gli egittizzanti): 1) Scene nilotiche; 2) Rappresentazioni e dettagli decorativi egizittizzanti (ad es. cariatidi, figure umane e divine, oggetti del culto religioso, nonché flora e fauna egiziane; 3) Immagini di culto egizio dipinti nei lararia; 4) Vignette di paesaggi rievocanti la terra del Nilo e raffiguranti tipiche architetture locali; 5) Immagini mitologiche della leggenda di Io; 6) Sale dipinte da giardino con dettagli egittizzanti; 7) Personificazioni dell'Egitto, di Alessandria (o dell'Africa), simboleggiate da una figura femminile con copricapo elefantino 54. Ciò detto, dai dati non può che rilevarsi come lo spesso moderato utilizzo ed impiego di tali motivi in diverse pareti delle domus pompeiane avesse il più delle volte uno scopo primariamente decorativo (pur alludendo al lusso e richiamando una sorta di filo-egizianismo, come per gli oggetti). Spazi di grande visibilità come quelli utilizzati durante il rituale della salutatio presenterebbero invece più di rado immagini egizittizzanti. Giardini e peristili presenterebbero poi diverse decorazioni con temi egiziani (quasi tutti nilotica). Allusioni all'Egitto si ritroverebbero inoltre in triclinia e cubicoli (per lo più dettagli decorativi ma anche rappresentazioni mitologiche con Argos e Io). Potrebbe pertanto derivarsene che gran parte dei patroni pompeiani evitasse in fondo di marcare (o mettere in evidenza) il proprio interesse per la cultura e i culti egiziani. Seguendo pertanto quello che potrebbe anche definirsi un registro decorativo d'uso, se ne ricaverebbe che attorno al 79 d.C., il quadro delle testimonianze egittizzanti nelle pitture pompeiane avrebbe presentato un similare prospetto. L'aggiunta di alcuni motivi egittizzanti nella decorazione della parete andrebbe spesso ritenuto un tocco di fastosità. Decorare l'ingresso, l'atrio e il tablinum con immagini egittizzanti sarebbe tuttavia poco attestato, mentre scene nilotiche dell'atrio, in base alle attestazioni, verrebbero a ritrovarsi nella sola zona superiore. Come accennato, motivi di richiamo all'Egitto paiono essere piuttosto lontani dall'asse visivo dell'abitazione e più adatti a spazi maggiormente remoti rispetto all'ingresso (come triclinia, cubicula, peristilia e viridaria). Ad ogni modo, come si dirà successivamente, il numero degli ambienti coinvolti per ciascuna domus sarebbe piuttosto contenuto sia in abitazioni di medie che di grandi dimensioni (Si veda Cap. IV, 2). Le scene nilotiche paiono invece decisamente essere preferite in giardini e peristili, mentre decorazioni egittizzanti (o raffigurazioni mitologiche come quadretti illustranti il mito di Io) parrebbero abbellire specie cubicula, oeci e triclinia. Se immagini del culto di Iside, Serapide, Arpocrate e Anubi, talora assieme a santuari domestici di altre divinità romane, sono spesso presenti presso giardini o peristili di grandi abitazioni lautamente decorate 55, rappresentazioni cultuali di Iside-Fortuna possono invece ritrovarsi a decorare anche modeste abitazioni, specie ambienti come cucine, corridoi (o in un caso un forno).

54 55

Converrei qui con Koponen 2017, 125-130. Bellucci, Hänninen, Koponen (in preparazione). Sotto tali figure egizie compaiono serpenti spesso in coppia (agathodaemones) tipici dei dipinti da larario.

86

Capitolo III - Indagini sui soggetti e motivi egizi ed egittizzanti nel contesto pompeiano: pitture murali e mosaici

III.5. Osiri nel nome di Dioniso. Exempla di associazioni ਜ਼ıȚȡȚȢį੻ ਥıIJ੿ ǻȚȩȞȣıȠȢțĮIJ੹ ਬȜȜȐįĮȖȜ૵ııĮȞ +dt., 2, 144) “Osiri corrisponde a Dioniso in lingua greca”. Nel riconoscimento e nella valutazione degli elementi pittorici precedenti si è deciso di tener conto anche di quanto afferibile a Dioniso ed in genere a temi o motivi legati al dionisismo. La motivazione, come accennato sparsamente, risiede nel fatto che nel processo di “sintesi” tra divinità del periodo greco-alessandrino, la figura di Osiri venne per ragioni mitografiche spesso associata nell'interpretatio graeca a quello di Dioniso 56. Erodoto ricordava infatti che a fronte di un gran numero di divinità degne di venerazione, Iside e 2VLUL JRGHYDQR GHO IDYRUH GL WXWWL JOL (JL]LDQL șİȠઃȢ Ȗ੹ȡ į੽ Ƞ੝ IJȠઃȢ Į੝IJȠઃȢ ਚʌĮȞIJİȢ ੒ȝȠȓȦȢ ǹੁȖȪʌIJȚȠȚıȑȕȠȞIJĮȚʌȜ੽Ȟ੍ıȚȩȢIJİțĮ੿ ੗ıȓȡȚȠȢIJઁȞį੽ ǻȚȩȞȣıȠȞİੇȞĮȚȜȑȖȠȣıȚIJȠȪIJȠȣȢį੻ ੒ȝȠȓȦȢ ਚʌĮȞIJİȢıȑȕȠȞIJĮȚ +GW ³In effetti gli Egiziani non venerano ugualmente tutti gli stessi dei, tranne Iside e Osiri, che dicono corrispondere a Dioniso: queste due divinità le venerano davvero tutti”. Andrà poi ricordato come Dioniso nella sua forma di toro sia ben attestato da diverse fonti. È infatti sotto questa incarnazione che Penteo agghindato da baccante lo invocava nelle Baccanti di Euripide (E., Ba, 914-915). Inoltre, Iacco, il nome con cui Dioniso è adorato nei suoi misteri ateniesi ed eleusini, è una divinità effigiata con corna taurine 57. Diverse analogie con Osiri non passarono poi certo inosservate agli antichi. Entrambi ingaggiarono lotte contro il male, Osiri con Seth e Dioniso contro i Titani; entrambi furono uccisi e massacrati; entrambi risuscitati riassumendo in parte la forma originaria, grazie alla partecipazione di dee (Iside e Nefti per Osiri e Atena, Demetra e Rea per Dioniso). Detto ciò, sotto l'epiteto di Iacco, Dioniso fu inoltre associato a Demetra e al mito di Persefone, prelevata da sua madre da Ade per regnare con lui negli Inferi, e che tornava sulla terra ogni anno in primavera, andando a simboleggiare la ciclica rinascita della vegetazione 58. Dioniso è inoltre notoriamente legato al vino, ma tale associazione parrebbe propria anche di Osiri sin dai testi delle piramidi 59. Associazioni tra Osiride e Dioniso sarebbero in fondo già attestate nel Serapeo di Menfi (in cui sono presenti infanti che cavalcano animali tra cui una pantera) e presso la necropoli di Touna el Gebel (in cui la decorazione principale presenta viti, ghirlande e maschere tragiche). Nel mito tradizionale, Iside cerca le parti del corpo di Osiri per tutto il mondo, dopo che egli fu ucciso e smembrato da Tifone (Seth). La prima testimonianza del mito di Osiri potrebbe ritrovarsi nei cosiddetti testi delle Piramidi verso la fine del V Regno e nelle fonti del Nuovo Regno come la 56

57

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ǺĮıȚȜİȪȠȞIJĮ įૃ ਜ਼ıȚȡȚȞ ǹੁȖȣʌIJȓȠȣȢ ȝ੻Ȟ İ੝șઃȢ ਕʌȩȡȠȣ ȕȓȠȣ țĮ੿ șȘȡȚȫįȠȣȢ ਕʌĮȜȜȐȟĮȚ țĮȡʌȠȪȢ IJİ įİȓȟĮȞIJĮ țĮ੿ ȞȩȝȠȣȢșȑȝİȞȠȞĮ੝IJȠ૙ȢțĮ੿ șİȠઃȢįȚįȐȟĮȞIJĮIJȚȝ઼Ȟ੢ıIJİȡȠȞį੻ ȖોȞʌ઼ıĮȞਲȝİȡȠȪȝİȞȠȞਥʌİȜșİ૙ȞਥȜȐȤȚıIJĮȝ੻Ȟ ੖ʌȜȦȞ įİȘșȑȞIJĮ ʌİȚșȠ૙ į੻ IJȠઃȢ ʌȜİȓıIJȠȣȢ țĮ੿ ȜȩȖ૳ ȝİIJૃ ધįોȢ țĮ੿ ʌȐıȘȢ ȝȠȣıȚțોȢ șİȜȖȠȝȑȞȠȣȢ ʌȡȠıĮȖȩȝİȞȠȞ ੖șİȞਰȜȜȘıȚįȩȟĮȚǻȚȠȞȪı૳ IJઁȞĮ੝IJઁȞİੇȞĮȚ 3OXDe iside, 13; 356a-356b). “Durante il suo regno, Osiride fece di colpo mutare agli Egiziani il loro genere di vita povera e selvatica, li istruì nella coltivazione dei campi, fissò leggi e insegnò loro a onorare gli dei. Poi percorse tutta la terra d'Egitto e la civilizzò e non ebbe bisogno di armi, perché riuscì ad attirare quasi tutti con l'incanto della persuasione, con la parola unita al canto e a ogni tipo di musica, tanto che i Greci credettero di identificarlo con Dioniso”. Si veda anche D.S., 4, 25. Plu., De Iside ǻȚȩȞȣıȠȞ ʌȠȚȠ૨ıȚȞ ਕȖȐȜȝĮIJĮ ʌȠȜȜȠ੿ IJ૵Ȟ ਬȜȜȒȞȦȞ Įੂ įૃ ਹȜİȓȦȞ ȖȣȞĮ૙țİȢ țĮ੿ ʌĮȡĮțĮȜȠ૨ıȚȞ İ੝ȤȩȝİȞĮȚ µʌȠį੿ ȕȠİȓ૳ IJઁȞ șİઁȞ ਥȜșİ૙Ȟ¶ ʌȡઁȢ Į੝IJȐȢ ਝȡȖİȓȠȚȢ į੻ ȕȠȣȖİȞ੽ȢǻȚȩȞȣıȠȢ ਥʌȓțȜȘȞ ³Del resto, anche molti Greci rappresentano Dioniso in forma di toro; in Elide, oltretutto, le donne invocano il dio pregandolo di “venire a loro col piede bovino”. Gli Argivi, poi, danno a Dioniso l'epiteto “figlio di bue...”. Plu., De IsideȀĮ੿ IJઁȞǻȚȩȞȣıȠȞµ੢ȘȞ¶੪ȢțȪȡȚȠȞIJોȢਫ਼Ȗȡ઼ȢijȪıİȦȢȠ੝ȤਪIJİȡȠȞ੕ȞIJĮIJȠ૨ ੗ıȓȡȚįȠȢ... “anche Dioniso del resto viene chiamato Hyes, perché è il signore della natura umida, e si identifica con Osiride”. Plu., De Iside, 35: ੖IJȚ įૃ Ƞ੝ ȝȩȞȠȞ IJȠ૨ Ƞ੅ȞȠȣ ǻȚȩȞȣıȠȞ ਕȜȜ੹ țĮ੿ ʌȐıȘȢ ਫ਼Ȗȡ઼Ȣ ijȪıİȦȢ ਰȜȜȘȞİȢ ਲȖȠ૨ȞIJĮȚ țȪȡȚȠȞ țĮ੿ ਕȡȤȘȖȩȞ ਕȡțİ૙ ȆȓȞįĮȡȠȢ ȝȐȡIJȣȢ İੇȞĮȚ ȜȑȖȦȞ įİȞįȡȑȦȞ į੻ ȞȠȝઁȞǻȚȩȞȣıȠȢ ʌȠȜȣȖĮș੽Ȣ  Į੝ȟȐȞȠȚ ਖȖȞઁȞ ijȑȖȖȠȢ ੑʌȫȡĮȢ ³Per dimostrare che i Greci ritengono Dioniso signore e creatore non solo del vino, ma dell'elemento umido in genere, basta la testimonianza di Pindaro: Degli alberi il gregge Dioniso festoso moltiplichi, sacro splendore d'autunno”. (Frag. 153 - Christ). Rutherford 2016, 69-70.

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

pietra di Shabaka 60. Le successive versioni di Diodoro (D.S. 1, 13-27) e Plutarco (Plut. De Is. et Os. 12- 20; 355D-358d), che tuttavia divergono, presenterebbero poi testimonianze narrative del mito di Osiri che includono alcuni episodi esposti su antichi monumenti egizi 61. Il mito tradizionale di Osiri e Iside era inoltre ben noto nel periodo augusteo. Ovidio allude a questo mito quando descrive Osiri come quaesitus: “colui che è stato cercato”, Ov. Met., 9.693: quaesitus Osiris. Nel 1983 L. Del Francia sottolineava che il fenomeno di sincretismo tra Osiride e Dioniso, già formulato da Erodoto (Hdt., 2, 144), fosse alla base dell'ampio favore accordato al culto dionisiaco presso i Tolemei 62, i quali emuli delle gesta di Alessandro lo adottarono e diffusero sul filone tradizionale della regalità divina egiziana 63, anche in considerazione dei molteplici elementi che accomunavano le vicende mitologiche delle due divinità. La realtà in cui i Tolemei si trovavano ad operare fu notevolmente complessa. Essi si presentavano da un lato come continuatori dell'antica tradizione egiziana ma dall'altro come esponenti di una dinastia greco-macedone presentandosi come i veri continuatori di Alessandro. La figura di Dioniso fu pertanto loro funzionale, dato che proprio in Egitto poteva attestarsi l'analogia tra Alessandro (Neos Dionysos e figlio di Amon) e Dioniso che ebbe molta fortuna di espressioni nel contesto mediterraneo. Secondo la studiosa la fortuna dell'introduzione del dionisismo di schema alessandrino in Campania sarebbe sostenuto dal fatto che quest'ultimo sarebbe divenuto in Egitto una religione soteriologica dovuta all'assimilazione tra Dioniso e Osiride. Attraverso la diffusione del culto isiaco venne pertanto a consacrarsi anche il culto del dio Soter Osiride-Dioniso 64. Ai fini della nostra indagine le implicazioni dell'identificare Osiri con Dioniso paiono portare ad interessanti risultati che mostrerebbero diverse associazioni tra elementi dionisiaci e egittizzanti, comprovandone una conoscenza evidentemente non casuale in diversi contesti pompeiani. Nell'Iseo di Pompei ad esempio, sui lati del piccolo santuario si trovavano tre nicchie che contenevano statue di Arpocrate, forse Serapide e Dioniso con pantera (quest'ultima MNN 6312). Singolare e storico esempio parrebbe riscontrarsi presso la forse “isiaca” Casa di Ottavio Quartione (II, 2, 2) detta anche casa di Loreio Tiburtino. Essa presenta una stanza che si apre sul portico che separa la casa dal giardino, in cui potrebbe anche riconoscersi un oratorio (sacellum) dedicato a Iside. Un dipinto raffigurerebbe infatti un sacerdote isiaco vestito di bianco e con in Vd. anche Griffiths 1980, 1-40. Vd. anche Leemreize 2016, 178-180. 62 Il favore accordato a Dioniso dai Tolemei affondava le sue radici nel rapporto venutosi a determinare tra la spedizione di Alessandro in Asia e il dionisismo in conseguenza dell'uccisione del fedele Clito da parte di Alessandro in preda all'ebrezza. Alessandro avrebbe interpretato il suo gesto come effetto della vendetta di Dioniso offeso perché il suo culto era stato trascurato. La sua convinzione aveva determinato una moltiplicazione delle attestazioni del culto e la diffusione dell'immagine di un Dioniso conquistatore e civilizzatore durante la seconda parte della campagna asiatica. Il racconto di un viaggio di Dioniso in Oriente per diffondervi il suo culto, riportato anche nelle Baccanti di Euripide, dal quale il dio era tornato trionfatore suggerisce una preziosa analogia tra l'impresa del dio e quella asiatica di Alessandro. Si deve a questo parallelismo la consuetudine di celebrare con sfarzo processioni trionfali da connettersi ad Alessandro e a Dioniso. Di una fastosa processione indetta da Tolemeo II Filadelfo ad Alessandria ci parla Ateneo (Ath., V, 1976-203b). Quando Tolemeo XI si fregia ufficialmente del titolo di Neos Dionysos formalizza una tendenza già presente nelle scelte dei suoi predecessori e che permette ai Tolemei di elaborare una concezione della regalità divina accettata sia dagli Egiziani che dai Greci nella quale i tratti del dio sono mediati dalla figura di Alessandro di cui i Tolemei sono continuatori. Vd. anche Del Francia 1986, 261285. 63 Del Francia 1986, 261-285; Del Francia 1991, 145-158. 64 Se vi si fa caso le testimonianze attraverso la rilettura di tale materiale nelle città vesuviane parrebbero supportare tale ipotesi. Tra gli esempi citati Del Francia ricorda la collocazione della statua in marmo di Dioniso e pantera presso l'iseo di Pompei distrutto nel 62 d.C e ricostruito nello stesso luogo e inoltre la Casa del Fauno decorata in una seconda fase durante il II secolo con pitture di primo stile e mosaici policromi che richiamano al mondo alessandrino con paesaggi nilotici, Dioniso che cavalca una pantera, un satiro e baccante e la battaglia di Isso. Mentre le rappresentazioni dei giardini si richiamerebbero a stilemi alessandrini, come i giardini dipinti della Casa dei Cubicoli floreali a Pompei che presenterebbero inoltre strette analogie con alcuni tessuti copti. Del Francia 1986, 261-285; Del Francia 1991, 152-153. De Vos rilevava invece la combinazione di motivi egizi e simboli dionisiaci nei frammenti egittizzanti della Farnesina e da un imprecisato luogo romano in cui un fallo eiaculante è venerato da una figura femminile su sgabello. De Vos 1991, 121-127. 60 61

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Capitolo III - Indagini sui soggetti e motivi egizi ed egittizzanti nel contesto pompeiano: pitture murali e mosaici

mano i tre strumenti rituali: il sistro, la situla e la patera e ai suoi piedi un graffito che integrato potrebbe leggersi: Amulius Faventinus Tiburs. Inoltre, nel giardino di questa stessa casa, un bacino delimitato da statuette egiziane sembra aver raffigurato il Nilo attraverso un sistema di giochi d'acqua e fontane che avrebbero permesso di rappresentarne la piena. Nel giardino sarebbero inoltre state presenti diverse anfore poste nel terreno (chissà se in parte richiamanti o contenenti l'acqua sacra per i misteri). Infine, lucerne egittizzanti, statue di Bes e un faraone, trovate in situ, contribuirebbero ad attestare la devozione degli abitanti di questa casa al culto egiziano (Si veda Bellucci, AREP, infra). Accanto a ciò è stata pur avanzata un'associazione con il culto dionisiaco che potrebbe essere rappresentato dal fatto che nel sacello, i medaglioni, secondo l'opinione generale, effigerebbero ritratti di satiri e baccanti. I volti estatici delle donne e la loro carnagione più scura, le ghirlande di fiori o foglie che ne circondavano la testa, porterebbero poi a confermare tale interpretazione (senza dimenticare tuttavia che l'estasi pare comune a tutti i culti orientali) 65. Se è stato così possibile ritrovare attestazione di Dioniso associato ai misteri isiaci 66, il fenomeno contrario sembrerebbe trovar attestazione in alcuni affreschi della Villa dei Misteri. In essa, se un'intera sala fu dedicata all'iniziazione dionisiaca, le pareti del tablino (cosiddetta sala a pareti nere) su cui si apre, vennero decorate con piccoli motivi egiziani: Isis pterofore e Nephthys che indossano fiori di loto su entrambi i lati di un ichneumon sacro (o coccodrillo), divinità geracocefaliche, urei alati, ibis, anatre e vari uccelli. Il registro inferiore pare poi decorato con mazzetti di piante che rimanderebbero alla Casa dei cubicoli floreali (I, 9, 6). Inoltre, in un'altra stanza (n. 32) della stessa villa, un piccolo dipinto rappresenterebbe una donna ammantata e in piedi sui gradini di un edificio (probabilmente un tempio). Una parte del mantello le copre parte della testa mentre lei guarda un servitore (ierodulo) che si accovaccia per terra, lasciando intravedere una cista con all'interno un serpente. La scena qui rappresentata potrebbe pertanto avere connotazioni isiache o dionisiache. Ad ogni modo, in base alla precedente ripartizione dei soggetti, all'interno delle possibilità di esprimere il dionisismo andranno di certo tenute in conto, oltre a Dioniso stesso, rappresentazioni di menadi, maschere e delle foglie d'edera 67. Tale tipologia pare prevalere nella zona mediana specie in oeci, cubicula, e triclinia. Accanto a ciò non andrà certo dimenticato il ruolo assunto dai serpenti nell'ambito dionisiaco e dei lararia, essendo essi considerati Agathodaimones (ossia, demoni buoni), a partire dalla mitologia greca che li considerava divinità protettrici del grano, dei vigneti e delle città stesse 68. Pur non potendo perciò in tale sede per ovvie ragioni tenere in considerazione anche gli oggetti legati a quanto potrebbe rientrare nella sfera dionisiaca, che per vastità necessiterebbe certo di un ulteriore imponente lavoro, considerando il campione qui preso in esame di 261 domus, si porrà ora attenzione alla ricorrenza e all'associazione dei motivi pittorici dionisiaci (in considerazione degli elementi egittizzanti). Basandosi infatti sulle indagini tipologiche eseguite sarebbe possibile rilevare come circa 100 abitazioni (38,17%) presenterebbero, pur in differenti ambienti, sia motivi cosiddetti egittizzanti che dionisiaci 69; 212 (80,92%) presenterebbero in genere elementi egittizzanti 70; 150 (57,25%) elementi 65

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Il “satiro” della casa di L. Tibertinus parrebbe richiamarsi ad uno dei famosi affreschi di Ercolano che rappresenta una cerimonia del culto isiaco. Vi si noterebbe l'atteggiamento estatico dei partecipanti rivolti verso una ballerina barbuta con la pelle scura e coronata da foglie che appare in trance. Vd. ad es. (I, 9, 6) infra. Plu., De Iside, 37: ਰȜȜȘȞȑȢ IJİ țĮșȚİȡȠ૨ıȚ IJ૶ ǻȚȠȞȪı૳ țĮ੿ ʌĮȡૃ ǹੁȖȣʌIJȓȠȚȢ ȜȑȖİIJĮȚ µȤİȞȩıȚȡȚȢ¶ ੑȞȠȝȐȗİıșĮȚ ıȘȝĮȓȞȠȞIJȠȢ IJȠ૨ ੑȞȩȝĮIJȠȢ ੮Ȣ ijĮıȚ ijȣIJઁȞ ੗ıȓȡȚįȠȢ ³Si sa, poi, che in Grecia l'edera è sacra a Dioniso: ma anche in Egitto il suo nome, chenosiride, vuol dire a quanto pare ұpianta di OsirideҲ...”. Mentre per le maschere tragiche andrebbe operato un ulteriore distinguo qualora apparissero assieme a elementi piuttosto significativi o no. Si pensi solo per es. al cosiddetto affresco detto di Dioniso (o Bacco) e Vesuvio proveniente da Pompei, Casa del Centenario (MANN, Inv. 112286), e qui nostro inv. IX,08,03,49,AtE. Motivi egittizzanti e dionisiaci: I,04,05; I,06,02; I,06,04; I,06,07; I,06,10; I,06,13; I,06,15; I,07,01; I,07,07; I,07,11; I,07,19; I,08,10; I,09,03; I,09,05; I,09,12; I,10,04; I,10,07; I,10,11; I,10,18; I,11,01; I,11,06; I,11,11; I,11,15; I,11,17; I,12,03; I,13,04; I,13,12; I,16,03; I,16,04; II,02,02; II,03,03; III,02,01; III,04,02; III,04,04; V,01,07; V,01,26; V,02,01; V,02,0I; V,03,07; V,03,09; V,04,03; V,04,0A; V,05,03; VI,01,07; VI,07,06; VI,07,23; VI,08,23; VI,09,02; VI,09,06; VI,10,11; VI,11,09; VI,12,02; VI,14,20; VI,14,28; VI,15,01; VI,15,07; VI,16,07; VI,16,15; VI,16,26;

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

cosiddetti dionisiaci 71; mentre, scindendone il binomio secondo il contesto indagato, 112 domus (ovvero il 42,75%) presenterebbero unicamente motivi egittizzanti72; 50 abitazioni (19,08%) invece solo elementi dionisiaci 73. Nel 38% dei casi, quando presenti elementi egittizzanti sembrerebbero ricorrere anche elementi dionisiaci pur spesso in ambienti differenti. Tuttavia, scartando motivi o richiami che potrebbero ritenersi minori o maggiormente interpretativi (come ad es. I, 9, 12, tablino) o che potrebbero

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VI,16,29; VI,17,42; VII,01,08; VII,01,25; VII,01,40; VII,02,45; VII,03,13; VII,03,21; VII,03,29; VII,03,30; VII,04,31; VII,04,48; VII,04,57; VII,04,59; VII,04,62; VII,07,10; VII,12,23; VII,15,02; VII,16,0A; VII,16,13; VII,16,17; VII,16,22; VIII,02,21; VIII,03,11; VIII,04,04; VIII,05,37; IX,01,07; IX,01,22; IX,02,16; IX,02,26; IX,03,05; IX,05,02; IX,05,06; IX,05,11; IX,05,14; IX,05,18; IX,07,20; IX,08,03; IX,09,0C; IX,13,03; IX,14,04. Elementi egittizzanti: I,02,03; I,02,20; I,02,24; I,03,02; I,03,25; I,04,05; I,04,25; I,05,02; I,06,02; I,06,04; I,06,07; I,06,10; I,06,11; I,06,13; I,06,15; I,07,01; I,07,05; I,07,07; I,07,10; I,07,11; I,07,18; I,07,19; I,08,01; I,08,08; I,08,10; I,08,17; I,09,01; I,09,03; I,09,04; I,09,05; I,09,12; I,10,04; I,10,07; I,10,11; I,10,18; I,11,01; I,11,06; I,11,11; I,11,15; I,11,17; I,12,01; I,12,03; I,12,05; I,13,01; I,13,02; I,13,04; I,13,08; I,13,09; I,13,12; I,16,03; I,16,04; I,17,04; I,22,03; II,02,02; II,03,03; II,04,03; II,09,02; II,09,04; III,02,01; III,04,02; III,04,04; V,01,07; V,01,26; V,02,01; V,02,0I; V,03,04; V,03,06; V,03,07; V,03,09; V,04,03; V,04,09; V,04,0A; V,05,03; VI,01,07; VI,01,25; VI,02,04; VI,02,11; VI,02,12; VI,02,14; VI,02,22; VI,05,03; VI,05,05; VI,05,09; VI,05,13; VI,05,16; VI,07,06; VI,07,19; VI,07,20; VI,07,23; VI,08,03; VI,08,23; VI,09,01; VI,09,02; VI,09,03; VI,09,06; VI,10,11; VI,11,09; VI,12,02; VI,14,20; VI,14,28; VI,14,30; VI,14,38; VI,15,01; VI,15,02; VI,15,06; VI,15,07; VI,16,07; VI,16,15; VI,16,26; VI,16,29; VI,17,36; VI,17,42; VII,01,08; VII,01,25; VII,01,40; VII,01,47; VII,02,25; VII,02,35; VII,02,38; VII,02,45; VII,02,48; VII,03,06; VII,03,13; VII,03,21; VII,03,29; VII,03,30; VII,04,31; VII,04,48; VII,04,56; VII,04,57; VII,04,59; VII,04,62; VII,05,02; VII,06,28; VII,06,30; VII,07,10; VII,07,32; VII,09,01; VII,09,07; VII,09,47; VII,09,68; VII,11,11; VII,12,18; VII,12,23; VII,12,26; VII,12,28; VII,13,04; VII,14,05; VII,14,09; VII,15,02; VII,16,0A; VII,16,12; VII,16,13; VII,16,17; VII,16,22; VIII,01,04; VIII,02,03; VIII,02,14; VIII,02,17; VIII,02,21; VIII,02,26; VIII,02,28; VIII,02,34; VIII,02,38; VIII,02,39; VIII,03,11; VIII,03,14; VIII,03,8/; VIII,04,04; VIII,04,12; VIII,05,05; VIII,05,16; VIII,05,37; VIII,05,39; VIII,06,01; VIII,06,04; VIII,06,05; VIII,07,24; VIII,07,28; IX,01,03; IX,01,07; IX,01,20; IX,01,22; IX,02,05; IX,02,07; IX,02,10; IX,02,16; IX,02,18; IX,02,26; IX,03,05; IX,03,10; IX,03,15; IX,05,02; IX,05,06; IX,05,09; IX,05,11; IX,05,14; IX,05,18; IX,06,f-g; IX,06,08; IX,06,0D; IX,07,07; IX,07,16; IX,07,20; IX,07,21; IX,08,03; IX,08,06; IX,09,06; IX,09,0C; IX,09,0D; IX,13,03; IX,14,04. Elementi dionisiaci: I,04,05; I,06,02; I,06,04; I,06,07; I,06,10; I,06,13; I,06,15; I,07,01; I,07,02; I,07,07; I,07,11; I,07,19; I,08,10; I,08,18; I,09,03; I,09,05; I,09,12; I,10,04; I,10,07; I,10,11; I,10,18; I,11,01; I,11,06; I,11,10; I,11,11; I,11,15; I,11,17; I,12,03; I,12,09; I,12,11; I,12,15; I,12,16; I,13,04; I,13,11; I,13,12; I,15,01; I,15,03; I,16,03; I,16,04; II,01,09; II,01,12; II,02,02; II,03,03; III,02,01; III,04,02; III,04,04; V,01,07; V,01,13; V,01,18; V,01,26; V,02,01; V,02,0H; V,02,0I; V,03,07; V,03,09; V,04,03; V,04,0A; V,04,0B; V,04,13; V,05,03; V,06,01; VI,01,07; VI,02,13; VI,07,06; VI,07,18; VI,07,23; VI,08,23; VI,09,02; VI,09,06; VI,10,07; VI,10,11; VI,11,09; VI,12,02; VI,14,20; VI,14,28; VI,14,43; VI,15,01; VI,15,07; VI,15,23; VI,16,07; VI,16,15; VI,16,20; VI,16,26; VI,16,29; VI,17,41; VI,17,42; VII,01,08; VII,01,25; VII,01,40; VII,02,14; VII,02,16; VII,02,20; VII,02,45; VII,03,13; VII,03,21; VII,03,25; VII,03,29; VII,03,30; VII,04,31; VII,04,48; VII,04,57; VII,04,59; VII,04,62; VII,06,35; VII,07,05; VII,07,10; VII,10,03; VII,11,13; VII,12,11; VII,12,23; VII,15,02; VII,15,05; VII,15,13; VII,16,0A; VII,16,13; VII,16,17; VII,16,22; VIII,02,01; VIII,02,21; VIII,03,11; VIII,04,04; VIII,05,24; VIII,05,37; IX,01,07; IX,01,22; IX,02,13; IX,02,16; IX,02,17; IX,02,21; IX,02,24; IX,02,26; IX,03,02; IX,03,05; IX,03,19; IX,03,20; IX,05,02; IX,05,06; IX,05,11; IX,05,14; IX,05,18; IX,06,03; IX,07,20; IX,08,03; IX,09,01; IX,09,0C; IX,09,11; IX,11,01; IX,12,07; IX,13,03; IX,14,04. Unicamente motivi egittizzanti: I,02,03; I,02,20; I,02,24; I,03,02; I,03,25; I,04,25; I,05,02; I,06,11; I,07,05; I,07,10; I,07,18; I,08,01; I,08,08; I,08,17; I,09,01; I,09,04; I,12,01; I,12,05; I,13,01; I,13,02; I,13,08; I,13,09; I,17,04; I,22,03; II,04,03; II,09,02; II,09,04; V,03,04; V,03,06; V,04,09; VI,01,25; VI,02,04; VI,02,11; VI,02,12; VI,02,14; VI,02,22; VI,05,03; VI,05,05; VI,05,09; VI,05,13; VI,05,16; VI,07,19; VI,07,20; VI,08,03; VI,09,01; VI,09,03; VI,14,30; VI,14,38; VI,15,02; VI,15,06; VI,17,36; VII,01,47; VII,02,25; VII,02,35; VII,02,38; VII,02,48; VII,03,06; VII,04,56; VII,05,02; VII,06,28; VII,06,30; VII,07,32; VII,09,01; VII,09,07; VII,09,47; VII,09,68; VII,11,11; VII,12,18; VII,12,26; VII,12,28; VII,13,04; VII,14,05; VII,14,09; VII,16,12; VIII,01,04; VIII,02,03; VIII,02,14; VIII,02,17; VIII,02,26; VIII,02,28; VIII,02,34; VIII,02,38; VIII,02,39; VIII,03,14; VIII,03,8/; VIII,04,12; VIII,05,05; VIII,05,16; VIII,05,39; VIII,06,01; VIII,06,04; VIII,06,05; VIII,07,24; VIII,07,28; IX,01,03; IX,01,20; IX,02,05; IX,02,07; IX,02,10; IX,02,18; IX,03,10; IX,03,15; IX,05,09; IX,06,f-g; IX,06,08; IX,06,0D; IX,07,07; IX,07,16; IX,07,21; IX,08,06; IX,09,06; IX,09,0D. Unicamente motivi dionisiaci: I,07,02; I,08,18; I,11,10; I,12,09; I,12,11; I,12,15; I,12,16; I,13,11; I,15,01; I,15,03; II,01,09; II,01,12; V,01,13; V,01,18; V,02,0H; V,04,0B; V,04,13; V,06,01; VI,02,13; VI,07,18; VI,10,07; VI,14,43; VI,15,23; VI,16,20; VI,17,41; VII,02,14; VII,02,16; VII,02,20; VII,03,25; VII,06,35; VII,07,05; VII,10,03; VII,11,13; VII,12,11; VII,15,05; VII,15,13; VIII,02,01; VIII,05,24; IX,02,13; IX,02,17; IX,02,21; IX,02,24; IX,03,02; IX,03,19; IX,03,20; IX,06,03; IX,09,01; IX,09,11; IX,11,01; IX,12,07.

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Capitolo III - Indagini sui soggetti e motivi egizi ed egittizzanti nel contesto pompeiano: pitture murali e mosaici

considerarsi parziali (come II, 3, 4, 4, oppure III, 4 ,2, 4 solo per esempio), più definiti elementi egittizzanti e dionisiaci parrebbero tra l'altro presenti pur nel medesimo ambiente nei casi di I, 9 , 5, 8; I, 9, 5, 12; I, 10, 4, 11; V, 1, 26, i; VI, 16, 7, f; VI, 16, 15, f; VI, 17, 42, 31; VI, 17, 42, 32; VII, 4, 48, 10; IX, 8, 3, 43. Nel ricordare ciò, andrà poi posta attenzione ad alcuni significativi esempi che porteranno a chiarire diverse sfumature interpretative anche in vista di successive osservazioni. III.6. Due casi specifici: a) La Casa del Frutteto (I, 9, 5-7) e b) del Bracciale d'oro (VI, 17, 42). Brevi osservazioni interpretative. a) Nella Casa del Frutteto, detta anche Casa dei Cubicoli Floreali o Casa di Euplia (I, 9, 5-7) di Pompei le due stanze in III stile e cosiddette floreali (cubicola 8 e 12) verrebbero anzitutto a differenziarsi per lo sfondo di colore azzurro per quella presso l'atrio e nero per l'ambiente che si affaccia sul portico. Esse, risalenti al periodo augusteo, e pressoché delle stesse dimensioni, non paiono molto ampie (la prima 2,85 m x 2,24 m; la seconda 3,45 m x 2,05 m). Entrambe avrebbero poi dovuto presentare un soffitto a volta (anche se l'intonaco del primo soffitto è caduto). Inoltre, le decorazioni per due parti parrebbero eseguite dal medesimo artista (o bottega) che le dispose analogamente dividendo ciascuna parete in zone sovrapposte (tre nella seconda stanza; quattro nella prima) di differente altezza, mentre la terza parte (che si estende dal basso) rappresenterebbe la zona più considerevole della parete. A questa altezza in entrambe le stanze sono infatti dipinti arbusti di diverse specie con i loro fiori o frutti assieme a diversi tipi di uccelli che volano o sono posati su rami. Tale raffigurazione avrebbe dovuto dare al visitatore l'impressione di ritrovarsi in un giardino quasi sacralizzato come potrebbe evincersi dai diversi simboli religiosi acclusi nella decorazione vegetale dello sfondo.

Fig. 3.7. Casa del Frutteto, Cubicolo 8, da sinistra a destra: parete nord, est, sud. (Modificato da Bergmann 2018, 289).

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

Sviluppando delle precedenti osservazioni di Le Corsu74, nel primo ambiente a fondo blu, le pareti possono essere divise in quattro zone rispetto alla loro intera estensione. Dal basso verso l'alto potrebbero così identificarsi: a) Fregi di mazzetti di piante su sfondo nero, divisi in tre parti per parete; b) decori imitanti intrecci di vimini color paglia. Tali decorazioni paiono uguali per ciascuna delle quattro pareti. 1. La parete posteriore (est), si presenta centralmente c) divisa in tre zone per mezzo di fini colonne simili a quelle dell'altro cubiculum (12) e decorate con vari arbusti e piante, mentre nelle zone laterali si scorgono, sullo sfondo delle fronde (a destra un ciliegio), due statue maschili di tono grigio in piedi su piedistalli che si fronteggiano. Esse, in stile egittizzante, indossano un conciso perizoma che richiamerebbe al Vecchio Regno e portano sulla fronte un ureo attaccato a un nastro (diadema). Specularmente, una mano regge una patera con offerte che tuttavia parrebbero indistinguibili, l'altra, posta lungo il corpo, sorregge un oggetto che pare essere deformazione del noto segno della vita (ankh). Sotto la base a “T” su cui sono le statue sono poi presenti notevoli fiori bianchi a quattro petali che ricordano anemoni. La parte centrale è invece occupata da un quadretto raffigurante Dioniso coronato di foglie e disteso e con un tirso in mano e una figura (presumibilmente una menade) in piedi di fronte a lui che regge un tirso rovesciato. Tra gli arbusti pare dominare l'alloro, ma pare possibile riconoscere anche un limone a sinistra e forse un ciliegio a destra. In una definibile quarta zona superiore, d) il fregio è decorato con due ghirlande alla cui intersezione è appesa una maschera tragica all'estremità di una catena. Sotto ciascuna delle ghirlande, un quadretto raffigura una scena di offerta in stile egittizzante. A sinistra, una figura in piedi è vestita con una lunga tunica e tende la mano sinistra verso un tavolo di offerte, mentre la destra, distesa lungo il corpo, regge un oggetto che pare nuovamente un ankh più accentuato. La divinità (“figura femminile” per Tran Tam Tinh 1964, 198) di fronte a lui, dall'altra parte del tavolo delle offerte, pare seduta su un sedile con schienale curvo e nella mano destra reggerebbe l'offerta che probabilmente ha ricevuto, ovvero un vassoio con pagnotte di forme diverse; una rappresentazione piuttosto classica del segno geroglifico che rappresenta appunto le offerte. Nel quadretto a destra, della medesima fattura, due figure sono poste ai lati di un tavolo arredato (questa volta come il vassoio dell'altro tavolo). L'uomo che prega, inginocchiato, tiene nella mano destra una patera con il quale sta facendo libagione di un liquido, indossa un perizoma corto e un grande colletto - gioiello blu (usekh). Tali pitture sono tuttavia piuttosto deteriorate per essere identificate con maggiore certezza. Le due divinità potrebbero infatti anche rappresentare Osiri (o Iside per la “figura femminile”). Gli uccelli (un corvo, un gabbiano e altri uccelli più piccoli) sono effigiati due nell'atto di volare, uno posato sul dipinto di sinistra mentre altri due incedono sula trave orizzontale dipinta tra le zone c) e d). 2. Alla parete destra (parete sud) si ritrova c) la stessa disposizione e lo stesso decoro inferiore (a, b), ma la figura rappresentata nella zona a sinistra si trova seduta su un piccolo sedile con uno schienale curvo all'esterno come quello dei dipinti e non stante, mentre a destra, un'apertura della porta taglia il pannello in cui si sarebbe trovata la statua simmetricamente opposta. Il personaggio indossa lo stesso perizoma corto e la stessa pettinatura di quelli del fondo reggendo nella mano sinistra una sorta di scettro e con la mano destra il segno della vita (ankh) (senza asola trasversale) in senso orizzontale. Sotto la statua sono visibili gli stessi fiori a quattro petali chiari presenti sotto quello della parete del fondo. Nella zona centrale, sarebbe stato riconosciuto un alloro. Al centro è invece presente ancora un dipinto dionisiaco che effigia Ariane addormentata sulla riva di Naxos, dopo essere stata abbandonata da Teseo. Vista da dietro, seduta sul fianco sinistro, la figlia di Minosse pare incoronata da foglie e parzialmente nuda. Dioniso, anch'egli nudo ma coronato di foglie e con un 74

Le Corsu 1967, 239-254.

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tirso, tende la destra per stendere veli alla fanciulla mentre col braccio sinistro regge un tessuto oscillante. d) Dato che la parete è più larga, il fregio presenta tre ghirlande invece che due. All'incrocio di essi sono appesi scudi che pongono in bassorilievo la parte centrale. Al centro è presente un solo dipinto egittizzante che rappresenta il toro Apis in bianco e nero con una cintura ocra 75 , il disco solare tra le corna e un sigillo o un ankh sul collo. A destra e a sinistra vi sono delle urne funerarie. Un uccello è appollaiato sul manico di quello a destra, un altro sul dipinto, altri volano; sulla trave di separazione della zona inferiore sembrerebbero esservi un ibis e una gazza (ma paiono intravedersi anche un corvo, un pettirosso, ed altri volatili). 3. Per il muro sinistro (parete nord), la zona centrale c) simmetrica alla parete destra, risulterebbe tuttavia più danneggiata. Ai lati due figure sedute (simili nella posa alla precedente descritta) si fronteggiano. Al centro, il dipinto rappresenta nella parte sinistra, un musicista anziano in piedi che sembra cieco (dato che la pupilla parrebbe indicata nella parte superiore del bianco dell'occhio). Incoronato di fiori è vestito con un mantello drappeggiato con lunga tunica; canta e danza mentre si accompagna con una cetra davanti a una donna seduta che, secondo Tran Tam Tinh (Tran Tam Tinh 1964, 198), “probabilmente suona l'arpa”, sebbene la pittura sia qui molto deteriorata, specie nella parte inferiore destra. Alcuni hanno inoltre sostenuto che tale duo ricorderebbe le scene di concerto rappresentate nelle tombe egiziane e, in particolare, gli arpisti ciechi che spesso ne fanno parte 76. Il fregio superiore d) pare analogo a quello della parete opposta e vede due anfore laterali con un quadretto centrale rappresentante Apis, mentre tra gli uccelli, possono distinguersi anche una colomba e un corvo. 4. Alla parete laterale dell'entrata (parete ovest), benché la pittura fosse chiaramente limitata ai lati per l'accesso, si sarebbero osservati nella zona centrale c) su entrambi i lati della porta d'ingresso effigi di statue egittizzanti simmetriche a quelle sul retro, mentre anche il fregio superiore d) doveva in parte corrispondere a quello del fondo. Una lettura a più strati delle rappresentazioni, diversamente composite, di questo ambiente, avrebbe così teso ad esprimere o rimandare ad alcuni significati piuttosto complementari. In primo luogo al mito di Dioniso, che a ben vedere è rappresentato nei quadretti delle aree centrali delle pareti est, sud, nord; i culti egizi o l'esempio pratico della sua religione (le aree laterali della zone centrali delle pareti est (statue maschili stanti in stile egittizzante) e del fregio superiore (quadretti con scene di offerta in stile egittizzante); parete sud, zona sinistra e fregio superiore con quadretto del toro Apis; lati della parete nord con due figure egittizzanti sedute e fregio superiore con quadretto del toro Apis; lati della parete ovest con effigi di statue egittizzanti). Le urne funerarie richiamerebbero poi la morte mentre la circostante e diffusa vegetazione la rinascita, infine, l'immortalità dell'anima che fugge dall'involucro del corpo sarebbe stata rappresentata dagli uccelli. La decorazione di questo ambiente potrebbe così ulteriormente attestare come durante il periodo ellenistico-romano Dioniso avrebbe ben potuto essere una forma di Osiri e che, a seguito di questa assimilazione, i suoi misteri furono in parte collegati a quelli di Iside. Per il secondo ambiente a fondo nero, partendo dal basso si potrebbero distinguere: a) una decorazione geometrica divisa per ogni parete in tre quadrati ornati al centro con alternanza di un piccolo rombo nelle zone laterali e un piccolo quadrato nella mediana. Questa base andrebbe a rappresentare una sorta di altare a sostegno dei vasi di culto presenti nella successiva zona b. 75 76

Il toro Apis ancora adorato in età greco-romana presso il Serapeum di Menfi e d'Alessandria rappresentava in fondo l'incarnazione terrestre del dio dei morti Osiri. Per la sua composizione statica questa scena differirebbe tuttavia completamente dai baccanali scompigliati che DFFRPSDJQDYDQR OH ǻȚȠȞȪıȚĮ GRSR OH VDFUH OLEDJLRQL GHO YLQR 6L YHGD DQFKH /H &RUVX  -247. La lira stessa, attributo di Apollo, lo era infatti anche dei musicisti dei tiasi dionisiaci (si veda il Sileno che suona nei dipinti dionisiaci della Villa dei Misteri). Inoltre, all'epoca Dioniso avrebbe preso in prestito anche diversi tratti di Apollo.

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

Fig. 3.8. Casa del Frutteto, Cubicolo 8. Veduta delle pareti nord e est. Per gentile concessione della SAP.

Questa, b) equilibratamente divisa in tre parti per parete, è decorata con piccoli tralicci tagliati in apertura e interrotti al centro di ogni parete dove è sostenuto un bacino (che imita il marmo) posto su un cuscino su una base ben ornata. Quello della parete di fondo (orientata verso est) ha la forma dell'hydreion isiaco (con la sua caratteristica impugnatura a forma di ureo). Secondo Tran Tam Tinh (Tran Tam Tinh 1964, 200), il bacino della parete sinistra (lato nord) avrebbe la forma di un uccello con le ali spiegate e, sul cuscino, vi sarebbe dipinta una situla dorata. Per quanto riguarda la parete destra (sud), essa si presenta molto deteriorata, ma avrebbe avuto una decorazione simile. Su ogni parete sono posti sulla sommità dei piccoli tralicci e due vasi che incorniciano il bacino centrale. La parete di fondo presenta calici scanalati a forma di corolle mentre a sinistra vi sarebbero alcuni vasi con piede più alto e snello, decorati con manici che presumevano si levassero piccoli getti d'acqua. Tutti questi vasi si alternano a mazzetti di fiori e foglie che sormontano i tralicci. Nella zona centrale, c) ogni parete è intervallata da piccole colonne con sfondo continuo in tre parti irregolari (di cui la maggiore al centro) che comprende alberi e piante di varie specie su cui volano o sono posati diversi uccelli 77. Al centro della parete posteriore è rappresentato un fico con frutti. Un serpente ne avvolge il tronco e gira la testa verso un fico. Sui lati, sono presenti alberi di fragole. Sulla parete sinistra, vi sono due specie di prugne e un ciliegio, e sulla destra (la sola che par meglio conservata) un albero di limone incorniciato da un pero e un pesco, mentre cespugli di alloro o mirto crescono ai piedi degli alberi. Il soffitto a volta (per metà distrutto) d) e dipinto su fondo rosso, doveva ricordare un pergolato coperto di viti. Qui una maschera tragica e una lira sono sospese tra foglie e grappoli d'uva in mezzo ai quali volano amorini. Secondo Tran Tam Tinh, nella zona centrale, nonostante la parte caduta, poteva riconoscersi un quadretto con Dioniso che cavalcava una pantera. La presenza dell'hydreion e dei bacini che avrebbero contenuto l'acqua sacra del Nilo richiamerebbe ai riti isiaci. L'acqua, usata per le purificazioni rituali, simboleggiava anche la 77

Particolari che in parte tenderebbero a richiamare anche il tablinium 7 in III stile della Casa di M. Lucretius Fronto (V, 4, a) in cui sono pur presenti diversi ornamenti di sfingi (cubiculum 5). Vd. anche Jashemski 1979, I, 77-79.

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Capitolo III - Indagini sui soggetti e motivi egizi ed egittizzanti nel contesto pompeiano: pitture murali e mosaici

fioritura della vegetazione. Il serpente avvolto attorno al fico potrebbe poi rimandare al suo basilare ruolo nei misteri, dato che simboleggiando l'aldilà rievocava il sacro ureo dell'Egitto (indossato sulla fronte dagli dei). Nel soffitto invece la vite, la maschera tragica, la lira suonata nei tiasi sembrerebbero un chiaro richiamo a Dioniso, che sarebbe ancor più netto se la zona centrale che mostrava Dioniso e pantera non fosse caduta. In tali ambienti l'associazione tra Dioniso (forma di Osiri) e Iside parrebbe perciò piuttosto evidente. Il primo cubicolo dedicato in parte a Dioniso-Osiri (rappresentato nella sua forma greca, Dioniso, e nella sua forma egizia, Osiride) e in parte a Iside. Osiri, evidentemente rappresentato dal toro Apis, potrebbe anche richiamarsi alle statue in piedi, sedute e dalle divinità dei dipinti egittizzanti che ricevono offerte. I colori nero e blu delle stanze potrebbero inoltre anche evocare rispettivamente la rinascita nel mondo degli inferi e la resurrezione celeste. Resta perciò interessante far notare come i due culti non fossero menzionati separatamente, ma intenzionalmente combinati. Alla coincidenza della decorazione floreale nei due ambienti, era presente una effige di Dioniso sul soffitto della camera isiaca del secondo e assimilazione di Dioniso al fratello-marito di Iside nel primo, in cui il soffitto, il cui intonaco è ormai perduto, presentava, per simmetria inversa, molto probabilmente un motivo isiaco. Se queste due sale installate in una casa privata fossero state di dimensioni maggiori qualcuno avrebbe anche potuto pensare a luoghi di iniziazione, forse propedeutici alle cerimonie che avrebbero avuto luogo presso l'Iseum. Per tale ragione è stato più volte supposto che tale abitazione dovesse appartenere almeno a un iniziato ai misteri di Iside (o sacerdote) e forse ai culti dionisiaci. b) Se diverse case presentano ambienti a volta dipinti con simboli di culti misterici collocati in un paradeisos con piante da fiore e da frutto e uccelli, spesso l'obbiettivo avrebbe potuto anche essere quello di ispirare un vago senso religioso, in altri casi invece più decise allusioni al culto avrebbero suggerito che alcuni ambienti potessero quasi essere adoperati come sacraria a misteri privati (o con pochi devoti) andando a combinare elementi di diversi culti. La maggior parte di tali ambienti si trovava poi vicino a un giardino o peristilio, confacente al tema del dipinto. La divinità rappresentava la fonte della vita e della rinascita, in cui l'iniziato poteva sperare attraverso la partecipazione al culto. Oltre ai bei giardini interni dipinti (ad es. in I, 11, 16 - Casa di Saturninus e IX, 8, 2 - c.d. Schola philosophica epicurea), che poco avrebbero tuttavia a che vedere coi culti, simili giardini dipinti sono stati trovati in altri ambienti a volta in diverse case pompeiane. In alcuni casi, come quello appena citato della casa dei cubicoli floreali (I, 9, 6), motivi dionisiaci sono collegati con tratti del culto di Iside 78, ma un eccezionale esempio può rinvenirsi anche nella Casa del Bracciale d'oro (VI, 17, 42). Questo, aperto direttamente sul giardino e dipinto nel secondo quarto del I secolo d.C. con scene di giardino di straordinaria bellezza, presentava circa una sessantina di inserti con simboli di Dioniso nell'Oecus 32 (al secondo piano sottostante). Esso effigiava un viridarium ricco di diversi tipi di piante con erme marmoree ed uccelli di varie specie. Al centro del giardino un bacino di fontana zampillante con ai lati una coppia di erme, di cui si conserva solo quella a sinistra, con testa di fanciulla, sormontata da un pinax effigiante una figura di Menade dormiente. La fauna e la flora erano poi rappresentate con grande fedeltà (trovando confronti sia a Pompei nella Casa del Frutteto, che a Roma nella Villa di Livia “ad gallinas albas”). Sempre al secondo piano inferiore vi era il Triclinio estivo (31) contraddistinto da un giardino con pergola e due spaziosi ambienti ricavati nelle arcate di sostegno dei piani superiori. Il triclinio estivo, preceduto da una platea lastricata di tufo, davanti alla quale era collocata una vasca alimentata da diversi zampilli disposti ai bordi e da un getto centrale, era dotato di letti in muratura 78

Nel lato sud del peristilio della Casa degli Amorini dorati (VI,16,07,0F) i presenti simboli isiaci sono infatti prossimi al giardino.

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

rivestiti di intonaco rosso e foderati esternamente da lastre di marmo bianco. Essi si disponevano intorno ad un bacino dove si raccoglieva l'acqua dalla fontana del ninfeo che si trovava sulla parete di fondo 79. TaOHDPELHQWHHO¶oecus (32) sarebbero stati realizzati in età augustea dopo l'entrata in funzione GHOO¶DFTXHGRWWR GHO 6HULQR FKH FRQVHQWu FRVu GL DOLPHQWDUH QLQIHL YDVFKH IRQWDQH H JLDUGLQL &Lz detto, il sistema di cisterne della casa doveva essere piuttosto ricercato al fine di evitare perdite e VSUHFKLGDWRFKHO¶DFTXDUDFFROWDGRYHYDHVVHre impiegata non solo per la cucina ma anche per le WHUPHHSHULJLRFKLG¶DFTXDGHOWULFOLQLR   Il ninfeo a mosaico, le cui pitture furono asportate negli anni Settanta permettendo così di portare alla luce i disegni preparatori adoperati dai decoratori durante l'esecuzione del mosaico 80, era collocato al centro della parete est e presentava una grande nicchia absidata rivestita con un mosaico policromo in pasta vitrea con scene di giardino in III stile definite in alto da cornici e da una transenna ad incannucciata in basso. Decorativamente, lo schema pittorico presentava una tripartizione con un settore centrale con una nicchia a fondo azzurro e due laterali settori simmetrici. Lo stesso ninfeo era bordato da una cornice al centro della quale si trovava una scaletta con dodici gradini dipinti di azzurro a base della quale era una scena nilotica con anatre; dalla sommità GHOOD VFDOHWWD VJRUJDYD O¶Dcqua che si raccoglieva nella vasca posta nel giardino. Le pareti della cascata erano rivestite di schiuma di lava tentando di rievocare le fattezze di una grotta naturale. Ai due lati erano specularmente effigiate due scene da giardino con folta vegetazione e una vasca su alto piede, superiormente decorate con nastri e oscilla. Il pavimento in opus sectile di marmi policromi era invece sopraelevato rispetto al livello del pergolato. Le klinai, rivestite di marmo bianco e poste nelle parti prospicienti il bacino, presentavano una cornice marmorea con alternanza di piccole nicchie a profilo cuspidato e arcuato. Resti di pitture di giardino eran ancora presenti presso le pareti nord e sud con uno zoccolo che riproduceva una finta copertura in opus sectile. I fregi delle pareti avrebbero dovuto far credere di trovarsi sotto un pergolato da cui poteva intravedersi un rigoglioso giardino con uccelli, figure egittizzanti, fontane, maschere, pinakes e oscilla attorniati da una graticola di canne che formava in alto un timpano e in basso una balaustra. Nel registro mediano del tratto nord della parete est era un pannello posto a lato del ninfeo con giardino dipinto e sfinge accovacciata su una mensola viola e nel tratto mediano sud (pannello posto a lato del ninfeo) un giardino dipinto. Lo schema decorativo delle pitture ai lati vedeva poi una tripartizione con una zona centrale con nicchia a fondo azzurro e due settori laterali simmetrici separati da sottili colonne decorate da nastri e interrotte da medaglioni a fondo nero con figure volanti e amorini. La parete sud divisa in tre parti presentava nel tratto mediano est della parete sud in uno sfondo con vegetazione, uccelli e un oscillum una vasca su alto piede, piena di acqua, ai cui lati si sarebbero forse trovate due figure egittizzanti (di cui resterebbe visibile solo quella a sinistra protesa verso destra). Nella zona centrale era presente una porta; qui la parte superiore, divisa in tre parti (di cui la centrale maggiore), effigiava elementi vegetali, uccelli e una maschera teatrale. Presso l'altro tratto mediano ovest furono invece raffigurate due sfingi di marmo bianco su base di pavonazzetto poste specularmente ai lati di un pinax effigiante il toro Apis 81. Interessante inoltre notare come le 79

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A Pompei tra le molte decorazioni di ninfei a mosaico policromo, per lo più fontane monumentalizzate, come nei FDVL GHOOD &DVD GHOOD )RQWDQD *UDQGH GHOOD )RQWDQD 3LFFROD GHOO¶2UVo o degli Scienziati, le decorazioni paiono principalmente legate a motivi marini o nilotici. Motivi decorativi presenti anche ai bordi esterni della cornice del QLQIHR GHOOD &DVD GHO %UDFFLDOH G¶RUR FRQ ULPDQGL FKH SRWUHEEHUR DQFRUD ULQYHQLUVL SUHVVR OD Casa di Nettuno ed Anfitrite ad Ercolano. Per una panoramica generale delle pitture da giardino si veda Bergmann 2017, 278-316. Dalla sinopia parrebbe così possibile rilevare come alcuni elementi furono modificati al momento della realizzazione. Il catino a conchiglia ad es., a cui furono incorporati pendenti terminanti in fiori stilizzati, oppure la fascia decorativa ad archetti, prima non presente, o la ghirlanda arricchita, nella fase finale con foglie, fiori e frutti. Nel progetto iniziale i due pannelli del registro mediano avrebbero invece presentato una struttura molto semplice con ghirlande da cui pendevano oscilla. Per cui si veda anche Ciardiello 2006, 162-163. La parete sud, invv. 59467 (a, b, c, d) è divisa in tre scomparti che misurano cm 178 x 275 (a, tratto est), cm 192 x 275 (b, tratto centrale), cm 121 x 83 x 83 (c, nicchia), cm 165 x 275 (d, tratto ovest).

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Capitolo III - Indagini sui soggetti e motivi egizi ed egittizzanti nel contesto pompeiano: pitture murali e mosaici

piante del giardino dipinto furono realizzate attraverso una serie di sfumature cromatiche per rendere profondità e volume 82.

Fig. 3.9. VI, 17, 42, Triclinio (31), parete sud. Per gentile concessione della SAP.

Della parete nord, schiacciata dal crollo della volta, si è salvata solo la parte medio-inferiore. Anch'essa, suddivisibile in tre parti (di cui quella centrale con una porta) vedeva rappresentati nel tratto est del registro mediano (ormai quasi del tutto evanito) due sfingi poste di fronte ai lati di una probabile vasca su alto piede e nel tratto ovest un giardino dipinto, uccelli e un pinax su colonnina ai lati della quale vi erano due sfingi accovacciate che si affrontavano. Inoltre, lo zoccolo e il tratto ovest delle pareti sud e nord mostrerebbero evidenti tracce di un restauro eseguito può darsi dopo il terremoto del 62 d.C., dato che le sfingi, se confrontate con quella della parete est, apparirebbero meno aggraziate e slanciate (e forse senza ali). Ciò detto, confrontando tale decorazione (in parte collegabile all'oecus 32) con quella del giardino dipinto della Casa del Frutteto assieme ad analoghi schemi decorativi pare possano rilevarsi anche similari elementi egittizzanti. Una affinità compositiva e in parte decorativa che evidentemente dovrebbe pur considerarsi in una certa misura ideologica, con tutte le variabili accezioni che ne comporterebbe.

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“The compositional scheme of Room 32, positioned adjacent to Room 31, is completely different. In this case the patron ordered the pictor to paint a continuous garden scene on the mid-section of all three walls that can be considered, in the area of Vesuvius, the closest example of the famous image discovered in the Villa of Livia (ad gallinas albas) in the Prima Porta district near Rome”. Vd. De Carolis 2017, 110.

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

Fig. 3.10. Ricostruzione della decorazione del triclinio (31) con ninfeo a mosaico. (Da Ciardiello 2006, 170-171). Ricomposizione grafica (M. Vallifuoco).

III.7. Note conclusive al Capitolo III Se l'introduzione di diversi elementi dell'Egitto faraonico e tolemaico può essere distinta specie dopo la conquista di Ottaviano, futuro Augusto, l'artigianato artistico egittizzante con dipinti, oggetti, decorazioni anche per giardini, verrà a diffondersi non solo presso la corte imperiale romana ma in parte anche tra ceti più modesti. Pur considerando che materiali di produzione egizia risulterebbero ad oggi pervenuti su suolo italico specie dal IX alla metà del VII a.C. e tra il I a.C. ed il II d.C., come mostrerebbe la cosiddetta paccottiglia egizia rinvenuta ad esempio a Cuma o Capua, è soprattutto in questo ultimo periodo che, grazie alla mediazione alessandrina, il trasferimento verso l'Italia di fabbriche, tecniche, materiali e motivi egizi o egittizzanti avrebbe portato ad incrementare una tendenza egittizzante su territorio italico (e non solo), testimoniato inoltre dalla fondazione dei primi santuari legati al culto isiaco a Palestrina, Pozzuoli e Pompei. Il rigoroso lavoro eseguito al fine di rinvenire quanto potesse considerarsi soggetto o motivo egizio o egittizzante tra le pitture del contesto pompeiano ha così permesso di valutare la distribuzione dei diversi elementi individuati e oggi come attestabile provenienti da più di duecento domus. Attraverso l'inclusione di tali soggetti in distinte e ponderate categorie è stato così possibile valutare in genere e per ogni singola Regio la ripartizione di questi stessi e degli stili che li caratterizzavano. Opera che si è vista ulteriormente arricchita dalla valutazione della frequenza di tali soggetti nei vari ambienti in cui occorrevano. Ciò ha così permesso di porre inoltre in evidenza alcune caratteristiche e tendenze ricorrenti in ambienti e domus, tentando di rintracciare alcune possibili attitudini o inclinazioni spesso adottate nell'uso o derivanti della presenza di tali soggetti. In quest'ottica si è inoltre tentato di fornire alcune osservazioni interpretative al fine di ravvisare e valutare alcune associazioni che parrebbero occorrere tra quelli che potrebbero definirsi soggetti o motivi egizi o egittizzanti e quelli che si richiamerebbero al dionisismo. Partendo così da osservazioni più generali atte a considerare l'occorrenza e la presenza di tali attestazioni separatamente o in associazione in singole domus, si sono poi forniti alcuni determinati esempi descrivendo nel dettaglio la decorazione dei cubicola 8 e 12 della Casa dei Cubicoli Floreali (I, 9, 5-  H GHOO¶oecus (32) e del triclinio (31) della Casa del Bracciale d'oro (VI, 17, 42), in cui riferimenti a motivi egittizzanti e dionisiaci superando la mera decoratività potrebbero anche mostrare un più elevato livello ricettivo (cosciente e subliminale) basato in fondo su significati e 98

Capitolo III - Indagini sui soggetti e motivi egizi ed egittizzanti nel contesto pompeiano: pitture murali e mosaici

schemi interpretativi piuttosto comuni (o riconosciuti). Infine, si è deciso di fornire di seguito un'appendice dei soggetti e motivi egizi ed egittizzanti che tali indagini hanno portato ad individuare tra le pitture e i mosaici pompeiani (Vd. Appendice dei soggetti e motivi egizi ed egittizzanti nelle pitture e nei mosaici pompeiani. - (ASMEP 83) infra). La prossima sezione più specifica sarà di seguito dedicata alla valutazione e alle analisi delle scene e rappresentazioni nilotiche individuate nel territorio pompeiano.

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Nell'appendice oltre ai soggetti distintamente egittizzanti (A, B, C) si è deciso di includere e dare evidenza anche alle occorrenze dell'ambiguo soggetto loto, sfingi e quelle legate al culto dionisiaco, che presentano colorazioni differenti. Colorazione bianca per i soggetti definibili egittizzanti; grigio chiara per i loti; grigio scura per evidenziare gli elementi dionisiaci e i serpenti (essendo questi ultimi in parte funzionali alla possibile correlazione al culto di Osiri).

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Capitolo IV Nilotica pompeiana Dal contesto alle analisi sui soggetti individuati IV.1. Breve introduzione al contesto generale degli studi Dall'intonaco, che fino dal 1 del corrente giugno erasi scoperto, si sono fatti tagliare da Canart 7 pezzi, come seguono. 1. Pal. 4 ed on. 4 largo, e pal. 7 ed on. 11 alto, che contiene un'architettura grottesca in campo rosso, e sotto a questa un riquadro con veduta creduta del Nilo... (MNN 8539). Portico E, Tratto S del Tempio di Iside. (15 Giugno 1765) PAH I, 1, 172-173 1.

All'interno della sezione dedicata alle riflessioni terminologiche si è dimostrato come il termine Isiaca possa anche essere considerato una sorta di specificazione terminologica di Aegyptiaca e da intendersi con opere egizie (specie statuarie) ritrovate fuori d'Egitto nell'ambito dei culti isiaci, in santuari pubblici e privati e, senza forzare troppo il concetto, anche in ambito domiciliare (in un contesto di religiosità privata ma non solo). Con la medesima distanza, ed accantonando per ora l'ambito prettamente cultuale, la così definita categoria dei Nilotica, rientrerebbe nel contesto delle opere egittizzanti, delle cui tipologie includibili si è già detto 2. Ad ogni modo, sebbene nelle interpretazioni nilotiche fossero riscontrabili diversi motivi legati al culto isiaco, avendo esse in principio rappresentato una sorta di categoria differente rispetto ad altre attestazioni maggiormente legate all'ambito egiziano, la conseguente e possibile relazione venne in gran parte considerata minore. (Si veda in part. Schefold 1962; Roullet 1972, 46; Leclant 1984, 440-444). Per Tran Tam Tinh 3 tali rappresentazioni non furono riconosciute nel contesto delle attestazioni riguardanti il culto isiaco e De Vos 4 non le considerava autentiche testimonianze di ciò che denominava “egittomania” (fornendo solo qualche nota nella sua appendice), presentandole come esempi della tradizione alessandrina adottata dai Romani per favorire specialmente allusioni esotiche e piuttosto disimpegnate. Storicamente, Rostovtzeff aveva considerato le scene nilotiche assimilabili a decorazioni esotiche, e pressoché paragonabili alle Chinoiserie del XVIII secolo in Europa 5. Anni dopo, argomentando del paesaggio nilotico nella casa di P. Cornelius Tages a Pompei Maiuri diede un elenco piuttosto esteso di riferimenti e paralleli circa tale casistica 6. Secondo Blake poi le scene nilotiche provennero dall'Oriente ellenistico e giunsero in Occidente insieme all'arte del mosaico 7. 1

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Ciò dimostrerebbe come già durante la scoperta gli stessi individui coinvolti avessero una opinione piuttosto chiara su tali rappresentazioni che difatti sono definite “ vedute credute del Nilo”. Niccolini 1890, III, 4-5, invece oltre ad una classe forniva la seguente motivazione per tale tipologia pittorica: “I paesaggi egizj costituiscono una quarta classe, e son dovuti ad una esigenza degli Alessandrini dimoranti in Pompei, i quali naturalmente preferivano che la decorazione murale ricordasse loro la feconda valle del Nilo...”. Mol persiste nelle definizioni di nilotica, pharaonica che rientrerebbero in Aegyptiaca. Mol 2015, 110, “it can furthermore be delineated that objects in this case can refer to Egypt stylistically (because of a Pharaonic-Egyptian style) as imported from Egypt or as locally produced objects. They can also refer to Egypt in subject, for instance in the case of Nilotic scenes, but be stylistically Roman. Ed ancora Mol 2015, 2019: objects and wall paintings which can be defined as having a recognisable Pharaonic-Egyptian style. They are occasionally imported from Egypt, but also produced locally and made to look Egyptian”. Parziale e concettualmente da rivedere la tabella 4.16. Mol 2015, 225. Tran Tam Tinh 1964. Per il culto delle divinità orientali in Campania e Ercolano si vedano ancora rispettivamente Tran Tam Tinh 1971; Tran Tam Tinh 1972. De Vos 1980. Si veda anche De Vos 1983, 70-71. Rostovtzeff 1911, 71. Maiuri 1938, 26 n. I. “Nile scenes were introduced into Italy from the Hellenistic East along with the mosaic art itself and appear from

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Capitolo IV - Nilotica pompeiana. Dal contesto alle analisi sui soggetti individuati

Ma le prime interpretazioni generali di scene egittizzanti, tra quelle nilotiche, furono espresse da Schefold in diverse pubblicazioni sulla pittura murale romana 8. A tali scene lo studioso attribuì un certo senso religioso a volte diretto e altre indiretto. Le scene nilotiche vennero infatti classificate nella categoria “Isis und Verwandtes” e in particolare “Beispiele der Erhohung des Lebens”. Si deve invece a Foucher una prima collazione e interpretazione di scene nilotiche provenienti da specifiche zone dell'Impero, e precisamente dal nord Africa (Egitto escluso)9. Tra questi mosaici, rispetto ad un certo numero di esempi italiani, Foucher ritrovava un'attenzione nella creazione di un ambiente idilliaco e volto alla glorificazione del Nilo (col riflesso d'intenti religiosi). Lo stesso presupponeva inoltre che il repertorio derivasse da paralleli alessandrini e che le scene nilotiche rappresentarono originariamente grandi raffigurazioni capaci di empire l'intera superficie di una parete ma che successivamente furono parzializzati e si evolsero in elementi maggiormente separati. Quasi nello stesso periodo, Adriani teorizzava che la popolarità delle scene nilotiche a Roma si era probabilmente originata dall'immagine del dio del Nilo presso i Musei Vaticani, che presenta come noto una celebre scena nilotica alla base 10. Bisognerà tuttavia attendere alcuni anni perché la riflessione si arricchisse e tenesse in parte maggiormente in conto anche del pur eterogeneo contesto pompeiano. In un interessante articolo del 1977, Helen Withehouse discuteva infatti del paesaggio nilotico presso le pareti del triclinio dei cosiddetti Praedia di Giulia Felice. Per l'autrice tale riempimento a parete (a differenza di altri, tra cui la scena nilotica della cosiddetta Casa dei pigmei) avrebbe rappresentato un'eccezione dato che solitamente tali rappresentazioni sarebbero occorse in modalità maggiormente subordinate (come ad es. emblemata o quadretti). Una certa maggiore frequenza di tali scene potrebbe perciò generalmente risalire al periodo successivo al terremoto del 62 d.C. quando a Pompei intervennero diverse ricostruzioni e queste parrebbero poi associarsi ad ambienti che presenterebbero funzioni legate all'elemento dell'acqua. Dal punto di vista interpretativo Whitehouse prediligeva una sorta di sintesi tra religiosità ed esoticità, mentre in altri casi tali occorrenze si sarebbero presentate e determinate per moda. Alla piacevolezza e al riposo parevano invece essere associate le scene di carattere egizio che si riscontravano nei giardini. La dissertazione dottorale che Whitehouse scrisse presso Oxford del 1979, A catalogue of nilotic landscapes in Roman art, resterà tuttavia inedita (pur citata in LICM s.v. Pygmaioi (V. Dasen) 11). La stessa studiosa sostenne inoltre che la scelta di tali rappresentazioni nei contesti domestici e

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time to time at least until its decline in the latter part of the third century...”. Blake 1940, 120. Schefold 1952; Schefold 1957; Schefold 1962, 197-202. Alföldi, in un articolo risalente al 1965, riprese alcune interpretazioni di Schefold, definendo tale genere come “Kirchenkunst” del culto Isis. Alföldi, 1965- 1966, 62. Foucher 1965. Adriani 1961, 55. Lavin avanzò un similare collegamento tra il dio del Nilo e i mosaici della caccia di Antiochia, sostenendo che fosse possibile che i mosaici nilotici avessero avuto parte nello sviluppo dell'elemento cosmografico, dato che il Nilo svolse, come noto, un importante ruolo nella speculazione cosmologica alessandrina. (Lavin 1963, 273). Tra i pannelli a mosaico in vetro trovati a Kenchreai si ritrovano poi un gran numero di scene di paludi a carattere nilotico. L'interpretazione conclusiva ha portato a sostenere come i pannelli di Kenchreai fossero da ritenere collegati al culto di Iside. Ibrahim, Scranton, Brill 1976. Vd. anche Versluys 2002, 217-219, (CFN 117). Seguendo Versluys 2002, 29, parrebbe attestato che nel 1973/1974 all'Università di Trieste venne presentata una tesi di dottorato dal titolo Scene nilotiche in mosaici romani, rimasta tuttavia inedita. P. Fiametti, Scene nilotiche in mosaici romani (inedito 1973/1974). Il lavoro parrebbe infatti citato solo da Tammisto 1997. Vd. Whitehouse 1977, 63: “The effect of the frieze in the larger, airy Julia Felix triclinium would have been a good deal more agreeable, and its apposite use in conjunction with water and a garden places it in a class with other examples of Nilotic landscapes at Pompeii, where the employment of such scenes in the decoration of the principal rooms of a house seems to have been confined to a subsidiary role, as small panels in the upper zone or the dado of walls. Nilotic panels or friezes, however, come into their own in rooms or settings connected with water - bathrooms, peristyles and gardens. Mostly dating from the reconstruction phase of Pompeii, they testify not only to the popularity of Egyptianising motifs in the Third and Fourth Styles of Roman wall-painting, but also to a distinctive vogue in landscape gardening. The frieze is a particularly interesting one, consisting of a series of landscape vignettes of the sacro-idyllic variety into which specifically Egyptian elements are introduced to suggest locality... As with many other Nilotic pictures at Pompeii, the emphasis seems to be equally on religious piety (the numerous shrines and scenes of offering or sacrifice) and the good life: included here are two scenes of outdoor banquets, one at a semi-circular couch in the open, the other under an awning”.

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

persino nel Tempio di Iside era in fondo da attribuirsi maggiormente ad una moda che alla sfera cultuale 12. In quegli stessi anni Zanker ipotizzava che diversi temi apparissero spesso associati nella decorazione di giardini delle abitazioni pompeiane e ne fissava tre categorie: pitture da giardino, paesaggi con vista di acqua e villae e paradeisoi, paesaggi sacrali e nilotici. Questi ultimi spesso associati con canali artificiali appositamente creati e detti nilus o euripus 13. Leclant 1984, 440-444, per similari esempi provenienti dalla Gallia parlava di influenze alessandrine asserendo come tali rappresentazioni testimoniassero l'interesse per l'Egitto antico e la sua civiltà senza escluderne il carattere religioso. Parlando invece del Vicino Oriente, Balty pur riprendendo in parte le idee di Foucher 14, rilevava poi come la flora e la fauna raffigurate nei mosaici fossero i soggetti prevalenti da considerare prima di tutto come elementi puramente decorativi e che tali scene non sempre avrebbero avuto un significato recondito. (Balty 1984 = Balty 1995, 245-254). Secondo Malaise invece tali scene rappresentavano specie testimonianze derivate dalla cultura alessandrina e una visione religiosa non sarebbe stata del tutto da escludersi. (Malaise 1972a; Malaise 1984). Grimal 1984, guardava alle scene nilotiche come topia (topiaria opera) indicanti vaste concezioni di ciò che i Romani ritenevano Egitto. A metà degli anni Ottanta del Novecento, in un articolo su un importante emblema nilotico presso Tivoli, Whitehouse offriva ancora alcune osservazioni stilistiche sul genere, delineandone una crescente popolarità tra i primi due decenni precedenti il 79 d.C. e considerando tali rappresentazioni come continuazione artistica dei mosaici in bianco e nero del II-III a.C 15. Gli studi circa tale soggetto vennero comunque ad intensificarsi durante il decennio successivo, gli anni Novanta del Novecento. Successivamente alla dissertazione riguardante scene di pigmei nell'arte decorativa romana (1992) Cappel ne pubblicò i risultati nel 1994 16. Il volume conteneva circa cento esempi in cui scene nilotiche rinvenute in oeci e triclinia erano spiegati specie con l'accezione di divertimento e intrattenimento. Un merito particolare andrà però certo riconosciuto a Meyboom, che nel 1995 discuteva alcune scene nilotiche del primo secolo a.C. per compararle al cosiddetto Mosaico del Nilo di Palestrina, a cui aveva dedicato la nota monografia 17. Lo studio e le interpretazioni di Meyboom sul mosaico nilotico di Palestrina, che rappresenta lo straripamento del Nilo con abituali rituali, festività e soggetti collegati avrebbe mostrato la necessità di attribuire a tale iconografia un richiamo alla fertilità e prosperità della natura (come per le scene 12

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“The former view does not have an overwhelming weight of evidence on its side, yet the latter fails to take into account the appearance of Nilotic motifs in a setting such as the Temple of Isis at Pompeii where they have been selected, as have all the other themes of its decoration, for their specific allusion to the deity and the cult.50 It is perhaps best to compromise and say that in some cases the choice of landscape may have been determined by more than the fashions of the day, and the Julia Felix triclinium may be one of these”. Whitehouse 1977, 64-65. Zanker 1979; Zanker 1995. “Le Nil - en réalité le dieu Nil, que l'on glorifie de cette manière - avec sa végétation luxuriante, fourrés de papyrus et fleurs de nélombos, avec sa faune caractéristique, crocodiles, hippopotames, rhinocéros, mangoustesichneumons, serpents et oiseaux aquatiques de toutes sortes, avec son petit peuple de paysans, de pêcheurs et de marchands dans des barques chargées d'amphores, le Nil omniprésent, avec ses fêtes religieuses, ses temples, ses bois sacrés, constitue bien le sujet unique de ce vaste répertoire...”. Balty 1995, 245. Klementa 1993, trattando di divinità fluviali all'interno del periodo tardo ellenistico e romano rimarca il concetto che i paesaggi nilotici rappresenterebbero la metaforica celebrazione del dio Nilo (anche se tale divinità non occorre). Whitehouse 1985, 129-134. De Loos-Dietz discuteva del motivo che vede un uccello acquatico afferrare un serpente e si chiedeva se i paesaggi nilotici non avessero un senso apotropaico. De Loos-Dietz 1991, 133- 144. De LoosDietz 1993, 121-128. Simile interpretazione è fornita da alcuni studiosi circa la cosiddetta “isola sacra” presso Ostia, in cui discutendo di un mosaico con elementi nilotici nel piazzale della tomba 16 si dice: “In contesti funerari, queste raffigurazioni starebbero a rappresentare la lotta contro elemento antidionisiaco”. Baldassarre et al. 1996, 177. Cappel 1994. Cappel citerebbe poi una dissertazione dottorale di McKay, Pygmy landscapes in Roman art tenuta a Toronto nel 1985. Secondo Versluys l'opera non era tuttavia molto utilizzata. Meyboom 1995, 78-90.

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Capitolo IV - Nilotica pompeiana. Dal contesto alle analisi sui soggetti individuati

dionisiache rappresentanti il motivo della truphè). “The Nile Mosaic offers an allegorical picture of the providential power of the goddess to grant fertility to Egypt through the inundation. It is as if from her homeland, Nubia, she has emptied her horn of plenty over the Nile valley. This allegorical picture illustrates the Ptolemaic ideology of the truphe. The truphe represents the affluence and bliss which Dionysus and the sovereign have the power to give the country”. (Meyboom 1995, 78). Tuttavia, se lo stesso Meyboom sosteneva che al mosaico del Nilo a Palestrina fosse attribuibile una interpretazione religiosa, intendendo tra l'atro una delle prime sinergie italiche tra Iside e Fortuna, non era dello stesso avviso per le immagini pompeiane, specie a causa dei contesti di rinvenimento, il più delle volte coincidenti con ambienti esterni (e per il carattere ritenuto festoso). Se ne concludeva che date le variabili e l'arbitrarietà di utilizzo sarebbe stato difficile riconoscere per tali scene uno specifico carattere religioso, propendendo per una visione che tendeva a suggerire caratteristiche esotiche e legate alla gioia di vivere o all'ozio. “Considering the variety of Nilotic scenes and their generic character at Pompeii, and the arbitrary way in which they could be used as decorations, it is difficult to recognize in them a specific religious meaning or function. It seems more probable that they were a generally suitable form of decoration with an exotic character and suggesting well-being and affluence. The same variety in Nilotic scenes as in the Republican period may be found since the Augustan period, when their number strongly increased. They were especially popular for nymphaea, (summer) triclinia, gardens and the like, where they served to suggest coolness, exoticism and a general sense of well-being”. (Meyboom 1995, 84). Discutendo del ruolo di Iside e Serapide nella tarda Repubblica, Takács parlava di “creazione di illusioni” nelle scene nilotiche, in cui riferimenti al culto isiaco e ai paesaggi nilotici sarebbero stati da ritenersi staccati dal loro originale contesto e considerati come componenti dell'allora rinnovato stile romano. Inoltre, le stesse avrebbero delineato un mondo esotico e di fuga dal reale, distante cioè dalle abituali norme 18. (Takács 1995, 32-35). Secondo i condivisibili studi di Takács tutti i conflitti della tarda Repubblica (la guerra sociale, la lotta contro Mitridate in Asia e Sertorio in Spagna, e infine la guerra civile) avrebbero modificato il sistema sociale ed economico di Roma mentre il sistema politico sarebbe mutato molto più gradualmente. Le varie guerre e il potere egemonico conquistato da Roma portarono così all'incontro di nuove idee, credenze e gusti: uno stile di vita alternativo, spesso lontano dalla capitale dell'Impero e nuove ed appariscenti ville dei ceti più elevati che all'interno di esse avrebbero sperimentato altre visioni come quella dell'esotico e del suo fascino e che posero tra essi il simbolismo isiaco, i paesaggi egittizzanti e i misteri. Pare infatti il caso di ricordare che metodologicamente sebbene simboli isiaci facciano pensare immediatamente alla connessione con i relati culti, essi avrebbero avuto senso specie per gli iniziati, ovvero coloro capaci di comprendere il simbolismo addietro la rappresentazione e questi non sempre erano i soli “fruitori” di tali rappresentazioni le quali, comunque fosse, ebbero il pregio di creare, secondo la studiosa, delle “illusioni desiderate”, ponendo nella giusta atmosfera il proprio proposito. Lo studio che però ha avuto un ruolo piuttosto sostanziale circa questa tipologia in genere è di certo stato quello di Versluys 2002 (edizione della sua dissertazione dottorale). In tale volume lo 18

“But a villa owner commissioning such a mural was not necessarily a devotee of the depicted mysteries or an ardent admirer of Egypt. In this regard, the impact of the geographical expansion of the Roman world on the Roman Gedankenwelt and Roman art must be kept in view. Artists began to incorporate new elements in their work that became components of a new Roman style. The specific use of such components, however, would not have occurred without the approval of the owner: he must have had the last say regarding the embellishment of his walls. One can imagine that he would be drawn to that which represented the 'latest trend'; but this would also have to reflect his taste, arouse his interest, and conform to his wishes. The nilotic landscapes delineated an exotic world; in addition, they also presented a world that was politically very much in Rome's sphere of interest and would eventually become part of the empire. In this manner, the exotic land 'beyond,' which provided an imaginary escape from the accepted and enforced norms, was at the same time 'within' the Roman sphere, within its realm of activity and control. As such, it found its way into Roman art”. Takács 1995, 33. Che parrebbe tra l'altro la visione di Barrett 2019. Rauch 1999, 219-269 in uno studio sulle cosiddette Lastre Campana con scene nilotiche dopo aver fornito un catalogo e discutendo del materiale concludeva che essi dovevano richiamarsi all'esotismo.

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studioso offrendo una prima ragionata menzione, formava un catalogo delle distribuzioni delle scene nilotiche all'interno del pur vasto Impero romano.Circa il senso da attribuire a tali scene, Versluys appoggiandosi in parte a precedenti studi e a Meyboom, e rifiutando di attribuire un senso prettamente cultuale a tali rappresentazioni ne rilevava tuttavia delle ulteriori interessanti specifiche che inquadrava in quattro profili come sintetizzeremo di seguito. (Un livello pratico) specie in edifici privati, per cui tali scene erano in un certo senso “integrate” all'acqua, ovvero a strutture collegate con l'acqua (come ad es. ninfei) specie perché, anche visivamente, tali paesaggi si sarebbero adattati allo spazio; (un livello privato) in cui tali rappresentazioni avrebbero rappresentato una particolare affezione (o religiosità) del proprietario con l'Egitto o i suoi culti; (un livello sociale) in cui tali scene hanno un determinato valore; (un livello sintagmatico) relativo al più ampio contesto storico 19. Parlando della diffusione di tale “filone” nilotico, Bragantini 2006 confermava la visione di pigmei, caricaturalmente rappresentati in battaglie contro innocui o ferocissimi animali, come protagonisti di tali ambientazioni che evocano la tipica flora e fauna egizia sullo sfondo allusivo di città ed affermava: “Presenti in ambienti destinati al ricevimento degli ospiti o negli spazi aperti di case che attestano un certo impegno decorativo, queste figurazioni, che propongono il paesaggio caratteristico del Nilo e del Delta, con i suoi “protagonisti immaginari”, la sua flora e la sua fauna, creano visivamente un mondo altro, la cui funzione nel sistema decorativo della casa romana è affidata proprio alla sua alterità, che ribadisce la distanza dal mondo reale che nel sistema figurativo della casa romana caratterizza lo spazio nel quale vivono e agiscono il dominus e i suoi ospiti”. (Bragantini 2006, 163). L'autrice si richiamava pertanto alla concezione in parte delineata da Takács 1995, di cui si è detto. Interessanti rilievi sulle figure dei cosiddetti pigmei fatti da Clarke 2007 b, permisero all'autore di trattare trasversalmente anche le scene nilotiche in cui tali personaggi comparivano e dividendo così tra humor visuale, sociale e sessuale, porre le scene con pigmei tra quelle di umorismo sociale (derivando da esse una sorta di potere sugli altri). Evocando la fertilità esotica dell'Egitto, acquisita e nuova provincia romana, le rappresentazioni avrebbero pertanto presentato “l'altro” in modo da esaltare lo spettatore romano e avrebbero oltretutto avuto una funzione apotropaica. “Both the Aethiops and the pygmy are made up - the result of artistic traditions rather than ethnographic observation. Because they are inventions - and not, in the Roman mind, proper human beings - they can perform improper actions. In their colonial Otherness, these Aethiops and pygmies are sexually - and digestively incontinent”. (Clarke 2007 b, 156). Nelle rappresentazioni romane, lo straniero colonizzato si presenterebbe così con differenze fisiche rilevanti. Rispetto al corpo romano ideale, alto e barbuto se settentrionale, dalla pelle nera e pigmeo (o afflitto da nanismo) se Etiope 20 (o comunque indigeno proveniente da una regione nord africana). Per Clarke, nel corso del I a. C. alcuni artisti avrebbero pertanto iniziato a creare rappresentazioni parodiche di Etiopi e del popolo egizio che popolava le rive del Nilo. Nel più 19

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Versluys 2002, 251-261; 296: “As in fact all archaeological source material, Nilotic scenes seem to be interpretable at four levels, or perhaps better in four ways. Firstly, a very factual, practical level that starts from the archaeological material itself: a nymphaeum in a Roman garden is decorated with a Nilotic landscape because the real water could thus flow over the depicted water. Secondly, a level associated with the personal context: a nymphaeum in a Roman garden is decorated with a Nilotic scene because a follower of the Egyptian cults or a grain merchant who regularly stayed in Alexandria lived there. Thirdly a more abstract level, determined by various social contexts that surround the material: a nymphaeum in a Roman garden is decorated with a Nilotic scene because it is a truphe motif which was appropriate for such an area. And fourthly, a syntagmatic level, that is related to the larger narrative as it took place in time: a nymphaeum in a Roman garden is decorated with a Nilotic scene because the Romans thus expressed their attitude and thoughts in respect of Egypt in particular and the exotic Other in general”. Accennando a tale casistica parrebbe lecito valutare anche alcune di queste opposizioni dualistiche che spesso verrebbero a ritrovarsi: civili / barbari, bianco / scuro, sobrio / selvaggio, sessualmente casto / sessualmente promiscuo, intelligente / stupido, pulito / sporco, propriamente religioso / superstizioso etc... Clarke 2007 b, 155.

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antico Mosaico del Nilo di Palestrina si ritrova infatti una chiara rappresentazione di nobili Etiopi (rappresentati come figure maschili piuttosto ordinarie) intenti a diverse occupazioni tra cui quella di cacciare in terre selvagge (rappresentanti l'Alto Egitto). Il loro comportamento non pare mai selvaggio o smodato. Dalla fine del I a. C. questi stessi tipi, verrebbero invece ad essere raffigurati in situazioni farsesche, che combinati a specifici paesaggi egiziani inizieranno ad apparire anche in dipinti murali e mosaici del secondo stile 21. Whitehouse, Allison 22, Clarke, Versluys e Meyboom (che maggiormente hanno trattato la problematica) presenterebbero perciò differenti interpretazioni che solo in parte possono far riferimento ad un senso prettamente religioso di tali rappresentazioni nilotiche. Sviluppando questo punto, pur sempre nell’ottica della percezione romana di immagini e pratiche egiziane, Barrett non le escluderebbe del tutto come espressioni di conoscenza e comportamento religioso, data la possibile associazione o rievocazione delle celebrazioni tenute durante lo straripamento nilotico (ed il ritorno dell'occhio solare). La potenziale connessione al culto isiaco sarebbe potuta perciò essere in parte presente ma riconoscibile solo ad attenti osservatori o a conoscitori della teologia egiziana 23. Come tuttavia osservava già Mol 2015, tali indagini restano parziali e la storia degli studi ha indubbiamente mostrato come solo da studi e approcci più specifici e approfonditi sui contesti di rinvenimento e sulle connessioni o differenziazioni tra l'insieme di queste scene possano derivare più puntuali interpretazioni 24.

Fig. 4.1. Belzoni 1820, pl. 26.

Extraordinary Overflowing of the Nile illustration from the kings’ tombs in Thebes by Giovanni Battista Belzoni (1778-1823) from Plates illustrative of the researches and operations in Egypt and Nubia (1820).

Ne deriverebbe che solo uno studio volto alla descrizione di ogni singola scena applicata al contesto e alle successive connessioni tra esse ed altre raffigurazioni o oggetti presenti (o un tempo attestati) per ogni domus, edificio pubblico o cultuale potrebbe perciò tentare di fornire maggiori e più determinate risposte a tali indagini, come si è in parte proposto nel prosieguo di questa sezione. Ciò 21 22 23 24

Clarke 2007 b, 156. Allison 1997, 19-24. Barrett 2019, 74-108. Tybout 2003, 505 notava come nel testo di Versluys 2002 non fosse presente una tavola che contenesse i vari motivi presenti nelle scene.

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detto, dato lo specifico soggetto di questa ricerca, resta da ribadire come tali risultati oltre ad essere indagati nel particolare e nel generale della summenzionata tipologia nilotica presente a Pompei, andrebbero poi valutati singolarmente, di caso in caso, in base alla differenziazione dei diversi contesti del vario panorama pompeiano stesso, consentendo così una visione allargata della questione. IV.2. Dati contestuali preliminari Grazie specie agli studi di Versluys 2002, è oggi possibile avere un quadro contestuale e generale di partenza riguardante le scene nilotiche, le quali, come si vedrà, si trovano presenti in gran parte dell'Impero Romano (e in special modo nel territorio italico) 25. La diffusione ne suggerirebbe e sottolineerebbe così in primis la popolarità raggiunta. La gran parte d'esse proviene, come accennato, dall'Italia e in particolare dal Lazio (principalmente Roma) e dalla Campania (soprattutto Pompei). Basandosi su meri dati statistici si potrebbe pertanto anzitutto affermare che tali rappresentazioni (dipinti, mosaici e rilievi in genere) oltre ad essere costosi e segno di ricchezza per i ceti abbienti, dovevano pur essere in parte diffuse, data l'occorrenza che se ne ritrova nella sola Pompei, che pure potrebbe definirsi un centro piuttosto provinciale.

Fig. 4.2. Distribuzione delle scene nilotiche nell'Impero romano. Versluys 2002, 240 (Tav. 1). Dal punto di vista cronologico la presenza delle scene nilotiche copre un arco cronologico che va dalla fine del II a.C. al VI d.C., ma ovviamente i periodi di popolarità raggiunta differiscono da regione a regione 26. Alla fine del I secolo a.C. tale tipologia parrebbe infatti già ben attestata in Italia (secondo gli esempi di Roma e Pompei) ma qui il genere vedrebbe la maggiore diffusione nel II d.C., periodo in cui pare essere diffuso anche in Gallia. Nel III e IV d.C. si ritroverebbe invece attestazione principalmente in Spagna e nel Nord Africa, mentre nel V e VI d.C. tali scene paiono presenti solo nel Vicino Oriente spesso adattate all'iconografia cristiana 27. In totale rispetto al CFN si conterebbero pertanto le seguenti attestazioni: 20 (I a.C.); 51 (I d.C.); 23 (II d.C.); 24 (III-IV d.C.); 13 (V-VI d.C.) 28. Tornando al contesto italico ecco la distribuzione delle attestazioni per Regiones. 25 26

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Da rilevare è invece l'assenza di tali scene sulla costa occidentale dell'Asia minore e della Britannia. In particolare: Latium: 8 (I a.C.); 2 (I d.C.); 11 (II d.C.); 6 (III-IV d.C.); Campania: 8 (I a.C.); 42 (I d.C.); 1? (III-IV d.C.). Altre provincie italiane: 1 (I a.C.); 1 (I d.C.); 4 (II d.C.). Nord Africa: 4 (II d.C.); 8 (III-IV d.C.); 2 (V-VI d.C.); Provincie europee: 1 (I a.C.); 6 (I d.C.); 4 (II d.C.); 7 (III-IV d.C.); 2 (V-VI d.C.). Vicino Oriente: 1 (III-IV d.C.); 9 (V-VI d.C.). Si veda ad es. Hachlili 1998, 106-120. Andrà però ribadito che le scene nilotiche del contesto pompeiano, data l'occorrenza dovuta alla casualità degli eventi, tenderebbero a distorcere il dato generale per cui escludendo le stesse si avrebbero tali occorrenze: 14 (I a. C.); 18 (I d.C.); 23 (II d.C.); 24 (III-IV d.C.); 13 (V-VI d.C.).

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Fig. 4.3. Distribuzione delle scene nilotiche nelle varie regiones italiche. Versluys 2002, 241 (Tav. 2). Per quanto riguarda il contesto si potrebbe pertanto in genere affermare che tale tipologia possa principalmente essere attestata in contesti privati (domus e villae), mentre rispetto agli stessi le occorrenze da santuari riguarderebbero prevalentemente chiese cristiane. Paesaggi nilotici sono tuttavia frequenti anche in edifici pubblici (specie termali) e nel contesto funerario. Ecco di seguito le quantità: Contesto pubblico: 10; privato: 67; religioso: 11; funerario: 9; sconosciuto 34. Se a tale dato generale si eliminano gli esempi pompeiani, pur proporzionatamente, il contesto non pare poi troppo differente: Contesto pubblico: 7; privato: 34; religioso: 9; funerario: 8. IV.3. Scene nilotiche. Esordi e sviluppi di un genere. La genesi delle scene nilotiche rappresenta ancora in parte motivo di dibattito accademico. Alcuni vedrebbero infatti il genere come invenzione romana mentre altri ne presupporrebbero una relazione con l'arte egizio-tolemaica, che mi pare opinione più condivisibile 29. Meyboom ha suggerito l'esistenza di un genere paesaggistico nilotico dal primo periodo tolemaico in poi. Anche se non si ritrovano scene siffatte in età ellenistica lo studioso affermava che alcuni casi precedenti fossero da ritrovare tra le scene di vita comune lungo le sponde del Nilo, e popolate da contadini, pescatori, pigmei e animali e piante caratteristiche. Il mosaico prenestino nel Nilo dovrebbe in fondo discendere da un archetipo, che ne attesterebbe tale interpretazione, dato che più difficilmente potrebbe essere ritenuto composizione realizzata da più piccole scene in seguito riunite 30. L'origine potrebbe tuttavia richiamare e far supporre anche ad un archetipo derivante da un importante centro ellenistico, come ad es. Pergamo o Delos 31. Ad ogni modo, tali scene dovevano essere note già alla fine del II a.C. nella parte orientale e occidentale del Mediterraneo (Egitto, Delos e Puteoli). Meyboom suggeriva infatti che il Serapeo di Puteoli, fondato prima del 105 a.C., avrebbe potuto svolgere un importante ruolo nella diffusione di scene nilotiche e altre decorazioni 29 30 31

Per una panoramica sulla questione si veda da ultimo Barrett 2019, 60-103. Meyboom 1995, 96-107. Una ciotola di ceramica dipinta oggi al museo del Cairo potrebbe pur essere un interessante parallelo d'indagine. Essa rappresenta alcuni individui su un’imbarcazione e nell'atto di cacciare un coccodrillo. Se la datazione suggerita, III a.C., fosse confermata, certo essa rappresenterebbe una testimonianza di certa rilevanza. Egyptian Museum, Cairo, 26437, da Gahira. Cfr. Pekáry 1999, 62.

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egiziane in Italia. Recenti scoperte a Madrid e Roma di alcuni paralleli del mosaico del Nilo di Palestrina paiono poi suggerire come decorazioni egiziane in quel periodo fossero già popolari in Italia32. Per quanto noto, le scene nilotiche di questo periodo, sarebbero tutte a mosaico, caratterizzate da un aspetto molto realistico e una rappresentazione piuttosto dettagliata dell'Egitto, presentando specifiche attività della popolazione durante il periodo dello straripamento del Nilo accompagnate da un senso religioso e profano, oltre a una grande varietà di caratteristiche di flora e fauna. Attraverso tali elementi presenti nei mosaici del Nilo e databili al 90 - 80 a.C. essi potrebbero essere definiti etnografici in quanto rappresenterebbero la visione romana piuttosto realistica dell'Egitto. Il mosaico del Nilo della Casa del Fauno con le diverse fasi di fioritura del loto potrebbe bene entrare a far parte di tale categoria. Un diverso tipo di immagini sono poi i paesaggi marini con elementi egittizzanti, come il fregio nell'atrio della Villa dei Misteri, che dovrebbe essere datato al 70 a.C. Questi paesaggi architettonici, chissà quanto derivati dall'opera di Demetrio topographos 33, paiono più frequenti nel secondo stile e potrebbero pertanto avere loro predecessori nell'arte ellenistica. Versluys rilevava tuttavia come più di mezzo secolo dopo, alla fine del secondo stile intorno al 20 a.C., elementi egiziani vengono nuovamente aggiunti a questo tipo di paesaggi, presumibilmente per l'interesse a motivi e temi egiziani o egittizzanti in quel particolare periodo. In un caso (Casa di Livia, vd. CFN 17) si potrebbe ancora parlare del vero paesaggio nilotico. Più spesso, come nel caso dei dipinti nella Villa della Farnesina parrebbe invece di aver a che fare con divisibili elementi alessandrini aggiunti ai paesaggi come vignette. Nel I a.C., potrebbe poi attestarsi l'origine di una moda molto diversa di raffigurare l'Egitto durante lo straripamento dato che gli abitanti vengono rappresentati come pigmei o nani. L'esempio di Priverno (metà del I a.C.) con la sua soglia nilotica pare significativo 34. (Cfr. ad esempio CFN 8, 16, 17, 34 e 40). Tale rappresentazione resterà presente e dominante nei secoli successivi vedendo non più al centro il paesaggio ma soggetti ed elementi piuttosto stereotipati. Un ruolo importante avrà di certo giocato la vittoria di Ottaviano ad Azio (31 a.C.) e la conquista romana con il conseguente cambio del contesto politico che avrebbe portato da una rappresentazione realistica ad una maggiormente stereotipata. Eppure, poche sono le scene nilotiche risalenti agli ultimi decenni del I secolo a.C. e i primi decenni del primo secolo d.C. che sono state preservate (vedi, ad esempio, CFN 11, 30, 31 e 52) 35. Accanto ad una ragione pratica e sociale, una possibile motivazione circa tale transizione potrebbe anche rimandare al complesso della decorazione della casa in genere. Nel terzo stile era impiegata una disposizione molto diversa delle pareti per la pittura rispetto ai periodi precedenti. Pur in ragione delle richieste della committenza, su una parete suddivisa per strutture architettoniche, un elemento figurativo avrebbe rappresentato ora il punto focale, e spesso una scena mitologica. Lo spazio per grandi scene paesaggistiche si sarebbe pertanto visto notevolmente ridotto (e al carattere di tale stile poco si approssimavano scene esotiche, dato che pare attestarsi una predilezione per la pietas augustea). Con l'inizio del periodo del cosiddetto Quarto Stile, le scene nilotiche paiono tornate in parte in auge e specie a Pompei potrebbero notarsi almeno tre differenti tipologie: scene nilotiche con pigmei, molto differenti per dimensioni e qualità, oltre che per dettaglio (vd. Casa dei Pigmei); rappresentazioni paesaggistiche estese con un carattere egiziano (vedi, ad es. Casa dei Ceii); e rappresentazioni direttamente connesse con culti di dei egizi (vedi, ad esempio, Tempio di Iside). Nel II secolo d.C. tali scene popolate da pigmei e tipici flora e fauna nilotiche saranno molto 32 33 34 35

Versluys 2000, 236-252. D. S. 31, 18, 2; Val. Max., 5, 1, 1. Si veda anche Cancellieri 2010, 15-35; 63-141. In età augustea le scene nilotiche non sembrano infatti godere di particolare favore (mentre paiono più presenti elementi cosiddetti faraonici o ieratici) e saranno nuovamente presenti, ma con caratteristiche diverse dovute a sostanziali modifiche della committenza, nel cosiddetto IV stile. Si veda ad es. Tybout 2003, 505-515; Barrett 2019, 57-58. Per una caratterizzazione circa la committenza di alcuni esempi di elementi c.d. “faraonici” si veda anche Bragantini 2006, 159-167.

