I misteri dell'arte reale

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OSWALD WIRTH

l MISTERI DELLARTE REALE Presentazione di Giovanni di Monsalvo Traduzione di Andrea Forte

CASA EDITRICE ATANÙR S.r.l. ROMA

Titolo originale: Les Mystères de l'Art Royal Traduzione di: A n drea Forte

Progettazione grafica e impaginazione : Ruggero Violante

Proprietà letteraria riservata Editrice Atanor S.r.l. Via Salaria; 416

O



00199 Roma

by Dervy-Livres Mars 1977

Presentazione

Dalle sorgenti del tempo e dello spazio scaturiscono simboli, si­ gnificati, archetipi come polle d'acqua nelle valli. L'umanità ne viene modellata e plasmata in tenere forme, per colmarsi delle virtù del mon­ do. Così l'universo si racchiude nell'infinitamente piccolo per poi espan­ dersi nel macrocosmo. Il bianco foglio della vita si riempie degli ideo­ grammi della Sapienza e della Conoscenza. Credere di «sapere» è cosa comune. Ma Oswald Wirth sembra dire, con il Tao, che «sapere» non è «conoscere». Allora? I simboli parlano. Hanno vita propria, ordinata in armonie misteriose, eppure comprensi­ bili. Esistono e legano l'uomo, o lo liberano, come compagni di un cam­ mino collettivo dove nessuno può separarsi dall'altro se non per operare in un livello più alto. In nazioni dell'essere stratificate come le pietre del­ le cattedrali e le rocce montane, uomini e simboli diventano operai del­ l'edificio universale. Ma ne sono pure materiale di costruzione. Ecco che vivere diventa- arte, diventa rito, antico come il tempo, giac­ chè affonda le radici nell'origine sacra dell'essere. I simboli parlano, ma agiscono anche. Se guidano l'inconscio dell'uo­ mo, è legittimo immaginare che ne orientino, ancor più, il cammino inte­ riore. Oswald Wirth ne è convinto e tenta di togliere qualche velo al mi­ stero della vita spirituale. La forza, spesso sottile, del percorso iniziatico veste di geometrie, di numeri, di gesti il «lavoro>) nel Tempio. E incomincia a scorrere il fiume inarrestabile della conoscenza. L'opera umana abbandona il corso breve del contingente per acqui­ stare il senso dell'universalità. Bisogna però placare il turbinìo delle passioni e delle vanità. Solo allo­ ra i simboli parleranno e libereranno l'uomo. L'uomo che, non più fuori del Tempio, è divenuto sacro. Nasce qui il sentiero del grande ritorno. Le immagini simboliche non sono stanchi fantasmi scaturiti dal so­ gno dell'infanzia umana. Non sono solamente le rappresentazioni grafiche delle primitive paure e speranze di progenitori spinti a tracciare con dita incerte il frutto di inconsapevoli fantasie. Sono molto di più.

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Favole e leggende, dimenticate o fraintese, incominciano a tessere la tram a leggera dell'anima che ritorna al mito primordiale per immergersi nell'origine dell'io; e per risvegliare infine l'antico serpente, ridiventato a­ mico. La sorgente della vita sussurra richiami irresistibili nel disegno svela­ to delle forme semplici dei simboli ; chiama a raccolta apprendisti, com­ pagni, maestri, centro visibile ed invisibile del simbolo universale: l'U­ manità. Dietro le figure, oltre le rappresentazioni del mistero, il Grande Archi­ tetto delinea il profilo della cattedrale della Conoscenza e della Saggez­ za. Orme segnate dai passi sacrificali, guidano il procedere incerto dell'i­ niziato fino alla Verità. Per Oswald Wirth, e forse non solamente per lui, la Massoneria è una vi a spirituale ancora viva ed operante. Le risposte eternamente cercate e sperate nel dolore, sono scritte da sempre nei simboli di Loggia. E scolpite nel cuore degli uomini. Non è difficile interpretarle. A poco serve l'« analisi» esoterica. A meno servo­ no le chiavi della psicanalisi o della scienza profana. Il Tempio contiene tutto. La vita racchiude tutto : in ogni angolo della terra. Quest'opera di Oswald Wirth scritta molti anni fa, più che discussa va meditata. E va meditata a lungo, in stato di umiltà.

Giovanni di Monsalvo

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PREMESSA

Predecessori immediati degli attuali Massoni, i Free-Masons inglesi del XVII secolo si ritenevano detentori di segreti di straordinaria impor­ tanza. A sentir loro, il saggio re Salomone aveva istruito i costruttori del Tempio di Gerusalemme sui misteri, che i tagliatori di pietra si era­ no fedelmente trasmessi successivamente, sotto il suggello di una invio­ labile discrezione. Donde le iniziazioni professionali che - si afferma non inerivano esclusivamente alla tecnica materiale dell'architettura. Si sarebbe trattato in realtà di antichi segreti, molto anteriori all'epo­ ca del regno giudeo, dato che risalivano agli inizi dell'arte di edificare. Nulla sembrava allora possibile all'uomo senza la collaborazione miste­ riosa di potenze invisibili. Ed allorquando queste potenze intervenivano segretamente, conveniva tacerne. Un patto di silenzio legava ad esse: la minima indiscrezione rompeva l'incanto, gli dei abbandonavano colui che non sapeva mantenere il /oro segreto. Si tratta dunque di un segreto religioso, che i costruttori si trasmise­ ro all'origine, e che cessò di essere ortodosso quando il cristianesimo triotifante non tollerò più altro dogma che il proprio. Divenne allora prudente ripararsi dietro Salomone, per rendere meno sospette le tradi­ zioni architettoniche cristianizzate. Esse costituirono più tardi l'Arte Reaie in ricordo del figlio di David; nel XVIII secolo il termine divenne sinonimo di Massoneria, /addove i Massoni moderni pretendevano limi­ tarsi a costruire spiritualmente. Facendo appello alla leggendaria sag­ gezza del re biblico, essi ambiscono erigere il Tempio immateriale dell 'Umanità futura, istruita intellettualmente e divenuta saggia nella pro­ pria interezza. 7

Simile opera supera la tecnica architettonica ordinaria, e comporta dei misteri religiosi che sono quelli della vera Arte Reale. Formando de� gli Iniziati, quest'arte forma dei Re, cioè degli uomini sottratti ad ogni dominazione, dunque liberi, sovrani maestri di se stessi. Per elevarsi a tale realtà inizlatlca bisogna apprendere a pensare con Indipendenza, senza subire la tirannia dei pregiudizi imperanti o lasciarsi imporre le i­ dee altrui.

t (ndispensabile,

d'altra parte, avere scosso il giogo delle passioni, ed

agire regalmente In tutte le cose, con sovrana coscienza della propria re­ sponsabilità. Ogni Alta Iniziazione si applica all'educazione di Re. La Chimica

Reale insegnava a trasmutare il piombo della natura umana volgare In oro iniziatico, realizzando la perfezione compatibile col carattere di cia­ scun individuo. I costruttori evidenziano tale perfezione sotto l'immagi­ ne di una pietra, che si è rettangolarmente tagliata d��: se stessa, alfine di poter essere incorporata nel grande edificio umanitario, Tempio idea­ le, obiettivo supremo dell'Arte Reale. Che i simboli siano derivati dal­ l'antica metallurgia o dall'arte edificatoria, l'esoterismo rimane lo 'stes­ so: si sviluppa uno stesso programma, quello della pura iniziazione. Perché questo programma è un mistero? Senza dubbio perché inte­ ressa solamente quelli che sono chiamati a seguir/o: gli lniziabili. Le co­ se sante non devono essere profanate. Esse ricavano la loro forza dalla comprensione degli Iniziati, donde la disciplina del segreto che sempre è stata osservata. Ma se gli Iniziati hanno il dovere di tacersi davanti ai profani che non li comprenderebbero, tuttavia non possono rifiutarsi di istruire gli spiriti aperti alle nozioni iniziatiche: da ciò gli scritti enigmatici, che si limitano afare allusione agli argomenti riservati. Queste rivelazioni discrete dei misteri non hanno mai potuto mettere questi ultimi a nudo, giacché nessun mistero reale è svelabile: esso infat­ ti, rapportandosi all'ultima profondità del pensiero, penetra al di là di o­ gni forma espressiva. La verità si nasconde nel fondo di un pozzo. Ap­ profondiamo e potremo percepir/a nella sua casta nudità,· questo non .wrà ancora il mistero, poiché esso presuppone la dea spogliata della

pelle e delle carni, senza più neppure lo scheletro: un punto matematico senza dimensioni resterà solo per fissare il pensiero. A queste condizioni l'iniziabile non potrebbe essere istruito diretta­ mente. Delle immagini gli sono mostrate, mentre egli gioca il proprio ruolo nella sequenza scenica delle fasi durante 1'/niziazione. Le parole pronunciate sono enigmatiche, poiché si rapportano al mistero. Il profa­ no le sente, ma egli non ha le orecchie per intendere come non ha gli oc­ chi per vedere. Non sono le cerimonie che hanno il potere di iniziar/o. Esse esercitano peraltro la loro azione sull1niziabile, che subisce l'at­ trazione del mistero. Ciò eh'egli avrà visto ed ascoltato farà lavorare il suo spirito. A iutato dagli Iniziati, divinerà il senso dei simboli. e la portata dei riti, iniziandosi lui stesso progressivamente; Noi invitiamo qui il /ettore a lavorare iniziaticamente. I materiali che gli offriamo provengono dal cantiere dell'Iniziazione occidentale, dove figurano blocchi scolpiti da più di cinquemila anni, sui bordi dell'Etifra­ te; il genio greco vi ha lasciato imperituri modelli, ed il nostro miscono­ sciuto medio evo vi si è rivelato in tutta la sua gloria. Ma 1'/niziabile so­ lo si inizia: cosz' vuole l'ineluttabile legge dell'A rte Reale.

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Prima parte

L'iniziazione, sue origini e sua evoluzione

Il Serpente della Genesi

Quando i fanciulli raccontano delle favole, essi non sono vittime del linguaggio che il favolista presta agli animali ; della finzione, essi non va­ lutano come vera che la morale ricavabile. Perché noi saremmo più in­ genui di loro, di fronte al mito della caduta dei nostri primi genitori ? Tale racconto è fondamentale per la dottrina cristiana, perché la cata­ strofe dal serpente biblico rende necessario l'intervento del Salvatore. Niente di più veritiero per ciò che concerne le allusioni, alle quali si rife· riscono le immagini sacre. Interpretiamo innanzitutto i simboli su quanto suscitano in noi più spontaneamente. Considerata sotto questo profilo, la coppia adamitica personifica l'umanità primitiva, ancora animale, che ignora dunque l'uso del fuoco e non sogna neppure di vestirsi o costruirsi dei rifugi. I nostri progenitori, nutrendosi di frutti che non devono coltivare, se non sono scimmie, vivono quanto meno come loro. L'intelligenza non è ancora sviluppata; sono impulsivi ed ubbidiscono all'istinto che li guida infalli­ bilmente in tutto quanto concerne il compimento delle loro funzioni fisiologiche. Senza comprendere di cosa siano manchevoli, vivono sod­ disfatti della propria sorte, felici e relativamente onniscienti, poiché un infallibile istinto li rende lucidi quanto al soddisfacimento delle necessità. Questo è lo stato paradisiaco di cui beneficia l'animalltà docile alla legge della propria specie. Una provvidenza la protegge, ma le interdice di aspirare al discernimento, giacché discernere significa autonomia in­ tellettuale, affidamento ad una luce diversa da quella istintuale. La ri11

nuncia a lasciarsi guidare passivamente da quest'ultima costituisce una insubordinazione colpevole agli occhi del genio protettore della specie a­ nimale, dunque ad un peccato contro le divinità agresti, come l'ellenico

Pan od il babilonese Enkltou.

È

importante insistere su questo punto, giacché- se la bibbia mono­

teista cade talora in contraddizione - dipende dal fatto che le tradizioni raccolte risalivano sovente ad antichissime mitologie. n Dio antropo­

è un antico «ma­ è significativa in senso primitivistico, giacché un Creatore infinitamente saggio è inconce­ morfo del paradiso, che passeggia al fresco della sera,

nitou • confuso con l'Essere supremo. La sua attitudine

pibile se ciò che avviene non rientrasse nei suoi piani. Come pensare ch'egli pianti l'albero fatidico, e si prenda la pena di dotare il Serpente della sua sottile seduzione, senza dare la caduta per scontata? Solamen­ te la mitologia comparata giustifica certi testi che quadrano male con la teologia giudaica.

È

comprensibile che un dio pagano, preposto al governo dell'anima­

lità, si offenda dell'emancipazione umana; ma rispettiamo abbastanza l'intelligenza suprema per non attribuirle sentimenti meschini. Non

è for­

se questa che forma gli attori nel dramma dell'eterna evoluzione, di cui dirige la rappresentazione? Fra questi attori figura il Serpente che, lungi dall'essere maledetto dai nostri più antichi predecessori, al contrario appariva loro come degno di venerazione. Adorando le sorgenti che fanno sgorgare l'acqua vivifican­ te dal seno della Terra divinizzata, i Liguri stabilirono una analogia fra il

ruscello serpeggiante attraverso la piana ed il serpente che scivola fra l'erba, facendone così un animale sacro e direttamente in rapporto con la vita. Partendo da una concezione identica, i Greci attribuirono più tardi al serpente un potere curativo. Essi tenevano nei templi di Escula­ pio degli ofidi, il cui contatto doveva guarire i malati. L'Uroboro, l'im­ menso serpente che si morde la coda, simbolizzava peraltro la vita gene­ rale, indistruttibile nel proprio eterno ricominciare. Ma il serpente biblico allude ad un altro aspetto del simboli. Se per­

è perché appartiene alla famiglia · del serpente Pitone, l'ispiratore delle pitonesse. Queste divinatrici legge­ !made Eva a gustare il frutto proibito,

vano In ciò che gli occultisti, come Paracelso, chiamano la luce astrale. SI puo comparare tale agente d'illuminazione immaginativa alla oscura

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evanescenza che proviene dalle stelle(!), ma è meglio figurarsela come una sospensione fosforescente che avvilluppa il globo terrestre. Tale at­ mosfera diffusamente luminosa influenza le immaginazioni ricettive, che si comportano con essa come con un condensatore rifrangente. Si spie­ ga così l'illuminazione dei veggenti, inducente la passiva impressionabi­ lità dei contemplativi che si abbandonano al sogno risvegliato.

È

certo che, prima di pensare in modo cosciente, l'umanità abbia lunga­

mente sognato poiché l'immaginazione entrò in attività prima della ra­ gione risvegliatasi solo successivamente. Questo fatto giustifica la leg­ genda che mostra il serpente rivolgersi ad Eva, personificazione delle fa­ coltà immaginative, piuttosto che ad Adamo, futuro ragionatore, nato pesante di spirito e di per sé poco comprensivo. Eva è divinatrice, concepisce femmineamente ciò che le viene suggeri­ to da una influenza misteriosa, giacché in Eva si è sviluppato un dono di

veggenza che si collega direttamente all'istinto. Da quest'ultimo all'intel­ ligenza controllata c'è un livello intermedio, che è quello della divinazione. Eva vi si è elevata, poi vi ha fatto salire Adamo, giacché l'intellettività femminile non può compiere un progresso senza che la mentalità maschile ne benefici per ripercussione. Eva non può mordere il frutto dell'albero del discernimento senza dividere con Adamo il nuovo alimento ch'ella stima eccellente. Prendendo alla lettera il racconto biblico, la disobbedienza dei nostri primi genitori avrebbe istantaneamente prodotto il suo effetto: da istinti­ vi sarebbero divenuti intelligenti, per miracolo. Rendendosi conto della loro nudità, avrebbero inventato l'indumento, sotto l'influenza di un sen­ timento di pudore immediatamente sopraggiunto.

È verosimile che però

l'evoluzione fosse lenta. Eva ha potuto ascoltare il Serpente durante se­ coli prima di toccare il frutto proibito: i miti infatti schematizzano sop­ primendo i tempi. In realtà ciò che corrisponde nell'essere umano alla intelligenza fem­ minile, cioè alle facoltà sensitive e divinatorie, si è sviluppato anterior­ mente /al potere di ragionare concependo idee esatte, suscettibili di con­ catenazione logica. L'Eva simbolica fu dunque la prima a disimpegnarsi

(1) Vedere l'interpretazione dell'Arcano XVII: le Stelle, nel nostro Tarocco dei Fabbricatori di

immagini del medioevo.

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dull'unimuliti\ puru e semplice. Ella ebbe il presentimento dell'avvenire intellelluule umuno e - ispirata dal Serpente - concepì l'ambizione

di

divenire simile aali dci, conoscendo il bene ed il male. Colpevole di oraoglio agli occhi del

«

manitou » tutelare della istintua­

lità, che hu potuto certo maledire il serpente, ella non fu però manchevo­

le du un punto di vista superiore, giacché l'emancipazione umana non può muncurc di rientrare nel piano della suprema Saggezza.

Quulc

messa a punto reclama dunque la teoria della caduta? Se c'è

pcrdllu per l'umanità che si allontana dallo stato istintivo originario, è ri­ spetto la perdita della felicità incosciente. Noi stimiamo felice il fanciullo che gioca con innocenza, preservato dall'affanno della vita; ma deplo­

r l um o l'Innocente nel quale la fase infantile si prolunghi oltremodo, od il vecchio ritornato incosciente per indebolimento delle proprie facoltà. Ciascuna cosa al suo tempo, così come ciascuno stato comporta van­ taggi cd inconvenienti. La scimmia è più agile dell'uomo, sul quale le quattro mani di quella stabiliscono una indubbia superiorità, quando si tratta di arrampicarsi sugli alberi ed impadronirsi dei loro frutti. Inizial­ mente l'uomo si è sentito inferiore agli animali, ed ha nutrito per loro un'ammirazione che si è tradotta in culto. Ma la specie diseredata fisica­ mente si sviluppò cerebralmente, proprio a causa della inferiorità dell'or­ ganizzazione naturale. Le fu necessario passare attraverso una lunga scuola di privazioni e sofferenze, per acquistare artificialmente ciò che una sorte crudele sembrava rifiutarle. n paradiso perduto corrisponde a una realtà non meno che la condanna all'ingrato lavoro: ma è falso eri­ gere ad ideale umano il far niente e la spregevole oziosità. Dov'è la nostra nobiltà, per noi che ci siamo fieramente eretti

e

non

siamo chiamati a curvare la testa come quadrupedi? Creature il cui or­ goglio non ha nulla di empio, noi siamo della razza dei Titani, nati per conquistare il cielo. Ma volendo perseguire il fine, dobbiamo accettare i mezzi. Il lavoro si impone a noi: è ineluttabile, giacché esso solo condu·

ce allo scopo. Cerchiamo allora di comprendere e mostriamoci intelligenti sino alla penetrazione del senso profondo della vita. Constateremo che vivere e lavorare sono sinonimi, gli esseri non esistendo che in vista del compito

che loro compete. Dopo esserci emancipati dalla tutela indispensabile al­ l'infanzia, non dobbiamo rivoltarci contro la necessità di guadagnare pe­ nosamente la nostra vita. Non è gemendo contro il preteso peccato com-

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messo nei confronti della provvidenza animale che ci mostriamo uomini, degli figli di quella Eva che ebbe il merito di desiderare l'intelligenza. Be­ nediciamola, senza dimenticare il serpente, animale che fu maledetto per incomprensione. Intendiamoci al riguardo. Prima di essere condannato a rotolare nel fango, non avrebbe potuto essere una di quelle lucertole che si dice siano amiche dell'uomo? Simbolo della luce astrale, egli corrisponde alla divi­ nità caldaica che si eleva sino a Samas, il dio solare, per piangere davan­ ti a lui i mali dei viventi sottratti all'influenza di lsthar dopo che la dea venne trattenuta negli Inferi ( l ). Tale chiarezza diffusa, che aiuta a divi­ nare istintivamente, al rischio di troppo facili errori, è lontana dall'offrire le garanzie della ragione cosciente; anche Pitone soccombe trafitto da Apollo. La divinazione incerta è soppiantata da metodi informativi me­ no equivoci : un sapere positivo rimpiazza poco a poco le chimere del vi­ sionarismo primitivo. Ma v'è dell'altro per cui non bisogna disdegnare il serpente in modo assoluto. Gli antichi hanno divinato molte cose che la nostra scienza non ha ancora registrato. Essi hanno confusamente sentito ciò che sfug­ ge troppo spesso alla nostra penetrazione spirituale. La loro illuminazio­ ne ha potuto metterli sulla via dei misteri ribelli ai nostri metodi di inve­ stigazione. Non rifiutiamo dunque i nostri sguardi al vecchio serpente, giacché egli è l'originale rivelatore al quale dobbiamo di non essere più delle bestie. Goethe gli rende omaggio nel racconto detto del Serpente Verde (2). Egli mostra la grande biscia luminosa che si sacrifica per salvare il mon­ do, trasformandosi in un ponte che collega le due rive del fiume della vi­ ta. Ed il serpente di bronzo non fu forse una immagine anticipata del Sal­ vatore?

(l)

Vedere il

(2)

Vedere la nostra traduzione commentata di questo capolavoro del grande poeta iniziato:



Poema di lsthar •· mito babilonese interpretato esotericamente.

Goethe,// Serpente Verde- Atanòr, Roma, 1979.

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L'Inizi azione

La leggenda fa del serpente il primo iniziatore e di Eva la prima ini­ ziata. In termini meno poetici ciò può significare che l'immaginazione, facoltà considerata come femminea, apre al genere umano la via del di­ scernimento. Gli inizi dell'intellettualità furono un sogno confuso, un subbuglio di vaghi presentimenti. Scosso, lo spirito si sveglia all'attività per applicarsi a divinare: Eva ascolta il serpente, ch'ella si sforza di comprendere. Diffusamente impressionata dalla radiazione che emana dalle cose o­ scure (luce planetaria, serpente pitone), l'immaginazione lavora. Essa si esercita a ritenere le immagini fugaci che si snodano fluide e non coordi­ nate davanti alla nostra vista mentale. Fissarle - concretizzandole - si­ gnifica far nascere l'idea, che è la materia prima del pensiero. Ma l'umanità comincia a pensare senza ragionare, senza neppure rendersi conto che sta pensando. n suo primo modo di attività procede dal sogno; si tratta di un onirismo contemplativo, generatore della poe­ sia, che precede la prosa in letteratura anche per quanto riguarda la con­ cezione, giacché il nostro pensiero combina delle immagini in racconti poetici prima di astrarsi nella secchezza dei ragionamenti prosastici. La tendenza a poetare è naturale durante l'infanzia; essa domina l'h omo saplens durante l'adolescenza della specie. Bisogna tener conto nella storia antica della mentalità primitiva, che attribuiva all'immaginario u­ na realtà più immediata di quella rivelata dai sensi. Questi sbagliavano, mentre l'intuizione passava per infallibile. Nuova conquista del genere u­ mano, l'illuminazione interiore si imponeva come superiore al processo percçttivo degli animali. Il prestigio della chiaroveggenza si giustificava pertanto per i suoi risultati. Raffiguriamoci un'epoca di fede assoluta, allorquando l'uomo crede docilmente tutto ciò che gli viene allo spirito, senza procedere ad una critica della quale sarebbe totalmente incapace. È certo che una simile mentalità, rara ai nostri giorni, favorisce all'estremo ciò che noi chiamia­ mo la veggenza. Che i veggentl siano stati numerosi durante la preistoria è del tutto verosimile, come il fatto che lo sviluppo delle loro facoltà non cru t u r b a to da niente. In pratica divinatori e divinatrici giocano un ruolo l()

prcponderante negli annali di tutti i popoli antichi. In un ambiente di mentalità primitiva si è potuto normalmente incontrare dei soggetti luci­ di, capaci di avvisare la propria tribù dell'attacco imminente da un'orda nemica. Vaticini di questo genere valevano ai favoriti un timoroso ri­ !ipetto, e si videro potenti gruppi etnici sottomettersi all'autorità di indi­ vidui più intuitivi della moltitudine. Questi privilegiati non potevano mancare di ricercarsi fra loro, secon­ do il motto « chi si somiglia si raggruppa ». Questi furono degli iniziati, relativamente alla folla dei meno dotati. Ed ecco l'iniziazione che nasce in seno alle più antiche società umane. Ma gli scopi non avevano niente di quella trascendenza che immagi­ nano certi occultisti. Rinunciamo a figurarci dei saggi che potessero di­ vinare sino a quanto il moderno sapere scopre ai nostri giorni. Una in­ dubitabile intuizione in merito ha potuto esprimersi in nozioni capaci di meravigliarci, ma indubbiamente tali nozioni mancano di positività. Es­ se fluttuavano al di sotto di quanto si percepisce nettamente, e non pote­ vano tradursi che in immagini poetiche. I miti esprimono ciò che ha po­ tuto essere originariamente avvertito e confusamente divinato. Tali racconti si rivolgono all'immaginazione. Essi poterono benissimo esser concepiti da intuitivi, che non vi discernevano l'esoterismo profon­ do che noi ci troviamo. I nostri poeti ed i nostri artisti usano sovente dei simboli, che essi combinano facilmente e senza una premeditazione ef­ fettiva. Ciò avveniva a maggior ragione nelle epoche dell'abbandono al­ l'immaginazione. Disconoscerlo significa chiudersi alla comprensione dell'antichità. Non trasformiamo in sapienti, e meno ancora in filosofi razionalisti, gli eletti dell'intellettualismo divinatorio originario. Si vennero a costituire delle scuole di profetismo e divinazione, sotto forma di collegi iniziatici, come quello dei· Druidi. Non vi si ammetteva il primo venuto, poiché certe predisposizioni mentali solamente poteva­ no permettere all'allievo di seguire l'insegnamento impartito. Quest'ulti­ mo non era diretto che agli intuitivi. Veniva conferito essenzialmente sotto forma di riti e di simboli, accompagnati da un minimo di parole in­ terpretative. Perché parlarne a lungo, dato che le parole sono inadeguate per esprimere ciò che è di ordine astratto? Il gesto era più eloquente del linguaggio parlato, donde queste scenografie che indicano quello che de­ ve essere divinato. Tanto peggio per chi non comprende: egli si rivela re­ stio all'iniziazione e resta profano.

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Notiamo che anticamente non si trattava di istruirsi teoricamente, bensì di iniziarsi alla pratica della magia, che si articolava fra la divina­

zione c la tuumaturgia : infatti rientrava nelle attribuzioni dell'intuitivo Hiu il �uurirc che il predire, o l'arrestare la pioggia quando persisteva ol­ tre miHuru. l poteri meravigliosi attribuiti all'iniziato primitivo tendevano del resto a renderlo responsabile dei cattivi raccolti o di ogni altra cala­ milù. La professione comportava dunque i suoi rischi, ma il taumaturgo ubile supeva eluderli giustificando i propri errori, dei quali rigettava la colpa su altri. Raffigurarsi come potessero essere le più antiche istituzioni iniziati­ che sarebbe impossibile, se i costumi degli attuali selvaggi non ci istruis­ se ro a questo riguardo. Nell'opera Indian Masonry del 1 907, Robert C . Wright d i Portland, Oregon, descrive l e usanze degli Ojibois, nazione in­ diana in passato molto potente, respinta attualmente nel nord-ovest del Canada. Ecco cosa dice questo coscienzioso scrittore : divenuto adulto, il giovane Pellerossa deve per tradizione inoltrarsi solo e senza armi nel folto della foresta, per compiervi un ritiro religioso nel corso del quale non si nutre che di bacche e radici. L'isolamento, il digiuno, il silenzio interrotto solo dalle grida animali, il terrore delle lun­ ghe notti passate insonni per il timore delle bestie feroci sono un insieme di fattori che agiscono sul sistema nervoso per provocare possibilmente la manifestazione di facoltà psichiche. Quando avviene, la prova si pro­ lunga volontariamente, poiché il futuro adepto crede di entrare in rap­ porto con i « manitou » silvestri, ch'egli ritiene di vedere ed intendere. Sentendosi sotto la loro protezione, egli non ha alcuna fretta di tornare all'accampamento della tribù, ove lo hanno preceduto dei coetanei meno favoriti da protezioni occulte. Uscendo dalla foresta, il soggetto disposto al metapsichismo si preci­ pita dal medicine-man del proprio clan. Questo uomo d'arte si interessa alle visioni di quello che può divenire suo allievo; ma è prudente, e prima di andare più lontano rimanda nella foresta l'eventuale apprendista te­ rapeuta-taumaturgo. Questa volta egli parte armato per la caccia, poiché ha la missione di riportare una preda determinata. Se il cacciato­ re è realmente protetto dai « manitou », non tarda ad incontrare l'animale designato che - prontamente consegnato - diviene il pegno di indiscuti­ bili disposizioni iniziatiche. Allora il vecchio stregone non ·esita più, e conviene con l'iniziabile un contratto di apprendistato che obbliga il dilH

sce polo a nutrire il maestro in cambio di ciò che costui può insegnargli. L'istruzione è lunga. Essa tende a coltivare innanzitutto le attitudini del medium-cacciatore. Sentire quando bisogna partire per la caccia per portarsi istintivamente ad incontrare la preda non è che l' ABC dell'ini­ ziazione pellerossa, la quale insegna inoltre a tendere delle trappole rese infallibili grazie a congiure magiche irresistibili. La conoscenza delle piante terapeutiche, l'arte di medicare le ferite arrestando le emorragie col semplice contatto, sono altri talenti dei quali i taumaturghi conserva­ no il segreto. Essi vi aggiungono ancor oggi delle nozioni astronomiche ed astrologiche, e la trasmissione delle leggende relative al p assato triba­ le, oltre che l'esposizione di una cosmogonia che rapporta l'ordine delle cose al governo di un Grande Manitou, capo supremo degli spiriti. Quando il discepolo è istruito, il maestro intaglia a modo suo tante bacchette per quanti colleghi conosce nei dintorni, e fa portare il proprio bastone da convocazione a ciascuno degli uomini-medicina interessati. Costoro comprendono e rispondono accorrendo da tutti i punti cardina­ li nel giorno fissato per partecipare alla solenne iniziazione del nuovo a­ depto. Essi arrivano verso sera al luogo convenuto, si salutano, quindi si di­ spongono in cerchio per intrattenersi a fumare· il calumet in onore del candidato all'iniziazione, il quale paga il tabacco. Per essere presentato ai suoi iniziatori, il recipiendario deve aver subito quattro purificazioni successive sotto forma di bagni di vapore. Le essudazioni, che cacciano dal corpo gli umori peccaminosi, sono provocate in un piccolo capanno conico dove per quattro sere successive il recipiendario si siede nudo su un treppiede. Munito di una scorta d'acqua, egli ne versa gradualmente su pietre bollenti collocate sotto il suo sedile. Si sviluppa così un abbon­ dante vapore, che provoca la traspirazione purificatrice del corpo e del­ l'anima. Gli stregoni accolgono il loro futuro collega con affabilità. Lungi dal sottometterlo ad un esame imbarazzante, sono loro che si com piacciono ad esibire i propri poteri occulti. A sostegno della enumerazione dei pro­ pri poteri qualcuno potrebbe lasciar cadere al suolo un oggetto estratto dalla insep arabile borsa magica. Per esempio, un pezzo di collana for­ mata da noci infilate, catena inerte che improvvisamente si anima, si muove a tentoni per venire finalmente a riprendere il proprio posto nella borsa del maestro insieme agli altri accessori magici. 19

C he avviene in realtà? La penombra favorisce la prestidigitazione: ma non è detto che facoltà supernormali non siano mai in causa. Gli stregoni, che non sono degli sperimentatori scientifici, usano qualsiasi mezzo, senza priv a rsi delle misteriose risorse del sistema nervoso coin­ volto nelle ginnastiche della professione. Se è permesso agli àuguri di scherzare la sera che precede la ricezione rituale nella loro confraternita, la severità si impone ad essi l'indomani all'alba, quando vanno alla radura rettangolare ch'è stata preparata in vista del compimento di una cerimonia sacra. È indispensabile che dal­ l'alto del firmamento il Grande Spirito possa seguire le fasi del dramma iniziatico: e tutto si annuncia bene se l'atmosfera è limpida; non cosi se delle nuvole incombono sul recinto sacro. Degli scongiuri devono allora dissiparle. Nel caso essi restassero senza effetto, si renderebbe necessa­ rio aggiornare l'iniziazione. Una simile eventualità sarebbe calamitosa, umiliante per i taumatur­ ghi e di cattivo augurio per il recipiendario. Se il cielo è naturalmente chiaro, o se schiarisce in conseguenza degli scongiuri collettivi, gli inizia­ tori procedono a santificare il luogo dove sono penetrati fastosamente preparati. La loro processione solenne prosegue in silenzio, sino al mo­ mento in cui - al segnale di un capo - viene intonato un canto che chia­ ma gli spiriti celesti. Per far loro degnamente spazio, le cattive influenze sono respinte verso i quattro punti cardinali con l'aiuto di sbuffi di ta­ bacco, che scacciano i demoni allo stesso modo dell'incenso. Dopo avere assicurato la santificazione, il recipiendario è introdotto dalla porta di oriente allorché il sole levante illumina il presidente dell'as­ semblea, che si colloca ad occidente. Condotto innanzi questo vegliardo venerato, il postulante viene interrogato sulla maniera in cui intende comportarsi in quanto membro della santa confraternita dei medici­ taumaturghi. Gli impegni che assume - presi invocando il Grande Spiri­ to - vengono accolti, ma la loro accettazione è subordinata alle prove da subire.

fermezza eroica, il recipiendario è bruscamente ferito al­ un colpo di accetta. Egli si lascia quindi cadere all'indietro per fare il morto e non dar più il minimo segno di vita nonostante le tor­ ture che gli vengono inflitte, giacché egli deve mostrarsi insensibile al do­ lore. Quando ha sufficientemente realizzato il ruolo di cadavere, l'ap­ prendista stregone è considerato come realmente morto e degno degli oEsortato alla

la

fronte da

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nori funebri. Allora cominciano delle lamentazioni che volgono all'apo­ teosi del defunto. La sua anima è evasa dal corpo e partecipa all'esisten­ za degli invisibili. Ma il morto può riprendere possesso del proprio orga­ nismo alla chiamata degli iniziati. Costoro non hanno cessato di circon­ dare lo pseudo-cadavere; stretti intorno a lui, essi peraltro stanno prima immobili, poi si muovono circolarmente. Lenta agli inizi, l'andatura del­ la processione si accelera progressivamente sino alla p recipitazione di un cerchio frenetico. Un segnale arresta di colpo il turbinio : il cerchio fremente si rinserra intorno al morto, che beneficia dell'energia esterio­ rizzata. Mentre tutti l'osservano, egli si permette qualche soprassalto; poi ten­ ta di sollevare gli arti; poco a poco la vita torna: ecco che egli apre gli occhi . È il momento di sollevarlo a metà tirandolo per le braccia; poi lo si aiuta a mettersi in piedi. Il recipiendario riprende allora completamen­ te possesso di sé. Egli si erge così spavaldamente che i suoi iniziatori si­ mulano terrore ad imitazione del loro capo che indietreggia spaventato per articolare con la gola stretta : ((tu sei ora più potente di me; lo Spirito è in te e tu puoi tutto!''· Queste parole caratterizzano l'iniziazione primitiva che conserva l'ac­ qu is i zione, l'esercizio e la trasmissione di poteri nz_agici. Si tratta di poteri benefici nel caso dei taumaturghi ojibois, che non sono ((stregoni,, nel senso corrente della parola, giacché non maleficiano nessuno, al contrario non sognano che di servire guarendo i malati e fa­ vorendo la caccia agli uomini del loro clan. Sono i preti di una antichis­ sima religione di cacciatori, basata su sacrifici propiziatori mediante i quali i manitou protettori degli animali si lasciano commuovere dalla sorte degli uomini e consentono a favorire il loro nutrimento abbando­ nando

ad essi qualcuno dei loro protetti.

