Una nuova tessera si aggiunge al complesso mosaico della vita terrena dei 'genitori' di Gesù. Attraverso un ri
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Italian Pages 155 Year 2013
Collana Studi biblici 12. F.-E. Wilms,J miracoli nell'Antico Testamento
13. Il Midrash Temurah, a cura di M. Perani J. Dupont, Le tre apocalissi sinottiche 15. l. de la Potterie, Il mistero del cuore trafitto 16. W. Egger, Merodo/ogia del Nuovo Testamento 17. J. Darù, Principio del Vangelo di Gesti Cristo secondo Marco 18. S. Zedda, Teologia della salvezza nel Vangelo di Luca 19. L Gianantoni, La paternità apostolica di Paolo 20. S. Zedda, Teologia della salvezza negli Arri degli Apostoli 21. A. Giglioli, L'uomo o il creato? 22. M. Pesce, Le due fasi della predicazione di Paolo 23. E. Boccara, Il peso della memoria 24. L. Alonso Schokel- J.M. Bravo Arag6n, Appunti di ermeneutica 25. Merodologia dell'Antico Testamento, a cura di Simian-Yofre 26. F. Manns, Il giudaismo 27. G. Cirignano- F. Montuschi, La personalità di Paolo 28. F. Manns, La preghiera d'i.> (Mc 6,3). Ecco tutte le ricorrenze di cui sopra nel loro immediato contesto: Le 2.27:
Simeone si recò al Santuario (eis to hieron), non nel Tempio2
«mentre i genitori introducevano il bambino Gesù per fare a suo riguar do secondo la consuetudine della Legge».
Le 2,41: «I genitori di lui si recavano ogni anno a Gerusalemme alla festa della Pasqua>>.
Le 2,43: «Compiuti i giorni, nel ritornare indietro il ragazzo Gesù rimase a Gerusalemme. I genitori di lui non conobbero» la circostanza.
Le 2,33: «Il padre e la madre di lui erano stupefatti di ciò che si parlava di lui», riferito ai pastori.
Le 2,48: «Avendolo visto, furono attoniti. Gli disse la madre di lui: "Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo"».
Mt 13,55: «Non è costui il figlio dell'artigiano? Non si chiama la madre di lui Maria?». Gv 6.42: «Dicevano: "Non è costui Gesù, il figlio di Giuseppe, del quale noi conosciamo il padre e la madre? Come ora dice: Sono disceso dal cielo?"».
A romani e pellegrini è ben nota in Roma la basilica di Santa Ma ria Maggiore sul colle Esquilino. In essa possiamo ammirare «i geni tori» di Gesù splendidamente raffigurati. Richiamo particolarmente l'attenzione su due maniere di rappre sentare plasticamente Giuseppe, in sintonia con M t 1-2 e Le 1-2, nei mosaici dell'arco trionfale,3 commissionati da Sisto III (432-444) che costituiscono un caso unico nella storia del mosaico cristiano- e nella statua della Cappella Borghese (1611). Sull'arco trionfale gli artefici dell'iconografia musiva pa leocri stiana hanno attinto sia a Matteo, sia a Luca e con discrezione ai van geli apocrifi. Nelle quattro fasce orizzontali, Giuseppe compare 5
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2 Distinguo rigorosamente «il Tempio» (ho naos) dal Sacrario o Santuario (lo hk Di più sollo a p. 33 e 84. ' Suggerisco B. HACK (ed.), l mosaici di Santa Maria Maggiore in Roma. A. Reiff & Cie. Offenburg (Baden) l %7. Questa edizione non fu posta in commercio. Si trat ta di un volume con 210 tavole che riproducono- in generale e in deltaglio- con una guida in cinque lingue, senza commento, i mosaici paleocristiani e medievali della Ba silica Liberiana. ron).
