I libri di Samuele. Traduzione e commento 9788839406545, 8839406549

I libri di Samuele contengono quella parte della storia d'Israe­le che descrive la costituzione dello stato, che qu

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I libri di Samuele. Traduzione e commento
 9788839406545, 8839406549

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ANTICO TESTAMENTO COLLABORATORI

Walter Beyerlin, Walther Eichrodt, Karl Elliger, Erhard Gerstenberger,

Siegfried Herrmann, Hans Wilhelm Hertzberg, Bernd Janowski, Jorg Jeremias, Christoph Levin,James A. Loader, Diethelm Miche(, Siegfried Mittmann, H ans Peter Miiller, Martin Noth, J ii rgen van Oorsc hot, Karl-Fr. Pohlmann, Nonnan W. Porteous, Gerhard von Rad, Hennig Graf Reventlow, Magne Szb0, Ludwig Schmidt, Werner H. Schmidt, Hans-Christoph Schmitt, Hermann Spieckermann, Timo Veijola, Artur Weiser, Peter Welten, Claus Westermann, A.S. van der Woude, Emst Wiirthwein, Walter Zimmerli -

a cura di Orro KAISER e LoTHAR PERLITI

VOLUME 10 l LIBRI DI SAMUELE

PAIDEIA EDITRICE BRESCIA

I LIBRI D I SAMUELE Traduzione e commento di HANS WILHELM HERTZBERG Traduzione italiana di FRANco RoNCHI

PAIDEIA EDITRICE BRESCIA

Al vescovo D. Dr. Otto Dibelius con gratitudine e devozione

Titolo originale dell,.opera:

Die Samuelbucher

Ùbersetzt und erklan von HANs WILHELM HERTZBERG Traduzione italiana di Franco Ronchi © Vandenhoeck & Ruprecht, Gottingen 1965, 71986 © Paideia Editrice, Brescia 2003

ISBN 88. 394.0654·9

PIANO DELL'OPERA in 15 volumi I. Walter Beyerlin, Introduzione all'Antico Testamento 1/4· Gerhard von Rad, Genesi

5. Martin N oth, Esodo 6. Martin Noth, Levitico 7· Martin Noth, Numeri . 8. Gerhard von Rad, Deuteronomio 9· Hans Wilhelm Hertzberg, Giosuè, Giudici, Ruth IO. Hans Wilhelm Hertzberg, Samuele

1 1 . Ernst Wiirthwein, I re I1. Kurt Galling, Cronache, Esdra, Neemia IJ. Artur Weiser, Giobbe 14. Artur Weiser, I salmi (t-6o} 15. Artu r Weiser, I salmi (6 1 - 1 50) 16. Helmer Ringgren, Proverbi; Walter Zimmerli, Ecclesiaste; Helmer Ringgren, Il cantico dei cantici; Artur Weiser, Le lamentazioni; Helmer Ringgren, Ester 17. Otto Kaiser, Isaia (1- 1 2) 18. Otto Kaiser, Isaia ( 1 3-39) 19. Claus Westermann, Isaia (4o-66) 20. Artur Weiser, Geremia (1-15,14) 21. Artur Weiser, Geremia (25, 1 5-52,J4) 22. Walter Eichrodt, Ezechiele (1-1 8); Walter Eichrodt, Eze­ chiele ( 19-48) 23. Norman W. Porteous, Daniele 24. Artur Weiser, I dodici profeti minori (1): Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea 15. Karl Elliger, I dodici profeti minori (n): Naum, Abacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria, Malachia

PREMESSA ALLA PRIMA EDIZIONE

Come il mio commento ai libri di Giosuè, Giudici e Rut appar­ so tre anni or sono, anche questo lavoro sul testo dei libri di Samuele mira a una visione e a un 'interpretazione della mate­ ria che non siano frammentarie, concentrate suJ singolo episo­ dio o sulla singola pericope, ma tengano conto dell'intero libro e, se possibile, di tutta la sacra Scrittura. Questo mi sembra es­ sere un punto di vista che, nell'epoca dello studio dell'Antico Testamento condotto prevalentemente nell'ottica della critica letteraria, sia passato un po ' troppo nel dimenticatoio, anche se ciò è comprensibile se si considerano le circostanze, ma che ora dovrebbe tornare alla ribalta, soprattutto nel contesto di un commentario come questo. Grazie a questi principi si ripresen­ ta anche la possibilità di mettere in risalto le linee teologiche, altro aspetto che proprio questa serie di commenti ha intenzio­ ne di far valere. Ora, ciò non significa trascurare l'attenta esegesi dei singoli passi. A ragione A. Weiser, nella premessa al suo commento al li­ bro di Geremia, ha indicato nell'intento di illustrare maggior­ mente la discussione scientifica il momento prioritario della sua opera e, quindi, di tutta la serie di questo commentario. Anche in questo commento si sono seguiti tali principi. A questo scopo, le discussioni riguardanti problemi testuali, topografici e simili, quando questi non siano tanto rilevanti da dover essere tratta­ ti nel corpo del commento per giungere a una comprensione ese­ getica del testo, sono relegate in nota, anche per rendere più agevole la lettura. In questo modo si vuole restare fedeli al prin­ cipio, esposto più sopra, che proprio l'attenta analisi dei parti-

IO

Premessa alla prima edizione

co/ari del testo aiuti a rendere possibile quella visione che co­ glie l'essenziale e i! generale. Ringrazio il dottore in teologia Sigo Lehming, assistente pres­ so il seminario teologico di Kiel, per il suo prezioso aiuto nella lettura delle bozze. l/ libro è dedicato a chi molti anni fa, nell'indim.enticabile Lauenburg in Pomerania, ha suscitato in me l'amore per l'An­ tico Testamento e per la sua lingua, e al quale so d'essere lega­ to, con gratitudine, fino a questo giorno. Kiel, 13 gennaio 19 56.

PREMESSA ALLA SECONDA EDIZIONE

La seconda edizione si è resa necessaria prima del previsto. Es­ sa si limita ad apportare, ove necessario, alcuni ritocchi e a con­ siderare la letteratura uscita nel frattempo. È da aggiungere una parola per quanto riguarda la trascri­ zione dei nomi propri ebraici. In linea di massima, come anche nel volume precedente di questa serie si è seguito questo siste­ ma: i nomi propri più noti (ad es. Saul, Samuele, Mica!, Be­ tlemme) sono stati lasciati nella forma ormai classica delle tra­ duzioni d'uso comune della Bibbia (ad es. quella di Lutero). Per gli altri nomi si è cercato di restare vicini al testo ebraico. Per la correzione delle bozze mi è stato prezioso l'aiuto del Dr. H. Graf Reventlow che ringrazio sentitamente. Kiel,

2.

gennaio 1960.

OSSERVAZIONI INTRODUTTIVE

I libri di Samuele contengono quella parte della storia d'Israe­ le che descrive la costituzione dello stato, che quindi va dalla fine dell'età dei giudici fino al consolidamento del regno uni­ to. Viene naturale chiedersi perché mai i capp. 1 -2 del primo li­ bro dei Re non siano stati aggiunti ai libri di Samuele, così che la morte di Davide avrebbe concluso il quadro completo della sua vita che era stata l'oggetto di un libro e mezzo della Bib­ bia, occupando 40 capitoli. La domanda è tanto più giustifica­ ta in quanto, come ha spiegato L. Rost (Die Oberlieferung von den Thronnachfolge Davids, I 926), questi due capitoli appar­ tengono alla grande opera documentaria relativa alla succes­ sione al trono, che ora riempie la parte centrale del secondo li­ bro di Samuele. Evidentemente colui che ha separato la mate­ ria così come è oggi è stato dell'idea che sarebbe stato più op­ portuno aggiungere i due capitoli al complesso riguardante il regno di Salomone (cfr. l'excursus alla fine della parte setti­ ma). Tuttavia l'autore finale è pienamente consapevole dell'uni­ tà di 2 Sam. con l'inizio di 1 Reg., come si può già vedere dal fatto che la storia dell'acquisto dell'area del tempio si trova do­ ve la si può leggere oggi, alla fine di 2 Sam. 24 (v. ad loc. ). La cesura nel materiale dopo 2 Sam. 24 è antica e risale al tempo della formazione del canone dell'A.T. Tuttavia la con­ sapevolezza del forte legame che univa i libri di Samuele ai li­ bri dei Re risulta dall'antica traduzione greca dei LXX, dove questi quattro libri sono raccolti sotto il titolo comune di Li­ bri dei Regni. È qui che quelli che prima erano solo due libri divennero quattro. Questa suddivisione, che ormai è divenuta

Osservazioni introduttive

corrente e che è avvenuta sicuramente per evitare libri di di­ mensioni eccessive, è stata accolta nella Bibbia ebraica soltanto dopo l'introduzione della stampa (xv secolo). Che i due libri di Samuele fossero in origine un solo libro spiega anche per­ ché si parli di un secondo libro di Samuele benché questo per­ sonaggio non vi compaia affatto. Samuele, il «facitore di re», avrebbe invece potuto a buon diritto dare il proprio nome al­ l' unico libro. Va da sé che Samuele non può essere considerato l'autore dei libri che recano il suo nome, come ha talora soste­ nuto la letteratura tardogiu:daica, perché già in 1 Sam. 2 5 se ne narra la morte. - Generalmente i cattolici mantengono la de­ nominazione dei LXX (diversamente si esprime il commento della Echter-Bibel di Rehm) e parlano di quattro libri dei Re. Gli avvenimenti descritti nei libri di Samuele si trovano, per una parte considerevole, cronologicamente vicini alla loro re­ dazione scritta, così che in talune sezioni della terza parte (Sa­ muele e Saul) e delle storie di Davide si ha l'impressione che qui stiano parlando dei contemporanei. Per questo aspetto i li­ bri di Samuele occupano una posizione preminente rispetto a tutti gli altri libri dell'A. T. scritti in prosa. Ma non è questa la ragione della tradizione scadente di ampie parti del testo, la quale va invece attribuita a fattori più casuali che hanno segna­ to la sorte di questi testi. Anche per questi «danni» i libri di Sa­ muele hanno il primo posto tra le opere in prosa dell'A. T. Un problema di natura particolare è costituito dal rapporto tra il testo dei LXX e il T.M. Nei limiti del possibile, il problema verrà affrontato di volta in volta nel commento. 1 Nel nostro commento il contenuto dei libri di Samuele vieI L'importanza dei LXX e de!Poriginale ebraico che sta a monte di questa traduzione balza in primo piano, per quanto attiene ai libri di Samuele, nei frammenti rinvenuti a Qumran (cfr. Cross: BASOR [dic. 195 3]). A quanto pare i testi di Qumran rappre­ sentano la medesima tradizione di un testo ebraico sul quale si sono basati i LXX. Ciò è di estrema importanza perché, come si è detto, il T.M. è giunto qua e là corrot­ to e la forma del testo conservata dai LXX fornisce un aiuto prezioso per illuminare il senso. L'importanza di questi aspetti è esposta esaurientemente da Maass: ThLZ 8 1 (19 5 6) 3 37-340.

Osseroazioni introduttive

ne suddiviso in sette parti sulla base o del contenuto o anche degli antecedenti letterari (parti n, VI, VII) . Infatti anche qui, come negli altri «libri storici» dell' A.T. l'esposizione non è tut­ ta di un pezzo. Certo si riconosce, di quando in quando, par­ ticolarmente nella seconda e sesta parte, un filo continuo. In altre parti, invece, si nota che i racconti hanno provenienze di­ verse e solo più tardi sono stati organizzati secondo determi­ nati punti di vista. Per quanto riguarda la formazione dei libri, il commento è dell'opinione che si tratti quasi di una continuazione delle fon­ ti del Pentateuco che va gradualmente decrescendo. Questa supposizione sembra essere giustificata soprattutto nei mate­ riali presenti nella terza parte (Samuele e Saul). A un'analisi più attenta, tuttavia, si vede che il metodo della critica lettera­ ria non riesce a rendere piena giustizia al materiale in sé molto diverso. Per quanto riguarda la questione della composizione si rimanda all'esegesi dei singoli passi e agli excursus alla fine di ciascuna parte («struttura e formazione»}, così che qui ci si esime dall'entrare in particolari. Il quadro offerto dai materiali è estremamente vario. Ci so­ no narrazioni delle quali è evidente l'origine locale; brani che sembrano provenire da archivi; passi poetici che dapprima han­ no avuto vita autonoma; poi anche sezioni più estese che già in uno stadio precedente dei libri di Samuele possedevano una esistenza letteraria propria. Così sono esistiti documenti uffi­ ciali scritti, come li ha ricostruiti la già citata ricerca di L. Rost sulla successione al trono, i quali in un racconto omogeneo rappresentano parti precise della sezione storica in esso conte­ nuta: il racconto dell'arca (1 Sam. 4-6; 2 Sam. 6), la storia della successione al trono (2 Sam. 9- 20; 1 Reg. 1 -2) con il racconto della guerra contro gli Ammoniti in essa inserito (in 2 Sam. 1 0- 1 2). Con una sicurezza di gran lunga inferiore è possibile individuare una cronaca omogenea dell'ascesa al trono di Da­ vide. L'accostamento di tradizioni diverse è evidente in mas­ simo grado, come già si è detto, nelle storie specifiche di Saul

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Osservazioni introduttive

(parte terza). Qui si nota chiaramente, come in molti altri pas­ si, come l'autore finale si comporti con attenta cura e rispetto verso il materiale tradito, ma anche quanto sia capace e deter­ minato a organizzare la materia secondo un preciso schema teologico. Come nei libri di Giosuè e dei Giudici, ma natural­ mente anche nei libri dei Re, questo autore (o questi autori: cfr. quanto si dice al riguardo nell'introduzione al commento a Giosuè in AT 9) appartiene agli ambienti deuteronomistici. Il suo rapporto col materiale tradito, ma anche la sua posizio­ ne teologica di fondo vengono alla ribalta in maniera ogni volta diversa nel caso di Samuele, di Saul e di Davide. Samuele è l'uomo di Dio previsto per la sua missione fin dal grembo materno, il quale, come Mosè, unisce il governo del popolo af­ fidatogli da Dio a funzioni sacerdotali e profetiche, in grado pertanto di essere una guida completa. L'immagine di Saul, il re indicato dal Signore e unto e insediato nelle sue funzioni da Samuele, nella tradizione è tremolante e incerta. Ammirazione, anzi venerazione si alternano a timore e paura. Egli è l'eletto e, al tempo stesso, il reietto. Da un punto di vista storico ha avu­ to certamente un significato superiore a quello che talora si sup­ pone. Anche la tradizione di Davide sa bene (e l'autore finale ha cercato di soffocare a suo modo la cosa) che per tutta la vita Davide ha dovuto confrontarsi con l'ombra di Saul, per non dire che senza il lavoro preparatorio di Saul la nascita del re­ gno unificato sarebbe rimasto una chimera. Il contenuto e l'or­ ganizzazione della materia fanno riconoscere tutto ciò, nono­ stante l'autore finale parteggi, col cuore e con la sua visione teo­ logica, per quella parte della tradizione di Saul che giudica lo sviluppo da Samuele a Saul permesso sì da Dio, ma comunque uno sviluppo deleterio. Ciò che rende particolarmente interes­ santi questi testi è vedere come l'atteggiamento positivo di fon­ do nei riguardi del primo re non sia affatto cancellato dal redat­ tore, ma sia invece ricoperto dall'altra e diversa valutazione. Per l'autore finale, come per la tradizione che questi ha da­ vanti agli occhi, Davide è invece l'uomo «con il quale» è Jah-

Osservazioni introduttive

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è il Predestinato e l'Eletto particolare, è colui che 2 Sam. 7 (e qui si arriva all'apice del tutto) vede rivestito di fulgore mes­ sianico. Davide è non solo il grande soldato e l'abile politico, bensì lo strumento del Signore per completare la conquista del paese, perciò colui che Dio ha dato quale successore di Giosuè e dei giudici, ma allo stesso tempo il re che si accinge a rendere Gerusalemme la città santa, il luogo di adorazione e di rivela­ zione. In quest'ottica tutto viene raccontato e organizzato in maniera tale che non ne risulta alcuna glorificazione dell'uo­ mo, come mostrano in particolare i capitoli dedicati alla suc­ cessione al trono che riempiono la parte centrale di 2 Sam. Il tratto teologico fondamentale dei libri di Samuele non è of­ ferto in maniera così scoperta come negli altri libri storici; si procede invece con riserbo e talvolta è necessario leggere più tra le righe che sulle righe. Talora l'interesse primario va desun­ to essenzialmente dalla sistemazione della materia, ma è co­ munque riconoscibile a sufficienza, e per il lettore di questa ma­ teria narrata perlopiù magistralmente diventa ogni volta av­ vincente scoprire come la linea teologica di fondo venga co­ stantemente mantenuta. I libri di Samuele sono una fonte preziosa e ricca di informa­ zioni di prima qualità per la situazione storica attorno al 1 ooo a.C. Non è compito di un commento come il nostro vagliare il materiale da questo punto di vista. In ogni caso l'esegesi dei testi offre, anche senza volerlo, un quadro della storia di quel periodo. Allo stesso tempo, e soprattutto, il lettore viene con­ dotto a vedere come la prima storia dei regni d'Israele e di Giu­ da che qui si delinea contenga una parte essenziale della storia del regno di Dio. Samuele e Davide, le due parentesi che rac­ chiudono la figura oscura e pesante del re Saul, sono perso­ naggi di spicco nel senso della storia di questo regno, nella vita e nelle lotte dei quali appare una buona parte del messaggio bi­ blico. E tutti e tre sono, ciascuno alla propria maniera, precur­ sori e continuatori, incontro al vero re. vé,

PARTE PRIMA

ELI E SAMUELE

(1 Sam. 1-3)

I. II figlio della preghiera (I,I-%0) 1 C'era un uomo di Ramatajim, 1 un sufita, 1 dei monti di Efraim, che si chiamava Elqana, figlio di J eroham, figlio di Elihu, figlio di Tohu, figlio di Suf, un efratita. 2 Questi aveva due mogli: una si chiamava Anna, l'al­ tra Peninna. E Peninna aveva figli, mentre Anna non ne aveva. 3 Ora, ogni anno, quell'uomo era solito 3 salire dalla sua città per adorare il Si­ gnore degli eserciti a Shiloh e offrire un sacrificio. Lì officiavano, quali sacerdoti del Signore, i due figli di Eli, Hofni e Pinehas. 4 Ora, una vol­ ta, si era giunti al punto che Elqana offriva il sacrificio.4 Quando sacri­ ficava era solito dare alla moglie Peninna e a tutti i figli e le figlie di lei la porzione (che spet�ava a ciascuno), 5 mentre ad Anna dava una porzio­ ·ne, la porzione del volto; 5 infatti Anna era colei che lui amava, benché il Signore le avesse chiuso il grembo. 6 La sua rivale lanciava pesanti frecciate contro di lei per umiliarla, 6 perché il Signore le aveva chiuso il grembo. 7 Così le 7 succedeva anno dopo anno; ogni volta che lei saliva (per la festa) alla casa del Signore, (l'altra) era solita punzecchiarla in que­ sta maniera. Allora lei pianse e non volle mangiare. 8 Ma Elqana, suo ma­ rito, le disse: «Anna, 8 perché piangi e perché non vuoi mangiare? E per­ ché sei così triste? Per te non valgo io più di dieci figli?». 9 Ma Anna si alzò, dopo che ebbero mangiato la carne cotta e dopo che ebbero bevu­ to,9 e si recò al cospetto del Signore 10 mentre Eli, il sacerdote, sedeva sulI �

Il testo leggeva sicuramente Rama o Ramata, cfr. v. 19. Il testo varia tra �ofi e mif�ufim, la cui prima lettera sarebbe da riprendere da hàra-

matajim. 4

3 G- K

I I 2dd.

Il seguito di questa proposizione segue al v. 7b. In mezzo sta la descrizione delle cose che si ripetevano ogni anno. 5 ? V. commento. 6 Hifil incerto; la traduzione proposta si basa sull'arabo ragama, essere spregevole. 7 V. BH. T.M.: «Così egli faceva . . ». 8 I LXX hanno qui un testo più lungo: «Anna! Lei gli rispose: Son qui, signore. Allo­ ra egli le disse: Perché. . ». Questo testo dovrebbe essere l'originale; dr. Budde. 9 Si legga 'abaré 'ekòl habbeiela. .

.

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r Sam. 1,1-20

la sedia presso gli stipiti del tempio del Signore. ro E lei pregò con cuo­ re pieno di amarezza al Signore e piangeva molto. 1 1 E fece un voto e disse: «Tu, Signore degli eserciti, se volessi veramente considerare la mi­ seria della tua serva e pensassi a me e non dimenticassi la tua serva, ma volessi dare alla tua serva un figlio maschio, allora lo darei al Signore per tutta la sua vita e il rasoio non passerebbe mai sul suo capo! » . 12 Così pregò a lungo davanti al Signore, mentre Eli osservava la sua bocca. 13 E poiché Anna parlava (in silenzio) in cuore e muoveva soltanto le labbra, mentre non si sentiva la sua voce, Eli credette (di avere a che fare con) un'ubriaca 14 ed Eli le gridò: «Quanto pensi ancora di restare qui a dare spettacolo con la tua sbronza? Cerca di smaltirla (altrove)! )), 15 Ma An­ na rispose e disse: «No, mio signore! Sono solo 1 una donna infelice.2 Non ho bevuto né vino né bevanda inebriante, ma ho vuotato il mio cuo­ re davanti al Signore. r6 Tu, quindi/ non vedere la tua serva come una perdigiorno; perché ho parlato tutto questo tempo per la grandezza del mio dolore e della mia angoscia». 17 Allora Eli rispose e disse: «Va' in pace; e il Signore d'Israele esaudirà la preghiera che tu hai pregato da­ vanti a lui». 1 8 E lei disse: «Possa la tua serva trovare grazia ai tuoi oc­ chi ! )>. Così la donna se ne andò per la sua strada e mangiò (allora) e (an­ che) bevve col marito,4 e non ebbe più un volto (così triste). 19 E la mattina dopo, per tempo, dopo aver finito di adorare al co­ spetto del Signore, presero la via di casa e ritornarono a Rama, a casa lo­ ro. E quando Elqana si congiunse con sua moglie Anna il Signore pensò a lei. 2o Così Anna rimase incinta 5 e finito il tempo (della gravidanza) partorì un figlio maschio e lo chiamò Samuele perché «dal Signore l'ho ricevuto)).

La storia degli inizi della monarchia principia con una nar­ razione che, a giudicarla dall'esterno, ha il carattere di idillio. D'altra parte il racconto non procede, come le fiabe, con per­ sonaggi anonimi, ma tutti, anche l'insignificante (ai fini del tut­ to) seconda moglie, vengono chiamati per nome. Gli inizi di Sa­ muele e cioè dell'età monarchica vengono così fissati, quanto 1.

10 Così i LXX, che invece tralasciano, a torto, le parole «e anche ebbero bevuto•; cfr. v. 14. 1 Così si deve intendere l'«io» enfatico del T.M. 2 T. M.: «Dura quanto allo spirito»; tuttavia si deve sicuramente leggere con i LXX qesat jom, «una che ha giorni difficili»; cfr. Iob 30,25. 3 Le due parole potrebbero corrispondere all'ebraico lefaneka, che va letto con Syr; il T.M. ha conservato nel bet senza dag es di bat un ricordo del fatto che lif ne non va unito a bat. 4 Così i LXX. s Si segue l'ordine d�l testo dei LXX.

r

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Sam. 1,1-20

alle persone e ai luoghi, i n maniera concreta. Elqana, di cui si dà la genealogia fino al trisavolo - segno di famiglia nobile e nota - è considerato un «efratita>>, il che qui dovrebbe signifi­ care che la famiglia è di origine efraimita e non, come in Ruth 1,2 (cfr. Mich. 5 , I ), appartenente a un clan betlemita. Secondo 1 Chron. 6, I ss. Samuele viene classificato tra i discendenti di Levi, comprensibile variazione apportata dalle concezioni di un'epoca più tarda. Per il resto i nomi degli antenati di Samue­ le in I Chron. 6, 1 1 ss. coincidono con quelli indicati nel no­ stro passo. Dal nome di Suf, l'ultimo degli avi menzionati, è de­ rivato non solo l'aggettivo «sufita>>, ma evidentemente anche il nome di una zona, Eres Suf (I Sam. 9, 5 ) . Quale residenza della famiglia si indica qui Ramatajim, mentre di solito la città d'origine e di residenza di Samuele è considerata Harama (Ra­ ma) (I Sam. 1,I9 ecc.), che significa «altura>> o «la alta», nome comprensibile, e anche frequente, in Palestina. Quando qui, e in genere più tardi (così nei LXX; anche I Mach. 1 1 ,34 e Mt. 2 7, 5 7) si parlerà della «doppia Rama», la tradizione ha distinto in questa maniera questa Rama dalla Rama di Beniamino (Iud. 4, 5 ; 1 9, I 3 ecc.). Evidentemente (come minimo) due località con nome identico o simile hanno rivendicato l'onore d'essere la patria di Samuele. Per la parte prevalente della tradizione la cit­ tà di Samuele fu la nota Rama (oggi er-ram) di Beniamino: se­ condo Iud. 4, 5 questa città apparteneva ai monti di Efraim e nelle sue vicinanze correva la frontiera tra i territori di Giu­ seppe e di Beniamino (I Sam. I 0,2; Ier. 3 I , I 5 ). Più tardi, inve­ ce, la biblica «Arimatea» fu identificata con l'odierno rentis, molto più a nord-ovest di er-ram, e questo venne considerato quindi la residenza di Samuele. 1

2

1 Il grande podere dell'orfanotrofio siriaco non lontano da Lidda non si è mai chia­ mato per gli arabi Bir Salem, il nome che gli è stato dato, bensì artf,-espon, «terra di Shpohn», dal nome di colui che diresse l'istituto per lunghi anni. 2 Cfr. A. Alt: PJB 24 (1928) 70; v. inoltre al cap. 9· Va sottolineato più volte il com­ mento di A. Alt (ibid.): ci si dovrebbe domandare «se quel racconto così chiaro in­ tenda essere affatto letto come documento topografico».

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Sam. 1,1-20

Elqana ha due mogli: è chiaro che vige un regime poliga­ mico. La convivenza delle donne porta a dissapori particolar­ mente se una delle due non ha figli, la maggior disgrazia per una donna orientale. Le divergenze tra le due donne si mani­ festano particolarmente in occasione del pellegrinaggio che Elqana è solito intraprendere ogni anno con l'intera famiglia, dimostrandosi quindi «non soltanto pio, bensì, come si direb­ be oggi, anche osservante» (P. Ketter). La meta del pellegrinag­ gio è Shiloh, oggi selun, posta tra Bethel e Sichem. Il luogo è stato accertato oltre ogni dubbio dagli scavi archeologici da­ nesi.2 Il santuario ha goduto una grande importanza in quanto sede dell'arca. Si (talvolta «ira»), significa spesso «viso, volto», soprattutto quando si parla di prostrarsi davanti a Dio o a un personaggio altolocato� Forse la «porzione del viso» consiste in un pezzo più grande o particolarmente pregiato. L'esegesi più antica pensava a una porzione doppia (cfr. Gen. 43 ,34: Beniamino riceve porzioni cinque volte più grandi di quelle dei fratelli). In ogni caso il marito tratta Anna in manie­ ra speciale, il che provoca ogni volta le frecciate indispettite e le allusioni beffarde di Peninna. 7b- 18. La descrizione della partecipazione a questa festa ripren­ de col v. 7b. Anna, che non riesce a mangiare per i pensieri, ri­ ceve una parola particolarmente affettuosa da parte del marito. Tuttavia si allontana appena possibile dalla tavola dove la fa­ miglia mangia (il testo qui è nuovamente oscuro) per andare «a svuotare il suo cuore» davanti al Signore, cioè all'ingresso del tempio. La sua preghiera è incentrata unicamente sulla sua afflizione personale ed è unita a un voto come nel caso di Gia­ cobbe in Gen. 28,20 s. Che Anna non preghi per avere un bambino o bambini,. bensì per un figlio maschio, è del tutto in linea con gli usi orientali. Tutte le storie di annunciazione nar­ rate nella Bibbia riguardano esclusivamente la nascita di figli maschi. La promessa di dedicare al santuario l'eventuale figlio dovrebbe rendere il Signore più disponibile a esaudire la pre­ ghiera della donna; che esso venga consacrato al nazireato co­ me Sansone è un particolare che non apparirà più nel resto 1

1 Forse «mangiare la carne cotta» indicava quella fase del pasto sacrificale alla quale doveva invece essere presente.

r Sam. r,r-.zo

della storia di Samuele. Forse si tratta proprio di un particola­ re ripreso dalla storia di Sansone con la quale tutto l'episodio di Anna ha una certa rassomiglianza. Durante la sua lunga preghiera Anna viene osservata dal sacerdote, il vecchio Eli, la cui sedia sta fuori, vicino agli stipiti della porta del tempio. La preghiera silenziosa, accompagnata soltanto dal muoversi del­ le labbra, sembra al sacerdote così insolita da fargli credere che la donna sia ubriaca, dal che si può dedurre che bere durante il pasto sacrificale era del tutto normale (cfr. i vv. 9 e 1 8). La ri­ sposta decisa di Anna ha in sé il carattere della verità in manie­ ra così evidente che Eli le crede del tutto e non solo le rivolge il saluto di pace (che ancora oggi nell'Oriente arabo è l'augu­ rio consueto e regolare per salutare chi sta per andare via), ma lo accompagna con una parola che le augura, o le assicura, l'adempimento della sua preghiera. Il ringraziamento di Anna è espresso con una formula intesa a mostrare le maniere distin­ te della donna che si allontana rinfrancata. 1

19.20. La continuazione della storia corrisponde a ciò che il let­ tore si immagina e si aspetta. Anna non ha invocato invano il Signore Sabaot di Shiloh. Dio le fa diventare il corpo benedet­ to, come dicevano i Padri della chiesa. La frase «restò incinta», che per errore è stata messa nel posto sbagliato, non va affatto espunta (Budde e altri). Già la sola gravidanza conferisce alla donna una posizione di grande onore (cfr. Gen. 1 6,4). Infine nasce il figlio tanto sospirato. Viene chiamato Samuele. Il no­ me semu'el è chiaramente composto da sem (=nome) ed 'el(= dio): «colui sul quale viene nominato il nome di Dio» (Budde) è una definizione pertinente del grande uomo di Dio. Ora si è da tempo osservato che la storia stessa ha una diversa morale. Già nella promessa di Eli (per ben due volte) e poi soprattutto nell'imposizione del nome al bambino ricorre, con un gioco di parole, la radice sa'al (=impetrare, ottenere con suppliche). Certamente il verbo non è lontano dal nome semu 'el, ma ri1

Grammaticalmente entrambe le opzioni sono possibili.

1 Sam. 1,21-2,I Ia

corda indubbiamente più da vicino il nome sa'ul, «l'impetra­ to>>. Partendo da questa constatazione, Hylander in particola­ re 1 ha cercato di far accettare l'ipotesi che in origine si sia trat­ tato dell'annunciazione di Saul, considerato al pari di Sansone il salvatore dalla mano dei Filistei. Ora, senza dubbio, 2 la «sal­ vezza» dalla mano del nemico per antonomasia è certo una fac­ cenda tale da rendere comprensibile perché proprio in un caso del genere si sia narrato l'accadere di un intervento diretto del Signore fin dal grembo materno. Tuttavia non è possibile 3 ri­ salire qui a una preesistente forma letteraria di una storia del­ l'annunciazione di Saul. È invece del tutto immaginabile che una simile storia del sospirato e arrivato Saul, il futuro salva­ tore dall'oppressione dei Filistei, sia circolata in una fase p re­ letteraria. Non si può affermare niente di più di questo. Quan­ do questo materiale si è poi aggregato attorno alla figura di Sa­ muele, ciò non è avvenuto soltanto per la somiglianza dei no­ mi, anche se ciò può averlo facilitato, ma soprattutto perché Sa­ muele è diventato ed è stato, in misura superiore a Saul, il per­ sonaggio determinante, cioè l'inviato da Dio. Qui ci si potreb­ be già trovare faccia a faccia con un'idea che adombra tutta la prima parte di 1 Sam.: il salvatore in senso proprio non è il primo dei re, bensì l'ultimo dei giudici. Il diretto, imprevisto intervento divino lo ha chiamato all'esistenza e ha così mostra­ to che qui non si dovrà narrare semplicemente una storia dei monarchi, bensì la storia della costante guida divina.

2. Samuele condotto da Eli (1,.11-.1,1 1a) 2 1 Ora, quando il marito Elqana salì (nuovamente) insieme con tutta la sua famiglia per offrire al Signore il sacrificio annuale e anche per scio­ gliere il proprio voto, 22 Anna non salì (con lui). Infatti disse al marito: «(lo rimango qui) finché il bambino sia svezzato, poi lo porterò io stes­ sa lì affinché veda 4 il volto del Signore e rimanga per sempre là». 23 Ed 1

Hylander, 13 s. con indicazione dei precedenti sostenitori di questa opinione. Cfr. quanto si è detto in AT 9, a Iud. 1 3· 3 Cfr. Press: ZAW s6 ( 193 8) 1 89 s. 4 V. BH. 2

2.6

r

Sam. 1,2 1-2,1 1a

Elqana, suo marito, le rispose: «Fa' ciò che ti sembra giusto; rimani fin­ ché tu non l'abbia svezzato. Ma che il Signore mantenga la sua parola! ». Così la donna rimase (a casa) e allattò il figlio fino al suo svezzamento. 24 E appena lo ebbe svezzato, salì con lui portando un vitello di tre anni, I un efa di farina e un otre di vino e lo portò alla casa del Signore a Shiloh, sebbene il bimbo fosse ancora piccolo.2 25 Ora, dopo che ave­ vano ucciso il vitello, portarono il bimbo da Eli. 26 E lei disse: «Con ri­ spetto, mio signore! Quanto è vero che tu vivi, mio signore, io sono quella donna che (una volta) è stata qui in piedi, vicino a te, per pregare il Signore. 27 Ho pregato per questo bimbo. Il Signore mi lia concesso quanto gli avevo chiesto. 28 Così anch'io lascio che mi venga (di nuovo) richiesto 3 dal Signore: finché vivrà 1 dovrà essere considerato come chi è stato reclamato dal Signore». E dopo che ebbero reso la loro 4 adorazio­ ne � 1 Anna pregò e disse: «Il mio cuore può esultare nel Signore il mio corno si alza nel mio Dio. I La mia bocca è spalancata contro i miei nemici perché posso gioire della tua salvezza. 2 Nessuno è santo come il Signore, perché non c'è nessuno oltre te J e nessuno è una roccia come il nostro Dio. 6 3 Non parlate sempre così altezzosamente, con alterigia, non escano dalla vostra bocca parole insolenti! Perché il Signore è un Dio che sa e le opere vengono da lui pesate. 1 4 Gli archi dei forti (si sono) spezzati, ma quelli che inciampano si sono cinti di forza. 5 Coloro che erano sazi hanno cercato lavoro e pane, ma gli affamati hanno finito per sempre 7 di avere fame. La sterile ne ha partoriti sette, la prolifica sfiorisce (in solitudine). IV. BH. 1

weh anna'ar na'ar. già i LXX hanno male compreso l'ebraico; il testo va capito alla luce di Iud. 8,20 dove i due termini sono del pari contigui. 3 In ebraico lo stesso verbo significa «pregare», «chiedere», «reclamare», «esigere». 4 Il T.M. ha il singolare «egli», ma evidentemente è caduto un w. s Il secondo emistichio è incerto; cfr. i LXX e il commento. 6 Nel testo originale lo stico è insolitamente lungo per la misura; tuttavia qui la cosa potrebbe esser voluta. 7 Contro il ritmo; si legga la'ad: l'insolito dag es nel lam ed di padellu potrebbe aver mantenuto il ricordo di un l caduto.

1 Sam. I,2I-2,IIa

6 Il Signore dà morte e dà vita,

fa precipitare nello sheol e fa risalire. Il Signore rende povero e rende ricco, abbassa e anche risolleva; 8 risolleva dalla polvere l'oppresso, . rialza il povero dallo sterco per dargli un seggio tra i principi, fa ereditare loro un trono glorioso. Perché al Signore appartengono i pilastri del mondo; su di essi ha poggiato il disco della terra. 9 Proteggerà i piedi dei suoi devoti, ma i malvagi devono sparire nella tenebra. Perché nessuno può essere eroe per la (propria) forza; Io coloro che combattono il Signore si spezzano. L'Altissimo in cielo li fracasserà, 1 il Signore giudicherà i confini del mondo e concederà forza al suo re ed esalterà il corno del suo unto». 7

I 1a

E lo lasciarono lì davanti al Signore e andarono a Rama, a casa loro.2

Il racconto si muove con passo spedito verso il traguar­ do in vista del quale è stata narrata la storia precedente: l'arri­ vo al santuario di Shiloh del bimbo votato al Signore. Si spiega perché il voto non sia stato sciolto senza indugi: finché il bam­ bino viene allattato il voto rimane sospeso. Ma che i coniugi sia­ no seriamente intenzionati a sciogliere il voto è messo in evi­ denza dalla formulazione del v. 2 1 : alla prima occasione, il prossimo pellegrinaggio annuale, Elqana scioglie «il proprio voto». Fino a qui non si era mai parlato di un voto di Elqana: l'autore dà per scontato che l'uomo si sia naturalmente asso­ ciato alla decisione della moglie. Un simile comportamento è in linea con le norme regolanti i voti di Num. JO, I ss., soprat­ rutto al v. 14, secondo il quale il marito può confermare o re­ vocare ogni voto fatto dalla moglie. Elqana è andato quindi %I-%J.

1

La corruzione delle parole «su di lui» nel T.M. potrebbe aver portato a vocalizzare

secondo il testo attuale «farà tuonare»; ma il suggerimento più antico di leggere 'eljfm

e lro'em dovrebbe essere nel giusto. 1 Secondo i LXX. Il T.M. parla solo di Elqana e della «sua» casa; v. commento.

oltre la semplice conferma, dichiarandosi solidale col voto: l' au­ tore potrebbe aver voluto esprimere tale concetto. Tuttavia El­ qana appare responsabile anche nei confronti di Dio e deve controllare che il voto della moglie venga sciolto puntualmen­ te e adeguatamente. D'altro canto è comprensibile che la ma­ dre cerchi di allontanare il momento della consegna del figlio. Che in Oriente i bambini continuino spe·sso a venire allattati dalla madre per più anni (tre anni, secondo 2 Mach. 7,27), ren­ de ragionevole la giustificazione addotta. 24-z8; z,I I a. Dopo lo svezzamento del bambino che certamen­ te, come in Gen. 2 I ,8 e ancora oggi in Oriente, fu celebrato con una festa, il bimbo sale con gli altri a Shiloh. Viene offerto un sacrificio imponente: un vitello maturo, quindi particolar­ mente pregiato, inoltre vino e 3 6 l di farina. Poi il bambino vie­ ne consegnato al sacerdote, con Anna che cerca di richiamare alla memoria di Eli quanto successo alcuni anni prima. Anche qui ritorna, persino in una nuova variante (v. 28), il gioco di parole con sa'al: «l'impetrato» diventa ora «il reclamato»; in ebraico si ha entrambe le volte sa'ul. Esplicitamente viene af­ fermato ancora una volta (2, 1 I a; cfr. I ,I I ) che la consegna del bambino al santuario è a vita. Gli aspetti personali che potreb­ bero risultare dal distacco della madre dal piccolo non vengo­ no menzionati, in linea con il riserbo generalmente osservato dalla Bibbia in casi del genere. Tuttavia il T.M. narra che (so­ lo ?) Elqana fa ritorno alla sua città, che qui è chiamata Rama: non si può escludere che ci fosse un tipo di tradizione secondo la quale la madre sarebbe restata al santuario insieme col bam­ bino ancora piccolo, svolgendo forse mansioni di servizio al santuario (cfr. 2,22b) per la durata della sua permanenza. Ad ogni modo i LXX, il cui testo è certamente da preferirsi, rife­ risce il ritorno a casa di entrambi i genitori. •

1

Anche in

1,28 il T.M. parla della sua adorazione.

1 Sam. I,ZI-Z,IIa

Prima del ritorno di Anna a casa è stato inserito il «can­ tico di Anna». Che si tratti effettivamente di un inserto lo si può vedere già da come 2, 1 1 combacia con 1 ,28 senza sbavature e senza che nulla manchi, ma soprattutto dal fatto che il conte­ nuto del cantico ha un riferimento molto generico alla storia di Anna. Ci si trova in una situazione simile a quella del salmo di Giona: in entrambi i casi all'editore è sembrato opportuno inserire a quel punto del racconto un salmo già esistente. In en­ trambi i casi è avvenuto quello che oggi potrebbe accadere in­ serendo un canto dell'innario in una lettura biblica. 2,1-10.

Davanti a questo salmo due sono le domande da porsi: che cosa significa in sé? che cosa significa nel contesto attuale? In origine si tratta di un inno: lo si nota dall'inizio (vv. 1-3 ) che descrive il giubilo del cantore; Questa apertura esprime la pie­ na, tranquilla sicurezza di colui che prende qui la parola. E so­ prattutto importante la preposizione «Ìn»: l'uomo che si trovi «in Dio» è inattaccabile perché si trova nella sfera del Dio po­ tente. Già questo particolare rivela che la sede di un tale inno è il santuario. Lo si potrebbe anche capire dall'uso dei pronomi: mentre di solito si parla di Jahvé in terza persona, qui appare di quando in quando il «tu» dell'adoratore (v. 1 b)! La sicu­ rezza del cantore «in» Dio gli dà una chiara saldezza rispetto ai suoi «nemici», e qui l'immagine del «corno>> sottolinea in modo particolare la forza che gli viene data. N el contesto del salmo i «miei» nemici sono in ultima analisi i nemici di Dio. Infatti oggetto della lode e contenuto del salmo non sono fatti personali, ma le opere di Dio. Ciò va riconosciuto immediata­ mente perché subito dopo l'inizio il salmo confessa l'unicità di Dio: il v. 2 contiene di fatto un credo similare alla confes­ sione che sta alla base dello Shema ' jisra 'el, «] ahvé, tuo Dio, è un solo Jahvé» (Deut. 6,4), e alla prima metà della professione di fede islamica, «non c'è altro Dio fuori di Dio». Questo cre­ do lo si trova alla lettera al v. 2b, ma sembra che proprio que­ 1-3.

l

Cfr. Gunkel, Einleitung in die Psalmen, 1928, 47·

JO

1 Sam. I,2 1-2,1 1a

sta frasetta sia un'aggiunta posteriore, giacché nel versetto la superiorità di Dio su tutti e su tutto è espressa piuttosto in termini comparativi («nessuno è... come... »}, mentre la frasetta di mezzo va oltre e loda Jahvé quale unico Dio esistente. Poi­ ché il Signore è così forte nessuno può tenergli testa, e con un linguaggio vivace il salmista si rivolge ai «nemici» ammonen­ doli a non continuare a comportarsi con presunzione, perché gli occhi di Dio scrutano ogni cosa ed egli è un Dio giusto. Il peccato di hybris, il peccato originale di Gen. 3 e quello che,· ad esempio in Isaia, è considerato costantemente il peccato fon­ damentale, qui viene marcato a fuoco: è ribellione a Dio, è met­ tere in discu�sione la sua unicità. Se con i vv 1 -3 si è cantata la potenza di Dio, la sua santi­ tà e anche la sua onniscienza, ora le antitesi della parte centrale ne magnificano la capacità d'intervenire concretamente negli avvenimenti del mondo in forza di questa sua natura. Dap­ prima i verbi sono al perfe�to: si tratta di affermazioni che so­ no provate e dimostrate. Si passa poi al participio (vv 6-8): qui lo sguardo si sposta dalle opere di Dio di nuovo su Dio stesso, che è così e così. Infatti Dio stesso è il vero tema del cantico che corrisponde così alla natura dell'adorazione nella quale Dio stesso ha sempre il primo posto. Di conseguenza è inutile per l'uomo essere forte come un eroe, sazio, ricco di fi­ gli, vivo, abbiente, stimato e nobile: Dio può sostituirlo con zoppi, affamati, sterili, morti, poveri, umili e quindi svergogna­ re le cose forti con le cose deboli ( 1 Cor. I ) . Giustamente, dal punto di vista della sostanza, i LXX hanno inserito qui Ier. 9,22 s. dove si ha l'identica affermazione teologica. Con tutto ciò non si vuole lodare la giustizia distributiva di Dio, ma la sua potenza che è accompagnata dalla sua misericordia che si piega fino ai miseri. Tra le affermazioni che riguardano Dio va notata in particolare quella (v. 6} che confessa il Signore capa­ ce di far scendere nel soggiorno dei morti (lo sheol immagina­ to all'interno della terra) e di farne risalire. In sé la fede nella 4-9.

.

.

1 Sam. I,2 I-2, IIa

31

risurrezione dei morti si trova piuttosto al margine e alla fine dell'Antico Testamento, ma senza dubbio la consapevolezza dell'onnipotenza di Jahvé ne è lo spunto teologico. Qui (v. Se) è certo intenzionale la menzione dei «pilastri del mondo»: in quanto creatore del mondo Dio è l'onnipotente. La sua forza dovrebbe essere limitata da ciò che si trova sotto la terra? 9.10. Tutte queste affermazioni non sono da considerarsi as­ serti dogmatici, quasi si tratti di una dottrina. Qui ci si limita a lodare il Signore quale unico nel suo genere e meraviglioso, appunto quale santo, che quindi proteggerà i suoi, i «pii», co­ loro che si contrappongono ai «malvagi» (propriamente ai «colpevoli»). Importante è che si sottolinei ancora una volta che nessuno potrebbe farlo con la propria sola forza. Qui il salmo passa (già dalla metà del v. 8) dal perfetto e participio al­ l'imperfetto. L'ultima parte del" cantico considera ciò che è du­ raturo e definitivo. In questa parte ciò che riguarda il singolo e la sua speranza sfocia subito, ancora una volta, nell'attesa uni­ versale: Jahvé, creatore di tutto il mondo, è anche il giudice. di tutto il mondo e, insieme, colui che procura la salvezza. Qui resta aperto se il personaggio dipinto alla fine con tinte mes­ sianiche sia il re terreno o il re salvifico dell'ultimo futuro.1 Probabilmente i confini sono incerti. Questo salmo pieno di forza e di coraggio, che tuttavia fa de­ rivare dalla possanza di Dio tutta la potenza che viene qui te­ stimoniata, viene ora messo sulle labbra di Anna, naturalmen­ te soprattutto perché nel salmo si parla della sterile che viene contrapposta alla prolifica. Ma la concezione teologica di base si adatta a questa donna anche per altri aspetti: il Signore può rendere il niente qualcosa, l'oppresso un vincitore e così dare prova della sua ricchezza con una povera vita umana. Proprio il superamento della sterilità cronica è spesso spiegato con l' on­ nipotenza di Dio (Gen. 1 8, 1 4; Le. 1 ,36 s.; Rom. 4, 1 9-2 1 ; Hebr. I 1,1 1). L'autore finale ha voluto mettere in risalto anche qui i 1

Cfr. W. Stark, Lyrik3, 1920, 7 1 s.

r

3 .2

Sam. 2,11 b-36

medesimi concetti, collocando così, allo stesso tempo, l'inizio della vita di Samuele in un preciso orizzonte teologico. Il testo non ci consegna una narrazione soave, idilliaca, con un esito gentile, pieno di gratitudine, e con una pietà ricompensata. Il salmo colloca la nascita di Samuele e quindi la sua vita nel qua­ dro dell'onnipotente opera salvifica di Dio. Queste storie sono destinate a diventare storia, tanto più che, in ultima analisi, si tratta della storia di Dio col popolo eletto. Il cantico di Anna ha anche conosciuto una storia successi­ va del tutto particolare. È estremamente vicino al Magnificat di Le. I,46- 5 8, che in realtà non è che una sequenza di cita­ zioni dell'Antico Testamento, ma ricorda soprattutto 1 Sam. 2 (oltre I, I 1 ). Ma ora il cantico di Anna è stato letto come canto di ringraziamento della donna cui Dio ha concesso, do­ po lunga attesa, il dono di un figlio, il che significa a sua volta che la lezione (di antica attestazione) che legge in Le. 1,46 «Elisabetta» invece di «Maria» va presa in seria considerazio­ ne. D'altra parte si capisce bene come proprio le potenti af­ fermazioni teologiche che attraversano tutto il salmo di Anna abbiano contribuito a far apparire la sua imitazione neotesta­ mentaria abbastanza rilevante da metterla sulle labbra della be­ nedetta tra le donne. 2 •

3· Samuele al tempio e il peccato dei figli di Eli (1,1 1h-36) 1 1b Così ora il bimbo stava al servizio del Signore sotto la tutela del sa­ cerdote Eli. 1 2 Ma i figli di Eli erano degli inetti: non si preoccupavano del Signore 13 né di ciò che al sacerdote spettava da parte del popolo. 3 Sempre, quando qualcuno portava un sacrificio, veniva il garzone del sa­ cerdote col forchettone a tre denti in mano, mentre la carne stava anco1 Anche Le. 1�8b, che l'edizione del Nesde non stampa in neretto, va letto alla luce di G en. JO,I 3· 2 Cfr. Hertzberg a Le. 1 ,46 5 8 : Fiir Arbeit und Besinnung 4 (1951), Supplemento della Germania del nord, 886-888. -

3 V. BH. Si potrebbe anche tradurre: «E cioè i sacerdoti si comportavano col popolo come segue» (cfr. ZAW 40 [1922] 265 s.).

1 Sam.

33

.z,I Ib-;6

ra cuocendo, 1 4 e lo infilava nella pentola, nella marmitta, nella ciotola o nella scodella e tutto ciò che il forchettone tirava su era solito pren­ derselo il sacerdote. Essi facevano così con tutto Israele, chiunque fosse venuto a Shiloh per sacrificare al nome del Signore. 1 I s Inoltre, prima che facessero andare il grasso su in fumo, arrivava il garzone del sacer­ dote e diceva a colui che stava sacrificando: «Dammi un po' di carne da arrostire per il sacerdote; perché non vuole da te carne già cotta, ma cruda». I6 Quegli allora rispondeva: «Dovrebbero prima lasciare che il grasso vada su in fumo e poi prenditi ciò che il tuo cuore brama!»; allo­ ra egli gli diceva: «No, la devi dare tu stesso subito, altrimenti me la pren­ do di forza! » . I7 Grande oltre misura era dunque il peccato dei garzoni sotto gli occhi 2 del Signore. Perché gli uomini avevano trattato con di­ sprezzo il dono del Signore. 1 8 Intanto Samuele stava di servizio davanti al Signore stesso,3 un fan­ ciullo vestito con un efod di lino. 19 Inoltre sua madre era solita fargli una piccola sopravveste; gliela portava ogni anno quando saliva (alla fe­ sta) col marito per offrire il sacrificio annuale. 20 E allora Eli benedisse Elqana e sua moglie e disse: « Il Signore ti conceda una discendenza da questa donna al posto di quella che il Signore 4 ti ha reclamato». Così essi tornarono a casa sua. 5 2 1 E ora quando 6 il Signore visitò Anna, es­ sa restò incinta e partorì tre figli e due figlie. Ma il fanciullo Samuele creb­ be presso il Signore. 22 Ora Eli era divenuto molto vecchio. Quando sentì che cosa i suoi fi­ gli erano soliti fare a tutto Israele - e che dormivano con le donne che cu­ ravano il servizio all'ingresso della tenda di convegno , 23 allora disse loro: «Perché fate cose simili, come le sento da tutta la gente, queste vostre cose malvagie? 7 24 No, figli miei; non sono voci buone quelle che sento che il popolo del Signore spande in giro ! 25 Se un uomo pec­ ca verso un altro uomo, Dio sarà il suo difensore; ma se un uomo pecca verso il Signore, chi potrà fargli da difensore?». Ma essi non diedero af-

1

Si vocalizzi sem e si integri il versetto, evidentemente monco, leggendo con i LXX. La medesima espressione del v. I r b; letteralmente: «Davanti al volto». 3 Le parole mesaret 'et-pene jh wh possono significare «egli serviva (senza oggetto) sotto gli occhi (come al v. 1 1 b, dove si tratta degli occhi di Eli) di Jahvé» oppure «egli serviva il volto di jahvé», cioè Jahvé stesso. 4 /ejh wh è costruito secondo 1,28 dove ricorre due volte; grammaticalmente corretto 1

èjh wh .

s Così il T.M. e la maggioranza dei testimoni antichi. Molto presto si suggerì la le­ zione più facile «loro». 6 Probabilmente è caduto un walh i (Thenius); i LXX abbreviano in wajjifqod. 7 Le parole 'et-dibrekem ra'im vanno unite a 'ella e messe alla fine del versetto.

34

I Sam. 2,11b-J6

fatto ascolto alla voce del padre; infatti il Signore era deciso a farli mori­ re. z6 Ma il fanciullo Samuele cresceva continuamente di statura e di fa­ vore, presso il Signore e presso gli uomini. 27 Ora venne un uomo di Dio da Eli e gli disse: «Così parla il Signo­ re ... : 1 lo mi sono rivelato chiaramente alla casa di tuo padre, quando es­ si facevano parte della casa di faraone in Egitto. 2 z8 E io lo scelsi quale sacerdote per me tra tutte le tribù d'Israele, per salire al mio altare e of­ frire profumi (e) per portare l'efod davanti a me, e ho assegnato alla casa di tuo padre tutti gli olocausti dei figli d'Israele. 29 Perché (ora) calpe­ state sotto i piedi il mio sacrificio e la mia offerta, che io ho comandato per la mia dimora e (perché) rispetti i tuoi figli più di me, così che vi in­ grassate col meglio di ogni offerta d'Israele . . ? J 30 Perciò l'oracolo del Signore, Dio d'Israele, (dice): Io avevo solennemente promesso che la tua casa e la casa di tuo padre sarebbero durate in eterno davanti a me. Ma ora (dice) l'oracolo del Signore: Lungi da me tutto ciò! Perché onorerò (solo) chi mi onora; ma coloro che mi disprezzano vengono respinti con disonore! 3 1 Ecco, vengono giorni, che recido il tuo braccio e il braccio della casa di tuo padre, così che nella tua casa non ci sarà (più) vecchiez­ za. 32 4 Con tutto il bene che (il Signore) farà a Israele: in casa tua non ci sarà più un vecchio. 3 3 (lnvero) non ho in mente di strappare via dal mio altare qualcuno dei tuoi (e così) farti consumare gli occhi e strugge­ re l'anima; ma tutta la gente della tua casa dovrà morire nel fiore degli anni. 34 E ciò sarà per te il segno che verrà sui tuoi due figli, su Hofni e Pinehas: moriranno entrambi nello stesso giorno. 3 5 E io mi farò sorge­ re un sacerdote fedele; egli agirà secondo il mio cuore e secondo la mia mente e io gli edificherò una casa solida ed egli entrerà e uscirà tutti i giorni davanti al mio unto. 36 E chi resterà ancora della tua casa verrà e gli si prostrerà davanti per una moneta e un pane e dirà: Fammi entrare, ti prego, in una delle classi di sacerdoti affinché io abbia qualcosa da mangiare!>>. .

•••

1

V. BH. 1 I LXX aggiungono un «servivate come schiavi». 3 L'oscuro ma'on, «dimora» (come in 2 Chron. 36, 1 5 ecc.) sembra essere un residuo di lim'oni: l'incomprensibile, nella forma consonantica molto simile le'ammi alla fine del versetto, sembra essere una glossa per correggere ma' on, che poi entrò per errore nel testo. I LXX associano ma'on con 'ajin, «occhio», ottenendo un altro significato, seguito da diversi esegeti recenti. La difficoltà principale è che ma'on ricorre ancora una volta al v. 3 2; v. ad loc. 4 Le tre parole (che mancano nei LXX) wehibbatta �ar ma'on «e tu scorgerai (?)» il nemico della (mia) dimora dovrebbero forse riferirsi alla distruzione di Shiloh testi­ moniata in ler. 7, 1 2, sebbene Eli non debba averla ormai più vissuta di persona. Più probabilmente le parole rappresentano un doppione dell'inizio del v. 29: tib'atu. ..

#wwiti ma'on.

1 Sam.

2,IIb-36

35

In questo brano le cose stanno proprio come indicato nel titolo: ci sono due azioni che si svolgono parallelamente. Una prosegue la linea della narrazione precedente e descrive la cre­ scita fisica di Samuele e i suoi progressi nel servizio che gli � stato destinato. L'altra racconta il peccato della casa di Eli e. termina con la prospettiva della sua punizione. Ora queste due realtà non sono accostate come corpi estranei, ma l'autore le ha intrecciate volutamente tra di loro. Mentre una curva scen­ de, l'altra sale: come è narrato della casa di Saul e di Davide in 2 Sam. J,I e di Giovanni il Battista e Gesù in /o. J,Jo. Di fat­ to questo parallelismo e questo movimento in senso opposto non sono opera dell'autore, ma sembrano antichi. Certamente la storia della giovinezza di Samuele non è mai stata semplice­ mente un racconto che narrava la crescita di Samuele in ma­ niera, per così dire, non finalizzata. Invece colui che era stato impetrato da Jahvé e poi, a sua volta, da Jahvé reclamato viene previsto e preparato dal volere supremo per la posizione di gui­ da del popolo. Questo destino è stato fin qui solo accennato, ma ora diventerà chiaramente riconoscibile.

1 Ib-17. Fin da piccolo, si sottolinea, Samuele serve al santua­ rio: questo suo «servizio» sacro viene tradotto dai LXX con lei­ tourgon. Egli viene istruito praticamente da Eli, l' aronide cu­ stode della tradizione; fa l'apprendistato nel servizio sacro «da­ vanti al suo volto». Già qui si vede come i figli di Eli abbiano la funzione di riscontri negativi rispetto alla figura di Samuele. Gli Elidi sono «buoni a nulla» e non «conoscono» (come spes­ so «non si preoccupano di») il Signore. Il che significa che pensano al proprio interesse e non a ottemperare alla volontà del Signore. L'esecuzione di questa volontà riguarda la tutela di ciò che è giusto: è questo il senso del v. 1 3 comunque si tra­ duca mispar, «diritto» oppure «condotta». La realtà che viene descritta qui è in contraddizione con quanto comandato da Dio e con quanto era lecito fare. La consuetudine e la legge re­ golavano scrupolosamente quali porzioni della carne dei sacri=

I

Sam. 2,1 rb-36

:fici andassero ai sacerdoti (Lev. 7,3 I ss.; Deut. I 8,3), anche se in singoli santuari la prassi poteva essere diversa. I figli di Eli sostituivano il diritto con l'arbitrio e ciò significava porre la volontà dell'uomo al posto di quella di Dio. Che essi agissero così «mentre la carne stava ancora cuocendo» sta a indicare l'avidità che li caratterizza. Il secondo esempio (vv. I 5 - I 7) va nella medesima direzione: pretendendo di avere carne cruda invece che già cotta, come da norma, essi si pongono al primo posto, prima ancora del Signore. I laici, che vogliono che pri­ ma sia offerto a Jahvé il grasso che gli spetta, sono custodi del diritto sacro migliori dei sacerdoti, che pure sono deputati a tale tutela. Tutto ciò sta a dimostrare che qui accade qualcosa di più grave di semplici deviazioni occasionali. Qui il diritto sacro viene distorto e l'ufficio sacro disonorato. Che il tutto avvenga con minacce e violenze non è che il coronamento di una situazione abnorme. La conclusione della pericope non dice tuttavia una parola di troppo: qui il peccato viene com­ messo proprio sotto gli occhi del Dio santo. 1 1 8-.1 1.

È certamente intenzionale il contrasto tra questo qua­

dro scuro e la chiara e pura immagine del giovanetto Samuele in servizio al santuario. Forse la formulazione del testo serve a sottolineare come egli (v. le note al testo) sia il servitore per­ sonale del Signore; del resto anche secondo 3,3 il fanciullo dor­ me in prossimità dell'arca. Samuele indossa già gli abiti sacer­ dotali, come indica l'espressione tecnica «efod di lino»: chi ve­ ste tale indumento è automaticamente identificato quale sacer­ dote. È noto che nell'Antico Testamento l'efod indica talora un oggetto solido, che può essere fatto anche con metallo nobile (cfr. Iud. 8,27 e I 7,I ss.), talora l'abito sacerdotale. Il fatto che in entrambe le accezioni di efod ci sia un rapporto con la divi­ nazione rende comprensibile perché venga usato il medesimo vocabolo. 2 In ogni caso «con ciò Samuele viene indicato allo 1 2

L'espressione «Ì garzoni» non va affatto considerata «un'attenuante» (Caspari). «Forse si immaginava che fosse l'abito della divinità rivestendo il quale il sacerdote

1 Sam. 2, IIb-J 6

37

stesso tempo quale sacerdote» (Budde, ad loc. ). La piccola so­ pravveste che la madre prepara ogni anno per il figlio, portan­ dogliela in occasione del pellegrinaggio annuale, dimostra la cura - la veste dell'anno prima andava stretta al fanciullo che cresceva! - e l'orgoglio materno. Un abito del genere è indice di una condizione signorile (cfr. il mantello di /s. 3 ,6). Questa visita non si esaurisce nella gioia reciproca del rinnovato in­ contro, ma la coppia ne riparte con sempre nuove benedizioni di Jahvé. La «richiesta» del Signore - ritorna la radice sa'al alla quale si è risposto con l'offerta del figlio, frutta generosi interessi: probabilmente il testo vuoi dire che la benedizione aveva sempre un effetto felice, così che la coppia riceve cinque altri figli. Questo tratto simpatico viene narrato certamente per mostrare ancora una volta quanto sia importante anche agli oc­ chi del Signore il servizio di Samuele al santuario: Dio risponde con tale benedetta generosità. -

·

22-2 5. Gli anni passano. Il fanciullo cresce, ma anche la colpa dei figli di Eli aumenta: Evidentemente è questo il senso di que­ st'altra notizia che indica un ulteriore modo in cui gli Elidi of­ fendono la sacralità del santuario. La frase (che manca nel cod. Vaticano) che potrebbe essere stata ripresa in un secondo tem­ po da altre tradizioni, è stata formulata tenendo presente Ex. 3 8,8; in realtà in Shiloh l'arca era sistemata da lungo tempo in una dimora fissa. Le donne menzionate qui (e in Ex. 3 8,8) ave­ vano il compito, particolarmente importante 1 per quanto avve­ niva nel santuario, di tenere pulito l'ingresso. Proprio perché per questa loro funzione le donne fanno parte del personale sa­ cro il peccato dei sacerdoti viene fatto apparire ancora più gra­ ve. I richiami del padre, la cui età avanzata viene ricordata al­ l'inizio della pericope evidentemente come attenuante, non so­ no comunque così deboli come talvolta si sostiene. Eli parte, giustamente, dalle chiacchiere della gente, sapendo bene che sarebbe stato dotato di magici poteri» (0. Procksch, Theologie des Alten Testaments, 1950, 1 09, con ulteriore bibliografia). 1 Hertzberg: ZAW 47 (1 929) 169 e 175.

I Sam. 2,1 Ib-36

già queste voci sono una faccenda infausta per i sacerdoti che vivono comunque in case di vetro. Ancora più incisivo è il se­ condo argomento di Eli: nel caso di una colpa che coinvolge uomini, Dio può essere chiamato a conciliare e riconciliare; ma se la colpa riguarda direttamente Dio, questi diventa parte lesa e non può più avere il ruolo di giudice imparziale (una posizione diversa è espressa in Ioh 1 6,2 1 ). La radice cui si fa ricorso qui, pala/, significa «decidere» («essere procuratore») in senso neutro, ma qui ha una propensione verso il bene che i LXX hanno colto traducendo come se avessero letto hitpallel intercedere. N el peccato dei sacerdoti, conclude Eli, Dio stes­ so viene provocato in una maniera tale che la sua volontà be­ nefica non può più manifestarsi. Perciò il vecchio pianta un grande ed esplicito segnale di pericolo sulla strada dei figli. È fatale per gli sviluppi successivi che i figli non vi prestino la mi­ nima at_tenzione. Ma questa catastrofe futura non viene giusti­ ficata con l'assenza di un effettivo pentimento che si poteva pensare avrebbe allontanato la minaccia. Invece anche la colpa degli Elidi rientra nell' onnipotenza di Dio. Questa è la situa­ zione teologica che altrove viene espressa col concetto di in­ durimento . =

Quando si ritorna immediatamente a posare lo sguardo sul giovane Samuele si palesa il perché di una simile organizza­ zione della materia: là si va giù, qua su; là gli uomini sparlano, qua si compiacciono; là il giudizio di Dio, qua la grazia del Si­ gnore. Togliere questa frase dal suo attuale contesto vorrebbe dire rinunciare a priori a capire il senso del brano. N o n è un caso che la frase ritorni in Le. 2, 5 2 riferita a Gesù. Si ritornerà su questo aspetto alla fine del prossimo capitolo. .16.

La fine di questa sezione è costituita dal discorso di un uo­ mo di Dio. Brani siffatti s'incontrano frequentemente nei testi di redazione deuteronomistica e sono particolarmente impor­ tanti. Essi rappresentano l'interpretazione teologica degli av1. 7a.

39

1 Sam. 2,r rb-; 6

venimenti cui si riferiscono (cfr. Iud. 6,8- I o; anche 9,7-20 e ad loc. ). La storia non è mai, qui, una successione di fatti conti­ gui, .ma è evento sotto la guida e il significato di Dio. Gli uo­ mini camminano nel peccato e nella fortuna, ma il Signore è sempre presente. Spesso, inoltre, simili interventi profetici dan­ no una sezione longitudinale della storia. Essi collocano dun­ que ciò che è accaduto nei piani di Dio che attraversano i tempi.

27h-34. Il brano qui in esame presenta una certa difficoltà che non riguarda solo il testo, a tratti piuttosto corrotto, ma anco­ ra di più il significato di ciò di cui si parla. Non c'è dubbio che si tratti della sostituzione della casa di Eli; non è invece chiaro chi ne prenderà il posto. Considerato tutto il contesto viene spontaneo pensare a Samuele; tuttavia la conclusione sembra piuttosto indicare che la predizione riguardi la più tarda dina­ stia sacerdotale di Sadoq. Si parte dalla vocazione della tribù di Levi, in particolare degli Aronnidi ai tempi dell'Egitto, qua­ li addetti all'ufficio sacerdotale. L'espressione «casa di tuo pa­ dre» può riferirsi tanto alla tribù di Levi quanto agli Aronnidi. Quali compiti inerenti ali 'ufficio sacerdotale vengono indicati il servizio nel cortile del tempio, dov'era situato l'altare; il ser­ vizio all'interno del santuario, dove venivano offerti i profu­ mi, e il luogo dove veniva dato l'oracolo: dunque il culto nella sua totalità. Le entrate erano regolate di conseguenza. Tanto più grave viene quindi considerato anche qui il peccato com­ messo nello specifico settore di competenza sacerdotale. Quan­ do, nel corso del discorso, si passa dal «voi» al «tu» per rim­ proverare direttamente Eli di aver onorato più i figli di Dio, il cambiamento di persona serve a mettere in particolare rilievo la sua corresponsabilità. Perciò ora la minaccia viene pronun­ ciata formalmente, e ciò significa qui in forma profetica, usan­ do due volte il termine n e 'um (oracolo di Dio, sussurro). Quan­ do in un primo momento si ricorda la precedente promessa di 1

1 Cfr. 2 Sam. 1 5,24 ss.; v. a 2 Sam. 2,3 e 8,17. Per la questione cfr. Budde: (1934) 42- 50 e O. Procksch, Theologie, 1 24.

ZAW

52

r

Sam. 2,11b-J6

un affidamento duraturo della cura dell'ufficio sacerdotale alla casa di Eli ovvero alla tribù di Levi, il seguito deve significare allora che tale impegno dovrà venire annullato. Questo è il si­ gnificato della frase «lungi da me tutto ciò». Al contrario sol­ tanto coloro (plurale! ) che onorano Jahvé possono ora essere a loro volta onorati da lui, possono cioè ricevere l'alta dignità. A questo punto doveva seguire una proposizione più o meno di questo tenore: Perciò vi sollevo dal vostro incarico e met­ to ... al vostro posto. È sorprendente, ma una cosa del genere non viene detta. Si predice invece, per due volte, che nella casa di Eli non ci saranno più, in futuro, persone anziane, mentre i membri maschi della famiglia periranno tutti nel fiore degli an­ ni. Il «disonore» annunciato sembra pertanto consistere nella mancanza proprio di quelle persone che per natura sono gene­ ralmente oggetto di rispettosa venerazione, gli anziani. Non si parla affatto di una interdizione assoluta dall'ufficio sacerdo­ tale, anzi ! Il v. 3 3a sembra infatti escludere un provvedimento punitivo così tremendo e radicale, anche se il testo sembra im­ plicare che la dignità sacerdotale sia destinata a restare nella fa­ miglia solo per un periodo limitato. È possibile, anche se non certo, che questa notizia contenga un'allusione ad Abiatar, il solo tra gli Elidi che scamperà al bagno di sangue ordinato da Saul. La morte dei due principali colpevoli viene poi predetta quale segno che la morte nel fiqre degli anni comincia a colpi­ re ben presto e davvero.

3 5.36. Soltanto adesso segue ciò che ci si aspettava sin dal prin­ cipio e che era stato interrotto dalla digressione dei vv. 3 1 -34: la sostituzione della dinastia sacerdotale ripudiata con una nuo­ va. In un primo momento le cose che vengono qui dette sem­ brano indicare in Samuele quel «sacerdote fedele». Lui può es­ sere definito così: è un uomo secondo il cuore di Dio e quanto all'andare e venire «davanti all'unto di Jahvé» è ancora Samue­ le che ha un rapporto particolare con i primi due re. D'altra parte la terza cosa che viene detta non corrisponde del tutto al

1 Sam. 2,1 rb-3 6

rapporto tra Samuele e i due re, Saul e Davide; sembra piut­ tosto riferirsi a una famiglia sacerdotale che dura per genera­ zioni. Quando poi si parla della proletarizzazione degli Elidi che saranno costretti a implorare i nuovi titolari di concedere loro una posizione da clerus minor, può trattarsi di un' allusio­ ne alla situazione creatasi per la casa di Eli dopo il confina­ mento di Abiatar ad Anatot ( 1 Reg. 2,26 s.) e soprattutto, più tardi, dopo l'esonero dei sacerdoti periferici provocato dalla riforma deuteronomica. Nel nostro testo ci si riferisce chiara­ mente alla casa di Sadoq, l'homo novus che diventerà il capo­ stipite della famiglia sacerdotale. Tutto sommato, si ha qui un discorso preparato dall'autore deuteronomistico che parla dell'esonero degli Elidi a favore dei Sadoqidi, ma che non rappresenta semplicemente una compo­ sizione redatta in epoca successiva, bensì contiene materiale più antico. Da questo emerge soprattutto la minaccia della morte prematura degli Elidi: qui potrebbero celarsi i resti di un ma­ teriale che era associato alla tradizione della morte dei figli di Eli e alla storia dell'arca e che venne inserito per motivi com­ prensibili nel racconto della giovinezza di Samuele perché an­ che lì si parlava del peccato degli Elidi. La maggior parte del discorso è tuttavia incentrata sulla sostituzione degli Elidi. Non si può più riconoscere chiaramente se questo materiale fosse tramandato, in un primo tempo, in modo tale da significare ·che, secondo l'uomo di Dio, Samucle avrebbe preso il posto di Eli e dei figli; da lontano sembra addirittura che si tratti della de­ stituzione della tribù di Levi e ciò potrebbe significare l'as­ sunzione della dignità sacerdotale da parte di un uomo della tribù di Efraim, cioè Samuele (cfr. Budde a 2,27). Se le cose stessero in questo modo, il materiale sarebbe stato rielaborato nella prospettiva della storia successiva. Da ciò derivano due conseguenze: la questione della scomparsa dalla scena della tri­ bù sacerdotale divenne oscura (infatti anche la casa di Sadoq teneva a una discendenza legittima: da Aronne!); e il posto del­ la famiglia sacerdotale divenuta indegna venne preso non solo

da un sacerdote fedele - una definizione che, come si è detto, si adatta a pennello a Samuele -, bensì da una dinastia sacerdo­ tale fidata (purtroppo impossibile per Samuele: cfr. 8,3). La provvidenza del Signore va quindi oltre Samuele e garantisce anche per il futuro l'ufficio sacerdotale di cui è al momento ti­ tolare Eli e che sarà poi affidato, in un primo momento, a Sa­ muele. Questo è l'argomento del prossimo brano.

4· Il Signore chiama Samuele (J,I-4,Ia) 1 Ora, mentre il giovane Samuele stava al servizio del Signore sotto la tutela di Eli - e la parola del Signore era diventata, in quei giorni, una rarità, e non accadevano in nessun luogo visioni , 2 in quel tempo av­ venne (quanto segue). Eli stava dormendo al suo (solito) posto; i suoi occhi avevano cominciato a indebolirsi così che non poteva più vedere. 3 La lampada di Dio non era stata ancora spenta e Samuele dormiva (an­ cora), e per la precisione proprio 1 nel tempio del Signore, dove stava l'ar­ ca di Dio. 4 Allora il Signore chiamò Samuele e questi rispose: «Sì, sto qui ! » . 5 E corse da Eli e disse: «Eccomi qua, giacché mi hai chiamato». Ma egli rispose: «No, non ti ho chiamato. Rimettiti giù e dormi» . Ed egli se ne andò e si rimise giù a dormire. 6 Allora il Signore chiamò an­ cora una volta: «Samuele! » . E Samuele si alzò e andò da Eli e disse: «Ec­ comi qua, giacché mi hai chiamato». Ma egli rispose: «No, figlio mio, io non ti ho chiamato. Torna a stenderti e dormi )> , 7 Ma Samuele non ave­ va ancora conosciuto il Signore e la parola del Signore non gli era stata ancora rivelata. 8 Allora il Signore chiamò di nuovo Samuele, per la ter­ za volta, ed egli si alzò e andò da Eli e disse: «Eccomi qua, giacché mi hai chiamato» . Allora Eli si rese conto che era il Signore che stava chia­ mando il giovane. 9 Ed Eli disse a Samuele: «Va', mettiti giù e dormi. Ma quando egli ti chiamerà, allora rispondi: Parla, Signore, perché il tuo servo ascolta! ». Allora Samuele andò via e si stese giù, al suo posto, per dormire. Io Allora venne il Signore, si avvicinò e lo chiamò come le al­ tre volte: «Samuele, Samuele! ». E Samuele rispose: «Parla, perché il tuo servo ascolta! ». 1 I Allora il Signore disse a Samuele: «Ecco, io sto per fare una cosa in Israele, che farà rintronare entrambi gli orecchi di chi la sente. I 2 In quel giorno io lascerò che si avveri tutto quello che ho detto della sua casa, dal principio alla fine; 13 e ciò che gli ho predetto,2 -

1 Qui il T.M. presenta una cesura che dovrebbe essere segnalata da questo «e per la precisione proprio». 2 A quanto sembra, va inteso così wehiggadti con l'accento tonico non spostato in

43

(cioè) che sto per giudicare la sua casa per sempre, perché egli era a co­ noscenza del peccato dei suoi figli, che essi hanno offeso Dio, 1 e non gliel'ha impedito. 14 E perciò ho giurato alla casa di Eli: La colpa della casa di Eli non potrà essere espiata, per tutta l'eternità, né con sacrifici né con offerteh> . 1 s Poi Samuele si mise giù e dormì fino al mattino; allora aprì le porte della casa del Signore. Samuele aveva però paura di raccontare la visione a Eli. 1 6 Quindi Eli chiamò Samuele e disse: «Samuele, figlio mio ! ». Ed egli rispose: «Sì, son qua! >>. 17 Ed egli disse: «Che parola era quella che ti ha detta ? Non nascondermi nulla! Dio possa farti questo e quest'altro se mi nascondi anche una sola delle parole che egli ti ha dette». 1 8 Allora Samuele gli riferì tutte le parole e non gliene nascose nemmeno una. E (Eli) disse: «Era (davvero) il Signore. Voglia fare ciò che gli sembra bene». 1 9 Così Samuele cresceva e il Signore era con lui. Ed egli non ha fatto cadere al suolo, inavverata, neanche una delle sue parole 20 e tutto Isr�e­ le si accorse, da Dan a Beersheba, che Samuele era stato incaricato di es­ sere profeta del Signore. 2 1 E il Signore apparve ancora più spesso a Shi­ loh; infatti il Signore fece ottenere a Samuele, in Shiloh, rivelazione . . 4 I a Così per tutto Israele la parola di Samuele divenne come la parola del Signore.2 Ma Eli era tnolto vecchio e i suoi figli si conducevano da­ vanti al Signore in maniera sempre più perversa.3 .

La parte principale del capitolo è costituita dalla bella sto­ ria, narrata in maniera sobria e drammatica, che ha un duplice contenuto. In primo piano si ha una (ulteriore) predizione del­ la punizione della casa di Eli, con riferimento a quanto detto già nel cap. 2. In secondo luogo il nostro capitolo presenta una sorta di vocazione di Samuele. Lo si nota da due particolari. Intanto si parla di una teofania simile a quella che segna la sto­ ria di altri uomini di Dio (Mosè, Gedeone, alcuni profeti, an­ che Sansone). Inoltre si viene a sapere che cosa diventerà il gio­ vane Samuele: evidentemente uno che dispone della «parola>>. avanti; è u n suggerimento migliore dell'altro che interviene sul testo leggendo wehig­ gadta, «e tu dovrai annunciarglielo»; in base al contesto la notizia era stata già an­ nunciata! 1 A questo punto il testo è giunto molto corrotto. Un originario ja an davanti a 'aser '

(v. B H) è stato sostituito con ba'awon che a sua volta sta origine insieme con banaw. meqalelim sta per meqallim, lahem è il residuo di 'elohim (cfr. Budde, ad loc.). 2 V. BH. 3 Nei LXX la frase si trova dopo 3,2 1 .

44 Non lo diventerà con le proprie forze né da solo, bensì in quan­ to persona che ha ricevuto una particolare capacità. Questo ele­ mento, «particolare» rispetto a quanto esisteva prima di quel momento, viene più volte espresso nel corso del capitolo.

1-14. All'inizio la storia riprende l'annotazione di 2, 1 1 b (cfr. 2, 1 8). Samuele cresce nel servizio che svolge al santuario: per l'au­ tore è importante sottolineare questo aspetto. Ma l' ordinazio­ ne alla funzione che ricoprirà non gli viene da questo servizio, bensì dalla voca�io. I primi quattro versetti costituiscono una unica proposizione, ma nella traduzione non si può evitare di parafrasare. All'inizio si descrive la situazione generale (si usa prima il participio e poi il perfetto). Si mette in voluto risalto che la parola del Signore era diventata «rara» e che non c'era alcuna «visione». Dalla parte di Dio non si muoveva una fo­ glia, le acque si muovevano pigre solo nello spazio dell'uomo. La causa principale di tutto questo è indicata qui, indiscutibil­ mente, nella condotta della casa di Eli. Dio aveva velato il pro­ prio volto. Lo stesso Eli viene rappresentato debole e pieno di · acciacchi, come I sacco in Gen. 2 7, 1 . I suoi problemi di vista vengono menzionati probabilmente per giustificare come mai fosse Samuele, e non lui stesso, a dormire nel ·santuario. No n viene detto perché questa fosse un'incombenza del sacerdote. Forse la si può collegare col servizio alla lampada. Tuttavia si sarà trattato semplicemente di un servizio di guardia all'arca, che in origine aveva certo il senso di accogliere le indicazioni divine (incubazione); ad ogni modo, come viene fatto notare esplicitamente, queste non venivano più date ormai da lungo tempo. La scena che ora segue (vv. 4-9) si svolge verso l'alba: si dice esplicitamente che la lampada di Dio non era ancora spenta. La chiamata del Signore, che consiste nel pronunciare una o due volte il nome della persona chiamata, avviene tre vol­ te, senza che Samuele e il sacerdote Eli, creduto a torto colui che aveva chiamato il fanciullo, si accorgano di che si tratti. Sol­ 1

I

Caspari, 50 n. 3·

45

tanto la quarta volta Samuele dà la risposta che gli è stata sug­ gerita da Eli; il predicato verbale «ascolta» in ebraico è un par­ ticipio e significa «è pronto �d ascoltare» (v. 9). Una simile prontezza ad accogliere la comunicazione divina viene eviden­ temente ritenuta necessaria. Soltanto a questo punto il Signore «viene» (v. 10) e si manifesta. Tutto l'Antico Testamento in ge­ nerale è molto riservato al riguardo (cfr. Ex. 3 3 e fs. 6) e anche qui si allude più che non si dica. Pure quanto viene detto basta a far capire al giovane, e soprattutto al lettore, che ora sta per accadere ciò che le precedenti chiamate avevano semplicemen­ te preavvisato. Ciò che Samuele ascolta adesso è un vero e pro­ prio «oracolo di minaccia», come s'incontra sovente nei profe­ ti, nel quale castigo e colpa sono collegati tra di loro come ef­ fetto e causa. Il contenuto di questo oracolo è sostanzialmente parallelo alla minaccia già pronunciata precedentemente ( 2,2 7 ss.) e certamente le due scene saranno state tramandate ciascu­ na per proprio conto. Nella loro attuale successione le due mi­ nacce fanno l'effetto di una conferma di quello che sarà il fu­ turo degli Elidi: questa (seconda) notificazione della volontà di­ vina appare espressamente un ribadimento e un rafforzamento della prima. Con una chiarezza maggiore di quella della volta precedente (cap. 2) la colpa della casa di Eli viene presentata come irreparabile.

1 5-18. La rivelazione divina, che a quanto sembra (vv. 9 e 1 5 !) è ricevuta più nel sonno che nello stato di veglia, viene perfet­ tamente compresa da Samuele in tutta la sua portata, ma in un primo momento taciuta. Soltanto dietro espresso ordine del sacerdote, le cui parole tradiscono timore reverenziale (Eli non nomina Dio, ma dice: Che cosa ti ha detto lui?) e tensione, Sa­ muele ripete la rivelazione parola per parole, senza alcun ri­ guardo. La risposta di Eli rispecchia, per forma e contenuto, il tipico atteggiamento orientale, ma inoltre anche la consapevo­ lezza di chi sa di essere sottoposto alla volontà di Dio. In po­ che parole si dice molto.

Già in quanto si è narrato fino a questo punto si presuppone che siano passati anni da quando la madre portò il piccolo Samuele a Shiloh. I versetti conclusivi mostrano la ma­ turazione di Samuele che diventa uomo. La frase «il Signore era con lui» in sé può caratterizzare qualsiasi persona di successo, ma qui sta a indicare colui che è benedetto da Dio in maniera particolare, l'uomo di Dio. Di fatto Samuele è descritto come colui al quale è concessa dal Signore la disponibilità della pa­ rola. Le «sue» parole sono quelle che il Signore fa giungere a Samuele e che «egli», il Signore, conferma facendole avverare. È questo anche il criterio di verifica della parola profetica nella legge deuteronomica (Deut. 1 8,22). Qui si sottintende quindi già un'attività profetica di Samuele che va ben oltre quella pri­ ma occasione nella quale gli fu comunicata una parola di Dio. A questa attività fa riscontro la fama di Samuele che si spande dal santuario settentrionale a quello meridionale della Palesti­ na classica. Shiloh diventa ora un importante centro della rive­ lazione divina. Ma questa importanza non è legata all'arca, ben­ sì alla persona di colui che è stato privilegiato col dono di que­ sta parola. In quanto luogo di culto Shiloh perde progressiva­ mente credito, come si afferma nel testo dei LXX, a motivo del comportamento dei figli di Eli, nella misura in cui cresce il prestigio di Samuele. 4,1 a mostra insieme questo declino e que­ sta ascesa e introduce, allo stesso tempo, ai prossimi capitoli. Nei primi tre capitoli Samuele appare come la persona lega­ ta fin dalla prima giovinezza col santuario, cresciuto e perfe­ zionato nel servizio sacerdotale, destinato a diventare in verità il sacerdote di cui Israele ha bisogno. Ma ciò giunge a matu­ razione soltanto con la rivelazione della parola che gli viene donata personalmente. In questo modo egli unisce la funzione sacerdotale col mandato profetico. Così diventa guida spiritua­ le del suo popolo e ciò significa che viene a ricoprire una posi­ zione pubblica, anzi politica. Questo aspetto verrà ripreso in seguito. Ma già adesso una cosa è chiara: dai tempi di Mosè non c'è stato più un uomo pari a lui! Così deve essere visto 1 9-2 1; 4,1 a.

1 Sam. I-J

47

Samuele. Giosuè fu il successore di Mosè, «servo di Dio»: ma non fu mai né profeta né sacerdote. Qui c'è qualcuno che è più di Giosuè. E qui c'è anche qualcuno che è più dei profeti di un tempo successivo che stanno sì in mezzo al popolo, co­ me bocca di Dio, ma per il resto sono piuttosto marginali. Sa­ muele unisce in sé i tre uffici del Cristo a venire: sacerdote, profeta e re. Nessuna meraviglia, quindi, che l'ombra di que­ sto personaggio cada sui «libri di Samuele» che ne prendono il nome, e non è certamente un caso che nel passo in cui si parla della crescita di Gesù (Le. 2,42) lo si faccia con le parole con cui si narra la crescita di Samuele e che, come si è detto più so­ pra, anche il cantico della madre di Gesù si serva delle parole del cantico della madre di Samuele. In Samuele la Bibbia vede in misura particolare, e a ragione, uno dei praecursores Christi.