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imitate nelle provincie, diffondendosi anche in Nord Africa, in Gallia, mentre durante il III d.C. anche in Spagna. Qui le scene nilotiche sono generalmente utilizzate come fregi. La maggioranza dei casi vede infatti battaglie tra pigmei e uccelli che circondano una rappresentazione centrale (vedi, ad esempio, CFN 102, 103 e 104). In Nord Africa, spesso si ritrovano rappresentazioni di dimensioni maggiori e uniformi per il pavimento (ad esempio, CFN 86, 87 e 89). Il Vicino Oriente presenta forme prettamente derivate dalla tradizione classica (da Sepphoris, CFN n. 129), ma specialmente tarde (vedi, ad esempio, CFN 103 e 106) del IV secolo d.C. Successivamente, nel V e nel VI secolo d.C., tali paesaggi subiscono inoltre l'influenza dell'iconografia cristiana 36. IV.4. Scene nilotiche nel contesto pompeiano. Per introdurre più propriamente alle cosiddette scene nilotiche pompeiane, andrà anzitutto ribadito come i primi esempi italici di tale tipologia resterebbero il mosaico del Nilo di Palestrina (generalmente datato al II a.C. 37) e il fregio nilotico della Casa del Fauno a Pompei (inizi del I a.C.), di cui si è in parte già accennato. Il primo rappresenta un capolavoro storico-naturalistico e come si è detto etnografico. La rappresentazione dei soggetti (individui, flora e fauna) e delle azioni è resa in maniera realistica. Un paesaggio distribuito e descrittivo, dato non solo dalla didascalia greca per gli animali ma dalla dinamicità delle scene dal basso all'alto, da destra a sinistra. Riguardo la sua funzione, le ipotesi che il complesso inferiore di Praeneste facesse parte del Santuario della Fortuna Primigenia (in cui poteva identificarsi Iside, Tyche o Tyche Protogeneia). Ma come è stato messo in luce da Meyboom il complesso inferiore avrebbe forse rappresentato un gruppo di edifici pubblici sul foro prenestino senza legami diretti con il Santuario della Fortuna al di sopra. Il mosaico del Nilo giaceva quindi in una grotta-ninfeo congiunto ad una grande sala che si ergeva a destra di un edificio simile a una basilica. Il mosaico dei pesci fungeva da intermezzo essendo situato in un simile ninfeo congiunto ad una corte di ingresso eretta a sinistra dell'edificiobasilica. Difficilmente essi avrebbero potuto rappresentare o essere adatti a funzioni rituali dato che i pavimenti erano sommersi. Procedendo di seguito si è rilevato come porzioni di un fregio nilotico dipinto presso l'atrio della Villa dei Misteri a Pompei e databili al 70 a.C., sono in parte conservate. Esso si sarebbe esteso lungo la parte superiore delle quattro pareti e sarebbe pertanto dovuto essere di dimensioni notevoli. Forme semplificate di tali paesaggi inizierebbero a veder luce già nel Secondo Stile. Un triclinio della villa di P. Fannius Synistor a Boscoreale, databile al 50-40 a.C. ne rappresenta un interessante esempio. In tale raffigurazione il riferimento egittizzante è accennato dall'abbondanza dell'acqua e da isole e santuari, nonché dalle attività pressoché tipiche della popolazione (ossia le offerte, la pesca etc...) ma resta vago a vantaggio di un carattere paesaggistico (fluviale e costiero) più generico e modellato attraverso la tecnica di pittura monocromatica. In un oecus della Villa di Oplontis due di questi paesaggi risalenti al medesimo periodo, sono presentati come pinakes (dipinti su pannello). Attorno al 20 a.C., elementi egiziani vengono invece per interesse aggiunti a questo tipo di paesaggi. Per la Casa di Livia (CFN 17) si potrebbe ancora parlare come accennato di un genuino paesaggio nilotico, in altri casi invece, come per i dipinti della Villa della Farnesina parrebbe di aver a che fare con suddivisibili elementi alessandrini aggiunti ai paesaggi. Nello stesso periodo, verrebbe così ad attestarsi l'inizio della moda tendente a raffigurare specie 36

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La popolarità dei motivi nilotici è illustrata da numerosi tessuti copti e altri tardo-classici con tali decorazioni (vedi appendice NP n. 34). Agli inizi dell'VIII secolo d.C. proveniente dalla chiesa di Santo Stefano in Kastron Mefaa (Umm al-Rasas, Giordania) un mosaico centrale è delimitato da un fregio nilotico che mostra flora e fauna e pigmei a pesca con barche. Piccirillo 1993, 36-37; 238-239. Vd. ad es. Meyboom 1995, 16-19. Mentre per una datazione al primo periodo imperiale propendono Fuentes 1987, 51; Schrijvers 2007, 233; Rose 2013, 548-549. Sulla questione vd. anche Barrett 2019, 56, nota 23.

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l'Egitto durante lo straripamento e gli abitanti come pigmei (cfr. ad esempio CFN 8, 16, 17, 34, 40). Ciò darà vita ad una sorta di genere proprio, ovvero un tipo di scena nilotica con paesaggio popolato da pigmei passando da una rappresentazione realistica ad una maggiormente caricaturale. Restano tuttavia poche le scene nilotiche risalenti agli ultimi decenni del I secolo a.C. e i primi decenni del primo secolo d.C. che sono state preservate (vedi, ad esempio, CFN 11, 30, 31, 52). Un fregio con tali scene, databile al 40-30 a.C., doveva essere situato nella parte superiore della parete dell'atrio della Casa del Toro a Pompei. La piccola porzione di questo fregio che si è conservata mostrerebbe individui pigmei impegnati in varie attività come passeggiare, mangiare, commerciare, mentre il paesaggio pare ridotto all'essenziale. Circa nello stesso periodo una essenziale scena palustre con anatre e un coccodrillo si ritrova nel caldarium della Casa del Criptoportico a Pompei. Si segnalano poi due emblemata a mosaico risalenti alla fine del periodo repubblicano o al primo periodo augusteo. Il primo nell'oecus verde che si apre sul peristilio nella Casa del Menandro, l'altro decora invece il pavimento del triclinio della Casa di Paquius Proculus. Entrambi raffigurano pigmei festeggianti a bordo di una imbarcazione in un paesaggio nilotico con un ippopotamo e un coccodrillo. La composizione pare molto simile alla scena di caccia dell'ippopotamo nelle cosiddette sezioni 12 e 18 del mosaico del Nilo 38. Se dopo il periodo augusteo le scene nilotiche torneranno ad essere più numerose, specie dopo l'annessione a provincia dell'Egitto, esempi dell'uso di motivi egiziani durante la prima metà del I secolo a.C. si ritrovano però specie monete romane dove appaiono la corona di Iside, il sistro, il fiore di loto, ippopotami e coccodrilli, pigmei e aironi in combattimento, assieme ad altri soggetti. Dato il carattere pubblico delle monete, la privatezza di tali culti e in parte la fiera opposizione senatoriale, tali occorrenze sarebbero tuttavia da intendere specie come simbologia extra religiosa o comunque storica, comprovandone la diffusione. Prima di procedere col prendere in considerazione le diverse scene nilotiche del contesto pompeiano, varrà pertanto la pena soffermarsi brevemente su alcune peculiarità e caratteristiche di cui dovrà tenersi conto. Come si è ribadito, le cosiddette scene nilotiche o nilotica sono certamente da inserire nella tipologia delle raffigurazioni egittizzanti. Versluys che pur le aveva inserite nella categoria degli Aegyptiaca nel suo Catalogo (Corpus Figurarum Niloticarum), le aveva definite in tal modo: “Nilotic scenes are images of the flooded river Nile and the country of Egypt in the Roman world 39”, sostenendo come, almeno sino allora, poche volte le scene nilotiche paiono essere distintamente religiose e così incluse nella letteratura riguardante Iside o i culti egiziani 40. Nell'ordinamento e nella collazione eseguita qui di seguito pare tuttavia opportuno mettere in rilievo alcune caratteristiche peculiari di tali scene. Anzitutto il termine nilotica, che si incentra e 38

39

40

Ad un periodo successivo risalirebbe poi un lungo fregio con pigmei che decorava parte di una parete che circondava un peristilio nella Casa dello Scultore a Pompei. Qui il paesaggio pare più elaborato e comprende edifici e barche, mentre i pigmei sono impegnati in diverse attività, specie in lotta contro ippopotami e coccodrilli. Qui andranno menzionati gli spettacoli con naumachie e la possibile derivazione di queste iconografie dal trionfo egiziano di Cesare come proposto da Berlan-Bajard 2006. Versluys 2002, 26. Una definizione ripresa (e messa in rilievo) ancora da Mol 2015, 256: “Images concerning the flooded river Nile and the life surrounding it. The images therefore predominantly concern waterscapes with plants such as lotus flowers and exotic animals such as crocodiles, hippopotami, or cobras. They also often feature Egyptians in the form of either human beings or pygmies and occur in Pompeii, as mosaics or on wall paintings, from the beginning of the 1st century BC on and are continuously attested until the end of the town’s existence”. Per Barrett 2019, 51: “Scholars typically apply the term “Nilotic scenes” to Roman artistic representations of the Nile river in flood. Besides the river itself, with its distinctive flora and fauna, such images often depict human figures engaging in a range of behaviors that include fighting with riverine beasts, engaging in outdoor sex, drinking alcohol, playing music, fishing and fowling, and performing acts of rural cults”. Aggiungendo poi: “As will become clear later, Nilotic scenes were popular in all parts of the Roman Empire and they occur, in diverse forms and of diverse qualities, from the second century Be until the sixth century AD in many different contexts. It can thus be concluded that they are pre-eminently testimonies to the relations between Rome and Egypt, and the relatively modest attention they have received seems explainable only from the 'Forschungsgeschichte' as described earlier. Only sometimes do Nilotic scenes seem clearly religious and hence are included in the literature concerning Isis and the Egyptian gods. They can rarely be connected with politics and their presence can hardly ever be explained directly from an economic meaning”. Versluys 2002, 27.

110

Capitolo IV - Nilotica pompeiana. Dal contesto alle analisi sui soggetti individuati

richiama principalmente all'idea del Nilo e del paesaggio di flora e fauna che tipicamente lo circonda resterebbe una categoria moderna attraverso cui si è voluto definire e specificare un particolare gruppo di soggetti o raffigurazioni che avevano tra loro similari caratteristiche al fine di porle in un gruppo piuttosto omogeneo. Tuttavia, per intendere ed includere una raffigurazione in tale serie, sarà necessario definire almeno le caratteristiche macroscopiche delle stesse. Anche se generalmente, parafrasando Versluys 2002, Mol 2015 e specie Barrett 2019 (in part. pp. 51-59), si può sostenere che le scene nilotiche vadano definite immagini del fiume Nilo straripato e dell'Egitto rurale nel mondo romano, rappresentato principalmente attraverso paesaggi acquatici con piante come fiori di loto e animali esotici ovvero come detto, la flora e la fauna tipici che circondavano nell'immaginario il fiume, l'analisi delle immagini potrebbe tuttavia comprendere ulteriori specifiche. Andrà in primo luogo accennato e fatto notare come paiono infatti essere ricorrenti diverse peculiarità che almeno macroscopicamente andranno messe in rilievo. Anzitutto, le immagini man mano che ci si allontana da un cosiddetto primo piano sono spesso presentate e si sviluppano all'interno di una sorta di strisce orizzontali e con elementi prospettici e di certa profondità che comunque interagiscono tra loro ed in cui sono raffigurati di volta in volta i diversi soggetti. Tale caratteristica rappresentativa si richiamerebbe alla cosiddetta veduta o prospettiva a volo d'uccello (impiegata in cartografia fino all'Ottocento e che rappresenta il suolo come visto sotto un angolo visuale di 45°) 41. A parte il fiume Nilo con la sua caratteristica flora e fauna, i caratteristici pigmei sono spesso impegnati in diverse attività similari come cacciare, navigare, commerciare (anfore) ma spesso anche dediti a offerte devozionali. Le rappresentazioni (in cui interagiscono i diversi soggetti) si svolgono quindi per fiume e su terra. Un punto rilevante sono infatti le cosiddette strisce di terra (rappresentanti ciò che resta del ciclico straripamento nilotico) e su cui spesso poggiano accanto alle capanne, ovvero alle semplici abitazioni, quelli che possono definirsi strutture ed anche edifici spesso di natura cultuale o santuari. Resta perciò evidente un collegamento piuttosto diretto tra queste pur diverse ma relate caratteristiche ed entità. A ben vedere, non escludendo le peculiarità compositive o iconografiche di ogni singola raffigurazione si potrebbe anche sostenere che all'interno di un paesaggio cosiddetto nilotico venga a svilupparsi un microcosmo più o meno ordinato in cui tuttavia resta non semplice delimitare esattamente i confini. Mol 2015 metteva in evidenza come storiograficamente le categorie dei Nilotica e di ciò che definiva Aegyptiaca erano state trattate separatamente e non erano state prese in considerazione nelle selezioni di Tran Tam Tinh e De Vos 42 che non le consideravano collegate al culto isiaco o al concetto di egittomania, mentre Malaise sosteneva che tra le due tipologie sussisterebbe una relazione la cui natura resterebbe indefinita 43 e Versluys e Meyboom ne intravedevano pur qualche relazione 44. In base ai dati sopra evidenziati può così sostenersi come sotto la pressoché univoca definizione costituente e attribuibile a paesaggio o scena nilotica, concorrano nel solo contesto pompeiano una distinta varietà di soggetti qui individuati. Generalmente si potrebbe così sostenere che le scene nilotiche vadano definite immagini del fiume Nilo straripato e dell'Egitto rurale nel mondo romano, rappresentato principalmente attraverso i suoi abitanti, paesaggi acquatici con piante (come fiori di loto) e animali esotici ovvero come detto, la flora e la fauna tipici che circondavano nell'immaginario il fiume. Accanto a questi andranno poi considerate le varie azioni rappresentate come ad esempio la vita quotidiana (con la 41

42 43 44

Recenti studi circa i diversi sistemi di proiezione impiegati all'interno del cosiddetto mosaico del Nilo di Palestrina avrebbero sottolineato alcune ambivalenze. Se nell'insieme esso presenta una coerenza panoramica (ossia una prospettiva a volo d'uccello) attraverso l'uso di diverse strategie visive, per gli edifici sarebbe tuttavia presente una proiezione assonometrica obliqua mentre uomini e animali sarebbero piuttosto tesi alla tridimensionalità. Hinterhöller 2009. De Vos 1980, 81. La studiosa ne prendeva in considerazione i soli elementi cosiddetti faraonici. Malaise 2003, 313. Versluys, Meyboom 2000, 111, 128; Meyboom, Versluys, 2007, 206.

111

I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

sua ruralità), la caccia, la pesca, la ritualità sacrale, gli amplessi erotici, e altre particolarità differenziali volte a distinguere e caratterizzare tali scene da altre. Un primo elemento caratterizzante è infatti di certo il paesaggio stesso, che, come accennato, viene a definirsi nel I secolo a.C. precisandosi così come “egiziano” e poi ripreso e divenuto distintivo specie nel II d.C., quando esso rappresentò lo scenario in cui la scena (o azione), in seguito popolata da altri soggetti, veniva a svolgersi. Il paesaggio intende lo straripamento del Nilo, che in estate, depositava così il fertile limo nelle pianure. Ciò che viene rappresentato è compreso e si svolge infatti sulle strisce di terra che emergono dall'acqua e sull'acqua stessa. Data tale occorrenza nell'inventario stilato non appare il termine “isola o isoletta” che è compresa nell'accezione stessa di paesaggio nilotico. La flora tipicamente rappresentata vede la prevalenza del loto, poiché simbolo determinate ed essenziale alla caratterizzazione, mentre altre piante sono poco rappresentate e di rado distinguibili. La dettagliata rappresentazione delle sue fasi di fioritura presso il mosaico nilotico della Casa del Fauno dimostrerebbe come esso, che risalirebbe al 90-80 a.C. presupponga ancora quella fase che si è potuta definire “etnografica” (come si ritrova nel mosaico del Nilo prenestino) e che vede nella rappresentazione realistica e nella riproduzione delle particolarità un tratto distintivo che successivamente andrà perdendosi a vantaggio di altri piuttosto stereotipati. Vegetazione palustre e piante acquatiche completano poi un quadro più generale. Tra gli alberi, diversamente frequenti, vi sarebbe una distinzione primaria tra quelli spogli (prevalenti in paesaggi sacrali, o col velum) e alberi con foglie. Tra essi, l'albero di palma occorrerebbe diverse volte. In essa c'è chi vi ha riconosciuto la cosiddetta palma dum (Hyphaene thebaica), una palma decidua, con fusto alto sino a 17 m, del diametro di circa 90 cm, che si suddivide dicotomicamente assumendo una caratteristica forma a "Y", il che consente di distinguerla dalle altre palme africane 45. Vi sono tuttavia casi in cui è presente una singola palma spesso protesa da un lato. Dovranno poi menzionarsi i cipressi (legati spesso ad un paesaggio sacrale) o sicomori che appaiono più di rado (si veda ad es. CFN 28, e). Per quanto riguarda la fauna tra gli animali più caratteristici si ritrovano anatre46, coccodrilli, ibis 47, ippopotami e vari tipi d'uccelli. Nelle rappresentazioni del I a.C. accanto alla resa di un dettaglio maggiore è possibile notare una certa pluralità ed eterogeneità. Nel mosaico nilotico della Casa del Fauno appaiono ad esempio animali che si ritrovano un'unica volta all'interno del contesto pompeiano (cobra, icneumone, rana). Già nel secolo successivo, con la stereotipizzazione del paesaggio, gli animali presenti si riducono a quelli più caratteristici, spesso rappresentati in situazioni aggressive e di cui si approfondirà di seguito. Ancora una volta l'esempio del Mosaico del Nilo di Preneste con i suoi animali rappresentati funge da elemento di riflessione. In esso la didascalia che spesso li accompagna in greco ne conferma il preteso carattere illustrativo. Andrà infatti ribadito che in seguito tali caratteristiche andranno a scomparire. Asini e bovidi appaiono di rado e spesso il contesto può richiamarsi ad una componente storica o sacrale. Asini o bovidi afferrati da coccodrilli che emergono dall'acqua, rappresentavano inoltre secondo Plinio un motivo risalente a un dipinto (perduto) del pittore greco Nealkes. Sotto Tolomeo III, Nealkes avrebbe infatti dipinto una battaglia navale tra Egiziani e Persiani e, per mostrare che il conflitto si era tenuto sul Nilo e non in mare aperto, vi aggiunse un asino a margine del fiume afferrato da un coccodrillo. Altre volte asini sono raffigurati carichi di pesi a figureggiare l'importanza storica dell'animale per il trasporto (specie del grano) 48. La maggior parte di questi animali nel periodo egizio rappresentava poi delle singole divinità: 45 46 47 48

Essa era, come noto, considerata sacra dagli Antichi Egizi e semi della pianta sono stati trovati nelle sepolture di diversi faraoni. Da ultimo si veda anche Voltan, Valtierra 2020, 593-613. Spesso retrospicente e che riprende e continua una tradizione egizia passata al mondo ellenistico. In estate, allo straripamento del Nilo, l'uccello vi migrava da sud per nidificare. La varietà con piume bianche e nere spesso rappresentata in tali paesaggi è l'ibis, Threskiomis aethiopicus. Per approfondire si veda anche Adams 2007.

112

Capitolo IV - Nilotica pompeiana. Dal contesto alle analisi sui soggetti individuati

coccodrillo (Sobek), ibis (Thot), ippopotamo (Tueret), asino (Seth), vacca (Hator), toro (Apis) etc... Voler scorgere rimandi valutando l'interpretazione di questi all'interno delle scene nilotiche risulta però piuttosto complesso. Tra gli altri animali, quelli acquatici come i pesci occorrono più spesso di altri come delfini (o tartarughe? 49). La particolare circostanza dello straripamento del Nilo offriva inoltre l'opportunità di raffigurare le imbarcazioni, mezzo di trasporto favorito in tale momento e non solo per la caccia acquatica. Tra imbarcazioni più tradizionali (spesso con poppa a testa animale (specie d'asino)) appare anche la più modesta canoa di papiro 50 (canna) e la cosiddetta horeia, piccola barca a remi (si veda ad es. nn. 25, 26 (CFN 50), VII 2, 25 (Casa delle Quadrighe), peristylium e viridarium). Imbarcazioni che presentano l'albero maestro o una cabina parrebbero essere associate al Delta e alla popolazione ellenizzata. Altre paiono poi specializzate al trasporto di prodotti e merci (spesso amphorae) 51 o quando di dimensioni maggiori al trasporto dei passeggeri (cercurus) od ancora ad attività di guardia militare del fiume 52. La differente tipologia degli edifici o delle strutture rappresentate vede, semplici capanne di fango con tetto di paglia 53, abituali abitazioni delle genti che popolavano le rive del fiume e strutture maggiormente complesse come villae con portici. Ed ancora torri, ponti o cosiddette passerelle, che data la piena, rappresentano in fondo l'unico modo di attraversamento a piedi da un lembo di terra emerso all'altro. Accanto a strutture diciamo pure profane, diversi altri possono essere poi definiti edifici sacrali. Lontano dalle raffigurazioni più distinte e filologicamente corrette del mosaico di Palestrina, nelle scene nilotiche pompeiane i santuari paiono molto modesti e rappresentano il più delle volte semplici templi prostili di stile ellenistico spesso attorniati da portici, recinti o ancora torri. Queste ultime, specie nell'interpretazione successiva, rappresenterebbero l'alloggio dei sacerdoti e dei collaboratori sacrali. Sono poi presenti nicchie semicircolari che contengono statue della divinità e altari. Associazioni con la tomba di Osiri (abaton) vengono a ritrovarsi diverse volte 54. Secondo il mito, la tomba di Osiri fu fonte dell'inondazione del Nilo, e verrebbe a situarsi in un bosco sacro (in una cappella attorniata da vegetazione nei paesaggi nilotici). Gli alberi attorno alla tomba simboleggiavano pertanto il potere vivificante del dio risorto. Nel contesto pompeiano secondo la nostra numerazione potrebbero forse suggerire questa occorrenza: (3; CFN 33), I, 6, 15, (Casa dei Ceii), viridarium; (5; CFN 35), I, 7, 11, (Casa dell'Efebo o di P. Cornelius Tages), viridarium; (18; CFN 45), VI, 7, 23, (Casa di Apollo), viridarium. (30; CFN 53) VII, 7, 32, (Tempio di Apollo), peristylium; (36; CFN 59) VIII, 5, 24 (Casa del Medico), peristylium. Andrà poi rilevato che sebbene il nilometro rappresenti un monumento tipico dell'Egitto e specialmente associato allo straripamento del Nilo, nel contesto pompeiano non se ne ritrova traccia 55. 49 50

51 52

53 54 55

Se così si volesse interpretare le strane figure dell'Ins. Occ. Dove apparirebbe anche la divinità Ammit? Che aveva anche connotazione religiosa, dato che rappresentava l'imbarcazione utilizzata da Iside per la ricerca delle smembrate parti del corpo dell'amato. Per tale ragione si riteneva protetta dall'attacco dei coccodrilli o ippopotami che per il timore verso la dea non l'avrebbero attaccata. Cfr. ad es. CFN 1, 7, 8, 13, 20, 28, 34, 37, 59, 62, 67, 71, 79, 102. Circa i nn. 20 et 59 si vedano anche Str. 17, 4 Juv., Sat., 15, 126-128. Vd. CFN 59. Seguendo Versluys 2002, 274, n. 275: “smaller boats are visible in cat. Nos. 005, 096, 107, larger boats in cat. nos. 012, 022, 023, 024, 083 and 089. The yellow frieze in the Casa di Livia in Rome (cat. no. 017) shows different kinds of boat”. Ma sono altresì presenti zattere (Cfr. anche CFN 19). In alcuni casi sul tetto si scorgerebbe il pergolato CFN 11, 52, 53, 55, 62, 66, 71. Versluys 2002, 271. In genere si vedano CFN 17, 28, 33, 35, 45, 53, 59. Versluys 2002, 273. Raffigurazioni di esso in scene nilotiche possono comunque ritrovarsi in CFN 18 (Roma, Regio XII, villa, mosaico pavimentale); CFN 27 (lastra di terracotta, MNR, Rome, 58192); CFN 78 (Vaso, BM, London, 1868.5-1.919. Campania, ?); CFN 91 (Leptis Magna, Mosaico, Villa del Nilo, Tepidarium); CFN 104 (Itàlica, mosaico, Casa de Neptuno, vasca); CFN 115 (Perm, rilievo); CFN 124 Qwnnir el-Qubli (Apanleia) (Mosaico); CFN 125 (Beth Shean (Scythopolis), Casa di Kyrios Leontis) (Mosaico); CFN 127 a, b (Et-Tabgha (Heptapegon), Chiesa della moltiplicazione del pane e del pesce, presbyterium); CFN 130 Sepphoris (Diocaesarea) (Casa della festa del Nilo,

113

I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

Per poter presentare uno studio più accurato di tali occorrenze si inizierà pertanto col fornire un essenziale prospetto distributivo di quelle che potremmo definire scene nilotiche nel contesto pompeiano o Nilotica pompeiana. La lista seguente si compone di diverse colonne contenenti nell'ordine: la numerazione progressiva; la numerazione da ritrovarsi presso il Corpus Figurarum Niloticarum (CFN); il contesto; il nome con cui è solitamente menzionata la domus; Regio, insula e domus; l'ambiente di rinvenimento; la tipologia dell'oggetto o rappresentazione; la datazione approssimativa (che riprende in questo caso Versluys 2002). Fig. 4.4. Nilotica pompeiana. Prospetto distributivo. Indice delle scene nilotiche (o egittizzanti) nel contesto pompeiano. Num. CFN Contesto NP

Domus

Regio, Insula, Domus

Ambiente

Oggetto

Datazione

1

31

domestico

Caupona

I, 2, 24

Tablinum

Pittura

10 d.C. ca

2

32

domestico

Casa del Criptoportico

I, 6, 2

Caldarium

Pittura

30 a.C.

3

33

domestico Casa dei Ceii

I, 6, 15

Viridarium

Pittura

70 d.C.

4

34

domestico

Casa di Paquius Proculus

I, 7, 1

Triclinium

Mosaico

50-25 a.C.

5

35

domestico

Casa dell’Efebo

I, 7, 11

Viridarium

Pittura

70 d.C.

6

36

domestico

Casa del Menandro

I, 10, 4

Atrium

Pittura

50-62 d.C.

7

37

domestico

Casa del Menandro

I, 10, 4

Triclinium

Mosaico

50-25 a.C.

8

38

domestico

Praedia di Giulia Felice

II, 4, 3

Biclinium

Pittura

70 d.C.

9

38

domestico

Praedia di Giulia Felice

II, 4, 6

Triclinium estivo

Pittura

70 d.C.

10

39

domestico

Casa di Gemmarius

II, 9, 2

Triclinium estivo /stibadion

Pittura

70 d.C.

11

40

domestico

Casa del Larario Fiorito

II, 9, 4

Triclinium estivo/ stibadion

Pittura

70 d.C.

12

41

domestico

Casa delle Nozze d'Argento

V, 2, i

Cubiculum (q)

Pittura

62-79 d.C.

13

41

domestico

Casa delle

V, 2, i

Peristylium

Pittura

62-79 d.C.

Mosaico).

114

Capitolo IV - Nilotica pompeiana. Dal contesto alle analisi sui soggetti individuati

Nozze d'Argento 14

42

domestico

Casa di Sallustio

VI, 2, 4

Viridarium

Pittura

70 d.C.

15

42

domestico

Casa di Sallustio

VI, 2, 4

Peristylium

Pittura

70 d.C.

16

43

domestico

Casa delle Amazzoni

VI, 2, 14

Viridarium,

Pittura

70 d.C.

17

44

domestico Casa dei fiori? VI, 5, 19

?

Pittura

70 d.C.

18

45

domestico

Casa di Apollo

VI, 7, 23

Fuori dal cubicolo

Pittura

70 d.C.

19

45

domestico

Casa di Apollo

VI, 7, 23

Viridarium

Pittura

70 d.C.

20

46

domestico

Casa dei Dioscuri

VI, 9, 6/7

Tablinum

Pittura

70 d.C.

21

47

domestico

Casa del Fauno

VI, 12, 2

Esedra

Mosaico

90-80 a.C.

22

48

domestico

Casa del Bracciale d’ Oro

VI, 17, 42

Triclinium Mosaico nymphaeum

35-45 d.C.

pubblico

Terme Stabiane

23

56

(r)

49

VII, 1, 8

Camera F (vicino alla piscina), bacini

Pittura

70 d.C.

VII, 1, 8

Camera G (vicino alla piscina), bacini

Pittura

70 d.C.

24

49

pubblico

Terme Stabiane

25

50

domestico

Casa delle Quadrighe

VII, 2, 25

Peristylium

Pittura

70 d.C.

26

50

domestico

Casa delle Quadrighe

VII, 2, 25

Viridarium

Pittura

70 d.C.

27

51

domestico

Casa della VII, 4, 48 Caccia Antica

Tablinum

Pittura

71-79 d.C.

28

51

domestico

Casa della VII, 4, 48 Caccia Antica

Viridarium

Pittura

71-79 d.C.

29

52

domestico

Casa del Granduca

VII, 4, 56

Viridarium

Mosaico

0-40 d.C.

30

53

cultuale

Tempio di Apollo

VII, 7, 32

Peristylium

Pittura

70 d.C.

31

54

domestico

Giardino 34 56

Pittura

70 d.C.

Casa di Maius VII, 16, 17 Castricius

Interpretato come Palaestra. De Vos 1980, 87.

115

I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

32

55

pubblico

Terme del Sarno

VIII, 2, 17 Frigidarium

Pittura

70 d.C.

33

56

domestico

Casa con ninfeo

VIII, 2, 28 Nymphaeum

Pittura

70 d.C.

34

57

domestico

Casa delle Colombe a Mosaico

VIII, 2, 3435

Terrazza, fontana

Pittura

70 d.C.

35

58

domestico

Casa del Cinghiale I

VIII, 3, 8/9 ?

?

Mosaico

30 a.C.

36

59

domestico

Casa del Medico

VIII, 5, 24 Peristylium

Pittura

70 d.C.

37

60

domestico

Casa dello Scultore

VIII, 7, 24 Peristylium

Pittura

70 d.C.

38

61

cultuale

Tempio di Iside

VIII, 7, 28

Portico

Pittura.

62-79 d.C.

39

61

cultuale

Tempio di Iside

VIII, 7, 28

Ekklesiasteri on

Pittura

62-79 d.C.

40

62

domestico

Casa dei Pigmei

IX, 5, 9

Cubiculum

Pittura

70 d.C.

41

63

domestico

Casa del Lupanare piccolo

IX, 5, 1416

Atrium

Pittura

70 d.C.

Sala del peristilio, IX, 6, f-g probabilmen te un triclinio

Pittura

70 d.C.

42

64

domestico

43

65

domestico

Casa del Centenario

IX, 8, 6

Frigidarium/ piscina

Pittura

70 d.C.

44

65

domestico

Casa del Centenario

IX, 8, 6

Nympheum

Pittura

70 d.C.

[fuori mura e tuttavia Natatio del indicate frigidarium VII, 16, a]

Pittura

70 d.C.

45

66

pubblico

Terme Suburbane,

46

67

domestico

Villa dei Misteri

Atrium

Pittura

80-70 a.C.

47

67

domestico

Villa dei Misteri

Tablinum

Pittura

30 a.C.

48

68

domestico

Villa di Diomede

Pittura

70 d.C.

49

69

funerario

Tomba di Vestorio Prisco

Pittura

70 d.C.

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Capitolo IV - Nilotica pompeiana. Dal contesto alle analisi sui soggetti individuati

Note di commento al prospetto Successivamente alla sommaria lista di Versluys 2002, si deve a Mol 2015 un primo tentativo di organizzazione dei dati circa le scene nilotiche. (Si veda Mol 2015, n. 4.6, 256-293). Il trattamento dei dati resterebbe però in parte marginale e diverse scelte restano scientificamente discutibili. Nella tavola 4.19, (pp. 257-259) Mol sostiene come essa riguardi le sole scene nilotiche domestiche non considerando pertanto le altre (in santuari, templi, terme etc...), ma pur stando a tale specifiche non si spiegherebbe allora la mancanza dei qui indicati nn. 16; 17; 37; 42 che riportano scene nilotiche chiaramente in contesti domestici. In gen. nella summenzionata lista Mol mancano perciò: 16. Casa delle Amazzoni (VI, 2, 14), viridarium; che appare come lista nella tavola riguardo Isis-Fortuna (p. 170) e nella cosiddetta Tab. degli Aegyptiaca (p. 475); 17. (Casa dei fiori?) VI, 5; appare nella tabella delle scene erotiche tra pigmei (p. 277) e nella cosiddetta Tab. degli Aegyptiaca (p. 475); 23. Terme Stabiane (VII, 1,8), camere F e G; appare solo nella cosiddetta Tab. degli Aegyptiaca (p. 475); 30. Tempio di Apollo (VII, 7, 32), peristilio. Pittura. Disperso. Non rientra nella tav. Aegyptiaca; 32. Terme del Sarno (VIII, 2, 17) frigidarium, Pittura, In situ. Appare nella cosiddetta Tab. degli Aegyptiaca (p. 475); 37. Casa dello Scultore (VIII, 7, 24) peristylium. Pittura. Appare nella cosiddetta Tab. degli Aegyptiaca (p. 476); 38 e 39. Tempio di Iside (VIII, 7, 28), portico. Pittura. Non fa parte della tabella degli Aegyptiaca, ed appare solo una volta a p. 266 (Tab. 4.20) per relazione tra scene nilotiche e oggetti; 42. IX, 6, ?, sala del peristilio, probabilmente un triclinio. Appare per due ritrovamenti di oggetti a pp. 478 et 479 nella cosiddetta Tab. degli Aegyptiaca e per la scena nilotica a p. 476; 45. Terme Suburbane, natatio del frigidarium. Appare nella Tav. 4.21 p. 270 per le scene nilotiche con pigmei e nella cosiddetta Tab. degli Aegyptiaca (p. 476); 49. Porta Vesuvio, tomba di Vestorio Prisco, non fa parte degli Aegyptiaca. La Tav. 4.2.1 pp. 269-270 evidenzierebbe ad esempio scene nilotiche in cui sarebbero presenti pigmei (21 casi) ed in essa rientrano ad es. la villa di Diomede, le Terme Suburbane che precedentemente non erano state inserite nella tabella delle scene nilotiche come spiegava l'autrice per via del contesto non domestico. Resterebbero comunque parziali altre tavole come la num. 4.22 (p. 277) (scene erotiche tra pigmei), la num. 4.23 (motivi con anatre e loti); il diagramma 4.29 (p. 268) (statistiche dell'iconografia presente nelle scene nilotiche). Lo stesso dicasi per le tabelle 4.34a-b (a p. 289) e per la tabella generale, Appendice A (pp. 474 et 479), in cui si ritrovano raccolti la maggior parte dei dati. Barrett 2019 considerava invece 39 scene nilotiche e mosaici provenienti da contesti domestici, di cui 35 [CFN: 31; 32; 33; 34; 35; 36; 37; 38; 38 (2); 39; 40; 41; 42; 42 (2); 43; 45; 46; 47; 48; 50; 50 (2); 51; 51 (2); 52; 54; 56; 57; 59; 62; 63; 64; 65; 65 (2); 67; 67 (2)] provenienti da contesti ben documentati, un 36° (ovvero, la casa dello Scultore, CFN: 60) di cui è noto anche l'ambiente, ossia il peristilio, ma che deriverebbe da uno strato più basso rispetto a quello scavato per l'abitazione ed altre tre abitazioni (Casa dei fiori, casa del Cinghiale I e Villa di Diomende) il cui contesto è sconosciuto e perciò non sono incluse nelle sue liste. Inoltre menziona altre otto scene nilotiche provenienti quattro da bagni pubblici (Terme del Sarno (CFN 55), Terme Suburbane (CFN 66) e due stanze delle Terme Stabiane, CFN 49), tre da templi (Tempio di Iside (Portico e Ekklesiasterion) CFN 61, Tempio di Apollo, peristilio, CFN 45) e uno proveniente dalla tomba di C. Vestorius Priscus (CFN 69). Per Barrett 2019, specie a causa del soggetto del volume, stando a tali numerazioni si conterebbero 47 raffigurazioni, a cui tuttavia per la Casa delle Nozze d' Argento (V 2, i) (CFN 41) oltre che al peristilio andrà aggiunta la pittura del cubiculum (q) (Vd. qui n. 12), e nella Casa di Apollo (VI 7, 23), oltre al muro sud del giardino andrà menzionata la pittura fuori dal cubicolo (70 d.C. ca.) (Vd. qui n. 18) 57. Note ulteriori Oltre tali scene andranno tenute in conto anche: I, 7, 5: Nell'ambiente b, parete S, tratto E sarebbe presente un essenziale paesaggio definito nilotico ma avente tratti difficilmente distinguibili, in cui potrebbero intravedersi figure di un viandante e di alcuni personaggi stesi sotto un velum, mentre lo sfondo parrebbe vacante. Alcune scene (oggi purtroppo non più visibili): con pigmei: IX,05,06,0D, Ala Sud; Scena nilotica: (figura in volo), predella, pigmei danzanti, caccia di belve, canne o tirsi laterali (IX,08,03,07, triclinio O), o forse VI, 17, 42, 27, Cu?.

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La discrepanza esemplifica tuttavia l’ambiguità e i limiti della categoria nilotica a cui gli studiosi pongono differenti criteri. Nel finale dell’Appendice B, Barrett 2019, 378, andrà poi rivisto il n. 48 di cui si dirà nel prosieguo.

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IV.5. Descrizioni analitiche delle scene (con qualche nota esegetica e di commento) Di seguito, partendo dall'ancora utile ordinamento presente in Versluys 2002, si forniranno più dettagliati dati e descrizioni circa le scene nilotiche pompeiane. Saranno esposti nell'ordine: il numero progressivo dell'elenco sopra presentato (che come potrà notarsi è ordinato per Regiones in modalità crescente; nn. 45-49 extra moenia), il nome della domus, la collocazione (tra parentesi tonde), l'ambiente dove era o è presente la scena, la tecnica (pittura o mosaico), la localizzazione, la datazione approssimativa ed infine una succinta contestualizzazione e la descrizione di ogni singola rappresentazione 58. All'interno di questa sezione, i vari soggetti descritti verranno di volta in volta indicati mediante un sistema alfanumerico in maiuscolo (posto tra parentesi tonde) 59 (mentre varie riproduzioni saranno visibili nel dedicato Supplemento fotografico – A6, Tav. 1 60). Tale metodologia permetterà così per la prima volta di valutare e discutere i dati indagati con maggiore rigore scientifico. 1. Caupona (I, 2, 24), tablinum. Pittura. In situ. 10 d.C. ca. Il dipinto è posto sullo zoccolo delle pareti a nord e lato est della stanza. Sfortunatamente i motivi nilotici che caratterizzavano la scena sono quasi evaniti. Lo zoccolo della parete nord mostra alcune piante acquatiche (A) e un ibis (B), mentre le rimanenti parti dello zoccolo della parete est sembrerebbero mostrare tracce di quello che potrebbe interpretarsi come un edificio (C). Risultato di una serie di modifiche subite da una abitazione (forse con atrio tetrastilo) che cedette parte N-O alla domus I, 2, 28 ampliandosi verso Est, i resti della domus I, 2, 24 sono ad oggi in gran parte ricoperti dalla vegetazione. Fiorelli, seguendo la rinvenuta iscrizione dipinta CIL 3376, ritenne che l'abitato fosse una officina libraria, tesi rivista da Mau che attraverso CIL IV 3948, comprese trattarsi di una caupona. Situata, assieme a diverse altre, presso la porta di Stabia, e data la vicinanza coi due teatri, l'abitato sarebbe stato utilizzato come caupona dopo il 62 d.C. La decorazione del tablino (k) in III stile e databile al I d.C. pare oggi del tutto scomparsa. Nel 1873 Mau osservava come nello stesso tablinum vi fossero dipinti con motivi dionisiaci (in particolare un tempietto con statua di Bacco con tirso e cantaro) 61. Nell'atrio (b), negli ambienti (h), (i) e nel triclinio (l) era presente una decorazione in II stile (con preponderanza del tono verde), mentre nel cubicolo (h) e nel triclinio (l) la decorazione era inoltre rifinita a finto rivestimento marmoreo con fondo giallo. Il peristilio (c) presentava sei colonne in opus listatum nel portico O e quattro nel portico S 62. In particolare, il dipinto con motivi nilotici in miniatura ricorderebbe a detta di Versluys 63 alcuni dipinti presenti sulla predella di una parete del tablinum nero nella Villa dei Misteri.

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La quale aggiorna e migliora quella precedente. Tale metodologia illustrativa trova un suo unico precedente nella descrizione della Casa dell'Efebo da parte di Barrett 2017b, 293-332, poi riproposto in Barrett 2019, 141-181 e in parte 1-50. Sfortunatamente alcune raffigurazioni non potranno essere presenti nell'Appendice, in parte perché ad oggi evanite (e non più visibili nel sito pompeiano) o perché in qualche modo disperse (anche dopo il distacco), in parte per l'impossibilità di reperirle (o visionarle) o per la scarsa qualità della riproduzione. Ciononostante, l'insieme qui raccolto e descritto secondo le specifiche sopra delineate fa di questo il più completo ed aggiornato corpus di tali scene. Mau 1873, 246. Bastet, De Vos 1979, 91, n. 86; PPM I, 53-54. Versluys 2002, 95.

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2. Casa del Criptoportico, (I, 6, 2), caldarium. Pittura. Perduta. Attorno al 30 a.C. La zona superiore della parete nord del caldarium era costituita da una nicchia decorata con una semplice scena palustre. Attualmente si conserva purtroppo solo parte inferiore del muro. Secondo diversi studiosi precedenti erano un tempo visibili un'anatra (A) e forse un coccodrillo (B) tra piante acquatiche (C). La Casa del Criptoportico, in fase di ristrutturazione nel 79 d.C., era, come noto, originariamente annessa all'adiacente Casa del Sacello Iliaco (I, 6, 4). L'aspetto originario doveva perciò rimandare a quello di una grande abitazione affacciata attraverso una loggia su un giardino sottostante su cui davano gli ambienti (p) ed (s). L'abitazione era pertanto dotata di diversi ambienti sotterranei: criptoportico (17), ambienti termali (19), (21), oecus (22) risultanti dalle modifiche d'età tardo-repubblicana riguardanti un portico prima aperto (e poi chiuso) sul giardino che rialzato lo trasformò in un criptoportico. Ambienti termali a cui si accedeva dall'angolo S-E erano (vestibolo, apoditerio, frigidario, tepidario e caldario coperto da volta a crociera), mentre i pavimenti riscaldati erano rialzati su suspensurae. Le pitture di questi ambienti si datano alla fase finale del II stile, come noto alcune di esse sono di gran pregio (si pensi al cubicolo (q), tepidario (19), frigidario (20), oecus (22) solo per esempio). L'abitazione subì comunque nella sua ultima fase diversi interventi e trasformazioni strutturali. Gran parte degli ambienti sotterranei fu infatti annessa alla Casa 2 e solo il braccio N del criptoportico venne conservato nell'abitato precedente ma mutando funzione. Il loggiato su cui si aprivano gli ambienti (p), (q) e (s) fu poi parzialmente murato e trasformato nel triclinio (16) annesso alla Casa 2, mentre altri ambienti sul lato O dell'atrio andarono a far parte della vicina fullonica I, 6, 7 64. Secondo Versluys, al tempo in cui la scena nilotica potrebbe datarsi queste due abitazioni formavano un unico grande complesso con un doppio atrio e un considerevole peristilio. In quest'ultimo, sul lato est, vi era un bagno privato che consisteva tra l'altro in un hypocaustum, un apodyterium e un frigidarium. A parte nell'angolo sud-ovest vi era un piccolo caldarium, la cui abside era decorata con un paesaggio nilotico nella parte superiore. Gli zoccoli delle pareti di questa stanza erano decorati con piante acquatiche (D) su uno sfondo giallo e potrebbero essere da collegare alla scena nilotica. Il pavimento del caldarium, vicino all'ingresso posteriore a I, 6, 16, è decorato con un mosaico bianco e nero con alcune tesserae colorate e presenta al centro una rosetta ellenistica. A lato vi sono due individui di colore (molto probabilmente itifallici) che paiono trasportare un'anfora mentre dalla parte opposta sono rappresentati due delfini. Al di sotto vi è un ipocausto. Versluys descriveva semplicemente degli indigeni itifallici nell'atto di nuotare 65. Tuttavia, scendendo maggiormente in dettaglio, pare riscontrabile come a sinistra dell'anfora il cosiddetto indigeno regga con la mano sinistra una sorta di corda (che giunge a curvatura poco sopra il suo ginocchio sinistro); questa fune si connette all'ansa sinistra dell'anfora (probabilmente fratturata). Con la mano destra lo stesso parrebbe anche avere un altro non meglio identificato oggetto (forse da taglio). Dietro l'anfora la fune pare incoronarne l'orlo e presenterebbe due terminazioni di cui solo quella a destra pare visibile poiché si dilunga dalla metà del corpo che presenterebbe una sorta di disegno sovrastato da una croce riversa. A destra un altro indigeno pare giungere nuotando e con la 64 65

NSA 1933, 252-276; Beyen 1960, l, 85, 118; Spinazzola 1953, 466; Schefold 1957, 22; De Vos, 1975, 70; PPM I, 193-195; Meyboom 1995, 83. Più di recente si veda in gen. De Haan 1992; De Haan 2001; De Haan 2010. Versluys 2002, 96: “The floor of the room is decorated with a black and white mosaic which shows swimming, ityphallic Blacks. This completes the evocation of the Nile swamps”.

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mano destra afferra la fune che connessa all'ansa destra dell'anfora si dilunga sotto sino a metà del suo corpo. La simultanea presenza di due delfini al lato opposto del mosaico parrebbe lasciare intendere come la scena si svolga in ambito marino o specificamente sott'acqua. La posizione del corpo del soggetto a destra lascerebbe poi pochi dubbi. Stando così le cose, potrebbe anche tenersi in considerazione una possibile similarità di questa scena con quelle a soggetto più specificatamente nilotico o egittizzante, dato che essa potrebbe rappresentare una sorta di operazione di recupero sottomarino di parte di un carico (anfora) di una imbarcazione dedita appunto al trasporto di merci, come se ne vedono diverse (solo ad es. si veda II, 4, 3 ninfeo vel IX, 5, 9). Concordo pertanto nell'affermare che l'evocazione di un ambiente nilotico non sarebbe risultata complessa per chi sedeva o passava presso tale ambiente. Versluys ricorda tuttavia come sarebbero stati conservati più elementi egittizzanti nella decorazione del bagno privato. Nell'apodyterium vi è una sfinge dipinta (I) e sulla parete occidentale del rimanente frigidarium resterebbero tracce di un paesaggio monocromatico, indicato come paesaggio sacrale. Qui si intravede una torretta egiziana (J) con dietro una palma (K). Di carattere maggiormente orientale o orientalizzante sarebbe una stanza sul peristilio che raffigura due grandi elefanti (L) accompagnati da putti (M) 66. 3. Casa dei Ceii (I, 6, 15), viridarium. Pittura. In situ. 70 d.C. ca. I dipinti si trovano presso le pareti est e ovest del viridarium. Quello della parete est è relativamente meglio conservato e presenterebbe un paesaggio sacro di carattere egittizzante. Il dipinto della parete ovest, meno preservato, lascia invece intravedere un paesaggio con pigmei. Parete est: il paesaggio è costituito da porzioni di terra emerse dall'acqua e che come diremo anche successivamente, richiamerebbero al periodo dell'inondazione del Nilo. Sullo sfondo si individuano dall'alto a sinistra un padiglione (A) davanti ad alcuni alberi (B); esso è circondato da un basso muro assieme ad un l'altare (C) e un albero sacro (D). Subito dietro al padiglione a destra si intravedrebbero un'isoletta e una barca a vela (con quelli che sembrerebbero almeno due individui) (E), di fronte al monumento si vedono seduti una donna (F) ed un uomo (G) mentre un'altra donna sta camminando protesa verso destra e si regge ad un bastone (H). Più avanti, su un'altra striscia di terra con un albero, si erge un altare egiziano (I), una statua di Priapo (J) e paiono presenti due donne (K). Al centro della raffigurazione si vede una montagnetta alquanto sassosa con ricca vegetazione (L) mentre alla base si intravedrebbero alcune offerte (M). Accanto a questa altura, sul lato destro, si erge un tempietto posto all'interno di un recinto da cui spunta la cresta di un albero (N), con tre donne (O; P, Q) e un bambino (R) di fronte a esso. In primo piano, sulla destra, nello spazio successivo al taglio murale, è raffigurato un viaggiatore con bastone e una anforetta tra le mani (S) (e poco sopra lui quella che sembrerebbe una capretta) (T). Parete ovest: la parte centrale del quadro, dato che quella superiore è quasi del tutto evanita, mostra un'isoletta con edifici sacri (U). Nei pressi sono rappresentati diversi pigmei armati (V), mentre due soldati pigmei stanno combattendo (W; X). In primo piano, su un'altra striscia di terra a destra, è visibile un imponente altare egiziano (Y). Accanto all'altare un ippopotamo rivolto a sinistra (Z) viene attaccato da un pigmeo (A1). Più sotto si intravedrebbero ancora due pigmei (B1). Sullo sfondo si intravedono poi alcuni ibis (C1) e un coccodrillo che nuota (D1). Sul lato destro dello sfondo, su un'ulteriore porzione di terra è visibile una palma caduta che funge da passerella (E1), e poco lontano una barca con prua a forma di testa d'asino (F1) con pigmei (G1), anatre (o 66

Versluys 2002, 96. Questi ultimi pur qui elencati (e marcati) essendo menzionati in altre sedi non saranno tenuti in conto nel quadro della scena specifica che si delinea precedentemente.

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forse un'ibis) (H1) e fiori di loto (I1) 67. La Casa dei Ceii, così denominata per via di due iscrizioni elettorali (CIL IV, 7194 et CIL IV, 7195) dipinte sulla facciata dell'ultimo periodo della abitazione, è una domus modesta con un piccolo giardino interno. Se della decorazione in I stile resta solo quella della facciata, la maggior parte degli altri ambienti presenta una decorazione specie in III stile. L'abitazione presenterebbe poi diversi richiami a miti misterici: Osiri, Dioniso e Itys nel triclinio invernale (e) (a fondo nero), che si richiamano all'inverno e alla rinascita ciclica delle stagioni e nell'ambiente (g) e nel giardino (h) che alcuni, come De Vos, hanno interpretato come Osireion, ossia Tomba di Osiri, in cui l'iniziato poteva intraprendere una unio mystica con la divinità. Sui tre muri delimitanti il giardino è presente una finta struttura architettonica con un finestrone per ognuna delle tre pareti, che presenta un differente paesaggio, legato al tema dell'acqua: Le rive fangose causate dalle acque alluvionali; le hydrai, le fontane e le composizioni araldiche con piante, tralci e animali d'influenza dionisiaca; le acque del Nilo. Nel viridarium era stata infatti collocata una fontana collegata a un piccolo canale che attraversava la stanza. Come accennato, le pareti est e ovest di questa zona sono decorate con due differenti paesaggi nilotici, mentre la parete nord mostra una scena di paradeisos con animali etiopi. A parte rispetto alla fontana e all'euripus, le scene del paesaggio sono circondate da hydriae dipinte, fontane, etc. Meyboom ha sostenuto che la decorazione del viridarium rifletterebbe tre diverse parti dell'Egitto, come nel mosaico nilotico di Palestrina: Nubia (caccia con animali etiopi), Alto Egitto (paesaggio roccioso con pigmei), e il Delta (paesaggio coltivato con Greci e templi). Le persone che perciò stanziavano o passavano per l'ambiente potevano ben immaginare di trovarsi lungo le rive del Nilo 68. 4. Casa di Paquius Proculus (I, 7, 1), triclinium. Mosaico. In situ. 30 a.C. ca. L'emblema decora il pavimento di un grande triclinio nella parte nord-est dell'abitazione. L'immagine che è inclusa in un quadrato (97 x 97 cm.) decorato con tesserae policrome è tonda (diametro: 0,43) e incorniciata da una fascia in terracotta, molto probabilmente il supporto in terracotta del mosaico, di cui resta visibile solo il bordo. Secondo Versluys originariamente queste parti non erano assieme. La cornice può infatti essere datata successivamente, nel periodo del Terzo Stile, come la rimanente decorazione della casa 69. Sullo sfondo accessibile da una rampa di scale, si erge un tempio (da intendersi sulla riva del fiume) (A) con accanto una palma che tende a destra (B). Poco davanti un pesce (C) e piante acquatiche (D). Al centro della rappresentazione una barca con quattro nani naviga sul fiume. L'imbarcazione ha una cabina (E), una prua curva e una poppa a forma di testa animale, decorata con un nastro rosso. I due nani nel mezzo sono nudi; uno di loro è sul punto di cadere in acqua e dando le spalle alla barca tenta di reggersi sulla struttura (F), mentre l'altro protende la mano destra sorreggendo un bastone nella sinistra per cercare di aiutarlo (G). Ai lati dell'imbarcazione sono presenti altri due pigmei: quello a sinistra con tunica azzurra, regge un remo e pare alzare il braccio sinistro (H), mentre quello all'estrema destra con un abito scuro tenta di scacciare gli animali minacciandoli con ciò che parrebbe un sasso (I). Davanti alla barca vi è rappresentata una canoa di papiro (J) con due pigmei pescatori (K; L). Intorno ad essa a sinistra vi sono un pesce (M), un 67 68

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Vd. anche Michel 1990. NSA 1913, 221, 250; Spinazzola 1953, 258, 275; Schefold 1957, 26; Peters 1963, 172-174; Cèbe 1966, 349; Jashemski 1979, 69 ff., 113; Michel 1990, 52-60, 83-87; PPM I, 407-409; LIMC sv. pygmaioi 47a; Cappel 1994, sv. W7; Meyboom 1995, 62. Versluys 2002, 99.

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coccodrillo (N), mentre a destra un ippopotamo (O), un'anatra (P) e una poco riconoscibile figura (Q). Se l'attribuzione di questa casa a Paquius Proculus o Cuspius Pansa, specie a causa dei manifesti elettorali dipinti sulla facciata e nel vestibolo resta controversa 70, l'abitazione, d'impianto sannitico, presenta un grande atrio e un grande peristilio presso cui è presente appunto il triclinio con l'emblema nilotico. Nel criptoportico della stessa casa è stata trovata un'anfora con il testo Serapis dora 71. 5. Casa dell'Efebo vel di P. Cornelius Tages (I, 7, 11), viridarium, In situ. 70 d.C. ca. Il dipinto si estende sui lati anteriore e interno di uno stibadion. Ha una lunghezza totale di circa 9 m, un'altezza variabile di circa 50-60 cm, ed è principalmente eseguito con colori freddi, verde e blu. Si è conservato relativamente bene anche se a tratti la colorazione è ormai molto debole. Una prima edizione con descrizione di tale raffigurazione è quella di Maiuri 1925, segue Versluys 2002 72, ma un primo studio con l'individuazione e determinazione dei soggetti si deve a Barrett 2017. In questo scritto, che confluirà poi nell'edizione del 2019, l'autrice tratta tuttavia le pitture in cinque parti quasi distinte utilizzando una indicazione alfabetica con richiamo alla descrizione che ciononostante parte daccapo per ogni parte. In tale sede, come si è visto già precedentemente, si ritiene invece più corretto qualora raffigurazioni rappresentino o facciano parte di una medesima scena (di cui certo andrà specificata la collocazione) assegnare un'indicazione alfa-numerica progressiva per i vari soggetti descritti, senza interrompere l'ideale descrizione della scena stessa. (I) Lato anteriore, sinistro: A sinistra due individui (in piedi) paiono camminare (A) vicino a un obelisco (B) posto su una base. Il centro della scena è dominato da un recinto semicircolare (porticato?) (C) dietro cui appaiono alcuni alberi (D) entro si trova un'edicola (E) con una statua di Iside-Fortuna con cornucopia e patera (F). Le colonne che fiancheggiano la statua assumono la forma di pilastri djed egiziani o sistra, con figure femminili con le braccia unite alle loro basi (G). A sinistra dell'edicola si ergono due palme che tendono fortemente verso sinistra (H). Poco fuori all'entrata del santuario si trova una statua di un uccello, forse un falco (forma animale di Horus) (I). Una figura (J) piegandosi in avanti verso sinistra pone un panno su un altare (K). Poco sopra, a sinistra dell'altare, una figura maschile (forse calva) (sacerdote?), con in mano un bastone, è rivolto al santuario (L). Davanti ad esso si trovano tre ibis (M; N; O). Sulla destra si vede una piccola edicola (P) fiancheggiata da due piccoli alberi (Q). (II, III) Lato est, a sinistra: il fiume straripato è raffigurato, come al solito, lasciando affiorare alcune strisce di terra dall'acqua. Partendo da sinistra si vede un cane rivolto a sinistra legato ad un albero che si erge alle sue spalle (R). Poco più a destra una figura femminile è seduta sotto un velo che pende da un pilastro e pare rigirare un filo (S). Alla sua sinistra un ibis (T) si trova sul tergo di un ippopotamo che è proteso a destra (U). Di fronte all'animale naviga una grande imbarcazione (V) con una prua dalla testa di animale (forse una canoa di papiro) con cinque pigmei (W; X; Y, Z; A1). Sullo sfondo delle anatre (B1) nuotano in mezzo a fiori di loto e altre piante acquatiche (C1) e si vede un tempio all'interno di un recinto (D1) e due figure (E1; F1). 70 71 72

Ehrhardt 1998, 159-162. NSA 1929, 386. Ma si tenga anche presente Meyboom, Versluys, 2007, 185-186.

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Giungendo verso il centro, si vede un'alta torre all'interno di un recinto (forse delimitante un santuario) (G1), alla cui destra è una statua rappresentante una divinità animale (probabilmente un felino) (H1). Dietro tale edificio si intravede una palma che tende verso sinistra (I1). Davanti all'edificio (a sinistra dell'osservatore) una figura in piedi pare reggere qualcosa con la mano destra (J1). Sullo sfondo, in lontananza, su una lingua di terra si vedono un gruppo di torri (K1) ai cui lati vi sono due pigmei (L1; M1). A destra di detto tempio, una figura (che parrebbe femminile) tesa verso destra (N1). (IV, V) Lato est, medio e destro: la scena continua con un ponte (O1), su cui un pigmeo con una sorta di asta corre (P1), e che si collega con un'altro lembo di terra (Q1). In acqua sotto esso passa nuotando un imponente coccodrillo (R1). Poco sopra a destra di questa figura, sulla riva opposta, si sta invece svolgendo un simposio (S1), otto persone (T1; U1; V1; W1; X1; Y1; Z1; A2) si adagiano infatti su uno stibadium (B2) mentre un servo si avvicina da sinistra portando due brocche al tavolo (C2). Davanti al ponte tra due piccoli edifici (forse santuari) (D2; E2) si erge una statua del toro Api su una base (F2). Di fronte a tali strutture due figure in primo piano paiono pescare (G2; H2). La scena si protrae con la raffigurazione di edifici (piccoli santuari) (I2) tra cui una struttura con frontone (J2) (subito dietro una figura umana) (K2) a cui è stato appeso un pinax (L2) e una piccola edicola (M2) con pigmei nei pressi (N2). Sullo sfondo è visibile un porticato (O2) con alberi (P2) e un obelisco (R2). All'estrema destra, un adoratore (S2) si avvicina a una statua antropomorfa (T2) di un'edicola (U2). La panchina meridionale è divisa per il canale d'acqua. Il lato orientale raffigura la continuazione della scena sulla riva del fiume. (VI) Lato sud, sinistro: a sinistra della riproduzione si vede l'obelisco (R2 detto) dell'estremità destra della panchina orientale. Un individuo porta una sorta di lancia e indossa un cappello o un elmetto (V2). A seguire, una piccola edicola (W2) (che divide le metà superiore e inferiore del fregio) contiene una statua (X2). Sullo sfondo paiono presenti altre due strutture purtroppo oggi difficilmente identificabili (Versluys parlava anche di edicole) (Y2). Al centro si vede una struttura a due piani con un breve recinto a sinistra (Z2). Un'anfora, di poco inclinata verso destra, sul tetto inferiore poggia su un lato della struttura superiore (A3) 73. A sinistra della struttura è presente un soggetto (B3), ed un altro è presente a destra (C3) tra degli alberi poco alti (D3) 74; dietro lui si intravede un'ulteriore figura protesa a destra (E3). (VII) lato sud, destra: oltre il fiume, la seconda parte del lato sud, pur mal conservata, mostrerebbe alcuni edifici vicino al fiume (F3) con una pigmea di fronte (G3). A destra un coccodrillo (H3) ingaggia un duello con un pigmeo dotato di lancia e scudo (I3). La scena continua sulla faccia interna della parte occidentale. (VIII, IX) lato ovest, sinistra: incluso in un portico (B6) che lascia intravedere qualche albero (J3), un santuario (K3) e una statua (L3). In primo piano sono visibili due donne pigmee che fanno delle offerte su un altare (M3; N3), mentre un'altra (O3) nutre due ibis (P3; Q3) tra fiori di loto (R3). Più a destra è in atto un'altro symposion sotto un pergolato (S3). Qui cinque uomini (T3; U3; V3; X3; Y3) si adagiano su uno stibadio (Z3) attorno a un tavolo che contiene un cratere e mestolo 73 74

Sul tetto dell'edifico pare possa intravedersi un'ulteriore anfora, ma qui l'intonaco caduto e la scarsa qualità delle riproduzioni nel tempo eseguite non permettono di accertarlo meglio. Secondo Versluys 2002, 102, in primo piano a destra dell'edificio poteva distinguersi anche un’erma di marmo.

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

(A4), mentre un coccodrillo col muso proteso in alto gli è davanti (B4). Poco più a destra due palme (C4; D4) si ergono da un grande dolium in parte sotterrato (E4). Nei pressi appaiono alcuni fiori di loto (F4). (X, XI) lato ovest, a destra: due figure (G4; H4) camminano su entrambi i lati di una colonna (J4) sormontata da quella che parrebbe un'anfora (K4) (a sinistra vi è anche un ibis (L4)). Dietro appaiono alcuni monumenti: una statua antropomorfa (M4), un piccolo santuario con aedicola (N4), un grande altare (O4), un treppiede (P4), e un altro santuario (Q4). Sullo sfondo due figure (R4; S4) e un cane (T4) si avvicinano a quella che sembra essere un'altra edicola (U4), mentre un'altra figura (W4) con un cane (X4) pare correre verso destra. Più a destra vi sono un obelisco (Y4) con tre persone nei pressi (Z4, A5, B5) e un viaggiatore che sosta (C5) prima di un altro santuario (D5). All'estrema destra, una statua (E5) in un'edicola è incastonata in un muro (D5) ed è sorvegliata da due figure con elmo che portano bastoni o lance (F5, G5). Un gruppo di edifici a colonne è visibile nello sfondo (I5). (XII) fronte, destra (facciata nord della parte occidentale): partendo da sinistra si vede parte laterale di un piccolo tempio prostilo (J5); a destra un pigmeo (K5) all'interno di una struttura cinta da un’anfora (A7) adopera una coclea (ovvero una vite idraulica), dispositivo di irrigazione che permette di attingere acqua (L5) che pare destinata ad un grosso dolium in parte interrato (M5). Seduta lì accanto una donna (N5) suona il doppio oboe (O5). Al centro della scena è raffigurato un symplegma (con l'uomo disteso e la donna seduta su di lui di tergo) sotto un tendaggio (P5). Dietro loro si avvicina un uomo calvo (Q5) che pare reggere un'anfora (C6), mentre a destra vi è un'altra figura femminile (R5) dopo cui si scorge un altro uomo seduto davanti ad un albero che osserva (S5). All'estrema destra, si scorge un'edicola (T5) con due palme (U5, V5). Il primo piano raffigura un molo (W5), di fronte al quale tre coppie di anatre (X5, Y5, Z5) nuotano in mezzo a fiori di loto (A6) 75. La cosiddetta Casa dell'Efebo (così detta dal rinvenimento di una statua di un efebo di bronzo dorato presso il cubicolo 11) rappresenta il risultato dell'aggregazione di diverse case (tra cui I, 7, 10; I, 7, 11; I, 7, 12) nell'ultimo periodo di vita della città vesuviana, e sarebbe appartenuta ad un tale P. Cornelius Tages, un liberto arricchitosi specie dopo il terremoto del 62 d.C. e menzionato anche nell'archivio del noto banchiere L. Caecilius Iucundus. La sua abitazione doveva essere in fase di ristrutturazione al momento dell'eruzione. Dietro lo stibadion con la scena nilotica vi era una fontana che forniva acqua che scorreva attraverso un piccolo canale. Le scene erano pertanto molto prossime all'acqua dando così l'impressione ai simposiasti di stare celebrando proprio sulle rive del Nilo. Ad accrescere la sensazione d'esotico, il muro dietro la fontana era stato dipinto con un paradeisos. Nella casa vennero inoltre rinvenute diverse statue di marmo e alcune di esse avrebbero potuto anche decorarne il giardino. Nella domus a sud - est aggiunta al complesso citato, una sala (5,50 x 4,15 m) adiacente all'atrio si è preservata. La descrizione della decorazione delle pareti della sala, visibile al momento dello scavo, menzionava uno zoccolo nero con piante, grandi uccelli acquatici, un'area centrale divisa da ornamenti e figure vegetali, che concludevasi con un fregio raffigurante piccoli paesaggi con portici e anatre, e con un bordo di stucco sopra di esso. Il ritratto sul muro meridionale (0,74 x 0,65 m) mostrava poi un paesaggio sacrale e idilliaco con particolari egizi 76.

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Maiuri 1938 divideva la scena in dodici pannelli. NSA 1927, 53-60, 84; Maiuri 1938, 23-27; Schefold 1957, 31; Peters 1963, 181-182; Moormann 1988, 148; PPM I, 619-620; LIMC sv. pygmaioi 47b; Jashemski 1993, 39; Cappel 1994, sv. W8; Meyboom 1995, 62.

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Capitolo IV - Nilotica pompeiana. Dal contesto alle analisi sui soggetti individuati

6. Casa del Menandro (I, 10, 4), atrium. Pittura. In situ. Tra il 50 e il 62 d.C. Si tratta di due frammenti conservati nella parte superiore della parete nord. Si trovano entrambi sopra una porta, uno sul lato est e l'altro sul lato ovest del muro. Entrambe le immagini sono delimitate da una cornice dipinta. (I) lato est: a sinistra due pigmei sono stanti (A; B) di fronte ad un edificio (C). Nel mezzo della rappresentazione è presente un coccodrillo (D) e dietro esso si distingue un edificio con torri (E) e portici (F). A destra una pigmea fa un'offerta (G) davanti a un tempio con un tetto che pare arcuato (H). Accanto a lei, sul bordo dell'acqua, un pigmeo è in piedi con quello che parrebbe un grosso ramo sopra le spalle (I). Il primo piano è dominato dal fiume. (II) lato ovest: restano visibili alcuni chioschi (J) di fronte ai quali è possibile intravedere una pigmea (K), mentre il fiume è in primo piano (L). Come fatto osservare, la casa di Menandro, scavata nel 1930/1931, è un'abitazione che si estende per un'area di circa 1800 m², giungendo ad occupare durante la sua fase finale quasi due terzi dell'insula I, 10. Durante lo scavo fu rinvenuto un sigillo appartenente a Quinto Poppaeus, indicazione che ha fatto ritenere che nel 79 d.C. la casa sarebbe appartenuta alla gens Poppaea (mentre il primo impianto della domus parrebbe risalire almeno al III a.C.). Durante il II-I a.C. fu annessa alla vicina Casa del fabbro andando a formare una casa a doppio atrio e si aggiunse un peristilio con colonne di tufo; le prime fasi dei complessi termali risalirebbero al 40-30 a.C., così come il piano della stanza 11 (a fondo verde), che venne decorato con un emblema nilotico (qui n. 7, infra). Attorno al 50 d.C. a seguito di un'altra grande ristrutturazione la parte sud-orientale dell'insula fu aggiunta alla casa e poco dopo venne incorporata anche la casa I, 10 16). Il peristilio divenne così la parte più importante dell'abitazione e venne arricchito con decorazioni di III e IV stile. La casa del fabbro venne di nuovo separata e i suoi ambienti occidentali attorno all'atrio furono abbassati per potervi edificare un piano superiore con indipendente ingresso (I, 10, 5). In quello stesso periodo gran parte della casa fu ridecorata. La maggior parte delle decorazioni conservatesi, tra cui i dipinti con carattere nilotico dell'atrio, risalirebbero a questo periodo dell'inizio del quarto stile. Durante lo scavo della casa furono inoltre rinvenuti diversi manufatti tra cui un costoso servizio da tavola in argento. I mosaici e i dipinti risalenti al 40-30 a.C., e appartenenti alla cosiddetta nuova fase di costruzione e decorazione sembrano essere poi tematicamente collegati. Le mura dell'“atriolo” del bagno privato raffigurano caricature di personaggi nani; il pavimento del calidarium mostra due individui di colore nell'atto di nuotare, mentre l'ingresso era decorato con un indigeno itifallico; i dipinti dell'abside dello stesso calidarium raffigurano scene fluviali con anatre e infine il triclinio era decorato con un emblema che presentava un symplegma tra un satiro e una menade 77. Nella parte superiore della parete nord dell'atrio sono presenti alcuni paesaggi nilotici con nani. In una posizione simile sulla parete ovest, si conservano poi tre dipinti di paesaggi molto somiglianti a paesaggi egiziani, pur senza caratteristiche così tipiche. Il pannello più a nord raffigura un complesso su un molo con grandi giardini acquatici in primo piano e un pescatore, mentre degli altri due frammenti restano visibili solo delle costruzioni. Anche il muro orientale nella zona superiore presenta due di questi pannelli con paesaggi e architetture. Secondo Versluys è probabile che l'atrio rappresentasse un seppur discontinuo fregio con paesaggio di stile egittizzante, così come l'atrio di Villa dei Misteri (qui n. 33) 78. 77 78

Si veda anche Ling 1997; Ling 2005. Secondo l'autore, un parallelo potrebbe ritrovarsi presso la villa vicino a Boscoreale (Versluys 2002, CFN 28) dove sono presenti pannelli con paesaggi acquatici (pur senza esplicite caratteristiche nilotiche) al centro di tre mura.

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7. Casa del Menandro (I, 10, 4), oecus 11 (molto probabilmente usato come Triclinium invernale 79). Mosaico. In situ. 30 a.C. ca. L'emblema (41 x 41 cm) in opus vermiculatum è posto al centro del pavimento del cosiddetto oecus verde. In basso a sinistra e nella zona inferiore destra il mosaico pare oggi gravemente danneggiato 80. La scena mostra una barca con cabina che naviga sul fiume. L'imbarcazione presenta un'alta poppa ed è decorata con un nastro rosso (A). A bordo vi sono quattro pigmei. A sinistra il timoniere (B) manovra l'imbarcazione reggendo un remo con il braccio destro ed è raffigurato poco più robusto (con una veste che ne cinge la spalla sinistra) e anziano (dato che rispetto agli altri pare essere stempiato) 81. Gli altri tre pigmei (distribuiti lungo la barca) sembrerebbero impegnati a cacciare con lunghe lance (C; D; E), mentre un'altro nano (F), in primo piano, sta navigando (con una certa preoccupazione) su una canoa di papiro (G). Lungo il fiume sono rappresentate piante (H) e anatre (J). Sullo sfondo, ovvero la riva del fiume, si distinguono alcuni edifici con torri (K) e alberi (forse cipressi) con gradini che portano al fiume (L). 8. Praedia di Iulia Felix (II, 4, 10). Pittura. In situ. 70 d.C. ca. (IV) In un biclinium (II, 4, 10) nella zona superiore si conserverebbero resti di un dipinto di anatre (A) tra piante acquatiche (B) che potrebbero aver fatto parte di un contesto nilotico 82. Da ciò che è ricostruibile, il complesso II, 4, 2, ovvero i Praedia di Iulia Felix (cosiddetti da una ben nota proscriptio locationis dipinta sulla facciata di via dell'Abbondanza), sarebbe stato un insieme di strutture in parte pubbliche, in parte private con un quartiere termale, taverne e altri ambienti, il che lascerebbe presumere che i proprietari, dopo il terremoto del 62 d.C., avessero quasi abbandonato parte della loro abitazione e che il baricentro della costruzione venne spostato verso via dell'Abbondanza. Il passaggio da lussuosa abitazione a quartiere d'affitto, se così si vorranno interpretare le fonti note, dovrà comunque attestarsi per la sola ultima parte di vita dell'abitato. Il complesso, scavato da Weber nel 1755-1757, fu ricoperto e successivamente riportato alla luce tra il 1951 e il 1952. Può così sostenersi che l'edificio ebbe due fasi costruttive: una prima testimoniata dai pavimenti a mosaico di II stile presenti nell'atrio (24), nel cortile porticato (31), nel frigidario (39), nell'atrio (93), negli ambienti (47), (94), (97) e nella canaletta antistante il portico ovest del peristilio (8); e una seconda a seguito del terremoto del 62 d.C. in cui diversi ambienti (tabernae,

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Questa ipotesi parrebbe inoltre supportata da un altro elemento egittizzante nell'atrio, ovvero, delle anatre tra piante acquatiche nella parte inferiore della parete est, con al di sopra un medaglione con la testa di Zeus-Ammon o Serapis. Infine, secondo Maiuri, fu posta una testa di Serapis su una sorta di ananas nel peristilio. Versluys 2002, 107. Maiuri 1932, 31; Schefold 1957, 38; Beyen 1960, 120-198, 146 ff.; PPM II, 240-241; Clarke 1991, 172; LIMC sv. pygmaioi 47c; Cappel 1994, sv. W9. Guidobaldi, Pesando 2006, 117. Maiuri 1932, 58-59; Pernice 1938, 59; Spinazzola 1953, 310; Schefold 1957, 38; Cèbe 1966, 352; Whitehouse 1985, 129, 133; PPM II, 240-241; LIMC sv. pygmaioi 50a; Clarke 1991, 188; Cappel 1994, sv. M3; Meyboom 1995, 83. Immagine che trova molta similarità con quella rappresentata nel mosaico della cosiddetta soglia nilotica di Privernum. Rakob 1964, 182-194. Nel santuario fu trovato un treppiede in bronzo, decorato con satiri itifallici e una piccola statua d'argento di Arpocrate. Entrambi sono ora al MANN, a Napoli. Per questi reperti in generale, cfr. Tran Tam Tinh 1964, 125-126; 169.

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pergulae, cenacula) vennero offerti a pagamento, il che implicò anche diverse ristrutturazioni e ridecorazioni di ambienti. Il triclinio con la scena nilotica è arredato con stibadia in marmo. La parete posteriore (ovest) era, a parte la pittura nilotica, anch'essa decorata con un ninfeo al centro, con incavature per entrambi i lati. La volta era decorata con dipinti di stucco giallo. L'acqua scorreva dal ninfeo tra gli stibadia e lungo le pareti. L'effetto finale che poteva ricavarsene sarebbe stata quella di immaginarsi in una grotta sulle rive di un fiume, circondati da pigmei, e flora e fauna tipicamente nilotica. Il giardino che era visibile dal triclinio era inoltre decorato con un grande euripus al centro. All'estremità meridionale del giardino una nicchia decorata dedicata a Iside, forse Sarapis e Anubi 83. In un'altra stanza sarebbe inoltre stato rinvenuto un amuleto d'oro con l'effige di Sarapis. Inoltre, nei resti di un biclinium si conservava (nella zona superiore) un dipinto con anatre tra piante acquatiche (definite “paesaggio nilotico” 84). 9. Praedia di Iulia Felix (II, 4, 3), triclinio estivo. Pittura. In situ. MN, Napoli, 8608 e 8732; Perduta. 70 d.C. ca. Il vasto paesaggio nilotico avrebbe dovuto estendersi su tre pareti, interrotte solo dal passaggio al giardino. Alcuni frammenti sono ancora in situ; in due casi il dipinto è ancora visibile. Il più grande (1,69 x 1,93 m ca.) si estende sulle pareti nord e est. Sulla parete sud si può notare un frammento minore (35 x 60 cm). Alcuni anni addietro, Whitehouse ha mostrato come anche alcuni frammenti oggi al MANN di Napoli possano essere attribuiti alla decorazione del triclinio, così come alcuni vecchi disegni e descrizioni di frammenti correlati, di cui diremo qui di seguito85. (I) In situ, pareti nord e est: sebbene alquanto rovinata, la raffigurazione mostra una barca (forse di papiro) (A) con tre pigmei a bordo (uno evidentemente in piedi a sinistra mentre altri due paiono impegnati in un amplesso erotico (B5): il terzo più a destra pare sdraiato e col pene eretto (B, C, D) 86. Poco sotto tra diverse piante acquatiche (E) appare un grosso coccodrillo, raffigurato nell'atto di voltarsi verso sinistra (F). Nella parte superiore destra è invece ancora visibile parte della riva del fiume con quella che parrebbe una capanna di paglia e un giardino recintato (G). Sotto si vede un pigmeo che pare reggere con la mano destra un bastone (con l'apice biforcuto) e con la sinistra uno scudo (H) più a destra un'anatra di dimensioni poco maggiori del solito (I). (II) In situ, parete sud: si scorge la parte inferiore posteriore del corpo di un ippopotamo stante rivolto verso destra (J) tra fiori di loto (K). (III) frammenti (e disegni): 1. Un coccodrillo con le fauci aperte e proteso a destra (L) che nuota tra piante acquatiche (M) e davanti, in primo piano, un'anatra con le ali dispiegate nell'atto di volar via (N) (MN, Napoli, 8732 = Pitture d'Ercolano V, pl. LXVI-C = Helbig 1868, I 566a). 2. Un coccodrillo proteso a sinistra (O) tra piante acquatiche (P) e tre anatre che nuotano (R) (Pitture d'Ercolano V, pl. LXVI-A = Helbig 1868, I 566b). 83 84

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Per approfondire si veda anche Cap. VII. 4. Versluys 2002, 110-111. Vd, anche AdE, V, 295, pl. LXVI; Helbig 1868, nn. 1538, 1566; Rakob 1964, 182-194; Tran Tam Tinh 1964, 125-126; PPM III, 184- 186; LIMC sv. pygmaioi 45; Jashemski 1993, 86; Cappel 1994, sv. W10. Whitehouse 1977, 52-68. Alla estrema sinistra della imbarcazione, su una collinetta, benché attualmente non sia più visibile, potrebbero ritrovarsi tracce di un altro pigmeo che reggerebbe con la mano sinistra un bastone dalla punta biforcuta, molto simile a quello descritto per la zona destra.

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

3. Un pigmeo, con due coppie di bastoncini tra le mani (S) monta un coccodrillo proteso a sinistra in primo piano (T); dietro vi è un'anatra (U) e sullo sfondo due ippopotami (V, W) nell'atto di ruggire (uno col muso proteso a sinistra ed un'altro rivolto col corpo a destra) tra piante acquatiche (X) (Pitture d'Ercolano V, pl. LXVI-B = Helbig 1868, 1538). MANN, DCCC. 4. Un grosso pesce posto trasversalmente col muso rivolto in basso a sinistra (Y) e ippopotamo che ruggisce proteso verso destra (Z) tra piante acquatiche e fiori di loto (A1) (MNN, Napoli, 8608) 87. 5. In PPM, 267 sv. 141 alla decorazione nilotica del triclinio estivo viene anche attribuito il frammento MN, Napoli, 8573. Su questo frammento è raffigurata una pigmea con una coppa sacrificale in mano (A2), forse davanti a un tempio e alcuni altri edifici (E2). Un pigmeo (B2) con pesci (C2) si avvicina da destra. Nei pressi si intravedrebbe forse un altro pigmeo (D2). Il fiume è in primo piano 88. Barrett 2019, 378, in (App. B, n. 48) inseriva anche una raffigurazione (che si riteneva sconosciuta) richiamandosi a Roux, Barré 1870. Tale indicazione potrebbe ora essere risolta. Il volume menzionato non sarà tuttavia il quinto bensì il quarto e qui Roux, Barré 1870, IV, 46-47, pl. 22 si ritrova appunto tale disegno. Lo stesso era riportato in Reinach 1922, 161, fig.1, il quale a sua volta si richiamava a Helbig 1868, n. 1539, che ne aveva fornito descrizione sommaria.

Helbig 1868, 381, n. 1539: “In einer mit Amphoren beladenen Barke sitzt r. an der Prora ein Zwerg, ein weisses Gewand um die Hüften. Er hält mit der R. ein Ruder in das Wasser und erhebt die L. im Gespräche zu einem anderen Zwerge, der, ein rothes Gewand um die Hüften, auf der entgegengesetzten Seite des Schiffes steht und ein Netz aus dem Wasser zu ziehen scheint. Gegenst.: Im Wasser, worin Fische spielen, eine Barke. In der Barke befinden sich drei nackte Zwerge. Der eine derselben steht und hält iu Jeder Hand eine weisse Wasserblume, um einen zweiten zu krönen, welcher, den Oberkörper vorgebückt, vor ihm steht. Hinten sitzt ein dritter, welcher nach der vor ihm befindlichen Gruppe die Zunge herausstreckt”.

A sua volta il richiamo a Pitture di Ercolano (AdE, Pitture, V, 297-299, n. 67) confermerebbe che tali raffigurazioni siano state ritrovate a Pompei. (Vd. anche AdE, Pitture, V, 295, n. 66). Basandosi pertanto su tale ricostruzione e indagando specie il contesto dei reperti presso il Museo, si potrebbe ora dire che esse (Pigmei in barca con anfore e pigmei in atteggiamento erotico su barca 89) provengano dai cosiddetti Praedia di Julia Felix, II, 4, 6. Ninfeo 90. 6. MNN, 9102: due pigmei (A3; B3) si trovano su una imbarcazione (C3) che presenta un copioso carico d'anfore (D3); 7. MNN, DCCLXXXIV: tre pigmei (A4; B4; C4) impegnati in un symplegma (D4) navigano su una imbarcazione (E4): 8. Ad essi dovrà poi aggiungersi inoltre il num. MNN, DCCXCIX. In esso si intravedrebbe un pigmeo in atto di incedere (A6) e un grande pesce (B6) posto al centro del pannello. 10. Casa di Gemmarius (II, 9, 2), giardino. Pittura. In situ. 87 88 89 90

Per un'altra descrizione vedi anche Whitehouse 1977, 52-68. Lo stile, pur differente di quest'ultimo frammento rispetto agli altri ne avrebbe fatto tuttavia ritenere improbabile l'attribuzione. Barrett 2019 infatti opta per attribuire al frammento un riferimento a parte (n. 49) dell'App. B. In essa la rappresentazione della gobba pare evidente. Trentin 2015, 65-67. Alla stessa conclusione giungeva anche V. Sampaolo (che nel Convegno Internazionale, Picta Fragmenta, Napoli 13-15 sett. 2018, presentava un preliminare lavoro dal titolo “Per una ricomposizione degli apparati pittorici dei Praedia Iuliae Felicis”) e con cui avendo discusso e rianalizzato i dati concordiamo.

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Capitolo IV - Nilotica pompeiana. Dal contesto alle analisi sui soggetti individuati

70 d.C. Ca. Il dipinto, con preponderanza di toni blu e marrone, si estende sulla parte anteriore e lati interni di uno stibadion e aveva un'altezza di circa 60 cm. Molto frammentario, e quasi del tutto evanito. Parrebbe ancora visibile una barca con prua a forma di testa di animale (A) (forse assieme ad altre imbarcazioni), alcuni pigmei (B), mentre un pigmeo con un grosso scudo (C) sta fronteggiando un ibis (o gru) (D). Al momento dello scavo, erano state rilevate anche alcune scene erotiche (E) che oggi sono perdute 91. Il triclinio del civico 2 già al momento dello scavo presentava inoltre una decorazione evanita e lacunosa, in parte anche coperta da colature di calce. Qui vennero rinvenute una gran quantità di anfore. La decorazione leggibile era: lato interno Sud due scenette erotiche ai lati di una scena di scoprimento fallico tra due pigmei ed una scena di combattimento tra un pigmeo ed un ibis o gru; Lato est, da sud una scena di pesca con quattro pescatori che tirano una rete ed in secondo piano due barche; lato nord, più lacunoso, una barca con due pigmei 92. Questo modesto stibadion si trova nell'angolo nord-orientale del giardino della casa. Il tavolo quadrato tra i giacigli si è conservato. I dipinti sono fortemente legati allo stibadion, mentre dipinti con lo stesso soggetto nella casa adiacente (II 9, 4) parrebbero essere stati dipinti dalla stessa maestranza. 11. Casa del Larario Fiorito (II, 9, 4), giardino, Pittura. In situ. 70 d.C. ca. Il dipinto si estende sui lati anteriore e interno di uno stibadion (3,7 x 4,8 x 0,6 m). Di esso restano purtroppo solo frammenti molto sbiaditi. Si trattava di un paesaggio acquatico (B) con pigmei (A). Nella parte posteriore del giardino si conserva uno stibadion con una tavola rotonda, di cui sono stati decorati i lati anteriore e interno con una scena nilotica. La tavola rotonda al centro aveva un piano in marmo che era stato anche decorato con tonalità di rosso / marrone e verde / blu. Il pavimento tra il tavolo e lo stibadion era decorato con porzioni di marmo 93. 12. Casa delle Nozze d'Argento (V 2, i), sala q (probabilmente un cubicolo). Pittura. In situ. 62-79 d.C. La stanza (q) si trova vicino al tablinum della casa e può essere raggiunta tramite l'atrio. Sulla predella sono oggi raffigurati tre (mentre originariamente erano quattro) quadretti con pigmei. 91

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Il triclinio con scenette erotiche è unicamente quello del civico 2, l'altro del civico 4 era decorato con scene marine (pesci). L'oecus (amb. 7, civ. 3) presentava poi una decorazione su fondo giallo diviso da architetture stilizzate ed egittizzanti con un quadretto di Europa sul toro sulla parete ovest (e una Venere pescatrice con amorino sulla parete sud). Sodo 1988, 201. Si veda in part. appunto Sodo 1988, 195-202, 200; Cappel 1994, sv. W11; Jacobelli 1995a, 88 n. 28. Ringrazio A.M. Sodo che mi ha gentilmente trasmesso tali notizie (e alcune riproduzioni dello scavo eseguito nel 1988). Vd. anche Sodo 1988, 20; Jacobelli 1995a, 88, n. 28.

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

Anche nel peristilio si sono poi conservati dipinti di alcuni portici a carattere egizio; tre (in origine quattro) semplici scene palustri nella zona superiore delle pareti. (Stanza q): due scene sono collocate sulla parete est: a nord il quadretto mostra due pigmei (A; B) che sembrerebbero stare dando del cibo a due ibis (C; D) frapposti tra loro (anche se l'atteggiamento del secondo pigmeo a destra (con i pugni chiusi, le braccia poco sollevate e il capo retrospicente) che è affiancato dai due ibis rivolti verso lui potrebbe anche lasciare intendere una sorta di difesa); a sud la pittura è perduta, ma doveva mostrare due pigmei vestiti da soldati. Le altre due scene si trovano sulla parete ovest. Sul lato nord si possono vedere due pigmei rivolti a destra (E; F) che danno da mangiare ad un grosso un ibis (G); un terzo (H) che pare caduto a terra, osserva girando la testa verso sinistra. Il dipinto inferiore raffigura due pigmei – soldati (I, J) in piedi a destra di un individuo seduto (K) che protende il braccio destro verso loro e regge una sorta di verga con la mano sinistra. In tutti i dipinti il paesaggio è messo in evidenza attraverso piccole foglie d'erba. 13. Casa delle Nozze d'Argento (V 2, i), peristilio (r). Pittura. In situ. 62-79 d.C. (peristilio): i pannelli sono situati sulle pareti est e ovest e mostrano un'anatra (A), un cigno 94 (B) tra fiori di loto (B). Il pannello della parete est, lato sud è disperso, mentre il pannello sulla parete ovest, lato nord, si conserva. Archer ha proposto di datare i dipinti nella sala q e nel peristilio a dopo il terremoto del 62 d.C., per motivi stilistici e per differenze con altre decorazioni di Quarto Stile. La cosiddetta Casa delle Nozze d'Argento, costruita presso l'angolo nord-orientale dell'Insula V, trae il suo nome dall'essere stata scavata in occasione delle nozze d'argento reali d'Italia nel 1893. Nell'ultima fase dovette appartenere a L. Albucius Celso, membro di una nota e ricca famiglia che si candidò alla carica di edile. L'abitazione venne costruita durante il II a.C. come mostrerebbero diversi ambienti oltre che l'impluvio. La casa viene tuttavia a distinguersi specie per le sue monumentali dimensioni (e gli spazi colonnati). Nel giardino in mezzo al peristilio si è rinvenuto un tavolo su cui vi erano diverse statuette egizie in terracotta invetriata (per cui si vedano anche le App. AREP e PREP di seguito) 95. 14. Casa di Sallustio (VI, 2, 4), viridarium e peristylium. Perduta. In situ. 70 d.C. ca. Nel giardino dell'abitazione vi erano due pannelli con scene palustri visibili nella zona superiore del muro. Al tempo dello scavo i dipinti erano ancora in buone condizioni, mentre oggi sono completamente svaniti e noti solo attraverso due incisioni. Il notevole dipinto a forma di fregio nel peristilio è noto solo da un disegno di Discanno. 94 95

Quella più prossima alla destra, per la particolare resa del collo. Mau 1893, 39; Schefold 1957, 78; PPM III, 676-677; Cappel 1994, sv. W12; Archer 1994, 129-150. Archer 1994, 137: “The paintings in room q, just to the west of andron p, are markedly distinguishable from the others here in the Fourth Style in color, ornamental tone, and execution; masonry evidence in this room suggests their creation after the earthquake of 62... That distinction exists in the use of mythological panels, scenes with pygmies, delicate architecture, and vegetai candelabra in the centrai zone and the replacement of heavy and often careless use of the brush by lightness, elegance, precision, and fine detail”. Da ultimo si veda anche Ehrhardt 2004 e più nello specifico per le figurine in faiance Barrett 2019, 253; 267.

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Capitolo IV - Nilotica pompeiana. Dal contesto alle analisi sui soggetti individuati

(giardino): semplici scene palustri con anatre (A) tra fiori di loto (B). 15. Casa di Sallustio (VI, 2, 4), peristilio. Perduta. In situ. 70 d.C. ca. In base al Disegno di G. Discanno 1870 (ADS 122) 96: (peristilio): il paesaggio, che parrebbe di certo possedere caratteristiche tipiche del genere nilotico, raffigura persone con tratti piuttosto realistici (chissà se per volontà di Discanno stesso?). Sulla sinistra, un uomo (A) sta adoperando una coclea (B) e alla sua sinistra si vedono un albero (C) e una bassa capanna, (D) a cui è poggiata un'anfora (E). Poco più a destra una donna (F) pare incedere verso una imbarcazione (G) in cui sono rappresentati un gruppo (di almeno tre personaggi). Il primo da sinistra (forse impegnato in una scena erotica od oscena che resta difficile definire), potrebbe anche stare maldestramente scendendo dall'imbarcazione (H). Poco più a destra, un individuo (I) pare impegnato a scaricare due anfore (J), mentre un terzo seduto sul bordo della barca starebbe masturbandosi (K). La barca attraverso delle funi viene trascinata a terra da un altro gruppo di almeno sei persone (L). Sulla riva del fiume verso destra si vedono due persone, la prima (M) è stante e pare rivolta verso un altro che seduto a terra si porta la mano destra sul capo (N). In primo piano possono poi intravedersi un cane che corre verso destra (O) e un ibis rivolto a sinistra (P). Esplorata tra il 1805 e il 1809 e oggetto di campagne di scavo negli anni Settanta del Novecento, la casa VI, 2, 4 è stata arbitrariamente intitolata a un certo C. Sallustius, il cui nome era elogiato su pareti esterne e adiacenti all'abitato. Un sigillo trovato nei pressi della casa nel XIX secolo menzionerebbe tuttavia il nome di un tale A. Cossius Libanus, persona che qualcuno ha ritenuto potrebbe pur qualificarsi come il proprietario. Il nome Libano, indicherebbe inoltre un'origine orientale, forse egiziana. Se un primo impianto potrebbe così attestarsi al II a.C., tra la fine del I a.C. e del I d.C. sostanziali modifiche funzionali incisero sull'originario assetto, mentre nell'ultimo periodo potrebbe anche ipotizzarsi che l'abitato avesse assunto funzione di albergo piuttosto che domus privata, dato che la parte anteriore del complesso venne occupata da taverne e negozi. Nel periodo augusteo un cubicolo della domus fu quindi decorato con dipinti, che mostravano caratteristiche (ornamentali) egittizzanti 97. 16. Casa delle Amazzoni (VI, 2, 14), viridarium, Pittura. Perduta. 70 d.C. ca. Al centro di una delle pareti del giardino interno vi era un'edicola dipinta (T); l'interno di questa nicchia era decorata con un dipinto raffigurante Iside (con cornucopia nella sinistra e sistro nella destra) (A), Sarapis (che porta una situla e cornucopia nella sinistra) (B) e Arpocrate (nel noto gesto di portare il dito alla bocca) (C). Tutti e tre portano sul petto un fiore di loto, simbolo della piena del Nilo. Sullo sfondo, dopo la distesa d'acqua, lo spettatore avrebbe potuto ammirare tre strutture (due a sinistra della nicchia e una a destra). La prima struttura (D) a sinistra ricca di porticati (che si intravedono anche all'orizzonte assieme a giardini) (E) e varie architetture lascerebbe riconoscere sulla riva verso destra due individui e poco più a sinistra un individuo che monterebbe un cavallo 96

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PPMD, 839-840 = G. Discanno 1870 (ADS 122). Vd. in gen. anche Mazois 1824-1838, II, 78, tav. 38-39; Fiorelli 1875, 85; Jashemski 1979, fig. 250, 251; De Vos 1980, 72-74 (addendum ai nn. 20-22); PPM IV, 87-88; Cappel 1994, sv. W13. Vd. anche Laidlaw 1993, 216-233; Laidlaw, Stella 2014.

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

rampante (F). A sinistra di queste imponenti strutture su alcune delle rocce più basse collegate ad esse attraverso una sottile lingua di terra si vede un pescatore (G) e sullo sfondo due imbarcazioni (H, I). Nonostante l'evidente caduta del dipinto che intercorre proprio in tale sezione, estendendosi sino alla zona inferiore, poco più a destra collegata all'isoletta da un'altra striscia di terra con un porticato (J) si vede un'ulteriore ampia struttura ricca anch'essa di porticati e giardini sullo sfondo (K), mentre a sinistra altre due imbarcazioni (L, M). Seguendo la terra emersa (e superando una ulteriore caduta di forma ovale del dipinto) si intravede una ulteriore struttura simile alle precedenti (O) (avente porticati (U)) con a destra una imbarcazione (P). La posizione di questa è tuttavia trasversale rispetto alle altre due precedenti che sono rappresentate piuttosto frontalmente. In primo piano si vedono siepi, alberi e tre palme (Q). Tra la vegetazione si scorgono diversi tipi di uccelli (R) e un pavone (S). La rappresentazione che parrebbe almeno ideologicamente rientrare nella tipologia delle cosiddette egizittizzanti, si è preservata solo attraverso un'incisione di Morelli, che documentò parte dell'abitato, durante il 1812, ovvero un anno dopo lo scavo (Cfr. ADS 130). Scavata agli inizi dell'Ottocento, la cosiddetta Casa delle Amazzoni, vede oggi quasi del tutto perduta la sua decorazione parietale (ad eccezione di parte del triclinio (11) che grazie alla tettoia presenta uno stato di conservazione di poco migliore). Se al III stile possono farsi risalire alcune decorazioni pavimentali di alcuni ambienti, il resto della decorazione dell'abitato dovrà essere inclusa nel IV stile 98. 17. (Casa dei fiori) VI, 5, 19, Vano incerto. Pittura. ?. 70 d.C. ca. Quattro frammenti che facevano evidentemente parte di un paesaggio nilotico, mostravano una scena sessuale come parte della rappresentazione dei festeggiamenti e dei riti in occasione dell'inondazione del Nilo. I due frammenti più grandi formano parte centrale della scena e misurano 30 x 18 cm circa. Possono distinguersi quattro persone. Al centro dell'immagine una donna si siede sulle ginocchia (A). Di fronte a lei si può vedere un'altra donna (B) in tunica che suona un doppio oboe (C), mentre dietro di lei una terza donna alza le mani in maniera eccitata (D). Da destra un uomo di colore seminudo e con un bastone sulle spalle arriva ballando (E). I frammenti poco noti dell'Insula 5 della Regio VI sono strettamente correlati al dipinto con simile soggetto che può ritrovarsi sulla facciata del triclinio nel giardino I 7, 11 (Casa dell'Efebo). La composizione è difatti pressoché identica 99. L'abitazione, oggetto di scavi durante gli anni Ottanta del Novecento, avrebbe visto un primo impianto nel II a.C. vedendo un successivo ampliamento. Resti di decorazione parietale e pavimentale di I stile si conservano infatti presso il cubicolo (21) 100. 18. Casa di Apollo (VI, 7, 23), viridarium al di fuori del cubicolo. Pittura. In situ, tuttavia quasi svanito. 70 d.C. ca.

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PAH I, III, 52, 239; Helbig 1868, 80; Schefold 1957, 94; Tran Tam Tinh 1964, 127-128; Zanker 1979, 507; Grimal 1984, 289, 450; Frohlich 1991, 275 sv. L 58; Jashemski 1993, 340 sv. 42; PPM IV, 169. Bonghi Jovino 1984, 325-326. Cfr. anche PPM IV, 355.