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volte, Maria 4. Nella prima fascia (A) a sinistra, a partire da sinistra, si vedono: la casa di Maria; l'annuncio da parte di un angelo in volo a sinistra sopra la Vergine, seduta fra quattro angeli in piedi; l'an nuncio, da parte di un angelo, a Giuseppe. entrambi in piedi; la casa di Giuseppe. La seconda fascia (B) è dedicata all'adorazione dei ma gi: inizia, a sinistra, con Giuseppe• in piedi; segue uno dei magi, indi cante con la destra alzata la stella a otto punte sopra il capo di Ge sù: Maria in piedi accanto al trono; Gesù fanciullo seduto sul trono, con quattro angeli in piedi alle spalle; a destra del trono, una donna pensosa seduta su un tronetto, con uno scialle intorno alle spalle e al capo, sotto un vestito dorato, e con un rotolo bianco aperto in mano; due magi; una città stilizzata. Verosimilmente la donna rappresenta plasticamente «Legge e Profeti>> che in Gesù si devono compiere. Nella prima fascia a destra (C) si colloca la scena della presenta zione di Gesù al Santuario: a partire da sinistra, Gesù è portato in braccio da Maria, accompagnata da due angeli, mentre Giuseppe, scortato da un angelo, porta le tortore; l'incontro con Anna, profe tessa con il capo velato, Simeone, !eviti (capi sacerdoti con piviale e sacerdoti semplici), il Tempio: un angelo parla a Giuseppe addor mentato accanto al Tempio. Nella seconda fascia (D), a partire da de stra, si notano, in piedi, due angeli: come una coppia regale Maria e Giuseppe, il quale stende la mano destra sul capo di Gesù bambino, alle cui spalle si trovano altri due angeli in piedi; incontro con un gruppo di dieci personaggi; una cit tà stilizzata. In questi splendidi mosaici Maria è sempre raffigurata come una regina , a capo scoperto, con un diadema. Giuseppe compare sempre con capelli e barba scuri,5 vestito di una tunica bianca fino al ginoc-
4 Si tratta certamente di Giuseppe, come si può dedurre dal panneggio e dal re sto dei tratti del tutto simili agli altri s. Giuseppe qui rappresentati. L'artista lo ha col· locato nella scena dei magi anche se Matteo 2,1-12 non lo nomina in questo contesto. I celebri mosaici posteriori del VI sec. di Ravenna. Basilica di S. Apollinare Nuovo. pa· rete destra, nella stessa scena non raffigurano Giuseppe. Egli non compare neppure nell adorazione dei magi su un riquadro di una por ta istoriata di S. Sabina in Roma del V secolo. s Soltanto nella scena della presentazione Giuseppe ha capelli e barba brizzolati. Ben diversa è la rappresentazione musiva medievale nel catino absidale (1288-1292): Giuseppe anziano compare nella natività di Gesù e nella presentazione al Tempio co· me figura sbiadita, insignificante, del tutto secondaria. '
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chio e un mantello arancione sulla spalla sinistra, con calzari come quelli di tutti gli altri israeliti raffigurati. Due volte porta in mano un bastone corto (A e D), liscio, non fiorito. Ritengo che si tratti di uno scettro per indicare la sua discenden za regale davidica, dal momento che proprio all'annuncio Giuseppe viene appellato dall'angelo di JHWH «Giuseppe figlio di Davide>> (Mt 1 ,20).6 Nella Cappella Borghese o Paolina, detta anche Cappella della Madonna, ai lati dello sfarzoso altare con l'immagine della Salus Po puli Romani, sono collocate in due nicchie due statue di marmo bian co: alla sinistra di chi guarda, la statua dell'evangelista Giovanni co n il simbolo inconfondibile dell'aquila accanto alla gamba destra; di fronte, la statua di s. Giuseppe, di Ambrogio Buonvicino ( 1611 ), con i seguenti strumenti: accanto alla gamba sinistra, una sega e un ara tro; davanti al piede, un martello e un compasso. Il piede destro si ap poggia su una mensola, decorata frontalmente, mentre sul lato sini stro questa reca un manico e assomiglia a una pialla. Il volto penso so è rivolto a un libro aperto7 nella mano sinistra, mentre con la de-
• A prescindere dal riferimento indeterminato ai padri, suscita una certa perples sità la presentazione da parlc di J. RATZINGER, «"Et incamatus est de Spiritu Sancto ex Maria Virgine ... "»: «San Giuseppe viene indicato, tramite il bastone fiorito, come sommo sacerdote. come archetipo del vescovo cristiano(.. .]. Giuseppe il giusto, è pre sentato come amministratore dei misteri di Dio. come sovrintendente e custode del santuario, che è la sposa ed il Logos in lei [Maria]. Cosi egli diventa l'immagine del ve scovo, al quale è affidata la sposa; essa non è a sua disposizione. ma solto la sua pro tezione15h>. In nota 5: «Mi appoggio qui su un lavoro non pubblicato di A. T>HER MEYER, Joseph a/s Idea/bi/d des frii.hchristlichen Bischof' und Priesters, Roma 1 989. che offre un'interpretazione dell'iconografia dell'arco trionfale di S. Maria Maggiore, sviluppata a partire dai testi contemporanei dei Padri» ( Theotokos 3[1995], 296). Abraham Andreas Thiermeyer fu discepolo di P. AMATO. «Joseph. époux de Marie, dans l'are triomphal de Sainte Marie Majeure a Rome. Elude iconologique», in Bul letin de /'As.wciation lnternationa/e pour I'Etude de la Mosai'que Alllique (A.I.E.M.A.) 8(1 980). 