Struttura e formazione. Il senso della storia della gioventù di Samuele nella sua forma attuale è chiarissimo. Si vuole mo­ strare come, in un primo momento, Samuele subentri a Eli e ai suoi discendenti. A questa tesi fa perfetto riscontro la storia degli inizi. Samuele è colui che è stato richiesto a Dio e con­ cesso da Dio, il quale a sua volta l'ha reclamato per sé, come confermano la parola profetica che accompagna la storia (cap. 2) e soprattutto la vocazione con l'oracolo di minaccia contro gli Elidi e con la posizione di preminenza assunta da Samuele alla fine del primo complesso narrativo. La fugace menzione della dinastia sacerdotale di Sadoq (2,3 5 s.) in un futuro di là di Samuele non interferisce minimamente con questo schema. E se la storia dell'infanzia dovesse veramente aver riguardato, nella sua forma primitiva, sa'ul, il primo re, il fatto che essa, nella sua forma attuale, sia riferita a Samuele non è che un'ul­ teriore e incontrovertibile conferma della posizione di primo piano che è venuta ora a occupare la figura di quest'uomo (cfr. le considerazioni alla fine della sezione precedente). La conclusione della storia del cap. 2 mostra evidente la ma­ no dell'autore finale. Costui conosceva già il destino della fa-

1 Sam. I-J

miglia di Samuele, cioè che i discendenti di Samuele non ave­ vano preso il posto degli Elidi. Sapeva invece che i sacerdoti che esercitavano le proprie funzioni davanti all' «unto>>, il re di Giuda del momento, erano Sadoqidi. Al tempo stesso era con­ sapevole, naturalmente, che Samuele era stato l'effettivo suc­ cessore di Eli, l'ultimo dei giudici e, insieme, il primo incoro­ natore di re. Così per questo autore finale Samuele è veramen­ te il grande personaggio che aveva posseduto oltre la funzione sacerdotale anche l'autorità profetica e il potere di guida poli­ tica. Per sottolineare questa realtà la storia della fanciullezza gli forniva materiale non solo gradito, ma assolutamente indi­ spensabile. Probabilmente va attribuito a questo autore finale anche l'in­ serimento del salmo di Anna. La natura di questo cantico è sta­ ta discussa nel commento, mentre la collocazione del salmo nel piano dell'opera serve a interpretare teologicamente l'inizio della vita di Samuele. La capacità di Jahvé di far nascere una realtà dal nulla si manifesta proprio in questo caso con grande limpidezza e conferma che nel caso di Samuele non si descrive l'ascesa di una persona che diventa qualcuno, bensì si narra come Dio chiami in vita quest'uomo, lo ponga al proprio ser­ vizio, sia «con lui», lo chiami, lo favorisca, lo benedica. Le storie del declino degli Elidi e dell'ascesa di Samuele non devono necessariamente essere state correlate sin dall'origine. I capp. 4-6 parlano soltanto di quello e non di questa. L'auto­ re finale ha trovato, però, già nel materiale a disposizione l'at­ tuale collegamento dei due aspetti. Questo materiale può esse­ re stato contenuto nella tradizione conservata in uno dei san­ tuari nominati in 7, 1 6 che coltivarono anche in seguito la me­ moria di Samuele, senza che sia possibile conoscere maggiori particolari. Per la comprensione teologica degli inizi di Samue­ le e dell'età monarchica da lui inaugurata la storia dell'infanzia e della giovinezza è d'importanza fondamentale ed è, in ogni caso, qualcosa di più di un grazioso preambolo che potrebbe esserci o mancare, senza far differenza!

PARTE SECONDA

LE V ICENDE DELL'ARCA

(1 Sam. 4-6)

1.

La cattura dell'arca (4,1b-z.z.)

1b E in quei giorni avvenne che i Filistei si coalizzarono per combattere

contro Israele, 1 e Israele uscì per affrontare in battaglia i Filistei e si ac­ campò a Eben-Ezer, mentre i Filistei avevano piantato il campo presso Meq. 2 Allora i Filistei si schierarono in ordine di battaglia contro Israe­ le. E la battaglia si allargò, 2 e Israele dovette battere in ritirata davanti ai Filistei ed essi abbatterono circa quattromila uomini in campo aperto tra le truppe di prima linea. 3 Ora, quando il popolo rientrò nell'accampamento, gli anziani di Israele dissero: «Perché il Signore ha permesso che oggi venissimo bat­ tuti dai Filistei? Facciamoci portare l'arca del patto del Signore da Shi­ loh, affinché venga in mezzo a noi e ci salvi dalla mano dei nostri nemi­ ci! » . 4 Allora il popolo mandò gente a Shiloh ed essi portarono da lì l'ar­ ca del patto del Signore degli eserciti che siede in trono sui cherubini e . 3 i due figli di Eli, Hofni e Pinehas, accompagnarono l'arca del patto di Dio. 5 Ora, quando l'arca del patto del Signore giunse all'accampa­ mento, tutto Israele emise un grido potente che fece tremare la terra. 6 Anche i Filistei udirono il rimbombo dell'urlo e dissero: «Ma che cla­ more è questo, (come) di un urlo potente, nel campo degli Ebrei?». Ed es­ si vennero a sapere che l'arca del Signore era arrivata al campo. 7 Allora i Filistei si spaventarono perché dicevano: «Il loro Dio è venuto da lo­ ro 4 nell'accampamento! ». 8 E dicevano: «Poveri noi! Chi ci salverà dal­ la mano di questo Dio così potente? Questo è il Dio che ha colpito l'Egit­ to nel deserto con ogni sorta di piaghe. 9 Filistei, coraggio, siate uomi..

t Nei LXX questo primo periodo si trova al posto del v. Ia che qui è stato spostato alla fine del brano precedente. 2 Il qal è usato qui come nifal. Nei LXX eklinen vuoi forse dire «si volse (alla fine)», come suggerisce Klostermann; ma è di fatto improbabile, perché prima si sarebbe do­ vuto narrare qualcosa dell'andamento della battaglia. 3 «Là» si legge nel T.M., ma manca nei LXX; si tratta certo di errore di scrittura. 4 V. BH.

so

1 Sam. 4, 1b-22

ni! Altrimenti dovrete essere servi degli Ebrei come essi sono stati servi vostri. Siate dunque uomini e combattete ! )>. I o Allora i Filistei combatte­ rono e Israele fu sconfitto, così che fuggirono ciascuno alle proprie ten­ de e la sconfitta fu molto pesante: trentamila fanti d'Israele caddero I I e l' ar�a di Dio venne catturata e i due figli di Eli, Hofni e Pinehas, furono . UCCISI.

I 2 E un beniaminita 1 lasciò di corsa lo schieramento di prima linea e giunse lo stesso giorno a Shiloh, gli abiti strappati e la polvere sul capo. I 3 Ora quando arrivò, Eli stava seduto sulla sedia vicino alla porta del santuario, girato a scrutare verso la strada.2 Infatti il suo cuore trepida­ va per l'arca di Dio. Ma l'uomo non era neanche giunto in città a dare la notizia, che tutta la città diede in alte grida. 1 4 Ora, quando udì il clamo­ re delle grida, Eli disse: «Ma che cos'è questo fragore?>). E di corsa arri­ vò l'uomo e diede a Eli la notizia. I 5 Eli aveva novantotto anni; i suoi occhi erano diventati fissi e non poteva più vedere. I6 Allora l'uomo disse a Eli: «lo sono l'uomo venuto dal fronte; sono venuto via di corsa dalla prima linea oggi (stesso)». Ed egli chiese: «Com'è andata, allora, fi­ glio mio?)). I 7 Allora il messo rispose e disse: «Israele è fuggito davanti ai Filistei e il popolo ha subito una pesante sconfitta. Anche i tuoi due figli sono morti, Hofni e Pinehas, e l'arca di Dio è stata catturata» . 18 Non appena ebbe menzionato l'arca di Dio, (Eli) cadde all'indietro giù dalla sedia, vicino alla porta,3 si ruppe il collo e morì, perché era un uomo vecchio e pesante. E aveva giudicato Israele per quarant'anni. 19 Ora sua nuora, la moglie di Pinehas, aveva quasi finito la gravidan­ za.4 Non appena apprese la notizia che l'arca di Dio era stata catturata e che il suocero e il marito erano morti, si accovacciò e partorì, perché le doglie erano venute all'improvviso. 20 E mentre stava per morire le (don­ ne) che le stavano attorno le dissero: «Non temere, hai partorito un ma­ schio» . Ma lei non rispose né vi fece caso, 2 I ma chiamò il figlio «Ika­ bod» - che dovrebbe significare «la gloria è andata via da Israele», per­ ché l'arca di Dio era stata presa e a motivo del suocero e del marito. 22 E lei ha detto: «La gloria è andata via da Israele, perché l'arca di Dio è stata catturata)). 1 Il T.M. non può che essere tradotto «gli uomini d i Beniamino». Seguendo i LXX si deve aggiungere un m o un j dopo binjamin. 2 Così i LXX, certamente a ragione. La lezione in sé più facile, «accanto alla strada per Mispa», non si adatta bene all'incidente di cui rimane vittima Eli né alla situazio­ ne: il messaggero sarebbe dovuto passargli accanto. Il T.M. «scrutando, accanto alla strada», che così non può essere corretto, presenta una combinazione delle due le­ zioni: derek avrebbe, come minimo, bisogno deli' articolo. 3 b e ad jad, letteralmente «attraverso il lato della porta)), Probabilmente be'ad è una variante per be e 'ad, così che si potrebbe scegliere tra b e jad e 'ad-jad. '

'

1 Sam. 4,1b-22

La seconda grande sezione dei libri di Samuele non ha alcun legame diretto con la prima. L'unico nesso concreto è, in real­ tà, Shiloh con l'arca e i suoi sacerdoti. Ma della colpa degli Eli­ di qui non si fa parola e anche Samuele non viene menzionato. Viceversa, nella parte prima non c'è nulla che ricordi la peri­ colosa situazione politica, come del resto anche Eli vi appare solo in qualità di sacerdote e non anche di giudice. In entram­ be le parti si racconta, tuttavia, come Eli fosse avanti negli an­ ni. Da questa situazione di fatto si è dedotto giustamente che la parte seconda abbia avuto una vita propria. Si tratta di una storia dell'arca e non si va mai fuori tema. Gli eventi politici e militari hanno occupato il narratore soltanto perché riguarda­ vano l'arca. Non si ricorda neanche la distruzione del tempio di Shiloh: si ha quasi l'impressione che senza l'arca esso non sia che un guscio vuoto, insignificante né degno di ulteriore at­ tenzione. «Soltanto da ler. 7, 1 2. 1 4; 26,6 (Ps. 78,6o), dal trasfe­ rimento di residenza dei discendenti di Eli ( I Sam. 2 1 ,2 ss.; 22, 9 ss. ), dall'assenza del nome di Shiloh da passi come Am. 5, 5 e I Reg. 1 2,29 è possibile dedurre che il santuario di Shiloh quel­ la volta non solo fu privato dell'arca, bensì venne distrutto e cessò di esistere» (Budde, 30). Da ciò si evince che la storia del­ l' arca non rappresenta una tradizione di Shiloh, bensì proprio una tradizione dell'arca, una parte dello hieros logos relativo al santuario dell'arca. • Quando all'interno di questa storia si nar­ rano le vicende della casa di Eli, si potrebbe ipotizzare che la formulazione del racconto appartenga all'epoca in cui gli Elidi erano ancora al servizio dell'arca, cioè all'epoca di Davide. Questo spiegherebbe l'atteggiamento positivo verso gli Elidi, ben diverso da quello dei capp. 2 e 3· L'autore, che ha inserito la storia dell'arca tra i capp. 3 e 7, poteva così utilizzarla, come in realtà era, quale bene accetta integrazione e continuazione. In questo modo si prepara un particolare punto focale dei libri di Samuele: per i libri di Samuele nel loro complesso l'arca di Jahvé è di notevole rilevanza. Accanto alle figure che Jahvé 1

Cfr. Rost, Die Oberlieferung von der Thronnachfolge Davids, 4-47.

1 Sam. 4, 1h-22

chiama e rende portatori della sua volontà (Samuele, Saul, Da­ vide) c'è il grande santuario che già all'epoca del deserto ac­ compagna il popolo quale monumento particolare della rive­ lazione divina. Qui, inoltre, viene alla ribalta un altro punto di vista essen­ ziale per i libri di Samuele nel loro complesso: compaiono i Filistei. Essi vengono nominati più volte già nel libro dei Giu­ dici (Shamgar, Sansone; cfr. anche Iud. 1 0,7) e nelle storie di Sansone sono considerati i veri padroni del paese. Reazioni da parte israelita, come le imprese di Sansone, si limitano ad azio­ ni isolate che non cambiano il quadro generale. Anche questo testo presuppone la medesima situazione (v. 9). Si ha l'impres­ sione come se si giungesse ora, per la prima volta, a un serio scontro armato tra i due pretendenti alla supremazia in Pale­ stina. Il campo di battaglia è situato subito a nord del territo­ rio filisteo in senso stretto, quello della Pentapoli (Gaza, Ash­ qalon, Ashdod, Efron, Gat), presso Afeq (l'odierna ras el-' en ). N o n è possibile identificare il luogo dell'accampamento israe­ lita, Eben-Ezer, ma dovrebbe comu�que essersi trovato a por­ tata d'ascolto da Afeq (v. 6). Il nome della località, «pietra del soccorso», pare, in considerazione degli eventi che si stanno preparando, quasi uno scherzo di cattivo gusto (ma v. a 7, 1 2 ! ). 1 b.

1

Gli eventi bellici si svolgono in due fasi, già la prima del­ le quali finisce in maniera disastrosa per Israele. Tuttavia, an­ che se le perdite sono pesanti, non si tratta di una totale disfat­ ta. Perciò gli «anziani d'Israele» si promettono di porvi un ri­ medio efficace e vittorioso non appena il morale delle truppe sarà rinfrancato. Perciò viene fatta venire da Shiloh l'arca sa­ cra, attorno alla quale Israele si raduna nella lega �elle dodici tribù. L'arca viene chiamata col suo nome solenne di «Jahvé, il Dio degli eserciti, che siede in trono sopra (tra? presso ?) i che2-1 1 .

I Letteralmente «la pietra, (cioè) il soccorso»; tuttavia si deve leggere con BH «la pietra del soccorso» come in 5, 1 .

1 Sam.

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rubini», una definizione che richiama alla memoria la descri­ zione dell'aspetto esteriore dell'arca. L'arca è fondamentalmen­ te, come dice il nome stesso aron, una cassa, dunque un con­ tenitore; allo stesso tempo serve da trono del sommo Signore che governa. A questa seconda funzione appartengono le figu­ re dei cherubini associate all'arca. In questo modo Jahvé viene immediatamente identificato come «Dio degli eserciti». Inol­ tre in quanto colui che dispone degli eserciti celesti egli è il Si­ gnore della guerra (los. 5 , 1 3 s.). Perciò qui, dove si combatte una guerra, egli viene chiamato col suo pieno nome. I sacerdo­ ti, i figli di Eli, si muovono con l'arca, giacché essi sanno come comportarsi col santuario, della cui pericolosità verranno date in seguito svariate prove. Così anche qui (vv. 5 ss.) sia l'urlo possente di giubilo degli Israeliti sia lo sgomento dei Filistei puntano nella medesima direzione. Nessuna meraviglia che co­ storo abbiano avuto notizia di quanto accaduto in Egitto: l'An­ tico Testamento racconta più volte come il Dio d'Israele ven­ ga preso tremendamente sul serio dagli altri popoli (/os. 2,9; 5 , 1 ; 1 Reg. 20.2 3; 2 Reg. 5 , 1 5 ecc.). La reazione dei Filistei, tuttavia, non è né di panico né di fuga, bensì di decisione a combattere con tutte le forze per non diventare a loro volta «schiavi». Così la battaglia si risolve con una schiacciante vit­ toria dei Filistei. Oltre alle gravi perdite sul campo si ha una disgregazione delle forze d 'Israele: l'esercito si scioglie e, ciò che è peggio, l'arca cade nelle mani del nemico, mentre Hofni e Pinehas trovano la morte. Il modo in cui tutto ciò viene rife­ rito è quasi asettico: ci si limita ai fatti nudi e crudi, ma ciò ba­ sta e avanza! ,



I Il testo del v. 8 non andrebbe modificato. La sostituzione di bammidbar (nel deser­ to) con baddeber (con la peste) non è felice, giacché la peste non fu l'unica piaga che colpì l'Egitto. D'altra parte l'Egitto non è stato, in senso stretto, colpito «nel deser­ to)); tuttavia non è necessario pretendere che i Filistei conoscano la storia per filo e per segno: i due termini «Egitto» e «deserto» sono coordinate sufficienti a identifica­ re l'evento globale correttamente. I LXX introducono felicemente un «e» prima di «nel deserto».

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I Sam. 4, rb-22

La scena si sposta dal campo di battaglia a Shiloh. Un beniaminita anonimo porta la sventurata notizia a Shiloh. La terribile emozione dell'accaduto gli fa compiere il lungo tra­ gitto (30 km in linea d'aria!) nello spazio della stessa giornata. Arriva quale messaggero di lutto e un grido di dolore l' acco­ glie. La scena è narrata con particolare vivezza. Al centro del­ l'interesse c'è la figura del vecchio Eli. Ormai grave di anni, cieco per la vecchiaia, siede sul suo scranno all'entrata del tem­ pio. Che egli «scruti)) la strada non va considerato una con­ traddizione con la sua cecità (e quindi indizio di un'altra fon­ te). Il verbo �afa può essere usato nel senso di scrutare, spiare, aspettare. Il cieco, che ancora ci sente bene, si è seduto in dire­ zione della strada che conduce al tempio e aspetta paziente, in­ cÒnsapevole, colui che gli viene incontro. Il tempio sembra tro­ varsi dalla parte della città opposta a quella dove arriva il ma­ ratoneta, giacché egli incontra e informa prima la gente della città. Anche il racconto a Eli si limita ai fatti. Ma colpo si ag­ giunge a colpo, proprio come le notizie che martellano Giob­ be: come in quella storia, anche qui il colpo più tremendo arri­ va per quarto e ultimo. Questa notizia, la cattura dell'arca, non la morte dei figli, è causa immediata della morte del vecchio. 1 2- 1 8a.

La breve notizia sulla quarantennale giudicatura di Eli sor­ prende, giacché fino a questo punto non se n'era mai parlato. Altrove Eli appare unicamente nella sua qualità di sacerdote. D'altra parte non ci sono valide obiezioni per contestare che Eli, il sacerdote del santuario più importante, possa aver rico­ perto anche la carica di giudice. No n è impossibile supporre che il nome di Eli fosse contenuto in origine nel catalogo dei «giudici minori», parti del quale si sono conservate fino a oggi in Iud. IO e 1 2 (cfr. Hertzberg, Die Kleinen Richter: ThLZ 79 [ 1 9 5 4] 28 5 -290). Il numero degli anni (4o) è comunque una ci­ fra tonda comune in Oriente. I LXX leggono 20 invece di 40. N el contesto la notizia della giudicatura di Eli ha la funzione di mostrare quanto sia entrata profondamente nella struttura 1 8b.

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d'Israele la perdita dell'arca. Fu una catastrofe pari a quella del 5 87 a.C. perché, con un colpo solo, sparirono il santuario cen­ trale e i personaggi più eminenti. L'episodio della nascita di Ikabod disegna la tragicità della situazione ancora da un altro lato. Come racconto non è meno commovente dell'altro. Sulla moglie incinta di Pinehas le cattive notizie hanno un effetto così spaventoso da far anti­ cipare il parto. Il verbo hafak usato per indicare l'arrivo delle doglie è lo stesso usato per indicare la distruzione di Sodoma e Gomorra e significa «sconvolgere» e «ritornare». Il grado del­ la sua afflizione è rivelato nel modo più chiaro dalla mancanza di reazione all'annuncio di aver partorito un maschio - la no­ tizia più bella che una donna possa ricevere. Ciò che la preoc­ cupa negli ultimi istanti di vita è solo la perdita dell'arca santa. Le sue ultime parole esprimono questa sua disperazione che si concretizza nel significativo gioco di parole contenuto nel no­ me imposto al figlio.2 Che la «gloria» (kabod) sia sparita da Israele insieme con l'arca viene volutamente formulato in que­ sta maniera: l'arca è il santuario dove si rivela la «gloria» di Jahvé. Perciò la doppia ripetizione delle ultime parole della donna morente è intenzionale.3 Non si può escludere, anzi sembra probabile, che nella recitazione di questa storia al san­ tuario sarebbe stata sottolineata in maniera particolare proprio questa frase che coglie il cuore della questione; si tratta forse di una frase ripetuta dalla comunità. Ps. 78, che nella sua parte finale allude a questi eventi, recita al v. 6 1 : «Consegnò la sua Potenza alla prigionia, lasciò cadere la sua Gloria in mano del 1 9-22.

1

1 Il verbo «accovacciarsi» indica la posizione del parto ancora oggi usuale in oriente; si ha il medesimo verbo in lob 39,3. 1 Il prefisso ' i h a valore d i negazione. Etimologicamente la cosa è comunque incerta. Gressmann, 1 6 leggeva il nome come «uomo o padre della gloria». 3 Supporre che la ripetizione alla fine significhi la combinazione di due fonti diverse significa non capire la situazione di merito. Si vorrebbe forse dire che le due fonti contenevano la medesima formulazione e che il redattore avrebbe ripetuto una se­ conda volta l'identica frase?

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nemico». La frase « l'arca è catturata» ricorre cinque volte nel capitolo (cfr. 5 , 1 ) e ne rappresenta il contenuto essenziale. Con questo evento si è giunti a un punto così in basso da non avere pari dopo la schiavitù di Egitto. L'autore resiste alla tentazio­ ne di dipingere con tinte ancor più fosche quanto terribile fos­ se la situazione. Ma ascoltatori e lettori trattengono senza dub­ bio il respiro e si chiedono come potrà Dio trovare una via di uscita da questa situazione critica. Ci sono ancora due aspetti da considerare. Il capitolo va let­ to nel contesto dei capitoli precedenti. Certamente, come si è detto, nel nostro capitolo non si fa parola del peccato degli Eli­ di, ma l'autore finale è certamente convinto che Israele non appare più degno della presenza personale del Signore (cfr. Ps. 78, 5 6 ss. dove questo pensiero viene sviluppato esaurientemen­ te). A ciò si collega un'altra idea: l'arrivo dell'arca nell'accam­ pamento viene salutato, tanto dai nemici quanto dagli amici, come se ciò comportasse una sorta di effetto magico. La lezio­ ne di questo testo è ben diversa: «L'arca, in quanto oggetto sovrannaturale, non garantisce la vittoria» (Caspari, 6o). Jahvé non è legato all'arca; egli plasma la storia indipendentemente dal simbolo della sua costante presenza. Israele dovrebbe sa­ pere che il Signore è presente anche se il luogo della sua rivela­ zione sparisce. Questa è una presa di coscienza di portata estre­ mamente ampia, la cui ultima conseguenza è stata tratta da Ge­ sù nel colloquio con la samaritana (/o. 4, 1 9-24) .

.1. L'arca tra i pagani (s,I -Il) 1 I Filistei avevano dunque catturato l'arca di Dio e la portarono da Eben-Ezer ad Ashdod. 2 Poi i Filistei presero l'arca di Dio e la portaro­ no nel tempio di Dagon, dove la collocarono vicino a Dagon. 3 Ora quando gli abitanti di Ashdod si alzarono la mattina presto e si recaro­ no al tempio di Dagon, ecco cosa videro: 1 Dagon era caduto sul pavi­ mento, faccia a terra, 2 davanti all'arca del Signore. Allora presero DaI

Manca nel T.M.; conservato nei LXX. Il T.M. legge «davanti al suo volto», cioè davanti al volto di Jahvé; tuttavia l'inter­ pretazione corretta è quella dei LXX, Syr, Targ che sembrano leggere 'al-panaw. 2

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gon, lo raddrizzarono 1 e lo rimisero al suo posto. 4 Ma quando il mat­ tino (seguente) si alzarono di buon'ora, ecco che Dagon era caduto (di nuovo) sul pavimento, faccia a terra,2 davanti all'arca del Signore, e la testa e le due mani di Dagon giacevano, spezzate, vicino alla soglia; di 1 lui non era rimasto che il tronco 3 di D ago n. 5 Perciò, fino al giorno d' og­ gi, i sacerdoti di Dagon e tutti coloro che vanno al tempio di Dagon ad Ashdod evitano di calpestare la soglia di Dagon. 6 Ma la mano del Signore si posò pesante sugli abitanti di Ashdod e provocò desolazioni tra di loro. Egli li colpì con piaghe anali purulen­ te,4 Ashdod e i suoi dintorni, e in mezzo al loro paese comparvero topi e nella città ci fu uno sgomento mortale di natura tremenda. f 7 Ora, quando la gente di Ashdod vide che cosa stava succedendo, al­ lora 6 dissero: «Non è possibile che l'arca del Dio d'Israele rimanga da noi, perché la sua mano è troppo pesante su noi e sul nostro dio Da­ gon». 8 Allora mandarono a chiamare e si radunarono presso di loro tutti i principi dei Filistei e dissero: «Che dobbiamo fare con l'arca del Dio d'Israele?». Allora (quelli di) Gat risposero: «A Gat7 si dovrà tra­ sferire l'arca del Dio d'Israele! » . Così trasferirono l'arca del Dio d'Israe­ le (a Gat). 8 9 Ora, quando l'ebbero traslocata, la mano del Signore si posò sulla città (e la gettò)in uno sgomento terribile ed egli colpì la gen­ te del luogo, grandi e piccoli, così che si manifestarono loro piaghe anali purulente. 10 Allora essi mandarono l'arca di Dio a Ekron. Ma non ap­ pena l'arca di Dio entrò in Ekron, gli abitanti di Ekron si misero a gri­ dare e dissero: «Avete portato l'arca del Dio d'Israele qui da me per uc­ cidere me e il mio popolo! ». 1 r Così essi mandarono a chiamare e radu­ narono tutti i principi dei Filistei ed essi dissero: «Mandate via l'arca del Dio d'Israele, affinché se ne ritorni al posto suo e non uccida né me né il mio popolo! ». Perché in tutta la città c'era stato uno sgomento mortale; lì la mano di Dio si posò con grande pesantezza 12. e coloro che non sono morti furono colpiti da piaghe anali purulente, così che le urla del­ la città salivano in alto fino al cielo. 1

Seguendo i LXX. 1 'al è usato qui come talora be. 3 Manca nel T.M., ma è conservato nelle versioni antiche. 4 Il testo è incerto tra «bubboni» (letteralmente: protuberanze; per il suggerimento di Thenius,

  • > qui, al v. 6, non può essere giudicato prescindendo da quanto si dice in seguito al v. 1 6. • Il giudice Samuele appare in tale veste perché la «tra­ dizione antica» «deve aver conosciuto un'attività di giudicatu­ ra svolta da Samuele» (possibilità concessa da N oth, ibid. ). Ciò che Samuele e Israele fanno non va considerato una preparazione a un'azione militare diretta contro i Filistei, an­ che se abbastanza spesso i santuari servono da punto di par­ tenza di atti del genere. Così la reazione dei Filistei che viene ora descritta dovrà apparire da un lato ingiustificata, dall'altro comprensibile. I «principi» dei Filistei vengono chiamati così proprio come ai capp. 5 e 6; naturalmente essi «salgono» non da soli, ma col loro esercito, a differenza di 6, 1 2. 1 6. Essi con­ siderano dunque la convocazione di Israele in assemblea come 7-1 1 .

    a Contro Noth, Oberlieferungsgeschichtliche Studien I, 5 5 spec. n. 3· Buber: VT 6 ( 1 956) 1 1 8 afferma che Samuele non va visto qui come uno dei «giudici maggiori» nel senso dell' «eroico salvatore».

    I Sam. 7,2-17

    un atto ostile nei loro riguardi. Da ciò si deve dedurre un fatto storicamente esatto: almeno nei territori che si trovavano alla portata del paese dei Filistei in senso stretto il dominio filisteo era una realtà assoluta. L'unica arma con cui Israele (disarma­ to: cfr. I J, I 9 ss.) può opporsi al nemico che avanza è l'arma della preghiera. Nella sua qualità di arante Samuele diventerà, come il testo recita esplicitamente, «salvatore»: si usa qui il me­ desimo termine riservato all'attività salvatrice dei «giudici mag­ giori», ja.Sa . 1 Quando poi Samuele offre un determinato sacri­ ficio, evidentemente eccezionale, si sottolinea con questo ge­ sto che la sua vera funzione è quella sacerdotale: esercita l'in­ tercessione - il verbo «gridare» riferito nell'occasione alla pre­ ghiera sta a significare l'insistenza dell'intercessione - e cele­ bra il sacrificio. Analogamente l'aiuto portato dal Signore è un «esaudimento» che si manifesta quale intervento dal cielo, co­ me nel caso delle mura di Gerico (los. 6), del miracolo del sole nella valle di Ajjalon (Ios. I O, I J) o degli astri al torrente Qi­ shon che combatterono contro Sisera (lud. 5 ,20 s.). L'atto de­ cisivo è compiuto quindi, anche in questo caso, dal Signore. È lui che se la vede con il nemico. La partecipazione dell'uomo è fatta di preghiera e fede. A Israele non resta che l'inseguimen­ to, correre dietro a coloro che J ahvé ha messo in fuga. Da tut­ to ciò si deve capire che l'umiliazione dei Filistei avviene su di un altro piano, diverso da quello dove si conseguono le vitto­ rie. La lotta di Samuele con i Filistei non è di natura militare, ma teologica. Perciò non ha un significato storico, bensì pro­ grammatico. Le vere vittorie d'Israele sono quelle che vengo­ no ottenute nel modo qui descritto. Non sono le vittorie di Israele, ma le vittorie di Jahvé. Questo è il modo profetico di vedere la storia, i cui esempi più chiari si hanno in Osea e Isaia. Perciò qui viene premesso all'ormai incipiente storia del'

    2

    1

    Iud. 2, 1 6. 1 8; J,9. 1 5,3 1; 6, 1 4 s.; 1 0, 1 3 s.; 1 3,5; 1 Sam. 9, 1 6; cfr. lud. 8, 1 7; 1 0,1 5; 1 Sam. 1 2, 1 0 s. (na�al). 2 Il testo associa i due sinonimi 'o/a (sacrificio completo) e kalil (anche sacrificio com­ pleto). Probabilmente anche il piccolo animale ha un suo particolare significato.

    79

    1 Sam. 7,2-17

    la monarchia questo segnale indicatore. La situazione deve es­ sere stata più_p meno questa: al santuario di Mispa questa era l'ottica particolare con cui si guardavano gli avvenimenti e li si tramandavano. Gli autori deuteronomistici hanno fatto pro­ prio questo modo di vedere le cose. In questo senso il capitolo ha una natura eminente�ente kerygmatica. 1

    IZ-14. Questo carattere del capitolo potrebbe essere stato ul­ teriormente sottolineato da un tratto particolare: l'erezione della «Pietra del Soccorso» ('eben ha'ezer). È difficilmente un caso che la medesima indicazione topografica ricorra anche nella storia della sconfitta d'Israele (4, 1; 5 , 1 ). Quella era la fal­ sa Eben-Ezer, questa qui è quella giusta. Che si tratti o si deb­ ba trattare della medesima località (così Budde e Schulz) non è verosimile, nonostante quanto appena detto, a causa delle pre­ cise indicazioni geografiche fornite nei due casi. Qui si tratta di un luogo non lontano da Mispa, ma anche a questo propo­ sito è da osservare che l'elemento teologico è più importante di quello storico. In tutto l'episodio Samuele appare come colui che prosegue quell'opera di «liberazione» dall'oppressione filistea che era stata «cominciata» da Sansone (Iud. I J , 5 ) e cui aveva parteci­ pato già anche Shamgar (Iud. 3,3 1). L'autore sa che quest'ope­ ra verrà portata avanti da Saul e completata soltanto da Davi­ de. Perciò egli, per i motivi suesposti, descrive sì la vittoria come un momento fondamentale, grande e reale, ma si affretta ad aggiungere che si è trattato, nella sostanza, di un successo limitato a un luogo e a un tempo. Si deve chiedere in che mi­ sura i dati comunicati con tale precisione corrispondano a concreti eventi storici. No n andrebbe escluso che per i Filistei il grande uomo di Dio fosse altrettanto scomodo dell'arca sa­ cra e che un tentativo di catturarlo sia fallito come era fallita l'analoga impresa precedente. Così la frase «finché Samuele restò in vita» non andrebbe letta soltanto alla luce della conce­ •

    Caspari parla addirittura della «fonte di Mispa».

    So

    1

    Sam. 7,2-17

    zione deuteronomistica, ma avrebbe anche un significato sto­ rico pregnante. Anche la notizia del ritorno delle città sotto la sovranità d'Israele potrebbe essere intesa in maniera analoga: gli Israeliti dei territori di frontiera tornarono a essere sotto­ posti alla giurisdizione del «giudice» che da quel momento in poi esercita le sue funzioni senza ostacoli. Anche la notizia dei buoni rapporti con la popolazione autoctona {v. 1 4) non dice che si tratti di una conseguenza della vittoria (Budde, Schulz e altri). Si vuole piuttosto dimostrare in questa maniera la vasta influenza della forte personalità di Samuele che godeva del ri­ spetto generale.

    1 5-17. Il capitolo si conclude con un conciso resoconto del­ l' attività di Samuele quale giudice nei tre grandi santuari della parte meridionale dei monti di Efraim, un'attività che, si pre­ cisa, veniva condotta al cospetto del Signore. Che Samuele eri­ ga un altare anche nella propria città di residenza è un segnale nella medesima direzione. Naturalmente un simile altare è esi­ stito a Rama ed è stato indicato dai posteri come l'altare di Sa­ muele. Forse si raccontava anche che esso sarebbe stato eretto dopo la distruzione di Shiloh. È sintomatico che, fatta ecce­ zione per l'inizio, non si parli più dell'arca, sebbene le moda­ lità della vittoria descritta in questo capitolo avrebbe potuto anche far apparire possibile che l'arca fosse stata fatta venire da Qirjat-Jearim a Mispa. Si è forse in presenza di contrasti tra Mispa, il santuario della tradizione del tabernacolo sacro, e l'arca? Ma questo è un vicolo cieco. Al centro del capitolo c'è Samuele, l'ultimo giudice, il qua­ le, come il primo giudice, Otniel, appare come colui che uni­ sce in sé la funzione carismatica di salvatore dei giudici «mag­ giori» con la carica istituzionale dci giudici «minori». Così il capitolo dice che si provvede a Israele che non deve preoccu­ parsi né per il presente né per il futuro. Il Signore offre la mas­ sima garanzia per quanto riguarda sia la pace interna sia la mi­ naccia esterna.

    1.

    Re anziché giudici (8,1-��)

    1 9ra, quando Samuele fu diventato vecchio, nominò i figli giudici per Israele. 2 Il figlio maggiore si chiamava Gioele, il secondo Abijja; giudi­ cavano a Beersheba. 3 Ma i figli non hanno seguito la sua via, ma anda­ vano dietro al proprio interesse: si facevano corrompere con doni e tor­ cevano il diritto. 4 Allora si riunirono tutti gli anziani d'Israele e vennero a Rama da Samuele. 5 E gli dissero: «Ecco, tu sei invecchiato, e i tuoi figli non han­ no seguito i tuoi passi. Ora nomina per noi un re che ci giudichi, come (lo hanno) tutti i popoli (pagani)». 6 Ma Samuele ritenne che fosse una cosa malvagia che essi avessero detto: «Su, dacci un re che ci giudichi ! » . E Samuele pregò i l Signore. 7 Allora il Signore disse a Samuele: «Ora ascolta la voce del popolo, qualunque cosa ti dicano. Giacché essi non hanno respinto te, ma hanno respinto me; io non sarò più re su di loro. H Ciò corrisponde in pieno a tutto ciò che essi hanno fatto da quando li ho fatti salire fuori dall'Egitto fino al giorno d'oggi: essi mi hanno ab­ bandonato e hanno servito altre divinità. Così essi fanno ora anche con te. 9 Tuttavia ora dà pure ascolto alla loro voce; ma ad ogni modo testi­ monia loro con tutta chiarezza e fa loro sapere quali diritti (spettano) al re che regnerà su di loro ! >>. 1 o E Samuele riferì al popolo tutte le parole del Signore, quando essi gli chiedevano un re, I I e disse: «Questi saranno i diritti del re che re­ gnerà su di voi. Egli prenderà i vostri figli e farà loro curare i suoi carri e i suoi cavalli e li farà correre davanti al proprio carro. I 2 Se li costituirà capi di gruppi di mille e capi di gruppi di cinquanta, affinché arino i suoi campi da arare e raccolgano il suo raccolto e fabbrichino tutto quello che serve alla guerra e tutto quello che serve per i suoi carri. I 3 E pren­ derà le vostre figlie, perché gli preparino creme e profumi, gli cucinino e gli infornino. I4 E prenderà i vostri campi migliori e le vigne più belle e gli ulivi più rigogliosi e li darà ai suoi funzionari. I 5 E prenderà la deci­ ma delle vostre semine e delle vostre vendemmie e la darà ai suoi corti­ giani 1 e ai suoi ministri. 16 E i vostri servi e le vostre serve e i vostri bo­ vini 1 migliori e i vostri asini se li prenderà e li userà per i propri lavo­ ri. 17 Prenderà la decima sulle vostre pecore e voi stessi diventerete suoi schiavi. I 8 A quel momento comincerete a gridare a motivo del vostro re che vi siete scelti da soli; ma in quell'ora il Signore non vi ascolterà». 1

    Letteralmente: eunuchi. Così i LXX. Il T.M. legge «i vostri giovani». Stoebe: VT 4 ( I 954) I 77 ss. mantiene il T.M. e pensa ad abusi del re riguardo all'uso dei migliori israeliti per prestazioni obbligatorie di lavoro. Tuttavia l'accostamento tra «giovani» e «asini» rimane molto strano, tanto più che dei figli si era già parlato ai vv. I I s. 1

    1 Sam. 8, 1-22

    19 Ma il popolo si rifiutò di prestare ascolto alla voce di Samuele e in­ vece dissero: « No ! Su noi ci dovrà essere un re ! 20 Anche noi vogliamo essere uguali a tutte le nazioni! Il nostro re dovrà amministrare la giu­ stizia e marciare in battaglia alla nostra testa e combattere le nostre guer­ re» . 1 1 Ora, come ebbe udito tutte le parole del popolo, Samuele le an­ dò a riferire al Signore. 22 Allora il Signore disse a Samuele: «Dà ascolto alla loro voce e procura loro un re! ». E Samuele disse agli uomini di Israele: «Che ognuno se ne torni (ora) alla propria città! ».

    Nell'ambito dei libri storici dell'Antico Testamento questo capitolo ha una grande rilevanza. Qui si compie il passaggio fondamentale dall'età dei giudici all'età dei re e ciò avviene in modo da esporre chiaramente il senso di tale transizione. In sé ci sarebbe stata la possibilità di una continuazione dell'epoca dei giudici. Perché il Signore non avrebbe potuto far sorgere ancora nuovi giudici ? Ma l'autore biblico sa che storicamente non fu così. Con Samuele il periodo dei giudici era giunto al termine, una nuova pagina della storia di Dio con Israele era stata girata e questo capitolo mostra che si doveva veramente girare pagina. I due protagonisti, il popolo del tempo e il Si­ gnore stesso, hanno voluto così e il giudice Samuele che, in un primo momento, non se ne rende conto e che così fa sentire la voce critica di una particolare corrente religiosa, si dovrà an­ che lui convincere, anzi verrà spinto dal popolo e dal Signore ad abbandonare l'antico ufficio e a istituire la nuova carica. In questa maniera viene osservata la continuità della storia della salvezza addirittura · per via istituzionale. Samuele, l'ultimo giudice, diventa l'elettore del re. In questo modo si riconosce appieno la posizione storica di Samuele: egli è uno di quegli uomini che stanno sul punto in cui due epoche s'intersecano. Si parte, come nel caso di Eli, dal fallimento dei figli di Samuele che sono stati insediati dal padre, quali giudici ausi­ liari, nel grande santuario meridionale di Beersheba. Questo è il terzo esempio, dopo Gedeone ed Eli, nel quale il tentativo di passare dall'istituzione della giudicatura a un nuovo tipo di regime o, più precisamente, di sostituire la ·vocazione persona1 -3.

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    Sam. 8, 1-22.

    le alla giudicatura con una successione ereditaria, va conside­ rato fallito. L'esperimento fallisce sempre per il comporta­ mento delle persone coinvolte (Abimelek, gli Elidi e ora i figli di Samuele) che cercano di affermare il proprio io anche se in maniera ogni volta diversa. In questo terzo caso la ricerca del­ l'interesse privato avviene nella sfera di più immediata compe­ tenza di un giudice: il diritto. Si tratta di quel peccato che i profeti hanno severamente censurato e che ancor oggi è, pur­ troppo, ancora molto diffuso in Oriente: cercare di pilotare con un bapsis il corso lento o sfavorevole della giustizia. 4-9a. Questa situazione offre dunque lo spunto agli «anziani», che appaiono qui come in passato (Mosè, Giosuè) i capi del popolo (v. 1 0), per chiedere che la giudicatura venga _sostituita dalla monarchia. La questione viene affrontata formalmente come si capisce dall'uso del verbo «giudicare». Tutto il capito­ lo tratta della «giustiz_ia» e del «giudicare». Il re dovrà essere un «giudice» e cioè, come mostra la contrapposizione ai figli di Samuele, un giudice più giusto e incorruttibile. Il narratore avrà valutato positivamente questo aspetto del desiderio del popolo, ma considera negativamente che la volontà di avere un re, espressa dagli anziani, avvenga invocando l'esempio degli altri «popoli» (cfr. Deut. 1 7, 1 4). In questo contesto si usa il termine gojjim, che mette in risalto l'aspetto non israelita, pa­ gano. Con la sua richiesta Israele passa dalla sua posizione par­ ticolare al livello delle altre nazioni. Ciò comporta che Jahvé, cui Samuele si rivolge con questa «faccenda malvagia», inter­ preti il desiderio del popolo nel senso che esso voglia sbaraz­ zarsi di lui, il vero re, come era già avvenuto al tempo del­ l'Egitto. Qui diventa visibile una delle linee fondamentali del­ la storia mondiale: la lotta (iniziata già in Gen. 3) dell'uomo contro Dio, una lotta che secondo lo schema di tutta la Bibbia affonda le sue radici nella posizione particolare concessa ali 'uo­ mo secondo Gen. 1 . Samuele affronta il medesimo problema davanti al quale si trovarono anche Mosè, i profeti e, infine,

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    Sam. 8, 1-22

    anche Gesù: «Non vogliamo che costui regni su di noi ! » (Le. 1 9, 14) . Tuttavia il Signore acconsente alla volontà del popolo. Per due volte Samuele riceve l'ordine di «ascoltare» la «voce del popolo». Questa indicazione potrebbe, secondo il parere del­ l' autore, essere il frutto di un'attenta valutazione dei pro e dei contro; ma la ragione principale e sostanziale è un'altra: è il fatto storico che l'istituzione della monarchia avvenne storica­ mente in quel periodo e, quindi, non sarebbe potuto accadere, quel fatto, senza il volere del Signore della storia. Ma è pos­ sibile leggere anche altre cose ancora. Anche dietro questo ca­ pitolo c'è la consapevolezza (che più tardi verrà chiaramente attestata) che il re non è soltanto l'esponente di un popolo mal­ vagio, ma il chiamato di Dio. I tempi erano maturi per il re, cioè per la nascita dello stato, anche se si vedono perfettamen­ te i cento pericoli che ora possono presentarsi neli' ottica della teologia. Dio permette il re, anzi lo vuole; ma il popolo deve sapere che qui si spalancano nuove porte alla violazione del primo comandamento (cfr. v. 8). 9b- 1 8. Perciò ora Samuele deve informare il popolo di quale sia il «diritto» di un re. Qui «diritto» non significa il «diritto monarchico» che fissa e limita i poteri e le competenze del re e deve evitare il pericolo della anomia (1 Io. 3,4) . «Diritto» si­ gnifica qui «diritti», cioè i «metodi» o «comportamenti» legit­ timi del re nei confronti d'Israele: «legittimi», appunto, in vir­ tù della sua elevazione al trono. Così la «testimonianza» (be' id) assume, soprattutto nel contesto globale, il senso di un avver­ timento. Ciò che ora viene elencato come legittima pretesa del re è conforme alla concezione, comune in Oriente, del sulta­ nato. Il re che interferisce nella sfera privata dei sudditi e «ha il diritto» di disporre dei loro campi, del loro bestiame, della lo­ ro servitù, persino dei figli e delle figlie loro, è veramente un sovrano «come lo hanno tutte le nazioni (pagane)»! Questa è 1

    J. Mendelssohn: BASOR 143 (1956) 17-11 sottolinea le somiglianze tra i diritti re-

    1 Sam. 8,1-22

    dunque la logica presentazione del re che è stato richiesto da­ gli anziani per il popolo ! Si deve dire che nel complesso, pre­ scindendo da casi singoli, la monarchia in Israele non dà l'im­ pressione di essere stata un regime così assolutistico. Si prov­ vede invece, anzi Dio stesso provvede a che qui non si trascen­ da eccessivamente, non da ultimo grazie all'opera dei profeti. Ma il regime monarchico, dove al padre segue il figlio e a que­ sto il figlio del figlio (/ud. 8,22 s.), presenta naturalmente, sot­ to questo aspetto, ben altre possibilità di pericolo rispetto alla giudicatura nella quale, come mostrano i tre esempi citati, è molto più facile eliminare simili possibilità. N o n è certo un caso che l'ambito al quale si estendono i diritti del re ricordi, nella forma e nel contenuto, il decimo comandamento nella sua forma deuteronomica (Deut. 5 , 1 8). Alla fine del discorso (v. 1 8) si sottolinea che dal dilemma nel quale Israele verrà o po­ trà venire a trovarsi a motivo del re il popolo non potrà uscire con l'aiuto di Dio. Il proprio re va dunque considerato diver­ samente da Madian e da Ammon, contro la cui oppressione il «lamento» del popolo poteva mettere in moto la compassione e l'aiuto del Signore. Adesso il re è il rappresentante di Dio anche quando non appartiene ai «padroni buoni e moderati» ( 1 Petr. 2, 1 8).

    19-22. Il popolo deve quindi sapere adesso (e per il futuro) di aver desiderato esso stesso tale signore e di essersene sponta­ neamente addossato il peso. Eppure, nonostante tutto, il popo­ lo non desiste dalla sua richiesta e nella risposta elenca i pre­ sunti vantaggi della monarchia, secondo l'immaginario collet­ tivo. Sia la giurisdizione (regolata da norme) sia la guida delle forze armate (quindi un «soldato professionista» invece di un condottiero carismatico occasionale) sia, soprattutto, la respon­ sabilità per le «nostre» guerre sono punti a favore della mo�ali elencati nel nostro testo e la prassi esistente «nella società semifeudale di Canaan» secondo i testi di Alalat e Ugarit. L'autore si serve di queste analogie per datare il con­ tenuto di 1 Sam. 8.

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    1 Sam. 8, 1-22

    narchia, ed è vero. Anche qui si nota dunque chiaramente co­ me la figura del re non venga minimamente rappresentata in caricatura né egli venga descritto come l'uomo nero della situa­ zione. Così il popolo insiste nella sua decisione e il Signore ra­ tifica esplicitamente i passi che ora vanno compiuti. La chiusa del capitolo è formulata letterariamente in modo tale da lasciare spazio libero per aggiungere ulteriore materiale sulla nascita della monarchia. Si riconosce qui la mano orga­ nizzatrice dell'autore finale. A questo proposito è dibattuta la questione se il cap. 8, nella sua forma attuale, appartenga a una «fonte», che potrebbe essere forse quella «fonte di Mispa» (v. al cap. 7) vicina alle posizioni «elohistiche», oppure se il ma­ teriale sia stato, in linea di massima, elaborato e disposto dal­ l' autore deuteronomistico. 1 Anche in questa seconda ipotesi si deve naturalmente supporre che l'autore si sia servito di ma­ teriale tradito nel quale �ra già presente una concezione estre­ mamente critica non solo del primo re, ma dell'istituzione mo­ narchica in sé, dovuta soprattutto, come si è già detto, a consi­ derazioni di natura teologica. Infatti il vero re è il Signore (v. 7) . Così il problema letterario che è stato qui posto è di diffici­ le soluzione, ma la cosa non è di per sé eccessivamente impor­ tante, considerata l'affinità delle posizioni di fondo tra l'auto� re finale e il materiale a lui precedente. Indubbiamente l'aspet­ to più importante è che questo capitolo costituisce la premessa teologica non solo per la storia che ha al centro la figura del re Saul, anche se questa è la prima a venire considerata, ma per tutto quello che seguirà. L'ascoltatore lascia il cap. 8 aspettan­ do con grande e ansiosa curiosità di sentire come continua la storia di Dio riguardo agli evidenti motivi di conflitto tra Dio, re e popolo, senza dimenticare, naturalmente, Samuele.

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    Come sostiene energicamente Noth, Oberlieferungsgeschichtliche Studien 1, 57·

    3· L'unzione di Saul (9,I-IO,I6) I Ora viveva a quei tempi un uomo di Gibea 1 di Beniamino, che si chia­ mava Kish, figlio di Abiel, figlio di Seror, figlio di Bekorat, figlio di Afiah, un. .2 beniaminita,3 un uomo di una certa importanza. 2 Costui aveva un figlio, chiamato Saul, bravissimo e bello; tra i figli d'Israele non c'era nessuno bello come lui, di una testa più alto di qualsiasi altro del popo­ lo. 3 Ora a Kish, il padre di Saul, si erano smarrite le 4 asine. Allora Kish disse al figlio Saul: «Prendi uno dei servi, va' subito fuori e cerca le asi­ ne!». 4 Allora egli si mise in cammino per i monti di Efraim e attraversò il paese di Shalisha, senza trovare nulla. Attraversarono poi il paese di Shaalim, senza risultato. Poi attraversarono 5 il paese di Beniamino, e an­ che qui non trovarono niente. 5 Erano giunti nel paese di Suf 6 e Saul disse al servo che aveva con sé: «Su, ritorniamo a casa; altrimenti mio pa­ dre smette di pensare alle asine e comincia a preoccuparsi per noi». 6 Allora (il servo) gli disse: «Ecco, in questa città abita un uomo di Dio che è molto stimato: tutto ciò che dice si avvera sicuramente. Andiamo lì (da lui) ! Forse può dirci anche qualcosa dello scopo per il quale ci sia­ mo messi in cammino ! » . 7 E Saul disse al servo: «Se ora andiamo vera­ mente (da lui), che porteremo a quell'uomo ? Nella nostra sacca il pane è finito e non abbiamo neanche le briciole 7 da portare all'uomo di Dio. Che altro abbiamo con noi ? ! » . 8 Ma il servo rispose a Saul ancora una volta e disse: «Ecco, ho con me ancora un quarto di siclo d'argento 8 che darò all'uomo di Dio affinché ci dia informazioni sul nostro scopo» . Io E Saul rispose al servo: «Il tuo consiglio è buono. Andiamo». E anda­ rono nella città dove abitava l'uomo di Dio. 1 1 Ora mentre salivano per la salita che portava in città, s'imbatterono in ragazze che ne uscivano per andare ad attingere l'acqua e chiesero loro: «Sta proprio qui il veggen­ te?». 9 Infatti in Israele, anticamente, quando si andava a consultare Dio si usava esprimersi così: «Su, andiamo dal veggente! >> . Infatti colui che oggi si chiama «profeta» anticamente si soleva chiamarlo «veggen.

    1

    Così secondo la congettura di Wellhausen; v. BH. ben-'is lmini potrebbe essere una variante derivata da ben jemini oppure da 'ii je­ mini. È meglio scambiare di posto 'is e (mini. 'is gibbor bajil anche in Iud. I9, 1 6. 3 Questa appartenenza tribale viene messa in voluto risalto perché non era di per sé evidente: cfr. Iud. 19,16. 4 Così il T.M.: «le» tutte quante le asine che aveva. Non è giustificato espungere l'articolo: cfr. Stoebe: VT 7 ( 1 957) 362 s. 5 V. BH. 6 V. sopra, a 1 , 1 . 7 Termine incerto. Dovrebbe avere ragione Caspari che v i vede u n nesso con l a radice s'r, «restare». 8 Circa 2, 5 g di argento, per un valore di circa mezzo marco d'oro. 2

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    Sam. 9, 1-10,16

    te» . 1 1 2 Esse risposero loro e dissero: «Sì, sta subito davanti a te. Ades­ so devi affrettarti. 2 Infatti è venuto (proprio) oggi in città perché oggi la popolazione celebra sull'altura (una festa con) un sacrificio. 1 3 Se entra­ te in città lo incontrerete subito, prima che egli salga all'alto luogo per mangiare. Infatti il popolo non è solito mangiare finché egli non sia arri­ vato. Perché egli deve (prima) benedire il sacrificio; dopo di che gli invi­ tati cominciano a mangiare. Adesso andate su, perché proprio ora 3 lo in­ contrerete». 14 Così essi salirono in città. Erano appena arrivati a metà della porta 4 ed ecco che esce Samuele, venendo verso di loro, per salire su all'altura. 1 s Ma un giorno prima dell'arrivo di Saul, il Signore aveva aperto a Sa­ muele l'orecchio per una rivelazione e aveva detto: 16 «Domani, verso quest'ora, ti manderò un uomo del paese di Beniamino: dovrai ungerlo principe sul mio popolo d'Israele e sarà lui a liberare il mio popolo dalla mano dei Filistei. Perché ho visto la miseria 4 del mio popolo il cui lamen­ to è giunto fino a me» . 1 7 Ora appena Samuele scorse Saul, il Signore lo avvertì: «Ecco, questo è l'uomo del quale ti ho detto: Egli governerà il mio popolo!». 1 8 Allora, a metà della porta, Saul si avvicinò a Samuele e disse: «lndicami dove sta qui la casa del veggente! >>. 19 Ma Samuele ri­ spose a Saul e disse: «Sono io il veggente! Camminami davanti 5 salendo all'alto luogo: oggi mangerete con me e domani mattina ti accompagne­ rò e ti darò tutte le informazioni circa le cose ·che hai in cuore. 20 Ma per quanto riguarda le asine che ti si sono smarrite l'altro ieri, non devi preoccuparti: le hanno già ritrovate. A chi appartiene, infatti, tutto ciò che è prezioso in Israele? Certamente a te e a tutta la casa di tuo padre!». 2 I Allora Saul rispose e disse: «lo sono di Beniamino, della 4 più piccola delle tribù d'Israele e la mia famiglia è la più piccola di tutte le famiglie della 4 tribù di Beniamino: perché, dunque, mi dici una cosa del genere?». 22 Ma Samuele prese Saul e il servo e li condusse nella sala e diede lo­ ro un posto a capotavola degli invitati, il cui numero era di circa trenta. 23 E Samuele disse al cuoco: «Porta il pezzo che ti ho dato e che ti ho det­ to di tenere da parte». 24 Allora il cuoco ortò il coscio con la parte grassa della coda,6 lo pose davanti a Saul e egli 7 disse: «Ecco, il picco-

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    La glossa deve seguire il v. 1 I dove compare per la prima volta la parola «veggente». a 2 La lezione più facile dei LXX (v. BH) è inutile. Il cambio di persona (dalla 3 pl. alla la sing.) nella risposta delle ragazze rispecchia la loro osservazione: hanno visto subi­ to chi fosse il più importante dei due (e anche il più bello!). 3 Così BH. Il T.M. legge «proprio lui» (manca nei LXX), ma non è giusto. • V. BH. 5 Forma panicolare di cortesia. 6 Così Targ. La parte posteriore col grasso vicino alla coda è considerata ancora oggi un pezzo particolarmente prelibato.

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    Sam. 9,1-10, 1 6

    lo avanzo ti sia apparecchiato! Serviti! È stato messo da parte (proprio) per te, per questo momento>> 1 Così quel giorno Saul mangiò con Sa­ muele e con gli invitati.1 25 Poi scesero dall'altura giù in città e prepara­ rono il letto 3 per Saul sul terrazzo, 26 ed egli si stese giù a dormire.4 Ma quando cominciò ad albeggiare, Samuele chiamò Saul su, sul ter­ razzo e disse: «Alzati, voglio accompagnarti! >>. Allora Saul si alzò e tutti e due, lui e Samuele, uscirono. 27 E quando furono scesi al limite del territorio della città, Samuele disse a Saul: «Di' al ragazzo di passare da­ vanti a noi>> - ed egli passò davanti a loro 5 «ma tu fermati un attimo, perché possa farti sentire una parola di Dio)). 10 1 Allora Samuele prese l'ampolla con l'olio e lo versò sulla sua te­ sta; poi lo baciò e disse: «Così il Signore ti ha unto principe sul suo po­ polo, su Israele; e tu sei colui che governerà il popolo del Signore e tu lo salverai dalla mano di tutti i nemici che lo attorniano; e questo ti servirà di segno,6 a dimostrazione che il Signore ti ha unto principe sulla sua eredità: 2 quando oggi andrai via da me, incontrerai due uomini presso la tomba di Rachele alla frontiera di Beniamino, all'ombra di una roccia/ Essi ti diranno: Le asine che sei andato a cercare si sono trovate. Ma ora tuo padre ha cancellato dalla mente la faccenda delle asine e si preoccu­ pa di voi e dice: Che farò per mio figlio? 3 Poi, quando da lì proseguirai oltre, arriverai alla Quercia di Tabor, 8 e lì ti verranno incontro tre uo­ mini che salgono a Dio, su a Bethel; uno porterà tre capretti, uno tre pa•••

    -

    7 «Egli»

    è certamente il cuoco. I LXX intendono diversamente, ma Samuele viene menzionato soltanto alla fine del versetto. 1 Letteralmente: termine fissato. 2 La frase lemor ha'am qarati, «dicendo: Ho invitato i] popolo», che nel T.M. si trova prima di «così», è senza senso. Forse le ultime due parole stavano alla fine del verset­ to nella forma we'im haqqeru 'im (cfr. Budde, ad loc.). Non si sa da dove spunti fuori il lemor. Buber: VT 6 (195 6) I J I traduce mo'ed con «convegno», conformemente alla sua interpretazione che questo convegno sia identico con quello descritto al cap. 8, e traduce le ultime parole così: « ... affinché tu sia autorizzato a dire: Ho convocato il popolo» . Prescindendo da tutto il resto, questa lettura cade già con l'interpretazione di lemor. Qui si deve necessariamente ammettere che il testo è corrotto. Così anche Stoebe: VT 7 ( 1 957) 366. 3 Secondo i LXX, certo nel giusto. 4 Anche qui seguendo i LXX. 5 Glossa. (, La frase è andata persa nel T.M. per errore di scrittura, ma si è conservata nei LXX. 7 Il T.M . ha be�el�ab, generalmente considerato un nome proprio. È preferibile legge­ re be�el �ebiab. La seconda parola, forse scritta abbreviata (�p}, fu ben presto fraintesa. Già una parte delle versioni antiche fu incerta se �el�ab fosse o no un nome proprio. 8 La Palma di Debora (lud. 4, 5), la Quercia del Pianto (o di Debora) (Gen. 3 5,8) e la Quercia di Tabor difficilmente indicano tre alberi diversi. La parola Tabor potrebbe essere addirittura un errore del testo per debora. Però il nome potrebbe anche essere stato variato secondo Iud. 4,6.

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    Sam. 9,1-10,16

    gnotte di pane e uno un otre di vino, 4 ed essi ti porgeranno il saluto di pace e ti daranno due pagnotte di pane; le potrai accettare dalla loro ma­ no. 5 Poi arriverai alla collina di Dio, -dove sta il governatore 1 dei Fili­ stei. Ora, una volta lì, quando entri in città, incontrerai una schiera di pro­ feti che scendono giù dall'altura, preceduti da arpe, timpani, flauti e ce­ tre, essi stessi in preda a entusiasmo profetico. 6 Allora lo spirito del Si­ gnore investirà (anche) te e cadrai con loro in uno stato di esaltazione profetica e sarai del tutto trasformato, (sarai) un uomo diverso. 7 Ora quando questi segni ti accadranno, allora fa' (pure) ciò che ti capita tra le mani, perché Dio è con te. 8 Poi precedimi e scendi a Gilgal; io sarò già in viaggio per scendere giù da te, per offrire olocausti completi e sa­ crificare vittime di pacificazione. Sette giorni mi dovrai aspettare, finché verrò a te e ti farò sapere allora ciò che dovrai fare (ancora)». 9 Ora, quando girò le spalle per andare via da Samuele . 2 nello stesso giorno ebbero luogo tutti quei segni ... 3 1 0 Quando poi da 4 lì era arriva­ to sulla collina, gli venne veramente incontro una schiera di profeti. Allora lo spirito di Dio lo investì ed egli fu preso dall'entusiasmo pro­ fetico in mezzo a loro, e Dio gli trasformò il cuore in un cuore diverso. 5 1 1 Ora, quando tutti quelli che lo conoscevano da ieri e dall'altro ieri, vi­ dero come era stato afferrato dall'esaltazione insieme con i profeti, dice­ vano gli uni agli altri: «Ma che è successo al figlio di Kish? Anche Saul sta tra i profeti?». 1 2 Ma uno del luogo intervenne e disse: «Perché, chi è loro padre?!». È nato così il proverbio: «C'è anche Saul tra i profeti ?». 13 Ora, quando l'entusiasmo profetico gli finì, egli andò a Gibea. 6 14 Allora lo zio di Saul chiese a lui e al servo: «Ma dove eravate finiti?». Ma egli gli rispose: «A cercare le asine; e quando ci siamo accorti che non c'era niente, siamo andati da Samuele>>. 1 5 E lo zio di Saul disse: «Raccontami un po': che vi ha detto Samuele?». 16 Ma Saul rispose allo zio: «Ci ha informati che le asine erano state ritrovate». N o n gli raccon­ tò niente della faccenda del regno, di cui Samuele aveva parlato. ..

    La storia del giovane contadino che uscì per cercare le asine smarrite e trovò una corona di re ha sempre incontrato la par­ ticolare benevolenza di ascoltatori e lettori. È narrata con vi­ vaçità, in una maniera che fa trasparire la gioia del narratore 1

    V. BH.

    .1

    Le parole che seguono appartengono alla fine del v. 1 0.

    3 Probabile lacuna; verosimilmente si narrava l'avverarsi di tutte le cose predette da

    Samuele. 4 Secondo i LXX: wajjabo missam. 5 Nel T.M. la frase è considerata la cosa più importante e viene spostata in avanti. 6 La parola che qui indica il nome proprio «Gibea (di Saul)» (così i LXX) è stata inte­ sa nel T.M. come «altura» = collina.

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    Sam. 9,r-ro,r6

    sia per l'argomento sia per i personaggi del racconto. Tutti co­ storo, persino il servo e le ragazze che vanno alla fonte, si pre­ sentano in maniera plastica; ma particolarmente caldo e affet­ tuoso è il modo in cui si parla di Samuele e di Saul. Qui si ri­ specchia qualcosa che è certamente vero storicamente: anche se secondo la tradizione si è dimostrato apertamente critico della monarchia e del primo re, Samuele si è comportato verso Saul con manifesto amore. La narrazione scorre piacevole, il che non impedisce che ogni tanto - il discorso delle ragazze, il banchetto - ci si sof­ fermi, per così dire, a dipingere una scena graziosa, contraria­ mente a quella che è la caratteristica della narrazione biblica che generalmente si affretta a grandi passi ad arrivare al dun­ que. L'unità della narrazione, evidente anche stilisticamente, non deve, tuttavia, impedire di notare che alcune cose lasciano perplessi. La ricerca delle asine porta i due camminatori molto lontano dalla loro città, dando così l'impressione che la dimo­ ra dell'uomo di Dio sia all'incirca il punto più lontano del viaggio. D'altra parte, in base ai dati del cap. 10, la dimora di Samuele sembra molto vicina alla patria di Saul, giacché dalla «collina di Dio» si riconosce subito Saul e, a quanto sembra, tutti gli eventi successivi all'unzione si sono svolti nella me­ desima giornata. Un altro aspetto è ancora più singolare. Al­ l'inizio l'uomo di Dio non viene mai chiamato per nome. Saul non lo conosce proprio come il veggente non conosce Saul. Soltanto l'insistente consiglio del servo dà a Saul il coraggio di andare a scomodare l'uomo di Dio. Anche che questi venga descritto, in un primo momento, come un veggente di profes­ sione non si adatta minimamente all'immagine di Samuele che i testi hanno fin qui rispecchiato: l'assistente di Eli che è di­ ventato suo successore e che poi è l'uomo più eminente d'Israe­ le. Alla fine del racconto, invece, Samuele è la persona nota a tutti, la cui parola ha un gran peso ( 1 o, I 4 s.). Una terza discre­ panza può essere notata in un piccolo particolare: secondo il racconto delle ragazze il «veggente» è giunto in città poco pri-

    I Sam. 9, 1-Io,I6

    ma di Saul proprio per partecipare al sacrificio conviviale; nel resto del capitolo, invece, si ha l'impressione che la città sia la sua dimora abituale. Queste sfasature si possono spiegare sol­ tanto supponendo che la narrazione attuale abbia avuto due fasi precedenti, ubicate in luoghi diversi, che, si deve concede­ re, non è possibile distinguere nettamente tra di loro (e che non sono individuabili neanche letterariamente). Una avrà nar­ rato del «veggente» (sconosciuto) al quale Saul, allontanatosi molto da casa, si rivolge per ess�re aiutato nella ricerca delle asine smarrite e che invece, come accade talora nelle fiabe, gli predice la futura dignità regale. L'altro racconto potrebbe aver narrato una visita di Saul a Samuele, che abitava non lontano da Gibea, l'invito inaspettato, i segni con i luoghi precisi dove sarebbero accaduti, e soprattutto l'unzione. In origine entram­ bi i racconti avevano una ben precisa dimora. Il primo era for­ se legato al «paese di Suf»: le diverse località che vengono in­ dicate quale dimora di Samuele, Ramatajim-Sufim e Rama (v. a 1, I ) sembrano apparire anche qui. Il secondo racconto sareb­ be stato invece di casa a Rama ( er-ram ). Inoltre il primo rac­ conto è più presente nella prima parte della narrazione, il se­ condo piuttosto verso la fine. Si ha l'impressione che il secon­ do sia stato semplicemente integrato e completato col primo. La combinazione delle due «storie antecedenti» e la loro ela­ borazione nel testo attuale sono state poi effettuate nella ma­ niera felice e piacevole che ora è sotto gli occhi di tutti. Forse questo processo è avvenuto a Bethel, nel santuario che qui è nominato più volte insieme con Rama e che è anche in espliciti rapporti particolari con Samuele (7, I 6). Va ancora notato che il complesso narrativo presenta nessi e con ciò che precede e con ciò che segue. Il che significa che la storia dell'unzione non è un episodio a sé, non è, per così dire, un inciso, ma ha la sua precisa collocazione nello svolgimento narrativo complessivo.

    1 -.1. Le cose erano arrivate a tal punto che Samuele, convinto dal Signore stesso che si doveva giungere a esaudire la richiesta

    r

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    Sam. 9,r-ro,r6

    degli Israeliti e alla nomina di un re, si trova, alla fine dell'ulti­ mo capitolo, in una sorta di ubbidiente attesa. A questo punto l'autore fa un nuovo inizio, presentando per prima cosa colui che è il re in pectore. Il suo albero genealogico parte da lonta­ no, come quello di Samuele, a significare una discendenza va­ lida e onorata. La città di Gibea ( collina}, nominata subito in apertura (se si accetta l'attraente congettura di Wellhausen) e più tardi chiamata «Gibea di Saul» (oggi tell el-fui), situata circa un'ora a nord di Gerusalemme in posizione dominante, all'incrocio di due strade, è la stessa che in Iud. 1 9-2 I si è gua­ dagnata un pessimo nome («l'infamia di Gibea»: cfr. Os. I o,9), ma cui poi fu concessa nuovamente grazia. Del resto anche in quel malfamato episodio i beniaminiti e anche gli abitanti di Gibea sono descritti quali guerrieri aggressivi e valorosi. Saul, il figlio apparentemente ancora giovane di Kish, viene descrit­ to con malcelata gioia come un uomo che non passa inosser­ vato, prestante e bello. Non è l'unica volta che si parla così di Saul. In questo modo, come accadrà più tardi con Davide ( I 6, I 2. I 8}, lo si presenta come colui che è prescelto a priori e che è predestinato a cose particolari. =

    Il viaggio senza meta di Saul, cui il padre dà per compa­ gno di viaggio un servo, è reso abbastanza credibile dalla per­ dita «delle)) asine. Il testo, nel quale le forme verbali, sia qui 3-8.

    1

    1 Ci sono recenti tentativi tesi ad appurare «la natura simbolica della perdita delle asine» (Stoebe: VT 7 [1957] 362). Si è particolarmente cimentato in tale impresa Bic, Saul sucht die Eselinnen: VT 7 ( 1957) 92-97. Bic vede nella ricerca delle asine le tracce di un culto scomparso nel cui rituale rientrerebbe la peregrinazione tra le quattro «re­ gioni» (9,4 s.). I nessi che vengono stabiliti sono fantasiosi, ma non plausibili: Suf è as­ sociato al favo di miele, simbolo di un luogo paradisiaco (!); Shalisha al numero 3, un riferimento alla risurrezione il terzo giorno (Os. 6,2); Shaalim alla testa di sciacallo del dio Anubi. E se veramente ci fosse sullo sfondo un rito nel quale «un giovane, se­ duto su un'asina» entrerebbe «con una processione trionfale nel santuario» (94), allo­ ra nel racconto Saul sarebbe dovuto, come minimo, entrare a'Gibea (di Dio), caval­ cando l'asina! Stoebe (op. cit. ) presenta una versione molto mitigata deJI'interpreta­ zione simbolica. Egli rinuncia a voler leggere significati e collegamenti precisi che for­ se si nascondono sullo sfondo, dietro i nomi di Shalisha e Shaalim, ma è ugualmente convinto che gli avvenimenti di 10,2-8 (v. sotto) servano a confermare Saul «quale gib-

    94

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    Sam. 9,1-10,16

    che nel resto, cambiano talora dal singolare al plurale, sottoli­ nea con questo espediente che «egli» è il vero protagonista. I nomi delle località non possono purtroppo essere individuati, ma il raggio degli spostamenti è fissato dai nomi di Beniamino ed Efraim. Il paese di Suf, che forse è in qualche modo colle­ gato con il nome che ricorre due volte in 1 , 1 , è certamente, come ricordato, il punto dove Saul pensa che sia ora di ritor­ nare e sia saggio, per un motivo più che valido, interrompere le ricerche. Che proprio a questo punto il risultato negativo si trasformi, inaspettatamente, in uno positivo, apparirà a qual­ siasi ascoltatore una prova evidente dell'andamento misterioso della storia. Infatti al servo viene un'idea ed egli suggerisce di rivolgersi a un famoso uomo di Dio che abita non lontano da lì e che, come il servo sa, conosce ogni cosa. La consegna di un dono, di cui Saul fa notare la necessità, va vista come la ricom­ pensa d'uso. Ma proprio questo particolare mette l'uomo di Dio in una luce diversa da quella che illumina Samuele negli altri capitoli e anche alla fine di questo racconto. In questo versetto si trova l'importante nota sull' equivalen­ za tra «veggente» e «profeta». Si deve trattare di un versetto più recente del contesto nel quale è inserito il cui scopo è di sottolineare, per prima cosa, l'identicità dell' «Uomo di Dio», ovvero del veggente, col «profeta», il che significa qui l'identi­ cità dell'anonimo indovino con la figura di Samuele che è sta­ to chiamato in precedenza profeta. Questa glossa conferma dunque quanto si è detto sopra circa l'esistenza di due narra­ zioni precedenti e dovrebbe essere opera della persona che ha combinato le due storie antecedenti dando vita all'attuale rac­ conto dell'unzione. Ma la «nota» non è importante solo per 9·

    bor pajil, quale guerriero e salvatore» (370). Egli giustifica l'interpretazione simbolica dei doni dati a Saul con il legame storico (in sé fondato: v. sotto a 1 6, 1 ss.) che il mo­ tivo ha con l'unzione e la vocazione di Davide; tuttavia il tratto per lui più impor­ tante ( 1 6,20) va interpretato diversamente (v. ad loc.). In ogni caso non è Saul il gib­ bor pajil, bensì suo padre (9, 1 ) la cui posizione sociale (e militare) viene indicata (co­ me avviene, del resto, anche per Boaz: Ruth 2,1 ) con questa apposizione composta.

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    Sam. 9,1-10,16

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    questo, ma perché apre allo studioso moderno uno spiraglio sulla prima storia del profetismo. L'antichità conosceva due tipi di simili uomini di Dio. Veggenti erano coloro che, come dice il nome, «vedono» qualcosa che gli altri non sono in gra­ do di scorgere, come ad esempio le asine smarrite, ma anche eventi futuri; tale dote particolare era per loro fonte di guada­ gno, come avveniva ancora ai padroni della serva indovina di Act. I 6, I 6. Profeti (in ebraico nabi') sono invece persone «Se­ questrate» da Dio, totalmente prese da lui, come si apprende anche dalla storia in esame. N eli' antichità questi due tipi erano totalmente distinti tra di loro. Ma gradualmente i testi «trasfe­ riscono i momenti caratteristici di un tipo all'altro e questo processo si accentua con il passare del tempo».1 Il profetismo classico ha ripreso elementi determinanti di entrambe le cate­ gorie, così che questa glossa non è importante e corretta sol­ tanto dal punto di vista storico, ma anche da quello teologico. 10-16. La domanda rivolta alle ragazze che dalla città, posta più in alto, scendono ad attingere acqua alla fonte (una scena che si ripete ancor oggi in Oriente), riceve una risposta «vivace e con tutti i particolari, tipicamente femminile - nell' Anticq Te­ stamento i discorsi delle donne vengono quasi ovunque visi­ bilmente distinti» (Budde a 9, 1 2 s.), così che i viandanti hanno un quadro completo della situazione e possono cercare di rag­ giungere il veggente prima che si rechi sull' «altura» (bamJ,), situata ancor più in alto della città. «A metà della porta» essi incontrano effettivamente Samuele, che per la prima volta vie­ ne chiamato per nome. Adesso si viene a sapere quello che, na­ turalmente, era avvenuto in precedenza. Samuele ha ricevuto una «rivelazione» - per l'esattezza, come si precisa esplicita­ mente, una rivelazione «all'orecchio», una «audizione» - il cui contenuto gli annunciava l'arrivo di «un uomo» che veniva dal paese di Beniamino e che sarebbe dovuto diventare il primo re. Tuttavia qui non si usa il termine «re» (melek ), bensì due •

    Hertzberg, Prophet und Gott, 1923, 1 3, anche per la problematica più ampia.

    1

    Sam. 9,1-I0,1 6

    volte nagid, principe, alla lettera l' «annunciato». Così si chia­ ma il re «in quanto designato di Jahvé» (Alt, Die Staatenbil­ dung der Israeliten in Paliistina, I9JO, 29 Kl. Schr. n, 23), mentre è soltanto «mediante l'acclamazione del popolo» (ibid.) che alla designazione teologica si aggiunge il titolo politico ( I 1 , I 5 ) ed egli si chiarpa, quindi, «re». Anche nel cap. 8, dove si manifesta la volontà del popolo, si era parlato di «re». Collo­ cando nella posizione attuale il racconto di 9, 1 ss., che è di na­ tura diversa e viene da un differente contesto, l'autore vuole chiarire che il primo passo è la designazione a opera del Signo­ re. Senza la sua volontà e chiamata con ci può essere la nuova carica. I capp. 9 e 1 o, che raccontano la «rivelazione» e poi l'unzione (come poi in 1 0, 1 7 ss. il ricorso alla sorte), ristabili­ scono quel giusto ordine di precedenza che era stato stravolto dal desiderio del popolo di avere un «re». •

    =

    La seconda comunicazione divina a Samuele, la quale av­ viene al momento dell'incontro, illustra in che misura qui tut­ to dipenda dalle indicazioni di Dio. Si può inoltre notare co­ me questo particolare della narrazione presupponga nuova­ mente che i due non si conoscano ancora. La missione del na­ gid consiste, come nei casi di Shamgar e Sansone (Iud. 3,3 I ; 1 3, 5 ), nel «salvare» Israele dalla mano dei Filistei, ma poi an­ che nel «governare» il popolo (il verbo ebraico 'a�ar, usato so­ lo qui e in I O, I , ha il senso di «tenere a freno», «tenere nei li­ miti»). Si tratta, dunque, degli atti potenti di Dio che possono essere compiuti da qualcuno «con il quale jahvé è». 1 7.

    1 8-2 1 . Alla domanda di Saul Samuele si presenta come il veg­ gente, lo invita a partecipare al banchetto sacrificale (un ele­ mento importante nell'economia del racconto nel suo insie1 Il termine nagid viene preparato e ridefinito mediante l'uso del verbo nagad ai vv. 6.8. 1 8. 19; 10,1 5 s. Cfr. l'efficace esposizione di Buber: VT 6 ( 1 9 56) 1 26 e 1 42, il quale aggiunge: «Chi non rinuncia a considerare una cosa del genere un puro caso getta in mare la chiave della struttura intima della Bibbia ebraica»; cfr. Gutbrod, 70.

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    Sam. 9, 1-10, 16

    me) e senza esserne esplicitamente richiesto gli dà l'informa­ zione per la quale i due erano venuti a cercarlo. «Quando Sa­ muele sa in anticipo ciò che Saul vuole chiedergli, è risolto qui il quesito che il re Nabucodonosor pone invano ai suoi inter­ preti di sogni in Dan. 2, finché Daniele non dimostra la sua superiorità» (Budde, ad loc. ). Il servo ha avuto ragione: questo veggente sa il fatto suo, sa che le asine sono state ritrovate. Ma ormai questa faccenda passa in secondo piano. Per sottolinea­ re questo fatto, Samuele passa dal caso particolare al principio generale: né le asine né alcuna altra cosa in Israele potrà andare persa per Saul e per la sua famiglia, perché da ora in poi tutte le cose più preziose che sono nel popolo saranno di sua pro­ prietà. 1 L'allusione oscura viene respinta da Saul nella mede­ sima maniera di come aveva fatto Gedeone (lud. 6, 1 4 s.), fa­ cendo notare la pochezza della sua tribù e della propria fa­ miglia. Come nel caso di Gedeone, l'ascoltatore vedrà proprio così confermata la legge divina, secondo la quale viene eletto ciò che nel mondo è debole e viene concessa grazia all'umile. La meraviglia di Saul non può che crescere e crescere. Egli viene accolto - insieme col servo, prova notevole e nean­ che unica della posizione della servitù in Israele (cfr. Gen. 24; Ioh 3 1 , 1 3- 1 5 ) nella cerchia particolare dei trenta invitati che si riuniscono nella «sala». La presenza di questa struttura per proteggere dal sole e dalla pioggia mostra che non ci si trova in un santuario di second'ordine. Saul appare come l'atteso ospite d'onore per il quale è stato messo da parte il pezzo mi­ gliore; la grandezza della porzione che gli viene apparecchiata è una manifestazione particolarmente visibile dell'onore che gli viene reso (cfr. Gen. 43,34). Che l'enorme porzione venga chiamata «piccolo avanzo» 2 è una battuta dettata da un'es tre­ 12-24.

    -

    ' La vocalizzazione del T.M. legge «ogni desiderio» (cfr. Targ); ma è indubbiamente migliore la Vg: optima. z Diversamente intende Stoebe: VT 7 (1957) 366 che pensa siano state combinate due lezioni che u n a volta dovevano essere state unite tra loro da lemor (che è incompren­ sibile: v. sopra).

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    Sam. 9,1-10,1 6

    ma gentilezza, di genere non sconosciuto all'Oriente («il tuo servo»; . 4 Così i messaggeri arrivarono poi a Gibea di Saul e riferirono la situa­ zione affinché la gente la sentisse; allora tutto il popolo alzò lamenti e pianse. 5 In quel momento arrivò Saul che tornava dai campi dietro ai buoi. Ora, appena Saul domandò: «Che ha la gente, che tutti piangono ?», essi gli raccontarono la faccenda degli uomini di Jabesh. 6 Allora, appe­ na ascoltato queste cose, lo spirito di Dio scese su Saul e un'ira ardente si impossessò di lui. 7 E prese un paio di buoi, li fece a pezzi e mandò (i pezzi) per mezzo dei 1 messaggeri in tutto il territorio d'Israele con l'or­ dine di dire: «Subiranno il medesimo destino i buoi di chi non scenderà in campo dietro a Saul - e dietro a Samuele! >>. 2 Allora il terrore del Signo­ re cadde sul popolo e scesero in campo come un sol uomo. 8 Ed egli li passò in rivista a Bezeq: e i figli d'Israele avevano raggiunto il numero di trecentomila e gli uomini di Giuda quello di trentamila. 9 Ed egli disse 3 ai messaggeri che erano venuti: «Dovete riferire così agli uomini di Ja­ besh Galaad: Domani, nell'ora più calda, arriverà la vostra salvezza! ». Al­ lora, quando i messaggeri tornarono in patria e riportarono la notizia agli uomini di Jabesh, essi si rallegrarono 10 e gli uomini di Jabesh fecero annunciare (agli Ammoniti): «Domani vi usciremo incontro; allora po­ trete farci tutto quello che vorrete». 1 1 E il giorno successivo Saul divise il popolo in tre colonne di attacco e all'ora della vigilia mattutina pene­ trarono in profondità nell'accampamento e colpirono Ammon fino al1 Così il T.M., dove sono i messi di Jabesh che s'incaricano della consegna dei pezzi di carne. Tuttavia anche l'altra lezione, «mediante messi», ha testimoni antichi. z «E dietro a Samucle» viene generalmente considerata un'aggiunta posteriore. Tut­ tavia anche questa fonte, come tutta la tradizione, sa bene che gli inizi di Saul non sono disgiunti da Samuele. 3 T.M.: essi dissero.

    1

    Sam.

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    1 1,1-11

    l'ora più calda. E i superstiti si sbandarono talmente che neanche due di loro restarono insieme. 1 2 Allora il popolo disse a Samuele: «Ma chi ha detto: Cosa? ! Saul do­ vrà essere re su di noi?! 1 Consegnateci costoro, che li uccidiamo ! » . 1 3 Ma Saul rispose: «In questo giorno nessuno dovrà patire la morte, perché oggi il Signore ha compiuto in Israele un'opera di salvezza». 1 4 E Sa­ muele disse al popolo: «Su, andiamo a Gilgal e rinnoviamo lì il regno! ». 1 5 E tutto il popolo si recò a Gilgal ed essi fecero lì Saul re, al cospetto del Signore, a Gilgal. Ed essi immolarono lì, davanti al Signore, sacrifici di pacificazione, e Saul gioì lì di grandissima gioia insieme con tutti gli uomini d'Israele.

    Questa è la terza volta che si rac.contano gli inizi del regno di Saul. La ragione di questa molteplice forma della tradizione non va vista, come si è brevemente accennato nell'analisi del brano precedente, nella presenza di una serie di narrazioni con­ tinuative, ma semplicemente nel fatto che i singoli santuari pos­ sedevano solide tradizioni d eli' elezione di Saul a re. In quanto santuario di Beniamino, il primo a essere preso in considera­ zione fu il santuario di Mispa; ciò che si sapeva qui degli inizi del regno di Saul è stato raccolto, come si è visto, in 10, 1 7-27. In 9, I - I o, 1 6 si hanno tradizioni che circolavano nella patria di Samuele, ovvero in due suoi presunti luoghi di residenza, e che forse sono state custodite e tramandate a Bethel. La storia del cap. I I dovrebbe essere stata contenuta nella tradizione di Gil­ gal, presso Gerico. Naturalmente sarà anche successo che alcu­ ni particolari saranno stati tramandati nella medesima maniera o in una simile. Il racconto riparte ex novo con un attacco degli Ammoniti. Uno scontro armato con loro si ha già all'epoca del giudice j efte. Anche in quell'occasione la guerra viene provocata dagli Ammoniti. Una effettiva o presunta debolezza da parte degli lsraeliti viene sfruttata per mettere in atto l'aggressione. Natu1.

    • I LXX semplificano il testo come discorso diretto e aggiungono dovrà essere re su di noi».

    un

    lo': «Saul non

    1 08

    1 Sam. 11,1-IJ

    ralmente Nahash,r denominato «l'ammonita», è il re di Am­ mon. Jab esh Galaad è una città della Transgiordania, nominata più volte nell'Antico Testamento, il cui nome si è conservato fino a oggi nel wadi jabis.2 In Iud. 2 1 si parla della sua distru­ zione. 3 Più importante è la constatazione, basata su questa sto­ ria, che evidentemente la tribù · di Beniamino aveva rapporti particolari con questa città; una realtà che anche se non espres­ sa nero su bianco, aleggia sullo sfondo eli 1 Sam. 1 1 . La situazione di Jabesh è disperata, il che illustra quella che è la realtà storica dell'jmpotenza d'Israele quale nazione. La disfatta di Afeq ha evidentemente avuto conseguenze disa­ strose. Qui, nella proposta degli Israeliti, risuona l'importante parola «patto». Il patto è un accordo solenne ( Gen. 1 5 ) tra due parti; tuttavia non si tratta, in prima linea, di una convenzione tra uguali, bensì di un trattato imposto dalla parte più forte. La proposta di J abes h è sintomatica di questa situazione: si dà per scontato che la conclusione di un trattato e la sottomissio­ ne servile vadano a braccetto. In secondo luogo, tuttavia, è im­ portante che anche la parte più forte si assume dei doveri, così che viene a crearsi una base giuridica sacra a tutela della parte più debole. Nel caso di un «patto», quindi, non si ha una resa incondizionata! Gli Israeliti puntano su quegli obblighi della controparte, ma la risposta di Nahash è un crudele scherno: 2.3.

    1 «Serpente». «Non dovrebbe essere lecito dedurre da questo nome l'o:fiolatria» (Schulz, ad loc. ). .1 Per l'ubicazione cfr. N. Glueck, Explorations in Eastern Palestine IV, 195 1, 26 1-275. Costui sostiene trattarsi di una località nelle vicinanze del Giordano (tell abu kharaz insieme con tell el-meqbereh) non soltanto per convincenti argomenti archeologici, ma anche per la considerazione che una località che si trovasse ancor più all'interno del paese renderebbe l'azione condotta da Saul incomprensibile a motivo dell'eccessi­ va distanza. Nel racconto attuale potrebbe suscitare dubbi al massimo l'uso del verbo «salire», perché gli Ammoniti dovrebbero essere «scesi» per attaccare Jabesh. Tutta­ via si potrebbe immaginare un attacco portato da sud, risalendo la valle del Giorda­ no. Inoltre il verbo 'ala significa spesso semplicemente «attaccare» militarmente, «av­ vicinarsi per fare guerra». Noth: ZDPV 69 (195 3) 28-4 1 solleva altri dubbi. 3 Per la questione cfr. AT 9, a Iud. 21,8 ss.