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Capitolo IV - Nilotica pompeiana. Dal contesto alle analisi sui soggetti individuati

Il grande dipinto a carattere nilotico (2,4 x 2,1 m) è posto all'esterno di un cubicolo nel giardino ed è incorniciato da un nastro rosso dipinto. Nella zona superiore una parte dell'immagine è andata perduta a causa della successiva installazione di una finestra. Attualmente i colori paiono comunque assai sbiaditi. Un acquerello del XIX secolo (e presente nelle collezioni del DAI di Roma) fornisce una rappresentazione più dettagliata di quello che doveva essere l'originale (similmente alla fotografia edita da Spinazzola 1953, fig. 311). La parete sud del giardino interno mostrava poi un paesaggio nilotico con pigmei nella zona superiore del muro che tuttavia già nel diciannovesimo secolo era quasi del tutto sbiadito. (I) al di fuori del cubicolo: A sinistra un individuo (A) percuote un asino (B) pesantemente carico sul bordo dell'acqua, entrambi sono rivolti a sinistra. Alle loro spalle, sono presenti alcune strutture simili a chioschi (C) e vegetazione con due palme (D) che tendono a destra. Sullo sfondo si può distinguere una imbarcazione (E) con a bordo diverse persone (F). Lo scenario presenta ancora architetture diverse (G) e torri (H) con una passerella (I). In primo piano un grande albero (J) si erge da una sorta di recinto (K). Di fronte al muro si può distinguere parte posteriore di un'edicola (L). Più a destra possono scorgersi una capra rivolta a sinistra (M) e un altare rotondo vicino a un tronco d'albero (N). Dietro tale lingua di terra pare presente un fiume. Poco dietro, sulla sua riva, sono effigiate sei persone che possono essere incluse nell'ambiente dionisiaco. A partire da destra si intravedono una sorta di satiro con ghirlanda e tirso (O) e una baccante (P) che si avvicinano. All'inizio di una rampa di scale pare giacere Bacco stesso, sdraiato sul braccio sinistro, con una ghirlanda in testa, un tirso e un rhyton tra le mani (Q). Gli sta di fronte una donna (R) che suona un doppio oboe (S) e altre due donne (T; U), una delle quali tiene in mano un tamburello. Da sinistra si avvicina una pantera (V). Dietro questo gruppo è raffigurata un'area recintata con strutture simili a chioschi e folta vegetazione (con alberi dentro le mura) (W). Vicino a uno di questi edifici si possono intravedere quattro individui (o sacerdoti?) (X, Y, Z, A1) posti a sinistra sotto una specie di portico (B1). 19. Casa di Apollo (VI, 7, 23), viridarium. Pittura. In situ. Perduta. 70 d.C. ca. (II) parete sud del giardino: un paesaggio egiziano con soggetti sbiaditi (A) e un coccodrillo (B) cacciato da pigmei (C). Durante gli scavi dal 1810 al 1840, nella Casa di Apollo (cosiddetta per il rinvenimento di una statuetta di Apollo con cetra presso il tablino n. 7), fu trovato un sigillo che portava il nome di A. Here(n)nuleius Communis, persona che pur equivocamente additata a proprietario potrebbe invece essere da collegare semplicemente ad attività commerciali. Il piano irregolare del complesso sembra abbia avuto origine per gli ampliamenti apportati nel I d.C. da unità precedentemente separate per recuperare spazi per giardini. Attraverso l'atrio e il tablinum si raggiungeva dapprima un piccolo cortile, che è quasi totalmente occupato da una grande fontana di marmo, con attorno vasi ed erme. Un ambiente idilliaco viene suggerito da un grande dipinto del giardino. Questo, con due diversi dipinti nilotici, era a nord del cortile e nella sua parte inferiore ed era circondato su tre lati (est, sud e ovest) da una terrazza di 1,20 m circa di altezza, sulla quale probabilmente v'era una pergola (e possedeva un pozzo). Una delle pareti, che formava la parete posteriore di questa terrazza, fu decorata nella zona superiore con una scena nilotica e pigmei. Altre erano invece decorate con dipinti e scene da giardino. Il lato nord era poi occupato da tre costruzioni collegate. A ovest vi era un piccolo cubicolo e uno dei muri esterni era decorato con il vasto paesaggio

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

nilotico. L'altra parete esterna era decorata con un mosaico raffigurante Achille tra le figlie di Licomede. Il muro interno di questo cubicolo era decorato con scene di alta qualità. La seconda costruzione, al centro, era invece costituita da una copertura sostenuta da sottili pilastri decorati con conchiglie e parti di mosaico. Nella parete posteriore, decorata con marmo fino al piedistallo, vi erano inoltre nicchie in cui sarebbero state collocate statue. All'arredamento di questo ninfeo aperto appartenevano anche mobili in marmo ed erme. Attigua ad essa si trovava una terza struttura: una stanza sopraelevata sotto un pergolato sul lato orientale. Durante gli scavi vennero rinvenuti anche strumenti chirurgici e ritratti di filosofi evidentemente esposti in giardino. Esso costituirebbe così un tipico esempio d'imitazione della villa spesso ritrovabile nei giardini della città pompeiana 101. 20. Casa dei Dioscuri (VI, 9, 6/7), tablinum 42. Pittura. Perduta. 70 d.C. ca. Del dipinto sopra il pannello est della parete sud si conserva solo l'acquerello: DAIR Archiv 83, 92. Se si presta fede ad esso (composto prevalentemente da colori freddi) da sinistra si vedono un cane (A) e un ibis (B) rivolti a destra di fronte all'ingresso di un edificio (C) e poco più a destra un'anfora (D) appoggiata ad un albero (E). Più avanti un individuo (di colore più scuro) inghirlandato e seduto (F) suona il doppio oboe (G), mentre al centro sotto un velo un giovane (più chiaro) anch'egli inghirlandato e disteso sul fianco sinistro (H) si disseta con alcune bevande (I). Dopo la rottura che si trova nella zona centro destra del dipinto, sulla estrema destra si intravedono una torre tonda (J) e una palma che tende a destra (K). La Casa dei Dioscuri (un tempo detta Casa del Questore), celebre per la ricchezza delle sue pitture e gli spazi aperti, fu scavata tra il 1828 e il 1829 e fu ridecorata nel periodo del tardo Quarto stile, probabilmente dallo stesso laboratorio responsabile dei dipinti nella Casa dei Vettii. L'abitazione ricopriva circa un terzo dell'intera insula ed era inoltre una delle più ricche di Pompei, come dimostrano le decorazioni. Le vignette nel cubicolo 35 mostrerebbero inoltre paesaggi che possono richiamare a motivi egizi102. 21. Casa del Fauno (VI 12, 2); esedra; Mosaico. MNN, Napoli, 10323. 90-80 a.C. Il mosaico a forma di fregio (incorniciato da una fascia di tessere rosse) è costituito da un grande zona centrale (I) (0.64 x 3.3 m) con due parti minori (II; III) su entrambi i lati (0,64 x 1,32 m). (I): Viene qui raffigurata la riva del fiume, con vegetazione e animali tipicamente egiziani. Partendo da sinistra si distinguono un icneumone (A), un'anatra (B), un uccello su un fiore (C), più a destra un cobra (D), un'anatra (E) con un fiore di loto chiuso (F) nel becco, un ippopotamo che emerge dal fiume proteso verso destra (G) e davanti a lui un coccodrillo proteso a sinistra (H). Dietro si vedono due anatre (J; K) di cui una stringe nel becco un fiore di loto chiuso (L); più a destra un uccello su un fiore (M), un'altra anatra protesa a destra (N), due ibis uno di fronte all'altro (N; O) e sull'estrema destra un'altra anatra (P). 101 102

Vd. ancora Helbig 1868, n. 567 (A); 1546b (B); Rostovtzeff 1911, 78; Spinazzola 1953, fig. 311; Schefold 1957, 102; Peters 1963, 177; Zanker 1979, 481-484; PPM IV, 470-471; Jashemski 1993,130 sv. 246. Vd. inoltre Helbig 1868, n. 1560; PPM IV, 860-861.

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Capitolo IV - Nilotica pompeiana. Dal contesto alle analisi sui soggetti individuati

(II): Sono rappresentate sei anatre (Q, R, S, T, U, V); le due al centro della rappresentazione hanno nel becco fiori di loto chiusi (W, X), mentre le due più prossime al primo piano cercano di scacciare una rana (Y) che si trova su una foglia al centro della scena (dove si intravede anche un uccello a destra) (Z). (III): Nella terza sezione, molto rovinata, si vedono tre anatre (A1, B1, C1) tra fiori di loto (D1). Esplorata tra il 1830 e il 1832 (e scavata nel 1912 e 1961), con una superficie di quasi 3000 m², la Casa del Fauno danzante (come è stata denominata dopo aver pur ricevuto altri diversi nomi) era la più grande e forse una delle meglio decorate abitazioni di Pompei (specie per l'alta qualità dei mosaici). Se la parte centrale dell'insula potrebbe risalire al III a.C., più lunghi e significativi furono certo i lavori nel II a.C., che tuttavia data la varietà non si potranno approfondire in tale sede. È possibile che l'abitato appartenesse alla gens campana dei Satrii (come testimoniato dalla iscrizione su una cornice in tufo dove probabilmente era posta una statua) o dei Cassii (come inciso su un anello ivi rinvenuto e utilizzato come sigillo). La scena nilotica che decorava l'ingresso dal peristilio all'esedra, il cui pavimento era decorato con il celebre Mosaico di Alessandro (ambiente 37), sarebbe risalente al I a.C. Versluys sosteneva che il mosaico nilotico non fu realizzato per questa zona e quasi certamente proveniva da qualche altra parte. Evidenza di ciò parrebbe ritrovarsi nella suddivisione della scena in tre parti e le regolazioni delle parti così create per taglio nelle basi dei pilastri. Significativa e degna di nota è poi la rappresentazione realistica della flora e della fauna nilotica, ad es. le varie fasi di fioritura del fiore di loto (raffigurato in dettaglio). La Casa del Fauno rappresenta pertanto il più singolare complesso sannitico ellenizzante del II a.C.103 22. Casa del Bracciale d'oro (VI, 17, 42), triclinium 31. Mosaico. Antiquarium Pompei. 35-45 d.C. Di questa casa nell'Insula Occidentalis si preserva un ninfeo con un mosaico in pasta vitrea. Sotto l'apertura centrale un piccolo pannello mostra una semplice scena nilotica in tesserae colorate su fondo bianco. L'immagine mostra tre anatre (A; B; C) in mezzo a fiori di loto (D) sull'acqua104. Gli stessi ambienti (triclinio 31; cubicolo 32) vennero decorati con motivi egittizzanti da giardino mentre anche l'ambiente 27, oggi poco interpretabile, avrebbe pur potuto richiamare un paesaggio con motivi egizi 105. Ultima domus attribuibile alla Regio VI, tale abitazione vide scavi più sistematici nel corso degli anni Settanta del Novecento. Pur potendone rilevare una struttura più antica, testimoniata dalle diverse pitture in II stile, molti ambienti furono ridecorati in IV stile dopo il terremoto del 62 d.C. Essa si componeva pertanto di tre piani, uno a terra che si trovava alla quota della via Consolare (presentando l'impianto di una domus ad atrio tuscanico) e due sottostanti a cui si accedeva tramite scale. Per tali indagini sono molto interessanti gli ambienti 31 (triclinio) e 32 (cubicolo) del secondo

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Vd, anche Pernice 1938, 176-177; Meyboom 1977, 72; Zevi 1996, 37-47; Zevi 1998a, 21-65; Zevi 1998b; PPM V, 80-85. Più di recente Vd. Faber, Hoffmann 2009. Barrett 2019, 223-249, che discute con dovizia dei marginalia nilotici della casa rilevandone anche il ritrovamento di un sistro MNN 2391 (per cui si veda infra App. AREP; PREP). Vd. anche Barrett (in stampa). Un parallelo a tale raffigurazione parrebbe (Versluys 2002, cat. no. 14). Se ne è discusso supra III. 6 b.

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

piano sottostante, come messo in evidenza della sezione precedente dedicata alle pitture 106. 23. Terme Stabiane (VII, 1,8), camere F e G (vicino alla piscina), bacini. Pittura. Perduta. 70 d.C. ca. Gli ambienti F e G si sono molto mal conservati; le loro decorazioni possono ricostruirsi solo con l'ausilio delle descrizioni fatte da G. Minervini nel 1856 107. In origine le pareti sud e nord dovevano pertanto apparire decorate con estesi paesaggi nilotici, mentre entrambe le pareti occidentali avrebbero mostrato scene nilotiche di più piccole dimensioni 108. Seguendo pertanto tali pur ricche descrizioni si potrebbero disporre le raffigurazioni in ordine e dire che erano presenti 109: Terme Stabiane (VII, 1,8), camera F. Pittura. Perduta. 70 d.C. ca. (I) ambiente F, parete sud: Ai due estremi dell'intera parete vi dovevano essere due Sfingi di bianco chiaroscurato sopra due piedistalli. Mentre già a Minervini ne appariva conservata solo quella a destra. Attorno nella fascia al di sotto delle su descritte pareti appariva una scena nilotica. A partire da sinistra: dovevano essere raffigurati un coccodrillo (A) tra piante acquatiche (B) e un edificio (C) presso al quale dovevano essere due uomini (D; E): uno di essi (con una sorta di clamide) rivolto verso il coccodrillo teneva con la mano sinistra una pertica poggiata sulla spalla. Poco avanti un uccello nell'atto di beccare nell'acqua curvandosi (F). Più in là una donna chinata verso una pianta per raccogliere qualcosa (G). Ad una certa distanza un'altra donna curva che si guardava addietro (H) e più in là un pigmeo nudo con clamide e petaso che fuggiva verso destra volgendosi indietro col capo (I). La scena doveva chiudersi con un grosso capro (J) 110. (II) ambiente F, parete ovest: Tra due piedistalli, su cui erano delle Ninfe, si scorgeva una parte verde che richiamava l'ambiente nilotico. In esso un uomo piuttosto robusto, con clamide, portava una sorta di bastone (A2). Ad una certa distanza si intravedeva un uccello in parte bianco in parte rossastro (B2). Più a destra è un altro uccello simile (C2) presso un edifizio (D2). Seguiva una figura coronata e panneggiata, con entrambe le mani sollevate a reggere una sorta di patera (E2); nei pressi un altro uccello (F2) 111.

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PPM VI, 44-45; Ciardiello 2006, 69-256. Vd. Bullettino Arch. Napolitano, N. S., n. 95 (21 dell'anno IV; maggio 1856), pp. 161-162: “In fondo verde apparisce una veduta del Nilo, poco dissimile da quelle che altra volta ci fornirono le pompeiane scavazioni...”, richiamandosi a Bullettino Archeologico Napoletano, n. 71 (1 dell'anno V) – 1 nov. 1846, p. 2 e Bullettino Archeologico Napoletano, n. 99 (11 dell'anno V) – 1 sett. 1848, p. 86. La descrizione continuava in: Bullettino Arch. Napolitano, N. S., n. 98 (24 dell'anno IV; maggio 1856), p. 186; Bullettino Arch. Napolitano, N. S., n. 103 (5 dell'anno V; Novembre 1856), p. 33; Bullettino Arch. Napolitano, N. S., n. 103 (5 dell'anno V; Novembre 1856), pp. 34-35. Il complesso delle Terme stabiane è edito in dettaglio da Eschebach 1979. Nell'impossibilità di riconoscere l'esatta interconnessione tra tali soggetti disposti nelle diverse parti si fornirà indicazione alfanumerica rinnovata per ogni scena. Cfr. anche Bullettino Arch. Napolitano, N. S., n. 95 (21 dell'anno IV; maggio 1856), 161. Cfr. Bullettino Arch. Napolitano, N. S., n. 95 (21 dell'anno IV; maggio 1856), 162.

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Capitolo IV - Nilotica pompeiana. Dal contesto alle analisi sui soggetti individuati

24. Terme Stabiane (VII, 1,8), camera G. Pittura. Perduta. 70 d.C. ca. (III) ambiente G, parete nord: Presso un edifizio con tetto, piuttosto simile ad una capanna (A3), siede un uomo con una sorta di cappello, che si appoggia ad un bastone (B3). Dopo l'edificio vi era un uomo barbato e coronato, che essendo nudo, lasciava intravedere un grosso fallo pendente (C3). Tale personaggio, che con la destra si appoggiava ad un bastone, si dirigeva verso la summenzionata capanna portando un grosso ramo di albero, ed avendo sulle spalle una sorta di clamide, o altro panno ravvolto, entro cui doveva essere avvolta qualche cosa. Seguiva una donna col capo coronato, che recava con ambe le mani un (timpano?) (D3). Più avanti un altro edificio o capanna dotato di quello che Minervini descriveva come un genere di camino (E3). Nella parte superiore, doveva intravedersi una grotta (F3), presso cui un uomo con folta barba e una donna (G3; H3) stavano avendo un amplesso amoroso (I3). Attorno alla scena un uomo barbato sdraiato che alzava la mano destra (J3), ed altre quattro figure parzialmente visibili (K3). Lì vicino un'altra figura (L3) sedeva presso altro piccolo edificio (M3), suonando il doppio oboe (N3). Più avanti alcune figure (O3) e un coccodrillo (P3), poi un edificio (Q3), e lì nei pressi una donna, che si allontanava impaurita (R3). Ciò perché subito sotto ad un ponte (S3) si vedeva un coccodrillo furioso che si ritorceva (forse per le ricevute ferite?) (T3). Oltre il ponte due uomini erano intenti a catturare o uccidere l'animale. Uno di essi presentava scudo e asta, ed era rappresentato nell'atto di lanciargliela contro (U3), l'altro, dotato di un enorme fallo, è più lontano e sarebbe parso cercare di offendere l'animale in altro modo (W3). La scena doveva chiudersi con un altro soggetto: presso di un altro edificio vi era un'edicola, o tempietto dipinto di rosso, con arco poggiante sopra due colonne (X3); al di sotto l'immagine di una divinità virile avviluppata in ampio panno, e col capo coronato (Y3) 112. Davanti vi doveva essere un'altare tondo (Z3), presso cui un individuo nudo si approssimava tenendo una patera di offerte (A4), mentre una figura femminile (B4) protesa verso l'altare (C4) ne poneva sopra altre offerte cultuali 113. (IV) ambiente G, parete ovest: dovrebbero scorgersi due donne (D4; E4) e due piccoli uccelli acquatici (F4; G4) 114. Scavate durante il 1853 e il 1858 sotto la direzione di Michele Ruggiero, le Terme stabiane rappresentavano un importante complesso cittadino. Il loro aspetto risale sostanzialmente al II a.C. quando vennero creati i due settori distinti, maschile a sud-ovest e femminile a nord-ovest, a cui fu annessa attorno alla metà del I a.C. parte occidentale della natatio, le vasche basse e lo spogliatoio. Dopo il terremoto del 62 d.C. i restauri alle strutture e alle decorazioni in II stile vennero riviste con pitture di IV. Le relazioni di Minervini, su cui poggiano anche diverse ricostruzioni per questi ambienti, rendono inoltre piuttosto evidenti le attività dei cunicolari che ne asportarono suppellettili, tubi di bronzo e piombo e rivestimenti marmorei 115. Le scene nilotiche sulle pareti nord e sud più lunghe erano state comprese in una cornice nella parte centrale del muro, sopra un alto zoccolo marmoreo. Le più corte pareti occidentali di entrambe le stanze mostravano una nicchia decorata con un mosaico di tessere vitree, raffiguranti anatre tra piante acquatiche. 112 113 114 115

Bullettino Arch. Napolitano, N. S., n. 103 (5 dell'anno V; Novembre 1856), 34. Bullettino Arch. Napolitano, N. S., n. 103 (5 dell'anno V; Novembre 1856), 35. Riportato da Versluys 2002, 125. Ma non se ne è ritrovata menzione nelle descrizioni di Minervini sopra citate. Di recente si veda anche Trümper 2017, 257-272; Trümper, et alii, 2019, 1-56.

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

Ciò, secondo Versluys, si adattava meglio ai paesaggi nilotici di più modesta fattura e apposti sotto le scanalature. A parte tali paesaggi egittizzanti, le pareti di questi ambienti erano altresì decorati con scene da giardino, includenti statue di ninfe, satiri e androsfingi116. 25. Casa delle Quadrighe (VII, 2, 25), peristilio. Pittura. MN, Napoli, 27698 e 27702; 70 d.C. In questa abitazione, secondo quanto riscontrabile, possono ricostruirsi tre paesaggi egittizzanti. Due dipinti raffigurano un symplegma su una barca (0,24 x 1,24 m) originariamente collocati sui plutei del peristilio (e oggi al MANN di Napoli), mentre un terzo paesaggio nilotico è ancora in situ nel viridarium sullo zoccolo del muro. I colori e le raffigurazioni, tuttavia, sono assai sbiaditi. Il carattere egittizzante di tale scena può però essere definito attraverso un disegno di Abbate (ADS 542). (a) peristilio, (MN, Napoli, 27698): A sinistra si vede un grosso coccodrillo rivolto verso destra (A). Al centro vi è un'imbarcazione rappresentata orizzontalmente e con la poppa verso sinistra (B) su cui tre persone (due uomini scuri e una donna di pelle più chiara) (C; D; E) stanno avendo un amplesso erotico (F). A destra si vede un altro grosso animale (forse un ippopotamo?) (G). La scena è arricchita da grandi e distribuiti fiori di loto (H) 117. (b) peristilio, (MN, Napoli, 27702): Sulla sinistra si può scorgere una capanna di paglia sulla riva del fiume (A1) mentre al centro (similmente alla scena precedentemente descritta) si vede una zattera (B1) con tre individui (una donna di pelle più chiara e due individui maschili più scuri) (C1; D1; E1). La donna (C1) protesa verso sinistra è chinata e regge un timone mentre ha un amplesso sessuale (G1) con uno degli uomini che è dietro (D1). L'altro individuo proteso a destra ha in mano un altro remo (E1). A destra appare una grande pianta di loto (F1). 26. Casa delle Quadrighe (VII 2, 25), viridarium. Pittura. In situ. 70 d.C. (c) viridarium: un pigmeo (A2) fugge da un coccodrillo (B2) verso una barca (C2) con a bordo altri due pigmei (D2; E2). Sullo sfondo si intravede una torretta tonda (F2). Possono distinguersi case (G2), una donna (H2) e alcuni ibis in primo piano (I2). La cosiddetta Casa delle Quadrighe prende il nome da una pittura rinvenuta il primo settembre del 1844 in uno dei suoi ambienti (Lettera di A. Bonucci ad Avellino – ASSAN, I, B5, 1) ed è una casa modesta. L'abitato presenterebbe diverse trasformazioni testimoniate anche da sovrapposizioni di pareti (ad es. muro E dell'amb. i) . Il muro del viridarium, con scena nilotica nella parte centrale dello zoccolo, era stato decorato anche con scene di giardino 118. 116

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Certo, l'acqua pare aver anche qui giocato un ruolo piuttosto importante se svolgeva una funzione di passaggio tra le stanze-bacini per sciacquare la polvere dai piedi e dal corpo prima immergersi in vasca. Minervini 1855; 161; Minervini 1856, 33-37; Helbig 1868, 1545; Schefold 1957, 162; De Vos 1979, 86-88; Moormann 1988, 190 sv. 231/2; PPM VI, 149-150; LIMC sv. pygmaioi 47e; Cappel 1994, sv. W14. L’impressione di trovarsi di fronte ad individui poco caratterizzati come pigmei è ribadita anche da Barrett 2019, 132. Tuttavia, a motivo dell’evidenza del contesto nilotico, si è deciso di far rientrare tali soggetti nella categoria di pigmei, pur marcandone (ed intendendo) una differenziazione. Si veda anche: IV,7; IV,14,1. Vd. anche PPM VI, 683-684; Cappel 1994, sv. W15; PPMD, 313-314.

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Capitolo IV - Nilotica pompeiana. Dal contesto alle analisi sui soggetti individuati

27. Casa della Caccia antica (VII, 4, 48), tablinum. Pittura. In situ. Molto sbiadito. 71-79 d.C. Le predelle di due pareti nel tablinum mostrerebbero ciascuna un quadretto con scene di presunti pigmei (oppure amorini alati in un contesto che si rifarebbe a quello nilotico). I colori sono sbiaditi e i dettagli difficilmente riconoscibili; la ricostruzione è resa possibile solo grazie ad un acquerello del XIX secolo ((DAI, Roma, n. Cat. 51). Anche la zona superiore della parete ovest del viridarium era, per tutta la sua estensione, decorata con un paesaggio nilotico e pigmei. Di esso solo l'estrema parte sinistra si è tuttavia conservata. (a) tablinum, parete est, la predella centrale: A sinistra si vede un grosso albero (A). Accanto ad esso un coccodrillo (B) cerca di sopraffare un asino (C) che viene tenuto per la coda da un pigmeo (D) che tenta di proteggere l'animale. Al centro un cane (E) è proteso verso destra di fronte ad alcuni edifici (F). Poco più avanti, un ippopotamo (G) proteso a destra attacca un nano che brandisce un bastone (H). In primo piano sull'estrema destra un altro ippopotamo (I) ha ricacciato due nani su una roccia (J; K). (b) tablinum, parete ovest: la predella centrale si è conservata solo in parte. Al centro si vede un nano con un bastone nella mano sinistra e uno scudo nella destra, che si sta girando verso un nemico (A1). A destra, un nano con un cappello a punta (B1) arriva cavalcando un ippopotamo (C1); dietro di lui giunge un altro pigmeo che corre al campo di battaglia (D1). Sullo sfondo vegetazione (E1) ed edifici (F1). Come accennato, tali rappresentazioni laterali del tablinum della Casa della Caccia Antica potrebbero tuttavia lasciar intravedere invece di pigmei, amorini alati che combattono animali selvatici 119. Essendo tuttavia essi incusi in un contesto davvero simile per caratteristiche a quello cosiddetto nilotico, si è deciso di tenerli comunque presenti e trattarli in tale sede. 28. Casa della Caccia antica (VII 4, 48), viridarium. Pittura. In situ. 71-79 d.C. (c) viridarium: il frammento avrebbe mostrato tre pigmei (A2; B2; C2) che remavano su una canoa (D2) attaccata da un coccodrillo (E2), mentre sullo sfondo si vedono il fiume e la vegetazione (F2) 120. Scavata tra il 1833 e il 1835, tale domus di media grandezza contava ben sedici ambienti al pianterreno. Diverse ristrutturazioni furono eseguite attorno al I a.C. specie per la zona del peristilio 119 120

Vd. anche Schefold 1957,180; Peters 1963,177; Whitehouse 1977, 6; De Vos 1980, 86; Allison 1992, 235-249; Allison 1997, 19-24; PPM VII, 6-8; LIMC sv. pygmaioi 47g; Cappel 1994, sv. W16. La testimonianza è presente anche in Bechi 1833, 2-3: “Nel picciolo cortiletto di una modesta casarella che ha ingresso da questa via, si è trovato un coccodrillo scolpito in nero di paragone [forse l'oggetto ricordato in PAH, II, 269]. È rimarchevole come nello zoccolo del muro sia anche dipinto un coccodrillo con due nani spaventati dall'aspetto di quel mostro. Segue nel rimanente di questo cortile la rappresentanza del Nilo, poiché vi si vedono barche ed animali acquatici rappresentali. Si potrebbe forse dire, che in questa casupola avesse dimora un pompeiano che avesse portato il suo commercio in Egitto, e che avesse voluto nelle pitture della sua casa avere una reminiscenza di questo suo andar mercatando in sì strane e lontane regioni, tanto più allora che il navigare inesperto non concedeva sì agevolmente l'intraprendere lunghi viaggi”.

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

e nel I d.C. per altri ambienti. Ben attestato il IV stile per le pitture, mentre i pur pochi reperti rinvenuti proverrebbero per la maggior parte dal settore dell'atrio. I dipinti della Casa della Caccia Antica possono essere datati con precisione grazie al ritrovamento del calco di una moneta nel gesso fresco. Il sesterzio fu coniato nel 71 d.C. Se una estesa scena nilotica decorava la zona superiore, a ovest la parete del viridarium vedeva due panorami dipinti che presentavano paesaggi. Ad oggi questi dipinti sono appena percettibili ma se ne potrebbe avere testimonianza da due disegni di G. Abbate (ADS 590), eseguiti nello stesso anno di scavo dell'abitazione (1835). Tali rappresentazioni mostrerebbero alcune isolette con santuari circondati dall'acqua, richiamando alla memoria i dipinti (quasi delle stesse dimensioni e con tema simile) dell'ecclesiasterion del tempio di Iside a Pompei. La scena all'estremità settentrionale superiore della parete ovest del peristilio avrebbe mostrato un paesaggio sacro, marcato da un bordo rosso con all'interno giovenche, una sacerdotessa offerente di fronte a una tholos, una statua di Apollo e un pastore con capre. All'estremità meridionale della parete ovest Polifemo e Galatea anch'essi inclusi in un più vasto paesaggio sacrale121. Riuscire a distinguere nel disegno di Abbate ciò che verrebbe detto un sarcofago sul bordo dell'acqua, che ovviamente ne indicherebbe l'ispirazione egiziana, resta tuttavia piuttosto difficile. Tali fonti parrebbero comunque mostrare quella che sembrerebbe una casa a torre egiziana nella pittura sud, con dietro vegetazione e una cappella funeraria egiziana. Nel complesso, come rilevava anche Versluys 2002, 129, questa pittura di Apollo in un paesaggio egittizzante ricorderebbe fortemente la scena nel giardino della casa di Apollo (qui, n. 15). La parete sud dell'ambiente mostra inoltre un paradeisos. Il viridarium potrebbe così aver avuto un carattere piuttosto egittizzante, specie riflettendo sul fatto che lì fosse stata installata la statua di un coccodrillo (oggi dispersa ma che si sarebbe rinvenuta nell'abitazione 122). 29. Casa del Granduca / della Fontana (VII, 4, 56), viridarium. Mosaico. In situ. 0-40 d.C. La parete sud del viridarium è decorata con un ninfeo; il pannello sotto la nicchia mostra una scena nilotica piuttosto consueta, incorniciata da una banda di tessere bianche e verdi. L'immagine si è ben conservata (e di essa si conserva anche un acquerello del XIX secolo di Bazzani). Da sinistra si vedono una semplice capanna su un podio (A), una palma (B) e dei cespugli (C). Un grosso ippopotamo rivolto verso destra (D) si avvicina ad una imbarcazione (E). Qui vi sono due pigmei. Il primo (F) si trova sulla prua con una grande pietra tra le mani e le braccia alzate e sta per lanciarla contro l'animale, l'altro (G), rivolto verso sinistra, è sulla prua ed ha in mano i remi. Edificata in uno spazio di forma irregolare condizionato dalle domus VII, 4, 31-51 (Casa dei Capitelli colorati) e VII, 4, 57 (Casa dei Capitelli figurati), l'abitazione porta il nome del Granduca Leopoldo II di Toscana e fu scavata nel 1833. Un primo impianto si dovrà ritenere presente già alla fine del II a.C. mentre a periodi successivi, specie nel I d.C., andranno attribuite diverse modifiche come l'allargamento verso est, e varie ristrutturazioni a seguito del terremoto del 62 d.C. Le pareti est e sud del viridarium erano state abbellite con dipinti da giardino. Il dipinto di Bazzani mostra la situazione originale con tre bacini di fronte al ninfeo e una fontana scolpita come un fiore al centro 123. 121

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Nei pannelli centrali dell'esedra (18) possono inoltre ancora vedersi dei richiami a tali rappresentazioni da un lato Polifemo e Galatea abbracciati (parete sud), dall'altro Apollo con un amante (parete est) e Artemide e Atteone (parete nord). Cfr. anche PPM VII, 6-8. Su questo punto da ultimo si veda anche Barrett 2019, 116-117, n. 203. Vd. anche De Vos 1979, 91; Cappel 1994, sv. M6; PPM VII, 44-45.

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Capitolo IV - Nilotica pompeiana. Dal contesto alle analisi sui soggetti individuati

30. Tempio di Apollo (VII, 7, 32), peristilio. Pittura. Perduta. 70 d.C. ca. Originariamente nella zona superiore del portico attorno al peristilio doveva essere collocato un fregio con scene di pigmei, a cui sarebbero da associare scene di naumachie, oggi tuttavia evanite. Grazie a una tecnica del XIX secolo di Morelli (ADS 697) e altre descrizioni si può comunque tentare di ricostruire tre parti. Tutte le altre illustrazioni del XX secolo successive al disegno di Morelli mostrano infatti solo scene piuttosto affollate incluse in un vasto paesaggio. Versluys 2002, 131-132, pur fornendo una riproduzione in bianco e nero del disegno di Morelli pare invece seguire (pur con l'aggiunta di alcuni altri particolari) in gran parte la descrizione fatta da Helbig 1868, la quale tuttavia non pare così accurata124. Il risultato è che nessuna delle due relazioni descrive con diligenza il disegno di Morelli (che, viste le specifiche sopra indicate, andrà di certo tenuto ben in considerazione). Descrizione in base ad ADS 697: (I) da sinistra: in primo piano si vede una folta vegetazione palustre (A), poco più a destra, sullo sfondo, poste trasversalmente sono visibili alcune strutture (forse tre capanne di cui quella al centro più bassa e quadrata, mentre le altre due tonde) (B). In primo piano poco più avanti quello che pare un ippopotamo (C) rivolto a sinistra pare affrontare un pigmeo con scudo e lancia proprio sul bordo del fiume (D). A destra in una bassa recinzione si vede una folta vegetazione (E) e due torri poste trasversalmente collegate da una sorta di ponticello (F). Lì vicino un individuo stante e rivolto a destra pare nutrire degli animali (G). Più a destra quella che parrebbe un edicoletta (H) con un albero spoglio che si erge tendendo a sinistra (I). Dietro, due o tre edifici (J) davanti ai quali una figura (forse femminile) pare reggere in mano qualcosa (K). Più a destra, un pescatore nell'atto di rientrare (L) e dietro lui una lingua di terra che attraverso il fiume si collega ad un altro abitato visibile sullo sfondo (M). Sull'estrema destra della raffigurazione dell'altra vegetazione (N) e quella che sembrerebbe un’ara sovrastata da un elemento simile ad una croce (O). (II) da sinistra: dopo un rilievo roccioso che termina con un ramo (A2) e inframezzato dal fiume 124

Helbig 1868, 382-383, n.1544: “Landschaft, worin allerlei Gebäude. Ein Zwerg, nackt, mit Angelruthe und Eimer, läuft nach 1. In der Mitte füttert eine mit Chiton bekleidete Zwergin einen Vogel. Ihr gegenüber steht ein Zwerg auf einem Dolium. Ein anderer mit chlamysartigem Gewände steht ganz r., wie es scheint mit Angelruthe. Gegenst.: Landschaft mit Villenanlagen und Pavillons. Darin als Staffage ein Krokodil, ein Zwerg, welcher an einer Stange einen Eimer trägt, und mehrere andere nicht deutlich kenntliche Figuren... Anderes Gegenst.: Landschaft. R. vor einem Tempel sind drei vollständig bekleidete Zwergfiguren, von welchen die eine weiblich zu sein scheint, um einen Altar gruppirt. Dahinter ein Gewässer ein darin befindliches Krokodil verschlingt einen Zwerg, der in das Wasser gefallen. Ein anderer steht erschreckt am Ufer, nackt, in der erhobenen R. eine Ruthe...”. Versluys 2002,131-132: A: “a kiosk-like structure, two storeys high, is connected to a tower by a wall. This structure seems to frame a small wood on the right. Behind the tower two simple, rectangular huts are depicted in detail. The scene is populated by four dwarves: a female dwarf who feeds birds, another dwarf with sticks in his hands standing on a large dolium and two dwarves with fishing rods. On the left of the picture a large palm tree is visible” (Helbig 1868, n. 1544a = Reinach 1922, 376, n. 3 = Rostovtzeff 1911, Abb. 32). B: “a landscape with different kinds of buildings is depicted. On the left is a tower with a thatched roof that protects the upper terrace from the sun. By means of a gate it is connected with another tower. On the right one can see kiosk-like structures and another tower in front of trees and a palm. In the background a round structure and a simple, rectangular hut can be distinguished. Further to the right stands a simple, thatched hut amid trees and palms, surrounded by a low wall. The scene is inhabited by a female dwarf feeding birds, a dwarf with a child and a dwarf walking with a carrying-stick over his shoulder. Helbig also mentions a crocodile” (Helbig 1868, 1544b). C: “in the middle of the tableau the river is depicted with a dwarf that is being devoured by a crocodile amid the waterplants. On the right bank one can distinguish three dwarves making a sacrifice in front of a temple. On the left bank a dwarf with a club in his hand is trying to help the unlucky dwarf in the water. Behind him one can see a temple, a high round building with a thatched roof and a simple rectangular hut. Again, these structures seem to frame a wood” (Helbig 1868, 1544c = Reinach 1922, 377, n. 5).

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si intravede sul fondo un edificio rettangolare con un porticato (con sei colonne) (B2). In primo piano una figura è stante e rivolta verso sinistra (C2); alle sue spalle un edificio (D2) con un grosso albero (E2) e con tre strutture collegate da due porticati (F2). Davanti all'abitazione maggiore una figura cammina verso sinistra (G2). Sul bordo del fiume a destra si vedono due figure e sullo sfondo (H2; I2) una struttura molto ampia con davanti un porticato con numerose colonne (J2). (III) da sinistra: davanti ad una folta vegetazione (A3) un pigmeo si guarda indietro (B3). Sullo sfondo non troppo lontano un coccodrillo (C3) resta tra le piante acquatiche. Sul bordo del fiume un'altro coccodrillo (D3) è azzannato da un ippopotamo (E3) (e forse un pigmeo è caduto in acqua lì davanti) (F3). Contorna la scena una palma che tende a sinistra (G3). Poco più avanti un altro pigmeo con lancia e scudo si precipita sulla scena (H3), mentre sullo sfondo si vedono due capanne (I3) e qualche albero (J3). A destra dopo un oggetto non riconoscibile (K3) si ergono due torri (L3) collegate da un porticato (M3) e davanti ad esso un pigmeo nutre un animale (N3). Dopo una folta vegetazione (O3) si vede un pigmeo con bastoni (P3) tra le mani sopra un dolium (Q3) (che pare stia urinando forse per la paura), mentre un altro si avvicina frontalmente con lancia e scudo (R3). A destra un pigmeo (S3) cavalca un coccodrillo (T3) sull'acqua e pare stia per sferrargli un colpo di bastone. La scena si conclude con una palma (U3) ed alcune strutture sulla destra (V3). In questo cartone a margine della seconda raffigurazione si vede un disegno a china (con quadretti con naumachie) che riporterebbe nello specifico un porticato a sinistra e quattro navi dotate di molti remi sulla destra. Una raffigurazione similare che si ritrova anche verticalmente sul lato sinistro del cartone di seguito all'ultima scena nilotica. In essa si intravedono a sinistra una struttura con alcuni individui davanti e quattro navi con molti remi a sinistra. Il tempio di Apollo, rinvenuto nel corso di vari saggi (effettuati tra il 1931-1932 e 1942 e1943) nella sua prima fase risalirebbe al VI secolo a.C. Nel corso del tempo subì diverse ristrutturazioni e modifiche, in età sillana (CIL X, 800), augustea (CIL X, 787; CIL X, 1074) e specie in età neroniana (CIL X, 801) e dopo il terremoto del 62 doveva essere ancora in fase di restauro nel 79 d.C. (ma non pare questa la sede opportuna per dilungarsi su questi pur interessanti aspetti) 125. Il fregio egittizzante che ne decora il portico apparterrebbe probabilmente alla nuova fase decorativa successiva al 62 d.C. Del resto la decorazione templare rimasta conta solo alcune statue di vari dei come Apollo, Hermes, Venus e Artemis 126. 31. Casa di Ma. Castricius (VII, 16, 17 (presso l'Insula Occidentalis), giardino 34, palaestra?). Pittura. In situ. 70 d.C. ca. L'immagine a forma di fregio si estende lungo la zona superiore del muro nord, ovvero parte inferiore della casa. Sopra l'immagine sono state poste maschere di terracotta a distanze regolari una dall'altra. Sotto l'immagine, il muro è decorato con scene di palaestra. I colori, molto sbiaditi, fanno sì che solo parti del dipinto siano visibili. Una prima parte visibile sul lato ovest, che pur non rappresentava certo l'inizio della raffigurazione, mostra un quadrupede proteso a destra con la testa piegata a terra (A). Ancora sulla destra si può approssimativamente distinguere una specie di rampa di scale che dà verso un'entrata (B); seguono, una roccia con vegetazione e una corda (o sorta di passerella?) che porta ad un'altra 125 126

Si veda inoltre Moormann 2011, 71-81. Heslin 2015, 27-50. Vd. anche Gell, Gandy 1817, tab. 57, 59, 60; Helbig 1868, 1544; Rostovtzeff 1911, 57; Reinach 1922, 376, nn. 2, 3, 377-5/6; Schefold 1957, 192; De Vos 1980, 87 n. 234; Moormann 1988, 196-197; PPM, VII, 161; Cappel 1994, sv. W18; PPMD, 113-114 [Morelli].

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roccia sullo sfondo (C). Dopo una porzione che è andata perduta è raffigurata la parte anteriore di un leone (D), seguita da un albero senza foglie (E). Dopo alcune rocce è visibile un uomo, la cui testa è mancante (F). Si può quindi vedere un animale col corpo di un ippopotamo e il muso di un coccodrillo (Ammit?) (G) e un uomo che esce da un cancello (H). La scena successiva mostra un uomo che atterrito alza le mani in aria (I) alla vista di un altro uomo che è sbranato (J) da un enorme coccodrillo (K). Dietro al coccodrillo pare visibile uno strano animale con il guscio di una tartaruga, ma con la coda e che cammina sulle zampe posteriori (M) (oggi poco preservato). Sopra la parte finale della coda del coccodrillo è raffigurata una grande anatra (N). Successivamente, si distinguono due individui: un guerriero con scudo (O) rivolto a destra e un altro di fronte (P) che ha poggiato il suo scudo sul muro di un edificio a due piani (Q). Qui nel piano inferiore è raffigurato Anubi, seduto su una roccia e con una vipera nella mano destra (R). A destra un uomo di maggiori dimensioni e con quello che pare un panno (o una corda) nella sinistra (S) sta allontanandosi da un ippopotamo col muso di coccodrillo (T) che minaccia un uomo, che porta tra le mani una pietra sopra la sua testa in atto di scagliargliela per tentare di difendersi (U). Sono poi raffigurate due anatre (W) e, ancora, un animale (che ha quasi le sembianze di una tartaruga) ma che è retto e appoggiato a un bastone (X). Questa scena è chiusa da una alta palma (Y). L'ultima scena mostra un quadrupede in piedi su una grande roccia (Z) che è attaccato da un enorme coccodrillo (A1). Sullo sfondo, torri con finestre (B1), alberi senza foglie (C1) e un piccolo edificio con un tetto a punta (D1). In basso, all'estrema destra, in primo piano, è inoltre raffigurato una sorta di grande involucro rettangolare (?) (E1) 127. Anche se la scelta delle scene parrebbe qui essere piuttosto specifica (e forse narrativa) resta ad oggi complesso fornirne una più corretta interpretazione della presente rappresentazione. Alcuni suggerirebbero una datazione al tardo periodo repubblicano (PPM, VII, (898-899), mentre altri, per motivi stilistici sembrano più propensi ad una datazione attorno al 70 d.C. (Versluys, 2002, 134). La casa 17 dell'Insula Occidentalis, riccamente decorata con vista sul Golfo di Napoli, in età repubblicana avrebbe dovuto essere collegata alla adiacente casa 22 che può essere attribuita a M. Fabius Rufus (che presenta prevalentemente un impianto in III stile). Nell'ultima fase di Pompei, tuttavia, gli stessi sembrano essere stati due complessi separati. De Vos ha suggerito di interpretare la stanza 34 come una palaestra (in cui sarebbe da segnalare una decorazione in II stile) 128. 32. Terme del Sarno (VIII, 2, 17) frigidarium, Pittura, In situ. 70 d.C. ca. I dipinti si trovano su due pareti (ovest e nord) attorno una vasca del frigidarium, appena sopra il livello dell'acqua. Il dipinto sulla parete nord è oggi appena visibile, ma è conservato da un acquerello del XIX secolo. Il dipinto sulla parete ovest si è relativamente meglio conservato. Le raffigurazioni sulla parete est non si sono invece conservate, ma molto probabilmente anche lì doveva essere presente una scena nilotica. (I) parete nord: in primo piano specie nella zona mediano-destra il fiume con piante acquatiche (A). Sulla riva da sinistra si possono vedere due capanne (forse di paglia) (B) connesse a edifici poco più elevati che paiono torrette (C); nei pressi della prima, due pigmei che indossando dei 127 128

Nel fregio inferiore, in corrispondenza del coccodrillo (K), paiono presenti due figure tra cui una di un pugilatore ed ancora sotto (A1) un'altro pugilatore, che paiono tuttavia essere slegati dal fregio superiore. De Vos 1980, 87 n. 237; Jashemski 1993, 204, n. 405; Meyboom 1995, III n. 23; PPM VII, 887-889; Tammisto 1997, n. 292. Più di recente si veda anche Varriale 2006, 419-503; Grimaldi 2008, 115-123; Grimaldi 2015.

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cappelli (D; E) paiono voler catturare un ibis (F). A limite del secondo abitato, verso destra si stende un velum (G) che si connette con la palma dell'edificio successivo (H). Al centro dell'ambiente vi è difatti un pigmeo che pare proteso verso tale scena (con braccio e gamba sinistra in avanti e con il braccio destro a poggiarsi alla palma che collega il velum) (I) e ha alla sua destra una torre (J) dietro cui si vede un basso muretto perimetrale che lascia intravedere una folta vegetazione (K). Si vede poi un ponte sull'acqua (L) e sulla destra due ibis (M) protesi verso sinistra (mentre a destra del ponticello vi sono due uccelli acquatici) (N). Sullo sfondo a destra è visibile quella che parrebbe una canoa di papiro (O), mentre sempre sul largo fondo a sinistra potrebbero intravedersi tracce di altri abitati (P) oltre una distesa d'acqua 129. (II) parete ovest: a sinistra un pigmeo con una sacca dietro le spalle e bastone in mano è proteso verso destra (A2). Accanto a lui un nano (B2), caduto con le gambe tra le fauci di un coccodrillo (C2) tra piante acquatiche, viene aiutato ad essere tirato fuori dall'acqua da un pigmeo (forse defecante) che con un laccio attorno al busto (D2), e sporgendosi in avanti lo prende con per mani mentre poco più a sinistra un'altro pigmeo (E2) che pare sostenersi ad un albero tira la corda con cui era legato il primo pigmeo soccorritore. Una torretta (F2) con altri pochi arbusti (G2) con una bassa recinzione (H2) è visibile sullo sfondo verso destra. Di fronte, proteso a sinistra è presente un altro pigmeo (I2) mentre sull'estrema destra è raffigurato un ibis (J2). Grazie al recente restauro della parte più destra della rappresentazione, che era molto rovinata, sarebbe ora possibile riconoscervi anche un'altro ibis (K2) e sullo sfondo un edificio (forse una capanna) (L2) con palme (M2) 130. Da ritenersi errata la ricostruzione di Koloski Ostrow che suggeriva che il pigmeo aiutato stesse sprofondando nelle sabbie mobili. Dopo gli scavi iniziati nel 1888 e completati tra il 1894 e 1900 sulla collina verso l'angolo formato da via delle Scuole e via della Regina venne a discoprirsi il complesso termale del Sarno. L'accesso alle terme avveniva quindi attraverso un lungo passaggio dalla Via delle Scuole che portava ai bagni. Questi sono stati integrati alle terrazze della collina in pendenza e avevano una vista sul mare. Secondo l'opinione comune essere sarebbero state accessibili solo alle donne. Nonostante diverse variazioni e acquisizioni (come quella della vicina domus n. 21) la decorazione del complesso fu infine fissata prevalentemente al IV stile. Il frigidarium, le cui pareti erano decorate con scene nilotiche era poi attraversato da una volta in stucco dipinto. I paesaggi nilotici erano così appena sopra il livello dell'acqua dando così l'impressione di continuarli e di far credere ai bagnanti di trovarsi lungo le sponde del Nilo 131. 33. Casa con ninfeo (VIII 2, 28), sala (x). Pittura. Dispersa. 70 d.C. Il bacino di un ninfeo in questo ambiente era decorato con un dipinto raffigurante un paesaggio nilotico. Già alla fine del XIX secolo il dipinto era tuttavia solo frammentariamente conservato. Mau aveva distinto un serpente uraeus (D), un'anatra (A) e diversi tipi di edifici (B). Sogliano 129

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Oltre al disegno di Niccolini 1896, nuovi scavi, Tab. 12, una ricostruzione di tale scena da parte del'Università di Padova (con una ipotetica ricostruzione degli evaniti lati) è stata di recente tentata nell'ambito del progetto patavino riguardo le Terme stesse. Salvadori et al. 2019, 299-308, occupandosi del restauro della rappresentazione che nella parte destra risultava quasi del tutto evanita, vi avrebbero individuato un altro ibis proteso a sinistra e sullo sfondo una sorta di torretta con due palme. La scena ripeterebbe pertanto almeno in parte quella precedente. Niccolini, IV, 1896, nuovi scavi, tav. 12; Schefold 1957, 213; Koloski Ostrow, 1990, 118 -120; Cappel 1994, sv. W20; PPM VIII, 94-98.

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invece parlava di pigmei in atteggiamenti osceni (C): “Addossata alla parete nord è una graziosa fontanina di conchiglie e musaici, in forma di nicchia semicircolare, sventuratamente in parte distrutta: abbastanza singolare n'è la vaschetta, essendo formata da un muretto alto m. 0,76, rivestito superiormente di lastre marmoree, e d'intonaco nella fronte, e la cui configurazione può vedersi nella pianta. Sull'intonaco si vedono dipinte figure di pigmei in atteggiamenti osceni” (Sogliano 1888, 512). La modesta domus VIII, 2, 28, come la vicina n. 26, presenta un impianto risalente all'epoca sannitica, ma si presenta poco ben conservata. Un primo impianto, poi modificato in età imperiale, dovrà comunque pensarsi tra la fine del II ed il I a.C. (come confermerebbero anche resti del I stile sulla parete O del Tablino, n). Da un piccolo ambiente (v) una specie di vestibolo con copertura a botte e con apertura esterna si scendeva al ninfeo (x) decorato in IV stile. La costruzione e l'arredamento del ninfeo dell'ambiente (x) possono per alcuni essere ricostruiti con l'aiuto dei resti presenti. Il pavimento della stanza presentava grandi blocchi di tufo e un telaio in marmo. Il ninfeo fu installato sulla parete posteriore, mentre l'acqua sgorgava da una grande rientranza e scorreva attraverso alcuni gradini in un bacino semicircolare. Davanti a questo vi era un piccolo canale, attraverso il quale l'acqua poteva scorrere verso destra e sinistra lungo le scene nilotiche dipinte per entrambi i lati del bacino. Alcuni resti irriconoscibili delle rappresentazioni sono ancora percettibili sul lato sinistro del bacino assieme ad alcuni resti della decorazione musiva policroma del ninfeo. La stanza presentava invece un tetto a volta, decorato con pietra calcarea, nel tentativo di imitare le fattezze di una grotta 132. 34. Casa delle colombe a mosaico (VIII, 2, 34-35), terrazza. Pittura. Disperso. 70 d.C. Il dipinto era situato su un muro di fronte a una fontana nell'angolo nord-est della terrazza. Una grande porzione (0,38 x 2,95 m) era ancora visibile a Mau poco dopo lo scavo della casa. Sul lato sinistro del frammento un coccodrillo (A) e un pigmeo armato (B) si affrontavano. Sulla destra si poteva distinguere una capanna tonda (C) e un pigmeo che trasportava un secchio (D) e affrontava un ippopotamo (E). La modesta casa prende il nome da un famoso mosaico che raffigura colombe che bevono da un cratere (ora MNN 114281), derivato da un modello ellenistico dell'artista Sosos, proveniente dal triclinio. Un altro triclinio nella casa era decorato con un emblema con animali esotici (MNN 114282). L'abitato, risalente al periodo sannitico (come attestato dall'atrio (c), le alae (i et h) ed il tablino (m) sul fondo), vedrà ristrutturazioni e ridecorazioni in II stile durante il periodo augusteo 133. 35. Casa del Cinghiale I (VIII, 3, 8-9), (Vano non documentato), Mosaico. MN, Napoli, 9983. 30 a.C. ca. 132 133

Mau 1888, 181- 189; NSA 1888, 512; Schefold 1957, 216; Whitehouse 1977, 63; PPM VIII, 226-228. Mau 1886, 148-157; Schefold 1957, 217; Jashemski 1993, 209; Cappel 1994, sv. W21; PPM, VIII, 264-266. Descrizione della pittura è riportata anche in Niccolini 1896, IV, 19: “Sul lato orientale di detta terrazza si vede tuttora parte di un alveo destinato alla coltivazione dei fiori; il podio, rivestito d'intonaco, era decorato di paesaggi nilotici, abbastanza danneggiati; vi si osserva un coccodrillo, al quale dà la caccia un pigmeo armato di scudo e di asta; un ibis ed un pigmeo muliebre con paniere, innanzi a cui sta un ippopotamo”.

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L'emblema originariamente costituiva il centro di un pavimento a mosaico. Sono raffigurate quattro anatre (A; B; C; D) tra piante di loto (E). Prendendo denominazione dal mosaico pavimentale del vestibolo (1), la cosiddetta Casa del Cinghiale è stata attribuita a Coelius Caldus ed è principalmente nota per i pavimenti a mosaico, che risalgono generalmente alla prima metà del primo secolo della nostra era. L'emblema a carattere nilotico è tra i più antichi e stilisticamente sembra simile al mosaico del Nilo della Casa del Fauno (qui n. 17), con cui condividerebbe anche l'allestimento del primo peristilio e dell'esedra 134. 36. Casa del Medico (VIII, 5, 24) peristilio. Pittura. MNN 113195; MNN 113196. 70 d.C. ca. All'interno del podio nel peristilio vi erano tre dipinti. Quelli alle pareti nord (0,71 x 1,23 m) e ovest (0,56 x 2.17 m) richiamano distintamente una caratterizzazione nilotica 135. (I) parete nord: a sinistra un grosso coccodrillo (A) fronteggia un pigmeo con mazza e scudo (B). Sopra il coccodrillo, tra la vegetazione, è raffigurato un grande ibis nero (C), mentre sullo sfondo sono visibili alcune strutture (D) (forse rappresentanti la tomba di Osiri). Al centro su un podio che si connette al fiume tramite piccoli gradini (E) si vede un'edicola (F), una struttura maggiore dietro (G) e una folta vegetazione (H). A destra vi sono tre pigmei (I, J, K) che provano a tirare un coccodrillo (L) sull'isoletta, mentre un quarto è seduto sull'animale (M). Dietro questa scena se ne vede un'altra più drammatica. Due pigmei (N; O) sono su una barca che pare stia per rovesciarsi, e combattono contro un ippopotamo (trafitto da una lancia) (P) che ha attaccato quello più a destra (i.e. O); uno di loro è invece riuscito arrampicarsi sull'animale (con una lancia) (Q), mentre uno giace morto sull'acqua (R) ed un'altro si è salvato reggendosi ad un arbusto (S). Sullo sfondo si intravedono edifici (T) e una barca (U) con a bordo cinque nani (V, W, X, Y, Z). (II) parete ovest: In primo piano a sinistra un nano (A2) sta per essere sbranato da un ippopotamo (B2), mentre un pigmeo che indossa un cappello conico cerca di salvarlo (C2). Sull'animale è seduto un altro pigmeo che sta per colpirlo con un oggetto (forse una sorta di bastone?) (D2). Sullo sfondo è raffigurata una nave (E2). La prua a sinistra ha la forma di una testa d'asino ed è colma di anfore (F2); a destra si scorge anche un symplegma (G2) tra un uomo in piedi e una donna china verso destra (H2; I2). Al centro, tra due alberi spogli (J2) si estende un velo a copertura (K2). Quattro pigmei (L2, M2, N2, O2) sono adagiati su uno stibadion (P2), un altro nano (Q2) siede per terra vicino a un'anfora poggiata su una struttura lignea (R2). Davanti allo stibadion si intravedono alcune ciotole (S2). A sinistra, un pigmeo (T2), con un mantello e una tunica, suona un doppio oboe (U2). Al centro della scena si sta svolgendo un symplegma (W2) tra un uomo disteso (X2) e una donna inginocchiata che porta una corona (Y2). A destra del velum si possono vedere tre pigmei recanti qualcosa in mano (uno sicuramente alcuni bastoncini) e che parrebbero incitare l'atto (Z2; A3; B3) e un grande ibis rivolto a sinistra (C3). Si vedono poi due donne (D3; E3) con lunghi mantelli che paiono discutere tra loro e dietro un edificio con un portico (F2) e una colonna (G2) su cui sono collocate due statue (H2). Costituita da un lungo vestibolo (a) su via dell'Abbondanza e fiancheggiato da botteghe (nn. 25, 134 135

Pernice 1938, 168; Meyboom 1995, II n. 137; PPM VIII, 362-363; Tammisto 1997, 367. Mau nell'angolo S-E tra le colonne vedeva un basso pluteo in IV stile con rappresentazione su fondo rosso di un leone che insegue un daino, una pianta palustre, un gallo, un ibis che becca un rospo. PPM, VIII, 605.

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26), la Casa del Medico (o del chirurgo) deve il nome al ritrovamento, al suo interno, di numerosi attrezzi chirurgici. Oltre ai notevoli dipinti che decoravano il peristilio, rimangono oggi pochi resti della decorazione della casa nei triclini (m et o) e sul pluteo del peristilio (g). Le pareti nord e ovest hanno restituito paesaggi nilotici (in cui prevalgono in genere i toni bruni), mentre al lato orientale il Bocchoris o cosiddetto giudizio di Salomone (con pigmei), a cui si è in parte già accennato 136. 37. Casa dello Scultore (VIII, 7, 24) peristylium. Pittura. Cinque parti sono state collocate nel gesso moderno e sono conservate in I, 8, 17 (Casa dei Quattro Stili). Gli altri frammenti sono in situ. 70 d.C. ca. Il dipinto a forma di fregio decorava lo zoccolo dei quattro muri del peristilio, interrotto solo dalle porte. Dello zoccolo alto 1,2 m e lungo circa 50 metri, si sono conservati circa 20 metri di pittura. (I) parete sud, in situ: a sinistra un'abitazione (A) con due uccelli adagiati sul tetto (B). Accanto ad essa può distinguersi un albero senza foglie che tende a sinistra (C), una pianta in un vaso (D) e una scena con danzatori: una donna coronata (E) suona un doppio oboe (F), mentre due indigeni itifallici ballano (G; H); quello a destra regge nel braccio sinistro dei bastoncini. Entrambi hanno un grande fallo e uno sporgente ombelico e sono raffigurati mentre urinano (o eiaculano e defecano). Accanto a loro un coccodrillo (I) che si sta avvicinando dal fiume tra la vegetazione (J), ha già la bocca aperta per attaccarli. Un altro indigeno macrofallico e danzante (Q) è raffigurato (mentre defeca) davanti a un monumento (forse funebre) presso cui si erge un albero (che tende a destra) (K). Più avanti (di minori dimensioni) è raffigurata una donna (L) che suona un doppio oboe (M), un uomo con un grosso fallo in piedi (N) accanto a pentole e un tavolo con cibo e bevande (O). Sopra questa scena un simposio (P) con una donna sdraiata (R) e forse un'altra figura. Più a destra si potrebbero ancora scorgere un grande albero senza foglie (S) e un altro edificio (T). (II) parete nord, ora I 8, 17 a: a sinistra alcune anatre nuotano (U) tra piante acquatiche (V), sullo sfondo è raffigurata una torre (W). Sulla destra una palma (X) e una barca di papiro con la parte anteriore a forma di grande fallo (Y). In essa, sulla destra due nani con grandi falli ballano (Z; A1) mentre più a sinistra vi è certamente un'altro un pigmeo proteso a destra (B1) 137. (III) parete nord, ora I 8, 17 b: altre anatre (C1) tra piante acquatiche (D1) e due uomini (forse danzanti) le cui teste non sono conservate (E1; F1). Uno di loro ha due bastoncini in mano. Fra loro è raffigurato un grande fiore di loto (H1). (IV) parete est, ora in I 8, 17 c-d-e: l'immagine mostra una caccia e alcune scene di palaestra con pigmei itifallici. A destra di un ibis (J1) un pigmeo itifallico regge una lancia (K1) con cui trafigge una pantera (L1). Dietro il felino, un pigmeo che regge una lancia nella destra è caduto (M1) e poco dietro si intravede parte di un uccello (N1). È visibile parte di una zampa animale (O1), ma qui la pittura è caduta. Poco dopo un pigmeo itifallico rivolto a sinistra è piegato sul ginocchio sinistro e presenta il braccio destro rivolto verso l'alto (P1), lì vicino a destra, un altro pigmeo è stante (Q1) ed è rivolto verso un’anfora che è in piedi (R1). Oltre questa vi sono tre figure, la prima itifallica (S1) pare allontanare il primo sopraggiunto (anch'egli itifallico) che parrebbe ritrarsi (T1) mentre più a destra si avvicina un'altro pigmeo con la destra alzata e con un panno sotto il ventre (U1). Più avanti paiono raffigurati due individui impegnati in una scena gladiatoria (V1; W1), ma qui il muro è del 136 137

NSA 1882, 322-324; Moormann 1988, 207; Jashemski 1993, 217; Cappel 1994, sv. W23; PPM, VIII, 604. Si veda inoltre Clarke 2007 a, 219-222. Qui a sinistra piuttosto che essere raffigurata una scena sessuale tra una coppia, potrebbe intravedersi una figura (femminile) che applaude e poco più a destra forse una sorta di tavolino con una anfora, ma parrebbe difficile intravedere un'altra figura.

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tutto ceduto. Si intravede infine anche una sorta di nave (X1) con diversi individui a bordo (Y1). L'abitazione, il cui impianto sarebbe da far risalire al II a.C., e subito a nord del lungo angiporto (al civico 27) si apriva sulla via Stabiana ed era in fase di ristrutturazione al momento dell'eruzione. Scavata inizialmente tra il 1796 e il 1798, quando nei cubicoli (1-3) vennero rinvenute sculture in marmo che diedero così nome all'abitato, fu soggetta ad altre campagne di scavo dal 1936 in poi. Aveva il suo ingresso principale al 24, mentre il negozio che ha dato nome al complesso era al 23 e l'ingresso 22 si apriva su un corridoio che conduceva al peristilio situato più in alto che presentava il paesaggio nilotico su descritto. Maiuri datò i dipinti alla tarda epoca repubblicana a causa dell'opus incertum su cui era fissato l'intonaco (tale datazione è seguita anche in PPM VIII, 7l8-719). Stilisticamente, tuttavia, questo vasto paesaggio nilotico (che si estendeva per circa 50 m) sembrerebbe appartenere al periodo del Quarto Stile e si ritiene datato attorno al 70 d.C. Questa ipotesi sembrerebbe supportata dal carattere grottesco delle immagini e la combinazione di elementi nilotici, scene di naumachie e di caccia, tipiche del quarto stile 138. 38. Tempio di Iside (VIII, 7, 28), portico. Pittura. MNN 8607 et 8539 (e in parte decorazione perduta). 62-79 d.C. La parete est del portico esponeva due pannelli (lato nord, 16 x 63 cm; lato sud 16 x 58 cm) con paesaggio nilotico popolato da pigmei. Altri pannelli nello stesso luogo della decorazione di altre parti delle pareti del portico mostrano paesaggi egittizzanti con caratteristiche sacrali, ma sono anche presenti scene di naumachie 139. L'ekklesiasterion venne decorato con grandi dipinti mitologici al centro delle pareti. I pannelli laterali mostravano dipinti di paesaggi con santuari egizi circondati dall'acqua. Sebbene oggi parte della decorazione sia perduta, essa può in gran parte ricostruirsi con l'ausilio di dipinti e incisioni realizzate poco dopo lo scavo. (I) portico, parete est, lato nord: a sinistra si intravedono quattro anatre (A) tra fiori di loto (B) con alle spalle alcune semplici strutture di paglia (C). Al centro della scena un’isoletta con una capanna di paglia e una piccola torre accanto (D) che presenta una recinzione in cui vi sono alcune palme e altra vegetazione (E). In primo piano due pigmei (F; G), uno rivolto a destra forse rappresentato nell'atto di nutrire due ibis (H, I)) ed un altro proteso verso destra, che regge in mano una canna da pesca (L) 140. Poco più a destra sul bordo del fiume si vede un ibis (M) rivolto a destra e tra grandi fiori di loto (N) e un coccodrillo (O) che nuota tra le piante acquatiche (P). Sullo sfondo su un'altra striscia di terra di intravede un'altra struttura simile a quella precedentemente descritta (Q). (II) portico, parete est, lato sud: A sinistra nell'acqua e tra la vegetazione palustre circostante (A2) si vede un grosso coccodrillo che si rivolge a destra (B2). Dietro, oltre il fiume, si intravedono alcune strutture (C2). In primo piano a destra si vede un edicoletta affiancata da una struttura poco più slanciata (D2). Vi sono poi due torri con un tetto (M2) a falde che sono collegate da una 138 139 140

Vd. ad es. Maiuri 1956, 65-80; Cèbe 1966, 348; De Vos 1980, 90; PPM VIII, 718-719. Versluys 2002, 142. Come per es. quelle presenti nel portico nord nella zona est (MNN 8590), nella zona centrale (MNN 8519) o ancora nella zona ovest (MNN 8552; MNN 8554). Qui sul lato destro sulla superficie dell'affresco si ritrova iscritto: “Veni hoc”, ovvero, sono venuto qui. Tale iscrizione potrebbe essere stata scritta da un visitatore del santuario, o essere una burla rispetto alle immagini effigiate. Inoltre, data la natura esplicita di diverse scene nilotiche, ma non questa, è possibile che si faccia riferimento ad allusioni sessuali. Tale testimonianza potrebbe però anche rievocare alcune frasi popolari già diffuse in diversi graffiti pompeiani, come: “veni hoc cupidus multo magis ire cupii”, ovvero, bramosamente sono venuto qui, desideravo molto di più andarmene, che si richiamerebbe alla noia del viaggiatore (Cfr. anche CIL IV, 10065a, IV, 6697, IV, 9849).

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passerella (E2), sotto cui parrebbe esservi una figura (F2). Dietro le torri vi sono due palme (G2). A destra si vede uno shaduf (H2) e più avanti tre anatre (I2) tra grandi fiori di loto (J2). Dietro le anatre, un’altra lingua di terra emerge dall'acqua e si intravedono una capanna di paglia (K2) e palme (L2). 39. Tempio di Iside (VIII 7, 28), ekklesiasterion. Pittura. MNN 8575; SG 1265; MNN 8558; 8570; 8574 (e in parte decorazione perduta). 62-79 d.C. (III) ekklesiasterion, parete sud: Da sinistra dopo uno scosceso paesaggio roccioso (A3) è raffigurata un grande masso sull'acqua (B3). Su essa (al centro della scena) vi è un albero (C3) tra due pilastri (D3), che forma un unico monumento cinto superiormente da due anfore (E3). Accanto al monumento possono distinguersi tre persone, due a sinistra (la prima (F3) in atto di incedere frontalmente e l'altra seduta (G3) lì vicino alla sua sinistra), mentre più a destra appare un pescatore (H3). Al centro un grande ibis (I3). Sullo sfondo di entrambi i lati altre lingue di terra con santuari che emergono dall'acqua (J3; K3). Quello a destra si trova sopra un rilievo distino. (IV) ekklesiaterion, parete ovest: è raffigurato un terrapieno di un fiume. Sull'argine, dopo alcuni alberi (A4) ed edicole (B4), è visibile un albero senza foglie (C4) fiancheggiato da due statue di animali su una base (D4). L'albero si erge a sinistra presso un tempio rotondo (E4). Di fronte al tempio c'è un altare tondo con accanto un sacerdote seduto con in mano un sistro (F4). (V) ekklesiaterion, parete ovest: a sinistra è chiaramente visibile un grande specchio d'acqua seguito da una striscia di terra sull'acqua (A5). Qui, sopra l'isoletta si vede un monumento con due alti pilastri (B5) presso i quali vi è un albero senza foglie (C5). Un grande velum pende da uno dei rami (D5) e sotto in primo piano è raffigurata un'anfora (E5) poggiata sulla base del monumento precedentemente descritto. Una persona (F5) con un cappello dalla tesa pronunciata (pescatore) è seduta vicino all'albero. Dietro il monumento un tempio circolare con una statua di una dea su una base (G5). Davanti al tempio sono raffigurate alcune mucche, in piedi e sdraiate (H5). (VI) ekklesiasterion, parete nord: Sul lato sinistro, dopo alcuni scoscesi rilievi rocciosi terminanti con degli aridi rami (A6) e quella che pare una struttura formata da alcune colonne (B6), si vede un'isoletta al bordo di cui vi è un pescatore (C6). Al centro della scena è visibile un monumento funerario (D6). Esso si compone di un sarcofago posto verticalmente con un falco in cima (E6) che si trova sotto un'edicola (F6). L'edicola consiste di due pilastri a forma di sarcofago (G6; H6) coronato da un frontone e una piccola rampa di scale che conduce al sarcofago (I6). Di fronte al monumento funebre un sacerdote sta facendo offerte (J6). Sulla sinistra dell'edicola si può vedere un monumento con un albero senza foglie (K6) e sulla destra un'erma itifallica (L6). Sullo sfondo si intravedono altre ampie strutture di cui una torre tonda (santuario?) (M6) e dietro un rilievo sovrastato da un albero spoglio (N6). In primo piano sull'estrema destra davanti ad un altro albero si vede un'anfora (O6). (VII) ekklesiasterion, parete nord: A partire da sinistra si vedono due monumenti (A7; B7) su una grande roccia circondata dall'acqua. In primo piano un albero (C7) tra due pilastri (D7), anch'essi cinti da due anfore (E7). Sotto, su una base separata viene posizionato un hydreion (F7). Dietro questo un'edicola con alcuni gradini (G7). Dal tempio un muro decorato con vasi si estende verso sinistra (H7). Sullo sfondo a sinistra e a destra si possono distinguere parti di altri monumenti (I7; J7). Come accennato già nel Cap. III. 3, il tempio di Iside fu uno dei primi edifici scavati a Pompei

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ed esso contribuì a diffondere la conoscenza della città vesuviana nel corso del XVIII e XIX sec. I primi resti furono scoperti nel 1764 vicino al Teatro grande e in quegli stessi anni fu rimesso in luce. L'iscrizione in marmo posta sulla porta d'ingresso del civico 28, ricorda la dedica di N. Popidius Celsinus, che finanziò gli interventi di restauro dopo il terremoto del 62 d.C. Al momento dello scavo, gran parte dei dipinti era in buone condizioni. Insieme alla scoperta di statue, terrecotte e oggetti rituali, l'arredamento del santuario è stato in larga misura oggi ricostruito. Oltre al Sacrarium 141, i pannelli nella parte centrale delle pareti del portico mostravano nature morte, naumachie e paesaggi egiziani. Quest'ultima categoria come visto presentava due varianti: paesaggi di pigmei e paesaggi a carattere religioso. La zona superiore delle pareti del portico era così decorata con tipici soggetti egittizzanti come pigmei, fiori di loto e ippopotami, così come rappresentazioni connesse al culto di Iside 142. La decorazione del portico rimase legata alla funzione della costruzione, mentre tutti gli altri elementi, nonché lo schema della parete, paiono comunemente più frequenti nella decorazione di case ed edifici pubblici del quarto stile. Ciò non vale per i dipinti della stanza interpretata come ekklesiasterion 143, i cui pannelli centrali raffigurano un episodio del mito della dea Iside (Io) a cui i paesaggi su entrambi i lati sono collegati (Vd. MNN 9558)144, come testimoniatoci da ADS 916, acquerello eseguito nel 1810 da G. Chiantarelli 145. 40. Casa dei Pigmei (IX, 5, 9), Pittura. In situ. 70 d.C. ca. I paesaggi con pigmei si trovano in una piccola stanza a lato nord del triclinio. Le raffigurazioni sono state dipinte a nord, pareti est e ovest. Di esse rimangono solo parti, ma questi si sono conservati in discrete condizioni. Parte delle immagini del muro nord sono anche riportate da un acquerello del XIX secolo. (I) parete nord: Si vede un paesaggio fluviale con strisce di terra che emergono dall'acqua. Tali isolette di terra sono collegate da ponti di legno. Nell'acqua sono raffigurati fiori di loto e anatre. Sulla sinistra in primo piano due anatre (A) e poco dietro un ippopotamo (B) tra piante acquatiche (C). Dietro l'animale altre due anatre (D) e, dopo una scarsa vegetazione (E), un coccodrillo che nuota (F). Sullo sfondo è visibile un'altra striscia di terra con un pigmeo a limite di un ponticello (G) e dietro su una striscia di terra due pigmei adulti (H, I) e un bambino (J). Poco più a destra due pigmei protesi verso sinistra (K; L) remano su una canoa di papiro (M). Sulla striscia di terra al centro dell'immagine si può scorgere un albero (N) con un velo rosso (O). Accanto ad esso, sulla destra, un pigmeo itifallico trasporta due cestini collegati da un’asta sopra le spalle (P). Dietro il velum e accanto a un tempietto (Q), cinto con un’anfora sacra 141

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Tra cui si menzionano solo ad es. il dipinto del dio Osiri su trono e con cobra (MNN 8927); leone (8564); ibis (8562); Navigium Isidis con Osiri e busti di divinità fluviali (Nilo?). In basso, due serpenti si muovono verso una cesta che presenta il simbolo della luna crescente (MNN 8929); Bes (MNN 8916); Cobra (MNN MDXII); animali vari (8533); Api (8565). Vd. anche Moormann 2007 137-154; Moormann 2011, 149-161. Di cui si ricordano i famosi dipinti di sacerdotessa su candelabro d'oro con un piccolo coccodrillo nella mano destra e un vassoio e un vaso nella sinistra (MNN 9768); con sistro con la sua mano destra e con una scatola decorata con nastri, nella sua sinistra (8926); con vaso e pavone (MNN 8915); con offerte su vassoio (MNN 8917); con cobra e giara (MNN 8928). Senza dimenticare il dipinto murale di Io raffigurata con le corna custodita da Argo a cui Hermes mostra la sua syrinx nello stesso Ekklesiasterion (MNN 9548). L'immagine di Iside – Io richiama, come noto, quella della Casa del Duca di Aumale (VI 9, 1) (MNN 9558). Helbig 1868, n. 1571; Elia 1941; Schefold 1957, 233-234; Peters 1963, 117, 167-170; De Vos 1980, 22; De Caro 1993, tavv. 1.2, 1.10, 1.62-1.70; Hoffmann 1993; Cappel 1994, sv. W24; PPM, VIII, 718-719.

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(contenente l'acqua del Nilo) (R), un'alta colonna con parte superiore a base rettangolare (S) su cui poggia una statua di Sobek (il dio coccodrillo) (T). Dietro il tempio la vegetazione (U); sulla destra sono raffigurate due torri (V; W) (di cui la seconda presenta un tendaggio) collegate da una passerella (S), con accanto due pigmei (una donna (X) e un pescatore (Y)), mentre sullo sfondo è visibile una capanna con tetto di paglia (Z). Sulla destra è raffigurata una grande palma (A1) in un enorme pithos (B1). E poco dopo, quasi del tutto svanito un altro pigmeo (C1) proteso a sinistra. Poco sotto si intravedono due anatre (D1) tra piante nilotiche (E1) e più a destra sotto la zona del fregio ormai perduta, due pigmei in fuga da un coccodrillo (F1) rampante proteso a destra. Uno di questi ha in mano due bastoncini (G1) e l'altro si arrampica su una palma per scappare (H1) 146. (II) parete est: sul lato nord un piccolo frammento che mostra due anatre (I1) tra piante acquatiche (L1). (III) parete sud: su questa parete si conservano tre ampie porzioni. Sul lato est (a sinistra di una finestra) si vedono delle anatre (M1) e piante acquatiche (N1) (III.1). Il secondo frammento si trova sopra la finestra e mostrerebbe parte superiore (una sorta di capannone) di una imbarcazione (O1) colma di anfore (P1). Dopo la rottura, si vede una struttura edicolare (J1) e una passerella (Q1) su cui corre un pigmeo (R1) che regge sulla destra una sorta di bastone, ad egli si fa incontro un altro pigmeo (S1) proteso verso sinistra e dietro lui su una striscia di terra, una capanna recintata con alberi (T1) (III.2). La terza e più grande porzione (III. 3) si trova sul lato ovest del muro (ed è collegata alla precedente appena descritta per il lato superiore). Da sinistra si può vedere un'isola con un tempio (U1) dietro cui vi è una torre con un tendaggio (V1). Davanti al tempio si vede un pigmeo con scudo e lancia (W1), mentre poco più a destra dopo un alto albero (X1) vi è un altare (Y1) presso cui appaiono due figure femminili, una impegnata in una offerta (Z1), mentre un'altra si avvicina portando un cesto con offerte in testa (A2). In primo piano, loti (B2), piante acquatiche (C2) e due anatre (D2). Sullo sfondo, a sinistra, pare visibile anche un'altra isola con una capanna di paglia (E2) e una palma e altra vegetazione (F2) (sopra cui, come detto, vi è III.2). La Casa dei Pigmei, dal nome dei dipinti sopra citati e presenti nell'ambiente (l), è una casa di dimensioni modeste che si affaccia su Via di Nola. Priva del tablino, dall'atrio (b) si passa direttamente ad una serie di ambienti di soggiorno attorno al peristilio (i). Pur notando resti di decorazione di II stile, oggi non ne restano visibili che poche di IV. Molto probabilmente gli zoccoli delle pareti erano stati decorati da piante che avrebbero potuto anche richiamare un tipico scenario della palude nilotica 147. 41. Casa del Lupanare piccolo (IX 5, 14-16), atrio. Pittura. Perduta. 70 d.C. Il dipinto era collocato all'interno della balaustra dell'impluvio nell'atrio. Composto in muratura e circondata da un muretto di mattoni incavato in superficie per contenere piante era decorato con scene nilotiche con fondo rosso oggi perdute. (I) lato ovest: pigmei (A) che combattono un coccodrillo (B) e un'ippopotamo (C). 146 147

Il pigmeo detto “danzante” da Barrett 2019, 375 (App. B) in realtà parrebbe stare semplicemente scappando dal coccodrillo (vd. G1 della descrizione). NSA 1877, 274; Mau 1879, 135-137; Spano 1955, 335-368; Schefold 1957, 255; Schefold 1962, 149; Peters 1963, 171-172; Cèbe 1966, 353; Whitehouse 1977, 61; Cappel 1994, sv. W25; PPM, IX, 486.

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(II) lato nord: symplegma (E1) tra pigmei (D) in una barca (E). (III) lato est: due pigmei (F, G) che combattono per una fanciulla (H). (IV) lato sud: due uccelli acquatici (I, J). Secondo Schefold, la sala di questa casa esponeva dipinti di paesaggi con una statua di Iside accanto a un albero 148. Vasto complesso costituito da due abitazioni indipendenti ma comunicanti per mezzo di una porta di fondo all'ala (i) e aperte sui due vicoli che costeggiano il lato Est e Sud dell'Insula 5, la Casa del Lupanare piccolo venne così definita per essere distinta dalla più grande Casa del Lupanare (VII, 12, 18). L'abitazione non doveva presentare grande ricchezza di decorazioni se la critica più attenta ha proposto la definizione di popolare per individuarle. Ciò detto, nei pavimenti di cocciopesto è riconoscibile ancora una fase decorativa più antica, mentre il fatto che due ampi ambienti che davano sul peristilio fossero privi d'intonaco avrebbe suggerito come l'abitazione fosse al tempo dell'eruzione in ristrutturazione149. 42. IX, 6, f-g?, sala del peristilio, probabilmente un triclinio. Pittura. Perduta. 70 d.C. ca. Il dipinto era collocato su un muro a destra tra maschere di menadi e un satiro. Si estendeva sotto un pilastro che portava ad una rampa di scale. Vi era raffigurato un paesaggio nilotico con una statua della Fortuna (A) e dei pigmei (B). Sotto il pilastro si potevano distinguere anche alcune palme (C) e un fallo (D) (?). Altre pareti della stanza avrebbero poi mostrato paesaggi in cui vi erano donne che facevano sacrifici (E) a Priapo (F) ed Ecate (G); la decorazione complessiva dell'ambiente doveva pertanto richiamarsi anche ad atmosfere dionisiache. Tra gli oggetti, qui venne rinvenuto un vaso con effigie di Iside-Hydreia 150. A causa del bombardamento avvenuto durante la Seconda Guerra Mondiale, resta complesso ricostruire la superficie totale originariamente posseduta dall'abitazione e pertanto anche la ricostruzione decorativa è resa in parte possibile solo dalle notizie bibliografiche e storiche 151. 43. Casa del Centenario (IX 8, 6), frigidarium / piscina. Pittura. In situ. 70 d.C. Nella zona termale del complesso si trovavano due paesaggi nilotici sulle pareti est e ovest, nella zona centrale sopra la piscina. Se ne preserva solo la cornice rossa e una piccola porzione che mostra dei pigmei. Nella parte posteriore della casa vi è, come noto, un grande ninfeo; qui le pareti del bacino di fronte erano decorate con paesaggi acquatici, tra cui una scena palustre con piante e animali nilotici. (a) frigidarium, parete ovest: paesaggio nilotico (A) con “pigmeo incoronato” (B) 152. 148 149 150 151 152

Schefold 1957, 259-262. Per le decorazioni esotiche dell'abitato si veda anche Clarke 1998, 178-187. Moormann 1988, 216; PPM, IX, 600-601. Si rimanda all'elenco dei reperti AREP della sezione successiva. Cfr. anche Tran Tam Tinh 1964, 175, n.144. Garcia y Garcia 2006. In gen. si veda anche Schefold 1957, 265-266; PPM, IX, 720, 722. Versluys 2002, 151. Secondo il giornale dei Soprastanti, 19, maggio 1879, in tal luogo: “Lateralmente alla vasca

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(b) frigidarium, parete est: paesaggio nilotico con un ibis (C), un serpente (D), un ippopotamo (E), coccodrilli (F), anatre (G) e un pigmeo-pescatore (H). 44. Casa del Centenario (IX 8, 6), ninfeo. Pittura. In situ. 70 d.C. (c) ninfeo, parete ovest: paesaggio acquatico (D) con grandi fiori di loto (A), anatre (B) e pesci (C). La cosiddetta Casa del Centenario, risalente al II secolo a.C., deve il suo nome al fatto che lo scavo fu iniziato nel 1879 alla celebrazione della ricorrenza del XVIII centenario dell'eruzione del Vesuvio, e fu messa in luce nel 1881. Tra le maggiori di Pompei per i suoi due atrii e oltre 40 ambienti, venne edificata agli inizi del I d.C. sui resti di abitazioni risalenti al II a. C., mentre la decorazione pittorica è databile specie per le parti in III stile alla seconda decade della nostra era. La presenza di manifesti elettorali dipinti col nome di Ti. Claudius Verus e di A. Rustius Verus ha fatto ritenere che si trattasse dei proprietari. Nel 79 d.C., l'abitato presentava un doppio atrio tuscanico, un grande peristilio, un bagno privato e una zona per gli schiavi che poteva essere raggiunta da un ingresso separato. Attraverso un graffito datato al 15 d.C., che si è conservato, si potrebbe rilevare che un ampio restauro della casa potrebbe essere stato eseguito all'inizio del I secolo d.C.; questo tra l'altro consisteva nell'introduzione di mosaici in bianco e nero e alcuni primi dipinti di terzo stile. Durante questa ristrutturazione fu costruito un bagno privato con un bacino di accompagnamento e la piscina. La maggior parte del complesso fu comunque ridecorato nel periodo del IV Stile. Nella decorazione, pur poco preservata, si evidenzierebbero diversi elementi egiziani ed egittizzanti. Le raffigurazioni vicino alla piscina e al ninfeo avevano quindi carattere nilotico. Un triclinio (o) mostrava ancora dipinti del III stile, raffiguranti donne seguaci del culto di Iside. Sulle pareti di una stanza adiacente all'atrio (ambiente 3) vi erano anche piccole figure egittizzanti come una sfinge, un kynokephalos e sacerdoti isiaci. Un acquerello del XIX secolo mostra un pannello della casa con un paesaggio egiziano, una torre, palme e un velum. Sembrerebbe aver avuto carattere egittizzante anche uno dei paesaggi che decoravano la parte centrale di un muro del peristilio, mentre nel triclinio 8 si conserva un piccolo quadretto sulla parete est con un dipinto di paesaggio e architettura egizittizzante. Infine, sulla predella in un altro triclinio, vengono dipinti nani che danzano, cacciano animali e fanno raccolta. Pur se resterebbe in parte complesso riflettere sugli altri elementi decorativi dell'abitazione che sfortunatamente a stento si sono salvati, il carattere specificamente religioso di alcune decorazioni, assieme a fatto che si sia rinvenuto un sistro e un piccolo bronzo (egittizzante o di Iside? 153) ha portato molti a supporre che nel 79 d.C. tale abitazione potesse appartenere a un seguace del culto di Iside 154.

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stanno due grandi vedute di paesaggio; hanno fondo giallo e vi sono rappresentate alcune fabbriche, un Pigmeo mostrando un coccodrillo ad altro uomo della stessa razza; un Ippopotamo e diverse oche. (mal conservate) – I Soprast. Nicola Pagano, Antonio Ausiello, Camillo Lembo...”. Si veda Coralini 2017, 381. Presuhn 1882, abb. 9, B, rifacendosi a NSA 1880, riporta infatti: “Die um das Atrium liegenden 6 Räume (A) können nur ganz allgemein als Schlafzimmer bezeichnet werden. Von einigem Interesse ist nur das erste links; hier sind auf weissem Grunde sieben ägyptische Figuren gemalt, und man fand ein Sistrum (Instrument, das zum Isiskultus diente), und ein Bronze-Hautrelief mit der Büste einer weiblichen ägyptischen Gottheit...”. Sostenendo perciò il rinvenimento di diverse figure egiziane dipinte su uno sfondo bianco, un sistro e un rilievo di bronzo con il busto di una divinità egizia. Presuhn 1882, abb. 9, taf. 3; Schefold 1957, 275; Tran Tam Tinh 1964, 158-159; De Vos 1980, 35-43; 49-60; PPM, IX, 903-905.

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45. Terme Suburbane, natatio del frigidarium. Pittura. In situ. 70 d.C. ca. Il dipinto sulla parete est (approssimativamente 1,8 x 3 m) si è relativamente ben conservato. L'immagine sulla parete ovest (1,8 x 2,25 m circa) è invece ad oggi visibile solo al centro. (I) parete est: la scena si sviluppa sopra due strisce di terra circondate dall'acqua. Sulla sinistra si vede un'isola rocciosa con un tempio su un podio (A). L'ingresso è fiancheggiato da statue di sfingi o leoni (B) e si vedono ghirlande appese tra i pilastri dell'ingresso e di fronte al santuario (C) vi è un altare (D). Si possono distinguere due pigmei (E, F), di cui uno si sta difendendo da un coccodrillo (G) e poco sopra vi è anche un ippopotamo (H). Sullo sfondo alcuni edifici (I) e un grande porticato (J). Dall'altra parte, su una più grande striscia di terra sono visibili due torri (K) collegate da una passerella (L). Di fronte alla prima vi è un pigmeo rivolto a sinistra (M). A destra della stessa torre vi è una capanna (N). Di fronte una pigmea con in mano una patera (O) è raffigurata con un grande ibis accanto (P). Sul lato destro si trova uno shaduf (Q). Sull'estrema destra si possono distinguere un ippopotamo (R), un coccodrillo (S) e alcune anatre (T) in mezzo a fiori di loto (U) e piante acquatiche (V). Sullo sfondo si intravederebbe anche una nave (Z). (II) parete ovest: su una porzione di terra sul fiume si può vedere una torre con tetto a due falde (A2) e alcune capanne di paglia (B2). In primo piano due pigmei (C2; D2) che camminano. All'estrema sinistra del pannello resterebbero ancora visibili tracce di altri due pigmei (E2; F2). Le cosiddette Terme Suburbane, situate vicino a Porta Marina, erano un complesso costituito da più parti e comprendevano anche un bordello. L'edificio risale all'inizio del I secolo d.C. Parte della decorazione in IV Stile, tra cui i paesaggi nilotici, risalirebbero invece a restauri successivi al 62 d.C. L'acqua scendeva nella piscina da un ninfeo posto più in alto. Le quattro pareti intorno alla piscina erano decorate con due quadretti installati uno sopra l'altro. Alle pareti est e ovest il quadretto inferiore mostra una dea marina tra pesci e altri animali acquatici, mentre il pannello di accompagnamento nella zona superiore raffigura una scena nilotica. I dipinti sulle pareti nord e sud mostrano quadretti di grandi dimensioni con scene di naumachie 155. 46. Villa dei Misteri, atrium. Pittura. In situ. 80-70 a.C. Si conservano qui cinque porzioni di pittura alle pareti sud e nord dell'atrio. Originariamente avrebbero dovuto costituire un unico fregio egittizzante nella zona superiore dell'atrio. Il fregio sarebbe stato alto 1-1,5 m e avrebbe avuto una lunghezza piuttosto considerevole. In un tablinum (stanza 2) un fregio con figure egizittizzanti e semplici scene nilotiche è invece posto sopra lo zoccolo di ogni muro. (I) atrio, parete nord, lato destro: la maggiore delle cinque parti che restano è anche quella che si è meglio conservata. In una veduta a volo d'uccello è raffigurato un paesaggio fluviale policromo con edifici. All'estrema sinistra è visibile parte superiore di un edificio con tetto a due falde (A) e una torre 155

Jacobelli 1995a; Jacobelli 1995b. Ma si veda ancora Berlan-Bajard 2006 per il richiamo a elementi alessandrini.

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quadrata (B). Gli edifici si ergono su una piccola striscia di terra che emerge dall'acqua. In primo piano si può vedere una colonna (C) a cui è appeso un grande velum (D); questo è retto dall'altro lato da alcune colonnette (E), mentre un altare con offerte si trova al di sotto di esso (F). Una donna si avvicina da destra (G) ed una da sinistra (H). A destra vi è un’altra colonna (I) tra due palme (J). Sulla cima del capitello è posta una statua (K), affiancata da due più piccole (L; M). A sinistra, accanto alla colonna è possibile vedere un'altare (N) sul quale un uomo ripone delle offerte (O). Una donna avanza verso sinistra (P). Dall'altro lato del fiume, sullo sfondo, si può distinguere l'angolo di un podio con una rampa di scale (Q). Sul podio si può vedere un edificio quadrato (R), con una donna (S) e altre persone in piedi all'ingresso (T). Sul fiume, verso destra, una barca (con la poppa a forma di testa di un animale) naviga (U). (II) atrio, parete nord, centro: è vagamente visibile una barca (A2), e a destra un molo (B2) con una torre all'estremità angolare della struttura (C2). Intorno al 1931 Maiuri poteva ancora vedere altre due barche, un viaggiatore e un pastore con due capre. (III) atrio, parete nord, lato sinistro: è raffigurato un paesaggio marino con persone che camminano (A3) su un ponte o una diga (B3). (IV) atrio, parete sud, a destra: il frammento mostra un edificio collegato a una torre tonda da un portico (A4). (V) atrio, parete sud a sinistra: strutture probabilmente appartenenti allo stesso complesso edilizio come nel frammento (IV). 47. Villa dei Misteri, tablinum. Pittura. In situ. intorno al 10 a.C. (f) tablinum: sopra lo zoccolo di ogni muro corre un fregio che mostrerebbe figure e scene egizittizzanti. Sotto ciascuno dei tre pannelli di ogni muro (ed evidenziato da colonnette) si ritrova un fregio tripartito che vede ciascuna parte composta ai lati da due coppie di animali (divinità) con al centro altre singole divinità (o oggetti) nel mezzo di cui vi è un'ulteriore coppia divina con al centro un quadretto che ne incornicia una singola deità (A) 156. 156

Sull'esempio della stanza 2, tablinum, guardando a ovest lungo la parete nord. Qui tali rappresentazioni sono state citate solo perché tra esse appaiono anche uccelli acquatici tra piante di loto. “Il tablino (2), che in origine comunicava direttamente con l’atrio per mezzo di una grande apertura, abolita in epoca augusteo-tiberiana, quando, in conseguenza della creazione della grande esedra absidata (1), anche il tablino venne trasformato in una sorta di esedra. In questa fase la stanza ricevette una elegante decorazione in III stile. Il pavimento è in semplice tessellato bianco, con un puntinato regolare di tessere nere. Lo schema decorativo delle pareti è estremamente raffinato. Lo zoccolo è decorato da una pergola, attorno alla quale si avvolgono tralci fioriti e al di sotto della quale sono dipinte delle piante, tra le quali volano uccelli. Una sottile fascia bianca ornata da corolle e da boccioli di loto, sormontata da una fascia verde, segna il passaggio alla predella, deliziosamente ornata con motivi egittizzanti alternati a vignette con uccelli esotici che beccano frutti. La zona mediana, sempre a fondo nero, si articola in ampie campiture, separate da filiformi colonne, prive ormai di ogni consistenza architettonica, con il fusto in parte reso come un candelabro vegetale, in parte come una serie di eleganti fasce ornamentali. I pannelli della zona mediana sono racchiusi da tirsi vegetali con maschere tragiche al centro, quelli laterali presentano riquadri centrali, dai quali si dipartono dei tirsi vegetali. Al di sopra della trabeazione corre un fregio molto elegante, sempre a fondo nero, composto da una serie di quadretti con uccelli, alternati a riquadri con figure egittizzanti e a medaglioni con animali. Il registro superiore, a fondo bianco, scarsamente conservato, esibiva una

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

Ehrhardt 1987, 145-148 considerava i dipinti del tablino un'imitazione del quarto stile 157. Versluys seguiva invece la visione di Bastet e De Vos. La cosiddetta Villa dei Misteri, il cui primo impianto risalirebbe alla prima metà del II a.C., oltre a una tenuta di campagna era, come noto, un ricco centro di attività agricole. L'attribuzione della proprietà resta tuttavia controversa. Il ritrovamento durante gli scavi di un sigillo di L. Istacidius Zosimus, liberto degli Istacidii, che viveva a Pompei ha fatto ipotizzare che un membro della famiglia avesse gestito o posseduto la villa attorno al 79 d.C., mentre la la scoperta di una statua dell'Imperatrice Livia ha fatto presupporre che la villa appartenesse allo stesso Ottaviano. Nonostante una ristrutturazione su larga scala nel 60 a.C. circa, il fregio nilotico nell'atrio che risalirebbe al periodo precedente non fu rimosso (o coperto) ma incorporato nel nuovo programma decorativo. Il fregio si sarebbe esteso anche oltre il muro sud e avrebbe raggiunto i quasi di 40 metri di lunghezza sopra i maestosi pannelli neri offrendo così al visitatore una indimenticabile vista dell'atrio con percezione dell'Egitto. I motivi egiziani in miniatura, tra cui alcune scene nilotiche con uccelli tra fiori di loto, risalirebbero invece al periodo di Augusto e si trovano nel tablinum direttamente dietro l'atrio 158. Nella celebre sala del triclinio sono poi presenti i famosi affreschi che hanno dato nome alla villa. In questi frammenti rappresentanti l'iniziazione ai misteri dionisiaci è stato possibile riconoscere anche la personificazione delle quattro stagioni. “Autunno”, ornato di una corona di alloro, sta versando acqua da una piccola brocca, secondo alcuni, simboleggiando così anche l'inondazione del Nilo come caratteristica specifica dell'abbondanza di questa stagione. 48. Villa di Diomede. Pittura. Perduta. 70 d.C. I dipinti della villa, scavata nel XVIII secolo e oggi in gran parte perduti, si sono conservati solo grazie alle incisioni di Morelli, Chiantarelli, Cesarano e altri. Pare pertanto piuttosto complesso voler ricostruire il loro aspetto originario. Seguendo ADS 1135 e lo stesso disegno di Francesco Morelli, inciso da Cesarano, che indicherebbe la parete di una stanza all'estremità del passaggio nel piano superiore 159, si potrebbe rilevare come: due pannelli rossi al centro del muro mostrerebbero (a sinistra) una sorta di molo (A) da sinistra e in primo piano alcuni pigmei (B) tra un’edicola (C) e uno shaduf (D) e sullo sfondo un edificio a due piani (?) (E), mentre (a destra) si intravedrebbero diversi edifici (A1) che partono da sinistra e di fronte ad essi dopo il fiume sulla riva due pigmei (B1). Altre incisioni (ADS 1152-1155) mostrerebbero una parete con piccoli pannelli all'interno della zona superiore. Tra questi, nel caso di ADS 1154 pare visibile una barca che naviga. Non è possibile tuttavia stabilire se i dipinti avessero o meno motivi nilotici (e non pare il caso). Lo stesso vale per ADS 1172 che mostra la decorazione interna del portico con due anatre in mezzo a giunchi.

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serie di edicole e padiglioni”. Esposito, Rispoli 2013, 74. Si veda anche Ehrhardt 2012. In gen. si veda ora anche Haug 2020. Si veda anche NSA 1910, 139; Maiuri 1931; Beyen 1939, I, 54, 61; Schefold 1957, 296; Peters 1963, 7-10; Tran Tam Tinh 1964, 151-152; Bastet, De Vos 1979, 56-57; De Vos 1980, 9-12; 77; Moormann 1988, 224; Tybout 1989, 340; Clarke 1991, 94-95; Meyboom 1995, 81. Vd. Gli Ornati delle Pareti ed I Pavimenti delle Stanze dell'Antica Pompei, 1838, n. 45 (i.e. esedra 4, 4, parete nord o est). Vd. anche Fontaine 1991. PPMD, 84-85, [Morelli].

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Capitolo IV - Nilotica pompeiana. Dal contesto alle analisi sui soggetti individuati

Nel IV Stile, occorrono spesso piccoli pannelli con paesaggi di nani nella zona superiore o centrale del muro; le decorazioni del portico del tempio di Iside a Pompei sono una sorprendente analogia a questo caso. È ipotizzabile che i quadretti con anatre sopra il portico avessero carattere nilotico: il portico del peristilio della Casa delle Nozze d'Argento (qui, n.11) fu in fondo decorato in modo simile. 49. Porta Vesuvio, tomba di Vestorio Prisco. Pittura. In situ. 75 d.C. ca. Il dipinto simile a un fregio si trova sul lato inferiore di una delle pareti. I colori sono alquanto sbiaditi ma l'immagine è ancora in parte visibile. All'estrema sinistra è visibile un'isoletta (A) con un pigmeo in piedi sulla gamba sinistra nell'atto di defecare e che gira la testa indietro (B). Sul fiume davanti a lui si scorgono un pesce (C) e una imbarcazione con vela (D), ma apparentemente senza passeggeri. Sullo sfondo dopo un'isola (E), si vedono degli animali marini (F) e una barca. L'imbarcazione presenta un albero con vele arrotolate superiormente, e in cima si trova un disco lunare (G), simbolo isiaco. A bordo vi sono tre pigmei nudi. Il pigmeo a sinistra, proteso verso sinistra sul bordo della nave, pare stia cacciando un pesce (H), un altro, al centro, con una coppia di bastoncini in entrambe le mani, pare anch'egli adoperarsi per tale azione (I), mentre un terzo pigmeo (J), a destra parrebbe suonare un doppio oboe (K)160. A sinistra e sotto la barca vi sono alcuni pesci (L). La tomba di Vestorio Prisco, che si trova appena fuori Porta Vesuvio, è relativamente ben conservata e dei dipinti all'interno della tomba si è discusso più volte. Accanto a diversi soggetti generali che compaiono spesso nei dipinti di questo periodo, sulle pareti della tomba è presente anche una serie di scene della vita del defunto. La decorazione pare sia stata eseguita in modo da guidare i visitatori al complesso. Vestorio Prisco, edile nel 70-71 d.C. morì in quello stesso periodo all'età di 22 anni. Secondo l'interpretazione di Mols e Moormann, i dipinti e molti degli elementi raffigurati in tale sede non dovrebbero essere interpretati solo in senso strettamente funerario. Sopra la scena nilotica con pigmei 161, era difatti presente una scena di simposio e ciò indicherebbe come Vestorius Priscus in vita avesse chissà partecipato a orge festive, forse abbellite proprio da spettacoli di nani 162. IV.5.1. Altri esempi Ciò detto, in appendice al testo di Versuys 2002 sono poi fornite alcune sommarie indicazioni circa dei frammenti che avrebbero potuto secondo l'autore allora collegarsi a scenari nilotici e che potrebbero in fondo anche essere da collegare più generalmente ad un contesto egittizzante. Varrà la pena prenderli in considerazione per tentare di comprendere quanto e come possano rientrare all'interno della tipologia egittizzante di cui si è detto sopra. Dalla domus pompeiana I, 4, 5, in cui sarebbe stata presente anche una scena egittizzante (di cui si è accennato), proverrebbe anche un quadretto centrale di una parete, oggi conservato a Napoli (MNN 9605). In esso, nonostante sia alquanto rovinato, presentando diversi e grossi tagli ai bordi e 160 161

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Secondo Mols, Moormann 1993-1994, 29, oppure anch'egli avere dei bastoncini. Che trova paralleli in contesto funerario solo nell'Ipogeo presso Porta Maggiore a Roma e nel Colombario di Villa Pamphilj a Roma. Spano 1943, 237-3l5; Dentzer 1962, 533-594; Mols, Moormann 1995, 161-168; Cappel 1994, sv. W27; Mols, Moormann 1993 - 1994, 15-52. Che come noto (Vd. anche Cic., De or., 2, 235; Quint., Lect., 298), a causa della loro deformità erano comprati come schiavi proprio per la loro comicità.

