I genitori di Gesù. Una rilettura di Matteo e Luca 9788810965542

Una nuova tessera si aggiunge al complesso mosaico della vita terrena dei 'genitori' di Gesù. Attraverso un ri

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I genitori di Gesù. Una rilettura di Matteo e Luca
 9788810965542

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Collana Studi biblici 12. F.-E. Wilms,J miracoli nell'Antico Testamento

13. Il Midrash Temurah, a cura di M. Perani J. Dupont, Le tre apocalissi sinottiche 15. l. de la Potterie, Il mistero del cuore trafitto 16. W. Egger, Merodo/ogia del Nuovo Testamento 17. J. Darù, Principio del Vangelo di Gesti Cristo secondo Marco 18. S. Zedda, Teologia della salvezza nel Vangelo di Luca 19. L Gianantoni, La paternità apostolica di Paolo 20. S. Zedda, Teologia della salvezza negli Arri degli Apostoli 21. A. Giglioli, L'uomo o il creato? 22. M. Pesce, Le due fasi della predicazione di Paolo 23. E. Boccara, Il peso della memoria 24. L. Alonso Schokel- J.M. Bravo Arag6n, Appunti di ermeneutica 25. Merodologia dell'Antico Testamento, a cura di Simian-Yofre 26. F. Manns, Il giudaismo 27. G. Cirignano- F. Montuschi, La personalità di Paolo 28. F. Manns, La preghiera d'i.> (Mc 6,3). Ecco tutte le ricorrenze di cui sopra nel loro immediato contesto: Le 2.27:

Simeone si recò al Santuario (eis to hieron), non nel Tempio2

«mentre i genitori introducevano il bambino Gesù per fare a suo riguar­ do secondo la consuetudine della Legge».

Le 2,41: «I genitori di lui si recavano ogni anno a Gerusalemme alla festa della Pasqua>>.

Le 2,43: «Compiuti i giorni, nel ritornare indietro il ragazzo Gesù rimase a Gerusalemme. I genitori di lui non conobbero» la circostanza.

Le 2,33: «Il padre e la madre di lui erano stupefatti di ciò che si parlava di lui», riferito ai pastori.

Le 2,48: «Avendolo visto, furono attoniti. Gli disse la madre di lui: "Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo"».

Mt 13,55: «Non è costui il figlio dell'artigiano? Non si chiama la madre di lui Maria?». Gv 6.42: «Dicevano: "Non è costui Gesù, il figlio di Giuseppe, del quale noi conosciamo il padre e la madre? Come ora dice: Sono disceso dal cielo?"».

A romani e pellegrini è ben nota in Roma la basilica di Santa Ma­ ria Maggiore sul colle Esquilino. In essa possiamo ammirare «i geni­ tori» di Gesù splendidamente raffigurati. Richiamo particolarmente l'attenzione su due maniere di rappre­ sentare plasticamente Giuseppe, in sintonia con M t 1-2 e Le 1-2, nei mosaici dell'arco trionfale,3 commissionati da Sisto III (432-444) che costituiscono un caso unico nella storia del mosaico cristiano- e nella statua della Cappella Borghese (1611). Sull'arco trionfale gli artefici dell'iconografia musiva pa leocri­ stiana hanno attinto sia a Matteo, sia a Luca e con discrezione ai van­ geli apocrifi. Nelle quattro fasce orizzontali, Giuseppe compare 5

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2 Distinguo rigorosamente «il Tempio» (ho naos) dal Sacrario o Santuario (lo hk­ Di più sollo a p. 33 e 84. ' Suggerisco B. HACK (ed.), l mosaici di Santa Maria Maggiore in Roma. A. Reiff & Cie. Offenburg (Baden) l %7. Questa edizione non fu posta in commercio. Si trat ta di un volume con 210 tavole che riproducono- in generale e in deltaglio- con una guida in cinque lingue, senza commento, i mosaici paleocristiani e medievali della Ba­ silica Liberiana. ron).

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volte, Maria 4. Nella prima fascia (A) a sinistra, a partire da sinistra, si vedono: la casa di Maria; l'annuncio da parte di un angelo in volo a sinistra sopra la Vergine, seduta fra quattro angeli in piedi; l'an­ nuncio, da parte di un angelo, a Giuseppe. entrambi in piedi; la casa di Giuseppe. La seconda fascia (B) è dedicata all'adorazione dei ma­ gi: inizia, a sinistra, con Giuseppe• in piedi; segue uno dei magi, indi­ cante con la destra alzata la stella a otto punte sopra il capo di Ge­ sù: Maria in piedi accanto al trono; Gesù fanciullo seduto sul trono, con quattro angeli in piedi alle spalle; a destra del trono, una donna pensosa seduta su un tronetto, con uno scialle intorno alle spalle e al capo, sotto un vestito dorato, e con un rotolo bianco aperto in mano; due magi; una città stilizzata. Verosimilmente la donna rappresenta plasticamente «Legge e Profeti>> che in Gesù si devono compiere. Nella prima fascia a destra (C) si colloca la scena della presenta­ zione di Gesù al Santuario: a partire da sinistra, Gesù è portato in braccio da Maria, accompagnata da due angeli, mentre Giuseppe, scortato da un angelo, porta le tortore; l'incontro con Anna, profe­ tessa con il capo velato, Simeone, !eviti (capi sacerdoti con piviale e sacerdoti semplici), il Tempio: un angelo parla a Giuseppe addor­ mentato accanto al Tempio. Nella seconda fascia (D), a partire da de­ stra, si notano, in piedi, due angeli: come una coppia regale Maria e Giuseppe, il quale stende la mano destra sul capo di Gesù bambino, alle cui spalle si trovano altri due angeli in piedi; incontro con un gruppo di dieci personaggi; una cit tà stilizzata. In questi splendidi mosaici Maria è sempre raffigurata come una regina , a capo scoperto, con un diadema. Giuseppe compare sempre con capelli e barba scuri,5 vestito di una tunica bianca fino al ginoc-