    1

    Sam. II,I-IJ

    1 09

    nel patto che egli desidera concludere il senso stesso di patto è stravolto nel suo contrario, il diritto diventa arbitrio. Nelle sue parole si rispecchia la conoscenza della reale inferiorità di Israele, tanto da permettere che per sette giorni gli uomini di jabesh vadano in giro e si affannino in cerca di aiuto tra i loro connazionali. Questo è il punto più basso toccato nella storia d'Israele prima del 5 87 a.C. Come tale dovrebbe essere capito. Ma l'ascoltatore lo sa: il salvatore sta già per entrare in scena. A gran passi la storia si avvia alla meta. Il racconto non spende neanche una parola per descrivere l'affannoso viaggio dei messaggeri su e giù per i monti d'Israele, bussando invano a porte che non si aprono. Si ha invece la sensazione che i mes­ si si dirigano immediatamente a Gibea di Saul: i LXX leggono addirittura che essi vanno «a Gibea da Saul» (invece che di Saul), il che significa che essi si recano di corsa a quella che oramai è la sede competente per questioni del genere. Questa «precisazione» non deve stupire perché i LXX vedono ancora più del T.M. questi racconti come un tutt'uno: Saul è l'unto e l'eletto, pertanto ora ci si deve rivolgere a lui. In realtà è evi­ dente che in origine la storia era autonoma. L'idea originaria è che i messi arrivino a Gibea per caso (cioè guidati da una ma­ no superiore) e portino la loro triste ambasciata. Il popolo è profondamente scosso, ma anche profondamente impotente. Saul arriva (anche lui «per caso») proprio in quel momento dalla campagna: vede, sente e in questo stesso istante lo spirito di Dio gli «salta» (così letteralmente) addosso. Anche qui, co­ me nelle storie di Sansone (Iud. 1 4, 1 9), questa aggressione del­ lo spirito di Dio non viene identificata con lo scoppio violen­ to dell'ira umana, ma anzi ne viene chiaramente distinta. Si è qui in presenza di una nuova nomina di Saul a re effettuata dal Signore che ricorda, per come avviene, il modo in cui veniva­ no introdotte all'epoca dei giudici le azioni di salvezza. Come in passato, Dio ha a portata di mano, pronto, il soccorso nel pericolo più grande. Ciò che Saul fa ora sotto l'effetto dello 4-7.

    I lO

    1

    Sam.

    11, 1-15

    spirito è analogo a quanto fece in Iud. 1 9 il levita con la sua concubina - che, guarda caso, fu uccisa proprio a Gibea. 1 Si tratta della medesima storia nel corso della quale si raccontano i già citati legami di Beniamino con Jabesh. È difficile che si tratti di una pura coincidenza. L'appello di Saul a Israele, rivolto con tale drastica serie­ tà, non cade nel vuoto. Il «terrore del Signore» cade sul popo­ lo ! È suonata l'ora di Dio. Certamente le cifre sono ancora (co­ me in Iud. 20 s.) numeri di fantasia.2 . Nei LXX i numeri sono ancora più fantastici che nel T .M. Lo schieramento avviene a Bezeq (oggi birbet ibziq ) da dove si poteva marciare agevol­ mente verso Jabesh. Gli abitanti di Jabesh vengono avvertiti ed essi mandano, a loro volta, un messaggio tranquillizzante agli Ammoniti. Il doppio senso recondito della frase «domani vi usciremo incontro» è una particolare finezza che avrà scate­ nato l'applauso degli antichi ascoltatori. L'attacco di Saul vie­ ne lanciato all'alba e finisce con la completa disfatta degli Am­ moniti, che vengono dispersi, e la salvezza 3 di Jabesh. 8-1 1.

    ,

    14. Tutto ciò non è tuttavia altro che il preludio del vero inte­ resse del narratore: l'elezione di Saul a re a Gilgal. 4 Ora qui ri­ appare Samuele/ né la cosa stupisce, considerato che anche al­ trove si conoscono i suoi legami con questo santuario. Comun­ que anche qui traspare Io stadio anteriore della narrazione. 1 «Un parallelo ... dall'archivio epistolare di Mari» è riportato da G. Wallis: ZAW 64 (19 5 2) 57-6 1 . 2 Si ha la sensazione che sia stata semplicemente aggiunta la parola per mille. Con 300 uomini Gedeone sconfigge i Madianiti. - È da osservare la separazione tra «Israele» e «Giuda». 3 Nel capitolo ricorrono tre volte parole costruite col verbo «salvare» (jasa'). Saul deve apparire ed essere acclamato quale «salvatore». 4 Per l'ubicazione di Gilgal cfr. AT 9, a Ios. 3,1 ss., n. 6. È strano che Muilenburg so­ stenga nuovamente l'identificazione con birbet el-mefdsir. BASOR 1 40 ( 1 95 5) 1 1 -27. Cfr. anche Noth: ZDPV 7 1 ( 1 95 5) 47· 5 Per contro la sua menzione già al v. 7 è immotivata. V. ad loc.

    1

    III

    Sam. 1 1, I-IJ

    l )apprima

    le cose saranno state raccontate così: Saul viene af­ ferrato dallo · spirito di Jahvé il cui terrore cade sul popolo e gli eventi sottolineano che qui è avvenuta una vocazione simile a quella che nei capp. 9 s. avviene con l' «unzione» (e la successi­ va esaltazione profetica di Saul). Alla «designazione di Jah­ vé)) segue poi anche qui (v. sopra) l' «acclamazione del popo­ lo)). Nei LXX il parallelismo delle azioni è messo ancor più in evidenza perché, a differenza del T.M., si narra di una unzione di Saul anche a Gilgal. D 'altra parte l'autore finale considera questo racconto una continuazione del precedente e questo spiegherebbe il verbo «rinnovare». In origine non si trattava di rinnovare, bensì di una nuova istituzione della monarchia. Anche dal seguito si capisce come la mano redazionale abbia cercato in ogni modo di non far apparire le storie parallele, ben­ sì successive. •

    J l. I J.I 5· I vv. I 2- 1 3 si collocano tra l'evento di Jabesh e quel­ lo di Gilgal, disturbando il filo della narrazione. La loro collo­

    cazione originaria dovrebbe essere stata la fine del cap. I o, a conclusione della storia di Mispa. Non senza abilità l'autore ha interposto l'episodio di Jabesh tra I 0,27 e 1 1 , 1 2 per mo­ strare efficacemente come il Signore sia con Saul e come i de­ trattori e i dubbiosi abbiano torto. La generosità di Saul appa­ re ora come un tratto particolarmente bello del vincitore. In questa maniera si porta efficacemente ancora una volta alla lu­ ce la morale che è avvenuta un'ascesa dalle profondità oscure alle altezze sublimi. È veramente un giorno della «salvezza». Alla fine tutti si ritrovano insieme al santuario di Gilgal per celebrare la vittoria e il re. Quando i LXX mettono in risalto la presenza di Samuele ai festeggiamenti, essi sottolineano un particolare al quale si è già accennato in precedenza: Samuele partecipa agli inizi di Saul non solo per motivi di ufficio, ma anche per motivi personali. •

    Al riguardo cfr. A. Alt, KL Schr., 23 (e 1 8).

    1 12

    1

    Sam.

    IZ,I-2J

    Ancora una parola sul brano nel suo insieme. Se l'autore mette insieme tutto il materiale sul quale è riuscito a por mano per descrivere l'inizio della monarchia, allora dev'essere stato profondamente persuaso che qui è accaduto un evento decisi­ vo. E ha perfettamente ragione, sia da un punto di vista stori­ co (il popolo della migrazione e dell'insediamento si costitui­ sce ora in stato) sia anche nell'ottica dell'intera storia di Dio. È stata girata una nuova pagina di questa storia. 6.

    Discorso di commiato di Samuele (12,1-2 5)

    1 Allora Samuele disse a tutto Israele: «Ecco, ho dato ascolto alla vostra voce in tutto ciò che mi avete detto e ho stabilito su di voi un re. 2 E ora, avete qui il re che può marciare alla vostra testa. Ma quanto a me: so­ no diventato vecchio e canuto - i miei figli sono lì, tra voi - e ho marcia­ to alla vostra testa dalla mia gioventù fino al giorno di oggi. 3 Eccomi qua: testimoniate contro di me davanti al Signore e davanti al suo unto: a chi ho tolto un vitello, a chi ho sottratto un asino ? chi ho prevaricato? a chi non ho reso giustizia? da chi ho accettato denaro, per chiudere gli occhi? (oppure un paio di scarpe? Testimoniate contro di me!) 1 Sono pronto a risarcirvi !». 4 Ma essi risposero: «Non ci hai fatto né prepo­ tenza né ingiustizia e non hai mai accettato qualcosa da qualcuno». 5 Ed egli disse loro: «II Signore è testimone a vostro carico e anche il suo unto lo è oggi, che non avete trovato nulla nella mia mano». Ed essi ri­ sposero: «Lo è». 6 E Samuele disse (ancora) al popolo: « È stato il Signore colui che ha fatto Mosè e Aronne e ha condotto i vostri padri su dal paese di Egitto. 7 E ora, accostatevi qui, affinché io vada con voi alla barra, al cospetto del Signore, (e vi enumeri) 2 tutte le opere salvifiche del Signore che egli ha fatte a voi e ai vostri padri. 8 Quando Giacobbe fu giunto in Egitto e i vostri padri gridarono al Signore, allora il Signore mandò Mosè e Aron­ ne ed essi condussero i vostri padri fuori dell'Egitto e qui procurò loro luoghi dove dimorare. 3 9 Ma essi dimenticarono il Signore, loro Dio. 1 Nei LXX la parte tra parentesi sostituisce il periodo precedente. Da un punto di vi­ sta grafico, il testo ebraico alla base della traduzione greca è molto simile a quello con­ servato nel T.M. ed è ritenuto dalla maggior parte degli esegeti il testo originale. Una decisione è tuttavia impossibile. .1 Qui e al v. 9 le parole tra parentesi si trovano nei LXX. 3 Le versioni leggono: egli (= Jahvé) procurò. Ma è semplificazione posteriore.

    1 Sam. I2,I-2J

    I IJ

    Allora egli li vendette nella mano di Sisera, il generale (del re Jabin) di Hasor, e nella mano dei Filistei e nella mano del re di Moab, e questi combatterono contro di loro. Io Allora essi gridarono al Signore e dis­ sero: Abbiamo peccato perché abbiamo abbandonato il Signore e servi­ to i Baal e le Astarti; ma ora liberaci dalla mano dei nostri nemici e così ti serviremo! I I Allora il Signore mandò Jerubbaal, Baraq/ Jefte e Sa­ muele e vi salvò dalla mano dei nemici che vi circondavano, così da po­ tcrvi far abitare in sicurezza. I2 Ma quando vedeste che Nahash, re dei figli di Ammon, mosse contro di voi, allora mi diceste: No, ma un re do­ vrà governare su di noi ! Mentre invece il Signore, vostro Dio, è vostro re! I 3 E ora, ecco qua il vostro re, quello che vi siete scelto, quello che avete impetrato: e il Signore vi ha concesso quindi un re. I 4 Se temete il Signore e lo servite, se ascoltate la sua voce e non vi ribellate al coman­ damento del Signore, ma entrambi, voi e il re che ha la signoria su di voi, seguite il Signore, vostro Dio (, tutto vi andrà bene). 1 5 Se invece non ascolterete la voce del Signore e vi opporrete al comandamento del Si­ gnore, allora la mano del Signore sarà contro di voi e contro il vostro re, per distruggervi, come 1 i vostri padri. 16 Così avvicinatevi e osservate in­ sieme questa grande cosa che il Signore farà ora davanti ai vostri occhi. 17 Non è forse il tempo della mietitura del grano ? Io invocherò il Signo­ re affinché voglia tuonare e far piovere e voi riconoscerete e vedrete che cosa malvagia avete compiuta agli occhi del Signore chiedendo un re». 1 8 Quindi Samuele invocò il Signore e quel giorno il Signore fece tuo­ nare e piovere. Allora tutto il popolo fu preso da grande panico davanti al Signore e davanti a Samuele 19 e tutto il popolo disse a Samuele: «Suv­ via, prega il Signore, tuo Dio, per i tuoi servi affinché non moriamo, per­ ché a tutti i nostri peccati abbiamo aggiunto anche la cosa malvagia di chiedere per noi un re!» . 20 Allora Samuele disse al popolo: «Non ab­ biate paura! Certo avete fatto tutte queste cose malvagie, pure non ces­ sate di seguire il Signore, ma servitelo con tutto il cuore. 21 Non allonta­ natevi, non (per andare) dietro gli inesistenti (dèi), che non servono a niente e non possono salvare, perché sono niente. 22 Il Signore non rin­ negherà il suo popolo, per amore del proprio grande nome. Perché in­ fatti il Signore si è compiaciuto di rendervi suo popolo. 23 Anche per quel che riguarda me: lungi da me il peccare contro il Signore, rifiutan­ domi di pregare per voi, ma vi insegnerò la 3 buona e giusta via. 24 Ora 1 T.M.: bedan; così la Vg. Le versioni variano. Il termine (graficamente più vicino) 'abdon è improbabile; possibili sarebbero Debora o Gedeone. I LXX: Baraq.

    1 Riprendendo parzialmente la lezione die LXX si è reintegrata una parte del testo che è caduta per errore di copiatura, così da leggere bakem ubemalkekem le-ha 'abidekem ka 'abotekem. 3 V. BH.

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    1 Sam. I2,I-2J

    temete il Signore e servitelo, fedelmente e con tutto il cuore; giacché ve­ dete quali grandi cose egli ha compiute per voi ! 25 Ma se invece vi com­ portate male, sarete spazzati via insieme col vostro re» .

    Di solito questo capitolo viene considerato la diretta conti­ nuazione della fonte che sarebbe stata individuata nei capp. 7 e 8 e anche in 1 o, 1 7-2 7 e che, a differenza di 9, 1 - I o, 1 6 e del cap. I I , manifesta palesemente una tendenza ostile alla monarchia. Si è visto come non sia pacifico che le cose stiano così. Tutta­ via ci sono state tradizioni di Mispa caratterizzate da una po­ sizione critica nei confronti della nascita della monarchia do­ vuta a un atteggiamento teocentrico. Allo stesso tempo si deve osservare che questa posizione offrì un conveniente appiglio per l'autore deuteronomistico finale. In questa sua impresa, l'autore procedette in uno di questi due modi: o riprodusse ta­ li e quali i materiali tramandati (così, in parte, nel cap. I o) op­ pure utilizzò i materiali per una esposizione praticamente tut­ ta sua, così che il testo può essere talvolta attribuito tutto alla sua mano. È il caso del cap. I 2. Il cap. I 2 è una predica. Formalmente ciò è vero solo per i vv. 6- 1 5 e 20-2 5 che tuttavia costituiscono il nucleo al quale tutto il resto è subordinato. Il predicatore è Samuele, il pub­ blico il popolo del tempo. Ma i veri ascoltatori sono gli Israe­ liti di un'epoca molto più tarda, cioè dei tempi dell'autore, il VI secolo a.C. Si tornerà su questo punto. È importante nota­ re: la presentazione dell'epoca dei giudici comincia e finisce con una predica. Iud. 2,6-3,6 è, anche se manca il discorso diretto, storia in forma di predica (cfr. AT 9, conclusione del comm. a Iud. 2,6- 3,6). Analoga è la situazione in 1 Sam. I 2. È sintoma­ tico che considerazioni di questo genere siano fatte prima del­ l'inizio dell'attività del primo giudice e dopo la fine dell'attivi­ tà dell'ultimo giudice. L'epoca dei giudici va letta alla luce di questa lezione teologica. Né si dovrà trascurare di notare che quella esposizione guarda al passato di Giosuè, mentre questa ha lo sguardo rivolto al futuro dell'epoca dei re.

    1

    Sam. 12,1-2 J

    115

    Non si dice in quale tribunale si svolga il processo di Samue­ lc contro il popolo. Stando al contesto si tratterebbe del san­ tuario di Gilgal, ma l'aspra contrapposizione mal si adatta alla gioia e ai festeggiamenti per il re alla fine del cap. I I . La tradi­ zi one del commiato di Samuele, la quale rientra nel complesso delle tradizioni di Mispa, fu spostata qui perché appartiene, per contenuto, alla conclusione degli avvenimenti che prece­ dono l'effettiva entrata in carica del primo re. Per questa ra­ gione il brano si apre riprendendo alla lettera la premessa di 8,7. Samuele ha acconsentito alla voce del popolo; che lo abbia fatto per ordine di Dio non è detto qui, ma più avanti in un inciso (v. 1 3 ). In sostanza, qui viene messa in risalto soprattut­ to la volontà del popolo che si oppone al Signore. In questa im­ postazione si manifesta chiaramente l'ottica della teologia deu­ teronomistica della storia. Tutta l'età dei re fu, in fondo, un errore di percorso. In seguito ciò verrà mostrato più esaurien­ temente. r.

    1- 5. Tuttavia, per prima cosa si guarda indietro, al periodo del­ l 'ultimo giudice il quale dovette «procedere» alla testa del po­

    polo, come da ora in poi spetterà al re fare. Questo riferimen­ to si adatta particolarmente bene a Samuele: «dalla giovinez­ za» fino alla vecchiaia egli ha occupato una posizione pubblica csposta .agli occhi di tutti. I figli di Samuele non vengono no­ minati qui con biasimo, come in 8,3, ma in maniera neutra, quali prove del lungo tempo durante il quale il padre ha eser­ citato il suo ufficio. Ma più che della durata, qui si tratta della correttezza d eli' esercizio delle sue funzioni. Samuele ci tiene a che si testimoni a suo discarico e lo si faccia al cospetto della somma istanza del Signore e del suo unto: i testimoni devono dire se il giudice sia stato mai rimproverato per avere commes­ so prepotenze o torti, come, ad esempio, erano stati invece ac­ cusati di fare i suoi figli in 8,3 . Dietro esplicita richiesta di Sa­ muele, il popolo conferma pubblicamente e solennemente l'in­ corruttibilità del giudice che ha amministrato il proprio uffi-

    1 16

    1

    Sam.

    12,1-2 5

    cio sotto gli occhi di Dio, senza raggiri e senza tenere conto dell'interesse privato. Tutto ciò è riferito a Samuele e al suo uf­ ficio, ma nel contesto maggiore significa molto di più. N el pe­ riodo storico che sta ora per concludersi, Dio ha scelto quali suoi strumenti uomini onesti; se nel loro numero dovesse es­ sere capitato una volta uno indegno come Abimelek, ecco su­ bito la voce profetica di denuncia Qotam!) e, ancor più, la ma­ no giudicatrice di Dio che non permette simili aberrazioni. Si è pertanto provveduto a che tutto si svolgesse in ordine e se­ condo giustizia con uomini come Samuele, come del resto il popolo ha espressamente attestato. Questa è una descrizione dell'epoca dei giudici ben diversa da quella che si legge in Iud. 1 7,6; 1 9, 1 ; 2 1 ,2 5 (cfr. AT 9, ad loc.) dove si dice che ognuno faceva quel che più gli piaceva, situazione di anarchia alla qua­ le si porrà rimedio soltanto con la monarchia. Le due visioni procedono affiancate (cfr. gli ultimi paragrafi dell'introduzio­ ne al libro dei Giudici in AT 9): una guarda prevalentemente a Dio che interviene in soccorso del popolo, chiama i giudici quali suoi strumenti e li accompagna con la sua protezione e benedizione; l'altra fissa lo sguardo più sugli uomini che cer­ cano di sottrarsi a Dio, si ribellano e cadono neli' apostasia. 6-1 1 . Qui

    sale alla ribalta la prima visione e lo fa prepotente­ mente nel corpo d eli' omelia di Samuele. Anche per questa scena si scelgono la forma e il linguaggio del dibattito proces­ suale. Ma qui, ancora più chiaramente che in precedenza, la controparte processuale è Jahvé, mentre prima il popolo se la doveva vedere semplicemente con Samuele. Si ha una rapidis­ sima panoramica della storia che appare come una storia delle volte in cui Dio ha guidato il popolo. Lo si capisce subito dal­ le prime battute: si inizia con la parola «Jahvé». Egli ha «fat­ to», cioè ha chiamato in vita e al loro uffiGio, Mosè e Aronne, che qui viene nominato insieme col fratello (come in Ios. 24, 5 ). L'esodo dall'Egitto, l'evento fondamentale della prima sto­ ria, viene espressamente ricordato due volte. Si deve ricono-

    r

    Sam.

    I2,I-2J

    I

    17

    scere e testimoniare che quelli avvenuti in passato sono vera­ mente atti di salvezza, letteralmente «manifestazioni di giusti­ zia» (così già in Iud. 5 , 1 1 ). Dall'esodo si passa poi all'entrata nella terra promessa e, quindi, all'età dei giudici. La sintesi sto­ rica si serve del vocabolario usato spesso nel libro dei Giudici: il popolo «dimentica» il Signore, viene «venduto» in mano straniera, «grida» al Signore, confessa i suoi peccati e il tradi­ mento «con i Baal e le Astarti» e viene «salvato». Non manca una menzione di alcuni degli oppressori, per la precisione i ne­ mici di Iud. 3 e 4, ricordati per nome, ma in ordine inverso, né quella di alcuni giudici, i più importanti. Che tra questi sia ci­ tato Samuele non va considerato un errore scribale (Samuele invece di «Sansone», ad esempio), ma il segno che l'omelia non è la semplice presentazione di una determinata situazione sto­ rica, ma qualcosa di più: tutto il periodo dei giudici, incluso Samuele, va qui stimato e valutato, precisamente in base a que­ sti due criteri: la misericordia di Dio, il quale «manda» i salva­ tori e permette al popolo di «dimorare in sicurezza»; la volon­ tà del popolo che continuamente si ribella per liberarsi del Si­ �nore e seguire altri dèi, quindi di andare per la propria strada. Il desiderio popolare di avere un re è collocato in questo contesto: è una nuova forma dell'apostasia che sempre si rin­ nova. Nel capitolo non si pronuncia il nome di Saul. Ma cer­ tamente il più volte (vv. I J . I 7. I 9) ricorrente verbo sa'al, impe­ trare, è un'allusione a sa'ul, «l'impetrato». Tuttavia il nuovo peccato supera tutti i precedenti in quanto l'aspirazione ad avere ad ogni costo il re mette in dubbio la volontà e la capaci­ tà del Signore di essere il salvatore. Questa evoluzione si ma­ nifesta in maniera inequivocabile quando appare un nuovo ne­ tnico, Nahash: non si ha la solita e collaudata scena del popolo che «grida a Jahvé», ma si dà voce al desiderio di un re, trascu­ rando il vero re, J ahvé. Sorprendentemente la spedizione con­ tro Nahash appare qui come l'occasione che ha spinto il po­ polo a chiedere un re, un fatto di cui non c'è la minima traccia 1 1.

    1 18

    r Sam. I2,I-2J

    né nel cap. 8 né nel cap. I I . Pertanto non è possibile stabilire se a questo punto si abbia una libera composizione dell'autore deuteronomistico basata sulla sua visione d'insieme (cfr. N oth, Oberlieferungsgeschichtliche Studien I, 6o) oppure un tratto originale di una tradizione più antica. A ogni modo la pres­ sante richiesta di un re serve a mostrare la tendenza del popo­ lo alla ribellione e all'apostasia. Tuttavia è rilevante che qui, in armonia con affermazioni precedenti, si metta in rilievo come il Signore «abbia dato» al popolo il re che esso aveva richiesto. Proprio questo particolare fa capire che il testo non rappre­ senta semplicemente la riproduzione fedele del materiale di una fonte, bensì una conclusione che viene tratta dall'autore. La continuazione è uno sguardo gettato sulla fase inizia­ le della monarchia. Come al tempo dei giudici, tutto dipende dalla fedeltà e dall'ubbidienza. Nonostante il comportamento del popolo il Signore non è venuto meno (è ciò quanto vuoi dire l'inciso del v. 1 3 !) alla propria fedeltà. Se il Signore è di­ sposto a venire incontro alle richieste dell'uomo, ciò è un se­ gno della grazia che viene concessa al popolo e al re. In sé la cosa è semplice: basta seguire la «bocca» del Signore, cioè il suo comandamento: il quale in tutto il capitolo (v. 1 0 ! ) è soprat­ tutto il primo comandamento. La storia del popolo di Dio de­ ve svolgersi in ubbidienza al primo comandamento! Se ciò avviene, allora tutto va bene. Vale la pena ricordare come tutta la storia dei re venga descritta in questa prospettiva. Fatta ec­ cezione per Ezechia e Giosia, i re riformatori, tutti i re hanno fallito; se non lo avessero fatto e si fossero attenuti al primo comandamento, non sarebbe accaduto quanto poi accadde nel 5 87 a.C. Il pulpito del predicatore è collocato pertanto, insie­ me col suo uditorio, dopo il 5 87. La predica di Samuele attra­ versa i secoli. 1 3 -1 S·

    16-2. 5. Ma il testo non dimentica che sul pulpito c'è ora Samue­ le. L'episodio del temporale durante la mietitura (più o meno

    1

    1 19

    Sam. IJ,I-.2J

    nella stagione della nostra pentecoste) potrebbe nuovamente appartenere, certo con la storia del resoconto della giudicatura di Samuele, al materiale contenuto nella tradizione di Mispa. Di regola a fine maggio non si hanno più «pioggia e tuoni». Il temporale, soprattutto se avviene in seguito alla preghiera di Samuclc, dovrà essere considerato una manifestazione ecce­ zionale della volontà di J ahvé. Quanto accade ricorda 7, 1 o. L'immediata, concreta e sonora conferma divina delle parole di Samuele getta il popolo nel panico e lo spinge al pentimen­ to. Per il resto la conclusione dell'omelia di Samuele richiama il popolo a seguire il Signore «con tutto il cuore» e a non an­ dare dietro agli dèi inutili e inetti, che non possono salvare. Viene messa in evidenza la fedeltà di Dio e anche, un tratto nuovo, la disponibilità di Samuele a intercedere ancora e a con­ tinuare nella sua opera di insegnamento. Si va dunque avanti. Per quanto la faccenda del re vada considerata grave (nell'otti­ ca di tutta la storia), in sé la possibilità di «salvezza)) sussiste. Samuele continuerà come prima a indicare al popolo la via da percorrere. E dopo Samucle (così si sottintende) altri lo faran­ no, profeti e dottori della legge. Per quanto riguarda il Signore si è provveduto a tutto. Ora si tratta di vedere se popolo e re si .1tterranno a quanto Dio ha disposto. 7· Inizio della

    guerra contro i Filistei (I J,I-23)

    Saul aveva... anni 1 quando divenne re e regnò due ( ?) 1 anni su Israele. E Saul si scelse tremila uomini d'Israele: di questi duemila restarono con Saul a Mikmas e sui monti di Bethel e mille stavano con Gionata a Ge­ ha 2 di Beniamino. Il resto del popolo invece lo aveva congedato, (ri­ tnandando) ciascuno alla propria casa. 3 Allora Gionata uccise il balivo dei Filistei che risiedeva sulla Collina 3 (di Dio). E i Filistei lo vennero a sapere e4 diffusero la notizia: «Gli Ebrei s si sono sollevati! )). 6 Ma Saul 1

    1

    1 z

    V. commento. T.M.: Gibea, come al v. 1 5 . Le indicazioni topografiche del v. 1 e del v. 3 sono state

    l'videntemente scambiate. \ Secondo Io, s . I o il luogo si chiama così e non Geba come nel T.M. -4 Le ultime tre parole del versetto stanno meglio dopo p elistim e quindi in bocca ai

    1 20

    I

    Sam.

    IJ, I-2J

    aveva fatto suonare le trombe in tutto il paese 4 e tutto Israele lo sentì e disse: «Saul ha ucciso il balivo dei Filistei. E inoltre Israele comincia a puzzare per i Filistei» . E il popolo fu chiamato alle armi, a Gilgal, per seguire Saul. s Ma i Filistei si radunarono per combattere contro Israe­ le, tremila • carri e seimila cavalieri, e una fanteria così numerosa, come la sabbia sulla riva del mare. Così salirono e piantarono il campo presso Mikmas, a est di Bethaven. 6 Ora appena gli uomini d'Israele videro che erano messi alle strette ... / allora la gente si nascose in grotte, anfratti/ crepacci, nascondigli 4 e cisterne, 7 e numerosi gruppi s attraversarono il Giordano {passando) nel paese di Gad e di Galaad. Saul stava invece ancora fermo a Gilgal e tutto il popolo lo aveva se­ guito in preda alla paura. 8 Ora, quando ebbe aspettato sette giorni il momento di cui Samuele aveva parlato,6 senza che Samuele fosse arriva­ to a Gilgal, il popolo cominciò a disertare da lui. 9 Allora Saul disse: «Portatemi l'olocausto completo e le offerte di pacificazione! » e offrì lui stesso il sacrificio completo. 10 Aveva appena finito di celebrare il sa­ crificio completo quando ecco arrivare Samuele; e Saul gli uscì incontro per salutarlo. n Allora Samuele disse: «Che cosa hai fatto ?>>. E Saul ri­ spose: «Poiché vedevo che il popolo stava andando via da me e che tu non eri giunto al momento fissato, mentre invece i Filistei si sono radunati a Mikmas, u allora ho pensato: Adesso i Filistei scenderanno contro di me a Gilgal prima che io mi sia propiziato il Signore. Così mi sono fatto co­ raggio e ho offerto il sacrificio completo» . 1 3 Allora Samuele disse a Saul: «Ti sei comportato da stolto. Non hai osservato il comandamento del Signore, tuo Dio, che egli ti ha comandato; infatti (se non avessi fatto ciò) egli avrebbe stabilito il tuo regno su Israele in eterno. 14 Ora, inve­ ce, il tuo regno non durerà. Il Signore si è cercato un uomo secondo il proprio cuore e il Signore lo ha costituito principe sul suo popolo, perFilistei. Secondo il T.M. Saul avrebbe fatto diffondere il messaggio: «Gli Ebrei devo­ no sentirlo (oppure: devono sollevarsi)», ma la cosa non è plausibile a causa del ter­ mine «gli Ebrei». Saul dovrebbe dire «Israele». s I LXX leggono il termine dalla grafia simile 'abàdim, «gli schiavi•. 6 V. BH. 1 Così le versioni; T.M.: JOOOO. 2 Le parole che ora seguono «che il popolo si vè niva a trovare in grave pericolo» rap­ presentano una variante della proposizione oggettiva precedente che forse è modella­ ta su 14,24· 3 T.M.: cespugli spinosi; non certo molto adatti come nascondigli permanenti! 4 Iud. 9,46.49. Si tratta di grotte artificiali, cunicoli e cantine, forse anche in insedia­ menti ormai abbandonati. s Si legga 'am rab, invece dell'inattesa lezione «e gli Ebrei» che neanche i LXX confermano. 6 V. BH.

    r

    Sam.

    IJ, I-2)

    121

    ché tu non hai osservato ciò che il Signore ti h a comandato» . 1 5 Poi Sa­ muele si alzò, salì da Gilgal e se ne andò per la sua strada. Ma quella parte di popolo che era rimasta salì sui monti dietro a Saul, per riunirsi con le truppe. E da Gilgal 1 giunsero a Geba 2 di Beniamino. Quando Saul passò in rivista il popolo che (ancora) era rimasto con lui erano circa seicento uomini. I 6 Ma Saul, suo figlio Gionata e il popolo che si trovava con loro si stabilirono a Geba di Beniamino, mentre i Fi­ listei erano sempre accampati nelle vicinanze di Mikmas. r7 E gli incur­ sori uscirono dal campo dei Filistei in tre compagnie. Una andò in di­ rezione di Ofra, verso la regione di Shual; I 8 una andò in direzione di Beth-Horon e una si mosse verso l'altura 3 che oltre la sottostante Valle degli Sciacalli guarda al deserto. 19 Ora, (quella volta} in tutto il paese d'Israele non era possibile tro­ vare un fabbro perché i Filistei si erano detti: «Che gli Ebrei non si fab­ brichino spada o lancia! ». 2.0 Così tutto Israele doveva scendere dai Fili­ stei se qualcuno voleva farsi affilare il coltro, il vomere,4 la scure oppure la falce.S 2 I Il prezzo imposto era di due terzi di si cio 6 per coltri e vo­ meri, di un terzo di sicio per arrotare 7 la scure e per raddrizzare il pun­ golo per i buoi. 22 Così in tempo di guerra tutto il popolo che stava con Saul e Gionata non doveva avere in mano né spada né lancia. Ma Saul e suo figlio Gionata (le) avevano. 23 Ma una guarnigione dei Filistei si diresse verso il passo di Mikmas.

    Il vero compito di Saul, e anche il suo destino, fu la guerra contro i Filistei. Egli viene eletto per questo scopo, a essa sono legati i trionfi della sua vita, in essa egli troverà infine la morte. Ma ciò che, da un punto di vista interiore, lo muove e che co­ stituisce il germe delle sue difficoltà determinanti non viene 1

    Il passo, lacunoso a motivo di errori scribali, è stato conservato nei LXX e Lat. Nonostante l'ottima attestazione testuale, «Gibea» è inverosimile, qui come al v. 2.. Considerando il v. I6 è preferibile leggere «Geba)). 3 T.M .: (VT 6 [ 19 5 6] 1 1 6) .

    PARTE QUARTA

    SAUL E DAVIDE

    (1 Sam. 16 - 2 Sam. 1)

    1.

    L'unzione di Davide (16,1-13)

    1 Allora il Signore disse a Samuele: «Fino a quando ti abbandonerai al lut­ to 1 per Saul - mentre io l'ho rigettato, affinché non debba più essere re su Israele ? Riempi il tuo corno d'olio e mettiti in cammino. Ti mando da Isai, il betlemita, giacché tra i suoi figli me ne sono scelto uno quale re». 2 Ma Samuele rispose: «Come posso mettermi in cammino? Se Saul lo viene a sapere, mi ucciderà». Allora il Signore disse: «Prendi con te un vitello e di': Sono venuto qui per offrire un sacrificio al Signore. 3 Poi invita Isai al sacrificio. Ma io ti farò sapere che cosa dovrai fare e tu mi dovrai ungere quello che io ti indicherò». 4 E Samuele fece ciò che il Signore aveva detto. Ora, quando fu giun­ to a Betlemme, gli anziani della città gli si fecero incontro tutti agitati e dissero: «La tua venuta significa 2 fortuna?». 5 Ed egli rispose: «Sì, for­ tuna. Sono venuto qui per portare un sacrificio per il Signore. Santifica­ tevi, affinché possiate venire con me al sacrificio ! » .3 Poi egli (stesso) san­ tificò Isai e i suoi figli e li invitò al sacrificio. 6 Ora, mentre stavano ve­ nendo, egli vide Eliab e pensò: «Ecco certamente il suo unto che sta da­ vanti al Signore! ». 7 Ma il Signore disse a Samuele: «Non guardare al­ l' aspetto e alla sua alta statura; infatti io l'ho scartato perché non (guar­ do) a ciò che l'uomo guarda. Infatti l'uomo vede ciò che gli sta davanti agli occhi, ma il Signore guarda al cuore». 8 Allora Isai chiamò Abina­ dab e lo fece passare davanti a Samuele. Ma egli disse: «Il Signore non ha scelto neanche quello». 9 Poi Isai fece passare Shamma. Ma egli dis­ se: «Il Signore non ha scelto neanche quello» . Io Così Isai fece passare i suoi sette figli davanti a Samuele. E Samuele disse a Isai: «Il Signore non ha scelto nessuno di questi>>. I I Allora Samuele disse a Isai: «Sono tutti qui i tuoi ragazzi?». Ed egli 1

    Participio hitpael!

    1

    V. BH.

    3 I LXX leggono invece: «E rallegratevi oggi con me». In questo modo si dovrebbe evi­

    dentemente evitare la difficoltà che più tardi, a quanto sembra, solo la famiglia di Isai partecipa al sacrificio. V. commento.

    1

    Sam.

    I 6,I-IJ

    rispose: «Ci resta solo il più giovane, ma sta guardando il gregge». Allo­ ra Samuele disse a lsai: «Manda a prenderlo, perché non chiuderemo il cerchio finché non sia qui». 12 Ed egli mandò e lo fece venire: ed era ca­ stano e aveva inoltre 1 begli occhi e bei lineamenti ... 2 E il Signore disse: «Su ! Ungilo! Perché è lui)> . 1 3 Allora Samuele prese il corno con l'olio e lo unse lontano dai 3 suoi fratelli. Allora lo spirito del Signore cadde su Davide, da quel giorno in poi e per sempre. Ma Samuele si alzò e se ne ritornò a Rama.

    Il racconto dell'unzione di Davide occupa nelle storie sul­ l'ascesa di Davide la medesima posizione che nella tradizione di Saul ha la storia delle asine smarrite. Le due storie non han­ no in comune soltanto l'unzione compiuta di nascosto e per preciso ordine del Signore, ma anche la circostanza che si trat­ ti di un giovane che per il momento non è altri che il figlio di suo padre. Tuttavia non è lecito supporre che la storia sia nata semplicemente a motivo di questi paralleli o, addirittura, con­ siderarla un midrash recente. Persino Budde, che la pensa così, deve riconoscere «che il nostro passo non contiene indizi lin­ guistici che provino una composizione tarda)). Invece si è in presenza di una tradizione che raccontava come J ahvé avesse messo già da tempo gli occhi su Davide e che inoltre conside­ rava importante mostrare con chiarezza, anche in questo se­ condo caso, il nesso tra giudicatura e monarchia. Poiché il rac­ conto è chiaramente collegato col cap. 1 5 si deve pensare che quello appartenga come questo alle tradizioni di Gilgal. In ori­ gine il materiale sarebbe stato di casa a Betlemme4 e là sarebbe stato più ricco di particolari. Nel racconto che si ha oggi si no1 Si deve tradurre sicuramente così 'im. Cambiarlo in na'im, come si fa di solito, non è consigliabile perché 'im è tramandato anche in 1 7,42 e perché la caratterizzazione generica «avvenente» non sarebbe molto appropriata tra «Castano (di capelli)» e «bello per quanto riguarda gli occhi». 2 Nel testo c'è qui una lacuna. Si potrebbe supporre che sia caduta una frase (Schulz) che descriveva forse il pasto sacro. I LXX usano qui kyrio; v. commento. 3 Così va tradotta sicuramente la locuzione prepositiva «in mezzo a»; v. commento. 4 Budde (ZAW 1 2 [ 1 892] 46 ss.; cfr. commento, 1 14) ha ipotizzato l'esistenza di un nesso, tipo fonte comune, tra questa narrazione e il libro di Rut. Ciò è totalmente possibile, almeno dal punto di vista della storia delle tradizioni.

    r

    Sam.

    1 6, 1-13

    ta come tutto sia compresso; la lacuna al v. 1 2 potrebbe addi­ rittura rappresentare il vuoto lasciato da una omissione deli­ berata. Così come si presenta oggi il materiale, si offre al letto­ re solo l'indispensabile. Si tornerà subito sulla questione.

    1. Si parte dalla situazione sulla quale si è chiuso il cap. 1 5 · Sa­ muele riceve l'incarico di ungere un nuovo re. Il Signore non ha quindi interesse a far cadere la monarchia con il re «ripu­ diato», ma, al contrario, si preoccupa della sua continuazione. Che ciò avvenga mediante l'unzione sta a dimostrare che la chiamata del Signore è il momento decisivo per l'assunzione dell'ufficio. Saul e Davide vengono scelti interamente per gra­ zia di Dio. Un cambiamento a questo punto interviene soltan­ to con 2 Sam. 7· Ma anche allora non si «diventa» re per ini­ ziativa umana, come non si diventa così profeta. �-3· La scelta di D io è caduta su un figlio ancora imprecisato di Isai da Betlemme. Il timore di Samuele che il viaggio a Betlem­ me potrebbe suscitare il sospetto di Saul è legato alla posizio­ ne geografica: per recarsi da Rama a Betlemme Samuele dovreb­ be passare per Gibea di Saul; ma dipende anche, naturalmente, dal sentirsi sorvegliato di continuo dal re. Così si ordina a Sa­ muele di organizzare una festa con sacrificio a Betlemme,' il che rientrava certo (cfr. cap. 9) tra le mansioni normali di Sa­ muele. La presenza della vittima dovrebbe eventualmente le­ gittimare a prima vista il suo viaggio agli occhi del re.

    L'accoglienza riservata a Samuele da parte degli anziani, che sembrano molto più spaventati che onorati, può essere dovuta al fatto che le divergenze tra Samuele e Saul erano note e quin­ di essi temevano di dovere subire spiacevoli conseguenze, co­ me succederà più avanti agli abitanti della città sacerdotale di No b. Questa sembra una ragione più valida della supposizio-



    1 Celebrare, non inscenare! Alcuni commentatori vanno a impelagarsi, senza alcun bisogno, nella questione della « bugia necessaria».

    1 66

    1 Sam. r 6, r-IJ

    ne che l'arrivo di Samuele sia stato per i Betlemiti un motivo di preoccupazione simile a quella che prende un parrocchiano malato quando si vede venire in visita il parroco. Samuele dà la tranquillizzante notizia che la sua visita è di natura «spiri­ tuale». Il testo lascia nell'incertezza se gli anziani partecipino o no al sacrificio programmato. La lezione divergente dei LXX è dovuta al fatto che costoro non appaiono più in seguito, ma abbiano invece la medesima funzione dei 30 invitati di 9,22. Il fatto che non si parli più di loro potrebbe essere spiegato con l'abbreviazione del testo di cui si è parlato sopra. Senza dub­ bio l'unzione non avviene pubblicamente. La presenza di «an­ ziani» al rito dell'unzione è ricordata esplicitamente in occa­ sione della seconda unzione di Davide (2 Sam. 5,3). s-6. Non si apprende in che maniera Samuele proceda alla «san­ tificazione» dei membri di sesso maschile della famiglia di Isai. Ad ogni modo essi vengono inclusi nello spazio sacro di J ahvé mediante un particolare atto di consacrazione compiuto dallo stesso Samuele (gli anziani dovrebbero santificarsi da soli!). In tutto questo il vero scopo della visita di Samuele rimane celato agli anziani e certamente anche ai figli di Isai. lsai sembrereb­ be informato in una qualche misura; ma né davanti a lui né poi davanti a Davide viene pronunciata la parola decisiva «re» e il silenzio è certamente deliberato. Soltanto giudicando Eliab Sa­ muele usa la parola «unto», ma è difficile che essa sia stata pro­ nunciata veramente; si tratta piuttosto, come per le parole che Dio dice a Samuele, di un dialogo silenzioso tra il Signore e Sa­ muele, senza altri testimoni. Così il silenzio corrisponde per­ fettamente all'impostazione di questo brano: fuori dei due dia­ loganti, gli altri non sono che semplici comparse delle quali si parla solo per quanto è strettamente necessario all'oggetto, l'azione divina che porta all'elezione e all'unzione del re. Lo stesso Davide compare sulla scena solo per essere unto. Tutto il racconto è assolutamente teocentrico ed è per questa ragione che non si sofferma a chiarire i particolari storici o psicologici.

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    Sam. I6,I-IJ

    Eliab, il figlio maggiore di Isai, è presentato come giova­ ne prestante, simile in questo a Saul (9,2; I 0,23) e il giudizio di Samuele su di lui ricalca quello di I 0,24. Ma l'opinione di Sa­ muele viene scartata: si ha qui il medesimo verbo «rifiutare» usato in I 5,2 3 e I 6, I . Per motivare questa bocciatura si ricorre alla bella sentenza che il Signore non è interessato all'aspetto esteriore visibile, ma a quello che si può vedere di un uomo guardandolo nell'interiorità del cuore. Anche gli altri figli di Isai sfilano davanti a Samuele, ma il Signore non indica la sua scelta. Proprio colui sul quale il Signore ha messo gli occhi già da tempo, come sottintende la dinamica del racconto ( I 3, 1 4; I 5 , 28), non è presente. S'incontra qui nuovamente la legge divina di 1 Cor. I ,27: Dio ha scelto ciò che per il mondo è debole. Gli uomini, quindi soprattutto il padre Isai, non hanno affatto pre­ so in considerazione Davide, il figlio più giovane e non ancora abilitato a partecipare alle funzioni religiose (Caspari, I 89). L'idea che non si potessero lasciare le greggi incustodite (Ca­ spari, ibid. ; cfr. anche 1 7,28) non traspare affatto dal testo. Ma Davide, in quanto figlio di Isai, rientra, nonostante la sua gio­ vane età, nel quadro indicato dall'ordine di Jahvé (v. I ), come viene confermato dalla frase finale di Samuele. «Chiudere il cerchio» (sabab) presuppone la comunità riunita per il sacrifi­ cio. Del resto non si parla più del sacrificio, conformemente alla vera intenzione del brano. Come avvenuto per Saul, anche qui si parla con particolare affetto della figura del futuro re. Il termine tradotto qui «castano» indica propriamente un colore dei capelli e un colorito più chiari della media. Da tutto il suo aspetto deve emanare, come mostrerà poi lo sviluppo successi­ vo, un senso accattivante di chiarezza. Tuttavia la conferma del­ l'idoneità di Davide non avviene, come nel caso di Eliab, se­ condo questi parametri esteriori e in base al giudizio di Samue­ le, bensì con l'ordine immediato impartito dal Signore a Sa­ muele. Tuttavia i LXX, certamente per superare il presunto contrasto con i V'/. 6 s., hanno aggiunto le parole «(gradito) al Signore». L'unzione ha immediatamente luogo (v. 1 3). La lo7-1 3.

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    1

    Sam. I6,I-IJ

    cuzione preposi tiva beqereb («nel mezzo di») potrebbe indur­ re a pensare che l'unzione sia avvenuta in presenza di tutta la comunità riunita per il sacrificio, quindi forse anche degli an­ ziani. Ma in questo caso la preoccupazione iniziale di Samuele (v. 2) non verrebbe minimamente considerata; infatti ora non ci sarebbe più alcuna garanzia di segretezza, tanto più che non si fa cenno a una richiesta in tal senso. Al contrario si dovrà pensare che, come nel caso di Saul (9,2 7; 1 o, 1 6), il rito sia stato sicuramente compiuto di nascosto; quindi beqereb va tradotto «lontano da» (cfr. Schulz, ad loc. ). Con l'unzione Davide è scelto quale strumento di Dio e come per Saul e per alcuni dei giudici lo spirito del Signore lo investì adesso e per sempre. Al­ lo stesso tempo viene tracciata la linea nella cui futura conti­ nuazione si trova il re escatologico (/s. 1 1 ,2), come poi scende­ rà anche su Gesù, al battesimo, che corrisponde all'unzione, lo Spirito di Dio (Mc. I , I o; Mt. 3 , 1 6; Le. 3,22; cfr. Io. 1 ,3 2 s.). ­ Con questo atto la storia è giunta al traguardo. Samuele può ripartire da Betlemme. Rimangono senza risposta, perché non essenziali, tutte le altre domande: come si sia conclusa la festa sacri:ficale; che cosa abbiano pensato i fratelli di Davide o gli anziani o il padre o Davide stesso. Ma propria questa sobria essenzialità serve a chiarire il sen­ so della storia: qui viene dato il segno sotto il quale si svolgerà tutta la storia di Davide. Davide è colui sul quale lo sguardo di Dio si è posato da lungo tempo, il prescelto, l'unto provviden­ ziale. Tutto questo viene espresso in questo modo. Per la con­ tinuazione della storia l'unzione rimane ininfluente (ma v. a 2 Sam. 1 2,7). Ma per il lettore di tutto il libro l'ascesa di Davide che ora comincia, e «con» il quale il Signore è (v. 1 8), ha la sua motivazione teologica nell'unzione avvenuta.• 1 La questione del nome di Davide è stata ripresa in seguito alla scoperta dei testi di Mari. Il termine dawidum che vi ricorre è stato interpretato come «condottiero». Si presentò quindi la possibilità di ipotizzare che il nome della funzione, dell'ufficio, «davide», avesse preso il posto del vero nome proprio. Così, tra gli altri, Jirku: For­ schungen und Fortschritte 27 ( 1 9 5 3 ) 28; Noth, Geschichte lsraels, 41 959, 165 (con ri­ ferimento a W. v. Soden); von Pakodzy: ZAW 68 ( 1 9 56) 257-259 fa notare i paralleli

    1. Davide alla corte di Saul (16,14-13) 14 Ma lo spirito del Signore si era allontanato da Saul, così che uno spiri­ to cattivo da parte del Signore poteva aggredirlo di continuo. • 1 5 Allo­ ra i servi di Saul gli dissero: «Tu sai di certo che un cattivo spirito di Dio ti assale (continuamente). 16 Il nostro signore non ha che da dirlo: i tuoi servi sono a tua disposizione per cercare un uomo che sappia suonare la cetra. 2 E quando uno spirito cattivo di Dio ti assale, la sua mano toc­ cherà le corde e tu ti sentirai meglio>>. 17 Allora Saul disse ai suoi servi­ tori: «Sì, cercate per me un uomo che sappia suonare bene e portateme­ lo! >>. r 8 Allora uno dei servitori si alzò e disse: «Ecco, conosco un figlio di Isai, il betlemita; sa suonare bene. È anche un ragazzo coraggioso, un guerriero, abile nel parlare e anche di bell'aspetto; e il Signore è con lui». 19 Allora Saul mandò messi a Isai e gli fece dire: «Manda da me tuo fi­ glio Davide, quello che guarda le greggi>>.3 2o Allora Isai prese un asino, gli caricò sopra 4 pane, un otre di vino e un capretto e mandò tutto ciò insieme con il figlio Davide a Saul. 2 1 Così Davide arrivò da Saul ed en­ trò al suo servizio; e (Saul) gli divenne molto affezionato così da nomi­ narlo suo scudiero. 22 Poi Saul mandò da Isai e gli fece dire: «Lascia che Davide entri al mio servizio, giacché egli ha trovato grazia ai miei oc­ chi» . 23 Così ora, ogni volta che uno spirito di Dio assaliva Saul, Davi­ de afferrava la cetra e con la mano toccava le corde; e ciò portava a S�ul un sollievo e lui si sentiva meglio e lo spirito cattivo lo abbandonava.

    moderni: Duce, Tito; mentre tra i paralleli biblici, oltre a nomi di apostoli (ibidem), si potrebbe ricordare anche «faraone». Quale nome originale di Davide è stato suggeri­ to El�anan, che in 2 Sam. 2 1 , 1 9 è il nome del vincitore di Golia (v. anche ad loc.). Tut­ tavia tutta quanta questa (in sé intrigante) tesi non è difendibile, come ha dimostrato da ultimo J .J. Stamm nella relazione letta al Congresso dci veterotestamentaristi te­ nuto a Oxford nel 1 9 59, della quale mi è stata gentilmente inviata copia. L'espressio­ ne dawidum daku (o ma�a�u, iakanu) significa semplicemente «provocare una scon­ fitta)>, così che tutta la massa di ipotesi aggregate attorno all'uguaglianza dawidum = dux viene privata di qualsiasi fondamento. La parola «Davide» ha in origine piutto­ sto a che fare con «fratello del padre». 1 È questo il valore del perfetto consecutivo in questo caso. 2 Il testo lascia la scelta tra jodea' e menaggen. 3 Al v. 1 8 non si è parlato né di Davide né delle greggi. D'altra parte gli inviati di Saul dovevano avere un punto di riferimento per trovare il figlio giusto di Isai. 4 Le parole wajjissa 'alaw (v. BH) vanno sicuramente integrate seguendo i LXX. Stoe­ be: VT 4 ( 1 954) 1 83 cerca di mantenere il T.M. ( ... un asino e pane, un ... ); !sai avrebbe mandato insieme con i messi la cavalcatura e le prime provviste per il giovane guer­ riero. Ma allora sarebbe stato necessario fare prima il nome di questi!

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    Sam. r6,14-23

    1 4. Sia nell'Antico sia nel Nuovo Testamento, la storia degli uomini di Dio è raccontata, in ampia misura, come una storia dello spirito di Dio con loro. In questo modo appare evidente che non si tratta di una storia di uomini. Avviene così all' epo­ ca dei giudici e avviene così anche con Saul, le cui sorti pren­ dono il posto dell'età dei giudici: con l'unzione lo spirito di Dio è su lui e solo con il ripudio esso gli si allontana. Certamente egli è ancora re per un certo numero di anni, ma re senza la vera legittimazione che è indispensabile nel popolo di Dio. Ma non basta che lo spirito di Dio non lo guidi più, ma «uno spirito cattivo» si è impossessato di lui al posto di quello. Certo, questo spirito cattivo non risiede permanentemente in lui, ma Saul è soggetto costantemente alla sua aggressione. Quando si dice che anche questo spirito cattivo viene «da Jah­ vé», la cosa dapprima sorprende; ma ciò che si vuole dire è che, in ultima analisi, tutto ha nell'Unico la propria causa. Da dove potrebbe altrimenti provenire tale spirito ? L'Antico Te­ stamento parla solo tre volte di Satana, tutte e tre in testi re­ centi, e un'altra volta (!oh 1 s.) l' «Accusatore» è esplicitamen­ te descritto quale subalterno del Signore. Lo stesso vale per lo spirito cattivo. Il male di Saul non viene descritto in termini psichiatrici o psicologici, bensì teologici. Ed è giusto che sia così: nella vita di quest'uomo che, come si vede spesso, si sfor­ za di essere accetto a Jahvé, la mano di Dio interviene in ma­ ruera oscura. 1 5-.10. La stima di cui Saul gode nell'ambiente della sua corte si vede da come i suoi «servi» (servitori, funzionari, soldati) si scervellino per cercare un rimedio per il re e pensino di ricor­ rere alla musica, un aiuto terapeutico non insolito per situa­ zioni del genere. Quale strumento musicale non viene menzio­ nata l'arpa, ma la più piccola «cetra» (kinnor)! In questa cir­ costanza uno dei più giovani presenti si ricorda di aver conol Cfr. Eino Kolari, Musikinstrumente und ihre Verwendung im Alten Testament, Hel­ sinki 1947, 64-72.

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    Sam.

    1 6, 14-23

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    sciuto Davide e le parole che egli usa per descriverlo sono, co­ me al v. 1 2, tali da far apparire Davide estremamente simpati­ co sia per l'aspetto fisico sia per il carattere. Questo lato di Da­ vide ha evidentemente improntato di sé la tradizione in gene­ rale. Quando tra le doti di Davide vengono menzionati il va­ lore e l'abilità guerresca ciò non avviene per un adattamento recente ad altre tradizioni, ma proprio a motivo di Saul il qua­ le era sempre alla ricerca di buoni soldati ( 1 4,5 2 ) . Saul deve quindi ricevere fin dall'inizio un'immagine il più possibile fa­ vorevole del giovane del quale si dice che «Jahvé è con lui». Infatti Saul manda immediatamente messi a prendere Davide. Se può fare una cosa del ·genere anche nel . territorio di Giuda ciò significa che la sua sovranità va indubbiamente oltre i confini della sua tribù. Per quanto riguarda la precedente un­ zione, il testo non presuppone che Saul ne sia a conoscenza né dà l'impressione che Isai e Davide temano che la richiesta di Saul sia in qualche modo connessa con quell'evento. I doni che Isai manda al re insieme con Davide non sono il segno di un timore in tal senso, ma un naturale atto di omaggio verso il sovrano (cfr. 10,27).1

    1 1-23. Davide arriva così a corte e, così come si conviene alla

    sua natura descritta prima, egli conquista ben presto il cuore del re, come più tardi conquisterà quello del principe e della 1 Stoebe: VT 7 ( 1 957) 369 respinge decisamente tale interpretazione «perché, se le co­ se stessero così, i doni sarebbero veramente troppo modesti)), Egli preferisce pensare che si tratti del vettovagliamento del giovane guerriero. Ma in questo passo non si trat­ ta di questo, bensì della chiamata di Davide a corte in virtù delle sue capacità musica­ li. Quando i servitori di Saul decantano, oltre queste qualità, anche altre doti (v. r 8) del giovane che vogliono raccomandare al re, ciò non cambia la situazione: Davide viene chiamato qui a corte in quanto musica; si guadagna, presto o tardi, la benevo­ lenza di Saul e soltanto a questo punto (vv. 2 1 s.) entra al «servizio)) di Saul quale sol­ dato. Se Isai avesse inviato Davide a Saul equipaggiato subito come un guerriero egli avrebbe trascurato il vero compito per cui suo figlio era stato chiamato dal re, anzi avrebbe prevenuto la successiva richiesta di questi a Davide perché prendesse una de­ cisione. Detto questo, si deve aggiungere che soprattutto per un contadino giudaita i doni non sono affatto una miseria.

    principessa. Ben presto entra al servizio del re anche come guer­ riero, ma il suo compito primario rimane quello legato alle sue capacità musicali: aiutare il re quando ha i suoi attacchi. Anche sotto questo punto di vista il Signore è quindi «con» Davide. Così il proposito dei servi di Saul è pienamente raggiunto. Nel quadro complessivo questo episodio significa molto di più ed è veramente la continuazione della storia dell'unzione in senso più profondo. Il Signore, che ha fatto compiere l'unzione dal­ l'ultimo giudice, allaccia i fili così che colui che è stato rifiuta­ to, ma che è ancora il re in carica, fa venire alla propria corte il neoeletto, della cui elezione né l'uno né l'altro sa nulla, per fargli compiere, senza saperlo né volerlo, i primi passi verso il trono che gli spetterà per volere del Signore. 3·

    Davide e Golia (17,I-I8,s)

    f

    1 Ora i Filis �ei �adunaro?o le loro t � pe per la guerra e si concentraro­ . no a Soko dt Gtuda. Pot ptantarono 1 campo tra Soko e Azeqa, a Efes­ Dammim. 2 Ma Saul e gli uomini d'Israele si erano radunati e accampati nella Valle del T erebinto; poi si disposero in ordine di battaglia contro i Filistei. 3 E i Filistei avevano preso posizione sul versante della monta­ gna, da un lato, e Israele aveva preso posizione sul versante della mon­ tagna, dall'altro. Tra i due c'era il fondovalle. 4 Allora uscì fuori dalle file 1 dei Filistei un uomo tra i due fronti, 2 di nome Golia, di Gat, alto sei cubiti e una spanna. 5 Sul capo portava un elmo di bronzo e indossava una corazza a scaglie, e la �orazza pesava cinquemila sicli di bronzo. 6 Aveva schinieri 1 di bronzo alle gambe e un giavellotto di bronzo sulla spalla.3 7 E l'asta 1 della sua lancia era (so­ lida) come il subbio di un telaio 4 e la punta, di ferro, pesava seicento si­ eli e lo scudiero lo precedeva. 8 Così egli si fece avanti e gridò alle file di Israele dall'altra parte e disse loro: «Perché siete scesi in campo e vi pre­ parate alla battaglia? Non sono io il filisteo e voi i servi di Saul � Così sceI

    2. V. commento. Letteralmente: «Tra le scapole)); lo portava quindi in maniera rilassata, non puntato in avanti come un'arma in posizione offensiva, con il braccio semipiegato così che la punta del gi�vellotto, che passava dietro il collo, spuntava dall'altra parte. 4 S'intende «il subbio del filo o quello del tessuto di un telaio verticale»; Dalman, Ar­

    3

    V. BH.

    beit und Sitte v, 1937, 1 1 3 ·

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    Sam. 17,r-r8,J

    glietevi 1 uno che desideri farmisi sotto! 9 Se sarà in grado di combatte­ re con me e mi batterà, allora saremo vostri sudditi. Ma se io gli sarò su­ periore e lo batterò, allora sarete voi nostri sudditi e ci servirete.». Io E il filisteo disse: «lo (da solo) mi sono oggi fatto beffe delle file di Israele (dicendo): Datemi un uomo affinché combattiamo insieme! ». 1 1 Ora quando Sau l e (con lui) tutto Israele udirono queste parole del filisteo si spaventarono e furono presi da grande timore. I 2 E Davide era il figlio di un - già nominato z. efratita di Betlemme di Giuda, di nome Isai. Egli aveva otto figli. E ai giorni di Saul l'uomo era (già) troppo vecchio per presentarsi tra i guerrieri.3 1 3 Ma i tre figli più grandi di Isai erano partiti, erano andati in guerra per combattere al seguito di Saul. E i suoi tre figli che erano partiti per la guerra si chiama­ vano: Eliab, il primogenito; Abinadab, il secondo; Shamma, il terzo. I4 E Davide era il più giovane. Ora i tre maggiotj erano andati in guerra per combattere al seguito di Saul, 1 s mentre Davide (ogni tanto veniva via) da Saul (e) ritornava a casa per pascolare il gregge del padre a Betlemme. 16 Ma il filisteo si avvicinava mattina e sera e si metteva in posizione - per qu�ranta giorni. 17 Un giorno Isai disse al figlio Davide: «Su, prendi un efa di questo grano abbrustolito e dieci di questi pani 4 e va' di corsa con queste cose all'accampamento dai tuoi fratelli! r 8 E porta queste dieci forme di for­ maggio fresco al comandante del reparto. Informati se i tuoi fratelli stan­ no bene e riporta un pegno da parte loro. I 9 Saul ed essi stessi insieme con tutti gli uomini d'Israele stanno in battaglia contro i Filistei nella Val­ le del Terebinto». 20 E Davide si alzò la mattina presto, consegnò il gregge a un (altro) guardiano, caricò (le cose) e partì (da casa) come Isai gli aveva ordinato. Quando giunse ali' accampamento 5 le truppe stavano proprio avanzan­ do per mettersi in linea di combattimento, intonando a voce alta 6 il gri­ do di guerra. 2 1 Così Israele e i Filistei si allinearono a battaglia, fiia con­ tro fila. 22 Allora Davide mise giù il suo carico, (affidandolo) al guar­ diano delle salmerie e corse verso la (prima) fila. Giunto (là), domandò -

    1

    Il verbo beru, che compare solo qui, è sostituito nei LXX con babaru, «eleggete». hazza; il pronome rappresenta il passaggio al cap. 16. 3 Si legga, seguendo la geniale congettura di Klostermann, mibbo ba�anasim. Ma sa­ rebbe anche possibile che m alla fine vada intesa come abbreviazione di milbama e si legga quindi be� anse milbama. «Presentarsi tra i guerrieri» = andare soldato. 2.

    4 V. BH. 5 Il testo ha «carrino», termine anacronistico perché Israele ebbe i carri da guerra sol­ tanto più tardi. 6 Invece dell�insolito wehere'u il testo potrebbe avere letto wehare'a heri'u.

    1 74 ai fratelli se stessero bene. 2 3 Mentre stava ancora parlando con loro, ec­ co venire proprio allora (ancora) l'uomo tra i fronti - si chiamava Golia il filisteo, da Gat - fuori dalle file • dei Filistei e disse le stesse cose (di sem­ pre), così che Davide poté sentirle. 24 Ma non appena tutti gli uomini di Israele videro quell'uomo, fuggirono davanti a lui, presi da grandissimo terrore. 2 5 Allora l'uomo di Israele 2 disse: «Avete visto quest'uomo co­ me viene avanti ? Si avvicina soltanto per farsi gioco d'Israele ! E chi lo bat­ terà il re lo ricompenserà in misura oltremodo generosa e gli darà anche la figlia ed esenterà da tributo la famiglia di suo padre in Israele» . 26 Allora Davide si rivolse agli uomini che gli stavano vicino e disse: «Che cosa succederà all'uomo che abbatte questo filisteo e toglie la ver­ gogna da Israele ? Perché chi è mai questo filisteo incirconciso che gli è stato permesso di insultare le schiere del Dio vivente! ». 27 E la gente gli rispose appunto come si è detto e disse: «A chi lo batterà succederà que­ sto e quest'altro». 28 Allora Eliab, suo fratello maggiore, lo sentì mentre parlava (così) con gli uomini. Ed Eliab fu preso da ardente ira contro Da­ vide e urlò: «Ma perché mai sei venuto fin qui e a chi hai lasciato quelle quattro pecore nel deserto ? So perfettamente quanto sei montato e che cose cattive ti girano per la testa.3 Sei sceso fin qui soltanto per assistere alla battaglia» . 29 E Davide rispose: «Ma che ho fatto adesso? Sarà pure permesso dire una parola! >>.4 30 Ed egli si girò, allontanandosi da lui, e si avvicinò a un altro, ponendo la medesima domanda; e le persone gli rispondevano tutte come aveva risposto il primo. 3 1 Così le parole che Davide aveva dette giunsero agli orecchi (della gente) e se ne parlò (an­ che tra le persone vicine) a Saul che lo mandò quindi a chiamare ... 32 Allora Davide disse a Saul: «Che nessuno 5 si perda d'animo a cau­ sa sua; il tuo servo scenderà in campo e combatterà con quel filisteo». 33 Ma Saul disse a Davide: «No, non puoi andare da questo filisteo per combattere contro di lui; infatti tu sei un ragazzo giovane e lui un guer­ riero fin da piccolo». 34 Pure Davide disse a Saul: «Il tuo servo, quando 1 V. BH. Sineddoche, come in /os. 9,6 s.; cfr. Iud. 7,23; 8,22 gli Israeliti. La traduzione cor­ rente «un israelita» è sbagliata, perché allora il testo dovrebbe leggere 'ii mibbene jii­ ra'el come in r Sam. 9,2; Num. 25,6. La frase 'ii jiira'el di Num. 25,8 e 14 significa «l'israelita». Anche in r Sam. 21,8 «un servo di Saul» è in ebraico appunto 'ii me'ab­ de ia'ul e non 'ébed sa'ul. 3 Il testo legge: «cuore». In ebraico il cuore è la sede dei moti intellettuali e morali. 4 Letteralmente: «Si è trattato solo di una parola!». s I LXX leggono 'adoni invece di 'adam, che è la lezione preferita dalla maggior parte degli esegeti. Del resto sarebbe del tutto sconveniente che il giovane Davide rinfac­ ciasse al re il suo poco coraggio. 1

    =

    1 Sam. 17,1-rB,J

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    faceva i l pastore, ha (custodito) il gregge di suo padre. E quando veniva un leone o anche un orso • e si portava via un capo del gregge, 3 5 allora mi lanciavo al suo inseguimento e lo colpivo e gli strappavo l'animale dal­ le fauci. Ma se mi si rivoltava contro, lo afferravo per la criniera 2 e lo uc­ cidevo. 36 Il tuo servo ha abbattuto sia il leone sia l'orso3 e a questo fi­ listeo incirconciso accadrà esattamente come a uno di quelli perché ha deriso le schiere dei guerrieri del Dio vivente». 37 Poi Davide aggiunse: «Il Signore che mi ha salvato dalla forza del leone e dell'orso mi salverà anche dalla forza di questo filisteo». Allora Saul disse a Davide: «Va', dunque, e il Signore sarà con te» . 3 8 Quindi Saul fece rivestire Davide con il proprio abbigliamento; gli pose sulla testa un elmo di bronzo e gli mise una corazza,4 39 poi cinse a Davide la propria spada sopra le vesti. s Dopo di che egli provò a cam­ minare, perché non era abituato a (tutto) ciò. Allora Davide disse a Saul: «Non posso muovermi con queste cose addosso, perché non ci sono abituato». Così Davide se le tolse tutte di dosso. 40 Poi prese in mano il suo bastone, si scelse nel torrente cinque pietre ben levigate, se le mise nella sacca da pastore che aveva con sé - (che gli serviva) da sassiera.6 Con in mano la fionda si diresse verso il filisteo. 41 E il filisteo si avvicinò sempre più a Davide, preceduto dall'uomo che gli portava lo scudo. 42 Ora quando il filisteo guardò verso di lui e vide Davide lo prese in giro perché era ancora un ragazzo giovane; inol­ tre era castano e anche 7 di bell'aspetto. 43 Allora il filisteo disse a Davi­ de: «Sono forse un cane che mi vieni contro con bastoni?». E il filisteo ma­ ledisse Davide per i propri dèi. 44 Poi il filisteo disse a Davide: «Avanti, azzardati a venirmi vicino e darò la tua carne (in pasto) agli uccelli del cielo e alle fiere della campagna». 45 Allora Davide rispose al filisteo: «Tu vieni contro di me con spada, lancia e giavellotto. Ma io vengo conr Le parole we'et-haddob del v. 34 e gam-haddob del v. 36 sono state cambiate di posto per errore e vanno quindi scambiate (cfr. i LXX). 2 I LXX leggono «alla gola» certamente perché solo il leone, ma non l'orso, ha la criniera. 3 V. nota precedente. Le ultime parole mancano in diversi manoscritti dei LXX, presumendo giustamente 4 che l' «abbigliamento» comprendesse l'armatura. D'altra parte in ebraico maddim in­ dica di norma la «tunica» (cfr. Dalman, Arbeit und Sitte v, 1 93 7, 208). 5 Così secondo diversi manoscritti dei LXX. Il T.M. legge: «Poi Davide cinse la sua spada... », espressione che potrebbe essere letta come se Davide possedesse una pro­ pria spada. Naturalmente la lezione dei LXX potrebbe essere sorta proprio per evita­ re tale equivoco. 6 Forse una glossa dovuta a qualcuno che sapeva che il termine jalqut (che ricorre soltanto qui) è il termine tecnico per «sassiera» o «portasassi•. 7 V. a 16,12.

    1 Sam. I7, I-I8,J

    tro di te nel nome del Signore degli eserciti, il Dio delle schiere armate d'Israele, del quale hai parlato con scherno. 46 Oggi il Signore ti conse­ gnerà alla mia mano e io ti ucciderò e ti taglierò la testa e in questo gior­ no darò il tuo cadavere e i cadaveri 1 dell'accampatnento dei Filistei agli uccelli del cielo e alle fiere della terra e tutto il mondo dovrà accorgersi che Israele ha un Dio. 47 E tutta questa assemblea dovrà convincersi che il Signore non ha bisogno di soccorrere con la spada e con la lancia, giacché la guerra appartiene al Signore ed egli vi darà in mano nostra». 48 Ora, 1 quando il filisteo si mosse incontro a Davide e gli si avvicinò, ecco che anche Davide uscì di corsa dallo • schieramento andando velo­ cemente verso il filisteo.2 49 Allora Davide introdusse la mano nella sacca da pastore, vi prese un sasso, frombolò e colpì il filisteo in fronte, con tale forza che il sasso 3 gli penetrò nella fronte; ed egli cadde con la faccia a terra. 50 Così Davide sconfisse il filisteo con fionda e sasso e ha colpito e ucciso il filisteo, non avendo in mano alcuna spada. p Poi Da­ vide corse sul posto, mise il piede sul filisteo, gli strappò la spada, la sguainò e gli diede il colpo di grazia staccandogli la testa. Ora, appena i Filistei videro che il loro campione era morto, si diedero alla fuga. 52 Ma gli uomini d'Israele e di Giuda scattarono in piedi, lanciarono l'urlo di guerra e inseguirono i Filistei, (incalzandoli) fino a Gat4 e fino alle por­ te di Ekron e i corpi dei Filistei caduti erano seminati sulla via che da 1 Shaarajim va fino a Gat e a Ekron. n Allora i figli d'Israele ritornarono dall'inseguimento dei Filistei e saccheggiarono il loro accampamento. 54 Davide, invece, prese la testa del filisteo e la portò e Gerusalemme e pose le sue armi nella tenda del Signore. 5 5 5 (E inoltre), quando Saul vide come Davide si muoveva incontro al filisteo, aveva detto al generale Abner: «Abner, ma di chi è veramente fi­ glio quel ragazzo?». E Abner rispose: «Per la tua vita, o re: magari lo sa­ pessi!» . 56 Allora il re disse: «Informati di chi sia veramente figlio il ra­ gazzo». 57 Quindi, quando Davide ritornò dopo aver sconfitto il fili­ steo, Abner lo prese e lo portò al cospetto di Saul, con in mano ancora la testa del filisteo. 5 8 E Saul gli chiese: «Di chi sei figlio, ragazzo ?». E Davide rispose: «Sono figlio del tuo servo Isai di Betlemme». 18 1 Ora, appena finito il colloquio con Saul, ecco che Gionata chiuse Davide nel proprio cuore e Gionata lo prese ad amare come se stesso. 2 Invece Saul lo prese quel giorno con sé e non lo lasciò ritornare alla 1 V. BH. 2. La seconda metà del versetto manca nel cod. Vaticano dei LXX. V. commento. 3 I LXX aggiungono «perforato l'elmo»; potrebbe trattarsi di un'aggiunta posteriore, nata forse dalla convinzione che il filisteo indossasse un elmo. 4 Così secondo i LXX; il T.M. legge gaj' (= fino a valle). s V. commento.

    1 Sam. Il, I-IB,J

    1 77

    casa di suo padre. 3 Poi Gionata strinse un patto con Davide perché lo amava come se stesso. 4 E Gionata si tolse la tunica che portava e la die­ de a Davide e fece la medesima cosa con tutto l'abbigliamento, spada ar­ co e cintura compresi. 5 E quando Davide scendeva in campo aveva for­ tuna in tutto, ovunque Saul lo inviasse, così che Saul lo pose al comando dei guerrieri. Ciò 1 fece piacere a tutto il popolo, anche ai servi di Saul.

    La storia di Davide e Golia, narrata con stile piacevole ed ele­ gante e conservata anche, per quanto riguarda il testo, in ma­ niera egregia, presenta tuttavia all'interprete tutta una serie di notevoli difficoltà che possono essere classificate in due tipi. Tanto per cominciare, in 2 Sam. 2 I , I 9 si dice che a uccidere Golia di Gat sia stato uno degli uomini di Davide, Elhanan. Di solito si risolve questo problema sostenendo che l'impresa sia stata effettivamente compiuta da Elhanan e supponendo che l'attribuzione a Davide sia avvenuta più tardi. D'altra par­ te la tradizione secondo la quale Davide sarebbe stato ammes­ so alla corte di Saul e avrebbe stretto un particolare legame di amicizia con Gionata (giungendo poi anche a sposare la figlia del re) in seguito a uno straordinario fatto d'armi è già atten­ dibile, tanto più che anche in 1 Sam. 2 I ,I o; 22,5 Davide appare come colui che ha vinto Golia. Potrebbe darsi che il ben noto nome di Golia sia penetrato nel corso della storia della tradi­ z�one nel testo per indicare un personaggio sconosciuto o ano­ nimo. Maggior peso ha invece un secondo aspetto. La storia di Go­ lia smentisce totalmente il cap. I 6, cioè entrambe le sue parti. Essa non presuppone né l'unzione di Davide né la sua venuta alla corte di Saul il quale, come si afferma espressamente al v. 5 5, non conosce ancora Davide. Ora si dà il caso che proprio quelle parti nelle quali salta di più all'occhio l'ignoranza del cap. I 6 ( I 7, I 2-J I ; I 7,5 5 - 1 8,5) manchino nel codice Vaticano dei LXX. All'occorrenza la parte di racçonto che è conservata 1 Soltanto questa traduzione è conforme all'uso ebraico di wajjitab. Generalmente si traduce «egli piaceva», intendendo il gradimento incontrato da Davide. In realtà il testo si riferisce all'insolita promozione di Davide a una carica pubblica importante.

    qui può essere conciliata con la narrazione del cap. 1 6 relativa alla venuta di Davide alla corte di Saul, sebbene Davide com­ paia anche in questa parte della storia di Golia quale pastore e le sue capacità e mansioni musicali non vengano menzionate; inoltre, in tutto il racconto, Saul appare benevolo e del tutto «normale». Come si fa a superare questa difficoltà? Certamen­ te va respinta l'ipotesi (Wellhausen e altri) che il testo sia stato abbreviato in un secondo tempo per ottenere un'armonizza­ zione. Si deve respingerla perché le parti tralasciate s'inseri­ scono senza problemi in un complesso narrativo notevolmen­ te omogeneo e dunque non si tratta, per così dire, di ritagli di scarto. D'altra parte non danno l'impressione di essere state aggiunte in un secondo tempo per rimpolpare la storia. Il mo­ do in cui Davide è giunto alla corte di Saul potrebbe essere stato narrato in maniere diverse in luoghi diversi. Mentre una storia relativa a questo avvenimento è contenuta in I 6, 1 4-23, nei brani tralasciati dai LXX si ha una narrazione differente di questo medesimo fatto la quale vuole raccontare espressamen­ te in che maniera Davide giunga ad avere un legame personale con Saul e con la famiglia reale. Questa seconda storia ha, per così dire, un interesse specifico: intende far apparire l'ascesa di Davide del tutto legittima. Dio ha disposto che Davide, l'uo­ mo umile, venga a trovarsi sulla strada che lo porterà a essere un uomo importante: stimato e chiamato dal re, eletto solen­ nemente amico e fratello dal principe ereditario, destinato a essere lo sposo della principessa in virtù del proprio coraggio, Davide dà qui l'impressione di essere predestinato a diventare il futuro re. Questa forma della storia è stata certamente tra­ smessa in ambienti per i quali era importante far apparire Da­ vide il legittimo successore, secondo i piani e la volontà di Dio, e non un homo novus. Le cose stanno diversamente per quanto riguarda le parti che i LXX e il T.M. hanno in comune. Qui potrebbe darsi che si presupponesse una conoscenza di Davide da parte di Saul, an­ •

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    Stoebe: VT 6 ( 1956) 405 contesta, a torto, questa valutazione.

    1

    Sam. I7,I-I8,J

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    che se la cosa non è del tutto certa. Si può identificare l'am­ biente di appartenenza di qu�ste sezioni notando come in esse si parli diffusamente delle armi. N on si tratta soltanto della minuziosa descrizione dell'equipaggiamento del filisteo: si en­ tra nei particolari anche parlando dell' . 1 Tuttavia de Vaux: RB 65 ( 1 9 5 8) 1 2 5 e Wainwright: VT 9 ( 1 9 59) 79 ricordano giu­ stamente il duello di Sinuhe, dove si ha di fatto un episodio incredibilmente somi­ gliante (cfr. AOT, 57 s.). 3 Gressmann, 18. Bibliografia precedente relativa agli «eroi armati secondo .le descri­ zioni omeriche» è citata in Hempel, op. cit. e ora anche in Wainwright: VT 9 ( 1 959) 79 s. e Yadin: Palestinian Exploration Quarterly 86 (195 5) 5 8-69.

    I Sam. 17,1-rB,J

    181

    mezzo di protezione, così da non lasciare alcuna probabilità all'aggressore. Ai mezzi di difesa si aggiungono poi quelli di offesa, tra i quali non viene menzionata neanche una sola volta la spada: il più piccolo giavellotto che il filisteo, tenendolo� sempre a portata di mano, porta con noncuranza sulla spalla (v. sopra, p. I 72 n. 3), e la lancia vera e propria, portata forse da scudieri, la cui robustezza viene segnalata dal paragone con il subbio del tessitore e sottolineata dal peso della punta di fer­ ro (da sola 6- 7 kg).l Armato in questa maniera paurosa il fili­ steo sfida (vv. 8- 1 1 ) gli Israeliti a duello per decidere chi dovrà essere servo d eli' altro. Lo scherno consiste nel fatto che Golia non prenda sul serio la possibilità che vi sia un israelita che osi affrontarlo. Che in questo modo il filisteo non si faccia beffe soltanto di Saul, cioè della monarchia d'Israele (v. 8), bensì an­ che del Dio d'Israele, risulta soltanto dal racconto nel suo in­ sieme, precisamente dalla comparsa di Davide sulla scena. 1

    12-1 5· A questo punto, per così dire, la storia ricomincia con una rapida biografia di Davide. Sembra quasi che sia la prima volta che si parli di Davide. Nella forma originale del racconto si è voluto dire proprio questo. Colui che ha dato alla storia la sua forma attuale ovvero che l'ha costruita combinando il materiale, ha messo in evidenza la coesione del tutto mediante il termine hazzeh (v. sopra) e anche ricordando gli otto figli di Isai (v. I 2), l mentre dal proseguimento della storia si ha l'im­ pressione che in origine si sia parlato soltanto di quattro figli, cioè dei tre partiti in guerra e di quello rimasto a casa. Soltanto così hanno un senso le parole con cui Eliab rimprovera suc­ cessivamente Davide. Il tentativo più lampante di armonizzare i materiali è offerto tuttavia dal v. I 5: chi ha scritto questo ver1 Forse perché non immediatamente visibile; la figura del «gigante Golia» non è pen­ sata, ma vista. 1 Si noti particolarmente che la punta è di ferro. Ci si trova nel momento di transizio­ ne tra l'età del «bronzo• e quella del «ferro». 3 Cfr. 16, 1 o. In I Chron. 2,1 5 Davide è il settimo figlio.

    1 Sam. I7, I-I8,J

    setto si immagina che Davide si sia recato solo occasionalmen­ te alla corte di Saul a Gibea, quando lo richiedeva la malattia del re, ma che per il resto sia rimasto in tutto e per tutto figlio del padre, con i relativi obblighi la:vorativi. Questo versetto è prezioso perché sintomatico della maniera in cui l'autore po­ steriore ha intrapreso a unificare l'intero materiale non solo dal punto di vista teologico (operazione affatto legittima), ma anche da quello storico. Isai, come la famiglia in cui entra Rut col matrimonio (Ruth I ,2) e dalla quale uscirà, secondo Mich. 5, I , il messia, viene messo in relazione con Efrat, il nome di una zona agri­ cola di Betlemme o nelle sue vicinanze. Egli viene presentato come un uomo avanti negli anni, certamente troppo vecchio per partire soldato, ma pur sempre a capo della propria fami­ glia. Il compito che egli affida a Davide rivela, allo stesso tem­ po, cura e saggezza (vv. I 6- 1 9). Davide deve portare ai tre fratelli provviste. No n trattandosi di una guerra di movimen­ to, nella quale è possibile saccheggiare e fare bottino, bensì di una guerra (lunga: v. 1 6) di posizione e dovendo ogni soldato, a quanto pare, provvedere al proprio mantenimento, la deci­ sione di Isai è comprensibile e necessaria. Il «grano arrostito» è considerato già una leccornia. • Il dono particolare previsto per il comandante del reparto è un gesto sia realistico sia sim­ patico. Il «pegno» richiesto da Davide serve a confermare sia l'avvenuta consegna ai destinatari giusti sia anche che i fratelli sono ancora vivi. Questa usanza di richiedere un 'arbun (ara­ bo, dal greco arrabon) è viva ancora oggi in Oriente. Certo non si pensa alla consegna del soldo al genitore (così Schulz). Si racconta poi (vv. 20-22a) in toni vivaci come Davide, che evi­ dentemente si è messo in cammino molto presto, giunga al campo d'Israele proprio nell'istante in cui le truppe si muovo­ no per occupare la propria posizione. La manovra militare af­ fascina così tanto il giovane Davide che egli dimentica per un 1 6-z.2.a.

    1

    Cfr. Ruth 2, 1 4. Un efa corrisponde a 36 l.

    r Sam. I7,I-r8,J

    momento ciò per cui era venuto (certamente non ha portato ancora a termine la sua missione quando si mette a fare do­ mande ai soldati} e va al fronte insieme con le truppe. Questo comportamento genuinamente umano sta al servizio di una guida superiore: Davide viene a contatto con i Filistei. L' ese­ cuzione dell'ordine paterno non viene più seguita dal narrato­ re; il lettore può desumere dal deposito del carico non indiffe­ rente presso l'addetto alle salmerie che tutto sia comunque andato a buon fine. Per l'economia dell'azione questo partico­ lare viene lasciato da parte perché non indispensabile; il com­ pito affidato da Isai al figlio era funzionale a un unico aspetto: in questo modo Davide è arrivato alla meta voluta da Dio. �2b-3 1. No n ha fatto quasi in tempo a trovare e salutare i fra­ telli, che Davide scorge il filisteo. La reazione degli Israeliti all'apparire di costui è descritta come in precedenza: in questo modo il narratore prepara la scena per quello che Davide oserà e farà in seguito. Al riguardo si deve ricordare che «timore», in senso biblico, non equivale necessariamente a paura o a vi­ gliaccheria. Spesso esso denota solo il comportamento umano davanti a un fatto insolito o pauroso (ad esempio il timore dei pastori nella storia del natale) e spesso la menzione del «timo­ re» degli uomini serve solo a spiegare che è all'opera non l'uo­ mo, bensì Dio (ad es. Iud. 7). Al medesimo tempo ciò offre l'occasione per fornire una notizia fin qui ignota: il re promet­ te benefici economici e, soprattutto, la mano della principessa a chi riuscirà a sconfiggere il filisteo. Questo è un motivo non sconosciuto alla favolistica che qui viene ricordato perché i fat­ ti si sono storicamente svolti così. La descrizione della scena continua (vv. 26-3 1) facendo vedere come Davide, che eviden­ temente non aveva ben capito le parole di quelli che parlava­ no, esprima il proprio disappunto e, di certo, la disponibilità a combattere non per la ricompensa promessa, ma perché ritie1

    I In Oriente chiedere a una persona come stia è un'operazione seria che richiede mol­ to tempo; in dialoghi del genere ricorre più volte l'espressione kif palak (= come va?).