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

un taglio medio inferiore, potrebbe ancora notarsi una sorta di paesaggio marino. In primo piano su una passerella parrebbero essere stanti tre figure (una a sinistra e due a destra) inframezzate da alcuni cesti. La figura sull'estrema destra pare avere aspetto femminile. Poco dietro si intravedrebbe una statua della dea Iside con a lato due individui armati. La probabile edicola presenterebbe all'apice delle due colonne due statue mentre in alto si erge un tempio circolare affiancato da due alberi (di cui è ben visibile quello a sinistra). Secondo Versluys, un frammento a forma di fregio (MNN 9610) potrebbe provenire dalla stessa casa. Anche in questo caso sarebbe raffigurato un paesaggio acquatico, questa volta con isolette su cui sarebbe visibile un'abaton. il carattere egittizzante dell'immagine sembrerebbe confermato dal dettaglio del tetto della cappella. (Cfr. anche Versluys 2002, 462 163). Tale abitazione presenterebbe così diversi elementi egittizzanti. A parte il quadretto rappresentante il mito di Io (MNN 9557), DAIR 83,14 mostrerebbe un monumento colonnare con statue e vasi ed un albero in centro (come si vede ad es. anche presso il tempio isiaco); ed oltre scene di paesaggi marini ed edifici porticati (come se ne vedono diversi associati a scene nilotiche). Nell'abitazione dovevano perciò essere presenti alcuni richiami a caratteri egittizzanti164. Un fregio con pigmei, databile intorno al 30 a.C. decorava la parte superiore del muro dell'atrio della Casa del Toro (V, 1, 7). La parte che si conservava (41 x 170 cm, Antiquarium Pompei e Casa del Citarista) mostrava pigmei in varie occupazioni come viaggiare, fare acquisti e pranzare, ma non si riscontrava alcun elemento paesaggistico caratterizzante 165. Presso VII, 4, 31 (Casa dei Capitelli colorati), la stanza (m) sarebbe stata decorata con raffigurazioni di pigmei soldati nell'atto di lottare contro alcune gru. In un'altra stanza della casa vi sarebbe stato un tondo con paesaggio marino. Entrambi i dipinti, che potrebbero essere datati intorno al 70 d.C., sono noti solo attraverso disegni e alcune incisioni del XIX secolo 166. Comunque sia, la scena di pigmei soldati che combattono gru sarebbe poco attestata nel contesto pompeiano tra le scene concernenti pigmei 167. Nel disegno ADS 1185 (di Antonio Ala, 1855), l'estrema approssimazione del bozzetto non consente purtroppo di attribuire con certezza la scena, che tuttavia sembra avere delle similarità con alcune di quelle qui indagate. Le raffigurazioni che invece dovevano trovarsi nella stanza 21 presso il muro sud del triclinio e attribuiti a Giuseppe Marsigli (ADS 660, 11 Novembre 1834) e (ADS 661, 21 Novembre 1834), andrebbero invece di certo attribuite a paesaggi sacrali a tema egittizzante, davvero similari a quelli presenti nel tempio isiaco 168. Provenienti da VIII, 3, 14 (Casa della Regina Carolina) e risalenti al 1806 alcuni disegni di F. Morelli riguardanti l'atrio di questa abitazione lascerebbero intravedere a sinistra quel che resta di un pigmeo che caccia un leone, a destra alcuni pigmei impegnati in diverse attività (ADS 820). Helbig 1868, n. 1537 169. In un altro disegno dell'atrio (ADS 822) si vedrebbero a sinistra alcuni 163 164

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Schefold 1957, 351; Moormann 1988, 132-133. Dalla stessa abitazione I, 4, 25 (Casa del Citarista), che copriva quasi tre quarti di un'insula (e forse può attribuirsi alla gens Popidia) proverebbe poi un dipinto ormai perduto che mostrava un uccello e un rettile (lucertola?) che si fronteggiavano all'interno un ambiente paludoso. Parrebbe perciò possibile tenere in considerazione che tale rappresentazione avrebbe anche potuto avere uno sfondo nilotico. Beyen 1960, 72-73; Cappel 1994, sv. W3. Vd. Zahn, 1842, Taf. 30. Un esempio potrebbe ritrovarsi tuttavia anche in NP 10. Casa di Gemmarius (II, 9, 2). Si veda anche Schefold 1957, 185; PPM VI, 1053; Cappel 1994, sv. W17. Helbig 1868, 380-381, n. 1537: P. Casa d'Adonide (XXIX). “f. Ein mit kurzem Gewände bekleideter Zwerg sitzt auf einem Sessel vor einer Stafffelei, beschäftigt einen ihm gegenübersitzenden anderen Zwerg zu portraitiren. Mit der R. hält er den Pinsel auf die auf der Staffelei befindliche Gemäldetafel und blickt den zu Portraitirenden aufmerksam an. Neben dem Maler steht ein Geffäss (mit der Flüssigkeit zum Anfeuchten des Pinsels?) und ein niedriger viereckiger Tisch, auf dessen Platte die Farben aufgetragen sind. L. stehen zwei Zwergknaben in kurzen gegürteten Röcken, von welchen der eine mit der L. auf den Maler hinweist. R. sitzt ein Zwerg neben einem Becken oder einer Scheibe, auf welcher er sich mit der R. etwas zu schaffen macht. Möglich, dass er Farben reibt. Hinter ihm steht eine undeutliche Figur, vielleicht sein Gehülfe. Mazois glaubte unter dem angeblichen Becken Kohlen wahrzunehmen, was ihn auf enkaustische Malerei schliessen liess. Im Hintergrunde sitzt ein anderer Zwerg, eine

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Capitolo IV - Nilotica pompeiana. Dal contesto alle analisi sui soggetti individuati

pigmei in una fulllonica mentre a destra alcuni pigmei-gladiatori che lottano contro dei felini. Disegni preparatori di Michele Mastracchio (1840) di una predella dell'atrio, mostrerebbero una lotta tra pigmei e galli (ADS 823; 824). Helbig 1868, 378, n. 1529, riportava infatti: (gegenwärtig fast ganz unkenntlich; Gr. Roth.) Kampf zwischen sechs mit Schild, Schwert und Speer bewaffneten Pygmaien , von welchen der eine beritten ist, und fünf Hähnen. R. in einer Blutlache liegt ein verwundeter Pygmaie, auf welchem ein Hahn sitzt, der nach ihm hackt, 1. ein von einem Speer durchbohrter Hahn. Le incisioni di Morelli mostrerebbero pertanto che l'atrio di questa casa era stato decorato con dipinti architettonici mentre le predelle mostravano varie scene figurative con pigmei. Mancherebbero tuttavia caratteristiche del paesaggio cosiddetto nilotico170. Sebbene necessiti di ulteriori indagini sulla provenienza, nei depositi del Museo Nazionale di Napoli è presente un quadretto da un dipinto murale romano di quarto stile (MNN 9503) raffigurante case a torre e altri edifici egittizzanti di fronte a un boschetto. A destra, sembra essere raffigurato un portico sullo sfondo; in primo piano si possono vedere un uomo seduto e alcuni bovidi. Forse l'immagine si riferisce all'abaton di Osiri o tombe associate a quella in senso più generale. Di alcune altre raffigurazioni, sebbene non sia del tutto noto se derivino da contesto pompeiano o meno, si dirà quanto segue. Un dipinto a forma di fregio, in parte conservato a Napoli (MNN 9496) mostrerebbe un paesaggio marino da cui emergerebbero alcune lingue di terra. Si intravedrebbero delle strutture porticate con un piano superiore e sullo sfondo un ampio bosco con cipressi. Individui che camminano e sono in barca sono indicati concisamente. Versluys avanzava la congettura che l'immagine si riferisse alla tomba di Osiri (che si trovava in un bosco). Altre immagini di questa medesima tipologia e risalenti al periodo del Quarto Stile sarebbero: MNN 9610 e un frammento MNN 9606 (forse provenienti da I, 4, 5?). Un altro frammento (Versluys 2002, 465, App. n. 23171) di provenienza sconosciuta e sempre conservato a Napoli (MNN 9102) mostrerebbe poi due pigmei in una barca piena di anfore. Il dipinto potrebbe avere avuto uno sfondo nilotico: sia i pigmei che le anfore, come si è visto, sono elementi frequenti in tale tipologia di scene. IV.6. Nilotica pompeiana. Analisi sui soggetti individuati e sulla percentuale di frequenza Come si è avuto modo di accennare in precedenza, ogni singola scena nilotica costituisce un microcosmo a sé stante. Ciò non esclude, anzi fortifica, l'assunto che alcuni soggetti rappresentati ricorrano più o meno frequentemente nelle differenti scene. Alla diversificazione pratica si accompagnano però molte similarità che fanno sì che si possa parlare in vari casi di una sorta di ripetitività che permetterebbe in fondo di riconoscere concordemente a tali scene delle

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Tafel auf den Knieen, und sieht sich nach der Hauptgrnppe um. Nach dem Stiche von Mazois steht am 1. Ende des Bildes ein Storch. Doch berichtet Mazois, dass, als er das Bild zeichnete, bereits einige Figuren verloren waren und dass auf der 1. Seite über dem Storche ein anderer Vogel und auf der r. Seite des Bildes ein Kind dargestellt war, welches mit einem Hunde spielt, Motive, welche nur in der Publication von Zahn wiedergegeben sind. Die beträchtlichen Abweichungen der Publicationen zu berichtigen ist unmöglich, da das Original zerstört ist. Der Stich von Z. weicht in merkwürdiger Weise von den übrigen Publicationen ab, indem bei ihm die handelnden Figuren nicht als Zwerge, sondern wie es scheint als Putti charakterisirt sind. Offenbar bietet seine Publication nur geringe Gewähr, da sie das Bild in sehr kleinem Massstabe als Bestandtheil der Wanddecoration wiedergiebt”. PPM VIII, 398-399; Cappel 1994, sv. W22. Riferimenti nilotici (pigmei in barca in lotta prima contro ippopotamo poi contro coccodrillo, ma su zoccolo a fondo nero) disposti su due predelle tra due erme effigianti Ercole e Priapo provengono dall’Ins. VI, 17, 25 (MNN 9688) (1-37 d.c. circa). Vd. Pittura pompeiana 2009, 142-143. [Ringrazio la Dott.ssa Voltan per l'indicazione]. L'autore riferisce come un ulteriore frammento corrispondente allo stesso contesto sia ora perduto. Potrebbe forse trattarsi della seconda immagine che si ritrova in Reinach 1922, 161, n. 1 (ovvero tre pigmei in barca durante un amplesso?). Se fosse così si collegherebbe al discordo fatto in precedenza. Reinach 1922, 161-1; Whitehouse 1977, 61 n. 35; Cappel 1994, sv. W28; W29.

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

caratteristiche proprie, tali da farle rientrare in una sorta di tipologia distinta.

Fig. 4.5. Diagramma della consistenza totale dei soggetti individuati e percentuale di occorrenza nelle scene nilotiche Andrà poi ribadito come i progressi degli ultimi anni si siano mostrati significativi al raggiungimento di tali risultati. Dal merito di Versluys 2002 che col suo Corpus Figurarum Niloticarum ha dato un primo ordinamento compiuto a tale tipologia raffigurativa, al più recente studio riguardo tali soggetti, Barrett 2019, che esplora diversi exempla, fornendo inoltre delle utili e riepilogative appendici conclusive riguardo al contenuto delle scene (Appendix B). Anche i pregressi risultati hanno perciò favorito il taglio del presente studio che ha inteso mirare a una maggiore ampiezza di copertura rispetto a precedenti studi specifici (Barrett 2019) approfondendo significativamente l'analisi contestuale rispetto all'altro studio esistente che era di respiro molto più ampio (Versluys 2002)172. Con tali premesse si ci accinge pertanto a presentare il lavoro qui eseguito che copre nello specifico tutte le rappresentazioni nilotiche del contesto pompeiano. Lo studio tenterà così di fornire dati dettagliati per il contesto indagato sperando di poter stimolare prossime ed auspicabili indagini 172

Oltre ad essi non andrà certo dimenticato lo studio preliminare di Mol 2015. Recentemente ho inoltre avuto notizia di una ricerca condotta dalla Dott.ssa E. Voltan che starebbe occupandosi di tale tipologia per individuare le similarità di diversi casi sparsi per l'Impero Romano. Certo, la quantità, la variabilità e la diffusione del genere nilotico in diverse provincie dell'Impero romano e per un periodo che va grossomodo dal II a.C. al VI d.C. rende varie e diversificate queste operazioni di ricerca.

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d'approfondimento riguardo questa pur non semplice tematica. Una preliminare riflessione che i dati raccolti attraverso le descrizioni eseguite consentono di approfondire è sicuramente quella dell'occorrenza dei vari soggetti all'interno di queste scene. Nel prospetto (Diagramma della consistenza totale dei soggetti individuati e percentuale di occorrenza nelle scene nilotiche) sarà possibile ritrovare la generale quantità (con percentuale) dei soggetti di volta in volta individuati, il che consentirà tra breve ulteriori riflessioni. IV.6.1. Legenda delle definizioni delle tabelle e delle statistiche L'elaborazione dei dati ha portato alla creazione di 49 righe (contenenti menzione del luogo di ritrovamento della scena) e di circa cento colonne per un totale di 978 entrate (per più di novanta soggetti). L'ordinamento qui seguito vede tra i primi 29 soggetti quelli che rappresentano individualmente almeno l'1% della casistica totale secondo le occorrenze riscontrate, mentre i restanti, percentualmente inferiori, sono disposti per quantità decrescente e all'interno in ordine alfabetico (e in questo caso particolare accorpati nella menzione di “Altri oggetti”). Nella codifica si è pertanto cercato di essere quanto più chiari nelle indicazioni per renderle maggiormente deducibili (e fruibili), e per essere puntuali ad esse andrà comunque aggiunto il seguente appunto esplicativo. Si è infatti preferito parlare più in genere di “figure maschili” e non di pigmei nei seguenti casi: n. 3, CFN 33, Casa dei Ceii (I, 6, 15); n. 15, CFN 42, Casa di Sallustio (VI, 2,4); n. 17, CFN 44, Casa dei fiori? (VI, 5, 19); n. 18, CFN 45, Casa di Apollo (VI, 7, 23); n. 20, CFN 46, Casa dei Dioscuri (VI, 9,6/7); n. 23, CFN 49, Terme Stabiane (VII, 1,8); n. 24, CFN 49, Terme Stabiane (VII, 1,8); n. 31, CFN 54, Casa di Maius Castricius (VII, 16, 17); n. 39, CFN 61, Tempio di Iside (VIII, 7, 28); n. 46, CFN 67, Villa dei Misteri. La motivazione risiede nel fatto che in alcuni casi la pittura risulta perduta e di conseguenza la descrizione fatta deriva da disegni per cui non è chiaro se la rappresentazione riporti la resa da parte del disegnatore: nn. 15, 20; rappresentazione in parte descritta ma oggi difficilmente visibile o meglio riscontrabile: n. 17; la raffigurazione pare effettivamente rappresentata meno caricaturalmente, nn. 3, 18, 31, 39, 46; deriva da una descrizione: nn. 23, 24. La menzione di “Figure femminili” include invece anche pigmee, ma la distinzione viene a determinarsi logicamente. Quando appariranno collegate ai pigmei si tratterà di pigmee, mentre se collegate a “figure maschili” esse rientreranno nelle specifiche identificative summenzionate per tale categoria; casi in cui tali categorie coesistono sono indicati nelle precedenti descrizioni (o relative note). Ad ogni modo, seguendo tale indicazione, “figure femminili” cosiddette appaiono più propriamente ai nostri nn. 3173, 15, 18, 20, 23, 24, 31, 39, 46. Tra le figure di pigmei impegnati in diverse attività ne esistono inoltre, come noto, alcune che paiono essere maggiormente comuni ovvero quelle dei pigmei-pescatori, quelle dei pigmei-guerrieri o che portano i cosiddetti bastoncini. Questi, che si differenziano dai pigmei ordinari (ovvero senza marcate caratterizzazioni ma che spesso recano anche bastoni, lance o scudi), per le loro caratteristiche specifiche andranno tenuti distinti nell'indentificazione per favorirne l'interpretazione.

IV.7. Legenda delle distribuzioni dei soggetti individuati per domus e ambiente Di seguito si fornisce esplicazione dei dati riguardanti il grafico sopra riportato. Le indicazioni sono così composte: nome del soggetto caratterizzante (che segue le specifiche distributive sopra menzionate) e descrizione. Questa contiene in ordine, il numero dei soggetti identificati, la loro menzione all'interno della descrizione eseguita e il luogo di provenienza (regio, insula, domus e nome comune d'indicazione dell'abitato con la specifica dell'ambiente).

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Al n. 3 va infatti attribuita una differenziazione della tipologia rappresentativa, come indicato nella descrizione.

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

Soggetto

Descrizione

Pigmei

3 (A1,B1,G1) in I, 6, 15 (Casa dei Ceii - Viridarium) 4 (F,G,H,I) in I, 7, 1 (Casa di Paquius Proculus - Triclinium) 28 (W,X,Y,Z,A1,P1,E1,F1,L1,M1,T1,U1,V,1W1,X1,Y1,Z1,A2,C2,N2,T3,U3,V3, X3,Y3,K5,Q5,S5) in I, 7, 11 (Casa dell’Efebo - Viridarium) 3 (A,B,I) in I, 10, 4 (Casa del Menandro - Atrium) 5 (B,C,D,E,F) in I, 10, 4 (Casa del Menandro - Triclinium) 12 (B,C,D,G4,B2,D2,A3,B3,A4,B4,C4,A6) in II, 4, 6 (Praedia di Giulia Felice Triclinium estivo) 2 (B,C) in II, 9, 2 (Casa di Gemmarius - Triclinium estivo/ stibadion) 1 (A) in II, 9,4 (Casa del Larario Fiorito - Triclinium estivo/ stibadion) 8 (A,B,E,F,H,I,J,K) in V, 2,i (Casa delle Nozze d' Argento - Cubiculum (q)) 1 (C) in VI, 7, 23 (Casa di Apollo - Viridarium) 1 (I) in VII, 1,8 (Terme Stabiane - Camera F (vicino alla piscina), bacini) 4 (D*,E*,D1*,E1*) in VII, 2, 25 (Casa delle Quadrighe - Peristylium) 3 (A2,D2,E2) in VII, 2, 25 (Casa delle Quadrighe - Viridarium) 7 (D,H,J,K,A1,B1,D1) in VII, 4, 48 (Casa della Caccia Antica - Tablinum) 3 (A2,B2,C2) in VII, 4, 48 (Casa della Caccia Antica - Viridarium) 2 (F,G) in VII, 4, 56 (Casa del Granduca - Viridarium) 6 (D,B3,H3,N3,R3,S3) in VII, 7, 32 (Tempio di Apollo - Peristylium) 8 (D,E,I,A2,B2,D2,E2,I2) in VIII, 2, 17 (Terme del Sarno - Frigidarium) 1 (C) in VIII, 2, 28 (Casa con ninfeo - Nympheum) 2 (B,D) in VIII, 2, 34-35 (Casa delle Colombe a Mosaico - Terrazza, fontana) 26 (B,I,J,K,M,Q,R,S,V,W,X,Y,Z,A2,C2,D2,L2,M2,N2,O2,Q2,T2,I2,X2,Z2,A3) in VIII, 5, 24 (Casa del Medico - Peristylium) 14 (G,N,Q,Z,A1,B1,E1,K1,M1,P1,Q1,S1,T1,U1) in VIII, 7, 24 (Casa dello Scultore Peristylium) 2 (F,G) in VIII, 7, 28 (Tempio di Iside - Portico) 11 (G,H,I,L,M,P,C1,H1,R1,S1,W1) in IX, 5, 9 (Casa dei Pigmei - Cubiculum) 4 (A,D,F,G) in IX, 5, 14-16 (Casa del Lupanare piccolo - Atrium) 1 (B) in IX, 6, f-g (Casa di C. Cornelius? - Sala del peristilio, probabilmente un triclinio) 1 (B ) in IX, 8, 6 (Casa del Centenario - Frigidarium/ piscina) 7 (E,F,M,C2,D2,E2,F2) in [fuori mura e tuttavia indicate VII, 16, a] (Terme Suburbane, - Natatio del frigidarium) 2 (B , B1) in Villa di Diomede (Villa di Diomede - Villa di Diomede) 4 (B, H,J) in Tomba di Vestorio Prisco (Tomba di Vestorio Prisco - Tomba di Vestorio Prisco)

Anatre

1 (A) in I, 6, 2 (Casa del Criptoportico - Caldarium) 1 (H1) in I, 6, 15 (Casa dei Ceii - Viridarium) 1 (P) in I, 7, 1 (Casa di Paquius Proculus - Triclinium) 4 (B1,X5,Y5,Z5) in I, 7, 11 (Casa dell’Efebo - Viridarium) 1 (J) in I, 10, 4 (Casa del Menandro - Triclinium) 1 (A) in II, 4,2 (10) (Praedia di Giulia Felice - Biclinium) 4 (I,N,R,U) in II, 4, 6 (Praedia di Giulia Felice - Triclinium estivo) 1 (A) in V, 2,i (Casa delle Nozze d ’Argento - Peristylium (r) 1 (A) in VI, 2,4 (Casa di Sallustio - Viridarium) 15 (B,E,J,K,N,P,Q,R,S,T,U,V,A1,B1,C1) in VI, 12,2 (Casa del Fauno - Esedra) 3 (A,B,C) in VI, 17, 42 (Casa del Bracciale d’ Oro - Triclinium nympheum) 2 (N,W) in VII, 16, 17 (Casa di Maius Castricius - Viridarium 34) 1 (A) in VIII, 2, 28 (Casa con ninfeo - Nympheum)

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Capitolo IV - Nilotica pompeiana. Dal contesto alle analisi sui soggetti individuati

4 (A,B,C,D) in VIII, 3, 8/9 ? (Casa del Cinghiale I - Vano non documentato) 2 (U,C1) in VIII, 7, 24 (Casa dello Scultore - Peristylium) 2 (A,I2) in VIII, 7, 28 (Tempio di Iside - Portico) 6 (A,D,D1,I1,M1,D2) in IX, 5, 9 (Casa dei Pigmei - Cubiculum) 1 (G) in IX, 8, 6 (Casa del Centenario - Frigidarium/ piscina) 1 (B ) in IX, 8, 6 (Casa del Centenario - Nympheum) 1 (T) in [fuori mura e tuttavia indicate VII, 16, a] (Terme Suburbane, - Natatio del frigidarium) Figure femminili

6 (F,H,K,O,P,Q) in I, 6, 15 (Casa dei Ceii - Viridarium) 7 (S,G3,M3,N3,O3,N5,R5) in I, 7, 11 (Casa dell’Efebo - Viridarium) 2 (G,K) in I, 10, 4 (Casa del Menandro - Atrium) 1 (A2) in II, 4, 6 (Praedia di Giulia Felice - Triclinium estivo) 1 (F ) in VI, 2,4 (Casa di Sallustio - Peristylium) 3 (A,B,D) in VI, 5, 19 (Casa dei fiori? - Vano incerto) 3 (R,T,U) in VI, 7, 23 (Casa di Apollo - Fuori dal cubicolo) 2 (G,H) in VII, 1,8 (Terme Stabiane - Camera F (vicino alla piscina), bacini) 6 (D3,H3,R3,B4,D4,E4) in VII, 1,8 (Terme Stabiane - Camera G (vicino alla piscina), bacini) 2 (C*,C1*) in VII, 2, 25 (Casa delle Quadrighe - Peristylium) 1 (H2) in VII, 2, 25 (Casa delle Quadrighe - Viridarium) 4 (H2,Y2,D3,E3) in VIII, 5, 24 (Casa del Medico - Peristylium) 3 (E,L,R) in VIII, 7, 24 (Casa dello Scultore - Peristylium) 3 (X,Z1,A2) in IX, 5, 9 (Casa dei Pigmei - Cubiculum) 1 (H) in IX, 5, 14-16 (Casa del Lupanare piccolo - Atrium) 1 (O) in [fuori mura e tuttavia indicate VII, 16, a] (Terme Suburbane, - Natatio del frigidarium) 4 (G,H,P,S) in Villa dei Misteri (Villa dei Misteri - Atrium)

Figure poco 1 (Q) in I, 7, 1 (Casa di Paquius Proculus - Triclinium) riconoscibili 20 (A,J,L,J1,N1,K2,S2,B3,C3,C2,E3,G4,H4,R4,S4,W4,Z4,A5,B5,C5) in I, 7, 11 (Casa dell’Efebo - Viridarium) 1 (L) in VI, 2,4 (Casa di Sallustio - Peristylium) 1 (F) in VI, 7, 23 (Casa di Apollo - Fuori dal cubicolo) 1 (A) in VI, 7, 23 (Casa di Apollo - Viridarium) 3 (D,E,E2) in VII, 1,8 (Terme Stabiane - Camera F (vicino alla piscina), bacini) 4 (C3,K3,L3,O3) in VII, 1,8 (Terme Stabiane - Camera G (vicino alla piscina), bacini) 7 (G,K,C2,G2,H2,I2,F3) in VII, 7, 32 (Tempio di Apollo - Peristylium) 4 (A,M,X,Z) in VII, 16, 17 (Casa di Maius Castricius - Viridarium 34) 2 (O1,Y1) in VIII, 7, 24 (Casa dello Scultore - Peristylium) 1 (F2) in VIII, 7, 28 (Tempio di Iside - Portico) 1 (D) in IX, 6, f-g (Casa di C. Cornelius? - Sala del peristilio, probabilmente un triclinio) [?] 2 (T,A3) in Villa dei Misteri (Villa dei Misteri - Atrium) Coccodrilli

1 (B) in I, 6, 2 (Casa del Criptoportico - Caldarium) 1 (D1) in I, 6, 15 (Casa dei Ceii - Viridarium) 1 (N) in I, 7, 1 (Casa di Paquius Proculus - Triclinium) 3 (R1,H3,B4) in I, 7, 11 (Casa dell’Efebo - Viridarium) 1 (D) in I, 10, 4 (Casa del Menandro - Atrium) 4 (F,L,O,T) in II, 4, 6 (Praedia di Giulia Felice - Triclinium estivo) 1 (B) in VI, 7, 23 (Casa di Apollo - Viridarium) 1 (H) in VI, 12,2 (Casa del Fauno - Esedra) 1 (A) in VII, 1,8 (Terme Stabiane - Camera F (vicino alla piscina), bacini)

163

I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

2 (P3,T3) in VII, 1,8 (Terme Stabiane - Camera G (vicino alla piscina), bacini) 1 (A) in VII, 2, 25 (Casa delle Quadrighe - Peristylium) 1 (B2) in VII, 2, 25 (Casa delle Quadrighe - Viridarium) 1 (B) in VII, 4, 48 (Casa della Caccia Antica - Tablinum) 1 (E2) in VII, 4, 48 (Casa della Caccia Antica - Viridarium) 3 (C3,D3,T3) in VII, 7, 32 (Tempio di Apollo - Peristylium) 2 (K,A1) in VII, 16, 17 (Casa di Maius Castricius - Viridarium 34) 1 (C2) in VIII, 2, 17 (Terme del Sarno - Frigidarium) 1 (A) in VIII, 2, 34-35 (Casa delle Colombe a Mosaico - Terrazza, fontana) 2 (A,L) in VIII, 5, 24 (Casa del Medico - Peristylium) 1 (I) in VIII, 7, 24 (Casa dello Scultore - Peristylium) 2 (O,B2) in VIII, 7, 28 (Tempio di Iside - Portico) 5 (F,L,O,T,F1) in IX, 5, 9 (Casa dei Pigmei - Cubiculum) 1 (B) in IX, 5, 14-16 (Casa del Lupanare piccolo - Atrium) 1 (F ) in IX, 8, 6 (Casa del Centenario - Frigidarium/ piscina) 2 (G ,S) in [fuori mura e tuttavia indicate VII, 16, a] (Terme Suburbane, - Natatio del frigidarium) Vegetazione palustre o Piante acquatiche

1 (A) in I, 2, 24 (Caupona – Tablinum) 2 (C,D) in I, 6, 2 (Casa del Criptoportico – Caldarium) 1 (D) in I, 7, 1 (Casa di Paquius Proculus – Triclinium) 1 (C1) in I, 7, 11 (Casa dell’Efebo - Viridarium) 1 (H) in I, 10, 4 (Casa del Menandro – Triclinium) 1 (B) in II, 4,2 (10) (Praedia di Giulia Felice - Biclinium) 2 (M,P) in II, 4, 6 (Praedia di Giulia Felice - Triclinium estivo) 2 (E,X) in II, 4, 6 (Praedia di Giulia Felice - Triclinium estivo) 1 (B) in II, 9, 4 (Casa del Larario Fiorito - Triclinium estivo/ stibadion) 1 (B) in VII, 1,8 (Terme Stabiane - Camera F (vicino alla piscina), bacini) 1 (E1) in VII, 4, 48 (Casa della Caccia Antica - Tablinum) 1 (F2) in VII, 4, 48 (Casa della Caccia Antica - Viridarium) 1 (C) in VII, 4, 56 (Casa del Granduca - Viridarium) 5 (A,E,N,A3,O3) in VII, 7, 32 (Tempio di Apollo - Peristylium) 1 (K) in VIII, 2, 17 (Terme del Sarno – Frigidarium) 1 (A) in VIII, 2, 17 (Terme del Sarno – Frigidarium) 1 (H) in VIII, 5, 24 (Casa del Medico - Peristylium) 1 (J) in VIII, 7, 24 (Casa dello Scultore – Peristylium) 2 (V,D1) in VIII, 7, 24 (Casa dello Scultore - Peristylium) 1 (A2) in VIII, 7, 28 (Tempio di Iside - Portico) 3 (E,U,F2) in IX, 5, 9 (Casa dei Pigmei – Cubiculum) 1 (C2) in IX, 5, 9 (Casa dei Pigmei - Cubiculum) 1 (A) in IX, 8, 6 (Casa del Centenario - Frigidarium/ piscina) 1 (D) in IX, 8, 6 (Casa del Centenario – Nympheum) 1 (V) in [fuori mura e tuttavia indicate VII, 16, a] (Terme Suburbane, - Natatio del frigidarium)

Strutture

1 (C) in I, 2, 24 (Caupona - Tablinum)

architettoniche 2 (Z2,F3) in I, 7, 11 (Casa dell’Efebo - Viridarium)

1 (C) in I, 10, 4 (Casa del Menandro - Atrium) 3 (D,K,O) in VI, 2, 14 (Casa delle Amazzoni - Viridarium) 3 (C,G,W) in VI, 7, 23 (Casa di Apollo - Fuori dal cubicolo) 1 (C) in VI, 9,6/7 (Casa dei Dioscuri - Tablinum) 2 (C, D2) in VII, 1,8 (Terme Stabiane - Camera F (vicino alla piscina), bacini) 4 (E3,M3,Q3,X3) in VII, 1,8 (Terme Stabiane - Camera G (vicino alla piscina), bacini)

164

Capitolo IV - Nilotica pompeiana. Dal contesto alle analisi sui soggetti individuati

1 (G2) in VII, 2, 25 (Casa delle Quadrighe - Viridarium) 1 (F) in VII, 4, 48 (Casa della Caccia Antica - Tablinum) 2 (J,D2) in VII, 7, 32 (Tempio di Apollo - Peristylium) 2 (Q,D1) in VII, 16, 17 (Casa di Maius Castricius - Viridarium 34) 1 (H) in VIII, 2, 17 (Terme del Sarno - Frigidarium) 1 (B) in VIII, 2, 28 (Casa con ninfeo - Nympheum) 1 (T) in VIII, 5, 24 (Casa del Medico - Peristylium) 2 (A,T) in VIII, 7, 24 (Casa dello Scultore - Peristylium) 1 (Q) in VIII, 7, 28 (Tempio di Iside - Portico) 1 (I) in [fuori mura e tuttavia indicate VII, 16, a] (Terme Suburbane, - Natatio del frigidarium) 2 (A,R) in Villa dei Misteri (Villa dei Misteri - Atrium) 2 (E ,A1) in Villa di Diomede (Villa di Diomede - Villa di Diomede) Figure maschili

2 (G,S) in I, 6, 15 (Casa dei Ceii - Viridarium) 6 (A,H,I,K,M,N) in VI, 2,4 (Casa di Sallustio - Peristylium) 1 (E) in VI, 5, 19 (Casa dei fiori? - Vano incerto) 5 (A,X,Y,Z,A1) in VI, 7, 23 (Casa di Apollo - Fuori dal cubicolo) 2 (F,H) in VI, 9,6/7 (Casa dei Dioscuri - Tablinum) 1 (A2) in VII, 1,8 (Terme Stabiane - Camera F (vicino alla piscina), bacini) 6 (B3,G3,J3,U3,W3,A4) in VII, 1,8 (Terme Stabiane - Camera G (vicino alla piscina), bacini) 8 (F, H,I,J,O,P,S,U) in VII, 16, 17 (Casa di Maius Castricius - Viridarium 34) 2 (F3,G3) in VIII, 7, 28 (Tempio di Iside - Ekklesiasterion) 1 (O) in Villa dei Misteri (Villa dei Misteri - Atrium)

Ibis

1 (B) in I, 2, 24 (Caupona - Tablinum) 1 (C1) in I, 6, 15 (Casa dei Ceii - Viridarium) 7 (M,N,O,T,P3,Q3,L4) in I, 7, 11 (Casa dell’Efebo - Viridarium) 1 (D) in II, 9, 2 (Casa di Gemmarius - Triclinium estivo/ stibadion) 3 (C,D,G) in V, 2,i (Casa delle Nozze d' Argento - Cubiculum (q)) 1 (P) in VI, 2,4 (Casa di Sallustio - Peristylium) 1 (B) in VI, 9,6/7 (Casa dei Dioscuri - Tablinum) 1 (N; O) in VI, 12,2 (Casa del Fauno - Esedra) 1 (I2) in VII, 2, 25 (Casa delle Quadrighe - Viridarium) 4 (F,M,J2,K2) in VIII, 2, 17 (Terme del Sarno - Frigidarium) 2 (C,C3) in VIII, 5, 24 (Casa del Medico - Peristylium) 1 (J1) in VIII, 7, 24 (Casa dello Scultore - Peristylium) 3 (H,I,M) in VIII, 7, 28 (Tempio di Iside - Portico) 1 (I3) in VIII, 7, 28 (Tempio di Iside - Ekklesiasterion) 1 (C ) in IX, 8, 6 (Casa del Centenario - Frigidarium/ piscina) 1 (P) in [fuori mura e tuttavia indicate VII, 16, a] (Terme Suburbane, - Natatio del frigidarium)

Imbarcazione 2 (E,F1) in I, 6, 15 (Casa dei Ceii - Viridarium) 1 (E) in I, 7, 1 (Casa di Paquius Proculus - Triclinium) 1 (V) in I, 7, 11 (Casa dell’Efebo - Viridarium) 1 (A) in I, 10, 4 (Casa del Menandro - Triclinium) 3 (A,C3,E4) in II, 4, 6 (Praedia di Giulia Felice - Triclinium estivo) 1 (A) in II, 9, 2 (Casa di Gemmarius - Triclinium estivo/ stibadion) 1 (G) in VI, 2,4 (Casa di Sallustio - Peristylium) 5 (H,I,L,M,P) in VI, 2, 14 (Casa delle Amazzoni - Viridarium) 1 (E) in VI, 7, 23 (Casa di Apollo - Fuori dal cubicolo) 2 (B,B1) in VII, 2, 25 (Casa delle Quadrighe - Peristylium)

165

I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

1 (C2) in VII, 2, 25 (Casa delle Quadrighe - Viridarium) 1 (D2) in VII, 4, 48 (Casa della Caccia Antica - Viridarium) 1 (E) in VII, 4, 56 (Casa del Granduca - Viridarium) 2 (U,E2) in VIII, 5, 24 (Casa del Medico - Peristylium) 1 (X1) in VIII, 7, 24 (Casa dello Scultore - Peristylium) 1 (O1) in IX, 5, 9 (Casa dei Pigmei - Cubiculum) 1 (E) in IX, 5, 14-16 (Casa del Lupanare piccolo - Atrium) 2 (U,A2) in Villa dei Misteri (Villa dei Misteri - Atrium) 2 (D ,G) in Tomba di Vestorio Prisco (Tomba di Vestorio Prisco - Tomba di Vestorio Prisco) Fiori di loto

1 (I1) in I, 6, 15 (Casa dei Ceii - Viridarium) 4 (R,R3,F4,A6) in I, 7, 11 (Casa dell’Efebo - Viridarium) 2 (K,A1) in II, 4, 6 (Praedia di Giulia Felice - Triclinium estivo) 1 (C) in V, 2,i (Casa delle Nozze d ’Argento - Peristylium (r) 1 (B ) in VI, 2,4 (Casa di Sallustio - Viridarium) 1 (Q) in VI, 2, 14 (Casa delle Amazzoni - Viridarium) 5 (F,L,W,X,D1) in VI, 12,2 (Casa del Fauno - Esedra) 1 (D) in VI, 17, 42 (Casa del Bracciale d’ Oro - Triclinium nympheum) 2 (H,F1) in VII, 2, 25 (Casa delle Quadrighe - Peristylium) 1 (E) in VIII, 3, 8/9 ? (Casa del Cinghiale I - Vano non documentato) 1 (H1) in VIII, 7, 24 (Casa dello Scultore - Peristylium) 3 (B,N,J2) in VIII, 7, 28 (Tempio di Iside - Portico) 1 (B2) in IX, 5, 9 (Casa dei Pigmei - Cubiculum) 1 (A) in IX, 8, 6 (Casa del Centenario - Nympheum) 1 (U) in [fuori mura e tuttavia indicate VII, 16, a] (Terme Suburbane, - Natatio del frigidarium)

Torri

2 (G1,K1) in I, 7, 11 (Casa dell’Efebo - Viridarium) 1 (E) in I, 10, 4 (Casa del Menandro - Atrium) 1 (K) in I, 10, 4 (Casa del Menandro - Triclinium) 1 (H) in VI, 7, 23 (Casa di Apollo - Fuori dal cubicolo) 1 (J) in VI, 9,6/7 (Casa dei Dioscuri - Tablinum) 1 (F2) in VII, 2, 25 (Casa delle Quadrighe - Viridarium) 1 (L3) in VII, 7, 32 (Tempio di Apollo - Peristylium) 1 (B1) in VII, 16, 17 (Casa di Maius Castricius - Viridarium 34) 3 (C,J,F2) in VIII, 2, 17 (Terme del Sarno - Frigidarium) 1 (W) in VIII, 7, 24 (Casa dello Scultore - Peristylium) 2 (D,M2) in VIII, 7, 28 (Tempio di Iside - Portico) 1 (M6) in VIII, 7, 28 (Tempio di Iside - Ekklesiasterion) 3 (V,W,V1) in IX, 5, 9 (Casa dei Pigmei - Cubiculum) 2 (K,A2) in [fuori mura e tuttavia indicate VII, 16, a] (Terme Suburbane, - Natatio del frigidarium) 3 (B,C2,A4) in Villa dei Misteri (Villa dei Misteri - Atrium)

Ippopotami

1 (Z) in I, 6, 15 (Casa dei Ceii - Viridarium) 1 (O) in I, 7, 1 (Casa di Paquius Proculus - Triclinium) 1 (U) in I, 7, 11 (Casa dell’Efebo - Viridarium) 4 (J,V,W,Z) in II, 4, 6 (Praedia di Giulia Felice - Triclinium estivo) 1 (G) in VI, 12,2 (Casa del Fauno - Esedra) 1 (G) in VII, 2, 25 (Casa delle Quadrighe - Peristylium) 3 (G,I,C1) in VII, 4, 48 (Casa della Caccia Antica - Tablinum) 1 (D) in VII, 4, 56 (Casa del Granduca - Viridarium) 2 (C,E3) in VII, 7, 32 (Tempio di Apollo - Peristylium)

166

Capitolo IV - Nilotica pompeiana. Dal contesto alle analisi sui soggetti individuati

1 (E) in VIII, 2, 34-35 (Casa delle Colombe a Mosaico - Terrazza, fontana) 2 (P, B2) in VIII, 5, 24 (Casa del Medico - Peristylium) 1 (B) in IX, 5, 9 (Casa dei Pigmei - Cubiculum) 1 (C) in IX, 5, 14-16 (Casa del Lupanare piccolo - Atrium) 1 (E) in IX, 8, 6 (Casa del Centenario - Frigidarium/ piscina) 2 (H,R) in [fuori mura e tuttavia indicate VII, 16, a] (Terme Suburbane, - Natatio del frigidarium) Palme

1 (E1) in I, 6, 15 (Casa dei Ceii - Viridarium) 1 (B) in I, 7, 1 (Casa di Paquius Proculus - Triclinium) 7 (G,H,I1,C4,D4,U5,V5) in I, 7, 11 (Casa dell’Efebo - Viridarium) 1 (D) in VI, 7, 23 (Casa di Apollo - Fuori dal cubicolo) 1 (K) in VI, 9,6/7 (Casa dei Dioscuri - Tablinum) 1 (B) in VII, 4, 56 (Casa del Granduca - Viridarium) 2 (G3,U3) in VII, 7, 32 (Tempio di Apollo - Peristylium) 1 (Y) in VII, 16, 17 (Casa di Maius Castricius - Viridarium 34) 1 (M2) in VIII, 2, 17 (Terme del Sarno - Frigidarium) 1 (X) in VIII, 7, 24 (Casa dello Scultore - Peristylium) 3 (E,G2,L2) in VIII, 7, 28 (Tempio di Iside - Portico) 1 (A1) in IX, 5, 9 (Casa dei Pigmei - Cubiculum) 1 (C) in IX, 6, f-g (Casa di C. Cornelius? - Sala del peristilio, probabilmente un triclinio) 1 (J) in Villa dei Misteri (Villa dei Misteri - Atrium)

Alberi

2 (B,D) in I, 6, 15 (Casa dei Ceii - Viridarium) 5 (D,Q,P2,D3,J3) in I, 7, 11 (Casa dell’Efebo - Viridarium) 1 (L) in I, 10, 4 (Casa del Menandro - Triclinium) 1 (C) in VI, 2,4 (Casa di Sallustio - Peristylium) 2 (J,N) in VI, 7, 23 (Casa di Apollo - Fuori dal cubicolo) 1 (E) in VI, 9,6/7 (Casa dei Dioscuri - Tablinum) 1 (A) in VII, 4, 48 (Casa della Caccia Antica - Tablinum) 2 (E2,J3) in VII, 7, 32 (Tempio di Apollo - Peristylium) 2 (D,K) in VIII, 7, 24 (Casa dello Scultore - Peristylium) 4 (C3,A4,K6,C7) in VIII, 7, 28 (Tempio di Iside - Ekklesiasterion) 1 (X1) in IX, 5, 9 (Casa dei Pigmei - Cubiculum)

Anfore

4 (A3,K4,C6,A7) in I, 7, 11 (Casa dell’Efebo - Viridarium) 1 (D3) in II, 4, 6 (Praedia di Giulia Felice - Triclinium estivo) 2 (E,J) in VI, 2,4 (Casa di Sallustio - Peristylium) 1 (D) in VI, 9,6/7 (Casa dei Dioscuri - Tablinum) 2 (F2,R2) in VIII, 5, 24 (Casa del Medico - Peristylium) 1 (R1) in VIII, 7, 24 (Casa dello Scultore - Peristylium) 4 (E3,E5,O6,E7) in VIII, 7, 28 (Tempio di Iside - Ekklesiasterion) 2 (R,P1) in IX, 5, 9 (Casa dei Pigmei - Cubiculum)

Edicole

8 (E,P,M2,U2,W2,U4,D5,T5) in I, 7, 11 (Casa dell’Efebo - Viridarium) 1 (T) in VI, 2, 14 (Casa delle Amazzoni - Viridarium) 1 (L) in VI, 7, 23 (Casa di Apollo - Fuori dal cubicolo) 1 (H) in VII, 7, 32 (Tempio di Apollo - Peristylium) 1 (F) in VIII, 5, 24 (Casa del Medico - Peristylium) 1 (D2) in VIII, 7, 28 (Tempio di Iside - Portico) 3 (B4,F6,G7) in VIII, 7, 28 (Tempio di Iside - Ekklesiasterion) 1 (J1) in IX, 5, 9 (Casa dei Pigmei - Cubiculum) 1 (C) in Villa di Diomede (Villa di Diomede - Villa di Diomede)

167

I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

Statua

6 (H1,X2,T2,L3,M4,E5) in I, 7, 11 (Casa dell’Efebo - Viridarium) 1 (Y3) in VII, 1,8 (Terme Stabiane - Camera G (vicino alla piscina), bacini) 1 (H2) in VIII, 5, 24 (Casa del Medico - Peristylium) 4 (D4,G5,A7,B7) in VIII, 7, 28 (Tempio di Iside - Ekklesiasterion) 1 (B) in [fuori mura e tuttavia indicate VII, 16, a] (Terme Suburbane, - Natatio del frigidarium) 3 (K, L,M) in Villa dei Misteri (Villa dei Misteri - Atrium)

Capanne

1 (G) in II, 4, 6 (Praedia di Giulia Felice - Triclinium estivo) 1 (D) in VI, 2,4 (Casa di Sallustio - Peristylium) 1 (A1) in VII, 2, 25 (Casa delle Quadrighe - Peristylium) 1 (A) in VII, 4, 56 (Casa del Granduca - Viridarium) 1 (I3) in VII, 7, 32 (Tempio di Apollo - Peristylium) 2 (B,L2) in VIII, 2, 17 (Terme del Sarno - Frigidarium) 1 (C) in VIII, 2, 34-35 (Casa delle Colombe a Mosaico - Terrazza, fontana) 2 (C ,K2) in VIII, 7, 28 (Tempio di Iside - Portico) 3 (Z,T1,E2) in IX, 5, 9 (Casa dei Pigmei - Cubiculum) 2 (N,B2) in [fuori mura e tuttavia indicate VII, 16, a] (Terme Suburbane, - Natatio del frigidarium)

Porticati

3 (C,O2,B6) in I, 7, 11 (Casa dell’Efebo - Viridarium) 1 (F) in I, 10, 4 (Casa del Menandro - Atrium) 3 (E,J,U) in VI, 2, 14 (Casa delle Amazzoni - Viridarium) 1 (B1) in VI, 7, 23 (Casa di Apollo - Fuori dal cubicolo) 4 (B2,F2,J2,M3) in VII, 7, 32 (Tempio di Apollo - Peristylium) 1 (F2) in VIII, 5, 24 (Casa del Medico - Peristylium) 1 (J) in [fuori mura e tuttavia indicate VII, 16, a] (Terme Suburbane, - Natatio del frigidarium)

Strutture 1 (Y2) in I, 7, 11 (Casa dell’Efebo - Viridarium) poco 1 (E2) in II, 4, 6 (Praedia di Giulia Felice - Triclinium estivo) identificabili 1 (A3) in VII, 1,8 (Terme Stabiane - Camera G (vicino alla piscina), bacini) 1 (F1) in VII, 4, 48 (Casa della Caccia Antica - Tablinum) 5 (B,M,O,K3,V3) in VII, 7, 32 (Tempio di Apollo - Peristylium) 1 (E1) in VII, 16, 17 (Casa di Maius Castricius - Viridarium 34) 1 (P) in VIII, 2, 17 (Terme del Sarno - Frigidarium) 2 (D,G) in VIII, 5, 24 (Casa del Medico - Peristylium) 1 (C2) in VIII, 7, 28 (Tempio di Iside - Portico) Uccelli

1 (R) in VI, 2, 14 (Casa delle Amazzoni - Viridarium) 3 (C,M,Z) in VI, 12,2 (Casa del Fauno - Esedra) 4 (F,B2,C2,F2) in VII, 1,8 (Terme Stabiane - Camera F (vicino alla piscina), bacini) 2 (F4,G4) in VII, 1,8 (Terme Stabiane - Camera G (vicino alla piscina), bacini) 1 (N) in VIII, 2, 17 (Terme del Sarno - Frigidarium) 1 (N1) in VIII, 7, 24 (Casa dello Scultore - Peristylium) 2 (I, J) in IX, 5, 14-16 (Casa del Lupanare piccolo - Atrium)

Pigmei pescatori

2 (K,L) in I, 7, 1 (Casa di Paquius Proculus - Triclinium) 2 (G2,H2) in I, 7, 11 (Casa dell’Efebo - Viridarium) 1 (G) in VI, 2, 14 (Casa delle Amazzoni - Viridarium) 1 (L) in VII, 7, 32 (Tempio di Apollo - Peristylium) 1 (L) in VIII, 7, 28 (Tempio di Iside - Portico) 3 (H3,F5,C6) in VIII, 7, 28 (Tempio di Iside - Ekklesiasterion) 1 (Y) in IX, 5, 9 (Casa dei Pigmei - Cubiculum) 1 (H ) in IX, 8, 6 (Casa del Centenario - Frigidarium/ piscina)

168

Capitolo IV - Nilotica pompeiana. Dal contesto alle analisi sui soggetti individuati

Altari

3 (C,I,Y) in I, 6, 15 (Casa dei Ceii - Viridarium) 2 (K,O4) in I, 7, 11 (Casa dell’Efebo - Viridarium) 1 (M) in VI, 7, 23 (Casa di Apollo - Fuori dal cubicolo) 2 (Z3,C4) in VII, 1,8 (Terme Stabiane - Camera G (vicino alla piscina), bacini) 1 (Y1) in IX, 5, 9 (Casa dei Pigmei - Cubiculum) 1 (D) in [fuori mura e tuttavia indicate VII, 16, a] (Terme Suburbane, - Natatio del frigidarium) 2 (F ,N) in Villa dei Misteri (Villa dei Misteri - Atrium)

Colonne

2 (G,J4) in I, 7, 11 (Casa dell’Efebo - Viridarium) 1 (G2) in VIII, 5, 24 (Casa del Medico - Peristylium) 4 (D3,B5,B6,D7) in VIII, 7, 28 (Tempio di Iside - Ekklesiasterion) 1 (S) in IX, 5, 9 (Casa dei Pigmei - Cubiculum) 3 (C ,E ,I) in Villa dei Misteri (Villa dei Misteri - Atrium)

Alberi spogli 1 (I) in VII, 7, 32 (Tempio di Apollo - Peristylium) 2 (E,C1) in VII, 16, 17 (Casa di Maius Castricius - Viridarium 34) 1 (G2) in VIII, 2, 17 (Terme del Sarno - Frigidarium) 1 (J2) in VIII, 5, 24 (Casa del Medico - Peristylium) 2 (C,S) in VIII, 7, 24 (Casa dello Scultore - Peristylium) 3 (C4,C5,N6) in VIII, 7, 28 (Tempio di Iside - Ekklesiasterion) Ponti o passerelle

1 (O1) in I, 7, 11 (Casa dell’Efebo - Viridarium) 1 (I) in VI, 7, 23 (Casa di Apollo - Fuori dal cubicolo) 1 (S3) in VII, 1,8 (Terme Stabiane - Camera G (vicino alla piscina), bacini) 1 (F) in VII, 7, 32 (Tempio di Apollo - Peristylium) 1 (L) in VIII, 2, 17 (Terme del Sarno - Frigidarium) 1 (E2) in VIII, 7, 28 (Tempio di Iside - Portico) 2 (S,Q1) in IX, 5, 9 (Casa dei Pigmei - Cubiculum) 1 (L) in [fuori mura e tuttavia indicate VII, 16, a] (Terme Suburbane, - Natatio del frigidarium) 1 (B3) in Villa dei Misteri (Villa dei Misteri - Atrium)

Santuari

7 (D2,E2,I2,I5,N4,Q4,D5) in I, 7, 11 (Casa dell’Efebo - Viridarium) 2 (J3,K3) in VIII, 7, 28 (Tempio di Iside - Ekklesiasterion) 1 (C) in [fuori mura e tuttavia indicate VII, 16, a] (Terme Suburbane, - Natatio del frigidarium)

Symplegma

1 (P5) in I, 7, 11 (Casa dell’Efebo - Viridarium) 2 (B5,D4) in II, 4, 6 (Praedia di Giulia Felice - Triclinium estivo) 1 (E) in II, 9, 2 (Casa di Gemmarius - Triclinium estivo/ stibadion) 1 (I3) in VII, 1,8 (Terme Stabiane - Camera G (vicino alla piscina), bacini) 2 (F,G1) in VII, 2, 25 (Casa delle Quadrighe - Peristylium) 2 (G2,W2) in VIII, 5, 24 (Casa del Medico - Peristylium) 1 (E1) in IX, 5, 14-16 (Casa del Lupanare piccolo - Atrium)

Pigmei armati

3 (V,W,X) in I, 6, 15 (Casa dei Ceii - Viridarium) 4 (V2,I3,F5,G5) in I, 7, 11 (Casa dell’Efebo - Viridarium) 2 (V1,W1) in VIII, 7, 24 (Casa dello Scultore - Peristylium)

Templi

2 (N,U) in I, 6, 15 (Casa dei Ceii - Viridarium) 1 (A) in I, 7, 1 (Casa di Paquius Proculus - Triclinium) 2 (D1,J5) in I, 7, 11 (Casa dell’Efebo - Viridarium) 1 (H) in I, 10, 4 (Casa del Menandro - Atrium) 1 (E4) in VIII, 7, 28 (Tempio di Iside - Ekklesiasterion) 2 (Q,U1) in IX, 5, 9 (Casa dei Pigmei - Cubiculum)

169

I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

Doppio oboe 1 (O5) in I, 7, 11 (Casa dell’Efebo - Viridarium) 1 (C) in VI, 5, 19 (Casa dei fiori? - Vano incerto) 1 (S) in VI, 7, 23 (Casa di Apollo - Fuori dal cubicolo) 1 (G) in VI, 9,6/7 (Casa dei Dioscuri - Tablinum) 1 (N3) in VII, 1,8 (Terme Stabiane - Camera G (vicino alla piscina), bacini) 1 (U2) in VIII, 5, 24 (Casa del Medico - Peristylium) 2 (F,M) in VIII, 7, 24 (Casa dello Scultore - Peristylium) 1 (K) in Tomba di Vestorio Prisco (Tomba di Vestorio Prisco - Tomba di Vestorio Prisco) Pesci

2 (C,M) in I, 7, 1 (Casa di Paquius Proculus - Triclinium) 3 (Y,C2,B6) in II, 4, 6 (Praedia di Giulia Felice - Triclinium estivo) 1 (C ) in IX, 8, 6 (Casa del Centenario - Nympheum) 2 (C,L) in Tomba di Vestorio Prisco (Tomba di Vestorio Prisco - Tomba di Vestorio Prisco)

Cane

3 (R,T4,X4) in I, 7, 11 (Casa dell’Efebo - Viridarium) 1 (O) in VI, 2,4 (Casa di Sallustio - Peristylium) 1 (A) in VI, 9,6/7 (Casa dei Dioscuri - Tablinum) 1 (E) in VII, 4, 48 (Casa della Caccia Antica - Tablinum) 1 (B) in VIII, 7, 24 (Casa dello Scultore - Peristylium)

Pigmei con bastoncini

2 (H,S) in II, 4, 6 (Praedia di Giulia Felice - Triclinium estivo) 1 (P3) in VII, 7, 32 (Tempio di Apollo - Peristylium) 1 (B3) in VIII, 5, 24 (Casa del Medico - Peristylium) 2 (H,F1) in VIII, 7, 24 (Casa dello Scultore - Peristylium) 1 (G1) in IX, 5, 9 (Casa dei Pigmei – Cubiculum) 1 (I) in Tomba di Vestorio Prisco (Tomba di Vestorio Prisco - Tomba di Vestorio Prisco)

Canoa di papiro

1 (J) in I, 7, 1 (Casa di Paquius Proculus - Triclinium) 1 (G) in I, 10, 4 (Casa del Menandro - Triclinium) 1 (O) in VIII, 2, 17 (Terme del Sarno - Frigidarium) 1 (Y) in VIII, 7, 24 (Casa dello Scultore - Peristylium) 1 (M) in IX, 5, 9 (Casa dei Pigmei - Cubiculum)

Velum

1 (G) in VIII, 2, 17 (Terme del Sarno - Frigidarium) 1 (K2) in VIII, 5, 24 (Casa del Medico - Peristylium) 1 (D5) in VIII, 7, 28 (Tempio di Iside - Ekklesiasterion) 1 (O) in IX, 5, 9 (Casa dei Pigmei - Cubiculum) 1 (D ) in Villa dei Misteri (Villa dei Misteri - Atrium)

Dolium

2 (E4,M5) in I, 7, 11 (Casa dell’Efebo - Viridarium) 1 (Q3) in VII, 7, 32 (Tempio di Apollo – Peristylium) 1 (B1) in IX, 5, 9 (Casa dei Pigmei - Cubiculum)

Capre

1 (T) in I, 6, 15 (Casa dei Ceii - Viridarium) 1 (M) in VI, 7, 23 (Casa di Apollo - Fuori dal cubicolo) 1 (J) in VII, 1,8 (Terme Stabiane - Camera F (vicino alla piscina), bacini)

Molo

1 (W5) in I, 7, 11 (Casa dell’Efebo - Viridarium) 1 (B2) in Villa dei Misteri (Villa dei Misteri - Atrium) 1 (A) in Villa di Diomede (Villa di Diomede - Villa di Diomede)

Obelisco

3 (B,R2,Y4) in I, 7, 11 (Casa dell’Efebo - Viridarium)

Paesaggio roccioso

2 (A3,A6) in VIII, 7, 28 (Tempio di Iside - Ekklesiasterion) 1 (A) in [fuori mura e tuttavia indicate VII, 16, a] (Terme Suburbane, - Natatio del frigidarium)

170

Capitolo IV - Nilotica pompeiana. Dal contesto alle analisi sui soggetti individuati

Pinax

1 (L2) in I, 7, 11 (Casa dell’Efebo - Viridarium) 2 (I7,J7) in VIII, 7, 28 (Tempio di Iside - Ekklesiasterion)

Shaduf

1 (H2) in VIII, 7, 28 (Tempio di Iside - Portico) 1 (Q) in [fuori mura e tuttavia indicate VII, 16, a] (Terme Suburbane, - Natatio del frigidarium) 1 (D) in Villa di Diomede (Villa di Diomede - Villa di Diomede)

Simposio

2 (S1,S3) in I, 7, 11 (Casa dell’Efebo - Viridarium) 1 (P) in VIII, 7, 24 (Casa dello Scultore - Peristylium)

Stibadium

2 (B2,Z3) in I, 7, 11 (Casa dell’Efebo - Viridarium) 1 (P2) in VIII, 5, 24 (Casa del Medico - Peristylium)

Ammit?

2 (G,T) in VII, 16, 17 (Casa di Maius Castricius - Viridarium 34)

Asino

1 (B) in VI, 7, 23 (Casa di Apollo - Fuori dal cubicolo) 1 (C) in VII, 4, 48 (Casa della Caccia Antica - Tablinum)

Bambino

1 (R) in I, 6, 15 (Casa dei Ceii - Viridarium) 1 (J) in IX, 5, 9 (Casa dei Pigmei - Cubiculum)

Cibi e bevande

1 (I) in VI, 9,6/7 (Casa dei Dioscuri - Tablinum) 1 (O) in VIII, 7, 24 (Casa dello Scultore - Peristylium)

Coclea

1 (L5) in I, 7, 11 (Casa dell’Efebo - Viridarium) 1 (B) in VI, 2,4 (Casa di Sallustio - Peristylium)

Montagna

1 (L) in I, 6, 15 (Casa dei Ceii - Viridarium) 1 (A2) in VII, 7, 32 (Tempio di Apollo - Peristylium)

Pantera

1 (V) in VI, 7, 23 (Casa di Apollo - Fuori dal cubicolo) 1 (L1) in VIII, 7, 24 (Casa dello Scultore - Peristylium)

Recinto

1 (K) in VI, 7, 23 (Casa di Apollo - Fuori dal cubicolo) 1 (H2) in VIII, 2, 17 (Terme del Sarno - Frigidarium)

Sacerdote

2 (F4,J6) in VIII, 7, 28 (Tempio di Iside - Ekklesiasterion)

Anubi

1 (R) in VII, 16, 17 (Casa di Maius Castricius - Viridarium 34)

Arpocrate

1 (C) in VI, 2, 14 (Casa delle Amazzoni - Viridarium)

Baccante

1 (P) in VI, 7, 23 (Casa di Apollo - Fuori dal cubicolo)

Bacco

1 (Q) in VI, 7, 23 (Casa di Apollo - Fuori dal cubicolo)

Bovidi

1 (H5) in VIII, 7, 28 (Tempio di Iside - Ekklesiasterion)

Cavallo

1 (F) in VI, 2, 14 (Casa delle Amazzoni - Viridarium)

Chioschi

1 (J) in I, 10, 4 (Casa del Menandro - Atrium)

Cigno

1 (B) in V, 2,i (Casa delle Nozze d ’Argento - Peristylium (r)

Ciotole

1 (S2) in VIII, 5, 24 (Casa del Medico - Peristylium)

Cobra

1 (D) in VI, 12,2 (Casa del Fauno - Esedra)

Cratere e mestolo

1 (A4) in I, 7, 11 (Casa dell’Efebo - Viridarium)

Divinità

1 (A) in Villa dei Misteri (Villa dei Misteri - Tablinum)

Erma

1 (L6) in VIII, 7, 28 (Tempio di Iside - Ekklesiasterion)

Falco

1 (E6) in VIII, 7, 28 (Tempio di Iside - Ekklesiasterion)

171

I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

Grotta

1 (F3) in VII, 1,8 (Terme Stabiane - Camera G (vicino alla piscina), bacini)

Hydreion

1 (F7) in VIII, 7, 28 (Tempio di Iside - Ekklesiasterion)

Icneumone

1 (A) in VI, 12,2 (Casa del Fauno - Esedra)

Iside

1 (A) in VI, 2, 14 (Casa delle Amazzoni - Viridarium)

Horusuccello (statua)

1 (I) in I, 7, 11 (Casa dell’Efebo - Viridarium)

Leone

1 (D) in VII, 16, 17 (Casa di Maius Castricius - Viridarium 34)

Monumento funerario

1 (D6) in VIII, 7, 28 (Tempio di Iside - Ekklesiasterion)

Padiglioni

1 (A) in I, 6, 15 (Casa dei Ceii - Viridarium)

Pavone

1 (S) in VI, 2, 14 (Casa delle Amazzoni - Viridarium)

Podio

1 (E) in VIII, 5, 24 (Casa del Medico - Peristylium)

Rana

1 (Y) in VI, 12,2 (Casa del Fauno - Esedra)

Satiro

1 (O) in VI, 7, 23 (Casa di Apollo - Fuori dal cubicolo)

Serapis

1 (B) in VI, 2, 14 (Casa delle Amazzoni - Viridarium)

Serpente

1 (D) in IX, 8, 6 (Casa del Centenario - Frigidarium/ piscina)

serpente ureaus

1 (D) in VIII, 2, 28 (Casa con ninfeo - Nympheum)

Statua della Fortuna

1 (A) in IX, 6, f-g (Casa di C. Cornelius? - Sala del peristilio, probabilmente un triclinio)

Statua di Apis

1 (F2) in I, 7, 11 (Casa dell’Efebo - Viridarium)

Statua di 1 (F) in I, 7, 11 (Casa dell’Efebo - Viridarium) Iside-Fortuna Statua di Priapo

1 (J) in I, 6, 15 (Casa dei Ceii - Viridarium)

Statua di Sobek

1 (T) in IX, 5, 9 (Casa dei Pigmei - Cubiculum)

Tripode

1 (P4) in I, 7, 11 (Casa dell’Efebo - Viridarium)

Si passerà ora a valutare alcune caratteristiche piuttosto specifiche relative a diversi soggetti componenti lo scenario nilotico, in primo luogo i pigmei che da soli secondo i dati qui esposti rappresenterebbero più del 18% del totale (ponendosi come il soggetto maggiormente rappresentato e rappresentativo). Prima di procedere oltre, visto il particolare argomento indagato, varrà tuttavia la pena soffermarsi brevemente sulla concezione che gli Egizi stessi ebbero di tali individui. IV.8. I Pigmei delle scene nilotiche nel contesto pompeiano Nell'Egitto antico, specie durante il periodo Proto-dinastico e del Vecchio Regno, nani e pigmei erano visti come individui speciali e a cui era concesso notevole rispetto tanto da godere di elevate

172

Capitolo IV - Nilotica pompeiana. Dal contesto alle analisi sui soggetti individuati

posizioni sociali. Stando alle fonti, diversi nani, durante la I dinastia (3150–2900 a.C.), prestarono servizio e lavorarono direttamente per il Re o la famiglia reale (tanto che alcuni di essi furono trovati sepolti in tombe sussidiarie a quella del sovrano). Il loro status sociale non pare diminuito durante l'Antico Regno (2680-2180 a.C. circa), durante il quale i pigmei erano spesso impiegati come danzatori per eventi eccezionali e feste religiose. A partire dal Vecchio Regno e specie col Nuovo Regno (1550-1070 a.C. circa) essi inizierebbero ad essere raffigurati in modi ridicoli. Il papiro contenente La saggia dottrina di Amenemope, figlio di Kanakht, chiede infatti di non maltrattarli. Una formula dei Testi delle piramidi riguardante Pepi I recitava: “È quel pigmeo delle danze di Dio, portatore di gioia davanti al suo [grande] trono!” 174 Durante la sesta dinastia, sotto il regno del re Pepi II (2284-2184 a.C.), sappiano inoltre che da giovane, il sovrano scrisse una lettera indirizzata al suo alto ufficiale Harkhuf che fu inviato a Elefantina per prendere e riportare a palazzo un nano danzatore (letteralmente, per le danze del Dio). La risposta della lettera regale per tale impresa è copiata su una parete della sua tomba 175. Comunque sia, nell'arte egizia nani e pigmei erano raffigurati realisticamente. Gli antichi egizi stessi avevano poi tre parole e geroglifici speciali per i nani e veneravano diverse divinità nane, in particolare Bes, il dio della famiglia e della nascita (e così di Arpocrate), e la forma nana di Ptah, Ptah-Pateco 176. Durante il periodo tolemaico e romano sono poi attestate statuette, stele e amuleti di materiali diversi spesso raffiguranti figure nane o pigmee impegnate in diverse attività come quelle sessuali (spesso con sproporzionati genitali), lottare contro bestie feroci, danzare, navigare su imbarcazioni, seguire processioni sacre o portare offerte 177. Il periodo rappresentato in tali raffigurazioni pompeiane potrebbe pertanto richiamarsi a quello ellenistico, nel particolare tempo dello straripamento del Nilo. La popolazione raffigurata vedrebbe quindi indigeni egiziani (dotati di abiti umili e dediti ad attività agricole o celebrative 178) e Greci delle classi più abbienti (dotati di abiti più nobili come il chitone), mentre non vi parrebbe traccia di soggetti romani. Data una visibile differenza cromatica, è pur possibile ipotizzare che gli autoctoni fossero rappresentati con la pelle più scura (spesso nudi o con semplici abiti) mentre i greci-egiziani, meglio abbigliati, con un tono più chiaro, che in genere distingue anche le figure femminili, come di consueto nell'arte greco-romana. Questi ultimi, a cagione del loro status, sarebbero poco presenti in campagna e maggiormente visibili presso templi o ville. Tra essi quelli affetti da nanismo, prevalentemente gli egiziani, parrebbero riconoscibili dalle deformazioni (come la gobba ad esempio) che sono spesso rappresentate 179. Come non si è mancato di osservare tali soggetti iniziano tuttavia ad essere rappresentati, almeno dalla metà del I a.C., con le sembianze di nani o meglio pigmei, per utilizzare un temine più consueto, ormai entrato nel lessico scientifico comune 180. 174 175 176 177 178

179 180

Pyramid text of Pepi I, 465. Allen, 2005, 159. Vd. anche Dawson 1938, 185-189. Amenta 2011. Si veda anche Barrett 2019, 74-103. Interessante far notare anche i caratteristici copricapi (cappelli rotondi, foglie di loto invertite o cappelli a punta) spesso indossati. Versluys 2002, 277, ne vedeva anche associazione ad attori o commedianti di origine egiziana (cinaedoi): “CFN 082 and 104 (round hats), 089 and 095 (inverted lotus leaves) and 051, 059, 087, 102, 107, 110 (pointed hats). Round hats and lotus leaves are commonly used in Egypt as head covering (Versluys 2000, 241). The pointed hats can perhaps be explained by an association with the cinaedoi; actors and artists in Italy who were often of Egyptian origin. Already from the time of the old comedy was the pointed hat associated with clowns and jokers...”. Mentre la classe sacerdotale è raffigurata calva e con le caratteristiche tonache. Si veda l'esempio della Casa del Medico a Pompei. Il pigmeo non pare sproporzionato da un punto vista fisico perché, sebbene di bassa statura, non presenterebbe malformazioni. Queste ultime paiono invece caratteristiche che connotano diverse figure inserite nei contesti di tipo nilotico dove, tranne rari casi, le categorie di nano e di pigmeo non risultano consapevolmente ritratte (Clarke 2006, 161; Versluys 2002, 276). La conclusione a cui si è giunti recentemente (Dasen 1993, 175-188) ribadirebbe che la rappresentazione visiva del soggetto che i Greci definivano come “pigmeo” combinerebbe l’antica pseudo-

173

I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

L'appellativo, ȆȣȖȝĮ૙ȠȚPygmaeiGHULYDGDʌȣȖȝ੾, ovvero cubito (ovvero circa 50 cm) e intende pertanto esseri di bassa statura. Seguendo le fonti letterarie classiche, già Omero a principio del terzo libro dell'Iliade parlava di gru che sorvolano stridendo i flutti dell'Oceano, arrecando distruzione e morte a uomini “pigmei”. Un soggetto questo della lotta tra pigmei, e gru e aironi, definito geranomachia, che noto in antichità, diverrà tema diffuso anche nell'arte figurativa e non solo 181. ǹ੝IJ੹ȡਥʌİ੿ țȩıȝȘșİȞਚȝૃ ਲȖİȝȩȞİııȚȞਪțĮıIJȠȚ ȉȡ૵İȢȝ੻ȞțȜĮȖȖૌ IJૃ ਥȞȠʌૌ IJૃ ੅ıĮȞ੕ȡȞȚșİȢ੬Ȣ ਱ȔIJİʌİȡțȜĮȖȖ੽ ȖİȡȐȞȦȞʌȑȜİȚȠ੝ȡĮȞȩșȚʌȡȩ Į੆ IJૃ ਥʌİ੿ Ƞ੣ȞȤİȚȝ૵ȞĮijȪȖȠȞțĮ੿ ਕșȑıijĮIJȠȞ੕ȝȕȡȠȞ țȜĮȖȖૌ IJĮȓȖİʌȑIJȠȞIJĮȚਥʌૃ ੩țİĮȞȠ૙Ƞ૧ȠȐȦȞ ਕȞįȡȐıȚȆȣȖȝĮȓȠȚıȚijȩȞȠȞțĮ੿ țોȡĮijȑȡȠȣıĮȚ ਱ȑȡȚĮȚįૃ ਙȡĮIJĮȓȖİțĮț੽Ȟ਩ȡȚįĮʌȡȠijȑȡȠȞIJĮȚ ȅ੄ įૃ ਙȡૃ ੅ıĮȞıȚȖૌ ȝȑȞİĮʌȞİȓȠȞIJİȢਝȤĮȚȠ੿ ਥȞșȣȝ૶ ȝİȝĮ૵IJİȢਕȜİȟȑȝİȞਕȜȜȒȜȠȚıȚȞ (Hom., Il., 3, 1-9) E quando furono tutti schierati coi loro capi, i Troiani avanzarono con grida e clamore, simili a uccelli, simili a gru che stridono in cielo quando fuggono l’inverno e le sue piogge incessanti, e gridando volano sulle acque di Oceano, mentre vanno a portare morte e rovina ai Pigmei; volano alte e annunciano una lotta mortale. In silenzio avanzavano invece gli Achei, spirando furore, decisi nel cuore ad aiutarsi gli uni con gli altri. (Trad. Ciani 1990).

Il loro luogo di origine resterebbe già dibattuto nell'antichità stessa, dato che alcuni lo ritrovavano nella zona superiore dell'Egitto dove scorre il Nilo, altri in Tracia ed ancora in Asia Minore, e specie dopo Alessandro Mango se ne rintracciava testimonianza addirittura in India 182.

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etnografia, che vedrebbe l’origine della razza pigmeoide in Egitto, con la patologia del nanismo. Da quest’unione si sarebbe generata una forma ibrida, sinonimo di alterità per antonomasia, concretizzazione non tanto di una realtà esistente quanto più di uno status estraneo ai limiti del tempo e dello spazio umanamente concepiti. Tale reinterpretata tipologia di pigmeo coinciderebbe pertanto con la formulazione artistica attestata prima nel repertorio ellenistico e, successivamente, in quello romano. In questa sede si è pertanto ritenuto idoneo utilizzare il termine “pigmeo” per riferirsi ai personaggi rappresentati nelle ambientazioni nilotiche sia che si tratti di pigmei, nel senso di esseri non sproporzionati, di cui le attestazioni sono davvero scarse, sia che si tratti di soggetti affetti da nanismo, che si ritrovano nella maggior parte della casistica esaminata. Ovid., Met., 6, 90, mitizzando la vicenda dell'odio insanabile fra gru e pigmei parlava di una fanciulla di singolare bellezza, Oinoe, poi madre di Mopsos, che nella sua superbia disdegnava Artemide ed Hera. Offesasi quest'ultima dea convertì Oinoe in gru, rendendola odiosa ai Pigmei. Oinoe non voleva tuttavia abbandonare il paese per l'amore del figlio, ma i pigmei riuscirono a scacciarla. Altre citazioni si ritrovano in Ovid., Fast., Il, 176; Philostr., Imag., 2, 22; Amm. Marc., 22, 12, 4. Il tema della geranomachia nell'arte greca trova grande sviluppo e la raffigurazione più antica ad oggi resta quella dipinta da Kleitias sul piede del cratere Francois a Firenze. Vasi cabirici a figure nere della seconda metà del V sec., mostrano pigmei deformi, con grandi teste, gracili membra e grandi phàlloi, in lotte spesso umoristiche contro gru. Se ne riparlerà in questa stessa sezione più avanti. Hekat., in Fr. Hist. Gr., I, 328 b; Arist., HA, VIII, 12; Hesych., s. v.; Plin., HN, 6, 188, indicavano come luogo di origine dei pigmei la parte superiore più remota dell'Egitto; Giovenale (Juv., Sat., 5, 67) invece avrebbe sostenuto che durante l'estate le gru erano solite migrare verso Nord, ovvero dal Nilo allo Strimone, essi sarebbero pertanto dovuti localizzarsi un tempo in Tracia da dove erano stati leggendariamente cacciati (Plin., HN, 4, 44; Solin., 69, 3). Palaiphat., in Fr. Hist. Gr., II, 339, 2; 6WHSK%\]VYȝĮțȡȠț੼ࢥĮȜȠȚSUHVVROD&ROFhide; Plin., HN, 5, 109, in Asia Minore, mentre specie dopo Alessandro Magno, in India (Megasthenes, in Fr. Hist. Gr., II, 423, 29, 30; Str., 2, 70; 15, 711; Plin., HN, 6, 70; Athen., 9, 390 B; Gell., 9, 4, 10). “Al di là degli Astomi, tra le montagne più lontane, si dice che abitino i Trispitami e i Pigmei, i quali non superano le tre spanne di altezza; essi vivono in clima salubre e in una continua primavera, poiché sono riparati, a nord, dai monti; sono infestati dalle gru, come afferma anche Omero. Si racconta che, in groppa ad arieti e capre, armati di frecce, i Pigmei scendano tutti insieme in schiera al mare nella stagione primaverile, e distruggano le uova e i pulcini delle gru. Questa spedizione si compie ogni anno

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Capitolo IV - Nilotica pompeiana. Dal contesto alle analisi sui soggetti individuati

Oltre ciò, pare probabile che alcune leggende possano riferirsi a notizie riguardo una popolazione di siffatta piccola statura e di costumi primitivi del centro dell'Africa, come parrebbe confermare un racconto di Erodoto (Hdt., 2, 32), il quale riporta quanto udito da alcuni uomini di Cirene. Essi, recatisi all'oracolo di Ammone erano venuti a colloquio con il loro re Etearco. La conversazione era poi passata al fatto che nessuno conosceva le sorgenti del Nilo. Etearco avrebbe allora narrato che presso lui erano venuti alcuni Nasamoni (popolazione libica che abita la Sirte) ed essi avrebbero riferito che alcuni di loro avrebbero esplorato le desertiche terre libiche ribadendo che la costa della Libia lungo il mare settentrionale, dall’Egitto fino a capo Soloento era occupata da molte popolazioni libiche, eccetto le località abitate da Elleni e Fenici. Al di là della costa e delle popolazioni della zona marittima della Libia era invece pieno di bestie selvagge ed oltre ciò il solo deserto. Superati essi tali ostici luoghi sarebbero giunti in una pianura per sfamarsi di alcuni frutti ma mentre erano intenti a ciò furono assaliti e rapiti da piccoli uomini di cui non comprendevano il linguaggio. Erodoto concludeva affermando che essi: ਙȖİȚȞ IJİ į੽ Į੝IJȠઃȢ įȚૃ ਦȜȑȦȞ ȝİȖȓıIJȦȞ țĮ੿ įȚİȟİȜșȩȞIJĮȢIJĮ૨IJĮਕʌȚțȑıșĮȚਥȢʌȩȜȚȞਥȞIJૌ ʌȐȞIJĮȢİੇȞĮȚIJȠ૙ıȚਙȖȠȣıȚIJઁ ȝȑȖĮșȠȢ੅ıȠȣȢȤȡ૵ȝĮį੻ ȝȑȜĮȞĮȢ ʌĮȡ੹ į੻ IJ੽Ȟ ʌȩȜȚȞ ૧ȑİȚȞ ʌȠIJĮȝઁȞ ȝȑȖĮȞ ૧ȑİȚȞ į੻ ਕʌઁ ਦıʌȑȡȘȢ Į੝IJઁȞ ʌȡઁȢ ਸ਼ȜȚȠȞ ਕȞĮIJȑȜȜȠȞIJĮ ijĮȓȞİıșĮȚ į੻ ਥȞ Į੝IJ૶ țȡȠțȠįİȓȜȠȣȢ )XURQR FRQGRWWL DWWUDYHUVR HVWHVH SDOXGL OH attraversarono, e giunsero in una città dove tutti erano di statura eguale a quella dei loro rapitori e di pelle nera. Un gran fiume scorreva lungo la città da occidente verso oriente, ed in esso vi erano coccodrilli. (Hdt., 2, 32, 7) 183. Proviamo pertanto a trarne degli elementi maggiormente distintivi. Secondo Omero tali individui vivevano sulla riva del fiume Oceano, ovvero ai confini del mondo. Aristotele ci ricorda poi come si occupassero dell'allevamento di piccoli animali praticando l'agricoltura (sempre fronteggiando il pericolo delle gru). Essi non avrebbero così conosciuto la vita urbanizzata vivendo in abitazioni pressoché primitive o grotte. Incapaci di addestrare cavalli, monterebbero montoni, capre o pernici e, anche essendo bravi arcieri, la loro caccia verrebbe eseguita con armi primitive o rustiche, mentre tenterebbero di incutere timore nel nemico suonando una sorta di nacchere 184. Secondo tali caratteristiche pare chiaro che essi non potessero essere considerati civilizzati alla maniera di ciò che intendeva la visione greca (o almeno tucididea e aristotelica). Dal punto di vista figurativo gli esempi di Kleitias e Nearchos, mostrano iconografie arcaiche greche altamente corrispondenti alla tradizione letteraria, in cui cioè non paiono presenti specifiche caratterizzanti o deformazioni anatomiche. Nel Cratere François (VI a.C.) senza considerare la marginalità topografica (piede) di dove si trovano, la loro differenza dagli eroi è marcata dalla loro bassa statura, ma soprattutto dai loro armamenti pastorali e contadini 185. A partire dal V a. C. e rispondendo alla necessità naturalistica che governa tutto lo sviluppo dell'arte greca, si assisterebbe tuttavia alla principale delle innovazioni iconografiche circa i pigmei, ovvero la rappresentazione dell'achondroplasia. Tale disturbo patologico, colpisce infatti solo gli arti, braccia e gambe che crescono notevolmente meno rispetto al resto del corpo 186. Se come si è visto, tale deformità era nota in antico Egitto, e considerata celebre, e nel periodo greco alcune notizie si ritrovano nel De genitura del Corpus Hippocraticum, (fine del V secolo a.C.), e più tardi in Aristotele che ne sottolineò le caratteristiche principali come la poca

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in tre mesi; se non avesse luogo, sarebbe impossibile fronteggiare la massa delle gru che nascerebbero. Le loro capanne sono fatte di fango, penne e gusci d'uovo. Aristotele afferma che i Pigmei vivono in caverne; per il resto concorda con gli altri autori...”. (Plin., HN, 8, 26-27). Trad. Conte et al. 1983, II, 23-25. Più avanti, durante la metà degli anni Sessanta d.C. Nerone pare abbia sponsorizzato una spedizione delle zone settentrionali del Nilo e del territorio etiopico più interno. Si vedano a riguardo le testimonianze di Seneca e Plinio: Sen. QN, 6, 8, 3-4; Plin. HN, 6, 183-186. Ctesias, FGrH 688 F45, 493-494; Arist., HA, 8, 12, 597a; Hecataeus, FGrH 1 F328b; Ov., Fast. 5, 176; Pomp. Mela, 3, 8, 81. Basilis, FGrH 718 F1; Plin., HN, 8, 26. Beazley 1951, 37. Si veda anche Torelli 2007. Un diadema in rilievo dorato trovato nella tomba n. 10 a Marmaro (Ialiso, Rodi) mostrerebbe già dei pigmei sproporzionati per cui alcuni hanno voluto rintracciare una alta espressione del contributo della dottrina medica ionica. Vd. anche Dasen 1993.

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

intelligenza, l'irrefrenabile dynamis e il vigore sessuale 187. Un processo siffatto sarà ancora ben produttivo sino al IV secolo come testimonierebbero le pelikai del cosiddetto stile Kerch 188 (rinvenute, come noto, dalle coste del Mar Nero). Passando perciò all'ambito italico la raffigurazione di pigmei su una lekanis pugliese a figure rosse (oggi appartenente ad una collezione privata tedesca), presenta una anatomia normale e il nanismo è suggerito dalle proporzioni maggiori della gru, ma non vi è alcun atteggiamento grottesco o caratteristica caricaturale (eccettuato il fallo 189). In una lastra dipinta proveniente da Paestum (necropoli di Capaccio Scalo) un pigmeo combatte con una gru. Il personaggio ha i capelli arruffati, le labbra gonfie così come lo scroto mostruosamente gonfio (secondo la tipologia detta apish, ideata ad Atene dai pittori del laboratorio di Sotades e poi introdotta in Italia, ma non nelle geranomachie) del pittore apulo Felton 190. Tale episodio appare tuttavia isolato da tale serie di dipinti e nella stessa tomba è collegata all'immagine di due animali (un leone e un cinghiale) duellanti 191. La geranomachia della tomba 2957 a Tarquinia, posta sull'architrave del loculo sinistro, raffigura poi quattro coppie e un trio di duellanti, con sequenza terminante presso un grande cratere. Una scena quasi incoerente rispetto agli altri fregi dipinti nello stesso ipogeo. Si vedono qui, un pigmeo sbilanciato, con stomaco prominente e corte gambe; un altro che punta la lancia, cavalcando un asinello; un altro a terra, beccato crudelmente sul retro. Tutti questi esempi possono datarsi agli ultimi decenni del IV sec. a.C. Circa quattro secoli dopo ed attraverso la mediazione dell'ambiente alessandrino una scena simile si ritroverebbe ad es. presso il colombario di Villa Pamphilj a Roma, e su una parete della casa pompeiana dei Capitelli colorati (o di Ariadne) 192. Riguardo tali casistiche non potrà che concordarsi con Harari che qualche tempo fa scriveva: “these non-canonical human beings, loaded with the prophylactic sympathy they had inherited from the various Egypto-Phoenician Beses and Pataikoi (very wellknown in Etruria since the Orientalizing age), and so deeply involved in the powerful interference from Dionysian imagery, seem to attend the funeral ceremonies just to relax the tension and remove, though temporarily, the horror of the death, claiming the peremptory reasons of life by their irresistible dynamis”. (Harari 2004, 187). Nel mondo greco i nani erano spesso attori comici e acrobati. Il gran numero di statuette in bronzo o in terracotta di nani danzanti spesso macrofallici e che suggeriscono legami con divinità della fertilità come Bes, Osiri e Dioniso pare rappresentativo dall'ellenismo al primo periodo romano 193. All'interno di quest'ultimo e più variamente nel contesto romano tali soggetti apparivano spesso in veste di servi, ballerini e interpreti di parodie per l'intrattenimento (Vd. ad es. Prop., 4, 8, 41-42) e tale situazione sarà di certo stata in parte ripresa anche nel contesto artistico (pittorico e plastico) contemporaneo e seguente. Tornando alle raffigurazioni, dovrà così rilevarsi che oltre alla geranomachia e alle scene nilotiche, i pigmei furono spesso al centro di scene parodistiche (come in passato nella cosiddetta ceramica cabirica). La pittura pompeiana del peristilio della Casa del Medico effigiante il cosiddetto Giudizio di Salomone, popolato da nani, rappresenterebbe bene tale casistica, come la pittura proveniente dalla Casa della Regina Carolina, che costituisce la parodia dello studio di un pittore di 187 188 189 190 191

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Hippoc., Genit., 9. Arist., GA, 2, 10, 749a; HA, 7, 14, 597b. Si veda anche: Vienna, Kunsthistorisches Museum, IV 3221, Attic red-figure pelike. Güntner, Simon 1997, n. 44. Pontrandolfo, Rouveret 1992, 66, 274–276, 392, 464; Cambitoglou 1986, 143-145. Andrà qui menzionata anche una placca in rilievo di argilla da Agrigento che mostra parte inferiore di un pigmeo (con fallo pendulo) con ascia e campana da bestiame. Steingräber 1997, 126. Un'ulteriore geranomachia si troverebbe inoltre su un vaso pestano a figure rosse sovradipinte (inedito). Janni 1978. A tale tipologia sarebbe poi connessa l'ideologia della tryphé dei sovrani tolemaici come mostrerebbe Tolomeo IV che pare avesse guidato un thiasos dionisiaco di nani danzanti. Pfisterer-Haas 1995, 483-504.

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Capitolo IV - Nilotica pompeiana. Dal contesto alle analisi sui soggetti individuati

ritratti, con protagonisti proprio alcuni pigmei 194. IV.9. Caratterizzazioni e distribuzione delle scene nilotiche con pigmei nei contesti di rinvenimento Avendo così esposto i dati riguardanti il numero, la frequenza e il luogo di reperimento per ogni singolo soggetto, varrà ora la pena ribadire che all'interno del pur classico paesaggio nilotico la maggior parte delle rappresentazioni qui prese in esame espone e propone delle caratteristiche contestuali definite che porterebbero a distinguerle 195. Tra esse possono infatti caratterizzarsi diverse tipologie contestuali determinate da alcune caratteristiche in essere, dalla ripetitività gestuale o dalla riproposizione di alcune attività che potrebbero almeno individuarsi e comprendere tali casistiche: Scene di danza o musica; Scene cultuali; Scene di violenza o rapporto conflittuale tra pigmei e animali; Amplessi o scene erotiche; Itifallismo; Macrofallia (queste due ultime da considerarsi al di fuori degli amplessi). Il seguente diagramma sulla percentuale distributiva delle diverse scene individuate permetterà di mettere in rilievo tali dati.

Fig. 4.6. Percentuale distributiva delle diverse scene nilotiche con pigmei individuate

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Come accennato non mancano bronzetti, avorii, statue di marmo con figure di tali soggetti nudi e deformi di stampo ellenistico. Un frammento di rilievo presso Villa Albani effigia Eracle sdraiato con skǤphos nella mano abbassata, al quale un pigmeo nudo ha appoggiato una piccola scaletta per scrutare l'interno. Inoltre, l'occorrenza di putti o psychai in scene nilotiche potrebbe anche spiegarsi con l'associazione di questi a nani e pigmei. Cfr. ad es. CFN 12, 22, 23, 24 (sarcofagi ritrovati presso Roma), 91, 130. Rappresentazioni nilotiche essenziali (ossia, in cui non sono riscontrabili tipologie maggiormente distintive) vanno individuate in: 1 - I, 2, 24 (Caupona), tablinum; 7 - I, 10, 4 (Casa del Menandro), triclinium; 8 - II, 4,2 ? (Praedia di Giulia Felice), biclinium; 11 - II, 9,4 (Casa del Larario Fiorito), triclinium estivo/ stibadion; 12 - V, 2,i (Casa delle Nozze d' Argento), cubiculum (q); 13 - V, 2,i (Casa delle Nozze d ’Argento), peristylium (r); 14 - VI, 2,4 (Casa di Sallustio), viridarium; 16 - VI, 2, 14 (Casa delle Amazzoni), viridarium; 21 - VI, 12,2 (Casa del Fauno), esedra; 22 VI, 17, 42 (Casa del Bracciale d’ Oro), triclinium nympheum; 35 - VIII, 3, 8/9 ? (Casa del Cinghiale I) Vano non documentato; 38 - VIII, 7, 28 (Tempio di Iside) Portico; 43 - IX, 8, 6 (Casa del Centenario), frigidarium / piscina; 44 - IX, 8, 6 (Casa del Centenario), nympheum; 47 - Villa dei Misteri, tablinum; 48 - Villa di Diomede. Una prima proposizione investigativa di tali caratterizzazioni va in parte riconosciuta anche a Barrett 2019.

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

IV.9.1. Legenda della distribuzione delle scene nei contesti di rinvenimento Alla scena (o caratteristica individuata) di volta in volta delineata segue la menzione del luogo di rinvenimento (i.e. numerazione nell'indice delle scene da noi definito; regio, insula, domus e nome comune d'indicazione dell'abitato con la specifica dell'ambiente). La tabella seguente è ordinata in maniera decrescente in base alle attestazioni. Scena

Rinvenimento

Scene di violenza o rapporto conflittuale tra pigmei e animali

3 - I, 6, 15 (Casa dei Ceii - Viridarium), 4 - I, 7, 1 (Casa di Paquius Proculus - Triclinium), 5 - I, 7, 11 (Casa dell’Efebo - Viridarium), 9 - II, 4, 6 (Praedia di Giulia Felice - Triclinium estivo), 10 - II, 9, 2 (Casa di Gemmarius - Triclinium estivo/ stibadion), 19 - VI, 7, 23 (Casa di Apollo - Viridarium), 23 - VII, 1,8 (Terme Stabiane - Camera F (vicino alla piscina), bacini), 24 - VII, 1,8 (Terme Stabiane - Camera G (vicino alla piscina), bacini), 26 - VII, 2, 25 (Casa delle Quadrighe - Viridarium), 27 - VII, 4, 48 (Casa della Caccia Antica - Tablinum), 28 - VII, 4, 48 (Casa della Caccia Antica - Viridarium), 29 - VII, 4, 56 (Casa del Granduca - Viridarium), 30 - VII, 7, 32 (Tempio di Apollo - Peristylium), 31 - VII, 16, 17 (Casa di Maius Castricius - Giardino 34), 32 - VIII, 2, 17 (Terme del Sarno - Frigidarium), 34 - VIII, 2, 34-35 (Casa delle Colombe a Mosaico - Terrazza, fontana), 36 - VIII, 5, 24 (Casa del Medico - Peristylium), 37 - VIII, 7, 24 (Casa dello Scultore - Peristylium), 40 - IX, 5, 9 (Casa dei Pigmei - Cubiculum), 41 - IX, 5, 14-16 (Casa del Lupanare piccolo - Atrium), 45 - [fuori mura e tuttavia indicate VII, 16, a] (Terme Suburbane, - Natatio del frigidarium)

Amplessi o scene erotiche

5 - I, 7, 11 (Casa dell’Efebo - Viridarium), 9 - II, 4, 6 (Praedia di Giulia Felice - Triclinium estivo), 10 - II, 9, 2 (Casa di Gemmarius - Triclinium estivo/ stibadion), 15 - VI, 2,4 (Casa di Sallustio - Peristylium), 17 - VI, 5, 19 (Casa dei fiori? - Vano incerto), 24 - VII, 1,8 (Terme Stabiane - Camera G (vicino alla piscina), bacini), 25 - VII, 2, 25 (Casa delle Quadrighe - Peristylium), 33 - VIII, 2, 28 (Casa con ninfeo - Nympheum), 36 - VIII, 5, 24 (Casa del Medico - Peristylium), 41 - IX, 5, 14-16 (Casa del Lupanare piccolo - Atrium)

Scene cultuali

3 - I, 6, 15 (Casa dei Ceii - Viridarium), 5 - I, 7, 11 (Casa dell’Efebo - Viridarium), 6 - I, 10, 4 (Casa del Menandro - Atrium), 18 - VI, 7, 23 (Casa di Apollo - Fuori dal cubicolo), 24 - VII, 1,8 (Terme Stabiane - Camera G (vicino alla piscina), bacini), 39 - VIII, 7, 28 (Tempio di Iside - Ekklesiasterion), 40 - IX, 5, 9 (Casa dei Pigmei - Cubiculum), 42 - IX, 6, f-g (Casa di C. Cornelius? - Sala del peristilio, probabilmente un triclinio), 46 - Villa dei Misteri (Villa dei Misteri - Atrium)

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Capitolo IV - Nilotica pompeiana. Dal contesto alle analisi sui soggetti individuati

Scene di danza o musica

5 - I, 7, 11 (Casa dell’Efebo - Viridarium), 9 - II, 4, 6 (Praedia di Giulia Felice - Triclinium estivo), 15 - VI, 2,4 (Casa di Sallustio - Peristylium), 17 - VI, 5, 19 (Casa dei fiori? - Vano incerto), 18 - VI, 7, 23 (Casa di Apollo - Fuori dal cubicolo), 20 - VI, 9,6/7 (Casa dei Dioscuri - Tablinum), 36 - VIII, 5, 24 (Casa del Medico - Peristylium), 37 - VIII, 7, 24 (Casa dello Scultore - Peristylium), 49 - Tomba di Vestorio Prisco (Tomba di Vestorio Prisco - Tomba di Vestorio Prisco)

Itifallismo

9 - II, 4, 6 (Praedia di Giulia Felice - Triclinium estivo), 37 - VIII, 7, 24 (Casa dello Scultore - Peristylium), 39 - VIII, 7, 28 (Tempio di Iside - Ekklesiasterion), 40 - IX, 5, 9 (Casa dei Pigmei - Cubiculum)

Macrofallia

10 - II, 9, 2 (Casa di Gemmarius - Triclinium estivo/ stibadion). 24 - VII, 1,8 (Terme Stabiane - Camera G (vicino alla piscina), bacini), 37 - VIII, 7, 24 (Casa dello Scultore - Peristylium), 45 - [Fuori mura e tuttavia indicate VII, 16, a] (Terme Suburbane, - Natatio del frigidarium)

Pare qui utile poi mettere in evidenza la distribuzione delle scene individuate per ciascuna domus al fine di mostrarne l'occorrenza individuabile. IV.9.2. Distribuzione delle scene nilotiche con pigmei individuate per domus Domus

Scene

3 - I, 6, 15 (Casa dei Ceii - Viridarium) Scene cultuali, Scene di violenza o rapporto conflittuale tra pigmei e animali 4 - I, 7, 1 (Casa di Paquius Proculus Triclinium)

Scene di violenza o rapporto conflittuale tra pigmei e animali

5 - I, 7, 11 (Casa dell’Efebo Viridarium)

Scene di danza o musica, Scene cultuali, Scene di violenza o rapporto conflittuale tra pigmei e animali, Amplessi o scene erotiche

6 - I, 10, 4 (Casa del Menandro Atrium)

Scene cultuali

9 - II, 4, 6 (Praedia di Giulia Felice Triclinium estivo)

Scene di danza o musica, Itifallismo, Scene di violenza o rapporto conflittuale tra pigmei e animali, Amplessi o scene erotiche

10 - II, 9, 2 (Casa di Gemmarius Triclinium estivo/ stibadion)

Scene di violenza o rapporto conflittuale tra pigmei e animali, Amplessi o scene erotiche, Macrofallia

15 - VI, 2,4 (Casa di Sallustio Peristylium)

Scene di danza o musica, Amplessi o scene erotiche

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

17 - VI, 5, 19 (Casa dei fiori? - Vano incerto)

Scene di danza o musica, Amplessi o scene erotiche

18 - VI, 7, 23 (Casa di Apollo - Fuori dal cubicolo)

Scene di danza o musica, Scene cultuali

19 - VI, 7, 23 (Casa di Apollo Viridarium)

Scene di violenza o rapporto conflittuale tra pigmei e animali

20 - VI, 9, 6/7 (Casa dei Dioscuri Tablinum)

Scene di danza o musica

23 - VII, 1,8 (Terme Stabiane - Camera Scene di violenza o rapporto conflittuale tra pigmei e animali F (vicino alla piscina), bacini) 24 - VII, 1,8 (Terme Stabiane - Camera Macrofallia, G (vicino alla piscina), bacini) Scene cultuali, Scene di violenza o rapporto conflittuale tra pigmei e animali, Amplessi o scene erotiche 25 - VII, 2, 25 (Casa delle Quadrighe – Amplessi o scene erotiche Peristylium*) 26 - VII, 2, 25 (Casa delle Quadrighe - Scene di violenza o rapporto conflittuale tra pigmei e animali Viridarium) 27 - VII, 4, 48 (Casa della Caccia Antica - Tablinum)

Scene di violenza o rapporto conflittuale tra pigmei e animali

28 - VII, 4, 48 (Casa della Caccia Antica - Viridarium)

Scene di violenza o rapporto conflittuale tra pigmei e animali

29 - VII, 4, 56 (Casa del Granduca Viridarium)

Scene di violenza o rapporto conflittuale tra pigmei e animali

30 - VII, 7, 32 (Tempio di Apollo Peristylium)

Scene di violenza o rapporto conflittuale tra pigmei e animali

31 - VII, 16, 17 (Casa di Maius Castricius - Giardino 34)

Scene di violenza o rapporto conflittuale tra pigmei e animali

32 - VIII, 2, 17 (Terme del Sarno Frigidarium)

Scene di violenza o rapporto conflittuale tra pigmei e animali

33 - VIII, 2, 28 (Casa con ninfeo Nympheum)

Amplessi o scene erotiche

34 - VIII, 2, 34-35 (Casa delle Colombe a Mosaico - Terrazza, fontana)

Scene di violenza o rapporto conflittuale tra pigmei e animali

36 - VIII, 5, 24 (Casa del Medico Peristylium)

Scene di danza o musica, Scene di violenza o rapporto conflittuale tra pigmei e animali, Amplessi o scene erotiche

37 - VIII, 7, 24 (Casa dello Scultore Peristylium)

Scene di danza o musica, Itifallismo, Macrofallia, Scene di violenza o rapporto conflittuale tra pigmei e animali

39 - VIII, 7, 28 (Tempio di Iside Ekklesiasterion)

Itifallismo, Scene cultuali

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Capitolo IV - Nilotica pompeiana. Dal contesto alle analisi sui soggetti individuati

40 - IX, 5, 9 (Casa dei Pigmei Cubiculum)

Itifallismo, Scene cultuali, Scene di violenza o rapporto conflittuale tra pigmei e animali

41 - IX, 5, 14-16 (Casa del Lupanare piccolo - Atrium)

Scene di violenza o rapporto conflittuale tra pigmei e animali, Amplessi o scene erotiche

42 - IX, 6, f-g (Casa di C. Cornelius? - Scene cultuali Sala del peristilio, probabilmente un triclinio) 45 - [fuori mura e tuttavia indicate VII, 16, a] (Terme Suburbane, Natatio del frigidarium)

Macrofallia, Scene di violenza o rapporto conflittuale tra pigmei e animali

46 - Villa dei Misteri (Villa dei Misteri Scene cultuali - Atrium) 49 - Tomba di Vestorio Prisco

Scene di danza o musica

Note di commento circa le scene nilotiche con pigmei individuate: I seguenti dati intendono l'inclusione delle occorrenze di probabili amplessi e scene erotiche di cui tuttavia resta per diversi motivi complesso definire meglio le caratteristiche (si vedano relative descrizioni). La sola testimonianza di Sodo 1988 “scenette erotiche” non permetteva di definire meglio caratteri quali macrofallismo o itifallismo per la domus: (n. 10) Casa di Gemmarius (II, 9, 2). Fortunatamente la rilevanza delle riproduzioni della campagna di scavo del 1988 ne ha permesso l'integrazione; le interpretazioni per (n.15) Casa di Sallustio (VI, 2,4), dove vi sarebbe anche una scena di danza o musica, derivano da disegni. Da essi resta complesso voler determinare un symplegma; notizia derivata e molto probabile per (n. 17) Casa dei fiori? (VI, 5, 19); deriva da descrizione (n. 33) Casa con ninfeo (VIII, 2, 28); al (n. 39) Tempio di Iside (ekklesiasterion) andrà associata l'erma itifallica; al (n. 49) Tomba di Vestorio Prisco, parrebbe invece presente una scena di danza o musica, data la presenza del doppio oboe.