4 Si tratta certamente di Giuseppe, come si può dedurre dal panneggio e dal re­ sto dei tratti del tutto simili agli altri s. Giuseppe qui rappresentati. L'artista lo ha col· locato nella scena dei magi anche se Matteo 2,1-12 non lo nomina in questo contesto. I celebri mosaici posteriori del VI sec. di Ravenna. Basilica di S. Apollinare Nuovo. pa· rete destra, nella stessa scena non raffigurano Giuseppe. Egli non compare neppure nell adorazione dei magi su un riquadro di una por ta istoriata di S. Sabina in Roma del V secolo. s Soltanto nella scena della presentazione Giuseppe ha capelli e barba brizzolati. Ben diversa è la rappresentazione musiva medievale nel catino absidale (1288-1292): Giuseppe anziano compare nella natività di Gesù e nella presentazione al Tempio co· me figura sbiadita, insignificante, del tutto secondaria. '

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chio e un mantello arancione sulla spalla sinistra, con calzari come quelli di tutti gli altri israeliti raffigurati. Due volte porta in mano un bastone corto (A e D), liscio, non fiorito. Ritengo che si tratti di uno scettro per indicare la sua discenden­ za regale davidica, dal momento che proprio all'annuncio Giuseppe viene appellato dall'angelo di JHWH «Giuseppe figlio di Davide>> (Mt 1 ,20).6 Nella Cappella Borghese o Paolina, detta anche Cappella della Madonna, ai lati dello sfarzoso altare con l'immagine della Salus Po­ puli Romani, sono collocate in due nicchie due statue di marmo bian­ co: alla sinistra di chi guarda, la statua dell'evangelista Giovanni co n il simbolo inconfondibile dell'aquila accanto alla gamba destra; di fronte, la statua di s. Giuseppe, di Ambrogio Buonvicino ( 1611 ), con i seguenti strumenti: accanto alla gamba sinistra, una sega e un ara­ tro; davanti al piede, un martello e un compasso. Il piede destro si ap­ poggia su una mensola, decorata frontalmente, mentre sul lato sini­ stro questa reca un manico e assomiglia a una pialla. Il volto penso­ so è rivolto a un libro aperto7 nella mano sinistra, mentre con la de-

• A prescindere dal riferimento indeterminato ai padri, suscita una certa perples­ sità la presentazione da parlc di J. RATZINGER, «"Et incamatus est de Spiritu Sancto ex Maria Virgine ... "»: «San Giuseppe viene indicato, tramite il bastone fiorito, come sommo sacerdote. come archetipo del vescovo cristiano(.. .]. Giuseppe il giusto, è pre­ sentato come amministratore dei misteri di Dio. come sovrintendente e custode del santuario, che è la sposa ed il Logos in lei [Maria]. Cosi egli diventa l'immagine del ve­ scovo, al quale è affidata la sposa; essa non è a sua disposizione. ma solto la sua pro­ tezione15h>. In nota 5: «Mi appoggio qui su un lavoro non pubblicato di A. T>HER­ MEYER, Joseph a/s Idea/bi/d des frii.hchristlichen Bischof' und Priesters, Roma 1 989. che offre un'interpretazione dell'iconografia dell'arco trionfale di S. Maria Maggiore, sviluppata a partire dai testi contemporanei dei Padri» ( Theotokos 3[1995], 296). Abraham Andreas Thiermeyer fu discepolo di P. AMATO. «Joseph. époux de Marie, dans l'are triomphal de Sainte Marie Majeure a Rome. Elude iconologique», in Bul­ letin de /'As.wciation lnternationa/e pour I'Etude de la Mosai'que Alllique (A.I.E.M.A.) 8(1 980). 105-1 1 1 . A p. 1 10, 1'autore intitola il par. 4E): «Joseph, type ou image des éve­ ques et des pretres». Contro: Giuseppe non avrebbe mai potuto essere sommo sacer­ dote (o gran sacerdote) perché della stirpe di Giuda e non di Levi. Soltanto in una su tre recensioni, quella arabo-latina, di uno degli apocrifi sulla natività e infanzia del Si­ gnore, Storia di Giuseppe falegname. viene narrato: (> perché non abbastanza vero-simili. I racconti di annunciazione nell'AT, in cui vengono narrate na­ scite straordinarie di bambini straordinari - Isacco, Sansone, Samue­ le, il figlio del re Achaz... - hanno, per loro natura, inevitabilmente delle note in comune. Nessuno, all'epoca, metteva in dubbio la na­ scita reale di quei personaggi. Gli evangelisti Matteo e Luca cono­ scevano certamente questi racconti e, perché no?, forse anche del le parafrasi romanzate. Per questo sono altrettanto incisive le loro va­ riazioni sul tema, come avremo modo di constatare. Se avessero voluto fare delle riletture midrashiche della Scrittu­ ra, creando delle favole per spiegare le citazioni bibliche (ad esem­ pio Matteo: Is 7,14 con Mt 1 ,2 1 ; Mi 5,2 con Mt 2,6; Os 1,11 con Mt 2,15; Ger 31,15 con Mt 2,17; Gdc 13,2-24 con Mt 2,23!) - e non vice­ versa -queste risulterebbero meno forzate e il lettore capirebbe che si tratta di riletture midrashiche. Paradossalmente sarebbero midrash anche i racconti della pas­ sione e morte di Gesù, per le quali vengono adoperate formule di adempimento come per il vangelo dell'infanzia. Matteo e Luca invece manifestano chiaramente l'intento di nar­ rare «Storia>>, storia secon do lo schema promessa-adempimento, col­ laudato nella Chiesa delle origini. Altro discorso è su quale canovac­ cio gli evangelisti abbiano ordito la trama dei loro racconti per dare loro l'attuale veste letteraria, combinando tradizione e redazione; quali strategie narrative abbiano adoperato per rendere ragione con parole adeguate del messaggio evangelico. Chiara è anche la loro preoccupazione di dimostrare che in Gesù si compiono le Scritture. Era questo il compito dei profeti cristianU Essi collocano il loro van­ gelo dell'infanzia nella scia luminosa della parola di Dio- Torah e Profeti - utilizzando e superando generi letterari noti. È comunque un dato di fatto che i vangeli come tali, non soltan­ to i cosiddetti vangeli dell'infanzia, sono narrazioni meravigliose e le esperienze mistiche, le visioni di angeli, i miracoli sono parte inte-

7 M.·L. RIGATO, «Quali i profeti di cui nella I PI EAD., «Il carisma di interpretare la Sacra Scrittura

in Ricerche Teologiche 2(2001), 15-49.

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1.10». in RivBib/r38(1990), 73-90; in profeti cristiani (!Pt 1,10-12)»,

grante dei vangeli stessi. Tocca ai profeti cristiani interpretare, con­ testualizzare, spiegare e finalmente accettare il razionalmente in­ spiegabile.