105-1 1 1 . A p. 1 10, 1'autore intitola il par. 4E): «Joseph, type ou image des éve ques et des pretres». Contro: Giuseppe non avrebbe mai potuto essere sommo sacer dote (o gran sacerdote) perché della stirpe di Giuda e non di Levi. Soltanto in una su tre recensioni, quella arabo-latina, di uno degli apocrifi sulla natività e infanzia del Si gnore, Storia di Giuseppe falegname. viene narrato: (> perché non abbastanza vero-simili. I racconti di annunciazione nell'AT, in cui vengono narrate na scite straordinarie di bambini straordinari - Isacco, Sansone, Samue le, il figlio del re Achaz... - hanno, per loro natura, inevitabilmente delle note in comune. Nessuno, all'epoca, metteva in dubbio la na scita reale di quei personaggi. Gli evangelisti Matteo e Luca cono scevano certamente questi racconti e, perché no?, forse anche del le parafrasi romanzate. Per questo sono altrettanto incisive le loro va riazioni sul tema, come avremo modo di constatare. Se avessero voluto fare delle riletture midrashiche della Scrittu ra, creando delle favole per spiegare le citazioni bibliche (ad esem pio Matteo: Is 7,14 con Mt 1 ,2 1 ; Mi 5,2 con Mt 2,6; Os 1,11 con Mt 2,15; Ger 31,15 con Mt 2,17; Gdc 13,2-24 con Mt 2,23!) - e non vice versa -queste risulterebbero meno forzate e il lettore capirebbe che si tratta di riletture midrashiche. Paradossalmente sarebbero midrash anche i racconti della pas sione e morte di Gesù, per le quali vengono adoperate formule di adempimento come per il vangelo dell'infanzia. Matteo e Luca invece manifestano chiaramente l'intento di nar rare «Storia>>, storia secon do lo schema promessa-adempimento, col laudato nella Chiesa delle origini. Altro discorso è su quale canovac cio gli evangelisti abbiano ordito la trama dei loro racconti per dare loro l'attuale veste letteraria, combinando tradizione e redazione; quali strategie narrative abbiano adoperato per rendere ragione con parole adeguate del messaggio evangelico. Chiara è anche la loro preoccupazione di dimostrare che in Gesù si compiono le Scritture. Era questo il compito dei profeti cristianU Essi collocano il loro van gelo dell'infanzia nella scia luminosa della parola di Dio- Torah e Profeti - utilizzando e superando generi letterari noti. È comunque un dato di fatto che i vangeli come tali, non soltan to i cosiddetti vangeli dell'infanzia, sono narrazioni meravigliose e le esperienze mistiche, le visioni di angeli, i miracoli sono parte inte-
7 M.·L. RIGATO, «Quali i profeti di cui nella I PI EAD., «Il carisma di interpretare la Sacra Scrittura
in Ricerche Teologiche 2(2001), 15-49.
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1.10». in RivBib/r38(1990), 73-90; in profeti cristiani (!Pt 1,10-12)»,
grante dei vangeli stessi. Tocca ai profeti cristiani interpretare, con testualizzare, spiegare e finalmente accettare il razionalmente in spiegabile.
3. Le genealogie secondo Matteo (Mt 1,2-17) e secondo Luca (Le 3,23-38) Matteo ha sistemato - non creato - la genealogia di Giuseppe con una certa libertà e artificiosità in 42 generazioni «fino a Cristo» com preso, e sdoppiando Ieconia (M t l , 17) , un numero multiplo di sette. Luca ne conta 58. I nomi, da Zorobabele ad Abramo, si trovano nel la Torah (Gen 38,6 = Mt 1 ,3), nei Profeti (Gs 6,25 e Rut 4,13 = Mt 1,5), negli Scritti (lCr 1 ,34 = Mt 1 ,2; 1 Cr 3,19 = Mt 1,2-12), secondo la divisione !ripartita delle Scritture, chiamata dagli ebrei TaNaK (Torah-Nebiim-Ketubim). Nell'elenco degli ascendenti, dal padre di Giuseppe fino a Zoro babele compreso, Matteo annovera dieci nomi, Luca diciannove. La discussione sulla diversità delle due genealogie è sempre stata molto vivace. Su 58 nomi lucani, solo 17 coincidono con Matteo! Anche per Luca, Gesù è discendente di Davide, ma non nella linea di Salomo ne, bensì in quella di lettura variante . In Giudea riscuoteva le tasse per i romani, in Galilea per Erode Antipa. Era questo il caso di Matteo, il quale era , in Galilea, quando Gesù gli disse: (Mt 9,9). Forse era un funzionario di Erode per le tasse di dogana. Secondo gli scrittori greci, Ire neo di Lione (130 ca.-202 ca.) ed Eusebio di Cesarea (260/264-339/340) - che a loro volta riportano tradizioni più antiche e a loro volta passano la mano agli altri testi moni: «Il Matteo peraltro pubblicò anche una scrittura di vangelo (grafén euaggeliou) tra gli Ebrei nella loro propria lingua, mentre Pietro e Paolo a Roma andavano evangelizzando e rinforzando la chiesa. Dopo la loro uscita (exodon)lmorte, pubblicò Marco [ .)>>. 1 1 Eusebio introduce Papia nel capitolo dedicato a Ignazio di An tiochia (t 108/1 10) e alle sue lettere; Papia (t ca. 130)12 era vescovo della Chiesa di Gerapoli: ..