Fig. 4.7. Prospetto riassuntivo della distribuzione delle scene nilotiche con pigmei individuate per domus

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IV.10. Scene di violenza o rapporto conflittuale tra pigmei e animali Accanto a normali attività di vita quotidiana in cui i pigmei sono spesso raffigurati come passeggiare, nutrire ibis, pescare, o attività legate al trasporto del raccolto e all'uso di macchine per regolare o gestire l'acqua (come shaduf o coclea), la caccia, la lotta o scene di violenza tra pigmei e animali nilotici (specie coccodrilli e ippopotami) sono molto frequenti nei nilotica e in parte dovevano anche rappresentare realmente un tipico scenario che poteva scorgersi in quel periodo sulle rive del Nilo. La ripetitività dinamica e gestuale di tali attività dovrà tuttavia anche far riflettere sul fatto che essendo tali scene elaborazioni raffigurative è pur possibile che esse furono in parte derivate da un ancora non ben definita serie di modelli precedenti (se mai vi furono) 196. Al di là dell'aspetto puramente tecnico andranno così tenute presenti e valutate alcune caratteristiche che potrebbero anche concettualmente provenire da precedenti modelli, per cui forse implicitamente si potrebbero ravvisare delle analogie. Ad ogni modo, non è detto che quel significato fosse volutamente tenuto presente o considerato in età romana. Rappresentando una sorta di fossile visivo è possibile che l'originale concetto sia così (o in parte) rimasto come celato nella pretesa consuetudine dell'attività di caccia pur attraverso l'interpretazione e la caratterizzazione romana dei soggetti. Per tentare di affrontare meglio il discorso e le sue considerazioni varrà la pena ribadire che una concezione essenziale della religione egizia vedeva lo scontro perpetuo tra ordine e caos (o bene e male). Fin dal periodo pre-protostorico, accanto alla dea Maat, che identificava l’idea di un equilibrio universale e dell’ordine cosmico e sociale vi era il caos o disordine che era identificato con il Nun, l’oceano primigenio. Accanto ad animali diciamo pure positivi come per eccellenza il falco, simbolo di Horus, altri animali richiamavano invece al disordine, come il coccodrillo, l'ippopotamo, il serpente, l’asino e la tartaruga, i quali erano considerati manifestazione del dio Seth, Signore del disordine per eccellenza per gli eccessi del suo comportamento e per aver ucciso il fratello Osiri per arrogarsi il trono 197. Dovere del sovrano, qual garante della Maat era, fin dal periodo pre-protostorico e più avanti nel corso dell'intera storia egizia, la funzione liturgica di cacciare l’ippopotamo che rappresentava il caos 198. Interessante notare che l’ippopotamo era cacciato con un arpione derivato da un osso di ippopotamo stesso 199. Ciò detto, a partire dalla V dinastia la caccia all’ippopotamo iniziò a essere rappresentata anche nelle tombe private con un significato specificamente apotropaico. In tali raffigurazioni il defunto in questione guidava e dirigeva i cacciatori per questa attività200. Ma molto più interessanti paiono le raffigurazioni rinvenute a Moalla (sud di Luxor), nella tomba di Ankhtifi (un capo militare del I Periodo Intermedio). Qui sono rappresentate delle scene di caccia all’ippopotamo condotta da diverse imbarcazioni. Il proposito metaforico di tale attività pare fosse Sulla questione si è espressa anche Barrett 2019, 60-103, facendo notare l’importante antecedente visuale delle serie di amuleti e stele di divinità (ad es. Ptah Pateco) del periodo Tardo o Tolemaico (664- 30 a.C.). 197 L’ippopotamo assieme ad altri animali, assimilati al mortifero dio Seth, ovvero una delle metafore del disordine, oltre a essere cacciato era tra i protagonisti negativi delle liturgie che avevano lo scopo rituale di assicurare la vittoria dell’ordine sul caos. Il peculiare dualismo egizio comporterebbe tuttavia per ciascuno di questi animali e per lo stesso Seth anche una controparte positiva. Corteggiani 2007, 501-506. L'ippopotamo femminile era infatti considerato simbolo e divinità positiva. 198 Derchain 1962; Yoyotte 2005, 254. Per il periodo protostorico si ritrovano attestazioni nel dipinto su tela proveniente da una tomba di Gebelein (Leospo, 1989, 188, fig. 283) e in due iscrizioni della Pietra di Palermo riguardo il re Den della I dinastia (Wilkison 1999, 217). Una conferma indiretta proviene poi dalla storia di Manetone secondo cui Menes, primo re della I dinastia, sarebbe perito proprio a causa di un ippopotamo (Gardiner 1971, 394, n. 2). La caccia regale all’ippopotamo è inoltre documentata per i re Sahura e Pepi II. (Vandier, 1964, 721, fig. 399, n. 3) è dedicato alla caccia all’ippopotamo). 199 Nella formula 231 dei Testi delle Piramidi (V-VI dinastia) si legge uno scongiuro all’ippopotamo (che si sottinende ribadito dal cacciatore): “Dire le parole: Il tuo osso è un arpione, cosicché tu sei colpito con l’arpione. I cuori (dei nemici) sono allontanati. I nomadi che siedono... sono abbattuti. È il dio Hemen” (Trad. Donadoni 1959, 24). Vandier, 1964, 782: caccia all’ippopotamo della tomba di Ankhtifi. 200 Vandier 1964, 773-786. 196

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quello di assicurare il ritorno della piena garantendo così la normale successione dei ritmi naturali, ovvero Maat201. Nel tempio del dio Horus, a Edfu, sono rappresentati ad esempio alcuni quadri che illustrano le fasi del “rituale della vittoria”: Horus compare su un leggero scafo mentre colpisce un ippopotamo202 . Oltre all’ippopotamo già nell’Antico e nel Medio Regno il caos è rappresentato dagli animali del deserto e delle paludi. Ecco perciò che in diverse tombe private iniziarono ad essere rappresentate scene in cui i defunti sono a caccia di animali desertici o in paludi a pescare o colpire uccelli203. A partire da Tolemeo IV Filopatore può poi delinearsi un distinto mutamento figurativo rispetto alle classiche immagini ieratiche di divinità e sovrani egizi nell'atto di eliminare ritualmente i simboli del caos. Per celebrare la sua vittoria contro Antioco III a Rafia (Palestina) nel 217 a. C., Tolemeo IV ordinò infatti di eseguire due stele (oggi note come Rafia I e Rafia II). La prima rappresenta nella lunetta il re a cavallo che trafigge con una lancia Antioco. Una iscrizione ieratica precisa che la rappresentazione è stata realizzata per ordine del re in modo da figurarlo secondo la tradizione faraonica. Nella seconda, una stele trilingue, il nemico è invece in lacuna. In questo senso non potrà poi non menzionarsi la stele fatta eseguire dal prefetto romano Cornelio Gallo, di cui si è già parlato per altri motivi. Essa, una stele trilingue in cui egli figura a cavallo mentre con la lancia trafigge un nemico, venne creata per glorificare le imprese compiute dallo stesso in Egitto (30-27 a. C.). Tale raffigurazione è nella forma analoga a quelle delle stele Rafia I e II204. Messi pertanto in evidenza tali aspetti che potremmo definire storici riguardo tale genere di raffigurazione in Egitto, si passerà ad indagarne alcune evoluzioni maggiormente riscontrabili. Per restare nell'ambito etnografico, andrà detto come anche nel mosaico di Palestrina (II-I a.C.) è rappresentata una caccia all’ippopotamo205. Ma a fronte di questa che come si è detto avrebbe avuto ragioni descrittive, le lotte tra pigmei e grandi animali dei nilotica (nonostante la tragicità degli eventi rappresentati) avrebbero invece dovuto provocare una sorta d'effetto comico al fruitore romano, così come le lotte con animali di minor stazza e spesso piuttosto docili (come i cigni che paiono un motivo letterario piuttosto frequente già dal VI a.C.). Ad accentuare la presunta comicità della scena, in tali casi, i pigmei spesso defecano o urinano per paura o codardia (altro topos letterario).

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Yoyotte, 2005, 252. Cacce all’ippopotamo sono presenti anche in alcune tombe del Nuovo Regno come la tomba di Sataimau, a Hagar Edfu (XVIII dinastia, regno di Amenhotep I), sulla parete nord della prima camera. Wilkinson, II, 1878, 128. Leclant et al. 1979-1981, III. Casi del Nuovo Regno: la caccia nel deserto della tomba di Userhat (TT 56), (Leclant et al. 1979-1981, II, 82); la scena di caccia e pesca nella palude, nella tomba di Nakht (Shedid, Seidel 1996, 58); una analoga scena è rappresentata nella tomba di Menna (Hawass, Maher-Taha, 2002, pl. LXI e LXIV). Anche i sovrani, poiché garanti della Maat, partecipavano a tali cacce. Si ricorda un frammentario rilievo proveniente da un tempio funerario a Saqqara, che mostra il re Sahura (V dinastia) intento ad una caccia desertica (Vandier, 1964, 791-793,); una scena di caccia si trova ancora sul coperchio di una cassa dipinta di Tutankhamon (Hawass 2007, 24-25); sul retro esterno meridionale del primo pilone del tempio di Medinet Habu, a Luxor, Ramesse III (XX dinastia) è rappresentato durante una battuta di caccia contro tori selvaggi (Leclant et al. 1979-1981, II, 124-125. La tomba del re Ay (XVIII dinastia) ha una rappresentazione di caccia nella palude (Ertman 2009, 50-64). I sovrani sono spesso rappresentati in azioni militari e nell'atto rituale di annientamento del nemico (Ritner 1993), appunto fattore di disordine. Nelle tombe regali del Nuovo Regno incarnazione delle forze del caos è il serpente Apopi, che cerca inutilmente di arrestare il percorso notturno del dio sole, Ra, prosciugando l’acqua su cui naviga la barca solare. Yoyotte, Charvet, Gompert 1997, 186-187. Risalgono invece al IV d.C. due documenti che riprendono il modello inaugurato da Tolemeo. Il primo è un graffito che si trova sul secondo pilone del tempio di Kalabsha, in Bassa Nubia: il cavaliere romano (sovrastato dalla Vittoria alata) trafigge con la lancia la figura di un nemico. Curto 1965, 195. Il secondo, anch'esso databile al IV d.C. è un frammento di scultura in arenaria, scolpita “a giorno”, effigiante la figura di Horus-cavaliere (con armatura romana) che trafigge un coccodrillo con la lancia. Bresciani 1989, 93-98; Bresciani 1993, 951. Desroches Noblecourt 2004, 103. Vd. anche Zevi, Bove 2008, 78-87;

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Fig. 4.8. Particolari della caccia all'ippopotamo (tre fasi progressive).

In senso orario dall'alto a sinistra: Caccia all’ippopotamo dalla tomba di Antef (XVIII dinastia), Luxor. (Wilkinson, II, 1878, 128); particolare dal Mosaico del Nilo di Palestrina; particolare da Pompei (VIII, 5, 24). Per gentile concessione del MANN e MANP

La caratteristica forma dei bastoncini sembrerebbe quindi quella incrociata “X” (che ne presupporrebbe almeno due), e occorrerebbe in II, 4, 6; VII, 7, 32; VIII, 5, 24; VIII, 7, 24; IX, 5, 9 206; nella tomba di V. Prisco (almeno per I), mentre per il soggetto (H) in fuga in II, 4,6, parrebbe un unico bastoncino terminate in due punte “Y” 207. Delineata pertanto tale tipologia “grafica” andrà detto che una descrizione davvero molto similare a quella che occorre nei dipinti del contesto dei nilotica pompeiana, parrebbe ritrovarsi in Plinio, che potrebbe anche suggerire l'uso di tali utensili208. Plinio HN, 8, 92-93: “Quin et gens hominum est huic belvae adversa in ipso Nilo, a Tentyri insula, in qua habitat, appellata. mensura eorum parva, sed praesentia animi in hoc tantum usu mira. terribilis haec contra fugaces belva est, fugax contra sequentes. [93] Sed adversum ire soli hi audent, quin et flumini innatant 206 207 208

Tale scena, anche se speculare, parrebbe molto vicina a quella raffigurata nel mosaico della soglia nilotica presso Priverno. Più difficile invece distinguere l'oggetto di (D2) in VIII, 5, 24. In tal caso sembrerebbe piuttosto trattarsi di un oggetto diverso (forse una sorta di bastone ricurvo). Descrizioni della lotta tra questa popolazione e i coccodrilli si ritrovano ancora in Str., 17, 1, 44; Sen., QN, 4a, 2,15; Ael., NA, 10, 21.

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dorsoque equitantium modo inpositi hiantibus resupino capite ad morsum addita in os clava, a dextra ac laeva tenentes extrema eius utrimque, ut frenis in terram agunt captivos ac voce etiam sola territos cogunt evomere recentia corpora ad sepultura. itaque uni ei insulae crocodili non adnant olfactuque eius generis hominum, ut Psyllorum serpentes, fugantur”.

A margine di tale casistica, la critica scientifica si è a lungo soffermata sul significato da attribuire a una particolare tipologia di pigmei, quella cioè che vede tali soggetti stringere in mano una specie di bastoncini particolarmente durante scene di violenza (o danza) 209. I casi cui si può far riferimento sono come è stato delineato anche precedentemente i seguenti: 2 (H, S) in II, 4, 6 (Praedia di Giulia Felice-triclinium estivo); 1 (P3) in VII, 7, 32 (Tempio di Apollo-peristylium); 1 (B3) in VIII, 5, 24 (Casa del Medico-peristylium); 2 (H, F1) in VIII, 7, 24 (Casa dello Scultoreperistylium); 1 (G1) in IX, 5, 9 (Casa dei Pigmei-cubiculum); In essi tutte le scene rappresentano scene di violenza tra pigmei ed animali, anzi più specificamente coccodrilli. In tre casi (II, 4, 6; VII, 7, 32 210; VIII, 5, 24) si vedrebbero pigmei saliti sul dorso del rettile; in due casi mentre fuggono (II, 4, 6; IX, 5,9); mentre nel caso di VIII, 7, 24, se due pigmei eiaculanti (di cui quello più a destra (H) con bastoncini) danzano davanti ad un suonatore di doppio oboe, è pur vero che sulla destra un coccodrillo sbucato dalla vegetazione palustre sta per aggredirli. Meno dinamica, ma pur sempre in contesto palustre si troverebbe qui stesso il soggetto (F1). “Anzi, sullo stesso Nilo c'è anche una tribù ostile a questa belva [scil. Il coccodrillo], che prende il nome dall'isola di Tentira, sulla quale abita. Sono uomini piccoli di statura, ma dal coraggio ammirevole, almeno in questa lotta che è loro abituale. Terribile è la belva contro chi la fugge, ma scappa di fronte a chi la insegue. Solo questi uomini osano attaccare il coccodrillo, addirittura si gettano a nuoto nel fiume e dopo essere saliti sul dorso dell'animale come su un cavallo, quando le bestie, girando la testa all'indietro, aprono le fauci per mordere, infilano loro in bocca un bastone; e tenendone le estremità da destra e da sinistra, da entrambe le parti, come se si trattasse di briglie, guidano gli animali prigionieri verso terra, e li spaventano soltanto col suono della voce e li costringono a vomitare i corpi che hanno di recente inghiottito per seppellirli. Perciò a quella sola isola i coccodrilli non si avvicinano e sono messi in fuga dall'odore di quegli uomini, come i serpenti da quello degli Psilli”. (Trad. Conte et al. 1983, II, 201-203).

Il passo appena riportato sembra davvero simile ad alcune immagini che possono ritrovarsi in alcune delle scene nilotiche come ad esempio nella Casa del Medico, per restare nel contesto pompeiano 211. Sulla scorta di tale testimonianza le verghe lignee dei pigmei sarebbero potute servire per imbrigliare il coccodrillo 212. Resta tuttavia impossibile accertare quanto questo che potrebbe esser divenuto un topos letterario, fosse stato presente e attivo nella rappresentazione pittorica (e se mai lo fu). La testimonianza pliniana parla tuttavia di uno specifico gruppo etnico, gli abitanti di Tentira sulla sponda del Nilo 213 e tale luogo piuttosto che all'isola potrebbe meglio rimandare alla città di Tentyris (nome latino di Dendera). Da qui potrebbero forse provenire altri paralleli raffigurativi spesso ravvisati in tali scene. Andrà però rilevato come in genere nei volumi VII-XI della Naturalis Historia pliniana che trattano di antropologia e zoologia, le moltissime notizie ivi raccolte pullulano spesso d'infinite meraviglie in cui non è esente un certo gusto immaginativo (anche se di riflesso). In Plin., HN, 7, 33, si sostiene ad es. che l'acqua del Nilo rendesse fecondo chi ne bevesse. Di seguito forniremo un primo elenco con menzione degli animali correlati all'Egitto di cui Plinio discorre più nel dettaglio partendo dall'icneumone grazie a cui si introducono propriamente gli animali più caratteristici d'Egitto. 209 210 211 212 213

Per l’interpretazione di questi utensili come strumenti musicali si veda anche Garmaise 1996. Qui un pigmeo (S3) in groppa al coccodrillo parrebbe aver un singolo bastone. Vedi relativa descrizione. Mentre non appaiono mai nel Mosaico del Nilo di Preneste. Per cacciare, ma principalmente per soccorrere i compagni feriti, pungendo l'animale oppure davvero apponendo tal bastoncini nelle bocche per tirarli fuori mentre l'animale li aveva attaccati. Di tale popolazione parlerà ancora Plin., HN, 28, 31, mentre Seneca, QN, 4, 2, 15, attribuiva il successo della loro lotta contro i coccodrilli più che al loro coraggio per l'ignavia degli animali.

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Fig. 4.9. Dettaglio dei soggetti includibili nella tipologia “Pigmei con bastoncini”.

Dall'alto in basso e da sinistra a destra: (H; S) in II, 4, 6; (P3) in VII, 7, 32; (M?; B3) in VIII, 5, 24; (H; F1) in VIII, 7, 24; (G1) in IX, 5, 9; (I; J?) in Tomba di Vestorio Prisco. Per gentile concessione del MANN e SAP.

Plin., HN, 8, 80: lupi, detti di più piccole dimensioni e meno aggressivi rispetto a quelli dei paesi più freddi. Vd. anche 11, 111; Plin., HN, 8, 89-90: coccodrillo 214; Plin., HN, 8, 88; 90: icneumone. “Allorché l'icneumone vede il coccodrillo preda di questo piacere [ovvero quello che gli procura l'uccello trochilo (Plin., HN, 8, 90) nel pizzicare le sue fauci in cerca di residui per nutrirsi] e del sonno, si slancia come una freccia attraverso le stesse fauci e gli rode il ventre...”; Plin., HN, 8, 91: scinco. E ne riparlerà in seguito: Plin., HN, 28, 119; Plin., HN, 8, 91: delfini; Plin., HN, 8, 91: “In realtà il coccodrillo era un pericolo troppo grande perché la natura si contentasse di opporgli un solo nemico. Così anche i delfini che entrano nel Nilo, e che hanno sul dorso una pinna affilata come un coltello, quasi fosse destinata a questo scopo, benché per il resto inferiori di forze, uccidono con l'astuzia i coccodrilli che li cacciano come preda e che regnano nel Nilo come in un 214

Che lo studioso definiva: Quadripes malum et terra pariter ac flumine infestum (Plin., HN, 8, 89). Circa la descrizione del rettile Plinio è debitore nei confronti di Erodoto (Hdt., 2, 68) e Aristotele (Arsit., HA, 5, 27, 6; 9, 8,4). Ed a quest'ultimo si richiamerebbe anche la tradizione medievale araba, come nel Racconto d'Egitto. Si veda Kzzo, Bellucci 2020, (Poc., 230, 24r-24v).

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fiume esclusivamente loro”; Plin., HN, 8, 95: ippopotamo; Plin., HN, 8, 97: ibis. Ne discute ancora in Plin., HN, 10, 32. et Plin., HN, 10, 135; Plin., HN, 8, 132: circa cosiddetti topi del Ponto, ricorda come: “Ce ne sono di simili in Egitto, e anch'essi stanno seduti sulle natiche e camminano su due zampe e usano quelle anteriori come mani....”. L'autore ne riparla in Plin., HN, 9, 186; Plin., HN, 8, 149: cani: “Si sa che sulle rive del fiume Nilo i cani bevono le acque correndo, per non dare esca all'avidità dei coccodrilli...”. Su tale parallelo si fonda una favola fedriana (I, 25); Plin., HN, 8, 182: Toro – Api, che è venerato come Dio; Plin., HN, 8, 221: mus cahirinus, o topo spinoso di Egitto; Plin., HN, 9, 44: Siluro del Nilo (pesce); Plin., HN, 9, 68: Coracino d'Egitto (pesce); Plin., HN, 9, 179: Topi d'acqua; Plin., HN, 10, 56: oche chenalopeci, ovvero “oca volpe”. Erodoto ne fa menzione in Hdt., II, 72 fra gli animali sacri del Nilo. Plinio ne rifornirà menzione, vd. Plin., HN, 9,166 a proposito delle uova; Plin., HN, 10, 94: rondini, che foggiano nidi realizzando con paglia e strame costruzioni che resistono allo straripamento nilotico; Plin., HN, 10, 130: “gli imantopodi, molto più piccoli, benché con le zampe altrettanto alte. Quest'uccello nasce in Egitto, sta ritto su tre dita per zampa. Il suo alimento principale è costituito dalle mosche”; Plin., HN, 10, 147: piccioni d'Egitto. IV.11. Scene cultuali Nili inundatio adfert omnia excedente miraculo. (Plin., HN, 9, 179). “L'inondazione del Nilo, un miracolo che li supera tutti...”.

Accanto al mito di Iside e Osiri, che appare spesso accennato, e che in fondo celebra la ritualità della piena del Nilo, altre celebrazioni legate ad un alto livello raggiunto dallo straripamento (semeion) potevano svolgersi. In tale occasione infatti i sacerdoti andavano in processione lungo le rive del fiume presso cui veniva riempito un vaso rituale contenente l'acqua santa del Nilo, l'hydreion, che era trasportato al tempio. Un esempio pompeiano si ritrova presso Ekklesiasterion del Tempio di Iside (VIII, 7, 28) 215. Oltre ad edicole, altari e santuari (o templi 216) si sono potute individuare ad esempio anche una statua di Sobek, una statua di Priapo, una statua di Iside-Fortuna, una statua di Apis e una statua della Fortuna. Ciò a dimostrare come, nonostante la pretesa caratterizzazione stereotipata, sarebbe in fondo esistito un livello maggiormente profondo di rappresentazione a cui gli artisti e alcuni dei destinatari avrebbero fatto caso, poiché più addentro nell'intendimento di tale casistica rappresentativa. C'è inoltre da dire che al di là della accentuata tipizzazione dei pigmei ed in parte della flora e della fauna, le strutture, benché accennate paiono sempre distintive in tali scene. Si potrebbe quasi sostenere non a torto che, al di là delle semplici capanne (abitazioni dei pigmei), i luoghi di culto (spesso attorniati da greci-egiziani) mostrano delle atmosfere più pacate e controllate 217. Nei casi in cui sono presenti, scene cultuali fungerebbero quasi da contrappeso alle violente e caotiche scene di scontro tra pigmei e animali. Popolari dovevano essere le cerimonie festive in occorrenza della piena del Nilo dato che essa rappresentava benessere per il futuro raccolto e prossima abbondanza di cibo per gli abitanti. Collegata ad essa vi erano pertanto diverse attività festive associate al culto di Iside e Osiri. Una descrizione di Erodoto (Hdt., 2, 60) delle festività presso la città di Boubastis ci fornisce un'idea di esse. Andrà poi ricordato come dal Nuovo Regno (testimoniato specie da alcune tombe tebane 218) sino al periodo greco-romano si svolgeva la cosiddetta festa dell'ebrezza (t‫ې‬y). Non 215 216

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Per una panoramica sul senso dell'acqua nel culto di Iside e Serapide Vd. anche Wild 1981. La tipica raffigurazione delle scalinate che dai templi portano a riva del fiume si ritrovano dal mosaico di Priverno a quelle pompeiane. Ma non dovrà dimenticarsi come diversi paesaggi sacrali paiono presentare tra essi varie similarità (paesaggio roccioso, albero, colonna con anfora in apice, etc...), si pensi ad es. a ADS 5, da I, 2, 17. Che non a caso la letteratura storica ha in genere definito come scene idillico-sacrali. Vd. Barrett 2019, 44. Senza dimenticare il rituale sۘr ‫ۊ‬m3 che permetteva al sovrano di di distruggere i nemici divini (come a Dendera).

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parrebbe poi un caso che divinità nane (ad es. Bes) fossero particolarmente comuni nei pressi delle entrate dei templi o santuari (mammisis) che celebravano la nascita del figlio divino (Arpocrate) identificandosi con la rinascita del sole e il sovrano regnante (comuni dal periodo tardo sino a quello romano) 219. Ciò detto, offerte sacrali spesso compiute presso altari nei nilotica pompeiana paiono ad esempio presenti in: I, 6, 15; I, 7, 11 (VIII-IX); I, 10, 4; VI, 7, 23; VII, 1,8 (III); VIII 7, 28 (VI); IX, 5, 9 (III); IX, 6, f-g (?); Villa dei Misteri, (I) atrium. Le scene di danza o musica, scene sessuali con symplegma (che spesso avvengono in barca) sono associate all'eccesso portato dalla festa (e dall'ebrezza) 220. IV.12. Raffigurazione e usi della tipologia “anfora” Interessante rilevare pertanto la usuale occorrenza di anfore che non andrebbero tuttavia semplicemente o solo accostate al bere o all'ebrezza. Se è pur vero che le anfore spesso rappresentate nel contesto qui indagato si richiamerebbero alla tipologia Dressel 1A, 1B, 1C (molto in uso specie tra il II a.C.-I a.C.) 221, andrà anche ricordato come specie la variante B, di proporzioni maggiori, era prodotta nelle zone tirreniche del territorio italico, in Campania, nel Lazio e in Etruria fra il 70 a.C. e i primi anni dell'età augustea. Esse rappresenterebbero inoltre l'attestazione della grande rete commerciale romana dato il loro ritrovamento sino in Gallia, in Britannia, lungo il limes renano e nella penisola iberica, oltre che in contesti marini. Modellate in terracotta e raggiungendo toni prossimi al rosa carico, rossastro, beige o nocciola rosato, esse erano, come noto, adoperate specie per il trasporto vinario. Nell'ambito delle scene nilotiche pompeiane qui prese in oggetto, è possibile rinvenire tali soggetti in otto contesti: 4 (A3, K4, C6, A7) in I, 7, 11 (Casa dell’Efebo-viridarium); 1 (D3), in II, 4, 6 (Praedia Giulia Felice, triclinium estivo); 2 (E, J) in VI, 2,4 (Casa di Sallustio-peristylium); 1 (D) in VI, 9,6/7 (Casa dei Dioscuri-tablinum); 2 (F2, R2) in VIII, 5, 24 (Casa del Medicoperistylium); 1 (R1) in VIII, 7, 24 (Casa dello Scultore-peristylium); 4 (E3, E5, O6, E7) in VIII, 7, 28 (Tempio di Iside-ekklesiasterion); 2 (R, P1) in IX, 5, 9 (Casa dei Pigmei-cubiculum). Pur rimanendo nell'ambito dell'attività e del trasporto del carico (in tal caso evidentemente vinario), operazione commerciale ben nota nel periodo rappresentato, pare chiaro che l'occorrenza del soggetto “anfora” vada spesso a rimandare e suggerire anche altri contesti a volte sottesi. Da un lato la rappresentazione della nave carica d'anfore e dedita al trasporto (o di soggetti impegnati nel recupero) si ritroverebbe anche in I, 6, 2 (Casa del Criptoportico-caldarium), in cui due indigeni starebbero recuperando un'anfora siffatta (immaginata in un contesto subacqueo); in II, 4, 6 (Praedia di Giulia Felice, triclinium estivo), alcuni pigmei trasportano un carico di anfore che paiono tutte inclinate (D3), per chiare ragioni di trasporto. In IX, 5, 9 (Casa dei Pigmei-cubiculum), in una scena, purtroppo molto rovinata, si vedrebbe parte superiore (una sorta di elementare cabina) di una imbarcazione colma di anfore (P1); mentre pur nel particolare contesto del symplegma in VIII, 5, 24 (Casa del Medico-peristylium) un ricco carico di anfore (F2) è adagiato sulla prua (a testa d'asino). Si richiamerebbero perciò 4 casi pur differenti di tali occorrenze. In I, 7, 11 (Casa dell’Efebo-viridarium) un'anfora (A3) è appoggiata verso destra tra il piano superiore di un edificio e una parete di quello più in alto ad esso annesso. Nella successiva scena del symplegma il cosiddetto “incitatore” porta poi con braccio sinistro un'anfora inclinata nella stessa maniera (C6). Seguendo il disegno di Discanno, in VI, 2, 4 (Casa di Sallustio-peristylium), vediamo Bryan 2014, 93-123. In part. 107- 123. Sternberg-El-Hotabi 1992; Cauville 2002. Ebrezza e attività sessuale paiono poi comuni nella letteratura demotica. Vd. DePauw, Smith 2004, 67-93. Jasnow, Smith 2010-2011, 9-53. 219 Per queste osservazioni si veda Barrett 2019, 62-76. 220 Quest'ultima non pare caratterizzata dalla presenza di anfore che richiamerebbero piuttosto al carattere commerciale in genere. Anche se la particolare posizione assunta in molti casi, ovvero quella di essere poggiati richiamerebbe ad un uso specifico ancora non non meglio individuato. Per le scene di symplegma vd. qui avanti Cap. IV. 13. 221 Si veda Dressel 1891-1899, CIL XV, 2, in part. Tav. II.

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un'anfora poggiata ancora alla stessa maniera (E), in tal caso a terra ma contro la parete di una struttura, mentre un individuo ne maneggerebbe due (J) sull'imbarcazione poco più avanti. Allo stesso modo, ma verso destra e poggiata contro un albero, è rappresentata l'anfora (D) in VI, 9,6/7 (Casa dei Dioscuri-tablinum) secondo l'acquerello DAIR Archiv 83, 92. Nel bozzetto, come già ricordato, è presente anche una scena di simposio. In VIII, 5, 24 (Casa del Medico-peristylium) si nota bene una singola anfora (R2) al centro della scena, a destra del symplegma, adagiata ad un’apposita struttura lignea. Differente caratteristica pare invece da ritrovarsi nei seguenti casi. In I, 7, 11 (Casa dell’Efeboviridarium) sembrerebbe da segnalare che sopra l'individuo che gira la coclea parrebbe individuarsi un'ulteriore anfora (A7) (di colore dorato) sulla copertura (ed essa non appare inclinata). Ancora qui, I, 7, 11 (Casa dell’Efebo-viridarium) un'altra anfora (K4) pare all'apice di una sorta di colonna (anch'essa non pare inclinata). In VIII, 7, 24 (Casa dello Scultore-peristylium) un'anfora è posta in piedi (R1) all'estrema destra preceduta da due soggetti. In VIII, 7, 28 (Tempio di Iside ekklesiasterion) vi sono poi diverse occorrenze di questo soggetto in diverse scene, che certo andranno riferite ad un contesto differente da quello riguardante il vino o l'ebrezza. Seguendo le diverse scene, in III: i due pilastri, che formano un unico monumento sono cinti superiormente da due anfore (E3); V: un grande velum pende da un ramo e sotto in primo piano è raffigurata un’anfora (E5) poggiata sulla base del monumento; VI: in primo piano sull'estrema destra davanti ad un albero si vede un'anfora (O6); VII: in primo piano un albero tra due pilastri, anch'essi cinti da due anfore (E7). In IX, 5, 9 (Casa dei Pigmei-cubiculum), dietro il velum vi è infine un tempietto, sopra cui vi è un'anfora (R). Una prima osservazione che potrebbe farsi riguarderebbe l'inclinazione. Quando occorre tale tipologia (6 casi presi in esame) si assisterebbe spesso a scene di symplegma o banchetto, ossia convivialità e potrebbe anche dirsi di ebrezza, dato che tali anfore conterrebbero più specificamente vino. Ma essa andrebbe in parte anche a richiamarsi ad un atteggiamento di interconnessione ulteriore. Nel caso in cui appare sovrastante un edificio o una struttura, l'anfora non inclinata (che spesso appare molto diversa dalla tipologia precedente) andrebbe forse avvicinata al concetto di rappresentazione dell'anfora sacra (ossia contenente l'acqua del Nilo 222). (Si vedano i sopra trattati 8 casi). Resta così interessante notare preliminarmente come la tipologia sacrale, anfora spesso più tozza e dritta 223, e di seguito, albero spoglio e velum (o copertura in genere) da un lato e anfora vinaria inclinata dall'altra, spesso associata ad amplessi e scene conviviali, con le loro subliminalità di significato, paiano invece, quando rappresentate assieme (o attraverso soggetti ad essi comuni), spesso interagire e a volte pur completarsi tra loro, come nel caso della casa dell'Efebo, che pur vedrebbe una sorta di parallelo, non del tutto casuale, con la Casa di Sallustio (dis. Discanno) 224. Ciò detto, il periodo spesso rappresentato in tali scene si richiamerebbe specie a quello precedente al momento delle raffigurazioni stesse, e ciò sembrerebbe confermato proprio dalla tipologia dell'anfora, ovvero (Dressel 1) databile al II-I a.C. 222

223 224

Rappresentazioni di altri contenitori paiono interessanti. In (M5) in I, 7, 11 (Casa dell’Efebo-viridarium), il pigmeo usa la coclea per far defluire l'acqua in un dolium poco interrato. Pertanto, simbolo di fertilità e crescita, dato che vi nascono palme, tali evenienze si ritrovano nel pithos: (B1) in IX, 5, 9 (Casa dei Pigmei-cubiculum); dolium: (E4) in I, 7, 11 (Casa dell’Efebo-viridarium); mentre un pigmeo salito sopra un dolium tenta di sfuggire ad un coccodrillo: (Q3) in VII, 7, 32 (Tempio di Apollo-peristylium). Un parallelo che si potrebbe ritrovare anche materialmente dietro il biclinium della Casa di Octavius Quartio dove sarebbe stato piantato un dolium nel terreno fino al bordo e coperto da una grande lastra. Spesso tuttavia ricorrente in moltissimi paesaggi sacrali in genere, come solo per es. VII, 16, 17, calidarium 33; oppure ADS 800 (VII, 15, 2). Da tener presente che in I, 7, 11 (Casa dell’Efebo – Viridarium) un'anfora (A3) è appoggiata verso destra tra il piano superiore di un edificio e una parete di quello più in alto ad esso annesso, che culminerebbe con un'altra anfora. Ancora qui, I, 7, 11 (Casa dell’Efebo – Viridarium) un'altra anfora (C6) pare all'apice di una sorta di colonna. Ad ogni modo la composizione sacrale con albero al centro di colonne (o albero e colonna al centro) si ritroverebbe ad es. anche in I, 2, 17; I, 7, 19; VII, 16, 17; IX, 2, 18; IX, 9, d, anche se qui non si tratterebbe di soggetti che richiamano specificamente all'Egitto.

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Fig. 4.10. Alcune rappresentazioni di anfore nel contesto dei Nilotica pompeiana

Dall'alto in basso e da sinistra a destra: VIII, 7, 28, V, (E5); III, (E3); IX, 5, 9, (R); I, 7, 11, (A7); (C6); VI, 2,4, (E); I, 7, 11, (A3); VIII, 5, 24, (R2). Per gentile concessione del MANN.

Inoltre, accanto agli aspetti pur specifici, sottesi (o reconditi) cui tali rappresentazioni si richiamerebbero, andrà fatto notare come possa spesso intravedersi la tendenza e l'utilizzo di una sorta di tipologie comuni di rappresentazione (ovvero una sorta di ideale cartone o rappresentazione comune di base) cui le botteghe o gli artisti attingevano per la creazione del paesaggio che potremmo definire topotesico. IV.13. Amplessi erotici Tenendo presente l'argomentazione già eseguita circa le difformità spesso additate ai pigmei, andrà notato che la casistica del macrofallismo, così come l'attività di eiaculare o defecare (quando non intese come scene comiche) siano da identificare anche con una funzione apotropaica così come in genere l'itifallismo (che presenterebbe tuttavia anche delle connotazioni erotiche 225). Pare indubbio come i pittori romani nel rappresentare siffatte scene si fossero ispirati al contesto 225

Clarke 2014, 509-533.

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ellenistico, anche se scene di gruppo sussistono molto di rado nel repertorio erotico ellenisticoromano, esse tuttavia si ritrovano su alcune ceramiche e in pitture di ambientazione nilotica (quest'ultimo caso riguarda in parte anche Pompei). Nel contesto pompeiano infatti le scene erotiche ritrovate possono in sintesi essere incluse in tre tipologie: scene mitologiche, ossia rappresentazioni di attività sessuali fra coppie divine o creature mitiche; scene realistiche, rappresentati incontri in varie pose tra coppie anonime; scene erotiche fra pigmei in ambiente nilotico. Pare pertanto sin da subito chiaro che tali tipologie avessero differente valenza presso gli abitati della città vesuviana. Alle alto locate classi romane dovevano essere particolarmente ben accette le pitture erotiche mitologiche, rappresentate in pitture o emblemata a mosaico e frequentemente ubicati in cubicula, esedre, tablini e peristili. Le scene d'amore più realistiche si svolgevano invece spesso all'interno di alcove, in associazione col miglior agio domestico. Le scene erotiche con pigmei, a differenza delle altre raffigurazioni erotiche, paiono il più delle volte all'aperto, fra i canneti, sotto tendaggi, su imbarcazioni e spesso alla presenza di personaggi astanti. Oltre ad un intento prettamente decorativo che rispondesse cioè alle specifiche funzioni dell'ambiente in cui si trovavano (triclinio; camera da letto), pare chiaro che tali rappresentazioni avessero un aspetto ulteriore. I personaggi raffigurati in pitture erotiche nella maggior parte dei casi, non quelle ubicate in lupanari o cauponae, non avrebbero avuto come protagoniste delle professioniste del piacere, ma coppie anonime che svolgevano azioni piuttosto standardizzate. Svetonio (Svet., De Vit. Horat., 10) narrava della camera da letto con specchi di Orazio, che parrebbe suggerire come diverse altolocate classi romane traessero piacere nel vedersi riflessi durante i loro atti amorosi 226. Dato pertanto che tali tabelle erotiche furono d'uso piuttosto convenzionale all'interno dell'ambito domestico, pare che in fondo l'atteggiamento delle nobildonne fosse di imperturbabilità 227, come testimonierebbe un passo dei Tristia ovidiani in cui l'autore discolpandosi dall'accusa di lascivia additata alla sua Ars, sosteneva che alle matrone spesso capitava di vedere tali scene senza che ne fossero perturbate emotivamente. (saepe supercilii nudas matrona severi / et veneris stantis ad genus omne videt. Ov., Trist., 2, 309-310) 228. Se, come si è già in parte detto, nelle scene erotiche dei nilotica doveva pur esservi un intento comico-parodistico, a differenza delle altre rappresentazioni mitologico-realistiche appena menzionate, il cui luogo d'origine non pare sempre deducibile, queste avrebbero invece decorato specie ambienti triclinari o i podi dei triclini (ad es. 1, 7, 11; 2, 9, 2), anche se nei triclinia potevano trovarsi ancora scene erotiche del tipo realistico, spesso con sesso non esplicito229. Detto ciò, andrà ricordato che rappresentazioni erotiche circolavano apertamente su grandi varietà di oggetti d'uso comune come lucerne, vasi di sigillata, stoviglie d'argento, gemme e soprattutto specchi 230. Diversi anni addietro Meyboom e Versluys 2007, 184, avevano rinvenuto e raccolto 15 scene raffiguranti symplegma all'interno del più vasto soggetto delle scene nilotiche. Tra esse si notano 9 scene nel contesto pompeiano: n. 5 (CFN 35), Casa dell’Efebo (I, 7, 11); 226

227 228

229 230

Secondo Svetonio, medesima funzione eccitativa aveva anche il dipinto erotico di Parrasio, che Tiberio esibiva nella sua camera da letto a Capri (Svet., Tib., 44). Il ruolo stimolante dell'immagine era fortemente dibattuto nella letteratura. Basti pensare che Properzio credeva che la lascivia si fosse diffusa dal momento in cui i quadri erotici erano stati introdotti nelle case (Prop., 2, 6). Myerowitz 1992, 144. Cassio Dione parlando di Livia, la moglie di Augusto ricorda come: “una volta, quando alcuni uomini nudi s'imbatterono in lei e per questa ragione stavano per pagare con la morte, li salvò dicendo che in quelle condizioni, per donne caste, essi non differivano in nulla da semplici statue”. (D.C. 58, 4). (Trad. Stroppa 1999, 113). Tali scene richiamerebbero pertanto ambienti simposiaci chissà quanto legati a tradizioni di ascendenza greca. Si veda ad es. il symplegma nel triclinio estivo della casa I, 13, 16. Si veda ad es. Maiuri 1933, 321; Clarke 1993, 275-294.

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n.10 (CFN 39), Casa di Gemmarius (II, 9, 2); n. 11 (CFN 40), Casa del Larario Fiorito (II, 9,4); n. 17 (CFN 44), Casa dei fiori? (VI, 5, 19); n. 24 (CFN 49), Terme Stabiane (VII, 1, 8); n. 25 (CFN 50), Casa delle Quadrighe (VII, 2, 25); n. 33 (CFN 56), Casa con ninfeo (VIII, 2, 28); n. 36 (CFN 59), Casa del Medico (VIII, 5, 24); n. 41 (CFN 63), Casa del Lupanare piccolo (IX, 5, 14-16). Di seguito alcune sommarie note di commento volte a evidenziare la metodologia da noi qui impiegata. Circa la menzione “people” al posto di nano o pigmeo utilizzata da Versluys, al n. 17 (CFN 44), Casa dei fiori? (VI, 5, 19), non essendo la raffigurazione reperibile si sono indicati i soggetti come figure maschili e femminili e segnalati come probabilmente contenenti scene erotiche. Nel caso delle Terme Stabiane (n. 24 (CFN 49), VII, 1, 8) invece derivando le descrizioni da una precedente relazione, come detto, è stata adottata la medesima metodologia, attribuendo ai soggetti la caratterizzazione di figure. Partendo da tali dati tuttavia non è possibile caratterizzare tali pur disperse rappresentazioni come popolate da “persone” e non diversamente.

Fig. 4.11. Prospetto di symplegma. (Da Meyboom e Versluys 2007, 184). Sebbene sia perciò possibile di certo concordare con CFN 35, 49, 50, 59, 63 (qui nn. 5, 24, 25, 36, 41), per le abitazioni n. 10 (CFN 39), Casa di Gemmarius (II, 9, 2) e n. 11 (CFN 40), Casa del Larario Fiorito, (II, 9, 4) (triclinium estivo / stibadion), Sodo 1988, 200 affermava come dal corridoio si sarebbe avuto accesso al giardino. Questo, nell'angolo sud-ovest, presentava un piccolo ambiente di servizio (amb. 7) ricavato in un'area che in origine era di pertinenza del giardino adiacente (civ. 1), e sulla parete di fondo (est), nell'angolo nord, trovava così posto un triclinio estivo con mensa rettangolare, decorato con alcune scenette erotiche e sui cui letti al momento dello scavo erano state rinvenute 43 anfore ordinatamente depositate. Sodo 1988, 201 riportava anche che l'oecus (amb. 7, civ. 3) (m. 4,25 x 4,90) presentava una decorazione su fondo giallo diviso da architetture stilizzate ed egittizzanti con sulla parete ovest un quadretto con Europa sul toro (35 x 34 cm circa). Per il n. 33 (CFN 56) l'attestazione di Sogliano “pigmei in atti osceni” pare indiscutibile. Tuttavia, non potendo effettuare visione autoptica della scena e dato che tale notizia è riportata, si è ritenuto di trattare questa e altre menzioni come altamente probabili, per più ragioni. Di seguito i numeri qui trattati nel medesimo modo: n. 17 (CFN 44), Casa dei fiori? (VI, 5, 19); 192

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n. 33 (CFN 56), Casa con ninfeo (VIII, 2, 28), con la specifica che quasi certamente esse possedevano scene erotiche tra pigmei, ma che per qualche caso non sono definitivamente attestabili ad oggi 231. Partendo da tali dati, in Meyboom, Versluys 2007, 183, sorprende pertanto rilevare la mancanza dei due casi in II, 4, 6 (Praedia di Iulia Felix) e dell'occorrenza in VI, 2, 4 (Casa di Sallustio). Per fornire dati più attenti ed aggiornati riguardo l'argomento si attingerà ai dati inediti qui elaborati. Grazie infatti alle indagini eseguite nel corso di questa ricerca è stato possibile rilevare amplessi o scene erotiche nelle seguenti abitazioni pompeiane: 5 - I, 7, 11 (Casa dell’Efebo – viridarium); 9 - II, 4, 6 (Praedia di Giulia Felice - triclinium estivo); 10 - II, 9, 2 (Casa di Gemmarius - triclinium estivo / stibadion); 15 - VI, 2, 4 (Casa di Sallustio – peristylium) 232; 17 - VI, 5, 19 (Casa dei fiori? - Vano incerto); 24 - VII, 1, 8 (Terme Stabiane camera G (vicino alla piscina), bacini); 25 - VII, 2, 25 (Casa delle Quadrighe – peristylium*); 33 VIII, 2, 28 (Casa con ninfeo – nympheum); 36 - VIII, 5, 24 (Casa del Medico – peristylium); 41 IX, 5, 14-16 (Casa del Lupanare piccolo – atrium). Nei seguenti casi l'occorrenza, pur se derivante da descrizioni o altre fonti, pare comunque accertata: n. (10), II, 9, 2 (si possiede documentazione fotografica dello scavo avvenuto nel 1988, da cui sebbene con difficoltà sarebbero visibili due scene erotiche; n. (17), VI, 5, 19; n. (33), VIII, 2, 28 (attestazioni autoptiche di Bonghi Jovino 1984; Sogliano 1888). (Si vedano relative descrizioni). Symplegmata 233 accertati si ritroverebbero pertanto con tale distribuzione: 1 (P5) in I, 7, 11 (Casa dell’Efebo-viridarium): 2 (B5,D4) in II, 4, 6 (Praedia di Giulia Felice-triclinium estivo); 1 (E) in II, 9, 2 (Casa di Gemmarius-triclinium estivo / stibadion); 1 (I3) in VII, 1, 8 (Terme Stabiane Camera G (vicino alla piscina), bacini); 2 (F,G1) in VII, 2, 25 (Casa delle Quadrighe – peristylium*); 2 (G2,W2) in VIII, 5, 24 (Casa del Medico – peristylium); 1 (E1) in IX, 5, 14-16 (Casa del Lupanare piccolo – atrium); qui sebbene la pittura risulti dispersa era visibile un amplesso tra pigmei in una imbarcazione. Mettendo pertanto assieme le attestazioni (e le testimonianze) rinvenute si giunge al seguente prospetto: I, 7, 11, (P5): Amplesso amoroso venus pendula aversa tra una coppia sotto tendaggio (o pergolato); sono altresì presenti soggetti quali: coclea; personaggi astanti; suonatrice di doppio oboe; anfora sacra; anfora vinaria. II, 4, 6, (B5): tre pigmei (uno in piedi rivolto a sinistra mentre altri due paiono impegnati in un amplesso erotico, venus pendula) sono a bordo di una imbarcazione di papiro. II, 4, 6, (D4): amplesso venus pendula aversa, su una imbarcazione modesta (forse di papiro e con poppa a testa d'animale) tra due individui (mentre un terzo pare molto prossimo e rivolto verso loro con una cima in mano). II, 9, 2 (E): duplice amplesso erotico a tergo (intervallato da uno scoprimento macrofallico) tra due individui pigmei (il maschio di carnagione più scura e la femmina più candida). La scena 231 232 233

Per le specifiche delle scene si veda relativo prospetto in cui ad ogni modo tali casistiche ritenute probabili sono considerate attive all'interno delle statistiche. Qui, VI, 2, 4, (Q) resta comunque complesso, nonostante il disegno di Discanno, voler riconoscere una sorta di amplesso a tergo su imbarcazione (si veda relativa descrizione). Il termine symplegma è qui impiegato nel senso più generico di amplesso erotico senza specificarne modalità tecniche (per cui si veda ad es. Jacobelli 1995a).

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sembrerebbe svolgersi a terra tra vegetazione e giunchi. VI, 5, 19: amplesso erotico tra uomo e donna (forse a tergo) mentre un'altra donna in tunica suonava un doppio oboe. VII, 2, 25, (F): su un'imbarcazione posta orizzontalmente e con la poppa verso sinistra tre persone (due uomini scuri e una donna (posta a tergo) di pelle più chiara) stanno avendo un amplesso erotico di gruppo. VII, 2, 25, (G1): su una piccola imbarcazione sono raffigurati tre individui (una donna di pelle più chiara e due individui maschili più scuri). La donna protesa verso prua a sinistra è chinata a tergo e regge un timone mentre ha un amplesso sessuale con uno degli uomini che è dietro, il secondo uomo rivolto dall'opposta parte destra è intento a remare. VII, 1, 8, (I3): nonostante la pur dettagliata descrizione di Minervini 1856, 34, che ha permesso di assegnare riferimenti maggiormente univoci alle figure rappresentate, tuttavia “osceno concubito” non pare meglio distinguibile. Interessante però notare che l'uomo è definito barbato e la scena si svolgerebbe nei pressi di una grotta. Casistiche che paiono ritrovarsi solo qui. VIII, 2, 28: amplesso erotico tra pigmei secondo la testimonianza di Sogliano 1888, 512: “Sull'intonaco si vedono dipinte figure di pigmei in atteggiamenti osceni”. VIII, 5, 24, (G2): Sullo sfondo è raffigurata una nave con prua a sinistra che ha la forma di una testa d'asino ed è colma di anfore; a destra si scorge un symplegma tra un uomo in piedi e una donna (a tergo) china verso destra. VIII, 5, 24, (W2): davanti allo stibadion si intravede un pigmeo con un mantello e una tunica che suona un doppio oboe mentre al centro si sta svolgendo un symplegma tra un uomo disteso e una donna inginocchiata (venus pendula aversa) che porta una corona. IX, 5, 14-16, (E1): non meglio definito amplesso erotico tra pigmei su imbarcazione. Su un totale di 12 casi si rileverebbero pertanto: 3 casi di venus pendula aversa (I, 7, 11; II, 4, 6; VIII, 5, 24): I, 7, 11, ricco di richiami sottesi si svolge sotto un pergolato (o tendaggio); sono altresì presenti elementi quali: coclea; personaggi astanti; suonatrice di doppio oboe; anfora sacra; anfora vinaria. VIII, 5, 24, anch'esso sotto un tendaggio si sta svolgendo davanti ad uno stibadion, anche qui mentre appare un suonatore di doppio oboe. In II, 4, 6, l'amplesso avviene invece su una imbarcazione (e pare in qualche modo coinvolgere anche l'individuo alla sinistra). 5 casi di amplesso a tergo (II, 9, 2; VI, 5, 19; VII, 2, 25; VII, 2, 25; VIII, 5, 24): L'amplesso più rappresentato pare svolgersi soprattutto su imbarcazione (VII, 2, 25; VII, 2, 25; VIII, 5, 24, quest'ultima è piena di anfore), ma anche a terra (II, 9, 2; forse VI, 5, 19) in quest'ultima apparirebbe anche una suonatrice di doppio oboe. L'amplesso riguarda una coppia, mentre quando presente un terzo soggetto (eccettuatosi VII, 2, 25, F) pare impegnato in altre azioni (VIII, 5, 24;

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VII, 2, 25; VI, 5, 19; VI, 2, 4; II, 9, 2) 234. 1 caso di venus pendula (II, 4, 6); 3 casi con figure non meglio specificabili o ignote (VII, 1,8; VIII, 2, 28; IX, 5, 14-16).

Fig. 4.12. Exempla di Venus pendula aversa: dall'alto in basso e da sinistra a destra: (I, 7, 11; II, 4, 6 (Dis. da AdE, Pitture d'Ercolano, V, 299, tav. 67) ; VIII, 5, 24). Per gentile concessione del MANN.

La posizione a tergo pare pertanto rappresentata molto frequentemente durante l'amplesso sull'imbarcazione, anche se, come abbiamo visto, in II, 9, 2 parrebbe svolgersi in terra235, mentre la venus pendula aversa o mulier equitans (in cui la donna nuda, che porta una ghirlanda in testa, monta l'amante, sdraiato a terra, dandogli le spalle) si svolgerebbe più frequentemente sulla riva del Nilo, spesso presso al coperto (velum o pergolato), vicino ad un banchetto dove sono pure presenti incitatori e suonatori di doppio oboe 236. 234 235

236

Una scena similare potrebbe ritrovarsi in VII, 9, 33, cubicolo 3, in cui è presente un coitus a tergo accompagnato da un'iscrizione che recita: lente impelle (oggi MNN 27690). L'occorrenza di raffigurazioni con amplesso a tergo nella pittura vascolare greca pare significativa. Dover 1978, 105-106 sosteneva che indicasse una penetrazione anale invece che vaginale, che sarebbe stata preferita da etere greche per motivi contraccettivi. Già Johns 1982, 133, ribadiva tuttavia che è impossibile sostenere tale ipotesi con certezza. Rappresentazioni maggiormente realistiche di tali scene sono ad es. quelle presso Villa Pamphili a Roma. Bendinelli 1941, tav. agg. 1, a1; 3, b1; 5, d; e fig. 13; King 1997, 77-80, che tuttavia non ne ritrovava il richiamo egittizzante.

195

I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

La posizione pendula aversa in cui l'uomo è piuttosto passivo rispetto alla maggiore attività femminile ha permesso ad alcuni di avanzare la suggestiva ipotesi (che tuttavia resterebbe complessa da confermare) che possa esservi riferimento ad una classica immagine della mitologia egizia, ossia il rapporto tra Iside (in forma di falco) e Osiri 237. Come si è ribadito, la piena annuale del Nilo, rappresentava l'evento ciclico più importante per gli abitanti d'Egitto, ed era spiegato con la mitologica passione di Osiri. Il faraone, ucciso dal fratello Seth era stato, secondo alcune tradizioni, smembrato e dopo una lunga ricerca, dopo che Iside ne ebbe ricomposto le parti, scoprì che il suo fallo conteneva ancora poteri vitali. Assunta così la sembianza di falco si unì al membro del faraone posizionandosi su di esso, e dall'unione fu concepito Horus.

Fig. 4.13. Exempla di A tergo: dall'alto in basso e da sinistra a destra: (II, 9, 2 (Foto inedita scavi 1988); i due casi di VII, 2, 25; VIII, 5, 24). Per gentile concessione del MANN e SAP.

Resta però da ribadire che, pur restando le congetture di attività e passività del rapporto, nelle raffigurazioni Iside-falco assume maggiormente un atteggiamento converso nei confronti di Osiri 238. La presenza di pigmei (specie aventi amplessi erotici) nelle scene nilotiche sembrerebbe pertanto 237 238

Meyboom, Versluys 2007, 190.-192. Si vedano ad es. i rilievi provenienti dal tempio mortuario di Seti I (XIII a.C.); i rilievi dalla cappella di Osiri, tempio di Hathor, Dendara (I a.C.).

196

Capitolo IV - Nilotica pompeiana. Dal contesto alle analisi sui soggetti individuati

in genere associata a simboli di fertilità, rinascita e abbondanza. Essi sono infatti collegati, come si è detto, a divinità come Bes, Hathor, Ptah e Osiri, dei della fertilità e della creazione. Raffigurazioni di siffatti amplessi o di eiaculazioni 239 parrebbero pertanto riportare a tale aspetto 240. IV.14. Distribuzione delle scene per tipologia di ambiente e contesto Un primo tentativo di classificazione di tali rappresentazioni si deve a Versluys 2002 che intese considerare l'occorrenza di tali scene valutando il contesto pompeiano. Le statistiche vennero eseguite su un totale di 30 abitazioni: CFN 31; 32; 33; 34; 35; 36; 37; 38; 39; 40; 41; 42; 43; 45; 46; 47; 48; 50; 51; 52; 54; 56; 57; 59; 60; 62; 63; 64; 65; 67.

Fig. 4.14. Ripartizione delle scene per ambiente. Versluys 2002, 256-257, Diagr. 9 et 10, (Composuit Bellucci). Lo studioso forniva così una preliminare statistica sostenendo come la distribuzione di tali scene fosse: 8,6% (atrium); 11,4% (tablinium); 14,3% (peristylium); 20% (triclinium / oecus); 40% (gardens); 5,7 % (Baths). Già secondo tali dati, che prendevano in considerazione il contesto domestico, appariva predominante la percentuale di rinvenimenti presso ambienti esterni (quali i giardini)241. Rispetto al totale delle scene qui prese in considerazione non erano tuttavia presenti e tenuti in considerazione (poiché provenienti prevalentemente da contesti pubblici e cultuali): (CFN 44) VI 5, ?; (CFN 49) VII 1, 8 (Terme Stabiane), amb. F e G; (CFN 53) VII 7, 32 (Tempio di Apollo), peristilio; (CFN 55) VIII 2, 17 (Terme del Sarno), frigidarium; (CFN 58) VIII 3, 8-9 (Casa del Cinghiale I) 242; (CFN 61) VIII 7, 28 (Tempio di Iside), porticus ed ekklesiasterion; (CFN 66) Terme Suburbane, natatio del frigidarium; (CFN 68) Villa di Diomede; (CFN 69) tomba di Vestorius Si veda ad es. Casa dello Scultore. (Qui NP 37). Vd. anche Versluys, Meyboom 2007, 208. 241 Come emerso anche dal lavoro di Barrett 2019. 242 Contesto domestico ma non vi è certezza dell'ambiente di rinvenimento. 239 240

197

I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

Priscus. Le indagini si sono inoltre viste ampliate in parte dagli studi di Mol 2015 e più di recente specie da Barrett 2019. Di seguito, considerando le ricerche eseguite al fine di fornire dati più precisi, parrebbe tuttavia maggiormente utile operare una preliminare ripartizione, tenendo conto dei diversi contesti di rinvenimento: Contesto domestico: Viridaria 243: 3 - I, 6, 15 (Casa dei Ceii); 5 - I, 7, 11 (Casa dell’Efebo); 10 - II, 9, 2 (Casa di Gemmarius); 11 - II, 9, 4 (Casa del Larario Fiorito) 244; 13 - V, 2, i (Casa delle Nozze d ’Argento) 245; 14 - VI, 2, 4 (Casa di Sallustio); 15 - VI, 2,4 (Casa di Sallustio) 246; 16 - VI, 2, 14 (Casa delle Amazzoni) 247; 18 - VI, 7, 23 (Casa di Apollo) 248; 19 - VI, 7, 23 (Casa di Apollo); 25 - VII, 2, 25 (Casa delle Quadrighe) 249; 26 - VII, 2, 25 (Casa delle Quadrighe) 250; 28 - VII, 4, 48 (Casa della Caccia Antica) 251; 29 - VII, 4, 56 (Casa del Granduca); 31 - VII, 16, 17 (Casa di Maius Castricius) 252; 34 - VIII, 2, 34-35 (Casa delle Colombe a Mosaico) 253; 36 - VIII, 5, 24 (Casa del Medico) 254; 37 - VIII, 7, 24 (Casa dello Scultore) 255; 44 - IX, 8, 6 (Casa del Centenario) 256.

243

244 245 246 247 248 249 250 251 252 253 254 255 256

Che, seguendo in parte la definizione di giardino romano di Von Stackelberg 2009, 10-21, si intende qui, il giardino romano coltivato (e/o irrigato), annesso ad una struttura e associato oltre che a potenziali attività produttive (anche minime), o altre attività meno specifiche, comprendendo inoltre diverse varietà di piantagioni domestiche e più distintive forme architetturali come peristili o pseudo-perisitili. Infatti, se pur vero che nelle fonti classiche spesso il termine viridarium indicherebbe specie giardino alberato, boschetto (Allison 2004, 169), parrebbe pur interessante, intendendone la funzione, includerne anche l'idea di una sorta di vivaio dove si producevano e ci si occupava in genere delle piante (mentre il pomarium era il frutteto ed il nemus, una boscaglia piuttosto spontanea dove si celebravano riti sacri). Ad oggi il termine viridario richiamerebbe anche l'accezione di giardino ornamentale della domus romana, collocato all’interno del peristilio, introdotto in epoca ellenistica e distinto dall’hortus, l’orto, che aveva invece una funzione prettamente utilitaria. Per un tentativo di contestualizzazione tra paradeisoi e viridaria vd. anche Conticello 1993, 7-13. II, 9, 2; II, 9,4 Triclinia estivi compresi nel giardino. Peristylium in giardino Pseudo-peristylium. Luogo sacro domestico in giardino. All'esterno di un cubicolo nel giardino. Pseudo-peristylium. Viridarium Pseudo-peristylium / viridarium. Vigneto (secondo Jashemski 1993, 204). Terrazza. Pseudo-peristylium. La raffigurazione presso la Casa dello Scultore (giardino del peristylium) deriverebbe tuttavia da uno strato inferiore a quello dell'abitazione (PPM VIII, 718-731). Viridarium / nymphaeum.

198

Capitolo IV - Nilotica pompeiana. Dal contesto alle analisi sui soggetti individuati

Artia: 6 - I, 10, 4 (Casa del Menandro); 41 - IX, 5, 14-16 (Casa del Lupanare piccolo); 46 - Villa dei Misteri (Villa dei Misteri); Tablinia: 1 - I, 2, 24 (Caupona); 20 - VI, 9,6/7 (Casa dei Dioscuri); 27 - VII, 4, 48 (Casa della Caccia Antica); 47 - Villa dei Misteri (Villa dei Misteri). Bagni: 2 - I, 6, 2 (Casa del Criptoportico) 257; 43 - IX, 8, 6 (Casa del Centenario) 258. Triclinia o biclinia: 4 - I, 7, 1 (Casa di Paquius Proculus); 7 - I, 10, 4 (Casa del Menandro) 259; 8 - II, 4,2 ? (Praedia di Giulia Felice); 9 - II, 4, 6 ? (Praedia di Giulia Felice); 21 - VI, 12,2 (Casa del Fauno) 260; 22 - VI, 17, 42 (Casa del Bracciale d’ Oro) 261; 33 - VIII, 2, 28 (Casa con ninfeo) 262; 42 - IX, 6, f-g (Casa di C. Cornelius?); Cubicula: 12 - V, 2, i (Casa delle Nozze d' Argento) 263; 40 - IX, 5, 9 (Casa dei Pigmei). Indefiniti: 17 - VI, 5, 19 (Casa dei fiori?) 264; 35 - VIII, 3, 8/9 ? (Casa del Cinghiale I); 48 - Villa di Diomede (Villa di Diomede). Contesto pubblico: Bagni: 257 258 259 260 261 262 263 264

Calidarium. Frigidarium. Secondo la funzione proposta per l'oecus e sostenuta anche da Guidobaldi, Pesando 2006, 117. O meglio l'exedra. Più propriamente un triclinium ninfeo. Triclinium nymphaeum. Nel nostro n. 12, cubiculum (q) della Casa delle Nozze d' Argento (V, 2, i) non parrebbero riscontrarsi particolari associazioni. Proverrebbe da un piano inferiore di un ambiente adiacente all'atrium. Bonghi Jovino 1984, 325.

199

I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

23 - VII, 1,8 (Terme Stabiane), Camera F (vicino alla piscina), bacini; 24 - VII, 1,8 (Terme Stabiane), Camera G (vicino alla piscina), bacini; 32 - VIII, 2, 17 (Terme del Sarno), frigidarium; 45 - [fuori mura e tuttavia indicate VII, 16, a] (Terme Suburbane), natatio del frigidarium. Contesto cultuale: 30 - VII, 7, 32 (Tempio di Apollo), peristylium; 38 - VIII, 7, 28 (Tempio di Iside), Portico; 39 - VIII, 7, 28 (Tempio di Iside), Ekklesiasterion; Contesto funerario: 49 - Tomba di Vestorio Prisco. Il seguente grafico tenta di tenere, per quando possibile distinte, alcune tipologie maggiormente specifiche.

Fig. 4.15. Distribuzione delle scene nilotiche per tipologia di ambiente. Legenda265 Ambiente

Domus

Tablinum

1 - I, 2, 24 (Caupona) 20 - VI, 9,6/7 (Casa dei Dioscuri)

265

Per la Casa dei Fiori, Cinghiale I e Villa di Diomede, il luogo di rinvenimento pare sconosciuto. La raffigurazione presso la Casa dello Scultore (giardino del peristylium) deriverebbe invece, come già accennato, da uno strato inferiore a quello dell'abitazione (PPM VIII, 718-731).

200

Capitolo IV - Nilotica pompeiana. Dal contesto alle analisi sui soggetti individuati

27 - VII, 4, 48 (Casa della Caccia Antica) 47 - Villa dei Misteri (Villa dei Misteri) Caldarium

2 - I, 6, 2 (Casa del Criptoportico)

Viridarium

3 - I, 6, 15 (Casa dei Ceii) 5 - I, 7, 11 (Casa dell’Efebo) 14 - VI, 2,4 (Casa di Sallustio) 16 - VI, 2, 14 (Casa delle Amazzoni) 19 - VI, 7, 23 (Casa di Apollo) 26 - VII, 2, 25 (Casa delle Quadrighe) 28 - VII, 4, 48 (Casa della Caccia Antica) 29 - VII, 4, 56 (Casa del Granduca)

Triclinium

4 - I, 7, 1 (Casa di Paquius Proculus) 7 - I, 10, 4 (Casa del Menandro)

Atrium

6 - I, 10, 4 (Casa del Menandro) 41 - IX, 5, 14-16 (Casa del Lupanare piccolo) 46 - Villa dei Misteri (Villa dei Misteri)

Biclinium

8 - II, 4,2 ? (Praedia di Giulia Felice)

Triclinium estivo

9 - II, 4, 6 ? (Praedia di Giulia Felice) 21 - VI, 12,2 (Casa del Fauno 266)

Triclinium estivo/ stibadion

10 - II, 9, 2 (Casa di Gemmarius) 11 - II, 9,4 (Casa del Larario Fiorito)

Cubiculum (q)

12 - V, 2, i (Casa delle Nozze d' Argento)

Peristylium (r)

13 - V, 2, i (Casa delle Nozze d ’Argento)

Peristylium

15 - VI, 2,4 (Casa di Sallustio) 25 - VII, 2, 25 (Casa delle Quadrighe) 30 - VII, 7, 32 (Tempio di Apollo) 36 - VIII, 5, 24 (Casa del Medico) 37 - VIII, 7, 24 (Casa dello Scultore)

Vano incerto

17 - VI, 5, 19 (Casa dei fiori?)

Fuori dal cubicolo (nel viridarium)

18 - VI, 7, 23 (Casa di Apollo)

Triclinium nympheum

22 - VI, 17, 42 (Casa del Bracciale d’ Oro)

Camera F (vicino alla piscina), bacini

23 - VII, 1,8 (Terme Stabiane)

Camera G (vicino alla piscina), bacini

24 - VII, 1,8 (Terme Stabiane)

Giardino 34

31 - VII, 16, 17 (Casa di Maius Castricius)

Frigidarium

32 - VIII, 2, 17 (Terme del Sarno)

Nympheum

33 - VIII, 2, 28 (Casa con ninfeo) 44 - IX, 8, 6 (Casa del Centenario)

Terrazza, fontana

34 - VIII, 2, 34-35 (Casa delle Colombe a Mosaico)

Vano non documentato

35 - VIII, 3, 8/9 ? (Casa del Cinghiale I)

266

Da identificare tuttuvia con l'exedra.

201

I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

Portico

38 - VIII, 7, 28 (Tempio di Iside)

Ekklesiasterion

39 - VIII, 7, 28 (Tempio di Iside)

Cubiculum

40 - IX, 5, 9 (Casa dei Pigmei)

Sala del peristilio, 42 - IX, 6, f-g (Casa di C. Cornelius?) probabilmente un triclinio Frigidarium/ piscina

43 - IX, 8, 6 (Casa del Centenario)

Natatio del frigidarium

45 - [fuori mura e tuttavia indicate VII, 16, a] (Terme Suburbane,)

Villa di Diomede

48 - Villa di Diomede (Villa di Diomede)

Tomba di Vestorio Prisco 49 - Tomba di Vestorio Prisco (Tomba di Vestorio Prisco) Parallelamente andrà fatto notare come l'occorrenza di queste rappresentazioni prevalga nettamente nell'ambiente domestico rispetto ai pur presenti contesti pubblici, cultuali e funerari.

Fig. 4.16. Distribuzione delle scene nilotiche per contesto. Legenda delle distribuzioni Num. 30 38 39 49 1 2 3

CFN 53 61 61 69 31 32 33

Contesto cultuale cultuale cultuale funerario domestico domestico domestico

Domus Tempio di Apollo Tempio di Iside Tempio di Iside Tomba di Vestorio Prisco Caupona Casa del Criptoportico Casa dei Ceii

Regio, Insula, Domus VII, 7, 32 VIII, 7, 28 VIII, 7, 28 I, 2, 24 I, 6, 2 I, 6, 15

202

Capitolo IV - Nilotica pompeiana. Dal contesto alle analisi sui soggetti individuati

4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 25 26 27 28 29 31 33 34 35 36 37 40 41 42 43 44 46 47 48 23 24 32

34 35 36 37 38 38 39 40 41 41 42 42 43 44 45 45 46 47 48 50 50 51 51 52 54 56 57 58 59 60 62 63 64 65 65 67 67 68 49 49 55

domestico domestico domestico domestico domestico domestico domestico domestico domestico domestico domestico domestico domestico domestico domestico domestico domestico domestico domestico domestico domestico domestico domestico domestico domestico domestico domestico domestico domestico domestico domestico domestico domestico domestico domestico domestico domestico domestico pubblico pubblico pubblico

Casa di Paquius Proculus Casa dell’Efebo Casa del Menandro Casa del Menandro Praedia di Giulia Felice Praedia di Giulia Felice Casa di Gemmarius Casa del Larario Fiorito Casa delle Nozze d'Argento Casa delle Nozze d'Argento Casa di Sallustio Casa di Sallustio Casa delle Amazzoni Casa dei fiori? Casa di Apollo Casa di Apollo Casa dei Dioscuri Casa del Fauno Casa del Bracciale d’ Oro Casa delle Quadrighe Casa delle Quadrighe Casa della Caccia Antica Casa della Caccia Antica Casa del Granduca Casa di Maius Castricius Casa con ninfeo Casa delle Colombe a Mosaico Casa del Cinghiale I Casa del Medico Casa dello Scultore Casa dei Pigmei Casa del Lupanare piccolo Casa di C. Cornelius? Casa del Centenario Casa del Centenario Villa dei Misteri Villa dei Misteri Villa di Diomede Terme Stabiane Terme Stabiane Terme del Sarno

45

66

pubblico

Terme Suburbane

I, 7, 1 I, 7, 11 I, 10, 4 I, 10, 4 II, 4, 2 ? II, 4, 2 ? II, 9, 2 II, 9,4 V, 2, i V, 2, i VI, 2, 4 VI, 2, 4 VI, 2, 14 VI, 5, 19 VI, 7, 23 VI, 7, 23 VI, 9,6/7 VI, 12, 2 VI, 17, 42 VII, 2, 25 VII, 2, 25 VII, 4, 48 VII, 4, 48 VII, 4, 56 VII, 16, 17 VIII, 2, 28 VIII, 2, 34-35 VIII, 3, 8/9 ? VIII, 5, 24 VIII, 7, 24 IX, 5, 9 IX, 5, 14-16 IX, 6, f-g IX, 8, 6 IX, 8, 6

VII, 1,8 VII, 1,8 VIII, 2, 17 [fuori mura e tuttavia indicate VII, 16, a]

IV.14.1. Appendice. Nilotica pompeiana - Prospetto riassuntivo delle attestazioni dei soggetti per domus e ambiente

203

45

66

pubblico

[fuori mura e tuttavia indicate VII, 16, a]

Terme Suburbane

I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

IV.14.1. Appendice. Nilotica pompeiana - Prospetto riassuntivo delle attestazioni dei soggetti per domus e ambiente Num. Ambiente

Attestazioni

1

I, 2, 24 (Caupona) Tablinum

Totale Soggetti = 3 Strutture architettoniche = 1 Ibis = 1 Piante acquatiche = 1

2

I, 6, 2 (Casa del Criptoportico) Caldarium

Totale Soggetti = 4 Piante acquatiche = 2 Anatre = 1 Coccodrilli = 1

3

I, 6, 15 (Casa dei Ceii) Viridarium

Totale Soggetti = 34 Figure femminili = 6 Altari = 3 Pigmei = 3 Pigmei armati = 3 Alberi = 2 Figure maschili = 2 Imbarcazione = 2 Templi = 2 Anatre = 1 Bambino = 1 Capre = 1 Coccodrilli = 1 Fiori di loto = 1 Ibis = 1 Ippopotami = 1 Montagna = 1 Padiglioni = 1 Palme = 1 Statua di Priapo = 1

4

I, 7, 1 (Casa di Paquius Proculus) Triclinium

Totale Soggetti = 17 Pigmei = 4 Pesci = 2 Pigmei o figure di pescatori = 2 Anatre = 1 Canoa di papiro = 1 Coccodrilli = 1 Figure poco riconoscibili = 1 Imbarcazione = 1 Ippopotami = 1 Palme = 1 Piante acquatiche = 1 Templi = 1

5

I, 7, 11 (Casa dell’Efebo) Viridarium

Totale Soggetti = 156 Pigmei = 28 Figure poco riconoscibili = 20 Edicole = 8 Figure femminili = 7 Ibis = 7 Palme = 7 Santuari = 7 204

Capitolo IV - Nilotica pompeiana. Dal contesto alle analisi sui soggetti individuati

Statua = 6 Alberi = 5 Anatre = 4 Anfore = 4 Fiori di loto = 4 Pigmei armati = 4 Cane = 3 Coccodrilli = 3 Obelisco = 3 Porticati = 3 Altari = 2 Colonne = 2 Dolium = 2 Strutture architettoniche = 2 Pigmei o figure di pescatori = 2 Simposio = 2 Stibadium = 2 Templi = 2 Torri = 2 Coclea = 1 Cratere e mestolo = 1 Doppio oboe = 1 Horus-uccello (statua) = 1 Imbarcazione = 1 Ippopotami = 1 Molo = 1 Piante acquatiche = 1 Pinax = 1 Ponti o passerelle = 1 Statua di Apis = 1 Statua di Iside-Fortuna = 1 Strutture poco identificabili = 1 Symplegma = 1 Tripode = 1 6

I, 10, 4 (Casa del Menandro) Atrium

Totale Soggetti = 11 Pigmei = 3 Figure femminili = 2 Chioschi = 1 Coccodrilli = 1 Strutture architettoniche = 1 Porticati = 1 Templi = 1 Torri = 1

7

I, 10, 4 (Casa del Menandro) Triclinium

Totale Soggetti = 11 Pigmei = 5 Alberi = 1 Anatre = 1 Canoa di papiro = 1 Imbarcazione = 1 Torri = 1 Vegetazione palustre = 1

205

I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

8

II, 4,2 (10) (Praedia di Giulia Felice) Biclinium

Totale Soggetti = 2 Anatre = 1 Piante acquatiche = 1

9

II, 4, 6 (Praedia di Giulia Felice) Triclinium estivo

Totale Soggetti = 44 Pigmei = 12 Anatre = 4 Coccodrilli = 4 Ippopotami = 4 Imbarcazione = 3 Pesci = 3 Fiori di loto = 2 Piante acquatiche = 2 Pigmei con bastoncini = 2 Symplegma = 2 Vegetazione palustre = 2 Anfore = 1 Capanne = 1 Figure femminili = 1 Strutture poco identificabili = 1

10

II, 9, 2 (Casa di Gemmarius) Triclinium estivo / stibadion

Totale Soggetti = 4 Pigmei = 2 Ibis = 1 Imbarcazione = 1 Symplegma = 1

11

II, 9, 4 (Casa del Larario Fiorito) Triclinium estivo / stibadion

Totale Soggetti = 2 Piante acquatiche = 1 Pigmei = 1

12

V, 2, i (Casa delle Nozze d' Argento) Cubiculum (q)

Totale Soggetti = 11 Pigmei = 8 Ibis = 3

13

V, 2, i (Casa delle Nozze d ’Argento) Peristylium (r)

Totale Soggetti = 3 Anatre = 1 Cigno = 1 Fiori di loto = 1

14

VI, 2,4 (Casa di Sallustio) Viridarium

Totale Soggetti = 2 Anatre = 1 Fiori di loto = 1

15

VI, 2,4 (Casa di Sallustio) Peristylium

Totale Soggetti = 17 Figure maschili = 6 Anfore = 2 Alberi = 1 Cane = 1 Capanne = 1 Coclea = 1 Figure femminili = 1 Figure poco riconoscibili = 1 Ibis = 1 Imbarcazione = 1

16

VI, 2, 14 (Casa delle Amazzoni)

Totale Soggetti = 20

206

Capitolo IV - Nilotica pompeiana. Dal contesto alle analisi sui soggetti individuati

Viridarium

Imbarcazione = 5 Strutture architettoniche = 3 Porticati = 3 Arpocrate = 1 Cavallo = 1 Edicole = 1 Fiori di loto = 1 Iside = 1 Pavone = 1 Pigmei o figure di pescatori = 1 Serapis = 1 Uccelli = 1

17

VI, 5, 19 (Casa dei fiori?) Vano incerto

Totale Soggetti = 5 Figure femminili = 3 Doppio oboe = 1 Figure maschili = 1

18

VI, 7, 23 (Casa di Apollo) Fuori dal cubicolo (che da sul giardino)

Totale Soggetti = 29 Figure maschili = 5 Strutture architettoniche = 3 Figure femminili = 3 Alberi = 2 Altari = 1 Asino = 1 Baccante = 1 Bacco = 1 Capre = 1 Doppio oboe = 1 Edicole = 1 Figure poco riconoscibili = 1 Imbarcazione = 1 Palme = 1 Pantera = 1 Ponti o passerelle = 1 Porticati = 1 Recinto = 1 Satiro = 1 Torri = 1

19

VI, 7, 23 (Casa di Apollo) Viridarium

Totale Soggetti = 3 Coccodrilli = 1 Figure poco riconoscibili = 1 Pigmei = 1

20

VI, 9,6/7 (Casa dei Dioscuri) Tablinum

Totale Soggetti = 11 Figure maschili = 2 Alberi = 1 Anfore = 1 Cane = 1 Cibi e bevande = 1 Doppio oboe = 1 Strutture architettoniche = 1 Ibis = 1

207

I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

Palme = 1 Torri = 1 21

VI, 12,2 (Casa del Fauno) Esedra

Totale Soggetti = 29 Anatre = 15 Fiori di loto = 5 Uccelli = 3 Cobra = 1 Coccodrilli = 1 Ibis = 1 Icneumone = 1 Ippopotami = 1 Rana = 1

22

VI, 17, 42 (Casa del Bracciale d’ Oro) Triclinium nympheum

Totale Soggetti = 4 Anatre = 3 Fiori di loto = 1

23

VII, 1,8 (Terme Stabiane) Camera F (vicino alla piscina), bacini

Totale Soggetti = 16 Uccelli = 4 Figure poco riconoscibili = 3 Strutture architettoniche = 2 Figure femminili = 2 Capre = 1 Coccodrilli = 1 Figure maschili = 1 Piante acquatiche = 1 Pigmei = 1

24

VII, 1,8 (Terme Stabiane) Camera G (vicino alla piscina), bacini

Totale Soggetti = 32 Figure femminili = 6 Figure maschili = 6 Strutture architettoniche = 4 Figure poco riconoscibili = 4 Altari = 2 Coccodrilli = 2 Uccelli = 2 Doppio oboe = 1 Grotta = 1 Ponti o passerelle = 1 Statua = 1 Strutture poco identificabili = 1 Symplegma = 1

25

VII, 2, 25 (Casa delle Quadrighe) Peristylium

Totale Soggetti = 15 Pigmei (o meglio fig. maschili) = 4 Figure femminili = 2 Fiori di loto = 2 Imbarcazione = 2 Symplegma = 2 Capanne = 1 Coccodrilli = 1 Ippopotami = 1

26

VII, 2, 25 (Casa delle Quadrighe)

Totale Soggetti = 9

208

Capitolo IV - Nilotica pompeiana. Dal contesto alle analisi sui soggetti individuati

Viridarium

Pigmei = 3 Coccodrilli = 1 Strutture architettoniche = 1 Figure femminili = 1 Ibis = 1 Imbarcazione = 1 Torri = 1

27

VII, 4, 48 (Casa della Caccia Antica) Tablinum

Totale Soggetti = 17 Pigmei = 7 Ippopotami = 3 Alberi = 1 Asino = 1 Cane = 1 Coccodrilli = 1 Strutture architettoniche = 1 Strutture poco identificabili = 1 Vegetazione palustre = 1

28

VII, 4, 48 (Casa della Caccia Antica) Viridarium

Totale Soggetti = 6 Pigmei = 3 Coccodrilli = 1 Imbarcazione = 1 Vegetazione palustre = 1

29

VII, 4, 56 (Casa del Granduca) Viridarium

Totale Soggetti = 7 Pigmei = 2 Capanne = 1 Imbarcazione = 1 Ippopotami = 1 Palme = 1 Vegetazione palustre = 1

30

VII, 7, 32 (Tempio di Apollo) Peristylium

Totale Soggetti = 47 Figure poco riconoscibili = 7 Pigmei = 6 Strutture poco identificabili = 5 Vegetazione palustre = 5 Porticati = 4 Coccodrilli = 3 Alberi = 2 Strutture architettoniche = 2 Ippopotami = 2 Palme = 2 Alberi spogli = 1 Capanne = 1 Dolium = 1 Edicole = 1 Montagna = 1 Pigmei con bastoncini = 1 Pigmei o figure di pescatori = 1 Ponti o passerelle = 1 Torri = 1

31

VII, 16, 17 (Casa di Maius Castricius)

Totale Soggetti = 27

209

I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

Viridarium 34

Figure maschili = 8 Figure poco riconoscibili = 4 Alberi spogli = 2 Ammit? = 2 Anatre = 2 Coccodrilli = 2 Strutture architettoniche = 2 Anubi = 1 Leone = 1 Palme = 1 Strutture poco identificabili = 1 Torri = 1

32

VIII, 2, 17 (Terme del Sarno) Frigidarium

Totale Soggetti = 29 Pigmei = 8 Ibis = 4 Torri = 3 Capanne = 2 Alberi spogli = 1 Canoa di papiro = 1 Coccodrilli = 1 Strutture architettoniche = 1 Palme = 1 Piante acquatiche = 1 Ponti o passerelle = 1 Recinto = 1 Strutture poco identificabili = 1 Uccelli = 1 Vegetazione palustre = 1 Velum = 1

33

VIII, 2, 28 (Casa con ninfeo) Nympheum

Totale Soggetti = 4 Anatre = 1 Strutture architettoniche = 1 Pigmei = 1 serpente ureaus = 1

34

VIII, 2, 34-35 (Casa delle Colombe a Mosaico) Terrazza, fontana

Totale Soggetti = 5 Pigmei = 2 Capanne = 1 Coccodrilli = 1 Ippopotami = 1

35

VIII, 3, 8/9 ? (Casa del Cinghiale I) Vano non documentato

Totale Soggetti = 5 Anatre = 4 Fiori di loto = 1

36

VIII, 5, 24 (Casa del Medico) Peristylium

Totale Soggetti = 57 Pigmei = 26 Figure femminili = 4 Anfore = 2 Coccodrilli = 2 Ibis = 2 Imbarcazione = 2 Ippopotami = 2

210

Capitolo IV - Nilotica pompeiana. Dal contesto alle analisi sui soggetti individuati

Strutture poco identificabili = 2 Symplegma = 2 Alberi spogli = 1 Ciotole = 1 Colonne = 1 Doppio oboe = 1 Edicole = 1 Strutture architettoniche = 1 Pigmei con bastoncini = 1 Podio = 1 Porticati = 1 Statua = 1 Stibadium = 1 Vegetazione palustre = 1 Velum = 1 37

VIII, 7, 24 (Casa dello Scultore) Peristylium

Totale Soggetti = 49 Pigmei = 14 Figure femminili = 3 Alberi = 2 Alberi spogli = 2 Anatre = 2 Doppio oboe = 2 Strutture architettoniche = 2 Figure poco riconoscibili = 2 Piante acquatiche = 2 Pigmei armati = 2 Pigmei con bastoncini = 2 Anfore = 1 Cane = 1 Canoa di papiro = 1 Cibi e bevande = 1 Coccodrilli = 1 Fiori di loto = 1 Ibis = 1 Imbarcazione = 1 Palme = 1 Pantera = 1 Simposio = 1 Torri = 1 Uccelli = 1 Vegetazione palustre = 1

38

VIII, 7, 28 (Tempio di Iside) Portico

Totale Soggetti = 27 Fiori di loto = 3 Ibis = 3 Palme = 3 Anatre = 2 Capanne = 2 Coccodrilli = 2 Pigmei = 2 Torri = 2 Edicole = 1

211

I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

Strutture architettoniche = 1 Figure poco riconoscibili = 1 Pigmei o figure di pescatori = 1 Ponti o passerelle = 1 Shaduf = 1 Strutture poco identificabili = 1 Vegetazione palustre = 1 39

VIII, 7, 28 (Tempio di Iside) Ekklesiasterion

Totale Soggetti = 44 Alberi = 4 Anfore = 4 Colonne = 4 Statua = 4 Alberi spogli = 3 Edicole = 3 Pigmei o figure di pescatori = 3 Figure maschili = 2 Paesaggio roccioso = 2 Pinax = 2 Sacerdote = 2 Santuari = 2 Bovidi = 1 Erma = 1 Falco = 1 Hydreion = 1 Ibis = 1 Monumento funerario = 1 Templi = 1 Torri = 1 Velum = 1

40

IX, 5, 9 (Casa dei Pigmei) Cubiculum

Totale Soggetti = 56 Pigmei = 11 Anatre = 6 Coccodrilli = 5 Capanne = 3 Figure femminili = 3 Torri = 3 Vegetazione palustre = 3 Anfore = 2 Ponti o passerelle = 2 Templi = 2 Alberi = 1 Altari = 1 Bambino = 1 Canoa di papiro = 1 Colonne = 1 Edicole = 1 Fiori di loto = 1 Imbarcazione = 1 Ippopotami = 1 Palme = 1 Piante acquatiche = 1

212

Capitolo IV - Nilotica pompeiana. Dal contesto alle analisi sui soggetti individuati

Pigmei con bastoncini = 1 Pigmei o figure di pescatori = 1 Dolium = 1 Statua di Sobek = 1 Velum = 1 41

IX, 5, 14-16 (Casa del Lupanare piccolo) Atrium

Totale Soggetti = 11 Pigmei = 4 Uccelli = 2 Coccodrilli = 1 Figure femminili = 1 Imbarcazione = 1 Ippopotami = 1 Symplegma = 1

42

IX, 6, f-g (Casa di C. Cornelius?) Sala del peristilio, probabilmente un triclinio

Totale Soggetti = 4 Figure poco riconoscibili = 1 Palme = 1 Pigmei = 1 Statua della Fortuna = 1

43

IX, 8, 6 (Casa del Centenario) Frigidarium/ piscina

Totale Soggetti = 8 Anatre = 1 Coccodrilli = 1 Ibis = 1 Ippopotami = 1 Pigmei = 1 Pigmei o figure di pescatori = 1 Serpente = 1 Vegetazione palustre = 1

44

IX, 8, 6 (Casa del Centenario) Nympheum

Totale Soggetti = 4 Anatre = 1 Fiori di loto = 1 Pesci = 1 Piante acquatiche = 1

45

[fuori mura e tuttavia indicate VII, 16, a] (Terme Suburbane,) Natatio del frigidarium

Totale Soggetti = 28 Pigmei = 7 Capanne = 2 Coccodrilli = 2 Ippopotami = 2 Torri = 2 Altari = 1 Anatre = 1 Strutture architettoniche = 1 Figure femminili = 1 Fiori di loto = 1 Ibis = 1 Paesaggio roccioso = 1 Piante acquatiche = 1 Ponti o passerelle = 1 Porticati = 1 Santuari = 1 Shaduf = 1

213

I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

Statua = 1 46

Villa dei Misteri (Villa dei Misteri) Atrium

Totale Soggetti = 26 Figure femminili = 4 Colonne = 3 Statua = 3 Torri = 3 Altari = 2 Strutture architettoniche = 2 Figure poco riconoscibili = 2 Imbarcazione = 2 Figure maschili = 1 Molo = 1 Palme = 1 Ponti o passerelle = 1 Velum = 1

47

Villa dei Misteri (Villa dei Misteri) Tablinum

Totale Soggetti = 1 Divinità = 1

48

Villa di Diomede

Totale Soggetti = 7 Strutture architettoniche = 2 Pigmei = 2 Edicole = 1 Molo = 1 Shaduf = 1

49

Tomba di Vestorio Prisco

Totale Soggetti = 9 Pigmei = 3 Imbarcazione = 2 Pesci = 2 Doppio oboe = 1 Pigmei con bastoncini=1

IV.15. Inclusione e associazione a giardini, strutture riguardanti acqua e pasti Mettendo per ora da parte il cosiddetto contesto cultuale, che dovrebbe esser fatto rientrare in una tipologia per chiare ragioni maggiormente distinta, dai dati sopra esposti pare indubbio come parlando del contesto pubblico tali scene siano tutte associate a complessi termali. Le associazioni più interessanti restano tuttavia quelle dell'ambito domestico che a causa del lauto numero permetterebbero anche differenti risultati interpretativi. Davanti ad un quadro così delineato, un'ulteriore prospettiva d'indagine sarà di certo fornita sviluppando i dati e la discussione delle prime analisi eseguite da Barrett 2019, con cui si concorda. Dai dati, come visto, si apprenderebbe che la gran parte, poco meno della metà delle scene individuate, proverrebbe pertanto da giardini (3 - I, 6, 15 (Casa dei Ceii); 5 - I, 7, 11 (Casa dell’Efebo); 10 - II, 9, 2 (Casa di Gemmarius); 11 - II, 9, 4 (Casa del Larario Fiorito); 13 - V, 2,i (Casa delle Nozze d ’Argento); 14 - VI, 2, 4 (Casa di Sallustio); 15 - VI, 2,4 (Casa di Sallustio); 16 - VI, 2, 14 (Casa delle Amazzoni); 18 - VI, 7, 23 (Casa di Apollo); 19 - VI, 7, 23 (Casa di Apollo); 25 - VII, 2, 25 (Casa delle Quadrighe); 26 - VII, 2, 25 (Casa delle Quadrighe); 28 - VII, 4, 48 (Casa della Caccia Antica); 29 - VII, 4, 56 (Casa del Granduca); 31 - VII, 16, 17 (Casa di Maius Castricius); 34 - VIII, 2, 34-35 (Casa delle Colombe a Mosaico); 36 - VIII, 5, 24 (Casa del Medico); 37 - VIII, 7, 24 (Casa dello Scultore); 44 - IX, 8, 6 (Casa del Centenario)), mentre l'altra metà dagli altri vari ambienti presi in considerazione (Artium: 6 - I, 10, 4 (Casa del Menandro); 41 - IX, 5, 14-

214

Capitolo IV - Nilotica pompeiana. Dal contesto alle analisi sui soggetti individuati

16 (Casa del Lupanare piccolo); 46 - Villa dei Misteri (Villa dei Misteri); Tablinium: 1 - I, 2, 24 (Caupona); 20 - VI, 9, 6/7 (Casa dei Dioscuri); 27 - VII, 4, 48 (Casa della Caccia Antica); 47 - Villa dei Misteri (Villa dei Misteri); Bagni: 2 - I, 6, 2 (Casa del Criptoportico); 43 - IX, 8, 6 (Casa del Centenario); Triclinia o biclinia: 4 - I, 7, 1 (Casa di Paquius Proculus); 7 - I, 10, 4 (Casa del Menandro); 8 - II, 4, 2 ? (Praedia di Giulia Felice); 9 - II, 4, 6 ? (Praedia di Giulia Felice); 21 - VI, 12,2 (Casa del Fauno); 22 - VI, 17, 42 (Casa del Bracciale d’ Oro); 33 - VIII, 2, 28 (Casa con ninfeo); 42 - IX, 6, f-g (Casa di C. Cornelius?); Cubicula: 12 - V, 2, i (Casa delle Nozze d' Argento); 40 - IX, 5, 9 (Casa dei Pigmei) 267). Di questi ultimi la maggior parte proverrebbe da ambienti che guardavano o si aprivano a giardini: 4 - I, 7, 1 (Casa di Paquius Proculus); 6 - I, 10, 4 (Casa del Menandro); 7 - I, 10, 4 (Casa del Menandro); 8 - II, 4, 2 ? (Praedia di Giulia Felice); 9 - II, 4, 6 ? (Praedia di Giulia Felice); 20 VI, 9,6/7 (Casa dei Dioscuri); 21 - VI, 12, 2 (Casa del Fauno); 22 - VI, 17, 42 (Casa del Bracciale d’ Oro); 27 - VII, 4, 48 (Casa della Caccia Antica); 40 - IX, 5, 9 (Casa dei Pigmei); 46 - Villa dei Misteri (Villa dei Misteri), mentre i nn. 42 - IX, 6, f-g (Casa di C. Cornelius?); 47 - Villa dei Misteri (Villa dei Misteri), pur collocati in stanze “intravisibili” col giardino non vi si aprono. Alcuni non avrebbero poi associazioni con giardini: 1 - I, 2, 24 (Caupona); 2 - I, 6, 2 (Casa del Criptoportico); 33 - VIII, 2, 28 (Casa con ninfeo); 41 - IX, 5, 14-16 (Casa del Lupanare piccolo); 43 - IX, 8, 6 (Casa del Centenario). La maggiore occorrenza, diciamo pure esterna, per tali rappresentazioni non sorprenderebbe, dato che il contesto richiamato da tali stesse immagini avrebbe già alluso da sé a vegetazione e acqua e non andrà dimenticato che la proliferazione dei giardini privati fu in fondo in gran parte effetto dell'introduzione dell'acquedotto d'età augustea 268. All'interno dei giardini in cui appaiono rappresentazioni nilotiche qui presi in esame, più dell'ottanta percento possedeva fontane, piscine e canali, ovvero chiare strutture idriche: 5 - I, 7, 11 (Casa dell’Efebo); 14 - VI, 2,4 (Casa di Sallustio); 15 - VI, 2,4 (Casa di Sallustio); 16 - VI, 2, 14 (Casa delle Amazzoni); 19 - VI, 7, 23 (Casa di Apollo); 28 - VII, 4, 48 (Casa della Caccia Antica); 34 - VIII, 2, 34-35 (Casa delle Colombe a Mosaico); 36 - VIII, 5, 24 (Casa del Medico); 44 - IX, 8, 6 (Casa del Centenario) o strutture minori come bocche di cisterne e grondaie per raccogliere l'acqua piovana (3 - I, 6, 15 (Casa dei Ceii); 11 - II, 9,4 (Casa del Larario Fiorito); 13 - V, 2,i (Casa delle Nozze d ’Argento); 25 - VII, 2, 25 (Casa delle Quadrighe); 26 - VII, 2, 25 (Casa delle Quadrighe); 29 - VII, 4, 56 (Casa del Granduca). Elementi che tuttavia paiono piuttosto frequenti nel contesto pompeiano ma che in tal caso assumerebbero un aspetto maggiormente significativo 269. Delle scene non provenienti da giardini, associazioni con strutture idriche parrebbero poi evidenti in 8 casi: due bagni: 2 - I, 6, 2 (Casa del Criptoportico); 43 - IX, 8, 6 (Casa del Centenario)); tre impluvia in atria (6 - I, 10, 4 (Casa del Menandro); 41 - IX, 5, 14-16 (Casa del Lupanare piccolo); 46 - Villa dei Misteri (Villa dei Misteri)), tre ambienti da pasto associati a fontane ornamentali: (9 - II, 4, 6 ? (Praedia di Giulia Felice); 22 - VI, 17, 42 (Casa del Bracciale d’ Oro); 33 - VIII, 2, 28 (Casa con ninfeo). Per quanto riguarda invece associazioni ad ambienti o strutture destinate ai pasti, se in 13 casi resterebbe complesso dimostrarne associazioni 270, in 22 occorrenze tali rappresentazioni sarebbero 267 268 269 270

Restano indefiniti i nn.: 17 - VI, 5, 19 (Casa dei fiori?); 35 - VIII, 3, 8/9 ? (Casa del Cinghiale I); 48 - Villa di Diomede (Villa di Diomede). Sulla presenza di diverse tipologie di associazione idrica si veda Jashemski 1979-1993. Moormann 1996, 393-394; Allison 2004, 84-87. Da ultimo Keenan-Jones 2015. Per quanto noto anche dalla letteratura scientifica a riguardo solo in tre casi non sarebbero presenti strutture idriche: II, 9, 2; VIII, 7, 24-22; VII, 16, 17. 1 - I, 2, 24 (Caupona); 2 - I, 6, 2 (Casa del Criptoportico); 3 - I, 6, 15 (Casa dei Ceii); 20 - VI, 9,6/7 (Casa dei Dioscuri); 27 - VII, 4, 48 (Casa della Caccia Antica); 28 - VII, 4, 48 (Casa della Caccia Antica); 31 - VII, 16, 17 (Casa di Maius Castricius); 40 - IX, 5, 9 (Casa dei Pigmei); 41 - IX, 5, 14-16 (Casa del Lupanare piccolo); 43 - IX, 8, 6 (Casa del Centenario); 44 - IX, 8, 6 (Casa del Centenario); 46 - Villa dei Misteri (Villa dei Misteri); 47 - Villa dei Misteri (Villa dei Misteri).

215

I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

collegate a tali peculiarità. In quattordici casi avrebbero a che fare con ambienti in cui i pasti avvenivano di solito: Triclinia o biclinia: 4 - I, 7, 1 (Casa di Paquius Proculus); 7 - I, 10, 4 (Casa del Menandro); 8 - II, 4, 2 ? (Praedia di Giulia Felice); 9 - II, 4, 6 ? (Praedia di Giulia Felice); 21 - VI, 12,2 (Casa del Fauno); 22 - VI, 17, 42 (Casa del Bracciale d’ Oro); 33 - VIII, 2, 28 (Casa con ninfeo); 42 - IX, 6, f-g (Casa di C. Cornelius?); Viridaria: 5 - I, 7, 11 (Casa dell’Efebo); 10 - II, 9, 2 (Casa di Gemmarius); 11 - II, 9,4 (Casa del Larario Fiorito); 14 - VI, 2,4 (Casa di Sallustio); 19 VI, 7, 23 (Casa di Apollo); 9 - VII, 4, 56 (Casa del Granduca). In otto casi sarebbero presenti in ambienti che pur non possedendo strutture caratterizzanti, sarebbero state solo parzialmente visibili con stanze per il pasto: Atrium: 6 - I, 10, 4 (Casa del Menandro); Viridaria: 13 - V, 2, i (Casa delle Nozze d ’Argento); 15 - VI, 2,4 (Casa di Sallustio); 16 - VI, 2, 14 (Casa delle Amazzoni); 25 - VII, 2, 25 (Casa delle Quadrighe); 26 - VII, 2, 25 (Casa delle Quadrighe); 34 - VIII, 2, 34-35 (Casa delle Colombe a Mosaico); 36 - VIII, 5, 24 (Casa del Medico). In conclusione si ribadirà pertanto che la gran parte delle abitazioni che presenta scene nilotiche condivide almeno un ambiente o è in parte associabile alla visione di giardini, installazioni per pasti o strutture idriche 271. Di seguito i grafici riassuntivi di queste analisi relative alle associazioni con giardini, strutture idriche e riguardanti i pasti. Note di commento ai grafici Caupona (I, 2, 24), tablinum; Casa del Criptoportico (I, 6, 2), caldarium (associato a bagno); Casa dei Ceii (I, 6, 15), viridarium, (canale per l'acqua piovana nella stessa stanza); Casa di Paquius Proculus (I, 7, 1), triclinium (associato a strutture idriche intravisibili nel perisitilio quali: triclinio d'acqua, piscina, fontana e puteale); Casa dell’Efebo (I, 7, 11), viridarium (il giardino è associato a I, 7, 19; annesso ad un triclinio d'acqua; associato con strutture idriche di I, 7, 19; associato a strutture da pasto attraverso il baco del triclinio); Casa del Menandro (I, 10, 4), atrium (associato al giardino tramite il peristilio visibile attraverso il tablino; nella stessa stanza vi era l'impluvium; associato a pasti dato l'utilizzo del perisitilio che forse contenne triclinia lignei); Casa del Menandro (I, 10, 4), triclinium (asscoiato a strutture idriche attraverso fontana, piscina, canale e cisterna del perisitilio); Praedia di Giulia Felice (II, 4,2 – 10), biclinium; Praedia di Giulia Felice (II, 4, 6), triclinium estivo (associazione a strutture idriche attraverso il triclinio d'acqua nello stesso ambiente); Casa di Gemmarius (II, 9, 2), triclinium estivo / stibadion (associato a pasti attraverso il banco tricliniare); Casa del Larario Fiorito (II, 9,4), triclinium estivo / stibadion (cisterna e canali d'acqua per deflusso, associato a pasti attraverso il banco tricliniare); Casa delle Nozze d ’Argento (V, 2, i), peristylium (r) (grondaie e tubature idriche); Casa di Sallustio (VI, 2,4), viridarium (piscina tra banchi, canale d'acqua, fontana, vasca, cisterna); Casa di Sallustio (VI, 2,4), peristylium (piscina, fontana, cisterna, grondaie); Casa delle Amazzoni (VI, 2, 14), viridarium (piscina); Casa di Apollo (VI, 7, 23), viridarium (fontana); Casa dei Dioscuri (VI, 9, 6/7), tablinum (impluvium dell'atrium; cisterna del giardino); Casa del Fauno (VI, 12, 2), exedra (fontana, piscina, bacino del peristilio); Casa del Bracciale d’ Oro (VI, 17, 42), triclinium nympheum (fontana del triclinio d'acqua); Casa delle Quadrighe (VII, 2, 25), peristylium (associato al giardino tramite il peristilio; con elementi idrici attraverso il canale d'acqua per l'acqua piovana; il triclinio era intravisibile grazie alla finestra); Casa delle Quadrighe (VII, 2, 25), viridarium (asssociato al viridarium; possedeva una cisterna); Casa della Caccia Antica (VII, 4, 48), tablinum (strutture d'acqua del peristilio, impluvium dell'atrium); Casa della Caccia Antica (VII, 4, 48), viridarium (piscina al centro del giardino e canali d'acqua); Casa del Granduca (VII, 4, 56), viridarium (fontana; piscina divisa in due bacini; cisterna; associato a pasti tramite la tavola dello stesso ambiente); Casa di Maius Castricius (VII, 16, 17) Giardino 34; Casa con ninfeo (VIII, 2, 28), nympheum; Casa delle Colombe a Mosaico (VIII, 2, 34-35) Terrazza, (fontana); Casa del Medico (VIII, 5, 24), peristylium (canale d'acqua); Casa dei Pigmei (IX, 5, 9), cubiculum (cisterna, puteale e grondaie); Casa del Lupanare piccolo (IX, 5, 14-16), atrium (impluvium); Casa di C. Cornelius? (IX, 6, f-g) Sala del peristilio, probabilmente un triclinio Casa del Centenario (IX, 8, 6), frigidarium / piscina; Casa del Centenario (IX, 8, 6), nympheum; Villa dei Misteri, atrium (associato al giardino tramite il perisitilio; a strutture idriche per l'impluvium); Villa dei Misteri, tablinum (associato al giardino tramite il perisitilio; a strutture idriche per l'impluvium). Per i dati si tenga presente, come detto, anche Barrett 2019, 354-363. 271

Si confermano pertanto le letture di Barrett 2019, 120-140, da cui dipendono i prospetti sinottici circa tali associazioni.