3. Le genealogie secondo Matteo (Mt 1,2-17) e secondo Luca (Le 3,23-38) Matteo ha sistemato - non creato - la genealogia di Giuseppe con una certa libertà e artificiosità in 42 generazioni «fino a Cristo» com­ preso, e sdoppiando Ieconia (M t l , 17) , un numero multiplo di sette. Luca ne conta 58. I nomi, da Zorobabele ad Abramo, si trovano nel­ la Torah (Gen 38,6 = Mt 1 ,3), nei Profeti (Gs 6,25 e Rut 4,13 = Mt 1,5), negli Scritti (lCr 1 ,34 = Mt 1 ,2; 1 Cr 3,19 = Mt 1,2-12), secondo la divisione !ripartita delle Scritture, chiamata dagli ebrei TaNaK (Torah-Nebiim-Ketubim). Nell'elenco degli ascendenti, dal padre di Giuseppe fino a Zoro­ babele compreso, Matteo annovera dieci nomi, Luca diciannove. La discussione sulla diversità delle due genealogie è sempre stata molto vivace. Su 58 nomi lucani, solo 17 coincidono con Matteo! Anche per Luca, Gesù è discendente di Davide, ma non nella linea di Salomo­ ne, bensì in quella di lettura variante . In Giudea riscuoteva le tasse per i romani, in Galilea per Erode Antipa. Era questo il caso di Matteo, il quale era , in Galilea, quando Gesù gli disse: (Mt 9,9). Forse era un funzionario di Erode per le tasse di dogana. Secondo gli scrittori greci, Ire neo di Lione (130 ca.-202 ca.) ed Eusebio di Cesarea (260/264-339/340) - che a loro volta riportano tradizioni più antiche e a loro volta passano la mano agli altri testi­ moni: «Il Matteo peraltro pubblicò anche una scrittura di vangelo (grafén euaggeliou) tra gli Ebrei nella loro propria lingua, mentre Pietro e Paolo a Roma andavano evangelizzando e rinforzando la chiesa. Dopo la loro uscita (exodon)lmorte, pubblicò Marco [ .)>>. 1 1 Eusebio introduce Papia nel capitolo dedicato a Ignazio di An­ tiochia (t 108/1 10) e alle sue lettere; Papia (t ca. 130)12 era vescovo della Chiesa di Gerapoli: ..

Papia >; ; > si a dal punto di vista politico sia dal punto di vista etnico, perché apparteneva alla comunità dei siri e non dei giudei. Eusebio tace sul «Siro» e ci autorizza a ritenere che Luca lo era solo politicamente. Le lingue in uso ad Antiochia erano certamente, come a Roma, il greco e il latino, senza escludere il siriaco ossia l'aramaico, distinto dall'ebraico, lingua propria della nazione giudaica. Ho già espresso più volte la convinzione, basata sui testi, che nella terra d'Israele (M t 2,20.2 1), Galilea compresa, la lingua ebraica sia stata non soltanto la lingua sacra, ma anche quella nazionale, seppure in farcita - come del resto ogni lingua! - di neologismi, nella fattispecie di parole aramai­ che, greche, latine, nabatee, persiane, ebraizzate e non. Eusebio narra che Luca è stato «moltissimo insieme a Paolo». Questa affermazione sollecita un 'ipotesi alquanto suggestiva. Lad­ dove nelle testimonianze antiche vengono nominati anche gli apo­ stoli, si legge prima che Luca fu loro discepolo e poi che aveva se-

38 Di Giuseppe Flavio. alla cui opera attinge abbondantemente. EusEBIO afferma però che in quel témpo egli «fu uomo il più onorato dei Giudei non soltanto presso i connazionali ma anche presso i Romani• (HE 3,9,2). Di Aquila e Teodozione specifi­ ca che erano «Giudei proseliti• (5,8.10).

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guito Paolo, come abbiamo visto sopra nel «Prologo antichissimo» (cf. nota 33). Nel caso di Eusebio, l'essere precede la frequentazione degli apostoli (HE 3,4,6). Ciò significherebbe che Luca sia stato in relazione con Paolo già prima di conoscere gli apo­ stoli. Significherebbe altresì che Luca e Paolo, due giudei della dia­ spora, potrebbero aver studiato insieme la Torah a Gerusalemme ai piedi di Gamaliele! Possiamo anche ipotizzare che Paolo e Luca erano tra quei giudei «romani residentP9 (hoi epidemountes R6maioi)•• a Gerusalemme, nominati da Luca nella lista dei giudei presenti alla pentecoste (A t 2,10), senza escludere pellegrini giudei provenienti da Roma. È soltanto il Paolo lucano, con il permesso del tribuno Claudio Lisia (A t 21,37), davanti al popolo inferocito a causa del sospetto che egli avesse introdotto nel Santuario di Gerusalemme un incirconciso (21 ,28-29), ad autopresentarsi «in lingua ebraica>> nei termini se­ guenti: «lo sono un uomo [essere maschile] Giudeo nato a Tarso del­ la Cilicia, ma cresciuto [nutrito] in questa città,40 educato presso i piedi di Gamaliele conforme all'esattezzalminuziosità (akribeian) della legge paterna, essendo zelatore di Dio•• (22,3). Si noti la diffe­ renza tra l'autopresentazione in ebraico alla folla e quella in greco al tribuno romano: , avremmo l'au­ toritratto di Luca! Gamaliele era fariseo, maestro di Torah (nomodidaskalos) e membro del Sinedrio (At 5,34). Il Paolo lucano si vanta sia davanti al Sinedrio: (23,6-7)

sia davanti al re giudeo Agrippa II:

39 Il termine ricorre un'altra volta: •Ateniesi e tutti i residenti stranieri (hoi epidè· mountes xenoi)» (Al 17,21).

40 Luca nomina anche il nipote, figlio della sorella di Paolo. il quale. venuto a sa­ pere del complotto contro lo zio, andò a informarlo (Al 23,16).