Papia >; ; > si a dal punto di vista politico sia dal punto di vista etnico, perché apparteneva alla comunità dei siri e non dei giudei. Eusebio tace sul «Siro» e ci autorizza a ritenere che Luca lo era solo politicamente. Le lingue in uso ad Antiochia erano certamente, come a Roma, il greco e il latino, senza escludere il siriaco ossia l'aramaico, distinto dall'ebraico, lingua propria della nazione giudaica. Ho già espresso più volte la convinzione, basata sui testi, che nella terra d'Israele (M t 2,20.2 1), Galilea compresa, la lingua ebraica sia stata non soltanto la lingua sacra, ma anche quella nazionale, seppure in farcita - come del resto ogni lingua! - di neologismi, nella fattispecie di parole aramai che, greche, latine, nabatee, persiane, ebraizzate e non. Eusebio narra che Luca è stato «moltissimo insieme a Paolo». Questa affermazione sollecita un 'ipotesi alquanto suggestiva. Lad dove nelle testimonianze antiche vengono nominati anche gli apo stoli, si legge prima che Luca fu loro discepolo e poi che aveva se-
38 Di Giuseppe Flavio. alla cui opera attinge abbondantemente. EusEBIO afferma però che in quel témpo egli «fu uomo il più onorato dei Giudei non soltanto presso i connazionali ma anche presso i Romani• (HE 3,9,2). Di Aquila e Teodozione specifi ca che erano «Giudei proseliti• (5,8.10).
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guito Paolo, come abbiamo visto sopra nel «Prologo antichissimo» (cf. nota 33). Nel caso di Eusebio, l'essere precede la frequentazione degli apostoli (HE 3,4,6). Ciò significherebbe che Luca sia stato in relazione con Paolo già prima di conoscere gli apo stoli. Significherebbe altresì che Luca e Paolo, due giudei della dia spora, potrebbero aver studiato insieme la Torah a Gerusalemme ai piedi di Gamaliele! Possiamo anche ipotizzare che Paolo e Luca erano tra quei giudei «romani residentP9 (hoi epidemountes R6maioi)•• a Gerusalemme, nominati da Luca nella lista dei giudei presenti alla pentecoste (A t 2,10), senza escludere pellegrini giudei provenienti da Roma. È soltanto il Paolo lucano, con il permesso del tribuno Claudio Lisia (A t 21,37), davanti al popolo inferocito a causa del sospetto che egli avesse introdotto nel Santuario di Gerusalemme un incirconciso (21 ,28-29), ad autopresentarsi «in lingua ebraica>> nei termini se guenti: «lo sono un uomo [essere maschile] Giudeo nato a Tarso del la Cilicia, ma cresciuto [nutrito] in questa città,40 educato presso i piedi di Gamaliele conforme all'esattezzalminuziosità (akribeian) della legge paterna, essendo zelatore di Dio•• (22,3). Si noti la diffe renza tra l'autopresentazione in ebraico alla folla e quella in greco al tribuno romano: , avremmo l'au toritratto di Luca! Gamaliele era fariseo, maestro di Torah (nomodidaskalos) e membro del Sinedrio (At 5,34). Il Paolo lucano si vanta sia davanti al Sinedrio: (23,6-7)
sia davanti al re giudeo Agrippa II:
39 Il termine ricorre un'altra volta: •Ateniesi e tutti i residenti stranieri (hoi epidè· mountes xenoi)» (Al 17,21).
40 Luca nomina anche il nipote, figlio della sorella di Paolo. il quale. venuto a sa pere del complotto contro lo zio, andò a informarlo (Al 23,16).