    1

    Sam. 17, 1-IB,J

    ne insopportabile che un incirconciso, dti nque uno che adora idoli morti (cfr. il cap. 5 ), si faccia gioco del popolo di Dio e, quindi, del Dio vivente. Questo particolare è molto importan­ te per una giusta valutazione di tutto il racconto. Anche l'in­ termezzo col fratello non serve soltanto a dare vivacità al rac­ conto: il narratore vuole così dimostrare che Davide non s'im­ mischia in queste faccende da uomini né per arroganza né per amore di avventura, ma perché, come nel caso dei sogni di Giu­ seppe, 1 dietro alle parole del giovane sta un misterioso dise­ gno divino. Il lettore di tutta l'opera avrà pensato a questo pun­ to all'unzione, della quale la storia stessa nulla sa. Invece la critica di Eliab alle parole e al comportamento di Davide ha proprio lo scopo di spingere Davide a esternare la propria opi­ nione ad altre persone, così che, naturalmente senza che lui lo voglia, le sue parole comincino a circolare tra le truppe fino a giungere agli orecchi del re.2 3 .2-3 7. Il dialogo tra Saul e Davide entra in medias res con una rapidità che, considerato l'andamento precedente della narra­ zione, è del tutto inattesa. In questa occasione Davide si offre, ora senza possibilità di equivoco, di affrontare il gigante. Egli porta a sostegno della sua offerta l'esperienza fatta con leoni e orsi quando, pastore, quegli animali da preda attaccavano il suo gregge. Il valore dei pastori palestinesi fa parte del loro or­ goglio professionale, 3 ma ha anche altre ragioni: il pastore è responsabile verso il padrone· di ogni capo del gregge e deve risarcirlo per l'animale portato via, a meno di poter provare, ad esempio mostrando i resti dell'animale dilaniato (cfr. Am. 3 , 1 2; Ex. 22, 1 2 ) , che la perdita è veramente dovuta a una fiera. 1 Stoebe: VT 6 (1956) 401 ss. pensa anche a (ulteriori) «elementi tradizionali della storia di Giuseppe» . .1 Forse dopo il v. 3 1 , che termina troppo bruscamente, si narrava come Saul chiedesse informazioni suWaudace autore di quelle parole. I LXX aggiungono almeno un «e lo portarono da Sauh>, Forse i vv. S 5 ss. sono la causa di questa espunzione. 3 Questo elemento è, ad esempio, importante per comprendere Ps. 2 3,3 («a motivo .. del suo nome»).

    I Sam. I7,I-I8,J

    Ma soprattutto Davide ribadisce anche qui che la sfida lanciata da Golia ha chiamato in causa il Signore stesso. In questo mo­ do Golia viene a rappresentare la potenza ostile a Dio e Davi­ de non appare qui soltanto un credente schietto e audace che si affida al Signore in qualsiasi situazione, ma allo stesso tem­ po lo strumento del dis �gno divino. 3 8-47. Di conseguenza Saul, al principio piuttosto scettico ri­ guardo all'impresa, dà il proprio consenso, essendosi certa­ mente reso anche conto che qui non si trattava soltanto della spregiudicatezza di un giovane. Il fatto che egli conceda le pro­ prie armi, cioè le armi del re, a Davide indica in che misura Saul consideri l'imminente duello un avvenimento ufficiale. Davide nell'armatura di Saul: il lettore potrebbe aver visto qui molto di più del semplice sforzo del re di dare al «giovane co­ raggioso» il massimo aiuto possibile. Ma le cose non sono an­ cora giunte a questo punto: l'armatura non è ancora adatta a Davide! E inoltre il Signore non vuole sconfiggere il gigante dalla pesante corazza mediante un uomo forte della propria armatura, ma mediante uno vulnerabile nei propri panni. Da­ vide raccoglie dal wadi i sassi che gli servono per la fionda e s'incammina, nei suoi abiti da pastore, incontro al filisteo. La descrizione di Davide è fatta anche qui con particolare affetto e ricorda le parole usate in I 6, I 2: si tratta evidentemente della descrizione tipica del giovane Davide. Naturalmente Golia si ferma a osservare soltanto la figura minuta e il volto imberbe. Il suo «disprezzo» si riferisce al fatto che gli si fa incontro uno che non è neanche un vero guerriero e che non dispone nean­ che delle armi adatte. Il dialogo che si svolge tra i due ricorda da lontano le parole che si scambiavano prima dello scontro gli eroi omerici, sebbene le parole di Davide portino proprio qui alla ribalta l'interesse teologico del capitolo. Il filisteo in­ circonciso, anzi «tutto il mondo» dovrà accorgersi che Israele ha un Dio il cui nome basta a stendere al suolo l'uomo più forte: questa testimonianza è il senso dell'intero racconto. Nel-

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    1 Sam. 17,1-I8,J

    l'affermazione di Davide che questo Dio non ha bisogno né di lancia né di spada per soccorrere, che egli umilia dunque ciò che è forte mediante ciò che è debole risuona chiaramente un principio fondamentale del regno di Dio.• In maniera degna della massima attenzione alla fine della pericope non si parla di popolo, ma di qahal, l'assemblea (cultuale) ! Anche questo testo si colloca fondamentalmente in seno alla comunità che ascolta. 48-5 1 a. La descrizione dello scontro stesso non è del tutto chiara. Il T.M., ma non il cod. B dei LXX (vv. 40 s.), racconta come non solo Davide corra incontro a Golia, ma come anche il filisteo si muova verso Davide; al v. 48 avviene invece il con­ trario. Inoltre il T.M. racconta che Davide sarebbe corso «ver­ so la linea di combattimento», un'affermazione difficilmente esatta (v. sopra). Se il v. 48b, di per sé superfluo, ha una qual­ che ragione di essere, allora esso deve voler dire che Davide uscì dallo schieramento israelitico andando verso Golia fino a giungere al punto in cui avrebbe potuto servirsi con la massi­ ma efficacia della fionda. Segue poi, con sicurezza infallibile, il colpo che stende subito il filisteo al suolo. Il testo vuole sicu­ ramente significare che il filisteo cade stordito al suolo e viene ucciso soltanto dal colpo di spada di Davide. L'inciso del v. 50 sottolinea, con riferimento al v. 47, come la vittoria non sia stata ottenuta con le armi convenzionali. Si tirano dunque le somme partendo dal punto di vista teologico assunto qui. Per­ tanto non è necessario vedere una contraddizione tra il v. 50 e il contesto, quasi che il v. 50 affermi che il filisteo sia stato «ucciso» dal sasso e che la decapitazione sia poi avvenuta in un secondo momento come atto distinto. In realtà ciò che questo testo sottolinea e che la comunità che ha ascoltato e tra­ mandato questa storia ha certamente colto e celebrato è che Dio 1 E. Hirsch non coglie affatto questo aspetto quando sostiene che la storia di Golia va interpretata alla luce del libro di Giuditta (Das A. T. und die Predigt des Evange­

    liums, 1936, 33-49).

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    Sam. 17, 1-18,5

    ha compiuto la sua opera di salvezza senza che colui che era stato chiamato a realizzarla abbia avuto in mano una spada. 5 1b-s4· Si narra solo sommariamente l'assalto d'Israele, la fu­ ga dei Filistei e il saccheggio dell'accampamento nemico. Nel quadro storico della guerra con i Filistei quello narrato qui non è che un episodio, non certo una fase decisiva, come aveva proclamato Golia nella certezza della sua vittoria, che avrebbe stabilito chi avrebbe dominato sull'altro. Il racconto non ri­ torna neanche più su questo aspetto, ma si affretta verso il pun­ to nel quale si dit:e dove siano state riposte le armi di Golia e il suo capo mozzato. Il versetto nel quale si dà tale notizia è sor­ prendente già per il semplice fatto che segna la fine della sto­ ria, che tuttavia (vv. 5 5 ss.) in un primo momento non è affat­ to conclusa. Ancora più singolare è che Davide avrebbe porta­ to la testa a Gerusalemme, che al tempo era ancora in mano ai Gebusei. L'unica spiegazione possibile è che si sapeva che la «reliquia» 1 si sarebbe più tardi effettivamente trovata a Geru­ salemme dove veniva esposta.1 Le cose stanno diversamente per quanto riguarda le armi di Golia che Davide avrebbe por­ tato nella «sua tenda». Questa è una annotazione incompren­ sibile perché Davide, che fino a questo momento non è che fi­ glia di suo padre, non aveva alcuna «tenda)). Piuttosto si dovrà considerare be'oholo errore di scrittura per b e ' oboli, dove j sa­ rebbe abbreviazione di jhwh: l'espressione denoterebbe quin­ di il tabernacolo di Jahvé dal quale più tardi (cap. 2 1 ) Davide riprende la spada di Golia. 3 Più sopra si è già avanzata l'ipote1 Così Uhland nella ballata Roland Schildtriiger dove si tratta anche di una gigantesca testa (e della mano mozzata) . .2 Cfr. ZAW 47 ( 1929) 1 78 n. 2. - Non si deve neanche escludere che a Gerusalemme esistesse un masso roccioso che veniva chiamato «teschio di Golia», L'origine del nome Golgota («teschio») non è ancora chiarita (cfr. J. Jeremias, Golgotha, 1926, 1 s.). È possibile che sussista a questo proposito un nesso che tuttavia in seguito sareb­ be stato dimenticato, precisamente a favore della tradizione del «teschio» di Adamo che è stato anch"esso immaginato di dimensioni gigantesche. 3 Per la questione cfr. Hertzberg, Mizpa: ZAW 47 ( 1 929 ) 161 ss., spec. 178. Là si ri-

    188

    r Sam. 17, r-r8,J

    si che il luogo ove si custodiva il tabernacolo, cioè Mispa, sia il posto nel quale sarebbe stata tramandata questa parte della sto­ ria di Davide che mostra un interesse particolare per le armi. s s- 58. La continuazione e conclusione del racconto riportano in un primo momento, con stile ricapitolativo rispetto all'inte­ ra unità narrativa, il desiderio di Saul di avere informazioni sull'identità e la famiglia di Davide che quindi sembrano del tutto sconosciute sia al re sia ad Abner, il suo generale. È stato fatto già notare come questa parte della tradizione, narrata con tanta vivacità, sarà stata collocata in un luogo nel quale era vi­ vo l'interesse a mostrare Davide quale legittimo candidato alla successione al trono di Saul. Non è possibile, in verità, indovi­ nare dove fosse tale sede. Tuttavia è possibile dire una cosa: a giudicare dagli elementi che qui vengono sottolineati, deve es­ sersi trattato di qualcuno che conosceva molto bene le inten­ zioni di Davide: così potrebbe essere stato lo stesso Davide a volere che si interpretasse in questa maniera il suo inserimento nella linea di successione al trono, salvaguardando al massimo il primo re e la sua famiglia! 1 8,1-4. Perciò si colloca a questo punto la più bella descrizio­ ne di un'amicizia che si abbia nella Bibbia, quella tra Gionata e Davide. Da parte di Gionata essa è del tutto disinteressata; non si dice nulla, almeno qui, per quel che riguarda Davide, ma l'eco da parte sua sarà stata analoga (cfr. soprattutto 2 Sam. 1 ). Come viene descritto qui e anche altre volte, Davide è eviden­ temente una persona dotata di qualità particolarmente amabi­ li; conquista i cuori al primo assalto ed essi gli rimangono tut­ ti soggiogati. Egli è veramente uno «con il quale» il Signore è ( 1 6, 1 8; 1 7,37).• Per quanto riguarda Gionata qui si va oltre i corda (n. 5) che in 1 Sam. 3 I , Io anche i Filistei portano le anni dell'eminente nemico nel loro tempio. 1 Stoebe: VT 6 ( 1 956) 407: «Si potrebbe vedere una particolare sottigliezza di questo racconto nel fatto che proprio Saul debba riconoscere tale realtà».

    r

    Sam. r8,6-r6

    sentimenti personali di amichevole simpatia e si giunge a un «patto» solenne che è stato sicuramente concluso al cospetto di Jahvé e in una forma (cultuale) consolidata! Anche la con­ segna da parte di Gionata dei propri abiti e delle proprie armi a Davide è più del semplice atto di generosità del principe ver­ so il giovane pastore che non possiede né abiti adatti alla vita di corte né equipaggiamento militare. Si tratta di un ricono­ scimento dell'alter ego nel patto di amicizia e proprio l'abito è considerato in tale misura una parte della persona che lo in­ dossa che la sua consegna a un altro equivale al dono di se stessi. N o n è un caso che qui ricorra due volte l'espressione kenafso come se stesso. 2 Il patto è stato rispettato da entram­ be le parti fino alla morte di Gionata, anzi da Davide anche ol­ tre questo evento. Essi erano veramente «fratelli» (2 Sam. 1 ,26). =

    5. Ma anche

    il padre di Gionata 3 dimostra fiducia e affetto per Davide il quale rimane ora a corte e riceve incarichi militari che egli porta a termine con la massima soddisfazione; anche l'alta posizione che egli ottiene così viene approvata non solo dal «popolo», cioè in prima linea dalle truppe, ma anche, e senza invidia, dai funzionari di corte, cosa che non avviene tutti i giorni ! Non si fa ancora parola, invece, del premio pro­ messo per la vittoria: la mano della principessa. Questa storia la si troverà più avanti. 4·

    Gelosia di Saul per Davide (1 8,6-16)

    6 Ora, al loro ritorno in patria, - (cioè) quando Davide ritornò dalla

    vittoria sul filisteo - le donne uscirono da tutte le città d'Israele cantan1 Cfr. Budde a I S,J, che riprende il suggerimento di Klostermann di leggere come me­ la� il basileus dei LXX, ipotizzando così un «patto di sale». 2 Per questo argomento cfr. in particolare Gressmann, 75· 3 Eissfeldt, Komposition, I 2 ha supposto che il soggetto di I 8,2 sia stato in origine non Saul, bensì Gionata il quale, per il vero, secondo la «fonte» che qui parla, sarebbe sta­ to il «signore di Davide». D'altro canto la tradizione sa che all'inizio anche il rappor­ to di Saul con Davide è stato del tutto positivo; v. anche il commento a 1 8,20 ss., ecc.

    1 Sam. r8,6-r6

    do e ballando, 1 andando incontro al re Saul con tamburelli, (grida di) gioia e sistri. 7 E le donne si misero a cantare con allegrezza a gran vo­ ce: «Saul ha ucciso i suoi mille e Davide i suoi diecimila!». 8 Allora un'ira ardente s'impossessò di Saul 1 ed egli considerò una faccenda seria che esse dicessero una cosa del genere e disse: «A Davide hanno dato dieci­ mila e a me soltanto mille! A questo punto gli manca soltanto il regno! » . 9 Avvenne così che a cominciare d a quel giorno e anche i n seguito Saul guardò Davide storto. Io Poi, il giorno dopo, uno spirito malvagio di Dio assalì Saul che in mezzo al palazzo entrò in (uno stato di) furore profetico, mentre Davide, come al solito, mise mano alla cetra. Saul, in­ vece, mise mano alla lancia. I 1 (Improvvisamente) Saul impugnò 3 la lan­ eia dicendosi: «Voglio inchiodare Davide alla parete!». Ma Davide lo schivò per ben due volte. I 2 Allora Saul cominciò ad aver timore di Davide perché il Signore era con lui e aveva, invece, abbandonato Saul. 1 3 Poi Saul lo allontanò dalla propria presenza e lo nominò comandante di un migliaio e così egli partiva e ritornava alla testa delle truppe. 14 E Davide aveva successo in qualsiasi impresa (perché) il Signore era con lui. 1 5 Ora, quando Saul vide che egli aveva grande successo, prese a detestarlo. I6 Davide piace­ va invece a tutto Israele e a Giuda, quando partiva e ritornava alla loro testa.

    La tragicità della vita di Saul è risaputa. Il Si gnore lo ha ap­ pena chiamato a essere re, ed ecco che egli si rende colpevole nei suoi confronti; ha appena trovato un degno aiutante, otti­ mo sotto ogni punto di vista, e la sfiducia s'insinua ad avvele­ nare quel rapporto che inizialmente era tanto promettente. Co­ sì il quadro che viene qui tratteggiato non è soltanto insolita­ mente plastico, ma anche commovente. La buona stella di Da­ vide ascende nella medesima misura in cui la cattiva stella di Saul diventa più visibile. Il brano che racconta questa evolu­ zione non getta, comunque, solo ombre su Saul, ma la spiega addirittura psicologicamente, in una maniera che per la Bibbia è abbastanza insolita. 6. La struttura del racconto attuale sottolinea tale aspetto. Il passo è formato da tre parti che sono state messe qui insieme, 1 1

    T.M. alla lettera: «Per cantare e le danze».

    Queste parole mancano nei LXX; v. éommento.

    3 V. BH.

    r

    Sam. r8,6-r6

    ma che dovrebbero avere avuto, a quanto sembra e come si ve­ de soprattutto nel caso della seconda, origine indipendente. In un primo momento si racconta il ritorno dalla guerra. I ver­ setti si ricollegano alla storia di Golia e appartengono pro­ priamente a essa. Nei LXX il v. 6 recita: «Allora, da tutte le cit­ tà d'Israele le danzatrici uscirono incontro a Davide con tam­ burelli, grida di gioia e sistri». Manca la frase introduttiva che nel T.M. appare invece addirittura due volte. Evidentemente la tradizione era incerta riguardo alla persona incontro alla quale le donne uscivano festanti. Secondo la versione attestata dalla seconda frase introduttiva del T.M. («quando Davide ritornò dalla vittoria sul filisteo») e dai LXX le danzatrici sono uscite incontro a Davide; secondo l'altra, incontro a Saul ed è a que­ sta seconda versione che si adatterebbe l'inizio «ora, quando tornarono in patria». Proprio questo doppio inizio rispecchia bene l'incertezza della tradizione. La prima delle dtie tradizio­ ni è la più comprensibile. No n è pensabile che le donne abbia­ no osato cantare a Saul questo ritornello che comunque lo metteva al secondo posto, mentre è del tutto immaginabile che esso venisse cantato alla p resenza del solo Davide. D'altra par­ te la forma attuale del T .M. rende ancora più comprensibile perché Saul abbia provato subito gelosia per Davide. Chi co­ nosce il seguito della storia sa anche che la diffidenza di Saul era profondamente giustificata: Davide è veramente colui che è stato destinato a essere il successore di Saul. 7.8. La danza di saluto delle donne rispecchia un uso ancora oggi vivo in Oriente. Si tratta di una fantasia, come la si può spesso vedere, ad esempio, in occasione di un matrimonio. Le donne ( gli uomini, naturalmente, si comportano in modo ana­ logo) formano una lunga fila che si muove ritmicamente, fa­ cendo p assi in avanti e in dietro, spesso ripetendo determinati ritornelli. Nel nostro testo si ha la medesima scena. La percus­ sione dei tamburelli e il suono dei sistri agitati vengono inter­ rotti dall'acuto trillo delle donne, ottenuto muovendo rapida-

    I Sam. 18,6-16

    ·mente in fuori e in dentro la lingua. È il tipico suono che si può sentire ancora oggi in occasione di qualsiasi festa araba. Il distico, che nel testo originale è in rima, non intende certa­ mente sminuire Sau l, ma lui ha questa impressione. Anche nel­ la descrizione dell , effetto del ritornello sembra proprio che la prima frase (che tnanca nei LXX) appartenga alla tradizione secondo la quale le donne sarebbero uscite incontro a Saul. La reazione di Saul viene considerata esagerata e patologica, ma tutto sommato - nel contesto complessivo del materiale relati­ vo ai rapporti tra Saul e Davide - ancora una volta non del tutto ingiustificato: in realtà a Davide manca soltanto la coro­ na. Sotto l'aspetto psicologico Saul vede solo fantasmi, ma nel complesso della vic enda la sua intuizione è corretta. Si inserisce qui un episodio che in sé appartiene a uno stadio di sviluppo successivo e che inoltre non narra, come il resto, di Davide quale giovane guerriero, bensì di Davide qua­ le suonato re di cetra. L'episodio ritorna ancora, sia pure in for­ ma diversa e indipendente, in 1 9,9 s. L'assenza dei vv. 1 0 s. nel cod. B mostra l'esistenza di ambienti consapevoli della etero­ geneità del material e. Ora, la presenza a questo punto del mo­ tivo della gelosia Otn icida, non è d'altra parte inopportuna. Se, dal ritorno in patria in poi, Saul ha nei confronti di Davide un atteggiamento di so spettosa gelosia, allora il tentativo di to­ glierlo definitivamente di mezzo con un colpo di lancia non ne è che una consegu enza, del resto, poi, particolarm ente com­ prensibile se fosse giusto leggere wajj#tol («e alzò» la lancia) invece di (T.M.) wajjatel («e scagliò»). Si può inoltre supporre che Davide non fosse nuovo a simili esperienze. N el contesto complessivo la cond izione di Saul dà l'im pressione che l'inti­ ma irritazione per i l canto delle donne abbia addirittura favo-

    9-1 1 .

    1



    Qui la figura di Saul viene associata per la prima vol ta alla lancia. In segui to egli ver­

    rà rappresentato frequent� mente con tale arma (cfr. spec. Gressmann, 78 s.): la sua

    immagine si è probabilmente fissata otticamen te così, con la lancia in mano, nella memoria dei posteri.

    r

    Sam. r8,6-r6

    1 93

    rito il nuovo attacco. È singolare, e certamente non casuale, che il vocabolario usato nei nostri versetti corrisponda a quello di 10,6 e soprattutto di I o, I o, dove lo «spirito» «si impadroni­ sce» di Saul «in mezzo» ai profeti, così che egli entra in uno stato di «furore profetico». Si tratta del medesimo fenomeno, solo che nel cap. 1 8 la possessione è dovuta a uno spirito «mal­ vagio» mandato da Dio. Nella sua condizione Saul è insolita­ mente recettivo a tali influssi, sia buoni sia cattivi. Tutto ciò rientra nel quadro complessivo della sua tragedia. È opportu­ no notare come nel nostro testo sia presente anche il tentativo di capire la natura di Saul e di scusarlo, quindi, in una certa mi­ sura. Tutto l'episodio è pervaso da una partecipazione sentita e piena di comprensione. 1�-16. Naturalmente tutto ciò non impedisce all'autore di mo­ strare l'inarrestabile e continua ascesa di Davide nonostante la diffidenza del re. Saul detesta ormai Davide e lo manda al fronte. Qui non è detto che il re faccia ciò per esporre Davide al pericolo, ma un'idea del genere si può leggere tra le righe. Ma anche questo tentativo, guardato con gli occhi di Saul, non è che un altro atto della tragedia del re: invece di scomparire, Davide sale sempre più in alto. Egli dispiega le sue doti di sol­ dato e di capo e la propria peculiare capacità di catturare i cuo­ ri di coloro con i quali viene in contatto. Egli si erge, sicuro e splendido, amato da tutti: non solo dalla sua tribù di Giuda, ma anche da tutto Israele, come il testo precisa esplicitamente; il re rimane invece chiuso nella sua triste solitudine, recrimi­ nando terrorizzato perché tutti i suoi sforzi sembrano sortire l'effetto opposto a quello voluto e sperato. Così stanno lì, uno davanti all'altro, colui «con il quale» il Signore è e colui dal quale il Signore si è allontanato. Questo è il significato di tutto il passo. Il testo non vuole commentare le capacità o le condi­ zioni umane, bensì narrare come Dio guidi i destini di due uo­ mini e soprattutto di ciò, infatti, si tratta qui - la storia del po­ polo di Dio. -

    S· Davide

    diventa genero del re ( 1 8,17-30)

    17 Poi Saul disse a Davide: «Ecco qui mia figlia maggiore, Merab; ti darò lei in moglie. Solo dimostrami che sei valoroso e combatti le battaglie del Signore! >>. Ma in realtà Saul si diceva: «Non voglio essere io a met­ tergli la mano addosso; che siano i Filistei a farlo!». x 8 Ma Davide disse a Saul: «Chi sono io e che cosa è mai la mia famiglia ' - la famiglia di mio padre 2 - in Israele, che io debba diventare genero del re ?». 2 1 b Al­ lora Saul disse a Davide: «Tra due anni da oggi 3 puoi diventare mio ge­ nero». 1 9 Ma quando giunse il tempo che si sarebbe dovuta dare a Da­ vide la figlia di Saul, Merab, essa fu invece data in moglie ad Adriel di Mehola. 20 Allora l'altra figlia di Saul, Mical, s'innamorò di Davide e quando la cosa venne riferita a Saul questi fu contento. 2 1 a Infatti Saul si disse: «Gliela darò, affinché essa divenga per lui una trappola e i Filistei gli mettano le mani addosso)>.4 22 Così Saul ordinò ai suoi servi: «Parlate in segreto con Davide e dite: Tu sai di piacere al re e di piacere a tutti i suoi servitori; adesso hai l'occasione per diventare genero del re». 23 Al­ lora i servi di Saul fecero giungere agli orecchi di Davide queste parole. Ma Davide disse: «Vi sembra che sia una cosa così da poco diventare genero del re, io che non sono altro che un uomo povero e umile ?». 24 E i servi di Saul gli riferirono e dissero: «Davide si è espresso in questi ter­ mini». 25 Allora Saul disse: «Direte così a Davide: Il re non richiede al­ cun prezzo per la sposa, ma solo cento prepuzi filistei per vendicarsi dei nemici del re» . Saul cercava infatti il modo di far cadere Davide in mano dei Filistei. 26 Quindi i suoi servi riferirono a Davide queste parole e Davide accettò di diventare in questo modo genero del re. 5 Il tempo (previsto) non era ancora passato 27 che Davide si mise in marcia, partì, lui con i suoi uomini, e uccise duecento uomini dei Filistei. Poi Davide portò i loro prepuzi ed essi li presentarono 6 in numero esano al re; co-

    . v. BH. Con questa glossa si vuole confermare il significato insolito di paj = famiglia. 3 V. BH e la nota seguente. 4 Nel v. 21b il T.M. legge erroneamente bistajim invece di bisnatajim. Questo errore di scrittura potrebbe essere la ragione per la quale la seconda metà del versetto sia sta­ to spostata da quella che era presumibilmente la sua posizione originaria (dopo il v. 1 8) a dopo il v. 2 1 a, dove sta proprio fuori posto, giacché le trattative per la mano di Mical vengono condotte per via indiretta. Il responsabile dello spostamento del v. 2 1 b era convinto che Saul avesse ora promesso «due volte» una figlia a Davide. 5 Letteralmente: «E la cosa andò bene a Davide, per diventare così genero del re». 6 Alcuni manoscritti leggono: «Ed egli li pose», ma si tratta cenamente di una sempli­ ficazione. 1

    1

    Sam. IB, Il-JO

    19 5

    sì egli poteva diventare genero del re e Saul gli diede in moglie sua figlia Mical. 28 Ora quando Saul fu costretto a vedere e ad ammettere 1 che il Si­ gnore era con Davide e che anche sua figlia Mical lo amava, 29 ecco che Saul ebbe ancora più timore di Davide e così Saul divenne nemico eter­ no di Davide. 30 Ma quando i principi dei Filistei uscirono per guer­ reggiare si dimostrò, non appena essi attaccarono, che Davide era supe­ r� ore a tutti gli altri servi di Saul, così che il suo nome divenne famosis­ simo.

    La storia di come Davide divenga genero di Saul descrive una nuova fase dell'ascesa di Davide, anzi una fase particolar­ mente importante. Qui la legittimità della successione è quan­ to mai palese. In verità il materiale, così com'è adesso, si collo­ ca in una prospettiva essenzialmente diversa: la spaccatura tra Saul e Davide diventa più profonda. Tuttavia, se si esamina il testo con occhio attento, si vede come il materiale non formi un complesso omogeneo. È invero singolare che Saul, quando decide di eliminare Davide (vv. 1 7b.2 Ia. 2 5 b), impieghi a que­ sto scopo le figlie come preziosa posta del gioco. N on avrebbe potuto, ad esempio, affidargli la missione di riportargli i pre­ puzi dei Filistei senza usare come esca la principessa Mical ? Le indicazioni relative ai pensieri nascosti di Saul accompagnano l'andamento normale del racconto, senza per altro confonder­ si con esso. Si può fare una prova molto semplice: si legga il testo tralasciando i vv. I 7b, 2 I a, 2 5 b. Facendo così si ottiene un racconto che fila a meraviglia, nel quale Saul non solo si comporta con Davide senza sospetti, ma talvolta (v. 22) persi­ no con benevolenza. Inoltre i tre suddetti mezzi versetti sono tra loro così simili che viene istintivo attribuirli necessariamen­ te alla voce di uno stesso suggeritore. Anche i vv. 28 s. sono ac­ qua del medesimo pozzo, mentre per il v. 30 la situazione è an­ cora diversa. Se queste osservazioni sono fondate, allora si può vedere 1 «Ammettere» manca nei LXX, cod. B, e potrebbe anche essere un'aggiunta. Il T.M. vuole presentare ciò che segue come frutto dell'osservazione e delle considerazioni ann esse.

    1

    Sam.

    1 8, 17-J O

    che il materiale ha subito un'evoluzione il cui riconoscimento consente di gettare uno sguardo nella situazione storica. A questo proposito si deve ancora considerare che l'episodio che riguarda Merab rappresenta una sorta di parallelo della storia di Mical e, inoltre, questa non presuppone affatto quella. Si po­ trebbe dire che la questione di Merab vada collegata con 1 7, 2 5 . N el caso di Mical, invece, la situazione è diversa: qui lo spunto non viene da una precedente promessa, ma tutto ha inizio con l'amore della ragazza per Davide. L'autore ha co­ munque intrecciato le due storie e se ne è servito per tessere un quadro dalle tinte estremamente vivaci. Per capire bene il brano è necessario considerare bene sia le singole componenti sia la sua forma attuale. 1 7-19. Come si è accennato, l'inizio dà l'impressione che si in­ tenda alludere alla promessa del re di I 7,2 5 . Qui Budde («già la costruzione dimostra che le parole di Saul derivano da un impegno preso») ha ragione rispetto a Gressmann («il testo attuale di ·questo aneddoto non rimanda neanche con una sil­ laba al premio promesso al vincitore nella storia di Golia»). Se non altro Budde riflette l'opinione dell'autore finale perché, in caso contrario, quel particolare del cap. I 7 cadrebbe proprio nel dimenticatoio. Nel cod. Vaticano manca del tutto l'episo­ dio di Merab, come manca anche quella parte del cap. 1 7 che contiene la relativa promessa: una conferma indiretta che i due momenti sono collegati. Nel racconto Davide è dunque il ra­ gazzo che ha appena superato la pubertà e che, di fatto, non può essere ancora preso in considerazione per il matrimonio. Saul ha perciò piena ragione quando gli dice che deve aspetta­ re un po' e dare ancora prova di sé quale ben pajil nelle «guer­ re di Jahvé»: in fondo, il successo di Davide nel cap. 1 7 po­ trebbe essere stato solo un colpo di fortuna e il re non avrà voluto dare la figlia al temerario giovane pastore, bensì al pro­ vato guerriero. Questa ragionevole posizione di Saul viene in­ vece interpretata al v. 1 7b in malam partem, una lettura che,

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    r Sam. r8, I7-JO

    come si è detto, non riflette necessariamente la situazione ori­ ginale. La risposta di Davide è conforme all'etichetta orientale, come la si conosce sia dal passato (!ud. 6, 1 s; 1 Sam. 9,2 1 ; 2 Sam. 7, 1 8 ecc.) sia dal presente: non si tratta di un rifiuto, ma mostra che Davide sa come ci si comporti. Al v. 1 8 non biso­ gna trascurare le parole «in Israele»: Davide viene da Giuda e quindi non può vantare «in Israele» nulla che giustifichi un tale onore. Se quanto si è suggerito sopra riguardo al v. 2 1 b è giusto, Saul ha fissato un periodo di prova di due anni prima del matrimonio. Non si dice perché il re non abbia poi mante­ nuto la parola. Nella versione di Luciano si aggiunge che Me­ rab avrebbe «temuto» Davide; ma in genere in Oriente i sen­ timenti delle ragazze non sono per il padre un argomento va­ lido per disdire un matrimonio. Ad ogni modo il comporta­ mento arbitrario di Saul rappresenta il momento che permise poi di inquadrare gli eventi nella c·ornice delle mosse di Saul dettate dal sospetto. In origine non è detto che le cose siano andate così; si ha invece una manovra simile a quella compiuta " da Labano (Gen. 29) . •

    20-24. Nel quadro complessivo, il modo in cui Saul procede poi nel caso di Mical dà quasi l'impressione che in seguito al re rimorda la coscienza. Ma tale impressione è solo il frutto dell'accostamento dei due episodi; il testo stesso non dice nien­ te in merito e mostra di conseguenza che la storia di Mical era una volta indipendente e, soprattutto, che in origine non ave­ va niente a che fare con la storia di Golia. Le cose stanno inve­ ce così: tutti, uno dopo l'altro, cedono all'irresistibile fascino • Stoebe (Fs. Eissfeldt, 1 9 5 8) pensa che ci sia qui un'influenza della tradizione di Gia­ cobbe (241 s.). Ritiene possibile (243) che sia esistita una prima forma (scritta) che narrava di un matrimonio di Davide con due figlie di Saul, come nel caso di Giacob­ be. Sarebbe invece più naturale «che Davide sia stato defraudato di entrambe da Saul» (cfr. 1 Sam. 25,44). Stoebe è perfettamente consapevole della problematica di questa impostazione. Ciò andrebbe sottolineato anche in considerazione del fatto che la prima stesura scritta del materiale relativo a Davide dovrebbe aver avuto luogo in un tempo molto vicino agli eventi stessi.

    I Sam. I8, I7-JO

    del giovane Davide; il padre e il figlio, i cortigiani e le truppe. Come potrebbe la principessa costituire l'eccezione? Che il padre approvi il sentimento della figlia sarà stato giustificato in origine col desiderio di legare Davide alla propria famiglia; se Saul si serve a tale scopo di mediatori non fa che adeguarsi a un'usanza ancora oggi comune in Oriente; se qui l'iniziativa viene presa, contrariamente all'uso, dalla donna, ciò si spiega con le circostanze particolari. Naturalmente Davide non è in grado di pagare, come si usava, il prezzo della sposa che veni­ va determinato, di volta in volta, in base alla posizione sociale e alla ricchezza della famiglia e che nel caso del re sarà stato addirittura proibitivo. Anche da questo particolare risulta evi­ dente come da parte di Davide non sussista alcun diritto pre­ gresso, ad esempio connesso con 1 7,2 5 . 1

    Quando Saul pretende da Davide cento prepuzi d i Fi­ listei invece del consueto prezzo della sposa, egli vuole offrire a ·Davide l'opportunità di guadagnarsi la sposa in una maniera adeguata a un guerriero (cfr. Iud. 1 , 1 2). Si ha qui, nella sostan­ za, una situazione parallela a quella di 1 7,2 5 . Che il re chieda come prova, invece che orecchi o nasi mozzati, prepuzi, cioè quella parte del corpo che manifesta visibilmente la differenza religiosa cultuale con gli «incirconcisi», dipende ancora dal fatto (cfr. v. 1 7) che qui non si tratta di una normale situazio­ ne bellica, ma delle guerre di Jahvé. Del suggerimento (v. 2 5 b) che Saul avrebbe architettato così un modo per eliminare Da­ vide si è già parlato. A quanto sembra Saul deve aver fissato un termine entro il quale compiere quella che al lettore mo­ derno appare un'opera barbarica: che Davide concluda l'im­ presa ancora prima che scadano i termini e che al re possano essere presentati non cento, ma addirittura «duecento» prepu­ zi, costituisce difficilmente un errore di copiatura (nonostante la testimonianza avversa dei LXX e di 2 Sam. 3 , 1 4), bensì «uno sfacciato superamento» del compito assegnato (Budde). 2 5-2.7.

    1

    L. Bauer, Volksleben im Lande der Bibel, 1 I 90J, 97·

    1 Sam. 19,1-7

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    28-30. Così Mical divenne moglie di Davide e con il commen­ to che anche questo fatto serve all'ulteriore ascesa di Davide e, quindi, ad approfondire ancor di più la spaccatura tra Davide e Saul, l'episodio viene inserito ancora una volta nel disegno finale dell'opera. Per contro il commento conclusivo potrebbe venire dalla tradizione originale, giacché qui non si fa che espri­ mere meraviglia per la crescente fama militare di Davide. Pro­ prio questa annotazione conferma che le cose non si sono svol­ te nella maniera breve e compressa del racconto attuale. Deve esser trascorso un tempo notevole prima che il giovane Davi­ de diventasse un comandante esperto e ascendesse fino a diven­ tare membro della famiglia regale. Tuttavia la diffidenza del re afflitto da uno «spirito malvagio» deve essere nata ben presto� anche se non subito, a partire dal primo giorno. Il nostro rac­ conto vede le cose, che sono in realtà avvenute con una se­ quenza più lasca, nella loro intcrrelazionc e contiguità. Guar­ dando le cose dall'alto, Saul avrebbe avuto fin dall'inizio mo­ tivo di considerare Davide un avversario. Come gli «indemo­ niati» del Nuovo Testamento vedono la verità divina (Mc. 1 , 24; 5,7; Act. 1 6, 1 7), così colui che è preda di uno spirito mal­ vagio nota ciò che Dio intende fare e cerca di opporsi a tale di­ segno. La profonda tragicità che pervade tutta la storia di Saul viene così messa in piena luce, insieme, però, al misterioso di­ segno divino che fa da sfondo a tutto.

    6. Mediazione di Gionata (19,1-7) 1 Allora Saul disse al figlio Gionata e a tutti i suoi servi che aveva deciso di far morire Davide. Ma Gionata, figlio di Saul, voleva immensamente bene a Davide, 2 così raccontò (ciò che aveva udito) a Davide e disse: «Saul, mio padre, ha intenzione di ucciderti. Da domani mattina sta' dunque attento a te stesso, rimani in un nascondiglio sicuro e non farti trovare. 3 E io uscirò e mi metterò al fianco di mio padre sul campo dove tu ti trovi - e parlerò con mio padre di te. E appena vengo a sapere qualcosa te lo riferirò». 4 Poi Gionata parlò bene di Davide con Saul, suo padre, e gli disse: «Che il re non pecchi contro Davide, suo servo, perché egli non ha peccato verso di te e i suoi servizi sono stati molto

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    Sam.

    19, 1-7

    buoni per te. s Egli ha infatti rischiato la vita e ha battuto il filisteo e il Signore ha operato (per mano sua) 1 una grande liberazione per tutto Israele. Tu lo hai visto e (ne) hai gioito. Perché vuoi ora peccare e mac­ chiarti di sangue innocente, decidendo di uccidere Davide senza moti­ vo?». 6 Allora Saul diede ascolto alla voce di Gionata e Saul giurò: «Come è vero che il Signore vive: egli non sarà ucciso». 7 Quindi Gio­ nata fece chiamare Davide e Gionata gli riferì tutte queste parole. Poi Gionata accompagnò Davide da Saul ed egli (ri)tornò al suo servizio co­ me per il passato.

    1 -3. Il rapporto tra Saul e Davide si acuisce. Se si considera la storia nel suo insieme, Saul non è riuscito a raggiungere il pro­ prio scopo per via indiretta. Per la prima volta parla in piena coscienza e ad altri della sua intenzione di eliminare Davide. Perciò questo versetto rappresenta un passo decisivo sul cam­ mino che porterà fino al definitivo divorzio tra Saul e Davide. Con grande abilità e senso artistico, l'autore ha inserito a que­ sto punto, come espediente per rallentare il corso dell'azione tragica, il tentativo di conciliazione messo in atto dal principe ereditario. Allo stesso tempo il brano è una genuina dimostra­ zione dell'amicizia dei due e non un mero rie�pitivo. Leggen­ do il testo si nota come Gionata non prenda immediatamente posizione rispetto all'intenzione paterna, ma in un primo mo­ mento consigli a Davide di allontanarsi e per il resto attenda un momento opportuno. Non si può ne gare che qui l'inter­ prete si trova davanti a diverse difficoltà. E assolutamente in­ comprensibile, infatti, come sia possibile conciliare il consiglio a Davide di starsene fermo in un nascondiglio con la decisione di Gionata di avere il colloquio decisivo con Saul nel posto «sul campo» dove si troverà Davide. Forse che Gionata sa già dove Saul deciderà di andare e si tratta di un nascondiglio pre­ ciso, che corrisponde, come località, alle sue intenzioni ? Non si fa parola di tutto ciò. Caspari ha pensato che Gionata si ri­ ferisse a un determinato lavoro agricolo per svolgere il quale il principe voleva «stare a fianco» (così letteralmente!) del padre. r V. BH.

    1 Sam. 19,1-7

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    in questo caso torna a essere incomprensibile la frase «do­ ve tu sei» che andrebbe quindi espunta o modificata. O è pos­ sibile che questa proposizione relativa sia stata ben presto fra­ intesa e che in origine si volesse dire che Gionata intendeva occupare (quale suo sostituto) la posizione che era di Davide (leggendo, più o meno, così: «là dove di solito sei tu»), e aspet­ tare quindi il momento opportuno per esporre il proprio pun­ to di vista? L'ipotesi più probabile è la presenza contigua di due tradizioni, una delle quali contiene l'inizio del v. 3 («dove tu sei») e l'altra la sua conclusione. La seconda è quella che appartiene in origine all'insieme del racconto. Secondo questa tradizione Gionata ha voluto consigliare a Davide di nascon­ dersi, limitandosi poi a promettere che avrebbe p·arlato di lui con il padre. La prima tradizione ha invece conosciuto, un po' come si narra al cap. 20, una scena che si svolgeva «sul cam­ po» in modo tale che lo stesso Davide potesse ascoltare il dia­ logo. In questa situazione, naturalmente, sarebbe stato allora superfluo che Gionata riferisse il contenuto del colloquio. Ma questa tradizione è appunto conservata soltanto in metà ver­ setto e sarebbe opportuno mettere questo tra parentesi. Ma

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    4-7. La dimostrazione di Gionata è chiara e abile, particolar­ mente col riferimento ai Filistei, e al contempo così elementa­ re da convincere necessariamente chiunque, anche il re, che del resto non appare sempre come un uomo accecato dall'ira, ma anche come una persona sensibile ad argomenti ragionevoli. Così egli assicura con un giuramento che Davide non dovrà temere per la sua vita e la riconciliazione avviene così, sempli­ cemente, senza un atto formale, con la ricomparsa di Davide «al cospetto» del re (come si dice letteralmente), dove riprese le sue funzioni di sempre. Nel quadro dell'intera vicenda, co­ me si è detto, non si tratta, naturalmente, che di una breve di­ lazione di quello che dovrà inevitabilmente accadere dati creI Probabilmente si mostrava, ancora una volta, un luogo preciso dove si sarebbe svolta la scena.

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    1 Sam. 19,8-24

    scenti successi di Davide, i sospetti di Saul, ma anche in consi­ derazione della guida divina della storia. 7· Davide sfugge agli attentati di

    Saul (19,8-2.4)

    8 Intanto la guerra continuava sempre e Davide scese in campo per com­ battere contro i Filistei. Ed egli inflisse loro pesanti sconfitte così che essi fuggirono davanti a lui. 9 Ora uno spirito malvagio mandato dal Signore investì Saul mentre lui stava seduto in casa, la lancia in mano, e Davide stuzzicava con le di­ ta le corde della cetra. Io Allora Saul cercò d'inchiodare Davide alla pa­ rete con la lancia, ma lui evitò Saul così che la lancia penetrò nella parete e Davide poté fuggire e mettersi in salvo. La medesima notte 1 I I Saul mandò inviati alla casa di Davide perché lo sorvegliassero e poi la mattina lo uccidessero. Ma Mical, la moglie di Davide, lo avvisò e disse: «Se questa notte non ti metti in salvo, domani sarai un uomo morto». I2 Allora Mical fece calare Davide dalla finestra così che fuggì e poté salvarsi. 1 3 Poi Mical prese il terafim e lo pose sul letto, gli mise dalla parte della testa un tessuto di pelo di capra e vi stese sopra una coperta. 14 Ora, quando Saul mandò gli incaricati a prendere Davide, lei disse: «Sta male>>. I 5 Allora Saul (ri)mandò gli incaricati a controllare Davide e diede loro questo ordine: «Portatemelo quassù nel suo letto, affinché venga ucciso ! » . 1 6 Ma quando gli inviati si presenta­ rono, ecco che sul letto c'era il terafim col tessuto di pelo di capra dalla parte della testa. 17 Allora Saul disse a Mi cal: «Perché mi hai ingannato così e hai fatto fuggire il mio nemico, permettendogli di mettersi in sal­ vo ?». E Mical disse a Saul: «Egli mi ha detto: !asciami andar via, altrimen­ ti ti uccido! » . 1 8 Dunque Davide era fuggito e si era messo in salvo. E si recò da Sa­ muele a Rama e gli raccontò tutto ciò che Saul gli aveva fatto. Poi andò con Samuele e si fermarono a Naiot. I 9 Allora venne riferito a Saul: «Da­ ·vide sta a Naiot di Rama». 20 Così Saul mandò inviati a prelevare Davi­ de. Ora, quando essi 2 videro il gruppo 3 dei profeti e come essi si trova­ vano in preda a furore profetico e (videro) Samuele che stava là e come li guidava, ecco che anche sui messi di Saul venne uno spirito di Dio e anch'essi entrarono in uno stato di esaltazione profetica. 2 I Quando ciò fu riferito a Saul egli mandò altri messi, ma anche questi furono presi da 1

    V. BH. Nel T.M. le due parole ballajeta hahu sono riferite al v. 10.

    .1 V.

    B H.

    3 La radice qhl è stata qui tramandata con scrittura retrorsa (palindromo); si deve leg­

    gere qehillat.

    r

    Sam. 19,8-24

    furore profetico, Quando poi Saul mandò messi per la terza volta, essi pure furono presi da esaltazione profetica. 2� 1 Allora si recò egli stesso a Rama. Quando fu giunto alla grande cisterna di Seku domandò: «Do­ ve sono Samuele e Davide?». Gli fu risposto: «Ecco, sono a Naiot di Rama». �3 Ora, come si mosse da 2 lì alla volta di Naiot di Rama, anche lui fu investito da uno spirito di Dio e andò avanti (per tutta la strada) in uno stato di agitazione profetica finché non fu giunto a Naiot di Ra­ ma. 24 Allora si tolse persino le vesti di dosso e stette anche lui, in estasi profetica, al cospetto di Samuele così che cadde in terra e giacque nudo tutto quel giorno e tutta la notte. Perciò si è usi dire: «Anche Saul sta tra i profeti?».

    8- 10. Il brano ha sì una sua linea unitaria, ma consiste di quat­ tro parti diverse. Il tutto è preceduto da un'annotazione sulla crescente abilità militare del giovane Davide che nel corso del­ la perpetua guerra contro i Filistei ( l-'h5 2) infligge colpi poten­ ti al nemico. Il linguaggio è il medesimo di Iud. 1 5 ,8. Questa notizia non viene tuttavia riportata a questo punto solo per esaltare la fama di Davide, ma per spiegare perché la normaliz­ zazione dei rapporti con Saul ottenuta da Gionata abbia avuto vita breve. È questo che si vuole dire quando si fa seguire quel­ la notizia immediatamente dal (secondo) tentativo di Saul di trafiggere Davide con la lancia. L'episodio è narrato come con un fumetto: si vede chiaramente la figura di Saul con la lancia tra le mani e Davide che prova gli accordi sulla cetra. In que­ sto modo si mette in piena evidenza la pericolosità della situa­ zione per Davide. Tuttavia la storia sa quanto il gesto di Saul sia dovuto alla malattia; ma poiché il Signore è «con» Davide, egli riesce a schivare la lancia e a salvarsi. Talvolta, nelle parti poetiche dell'Antico Testamento, ma non mancano esempi in prosa/ certi termini vengono messi in particolare risalto mediante una loro molteplice ripetizione. Avviene così in tutto il cap. I 9 dove la forma hifil di mut, che 1 I LXX introducono il versetto con una frase invitante: «Allora Saul fu preso da ira ardente». Tuttavia non si può immaginare per quale ragione questa frase avrebbe do­ vuto essere soppressa. 2 V. BH. 3 Cfr., ad esempio, Ios. 3 s.; Ruth 1 e AT 9, ad loc.

    I

    Sam. 19,8-24

    nei vv. 1 -7 ricorre quattro volte e poi ancora altre quattro vol­ te. Inoltre si ha cinque volte malat al piel. Effettivamente sono questi i verbi chiave: Saul vuole «uccidere» Davide e Davide viene «salvato». Ora questo materiale viene elaborato tre volte, anche se la terza volta non si fa uso dei verbi suddetti. La prima volta la salvezza è dovuta all'agilità di Davide, la seconda a Mical, la terza a Samuele. Tuttavia per il narratore in tutti e tre i casi il vero autore della salvezza è il Signore. Infatti sullo sfondo c'è il fatto che Saul non è assolutamente in grado di interferire nel disegno di Dio, secondo il quale Davide è destinato a grandi compiti. Nei tre racconti Saul fa pertanto la figura di chi va a sbattere inutilmente contro un muro. Né la sua lancia né i suoi sgherri possono scalfire qualcuno «con» il quale è il Signore. La storia di Mical è narrata in maniera ·particolarmente piacevole. Nonostante la seri età con cui la si racconta, non manca qualche lampo di simpatico umorismo. Che il racconto abbia a che fare con la parte precedente è dubbio. Tuttavia la sua collocazione nella struttura attuale del brano vuole signifi­ care che Davide ha considerato il colpo di lancia un gesto mo­ mentaneo dovuto allo spirito malvagio e se ne è tornato quin­ di tranquillamente a casa. È la sagacia della moglie che ricono­ sce la vera natura del pericolo, costante e non fugace. Mical pro­ pizia la fuga del marito che avviene, come nel caso degli esplo­ ratori di Giosuè (los. 2, 1 5) e dell'apostolo Paolo (2 Cor. 1 I ,J J ), attraverso la finestra dell'abitazione che si deve quindi imma­ ginare posta, come negli altri due esempi, nelle mura di cinta della città o nelle loro immediate vicinanze, giacché altrimenti Davide sarebbe caduto nelle mani degli uomini di guardia. 1 1 -1.1.

    1 3- 1 7. Lo stratagemma di Mical col terafim viene attuato per far guadagnare tempo a Davide che sta fuggendo. Lei, in quan­ to figlia del re, ha poco da temere per se stessa, ma ad ogni buon conto ritiene prudente aiutarsi con una bugia. È delizioso co-

    r

    Sam. 19,8-z4

    205

    me si serva dell'idolo domestico, del pezzo di stoffa di pelo ca­ prino e della coperta per simulare il corpo del marito che dor­ me. Tuttavia la storia non viene letta nella giusta luce se la si considera semplicemente un omaggio alla moglie astuta che si prodiga per salvare il marito. Invece l'ascoltatore ha certamen­ te ritenuto (più avanti, in 2 Sam. 6, ritorna in evidenza il suo legame col padre) che il suo comportamento fosse piuttosto quello della figlia di Saul, non certo per le due menzogne che nessuno le avrà sicuramente mai rimproverato ! Tuttavia la pre­ senza in casa di Davide di terafim, 1 che soprattutto per la tra­ dizione più tarda erano considerati severamente proibiti, è un fatto sorprendente e certo è stato conservato soltanto perché «si trattava della figlia di Saul, il re ripudiato» (Budde, al v. 1 3). Che essa ingmni per mezzo del terafim gli sgherri di Saul e che questi, come poi anche lo stesso re, si facciano ingannare dall'idolo viene narrato con gioia mista a rabbia e messo sul conto delle colpe del primo re. Tanto più, e con maggiore gra­ titudine, venne accolta la notizia della «salvezza» e impressa nella memoria di lettori e ascoltatori. 1 8-24. Il racconto della permanenza di Davide presso Samuele viene collegato alla storia precedente da un breve versetto di transizione, ma in origine costituiva una leggenda autonoma che potrebbe essere stata tramandata in Rama e costituisce un parallelo alla storia già incontrata ( I o, I 0- 1 2) dell'origine del proverbio «anche Saul è tra i profeti ?» che viene ricordato sia qui sia lì. La narrazione ricorda 2 Reg. 1 dove il re cerca simil­ mente per tre volte di far arrestare dai suoi sgherri colui che sta sotto la protezione divina. Il racconto dà l'impressione che negli ambienti in cui le vicende venivano narrate in questo modo fosse noto anche l'episodio dell'unzione di Davide per mano di Samuele, anche se non c'è alcun riferimento immedia1 Questo termine non è mai attestato al singolare. Nel nostro passo la forma plurale viene usata come singolare giacché l'oggetto messo nel letto doveva simulare la forma del marito.

    206

    I Sam. I9,8-24

    to a tale evento. La località in cui Samuele si reca insieme a Davide non è identificabile dal nome e la soluzione migliore è di lasciare il termine nella sua forma ebraica, anche se un nesso con naweh (prato o pascolo lungo un corso d'acqua; dimora) non è da escludersi. Si tratta comunque della località in cui dimorano i profeti (Schulz: «convento») che erano soliti ritro­ varsi presso i santuari. Forse Naiot indica un insediamento profetico sul genere di Nob, la città sacerdotale di cui si parle­ rà più avanti. Sconosciuta è del pari l'ubicazione di Seku con la sua grande cisterna. Potrebbe trattarsi del nome di una loca­ lità rurale. I LXX hanno parafrasato il passo leggendo «la ci­ sterna dell'aia sulla collina brulla», un tentativo di chiarimento di dubbia efficacia. Ad ogni modo la narrazione si svolge rive­ lando una buona conoscenza dei luoghi. Conosciuta la situazione di Davide, Samuele si reca subito con lui a Naio t, certamente perché spera che il suo protetto si trovi al sicuro nella sfera sacra di quel luogo. Infatti avviene così. Nes suno riesce a sottrarsi agli effetti dello spirito di Dio che si manifesta a Naio t. In questa circostanza Samuele appare quale «capo di una congrega spirituale>> (Cornill; cfr. Budde al v. 20) , anche se non si ha l'impressione che lui stesso sia affer­ rato dallo spirito e si muova in preda a entusiasmo profetico. Il testo, inoltre, non dice se anche Davide è stato preso dallo spirito. Il racconto vuole piuttosto collegare Saul con l'esalta­ zione profetica e spiegare così l'origine del proverbio. Eviden­ temente Peffetto dello spirito su Saul è ancora più forte che sui suoi inviati, giacché egli si denuda e rimane per terra in questo stato come in catalessi, anzi viene afferrato dal delirio profeti­ co non appena sta per avvicinarsi a N aiot. Anche in al tre oc­ casioni si può osservare quanto Saul sia particolarmente sen­ sibile a tutto ciò che è sacro, ma nel nostro testo la descrizione non è certo fatta a maggior gloria del re! Il racconto ha tale funzione negativa nei confronti di Saul sia per se stesso sia nella sua attuale collocazione nel più ampio contesto. Infatti, inquadrata così, la storia vuole naturalmente mettere l' episo-

    1 Sam. 2o,1-2I,I

    dio al servizio dell'interesse primario della narrazione per mo­ strare come il Signore trovi qui, ancora una volta, un nuovo modo per «salvare» Davide dal pericolo.

    8. Davide si separa da Gionata (2.o,1-2.1,1) 1 Allora Davide fuggì da Naiot di Rama, tornò a casa e si sfogò con Gio­ nata: «Che ho fatto mai? Qual è la mia colpa e quale la mia mancanza verso tuo padre, che egli attenti alla mia vita?». 2 Ed egli gli disse: «In­ credibile! Tu non devi morire. Sta' tranquillo: mio padre non fa niente, né di grande né di piccolo, senza farmelo sapere apertamente. • Perché mio padre dovrebbe nascondermi qualcosa? Le cose non stanno così (come pensi)». 3 Ma Davide replicò ancora: 2 «Tuo padre sa benissimo che ho trovato grazia ai tuoi occhi e si è detto: Gionata non deve sapere queste cose perché se ne dispiacerebbe. Ma com'è vero che il Signore vi­ ve e com'è vero che tu stesso vivi: io sto solo un passo dalla morte». 4 E Gionata disse a Davide: «Che cosa pensi che debba fare per te, allora?». 5 Così Davide disse a Gionata: «Sai che domani è il novilunio e dovrei sedere assolutamente a tavola con il re. Concedimi quindi di andar via, affinché mi nasconda nei campi e vi rimanga fino a sera, (cioè) fino alla terza (sera).3 6 Se tuo padre si accorge della mia mancanza, gli puoi di­ re: Davide mi ha chiesto con insistenza (di potersi assentare) per fare un salto a Betlemme, sua città natale, perché lì si celebra l'offerta annuale per tutta la famiglia. 7 Se lui risponde: Va bene, allora le cose per il tuo servo sono in ordine. Ma se lui s'infiammerà d'ira, allora capirai che ha fermamente deciso il peggio. 8 Così compi questo gesto di amicizia ver­ so il tuo servo, giacché hai concesso che il tuo servo stringesse con te il patto del Signore. Ma se in me c'è colpa alcuna, allora uccidimi tu stes­ so. Perché vorresti prima consegnarmi a tuo padre ?». 9 Allora Gionata disse: «Lungi da te una cosa simile. Invece, se so di certo che mio padre abbia fermamente deciso che ti tocchi il peggio, come farei a non fartelo sapere?!». 10 E Davide disse a Gionata: «Chi mi informerà se, mettiamo,4 •

    Letteralmente: senza rivelarlo al mio orecchio. 2. 'ajin alla fine di wajjisiiba' è dittografia; i LXX hanno letto wajjaseb e questa dovreb­ be essere la lezione giusta. Che Davide «giurasse» sembrò logico alla luce del v. 3b. 3 L'aggettivo «terza» manca in LXX B L. Esso è stato aggiunto nel T.M. in base al seguito del racconto (v. 19), perché effettivamente, a contare da questo dialogo, si tratta di «dopodomani sera». 4 Così ( «wenn etwa ... ») Ewald traduce la difficile espressione '6 mah-. Si tratta della proposta migliore fatta fin qui, salvaguardando l'integrità del testo (LXX: ean). Schulz

    208

    1

    Sam. 2o,r-2 r, I

    tuo padre ti darà una risposta infausta?». 1 1 Allora Gionata rispose a Da­ vide: «Andiamo, usciamo nei campi». Ed entrambi uscirono nei campi. 1 2 E Gionata disse a Davide: «Per 1 il Signore, Dio d'Israele! Se domani, a quest'ora, 2 sono riuscito a sapere (le intenzioni) di mio padre e risulta che tutto va bene per Davide, allora 3 non ti manderò nessuno per farte­ lo sapere espressamente. 1 3 Il Signore possa fare questo e quest'altro a Gionata: se mio padre è intenzionato (a decidere) il peggio per te, te lo farò sapere espressamente e ti concederò di andartene; allora te ne potrai andare in pace e possa il Signore essere con te come è stato con mio pa­ dre. 14 Ma fammi il piacere,4 se (allora) sarò ancora in vita, sì, fammi il piacere 4 e usami la benevolenza del Signore, affinché non sia necessario che io muoia. 1 5 E (anche) dalla mia casa non dovrai mai togliere, in eter­ no, la tua benevolenza. Ma se il Signore strapperà dalla faccia della terra, uomo per uomo, i nemici di Davide, allora 16 il nome di Gionata non dovrà venire strappato dalla casa di Davide,4 ma il Signore dovrà invece rivalersi sui nemici di Davide». 1 7 Gionata fece poi giurare anche 5 Da­ vide per il suo amore verso di lui, perché lo amava come se stesso. 1 8 Poi Gionata gli disse: «Domani è luna piena. Ci si accorgerà della tua assenza quando il tuo posto resterà vuoto. 6 I 9 Ma dopodomani si sentirà moltissimo la tua mancanza.7 Ma tu dovrai allora scendere e tro­ varti sul posto dove ti sei nascosto il giorno del fatto, 8 accucciato vicino al masso che sai.9 2o Allora io scoccherò tre frecce lateralmente a es­ so, 10 come se le 1 1 volessi scagliare per mio conto (esercitandomi) con­ tro un bersaglio. 21 Sta ben attento, allora! Manderò lo scudiero (e di­ rò): Va', cerca le frecce! Se dirò al servo queste precise parole: Fa' atvorrebbe leggere 'o ( se: G-K § I 50 i) ja'anka 'abika qasa oppure mah-ja'anka 'abika. È anche possibile che si tratti di una corruzione precoce di un testo che recita­ =

    va mah-ja 'anka 'abika toba 'o qasa (chi mi farà sapere «che cosa tuo padre ti risponde­ rà, di buono o di infausto»); la perdita di toba avrebbe quindi causato la confusione. 1 Forse è caduto un paj davanti a jhwh. 2 «la terza (sera)» è un'aggiunta posteriore; v. sopra, p. 207 n. 3· 3 'az e /o' devono scambiarsi il posto. Il T.M. («se allora non dovessi ...») cerca di ar­ monizzare il discorso con i vv. I 8 ss. V. commento. 4 V. BH. 5 Si deve tradurre così wajjosef. 6 Ricorre anche qui il medesimo verbo paqad = accorgersi della mancanza, guardarsi intorno cercando. 7 Così le versioni. Tuttavia è singolare che si sia letto tippaqed invece di tered. Forse che alla frase wesillasta tippaqed me' od seguiva qualcosa come we 'atta tered? 8 V. commento. 9 Si legga ha/Liz. 10 Si legga #ddah; il suffisso si riferisce al «masso». • • Non è necessario cambiare il prefisso le in ke.

    1

    Sam. 2 0,1-2 1, 1

    209

    tenzione, da dove stai tu la I freccia si trova più in qua, prendila! -, I (allora) vieni pure, perché la tua faccenda è a posto e non ci sono pro­ blemi, com'è vero che il Signore vive. 22 Se invece dirò al ragazzo: Fa' attenzione, da dove stai tu la 1 freccia si trova più in là! - allora vattene, perché (in quel caso) è il Signore che ti manda via. 2 3 Ma la parola che abbiamo pronunciata, io e tu: ecco, il Signore sta tra me e te per l'eterni­ tà» . 24 Dopo di ciò Davide si nascose nei campi. Giunse così il novilunio e il re si sedette a tavola per celebrare il pa­ sto. 25 E il re si sedette al proprio osto, come d'abitudine, con le spalle alla parete e di fronte a lui c'era i posto di Gionata, z mentre Abner si sedette a fianco di Saul; il posto di Davide rimase invece vuoto. 26 Ma quel giorno Saul non disse niente perché pensava: «Gli è successo qual­ cosa e allora non è puro».3 27 Ma il giorno dopo il novilunio, il secon­ do (giorno), il posto di Davide era (nuovamente) vuoto. Allora Saul dis­ se a suo figlio Gionata: «Perché il figlio di lsai non è venuto a mangiare né ieri né oggi?». 28 E Gionata diede a Saul questa risposta: «Davide mi ha chiesto con urgenza di permettergli di andare a Betlemme 29 e ha detto: Consentimi di allontanarmi perché in città abbiamo un sacrificio familiare. Mio fratello stesso ha richiesto la mia presenza. E ora, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, desidererei partire e andare a trovare i miei fratelli. Per questa ragione non si è presentato alla mensa del re». 30 Al­ lora Saul fu preso da un'ira ardente contro Gionata e gli disse: «Tu, fi­ glio di una ribelle degen.re, 4 lo sapevo che ti eri scelto il figlio di Isai a tua propria vergogna e a vergogna del grembo di tua madre! 3 1 Finché il figlio di lsai sarà vivo sulla faccia della terra, né tu né il tuo regno po­ trete sussistere! E ora mandalo a prendere e fallo portare da me, perché egli è un figlio della morte ! » . 3 2 Pure Gionata rispose a suo padre Saul e gli disse: «Perché dovrebbe venire ucciso ? Che ha fatto?». 33 Allora Saul diresse • la lancia contro di lui per infilzarlo. Così Gionata compre­ se che la decisione presa dal padre di far morire Davide era definitiva. 34 E Gionata si alzò furente d'ira dalla tavola e non mangiò neanche un

    f

    I V. BH.

    2

    Incomprensibilmente il T.M. recita: «E Gionata saltò su». I LXX hanno forse letto

    warqaddem, ma anche questa lezione non è migliore. Non resta che tradurre il passo «e Gionata gli si mise a sedere di fronte>>. Forse il testo originale recitava ul(fanaw meqom; ben presto queste parole potrebbero essere diventate iJieggibili e potrebbero essere rimaste soltanto le quattro consonanti wjqm. 3 La frase aggiunta «infatti non è puro>> potrebbe essere dovuta all'intenzione di spie­ gare con una espressione più comune la frase precedente, di formulazione insolita (Caspari). 4 Lett.: «Di una degenerata a causa della ribellione»; altri esempi in G-K § 1 28x.

    210

    1 Sam. 20, I-2 I, I

    boccone quel secondo giorno del novilunio, perché era addolorato - a motivo di Davide 1 -, che il padre lo avesse insultato. 3 5 Poi la mattina (dopo) Gionata uscì per i campi, andando verso (il luogo del)l'appuntamento con Davide e aveva con sé un giovane scudie­ ro. 36 E disse al servitorello: «Corri! Cerca le frecce che adesso lancio!» . Mentre il ragazzo si allontanava di corsa egli scoccò una freccia oltre lui. 37 Quando il ragazzo fu giunto sul posto dove si trovava la freccia scagliata da Gionata, Gionata gridò dietro al servo: «La freccia non sta forse più avanti di dove stai ?». 38 E Gionata gridò dietro il ragazzo: «Sbrigati ! Svelto! Non stare impalato! ». Così lo scudiero di Gionata rac­ colse la freccia e ritornò dal padrone, 39 senza che il servo si accorgesse di nulla. Solo Gionata e Davide sapevano di che si trattava. 40 Poi Gio­ nata consegnò le armi allo scudiero che aveva con sé e gli disse: «Va', porta tutto in città! ». 41 Quando il servo fu arrivato là, Davide si alzò da (il suo nascondiglio) vicino al masso, 2 si gettò con la faccia a terra e si prostrò tre volte. E i due si baciarono e piansero insieme a più non pos­ so. 3 42 Poi Gionata disse a Davide: «Ora va' in pace; (che rimanga) ciò che entrambi abbiamo giurato nel nome del Signore dicendo: Il Signore sarà tra me e te e tra me e la tua discendenza in eterno». 2 1 1 E Davide 4 si alzò e si allontanò da lì e Gionata si recò in città.

    Come la sua venuta alla corte del re, così anche l'allontana­ mento di Davide ha dato molto da fare a contemporanei e di­ scendenti; questo lavorio non si spiega certamente soltanto con l'interesse per la persona di Davia e, bensì anche con la proble­ matica della monarchia. Più sopra si è fatto notare quanto fos­ se evidentemente importante per la tradizione mostrare come l'ascesa di Davide al trono si fosse compiuta per vie del tutto legittime. La scomparsa di Davide dalla corte reale poteva su­ scitare l'impressione che questa ascesa che era stata appena gua1

    Glossa del tutto imprecisa: era stato insultato non Davide, bensì Gionata stesso . .1 hannegeb («al sud ») è lezione sicuramente sbagliata. I LXX hanno qui, come al v. 1 9, una parola ebraica che conservano senza tradurla: 'e rga b. La si traduce «collina di pietre». Il termine, che non ricorre altrove, è stato incomprensibile anche per i maso­ reti, che pertanto l'hanno resa con 'aben (pietra) al v. 19 c qui con negeb. 3 Più o meno devono aver voluto dire questo i LXX traducendo heos synteleias me­ gales (= 'ad taklit gedola?). Il T.M. è incomprensibile: «Fino a dove stava Davide; egli ha fatto grande». 4 Così i LXX. Forse il nome capitò al margine e da lì passò, per errore, nel testo al v. 4 1 ? V. la nota precedente.

    1 Sam. 20, I-2 I, I

    21 1

    dagnata e che l'autore aveva posta sotto il segno dell'unzione, fosse giunta di nuovo al capolinea dopo essere appena inco­ minciata. Questa impressione era tanto più forte in quanto Da­ vide appariva ora precipitato nuovamente nel suo nulla, anzi essere uscito del tutto di pista, finendo nel paese dei Filistei o vivendo la vita dell'esule nel deserto. Per questo motivo è im­ portante che la fuga di Davide sia avvenuta col favore, a turno, della figlia di Saul, Mical; di Samuele, che appare capo e guida dei profeti; e ora anche del principe ereditario e successore na­ turale al trono. Nel nostro capitolo questo intento di fondo può essere in­ dividuato soprattutto nel modo in cui viene condotta la narra­ zione. Il racconto è scritto «a posteriori», in una maniera che fa vedere quale sia l'interesse dell'ultimo autore. L'orizzonte del capitolo nella sua forma attuale è quello che si scorge dal­ l'alto del futuro trono di. Davide. Il racconto inizia con una frase che ha la funzione di colle­ gare il materiale con l'episodio di Samuele. Di per sé le due sto­ rie hanno avuto un'esistenza autonoma e vengono qui acco­ state, come la storia di Mical, a motivo del disegno generale. Tuttavia ci si dovrebbe chiedere in che maniera l'autore si immagini il passaggio dal cap. 19 al cap. 20. «Se il capitolo si trova nel suo contesto originale e non riporta avvenimenti precedenti alla fuga di Davide, allora Davide ha sfruttato sen­ za esitazioni le ore dell'estasi di Saul per affrettarsi a ritornare a Gibea e incontrarsi col fedele amico per discutere la situa­ zione» (D. Ketter). Se questa frase è un tentativo di ricostruire l'andamento dei fatti si deve dire che esso è mal riuscito giac­ ché gli avvenimenti del cap. I 9 sono descritti in maniera tale da rendere del tutto superflua un'ulteriore esplorazione delle intenzioni di Saul. Se si vuole trovare un aggancio con la storia precedente, allora si deve risalire all'episodio del colpo di lan­ cia ( I 9,9 s.) dove potrebbe pur sempre sussistere il dubbio se Saul abbia veramente attentato alla vita di Davide con la fred1.

    212

    1 Sam. 20,1-2 1,1

    da volontà di ucciderlo. In tale circostanza sarebbe dunque logico indagare circa le vere intenzioni del sovrano. Ma ora, quando il cap. 20 segue immediatamente la storia di Naio t, si ha l'impressione che l'autore abbia immaginato che Davide abbia trovato il comportamento di Saul talmente inspiegabile e incredibile da richiedere un'ulteriore e più approfondita in­ dagine. Nell'intenzione dell'autore finale viene in tal modo of­ ferta a Saul, per così dire, un'ultima occasione di riabilitazione. Al contempo, tuttavia, Davide appare, proprio grazie a tale co­ struzione, l'innocente che è perseguitato, il cui pieno diritto al­ la futura successione al trono viene pertanto ribadito. Il racconto inizia in maniera molto vivace. L'agitazione di Davide viene messa in efficace risalto dalla triplice domanda. Egli ritiene di non avere colpa alcuna, ma visto quanto è acca­ duto in precedenza deve temere che Saul stia cercando di uc­ ciderlo. Neanche le parole rassicuranti di Gionata riescono a dissuaderlo da tale convincimento. A differenza di Gionata, che pensa di godere della piena fiducia del padre, Davide sup­ pone che proprio il rapporto del principe con sé impedisca in questo caso a Saul di essere sincero e aperto col figlio. Davide si dimostra così un migliore psicologo, mentre Gionata è l'ani­ ma candida. Nel personaggio di Gionata l'Antico Testamento ha una figura veramente ·nobile e di animo eccelso. 2-3.

    4-8. N el rapporto tra i due amici Gionata è superiore per po­ sizione sociale e per l'affettuosa, disinteressata amicizia; Davi­ de prevale, invece, per risolutezza e intelligenza. Ad ogni mo­ do, il piano per appurare quali siano le vere intenzioni di Saul viene da Davide, e Gionata non fa altro che seguire quasi alla lettera il consiglio dell'amico. Al riguardo i versetti danno l'im­ pressione che Davide sia più il «vassallo» di Gionata che di Saul; Gionata sarebbe dunque il «signore» di Davide (Eissl

    1 Eissfeldt, Komposition der Samuel-Bucher, 12 e 1 s si serve di questo fatto per di­ stinguere le fonti.

    r

    213

    Sam. 20, 1-2 1, 1

    feldt, ibid. ). Tuttavia è sufficiente l'ipotesi che Gionata agisca qui quale incaricato e rappresentante del padre. Il piano di Da­ vide si basa sull'abitudine di sedere insieme con Abner e Gio­ nata alla tavola del re in occasione della festa per la luna nuo­ va. N on si dice se tale onore sia dovuto alla sua posizione o al legame di parentela, in quanto genero di Saul. La proposta di Davide è studiata bene. Infatti una interpretazione innocente della sua assenza da parte di Saul proverebbe anche l'inconsi­ stenza dei timori di Davide, mentre un'esplosione d'ira del re mostrerebbe l'ostilità di costui nei suoi confronti. Ovviamente Davide non vuole cadere nelle mani di Saul; dopo quanto è successo in precedenza (che è ancora più significativo, se non si pensa soltanto al colpo di lancia, ma a tutto ciò che viene nar­ rato nel cap. 19) Davide non si sogna nemmeno di comparire al cospetto del re e, se proprio dovesse essere, preferirebbe mo­ rire per mano dell'amico. Anche qui Gionata cerca di fugare i timori di Davide e promette di informarlo con certezza nel ca­ so che il re abbia deciso la orte dell'amico.

    r

    Più in particolare (se il testo del v. 1 o è corretto) si tratta di stabilire in che modo sia possibile far giungere a Davide una notizia sfavorevole. N o n si può, tuttavia, escludere che nella forma primitiva del testo Davide avesse chiesto di venire in­ formato in ogni caso (v. sopra, pp. 207 s. n. 4). La forma attuale del testo potrebbe anche spiegarsi col fatto che prima (e a mag­ gior ragione dopo) si sia parlato soltanto della cattiva notizia che giunge agli orecchi di Davide. Si tornerà subito su tale aspetto. A questo punto Gionata avanza una proposta e por­ ta Davide fuori da casa propria, all'aperto. Giunti sui campi, Gionata fa due discorsi diversi. Il secondo, che riguarda la fac­ cenda delle frecce, è collegato logicamente con la passeggiata in campagna. Le prime considerazioni, invece, potevano esse­ re espresse da Gionata anche restando in casa o in qualsiasi al­ tro luogo. La spiegazione che Gionata abbia voluto parlare «in aperta campagna... lontano da orecchi indiscreti» (Schulz, 9- 1 7.

    214

    1 Sam. 20, 1-2 1, 1

    306) non convince; potrebbe essere valida se i due amici fosse­ ro stati sordi come quei due vecchi che per urlarsi i segreti sal­ gono su una collina (Nussler, Stromtid, cap. 2 ) . Qui si hanno chiaramente due diversi ordini di considerazioni relative al te­ ma del colloquio. Il primo, sviluppato in un'epoca successiva, è di fatto il meno attuale, ma teologicamente il più importante. Perciò questo discorso si apre con un solenne giuramento, in modo da attirare efficacemente l'attenzione degli ascoltatori. Ma qui non si dice niente di concreto del modo in cui s'inten­ de avvertire Davide, se non che Gionata informerà Davide soltanto nel caso che le notizie siano sfavorevoli. In caso con­ trario egli non manderà nessuno a informarlo. La forma attua­ le del testo del v. 1 2 tuttavia non fa capire questo con chiarez­ za; si ha l'impressione che si sia voluto armonizzare il testo con i vv. 1 8 ss. dove Davide verrà informato in ogni caso. Tuttavia non solo il v. I 2, ma anche il v. 1 3 sa che Gionata ritiene ne­ cessario informare Davide soltanto nel secondo caso. Allora egli lascerebbe andare . l'amico «in pace». Contrariamente a quanto richiesto da Davide (v. 1 0), qui non si fa parola del modo in cui lo si avvertirà. Invece il discorso di Gionata im­ bocca un altro binario. Già la fine del v. 1 3 pone Davide sullo stesso piano di Saul, il che non può essere letto che come una allusione di Gionata al futuro regno di Davide. Viene poi la preghiera che Davide, giunto infine al potere, non voglia com­ portarsi quel giorno con Gionata e con la sua discendenza come si comportava spesso il re di una nuova dinastia con gli appartenenti alla precedente famiglia regnante (in parte anche Davide si comportò così: 2 Sam. 2 1 , 1 ss.). Gionata implora Davide di manifestare questa «benevolenza di Jahvé». Alla fi­ ne di questa richiesta si adatta una risposta di Davide che ne assicuri l'esaudimento. Generalmente il v. 17 viene inteso 2 col

    • Cfr. anche il v. 42a c il saluto ma ' salame con cui ancora oggi nell'Oriente arabo chi rimane saluta chi parte. 2 Così già i LXX e anche gli esegeti; Schulz, 3 08 riconosce la verità, ma non ne trae le debite conseguenze.

    r

    Sam. 20, 1 -2 1, 1

    215

    me se Gionata abbia giurato a Davide o lo abbia «scongiura­ to». L'unica lettura logica è, tuttavia, che Gionata abbia fatto giurare Davide, come sembra del resto indicare anche 2 Sam. 2 1 ,7. Il giuramento avviene per l'amore di Gionata per Davi­ de, per quell'amore che per Gionata è certo, anzi sacro. Davi­ de ha mantenuto il giuramento ed è rimasto fedele all'amico (2 Sam. 9). Un aspetto ancora più importante è l'evidente riferi­ mento al futuro di Davide. Colui che è in procinto di fuggire, che ora è «vassallo», che tra breve verrà messo al bando, dovrà tra non molto prendere decisioni come quelle che prendono ora Saul e Gionata, decisioni da re. Il disegno del Signore con­ trasta chiaramente con l'apparenza del momento, ma non è in forse. Colui che sta per diventare un esule e un bandito diven­ terà comunque re. Se il sipario si alza qui per il lontano futuro, pure il racconto torna all'immediato presente. Come si è già detto, Gionata accetta il suggerimento di Davide riguardo al ban­ chetto del novilunio e gli consiglia di restarsene fuori città e di nascondersi in un posto convenuto. Di tale nascondiglio si par­ la in 1 9,2 s. e qui si tratterà del medesimo luogo riconoscibile da un masso o da un cumulo di pietre (LXX: 'ergab ?). Di certo in epoca successiva si sarà mostrato il masso in questione e si saranno collocati là gli avvenimenti del nostro passo. Che cosa si voglia dire con «il giorno del fatto» non è dato sapere. Gli interpreti sono incerti tra «giorno feriale>> e «giorno del­ l'attentato» (con la lancia): nessuna delle due spiegazioni è par­ ticolarmente felice, ma la seconda è certamente migliore della prima. Facendo finta di esercitarsi al tiro con l'arco in prossi­ mità del masso, cioè con le istruzioni gridate allo scudiero, Gio­ nata informerà l'amico nascosto sulla situazione. La freccia scagliata oltre il punto in cui si trova lo scudiero significherà notizie cattive, quella scagliata tra lo scudiero e Gionata signi­ ficherà notizie buone. Allora Davide saprà come stanno effet­ tivamente le cose. In vista della peggiore delle ipotesi, anche 1 8-24a.

    216

    I Sam. 20,I-2 I,I

    qui si fa nuovamente riferimento all'inviolabilità dell'accordo giurato. A questo proposito è molto bella l'espressione usata, che risale probabilmente ad antiche concezioni del patto: il Si­ gnore è , «portare>> e «portare qui davanti». Con grande presenza di spirito Davide escogita la via d'uscita e si atteggia a pazzo fu­ rioso. È sicuro che così non gli accadrà nulla: il gode della particolare protezione della divinità tanto nell'antichità quan­ to ai giorni nostri. Egli ottiene inoltre che Akish consideri inattendibile l'identificazione sostenuta dai suo sgherri. Gra­ zie a questo espediente Davide può lasciare la corte incolume (anche se ciò non viene detto esplicitamente) senza finire né in un manipolo filisteo né in un carcere di Akish. Il cammino di Dio con lui prosegue senza incertezze. 1

    I I.

    Davide ad Adullam e a Mispe (2.2.,1-5)

    1 Così Davide partì di lì e giunse alla grotta di Adullam. Ora quando i suoi fratelli e tutta la sua famiglia udirono ciò scesero lì da lui. 2 E si rac-

    1 Un esempio contemporaneo è l a storia narrata spesso del candidato Ohnesorge sul monte Frankenberg; cfr. BaZ 66 ( 1 9 5 1) fase. J, 3-7.

    r

    22 7

    Sam. 22,1-5

    colsero attorno a lui uomini onesti, che erano oppressi, e anche uomini di ·ogni genere, perseguitati dai creditori, e uomini che erano soltanto scontenti. E lui divenne il loro capitano. Così egli aveva con sé circa quattrocento uomini. 3 Da lì Davide si recò a Mispe di Moab e disse al re di Moab: «Sarà certamente concesso a mio padre e a mia madre di trasferirsi qui da voi, finché sappia ciò che Dio vorrà fare di me». 4 E li scortò fino alla pre­ senza del re di Moab ed essi rimasero presso di lui finché Davide restò al riparo sulle montagne. 5 Ma il profeta Gad disse a Davide: «Non dovresti restare barricato sui monti! Scendi e va' nella terra di Giuda». Allora Davide scese e si re­ cò a Jaar-Heret. 1 -.2.. La località nella quale Davide si reca «da lì» (cioè da Gat, nel contesto attuale) è Adullam, il cui nome è sopravvissuto fi­ no ai giorni nostri nella pirbet 'id el-ma ubicata 1 I km a nord­ est di bet jibrin. Adullam stessa è identificata in un'altura subi­ to a sud della suddetta birbet sulla quale si erge il santuario di sep madkur e che è caratterizzata da numerose grotte. È così comprensibile che qui si parli sia di «grotta» (naturalmente una grotta precisa che veniva mostrata poi dalla tradizione) sia anche di « fortezza montana». Infatti la tradizione di Davide era legata a entrami i luoghi. Tuttavia il testo originale avrà letto m e�udat (fortezza sui monti) invece di me 'arat (grotta; in ebraico le due grafie sono molto simili). 1 La montagna fortifi­ cata offre al fuggiasco, con le sue numerose grotte, una dimora adatta. Ciò spiega come mai venga raggiunto da altri: prima dai suoi familiari, che a Betlemme si sentivano in pericolo per la vicinanza di Saul (la storia che segue mostra subito quanto avessero ragione), poi da gente di ogni risma, scontenta e te­ meraria, che aveva un qualche motivo di sfuggire alla situazio­ ne che si era creata in patria. Questi uomini, raccolti attorno a un capo come Davide, potevano costituire una banda perico­ losa. Si racconta una storia analoga per quanto riguarda Abi­ melek (Iud. 9,4) e Jefte (lud. 1 I ,J). Come sia difficile mante­ nere simili truppe si vedrà poi al cap. 2 5 . 1

    I due termini ricorrono vicini anche in 2 Sam. 23 , 1 3 s . e

    1

    Chron. 1 1 ,1 5

    s.

    r Sam. 22, 1-5

    La notizia sulle preoccupazioni di Davide per i genitori ai quali, evidentemente, non poteva confacersi, alla lunga, la vita da briganti, è naturalmente collegata col v. I . Davide pensa a Moab perché vi sono legami di parentela con questa popola­ zione, come mostra la storia di Rut (Ruth 4, 1 7). Anche l'ini­ zio del libro di Rut mostra come Moab fosse la destinazione di profughi da Betlemme. Se Davide, a differenza di quei Be­ tlemiti, si rivolge con la sua richiesta direttamente al re di Moab, ciò è sicuramente dovuto alla posizione eminente che aveva ri­ coperto in passato. Sorprende il modo duro in cui verranno più tardi (2 Sam. 8,2) trattati i Moabiti. - Evidentemente Da­ vide ha portato i genitori con sé e li lascia quindi subito a Moab. Non si sa quanto sia durato il loro esilio. L'indicazione fornita dal nostro passo, «finché Davide rimase nella fortifica­ zione sulla montagna», difficilmente si riferisce alla durata della permanenza di Davide ad Adullam, ma indica più in ge­ nerale il periodo di vita errabonda. La lezione Syr, seguita ta­ lora dagli esegeti, che ha qui e al v. 5 «Mispe» invece di «forti­ ficazione sui monti», dipende dal v. 5 e renderebbe, inoltre, ancora più difficile rispondere alla domanda sulla durata del soggiorno dei genitori di Davide a Moab. 3·4·

    Appare ora, evidentemente dopo il ritorno di Davide ad Adullam, il profeta Gad che fin qui non è stato nominato c apparirà poi ancora in 2 Sam. 24. Egli ordina a Davide di an­ dare nel paese di Giuda. A prima .vista si ha l'impressione che si ordini a Davide di rientrare in patria dall'estero. Proprio questa impressione spiega sicuramente la variante siriaca di cui si è detto sopra, mentre, in realtà, Adullam appartiene al terri­ torio della tribù di Giuda (los. I 5,J 5; cfr. Nehem. l I ,JO). D'al­ tra parte Adullam è considerata un'antica città reale di Canaan (Ios. 1 2, 1 5) e si trova, cosa che è qui più importante, così vici­ no al territorio filisteo da poter essere ritenuta appartenente a esso. Qualunque sia l'origine di questa notizia, qui essa deve significare l'ordine a Davide di rientrare nel cuore del territo5.