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«tutti i Giudei conoscono la mia vita dalla giovinezza, condotta [fin) da principio (ap 'arches) tra la mia gente/nella mia Nazione (en toi ethnéi mou) in Gerusalemme - se vogliono testimoniare - conoscendomi già da prima (anothen): sono vissuto [da) fariseo secondo il movimento più pi­ gnolo/preciso (akribestatén) della nostra religione» (26,4-5). Anche Giuseppe Flavio definisce i farisei come «coloro che ri­ tengono di interpretare con precisione (meta akribeias) le prescri­ zioni» (B 2,162). Possiamo essere certi che Paolo raggiunse anche il grado di mae­ stro alla scuola di Gamaliele prima di ricevere l'incarico autorevole scritto dai capi sacerdoti e dagli anziani di Gerusalemme per le sina­ goghe di Damasco contro i discepoli di Gesù (At 9,1-2; 22,4-5; 26,10-12). Nel Canone Muratoriano (160-170 d.C.) Luca è definito «quasi litteris studiosum>>.41 Tradotto in categorie dei vangeli sinouici equi­ vale quasi alla lettera a , scriba. Nel Vangelo lucano gli seri bi sono sinonimi di . maestri di Legge (Le 5,12 con 5,21) e di , periti di Legge (Le 1 1 ,45.46.52 con 1 1 ,53), ossia esperti nella Torah. Entrambi i termini sono quasi esclusiva­ mente lucani.42 Un famoso lucano è quello che chiede a Gesù che cosa fare per ereditare la vita eterna. Segue l'ineguagliabi­ le racconto del buon Samaritano ( 10.25-37). Chissà che Luca, nella sua redazione, non dipinga anche qui il proprio autoritratto di esperto di Torah, prima di conoscere le aper­ ture evangeliche di Gesu! I farisei avevano i propri scribi (Mc 2,16; Le 5,30; At 23.9). Luca, divenuto discepolo di Gesù prima di Paolo, solo in un se­ condo tempo (hysteron) segui quest'ultimo da vicino (parakolouthé­ sas),43 non come discepolo, ma come compagno di viaggi - secondo le famose sezioni ,52 seguire da vicino, tallonare, andare dietro, accompagnare, naturalmente, come in italiano, è adoperato anche nel senso di inseguire una notizia, una verità (in greco regge il dativo). L'avverbio .3

La notizia, com'è ovvio, fece il giro del mondo. Quando si stabilì la famiglia sacerdotale Happizzez a Nazaret? Il nome «Happizzez>> («Afessb> nella LXX) ricorre una sola volta nel­ la Bibbia e precisamente in 1Cr 24,15.4 Benché il cronista faccia ri­ salire a David la divisione in classi/turni di servizio (24,3), attingen­ do verosimilmente a un altro «libro delle Cronache» citato in Nee­ mia (Ne 12,23), è chiaro che si tratta anche di un testo attualizzato

' M.Av1-YoNAH, •A Lisi of Priestly Courses from Caesarea», in /El 12(1%2). 136139, qui 139. Ricostruito: «classe 18.ma Happizzez Nazaret n,iJ fi�i1 i1�ll :·mr.r=' .,o:ro». 4 Ecco le 24 classi sacerdotali secondo il Primo libro delle Cronache: Jehojarib, Je­ dajah, Harim, Seorim, Malkijah, Mijamin, Haqqos, Abijah, Giosuè, Shekanjahu, Elia­ shib, Jaqim. Chuppah, Jeshebab, Bilgah, Immer, Chezir, Happizzez. Petachjah, Eze­ chiele, Jakin, Gamul, Delajahu. Maazjahu.

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per la situazione del III secolo a.C. Dal libro di Neemia apprendia­ mo del ripopolamento di Gerusalemme dopo l'esilio e di alcune fa­ miglie sacerdotali che vi si stabilirono (Ne 7,4 ) Mettendo a confron­ to i nomi del libro di Neemia ( 1 1 ,10-14) con quelli del Primo libro delle Cronache (1Cr 24,7.17.9.14), risultano residenti a Gerusalem­ me le classi 1", 21", 5•, 16• e forse un'altra che non si riesce a identifi­ care. Le altre classi si stabilirono nel territorio di Giuda e di Benia­ mino (Ne 1 1 ,36). Zaccaria ed Elisabetta risiedevano in una città col­ linosa di Giuda (Le l ,39). G iuseppe Flavio nella sua parafrasi al passo di Neemia scrive che costui esortò sacerdoti e !eviti ad abbandonare la campagna (ten ch6ran) e a stabilirsi in città, facendo loro preparare delle case a sue pro­ prie spese (A 1 1 ,181-182). Questo dettaglio non si trova in Neemia. Al tempo di Giuda Maccabeo (tra il 166 e il 161/160 a.C., anno in cui morì), quindi meno di un secolo dopo il relato del cronista, si vie­ ne a sapere che in Galilea vivevano dei giudei. Questi vengono tra­ sferiti in Giudea per timore di rappresaglie da parte delle genti (lMac 5,14.17.20-23). Tolomeo V Filometore (180-145 a.C.) rinunciò a riscuotere dalla Giudea, dalla Samaria e dalla Galilea la terza parte del seminato e la metà dei frutti che prima gli spettavano (l Ma c l 0,30). Questo significa che la Galilea si era ripopolata di giudei, anche se le battaglie continuarono (lMac 1 1,63-74; 12,47-49). Tuttavia fi­ nalmente: .

> (Mc 5,7; Le 8,28 «ti prego, non tormentarmi>>). Possiamo considerarla un'e­ spressione idiomatica, né cortese, né sgarbata. Il «segno grande>> della donna senza nome dell'Apocalisse, «ve­ stita del sole, e la luna al di sotto dei suoi piedi, e sopra il suo capo una corona di dodici stelle>> (Ap 12,1.4.6.13.14.15.16.17) continua a essere oggetto di discussione quanto alla sua interpretazione. Deco­ dificare un simbolo è sempre complesso. Certamente Giovanni de­ scrive la donna come una regina madre: la corona sul capo e il figlio maschio partorito che governerà tutte le genti con scettro di ferro (Sal 2,7). E non c'è dubbio che questo figlio è «il Verbo di Dio» (Ap 19,1 3). Cielo, sole, luna, stelle rappresentano la creazione; le dodici stel­ le21 possono significare la totalità, lo zodiaco, le dodici tribù d'Israe­ le, i dodici apostoli... Perché dietro il «grande segno>> non dovrebbe celarsi un 'allusio­ ne a Maria? Infine Paolo, nella Lettera ai Galati, senza farne il nome, si riferi­ sce a Maria: «Quando venne la pienezza del tempo, Dio inviò il Fi­ glio suo, nato da donna, nato sotto la Legge>> (Gal 4,4). Paolo identi­ fica dunque sia la madre, sia il figlio Gesù come giudei. c) e d) «La vergine>>, «la fidanzata>>, ossia la promessa sposa: è una terminologia usuale nella Bibbia (Es 22,15; Dt 22,23.28).