L'iniziazione selvaggia non è gratuita, giacché l'iniziato esprime con doni la gratitudine verso i suoi iniziatori, che tornano a casa con una provvista di tabacco, alla quale si aggiunge una pelle di animale o una coperta di lana. Bisogna aver accumulato notevoli ricchezze pellerossa per affrontare la spesa di una ricezione nella confraternita degli uomini­ medicina. Se il reclutamento e la formazione di operatori di meraviglie fu alla base delle più antiche iniziazioni, non bisogna però concluderne che la disciplina iniziatica non possa avere nessun altro scopo. Senza dubbio

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l'idea che ci si fa comunemente di un « iniziato» resta improntata di no­ zioni primitive. Non essere che un taumaturgo o visionario indovino che risponde a tutto, questo denota una misera iniziazione. Noi speriamo di far comprendere che la sana Saggezza tradizionale è al di sopra di ogni pratica magica, poiché la Grande A rte non consiste nell'abbagliare il volgo, ma nel vivere esemplarmente.

Le pratiche malefiche

L'innocenza ha potuto caratterizzare le iniziazioni originali, ispirate dalla candida pietà propria ai fanciulli della natura. Questi si mostrano stranamente lucidi nelle loro intuizioni quando - senza aver potuto tra­ smettersi parole - si accordano tuttavia nell'ammettere l'esistenza di u­ na realtà che non cade sotto i sensi. Divinando l'occulto dal quale si sen­ tono avviluppati, gli attuali selvaggi - ugualmente ai nostri lontani pro­ genitori - ripudiano qualsiasi materialismo. Essi sono a tal punto iden­ tificati con la vita che non credono alla morte. Davanti ad un cadavere sono convinti che l'energia vitale si è ritirata dal corpo, ma che essa sus­ siste indistruttibile. Il vecchio serpente, simbolo di permanente vitalità, sembra l'ispiratore di questa fede primordiale del genere umano. Procedendo per accostamenti analogici, quegli uomini che per primi furono portati a riflettere paragonarono la vita alla veglia e la morte al sonno. Orbene noi ci risvegliamo dopo aver dormito, donde la persua­ sione per i primitivi di un ritorno all'attività dopo il transitorio riposo ac­ cordato mediante la morte. Ma non è tutto. Essendo indipendente dal corpo, la vita può svinco­ larsene momentaneamente senza rompere il legame che li collega, ed an­ dare liberamente lontano per compiere atti misteriosi. Simile convinzione è alla base della stregoneria propriamente detta, che si mette al servizio di sentimenti malevoli e vendicativi. Le fatture tendono a turbare gli animi, cosa facile quando la vittima è impressiona­ bile e credula sino all'inverosimile. Si sono sempre ed ovunque trovati dei bricconi che si compiacciono di terrorizzare i timorosi e di profitta­ re delle immaginazioni plastiche. È così che si svilupparono delle creden­ ze che si imposero generalizzandosi e si trasmisero di generazione in ge­ nerazione, spesso amplificandosi. Tale è la sorgente delle tradizioni oc­ cultistiche diffuse su tutto il globo terrestre. Esse risalgono al Serpente che fu maledetto dopo aver illuminato Eva, cioè risalgono alla Luce a­ strale che è guida benefica tanto che la malizia umana non turba l'istinti­ vità primitiva. La perversione oscura la dimeqsione fosforescente, le luci intermittenti della quale non generano che fantasmi illusori. È allora che Apollo trafigge il rettile fangoso, poiché appartiene alla Ragione solare 23

che vince il mostro falsificatore di immagini. Se vogliamo vedere all'opera il Pitone dominatore, trasportiamoci nel Gabon ove infierisce il Buiti, che è una riprovevole associazione di mal­ fattori. Delle parole di passo ed un linguaggio speciale, derivato dall'/tsogo (l), permettono agli affiliati di riconoscersi fra loro. Essi si riuniscono di notte nel folto della foresta tropicale, dove si abban­ donano ad una danza sfrenata, al ritmo di arpe e tamburi di legno dalle forme strane. La iboga, una pozione vegetale analoga alla digitalina, for­ nisce loro un beveraggio sovreccitante che si gusta nel cavo di un cranio umano. Una di queste coppe macabre circola in ciascuna riunione, ed i partecipanti bevono a piacere, ma ogni recipiendario è tenuto a vuotare un calice speciale. S'egli non sopporta la dose, tanto peggio per lui : que­ sto prova che non vale niente per il Buiti. Se invece resiste, entra nella danza e gli iniziati si associano alla frenesia del suo volteggio, che è sor­ vegliato dal capo della confraternita. Questo personaggio, che resta nel completo possesso di sé, comanda alle anime cacciate fuori dal corpo mediante la danza. Egli le invia lontano per effettuare malefici. A tale scopo le trasforma in pantere, capaci di andare occultamente a man giare l'anima di una vittima designata, giacché chi aderisce al Buiti deve sacrificare uno dei suoi. Si preferisce in genere un genitore od un a­ mico, che il recipiendario fa ricevere contemporaneamente a sé. In questo caso la dose appropriata di iboga dà immediatamente sod­ disfazione alla legge della sinistra società. Se la vittima non ha potuto es­ sere condotta, la sua sorte viene regolata mediante psicofagia. Bisogna � ntendere con ciò l'operazione magica, mediante la quale si crea immagi­ nativamente una belva fantasma incaricata di divorare un dormiente. L'infelice la cui anima è stata divorata durante il sonno si risveglia este­ nu ato, come se ogni forza vitale gli fosse stata sottratta; egli non ritrova più alcuna energia e deperisce fatalmente, a meno che un mémbro della sua famiglia non sia abbastanza perspicace per andare ad im plorare il capo del Buiti con doni, convincendolo a far cessare l'effetto malefico. Questa venalità non rientra tuttavia nei normali costumi di un capo di

( 1) Dialetto di una tribu della N'Gounié, nell'Alto Ogué. Le informazioni qui utilizzate proven­ l(ono da un funlionario coloniale, il signor M.B. Bannister, che ha potuto impadronirsi di sor­

presA di un bagaglio stregonale completo.

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Buiti. Se egli si lascia corrom pere, praticamente diviene infedele alla sua legge. Egli esercita a modo suo un sacerdozio, che prende molto seria­ mente; se la giustizia dei bianchi lo perseguita, preferisce darsi la morte piuttosto che farsi prendere. Il Buiti è una istituzione sacra, conforme a delle credenze sincere nella loro mostruosità. Per immaginari che !ìiano i poteri degli stregoni, non conviene consi­ derarli come fittizi e collocati in una dimensione ove le immaginazioni si lasciano facilmente coinvolgere. Si può provocare un male reale squili­ brandosi per squilibrare altri. Il timore dei malefici è dunque fondato quando una cieca credulità domina le folle. Nel loro terrore essi ricorro­ no a rappresaglie, che si traducono in ciechi linciaggi. Il rimedio diviene allora peggiore che il male,- e delle associazioni competenti si costituiscono per giudicare e punìre gli stregoni malfattori. Combattendo gli abusi della magia mediante la magia, questi tribunali si fanno illuminare da divinatori ed impongono delle prove richiamando i giudizi di Dio del nostro medio evo. In presenza di un accusatore che af­ ferma e di un accusato che nega, una stessa dose di pozione è sommini­ strata ad entrambi, nella persuasione che il mentitore solamente proverà gli effetti del tossico. Di fatto, al contrario degli Europei, accade che uno dei bevitori solamente dia segni di avvelenamento, come se la buona fe­ de avesse immunizzato la parte avversa. I contro-stregoni procedono a delle iniziazioni analoghe nei loro riti a quelle dei negromanti. Ma questi non sono modelli da seguire, anche per gli ambiziosi dei poteri occulti.

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Le Iniziazioni professionali.

Indovini e taumaturghi appaiono come degli specialisti in mezzo alle masse meno sensitive e meno dotate metafisicamente. Raggruppandosi, gelosi delle loro prerogative, essi incitano ad imitarli altri detentori di se­ greti, cioè gli artigiani creatori delle industrie nascenti. I soli capaci di eseguire certi lavori, questi operai credettero anch'essi di avere poteri magici, attribuendo la propria abilità ad una misteriosa collaborazione. L'uomo primitivo si sentiva il giocattolo di potenze sco­ nosciute, senza l'aiuto delle quali egli credeva di non poter riuscire in niente. È per questo che il cacciatore sacrificava al genio protettore del­ l'animale che intendeva uccidere, così come prima di abbattere un albe­ ro il carpentiere si conciliava l'amadriade interessata. Il cavapietre a­ vrebbe creduto di commettere un sacrilegio se avesse attaccato la roccia senza precedente consenso della Terra Madre ch'egli mutilava. Ma non è tutto, giacché evitare di attirarsi l'odio di una divinità non costituisce che la parte negativa dei culti professionali. Per lavorare bene l'operaio doveva inoltre assicurarsi il concorso positivo del dio dispensatore dei talenti richiesti. A questo riguardo si imponeva un patto : consacrandosi anima e corpo al servizio della divinità del mestiere specifico, l'artigiano contrattava bilateralmente delle obbligazioni sacre giacché - applican­ dosi con fervore a fare del proprio meglio nel dominio dell'arte - egli co­ stringeva il suo dio professionale a venirgli in aiuto. Questa assistenza divina obbligatoria diveniva sempre più evidente con lo sviluppo del ta­ lento dell'artigiano. Lavorando sempre meglio, l'operaio attingeva al ge­ nio ed alla maestria realizzatrice di opere sovrumane. Si verificava allora una unione fra l'umile mortale ed il dio operante mediante il loro inter­ mediario, dunque una divinizzazione dell'uomo mediante il lavoro. Questa concezione idealizzò i culti operai anteriori al cristianesimo. C onsiderandosi come il più nobile di tutti, ciascun mestiere esaltava la propria divinità tutelare. Così i saponieri dei Vosgi hanno potuto iden­ tificare la loro Juno Saponaria - il cui altare si vede al museo di 26

Epinal (l)- come la suprema purificatrice delle anime, giacché fabbri­ cando sulla terra un sapone materiale, i fedeli della dea appropriata si preparavano così a confezionare in cielo una sostanza più eterea, desti­ nata a mondare spiritualmente i candidati che sollecitassero l'ammissio­ ne nelle regioni olimpiche. Ricchi d'immaginazione� gli antichi seppero poetizzare gli atti della vita giornaliera e divinizzare le loro occupazioni professionali. Così nacque­ ro i Misteri particolari ai differenti mestieri. Ne reperiamo delle tracce nei Compagnonaggi concretamente costituitisi. La tradizione purtroppo si è deformata nel corso dei secoli, meno tuttavia presso i costruttori che hanno sempre preteso di collegarsi al passato più remoto. Le usanze massoniche meritano per questa ragione di essere studiate in uno spirito di ricostituzione archeologica. Un simile lavoro costringe a risalire alle epoche lontane nelle quali la mentalità generale era profondamente religiosa, al di fuori di ogni indot­ trinamento. Le più antiche religioni sono nate spontaneamente dalla sen­ timentalità religiosa, che distinse sin dalle origini l'uomo dalla bestia. Noi siamo istintivamente portati al sogno, e la prima tendenza del no­ stro spirito ci porta ad idealizzare poeticamente. Cerchiamo di saper ve­ gliare restando giovani, cioè accessibili alla poesia primitiva. Per noi è impossibile vivere senza religione; cerchiamo quella che è naturalmente inscritta nel cuore di ogni uomo non pervertito. È a questo punto che ci convoglia la tradizione iniziatica pura.

( l ) C amille Jullian- Note galloromane, apparse nella Revue des Etudes ancfennes, pubblicata a Bordeaux, luglio-settembre 1917.

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Il Sacerdozio

La Ma gia che suscita dei chiaroveggenti, dei taumaturghi e degli stre­ goni, è anteriore alla Religione servita dal prete. Il mago primitivo mette in opera dei doni naturali, senza curarsi di immaginare una teoria al ri­ guardo; egli è convinto che eseguendo un certo atto, provoca un effetto legato fatalmente al compimento dell'atto stesso; la metafisica gli è e­ stranea, e non cerca di spiegare l'universale mistero delle cose. In questo non supera il prete, che si distingue invece per l'intellettualismo. Va da sé che il mago spontaneo non si rivela prete dall'oggi al doma­ ni. La trasformazione è insensibile; la fase del mago-prete e quella del prete-mago si prolungheranno forse indefinitamente ? È così che ai nostri giorni i preti restano maghi, mentre il mago primitivo fu sempre prete quanto meno potenzialmente. Tuttavia il prete si distingue dal mago per il fatto che non è tenuto, come invece quello, a possedere dei doni anormali. La potenza del prete non risiede in lui stesso : egli può esimersi dall'essere chiaroveggente o taumaturgo, dato che ha scoperto gli dei e da essi ottiene ciò che gli uo­ mini si aspettano. Egli è l'intermediario, l'intercessore, il ministro ed il servitore degli invisibili. Egli li concepisce ad immagine dell'uomo, e pre­ sta loro originariamente le passioni dei grandi della terra. Più tardi l'idea di Dio si purifica, senza pervenire tuttavia a riscattarsi completamente dall'antropomorfismo nativo. Fra i preti c'è chi si contenta di soddisfare alle esigenze del servizio divino, compiendo i riti ed i sacrifici di rigore; in tal senso essi restano dei m aghi, soprattutto quando attribuiscono ai propri atti una virtù sa­ cramentale. Ciò che nondimeno caratterizza essenzialmente il sacerdo­ zio è l'intellettualismo : il prete sa ciò che il volgo ignora; egli è divina­ mente istruito da ciò che insegna; la volontà divina gli è nota ed è a que­ sto titolo che pretende di farsi ubbidire. C he da ciò derivino evidenti abusi, è facilmente comprensibile; nondi­ meno è vero che il sacerdozio ha reso all'umanità dei servizi immensi, dei quali sembra da molto tempo che non si possa fare a meno. Si tratta in effetti di un'Arte Sacerdotale, che si basa sull'espletamento della fede. 28

Usiamo intenzionalmente il termine espletamento, perché esso può in­ tendersi in male come in bene. Trarre profitto da un campo o da una mi­ niera é operazione lodevole; lo stesso vale per un onesto profittare della immaginazione e della credulità. Si guariscono i malati del corpo con la suggestione, e quelli dell'anima col profittare della fede del malato nel­ l'interesse della sua stessa guarigione. Non è certo un adepto illuminato dall'Arte Reale che condannerà sistematicamente le procedure sacerdo­ tali, le sole efficaci nei confronti di certe mentalità. Tali procedure si a­ dattano alle necessità e - nella misura in cui sono lealmente disinteres­ sate nel rendere migliori gli uomini - esse sono degne di rispetto. Il prete evoluto si rivela allora psicologo mentre interviene come medico delle a­ nime, pieno di tatto nella sua esperienza e nel suo desiderio benefico. Ma risaliamo ai tempi della formazione del sacerdozio. Il prete fu al­ lora teosofo nel senso etimologico della parola. Considerandosi come il confidente degli dei ispiratori, egli fece ricorso alla meditazione per en­ trare in rapporto con essi. L'ascetismo e la preghiera lo condussero all'e­ saltazione dell'estasi, che libera l'anima dal corpo per permetterle di co­ municare col divino. Così nacque il misticismo, pericoloso nelle sue pratiche squilibranti. L'estatico disprezza la terra e le sue durezze; egli disdegna la vita peno­ sa che gli uomini comuni conducono, i quali - secondo lui - sono schiavi che sbagliano e non meritano di essere presi seriamente, dato che tutto resta una illusione transitoria ed una definitiva vanità. Per il misti­ co la vera vita non comincia che dopo la morte; il saggio non sogna qui che di prepararcisi. I preti ebbero delle iniziazioni rapportabili a quelle dei maghi primitivi per quanto concerne la cultura delle facoltà anormali, fonti del visionari­ smo estatico e dei poteri metapsichici, ma il tutto non tardò ad esser messo al servizio delle preoccupazioni mistiche. In Egitto ci si faceva i­ niziare in vista del viaggio che la morte compie attraverso i sette cieli in­ feriori che avvilluppano la terra. Istruita delle parole di passo, l'anima pronunciandole scongiurava i demoni guardiani delle sfere successive, e perveniva così alla porta del palazzo di Osiride. Il mistagogo di Eleusi assisteva al ratto di Proserpina, personificazione dell'anima che - sedot­ ta da Eros - cade in potere di Plutone. Il dio degli Inferi la trattiene pri­ gioniera nel corpo sino alla sua tardiva liberazione, dovuta all'intervento di Cerere. 29

Le iniziazioni di questo ordine pretendono di assicurare la salute del­ l'anima dopo la morte. I loro riti tendono a divinizzare il mistagogo, conferendogli la natura del dio di cui egli gioca il ruolo. L'apoteosi ini­ ziatica, messa in scena nei Misteri sacerdota/ 4 ha come effetto di aprire il cielo al morto che - rimasto profano - ha partecipato dei luoghi in­ fernali con la comunità dei mortali. Il misticismo pretendeva dunque di divinizzare l'individualità umana mediante vie opposte a quelle delle iniziazioni operaie, che santificavano invece il lavoro imposto dalla vita, mentre gli asceti sacerdotali preferi­ vano assorbirsi in Dio con l'inazione contemplativa. Influenzato dalle dottrine sacerdotali pagane, il C ristianesimo nascen­ . te intraprese la democratizzazione del cielo, dove invece nel passato non dovevano essere ammessi che i soli privilegiati, iniziati ai Misteri pagani. Ormai vi ottenevano accesso tutti quelli che, credendo al Cristo consen­ tissero di morire nei confronti del mondo perverso per rinascere dal ba­ gno battesimale puro e celestificato, degni cosi di partecipare alla vita cristiana ( l ). La nuova religione fu essenzialmente mistica, ma per diffondersi do­ vette necessariamente adattarsi alle esigenze della vita pratica, donde la cristianizzazione progressiva delle sopravvivenze tenaci dei culti antichi. Fra questi ultimi i riti delle religioni professionali meritano di attirare più particolarmente la nostra attenzione. I santi rimpiazzano gli dei, cia­ scuna corporazione si sceglie un patrono conforme alla ortodossia im­ posta, e le pratiche tradizionali furono interpretate in un senso cristiano oppure rese più segrete che mai. Si ebbero però non poche rivolte aperte contro la fede regnante, che gli artigiani raccolti in confraternite di im­ memorabile origine respingevano; ma tali associazioni non restarono meno fedeli segretamente alle usanze ritenute sacre, benché sospettate dai teologi. Degli eccellenti cristiani poterono così restare collegati a pratiche inconciliabili con l'insegnamento dei preti, giacché la loro pietà sincera rifiutava di considerare riprovevoli delle venerabili e sante tradi­ �ioni di mestiere. Nulla turbava la pace delle coscienze, poiché ciò che sopravviveva del paganesimo non era esplicito, ma tutto si traduceva in simboli il cui senso non era approfondito. La Chiesa ebbe la saggezza di

(l)

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Vedere Alfred Loisy - L es Mysteres paiens et /e Mystere chretien.

benedire ciò che non scandalizzava nessuno; ella addormentò così l'ere­ sia per secoli, per risvegliarla poi con delle intempestive inquisizioni ( l ). Questioni di tattica a parte, il sospetto degli ortodossi resta nella logi­ ca delle cose, giacché lo spirito delle tradizioni religiose di arti e mestieri è in contraddizione flagrante con quello del sacerdozio in generale e del dogmatismo cristiano in particolare. Per colui che lavora religiosamente, nello spirito degli antichi culti o­ perai, l'opera è sacra. Chiamandoci alla vita terrestre il potere creatore ci affida un compito divino : egli ci associa al suo stesso lavoro e ci rive­ ste a questo scopo di un organismo glorioso. Discendere nella materia non implica nessuna sconfitta, poiché l'operaio spirituale s'incarna per lavorare conformemente al piano della Suprema Saggezza, eterna ispira­ trice degli sforzi che tendono verso ciò che è migliore. La religione del lavoro non considera la terra come una prigione dove espiare il peccato originale di aspirazione al progresso. Lungi da lamen­ tarsi sulle miserie inerenti la sorte degli umani, essa esorta al coraggio gli operai ammessi a partecipare alla Grande Opera divina che si compie nell'ambito terrestre. A una tale concezione dei culti di azione e di vita il misticismo sacer­ dotale oppone un idealismo di rinuncia e di morte. Esso invero reagisce contro gli eccessi, e va resa giustizia alla sua missione moralizzatrice; ma dobbiamo reagire a nostra volta contro gli oltranzismi secondo i quali non dovremmo vivere che per ben morire. Viviamo religiosamente, secondo le sante leggi della Vita. Iniziamoci alla grande Arte trasmutativa del male in bene, al fine di lavorare divina­ mente in questo mondo, senza angosciarci per ciò che potrà esserci do­ mandato nell'altro. Chi lavora con pietoso fervore, per puro amore d'al­ tri, che dovrebbe temere per la propria salute?

(I )

Condanna del Compagnonaggio con arresto della Sorbona del 1 4 marzo 1 65 5 . Vedere Hen·

ri Gray, Les origines compagnonniques de la Franc-Maçonnerie, A cacia 1 925 -26 . e Dulaure,

Histoire de Paris.

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L'i niziazione filosofica.

L'umanità fu immaginativa prima di divenire razionale. Vi furono tut­ tavia dei razionalisti in mezzo alle folle impressionabili e passivamente ricettive dei tempi antichi ; costoro furono agli esordi degli originali in­ compresi, dei polemisti tacciati di empietà. Per prudenza dovevano tace­ re, limitandosi a cercarsi fra loro per scambiare le proprie idee. Nuclei di specialisti nella meditazione si costituirono così ; attorno ad un pensato­ re si raggrupparono dei discepoli e le scuole di saggezza poterono molti­ plicarsi. Tali scuole furono centri di un nuovo genere d'iniziazione, poiché non si trattava più di sviluppare delle predisposizioni divinatorie o di acqui­ stare un potere taumaturgico, né di entrare in rapporto con gli dei, e neppure di apprendere a lavorare religiosamente esercitando una profes­ sione manuale. Questa volta l'obiettivo era la Verità, ricercata in comu­ ne mediante un lavoro spirituale di penetrazione e di lotta contro l'erro­ re. Può darsi che Pitagora abbia per primo sottoposto i discepoli a delle prove iniziatiche, ispirate da quelle che subivano gli adepti della tauma­ turgia, del sacerdozio e dei culti operai. Comunque sia quel filosofo fece troppo parlare di sé e si rese perciò sospetto ai concittadini, che distrus­ sero l'istituto di Crotone. La tragica lezione portò i suoi frutti, insegnan­ do la discrezione agli iniziati intellettuali. Costretti a mettersi al coperto sotto dei simboli che eludono la malevolenza profana, essi innestarono i loro rami filosofici sul tronco di iniziazioni rassicuranti. Questa precauzione si impose più particolarmente sotto l'assolutismo dell'ortodossia cristiana. Questa non aveva motivo di diffidare dei co­ struttori di chiese, né dei metallurgisti che cercavano la trasmutazione del piombo in oro. Non esprimendosi che per immagini, delle quali sola­ mente gli adepti istruiti enucleavano il senso profondo, la Filosofia Ermetica schivò ogni condanna ecclesiastica. Questa filosofia fu dottri­ na di temeraria emancipazione spirituale, giacché la Grande Opera si applicava al perfezionamento di tutto ciò che la Natura lascia imperfet­ to. Questo va molto lontano ; ma non avendo potere diretto che su se 32

stesso, l'uomo ha come scopo immediato quello di perfezionare la p ro­ p ria personalità. È lui il piombo volgare che l'Arte deve raffinare sino al­ l'ideale ra ppresentato dall'oro incorruttibile. Divenuto perfetto, l'indivi­ duo agisce come un fermento in seno alla massa umana, che egli tende a trasmutare a sua volta in p uro oro filosofico. Sono questi i misteri della Pietra filosofale, conosciuti dai filosofi er­ metici, ma ignorati dagli alchimisti soffiatori che si rovinavano in mani­ polazioni em piriche senza comprendere che l'Oro dei filosofi non è quel­ lo degli avari e dei cambiavalute. Nel suo « Paradosso sull'incertezza, vanità ed abuso delle scienze » ( ! ), Cornelio Agri pp a compiange gli igno­ ranti che p rendono alla lettera i simboli dell'arte, e recrimina di non po­ terli illuminare giacché si dichiara tenuto al segreto per il giuramento che ha prestato facendosi iniziare agli arcani dell'Alchimia. Egli che ha solo sarcasmi per la fragilità delle scienze umane, riserva il pro p rio ri­ s p etto alla sola Alchimia per il suo esoterismo. Da quando divenne possibile - senza es porsi al rogo - di rivelare la portata segreta delle allegorie ermetiche, gli autori si allontanarono dalla loro tradizionale discrezione. Rischiandosi ad indicare il lato religioso dell'Ermetismo, essi lo accostarono all'esoterismo cristiano, donde il Rosacrocianesimo. Ormai l'oro alchemico si confonde con la p erfezione cristiana e la Pietra dei Saggi diviene una immagine del Cristo, Uomo­ ti po e p ietra angolare del Vangelo. Gli ade pti dell'Alchimia s p iritualizzata, che si dicono R osacroce, non sembrano essersi costituiti in associazione formale che in e p oca relativa­ mente recente, poiché le leggende messe in circolazione agli inizi del XVII secolo non hanno che un valore allegorico. La loro scuola non si affermò che mediante degli scritti, che però ebbero una grande influen­ za: la religione vi si combina con la magia, e le conoscenze misteriose come l'alchimia, l'astrologia e la medicina occulta - vi compaiono co­ p erte di un mantello seducente. Tutte le vecchie superstizioni sono ri p or­ tate in onore, come se sotto il loro mantello si celasse una venerabile saggezza dimenticata.

( l ) Edizione francese del 1 6 1 7, capitolo sull'Alchimia, pagina 3 2 9 .

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V'è una rinascita reale, ma i morti che sorgono dalle loro tombe non sono adatti alla vita intellettuale moderna. Il loro corpo è infangato, na­ scosto sotto degli stracci ; tali resuscitati devono essere denudati, lavati con cura e finalmente rivivificati nel loro spirito piuttosto che nel loro antico organismo. Un simile compito non poteva esser quello dei secoli passati : esso compete al presente e all'imminente futuro. Solamente degli Iniziati pos­ sono compierlo; ma dove stanno, dove ricevono l'istruzione tradiziona­ le? Possano i capitoli che seguono chiarire il lettore al riguardo.

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Un documento significativo

Gli antichi si compiacevano delle leggende, le accettavano come vere nella misura in cui esse parlavano alla loro immaginazione. Non bisogna dunque attribuire un valore storico ai racconti che adornano talora una esposizione di ordine filosofico. C osì sarebbe ingenuo vedere altro che un sotterfugio letterario nel preteso processo verbale che il re Enrico VI avrebbe redatto di sua mano dopo aver fatto subire ad un suddito un in­ terrogatorio sul Mysterye of Maçonnerye. Trattasi di un documento inglese di carattere chiaramente arcaico, tanto per la lingua che per le idee espressevi. Eccolo, dalla copia attri­ buita al filosofo Locke, pubblicata a Londra nel 1 75 3 . Domande e risposte concernenti il mistero della Massoneria, scritte di mano dal R e Enrico, il sesto del nome, efedelmente copiate da me Jo­ hann Leylande antiquario per ordine di sua altezza ( ! ). Domanda : quale è questo mistero ? R isposta : è la conoscenza della natura, il discernimento della potenza ch'essa racchiude e delle sue opere multiple, in particolare la conoscenza dei numeri, dei pesi, delle misure e del modo adatto di formulare tutte le cose per l'uso dell'uomo, soprattutto le abitazioni e gli edifici di ogni ge­ nere, così che tutto il resto contribuisca al bene dell'uomo. Domanda : quando è iniziata la Massoneria? R isposta : essa cominciò coi primi uomini dell'est, che esistevano pri­ ma dei primi uomini dell'ovest, e venendo verso ovest essa ci apportò tutti i conforti per gli uomini selvaggi che ne erano privi. Domanda : da chi fu portata in occidente ? R isposta : dai Veneziani (2) grandi mercanti venuti anticamente dal­ l'est a stabilirsi in Venezia per comodità del loro commercio, che colle­ gava l'est all'ovest attraverso il Mar Rosso ed il Mediterraneo.