216

Capitolo IV - Nilotica pompeiana. Dal contesto alle analisi sui soggetti individuati

Fig. 4.17. Prospetto delle associazioni di tali ambienti con giardini, strutture idriche, strutture riguardanti pasti. 217

I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

Fig. 4.18. Prospetto sinottico generale delle associazioni con giardini, strutture idriche e strutture riguardanti pasti. Note di commento generale al prospetto sinottico. Per le relative specifiche riguardo ogni singola attribuzione si rimanda ai rispettivi prospetti precedenti. In generale il conteggio qui eseguito, confermando i dati di Barrett 2019, ha portato ad un totale che secondo le tre specifiche vedrebbe: In associazione con giardini (48): nel giardino (17); giardino intravisibile (18); giardino accessibile ad un altro (13). In associazione a strutture riguardanti l'acqua (48): connessi a strutture riguardanti l'acqua (9); nello stesso ambiente (15); struttura idrica intravisibile con un ambiente con un'altra (13); struttura idrica accessibile ad un ambiente con un'altra (11). In associazione a strutture riguardanti i pasti (31): associato a strutture riguardanti pasti (3); nello stesso ambiente (10); struttura pasto intravisibile con un ambiente con un'altra (11) struttura pasto accessibile ad un ambiente con un'altra (7).

IV.16. Note conclusive al Capitolo IV Se il cosiddetto Mosaico del Nilo di Palestrina è ritenuto il più antico esempio di rappresentazione egizia (o egittizzante) del mondo romano (120-110 a.C.)272, andrà ricordato che la sua funzione presso un nymphaeum con giochi d'acqua parrebbe essere un'associazione di rimando alla piena del Nilo273. Dopo questa rappresentazione la più antica raffigurazione di un tale soggetto si ritroverebbe presso la Casa del Fauno a Pompei col suo noto fregio nilotico (datato al 90-80 a.C.), che come si è già detto, mostra solo flora e fauna, con una caratterizzazione che si potrebbe definire etnografica. 272

273

Sulla datazione di veda ancora supra, IV, 3 nota 37. CFN 6 Palestrina (Praeneste). Mosaico. Curia della città grotto-nymphaeum. 4.31 x 5.85 m. Museo Nazionale Prenestino, Palestrina. Versluys 2002, 52-54. CFN 7 Palestrina (Praeneste). Mosaico. Emblema si dice ritrovato nel 1755 sotto la chiesa di S. Luca e oggi presso Villa Albani, Roma, 211. Generalmente datato al II a.C. Versluys 2002, 54-55. Meyboom 1995, 78-79.

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Capitolo IV - Nilotica pompeiana. Dal contesto alle analisi sui soggetti individuati

(Si veda ad es. la rappresentazione delle diverse fasi del fiore di loto)274. Le successive raffigurazioni di tale soggetto vedono tuttavia delle caratterizzazioni ulteriori. Nel contesto pompeiano qui indagato, se si resta nel periodo precedente la nostra era, si noterà come, a fronte di 7 casi, quattro sono raffigurazioni mosaicali e tre pittoriche. Al prevalere del contesto domestico, se ne riscontrerebbe la maggiore frequenza in 4 casi in triclinia, 1 in atrium, 1 in caldarium, 1 in vano non documentato. 21 (CFN 47), Casa del Fauno (VI, 12, 2), esedra, Mosaico (90-80 a.C.); 46 (CFN 67), Villa dei Misteri, atrium, Pittura (80-70 a.C.); 4 (CFN 34), Casa di Paquius Proculus (I, 7, 1), triclinium, Mosaico (50-25a.C.); 7 (CFN 37), Casa del Menandro (I, 10, 4 ), triclinium, Mosaico (50-25 a.C.); 2 (CFN 32), Casa del Criptoportico (I, 6, 2), caldarium, Pittura (30 a.C.); 35 (CFN 58), Casa del Cinghiale I (VIII, 3, 8/9 ?) Vano non documentato, Mosaico (30 a.C.); 47 (CFN 67) Villa dei Misteri, tablinum, Pittura (30 a.C.); Seguendo tale ordinamento pare piuttosto chiaro notare come a prevalere siano le raffigurazioni di flora e fauna, di paesaggio marino (o scene più propriamente egittizzanti, come le figure nel tablinium della Villa dei Misteri), mentre le prime caratterizzazioni in I, 7, 1 e I, 10, 4, mostrano scene pressoché analoghe su mosaico, ovvero imbarcazioni di pigmei (caricaturali) a caccia. Accanto al nostro mosaico n. 7, Casa del Menandro (I, 10, 4), oecus 11 (molto probabilmente Triclinium invernale275) datato al 30 a.C. circa, e con cui non è difficile riconoscere alcune affinità con l'imbarcazione e i personaggi del Mosaico di Priverno, ossia la cosiddetta soglia nilotica, del tablinum (metà del I a.C.) (CFN 8), si ritrova, nello stesso periodo, nella zona superiore della parete dell'atrio della casa del Toro (V, 1, 7 ) a Pompei, una scena in cui la popolazione egiziana, anche qui rappresentata alla stregua di pigmei, era dedita tuttavia alle più varie occupazioni, ma certo lontane dal contesto nilotico, dato che lo scenario caratterizzante restava minimale. Un intento a metà tra descrittivo e sulla scorta di tipologie appena indagate sarebbe ancora riscontrabile anche in 1 (CFN 31), Caupona (I, 2, 24), tablinum, Pittura (10 d.C. ca); 29 (CFN 52), Casa del Granduca (VII, 4, 56), viridarium, Mosaico (0-40 d.C.). Un primo mutamento potrebbe pertanto rinvenirsi già nella domus 22 (CFN 48), Casa del Bracciale d’ Oro (VI, 17, 42), triclinium nympheum, Mosaico (35-45 d.C.), che accanto ad una pittura faunistica presenta nello stesso ambiente (triclinio 31) decorazioni con motivi egiziani da giardino mentre anche l'ambiente 24 mostra un paesaggio con motivi egittizzanti. L'inclusione in uno scenario diverso, che implica anche una reinterpretazione più vasta, andrà poi ritrovato anche in 6 (CFN 36) Casa del Menandro (I, 10, 4), atrium, Pittura (50-62 d.C.). Ciò detto, una tipologia e caratterizzazione piuttosto nota negli anni 70 d.C. vedrebbe una sorta di consacrazione già con: 12 (CFN 41), Casa delle Nozze d' Argento (V, 2, i ) cubiculum (q), Pittura (62-79 d.C.); 13 (CFN 41), Casa delle Nozze d ’Argento (V, 2, i) peristylium (r), Pittura (62-79 d.C.) e in ambito cultuale con 38 (CFN 61) Tempio di Iside (VIII, 7, 28), Portico, Pittura (62-79 d.C.), mentre, seppur con differenziazioni ulteriori, la caratterizzazione si vede oramai attiva e modulare già in 3 (CFN 33) Casa dei Ceii (I, 6, 15) viridarium, Pittura (70 d.C.); 5 (CFN 35), Casa dell’Efebo (I, 7, 11), viridarium, Pittura (70 d.C.) quando inizieranno a prevalere le collocazioni esterne specie presso viridaria, peristylia, bagni etc... Di seguito si fornisce un prospetto progressivo cronologico contenente le specifiche generali di quanto qui detto.

274 275

Sarebbe da indagare ulteriormente se gli animali divini presenti sullo sfondo del paesaggio nilotico possano avere connessioni con temi mitologici di chiara derivazione faraonica. Guidobaldi, Pesando 2006, 117.

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

Num. 21 46 4 7 2 35 47 1 29 22 6 12 13 38 39 3 5 8 9 10 11 14 15 16 17 18 19 20 23 24 25 26 30 31 32 33 34 36 37 40 41 42 43 44 45 48 49 27 28

CFN 47 67 34 37 32 58 67 31 52 48 36 41 41 61 61 33 35 38 38 39 40 42 42 43 44 45 45 46 49 49 50 50 53 54 55 56 57 59 60 62 63 64 65 65 66 68 69 51 51

Contesto Domus Regio, Insula, Domus Ambiente domestico Casa del Fauno VI, 12,2 Triclinium estivo domestico Villa dei Misteri Villa dei Misteri Atrium domestico Casa di Paquius Proculus I, 7, 1 Triclinium domestico Casa del Menandro I, 10, 4 Triclinium domestico Casa del Criptoportico I, 6, 2 Caldarium domestico Casa del Cinghiale I VIII, 3, 8/9 ? Vano non documentato domestico Villa dei Misteri Villa dei Misteri Tablinum domestico Caupona I, 2, 24 Tablinum domestico Casa del Granduca VII, 4, 56 Viridarium domestico Casa del Bracciale d’ Oro VI, 17, 42 Triclinium nympheum domestico Casa del Menandro I, 10, 4 Atrium domestico Casa delle Nozze d' Argento V, 2,i Cubiculum (q) domestico Casa delle Nozze d ’Argento V, 2,i Peristylium (r) cultuale Tempio di Iside VIII, 7, 28 Portico cultuale Tempio di Iside VIII, 7, 28 Ekklesiasterion domestico Casa dei Ceii I, 6, 15 Viridarium domestico Casa dell’Efebo I, 7, 11 Viridarium domestico Praedia di Giulia Felice II, 4,2 (10) Biclinium domestico Praedia di Giulia Felice II, 4, 6 Triclinium estivo domestico Casa di Gemmarius II, 9, 2 Triclinium estivo/ stibadion domestico Casa del Larario Fiorito II, 9,4 Triclinium estivo/ stibadion domestico Casa di Sallustio VI, 2,4 Viridarium domestico Casa di Sallustio VI, 2,4 Peristylium domestico Casa delle Amazzoni VI, 2, 14 Viridarium domestico Casa dei fiori? VI, 5, 19 Vano incerto domestico Casa di Apollo VI, 7, 23 Fuori dal cubicolo domestico Casa di Apollo VI, 7, 23 Viridarium domestico Casa dei Dioscuri VI, 9,6/7 Tablinum pubblico Terme Stabiane VII, 1,8 Camera F (vicino alla piscina), bacini pubblico Terme Stabiane VII, 1,8 Camera G (vicino alla piscina), bacini domestico Casa delle Quadrighe VII, 2, 25 Peristylium domestico Casa delle Quadrighe VII, 2, 25 Viridarium cultuale Tempio di Apollo VII, 7, 32 Peristylium domestico Casa di Maius Castricius VII, 16, 17 Viridarium 34 pubblico Terme del Sarno VIII, 2, 17 Frigidarium domestico Casa con ninfeo VIII, 2, 28 Nympheum domestico Casa delle Colombe a Mosaico VIII, 2, 34-35 Terrazza, fontana domestico Casa del Medico VIII, 5, 24 Peristylium domestico Casa dello Scultore VIII, 7, 24 Peristylium domestico Casa dei Pigmei IX, 5, 9 Cubiculum domestico Casa del Lupanare piccolo IX, 5, 14-16 Atrium domestico Casa di C. Cornelius? IX, 6, f-g Sala del peristilio, probabilmente un triclinio domestico Casa del Centenario IX, 8, 6 Frigidarium/ piscina domestico Casa del Centenario IX, 8, 6 Nympheum pubblico Terme Suburbanae, [fuori mura e tuttavia indicate VII, 16, a] Natatio del frigidarium domestico Villa di Diomede Villa di Diomede Villa di Diomede funerario Tomba di Vestorio Prisco Tomba di Vestorio Prisco Tomba di Vestorio Prisco domestico Casa della Caccia Antica VII, 4, 48 Tablinum domestico Casa della Caccia Antica VII, 4, 48 Viridarium

Oggetto Mosaico Pittura Mosaico Mosaico Pittura Mosaico Pittura Pittura Mosaico Mosaico Pittura Pittura Pittura Pittura Pittura Pittura Pittura Pittura Pittura Pittura Pittura Pittura Pittura Pittura Pittura. Pittura Pittura Pittura Pittura Pittura Pittura Pittura Pittura Pittura Pittura Pittura Pittura Pittura Pittura Pittura Pittura Pittura Pittura Pittura Pittura Pittura Pittura Pittura Pittura

Datazione 90-80 a.C. 80-70 a.C. 50-25 a.C. 50-25 a.C. 30 a.C. 30 a.C. 30 a.C. 10 d.C. ca 0-40 d.C. 35-45 d.C. 50-62 d.C. 62-79 d.C. 62-79 d.C. 62-79 d.C. 62-79 d.C. 70 d.C. 70 d.C. 70 d.C. 70 d.C. 70 d.C. 70 d.C. 70 d.C. 70 d.C. 70 d.C. 70 d.C. 70 d.C. 70 d.C. 70 d.C. 70 d.C. 70 d.C. 70 d.C. 70 d.C. 70 d.C. 70 d.C. 70 d.C. 70 d.C. 70 d.C. 70 d.C. 70 d.C. 70 d.C. 70 d.C. 70 d.C. 70 d.C. 70 d.C. 70 d.C. 70 d.C. 70 d.C. 71-79 d.C. 71-79 d.C.

Fig. 4.19. Disposizione delle scene su base cronologica. Oltre a ciò andrà ribadito che accanto ad esempi di scene che potrebbero anche dirsi al centro di alcuni ambienti abitativi come ad es. nei giardini, in altre abitazioni fregi o rappresentazioni di tale tipologia sono da individuare in posizioni secondarie, occupando posti marginali in diversi contesti276 e andando a richiamare spesso abbondanza, fertilità, eccesso. Si pensi ad esempio al fregio nilotico in II stile presso la zona superiore dell'atrio della Villa dei Misteri o le scene nilotiche del Tempio isiaco che sono incluse in modesti pinakes. Un'occorrenza che potrebbe inoltre rinvenirsi presso alcuni giardini, come quello della Casa delle Quadrighe in cui piccoli motivi sono posti a margine di scene maggiori, non solo nel peristilio277 ma anche nell'adiacente viridarium, oppure nella Casa del Granduca, dove la scena nilotica occupa un posto secondario (decorando il fondo di una fontana edicolare). Nella Casa delle Nozze d'argento una rappresentazione nilotica con 276 277

Come è comprovabile dalle indagini in IV, 14, a cui si rimanda per approfondimenti. Come nella cosiddetta Casa del Medico.

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Capitolo IV - Nilotica pompeiana. Dal contesto alle analisi sui soggetti individuati

anatra, cigno e loti occupa invece la zona superiore dell'ambulacro del peristilio e su questa linea non potrà non farsi menzione delle notissime attestazioni mosaicali a margine della stanza 37 (exedra) della Casa del Fauno278. Dopo la battaglia di Azio (31 a.C.) e l'incorporazione dell'Egitto a provincia dell'Impero, ovvero dal periodo augusteo in poi, come è possibile riscontrare, la presenza di tali scene tende ad aumentare notevolmente. Un cambio di relazione che oltre alla sfera politica e religiosa incorpora anche quella della rappresentazione stessa di tale paese, come può vedersi anche negli esempi sopra menzionati. Si è infatti accennato come specie nelle fonti classiche l'Egitto venne principalmente ritenuto terra esotica e gli Egiziani spesso visti come lascivi, e sotto Augusto per via di Antonio e Cleopatra tale tendenza non parrebbe certo migliorare in ottica romana, anche se l'introduzione di una differente simbologia richiamante l'Egitto (anche in contesti pubblici) e la latente ma pur sempre viva moda e attiva diffusione dei culti isiaci si estese, divenendo infine una tendenza significativa successivamente inglobata nella visione religiosa dei Romani. Inoltre, come diverso tempo fa aveva accennato anche Versluys, la rappresentazione delle scene nilotiche pare mutare notevolmente nei sette secoli in cui vengono a ritrovarsi. Il caso della piena del Nilo inteso nell'ottica del battesimo cristiano non è che un esempio279. In realtà, rappresentando tale evento un richiamo alla fertilità e all'abbondanza, come si è detto più volte, tali rappresentazioni sono spesso state associate alla tryphé dell'ambito dionisiaco, che spesso si adattavano ottimamente specie alla decorazione di spazi ricreativi delle case romane280. Specie in edifici privati, associazioni a strutture idriche di vario genere, oltre che rimandare a una mera funzione pratica, potrebbero anche considerarsi caratteristiche di un livello privato ed accanto a ciò di un livello sociale volto a completare specifiche ideologiche. La diffusione di tali rappresentazioni precedentemente in mosaici e poi pitture con predilezione per determinati ambienti piuttosto che altri, accanto ad una ragione pratica e sociale, sarebbe in fondo da associare anche ai nuovi dettami del complesso decorativo della domus stessa, ovvero al cosiddetto Terzo Stile che alle grandi scene paesaggistiche avrebbe teso a privilegiare la pietas augustea. Quando, nel trentacinquesimo libro della sua Naturalis Historia, Plinio il Vecchio rifletteva sulle 278

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Casistiche che ha in genere argomentato anche Barrett 2019, 223-229. Chiaro esempio di ricezione dei modelli della cultura delle corti ellenistiche, presso l'aristocrazia italica e romana, la Casa del Fauno (VI, 12, 2), ha restituito diversi mosaici in opus vermiculatum di calcari e marmi colorati del II a.C., tra cui il celebre mosaico raffigurante una battaglia tra Alessandro Magno e Dario III. Ai richiami alla sfera dionisiaca e l'identificazione tra Dioniso e Alessandro Magno si alternano, nei mosaici, motivi ispirati all'Egitto alessandrino. Tra gli emblemata dalla domus, due presentano immagini di maschere teatrali. Un soggetto che con i suoi riferimenti al teatro e alla sfera dionisiaca presso la soglia del vestibolo, sembrerebbe voler marcare un ideale confine tra reale e immaginario, rievocando l'atmosfera delle corti ellenistiche e la possibile identificazione di Alessandro come neos Dionysos, forse lasciando intendere l'aspirazione del patronus ad accedere, come il suo modello, alla sfera dell'immortalità promessa dal culto dionisiaco. Rappresentazioni di maschere teatrali ricorrono anche tra i reperti provenienti dal tempio di Iside di Pompei (VIII, 7, 28), di cui il MANN espone parti della decorazione pittorica, sculture, oggetti d'arredo e parte della decorazione architettonica in terracotta. Versluys 2002, 291-293. Similarità si ritrovano ancora, solo per es. nella tipologia di raffigurare la poppa dell'imbarcazione nell'emblema della casa di Paquius Proculus a Pompei (CFN 34), e quello di una barca nel mosaico del Nilo di Palestrina (CFN 6), compreso il nastro legato. La rappresentazione dell'ippopotamo con il muso di coccodrillo (Ȅǿȅǿī) nel mosaico del Nilo di Palestrina e l'animale raffigurato nel fregio nella casa di Ma. Castricius a Pompei (Ammit?). Interpretato come xiphias (facente parte del gruppo in lotta V9) da Adornato 2008, 238. Altra similarità si ritrova nel pigmeo che sale su anfore. Cèbe 1967, 163-171. Creazione comica, raffigurata due volte nelle scene nilotiche (CFN 20; CFN 81), ancora oggi visibile nella metà inferiore del mosaico absidale di S. Maria Maggiore a Roma. Ma anche più generici paesaggi marini del Quarto Stile vennero ripresi ed arricchiti in ottica egittizzante (si veda ad es. CFN 16, 25, 26 o 27). In un mosaico di ostiense (CFN 6) si può chiaramente notare lo sfondo nilotico e un pigmeo col solito paio di bastoncini incrociati in mano. Un dipinto della fullonica di Vesonius Primus a Pompei, mostrerebbe, tra l'altro, indigeni che defecano pubblicamente mentre altri elementi dell'immagine ricordano scene nilotiche. Versluys 2002, 296. Il mosaico del triclinium di Sepphoris (CFN 129), in cui una composizione con scene di vita e di culto di Dioniso venne restaurato con una scena nilotica, resta tra gli esempi più considerevoli.

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

origini dell'arte decorativa attribuiva una fondamentale importanza al periodo augusteo. Concludendo la trattazione dei grandi maestri a tempera, Plinio passa a parlare di pittori di generi minori, che pur mostrarono notevoli personalità (picturae celebres in penicillo) 281. Cita così Pierico (detto rhyparographos) che si distinse per aver trattato soggetti umili in quadretti. Al contrario un non meglio noto Serapione era ritenuto abilissimo nel dipingere paesaggi ma non la figura umana. Dioniso invece non dipinse altro che uomini (e fu perciò chiamato anthropographos). Callice, Calate e Antifilo si cimentarono rispettivamente in scene minute (parva), soggetti da commedia (comicis tabellis) ed entrambi (utraque). La fama di quest'ultimo (greco presumibilmente nato in Egitto) in età romana, doveva essere forse motivata dal suo apporto per rappresentazioni di interni, rifrazioni luministiche, pitture “a macchia” e per le tematiche caricaturali, che sarebbero state in voga tra il I a.C ed il I d. C. 282 Rilievo è però dato all'artista Studio, pittore parietale che in età augustea dipinse impianti architettonici privati, di domus e ville con una estesa varietà di vedute. Sua la moda di circondare le pareti con rappresentazioni di paesaggi animati283, che rispondeva in fondo alla ricerca dell'architettura romana tardo-repubblicana di conferire risalto agli spazi interni, incorporandoli cromaticamente e al gusto per lo sfondamento prospettico delle superfici approntato dal II stile (nonché dalle evocazioni naturalistiche di episodi mitici specie d'età tardo-repubblicana). “Non bisogna togliere il merito neanche a Studio, vissuto in età augustea, che per primo inventò l'assai leggiadra pittura delle pareti raffigurandovi case di campagna, porti e temi paesaggistici, boschetti sacri, boschi, colline, peschiere, canali, fiumi, spiagge, secondo i desideri di ognuno, e in quell'ambiente vari tipi di persone che passeggiano o che navigano, oppure che si dirigono per terra verso le loro ville su asinelli o carri, oppure che pescano o cacciano o anche vendemmiano. Tra i suoi soggetti compaiono anche delle nobili dimore di campagna, raggiungibili attraversando una palude, e delle donne che, prese in collo da trasportatori a pagamento, caracollano sulle spalle dei trepidi facchini, inoltre moltissime altre finezze simili, rappresentate con squisita arguzia. Lo stesso pittore cominciò a dipingere città marittime su muri all'aperto, opere di bellissimo aspetto e costate pochissimo”. (Trad. Conte et al. 1988, 421).

Tali vedute avrebbero appagato con maggiore immediatezza e il bisogno d'evasione spiegherebbe anche il contemporaneo successo della letteratura idillica e favolistica (da Partenio a Ovidio). Sul piano sociale, l'ambiente del dominus era così posto al centro di scenari infiniti e paesaggi idillici, sottintendendo un preteso status regale. Plinio, pur ritenendo queste rappresentazioni piacevoli le giudica tuttavia un genere minore e una manifestazione di luxuria. Lo storico, per motivi morali, riteneva infatti grande solo la pittura da cavalletto, dato che essa non era vincolata a beni immobili e fuori dalla luxuria privata, poteva idealmente essere autonoma: res communis terrarum (Plin., HN, 35, 37). Seguendo Plinio perciò i paesaggi di questo periodo erano essenzialmente formulari e consistenti nella combinazione di diversi tropi specifici (ovvero giardini, boschi, pesca, uccelli e caccia) in modulo esteticamente piacevole. Tale pratica, allora contemporanea, è menzionata anche da Vitruvio (Vitr. 7, 5, 2). E ciò parrebbe più vero per paesaggi sacrali o idilliaci del tempo, sia di natura egittizzante che differente 284. Se dunque l'esecuzione dei dipinti variava, tali motivi si ripetevano (edifici, azioni umane e naturali). Servio (Serv. Ad Aen., 1, 159 285) nel commentare l'Eneide virgiliana che parlava della In genere Plin., HN, 35, 112-121. Si vedano ad es. le citazioni da Var., Rust., 3, 2: quadri di Antifilo nella Villa publica in Campo Marzio; Quint., 12, 10, 6; Mart., 2, 14, 3: l'Europa del Portico di Pompeo. 283 Peters 1963 e di cui un esempio superstite è offerto dalla “stanza con giardino” della villa di Livia a Prima Porta, in cui si intravedrebbe, per tramite, del vedutismo ellenistico, specie alessandrino, una subordinazione delle figure umane agli spazi aperti, già in atto all'inizio del I a. C. 284 Vd. anche Barrett 2019, 44. 285 Serv. Ad Aen. 1, 159: “Est in secessu topothesia est, id est fictus secundum poeticam licentiam locus. ne autem videatur penitus a veritate discedere, Hispaniensis Carthaginis portum descripsit. Ceterum hunc locum in Africa nusquam esse constat, nec incongrue propter nominis similitudinem posuit. Nam topographia est rei verae descriptio....”. 281 282

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Capitolo IV - Nilotica pompeiana. Dal contesto alle analisi sui soggetti individuati

descrizione della costa nordafricana utilizzava il termine topothesia distinguendola dalla topographia e intendendo la descrizione poetica di un luogo immaginato piuttosto che del reale. Tale visione parrebbe appropriata alle arti visive del primo Impero sia per le rappresentazioni maggiori che per fregi o raffigurazioni minori. Le maggiori rappresentazioni paesaggistiche apparse nella seconda metà del I secolo d.C. collocavano invece il soggetto in una visione piuttosto diversa. Le scene infatti si spostavano per occupare una superficie murale completa ma gli schemi decorativi in cui erano inseriti erano sempre più orientati al mantenimento di una singola illusione percettiva. (Si vedano gli esempi della Casa dell'Efebo o dei Ceii286). Oltre ai paesaggi narrati ad esempio da Stazio e Plinio il Giovane287, quelli delle ville ed evocanti la quieta campagna, gli scenari nilotici portarono ed effusero un ulteriore aspetto, l'esotismo proveniente dai recenti territori conquistati. Essi quindi rappresentando lo stato signorile di molte abitazioni pompeiane, ed il nuovo scenario politico, si allontanavano dalle descrizioni paesaggistiche provinciali precedenti andando oltre le vignette idillico-sacrali attribuite a Studio da Plinio. Un interessante riflessione su ciò che si è appena detto circa la topothesia potrebbe riscontrarsi in Strabone: ȆȠȜȜ੹ įૃ İ੅ȡȘIJĮȚ ʌİȡ੿ IJ૵Ȟ ǹੁșȚȠʌȚț૵Ȟ ਥȞ IJȠ૙Ȣ ʌȡȩIJİȡȠȞ, ੮ıIJİ ıȣȝʌİȡȚȦįİȣȝȑȞĮ ਗȞ İ੅Ș IJૌ ǹੁȖȪʌIJ૳ țĮ੿ IJ੹ IJȠȪIJȦȞ. ੪Ȣ įૃ İੁʌİ૙Ȟ, IJ੹ ਙțȡĮ IJોȢ ȠੁțȠȣȝȑȞȘȢ IJ੹ ʌĮȡĮțİȓȝİȞĮ IJૌ įȣıțȡȐIJ૳ țĮ੿ ਕȠȚțȒIJ૳ įȚ੹ țĮ૨ȝĮ ਲ਼ ȥ૨ȤȠȢ ਕȞȐȖțȘ ਕʌȠIJİȪȖȝĮIJĮ İੇȞĮȚ IJોȢ İ੝țȡȐIJȠȣ țĮ੿ ਥȜĮIJIJȫȝĮIJĮ: IJĮ૨IJĮ įૃ ਥț IJ૵Ȟ ȕȓȦȞ įોȜĮ țĮ੿ IJોȢ ʌȡઁȢ IJ੹Ȣ ȤȡİȓĮȢ IJ੹Ȣ ਕȞșȡȦʌȚț੹Ȣ ਕʌȠȡȓĮȢ. țĮțȩȕȚȠȓ IJİ į੽ țĮ੿ ȖȣȝȞોIJȑȢ İੁıȚ IJ੹ ʌȠȜȜ੹ țĮ੿ ȞȠȝȐįİȢ: IJȐ IJİ ȕȠıțȒȝĮIJĮ Į੝IJȠ૙Ȣ ਥıIJȚ ȝȚțȡȐ, ʌȡȩȕĮIJĮ țĮ੿ ĮੇȖİȢ țĮ੿ ȕȩİȢ: țĮ੿ țȪȞİȢ ȝȚțȡȠȓ, IJȡĮȤİ૙Ȣ į੻ țĮ੿ ȝȐȤȚȝȠȚ. ȉȐȤĮ į੻ țĮ੿ IJȠઃȢ ȆȣȖȝĮȓȠȣȢ ਕʌઁ IJોȢ IJȠȪIJȦȞ ȝȚțȡȠijȣǸĮȢ ਫ਼ʌİȞȩȘıĮȞ țĮ੿ ਕȞȑʌȜĮıĮȞ: ਦȦȡĮțઅȢ ȝ੻Ȟ Ȗ੹ȡ Ƞ੝įİ੿Ȣ ਥȟȘȖİ૙IJĮȚ IJ૵Ȟ ʌȓıIJİȦȢ ਕȟȓȦȞ ਕȞįȡ૵Ȟ. (Str., 17, 2,1). “Nella prima parte di quest'opera si è parlato a lungo dell'Etiopia, tanto che si può dire che la sua descrizione possa includersi in quella dell'Egitto. In genere, quindi, le estremità del mondo abitato attigue alla regione non temperata, che non è abitabile a causa del caldo o del freddo, devono per forza essere imperfette e inferiori, rispetto alla regione temperata. Ciò è evidente dal modo di vivere degli abitanti e dalla mancanza di ciò che è necessario per l'uso e la sussistenza dell'uomo. Perché il modo di vivere [degli Etiopi] è miserabile; sono per la maggior parte nudi e vagano da un posto all'altro. Le loro greggi sono di piccole dimensioni, siano pecore, capre o buoi; anche i cani, sebbene feroci e litigiosi, sono piccoli. Fu forse dalle dimensioni ridotte di queste persone, che ebbe origine la storia dei Pigmei, che nessuno, degno di credito, ha affermato di aver visto personalmente”.

Quest'ultima riflessione potrebbe certo valere anche per gli artisti che composero raffigurazioni pittoriche di tale tipologia. Stando alle fonti, Strabone compose infatti la sua opera durante gli ultimi anni di Augusto e sotto il regno di Tiberio, quando le caricature di pigmei dovevano già essere note288. Resta pertanto il fatto che allora come oggi la letteratura e pittura ebbero contatti, influssi e scambi reciproci. Oltre a ciò, le scene nilotiche avrebbero pertanto rappresentato anche una sorta di fuga dal quotidiano romano, ma pur sempre inteso nei limiti dei propri spazi e nel confine della propria abitazione (come aveva già intuito Takács 1995, 34). Ma su tali immagini avrebbe agito anche uno stereotipo presente nella produzione artigianale e artistica ellenistica, e testimoniato principalmente da una serie di bronzetti di piccolo formato (nani

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E non pare casuale far notare come il voler intendere l'insieme decorativo di tali rappresentazioni evochi forti richiami tra la parte superiore del mosaico prenestino del Nilo che è generalmente considerata rappresentazione della Nubia o Etiopia, e che si trovava sotto la prima cataratta ad Assuan e la parte inferiore, generalmente interpretata come l'Egitto o il Delta del Nilo. Si veda ad es. Stat. Silv., 2, 2, 72-75; Plin. Iun., Ep., 2, 17; ed ancora Varr. Rust. 3, 5, 9-17; Cato, Agr. 1, 1-7; Colum., Rust 1, 4-6. Si è già discusso degli esempi di Hom. Il. 3, 2–6; Hdt. 2, 31-32; 4, 43.

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

e pigmei deformi, generalmente collegabili all'ambiente alessandrino) 289. L'arte romana ha infatti rappresentato molte tipologie di cosiddetti barbari, come ad es. Galli, Germani, Daci, Parti e Sciti, tra essi tuttavia la rappresentazione del pigmeo (o indigeno in genere) sembra essere stata una tra le più produttive dal punto di vista immaginativo, specie a causa delle differenze anatomico-somatiche, ma non solo. Adattata dal mondo greco e italico-etrusco precedente, l'iconografia di tale tipologia rappresentata venne riproposta e ri-caratterizzata dagli artisti romani estendendone l'uso ad altri popoli di carnagione scura. Novità apportata dal repertorio iconografico romano si potrebbe tuttavia intendere l'aumento delle rappresentazioni di indigeni che sono collocati in contesti piuttosto riconoscibili e spesso desunti dalla vita quotidiana. Tali scene paiono poi poste specie in ambienti di servizio domestico e spesso in contesti lontani da sequenze mitologiche 290. Al di là dell'igiene, il bagno nel mondo romano non intendeva solo l'atto funzionale di lavarsi ma un costume e un'istituzione sociale in parte mutuato dai Greci. I pavimenti con mosaici figurativi che adornano i bagni includevano di frequente nuotatori, addetti al bagno e altr figure spesso aventi caratteristiche indigene. Nel contesto pompeiano ad esempio sono presenti alcuni mosaici pavimentali in stile bianco e nero. La rappresentazione di un indigeno itifallico che nuota tra pesci, delfini, un granchio e vicino un uomo che caccia (un mostro marino?) si trova presso il caldarium della Casa del Menandro (I, 10,4 291); una coppia di nuotatori 292 (di cui uno davvero simile a quello della casa del Menandro) presso la sudatio della Casa del Criptoportico (I, 6,2) sono ai lati di un'anfora, una coppia di delfini occupa la parete opposta del muro. Due coppie di nuotatori itifallici presso il caldarium della Casa di Caesius Blandus (VII, 1,40), presenti su entrambi i lati di una rosetta ellenistica. La coppia di nuotatori sulla sinistra fiancheggia (in modo speculare) dando le spalle ad un grande askos. Di fronte a loro l'altra coppia di nuotatori pare rappresentare una scena con le stesse fattezze. Tali rappresentazioni potrebbero in parte essere da associare all'idea (forse letteraria) che possedere schiavi di colore indicasse un lusso per i bagni, dato che specifiche rappresentazioni di tali individui in contesti popolari come i bagni, il servizio domestico e gli spettacoli pubblici sono alquanto noti 293. Un'idea letteraria che potrebbe essersi fatta largo anche nelle rappresentazioni grafiche che, come visto, precedentemente dipingevano e narravano di popoli antichi con caratterizzazioni e usi strani e animali e luoghi pressoché fantastici. Ma divenendo l'Egitto terra conquistata e provincia romana, tali scene vennero caratterizzate anche secondo le mode del tempo, lontani cioè dagli esempi raffigurativi descrittivi che si è detto etnografici (che paiono caratterizzare specie le scene del periodo a.C.). Fozio in Bibl. 46 a-b riassumendo il volume riguardo le cose dell'India (Indikà) di Ctesia di Cnido, in cui si riportano notizie (spesso eccessive o parodistiche) riguardo gente pigmea, ricorda: “Racconta [scil. Ctesia] che nel mezzo del l'India trovansi uomini neri che chiamansi Pigmei, parlanti la lingua stessa degli altri Indiani, ma piccolissimi, cosicché i più grandi non hanno che l'altezza di due cubiti, e i più quella di un cubito e mezzo solamente. Costoro hanno lunghi i capelli sino alle ginocchia, e anche più basso, con barba più lunga di quella che mai s'abbiano gli altri uomini, con questa particolarità che quando 289

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Nella sorprendente associazione tra il soggetto rappresentato (nani o 'pigmei', figure grottesche, dalle fattezze deformi), la preziosità del materiale e la raffinatezza della tecnica, queste statuette dovevano contribuire a creare un'atmosfera di grande lusso abitativo. Bragantini 2006, 163. Aethiopes sono infatti considerati genti distanti dal contesto mitologico. Hdt., 3, 101; Arist., Prob., 898b; D. S., 3, 8, 2. Spesso sono sinonimo di Libici (Hdt., 7, 70). Omero si riferisce al colore della pelle (Hom., 19, 246-247). In età romana Aethiopes indica ad es. Mauri, Libyes e Indi. Essi sono descritti come aventi pelle scura: Ov. Met., 2, 235236; Ach., Tat., 4, 5,2.; Ptol., Tetr., 2, 2,56; Hyg., Astr., 1, 8; Manil., Astron., 4, 758-759; Paul. Nol., Carm., 28, 249. Ed ancora Sen., QN., 4a, 2,18; Vitr., De arch., 6, 1,4; Lucr., 6, 722. Sempre qui una figura macrofallica (unguentarius?) è raffigurata sulla soglia del caldarium mentre trasporta due askoi. Quello di sinistra avrebbe di recente visto il restauro della testa e del braccio sinistro. Ako-Adounvo 1999.

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Capitolo IV - Nilotica pompeiana. Dal contesto alle analisi sui soggetti individuati

essa comincia ad essere alquanto più lunga, non usano più veste di sorte alcuna, bastando tutto all'intorno a cingerli e coprirli tanto i capelli che loro cadono giù alla schiena fin sotto le ginocchia, quanto la barba che loro discende sino ai piedi. Grosso e lungo poi sì che loro tocca le cavicchie dei piedi, è il loro membro genitale. Cotesti Pigmei hanno il naso schiacciato, e sono deformi. Le pecore loro sono come gli agnelli nostri: i buoi, gli asini sono della grandezza dei nostri arieti; i cavalli, i muli, e gli altri giumenti niente più sono grandi. Il re degl'Indiani tiene nelle sue guardie tre mila di questi Pigmei, essendo valentissimi saettieri. Sono poi cultori sommi della giustizia, ed ubbidiscono alle leggi degli altri Indiani. Costoro fanno la caccia alle lepri e alle volpi, non coi cani, ma coi corvi, coi milvj, con le cornacchie, e con le aquile. Presso loro v'ha un lago di un circuito di ottocento stadj, sulla cui superficie quando tira vento vedesi un olio simile al nostro; e per questo lago con piccole barchette vanno a prendere quel l'olio per gli usi loro; e quantunque si servano anche dell'olio fatto col sesamo e con le noci, più eccellente è tenuto questo che traggono da quel lago, in cui però non v'è alcun pesce...”. (Compagnoni 1836, I, 189-190).

Maggiormente significativo risulterebbe tuttavia un passo pliniano che si commenta da sé: “Universa vero gens Aetheria appellata est, deinde Atlantia, mox a Vulcani filio Aethiope. animalium hominumque monstrificas effigies circa extremitates eius gigni minime mirum, artifici ad formanda corpora effigiesque caelandas mobilitate ignea. ferunt certe ab orientis parte intima gentes esse sine naribus, aequali totius oris planitie, alias superiore labro orbas, alias sine linguis. [188] Pars etiam ore concreto et naribus carens uno tantum foramine spirat potumque calamis avenae trahit et grana eiusdem avenae sponte provenientis ad vescendum. quibusdam pro sermone nutus motusque membrorum est. quibusdam ante Ptolemaeum Lathyrum regem Aegypti ignotus fuit usus ignium. quidam et Pygmaeorum gentem prodiderunt inter paludes ex quibus Nilus oriretur”. (Plin., HN, 6, 187-188). “Per quanto riguarda la popolazione in generale, essa fu dapprima chiamata Eteria, poi Atlantia e infine Etiope dal nome del figlio di Vulcano. Non c'è da stupirsi del fatto che, nelle sue estreme propaggini, nascano animali e uomini dalle mostruose sembianze, se si considera la capacità del fuoco, nella sua mobilità, di plasmare i corpi e di cesellarne la fisionomia. Si dà per certo, ad esempio, che nella parte più interna della zona orientale ci sono tribù di gente senza naso, con il viso perfettamente piatto, mentre i componenti di altre popolazioni o sono privi del labbro superiore o della lingua. [188] Altri ancora, poi, hanno le labbra attaccate e sono senza narici; posseggono solo un orifizio nel viso e attraverso questo respirano e succhiano i liquidi servendosi di cannucce di avena, mentre per quanto riguarda il cibo, essi introducono nell'apertura suddetta dei chicchi della medesima pianta, che cresce spontaneamente nella zona. Alcuni, invece che a parole, si esprimono a cenni e a gesti del corpo, mentre certe tribù non conobbero l'uso del fuoco fino al tempo di Tolomeo Latiro, re d'Egitto. C'è qualche autore che scrive che il popolo dei Pigmei è stanziato intorno alle paludi dalle quali nasce il Nilo”. (Trad. Conte et al. I, 1982, 755-757).

Per quanto riguarda gli animali esotici, del resto, i Romani avrebbero iniziato a conoscere tali fiere ben presto. Sempre secondo Plinio (Plin., HN, 8, 64): “C'era un vecchio provvedimento del senato secondo il quale non era lecito importare in Italia pantere africane. Il tribuno della plebe Gneo Aufidio portò davanti al popolo una proposta in contrario, e permise che fossero importate per i giochi del circo. Per primo poi Scauro (questore di Pompeo durante la guerra mitridatica ed edile nel 18 a. C.), mentre era edile, ne fece venire 50, tutte maculate, poi Pompeo Magno 410 e il divino Augusto 420. Lo stesso imperatore, durante il consolato di Quinto Tuberone e di Paolo Fabio Massimo, console per la quarta volta [11 a. C.], alle none di maggio [maggio], per l'inaugurazione del teatro di Marcello, per primo presentò a Roma una tigre in gabbia addomesticata, ma il divino Claudio ne mostrò contemporaneamente 4”.

E ancora: Plin., HN, 8, 96: “Per primo Marco Scauro, nei giochi offerti durante la sua edilità curule, presentò un ippopotamo e cinque coccodrilli a Roma, in un fossato scavato per l'occasione”. Dopo questa breve panoramica, sulla scorta di Clarke 2014, potrà così confermarsi come ai pigmei vadano in genere riconosciute differenti funzioni: decorativa, rappresentante la figura

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

dell'altro proveniente dalle colonie e un valore apotropaico 294. Il contesto allora contemporaneo vedeva peraltro nell'ultimo decennio della Repubblica e sotto l'Impero esibizioni comiche di nani che erano molto apprezzate dai Romani 295. Accingendoci alle conclusioni, come si è visto, quella della ripartizione aegyptiaca e nilotica (o meglio aegyptiaca ed egittizzante), pur con le differenti interpretazioni e attribuzioni già messe in evidenza, dovrebbe distinguere e caratterizzare differenti materie e concetti, in parte relati ma piuttosto lontani dal rappresentare una stessa categoria con classi ed elementi complementari. Inoltre, pare chiaro che quanto rientrante nella categoria di egittizzante debba provenire da una ripresa o modificazione di quanto era anche sentito o creduto egiziano (aegyptius > aegyptiaca). Una concezione insita che risiede nelle “nilotiche” scene stesse che, come si è visto, contengono in parte anche elementi sacrali, che comunque si voglia definirli implicherebbero in un certo qual modo il culto egizio (e perciò isiaco). Tra i paesaggi abbiamo visto che una costante delle cosiddette scene nilotiche resta, accanto alla flora, la fauna e i pigmei impegnati in varie attività, quella di cosiddetti santuari posti su lembi di terra emersi dalla piena del Nilo. E già questo solo elemento, ovvero la piena, dovrebbe richiamare a idee cultuali dato il particolare senso religioso che tale evento rappresentava. Ma un collegamento maggiormente diretto può ritrovarsi nel viridarium della cosiddetta Casa delle Amazzoni (VI 2, 14). Qui era presente una pittura (databile attorno al 70 d.C.), fortunatamente nota anche attraverso altre fonti, in cui al centro di una delle pareti del giardino interno vi era un'edicola dipinta. L'interno di questa nicchia era decorata con un dipinto raffigurante Iside, Sarapis e Arpocrate all'interno di un paesaggio che potrebbe anche definirsi egittizzante. Ebbene, in tale rappresentazione non si ritrova nessun pigmeo, ma sono visibili in primo piano una folta vegetazione (con palme), uccelli marini e alle spalle della nicchia tre imponenti costruzioni poggianti su strisce di terra che emergono dall'acqua che tanto sembrano aver in comune (per stile e raffigurazione) con i santuari presenti in molte scene nilotiche. In poche parole, la raffigurata nicchia a carattere cultuale egizio è inserita in un contesto che non può che definirsi egittizzante (e latamente nilotico), dato che ne riporta caratteristiche e tratti ben definiti. La mancata presenza dei pigmei o altri animali più tipici in tale contesto dovrà certo fare riflettere, e potrà forse intendersi come una sorta di volontà di non volgarizzare, diciamo così, la scena, ma allo stesso tempo spesso la presenza di santuari in scene prettamente abitate da pigmei e animali nilotici dovrà far pensare ad una sorta di “elevazione” della scena ad un livello un po' meno comune legandolo quindi ad un contesto che in parte potrà anche latamente definirsi cultuale. Ciò detto, andrà ribadito che la varietà scenografica in cui tali rappresentazioni (e non solo) erano poste e distribuite all'interno dello spazio abitativo, ma anche al di fuori, dovevano dare un 294

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“Like the images of the hyper-sexual Priapus, hunchback, and bisexual Hermaphrodites, the sexually exuberant pygmy served as an apotropaion. Beginning with the late first century BCE we find a rapid development of the pygmy in Roman visual art, often accompanied by the Aethiops, a normally proportioned person whose skin is black. The males of both types sport enormous penises and perform outrageous sexual acts. Unlike sexual representations of beautiful human couples making love in finely appointed bedchambers, pygmies have sex out in the open, either in a picnic setting along the banks of the Nile or on boats (where we find both male-male and male-female sex). Throughout the first century CE frescoes of pygmies alone come to predominate, especially in garden settings of houses at Pompeii. Representations of the hyper-sexual pygmy-clown have a long life throughout the Roman world, often in contexts that demonstrate their apotropaic role... Clarke 2014, 526; Clarke 2007 b, 155-169.In genere circa tale aspetto antropologico si veda anche Bettini, Short 2019. The Pygmies and the cranes, in conclusion, were part of the same symbolic space, which in other painted tombs is assigned to sphinxes, chimerae, hippocampi and lions: in these Italic funerary contexts, the geographic and cultural paradigm of Greek bestiary seems to acquire nearly metaphysical features or, more exactly, aims to perceive or in some way understand and finally accept the ultimate removal of the dead person from his clan”. Harari 2004, 178. Per un recente elenco e panoramica sulla dismorfia e disabilità nella piccola scultura in bronzo d'età ellenistico-romana si veda anche Waser 2010. Blake 1936, 174-176. Altri ancora si impegnavano nell'arena in corpo a corpo ridicoli (Stat., Silv., 1, 6, 57-64; D.C., 67, 8). Ugualmente esistevano rappresentazioni sessuali di nani, che verosimilmente parodiavano spettacoli simili che avvenivano in locali malfamati della città (cfr. CIL, IV, 3951). Vd. in gen. anche Cèbe 1966, 345; Jacobelli 1995a, 88.

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Capitolo IV - Nilotica pompeiana. Dal contesto alle analisi sui soggetti individuati

senso d'insieme che sarebbe parso piuttosto chiaro ad un romano del tempo, ma che per noi parrebbe piuttosto difficile da raggiungere pienamente. Il fine sarebbe in fondo stato quello di una interrelazione allusiva più o meno diretta tra raffigurazioni (a più livelli e profondità) ed oggetti (a più livelli e profondità). Come si è visto, non sarebbe poi difficile ritrovare un fil rouge che lega assieme raffigurazioni di questa tipologia pur con le chiare differenziazioni caratterizzanti il periodo storico o il contesto. Il paesaggio in prospettiva, l'assonometria degli edifici e la tridimensionalità degli individui e degli animali, spesso con rappresentazioni statiche o dinamiche vedrebbero riconoscibili paralleli che vanno da Palestrina sino al periodo più tardo 296. Come si è tentato di mettere in evidenza, il concetto di scena nilotica presupporrebbe e ingloberebbe pertanto in sé una pluralità differenziata di soggetti ed azioni, spesso usuali o ripetuti e a volte singolari e unici. All'interno delle scene stesse non potrà poi non rilevarsi come al più calmo paesaggio idillicosacrale (o riflessivo) si contrapponessero spesso scene di lotta (anche in parte intese comicamente) che fornivano azione 297. Una varietà interna (o propria) quest'ultima che si sarebbe dovuta fondere e comporre anche con la restante parte dell'ambiente in cui tali rappresentazioni erano poste. L'analisi dei contesti resta perciò di fondamentale importanza per tentare di comprendere meglio il senso di tali rappresentazioni egittizzanti nel pur vasto contesto pompeiano.

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Si veda anche Hinterhöller 2009, 15-130. Si concorda pertanto con Merrills: “By including different varieties of ‘Egypt’ within the garden, the homeowner magnified the message of each. Egypt was both a place of idealized religious seriousness and a world of comic idiosyncrasy. And both of these worlds could be gazed upon by the visitor to the garden of the House of the Ceii”. Merrills 2017, 123. Vd. anche Merrills 2017, 124-125.

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Capitolo V Indagini sui reperti egizi ed egittizzanti nel contesto pompeiano. V.1. Premessa Iam vero et Harpocraten statuasque Aegyptiorum numinum in digitis viri quoque portare incipiunt. (Plin., HN, 33, 12, 2).

“Ormai tuttavia perfino gli uomini iniziano a portare l'immagine di Arpocrate alle dita e figure di divinità egiziane”. Nel dodicesimo passo del capitolo trentatreesimo della Historia Naturalis pliniana, dedicato alle preziose materie dell'oro e dell'argento, lo storico romano narra di alcune cattive abitudini (quasi vizi) che vedrebbero molte delle matrone e delle nobildonne romane far sfoggio di anelli, collane, bracciali d'oro per tutto il corpo. Gioielli che paiono d'uso anche presso i paggi e i fanciulli, mentre gli uomini si dicono più dignitosi (honestius viri). Eppure persino gli uomini iniziano a portare Arpocrate al dito, segno che la moda (specie quella esotica) raccoglieva crescente consenso in tal caso specie da parte dei ceti alto locati. Se pertanto tale tipologia di monili non trovava frequenti testimonianze per epoche precedenti, ovvero sino alla tarda età repubblicana, essa viene invece a diffondersi ed essere attestata specie nel I d.C., ovvero dall'età di Augusto e dopo la conquista dell'Egitto, che implementò anche il commercio con l'Oriente, coinvolgendo oltre che l'aristocrazia anche la borghesia 1. La lunga ed attenta indagine eseguita circa i reperti egizi ed egittizzanti nel contesto pompeiano da noi svolta in questi anni presso i depositi del MANN di Napoli e di Pompei ha portato a significativi risultati, riuscendo così per la prima volta a raccogliere in un unico luogo attestazione e menzione di tale non semplice tipologia repertuale, fornendone un primo studio analitico e complessivo. L'indagine partirà dal mettere pertanto in evidenza i reperti di attribuita o attribuibile provenienza pompeiana iniziando da quelli conservati al MANN (e storicamente menzionati nell'inedito Sottoconto Egizi), includendo gli oggetti attualmente esposti nelle sale e quelli rinvenuti presso i depositi. Ad essi si aggiungeranno i reperti egizi o egittizzanti (provenienti da Pompei) e oggi conservati presso i depositi di Casa di Bacco, riportando le inedite descrizioni dall'Inventario della Soprintendenza di Pompei. Argomentando tali dati si tenterà così di approfondire e allargare il quadro delle nostre conoscenze riguardo tale pur particolare tipologia di rinvenimenti. V.2. Entità e distribuzione dei reperti egizi ed egittizzanti nelle domus pompeiane “Per Pompei al mio avviso bisogna ben distinguere due cose assai diverse. Pompei è l’unico luogo {del} al mondo, dove esiste l’antichità ancora vivente e quasi spirante e dove è possibile di capirne l’attualità, purché se ne faccia l’o[s]servazione nel momento istesso della scavazione rilevandone tutte le particolarità con un occhio insieme pratico ed erudito. È incredibile il tesoro di notizie preziosissime sulla vita domestica e privata, che è stato scialacquato dalla trascurataggine Borbonesca, specialmente perché vi mancano persone erudite per la prima ed immediata ispezione de’ ritrovamenti... 2”. 1 2

Vd. in gen. anche D'Ambrosio, De Carolis, 1997, 19; 24; 117. Per il Catalogo della collezione glittica del Museo Nazionale di Napoli si veda invece Pannuti 1983; Pannuti 1994. Villari, Pasquale – 20/9/1869. Archivio Centrale dello Stato, Ministero della Pubblica Istruzione, I Versamento (1860-1890), busta 167, fasc. 343/1, che continuava: “A questo sommo difetto l’istituzione della così detta scuola Pompeiana ha rimediato fin ad un certo punto, e se non fa tutto ciò che dovrebbe fare, la ragione ne è {il difetto} la mancanza di persone più valenti – difetto tristissimo, ma per cui per ora non vi è rimedio. Tanto posso dire, anche senza avere conoscenza esatta dei giovani archeologi, che ora trovansi a Napoli; è facile di farne la critica; ma badi bene, che un relatore filologo non del tutto sufficiente vale meglio assai che un conto di muratore o zappatore; e che bisogna fabbricare coi materiali esistenti. L’altra parte della istituzione Fiorelliana , se l’ho ben capita, di fondare

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Capitolo V - Indagini sui reperti egizi ed egittizzanti nel contesto pompeiano

Così lo storico P. Villari (1827-1917) si esprimeva circa Pompei in una lettera del 20/9/1869 inviata al celebre T. Mommsen (1817-1903). In essa, al di là della pur non troppa benevolenza verso i sovrani Borbone, lo storico napoletano metteva in evidenza un problema ancora oggi attuale, ovvero quello della osservazione, descrizione e valutazione del contesto di scavo al momento dello scavo stesso. Dato infatti che ogni scavo tende sfortunatamente ad essere come noto di norma “distruttivo”, resterebbe a volte complesso voler meglio documentare e lasciare evidenza del contesto di rinvenimento (e ciò varrebbe anche per il ricco sito pompeiano). Pitture, stucchi, marmi e oggetti trovarono spesso viva attestazione nelle cosiddette Librette ed ancora nei “Giornali dei Soprastanti” che riportavano notizie dei ritrovamenti degli scavi borbonici fornendo prime descrizioni ancora oggi essenziali (e che funsero da modello anche a ordinamenti e studi successivi, come quelli di Fiorelli o NSA). Siffatti rinvenimenti e descrizioni rappresentano oggi ciò che resta del corredo degli ambienti delle diverse domus pompeiane. Una particolarità fragile che permette di essere valutata solo attraverso e dopo attente e scrupolose analisi e ricerche, dato che solo raccogliendo e ricostruendo l'insieme delle varie tipologie di rinvenimenti e delle descrizioni possedute potrebbe essere possibile fornire un quadro che tenga conto e si avvicini il più possibile al contesto strutturale e decorativo di ciascun ambiente. In tal senso, non andrà poi dimenticato come i cosiddetti reperti mobili rappresentino in fondo una delle categorie di ritrovamenti più complessi da trattare oltre che per la loro stessa natura, per via dell'evento catastrofico che la città vesuviana di Pompei subì e che distrusse e in parte modificò anche l'originario impianto costitutivo ordinario degli abitati. A ciò andrà associato, oltre alle storiche irruzioni da parte dei cosiddetti cunicolari, il processo di rinvenimento e schedatura del reperto stesso negli anni, dato che, specie durante il periodo borbonico, nonostante lo spesso forbito rapporto dei Soprastanti, diversi reperti subirono alterne vicende a partire dall'identificazione, al trasporto e all'inventariazione. Resta pertanto attualmente complicato accertare con sicurezza quanti reperti dopo essere stati rinvenuti vennero ad essere poi in parte dispersi nelle varie fasi che precedettero e spesso seguirono una inventariazione museale. Tale complessa casistica pertanto non fa che ostacolare spesso le ricerche rendendo una ricostruzione più vicina al vero storico ancora più problematica. Ciò detto, la disposizione dei beni mobili di una abitazione resterebbe pertanto indispensabile elemento per comprenderne oltre che la struttura architettonica anche lo status e le pratiche degli abitanti. Se le ricerche più recenti hanno inoltre messo in evidenza i processi che hanno alterato e modificato i contesti funzionali, prima, durante e in seguito all'evento dell'eruzione, individuando il disordine creato da tali eventi, tentare di ricostruire l'ordine consueto delle domus ha visto nel corso degli anni interessanti ipotesi e prove pratiche 3. Berg ad esempio ha recentemente sottolineato come per identificare gli ambienti attraverso i reperti, si è spesso ritenuto che nella consuetudine domestica gli oggetti debbano teoricamente trovarsi nelle aree in cui erano adoperati. Eppure, dato che tale asserzione, ovvero quella di confermare l'entità di ambienti attraverso i reperti ivi rinvenuti, spesso risulterebbe indimostrabile, parrebbe complesso voler meglio definire alcuni casi anomali 4.

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a {Fiorelli} Pompei una specie di seminario teoretico-pratico per l’archeologia, a dir vero, non l’ho mai approvata. La vera scuola dell’archeologo futuro è la filologia, cioè l’università; l’isolazione, in cui si vive necessariamente a Pompei, e la mancanza di libri, di istruzione, di spinta e di quella socialità degli studj, in cui sta la vita universitaria, faranno certamente, che giammai un buon archeologo non {vi} si potrà esservi formato. Tutto al più diventeranno una specie di uomini pratici, archéologues de routine, che forse giudicheranno saviamente delle chiavi e de’ musivi antichi, ma che non sono mai stati scossi intimamente dalla grande storia e dalla grande arte e poesia de’ vostri maggiori. Sono anch’io persuaso, che per l’istruzione de’ giovani archeologi ogni gran centro degli studj in Italia sarà più adatto che non lo è Pompei...”. Villari, Pasquale – 20/9/1869. Archivio Centrale dello Stato, Ministero della Pubblica Istruzione, I Versamento (1860-1890), busta 167, fasc. 343/1. In gen. si veda anche Buonocore 2017. Si pensi agli elenchi dei materiali, pur dei soli ultimi decenni di vita della città (o dell’ultima fase abitativa) del lavoro eseguito per la Regio I, ins. 8. Per cui si veda Castiglione Morelli, Vitali, 1990, 185-221. Ed ancora ad es. ad Allison 2004; Allison 2006. Berg 2014, 1029-1032. Come l’assenza di vasellame da fuoco in cucina che ha portato ad es. a concludere che

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

Più che un'eccezione dovuta agli eventi e al disordine creatosi andrà pertanto ritenuta plausibile una sorta di abituale modello di stoccaggio dei beni domestici. Alcune fonti classiche del resto parrebbero confermare tale ipotesi attestando come diversi oggetti, specie preziosi, fossero depositati in ambienti diversi dal luogo d'uso 5. Resta tuttavia difficile voler evidenziare appieno i casi di condizioni di funzionamento consueto di determinati ambienti e casi di stoccaggio consueti e inconsueti. Gli oggetti, più che essere pensati ed intesi in un luogo, dovrebbero in diversi casi essere pertanto inseriti in pratiche cicliche dell'abitazione, dato che il loro uso in specifici ambienti ne rappresenterebbe in fondo solo una delle varie fasi (tra sistemazione, preparazione all’uso e pulizia dopo l’uso). Secondo i più recenti dati, una stanza (spesso un cubiculum a lato delle fauces) tenderebbe così a risaltare per una superiore quantità di reperti rinvenuti, mentre alcune delle stanze più rappresentative presenterebbero una più scarsa presenza di oggetti di pregio o di oggetti in genere 6. Tale discorso presenta tuttavia variabili conferme per quanto riguarda la particolare tipologia qui presa in esame, dato che a causa delle caratteristiche di tali oggetti in sé, sarebbe certo lecito ipotizzarne piuttosto una collocazione distinta e voluta, che tuttavia, a causa di diversi motivi, potrebbe anche essere mistificata dal ritrovamento di cui si è trovata attestazione. Con questa breve ma necessaria premessa ci si accinge a presentare le ricerche riguardo gli oggetti egizi ed egittizzanti che possono dirsi rinvenuti nel contesto pompeiano 7. Essi hanno infatti rappresentato un essenziale punto di partenza per tentare di indagare i vari contesti contribuendo ad ampliare le notizie che su tali ambienti è stato sinora possibile ricavare dagli studi eseguiti per le pitture (Vd. infra Prospetto PREP). Si partirà perciò dagli inediti inventari storici del MANN di Napoli e da quelli della Soprintendenza di Pompei, che unitamente alle ricognizioni eseguite nei rispettivi depositi e alle notizie di volta in volta rinvenute dai resoconti dei vari scavi permetteranno così di fornire una più completa esposizione dei dati e delle prime analisi più specifiche. V.3. I reperti di attribuita o attribuibile provenienza pompeiana conservati al MANN e menzionati nel Sottoconto Egizi Passando ora più nello specifico della nostra indagine si osserverà come secondo i dati ricavabili dal sistematico spoglio negli inventari storici del MANN, oltre alle imponenti collezioni Borgia e Picchianti ed altri nuclei minori, i seguenti (qui disposti in un prospetto) rappresenterebbero il nucleo di reperti provenienti (o ritenuti provenienti) da Pompei, come si espliciterà meglio di seguito 8.

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l'abitazione non fosse abitata, o che data la collocazione di valori in un cubicolo che la domus si trovasse in una situazione di deposito. Allison 2004, 99-102; 192. Petr., Sat., 67; Colum., 12, 2, 4, narra persino di elenchi degli oggetti stipati. Si veda anche Cic., Ad fam., 16, 26, 2. Si veda ad es. la casa di M. Lucrezio (IX 3, 5: cubicolo 4), la casa V 4, 3 (cubicolo B), la casa VI 16, 32.33 (cubicolo D), la casa del Menandro (stanza del procurator). Nella distribuzione degli oggetti nella casa di A. Trebio Valente (III, 2, 1) la maggior parte dei reperti (anche di pregio) pare rinvenirsi al cubicolo/cella (u) a ovest del peristilio, accanto all’ingresso laterale, un ambiente con decorazione forse relativo all’ostiarius. Vuoti erano il cubicolo decorato (l), il tablino (n) (che presentava le decorazioni più ricche della domus) e l’oecus (p), mentre il triclinio (d), l’ala (m), l’oecus (z), le aree dell’atrio (a) e del peristilio (x), (questi ultimi due aventi mobili di deposito, casse e armadi provvisti di sistemi di chiusura a chiave) non avrebbero contenuto che pochi oggetti. Berg 2008, 108-115. Per la scarsità o completa assenza di oggetti in triclini e oeci più prestigiosi potrebbero citarsi la casa del Menandro (oecus 18), la casa dei Quadretti Teatrali (triclinium 11), e di M. Lucretius (triclinium 16). Delle prime raccolte circa tale specifica tipologia di reperti rinvenuti a Pompei si dovranno considerare (e almeno ricordare): CCEMAN 1989, 138-143 [Di Maria]; Swetnam-Burland 2002, 54-93. Mol 2015, App. A; Barrett 2019, App. C (Egyptian and Egyptianizing small Finds from Pompeian Gardens). Colgo l'occasione di tale sede per comunicare come studi circa la distribuzione e inventariazione della collezione egizia (e specificatamente sulla collezione borgiana nei cataloghi risalenti al 1784 [BCV IV, 21 – Museo Veliterno e e dell'Inv. Zoëga - NKS 357b fol. III - Copenhagen]) del MANN siano stati eseguiti anche dalla Dott.ssa S. Mainieri

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Capitolo V - Indagini sui reperti egizi ed egittizzanti nel contesto pompeiano

Il prospetto si compone di diverse colonne che progressivamente riportano il numero tabellare progressivo del reperto qui menzionato; una breve descrizione dell'oggetto; il materiale di cui si compone; il nucleo collezionistico di cui era ritenuto parte; la menzione inventariale dell'Inventario Generale con corrispondenza negli inventari precedenti (inv. San Giorgio e Inv. Arditi); la provenienza accertabile del reperto citato. N.

Oggetto

Materiale

Datazione

Collezione

1

Bes

Bronzo

Pompei

Inv. Inv. SG Inv. Ard. Gen. 284 104 603

2

Statua

Faïence

Pompei

430

420

80

3

Ushabty del faraone Nekhet-nebef (Nactanebo I)

4

Ushabty (manca della spalla e di parte delle gambe. Pasta annerita)

Faïence verde

I a.C.-I d.C. Epoca Tolemaica (332-30 a.C.)

5

Ibi (corpo marmo con testa, collo e piedi bronzo)

6

Ibi (corpo marmo con testa, collo e piedi bronzo simile al precedente)

Marmo e bronzo Marmo e bronzo

7

Bastet

Bronzo

8 9 10

Iside Colonna Colonna (simile a n.(SG) 941)

Marmo Breccia Breccia Basalto nero

Faïence

Provenienza Pompei VIII,07,28 (Tempio di Iside – Sacrarium)

IV a.C.

Pompei

459

1202

463

VII-VI a.C.

Pompei

463

1203

465

I a.C.-I d.C.

Pompei

765

942

5

I a.C.-I d.C.

Pompei

766

944

166

Pompei

853

138

605

Pompei

Pompei Pompei Pompei

976 977 978

279 941 943

8 4 165

Pompei

999

Pompei

1035

79

12

Tempio di Iside Pompei Pompei Casa del doppio larario Pompei - Tempio di Iside (Herakleopolis)

Donato da SM (erroneamente indicato come pompeiano)

1045

500

631

Pompei

Donato da SM (erroneamente indicato come pompeiano)

1052

1407

632

Pompei

Donato da SM (erroneamente indicato come pompeiano)

1074

1409

633

Pompei

Donato da SM (erroneamente indicato come pompeiano)

1075

499

630

Pompei

Pompei

1088

1144

85

VI,02,04 (Casa di Sallustio)

Pompei

1095

670

89

Pompei

1107

1657

626

Epoca Tarda (664 – 332 a.C.) I a.C.-I d.C.

11

Mensa sacra di Psammetico II

12

Monumento del Privilegiato presso Harsafes, primo sacerdote uab di Sekhmet, Samtoue-tefnakhte

Calcare

13

Canopo di Psammetchek-neb-pehety

Alabastro

14

Vaso canopo di Pa-sheri-(en)-aset

Alabastro

15

Canopo di Psammetchek-neb-pehety

Alabastro

16

Canopo di Pa-sheri-(en)-aset [sciacallo]

Alabastro

17

Statua virile

Grovacca

18

Statua (di sostegno per tavolo)

Basalto

19

Base rettangolare con geroglifici

Bronzo

20

Sistro a 4 turni

Bronzo

I a.C.-I d.C.

Pompei

2386

155

582

21

Sistro a 4 turni

Bronzo

I a.C.-I d.C.

Pompei

2387

156

587

22

Sistro

Bronzo

I a.C.-I d.C.

Pompei

2388

157

592

23

Sistro a 3 turni

Bronzo

I a.C.-I d.C.

Pompei

2389

158

598

24

Sistro

Bronzo

I a.C.-I d.C.

Pompei

2391

408

215

25

Sistro

Bronzo

I a.C.-I d.C.

Pompei

2392

409

221

26 27

Sistro a 4 turni Sistro a 3 turni

Bronzo Bronzo

I a.C.-I d.C. I a.C.-I d.C.

Pompei Pompei

2395 2396

1533 1534

478 509

28

Sistro a 4 turni

Bronzo

I a.C.-I d.C.

Pompei

2397

1535

517

VI a.C. Epoca Tolemaica (332-30 a.C.) XXVI din (664-525 a.C.) XXVI din (664-525 a.C.) XXVI din (664-525 a.C.) XXVI din (664-525 a.C.) Epoca Tolemaica (332-30 a.C.) I a.C.-I d.C.

Pompei VIII,07,28 (Tempio di Iside) Ercolano, Casa dei Cervi Ercolano, Casa dei Cervi

Pompei Ercolano, Cardo, V Pompei, Bottega VII, 4, 13 Pompei, Bottega VII, 4, 13 Pompei, Bottega VII, 4, 13 VII,04,13 (Pompei, Bottega) Campagna Pompeiana? Tempio di Iside – Ekklesiasteiron VIII,04,05 Pompei VIII,07,28 (Tempio di Iside)

Fig. 5.1. Reperti di attribuita o attribuibile provenienza pompeiana conservati al MANN e menzionati nel Sottoconto Egizi.

Note al prospetto Evidenziati in grigio i reperti che pur storicamente risultanti esser parte nella collezione pompeiana si rivelerebbero invece di altra provenienza come di seguito esplicitato.

Postille e osservazioni essenziali rinvenute, dedotte e relative ad alcuni reperti: [etruschi e non egizi i nn. Inv. Gen. 300: Dal sottoconto. Il 19 novembre 1929 dato in consegna al consegnatario dei P. B. Langella (?); Inv. Gen. 374: Dal sottoconto. Il 19 novembre 1929 dato in consegna al consegnatario dei P. B. Langella (?); (Università Orientale di Napoli) con cui si è in parte discusso circa alcuni comuni dati d'indagine (ovvero, nello specifico, quelli esposti in questa Tavola).

231

I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

Inv. Gen. 384: Dal sottoconto. Il 19 novembre 1929 dato in consegna al consegnatario dei P. B. Langella (?); Inv. Gen. 409: Dal sottoconto. Il 19 novembre 1929 dato in consegna al consegnatario dei P. B. Langella (?)]; Inv. Gen. 765; 766: inizialmente considerati pompeiani si rivelerebbero esser provenienti dalla Casa dei Cervi di Ercolano; Inv. Gen. 976: Dal sottoconto. Tempio di Iside, trovasi provvisoriamente nel corridoio degli affreschi; Inv. Gen. 999 (erratum n. 468, in CCEMAN 1989 et Guida alla Collezione Egizia del MANN 2016, 166); Inv. Gen. 1035: Dal sottoconto. Tempio di Iside; Inv. Gen. 1045; 1052; 1074; 1075: Donati da Sua Maestà. Questi quattro reperti risultano immessi assieme a due stele (inv. 1016 et 1036) nel 1825 (Cfr. anche ASSAN, IV B 11, 24), come risulta anche dall'Inv. Arditi 1828 (ASSAN 11), qualche anno prima della acquisizione della collezione Picchianti. Nell'inventario Arditi essi possedevano la seguente numerazione: 630; 631; 632; 633 (si ad es. veda anche ASSAN 12). Nel successivo Inv. San Giorgio redatto durante il 1849, gli stessi reperti vengono inventariati nell'ordine come 499; 500; 1407; 1409, ma con un’erronea interpretazione circa la provenienza collezionistica (si veda inoltre ASSAN 85). I nn. 499 e 500 Picchianti e i nn. 1407 e 1409 come borgiani. In una copia dell'Inv. SG (ASSAN 86) sui citati numeri appare poi una correzione moderna con la menzione “Pompei”, menzione che ha chiarito la ragione per cui nell'Inv. Arditi (ASSAN 11) in corrispondenza del n. 630 fosse riportato tra parentesi il num. dell'Inv. SG 500, confermando che la correzione moderna “Pompei” era scaturita da una correzione antica. L'attribuzione di una provenienza pompeiana in luogo di quella “Donati da Sua Maestà” deriverebbe dal fatto che in una delle copie dell'Inv. Arditi (ASSAN 11), l'oggetto (626 et 627) che precede i reperti donati ha una provenienza “Pompei” che viene ripetuta erroneamente anche per i 6 reperti che seguono, determinando un errore che si è stratificato nel tempo, al punto che i summenzionati canopi appaiono oggi esposti con la documentazione di origine pompeiana della Collezione. Resta tuttavia complesso voler risalire alla provenienza originaria dei reperti, stabilendo in che modo Sua Maestà ne fosse venuto in possesso. Se pertanto alla luce di alcuni elementi le due stele donate nel 1825 da S.A.R. il Duca di Calabria risulterebbero offerte al sovrano dal Barone Carlo di Rothschild, lo stesso non può ipotizzarsi per i canopi. Inv. Gen. 1107 (SG. 1657; Ard. 626): base bronzea parallelepipeda con geroglifici, proveniente da Ercolano. Inv. Gen. 2386; 2387; 2388; 2389; 2391 (vel inv. 264936); 2392; 2395; 2396; 2397: Dal sottoconto risulterebbero trasportati nella sezione dei “Bronzi Minuti”.

V.4. Inedita descrizione dei reperti egizi o egittizzanti provenienti da Pompei (Sottoconto Egizi dall'Inventario Generale - MANN) All'interno dell'Inventario Generale fatto redigere durante gli anni di direzione di G. Fiorelli si ritrova il Sottoconto dell'intera Collezione Egizia (nn. 176-2399) 9. In esso ogni reperto è schedato progressivamente riportando: il numero inventariale; una breve descrizione dell'oggetto; una breve descrizione dello stato di conservazione del reperto; il richiamo al Num. inventariale citato (i.e. il precedente inventario Sangiorgio); la materia di cui il reperto si compone. All'interno di questi numeri inventariali è così possibile ricondurre a provenienza pompeiana i seguenti reperti che disporremo in ordine crescente: 284 Pateco assiso a guisa d'un cercopiteco, alto mill. 73, larg. Mill. 36. è inviluppato in una pelle di fiera, restando denudata la parte anteriore del corpo. In testa ha un modio voto nell'interno, alla cervice una prominenza semicircolare. Posa su d'una basetta circolare scorniciata. Buon lavoro. Numero 104 dell'inventario citato. Materia: Bronzo. 430 Figura accovacciata alta mill. 321, larg. Mill. …[non indicato] Porta in testa una cuffia pieghettata che si divide sugli omeri, calandone una porzione per la schiena ed un'altra per avanti al petto sino allo stomaco; le mani restano poggiate sopra le ginocchia. Le ciglia e le palpebre sono colorite, le pupille incavate e forse prima erano incastrate con altre pietre. Numero 420 dell'inventario antico. Materia: Pasta di porcellana con vernice verdastra. 9

Di cui per la trascrizione completa si veda Bellucci, Di Maria (in preparazione).

232

Capitolo V - Indagini sui reperti egizi ed egittizzanti nel contesto pompeiano

459 Frammento di una figura mummiaca, alto mill. 97, larg. Mill. 51. Consiste nel busto della mummia essendo privo di testa e delle gambe, con quattro fasci orizzontali di geroglifici. Ha le mani incrociate coi soliti attributi dell'uncino del compasso e del laccio, dal quale pende per dietro la spalla sinistra il canestro. Lavoro intelligentissimo, dico, diligentissimo e soprattutto ne' geroglifici. Numero 1202 dell'inventario citato. Materia: Argilla bianca coperta da una vernice verdastra 463 Altra figura mummiaca, alta mill. 145, larg. Mill. 62. è frammentata nelle gambe. Ha i soliti attributi nelle mani incrocchiate: nella sinistra l'uncino e piuttosto un flagello che rimane applicato alla spalla destra; nella mano dritta un compasso e la cordicella che sostiene il canestro che va a ricadere dietro la spalla manca. La barbetta è frammentata; la figura lesionata intorno ed è affumigata. Numero 1203 dell'inventario antico. Materia: pasta, mezza annerita. 853 Gatto sedente con le gambe posteriori. Alto mill. 52, lunfo mill. 52, poco conservato. Numero 138 del suddetto inventario. Materia. Bronzo. 976 Iside. Statuetta in piedi; alta mill. 990, larg. Mill. 240, base antica lunga mill. 355, larg. Mill. 300. Nella solita acconciatura isiaca e nella consueta attitudine terminale si presenta questa graziosa statuetta col sistro nella mano e la chiave del Nilo nella destra. Numero 279 dell'inventario antico. Materia: marmo grechetto. 977 Colonna di breccia di Egitto, alta metri 2 e mill. 560, diametro mill. 530. Ha la base di alabastro di Gesualdo. Numero 941 dell'inventario antico. Materia: breccia d'Egitto. 978 Altra colonna di breccia di Egitto, alta metro due e mill. 560, diametro mill. 530. Numero 943 dell'inventario citato. Materia: breccia d'Egitto. 999 Tavola bislunga ornata tutto intorno di un ordine di geroglifici; lunga metro uno e mill. 330; larg. Mill. 290 e di grossezza mill. 88. Materia: nero bigio. 1035 Tavola isiaca, alta metri 1, mill. 48. Nella sommità vi sono incise quattordici figure in fila, tutte anubidi, ad eccezione della seconda e della quinta che hanno volto umano. Sotto di queste venti righi di geroglifici elegantemente incisi. Le quattrodici figure sono tutte in piedi, tredici delle quali sono rivolte tutte verso la prima figura che è un po' più alta e che sembra Osiride con testa di Sparviero, portando nella sinistra il solito scettro a punta ricurvo. Numero 79 dell'antico inventario. Materia: Pietra tenera alabastrina 1088 Statuetta virile in piedi, alta mill. 600, larg. 190. È imberbe, con una cuffia che cala sopra il petto; non ha altre vestimenta che il solito grembiale vergato. È in atto di camminare avanzando il piede sinistro, portando nelle mani piegate sul petto una specie di benda e diadema. Ha un modio in testa, sul quale si adatta una tavoletta rotonda moderna, Le gambe e le braccia sono aggiunzioni moderne, supplite sulle tracce dell'antico. Numero 1144 dell'inventario antico citato. Materia: Basalte verde.

233

I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

1095 Statuetta virile, alta mi.. 750, nuda, avanzando il piè sinistro, sostiene in testa una tavola rotonda di diametro 550 mill. Le due braccia rimangono parallele ai fianchi e le mani applicate alle cosce. È di carattere giovanile e di uno stile andante. Numero 670 dell'Inventario citato. Materia: Basalte nero. 2386 Sistro a quattro turni, alto mill. 185, largo mill. 31. Siede nella sommità un piccolo quadrupede in atto di allattare due piccoli figluolini. Il manico è formato da un pateco che poggia i piedi sopra un rospo e che sostiene sul capo un'altra imposta che diramandosi in due imbraccia una maschera e passa a sostenere il sistro. Verso il basso del sistro sono due piccoli quadrupedi sedenti che sembrano due gatti. Numero 155 dell'antico inventario citato. Materia: Bronzo. 2387 Sistro a quattro turni, alto mill. 220, largo mill. 50. Siede sulla sommità un gatto che da a poppare a tre figliuolini. Nel manico figura una colonnetta colla sua base circolare e plinto quadrato. Una bacchetta manca ed un'altra è frammentata. Numero 156 dell'inventario citato. Materia: Bronzo. 2389 Sistro a tre turni, alto mill. 180, largo millimetri 37. Nel manico figura un pezzo di tronco e sula sommità evvi una testa di quadrupede. Una traversa è frammentata. Numero 158 del citato inventario. Materia: Bronzo. 2391 Sistro alto millimentri 268, larg. Mill. 57. Questo istrumento familiarissimo nelle cerimonie isiache è di figura bislunga, vuoto nel mezzo, con la parte superiore a guisa di un semicerchio, più largo dello inferiore che è rettangolo. Internamente nell'alto evvi un gatto ed un'anitra ambo accovaciati. Nel basso internamente evvi un gatto seduto sulle gambe posteriori in atto di alzare la zampa destra; ed internamente a destra una edicola a basso rilievo con entro una foglia di vite ed a sinistra un'altra edicola con entro un fiore di loto. Sotto segue un manico formato da un pateco che poggia i piedi su di un rospo e che sostiene dul capo un'altra imposta che diramandosi in due imbraccia una maschera e passa a sostenere un sistro. Quattro bacchette di bronzo uncinate nell'estremità traversano il voto dell'istrumento per mezzo di otto larghi fiori, ne' quali tortoché si agita l'istrumento, fanno un suono pressoche simile a quello delle nacchere. È molto corroso. Numero 409 dell'antico inventario. Materia: Bronzo. 2392 Sistro lungo mill. 237, larg. Mill. 52, simile agli altri, senonché questo ha solamente il gatto nella parte superiore ed il manico raffigura una colonna ottagonale faccettata e con la sua corrispondente base. Sono osservabili nelle parti esterne dell'istrumento verso il largo, due graziosi fiori di loto. È molto conservato. Numero 409 del citato inventario. Materia: Bronzo. 2395 Sistro a quattro turni, alto millimetri 192, larg. Mill. 27. Sulla sommità resta seduto un gatto. Numero 1533 del citato inventario. Materia: Bronzo. 2396 Sistro con tre turni, ossia tre bacchette, alto 215 mill., largo mill. 37; sulla sommità evvi un gatto sdraiato. Il manico termina in un bottone; è molto corroso. Numero 1534 dell'inventario citato. Materia: Bronzo. 2397 Sistro a quattro turni, alto mill. 135, larg. Millim. 38. Sulla sommità giace un gatto che latta due figiuolini.

234

Capitolo V - Indagini sui reperti egizi ed egittizzanti nel contesto pompeiano

Esso ha la testa erta ed ornata di un gran fiore di loto. Il manico è lavorato al tornio e tutto l'istrumento è ben conservato. Numero 1535 del citato inventario. Materia: Bronzo.

Circa i reperti che invece storicamente erano stati considerati provenienti da Pompei ma di cui (come si è accennato nel precedente prospetto) è stato oggi possibile comprendere ed assegnare diversa provenienza, il Sottoconto riportava: 765 Ibi, alto mill. 255, lungo mill. 410. Questo uccello cui gli Egiziani rendevano onori divini, ha il collo molto lungo come lo ha la cicogna e le gambe alte e secche. La testa, il collo ed i piedi sono di bronzo ed il corpo è di marmo. Numero 942 dell'inventario citato. Materia: marmo e bronzo. 766 Altro ibi simile al precedente descritto, alto 250 mill, lungo mill 390. Numero 944 dell'inventario citato. Materia: marmo e bronzo. 1045 Vaso unguentario col corrispondente coperchio figurante una testa di animale con quattro colonne di geroglifici nel corpo di esso ed è vuoto nel di dentro. Alto mill. 350; diametro maggiore mill. 160 e riposta sopra una basetta di marmo bianco moderno. Numero 500 dell'Inventario citato. Materia: Alabastro. 1052 Vaso unguentario con il corrispondente coperchio figurante una testa di animale con quattro colonne di geroglifici nel corpo di esso. È vuoto nel di dentro. Alto compreso il coperchio mill. 340, maggior diametro mill. 170. Numero 1407 dell'inventario citato. Materia: Alabastro. 1074 Vaso unguentario col coperchio conformato a guisa di testa umana. Alto, compreso il corrispondente coperchio, mill. 380, larg. Mill. 155. Numero 1409 dell'inventario citato. Materia: Alabastro. 1075 Vaso unguentario con il corrispondente coperchio figurante una testa di animale. Nel corpo del vaso vi sono con quattro linee di geroglifici. Alto mill. 375, larg. Mill 145. Nel di dentro conserva una materia che sembra pece ed è riposto come tutti gli altri sopra una basetta di marmo moderna. Numero 499 dell'inventario citato. Materia: Alabastro. 1107 Base rettangolare; alta mill. 86, lunga mill. 273, larg. Mill. 195. È ornata di semplice scorniciatura sotto e sopra ed intorno vi sono nitidamente incisi due ordini di geroglifici. Numero 1657 del citato inventario. Materia: Bronzo.

V.5. Reperti egizi o egittizzanti provenienti da Pompei e oggi conservati presso i depositi di Casa di Bacco. Inedita descrizione dall'Inventario della Soprintendenza di Pompei. Di seguito (secondo l'ordine inventariale) si forniscono i dati riguardo i reperti egizi o egittizzanti che è stato possibile derivare dalle indagini personalmente eseguite nel luglio del 2018 presso i depositi di Pompei.

235

I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

Fig. 5.2. Prospetto dei reperti egizi ed egittizzanti – PMS Inv. Anno di Provenienza Coll. definitiva PMS n. immissione

Num.

Oggetto

Dimensioni

1

Statuina di Iside-Fortuna con fiori di loto sulla testa e cornucopia nella sinistra. Bronzo su base circolare

Alt. 13,5 cm. Base: 4,2 cm.

220

1907

V, 1

C, I, 3, e (1).

2

Sfinge accucciata su base Alt.19, 9 rettangolare, marmo cm; lung. bianco. Tra le zampe 32, 6 x 12, anteriori un volto 3 cm. gorgonico in bronzo.

2930

1920

II, 5, 2 (Casa di Tiburtino)

D, II, 1, B.

10 11

3

Placchetta frontale di statuina di Iside: due corna, globo e foglie. Bronzo.

Alt. 7,2 cm; larg. 5,2 cm.

3501

1925

I, 7, 7

C, I, 3, e (1).

4

Bustino virile in marmo rosso applicato ad un pilastrino grigio. Egiziano.

Tot. 10, 7 cm; busto; 8, 5 cm.

10108

1953

II, 1, 13

D, II, 2, C.

5

Bustino virile in marmo rosso applicato ad un pilastrino grigio. Egiziano.

Tot. 10, 6 cm; busto; 8, 4 cm.

10109

1953

II, 1, 13

D, II, 2, C.

6

Serapide (?)

Alt. 13, 4 cm; largh. 15, 2; prof. 17, 9 cm.

10338

?

Scarico antico, all'esterno del tempio di Venere 10.

7

Mano “Pantea” in bronzo.

17, 5 x 8, 5 cm. Prof. 7,4 cm.

10485

1954

II, 1, 12.

C, I, 3, d (5).

8

Mano “Pantea” in bronzo.

19, 8 x 9, 2 cm. Prof. 6,3 cm.

10486

1954

II, 1, 12.

C, I, 3, d (5).

9

Statuina di Bes. Ceramica invetriata

Alt. 34, 5 cm circa.

10613 b

1954

II, 2, ?

II, 4, a, 1.

10

Piccola statuina raffigurante un Bes accovacciato sopra una basetta laminare rettangolare.

Altezza m. 0,047, D. base 0.038 x 0,025.

10919

1954

I 13, 10?

11

Bes (sostegno di lucerna)

Alt. 10, 7

11843

?

D'Ambrosio, Borriello 1990, 34. D'Ambrosio, Borriello 1990, 42.

236

I, 18, 4 11.

Capitolo V - Indagini sui reperti egizi ed egittizzanti nel contesto pompeiano

cm; larg. 6,2 cm 12

Lucerna fittile monocline

4,9 x 15 cm.

12876

1960

I, 11, 17

C, V, 3, a (1).

13

Statuina di divinità egizia con corpo di coccodrillo su base rettangolare. Ceramica invetriata

19, 1 x 25, 2 cm.

12960

1960

I, 12, 6

C, IV, 5, d, 2

14

Parte di colonnella con iscrizione Isias. Marmo bianco.

34, 3 x 17, 5 cm.

13402

1961

?

G. Foro, I, f. VIII, A1.

15

Sfinge a tutto tondo. Bronzo.

3,7 x 5,4 cm. Larg. 3,4 cm.

20246

?

?

C, I, 3, d (6).

16

Statuina bronzea di Iside con cornucopia nella Alt. 7,6 cm sinistra e situla.

20255

?

?

C, I, 3, e (1).

17

Amorino- Arpocrate con alle spalle un anello 3 x 3,7 cm. mobile su base quarangolare. Bronzo.

20256

?

?

C, I, 3, e (1).

18

Oinochoe in bronzo (come la 2244 inv. interno)

25 x 12 cm.

21799

1978

IX, 13, 1-3 (Casa di G. Polibio)

F, IV, 2, C.

19

Oinochoe in bronzo (come la 2260 inv. interno)

25 x 13 cm.

21805

1978

IX, 13, 1-3 (Casa di G. Polibio)

F, IV, 2, C.

All'interno della varia tipologia dei candelabri con piedi a forma di zampa di animale, pare difficile voler meglio indagare la casistica di candelabri o bracieri con piedi a zampe feline o leonine, che pur potendosi richiamare all'Egitto mostrerebbero più semplicemente una moda piuttosto in uso specie tra I a.C. e I d.C. (e non solo a Pompei). All'interno dei depositi esempi di tale tipologia sono peraltro riscontrabili in diversi reperti 12. Seguendo tale linea meriterebbe poi un breve accenno il fatto che dalle indagini eseguite presso i depositi del MANN nel mese di marzo del 2019, sarebbe riscontrabile come all'interno degli stessi 12

Se ne fornisce menzione (in ordine inventariale) qui di seguito, riportando progressivamente Oggetto; Dimensioni; Inv. n.; Anno di immissione; Provenienza; Coll. definitiva. Candelabro in bronzo (con lucerna); 1,41 m.; PMS 538; 1909; VII, 6, 30; C, II, 2, b. Braciere circolare con piedi a zampa leonina. Bronzo.; 20 cm. Circa.; PMS 2647; 1917; III, 4, 13 (Casa di Pinario Ceriale?); C, II, 3, terra. Candelabro in bronzo; 134, 5 cm.; PMS 4993; 1932; I, 10, 4 (Casa del Menandro); C, II, 2, b. Candelabro in bronzo; 127, 8 cm; PMS 7054; 1939; I, 8, 5; C, II, 3, b. Candelabro in bronzo; 1, 40 m.; PMS 10453; 1954; II, 1, 6; C, II, 2, b. Candelabro in bronzo; 1, 28 m.; PMS 10548; 1954; II, 1; C, II, 2, b. Candelabro in bronzo; 1, 28 m.; PMS 11354; 1955; I, 13, 1; C, II, 3, b. Candelabro in bronzo; 1,29 m.; PMS 11481; 1955; I, 13, 9; C, II, 3, b. Candelabro in bronzo; 1,20 m.; PMS 12949; 1960; I, 12, 7; C, II, 1, b. Braciere circolare su piedi a zampa felina. Bronzo.; 35, 5 cm circa; PMS 20315; ?; I, 10, 4 (Casa del Menandro); C, II, 1, terra. Braciere a tre piedi costituiti da geni alati finienti a zampa felina. Bronzo; 15, 5 cm.; PMS 20316; ?; ?; C, II, 2, terra. Candelabro in bronzo; 133, 5 cm.; PMS 20318; ?; ?; C, II, 4, b. Candelabro in bronzo; 124, 6 c,; PMS 20319; ?; ?; C, II, 3, b. Piede di candelabro in bronzo; 11, 1 cm; PMS 54489; 1900; VII, 5, 4; C, II, 4, b. Candelabro in bronzo; 1, 30 m.; PMS 55555; 1903; VI, 16; C, II, 3, b.

237

I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

non sia in fondo raro ritrovare raffigurazioni con un presunto sapore “egittizzante” su anse sormontanti con attacco sul contenitore (brocca vel oinochoe) spesso con protomi umane 13. Anche se, data la sottile linea interpretativa insita nella tipologia egittizzante stessa, come per i candelabri appena citati, resterebbe piuttosto complesso voler meglio definire quanto si tratti di stilemi comuni allora in uso oppure di una certa volontà associativa di richiamo, che difficilmente potrà dipanarsi. Di forte interesse parrebbero invece più propriamente le terrecotte invetriate a riconoscibile soggetto egizio o egittizzante rinvenute a Pompei di cui si fornisce un prospetto con le relative caratteristiche14: Fig. 5.3. Prospetto delle terrecotte invetriate a soggetto egizio o egittizzante rinvenute a Pompei. Oggetto

Soggetto

Aryballos

13

14

Inv. Gen.

Di Gioia

Rinvenimento

Misure

Datazione

Provenienza

PMS 25847

7.12

Pompei, località Bottaro (rinv. Febbraio 1984).

4,6 x 5 cm

I d.C.

Menfi

17,4 x 15,2 cm

I a.C. - I d.C.

Menfi

17,5 x 15, I a.C. - I d.C. 5 cm

Menfi

Pompei (VII, 2, 7 9,8 x 8, 3 – rinv. I a.C. - I d.C. cm 17/4/1887)

Menfi

Bicchiere cilindrico

Animali e motivi floreali

MNN 121607

7.13.1

Pompei (30/12/1891)

Bicchiere cilindrico

Animali e motivi floreali

MNN 117115

7.13.2

Pompei (rinv. 17/9/1887)

Bicchiere cilindrico

Animali e motivi floreali

MNN: s.n.

7.13.4

Di seguito in ordine verrà fornito l'Inventario Generale, la misura e la descrizione del reperto: MNN 58157, 21 x 21, 5 cm ca, Brocchetta piriforme con ansa sormontante e attacco inferiore terminante con fiore di loto capovolto ? Sormontata da protome di sfinge alata; MNN 69045, 18, 5 x 12 cm ca, Brocchetta piriforme con ansa sormontante e attacco inferiore terminante con fiore di loro capovolto ? Sormontata da protome di sfinge alata; MNN 69078, 19,5 x 11 cm ca, Brocchetta piriforme con ansa sormontante e attaccatura superiore a sfinge o grifo e inferiore a protome umana; MNN 69102, 19,5 x 13 cm ca, Brocchetta piriforme con ansa sormontante e attacco inferiore terminante in fiore di loto capovolto sormontata da protome di sfinge alata su loto. L'attacco superiore col manico stesso sembra avere superficie lavorata a foglie costolate che terminano con teste di serpente; MNN 69181, 19, 5 x 13 cm ca, Brocchetta piriforme con ansa sormontante e attacco superiore; inferiore: protome umana; MNN 69266, 19, 5 x 13 cm ca, Brocchetta piriforme con ansa sormontante e attacco superiore terminante in due teste di serpente; inferiore: protome umana; MNN 69270, 19 x 10 cm ca, Brocchetta piriforme con ansa sormontante e attacco superiore; inferiore: protome umana; MNN 69277, 22 x 11 cm ca, Brocchetta piriforme con ansa sormontante e attacco superiore; inferiore: protome umana; MNN 69278, 19, 5 x 13 cm ca, Brocchetta piriforme con ansa sormontante e attacco superiore a forma di loto; inferiore: protome umana; MNN 69283, 19 x 11, 5 cm ca, Brocchetta piriforme con ansa sormontante e attacco superiore; inferiore: protome umana; MNN 69287, 17 x 11 cm ca, Brocchetta piriforme con ansa sormontante e attacco superiore terminante in due teste di serpente; inferiore: protome umana; MNN 115565, 19, 5 x 11 cm ca, Brocchetta piriforme con ansa sormontante e attacco superiore; inferiore: protome umana; MNN 116195, 17 x 11 cm ca, Brocchetta piriforme con ansa sormontante e attaccatura inferiore volto umano con parrucca bipartita; attaccatura superiore terminante in fiore di loto?; MNN 119028, 18 x 11 cm ca, Brocchetta piriforme con ansa sormontante e attacco superiore; inferiore: protome umana; MNN 124951, 21 x 12 cm ca, Brocchetta piriforme con ansa sormontante e attacco superiore; inferiore: protome umana. Tali tipologie sembrerebbero pur differenti da altri esempi che si ritrovano nei depositi, ad es. il reperto inv. MNN 69303 (che parrebbe tuttavia da legare maggiormente all'ambiente dionisiaco). L'ordine seguito nel prospetto riprende la numerazione del Catalogo di Di Gioia 2006. MNN= Museo Nazionale Napoli; PMS = Pompei, Magazzino degli scavi. Qui si accennerà solamente al fatto che nei depositi MANN tra le terrecotte si è ritrovato un Bes frammentato: parte sup. n. MNN inv. 22585 (31 x 21 cm ca); parte inf. MNN 22587 (9 x 18 cm ca). Nella stessa cassetta vi sarebbero inoltre due reperti ceramici quali MNN 22601 (lucerna egittizzante) et MNN 19302 (lucerna con figure egittizzanti) che dovrebbero provenire da Pompei (e far parte di fabbriche cosiddette egizie). Tutti non presenti in Di Gioia 2006. Tra i sistri rinvenuti in deposito nel luglio 2019 si menzionano invece: 1) s. n.; 2) 76944; 3) 76947; 4) 76948; 5) s.n.; 6) s.n.; 7) 76946; 8) 19480; 9) s.n.; 10) 264936; 11) 109669. Questi ultimi tre risulterebbero esposti.

238

Capitolo V - Indagini sui reperti egizi ed egittizzanti nel contesto pompeiano

Statuetta in terracotta Ptah-Pateco invetriata

MNN 22607

9.4.1

Pompei, VI 1,2, 47,8 x 11, Caupona 3 cm

Statuetta in MNN terracotta Ptah-Pateco 116666 invetriata

9.4.2

Pompei (not. 8 /1/1888)

Statuetta in terracotta invetriata

9.5.1

Statuetta in terracotta invetriata

Bes

Bes

MNN 22583

MNN 116665

I d.C. ca

Menfi

27, 3 x 14 cm

I d.C.

Ignota

Pompei

33, 8 x 11,5 cm

I d.C.

Menfi

9.5.2

Pompei, VIII 5, 39 Casa di Acceptus et Euhodia, viridarium

40 x 15 cm ca

I d.C.

Ignota

21,5 x 13 cm

I d.C.

Ignota

h. 34, 5 cm

I d.C.

Ignota

I d.C.

Menfi

I d.C.

Menfi

I a.C. - I d.C.

Egitto ma non Menfi

I d.C.

Ignota

Statuetta in terracotta invetriata

Bes

MNN 117178

9.5.3

Pompei, VIII 5, 39 Casa di Acceptus et Euhodia, viridarium

Statuetta in terracotta invetriata

Bes [i.e. babbuino]

PMS 10613 B

9.5.5

Pompei, II, 2, 2 (Casa di Octavius Quartio, a Sud del viridarium)

Testina in terracotta invetriata

Bes

MNN 22589

9.5.6

Pompei, IX, 3, 5 Casa di M. 13 x 9 cm Lucretius?

Basetta in terracotta invetriata

Bes

PMS 12087

9.6.1

Basetta in terracotta invetriata

frammento di base

PMS 477F

Pompei, I, 14, bottega 8

11 x 11 cm

9.6.5

Pompei, recinto ad Ovest della 5,8 x 5,6 cm tomba di Esquila Polla

Statuetta in MNN terracotta Coccodrillo 121324 invetriata

9.8.1

Pompei, V 2, I, Casa delle Nozze d’Argento

Statuetta in MNN terracotta Coccodrillo 121325 invetriata

9.8.2

Pompei, V 2, I, Casa delle Nozze 9 x 14 cm d’Argento

I d.C.

Ignota

Statuetta in terracotta invetriata

Rana

MNN 121323

9.9. 1

Pompei, V 2, I, 19 x 17,5 Casa delle Nozze cm d’Argento

I d.C.

Ignota

Statuetta in terracotta invetriata

Rana

MNN 121322

9.9,4

Pompei, V 2, I, Casa delle Nozze d’Argento

17 x 18 cm

I d.C.

Ignota

9.10

Pompei, I 12, 6 sul podio della cucina nell’angolo SO del peristilio

13 x 22 cm

I d.C.