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«tutti i Giudei conoscono la mia vita dalla giovinezza, condotta [fin) da principio (ap 'arches) tra la mia gente/nella mia Nazione (en toi ethnéi mou) in Gerusalemme - se vogliono testimoniare - conoscendomi già da prima (anothen): sono vissuto [da) fariseo secondo il movimento più pi gnolo/preciso (akribestatén) della nostra religione» (26,4-5). Anche Giuseppe Flavio definisce i farisei come «coloro che ri tengono di interpretare con precisione (meta akribeias) le prescri zioni» (B 2,162). Possiamo essere certi che Paolo raggiunse anche il grado di mae stro alla scuola di Gamaliele prima di ricevere l'incarico autorevole scritto dai capi sacerdoti e dagli anziani di Gerusalemme per le sina goghe di Damasco contro i discepoli di Gesù (At 9,1-2; 22,4-5; 26,10-12). Nel Canone Muratoriano (160-170 d.C.) Luca è definito «quasi litteris studiosum>>.41 Tradotto in categorie dei vangeli sinouici equi vale quasi alla lettera a , scriba. Nel Vangelo lucano gli seri bi sono sinonimi di . maestri di Legge (Le 5,12 con 5,21) e di , periti di Legge (Le 1 1 ,45.46.52 con 1 1 ,53), ossia esperti nella Torah. Entrambi i termini sono quasi esclusiva mente lucani.42 Un famoso lucano è quello che chiede a Gesù che cosa fare per ereditare la vita eterna. Segue l'ineguagliabi le racconto del buon Samaritano ( 10.25-37). Chissà che Luca, nella sua redazione, non dipinga anche qui il proprio autoritratto di esperto di Torah, prima di conoscere le aper ture evangeliche di Gesu! I farisei avevano i propri scribi (Mc 2,16; Le 5,30; At 23.9). Luca, divenuto discepolo di Gesù prima di Paolo, solo in un se condo tempo (hysteron) segui quest'ultimo da vicino (parakolouthé sas),43 non come discepolo, ma come compagno di viaggi - secondo le famose sezioni ,52 seguire da vicino, tallonare, andare dietro, accompagnare, naturalmente, come in italiano, è adoperato anche nel senso di inseguire una notizia, una verità (in greco regge il dativo). L'avverbio .3
La notizia, com'è ovvio, fece il giro del mondo. Quando si stabilì la famiglia sacerdotale Happizzez a Nazaret? Il nome «Happizzez>> («Afessb> nella LXX) ricorre una sola volta nel la Bibbia e precisamente in 1Cr 24,15.4 Benché il cronista faccia ri salire a David la divisione in classi/turni di servizio (24,3), attingen do verosimilmente a un altro «libro delle Cronache» citato in Nee mia (Ne 12,23), è chiaro che si tratta anche di un testo attualizzato
' M.Av1-YoNAH, •A Lisi of Priestly Courses from Caesarea», in /El 12(1%2). 136139, qui 139. Ricostruito: «classe 18.ma Happizzez Nazaret n,iJ fi�i1 i1�ll :·mr.r=' .,o:ro». 4 Ecco le 24 classi sacerdotali secondo il Primo libro delle Cronache: Jehojarib, Je dajah, Harim, Seorim, Malkijah, Mijamin, Haqqos, Abijah, Giosuè, Shekanjahu, Elia shib, Jaqim. Chuppah, Jeshebab, Bilgah, Immer, Chezir, Happizzez. Petachjah, Eze chiele, Jakin, Gamul, Delajahu. Maazjahu.
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per la situazione del III secolo a.C. Dal libro di Neemia apprendia mo del ripopolamento di Gerusalemme dopo l'esilio e di alcune fa miglie sacerdotali che vi si stabilirono (Ne 7,4 ) Mettendo a confron to i nomi del libro di Neemia ( 1 1 ,10-14) con quelli del Primo libro delle Cronache (1Cr 24,7.17.9.14), risultano residenti a Gerusalem me le classi 1", 21", 5•, 16• e forse un'altra che non si riesce a identifi care. Le altre classi si stabilirono nel territorio di Giuda e di Benia mino (Ne 1 1 ,36). Zaccaria ed Elisabetta risiedevano in una città col linosa di Giuda (Le l ,39). G iuseppe Flavio nella sua parafrasi al passo di Neemia scrive che costui esortò sacerdoti e !eviti ad abbandonare la campagna (ten ch6ran) e a stabilirsi in città, facendo loro preparare delle case a sue pro prie spese (A 1 1 ,181-182). Questo dettaglio non si trova in Neemia. Al tempo di Giuda Maccabeo (tra il 166 e il 161/160 a.C., anno in cui morì), quindi meno di un secolo dopo il relato del cronista, si vie ne a sapere che in Galilea vivevano dei giudei. Questi vengono tra sferiti in Giudea per timore di rappresaglie da parte delle genti (lMac 5,14.17.20-23). Tolomeo V Filometore (180-145 a.C.) rinunciò a riscuotere dalla Giudea, dalla Samaria e dalla Galilea la terza parte del seminato e la metà dei frutti che prima gli spettavano (l Ma c l 0,30). Questo significa che la Galilea si era ripopolata di giudei, anche se le battaglie continuarono (lMac 1 1,63-74; 12,47-49). Tuttavia fi nalmente: .