    1

    229

    Sam. 22,6-23

    rio giudaita lasciando la zona di confine ai margini di Giuda. Così viene espresso chiaramente, con autorità profetica, ciò che era implicito nella pericope precedente: nonostante il peri­ colo che questo passo comporta e contrariamente a ciò che potrebbe apparire pratico e utile al giudizio umano, Davide deve restare là dove si trova «sotto le ali di J ahvé, il Dio di Israele» (Ruth 2, 1 2 ). Questi cenni alla superiore guida divina non vanno trascurati: è in essi che si manifestano gli sfondi della storia di Davide. - Il versetto si chiude dicendo che Da­ vide ubbidisce al comando profetico. Purtroppo l'ubicazione del luogo da lui scelto (i due nomi sembrano indicare che si trat­ ti di una «foresta)) o di una località boschiva) è sconosciuta. Tuttavia non si può escludere del tutto che l'ipotesi -di Ewald (cfr. Wellhausen e Budde) sia nel giusto quando considera il termine beret una variante dialettale di fJores (cfr. 23,1 5 - 1 9). In questo caso la «foresta di Horesh» si troverebbe nel deserto giudaita di Sif, a sud di Hebron. 1

    12. Ve�detta di Saul contro i sacerdoti di Nob (22,6-23) 6 Ora, quando Saul sentì che Davide e alcuni uomini 2 che costui aveva

    con sé erano stati notati - Saul stava seduto proprio a Gibea sotto la ta­ merice sull'altura,3 lancia in mano, mentre tutti i suoi servitori gli stava­ no ritti intorno , 7 allora Saul disse ai suoi servi che lo attorniavano: «Ascoltate, voi beniaminiti ! Anche a tutti voi il figlio di Isai elargirà cam­ pi e vigneti e4 vi darà il comando delle migliaia e delle centinaia! 8 Ave­ te dunque congiurato anche voi contro di me e non c'è stato neanche uno che mi abbia informato quando mio figlio strinse (il patto) con il fi­ glio di l sai e non c'è stato nessuno di voi che abbia preso le mie parti 5 e mi abbia informato che mio figlio ha permesso che il mio servo si com­ portasse verso me da traditore,6 come ora appare evidente». 9 Allora intervenne Doeg, l'edomita - infatti (anche lui) stava in piedi nel gruppo 1 � significativo che rivolgendosi al re pagano (v. 3) Davide non parli di Jahvé, ma -

    più genericamente di Dio. 1 Senza articolo! In luogo di rama i LXX leggono il somigliante bama, «altura per i sacrifici», come minimo una giusta interpretazione. 4 V. BH. s Si legga �ome! come nei LXX; il T.M. è troppo esagerato: «.,. che si sia addolorato per me fino ad ammalarsi». 6 Letteralmente: «Come chi sta in agguato». 3

    230

    1 Sam. 22,6-23

    dei servi di Saul -, e disse: «lo stesso ho visto il figlio di Isai arrivare a Nob da Ahimelek, figlio di Ahitob, 1 0 e come egli abbia consultato il Signore per lui e dato provviste e gli abbia (perfino) consegnato la spada di Golia, il filisteo». I I Allora il re mandò (là) a convocare il sacerdote Ahimelek, figlio di Ahitob, insieme con tutta la sua famiglia, i sacerdoti di Nob. Ed essi si presentarono tutti al re. I l Allora Saul disse: «Ascol­ ta, figlio di Ahitob! » . Egli disse: «Sì, signore!». 1 3 Poi Saul gli disse: «Per­ ché avete congiurato contro di me, tu e il figlio di Isai, che gli hai dato pa­ ne e una spada e hai consultato Dio per lui, così che egli possa compor­ tarsi verso me da traditore, come oggi avviene?». 1 4 Allora Ahimelek rispose al re e disse: «Sì, perché tra tutti i tuoi servi chi è più fidato di Davide - genero del re, comandante 1 della tua guardia 2 e onoratissimo nella tua casa ? 1 5 Ho forse cominciato adesso a consultare Dio per lui ? Che Dio non voglia! Il re non dovrebbe rim­ proverare una cosa (siffatta) al tuo servo, anzi 1 a tutta la mia famiglia! Perché di tutta questa faccenda il tuo servo non ha saputo nulla, né tanto né poco».3 16 Allora il re disse: «In ogni caso devi morire, Ahime­ lek: tu e tutta la tua famiglia! ». 17 Poi Saul disse alle guardie reali che gli stavano intorno: «Avanti, dateci sotto e uccidete i sacerdoti del Signore perché sono complici di Davide e perché hanno saputo che stava fug­ gendo, ma non mi hanno informato! ». Ma i servi del re si rifiutarono di alzare la mano per abbattere i sacerdoti del Signore. 1 8 Allora il re disse a Doeg: «Allora datti da fare tu e uccidi i sacerdoti ! » . Così Doeg, l'edo­ mita, si mise all'opera e abbatté i sacerdoti e quel giorno uccise (dun­ que) ottantacinque uomini che indossavano l'efod di lino. 19 E passò a fil di spada anche N oh, la città dei sacerdoti, uomini e donne, bambini e lattanti, tori, asini e pecore - tutto a fil .di spada! 20 Riuscì a sfuggire un solo figlio di Ahimelek, figlio di Ahitob: si chia­ mava Abiatar e fuggì andando dietro a Davide. 2 1 E Abiatar riferì a Da­ vide che Saul aveva trucidato i sacerdoti del Signore. 22 Allora Davide disse ad Abiatar: «Lo sapevo (già) quel giorno, perché Doeg l'edomita era là, che avrebbe sicuramente fatto la spia a Saul. Io stesso ho sulla co­ scienza 4 la vita di tutti quelli della tua famiglia! Resta con me e non aver paura. Perché colui che attenta alla mia vita attenta anche alla tua vita. 5 Da me stai al sicuro». I V. BH. l· Letteralmente: dei tuoi subalterni. 3 Letteralmente: né cosa grande né cosa piccola. 4 Con aitios i LXX intendono sicuramente pabti, un termine comunque insolito. Il T.M. ha letto sabab, come prima ai vv. 1 7 s.: «lo stesso ho tolto loro la vita)) = io sono la vera causa della loro morte. Il senso è dunque simile. 5 Il soggetto è Saul. Non serve scambiare di posto «alla mia» e «alla tua» (BH e altri). ·

    2J I

    1 Sam. 22,6-23

    6-8. Il brano, drammatico nella narrazione e molto importante per il corso delle cose, comincia con una riunione che eviden­ temente è stata convocata perché Davide si è deciso per la re­ sistenza armata nel proprio paese e ha quindi alzato il vessillo della rivolta. La sua colpa è descritta con il verbo 'oreh, tende­ re un agguato, colpire alle spalle. Se Davide fosse sparito al­ l' estero, la faccenda avrebbe probabilmente avuto per Saul un aspetto diverso. Si nota quanto sia rilevante per il seguito della storia complessiva l'oracolo profetico del v. 5. La discussione avviene a Gibea, presso l'albero sacro del luogo, una tamerice. Le tamerici sono rare in montagna, come le palme, e pertanto, come queste (lud. 4, 5 ), particolarmente singolari e adatte . a fungere da alberi sacri. Saul «sta a sedere» (come Debora: Iud. 4, 5 ) sotto l'albero, in mano l'inseparabile lancia, simbolo della sua dignità. Stare seduto è un diritto che spetta al superiore; i subalterni «stanno in piedi» attorno a lui. Per questo nell'An­ tico Testamento «stare in piedi al suo cospetto» è locuzione tecnica per «servire» ( 1 Reg. 1 7,1 ecc.). La forma con cui Saul apre la riunione rivolgendosi agli astanti non promette nulla di buono. In questa circostanza si viene a sapere, casualmente, che il seguito del re è formato da gente della sua tribù; ciò non deve far concludere (così Budde), tuttavia, che il suo regno fosse nella sostanza un regno tribale. Il breve discorso di Saul contiene essenzialmente accuse nei confronti di Gionata che «ha messo in piedi» (heqim) Davide e gli ha spianato la via per il suo tradimento. Si deve supporre che Gionata non sia stato presente alla riunione dei «servi di Saul». D'altra parte le accuse rivoltegli da Saul non hanno avu­ to la minima conseguenza per lui. Si deve pensare che, per l'in­ tervento di Doeg, il re abbia imboccato un'altra pista e sia con­ vinto ora di aver scovato il vero colpevole (Schulz, ad lo c. ). Il re diffidente ondeggia in qua e in là tra esagerazione e ingiusti­ zia. N o n avergli riferito una notizia è per lui già indice di tra1

    I Re Ibn Saud, poco prima di morire, aveva costituito un governo formato unicamen­ te da membri della sua famiglia.

    2J2

    1 Sam. 22,6-23

    dimento. Accusa così i suoi cortigiani di essersi ormai schiera­ ti tutti quanti (si noti la ripetizione di «tutti») dalla parte del futuro sovrano. L'edomita Doeg, uno che non appartiene alla tribù di «Beniamino» e che è certo presente per caso, sfrutta l' occasio­ ne per riferire quanto ha visto a N oh circa Davide e per de­ nunciare Ahimelek. Il sacerdote viene quindi convocato in­ sieme con tutta «la casa di suo padre». Già l'indirizzo «figlio di Ahitob» mostra la serietà della situazione. Dopo che Saul gli ha elencato in faccia i presunti capi di accusa, Ahimelek si difende in una maniera che doveva assolutamente persuadere chiunque, primo fra tutti anche il lettore. L'elenco delle alte cariche rivestite da Davide, l'accenno a precedenti consulta­ zioni dell'oracolo - per lo storico moderno una importante notizia per giudicare Davide - e la totale mancanza del sia pur minimo motivo di sospetto sono effettivamente argomenti del tutto convincenti. Ma tutto ciò non serve a niente: il re emette la condanna a morte che vale per tutti i sacerdoti, in base al principio della responsabilità familiare. In verità questo caso non sarà l'unica ragione per il · comportamento di Saul, anche se se ne parla soltanto qui. Già al cap. 2 1 si è notato come Da­ vide abbia dalla sua profeti e sacerdoti. Saul ha entrambi i gruppi contro. Se ciò debba dipendere da Samuele che era in contatto con gli Elidi, non si sa. Le cose stanno così e basta. È un altro aspetto della tragedia che permea la vita di Saul: egli, che dapprima era maniacalmente attento alla volontà di 1ahvé, appare sempre più come colui che «è stato abbandonato da Dio ». Va perciò notato in maniera particolare (v. 1 7) che Saul ordina ai suoi «cursori» di uccidere i sacerdoti di 1 ahvé. Que­ sta è guerra aperta contro i servi del Signore, dunque contro lui stesso. La narrazione presenta un contrasto consapevole quan­ do i servi del re, che certamente non erano mammole, si rifiu­ tano di alzare la mano contro gli unti del Signore. Soltanto Doeg è disposto a fare il boia: ma, appunto, Doeg non è un 9- 1 9.

    1

    Sam. 22,6-23

    23 3

    israelita, ma �n edomita. Il numero delle vittime è estrema­ mente alto, tanto più che qui si contano solo gli uomini. Forse nei pressi della tamerice di Gibea c'era un luogo che era legato al ricordo del numero 8 5 . Che tutte le vittime erano sacerdoti offìcianti viene menzionato esplicitamente per rendere ancora più pesante la colpa di Saul. L'opera orribile viene completata dalla distruzione totale della città sacerdotale con tutti i suoi abitanti, uomini e bestie. La distruzione segue la prassi dell'in­ terdetto e ciò ha un effetto particolarmente sconvolgente: l'anatema è una procedura seguita dai seguaci di Jahvé contro i pagani, ma qui si procede in questo modo contro i sacerdoti del Signore! Non è chiaro chi sia il soggetto del v. 1 9. In ori­ gine sarà stato lo stesso Saul ed è possibile, come si è spesso supposto, che si abbia qui quanto resta di una tradizione par­ ticolare secondo la quale la vera punizione per l'aiuto fornito a Davide non sarebbe stato l'eccidio di Gibea, bensì la distru­ zione di Noh e il massacro di tutti gli abitanti; Saul stesso si sarebbe messo in marcia subito dopo la rivelazione di Doeg per eseguire la condanna, e non avrebbe prima convocato a sé Ahimelek. N ella confluenza attuale dei racconti la narrazione complessiva assume ora un aspetto particolarmente efferato. 20-2. 3· Mentre Saul completa, dunque, la separazione dalla clas­ se sacerdotale, proprio in virtù di questo suo gesto Davide vie­ ne in possesso di un sacerdote, anzi di un «genuino» sacerdote della stirpe degli Elidi. Si deve considerare questo il vero sco­ po del capitolo. A fianco del fuggiasco compaiono un profeta e un sacerdote. Saul che possiede tutti i santuari, vicino della città di Samuele, taglia di netto ogni legame con essi. Davide, che è scacciato da ogni luogo, riceve un messaggio profetico e ha presso di sé il consacrato portatore dell' efod. No n si dice come abbia fatto Abiatar a sfuggire al massacro. Forse era di turno al tempio; ma basta anche vedere il suo caso come quello di Iud. 9, 1 ss. Anche il quel caso il sopravvissuto rappresenta la vox Dei (cfr� AT 9, ad loc. ) . A Davide si stringe

    �34

    1 Sam. 2J,I-IJ

    cuore perché egli vede la perversa concatenazione delle cir­ costanze nella quale egli è colpevolmente coinvolto. Egli può soltanto cercare di riparare a quanto è successo proteggendo l'unico sopravvissuto. L'amicizia tra lui e Abiatar durerà fino alla morte di Davide. È stata spesso avanzata l'ipotesi che Abia­ tar abbia avuto un ruolo particolare alla corte di Davide (e an­ che in seguito} quale storiografo ufficiale. il

    1 3.

    Davide a Qeila (2J,I-IJ)

    1 E qualcuno portò a Davide questa notizia: « Lo sai già: i Filistei stanno combattendo contro Qeila e sono in procinto di saccheggiare le aie». 2 Allora Davide consultò il Signore e disse: «Devo andare là e sconfigge­ re questi Filistei ?». E il Signore disse a Davide: «Sì, va', vinci i Filistei e salva Qeila! ». 3 Allora gli uomini di Davide gli dissero: «Considera pe­ rò che viviamo (già) qui in Giuda nel timore. Quanto più se marciamo su Qeila incontro alle schiere dei Filistei! ». 4 Quindi Davide consultò nuovamente il Signore e il Signore gli rispose e disse: «Avanti, scendi su Qeila, perché ho deciso di darti in mano i Filistei! ». s Allora Davide si mise in marcia con tutti i suoi uomini verso Qeila e ingaggiò battaglia con i Filistei. Ed egli portò via il loro bestiame e li colpì con colpi po­ tenti. Così Davide salvò gli abitanti di Qeila. 6 Ora le cose stavano così. Quando Abiatar, figlio di Ahimelek, fuggì da Davide, si era portato dietro l' efod; e adesso era sceso a Qeila insie­ me con Davide. 1 7 Allora fu riferito a Saul che Davide era arrivato a Qeila. E Saul disse: «Ora Dio lo ha venduto � in mano mia; si è messo in trappola da solo, entrando in una città con porte e sbarre». 8 Così Saul mobilitò tutto il popolo per la guerra, per scendere su Qeila (e) assedia­ re Davide e i suoi uomini. 9 Ma quando Davide venne a sapere che Saul stava preparando la sua rovina, disse al sacerdote Abiatar: «Porta qui l'efod!». 10 Poi Davide disse: «Signore, Dio d'Israele, il tuo servo ha sa­ puto per certo che Saul ha intenzione di scendere a Qeila per distrugge­ re la città a causa mia. 1 1 Gli abitanti di Qeila mi consegneranno nelle sue mani? Scenderà Saul come ha sentito dire il tuo servo ? Signore, Dio d'Israele, deh, fallo sapere al tuo servo ! ». Allora il Signore disse: «Sì, scenderà». 1 2 E Davide disse: «Gli abitanti di Qeila consegneranno me 1 T.M.: « .. fuggì da Davide a Qeila; l'efod gli era sceso nella mano»; LXX: « egli stesso scese con Davide verso Qeila e aveva preso con sé l'efod (letteralmente: aveva l'efod in mano)». Il testo proposto sopra è frutto di una congettura che prende le mosse da tale lezione: weha'efod bejado wehu jarad 'im-dawid qe'ila. � V. BH. .

    ...

    1 Sam. 2J, I-IJ

    23 5

    e i miei uomini nelle mani di Saul ?». E il Signore disse: «Sì, lo faranno». 13 Allora Davide si mise in marcia insieme con i suoi uomini - circa sei­ cento - e abbandonarono Qeila e si sparsero per ogni dove, come capi­ tava. Ora, quando fu riferito a Saul che Davide era fuggito da Qeila, egli fermò la spedizione.

    1-2. La città fortificata di Qeila (ebr. qe'ila) non è da identifi­ carsi con pirbet kila o qila (non lontano dalla rotabile jaffa-Ge­ rusalemme, esattamente 5 km a sud di latrun ), ma con l' omo­ nimo te/l 1 o km a est di be t jibrin, a sud di Adullam (cfr. PJB 2 1 [ 1 92 5] 2 1 s. e 22 [1 926] 72 s.). Come Adullam, anche Qeila è esposta alla pressione dei Filistei, i veri padroni della fascia collinare. Gli abitanti sono giudaiti. Il saccheggio delle aie è per un avversario una procedura naturale, giacché sulle aie vie­ ne deposto tutto il raccolto, che poi viene trebbiato e ventila­ to: un processo che richiede un certo tempo. Per la popolazio­ ne agricola la razzia del raccolto è naturalmente un colpo tre­ mendo. Quando qui Davide s'immedesima nei pensieri degli abitanti di Qeila, oltre il desiderio di aiutare i fratelli giudaiti fa capolino anche un altro elemento che viene suggerito dalle parole di sprezzo «questi Filistei». Viene in mente la storia di Golia: i Filistei (incirconcisi) sono i veri avversari del popolo di Dio. Le battaglie contro di loro sono guerre di Jahvé. Nel no­ stro passo D avide appare come colui che senza la corona di re si assume il compito del re di Israele. Perciò qui ricorre due volte il verbo ja.Sa ' = salvare, il verbo che viene usato nel libro dei Giudici per denotare ripetutamente l'attività del giudice. L'azione di Davide si trova qui nettamente contrapposta a quel­ la di Saul. 3-4. La natura particolare dell'impresa è sottolineata inoltre dalla duplice consultazione del Signore. Sembra che si sia trat­ tato di una interrogazione alternativa fatta con l'efod, la sacra sorte oracolare (cfr. cap. 14). Anche qui, come al cap. 1 4, s'in­ serisce la vox populi. Questa volta, contrariamente a quella, es­ sa non è conforme alla vox Dei: è solo la voce della paura. Il

    236

    1

    Sam. 2J,I-IJ

    Signore e il «suo servo» (come si dirà più avanti) ragionano a un livello superiore. s-6. Così Davide si niette in marcia e assale i Filistei. È singo­ lare che Davide cominci col razziare il loro bestiame. In realtà i Filistei non possono essersi portati dietro, nella loro scorre­ ria, il bestiame che avrebbe soltanto costituito un impaccio. Ci si aspetterebbe anche che si parlasse prima della vittoria e poi del bottino. Caspari suggerisce che fossero i Filistei che stesse­ ro portandosi via proprio allora il «loro» (cioè degli abitanti di Qeili), ma questa ipotesi, per quanto degna di considerazione, richiede interventi troppo drastici sul testo come variare waj­ jinhag in wajjinhagu. Sarà quindi meglio pensare agli animali da soma che erano necessari ai Filis.tei per trasportare il grano razziato. Attaccare le salmerie è, strategicamente, un abile ini­ zio. Che non ci si diffonda sulla vittoria di Davide indica che cosa interessi il narratore e che cosa no. L'aspetto militare del­ l'impresa è narrato con la massima laconicità. Ma si dice espli­ citamente che si è trattato di un atto di salvezza. Ora si deve soprattutto osservare il v. 6 il cui testo è possibile stabilire con l'aiuto dei LXX. Contrariamente a quanto afferma il T.M., il senso del versetto non è che Abiatar si sia rifugiato presso Davide solo a questo punto, ma che Abiatar lo abbia seguito nella spedizione. In questo modo si prepara la terza consulta­ zione dell'oracolo, quella che avviene a Qeila. In questo modo al centro del racconto viene collocata pertanto, e soprattutto, la volontà del Signore. Contro le regole della prudenza Davi­ de si reca a Qeila e se ne ritira improvvisamente con pari cele­ rità. Si tratta tuttavia di due mosse non solo obbligate, m.a an­ che giuste: la prima per le ragioni già esposte, la seconda per garantire l'incolumità di Davide. Il Signore che tiene il volante guida con mano sicura. 7- 1 3. Anche il piano di Saul non è studiato male, ma resta, no­ nostante la menzione di Dio, un piano di guerra «umano».

    23 7

    1 Sam. 2),14-28

    Saul si è privato con le sue mani dell'efod e del suo portatore, quindi anche della possibilità di essere certo dell'esito delle sue imprese. Così egli può sì «forgiare» la rovina, ma niente di più. Tuttavia è nuovamente chiaro quale potenza Saul abbia a disposizione; il fatto di aver potuto sterminare i sacerdoti è es­ so stesso un segno della sua forza. Nel nostro episodio ciò si nota dal comportamento degli abitanti di Qeila che, all' occa­ sione, sono pronti a prendere subito posizione per Saul e non per Davide che li ha salvati. Per capire il senso dell'episodio si deve anche prestare attenzione a questa differenza nel rappor­ to di forza che viene sottolineata. Ma, come spesso avviene nel­ la Bibbia (cfr., ad es., a Iud. 7, 1 ss.), Dio non è con le divisioni più forti. Davide compare qui in una luce particolarmente simpatica. Si racconta volutamente che Davide è pronto a venire in aiuto alla città e che è altrettanto pronto ad andarsene non solo per la sua situazione critica, ma per evitare che Qeila vada incon­ tro a un nuovo disastro per colpa sua. Davide non rimprovera neanche con una sola parola gli abitanti per le loro intenzioni, che egli ha conosciute mediante l'oracolo. E anche se il Signo­ re è il protagonista dell'azione, colui che tutto guida e governa puntando alla realizzazione dei propri piani, pure Davide ap­ pare in questo quadro lo strumento adatto che serve a Dio. ·

    14. Davide e Saul nel deserto (.zJ,I4-l.8) 14 Così Davide fissò la dimora nel deserto, in luoghi fortificati sulle mon­ tagne. Si stabilì nel deserto di Sif, nella zona montuosa. E benché Saul fosse continuamente alla sua caccia, pure Dio non glielo diede in mano. 1 5 Ma Davide si era accorto che Saul era uscito per attentare alla sua vita. Mentre Davide stava nel deserto di Sif, a Horesha, 16 il figlio di Saul, Gionata, si mise in cammino e andò da Davide a Horesha e fortificò la sua mano in Dio 1 7 e gli disse: «Non temere, perché la mano di mio pa­ dre, Saul, non ti troverà. Tu diventerai re su Israele e io sarò secondo, dopo di te. Anche mio padre, Saul, lo sa perfettamente». 1 8 Così i due strinsero un patto davanti al Signore e Davide rimase a Horesha, mentre Gionata se ne tornò a casa.

    r Sam. 23,I4-28

    19 E alcuni Sifei salirono da Saul a Gibea e dissero: «Davide se ne sta nascosto dalle nostre parti, sulle fortificazioni tra i monti, a Horesha, presso Gibea Hakila, che si trova a sud di J eshimon. 1 20 E ora, se desi­ deri scendere (là), o re, scendi pure; ci penseremo noi a consegnarlo nel­ la mano del re». 2 1 Allora Saul disse: «Siate benedetti da parte del Signo­ re, voi che vi siete così impegnati per me! 22 Ora andate, continuate a preparare (ogni cosa) e notate con cura quale sia la sua base, dove egli ferma il suo piede fuggevole.2 Perché mi è stato detto che egli è molto, ma molto astuto. 23 E fate bene attenzione a tutti i nascondigli nei quali potrebbe nascondersi; poi ritornate da me in un (luogo) convenuto, 3 co­ sì andrò con voi e se egli è nel paese lo rintraccerò tra tutte le migliaia di Giuda». 24 Allora (quando furono ritornati) 4 essi si misero in marcia e si diressero verso Sif precedendo Saul, mentre Davide e i suoi uomini si trovavano nel deserto di Maon, nella zona di mezza montagna 5 a sud di Jeshimon. 15 Ora quando Saul e i suoi uomini si misero alla ricerca, la cosa venne riferita a Davide. Allora egli scese dalla rupe che 2 si trova nel deserto di Maon. Appena Saul lo seppe si mise a inseguire Davide nel deserto di Maon. 26 Così Saul marciava su di un lato della montagna e Davide con i suoi uomini si trovava sull'altro lato del monte. Ora Davi­ de cercava di allontanarsi velocemente distaccando Saul, mentre Saul e i suoi uomini si apprestavano già a circondare Davide e i suoi uomini per catturarli. 17 A quel punto arrivò un messaggero da Saul con la notizia: «Vieni presto, perché i Filistei hanno aggredito il paese per saccheggiar­ lo! ». 28 Così Saul abbandonò l'inseguimento di Davide e ritornò in pa­ tria per marciare contro i Filistei. Perciò quel luogo viene chiamato «Ru­ pe della Separazione>>.

    Davide si trova ora nel territorio a sud e a sud-est di Hebron, esattamente nel «deserto» immediatamente a oriente del grande crinale. Il termine ebraico midbar non significa ne­ cessariamente «deserto» in senso stretto; denota in prima linea una zona da pascolo in contrapposizione con i terreni agricoli, 1 4. 1 5·

    1

    Le indicazioni geografiche vanno ritenute aggiunte posteriori, fatte guardando a 23,

    1 5 e 26, 1 . 2 V. BH. 3 La traduzione di 'el-nakfm è incerta. Potrebbe significare tanto «determinato, preci­

    so» quanto «con notizie cene». Tuttavia, anche in considerazione di 26,4, è preferibi­ le tradurre con riferimento a un luogo. Saul avrà cenamente concordato con i Sifei un luogo d'incontro al quale essi dovranno «ritornare». 4 Qui sembra che sia andato perso un wajjasubu. 5 L' «Araba» indica qui il declivio meridionale dei monti, mentre Maon fa ancora parte della zona di piena montagna.

    23 9

    r Sam. 2J,I4-2B

    ma è anche il termine generico per denotare il declivio orienta­ le dei monti che scende «desertico» verso il Mar Morto. Sif (oggi tell ez-zif: cfr. PJB 22 [1 926] 77) si trova in alto, sul cri­ nale, dove c'è anche Maon (oggi tell ma 'in), un po' più a sud. La regione desertica si estende pertanto a est delle località, a includere il declivio dei monti, la fascia a mezza montagna che qui è denominata una volta (v. 24) col termine 'araba (l'Araba, la zona declinante, il pendio). La «montagna» o «regione montagnosa» (bar) è in realtà l'altopiano della Giudea. Que­ sto spiega perché al v. 1 4 si parla dapprima del deserto in ge­ nerale e poi del «deserto» di Sif «sulla montagna». L'altra lo­ calità o campagna menzionata, Horesha, doveva trovarsi pa­ rimenti vicino al crinale giacché si precisa esplicitamente «nel deserto di Sif». Le diverse indicazioni topografiche, la ripetuta menzione del deserto, il riferimento a monti e pendii e poi, ancora, a un mon­ te e a una rupe, mostrano a priori quanto si sentissero braccati e incalzati Davide e i suoi dopo che dovettero rinunciare, per­ ché troppo pericoloso, al tentativo di stabilirsi in un luogo fortificato ottenuto con trattative pacifiche. Davide si sente ve­ ramente braccato e stanato in una caccia senza quartiere; sa che Saul gli è sempre alle costole e non perde la sua traccia. Perciò è importante la nota iniziale (v. 1 4c) che Dio non per­ metteva che Davide cadesse nelle mani di Saul. Queste parole sono come il titolo di tutto il brano: Saul può inseguire e Da­ vide può essere inseguito, ma nello svolgimento del disegno di Dio è scritto indelebilmente che Davide resterà salvo. Nessun uomo è in grado di intervenire e cambiare il corso «teleguida­ to» delle cose. •

    16- 1 8. La visita di Gionata mette questi pensieri che governa­ no il tutto in un'evidenza ancora maggiore. Il racconto di • Per questa ragione non può essere esatta l'identificazione con baras, nella regione collinare occidentale, proposta da Alt (PJB 24 [1928] 25 s.). Buhl, Geographie des al­ ten Pa/astina, 97 menziona una rovina l:furesa a sud di tell ez-zif.

    I Sam. 2],14-28

    questo episodio non intende soltanto descrivere una rinnovata amicizia, che certamente, considerati gli effettivi pericoli che l'incontro comporta, è il corona�ento di tutto ciò che Giona­ ta ha fatto per Davide. Ora, poiché non si menzionano affatto tutti i particolari che il lettore avrebbe piacere di conoscere (come abbia fatto Gionata ad arrivare fin là; come abbia fatto a non farsi notare da Saul; come si ponessero gli uomini di Da­ vide verso il figlio del nemico), riesce più facile capire perché l'episodio sia stato narrato a questo punto. Davide (e il letto­ re! ) deve venire rassicurato: il futuro è ormai fissato e lui di­ venterà «re su Israele». In questa maniera Gionata rincuora Davide «in Dio» e gli dà forza. In questo scenario Gionata stes­ so si fa da parte come «l'amico dello sposo» si ritira quando viene il momento. Più avanti si verrà a sapere in maniera più completa che, come afferma Gionata, Saul è effettivamente persuaso, in fondo, che questo è il corso degli eventi voluto da Dio. Il patto rinnovellato sigilla l'amicizia e mostra con quale serietà Gionata abbia detto quelle parole. 1 9-1.8. L'episodio dei Sifei si colloca sotto il segno di questa duplice premessa. La narrazione è quanto mai vivace sia per quanto riguarda il colloquio dei Sifei con Saul sia per la de­ scrizione dell'inseguimento. Tra i due momenti sembra man­ care una frase o almeno un verbo (v. sopra, p. 2 3 8 n. 4). Nel frattempo Davide, presentendo forse ciò che stava per venire, si è spostato ancora più a sud, nel «deserto di Maon», per poi scendere, con l'acuirsi del pericolo, ancora più verso est, nella zona veramente desertica che rappresenta il miglio rifugio. Una rupe particolare, il cui nome ricordava la «separazione», ha mantenuto anche in seguito viva la memoria di quegli even­ ti. I due avversari sono separati soltanto da un tratto di mon­ tagna e la fine di Davide sembra ormai prossima e certa. La notizia di un'invasione dei Filistei, che hanno approfittato del­ l'assenza di Saul per compiere una scorreria, lo costringe a in­ terrompere l'inseguimento. Questo fatto va letto e capito alla

    1 Sam. 24,1-23

    luce del v. 14. La «Rupe della Separazione)) è diventato un mo­ numento alla salvezza di Davide. I

    f. L'incontro nella grotta di Engedi (24,1-.13)

    1 Davide risalì poi da lì e si stabilì nelle fortificazioni montane di Enge­ di. 2 Ora, quando Saul tornò dall'inseguimento dei Filistei, gli fu riferi­ to: «Lo sai già? Davide si trova nel deserto di Engedi! ». 3 Allora Saul prese tremila uomini con sé, soldati scelti da tutto Israele, e partì alla ri­ cerca di Davide e dei suoi uomini. (Ciò avvenne) in direzione delle Rupi dei Camosci. 4 Giunse così ai recinti per pecore al lato della strada; lì si trovava anche una grotta e Saul vi si recò per fare i suoi bisogni, mentre Davide e i suoi uomini erano accovacciati nella parte più interna della grotta. 5 Allora gli uomini di Davide gli dissero: «Lo vedi ? (Eccolo) il giorno del quale ti parla il Signore: Ecco, ora io stesso ti do il tuo nemi­ co 1 in mano tua e puoi fare di lui ciò che ti aggrada». E Davide si alzò e tagliò di nascosto un pezzo dell'orlo del mantello di Saul. 6 Ma poi a Davide batté forte il cuore perché aveva tagliato l'orlo del mantello di Saul. 7 E disse ai suoi uomini: «Che il Signore mi preservi dal fare una cosa del genere al mio signore, l'unto del Signore, da mettergli le mani addosso, a lui che è comunque l'unto del Signore! ». 8 E Davide rim­ proverò severamente i suoi uomini e non permise loro di aggredire Saul. Ora, quando Saul si fu alzato e fu uscito dalla grotta per riprendere il cammino, 9 (anche) Davide si alzò, lo seguì e uscì fuori dalla grotta. Ed egli gridò dietro a Saul e disse: «Re, mio signore ! ». Allora Saul guardò dietro di sé e Davide s'inchinò col viso a terra e gli rese omaggio. xo Poi Davide disse a Saul: «Perché presti ascolto alle parole di uomini che di­ cono: Davide trama la tua rovina? 1 1 Oggi stesso i tuoi occhi hanno po­ tuto vedere che oggi, nella grotta, il Signore ti aveva dato in mano mia e (mi) era stato (perciò) detto 2 di ucciderei. Ma io ti ho risparmiato 3 e mi son detto: Non alzerò la mano sul mio signore che è comunque l'unto del Signore. 1 2 Guarda ancora, padre mio! Ecco l'orlo del tuo mantello nella mia mano! Perché se ho tagliato l'orlo del tuo mantello e non ti ho ucciso, allora riconosci e convinciti che la mia mano è pura da malvagità e ribellione e che non mi sono reso colpevole verso di te, mentre tu stai 1 È possibile tradurre anche «i tuoi nemici». In questo caso si tratterebbe di un (pre­ cedente) oracolo di Dio più generico . .2 Invece della grammaticalmente difficile forma We11 amar la Vulgata sembra aver letto wa'omar, «e mi son detto». 3 wattabos richiede un 'eni che la Vg ha conservato. Altre versioni leggono wa'abus.

    I

    Sam. 24, I-23

    in agguato per togliermi la vita. 1 3 Voglia il Signore giudicare tra te e me e voglia il Signore vendicarmi nei tuoi confronti, ma la mia mano non sarà contro di te. 14 Come dice l'antico proverbio: Dai malvagi esce malvagità. Ma la mia mano non sarà comunque contro di te. 1 5 Dietro a chi è sceso in campo il re d'Israele? A chi dai la caccia? Stai correndo die­ tro un cane morto, dietro una sola pulce! 1 6 Il Signore sarà arbitro e giudicherà tra me e te. Voglia egli guardare e trattare la mia causa e reo­ dermi giustizia nei confronti della tua mano ! » . 1 7 Ora, quando Davide ebbe finito di dire queste parole a Saul, Saul disse: « È questa la tua voce, Davide, figlio mio?». E Saul alzò la voce e pianse 1 8 e disse a Davide: «Tu hai ragione, più di me. Perché tu mi hai fatto del bene, mentre io ti ho fatto del male. 1 9 E oggi hai mostrato come ti sei comportato bene verso di me, quando il Signore mi ti ha da­ to nelle mani eppure non mi hai ucciso. 20 Se uno trova il suo nemico, gli lascia forse continuare incolume il cammino? Ma voglia il Signore n­ compensarti con del bene per quello che mi hai fatto oggi. 1 21 E ora, ecco, so per certo che diventerai sicuramente re e che in mano tua il re­ gno d'Israele avrà stabilità. 22 Così, giurami ora per il Signore che non sterminerai la mia discendenza quando io non ci sarò più e che non can­ cellerai il mio nome dalla casa di mio padre!». 23 E Davide lo giurò a Saul. Poi Saul se ne tornò a casa, mentre Davide e i suoi uomini salirono alle fortificazioni sui monti.

    1-8a. Questa storia bella e plastica si ricollega immediatamen­ te alla precedente. Respinti i Filistei, Saul riprende fiato e può pertanto riprendere subito le operazioni contro Davide il qua­ le, nel frattempo, si è trasferito dali'altra parte, nel deserto mon­ tano di Engedi, verso la metà del declivio orientale che dà sul Mar Morto. Il nome si è conservato fino ai giorni nostri nel­ l' oasi di 'en jidi. Come si mette volutamente in evidenza, il pe­ ricolo per Davide consiste nella superiorità numerica (cinque volte la sua banda) e nella qualità delle truppe scelte di Saul. Il luogo dell'incontro è contraddistinto, ancora una volta, da una particolare formazione rocciosa che certamente ha mantenuta per lungo tempo viva la memoria degli eventi qui narrati. Nel deserto di Giuda non mancano certo le grotte; tra queste ve ne sono alcune che, per così dire, si sviluppano per camere suc­ cessive: attraverso corridoi in parte ostruiti da terriccio l'in­ l

    Le parole hajjom bazza vanno alla fine del versetto.

    1

    Sam. 24,1-23

    2.4 3

    gresso della grotta comunica con altre grotte più interne. Il te­ sto sembra voler suggerire che lo spazio anteriore della grotta venisse usato occasionalmente per farvi riparare le greggi in caso di pioggia, freddo e simili. Saul entra qui dentro «per co­ prire i suoi piedi>>, come recita l'eufemismo biblico. Egli non sospetta minimamente che in questo istante Jahvé lo «ha dato in mano» di Davide, come dicono con espressione del tutto appropriata, e conforme al sentimento teologico dell'Antico Testamento, gli uomini di Davide, anche se a monte di questa formulazione potrebbe esserci, in questo caso specifico, un precedente oracolo divino. Che Davide ora uccida il nemico per liberare se stesso e loro da una situazione sempre più criti­ ca, è per questi uomini cosa fatta; sembra loro, anzi, che que­ sta sia proprio la volontà certa del Signore che nella sua bene­ volenza ha creato questa circostanza favorevole: «un'applica­ zione singolare del principio: vox diei vox Dei!» (Schulz, 348). Se Davide non segue questo consiglio che, come si è detto, non è dettato soltanto dalla mente rozza e ottusa dei guerrieri, ciò avviene per un chiaro convincimento: la consacrazione della persona del re avvenuta con l'unzione di Saul è più forte di tutto il resto. Il titolo che viene spesso attribuito a questo brano, «la generosità di Davide», non coglie con precisione il cuore della questione. Certamente Davide farà la figura del­ l'avversario cavalleresco: ma è molto più importante il fatto che egli segua la volontà di Dio quando essa viene alla luce in maniera inequivocabile. Ciò che ai suoi uomini appare volon­ tà di Dio, a Davide appare come una tentazione dalla quale prega che il Signore lo «preservi». La formulazione del testo non permette di sapere se ci sia stata o meno una lotta interio­ re di Davide. Quando Davide «si alza» dopo che i suoi hanno parlato si ha dapprima l'impressione che voglia seguire il loro parere. E perché mai gli batte il cuore? Forse che il testo origi1 «Ora non lo accolgono donne che gli danzano incontro per cantare le sue lodi, ma è il coro angelico che lo celebra nell'alto dei cieli, pieno di ammirazione per la sua sag­ gezza e clemenza» (Crisostomo; cfr. Ketter, 1 5 5).

    1

    Sam. 24,1-23

    naie diceva qui che, quando alzò la mano per sferrare il colpo mortale, la coscienza (si direbbe oggi) gli rimorse? Se ci si mettesse a inseguire simili considerazioni, si farebbe sicura violenza al testo: non solo si dovrebbe espungere il v. 6b, ma anche inserire al v. 5 , dopo le parole «e Davide si alzò», una frase, più o meno, di questo tenore: «e sfoderò la spada per uc­ cidere Saul». E si dovrebbe poi continuare: «Ma allora a Davi­ de batté il cuore ed egli tagliò ... ». Non è impossibile che in una fase precedente questo fosse il tenore del racconto, ma co­ me le cose stanno oggi il testo vuole esprimere la «delicatezza d'animo» di Davide (Budde) persino n eli' attuale intromissio­ ne nella sfera privata di Saul. Questo comportamento si espri­ me inoltre nel divieto fatto ai suoi uomini di prendere qualsia­ si iniziativa in proprio. - Che la situazione di Saul serva a scre­ ditarlo, come suggeriscono alcuni esegeti, non è detto da nes­ suna parte. Ciò che Saul fa è naturale, ma non comico né infa­ mante. Il testo si limita a dire che in questa circostanza Saul è consegnato chiaramente nelle mani di Davide. Sb- 1 6. La storia non finisce quando Davide risparmia Saul. La seconda parte del racconto offre una sorta di valorizzazione dell'accaduto. Saul lascia la grotta, anche Davide ne esce e chiamando il re fa sì che egli si giri, rendendogli poi il dovuto omaggio. Poi Davide narra quanto è successo nella grotta, ve­ racemente, anzi in maniera tale da rendere trasparente la si­ tuazione teologica. Davide stringe in mano l'orlo del mantello per provare di aver considerato, quale norma suprema, la vo­ lontà di Dio espressa nell'unzione del re. Questo principio viene poi ribadito in altra forma quando Davide afferma di non ritenersi autorizzato a eseguire lui stesso la «vendetta», ma che Dio è l'unico cui essa spetti. Il proverbio citato serve a sottolineare in maniera pertinente questa convinzione. Tutto ciò è estremamente importante per la storia di Davide, nella quale non devono entrare momenti personalistici. Davide sa benissimo di avere ragione nei confronti di Saul e pure lo dice;

    1

    Sam. 24,1-23

    anche Saul ne è convinto. Ma l'aspetto decisivo è che Davide non si fa giustizia da solo, ma lascia che sia il Signore a render­ gli concretamente giustizia. 1 7-22. A questo proposito Saul dice due cose. Da un lato, con grande emozione, dà ragione a Davide e, dall'altro, conferma quanto Gionata aveva detto di lui in 2 3 , 1 7: egli sa che Davide sarà il suo successore e che solo il suo regno sarà stabile. Con questa confessione la lotta di Saul contro Davide, l'inseguimen­ to e la caccia nel deserto roccioso (W. Vischer, Christuszeugnis n, 223) vengono presentati come atti inutili e stolti. Saul è ve­ ramente posseduto da uno spirito malvagio; egli agisce, anzi insiste furiosamente contro la propria migliore conoscenza e, quindi, come quella che riconosce perfettamente essere la vo­ lontà di Dio. Cerca di consolidare un regno che non resterà suo. Una volta di più questo narratore, e anche l'autore finale che organizza la materia, sono consapevoli della tragicità della vita e della lotta di Saul. Ma per entrambi è più importante mettere in evidenza la linea di Dio in avvenimenti come questi narrati, una linea che, nonostante le apparenze, porta all'esal­ tazione di Davide. Anche l'azione di Davide viene integrata in questa linea. Chi è veramente all'opera qui non è l'eroe generoso e umile: è il Signore che gli dà Saul in mano, che lo preserva dal seguire la falsa interpretazione di questa situazione e conferma di nuo­ vo, anche per bocca dell'unto di Dio, il diritto presente e futu­ ro di Davide. Al momento ciò significa salvezza da una situa­ zione critica, per il futuro significa promessa del traguardo pre­ visto da Dio.

    Per contro il giuramento di Davide, che assicura al re il ri­ spetto della sua discendenza, ha un significato relativo e serve unicamente a sottolineare le cose che sono state dette. Anche da re Davide non dovrà esercitare lui stesso la «vendetta», ma restare fedele alla linea fin qui seguita, alla linea di Dio. 23.

    1

    Sam. 2J,Ia

    In maniera del tutto sorprendente l'avvenimento non ha conseguenze immediate. Un romanziere avrebbe fatto tornare Davide alla corte di Saul dove avrebbe ripreso la sua vecchia posizione. Invece di questo finale da favola, Saul se ne ritorna a Gibea e Davide alle sue montagne. La fine della pressione, per il momento, rappresenta per Davide un risultato relativa­ mente magro. Il finale fa vedere quale sia l'intento dell'autore: vuole sistemare gli scambi in modo da far vedere dove andrà il treno. Davide ha efficacemente descritto la propria situazione al v. I 5 e per il momento questa resta identica. Ma ora è diven­ tato ancora più chiaro ed evidente a tutti gli interessati, e an­ che all'ascoltatore, quale sia il traguardo che Dio vuole rag­ giungere, nonostante tutto.

    16. Morte di Samuele (2 5,1a) 1a Poi Samuele morì. E tutto Israele si radunò e osservò il lamento fune­ bre per lui e lo seppellirono nella sua casa, a Rama.

    La notizia della morte di Samuele, che verrà ripresa nuova­ mente in 28,3 anche nella terminologia, potrebbe essere stata inserita a questo punto semplicemente per motivi cronologici, risalendo essa (così Thenius) effettivamente al periodo in cui Davide si trovava a Engedi. Tuttavia ci si deve chiedere se non vi sia qui, in verità, un «nesso causale» (sempre Thenius). «Pro­ prio quest'uomo avrebbe potuto impedire la guerra fratricida combattuta sotto gli occhi del nemico, come avviene in 1 Reg. I 2,2 3 s.» (Caspari, 304). Potrebbe darsi che la morte di Samue­ le, la personalità che era favorevole a Davide, sia apparsa all'au­ tore un evento che ha avuto ripercussioni negative che hanno pregiudicato le possibili buone conseguenze dell'incontro tra Saul e Davide. In ogni caso con questa morte viene a mancare un valido sostegno che Davide aveva in terra d'Israele. Comunque stiano le cose, la morte di Samuele riporta alla ribalta non solo il grand old man, ma anche il fenomeno «tut­ to Israele)) che è in procinto di sfaldarsi tra polemiche e con-

    1 Sam. 25,rb-44

    247

    trasti e di perdere la coscienza dell'unità. Infatti non ci sono soltanto Saul e Davide: c'era anche Samuele e, con lui, «tutto Israele». Ora egli muore e il pericolo che non ci sia più un Israele unito non è davvero peregrino. • Che un defunto venga sepolto «nella propria casa» è atte­ stato anche altrove e trova conferma sia letteraria sia archeo­ logìca. L'ubicazione della tomba di Samuele è stato certamen­ te ben nota in passato, come avviene oggi in Palestina per il nebi samwil. 2 Il lamento funebre è proporzionale all'impor­ tanza del defunto (cfr. Gen. 50, 1 - 1 4)·

    17. Davide e Abigail (2 5,1b-44) 1b Poi Davide si mosse e scese verso il deserto di Maon.3 2 Ora a Maon viveva un uomo che aveva i suoi beni a Karmel e costui l'aveva sviluppa­ ta molto, giacché aveva un gregge di tremila pecore e mille capre. Ora quest'uomo si trovava (in quel momento) a Karmel per tosare le pecore. 3 E quest'uomo si chiamava Nabal e sua moglie Abigail: questa era una donna molto intelligente e di bell'aspetto, mentre il marito era rozzo e portato alle cattive maniere - un (vero) cane kalebita.4 4 Ora, mentre stava nel deserto, Davide sente dunque che Nabal era intento a tosare le sue pecore. 5 Allora Davide mandò dieci giovani, e disse ai giovani: �salite a Karmel e quando giungete da Nabal porgetegli il saluto di pace nel mio nome 6 e dite così a mio fratello: 5 Pace a te stesso e pace alla tua casa e pace a tutto ciò che è tuo! 7 Ora ho saputo che lì da te ci sono i tosatori. Ora i tuoi pastori sono stati insieme con noi: non abbiamo fatto loro nulla di riprovevole ed essi non hanno subito alcuna perdita finché sono stati a Karmel. 8 Chiedi ai tuoi garzoni: te lo confermeran• Simile è il parere di Budde e Nowack, ad loc. i quali per questo motivo - ne] conte­ sto delle loro concezioni su] contenuto delle varie fonti - considerano i] versetto un'ag­ giunta redazionale. 2 Per la questione cfr. PJB 22 ( 1926) 1 03 s. 105 ; ZAW 47 ( 1929) 190 s. 3 Così secondo i LXX. Il luogo nominato nel T.M., «deserto di Paran», si trova nella parte nordorientale della penisola del Sinai. L'errore potrebbe essere stato provocato da una variazione ortografica: al v. 1 il nome ma'on è stato forse scritto ma'on, con 'alef invece che con 'ajin. È poi facile sbagliarsi nel leggere o nello scrivere e trasfor­ mare ma'on in pa'ran. 4 Il termine kalibbi o kelibbo (ketib) può essere interpretato in tre modi: kalebita, «come il suo cuore» (cioè la sua natura corrispondeva alle sue cattive maniere) e «abietto» (lett. «da cane, come un cane»). 5 V. BH.

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    Sam. 25,1b-44

    no. Possano perciò questi ragazzi trovare grazia ai tuoi occhi, giacché siamo venuti in un giorno fortunato. Dona dunque ai tuoi servi e a tuo figlio Davide ciò che hai a portata di mano! 9 Ora, quando i giovani furono giunti, parlarono a Nabal in quel modo, a nome di Davide, e poi stettero tranquilli ad aspettare. 10 Allora Nabal rispose ai servi di Davide e disse: «Chi è Davide ? E chi è il figlio di Isai? Oggigiorno c'è un'infinità di servi che sono fuggiti dal padrone. I 1 E io dovrei prendere il mio pane, la mia acqua, la carne che ho macel­ lato per i miei tosatori e darla a uomini dei quali non so nulla né so da dove vengano? ! ». 1 2 Allora i servi di Davide si voltarono (e andarono) per la loro strada e quando furono arrivati gli riferirono come fossero andate le cose. I 3 Allora Davide disse ai suoi uomini: «Ciascuno di voi cinga la spada!». E ciascuno si cinse la spada e anche Davide cinse la sua spada. • Ed essi salirono seguendo Davide, circa quattrocento uomini, mentre circa duecento rimasero presso le salmerie. 14 (Nel frattempo) uno dei garzoni aveva riportato (l'accaduto} ad Abigail, la moglie di Nabai, dicendo: «Ascolta: Davide ha mandato dal deserto messaggeri a salutare il nostro padrone, ma lui ha subito inveito contro di loro. 1 5 Eppure quegli uomini si sono comportati bene con noi. A noi non è stato fatto nulla di male e non ci è mai mancato nulla, per tutto il tempo che ci siamo mossi insieme con loro, mentre stavamo fuori sui pascoli. 16 Notte e giorno sono stati una muraglia intorno a noi, per tutto il tempo che siamo stati vicini a loro badando al gregge. 1 7 Ma ora rifletti e vedi che cosa puoi fare. Perché il peggio può essere stato già deciso per il nostro padrone e per tutta la sua casa, ma lui è un tale satanasso che non è possibile neanche parlargli». 1 8 Allora Abigail si affrettò a prendere duecento pani e due otri di vino e cinque pecore già preparate e cinque sea 1 di grano abbrustolito, e poi anche cento grap­ poli d'uva passa e duecento panetti di fichi secchi, caricò tutto sugli asi­ ni 19 e disse ai suoi garzoni: «Avviatevi prima voi; io vi vengo subito die­ tro». Ma a Nabal, suo marito, non aveva detto nulla . .10 Ora 3 mentre lei, seduta sull'asino, scendeva verso valle nascosta da una montagna, ecco che le si fecero incontro all'improvviso Davide e i suoi uomini che stavano venendo giù dal monte, così che lei s'incontrò con loro. 1 1 Ora Davide si era (appena) sfogato (dicendo): «Ora ho fat­ to per niente la guardia nel deserto a tutto ciò che appartiene a questo tizio e lui non ha lamentato la minima perdita di tutto ciò che possiede: e invece costui mi ha reso male per bene. 22 Voglia Dio fare ... 3 a Davide e altro ancora se entro domani mattina di tutto ciò che gli appartiene gli 1 2.

    La mancanza di questa frase nei LXX non è un valido motivo per espungerla. Misura di capacità; 5 sea = 6o litri abbondanti. 3 V. BH.

    r Sam. 2J, rb-44

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    lascio (anche solo) uno che piscia sul muro!». 23 Ora, appena Abigail vide Davide, scese svelta dall'asino e si prostrò con la faccia a terra da­ vanti a Davide, inchinandosi fino al suolo, 24 e gli cadde ai piedi e disse: «Signore, mia sola è la colpa! Deh, che alla tua serva sia concesso di par­ larti e voglia tu ascoltare le parole della tua serva! 2 5 Il mio signore non tenga alcun conto di questo satanasso di Nabal, perché egli è proprio come dice il suo nome: si chiama Stupido e fa stupidaggini! Ma io, tua serva, non ho visto i garzoni del mio signore che tu hai mandati. 26 E ora, mio signore, com'è vero che il Signore vive e com'è vero che tu vivi: il Signore ti ha risparmiato di macchiarti di una colpa di sangue e di farti giustizia da solo. Così siano come Nabal tutti i tuoi nemici e chiunque desideri di farti del male. 27 E ora: questo dono qui, che la tua serva ha portato 1 al mio signore, possa venire dato ai giovani che seguono a piedi il mio signore. 28 Perdona alla tua serva l'ardire! Il Signore procu­ rerà certamente al mio signore una casa che avrà stabilità, perché il mio signore combatte le guerre del Signore e perciò, finché vivrai, non si troverà in te malvagità alcuna. 29 Ma se qualcuno dovesse 1 alzarsi per insidiarti e attentare alla tua vita, allora possa la vita del mio signore es­ sere al sicuro nella sacca di coloro che vivono presso il Signore, tuo Dio; ma la vita dei tuoi nemici, voglia egli lanciarla via col cucchiaio della catapulta! 30 E quando il Signore avrà dimostrato al mio signore tutto il bene che ti ha promesso e ti avrà stabilito principe su Israele, 3 1 allora non avrai bisogno di rammaricarti né sarà per il mio signore un peso sulla coscienza, perché il mio signore ha versato inutilmente del sangue e si è fatto giustizia da solo. Quando poi il Signore dimostrerà benevo­ lenza al mio signore, voglia tu ricordarti della tua serva!». 3 2 Allora Davide disse ad Abigail: «Sia benedetto il Signore, il Dio di Israele, che oggi mi ti ha mandato incontro! 33 Benedetto sia anche il tuo intuito 2 e benedetta tu stessa, che oggi mi hai evitato di macchiarmi di una colpa cruenta e di farmi giustizia da solo! 34 Ma com'è vero che vi­ ve il Signore, il Dio d'Israele, che mi ha preservato da farti del male: se non ti fossi affrettata a venirmi incontro, prima che spuntasse il mattino non sarebbe rimasto a Nabal, in verità, neanche uno che gli piscia sul muro!». 3 5 Poi Davide accettò dalla sua mano ciò che gli aveva portato. Ma a lei disse: «Sali in pace a casa tua! Ricordati: ho prestato ascolto alla tua voce e ho rialzato il tuo viso». 3 36 Ora quando Abigail arrivò da Nabal costui stava proprio allesten. v. BH .

    .z.

    3

    ta'am: propriamente «gusto>>; la traduzione migliore sarebbe il grossolano «fiuto».

    Nel senso di avere esaudito la sua preghiera e di averla quindi rincuorata. La tradu­ zione comune «ho avuto riguardo di te» è troppo debole.

    1

    Sam. 25,1b-44

    do a casa sua un banchetto come quando un re prepara un banchetto e il cuore di Nabal era allegro per la circostanza. Ora, poiché egli era molto ubriaco, lei non gli raccontò nulla, né tanto né poco, finché non venne il mattino. 37 Ma la mattina dopo, quando i fumi del vino avevano lascia­ to Nabal, sua moglie gli raccontò tutta quanta questa storia. Allora il cuore gli si fermò nel petto e divenne come di sasso. 38 E dopo circa die­ ci giorni il Signore colpì Nabal ed egli morì. 39 Ora, quando Davide venne a sapere che Nabal era morto, disse: «Sia lodato il Signore che ha punito l'offesa che mi è stata fatta da Nabal e ha trattenuto il suo servo dal compiere una cattiva azione. Ma il male che Nabal (ha fatto) il Signore glielo ha fatto ricadere sul capo)). Poi Davide mandò ll a parlare a proposito di Abigail:. per prendersela in moglie. 40 E i servi di Davide giunsero a Karmel da Abigail, parlarono con lei e dissero: «Davide ci ha mandati da te perché desidera prenderti in mo­ glie)). 4 1 Allora lei si alzò, si inchinò, faccia a terra, e disse: «La tua serva è pronta, come una schiava, a lavare i piedi dei servi del mio signore)). 41 Poi Abigail si preparò di corsa e salì sull'asino, mentre le sue cinque serve le andavano dietro a piedi; e seguì i messaggeri di Davide e diven­ ne sua moglie. 43 Oltre lei Davide si era preso come moglie Ahinoam da Jizreel. Così tutte e due furono sue mogli. 44 Ma Saul aveva dato sua figlia Mical, la moglie di Davide, a Palti, figlio di Lajish, da Gallim.

    1 b. Qui si ritrova Davide a sud di Hebron, dove si era soffer­ mato già in passato (23 , 1 4 ss.). La località di Karmel (ricordata anche in 1 5 , 1 2) doveva essere poco distante da Maon. Tra tut­ te le storie del periodo in cui Davide era fuggiasco, questa è quella che lo mostra meno minacciato. La situazione è ben di­ versa da quella di 23, 14 ss. Ciò che i pastori di Nabal riferi­ scono su Davide non rivela alcuna particolare distretta, e lo mostra quale capo di una sorta di tribù che ha soggiornato già a lungo in quella regione; anche i matrimoni presuppongono una situazione di raggiunta stabilità. L'autore potrebbe aver pensato che, sì, la morte di Samuele abbia spinto Davide a riti­ rarsi più a sud, ma che il suo incontro con Saul abbia comun­ que avuto quale conseguenza, in un primo momento, un mi­ glioramento della posizione di Davide.

    La storia è raccontata in maniera graziosa e vivace. I tre personaggi principali sono messi chiaramente in rilievo e si �-1 3 .

    1 Sam. 2J,1b-44

    può quasi toccarli. Il primo che s'incontra è Nabal. Il suo no­ me, «Stolto», sarà stato inteso, al momento dell'imposizione del nome, come oggi si potrebbe chiamare qualcuno, un po' da provinciali, «Stupidotto». Nabal viene presentato come pa­ drone di greggi molto abbiente, benché il suo patrimonio di ovini raggiunga solo la metà di quello attribuito a Giobbe (/oh I ,J ). Come uomo appare rozzo, testardo e avventato, un tipi­ co kalibita, che il narratore (vicino all'ambiente di corte) guar­ da con un certo disprezzo dall'alto in basso e che descrive effi­ cacemente col gioco di parole alla fine del v. 3· Totalmente di­ versa figura sua moglie, bella e intelligente, che diventa, a ma­ no a mano, la vera protagonista della storia. L'occasione per gli eventi narrati è offerta dalla tosatura, che per gli allevatori è l'equivalente della festa del raccolto e viene celebrata con pari festosità (2 Sam. I J,2J). In una circostanza del genere dovreb­ be esserci qualcosa anche per il vicino indigente. Perciò Davi­ de manda a «suo fratello» N ab al alcuni dei suoi giovani il cui numero (dieci) potrebbe alludere alla misura del dono che ci si aspettava. La richiesta di Davide non è immotivata. In sé que­ sti gruppi vaganti, come anche le tribù di predoni beduini, rappresentano un pericolo non solo per il viaggiatore isolato (ler. 3,2; Le. I O,Jo), bensì anche per i pastori e il loro bestiame (/oh 1 , 1 5). Quando si comportano in maniera pacifica e lascia­ no i pastori indisturbati, essi si aspettano comunque una sorta di tributo per questo trattamento di favore; del resto, come si evince dal nostro testo, i pastori stessi ritengono tale attesa del tutto giustificata. Davide non esagera nel descrivere la motiva­ zione della sua richiesta: non si è appropriato neanche di un solo capo del bestiame di Nabal (certamente anche perché non voleva danneggiare i suoi conterranei). In un secondo tempo i servi di Nab al dicono persino che egli è stato «una muraglia» per loro, li ha cioè difesi da pericoli provenienti da altre parti. Tutto ciò è doviziosamente motivato dalle condizioni esistenti nella libera distesa del deserto e Nabal è veramente uno «stol­ to» se non considera questa realtà. Inoltre egli insulta pesante-

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    Sam. 25, rb-44

    mente Davide, giudicando lui e i suoi uomini secondo la sua gretta mentalità, e chiama Davide uno schiavo fuggito dal pa­ drone. Al rapporto che viene fatto a Davide questi risponde con un sinistro silenzio e si limita a dare l'ordine di partenza. Tutti sanno che cosa ciò significhi. Nel frattempo Abigail viene informata dai servi che co­ sa è accaduto e quali conseguenze avrà molto probabilmente il comportamento del loro padrone. Lei si rende subito conto: per evitare il peggio non c'è tempo da perdere. Si deve agire subito. Fa caricare tutto il necessario, che è elencato fin nei particolari - non si tratta di una gran quantità di roba, da sod­ disfare 6oo uomini; ma è quanto si sarà aspettato Davide man­ dando dieci dei suoi uomini -, sugli asini e si accinge lei stessa, cavalcando un asino, ad andare incontro a Davide, facendosi precedere dalle bestie con i doni (cfr. Gen. 32, 1 4-22). Si pre­ suppone che i servi sappiano dove sia il campo di Davide. Di­ fatti Abigail incontra Davide per strada: uscendo da dietro una roccia lei se lo trova improvvisamente davanti. Quello che Davide, irato, dice tra sé e sé, serve a illustrare di nuovo la gra­ vità della situazione. Non vuole lasciare in vita niente che sia di sesso maschile. A differenza di quando incontrò Saul, que­ sta volta è convinto di essere nel giusto se fa parlare la spada. Nel comportamento e nella risposta Abigail mostra rispetto e abilità. La sua gentilezza, quasi esagerata, sta in consapevole contrasto con la rozzezza del marito. Il suo discorso è un' ope­ ra d'arte. Fascino femminile e superiore saggezza si danno qui la mano. Ad ogni buon conto si prende lei la colpa dell'acca­ duto perché, come dirà più tardi, non ha visto gli inviati di Da­ vide e fa leva sul suo onore che non può permettere di pren­ dersela per quello che è accaduto con uno che è notoriamente uno «stolto». La preghiera di attribuire a lei stessa la colpa vie­ ne efficacemente appoggiata, senza che lo si dica esplicitamen­ te, dall'avvenenza della donna. Dovrebbe veramente Davide vendicare su di lei l'offesa patita? Portando a termine l'azione 1 4-3 1 .

    1 Sam. 25,1b-44

    253

    programmata, non avrebbe dovuto Davide, come lei giusta­ mente sente, addossarsi una colpa di sangue e farsi indebita­ mente giustizia da solo, sostituendosi così al Signore e in que­ sto modo non si sarebbe ritrovato a essere colpevole? In tutto questo ragionamento Abigail vede il comportamento di Davi­ de già nella luce del futuro che gli è stato promesso: essa appa­ re uno strumento del Signore perché Davide mantenga imma­ colato lo stemma del futuro re. Si sottolinea espressamente che già ora Davide agisce in conformità del suo futuro, combat­ tendo le guerre di Jahvé. Anche l'appello alla sua generosità si colloca sulla medesima linea. Che contrasto con la posizione di Davide espressa nelle parole di Nabal! In questo brano Ahi­ gai/ rappresenta la voce profetica. Lo si t:J.Ota esaminando alcu­ ni particolari: le parole del v. 26b, che fanno intuire al lettore l'imminente morte di Nabal; la supplica a Davide di «ricor­ darsi della sua serva», e la mente del lettore precorre ciò che accadrà alla fine della storia. Questi cenni servono a indicare che dietro le sue parole c'è più di quanto lei stessa sappia. La nota profetica del suo discorso è ancora più netta quando vede Davide quale futuro principe «su Israele», che qui significa tut­ to Israele. In questa prospettiva si capiscono anche gli auguri che riguardano la vita di Davide e l'annientamento dei suoi persecutori. A questo proposito si ricorre all'immagine della «sacca» o del «fardello» della vita (ovvero di coloro che vivo­ no presso Jahvé), un'idea senza dubbio antichissima secondo la quale il «sé» (nefes, che è meglio non tradurre con «anima») degli uomini viene custodito e conservato dal Signore stesso. Va tenuta in debita considerazione anche la ferma promessa di Abigail che il Signore costruirà per Davide una casa stabile (ne 'eman), una promessa che ricorda proprio 2 Sam. 7· Natu­ ralmente Abigail non può sapere che lei stessa contribuirà a ciò (2 Sam. 3,3): si tratta di un'altra delle piccole finezze che caratterizzano questo discorso e che l'ascoltatore di quei gior­ ni avrà accolto con estremo compiacimento. Quasi di sfuggita Abigail si prende la libertà di porgere a Davide, cioè avveduta-

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    Sam. 25, 1b-44

    mente ai suoi uomini, il dono (ebraico beraka benedizione) che aveva recato con sé, una «presunzione» per la quale chiede scusa. Ma le finezze psicologiche del discorso non sono l' ele­ mento più importante. La cosa principale è un'altra: Abigail richiama Davide alla responsabilità che ha davanti al Signore e alla quale sta per venire meno, impedendogli così di perdere la sua collocazione nel disegno divino o, almeno, di compromet­ terla. A questo punto si manifesta chiaramente quale sia l'inte­ resse principale dell'autore: il Signore, servendosi di Abigail, salva Davide da un pericolo che è diverso da quello corso nella grotta con Saul, ma non certo meno grande. Come si è detto, il pericolo è che Davide potrebbe cercare di farsi giustizia da solo e quindi plasmare lui stesso il proprio destino, invece di la­ sciare che sia il Signore a farlo. =

    Che questa sia veramente la morale del capitolo risulta anche dalla risposta di Davide. Egli chiama per nome quei due peccati dai quali la donna lo ha fatto desistere. Così Davide loda il Signore, la cui guida è in questo caso tangibile, ma an­ che la donna piena di tatto. Con questa lode e ancor più col commento di aver dato ascolto alla sua voce e di avere «solle­ vato il suo viso» si allude ancora una volta, sommessamente, a quanto accadrà alla fine del capitolo. 3 2 -3 s .

    Ora la narrazione si muove a rapidi passi verso la con­ clusione. I particolari vengono presentati al lettore in maniera plastica. La principesca festa della tosatura, l'uomo ubriaco fradicio, la ributtante fine della sbornia la mattina dopo, l'ef­ fetto del racconto della donna, come nella storia del cavaliere sul Lago di Costanza, il nuovo «colpo » mortale di Jahvé dopo dieci giorni. Nabal è morto e Davide ha ragione nel dire che il Signore ha pensato lui stesso alla vendetta che, nella sua gra­ zia, gli ha impedito di compiere con le sue mani. Che egli poi chieda in moglie .Abigail è conforme al disegno di tutta la sto­ ria. Non si racconta nulla di quanto successo nell'intervallo 36-42..

    1 Sam. 26,1-21

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    tra la comunicazione della morte di Nabal e la richiesta di ma­ trimonio, come in 2 Sam. I I ,27 dove si parla soltanto del la­ mento funebre dopo la morte del marito di Betsabea. Sia in questo sia in quel caso si ha l'impressione che si sia tralasciato il più possibile ciò che non era essenziale, mentre si espone con affetto e accuratezza tanto maggiori quello che è impor­ tante. Basta così: la richiesta di matrimonio viene presentata, brusca e quasi imperiosa, e viene accolta con quel tono di cor­ tese umiltà che è ormai tipico di Abigail. La donna segue gli inviati di Davide e diventa sua sposa. Un figlio nato da queste nozze è ricordato in 2 Sam. 3,3 . Non si accenna minimamente al fatto che questo matrimo­ nio con la vedova del ricco proprietario di greggi abbia signifi­ cato per Davide un rafforzamento materiale o morale, ma Io si può comunque presumere. Senza dubbio gli abitanti del luogo avranno ora guardato Davide con altri occhi, come era acca­ duto con gli abitanti di Qeila e di Sif. Anche l'essersi preso già prima in moglie Ahinoam, che veniva dalla vicina jizreel (Ios. I s,s6) e che diventerà madre del suo primogenito Amnon (2 Sam. 3,2 ), va letto in maniera analoga. In questo modo egli ha sicuramente rafforzato la propria posizione. Tuttavia ciò non viene detto. Quello che si dice serve a far trasparire la mano superna che guida gli eventi. L'essenziale, qui, è questo. 43·

    44· Parlando delle mogli di Davide si riporta la notizia che Saul ha dato Mical, la sua prima moglie, a un altro. Allo stesso tem­ po si ottiene anche un altro scopo: non si deve dimenticare nep­ pure per un istante che il pericolo rappresentato da Saul non è cessato. Il cap. 2 5 rientra a pieno diritto nella storia delle tribo­ lazioni di Davide.

    18. Davide risparmia Saul una seconda volta (2.6,1-2.5) 1 Poi i Sifei andarono da Saul a Gibea e dissero: «Davide si nasconde a Gibeat Hakila, che si trova di fronte a Jeshimon». 2 Allora Saul si mise

    1 Sam. 26,1-21

    in marcia e scese al deserto di Sif, e con lui tremila uomini, truppe scelte di Israele, per andare alla ricerca di Davide nel deserto di Sif. 3 Poi Saul piantò l'accampamento a Gibeat Hakila, che sta di fronte a Jeshimon, sulla strada, mentre Davide aveva la sua base nel deserto. Quando Davi­ de 1 si rese conto che Saul era entrato nel deserto proprio per inseguire lui, 4 egli - Davide 2 mandò fuori esploratori. Venne così a sapere che Saul si era recato in un luogo prestabilito.3 s Quindi Davide si mosse e giunse al luogo dove Saul si era accampato. Ora, quando Davide vide il posto dove Saul si era steso per dormire e anche (dove si era messo) Ab­ ner, figlio di Ner, suo generale, così che Saul dormiva (nell'attendamen­ to) al centro del campo,4 mentre le truppe si erano sistemate tutto intor­ no a lui, 6 allora Davide cominciò a parlare con Ahimelek, l'hittita, e con Abishaj, figlio di Seruja, fratello di Joab, e disse: «Chi scende con me da Saul, dentro l'accampamento?». E Abishaj disse: «Scenderò io con te! ». 7 Così, di notte, Davide giunse insieme con Abishaj allo schieramen­ to (nemico) 5 ed era effettivamente così: Saul stava dormendo nella zo­ na più interna, la lancia infilata nel suolo dalla parte della testa, mentre Abner e le truppe dormivano tutto intorno a lui. 8 Allora Abishaj disse a Davide: «Oggi il Signore ti ha consegnato in mano il tuo nemico e ora io lo infilzerò 6 al suolo con un solo colpo di lancia, così che non avrò bisogno di colpirlo una seconda volta». 9 Ma Davide disse ad Abishaj: «No, non ucciderlo! Perché chi ha mai alzato la mano contro l'unto del Signore ed è rimasto impunito?». 10 Poi Davide disse (ancora): «Quan­ to è vero che il Signore vive - possa il Signore stesso colpirlo o possa (altrimenti) giungere il giorno della sua morte o possa egli scendere per combattere 7 ed essere trascinato via! 1 1 Voglia il Signore guardarmi dal porre la mano sull'unto del Signore! Ora prendi la lancia che gli sta a ca­ po del letto e anche la brocca dell'acqua, e andiamo via». 12 E Davide prese la lancia e anche la brocca dell'acqua dalla parte della testa di Saul e se ne andarono via. E nessuno vide ciò e nessuno se ne accorse e nes­ suno si svegliò, ma tutti continuarono a dormire. Infatti un sonno pro­ fondo da parte del Signore era caduto su di loro. -

    2 Forse glossa esplicativa. 3 V. sopra, p. 23 8 n. 3· Così nei LXX. 4 Non si tratta del «carrino», ma della zona più interna del campo; infatti su un simile terreno non è possibile utilizzare carri che, del resto, Saul non possedeva comunque. s Letteralmente «al popolo» le truppe. Il termine è sorprendente, ma la congettura proposta frequentemente, cioè di leggere hammapana, «l'accampamento», invece di ha'am, non regge perché la grafia dei due termini è così diversa che sembra si debba escludere un errore di scrittura. 6 Costrutto simile a quello di 1 8, 1 1; 1 9, 1 0. 7 Si pensa certamente alla guerra con i Filistei per combattere i quali si deve «scende­ re» dalle montagne. 1

    =

    1 Sam. 26,1-21

    1 3 Ora, quando Davide ebbe compiuto l'attraversamento della valle,

    si mise ben lontano, sulla cima del monte, così che fra loro ci fosse una distanza appropriata. 14 Allora Davide si mise a gridare alle truppe (di Saul) e a chiamare a gran voce (anche) Abner, figlio di Ner, 1 e disse: «Che fai, Abner, non rispondi ?». Allora Abner rispose e disse: «Chi sei mai tu, da chiamare a voce alta il re ?».2 1 5 E Davide disse ad Abner: «Eppure tu sei un guerriero e in Israele non c'è nessuno pari a te! Per­ ché non hai fatto la guardia al re, tuo signore, così che è potuto venire uno della truppa per uccidere il re, tuo signore ? 16 Non è bello quello che hai combinato. Com'è vero che il Signore vive, siete proprio figli della morte, perché non avete protetto il vostro signore, l'unto del Si­ gnore! E adesso guarda bene dov'è la lancia del re e guarda dov'è la brocca dell'acqua che gli stavano a capo del letto ! ». 1 7 Allora Saul rico­ nobbe la voce di Davide e disse: « È questa la tua voce, Davide, figlio mio ?». E Davide disse: «Sì, è la mia voce, o re, signore mio». 18 E disse (ancora): «Ma perché mai il mio signore sta dando la caccia al suo ser­ vo? Che cosa ho fatto mai? Che malvagità ho commesso? 19 Ora voglia il mio signore prestare ascolto alle parole del suo servo. Se è il Signore che ti ha istigato contro di me, allora possa egli sentire l'odore di una vittima immolata. Ma se sono figli d'uomo, allora siano maledetti al co­ spetto del Signore, perché adesso mi hanno scacciato, così che io non debba più partecipare dell'eredità del Signore e dicono: Vattene via! Servi altri dèi ! 20 Ma ora: possa il mio sangue non cadere a terra lonta­ no dal volto del Signore! 3 (Questo pericolo esiste:) infatti il re d'Israele è sceso in campo per attentare alla mia vita,4 come si dà la caccia alla per­ nice tra i monti». 21 Allora Saul disse: «Ho peccato! Ritorna, Davide, figlio mio. Non ti farò più nulla di male, perché oggi la mia vita è stata preziosa ai tuoi occhi! Ecco: ho agito da stolto e ho commesso un erro­ re gravissimo». 22 E Davide rispose e disse: «Ecco qui la lancia del re! Che uno degli scudieri venga da questa parte a prenderla. 23 Ma il Si­ gnore ricambi a ciascuno la sua giustizia e la sua fedeltà, perché oggi il 1 Invece di ben-ner i LXX hanno letto dibber, «disse», una forma graficamente simi­ le; ma è una evidente lezione più facile. Tuttavia anche secondo il T.M. si deve im­ maginare che Davide abbia dapprima chiamato (inutilmente} i soldati nemici e poi per nome Abner, questa volta con successo. 2. Le parole «il re» mancano nei LXX (cod. B), omissione significativa (lectio facilior). A sconsigliare la loro espunzione basterebbe la semplice considerazione che non è as­ solutamente possibile trovare una ragione per la loro aggiunta. 3 Letteralmente: via da davanti al volto di Jahvé. 4 Così i LXX. Il T.M. ha invece assunto nel testo la glossa «a una sola pulce» (ripresa da 24, 1 5 ).

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    Sam. 26,1-25

    Signore ti ha veramente dato in mano mia, 1 ma io non ho voluto mette­ la mano addosso all'unto del Signore. 24 Considera bene ciò: quanto la tua vita è stata preziosa ai miei occhi in questo giorno, tanto possa la mia vita essere preziosa agli occhi del Signore, affinché mi salvi da ogni angustia». 25 Allora Saul disse a Davide: «Sii benedetto, Davide, figlio mio! Tu certamente ce la farai e avrai successo! ». Poi Davide se ne andò per la sua strada e anche Saul se ne tornò alla sua città.

    re

    1. È evidente che questo racconto tratta la medesima materia di 2 3, 1 9-24,23 . In entrambi i casi sono i Sifei che mettono Saul sulle tracce di Davide. Entrambe le volte Saul ha con sé 3 ooo guerrieri scelti e un atto di generosità di Davide allontana la minaccia per il perseguitato. D'altra parte s'incontrano diffe­ renze relative ai luoghi e ai fatti così notevoli da far capire be­ ne perché l'autore non abbia voluto sopprimere una narrazio­ ne a vantaggio dell'altra. La distribuzione del materiale tra fon­ ti diverse «non è impresa facile», come ammette Buddc, e ri­ mane insoddisfacente perché troppo schcmatica. Va soprattut­ to considerato, invece, che il materiale è stato legato a luoghi diversi: nel cap. 2 3 alla Rupe della separazione, nel cap. 24 alla grotta di Engedi e qui (cap. 26) a una conformazione del dc­ serto di Sif, dove un altopiano adatto per porre l'accampamen­ to era separato mediante una valle da un monte a una quota più alta. Quel «luogo» (ebraico maqom) era denominato «Col­ lina di Hakila». Quest'ultima parola è certo collegata con pak­ lil, «rossiccio» e il luogo potrebbe aver ricevuto il nome dal co­ lore del terreno. È anche possibile che il luogo fosse noto co­ me «Accampamento di Saul».2 La ragione per cui l'autore riporta l'episodio non è certamen­ te solo che aveva a disposizione quel materiale e non si sentiva autorizzato a soppri merlo. Anche la forma plastica e primitiva del racconto (cfr. in particolare Gressmann, ad loc. ) non è una spiegazione sufficiente. Ci si deve, cioè, chiedere anche perché il racconto sia collocato proprio a questo punto. Prima c'era la storia di Abigail che considera la situazione di Davide relati­ vamente consolidata. Dopo si ha il trasferimento di Davide in 1

    V. BH.

    2

    Cfr. l'«accampamento di Dan» in Jud. 1 3,25; 1 8, 1 2.

    r

    Sam. 26,1-2 J

    2 59

    territoriò filisteo. Questo capitolo intermedio serve a mostra­ re che Davide restava sempre esposto alle insidie di Saul e, di conseguenza, in grave pericolo. Non succederà sempre che Saul entri da solo in una grotta o che cada in un sonno pro­ fondo insieme a tutti i suoi uomini. Queste sono piuttosto for­ tunate combinazioni volute dal Signore con miracolosi salva­ taggi di Davide. Davide non può neanche essere veramente si­ curo che il suo comportamento abbia un effetto duraturo su Saul, tanto da giungere, ad esempio, a una riconciliazione defi­ nitiva. La conclusione di questa storia lo mostra in maniera abbastanza chiara. Ma il capitolo è importante nel disegno ge­ nerale dell'opera anche da un altro punto di vista. Come già in passato Davide, debole dal punto di vista militare e politico, appare superiore in virtù della guida divina. La vita di Saul gli è data nelle mani: Davide non solo risulta il vincitore morale, ma è anche colui al quale, come riconosce lo stesso Saul (anche se meno esplicitamente che nel cap. 24), il Signore permette che tutto riesca bene. Così anche in questo episodio è visibile la linea fondamentale di tutta la storia di Davide. Il rapporto dei Sifei a Saul appare molto più breve di quel­ lo di 2 3, I 9 ss. Per il contenuto del nostro racconto la loro col­ laborazione è in realtà irrilevante. Ma essi sopravvivono nella tradizione come i notori traditori di Davide e vengono ricor­ dati per questo loro titolo, tanto più che l'avventura si svolge dalle loro parti. Proprio questo particolare rivela che si tratta della medesima storia di 2 J, 1 9 ss. Quando in 2 3, I 9 viene inse­ rita l'indicazione topografica di 26,3 sembra proprio che l'au­ tore finale sia stato perfettamente consapevole del fatto. È an­ che singolare che in tutto l'Antico Testamento la locuzione 'el­ nakon (v. sopra, p. 2 3 8 n. 3) ricorra soltanto in questi due pas­ si. Più in particolare sembra che Saul stabilisca l' accampamen­ to «lungo o presso la strada», volendo forse indicare così la strada nord-sud che correva non lontano dal crinale, ma poi segua invece Davide, inoltrandosi nel deserto. 2-4.

    r Sam. 26,r-2J

    Diversamente da quanto accade nel cap. 24, questa volta l'incontro non è fortuito, ma avviene per volontà di Davide il quale manda esploratori a studiare il luogo dell'accampamento e poi la notte vi si reca di persona. Si rende così direttamente conto della disposizione del campo spiandolo, forse grazie al chiaro di luna, da sopra lo stesso monte sul quale salirà una volta compiuta la sua impresa. Saul, che ha con sé Abner, suo cugino e generale ( 1 4, 5 0; 20,2 5), dorme al centro dell'accampa­ mento, con le truppe tutto intorno, a proteggere quindi col lo­ ro corpo il re. Si noti, di sfuggita, che per questa situazione il numero di 3 ooo soldati è troppo alto. Davide non vuole met­ tere in atto da solo il piano di penetrare nell'accampamento fi­ no a Saul, ma prende con sé un compagno, come avevano fat­ to, a loro tempo, Gedeone (lud. 7,9 ss.) e Gionata (I Sam. 14). Davide propone a due uomini di accompagnarlo: all'hittita Ahimelek e ad Abishaj che, da vero soldato di razza, si offre subito. Oltre tutto egli è anche nipote di Davide, giacché se­ condo I Chron. 2, 1 6 Seruja è la sorella (certamente molto mag­ giore) di Davide. I figli di costei vengono sempre chiamati «fi­ gli di Seruja», forse ariche perché il padre era morto da molto tempo (2 Sam. 2,3 2 ), ma soprattutto a motivo della parentela della madre con Davide. 5 .6.

    1

    7-1 1 a. Quale spalla di Davide, Abishaj non ha alcuna oppor­ tunità di entrare in azione. Il Signore stesso ha provveduto a far cadere tutti, come narcotizzati, in un sonno profondo (tar­ dema), affinché nessuno si svegli. In realtà Abishaj ha l'unica funzione di tentare Davide e recita la medesima parte degli uomini di Davide nel cap. 24. La lancia conficcata al suolo vi­ cino al capezzale di Saul e che è l'inseparabile segno della sua dignità dovrebbe essere l'arma con la quale Abishaj vuole eli­ minare il re. Anche in questo caso egli può richiamarsi a Dio 1 Si trovavano sparsi nel paese singoli hittiti che erano stati naturalmente integrati ormai da lungo tempo nelle tribù d'Israele. L'hittita più famoso è Uria (.2 Sam. 1 1,3 ss.). Secondo Gen. 23 gli Hittiti abitavano Hebron e dintorni.

    r Sam. 26,1-25

    che ha consegnato nelle mani di Davide il nemico. Come al cap. 24, Davide respinge la proposta facendo notare che si trat­ ta dell' «Unto del Signore». Si deve piuttosto lasciare al Signore �ecidere come e quando dovrà scoccare l'ultima ora di Saul. Questo ragionamento richiama quello che è stato detto al cap. 2 5 sul «farsi giustizia con le proprie mani» ed è un elemento molto importante del disegno generale. N o n sono «uomini» a fare la storia, ma essa viene plasmata da una mano superiore; si vuole inoltre sottolineare chiaramente che Davide è sì lo stru­ mento di Dio, ma anche che non è né vuole essere niente altro che questo. Ma questa affermazione non viene fatta soltanto a lode della pietà e della generosità di Davide, bensì soprattutto per mettere in chiaro la situazione teologica. Qui Davide stes­ so rappresenta, per così dire, la «voce profetica». r rb-1�. Davide ordina poi ad Abishaj di prendere la lancia di Saul e di portarla via insieme a un'altra prova, la brocca del­ l'acqua, che come tale non appare più al v. 22 e che potrebbe provenire da una tradizione particolare. «Al capezzale», o «dalla. parte della testa», in origine c'era probabilmente soltan­ to la lancia, come risulta dal v. I I ; se si confrontano con que­ sto i vv. 1 2 e 1 6 si ha l'impressione che la menzione della broc­ ca per l'acqua sia un'aggiunta. 1 Inoltre è singolare come Davi­ de ordini ad Abishaj di prendere la lancia con sé, come del re­ sto si confà a uno scudiero, ma poi sia lui stesso ad· afferrarla, mentre col v. I 2 Abishaj sparisce per non comparire più. C'era certamente una tradizione secondo la quale Davide avrebbe compiuto da solo l'impresa; come si è detto, Abishaj è solo il tentatore che serve a evidenziare bene l'intento teologico.

    Poi anche la seconda parte della storia si svolge la stessa notte. Separato da Saul da una valle, Davide grida a voce spie­ gata dall'alto di un monte chiamando i soldati di Saul e in parI J-.10.

    z

    I 1

    Cfr. anche il sorprendente we'et del v . 16. Il particolare è sotti nteso nel verbo del v. 1 3 : «attraversare, passare dall'altra parte».

    1

    Sam. 2 6, 1-25

    ticolare Abner. Soltanto così è possibile interrompere quel son­ no profondissimo. La prima reazione di Abner mostra come costui consideri quelle urla soltanto un disturbo del riposo del re, senza rendersi conto di chi ne sia l'autore e senza che Davi­ de si faccia riconoscere. Invece di dire chi egli sia, Davide prende in giro Abner per la sua «buona>> guardia. Le sue pa­ role dipingono vivacemente il pericolo corso dal re e accen­ nando alla scomparsa della lancia regale (e della brocca per l' ac­ qua) dimostrano, allo stesso tempo, il comportamento di Da­ vide e la negligenza di Abner. Saul è il primo a riconoscere la voce di Davide il quale può ora sfruttare l'occasione per fargli capire quanto sia insensato imbarcarsi nell'impresa di inse­ guirlo. Non è certo colpa sua, di Davide! Se la colpa fosse di uno spirito di discordia inviato da 1ahvé, come ad esempio in Iud. 9,23, allora si potrebbe (e questo «SÌ» potrebbe indicare, ad esempio, lo stesso Davide) offrire un sacrificio «dall'odore calmante» (W. Vischer, Christuszeugnis 1, 1 1 8); ma se sono uomini a essere colpevoli, allora si deve ricorrere contro loro alla maledizione. Davide non accenna nemmeno alla quarta ipotesi, cioè che la colpa possa essere di Saul. Tanto più chia­ ramente essa viene quindi ammessa e confessata dallo stesso Saul. Davide fa valere ancora un quarto argomento: succederà (con queste parole l'autore sta già anticipando il capitolo suc­ cessivo) che egli sarà costretto, inoltre, a lasciare il suolo del paese che appartiene a Jahvé, a fuggire in terra straniera e quindi a «servire altre divinità». Questa è un'idea antichissima che verrà ben presto cancellata nella riflessione teologica del­ l'Antico Testamento dalla consapevolezza che il Signore, in quanto Dio di tutta la terra, va oltre i confi ni del «suo» paese. Ma quando Rut si trasferisce da Moab a Betlemme di Giuda, essa si pone sotto le ali del Dio d'Israele (Ruth 2, 1 2) e Naa­ man l'arameo, per poter manifestare a 1 ahvé la sua adorazione coscienziosa nella pagana Damasco, si riporta in patria addirit­ tura un carico di terra palestinese (2 Reg. 5, 1 7 ). Quando Davi­ de, sullo sfondo di simili concezioni, esprime la preghiera che

    1 Sam. 26,1-21

    il suo sangue non cada a terra lontano dal volto del Signore, cioè dal luogo della sua rivelazione e adorazione, egli non sembra rivolgere simile invocazione a Saul solo per appellarsi alla sua misericordia, ma piuttosto per richiamarlo alla sua re­ sponsabilità di unto del Signore. Questa lettura è più verosi­ mile di quella proposta da altri (Budde, al v. 20 e anche Gress­ mann, 99) che Davide «non voglia morire in terra straniera, affinché lo spargimento del suo sangue innocente non sfugga agli occhi di Jahvé... Se esso lo raggiunge col suo grido (Gen. 4, 1 0; Iob 1 6, 1 8) egli lo vendicherà e darà così riposo all'anima di Davide». Infatti se fosse questa l'idea di Davide, ciò signifi ­ cherebbe incoraggiare Saul a scacciare il più presto possibile Davide dal paese onde evitare simili conseguenze! 1

    1 1-1 5. Come si è accennato, senza entrare nel merito 'delle ul­ time cose dette, Saul si assume la colpa del conflitto, esprimen­ do al contempo quella che è l'opinione dell'autore e del letto­ re. Della sua promessa di non attentare più, da questo momen­ to in poi, alla vita di Davide e del suo invito affinché questi ritorni, nessuno approfitterà in seguito: non Davide, che «co­ nosce il suo uomo» (Schulz), e neanche Saul stesso. In tutta quanta la tradizione Saul viene descritto come un uomo dal temperamento sanguigno. Da un punto di vista soggettivo le sue parole non sono certamente false; solo che la commozione del momento è di breve durata. Inoltre l'autore non è interes­ sato a un lieto fine. Che ci si riprenda la lancia di Saul: ormai ha esaurito la sua funzione. Più importante è che gli avveni­ menti di quella notte hanno dato a Davide - e quindi all'auto­ re e anche al lettore - una riconferma che egli può essere certo, anche per il futuro, di godere della protezione del Signore. No n deve sfuggire che Davide presenta al Signore come pre­ ghiera questa rinnovata certezza. Anche Saul sottolinea che il cammino verso il futuro di Davide porterà chiaramente alla meta prefissata. Allo stesso tempo i versetti finali costituisco­ ' Ecco spiegato }'«infatti» del v. 20!

    no, nell'ottica di tutto il disegno, quasi l'anticipazione di quan­ to avverrà nel capitolo seguente, quando Davide passa in terra straniera e così facendo si allontana, a prima vista, dal traguar­ do prestabilito. Con queste parole i due si separano. Non si vedranno mai più.