( l ) Il re Enrico V l l l , non ancora divenuto Maestà, alla soppressione dei monasteri, aveva inca­ ricato Leylande di provvedere alla conservazione dei libri e dci manoscritti preziosi(2) Confusione evidente con i Fenici e la Fenicia.

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Domanda : come venne in Inghilterra? R isposta : Peter Gower ( l ) un Greco, soggiornò per propria istruzione in Egitto, in Siria ed in tutti i paesi dove i Veneziani avevano impiantato la Massoneria. Ottenendo di entrare in tutte le Logge dei Massoni, egli si istruì molto ; poi tornò nella Magna Grecia per lavorarvi. Essendosi evo­ luto, divenne un potente saggio di gran fama. Formò una grande Loggia a Groton (2) e fece numerosi Massoni, alcuni dei quali andarono in Francia, dove fecero numerosi Massoni a loro volta, fra i quali ce ne fu­ rono che in seguito fecero passare l'Arte in Inghilterra. Domanda : i Massoni rivelano le loro arti agli altri ? R isposta : quando viaggiava per istruirsi, Peter Gower fu fatto Masso­ ne subito ed istruito poi ; nello stesso modo tutti gli altri devono divenire Massoni per essere istruiti. I Massoni hanno sempre - in ogni epoca comunicato di volta in volta all'umanità quelli dei loro segreti che pote­ vano essere di utilità generale ; essi si sono riservati unicamente quelli che potevano divenire nocivi cadendo in mani perverse, oppure quelli che non sarebbero stati di alcuna utilità senza essere accompagnati da spiegazioni comunicabili in Loggia, oppure ancora quelli mediante i quali i Fratelli si legano più fortemente fra loro per il profitto e la como­ dità che ne risulta a vantaggio della confraternita. Domanda : quali arti i Massoni hanno insegnato all'Umanità? R isposta : quelle arti che si chiamano Agricoltura, Architettura, A­ stronomia, Geometria, Matematiche, Musica, Poesia, Chimica, l'Arte di governare, Religione. Domanda : come pervengono i Massoni ad insegnare di più che gli al­ tri uomini? R isposta : essi soli possiedono l'arte di scoprire nuove arti ; è un'arte che i primi Massoni ricevettero da Dio, e grazie ad essa trovarono ogni arte che loro piace così come il modo adatto per insegnarla. Ciò che gli altri uomini scoprono non è che un incontro fortuito, e non presenta quindi che un valore ristretto. Domanda : che cosa celano e nascondono i Massoni ? (l )

Alterazione del nome francese Pythagore, scomposto conformemente alla pronuncia inglese in Peter (per Pytha) e Gower (per Gore). ( 2) Crotone.

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R isposta : celano l'arte di sco prire nuove arti, cosa che va a loro profitto e lode. Celano l'arte di conservare i segreti, così che il mondo non abbia niente da nascondere a loro. Celano l'arte di compiere mera­ viglie e di predire le cose future, così che i malvagi non possano fare di tali arti un cattivo uso ; celano anche l'arte delle trasmutazioni, il modo di ottenere la facoltà di Abrac ( l ), il talento di divenire buoni e perfetti senza invocare la paura e la speranza; celano infine il linguaggio univer­ sale dei Massoni. Domanda : i Massoni consentiranno ad insegnarmi queste arti ? R isposta : esse vi saranno insegnate se voi lo meritate e siete capace di istruirvene. Domanda : tutti i Massoni possiedono delle conoscenze superiori a quelle degli altri uomini ? R isposta : non è così. Essi hanno diritto, e l'occasione si offre loro, di istruirsi più che gli altri uomini ; ma per difetto di capacità o negligenza nel darsi la pena indispensabile, ve ne sono troppi che non acq uistano al­ cuna conoscenza. Domanda : i Massoni si mostrano uomini migliori degli altri ? R isposta : certi Massoni non sono anche virtuosi come certi uomini ; ma più spesso sono migliori che se non fossero diventati Massoni. Domanda : i Massoni si amano profondamente fra loro ? R isposta : certamente sì, visto che non potrebbe essere altrimenti, giacché degli uomini buoni e leali - conoscendosi come tali - non pos­ sono che amarsi ancor più nella misura in cui sono migliori. Quivi terminano le domande e le risposte.

( l ) L'abracadabra allude al potere di rendere efficaci i talismani.

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L'Ermetismo massonico.

Per fittizio che sia l'adepto della Maçonerye del dialogo istruttivo, del quale abbiamo dato la traduzione, le sue risposte caratterizzano uno sta­ to spirituale degno di fissare la nostra attenzione. Il medio evo moltiplicava i Misteri. La religione ebbe i propri nella dottrina sacra e nei cerimoniali, non meno che nelle rappresentazioni teatrali nate dalla pietà popolare. Ci fu una iniziazione alla cavalleria, ed ispirandosi ai poeti le dame tennero dei corsi iniziatici di amore. Più pro­ saicamente i mestieri ebbero i loro segreti, collegandosi talora a dei mi­ steri divenuti insondabili. I riti operai considerati a giusto titolo come prodigiosamente antichi, si praticavano con un fervore rimasto tradizio­ nale. Reputati sacri, i simboli corporativi avevano il prestigio dei simboli religiosi, gli uni e gli altri rapportandosi a dei mestieri ineffabili davanti i quali si inchina l'intelligenza umana troppo debole per penetrarli. Così si trasmisero dei segreti garantiti contro ogni divulgazione poiché - attenendosi al balbettio della lettera morta - i candidi adepti i­ gnoravano il senso nascosto dei simboli. La loro ignoranza non era tut­ tavia assoluta. Cosciente di non sapere né leggere né scrivere, l'antico tagliatore di pietra si sforzava di compitare la parola sacra della sua confraternita laboriosa : vale a dire che tentava di divinare ciò che nessu­ no poteva svelargli verbalmente. In quale misura l'esoterismo fu avvertito dagli spiriti più perspicaci delle epoche in cui il silenzio si imponeva? Noi non possiamo rischiare al riguardo che delle congetture. Può essere che la luce non si sia fatta in alcuno spirito, e che nessuna stella abbia brillato nel cielo nero delle epo­ che fideistiche? Abbiamo delle buone ragioni per am mettere il contrario, poiché i capolavori non si producono ciecamente. La mentalità del me­ dio evo non ebbe certo né la precisione, né la purezza della nostra, ma il sentimento dei nostri predecessori si è sovente rivelato luminoso. Essi hanno potuto restare nel vago, senza dirimere categoricamente ciò che li confondeva, ma quanto hanno saputo intravedere resta prodigioso. A modo loro essi ci arricchiscono !asciandoci in eredità un suolo che ci 38

compete di dissodare. L'immaginazione conferì loro un certo genio, del quale si priva il nostro razionalismo troppo prosaico. A queste condizioni i misteri dei costruttori di cattedrali potevano be­ nissimo rapportarsi alle conoscenze segrete che preoccupavano allora gli spiriti migliori. Dei teorici intellettuali furono peraltro da sempre as­ sociati ai praticanti dell'arte di costruire, che ebbe i suoi protettori, gli u­ ni materialmente potenti e gli altri istruiti. Gli uomini di gusto e di scien­ za - interessandosi all'architettura - furono iniziati, per favorirli, ai se­ greti del mestiere. Questi primi Massoni onorari o accettati possono co­ municare ai costruttori dei segreti di ordine filosofico. Così si spiegano gli scambi reciproci che si fecero l'Alchimia e la Massoneria sul piano del simbolismo. Come mai dei metallurgisti furono portati a fare di una pietra cubica il loro simbolo più importante ? Non si comprende né come questa Pietra tagliata secondo la squadra risulti da operazioni che si verificano nell'uovo filosofico sotto l'azione di un fuo­ co saggiamente graduato, né cosa significassero la squadra ed il com­ passo nelle mani dell'androgine alchemico, rappresentato nella figura ben conosciuta del Rebis apparsa nel 1 6 1 8 nella Basilica Philosophica di Joseph Daniel Mylius ( 1 ). D'altra parte la decorazione delle cattedrali si ispira largamente al simbolismo ermetico. Non dovrebbe dunque sus­ sistere alcun dubbio sulla iniziazione filosofale della élite degli antichi ta­ gliatori di pietre. Ciò che noi ignoriamo è il grado di spiritualizzazione conseguito dagli iniziati medievali. È temerario attribuire loro una chiara concezione del program ma iniziatico, come lo implicano le operazioni della Grande O­ pera. Il simbolismo sembra avere una vita propria, che gli permette di costituirsi correttamente senza attendere di essere compreso da coloro che lo praticano. Il mistero dei simboli è più profondo di quanto lo sup­ pongano gli spiriti superficiali. Si è potuto lungamente riverire come co­ se sante un insieme di forme impressionanti, il cui significato resta miste­ rioso. È una fede che non risulta affatto cieca, allorquando intravede in maniera diffusa ciò che lo spirito non perviene ancora a discernere con

( l ) Vedere q uesto pentacolo nella figura a pag.

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chiarezza. Il medio evo fu l'epoca religiosa di questo crepuscolo che pre­ cede i biancori dell'alba.

È provato che gli iniziati dci secoli precedenti il Rinascimento fossero degli artisti. Ciò che non hanno compreso razionalmente essi hanno po­ tuto sentirlo e - se ai nostri giorni riusciamo a comprendere - noi lo dobbiamo ai loro sforzi di silenziosa meditazione. Essi ci hanno lasciato in eredità dei simboli, dei quali non si sono domandati il significato ; ma non essendosi perso nulla, noi beneficiamo della loro perseveranza divi­ natoria, giacché essa ha ammantato i simboli che ormai ci parlano. La loro Grande Opera diviene la nostra, ma noi sappiamo che si ap­ plica all'Uomo. La materia prima dei Saggi, così rara e preziosa, ben­ ché abbondante e di vile prezzo, è la nostra sostanza animica. Prima di qualsiasi cosa l'operatore deve applicarsi a discernere il soggetto proprio dell'Opera, altrimenti detto 1'/niziabile. Bisogna successivamente isolare il soggetto, distaccando da lui tutto ciò che gli è estraneo, poi chiuderlo nell' Uovo Filosofico, dove egli muore tornando al nero assoluto. Questa morte decompone il soggetto, la cui parte volatile si svincola e si eleva invisibile per ricadere in pioggia sul denso, che è progressivamente lava­ to così che passa al grigio variamente sfumato, ma sempre più chiaro, sino al bianco. L'operatore tuttavia ambisce il colore rosso ; egli attiva dunque il fuoco, grazie al quale si compie l'Opera semplice, che procura la Medicina delprimo ordine. Questo programma non ha alcun senso dal punto di vista metallurgi­ co; esso non può collegarsi che a delle operazioni filosofiche tendenti al­ la trasmutazione graduale del profano in iniziato. Se il minimo dubbio potesse sussistere al riguardo, esso svanirebbe davanti alla concordanza esatta del ritualismo alchemico e massonico ( l ). Ma i Massoni, che si guardavano bene dallo scrivere, hanno potuto essere fra loro meno riservati che gli Ermetisti sempre attenti a non met­ tere in luce - soprattutto pubblicamente - il carattere umano della loro Pietra Filosofale.

( l ) Vedere il nostro Simbolismo Ermetico.

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Al loro incontro, i Massoni non hanno mai trascurato di lavorare sul­ la Pietra bruta, simbolo dell'adepto irreprensibile. Essi hanno così con­ tribuito a sollevare certi veli, ma questo merito non appartiene ai loro immediati predecessori, che erano filosoficamente molto poveri.

I Massoni hanno potuto mostrarsi fra loro meno enigmatici che gli Ermetisti nei loro scritti, giacché il Massone si riconosceva senza difficoltà nella Pietra vivente, che apprende a tagliarsi da se stessa se­ condo le regole sacre dell'Arte Reale. Ma questo discernimento andò perduto per gli operai inglesi, che nel XVII secolo ebbero il merito di perpetuare delle usanze la cui portata iniziatica comunque sfuggiva loro.

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Gli inizi della Massoneria moderna.

Il Rinascimento fu una rivolta della ragione contro la fede. Lo spirito razionalista venne ad opporsi alla contemplazione sognante che si com­ piaceva dei simboli ed alle loro suggestioni indefinibili. Un sapere positi­ vo, certo e basato su una osservazione metodica si diffuse nelle intelli­ genze. Gli antichi misteri, che si rivolgevano all'immaginazione e al sen­ so divinatorio, persero il loro prestigio. Abbandonate o praticate per a­ bitudine, le iniziazioni operaie si ridussero a pallide reminiscenze, fanta­ smi di un passato morto o morente. Sul continente europeo i Compagnonaggi restarono fedeli a riti dive­ nuti grossolani, dei quali non restava che una mutila lettera morta. La Gran Bretagna non ebbe sorte migliore, tuttavia i Liberi Massoni vi con­ servarono una proficua reputazione. Detentori di inviolabili segreti, si ri­ conoscevano con parole di passo, accompagnate da segni misteriosi, e si prestavano ovunque all'assistenza più devota. Era onorevole venire am­ messi fra loro come partecipante estraneo all'esercizio professionale del­ l'arte di costruire. Anche dei personaggi eminenti si fecero « accettare '' come membri di un confraternita, che si dichiarava antichissima e deten­ trice di una saggezza risalente al re Salomone. Il più celebre dei Massoni cdiberi ed accettati " fu iniziato a Warrin­ gton nella contea di Lancaster il 1 6 ottobre 1 646. Grande archeologo, a­ mante dell'alchimia e dell'astrologia, si chiamava Elias Ashmole. Curio­ so delle tradizioni misteriose, questo rosacrociano rimase deluso da quanto poterono insegnargli i successori degli antichi tagliatori di pietre. Il segreto, al quale il recipiendario si impegnava con un drammatico giu­ ramento, non portava che ad una cerimonia mediocremente impressio­ nante, poi a dei segni di riconoscimento e parole di passo senza interesse per un amante di conoscenze misteriose. La delusione impedì all'erudito di prendere sul serio i riti operai, che egli stimò meno degni di analisi che il cerimoniale dell'Ordine della Giarrettiera. È dunque molto gratuita­ mente che certi autori hanno riconosciuto in Ashmole il fondatore della Massoneria moderna. Non gli dobbiamo né la messa a punto dei rituali, 42

né la spiritualizzazione delle antiche usanze, spiritualizzazione che tra­ sformò in « speculativa ,, la Massoneria detta « operativa ». La trasformazione di una confraternita di mestiere in associazione filosofica si effettuò progressivamente e proporzionalmente al declino delle antiche organizzazioni corporative. Attirando gli intellettuali, il mi­ stero fece lavorare gli spiriti che concepirono una Massoneria sempre più morale ed allegoricR. Sotto l'influenza delle idee generose propagate nel XVII secolo, si pervenne a non interessarsi più che al taglio delle pie­ tre umane in vista della costruzione di un Tempio ideale a protezione di una Umanità migliore. Una simile rivoluzione non poteva compiersi senza crisi. Venne un momento in cui tutto sembrò compromesso. All'inizio dello scettico XVIII secolo, la fede massonica si indeboliva dj anno in anno. I ferventi del vecchio culto operaio vedevano il loro numero diminuire al punto che nel 1 7 1 6, la festa di San Giovanni Battista restò tristemente famosa per i Liberi Massoni di Lonqra in quanto il banchetto tradizionale non riunì che un pugno di convitati. La Massoneria precipitava, ma i suoi ul­ timi fedeli decisero di salvarla ravvivando lo zelo degli adepti negligenti. Grazie ai loro sforzi i convitati si presentarono in numero conveniente il 24 giugno 1 7 1 7 attorno alla tavola rituale. Per ottenere tale risultato l'appello era stato ribadito presso quattro Logge di Londra, i membri delle quali decisero di restare riuniti in quella che chiamarono una Gran Loggia. Questa innovazione fu ricca di risultati inattesi. Sino ad allora nessu­ na autorità centrale aveva federato le Logge fra loro ; retta da tradizioni reputate sacre, l'antica Massoneria non si era m ai data una organizza­ zione legislativa perm an e nte ... Non è verosimile che degli artigiani trop­ po a lungo illetterati si siano, dall'alto medio evo, conformati a regola­ menti scritti. I testi che nof abbiamo emanano da Logge particolarmente im po rtanti , come quelle della cattedrale di Strasburgo che - in ragione del suo caratt ere permanente e del suo prestigio - divenne il modello delle Logge transitorie che nascevano da necessità costruttive più ristret­ te. Prima di essere terminato in un tempo previsto, un edificio dava luo­ go alla fondazione di una Loggia che rispondeva ai bisogni della costru­ zione intrapresa. I li ber i costruttori riuniti procedevano in tale Loggia con loro privata autorità, senza sognarsi di sollecitare l'autorizzazione di un potere massonico governamentale.

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Tutto cambia dal 1 7 1 7. La pratica dell'arte di costruire viene definiti­ vamente abbandonata : pertanto la nuova organizzazione si ispira non più a costumanze e necessità architetturali, bensì al parlamentarismo in­ glese. La Gran Madre dei Liberi Massoni viene eretta come monarchia costituzionale e la Gran Loggia come Parlamento, riunendosi trime­ stralmente per legiferare, mentre nulla di analogo si era praticato ante­ riormente. È legittimo, a queste condizioni, ricavare che la Massoneria moderna è nata a Londra agli inizi del XVIII secolo. Ma ciò che si sviluppava su nuove basi, comunque era collegato al passato così bene che due ten­ denze sono rimaste antagoniste in seno alla Massoneria. La preoccupa­ zione di realizzare un ideale di governo ha dominato la maggior parte dei Massoni, mentre degli imperativi di un altro ordine corrispondevano alte aspirazioni della minoranza. Si può dire che una corrente iniziatica ha sempre circolato sotto i flussi superficiali dell'associazione, ma gli storici si sono tenuti alle apparenze senza apprezzare ciò che si svilup­ pava in profondità. Seguendo le cronache apprendiamo che l'umile assemblea del 1 7 1 7 dovette rassegnarsi a conferire la gran maestranza al troppo modesto Antony Sayer. Nel 1 7 1 8 un gentiluomo più noto fu eletto nella persona di Georges Payne, poi venne la volta del dottor Theophile Desaguiliers, sapiente di grande rinomanza, figlio di un ugonotto di La Rochelle. Ma fu necessa­ rio che nel 1 72 1 Sua Grazia il duca di Montaigue si degnasse di accetta­ re la gran maestranza perché l'Ordine dei Massoni fosse definitivamente consacrato davanti l'opinione pubblica inglese ; allora divenne elegante cingere il grembiule, soprattutto dopo che l'erede al trono ebbe sacrifica­ to egli stesso alla nuova moda. Non mancava più alla istituzione rinnovata che di farsi largamente conoscere mediante la pubblicazione dei suoi principi fondamentali, dei suoi regolamenti e tradizioni leggendarie. Si avevano antichi manoscritti « gotici », intitolati costituzioni; si trattava di rifondere questi testi per a­ dattarli alle esigenze moderne e tirarne la carta fondamentale della Mas­ soneria, divenuta puramente morale e spirituale, dopo avere rinunciato ad ogrii architettura materiale. Un predicatore presbiteriano James Anderson fu incaricato di questo lavoro, donde risultò il Libro delle Costituzioni, stampato a cura della Gran Loggia di Londra nel 1 723. 44

Gli Old Charges (Antichi Doveri) vi occupano lo spazio più impor­ tante. Il loro articolo I fu redatto come segue : Concernente Dio e la Religione : Un Massone è obbligato per suo impegno ( ! ) ad ubbidire alla legge morale e - se egli comprende bene l'A rte - non diventerà mai uno stu­ pido ateo, né un libertino irreligioso. Benché nei tempi passati i Massoni fossero costretti in ogni paese a praticare la religione de/ luogo, qualun­ que che essa fosse, si stima ormai più opportuno di non imporre loro al­ tra religione che quella sulla quale tutti gli uomini sono d'accordo, e di lasciar loro ogni libertà quanto alle loro opinioni particolari purché essi siano degli uomini buoni e leali, gente di onore e di probità, quali che possano essere le cotifessioni o le convinzioni che li distinguono. Così la Massoneria diverrà il centro di unione ed il mezzo per stabilire una sin­ cera amicizia fra persone che - fuori di essa - fossero talora rimaste separate le une dalle altre. Questo testo rappresenta la Massoneria come una associazione di uo­ mini facente astrazione dalle idee che li dividono, per realizzare una inte­ sa fraterna basata sulla stima reciproca. Invece di tentare un riavvicina­ mento degli uomini mediante la loro conversione ad una credenza unica, i Massoni si affermavano partigiani della assoluta libertà di coscienza. Essi si vietavano qualsiasi inquisizione sulla fede d'altri, per attenersi in­ vece all'apprezzamento della moralità di chi sollecitava l'ammissione fra loro. Essere buono, sincero, leale, onesto, rispettoso delle leggi rendeva idoneo all'ammissione nell'Ordine universale della Massoneria. Il qua­ dro dell'antica corporazione costruttiva si è prodigiosamente espanso, poiché l'istituzione rinnovata fa appello agli uomini di onore e di pro­ bità, appartenenti a tutte le religioni, nazioni e razze umane. Gli Old Charges stabiliscono in effetti : Il Massone è un pacifico, soggetto ai poteri ciPili di qualsiasi luogo o­ ve egli risieda o lavori; non deve mai essere implicato in complotti e co­ spirazioni contro la pace e la prosperità della nazione, né comportarsi in modo scorretto nei cotifronti dei magistrati subalterni, giacché la

( l ) Letteralmente : la sua • tenure o, termine feudale che designa il patto sottoscritto dal detento­ re di un feudo.

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guerra, lo spargimento di sangue e le insurrezioni sono state da sempre funeste alla Massoneria ... Se qualche fratello volesse insorgere contro lo Stato, bisognerà guar­ darsi dal favorire la sua ribellione considerandolo pietosamente come un iltfelice. S 'egli peraltro non è colpevole di nessun altro crimine, la leale corifraternita - benché tenuta a disapprovare la sua ribellione, al fine di non gettare un 'ombra sul governo stabilito, né difornirgli un mo­ tivo di sfiducia - non lo escluderà dalla Loggia perché i suoi rapporti con questa restano indissolubili. Circa la condotta in Loggia, è detto : Che le vostre contese particolari o le vostre recriminazioni non var­ chino mai la soglia della Loggia,· ancor più, evitate le controversie sulle religioni, le nazionalità o la politica, considerando che nella nostra qua­ lità di Massoni noi non professiamo che la religione universale prima menzionata. Noi siamo di tutte le nazioni, di tutte le lingue, di tutte le razze ed escludiamo qualsiasi politica perché essa non ha mai contribui­ to in passato alla prosperità delle Logge, né vi contribuirà in avvenire.

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Le Assise del Tempio

I princìpi proclamati nel 1 723 dal L ibro delle Costituzioni valsero al­ la Massoneria l'adesione degli spiriti più generosi d'Europa. Questi prin­ cìpi non erano assolutamente nuovi ; alcuni pensatori, fra i quali il Co­ menio ( l ), li avevano già formulati filosoficamente. Ma le idee filosofiche si propagano con lentezza ed in limiti ristretti, tanto più che esse non si rivolgono che al solo ragionamento ; hanno bisogno di un veicolo imma­ ginativo per conquistare rapidamente l'insieme del mondo. Orbene! l a Massoneria moderna ereditò un carro trionfale, sotto forma d i tradizioni che si collegano all'Arte Reale. Anderson non si spiega il contenuto di questa Arte misteriosa che i Massoni praticano, tuttavia egli fa dell'A rte R eale un sinonimo di Massoneria. Si stimò in seguito che questa Arte, nobile per eccellenza, consista nel vivere saggiamente e coscienti delle esigenze come delle leg­ gi della Vita. L'iniziazione massonica apparve così come insegnamento dell'A rte di vivere, non come creatura volgare che si abbandona alle ten­ denze inferiori, bensì come A rtista, adepto della Grande Opera vitale. Benché limpida nei suoi princìpi morali e nel suo obiettivo di fraternità umanitaria, la Massoneria moderna resta misteriosa in ciò che essa la­ scia da indovinare. Facendo uso di simboli e adempiendo ai rituali, essa mantiene vivo l'enigma di un passato prodigioso. Come Giano, sembra riguardare simultaneamente in avanti e all'indietro, orientarsi verso l'av­ venire da creare, tuttavia ispirandosi all'esperienza del più remoto pas­ sato. Il suo successo fu rapido, troppo rapido anche rispetto ai pensatori capaci di approfondire tutta la portata dell'Arte Reale. L'iniziazione era liberamente accordata a chi poteva dirsi nato libero e di buoni costumi. Questa formula allude agli schiavi ed ai servi privati del diritto a di-

( i ) Jean Amos Komensky, detto Comenio, nato i1 28 marzo 1 5 92 a Nivnitz, in Moravia, morto il 1 5 novembre 1 6 70 ad Amsterdam, fu, nei suoi scritti, un precursore della Massoneria moder­ na.

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sporre di se stessi. Nella impossibilità in cui essi erano di fare dono della propria personalità, non potevano essere ammessi a consacrarsi all' Ar­ te, la quale vuole che l'artista le appartenga senza riserve. Da quando tutti i cittadini nascono politicamente liberi, bisogna attribuire un senso spirituale all'espressione « nato libero ». Nascere alla libertà implica un affrancamento che si impone al saggio desideroso di partecipare alla vita superiore degli Iniziati. È riscattando­ si dai pregiudizi volgari ed elevandosi al di sopra delle passioni meschine che l'uomo sfugge alla schiavitù intellettuale e morale, che gli impediva di fraternizzare sinceramente coi protagonisti di opinioni diverse, dei quali egli deve rispettare le idee a condizione che essi siano, come lui stesso, di buoni costumi, cioè irreprensibili nella loro condotta. Una certa preparazione intellettuale avrebbe dovuto essere pretesa da ogni candidato alla iniziazione massonica. Ma non fu questo il caso, da­ to che ogni gentiluomo di buon nome ed ogni « onest'uomo » del XVIII secolo trovarono buona accoglienza fra i Massoni. Questi ultimi generalmente si mostrarono piuttosto superficiali. Il ruolo misterioso della Massoneria sfuggiva loro ; anch'essi giocavano al rituale e si paravano da Massoni abbastanza puerilmente, senza appro­ fondire nulla. Una infantile Massoneria si espandeva sul mondo, attiran­ do troppi adepti perché tutti potessero dirsi filosoficamente nati liberi. Fu impossibile propagare subito un'Arte Reale perfetta. Per prepara­ re l'umanità ad essa, conveniva preludere con un gioco iniziatico che sul principio si rivolgesse al sentimento. Riavvicinare gli uomini, condurli a conoscersi maglio, stimarsi ed amarsi sopportandosi benevolmente, tale fu il programma iniziale dell'attuale Massoneria. Sostituire la tolleranza luminosa al fanatismo cieco dei pregiudizi e dei partiti-presi fu la prima tappa della iniziazione progressiva dell'umanità ai misteri dell'Arte Rea­ le. Tutto questo non è ancora il Tempio che si costruisce, ma è il fonda­ mento dèlle sue assisi nelle profondità dell'anima umana.

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Il C attolicesimo

Ciò che contribuì in larga misura al successo della Massoneria fu il segreto dei suoi misteri che sollecitava la curiosità. Le Logge esercitaro­ no un'azione fascinatrice sulla brillante società del XVIII secolo, in seno alla quale divenne alla moda farsi iniziare. La filosofia che regnava allo­ ra nei s alotti ebbe ripercussione nelle riunioni massoniche, dove si offri­ va l'occasione di filosofare in tutta libertà sotto l'egida di una fraterna tolleranza. Tutte le convinzioni potevano essere esposte con educazione, provocando delle discussioni cortesi, delle quali si dilettava l'intellettuali­ smo allora imperante. Le prime Logge fondate a Parigi a partire dal l 725 non ebbero subito un carattere filosofico. D'importazione inglese, la nuova confraternita si accontentò - per esordire in Francia - di compiere delle cerimonie mi­ steriose, seguite da un gradevole banchetto. Finché andò così, il governo di Luigi XV non si preoccupò di un tal genere di divertimento lanciato da signori britannici ; ma quando i collaboratori del re ne videro alcuni riunirsi con fare da cospiratori, allora il Luogotenente di polizia inter­ venne. Egli credette sufficiente interdire agli osti di tenere Loggia, ma i Massoni misero a proprio carico i rischi di ammenda e fecero capo il du­ ca di Antin, che stava a corte (24 giugno 1 7 38). Le persecuzioni restaro­ no così anodine in Francia, dove non contribuirono che a rendere più piccanti i divertimenti massonici ; non fu però lo stesso in altri paesi, so­ prattutto in seguito alla scomunica solenne dei Massoni, lanciata dal pa­ pa C lemente XII il 28 aprile 1 73 8 . Sua Santità s i era allarmata del successo ottenuto dalle società d i Li­ beri Muratori o Massoni, società che comprendevano uomini di tutte le religioni e di tutte le sette, « attenti a rispettare un'apparenza di onestà naturale, legati fra loro da un patto così stretto quanto i mpenetrabile, sottomessi a leggi e statuti fatti da loro stessi, impegnati - mediante un giuramento rigoroso prestato sulla Bibbia, e sotto le pene più severe - a tenere nascoste con un silenzio inviolabile le pratiche segrete della loro associazione ». 49

Le accuse così formulate dal papa fecero riunire d'urgenza, il 25 giu­ gno 1 737, alcuni cardinali e l'inquisitore del Santo Uffizio di Firenze : la bolla « In eminenti apostolatus specula >> nacque da quel conciliabolo. Umanamente e divinamente illuminato, ivi scomunica i Massoni e per estensione ogni cattolico che tenga con essi delle relazioni qualsiasi. Egli parte dal principio che, se le associazioni massoniche « non facevano il m ale, allora non avrebbero avuto un tale odio per la luce » ( l ); indi si e­ sprime come segue : « Ricordando nel nostro _spirito i grandi mali che risultano ordinaria­ mente da tale sorta di società o di conventicole, non solamente per la tranquillità degli Stati, ma ancor più per la salute delle anime; conside­ rando quanto queste società sono in disaccordo, tanto con le leggi civili che con le leggi canoniche, ed istruito dalla parola divina a vegliare gior­ no e notte come fedele e prudente servitore della famiglia del Signore per impedire a questi uomini di violare la casa come dei briganti e di deva­ stare la vigna come delle volpi, cioè di pervertire i cuori semplici e - col favore delle tenebre - di penetrare con le loro idee le anime pure; per fermare la via così larga che da ciò potrebbe aprirsi alle iniquità che si commetterebbero impunemente, e per altre cause giuste e ragionevoli a Noi conosciute, col consiglio dei nostri Venerabili Fratelli Cardinali del­ la Santa Chiesa romana, e col Nostro pieno potere apostolico, Noi ab­ biamo deciso di condannare e di interdire le dette società, assemblee, riunioni, associazioni, aggregazioni o conventicole chiamate di Liberi Muratori o di Massoni o di ogni altro nome, così come le condanniamo ed interdiciamo mediante la Nostra presente costituzione che resterà va­ lida in perpetuo >>. Successivamente venne stabilito che i fedeli dovessero astenersi dal minimo rapporto coi Massoni sotto la pena di scomunica « in base alla quale nessuno, a meno che sia in punto di morte, potrà ricevere il be­ neficio dell'assoluzione da chicchessia che non da Noi stessi o dal Pon­ tefice romano allora esistente >>. Infine viene prescritto al clero di far uso dei propri poteri contro i tra­ sgressori che siano in forte sospetto di eresia. « Essi devono essere puniti

( l ) Il capo della Chiesa dimenticava che i cristiani delle catacombe furono, anch'essi, accusati dei peggiori misfatti a causa della pratica segreta del loro culto.