20 Iefte mandò a dire al re degli ammoniti: «Che cosa a me e a te, perché tu inva· da la mia terra?» (Gdc 1 1 ,12): la vedova di Zarepta. il cui figlio era moribondo. a Elia: «Che cosa a me e a te. o uomo di Dlo? Sei venuto da me per rinnovare il ricordo del­ la mia colpa?» (quale?) ( I Re 17,18). poi Elia rivificò il ragazzo; Eliseo al re d'Israele Giosafat (2Re 3,13); Necao re d'Egitto a Giosia re di Giuda (2Cr 35.21). 21 Il termine «ast�r», stella, astro. ricorre 14 volte nell'Apocalisse: Ap 1,16.20.20; 2,1 .28; 3,1; 6,13; 8.10.1 1.12; 9,1; 12,1 .4; 22,16.

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A Matteo in particolare fa gioco l'oracolo di Isaia (Is 7,14) che egli cita dalla versione greca della Bibbia: «"Ecco la vergine avrà in grembo e partorirà un figlio e chiameranno il nome di lui Emma­ nuel" che è tradotto con-noi-Dio» (Mt 1,23). Ci torneremo sopra a p. l lO. Maria è coinvolta come protagonista nella citazione isaiana, nel­ la quale Matteo sottolinea l'epiteto . Altri due epiteti da parte di Elisa­ betta: «Beata colei che ha creduto: vi sarà compimento per le cose a lei comunicate da parte del Signore>> (Le 1 ,45). Viene immediatamente alla mente la beatitudine giovannea sulle labbra di Gesù: «beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!>> (Gv 20,29). Una donna anonima della folla grida: (Le 1 1 ,27). Anche qui Ge­ sù sembra relativizzare il ruolo della madre: (11,28). Chi più di Ma­ ria, dopo Gesù, ha ascoltato e osservato la parola di Dio? Quando Luca scrive, Maria è già dichiarata beata da ogni gene­ razione (2,48). Luca non presenta una povera ragazza di paese. Emerge e si erge invece una donna matura, splendida, amabilissima, piena di Dio, consapevole del proprio ruolo, degna di fede, profonda conoscitrice delle Scritture. i) Il famoso fu tradotto da Girolamo con «gra­ tia piena>>, piena di grazia. Luca sostituisce il nome di Maria con que­ sto participio perfetto del verbo gratificare, perché il Signore è con lei. Luca esplicita il senso due versetti dopo: «infatti hai trovato gra­ zia da parte di Dio (heures gar charin)>>. Maria è dunque oggetto di grazia divina in un modo unico (Le 1 ,28.30). Negli Atti degli apostoli Luca pone sulle labbra di Stefano un'e­ spressione analoga per Davide: (At 7,46). Il verbo charitousthai non ha corrispondente ebraico. Ricorre nel Siracide con lo stesso participio perfetto, ma al maschile e senza al­ lusione a Dio (Sir 18,7). Più vicina al passo lucano è la ricorrenza del verbo nella Lettera agli Efesini: > (23,28-30). «Anche ai figli di Aronne le loro suddivisioni (mach/'qotam)>>. . Li divisero a sorte (b'goralot) (LXX kaca k/erous): «la prima a Jehojarib [ ... ) l'ottava ad Abia ( ... ), la diciottesima a Happizzez>> (lCr 24,1-6.10.15).

tre classi evidenziate corrispondono rispettivamente a quella di Giuseppe Flavio (Vita 2), a quella di Zaccaria (Le 1,5) e a quella di stanza a Nazaret, e quindi presumibilmente di Maria. Le

9. Maria e i velari del Tempio di Gerusalemme Le informazioni - di cui fra breve - sui velari del Tempio di Ge­ rusalemme, in specie quello erodiano, unitamente a quanto è emer­ so sulla famiglia di Maria, ci permettono una lettura meno prevenu­ ta nei confronti di certe affermazioni dell'apocrifo greco Protovan­ gelo di Giacomo (II sec.). Da questo emergono delle tradizioni sui rapporti di Maria con il Tempio, tra le quali si può individuare una sorta di zoccolo duro. Al di là di notizie sicuramente non esatte e/o esagerate, qui interessa quella sui velari. Nel Protovangelo si legge: «Ci fu un consiglio dei sacerdoti dicenti: Facciamo un velario per il Tem­ pio (katapetasma toi naoi). Disse il sacerdote: Chiamate le vergini pure (parthenous amantous) dalla tribù di David. I sovrintendenti (hai hypere­ tai) andarono e ne trovarono sette. Si ricordò il sacerdote della fanciulla (tes paidos) Maria della tribù di David e pura per Dio. Se ne andarono i sovrintendenti e la condussero e la introdussero nel Tempio del Signore. Il sacerdote: "Sorteggiatemi chi filerà l'oro e il puro (lo amianton) e il bis­ so e il serico (serikon) e il giacinto/azzurro e lo scarlatto e la porpora ve71

race". La porpora verace e lo scarlatto toccavano alla Maria, che (Ii) pre­ se e se ne andò a casa sua. [ ... ] Maria prese lo scarlatto e filava». Maria «prese la porpora, si sedette sul suo trono e la filava». Maria > ( 4,51 ) . Questo significa che Giuda M accabeo, nel restaurare il Santuario di Gerusalemme (164 a.C.), aveva a disposi­ zione più di un velario. Nella Lettera agli Ebrei, pur parlando del «Santuario-Tenda>> di Mosè, l 'autore afferma che «dopo il secondo (deuteron) velario c'era il Santo dei Santi>> (Eb 9,3). Se accenna al «secondo>>, significa che l'autore conosceva nella realtà anche un primo velario. Di questi velari molto più diffusamente ci narra Giuseppe Flavio, testimone oculare privilegiato del Tempio e dei suoi velari, perché le­ vita sacerdote residente a Gerusalemme e perché presente al corteo trionfale di Vespasiano e Tito a Roma (71 d.C.). Egli adopera due termini: «empetasma>>, con due ricorrenze, e , con die­ ci ricorrenze. «Katapetasma>>30 ricorre sia al singolare, sia al plurale. Nel de­ scrivere il primo Tempio, Giuseppe Flavio afferma che Salomone ap­ pese davanti alla porta del Santo dei Santi un «filato (hyfesin) di az­ zurro, porpora e scarlatto, nonché del più splendido e morbidissi-

29 Es 26,31.33.33.33.35; 27.21 ; 30,6; 35,12; 36,35; 38,27; 39,34; 40,3.22.26: 4 1 ,21; Lv 4,6.17; 16.2.12.15; 21.23: 24,3; Nm 4,5: 18.7;2Cr 3.14. ln Es 39,34 e 41,21 si parla di «Ve­ lario di copertura (paroket ha-rnasak)». 30 Al singolare: GIUSEPPE FLAVIO. B 5,212.219; 6.390; 7,162; A 8.90. Al plurale: B 5,232; 6,389; A 8.75; 12,250; 14,107.