    19. Davide presso i Filistei (.2.7,1-.2.8,.2.) 1 Poi Davide si disse: «(Come stanno) ora (le cose}, un giorno o l'altro cadrò tra le grinfie di Saul. Per me non c'è niente di meglio che • met­ termi di corsa in salvo in territorio filisteo. Allora Saul la smetterà di darmi di nuovo la caccia per tutto il paese di Israele e io potrò salvarmi dalla sua mano». 1 Così Davide si mise allora in cammino e andò da Akish, figlio di Maok, 2 re di Gad; passarono il confine lui stesso e sei­ cento uomini con lui. 3 Così Davide abitò presso Akish a Gat, lui e i suoi uomini, ciascuno con la famiglia; anche Davide con le sue due mo­ gli, Ahinoam di Jizreel e Abigail di Karmel, la moglie di Nabal. 4 Ora quando Saul venne a sapere che Davide era fuggito a Gat non continuò più a ricercarlo. 5 Poi Davide disse ad Akish: «Se or� ho trovato grazia ai tuoi occhi, mi si dia un posto in una delle località dell'aperta campagna, dove io possa stabilirmi; perché dovrebbe il tuo servo restare presso di te nella città del re?». 6 Allora, quel giorno stesso, Akish gli diede Siqlag: perciò Siqlag appaniene ai re di Giuda fino al giorno d'oggi. 7 Ma il tempo che Davide abitò nel territorio dei Filistei fu di un anno e quattro mesi. 8 Dunque Davide saliva con i suoi uomini per compiere scorrerie contro i Geshuriti, i Girsiti e gli Amaleciti. Infatti essi abitavano nella regione che si estende da Telam 3 in direzione di Shur e fino al paese d'Egitto. 9 Così Davide era solito attaccare violentemente quella regio­ ne e non lasciare in vita né uomo né donna; ma si portava via pecore, buoi, asini, cammelli e vestiti. Quando poi tornava in patria da Akish 1 0 e Akish chiedeva: «Dove 3 siete andati questa volta a razziare?», allora Davide diceva: «Nella parte meridionale di Giuda» o «nella parte meri­ dionale di Jerahmeel» oppure «nella parte meridionale dei Qeniti». 1 1 Ma Davide non lasciava in vita né uomo né donna, per portarli ( even­ tualmente) a Gat, giacché si diceva: «Altrimenti potrebbero fare la spia e 1 Qui si ha kf usato come di solito ki'im. Probabilmente si dovrebbe completare il te­ sto con ,im . .1 Per i nomi filistei Maok e Akish cfr. Wainwright: VT 9 (1 959) 76-78. 3 V. BH.

    1 Sam. 27,1-2 8,2

    dire: Davide ha agito così e questo è stato il suo comportamento!». (Co­ sì fece) per tutto il tempo che dimorò nella campagna dei Filistei. r z Ma Akish si fidava di Davide dicendosi: «Egli si è reso così odioso presso il suo popolo, Israele, che starà per sempre al mio servizio» . 2. 8 r In quel tempo i Filistei radunarono le loro truppe per una cam­ pagna contro Israele. Allora Akish disse a Davide: «Sai perfettamente che sei tenuto a prestarmi servizio militare, tu stesso e i tuoi uomini». z E Davide disse ad Akish: «Così anche tu saprai di persona che cosa farà il tuo servo». Poi Akish disse a Davide: «Allora ti nomino mia guardia del corpo per tutto il tempo» .

    Durante il tempo della fuga Davide ha trascorso un deter­ minato periodo, preciso al mese, presso i Filistei. Si è parlato della necessità di questo passo: alla lunga sarebbe stato impos­ sibile, restando nel territorio d'Israele, sfuggire alla caccia di Saul. Ciò che si dice qui, all'inizio del brano, è affatto giusto anche dal punto di vista storico. Nel disegno complessivo della narrazione la fuga di Davide all'estero comporta due cose. In primo luogo un aspetto nega­ tivo: in terra straniera egli corre il pericolo di diventare estra­ neo alle vicende d'Israele. I Filistei sono i nemici classici di Israele. Agli occhi dell'osservatore, chi passa a loro rompe ipso facto con Israele. È uno degli scopi degli ultimi capitoli di 1 Samuele dimostrare che pur fuggendo presso i Filistei per sal­ varsi da Saul, Davide rimane sempre fedele alla causa d'Israele. Più esattamente, il Signore lo preserva dal diventare un parti­ giano dei Filistei. Questo è appunto il secondo aspetto, quello positivo, che qui va letto tra le righe. In questa situazione dif­ ficile, che può mettere in pericolo non tanto la vita di Davide quanto il suo ruolo nel disegno storico-salvifico, le cose ven­ gono così predisposte che non solo si evita che il conto di Da­ vide vada in rosso, bensì ne risulta addirittura un guadagno per quanto riguarda il suo futuro. Sebbene questo brano non presenti, dunque, particolari accenti spirituali, ma al contrario si svolga in maniera poco edificante e descriva, anzi esalti, vio­ lenze e inganni, esso è perfettamente in linea col disegno teo­ logico generale. 1.

    266

    1 Sam. 27, 1 -28�

    Ora si era già letto (2 1 , 1 1 - 1 6) di una permanenza di Davide a Gat, presso Akish. La storia del cap. 2 1 è una leggenda locale che vuole mostrare, al pari del cap. 2 7, in che modo Davide sia stato salvato da una situazione difficile nel paese dei Filistei. In questa prospettiva i due brani appaiono storie parallele, ma presentano differenze così tangibili che il loro rapporto reci­ proco è diverso da quello che intercorre tra i capp. 24 e 26. 2-4. La differenza più importante è che nella prima storia (cap. 2. 1 ) Davide si presenta come fuggitivo e da solo, mentre qui è il capo di una banda agguerrita e certo anche temuta; appare inoltre come un uomo che è imparentato con famiglie della re­ gione montuosa giudaito-kalebita e, naturalmente, anche tra i suoi uomini vi sono persone nella medesima condizione. Infi­ ne, poiché rappresenta una delle più forti figure d'Israele, se Akish riesce a trarlo dalla propria parte ciò non rappresenta un atto di grazia disinteressato, ma un vantaggio per il re fili­ steo. Il loro rapporto si basa dunque sull'interesse reciproco. Tuttavia non si sa nulla di incontri e trattative precedenti. Il racconto dice semplicemente che Davide si reca direttamente da Akish, quindi a Gat, con tutti i suoi uomini e le loro fami­ glie. Poiché anche nel seguito del racconto Akish pare essere il signore e Davide il suo vassallo, la permanenza della truppa sotto gli occhi del re filisteo potrebbe essere una sorta di con­ dizione o di prova per Davide. A un più minuto esame si nota come Akish abbia voluto costituirsi una sorta di legione stra­ niera simile a quella che, più tardi, si creerà a sua volta Davide. Ad ogni modo si constata, per la prima volta, che ora Davide si è veramente sottratto alle persecuzioni di Saul. 5-7. Si riferisce poi che Davide, di sicuro dopo un certo tempo, lascia nuovamente Gat. Il testo non spiega perché egli avanzi una richiesta del genere ad Akish, ma a giudicare dalla fine del discorso di Davide sembra che la partenza di Davide da Gat rappresenti per il re un alleggerimento, soprattutto per quanto

    riguarda il numero degli uomini di Davide che spettava certa­ mente ad Akish mantenere. Che le differenze religiose faccia­ no apparire desiderabile una separazione consensuale si può ben immaginare; ma la cosa singolare è che a questo aspetto non si faccia alcun cenno, neanche più tardi. Ad ogni modo il re sembra essere subito consenziente (v. 6: «quel giorno stes­ so») e concede a Davide Siqlag, località che è stata ora identifi­ cata (cfr. JPOS 1 5 [ 1 93 5] 3 1 8 s.), secondo il suggerimento di A. Alt, con tell el-puwelfe, circa 20 km a nord di Beersheba. Più interessante è che la residenza di Davide a Siqlag ha avuto ulteriori conseguenze giuridiche: in quanto proprietà di Davi­ de, Siqlag diventerà più tardi bene della corona dei re di Giu­ da. Da questa evoluzione si può dedurre che la città è apparsa a Davide una posizione importante, alla quale rimase affezio­ nato forse anche per altre ragioni, sebbene il soggiorno in quei luoghi non dovrebbe essere stato molto lungo. La durata indi­ cata al v. 7, che, data la sua precisione,' non può essere messa in dubbio, si riferisce certo a tutta la permanenza in terra fili­ stea. Questa indicazione ha indotto talora a spostare i vv. 5 - 7 alla fine del capitolo, così che le spedizioni descritte ai vv. 8 ss. sarebbero partite da Gat. Tuttavia è più semplice considerare Siqlag la base operativa di Davide e mantenere l'ordine tradi­ zionale dei versetti.

    8- 1.1. Le scorrerie di Davide non vengono condotte a caso, ma sono studiate in funzione di quella che egli spera essere la sua futura posizione. Obiettivo delle spedizioni sono le tribù del profondo sud, delle quali gli Amaleciti, i nemici più odiati di Israele, sono i meglio conosciuti (cfr. cap. 1 5 ) I Geshuriti ven­ gono menzionati come popolazione meridionale anche in Ios. 1 3,2 e non vanno confusi con quella omonima della Trans­ giordania settentrionale (Ios. I J, I I . I J ecc.). Non si sa chi sia.

    1 I LXX indicano solo quattro mesi, ma ciò è sicuramente sbagliato Forse «un anno» è stato tralasciato a motivo della forma abbastanza insolita jamim. .

    268

    1

    Sam. 27,1-2 8,2

    no i Girsiti che vengono nominati soltanto qui. • La maniera in cui si comporta Davide è tanto brutale quanto pratica; egli uccide ogni essere umano che cattura per non lasciare testimo­ ni. Si porta via, quale preda, solo animali e cose. Al riguardo il testo non parla di «interdetto » proprio perché si fa bottino. Quando Akish gli chiede informazioni, 2 Davide indica deter­ minati territori del «N egev» delle tribù giudaite meridionali. Si menziona esplicitamente (v. 1 1 ) che avrebbe dovuto portare a Gat eventuali prigionieri, forse perché in quella città c'era un mercato degli schiavi. Probabilmente quelle popolazioni del deserto, essendo ostili a Israele, erano invece amiche dei Fili­ stei. Così Davide dà l'impressione di crearsi nemici tra la pro­ pria gente, come nota con trionfale soddisfazione Akish, men­ tre in realtà danneggia gli avversari del proprio popolo. L'ascol­ tatore di un'epoca più tarda avrà appreso tutto ciò con la mas­ sima ammirazione per l'uomo saggio che conduceva questo gioco pericoloso per restare fedele alla propria linea di con­ dotta. Già ora Davide comincia quell'opera che concluderà più tardi: la sottomissione di tutti i popoli confinanti.

    28,1 .2.. Quanto sia scabrosa, nonostante tutto, la sua situazione,

    diventa palese appena le cose si mettono al peggio e tira aria di guerra. I Filistei si preparano per un massiccio attacco a Israe­ le. Sia la fiducia mostratagli fino a quel momento da Akish sia la sua posizione di signore di Davide impediscono a costui di sottrarsi, in un primo momento, all'obbligo di prestargli servi­ zio militare. N o n rientra, in generale, nello stile biblico descri­ vere le situazioni psicologiche e anche qui non si dice nulla dei sentimenti di Davide quando va alla guerra quale vassallo dei 1 Certamente non sono gli abitanti di Geser. Si tratta forse di una forma diversa del nome dei Girgashiti, una delle popolazioni «autoctone» della Palestina. 2 Questo è un secondo motivo per il quale alcuni, come si è detto sopra, propongono di spostare i vv. 5-7 alla fine del capitolo; costoro suppongono che Akish abbia os­ servato i movimenti di Davide da vicino. Tuttavia il re avrebbe esercitato un certo controllo anche nel caso di Siqlag e certamente, se fosse partito per le sue razzie da Gat, Davide avrebbe potuto difficilmente giocare il suo gioco pericoloso.

    1

    Sam. 28,J-2J

    Filistei. Probabilmente egli si sarà affidato, anche in questa si­ tuazione, alla suprema guida divina. Si vedrà poi che ha avuto ragione. Le parole del re rivelano una certa titubanza, la rispo­ sta di Davide è palesemente ambigua. La nomina di Davide a guardia del corpo di Akish, cioè a capo delle sue guardie del corpo, potrebbe essere anche una misura presa contro di lui: «Akish lo promuove preventivamente a una posizione che lo incatena, in maniera assolutamente indesiderata, alla sua perso­ na» (Budde). Così Davide viene a trovarsi a camminare sulla lama del ra­ soio: come farà lui - come farà il Signore a trovare una via di uscita da questo imbroglio ?

    20. Saul consulta la necromante.di Endor (28,3-2 5) 3 Ora Samuele era morto e tutto Israele aveva partecipato al lamento funebre per lui e Io avevano sepolto a Rama, cioè 1 nella sua città. Inol­ tre Saul aveva scacciato dal paese necromanti e spiritisti. 4 Dunque i Filistei si radunarono, si avvicinarono e si accamparono a Shunem. Anche Saul radunò tutto Israele e si accamparono su(i monti di) Gilboa. 5 Ora quando Saul vide l'accampamento dei Filistei fu preso da grande paura e il suo cuore cominciò a battere forte. 6 Allora Saul interrogò il Signore, ma il Signore non gli rispose né con i sogni né con la sorte sacra né con i profeti. 7 Quindi Saul disse ai suoi servi: «Cerca­ temi una necromante affinché possa recarmi a consultarla» . E i suoi servi gli risposero: «A Endor vive una donna che è necromante». 8 Al­ lora Saul si rese irriconoscibile, indossò altri vestiti e si mosse accompa­ gnato da due uomini; arrivarono di notte presso la donna. Ed egli disse: «Predicimi il futuro interrogando i morti ed evocami quello che ti indi­ cherò ! ». 9 Ma la donna gli rispose: «Lo sai da solo ciò che Saul ha fatto, che ha sterminato necromanti e indovini dal paese; perché ora mi vieni qui a tendere una trappola per farmi morire?». ro Allora Saul le giurò per il Signore e disse: «Com'è vero che il Signore vive: non ti verrà ad­ dossata alcuna colpa per questa faccenda ! » . 1 r Quindi la donna disse: «Chi ti devo evocare ? » . Ed egli rispose: «Evocami Samuele». 1 2 Ma quando la donna udì il nome di Samuele 2 lanciò un urlo altissimo e dis• T.M.: «e»; comprensibilmente alcuni manoscritti hanno omesso la congiunzione. :t più facile espungerla che spiegarne la provenienza. 1 V. commento.

    1

    Sam. 28,3-25

    se a Saul: «Perché mi hai ingannata? Tu, tu sei Saul !». 1 3 E il re le disse: «Non aver paura! (Dimmi) piuttosto • che cosa vedi». Allora la donna disse a Saul: «Vedo uno spirito che sale su dalla terra». 1 4 Ed egli le dis­ se: «Qual è il suo aspetto?». Lei gli rispose: «Sta salendo su un vecchio e indossa un mantello». E Saul si rese conto che si trattava veramente di Samuele e si inchinò profondamente, col viso a terra, e si prostrò. 1 5 Allora Samuele disse a Saul: «Perché mi disturbi nel mio riposo, fa­ cendomi evocare?». E Saul rispose: «Mi trovo in grave distretta. I Fili­ stei mi hanno mosso guerra e Dio si è ritirato da me e non mi ha rispo­ sto né mediante i profeti né mediante i sogni. Perciò ti ho chiamato, af­ finché mi faccia sapere che cosa debba fare». 16 E Samuele disse: «E perché mai mi interroghi? Il Signore si è ritirato da te ed è diventato tuo nemico. - 17 E il Signore ha ora 2 fatto come aveva detto per bocca mia; il Signore ti ha strappato di mano il regno e lo ha dato a quello che è pa­ ri a te, a Davide. I 8 Perché tu non hai dato ascolto alla voce del Signore e non hai dato corso nei confronti di Amaleq alla sua ira ardente, perciò il Signore ti ha trattato oggi in questo modo. I 9 E il Signore darà anche Israele insieme con te in mano dei Filistei. - E domani tu e i tuoi figli mi raggiungerete e il Signore darà in mano dei Filistei anche l' accampamen­ to d'Israele». 20 Allora Saul cadde di schianto a terra, lungo disteso: era stato spaventato a morte dalle parole di Samuele ed era anche privo di forze, non avendo mangiato neanche un boccone tutto il giorno e tutta la notte . 2I Allora la donna si avvicinò a Saul e quando vide che era tut­ to sconvolto gli disse: «Ecco, la tua serva ha dato ascolto alla tua voce: e ho rischiato la vita perché ho dato ascolto alle parole che mi avevi dette. 22 Così, ora, presta anche tu ascolto alla voce della tua serva: ti apparec­ chio un pezzo di pane e dovresti mangiarlo. Allora ritornerai in forze, se vorrai continuare il tuo cammino>>. 23 Ma egli si rifiutò e disse: «No, non voglio mangiare». Ma quando i servi insistettero e anche la donna, allora cedette, si alzò da terra e si sedette sul lettino. 24 Ora la donna aveva in casa un vitello ingrassato; lo macellò di corsa, poi prese farina, !,impastò e cosse focacce di pane. 2 5 Poi apparecchiò (il cibo) a Saul e ai suoi servi. Appena ebbero mangiato si alzarono e se ne andarono quella notte stessa.

    In questa storia commovente si può chiaramente osservare come un materiale che aveva esistenza autonoma sia stato ri­ preso dall'autore finale e inserito nel contesto attuale. Questa • Va inteso così il ki; Budde: «invece». 2 lo è un cosiddetto dativus commodi; esempi in G-K §

    manoscritti è lezione più facile.

    1 19s.

    11 /eka di alcuni pochi

    r Sam. 28,J-2J

    utilizzazione risulta sia dall'insieme sia dai singoli particolari. Per quanto riguarda l'episodio nel suo insieme, si potrebbe pensare che sarebbe stato meglio inserirlo prima del cap. 3 I, tanto più che così anche il cap. 29 avrebbe seguito direttamen­ te al cap. 2 7 di cui rappresenta la continuazione. Se ciò non è avvenuto, la ragione potrebbe essere la seguente. Nel cap. 27 Davide tocca quasi il fondo, ben lontano dal traguardo previ­ sto. Il cap. 28 mostra che la fine non si avvicina per lui, ma per Sau l e che la promessa fatta a Davide rimane valida. Il brano attinge una rilevanza particolare perché è proprio Samuele ad apparire: quel Samuele che annunciò il ripudio di Saul e unse Davide. A questo proposito sono da osservare due particolari. All'inizio si trovano due periodi che sembrano annotazioni burocratiche. Una è riportata qui da 2 5 , 1 e l'altra è ripresa dal testo stesso per rendere comprensibile la storia che segue. Similmente nei vv. 1 7- 1 9aa si dovrà vedere un ampliamento a posteriori della narrazione originale. Ma proprio questo passo è quello nel quale viene fatta quella constatazione così che essa conferma, anche da questa parte, quanto è stato detto sopra. Il racconto stesso, molto arcaico, sarà provenuto da una tradi­ zione locale; la casa della donna sarà stata sicuramente indica­ ta, più tardi, come la «casa di Saul)) a Endor. 1 3· Della morte e sepoltura di Samuele si era parlato in 2 5 , I . L'annotazione del v . 3 b viene accostata bruscamente a questa notizia. Si entra così nel mondo misterioso delle credenze sui morti e gli spiriti che si ritrovano, in maniera non dissimile, sotto la superficie non solo delle religioni superiori, ma anche del secolarismo moderno (spiritismo, ecc.). La materia stessa comporta che se ne parli poco pubblicamente e letterariamen­ te, fatta eccezione per la polemica relativa. Perciò anche nel­ l'Antico Testamento non se ne trova un'immagine chiara. Il ter­ mine 'oh viene normalmente tradotto con « spirito di defun­ to)). Ma proprio questo termine non si adatta alla nostra sto­ l

    'en dor, oggi endur, è ubicata a sud del Tabor. Cfr. Alt: PJ B 23 ( 1 927) 4 1 .

    1

    Sam. 28,J-2J

    ria: il Samuele che appare non viene chiamato 'ob, ma 'elohim (v. sotto) e la sua apparizione avviene ha'oh, dunque «nello» o «con l'aiuto dello» 'oh. Hans Schmidt ha a suo tempo attirato l'attenzione su questo fatto nel saggio «'oh» (Fs. Marti, 1 92 5, 2 5 3-26 1), facendo riferimento �l bullroarer (il rombo), la tavo­ letta che gli aborigeni australiani fanno roteare in alcuni riti. Anche se le sue conclusioni potrebbero non risultare convin­ centi nei particolari, pure egli ha ragione nel sostenere che il termine in questione non indica lo spirito del defunto in sé, bensì il meccanismo o il mezzo per attuare l'evocazione. A fa­ vore di questa tesi gioca soprattutto anche la formulazione del v. 3 e del v. 9· Per il resto non è possibile farsi un'idea reale né dei nccromanti né degli spiritisti. 2 Che Saul abbia preso provvedimenti contro questa religiosità ipogea costituisce una prova ulteriore del suo evidente desiderio, per sé e per il suo popolo, di ortodossa pietà. Questo tratto è molto importante per la caratterizzazione di Saul. 1

    4-Sa. Il racconto vero e proprio comincia con la notizia della marcia di avvicinamento dei Filistei. Il nome del loro accam­ pamento sopravvive nella località di solem.3 L'accampamento israelita si trova a sud di quello filisteo, ai piedi o sopra la ca­ tena montuosa di Gilboa, dove l'altopiano samaritano degrada nella pianura di Jizreel.4 La superiorità dei Filistei è così enor­ me che Saul, in preda alla paura, cerca modi per sondare la volontà di Dio. Ma non gli riesce: si è privato della sorte sacra massacrando i sacerdoti di Nob; Dio non gli manda né sogni né profeti. Spinto dal disperato bisogno di non essere lasciato solo, in balia di se stesso, ripiega su quel mezzo il cui uso egli aveva altrimenti radicalmente allontanato da sé, la necroman1 Al v. 3 il verbo usato significa «allontanare», al v. 9 «sterminare»; il significato base è «recidere, abbattere». 2 jidde'oni, letteralmente «colui che sa»; qui si tratta forse di una sorta di medium. 3 A sudovest del Tabor, a ovest di nabi dapi; cfr. PJB 23 (1927) 47 s. 4 Per la topografia cfr. PJB 23 (1927) 3 8.

    1

    1 73

    Sam. 2B,J-2J

    zia, e i suoi cortigiani sanno anche immediatamente indicare una donna la cui dimora si trova fuori del territorio occupato dal nemico e che può essere raggiunto dai monti. Con un tra­ vestimento non meglio specificato, ma che nasconde qualsiasi segno di riconoscimento del re, accompagnato solo da due ser­ vi, anche per non destare sospetti, Saul si mette in cammino col favore delle tenebre. 1

    8b- 1 4· La storia va subito dritta allo scopo. Saul, che dapprima non viene effettivamente riconosciuto, manifesta il suo deside­ rio, davanti al quale la donna si dimostra titubante a causa del divieto reale; i suoi scrupoli vengono messi da parte dopo il giuramento di Saul. Soltanto a questo punto la donna viene a sapere che si tratta di «evocare», ovvero «far salire fuori» Sa­ muele. Ora nel T.M. segue la frase: «Ora, quando la donna vi� de Samuele, urlò ... » (v. 1 2 ) . La cosa è molto strana perché Sa­ muele non si manifesta prima del v. 1 3 b. Inoltre nessuno è riu­ scito ancora a spiegare come mai la donna riconosca Saul nel­ l'istante in cui appare Samuele. È stato pertanto proposto se­ riamente di leggere al v. 1 2 «Saul» invece di «Samuele» e di in­ tendere «vedere» nel senso di «guardare attentamente». Ma se si voleva dire questo, ci si doveva esprimere diversamente, o almeno più chiaramente. Si dovrà quindi cercare un'altra so­ luzio ne. Ci si aspetterebbe una frase come «ma quando la don­ na sentì il nome di Samuele». Ora la parola sem (nome) potreb­ be essere facilmente caduta davanti a semu ,el per aplografia, giacché le due consonanti iniziali di questo nome coincidono con le consonanti della parola sem. Questo errore avrebbe poi portato a correggere «e sentì» in «e vide» perché per l'aplogra­ fia la frase «ma quando la donna udì Samuele» risultava in­ comprensibile. Sarebbe possibile anche la lezione wattiqra («e pronunciò») invece di wattereh («e vide»), una correzione che richiede soltanto l'inserimento di una consonante. Tuttavia la 1 Che essi sappiano indicare su due piedi qualcuno, mostra come queste cose, in sé vietate, rappresentino un segreto pubblico ben noto anche negli ambienti di corte.

    274

    1

    Sam. 28,3-25

    frase «ma quando la donna pronunciò il nome di Samuele» qua­ le inizio del versetto non è altrettanto plausibile dell'altra con­ gettura, secondo la quale, quindi, la donna deduce dalla richie­ sta di evocare il personaggio eminente di Samuele l'alto rango del richiedente e riconosce ora il re nonostante il suo ma­ scheramento. Saul tranquillizza la donna atterrita e apprende, sollecitando la, che essa vede salire fuori un 'elohim. Questo termine può significare «dio», ma anche un essere di natura divina e viene pertanto tradotto giustamente con «uno spiri­ to». La figura sarebbe poi quella di un vecchio con indosso il mantello, grazie al quale (cfr. I 5,27) Samuele è immediatamen­ te identificato, tanto più che il mantello è segno di un determi­ nato ufficio e rango ( I 8,4; 24,5 . I 2; cfr. Ioh I ,2o; 2, I 2 ecc.). Saul stesso non vede nulla; solo la donna vede. Ma comunque il re si prostra riverente al suolo davanti all'apparizione. 1 s -19. Ora Samuele prende la parola. Il testo sottintende, evi­ dentemente, che il dialogo si svolga direttamente tra Samuele e Saul. Alla domanda perché si sia andati a disturbare il riposo dei morti, Saul descrive la sua situazione ·critica e menziona soprattutto che il Signore si sarebbe ritirato da lui. Che qui non si accenni più, come più sopra, alla possibilità di una con­ sultazione mediante la sorte sacra (gli «urim e tummim») po­ trebbe essere intenzionale per non confessare inutilmente, da­ vanti a Samucle, le circostanze che hanno portato Saul a per­ dere tale oracolo. Il responso richiesto viene negato per due motivi. Il Signore lo ha rigettato e inoltre il destino di Saul e dei suoi è ormai definitivamente segnato: in altre parole, è del tutto indifferente ciò che egli possa ancora fare o volere. Co­ me inciso si trova un passo che richiama alla memoria di Saul (con riferimento soprattutto a I 5,28) gli avvenimenti della guerra contro Amaleq. I versetti ( I 7- I 9aa) che nella traduzio­ ne sono messi tra parentesi sono un genuino esempio di storia scritta a posteriori; hanno lo scopo di collegare gli avveni­ menti descritti nel nostro passo con quelli del cap. I 5 e lo fan-

    1 Sam. 28,J-2J

    no con un annuncio che qui si attribuisce a Samuele. Il mes­ saggio originale di colui che è stato evocato dai morti si limita­ va certamente al v. 1 6 e alla fine del v. 1 9. In questi pochi ver­ setti si tirano le somme definitive di tutta la vita di Saul; le pa­ role dell'inciso suscitano l'impressione che la causa del suo de­ stino che sta per compiersi sia unicamente la colpa non perdo­ nata commessa quella volta da Saul. L'effetto di queste parole su Saul è tremendo. Sicura­ mente indebolito dal lungo digiuno (per 24 ore non ha toccato «pane»), il re crolla al suolo come una quercia abbattuta. La scena viene descritta non senza simpatia per Saul, come del re­ sto è piena di gentilezza l'ospitalità offerta dalla donna dopo l'evocazione. E commovente come la necromante prima e i due servi poi si diano da fare per l'uo�o colpito così duramente, che giace ancora al suolo. Soltanto dopo essersi rifocillati i tre uomini si immergono nella notte, andando incontro al destino del giorno che sta per spuntare. Senza dubbio il capitolo, nel suo insieme, è diretto contro Saul, e nel suo destino vede la punizione meritata. Altrettanto certo è che la s_ua visita alla «strega di Endor» sia considerata una nuova prova di quanto sia abietto e quindi della legittimi­ tà della sua reiezione. Così il racconto vuole essere considera­ to il penultimo atto della vita di un uomo che si è reso colpe­ vole e che ora ha quel che si merita. Considerati gli avveni­ menti narrati nel cap. 1 5 , il regno di Saul sembra essersi svolto nella precarietà di una fine inevitabile che è stata solo rimanda­ ta. Dal momento della mancata applicazione dell'anatema ad Amaleq, Saul viene considerato già pronto per la fine. Si è già detto che l'attuale collocazione del capitolo nasce da conside­ razioni simili. Ma il racconto in sé la pensa diversamente. Esso ha parlato degli eventi di questa notte con grande partecipa­ zione e se la storia va considerata legata, in origine, a un dato luogo, allora si dovrà dire che in quei villaggi settentrionali il giudizio su Saul è stato diverso dal giudizio teologico dei deu20-2 5.

    I

    Sam. 29, I-II

    teronomisti. In quei villaggi si vide la tragicità di Saul e, senza minimizzare i suoi errori, questa è certamente l'opinione dei contemporanei. I due punti di vista hanno tuttavia un punto in comune: essi prendono totalmente sul serio il contenuto del racconto. Nien­ te fa pensare che l'apparizione di Samuele sia stata mai consi­ derata, a suo tempo o successivamente, una messa in scena o un imbroglio della donna. Invece sia il racconto originario sia l'autore deuteronomistico sono convinti che Samuele sia stato veramente presente. Sebbene si sappia che Saul stesso abbia ri­ tenuto questo genere di sedute spiritiche contrarie alla religio­ ne di Jahvé; sebbene i deuteronomisti, come si è detto, abbia­ no fortemente colpevolizzato Saul per il ricorso alla necro­ manzia, pure nessuno ha mai messo in dubbio la capacità della donna di riuscire a mettere in atto una cosa del genere. Si è in­ vece creduto a questa «strega» come il medioevo ha creduto alle sue streghe. Si può essere perfettamente certi che il raccon­ to fosse comunque scabroso per l'autore già per la semplice ragione che qui si riporta qualcosa di sconveniente (v. I sa), cioè un'intrusione nell'inaccessibile mondo dei morti. Tutta­ via la leggenda locale è stata inserita nel corso della storia di Saul e Davide perché in essa, ancora una volta, poteva essere comunicata dalla bocca di Samuele la volontà di Dio: la sta­ gione di Saul è finita, è in arrivo il tempo di Davide.

    21. Davide nell'esercito filisteo (29,1-1 1) 1 Dunque i Filistei radunarono tutte l e loro truppe ad Afeq, mentre Israe­ le stava accampato alla sorgente che si trova presso Jizreel. 2 Ora quan­ do i principi dei Filistei sfilarono per centinaia e per migliaia e Davide con i suoi uomini sfilarono alla fine con Akish, 3 i comandanti dei Fili­ stei dissero: «Che ci fanno qui questi Ebrei ?». E Akish disse ai coman­ danti dei Filistei: «Ma questi è Davide, il servo di Saul, re d 'Israele, che è stato presso di me oltre un anno, senza che io abbia trovato in lui nulla (da rimproverargli), dal giorno della sua diserzione fino a questo giorno». 4 Ma i comandanti dei Filistei si adirarono contro di lui e i comandanti dei Filistei gli dissero: «Rimanda indietro quest'uomo! Se ne può torna-

    r Sam. 29,1-1 r .

    re al luogo dove tu lo hai sistemato, ma non dovrà scendere con noi a combattere; così non potrà tradirei proprio nel pieno della battaglia. In­ fatti quale modo migliore ci sarebbe per guadagnarsi il favore del suo si­ gnore che con le teste di questi uomini? 5 Questo è pur sempre lo stes­ so Davide di cui si era soliti cantare nelle ridde e dire: Saul ha ucciso i suoi mille e Davide i suoi diecimila!». 6 Allora Akish fece chiamare Davide e gli disse: «Com'è vero che il Signore vive: tu sei onesto e a me andrebbe bene che tu potessi uscire ed entrare con me dall'accampamento, perché non ho trovato in te nulla di male dal giorno in cui sei venuto da me fino a questo giorno. Purtroppo i comandanti dei Filistei non ti vogliono. 7 Così ora ritorna in pace a casa, perché non devi fare nulla che possa sembrare male ai principi dei Filistei». 8 Allora Davide disse ad Akish: «Che cosa dovrei mai aver fat­ to 1 e che cosa avresti mai potuto trovare nel tuo servo dal giorno in cui sono entrato al tuo servizio fino a questo giorno, che non mi sia permes­ so di venire qui e combattere con i nemici del mio signore, il re ?». 9 Quin­ di Akish rispose e disse a Davide: «Naturalmente 1 a me vai bene, come un angelo di Dio, ma i comandanti dei Filistei (proprio ora) hanno d et­ to: N on deve salire 3 con noi in battaglia. 10 Così, domani mattina pre­ sto, mettiti dunque in cammino insieme con i servi del tuo signore che sono venuti qui con te e torna al luogo che vi ho assegnato. Ma non farti venire strane idee per la testa, perché a me piaci. 4 Così, domani, alzatevi presto e andate appena si fa giorno>> . 1 1 Dunque Davide si alzò la mat­ tina presto, lui e i suoi uomini, per far ritorno, prima (ancora) che si fa­ cesse giorno, al paese dei Filistei. I Filistei, invece, salirono verso Jizreel.

    Dal punto di vista del contenuto la storia, breve ma narrata vivacemente, dovrebbe precedere, come si è già detto, il cap. 2 8 e nella sua attuale collocazione è un brano ricuperato. I n ag­ giunta a quanto si è già detto per spiegare la presente succes­ sione dei capitoli, si dovrebbe osservare che questo capitolo è strettamente collegato con gli avvenimenti del cap. 3 0 che, a 1 Questa traduzione si basa sul ki iniziale che motiva le osservazioni di Akish e le contesta dal punto di vista di Davide. 2 «Lo so»; la congettura «lo sai», talora avanzata, sarebbe migliore, ma non è attestata. 3 Al v. 4 si dice «scendere», quasi che quel versetto venisse pronunciato, per così dire, dall'alto della «collina dei generali»; il v. 9 sarebbe invece determinato dalla posizione geografica. 4 Le ultime frasi («e torna al luogo ... piaci») sono aggiunte seguendo i LXX (e la Ve­

    tus Latina).

    r

    Sam. 29, 1-11

    loro volta sono più o meno contemporanei con quelli narrati nel cap. 3 1 (cfr. 2 Sam. I , I). Si può pertanto concludere che il cap. 29 è stato messo a ragione, da ogni punto di vista, nella posizione che og�i occupa. 1-5. Secondo quanto qui si dice, i Filistei si trovano dunque ancora ad Afeq, la località ubicata nella pianura costiera ricor­ data al cap. 4, nelle cui vicinanze ci fu quella volta la vittoria su Israele. L, esercito di Saul è accampato, invece, forse in atte­ sa del nemico, presso la fonte di Jizreel, 1 dunque non lontano dal complesso montuoso di Gilboa, nominato in 2 8,4. La sto­ ria si limita a quanto è avvenuto nel campo filisteo. Ha luo­ go una sorta di parata militare nella quale, evidentemente, i «principi» (seranim), incluso Akish (l,unico che sia chiamato «re>>), partecipano in prima persona alla sfilata. Vengono inol­ tre nominati i comandanti (sarim ), che a giudicare dal nome dovrebbero essere inferiori ai «principi», i quali sembrano es­ sere gli effettivi responsabili militari e davanti ai quali avviene la sfilata. Davide e i suoi uomini sfilano per ultimi, al seguito di Akish. Gli Ebrei vengono subito notati sia per il diverso armamento sia anche per le caratteristiche fisiche tipiche della razza e, considerato che si sta per ingaggiare battaglia proprio contro gli Ebrei, vengono naturalmente guardati con diffiden­ za. Akish prende con decisione e abilità le parti di Davide, il disertore. Il lettore si accorge di nuovo che il re non subodora minimamente il doppio gioco di Davide e dimostra piena fi­ ducia in lui. Ma, comprensibilmente, i comandanti militari ve­ dono con sospetto la presenza di un ebreo nel loro campo, tan­ to più che si tratta del famosissimo Davide. Egli potrebbe, di nascosto, diventare un «satana», cioè un avversario in senso generale (ma forse anche, in genere, un piantagrane, un mettil

    l

    Cfr. PJB 23 ( 1 927) 48. 2 Tuttavia la distinzione non è stata chiara né al T.M. né ai LXX. Ai v v . 6 s. nel T.M. si parla dei «principi» invece che dei «comandanti» (v. 9). - Forse uno o l'altro dei principi ha fatto anche parte del gruppo dei «comandanti».

    1 Sam. 29, 1-11

    2 79

    male, come nell'uso arabo volgare s#an ). Il ragionamento dei Filistei è ineccepibile e il loro giudizio su Davide è, come il lettore ben sa, più giusto di quanto essi stessi pensino. Che ven­ ga citato di nuovo anche qui, come in 2 I , I 2 (dove sono ancora i Filistei che lo conoscono}, il ritornello di I 8,7 indica quanto sia diffusa la fama di Davide. Inoltre i Filistei sembrano essere stati abbastanza generosi da ammettere la gloria militare anche degli avversari (cfr. Iud. I 6,24). In proposito si ha l'impressio­ ne costante che i Filistei non soltanto conoscessero l'ebraico, ma si servissero anche regolarmente di questa lingua. 6-1 1 . Naturalmente Akish trova la decisione dei comandanti incresciosa, anzi offensiva nei suoi riguardi. Tuttavia deve ade­ guarsi e fa chiamare Davide. Il re cerca di mascherare con pa­ role di lode e di fiducia personale quella che secondo lui è an­ che per Davide una cattiva notizia; si serve all'uopo, certo in­ tenzionalmente, di una formula di giuramento che si serve del nome di Jahvé. L'invito ad «andare in pace» corrisponde a quello che è ancora oggi il saluto arabo comune. Per Davide è un gioco da ragazzi recitare la parte dell'accusato innocente e dell'indignato. Dalle prime parole della sua risposta (v. sopra, p. 277 n. I ) sembra inoltre di capire che si è già adattato alla si­ tuazione determinata dalla decisione dei comandanti e, in fon­ do, non fa che ripetere quello che ha detto prima Akish. Co­ stui, che intende le parole di Davide come espressione di di­ sappunto per non poter partecipare alla battaglia, gli conferma la propria opinione con una gentilezza persino esagerata e ordina, inoltre, l'ormai inevitabile rientro di Davide a Siqlag. Ciò avviene. Con una notizia sull'avanzata dei Filistei verso la piana di Jizreel il capitolo si chiude, riallacciandosi così alla si­ tuazione descritta all'inizio del brano precedente. Nonostante l'andamento dinamico, il racconto è freddo e distaccato. L'aspetto più importante che esso offre non si tro1

    1

    Il paragone con l'«angelo di Dio» è usato per Davide anche in 2 Sam. 14,1 7.2.0; 1 9,2.8.

    280

    1

    Sam. JO,I-J I

    sulle righe, ma tra le righe: per Davide le cose si evolvono, di fatto, in maniera straordinariamente favorevole. In quale terribile impiccio sarebbe venuto a trovarsi se avesse dovuto veramente seguire Akish in battaglia e combattere sotto la sua bandiera? A questo punto era in gioco veramente tutto. Che il suo rientro fosse necessario e urgente anche per altri motivi (cfr. cap. 30) va tenuto anche in considerazione. Benché non si dica neanche una parola al riguardo, si ha qui un brano che parla di quello che Dio compie con Davide. Questo capitolo assume una posizione di primo piano proprio tra le molteplici dimostrazioni di come il futuro re venga protetto e guidato dal Signore proprio nei momenti più oscuri e critici. I piani del Dio d'Israele prevedono e utilizzano anche la diffidenza dei capi filistei! « È una salvezza straordinaria quella che si com­ pie qui per Davide. Egli viene protetto da se stesso e dall'infe­ deltà alla sua vocazione mediante i nemici del Signore» (H. Asmussen, Das erste Samuelisbuch, 193 8, 169). va

    z.1. Spedizione di Davide contro gli Amaleciti (JO,I -3 1) 1 Ora, quando, dopo tre giorni, Davide e i suoi uomini giunsero a Siq­ lag, (trovarono che nel frattempo) gli Amaleciti avevano compiuto una scorreria nella regione meridionale e (anche) a Siqlag; avevano espugna­ to Siqlag, l'avevano data alle fiamme 2 e avevano catturato le donne e 1 quanto (altro) c'era nella (città), piccolo e grande, senza uccidere nessu­ no, {li) avevano condotti via e se ne erano andati per la loro strada. 3 Al­ lora, quando Davide e i suoi uomini arrivarono alla città, ecco che essa era distrutta dal fuoco e le loro donne, i loro figli e le loro figlie erano sta­ ti catturati (e portati via). 4 E Davide e la truppa che aveva con sé alza­ rono la voce nel pianto finché non ebbero più la forza di piangere. 5 Erano state portate via prigioniere anche le due mogli di Davide, Ahi­ noam di Jizreel e Abigail, la moglie di Nabal, di Karmel. 6 Inoltre Davi­ de venne a trovarsi in una pericolosa situazione perché la truppa parlava di lapidario; i soldati erano infatti amareggiati, ciascuno per i figli e le fi­ glie. Ma Davide trovò nuova forza nel Signore, suo Dio. 7 Allora Davi­ de disse al sacerdote Abiatar, figlio di Ahimelek: «Porta qui l'efod !». Co1

    Sembra esser caduto un wa.

    1 Sam. JO,I-J I

    sì Abiatar portò l'efod a Davide 8 e Davide interrogò il Signore e disse: «Devo inseguire questa banda? La raggiungerò?». Ed egli gli rispose: «Insegui! Perché raggiungerai di sicuro e certamente libererai! >> . 1 9a Così Davide partì, lui e (i) s�icento uomini che aveva con sé e arri­ varono fino alla Valle di Besor. Iob E duecento uomini si fermarono (là), quelli che erano troppo sfiniti per attraversare ancora la Valle di Besor. Ioa Ma Davide stesso continuò con quattrocento uomini l'inseguimen­ to, 9b mentre gli altri restarono sul posto. 2 I I Là trovarono nei campi un uomo, un egiziano,3 e lo portarono da Davide. Gli diedero poi del pane, perché mangiasse, e dell'acqua, perché bevesse, 12 e gli diedero un pezzo di pane di fichi e un paio di grappoli di uva passa. Come ebbe mangiato gli ritornarono gli spiriti vitali: infatti per tre giorni e tre notti non aveva mangiato né (un pezzo di) pane né bevuto (una goccia) di ac­ qua. 1 3 Allora Davide gli disse: «A chi appartieni e da dove vieni?». Ed egli rispose: «Sono un giovane egiziano, schiavo di un amalecita. Ma il mio padrone mi ha abbandonato tre (giorni) fa, perché mi ero ammala­ to. 14 Avevamo fatto una scorreria nella regione meridionale dei Crete­ si, nel territorio di Giuda e nella regione meridionale di Kaleb; inoltre abbiamo incendiato Siqlag». I 5 Poi Davide gli disse: «Saresti disposto a condurmi giù fino a questa banda?». Ed egli rispose: «Giurami per Dio che non mi ucciderai né mi riconsegnerai in mano al mio padrone; allora ti condurrò giù da questa banda». 1 6 Ora, quando egli lo condusse giù, ecco che se li 4 trovarono davan­ ti, com'erano sparsi per tutta la zona, mangiavano e bevevano e ballava­ no per tutto l'abbondante bottino che si erano portati via dalla terra dei Filistei e dalla terra di Giuda. I 7 E Davide li colpì dalle prime luci del­ l'alba fino alla sera del giorno successivo/ così che non si salvò neanche uno di loro, fatta eccezione per quattrocento giovani uomini che saliro­ no sui cammelli e si diedero alla fuga. 1 8 E Davide liberò tutti quelli che erano stati portati via dagli Amaleciti - e Davide ha liberato anche le sue due mogli -, 19 così che di tutto quello che essi avevano portato via con sé nulla venne a mancare, né grande né piccolo, né figli né figlie, né bot­ tino. 20 Ed essi presero .6 tutte le pecore e i buoi e 7 spinsero greggi e ..

    1

    Senza oggetto! La brevità dell'oracolo è singolare, ma dice tutto. Già Wellhausen inverte la posizione dei vv. I oa e 1ob. Il v. 9h non è necessariamen­ te una glossa (così Wellhausen e altri), ma può scambiare il posto con il v. Iob. 3 «Un egiziano» è forse una glossa (esatta). 4 Così i LXX. 5 T.M.: del giorno che «li» seguiva. Inoltre v. commento. 6 Si legga wajjiqepu.. Forse si usò una forma difettiva, così che per questo motivo la parola dawid, il cui giusto posto è al v. 2.ob, poté venire spostata qui. 7 V. BH. 2.

    I Sam. JO,I-J 1

    armenti al cospetto di Davide; 1 ed essi dissero: «Questo è il bottino di Davide! ». 21 Poi, quando Davide ritornò dai duecento uomini che erano stati troppo esausti per seguire Davide, e che (perciò) erano stati lasciati nella Valle di Besor, essi uscir9no (dalla valle) incontro a Davide e alle truppe che egli aveva con sé. Ora quando Davide giunse con le truppe vicino (a loro), li salutò con il saluto di pace. 2 22 Ma tutti i perfidi e i malevoli tra gli uomini che avevano proseguito con Davide protestarono e dissero: «Poiché essi non sono venuti insieme (con noi),J noi non vogliamo dar loro nulla di quello che abbiamo preso come bottino e liberato,4 tranne la moglie e i figli di ciascuno. Che se li prendano e vadano via! ». 2 3 Ma Davide disse: «Fratelli miei, non potete comportarvi così con quello che il Signore ci ha dato ! 5 Ed egli ci ha protetti e ci ha dato in mano la ban­ da che ci aveva assaliti. 24 E chi vi seguirà in questa proposta? No! La parte di coloro che restano a guardia delle salmerie deve essere come la parte di coloro che scendono in battaglia: essi devono avere una parte uguale». 25 E così avvenne, da quel giorno in poi e anche in seguito; ed egli stabilì questo principio quale norma e diritto per Israele, fino al gior­ no d'oggi. 26 Poi, quando Davide fu giunto a Siqlag, mandò (una parte) del bot­ tino agli anziani di Giuda secondo le loro città,6 con questo messaggio: «Ecco, ricevete un regalo benedetto preso dal bottino dei nemici del Si­ gnore! » -, 27 (lo mandò) a quelli di Bethul/ a quelli di Ramot-Negev, 8 a quelli di Jattir, 28 a quelli di Arara,9 a quelli di Sifmot, a quelli di Eshtemoa, 29 a quelli di Karmel, 10 a quelli nelle città dei J erahmeeliti, a quelli delle città dei Keniti, 30 a quelli di Horma, a quelli di Bor-Ashan, a quelli di Atak, 3 1 a quelli di Hebron e a tutte le località dove Davide si era fermato con i suoi uomini. 1 Il nome dawid viene in origine dopo lifn e; per errore deve essere finito a margine.

    Forse la sua scomparsa provocò la caduta di un 'et davanti ad hammiqne. 2. V. commento. 3 Il T.M. plasticamente: « non sono venuti con me». 4 T.M.: «Nul1a del bottino che abbiamo liberato•. 5 I LXX leggono 'apare invece di 'ahaj 'et; ma la subordinata temporale («dopo che » ) che viene così a crearsi resterebbe senza oggetto; va quindi preferita la lezione del T.M. 6 Questa lezione va sicuramente preferita a quella de] T.M., «(e) ai suoi amici». 7 Il T M. legge bet� 'el, ma qui si intende il luogo menzionato in Ios. 1 9,4. In I Chron. 4,30 si ha betu 'el. 8 È la medesima località che in Ios. 19,8 si chiama ramat negeb. 9 Si è soliti modificare così il T. M. che indica la località di ' à'rò er che si trova in Trans­ giordania. In Ios. 1 5,22 si ha, tuttavia, il nome, graficamente simile, di 'ad' ada. Alt ha proposto l'identificazione con pirbet 'ar'ara, 2 1 km a est-sudest di Beersheba: JPOS 1 2 (1932) 1 33· IO Così i LXX; il T.M. legge rakiL •••

    .

    '

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    Sam. JO,I-J I

    Questa storia episodica è più di un semplice episodio. In­ tanto descrive l'ultimo pericolo corso da Davide nel periodo della sua fuga. Con la distruzione della sua città, il rapimento degli abitanti, incluse le sue mogli, e con la conseguente crisi di fiducia sorta in seno ai suoi uomini, tutto pare essere di nuo­ vo messo in discussione, anche la vita stessa di Davide. Questa situazione dà al .racconto la sua eccitante drammaticità, so­ prattutto quando rapportato alla storia nel suo complesso. La narrazione guarda al passato e al futuro anche per un altro ri­ spetto: essa tratta uno scontro bellico con gli Amaleciti e si po­ ne pertanto in un singolare contrasto con la campagna di Saul contro Amaleq nel cap. I 5 ; il confronto, sempre di segno con­ trario, avviene anche su un secondo punto: mentre la campa­ gna di Saul contro Amaleq comporta il ripudio del re, la vitto­ ria di Davide sulle orde amalecite prepara la sua elezione al trono, così che gli Amaleciti hanno un significato addirittura fatale per la fase iniziale della storia della monarchia d'Israele. Tuttavia l'impresa di Davide non sta, nonostante la consulta­ zione dell'oracolo, sotto il segno della guerra santa, così che sarebbe fuorviante leggere al v. I 7, ricorrendo a una congettu­ ra (invece di lemoporatam) la parola «sottoponendoli a inter­ detto» (wajjaparimem, v. BH), tanto più che il comportamen­ to di Davide è del tutto diverso da quello che sarebbe stato ri­ chiesto dall'interdetto. È inoltre importante, come si è detto, il rapporto con gli altri avvenimenti: mandando in diverse loca­ lità di Giuda una parte del bottino egli inaugura e rinsalda rap­ porti che in seguito gli torneranno certamente utili per l'asce­ sa a re di Giuda, come Davide avrà indubbiamente calcolato. ,

    1 -8. Quando Davide torna da Afeq a Siqlag, dopo un viaggio di I oo km, egli si trova davanti le rovine fumanti di una città saccheggiata. Dal punto di vista degli Amaleciti si è trattato di una scorreria come tante. Si racconta espressamente che nessu­ no è stato ucciso, così che si può supporre che non ci sia sta­ ta resistenza. Naturalmente gli Amaleciti hanno intenzione di

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    utilizzare o di vendere i prigionieri come schiavi. Che Siqlag sia stata, a quanto pare, l'unica città devastata col fuoco (v. 1 4), dà l'impressione che si sia trattato di una rappresaglia, giacché la voce delle imprese di Davide contro gli Amaleciti, nono­ stante le sue drastiche misure di sicurezza (27,8 ss.), doveva si­ curamente essere circolata. La situazione di Davide, mentre sta con i suoi uomini davanti alle macerie della città che era tutta la sua vita, non è invidiabile. Le forti rimostranze e la sol­ levazione delle truppe, indignate sicuramente perché la città era stata lasciata sguarnita, illustra molto bene quale aria tiras­ se. Naturalmente neanche Davide può sapere esattamente chi siano stati i razziatori e dove si siano ora diretti. In queste cir­ costanze Davide sarebbe totalmente isolato, se non avesse «in Dio» la fonte cui attingere la sua forza. Nella tradizione Davi­ de continua a vivere come un uomo sotto Dio, una descrizio­ ne che è senza dubbio esatta anche dal punto di vista storico. Qui non si vuole dire affatto che la sua fiducia si sia manifesta­ ta semplicemente nella consultazione dell'oracolo sacro. Si usa la medesima espressione di 23, 1 6, quando Gionata «rende forte in Dio» la mano di Davide. Ora, rincuorato e rinsaldato, egli consulta l'oracolo per sapere se l'inseguimento è consiglia­ bile e promettente. La risposta (positiva) è così segnatamente laconica da permettere al lettore di farsi un'idea di come venis­ sero probabilmente formulati simili oracoli divini. 9-2. 0. Il proseguimento dell'azione è legato in parte, anzi me­ diante il vero e proprio obiettivo del racconto, a un wadi chia­ mato besor il quale, visto che è sempre presente l'articolo de­ terminativo, vuole sicuramente essere capito come «Valle della Buona Notizia», come conferma, del resto, anche la continua­ zione della storia. Per prima cosa si ha la notizia che un terzo delle truppe non riesce, evidentemente, a mantenere il passo della marcia forzata; l'attraversamento del wadi sembra rap­ presentare il punto critico. Davide continua, dunque, con 400 uomini l'inseguimento. L'episodio dell'egiziano ha la funzio-

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    ne di mostrare, pur senza farlo notare espressamente, come an­ che questa impresa, divenuta ancora più disperata per l' assot­ tigliarsi delle truppe, venga guidata da una mano amica: «Il te­ sto vuole indubbiamente mettere così in risalto come le vie di Davide si spianino senza che egli debba muovere un dito» (Asmussen, I 7 I ). Lo schiavo, che viene trovato in aperta cam­ pagna in stato di grave cachessia, è stato abbandonato lì, senza tanti complimenti, dal suo padrone, il che dimostra, oltre il lo­ ro modo di considerare gli schiavi, il desiderio degli Amaleciti di allontanarsi il più e il più presto possibile dal territorio nemico senza fermarsi per alcun motivo. Il prigioniero, rimes­ so in piedi con acqua, cibo e alcuni generi di conforto, si di­ chiara disponibile a indicare la via agli inseguitori. La sua ri­ chiesta che gli sia garantito di non venire riconsegnato all'anti­ co padrone (per la punizione previs�a) e di non venire ucciso da Davide, come traditore ormai inutile, una volta raggiunto l'obiettivo, illumina la condizione degli schiavi al pari del pre­ cedente abbandono. Di sfuggita si viene anche a sapere quanto sia stata estesa la scorreria degli Amaleciti. Il N egev (territorio meridionale) «dei Cretesi» è la filistea meridionale - l'Antico Testamento è anche altrove a conoscenza dei legami dei Fili­ stei con Creta -, il N egev di Kaleb si trova più a oriente, a sud di Hebron (los. 1 4, 1 3 s.). All'ampiezza del territorio razziato, nel quale rientrano anche le località di Giuda, fa riscontro l'enormità del bottino. La scena che si presenta più tardi agli occhi di Davide e dei suoi, dopo che l'egiziano li ha condotti sul posto dell'accampamento amalecita, è di pari dimensioni. Non si pone la domanda se questa visione d'insieme sia resa possibile dalla conformazione del paesaggio o dall'ora del giorno (arrivo al crepuscolo ?). Ad ogni modo, con l'espressio­ ne «dal crepuscolo fino a sera» non si vuole dire, come spesso si presume, che si tratti qui del crepuscolo serotino e, quindi, di una vittoria lampo di Davide. Senza considerare che nesef indica generalmente il crepuscolo mattutino, 'ereb significa in primo luogo il tempo attorno al tramonto, ma poi anche le ore

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    del degradare del giorno, dal punto di massima luce fino al­ l' oscurità, come usa ancora oggi presso i contadini arabi. Per denotare l'oscurità stessa si ricorre normalmente al termine la­ jela, «notte». «Il nesef serotino dell'Antico Testamento non può, in alcun caso, essere fissato troppo presto dopo il tramon­ to».1 Se nesef volesse denotare qui il crepuscolo serotino, il te­ sto dovrebbe leggere «da sera sino al crepuscolo» ! Dunque Davide ha assalito gli Amaleciti, storditi dai festeggiamenti del giorno precedente, alle prime luci dell'alba; la battaglia e l'in­ seguimento continuano poi fino a pomeriggio inoltrato. La vit­ toria è totale; soltanto 400 uomini a cammello riescono a sfug­ gire. Poiché nel bottino non compaiono cammelli, ciò signifi­ ca che si sono date alla fuga tutte le truppe cammellate. Così Davide non solo può riprendersi tutto quello che aveva per­ duto, ma oltre a ciò catturare anche un enorme bottino, corri­ spondente alla vastità del territorio razziato dagli Amaleciti (v. 1 4). Quando il bestiame compreso nel bottino viene portato dagli uomini di Davide (sono loro gli «essi» del v. 20) al cospet­ to del loro capo e gli viene assegnato, non si tratta soltanto di una importante dimostrazione di rinnovata fiducia, dopo la crisi precedente, ma anche di una norma del diritto di guerra: i primi proprietari non possono ormai più vantare alcun diritto sulla preda. Quando poi Davide decide comunque di mandare parte del bottino nel territorio giudaita, non si tratta di una atto di diritto, bensì di grazia - e certamente anche di lungimi­ ranza politica. 2. 1 -2. 5. Ma questo avvenimento ha avuto conseguenze giuridi­ che anche per un altro aspetto. Quando Davide ritorna alla Valle di Besor, i duecento, che naturalmente dovrebbero aver sentito il rumore degli uomini e degli animali e visto da lonta­ no la carovana, escono dalla loro postazione. Davide li saluta col saluto di pace, in uso nella regione ancora oggi. La varial Dalman, Arbeit und Sitte 1, 630. Purtroppo Dalman non ha preso in considerazione il nostro passo.

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    zione suggerita dai LXX e da Syr (v. BH) per la quale sareb­ bero stati costoro a salutare Davide, non corrisponde né al­ l'uso orientale né a quanto qui si vuole mostrare: mentre gli uomini di Davide, non del tutto a torto, insistono sul princi­ pio giuridico secondo il quale coloro che sono rimasti indietro non dovrebbero ricevere niente del bottino, se non i propri familiari, Davide decide diversamente e il suo giudizio non è dettato da generosità né da altri motivi, bensì dalla consapevo­ lezza di aver ricevuto ogni cosa, vittoria vita e bottino, dalla mano di Jahvé. Questo elemento è importante per la com­ prensione della storia, ma anche per la valutazione di Davide. Dalla sua decisione viene ora dedotta una norma che regola il problema di come debbano partecipare al bottino coloro che restano a guardia delle salmerie. Questa decisione della Valle di Besor - così potrebbe essere stata addirittura chiamata in se­ guito - riceve d'ora in avanti natura giuridica; ma non si è di­ menticato che la norma è nata dalla pietas di Davide. Questo fatto ha certamente contribuito a far conservare e amare la sto­ ria. Per il nome della Valle di Besor (v. sopra) può esser stato rilevante sia l'annuncio della vittoria che viene portato a colo­ ro che erano rimasti indietro sia la decisione umana di Davide. 1

    26-3 1. Come si è già ricordato, la conclusione del capitolo narra come Davide invii parte del bottino a una serie di locali­ tà della Palestina meridionale. Con questo gesto Davide in­ tende sicuramente concedere una sorta di risarcimento alle po­ polazioni vittime della razzia, ma soprattutto stabilire o rista­ bilire con lungimiranza rapporti che si erano interrotti col suo passaggio ai Filistei. Così Davide sta di nuovo sull'uscio del suo popolo e della sua terra e si provvede a che continui co­ munque la storia del popolo di Dio che è stata messa in serio pericolo dalla precedente catastrofe di Saul. 1

    Cfr. ZAW 40 ( 1 922) 27 1 .

    23. Fine di Saul e di Gionata (J I,I-1 3) 1 Mentre avvenivano questi fatti, i Filistei continuavano 1 la guerra con Israele. Ma gli uomini di Israele dovettero fuggire davanti ai Filistei e (molti) 1 sono caduti (e giacciono) uccisi sui monti di Gilboa. 2 Allora i Filistei si concentrarono su Saul e sui suoi figli; e i Filistei uccisero Gio­ nata, Abinadab e Malkishua, figli di Saul. 3 E si accese una furibonda mi­ schia intorno a Saul e gli arcieri 3 riuscirono a raggiungerlo 4 con l'arco ed egli fu gravemente ferito 5 dagli arcieri.6 4 Allora Saul disse allo scu­ diero: «Sfodera la spada e trafiggimi con essa, così che non vengano que­ sti incirconcisi .. .7 e non si mettano a divertirsi con me!». Ma il suo scu­ diero non voleva, perché aveva molto timore. Allora Saul prese (da solo) la spada e vi si gettò sopra. 5 Come lo scudiero vide che Saul era morto, si gettò anch'egli sulla propria spada e morì con lui. 6 Così, quel giorno, morì Saul insieme con i suoi tre figli e lo scudiero e anche con tutti i suoi uomini. 8 7 Ora, quando gli uomini d'Israele che stavano dall'altra parte della pianura (di Jizreel) e dall'altra parte del Giordano appresero che gli uomini d'Israele si erano dati alla fuga e che Saul e i suoi figli erano morti, abbandonarono le località e si diedero (anch'essi) alla fuga, e i Fi­ listei arrivarono e vi si stabilirono. 8 Poi, quando il giorno dopo vennero i Filistei per rapinare i caduti, trovarono Saul e i suoi tre figli che erano caduti sui monti di Gilboa 9 e 1 Questo è il significato del participio nifal. I LXX e r Chron. 10, 1 leggono il perfetto che andrebbe tradotto con il nostro trapassato prossimo. � Budde inserisce rabbim. 3 Il testo «gli arcieri, uomini con l'arco» nasèe dalla fusione di due varianti: hammonm e anaszm morzm. 4 È certo questo il significato di ma�a. I LXX (cod. B) leggono «individuare, trova­ re», ma questo significato non va bene perché c'è la menzione dell'arco. Caspari, che tuttavia espunge senza motivo baqqaset, traduce correttamente «lo puntarono». s In base a manoscritti dei LXX che hanno etraumatista, si deve sicuramente leggere wajjapal (cfr. 2 Reg. 1 ,2), mentre il T.M. ha la vocalizzazione wajjapel, «ed egli tre­ mò» (?). 6 Il T.M. ha mehammorim, mentre i LXX indicano il punto colpito: «il basso ventre» (eis ta hypochondria), leggendo forse mehammotnajim. In maniera simile intendono Dhorme, Schulz. 7 Il T.M. aggiunge «e mi trafiggano»; tuttavia questa frase va certamente espunta sulla base di 1 Chron. 1 o,4. 8 Le ultime parole mancano nei LXX, probabilmente perché prima non si era parlato di costoro. Non si riesce a vedere alcuna possibile ragione per una simile aggiunta se la notizia non fosse stata originale. ""

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    gli tagliarono la testa e gli s�larono l'armatura e (le) mandarono in giro per il paese dei Filistei per annunciare la buona notizia (nei) templi dei loro idoli ' e al popolo. ro Dopo posero la sua armatura nel tempio di Astarte, ma appesero il suo cadavere alle mura di Bethshan. 2 1 1 Ecco che gli abitanti di 1 abes h Galaad ricevettero notizie su di lui, 3 (vale a dire) circa quello che i Filistei avevano fatto a Saul; 12 allora tut­ ti gli uomini atti alle armi si misero in marcia e camminarono tutta la notte e tirarono giù il cadavere di Saul insieme con i cadaveri dei suoi fi­ gli dalle mura di Bethshan. Quindi li portarono 4 a 1 abesh dove li unse­ ro. 1 3 Ma presero le loro ossa e le seppellirono sotto la tamerice di Ja­ besh e osservarono un digiuno di sette giorni.

    Il racconto della fine di Saul si svolge in maniera degna del primo re. N on c'è il minimo segno che la morte cruenta di Saul venga presentata come meritata, come punizione divina e con­ seguenza della sua disubbidienza. Mentre il Cronista, raccon­ tando i medesimi eventi (I Chron. 10), stabilisce esplicitamen­ te un rapporto tra la morte e la colpa di Saul (I Chron. 1 0, 1 3 s.), incluso persino il suo ricorso alla necromanzia, qui non c'è nulla di tutto questo. Tutto viene narrato con grande serietà, con timore reverenziale. Il narratore è consapevole della tragi­ cità della fine del primo re e l'autore finale non si è sentito au­ torizzato a cambiare qualcosa, seguendo il principio sottinteso del de mortuis nil nisi bene. 1-6. Gli avvenimenti si svolgono il giorno successivo alla not­ te di Endor. Tuttavia la costruzione (i participi !) indica che l'autore è consapevole che nel frattempo ci sono stati altri av­ venimenti, come del resto già la fine del cap. 30 va oltre il cap. 3 1 . Il lettore viene condotto sulla scena nel momento in cui il fronte israelita cede e inizia il sanguinoso inseguimento. No n 1 Così il T.M. {letteralmente «a1 loro tempio ... »). Si è soliti seguire i LXX e 1 Chron. leggendo 'et invece di bet; ma si tratta di un'armonizzazione successiva. L'annuncio della vittoria nei_ loro «templi idolatri» fa comunque più senso che se i Filistei di fos­ sero premurati di informare «i loro idoli». 2. L'ortografia corrente è Beth Shean; la pronuncia araba besan. 4 V. BH. 3 'elaw non è elegante, ma come glossa sarebbe incomprensibile.

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    viene detto perché Saul e i suoi figli non partecipino alla fuga. Ad ogni modo il narratore non intende assolutamente dire che Saul abbia cercato la morte davanti all'evidenza della sconfitta, sullo stile del capitano che affonda con la sua nave. Il testo sembra piuttosto dire che Saul non sia stato più in condizione di mettersi in salvo. Dapprima deve assistere impotente alla morte dei suoi tre figli (non si parla di Ishbaal), incluso l'otti­ mo Gionata, l'unico che i LXX ricordino al v. 1 2 insieme con Saul parlando della sepoltura. Poi la battaglia infuria solo at­ torno a lui. Si ha l'impressione che i Filistei non osassero avvi­ cinarsi a quell'uomo potente, ma lo attaccassero da lontano con arco e frecce finché, seguendo la lezione più verosimile, riuscirono a ferirlo gravemente. Questa ferita mortale sembra essere la ragione dell'ordine dato allo scudiero di ucciderlo: Saul non vuole subire l'onta e le torture che toccano a chi, co­ me Sansone, cada nelle mani degli «Ìncirconcisi». Il fedele scu­ diero, il cui nome non è stato purtroppo tramandato, non osa, al pari di Davide, alzare la mano sull'unto del Signore. Così Saul si dà da solo la morte e il fedele scudiero lo segue anche in questo. Sembra che dalla posizione occupata da Saul si sia continuato ancora a opporre resistenza, come potrebbero sug­ gerire sia l'annotazione (a torto messa in dubbio) «con tutti i suoi uomini» sia anche il fatto che la morte di Saul non è il se­ gnale dell'arrivo dilagante dei Filistei. Invece la battaglia con­ tinua, a quanto sembra, fino al sopraggiungere della notte, giac­ ché il cadavere di Saul viene ritrovato solo la mattina seguente. 1

    7. Tra

    le conseguenze della morte di Saul si menziona per pri­ ma quella di più ampia portata, quella politica. Saul è stato il più forte baluardo contro i Filistei, l'ostacolo che ha impedito loro di mantenere il loro dominio su Israele. Inoltre, l' influen1 Per l'episodio cfr. la ballata di Hans Hopfen, Die Sendlinger Bauernschlacht col verso sul «più forte uomo del paese», il «fabbro di Kochel»: «E quando il sole guardò verso la terra, i suoi sette figli giacevano là distesi, attorno al vessillo, tutto lacerato, e il padre fu l'ultimo».

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    za politica e militare di Saul è stata più ampia di quanto si pen­ si di solito. Egli non si è limitato, come si è visto in precedenti capitoli, a espandere la sua potenza nella regione meridionale di Giuda; dal nostro racconto si apprende, indirettamente, che anche la parte settentrionale e orientale del territorio israelita hanno risentito in maniera notevole della presenza del regno della Palestina centrale. Ad ogni modo è soltanto adesso che i Filistei riescono a imporre il loro predominio su parti di terri­ torio a nord e a est del campo di battaglia. «Dall'altra parte della (lett.: oltre la) pianura» indicherà la parte settentrionale della pianura di Jizreel, le cui città israelite ebbero sempre vita difficile con gli abitanti originali, e forse anche la fascia meri­ dionale del territorio montuoso della Galilea. «Di là del Gior­ dano» non lascia adito a dubbi: tuttavia non si deve immagine che l'ampliamento della zona d'influenza filistea in Transgior­ dania sia stato notevole, giacché sicuramente Jabesh di Galaad non può essere rientrata in quella sfera e forse i Filistei si sono essenzialmente limitati ad assicurarsi alcuni precisi guadi del Giordano. Tuttavia è significativo che qui non si menzioni il territorio montuoso della Palestina centrale. Più avanti si sa­ prà che Ishbaal, il figlio di Saul, e soprattutto il suo generale Abner sono sempre al potere in quella regione, così che non si dovrebbero esagerare né le dimensioni né i risultati della vitto­ ria dei Filistei. 1

    8- 10. Le conseguenze immediate della battaglia costituiscono il contenuto della parte finale del capitolo. Avviene la solita spoliazione dei caduti. È solo durante questa operazione che il cadavere di Saul viene scoperto, derubato e oltraggiato. I Fili­ stei gli tagliano la testa, una prassi comune, come si sa anche da altri episodi (cap. I 7: Golia; cfr. la leggenda del gigante nel­ la foresta delle Ardenne utilizzata da Uhland nella sua ballata Roland Schildtrager), col nemico vinto. N o n è chiaro se i Fili­ stei abbiano esposto anche questo trofeo nei loro templi e lo •

    Come, ad esempio, Noth, Geschichte lsraels", 1 64 s.

    1 Sam. 3 I,I-IJ

    abbiano mandato in giro per il paese, oppure se si siano limi­ tati a esporre e a far girare soltanto le armi di Saul. Secondo I Chron. IO, I O la testa di Saul sarebbe rimasta poi custodita nel santuario di D ago n, le armi e l'armatura, invece, nell'Astarteion (3 I , I o LXX), evidentemente un tempio dedicato «alle Astarti» (così T.M.). Che una opinione del genere si sia formata è del tutto comprensibile perché anche nel caso del gigante filisteo le armi (e la testa) vengono portate nel tempio del vincitore (v. sopra, a 1 7, 54). Ma poiché il testo di I Sam. J I , I O parla della deposizione delle sole armi in un santuario filisteo, è più pro­ babile che la testa di Saul sia stata esposta, insieme col resto del corpo e con i cadaveri dei figli, sulle mura di Bethshean. Pur nella sua totale obiettività, il racconto di questi fatti è im­ merso in un'atmosfera di disapprovazione e di intensa sensibi­ lità per l'oltraggio di cui Saul è qui oggetto, mentre la narra­ ·zione del Cronista non riesce a nascondere una certa soddisfa­ zione per questa fine nonostante l'ampia coincidenza dei due testi. La città di Bethshean (Besan) è ancora oggi la località più importante tra la pianura di Jizreel e la valle del Giordano e lo è stato ancor più nell'antichità, così che lo scopo dei Filistei di pubblicizzare al massimo l'oltraggio in questo modo fu rag­ giunto nei limiti del possibile. 1

    Il quadro terrificante s'illumina, alla fine, di una luce po­ sitiva. Gli abitanti di Jabesh Galaad 2 non hanno dimenticato l'intervento provvidenziale di Saul ( 1 1 , 1 ss.). Non appena la no­ tizia li raggiunge volando, gli uomini intraprendono una mar­ cia notturna per raggiungere Bethshean e portano i cadaveri a Jabesh. Che essi li «brucino» (così si traduce di solito) suscita naturalmente scalpore in considerazione del ricorso alla cre­ mazione che è in contraddizione con il modo di sentire del­ l'Antico Testamento. D'altra parte si dovrebbe capire perché qui si sia fatto così. Per il processo di decomposizione accele1 1-IJ.

    1 z

    Per la prima storia della città è ottimo Galling: BRL, IOI- IOJ. Per l'ubicazione della città v. a 1 1 , 1 ss.

    2 Sam. 1,1-27

    rato dalla calura del giorno, per l'opera degli uccelli rapaci e per altri fattori del genere, i corpi saranno stati danneggiati in maniera notevole. Si trattava quindi di sottrarre i cadaveri alla profanazione e di salvare le ossa per la sepoltura. • Quindi la cremazione dovrebbe essere avvenuta con una procedura atta a mantenere intatte le ossa, pertanto in maniera diversa da quel­ la condannata da Amos ( 2, 1 ) come grave peccato, quando le os­ sa del re vennero calcinate. Comunque è più semplice presu­ mere qui un altro significato della radice saraf: «ungere», «spal­ mare con unguento» (ottenuto da piante aromatiche resinose). 2 - Le ossa di Saul sono state poi tumulate (2 Sam. 2 1, 1 2 ss.) nella tomba di famiglia. Così la vita di Saul non finisce nell'infamia, ma nell'onore, come si conviene all'unto del Signore. Questo epilogo avviene nello stesso luogo dal quale prese le mosse il cammino regale· di Saul. Tra questo epilogo e quel prologo è racchiuda una vita piena di tragica grandezza che non era sconosciuta all'antico narratore e che neanche è stata. trascurata, come si è detto, dal­ l'autore finale: una grandezza tragica che dipese dal rapporto nel quale Saul è stato col Signore e il Signore con Saul. .14.

    Davide apprende la notizia (2 Sam. 1,1-27)

    1 Ora, dopo la morte di Saul, avvenne - Davide era tornato dalla vittoria su Amaleq - che Davide aveva trascorso due giorni a Siqlag. � Era il ter­ zo giorno, ed ecco giungere un uomo dall'accampamento, (dunque) da Saul, con abiti stracciati e polvere sul capo, e appena arrivato davanti a Davide egli si gettò per terra e (gli) rese omaggio. 3 Ora quando Davide gli chiese: «Da dove vieni?» egli gli disse: «Sono fuggito via dall'accam­ pamento d'Israele>>. 4 E Davide gli disse: «Com'è andata? Raccontami! » . Ed egli rispose che l'esercito era fuggito via dalla battaglia e che molti soldati erano anche caduti ed erano morti e che anche Saul e suo figlio Gionata erano morti. 5 Allora Davide disse al giovane che gli portava la notizia: «Come hai fatto a sapere che Saul è morto e (anche) suo figlio 1

    Cfr. K. Bornhauser, Die Gebeine der Toten, 19�1, 8 ss. Così secondo Driver: ZAW 66 (1954) 3 14 s.; posizione assunta ora anche da Koehler, Supplementum, 1 9 5 8, 1 75·

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    2 Sam. 1, 1-27

    Gionata?>>. 6 E il ragazzo che gli portava la notizia disse: «Ero capitato per caso sui monti di Gilboa e lì stava in piedi Saul, appoggiato alla lan­ cia, mentre i carri e i cavalieri lo incalzavano duramente. 7 Ora, voltan­ dosi, mi scorse e mi chiamò. E io risposi: Sì, eccomi! 8 Ma egli ini disse: Chi sei ? E io gli dissi: Sono un amalecita. 9 Allora mi disse: Avvicinati a me e dammi il colpo di grazia, 1 perché ho (già) le vertigini, ma sono an­ cora pienamente cosciente.1 Io Allora mi avvicinai a lui per dargli il colpo di grazia,3 giacché sapevo che non avrebbe potuto sopravvivere alla sua caduta. Poi presi il diadema che aveva sul capo e il bracciale che aveva al braccio e li ho portati qui al .mio signore>>. I I Allora Davide si 4 afferrò le vesti e le stracciò e altrettanto fecero tutti gli uomini che erano pre­ senti. 12 Poi intonarono il lamento funebre, piansero e digiunarono fino a sera per Saul e per suo figlio Gionata e per il popolo del Signore e per la casa d'Israele, perché essi erano caduti di spada. 1 3 Poi Davide disse al giovane che gli aveva portato la notizia: «Da do­ ve vieni ?». Ed egli rispose: «Sono il figlio di un residente amalecita» . 14 Quindi Davide gli disse: «Come ( è stato possibile) che non abbia avu­ to timore di stendere la tua mano per uccidere l'unto del Signore?>>. 1 5 Poi Davide chiamò uno dei servi vicino a sé e disse: (( Avanti, trafiggilo a mor­ te! ». E quello lo colpì a morte. 16 Ma Davide gli disse: «Il tuo sangue ri­ cada sul tuo capo, perché la tua (stessa) bocca ha testimoniato contro di te quando dicesti: Ho dato il colpo di grazia all'unto del Signore» . I 7 Poi Davide cantò questo lamento su Saul e su suo figlio Gionata 1 8 e disse - (lo) si deve insegnare ai figli di Giuda (come) (Canto dell') Arco. Come ben si sa è scritto nel Libro del Giusto: s 19

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    Là giace (il tuo) orgoglio, Israele, trafitto sulle tue alture, come sono caduti i forti! Non proclamatelo a Gat, non annunciatelo per i vicoli di Ashqalon, che non si rallegrino le figlie dei Filistei, che non gioiscano le figlie degli incirconcisi.

    • La parola umotetèni, «e dammi il colpo mortale» viene espunta da Caspari. Secondo tale lettura, in origine le cose sarebbero andate così: Saul avrebbe chiesto alJ'amalecita di salvarlo perché aveva ancora sufficienti forze vitali. In questo modo l'atto del gio­ vane sarebbe ancora più scellerato. 1 Probabilmente - cfr. LXX, Syr e Budde, ad loc. sono confluite due varianti: «possiedo tutta la mia forza vitale» e «possiedo ancora la mia forza vitale». 3 Il wa va interpretato secondo l'esegesi giudaica come waw consecutivo; perciò in genere si traduce «e io gli diedi ». 4 V. BH. s V. commento. -

    ...

    2 Sam. 1,1-27 ��

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    ·14

    Voi, monti di Gilboa, né rugiada né pioggia cadano più su di voi, 1 voi campi traditori! 1 Perché lì fu gettato lo scudo dei forti, lo scudo di Saul, (ormai) non (più) unto con olio! 3 L'arco di Gionata non si è disteso e la spada di Saul non ritornò mai a vuoto senza il sangue di colpiti, senza il midollo dei forti.4 Saul e Gionata, cari l'uno all'altro 5 e affezionati, in vita e in morte rimasero inseparati. 6 Erano più veloci dell'aquila. più forti dei leoni. Voi, figlie d'Israele, dovete piangere su Saul, che vi vestiva 7 di porpora e ornamenti, 8

    Di jippelu o di una parola simile è rimasto solo un w che ora sta prima di sede È meglio correggere terumot («primizie») in tarmit. 3 ? Oppure, cambiando una lettera, si deve leggere keli invece di beli? «L'arma dell'un­ to con olio» ? 4 Il v. 21a� è collocato qui alla fine del v. 22. Questa trasposizione è migliore del rife­ rimento allo stico finale del v. 1 1 , come sostiene, ad esempio, Leimbach: «Lo scudo di Saul non era unto con olio, ma col sangue degli uccisi». Infatti non lo scudo, ma la spada è l'arma lorda di sangue: cfr. Deut. 3 1,42. Se si lasciano i due stichi all'inizio del versetto, allora essi si devono riferire all'arco di Gionata e alla spada di Saul (Kittel e altri), un'immagine che non si adatta all'arco giacché è la freccia, e non l'arco, che fa scorrere il sangue dei nemici. s Il nifal ha qui valore di reciprocità; cfr. Gressmann, Caspari e G-K § 5 1d. 6 I LXX leggono: «Saul e Gionata, gli amati e nel fiore (degli anni) inseparati, affet­ tuosi in vita, anche nella morte non sono separati». Non si può escludere che questo sia il testo originale. In questo caso il centro del testo avrebbe recitato: w ehan­ ne'imim lo' nifradim na'wim e lo sguardo del copista sarebbe poi scivolato nel T.M. da wchanne'imim al graficamente simile na'wim. 7 Il testo, grammaticalmente incerto, viene letto al meglio come hammalbis 'etkem. 8 Il T.M. «insieme con delizie» ('im 'adanim) è lezione meno buona di quella suggeri1

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    Sam.

    r,r-27

    i monili d'oro fissati sulle vostre vesti. �5 Come sono caduti i forti in mezzo alla battaglia, Gionata sulle alture in mezzo ai caduti ! 1 �6 Soffro per te, Gionata, fratello mio. Ti sono stato affezionato, 2 straordinario e meraviglioso: il tuo amore era per me più meraviglioso 3 dell'amore delle donne. 27 Come sono caduti i forti e perirono gli arditi guerrieri! 4

    La divisione dei libri di Samuele ha comportato che questo capitolo venisse assegnato alla grande sezione che tratta del regno di Davide e riempie tutto 2 Samuele. Questa suddivi­ sione potrebbe essere stata determinata dal fatto che in questo modo si ottiene un armonico parallelismo tra Ios. 1, I ; Iud. 1 , I é 2 Sam. I, I : «E avvenne dopo la morte di Mosè ... »; «e avven­ ne dopo la morte di Giosuè. . »; «e avvenne dopo la morte di Saul. . ».5 Tuttavia è meglio considerare il capitolo come la fine della parte che trattava di Saul e Davide .. Sebbene questo capi­ tolo sia, a suo modo, un preludio all'elevazione di Davide al trono, esso è ancor più, soprattutto grazie all'ode degli eroi, la conclusione dell'era di Saul. 1.

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    ta dai LXX ('adajim). Che il termine ricorra ancora nel medesimo verso non rende la lezione suddetta sospetta in questo canto (cfr. vv. 2ob e 2 1 b). r La fine del verso è incerta, cfr. Targ. La corruzione del testo potrebbe essere stata dovuta alla caduta di un m finale. Si legga 'al-bamot betok palalim. 2 Letteralmente: sei stato per me un amato. 3 La forma anomala niflc'ata è una variante sorta dalla commistione tra nifla 'ot e nifle'a. Probabilmente in origine entrambe le forme erano nel testo. 4 Lett.: e morirono gli strumenti di guerra. La traduzione di Lutero (die Streitbaren = quelli sempre pronti a battagliare) qui va preferita a qualsiasi altra. 5 Questa assimilazione potrebbe aver portato alla complicata formulazione dei vv. 1 e 2a. Naturalmente non sussiste motivo di supporre la presenza di fonti diverse.

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    Sam. r, r-27

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    Il messaggero con la notizia della sfortunata battaglia si presenta con un misto .di dolore per i caduti e di interessata speranza. Esternamente il giovane ha il solito aspetto della per­ sona in lutto: gli abiti stracciati, la polvere sul capo; ma in real­ tà egli intende portare all'avversario di Saul un messaggio che gli procuri una ricompensa. Forse il gesto della prosternazione (v. 2 ) qui vorrebbe essere già inteso quale omaggio reso al fu­ turo sovrano, al quale il giovane porta infatti le insegne reali. Il lettore si accorge di queste segrete intenzioni già dal fatto che il racconto del messaggero non concorda col cap. 3 I . In verità le notizie principali sono riportate correttamente: la tremenda sconfitta e la morte di Saul e Gionata. Interrogato da Davide sui particolari, il messaggero cerca tuttavia di decantare la sua partecipazione agli avvenimenti inoltrandosi così, senza so­ spettarlo, su un terreno per lui fatale. Egli si dichiara (per ben due volte) un amalecita e, così facendo, fa necessariamente ap­ parire la sua azione particolarmente spregevole e vile agli oc­ chi di Davide e dei suoi uomini che sono appena tornati dalla guerra contro Amaleq. Gli Amaleciti rimangono amaleciti an­ che se risiedono in Israele, forestieri senza diritti civili: questi predoni nati non hanno timore neanche dell'unto del Signore! Indubbiamente il racconto è stato capito e giudicato in questo modo. Inoltre l'uomo fa capire di essere un evidente bugiardo che vuole concludere un affare. Certamente non si dice aperta­ mente che Davide si è accorto del suo gioco e perciò lo ritiene responsabile (vv. I J- I 6}. Ma questa sembra essere comunque 1 'opinione del narratore: è più che giusto che la morte sia il premio per il suo comportamento. Di certo il motivo princi­ pale resta l'aver alzato la mano contro l'unto di Jahvé: in real­ tà, come sa bene il lettore del cap. 3 I , egli non lo ha fatto, ma con le sue affermazioni ha voluto soltanto mettersi in una luce favorevole agli occhi di Davide. È pertanto più che giusto quan­ to Davide dirà alla fine, che la sua stessa bocca ha testimoniato contro di lui. Anzi il testo gli attribuisce la sensazione che l'un­ to di J ahvé sia una persona fondamentalmente intoccabile: egli .2.-16.