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con le pene che meritano e - quando ce ne sia bisogno - non si deve e­ sitare a richiedere l'intervento del braccio secolare ». Essendosi addolciti i costumi, la Massoneria non ebbe i suoi martiri che in Italia, Spagna e Portogallo. In Francia la scomunica del 1 73 8 restò senza il minimo effetto, come pure quella del 1 75 1 lanciata da Benedetto XIV. ll Parlamento di Parigi aveva rifiutato la registrazione di questi atti di un sovrano straniero, che non doveva avere giurisdizione sui sudditi del re di Francia. L'abuso del­ le scomuniche peraltro le screditava anche agli occhi degli ecclesiastici illuminati. Si spiega così la partecipazione attivissima del clero francese del XVIII secolo, tanto secolare che regolare, ai lavori delle Logge. Le liste dei membri costituenti i gruppi dell'epoca contengono dignitari della Chiesa, numerosi abati e monaci, in particolare benedettini ( l). È così che un fervente cattolico, Joseph De Maistre, sfidava il suo vescovo sen­ za rimorsi di coscienza facendosi iniziare dalla Loggia « Aux trois Mor­ tiers » di C hambery (2) nel 1 774. I Massoni accoglievano i preti con sol­ lecitudine, spesso anche esentandoli dalle prove rituali, poiché ai loro oc­ chi il sacerdozio conferiva una iniziazione equivalente a quella massoni­ ca.

(l)

Vedere lo Stato delle Logge esistenti in Francia nel 1 771 pubblicato da Gustave Bord, pagg. 3 5 7-504 della sua Franc-Maçonerie en France, des origines à 1815, tomo l , Parigi Nou­ velle Librairie nationale 1908. Vedere anche in A cacia del giugno 1927 l a tavola della Loggia San Giovanni di Metz.

(2) Vedere

François Vermale, Etude sul la Franc-Maçonnerie savoisienne à l'époque 191 2 Leroux. Georges Goyau : La pensèe religieuse de Joseph De Mai­ s tre Frane- Maçon, Parigi 1926 Nourry. Emile Dermenghem : La Franc-Maçonnerie, Mémoire adressé au Due de Brunswick par Joseph De Maistre, Parigi, 1925, Rieder. révolutionnaire, Parigi

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La Rivoluzione

Universalmente fedeli agli 0/d Charges nel 1 723 ovunque accettati come carta fondamentale del loro Ordine internazionale, i Massoni non pensavano affatto nel XVIII secolo a cospirare contro l'autorità civile oppure ad attaccare le credenze ricevute. I sovrani che si erano fatti ini­ ziare, dietro l'esempio dato il 1 5 agosto 1 73 8 dal futuro Grande Federi­ co, trovavano nei loro Fratelli Massoni i più solidi sostegni del trono. Considerando le ordinanze di polizia, i Massoni francesi rispettavano la regalità come principio, senza peraltro tacere le debolezze di un regi­ me allora apertamente criticato nei salotti e nella letteratura, molto di più che nelle Logge. Queste restavano politicamente mute, assorbite nei lavori rituali ed impegnate nelle discussioni relative ad innovazioni mas­ soniche. I riti in concorrenza si moltiplicavano e stornavano i Massoni da ogni azione detta profana. Una uguaglianza di buon livello e non troppo declamatoria si pratica­ va in Loggia, dove nobili e plebei fraternizzavano, e l'aristocratico dava esempio di una educazione che coinvolgeva il plebeo. Sentendosi Pietra grezza quest'ultimo si sgrossava apprendendo a /evigarsi massonica­ mente. Nessun dubbio che il riaccostamento delle classi sociali, effettua­ to a livello massonico, abbia contribuito alla preparazione morale del sacrificio della notte del 4 agosto 1 789. L'abbandono generoso dei privi­ legi nobiliari fu allora compiuto dagli aristocratici imbevuti di principi massonici. Nulla peraltro era stato deciso in Loggia circa questo avveni­ mento né tutto ciò che ebbe a verificarsi in seguito.Raffigurarsi i Masso­ ni come reggitori tenebrosi del dramma rivoluzionario è assolutamente un errore. La testimonianza categorica di Joseph De Maistre è sufficien­ te da sola a ristabilire la verità storica ( ! ). In realtà i Massoni, scossi dal ( l ) Opere, edizione Vitte, pagg. 3 2 5 - 3 26, • la Massoneria pura e semplice, quale esiste ancora in Inghilterra, non ha nulla di cattivo in sé, e non potrebbe allarmare né la religione né lo stato... L'autore di questo scritto l'ha seguita molto attentamente ed a lungo; egli ha aggiunto alla pro­ pria esperienza anche quella dei suoi amici : non ha mai visto niente di malvagio in questa asso­ ciazione •.

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fiotto delle passioni sollevate, non hanno diretto occultamente niente. Essi furono in gran numero vittime del rivolgimento che soppresse la Massoneria nel 1 793 come istituzione non avendo più la sua ragion d'essere, poiché il suo sogno di libertà, uguaglianza e fraternità stava per essere realizzato - si credeva - sul piano politico. Ignorando le leggi che reggono la ribellione delle folle e dei popoli nel loro formidabile insieme, alcuni spiriti superficiali hanno potuto attribui­ re a qualche congiurato un potere che sfugge a qualsiasi raggruppamen­ to di individui. È assurdo immaginare dei conciliaboli nascosti che de­ cretano la convocazione degli Stati Generali e la presa della Bastiglia, che inducono mediante loro agenti Luigi XVI a fuggire, con lo scopo di farlo arrestare a Varennes e provocare così la sua condanna a morte, pronunciata molto prima da alcuni Illuminati di Baviera. Le nazioni non sono alla mercé di società segrete, i membri delle quali obbediscono ciecamente a superiori incogniti. Nessuno storico consente ad accettare l'ipotesi secondo la quale un potere occulto, qualunque esso sia, venga ipotizzato come capace di determinare deliberatamente delle crisi nazionali. I popoli hanno un'anima collettiva che reagisce a sua volta sugli individui e sui gruppi. Ciclone psichico, il turbine rivoluziona­ rio trascinò tutti i francesi, Massoni ed altri, ma non più violentemente degli altri considerati nel loro insieme. Se si ebbero fra loro degli energu­ meni, le loro esaltazioni non trascinarono le Logge che essi snobbarono per andare a scatenare le passioni piuttosto nei clubs. Per il fatto che e­ rano Massoni, non dovevano essere considerati come agenti della Mas­ soneria: infatti, sorpresa da avvenimenti ch'essa stessa non aveva mini­ mamente provocato, ne rimase travolta. Pacifici ambienti di filantropia e di speculazioni umanitarie, le Logge furono scompigliate dai realizzatori impazienti del programma rivoluzionario. La violenza giacobina fu loro fatale ; esse disparvero, alcune definitivamente, altre cadendo in un son­ no catalettico dal quale non poterono essere risvegliate una ad una che al ritorno di un po' di calma. Tuttavia al risveglio la composizione delle Logge si trovò profonda­ mente modificata. L'aristocrazia era emigrata, l'antico clero si era in parte laicizzato, così che la borghesia repubblicana era divenuta prepon­ derante negli ambienti massonici del Direttorio. L'entusiasmo per Bona­ parte trascinò poi i Massoni dell'Impero ad acclamare gli eroi del gior­ no, ma ideali sti impenitenti vollero vedere in lui il grande pacificatore 53

che lavorava a realizzare la felicità dei popoli riunendoli in un immenso impero di pace. La Restaurazione fu accolta come la realizzatrice dello stesso ideale m assonico, reso più modesto e pertanto meno chimerico nella sua appli­ cazione. Sotto tutti i regimi i Massoni si mostravano partigiani convinti del m antenimento dell'ordine pubblico e non cospiravano mai contro il governo. A furia di accusarli falsamente d'essere nemici del trono e dell'altare, si pervenne comunque a far loro una reputazione che si ripercosse sui reclutamenti. Le resistenze gallicane erano state rese inoperanti sotto l'antico regime, e le scomuniche erano state lanciate contro i Massoni ; col concordato tutto cambia a beneficio dell'autorità pontificate. Ormai ogni cattolico subisce l a dannazione facendosi iniziare, donde la diser­ zione delle Logge da parte dei credenti, e l'affluenza di elementi volteria­ ni, liberi pensatori ed anti-religiosi. Malgrado questo nuovo orientamen­ to, più di una Loggia resta fedele alle tradizioni di tolleranza religiosa tanto che sin verso il 1 830, certi regolamenti particolari prevedono delle messe da far dire ai frati del gruppo per il riposo dell'anima dei membri deceduti. Dal XVIII secolo i M assoni, essendo tutti animati di sentimenti reli­ giosi, tuttavia erano effettivamente inclini all'anticlericalismo, che si ma­ nifestava allora con l'orrore per i Gesuiti. Orbene, quando tutto il clero si mise a seminare l'odio pubblicamente contro la Massoneria, gli attac­ cati si persuasero che il gesuitismo governava una Chiesa che propaga­ va scientemente la menzogna. Ne risultò la mentalità caratteristica delle Logge francesi del XIX secolo. Mancando la serenità di pensiero, i Mas­ soni si esaltarono in una ideologia opposta a quella della Chiesa. Trionfò troppo sovente in Loggia la filosofia di M. Homais; certi pretesi liberi pensatori si credettero addirittura in possesso di una verità incon­ testablle per il solo fatto che negavano ostinatamente tutto ciò che inse­ gna il clero. Questo clericalismo alla rovescia non ebbe che un successo limitato anche durante la crisi che trasportò la lotta sul terreno politico. C ara ai Massoni la Terza Repubblica finì coll'essere soffocata dalla formidabile coalizione dei partiti reazionari e clericali. I partigiani della Libertà, dell'Uguaglianza e della Fratellanza dovet­ tero allora scegliere fra ciò che appariva loro come il dovere di cittadini e le prescrizioni del 1 723. Davanti al pericolo civile manifesto, non esita54

rono : la politica militante soppiantò la filosofia e l'Iniziazione fu dimen­ ticata. La Massoneria tuttavia non saprebbe rinnegarsi; essa può dimen­ ticarsi, distogliendosi momentaneamente dal suo scopo superiore, ma vi torna necessariamente per la forza delle sua costituzione iniziatica. Le circostanze imposero alla Massoneria delle nazioni latine una evo­ luzione particolare, alla quale Germani ed Anglosassoni restarono estra­ nei. Ne è risultato uno sdoppiamento dell'istituzione fondata nel 1 7 1 7, laddove Londra diede un tono che non è quello di Parigi. Non ci occupiamo in questa sede che della tendenza latina.

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Il ritorno al simbolismo

Benché trasformate in piccoli parlamenti, le Logge francesi della fine del XIX secolo non restarono per questo meno fedeli alle usanze masso­ niche più inveterate. Le abitudini di disciplina si mantennero. Per ottene­ re la parola, l'avvocato di una causa ultra-profana doveva mettersi > purtroppo non è stata compresa nella sua prima parte. Essa ha dovuto essere presa letteralmente durante il medio evo, allorché nessuno poteva contrarre gli impegni dell'apprendistato se dipendeva da un signore feudale, che legal­ mente disponeva dei propri servi. Essere effettivamente nato libero era allora condizione indispensabile per l'adesione alla confraternita dei Li­ beri Massoni. Nei tempi moderni ogni cittadino nasce libero ; si è dunque creduto superfluo insistere sulla libertà di nascita, per controllare piutto­ sto la possibilità di adempiere agli impegni che un Massone prende : sarà cioè libero di venire alle riunioni e di compiere i suoi doveri di iniziato? La libertà spirituale, che implica una morte liberatrice e conducente ad una nuova nascita, viene così fatta perdere di vista da preoccupazioni di ordine pratico. Per dirsi iniziaticamente nato libero, bisogna essersi affrancato dalla schiavitù profana. Fin tanto che delle illusioni ci tengo­ no prigionieri, noi non usufruiamo della indipendenza necessaria per cercare il nostro libero orientamento verso il vero. Prigionieri delle con­ venienze, di ciò che è passivamente ammesso nel nostro ambito e nella nostra epoca, noi non possiamo associarci agli spiriti emancipati che hanno l'ambizione di scoprire da sé una verità che rifiutano di accettare da altri. Nel mondo profano le chiese e le scuole promettono la rivelazione di certezze che per l'Iniziato restano illusorie. Noi non sappiamo niente di assolutamente certo, giacché nessuna delle nostre supposizioni saprebbe essere strettamente adeguata alla realtà. A queste condizioni il pensatore cosciente si distingue dalla folla, che ha orrore dell'incertezza; essa vuo­ le sapere per essere stabilizzata nelle proprie rappresentazioni mentali, ed ascolta chiunque affermi una comunicativa sicurezza. Ad essa neces60

sitano dei maestri ai quali potersi rapportare, dei dottori che fissano il dogma, dei rivelatori che proclaman() l'inconoscibile. Riscattarsi dalla mentalità di questa folla equivale ad uscire dai ran­ ghi del gregge : significa rinunciare all'incerta luce convenzionale che ri­ schiara una collettività per sprofondare nella notte alla ricerca della Vera Luce. Nessuno può illudersi di possedere questa chiarezza definitiva. L'ini­ ziazione insegna a cercarla, ma non pretende di regalarla agli Iniziati, che sanno votarsi ad una ricerca che non termina mai. Rassegnati a per­ seguire infaticabilmente un ideale di verità che sfuggirà loro sempre, essi contrastano con le folle avide di certezze che le salvino dalla perplessità. Tutto questo significa che l'Iniziato non saprebbe essere un pontefice che ha la risposta a tutte le domande poste dall'insaziabile curiosità u­ mana. Egli non si rivolge a quelli che sono fuggiti da una chiesa, spinti a sce­ glierne un'altra. Delle meravigliose dottrine si disputano questi falsi e­ mancipati, che si contentano di cambiare tutela, col rischio di arruolarsi sotto lo stendardo di una fede molto più sospetta di quella offerta da una antica istituzione con garanzie storiche. Nella Iniziazione pura non si espone alcuna teoria e non si insegna dogmaticamente niente. Le rivelazioni sensazionali sono di ordine profa­ no. Ciò che l'Iniziato apprende, egli non può scoprirlo che in se stesso. La sua istruzione andrà molto lontano se egli si inizia realmente ai misteri dell'A rte, cioè se diviene artista nell'Arte di pensare, basata es­ senzialmente sull'imparziale discernimento del vero e del falso. Questo discernimento è il grande segreto che nessuno saprebbe tradi­ re ; esso si acquisisce con l'esercizio, come l'abilità in qualsiasi arte. Ap­ prendete a pensare e scoprirete tutto ciò che siete capaci di comprende­ re. Desiderate lavorare con un metodo comprovato, basato sulla espe­ rienza di un passato prodigiosamente antico ? Se lo desiderate, bussate alla porta di un gruppo nel quale le tradizioni si sono conservate. Voi non dovete essere ammessi che se siete iniziabili all'Arte dei pensatori, cioè se siete capaci di cercare in voi stessi una verità che non può esservi offerta dall'esterno. Qualora esista una sapienza comune a tutti i Saggi, l'Iniziazione non può esserne che la muta detentrice. Essa mostra delle immagini, il significato delle quali richiede di essere divinato : chi manca di perspicacia resta profano a dispetto della più solenne ricezione ceri61

moniale. Gli iniziatori possono sbagliarsi quanto alla qualificazione di un recipiendario che, in ultima analisi, si giudica lui stesso di fronte al la­ voro che si esige da lui. Se contrariamente alle speranze che aveva fatto concepire egli si mostra inadatto alle opere dello spirito, andrà ad in­ grossare il numero dei chiamati che non si sono eletti.

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L'apprendistato I metalli Per divenire Massone bisogna cominciare con lo spogliarsi dei propri metalli. Applicata in tutte le Logge, questa regola sembra risalire ad una prodigiosa antichità dato che in un poema babilonese - che cinque mila anni or sono già era noto come antichissimo - la dea Ishtar si è mostra­ ta costretta a deporre in successione ogni gioiello per poter passare le sette mura del mondo infernale, e comparire nuda dinanzi alla sorella, la terribile regina del soggiorno dei morti (l). Che significa la rinuncia ai metalli? Vi si è visto il simbolo di un impo­ verimento volontario, poiché è detto che i ricchi non entrano nel Regno di Dio: cosa che - filosoficamente - si applica ai fortunati dell'intelli­ genza, soddisfatti di ciò che possiedono e troppo attaccati ai loro beni per disfarsene e lavorare piuttosto all'acquisizione di ricchezze dal valo­ re più effettivo. n metallo brilla, abbaglia e si presta agli scambi, donde il suo potere di acquisto che si estende sino alle coscienze. È così che l'oro e l'argento fungono da agenti di corruzione, mentre il bronzo ed il ferro hanno reso più mortali le lotte fra umani. A queste condizioni è forse sorprendente che gli antichi moralisti abbiano rimpianto l'epoca anterio­ re all'uso dei metalli? Costoro attribuivano ai metalli tutte le perversioni, talché il ritorno ad uno stato di candore, di innocenza. e purezza venne figurato nel loro linguaggio allegorico con una rinuncia ai metalli. n Metallo ricorda di più ciò che risulta artificiale e non appartiene alla natura originale dell'uomo; è il simbolo della civilizzazione, che fa pagar caro agli umani i vantaggi ch'essa procura loro. n civilizzato ignora ciò che ha perduto; bisogna pertanto ch'egli se ne renda conto, per riconqui­ stare le virtù primitive. Non sempre è divenuto migliore con l'istruzione, e numerosi vizi - ignorati dal selvaggio - si sono sviluppati invece in lui. Una associazione tendente al miglioramento degli individui, e attra­ verso loro della società umana, deve sforzarsi di rimediare alle perver­ sioni conseguenti al progresso artistico e scientifico.

( l ) Nella collezione del Simbolismo, vedere la nostra interpretazione del Poema di lshtar, quale ci è stato conservato nel suo testo assiro.

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Non si tratta tuttavia di una reintegrazione come la intendono certe scuole. La conquista di un paradiso, analogo a quello dal quale fu espul­ sa l'umanità primitiva, non è una prospettiva futura; non può trattarsi che di un risveglio di facoltà naturali, delle quali la vita civilizzata non e­ sige più l'uso. La perdita di queste facoltà ci mette in uno stato di infe­ riorità quando siamo chiamati a comprendere qualcosa d'altro che delle frasi. Orbene, poiché la saggezza fondamentale del genere umano è indi­ pendente dai modi espressivi contemporanei, per iniziarsi ai misteri di questa saggezza bisogna debuttare con la rinuncia ai procedimenti mo­ derni, che ci trascinano a giocherellare con le parole, sul valore delle quali ci inganniamo. Gli uomini hanno pensato prima di possedere un linguaggio filo­ . sofico, prima di adottare dei termini costruiti per adattarsi a concezioni astratte. Da quando la loro intelligenza si è spontaneamente svegliata, essi sono stati condotti a riflettere sul mistero delle cose. Ciò che affiora al loro spirito, al di fuori di ogni suggestione anteriore, merita di essere ricercato da noi, che aspiriamo a riscattarci dagli errori accumulati, fra i quali ci dibattiamo. Il primitivo non è uno sciocco e - se risaliamo alla fonte della sua ispirazione - non possiamo che ammirare la sua istintiva l lucidità. Egli ci fa tornare lucidi a nostra volta, collocandoci nelle condizioni in cui - distaccati da ogni acquisizione convenzionale - il nostro spirito ritroverà la propria originale impressionabilità ricettiva. I semplici sbagliano meno nel loro ignorante candore che i superbi nel loro pretenzioso sapere. Descartes - nel suo metodo - prescrive al filo­ sofo di esordire dimenticando tutto ciò che sa, al fine di ridurre il proprio intelletto allo stato di tabu/a rasa. Si tratta di una ignoranza voluta, che diviene l'inizio della vera conoscenza; lo spogliarsi dei metalli allude a questo impoverimento intenzionale, grazie al quale lo spirito sbarazzato di tutti i suoi falsi beni si prepara all'acquisizione di incontestabili ric­ chezze. Un simbolo non vale che per ciò che significa; non c'è dunque da prendere sul tragico una prescrizione tradizionale. Il gesto rituale non è che l'immagine dell'operazione mentale, che sola in realtà ha importan­ za. Purtroppo la materialità del rito soddisfa la maggior parte dei Ma�­ soni che - non avendo m ai sognato di spogliarsi dei loro metalli nel l o spirito e nella verità - si sono esclusi da sé dalla effettiva Iniziazione massonica. 64

Non c'è modo, agli esordi dell'lniziazione, di individuare i metalli sot­ to i molteplici aspetti del loro simbolismo. Il programma iniziatico è gra­ duale. Lo studio dei numeri si persegue normalmente partendo dall'U­ nità per arrivare al Settenario dopo una preparazione. Orbene, i Metal­ li-Pianeti rappresentano le cause seconde, coordinatrici del caos. n Compagno si compenetrerà delle leggi della loro azione per elevarsi alla Maestria ; quanto al recipiendario, egli non andrà al di là di ciò che sug­ gerisce la deposizione dei metalli, considerati come ostacolo all'eserci­ zio delle facoltà intellettuali che l'uomo possiede allo stato di natura. Ta­ li facoltà si manifestano mediante una acutezza di percezione, che fa di­ vinare al primitivo ciò che il civilizzato non perviene più a concepire. Tutto è simbolo per lo spirito ingenuo messo alla presenza dei fenomeni naturali : il fanciullo ha il senso di una poesia che l'adulto sbaglia a di­ sdegnare, giacché la prosa è lontana dal regnare sola nell'universo. La rivelazione più antica e più sacra si collega alle idee che nascono da se stesse nell'intelletto vergine. Ritorniamo alla freschezza originale delle nostre impressioni se aspiriamo ad iniziarci. Initium significa principio ; sappiamo dunque ricominciare per entrare nella buona via.

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La discesa agli inferi

Per distinguersi dalla moltitudine rimasta superficiale nel suo modo di pensare, conviene apprendere a meditare profondamente. A questo sco­ po si impone l'isolamenteo silenzioso, giacché non possiamo seguire il corso dei nostri pensieri se non evitando ciò che ci distrae ; ritirarsi nella solitudine fu dunque da sempre il primo atto di colui che aspira alla sag­ gezza. Fuggire il tumulto dei viventi per rifugiarsi presso i morti, al fine di ispirarsi da ciò che essi sanno meglio di noi... questo ci sembra essere stato l'istinto dei più antichi adepti dell'Arte meditati va. La dea della Vita, la grande lshtar, istruì i saggi col suo esempio quando - girando il viso verso il paese senza ritorno - rinunciò agli splendori del mondo esteriore per inabissarsi nelle tenebre di Aralou. Bi­ sogna discendere in sé per iniziarsi. Gli eroi mitologici, dei quali le sorti­ te sotterranee ci sono poeticamente tramandate, furono degli Iniziati vit­ toriosi del ciclo delle prove ineluttabili. In realtà l'Inferno dei filosofi non è altro che il mondo interiore porta­ to in noi. È l'interiorità della terra� alla quale si collega il precetto alche­ mico : Visita Interiora Terrae, Rectificando Invenies Occultum Lapidem. Frase nella quale le parole hanno per iniziali le sette lettere di Vitriol. Questa sostanza dovrebbe indurre l'Ermetista a visitare la propria inte­ riorità, al fine di scoprirvi, rettificando, la Pietra nascosta dei Saggi. Si tratta di una pietra cubica che si forma al centro dell'essere pensante quando egli prende coscienza della certezza fondamentale, attorno alla quale si compirà la cristallizzazione costruttiva del Tempio delle sue convinzioni. Alla spogliazione massonica dei metalli corrisponde in Alchimia la purificazione del soggetto, al quale non deve aderire niente che sia estra­ neo alla intrinseca sostanza. Presa questa precauzione, il soggetto è in­ trodotto nell' Uovo Filosofico, dove sarà covato in vista dello schiudi­ mento. In Massoneria, l' Uovo ermeticamente impiastrato - dove il soggetto è chiamato a morire ed a decomporsi - prende l'aspetto di una cavità fu66

neraria, detta Gabinetto di R iflessione. È ordinariamente un piccolo ri­ dotto, situato in un anfratto, che sui muri neri p orta in bianco delle iscri­ zioni di questo genere :

Se la curiosità ti ha condotto qui, l1attene. Se temi di essere illuminato sui tuoi difetti, ti troverai malefra noi. Se sei capace di dissimulare, trema; ti si scoprirà. Se tieni alle distinzioni umane, esci; qui non se ne conoscono. Se la tua anima si è spaventata, non andare oltre. Se perseveri, sarai purificato mediante gli elementi,· uscirai dall'abis­ so delle tenebre,· vedrai la luce. Chiuso in tale luogo, il recip iendario sp ogliato dei p ropri metalli p ren­ de posto davanti a una p iccola tavola, di fronte ad una testa di morto affiancata da due copp e che contengono l'una del sale e l'altra dello zol­ fo. Un p ane, una brocca di acqua ed il necessario p er scrivere com pleta­ no l'arredamento della cella di rigore, ove il prigioniero deve p rep ararsi a morire volontariamente. Le sentenze che egli p uò leggere, e gli oggetti che colpiscono la sua vi­ sta alla luce di una lamp ada funeraria p ortano al raccoglimento. Se il re­ cipiendario entra nello spirito della messa in scena rituale, egli dimenti­ cherà il mondo esterno p er rip iegarsi su se stesso. Tutto ciò che è illuso­ · rio e vano scomparirà davanti alla realtà vivente che l'individuo porta in sé. Nel nostro p rofondo risiede la coscienza : ascoltiamola. Cosa risp on­ de alle tre domande che si p ongono al futuro iniziato : quali sono i doveri dell'uomo verso Dio, verso se stesso e verso i p rop ri simili? Dio è una p arola che non p otrebbe essere eliminata dal linguaggio dei saggi, giacché l'intelligenza umana si consuma in sforzi costanti p er con­ cep ire il divino. Certe rappresentazioni grossolane hanno fatto posto, nel corso di innumerevoli secoli�. ad idee più sottili ; ma l'enigma dell'Essere resta irrisolto. Nessun pensatore ha com preso esattamente la p arola ciò che è, e quando degli ideogrammi ci sono ·prop osti come soluzione, essi non sono che i simboli di un indecifrabile Incognito. Dio resta· la X di u­ na irriducibile equazione. L'as p irante alla luce ci vedrà la traduzione dell'omaggio reso dall'uo­ mo a ciò che egli sente al di so p ra di lui. Sarebbe ragionevole attribuirci la più alta collocazione nella scala degli esseri, a noi miserabili parassiti di un infimo globo p erso nell'immensità cosmica? Noi siamo meno che il 67

granello di sabbia trascinato dal vento che soffia su una spiaggia. Se esi­ stiamo, ciò avviene in ragione di quanto si ripercuote in noi : le forze so­ no così poco sotto il nostro controllo che noi neppure le conosciamo. Domandiamoci dunque in tutta umiltà ciò che dobbiamo a quello che è al di sopra di noi. Il simbolismo massonico suggerisce che tutto si edifica e che il compi­ to degli esseri è costruttivo. Un immenso lavoro si compie nell'universo ed il genere umano vi partecipa secondo la propria maniera. Il dovere dell'uomo è dunque quello di lavorare umanamente, adempiendo allo scopo che gli viene assegnato. Ciò equivale a dire, con linguaggio misti­ co : il mio dovere verso Dio è di conformarmi alla sua volontà, in vista di associarmi alla sua opera di creazione, che è eterna. Voglio essere l'a­ gente docile, energico ed intelligente dell'architetto che dirige l'evoluzio­ ne ed assicura il progresso. Ho verso me stesso il dovere di svilupparmi mediante l'istruzione e l'applicazione al lavoro ; infine io devo ai miei si­ mili l'aiuto ad istruirsi ed a lavorare bene. Quando il recipiendario si è così orientato, egli liquida il proprio pas­ sato profano facendo testamento. Spogliato dei propri metalli, non pos­ siede più nulla che possa legarlo. Di cosa può egli dunque disporre, se non di se stesso e della propria energia agente ? Egli fa testamento rinun­ ciando agli errori passati, prendendo delle irrevocabili decisioni per l'av­ venire. Il sale e lo zolfo del gabinetto di riflessione possono lasciare perplesso il recipiendario estraneo al linguaggio alchemico. Queste sostanze fanno parte di un ternario completato dal mercurio. Secondo l'Ermetismo, tut­ to si compone di zolfo ,o. , mercurio � e sale e ; ma questi tre principi alludono : l ) all'energia espansiva, inerente ogni individualità; 2) a questa stessa energia proveniente dalle influenze ambientali che si concentrano sulla individualità ; 3) alla sfera di equilibrio risultante dalla neutralizzazione dell'azione solforosa centrifuga, e della reazione mercuriale centripeta, penetrante e compressiva. L'isolamento, la sottrazione alle influenze esterne condannano a mor­ te il soggetto, così privato del soffio mercuriale che trattiene la vita. Quando lo zolfo � brucia in un involucro di sale e divenu­ to impenetrabile all'aria che trattiene il fuoco vitale, quest'ultimo tende 68

ad estendersi, ridotto a covare sotto le ceneri saline. Tale è precisamente lo stato del recipiendario che subisce la prova della Terra; egli è sepolto nel suolo come il grano destinato a germogliare. Bisogna che il suo nu­ cleo spirituale si schiuda interiormente, prendendo possesso della pro­ pria cavità solforosa. Cominciamo col regnare sul nostro Infero, se vo­ gliamo uscirne per conquistare cielo e terra ( l ).

( l ) Non possiamo in questa sede dil ungarci in spiegazioni che abbiamo sviluppato in un'opera specifica: Il simbolismo ermetico nei suoi rapporti con l 'A lchimia e la Fra-Massoneria.