Produzione locale

Statuetta in terracotta invetriata

Iguana*

PMS 12960

239

41 x 14 cm

I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

Vi sono altre terrecotte invetriate spesso di provenienza incerta (ma a volte anche rinvenute a Pompei 15) e sovente di soggetto non propriamente egizio o egittizzante, ma che in parte rimanderebbero a produzione egizia 16. Tra esse, di quelle provenienti da Pompei resterebbe al momento maggiormente complicato voler definire meglio un qualsivoglia grado di richiamo all'Egitto, che in alcuni casi parrebbe anche ravvisarsi. Le attestazioni sono poste prima in ordine progressivo (Regio, Insula, Domus) e successivamente in ordine alfabetico e crescente in base alla menzione e al numero inventariale. Lucerna, Pompei, I, 8, 13 (Officina di A. Granius Romanus) (PMS 7229); Lucerna, Pompei, I, 8, 13 (Officina di A. Granius Romanus) (PMS 7584); Lucerna, Pompei I, 13, 3, (PMS 11658); Lucerna, Pompei I, 18, 3, (PMS 11013); Lucerna, Pompei, II, 2, 1 (Caupona) (PMS 4270?); Lucerna, Pompei, II, 3, (PMS 10732); Lucerna, Pompei, II, 4 retrostante bottega n. 6, (PMS 10359); Askos a forma di anatra, Pompei, VI, 12, (MNN 124842); Askos a forma di volatile, Pompei, VI, 12, (MNN 124848); Statuetta di Perona e Micone, Pompei, VI, 15, 5 (Casa di M. Pupius Rufus) giardino, (MNN 124846); Statuetta di Sileno, ceramica invetriata, Pompei, VI, 15, 5?, (MNN 124847/103); Statuetta di Sileno, Pompei VIII, 7, (MNN 117291); Lucerna, Pompei, VII, 16-19, Ins. Occ. Casa di M. Fabio Rufo, (PMS 13618); Lucerna, Pompei, VIII, 2, 39, (MNN 116553); Base, Pompei, IX, 7, (MNN 113021); Base, Pompei, IX, 7, (MNN 113022); Base, Pompei, IX, 7, (MNN 113023); Frammento di vaso cilindrico, Pompei, 17/4/1887, (MNN 5260/355); Lucerna, Pompei, (MNN 5937); Lucerna, Pompei, (MNN 19300); Lucerna, Pompei, (MNN 20208); Vaso 15 16

Quando specificato se ne riporta il luogo di rinvenimento. L'ordinamento riprende progressivamente Di Gioia 2006. Alcuni di essi furono definiti di fabbrica egizia ed esposti al MANN. MNN 22695, Olletta, (Di Gioia 7.4.1); MNN 116670, Olletta, (Di Gioia 7.4.2); MNN 5260/355, frammento di vaso cilindrico (Pompei, 17/4/1887), (Di Gioia 7. 13.3); MNN 124842 (Askos a forma di anatra) Pompei, VI, 12, (Di Gioia 7.15.6); MNN: s.n. (Askos a forma di volatile) (Di Gioia 7.15.7); MNN: s.n. (Askos a forma di volatile) (Di Gioia 7.15.8); MNN: 124848 (Askos a forma di volatile) Pompei, VI, 12 (Di Gioia 7.15.9); MNN 113020 (Vaso con statuetta in forma di leone) (Di Gioia 7.15.10), Pompei IX, 6. MNN 165/76, Lucerna (Di Gioia 8.1); MNN s.n. Lucerna, (Di Gioia 8.2); MNN 116639, Lucerna (Di Gioia 8.3); MNN 123175, Lucerna (Di Gioia 8.4); MNN 22593, Lucerna (Di Gioia 8.5); PMS 122252, (Pompei, I, 14, 13), Lucerna (Di Gioia 8.6); PMS 19546, Lucerna (Di Gioia 8.7); PMS 4910 (Pompei, I, 10, 4), Lucerna (Di Gioia 8.8); MNN 22600, Lucerna (Di Gioia 8.9); MNN s.n. Lucerna (Di Gioia 8.10); PMS 43491 (Pompei, I, 16, 5), Lucerna (Di Gioia 8.11); PMS 19090, Lucerna (Di Gioia 8.12); MNN 22598, Lucerna, (Di Gioia 8.13); PMS 10732, (Pompei, II, 3), Lucerna (Di Gioia 8.14); PMS 3262, Lucerna, (Pompei, Casa n. 39 nel vicolo storto), (Di Gioia 8.15); PMS 5937, Lucerna, (Pompei I, 7), (Di Gioia 8.16); PMS 6588, Lucerna, (Pompei, I, 8), (Di Gioia 8.17); PMS 7229, Lucerna, (Pompei I, 8, 13), (Di Gioia 8.18); PMS 11013, Lucerna (Pompei I, 18, 3) (Di Gioia 8.19); MNN 22599, Lucerna, (Di Gioia 8.20); MNN 19299, Lucerna (Di Gioia 8.21); MNN 22592, lucerna (Di Gioia 8.22); PMS 11658, lucerna (Pompei I, 13, 3), (Di Gioia 8. 23); PMS 11659, lucerna, (Pompei, I, 13, 3), (Di Gioia 8.24); MNN s.n., lucerna (Di Gioia 8.25); MNN s.n., lucerna (Di Gioia 8.26); PMS 13057, lucerna, (Pompei), (Di Gioia 8.27); MNN 22603/6426, lucerna (Di Gioia 8.28); MNN 116553?, lucerna, (Pompei, VIII, 2, 39), (Di Gioia 8.29); PMS 11840 (Pompei, I, 18, 4), lucerna (Di Gioia 8.30); PMS 4270?, lucerna (Pompei, III, 2, 1) (Di Gioia 8.31); PMS 7584, Lucerna, (Pompei, I, 8, 13) (Di Gioia 8.32); MNN 20208, Lucerna (Pompei), (Di Gioia 8.33); MNN 121595, (Pompei), (Di Gioia 8.34); PMS 1138, lucerna, (Pompei, Termopolio), (Di Gioia 8.35); PMS 19078, lucerna, (Pompei) (Di Gioia 8.36); PMS 13618, lucerna (Pompei, VII, 16-19, Ins. Occ. Casa di M. Fabio Rufo), (Di Gioia 8.37); MNN 19300, lucerna (Pompei), (Di Gioia 8.38); MNN 118392 (Pompei, rinv. 22/8/1888), (Di Gioia 8.39); MNN 19314, lucerna (Di Gioia 8.40); MNN 125346/1896, lucerna (Di Gioia 8.41); MNN 19301, lucerna raff. Triade isiaca, (Di Gioia 8.42); MNN 22597, lucerna (Di Gioia 8.43); PMS 10359, lucerna (Pompei, II, 4 retrostante bottega n. 6), (Di Gioia 8.45); MNN 124868/1895, lucerna (Pompei, not. n. 3), (Di Gioia 8.51); MNN 116553, lucerna (Pompei VIII, 2, 39) (Di Gioia 8.52); MNN 117913/1871, lucerna (Pompei not. 17/9/1888), (Di Gioia 8.53); MNN 19286, lucerna con raff. Triade isiaca, (Di Gioia 8.54); MANN 24361, reflettore (Pompei), (Di Gioia 8.55); MANN 14820 Ansa (Pompei), (Di Gioia 8.56); MNN 124846, Statuetta di Perona e Micone, (Pompei, VI 15, 5; Casa di M. Pupius Rufus; giardino) (Di Gioia 9.1.1); MNN 22580, Statuetta di Perona e Micone (Di Gioia 9.1.2); MNN: ? (Statuetta di vecchia) (Di Gioia 9.2); MNN 129400 (Testa femminile); (Di Gioia 9.3); MNN s.n., Ptah-Pateco (Di Gioia 9.4.3); MNN s.n., Testa di Ptah-Pateco (Di Gioia 9.4.4); MNN s.n., Testa di Ptah-Pateco (Di Gioia 9.4.5); MNN 13586, Bes (Di Gioia 9.5.4); MNN 113021 (Base), (Pompei, IX, 7) (Di Gioia 9.6.2); MNN 113022 (Base) (Pompei, IX, 7) (Di Gioia 9.6.3); MNN 113023 (Base) (Pompei, IX, 7) (Di Gioia 9.6.3); MNN 124847/103, statuetta di Sileno, (Pompei, VI, 15, 5?) (Di Gioia 9.7.1); MNN 117291, statuetta di Sileno (Pompei VIII, 7) (Di Gioia 9.7.2); MNN 22608, Statuetta di rana, (Di Gioia 9.9.2); MNN 22609, Statuetta di rana, (Di Gioia 9.9.3); MNN 123981 Statuetta di leone, (Pompei, not. 6/10/1895) (Di Gioia 9.11); MNN 123982 Statuetta di ariete, (Pompei, 6/10, 1895) (Di Gioia 9. 12); MNN 22581/4645, Figura grottesca, (Di Gioia 9. 13); MNN 188449/113, Figuretta seduta, (Di Gioia 9.14).

240

Capitolo V - Indagini sui reperti egizi ed egittizzanti nel contesto pompeiano

con statuetta in forma di leone, Pompei IX, 6, (MNN 113020); Lucerna, Pompei not. 17/9/1888, (MNN 117913/1871); Lucerna, Pompei, rinv. 22/8/1888, (MNN 118392); Lucerna, Pompei, (MNN 121595); Lucerna, Pompei, not. n. 3, (MNN 124868/1895); Lucerna, Pompei, (PMS 1138); Lucerna, Pompei, Casa n. 39 nel vicolo storto, (PMS 3262); Lucerna, Pompei, (PMS 6588); Lucerna, Pompei, (PMS 11659); Lucerna, Pompei, (PMS 13057). V.6. Reperti egizi ed egittizzanti nel contesto pompeiano. Esposizione dei dati e prime analisi Se le indagini preliminari hanno visto compimento attraverso un sistematico spoglio di molteplici fonti antiche riguardo gli scavi e relativi rinvenimenti effettuati nel corso dei secoli presso il sito pompeiano (per cui si veda infra Appendice generale dei ritrovamenti - AREP), le ispezioni e analisi condotte presso il MANN (depositi ed esposti) e Pompei (depositi) hanno permesso di attestare, rinvenire e confermare la presenza di molti reperti egizi ed egittizzanti. Gli importanti risultati dati dalle ricercate e rinvenute attestazioni storiche per tale motivo si sono visti legati ai riscontri della effettiva presenza (delle consistenze generali) degli attuali siti di conservazione dei materiali pompeiani. Tale lavoro di ricerca ha così permesso di rinvenire e rilevare una molteplicità variegata di dati, che pur esplicandosi a volte ad esempio con la singola menzione del rinvenimento (non potendosi indagare oltre), nei casi migliori ha anche visto connessione tra dato storico e materiale (ovvero, catalogativo), operazione quest'ultima che rappresenta, come noto, un compito piuttosto complesso. Volendo potrebbe anche dirsi che una prima elaborazione di tali dati, completandosi vicendevolmente, permetterebbe in tal modo anche di poter in parte tracciare una storia (dal rinvenimento all'esposizione) del reperto stesso. Discorso che potrà essere ulteriormente perfezionato dalle ricerche circa i reperti di volta in volta acquisiti e musealmente esposti che stanno nel frattempo continuandosi 17. Ciò detto, presentando tale lavoro spero vivamente che esso possa porsi come essenziale punto di partenza specie per tali tipologie di indagini che si auspica possano accrescersi, ampliarsi (o includere attente integrazioni). Dopo tale breve ma necessaria premessa e valutando la dedotta e attuale distribuzione complessiva della tipologia di reperti qui investigata, andrà ora anzitutto rilevato come pur provenendo da Pompei, una gran parte di oggetti (circa 1/3 del totale) manchi di una collocazione certa, restando il preciso luogo di rinvenimento N(on) D(eterminato). Nelle altre Regiones considerate assieme si conterebbero invece al momento 206 oggetti18 rinvenuti, con una distribuzione che vedrebbe una pur leggera prevalenza nella Regio I e VI. Distribuendo le attestazioni in maniera decrescente secondo il numero dei ritrovamenti se ne potrebbe inoltre quasi notare una ripartizione piuttosto bilanciata: Regio I (33); VI (33); VIII (30); II (29); V (27); IX (27); VII (26); III (1) 19. 17 18 19

Bellucci, Di Maria (in preparazione). O gruppi di oggetti come ad es. collane. Di seguito la diversa distribuzione considerandone Regio, Insula, Domus e numero di oggetti rinvenuti (tra parentesi tonde): I, 1, 4, (1) ; I, 2, 6, (2) ; I, 2, 12 (1) ; I, 2, 17 (3) ; I, 2, 20/21 (1) ; I, 2, 24 (1); I, 4, 23 (1) ; I, 5, 2, (1) ; I, 7, 1 (1); I, 7, 7, (1) ; I, 7, 11 (2) ; I, 10, 4, (1) ; I, 10, 7, (2) ; I, 11, 5, (3) ; I, 11, 17 (1) ; I, 12, 6, (1) ; I, 13, 2 (1); I, 13, 3, (4) ; I, 13, 9, (1); I, 13, 10 (1); I, 13, 16 (1) ; I, 14, 8, (1) ; I, 18, 4, (1) ; II, 1, 12 (4) ; II, 1, 13 (2) ; II, 2, 2, (13) ; II 3, (1) ; II, 4, 2, (3) ; II, 4, 3, (2) ; II, 5, 2, (1) ; II, 5, 4, (1) ; II, 7, (2) ; III, 4, 2, (1) ; V, 1, 7, (1) ; V, 1, 13, (1) ; V, 1, 15 (2) ; V, 2, I, (4) ; V, 3, 3, (1) ; V, 3, 11, (12) ; V, 4, (4) ; V, 5, 3, (1) ; V, 6, (1) ; VI, 1, 2, (1) ; VI, 1, 7, (1) ; VI, 2, 4, (1) ; VI, 8, 5, (2) ; VI, 8, 23, (1) ; VI, 9, 1, (2) ; VI, 9, 6, (2) ; VI, 12, 2, (4) ; VI, 13, 2, (1) ; VI, 13, 6, (1) ; VI, 14, 27 (4) ; VI, 14, 40 (1) ; VI, 14, 42 (1) ; VI, 14, (1) ; VI, 15, 1, (1) ; VI 16, 7, (4) ; VI, 16, 15, (3) ; VI, 16, 28, (1) ; VI, (2); VII, 2, 7, (1) ; VII, 2, 18, (1) ; VII, 2, 52 (1) ; VII, 2, (2) ; VII, 3, 12, (1) ; VII, 3, 35 (1) ; VII, 3, (1) ; VII, 4, 13, (4) ; VII, 4, 48, (1) ; VII, 4, 56, (2) ; VII, 4, 59, (2) ; VII, 4, 60 (2) ; VII, 4, (1) ; VII, 5, 2, (1); VII, 7, 1, (1) ; VII, 7, 2, (1) ; VII, 12, (1) ; VII, 15, 1, (1) ; VII, 16, 22 (1) ; VIII, 1, 1, (1) ; VIII, 2, 39 (1) ; VIII, 3, 1, (1) ; VIII, 4, 5, (1) ; VIII, 4, 12, (1) ; VIII, 5, 37, (1) ; VIII, 5, 39, (6) ; VIII, 7, 28, (16) ; VIII, 7, 30, (2) ; IX, 1, 7, (1) ; IX, 1, (1) ; IX, 2, (1) ; IX, 3, 2, (1) ; IX, 3, 5, (5) ; IX, 5, 2, (1) ; IX, 5, 3, (2) ;

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

Ecco di seguito un prospetto della distribuzione degli oggetti egizi ed egittizzanti secondo le diverse Regiones pompeiane.

Fig. 5.4. Distribuzione degli oggetti egizi ed egittizzanti per Regio

Regio I (33); II (29); III (1); V (27); VI (33); VII (26); VIII (30); IX (27); N(on) D(eterminato) (96).

Per rendere più significativi tali dati si fornisce di seguito la percentuale regione per regione, basata sul rapporto tra le unità abitative che una Regio contiene e il numero delle stesse che hanno restituito i reperti in esame. Regio (I) su un totale di 305 domus scavate (il 14,9% del totale), 23 (8% rispetto alla Regio) hanno restituiti reperti di tale tipologia; (II) 71 (il 3,4% del totale) di cui 9 (13%); (III) 73 (il 3,5% del totale) di cui 1 (1%); (IV) 35 (il 1,7% del totale) di cui al momento nessuna con tali testimonianze (anche se andrà ricordato che la Regio IV è ancora in larga parte inesplorata); (V) 125 (il 6,1 % del totale) di cui 9 (7%); (VI) 431 (il 21,1% del totale) di cui 19 (ovvero, 4% rispetto alla Regio); (VII) 540 (il 26,5% del totale) di cui 19 (4%); (VIII) 219 (il 10,4% del totale) di cui 9 (4%) che hanno restituito reperti di richiamo all'Egitto; (IX) 237 (11,6% del totale) di cui 17 (7%). Parlando invece della tipologia degli oggetti appena menzionati e che potrà dirsi pur diversificata dato che conterebbe 43 varietà, andrà notato come le statue (o meglio statuette20) pur da sole rappresentino al momento poco più della metà dei rinvenimenti totali 21.

20

21

IX, 6, 3, (1) ; IX, 6, (1) ; IX, 6, b (2) ; IX, 7, 8, (2) ; IX, 7, 12 (1) ; IX, 7, 23 (1) ; IX, 8, 3/6 (2) ; IX, 8, 4 (1) ; IX, 8, 6, (2) ; IX, 13, (2) ; N.D., (96). Dato che si ci riferisce quasi sempre ad opere scultorie di dimensioni contenute o ridotte, mentre tra le sculture o statue di dimensioni maggiori possono rientrare: AREP 9; 13; 18; 19; 41 (parte); 47 (parte); 62; 97; 98; 109; 147; 176; 206; 263?; 277?. I prospetti della distribuzione della tipologia e dei relativi materiali degli oggetti egizi ed egittizzanti nel contesto pompeiano sono stati rappresentati attraverso il cosiddetto diagramma di Pareto. Oltre alle barre (con menzione della quantità) sarà perciò presente una linea crescente che ne delinea l'incidenza sul totale (ovvero, la distribuzione

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Capitolo V - Indagini sui reperti egizi ed egittizzanti nel contesto pompeiano

Fig, 5.5. Distribuzione della tipologia degli oggetti egizi ed egittizzanti nel contesto pompeiano. Tra i materiali pur a fronte di una distribuzione alquanto varia (28 categorie) tenderebbe in fondo a prevalere il bronzo, seguito da terracotta e marmo.

Fig. 5.6. Distribuzione dei materiali dei reperti egizi ed egittizzanti del contesto pompeiano. cumulativa, detta curva di Lorenz).

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

V.7. Note conclusive al Capitolo V A conclusione della seconda parte di questa sezione, l'indagine ha mirato a valutare l'entità e la distribuzione dei reperti egizi ed egittizzanti nelle domus pompeiane. La ricerca ha preso le mosse da due direttrici diverse ma complementari. La prima ha riguardato una approfondita indagine all'interno della Pompeianarum Antiquitatum Historia (PAH) (1748-1860) e successivamente alle varie notizie di scavi archeologici pompeiani (GdS: Giornali degli Scavi di Pompei; GdS n.s.: Giornali degli Scavi di Pompei, n.s.), ma anche i Diari La Vega, altre opere di Fiorelli, Boyce 1937, sino a coinvolgere tutti i volumi includenti NSA Pompei (1876-1951) (di cui si forniranno gli inediti indici in appendice 22). La seconda si è svolta attraverso rigorose ricognizioni presso i depositi ove tale tipologia di reperti è stata nel tempo conservata, partendo dai reperti di attribuita o attribuibile provenienza pompeiana conservati al MANN e menzionati nel Sottoconto Egizi di cui si è fornita inedita descrizione per passare alla valutazione e alla relazione dei ritrovamenti oggi conservati presso i depositi di Casa di Bacco della Soprintendenza di Pompei. Attraverso l'analisi di questi dati è stato pertanto possibile comprendere come a fronte del totale, circa 1/3 di reperti non pare assegnabile ad aree specifiche, mentre la ripartizione di più di duecento oggetti individuati parrebbe alquanto distribuita tra le regiones scavate (con una seppur minima prevalenza attuale della I e VI Regio) vedendo inoltre il prevalere della tipologia statuaria di caratterizzazione bronzea. I dati qui raccolti per la prima volta, hanno così permesso di fornire più congrue e definite analisi oltre che sulla consistenza, sulla distribuzione, sulle tipologie e sui materiali dei reperti oggetto della presente indagine. (Si veda Appendice dei reperti egizi ed egittizzanti provenienti da Pompei – AREP e A7 - Tavola 2. Supplemento fotografico con una selezione di reperti).

22

Si veda Appendice con indici di NSA – Pompei.

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SEZIONE I Parte terza

Correlazioni tra affreschi e reperti. Tra dinamiche e contesti

Capitolo VI Exempla di correlazioni tra affreschi e reperti VI.1. Alcuni exempla di correlazioni tra affreschi e reperti egizi ed egittizzanti del contesto pompeiano Dopo aver analizzato nel dettaglio le pitture e i reperti egizi ed egittizzanti rinvenuti presso il contesto pompeiano si tenterà ora di mettere gli stessi in correlazione al fine di evidenziare le precipue particolarità che possono rilevarsi all'interno di ciascuna Regio. Oltre agli oggetti di cui si è discusso poco sopra, sarà così analizzata la distribuzione dei soggetti: Soggetti ed elementi vari (incluso Sfingi 1); Isiaci e Nilotici. Ponendo infatti assieme i dati raccolti nel seguito delle indagini pare ora possibile rilevare come all'interno della Regio I, motivi o reperti egizi ed egittizzanti fossero presenti in 14 insulae (1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 9, 11, 12, 13, 14, 17, 18) e più specificatamente in 48 abitazioni. Molte di esse (31) presenterebbero al momento singole attestazioni (I, 1, 4; I, 2, 3; I, 2, 12; I, 2, 20; I, 2, ?; I, 3, 2; I, 3, 25; I, 4, 23; I, 5, 2; I, 6, 7 (*1); I, 6, 13 (*1); I, 7, 1; I, 7, 5; I, 7, 7; I, 7, 10; I, 7, 18; I, 9, 12 (*1); I, 11, 15 (*1); I, 11, 17; I, 12, 3 (*1); I, 12, 5; I, 12, 6; I, 13, 2; I, 13, 4 (*1); I, 13, 9; I, 13, 10; I, 13, 12; I, 13, 16; I, 14, 8; I, 17, 4 (*1); I, 18, 4. Di queste resterebbe tuttavia complesso voler meglio definire i rapporti col possibile culto isiaco o una tendenza egittizzante, dato che andrebbe sempre tenuta in considerazione la varietà contestuale di ogni singolo caso. Due attestazioni si ritroverebbero in I, 2, 6; I, 2, 24; I, 4, 5 (*1); I, 4, 25; I, 7, 19 (*2); I, 10, 7; Tre attestazioni: I, 2, 17; I, 6, 4 (*2); I, 11, 5; Quattro attestazioni: I, 6, 15 (*2); I, 13, 3. Testimonianze di maggior rilievo si presenterebbero invece con 6 attestazioni: I, 11, 6 (*6), ovvero Casa della Venere in bikini (che tuttavia presenterebbe unicamente sfingi che potrebbero anche definirsi piuttosto ornamentali, specie nel triclinio, 10). 8 attestazioni: I, 6, 2 (*4); Casa del Criptoportico; 10 attestazioni: I, 7, 11 (*4); Casa dell’Efebo; I, 9, 5 (*3); Casa dei Cubicoli Floreali; 11 attestazioni: I, 10, 11 (*7); Casa degli Amanti; 12 attestazioni: I, 10, 4 (*6); Casa del Menandro. In fondo potrà ammettersi che il più delle volte, quando presenti, i soggetti rappresentanti sfingi richiamino espressioni meramente ornamentali, e ciò parrebbe più chiaro quando tali testimonianze ricorrano singolarmente tra le diverse attestazioni possibili, mentre quando presenti altre categorie cosiddette egittizzanti, al mero richiamo ornamentale potrebbe anche spesso andare a sovrapporsi una idea di riferimento più ampia basata sulle diverse tipologie attestative dei vari abitati. Va da sé che tale discorso andrà tenuto in considerazione per ciascuna regio. All'interno della Regio II testimonianze di tali soggetti potrebbero così rinvenirsi in 7 insulae (1, 2, 3, 4, 5, 7, 9), coinvolgendo 9 domus (mentre per 2 rinvenimenti non potrà al momento che risalirsi alla sola insula). Singole attestazioni paiono così presenti in II, 5, 2 (*1); II, 5, 4 et II, 3; II, 9, 2; II, 9, 4; due per II, 1, 13; II, 7 e tre in II, 4, 2. Testimonianze più significative sarebbero invece le quattro di II, 1, 12, mentre le 10 attestazioni 1

Data l'ambiguità e la spesso non troppa concordia tra gli studiosi nella definizione del soggetto “sfingi” come riferibile al contesto egittizzante, quando presente questa categoria sarà segnalata a fine della menzione della domus con un asterisco e un numero arabo che ne indicherà il numero d'occorrenza tra parentesi tonde.

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

di II, 3, 3 (*10), ossia, casa delle Venere in conchiglia, attesterebbero unicamente “sfingi” inquadrabili come elementi puramente ornamentali. Degne di menzione le 14 attestazioni della domus II, 4, 3 (*6), Villa di Giulia Felice e le 15 della celebre II, 2, 2 (*1), Casa di Ottavio Quartione. La Regio III, ancora in gran parte non scavata, con una sola insula coinvolta ed una domus vedrebbe al momento due attestazioni in III, 4, 2 (*1). La Regio V con 6 insulae (1, 2, 3, 4, 5, 6) coinvolte, presenterebbe invece attestazioni in 13 domus (e 2 non ancora meglio specificate in insula). Attestazioni singole parrebbero così ritrovarsi in V, 1, 13; V, 2, 1; V, 3, 3; V, 4, 3; V, 5, 3; V, 6, mentre due in V, 1, 15; V, 1, 26 (*1); V, 3, 4 (*1); tre in V, 1, 7; V, 4, 9 (*1); quattro in V, 4 (*2), mentre pare possa evidenziarsi una tendenza di certo maggiore in altri tre casi con le nove attestazioni di V, 4, A (*9), Casa di Marco Lucrezio Frontone; dieci per V, 2, I, Casa delle Nozze d’Argento e dodici in V, 3, 11 (abitazione al momento senza nome e scavata nel 1902). Tra le regiones maggiormente interessate da tale tipologia sin qui delineata, la Regio VI con le sue attestazioni in 14 insualae (1, 2, 5, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17 e 1 ancora non meglio specificata in Regio) presenterebbe un totale di 33 domus (e 2 attestazioni in insula) coinvolte. Diciassette abitazioni presenterebbero al momento una sola attestazione rinvenuta: VI, 1, 2; VI, 1, 25; VI, 5, 5 (*1); VI, 5, 9; VI, 7, 6 (*1); VI, 7, 20; VI, 8, 3 (*1); VI, 11, 9; VI, 13, 2 (*1); VI, 13, 6 (*1); VI, 14, 28; VI, 14, 30; VI, 14, 40; VI, 14, 42 (*1); VI, 14; VI, 15, 7 (*1); VI, 16, 28. In sei domus due attestazioni: VI, 2, 14; VI, 7, ?; VI, 7, 23; VI, 8, 5; VI, 9, 2; VI, 15, 1; VI, 17; Tre in VI, 8, 23 (*2); VI, 9, 1 (*1); VI, 10, 11 (*3); VI, 14, 27; quattro in VI, 1, 7 (*3); cinque per VI, 12, 2 (*1); VI, 14, 20 (*1); sei invece per VI, 2, 4 (*1); VI, 16, 15 (*2), mentre in tre casi il numero delle testimonianze si mostrerebbe più evidente con quattordici notizie per VI, 9, 6 (*9), Casa dei Dioscuri; Diciassette per VI, 16, 7 (*5), casa degli Amorini dorati e ventidue in VI, 17, 42 (*5), Casa del Bracciale d’oro. La Regio VII, con 12 insulae (1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 9, 12, 14, 15, 16), 36 domus (e 4 rinvenimenti al momento non meglio specificabili che in insula) vedrebbe singole attestazioni in 21 abitazioni: VII, 2,7; VII, 2, 52 (*1); VII, 3, 12; VII, 3, 21 (*1); VII, 3, 29; VII, 3, 30 (*1); VII, 3, 35; VII, 3; VII, 4; VII, 5, 2; VII, 7, 1 (*1); VII, 7, 2; VII, 7, 32; VII, 9, 1; VII, 9, 7; VII, 12; VII, 15, 1; VII, 15, 2 (*1); VII, 16, A; VII, 16, 12; VII, 16, 17; due in 11 domus: VII, 1, 40 (*1); VII, 1, 47 (*1); VII, 2, 18; VII, 2, 25; VII, 2, 45 (*2); VII, 2; VII, 4, 2; VII, 4, 60 (*1); VII, 6, 28 (*2); VII, 7, 10 (*1); VII, 9, 47 (*1); VII, 16, 13; tre in VII, 1, 25 (*3); quattro per VII, 4, 13; cinque in VII, 1, 8 (*1); VII, 4, 59 (*2); sei in quattro casi: VII, 4, 31 (*2); VII, 4, 48 (*1); VII, 4, 56; mentre per i 13 casi di VII, 16, 22 (*12), Casa di Fabio Rufo, dovrà considerarsi come 12 occorrenze si richiamino agli ornamenti “sfingi”, evidenza che pare possa ritenersi piuttosto al di fuori delle dinamiche indagate in tale sede. Per la Regio VIII si conterebbero invece 6 insulae (1, 2, 3, 4, 5, 7) coinvolte con un totale di 20 domus. In dieci casi con attestazioni singole: VIII, 1, 1; VIII, 1, 4; VIII, 2, 26; VIII, 2, 34; VIII, 2, 38; VIII, 3, 1; VIII, 3, 11; VIII, 3, 8/9; VIII, 4, 5; VIII, 5, 24. In sei casi con due testimonianze: VIII, 2, 17; VIII, 2, 28; VIII, 2, 39; VIII, 4, 12; VIII, 5, 37 (*1); VIII, 7, 30; tre per VIII, 3, 14; VIII, 7, 24; otto in VIII, 5, 39, Casa di Acceptus ed Euhodia. Da tenere poi in considerazione le almeno diciotto attestazioni qui menzionabili per il Tempio di Iside, VIII, 7, 28 (*1). Infine, la Regio IX con 10 insulae (1, 2, 3, 5, 6, 7, 8, 9, 13, 14) coinvolte e, più nel dettaglio, testimonianze in 28 domus (e 6 al momento specificabili unicamente in insula), vedrebbe singole presenze in 18 casi: IX, 1, 3; IX, 1, 7; IX, 1; IX, 2, 18; IX, 2 (*1); IX, 3, 2; IX, 3, 10; IX, 3, 15; IX, 5, 2 (*1); IX, 6, f-g; IX, 6, 3; IX, 6; IX, 7, 7; IX, 7, 12; IX, 7, 21; IX, 7, 23; IX, 8, 4; IX, 14, 4 (*1);

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Capitolo VI - Exempla di correlazioni tra affreschi e reperti

due in otto abitati: IX, 1, 20 (*2); IX, 5, 3; IX, 5, 14; IX, 5, 18; IX, 6, b; IX, 7, 8; IX, 8; IX, 13; tre per IX, 5, 6 (*2); IX, 5, 9; quattro in IX, 8, 6; cinque in IX, 13, 3 (*5), mentre attestazioni più rilevanti con quattordici casi: IX, 3, 5 (*4), casa di Marco Lucrezio e venticinque casi: IX, 8, 3 (*11), casa del Centenario (qui così distinta, ma che andrà tuttavia come noto considerata IX, 8, 36 2), parrebbero confermare una sorta di tendenza di alcuni ambienti e abitati verso la tipologia attualmente indagata. Per più di novanta reperti di provenienza pompeiana (si veda App. AREP) data la difficoltà a derivare la presunta collocazione, al momento resterebbe maggiormente complesso voler esprimersi più nel dettaglio. A fronte della situazione sopra delineata ci si potrebbe anche chiedere se in alcuni casi la distribuita e diversificata presenza di tali attestazioni, specie in ambito insulare, non possa essere derivata o in parte scaturita da alcune abitazioni più rappresentative delle tipizzazioni qui indagate, che avrebbero agito come una sorta di modello. L'insula 2 della prima Regio (domus 3 (Casa con Colonna etrusca), 6 (Casa degli attori), 12, 17, 20 (Caupona), 24 (cosiddetta Officina libraria di Acilius Cedrus) e non specificata) parrebbe presentare testimonianze distributive a tratti piuttosto significative. Una situazione che potrebbe anche essere rappresentata dall'Insula 7 con le domus 1 (Casa di Paquius Proculus), 5 (Casa di FIlippo), 7 (Casa del Sacerdos Amandus), 10, 11 (Casa dell'Efebo), 18 (Taberna di Niraemius) ed escludendo le pur attestate sfingi della domus 19. La Regio II presenterebbe invece alcune insulae in cui risalterebbero singole abitazioni come II, 2, 2 (Casa di Octavius Quartio); II, 4, 3 (Praedia di Giulia Felice). Saltando così le due attestazioni rinvenute per III, 4, 2, la Regio V, presenterebbe invece almeno 4 insulae interessanti ai fini di queste osservazioni. L'Insula 1 (domus 7 (Casa del Torello di Bronzo), 13 (Caupona di Salvius), 15 (Casa con Forno), 26 (Casa di L. Caecilius Iucundus). Insula 2 con le abitazioni n. 1 (Casa della Regina Margherita) ed I (Casa delle Nozze d’Argento). L'Insula 3 con i civici 3, 4 (Casa della soffitta), 11, quest'ultima ricca di molte attestazioni e l'Insula 4 con le domus 3 (Casa di un Flamine), 9, A (Casa di Marco Lucrezio Frontone), che pur presenterebbe unicamente soggetti “sfingi”. Per la Regio VI, Ricca di attestazioni, un certo nesso potrebbe ritrovarsi ad es. nell'Insula 1 con le domus 2 (Caupona), 7 (Casa delle Vestali), 25 (Casa di Ione); Insula 2 (domus 4 (Casa di Sallustio), 14 (Casa delle Amazzoni) Insula 7 con le abitazioni n. 6 (Casa di Ercole), 20 (Casa dell'Argenteria), 23 (Casa di Apollo); Insula 8 (domus 3, 5, (Casa del Poeta Tragico), 23 (Casa della Fontana Piccola) Insula 9 coi civici n. 1 (Casa del Duca di Aumale), 2 (Casa del Meleagro), 6 (Casa dei Dioscuri). Degna di menzione anche l'Insula 14 con le abitazioni n. 20 (Casa di Orfeo), 27 (Casa di Memmius Auctus), 28 (Taberna lusoria), 30 (Casa di Laocoonte), 40, 42 (Casa dell'Imperatrice di Russia) e una attestazione al momento non meglio specificata, assieme all'Insula 16 con la domus 7 (Casa degli Amorini dorati), 15 (Casa dell'Ara Massima), 28 (Casa della Caccia di tori) e l'Insula 17 (con la domus 42 (Casa del Bracciale d'oro) accompagnate da due testimonianze per cui non sarebbe ancora possibile specificare la domus. Nella Regio VII potrebbe ricordarsi l'Insula 1 con le domus 8 (Terme Stabiane), 25 (casa dei principi di Russia), 40 (Casa di M. Caesi Blandi), 47 (Casa di Siricus); l'Insula 2 coi civici 7, 18 2

A cui dovrebbero aggiungersi anche le attestazioni degli ambienti sopra distinti ma inclusi e valutando in parte anche i ritrovamenti effettuati e segnalati come provenienti dall'Insula, che si presume possano pur derivare da questo stesso abitato.

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

(Casa di C. Vibius), 25 (Casa delle Quadrighe), 45 (Casa dell'Orso ferito), 52 (Negotium) e due attestazioni non meglio specificate; l'Insula 3 (domus 12, 21, (Negotium), 30 (Casa del Panettiere), 35 e un rinvenimento al momento non specificato); di certo interesse l'Insula 4, n. 13 (Negotium), 31 (Casa dei Capitelli dorati), 48 (Casa della Caccia Antica), 56 (Casa del Granduca di Toscana), 59 (Casa dei Bronzi), 60 (Negotium di Saturninus) e un rinvenimento non meglio specificato, assieme all'Insula 7, con le abitazioni 1 (Negotium), 2 (Casa di Trittolemo), 10 (Casa di Romolo e Remo), 32 (Tempio di Apollo) e l'Insula 16 (domus A (Terme suburbane), 12, 13 (Casa di Aulus Umbricius Scaurus), 17 (Casa di Maius Castricius), 22 (Casa di F. Rufo). Della Regio VIII, varrà la pena menzionare l'Insula 2 coi civici 17 (ambiente legato alle Terme del Sarno), 26 (Casa del Cinghiale II), 28 (Casa del Ninfeo), 34 (casa delle Colombe a mosaico), 38 (Negotium), 39 (Casa di Giuseppe II); l'Insula 3 (domus 1 (Scuola di Verna), 8/9 (Casa del Cinghiale I?), 11 (Casa delle Grazie), 14 (Casa della Regina Carolina), e ancora l'Insula 5 n. 24 (Casa del Medico), 37 (Casa delle Pareti rosse), 39 (Casa di Acceptus ed Euhodia) e l'Insula 7, nn. 24 (Casa dello Scultore), 28 (Tempio di Iside), 30 (Foro Tiangolare). Infine, per la Regio IX, diverse attestazioni parrebbero confluire nell'Insula 1, n. 3 (negotium), 7 (Casa di Paccius Alexander), 20 (Casa di M. Epidius Rufus), e un rinvenimento non meglio specificabile; l'Insula 3, domus 2 (Officina tintoria di Ubonius), 5 (Casa di M. Lucretius), 10 (Pistrinum di T. Terentius Proculus), 15 (Casa di Philocalus). Senza dimenticare l'Insula 5, nn. 2 (Casa di Achille), 3 (negotium), 6, 9 (Casa dei Pigmei), 14 (Casa del Lupanare Piccolo), 18 (Casa di Giasone); l'Insula 6, nn. 3, b, f-g, e non specificabile) ed ancora l'Insula 8 (domus 3-6 (Casa del Centenario) e una attestazione ad oggi non meglio specificabile in insula). In base a tali dati si potrebbe così affermare che rispetto al totale delle abitazioni ad oggi scavate a Pompei (2036), di esse 189 (9,2%) presenterebbero elementi (pitture e reperti) egizi o egittizzanti (incluso il soggetto “sfinge”). Elaborando così questi ultimi dati il computo porterebbe a conteggiare per la Regio (I) un totale di 305 domus scavate (il 14,9% del totale), di cui 48 (16% rispetto alla Regio) con elementi di richiamo all'Egitto; (II) 71 (il 3,4% del totale) di cui 9 (12,6%) con attestabili elementi egizi o egittizzanti; (III) 73 (il 3,5% del totale) di cui 1 (1,3%); (IV) 35 (il 1,7% del totale) di cui al momento nessuna con tali testimonianze (ma si dovrà tenere in considerazione che la summenzionata Regio è ancora in larga parte inesplorata); (V) 125 (il 6,1 % del totale) di cui 13 (10,4%) che presenterebbero tale tipologia; (VI) 431 (il 21,1% del totale) di cui 33 (ovvero, 4,8% rispetto alla Regio); (VII) 540 (il 26,5% del totale) di cui 36 (6,7%); (VIII) 219 (il 10,4% del totale) di cui 20 (9,1%) con attestabili attestazioni di richiamo all'Egitto; (IX) 237 (11,6% del totale) di cui 28 (11,8%) 3. Tuttavia, solo studi più specifici potranno rifinire e integrare quanto sin qui messo preliminarmente in evidenza per tentare di tenere in conto e valutare le possibilità ideologiche e pratiche di una sorta di modalità di diffusione o espansione per insula di tale precipua tipologia a cui potrebbe chissà anche legarsi una sorta di emulazione di talune abitazioni nei confronti di alcune che funsero o vennero invece ritenute diciamo pure come una sorta di “modello”, ispirando 3

Il totale scenderebbe a 153 (escludendo tale soggetto o i rinvenimenti di reperti “sfingi”), rappresentando il 7,5%. Regio I (37 domus); II (7); III (1); V (12); VI (25); VII (28); VIII (20); IX (23). Tuttavia tale considerazione è qui fornita unicamente come dato, in quanto esso andrebbe certo computato dopo una più meticolosa valutazione della resa di ogni singolo soggetto o della varia tipizzazione degli oggetti qui considerati in tale categoria. Ad ogni modo, basandoci sul prospetto sinottico di sintesi si potrebbe rilevare che reperti rappresentanti sfingi sarebbero al momento così distribuiti: (1) in II, 2, 2; (1) in II, 5, 2; (2) in V, 4; (1) in VI, 7, 23; (1) in VI, 9, 1; (1) in VI, 9, 6; (1) in VI, 12, 2; (1) in VI, 13, 2; (1) in VI, 13, 6; (1) in VI, 14, 42; (1) in VI, 16, 15; (1) in VII, 2, 52; (1) in VII, 4, 60; (1) in VII, 7, 1; (1) in VII, 7, 28; (1) in IX, 2. Senza considerare quei reperti di cui non è possibile per il momento avere maggiori informazioni e per cui si rimanda al Prospetto PREP.

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Capitolo VI - Exempla di correlazioni tra affreschi e reperti

analoghi o similari usi o modi di rappresentazione in altre abitazioni 4. Per scendere inoltre ulteriormente nel dettaglio per quanto riguarda le sole pitture, potrebbe dirsi che tenendo in considerazione i soggetti: Soggetti ed elementi vari; Isiaco e Nilotico, le abitazioni che presenterebbero tale casistica parrebbero, come accennato, 129, con un totale di 218 ambienti coinvolti. Tra esse prevarrebbero abitazioni con 1 ambiente (66,7%), seguite in maniera decrescente da 2 (15,5%); 3 (10%); 4 (3,8%); 5 (1,5%); 6 (0, 8 %); 8 (0,8%); 9 (0,8%). Ecco un grafico di tale frequenza di distribuzione:

Fig. 6.1. Prospetto della frequenza del numero di ambienti che presentano soggetti egittizzanti per abitazione (includendo anche quelle in cui è presente il soggetto “Sfingi”).

A fronte di un largo numero di abitazioni con 1, 2, 3 e 4 attestazioni di ambienti che presenterebbero siffatte testimonianze 5, cinque domus parrebbero in fondo evidenziarsi con cinque 4 5

Un interessante spunto interpretativo in tal senso è stato di recente messo in evidenza per l’insula IX, 3, per cui Vd. anche Ynnilä 2012, 156-199. (Singole attestazioni): I,02,03; I,02,20; I,02,24; I,03,02; I,03,25; I,06,07; I,06,13; I,06,15; I,07,01; I,07,05; I,07,10/12; I,07,18; I,07,19; I,09,12; I,11,15; I,12,03; I,12,05; I,13,04; I,13,12; I,17,04; II,09,02; II,09,04; III,04,02; V,01,26; V,02,01; V,04,03/05; V,04,0A; VI,01,07; VI,01,25; VI,02,14; VI,05,05; VI,05,09; VI,07,06; VI,07,20; VI,08,03; VI,09,01; VI,09,02; VI,10,11; VI,11,09; VI,12,02; VI,14,28-33?; VI,14,30; VI,15,01; VI,15,07; VII,02,25; VII,03,21; VII,03,29; VII,03,30; VII,04,56; VII,06,28; VII,07,10; VII,07,32; VII,09,01; VII,09,07; VII,15,02; VII,16,0A; VII,16,12; VII,16,13; VII,16,17; VIII,01,04; VIII,02,17; VIII,02,26; VIII,02,28; VIII,02,34-35; VIII,02,38; VIII,02,39; VIII,03,11; VIII,03,14; VIII,03,8/9; VIII,04,12; VIII,05,24; VIII,05,37; VIII,07,24; IX,01,03; IX,02,18; IX,03,10; IX,03,15; IX,05,02; IX,05,09; IX,05,18; IX,06,?; IX,07,07; IX,07,21; IX,09,0C; IX,09,0D; IX,14,04; (due attestazioni): I,04,05,?; I,04,25; II,02,02; V,01,07; V,02,0I; V,03,04; VI,07,23; VI,08,23; VI,14,20; VII,01,25; VII,01,40; VII,01,47; VII,02,45; VII,04,59; VII,09,47; VIII,05,39; IX,01,20; IX,05,14; IX,08,06; IX,13,03; (tre attestazioni): I,06,02; I,06,04; I,09,05; I,11,06; II,03,03; V,04,09; VI,02,04; VI,16,07; VI,16,15; VII,04,31; VII,04,48; VIII,07,28; IX,05,06; (quattro attestazioni): I,07,11; I,10,11; VI,17,42; VII,01,08; IX,03,05.

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

ambienti che presentano siffatte attestazioni: I,10,04 (Casa del Menandro); VII,16,22 (Casa di F. Rufo); sei ambienti: VI,09,06 (Casa dei Dioscuri); otto ambienti: II,04,03 (Praedia di Giulia Felice); nove ambienti: IX,08,03 (Casa del Centenario). Tenendo invece presenti gli stessi soggetti ma eliminando la categoria “Sfingi” si conterebbero 98 domus, per 141 ambienti coinvolti. Parlando della frequenza, anche in questo caso sarebbe riscontrabile una prevalenza di abitazioni con 1 ambiente (74%), mentre le occorrenze paiono palesemente ridursi con l'attestazione di 2 ambienti (14%); 3 ambienti (6%); 4 ambienti (3%); 5 ambienti (2%).

Fig. 6.2. Prospetto della frequenza del numero di ambienti che presentano soggetti egittizzanti per abitazione (escludendo quelle in cui è presente il soggetto “Sfingi”).

L'indagine parrebbe così mostrare come attestazioni con uno o due ambienti decorati con elementi cosiddetti egittizzanti per domus, sarebbero da considerare ben presenti nel contesto pompeiano, evidenziando come tale caratteristica o orientamento fosse in un certo senso piuttosto diffuso 6. A margine di tale casistica alcune abitazioni riporterebbero poi testimonianze più marcate che certo andranno interpretate come una sorta di maggiore e più manifesta volontà di distinguere e esibire tale disposizione. Domus con tre ambienti: V,04,09; VI,02,04 (Casa di Sallustio); VI,16,15 (Casa dell'Ara Massima); VII,01,08 (Terme Stabiane); VIII,07,28 (Tempio di Iside); IX,03,05 (Casa di M. Lucretius); quattro ambienti: I,10,04 (Casa del Menandro); molto probabilmente VI,09,06 (Casa dei Dioscuri); VI,17,42 (Casa del Bracciale d'oro); cinque ambienti: II,04,03 (Praedia di 6

(Singole attestazioni): I,02,03; I,02,20; I,02,24; I,03,02; I,03,25; I,04,05,?; I,06,02; I,06,04; I,06,15; I,07,01; I,07,05; I,07,10/12; I,07,18; I,10,11; I,12,05; I,13,12; II,09,02; II,09,04; IX,01,03; IX,02,18; IX,03,10; IX,03,15; IX,05,06; IX,05,09; IX,05,18; IX,06,?; IX,07,07; IX,07,21; IX,09,0C; IX,09,0D; V,01,26; V,02,01; V,03,04; V,04,03/05; VI,02,14; VI,05,09; VI,07,20; VI,08,23; VI,09,01; VI,09,02; VI,11,09; VI,12,02; VI,14,28-33?; VI,14,30; VI,15,01; VI,16,07; VII,01,40,; VII,02,25; VII,03,29; VII,04,56; VII,04,59; VII,07,10; VII,07,32; VII,09,01; VII,09,07; VII,09,47; VII,16,0A; VII,16,12; VII,16,13; VII,16,17; VIII,01,04; VIII,02,17; VIII,02,26; VIII,02,28; VIII,02,3435; VIII,02,38; VIII,02,39; VIII,03,11; VIII,03,14; VIII,03,8/9; VIII,04,12; VIII,05,24; VIII,07,24; (due attestazioni): I,04,25; I,07,11; I,09,05; II,02,02; IX,05,14; IX,08,06; V,01,07; V,02,0I; VI,07,23; VI,14,20; VII,01,47; VII,04,31; VII,04,48; VIII,05,39.

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Capitolo VI - Exempla di correlazioni tra affreschi e reperti

Giulia Felice); IX,08,03 (Casa del Centenario) 7. Ciò detto, a completamento delle presenti indagini si forniranno ora i dati relativi alla correlazione e distribuzione tra soggetti e reperti della tipologia qui indagata secondo un ordinamento decrescente (Si veda Infra). Pur considerando la non totale mappatura di alcune aree (ancora poco scavate), pare tuttavia potersi rilevare come accanto ad una diffusione generale piuttosto indicativa, una certa presenza e maggiore incidenza di tale tipologia sembri essere più evedente in particolare nella Regio VI, come già messo in evidenza altrove. Regio VI: 54 S(oggetti) + 33 O(ggetti) = 87 = Incidenza percentuale: 20 % Regio I: 41 S + 33 O = 74 = Incidenza percentuale: 17 % Regio IX: 39 S + 27 O = 66 = Incidenza percentuale: 15 % Regio VIII: 34 S + 30 O = 64 = Incidenza percentuale: 15 % Regio VII: 33 S + 26 O = 59 = Incidenza percentuale: 14 % Regio V: 14 S + 27 O = 41 = Incidenza percentuale: 10 % Regio II: 10 S + 29 O = 39 = Incidenza percentuale: 9 % Regio III: 1 O = 1 = Incidenza percentuale: 0, 1 % N. D.: 90 O = Incidenza percentuale qualora fossero considerati assieme al complesso dei determinati: 17 % [portando in tal modo Regio VI: 17%; I: 14%; IX: 13%; VIII: 12%; VII: 11%; V: 8%; II: 7%; III: 0%].

Fig. 6.3. Prospetto distributivo dei soggetti e reperti (con incidenza percentuale).

7

In tal caso la domus è ritenuta distinta da IX,8,06.

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

Legenda Numero totale dei Soggetti: 225. Numero totale degli Oggetti: 206 (+90 N.D.) = 296. Numero totale Soggetti e Oggetti: 431 (+90 N.D.) = 5218.

8

Tra i soggetti egittizzanti non sono qui tenuti in considerazione loti e sfingi.

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Capitolo VII Approfondimenti di dinamiche e contesti di rinvenimento per alcuni casi pompeiani VII.1. Preambolo Dopo la Campagna d'Egitto di Napoleone Bonaparte (1798-1801) e dopo la decifrazione dei segni geroglifici da parte di F. Champollion (1822-1824) venne come noto a diffondersi in tutta Europa un vario interesse egittologico, ma a ciò dovette contribuire anche la scoperta del Tempio di Iside a Pompei (scavato tra 1764 ed il 1781), inoltre grazie ai Borbone che nel 1817 acquistarono tra altre anche la raccolta d'antichità egizie appartenute al Cardinale S. Borgia, tale interesse si diffuse presto anche in Campania ove testimonianze dell'Egitto tolemaico romano paiono ancora oggi in parte presenti specie nella parte costiera (Napoli, Pozzuoli, Ercolano e Pompei non sono che degli esempi) 1. Accanto a questi fattori sarà lecito ricordare come oggetti egittizzanti o d'importazione, trasportati dall'Egitto o imitati da mercanti fenici o cartaginesi furono scoperti nella seconda metà dell'Ottocento in diverse parti del Mediterraneo (come Libano, Cipro, Rodi). In particolare, tra il 1878 e il 1886 un gran numero di tali oggetti (databili tra VIII a.C. e l'età romana) fu rinvenuto presso Acerra (ove sorgeva la necropoli dell'antica Suessula) da un privato, M. Spinelli, mentre un altro fortunato scavo condotto da E. Stevens tra il 1878 e 1896 presso la necropoli di Cuma portò al ritrovamento di diversi oggetti reperti tra l'epoca pre-coloniale e l'età romana, poi ceduti al MANN. Altri rinvenimenti di amuleti e scaraboidi di tipo egizio furono effettuati presso Pithecusa da parte di G. Buchner attorno al 1952, ed altri furono attestati presso Cuma. Tali ritrovamenti permisero così di comprenderne l'uso talismanico e la funzione magica ravvisandone spesso una matrice semitica. Ciò portò nel 1979 G. Hölbl ad includere tali reperti pithecusani e quelli campani in genere nella vasta scala delle relazioni fra Italia pre-ellenistica ed Egitto faraonico2. Il quadro di tale presenza nella Campania pre-romana resterebbe comunque uno dei più complessi dell'area mediterranea meritando ulteriori approfondimenti ad esempio sull'identità di provenienza di reperti pre-saitici che pare possa essere ricercata nelle aree di Menfi e del Delta o ri-valutando il ruolo avuto dai Greci nell'esportazione di tali manufatti accanto a Fenici e altri Semiti (che dal IX a.C. gestirono rotte tirreniche). Secondo le fonti, i Greci iniziarono ad avere familiarità con la cultura egizia attorno alla metà del VII a.C. (come narra Erodoto, Hdt, II, 152) e se nell'età Arcaica tra essi fu prevalente una sorta di ellenocentrismo, che nella coloniale Naucrati produsse anche atteggiamenti egittofobi, verso la fine del VI a.C. tipologie di reperti egizio – semitici parrebbero scomparsi dal mondo ellenistico o ellenizzato, forse a causa dell'antitesi tra Occidente e Oriente alla vigilia delle Guerre persiane. In seguito, andò così prendendo vigore l'interpretatio graeca della cultura egizia, dato che gli Ellenici sostituirono tali manufatti con altri di similare stile e funzione ma grecizzati, andando a favorire modelli coroplastici ciprioti e avviando nel contempo produzioni di balsamari cosiddetti “fenici”. Possibile emblema di tale casistica lo scarabeo (simbolo della rinascita) e spesso in materiale pregiato come la corniola che riportava sovente legende in greco. L'ingresso di tali manufatti nella Campania pre-romana (dalla fine del IX al VI a.C.) adattandosi anche nei contesti italioti, oschi, etruschi, comportò così l'ingresso di credenze magico-popolari non autenticamente egizie ma di derivazione fenicia e ancora greche, che vennero a stratificarsi a culti preesistenti, come comprovabile nelle zone del cumano e capuano. Come accennato, dalla seconda metà del VIII sec. sino al IV a.C. l'incidenza di tali rinvenimenti sembrerebbe invece diminuire, mentre nel successivo periodo (dalla fine del IV al I a.C.) la presenza “egittizzante” in Campania parrebbe affidata specie a centri di mediazione alessandrina che col trasferimento verso l'Italia di fabbriche, tecniche, materiali e motivi egizi o egittizzanti (soprattutto dalla fine del II a.C.) avrebbero comportato un allargamento di questa tendenza sul 1 2

Per approfondire si veda De Salvia 2016, 15-64. De Salvia 2006, 21-30; Hölbl 1979; Vd. anche Buchner - Boardman 1966, 1-62;

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

territorio italico (e non solo). Nell'entroterra campano in particolare, accanto alla diffusione di temi egittizzanti o isiaci (come per es. ad Avella, Boscoreale, Capua, Carinola, Ercolano, Sessa Aurunca e Teano) andrà inoltre distinta l'importante presenza di culti statici (a Benevento, Cuma, Pompei, Pozzuoli). VII.2. L'Egitto e Augusto. Dalla Repubblica al Principato La transizione di Roma dalla Repubblica al Principato (30 a.C. al 14 d.C.), promossa e realizzata da Ottaviano – Augusto e l'annessione ufficiale dell'Egitto (protettorato romano dal 198 a.C.) come provincia romana, dopo la sconfitta di Marco Antonio e Cleopatra VII nella battaglia di Actium, segnò certo un momento fondamentale nelle relazioni tra Roma e l'Egitto. Attorno al 28 a.C. fu infatti coniata una notevole quantità di denari rappresentante Ottaviano nel recto assieme all'immagine di un coccodrillo che si frapponeva alla scritta “AEGYPTO CAPTA” nel verso. Un animale simbolo della terra del Nilo era divenuto parte di Roma e del suo territorio 3. L'immagine di Augusto, l'iscrizione e l'effige dell'animale avrebbero quindi rimandato all'Egitto, terra che Augusto aveva conquistato e successivamente incorporato all'Impero. Ogni riferimento all'Egitto, per nome o immagine associata, si sarebbe da allora riferita allo stesso Augusto e al suo principato 4. Parafrasando Galinsky, andrà ricordato come nella cultura augustea, ma non solo, le precedenti tradizioni servirono spesso da veicolo per innovazioni 5. Partendo da ciò, diverse manifestazioni egittizzanti (disegni ornamentali, scene di paesaggi nilotici e scene figurative isiache) che si vengono a ritrovare ad es. come parte di dipinti murali dimostrano dipendenza dalla tradizione ellenistica, tolemaica e alessandrina, mostrando come diverse categorie culturali fossero disponibili ad un'ampia varietà di contesti. Per considerare meglio tale assunto converrà rivalutare alcune manifestazioni egittizzanti nei dipinti murali decorativi della Casa di Augusto stesso che furono ritrovate negli ambienti attualmente noti come oecus, studium e cubiculum superiore, mentre un altro esempio fu recuperato dai resti delle fondamenta. Alcuni primi frammenti rappresentano una scena raffigurata su sfondo nero, su strati di vernice aggiuntivi. Il frammento più grande dei due presenta una figura umana di profilo, tesa verso destra che indossa un abito ricamato dai toni gialli e rossi e un tradizionale copricapo con ureo, incoronato con due alte piume e nastri all'estremità inferiore. Col braccio sinistro sollevato porta una patera di offerte. Nell'angolo in basso a destra del primo frammento sono visibili la coda e la zampa posteriore della sfinge (a toni gialli e marroni) del secondo frammento di dimore dimensioni. Da notare anche una mano che regge un sistro ancora parzialmente visibile nell'angolo in alto a destra, attributo tradizionale dei culti isiaci. Un terzo piccolo frammento sembra rappresentare i piedi della figura di profilo precedentemente descritta. La scena potrebbe richiamare alla memoria una del triclinio della Villa dei Misteri a Pompei, raffigurante una sfinge affiancata da due divinità egizie (Thoth e Ra) 6. Altri dipinti murali, specie ornamentali, che si richiamerebbero all'Egitto, potrebbero invece risalire a una fase successiva dell'abitazione quando Augusto ampliò la sua domus originale (36 a.C.). Elementi stilistici e decorativi stilizzati come foglie di palma, acanto, motivi a forma di brocca con manici ad ureo, urei stilizzati e cobra, corone atef e anedtj erano presenti nell'ambiente noto come cubicolo superiore, in cui si trovavano anche diverse ed elaborate decorazioni di fiori di loto stilizzato e numerosi fregi con motivi di loto, urei e papiri, anche come parte delle decorazioni del soffitto in stucco. Similari fregi, ma di minori dimensioni, erano poi presenti negli spazi dell'oecus e dello studium. Le peculiarità di tali pannelli e fregi più elaborati del cubicolo superiore potrebbero anche suggerire un richiamo allo stile dei dipinti della Casa di Livia e della cosiddetta Aula Isiaca. Accanto a questi sono poi spesso effigiati oggetti preziosi quali vasi, candelabri, 3 4 5 6

Draycott 2012, 43-56. Si veda supra Fig. 1.2. Cap. I.2. Galinsky 1997, 219. De Vos 1980, 13, Tav X.

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gemme e gioielli, perline di vetro e piastrelle, placche di avorio e pietra, tessuti. La cosiddetta Casa di Livia sul Palatino (databile agli ultimi decenni del I a.C.) lascerebbe intendere che essa sia stata inclusa nella domus di Ottaviano dopo l'espansione e modificata e ridecorata dopo il 36 a.C. Parte dei dipinti conservatisi e rinvenuti in situ furono poi trasferiti al MANN (Carettoni 1960, 192-203; Carettoni 1967, 55-75). Qui un affresco (pigmenti a base d'acqua applicati), con raffigurazioni di divinità egittizzanti, parrebbe richiamarsi a quello della Casa di Augusto. Un'altra manifestazione di tale tipologia ritrovata nella Casa di Livia rappresenta un paesaggio nilotico con caratteristiche flora e fauna specifiche, mentre nel fregio superiore vi sono alcuni templi e alcune figure giunte sulla riva con una piccola imbarcazione. La cosiddetta Aula Isiaca, scoperta sotto il sito della Basilica della Domus Flavia durante gli scavi di Francesco Bianchini tra il 1720 e il 1730, presenta poi rappresentazioni egittizzanti nelle tre sezioni del sito (A, B e C), che possono datarsi agli ultimi decenni del I a.C. e paragonarsi ad alcuni fregi ornamentali della Casa di Livia. Sulla parete absidale in parte conservatasi nonostante lo sbiadimento può riconoscersi un paesaggio fluviale, con lunghe canne situate lungo una riva di un fiume, con sabbia e rocce, tra le quali si nasconde uno scarabeo o uno scorpione. Accanto a questi elementi Lugli parlava di alcune figure egiziane, identificando una figura femminile velata con lunghe vesti bianche e di profilo; una parziale seconda figura femminile stante e velata, che reggeva un bocciolo di loto fino all'altezza della testa della prima figura velata e una figura faraonica (Lugli 1946, 494- 949). Se da un lato è possibile che tali elementi egittizzanti presenti tra i dipinti parietali della residenza palatina di Augusto richiamandosi e facendo in parte capo al repertorio della cultura materiale ellenistico-romano fossero stati scelti da Ottaviano per seguire le tendenze “esotiche” e trasmettere un senso di ricchezza e lusso, i casi della Casa di Livia e parti dell'Aula Isiaca, molto probabilmente incorporati nel complesso augusteo dopo il 36 a.C. (e probabilmente completati attorno al 28 a.C.), potrebbero però anche testimoniare che essi furono scelti in riferimento alla politica verso l'Egitto. Oppure considerandone l'associazione per entrambi i motivi. Tale tipologia figurativa e ornamentale, originata dalla tradizione ellenistica, con disegni ornamentali, paesaggi nilotici e scene figurative isiache, erano infatti già ben noti alla cultura materiale romana e come tali sarebbero piuttosto apparsi senza associazione politica. Dopo aver espanso il suo complesso palatino incorporando altre domus, come la Casa di Livia e parte dell'attuale sito dell'Aula Isiaca, è possibile che a tali rappresentazioni si fosse anche associata una idea più specifica e derivata (o desunta) 7. Secondo Pearsons 2015, l'analisi di questi dipinti rivelerebbe che essi potrebbero non essere stati commissionati per richiamare o come espressione della conquista d'Egitto. Effigi faraoniche e esornative non apparirebbero infatti in nessuno dei monumenti celebrativi della vittoria, né 7

Augusto peraltro affermava di aver ricostruito non meno di ottantadue templi nella città di Roma durante il suo consolato del 28 a.C. (Res Gestae, XX), anno del completamento del tempio di Apollo Palatino. Questo, spesso paragonato al tempio di Apollo Sosiano (noto anche come Apollo in Circo o Apollo Medicus) situato vicino al teatro di Marcello a Roma, doveva avere diverse somiglianze, alcune delle quali con riferimento all'Egitto. Alcune caratteristiche decorative del tempio di Apollo Sosiano sono state infatti talvolta identificate in riferimento all'Egitto. Dal sito degli Horti Mecenati parrebbero inoltre provenire due grandi statue in granito: un toro Api e un cane da caccia egiziano. Altre rappresentazioni d'Egitto possono poi rinvenirsi nei dipinti murali di Villa della Farnesina, dove elementi con riconoscibile contenuto egiziano (raffigurazioni di divinità egizie; elementi architettonici; elementi ornamentali; paesaggi nilotici) si trovavano nei dipinti murali del criptoportico A, cubicolo B, sala da pranzo C, cubicolo D, cubicolo E, corridoio F, corridoio G, passaggio I-M e corridoio F-G. Durante il periodo augusteo non dovranno infine dimenticarsi gli esempi della piramide di Caio Cestio; dell'Ara Pacis che oltre ad alcuni richiami decorativi è stata spesso messa in comparazione con il Chiosco di Sesostri I a Karnak; degli obelischi (ad es. l'obelisco Flaminio del Circo Massimo; l'obelisco di Montecitorio; l'obelisco degli Horti Sallustiani; l'obelisco del Quirinale e dell'Esquilino che un tempo ornavano l'ingresso del Mausoleo di Augusto). Per una panoramica archeologica sul rapporto tra Egitto e Roma all'interno della rivoluzione culturale augustea si veda anche, Van Aerde 2019. Per un aggiornato elenco di materiali e soggetti egizi ed egittizzanti ritrovabili nel contesto romano si veda Müskens 2017. Per un catalogo di oggetti egizi ed egittizzanti rinvenuti in Grecia si veda anche Lambrou-Phillipson 1990; Mazurek (in preparazione). Per un’analisi delle terrecotte egittizzanti da Delo, Vd. Barrett 2011.

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andrebbero ritenute simboleggiare spolia riportate a Roma. Decorazioni ornamentali con vegetali o animali accanto a più riconoscibili ma pur in parte alterate e modificate iconografie faraoniche, resterebbero distinte da rappresentazioni di soggetti egizi ed egittizzanti raffigurati nei santuari o adoperati nella politica, che paiono tutt'altro che fantastici. Circa quest'ultimo punto andrà poi fatto notare come rappresentazioni di sfingi hanno spesso fatto ritenere o sembrare richiamare la Battaglia di Azio, rimandando ad Augusto ed a concezioni politiche. Eppure, più che rimandare a tale conquista se volessimo seguire Plinio, Divus Augustus inter initia sphinge signavit. duas in matris anulis eas indiscretae similitudinis invenerat.... Augustus postea ad devitanda convicia sphingis Alexandri Magni imagine signavit. (Plin., HN, XXXVII, 4). “Il divino Augusto ai suoi inizi usava un sigillo raffigurante una sfinge: ne aveva trovate due molto simili tra gli anelli della madre... In seguito Augusto, per evitare le ironie provocate dalla sfinge, usò un sigillo con l'effige di Alessandro Magno”. Mentre Svetonio ricorda: Svet., Aug., 50: “Per sigillare gli attestati, i documenti ufficiali e le lettere in un primo tempo adoperò [scil. Augusto] l'immagine della sfinge, in seguito quella di Alessandro Magno, infine la sua realizzata da Dioscoride, che restò poi il sigillo adottato anche dagli imperatori successivi...”. Tale anello sarebbe perciò stato eredità della madre e la relativa simbologia verso tale effige potrebbe perciò in parte essere da sfumare. Una lettura prettamente politica dei dipinti che richiamerebbero all'Egitto parrebbe così da mettere in associazione con la comparsa di tali temi e mutamenti di usi e tendenze pittoricoornamentali, dato che in precedenza elementi egittizzanti incorporati nelle precedenti pitture parietali, erano piuttosto limitate a elementi nilotici e raffigurazioni d'architettura alessandrina 8. In concomitanza della conquista dell'Egitto, oggetti e motivi pittorici egiziani iniziarono a circolare molto di più, modificando in parte il precedente assetto artistico. Il trionfo portò grandi ricchezze a Roma, lusso che dovette evidenziarsi e vedersi familiarizzato anche con lo sfarzo d'espressione pittorico-ornamentale e oggettistica. Vasto repertorio di motivi che venne incluso dagli artisti proprio nelle composizioni romane. I motivi egiziani nella Casa di Augusto rappresenterebbero pertanto una più diffusa tendenza della pittura parietale romana di questo periodo 9, che spesso mirava a rappresentare anche preziosi oggetti da collezione portandoli da tre a due dimensioni, come già accaduto per effige di oggetti greci, esaltandone il lusso e l'eleganza. Tutto ciò non poteva che contribuire a creare una generale atmosfera di elegante otium per i proprietari e gli ospiti o spettatori in genere. Tali motivi lussureggianti avrebbero infatti anche potuto stimolare conversazioni spesso erudite in parte derivate dal circostante ambiente e richiami egittizzanti presso spazi più aperti quali quelli dei curati e lussureggianti giardini nella cornice dei giochi d'acqua avrebbero portato a stimolare piaceri sensoriali di godimento certamente lontani dall'evocare atmosfere politiche o religiose, come ricordato anche in alcuni autori come Plinio il giovane o Stazio 10. Pratiche artistiche e vita domestica dovrebbero in tal modo più che ergersi a indirizzi distinti e incompatibili ritenersi sfumature conciliabili e complementari. Potrebbe così essere opportuno rivalutare alcune letture prettamente politiche e riconsiderare la molteplice cultura visiva della casa romana in coesione e dialogo coi circostanti beni di lusso e arredi 11. Oltre al pur presente e dinamico collezionismo d'età romana andrebbero anche tenute in considerazione inclinazioni espositive e compositive ovviamente difformi per i luoghi pubblici e privati e che definirono ma non limitarono l'ambito civico e quello domestico. Pare perciò chiaro che riferimenti artistici e 8 9 10

11

Cfr. anche McKenzie 2007. Determinati elementi egiziani stilizzati, come i motivi a urei e corone atef, ben presenti nella tolemaica Alessandria erano ben noti alla cultura materiale romana almeno dal III a.C. Vd. anche Baines, Whitehouse 2005, 404-415. Plin. Iun., Ep. 5, 6, 16-24; 45; V, 17 (circa Villa Laurentina); Stat. Silv. 1, 3, 15-17 (circa la villa Tiburtina); 39-40; 55-57; 2, 2, 13-17; 72-73 (circa la villa di Pollius Felix). Per un primo approccio circa i diritti privati sulle reti idriche e sui giardini nell'Italia romana, Vd. anche Bannon 2009. Per delle analisi sull'abitato pompeiano come modello per tracciare lo stile di vita e i contesti artistici come mutamenti delle prospettive culturali si veda anche Zanker 1979, 460-523; Zanker 1995; Zanker 2002. Per approfondire si veda anche Zarmakoupi 2014.

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Capitolo VII - Approfondimenti di dinamiche e contesti di rinvenimento per alcuni casi pompeiani

materiali all'Egitto vadano in età romana trattati e considerati almeno secondo tre concezioni o modalità principali, quella religiosa, quella politica e quella stilistica 12. VII.3. Paradeisoi e scene nilotiche. Prodromi di un possibile nesso? “The effect of contacts with Egypt on Roman gardens was significant. Egyptian subjects became fashionable in wall paintings and garden decoration, and by the first century AD there was growing market for copies of Egyptian sculpture”. (Appleton 1987, 146). Nel 1987 una dissertazione dottorale presentata a Newcastle da G. Appleton col titolo Animal sculpture from Roman gardens buried by Vesuvius, presentava uno studio pionieristico sulle sculture animali rinvenute nei giardini romani dell'area vesuviana 13. Indagando così questo filone d'indagine specifico l'autore intuì presto una sorta di interconnessione tra esso e la presenza di elementi egizi o egittizzanti, specie nei giardini, pur non potendone approfondire la questione. Per farlo e valutarne le varie particolarità, bisognerà infatti partire da alcune caratteristiche ormai piuttosto deducibili e note da diversi contesti. Anzitutto, varrà la pena ricordare come in paesaggi pastorali e di caccia il tema dionisiaco dell'abbondanza parrebbe prevalente 14, si pensi per esempio al giardino della Casa di Marco Lucrezio (IX, 3, 5) in cui attorno al bacino circolare centrale erano presenti diversi animali (tra cui due ibis in marmo) spesso collegati al sistema idraulico. Similare casistica pare essere ritrovabile presso due nicchie nel piccolo cortile posteriore della Casa delle Nozze di Nettuno e Anfitrite (IX, 2, 27) in cui erano presenti piccoli arieti, una coppia di lepri di marmo, un'erma di un fauno e una figura di sileno in marmo. Alcuni elementi utilizzati in una piccola scena a mosaico sull'edicola nel giardino della Casa del Granduca parrebbero poi richiamarsi a pitture della Casa dei Ceii (I, 6, 15). Anche il toro di bronzo dalla omonima casa (V, 1, 7) doveva rimandare a temi dionisiaci. Così come le erme, le sculture a rilievo, le maschere e gli oscilla della Casa degli Amorini dorati (VI, 16, 7) presso il cui giardino era un gruppo di animali selvaggi in marmo. Di tale tipologia interessanti esempi risulterebbero provenire dal peristilio della Casa del Citarista (I, 4, 5), in cui sei animali erano in lotta tra loro, mentre pittoricamente scene simili vennero ricreate in miniatura nel giardino del peristilio della Casa della Parete nera (VII, 4, 59). Le sculture dal giardino della Casa di M. Pupius Rufus (VI, 15, 4) rappresentavano invece un serpente, una sorta di lepre e una lepre in bronzo. Queste ultime erano presso l'ingresso del giardino in cui furono rinvenute anche due maschere di sileni di marmo. Ad un'atmosfera di caccia pareva poi richiamarsi il giardino della Casa del Camillo (VII, 12, 23) con un gruppo di statue di animali 15. “Special conditions existed at Pompeii which encouraged the proliferation of animal sculpture. The garden wall paintings which depicted wildlife scenes, and often Nilotic scenes in particular, suggested the grouping of animal sculpture around pools. In their attempt to reproduce wildlife scenes in sculpture, householders often placed together pieces which were not intended to stand in close proximity”. (Appleton 1987, 249). Una riflessione questa con cui pare al momento lecito concordare, dato che, come si è avuto modo di dire, diversi giardini contenevano varie statuette raffiguranti animali caratteristici del paesaggio nilotico e talvolta anche divinità egizie. Giardini e dipinti parietali offrivano pertanto uno spaccato della concezione che dell'Egitto poteva essere prevalente nella Pompei del I secolo d.C. Più specificatamente, il noto giardino della Casa di Octavius Quartio riunirebbe in sé diversi 12 13 14 15

Per un approfondimento sull'Egitto e la “rivoluzione” culturale operata da Augusto vd. da ultimo anche Van Aerde 2019. Più in gen. Spier 2018. Per una panoramica generale sulle sculture presso i giardini romani si veda anche Hartswick 2017, 341-365. Più in gen. Dwyer 1992; Dwyer 2010. Si pensi ad esempio che rane e rospi, nell'antico Egitto associati a fertilità e nel periodo romano alla resurrezione oltre ad essere caratteristici elementi nilotici sarebbero potuti anche essere ritenuti tipici elementi dionisiaci. Paesaggi marini, spesso attribuiti a Venere, come ad es. le decorazioni della Casa della Fontana piccola (VI, 8, 23), avrebbero richiamato a soggetti della vita costiera.

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elementi indicativi e di richiamo egizio o egittizzante (anche se alcuni elementi alluderebbero a un paesaggio selvaggio più generico) 16. Il lungo bacino o euripus che si estendeva in direzione estovest lungo la terrazza del giardino per circa venti metri, largo circa un metro terminava alla sua estremità orientale con un biclinium in muratura e una fontana-edicola 17. Era attraversato da due ponticelli in marmo, di cui uno posto nel punto di intersezione con l'euripus del giardino inferiore, mentre l'altro, lungo circa cinquanta metri era alimentato da una fontana-ninfeo ai piedi della terrazza. Accanto ad un contesto del genere dipinti parietali e piccole sculture di marmo rappresentavano animali selvatici e allusioni all'Egitto. Sulla terrazza si trovavano infatti dei leoni marmorei. Una figura del dio Nilo con un ramo di palma nella mano destra era poi presente all'estremità orientale dell'euripus nei cui pressi era forse una sfinge. Sfingi femminili erano inoltre rappresentate nella decorazione in rilievo di un tavolo di marmo posto al centro del giardino inferiore. Accanto al bacino dovevano poi essere presenti diverse sculture egittizzanti, mentre in un braccio della terrazza erano altresì presenti frammenti di sei figurine di terracotta tra cui due di Bes e una di una figura faraonica, mentre nei pressi era un gruppo marmoreo effigiante una lotta tra un airone e un serpente. I quattro ampi pannelli dipinti sulla parete nord della terrazza fungevano inoltre da sfondo per le due file di statuette attorno all'euripus, creando così una scena tridimensionale, correlata con scene di animali selvatici. Sulla parete esterna dell'oecus che conteneva fregi di Ercole e dell'Iliade a ovest della terrazza era raffigurato Orfeo tra gli animali. Sul lato occidentale della parte inferiore del giardino presso la parete esterna del cosiddetto sacello isiaco vi era poi un frammentario dipinto di Meleagro a caccia. Le colonne quadrate accanto all'euripus sulla terrazza sostenevano un pergolato decorato con motivi egittizzanti. Ai lati, di fronte agli intercolumni vi erano dipinti di dischi solari mentre presso il bacino, d'altra parte, dovevano essere presenti erme egittizzanti. Nel punto in cui il canale d'acqua si ramificava verso il giardino inferiore, due colonne avrebbero inoltre recato resti pittorici piuttosto stilizzati di alcuni sacerdoti isiaci in posa rituale. Sull'estremità orientale della terrazza erano così dipinte erme (pur non disposte simmetricamente su entrambi i lati del bacino, né di uguale numero) tra il lungo pannello di scene di animali selvatici sul muro adiacente. Dietro il biclinium doveva infine essere presente un dolium in gran parte piantato nel terreno e coperto da una grande lastra. Esso doveva contenere la sacra acqua da utilizzare nelle cerimonie religiose isiache evidentemente presso l'altra estremità della terrazza. La disposizione di tali biclinia della Casa di Octavius Quartio presenterebbe inoltre diverse affinità con una scena raffigurata nel mosaico di Palestrina. Un giardino che facesse presumerne richiami all'Egitto era stato evidentemente ricreato anche nella domus del Granduca (IX, 2, 27) che conteneva un piccolo euripus (2,60 m x 1,15 m) diviso in tre bacini. Questo si estendeva simmetricamente a sud, dalla parete posteriore del giardino, in cui vi era una fontana-edicola. Nella parte inferiore della facciata dell'edicola e vicino al bordo della vasca un singolo pannello a mosaico rettangolare raffigurava una scena nilotica. Di dimensioni maggiori il giardino dei Praedia di Iulia Felix (II, 4, 3). Il suo lungo euripus era attraversato da tre ponti di marmo ed era circondato da diverse sculture di marmo tra cui un ibis che lottava con una lucertola e un granchio. La rappresentazione della fauna nilotica si estendeva così al grotto-triclinium sotto il portico a ovest del bacino, da cui era visibile gran parte dell'euripus. Nel larario dipinto della zona sud del portico vennero inoltre trovate figure di Iside, Serapide, Anubi, una sacerdotessa e una statuetta e un amuleto rappresentati Arpocrate18. Una connotazione egittizzante parrebbe ritrovarsi anche presso il giardino e nelle sculture animali della Casa degli Amorini dorati (VI, 16, 7) i cui dipinti di divinità egiziane e simboli di culto erano presenti nell'angolo sud-est del peristilio. Qui si sono anche ritrovate figure in marmo di Horus e di Iside-Fortuna e una lucerna in terracotta che effigia Iside, Arpocrate e Anubi 19. Sull'atteggiamento definito eclettico di tale abitazione si veda anche Tronchin 2006. Qualcuno ha persino avanzato l'ipotesi di un richiamo e una possibile interpretazione pompeiana dell'Osireion di Abido. Capriotti Vittozzi 2000, 127-139. 18 Vd. ancora Parslow 2013, 47-74. E ancora Sampaolo 2019, 195-210. 19 Per i ritrovamenti nella domus si veda anche Petersen 2012, 319-332. 16 17

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Capitolo VII - Approfondimenti di dinamiche e contesti di rinvenimento per alcuni casi pompeiani

Il giardino della Casa di Acceptus e Euhodia non possedeva certo un euripus ma doveva essere decorato con figure egittizzanti di terracotta e animali marmorei assieme ad alcune piccole erme (di cui alcune egittizzanti). Tra le figurine in terracotta smaltata, rinvenute in frammenti, due rappresentavano il dio Bes, il terzo (forse un pigmeo) mancava della testa ed era stante, itifallico e con pelle di leone sulle spalle. Tra le erme di marmo, due rappresentavano Dioniso, ed una terza un sileno, mentre due effigiavano soggetti egittizzanti. Vi erano anche una coppia di supporti per tavoli scanalati in marmo (monopodia) di cui uno recava sulla base la scritta greca Sarapionos. Assieme a tali oggetti furono trovate due piccole figure in marmo a forma di rana e tartaruga adoperati come elementi per fontana 20. Le anatre e il rospo di marmo trovati nella Casa dei Capitelli figurati (VII, 4, 57) apparentemente non facevano parte di un più ampio schema decorativo come quelli sopra descritti, ma potrebbero comunque aver voluto in qualche modo rievocare parvenze nilotiche. Una coppia di rane da fontana in marmo venne trovata nel giardino della Casa I, 2, 17. Potrebbero evocare un semplice paesaggio fluviale, ma un busto in terracotta forse rappresentante la dea Iside suggerirebbe quello nilotico. Se pertanto sulla scorta di Appleton potrebbe sembrare che in alcune case pompeiane pitture murali nilotiche e mosaici furono utilizzati per integrare o sostituire parte della statuaria animale 21, sarebbe anche lecito pensare che spesso sculture o dipinti fossero e andassero intesi in un più ampio piano o livello esornativo o visuale, facendo della prospettiva e del contesto un unico e plurale ambiente scenografico in cui gli spettatori erano coinvolti. Accanto a dipinti parietali spesso presso spazi aperti come giardini o peristili che rappresentavano paradeisoi con animali selvatici come ad es. nella Casa degli Epigrammi (V, 1, 18, peristilio, i); Casa di Lucretius Fronto (V, 4, 11, giardino 10, parete nord); Caserma dei Gladiatori (V, 5, 3, ambiente 7, nord – ovest del peristilio); Casa delle Quadrighe (VII, 2, 25, giardino, f); Casa dell'Orso ferito (VII, 2, 45, atrio, zona nord); nella Casa di Romolo e Remo (VII, 7, 10, peristilio (p), nord-ovest); Casa della Caccia nuova (VII, 10, 3) (secondo il disegno ADS 739, G. Abbate), la casistica dei giardini che presenterebbe affreschi e mosaici nilotici adiacenti a scene di paradeisoi sarebbe così interessante per comprendere, valutare e ribadire qualche ulteriore aspetto. Un primo di tali esempi potrebbe trarsi dalla grande scena dipinta con animali selvatici presso la parete nord del cortile della Casa dei Ceii (I, 6, 15, ambiente H) che era fiancheggiato nelle pareti SO e NE da estese scene dipinte di paesaggi egittizzanti. Nella Casa dell’Efebo (I, 7, 10) invece una serie di figure dionisiache in marmo vennero rinvenute presso una stanza (ambiente 17) che si affacciava sul giardino che presentava il notissimo triclinio estivo internamente decorato con scene nilotiche e sulla parete sud un retrostante larario ai cui lati erano dipinti di paradeisoi, oggi in gran parte svaniti. Se ad una immagine verso sud dell'area del giardino della Casa dell'Efebo comprendente il triclinio estivo includente lo sfondo parietale volessimo associare il celebre Mosaico del Nilo di Palestrina, valutando l'ipotesi sopra accennata della visione di tali scene nel complesso del contesto di un ambiente definito parrebbero scorgersi delle interessanti analogie. Secondo una semplice prospettiva che trovasse profondità dal lato opposto al larario, i lati interni del triclinio estivo (rappresentanti scenari nilotici) sarebbero parsi nel contesto sottostare allo scenario del paradeisos (animali etiopici) che tracciando una ideale linea avrebbe tagliato in due parti il quadro visivo del visitatore. Un prospetto d'insieme che non può non richiamare alla mente l'idea della composizione del Mosaico del Nilo di Palestrina, per cui si è più volte ipotizzato che la zona inferiore avesse rappresentato il Delta e la parte superiore l'Alto Egitto (entrambi caratterizzati da attività, flora e fauna caratteristici). Un tale esempio dovrebbe pertanto far quantomeno riflettere sul fatto che stilemi e tendenze, benché secondo influenze e inclinazioni successive, potessero trovare realizzazione anche in maniere difformi e non solo costanti, perché accanto all'idea prospettica del contesto andranno, come si è accennato, ritenute decisive anche le rinnovate mode o modalità espressive richieste dalla 20 21

Da ultimo si veda Barrett 2019, 250-330. Appleton 1987, 161.

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

committenza e proposte dagli artisti o dalle botteghe 22.

Fig. 7.1. Un esempio di comparazione prospettica.

A sinistra il cosiddetto Mosaico del Nilo di Palestrina e a destra il Triclinio estivo della Casa dell'Efebo (I, 7, 11), visto a sud attraverso l'area del giardino.

Anche la Casa di Octavius Quartio (II, 2, 2), oltre al già citato ambiente esterno, presentava infatti presso un cubicolo due scene di mosaico che rappresentavano il primo un leone trionfante su una tigre caduta, l'altro un fanciullo alato a cavallo di un leone o di una tigre (MNN 114282; 9991). Nella parete ovest del tablino della Casa della Caccia antica (VII, 4, 48) e presso il peristilio sud, scene di caccia si sarebbero accompagnate a rappresentazioni nilotiche o egittizzanti. Nella Casa di Orfeo (VI, 14, 20), assieme all'affresco di Orfeo che conduce animali andranno ricordate alcune pitture pseudo-egittizzanti rinvenute presso l'ambiente L. Scene di animali selvaggi (nel ninfeo) assieme a paesaggi nilotici (anche presso il frigidarium) erano evidentemente presenti anche presso la casa del Centenario (IX, 8, 3-6); Statuette da fontana di coccodrilli e rospi rinvenute presso il peristilio della Casa delle Nozze d'argento (V, 2, i) erano accompagnati da un fregio in una stanza adiacente (Q) che raffigurava scene facete con pigmei. Nella cosiddetta Casa dei pigmei (IX, 5, 9) oltre al celebre paesaggio nilotico (ambiente L), secondo le descrizioni antiche 23 lo scenario, ora scomparso del giardino, includeva sulle pareti nord e ovest anche un leone nell'atto di dilaniare una capra, un orso che attaccava un cervo, una seconda capra che beveva presso una fontana, tre cani che attaccavano un cinghiale. Scene con animali esotici erano presenti anche nell'ambiente G della Casa del Medico (VIII, 5, 24) che includeva due rappresentazioni nilotiche. Le pareti interne dell'ambiente G (doccia o bacino pavimentato in opus signinum 24) erano infatti così decorate: lato sud della parete Ovest, scena nilotica con lotta tra pigmei coccodrillo e ippopotamo (MNN 113195); lato nord della parete Ovest, scena nilotica di banchetto e symplegma sotto velum (MNN 113196); parete nord, pittura (ora perduta) di un leone che cacciava un daino su fondo rosso e ancora più a destra un leone e un cervo accovacciati; lato nord parete est, ora perduto, su fondo rosso, una pianta palustre con a destra un gallo e a sinistra un ibis che becca un rospo; lato sud, parete ovest, il cosiddetto Giudizio di Salomone (MNN 113197) 25. Alcuni sostengono la lettura che a fronte di paesaggi di animali esotici e pigmei che 22 23 24 25

Associazioni esegetiche e prospettiche che potrebbero spesso anche essere valutati tenendo a paragone elementi egittizzanti e dionisiaci come si è avuto modo ci accennare sopra. NSA 1877, 274-275. Mau 1883, 228. L’importanza di leggere tali scene con pigmei con quelle con animali oggi perdute è rimarcata anche in Barrett 2019, 195-196.

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Capitolo VII - Approfondimenti di dinamiche e contesti di rinvenimento per alcuni casi pompeiani

rappresentano scene violente, la scena del Giudizio, pur rappresentata con protagonisti nani (o pigmei) presenterebbe, oltre che una lettura umoristica, il tentativo di mostrare che ordine e civiltà esistono attraverso un sistema giuridico e militare che è contrario a uno stato arcaico e violento perché semplicemente naturale. Se il cosiddetto Giudizio di Salomone raffigurato non potrebbe dirsi rappresentazione canonica di quanto narrato in Re, III, 16-28, qualcuno ha anche pensato che nell'interpretazione possa esservi riferimento a Boccori (sovrano egizio della XXIV dinastia) 26. Clarke ha poi suggerito che esso vada visto come parodia della élite culturale, ma all'interno di questa, forse di origine alessandrina, non bisognerebbe scartare la possibilità di intravedere una sorta di cattiva predisposizione d'animo che alcuni pompeiani (e in questo caso il committente) avrebbero potuto nutrire nei confronti del mondo ebraico, verso cui esempi di dileggio erano ben noti 27. A fine di questa rassegna si menzionerà anche la tomba di C. Vestorio Prisco a Pompei che fu, come noto, decorata con scene di gladiatori, animali selvaggi, frutti, giardini, amorini, vasi d'argento, scene di banchetto e una scena marina con pigmei. Ciò detto, andrà ribadito che al tempo del terzo stile pompeiano, elementi delle grandi scene egittizzanti erano isolati e spesso di ridotte dimensioni o utilizzate come piccoli dettagli in scene di nature morte e giardini. I paesaggi mitologici che decoravano molte pareti pompeiane spesso integravano ed erano poi completati anche dalla statuaria animale 28. Gli ornamenti da giardino resterebbero pertanto una fonte di informazioni particolareggiata per valutare le diverse interpretazioni che dell'Egitto poteva avere l'uomo romano o meglio pompeiano di questo periodo. Simboli e paesaggi egizi, per mezzo dell'arte decorativa, si fusero infatti con quelli della mitologia classica, con beni di lusso e tendenze. Immagini di aristocratici paradeisoi e di paesaggi di richiamo all'Egitto avrebbero così dovuto o forse voluto creare negli ospiti e spettatori un'illusione e allusione ad uno stile di vita ricco e agiato. Permettendo spesso ai proprietari di sperimentare e mettere a disposizione otia difficilmente realizzabili nella vita quotidiana e ordinaria. Se da un lato paesaggi di paradeisoi con animali esotici evocherebbero proprietà dei sovrani ellenistici (Vd. anche Zanker 1998, 178) o per altre allusioni a venationes (da ultimo si veda Merrills 2017, 120), animali d'Egitto dovevano senza dubbio suggerire anche un certo gusto per l'esotico. Ma nel più ampio quadro delle dinamiche politiche, religiose e sociali della società pompeiana del periodo in questione, elementi diversi (in congiunzione o distinti) potrebbero spesso aver inteso fini diversi. Un concetto questo che andrà tenuto presente per non essere ridotto al pensiero che la raccolta e disposizione di oggetti e pitture di specifici soggetti abbiano voluto rappresentare solo un passivo e inerte mero allargamento dell'Impero e della sua ideologia, perché oltre ad un approccio politico dovrà associarsi uno stato sociale o cultuale cui aspiravano con varie differenze tutti i cittadini, anche quelli delle classi minori e accanto a questo anche la tendenza ad accogliere mode più o meno diffuse. VII.4. Specifiche del culto isiaco a Pompei: i Lararia Sulle problematiche del culto isiaco in genere e nel contesto pompeiano esiste oggi un'ampia bibliografia internazionale che ha visto luce nel corso degli anni e per questo spesso inquadrabile in diverse sfumature di correnti di pensiero anteriori, con relative implicazioni metodologiche e d'intenti. Sorprende perciò che a latere di tali ricerche molti studiosi abbiano spesso inteso valutare diverse dinamiche cultuali o per casi molto specifici o per casi alquanto ampi. Ciò ha prodotto, relativamente agli studi pompeiani su tale soggetto, analisi in parte generali e spesso più specifiche, 26 27 28

Sulla questione in gen. Vd. anche Barrett 2019, 182-222. Varone 1980-1981, 19. Il giardino della terrazza della Casa di D. Octavius Quartio era come si è visto, incorniciato da due coppie di dipinti mitologici.

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

ambedue tuttavia non esenti da problematiche di ricerca, dato che i primi, essendo contesti molto generici o plurali avrebbero necessitato di un setaccio che purtroppo avrebbe lasciato piuttosto spoglio e difficilmente inquadrabile il contesto specifico, mentre i secondi approfondendo solo dei peculiari aspetti perderebbero spesso di vista un senso più contestuale, non altrimenti derivabile. Per tale ragione, anche attraverso uno spoglio dei corpora maggiori, la presente sezione intende proporre e definire un quadro specifico riguardo i lararia pompeiani che presenterebbero associazioni al culto isiaco, così da permettere finalmente una comprensione di parte dei fenomeni derivabili dal contesto e nell'ottica di prossimi studi che approfondiscano tale preliminare messa a fuoco. Per poter eseguire ciò, data la particolare condizione dei larari, si è reso necessario prendere in considerazione sia i reperti (il più delle volte statuari) presenti in tali contesti, ma anche le varie decorazioni pittoriche che tali sacrari presentavano e che si richiamassero al culto isiaco (o che attestassero la presenza di elementi di richiamo al culto egizio in genere29). Anzitutto, statuette di larari che potrebbero attestare in contesti di culto anche quello isiaco sono state in parte riportate da Fröhlich e restano un utile strumento di comparazione per valutare tali occorrenze nel più vasto campo cultuale pompeiano30. Partendo da tale più generica rassegna, statuette isiache (Isis, Isis-Fortuna31, Anubi, Serapide, Horus, Arpocrate) sarebbero in fondo poco attestate nel complesso dei lararia (meno del 9% del totale) rispetto alle altre divinità documentabili a Pompei. Secondo i dati elaborati nel corso dalla presente indagine, attestazioni scultoree di richiamo al culto egizio (pur a volte in contesti rituali plurali) sarebbero perciò così distribuite: I, 2, 20-21 (Isis con modio); III, 4, 2-3 (Statuetta di Isis32); V, 3, 11 (due Arpocrate in bronzo); VI, 9, 6-7 (Testa di Iside in marmo?); VI, 14, 27 (Isis in bronzo, Anubi in bronzo, Arpocrate in argento, Horus in bronzo); presso l'aria del Sacellum di VI, 16, 7 (un Horus in alabastro; un'altra divinità egizia antropomorfa (Horus)?; Isis in terracotta; lucerna con effigie di Isis, Arpocrate e Anubi?; VII, 2, 18 (Statua di Isis-Fortuna in bronzo); VII, 3, 11/12 (Arpocrate in bronzo); VIII, 2, 39 (Arpocrate in bronzo); IX, 3, 2 (Isis-Fortuna in bronzo)33; IX, 8, 3-6 (Arpocrate in bronzo). Mentre sacrari che presenterebbero divinità egiziane effigiate sarebbero: I, 2, 3, atrium, (simboli isiaci?); I, 13, 12 – atrium, (Attributi isiaci); II, 4, 3 – Praedia G. Felice, peristylium, sacrarium, (Isis, Anubi e un'altra figura, forse femminile); V, 4, 3-5, atrium, pittura di larario, (Isis-Fortuna?); V, 4, 9, cubiculum, pittura di larario, (Isis-Fortuna?); VI, 2, 14 – Casa delle Amazzoni, viridarium, larario dipinto, (Isis, Serapide, Arpocrate); VI, 16, 7 – Casa degli Amorini dorati, peristylium, aedicula, (Isis, Serapide, Anubi, Arpocrate); VII, 9, 1, Edificio di Eumachia, (Isis-Hygia); VIII, 4, 12, atrium, pittura di larario, (Arpocrate?); VIII, 5, 39, cucina, pittura di larario, (Isis-Fortuna?); IX, 3, 10 – Pistrinum, (Isis); IX, 3, 15 – Casa di Filocalo, cubiculum, pittura di larario, (i.e. IX, 3, 7?) (Isis-Fortuna alata34, al centro e due figure ai lati: una a cavallo e una alata con torcia); IX, 5, 18, cubiculum (Arpocrate?); IX, 7, 21/22, Caupona, latrina, pittura di larario, (Isis-Fortuna)35. Seguendo pertanto l'ancora utile Corpus dei lararia di Boyce 193736, potrebbe così dirsi che su 505 larari individuati e descritti (Pompei e villae suburbanae), quattordici (2, 7 %) presenterebbero effigie di divinità che si richiamano all'Egitto, mentre al momento statuette rappresentanti tali 29 30 31 32 33 34 35 36

Un primo tentativo di sistematizzazione del caso si ritrova anche in Barrett 2019, 385-386. App. C (Pompeian garden Shrines with Images of Isis and Related Deities). Per integrare alcune letture di Boyce 1937 si veda anche Fröhlich 1991. Per cui si veda anche Beaurin 2008, 267–293. La statuetta di marmo venne rinvenuta assieme a un braciere e due incensieri che fanno presumere che indicassero un culto domestico d'offerta. Vd. anche Arslan 1997, V.72, 444; Petersen 2006, 46. Le statuette di Isis-Fortuna qui rinvenute potrebbero essere due (Vd. AREP 273). Per la storia documentaria della domus, Vd. Berg 2019, 45-53. MNN inv. 8836. MNN inv. 112285. Ma vedi più di recente anche Giacobello 2008.

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divinità connesse o riferibili a lararia o sacraria sarebbero riscontrabili in almeno dieci abitazioni. In genere l'impressione che si avrebbe da tali rappresentazioni di richiamo all'Egitto sarebbe in parte quello di una manodopera più accurata rispetto ad altri larari, ma spesso di una collocazione piuttosto riservata. Mentre soggetti come Bes sembrerebbero inoltre più lontani dai contesti di culto 37, Isis, Arpocrate, Serapide, Anubi, Horus, rappresentano attestabili divinità nelle pratiche religiose domestiche, in parte concordando con altri siti dell'Egitto romano (e della ellenistica Delos). A Pompei ed Ercolano inoltre la tipologia Iside-Fortuna mostrerebbe l'ennesima evoluzione di questa plurale divinità spesso coinvolta in processi di nuove identità culturali (e locali), come parrebbe anche nel caso della Venus pompeiana, per cui un processo assimilativo era già in parte stato ipotizzato in antico. VII.5. Dentro l'esterno e fuori dall'interno Alla fine del periodo repubblicano importazioni, tendenze e rifacimenti artistici di richiamo all'Egitto parrebbero, come si è visto, già in parte essere stati integrati e tenuti in considerazione tra gli stilemi romani, che soffrirono meno dell'opposizione politica rivolta a Marco Antonio e Cleopatra. Inoltre, l'importazione (e accoglimento) del culto isiaco che avrebbe portato, almeno dal II a.C., alla diffusione di proseliti, fu spesso politicamente adoperato dai regnanti, in parte per favorire la mediazione del loro ruolo tra terrestre e divino, in parte al fine di regolare, controllare e rinnovare nuove e pur rischiose mode sociali. Nel campo artistico, l'esempio dei paesaggi nilotici, veduti come “altre” rappresentazioni della natura, ne avrebbero così inteso una dimensione supplementare 38. L'Egitto, specie per la sua millenaria esperienza cultuale, rappresentò prima ed in un certo senso ancora doveva rappresentare a quel tempo una forma ulteriore nell'idea e nella credenza dei Romani. Pur esistendo di per sé in un determinato luogo fisico, con determinati aspetti e modi, una volta accluso e incorporato all'interno del percettibile e più delimitabile Impero Romano, esso dovette in qualche modo fornire agli abitanti uno stimolo intellettuale volto in parte a liberarsi e quasi sfuggire all'ambiente reale, così colmo di norme. Una fuga statica che tuttavia nel caso qui indagato andrà posta specie entro i confini dati dalle pareti delle abitazioni stesse 39. Accanto alle processioni trionfali, iscrizioni onorifiche e architetture monumentali, l'Egitto divenne infatti progressivamente noto alla popolazione romana anche attraverso vari contesti domestici, che già dal periodo augusteo avevano assorbito e tramutato tali tendenze in forme più autoctone. In essi tuttavia assieme a rappresentazioni faunistiche più accurate erano spesso presenti motivi o temi piuttosto comuni e popolarizzati che trovarono uso e fortuna da parte di botteghe e committenti, che spesso in tal modo avrebbero potuto intendere attivi atteggiamenti politicoaristocratici dell'imperialismo provinciale minore ma anche attestare un coinvolgimento emotivo e culturale 40. Nel caso dei nilotica, mettere in scena tali repliche paesaggistiche, certo non mediate da forme geografiche ufficiali, accanto ad una più collettiva geografia trionfale, avrebbe rappresentato in parte un’eredità politica, permettendo ai domini di rivendicare un proprio ruolo nel crescente Impero, in cui essi non erano passivi replicanti di un'ideologia ufficiale, ma conduttori attivi che Figure di Ptah-Pateco o Bes avrebbero spesso avuto valore apotropaico essendo inoltre divinità protettrici degli artigiani, poiché storicamente assimilati ad Efesto (Hdt., 3, 37, 2). Cfr. Di Gioia 2006, 110-111. La presenza di statuette di Bes, prima quasi istintivamente associate al culto di Iside, potrebbe in parte anche intendersi attraverso un processo assimilativo apotropaico della figura del nano in genere. Resterebbe interessante inoltre mettere in evidenza che tali tipologie scultoree minori non paiono essere state rinvenute entro contesti di culto, mentre come noto l'effige di Bes appare nel Tempio di Iside a Pompei. Si riporta poi notizia che due monete rappresentanti Bes (tipi Ebusus) vennero inoltre rinvenute a Pompei. Vd. Campo 1993, 147–71. 38 Takács 1995, 34. 39 Barrett infatti riflettendo su questa tipologia espressiva parlava di “inside, looking out”. Barrett 2019, 345-351. 40 Si veda anche Merrills 2017, 106-149. 37

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

modularono tali espressioni anche per fini più personali 41. Se lo scenario pubblico era il palco di presentazione e rappresentazione del potere imperiale, lo spazio abitativo privato rappresentava, pur con le dovute differenze, lo sfondo per esibire posizioni sociali presentandosi agli altri. Le domus romane stesse avevano poi spazi pubblici e privati, spesso utilizzati dal padrone di casa per inviare messaggi a ospiti e familiari, affermando potere e gerarchie, rassicurando e turbando gli invitati, che in base al loro livello culturale avrebbero potuto trarre associazioni e interpretazioni dal contesto visivo in cui erano immersi e condotti. Una sorta di potere retorico della disposizione architettonico-decorativa che superava la semplicistica visione del giardino come spazio verde dedito a svaghi. Potrebbe così credersi che la disposizione di pitture e oggetti entro lo spazio abitativo fosse concepito come un progressivo programma espressivo in cui spesso scene mitologiche più interne avrebbero dovuto far intendere la raffinatezza e la pretesa erudizione del patronus. Derivato da tradizioni letterarie e mitologiche lo spazio dei giardini, triclini, peristili, normalmente dedicato all'otium, rivelerebbe invece spesso l'uso di scelti temi piuttosto violenti spesso entro cornici di loci amoeni. Inoltre, scene di grandi venationes con bestie selvagge avrebbero anche potuto essere veicolo per lasciar intendere l'affermazione del potere civile sulla natura, proponendo agli spettatori un contesto condivisibile, che forse avrebbe potuto in parte anche rimandare al potere di Roma sulle province o le restanti parti del mondo allora noto. Un dominio ottenuto attraverso l'ordine e l'organizzazione che in altri casi potrebbe artificialmente essersi voluto attestare anche sulla natura stessa di cui l'acqua rappresenterebbe la metafora principale. Fontane e giochi d'acqua, almeno sin quando dal III a.C. erano apparsi gli studi meccanici di Filone di Bisanzio ed Erone di Alessandria, dovevano rappresentare una conquista scientifica e dare l'artificiale impressione che l'uomo potesse in parte ergersi a dominatore o quantomeno gestore delle forze in verità incontrollabili della natura. La rivoluzione ellenistica infatti oltre che il pensiero coinvolse e in un certo senso portò a riconsiderare la natura 42, spostando il proprio baricentro dall'Ellade ad Alessandria e Pergamo, mentre in Occidente andava espandendosi il dominio romano. Ai sapienti greci si delineò così un mondo maggiore, dall'Indo alle Colonne d'Ercole, prima impensabile, con possibilità di conoscenza ulteriori che fornirono così la materia per opere e riflessioni. Fauna e flore esotiche certo rientravano in tale sfera arricchendo, spesso fantasticamente, le precedenti conoscenze botaniche e zoologiche 43. Ciò detto, tornando alle domus, attraverso la soggettività, le varie strategie prospettiche adoperate per vincolare il campo visivo contribuirono a simulare uno spettacolo naturalistico, attirando simultaneamente l'attenzione su questa artificialità e permettendo così allo spettatore di riflettere sul significato stesso di tale riflessione condizionata. Nella domus di Octavius Quartio, che ha goduto di diversi studi, ad esempio il giardino rappresentava lo spazio maggiore dell'abitazione, facendo del luogo un punto centrale per l'interpretazione di tale casa in cui l'atrium assiale offriva una vista del giardino che dominava la parte posteriore dell'abitato 44. Se gli acquedotti legittimarono il potere degli aristocratici repubblicani e in seguito quello degli imperatori, in un sistema di bacini elaborato come quello di 41 42 43

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Su cui concorda anche Barrett 2019, 331-351. In part. vd. Russo 2001. Se Aristotele attraverso opere quali, Historia animalium, De partibus animalium, De motu animalium, De incessu animalium, De generatione et corruptione, De generatione animalium, De anima, aveva ricostruito una realtà fisica degna di rilievo, descrivendo biologicamente un gran numero di specie e animali dalla modalità di riproduzione al comportamento, le molte opere di Teofrasto, suo discepolo, tra cui Historia plantarum, De causis plantarum, Sulle pietre e di Dioscoride (I d.C.) De materia medica, rappresentarono ulteriori raggiungimenti scientifici. Quest'ultimo infatti potrà considerarsi il primo trattato di botanica farmaceutica, successivamente illustrato in copie greche, arabe e latine che rivisitarono l'opera, come il celebre manoscritto bizantino del VI sec. Codex Iulianae Aniciae oppure il c.d. Dioscurides Neapolitanus (VII d.C.), che ravviverà l'arte scientifica del Rinascimento essendo edito in greco da Aldo Manuzio nel 1478. Vd. anche Ciarallo 2004, 111-117.