    2 Sam. 1, 1-27

    afferma di essere stato spinto dallo stesso Saul a dargli il colpo mortale e aggiunge subito, e anche ciò è conforme ai fatti, che il re non sarebbe comunque potuto sopravvivere alla disfatta. Ma con tutte queste parole non fa che peggiorare la sua situa­ zione e, alla fine, riceve la meritata ricompensa dello sciacallo che deruba i cadaveri. 1 1.12.. L'attesa che Davide accolga con soddisfazione la noti­ zia della scomparsa di Saul si dimostra, anche in altre occasio­ ni, falsa (v. I I ). Viene volutamente messo in evidenza che, ap­ pena l'amalecita ha finito il suo racconto, Davide e i suoi uo­ mini, convinti dalla consegna dei gioielli di Saul della sconfitta e della morte del re, iniziano il lamento funebre. Il narratore vuole comunicare l'impressione che qui si tratti di vero e sen­ tito cordoglio e lo ha evidenziato in due modi: con la colloca­ zione dei vv. I I s. e con l'aggiunta dell'ode. Per quanto riguar­ da il primo elemento, si ha che Davide reagisce in due modi alle parole del messaggero: da un lato col gesto descritto ai vv. I I s. e, dall'altro, con la scena dei vv. I J - I 5· In entrambi i casi si tratta di reazioni immediate all'effetto della notizia. Di soli­ to si è risolto il problema della doppia reazione con i metodi della critica letteraria: ci sono due racconti, al primo dei quali appartenevano i vv. ( I - )4. I I . I 2, mentre il secondo conteneva i vv. 5 - I O. I J- I 5 (Budde, Dhorme, Gressmann, Eissfeldt, ecc.). Questa soluzione è palesemente troppo schematica: certamen­ te in qualsiasi immaginabile racconto si sarà detto qualcosa sia della punizione del messaggero sia del cordoglio di Davide, mentre è difficile che in un racconto si sia parlato solo della prima e nell'altro solo del secondo. Perciò Kittel comincia con l'affermazione: «Il racconto è unitario». Del resto, volendo rac­ contare entrambe le reazioni di Davide, come avrebbe potuto il narratore scrivere in maniera essenzialmente diversa da co­ me si legge qui? Qualcosa doveva necessariamente avvenire in un secondo momento: se fosse stata raccontata prima la puni­ zione dell' amalecita, la scena del cordoglio sarebbe sembrata

    2 Sam. 1, 1-27

    2 99

    ancor più 'fuori di posto. La possibilità che esistessero più rac­ conti di questi avvenimenti esula da questa problematica.1 La seconda parte del capitolo contiene la famosissima ode funebre sulla morte di Saul e Gionata. No n c'è alcun motivo per dubitare che Davide ne sia l'autore. Secondo la testimo­ nianza della tradizione Davide era molto dotato musicalmente e ciò significa non solo che sapeva suonare, ma anche che sa­ peva cantare.2 No n è necessario aggiungere altro a lode del canto che è stato definito la più bella ode piea di tutti i tempi.

    , 1 7. 1 8. Il canto ha una soprascritta di dif6 cile interpretazione.

    Essa consiste di una normale introduzione (v. 1 7) e di un ini­ zio (v. 1 8), al quale deve esser seguito immediatamente il can­ to, e di una ulteriore annotazione che disturba questa sequen­ za. La nota contiene alla fine l'indicazione di una fonte che si ripete in Ios. IO, I J; 1 Reg. 8, 53 LXX. Non si sa che cosa signi­ fichi il nome Libro del Giusto, ma si può ritenere certo, stando alle tre testimonianze bibliche, che si sia trattato di una raccol­ ta di documenti in poesia. La frase precedente, «da insegnare ai figli di Giuda, arco», sembra avere un duplice scopo. Per pri­ ma cosa si ha una indicazione per l'uso pratico: se si ordina di insegnare il canto ai figli di Giuda, ciò può essere avvenuto unicamente quando Davide regnava soltanto su Giuda. La co­ noscenza e la diffusione dell'ode è stata quindi voluta in alto loco. Il popolo doveva sapere quali fossero i sentimenti del re di cui il canto è testimonianza, analogamente a quanto avviene 1 Budde e Schulz ipotizzano, basandosi su 4, Io, una forma anteriore del testo secon­ do la quale Davide, agendo da vero despota orientale, avrebbe ucciso su due piedi il messaggero, in origine un vero israelita. Solo gradualmente l'israelita si sarebbe trasfor­ mato in un amalecita e la storia evoluta fino alla forma attuale. Queste cose non pos­ sono essere provate per il nostro passo, ma che le generazioni successive abbiano la­ vorato molto sulla materia risulta da un confronto tra I Sam. 3 1, 2 Sam. 1 e 2 Sam. 4, 1 0. Da questo lavorio si capisce quanto sia stato considerato singolarmente importan­ te il passaggio da Saul a Davide. .1 Cfr. I Sam. 1 6, 1 8 dove non si vantano soltanto le sue capacità musicali, ma anche l'abilità e facilità di parola.

    3 00

    2 Sam. 1,1-27

    nel caso della morte di Abner (2 Sam. 3,33 ss.). Non si sa se sia stato lo stesso Davide a impartire tale disposizione oppure il capo di un «ufficio propaganda» dell'epoca. «Arco» dovrebbe essere stato scelto quale titolo assumendolo da una parola ca­ ratteristica della composizione, • come, per esempio, la secon­ da sura del Corano è stata intitolata «La vacca». Lutero coglie dunque nel segno: Il canto dell'arco. Tutta l'annotazione po­ trebbe essere stata dapprima a margine oppure alla fine del canto (cfr. Budde al v. I 8). Con questa spiegazione si elimina­ no tutti i tentativi di rendere il v. 1 8, mediante aggiustamenti del testo che si presume corrotto, l'inizio del canto. Benché l'ode venga espressamente definita qina lamento funebre, essa non è scritta nel metro elegiaco, ma prevalente­ mente in distici con emistichi di due piedi; solo occasionai­ mente si ha il ritmo ternario. Ma il canto non è caratterizzato dalla forma, bella e artistica, bensì dal tono di genuino cor­ doglio che si sente con particolare intensità quando si parla di Gionata. =

    1 9-27. Il canto si apre con il ricordo del fior fior� _çC.lsraele, la gioventù caduta in battaglia, toccando così una· nota dolorosa che tutti i popoli e tutte le età conoscono. Per quanto riguarda l'Antico Testamento si ricordi, in particolare, il canto di Ge­ remia sulla Morte con la falce (9,20 s.) del quale C.H. Cornill (ad loc.) ha detto che appartiene «alle poesie più splendide che siano state mai composte». Il canto si rivolge dapprima a Israe­ le (che qui è visto per una volta come uomo). Quando poi lo sguardo si posa sulle città dei vincitori, nelle quali risuonerà il trillo di gioia delle donne al primo giungere della buona noti­ zia (il verbo basar usato nel secondo emistichio del v. 20 è quel­ lo che in greco viene tradotto euangelizein ), la memoria del let­ tore corre a 1 Sam. I 8,7 con la medesima usanza attestata, quel_

    1

    Diversa, ma più artificiosa, l'opinione di Eissfeldt che si rifà a più antiche ipotesi:

    VT 5 (195 5) 232-23 5; egli intende la frase così: «Insegnare (l')arco ai figli di Giuda =

    renderli agguerriti alle armi».

    2 Sam. 1, 1-27

    JO I

    la volta, per Israele. Il desiderio di Davide che non si giunga a queste scene di gioia è una vana attesa. La forte emozione del cantore si sfoga nella maledizione dei luoghi della sventura sui quali viene invocata la dannazione di una eterna sterilità. A questo proposito si pensi al lamento di Giobbe in Iob 3· La fine del v. 2 I potrebbe voler dire (il testo è incerto) che ora i buoni scudi, anche quello di Saul che era notoriamente più grande del normale, giacciono sparsi intorno, senza che nessu­ no ne curi più la manutenzione. È a partire da questo punto che il canto passa a parlare delle figure di Saul e di Gionata, di cui si tesse, con malinconia mista a orgoglio, l'elogio, come si conviene a grandi guerrieri. L'immagine della spada che divo­ ra è frequente nell'Antico Testamento. 1 Sam. 20 conferma che l'arco è l'arma tipica di Gionata, come la lancia lo è di Saul. Quando Davide mette in evidenza come la loro inseparabilità in vita continui ora anche nella morte, egli _afferma una realtà importante anche storicamente: per quanto sia stato stretto il rapporto tra lui e Gionata, pure questa amicizia non ha mai portato veramente a tagliare il legame tra padre e figlio. L'apo­ strofe alle donne d'Israele chiede che si ricordi quante volte Saul le abbia rese generosamente partecipi dei suoi successi militari, fatto abbastanza normale per un re che dovette guer­ reggiare per tutta la vita (1 Sam. 1 4,5 2). Anche nella storia di Sisera le donne aspettano, questa volta invano, che egli torni dalla guerra con un ricco bottino per loro (lud. s,Jo). Il canto raggiunge vette di particolare intimità (vv . 2 5 -27) quando Da­ vide ripensa alla sua amicizia con Gionata. La radice verbale plh (essere meraviglioso), che nel testo originale ricorre forse due volte, è qui particolarmente bella. Riprendendo il terzo emistichio del distico iniziale si chiude questa bellissima ode con la quale Davide ha eretto un monumento non soltanto a Saul 1 e a Gionata, ma anche a se stesso. 1 È singolare come il personaggio di Saul non abbia trovato una trattazione dramma­ tica adeguata. Fatta eccezione per l'oratorio di Handel, nel campo della letteratura tedesca si ha la tragedia Saul ( 1 84 1 ) del poeta ebraico d'origine magiara Cari Beck.

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    Sam. I6

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    Sam.

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    C'è ancora una questione da considerare, anche se non vie­ ne menzionata esplicitamente nel nostro testo. In una succes­ siva occasione (2 Sam. 4, 1 o) Davide ha definito il messaggio che gli era stato portato una «buona notizia». Come tale se l'era sicuramente immaginata l'amalecita e, in ultima analisi, era pro­ prio così. Infatti in che situazione si sarebbe venuto a trovare Davide se Saul avesse vinto ? Come si è detto, è una particolare accortezza di questo capitolo aver sorvolato tale interrogativo, concentrando invece l'attenzione sul cordoglio, un aspetto in­ differente, per così dire, alle conseguenze per lo stesso Davide. Questo espediente, che torna a onore del narratore, ma anche di Davide, non può ora impedire di constatare che il corso delle cose mostra, e mostrerà anche, in maniera sorprendente, ciò che all'inizio della storia di Davide è stato espresso con la parola il Signore è «con» Davide. L'ascoltatore ha certamente riconosciuto, con timore reverenziale, come vengano disposte miracolosamente le sorti di Davide; infatti la caduta di Saul - e anche la morte di Gionata - lascia ora via libera a Davide, nel cui curriculum è iscritta ora, tra l'altro, anche la fine della sud­ ditanza verso i Filistei. N ella storia del popolo di Dio viene co­ sì aperta una nuova pagina.

    Struttura e formazione. Nel commento precedente ci si è sforzati di mostrare quali punti di vista abbiano guidato, in ul­ tima analisi, I'autore nella sua presentazione. Va da sé che egli ha assistito con timore e tremore verso la provvidenziale guida divina e con personale partecipazione all'ascesa di Davide - e quindi al declino di Saul. Per quanto egli rispetti Saul, che ri­ mane l'unto di Jahvé nonostante il ripudio; per quanto egli, dunque, in altre parole, condivida l'atteggiamento, più volte ribadito, di Davide sulla questione, pure egli colloca intenzio­ Questi ha messo bene in evidenza il conflitto tragico ed entro certi limiti ha anche colto la radice di tale tragicità che affonda in situazioni teologiche. [Il lettore italiano ricorderà la tragedia Saul ( r78l) di V. Alfieri che mette in luce la titanica solitudine del re, il cui intimo contrasto tra sete di potere e coscienza della propria debolezza non riesce a risolversi che con l'atto estremo ed eroico del suicidio].

    I Sam. I6 -2 Sam. I

    nalmente, all'inizio di questa grande sezione, la storia dell'un­ zione di Davide. E se anche non torna più su questo episodio (ma v. a 2 Sam. 1 2,7), certamente impedito dal far ciò dal fatto che nei testi non se ne parlava affatto, pure resta assodato per l'intera sezione in tutti i suoi paragrafi, che Davide è il succes­ sore predestinato. Questo è il tema generale così che a questa quarta parte si potrebbe addirittura dare il titolo: Davide deve crescere, ma Saul deve diminuire. Si è visto chiaramente come tale visione si manifesti nei passi più disparati ( I Sam. I 8; 20; 24; 26; 2 Sam. I, ecc.). In fondo tutti quanti sanno che Davide è il futuro re: lo sa anche Saul, quasi fin dall'inizio (v. a I Sam. 1 8,8), e continuerà a saperlo; naturalmente lo sa anche il fedele e altruista Gionata. Al riguardo due sono le osservazioni da fare. Anzitutto i rac­ conti della venuta di Davide a corte. In essi è palese che non si tratta di un caso, ma di provvidenza. Questo elemento sta già sullo sfondo del racconto del cap. I 6. Quando si passa al cap. 1 7, soprattutto i brani tralasciati dai LXX (I Sam. 1 7, 1 2-3 1 . 5 5I 8, 5) mostrano più che mai quanto sia manifesto l'interesse di far apparire pienamente legittima l'ascesa di Davide. Questo re segreto, con il quale è Jahvé, non usurpa il trono né se ne appropria con l'inganno, ma vi è condotto passo dopo passo e sistematicamente. Ma anche il resto del cap. 1 7, con il gesto di Saul che offre la propria armatura a Davide, contiene almeno un'allusione alla futura dignità di Davide - anche se quella vol­ ta l'armatura non era adatta a Davide! Di natura del tutto opposta sono le parti che rappresentano Davide nelle vesti di colui che è stato esonerato dall'incarico e viene perseguitato. In queste parti Davide appare molto lon­ tano dal traguardo previsto, anzi talora sta sulla lama del ra­ soio e rischia di perder lo definitivamente di vista. Tanto mag­ giore attenzione si deve prestare, quindi, alle affermazioni che comunque mirano alla sua futura posizione {le parole di Abi­ gail, di Gionata, dello stesso Saul). Si può addirittura dire che proprio perché Davide deve fuggire nel deserto e cercare poi

    1 Sam. 16 -2 Sam. 1

    rifugio presso i nemici filistei, egli non appare mai in condi­ zione di plasmare da solo il proprio destino, ma dipende, in tutto e per tutto, dal Signore. Soltanto in quest'ottica si riesce a vedere bene l'aspetto essenziale e il disegno globale appare emozionante e drammatico. Tuttavia la storia di Davide, in fondo, non è stata sempli­ cemente redatta e narrata dall'autore; anche la suddetta visione teologica è più antica dell'autore finale. Questi ha avuto a di­ sposizione materiali in una forma già consolidata sui quali egli non si è ritenuto autorizzato a intervenire pesantemente né ha stimato necessario farlo. Si tornerà su questo punto. Tuttavia, se non altro, la disposizione dei materiali è, in parte notevole, opera sua. Per ciò che riguarda la storia antecedente del materiale, in tutta una serie di casi è riconoscibile una tradizione locale. Ciò è vero già per il primo brano (I Sam. I6,I-I J). In origine il ma­ teriale era conservato a Betlemme; tuttavia dal legame presente col cap. 1 5 risulta che il racconto è cresciuto, passando per le tradizioni di Gilgal, unendosi con l'altro materiale. Alla do­ manda di come Davide sia giunto alla corte di Saul si danno risposte diverse. Al racconto di I Sam. I6,I4'-2-J, dove le sue do­ ti musicali costituiscono la ragione della sua chiamata a corte, si contrappone il cap. 1 7, nel quale il motivo è dato chiara­ mente dall'abilità militare di Davide. All'interno del cap. 1 7, a ben guardare, si trovano inoltre due racconti tessuti insieme, ciascuno dei quali ha avuto una propria esistenza separata non solo a livello di tradizione orale, ma anche nella fase letteraria. Uno di questi, quello narrato anche dai LXX, è caratterizzato dalla parola «armi» e appartiene, forse, ai materiali tramandati a Mispa, giacché esso termina con la deposizione della spada di Golia nella «tenda di Jahvé». Dell'altro racconto, che ha in­ teresse a mostrare come Davide non sia un arrivista, ma un uomo la cui ascesa è del tutto legittima, si è già parlato poco sopra. Quest'ultimo racconto non è certo da considerarsi una escrescenza recente, bensì si è in presenza di una storia ben nar-

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    rata e congegnata (per l'analisi delle sue caratteristiche cfr. Budde, I 21 ), riguardo alla quale si può fondatamente afferma­ re che essa ha dato il là a tutto il resto. Commentando il cap. I 7 si è fatto notare come questa posizione dovrebbe essere sta­ ta quella di ambienti molto vicini alle idee di Davide. Perché il cod. B dei LXX abbia tralasciato questo racconto, ovvero per­ ché il testo ebraico usato dai LXX non lo contenesse, sono do­ mande cui è difficile rispondere. Ma è sufficientemente chiaro che anche in tempi più tardi ci si è resi conto dell'anomalia del «racconto collaterale» (Caspari). La saldatura dei due racconti è difficilmente avvenuta dopo la fase della redazione deutero­ nomistica, giacché nei capitoli successivi ci sono molteplici riferimenti alla vittoria su Golia. Qui si trovano accostate tradizioni diverse. Si riconosce un fenomeno del genere anche in I Sam. I 8, I 7-30 (Davide diven­ ta genero di Saul): la storia di Merab presuppone quel «rac­ conto collaterale», mentre invece la storia di Mical no. Ma in quest'opera di accostamento si manifesta ancora più chiara la tendenza a mettere in ombra il materiale originale, che parla di Saul in maniera neutrale, facendo prevalere il senso di una for­ te diffidenza nei confronti del primo re. È qui che si intravede l'opinione dell'autore finale il quale, ovvia1nente, ha trovato nella tradizione abbondante materiale a sostegno di questo suo giudizio. Al riguardo è anzitutto da ricordare il doppio raccon­ to dell'episodio della lancia ( I Sam. t8,I 1; 19,9 s. ) . Si potrebbe considerare questo racconto addirittura l'inizio storico di quel­ la tematica della diffidenza. Testimonianza analoga viene dalle pericopi di Gionata (I Sam. 19,1-7; 20,1 ss.). Inoltre in queste pericopi si nota la compresenza di tradizioni diverse c anche tracce di un loro legame originale con precise località. Come diverse erano le tradizioni sulla venuta di Davide alla corte di Saul, così avviene anche per la sua fuga. Negli ambien­ ti sacerdotali e profetici si conosceva questa storia e, come ben si sapeva, Davide aveva ottimi rapporti con entrambi i gruppi, mentre per Saul le cose $tavano differentemente. Inoltre la tra�

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    Sam. I6 -2 Sam.

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    dizione è a conoscenza che sia il figlio sia la figlia di Saul han­ no aiutato Davide a fuggire. Che il suo cammino lo abbia infi­ ne portato presso i Filistei è del pari narrato in due modi, una volta all'inizio della fuga e un'altra alla fine di essa. Quando si va a vedere i particolari, i due racconti sono molto diversi. Po­ trebbe esserci un nesso tra il primo racconto e la storia di Naio t (1 Sam. 1 9). Volta dopo volta si può vedere come i materiali siano legati, in una prima fase, a sedi precise, dalle quali sono poi migrati altrove. Questo fenomeno è particolarmente evi­ dente nelle storie relative al periodo della fuga di Davide: un masso particolare, una determinata formazione montuosa, una valle, una volta anche una determinata norma del diritto di guerra ( 1 Sam. 30,24) ne conservano la memoria «fino al gior­ no d'oggi». D'altra parte questi legami �ei materiali con deter­ minate situazioni o cose concrete (Sitz im Leben) conferisco­ no a quelle storie il loro colore intenso, così che storie analo­ ghe, come le scene di generosità di 1 Sam. 2 4 e 26, si sono po­ tute conservare, convivendo fianco a fianco. Anche a Endor è esistito sicuramente qualcosa come una casa di Saul che po­ trebbe aver permesso per lungo tempo di rinverdire la memo­ ria degli avvenimenti della notte precedente la battaglia di Gilboa. Proprio nell'episodio di End or è po ssibile distinguere la differenza tra la forma originale della tradizione locale e la forma attuale del materiale: e questa differenza riguarda il mo­ do in cui Saul viene giudicato. Questi due elementi possono essere accertati con grande si­ curezza dall'analisi del materiale: l'immagine che risulta dalle storie così come venivano narrate in origine e la figura finale, conforme alla concezione deuteronomistica della storia. Non è dunque vero che non ci sia «alcuna chiara traccia, neanche una sola, di una rielaborazione deuteronomistica delle storie di Saul» (Noth, Oberlieferungsgeschichtliche Studien 1, 63). È in­ vece vero che l'immagine di Saul, come essa appariva agli oc­ chi dell'epoca più antica - forse particolarmente nelle regioni settentrionali (v. a 1 Sam. 28), ma sicuramente anche altrove -

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    non ha subito alcuna abrasione per mano dei deuteronomisti, bensì è stata soltanto ricoperta. Entrambi gli aspetti sono im­ portanti: quello più per ciò che è storicamente da accertare, questo per l'inquadramento teologico storico; in ogni caso né il primo è soltanto storia profana né il secondo astorico. È difficile rispondere all'interrogativo se l'autore finale si sia trovato già davanti serie di storie collegate in un certo ordine, delle quali egli si sia poi servito per concepire la propria opera. · Indubbiamente le pericopi non si trovano semplicemente ac­ costate una all'altra, ma vi sono nessi e correlazioni. Per con­ tro è possibile risalire, ad esempio in 1 Sam. 28, direttamente dalla forma primitiva legata a un luogo alla forma attuale. Il tentativo intrapreso da molti (ultimamente da Eissfeldt} di identificare «fonti» dalla forma stabile e definita ha una visio­ ne eccessivamente letteraria delle cose e manca di cogliere la realtà dei dati di fatto. Quando, d'altro canto, si ipotizza un autore «che vive a corte tra gli intimi di Davide» (Weiser, Ein­ leitung\ 1 26) - al riguardo si è soliti fare il nome del sacerdote Abiatar (ad es. Rost, Einleitung8, 9 1 ; Thronnachfolge, 1 28} -, alla cui opera si sarebbero venuti ad aggiungere «accrescimenti secondari di ogni genere>> (Noth, 62} quali «sviluppi della tra­ dizione orale» (Weiser, ibid. }, si deve convenire che simili pun­ ti di vista sono più affermati che dimostrati. Tuttavia non si può escludere che le tradizioni locali siano state raccontate in de­ terminati luoghi già in tempi antichi e che qui ricevettero una forma consolidata; e si può osservare frequentemente come in questi casi vi sia una straordinaria prossimità agli eventi stessi. Ma è difficile poter dire più di questo. Ciò che era caratteristico degli antichi materiali e rimase con­ servato anche nella redazione deuteronomistica è la consape­ volezza della costante e onnipresente opera del Signore. L'asce­ sa di Davide non riesce né pér caso né per accortezza, ma è pre­ sentata come miracolosa e determinata da una giustizia supe­ riore. E così i materiali rientrano nel grande contesto dell'intera Scrittura e diventano paragrafi della storia della guida divina.

    PARTE QUINTA IL RE DAVIDE

    (2 Sam. 2-8)

    1.

    I due regni (.1,1-l,I)

    1 Poco dopo avvenne che Davide interrogasse il Signore: «Devo salire a una delle città di Giuda?». E il Signore gli rispose: «Sì, sali! ». Poi Davide disse: «Dove devo andare ?». Ed egli rispose: «A Hebron». 2 Così Davi­ de vi salì insieme con le sue due mogli, Ahinoam di Jizreel e Abigail, la moglie di Nabal, di Karmel. 3 E Davidej ortò su anche gli uomini che erano con lui, tutti con le loro famiglie, e essi si stabilirono nelle locali­ tà di Hebron. 4 Poi vennero gli uomini di Giuda e vi unsero Davide qua­ le re sulla casa di Giuda. Qui Davide ricevette la notizia che gli uomini di Jabesh Galaad ave­ vano 1 sepolto Saul. 5 Allora mandò messi agli uomini di Jabesh Galaad e fece dire loro: «Siate benedetti dal Signore, perché avete dimostrato un simile amore per Saul, vostro signore, e lo avete seppellito. 6 E ora vo­ glia il Signore dimostrarvi (anche lui) amore e feckltà e anche io vi di­ mostrerò pari 1 benevolenza perché avete agito in qÙèsta maniera. 7 Ma ora fatevi animo e mostratevi coraggiosi! Perché il vostro signore, Saul, è morto; perciò la casa di Giuda ha unto me quale re su di loro>> . 8 Ora Abner, figlio di Ner, generale di Saul, aveva preso Ishbaal,3 il figlio di Saul, e lo aveva fatto passare a Mahanajim. 9 Qui l'aveva pro­ clamato re per4 Galaad, per gli Asheriti,5 per Jizreel, su Efraim, su Be­ niamino, (in pratica) su tutto Israele. xo Ishbaal, figlio di Saul, aveva quarant'anni quando divenne re su Israele e fu re per due (?) anni.3 Solo la casa di Giuda seguì Davide. x 1 E il periodo in cui Davide fu re a He­ bron - sulla casa di Giuda - fu di sette anni e sei mesi. 12 Poi Abner, figlio di Ner, si trasferì da Mahanajim a Gabaon insie­ me con i servi di Ishbaal,1 figlio di Saul. 13 E anchejoab, figlio di Seruja, e i servi di Davide si erano mossi da Hebron 6 e si incontrarono allo sta-

    V. BH. 2 Si potrebbe rendere così hazzot. 3 V. commento. Il testo ha tre volte 'el (= per) e tre volte 'al (= su}, un segno della intercambiabilità di queste preposizioni. È inutile correggere l'ebraico. s Secondo Targ. 6 Così i LXX. I

    4

    2 Sam. 2, 1-J,I

    gno di Gabaon e si fermarono (là), gli uni da questo lato dello stagno, gli altri dall'altro lato. 1 14 Allora Abner disse a Joab: «l giovani potrebbero alzarsi e giostrare alla nostra presenza». E Joab rispose: «Possono far­ lo». 1 5 Così si alzarono e si presentarono, uno dopo l'altro, contati (esat­ tamente), dodici per Beniamino e Ishbaal, 1 figlio di Saul, e dodici di tra i servi di Davide. 16 E ciascuno afferrò con una mano 3 il suo diretto avversario per i capelli e (infilò) la spada nel fianco dell'avversario, così che caddero tutti insieme. E quel luogo fu chiamato «Campo dei Fian­ chi»,4 e si trova nei pressi di Gabaon. 1 7 E quel giorno la battaglia fu du­ rissima e Abner, insieme con gli uomini d'Israele, dovette cedere, scon­ fitto, ai servi di Davide. 18 Ora erano presenti i tre figli di Seruja, Joab, Abishaj e Azael; e Azael era veloce di gambe come una gazzella nei cam­ pi. 19 Così Azael si lanciò all'inseguimento di Abner, senza deviare né a destra né a sinistra, ma puntando dritto su Abner. 20 Allora Abner si gi­ rò a guardare e chiese: «Sei tu, Azael?». E questi rispose: «SÌ». 21 Allora Abner gli gridò: «Gira a destra o a sinistra e scegliti uno dei giovani e prenditi le sue spoglie!». Ma Azael non volle desistere dall'inseguirlo. 22 Allora Abner si rivolse ancora una volta ad Azael: «Lasciami stare! Perché mi costringi a stenderti al suolo? Come farei (poi) a presentarmi davanti agli occhi di tuo fratello Joab?». 23 Ma poiché lui si rifiutava di desistere, Abner lo colpì con l'estremità della lancia nel ventre così che l'asta uscì dall'altra parte ed egli stramazzò morto sul posto. E avvenne che tutti quelli che giungevano sul posto dove A za el era caduto morto si fermavano, 24 ma Joab e Abishaj si lanciarono all 'insegu im e n to di Ab­ ner. Ora, quando fu tramontato il sole, ed essi erano giunti fino al Colle del Braccio,S che si trova di fronte a Giah, in direzione della steppa di Geba,6 25 i figli di Beniamino serrarono le fila al seguito di Abncr, for­ •narono un gruppo compatto e si misero in posizione sulla cima del Colle del Braccio? 26 Allora Abner chiamò ad alta voce Joab c disse: «La spa1 Per l'ubicazione dello «stagno» e per i problemi topografici relativi cfr. Alt: PJB 22 (1 926} 19 s. e Hertzberg: ZAW 47 (1929) 1 85. 2 V. BH. 3 Così i LXX. 4 T.M.: «Campo delle Rocce», ma qui si ha quasi certamente (cfr. LXX) un errore di scrittura. s Il nome «Braccio» (lett.: avambraccio) si doveva forse alla conformazione del terreno. 6 V. BH. Il termine midbar indica una zona selvatica, adatta solo al pascol o, il « deser­ to». È poco probabile che Gabaon abbia avuto una simile steppa, così che si deve so­ stituire Gabaon con «Geba». In 1 Sam. 1 3,2 s. anche Geba e Gibea sono confuse tra di loro. Per la località cfr. Dalman: PJB 8 ( 191 2 ) 14 s. 7 T.M.: di una (stessa: numerale!) collina. Talora viene corretto in tal senso anche il v. 14 («Colle del Braccio»}, una correzione illecita visto che là si tratta del nome della collina che poi viene menzionata ancora una volta.

    310

    2 Sam. 2,1-J,I

    da dovrà dunque divorare in eterno? Non sai che ci sarà una fine ama­ ra? Quanto tempo ci vorrà ancora prima che tu ordini alle truppe di de­ sistere dall'inseguire i loro fratelli?». 27 Allora Joab disse: «Com'è vero che Dio vive! Se tu non avessi parlato, (solo) domani mattina le truppe avrebbero desistito dall'inseguimento dei loro fratelli!». 1 28 Poi Joab suonò la tromba e tutte le truppe si fermarono, sicché 2 non inseguirono più Israele e cessarono di combattere. 29 Così Abner e i suoi uomini mar­ ciarono tutta quella notte per la pianura (del Giordano) e traversarono il Giordano, poi camminarono lungo tutto il canalone 3 e giunsero a Ma­ hanajim. 30 Ora quando Joab abbandonò (l'inseguimento di) Abner e ra­ dunò tutte le sue truppe, mancavano tra i servi di Davide diciannove uomini, oltre Azael, 3 1 mentre i servi di Davide avevano colpito 360 tra beniaminiti e servi di Abner, tutti morti.4 32 Poi raccolsero da terra Azael e lo seppellirono nella tomba del padre, a Betlemme. Quindi J oab e i suoi uomini marciarono tutta la notte e l'alba li trovò a Hebron. 3 1 Così ci fu una lunga guerra tra la casa di Saul e la casa di Davide: e Davide diventò sempre più forte, ma la casa di Saul sempre più debole.

    Questo squarcio che, raccolto in un unico capitolo, riguar­ da gli inizi del regno di Davide, si compone di tre parti disu­ guali: un resoconto dell'elezione di Davide a re avvenuta a Hebron; una esposizione del suo messaggio ai cittadini di Ja­ besh Galaad e una descrizione dei primi scontri tra Davide e Ishbaal. Quest'ultima, narrata in maniera esauriente e vivace, si pone particolarmente in risalto.

    È un peccato che proprio la prima pericope non goda del­ la medesima amorevole ampiezza, perché proprio a questo punto si pongono diversi e pesanti interrogativi. Farebbe pia­ cere apprendere come si siano comportati i Filistei dopo la vittoria. Le prime frasi - anzi, tutto quanto il capitolo - scor1 -3.

    1 Oppure, leggendo lu invece di /U/e': «Se avessi parlato (prima) ! Così le truppe avrebbero smesso (già) questa mattina d'inseguire ... » . 2 Consecutiva: cfr. G -K § 1 66a. 3 La parola bitron dal significato incerto compare solo qui. Una proposta di tradu­ zione più recente è «per tutto il pomeriggio» (?). 4 N on è chiaro che cosa voglia dire il termine metu. Forse deriva da un termine graficamente simile, me' ot, e forse un tempo si aveva una variante sei me' ot (= 6oo) accanto a se/òs me'ot (= 300).

    )Il

    2 Sam. 2, 1-J,I

    rono via come se i Filistei neanche esistessero o, almeno, come se, dopo la morte di Saul, le cose procedessero per il loro ver­ so senza che i Filistei avessero voce in capitolo né concorres­ sero a determinarle. Ad ogni modo, dal silenzio nei loro ri­ guardi si può dedurre che, in un primo momento, essi non fossero del tutto scontenti che Davide avesse trasferito la pro­ pria sede in Giuda. Anzi, soprattutto agli occhi di Akish, Da­ vide poteva apparire un feudatario leale il cui trasferimento in Giuda poteva essere interpretato come ampliamento della sfe­ ra d'influenza filistea in un territorio fino ad allora per loro lontano e inaccessibile. Ma tutto ciò esula dal campo d'interes­ se dell'autore che si chiede unicamente che cosa pensi il Signo­ re del passo compiuto da Davide. Il suo trasferimento in Giu­ da è espressamente conforme alla volontà di J ahvé. Si parla so­ lo di questo, mentre si tace anche su come Davide si fosse già mosso prima con accortezza ( 1 Sam. 30) per guadagnarsi il fa­ vore dei Giudaiti. Anche la menzione delle due mogli non ha la funzione di mostrare il legame personale di Davide con fa­ miglie di Giuda, ma di segnalare la totale rottura di ogni rap­ porto con la filistea e l'inizio completamente nuovo in Giuda, come del resto anche i suoi uomini dovettero seguirlo lì insie­ me con le loro famiglie. Il Signore vuole che si apra una nuova pagina nella storia di Davide. Ecco che cosa qui si afferma.

    È comprensibile perché l'oracolo indichi come nuova sede Hebron e non una città meno nota: Hebron era la città più im­ portante di Giuda, privilegiata rispetto ad altre località di Giu­ da per la presenza del santuario di Abramo e allo stesso tempo - e proprio per questo - punto d'incontro per altre tribù lega­ te a Giuda (Kaleb, Otniel, Jerahmeel, ecc.). Saul aveva sì eser4a.



    1 Come si sia svolta praticamente questa interrogazione dell'oracolo rimane oscuro. Nel caso di domande alternative, come in 1 Sam. 14 e 23 (e anche qui, al v. I a), si può immaginare l,uscita di una delle due sorti (cfr. i LXX a 1 Sam. 14,41). Probabilmente qui l,estrazione viene riferita in maniera abbreviata, così che Davide, in pratica, avrà consultato l'oracolo per chiedere se «Hebron» andava bene o no, analogamente a quanto avviene in I Sam. 10 con Samuele e in I Sam. 14 con Saul.

    2 Sam. 2,1-J,I

    citato la propria influenza fin nelle regioni meridionali di Giu­ da, ma dopo la sua morte Davide, che, vivo Saul, non aveva goduto i favori di tutta la popolazione di Giuda (i Sifei ! I Sam. 2 3 , 1 9; 26, 1), era l'uomo più vicino di qualsiasi altro ai Giudai­ ti, suoi compagni di tribù. Si giunge così alla sua unzione: egli viene unto re di Giuda, suona la laconica notizia. N o n si fa parola né di un riconoscimento né di un disconoscimento da parte dei Filistei né si viene a sapere che il regno di Davide im­ plichi pretese sui territori settentrionali oltre i confini di Giu­ da. Forse, come si è detto, l'unzione a re di Giuda aveva un si­ gnificato costituzionale proprio nei confronti dei Filistei. Quando più tardi Davide diventerà re ·d 'Israele (5, 1 7) ciò rap­ presenterà immediatamente un casus belli per i Filistei.

    4b-7. Certamente, nei piani di Davide, questa sovranità limita­ ta doveva rappresentare solo una fase temporanea. N el conte­ sto del nostro b rano è questo il significato implicito nel mes­ saggio alla gente di J abesh. Le intenzioni che stanno dietro quelle parole non lasciano adito a dubbi di sorta. Egli si com­ porta qui analogamente a come si era comportato in prece­ denza, quando stava al soldo dei Filistei, con i Giudaiti e con i loro vicini meridionali (I Sam. 30,26 ss.): provvido, egli sta già guardando al prossimo passo. Il lettore avrà considerato que­ sto suo modo di agire saggezza politica, ma anche conoscenza dei piani di J ahvé per il futuro. Al lettore moderno il tentativo di trarre vantaggio dal comportamento dei cittadini di Jabesh in occasione della morte di Saul potrebbe sembrare estrema­ mente grossolano; tuttavia l'assenza di notizie su una qualsiasi reazione non dimostra necessariamente che esso non abbia avuto alcun effetto sui cittadini di J abesh (così Budde); nean­ che in 1 Sam. 30,26 ss. si legge se e come i Giudaiti abbiano reagito. Di J abesh si parla ancora in 2 Sam. 2 1 , I 2 senza che sia chiaro se la decisione di Davide di portare via da J ab esh le ossa di Saul sia pro o contro la città. Se l'episodio del cap. 2 è stato ritenuto degno di essere riferito, il gesto di Davide non sarà

    2 Sam. 2,1-J,I

    31 3

    stato sicuramente considerato un fiasco. La mossa di Davide mostra la sua lungimiranza in qualsiasi situazione. 8.9. In verità, al principio, il traguardo di Davide è ancora mol­

    to lontano. Certamente subito dopo la morte di Saul, Abner ha preso l'iniziativa e «ha fatto �e)) un figlio di Saul. Il modo in cui si narra questo evento e anche il seguito delle cose mo­ stra che in Israele, morto Saul, la vera figura dominante del re­ gno è, senza dubbio, quella dello stesso Abner. Nel testo ebrai­ co il nome del re appare nella forma dispregiativa di Ishbo­ shet. Tuttavia da I Chron. 8,3 3; 9,39 si apprende il nome Ish­ baal, così che qui risulta evidente l'intento non solo di pro­ nunciare il nome empio di Baal come Boshet (= vergogna), ma anche di addossare a Saul una colpa vergognosa. Il vero nome di questo figlio di Saul va ricavato da I Sam. 1 4 ,49 (v. ad loc. ) e sarà stato Ishjo ( = uomo di Jahvé). Se Ishbaal (è forse meglio chiamarlo così) viene innalzato al trono a Mahanajim, dunque in Transgiordania (sulle sponde o nei pressi dello 1abboq),r ciò è pienamente comprensibile come conseguenza della vitto­ ria dei Filistei. Qui si trovavano fuori tiro. Si precisa il territo­ rio sul quale si estendeva il regno di Ishbaal: vi rientrano Ga­ laad, cioè la zona montuosa tra lo 1armuk e lo 1abboq; inoltre le località israelite della T ransgiordania in genere; poi Efraim, col quale si intende sicuramente la regione montuosa della Pa­ lestina centrale, incluso il territorio di Manasse; poi ancora il territorio confinante a sud della tribù di Beniamino, cioè la pa­ tria di Saul in senso stretto. La vittoria dei Filistei non è stata così completa come faceva intendere, a tutta prima il racconto: sia la Palestina centrale sia la Transgiordania sono state conser­ vate intatte, certamente anche grazie all'energia di Abner. Inol­ tre vengono menzionati «gli Assiri e Jizreeh). Jizreel indica la piana omonima, mentre «gli Assiri» può significare soltanto gli abitanti della Galilea e questa singolare denominazione do­ vrebbe provenire dal periodo in cui la parte settentrionale di 1

    Noth suggerì te/l peggiag: PJB 37 (1941) 86; ZDPV 71 (1955) 19.

    2 Sam. 2,1-J,I

    Israele era diventata già assira (73 4 a.C.). Tuttavia in origine il testo avrà letto aseri, «l'asherita», e l'insolita indicazione in un testo, come il nostro, che nomina località o tribù (e che quindi avrebbe dovuto leggere «Asher» e non «Asheriti» ), po­ trebbe aver favorito quella correzione in «Assiri». Rimane sin­ golare che insieme con «Jizreel» sia nominato proprio Asher, dunque la più occidentale delle tribù galilce. Forse che i Fili­ stei, dopo la sconfitta di Saul, che aveva fatto cadere nelle loro mani sia la pianura di Jizreel sia la Galilea settentrionale, ave­ vano proprio in e in «Jizreel» i loro centri amministra­ tivi (come più tardi, dopo la conquista assira, i capoluoghi del­ la provincia assira saranno Dor e Megiddo)? Come minimo questi territori, se non addirittura tutto il «regno», dovrebbe­ ro essere stati concessi dai Filistei in feudo a Ishbaal. In ogni caso i Filistei avranno salutato con soddisfazione la nascita di due (secondo il loro modo di vedere) stati, deboli e loro vas­ salii, su quello che era una volta il regno di Saul: due stati che, in più, si tenevano reciprocamente in scacco. N el nostro testo sono esplicitamente attestati i nomi di Giuda e Israele per indi­ care i due regni. ,

    10.11. L'età del re è indicata, per eccesso, con la cifra generica

    di 40 anni. Ishbaal è sicuramente più giovane di Gionata, che si deve ritenere, all'incirca, coetaneo di Davide la cui età, al mo­ mento dell'incoronazione, è indicata in anni 30 ( 5 ,4 ). Il fatto che evidentemente Ishbaal non partecipò alla battaglia con gli altri fratelli fa pensare che egli fosse troppo giovane (in 1 Chron. 8,3 3; 9,3 9 egli è il figlio più giovane; secondo 1 Sam. 1 4 ,49 è comunque nato dopo Gionata) o gracile. Anche il nu­ mero degli anni di regno è difficilmente esatto: se Davide re­ gnò sette anni e mezzo a Hebron, la durata del regno di Ish­ baal deve essere stata, più o meno, analoga, considerato che questi fu sicuramente eletto re poco dopo la morte di Saul e che la corona d'Israele non sarà stata offerta a Davide molto dopo la sua morte. Se non si ha qui un errore testuale (in ori-

    JIJ

    2 Sam. 2, 1-J,I

    gine si leggeva seba' sette, invece di setajim due) il dato (due anni) si può spiegare solo in un altro modo: la frase «era re da due anni» costituiva in origine l'introduzione al v. 1 2: «Quando Abner lasciò .. . (cfr. Thenius, ad loc. ) . Tutta la parte inclusa tra «solo la casa di Giuda>> e « sei mesi» rappresenta forse un inciso aggiunto più tardi. Questo può essere stato il motivo per il quale l'indicazione dei due anni non fu compre­ sa e venne interpretata alla luce di 1 Sam. 1 J , 1 dove anche la du­ rata del regno di Saul è (erroneamente, v. ad loc.) di due anni. Qui si è quindi in presenza di una sovrapposizione di letture del testo: quella appropriata, più antica, è coperta dall'attuale la quale era ovvia a · causa della consueta indicazione deutero­ nomistica che accompagna l'inizio del regno dei re di Israele e di Giuda. =

    =

    »

    •••

    11- 1 6. Se questa ricostruzione è fondata, allora i fatti che ades­

    so seguono ebbero luogo due anni dopo l'inizio del regno di Israele, che nel frattempo si era dunque relativamente consoli­ dato. Abner compie, insieme con i servi di Ishbaal, una scorre­ ria verso la città beniaminita di Gabaon. Non è chiaro se le truppe fossero costituite, oltre che dai «servi» di Ishbaal, an­ che da beniaminiti (come sembra dai vv. 1 5 e 3 1 ) oppure se la guardia del figlio di Saul, che era della tribù di Beniamino, vie­ ne chiamata per questo beniaminita. Il testo sembra propende­ re per la prima alternativa; si dovrebbe allora immaginare una situazione del genere: uomini di Beniamino si sarebbero aggre­ gati alle truppe di Abner appena egli era entrato in territorio di Beniamino. Gabaon è una città fortificata, ubicata piuttosto a sud nel regno d'Israele, così che la spedizione di Abner è com­ prensibile. D'altra parte è anche comprensibile che Joab si di­ riga là partendo da Hebron. Gabaon ha sempre avuto una cer­ ta posizione. In origine capoluogo di una tetrapoli (/os. 9, 1 7; cfr. AT 9, a Ios. 9,3 ), stando al racconto del libro di Giosuè la città si era poi unita a Israele e ancora ai tempi di Salomone aveva una particolare importanza nella politica interna che le

    316

    2 Sam. 2,1-J,I

    veniva dal santuario della «grande altura di Gabaon» ( 1 Reg. J, 4; cfr. ZAW 47 [1 929] 1 66- 1 77).1 Che l'incontro dei due grup­ pi di armati non porti a uno scontro immediato, in particolare che Abner non consideri immediatamente le truppe di Joab alla stregua di nemici penetrati in territorio altrui, mostra co­ me la situazione sia ancora fluida. Si ha piuttosto l'impressio­ ne che le complicazioni siano subentrate soltanto dopo che una giostra che doveva essere un innocente esercizio d'armi si tra­ sformò in un duello serio e cruento. Il che significa che già a priori non ci si fidava completamente gli uni degli altri. Un gruppo si ferma da questo lato dello «stagno», l'altro dal lato opposto. N on è chiaro nei particolari come si sia infine giunti a quel bagno di sangue dalle gravi conseguenze. I dodici gio­ vani di ciascuno dei due schieramenti non sono stati natural­ mente messi di fronte a coppie, per afferrarsi reciprocamente (con la sinistra) per la capigliatura (il testo recita «per la testa») e per trafiggersi (con la destra} reciprocamente il corpo con la spada! Questo equivarrebbe praticamente a un harakiri, e una cosa simile qui è assurda. Sembra piuttosto che si sia trattato di una sorta di «duello» marziale, con determinate regole, cioè non un duello guerresco - come indica proprio il verbo usato al v. 1 4, sapaq giocare 2 - con l'uso della spada. Quando i duellanti si afferrano per il capo e si producono ora, nel furore =

    1 Oggi non si può più contestare l'identificazione topografica con ed-gib, a nord-est di Gerusalemme; cfr. AT 9, a /os. 9,3 . Cfr. le più recenti pubblicazioni dell'archeolo­ go J.B. Pritchard, Hebrew Inscriptions and Stamps from Gibeon, Philadelphia 1959 (e la sua relazione al congresso di studi veterotestamentari di Oxford, 1959). z. Eissfeldt: La nouvelle Clio 3 ( 19 5 I ) I 1 o-I 2 7 intende l'espressione nel senso di «duel­ lare tra campioni» che avrebbe dovuto fornire la base per decidere tra «Saul» e Davi­ de. (Si avrebbe pertanto una situazione simile a quella di 1 Sam. 17,8 s.; cfr. anche de Vaux: RB 65 [1958] 1 25) . Questo «tentativo di riunificazione d'Israele» sarebbe poi fallito per la morte di tutti i duellanti, così che l'unica soluzione rimasta sarebbe stata quella dello scontro violento tra gli opposti schieramenti. Per questa lettura Eissfcldt da riferimento a un articolo di Y. Sukenig (più tardi = Yadin): JPOS 2 1 ( 1 948) 1 IO- I I6 che era giunto a conclusioni simili. In sé la cosa è abbastanza chiara, solo che rimane il dubbio se per denotare una faccenda del genere il vocabolo più adatto sia proprio il verbo sàpaq che di solito contiene in sé sempre il momento ludico e allegro.

    2 Sam. 2,I-J,I

    317

    del momento, ferite mortali lottando corpo a corpo, questa deve essere stata l'ultima fase che ha trasceso la natura della gara marziale e che è l'unica narrata nel testo. In maniera inso­ lita avviene che il luogo viene denominato in base al fatto che i giovani si siano trafitti con la spada nel «fianco». Se il testo è in ordine, la ferita che i duellanti si inflissero reciprocamente deve essere stata considerata così insolita per un duello con la spada da dare il nome a quel luogo, nome che poi, naturalmen­ te, fu conservato a lungo come nome del campo. 1 7-23. L'esito cruento della giostra ha come conseguenza l'in­ tervento anche di coloro che fino a quel momento si erano li­ mitati ad assistere e in uno scontro «duro» le fo"rze di Abner sono costrette a darsi alla fuga. A questo punto si viene a sape­ re che oltre Joab anche i suoi due fratelli, Abishaj ( 1 Sam. 26,6 ss.) e Azael; partecipano alla battaglia. Essi vengono chiamati, come sempre, figli di Seruja, la sorella di Davide (1 Chron. 2, 1 6), il cui marito (v. 3 2) è già morto (da tempo). Azael, che pur essendo un giovane guerriero, non era uno dei partecipan­ ti alla giostra, è noto per la sua velocità e questa dote gli sarà fatale. Egli si è messo in testa di raggiungere e uccidere pro­ prio Abner. Evidentemente Joab e Abner si conoscono da mol­ to tempo; forse Abner vuole risparmiare Azael anche perché l'uccisione del fratello di Joab avrebbe avuto conseguenze sia personali (a motivo della vendetta del sangue) sia politiche. Ma poiché Azael non vuole desistere dall'inseguimento, Abner, certamente fermandosi di colpo, fa urtare violentemente con­ tro la fine dell'asta della lunga lancia l'inseguitore impetuoso, una mossa che sembra indicare che Abner non intendesse uc­ cidere Azael, ma solo metterlo fuori combattimento. Sfortu­ natamente l'asta coglie proprio la parte molle del basso ventre; la velocità di Azael è tale che l'asta gli trapassa il corpo ed egli muore all'istante. L'annotazione che ciascuno si ferma sul luogo dove è caduto Azael non significa una sosta dei guerrie­ ri che stavano correndo, ma indica un'usanza rimasta in vigore

    318

    2 Sam. J,2-J

    anche presso generazioni successive. - Una volta di più si vede come la narrazione si basi su buone tradizioni locali. 2,24-J,I. I fratelli proseguono ora l'inseguimento con una fu­

    ria doppia, ma non riescono a impedire che Abner e i suoi si trincerino su una collina (il cui nome e la cui ubicazione è, an­ cora una volta, ben nota al cronista) che evidentemente è mol­ to adatta alla difesa. Ora Abner alza la voce e mette in guardia Jo ab dal proseguire la battaglia, facendogli notare le conseguen­ ze. La risposta di Joab è tale da addossare ad Abner la colpa per aver fatto continuare lo scontro fino· a quel punto. J oab è dunque abbastanza saggio da lasciare la vendetta del sangue per un momento successivo. Entrambi i gruppi rientrano alla base con una marcia notturna. Le perdite subite da Abner sono di molto superiori a quelle dei Giudaiti. La cifra è incerta - il te­ sto ondeggia tra 300 e 6oo caduti - e senz' altro troppo alta. Il numero 1 9 è invece ben attestato nella tradizione. La sepoltu­ ra di Azael a Betlemme, nella tomba del padre, è conforme al­ l'uso comune. Molti secoli dopo, a Betlemme, si conoscevano ancora le tombe dei tre fratelli. Qui si ha anche una nuova con­ ferma che l'autore aveva a disposizione buone tradizioni loca­ li. Il racconto termina con l'importante constatazione che que­ sti avvenimenti costituirono lo spunto per la guerra fratricida, ma anche l'inizio del graduale spostamento del rapporto di for­ za a favore di Davide. La storia fa capire alla fine, come aveva fatto anche all'inizio del capitolo, che i superiori disegni di Dio, che hanno di mira la futura signoria di Davide, ora si sono sen­ sibilmente avvicinati alla loro realizzazione. •

    2.

    I figli di Davide (primo elenco) (3,.1- 5)

    2. A Hebron nacquero a Davide (i seguenti) figli: il primogenito fu Am­ mon, da Ahinoam di Jizreel; 3 il secondo Kileab, da Abigail, la moglie 1

    Più tardi i nomi dei tre vennero corrotti nei nomi biblici più noti di Giobbe, Asaf

    ed Ezechiele. Cfr. Hertzberg: PJB 2.1 (1916) 95·

    2 Sam. J,2-J

    319

    di Nab al, di Karmel; il terzo Abshalom, figlio di Maaka, figlia di Talmaj, re di Geshur; 4 il quarto Adonijja, figlio di Haggit; il quinto Shefatja, fi­ glio di Abitai; 5 il sesto Jitream, dalla moglie di Davide Egla. Questi nac­ quero a Davide a Hebron.

    L'elenco dei figli di Davide proviene sicuramente da un ar­ chivio di stato come quello, analogo, di s , I J- 1 6. I due elenchi parziali si trovano riuniti in I Chron. 3, 1-9. La prima parte viene inserita a questo punto perché i figli in essa elencati nac­ quero prima che Davide si trasferisse a Gerusalemme. Il teno­ re del testo non permette di escludere che Davide non abbia avuto figli prima di spostare la sua residenza a Hebron. Si­ milmente non si vuole certamente dire che ogni madre gli ab­ bia partorito un unico figlio, ma il documento anagrafico elen­ ca, evidentemente, solo il primo nato di ciascuna. N on si parla di figlie. 2.

    Quanto alle mogli, solo le prime due si erano già legate a Davide prima di Hebron. Ahinoam, la prima moglie di Davi­ de, mette al mondo anche il principe ereditario, la cui fine vie­ ne narrata poi al cap. 1 3. Il nome del figlio di Abigail è tra­ mandato con incertezza. In I Chron. 3, 1 invece di Kileab si ha, stranamente, Daniele, mentre le versioni antiche hanno nomi ancora diversi (Daluja? Dodijja?). Probabilmente nel T.M. il nome è in un qualche rapporto con l'origine kalebita della madre (così, tra gli altri, Caspari che ipotizza Kaleb quale forma originale del nome). Questo figlio sembra essere morto prima di Ammon, giacché egli non viene più menzionato né come successore al trono né altrimenti. Il tentativo (H. Wink­ ler) di trasformare Dodijja in Jedidja e quindi di identificare il figlio di Abigail con Salomone ( 1 2,2 5) non è possibile; ad ogni modo il nome del figlio morto di Davide, «Diletto di Jahvé», potrebbe essere stato dato a Salomone da N atan, il suo precet­ tore. - In questo elenco non compare Mical, figlia di Saul. La madre di Abshalom, in quanto figlia di un re (anche se difficilmente molto potente), ha un certo rango che più tardi 3-5.

    320

    2

    Sam. 3,6-39

    sembra manifestarsi nella natura di Abshalom. Da ultimo si registra Egla che viene definita singolarmente «moglie di Da­ vide»: precisazione strana, dato che tutte le donne dell'elenco sono mogli di Davide. Non hanno fondamento le varie ipotesi avanzate: in una forma più antica del testo Egla sarebbe stata la «sorellastra» di Davide oppure la «donna» di un personag­ gio sconosciuto. Si potrebbe supporre che Egla abbia goduto di una posizione particolare e sia stata, se non la first lady, al­ meno la moglie prediletta di Davide. Il brano non intende soltanto comunicare lo stato di fami­ glia di Davide, ma mostrare che anche in questo rispetto Da­ vide cresce costantemente e si prepara, lentamente ma sicura­ mente, la dinastia voluta da Dio. 3· Tradimento e morte di Abner (3,6-39)

    Mentre era in corso la guerra tra la casa di Saul e la casa di Davide, Abner era l'uomo più potente nella casa di Saul. 1 7 Ora Saul aveva avu­ to una concubina di nome Rispa, figlia di Ajja, e Abner se l'era presa.2 Così Ishbaal1 disse ad Abner: «Perché sei entrato dalla concubina di mio padre?>>. 8 E Abner fu preso da ira ardente per le parole di Ishbaal e disse: «Sono forse una testa di cane di Giuda?J Oggi mi prodigo con devozione per la casa di Saul, tuo padre, per i suoi parenti e conoscenti, e mi do da fare per non farti cadere nelle mani di Davide e poi mi fai oggi una scenata per una questione di donne? 9 Dio faccia ad Abner questo e quest'altro se non farò per Davide esattamente come il Signore gli ha giurato: 1 0 togliere il regno alla casa di Saul e innalzare il trono di Davide su Israele e Giuda, da Dan fino a Beersheba! ». 1 1 E (Ishbaal) non fu in grado di replicare neanche con una sola parola ad Abner, tale era la paura che aveva di lui. 12 Poi Abner mandò (davvero) messi a Davide e gli fece dire: «A chi appartiene il paese? Non mi è forse sottomesso?4 Stringi un patto con 6

    -

    1 La traduzione «si era prodigato molto a favore della casa di Saul» (Nowack e altri) non è grammaticalmente impossibile, ma è meno logica di quella qui proposta che prelude di fatto al comportamento di Abner nei versetti seguenti. 2 V. BH. 3 In manoscritti dei LXX mancano le parole «di Giuda» che vengono tralasciate dalla maggior parte dei commentatori. Forse l'espressione «cane di Giuda)) dovrebbe avere lo stesso effetto del nostro «cagnaccio del paese>>. 4 Il testo è corrotto. I LXX hanno cercato di trovare qui il luogo dove Abner inviò i

    2 Sam. 3,6-39

    J2.1

    me e ti accorgerai che la mia mano è con te e che posso consegnarti tut­ to-Israele» . 13 Ed egli rispose: «Bene, farò con te un patto; ma da te pre­ tendo solo una cosa: puoi vedere il mio volto soltanto se, 1 quando ver­ rai per incontrarmi, porterai insieme con te Mical, la figlia di Saul». 14 Quindi Davide mandò messi a Ishbaal, figlio di Saul, e gli fece dire: «Consegna(mi) mia moglie Mical che io ho riscattata al prezzo di cento prepuzi di Filistei». 1 5 E Ishbaal mandò (veramente) a prenderla e la fe­ ce portare via da suo 2 marito - da Paltiel, figlio di Lajish. r6 E suo ma­ rito l'accompagnò e la seguì sempre piangendo fino a Bahurim; se ne ritornò indietro (solo) quando Abner gli disse: «Torna indietro!». 1 7 Intanto agli anziani d'Israele era giunto il seguente messaggio di Abner: «Già ieri e l'altro ieri avete cercato (di ottenere) che Davide di­ ventasse re su di voi. 18 Ora, dunque, agite! Perché il Signore ha detto così riguardo a Davide: Mediante la mano del mio servo salverò 3 il mio popolo d'Israele dalla mano dei Filistei e di tutti i suoi nemici» . 19 Poi egli - Abner - si espresse negli stessi termini in Beniamino; infine egli Abner4 - partì per andare a ripetere davanti a Davide, a Hebron, quello che Israele e tutta la casa di Beniamino avevano reputato buono. 20 Così Abner venne da Davide a Hebron, accompagnato da venti uomini, e Davide organizzò per Abner e gli 2 uomini della sua scorta un banchetto. 2 r E Abner disse a Davide: «(Adesso) mi alzo e riprendo (il mio cammino) e radunerò tutto Israele attorno al mio signore, il re, af­ finché essi facciano un patto con te e tu divenga re su tutto quello che il �uo cuore desidera». Così Davide fece partire Abncr cd egli se ne andò ID pace. 22 Proprio allora i servi di Davide e Joab stavano rientrando da una scorreria, dalla quale riportavano molto bottino, mentre Abner n o n si messaggeri (Hebron, Teilam}, ma tirano a indovinare. Il testo va ricostruito partendo dalla domanda: «A chi appartiene il paese?» che richiede la risposta «a mc», cioè ad Abner. Questa risposta si trova tuttavia nella parola taf,tau (qere), che è fuori pnstu e va inoltre letta taf,taj. Il secondo lemor potrebbe contenere nella sua pri m •t parte un (ha)lo, mentre mor sarebbe dittografia della sillaba seguente. Al suo posto andrebbe poi collocato taf,taj. 1 Il testo lascia qui libera scelta tra ki 'im he beta e lifne habfaka. La prima lezione è preferibile considerando la fine del versetto. 1 V. BH. 3 Qui si hanno due testi paralleli, dei quali uno legge bt:jad e l 'alt ro dawid (così Ca­ spari e altri). In ebraico i due termini si somigliano molto graficamente. Si lc�ga per­ tanto o bejad 'abdi 'osiii' (così alcuni manoscritti) oppure dawid 'abdi hosia& (ha sal­ vato = è destinato a salvare). In entrambi i casi 'el va tradotto «riguardo a», come in Gen. 20,2. Cfr. G-B, s. v. 'el, 7b. 4 Entrambe le volte il nome «Abner» è un'aggiunta che separa in entrambi i casi gam dal verbo cui si riferisce.

    3 22

    2 Sam. 3,6-39

    trovava più presso Davide a Hebron, perché Davide lo aveva lasciato partire ed egli se ne era andato via in pace. 23 Ora, quando Joab fu arri­ vato con tutte le truppe che aveva con sé, fu riferito a Joab: «Abner, :fi­ glio di Ner, è venuto dal re ed egli lo ha lasciato andare, così che egli se ne è ripartito in pace». 24 Allora Joab si recò dal re e disse: «Che hai fatto mai? Abner è venuto da te! Perché lo hai lasciato andare, così che se ne ripartisse in questo modo? 25 Eppure conosci Abner, :figlio di Ner. Egli è venuto (unicamente) per abbindolarti e per sapere dove vai e da do­ ve vieni e informarsi di tutto quello che ti proponi di fare». 2 6 Ora, appena ebbe lasciato Davide, J oab mandò messi dietro ad Ab­ ner; essi lo fecero tornare indietro da Bor Hassira, senza che Davide lo sapesse. 27 Così Abner ritornò a Hebron e Joab lo tirò in disparte, al­ l'interno della porta della città, come se volesse conferire con lui in segre­ to e lì gli inferse un colpo mortale nel basso ventre, a causa del sangue di suo fratello Azael. 28 Più tardi, quando venne a sapere dell'accaduto, Davide gridò: «Da­ vanti al Signore, per l'eternità, io e il mio regno siamo innocenti del san­ gue di Abner, figlio di Ner! 29 Esso dovrà ricadere sul capo di Joab e su tutta la casa di suo padre, e alla casa di J oab possano non mancare mai né gonorroici né lebbrosi né storpi che si reggono con le stampelle 1 né morti di spada né affamati di pane!». 30 Ma Joab e suo fratello Abishaj ce l'ave­ vano con Abner2 perché aveva ucciso loro fratello Azael in battaglia a Gabaon. 3 1 Poi Davide disse a Joab e a tutta la gente che stava con lui: «Strac­ ciatevi le vesti, indossate il sacco, fate lutto per Abner!». (Essi fecero co­ sì) mentre il re Davide seguiva la bara. 32 E quando seppellirono Abner a Hebron il re alzò la voce e pianse forte presso la tomba di Abner e tutta la gente piangeva (dietro a lui). 3 3 E il re intonò un lamento fune­ bre per Abner e disse: 34

    «Deve morire Abner della morte dello stolto? Le tue mani non erano legate, i tuoi piedi non erano incatenati, (eppure) cadi come si cade davanti ai vili!».

    1 La traduzione è incerta. Spesso il passo è tradotto «né uno che maneggia il fuso» = «un effeminato che sta sempre chiuso in casa» (Nowack). I LXX offrono la traduzio­ ne qui riproposta, che è certo più pertinente. 2 Anche qui, dietro la formulazione, a dir poco insolita, hargu te 'abner si deve celare una variante, o haregu 'abner (= uccisero Abner) o 'arebu [e'abner (= davano la caccia ad Abner, così i LXX). Quest'ultima lezione è più verosimile, giacché Joab uccise da solo Abner.

    3 2.3

    2 Sam. 3,6-39

    Allora tutta la gente pianse ancora di più per lui. 3 5 Ora, quando tut­ to il popolo venne per spingere Davide a partecipare al banchetto (fune­ bre) finché era ancora giorno, Davide giurò e disse: «Che Dio mi faccia questo e quest'altro se io 1 assaggerò pane o altro prima che il sole tra­ monti! >>. 36 Tutto il popolo l'aveva sentito e la cosa fece loro piacere, come del resto tutto ciò che il re faceva incontrava l'approvazione del po­ polo. 3 7 Così tutto il popolo e tutto Israele venne a sapere quel giorno che non era partito dal re l'ordine di uccidere Abner, figlio di Ner. 38 E il re disse ai suoi servi: «Non sapete che proprio oggi è caduto un prin­ cipe e un grande in Israele? 39 Io, invece, oggi sono (ancora) troppo de­ bole e troppo impotente per2 un re e questi uomini, i figli di Seruja, so­ no più duri di me. Che il Signore ripaghi il malvagio secondo la sua ope­ ra scellerata!». 6-1o . I particolari relativi alla guerra fratricida non vengono

    discussi in quanto irrilevanti per la continuazione della storia di Dio. Importante fu l'inizio, tra l'altro anche a causa della morte di Azael, e importante è quanto accade con Abner che ha ricoperto il ruolo non solo di fondatore del regno di Ish­ baal, ma anche di suo affossatore. In quella struttura politica pericolante egli è il personaggio eminente: questo dovrebbe essere senz' altro il senso del primo versetto, anche se il testo è incerto (v. sopra, p. 3 20 n. 1 ). Questa sua posizione comporte­ rebbe, secondo Abner, di poter disporre a propria discrezione dell'eredità di Saul. Egli si congiunge con una concubina di Saul, con quella Rispa che più tardi, al cap. 2 I , desterà nel let­ tore tanta simpatia. È ovvio che un tale gesto ha un chiaro si­ gnificato politico. In I 6,22 Abshalom si prende di proposito la concubina di Davide per dimostrare così di essere il successo­ re del padre, mentre ad Adonijja costa la vita chiedere a Salo­ mone di concedergli in sposa l'ultima compagna di Davide, 1

    T.M.: «Se io non». Il m di masuab può essere messo prima di melek, così che si dovrebbe leggere sap mimmelek. Il testo rimane incerto. Nei LXX si trova il suggerimento di leggere qui una (ulteriore) affermazione riguardante Abner che sarebbe «parente» del re (invece di raq i LXX hanno forse letto rea' amico, del re) e «unto dal re» (oppure «colui che il re ha unto» ? Allora si dovrebbe aver letto moseap ). Tuttavia qui Davide do­ vrebbe stare descrivendo se stesso, non Abner. 2

    =

    2 Sam. 3,6-39

    Abisag, giacché tale richiesta viene interpretata come aspira­ zione al trono (1 Reg. 2, 1 3 ss.). Tuttavia si ha l'impressione che Abner, che, in fin dei conti, essendo parente di Saul avreb­ be potuto prendersi il trono senza tante storie, non si sia mes­ so con Rispa per calcolo politico, così che le rimostranze di Ishbaal, anche se comprensibili, dovrebbero essere state co­ munque ingiustificate. Qui, tra le righe, si colgono pettegolez­ zi di corte e maldicenze di ogni genere e certamente Ishbaal non è stato la forte personalità in grado di respingere siffatti sospet­ ti, mentre Abner dà l'impressione di essere una figura energica e virile. La sua risposta a Ishbaal è rozza e impavida. Egli sa che è tutto e solo merito suo se dopo la catastrofe di Gilboa i Saulidi conservano ancora il trono e la dignità regale. N ella lo­ gica di tutta la vicenda egli liquida la sua relazione con Rispa come una storia di donne alla quale non si dovrebbe neanche dare molto peso, trattandosi di un personaggio della sua statu­ ra. Molto esplicita è anche la dichiarazione sulle sue idee per il futuro. Si ricorda qui (come poi al v. 1 8) una promessa certa­ mente molto nota in giro che assicura a Davide la successione al trono. Simili allusioni attraversano tutta la storia di Davide fin dal principio e nell'ottica del disegno generale dell'opera vo­ gliono essere considerate alla stregua delle frequenti promesse di benedizione che si ripetono nelle storie dei patriarchi. In pas­ si come questo il lettore deve cogliere il filo che attraversa tut­ ta quanta la storia: i personaggi sono figure sulla scacchiera di Dio e gli eventi si succedono in funzione di un fine, mosse ese­ guite da una mano suprema. K. Budde si è chiesto quando sia stata mai data veramente una promessa del genere e ha rispo­ sto ricordando l'oracolo di 1 Sam. 22,13 . In realtà non si può rispondere né così né altrimenti. Deve bastare che Samuele, Abigail, Gionata e lo stesso Saul la conoscano. Ciò che la sto­ ria dell'unzione ( 1 Sam. 1 6), che non viene mai menzionata altrove, stabilisce rimane sospeso tra le cose, come una cono­ scenza segreta eppure notoria, determinando l'azione degli uo­ mini, anche dello stesso Davide. Le parole e le azioni impulsi-

    2 Sam. 3,6-39

    325

    ve di Abner rientrano .esattamente in questo programma: nel li­ tigio con Ishbaal Abner dichiara esplicitamente (v. I o) che il futuro regno di Davide abbraccerà Israele e Giuda, con i con­ fini segnati dai due santuari, Dan a nord e Beersheba a sud ( I Sam. 3,2o). 1 1 - 1 2.. Le parole urlate da Abner hanno su Ishbaal l'effetto di

    una mazzata in testa. Il narratore non si preoccupa di sapere se il re ritenga che l'affermazione di Abner non sia altro che una sparata dettata dall'ira. Importante, ora, è soltanto che Abner cerca effettivamente di mettersi in contatto con Davide. Se le parole incomprensibili del testo sono interpretate adeguata­ mente, Abner si presenta a Davide come il signore di fatto del paese; stringere un patto con lui significherebbe, in pratica, assicurarsi il dominio su «tutto Israele». La fine inattesa di Abner ha impedito di poter accertare la veracità delle sue af­ fermazioni. Tuttavia i passi sùbito intrapresi da Abncr, c regi­ strati nel nostro testo, mostrano di quale grande autorità egli godesse. Tuttavia non è stata la defezione di Abner, ma solo la morte di Ishbaal che ha permesso di raggiungere il traguardo. 1 3- 1 6. La risposta di Davide mostra una volta di più la sua abi­ lità politicà. Non gli basta il passo compiuto da Abn er, tattica­ mente favorevole, ma illegittimo; in linea ge n e r a l e si deve co n ­ statare quanto suoni fredda, quasi scostante la r isp os ta di [)a­

    vide. L'autore ha certo voluto respingere l'idea che l)avide ab­ bia raggiunto la sovranità su tutto Israele grazie a u n tradimen­ to. Davide pone quale premessa per continuare la trattativa la restituzione di Mical, la figlia di Saul che questi aveva dato a un altro uomo dopo la fuga di Davide ( I Sam. 2 5 ,44). Al nar­ ratore non interessa se la richiesta di Davide sia dettata anche da motivi personali ( I Sam. I 8 ,2o; 1 9,1 I s.). Certamente Davi­ de compie questo passo per affermare la legittimità del suo di­ ritto alla successione di Saul, E quando comunica la sua deci­ sione proprio ad Abner, dopo .che questi gli ha offerto, per

    2 Sam. 3,6-39

    così dire, il «suo» regno, questa è una chiara risposta: Abner può al massimo dare il suo sostegno a qualcosa che Davide è già da lungo tempo. Questa situazione è sottolineata dalla mos­ sa di Davide che richiede ufficialmente a Ishbaal, per le nor­ mali vie diplomatiche, la restituzione di Mical. Può destare sor­ presa che Davide compia questo passo nonostante il pericolo probabile di un rifiuto oltraggioso e, ancor di più, di mettere sul chi vive Ishbaal al quale non poteva certamente sfuggire il senso della faccenda. Il figlio di Saul pensava forse, prigioniero dei ragionamenti da piccolo uomo, di poter trarre vantaggio contrapponendo Davide ad Abner, e Davide, conoscendo per­ fettamente la situazione, aveva contato proprio su questo ? Ba­ sta così: il desiderio di Davide viene esaudito. Nonostante le proteste e i lamenti del povero marito (il cui nome qui è un po' diverso da quello indicato in I Sam. 2 5,44), Abner condu­ ce Mical a Davide, il quale ha così raggiunto due scopi: la pos­ sibilità ufficiale di essere considerato il legittimo pretendente al trono e l'inizio pubblico di trattative con Abner che così ar­ riva alla corte di Davide. No n si sa che cosa pensi Mical di tut­ to questo, né si dice che sia giunta a Hebron. In sé la donna è una figura secondaria nel gioco politico, per quanto sia di nuo­ vo importante, per altri rispetti: è il ponte sulla via di Davide che gli consente di giungere al trono di tutto Israele. 1

    1 7. 1 8. Nel frattempo Abner non è rimasto inoperoso, ma ha

    iniziato a trattare con gli anziani d'Israele. Costoro, in origine di fatto i «più anziani» della famiglia e della tribù, cioè i più esperti e rispettati (/oh 29), sono apparentemente diventati, se­ condo la dura legge delle cose, una sorta di gruppo aristocrati­ co che costituisce una sorta di senato della città o della tribù. Quando qui (e in s ,J; 17,4· 1 s; I Reg. 8,1 ) si parla degli «anzia-

    1 Noth, Geschichte /srae/s-4, 1 70 ritiene che la mossa di Davide non sia storica, come del resto non crede alla storicità del matrimonio tra Davide e Mical. Questa posizio­ ne presuppone, tuttavia, una tale manipolazione del materiale tradizionale da rendere incomprensibile come si sia potuti giungere al testo attuale.

    .2

    Sam. 3,6-39

    ni d'Israele», ci s'intende forse riferire a un collegio espresso dagli anziani delle tribù, sulla cui organizzazione non si han­ no purtroppo notizie più precise. Il nostro passo impone l'ipo­ tesi che tale consesso non abbia sede presso la corte di Ishbaal, ma altrove; e come il «giudice» potrebbe aver avuto la sua se­ de ufficiale nel territorio delle tribù di Giuseppe (cfr. ThLZ 79 [I 9 5 4] 290), così anche gli «anziani d'Israele» potrebbero esser­ si riuniti là, nel vero cuore del paese, presso il luogo dov'era stato stipulato il patto: il santuario di Sichem (cfr. Ios. 24 e AT 9, ad loc. ). Che oltre la monarchia esistesse anche una simile istituzione - a questo proposito si deve pensare al «popolo del paese» della tarda monarchia - è di una certa importanza per la comprensione del popolo dell'Antico Testamento. Si deve quindi immaginare una situazione di questo tipo: do­ po il diverbio con Ishbaal Abner si reca nella Palestina centra­ le dove rimane per un periodo, portando avanti le trattative, facendo riferimento, a tal proposito, a una precedente presa di posizione degli anziani a favore di Davide. Evidentemente co­ storo, già dopo la disfatta di Gilboa, avevano nominato Davi­ de unico salvatore nella distretta, analogamente a quanto suc­ cesso in Iud. I I , 5 quando gli «anziani di Galaad» chiamarono Jefte, che viveva come Davide in brigantaggio, a essere loro «capo e condottiero», confermandogli esplicitamente la durata illimitata dell'incarico (lud. I I , I 1). Solo la forte personalità di Abner avrebbe ostacolato, quella volta, il loro disegno ed egli lo ha fatto, come conferma a modo suo il v. 8, per mantenere al potere la famiglia di Saul, cioè la propria. Ora Abner rispol­ vera invece la vecchia decisione. Quando qui si fa nuovamente riferimento alla promessa fatta a Davide, si ha una ulteriore conferma che il corso degli eventi non è plasmato né da Abner né dagli anziani: il verbo «salvare» (bosia') usato qui è la carat­ teristica denotazione dell'opera di Jahvé al tempo dei giudici. Una volta assicuratosi l'appoggio della propria tribù di Beniamino, Abner può continuare la partita a Hebron con in 1 9-.1 1 .

    2 Sam. 3,6-39

    mano buone carte. Non si parla di una promessa di Davide ad Abner sul tipo di quella che verrà poi fatta ad Amasa ( 1 9, 1 4), che sarebbe diventato comandante in capo dell'esercito, al fian­ co o al posto di Joab. Tuttavia è ragionevole supporre che si sia pensato di riservare ad Abner il comando dell'esercito di Israele e questa probabilità può certamente aver influito sulla rapida decisione di Joab, spinto da non immotivata gelosia. Ad ogni modo, dopo aver prospettato la conclusione di un «patto» tra Israele e Davide, Abner viene congedato «in pace». Questa espressione ha qui un significato diverso, più pesante, rispetto al solito saluto orientale di chi resta a chi parte, come mostra in seguito la ripetizione del termine da parte di Joab e delle sue spie. Tornando da una fortunata scorreria (non certo contro Ishbaal), Joab viene subito informato di quanto è accaduto. Nella scena che segue si manifesta chiaramente la natura di J oab, impetuosa e impavida; il lettore può solo meravigliarsi di come qui i generali si comportino con i loro re. Rimane aperta la questione se Joab sospetti veramente che Abner, il tradito­ re del suo signore, voglia tradire Davide oppure si tratti di un pretesto per spiegare il gesto che compirà poco dopo, tanto più che non viene riportata alcuna risposta di Davide. La man­ canza di questa risposta non è certo dovuta alla voluta conci­ sione del racconto; in effetti Davide non avrà risposto affatto (cfr. v. 39), così che Joab sa di essere libero di fare ciò che me­ glio crede. Abner, che si trova già vari chilometri a nord di He­ bron, all'altezza dell'odierna sirat el bella', viene richiamato indietro, ubbidisce senza nulla sospettare, si reca insieme con Joab nello «spazio interno» della porta della città, tanto più che non immaginava neanche che la morte in battaglia di Azael potesse offrire motivo per la vendetta del sangue, e lì viene pu­ gnalato da J oab. Il testo insiste, per ben due volte, che J oab agì per vendicare la morte del fratello. Questo ribadito richiamo alla vendetta del sangue ha lo scopo, come del resto l'intero rac22-39.

    2 Sam. ],6-39

    3 19

    conto, di dimostrare che Davide non ha colpa alcuna per quan­ to è avvenuto. Infatti ci si dovrebbe pur sempre chiedere, co­ me già al tempo ci si sarà di sicuro chiesti (v. 3 7), se non ci sia stata, fin dal principio, un'intesa segreta tra Davide e Joab o, almeno, se la morte di Abner non sia risultata «molto oppor­ tuna» per Davide, come avvenne per quel Mortimer che morì con un tempismo quanto mai gradito al Conte di Leicester. La maniera brusca e laconica nella quale Davide tratta generalmen­ te Abner, aggiunta alla mancata reazione del re alle accuse di Joab, potrebbe lasciare spazio a pensieri del genere. Inoltre Ab­ ner, inserito come alto ufficiale nell'esercito di Davide, even­ tualmente a fianco di Joab, avrebbe certamente dato adito a di­ verse complicazioni. Eppure a una riflessione più sobria si de­ ve riconoscere che la morte di Abner è stato per Davide un in­ cidente molto increscioso che avrebbe potuto compromettere definitivamente, in date circostanze, la sperata unione con Israele. Si sa inoltre che l'assassinio di Abner commesso da joab ha angosciato Davide fin sul letto di morte ( 1 Reg. 2, 5 . 3 2 ). Co­ sì il comportamento di Davide dopo la morte di Abner che vie­ ne narrato nel nostro brano deve essere stato veramente con­ forme alla realtà. La prima reazione di Davide è una maligna maledizione pronunciata sulla «casa» di Joab; ciò concorda col fatto che il gesto di Joab sia avvenuto a motivo dell'attacco portato alla sua famiglia. A questo punto (v. 30) si viene a sa­ pere che anche Abishaj ha partecipato all'agguato, anzi secon­ do una parte (sicuramente sbagliata) del testo avrebbe addirit­ tura partecipato all'uccisione di Abner. Immediatamente Da­ vide ordina una degna cerimonia funebre alla quale J oab è espressamente costretto a partecipare e lo stesso re vi partecipa attivamente. Egli intona personalmente il (consueto) canto fu­ nebre, aggiungendovi, inoltre, un canto di sua composizione e dando così una efficace, ma anche sentita e sincera dimostra­ zione di lutto. La breve elegia, costruita con arte e abilmente formulata, lamenta che questo nobil uomo sia stato ucciso co­ me un delinquente in ceppi aggredito da malfattori: «Ma non

    330

    2 Sam. 4,1-12

    era lui il malvagio, bensì coloro che l'hanno assassinato a tra­ dimento» (Gressmann). Che il re si rifiuti di mangiare prima di sera - come i musulmani nel Ramadan, il mese di digiuno serve a sottolineare agli occhi di tutto il popolo quale sia la sua posizione riguardo al deprecabile evento. Si sottolinea con grande evidenza che gli effetti del comportamento del re si fe­ cero sentire fino in Israele (v. 3 7) e si mostra inoltre, median­ te confidenze che devono provenire dalla cerchia più vicina a Davide, che cosa il re abbia pensato di Abner e come egli ab­ bia giudicato il fatto, anche senza considerare quello che qui viene offerto agli sguardi di tutti. Per la prima volta vengono a galla difficoltà interne che sono presenti nella corte e cui il re non è veramente in grado di far fronte. La narrazione mette in luce, impietosamente, anche questi fatti che certamente offu­ scano l'immagine di Davide. Neanche Davide è l'eroe che «ce la fa». Nonostante ciò e nonostante cada sul suo cammino un macigno così pesante, com'è l'assassinio di Abner, il disegno della promessa di Dio continua indisturbato. 4· Morte di Ishbaal (4, 1-Iz) 1 Quando il figlio di Saul venne a sapere che Abner era morto a He­ bron, gli caddero le braccia e tutto Israele fu sgomento. z Ora il figlio di Saul aveva 1 due uomini quali capitani delle truppe: uno si chiamava Baana, l'altro Rekab, figli di Rimmon di Beerot, dei figli di Beniamino. Infatti anche Beerot viene attribuita a Beniamino. 3 Ma gli abitanti di Beerot sono (poi) fuggiti a Gittajim e hanno continuato a risiedere là come forestieri, sino al giorno d'oggi. 4 (Inoltre) Gionata, figlio di Saul, aveva un figlio, zoppo di entrambi i piedi. Aveva cinque anni quando giunse da Jizreel la notizia di Saul e Gionata. Allora la nutrice lo prese per fuggire, ma nella fretta egli (le) cadde, così divenne zoppo. Si chia­ mava Meribbaal. 1 5 Ora i figli di Rimmon di Beerot, Rekab e Baana, si misero in cam­ mino e arrivarono alla casa di lshbaal 1 (proprio) nell'ora più calda della giornata, mentre egli faceva il riposo pomeridiano. 6 Ed essi erano già 2 penetrati fino nel mezzo della casa, come (se volessero andare lì) per pren-

    I V. BH.

    2

    Si legga w�hinnèh.

    2 Sam. 4,1-1�

    33 1

    dere del grano; ed ecco, là (c'era) una donna intenta alla pulitura del gra­ no. Ma essi la 1 trafissero nel basso ventre e così Rekab e suo fratello Baa­ na riuscirono a sfuggire 7 e a entrare in casa, mentre egli dormiva sul let­ to, nella sua camera da letto. Qui essi lo colpirono a morte e gli tagliaro­ no la testa. Poi presero con sé la sua testa e camminarono tutta la notte at­ traverso la valle (del Giordano). 8 Quindi portarono la testa di Ishbaal a D avide, a Hebron, e dissero al re: «Eccoti qua la testa di lshbaal, figlio di Saul, tuo nemico, che attentava alla tua vita. Ma il Signore ha provve­ duto oggi a vendicare il mio signore, il re, su Saul e sulla sua progenie». 9 Allora Davide rispose a Rekab e a suo fratello Baana, figli di Rimmon di Beerot, e disse loro: «Quanto è vero che il Signore vive, che mi ha li­ berato da ogni angustia: Io quello che mi portò la notizia e disse: Ecco, Saul è morto! e che pensava di essere un messaggero di gioia,2 l'ho fatto prendere e uccidere a Siqlag, mentre l'avrei invece dovuto ricompensare per una buona notizia. I 1 Ora, quando uomini scelleratissimi hanno uc­ ciso un uomo giusto in casa sua, sul suo letto, non dovrò adesso esigere il suo sangue dalla vostra mano e cancellarvi dalla faccia della terra ?>>. 1 2 Quindi Davide diede ordine ai suoi giovani ed essi li uccisero, tronca­ rono loro mani e piedi e li appesero presso lo stagno di Hebron. Essi presero invece la testa di Ishbaal e la tumularono nella tomba di Abncr a H ebron. 1-3 . La morte dell'uomo più potente getta Israele nella confu­ sione più totale. Questa non viene illustrata soltanto con la re­ azione di Ishbaal, che dà l'impressione di essere proprio un povero diavolo, del tutto dissimile dal pad re c dal fratello, ma

    soprattutto col piano del regicidio studiato dai due ten1crari fratelli, che pensano sia fi nalmente giunta la loro ora. Essi ven­ gono descritti più volte e con precisione quanto a origi ne e provenienza: evidentemente con il loro gesto hanno macchiato di un'onta perpetua la loro famiglia e la loro città. La città di B eerot fa parte della tetrapoli ricordata in Ios. 9, 1 7 ( Gabaon, Kefira, Beerot, Qirjat-Jearim). L'ubicazione di Becrot (come quella di Gabaon) è discussa. Solitamente le si identifica con le città dell'età del bronzo di ed-gib ( Gabaon) e di el-bire (Bee­ rot) in base all'assonanza, anche se la conclusione non è filo lo -

    1

    V. commento.

    2

    I LXX leggono be'eni} invece di be'enaw: «Colui che per me sarebbe dovuto essere

    un

    messaggero di gioia». Entrambe le lezioni sono parimenti sensate.