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La sublimazione

Morire è passare da un modo di esistenza ad un altro, giacché nulla si perde. La scienza moderna concorda su questo punto con l'intuizione primordiale della specie umana. Il chicco di grano muore come tale, quando la sua scorza si corrompe ed una pianta nasce dalla sua sostan­ za. Il recipiendario ugualmente ha dovuto morire alle debolezze profane per nascere alla vita iniziatica. La nascita è per lui lo sforzo mediante il quale si svincola dall'inferiorità, al fine di potersi lanciare verso il cielo della più pura idealità. È in vista della loro rigenerazione spirituale che gli eroi antichi discen­ devano agli Inferi ; ma essi non vi erano trattenuti, giacché la forza a­ scensionale posta nelle profondità non tardava a trasportarli al cielo. Il recipiendario ugualmente non soggiorna che transitoriamente nella ma­ trice sotterranea dove si prepara la sua rinascita. Egli non può tuttavia uscire dalla sua prigione segreta altrimenti che « né nudo né vestito », cioè abbandonando una parte dei suoi vestimenti. In effetti l'uso prescri­ ve di denudare il petto ed il ginocchio sinistro, così come pure il braccio destro. Conviene inoltre di togliere la scarpa del piede destro per metter­ lo in una pantofola, ed infine - la cosa più importante - di bendare gli occhi al recipiendario. Questi non riceve alcuna spiegazione sino a quando le prove non sono superate ; egli resta sconcertato, intenzional­ mente abbandonato alle proprie congetture nell'attendere l'istruzione i­ niziatica che deve meritare. Il lettore conprenderà che la regione del cuore viene messa allo sco· perto in riferimento all'assoluta sincerità del recipiendario, la cui manica destra è rimboccata in segno di preparazione al lavoro. La nudità del gi­ nocchio vuole che - piegandosi - egli entri direttamente in contatto col suolo sacro, calcato peraltro dal piede senza scarpa. Ma perché l'altro piede conserva la propria calzatura? È indispensabile eseguire zoppican­ do i primi passi che portano all'iniziazione? Permane un mistero sul rito del piede scalzo. Senza la perdita di uno dei sandali, Giasone non avrebbe intrapreso la conquista del Vello d'o­ ro. L'israelita che rifiutava di sposare la vedova del proprio fratello do70

veva percorrere la città calzato in un solo piede. Eliphas Levi suggerisce che la preparazione fisica del recipiendario gli insegna a tenere conto della alternanza delle azioni magiche. Ad ogni corrente positiva inten­ zionalmente svincolata corrisponde una contro-corrente negativa occul­ ta ; quando il profano si lancia nell'azione, egli dimentica troppo spesso la reazione fatale, che l'iniziato invece prevede. C'è molto da meditare su questi argomenti. Ma il cerimoniale iniziatico non comporta delle pause che consentano raccoglimento ; esso snoda teatralmente un programma enigmatico, a prima vista sconcertante. Il recipiendario deve rassegnarsi a non com­ prendere immediatamente il significato dello scenario che si verifica in suo onore. È tenuto ad abbandonarsi alla guida invisibile che gli fa subi­ re le prove con gli occhi bendati. Condotto ciecamente davanti alla porta del Tempio, egli è invitato a bussare. Prima di essere ammesso, deve essere riconosciuto come « nato libero e di buoni costumi » oltre che sinceramente desideroso di vedere la luce. Per entrare egli si piega profondamente a testimonianza del suo ri­ spetto verso il mistero che ignora. Un orgoglioso non saprebbe penetra­ re che come intruso nel santuario della ricerca indipendente del vero ; bi­ sogna essere umili per istruirsi : più abbiamo coscienza della nostra igno­ ranza, meglio realizziamo le disposizioni favorevoli alla nostra istruzio­ ne. Il recipiendario non si piega tuttavia che per raddrizzarsi con la legit­ tima fierezza dell'uomo libero. Egli non vede niente, ma forte della pro­ pria lealtà resta senza timore. Quando una punta di acciaio lo punge al­ l'altezza del cuore, egli può ritenersi minacciato dalla vendetta degli ini­ ziati nel caso tradisse la loro fid ucia. In realtà il rito fa appello alla sua sensibilità ; è al cuore che si rivolge I'Iniziazione, anche intellettualmente : queste sono le verità intimamente sentite, che ci mettono sul cammino della luce. Prima di accettare il recipiendario, gli vengono poste delle domande. Esse non dovrebbero che indurlo a dirigere la sua attenzione sull'esoteri­ smo del cerimoniale iniziatico. I simboli sono destinati a far pensare ; es­ si hanno un significato troppo vasto e troppo profondo perché delle pa­ role possano esser loro sostituite. Ciò che caratterizza l'Iniziato è il fatto che per lui i simboli non sono muti ; egli sente nel più profondo quanto 71

essi si sforzano di dirgli, prima confusamente, poi con una chiarezza crescente. Essi obbligano a divinare, a ricavare da se stessi un insegna­ mento che non mente, come invece fa troppo facilmente quello tradotto in frasi. Avvertito dal carattere emblematico degli usi massonici, il recipienda­ rio intraprende il proprio primo viaggio intorno al quadro tracciato al centro della Loggia. Lo spazio centrale rettangolarmente delimitato raffigura una sorta di Santo dei Santi della Massoneria. Il piede scalzo sembra autorizzato a posarsi lungo il bordo in vista di una santificazio­ ne che renda questo piede sensibile alle influenze terrestri, permettendo­ gli di orientarsi verso la regione donde proviene la luce. Questi dettagli meritano di essere conosciuti, benché nella pratica si faccia piuttosto astrazione dalle minuzie rituali, conturbanti piuttosto che immediatamente istruttive. Le semplificazioni ammesse riducono le peregrinazioni simboliche a dei rapidi giri, che partono dall'occidente at­ traverso il nord e riconducono all'oriente attraverso il mezzogiorno, giacché la via prescritta è quella del sole, guida di coloro che cercano la luce. Quando l'iniziato penetra i sensi misteriosi delle sue prove, egli si ri­ corda della foresta tenebrosa dei romanzi di cavalleria. I mostri minac­ ciano il temerario che, incespicando ad ogni passo, deve vincere mille difficoltà per arrivare ai campi soleggiati dei propri sogni. Per i Massoni la luce è ritenuta ad occidente dagli oggetti che cadono sotto i nostri sen­ si. Da lì partiamo per dirigerci verso l'oriente, la cui luminosità ci aiuta a comprendere. Ma lo spirito avido di comprensione si libera dalle suppo­ sizioni azzardate, dalle ipotesi fallaci, e cammina così attraverso le tene­ bre brumose del settentrione. Pervenuto all'oriente, si lusinga di avere compreso la ragione dei fenomeni occidentali. Fiero della propria filo­ sofia, torna verso occidente attraverso il mezzogiorno, che lo conduce su un piano infuocato, dove il ragionamento si esercita senza pietà, nel­ l'ambizione di spiegare tutto. Non ascoltando che la propria logica, il ra­ gionatore architetta un sistema del quale è soddisfatto : ciò equivale al­ l'ascensione simbolica di una montagna, dalla sommità della quale la vi­ sta spirituale si estende su tutto il dominio terrestre ... Satana non inter­ viene per tentare il filosofo promettendogli l'impero del mondo, ma l'or­ goglio intellettuale comporta una catastrofe. Il vento della critica si leva; esso non tarda a gonfiarsi in tempesta: la grandine si abbatte, il tuono 72

rimbomba e turbini furiosi staccano dal suolo l'audace ascensionista. Proiettato attraverso l'A ria, egli cade nella piana delle constatazioni o­ biettive, dove viene accolto da braccia che attutiscono la sua caduta. Vista la rapidità dell'iniziazione cerimoniale, il rituale in uso nelle Logge rinuncia saggiamente ad ogni istruzione esoterica; tutto si limita a delle interpretazioni indicative elementari, che si attengono alla portata morale delle prove. Troppi Framassoni si restringono purtroppo alle ci­ tazioni verbali che hanno potuto raccogliere e, non riflettendo più a fon­ do, si arrestano al testo che fu loro letto : Questo primo viaggio è l'emblema della vita umana; il tumulto delle passioni, l 'urto degli interessi diversi, la difficoltà delle iniziative, gli o­ stacoli moltiplicati sotto i vostri passi dai presenti che tentano di nuocer­ vi e di respingervi sempre, ebbene tutto ciò è simbolizzato dalla tortuo­ sità della via che avete percorso e dal rumore che si è prodotto intorno a voi. Siete entrati in un sentiero difficile quanto irto di asperità; avete sca­ lato con sforzo una collina, dalla sommità della quale sareste stato pre­ cipitato in un abisso se un braccio protettore non vi avesse sostenuto. Questo vuoi dire che nel mondo si pone spesso molta pena nell'inse­ guire una posizione che irifìne riserva solo rovina e delusione. Per l'iniziabile che risale dalle profondità ove lo spirito si è trovato in presenza di se stesso, tutto ciò non è che motivo di perseveranti medita­ zioni. Per equilibrante reazione, la discesa concentrativa, spinta all'estre­ mo, suscita una equivalente espansione ascensionale. Colui che è disce­ so agli inferi otterrà di scalare il cielo ; uscendo da sé, egli si estenderà si­ no alla contemplazione del Tutto esteriore, ma la vertigine mentale pro­ voca allora la caduta sul terreno della obiettività.

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Il B attesimo iniziatico

Per trovare l'equilibrio fra due estremi, il mistagogo ha dovuto di­ scendere sino al fondo della voragine della riflessione, indi elevarsi per contrasto sino ai limiti del concepibile. Risalito dalle profondità e rica­ duto bruscamente dalle altezze toccate, l'aspirante alla saggezza prende piede sul suolo medio, ove deve svolgersi la sua attività. Trattasi di un vasto piano dove si verificano incessanti conflitti, come fosse il campo di lotta per la sopravvivenza materiale. Il recipiendario, gli occhi del quale restano bendati, non percepisce in realtà che uno sfer­ ragliare di armi, rumore che suggerisce l'idea di duellanti che tirano di scherma senza risultato. Il secondo viaggio sembre dunque fare allusione ad un'altra cosa piuttosto che ai conflitti « che l'uomo è forzato a soste­ nere per vincere le proprie passioni ». Simile interpretazione ufficiale è troppo manifestamente insufficiente perché uno spirito riflessivo possa arrestarvisi. I gladiatori dell'arena della vita umana non si distruggono fra loro, ma si contentano di fare molto fracasso. Essi rappresentano le opinioni in contrasto, i cui cam­ pioni discutono in pura perdita opponendo argomenti trattati con le pa­ role mal comprese. Gli spiriti superficiali, che non sono discesi nelle pro­ fondità, si lasciano ingannare dalla sonorità delle frasi ed in tal senso de­ cidono. Sono interessati alle contestazioni e ad esse si arrestano, giacché non hanno saputo elevarsi abbastanza per valutare la meschineria delle querele che dividono gli uomini. Chi si arresta per parteggiare dimostra che ha subito male le prime due prove; egli non attraversa affatto il piano della disputa, e non tende verso la riva del fiume che la limita. Questo largo corso d'acqua scorre turbinando. Esso rappresenta l'o­ pinione generale che trascina i pensatori deboli, incapaci di autonomia intellettuale, anche se hanno conservato la propria indipendenza rispetto alle scuole appassionate nel sostenere ciascuna la sua tesi. La prova dell 'A cqua costringe il mistagogo, a procedere resistendo alla corrente del fiume. Se egli si lascia trascinare, non arriverà mai alla riva del deser­ to che si estende al di là del Giordano. Il navigatore vittorioso sale la riva, dall'alto della quale il filosofo di74

sincantato contempla il campo del conflitto fra: gli errori umani, dai qua­ li lo separa il fiume ormai attraversato. Numerosi sono gli intellettuali che, soddisfatti della vittoria riportata su tale fiumana, non vanno però oltre. Piace loro la freschezza, e nel loro peripatetismo rivierasco com­ piangono l'accecamento degli uomini, felicitandosi del proprio superiore discernimento. Purtroppo costoro hanno subito male la prova, se l'ac­ qua non li ha lavati delle lordure animiche, e restano pertanto accessibili alla vanità. Il freddo ragionatore non possiede che una saggezza negati­ va: egli denuncia gli errori umani, ma la sua critica distruttiva non ha il potere di costruire. La sua immaginazione è purificata, e nessun mirag­ gio fallace vi si riflette ; ma si tratta di uno specchio torbido che non ren­ de i contorni del Vero. Il fiume della vita trattiene i filosofi che si com­ piacciono di dissertare sulle infermità umane. Brillanti letterati, predi­ cheranno una bella saggezza teorica; tuttavia, non seminando che delle frasi, essi non contribuiranno che molto indirettamente alla rigenerazio­ ne dell'umanità che deplorano per le sue debolezze.

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La prova del Fuoco

All'atto di uscire dall'Acqua che purifica esteriormente, il mistagogo abborda una riva di arida solitudine. Separato dai viventi per il discerni­ mento delle loro illusioni e dei loro errori, egli può - nella propria luci­ dità che non è vittima di nulla - attenersi al suo disincanto eretto a siste­ ma. Scoraggiato egli stesso, può far perdere d'animo gli altri e - prigio­ niero del fiume che scorre mutevolmente - si arresta sul cammino della propria iniziazione. Se egli però è destinato a proseguire, il deserto eserciterà su lui la pro­ pria attrazione ; egli vi si inoltrerà senza retrocedere di fronte a un suolo che diviene sempre più bruciante sotto i suoi passi. Il calore che lo inve­ ste può fargli rimpiangere la freschezza confortevole del fiume al quale ha girato le spalle. Egli è libero di tornare indietro, soprattutto quando le fiamme sorgono dal suolo e minacciano di avvolgerlo. Se esita, sarà troppo tardi ; un cerchio di fuoco lo avviluperà ed egli stesso avrà così deciso la propria sorte : avrà voluto essere bruciato. In tal caso non sarà semplicemente nella esteriorità e nella psiche ch'egli viene purificato ; il fuoco spirituale che lo ha penetrato distrug­ gerà in lui tutti i germi di meschineria e di inferiorità. La purificazione integrale effettua la trasmutazione del recipiendario : ciò che era profano deve ormai restare ucciso in lui ; eccolo rigenerato integralmente nel sen­ so rosacruciano di lgne Natura Renovatur Integra. Essendo stato pu­ rificato mediante la Terra, Acqua ed Aria il mistagogo viene rinnovato dal Fuoco. Al battesimo dell'Acqua succede quello del Fuoco o dello Spirito Santo. Orbene, come Shiva, il Fuoco iniziatico non uccide che per vi­ vificare. Esso è l'universale animatore, ed a questo titolo dispensa il ca­ lore operativo dell'Amore. Se la prova del Fuoco non accende nel cuore un ardore generoso che investa definitivamente tutta la personalità, ciò significa che tale prova è stata solo fittiziamente subita. Una scintilla dell'universale Fuoco Sacro cova in ciascuno di noi ; essa ci riscalda in vista del compito che ci incombe, ma troppo spesso non accende nella nostra lampada che una povera fiamma vacillante, che rischiara parsi76

moniosamente il cammino della nostra onesta esistenza. Per comportar­ si come un semplice uomo buono, in effetti non è indispensabile affron­ tare le prove dell'Iniziazione ; ma chi ambisce lavorare a livelli superiori ed operare oltre il banale dovere, deve dare prova di nobiltà animica e di coraggiosa abnegazione. Di per sé l'individuo non è niente di più che un brandello di ciò che può divenire. È libero di restare inerte, addormenta­ to, freddo, inattivo. S'egli non vuole vibrare, gli è consentito di ritirarsi dalla vita attiva e di suicidarsi per astensione. Questo è un ideale previ­ sto in Oriente ; non è quello però della Inizi azione ai misteri dell'Arte Reale. La Realtà proposta è quella dello spirito attivo, eternamente a­ gente. Per parteciparvi, è indispensabile volere il bene con un fervore che fa entrare l'individuo in vibrazione col ritmo creatore. Bisogna che l'uo­ mo si divinizzi volendo ed amando come Dio perchè possa effettiva­ mente entrare in possesso del Fuoco Sacro. Le prove massoniche, quali sono effettuate nelle Logge, possono sem­ brare ridicole ai profani, come del resto tutti gli atti simbolici visti solo e­ steriormente. Per povera che possa essere la loro drammatizzazione ma­ teriale, essi simbolizzano esotericamente i misteri più formidabili della tradizione iniziatica. Chi li subisce in spirito ed in verità diviene un reale Iniziato. Colui che invece li evita resta profano, a dispetto di tutte le co­ noscenze che possa esibire, a dispetto persino dei miracoli che possa compiere. Paolo si esprime come un Iniziato quando scrive ai Corinzi :

« anche se parlassi tutte le lingue degli uomini e persino degli angeli, se non ho la carità, sono come la campana che risuona o come il cimba­ lo tintinnante. A nche se avessi il dono della profezia, e conoscessi tutti i misteri, ed avessi ogni sorta di scienza; anche se avessi tutta la fede possibile al punto di spostare le montagne, se non ho la carità sono come niente. A nche se distribuissi ogni mio bene per nutrire i poveri, e donassi il mio corpo per essere bruciato, se non ho la carità, ciò non mi serve a niente.

A llorché tutto perisce, tre cose restano, fede, speranza, carità. Ma fecce/sa di queste virtù resta la carità ». Nell'ordine profano si possono ottenere apprezzabili risultati di san77

gue freddo mediante la giudiziosa applicazione delle forze disponibili ; è

il caso delle opere di dettaglio alle quali si dedicano gli uomini comuni. Ma c'è una Grande Opera eterna e globale che non è realizzabile se non con l'Amore. Bisogna amare per lavorare divinamente, creare, coordi­ nare il caos e trasmutare il male in bene. Chi non brucia effettivamente di affetto per altri non è che un pietoso operaio, incapace di operare il minimo miracolo dell'Arte. S'egli non sa amare, non risolverà che una piccola necessità mercenaria; non si eleverà al disopra del mestiere che amando il lavoro per trovarvi la liberazione mediante l'abnegazione del­ l'amore. Se parimenti così funziona nel dominio delle molteplici occupa­ zioni umane, che tutte si trasfigurano in effetti quando siano ispirate da un sentimento nobile, che dire allora del Lavoro spirituale superiore, al quale si consacrano gli Iniziati? In quanto Massoni, gli effettivi purificati spiritualizzano l'Arte di co­ struire, adattando alla Grande Opera costruttiva di una Umanità miglio­ re le regole tradizionali dell'antica architettura sacra. Orbene, le catte­ drali, costruite dai predecessori degli attuali adepti di squadra e compas­ so, sono opere di amore, e piamente fu tagliata ciascuna loro pietra. Ai nostri giorni bisogna lavorare con lo stesso fervorè amante per edificare il Tempio umanitario, del quale i costruttori sono gli stessi materiali. Se il vero Amore, intenso e profondo, non è il nostro stimolatore e la nostra guida, noi ci agiteremo in pura perdita.

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La Coppa delle Libagioni

La vita non è crudele con chi esordisce fra i viventi. Vezzeggiato dalla madre, il bimbo non manifesta che la gioia di vivere; istintivamente egli rivendica il proprio diritto alla vita, che sembra essergli donata solo per permettergli di gioirne senza riserve. La gioventù apprende però che non tutto è gradevole nella vita, la quale risulta pertanto ben lontana dall'es­ serci offerta gratuitamente. La necessità per ciascuno di guadagnarsi da vivere non tarda ad imporsi. La spensieratezza infantile dura solo un pe­ riodo, giacché rapidamente la vita ci istruisce con le asprezze, ci rende forti ed esige che impariamo a sopportare le difficoltà esistenziali : mo­ strarsi deboli davanti al dolore significa risultare indegni di vivere. Poiché l'Iniziazione insegna l'A rte di vivere, le torture inflitte durante le iniziazioni primitive erano considerate delle prove. La resistenza al dolore fisico non viene più imposta allo stesso grado nella vita civilizza­ ta, poiché il mistagogo moderno non è più esposto ad un trattamento crudele; tuttavia egli deve vuotare una certa coppa che gli viene presen­ tata. Essa non contiene veleno o droga che provochi disturbi psico-fisici, bensì dell'acqua fresca e pura, confortevole per il neofita che sta per su­ bire la prova del fuoco. È bevanda di vita, dolce come il latte materno per chi ne gusta i primi sorsi. Ma come mai questo liquido diviene subi­ tamente amaro, per tornare poi alla sua primitiva dolcezza, quando il bevitore si decide a vuotare la coppa fatale? Bere malgrado l'amarezza significa accettare stoicamente i rigori della vita. La consapevolezza ci affranca dalle pene e dai dolori che apprendiamo a sopportare. Allor­ quando la sofferenza ci rende forti, l'amarezza diviene dolce per noi, poiché ci conferisce vigore e salute temprando il nostro carattere. I ritualisti superficiali hanno immaginato una sorta di giudizio di Dio collegandosi al giuramento dell'Iniziato, dato che l'amarezza allude ai ri­ morsi che gli dilanierebbero il cuore s'egli divenisse spergiuro. Altri inve­ ce si contentano di dire : « per la sua amarezza questa bevanda risulta emblema dei dolori inseparabili dalla vita umana; la rassegnazione ai de­ creti della Provvidenza solamente può addolcirli ». La lezione è meno elementare. Il mistagogo purificato porta alle lab79

bra la coppa del Sapere iniziatico, laddove la sua intelligenza beve una nuova vita, esente dalle brutalità profane. Concependo un'esistenza di dolcezza in mezzo ai fratelli che non sognano se non di aiutarlo in tutto, il neofita si senta felice e s'inebria di un'acqua deliziosa ; ma la riflessione gli rivela le responsabilità che assume in ragione del suo avanzamento spirituale. L'ignorante, che non comprende il senso della vita, può ab­ bandonarsi all'egoismo ; non vivendo che per se stesso, egli non si mette al servizio della Grande Opera; tuttavia non v'è nulla da rimproverargli, se conduce una onesta esistenza profana. Altrimenti esigente si mostra la vita iniziatica : essa impone la devozione, l'oblio di sé, la costante preoccupazione del bene generale. L'affanno altrui tormenta l'anima ge­ nerosa, che soffre delle miserie umane ; volendo consolarle, il filantropo si espone a non essere compreso. I suoi consigli sono male interpretati ; la folla gli imputa tutte le disgrazie. Egli è allora maledetto, perseguitato, quanto meno crudelmente misconosciuto : è l'amarezza della quale egli si abbevera a grandi sorsi. L'ingratitudine incomprensiva non saprebbe tuttavia scoraggiare l'I­ niziato ; egli vi si attiene e non per questo persegue meno la propria ope­ ra di abnegazione. La calunnia non lo ferma; egli si afferra con perseve­ ranza alla realizzazione del bene. Che gli importa delle grida malevole e delle critiche ingiuste? Preoccupato costantemente di far meglio, egli perfeziona i propri metodi, imparando dalla ingratitudine nei confronti della sua missione. Il suo eroismo trova la ricompensa : vivendo per il bene, il saggio vive nel bene. La rabbia dei malvagi non lo tocca, giacché egli si eleva al di sopra del male commesso dagli altri. L'essere che entra nella vita contrae con essa un patto, che comporta degli oneri. C hi pretende di ricavare dalla vita solamente del piacere non ha coscienza degli impegni contratti ; recriminazioni, timori, collere con­ tro i rigori della vita testimoniano tale incomprensione. La vita è mater­ na, e vuole che diventiamo forti ; donde i suoi procedimenti educativi, contro i quali siamo stolti a rivoltarci. Cerchiamo piuttosto di essere buoni allievi, applicati a profittare delle lezioni impartiteci dalla vita. Ar­ mati di valore affrontiamo il dolore, la sconfitta, il martirio ; non temia­ mo nulla e marciamo con fermezza verso ciò che ci attende. Questa tat­ tica farà sovente indietreggiare il nemico assicurandoci la vittoria senza combattimento. Il coraggio appiana le difficoltà : nella dottrina dei fedeli di Ishtar, dare valida prova di sé nella vita fa meritare l'amore della dea, 80

che si concede solo ai valenti. Per essere amati dalla vita, non è sufficien­ te lasciarsi affascinare dalle sue grazie ; essa non si unisce che agli eroi, quelli che affrontano per lei l'aspra lotta dell'esistenza e si consacrano alla realizzazione delle grandi imprese. Poiché la vita si identifica col la­ voro, amare degnamente la Vita significa amare il Lavoro e lavorare con zelo per amore verso i viventi. Afferriamo con fermezza il calice amaro, decisi a vuotarlo sino in fondo : avremo così la sorpresa di ricondurre alla sua iniziale dolcezza l a bevanda della vita.

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Fare il bene

Il mistagogo che ha vuotato la coppa delle libagioni accetta la vita i­ niziatica con le sue ineluttabili durezze. Egli vuole chiarirsi in vista di a­ gire utilmente, nell'interesse del miglioramento della sorte umana. Qual è al riguardo il suo compito immediato se non quello di soccorrere i vinti dalla vita ? Lo sfortunato che non può essere autosufficiente ha diritto a­ gli aiuti, e l'Iniziato diviene il suo debitore secondo le leggi della vita. Es­ sa è universale nella propria essenza; v'è solidarietà fra tutti gli esseri vi­ venti, a tal punto che non risulta possibile vivere bene individualistica­ mente, senza preoccuparsi delle sofferenze altrui. Il vero saper vivere considera la vita come una corrente che può solo andare dal positivo al negativo, dunque dal ricco al povero, dal forte al debole e dall'intelligen­ te al semplice di spirito : solamente gli scambi vitali rendono attiva la vi­ ta, cioè veramente vivente e degna di essere vissuta. La vita non è preziosa, se non è sana. Orbene nell'organismo le cellu­ le sono solidali ; quelle sofferenti traggono vigore dalle altre. Ciò che ri­ sulta vero nel microcosmo individuale, non lo è meno nel macrocosmo umanitario. Se la malattia non incontra alcun ostacolo, si espande bloc­ cando regioni e popoli interi. Il dovere è dunque quello di lottare contro il m ale ovunque l'occasione si presenti. Il meno difficile è di contribuire materialmente al conforto degli sfor­ tunati che possono essere protetti. Sino dai tempi più antichi le religioni del lavoro hanno imposto ai propri adepti l'obbligo di assicurare l'esi­ stenza alle vedove e agli orfani della confraternita. Il vecchio divenuto i­ nabile non era abbandonato ; egli riceveva le cure adeguate, e sapeva che funerali onorevoli gli sarebbero stati riservati. I Massoni moderni non hanno voluto sottrarsi a questi incarichi tradizionali e sacri ; così ogni Loggia ha il proprio tronco della beneficenza, senza alcun pregiudizio per qualsiasi forma di contributo alle casse di soccorso ed altre opere caritatevoli : orfanotrofi, ospizi, etc. Il neofita compie il suo primo atto massonico associandosi alla be­ neficenza collettiva con un dono proporzionale ai propri mezzi ; egli de­ posita discretamente l'obolo nel tronco, la cui circolazione chiude obbli­ gatoriamente tutte le riunioni dei Framassoni. Così il rituale sembra ri·

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cevere soddisfazione, mentre in realtà le sue esigenze vanno molto più lontano. Bevendo l'acqua della vita, l'adepto diviene taumaturgo. Egli si è assi­ milato una vita esteriore alla sua, e dispone di un surplus di energia vita­ le. Tutto ciò può intendersi fisiologicamente, giacché la trasfusione di vi­ ta da un individuo ad un altro non è una chimera. Gli antichi sapevano guarire coll'imposizione delle mani, e gli attuali discepoli di Mesmet hanno ritrovato il loro segreto. Ma l'agente curativo è un fluido magneti­ co emanante dal corpo umano, oppure una vibrazione al servizio della volontà? Il grande arcano dell'arte terapeutica non sarebbe forse consi­ stito dall'origine nel fervore col quale il terapeuta aspira a guarire il ma­ lato ? Delle guarigioni furono ottenute in tutti i tempi con mezzi dei quali la scienza medica illuminata sorride, quella scienza che tuttavia ricono­ sce come un medicamento senza intrinseca virtù possa divenire il su p ­ porto di un'azione psichica efficace. A queste condizioni è sufficiente vibrare di un intenso desiderio di be­ neficare gli altri per intervenire caritatevolmente, talora con manifesto successo. Nessun sentimento buono si perde, e la nostra com p assione attiva aiuta per lo meno il malato a meglio sopportare il proprio male quando un miglioramento temporaneo o definitivo non sia ottenuto. Non si tratta qui di condannare una medicina profana e di impedirvi il ricorso ; ma l'Iniziazione insegna anch'essa a guarire, giacché la realiz­ zazione della Grande Opera corrisponde alla pratica della Medicina Universale. Questa medicina è miracolosa nel senso che procedendo dall'anima, agisce sull'anima e sul corpo. Essa si applica di preferenza alla guarigione del male morale e non esige, per essere esercitata, che u­ n a sana intelligenza congiunta ad una bella ricchezza del cuore. Amia­ mo dunque con tutta la nostra anima e desideriamo soccorrere con tutti i mezzi quelli che si rivolgono a noi : l'ispirazione farà il resto. Se il mistagogo restasse indifferente, noncurante degli altri nel prop rio intellettualismo falsamente illuminato, egli non parteciperebbe alla vita superiore degli Iniziati : le sue prove sarebbero illusorie e si condanne­ rebbe ad una esistenza falsa. Ritraendosi dalla solidarietà vitale, si com­ porterebbe nell'organismo collettivo come un ascesso od una ciste. Divenire buono deve essere la preoccupazione prima e costante del · neofita, giacché tutta l'Iniziazione si edifica sul miglioramento perpetuo di se stesso. 83

Orbene, noi possiamo esercitarci alla bontà mediante atti di genero­ sità, che non devono limitarsi a sacrifici materiali : donare del proprio su­ perfluo è bene ; ma il povero che riceve è capace di rendere ad usura, se la sua gratitudine effettiva diviene psichicamente operante. Colui che è ricco in vitalità può comunicare la propria energia ai depressi. Nessuno è completamente incapace di fare del bene, in un modo o in un altro; non v'è diseredato che non possa donare per lo meno un buon esempio sopportando la propria sfortuna. Se l'uno viene in aiuto ai poveri con doni materiali, un altro soccorre gli indigenti spirituali istruendoli. Un buon consiglio a proposito diviene inestimabile, ma il più grande servizio non ci è forse reso da chi ci mette sulla via della scoperta della verità 7 Iniziare gli iniziabili è un dovere sacro per chi, uscito dalle tenebre profane, è entrato nel sentiero della luce. Nulla è più prezioso della sag­ gezza, cosicché il supremo dovere della carità ci costringe a illuminarci reciprocamente.

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Il Giuramento Chi si applica a compiere il bene attira a sé la chiarezza che illumina l 'intelligenza. C'è un patto nella iniziaizone : consacrandomi al bene, io ho diritto al­ la verità, e non sarò ingannato se resto fedele ai miei impegni di condot­ ta. Ma a che cosa devo impegnarmi per meritare la luce ? Il rituale ri­ sponde con la formula del giuramento effettuato dal recipiendario. Que­ sti promette tre cose : osservare la disciplina del segreto ; amare i propri fratelli ; sottomettersi alla legge. L'Iniziato deve tacere, giacché si renderebbe colpevole di tradimento qualora divulgasse ciò che gli è stato confidato sotto il suggello del se­ greto. Per insignificanti che possano essere in sé certe convenzioni, esse divengono sacre se una associazione le adotta come procedimento di impegno. L'uomo onesto rispetta ogni segreto che non sia suo, allo stes­ so modo che la proprietà altrui. Ma il silenzio osservato dagli Iniziati non riguarda unicamente ciò che essi hanno potuto apprendere durante l'iniziazione cerimoniale ; essi devono differenziarsi dai ciarlieri profani, costretti a propalare il proprio superficiale sapere. Ciò che il pensatore concepisce in sé resta difficil­ mente esprimibile; egli prova del pudore davanti alla nudità del proprio pensiero, e rispetta la castità del vero scoperto nel fondo del pozzo del­ l'intelletto. Il saggio non è mai soddisfatto di ciò che egli percepisce senza sufficiente chiarezza; si sforza di ben distingure prima di parlare, donde la sua discreta riservatezza. Interrogato risponderà per enigmi, simboli e similitudini, giacché non vorrà tradire la verità adornandola per renderla presentabile. Così nella effettiva Iniziazione non c'è una dottrina prefis­ sata, un dogmatismo comunicabile oralmente : ci sono immagini, simbo­ li, gesti accompagnati da un minimo di parole suggestive : l'A rte di vivere si insegna mediante la pratica, giacché la Vita non si parla .. si vive. A vendo giurato di provare il proprio amore per il prossimo soccor­ rendolo secondo le facoltà disponibili, il neofita si impegna a verificare le condizioni che rendono la sua iniziazione effettiva. Egli resterebbe pro.