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mo», chiamato poi velario. Alle porte (d'ingresso al Santo) appese dei ve/ari come all'interno (A 8,72.75.90). Nel descrivere il Tempio erodiano (20/19 a.C.), nella Guerra giu· daica racconta che i sacerdoti potevano salire mediante dodici gra· dini al Vestibolo del Tempio, aperto - chiamato da Giuseppe Flavio >. Costui, giunto a Roma sotto papa Aniceto ( 154166), proveniente dal giudaismo, essendo della prima successione de­ gli apostoli,7 narra della figura e del martirio di Giacomo «nella ma­ niera più esatta>>. I l racconto della testimonianza di Giacomo circa la «fede in Cri­ stO>>, «figlio di Dio e salvatore nostro Gesù>> fino alla sua testimo­ nianza con il sangue. ricalca in diversi punti quella lucana negli Atti degli apostoli circa la testimonianza e uccisione di Stefano per Iapi­ dazione. Riporteremo qui l'essenziale:

' Filone. Giuseppe Flavio, gli autori del Nuovo Testamento, Clemente Romano (ICI 41 ,2), Eusebio ed Epifanio compresi. 6 EUSEBIO DI CESAREA. HE 2,1 ,2; 3.7,8; 4,5,3; 7,19. 1 EusEBIO DI CESAREA, HE 4,22,8; 2,23,3.

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«La chiesa riceve dopo gli apostoli il fratello del Signore Giacomo, de­ nominato da tutti "giusto", dai tempi del Signore fino ai nostri, poiché m olti si chiamavano Giacomo. Era santo dal seno di sua madre. Non bev­ ve vino o bevanda inebriante e non mangiò cosa animata (empsychon). Rasoio non passò sul suo capo, non si unguentò d'olio e non si servì di balneo. Solo a costui (toutoi monoi) era permesso di entrare nei Santi (eis 1a hagia) . Non indossava infatti lana, ma sindoni [di lino] (sindonas). E solo (monos ) entrava nel Tempio (eis 10 naon) e fu trovato giacente . sulle ginocchia chiedendo remissione (afesin) in favore del popolo, con le sue ginocchia indurite come quelle di un cammello a causa del piega­ re(le] sempre, prostrandosi sul ginocchio a Dio per chiedere remissione per il popolo» (HE 2,23,4-6).8

Quanto a «giustO>>, qualifica ripetuta ben 18 volte a proposito di Giacomo, è lecito pensare a un uomo notoriamente osservante della Torah, come, ad esempio, Zaccaria ed Elisabetta che >: l'espressione ci è nota per Sansone nella LXX (GdcG 13,7; 16,17). Nella Bibbia ebraica, invece di ••hagios••. santo. si trova >; >. La Bibbia in lingua corrente (LDC-ABU 1985): . Altre traduzioni moderne: >. Secondo la LXX: «la larghezza del tuo territorio, Con-noi-il-Dio" (meth'hem6n ho Theos)>>. Nella LXX dun­ que il nome Emmanuel compare una volta come tale e una volta tra­ dotto, esattamente come in Matteo, l'unico a usare Emmanuel. L'e­ vangelista rivela rigore e libertà nell'adattare una profezia (intesa in senso lato) alla situazione vitale di Gesù. La variazione matteana «chiameranno>> anziché «chiamerai>> o «lei chiamerà>> appare del tut­ to intenzionale, specie alla luce della traduzione del nome Emmanuel ('immanu'el). La variazione del verbo alla terza plurale appare teolo­ gica: non si tratta più soltanto del genitore o della genitrice che dovrà imporre il nome al neonato, ma della volontà di affermare che tutti i discepoli di Gesù, per sempre, lo chiameranno Con-noi-il-Dio! L'indiscutibile parallelismo tra i versetti 1 ,21 e l ,23 ci permette di sostenere che Emmanuel non è il secondo nome del nascituro, ma è una esplicitazione della realtà di Gesù. È precisamente perché Gesù è il Con-noi-il-Dio, l'lo-con-voi-sono (Mt 28,20), che salverà il suo popolo dai suoi peccati. Quanto al significato del nome di Gesù, Matteo ne fornisce la pro­ pria traduzione e interpretazione. È quanto mai significativo che, do­ po un 'attenta analisi di tutte le voci del verbo ebraico «jsh'>> e dei due sostantivi jesha', salvezza, e Jeh6shua' o Jeshua', Giosuè, Gesù, emer­ ga la situazione seguente:23 l'azione di aiutare-liberare-salvare viene riferita per lo più a Dio, il quale salva l'uomo da una situazione di an­ goscia, di malattia, di paura, di ingiustizia, di oppressione, di persecu-

23 In totale 290 ricorrenze: jsh', aiutare. liberare. salvare. 177 volte;fshll"a, aiuto, liberazione, salvezza, 78 volte;jèsha', aiuto. liberazione, salve zza , 35 volte.