    33 2

    2 Sam. 4,1-12

    gicamente corretta. • Di conseguenza Beerot verrebbe a tro­ varsi fuori del territorio di Beniamino in senso stretto, perché la località di el-bire va cercata a nord della frontiera settentrio­ nale di Beniamino, che è perfettamente nota. Ma questa situa­ zione sarebbe perfettamente in linea con l'annotazione che se­ gue nel nostro testo: «anche Beerot viene considerata apparte­ nente a Beniamino>>. Quindi Beerot ha una popolazione di «be­ niamini ti» anche se non appartiene territorialmente a Benia­ mino. Questo non è l'unico caso di enclave che si conosca (cfr. Ios. 1 7,9); inoltre anche Qirjat-Jearim, che di fatto appartiene a Giuda (Ios. 1 5,6o), viene attribuita a Beniamino (Ios. 1 8,28; v. AT 9, ad lo c.). In seguito, come si apprende qui, Beerot è stata abbandonata dai suoi abitanti, ma non si dice né quando né perché. Ad ogni buon conto, se ciò viene menzionato, il motivo andrà ricercato negli avvenimenti · narrati in questo passo: i Beerotiti «fuggirono» perché non si sentivano più si­ curi. La loro nuova dimora, Gittajim, va cercata non lontano da Lidda, 2 così che i Beerotiti si sarebbero trasferiti in territo­ rio filisteo. In sé, il versetto e mezzo rappresenta un'aggiunta a posteriori, scivolata più tardi nella narrazione, di cui inter­ rompe il filo. 4· La medesima considerazione vale, ancora di più, per la no­

    tizia riguardante Meribbaal,3 il cui nome · fu deturpato (COJl?.e quello di Ishbaal) in «Mefiboshet)) ( dalla bocca del dio ver­ gognoso ?). La notizia di come questo (apparentemente unico) =

    1 A. Alt: ZDPV 69 ( 1953) r-27 sostiene viceversa che ed-gib Beerot ed el-bire = Gabaon. Ma cfr. anche ZAW 47 ( 1 929) r 89 s. Lì è stata suggerita (come ritiene anche Albright) l'identificazione di Beerot con tell en-na�be, che appartiene all'agro di el­ bire. Tuttavia questa posizione è difficilmente sostenibile in questa forma: cfr. Alt, loc. dt. Qui non è possibile affrontare una discussione esauriente di queste posizioni. Per Gabaon v. a 2, 1 3. 2. In Nehem. r 1,33 Gittajim viene nominata precisamente tra le località in territorio di Beniamino e quelle vicine a "Lidda; cfr. anche Abel, Géographie n, 3 3 8 . 3 «Baal è bellicoso>> oppure «avversario d i Baal» ? Forse l a forma originale del nome era Mippibaal, «dalla bocca di Baal»; cfr. Schulz, ad loc. =

    2

    Sam. 4,1-12

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    discendente di Gionata sia diventato un infelice è veramente erratica, isolata dal contesto. Il suo posto sarebbe nel cap. 9, dove alcuni esegeti la trasferiscono. Forse la sua presenza qui vuole «dire che dopo la morte di Ishbaal non c'era più alcun adatto pretendente al trono della dinastia di Saul» (Notscher). Il suggerimento lascia perplessi (cfr. cap. 2 1 ), ma non è impos­ sibile. La glossa fu introdotta dal margine nel testo insieme al­ la precedente. La narrazione riprende, dopo il v. 2, col v. 5 . s.6. I due compari, astuti calcolatori, giungono alla residenza

    di Ishbaal verso mezzogiorno. I LXX raccontano che la por­ tinaia si «era appisolata» (così il verbo greco) mentre stava pu­ lendo il grano, così che Ì due entrano senza esser visti. Il T.M. è di un tenore così diverso da escludere che si tratti di una cor­ ruzione del testo o di una parafrasi, ma è, così com'è, incom­ prensibile. Esso dà l'impressione che i due assassini si siano in­ sinuati fin dentro casa fingendosi addetti al ritiro del grano; qualcuno li avrebbe intercettati ed essi l'avrebbero ucciso col­ pendolo nel basso ventre. Forse in origine questa persona era quella donna che era intenta a pulire il grano e che i LXX han­ no trasformato in portinaia. Il suffi sso maschile di wajja kk u ­ hu ha preso il posto del suffisso femminile originale c il perché si capisce facilmente: si è pensato che la persona trafitta nel bas­ so ventre fosse Ishbaal; inoltre dopo la parola !J#tim del T.M. era caduta una frase del tipo wehinneh 'issa boreret !Ji!tim, « cd ecco, là c'era una donna che puliva il grano». Che la dimora del re fosse sorvegliata soltanto da un'operaia è assolutamente inverosimile. Ma se i fratelli si presentarono come due appa­ rentemente addetti a qualche lavoro all'interno della casa, non dovette esser difficile superare la sentinella che stava, sicura­ mente, sulla porta. Resta pur sempre singolare perché i LXX abbiano conservato qui unicamente l'ipotetica frase scomparsa e l'abbiano sviluppata nel senso del loro testo. Una causa po­ trebbe essere la corruzione della parola wajjakkuha che poi re­ se incomprensibile l'intero periodo.

    3 34

    2 Sam. J,I-12

    7-12.. Gli assassini compiono la loro triste impresa su un uomo

    che dorme, si recano a Hebron, da Davide, con la testa della vittima e gli porgono il corpus delicti, presentandosi come mes­ saggeri della giusta volontà di Dio, degni di una ricompensa. Da loro Davide accetta solo l'affermazione che il Signore lo ha salvato; per il resto li dichiara più scellerati del messo che gli portò la notizia della morte di Saul (cap. 1 ). Le espressioni USate a questo proposito, rasa' («Scellerato») e �addiq ( «giu­ StO»), provengono dal lessico giuridico e denotano colui che ha torto e colui che ha ragione nei confronti dell'altro. In que­ sto istante Davide è il tutore della vera giustizia. Così la peri­ cape si chiude col racconto della giusta punizione dei due omi­ cidi che vengono messi a morte, oltraggiati e privati del bene­ ficio di una tomba, mentre la testa dell'assassinato viene tumu­ lata con tutti gli onori nella tomba del suo generale. Nel me­ dioevo la tomba è stata mostrata e spesso visitata (Rabbi Jakob da Parigi, 1 2 5 8; Pietro Diacono, I 1 3 7; Felix Fabri, 1 482 e mol­ ti altri ancora) ed è ancora oggi nota. Per quanto scellerata sia l'impresa, anche nel giudizio dello stesso Davide, pure, da un punto di osservazione superiore, essa significa un grande passo in avanti verso il traguardo. Que­ sta osservazione non è scritta nero su bianco, ma è il vero mo­ tivo per cui la storia è stata raccontata. Le parole dei due assas­ sini a Davide, pur suonando nella loro bocca come una be­ stemmia, sono sostanzialmente vere. La giustizia divina si è servita anche del delitto dei due come veicolo per portare avan­ ti i suoi piani. • S • Il re di tutto Israele e la sua capitale (s,I-12)

    Allora tutte le tribù d'Israele si recarono a Hebron da Davide e disse­ ro: «Siamo la tua stessa carne e il tuo stesso sangue. 2 Già ieri e l'altro ieri, quando Saul era re su di noi, sei stato tu che guidavi (in battaglia) Israele e (lo ri)conducevi a casa. E il Signore ti ha promesso: Pascerai il 1

    1

    «Tradendo Gesù, anche Giuda contribuì, senza volerlo, alla salvezza del mondo, ma

    è finito appeso a una corda»: E. v. Handel-Mazzetti, dalla ballata Deutsches Recht.

    33 5

    2 Sam. J,I-I2

    mio popolo, Israele, e diventerai principe su Israele! » . 3 Poi vennero tutti gli anziani d'Israele dal re, a Hebron, e il re Davide strinse con loro un patto a Hebron davanti al Signore ed essi unsero Davide re d 'Israele. 4 Quando divenne re Davide aveva trent'anni ed è stato re per qua­ rant'anni. 5 A Hebron fu re di Giuda per sette anni e sei mesi e a Geru­ salemme fu re su tutto Israele e su Giuda per trentatré anni. 6 Poi il re partì con i suoi uomini per Gerusalemme, contro il gebu­ seo che abitava (là) il paese. Ma quello disse a Davide: «Non puoi entra­ re qui dentro, ma ti respingeranno 1 i ciechi e gli zoppi che dicono: Qui dentro Davide non entra! ». 7 Ma Davide espugnò la fortezza di Sion, che è (poi diventata) la città di Davide. 8 E Davide disse quel giorno: «Chiunque batte i Gebusei e raggiunge la condotta dell'acqua - e (batte) i ciechi e gli zoppi che sono grandemente odiosi a Davide, da cui il det­ to: Nessun cieco e zoppo può entrare nella casa! - (costui sarà il capo supremo! ». Allora Joab, figlio di Seruja, salì per primo e divenne così il capo). 2 9 Ora Davide si stabilì nella rocca e la chiamò «Città di Davi­ de». Poi Davide (cominciò) a costruire tutto intorno alla città, dal Millo fino alla parte interna. Io Così Davide divenne sempre più potente e il Signore, il Dio degli eserciti, era con lui. I I Allora Hiram, re di Tiro, mandò ambasciatori a Davide e legno di cedro e artigiani del legno e artigiani delle pietre da costruzione, ed essi costruirono per Davide una dimora. I 2 Così Davide si convinse che il Signore l'aveva confermato re su Israele e che aveva innalzato il suo re­ gno per amore del suo popolo, Israele.

    Il brano, anche se non chiaro in ogni sua parte, riveste una grande importanza. Infatti qui si ha l'adempimento della pro­ messa fatta a Davide: egli diventa re di tutto il popolo c lo di­ venta a Gerusalemme. Tutto ciò che ora segue non può essere altro che conferma, assestamento e conseguenza di questo uni­ _ co avvenimento. Se si guarda più da vicino, ci sono ben quattro parti che qui vengono considerate insieme, come un tutt'uno. Le si potreb­ be anche esaminare separatamente, come anche aggiungervi le restanti due o tre parti del capitolo. Nel nostro commento si preferisce considerare insieme i vv. 1 - 1 2 per la semplice ragio• hesireka rappresenta forse una variante a metà tra hasirka e hesiruka. La prima si­ gnifica: «Dovresti prima cacciarne i ciechi e gli zoppi che dicono . »; la seconda sem­ bra più naturale ed è quella proposta qui. 2 La parte tra parentesi è stata aggiunta riprendendola da 1 Chron. 1 1 ,6. ..

    33 6

    2 Sam. J,I-12

    ne che qui, come si è appena detto, vengono associati tra di lo­ ro i due momenti più rilevanti: la nascita del regno unito e la scelta della sua capitale. 1-3. Il primo brano tratta dunque il passaggio della sovranità

    su Israele a Davide. Tal e trasferimento viene presentato quale conseguenza diretta dell'uccisione di Ishbaal non solo perché l'organizzazione redazionale della materia consente questo giu­ dizio ponendo il cap. 5 dopo il cap. 4 , ma per necessità storica. La candidatura di Davide è l'unica possibile. Essa viene soste­ nuta con tre argomenti: con il legame di sangue, col diritto sto­ rico (in quanto comandante supremo delle truppe Davide ave­ va già esercitato praticamente, per così dire, il potere) e, come in 3 ,9 s. 1 8, con la promessa del Signore. Non sarà un caso che questa considerazione venga fatta da «tutte le tribù d'Israele», mentre l'innalzamento al trono e l'unzione viene compiuta da «tutti gli anziani d'Israele». Una simile unanimità, affermata e ribadita, non sarà certamente opera della «redazione più tar­ da», per non fare apparire questo momento costituzionale tan­ to «informale>> (Budde; di parere opposto Schulz). Si deve im­ maginare, invece, che l'incoronazione di Davide sia avvenuta in due tempi: il primo atto è compiuto dagli uomini attivi e re­ sponsabili delle tribù e ha più il significato di una trattativa preliminare; naturalmente tutto sarebbe molto più chiaro se il racconto non fosse così conciso e avesse almeno contenuto la risposta di Davide. Ad ogni modo il v. 3 descrive un secondo atto con nuovi attori e gli «anziani» sembrano rappresentare chiaramente un organo istituzionale ufficiale di grado supe­ riore. Se non sono loro a fare il «patto» con Davide, ma è Da­ vide a farlo con loro, ciò significa che è lui che accetta il loro impegno a essergli fedeli e li accoglie in questo patto; significa, insomma, che gli «anziani» giurano omaggio e fedeltà a Davi­ de e, con ciò, lo riconoscono quale re. Lo svolgimento dei fatti ricorda l'innalzamento al trono di Saul in 1 Sam. I I e anche l'elezione del re a Hebron (2 Sam. 2). La promessa di Jahvé

    2 Sam.

    33 7

    J,I-12

    era diretta al nagid, il «principe», più esattamente il capo «ca­ rismatico» voluto da Jahvé; ora viene, quale atto di partecipa­ zione del popolo, l'entrata nel patto che per la prima volta fa apparire Davide nella sua veste di re (melek ). Gli anziani ese­ guono poi l'unzione - forse non è casuale che anche nella sce­ na dell'unzione di Davide per mano di Samuele in 1 Sam. 1 6 si menzionino gli «anziani», sia pure di sfuggita - riunendo così, in maniera visibile, il momento politico e quello sacro della si­ tuazione. Naturalmente l'unzione ha luogo al santuario di He­ bron, come dimostra l'aggiunta «davanti al Signore». A que­ sto punto Davide è diventato re nel senso pieno del termine. Giustamente A. Alt nel suo saggio illuminante del I 9JO, Die Staatenbildung der Israeliten in Palastina ( Kl. Schr. n, 1 9 5 3, 1 -6 5 ), attira l'attenzione non solo sulle similarità, ma anche sul­ le differenze delle procedure seguite nel caso di Saul e in quel­ lo di Davide; fa inoltre notare che non si tratta qui della costi­ tuzione di uno stato unitario, bensì di una unione personale. Che le cose stiano effettivamente così lo si nota ripetutamente durante il periodo di regno di Davide e si manifesta anche do­ po la morte di Salomone. =

    4· 5 . L'annotazione statistica che segue, pur venendo ·da un al­

    tro contesto, è inserita qui molto opportunamente. In origine queste informazioni avevano una diversa collocazione, come dimostra il riferimento a Gerusalemme che deve essere ancora conquistata (vv. 6 ss.). D'altra parte non si può concludere da questa notizia che la presa di Gerusalemme abbia preceduto storicamente l'elezione di Davide a re. Le cifre sono state tal­ volta messe in dubbio a motivo della presenza della nota cifra tonda 40. D'altra parte la cifra di 7 anni e mezzo non può es­ sere assolutamente frutto d'invenzione e anche per altri aspetti il periodo di quarant'anni corrisponderà alla durata totale del regno di Davide. La collocazione di questi dati di cronaca in questo punto è un chiaro segno di consapevolezza della rilevan­ za storica del momento.

    � Sam. J,I- 12

    6-8. Soltanto a questo punto viene inserito il racconto {pur­

    troppo, ancora una volta brevissimo) della conquista di Geru­ salemme. Il primo aspetto importante dell'impresa è che essa viene compiuta dagli «uomini di Davide» (v. 6), non dall'eser­ cito d'Israele, come è erroneamente riferito da 1 Chron. I I ,4. Tutta l'operazione dà l'impressione di essere condotta sì in ma­ niera mirata, ma a tempo perso e in forma privata. La caduta di Gerusalemme è stata tramandata, stilisticamente, come aned­ doto, un genere letterario che prospera in simbiosi con forme brevi paremiologiche. All'epoca Gerusalemme è una città con già almeno 1 o secoli di vita alle spalle, nominata nei testi egizi di esecrazione, nell'epistolario di Amarna e anche nell'Antico Testamento in racconti della conquista di Canaan. Iud. I ,8 parla di una precedente conquista della città, ma dovrebbe trat­ tarsi, in realtà, dell'occupazione dell'agro di Gerusalemme da parte dei Giudaiti, ai quali esso appartiene in base allo schema delle frontiere tribali (cfr. AT 9, ad loc. ). La città è stata sentita come un corpo estraneo in Israele-Giuda (Iud. 1 9, I 0- 1 2) e in effetti lo è stato. Che Gerusalemme .sia riuscita a conservare la propria indipendenza così a lungo dipende, oltre che dalla sua posizione piuttosto decentrata rispetto alla principale via di comunicazione nord-sud, dalla sua posizione di roccaforte na­ turale. Ancora oggi il lato sud e il lato est dell'antica collina del­ la città {la collina a sud-est) mostrano la buona posizione stra­ tegica; anche l'avvallamento a ovest (la «valle della città») è stata un tempo più profondo; soltanto sul lato settentrionale la situazione non era così netta (v. sotto). Questa posizione favorevole della città viene espressa nel motteggio sui ciechi e gli zoppi indirizzato a Davide. In questa canzonatura la frase, evidentemente originale, «ti respingono», ha il verbo al perfet­ to («per esprimere fatti che sono indubbiamente ancora a ve­ nire, ma che nella coscienza del soggetto parlante sono già re­ altà compiuta»: G-K § Io6n). Ma se la città era veramente ine­ spugnabile secondo le concezioni del tempo, c'è da chiedersi come mai si riuscì a conquistarla. Dapprima il racconto regi-

    2

    Sam. J,I-12

    33 9

    stra il fatto nudo e crudo della caduta di Gerusalemme. Subito dopo segue quell'annotazione enigmatica che evidentemente vuole dire qualcosa sulle modalità della presa. In effetti sem­ bra che il testo faccia una distinzione tra la «rocca di Sion» e il resto della città ( «Gebus» ?). Nel racconto del Cronista questa distinzione appare ancora più marcata. Tuttavia il v. 8 sembra voler illuminare con maggiori particolari il v. 7. Il versetto ini­ zia con Davide che pare promettere una ricompensa particola­ re a chi scali (per primo) la fortezza. Quando il Cronista, del re­ sto senza menzione alcuna né dci ciechi né degli zoppi, dice che Joab fu il primo a riuscire nell'impresa, al quale, di conseguen­ za, sarebbe stata assegnata la posizione di comandante (della rocca?), la notizia dovrebbe essere storicamente corretta. • Per­ ciò è consigliabile inserire nel nostro testo la frase ripresa da 1 Chron. 1 1,6. Rimangono comunque altri due problemi. Uno riguarda la «condotta» (�i1inor). Non è il caso di discutere qui le diverse possibilità suggerite. Secondo l'ipotesi più probabile si tratta di quel cunicolo che permetteva agli abitanti della città di raggiung"ere l'acqua della sorgente che, unica nei pressi di Gerusalemme, si trova ai piedi della collina della città, sul lato orientale (Gihon, oggi fonte della Vergine Maria). Il testo in­ tende parlare dell'estremità superiore del cunicolo; «i Gebu­ sei» dovrebbero essere le sentinelle di guardia a questo varco. 2 Il testo rende tuttavia più probabile che gli audaci assalitori abbiano portato l'attacco arrampicandosi lungo la parete ester­ na, sorprendendo e sopraffacendo le sentinelle, impadronen­ dosi così dell'entrata del cunicolo (Simons, ibid.), come se fos­ sero saliti su per il cunicolo, cosa che del resto non è possibile. Evidentemente la tradizione ha considerato l'occupazione del cunicolo l'evento decisivo per la presa della città.3 1 Il pozzo di Giobbe che si trova a sud della Gerusalemme vecchia, la sorgente di Ro­ gel dell'Antico Testamento, in origine sarà stato sicuramente un pozzo di Joab: cfr. Hertzberg: PJB 22 ( 1926) 9 5 · 2 Per i particolari cfr. spec. J . Simons, ]erusalem in the Old Testament, 1952, 1 65- 173. 3 Cfr. anche O. Procksch: PJB 5 (1 909) 67 s.

    3 40

    2 Sam. J,I-I2

    Per quanto riguarda il secondo problema, la faccenda dei ciechi e degli zoppi, si è in presenza di un'aggiunta posteriore che vuole spiegare l'origine del proverbio in modo analogo a quello seguito per spiegare il detto «che ci fa Saul tra i profe­ ti ?» in 1 Sam. 1 o e I 9· In Gerusalemme doveva essere in uso il modo di dire «né il cieco né lo zoppo possono entrare in casa» che veniva fatto risalire, in origine, all'avversione di Davide per ciechi e zoppi, antipatia che a sua volta veniva fatta risalire alle parole di scherno dei Gebusei. Per questa ragione il passo va messo tra parentesi. 1

    9-1 0. I particolari della conquista di Gerusalemme non vengo­

    no riferiti, neanche altrove, né si sa che cosa Davide abbia fat­ to della popolazione. Tuttavia si deve supporre che l'abbia ri­ sparmiata, lasciando loro un quartiere della città, come sembre­ rebbe suggerire 1 Chron. 1 1 ,8: «E Joab lasciò in vita il resto della città)) (cfr. 2 Sam. 2 4; Zach. 9, 7). Questo comportamento sarebbe conforme alla politica nei confronti dei Cananei sel Stoebe: ZDPV 73 ( I 9 5 7) 73 -99 segue una via tutta diversa. Per prima cosa traccia un'ampia e accurata panoramica della storia dell'interpretazione di questo passo diffi­ cile. La lettura di Stoebe porta a tre conclusioni, cui si fanno qui seguire subito le per­ plessità cui esse danno adito. I . Per Stoebe i ciechi e gli zoppi del v. 6 sono gli uomini di Davide: «Tu non riesci a entrare qui den�ro, a meno che non cacci via i ciechi e gli zoppi», cioè dalle tue truppe, che quindi vengono paragonate a ciechi e zoppi rispet­ to alla possente fortezza. Ma tutta la situazione con la città così difficile da scalare fa sembrare l'interpretazione corrente queJla più naturale, che del resto è confortata an­ che dal racconto di 1 Cronache che continua sulla via intrapresa in 2 Samuele. Se una forma precedente del testo, che in seguito non venne più capita, dovesse aver avuto il senso suggerito da Stoebe, questo è del tutto scomparso, coperto dall'attuale lettura. - 2. Stoebe traduce il v. 8 così: Chi sconfigge il gebuseo deve mettere le mani sul #nnor, cioè «l'imboccatura della sorgente» o simili. Ciò significa dunque: solo chi s'impadronisce del #nnor può veramente vincere il gebuseo. Ma allora la frase do­ vrebbe suonare come si è appena detto, cioè: chi s'impadronisce del #nnor può batte­ re il gebuseo, in ebraico: kol-nògea' ba�#nnor jakkeh ('et-haj)lbusi. Infatti lo scoglio che Stoebe non riesce a superare è proprio il kol davanti a makkeh. - 3· Stoebe inter­ preta così il resto del v. 8: Davide non sa che farsene di ciechi e di zoppi (nel senso di Stoebe visto prima), cioè tra le sue file. Ma anche qui valgono le perplessità espresse sopra al punto I , così che sembra molto più semplice supporre, come proposto sopra, un'aggiunta a posteriori. Secondo noi, neanche il tentativo di Stoebe sembra portare a una soluzione veramente soddisfacente.

    2

    Sam.

    J,I-12

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    guita da Davide in altri casi: invece di sterminarli egli li integrò nel proprio regno. • Tuttavia la fortezza espugnata in quanto «città di Davide» non venne assegnata a una delle tribù, ma restò proprietà della corona. Davide ha naturalmente provve­ duto subito a fortificare la città. Il «Millo» è un «riempimen­ to», posto evidentemente sul lato nord, quello più vulnerabile ed esposto a eventuali attacchi, per rinforzare le difese della lunga collina fortificata. Che Davide stesso abbia costruito que­ sta fortezza oppure l'abbia inserita quale componente strate­ gicamente utile nella struttura difensiva generale è reso dubbio sia dal tenore del testo («dal Millo fino alla parte interna») sia anche dal fatto che Salomone è il primo che metta veramente mano alla costruzione del Millo ( 1 Reg. 9, I 5 .2 4 ; 1 1 ,2 7 ). Ad ogni modo Davide era ora padrone di una capitale di facile difesa, la quale inoltre aveva il vantaggio, per lui importantissimo, di stare proprio al confine tra «Giuda>> e «Israele» e di essere ex­ traterritoriale per quanto riguardava l'assegnazione dei terri­ tori alle tribù, 1 così che nessuna delle due componenti del re­ gno potesse sentirsi discriminata. Tutta quanta l'operazione di­ mostra l'acuto senso politico di questo uomo del quale giusta­ mente si testimonia qui, sottolineandolo per l'ennesima volta, che il Signore è «con lui» (v. I o) . 1 1 . 1 2.. Se ora si aggiunge, al quarto posto, ancora un'annota­ zione su un contratto col re di Tiro, Hiram, ciò è dovuto sicu­ ramente al fatto che si è appena parlato dei progetti edilizi di Davide a Gerusalemme. I Fenici, esperti architetti e, in quanto padroni delle immense foreste del Libano, anche ottimi co­ struttori e carpentieri, costituivano un aiuto prezioso per i pia­ ni di Davide. Allo stesso tempo si capisce che Davide comin­ cia ora ad attirare l'interesse degli altri stati. Viene rispettato e riconosciuto. I primi passi verso uno stato importante sono 1 z

    Stoebe, op. cit., ha più volte sottolineato questo concetto con particolare energia. Per tutta la problematica cfr. il saggio di A. Alt, ]erusalems Aufstieg: ZDMG 79

    (192.5) 1-19.

    34 2

    2 Sam. J,IJ-r6

    fatti. La considerazione finale inserisce giustamente e di pro­ posito questa crescita della sua potenza e posizione nei piani divini che il Signore ha concepiti «per amore del suo popolo Israele» e ha fin qui realizzati. 6. I figli di Davide (secondo elenco) (5,1 3-16) 1 3 Inoltre Davide si prese concubine e anche mogli da Gerusalemme, 1 dopo che era venuto da Hebron. Così a Davide nacquero ancora altri figli e figlie. 14 E questi sono i nomi dei (figli) che gli nacquero a Geru­ salemme: Shammua, Shobab, Natan, Salomone, 1 5 Jibhar, Elishua, Ne­ feg, Jafìa, 16 Elishama, Eljada ed Elifelet.

    1 3- 1 6. L'elenco è una continuazione immediata di quello di J, 2- 5 . Singolarmente qui le concubine precedono le mogli. Per­

    ciò i LXX (cod. Vaticano) inverte, certo arbitrariamente, l'or­ dine e il Cronista tralascia del tutto le concubine. È più proba­ bile che la situazione originale fosse quella inversa e che si par­ lasse solo di concubine (Wellhausen). D'altra parte Betsabea, il cui figlio Salomone è ricordato nell'elenco, è stata sicuramen­ te una moglie. Si deve pertanto supporre che l'inizio del v. 1 J, che parla delle concubine di Davide, non si riferisca unicamen­ te al periodo gerosolimitano; allora la frase «da Gerusalemme» si riferirebbe a «e anche mogli», così che i figli qui elencati sa­ rebbero tutti (come in 1 Chron. J , I ss.) figli di mogli legittime. Il Cronista avrebbe dunque ragione nell'accennare a parte (3, 9) ai figli delle concubine. Inoltre non è necessario correggere la frase «da Gerusalemme» in «in Gerusalemme», come fa 1 Chron. 1 4 , 3 : «l matrimoni vengono combinati dalla capitale» (Caspari). Si parla di figlie, ma se ne tace il nome. L'ordine di successione dei figli è determinato dalla data di nascita. Se si contano i figli elencati al cap. 3, Salomone occupa solo il deci­ mo posto e si capisce così perché Adonijja consideri sé stesso e non lui il candidato alla successione di Davide ( 1 Reg. 1 ). I figli elencati qui per nome non verranno più menzionati in se­ guito. Il penultimo, Eljada, dovrebbe essersi chiamato in veril

    V. commento.

    2 Sam. J,I7-2J

    34 3

    tà ( 1 Chron. 14,7) Beeljada, così che anche Davide, come Saul, ha potuto dare tranquillamente a uno dei suoi figli un nome composto con Baal. L'elenco è stato inserito qui dall'autore finale perché dove­ va collegarsi con la conquista di Gerusalemme. Inoltre l' elen­ cazione dei discendenti illustra ancora una volta la benedizio­ ne concessa a Davide. Anche da questo punto di vista il re ri­ sulta grande e potente (cfr. Ps. 1 27,5). 7· Le vittorie sui Filistei (5,17-25) 1 7 Ora i Filistei sentirono che avevano unto Davide re su Israele e tutti i Filistei salirono per catturare Davide. Quando Davide (lo) seppe si riti­ rò su, nella fortezza. 18 Ma i Filistei erano venuti e si erano posizionati nella pianura di Refaim. 1 9 Allora Da vide interrogò il Signore e disse: (j(Devo salire contro i Filistei ? Me li darai in mano?». E il Signore rispose a Davide: «Sì, sali; perché di sicuro ti darò i Filistei in mano». 20 Così Davide giunse a Baal Perasim e lì li ha sconfitti. Poi disse: «Il Signore ha sfondato i miei nemici davanti a me, vi ha aperto una breccia come (fa) l'acqua! )> . Perciò quel luogo viene chiamato Baal Perasim (= signore del­ le brecce). 21 Ed essi lasciarono dietro, sul posto, {persino) i loro idoli, così che Davide e i suoi uomini poterono portarseli via. 22 Poi i Filistei salirono di nuovo e si posizionarono nella pianura di Refaim. 13 Allora Davide interrogò il Signore e disse: «Devo salire con­ tro i Filistei?». Ed egli rispose: 1 «No, non salire (incontro a loro); 2 aggi­ rali alle spalle e attaccali poi da(lla parte che sta) di fronte ai cespugli di Baka. 14 E quando poi senti rumor di passi sulle cime dei cespugli di Baka, allora affrettati perché il Signore si è mosso davanti a te per ster­ minare l'accampamento dei Filistei». 1. 5 E Davide fece come il Signore gli aveva comandato e batté i Filistei da Gabaon 3 fino a Gezer.

    Davanti a queste importanti notizie di eventi militari parti­ colarmente significativi si prova rammarico, ancora più del so­ lito, per la compressa brevità del racconto che resta pur sem­ pre istruttivo per due ragioni. Si nota, ancora una volta, come non si voglia tramandare storia politica. Anche quando si tratI Qui sembra sia caduta una frase come quella del v. 19. L'occhio del copista scivolò dal primo wajjomer (ovvero lemor) al secondo, saltando le parole in mezzo. 1 Così i LXX interpretano il «no». 3 V. BH.

    344

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    Sam. J,I7-2J

    ta dei Filistei, i veri rivali nella lotta per la conquista del paese, si trasmette solo il necessario. In secondo luogo si ha l'impres­ sione che qui siano stati accostati due episodi che trattano la medesima materia, ma che non sono necessariamente avvenuti in stretta successione cronologica. Perché essi vengano collo­ cati qui viene spiegato col v. 1 7 . Anzi, si deve subito aggiunge­ re un'altra osservazione: sembra, ad ogni modo, che in origine queste vittorie vadano collegate letterariamente con gli avve­ nimenti del cap. 8. Si potrebbe trattare di un estratto dagli archi­ vi del tempo di Davide. 8, 1 dà l'impressione di essere la conclu­ sione della cronaca delle guerre contro i Filistei. Perché i capp. 6 e 7 siano stati inseriti nel mezzo dipende dalla struttura ge­ nerale dei libri di Samuele. Se ne riparlerà più avanti. 1 7- 1 8. Causa scatenante dell'attacco dei Filistei è l'unzione di

    Davide a re di tutto Israele. Evidentemente la sua unzione a re di Giuda non ha destato i loro sospetti, tanto più che esisteva il regno contrario di Mahanajim e i rapporti dei Filistei con Da­ vide erano amichevoli. L'unione della nazione sotto un unico sovrano si configura tuttavia come casus belli, giacché è in gra­ do di mettere in discussione i risultati della politica fin qui se­ guita dai Filistei. È singolare come il motivo del loro interven­ to non sia indicato nella presa di Gerusalemme appena narra­ ta. La spiegazione migliore di questa stranezza è che il primo dei due scontri sarebbe avvenuto prima della conquista della città, ma la sua cronaca viene messa dopo tale avvenimento a causa del legame letterario originale tra i due episodi che l'au­ tore finale ha voluto lasciare insieme. Forse c'è anche un'altra ragione: l'autore pensa che la fortezza del v. 1 7 sia la rocca espugnata da Davide in 5 ,7, quella che diventerà poi la «città di Davide». Ma ciò non è possibile perché non si «scende» mai a Gerusalemme, ma vi si «sale». Da dove mai potrebbe Davide «scendere» a Gerusalemme? • Piuttosto qui ci si riferisce a quel­ la fortificazione montana di Adullam (1 Sam. 22,4 s.) che Da­ I

    Al v. 1 9 «salire)) è usato nel senso dello scontro bellico; cfr. G-B, s. v. 'ala 1d.

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    Sam. J,I7-2J

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    vide utilizzò già in passato quale base operativa; è così in 2 Sam. 23, 1 3 ; 1 Chron. 1 1 , 1 5 s. Qui il nome Adullam potrebbe essere stato tralasciato proprio a causa dell'equivoco suddetto. Non si dice perché mai Davide si rechi in quella località; tuttavia potrebbe essere che non appena ha notizia della mobilitazione dei Filistei, Davide pensi a un attacco diretto contro Hebron e voglia quindi bloccarli ad Adullam. Invece i Filistei salgono più a nord (ancora oggi si trovano lì i più noti valichi montani) e si fermano nella pianura di Refaim, a sudovest di Gerusalem­ me, evidentemente per cercare di disturbare i collegamenti tra Giuda e Israele. Quando si dice che i Filistei vogliono cattura­ re (lett.: cercare) Davide, ciò significa che ai loro occhi questi è sempre l'uomo insignificante del deserto di Giuda. Si sono sba­ gliati di grosso. 1 9-.1 1 . L'oracolo deve aiutare il re a decidere se restare sulla di­

    fensiva o passare all'attacco. Il responso va chiaramente in que­ st'ultima direzione. Il nome Baal Pcrasim (signore delle brec­ ce) è certamente nato solo in seguito agli avvenimenti narrati qui: Davide deve aver quindi «sfondato», «fatto breccia» nello schieramento nemico. Egli stesso paragona lo sfondamento con quanto si può osservare succedere sui monti quando pio­ ve violentemente: l'acqua che viene giù con forza dai costoni sfonda e trascina via qualunque ostacolo: argini di terra, recin­ ti di rovi, muri a secco, persino una casa costruita sulla sab­ bia. Conformemente al percorso della sua marcia di avvicina­ mento, Davide deve essere piombato sui Filistei da sud e il luogo dello scontro si deve pensare che sia qui, nelle vicinanze dell'odierno convento di Elia, dunque tra Gerusalemme e Be­ tlemme. 2 Che i Filistei abbandonino i loro idoli (LXX: i loro dèi) è indice del disordine della loro fuga, ma anche della su­ periorità del vero Dio che prima predice la vittoria e poi apre 1

    1 Luc. 6,49 qui ancora più chiaro di Mt. 7,27. È preferibile evitare il termine «sfonda­ mento degli argini» perché non adatto a quel paesaggio. 2 Cfr. O. Procksch, Der Schauplatz der Geschichte Davids: PJB 5 (1909) 70.

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    egli stesso «la breccia». Secondo 1 Chron. 14, 1 2 Davide fa bru­ ciare gli «dèi»; nel nostro passo essi vengono tranquillamente portati via come bottino. - La storia dell'acqua attinta al poz­ zo di Betlemme (2 J, I J- I 7) è precedente al nostro racconto: è un episodio che mostra come la tradizione delle guerre di Da­ vide contro i Filistei fosse molto più ricca di quanto ora sem­ bri (cfr. 2 1 ,1 5-2 2). zz-2 5. Il secondo racconto dà l'impressione, a tutta prima, di essere una ripetizione del primo; un'impressione che è ancora più forte se si aggiunge al v. 2 3 (come si è fatto sopra) la fraset­ ta che è andata perduta. Tuttavia il responso dell'oracolo, che Davide ha nuovamente consultato, è di tutt'altro tenore. Que­ sta volta non si deve attaccare frontalmente il nemico e sfon­ darne lo schieramento, ma aggirarlo. Poiché dopo si parla di Gabaon (T.M.: Geba}, dunque di una località a nord di Geru­ salemme/ la battaglia è stata combattuta sul lato settentriona­ le. I cespugli di Baka, dai quali parte l'attacco, sono lentischi (Dalman, Arbeit und Sitte 1, 541 s.}, arbusti «più simili a cespu­ gli che ad alberi» (ibid. ), fino ad oggi essenze caratteristiche del paesaggio montuoso. Nel caso specifico deve essersi tratta­ to di una macchia di vegetazione particolarmente caratteristi­ ca. Da determinati, bruschi movimenti delle cime dei cespugli si coglie, in analogia con le concezioni legate agli oracoli arbo­ rei, il «passo» del Signore e quindi il segnale dell'attacco. La ma­ novra riesce e ne risulta una grande vittoria che spalanca a Da­ vide le porte della pianura costiera. C'è da chiedersi se anche il secondo attacco di Davide sia partito da Adullam, cioè da sud. La cosa non è verosimile. In­ vece Davide, dopo . la prima vittoria che avviene alle porte di Gerusalemme, dovrebbe aver compiuto con i suoi uomini il 1 Il luogo non può essersi trovato troppo lontano dalla zona occupato ora dai Filistei, la pianura di Refaim. La corrente identificazione di Gabaon con ed-gib è più congrua con la situazione del nostro testo dell'ipotesi sostenuta a suo tempo da Alt di Gabaon = el-bire, che è molto più lontano.

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    colpo di mano contro la città. Si capisce allora bene perché, come si è discusso prima, questo brano con la cronaca delle due vittorie sui Filistei, letterariamente unitario, si trovi pro­ prio a questo punto del libro di Samuele e non venga invece collocato al cap. 8. In questo modo il trasferimento dell'arca a Gerusalemme si collega perfettamente, anche dal punto di vi­ sta della sequenza storica, al racconto precedente. E se nel frat­ tempo Davide è diventato il signore di Gerusalemme si com­ prende facilmente perché i Filistei salgano ancora una volta alla pianura di Refaim. Muovendo da Gerusalemme Davide ha potuto facilmente aggirare il nemico e inseguirlo verso nord. Si racconta di proposito quale parte abbia avuto il Signore in questi importanti avvenimenti. La vittoria sui Filistei è at­ tribuita al suo intervento. Essa segna la conclusione di un' ope­ ra di Dio che comincia con la traversata del Giordano, anzi già c on la promessa fatta ad Abramo, e tende a consegnare tutto il paese al popolo di Dio. 8.

    L'arca giunge a Gerusalemme (6,1-1.3)

    1 Allora Davide radunò 1 una seconda volta z. tutti gli uomini scelti di Israele, trentamila; 1. quindi si mise in marcia e si diresse alla volta di Ba­ ala di Giuda.3 Poi Davide (ri)partì da Baala di Giuda con tutta la gente che aveva con sé, per portare su da lì l'arca di Dio, sulla quale viene pro­ nunciato il nome del Signore - il nome del Signore degli eserciti, che sie­ de in trono sopra i cherubini.4 3 E caricarono l'arca di Dio su un carro 1 La forma wajjosef non è dovuta a corruzione del testo, ma a diversa ortografia. Cfr. anche Kohler, Lexicon in Vet. Test. Libros, 7 1 . .2. La parola è stata certamente aggiunta per un malinteso. V. commento. 3 Qui si suppone (come suggerisce ancora la presenza del paseq) che siano cadute le parole wajjelek ba 'ale jchuda; la perdita sarebbe dovuta a un errore del copista il cui occhio sarebbe andato al secondo wajjelek, saltando il primo. 4 Il duplice sem (nome) e anche la presente posizione di 'alàw sembrano indicare che in origine il testo leggeva soltanto sem jhwh. La denominazione più completa e so­ lenne potrebbe essere stata aggiunta un po' più tardi a motivo del particolare conte­ nuto del racconto. Galling ha fatto notare che qui viene usata una formula {attestata anche altrove: v. a 2 Sam. 1 1.,1.8) nella quale «l'invocazione del nome accompagna l'at­ to giuridico del trasferimento di proprietà» (ThLZ 8 1 [ 1956] 69). Qui si doveva quin-

    2 Sam. 6,1-23

    nuovo e così la portarono via dalla casa di Abinadab, che si trovava sulla collina, mentre Uzza e Ahjo, i figli di Abinadab, scortavano il carro: 4 Uzza 1 camminava di fianco all'arca di Dio e Ahjo la p recedeva. 5 Ma Davide e tutta la casa d'Israele andavano avanti al Signore danzando, con tutta la forza e con molti canti,1 e anche con cetre e arpe e tamburelli e sistri e cembali. 6 Ora, quando erano giunti all'aia di Nakon,3 Uzza stese la mano 1 verso l'arca di Dio e l'afferrò, perché i buoi erano finiti fuori strada. 7 Allora il Signore fu preso da ira ardente contro U zza e il colpo di Dio lo colse sul posto perché aveva steso la mano verso l'arca,4 così che egli morì là, presso l'arca di Dio. 8 Allora Davide fu sconvolto perché il Signore aveva strappato via così Uzza; e quel luogo fu chiama­ to Peres Uzza (= rapimento di Uzza) fino al giorno d'oggi. 9 Così Davide quel giorno ebbe timore del Signore al punto da dire: «Come giungerà l'arca del Signore da me?)>. 10 E Davide non volle più far portare l'arca del Signore presso di sé, nella città di D avide; invece la depositò in casa di Obed Ed om di Gat. 1 1 Così l'arca rimase nella casa di Obed Edom di Gat tre mesi. Ma il Signore benedisse Obed Edom e tutta la sua casa. 12 Ora, quando fu riferito al re Davide: «II Signore ha b enedetto la ca­ sa di Obed Edom e tutto ciò che gli appartiene a motivo dell'arca del Si­ gnore>), Davide si recò ivi e portò con allegrezza l'arca del Signore dalla casa di Obed Edom fin su, alla città di Davide. 13 E app ena i portatori dell'arca del Signore ebbero fatto sei passi, egli sacrificò un toro e un vi­ tello ingrassato. 14 E Davide danzava con slancio precedendo il Signo­ re, vestito (solo ?) di un efod di lino. 1 5 In questo modo s Davide e tutta la casa d'Israele portarono l'arca del Signore su (nella città), tra festose grida di giubilo e squilli di tromba. 1 6 Ora, quando 5 l'arca del Signore fu giunta nella città di Davide, Mical, la figlia di Saul, guardò fuori della finestra e come vide il re Davide saltellare e danzare davanti al Signore, di compiere (così Galli ng) il trasferimento del simbolo cultuale da «un dio estraneo (il dio di Shiloh?)» allo Jahvé di Sion. Ma qui si entra, come trova lo stesso Galling, in ragionamenti veramente fuori di ogni logica, così che la formula, che nasce dal diritto privato, qui è stata evidentemente utilizzata soltanto come formulazione stereotipa. I V. BH. � Certamente = «cantando a tutta forza>>, cfr. Kelari, Musikinstrumente und ihre Ver­ wendung im Alten Testament, 1 947, 84. Si traduce seguendo I Chron. 1 3,8; simile è il testo dei LXX (v. BH). Il T.M., con la sua lezione graficamente molto simile, ha inve­ ce in mente strumenti musicali di legno: «Con legni di cipresso». 3 Un nome proprio sconosciuto che viene tramandato in forme diverse. 4 Così I Chron. I J, I O al posto di una parola inspiegabile del T.M. s Il participio nel testo originale.

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    nel suo cuore si vergognò di lui. 17 Ma essi rortarono l'arca del Signore e la deposero nel posto {previsto) per essa a centro della tenda che Da­ vide aveva fatto piantare per essa: poi Davide offrì sacrifici completi al cospetto del Signore e anche sacrifici pacifici. 1 8 Ora, quando Davide eb­ be finito di offrire il sacrificio completo e i sacrifici pacifici, benedisse il popolo nel nome del Signore degli eserciti 19 e fece distribuire a rutto il popolo, a tutta la moltitudine d'Israele, a uomini e donne, una pagnotta per ciascuno, più un panetto di datteri e una focaccia di uva passa. Poi tutto il popolo se ne andò, ciascuno a casa propria. 20 E anche Davide se ne tornò a casa, per porgere il saluto di benedizione alla propria casa. Allora Mical, la figlia di Saul, andò incontro a Davide e disse: «Oggi, però, il re d'Israele si è comportato proprio con decoro! Oggi si è denu­ dato davanti agli occhi delle serve dei tuoi servi, così come è abituato a mostrarsi nudo 1 uno del popolino! » . 2 1 Ma Davide rispose a Mical: «Sia lodato il Signore che mi ha eletto, preferendomi a tuo padre e a tutta la sua casa, per stabilirmi principe sul popolo del Signore, su Israele ! Salterò davanti al Signore e danzerò davanti al Signore, 1 22 e mi umilierò ancora più di questa volta, sarò un niente anche per me stesso 3 e presso le serve, di cui hai parlato, 4 presso di loro sarò onorato!».

    -

    23 Così Mical, figlia di Saul, non ebbe figli fino al giorno della sua morte.

    Per capire questa storia bisogna fare attenzione a due cose. Prima di tutto, qui si ha indubbiamente un legame con i raccon­ ti dell'arca di 1 Sam. 4-6. Qui, come là, l'arca costituisce il te­ ma del brano: l'arca perduta trova, ancora una volta, una nuo­ va sede. In secondo luogo il racconto del trasferimento dell'ar1 La costruzione con un infinito assoluto che segue un infinito costrutto è molto in­ solita; il senso è quello indicato nella traduzione. Il testo non è in ordine. I LXX (cod. B) hanno conservato le parole «salterò» e «sia 1 lodato il Signore» che mancano nel T.M. dove potrebbero essere facilmente cadute per errori di copiatura. Forse la frase «sia lodato ... Israele» è stata in origine l'inizio della risposta di Davide che continuò poi con un canto ritmico; a favore di questa ipotesi gioca la forma verbale w esi�aqti (e danzerò) che può essere tradotta al futuro soltanto se preceduta da un imperfetto come 'araqqed. 3 Letteralmente: «Ai miei stessi occhi». Correggere leggendo «ai tuoi (femm.) occhi» (come già i LXX e vari commentatori) è un'illecita semplificazione. 4 aser non veniva pronunciato nel ritmo. ,

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    ca a Gerusalemme è strettamente connesso alla tematica del ca­ pitolo precedente e di quello seguente: vuole mostrare come il trono di Davide si consolidi e come egli divenga veramente re d'Israele, proprio per grazia divina. Il testo che appartiene alla «fonte dell'arca» è stato quindi tolto dal suo contesto origina­ le e trasferito in uno diverso. Così questo capitolo permette di osservare il metodo di lavoro dell'autore. Egli ha conosciuto e utilizzato come fonti unità letterarie, ma si è concesso la liber­ tà di determinarne la collocazione in modo tale da rendere vi­ sibile non soltanto la successione storica degli avvenimenti, ma anche il senso teologico del tutto. Nel passo in esame si ha inoltre che l'episodio di Mical viene inserito nel racconto sen­ za aver appartenuto, in origine, al ciclo dell'arca, ma forse per­ ché, come suggerisce L. Rost ( Uberlieferung von der Thron­ nachfolge Davids), stava all'inizio del grande complesso della successione al trono. ·

    1 . Proprio all'inizio del capitolo si ha un indizio del lavoro cui sono stati sottoposti il testo e la sua organizzazione. Il piccolo avverbio «di nuovo» mostra che il racconto che sta comin­ ciando dovrebbe seguire alla cronaca delle lotte contro i Fili­ stei, in quanto si tratta di una nuova impresa che Davide si ac­ cinge a compiere con la potenza dell'esercito. N el contesto del­ le storie dell'arca un tale avverbio («di nuovo») non solo è inu­ tile, ma è anche sbagliato. Qui è stato semplicemente raccon­ tato che Davide, appena ha potuto, si è mosso con un gran se­ guito per portare via l'arca da Qirjat-] earim dove essa, appun­ to, aveva la sua sede sotto gli occhi dei Filistei. A questo pro-. posito rimane incerto se nel contesto originale il ricupero del­ l' arca si sia configurato come spedizione bellica o pellegrinag­ gio religioso, cioè come marcia pacifica. Ma l'autore finale ha perfettamente ragìone quando fa seguire il ric1:1pero dell'arca al cap. 5 : solo la vittoria sui Filistei avrà offerto la possibilità di andare a prendere l'arca, restituendole nuovamente la sua di­ gnità di santuario nazionale. Ciò non sarebbe potuto succede-

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    re ai tempi di Saul, giacché egli non è mai riuscito a strappare militarmente ai Filistei quegli spazi di libertà che avrebbero potuto rendere possibile questo passo. Inoltre i suoi rapporti con l'antico sacerdozio dell'arca erano totalmente interrotti. Presso Davide si trovava invece Abiatar, il sopravvissuto della strage di I Sam. 22 ed erede della tradizione dell'arca. Non c'è pertanto nulla di più comprensibile che Davide, appena possi­ bile, abbia nuovamente affrontato con energia una faccenda che era stata accantonata da decenni. �. Davide si mette quindi in marcia con truppe scelte (come spesso avviene, la cifra è esagerata) dirigendosi sulla città di Qirjat-Jearim, circa 1 2 km a ovest di Gerusalemme, dove se­ condo I Sam. 7, 1 l'arca era depositata nella casa di Abinadab, che si trovava «sull'altura» (forse il luogo sacro). La località ha diversi nomi: oltre Qirjat-Jearim anche Qirjat Baal e Baala (co­ sì I Chron. 1 3,6; qui ba 'ale jehuda); ha quindi già nel nome ( «Baal» !) carattere sacro. La forma nella quale qui si parla del­ l'arca mostra che questo testo veniva utilizzato anche in occa­ sioni solenni; in questo testo è contenuto lo hieros logos del santuario dell'arca a Gerusalemme (Rost, 38) ·

    .

    Secondo I Sam. 7,1 il custode dell'arca era Eleazar, figlio di Abinadab. Al suo posto compaiono qui Uzza e Ahjo. Non sa­ rebbe impossibile, linguisticamente, stabilire l'identità di Uzza con Eleazar, ma di fatto poco probabile, giacché gli eventi di I Sam. 7, I sono precedenti a Saul, così che Eleazar U zza do­ vrebbe essere immaginato come un uomo molto vecchio. Così l'espressione «figli di Abinadab» va intesa in senso lato (i ni­ poti). Per quanto riguarda il nome alquanto singolare di Ahjo, Wellhausen ha suggerito la forma 'apiw, «SUO fratello». Bud­ de (ZAW 5 2 [ 1 934] 48 s.) riprende l'ipotesi e aggiunge che in origine accanto a quella parola ci sarebbe stato il nome pro­ prio Sadoq. Egli sarebbe stato quindi il secondo custode del­ l'arca sopravvissuto e . in questa sua qualità sarebbe poi venuto 3·

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    alla corte di Davide. Il nome sarebbe stato tralasciato qui solo perché (2 Sam. 8, I 7) Sadoq venne inserito, per comprensibili ragioni, nell'albero genealogico degli Aronnidi. Questa ipotesi va presa in seria considerazione e spiegherebbe come mai que­ sto uomo nuovo sia salito così in alto e abbia gradualmente sop­ piantato Abiatar quale primo sacerdote. 1

    4- 1 1 . L'arca viene portata via da Qirjat-Jearim scortata dai due

    fratelli, preceduta da una processione che avanza, Davide com­ preso, a passo di danza sacra, con canti e musica.2 Durante il tragitto avviene un incidente dalle gravi conseguenze, la cui causa non è chiara. Forse i buoi scivolano su una lastra di roc­ cia scoscesa {l' «aia»); comunque sia il carro con l'arca minaccia di ribaltarsi, così che Uzza interviene di scatto, evidentemente senza osservare le solite precauzioni necessarie per maneggiare l'arca. Questo suo gesto istintivo viene considerato la causa della morte immediata di Uzza, che crolla al suolo colpito dal «colpo di Jahvé». Il luogo dell'incidente, l'aia di un altrimenti sconosciuto Nakon, riceve un nome allusivo e sarà stato certa­ mente indicato spesso, in seguito, con un senso di misterioso raccapriccio. La conseguenza è che Davide, colto da terribile spavento, rinuncia al suo proposito e fa depositare l'arca in un casolare di certo non molto lontano. Il padrone, Obed Edom (servo di Edom), che già dal nome rivela di essere, in origine, adoratore di un dio straniero e che è per di più un filisteo, co­ me il testo precisa, non si sarà certo offerto spontaneamente di prendere in casa l'arca. Né è da supporre che, essendo stranie­ ro, abbia avuto un punto di vista «illuminato» sulla questione. 1

    V. anche a 1 8,7 dove si presenta un'altra tesi sulle origini di Sadoq. 1 Per il tentativo di leggere in 2 Sam. 6 un rituale del capodanno cananeo che Davide avrebbe qui introdotto nel culto d'Israele, cfr. Portcr: JThS 5 (1954) 1 6 1 - 1 73· Lì si cer­ ca di approfondire nei particolari la tesi con riferimento a Ps. 1 32. Considerando la spregiudicata politica di assimilazione condotta da Davide nei confronti dei Cananei (anche dei Gebusei), una simile possibilità non può essere esclusa.

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    I .2.- I 5 . E ora succede che la sua casa divenga particolarmente «benedetta»: il che significa fertilità del talamo, della stalla, dei campi e, forse, anche altri colpi di fortuna. Questo è un segno per tutto il vicinato, e anche per Davide, che l'ira del Signore ha ceduto il passo alla sua benevolenza. Così si rispolvera l'an­ tico progetto del re e non appena i portatori dell'arca ebbero fatto sei passi (naturalmente il testo non vuoi dire ogni sei pas­ si!) si celebra un cospicuo sacrificio e la processione procede senza incidenti, anche questa volta con la partecipazione parti­ colarmente attiva del re che indossa, per l'occasione, il para­ mento sacerdotale, l' efod di lino, probabilmente una specie di cotta o di corto scapolare che copriva il tronco e i fianchi. Da­ vide si è tolto la lunga sopravveste; in 1 Chron. I 5,27 si dice, invece, che avesse indossato il mantello, il che è piuttosto im­ probabile trattandosi di una danza sacra, tanto più che la criti­ ca di Mical è comprensibile soltanto se la tradizione conserva­ va il ricordo di una vera denudazione. Per denotare la danza si usa qui un termine che è collegato con kikkar (cerchio) e indi­ ca un movimento circolare. Più avanti vengono usati ancora due verbi che significano saltellare velocemente e saltare (v. I 6 e v. al v. 2 I ).2 E importante che Davide esercita in questa cir­ costanza funzioni sacerdotali, come poi viene anche riferito che benedice il popolo (v. I 8). 1

    I6-I9· L'annotazione sulla regina che guarda la scena dalla fi­ nestra prepara già la fine del capitolo; prima, però, si conclude la storia dell'arca. Per l'arca è pronta una tenda che certamente è stata eretta ad hoc e non va identificata col santuario del de­ serto, con il ·«tabernacolo».3 Deve essere stato già preparato • Cfr. Dalman, Arbeit und Sitte v, 23 1 s. L'efod di lino avrà avuto la medesima foggia dell'efod del sommo sacerdote, che è però fatto con stoffe più pregiate (Ex. 28,4- 1 2); esso serve per coprire lombi, spalle e torso. 2 Ricordo di aver assistito una volta a una danza rituale simile, fatta appunto di movi­ menti circolari e di saltelli, in occasione della festa della «Gioia della Legge» (Simpat Tora) nella sinagoga principale ashkenazita della Vecchia Gerusalemme. 3 Così com'è il testo non è possibile alcuna altra lettura (contro Kraus, 'Gottesdienst

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    anche un altare. Oltre il sacrificio completo vengono offerti anche sacrifici di pacificazione. È dubbio se alla comunità sia stata offerta qui la possibilità di partecipare direttamente, rice­ vendo parti della vittima sacrificale distribuite ai presenti. Ad ogni modo è escluso che il termine 'espar (v. 19, hapax lego­ menon) abbia a che fare con la carne. Con la descrizione della grande festa popolare si chiude il racconto dell'arca. A Geru­ salemme l'arca ha ora trovato la sua sede definitiva: si è com­ piuto così un evento della massima rilevanza. Gerusalemme, che è già il centro politico, diventa ora anche il centro dell'ado­ razione di Dio. Intrecciato con la storia dell'arca ovvero collegato im­ mediatamente con essa si ha l'episodio di Mical che critica il comportamento di Davide usando nei suoi confronti parole di scherno. Lei, principessa, ha evidentemente il senso della de­ cenza e della dignità e lo manifesta a parole, certo non per in­ sultare Davide, ma perché si preoccupa dell'onore del re. Non si deve certamente giudicare il comportamento di Mical «al­ tezzoso» (Schulz e altri). Tanto meno Mical contesta, in linea di principio, la partecipazione di Davide al culto di Jahvé. A questo punto si ha, tuttavia, la reazion·e di Davide la cui rispo­ sta inizia con una frase in prosa per poi assumere un anda­ mento ritmico (v. sopra). Non è escluso che le parole «davanti al Signore salterò, danzerò davanti al Signore» (v. 2 1 c) rappre­ sentino un verso che veniva cantato comunemente in queste processioni danzanti. Il succo della risposta di Davide è nelle parole «chi si umilia sarà innalzato». Davide sa di essere stato chiamato da Dio a essere principe: ritorna qui il termine nagid che mette in evidenza il lato vocazionale della regalità. Perciò si deve lodare il Signore, e con questo suo rendersi una perso20-2 3·

    in Israel, 19 54, 70 s.). La tradizione del tabernacolo sarà stata associata al santuario di Gerusalemme soltanto quando esisteva già il tempio. Fino a quel momento le tradi­ zioni relative sono rimaste legate alla grande altura di Gabaon; v. a 2 Sam. 2 1 , 1 ss. e anche 1 Reg. 3,4 ss.; inoltre ZAW 47 (1929) 1 67- 1 76, spec. 168.

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    na comune (ciò che Mical contesta) Davide serve consapevol­ mente il Signore, l'unico Grande. Il lettore apprezzerà con particolare soddisfazione due momenti: quando Davide si de­ finisce eletto «a preferenza di Saul», un'affermazione che deve aver colpito la figlia di Saul come uno schiaffo, e quando, ri­ prendendo le parole di Mical, dice che le serve, le sue presunte detrattrici, in realtà hanno più della principessa e regina il sen­ so di che cosa sia il vero onore: diventare piccolo agli occhi di Dio. Tutte queste affermazioni sono fatte in linea con i princi­ pi dell'autore ultimo il quale vede anche in questo episodio il ripudio della stirpe di Saul rispetto a Davide. Questa ferma convinzione trova massima espressione nella frase finale (v. 23). L'ultimo versetto non vuoi certo dire che Davide si sia ne­ gato da quel momento in poi a Mical, trascurando la per p uni­ zione. Piuttosto la sua sterilità sta a significare che il Signore stesso raccoglie il guanto che è stato lanciato. Per dirla con le parole di 1 Sam. 8, 7 adattate al nostro caso, Mical non ha re­ spinto Davide, ma J ahvé. Così sul trono d'Israele non siederà sangue di Saulide. Tanto deve essere qui chiaro. Ma proprio questo episodio fa capire quale sia l'interesse primario del capitolo nella sua forma presente. Il re, pronto a servire il Signore senza curarsi di quello che altri possano dir­ ne, umile eppure risoluto, raggiunge e vive questo momento cruciale: Gerusalemme non diventa soltanto la città di Davide e centro politico del regno unito, bensì diventa la Città Santa, la quale diviene pertanto il luogo legittimo dell'incontro tra Dio e uomo per tutti i secoli, fino al Nuovo Patto. 9· Casa di Dio e casa di Davide (7,1-2.9) 1 Ora, quando il re si stabilì nella sua casa e il Signore gli aveva concesso riposo da tutti i nemici che lo circondavano, 2 il re disse al profeta Na­ tan: «Pensa un po': io abito adesso qui, in una casa di cedro, mentre l'ar­ ca di Dio abita dietro a teli di tenda». 3 Allora Natan disse al re: «Qual­ siasi cosa tu abbia in mente: va' avanti e falla! Perché il Signore è con te». 4 Ma quella notte stessa la parola del Signore venne a Natan e disse:

    2 Sam. 7,1-29

    s «Va' e di' al mio servo Davide: Così parla il Signore: Tu vuoi costruir­ mi una dimora (stabile), affinché io vi abiti? 6 Non ho mai abitato in una dimora (fissa) da quando ho fatto salire i figli d'Israele dall'Egitto fino a questo giorno, ma mi sono sempre spostato per ogni dove in tende o in dimore provvisorie. 7 Per tutto il tempo che ho vagato in mezzo a tutti i figli di Israele ho (mai) pronunciato una sola parola e ho (mai) detto a uno dei giudici 1 d'Israele, ai quali avevo comandato di pascere il mio popolo Israele: Perché non mi avete costruito una casa di cedro? 8 Ma ora dirai così al mio servo Davide: Così parla il Signore degli eserciti: Fui io a prenderti dai pascoli, a portarti via da dietro al gregge, affinché tu fossi principe sul mio popolo, su Israele. 9 E io sono stato con te ovun­ que tu ti sia recato e ho sterminato tutti i tuoi nemici da davanti a te e ti faccio (così) 2 un nome grande come il nome dei più grandi sulla terra. 10 E stabilisco un luogo per il mio popolo Israele e ve lo pianto, affinché anch'esso trovi là una dimora (stabile), così che non ha più bisogno di preoccuparsi e i malvagi non lo opprimono più. (E) come al principio, I 1 cioè 3 da quando ho stabilito giudici sul mio popolo Israele, così ti do riposo da tutti i tuoi nemici. E il Signore ti annuncia: Lui, il Signore, ti edificherà una casa. I 2 Ora, 1 quando i tuoi giorni saranno compiuti e an­ drai a dormire dai tuoi padri, allora farò sorgere il tuo seme, che sgorga dai tuoi lombi, quale tuo successore e renderò stabile il suo regno. 1 3 Lui costruirà una casa per il mio nome e io renderò il suo trono stabile in eterno. 14 Per lui io sarò padre e lui mi sarà figlio, così che se cammine­ rà per vie contorte lo castigherò con la bacchetta degli uomini e con le vergate dei figli degli uomini. 1 s Ma la mia grazia non si allontanerà da lui come la feci allontanare da Saul, che io ho fatto ritirare di fronte a te.4 1 6 Invece la tua casa e il tuo regno saranno stabili in eterno al mio cospetto: 5 sia il tuo trono stabile in eterno! )). 17 Così disse Natan a Da­ vide, esattamente secondo queste parole e questa visione. 1 8 Allora il re Davide entrò, si sedette per terra davanti al Signore e disse: «Chi sono io, Signore Jahvé, e che cosa è la mia casa, che mi hai fatto giungere fino a questo punto? 19 Eppure ciò era ancora poco ai tuoi occhi, Signore J ahvé; e hai inoltre parlato ancora della casa del tuo servo per un lontano avvenire e hai lasciato che un uomo vedesse ciò,6 1

    V. BH. 1 Per i perfetti con waw v. commento. Così si può rendere il waw (che i LXX e la maggior parte degli esegeti cancellano); cfr. G-B, s. v. waw d. 4 Generalmente si dà al testo una forma più gradevole, seguendo 1 Chron. 17 (v. BH); il T.M. è comunque affatto regolare. s V. BH. Rost, 5 8 vuole leggere «davanti a lui» e aggiungere il v. 16 al v. 1 z b. 6 Testo incerto. Il T.M. («e ciò come legge [maniera?] per gli uomini») non ha senso. 3

    2 Sam. 7,1-29

    3 57

    Signore J ahvé. 20 E che altro potrebbe ancora dirti Davide? Tu conosci il tuo servo, Signore Jahvé. 2 I Tu hai operato per amore della tua paro­ la 1 e secondo il tuo cuore quando hai fatto sapere tutte queste grandi cose 2 al tuo servo. 22 Perciò ti sei dimostrato grande, Signore Jahvé, per­ ché nessuno è come te né c'è alcun dio oltre te, secondo tutto ciò che abbiamo udito con i nostri orecchi. 23 E chi è come il tuo popolo, come Israele? (Anzi, c'è) un solo popolo sulla terra (per il quale) un dio si sa­ rebbe mosso per riscattarselo come popolo e per fargli 3 avere un nome e per fare cose grandi e tremende per loro? 4 Eppure scacci 5 da davanti al tuo popolo, che ti sei riscattato dall'Egitto, nazioni e dèi. 6 24 Così tu ti sei destinato quale popolo in eterno il tuo popolo Israele e tu, Signo­ re, sei diventato Dio per loro. 25 E ora, Signore Dio, concedi che la pa­ rola che hai pronunciata a proposito del tuo servo e della sua casa ri­ manga valida in eterno e fa' come hai detto. 26 Allora il tuo nome sarà grande in eterno quando si dirà: Il Signore degli eserciti è Dio su Israele; e la casa del tuo servo Davide sarà resa stabile al tuo cospetto. 27 Perché tu, Signore degli eserciti, Dio d'Israele, hai aperto l'orecchio al tuo servo e detto: Ti edificherò io una casa. Per questo il tuo servo si è fatto co-. raggio per pregarti questa preghiera. 28 E ora, Signore Jahvé, tu stesso sei Dio e le tue parole consistono in verità. Se hai detto al tuo servo questa stupenda (parola), 29 allora, �i prego, benedici la casa del tuo ser­ vo, affinché essa sussista in eterno al tuo cospetto. Perché tu, Signore Jah­ vé, lo hai detto e la casa del tuo servo sarà benedetta in eterno dalla tua benedizione!)).

    L. Rost (Thronnachfolge, 47-74) ha parlato esaurientemente di questo capitolo e M. Noth (Uberlieferungsgeschichtliche Studien 1, 64 s.) ha aderito alla sua posizione. Senza che sia neCongettura: hir'itha 'adam, cioè spostando lo h precedente 'adam alla fine di hir'ita. Il verbo ra'a (vedere) si trova anche in 1 Chron. 1 7, I 7 dove, tuttavia. il significato ori­ ginale sembra essere questo: «Tu mi hai guardato alla maniera umana» (cfr. Bewer, Fs. Bertholet, 74 s.); ma anche là il testo non è integro. 1 1 Chron. I7, I 9: del tuo servo; «servo» manca invece qui alla fine del versetto. 2 Per l'ordine delle parole v. BH. Nel T.M. («hai fatto tutte queste grandi cose e hai fat­ to sapere al tuo servo») manca un oggetto. In I Cronache si ripete due volte «queste grandi cose». 3 Invece di «fargli» si potrebbe anche tradurre «farsi»; in I Cronache si ha analoga­ mente «farti» (= fare a te, Dio): una comprensibile interpretazione! 4 T.M.: lakem ha... ; ha è correzione a margine per il k errato. V. BH. 5 I Cronache ha legarei; i LXX hanno letto [tgareika. Il T.M. ha «per il tuo paese», un errore di copiatura di quest'ultima lezione. 6 V. BH.

    2 Sam. 7, 1-29

    cessario seguire Rost in ogni particolare, la sua analisi è fon­ damentalmente plausibile. Qui al re che desidera costruire una casa al Signore viene detto che sarà lui, il Signore, che gli «edi­ ficherà una casa». Tutti e due gli elementi, l'intenzione e la pro­ messa, come anche la forma in cui ciò viene offerto, si adatta­ no perfettamente alla situazione storica del tempo. Che un ma­ teriale tanto importante interessi vivamente i posteri e che que­ sto interesse abbia lasciato, anche letterariamente, tracce con­ crete di proiezione storica, è del tutto naturale. 1 . Il cap. 7 si trova singolarmente in mezzo ai complessi narra­

    tivi che sono alla base, quali fonti, del periodo trattato: la sto­ ria dell'arca, i testi che trattano del governo di Davide e l'ope­ ra sulla successione al trono di Davide. Così com'è adesso, il cap. 7 ha a che fare, in qualche misura, con tutto ciò. Il capito­ lo viene introdotto in modo da agganciarsi all'entrata solenne dell'arca a Gerusalemme, così da rendere logica la sua colloca­ zione dopo il cap. 6. Per ciò che riguarda il regno di Davide, si presuppone che i suoi progetti edilizi siano stati realizzati (cfr. cap. 5 ). Quando poi si dice che il Signore ha concesso a Davi­ de riposo da tutti i nemici d'intorno, si ha un'affermazione che ha veramente senso solo dopo il cap. 8 o 1 2 e che pertanto viene prudentemente tralasciata dal Cronista ( 1 Chron. I 7, I ). Se qui non avviene la medesima cosa, ciò significa che con que­ ste parole si vuole esprimere che il progetto del re di edificare il tempio e, soprattutto, la promessa cui tale progetto dà adito, sono la conclusione e il coronamento di tutto quanto. Il cap. 7 rappresenta il culmine dell'intera tradizione davidica. Allo stesso tempo il capitolo introduce i racconti relativi alla succes­ sione al trono che contengono peccati e manchevolezze di ogni genere. Se a queste storie viene premessa la promessa della du­ revole dinastia, il messaggio è questo: nonostante ciò Dio ha intenzione di edificare la casa di Davide. L'autore finale ha pertanto collocato il capitolo al punto dove la storia dell'arca è finita, le costruzioni profane sono state completate, la confu-

    2 Sam. 7,1-29

    3 59

    sione attorno al trono non è ancora cominciata e al re è stato �>. 24b E il messo disse a Davide: 3 «Anche il tuo servo, Uria l'hittita, vi ha trovato la morte». 25 Allora Davide disse al messaggero: «Devi dire così a J oab: Non considerare questo fatto come una tragedia, perché la spada divora ora qui ora ll, ma continua energicamente la tua lotta contro la città e distruggila! Così gli devi parlare con forza». 26 Ora, quando la moglie di Uria seppe che suo marito Uria aveva trovato la morte, eseguì per il suo marito e signore il lamento funebre. 27 Non appena il periodo del lutto fu passato, Davide mandò e la prese con sé in casa propria e lei divenne sua moglie e gli partorì un figlio. 1 Questa parte nei LXX segue il v. 22. Le frasi che ora seguono (vv. 2ob.2 1 a) vengono poste subito dopo questa parte e anche, come nel T.M., tra i vv. 2oa e 2 1b. Tuttavia è inverosimile che Joab preveda fin nei particolari la reazione di Davide al messaggio. La confusione potrebbe essere stata ingenerata dal fatto che la frase «perché mai vi siete avvicinati così tanto alla città)) viene effettivamente ripetuta due volte . .1 V. BH. 3 Nel testo questa frase andò persa a causa degli spostamenti suddetti.

    2

    Sam.

    II,2-I2,2J

    Ma il Signore giudicò un'azione malvagia ciò che Davide aveva fatto. 1 Così il Signore mandò (il profeta) 1 Natan da Davide. Egli entrò da lui e gli disse: «Due uomini vivevano nella medesima città. Uno era ric­ co, l'altro povero. 2 Il ricco aveva pecore e buoi in gran numero; 3 ma il povero non aveva altro che un unico, piccolo agnello, che si era com­ prato. Ed egli lo allevò ed esso crebbe con lui e i suoi figli: mangiava dal­ la sua porzione, beveva dalla sua tazza, gli dormiva in grembo e lui lo considerava come una figlia. 4 Un giorno daP ricco arrivò (uno da) un viaggio e al ricco dispiaceva toccare un capo del suo gregge o del suo ar­ mento per prepararlo al viandante che era arrivato da lui. Così egli prese l'agnello del povero e lo apparecchiò all'uomo che era giunto da lui». 5 Allora Davide fu preso da tremenda ira ardente contro l'uomo e dis­ se a Natan: «Quanto è vero che il Signore vive: colui che fa una cosa del genere è un figlio della morte! 6 Egli deve rimborsare quattro volte l'agnello perché ha fatto una cosa simile e gli è dispiaciuto toccare la sua proprietà». 2 7 Allora Natan disse a Davide: «Sei tu quell'uomo ! Così parla il Si­ gnore, il Dio d 'Israele: lo ti ho unto re su Israele e io ti ho salvato dalla mano di Saul. 8 E ti diedi la casa del tuo signore e le donne del tuo si­ gnore nel tuo grembo, e ti diedi le figlie 3 di Israele e di Giuda, e se que­ sto fosse ancora troppo poco, potrei ancora aggiungere questo e que­ st'altro. 9 Perché hai disprezzato il Signore4 facendo ciò che io giudico un'azione perfida? Hai ucciso con la spada Uria l'hittita e ti sei preso in moglie sua moglie; ma lui lo hai assassinato per mezzo della spada dei figli di Ammon. 10 Così la spada non si allontanerà mai dalla tua casa, in eterno - perché mi hai disprezzato e ti sei preso la moglie di Uria l'hit­ tita, affinché divenisse tua moglie! 1 1 Così parla il Signore: Ecco, farò sorgere la perfidia su di te, dalla tua stessa casa; ti toglierò le tue donne davanti ai tuoi occhi e le darò a colui 3 che ti sta a fianco, affinché si giaccia con le tue mogli alla luce del sole.5 12 Perché tu l'hai fatto di nascosto; ma io farò questa stessa cosa davanti a tutto Israele e in pieno sole». 13 Allora Davide disse a Natan: «Ho peccato contro il Signore». E Na­ tan disse a Davide: «Allora anche il Signore ti ha perdonato il tuo pecca1.1

    1

    Come aggiungono i LXX e Syr. 1 Invece di li/ nel T.M. si deve leggere lo. Il T.M. recita: « ... perché non ha provato al­ cuna pietà», che in sé coglie il senso. Solo che il verbo pamal qui dovrà essere tradotto �ome al v. 4· 3 V. BH. 4 T.M.: «La parola di jahvé»; il testo, certamente corretto, col semplice «jahvé» è atte­ stato nelle versioni. L'ampliamento potrebbe esser stato dovuto al fatto che, più tar­ di, il disprezzo del Signore sia stato interpretato, a posteriori, come violazione del suo (quinto e sesto) comandamento. s «Davanti agli occhi di questo sole».

    2

    Sam.

    I I,2-I2,2J

    to. N on dovrai morire. 14 Ma poiché tu con questa storia hai offerto oc­ casione ai nemici del Signore • di insultarlo così, il figlio che ti è nato de­ ve 1 morire di morte». 1 5 Poi N atan ritornò a casa. Ma il Signore colpì con una grave malattia il bambino che la moglie di Uria aveva partorito a Davide. 16 Allora Davide supplicò Dio per il bambino e Davide si impose uno stretto digiuno; e sempre,3 quando tor­ nava a casa, si vestiva di sacco per la notte 4 e dormiva steso per terra. 17 E gli anziani della sua casa gli si avvicinarono per alzarlo su da terra, ma egli si rifiutò e neanche mangiò con loro. 1 8 Poi avvenne il settimo giorno che il bambino morì. Allora essi dissero: «Finché il bambino era ancora in vita gli abbiamo parlato senza che desse ascolto alla nostra vo­ ce; come potremmo (adesso) dirgli: Il bambino è mono! ? Egli provo­ cherebbe di sicuro una tragedia>>. 19 Ma Davide si accorse che i suoi servi confabulavano tra di loro e Davide comprese che il bambino era morto. Così Davide disse ai suoi servi: «Il bambino è morto?». Ed essi risposero: «Sì, è morto>>. 20 Allora Davide si alzò da terra, si lavò e si mise gli oli e si cambiò le vesti. Poi si recò nella casa del Signore per adorare. Quando poi fu rientrato a casa ordinò che gli ponassero da man­ giare e mangiò. 21 E i suoi servi gli dissero: «Che cosa stai mai facendo ? Quando il bambino eJ;a ancora vivo, hai digiunato e pianto per amor suo; ma non appena ·il piccolo è mono ti sei alzato e hai mangiato». 22 Ed egli disse: «Finché il bambino era ancora in vita ho digiunato e pianto perché mi dicevo: Chissà che il Signore non abbia pietà di me e il bambino viva. 23 Ma ora che è morto, perché dovrei continuare a digiu­ nare? potrei mai farlo ritornare (in vita}? Sono io che andrò da lui, ma lui non ritornerà da me>>. . 24 Poi Davide attestò a sua moglie Betsabea la partecipazione al suo dolore, entrò da lei e si giacque con lei. Poi essa partorì un figlio ed egli lo chiamò Salomone. Il Signore l'amò 25 e mandò (un messaggio) me­ diante il profeta Natan e questi gli diede il nome di Jedidjah - in onore del Signore. s I

    V. commento. Nel testo ebraico si ha gam (anche) che è meglio non tradurre. Funge da correlatiyo («dall'altra parte») al gam («da una parte») che precede «Jahvé» al v. 1 3 . 3 L a ripetizione è sicuramente implicita nei tre perfetti consecutivi. Cfr. G -K § 1 1 2f. 4 bassaq, secondo i LXX. La parola potrebbe essere sfuggita davanti a wesakab. Cfr. anche Budde, ad loc. s La costruzione è insolita. Si potrebbe spiegare il bejad con l'ipotesi che forse, accan­ to alla formulazione originale wajjislab et-natan hannabi wajjiqra esisteva la lezione alternativa wajjiqra bejad natan hannabi. Il testo attuale risulterebbe dall'unione, un po' goffa, delle due varianti la cui creazione potrebbe esser stata. favorita da 1 1 , 1 4: wajjislab bejad 'urijja. 2

    3 90

    2

    Sam. 11�-12�5

    La storia di Davide e Betsabea ha destato fin dai tempi anti­ chi orrore e stupore: orrore, perché il re Davide, la cui pietà è davanti agli occhi di tutti, poté compiere un'azione del genere; stupore, perché la Bibbia la racconta senza remare e senza ri­ guardi, benché il colpevole sia Davide, il re grande e celebrato, il prototipo del messia. È significativo che il Cronista, che se­ gue il testo di Samuele capitolo per capitolo, tralasci questo av­ venimento, certo a motivo della macchia indelebile che lasciò sulla fama di Davide. D'altra parte la presenza della storia mo­ stra non soltanto come i testi antichi non siano portati a co­ onestare, ma sottolinea che il disegno di Dio viene portato avanti non da persone irreprensibili, ma da Dio stesso, nono­ stante la peccaminosità dei suoi migliori. �-4. La storia, narrata in maniera superba e avvincente, viene

    incastonata perfettamente nel racconto delle guerre ammonite, così che non si vede alcun segno di saldatura. Davide ha affi­ dato l'assedio di Rabba a Joab ed è rimasto a Gerusalemme. È estate (cfr. v. 1 ) e il re è rimasto in casa nelle ore più calde dove - come il re Eglon di Moab (lud. J,2o) - ha naturalmente un «piano superiore» aperto al fresco vento pomeridiano. Verso sera, che qui, come il più delle volte (cfr. AT 9, a Iud. 3 ,2; v. an­ che a 1 Sam. JO, I 7), significa il {tardo) pomeriggio, esce dalla veranda sul tetto piatto della reggia, che è immaginata più in alto rispetto alle case vicine, in particolare di quella di Uria (cfr. il ricorrente uso di «scendere» in riferimento alla casa del­ l'hittita). Le possibilità di guardare che cosa succede su altre terrazze o in altri cortili sono presenti ancora oggi nella Geru­ salemme Vecchia più o meno come lo erano nell'antichità. Tut­ tavia ci si deve domandare se Betsabea non abbia calcolato questa possibilità. «Non le si può risparmiare il rimprovero di essersi messa a fare il bagno dove poteva essere vista» (Schulz, 1 14). Naturalmente la possibile presenza di questa civetteria femminile non giustifica il comportamento di Davide. D'altra parte egli non l'ha neanche riconosciuta, sebbene l, abbia sicu-

    391

    2 Sam. II,2-I2,2J

    ramente conosciuta in quanto figlia di Eliam (2 3 ,34) e nipote di Ahitofel (cfr. 23,34 e v. a 1 5 , 1 2) e, forse, anche quale moglie di Uria, uno dei suoi primi ufficiali. Anche il modo in cui è formulata la risposta alla sua richiesta di informazioni sulla donna sottintende che si era convinti che Davide dovesse co­ noscerla. Evidentemente egli ha visto soltanto la sua figura, ma ciò è bastato a svegliare il suo desiderio. Il resto avviene velocemente. Betsabea viene convocata alla reggia e tutto acca­ de secondo la volontà di Davide. Non si sa come la donna stessa abbia reagito. La consapevolezza del pericolo cui anda­ va incontro con l'adulterio (Deut. 22,22) può essere stata bi­ lanciata in lei dalla coscienza deli' onore di apparire desiderabi­ le al re. Comunque sia, questo aspetto non è importante per il narratore biblico. L'autore - come poi lo stesso Davide - getta la colpa tutta e solo sul re. Si menziona soltanto che .i l prece­ dente bagno, che ha risvegliato i sensi di Davide, era legato al­ le pratiche della «santificazione» dopo l'impurità mensile. Pro­ babilmente il particolare viene ricordato perché questi giorni, secondo l'esperienza già nota anche nell'antichità, sono quelli particolarmente favorevoli al concepimento. 1

    5- 1 3. Nei versetti che seguono si descrive la situazione scabro­

    sa nella quale viene a trovarsi il re quando viene a conoscere le conseguenze della sua azione. Infatti anche per lui la faccenda può dimostrarsi pericolosa (Deut. 22,22) perché in Israele ne­ anche il re è extra legem. Egli fa quindi venire Uria dal fronte per farlo poi passare per il padre del nasci turo. Il colloquio sul­ la situazione militare - letteralmente salom di generale, truppe e «guerra» - non è che un pretesto per il vero scopo di Davi­ de, far andare Uria a casa sua per «lavarsi i piedi». Questa espressione significa qui «mettersi comodo» (Budde ), ma non è escluso che contenga un'allusione al significato eufemistico 1 Cfr. 23,39. Il nome Uria è un puro nome ebraico («jahvé è la mia luce»); «hittita» indica l'origine della famiglia. Nella genealogia di Gesù in Mt. 1 compare la «moglie di Uria», tuttavia tra le progenitrici di origine pagana (Tamar, Rahab, Rut).

    392

    2 Sam. I1,2-I2,2J

    di raglajim {piedi) pudenda maschili (cfr. AT 9, a Ruth 3,4 . 7). Il ricco pasto che il re manda dietro a Uria dovrebbe servi­ re a creare a casa l'atmosfera giusta. È del tutto possibile che Uria abbia in qualche modo mangiato la foglia e che i suoi so­ spetti siano stati rafforzati dall'insistenza del re. In tutti i casi si racconta più volte che terze persone hanno fatto la spola tra Davide e Betsabea (v. 4: persino «messaggeri») e, quindi, è del tutto possibile che vi sia stata una gola profonda ad alimentare i pettegolezzi di corte. Tuttavia U ria non si fa smuovere dalla sua decisione né dalle nuove parole del re né dall'invito a cor­ te, che allunga di un giorno la permanenza di U ria e dovrebbe favorire con l'ebbrezza la ricerca del piacere. Davanti al re si schernisce, richiamandosi alla lealtà verso i commilitoni e, a quanto sembra, anche ai vincoli imposti dalla «guerra santa>>.1 Questa mancata condiscendenza ai desideri del re rappresenta, se la lettura proposta sopra è corretta, l'arma e la vendetta di Uria, che però gli costano la vita. =

    1

    1 4- 1 7. Infatti a Davide non resta che una soluzione: far sparire

    U ria. Con uno sconvolgente realismo si descrive, come nella storia di Caino, il progressivo scivolare giù, gradino dopo gra­ dino, per la scala del peccato. Il testo si limita a narrare i fatti. N o n si viene a sapere niente di come si sentano dentro i quat­ tro protagonisti davanti allo svolgersi degli eventi. N o n si fa parola né della paura della donna né della situazione critica del re né del rancore del marito né, infine, di come la pensasse il ge­ nerale su tutta la faccenda. Sta tutto tra le righe. Davide scrive la «lettera di Uria»; una volta di più è incerto se Uria prenda la lettera senza nulla sospettare o con cattivi presentimenti. La lettera dà precise istruzioni sul da farsi. Gressmann è dell'opi• Kreyssig in particolare sviluppa questa linea drammaticamente (Gerechtigkeit fur David, 73 ss.). 2 Il riferimento al fatto che tanto l'arca quanto Israele e Giuda dimorino «in tende» serve a chiarire la differenza tra loro e le truppe combattenti, i «servi di Davide». Cfr. G. v. Rad, Der Heilige Krieg, 36.

    2

    Sam. 11,2-12,21

    39 3

    nione che Davide abbia scritto solo la prima parte della lettera, fino a «dove la battaglia più infuria», fidando che Joab avreb­ be capito il senso vero del messaggio leggendolo tra le righe di quest'ordine in sé non esplicito; il che il generale avrebbe sen­ za dubbio saputo fare. D'altra parte l'esecuzione dell'ordine av­ viene in modo parzialmente diverso da come prevede la lettera nella sua forma attuale e anche i posteri non avevano alcun in­ teresse a rendere la colpa di Davide ancora più grave. Joab fa le cose in maniera più abile e innocente, ma per il resto opera secondo la volontà del suo signore. Joab non ha neanche pro­ blemi con un omicidio, come ha mostrato il caso di Abner e co­ me mostrerà più avanti l'episodio di Amasa ( 20,8 ss. ): «Che sollievo avere finalmente come complice quel re rompiscatole che parla sempre dell'ubbidienza· della fede! » (Kreyssig, 79 ). Che anche alcuni altri dei «servi di Davide» trovino la morte con U ria rende più pesante il conto delle colpe di Davide. 1 8-2. 5. Nel T.M. il brano col rapporto fatto dal messaggero non si è conservato in buono stato; soprattutto i vv. 2ob e 2 1 a ap­ parterranno solo alla risposta di Davide (v. sopra, p. 3 87 n. 1 ). Come da ordini ricevuti, il messaggero riferisce l'andamento dello scontro e il lettore apprende ulteriori particolari su que­ sto episodio negativo e le perdite subite, senza che dapprima si faccia il nome di U ria. A sentire queste notizie (e forse anche per la delusione di non aver saputo niente di U ria) Davide ha un'esplosione d'ira violenta che avrebbe fatto onore al senso di responsabilità del re se non fosse avvenuta in questa circo­ stanza. Come Joab ha giustamente immaginato, Davide adde­ bita soprattutto a lui l'imprudente avvicinamento alle mura di Rabba (tre volte ricorre la frase: «Ma perché mai vi siete avvi­ cinati tanto alle mura?»), con riferimento alla morte di Abime­ lek (lud. 9 , 5 3). Solo a questo punto, sempre seguendo gli or­ dini di Joab, il messo rende nota la morte di Uria. La descri­ zione del cambiamento immediato nell'atteggiamento di Davi­ de è magistrale. Se il messaggero abbia sospettato qualcosa nel

    394

    2

    Sam.

    r r,2-r2,2 5

    notare tale mutamento non viene detto. Una volta di più si pas­ sa sotto silenzio ciò che è ritenuto secondario. 2.6 .2. 7a. Con ciò Davide ha raggiunto il suo scopo. Betsabea os­ •

    serva il periodo prestabilito di lutto con le lamentazioni di rito (sette giorni; cfr. P. Heinisch, Die Totenklage im Alten Testa­ ment, 1 93 1 , I 2 s.) e poi viene presa in casa da Davide, presu­ mibilmente molto presto, come a suo tempo Abigail (I Sam. 2. 5 ). Il figlio nasce, anzi