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fano a dispetto di tutto ciò che abbia potuto apprendere, se mancasse al­ la carità, senza la quale il preteso saggio non è niente. Vivere senza amo­ re non è affatto vivere : noi non viviamo veramente che nella misura in cui sappiamo amare. La sottomissione alla legge si impone a chi accetta di vivere, poiché la vita di ogni essere è subordinata ad una modalità più estesa di esistere. Ogni autonomia vitale risulta un microcosmo dentro un macrocosmo, cioè un ordine che partecipa di una coordinazione più generale. Chiun­ que pretende di vivere bene deve applicarsi a vibrare in accordo col rit­ mo dell'armonia ambientale. Le leggi arbitrarie formulate dagli uomini, i regolamenti imposti in vista di coordinare la loro attività non saranno m ai dalla parte dell'Iniziato un motivo di sdegno, benché solamente la legge della vita prenda un carattere pienamente sacro ai suoi occhi. Egli darà sempre l'esempio di disciplina, anche quando l'imperfezione delle regole imposte gli risulterà chiara. Senza accordo nessuna vita è possibi­ le; lo stato di turbamento caratterizza il passaggio da un ordine difettoso ad una migliore coordinazione. Mediante la loro influenza gli Iniziati fa­ voriscono l a ricostituzione dell'ordine turbato, giacché essi hanno orrore della m al attia alla quale corrisponde ogni disordine. Nella iniziazione spirituale il giuramento si presta interiormente; l'Ini­ ziato si impegna verso se stesso, nell'assoluta sincerità della propria ani­ ma. lvi si trova il vero giuramento al quale dovrebbe protendersi chi si pronuncia con solennità. Quando il neofita si è dichiarato deciso a legarsi irrevocabilmente ver­ so l'Ordine nel quale domanda di entrare, egli s1 mcammina verso l'O­ riente mediante tre passi, che gli si insegna di eseguire partendo col piede destro mentre ogni volta il piede sinistro viene appoggiato in modo da indicare una squadra. Il destro dirige perché, essendogli stata tolta la scarpa proprio per questo motivo, è stato messo in contatto col suolo sacro; circoscritto nella Loggia dal quadro. Divenuto sensibile al terre­ no, questo piede si orienta correttamente allorché gli occhi restano anco­ ra bendati. In questo senso l'iniziativa appartiene alla parte destra razionale atti­ va, piuttosto che alla parte sinistra sentimentale passiva. Davanti a un altare santificato dalla squadra e compasso, il recipien­ dario è invitato ad inginocchiarsi piegando il ginocchio sinistro che era stato prim a denudato. Con la mano sinistra egli m antiene contro il cuo86

re una delle punte del compasso, mentre stende la mano destra sulla squadra. In questa posizione ripete frase per frase la formula del giura­ mento proposta dal Maestro della Loggia, in presenza di tutti, in piedi e all'ordine. Una simile formula tende a rendere l'impegno il più sacro possibile. Al tempo delle religioni di mestiere, il neofita si impegnava verso il genio tutelare della professione scelta, una divinità facilmente eretta a dio su­ premo. Gli antichi costruttori invocavano il Grande Architetto dell'Uni­ verso, che i cristiani hanno appunto cristianizzato. Giurando secondo l a loro fede, essi presero a testimone la Santa Trinità, i santi del paradiso e più particolarmente il patrono celeste della propria confraternita opera­ ia. Col sopravvenire della stampa e del protestantesimo, in Inghilterra si diffuse l'usanza di far giurare sulla Bibbia; ma quando la Massoneria moderna, divenuta speculativa, accettò di iniziare dei non-cristiani, fu inteso allora che il libro della Legge sacra poteva - se necessario - con­ tenere il testo del Corano, dell'Avesta o non importa quale altro scritto purché riconosciuto come fedele traduzione della parola divina. Non v'è niente di iniziati co in tale divinizzazione di documenti religiosi. Tutto ciò che esiste è divino, ed ogni opinione sincera ha diritto al rispetto del sag­ gio, anche quella del critico (lo studio metodico del quale riconduce i di­ versi libri sacri alle loro proporzioni umane). In realtà il giuramento vale per la sostanza e non per la forma; poco importa su cosa sia prestato, purché si verifichi. Per restare strettamente massonico il rituale delle Logge non dovrebbe ispirarsi a nessuna confes­ sione religiosa che divide gli uomini. Elevandosi al di sopra delle creden­ ze particolari, la M assoneria deve cercare la neutralità conciliatrice nella pura tradizione degli antichi costruttori. Giurare sulla squadra è ampia­ mente sufficiente a chi comprende bene l'Arte. Tutto è detto mediante la disposizione del giuramento ; il ginocchio a terra esprime il sentimento di pietà che porta l'uomo ad inchinarsi davanti il mistero, che egli sente in­ torno e al di sopra di lui ; il compasso puntato verso il cuore dice che il neofita si rende sensibile alla verità penetrante, che non si traduce in va­ ni discorsi ; infine la squadra riceve un voto di totale disciplina morale e di autoperfezionamento applicato alla Grande Opera costruttiva di una Umanità migliore. Ciò che si pretende di aggiungere non può che stor­ nare dalla reale e corretta comprensione dell'Arte.

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La Luce

La benda cade dopo che si è prestato il giuramento. Uscendo dalla o­ scurità, un improvviso chiarore abbaglia il neofita. Egli vede globalmen­ te, ma non distingue che poco a poco : delle spade puntate da tutte le parti verso di lui lo sconcertano. Che significa questo gesto minaccioso? Esso però è tutto il contrario di una minaccia, giacché le armi sono tenute con la sinistra, e proiettano un raggio di simpatia che emana dal cuore. Ciascuno degli Iniziati proteggerà ormai il nuovo Fratello, e con­ centrerà su di lui il proprio affetto e la propria protezione intellettuale. Gli antichi costruttori fecero uso della spada durante le loro iniziazio­ ni ? Lo ignoriamo, ma - dopo l'ascia ed il martello - la spada diviene l'arma sacra per eccellenza. I magici congiurati non possono farne uso che attribuendole un'azione misteriosa: prolungamento del braccio, se­ condo la loro opinione la spada conduceva le emanazioni individuali proiettandole più lontano. In base al ruolo attribuitole, più tardi la spada divenne il simbolo del Verbo, emanazione attiva del centro universal­ mente irradiante. Ai nostri giorni la maggior parte delle Logge si limitano a dare la luce simbolicamente, senza farsi un'idea precisa della vera Luce tradizionale. Tale illuminazione, che nasce nel cuore puro dell'uomo di bene, non ha niente di profano. Non bisogna confonderla con la fiamma teatrale che acceca momentaneamente il recipiendario, la cui vista ancora debole non è più protetta da una benda misericordiosa. Questa luce non consi­ ste nelle nozioni profane delle quali possiamo arricchirci ascoltando i­ struttori, leggendo libri od osservando ciò che cade sotto i sensi. La vera L uce è discreta: essa non ha nulla di folgorante, e si infiltra nei cuori illu­ minando solamente gli atti tesi alla realizzazione del bene. Noi non sia­ mo destinati a sapere tutto, ma colui che aspira a fare il bene con tutto il fervore della propria anima non può restare abbandonato all'errore, quando egli si voti al fedele compimento della sua mansione terrena. Non sbagliamoci : le purificazioni tradizionali, praticate in spirito e in verità, esse sole conducono alla conquista della Luce iniziatica. I falsi i­ niziatori che accettano di rischiarare il primo venuto, e si vantano di soddisfare tutte le curiosità, non possono iniziare che a delle teorie e a 88

delle pratiche profane. La vera iniziazione non è profanabile : chi non si conforma alle sue regole ineluttabili ci rinuncia per forza di cose. Non è indispensabile a chi cerca la Luce in tutta sincerità di essere i­ struito sulle teorie ermetiche. Tuttavia il simbolo della Luce lniz ia tica, che colpisce gli occhi del neofita appena: si riprende dal primo sbalordì­ mento, cioè il Delta irradiante, deve dargli da riflettere. Si tratta di un triangolo equilatero, al centro del quale si apre un occhio donde partono dei raggi inclusi in un cerchio di nubi. Questo simbolo non è nuovo per il cristiano, che ha visto rappresen­ tare così la Santa Trinità. L'occhio che vede tutto è quello della Provvi­ denza esercitata dal Padre eterno ; i raggi corrispondono al Figlio, che è il Verbo e dunque l'attività divina, mentre lo Spirito Santo si condensa in nube luminosa circolare. Il neofita è libero di non andare oltre, ma se le immagini lo portano a riflettere egli riconoscerà che l'adorazione dei cristiani si rivolge al Dio­ Luce degli Iniziati. Non si tratta né del Sole, né del Fuoco divinizzati più o meno grossolanamente. Il Vero Dio, il Dio vivente, distinto dalla molti­ tudine degli idoli morti, è il principio della vita sia degli esseri che delle cose : è il Verbo eternamente creatore, che il Vangelo identifica con la Vita, e che diviene Luce degli uomini. Gli Ermetisti riconducevano tutto ad una radiazione che parte simul­ taneamente per ogni direzione. Uno nella propria essenza, questo agente creatore appariva loro come triplice nella propria manifestazione. In quanto zolfo � , è il centro onnipresente donde emana la luce uni­ versale ; considerato nel suo irradiamento dinamico, nella sua irresistibi­ le propagazione, lo stesso agente è caratterizzato dal Mercurio � , l'universale animatore che penetra tutte le cose. Uno stato di equilibrio e di stabilizzazione risulta infine dal ritorno su se stesse delle onde lumino­ se, le quali - emesse dal loro centro - si urtano con le emanazioni di tutti gli altri centri. Da tale coinvolgimento risulta il Sale 9 , prin­ cipio di formazione e generatore di ogni corporeità Questa teoria od altre non meno ingegnose non si insegnano in Log­ gia che a titolo di suggerimento. Ciascuno pensa di esse ciò che vuole, sforzandosi sempre di approfondire, senza arrestarsi alle formule verba­ li. Nel santuario del silenzio, la parola non è veritiera che nei simboli muti : tutto ciò che l'orecchio percepisce non è che rumore, eco sospetta del mondo profano. 89

Il Grembiule

Da quando il neofita ha ricevuto la luce, egli avanza verso Oriente e­ seguendo i tre passi dell'Apprendista Massone. Egli rinnova in seguito il proprio giuramento e riceve il grembiule, un vestimento da lavoro che gli permette di partecipare alla Grande Opera della Framassoneria. Rivestito di questa insegna, egli è consadrato Apprendista Massone mediante tre colpi di maglietto, battuti sulla testa e sulle due spalle. È probabile che in origine ci si attenesse a questo unico ternario, ai nostri giorni triplicato sulla lama di una spada fiammeggiante, il cui uso si ispi­ ra alla cavalleria. Se qualcuno pensa che sia più naturale consacrare col maglietto piuttosto che con la spada, si domanderà se l'uso di consacra­ re cavaliere non sia stato ispirato ad antichi costumi massonici ; in tal caso la Massoneria moderna avrebbe ripreso alla cavalleria ciò che in o­ rigine le aveva dato. Essenzialmente pacifici, i costruttori non usano la spada per lavorare; hanno dunque torto di armar sii n Loggia? forse è meglio non essere troppo restrittivi nel simbolism o : durante le varie epo­ che i M assoni hanno fraternizzato più volte con Iniziati di altre discipli­ ne; ciò spiega l'adozione in Massoneria di simbolismi estranei all'arte di costruire. Usiamo di tutto ciò che ci istruisce, ma sappiamo distinguere il nostro patrimonio fondamentale. C onsiderato come segno di onore, il grembiule, adorna il Massone più onorevolmente che le distinzioni profane più ambite. Le insegne del Vel­ lo d'Oro o della Giarrettiera non sono che inezie vicino all'umile lembo di pelle bianca che distingue il Massone. Non si tratta della vanità di ar­ tigiano fiero del proprio mestiere, ma del fatto che nulla potrebbe essere più glorioso sulla terra che portare il grembiule, insegna di partecipazio­ ne alla Grande Opera. Uscendo dalla fase della propria infanzia paradisiaca, ci viene detto che l'Uomo fu rivestito con tuniche di pelle per intraprendere la sua la­ boriosa carriera. Il grembiule del Massone fa cogliere il senso del mito. Per adempiere al nostro compito terrestre ci serve un vestimento da la­ voro, che altro non è se non il nostro organismo corporale. Certe scuole si raffigurano la creatura uscita dalle mani di Dio in uno stato angelico, virtuoso, onnisciente ed esente da tutte le miserie umane. 90

Il peccato originale ci avrebbe fatto decadere da tale felicità terrestre, e noi saremmo condannati a guadagnare il nostro pane col sudore della fronte : il che sarebbe la giusta punizione della nostra disobbedienza agli ordini divini. A questa concezione sacerdotale si oppone l'idealità delle religioni o­ peraie. Il lavoratore, per il quale il lavoro è sacro, vuoi bene ammettere che discende dal Cielo, r'na secondo lui questo non accade affatto per su­ bire una punizione. Egli si ingaggia in una squadra dove va ad appren­ dere, e poi ad esercitare un'arte. Da « qualcosa » va a diventare « qualcu­ no >> ; dalla passività semi-cosciente volge alla piena coscienza di una atti­ vità volontaria. Un glorioso destino lo attende : quello di partecipare al­ l'opera divina, dunque di divinizzarsi mediante il lavoro meritorio del quale i parassiti hanno orrore. Insomma le religioni attirano due grandi categorie di aderenti ; da una parte gli indolenti, che aspirano al riposo ed alla beatitudine passiva; dall'altra parte le nature energiche, coraggiose, intraprendenti che accet­ tano di soffrire in vista della realizzazione di un'opera fatta di bontà e bellezza. Da quale parte bisogna cercare la vera religione, quella dell'av­ venire? Il grembiule è l'ornamento del culto degli edificatori. Per partecipare al loro culto, è indispensabile essere vestito massonicamente, così come è necessario essere incorporato nella specie umana per partecipare al la­ voro terreno. Fra le specie che si agitano sulla terra, abbiamo il diritto di essere fieri del fatto che siamo incarnati in una forma umana. Il Masso­ ne deve ancor più particolarmente apprezzare la nobiltà implicita nel portare il grembiule ; ma l'essere nobili crea degli obblighi, ed il grembiu­ le non potrebbe esser portato con indifferenza, senza ricordare a chi lo porta i suoi obblighi di iniziato. Il Massone non è per questo meno incline alle debolezze umane : trop­ po spesso egli manca di istruzione iniziatica e non risulta adeguatamente informato sulla portata dei simboli. L'usanza massonica gli interdice co­ munque di entrare in Loggia senza essere vestito del grembiule, per af­ ferm are la sua momentanea rinuncia alle abitudini profane. Certamente l'abito non fa il monaco, ed il grembiule non è sufficiente a disciplinare il Massone : se il militare in uniforme non è più il semplice cittadino qual e­ ra vestito da civile, così il Massone vestito del grembiule non è più quello che era nel mondo profano. Osservatelo mentre assume la posizione 91

prescritta per prendere la parola in Loggia: egli esprimerà la propria opi­ nione con calma, in termini misurati e calcolati per non offendere nessu­ no, anche se sarebbe tentato d'infervorarsi nella difesa di idee che gli so­ no care. Ornamento religioso, il grembiule non deve essere rivestito alla legge­ ra. Non è prescritto - prima di cingerlo - d'invocare il Grande Archi­ tetto dell'Universo, ma un esame di coscienza si raccomanda al Masso­ ne scrupoloso, giacché in presenza di un Fratello che gli suscita animo­ sità, non dovrebbe permettersi di indossare il grembiule : cioè non biso­ gna entrare in Loggia che apportandovi dei sentimenti puri e fraterni senza riserve. Da quanto sinora detto risulta che in senso stretto un Massone senza grembiule non è concepibile. Tuttavia l'espressione è in uso per designa­ re un uomo che si comporta come Massone senza essere stato iniziato ai misteri della Framassoneria. In tal senso la questione verte sull'insegna portata in Loggia, non sul grembiule iniziatico reale. Il grembiule del costruttore spirituale non si porta convenzionalmen­ te. Esso è simbolizzato dal corpo che abbiamo ricevuto per adempiere al nostro compito; è l'involucro della nostra personalità, in qualche modo un secondo corpo più misterioso del primo. Il suo ruolo è quello di pro­ teggerei durante il lavoro, giacché bisogna evitare d'esser danneggiati dalle schegge che schizzano dalla nostra Pietra grezza. Tali schegge so­ no i nostri difetti ; da parte loro rischiamo un ritorno aggressivo, o con­ traccolpo, quando non ci sforziamo di liberarcene. Niente di più difficile che correggersi definitivamente ; se non facciamo attenzione, l'orgoglio scacciato ritorna camuffato da falsa umiltà, la collera sedata lascia una traccia di perfido rancore e gli altri peccati capitali - che crediamo e­ spulsi - conservano troppo facilmente delle spie nella nostra piazzafor­ te ; tuttavia non c'è nulla da temere se il grembiule ci protegge. Di che si tratta dunque se non di uno stato morale? Subiamo real­ mente le prove iniziatiche, desideriamo il bene con tutto il fervore dell'a­ depto entusiasta della Grande Opera, ed il grembiule ci toccherà in sorte in tutta la sua bianchezza rituale. Sono i nostri buoni sentimenti che ci proteggono nella misura in cui risultino puri e sinceri, generosi e disinte­ ressati nel loro ardore. Grembiule bianco di pelle d'agnello e corazza d'argento sono dei simboli similari : l'anima esteriorizzata costituisce il vestimento protettore del Massone operaio spirituale, e l'armatura del 92

cavaliere che mette il proprio valore al servizio di un'alta idealità. l più grandi uomini si sono fatti un onore di portare il grembiule, cosa che non impedisce a certi Massoni di preferire - a questo emblema giu­ dicato troppo modesto - la fascia di seta blu degli antichi cavalieri di San Luigi : il che significa dar prova di sciocca vanità profana, giacché senza grembiule non c'è Massone.

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I Guanti

n gentiluomo che nel XVII secolo fosse stato accettato come Free­ mason, doveva gratificare ciascuno dei suoi iniziatori con un paio di guanti bianchi. La Massoneria moderna ha modificato questa usanza ri­ baltandola : i guanti sono offerti dalla Loggia al nuovo iniziato, per ri­ cordargli che le mani di un Massone devono sempre restare pure. In Inghilterra ci si attiene a questo unico paio di guanti, destinati a completare la tenuta massonica del neofita. I Massoni del continente eb­ bero l'idea di aggiungere un secondo paio in più, non maschili ma fem­ minili. Poiché la donna non è ammessa ai misteri della Framassoneria, i nostri galanti predecessori se ne dispiacquero; vollero così rimediare al­ l'ostracismo imposto, associando con delicatezza le signore alla inizia­ zione massonica. Esse non devono essere istruite dettagliatamente dei nostri segreti, ma conviene che sappiano lo scopo perseguito dalla Fra­ massoneria. Questo è più importante ancora che l'associarle alla Gran­ de Opera del perfezionamento morale degli Iniziati. Come renderle par­ tecipi? Confidando loro l'onore dei Massoni. Ogni uomo raffinato e de­ gno dell'iniziazione ammira la donna in ragione delle sue qualità morali ; egli apprezza la beltà fisica, ma colloca al di sopra una bellezza più no­ bile ed inalterabile, indipendente dalle contingenze esteriori. Fra le don­ ne egli deve incontrarne una che meriti più particolarmente la sua stima, della quale compagna egli deve sforzarsi di subire l'influenza. È ad essa che consegnerà il paio di guanti ricevuto durante l'iniziazione, per farne omaggio appunto a colei che egli stima di più. Questi guanti hanno il va­ lore di un talismano : mostrarli al Massone scoraggiato, tentato di ab­ bandonarsi alle debolezze della natura volgare, significa ricordargli la sua dignità di Iniziato. Le sue mani non devono mai essere sporche. La donna della quale egli intende conservare la stima veglia su lui : sotto la sua influenza tutelare egli non può scadere. L'iniziazione femminile non ha mai avuto sinora i propri misteri for­ mali, con riti trasmessi attraverso le epoche. Nessuna tradizione ci inse­ gna ad iniziare le nostre compagne di vita, senza l'aiuto delle quali non possiamo compiere dei progressi decisivi nella via del nostro affinamen­ to. Dei tentativi furono fatti per trasformare le nostre contemporanee in

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donne >. Il cer­ vello dell'Apprendista è anch'esso un centro da preservare contro l'agi­ tazione proveniente dall'esterno, e non funzionerà bene se le passioni vi apportano turbamenti. Immobile per propria attitudine, l'Apprendista si fa riconoscere per u­ na sorta di passività. Egli si limita a sollecitare l'attenzione di chi ha pre­ stato come lui il giuramento di tacere. Se un gesto identico al suo lo in­ coraggia, egli eseguirà il segno dell'apprendista che forma una squadra. Affermerà così che i suoi atti tendono alla concordia fra gli uomini, ed hanno l'esatta correttezza degli adepti della Grande Opera. Una risposta muta, data allo stesso modo, incita i Fratelli che si riconoscono a tender­ si la mano. Essi confermano allora il segno mediante il toccamento. Per molti Massoni il grande segreto della confraternita risiede nella maniera di darsi la mano fra iniziati. I membri delle antiche confraterni­ te edili non hanno mai tradito questo segreto, considerato come più par­ ticolarmente sacro. I Massoni speculativi furono meno scrupolosi. Alcu­ ni restarono delusi dalla Massoneria speculativa, e non vollero vederci che una mistificazione, che si credettero in diritto di denunciare pubbli­ camente ; furono così divulgati alcuni segreti di forma, in fondo di im­ portanza molto secondaria. Un iniziabile può benissimo farsi Massone da sé in spirito ed in verità, senza preoccuparsi dei piccoli misteri rivelati in Loggia. Quando viene detto che un Massone si riconosce dai segni, parole, toccamenti, bisogna intendere cosa ciò significhi esotericamente. I veri segni non sono altro che gli atti della vita reale. Il Massone a­ girà sempre equamente, da uomo che cerca di comportarsi verso gli altri come egli desidera che si agisca verso lui. L'Iniziato all'Arte di Vivere si distingue dai profani per il comportamento : se egli non vive meglio della massa frivola o dissoluta, la sua pretesa iniziazione si rivela fittizia, a di­ spetto degli atteggiamenti belli ch'egli simula. Le parole sono ritualmente delle parole di passo o delle parole sacre, 97

che vengono soffiate all'orecchio con precauzioni minuziose. Anche in questo caso la materialità del segreto non è che una (c pietra di parago­ ne ». La parola sacra dell'apprendista si collega al nome dato dalla Bib­ bia ad una delle due colonne bronzee che fiancheggiavano l'entrata prin­ cipale al Tempio di Salomone. Si tratta della colonna destra, considerata come maschile ed ignea in opposizione a quella sinistra divenuta femmi­ nile ed aerea, giacché queste due colonne sono state paragonate a quelle del passaggio del Mar Rosso, laddove una era di fuoco e si vedeva di notte, mentre l'altra era di nubi e guidava gli Israeliti durante il giorno. Significativa è la manier à di compitare lettera per lettera il nome della prima colonna. L'istruttore mette il neofita sulla via pronunciando l'ini­ ziale, poi attende che la seconda lettera sia divinata prima di rivelare la terza, che deve suggerire la quarta. Il fatto che la parola sacra non venga pronunciata allude a ciò che non è esprimibile e non si presta ad alcuna esposizione dottrinale. È da se stesso che l'Apprendista deve sforzarsi di pensare; niente potrebbe dunque essergli dettato od inculcato, ed ancor meno dimostrato. Se una nozione viene espressa davanti a lui, ciò non avviene perché egli vi si ar­ resti, ma al contrario perché la usi nel perseguimento delle proprie idee. Con questo egli dimostra che ha saputo riflettere e scoprire da solo quanto gli altri hanno già trovato, donde l'incoraggiamento a proseguire la buona via attraverso la rivelazione di una nuova orientatrice angola­ zione. Gli Iniziati non sono depositari di alcun dogma; essi cercano eter­ namente la verità senza partito preso, e non si collegano ad altra rivela­ zione che a quella dello spirito umano normalmente funzionante e nelle condizioni più favorevoli alla percezione disinibita del vero. Se medito da solo ed imparzialmente, e le idee che mi vengono concordano con quelle di altri pensatori indipendenti, simile concordanza costituisce la migliore garanzia di giustezza che io possa desiderare. Ciò che viene pensato universalmente dagli uomini calmi, riflessivi ed applicati a cer­ care la verità, riunisce il massimo di garanzia di attendibilità, soprattutto se si tratta di pensieri profondi e percepiti direttamente dai meditanti. Il pensiero spontaneo è il più preziosQ per la nativa originalità, anteriore all'espressione che lo deforma: tale pensiero appare vivente nella propria mobilità difficile da focalizzare, mentre il pensiero reso comunicabile è stato bloccato, fissato, pietrificato e quindi ucciso. I profani non si scambiano che pensieri morti ; quelli degli Iniziati de98

vono possedere la vita. &pressi, corrispondono alla prima lettera della parola sacra, che è avvertimento evocatore della seconda, quella che a sua volta il neofita deve saper scoprire da solo. Un iniziato non inculca niente; egli dà da riflettere aiutando a comprendere e discernere. Nell'ini­ ziazione l'istruttore non afferma niente : egli pone délle domande alla maniera di Socrate, al fine di far partorire all'intelletto dell'interrogato ciò che egli porta in gestazione. È in noi, nella profondità oscura del pozzo della nostra coscienza, che si cela pudicamente la verità tradizio­ nale; essa non affiora mai di giorno, e rifiuta di esporsi alla curiosità grossolana delle folle profanatrici. Conviene parlarne con allusioni di­ screte, donde le precauzioni osservate per comunicare la parola sacra. Il toccamento è triplice. Esso equivale alla confidenza : io conosco il mistero del numero tre. Questo numero è il primo della serie sacra; me­ diante esso si inaugura lo studio della filosofia numerale, giacché il Ter­ nario è più accessibile dell'Unità, che logicamente dovrebbe essere ap­ profondita per prima. Del resto il Tre risulta il primo numero costrutti­ vo, giacché una pietra unica non costituisce da sola una costruzione ; so­ lamente quando una seconda pietra viene giustapposta alla prima, ed u­ na terza viene sovrapposta allora nasce un muro. Conviene inoltre richiamare l'attenzione dell'Apprendista Massone sui tre punti . ·. che caratterizzano la sua firma. Se vuole legittimare que­ sto ternario, non dovrà mai lasciarsi andare alla parzialità; i due punti inferiori rappresentano le opinioni opposte degli avversari, ma l'Iniziato deve ricordarsi dei contendenti che ha sentito durante il suo secondo viaggio : s'egli prendesse parte ad una discussione, mancher�bbe al pro­ prio ruolo di giudice. Di fronte a opinioni contraddittorie ma sincere, la saggezza gli consente di supporre che ci sia del vero· e del falso in ciascu­ na tesi ; il suo compito è quello di discernere la forza e la debolezza dei due contraddittori, e di arrivare a considerazioni conciliatrici, simboliz­ zate dal terzo punto mediano e superiore. Se la legge del ternario viene compresa ed applicata dal debuttante sia pure a questo elementare livello, già costituisce una eccellente via di ap­ profondimento progressivo nel mistero dei Numeri.

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La restituzione dei Metalli

Quando ad Oriente il neofita ha ricevuto l'istruzione del suo grado, e­ gli si porta ad Occidente per farsi riconoscere dai due Sorveglianti. Do­ po che costoro si sono dichiarati soddisfatti dell'esame effettuato, trat­ tengono il nuovo Apprendista fra le due Colonne, mentre il Maestro del­ la Loggia proclama solennemente ch'essa si è arricchita di un nuovo membro, al quale tutti i Massoni del mondo devono fraternamente aiuto e protezione. Riconosciuto ormai da tutti i FF : ., l'Iniziato definitiva­ mente ammesso viene condotto al posto che la tradizione gli riserva. Trattasi dell'angolo nord-est della Loggia, luogo della prima pietra posta all'inaugurazione di ùn nuovo edificio. Essendo ciascuno chiamato in Massoneria a costruire il tempio delle proprie convinzioni personali, il neofita diviene la prima pietra della propria costruzione intellettuale e morale. Egli si avvia a costruire liberamente, secondo le regole dell'esperienza architettonica ed impiegando tutti i materiali che saranno garantiti come solidi. Coerentemente al fatto che le prove dell'apprendista insegnano a discernere ciò che possiede un valore costruttivo, l'Apprendista può rientrare in possesso dei metalli, dei quali seppe spogliarsi per essere am­ messo alla iniziazione. Il falso brillìo delle cose non lo abbaglia più ; egli apprezza nel suo giusto valore il sapere profano, senza partecipare alle illusioni di coll1ro che credono che la verità si lasci imprigionare in for­ mule verbali. L'Iniziato si applica ad istruirsi con tutto ciò che si insegna; egli non sdegna alcuna nozione che si rapporti al mistero delle cose ; ma se com­ prende bene l'Arte, vedrà la conoscenza come un fatto soggettivo. La conoscenza procede dalla visione mentale di colui che, nella interiorità di se stesso, sa vedere la Luce. Tale visione fa scoprire una chiarezza comune a tutti gli esseri pen­ santi, una Luce che rischiara originariamente ogni uomo quando viene al mondo. La Materia prima dei Saggi allude a questa chiarezza diffusa ovunque, ma che viene percepita solamente dai filosofi ermetici. Chi la­ vora su questa materia intraprende l'Opera correttamente e può - se non commette nessun errore - pervenire all'ideale della Pietra perfetta. 1 00

Tutto ciò significa che, lavorando sempre su se stesso, l'adepto deve risalire sino alla sorgente primordiale della propria attività; s'egli non perviene a conoscersi intimamente, non percepirà mai la Vera Luce pro­ messa agli Iniziati. I Framassoni attuali sanno di che si tratta? Essi depositano in genere i loro metalli senza malizia, per riprenderli poi con lo stesso candore, do­ po aver visto materialmente una luce che non li ha certo illuminati « in spirito ed in verità ». Nella Inizi azione tutto dipende da ciò che pervenia­ mo a vedere interiormente. Le prove non hanno altro scopo che quello di metterei nello stato di vedere la Luce: esse sono molto serie, a dispet­ to del gioco che troppo spesso sembrano nelle iniziazioni cerimoniali. Solo per degli iniziatori ignoranti, che profanano le cose sante, esse ri­ sultano una sorta di scherzo da fare ai novellini ; nella Iniziazione reale, i riti prescrivono delle operazioni ove l'adepto è contemporaneamente soggetto ed oggetto, l'agente ed il paziente : egli infatti - in quanto Mas­ sone chiamato a tagliare la Pietra - lavora su se stesso, essendo la Pie­ tra vivente che si autoscolpisce. Ma ciò che opera in noi è Spirito, altrimenti detto Luce, ed è la Luce operante che siamo chiamati a scoprire in noi ; per arrivarci bisogna de­ positare i metalli, morire alle illusioni profane e perfezionare la propria purificazione mentale. Certamente significa esigere molto da un candido Framassone, uomo di buona volontà, sincero nel suo desiderio del bene, ma incapace di ini­ ziarsi ai misteri effettivi dell'Arte Reale. Non bisogna dunque rimprove­ rare alla Massoneria di essersi messa alla portata della massa. Iniziando ai propri simboli, essa si rivolge agli iniziabili, cioè a quelli che cercheranno, domanderanno e busseranno così adeguatamente che tro­ veranno, così che verrà loro risposto e che verrà loro aperta finalmente la porta del santuario della Verità. Altri invece non apprenderanno a rit­ mare i tre colpi misteriosi che per accedere ad una Loggia regolare, dive­ nendo i Massoni regolari... convenzionalmente. Iniziati alle sole esteriorità, fermi all'aspetto fisico della Framassone­ ria, questi aderenti superficiali - e sono una legione - non vanno oltre l'infanzia dell'Arte : si divertono con immagini delle quali non percepi­ scono il senso, ma queste immagini predicano loro una saggezza alla quale si mostrano docili. Essi si abituano a tener bene la Loggia, ed a sviluppare i loro buoni sentimenti. Senza elevarsi sino all'ideale troppo 101

eroico della Iniziazione, divengono migliori in modeste proporzioni. Se la M assoneria moderna migliora i suo adepti, rendendoli più affratellati fra loro, già la sua opera è lodevole, anche se su cinque milioni di mem­ bri attivi essa non conta che una piccola corte di Iniziati che hanno real­ mente visto la Luce.