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Octavius Quartio, ma non solo, parrebbe lecito credere che il patronus volesse allinearsi e trasmettere un qualche messaggio di potere. Oltre a ciò, c'è chi ha ipotizzato come fosse possibile che il distribuito programma pittorico e scultoreo volesse in parte sottolineare una sorta di pericolo derivante dal locus amoenus dato che alcune rappresentazioni di miti esprimenti terribili eventi erano inclusi in tale cornice in cui erano coinvolti gli stessi ospiti 45. Oltre a mostrare la padronanza dell'ordine sulla natura attraverso la gestione dell'acqua 46, il proprietario avrebbe inteso la pianificazione attenta del giardino e la sua inquadratura da una serie di punti di vista, per suggerire le connotazioni violente e amene attraverso la disposizione delle piante, delle sculture e dei dipinti dentro e attorno allo spazio esterno. Una lettura ha voluto proporre che il proprietario di casa avesse voluto prima annunciare temi violenti in contesti ameni attraverso dipinti parietali bidimensionali (Narciso, Piramus e Tisbe, e soprattutto Atteone e Diana) e poi a tre dimensioni nel suo giardino. In particolare, in tale ultimo caso, il visitatore avrebbe veduto prima una coppia di dipinti di Diana sorpresa mentre si bagna da Atteone (un cacciatore poi trasformato in cervo e dilaniato dai suoi stessi cani), quindi, scendendo sul piano del giardino, lo stesso si sarebbe imbattuto in una pur artificiale ma più realistica grotta di Diana, con un altro dipinto della dea, trovandosi ad essere lui stesso a sorprenderla come Atteone 47. Ora, indipendentemente dalla correttezza o meno di tale lettura, andrà rilevato come sarebbe certo lecito riflettere sul fatto che ciascuna domus vada vista e interpretata attraverso un suo percorso interno, in cui l'uso di diverse strategie retoriche (disposizione di soggetti pittorici e repertuali) era volto a caratterizzare gli ambienti e il senso che ad essi voleva attribuirsi. L'Egitto in parte rappresentando almeno inizialmente l'esotico avrebbe spesso potuto, quando presente all'interno delle pareti domestiche, contribuire a “esteriorizzare” alcuni richiami, fornendo cioè una visione d'esterno pur all'interno, mentre elementi egittizzanti presenti all'esterno avrebbero concettualmente anche voluto o potuto richiamare all'idea del remoto limite imperiale ora tuttavia inglobato nel mondo civilizzato 48. Certo, dopo che tali temi vennero in parte incorporati nelle rappresentazioni e forme espressivoartistiche romane, gli stessi concetti pur un tempo validi avrebbero potuto o dovuto subire e accettare un'evoluzione che avrebbe potuto intendere anche una sorta di svuotamento di significato o uso originario (di pitture o oggetti) 49, sempre considerando tuttavia che l'idea d'Egitto nelle sue pretese maggiori doveva legarsi al culto isiaco. La domus nel suo complesso in questo caso potrebbe pertanto aver rappresentato il prodotto più soggettivo dell'ordine romano, ed essere a sua volta divisibile ed interpretabile dicotomicamente come ordine / domus e disordine controllato / giardino (rappresentante una natura artificializzata) 50. 45 46 47 48

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Sul funzionamento e il complesso decorativo della domus in questione si veda anche Platt 2202, 87-112. Per approfondire si veda anche Jansen 2017, 402-431. Un interessante lavoro d'approfondimento metodologico sugli effetti e risultati delle strutture idriche dell'Insula V, 1 è stato eseguito da Leander Touati, 2010, 105-161. Brutesco 2007, 36-45. Si veda anche Mol 2015, 453; 473; Merrills 2017, 143-146; Barrett, 2019, 219; 248; 347. Pare da condividere l'opinione di Barrett 2019, 142 che rappresentazioni domestiche dell'Egitto, siano da includere anche nel contesto della rappresentazione inclusiva dell'Impero. Nel particolare caso degli scenari e dei paesaggi immaginati adoperati e presenti nei giardini. Essi rappresenterebbero la riproduzione nello spazio domestico di un microcosmo dell'ecumene. Parlando di egittomania e richiamandosi a Humbert, Del Francia ribadiva come con tale termine andrebbe inteso adottare elementi decorativi e temi presi dall'Egitto senza alcun rapporto con la loro utilizzazione e originaria ragion d'essere. Resterebbe però vero che oltre ad essere parte dell'eclettismo ed estetismo (o moda) del tempo romano potrebbe pur intendersi che tali rappresentazioni avessero o riproponessero in fondo un significato tradizionale, ovvero dato dall'uso. Del Francia 1991, 155. Si vedano anche le conclusioni di Barrett 2019. Non andrà inoltre dimenticato che nell'Antico Egitto dovevano essere presenti tre diverse tipologie di giardini: quello sacro (ad es. presso Dahsur vicino la cosiddetta Piramide rossa di Sneferu, 2613-2589 a.C.); giardini produttivi (ad es. i rilievi della Tomba di Mereruka a Saqqara, 2330 a.C.) e domestici o di piacere (come ricordano ad es. alcune iscrizioni in tombe private a Meten, 2600 a.C. o i modelli in legno rinvenuti presso la tomba di Meketre (TT280) cancelliere di Mentuhotep II, XI dinastia). Il più determinato modello di un giardino egizio resterebbe ad oggi quello dipinto sulle pareti della tomba di Sennefer a Tebe (TT86) 1427-1400 a.C. A causa del noto clima arido poi associandosi al Nilo e la sua umidità, i giardini con la loro vegetazione erano considerati associati a Osiri, dio della rinascita e della fertilità, come si metterà in evidenza anche

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

A uno strato più profondo tuttavia anche l'interno stesso potrebbe presentare proprie parti di ordine e, diciamo pure, caos e così l'esterno o il giardino attraverso molteplici modi, visioni e sfumature 51. In un primo caso col presunto fine di voler rinvenire o immaginare in ambienti interni l'esterno, nell'altro di riconoscere o pensarsi fuori dall'interno. Trasformare il selvaggio in addomesticato o il disordine in civilizzato avrebbe così inteso rappresentare e includere i confini dell'Impero romano a margine della propria abitazione, come mostrerebbero molte scene nilotiche che difatti trovano più spesso spazio nei giardini, mentre in spazi meno ampi, le stesse rappresentazioni servirono spesso come decorazione sussidiaria a installazioni maggiori 52. Il giardino stesso sarebbe inoltre da considerare come uno spazio di transizione tra domus, civitas e rusticitas, ovvero mondo esterno in cui, nei limiti delle proprie possibilità, era ancora possibile includere e delimitare un disordine controllato perché artificiale ovvero non spontaneo. L'arte di realizzare giardini (celebre ars topiaria) non avrebbe presentato nell'esperienza romana la realizzazione di uno spazio di libertà, espressione d'irrazionalità e fantasia come doveva essere in parte lecito attendersi nei paradeisoi ellenistici, ma una costruzione razionale di architetture d'esterni, ragionate, geometriche, assiali e integrate con architetture d'interni 53. Costruzioni e scenari prospettici statici che tuttavia presupponevano dinamicità dei visitatori e che permettessero in tal modo ai cittadini di definire vicendevolmente il proprio posto nel mondo e più nello specifico nell'Impero 54. VII.6. Note conclusive alla Sezione I, parte terza Nel corso di tale indagine si è cercato di raccogliere e interpretare i vari aspetti e le caratterizzazioni riguardo i soggetti e reperti egizi ed egittizzanti nel contesto pompeiano. Partendo dall'analisi storica della diffusione del culto isiaco su suolo italico e fornendo uno status quaestionis aggiornato, nella prima parte si è tentato di mettere in evidenza l'importanza degli specifici archivi che contengono la documentazione delle varie attestazioni degli scavi di Pompei, imprescindibili per qualsivoglia valutazione della tipologia qui indagata (e non solo). Nella seconda parte invece, passando più nello specifico, si sono forniti i primi risultati del lavoro eseguito in questi ultimi anni e che hanno così permesso di descrivere e circoscrivere prima i soggetti e i motivi egizi ed egittizzanti presenti in pitture murali e mosaici, poi i reperti di questa stessa tipologia nel contesto pompeiano, valutandone distribuzione generale, ripartizione specifica e fornendo di volta in volta osservazioni e note complementari, assieme alle appendici ASMEP e AREP. Un'ulteriore sezione ha inoltre inteso tenere in considerazione e mettere in correlazione tale notevole massa di dati per tentare di fornire alcuni primi esempi d'utilizzazione e interpretazione di tale tipologia nel contesto indagato, mostrandone la frequenza in genere e per ambienti (nel caso 51

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nella parte successiva. Per una panoramica sui giardini romani delle città vesuviane si veda ancora Wallace-Hadrill 1994. Per approfondire il tema Farrar 1998; Farrar 2016. Vd. anche le riflessioni conclusive di Barrett 2019. Vd. Conticello 1993, 12. Una legittimazione della cultura egizia (pur in parte mediata dalla greca) che ancora un secolo dopo la distruzione di Pompei potrebbe, pur con le dovute differenze, rinvenirsi presso la Villa Adriana di Tivoli, residenza extraurbana dell'imperatore. Historia Augusta, Vita Hadriani, 26, 5: Tiburtinam villam mire exaedificavit, ita ut in ea et provinciarum et locorum celeberrima nomina inscriberet, velut Lycium, Academian, Prytanium, Canopum, Poecilen, Tempe vocaret. Et, ut nihil praetermitteret, etiam inferos finxit. Lo spazio del cosiddetto Canopo, col suo lungo canale attorniato anche da statue di animali caratteristici, rappresenterebbe lo scorrere del Nilo attorniato dalla sua fauna tipica, rimandando forse anche al modello del Santuario di Serapide che si trovava presso Alessandria. Nella stessa villa, specie nella cosiddetta Palestra e ancora nell'Antinoeion (luogo di memoria per il giovane compagno annegato nel Nilo), vennero inoltre tra l'altro ritrovate statue, altari, vasi e rappresentazioni figurate di richiamo o importati dall'Egitto e di rimando a suoi culti (oggi in gran parte conservati presso i Musei Vaticani e Capitolini). Per approfondire si veda anche Versluys 2012, 25-39.

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Capitolo VII - Approfondimenti di dinamiche e contesti di rinvenimento per alcuni casi pompeiani

delle pitture). Approfondimenti di alcune dinamiche e contesti di rinvenimento si pongono a conclusione del capitolo, mostrando anzitutto l'implicita relazione tra l'Egitto e Augusto al tempo della transizione dalla Repubblica al Principato ed in seguito tornando a Pompei, oltre ai possibili nessi tra Paradeisoi e scene nilotiche e l'importanza della considerazione dei lararia per voler definire le forme del culto isiaco, le relazioni tra ambienti interni ed esterni della domus visti come un microcosmo soggetto a rappresentazioni e interpretazioni varie. Rappresentazioni egizie ed egittizzanti di oggetti e pitture, comunque adoperate con moderazione nell'arredamento, presentano in fondo solo alcune delle molteplici sfumature della complessità dei processi di integrazione e accoglimento di culture extra-romane nella pluralizzata cultura romana, mostrando l'interazione tra le differenti proprietà della cultura materiale che pare evidente pur nei diversi strati sociali. L'oggetto in sé avrebbe dovuto perciò rappresentare una differente categoria concettuale a seconda del fruitore, ma ciò doveva anche intendere una certa dose di soggettività (per cultura o interesse) verso tali attestazioni. L'uso o il contesto di rinvenimento di tali pitture ed oggetti permetterebbe così almeno di circoscriverne in parte l'interpretazione attribuibile. Un oggetto proveniente o correlato all'Egitto avrebbe infatti anche potuto essere adoperato con diversa funzione o destinazione in un nuovo contesto come l'esempio abitativo pompeiano ha permesso di mettere in evidenza più volte (pur considerando attivi alcuni processi d'imitazione o emulazione). Lo stesso avrebbe anche potuto essere inteso con un senso di associazione con altre attestazioni a cui si sarebbe attribuita una similarità ideale, ma persino essere presente tra altri manufatti o pitture di soggetto diverso. Perciò, accanto a ricerche volte ad una più esaustiva definizione di località determinate 55, solo specifici studi per singoli contesti e casi potrebbero portare ad una comprensione più dettagliata della concezione storica di tali testimonianze che resterebbe tuttavia sempre parziale e interpretativa 56. Accanto a ciò, passando dalla produzione ai produttori, non andranno dimenticate possibili riflessioni su artigiani e botteghe che dovevano esser presenti dietro tali opere o lavori. Dal punto di vista pittorico, una prima distinzione doveva ad esempio coinvolgere pictores parietarii che dipingevano le pareti e pictores imaginarii che si occupavano delle raffigurazioni. Distinzioni che sarebbero dovute esser presenti anche riguardo a mosaicisti (musearii e tessellarii). Opere di almeno due pittori (già presenti presso la Casa dei Pittori a lavoro 57) negli ornamenti della predella con amorini presso l'atrio (c), un gruppo di figure alate nel salone (q) e vignette nel registro medio del peristilio (l), ed ancora nei pannelli mitologici degli ambienti (e) ed (n) possono essere individuabili anche presso la Casa dei Vettii. Questi stessi due, che Richardson soprannominò “Pittore Io” e “Pittore Dioscuri” 58, con i loro assistenti e collaboratori, si dovettero occupare, in base a più attente indagini, di diverse e importanti pitture di celebri domus a noi ben note. Il cosiddetto “Pittore Io” lavorò infatti quantomeno alla Casa di D. Octavius Quartio (II, 2, 2), alla Casa di Pinarius Cerialis (III, 4, b), alla Casa dei Vettii (VI, 15, 1.27), alla Casa del Bracciale d’Oro (VI, 17, 42), alla Casa della Fontana Piccola (VI, 8, 23–4), al Macellum (VII, 9, 7), alla Casa di M. Fabius Rufus (VII, 16, Ins. Occ. 22), alla Casa delle Pareti Rosse (VIII, 5, 37) al Tempio di Iside (VIII, 7, 28), alla Villa Imperiale e a Moregine. Il cosiddetto “Pittore Dioniso” almeno alla Casa dei Dioscuri (VI, 9, 6.9), alla Casa del Naviglio (VI, 10, 11), alla Casa dei Vettii (VI, 15, 1.27), alla Casa del Bracciale d’Oro (VI, 17, 42), alla Casa di Gavius Rufus (VII, 2, 16), alla Casa della 55 56 57

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Si pensi al lavoro eseguito da Castiglione Morelli, Vitale 1989, 185-221. Per una prima prospettiva sull'impatto e diffusione della cultura (anche materiale) egizia, si veda anche Versluys 2020. Varone ipotizzava che qui almeno due pittori lavorassero sugli sfondi e i dettagli architettonici della zona centrale, mentre un terzo decoratore, forse meno abile, dipinse lo sfondo su un pannello della zona centrale sulla parete nord. Da ultimo, un quarto pittore avrebbe lavorato ancora alla parete nord, dipingendo l'immagine della zona centrale. Varone 1995, 133. Richardson 1955, 116-135; 155-160). Nel triclinio (p) essi lavorarono ad es. alla decorazione completa di una stanza senza eseguire i pannelli mitologici al centro delle pareti. In altri casi, i pittori del laboratorio dei Vettii collaborarono con altri pittori specializzati nella creazione di grandi pannelli mitologici, come il c.d. “pittore di Achille” e il “pittore del maestro tragico / Telephus”.

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

Caccia Antica (VII, 4, 48), alla Casa di Arianna (VII, 4, 31.51), alla Casa della Parete Nera (VII, 4, 59), al Tempio di Iside (VIII, 7, 28), alla Casa dei Pittori al Lavoro (IX, 12, 9) a Moregine e alla Villa di Carmiano a Stabia 59. Inoltre, gli studi intrapresi per riconoscere le mani dei pittori della nota bottega di via del Castricio avrebbero confermato che tale officina sarebbe stata in fondo composta di un nucleo fisso di decoratori, nessuno dei quali parrebbe essersi specializzato nella pittura di elementi figurativi 60. I più rari pannelli dipinti nei pochi casi in cui essi furono inclusi, sembrerebbero pertanto essere stati eseguiti da artisti specializzati coinvolti specificamente per quell'incarico. Si pensi ad es. alla Casa dell’Efebo (I, 7, 10–12): triclinium (17); Casa del Menandro (I, 10, 4): exedra (4); Casa della Venere in Bikini (I, 11, 6): ambienti (4) e (10); Casa di M. Lucretius Fronto (V, 4, a.11): ambienti (4), (6), e (12) 61. A fronte di tale situazione pare interessante far notare come alcune inclinazioni e tendenze espressive riscontrate nel corso dello studio sulla particolare tipologia qui indagata (Vd. Prospetto PREP) parrebbero in parte convergere anche verso determinate maestranze come tale precedente e noto gruppo di decoratori che lavorò presso determinate domus e ambienti sembrerebbe porre in rilievo. 59

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Grandi monumenti pubblici quali il Portico dei Triclini a Moregine (64 - 68 d.C.), il Macellum, (restaurato tra il 62 e 68 d.C.) e il Tempio di Iside (ricostruito nei primi anni del regno di Vespasiano) funsero certo da modello o ispirazione per i privati che richiamandosi alle decorazioni dei Vettii, commissionarono schemi decorativi, che pur con variazioni e adattamenti, rievocavano quegli edifici. Un esempio può vedersi nella decorazione delle stanze (b) e (c) della Casa delle Pareti Rosse (VIII, 5, 37), nei dipinti, oggi perduti, che adornavano l' atrio della Casa della Regina Carolina (VIII, 3, 14) e nei dipinti dell'oecus (48) della Casa di Fabius Rufus (VII, 16, 20–2), che imitano schemi decorativi del portico (1) del Tempio di Iside. Allo stesso modo, schemi decorativi rinvenuti presso l'Edificio dei Triclini di Moregine e nel Macellum sarebbero ritrovabili in diverse case pompeiane come quella di Pinarius Cerialis (III, 4, 4), del Bracciale d’Oro (VI, 17, 42), dei Dioscuri (VI, 9, 6.9), Casa del Naviglio (VI, 10, 11), Casa del Adone Ferito (VI, 7, 18), Casa della Fontana Piccola (VI, 8, 23–4), Casa dei Vettii (VI, 15, 1.27), Casa degli Amorini Dorati (VI, 16, 7.38), Casa dell’Ara Massima (VI, 16, 15), P. Vedius Siricus (VII, 1, 47), Casa di Arianna (VII, 4, 31), Casa della Caccia Antica (VII, 4, 48), Casa della Parete Nera (VII, 4, 59), domus VIII 2, 17–21, Casa del Centenario (IX, 8, 3-6). Cfr. anche Ragghianti 1963 Esposito 2017, 282-284. Per un preliminare approfondimento su temi nilotici pompeiani (di IV stile) secondo principi decorativi in contesti pubblici e privati (e in ottica dei mecenati e degli artigiani) da ultimo si veda anche Esposito 2021, 53-69. De Vos 1981; Esposito 2009, 187-189. Mentre in altri casi, come per i dipinti di larario, sembra si sia ricorso a un decoratore specializzato. Per un approfondimento sui tempi di produzione, la forza lavoro e i materiali coinvolti nella creazione di pitture murali, in gen. si veda anche Bologna 2019, 97-128. Le officine pittoriche attive negli ultimi anni della vita di Pompei possedevano pertanto strutture definite con gruppi fissi di decoratori. Il laboratorio dei pittori sulla Via di Castricio, con le sue squadre di decoratori, al momento dell'eruzione nel 79 d.C., ad esempio, pare stesse lavorando in almeno tre domus diverse, I, 11, 17; I, 14, 1,11-13 e I, 8, 6 (Vd. Esposito 2009, 139-140; 187-189; 202-205). Gli edifici decorati dall'officina dei Vettii e quelli decorati dai pittori della Via di Castricio mostrerebbero inoltre come a volte le loro aree di attività si fossero sovrapposte, non per ragioni topografiche ma per la qualità della decorazione, che rifletterebbe in fondo due diverse tipologie clientelari. Il laboratorio Vettii fu impiegato a decorare i principali edifici pubblici della città lavorando anche presso case di membri dell'élite e dei cittadini illustri della città, ma anche in alcune case appartenenti a membri delle classi emergenti. L'officina dei pittori di Via di Castricio avrebbe invece lavorato principalmente per clienti con uno status sociale ed economico inferiore o membri delle classi mercantili e artigianali, ma anche a ben vedere per membri di alcuni tra i ceti più benestanti, come i Poppaei Sabini, i proprietari della celebre Casa di Menandro, Iulia Felix, Cornelius Tages, i proprietari delle ville di Diomede e dei Misteri (Vd. Esposito 2009, 252-253). L'officina pittorica di Via di Castricio doveva pertanto caratterizzarsi per la versatilità e capacità di adattarsi alle richieste e ai gusti di clientele molto varie e socialmente ed economicamente diversificate. Spesso, i pittori di Via di Castricio pare furono chiamati a decorare ambienti meno importanti di case appartenenti a membri dell'élite cittadina come la Casa di Paquius Proculus (I, 7, 1), D. Octavius Quartio (II, 2, 2), M. Lucretius Fronto (V, 4, a.11), Vettii (VI, 15, 1.27) o C. Iulius Polybius (IX, 13, 1–3). (Vd. Esposito 2009: 146–9, 211–15, 243–4, 247–50). Parrebbe pertanto probabile che la crescente domanda di nuove decorazioni dopo il terremoto del 62 d.C. avessero portato i clienti a richiedere una manodopera meno sfarzosa e più pratica, nuove esigenze a cui i pittori di Via di Castricio si volsero immediatamente giungendo ad avere un gran numero di commissioni. A livello locale pertanto queste officine sarebbero state in grado di controllare gran parte del mercato per garantirsi nuove commissioni, ma più difficilmente sarebbero potute essere attive su un base più estesa, regionale o interregionale. Si veda anche Richardson 2000; Esposito 2017, 263289. Per un approfondimento sui programmi decorativi di III e IV stile a Pompei, anche secondo un quadro sociologico si veda Romizzi 2006.

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Capitolo VII - Approfondimenti di dinamiche e contesti di rinvenimento per alcuni casi pompeiani

Considerando infatti le abitazioni che presenterebbero richiami all'Egitto nel contesto pompeiano ed enumerando ad esempio quelle in cui presumibilmente operarono i cosiddetti Pittori di Io e Dioniso, potrebbe osservarsi come il cosiddetto “Pittore Io” lavorò quasi certamente presso la Casa di D. Octavius Quartio (II, 2, 2), la Casa della Fontana Piccola (VI, 8, 23–4), la Casa dei Vettii (VI, 15, 1.27), la Casa del Bracciale d’Oro (VI, 17, 42), il Macellum (VII, 9, 7), la Casa di M. Fabius Rufus (VII, 16, Ins. Occ. 22), il Tempio di Iside (VIII, 7, 28), mentre il “Pittore Dioniso” almeno alla Casa dei Dioscuri (VI, 9, 6.9), alla Casa del Naviglio (VI, 10, 11), alla Casa dei Vettii (VI, 15, 1.27), alla Casa del Bracciale d’Oro (VI, 17, 42), alla Casa della Caccia Antica (VII, 4, 48), alla Casa di Arianna (VII, 4, 31.51), alla Casa della Parete Nera (VII, 4, 59), al Tempio di Iside (VIII, 7, 28). In parte congiuntamente, in parte distintamente, come può vedersi, tali artisti parrebbero così aver avuto a che vedere con tale distinta tipologia decorativa e non è da escludere che accanto a tale rilevanza non possano tracciarsene altre come quella che potrebbe ad esempio lasciare intravedere possibili associazioni tra i proprietari di tali case e il culto isiaco, oppure una sorta di propensione verso determinante tendenze decorative. Ciò detto, gli esempi della Casa degli Amorini Dorati e della Casa di Octavius Quartio, di cui sono state fornite anche più recenti interpretazioni mostrerebbero in fondo differenti maniere di relazione ma anche d'uso di tali attestazioni 62. Nel primo caso gli oggetti rievocanti l'Egitto sarebbero stati adoperati per cause cultuali, e ciò è attestato dal contesto dei ritrovamenti entro i confini dell'altare della casa (si pensi alla particolare statuetta in alabastro di Horus), mentre richiami a tale tipologia paiono assenti presso il giardino. Nel secondo caso, i reperti (specie nella particolare tipologia della terracotta invetriata) erano invece particolarmente presenti presso il giardino. Eppure, nonostante tali discordanze l'impiego di tali espressioni di cultura materiale pare essere comunque inteso in un contesto d'espressione di status, ricchezza o pur varia coscienza. Oltre all'esibizione di grandi quantità di oggetti preziosi o d'antiquariato, entrambe queste abitazioni avrebbero pertanto ritenuto significativo l'uso di tale tipologia egizia o egittizzante, la prima come processo di auto-rappresentazione ed affermazione cultuale personale, la seconda specie come manifestazione di ceto ponendoli difatti presso il maggiore spazio sociale della loro casa. Ad ogni modo, accanto a discorsi più generici e interpretativi, grazie alle appendici qui fornite ed allo studio dei singoli contesti egizi ed egittizzanti ritrovabili nelle varie abitazioni (e ambienti) del sito pompeiano, sarà ora possibile partire da dati più concreti, tentando progressivamente di valutare le varie differenziazioni, commistioni e interdipendenze anche tra culto isiaco (ora meglio determinabile anche grazie all'identificazione dei singoli larari coinvolti) e dionisiaco e motivi o reperti egizi ed egittizzanti e di richiamo dionisiaco, come si è qui messo in evidenza per i casi della Casa dei Cubicoli Floreali (I, 9, 5-7), cubicola 8 e 12 e per la Casa del Bracciale d'oro (VI, 17, 42), Oecus 32 e Triclinio estivo (31). Infine, si potrebbe così in genere sostenere che, specie per i reperti, l'uso di tale tipologia parrebbe essere stato diverso in base al contesto, ma a ciò concorreva anche la forma, il materiale e l'oggetto in sé. Immagini di divinità straniere, oggetti di particolari materiali, paesaggi nilotici (con o senza pigmei) o mobili raffiguranti sfingi, dovevano pertanto tutti concorrere a presentare e fare avvertire una sorta di dilatazione della romanità di cui ormai l'Egitto era in qualche modo parte. Ma ciò poteva occorrere in maniera molto varia, e uno stesso oggetto poteva essere differentemente valorizzato sia se riconosciuto come riferibile al culto sia se inteso come ornamento pur con diverse sfumature derivabili. Differenze che portano da un lato a continuazione o perpetuazione di forme più antiche e dall'altra a modifiche e trasformazioni interpretative e d'uso. Un prospetto sinottico delle pitture e dei reperti egizi ed egittizzanti nel contesto pompeiano (PREP) posto qui di seguito nella Sezione II tenterà da ultimo di riassumere analiticamente i risultati delle indagini di questa parte. Ad essa seguiranno l'appendice con le menzioni e attestazioni dei rinvenimenti della presente tipologia indagata, riscontrabili in PAH, NSA e altri documenti storici degli scavi, assieme agli inediti indici di NSA-Pompei. 62

Si veda anche Mol 2015, 332-445.

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

VII.7. Ulteriori prospettive d'indagine La varietà delle sfumature d'indagini sul sito pompeiano per la sua complessità e ricchezza sarà sempre accrescibile e valutabile attraverso molteplici aspetti. Partendo così dalle ricerche sin qui eseguite si spera si potranno in tal modo ora meglio valutare e tentare di precisare diversi aspetti fornendo ancora ulteriori prospettive d'indagini. Per consentire possibili avanzamenti interpretativi un primo punto cui certo dovrà porsi mente sarà quello di fornire sempre più accurate e precise analisi per i vari contesti di ciascuna singola domus in cui è stato sin qui possibile ritrovare attestazioni della tipologia qui indagata. Attraverso questa operazione potrà così meglio valutarsi e indagarsi il rapporto che all'interno dei vari abitati poteva sussistere nella disposizione o scelta di soggetti e reperti di specifiche o più generiche tipologie oppure tra elementi egittizzanti e dionisiaci, tentando così di fornire nuove esegesi contenutistiche, espressive e relazionali un tempo forse insite in tali ambienti 63.

Fig. 7.2. Esempi di due lucerne egittizzanti. A sinistra PMS 12876; a Destra MNN ? (esposto)

Per gentile concessione del Ministero della Cultura – Parco Archeologico di Pompei e Museo Archeologico Nazionale di Napoli

Una ricognizione più approfondita sulle rappresentazioni grafiche del XVIII, XIX e XX secolo (come ad es. le opere Pitture antiche d'Ercolano (1757-1792), Real Museo Borbonico (1824-1857), Niccolini (1854-1896), ed ancora disegni e rappresentazioni di artisti vari) dei rinvenimenti pompeiani, oltre a mettere in rilievo pitture o oggetti di cui oggi si è in parte persa traccia o perché svaniti per l'azione atmosferica o perché di ignota collocazione, permetterebbero anche di mostrare diverse inesattezze, equivoci o errori in valutazioni e interpretazioni precedenti, come può riconoscersi ad es. nella casa dell'Amore punito (IX, 2, 21, ambiente 3) in cui sarebbe rappresentata una sfinge nel disegno DAI, W363, mentre un ominide rannicchiato in ADS 990 (dis. N. La Volpe). Ulteriori ricerche presso il MANN e i depositi di Pompei, anche grazie alle antiche descrizioni 63

Si pensi solo per es. alla notizia riportata da Fiorelli 1875, 117, di figure egittizzanti e bacchiche attestate per VI, 7, 20-21 (Casa dell'Argenteria), di cui si era persa traccia.

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Capitolo VII - Approfondimenti di dinamiche e contesti di rinvenimento per alcuni casi pompeiani

dei rapporti di scavo e ad una più attenta valutazione degli antichi inventari, potrebbero inoltre si spera tentare di favorire qualche nuovo riconoscimento di oggetti o la rivalutazione di alcuni reperti per cui al momento una menzione inventariale pare più complessa da definire o persino assente. Si pensi ad esempio alla lucerna con triade isiaca (Iside al centro con sistro nella mano sinistra e situla nella destra, tra Anubi e Arpocrate con fiore di loto sul capo e cornucopia) databile al I d.C. e attualmente esposto (senza num. inv.) al MANN come n. 8 nella vetrina dedicata al culto isiaco e al reperto MNN 12876, lucerna fittile monocline (4,9 x 15 cm), proveniente da I, 11, 17. Il confronto tra esse potrebbe in parte anche quasi suggerire una provenienza comune, forse da una medesima “fabbrica” o da una stessa matrice. Ad ogni modo, accanto a più comuni rappresentazioni, pittoriche e statuarie di Isis Fortuna, già ben note in età augustea, la triade non comune di Isis (spesso con cornucopia), Arpocrate e Anubi (con scettro) presente anche presso il corridoio (F) della Villa della Farnesina, spesso passata inosservata per il suo cattivo stato di conservazione, rappresenterebbe in fondo uno dei primi esempi locali di questa rara combinazione in Egitto 64. In poche parole, viste tali caratteristiche, la lucerna attualmente esposta senza numerazione al MANN di cui si è accennato appena sopra, potrebbe tra le altre attestate e presenti nell'elenco AREP anche chissà richiamarsi a quella rinvenuta presso II, 02, 02? Resta infine da aggiungere che per la città di Pompei e nello specifico per parte delle Regiones I, III, IV, V, IX restano ancora da progettare ed eseguire nuovi scavi e studiare i risultati dei futuri rinvenimenti 65, che certo potranno ancora arricchire la nostra conoscenza riguardo questa testimonianza unica che la storia ci ha consegnato.

64 65

De Vos 1980, 68. Si pensi ad esempio agli scavi presso la Regio V (più precisamente nella zona tra il Vicolo delle Nozze d'Argento e il Vicolo di Cecilio Giocondo), in cui sono affiorate ad oggi la cosiddetta Casa del Giardino e la Casa di Orione. In uno degli ambienti della prima sono stati rinvenuti amuleti, gemme ed elementi decorativi in faience, bronzo, osso e ambra, custoditi in una cassa in legno. Erano monili e piccoli oggetti legati al mondo femminile, utilizzati per ornamento personale o per proteggersi dalla cattiva sorte. Particolarmente interessante è l'iconografia ricorrente degli oggetti e amuleti, che invocano la fortuna, la fertilità e la protezione contro la mala sorte. E dunque i numerosi pendenti con forma di piccoli falli, o spiga, pugno chiuso, teschio, la figura di Arpocrate e scarabei. Nella stessa casa sarebbe stata scoperta una stanza con dieci vittime. Nella seconda, alcuni ambienti presentano una lauta decorazione in primo stile, con pannelli di stucco imitanti lastre di marmo (crustae) di colore rosso, nero, giallo e verde e con cornici in stucco con modanature dentellate, che si richiamerebbero a tipi alessandrini. Inoltre, in due ambienti di tale abitato sono stati rinvenuti due mosaici, forse di provenienza orientale e in parte legati all'Egitto, che con molta probabilità rappresentano il mito della caccia di Orione (lato nord-est) e il suo catasterismo (lato sud-ovest).

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

Fig. 7.3. Pianta della progressione degli scavi di Pompei. (Secondo Ciarallo, De Carolis 1998, fig. 10).

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SEZIONE I Parte quarta VIII.1. Conclusioni Nel corso della trattazione si è tentato di raccogliere, mettere in luce, definire e fornire un primo e aggiornato corpus dei soggetti e dei reperti egizi ed egittizzanti nel contesto pompeiano partendo dal contesto storico in cui inquadrare tali fenomeni e proponendo una riflessione terminologica al fine di offrire un lessico comune per future e auspicabili ricerche. Le analisi su questi dati hanno inoltre permesso di fornire più specifici studi riguardo le scene nilotiche pompeiane. Primi risultati di correlazioni tra affreschi e reperti hanno pertanto consentito di comprendere meglio la distribuzione generale e particolare di tale distinguibile tipologia di soggetti e reperti valutandone la diffusione tra Regiones, Insulae e domus. Di seguito ecco un primo prospetto generale circa la diffusione della tipologia qui indagata per la città di Pompei.

Fig. 8.1. Pianta degli scavi di Pompei. Prospetto delle attestazioni dei soggetti e reperti egizi ed egittizzanti con percentuale d'incidenza e marcatura delle aree di diffusione. (Scala 1:10.000).

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

Come messo in evidenza nel precedente capitolo dedicato alla frequenza data dalla possibile correlazione tra reperti ed affreschi, pur considerando come alcune aree di Pompei debbano ancora essere indagate, pare tuttavia potersi evincere come accanto ad una attestabile diffusione generale, una certa presenza e maggiore incidenza di questa tipologia sembri al momento essere più evidente in particolare nella Regio VI. Un prospetto sinottico per ciascuna Regio interessata dal fenomeno e che fornisce così evidenza dei risultati preliminari di tali indagini potrà inoltre riassumersi nelle successive Piante di distribuzione (Vd. Infra. A8, Tavola 3. nn. 1-8). Data la quantità e varietà delle testimonianze e delle attestazioni raccolte e in parte indagate il presente volume si ritiene tuttavia preliminare ad uno studio che tenga conto e valorizzi le possibili e molteplici funzioni e interpretazioni della tipologia qui considerata e che questa raccolta ha permesso di mettere in evidenza (ponendosi come base). Come si è avuto modo di accennare, il numero e la diversità dei soggetti e dei reperti egizi ed egittizzanti nel contesto pompeiano necessiterebbero di volta in volta di studi particolareggiati e tesi a mettere in evidenza le distinte singolarità pur nella differenziazione dei contesti. L'interpretazione si basa tuttavia sempre sui dati, ecco perché tale studio ha inteso primariamente privilegiare questo aspetto che nelle ricerche precedenti era stato spesso trascurato a favore di nuove o ulteriori letture e interpretazioni di alcuni contesti rispetto ad altri. Attraverso queste indagini si è pertanto provato a rinvenire, raccogliere, ordinare e accertare la presenza di tali reperti e soggetti quanto più rigorosamente, sperando che quest'opera possa essere d'ausilio a prossime e auspicabili ricerche nel contesto pompeiano che ancora non ha certo terminato di mostrarci e fornirci evidenza della Storia, pur attraverso le sue rappresentazioni e varianti.

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SEZIONE II

SEZIONE II Parte prima L'Egitto a Pompei. Tra gli archivi e i depositi. Capitolo IX L'Egitto a Pompei. Indagini sui reperti (tra gli archivi e i depositi del MANN e della Soprintendenza di Pompei). IX.1. Premessa Prima di passare ai corpora sui soggetti e reperti egizi ed egittizzanti (ASMEP, AREP, PREP) che contengono i dati di cui si è discusso nella prima sezione, è utile riassumere sinteticamente le vicende relative alla formazione e agli allestimenti delle collezioni del MANN nonché di quelle conservate presso il sito di Pompei e descrivere il più dettagliatamente possibile la documentazione inventariale e archivistica utilizzata per tale scopo. Carlo di Borbone (figlio di Filippo V, Re di Spagna e di Elisabetta Farnese, ultima discendente dei duchi di Parma e Piacenza) ereditò personalmente l'ingente patrimonio artistico e archeologico dei Farnese, raccolto nelle residenze farnesiane di Roma e Parma. Poco dopo la partenza di Carlo da Parma, attorno al 1736, la Galleria Farnese venne trasferita al Palazzo Reale di Napoli. Qui tuttavia tale patrimonio artistico troverà sistemazione parziale solo dopo alcuni anni. Proprio in quegli anni inizierà la costruzione della Reggia di Capodimonte, progettato da G.A. Medrano, con numerose varianti, che pur senza escludere la funzione museale tennero in maggior considerazione la funzione residenziale. I lavori procedettero pertanto a rilento, per vedersi completati nel 1759, anche perché dal 1751 l'interesse della corte napoletana si era rivolta al grandioso progetto della Reggia di Caserta. Intanto, nell'estate del 1738 l'ingegnere Roque Ioaquin de Alcubierre, mentre era intento a tracciare una pianta della zona del territorio di Portici, dove Carlo aveva inteso farsi erigere una residenza, venne condotto ad alcuni pozzi fatti scavare anni prima, nel 1711, dal Principe d'Elboeuf che vi aveva rinvenuto alcune statue muliebri, e qui trovò le tracce di quella che si sarebbe rivelata essere l'antica città di Ercolano. Gli scavi della città vesuviana e la costruzione del Palazzo di Portici, nel quale Carlo aveva deciso di riunire i materiali venuti alla luce procedettero quindi di pari passo, sino all'inaugurazione ufficiale del Museo Ercolanese avvenuta nel 1758. Le critiche rivolte agli scavi di allora sono piuttosto note: la tecnica distruttiva e casuale, i cunicoli aperti con le mine e successivamente riempiti nuovamente, l'inclinazione predatoria verso gli oggetti ritrovati, strappati dal loro contesto, laddove ciò che non era trasportabile o ritenuto di minor qualità finiva in parte distrutto. Del resto le campagne di scavo dell'epoca, se così si può definirle, seguivano criteri similari e, specie nella prima metà del Settecento, si espletavano nelle vigne, nel contado e nelle ville romane, mentre spesso i reperti finivano sul mercato antiquario (dominato dagli Inglesi) e in varie collezioni archeologiche private, come ad es. quelle del Cardinale Alessandro Albani. Va tuttavia ricordato che nel corso degli anni si assisterà al raffinamento delle diverse tecniche di rilevamento, come dimostrano le piante settecentesche di P. Badet e C. Weber 1. Più recenti studi dimostrerebbero inoltre che il Museo Ercolanese, pur con le sue alterne vicende, avrebbe esposto le antichità secondo un rigoroso criterio antiquario, per genera, per tipologie ben distinguibili. Certo, la presentazione di tali beni al pubblico si vedeva limitata - e con la funzione primaria di mostrare il prestigio della dinastia - che sarà infine giuridicamente precisato con il terzo articolo del Decreto del 22 febbraio 1816 con cui Ferdinando IV di ritorno dall'esilio di Palermo dopo il Decennio francese (1806-1815) 2 istituì nello stesso anno il Real Museo Borbonico (nell'ex 1 2

Fittipaldi 1995, 7-31. “Decennio francese” ovvero quando dal 1806 due re francesi si succedettero sul trono del Regno di Napoli. Il primo

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

Palazzo dei Regi Studi allora solo in parte restaurato): “Dichiariamo che tutto quello che contienesi attualmente nel Real Museo Borbonico e tutto quello che di nostro ordine vi sarà in avvenire depositato, e di nostra proprietà allodiale 3, indipendentemente da' beni della Corona. Riserbiamo a Noi la facoltà di disporne”. Una legislazione che regolamentava la tutela dei beni artistici e culturali era stata tuttavia emanata, anche sotto forma di Bando, già nel 1755. Si trattava della Prammatica LVII, basata sull'Editto Valenti del 1750, la quale impediva l'esportazione di tali beni fuori dai confini del Regno, senza l'espressa volontà reale 4. Sarà appena il caso di ricordare come dal marzo del 1807 a direzione del Real Museo Borbonico venne posto il marchese Michele Arditi, il quale ricoprì per molti anni anche il ruolo di Soprintendente agli Scavi, cariche che Ferdinando I gli confermò in seguito sino alla morte nel 1838. Con gli interventi di Arditi si aprì una fase rinnovata delle attività di ricerca e “promozione” dei beni antiquari del Regno; gli interventi di recupero, ordinamento, riordino, sistemazione museale ed edizione degli oggetti rinvenuti nelle città vesuviane mostrano come il suo ruolo fu fondamentale nell'ambiente della cultura antiquaria napoletana di quegli anni. Nonostante la comune inclusione nelle logiche dinastiche, si potrebbe persino dire che con Arditi trovi una prima maturazione l'affinamento delle pratiche di scavo, che diveniva recupero di luoghi e di oggetti in contesto, assieme ad una maggiore ricerca filologica e storica, una prima idea di ciò che potrebbe pertanto anche dirsi una “città museale” 5. Su tutto il patrimonio regio gravavano però le prerogative fatte valere da Carlo III, col possesso ed uso esclusivo che pur concedeva però diletto estetico e culturale agli artisti o studiosi purché ne facessero debita domanda. La pubblicazione era interdetta a chi non fosse membro dell'Accademia Ercolanese. Intanto, nel primo trentennio dell'Ottocento il grande patrimonio dell'eredità farnesiana giungeva al Palazzo degli Studi di Napoli che, contemporaneamente, accoglieva anche la sede della Biblioteca Reale e della Reale Accademia di Pittura (ivi trasferita attorno al 1791), mentre nel 1806 veniva dato incarico a Pietro La Vega, allora direttore degli scavi, di preparare il trasloco nel Palazzo degli Studi anche delle antichità precedentemente riunite nel Museo Ercolanese di Portici (opera che si ultimò solo nel 1827). Un generale riordinamento delle collezioni e lavori di ampliamento dell’edificio resi necessari dall’incremento dei materiali in questo periodo gravarono proprio su Arditi. Ancora oggi pare complesso determinare nel dettaglio l'organica disposizione del Museo di quegli anni così travagliati, e conseguentemente comprendere i modelli funzionali, ideologici ed espositivi ad essa soggiacenti. Se a una prima impressione si sarebbe potuto ritenere che il progetto dell’Arditi avesse ancora una volta preferito un criterio espositivo di natura tipologica a scapito di ordinamenti per provenienza o cronologici 6, come già accaduto nel caso del Museo Ercolanese, una più attenta ricostruzione sulla base della documentazione inventariale ed iconografica dell’epoca mostra invece come esso in realtà si ispirasse ad un'idea per quei tempi inedita ed innovativa, che vedeva la disposizione materiale delle diverse collezioni secondo i criteri cronologici e geografico-culturali, per illustrare la successione cronologica delle civiltà. La scoperta di Pompei (precedentemente detta Civita) nel 1748, certo aveva stimolato altrettante iniziative. Grande impulso agli scavi fu dato durante il regno di Gioacchino Murat, e specialmente dalla sorella di Napoleone, Carolina, animata da forte passione per gli scavi vesuviani. Risale infatti al 1811 una relazione in trenta punti redatta da Arditi a Carolina in cui si espongono proposte di regolamentazione degli scavi pompeiani, che prevedevano il conto della paga dei lavoratori, i luoghi da scavare e in cui riporre la terra smossa nonché una custodia esterna ed interna agli scavi, specie

3 4 5 6

fu Giuseppe Bonaparte, fratello di Napoleone che regno fino al 1808 quando poi andò in Spagna e gli succedette suo cognato Gioacchino Murat, il quale regnò appunto sino al 1815. Libera proprietà allodiale, ossia una proprietà svincolata da limiti feudali, simile alla modera proprietà privata. D'Alconzo 1995, 31-77. Vd. anche Taglialatela 1995,107-143. Importanti notizie sono ancora derivabili dalle opere di Giustiniani, De Licteriis 1822; Morelli 1835. In gen. Vd. In gen. Cantilena, Rubino 1989 (La collezione egiziana del Museo Archeologico Nazionale di Napoli. D'ora in avanti CCEMAN 1989); Guida alla Collezione Egizia del MANN 2016, 11-13 [Cozzolino].

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circa l'accesso ai visitatori. Il fervore archeologico della regina fu poi spesso incoraggiato dai diversamente fortuiti rinvenimenti da parte dei soprastanti allo scavo specie in occasione delle sue visite (e non solo). La stessa pare fosse poi solita acquisire per la propria privata collezione reperti prelevandoli direttamente dai cantieri 7. Meta obbligata di colti viaggiatori europei già nel Settecento, gli scavi di Pompei ed Ercolano furono tuttavia spesso anche criticati per la lentezza dei lavori, la pubblicazione dei materiali, il metodo di lavoro, gli operai, la rimozione di pitture e mosaici, nonché lo scarso interesse che si diceva prestato da Ferdinando. Eppure, la fama e l'importanza delle scoperte archeologiche ne fecero uno dei principali temi della politica culturale europea e tra le prime proposte che condussero alla pur effimera pace con Napoli nel 1796, riservando la facoltà della Francia per gli scavi di Pompei ed Ercolano. Mentre tra i primi programmi della Repubblica partenopea del 1799 era presente un sistematico programma per gli scavi 8, obbiettivi di scavo più completi furono perseguiti durante il Decennio francese e dopo la Restaurazione borbonica certo non si volle dar l'impressione di far meno, con l'accentramento delle collezioni al Museo Borbonico pur ribadendone il carattere “allodiale”, come accennato. IX.2. Note circa la formazione e primi allestimenti del Museo Reale di Napoli La quantità e l'eccellenza delle raccolte artistiche e archeologiche del Museo Reale di Napoli ne fecero uno tra i massimi musei europei dell'Ottocento. La prima fase formativa risale di certo al periodo di progettazione e fondazione dell'Istituto che si proponeva di riunire le maggiori collezioni dell'epoca distribuite tra il Museo Ercolanese di Portici e quello Farnesiano di Capodimonte. Nel 1777, Ferdinando Fuga, presto sostituito dall'architetto Schiantarelli, venne infatti incaricato di risistemare il vecchio Palazzo degli Studi, sede scelta per quello che sarebbe divenuto il nuovo Museo. Eppure ancora alla vigilia del Decennio francese il “Nuovo Museo dei Vecchj Studi”, come era spesso definito negli inventari del tempo, non aveva forma determinata, parendo piuttosto un grande e spesso poco ordinato deposito. Col Decennio francese si aprirà infatti per il Museo un rinnovato ordine espositivo, per la struttura amministrativa e l'organizzazione lavorativa. Allestito e aperto al pubblico esso fu dotato di organico con precise mansioni e ruoli. Le precedenti fughe di Ferdinando IV a Palermo nel 1798 e nel 1806 avevano poi privato l'Istituto di gran parte di reperti, ed in alcuni casi intere collezioni, che rimasero pertanto fuori dagli allestimenti realizzati tra il 1807 e il 1812 9. Ma il ritorno al Museo di Napoli nel 1817 di tanti materiali da Palermo certo non agevolò il compito piuttosto arduo di Arditi, che in quegli anni ne era Direttore. Il caso della Quadreria e quello della raccolta delle pitture pompeiane sono casi emblematici, dato che Arditi dovette costituirne l'esposizione tra il 1806 e 1812 pur costretto a rinunciare a molti capolavori che allora si trovavano a Palermo. Inoltre, dal 1807 il Real Museo passerà dalla direzione della Segreteria di Casa Reale al Ministero dell'Interno, ed è in questo periodo che il Museo iniziò infatti ad essere detto “Nazionale”. Col ritorno a Napoli dei Borbone e dei materiali portati a Palermo, nel 1817 il Real Museo Borbonico riconquistando i propri fondi fu nelle condizioni di essere allestito. Ma ci vollero dodici anni perché tale operazione fosse completata e nel frattempo uno dei maggiori conseguimenti sarà quello del completamento dell'edificio stesso ad opera dell'architetto Pietro Bianchi (che in quegli anni era a capo della costruzione della Basilica di San Francesco di Paola). Tra il 1817 e il 1819 assieme al nuovo ordinamento della Quadreria, il cosiddetto “Portico delle Statue in bronzo” che al pianterreno integrò il “Museo delle statue” già allestito durante il Decennio e l'Istituito si arricchì ancora al primo piano del “Gabinetto degli oggetti preziosi”, quello degli “Oggetti osceni” e l'“Appartamento dei Bronzi minuti” 10. Merito di Arditi fu quello di richiedere e successivamente allestire nel 1821 una “Galleria di cose 7 8 9 10

D'Alconzio 2000, 25-51. Pagano 2000, 123-137. Si veda anche Milanese 1996-1997, 345-397. Si veda anche Milanese 2003, 27-46.

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egiziane” o sezione egiziana, che si rendeva allora possibile grazie a diverse acquisizioni intervenute (come la raccolta Borgia) e anticipando altre grandi raccolte archeologiche europee, quali Berlino (1823), Torino e Firenze (1824), Parigi (1826) e Roma (1830). L'idea principale fu evidentemente quella di realizzare un complessivo impianto cronologico che andasse dall'antichità all'età moderna. Collocata in uno dei porticati del cortile orientale (precisamente in quello che è oggi noto come “Sala dei Tirannicidi”), dalla lettura del suo primo inventario (che elenca gli oggetti per armadi nella sala) si deduce come le raccolte vennero ordinate in base alle classi di materiale. Per l'allestimento scenografico Arditi dispose anche due moderne spoglie di coccodrillo sulle cornici delle porte che richiamassero all'idea del paesaggio nilotico e all'Egitto faraonico, ma che furono eliminate nel 1823 per ordine del Ministro della Casa Reale. La raccolta venne inoltre ad incrementarsi durante il 1828 per l'acquisto della collezione offerta in vendita dal viaggiatore veneto G. Picchianti e da sua moglie A. Drosso 11. Ulteriore passo di Arditi fu infatti quello di costituire nel 1822 nella sala subito seguente un “Gabinetto degli oggetti Etruschi, Oschi, Volsci e Greco Antichi” così che si ponesse cronologicamente al centro tra la sala dedicata alle antichità egiziane e quella greco-romana. Con la stessa finalità intese separare oggetti d'età medievale e moderna precedentemente accostati ad oggetti antichi al fine di formare un “Gabinetto de' mezzi Tempi”, che venne realizzato tra il 1828 e 1829 collocandosi in una sala contigua alla Quadreria. Nel frattempo i lavori di P. Bianchi protrattisi sino al 1827 videro la creazione del cosiddetto Nuovo braccio, ovvero l'insieme di sale disposte lungo il lato nord-occidentale del primo piano. In esso divenne perciò possibile esporre le pitture pompeiane (ancora a Portici), le iscrizioni antiche, il Toro farnese, (dalla villa di Chiaia), i dipinti di scuola napoletana. Ma tale intenzione non fu infine attuata e la maggior parte d'essi trovò posto nei lati meridionale (pitture pompeiane) e orientale (epigrafi, Ercole e Toro farnese) del pianterreno. Tranne il Medagliere, tutte le principali raccolte avrebbero così trovato il loro assetto museografico che per come venne a definirsi attorno al 1830 restò di poi pressoché invariato sino all'Unità d'Italia e forse ancora dopo sotto Fiorelli, che rinnovò ma non mutò la pregressa impostazione del Museo12. IX.3. La Collezione egiziana attraverso gli inventari storici IX.3.1. Introduzione Dopo questa necessaria premessa e prima di entrare nel dettaglio, varrà la pena accennare brevemente all'insieme formativo della Collezione egiziana del Museo Archeologico Nazionale di Napoli al fine di porre in contesto e tracciare le specificità della presente indagine. Accanto alle famose antichità pompeiane e alla collezione Farnese, come si è appena avuto modo di accennare, il MANN può difatti vantare anche una delle più antiche collezioni d'antichità egiziana in Europa. Questa raccolta comprenderebbe ad oggi circa 2500 oggetti cronologicamente inclusi tra l'inizio dell'era Dinastica e la fine dell'era bizantina (3000 a.C. - 640 d.C.), parte di essa è attualmente esposta nelle apposite sale dedicate (sale 17 e 18). La cronologia delle acquisizioni e dei progetti espositivi della collezione (durante il XIX e XX secolo), derivata per la maggior parte dal periodo borbonico, potrebbe fornire il seguente prospetto 13:

11 12 13

Su cui da anni conduce indagini R. Di Maria (MANN). Milanese 2000, 141-160. Si veda anche la tavola con la cronologia delle acquisizioni in Guida alla Collezione Egizia del MANN 2016.

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Capitolo IX - L'Egitto a Pompei

Anno

Acquisizione

Reperti

Provenienza

Statua di Serapide da Pozzuoli – Macellum; Pozzuoli, Base in bronzo con geroglifici da Ercolano; Dal 1750Pompei, Ercolano, Statua di Iside da Pompei – Tempio di Iside; 1786 Napoli Bassorilievo del Tempio di Iside; Statua di Iside da Napoli. 1803 circa

Farnese

Naoforo farnese

Dalla fine del XVIII sec. al 1817

Scavi del Museo

Numerosi reperti egizi ed egittizzanti

Pompei, Ercolano

1814

Borgia

Collezione Borgia

Egitto e altre varie località italiche

1821

Museo Mineralogico

Farmacia 1821/18 dell'Annunziata – 22 Real Casa Santa

Sconosciuta

Mummie

Sconosciuta

Mummie

Sconosciuta

1821 (Allestimento di Michele Arditi) Due statue - sostegno egittizzanti; vasi canopi da Pompei?

1822-1825 1822-1825

S.A.R. Il Duca di Calabria

due stele funerarie, dono

Sconosciuta

1827

Casanova

Frammento di statua di Naoforo (da Pozzuoli, Dogana Vecchia)

Sconosciuta

1827/1828

Picchianti

Collezione Picchianti

1833

Hogg

Collezione Hogg

1836 1842

Schnars (Schartz)

Egitto Giza; Saqqara, Tebe e Nubia (Dongola)

Statua di Anubi

Cuma

Oggetti

Egitto

1857

Rudhart

Teste di mummia

Egitto (Tebe)

1861

Andreana

Papiro demotico

Sconosciuta

Mensa sacra di Psammetico II da Pompei, Casa del doppio larario

1861-1868

Allestimento di Giuseppe Fiorelli (1864-1866) 1874

Ministro Correnti; Ministro Bonghi

Calchi di monumenti egiziani dono del Vicerè d'Egitto

Sconosciuta

1885

Magazzini

amuleti

Sconosciuta

1885

Stevens

Mummia

Egitto

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

(Akhmim) Statuetta di Hours dalla Casa degli Amorini dorati (Pompei)

1903

1901-1904, Allestimento di Ettore Pais 1911

AcquaruloCanettole

Parti di mummia

Sconosciuta

1917

Scaramella

Scarabeo

Sconosciuta

Fig. 9.1. Prospetto della cronologia delle acquisizioni e dei progetti espositivi della Collezione (durante il XVIII e XX secolo).

Un primo determinato progetto espositivo di antichità egiziane al MANN si deve, come accennato, al direttore dell'epoca, il marchese Michele Arditi (1746-1838), che nel 1821, all'interno della prima riorganizzazione generale del Museo, istituì il cosiddetto “Portico delle cose egizie”. Tra il 1803 e il 1814 il Naoforo Farnese, insieme a due statue farnesiane di Iside di iconografia ellenistica, e la celebre collezione egiziana del Museo del cardinale Stefano Borgia di Velletri14 (venduta dal nipote del cardinale Camillo a Giocchino Murat, Re di Napoli durante il “decennio francese”), furono aggiunti a un primo nucleo di oggetti egiziani ed egittizzanti provenienti dagli scavi borbonici di Pompei, Ercolano e Pozzuoli che successivamente, tra il 1825 e il 1836 si accrebbe di altri reperti simili provenienti dal territorio vesuviano e flegreo. Nel 1821, la collezione Borgia (costituita durante il XVIII secolo) venne così a costituire il nucleo più importante del nuovo “Portico dei monumenti egizi”. Durante il periodo borbonico tuttavia la collezione egiziana continuò a incrementarsi (almeno sino al 1917) specie attraverso l'incorporazione di altre collezioni acquistate o donate e di singoli oggetti. L'aggiunta di due stele donate nel 1825 dal Duca di Calabria, la piccola collezione Hogg (di recente identificata 15), la collezione Schnars e le teste dorate delle mummie di Tebe donate dal viaggiatore Rudhart fanno tuttavia da cornice alla più significativa acquisizione di questo periodo, ovvero l'ottocentesca collezione del fiorentino Giuseppe Picchianti e sua moglie, la sedicente contessa veneziana Angelica Drosso acquistata tra il 1827 e il 1828 16. 14

15

16

Basata specie sui modelli della scultura classica, la collezione Borgia rappresenta una tra le più notevoli testimonianze della percezione dell'antico Egitto all'interno del XVIII secolo, prima cioè della spedizione napoleonica (1798-1799). Barocas 1989, 15-34. Nel 1833 il Museo Borbonico ricevette infatti in dono una piccola collezione da un presunto “dottore inglese”, in realtà nativo di Glasgow e di nome James Edward Hogg (1783-1848), che anni prima, dopo un viaggio in Egitto al seguito di Ibrahim Pascià, raccolse varie reliquie che in seguito donò in parte al Museo di Napoli nel 1833 e in parte al British Museum nel 1840. La collezione Picchianti rappresenterebbe invece una delle più tipiche testimonianze della tradizione antiquaria dell'inizio del XIX secolo, offrendo a ben vedere un certo contrasto con la collezione Borgia (del XVIII secolo). La collezione è difatti per lo più costituita da oggetti funerari, in particolare mummie, bare, vasi canopi e ushabty di varie epoche. Comprende inoltre diversi oggetti di uso quotidiano riposti nelle tombe, che mancavano nelle precedenti collezioni egiziane. La collezione di Picchianti rifletterebbe pertanto quel gusto romantico per l'esotico e il macabro, ispirato specie dall'impatto culturale della spedizione napoleonica in Egitto (1798-99) e la notizia dei sensazionali ritrovamenti fatti dai più celebri avventurieri dell'epoca, come il padovano Giovanbattista Belzoni. Secondo le più recenti indagini, la collezione Picchianti raggiunse Livorno nel 1825, quando era presente per l'acquisto della collezione Salt anche Jean-François Champollion. Qui essa fu apparentemente esaminata dallo studioso francese (come testimonierebbe un documento anonimo del 22 febbraio 1826 che ne riporta brevi osservazioni su alcuni oggetti). Una volta in Italia, Picchianti tentò dapprima di vendere la sua collezione al Re di Sassonia, poi di offrirla al Royal Museum, che, dopo lunghe trattative, ne acquistò tuttavia solo una parte, il 7 marzo 1828. Insoddisfatto per tale vendita, Picchianti donò in seguito gli oggetti rimanenti al Museo di Napoli, a condizione però di essere assunto come custode e restauratore di antichità egiziane. Ed in questa veste eseguì inoltre diversi restauri su mummie. L'ultima attestazione della sua presenza a Napoli risalirebbe invece al 1834, dopo cui se ne perderebbe traccia. Vd. CCEMAN 1989, 153-156.

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Capitolo IX - L'Egitto a Pompei

Secondo Arditi, i reperti egiziani avrebbero dovuto rappresentare il primo anello della catena dell'antichità, la quale si prefiggeva di ordinare, come si è già innanzi detto, le diverse collezioni del Museo in base a criteri cronologici, geografici e culturali. Nella disposizione dell'installazione di Arditi (1821-1860), la prima mostra della collezione nel portico del cortile est del Museo di Napoli (oggi noto come la “Sala dei Tirannicidi”) presentava congegni scenografici e allegorici ottocenteschi, tra cui due ibis in marmo e bronzo di Ercolano, mentre in cima a colonne erano poste su entrambi i lati della porta d'ingresso due pelli di coccodrillo moderne. Tale approccio scenografico fu mantenuto, pur con successive modifiche, sino al 1864, quando Giuseppe Fiorelli fece trasferire la raccolta nelle stanze in cui è attualmente ospitata. Un totale di 692 oggetti sarebbero allora stati disposti in otto armadi sui lembi del muro perimetrale, per tutta la lunghezza dei lati più lunghi, mentre i pochi oggetti di dimensioni maggiori furono collocati sul pavimento nel centro della stanza17.

Fig. 9.2. Morelli 1835, Tav. XV. Parte della Sezione egiziana in epoca borbonica.

Dopo l'unità d'Italia (1864-1908) e sotto la direzione di Giuseppe Fiorelli (1863-1875), la collezione egizia fu incorporata nella più ampia “Sezione delle Antichità Orientali”. Tra il 1864 e il 17

Il 16 dicembre 1821, M. Arditi, direttore del Museo Reale, richiese due corpi all'epoca custoditi presso il Museo Mineralogico Reale di Napoli al fine che fossero assemblati con ossa di mummia provenienti dalle farmacie napoletane, del Monastero di San Francesco di Paola e della Santissima Casa Reale dell'Annunziata, e poste in due bare del Borgia, che erano vuote. Oggi le mummie sono ancora conservate in queste bare (una delle quali è esposta nella Sala XXI). Tale “pastiche” piuttosto tipico del XIX secolo viene ritratto dall'incisore Raffaele Morghen in Morelli 1835, Sez. Mummie egizie. Qui tali mummie esposte sul muro di fondo, su entrambi i lati di una porta, accentuano la scenografica dell'arredamento della stanza. Vd. anche CCEMAN 1989, 1-8 [Di Maria]. Si veda da ultimo Guida alla Collezione Egizia del MANN 2016, 104-120 [Mainieri].

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

1866, l'architetto Michele Ruggiero progettò inoltre una nuova installazione della collezione in due stanze nel seminterrato, i cui soffitti a volta erano considerati maggiormente “in linea con lo stile dei monumenti”. Secondo i criteri museologici dell'epoca, il pittore Ignazio Perricci decorò poi le stanze con motivi ispirati alle decorazioni delle tombe egizie di epoche diverse. Sul retro della galleria, una nicchia allineata con l'ingresso ospitava poi mummie umane e animali. L'installazione si proponeva pertanto di ricreare la misteriosa atmosfera di una tomba sotterranea (legandosi specie al fascino romantico dell'esotico e del macabro ancora ben vivo in quei tempi). Tra il 1881 e il 1889 Renato De Petra, che aveva sostituito Fiorelli come direttore del Museo, realizzò un progetto per un nuovo ingresso alla collezione, quello attualmente in funzione. Dopo l'aggiunta della nuova scala d'ingresso, nel 1885 venne esposta anche una collezione di calchi in gesso di opere egiziane e assire nelle sale 17 e 18. A parte questi cambiamenti, la disposizione della galleria egiziana non subì modifiche sostanziali sino all'inizio del XX secolo. Tra la direzione di Ettore Pais (1901-1904) e quella di Giovanni Gattini (1906-1908) la collezione fu poi trasferita in cinque sale (17-19 più due stanze attualmente adibite a magazzino) 18. A conclusione di tale breve sinossi e per introdurre alla prossima sezione circa gli Inventari storici, varrà la pena ricordare come parte dei tesori egizi presenti nella Raccolta borbonica e la conoscenza stessa dell'Egitto Antico in Campania sia profondamente legata al contesto degli scavi delle aree archeologiche vesuviane. Oggetti egizi ed egittizzanti testimoniarono e ribadirono la diffusione dei culti egizi di Iside, Anubi e Serapide già dalla fine dell'età repubblicana, e che si diffusero, conseguentemente alla conquista dell'Egitto da parte di Augusto, in tutto l'Impero Romano. L'intrapreso uso di ornare templi, terme, case e giardini con temi e oggetti egiziani ed egittizzanti, per scopi cultuali o semplicemente ornamentali, iniziò poi ad apparire piuttosto frequente. Tale tendenza avrebbe pertanto anche potuto generare una sorta di richiesta di oggetti egittizzanti (o produzione di motivi che si richiamassero all'Egitto) di fattura locale. Caso emblematico resta come detto il Tempio pompeiano di Iside. Dissotterrato tra il 1764 e il 1766, il tempio dedicato alla dea Iside a Pompei resterà infatti tra le attestazioni più significative della diffusione della religione egiziana nelle antiche città campane. Celebrato dai viaggiatori del XVIII secolo nel Grand Tour, tra cui Mozart che ne trarrà ispirazione per la sua opera “Il flauto Magico”, composta nel 1791, assieme ad altri oggetti egiziani e egittizzanti rinvenuti in Campania, nel decennio 1770-1780, esso contribuirà a creare la moda dell'Egittomania in Italia e in Europa anticipando in un certo senso gli effetti della spedizione di Napoleone in Egitto (1798-1799) 19. IX.3.2. Gli inventari storici Diverse copie degli Inventari e dei supplementi della Collezione egiziana, disposti in ordine cronologico in una relazione datata 20 Giugno 1913, si conservano presso l'Archivio Storico della Soprintendenza. In essa pare chiara l'intenzione di riunire i fascicoli e redigere un resoconto circa lo “Stato degli Inventari del Museo Nazionale di Napoli a tutto il 1910”20. Per quanto noto gli inventari riguardanti e contenenti notizie circa la collezione egizia del MANN sarebbero: l'Inventario Arditi 21, l'Inventario Avellino 22, l'Inventario Sangiorgio 23 e 18

19 20 21 22

Andrà ricordato che in questo stesso periodo, e più precisamente nel 1884, fu chiamato a catalogare e riordinare i calchi E. Schiaparelli, allora adiutore presso le Gallerie di Firenze, e si ha notizia che a studiare tale raccolta pervennero anche Seyffarth, Birch, Petrie, Vandier, Roeder e più di recente Hoelb. Si veda anche Cozzolino, D'Errico, Di Maria, Pirelli, Poole 1991, 341-345. Per approfondire alcuni aspetti campani di tale tendenza di veda anche De Caro 2006. La versione originale del testo, di cui esistono per fortuna delle copie, risulterebbe ad oggi sfortunatamente dispersa. Per una panoramica circa gli inventari del Museo Nazionale di Napoli si veda anche Morisco 2012, 103-108. Inv. Ard. 1822; Inv. Ard. 1828; Gabinetto Ard. L'Inventario attribuito al Cavalier Francesco Maria Avellino (1788-1850), dal 1839 Direttore del Museo di Napoli e degli scavi del Regno, venne compilato tra il 1844-1847. Il volume, che è copia dell'Inventario Arditi, pur presentando una diversa numerazione, fu successivamente trascritto accuratamente da Sangiorgio nel 1849.

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l'Inventario Fiorelli 24 comprendente il cosiddetto Sottoconto delle cose egizie 25. La serie inventariale verrebbe a completarsi con il Supplemento all’inventario dei Monumenti egiziani del 1885. A partire dal 1870, secondo quanto derivabile, iniziò infatti ad essere redatto il cosiddetto Giornale o Inventario generale di immissione. I più antichi inventari del Museo 26 vennero così compilati tra il 1819 e il 1826 sotto la direzione di Michele Arditi (1746-1838), che come si è già ricordato, venne nominato Direttore Generale del Museo di Napoli e Soprintendente degli Scavi di Antichità il 18 marzo 1807 da Giuseppe Bonaparte. Se, come si è accennato, sotto Arditi si operò un primo e ampio riordino delle collezioni del Museo Borbonico 27, il che portò anche all'allestimento di un “primo” nucleo egiziano nel cosiddetto Portico delle cose egizie 28, la sua organizzazione ci è testimoniata dall'inventario datato al primo Aprile 1822, che ne descrive gli oggetti, numerati in ordine crescente, secondo la disposizione dei materiali all’interno delle vetrine delle varie sale 29. A tali reperti fu allora attribuita una numerazione da 1 a 700, e oltre alla raccolta borgiana 30 si annoveravano: un gruppo di 38 vasi detti “di stile egiziano” e di provenienza campana (di cui 34 da Napoli e 4 da Paestum), Naoforo e Iside Farnese 31, 6 reperti donati da Sua Maestà32, 29 oggetti (di tipologia differente) provenienti da Pompei 33, un nucleo di 13 reperti da Napoli, 2 mummie umane precedentemente custodite nel Real Museo Mineralogico di Napoli, 2 mummie di coccodrillo e due busti del XVI secolo. Ciò detto, pur non potendo soffermarci oltre misura su tali pur interessanti punti, varrà la pena ricordare come dell'Inventario Arditi (1822) esistano in verità due copie, una che potrebbe dirsi finita e una con cancellazioni e sostituzioni di cifre, legate allo spostamento e all'eliminazione di diversi reperti che provocò conseguentemente uno slittamento e una successiva alterazione di numeri inventariali 34. A questi due volumi del 1822, ne andrebbe poi aggiunto un terzo che 23 24 25 26

27 28 29

30 31 32

33 34

Inv. SG; Gabinetto SG. Inv. Gen.; Inv. Gen.2. Per la trascrizione integrale del quale si veda Bellucci, Di Maria (in preparazione). Preceduti dal Notamento di oggetti esistenti nel Museo delle statue che descrive 396 reperti e probabilmente databile al 1803 e da un Inventario di tutti i monumenti dell'arte antica che si conservano nella Galleria e nei Musei della Real Fabbrica, formato per ordine di S.M.n.s. dal Soprintendente Marchese Haus del 1805. Sul riordinamento del Museo Borbonico nei primi anni del XIX secolo vedi Milanese 2001, 54-60; Milanese 19961997, 345-405. ASNa, Min. Aff. Int.- Belle Arti, inv. II, cont. 1984, un. 157. Alla redazione del primo inventario fece seguito la pubblicazione del “Portico delle cose Egizie” che apparve nel secondo tomo della guida del Museo redatta da G. Finati 1822, il quale sottolineò vivamente l'importanza delle acquisizioni. CCEMAN 1989, 4 [Di Maria]. Secondo i conteggi la Collezione Borgia ammontava a circa 605 reperti. CCEMAN 1989: 11, [1], Tav. II. [Pirelli]. Due stele funerarie donate dal Duca di Calabria nel 1823 (Stele funeraria dello Scriba della Tavola del Signore delle due Terre, guida alle Feste di Osiride, Huy, MANN 1016: CCEMAN 1989, 127-128, [16] [Pirelli]; Stele funeraria del sacerdote di Heliopoli Aa-kheper-ka-ra-seneb e famiglia, MANN vel Inv. Gen. 1036: CCEMAN 1989, 63-64 [9], fig. 8, [Pirelli]; e quattro canopi impropriamente detti provenienti da Pompei (MANN 1052, 1045, 1074, 1075, vd. CCEMAN 1989, 138-140, 14.1-14.4 [Cozzolino]. Storicamente si veda anche Falanga 1989, 299-304. Inv. Ard. 1822. Il monumento di Imeneminet (Cfr. CCEMAN 1989, 35-37, [2], Fig. 3, 1. [Pirelli]) ad esempio a seguito della soppressione dalla collezione dei primi due oggetti (i sopraccennati due busti del XVI sec.), parrebbe divenuto infatti il primo tra i reperti dell'inventario Arditi. Tale intervento è da ritenersi tuttavia collegato ad una sorta di epurazione operata durante il 1828 quando alla collezione egizia si aggiunsero i reperti Picchianti. Attraverso un documento conservato presso l'Archivio Storico della Soprintendenza (�ASSAN, IV B 10, 5) sarebbe inoltre possibile identificare i 107 reperti diciamo pure “non appartenenti” alla collezione egizia. Anche se non tutti gli oggetti menzionati in tale documento furono in realtà spostati. Recenti confronti parrebbero infatti attestare la mancanza di circa 68 manufatti rispetto al totale di circa 632 (furono eliminati: 35 vasi da Napoli, 4 vasi da Paestum, 24 reperti Borgia, l'Iside Farnese, le 2 copie moderne e i 2 coccodrilli). Secondo tali analisi avrebbero pertanto continuato a far parte del c.d. “Portico delle cose egizie”, i seguenti oggetti provenienti da Pompei: Ushabty (Inv. Gen. 459; Ard. 1822, n. 526; Ard. 1828, n. 463); Ushabty (inv. Gen, 463; Ard. 1822, n. 528; Ard. 1828, n. 465) Figurina (Inv. Gen. 374; Ard. 1822, n. 672; Ard. 1828, n. 599); Figurina (Inv. Gen. 300; Ard. 1822, n. 763; Ard. 1828, n. 600); Figurina (Inv. Gen. 354; Ard. 1822, n. 674; Ard. 1828, n. 601); Colonna 1 (Inv. Gen. 977; Ard. 1822, n. 7; Ard. n. 4) (“Colonna in breccia d'Egitto alta palmi dieci di diametro palmo uno ed un sesto. Ha la base di alabastro di Gesualdo: invece di capitello vi è stato adattato l'oggetto che segue” (Ibis marmo e bronzo da Pompei

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

rappresenterebbe una versione più “aggiornata” dell'inventario stesso, redatta nel 1828 35. Al primo nucleo come si è detto “epurato” (dal num. 1 al num. 632), seguirebbero alcune nuove immissioni risalenti a quegli stessi anni 1827 e 1828. Inoltre, dal num. 634 al 744 si elencherebbero i 110 reperti che nel 1827 36 “S.M. (D.G.) ha ricevuto dal Signor Picchianti ed in seguito pagati dallo stesso” 37; da 745 a 1667, verrebbero indicati i 922 oggetti che Sua Maestà “ha ricevuto in dono dall'anzidetto Signor Picchianti” 38, ossia i manufatti donati dalla Contessa Angelica Drosso nel 1828 39. Il Catalogo proseguirebbe poi con l'elenco di altri 14 reperti, nn. da 1668 a 1682 40 di cui non parrebbe indicato né numero di consegna, né collezione d'appartenenza. Malgrado ciò, seguendo le descrizioni nell'Inventario Arditi e quelle contenute in nel documento (ASSAN IV B 10, 8) conservato presso l'Archivio Storico della Soprintendenza, pare si possa derivare come tali reperti faccessero parte della piccola collezione donata nel 1833 dal medico scozzese J. E. Hogg. Come successo per la collezione Picchianti, anche tale pur piccolo nucleo, acquisito tuttavia dopo la redazione dell'inventario, si vide introdotto numericamente di seguito ai reperti precedentemente inventariati. La redazione di un secondo inventario della Collezione egiziana nel 1843 si deve a Francesco Maria Avellino (1788-1850), Direttore del Museo dal 1839. Il volume oltre a riportare i precedenti reperti accludeva anche la piccola raccolta offerta in dono da C. W. Schnars. Il volume riprende comunque pedissequamente descrizioni e numeri inventariali precedentemente usati da Arditi. A sostituire Avellino nella direzione del Museo, dopo la sua morte, fu Domenico Maria Orlando Spinelli, Principe di Sangiorgio che parallelamente fu Soprintendente degli scavi e Presidente dell’Accademia Ercolanese. Le fonti riporterebbero in tale periodo la consegna degli oggetti della collezione egizia, eseguita in tre fasi nella prima decade di luglio del 1849 41, iniziando il 4 Luglio42 quando fu effettuato un primo controllo dei reperti all'interno degli armadi delle sale e venendosi a completare il 10 dello stesso mese, giungendo al numero inventariale 1706. L'Inventario Sangiorgio verrà tuttavia completato solo anni dopo, tra il 1852 e il 1854. Alla numerazione dei reperti, la loro descrizione (con l'inserimento) riprende fedelmente e si rifà a quella precedente dell'Inv. Avellino cui si vedono aggiunte brevi annotazioni circa restauri, correzioni nonché un'appendice dei Verbali per “lo svolgimento dei magazzini dei depositi” per gli anni 1853 e 1854. Come l'Inventario Avellino, il suddetto elenco registrerebbe 1706 reperti (ovvero 24 reperti in più rispetto al precedente Inv. Arditi). Le cause di tale incremento parrebbero ricercarsi nell'acquisizione risalente al 1842 del piccolo nucleo Schnars (22 oggetti circa), e alla diversa numerazione di due sarcofagi Picchianti che nell'inventario antico erano associati ad un solo numero identificativo, mentre nell'inv. Sangiorgio saranno scomposti, vedendosi assegnati un numero inventariale all'alveo con la mummia, e un altro al coperchio 43. L'ultimo inventario, corrispondente all'Inventario Generale del Museo, fu redatto sotto Giuseppe Fiorelli. Esso comprende 14 Volumi (cronologicamente includibili negli anni successivi al 1870) 44 . Contenuta nel primo volume e preceduta dalle “Suppellettili moderne”, la Collezione egizia viene a

35 36 37 38 39 40 41 42 43

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Arditi numero 5); nr. 7 - Arditi 1822 - ASSAN, Inventario Storico 10; Colonna 2 (Inv. Gen. 978; Ard. n. 188; Ard. 1828, n. 165) (“Colonna di breccia d'Egitto simile e compagna a quella descritta a numero 4”); n. 188 - Arditi 1822 ASSAN, Inventario Storico 10. Inv. Ard. 1828. Documenti Inediti 1879, 354-356. In Archivio sono presenti diverse copie con l'elenco di questi reperti. Inv. Ard. 1828. Inv. Ard. 1828. Documenti Inediti 1879, 351-353. Tutti i reperti sono pertinenti alla collezione Picchianti, con l'eccezione del numero 1669 che descrive il naoforo Casanova. Di cui l'ultimo forse d'incerta attribuzione. Da n. 1 a n. 631 in data 4 Luglio, da n. 632 a n. 1197 in data 7 Luglio, da n. 1198 a n. 1706 in data 10 Luglio. Ordine di consegna in data 8 Giugno 1849. “n. 1696. Veggansi al nostro num. 1670 la corrispondente descrizione della cassa e della mummia con altri oggetti. Sotto questo numero 1696 è soltanto la parte inferiore della cassa e della mummia ivi descritta”. “Num. 1670. Sarcofago ligneo antropomorfo 2341 - alveo e mummia - e 2347 - coperchio (CCEMAN, n. 15, 2). CCEMAN 1989, 186-187, 24, 1-24, 2 [Cozzolino], CCEMAN 1989, 187, 24, 3 [Di Maria]. Per l'attività giovanile di Fiorelli, Vd. anche Milanese 1999, 417-443.

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Capitolo IX - L'Egitto a Pompei

distribuirsi ed essere compresa tra i nn. 176 e 2399, essa è seguita dalle “Iscrizioni e sugelli antichi”. In tale data oltre ai reperti già registrati negli inventari precedenti, appaiono anche i nuovi reperti che ex dono furono acquisiti dal Museo. Secondo tale elenco, dopo il 1870, la collezione avrebbe pertanto compreso un totale di circa 2284 reperti. Nella loro articolazione, gli inventari sono organizzati in diverse colonne da sinistra a destra e contengono nell'ordine: il numero del reperto, la dimensione, la descrizione (il più delle volte trascritte analogamente), spesso la collezione di appartenenza e la menzione o richiamo al numero dell'inventario precedente; per cui, partendo dal più recente (Inv. gen. / Fiorelli) è possibile andare a ritroso nell'identificazione del reperto, mentre non è possibile l'operazione contraria, ovvero partire e seguirne le progressioni dal più antico (Arditi 1822/1828). Interessanti e ancora inediti documenti circa la collezione egizia del MANN, segnalatimi da R. Di Maria (MANN), permetterebbero inoltre di ricavare altre informazioni utili ai fini di questa panoramica. A metà degli anni Ottanta venne infatti eseguita una relazione sull'attività di consulenza scientifica svolta dagli egittologi, C. Cozzolino, D. d'Errico, R. Di Maria, G. Esposito, R. Pirelli, F. Poole coordinati dal Professor. C. Barocas. Le attività svolte in tale contesto furono varie. Dal novembre 1984 al febbraio 1985, venne operata una scelta di oggetti da esporre, basandosi principalmente su un criterio che valorizzasse i reperti meglio conservati. A tale scopo furono avviate indagini di ricerca preliminare negli inventari della Soprintendenza al fine di rinvenire dati non deducibili dal solo oggetto. Dal marzo 1985 al gennaio 1986, si procedette al tentativo di identificazione dei nuclei di provenienza e acquisizione di cui la raccolta egizia si compone e tra queste le raccolte Borgia, Picchianti, Schnars, Stevens, Scavi della Real Accademia dei Belle Arti e Real Museo Borbonico, Egitto, Napoli, Ercolano, Pompei, Baia etc... Sulla base di tale classificazione concordemente con la Direzione museale venne effettuato lo smistamento dei reperti. Dal febbraio 1986 e per diversi mesi successivi, il lavoro aveva previsto anche l'identificazione inventariale di diversi reperti la cui acquisizione non era stata definita a causa dell'assenza di riferimenti sul reperto. Le indagini in tale prospettiva tennero conto principalmente del cosiddetto Sottoconto Egizi, l'Inventario S. Giorgio, i due Inventari Arditi. Nella Relazione A, circa il riordinamento dei materiali con identificazione dei nuclei di provenienza e acquisizione di cui si compone la raccolta, il gruppo coordinato da Barocas, che iniziò i lavori a settembre del 1983 (ovvero durante la Mostra “L'Antico Egitto in Campania”), prese le mosse per un più specifico studio del materiale egiziano del Museo, esponendo alcuni reperti da anni inaccessibili ed eseguendo un riordinamento del materiale stesso. Dai tempi della sua formazione nel corso dell'Ottocento, la Collezione egizia non aveva mai goduto di un lavoro di classificazione e schedatura dei reperti da parte di egittologi, e tali reperti erano sempre stati esposti in base a moduli ottocenteschi senza approfondimento dei contenuti e del valore archeologico degli oggetti in sé. Oltre a ciò, come è riscontrabile, gli inventari ottocenteschi riportano diverse imprecisioni riguardo la natura dell'oggetto e specie circa la sua funzione nel periodo egizio, senza dimenticare che raramente ne viene indicata la provenienza. Il passaggio da un inventario ad un altro aveva poi comportato diverse sviste o errori di trascrizione e registrazione (come ad esempio l'indicazione dello stesso oggetto prima come appartenente ad un nucleo e successivamente ad un altro). A queste imprecisioni andavano spesso ad aggiungersi errori commessi nel tentativo di ordinamento dei reperti 45. Detto ciò, non bisogna dimenticare come dato che molti di questi reperti erano stati in gran parte lasciati a sé stessi, spesso non se ne ritrovava menzione inventariale, né recente né storica, mentre in altri casi alcuni numeri erano incrociati con quelli di oggetti similari. L'esecuzione di tale ricognizione portò ben presto alla realizzazione di un inventario con numerazione consecutiva in cui i numeri Eg. dei reperti rimasero tuttavia senza indicazione dell'Inventario generale. È interessante far oggi notare come fu proprio dopo tali indagini che iniziò a delinearsi una proporzione più equilibrata circa la Collezione Borgia e Picchianti, in parte storicamente ritenute totalizzanti, e che certo erano significative, ma non erano 45

A causa della lacunosa classificazione dei reperti, la schedatura si presentava incompleta a sua volta. Gran parte dei reperti era infatti registrata unicamente su schede fotografiche che portavano denominazione dell'oggetto e dimensioni, mentre le schede R.A. esistenti erano imprecise e non recavano il testo geroglifico.

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

gli unici gruppi rilevanti, mentre in conseguenza a ciò iniziarono ad essere presi in considerazione anche nuclei più esigui. Dopo tale ricognizione si procedette alla pertanto definizione di un ordine espositivo che vedeva in breve nella VII e VIII sala – Collezione Picchianti; metà della VI sale e IV e V sala – Collezione Borgia; altra metà della VI sala materiale egittizzante di provenienza non definita, reperti Borgia e Picchianti non provenienti direttamente dall'Egitto e provenienze varie. Si prese pertanto avvio dallo studio dei seguenti inventari: I) Inv. Arditi – I Vol. - Numero reperti da 1 a 627 – anno 1822; II) Inv. Arditi – II Vol. - Num. reperti da 1 a 1683; III) Inv. Sangiorgio – Num. reperti da 1 a 1680 – anno 1852; IV) Sottoconto Egizi dell'Inventario Generale redatto dal Direttore Fiorelli – anno 1885: Num. reperti da 176 a 2399; da 113865 a 113889; 114230; 133158 et 133159; 138660. Gli ultimi numeri del Sottoconto Egizi sono relativi a reperti egiziani giunti al Museo dopo il 1870 quando fu istituito un “Giornale d'entrata o Inventario Generale d'immissione”. Per gran parte di essi non vi è alcuna indicazione riguardante provenienza o acquisizione, mentre altri risultavano appartenenti al “Fondo Magazzini” ed uno riportava menzione “Stevens”. Si trattava comunque per lo più di amuleti e qualche uschabti. Una prima osservazione si pose giustamente riguardo la differenza numerica. Il documento redatto in quell'occasione mostrerebbe come tra l'Inv. Sangiorgio e il Sottoconto Egizi vi sarebbe stata una forte discrepanza di reperti, che non poteva certo trovare giustificazione nell'immissione successiva di reperti non appartenenti ai due nuclei principali (Borgia e Picchianti) poiché essi non avrebbero raggiunto che un esiguo numero. Era infatti già stato compreso come le cause fossero da ricercare in variazioni avvenute tra il 1822 (Inv. Arditi) ed il 1885 (Inv. Gen./Fiorelli). Tra questi sarebbe infatti possibile attestare un incremento di circa 600 reperti, che come si è accennato, risulterebbe ingiustificato poiché in quegli anni al Museo risulterebbero acclusi solo una cinquantina di reperti. Le ragioni della riduzione della quantità concreta dei reperti assieme ad un loro aumento numerico all'interno dell'inventario Fiorelli, andrebbero collegate ad avvenimenti interni al Museo, verificatisi appunto tra il 1828 e il 1870, e sarebbero sintetizzabili in tre azioni. In primis, l'eliminazione di reperti in materiale organico andati nel tempo in decomposizione 46; il trasferimento di reperti dalla Collezione egiziana ad altri settori del Museo, ovvero: a) Bronzi minuti; b) Fondo Magazzini; c) Collezione vascolare 47; lo smistamento di gruppi di oggetti registrati con un unico numero inventariale d'entrata ma successivamente numerati singolarmente 48. 46

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Dal Sottoconto è ricavabile come nel 1885 molti reperti organici furono “depositati in magazzino gessi perché in putrefazione”. Arditi (specie nelle descrizioni dei reperti) ne sottolineava l’avanzato stato di decomposizione che, specie a causa del luogo di conservazione, di certo venne a peggiorare durante l'Ottocento. Dopo il trasferimento di alcuni reperti avvenuto nel 1828, tra il 1859 e il 1885 si registrerebbe il trasferimento di una “tavoletta quadrilunga di piombo scritta su tutte e due le parti in caratteri arabici” (i.e. Inv. SG, n. 205; Inv. Ard., n. 22; Inv. Borgia (redac. Zoëga), n. 348) nella “Collezione araba presso quella del medioevo” (Vd. Inv. SG, n. 205). Dal Sottoconto, il 19 Novembre 1929 risalirebbe invece consegna ad un tal Signor Langella, consegnatario dei Piccoli Bronzi, di 18 reperti in bronzo (10 Borgia, 2 Picchianti, 4 da Pompei (evidentemente da identificare con Inv. Gen. 300 - Kora; 374 - Busto donna in bronzo con ghirlande; 384 - Mano votiva; 409 - Figura virile su disco) e 2 da Napoli), mentre di lì a poco, si menziona uno spostamento nei Bronzi Minuti di altri 13 reperti (11 sistri, di cui 9 da Pompei (Inv. gen. nn. 2386; 2387; 2388; 2389; 2391; 2392; 2395; 2396; 2397), 2 della Collezione Borgia e 2 specchi Picchianti). Tale spostamento potrebbe rimandare al fatto che gran parte dei bronzetti Borgia fosse costituita da kouroi etruschi e poco attinenti alla collezione egizia. Vd. anche Mazzocchi 1997, 129-185. Difatti durante la direzione Fiorelli (specie negli anni Settanta dell'Ottocento), oltre a più attente descrizioni e al passaggio dall'unità di misura di once e palmi ai centimetri, ad ogni reperto fu fatto corrispondere un proprio numero, al contrario di quanto avvenuto sia nell'Inv. Sangiorgio che nell'Inv. Arditi, dove spesso in entrata i reperti erano raggruppati per soggetto o per pertinenza ad un medesimo gruppo e pertanto registrati sotto un unico numero di inventario. (Si farebbe eccezione per la cassetta porta ushabti della Cantatrice di Ammone con i relativi ushabti (1097, 652 e 653). CCEMAN 1989, 168-171, 18.1-18.38 [Poole]; il Libro dei Morti (2322) (CCEMAN 1989, 188189, [26-27], [Cozzolino]) e il pettorale con scarabeo del cuore (2348) (Tav. XI, fig.3), giunti rispettivamente con la mummia femminile (CCEMAN 1989, 187-188, 24.3 [Di Maria]) e con il sarcofago "di sacerdote"(CCEMAN 1989, 188, 25.1-25.2 [Di Maria]), da questo momento in poi non viene più indicato l'associazione tra i reperti (CCEMAN 1989, 68, 7.1-7.2 [Cozzolino]) come avvenne per esempio al gruppo di cartonnage borgiani pertinenti al sarcofago femminile 2342-2346). Do notizia che studi più specifici sulla collezione egiziana borgiana sarebbero inoltre al

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Capitolo IX - L'Egitto a Pompei

L'attribuzione di uno stesso reperto a nuclei collezionistici diversi per errore di trascrizione è poi una casistica che si ritroverebbe diverse volte negli inventari 49. IX.3.3. Primi esempi di ricostruzioni storico-inventariali ed espositive Ciò detto, in conclusione a questa sezione preliminare, andrà pur ribadito come partendo dalla ancora inedita trascrizione del cosiddetto “Sottoconto Egizi” nn. 176-2399 (pur in valutazione delle differenze con gli altri inventari storici) alcuni recenti studi stanno tentando di ricostruire la progressione delle vicende espositive della Collezione egizia nel corso della sua formazione. Attraverso le indagini e le testimonianze d'archivio e dei disegni si tenterà pertanto di fornire un quadro generale anche dei reperti nel tempo esposti e la loro collocazione museale 50. Un rapido esempio permetterà di mettere in parte in evidenza quanto appena detto pur lasciando al momento necessariamente aperte diverse questioni. Secondo l'Inv. Arditi risalente al 1822 51, data di particolare importanza per la storia della Collezione egizia, all'interno del Real Museo Borbonico sarebbero stati presenti circa 700 reperti “egizi”, tra essi quelli provenienti da Pompei sarebbero stati i seguenti (si segue la numerazione progressiva): nel mezzo del portico: n. 0, tazza di marmo statuario venato; a destra del portico: n. 4, Colonna di breccia d'Egitto; n. 5, ibi; n. 8, Iside in marmo; nella pariete: n.12, tavola isiaca; nella pariete: n. 80, Figura accovacciata in pasta di porcellana; n. 85, statuetta virile in piedi di basalto verde; sulla porta: n. 89, giovinetto in basalte nero; sull'ottavo armadio, nella pariete: n. 165, colonna di breccia; n. 166, ibi; interno del secondo armadio (Bronzi minuti): n. 215, sistro; n. 221, sistro; interno del sesto armadio: n. 463, figura mummiaca di terracotta coperto con vernice verdastra; n. 465, figura mummiaca di terracotta; interno del settimo armadio: n. 478, sistro; n. 509, sistro con tre turni; n. 517 sistro; interno del ottavo armadio: n. 582, sistro; n. 587, sistro a quattro turni; n. 592, sistro molto corroso; n. 595 uomo stante con cuffia a squame (?) [Pompei eraso e sostituita da una mano votiva bronzea di sconosciuta provenienza]; n. 598, sistro a tre turni; n. 599, bustino di donna con monile; n. 600, figurina; n. 601, figurina con monile; n. 602, figura mummiaca; n. 603, pateco assiso; n. 604, figura di uomo su di un cilindro; n. 605, gatto sedente; n. 606, Isis lactans (?); n. 626, Base di bronzo con geroglifici; n. 627, Piedistallo. Resta chiaro quindi che un’indagine puntuale su tutti gli esposti reperti egizi della collezione, che raggiungeva all'epoca di Arditi circa le 700 unità, dovrà prevedere anche un necessario riconoscimento dei reperti stessi negli inventari successivi. Un primo tentativo seguendo tale metodologia potrà (a seguito di preliminari indagini) qui esporsi ad esempio per parte dello stato espositivo della Collezione alla metà del secolo circa. Secondo delle prime ricerche, attorno al 1849, sarebbero infatti stati esposti circa sessanta reperti egizi 52. Tra essi quelli provenienti o ritenuti di provenienza pompeiana, sarebbero stati presenti nel vestibolo: Colonna di breccia (Inv. Ard. 4; Inv. SG. 941; Inv. Gen. 977); Ibi corpo marmo con testa collo e piedi bronzo (Inv. Ard. 5; Inv. SG 942, Inv. Gen.765) [inizialmente creduto pompeiano]; Monumento del Privilegiato presso Harsafes, primo sacerdote uab di Sekhmet, Samtoue-tefnakhte

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momento condotti dalla Dott. S. Mainieri dell'Università Orientale di Napoli con cui si è avuto modo di discutere e valutare diversi dati. Si veda a proposito la vicenda che si è qui avuto modo di risolvere circa la questione dei vasi canopi (MNN 1045; 1052; 1074; 1075): Donati da Sua Maestà, ma ritenuti per lungo tempo anche pompeiani. Note alla Tavola dei reperti di attribuita o attribuibile provenienza pompeiana conservati al MANN e menzionati nel Sottoconto Egizi. Vd. Bellucci, Di Maria (in preparazione). (ASSAN Inv. Ant. n. 10). Di tale inventario esistono due copie la prima (ASSAN Inv. Ant. n. 9) comprendente 700 oggetti e la seconda (ASSAN Inv. Ant. n. 10) che ammonta a 627 oggetti. La variazione è dovuta all'esclusione di alcuni reperti e al relativo aggiornamento del posseduto. Nello stesso anno si ritrova l'edizione del Portico delle Antichità egizie da parte di G. Finati che pur seguendo lo stesso ordinamento per ambienti e vetrine presenta tuttavia alcune variazioni e differenze nella serie numerica che non trovano riscontro nelle copie Arditi 1822. Vd. Finati 1822, 1-2. Documentazione inedita Archivi MANN.

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

(Inv. Ard.12; Inv. SG 79; Inv. Gen. 1035); Sfinge (Inv. Ard. 80; Inv. SG 420; Inv. Gen.430); Statua virile (Inv. Ard. 85; Inv. SG.1144; Inv. Gen. 1088); Statua sostegno (Inv. Ard. 89; Inv. SG 670; Inv. Gen. 1095); Colonna di breccia (Inv. Ard. 165; Inv. SG. 943; Inv. Gen. 978); Ibi corpo marmo con testa collo e piedi bronzo simile al precedente (Inv. Ard. 166; Inv. SG. 944; Inv. Gen. 766) [inizialmente creduto pompeiano]; Sistro (Inv. Ard. 215; Inv. SG 408; Inv. Gen. 2391); Sistro (Inv. Ard. 221; Inv. SG 409; Inv. Gen. 2392); Ushabty del faraone Nekhet-nebef - Nactanebo I, (Inv. Ard. 463; Inv. SG 1202; Inv. Gen. 459); Sistro a 4 turni (Inv. Ard. 478; Inv. SG 1533; Inv. Gen. 2395); Sistro a 3 turni (Inv. Ard. 509; Inv. SG 1534; Inv. Gen. 2396); Sistro a 4 turni (Inv. Ard. 517; Inv. SG 1535; Inv. Gen. 2397); Sistro a 4 turni (Inv. Ard. 582; Inv. SG 155; Inv. Gen. 2386); Sistro a 4 turni (Inv. Ard. 587; Inv. SG 156; Inv. Gen.2387); Sistro (Inv. Ard.592; Inv. SG 157; Inv. Gen.2388); Sistro a 3 turni (Inv. Ard. 598; Inv. SG 158; Inv. Gen.2389); Mano votiva (Inv. Ard. 595; Inv. SG 161; Inv. Gen. 384); Base rettangolare con geroglifici (Inv. Ard. 626; Inv. SG 1657; Inv. Gen. 1107) [inizialmente creduto pompeiano]; Busto donna in bronzo con ghirlande (Inv. Ard. 599; Inv. SG 124; Inv. Gen. 374); Kora (Inv. Ard. 600; Inv. SG. 125; Inv. Gen. 300); Uomo bronzo con pileo e monile al collo (Inv. Ard. 601; Inv. SG. 118; Inv. Gen. 354); Osiride, figura mummiaca (inv. Ard. 602; Inv. SG. 88; Inv. Gen 364); Pateco (Inv. Ard.603; Inv. SG, 104; Inv. Gen. 284); Figura virile su disco (Inv. Ard. 604; Inv. SG 108; Inv. Gen. 409); Bastet (Inv. Ard. 605; Inv. SG 138; Inv. Gen. 853); Isis lactans (Inv. Ard. 606; Inv. SG. 94; Inv. Gen. 282) [inizialmente creduto pompeiano] 53. Da quanto sopra esposto si comprende come debba ritenersi necessaria una più completa ricostruzione delle vicende espositive della sezione egiziana di Napoli all'interno di un grande istituto museale di impronta ottocentesca e di formazione stratificata. In tal modo, ponendo a confronto le diverse soluzioni espositive adottate dal periodo borbonico a quello post-unitario, fino agli allestimenti novecenteschi, potranno emergere attraverso l'illustrazione dei criteri di volta in volta adottati nella sua presentazione al pubblico, gli elementi di continuità e mutamento nella definizione e nella percezione della sua identità storica, nonché le variazioni della sua posizione nella gerarchia espositiva delle collezioni del MANN 54.

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Ordinamento che sarà in parte rivoluzionato dopo l'Unità d'Italia, si pensi ad es. alla documentazione relativa al 17 marzo 1885, sotto la Direzione di G. De Petra, che a quanto noto, tra i reperti egizi provenienti da Pompei ne esponeva diversi del tempio isiaco. Per la trascrizione integrale del Sottoconto Egizi (Inv. Fiorelli) con inedita descrizione dei reperti della Collezione e le indagini circa le esposizioni museali di reperti egizi presso le sale del Museo si veda Bellucci, Di Maria (in preparazione).

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SEZIONE II Parte seconda Corpus dei materiali

APPENDICI

A1 - ASMEP - Appendice dei soggetti e motivi egizi ed egittizzanti nelle pitture e nei mosaici pompeiani Di seguito l'appendice dei soggetti e motivi egizi ed egittizzanti che tali indagini hanno portato ad individuare tra le pitture e i mosaici pompeiani. Come accennato precedentemente (Cf. III. 4. 1.) il prospetto prevede una disposizione progressiva per Regio, Insula e Domus includente: Collocazione, ossia un codice composto nella sua integrità da cinque specifiche (ma a causa della scarsità delle informazioni a volte anche quattro o tre) divise da virgole che ne identificano in ordine: Regio, Insula, Domus, Ambiente, Definizione ambiente (ad es. I,06,15,0H,ViE , i.e. Regio I, Insula 06, Domus 15, Ambiente 0H, Definizione dell'ambiente e punto cardinale: ViE). Ambiente: scioglimento dell'abbreviazione dell'ultima specifica della Collocazione (con riferimento al punto cardinale in cui è riscontrabile il soggetto individuato). Posizione, ossia in che zona della parete il soggetto è stato individuato (ad es. zoccolo, zona mediana, zona superiore, etc...); Soggetto, i.e. Raggruppamento progressivo per similarità di vari soggetti singoli in un campo inclusivo maggiore (vd. infra); Descrizione, ovvero sintetica presentazione dell'elemento rilevato; Stile, ovvero identificazione di uno dei quattro stili pompeiani (o delle sue fasi intermedie). Si avrà pertanto nell'ordine il seguente prospetto: Affresco; I,06,15,0H,ViE; Viridario, Est; zoccolo rosso / zona mediana; A; paesaggio nilotico; IV 1. Come segnalato anche alla fine del Cap. III, nell'appendice oltre ai soggetti distintamente egittizzanti (A, B, C) si è deciso di includere e dare evidenza anche alle occorrenze dell'ambiguo soggetto loto, sfingi e quelle legate al culto dionisiaco, che presentano colorazioni differenti. Colorazione bianca per i soggetti definibili egittizzanti; grigio chiara per i loti; grigio scura per evidenziare gli elementi dionisiaci e i serpenti (essendo questi ultimi in parte funzionali alla possibile correlazione al culto di Osiri).

1

Il prospetto sviluppa (tenendo in considerazione) i dati di PPP. Per ragioni di spazio la tipologia, ovvero se presente un affresco (come la maggior parte delle volte), stucco* o mosaico, sarà comunque deducibile dall'ambiente o dal soggetto.

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I reperti e i motivi egizi ed egittizzanti a Pompei

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