> (Mc 5,7; Le 8,28 «ti prego, non tormentarmi>>). Possiamo considerarla un'e spressione idiomatica, né cortese, né sgarbata. Il «segno grande>> della donna senza nome dell'Apocalisse, «ve stita del sole, e la luna al di sotto dei suoi piedi, e sopra il suo capo una corona di dodici stelle>> (Ap 12,1.4.6.13.14.15.16.17) continua a essere oggetto di discussione quanto alla sua interpretazione. Deco dificare un simbolo è sempre complesso. Certamente Giovanni de scrive la donna come una regina madre: la corona sul capo e il figlio maschio partorito che governerà tutte le genti con scettro di ferro (Sal 2,7). E non c'è dubbio che questo figlio è «il Verbo di Dio» (Ap 19,1 3). Cielo, sole, luna, stelle rappresentano la creazione; le dodici stel le21 possono significare la totalità, lo zodiaco, le dodici tribù d'Israe le, i dodici apostoli... Perché dietro il «grande segno>> non dovrebbe celarsi un 'allusio ne a Maria? Infine Paolo, nella Lettera ai Galati, senza farne il nome, si riferi sce a Maria: «Quando venne la pienezza del tempo, Dio inviò il Fi glio suo, nato da donna, nato sotto la Legge>> (Gal 4,4). Paolo identi fica dunque sia la madre, sia il figlio Gesù come giudei. c) e d) «La vergine>>, «la fidanzata>>, ossia la promessa sposa: è una terminologia usuale nella Bibbia (Es 22,15; Dt 22,23.28).
20 Iefte mandò a dire al re degli ammoniti: «Che cosa a me e a te, perché tu inva· da la mia terra?» (Gdc 1 1 ,12): la vedova di Zarepta. il cui figlio era moribondo. a Elia: «Che cosa a me e a te. o uomo di Dlo? Sei venuto da me per rinnovare il ricordo del la mia colpa?» (quale?) ( I Re 17,18). poi Elia rivificò il ragazzo; Eliseo al re d'Israele Giosafat (2Re 3,13); Necao re d'Egitto a Giosia re di Giuda (2Cr 35.21). 21 Il termine «ast�r», stella, astro. ricorre 14 volte nell'Apocalisse: Ap 1,16.20.20; 2,1 .28; 3,1; 6,13; 8.10.1 1.12; 9,1; 12,1 .4; 22,16.
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A Matteo in particolare fa gioco l'oracolo di Isaia (Is 7,14) che egli cita dalla versione greca della Bibbia: «"Ecco la vergine avrà in grembo e partorirà un figlio e chiameranno il nome di lui Emma nuel" che è tradotto con-noi-Dio» (Mt 1,23). Ci torneremo sopra a p. l lO. Maria è coinvolta come protagonista nella citazione isaiana, nel la quale Matteo sottolinea l'epiteto . Altri due epiteti da parte di Elisa betta: «Beata colei che ha creduto: vi sarà compimento per le cose a lei comunicate da parte del Signore>> (Le 1 ,45). Viene immediatamente alla mente la beatitudine giovannea sulle labbra di Gesù: «beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!>> (Gv 20,29). Una donna anonima della folla grida: (Le 1 1 ,27). Anche qui Ge sù sembra relativizzare il ruolo della madre: (11,28). Chi più di Ma ria, dopo Gesù, ha ascoltato e osservato la parola di Dio? Quando Luca scrive, Maria è già dichiarata beata da ogni gene razione (2,48). Luca non presenta una povera ragazza di paese. Emerge e si erge invece una donna matura, splendida, amabilissima, piena di Dio, consapevole del proprio ruolo, degna di fede, profonda conoscitrice delle Scritture. i) Il famoso fu tradotto da Girolamo con «gra tia piena>>, piena di grazia. Luca sostituisce il nome di Maria con que sto participio perfetto del verbo gratificare, perché il Signore è con lei. Luca esplicita il senso due versetti dopo: «infatti hai trovato gra zia da parte di Dio (heures gar charin)>>. Maria è dunque oggetto di grazia divina in un modo unico (Le 1 ,28.30). Negli Atti degli apostoli Luca pone sulle labbra di Stefano un'e spressione analoga per Davide: (At 7,46). Il verbo charitousthai non ha corrispondente ebraico. Ricorre nel Siracide con lo stesso participio perfetto, ma al maschile e senza al lusione a Dio (Sir 18,7). Più vicina al passo lucano è la ricorrenza del verbo nella Lettera agli Efesini: > (23,28-30). «Anche ai figli di Aronne le loro suddivisioni (mach/'qotam)>>. . Li divisero a sorte (b'goralot) (LXX kaca k/erous): «la prima a Jehojarib [ ... ) l'ottava ad Abia ( ... ), la diciottesima a Happizzez>> (lCr 24,1-6.10.15).