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zione, di invasione del nemico, di annientamento, sia a livello perso­ nale (la morte), sia a livello collettivo (la sparizione d'Israele...). I seguenti passi - e soltanto questi - sono in rapporto con il peccato: ls 12,1-3: >. Sal 79,9: >, ossia donne e uomi­ ni. E dunque farsi eunuchi per il Regno, come metafora spirituale, vale anche per le discepole di Gesù. Sia la donna. sia l'uomo, rinun­ ciano liberamente e per amore del Regno a un primordiale diritto di natura. A questo passo fa eco un altro: «nella risurrezione non si prende né moglie né marito, ma si è come angeli nel cielO>> (Mt 22,30; Mc 12,25), sia le donne, sia gli uomini. 120

Condivido con altri esegeti l'opinione che siamo di fronte a un dato biografico - se non autobiografico - di Gesù fattosi eunuco per il Regno. Mi sembra perfettamente in linea con il Vangelo matteano inclu­ dere tra gli eunuchi volontari per amore a Dio anche Giuseppe e Maria. 19. Artigiano Gesù «è il figlio dell'artigiano (ho tou tektonos hyios)>> (Mt 13,55), è artigiano anche lui, (Mc 6,3). Sono queste le uniche ricorrenze nel NT di tale vocabolo.38 Corrisponde all'ebraico biblico . Che significa esattamente tekt6n? La Volgata traduce faber, fale­ gname-fabbro-muratore; Lutero, Zimmermann, carpentiere. Le ver­ sioni moderne oscillano tra falegname, carpentiere, fabbro e final­ mente artigiano. La traduzione artigiano è certamente la più esatta, perché anche in italiano indica un'attività generica se non viene ulteriormente spe­ cificata. Lo stesso vale per il termine >.42

41 Cf. H. L. STRACK - P. BtLLERBECK, Kommentar zum Neuen Testament aus Talmud und Midrasch. II. Miinchen 1924, rist. 1978, 745-747 ad Al 18,3. " L. MoRALDt (ed.), Apocrifi del Nuovo Testamento, UTET, Torino 1 97 1 , l, Storia di Giuseppe falegname, secondo la Recensione arabo-Ialina: IO ,l; 29,1 (pp. 323 e 333); 15,1 (p. 325). lo., Nascita e infanzia di Gesù nei più antichi codici cristiani, Mondadori, Milano 1989: in questa opera divulgativa Moraldi non include la Storia di Giuseppe fa­ legname.

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Tutti sanno che una delle preoccupazioni degli scritti apocrifi e dei padri della Chiesa sull'infanzia di Gesù è quella di salvaguarda­ re la verginità perpetua di Maria la madre di Gesù. Perciò viene in­ ventato un Giuseppe vecchio, vedovo, con figli, i nomi dei quali cor­ rispondono a quelli che nei vangeli canonici vengono chiamati fra­ telli (cf. M t 13,55) e sorelle di Gesù. A un'attenta esegesi, non si trat­ ta di fratelli e sorelle carnali, ma di parenti stretti. Non sappiamo quando sia morto Giuseppe; forse al tempo in cui, a circa trent'anni (Le 3,23 ), Gesù diede inizio alla sua vita apostoli­ ca? Marco non nomina mai Giuseppe. Per Giovanni invece sembre­ rebbe ancora vivo: > (Gv 6,42). Tuttavia non compare sotto la croce. Comunque sia, lo sposo di Maria non era un vecchione, ma un giovanotto. secondo le usanze del tempo. Questa per fortuna è ormai l'immagine con cui Giuseppe viene rappresentato nell'iconografia moderna. Non sappiamo a che età un ragazzo diventava un uomo da marito. Nel li-III secolo d.C. i rabbini fissano l'età minima per le ra­ gazze a dodici anni compiuti e per i maschi a tredici. Nell'apocrifo Testamento di Levi (II-I secolo a.C.), il protagonista afferma: ( TLevi 3,12.5). Giuseppe Flavio sposò una prima volta a circa trent'anni una vergine prigioniera giudea di Cesarea (Vita, 414).

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Capitolo V

Riflessioni sul «presepio». I pastori e i magi

l.

Maria «lo depose in una mangiatoia» Maria «partorì il figlio suo, il primogenito, lo avvolse in fasce e lo adagiò in una mangiatoia (jatne), perché per loro (autois) non c'era posto nella sala (topos en toi kalymati)» (Le 2,7). «Questo per voi (pastori] il segno: troverete un bambino avvolto in fasce e giacente in una mangiatoia» (2,12).

La > (ICr 28,12-13). Nella LXX all'inizio del v. 13 si trova l'ag­ giunta: ; 2) > lancia terribili invettive contro di lui, annunciandogli

7 Mt 2,1.7.16.16 e At l3,6.8. Accanto a magos troviamo negli Atti il participio at­ tivo del verbo mageuein, colui che fa magia: «Vi era già nella città un tale di nome Si­ mone che esercitava magia (mageuon) e strabiliava la gente della Samaria dicendo di essere un grande» (Al 8,9). «Gli davano ascolto per averli slrabiliati con le magie (tai.s mageiais) da diverso tempo» (8, 1 1 ). Sono queste le uniche ricorrenze di mageuein e mageia nel NT. Luca non specifica se questo Simone (8,9-24) fosse di origine giudaica o non.

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una situazione di cecità per un certo tempo (At 13.6-8). Luca, me­ diante due termini - verbo e sostantivo della medesima radice -, adoperati soltanto da lui nel NT, collega letterariamente l'episodio di Elima Bariesu con quello della svolta religiosa dello stesso Saulo: cheiragogein, condurre per mano (9,8; 22,11), e cheiragogos, gui­ da/colui che conduce per mano (13,1 1).8 Anche Saulo si comportò da falso profeta nel perseguitare a morte i credenti in Gesù. Neli'AT il vocabolo magi si trova solamente in Daniele (DnG 2,2.10), riferito a non-giudei, convocati da Nabucodonosor per la spiegazione del suo sogno. Però Daniele giudeo viene costituito dal re come «capo» di incantatori, magi, caldei, indovini (Dn 5,1 1 ). La traduzione di questi termini è molto incerta perché sono rari. Nella versione greca queste quattro categorie risultano unificate nel termi­ ne > compare 5 volte in contesti diversi. Sono sofisti e magi gli egiziani alla corte del faraone che vogliono competere con Aronne il cui bastone gettato a terra era diventato un serpente (De vita Mosis, 1,92; cf. Es 7,10-12). È mago un famo­ so indovino della Mesopotamia (De vita Mosis, l , 276), condotto presso Balak re di Moab per maledire Israele; viene invece investi­ to da uno spirito profetico (prophétikou pneumatos) e benedice Israele (1, 277). Egli si esprimeva profetando (exelalei prophéteuon I, 283). Filone si riferisce senza dubbio a Balaam, presentato in tut­ ta la letteratura che lo riguarda come adoratore dello stesso Dio de­ gli israeliti. Stranamente nella sua perifrasi (l, 263-314) a Nm 22-24 Filone evita il nome di Balaam.11 L'Alessandrino scrive inoltre di magi e fattucchieri (jarmakeutai) impegnati a danneggiare il pros­ simo. 12 Thttavia la vera magicità,l3 essendo conoscenza visiva (op­ tikén epistémén) dalla quale le opere della natura vengono illumi­ nate con rappresentazioni più nitide, degna di onore e valorizza­ zione, viene praticata non soltanto da gente comune ma anche da re, in particolare dai re persiani, nessuno dei quali giunge alla di­ gnità regale se prima non è stato in contatto confidenziale con la stirpe dei magi (tou magon génous: De spec. legibus, 1 1 1 , 100). Filo-