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La Loggia

Un'alba intellettuale, indecisa nel suo pallore, precede in noi l'aurora rutilante che fa esplodere il giorno. Chiamati a vedere la Luce, ci accon­ tentiamo di intravederla quando ci viene mostrata neli'Iniziazione. Ciò che si offre alla vista del neofita liberato dalla benda è lo spettacolo del mondo, del quale la Loggia costituisce una sintetica immagine. Di que­ sto egli non può dubitare, se si rapporta alle dimensioni simboliche del santuario al quale è stato ammesso : la Loggia - gli viene insegnato - si estende da Oriente ad Occidente, da Mezzodì al Settentrione, dallo Ze­ nith al Nadir. In essa dunque si riflette l'immensità del Cosmo, come se il concepibile in grande si ripercuotesse nel constatabile in piccolo. Pri­ ma lezione discreta che in pratica si limita a suggerire l'universalità della Massoneria. In nome delle dimensioni della Loggia, il Massone è richia­ mato all'ordine se diviene l'eco di preoccupazioni meschine. Gli iniziati si riuniscono per apportare il loro concorso alla Grande Opera, che è e­ terna come il Progresso, e senza limiti nella applicazione. Dovendo co­ struire un Tempio immenso, i Massoni non prostituiscono la loro Arte asservendola ad esigenze profane; essi devono in se stessi riformare l'Uomo, che è universale nella propria essenza. Istruito circa le dimensioni della Loggia, l'Apprendista constata ch'essa risulta rischiarata simultamentamente da tre grandi luci e da tre piccole. Le grandi sono rappresentate da candelabri posti ad Oriente, Occidente e Mezzogiorno del quadro tracciato al centro della Loggia : queste luci sono i pilastri spirituali dell'edificio massonico ; la tradizione attribuisce loro i nomi di Saggezza, Forza e Bellezza. Avaro di parole, il moderno ierofante si limita ad indicare : la Saggezza concepisce, la For­ za esegue, la Bellezza adorna. Tocca a chi ha visto la Luce di risolvere l'enigma. Per metterlo sulla via si richiama la sua attenzione sulle piccole luci rappresentate dal Maestro della Loggia ed i suoi due Sorveglianti. Lasciato alle proprie riflessioni, l'Apprendista comprende che la con­ cezione di un'idea deve precedere l'atto realizzativo, che bisogna pensa­ re giusto per agire bene : dunque la Saggezza effettua il piano, in esecu­ zione del quale la Forza dispiega l'energia; ma l'azione non è saggia se non è bella, l'idea non è giusta se non viene realizzata nella Bellezza. 1 03

La Saggezza del Maestro della Loggia è quella dell'architetto che diri­ ge il lavoro costruttivo. Il suo ruolo è intellettuale ; egli opera come arti­ sta al fine di dare immaginativamente corpo alle aspirazioni degli e­ dificatori. Egli non inventa però secondo la propria individuale fantasia, giacché si applica a concentrare il genio di tutti. La Saggezza della quale egli si fa interprete, non è la sua, ma quella dell'Arte ; essa è conforme a quella di tutti i Maestri dell'Opera, scelti prima di lui per dirigere il lavo­ ro comune. Resta dunque una Saggezza specializzata, modesta e vera­ mente saggia nella sua limitata ambizione : concepire correttamente l'e­ seguibile non implica alcuna onniscienza. Ciascuno può aspirare alla saggezza che gli è necessaria per dirigersi bene nella vita ; l'Iniziato non sollecita altro e pertanto aderisce alla Suprema Saggezza. Il Primo Sorvegliante regge la Forza, nel senso che fa osservare la di­ sciplina in Loggia. È lui che rimprovera i ritardatari e controlla l'assi­ duità; egli esige che ciascuno sia al posto giusto e compia le dovute mansioni. Se viene richiesto di spiegazioni, insisterà sul bisogno di coor­ dinare gli sforzi. Individualmente noi siamo impotenti ; solo il lavoro col­ lettivo si presta al compimento di grandi cose : associamo dunque le no­ stre energie in vista del compimento di una unica Grande Opera. La Forza è in noi, come pure la Saggezza ; ma non diveniamo veramente forti che applicandoci al lavoro con costanza e regolarità. Non è sufficiente dimenarsi con zelo per soddisfare alle esigenze del­ l'Arte. Agitazione non è sinonimo di lavoro : quando lavoriamo, noi in­ tendiamo produrre, modificare, trasformare, far meglio; orbene, sola­ mente il meglio realizza un'armonia più perfetta e si traduce in opera di Bellezza. Il Secondo Sorvegliante è l'esteta della Loggia, giacché inse­ gna a lavorare bene, a costruire solidamente sotto ogni aspetto ; egli sa che anche m aterialmente nulla dura se non è bello : l'ammirazione fa ri· spettare l'opera del puro artista. Questi non applica tutta la sua Forza che al servizio della Bellezza che lo entusiasma: lavorando con amore, non opera senza pena, che diviene voluttà. Una dea lo ispira, incorag­ giando e ricompensando i suoi sforzi : costei fu per i costruttori cristiani del medioevo la Vergine celeste, personificazione della pura idealità, Re­ gina di bellezza, davanti alla quale si prosternavano come davanti alla sovrana dell'Arte. Nostra Signora diviene il suo titolo di gloria, ricono­ sciuto da ciascun Iniziato contemporaneo che sia cosciente del significa­ to profondo del ternario Saggezza, Forza e Bellezza. 1 04

Su questa trinità si basa una religione discreta, anteriore alle idolatrie che seducono le masse. Tale religione non si formula in dogmi, ma cia­ scuno può convertirsi ascoltando parlare in se stesso il proprio spirito. È la R eligione degli Iniziati, della quale la Loggia costituisce il muto san­ tuario. Le Luci grandi e piccole vi rischiarano colui che non ha più la vi­ sta spirituale ostruita dalla benda profana, ma fintanto che tale benda non è caduta le Luci della Massoneria brillano invano fra le tenebre. È allora che i Massoni - quelli che non hanno saputo deporre i metalli, né subire spiritualmente le prove - erigono a Gran Luce della Massoneria il libro sacro di una religione recente, dimostrando così una ignoranza assoluta dei principi fondamentali dell'Arte Reale. La Bibbia è rispetta­ bile, preziosa e degna di un attento studio ; ma è nel proprio cuore che l'Iniziato deve apprendere a decifrare la Parola. sac r a, non in testi redatti per l'istruzione delle folle.

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ll Maglietto

Le tre Piccole Luci hanno il compito di dirigere la Loggia, che si tro­ va così governata da un triumvirato che esercita il comando : è significa­ tivo che il magliette sia l'insegna contemporaneamente del Maestro della Loggia e dei suoi due aggiunti, detti Sorveglianti. Questo strumento ha goduto nell'antichità di un immenso prestigio ; gli dei che lo usavano erano considerati maestri della folgore, ed adorati in qualità di coordinatori del caos. Sembra che sia rimasto nell'animo moderno una eco dei tempi prodigiosamente antichi, giacché quando ri­ suona in Loggia un colpo di magliette si produce un effetto magico : i­ stantaneamente ciascuno tace, s'immobilizza e diviene attento. Nessun suono di presidente ha simile virtù : i rintocchi prolungati sollecitano il silenzio che il semplice colpo di magliette impone immediatamente e senza repliche. Il Massone più scettico e meno disposto alla disciplina obbedisce al magliette, per atavismo dirà qualcuno ; forse sotto l'impres­ sione impostagli che non ci sarebbe più Massoneria laddove l'autorità del Magliette fosse misconosciuta. Di qualunque cosa si tratti, quando in una Loggia i tre maglietti han­ no battuto successivamente ciascuno un solo colpo solenne, non vi re­ gna più che silenzio ed attenzione. Il triumvirato massonico ne approfit­ ta per esplicare il suo ruolo, ed il Maestro pone ai Sorveglianti delle do­ mande che provocano risposte giustificanti la collocazione in Loggia dei tre primi ufficiali. Il Maestro siede all'Oriente, regione dove il Sole si leva per aprire il giorno, giacché anch'egli ha la missione di levarsi per aprire la Loggia e chiamare gli operai al lavoro. Per opposizione il l 0 Sorvegliante si collo­ ca ad Occidente, dove il Sole tramonta per chiudere la Loggia e riman­ dare soddisfatti gli operai dopo aver loro distribuito il salario. Quanto al 2° Sovergliante, la sua collocazione è a mezzogiorno, dove il Sole per­ viene al punto più alto del suo percorso giornaliero allorquando spande il massimo di luminosità. Ciò significa attribuire al 3° ufficiale una mis­ sione docetica : a lui compete illuminare gli operai che si siano fermati durante il lavoro per mancanza di esperienza tecnica; egli sa peraltro amministrare le loro forze, accordando il riposo imposto dalla fatica. 1 06

Sorgente di luce e di vita, stimolatore di ogni lavoro terrestre, il Sole fu divinizzato dagli adepti dei culti operai. I Massoni non si sognano certo di adorarlo, ma ne fanno il regolatore dei loro atti, ch'essi intendo­ no mettere in armonia con la Natura ed in accordo con l'attività cosmi­ ca. Affinché non possa sussistere alcun dubbio in merito, le Piccole Luci umane si decorano di gioielli che sono la Squadra, la Livella e la Per­ pendicolare. Queste insegne si portano sospese al collo mediante un na­ stro azzurro, cosicché si attribuiscono alla Massoneria il bianco ed il blu quali colori araldici: il bianco del grembiule esprime la purezza ricercata nella Iniziazione, il blu che vi si associa ricorda l'idealità alla quale si i­ spira il sogno dei realizzatori della Grande Opera. La Squadra indica il suo dovere al Maestro aella Loggia: egli è stato scelto in ragione della sua benevolenza nei confronti di tutti e della sua

rigorosa imparzialità. La linea verticale determinata dalla squadra non pende né a destra né a sinistra, il Maestro riceve dalla geometria una le­ zione di scrupolosa equità. Assiso nell'asse della Loggia, egli è neutro ma non indifferente, giacché diviene il punto di concentrazione dei voti i­ nespressi e delle aspirazioni comuni agli operai. Egli inoltre non coman­ da mai a capriccio, ma unicamente facendosi interprete fedele della vo­ lontà collettiva : per farsi obbedire, non pretende nulla per sé. L'obbe­ dienza assoluta si deve solamente al sovrano potere del Gran Commendatore, potere riservato necessariamente all'Iniziato perfetto. Ma a chi bisogna obbedire se non a se stesso, alla coscienza illuminata che l'uomo di bene ascolta essendo attento a comportarsi sempre secon­ do la squadra? Questo strumento controlla il taglio delle pietre, che non si adattano fra loro se non sono rettangolari. Applicando la Squadra a se stesso, il Maestro dona l'esempio di una impeccabile socialità : egli pratica magi­ stralmente l'arte del Saper-vivere, che si traduce mediante una costante affabilità. In Loggia egli mette ciascuno a proprio agio e nella giusta col­ locazione; non esige niente che sia al di sopra delle forze o della capacità di ciascuno. Arbitro delle divergenze che possono sorgere, è tenuto a mostrarsi conciliante e comprensivo. Astraendosi da preferenze perso­ nali, si applica a discernere il giusto, dimenticando se stesso; egli non si appartiene più dal momento in cui accetta la responsabilità di dirigere altri. La collettività lo ispira in quanto essa ha di più nobile e di più ele-

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vato, giacché non potrebbe esservi questione di bassa demagogia in una confraternita di uomini votati al bene e che lavorano alla realizzazione del Progresso, come fossero degli Artisti innamorati della sublimità del loro ideale. Il capo non rappresenta il tutto che consentendo ad essere nulla. La Saggezza del Maestro è persuasiva : essa sarebbe sufficiente a diri­ gere gli artigiani della Grande Opera, se le debolezze umane non avesse­ ro su loro una presa maggiore. Spiriti pronti, noi ambiamo l'eroismo; ma le prove non riescono a coinvolgerci senza riserve, con la stessa virtù con la quale Ercole aveva scelto l'arduo sentiero. Noi non rompiamo completamente con la mollezza che approfitta dei nostri difetti ; questi ultimi sono comunque previsti, giacché niente è perfetto agli inizi ; non potendo pertanto essere abbandonato a se stesso, l'Apprendista viene collocato in Loggia sotto la rigorosa e severa direzione del Primo Sorvegliante, che è il Contro-Maestro del gruppo, ed è incaricato di am­ monire i negligenti quanto di correggere chi sbagliasse. Un simile ruolo risulta ingrato, ma s'impone nell'interesse del lavoro che langue se gli operai non sono puntuali ed assidui. Collocato presso la porta, l'ufficiale investito del secondo maglietto controlla chi entra e chi esce ; non rallentando mai l'attività, egli ticorda il dovere a chi si di­ stragga, chiunque sia, giacché decorato della livella, l'uguaglianza gli è sacra. Questo non significa che una stessa quantità di lavoro sia pretesa da ciascuno, dato che le energie e le capacità non sono ripartite unifor­ memente tra gli individui ; pertanto a ciascuno viene richiesto ciò che può dare, considerando che estrinsechi senza riserve quanto è in lui. La forma della livella ricorda il segno alchemico dello zolfo .O. sostanza la cui combustione trattiene il Fuoco centrale di ogni forma di attività. Il l 0 Sorvegliante è il guardiano di tale ardore laborioso, che egli stimola quando diminuisce ; il suo maglietto risuona come il martello di Vulcano, mentre il suo seggio è vicino alla colonna rossa del Tempio. Il Secondo Sorvegliante contrasta col Primo per la dolcezza. Egli comprende tutto e sa scusare ciò che è scusabile. Costretto a confessare un errore, il debuttante si rivolge a lui con fiducia, comprendendo che o­ gni sbaglio si ripara sotto l'egida della Perpendicolare. Questo strumen­ to determina la verticale che sollecita lo spirito a scendere e salire. Nel­ l'approfondimento scopriamo i nostri difetti, e ci eleviamo al di sopra della piattezza comune, mentre scusiamo i difetti degli altri. L'ufficiale -

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il cui maglietto non batte che due colpi istruttivi - è l'esaminatore del­ l' Apprendista, che ambisce passare dalla Perpendicolare alla Livella, essere cioè ammesso dall'Apprendistato al Compagnonaggio, dalla fase di formazione preparatoria a quella di un esercizio professionale equa­ mente retribuito. Quale Loggia può affermare che tre la dirigono effettivamente ? Quando i Sorveglianti, decorati delle loro insegna, si limitano ad occu­ pare i rispettivi posti per rispondere alle domande rituali e battere i pre­ scritti colpi di maglietto, essi ritengono a torto di contribuire alla direzio­ ne della Loggia. Infatti non sono destinati a figurare solamente come paggetti di un officiante che assuma da solo tutta la responsabilità diret­ tiva : i tre maglietti di una Loggia sono realmente degli strumenti di lavo­ ro ; il loro rumore deve determinare delle onde stimolatrici che vadano al cuore dei Massoni per disporli alla concordia, allo zelo ed alla compren­ sione reciproca. Se la Framassoneria fosse all'altezza del programma tracciato dai simboli, i suoi sogni più audaci diverrebbero realizzabili.

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Coscienz a e Memoria

Secondo la tradizione tre dirigono la Loggia, che cinque completano di rischiarare. Le due Luci complementari sono l'Oratore ed il Segretario. La loro collocazione è ad Oriente, a sinistra e destra del Maestro. Siedono sotto la doppia immagine dei Sole e della Luna, talché i primi cinque ufficiali di una Loggia corrispondono agli astri più lumi­ nosi del Cielo : Maestro, Giove; Primo Sorvegliante, Marte ; Secondo Sorvegliante, Venere; Oratore, Sole; Segretario, Luna. Il gioiello dell'Oratore è spesso - ai nostri giorni - un libro aperto, cosa di un modernismo fastidioso, ma giusto dal punto di vista simboli­ co. Donde infatti l'uomo attuale può attingere la luce che deve illumina­ re le sue determinazioni, se non dai testi scritti ? Avendo perduto l'abitu­ dine di rendere luminoso nel proprio cuore il sentimento del Vero e del Giusto, sono per lui necessari dei codici onde guidare la sua coscienza e la sua ragione. In passato non era così; la scrittura ci ha stornato da si­ mile Luce naturale, della quale è detto che illumina ogni uomo che viene al mondo. Noi celiamo internamente un Sole misterioso, che deve brilla­ re di una chiarezza particolare nell'Oratore di una Loggia: da ciò l'inse­ gna riservata a questo ufficiale nel XVIII secolo. Un Sole a 24 raggi rag­ gruppati per tre in otto fasci, questo emblema faceva riferimento alle 24 ore del giorno, tra le quali si ripartiva per l'uomo l'uso ragionevole del suo tempo. Costituiva inoltre un rapporto cori l'ogdoade pitagorica, alla qualeesi collegano le idee di coordinazione logica, ispirate dalla neces­ sità e dalla legge inerente le cose. La Loggia non deve prendere alcuna decisione senza aver inteso pre­ viamente le conclusioni del F : Oratore, che non si mischia ad alcun di­ battito, al fine di poter illuminare l'assemblea sul caso di deliberazione. Egli non interviene quale commentatore alla lettera degli statuti e rego­ lamenti, in quanto la sua funzione è anteriore ad ogni legge scritta. La correzione delle azioni umane si valuta consultando non dei testi per ri­ spettabili che siano, ma il sentimento del giusto impresso nel cuore di o­ .

gni uomo di bene. Niente di ciò che resta astrattamente definito può ap­ plicarsi con esattezza alla verità dei casi concreti che si devono esamina­ re ; ne consegue che ogni giustizia profana è manchevole. I Massoni mo-

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derni hanno avuto molto torto ad imitare codici e procedure. Essi hanno così perduto il segreto della Loggia giusta, illuminata da un Oratore che si sforza di sentire ciò che più esattamente corrisponde alla nozione che un uomo onesto si fa di una leale equità. Coscienza e ragione della Loggia, l'Oratore non esercita alcun co­ mando e non partecipa alla direzione, riservata al triumvirato munito di maglietti. Egli invece illumina su quanto è tradizione, e non si pronuncia che ispirandosi al sentimento di tutti i veri Massoni ; la sua missione è quella di interpretare lo spirito massonico. La sua eloquenza è sobria, precisa, limpida, esente da vana retorica; essa non tende a convincere artificialmente. Il Sole illumina con calma e dissipa l'oscurità senza pas­ sione né collera. Una ragione giudiziosa non è però la sola ad illuminarci ; i nostri atti mancherebbero fra loro di coordinazione senza la memoria. Essa è rap­ presentata dal Segretario, ufficiale attualmente decorato da due piume incrociate, protetto dall'astro della Luna, simbolo delle facoltà intellet­ tuali passive. Che funzione aveva lo scriba dei tem pi anteriori all'uso della scrittura propriamente detta? Perché ancora ai nostri giorni si p arla di un pennello che viene affidato al F : . incaricato di tracciare le tavole del gruppo ? Agli inizi le tavole doyevano essere cop erte di disegni e riferi­ menti mnemotecnici, evocatori di ciò che conveniva preservare dall'o­ blio. Gli illetterati sono ingegnosi, e dobbiamo a loro i rudimenti di una scrittura geroglifica, nel suo genere ben più sapiente della nostra: essa obbligava l'immaginazione a lavorare come non sa più fare invece nei nostri secoli di progresso alfabetico. La pratica più antica di una archi­ tettura veramente degna di questo nome costringeva a certe contabilità di salari e distribuzioni in natura. Ciascun operaio segnava allora la p ro­ pria opera con l'aiuto di un'incisione su pietra. Incaricato di tenere il ruolo degli operai, uno scriba annotava tali incisioni, com poste di alcuni tratti scalfiti, figure analoghe ai più antichi caratteri alfabetici. Ci si po­ trebbe anche domandare se il più antico alfabeto non sia stato impronta­ to alle forme delle lettere indicanti i segni dei cottimisti. Una squadra massonica non disegna forse un ghimel fenicio '\ , ed il triangolo equilatero 6. il daleth ? I costruttori segnavano anche con una cro­ ce semplice, doppia o tripla che si ritrovano nel Tau + , Zain =f= e Samek. $

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Praticamente il segretario illumina la Loggia moderna ricordandole le decisioni prese, e che sarebbe tentata di dimenticare. Egli assicura così la corrispondenza, grazie alla quale la Luce viene alla Loggia dall'ester­ no.

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La Perfezione settenaria

A cinque la Loggia è illuminata nelle sue valutazioni, ma per agire co­ me organismo vivente bisogna che realizzi l'armonia del settenario, giac­ ché tre è il numero di ciò che si concepisce (Saggezza), cinque è il nume­ ro di ogni decisione cosciente (Volontà, Forza), sette è il numero dell'a­ zione armonica necessaria alla realizzazione dell'ideale concepito (Bel­ lezza). L'esecutore delle decisioni prese, il funzionario che circola e compie tutti gli atti effettivi della Loggia, costui si chiama Esperto a causa della tegolatura che rientra nelle sue attribuzioni : così viene designato l'esame che i visitatori subiscono fuori del Tempio prima di esservi ammessi in qualità di Massoni riconosciuti come regolari. Allorquando dei profani si presentano all'Iniziazione, la cura di prepararli a subire le prove, di guidarli e di istruirli incombe altresì a questo ufficiale, che in tale ruolo diviene il Fratello Terribile. Il suo gioiello è un triangolo che contiene un occhio aperto. La sua collocazione teorica è al centro della Loggia, ma siede in realtà alla testa della colonna di Mezzogiorno, pronto ad esegui­ re tutti gli ordini che riceve. Il settimo ufficiale ha il compito di coprire la Loggia affinché non vi piova, cosa che si verificherebbe se un profano indiscreto sorprendesse il segreto del santuario massonico. Il Copritore si impegna dunque per ve­ gliare esteriormente alla sicurezza dei lavori ; sentinella armata di una spada snudata, egli difende l'ingresso del Tempio come il C herubino po­ sto alla porta del Paradiso. Egli ha per insegna un triangolo, dalla som­ mità del quale pende una spada. Nell'ordine dei pianeti i due ultimi ufficiali corrispondono a Mercurio, il messaggiero universale e conduttore delle anime, ed a Saturno (dio del concreto e delle scorze protettrici, come pure della concentrazione di­ screta). Provvista delle sette collocazioni essenziali, una Loggia diviene giusta e perfetta ; bisogna intendere con ciò ch'essa è in condizione di funziona­ re e di vivere massonicamente. Composta di soli tre membri, non sareb­ be che il germe di una futura Loggia completa, sarebbe una Loggia semplice e perciò adatta a cercare la Luce, m a non a deliberare. A cin1 13

que la Loggia diviene giusta, cioè capace di giudicare e di prendere deci­ sioni teoriche, mentre il potere esecutivo le manca. Solamente la Loggia che dispone di un minimo di sette membri può procedere a delle inizia­ zioni e soddisfare così alle esigenze della piena vita massonica. Ma sette non è un numero limite ; ogni Loggia è libera di aggiungere degli ufficiali supplementari al settenario tradizionale strettamente indi­ spensabile. Così l'Esperto si raddoppia nelle Logge moderne dando luogo ad un Maestro delle Cerimonie, affabile introduttore dei FF : . visitatori seve­ ramente tegolati. Appoggiato ad una grande asta di ebano con pomo di avorio, egli prende la testa dei cortei che passano sotto la volta d'accia­ io ( ! }. Creazione recente, l'ottavo ufficiale viene anche chiamato Maestro dei Banchetti. A questo titolo egli acquista importanza nelle Logge che fanno seguire un'agape a tutti i loro lavori rituali. Tutto ciò che è decorativo gli compete, compresa la preparazione del luogo delle riunioni ; prima di ciascuna seduta, il suo ruolo è quello di assicurarsi che nulla manchi del materiale necessario. In passato il F : . Segretario assumeva l'amministrazione in tutte le sue forme, e teneva tutte le scritture di contabilità. Ai nostri giorni egli controlla con la propria registrazione due ufficiali contabili, che sono il Tesoriere e l'Ospitaliere. Perno delle Logge moderne, il Tesoriere percepisce i metalli senza i quali i nostri gruppi spirituali non avrebbero il mezzo di riunirsi. Un ri­ paro di tavole, eretto sul cantiere, non è più sufficiente ai Massoni dive­ nuti « speculativi ». Essi non si contentano più di un ambiente qualsiasi, messo a loro disposizione in una taverna, e che il rituale trasformava in santuario momentaneo. Ai nostri giorni le Logge tengono a riunirsi in un locale permanente, arredato secondo le loro possibilità e decorato il più riccamente possibile. Tutto ciò costa e giustifica le tasse di iniziazio­ ne e le quote annuali. Sconosciuto in passato, il Tesoriere tende attual­ mente a primeggiare sugli altri ufficiali ; egli non sussisterebbe se non fossero tempi di culto del vitello d'oro. Se a modo loro i santuari masso­ nici ricordano la bellezza delle cattedrali, lo si potrebbe imputare agli a-

(l)

Niente di meno massonico che questo pergolato fatto di spade. tocollo della corte di Francia.

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È un prestito preso dal pro­

busi capitalistici della Massoneria ; ma siccome l'estetica guadagna rara­ mente col fasto sfacciato, non converrebbe tornare ad una maggiore semplicità? La Massoneria può essere praticata economicamente, a be­ neficio della spiritualizzazione. Una iniziazione meno formalista, ma più reale, potrebbe ridurre la pompa al minimo senza per questo cadere in un eccesso di austerità. Evitando il fasto che rende schiavi e non coin­ volge che gli spiriti frivoli, conviene ricercare una semplicità di buon gu­ sto. Il simbolismo dovrebbe ispirare delle opere d'arte, le cui riproduzio­ ni ornerebbero efficacemente i locali più modesti.

Possedere un tesoro di tipo sonante e sotto forma di conto in banca non è certo un ideale iniziatico ; altre ricchezze sono più preziose per gli Iniziati. Questo non significa che essi debbano astenersi dall'alimentare una cassa di soccorso, affidata al F . ·. Ospita fiere. L'uso vuole che non si separino mai senza aver deposto il loro obolo discreto nel tronco della beneficenza, che circola obbligatoriamente alla chiusura rituale dei l avo­ ri. Dimenticare gli infelici sarebbe antimassonico ed imprimerebbe un carattere profano ad una riunione di Massoni, avendo essi dimenticato di contribuire al sollievo delle miserie umane. Se dunque l'Ospitaliere non è previsto nel settenario fondamentele degli offici, nondimeno la sua funzione non deve essere ignorata nella Loggia perfetta, ridotta al mini­ mo effettivo. L'Esperto vi raccoglie le offerte, che il suo Secondo Sorve­ gliante prende in carico. Portati a dieci, gli ufficiali di una Loggia possono disegnare nel loro insieme l'albero delle Sephirtoth della Kabbala: tale accostamento non ha nulla di dogmatico. L'Apprendista non ne viene istruito, ma i Nume­ ri (Sephiroth in ebraico) si propongono comunque alla sua attenzione. Essi e le forme geometriche forniscono alle sue meditazioni un tema ine­ sauribile di scoperte ; è bene pertanto ch'egli sia informato sullo schema che riassume la filosofia numerale dei kabbalisti. 1 15

L'ALBERO DEGLI SEPHI ROTH

l KETHER Corona

La super-coscienza dominante la personalità Maestro

3 BINA H

2

C'HOCMAH

Intelligenza

Saggezza

Discernimento comprensivo

Giudizio, Ragione

Segretario

Oratore

4 C'HESED

5 GEBURAH

Misericordia

R igore

Generosità

Ritenzione, Economia

Ospitaliere

Tesoriere

6 TIPHERETH Bellezza

Amenità, Sentimento Maestro delle Cerimonie

7

8 HOD

N ETZAH Vi/loria, Fermezza

Splendore, Gloria

Forza, Energia agente

Armonia coordinatrice

Primo Sorvegliante

Secondo Sorvegliante

9 JESOD Fondamento

Vitalità costruttiva Esperto

IO M ALCUTH Regno

Corpo, Materialità Copritore

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I riti di apertura e chiusura dei lavori

Dopo aver preso posto in Loggia, il neofita si inizia al funzionamento del gruppo, così come alle formalità di chiusura dei lavori, che lo prepa­ rano alla comprensione dei riti di apertura dei quali si istruirà successi­ vamente. Quando l'ordine del giorno è stabilito, il Maestro si alza per doman­ dare agli assistenti se hanno delle proposte da fare nell'interesse della Massoneria in generale o della Loggia in particolare. Se le proposte a­ vanzate non comportano trattazione, vengono messe sotto maglietta se­ duta stante, cioè sottoposte al voto dell'assemblea; sono invece rinviate allo studio di un F . · . competente o di una commissione, se il loro esame si annuncia laborioso, mentre la Loggia si riserva di decidere a consegui­ ta conoscenza di causa. Quando nessuno domanda più la parola, si dice che le colonne sono mute. Simile mutismo, che si riferisce ai FF collocati sulle colonne di mezzogiorno e settentrione, determina l'Esperto e I'Ospitaliere a com­ piere il loro ufficio. Muniti l'uno del sacco per le proposte e l'altro del tronco per la beneficenza, essi fanno il giro della Loggia per raccogliere le proposte scritte e le offerte destinate agli infelici. Il Maestro dà lettura delle proposte scritte sotto riserva della firma, giacché la Loggia deve potersi pronunciare in assoluta indipendenza, senza tener conto dello scrivente. Quando si è deciso sommariamente sulle eventuali proposte, un colpo di maglietto annuncia che i lavori volgono al termine. Per tale scopo bisogna che gli operai siano soddisfatti, della qual cosa risponde il primo Sorvegliante. Questi dichiara inoltre che i Massoni u­ sano chiudere- i lavori a mezzanotte. Interrogato, il suo collega afferma allora che è mezzanotte. Pertanto tutti i FF : . si alzano al segnale del Maestro ed assu mono la posizione rituale dell'Apprendista. Invitato a chiudere i lavori, il primo Sorvegliante pronuncia la formula di chiusura, sanzionata da tre colpi di maglietto, seguiti dall'esecuzione - da parte di tutti i presenti - del segno e della batteria del grado. Poiché il rumore non ha niente di iniziatico, ci si potrebbe domandare se il costume di battere tre volte le mani non sia di ispirazione profana. . · .

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Quanto all'acclamazione « Libertà, Uguaglianza, Fratellanza », sappia­ mo che data dal XVIII secolo e che caratterizza solo la Massoneria lati­ na. Prima di separarsi i Massoni anglosassoni portano tre volte la destra al cuore, pronunciando ogni volta la parolafidelity; poi la chiusura della Bibbia sanziona per loro la fine dei lavori. A tale simbolica estinzione della Grande Luce secondo i Massoni protestanti corrisponde più tradizionalmente l'estinzione effettiva delle tre fi amme raffiguranti Saggezza, Forza e Bellezza, accompagnata dal­ la cancellazione del quadro di Loggia. Con l'aiuto di una spugna umida, il F . ·. Esperto faceva sparire in passato qualsiasi traccia di tale misterio­ sa figura, restituendo così al locale il proprio carattere profano. Sarebbe penoso per i Massoni disperdersi senza aver simbolizzato la loro indissolubile unione mediante la formazione di una fraterna catena vivente. C ollegati in cerchio serrato, essi si tengono per mano con le braccia incrociate, mentre uno fra loro ricorda con qualche frase le aspi­ razioni comuni, e soprattutto i sentimenti di reciproco affetto, che si e­ stendono a tutti i M assoni ed a tutti gli uomini. Questi riti fanno riflettere il nuovo iniziato, che deve gradualmente scoprirne la portata. Egli sarà colpito dall'importanza che i Massoni at­ tribuiscono ad alcune ore convenzionali ed in generale all'osservanza di alcune tradizioni misteriose. L'apertura dei lavori, sotto questo aspetto, completerà la sorpresa. Prima dell'ora indicata mediante la tavola di convocazione che hanno ricevuto, i membri della Loggia si riuniscono nella sala dei lavori. Si in­ trattengono amichevolmente ed accolgono con gentilezza ogni nuovo ·arrivato. L'ultimo iniziato, il Beniamino della Loggia, viene immediata­ mente messo a proprio agio; ciascuno non domanda che di istruirlo per guidare i suoi primi passi in Massoneria. Quando l'ora è venuta, il M aestro prende posto all'Oriente, si orna della squadra e prende in mano il maglietta. Parimenti gli ufficiali della Loggia occupano i loro posti, e gli altri FF . ·. si collocano tra le colonne. Tre colpi di maglietta battuti successivamente dal Maestro e dai due Sorveglianti comandano allora un silenzio assoluto, in mezzo al quale sono poste delle domande che procovano delle istruttive risposte. La prima domanda del Maestro si rivolge al Primo Sorvegliante che, in base alla propria risposta, è chiamato a farsi conoscere come Masso­ ne. Interrogato poi sul suo dovere primordiale in Loggia, questo ufficiale 1 18

si riconosce responsabile della copertura della riunione e si assicura con la mediazione del Secondo Sorvegliante - della vigilanza del F .· Copritore, posto pertanto alla porta della Loggia. A controllo effettuato, il Primo Sorvegliante batte un colpo di maglietta, indi annuncia che la Loggia è coperta. I Sorveglianti hanno come secondo dovere di assicurarsi della qua­ lificazione massonica dei presenti. Al segnale del Maestro tutti prendono la posizione prescritta ed i Sorveglianti percorrono allora le colonne i­ spezionandole. Se sorprendessero qualcuno sospetto, incaricherebbero il F . ·. Esperto di svolgere la sua mansione; ma in genere tornano al posto per dichiarare che le presenze sono composte di buoni e legittimi Masso­ ni. È ormai possibile aprire i lavori. Ma a che ora devono essere aperti ? A mezzogiorno, dichiara il Primo Sorvegliante; orbene, per il Secondo Sorvegliante, è mezzogiorno. A ragione dell'ora il Maestro apre dunque i lavori con tre colpi di ma­ glietta, ai quali i presenti rispondono eseguendo il segno di Apprendista, seguito dalla batteria del grado e dalla acclamazione. Successivamente sono invitati a prendere posto per lavorare con l'aiuto e sotto la prote­ zione del Grande Architetto dell'Universo. Le precauzioni prese per la sicurezza dei lavori non devono sorpren­ dere il nuovo iniziato, che sarà impegnato solamente alle ore convenzio­ nali nelle quali si aprono e chiudono i lavori massonici. Che significa la­ vorare da mezzogiorno a mezzanotte ? I costruttori ordinari usano met­ tersi all'opera di mattina, riposare a mezzogiorno, riprendere il lavoro si­ no al tramonto. Perché i Massoni speculativi riservano al lavoro le dodi­ ci ore durante le quali il Sole declina? È uno dei numerosi enigmi che la Massoneria propone alla sagacità dei suoi adepti. La ricerca della Verità, che è l'oggetto primordiale del lavoro iniziati­ co, non potrebbe risultare in augurata fruttuosamente che dal mattino della nostra vita intellettuale. Noi non discerniamo giudiziosamente che durante il nostro mezzogiorno vitale, allorché controllando le nostre fa­ coltà perveniamo alla maturità virile del pensatore. È dunque raggiun­ gendo la metà del cammino della nostra vita che noi abbordiamo con Dante l'oscura foresta delle prove iniziatiche. Una volta consacrati alla Grande Opera, non cesseremo di lavorare sino alla nostra mezzanotte individuale, termine del nostro gran giorno terrestre. Il lavoro delle brac1 19

eia non può essere perseguito sino alla estrema vecchiezza, ma quello del cuore e dello spirito è indipendente dalle forze fisiche ; sino all'ultima ora possiamo pensare e nutrire dei buoni sentimenti. La Loggia non si apre effettivamente che quando è mezzogiorno nello spirito degli operai spirituali. Per questo il Secondo Sorvegliante, che de­ ve conoscere l'istruzione iniziatica di ciascuno ; è chiamato col rituale a pronunciarsi sull'ora esatta. Dichiarando che è mezzogiorno, egli si ren­ de garante della maturità mentale dei presenti. Può sembrare strano che questa maturità sia conseguita dalla età di tre anni, che è quella degli Apprendisti. Questa età dell'infanzia iniziati­ ca contraddistingue una fase molto avanzata rispetto alla vita profana; l'Iniziato di tre anni deve avere penetrato il mistero del Ternario : egli comprende che tutto è triplo nella nostra concezione, ma unico nella sua essenza metafisica. L'Apprendista si afferma illuminato sul Ternario iniziatico quando partecipa alla triplice batteria che sanziona l'apertura e chiusura dei la­ vori. Proclamata aperta la Loggia, in passato competeva al F . · . Esperto di santific arla tracciando il quadro che delimita al centro del Tempio una sorta di Sancta Sanctorum, dove nessuno deve metter piede, salvo il re­ cipiendario quando intenzionalmente scalzo viene ammesso a sfiorare il bordo del suolo sacro. Tale rito sembra risalire al culto della Terra Madre, muta iniziatrice, con la quale l'uomo comunica mediante i piedi ; tuttavia affinché dal fondo delle cose i pensieri risalgano sino al cervello, bisogna che il contatto stabilisca una corrente. La sensibilizzazione dei piedi si collega dum.;ue ad una percezione misteriosa, opposta a quella che prende la via dei sensi ordinari. Gli astrologi fanno corrispondere la testa all'A riete, segno di fuoco, iniziativa e discernimento cosciente ; at­ tribuiscono per contro i piedi ai Pesci, che navigano nell'Oceano di Ea, dispensatore della Pre-Saggezza diffusa, anteriore alla percezione di no­ zioni distinte. Non bisogna mai dimenticare che quanto risulta facilmente conosci­ bile è di ordine profano. L'Iniziazione mette in rapporto con ciò che è misterioso e domanda di essere sentito, prima di tradursi in nozioni net­ tamente intelliggibili. Per apprendere a pensare attivamente da soli e non assimilando passivamente il pensiero altrui, bisogna evocare nel silenzio 1 20

un pensiero che attiriamo dalle profondità della terra come se ci venisse attraverso i piedi. I misteri del quadro - attorno al quale vegliano Saggezza, Forza e Bellezza - non sono profanati nelle Logge che si attengono a giocare infantilmente col rituale. Il F :. Esperto vi è esentato dal suo ufficio capi­ tale; nulla si traccia più nella creta sul piano della Loggia, mentre il pre­ decessore del Maestro i n carica apre la Bibbia, che santifica giudaico­ cristianamente la Loggia. Ci sia consentito di rimpiangere l'antico modo di santificare che puramente massonico - si conformava al genio universalista dell'Inizia­ zione ; bisognerà che la Massoneria torni a se stessa, se vuole compiere la propria missione, che è quella di insegnare a praticare l'Arte reale.

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La Vi a purgativa

In educazione il negativo precede il positivo ; a9prendiamo ad aste­ nerci dal male prima di esercitare la pratica del bene. Ciò che si applica alla morale conserva il valore nel dominio intellettuale ; è così che il di­ scernimento dell'errore precede normalmente la percezione del vero. Quello che è falso ci offusca e ci respinge con più forza di quanto non faccia la verità per attirarci. Per sua natura quest'ultima è discreta, sem­ pre velata, mai chiassosa od ostentatrice; non disputa all'errore l'opinio­ ne delle folle, ma lascia avvicinare i suoi amorosi ferventi, i saggi. Coloro che vogliono amare solamente il vero non devono lasciarsi se­ durre dalle cortigiane azzimate e bardate : rappresentando l'errore at­ traente che trovasi ovunque, esse blandiscono il passante, che stornano dalla sua strada se non sa resistere alle loro seduzioni. Sono innumere­ voli, queste signorine imbellettate che si disputano l'opinione dei mortali; ciascuna possiede molteplici amanti, che si immaginano di trovare in es­ se la verità. L'Iniziato invece vede in loro delle sacerdotesse dell'illusio­ ne; egli le evita, per non subire altra attrazione che quella della lontana Dama dei suoi pensieri. La sola degna del suo amore, la Verità pura attira la sua anima senza riserve. Non potendo amare che il vero, egli diviene refrattario al falso, al quale non offre più presa. Questo è lo stato psichico e mentale al qua­ le devono condurre le prove iniziatiche. Se nel Tarocco l'iniziabile è figu­ rato col Bagatto (Arcano 1 ), conviene riconoscere nell'Innamorato (Ar­ cano VI) il neofita che resiste alle apparenze seduttrici, secondo l'esem­ pio del giovane Ercole che preferì l'austera Virtù alle voluttà della Mol­ lezza. Ciò che peraltro distingue l'Iniziato dal Profano è che quest'ultimo si attacca alle esteriorità inagannevoli, mentre il Saggio rifiuta di restarne vittima. Questo non significa affatto che il mistero delle cose si sia rive­ lato al pensatore disincantato : egli è ignorante lo stesso che il volgare, però misura la propria ignoranza e sa di non sapere niente. Così facen­ do, scarica ogni fardello di errori, dei quali invece s'ingombra colui che crede di sapere. Non ammettere niente di falso è per l'intelligenza una ricchezza negativa, infinitamente preziosa per il debuttante che - libera1 22

to di ogni passivo - può lavorare ormai con sicurezza all'acquisizione di un sapere positivo. Istruirsi positivamente significa abbordare ciò che i mistici hanno chiamato la via illuminativa, che fanno precedere dalla via purgativa e seguire dalla via unitiva. Le loro conceziòni concordano con quelle degli Iniziati in teoria generale, anche se non nella applicazione pratica : la via purgativa iniziati ca non · è altro, in effetti, che l'insieme del programma indicato dall'Iniziazione al primo grado. Le prove successive sono altret­ tante « purgazioni », inaugurate dalla spoliazione dei metalli e prose­ guenti con le quattro purificazioni elementari. Finalmente il mistagogo vede la Luce dato ch'egli è stato integralmente purificato. Le sue scorze, opache allo stato profano, sono divenute trasparenti allorché · interior­ mente lo spirito vive la luminosità diffusa dell'àm biente. Essendo stato messo in rapporto con tale Luce, egli si sforza di attirarla a sé ed assimi­ larla, allo scopo di illuminarsi secondo il programma del secondo grado d'iniziazione. Ma l'attrazione è conseguenza del vuoto purgativo : quan­ do tutto è stato ributtato fuori di noi, c'è posto allora per ricevere. A for­ za di esteriorizzare e donare, diveniamo ricettivi. Tutto ciò è vero fisiologicamente. Fatichiamo ed il riposo ci be­ neficherà, poiché la riparazione delle forze risulta proporzionale alla lo­ ro dispersione, fermo restando che certi limiti ragionevoli non vanno ol­ trepassati : l'esercizio fortifica. Vale a dire che, nel dominio delle forze, bisogna dispensare per acquisire. Intellettualmente noi dispensiamo re­ spingendo le idee preconcette, rifiutando di credere, scartando dal no­ stro spirito tutto ciò che ci ispira un dubbio. Ridotti allo stato di assoluta povertà mentale, non possedendo più niente di considerato come certo, noi rispondiamo alle esigenze della spoliazione dei metalli non meno che a quelle del metodo di Deséartes, relativo aììa classica tabula rasa ; ci conformiamo parimenti a certe prescrizioni evangeliche, la cui portata non è pienamente apprezzata che dagli Iniziati. È chiaro peraltro che lo scetticismo integrale non ha che un valore purgativo. È un rimedio, non un alimento ... e lo spirito non si purga che per mettersi in appetito. Tuttavia l'Iniziato si interdice ogni avidità; egli non teme ji digiunare intellettualmente e quando si alimenterà, control­ lerà la propria dieta. I Pitagorici non mangiavano qualsiasi cosa; la loro disciplina alimentare non fu forse che il simbolo di astinenze intellettuali e morali molto più importanti. 1 23

Le Impressioni massoniche

L'Apprendistato purgativo non è una fine, ma la preparazione indi­ spensabile al Compagnonaggio illuminativo. Lasciato a se stesso, alle proprie osservazioni e riflessioni personali, l'Apprendista non tarda ad essere invitato dalla Loggia a comunicare le sue impressioni di neofita. Dando prova di assoluta franchezza, egli non deve temere di criticare ciò che gli è sembrato biasimevole in Massoneria, o di denunciare come ridicole quelle usanze che abbiano potuto meravigliarlo. La requisitoria dei giovani FF . ·. non turba gli anziani, che ascoltano delle critiche già in passato formulate da loro con la stessa veemenza. L'Ideale non è realizzato, essi lo sanno fin troppo bene ; per questo da­ ranno ragione su numerosi punti agli zelanti che non concepiscono an­ cora il lavoro che teoricamente. Noi diveniamo indulgenti quando la pratica ci ha fatto misurare le difficoltà che vanno sormontate. Ma l' Ap­ prendista non è tenuto a dare prova di una maturità di giudizio che non compete alla sua età. Egli non ha che tre anni, e la spontaneità gli è con­ naturale. Del resto somiglia al sole mattutino, che disperde le brume. In lotta contro l'oscurità, è scusabile quando passa la misura e si lascia tra­ scinare a giovanili oltranze. Nel suo zelo di dissipare l'errore, egli diffida sistematicamente, donde negazioni e critiche di una vivacità esagerata. Se il nostro spirito restasse impetuoso, si limiterebbe solo a demolire, poiché troverebbe grazia dinanzi ai suoi sospetti. Discernere ovunque il falso porta a condannare tutto ciò che risulta imperfetto, dunque tutto ciò che gli uomini hanno potuto costruire facendo il meglio possibile. La logica lucida è altresì nichilista nelle sue tendenze, e si mostra distruttiva nelle sue argomentazioni : cosa che però non le impedisce di essere un fattore indiretto di costruttività, giacché la Grande Opera non si edifica partendo da niente : essa è ricostruttiva e trasformatrice, cosicché deve demolire per ricostruire, uccidere per vivificare, denunciare il falso pri­ ma di discernere il vero. L'Apprendista dunque non è da biasimare se nel suo giovanile ardore niente gli appare sacro ; ma ascolterà i suoi maggiori quando lo esorte­ ranno a portare pazienza. Se tutto fosse perfetto, noi non avremmo niente da fare. Orbene, noi viviamo per agire, per adoperarci utilmente 1 24

al fine di emendare ciò che - sotto la nostra azione - è suscettibile di perfezionamento. È bene che discerniamo quanto risulta difettoso, e che la nostra saggezza debutti con la critica ; ma la constatazione del male deve farci cercare il rimedio. Dapprincipio lo cerchiamo fuori di noi, donde le nostre recriminazioni contro quelli che riteniamo responsabili dello stato attuale delle cose ; gli operai ci appaiono inferiori al loro com­ pito ; ci sembra che al loro posto avremmo lavorato meglio. Quando l'Apprendista si è esaltato nella sua indignazione contro ciò che lo stupisce, prende allora da solo la risoluzione di lavorar bene, in vi­ sta di riparare gli errori dei costruttori passati. Se comprende bene l' Ar­ te, a questo punto constata che non ha ragioni di critica, in realtà, che su se stesso, sulla propria Pietra bruta che ha la missione di sgrossare. La Società umana non è quello che deve essere : anche in ciò che ha di mi­ gliore, essa resta composta di elementi imperfetti. Riformarla global­ mente con una saggia legislazione rimane chimerica impresa, dato che tale riforma non si compie individualmente. L'uomo non è maestro che di se stesso ; non può modificare moral­ mente l'ambiente, se non migliorando la propria moralità. Il suo perfe­ zionamento influenza altri per induzione, determinando una corrente di miglioramento. Ma per avvertire il bisogno di modificarci, è utile che soffriamo provando su noi stessi la ripercussione del male generale. Le impressioni massoniche conducono ad un ritorno su se stesso, fatto che diviene il punto di partenza del lavoro effettivo dell' Apprendista-Mas­ sone.

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Campagnonaggio Scalpello e Maglietto

L'Apprendista lavora su se stesso con l'aiuto di due strumenti simbo­ lici. Il primo raffigura le risoluzioni ch'egli prende per migliorarsi ; in Massoneria è lo Scalpello di acciaio temprato, tenuto solidamente con la sinistra (lato del sentimento), per dirigerlo sulla rugosità della pietra da sgrossare : abbiate il fervente desiderio di correggervi senza miseri­ cordia e lo scalpello vi verrà da sé alla mano. Sarà robusto e non s'intac­ cherà affatto, se il vostro cuore è fermo ; ma da solo il miglior scalpello resta inefficace, come le più solide risoluzioni che restano teoriche. Ciò che abbiamo deciso saggiamente, con chiarezza, vale se viene e­ seguito. Finché il Maglietto non assesta sulla testa dello Scalpello un colpo vigoroso, niente si modifica, la Pietra conserva la propria rozzez­ za e nessun lavoro è stato compiuto. Brandito con la destra (lato razio­ nale, determinativo), il maglietto esprime la volontà, il comando, e deter­ mina l'atto. Due fattori intervengono dunque nel lavoro : il discernimen­ to, che è di ordine sensitivo ; l'energia esecutiva che proviene da un so­ vraccarico interiore, paragonato alla folgorazione del fuoco celeste. Strumento sacro per eccellenza, il Maglietto dovrebbe essere maneg­ giato religiosamente. Ciò significa che la volontà umana non si esercita legittimamente che per delegazione divina. L'Iniziato non si riconosce il diritto di usare del proprio volere arbitrariamente : egli non batte il Ma­ gHetto che sulla testa di uno Scalpello ben diretto, così che nulla si perda dell'energia riservata al lavoro. Atteggiarsi ad atleta volitivo non ha niente di iniziatico. L'ipnotizza­ tore, il fachiro o lo pseudo-mago che si vantano di acrobazie della vo­ lontà, non sono che .dei poveri profani estranei alla Grande Opera. L'lni­ ziazione non insegna a stupire le folle, né a convincere gli increduli. Essa induce ciascuno a rendersi maestro di se stesso, a prendere il comando della propria personalità al fine di affermarsi re del proprio reame indivi­ duale, quale degno adepto dell'Arte Reale. Maneggiato senza discernimento, il Maglietto produce solo del rumo­ re, quando non jistrugge ciò che batte. L'educazione della volontà sola­ mente può opporsi ai mali dei quali soffre l'umanità; apprendiamo a vo­ lere giudiziosamente, senza mai cedere al capriccio oppure a brutali i1 26

stintività. L'uomo che santifica la propria volontà si divinizza e parteci­ pa alla potenza realizzatrice della Grande Opera. Il lavoro sulla pietra bruta è il principio della reale trasmutazione del piombo· profano in oro iniziati co. Questa trasmutazione è intellettuale quanto morale, giacché risulta impossibile volere correttamente se lo spirito non è illuminato. Si sono visti degli uomini animati da eccellenti intenzioni fare il male per man­ canza di intelligenza e di giudizio. È importante dunque sgrossare la Pie­ tra bruta così come il dominio delle idee. Spogliare quest'ultime delle stravaganze significa rendere le nostre concezioni giuste e normali. Lo Scalpello impiegato in questo lavoro equivale alla facoltà di apprezzare in modo sano, ed il Magliette equivale alla decisione che scaccia dallo spirito tutto ciò che lo ingombrerebbe ingannandolo. Va rimarcato che il lavoro dell'Apprendista non cesserà mai, nessuno potendosi dispensare dal perseguire costantemente il proprio perfeziona­ mento. C hi si immaginasse di essere perfetto sarebbe vittima di una per­ niciosa illusione : soddisfatto di se stesso, non avrebbe più coscienza dei propri difetti, che valuterebbe delle qualità. Deporre Scalpello e Magliet­ te significa rinunciare a progredire, dunque restare indietro e lasciarsi superare : il sapiente studia sino all'ultimo giorno, ed il santo si corregge senza mai compiacersi nella propria santità.

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Regolo e Compasso

Quando l'Apprendista sa sgrossare la sua Pietra correttamente, in modo da ottenere una superficie strettamente uniforme, egli ha realizza­ to un progresso che gli vale l'attribuzione di un terzo strumento. Entrato in possesso del R egolo, egli controlla il suo lavoro per renderlo irrepren­ sibile per quanto concerne un primo lato della Pietra. Sulla superficie li­ scia, il Compasso permette di determinare il tracciato che definisce il ta­ glio della Pietra; ma questa non riceve la forma definitiva che dopo una messa in opera parziale, rapportandosi alla presa di contatto dell'indivi­ duo con altri. La socialità diviene per il Massone una virtù pregiudiziale, che egli acquisisce correggendosi di tutto ciò che lo rende sgradevole al prossimo. Quando sappiamo comportarci socialmente, ci mostriamo educati, di una educazione iniziatica più profonda che quella della buona società profana. Per non essere grossolano, non è sufficiente osservare sempre il codice delle convenienze mondane. Le abitudini di buon comportamento si mantengono anche fra Iniziati, ma l'educazione esteriore, la civiltà puerile ed onesta non è loro sufficiente ; essi si abituano ad evitare con cura tutto ciò che rischierebbe di urtare gli altri. Gestendo tutte le su­ scettibilità, si comportano nella vita come uomini dal vero saper vivere : è la vera educazione che dà loro diritto alla Regola. Questo strumento morale diviene la guida dei loro atti : sempre dritto è la divisa dell'Iniziato. Ma la rigidità non è un precetto assoluto di con­ dotta. Una linea dritta può prolungarsi all'infinito nei due sensi ; orbene, spingere la rettilineità all'estremo significa disconoscere la misura, alla quale ci riconduce il Regolo, che è graduato. Da solo il Regolo non si presta tuttavia a nessuna traccia precisa, geometricamente determinata. Non è così però quando si associa al C ompasso. Il cerchio oppone alla linea dritta l'immagine di ciò che è cir­ coscritto e nettamente delimitato. Si fa rimarcare che, senza inizio né fine, anche il cerchio dà la sensazione dell'infinito. Certamente, ma di un infinito temporale, limitato nello spazio. Praticamente il cerchio è il sim­ bolo del relativo comparativamente all'assoluto figurato dalla pos�ibilità di prolungamento illimitato della linea dritta. 1 28

Assoluto e Relativo si impongono all'artista che ha la missione di fis­ sare una forma : egli però non fisserà niente se si perde nell'indefinito, se sogna della perfezione assoluta, se non si risolve a circoscrivere le sue ambizioni. Un ideale di rettitudine deve essere perseguito senza riserve ; ma noi non costruiamo nell'infinito degli spazi interstellari : il nostro can­ tiere è terrestre, è un'orbita delimitata dal C ompasso. Ricordando la figura umana, questo strumento ha una testa e due braccia, che si allargano a .v olontà. Alla loro maggior apertura, esse mi­ surano il dominio conquistabile dal genio umano, il conosciuto al di là del quale si estende l'immensità misteriosa dell'inesplorato, provvisoria­ mente inconoscibile. Strumento di discernimento positivo, il Compasso riporta il pensatore al sentimento della propria limitatezza : ciò ch'egli può sapere non è niente in rapporto a ciò che ignora. Oltremodo disincantato, l'Iniziato non aspirerà dunque mai alla scienza universale; avrà coscienza di oc­ cupare il centro di uno stretto cerchio che limita il suo orizzonte intellet­ tuale al campo dell'attività laboriosa. Il suo fervente desiderio essendo quello di ben lavorare, egli proietta la luce di cui dispone sui materiali da sgrossare : questo non è che un debole chiarore, ma non lo potrebbe in­ gannare giacché proviene dalla Vera Luce. Regolo e Compasso mettono lo spirito in guardia contro gli abusi del­ la metafisica. Il ragionamento ha i propri limiti, al di là dei quali la più ri­ gorosa logica porta all'assurdo ; applicate all'infinito, le più belle dedu­ zioni divengono divagatorie. Si tratta di un cerchio di saggezza dal quale l'Iniziato si applica di non uscire. Lasciamo parlare i maneggiatori del Regolo, quelli che screditano la filosofia perché non usano anche il Compasso : grandi costr-uttori di sistemi, partono da nozioni giuste, ma il seguito dei loro ragionamenti fa perder loro il senso della realtà ; essi sfuggono dal cerchio del ragionevole, e si librano a fallaci disquisizioni, pericolose per i loro deboli spiriti. Uomo di chiaro e solido buon senso, l'adepto dell'Arte di Vivere non saprebbe essere un dottrinario assolutista, un ideologo utopista o un illu­ minato nel senso corrente della parola : è piuttosto un saggio modesto, che si applica a giudicare correttamenta ciò che sta nei limiti della sua possibilità di valutazione. Delle vane teorie non lo stornano mai dal suo lavoro di realizzazione pratica; egli non si perde in sterili speculazioni, come invece è costume di quegli spiriti che si pongono dei problemi inso1 29

lubili. La vita è la sua ispiratrice : egli si applica a pensare non per dilet­ tantismo, ma per necessità vitale, al fine di poter compiere il suo dovere di essere vivente agendo con lucidità. Simile dovere esige dall'individuo un lavoro di formazione che gli per­ mette di adattarsi alla realizzazione dello scopo da perseguire. Egli deve formarsi in vista del proprio destino ; è in questo senso che Regolo e Compasso guidano il taglio definitivo della Pietra, permettendo di trac­ ciare sulla sua superficie il rettangolo che determinerà la sua forma. Nel­ la vita ordinaria l'educazione tende innanzitutto a rendere socievole, in­ culcando i precetti di un indispensabile saper vivere ; essa prepara in se­ guito l'individuo al ruolo che dovrà giocare nella vita, donde la forma­ zione professionale. Lo stesso accade nell'Iniziazione : correggendosi dei propri difetti profani, il neofita sgrossa la propria Pietra, ch'egli si eserci­ ta a levigare parzialmente prima di intraprenderne il taglio conforme­ mente alle esigenze costruttive. Questo lavoro di messa in forma si ese­ gue secondo le determinazioni geometriche fornite dal Regolo e dal Compasso. V a rimarcato che tutte le figure geometriche possono tracciarsi con l'aiuto di questi due strumenti, che primitivamente erano sostituiti da u­ na semplice corda, giacché le geometria è nata sul terreno, cioè dalla ne­ cessità di misurare la terra. La corda tesa fra due picchetti determina la linea dritta, che diviene il raggio di un cerchio se un picchetto viene fatto ruotare alla fine della corda tesa. Dividere il cerchio tracciato in· sei parti uguali, determinando dei triangoli equilateri e dei rettangoli, è un gioco che facilitò l'onere dei primi costruttori. Non è dunque sorprendente ch'essi abbiano attribuito un carattere sacro al cerchio ed alle figure ret­ tilinee ch'esso genera spontaneamente.

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La Leva

Per tagliare la Pietra su tutte le facce, bisogna poterla girare. Ma essa è troppo pesante per cedere alla spinta delle braccia, e domanda di esse­ re sollevata mediante uno stru mento di forza che è la Leva. Nessuna massa resiste a questa inflessibile barra di acciaio, se maneggiata giudi­ ziosamente; il suo impiego viene insegnato dopo che Regolo e Compas­ so sono divenuti di uso familiare. Questi strumenti sono tenuti riuniti nella sinistra dell'Apprendista riconosciuto pronto alle prove del Com­ pagnonaggio. Quando la Leva gli viene consegnata in cambio del Com­ passo, egli la prende con la destra senza lasciare il Regolo, che deve sempre guidarlo nell'applicazione del potere misterioso al quale nulla resiste. La Leva iniziatica è in effetti ciò che solleva il mondo : è la volontà umana, agente di tutti i miracoli del lavoro. Applicata secondo il Rego­ lo, tale potere diviene irresistibile; ma la Pietra sollevata sconsiderata­ mente rischia di ricadere frantumandosi, quando non schiaccia addirit­ tura l'imprudente m aneggiatore della Leva. Tutto ciò significa che senza la volontà, niente si potrebbe edificare di grande, ma che bisogna proi­ birsi di giocare con questa forza o di competere con essa, stante il peri­ colo di determinare catastrofi. Per meritare la Leva, bisogna essersi for­ mato geometricamente, dando prova di saggezza; correggendoci dei no­ stri difetti, tempriamo la nostra energia volitiva. Colui il quale ha vinto se stesso, per sottomettersi a ciò che comanda il proprio discernimento, diviene degno di farsi obbedire e pertanto ricevere la Leva. Tale strumento conferisce un potere più misterioso di quello del Ma­ glietta. L'Apprendista che batte sullo Scalpello si esercita a volere, disci­ plinando la propria volontà. Far giocare quest'ultima sconsideratamente non è certo il mezzo di fortificarla. La volontà che si dissipa resta debo­ le : quella che si mette al servizio di un capriccio non potrebbe risultare che una povera piccola forza, senza seria potenza. Colui che sa volere invece si mostra economo di un potere, ch'egli considera come sacro : e­ gli vuole a ragion veduta e con rigorosa rettitudine. Il volere individuale si riduce all'uso del Maglietta d'Apprendista ; questi tende i muscoli e li fortifica in vista del lavoro ; ma la nostra forza sarebbe presto esaurita se 131

non pervenissimo a rinnovarla continuamente. Quivi interviene Bohaz, che significa in lui /a forza, come Jakin si traduce con egli stabilisce, e­ glifonda. L'Apprendista fonda in se stesso un luogo d'iniziativa laborio­ sa: egli vuole lavorare e si consacra al compimento della Grande Opera. Quando si è reso adatto a prendere parte al lavoro costruttivo. Egli vi si associa quale operaio che sa lavorare : è allora che passa Compagno, dopo esser stato dotato della Leva in quanto uomo di lineare Volontà, che vuole solamente il bene individuato con giudizio. Sempre equilibrato, misurato, sano sotto ogni aspetto, l'Iniziato sa volere con calma e posatamente, senza esaltazione, ma con costanza e fermezza. Egli non vuole che il giusto, ed è questo che dona alla sua vo­ lontà una irresistibile possanza, non nell'effimero presente, bensì nell'av­ venire che si crea. Volere iniziaticamente significa rinunciare a qualsiasi desiderio personale, per associarsi alla volontà secondo la quale il Pro­ gresso si compie nell'Umanità. Tale volontà non è tirannica e si guarda bene dall'imporsi, piuttosto essa determina la corrente nella quale entra­ no spontaneamente gli iniziabili chiamati a lavorare in comune, prestan­ dosi il reciproco concorso di degni Compagni. L'Arte Reale si basa essenzialmente sul culto della Volontà, potere di­ vino messo a disposizione dell'Uomo. Se questi usa normalmente della propria prerogativa secondo la Squadra (norma in latino), si divinizza, talché l'uomo giusto diviene l'Uomo-Dio, l'Uomo di Dio in accordo con Dio e dunque unito a Dio. Questa concezione è anteriore al Cristianesi­ mo che, prodigioso rinnovamento religioso, si è sforzato di raccogliere i frutti della più pura pietà del passato. Fedeli alle aspirazioni dell'anima cristiana, gli Iniziati concepiscono la missione redentrice dell'Uomo-Dio incarnato nell'Umanità. Essi non entrano in discussione coi teologi, poiché la loro regola è il silenzio, ma �i sforzano di penetrare lo spirito di un dogmatismo sottile, che non ha potuto essere messo alla portata dello Spirito Umano che illumina ogni uomo che viene al mondo. Una scintilla del fuoco divino cova in ciascuno di noi. Troppo sovente essa resta iso­ lata sotto un ammasso di ceneri che impediscono al soffio spirituale di ravvivarla. È allora che le prove iniziatiche vengono in aiuto allo spirito imprigionato che - pur languendo nelle tenebre profane - aspira alla Vera Luce. Le purificazioni rendono permeabili e trasparenti le scorze, al fine di permettere all'ardore particolare di unirsi al Fuoco universale, che anima ogni cosa. Partendo dal ben volere iniziale, esigibile da eia132

scun iniziabile, si tratta d'illuminare l'energia volitiva, che non può dive­ nire saggiamente efficace se non si sviluppa in sintonia con una volontà più generale. Messa al servizio di ambizioni egoiste, di appetiti o capric­ ci, la volontà umana agisce con forza ridotta e non produce niente di du­ revole ; inol tre produce catastrofi quando procede per accumulazione di energie esaltate nell'errore. Le folle male illuminate corrispondono ai ci­ clopi del mito, ai giganti furiosi che sanno solamente demolire. Edificato al riguardo, il Costruttore spirituale si astiene scrupolosa­ mente dalla eccitazione demagogica. Esercitando la propria volontà nel­ la sfera dell'attività personale, egli predica coll'esempio di saggio, di cit­ tadino ragionevole, di persona che evita di provocare turbamenti attor­ no a sé. Questo non significa che un Iniziato debba essere sistematica­ mente soddisfatto delle condizioni che determinano un ordine sociale transitorio. Aspirando alla salute collettiva, egli discerne i mali ai quali conviene rimediare, ma dubitando della chirurgia egli preferisce l'igiene, che applica a se stesso e della quale auspica l'applicazione generalizzata. S'egli è abile a maneggiare la Leva, sa volere in accordo con tutti co­ loro che vogliono il bene, e non resterà contemplativamente passivo in presenza dei mali che deplora : volendo con fervore e costanza, contri­ buirà - senza però pretenderlo - al governo psichico delle masse. Que­ st'ultime subiscono l'influenza di chi pensa e uole sanamente a loro be­ neficio. Appartiene dunque ai veri Iniziati il governo occulto, che eserci­ ta un effettivo e legittimo potere spirituale, quello del pensiero giusto, u­ nito col volere disinteressato. I misteri dell'Arte Reale competono a dei re, degni di esercitare la realtà dell'avvenire.

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La Squadra

Quando la pietra bruta è tagliata su tutte le facce, per proclamarla perfetta non manca che di sottometterla al controllo della Squadra. Le­ vigata e strettamente rettangolare in tutti i sensi, essa realizza l'ideale della Pietra cubica dei Framassoni, che diviene la Pietra filosofale degli Errrietisti. Questo simbolo di perfezione si riferisce all'uomo che pensa giusto e si comporta nei propri atti con una rigorosa equità. L'ideale proposto non ha dunque niente di chimerico, poiché il più umile Massone può ta­ gliarsi in Pietra cubica, sempre che apporti al lavoro il giudizio e la buo­ na volontà necessari. Ciò che gli viene domandato è di strutturarsi cor­ rettamente, di divenire quello che i Tedeschi chiamano