tre classi evidenziate corrispondono rispettivamente a quella di Giuseppe Flavio (Vita 2), a quella di Zaccaria (Le 1,5) e a quella di stanza a Nazaret, e quindi presumibilmente di Maria. Le
9. Maria e i velari del Tempio di Gerusalemme Le informazioni - di cui fra breve - sui velari del Tempio di Ge rusalemme, in specie quello erodiano, unitamente a quanto è emer so sulla famiglia di Maria, ci permettono una lettura meno prevenu ta nei confronti di certe affermazioni dell'apocrifo greco Protovan gelo di Giacomo (II sec.). Da questo emergono delle tradizioni sui rapporti di Maria con il Tempio, tra le quali si può individuare una sorta di zoccolo duro. Al di là di notizie sicuramente non esatte e/o esagerate, qui interessa quella sui velari. Nel Protovangelo si legge: «Ci fu un consiglio dei sacerdoti dicenti: Facciamo un velario per il Tem pio (katapetasma toi naoi). Disse il sacerdote: Chiamate le vergini pure (parthenous amantous) dalla tribù di David. I sovrintendenti (hai hypere tai) andarono e ne trovarono sette. Si ricordò il sacerdote della fanciulla (tes paidos) Maria della tribù di David e pura per Dio. Se ne andarono i sovrintendenti e la condussero e la introdussero nel Tempio del Signore. Il sacerdote: "Sorteggiatemi chi filerà l'oro e il puro (lo amianton) e il bis so e il serico (serikon) e il giacinto/azzurro e lo scarlatto e la porpora ve71
race". La porpora verace e lo scarlatto toccavano alla Maria, che (Ii) pre se e se ne andò a casa sua. [ ... ] Maria prese lo scarlatto e filava». Maria «prese la porpora, si sedette sul suo trono e la filava». Maria > ( 4,51 ) . Questo significa che Giuda M accabeo, nel restaurare il Santuario di Gerusalemme (164 a.C.), aveva a disposi zione più di un velario. Nella Lettera agli Ebrei, pur parlando del «Santuario-Tenda>> di Mosè, l 'autore afferma che «dopo il secondo (deuteron) velario c'era il Santo dei Santi>> (Eb 9,3). Se accenna al «secondo>>, significa che l'autore conosceva nella realtà anche un primo velario. Di questi velari molto più diffusamente ci narra Giuseppe Flavio, testimone oculare privilegiato del Tempio e dei suoi velari, perché le vita sacerdote residente a Gerusalemme e perché presente al corteo trionfale di Vespasiano e Tito a Roma (71 d.C.). Egli adopera due termini: «empetasma>>, con due ricorrenze, e , con die ci ricorrenze. «Katapetasma>>30 ricorre sia al singolare, sia al plurale. Nel de scrivere il primo Tempio, Giuseppe Flavio afferma che Salomone ap pese davanti alla porta del Santo dei Santi un «filato (hyfesin) di az zurro, porpora e scarlatto, nonché del più splendido e morbidissi-
29 Es 26,31.33.33.33.35; 27.21 ; 30,6; 35,12; 36,35; 38,27; 39,34; 40,3.22.26: 4 1 ,21; Lv 4,6.17; 16.2.12.15; 21.23: 24,3; Nm 4,5: 18.7;2Cr 3.14. ln Es 39,34 e 41,21 si parla di «Ve lario di copertura (paroket ha-rnasak)». 30 Al singolare: GIUSEPPE FLAVIO. B 5,212.219; 6.390; 7,162; A 8.90. Al plurale: B 5,232; 6,389; A 8.75; 12,250; 14,107.