10 Lezioni varianti leggono «Simone». Felice, preso dal desiderio per la bella Dru­ siIla, sorella del re giudeo Agrippa, le invia il mago Atomon per convincerla a scio­ gliere il matrimonio con Azizo, re di Emesa passato al giudaismo per sposarla e unir­ si a lui. Drusilla, trasgredendo la legge patria, sposò Felice a cui diede un figlio chia­ malo Agrippa. Madre e figlio morirono durante un 'eruzione del Vesuvio al tempo di Tito (A 20,14 1 · 144). 11 In altri passi delle opere filoniane, Balaam è invece chiamato per nome. Nel NT Balaam riceve esplicitamente l'appellativo di profeta (2Pt 2,16). anche se il giudizio sul personaggio è sempre negativo, sia perché accettò ricchezze in camhio di oracoli (2Pt 2,15; Gd 1 1 ; cf. Ne 13,2), sia perché con perfidi consigli dati a Balak provocò la fornicazione e l'idolatria Ira gli israeliti (A p 2,14; cf. Nm 31,16). tl FILONE. De specialibus /egihus. lll, 93. Il riferimento è a commento di DI 18,10: «Non si trovi in mezzo a le [Israele] chi fa passare per il fuoco suo figlio o sua figlia, né chi esercita la divinazione o il sortilegio o il presagio o la magia, né chi faccia in­ cantesimi, né chi consulti gli spiriti o gli indovini. né chi interroghi i morti, perché chiunque ra queste cose è in abominio al Signore••. 1 3 Passi il termine, lén ... al€thè magikèn; hè magikè pare non sia l'esatto equiva­ lente di magia. .

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ne sembra infine stabilire un'analogia tra i magi persiani e gli esse­ ni ebrei. Egli afferma che presso le nazioni non greche vi sono «schiere molto numerose di uomini eccellenti. Tra i persiani quelle dei magi (stife [ ... ] magon) che interpretano le opere della natura in vista della conoscenza della verità>>, tra gli indiani quella dei > (Mc 15,32) e >, sia e ri­ corda lo , sorgerà una stella, della LXX. Il m altea­ no è un sinonimo di cammina­ re. Nel passo ebraico di Balaam il verbo adoperato è (al per­ fetto Qa/): (Nm 24,17).

29 FILONE, De vita Mosis, 290. Thtta la parafrasi appare •attualizzala»; così, ad esempio, i tennini >, il re d'Israele. «Ed entrati nella casa, videro il Bambino con Maria la madre di lui>>. Maria è la madre amata del re, di cui come bambino ha bisogno. L'espressione «con Maria la madre di lui>> (Mt 2,1 1) potrebbe essere un'evocazione del Primo libro dei Re: il rapporto del re Salomone con «la madre di lui>> alla quale è concesso di chiedere qualunque co­ sa ( 1 Re 2,19-29; cf. Gv 2,1-10).

11. L'offerta dei doni «E aprirono i loro tesori>> (Mt 2,1 1 ): a Matteo piace il vocabolo «thesauros>>, tesoro. È soltanto lui a riportare la parabola del regno dei cieli «simile a un tesoro nascosto nel campo» (M t 13, 44) e il pa­ ragone secondo cui «Ogni scriba divenuto discepolo del regno dei cieli è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuo­ ve e antiche>> (Mt 13,52). Indubbiamente possiamo applicare ai ma­ gi ciò che leggiamo in M t 6.24: laddove erano i loro tesori, era anche il loro cuore. La loro mente, le loro decisioni, la loro carica affettiva - espresse con segni tangibili - erano davanti al re dei giudei. «Gli offrirono doni (dorai) oro ed incenso e mirra>> (Mt 2,1 1). Merita attenzione il vocabolo «dono>> (d6ron), adoperato da Matteo altre 8 volte al singolare e preceduto 4 volte dal verbo «offrire>> (pro­ sferein ) : ha sempre e solo significato cultuale: è un dono sacro, in rapporto con l'altare e quindi con Dio.Jo Anche per gli altri scrittori neotestamentari «doron>> è un dono cultuale.

J() Prima di offrire il dono sull'altare. bisogna riconciliarsi con il fratello (Mt 5,23.24.24); il lebbroso guarito si mostri al sacerdote e offra il dono prescritto da Mo­ sè (8,4 ); secondo Gesù viene trasgredito il comandamento di Dio nei confronti dei ge-

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Nella LXX l'offerta del dono - con lo stesso vocabolario di Mat­ teo - è quasi sempre fatta a Dio; in alcuni casi soltanto si tratta di tri­ buti a un re o similare. È il caso del Sal 71, dove si parla di doni of­ ferti a Salomone dai re di Tarsis, degli arabi e di Saba; di prostrazio­ ne a lui da parte di tutti i re; le genti lo serviranno e gli sarà dato l'o­ ro dell'Arabia (Sal 71(72), 10. 1 1 . 1 5). Nella redazione matteana è certamente presente la reminiscenza di questo salmo. Tuttavia: levitico: la prima componen­ te di questo sacro unguento è la mirra (EsG 30,23-25).31

12. Tradizione e redazione Risulta storicamente che della > proprio quando Erode era in procinto di conquistare Gerusalem­ me, sostenuto dai romani e con una massa di mercenari (B 1,347). Possiamo ragionevolmente concludere che Matteo interviene con la sua riflessione teologica su dati di una tradizione ben conservata. Nel titolo confluiscono due realtà: il titolo provie­ ne , ma la sostanza è giudaica; Gesù rimane in perpetuo il re dei giudei, dai quali proviene la salvezza (Gv 4,22). Gesù è infatti