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mo», chiamato poi velario. Alle porte (d'ingresso al Santo) appese dei ve/ari come all'interno (A 8,72.75.90). Nel descrivere il Tempio erodiano (20/19 a.C.), nella Guerra giu· daica racconta che i sacerdoti potevano salire mediante dodici gra· dini al Vestibolo del Tempio, aperto - chiamato da Giuseppe Flavio >. Costui, giunto a Roma sotto papa Aniceto ( 154166), proveniente dal giudaismo, essendo della prima successione de gli apostoli,7 narra della figura e del martirio di Giacomo «nella ma niera più esatta>>. I l racconto della testimonianza di Giacomo circa la «fede in Cri stO>>, «figlio di Dio e salvatore nostro Gesù>> fino alla sua testimo nianza con il sangue. ricalca in diversi punti quella lucana negli Atti degli apostoli circa la testimonianza e uccisione di Stefano per Iapi dazione. Riporteremo qui l'essenziale:
' Filone. Giuseppe Flavio, gli autori del Nuovo Testamento, Clemente Romano (ICI 41 ,2), Eusebio ed Epifanio compresi. 6 EUSEBIO DI CESAREA. HE 2,1 ,2; 3.7,8; 4,5,3; 7,19. 1 EusEBIO DI CESAREA, HE 4,22,8; 2,23,3.
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«La chiesa riceve dopo gli apostoli il fratello del Signore Giacomo, de nominato da tutti "giusto", dai tempi del Signore fino ai nostri, poiché m olti si chiamavano Giacomo. Era santo dal seno di sua madre. Non bev ve vino o bevanda inebriante e non mangiò cosa animata (empsychon). Rasoio non passò sul suo capo, non si unguentò d'olio e non si servì di balneo. Solo a costui (toutoi monoi) era permesso di entrare nei Santi (eis 1a hagia) . Non indossava infatti lana, ma sindoni [di lino] (sindonas). E solo (monos ) entrava nel Tempio (eis 10 naon) e fu trovato giacente . sulle ginocchia chiedendo remissione (afesin) in favore del popolo, con le sue ginocchia indurite come quelle di un cammello a causa del piega re(le] sempre, prostrandosi sul ginocchio a Dio per chiedere remissione per il popolo» (HE 2,23,4-6).8
Quanto a «giustO>>, qualifica ripetuta ben 18 volte a proposito di Giacomo, è lecito pensare a un uomo notoriamente osservante della Torah, come, ad esempio, Zaccaria ed Elisabetta che >: l'espressione ci è nota per Sansone nella LXX (GdcG 13,7; 16,17). Nella Bibbia ebraica, invece di ••hagios••. santo. si trova >; >. La Bibbia in lingua corrente (LDC-ABU 1985): . Altre traduzioni moderne: >. Secondo la LXX: «la larghezza del tuo territorio, Con-noi-il-Dio" (meth'hem6n ho Theos)>>. Nella LXX dun que il nome Emmanuel compare una volta come tale e una volta tra dotto, esattamente come in Matteo, l'unico a usare Emmanuel. L'e vangelista rivela rigore e libertà nell'adattare una profezia (intesa in senso lato) alla situazione vitale di Gesù. La variazione matteana «chiameranno>> anziché «chiamerai>> o «lei chiamerà>> appare del tut to intenzionale, specie alla luce della traduzione del nome Emmanuel ('immanu'el). La variazione del verbo alla terza plurale appare teolo gica: non si tratta più soltanto del genitore o della genitrice che dovrà imporre il nome al neonato, ma della volontà di affermare che tutti i discepoli di Gesù, per sempre, lo chiameranno Con-noi-il-Dio! L'indiscutibile parallelismo tra i versetti 1 ,21 e l ,23 ci permette di sostenere che Emmanuel non è il secondo nome del nascituro, ma è una esplicitazione della realtà di Gesù. È precisamente perché Gesù è il Con-noi-il-Dio, l'lo-con-voi-sono (Mt 28,20), che salverà il suo popolo dai suoi peccati. Quanto al significato del nome di Gesù, Matteo ne fornisce la pro pria traduzione e interpretazione. È quanto mai significativo che, do po un 'attenta analisi di tutte le voci del verbo ebraico «jsh'>> e dei due sostantivi jesha', salvezza, e Jeh6shua' o Jeshua', Giosuè, Gesù, emer ga la situazione seguente:23 l'azione di aiutare-liberare-salvare viene riferita per lo più a Dio, il quale salva l'uomo da una situazione di an goscia, di malattia, di paura, di ingiustizia, di oppressione, di persecu-
23 In totale 290 ricorrenze: jsh', aiutare. liberare. salvare. 177 volte;fshll"a, aiuto, liberazione, salvezza, 78 volte;jèsha', aiuto. liberazione, salve zza , 35 volte.
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zione, di invasione del nemico, di annientamento, sia a livello perso nale (la morte), sia a livello collettivo (la sparizione d'Israele...). I seguenti passi - e soltanto questi - sono in rapporto con il peccato: ls 12,1-3: