I frammenti di Aristarco di Samotracia negli etimologici bizantini: Etymologicum Genuinum, Magnum, Symeonis, Megalae Grammatikae, Zonarae Lexicon. Introduzione, edizione critica e commento 9783666252518, 352525251X, 9783525252512

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I frammenti di Aristarco di Samotracia negli etimologici bizantini: Etymologicum Genuinum, Magnum, Symeonis, Megalae Grammatikae, Zonarae Lexicon. Introduzione, edizione critica e commento
 9783666252518, 352525251X, 9783525252512

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Hypomnemata Untersuchungen zur Antike und zu ihrem Nachleben

Herausgegeben von Albrecht Dihle, Siegmar Döpp, Dorothea Frede, Hans-Joachim Gehrke, Hugh Lloyd-Jones, Günther Patzig, Christoph Riedweg, Gisela Striker Band 152

Vandenhoeck & Ruprecht

Francesca Schironi

I frammenti di Aristarco di Samotracia negli etimologici bizantini Etymologicum Genuinum, Magnum, Symeonis, εγ λη Γραµµατικ , Zonarae Lexicon Introduzione, edizione critica e commento

Vandenhoeck & Ruprecht

Verantwortlicher Herausgeber: Albrecht Dihle

Bibliografische Information Der Deutschen Bibliothek Die Deutsche Bibliothek verzeichnet diese Publikation in der Deutschen Nationalbibliografie; detaillierte bibliografische Daten sind im Internet über abrufbar. ISBN 3-525-25251-X  Hypomnemata ISSN 0085-1671   © 2004, Vandenhoeck & Ruprecht in Göttingen. Internet: www.vandenhoeck-ruprecht.de Alle Rechte vorbehalten. Das Werk und seine Teile sind urheberrechtlich geschützt. Jede Verwertung in anderen als den gesetzlich zugelassenen Fällen bedarf der vorherigen schriftlichen Einwilligung des Verlages. Hinweis zu § 52a UrhG: Weder das Werk noch seine Teile dürfen ohne vorherige schriftliche Einwilligung des Verlages öffentlich zugänglich gemacht werden. Dies gilt auch bei einer entsprechenden Nutzung für Lehr- und Unterrichtszwecke. Printed in Germany. Gesamtherstellung: Hubert & Co. Gedruckt auf alterungsbeständigem Papier.

Ai miei genitori

Sommario Premessa ................................................................................................................ 7 Introduzione ........................................................................................................ Il 1. Le fonti per Aristarco ................................................................................. Il 2. I frammenti di Aristarco conservati negli etimologici bizantini .......... 15 3. Gli etimologici bizantini ............................................................................. 16 3.1 Etymologicum Genuinum ................................................................... 16 3.2 Etymologicum Symeonis ..................................................................... 18 3.3 MEyaÀT] rpa\-1\-1aTLKTJ ........................•.................................................... 18 3.4 Etymologicum Magnum ...................................................................... 19 3.5 Zonarae Lexicon .................................................................................... 21 3. 6 Etymologicum Gudianum ................................................................... 22 3. 7 Criteri adottati per 1'edizione delle glosse degli etimologici ......... 24 4. La presente edizione ................................................................................... 26 5. Conspectus siglo rum .................................................................................. 30 Testimonia ........................................................................................................... 37 Aristarchi Samothracis fragmenta ................................................................... 47 Aristarchi fragmenta quae ad Iliadem spectant ......................................... 49 Aristarchi fragmenta quae ad Odysseam spectant .................................. 465 Aristarchi fragmenta quae ad Hesiodum spectant .................................. 517 Aristarchi fragmenta quae ad Sophoclem spectant ................................. 525 Aristarchi fragmenta quae ad Aristophanem spectant ........................... 537 Aristarchi fragmenta quae ad Platonem (7) spectant .............................. 543 Fragmenta spuria .......................................................................................... 561 Bibliografia ........................................................................................................ 567 Indici ................................................................................................................... 597 Indice dei termini greci discussi .............................................................. 597 Indice dei passi discussi. ........................................................................... 600 Indice delle fonti ........................................................................................ 603 Indice dei termini tecnici e delle cose notevoli ...................................... 609 Indice degli autori ...................................................................................... 612

Premessa Aristarco (ca. 216-144 a.c.) rappresenta una figura fondamentale nella storia della filologia ed è stato oggetto di interesse più o meno approfondito da parte di tutti quegli studiosi che, dopo la scoperta del Venetus A con gli scoli omerici e la conseguente "scoperta" della filologia aristarchea, si sono occupati di Omero e della trasmissione del suo testo. A tal proposito, una tappa fondamentale è ancora rappresentata dai Prolegomena ad Homerum di Wolf, editi nel 1795.1 Eppure, nonostante l'importanza di Aristarco, un' edizione completa dei suoi frammenti non è mai stata tentata, forse proprio a causa dell'impegno richiesto da tale impresa. Per la sua esegesi omerica, che peraltro non ne esaurisce gli interessi, si deve ancora fare riferimento alle opere di K. Lehrs, De Aristarchi studiis Homericis, Leipzig 18823, e di A. Ludwich, Aristarchs Homerische Textkritik nach den Fragmenten des Didymos, volI. I-II, Leipzig 1884-1885, indubbiamente erudite e utili, ma in parte sorpassate. Le varie interpretazioni che sono state date del lavoro di Aristarco - tra cui occorre ricordare almeno quelle di Roemer 2, di Van der Valk3 e di Van Thiel4 - risentono dunque della mancanza di una raccolta dei suoi frammenti: Aristarco, da tutti citato, è in fondo assai poco conosciuto. Di recente l'ottimo lavoro di S. Matthaios,

Untersuchungen zur Grammatik Aristarchs: Texte und Interpretation zur Wortartenlehre, G6ttingen 1999, sui frammenti aristarchei relativi alle dottrine grammaticali, ha iniziato a colmare questa lacuna. Sulla medesima linea si pone il presente volume, che raccoglie i frammenti aristarchei, "omerici° e non, contenuti negli etimologici bizantini. Gli etimologici bizantini indagati sono quelli facenti capo all' Etymologicum Genuinum, ovvero l'Etymologicum Genuinum stesso (EGen.), l'Etymologicum Symeonis (ESym.), l'Etymologicum Magnum (EM), la MEyaAT/ TpaflflaTlKT} (Mg. Gr.) e il lessico dello Pseudo-Zonara (Zon.). Questi vocabolari enciclopedici ante litteram, composti tra il IX e il XII secolo, conservano molto materiale antico, risalente all' età alessandrina, e costituiscono, insieme agli scoli omerici e ai commentari di Eustazio di Tessalo1 Un' edizione moderna di questo testo, con il solo testo in inglese, è stata curata da A. Grafton, G. W. Most e J. E. G. Zetzel (Princeton 1985). 2 Cfr. Roemer, Der angebliche Einheitlichkeits ; id. Athetesen; id., Homerexegese. 3 Cfr. Van der Valk, Researches, II 84-263; id. TCO, passim. 4 Cfr. Van Thiel, Zen., Ar. und andere; id., Der Homertext; cf. anche Van Thiel, Einleitung [Odyssea]; id., Einleitung [Ilias] e anche le obiezioni mosse da Schmidt, Variae Lectiones oder Parallelstellen.

Premessa

nica, la fonte principale per Aristarco. Dal momento che degli scoli omerici e di Eustazio, almeno per l'Iliade, esistono edizioni moderne ad opera di Erbse (Berlin 1969-1988) e di Van der Valk (Leiden 1971-1987), si è ritenuto di analizzare il terzo ramo della tradizione, ossia quello relativo all'Etymologicum Genuinum e ai lessici da esso derivati. La presente raccolta di frammenti è dunque inevitabilmente parziale. D'altra parte il suo scopo è di indagare un solo ramo della tradizione aristarchea, che tuttavia riveste particolare importanza, in quanto, a differenza degli scoli e di Eustazio, non è stato ancora investigato in tale prospettiva. Dall' analisi degli etimologici sono stati isolati nuovi frammenti di Aristarco: sette frammenti (frr. 7, 11, 46, 62, 66, 68, 73) sono preservati solo dagli etimologici derivati dall'Etymologicum Genuinum: vi è poi un frammento conservato anche nell'Etymologicum Gudianum (fr. 69) e due conservati nell' Etymologicum Gudianum e negli Epimerismi Homerici (frr. 1 e 3). Per gli altri frammenti, presenti anche negli scoli e/o in Eustazio, gli etimologici hanno spesso offerto ulteriori elementi importanti e necessari per chiarire lo status quaestionis.

Il presente lavoro è iniziato come tesi di laurea all'Università di Pavia su suggerimento di Franco Montanari. È stato poi oggetto della tesi di perfezionamento discussa nel marzo 2002 presso la Scuola Normale Superiore di Pisa, quindi rivisto e portato a termine ad Oxford negli ultimi due anni. Per questa ricerca ho potuto usufruire di una borsa di studio della Scuola Normale Superiore e della Randall McIver Junior Research Fellowship presso il Somerville College di Oxford. Un finanziamento del progetto "Giovani Ricercatori" mi ha consentito di viaggiare per visionare i manoscritti necessari a questa edizione e di trascorrere alcuni mesi assai produttivi presso l'Università di Harvard. Grazie a una borsa di studio dell'Università di Amburgo ho potuto perfezionare lo studio degli etimologici bizantini con Klaus Alpers e lavorare presso la biblioteca dell' Archiv fiir Griechische Lexikographie, Lexikon des fruhgriechischen Epos. La pubblicazione del volume è stata finanziata dal Jowett Copyright Trust di Oxford.

Vorrei cogliere questa occasione per manifestare la mia riconoscenza verso tutti coloro che, in modo e a titolo vari, mi hanno aiutata e sostenuta durante questi anni.

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Premessa Ricordo i miei due relatori: Domenico Magnino, che mi ha seguito durante la tesi di laurea e che purtroppo non ha potuto vedere la conclusione di questo lavoro; il suo esempio umano e la sua onestà sono stati un modello e rimarranno sempre un mio punto di riferimento; e Franco Ferrari, relatore della tesi di perfezionamento, che mi ha sempre pazientemente seguito e incoraggiato, anche nei momenti di maggior sconforto. Un ringraziamento particolare va a David Blank e Glenn Most, esaminatori della tesi di perfezionamento e della cui competenza e disponibilità in vari campi ho potuto spesso usufruire. Ringrazio quindi Albrecht Dihle e il comitato scientifico di Hypomnemata, per aver accolto il lavoro in questa prestigiosa collana; i membri del Jowett Copyright Trust e in particolare Jasper Griffin e Gregory Hutchinson per averne finanziato la pubblicazione. Consigli e aiuto preziosi ho ricevuto da Klaus Alpers, Antonio Carlini, John Lundon, Franco Montanari, Monica Negri, Filippomaria Pontani e Nigel Wilson. Enrico Magnelli ha letto il lavoro in bozze con estrema attenzione e ha discusso con me i passi più controversi, chiarendomi molti dubbi ed evitandomi altrettanti errori. A lui e alla sua amicizia va la mia più sincera riconoscenza. Ringrazio anche tutto il personale delle biblioteche dove ho lavorato, in particolare la biblioteca della Scuola Normale Superiore, la biblioteca Bodleiana e la Sackler Library di Oxford, le biblioteche Laurenziana, Vaticana e Parmense. Mi piace infine ricordare gli anni trascorsi alla Scuola Normale, l'accoglienza ricevuta ad Harvard e ad Amburgo e soprattutto ringraziare il Somerville College e i colleghi di Oxford per il supporto e l'aiuto ricevuti quest' anno. Una riconoscenza diversa e speciale devo poi a Leonardo e a tutta la mia famiglia, che mi è sempre stata vicina in ogni modo in questi anni, sia aiutandomi materialmente, sia incoraggiandomi sempre. In particolare voglio dedicare questo lavoro ai miei genitori; senza il loro aiuto, la loro comprensione e il loro costante e straordinario supporto nulla di tutto questo sarebbe stato possibile. Oxford, novembre 2003

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Introduzione 1. Le fonti per Aristarco

Di Aristarco, come per la maggior parte dei grammatici e filologi antichi, nulla è conservato per tradizione diretta. La letteratura erudita, soprattutto quella esegetica e grammaticale, è infatti caratterizzata da un continuo riutilizzo del materiale a disposizione, che viene variamente elaborato ed epitomato, così da determinare la perdita delle opere originali in quanto ritenute ormai non più necessarie. Tuttavia per Aristarco, e in particolare per il suo lavoro su Omero, la situazione è particolarmente felice, perché, pur in assenza di testimonianze giunteci per tradizione diretta, è disponibile un buon numero di opere che, per vie diverse, risalgono alla sua attività esegetica. Si tratta di quei prodotti dell' erudizione tardoantica e bizantina, come gli scoli ai poemi omerici e gli etimologici, che - attraverso vari passaggi intermedi - derivano dal cosiddetto Viermiinnerkommentar (VMK).1 Questa raccolta, formatasi nel V o VI sec. d.C., riuniva i lavori di Didimo, Aristonico, Erodiano e Nicanore, che (in particolare Didimo e Aristonico) si erano occupati di Aristarco e della sua analisi critico-filologica su Omero. 2 Tali commentari, o meglio loro excerpta, filtrati attraverso VMK e altri intermediari, come il misterioso commento di Apione ed Erodoro (ApH) citato da Eustazio, sono passati negli Scholia Maiora contenuti nel Venetus A (A) dell'Iliade3 e in altri manoscritti omerici, fra i quali si possono ricordare, per l'Iliade, la famiglia del Venetus B (b) e il codice Townleianus (T),4 e quella della famiglia h, i più 1 Sul Viermiinnerkommentar, con particolare riferimento agli scoli omerici, cfr. Gudeman, s.v. Scholien, 630-634; Erbse, Praef., XI-XIII. XLIV-LVIII; Pfeiffer, 334-341; Nagy, Homeric Scholia. 2 Su Didimo cfr. Cohn, s.v. Didymos; West, Studies in the Text and Transmission, 46-85. Su Aristonico cfr. Cohn, s.v. Aristonikos; FriedUinder, Ariston.; Carnuth, Ariston. Su Erodiano cfr. Schulz, s.v. Herodianus; Lentz, Hrd; Dyck, Aelius Herodian. Su Nicanore cfr. Wendel, s.v. Nikanor; Friedliinder, Nic.; Carnuth, Nic.; Blank, Remarks on Nicanor. Erodiano e Nicanore avevano avuto un precursore in Tolomeo Ascalonita che nel I sec. a.c., parallelamente ai lavori di Didimo e Aristonico, si era occupato della prosodia e delle regole di punteggiatura dell'EKoocns aristarchea. Ma, diversamente dalle opere dei suoi due contemporanei, il lavoro dell' Ascalonita andò perduto, perché fu presto sostituito dai trattati più completi e più approfonditi di Erodiano e di Nicanore. 3 Lo dimostra la subscriptio apposta nel Venetus A al termine di ogni canto del poema: "TTapaKEl Tal Tà 'ApLCJTOV(KOU OllWla WL Tà t.lOV~OU TTEPL Tiìs 'AplCJTaPXElOU 8LOp6waEws, TlVà oÈ KaL ÈK Tiìs ']ÀLaKiìs TTpOa'!lo(as 'HpwOLavOV KaL ÈK TOV NlKavopos TTEPL aTly~iìs". 4 b e T sono i maggiori rappresentanti per gli scoli esegetici e contengono anche scoli di VMK, talvolta in una redazione più completa rispetto a quella in A. A riguardo cfr. Erbse, Beitr., 3-16; id., Praef., XLVIII-LVI. Vi sono poi i cosiddetti Scholia Minora, conservati sia su papiro, sia in manoscritti medievali (Scholia D). Sugli Scholia Minora su papiro cfr. Henrichs, Scholia Minora zu Homer;

Introduzione importanti dei quali sono gli scoli all'Iliade conservati nel codice Genav. Gr. 44 editi da Nicole. 5 VMK, attraverso la mediazione di Apione ed Erodoro, non è però conservato solo nelle raccolte scoliografiche, ma anche in altre opere di età bizantina, tra le quali le più importanti e ricche sono senza dubbio gli etimologici, e i commentari all' Iliade e all' Odissea dell' erudito vescovo di Tessalonica Eustazio (XII sec.).6 Per visualizzare la tradizione di VMK, almeno in relazione all'Iliade, può essere utile questo schema:

Montanari, Studi II, spec. 69-146; id., Filologia omerica antica nei papiri; Lundon, Lexeis. Sugli Scholia D (omessi generalmente da Erbse nella sua edizione e segnati invece con la lettera V nell' edizione degli scoli di Dindorf) cfr. De Marco, Scholia Minora in Homeri Iliadem; Montanari, Studi I; id., Studi II, 147-152; Van Thiel, Die D-Scholien. Sulla formazione dei corpora scoliastici e sulla varie ipotesi a riguardo cfr. Wilson, A Chapter in the History of Scholia; id., Scoliasti e Commentatori. 5 Gli scoli h si dividono in due famiglie (secondo la classificazione di Erbse): 1) MlpIIU4V3VI5V23; 2) Ag,Ge, P. Hanno tratto materiale da VMK, ma anche dalla famiglia bT e da quella degli scoli D (via ApH.). A riguardo cfr. Erbse, Beitr., 184-209; id., Praef., LVI-LIX. 6 Su Eustazio cfr. Cohn, s.v. Eustathios, spec. 1458-1486; Van der Valk, Praef.; Wilson, Filologi Bizantini, 303-313; Negri, Eustazio di Tessalonica. Sui rapporti tra gli scoli del Venetus A, EGen. e Eustazio cfr. Erbse, Beitr., 123-173. 12

Lefo n(l per Aristarco

Nic.

VMK

I

a

~

c

\

Ap.H.

EGen.

Su.

7

Sch.h

T

b

Ven.A

EGud.

Eust.

Mg.G;~////

EM

Zon.

13

Introduzione LEGENDA

Ariston. = Aristonicus, HEpi CTTJIlEÙùV 'I),,,180S", HEpi CTTJIlEir»v tJoVO"O'ElaS" (I a.C) Did. = Didymus, HEpi

~pwTdpxov OLOprMO"éWS" (I

a.C)

Ap. Soph. = Apollonius Sophista, Lexicon Homericum (I d.C) Rrd. = Herodianus, Hépi '!AIGldjS" 1Tpoatpl)faS", HEpi tJOVO"O"EtaKfjS" 1TpoO"(ùoiaS" (II d.C) Nic. = Nicanor, Hépi 'I ).taKfjS" O"Tl YlliìS", Hépi tJovO"O"élaKfjS" O"TI YlliìS" (II d.C) VMK = Viermiinnerkommentar (V-VI sec.) a = codice bizantino in maiuscola con estratti da VMK c = archetipo in maiuscola degli scoli esegetici b

=

classe b degli scoli esegetici (codd. BCE'E4l

T = Cod. Townleianus (Brit. Mus. Burney 86, a. 1014 vel1059) Ap. R. = Commentario di Apione ed Erodoro Su = Suidae Lexicon (IX sec.) Sch. h = Scholia h Ven. A = Cod. Venetus A (Mare. Gr. 454, X sec.) EGen. = Etymologicum Genuinum (IX sec.) EGud. = Etymologicum Gudianum (XI-XII sec.) ESym. = Etymologicum Symeonis (XII sec.) EM = Etymologicum Magnum (XII sec.) Mg. Gr. = MqoJll fpallllaTlKrl (XII-XIII sec.) Zon. = Zonarae Lexicon (XII-XIII sec.) Eust. = Eustathii archiepiscopi Thessalonicensis Commentarii ad Homerum (XII sec.)

7 Le sigle usate per i manoscritti sono quelle di Erbse, Praef., XIII-XXXIII, cui si rimanda per maggiori chiarimenti.

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Gli etimologici bizantini

2. I frammenti di Aristarco conservati negli etimologici bizantini

I frammenti comprendono tutte le attestazioni del nome di Aristarco, ovvero le glosse contenute negli etimologici bizantini che derivano da EGen., in cui il grammatico alessandrino è esplicitamente citato. Sono dunque stati presi in esame EGen., EM, ESym., Mg. Gr. e Zon.; non è stato investigato EGud., perché non appartiene direttamente alla tradizione di VMK. Questo etimologico è stato tuttavia collazionato per le glosse in comune con quelle degli altri etimologici.! Lo spoglio degli etimologici (direttamente su manoscritto o microfilm, quando non fosse disponibile un' edizione; cfr. infra) ha permesso di isolare tutte le glosse nelle quali è citato Aristarco. Tuttavia la presente edizione dei frammenti non si limita all' analisi degli etimologici, ma considera anche le altre fonti antiche (lessici, scoli, etc.) in cui ricorrono i medesimi lemmi. Ogni frammento è dunque costituito da tutte quelle glosse che analizzano lo stesso lemma e nelle quali compare il nome di Aristarco oppure che risalgono con sicurezza all' alessandrino, cioè gli scoli di Didimo e di Aristonico. 2 Le glosse, che si riferiscono al medesimo problema filologico-grammaticale discusso nel frammento ma che non citano espressamente Aristarco, sono riportate nell' apparato dei testimonia. Per gli etimologici che mancano di un' edizione completa, ovvero EGen., ESym., Mg. Gr. 3 ed EGud. sono stati controllati direttamente i codici o i microfilm. Si offre qui di seguito una breve e concisa introduzione gli etimologici analizzati per questa raccolta di frammenti, rimandando alla bibliografia specifica citata nelle note per approfondimenti. l Su EGud. cfr. infra (3. 6). 2 Sul valore della testimonianza degli scoli omerici per la ricostruzione dell' opera aristarchea cfr. Matthaios, 38-50, e Montanari, The Fragments of Hellenistic Scholarship, che (ibid., 284) sintetizza bene il concetto di "frammento aristarcheo" tratto dagli scoli di Didimo e di Aristonico: "We read a scholium, which utilized x --> y --> z, which utilized VMK, which utilized Aristonicus and Didymus, who both utilized Aristarchus. [ ... ] The Aristarchus fragment that we read in a scholium is thus basically a 'citation', already re-elaborated a number of times in successive utilizations". 3 I tre etimologici, EGen., ESym. / Mg. Gr. e EM sono stati editi da F. Lasserre e da N. Livadaras in due volumi per le glosse a-~"lTOpES'. L'edizione è organizzata con criterio sinottico. I due studiosi presentano la glosse di EGen., mentre per ESym. / Mg. Gr. e EM aggiungono solo gli elementi di differenziazione dalla glossa base di EGen. Il criterio è senz'altro rispondente al tipo di interrelazioni che legano questi tre etimologici; tuttavia spesso la consultazione dell' opera non risulta delle più agevoli. A riguardo cfr. Montanari, reco a Lasserre-Livadaras (1976); Duke, Etymologika Graeca. Si è comunque preferito revisionare autopticamente sui manoscritti le glosse di EGen., ESym. e Mg. Gr. 15

Introduzione

3. Gli etimologici bizantini

3. 1 Etymologicum Genuinum

EGen. si costituisce nel IX sec. in un ambiente vicino al circolo di Fozio e comunque a Costantinopoli.4 Le fonti usate da EGen. sono varie; gli etimologici più antichi di Orione e di Metodio, Oro, Cherobosco (Epimerismi ai Salmi, nEpi op()oypa#a5"), Erodiano, gli Epimerismi Homerici, opere erudite di vario genere come la Ivvaywy1 ÀÉçau// XP7]O{jHu//, le 'EKÀoyai 8LaljJopw// ÀÉçEWV, etc. 5 EGen. usa poi VMK, come dimostrano alcune glosse che ricorrono sia nell' etimologico sia negli scoli tratti dal Commentario dei Quattro, ma in redazione diversa, cosÌ da escludere una dipendenza di un'opera dall'altra. 6 L'utilizzo di VMK da parte di EGen. rende tale lessico e gli altri etimologici da esso derivati fonti indispensabili per la raccolta dei frammenti di Aristarco. EGen. appare infatti un testimone di importanza pari a quella del codice Venetus A, in quanto mantiene con VMK i medesimi rapporti che hanno gli scoli omerici contenuti nel manoscritto dell'Iliade; la testimonianza dell'uno può dunque servire a completare quella degli altri? L'etimologico è tramandato in due soli manoscritti del X sec., uno conservato alla Biblioteca Vatican a (Vat. Gr. 1818: EGen. A) e l'altro alla Biblioteca Laurenziana (Laur. S. Marci 304: EGen. B).8 Quest'ultimo appartenne a Niccolò Niccoli (t 1437) e quindi al Polizian09 che lo lasciò nel 1497 al Convento di San Marco. Qui fu scoperto nel 1864 da Miller, che ne

4 Su EGen. cfr. Reitzenstein, Geschichte, 1-69; id., s.v. Etymologika, 812-814; Berger, EGen. et ESym., IX-XI; Lasserre-Livadaras, Praef. V-XI; Cellerini, Introduzione, 60-62; Alpers, EGen. À, 3-24; id., Marginalia zur Uberlieferung der griechischen Etymologika; id., Byz. Enzykl., spec. 263-266; id., Lexicon Rhetoricum; con la risposta di Theodoridis, Rhetorikon. 5 Su queste fonti cfr. infra. 6 È comunque da escludere che i compilatori di EGen. abbiano potuto utilizzare il Venetus A per attingere le loro glosse, dal momento che il codice dell' Iliade è posteriore all' epoca della formazione di EGen. Cfr. Erbse, Praef., XLV. 7 Contemporaneo a EGen. è l'Etymologicum Parvum. È conservato in un solo manoscrittto, il cod. Laur. S. Marci 304, ed è stato edito da Pintaudi. Su Et. Parv. cfr. Pintaudi, XIII-XVII; secondo Cellerini, Introduzione, 62-63, il lessico è stato utilizzato da EGud., che spesso tra due glosse simili in EGen. e in Et. Parv., ha optato per quelle in Et. Parv. Tuttavia Et. Parv. non risulta una fonte di particolare importanza per il materiale aristarcheo, in quanto non conserva nessun frammento dell' alessandrino. 8 Sono conservati excerpta di EGen. in Cod. Par. Gr. 2720, ff. 43r-96v, editi in parte da Cramer, in AP IV 4-19. 9 Del quale resta una breve iscrizione "Nicas magnus grammaticus in etymologias nominum et verborum graecorum". 16

Gli etimologici bizantini

fece un' edizione, ritenendolo però una versione di EM;10 Miller non riportò quindi le glosse di EGen. B per intero, ma si limitò a fornire solo un rimando alle corrispettive glosse in EM, anche quando vi erano discrepanze. Il codice, su pergamena, risale alla fine del X secolo e ha subìto gravi danni a causa dell'umidità; l'etimologico vi è conservato ai ff. 1-262r (glosse àyavols--0xWKE),11 ma è andato perduto il primo foglio con le glosse àaCJaj.lllv - 'Ayaj.lÉj.lvwv. Nel 1887 Reitzenstein scoprì l'altro manoscritto, il Vat. Gr. 1818 (A). Il codice pergamenaceo, che risale alla fine del X sec. ed è originario di Costantinopoli,12 consta di 284 fogli; è mutilo all'inizio (da àaCJaj.lllv fino ad àÀEWj.lEea)13 e alla fine (giunge fino al lemma wPLaj.los-). Questi due codici non offrono la stessa redazione, perché sono due recensioni diverse, ed epitomate, della versione originale di EGen. Questi prodotti grammaticali erano infatti considerati per loro stessa natura testi aperti", ovvero passibili di continue aggiunte e rielaborazioni, così che non è raro avere diverse redazioni di una medesima opera. In particolare EGen. fu utilizzato nel XII sec. per altri due etimologici: quello attribuito al grammatico Simeone e l'Etymologicum Magnum. ESym. (da cui deriva a sua volta l'etimologico attribuito a Zonara) è più vicino alla recensione di EGen. B, mentre EM si ricollega a EGen. A (che è una recensione più completa rispetto alla versione B).14 Il manoscritto della Vaticana è stato collazionato direttamente, mentre del codice B (Laur. S. Marci 304) si è visionato il microfilm a raggi infrarossi custodito alla Biblioteca Laurenziana.1 5 Sono state inoltre prese in considerazione le edizioni parziali esistenti, cioè quella curata da LasserreU

lO Cfr. MilIer, Mélanges, 11-318, e Berger, EGen. et ESym., IX. 11 Segue poi l'Et. Parv. 12 Come ha dimostrato Alpers, Marginalia zur Uberlieferung der griechischen Etymologika, 527-530, che ha datato il codice all'anno 994, in base alla subscriptio, che fa riferimento alla riapertura della basilica di Santa Sofia a Costantinopoli. Tale nota era stata precedentemente intesa come riferentesi all' anno 882 e alla data della compilazione di EGen. da Reitzenstein, Geschichte, 68-69; Lasserre-Livadaras, Praef. V, n. 2 (che proponevano anche l'anno 865); Cellerini, Introduzione, 60. 13 Tali glosse (cioè da àacràf1T]v fino ad àÀEWf1Eea) sono presenti nel cosiddetto Etimologico Casulano (Vat. Gr. 1276), che fu compilato nel monastero di Casole nel XIII sec. e che usa come base EGen. Per queste glosse, assenti in A, l'Etimologico Casulano ha utilizzato EGud. All' epoca della sua compilazione, nel monastero di Casole erano quindi contemporaneamente presenti un manoscritto di EGud. e il cod. A di EGen. L'ipotesi è confermata dall'analisi di A, in cui sono presenti glosse marginali tratte da EGud, in particolare dal cod. Vat. Barb. Gr. 70 (l'archetipo, conservato, di EGud.; cfr. infra), che era quindi il manoscritto di EGud. presente a Casole, come ha dimostrato Alpers, Synonymendistinktionen. A riguardo cfr. anche Lasserre-Livadaras, Praef., VI-VII; Cellerini, Introduzione, 60-61. 14 Cfr. Reizenstein, Geschichte, 242. 282-283; Cellerini, Introduzione, 68. 15 Il manoscritto B versa infatti in pessime condizioni e non è possibile consultarlo.

17

Introduzione Livadaras (per le glosse U-~WTOpES') e quella di Alpers (per la lettera À).16 In ogni caso l'apparato critico di EGen. è sempre stato costituito sulla base della visione autoptica dei codici manoscritti.

3. 2 Etymologicum Symeonis ESym. è un lessico composto tra il 1100 e il 1150 da un grammatico chiamato Simeone17 ed è conservato in due recensioni leggermente diverse: ESym. propriamente detto e la cosiddetta Mq(j).7] ypaflflaTlKft (Mg. Gr.), che è una versione ampliata di ESym. La fonte principale di ESym. è EGen. Tuttavia Simeone ha utilizzato anche altre fonti, in particolare EGud.,18 Stefano di Bisanzio, un lessico retorico e un trattato ortografico perduti, gli epimerismi omerici, Cherobosco, Erodiano, Metodio, Orione, Oro, etc. Berger19 ha dimostrato che ESym. è precedente a EM e non viceversa, come si riteneva in precedenza. 2o Anzi, è proprio EM a dipendere da ESym., come proverebbero alcune glosse ortografiche e altre tratte da Stefano di Bisanzio e dagli epimerismi omerici, per le quali EM non ha usato direttamente gli originali, ma ha attinto da ESym. 21 Due sono i manoscritti che preservano ESym.: il Cod. Parm. Gr. 2139 (E), cartaceo, del XIV sec., che consta di 104 fogli con le glosse àuaaflTJV-WKuaÀou; e il Vindob. phil. Gr. 131 (F), cartaceo, risalente al 1250-1300, formato da 171 fogli con le glosse àuaaflTJvWpOÀoyELV. Sono stati collazionati i due codici: il Cod. Parm. Gr. 2139 (E) direttamente su manoscritto e il Vindob. phil. Gr. 131 (F) su microfilm.

3. 3 MqaÀ7] FpaflflaTlKft

La MEyaÀ7] ypaflflaTlKft 22 è una versione rielaborata e ampliata di ESym. e come fonti ha utilizzato epimerismi, scoli e glosse lessicali, di cui non è 16 Specimina di a erano stati editi da Reizenstein, Geschichte, 11-44. La lettera À, prima che da Alpers, era stata edita da Colonna, Etymologicum Genuinum, Littera A; la lettera ~ è stata curata da Berjer, EGen. et ESym. 7 Su ESym. cfr. Reitzenstein, Geschichte, 254-286; id., s.v. Etymologika, 816-817; LasserreLivadaras, Praef. XII-XVII; SelI, ESym.; Berger, EGen. et ESym., XIII-XXV. 18 Cfr. Cellerini, Introduzione, 64-65. 19 Cfr. Berger, EGen. et ESym., XVII-XVIII. 20 Cfr. Reitzenstein, Geschichte, 256, n. 1; SelI, ESym., XXIV. 21 Cfr. Berger, EGen. et ESym., XIX-XXIII. 22 II nome deriva dalla titolatura che si legge nei due codici che la contengono (C e V): 'ETUflOÀoylKòv TQV flqaÀou ypaflflaTlKOV, apxlÌ

18

GÙV

8El{ì TijS' MqaÀl1S' fpaflflaTlKijS'.

Gli etimologici bizantini possibile stabilire 1'0rigine. 23 La Mg. Gr. non ha comunque attinto da EGen., ma ha invece usato EM. Anche questo lessico è conservato in due codici: il Laur. S. Marci 303 (C), cartaceo, risalente all'anno 1291, che consta di 212 fogli con le glosse no8Ev aÀt~civowv TTEPL TOV "Tov06E 6' l'a q,8LVV8Elv" (B 346), WoTE où6Év KEKWÀVKE WL Èv8ci8E TÒ TOlOVTO TTapaSÉça08aL 8là TÒ iiST] TTETTEl08aL Ti]v TTapuSoolV. ~E~aLOTÉpa >tÉVTOl ÈoTLV li TO\) Tvpavv,wvo,;, àVUyVWOl';" où8Év yàp ÈvavTlOVTaL A. Erodiano rimanda a una discussione concernente B 346 (in cui la forma unita è dovuta al fatto che segue un secondo 6É), ma lo Sch. A ad B 346 a (Hrd., II 34, 5) è tanto ridotto, da ritenere

che r,arte della nota sia andata perduta. Cfr. anche Sch. bT ad B 346 b (ex.?); Matthaios, 571, n. 35. 8 Cfr. La Roche, 362-363; Haas, 130-131, ad fr. 26; Berndt, Alex., 31-32, ad fr. 44. 19 l\. 409-410 O';' SÉ K' àpWTEVl]Ol >tUXl] l'Vl, TÒV SÉ >tuÀa XPEW / ÉoTU>tEVaL KpaTEpw,;" ii T' l'~ÀT]T' ii T' l'~aÀ' aÀÀov ["ma colui che è valoroso in battaglia è necessario / che resti ben piantato, e o sia abbattuto o abbatta un altro"] grida Diomede a Ettore che gli sfugge con l'aiuto di Apollo. In questo caso il TÒV 6É è il correlativo di o,;, a inizio verso. 20 La forma ricorre in un'esortazione che Achille fa agli Achei durante la battaglia (I 355-357): aÀÀ' ay' àvi]p aVT' av6pò,;, LTW, W>tUTW 6É >tuXE08aL. / apyaÀÉov 6É >to, ÈoTl WL [q,8,>tlj1 TTEp ÈOVTl / TOo00v06' av8pWTTov,;, Èq,ÉTTElV KaL TTaOl >tuXE08al' ["ma su, uomo contro uomo ci si scagli, si brami di

combattere. / è difficile per me, per quanto forte, / inseguire tanti uomini quali sono qui e combattere contro tutti"]. L'opposizione tra anafora e deissi in relazione alla grafia di tali sintagmi ritorna in Sch. A ad \jJ 858 b ' (Hrd., om. Lentz, cfr. id., Praef. LXXXII) ò 6' o'(oETaL li>tl TTÉÀEKW: Mo >tÉpT] ÈoTL

62

Fr.2

il pronome ha valore anaforico e quelli in cui lo ha deittico. Nel primo caso il sintagma va scritto diviso, nel secondo unito. 21

Così si spiega anche la lettura ero diane a in A 41. Nel passo Crise, offeso da Agamennone, prega Apollo di vendicare l'onta ricevuta (vv. 37-42): "KÀ.u6L IlEV àpyvpoTO. 811ÀoL 8È KUL TÒ Èeppovn(E' "KT]8ETO

15

OLKELWV, 01)S' KTT]aUTo OLOS' '08vaaEvS''' (~ 4), 08EV KUL K118wTT]S', o TE TIUTTJP TfìS' yEyUIl11IlÉVllS' WL UVTÒS'

oYUllwv.

13 EGud. con5titui ex d (98r); cf. EGud. 318, 52 Sturz (w) 14 TTEp{L}: TTEp[ d: TTEp Horn. A 586 I < ... > p05t TTEp{l} lacuna in d 15 OlKElWV d: OlKT]WV Horn. ç 4

o 'Ap[aTaPX0S' cÌVTL TOV l'jvLàTO' KUL fan IlETà D, l'jvLàTO yàp TIEPL ~uvuwv. "aÉ TE KT]8wv l'j8È aà TÉKVU" (O

Ep. Horn. ad A 56 A2 KT]8ETO: TfìS' TIEp[, '(v'

542)' "KUÀ6v TOL aÌJv ÈlloL TÒV KT]8ELv" (I 615)' 811ÀOL KUL TÒ Èeppovn(E' "KT]20

8ETO OLKT]WV, 01)S' KTT]aUTo 8LLOJS' '08vaaEvS''' (~ 4)' 08EV K118wTa[, o TE TIUTTJP TfìS' EyUIl11IlÉVllS' WL UVTÒS' 20 oVS' KTT]aUTO Oa:

oYUllwv. G Oa

OV" KTll- G 21 CYUflllflÉvrS' corro Dyck ex EGud. d 98r: ÈyaflllflÉvrS" G Oa

65

Fragmenta quae ad Iliadem spectant Sch. bT ad A 56 a (ex.);: Porph., Qu. Horn. ad A 56 (I 5,1 Schrader); Sch. A ad A 56 (D) ;: Sch. D ad A 55;: Sch. Ge ad A 56 (II 16 Nicole); Sch. D ad A 56; Ep. Horn. ad A 56 A"; Ep. Horn. ad A 56 Alb; EGen. AB s.v. KJj8w; ESym. EF s.v. Ki)8w ;: Mg. Gr. CV s.v. Ki)8w; Ap. Soph. 98, 28; Lex. Synt. 153, 7 Bekker; Tzetz., Ex. Il. 104, 5; Eust. 778, 33 (ad I 615).

Le fonti non offrono molti elementi utili a chiarire la questione posta dal frammento aristarcheo. EM unisce alla glossa di EGen., che discute sui significati e sulle (fantasiose) etimologie di Kl]Ow,1 la glossa di EGud. con il riferimento ad Aristarco (tratta probabilmente dagli Epimerismi Homerici ad A 56). Il verbo KTjOELV / KTjoECJ8m suscitava perplessità agli esegeti antichi,2 perché all'attivo significa "affliggere", "tormentare", mentre al medio significa "preoccuparsi" e regge il genitivo.3 Eustazio, la fonte più ricca per il dibattito su questo verbo, distingue tra KTjOELV e KTjoECJ8m, quasi fossero due forme differenti e non le diatesi di un medesimo verbo. Infatti KTjOELV all' attivo significherebbe ~À.ciTTTEL v, mentre KTjoECJ8m, di cui non esisterebbe la forma È:VEPYT]TLKTj, varrebbe yàp TQ TTOlT]T(ì Tà ÙTTOTUKTlKà TWV apepùlV El,>

79

Fragmenta quae ad Iliadell1 spectant epimerismi e di EM l'analisi degli ap8pa, pur nominati al plurale, si limita esclusivamente al nominativo maschile singolare, 05 e oS', di cui sono citate alcune ricorrenze omeriche, nelle quali si ha sempre il TIpOTaKTLKaV o in luogo dell'lmoTaKTLKav OS'o L'apparente anomalia è però del tutto giustificabile. Infatti gli articoli prepositivi e quelli postpositivi hanno le medesime terminazioni. Solo nel nominativo maschile singolare questo non avviene, perché si ha o invece di OS'o Pertanto proprio al fine di ristabilire l'analogia di desinenze tra ap8pa prepositivi e postpositivi è corretto sostituire o a 0S' (cfr. Ep. Horn. o 4: ... LKaL ÀÉyw[lEv OTLJ apa àvaÀ6ywS' TOl'!Tl(l XPiìTaL o TIOL llTT]S' lì TIapaÀ6ywS': LàvaÀ6ywS', ÈTIEL8T]J Tà lmoTaKTLKà TWV ap8pwv olJ.OLOKaTaÀllKTa 8ÉÀOUCJLV ElVaL TLOLS' L8LOLS'J TIpOTaKTLKoLS'). Il richiamo alla dottrina dell' analogia può indurre il sospetto che l'osservazione risalga ad Aristarco, il quale si atteneva sempre proprio a questi criteri e sceglieva di sostituire all' articolo postpositivo 0S' il prepositivo O. Ep. Horn. o 4 e EM infatti citano due passi omerici, A 73 e A 336, in cui Aristarco aveva compiuto tale scelta, scrivendo l'espressione 8L' ÉVòS' CJ, come conferma anche Didimo negli scoli. 6 In A 73 nell' espressione formulare o CJcpLV Èù cppovÉwv àyopl]CJaTo KaL [lETÉEL TIEV, "con saggezza rivolse loro la parola e disse'? Aristarco leggeva o CJcpLV, dove quell' o si riferiva a Calcante, cui è stato richiesto di rivelare il motivo dell'ira di Achille. Zeno doto aveva letto questo verso: 0S' IJ.LV àIJ.EL~a[lEvoS' ETIEa TITEpaEVTa TIpoCJllv8a. Lascia perplesàVTWVUfllav flETàynv. In queste glosse (e anche in Choerob., Ep. in Psalm. 9, 14) si elencano poi sei usi omerici dell' articolo: 1) come iipSpov TIpOTaKTLKaV, cioè posto "prima" del nome cui si riferisce; 2) come iipSpov imOTaKTLKaV, cioè posto" dopo" il suo referente e quindi simile al moderno pronome relativo; 3) in luogo di ODT05"; 4) in luogo di TOUTO, cioè nel valore originario di determinativo anaforico (solo così l'iipSpov è definito àVTwvuflla, "pronome"); 5) in luogo di 'Aplampxos 'I aKws "TTaaavTo". Aim 40 le. add. Villoison

Sch. A ad B 427 b (Did., 218, 1) 'AplaTapxos 'I aKws "TIaaavTo". Aim 42 le. add. Bekker (Villoison)

97

Fragmenta quae ad Iliadem spectant EGen. AB s.v. KaTà [1iìp' (B: [1J\p' A) ÈKaT]: TIToÀf[1aLOS Èv TfÀfUTal4llTapaÀa[1~aVfl [1iìPf, '(va 'I WVlKWS i'i KaT]' [1fTalTÀaa[1òv yàp ÀÉYfl ÈK TOl! [1iìpa [1iìPE, ws TÒ ooaa ooaE, KaL òL 364, legge invece >LiìpE KaTl, lezione trasmessaci però dalla sola tradizione indiretta, ossia gli scoli omerici e EM 585, 22. 8 Nel duale è attestato solo il maschile >LTlPw (cfr. M 162. TI 125). Cfr. Kiihner-Gerth, I 69, § 368; Chantraine, Gr. Horn., II 24, § 32. 9 La glossa ritorna in EGud., ESym. e Mg. Gr. Il testo di questi etimologici è dunque ridotto rispetto sia a Sch. A ad A 464, sia a EM 585, 22; a riguardo cfr. Erbse, Beitr., 143. 164. lO Sulla forma aCmE varie erano le proposte antiche; cfr. ad esempio Sch. bI ad A 104 (ex.); Ep. Horn. ad A 104 81-2; Eust. 58, 25 (ad A 104); 1746, 24 (ad v 401 = Hrd., II 245,13). Lobeck, Path. El., I 261, fa derivare oaaE da un non attestato tema in sibilante *oaao" -DV,. Per >LiìPE si dovrebbe allora ipotizzare *>LiìPOS", -DV,. 11 Cfr. A 200: ... onvw oÉ ol oaaE q,aav8Ev; Hes., Theog. 826: ... Èv 8É ol oaaE (secondo la congettura di West. La vulgata però presenta ÈK 8É ol oaaùlv, mantenuto da Solmsen); Hes., Se. 145 (oaaOlCJlv). Cfr. Chantraine, S.V. OlTùllTa. 12 Cfr. Momo, 161-162, § 173; Chantraine, Gr. Horn., II 24, § 32. 13 L'altro esempio citato in EGen. AB KaTà \liìp' ÈKaTl = EGud 304, 55 Sturz è òL 364 e che è anche la lezione della vulgata. 16 Cfr. Van der Valk, Researches, II 181-182. Occorre qui chiarire un problema legato alla grafia dei papiri, in cui solitamente le parole si presentano in scriptio piena; sono cioè segnate graficamente nel testo anche le lettere elise, per quanto poi nella lettura di esse non venga tenuto conto. Tuttavia, nei casi come quello ora esaminato, in cui si discuteva come dividere una scriptio continua con una parola elisa, porta necessariamente a supporre che gli alessandrini, almeno in questi casi, si riferissero a testi in cui la scriptio non era piena. Tra sostantivo e verbo compariva dunque una sola vocale, che poteva valere o come aumento (E) o come desinenza del neutro plurale o del femminile (a). I papiri più antichi del III a.c., epoca in cui lavoravano gli alessandrini, confermano infatti che non sempre si usava la scriptio piena. Ad esempio PStras. W. G. 307, metà III a.c., antologia di passi euripidei, e P. Sorbo Inv. 2272b, fine III a.c., con i Sicioni di Menandro, presentano entrambi sia scriptio piena, sia parole elise; P. Lille inv. 76d, III a.c.?, con il terzo libro degli Aitia di Callimaco, è ancora più significativo, perché presenta scriptio piena nel commentario, mentre elisione nel testo poetico. A riguardo cfr. Turner - Parsons, 60. 74. 126; e Mayser, Ll, 132-135. Questo è confermato anche dai papiri che contengono A 464: >LfìpLlJPEKa[Tl in un papiro di ossirinco inedito (n. 784 West).

100

Fr. 8

meo,17 che risultava quindi tra le variae lectiones del passo dibattuto. Erodiano potrebbe dunque aver "completato" la testimonianza didimea e aver ritenuto che la lezione di Aristarco fosse r.riìPE K(hl; l'effettiva difficoltà posta da una lettura del genere lo avrebbe indotto ad optare per l.riìp' ÈxaT).

È comunque possibile una spiegazione diversa e più semplice, perché evita di supporre un fraintendimento di Erodiano. Nelle glosse di EM 585, 22 e di Sch. A ad A 464 a, la nota "Kaì. 'ApL(JTapxoS' 8È oìhw" potrebbe riferirsi solo all'ultima parte del commento alla lezione di Tolomeo Ascalonita (TIToì--EI.taLOS' TÒ E TEì--EuTaLov ì--a[l~aVEL TOV [lfìPE, '(va 'laKwTEpov ÈX8ÉçT)TaL TÒ KaT)). Aristarco condividerebbe cosÌ solo la scelta per la forma ionica KaT), non il duale [lfìpE. Anche negli scoli a B 427 Erodiano 18 attribuisce lo scorretto [lfìPE KaT) a Tolomeo di Ascalona, senza citare Aristarco, menzionato solo da Didimo per la lezione TTaaavTo. Entrambe le ricostruzioni escludono comunque una lezione aristarchea [lfìPE KaT). Erodiano, proponendo [lfìp' ÈKaT), osserva (in Sch. A ad A 464 a) che in Omero si trovano tempi storici con aumento (TÒ 8È TOlOVTO TTOÀÙ TTapà TELÀEV EXELV TÒ L, àÀÀ' T] TIapa8oaLS' ~OUÀETaL EXELV aUTO. 7 ESym. constitui ex E (102r) et F (165v) 8 ypaq,ETaL F: ypaq,El E 9 TTEpLCJTTdTaL: TTE E: TTEPLCJTTùlflÉVùlS F I WL om. E lO flÈv om. F 11 OlOV om. E 12 ÒçUVETaL F: òçuvn E I q,av, i'~av E: q,av, OUTùl, i'~av F I q,BS E: q,Ìjs F

Mg. Gr. fìs TIOV taTavt Àawv (E 473): 'Ap[aTaPX0S' TIEpLCJTIQ., 'Lv' Ean 15

TIap4lXTliJ.ÉvoS' ÈK TOl! EepTlS' yLVOiJ.EVOS'. 8Lò Wl XWplS' TOl! L ypaETaL. WS' Kal TÒ ~fì, OLOV "~fì 8' àKÉWV" (A 34). EaTL yàp ~w ~fìiJ.L



Wl ~[~TliJ.L, 6 OEUTEpOS'

àopLCJTOs E~TlV E~TlS' E~Tl. ~fì KaTà àa[pEaLV TOl! E TIEpLCJTIUTaL. LaTÉov yàp OTL iJ.ETà TÌjV àa[pEaLV TOl! KÀL TLKOl! iJ.0p[OV El iJ.ÈV iJ.aKpà aVÀÀa~Ìj lmo-

20

À[ TIOL TO, TIEpLCJTIUTaL, OLOV E~TlV ~fìv, E~TlS' ~fìS', ETlS' fìS'. El 8È ~paXELa, Èç àvayKTlS' ÒçUVETaL, OLOV E~av ~av, EaTav aTav, Eav av. 8EL 8È yLvWaKELV OTL TÒ DS' 8EvTÉpov TIpoawTIov TOl! ÈVEaTWTOS'. OLOV TliJ.ì. 1]S'. OUK WepELÀEV EXELV TÒ L oaov KaT' àvaÀoy[av. 14 Mg. Gr. constitui ex C (194r) et V (195r) I le. éhav C V: c'iTEp Horn. E 47317 i'~T), et s. l. iis C 21 q,B, scripsi: q,Ìj, C V I q,lj, V: L>LÉvov, WS Èv Ti) 'OpeoypaLÉvwv, 1158 Bekker; Hsch. G 2474.

llJ.lL, oggetto di discussioni antiche e moderne.3 Le due forme ct>DS al presente e ct>iìs all'imperfett04 nella grafia antica non erano agevolmente distinguibili, perché caratterizzate da due elementi molto "instabili" nelle convenzioni grafiche del tempo: il tipo di accento (acuto o circonflesso) e la presenza o meno di iota sottoscritto, segni sovente omessi nella tradizione manoscritta. Presente e imperfetto potevano dunque essere scritti entrambi H2:, senza alcun segno diacritico. Di qui la difficoltà non solo di stabilire le varie proposte antiche a riguardo, quando non vengano esplicitamente fornite indicazioni sulla presenza o meno dello iota o sul tipo di accento, ma soprattutto di interpretare le fonti manoscritte, che offrono moltissime varianti. Fatta questa necessaria premessa, si può comunque tentare di ricostruire il dibattito antico. Aristarco scriveva ct>iìs con accento circonflesso e senza iota sottoscritto e lo intendeva come imperfetto da Ect>llS (cfr. EGen ... 'ApL(JTUPXOS rrEpLiìs, '(vu È(JTLv ÈK TOV Ect>llS. 8LÒ WL XWpLs TOV L ypcict>EL).5 Su questa grafia in E 473 i consensi erano unanimi. 6 Erodiano considerava ct>iìs, dall'imperfetto Ect>llS, una forma ionica con accento circonflesso a causa della caduta

1 "Ettore, dove è andata la forza che prima avevi? / Dicevi che avresti difeso la città senza soldati e alleati / da solo, con i tuoi cognati e i tuoi fratelli. / Ma ora di questi non riesco a vederne o a scorgerne alcuno, / ma si nascondono come cani vicino al leone. / E noi combattiamo, noi che siamo alleati" . 2 Cfr. La Roche, 374 =id., Horn. Unters., 193; Erbse, ad Sch. ad E 473; id., Beitr., 202. 3 Su q,11!l[ e sulla sua declinazione cfr. LSJ, Chantraine, s.v.; Kiihner-Blass, II 210-212, § 289; Schwyzer, 1659.674-675; Momo, 12-13, § 12; 75-76, § 87(1); Chantraine, Gr. Horn., 1291, § 135; Curtius, Das Verb, I 143; Fournier, Les verbes "dire", 10-39, spec. 29-30. In particolare sulla seconda persona singolare cfr. Stolz, Zur Bildung der 2. und 3. Sg. Praso Akl. von q,11!l[; Bader, Le présent du verbe 'etre', 86. 89-91. 4 Nei passi omerici in cui ricorre la forma, non è sempre univoca la scelta tra presente e imperfetto, trattandosi di un'espressione ("dici", "dicevi") utilizzata nel dialogo spesso in senso rafforzativo o parentetico, senza uno specifico valore temporale; secondo La Roche, 375 =id., Horn. Unters., 193: "1m Homer ist q,fi, zu schreiben E 473, 11 239, ç 117; q,1], !l 351, :=: 265, p 174, a 391". Se in E 473 è preferibile un imperfetto e in !l 351. :=: 265. a 391 un presente, in P 174. 11 239. ç 117 la scelta tra i due tempi è meno netta (entrambi sono ammissibili). 5 Glossato con EÀEYE, in Sch. D ad E 473; Eusl. 572,12 (ad E 471-492). 6 LOLO >LES[EWV" (.6. 351), E~TlV ~ììv "~ììv {C') El, AloÀou KÀUTà cW>Lam" (K 60)' El cÈ ~paXEla, òl;uvouCJlV' ECJTav CJTav (I 193 al.), E~av ~av (K 273 al.) O. Cfr. anche EGen. ~ 102 L-L;: ESym. ~ 88 L-L;: EM ~ 126 L-L (195, 55 Gaisford).

8 Cfr. fr. 8. 9 Cfr. La Roche, 375 ;: id., Horn. Unters., 193; Chantraine, Gr. Horn., 1291, § 135; Bader, Le présent du verbe 'etre', 90. In effetti q,D, è forma attica, quindi ammessa dagli alessandrini, e in particolare da Aristarco, nel testo di Omero. lO Come invece si nota in Sch. h ad E 473 (ed. Erbse, ad Sch. ad E 473) e in Sch. Ge ad E 473 (I 88 Nicole). 11 Il problema è trattato ad esempio da Hrd., 1458,26 (ex Arcad. 191, 20); 553, 2 (= Arcad. 163, 1); e da Charax, 1152 Bekker; Ael. Dion., 1TEpl ÈYKÀlV0>LÉvwv, 1158 Bekker. Ll, atono nelle altre persone: cfr. Kuhner-Blass, I 337, § 88, a; Schwyzer, 1389; Momo, 75-76, § 87 (1) e soprattutto Wackemagel, Kl. Schrift., II 1062-1067. 12 Sch. A ad Hom. e 441: om. testes 9 TTpOq,ÉpEl R Vb: TTpOq,E( ) P 5 O lO ÀOYou om. Vb I oùv: yoDv Vb 11 ÈUO>tTJTWV ÈTTl ~w>tùlv: Èuo>t~Tt0 Vb

Sch. A ad 8441 al (Did., 294, lO)

olhws 'AplaTapxos "t~w­

iJ.OLOl t". Èv TOLS LlLOyÉVOVS "àiJ.~WVEaOl". 13 le. add. Bekker 13-14 ~W>tOlCJl A: Iì>t >tOCJlV ù>t~WVECJCJl Villoison XXX

15

~W>tOlCJl

Aint

Pfeiffer (ad Cali. fr. 75, 34) 14 D.lOyÉVOUS' UTTO>tVTJ-

Sch. A ad 8441 bI (Hrd., II 62, 7 I Hrd. Òpe., II 408, 16)

°

àiJ.~WIlOLOl: Xpv-

Olrrrros vep' EV rrpoepÉpETaL, IlÉVTOL 'AplaTapxos OVO IlÉpT] Myov rrapa"all~avEL KaL rrporrEpLarrq' À.ÉyEL yovv WL àÀ.À.axov "XPVaELOL o' apa KOVpOL

252

Fr.30

ÈvollilTWV ÈTTl ~WIlWV" (Ti

Ko.V TTapci8ECJLS

20

100). XP~

IlÉVTOL yLVWCJKELV éhL oLà TOl) Il ypaETaL,

D, ÒI·lOlWS Tl;ì "o.ll OVOV, o.v VÉKuas"

Èv TOLS TTEpl òp8oypalas E'lPTiTaL.

(K 298). I TÒ oÈ a'lTLov

A

à~~W~OlLE ~OTJ8òv TÌÌS' ~M~TJS' YEvÉo8m b (BP) T. Cfr. anche Sch. T ad::: 485 b (ex., ex Did.); Sch. b ad::: 485 c (ex. ex Did.). A parte questi tre passi dell'Iliade, il sintagma àpTiS' ... àÀKi]p è attestato in Hes. Theog. 657; SeuI. 29. 128, mentre il genitivo àpTiS' ritorna in Aesch. Suppl. 84. Il termine è glossato anche negli scoli esiodei ed eschilei con ~M~TJ: cfr. Sch. ad Hes. Theog. 657; GI. Hes. Theog., 657 (p. 197 Flach); Sch. Aesch. Suppl. 83. A riguardo cfr. West, Theogony, 345; Johansen - Whittle, Aeschylus, The Suppliants, II 80.

347

Fragmenta quae ad Iliadem spectant probabilità anche in 3:

485). È

d'altronde in linea con i suoi principi ec-

dotici fare una scelta e applicarla in maniera costante.1 3 La variante àpfìs si trovava invece, secondo Didimo, nelle copie di valore inferiore, le ElKal6TEpm. La lezione era stata fatta propria già da Zenodoto,14 come informano gli scoli AbT a 3:

485,

ed era stata poi ripresa da

Iolomeo d'Ascalona, con il quale, secondo la testimonianza di Sch. A ad

100 al

(Hrd.,

Anche

il

L

II 106, 29),15 era d'accordo anche Erodiano.1 6

è citato in EM a 1756 L-L (138, 2 L 100, sempre in riferimento alla lezione àpfìs.17

grammatico Parmenisco

Gaisford) e in Sch. D ad

Tuttavia, dalla parafrasi che queste due glosse gli attribuiscono

ÀEIlOS TlÌV ÈlllÌv àEÀ.6IlEVOS TTavoTTÀ[av E8T]aEv, ÈVETT68wÉ

1l0V

(ò 8È TT6-

TlÌv Eço8ov,

waTE àÀKTfìpa IllÌ YEvÉa8m TIaTp6KÀoV, l) Èan ~oT]86v) si evince che, almeno in

L 100, Parmenisco, pur adottando la grafia APHL, aveva letto la parola

13 Secondo Schulze, KI. Schrift., 359, n. 1, Aristarco non aveva letto "ApE w, ma il genitivo attico "ApEWS", perché le note di Didimo e Aristonico (òlà Toli w "ApEW 'ApLompxoS" e òlà Toli EW 'ApLompxoS") indicano solo che l'alessandrino aveva rifiutato la lezione àpiìS". "ApEWS", che è la lezione della vulgata in:=: 485 e L 213 (cfr. infra p. 352, n. 37), sarebbe nata da una falsa trascrizione (non è chiaro se dovuta ad Aristarco o invece generatasi nel corso della tradizione) dell'originale apEoS", genitivo da apoS", sinonimo di apJ\ (cfr. Hsch. a 7370). Il lemma apEoS" ricorre in Sch. D ad L 213, in Sch. bT ad L 100 d' (tra cruces), in Eust. 998, 41 (ad:=: 484s.); 998, 49 (ad:=: 485) ed è anche lezione offerta da vari manoscritti iliadici (cfr. infra p. 352, n. 37). Tuttavia !'ipotesi di Schulze appare insostenibile alla luce dell'assoluta mancanza di testimoni a favore di una forma del genere ascritta ad Aristarco (così anche Erbse, ad Sch. ad L 100). Inoltre gli scoli, gli etimologici ed Eustazio chiariscono che Aristarco leggeva "ApEW (senza sigma) dal nominativo "ApEWS". 14 Cfr. Duentzer, 109. 15 Sch. A ad L 100 al (Hrd., II 106, 29) ,'>lElo òÈ ÒiìOEV apiìS" : TlVÈS" TTEplÉoTTaoav TÒ apiìS", '(va OTJlWLV1J TÒ ~M.~TJS". OUTWS" wl Ò 'AoKaÀwvLTTJS" (p. 56 B.) Kal tiwlS". [... l. Tolomeo di Ascalona è ricordato anche in EM a 1756 L-L (138, 2 Gaisford), ma solo in riferimento al verbo ÒiìOE. A riguardo cfr. infra. La lezione apiìS" è condivisa da Porph., Qu. Horn., ad LIDO (105, 13 Sodano; I 221, 16 Schrader). A riguardo cfr. Laum, 353. 16 Può essere interessante soffermarsi in breve sulle glosse degli etimologici. EGen. a 1143 L-L sembra appoggiare la lezione di Aristarco, dal momento che non accenna neppure alla variante apiìS". Quest'ultima invece ritorna, oltre che in EM a 1756 L-L (138, 2 Gaisford), anche in EM a 1757 L-L (138, 15 Gaisford): apJ\: OTJlWLVEl Suo' T!Ìv EÙXJ\v' "apawv atwv NTJÀTJ"lciSao yÉPOVTOS"" (O 378)' wl T!Ìv ~M.~TJv ",'>lElo S' i!STJOEV apiìS" aÀKTiipa YEvÉo8m" (L 100) e in ESym. a 1342 L-L, in cui è il lemma della glossa ("ÈWlo BÉ BiìoEv apiìS" aÀKTiipa" (L 100)' apri ti ~M.~TJ· ti apri, TiiS" apéìS", TpOTTÌj Toli a ElS" TJ apiìS"). ESym. (e Mg. Gr.) non presenta la voce "APEW e adotta quindi la soluzione opposta a EGen., che non conosce il lemma apJ\. EM è dunque l'unico tra gli etimologici a conoscere entrambe le lezioni, ed è curioso come a distanza di poche righe (le due glosse sono infatti successive) ricorra la medesima citazione omerica, ma con le due varianti. EM ha tratto la prima glossa da EGen. (cui ha unito lo scolio D ad L 100) e l'altra (probabilmente) da Ap. Soph. 41, 27 (gl. 594 Steinicke). Sul rap~orto tra EGen. e gli scoli a L 100 cfr. Erbse, Beitr., 141; id., ad Sch. ad LIDO. 7 Anche Ap. Soph. 41, 27 (gl. 594 Steinicke); 62,14 presenta solo la lezione apiìS" (citando LIDO), quasi che già all'epoca della compilazione del Lexicon Homericum (I-II d.C.) la maggioranza dei codici presentasse questa sola lezione (che è, infatti, quella della vulgata in L 100; cfr. infra p. 352, n. 37).

348

Fr. 43

con accento diverso, ossia non àpfjS", ma "ApllS".18 Il che comportava dare una diversa interpretazione del passo. Per avere come soggetto "APllS", infatti, iI verbo ofjaEv non poteva più significare "mancò", "venne meno a". Così Parmenisco lo faceva derivare dall'omografo oÉw, "lego", "impedisco". Il verso significava quindi: "Ares mi impedì di essere d'aiuto (a Patrodo )" .1 9 Nell'analizzare ~ 100 i grammatici antichi dunque intendevano l'aoristo di terza persona singolare ofjaE in due modi: 1) come una forma sincopata da ÈOÉllaE, aoristo primo di oÉw, "ho bisogno di", "manco", costruito in questo caso con iI genitivo e !'infinito: È(J.ELO oÈ ofjaEv "ApEW àÀKTfjpa YEvÉa8m. È questa la lettura data da Aristarco, Iolomeo d'Ascalona e Erodiano, che, pur nella diversità di lezioni, sono concordi nell' avere un genitivo ("ApEW o àpfjS") retto da àÀKTi)p; 2) come aoristo privo di aumento (altrimenti lfollaE) da oÉw, "lego", "impedisco", per cui era necessario iI nominativo: ofjaEv "ApllS" àÀKTfjpa YEvÉa8m. 20 Diversa la ricostruzione di Breithaupt,21 per il quale iI frammento di Parmenisco (fr. 6) è stato male interpretato. A suo avviso, infatti, la lettura "ApllS" ofjaEv non è di Parmenisco, perché assurda: quell'È(J.ELo rimarrebbe inspiegabiIe e inoltre mancherebbe !-li) prima dell'infinito yEvÉa8m. Piuttosto, Parmenisco avrebbe accettato la lezione vulgata ofjaEv àpfjS" e avrebbe solo preferito a oÈ ofjaEv la forma con aumento O' lfollaEv, ma senza intenderlo come derivante da oÉw, "impedisco", anzi glossandolo con ÈoÉllaEv, da oÉw, "manco".22 Di qui la critica di Iolomeo d'Ascalona che definiva TTEpwaov supporre la forma con aumento lfollaEv (cfr. EM: ... ThoÀE!-laloS" oÈ ò 'AawÀwvLTllS" TTEpwaòv TÒ lfollaE ElÀE oÈ ÈKTElvElv Tò l. T tE'lTEt fìTm àVl TTT6ìTOOES xal-lmEVVm

EGen. 'EÀÀòs Kal 'EÀÀoL: TÒ Èv 2:.wOWVlJ TfìS" 'HìTElpoV KaTOlKOVV E8voS"' Kal yàp oihw TlVÈS" ÀÉyOVCJl TÒ ìTapà T: OTl

oVCJa' Kaì. OTl CJvv TT]al WL TÒV TTEPL b.w6wvT]v TOTTOV, .;)aTTEp TT]v Eu~otav, 'EÀÀOTTlav KÀT]8fìVat· WL yàp 'Halooov oiJTW ÀÉyElV "faTl Tl, 'EÀÀOTTlT], TToÀuÀfJeo, fJo' EÙÀEl~wv' / ÈVe: [ ... ] I TÒ oÈ EpVTO 4;lÀOl!TaL wì. rrporrapOçVVETaL. olhwc; 'ApLuTapxoc;, Kaì. Èrrdu811 aÙT0iJ rrapaooulC;' Ean yap n PfìlJ.a Èpvw' TOVTOV rrapaTanKòc; rra811nKòc; yLVETaL EipVOlJ.llV, TÒ TpLTOV EipvETO, Èv uvvaÀlD Kaì. Èvodq. TOl! l ÈyÉVETO EpVTO. A

o 20

o

379

Fragmenta quae ad Iliadem spectant 16-17 le. A suppl. Villoison 18 TIapaooalS': TIapaooaLS" ouvaTm òÈ Kal TIpOTIEplaVTl1J TIaVTU OÉ KaÀà 6uv6vTL TIEP, IhTL UVT]1J

0417

5

EM 787, 26 UvT]1J: 'Ap[uTapxoS' KaL OL àKpL~ELS' ypallllUTLKOL lmoTaKTLKòv TOlJTO fXOUULV" fUTL yàp i) WTOX'lÌ avE[S', avÉvToS'· Èàv avi]· KaL TIÀEOvauIl0 TOÙ 11, avT]1J. 5 TOVTO om. O I q,avÉVTO, om. O

Mg. Gr. UVT]1J: 'Ap[UTUPX0S' KaL OL

àKpL~ELS' YPUIlIlUTLKOL VTIOTaKTLKÒV TOÙ-

TO fXOVULV" fUTL yàp i) IlETox'lÌ avELS'· Èàv avi]· KaL TIÀEovuuIl0 TOÙ 11, avT]1J. 7 Mg. Gr. constitui ex C (192v) et V (193v) 8 EXOUcnV C: EXOUcn V 9 q,avTID C: q,avr)'1 V

lO

Sch. AT ad X 73 (Did., 475, 11) olJTUlS' 'Ap[uTapxoS',

Aim Ti!

avT]1J

OLà TWV ovo 11. Nm 10 le. add. Villoison 11 TWV SUo Villoison: ffj A I suppl. Ludwich (cf. id., Did., 233, 20 n.)

Eust. 1356, 43 (ad O 417) TÒ oÈ "q,avd'1" Èv lTOÀÀOl, TWV aVTl ypaq,wv olà TOV '1 (Juvr)6w, EXEL n'W lTapaÀr)you(Jav finà Kal lTpo(Jypaq,iì, TOV l ÀOy4' olq,6oyyou. [8VvaTaL oÈ Kal ÈK TOV q,avi) oL(JuÀÀa~ou ELVaL TÒ "q,avr)lJ" olxa lTpo(Jypaq,iì, TOV lWTa olà TÒV TOV ~Ta lTÀEova(Jfiov].

EGen. AB s.v. q,avrllJ; Ep. Horn. q, 43; Eust. 1189, 25 (ad T 375); 1545,1 (ad E 397); La Roche, 405-410.

403

Fragmenta quae ad Iliadem spectant aVT}lJ, la terza persona singolare del congiuntivo aoristo passivo da a[vw, ricorre in T 375. X 73. Q 417. E 394. tj; 233, la seconda persona singolare av~lJS è attestata in v 402. Scarse sono le notizie fornite dalle fonti, in

particolare con riferimento ad Aristarco. In EM e Mg. Gr. si dice solo che Aristarco e i grammatici àKpl~ELS lo intendevano come un congiuntivo. 1 La nota sembra dunque indicare che il significato grammaticale della forma non fosse univoco. Una delle fonti più ricche a tal proposito è Eustazio (1356, 43, ad Q 417),2 che, affrontando il problema, senza però menzionare Aristarco, informa che alcuni intendevano il ANHH in Q 417 come un congiuntivo, altri come un ottativo. Nel primo caso la forma era scritta av~lJ, nel secondo caso avUll. La differenziazione tra le due varianti dipendeva dunque dalla posizione in cui si trovava lo iota secondo elemento di dittongo, se cioè era legato al primo o al secondo heta. Se si trattava di un congiuntivo, lo iota era riferito al secondo heta e la forma era un congiuntivo "con aggiunta di ll": -lJ da cui -~lJ (cfr. Eust., ibid.: 8[xa TTpoCJypafìs TOl) lOL~OS (A 43. 64. 72 al.) 'ATTOl0..wV, Wl

45

ciKEpaEKOJ.1TJS (Y 39), Kal TTaÀlv ciTTÒ TTpaçEwv, EKaTos (A 385. H 83 al.), ÉKaTTJ~EÀÉTTJS (A

75), ÉKTJ~OÀOS (A 14. 21. 96 al.), "ApTEJ.1lS oÈ Kal ciypOTÉPTJ ( 471) Kal LOXÉaLpa (E 53. 447 a1.), Kal TTavTa Tà TTapaTTÀf)aw' Wl yàp El aTTavlws, 'EÀlKWVlOV (Y 404) TÒV TIoanowva c'lpTJKEV ciTTÒ 'EÀlKWVOS, WS 'APLaTapxOS ~ovÀnaL' ÈTTcl 1] BOlWTla oÀTJ LEpà TIoanowvos' (où yàp cipÉaKn

50

ciTTÒ 'EÀlKTJS' ÈTTEl TJalv "ol. oÉ TOl ElS 'EÀlKTJV TE Kal Al yàs Owp' civayovO"lv" (8 203). 'EÀlKf)(OV yàp uv ElTTE, avyxwpoDVTOS ToD J.1ÉTPOV·) OVVaTal oÈ 'EÀlKWVlOS ÀÉyw6aL olà TÒ ÉÀlKàs Kal TTEplEpELS cLVaL Tàs olvas Tfìs 6aÀciaaTJS. hl o', c'lTTEp ~v il KVTTplS ciTTÒ Tfìs KVTTpOV, Ka6ò Èv KVTTP4l TLJ.1UTaL,

55

TTOÀÙ J.1ul0..ov ciTTÒ Tfìs TIaov, Èv D"~wJ.1os TE 6vf)ns" (6 363) aÙTfìs, TIaLTJ ÈÀÉyno' cil0..' OÙOÉTTOTE TIaL TJV aÙT~v ElTTEV "OJ.1TJPOS, WS OL VEWTEpOl. Kal yàp E'(TTOTE aTTavlws ÈTTl6na ÈçEvf)voXEv ciTTÒ TOTTOV, OÙOÉTTOTE Èç aÙToD, cil0..' Èç 1]pw(KoD TTpoawTTOV, wTà TÒ ElKÒS ÉavT0 ÀÉyn. 'AXll0..éÙs J.1Èv yap, 8waaÀÒs wv, TJal "ZED ava L1wowvaLE TIEÀaaylKÉ" (TI 233)' Wl 'EKa~TJ, "cil0..' EUXOV

60

av y' E'(TTnTa KEÀaLVEÉ( KpOVlWVl / 'loal4l, OS TE TpOlTJV KaTà TTuaav

ÒpUTal." (Q 290-291). El yàp "loTJ nls Tpolas, OLKcLWS 1] 'EKa~TJ EaXTJKE TTapWVOJ.1aaJ.1Évov TÒV 'loaLov. Ò o' "OIlTJPOS OÙK dv E'lTTOl ciTTÒ Tfìs KVTTpOV TÒ ÈTTl6nov Èç LOlov TTpoawTTov ÀÉywv, "ò oÈ KVTTplV ÈTT0xno VTJÀÉ"L xaÀK0" (E

330). 6 TTEplKÀi>aTql ÈVl Kimpw: Èv (s.1. T) TT (s.1. E) KUKÀWl ÈVl TTOVTWl o I cj>lÀOIlElo1ì: cj>lÀOIlIlEloÉa Hes. Theog. 200 7-8 ELTTEV Gaisford ex Sch. D ad E 422 (duce Kulenkamp): ÈTTÉaTfJaEv Sylburg: E (s. l. TT) O 8 T1Ìv 2: TÒ O 9 waTTEp yàp TÒ TTVp "Hcj>maTov ÀÉYEl: "prefero waTTEp yovv apud Schol. Homeri 1.1. equo eodem sequens ÀÉyOUaLV in ÀÉYEl mutandum censeo" (Kulenkamp) I ÀÉyEl Gaisford (duce Kulenkamp): ÀÉyOUaLV Sylburg, qui notat: "congruentius ÀÉyEl" 10 EÙpOVTl: EÙpWVTl O I 8aÀl-lwv Gaisford ex O: TÒ TTPOOWTTOV Kal TOÙS òcj>8aÀl-loùs Sylburg: TÒ TTPOOWTTOV Kal TWV òcj>8aÀl-lwv Callierges: T1Ìv TTpoOOljJlV TWV òcj>8aÀl-lwv prop. Kulenkamp 41lÌl-llv: lÌl-lWV Callierges 42 wvol-laol-lÉva Gaisford (duce Kulenkamp) ex Sch. D ad E 422: w (s.1. v) O: wvol-laOTaL Sylburg 42-43 SLà OUI-l~E~'lKÒS TWV: SLà OUI-l~E~'lKOTWV prop. Kulenkamp 43 ÀÉyETaL "HP'l Gaisford: À (s.1. E) 'Hp'l O: 'Hp'l Sylburg 45-46 EKaTOS, ÉKaTT]~EÀÉTT]S, ÉK'l~OÀOS Gaisford ex Sch. D ad E 422: EKaT(S.1. o)'l~o(s.1. E)À(S.1. O)ÉT(S.l. o) O: ÉKaTT]~EÀÉTT]S' Sylburg 54 TE SUllnS' aÙTÌÌS' O et Gaisford (SUllnS' prop. Kulenkamp et Sturz): SuonS' airri:ì Sylburg 56 Èç aÙToù: Èç lSlou prop. Kulenkamp 57 ÉauT0 ÀÉyn Gaisford: ÉaUTW À(s.1. E) O: ÉauT0 ÀÉywv Sylburg 59 EÙXOU: EÙXEV O: EÙXEO Horn. O 290 I OS' TE Gaisford, Horn. O 291: OTE O et Callierges: OOTE Sylburg 60-61 El yàp --- olKELwS' --- TTapwvOl-laol-lÉvov: lÌ yàp-- olKELWS' TE --- TTapOVOl-luOaL prop. Kulenkamp 61 'ISalov: t.la '18alov prop. Kulenkamp I TÌÌS': TOÙ O

Sch. D ad E 422 KlrrrpLS: TÒ ÈTTL8ETOV 'Acf>poÒLTllS, 65

o OÙK

EvollllCTlV 'ApLCTTOTÉÀT)S

(HA IX 32, 618 b 26)' "ETEpOS 8È iJ.ÉÀUS Xpouv wì. IlÉyE80s ÈÀciXLOVOS. ECTTL 8È WKV~OÀOS". ÈTTEì. TOL vvv KOL VWS UlETÒV Ecj:>T), TTpOCTÉ81lKE "IlÉ ÀUVOS", Ehu ÈTTLKVpWV "TOl! 8T]pT)Tiìpos". OL 8È WTEtJ;EVCTUVTO TOl! TTOL llTOl! WS "W-

40

ÀUVOCTTOV" ùcj:>' EV WS 'OpÉCTTOV ElPllKOTOS 8Là TÒ KUì. Llllll0KpLTOV (fr. 68 B 22 D.-K.) LCTTOpElV ÈTTì. TOl! clETOl! Tà ÒCTTU IlÉÀUVU dVaL, KUTatJ;Ev8owvOL Tiìs clÀT)8Elus' ÒCTTOl!V yàp IlÉÀUV où8EVòs C00v EÙpLCTKETaL' où8' Civ d TTEV 6 TTOLT)TT]S ÒCTTOl!V, Elw8ws ÒCTTÉOV ÀÉyELV TpLCTvÀÀa~ws. àÀÀ' Ol!TOS ÈCTnv IlÉÀUS, 6 8T]pT)TT]P,

OV

6

'ApLTTo8Éwv" (fr. 327 M.). 'Ap[topos si adatterebbe all'idea di detriti e fango, ma non ai ciottoli di Apollodoro. Sul significato che il termine assume in quest'ode di Pindaro cfr. anche Giannini, Note esegetiche alle Pitiche 6 e 8 di Pindaro, 3923

xepas aveva il significato di XÉpa80s

43. 24 Cfr. Van der Valk, Researches, I 496, n. 453, e soprattutto Magnelli, Euforione, 6. 25 È molto più plausibile che sia Euforione ad aver coniato l'aggettivo a partire dalla v.l. axep680s e non viceversa, come sembrano invece aver inteso lo scoliasta e, prima di lui, Apollodoro.

433

Fragmenta quae ad Iliadem spectant

Fr.56

aUTOV ol Kaì. uiìlla TETEÙI;;ETaL, ou8É T[ IlLV XPEW E(JTaL TUIl~OXOTJS', OTE IlLV eci1TTWCJLV 'AXaLol.

oS'· TÒ 1TÀfìpES' olhwS' yàp 'Ap(CJTUPX0S' 'ACJKaÀwv[ TTJS' (p. 60 B.). allELVOV yàp Èv T0 p-rlllaTL TÒ 1TpUYlla Àall~civELv ~ Èv T0 OVOllaTL.

°

TUIl~oxofìCJaL·

3 EGen. constitui ex A (278v) et B (243r) 4 supplevi 5 TTpéìYllU B: TTpaYllU A

Zon. 1757

TUIl~oxofìCJaL

( 323): XWCJTOV Tcicf>ou àçullCJaL. 'Ap[CJTapxoS'· TÒ

yàp 1TÀfìpES' TUIl~OxofìCJaL.

Sch. A ad

ou". KpciTTJS' (fr. XII H. = 31 Broggiato) IlÉVTOL yEvLK~v 1TTWCJLV ÈçE8ÉçaTo· Kaì. 8fìÀoV OTL È~cipUVEV 0IlO(wS' T0 oivoxoTJS'. allELvOv 8È Èv T0 P-rlllaTL TÒ 1TpuYlla 1TapaÀall~civELv ~ Èv T0 OvOllaTL. A lO le. Erbse: faTaL TVll~oxofja' (~ AmnI) OTE llLV A (TVll~oXofjS vulg.) 11. 12 XVTOÙS Taq,ovs et TOLOUTOV xwaEws Taq,ov ab Herodiano abiud. Lehrs, Hrd., 321 11 XVTOÙS Taq,ovs sc. OLOEV /) TTOLllnlS (Nickau) 12 TOLOUTOV xwaEws Taq,ov: "post Èi;EoÉi;UTO (I. 15) transponenda esse ci. Helck (OÙK faTaL, q,llalv [sc. Crates], UÙT0 Xpdu xwaEws Taq,ov), improbabiliter" (Erbse); cf. Helck, 6514 olvoX611S Bekker (cf. Sch. b 2): olvoX611L A 000

000

000

000

434

Fr. 56

Sch. h (Pll U4) ad 323 (ed. Erbse, ad Sch. ad 323) = Sch. Ge ad 323 (II 192 Nicole) TV[l~OXOi)s ( 323): XW 323; Richardson, 79, e, tra gli editori, Allen, Leaf, Mazon, ad 323. Invece Van Thiel e West, ad 323, adottano la variante TUf1~oxofìs (a riguardo cfr. infra); solo Ludwich e, prima di lui, Bekker e Hoffman, ad 323, accettavano la lezione aristarchea TUf1~Oxofì(J'(aL). 9 Cfr. Monro, 350, § 376; Chantraine, Gr. Horn., I 86, § 36; Wecklein, Uber Zenodot und Aristarch, 71. lO Cfr. Leaf, ad 323; Richardson, 79.

436

Fr.56

"[aver] bisogno di", si costruisce sia con il genitivo,l1 sia con l'infinito.12 E in quest'ultimo caso, quando a fine verso si ha XPEW e accusativo, l'accusativo funge da soggetto dell'infinito e non da oggetto, come invece accadrebbe con I-llV XPEW EwviìS" ÈTTL (JTEVaYf10V Èi;EPXOflÉVllS"); Sch. BEH ad E 83 b ()\UTTOVflEVOS" KaL (JTÉVWV); Sch. P ad E 83 b (JTÉVWV, ÀVTTOVflEVOS" ~apÉwS", 8afla(wv TlÌv t/lvXrlv); Sch. QV ad E 83 (D = Asulanus, 36r) (JTÉVWV, ÀVTTovflEVOS" ~apÉwS"). 7 Cfr. Kumpf, 8I. S "Molti buoi pasciuti si stendevano sul ferro / uccisi, molte pecore e belanti capre; / molti maiali dai denti bianchi, floridi di grasso / arrostendo si tendevano sulla fiamma di Efesto". I vv. 30 e 31 erano atetizzati perché Omero non avrebbe conosciuto il ferro; l'atetesi tuttavia non pare risalire ad Aristarco; cfr. Sch. T ad \jJ 30-31 (ex.; cf. Did., 482,8). 9 Sch. bT ad \jJ 30 b (ex.) aÀÀwS"" òpÉXeEOV: KaTà fllflll(JlV ilxov TpaXÉoS" TTETTOlllTaL TÒ Piìfla, aVTL TOV E(JTEVOV àVaLPOVflEVOl. b (BCE') T il ÈçnElVOVTO àTTOeV1)(JKOVTES", wS" TÒ "KELTO flÉyaS" fl€yaÀw(JTl" (Il 776)T. lO Sch. D ad \jJ 30 ÒpÉXeEOV: ciTTnElVOVTO civaLPOVflEVOl. il ÈeÉyyovTO WL W(JTTEP ÈTTÉ(JTEVOV. Z Y Q X

I flEfllflllTaL TOV

yàp TÒ l8lwfla TiìS" wviìs, "TTPolEVTaL civaLPOVflEVOl ol ~ovS". ol oÈ "8lEK6TTTOVTo'" ciTTÒ KaL ÈP€YflòS" ò ciTTOKEKOflflÉVOS" KvafloS" Z Y Q '" Sch. Ce ad \jJ 30 (II 201 Nicole).

TOV-

11 Cfr. Erbse, ad Sch. ad \jJ 30. 12 Cfr. Hsch. o 1172; Zon. 1609 (al lemma pÉXeEOV, probabilmente una v.l. a \jJ 30). In Sch. bT ad \jJ 31 (ex.) si sostiene che il verbo ÒpÉXeEOV non sia adatto alle pecore, per cui occorrerebbe usare invece ÈflrlKa(ov; lo scoliasta dunque intendeva il verbo nel senso di "muggivano". Sull'interpretazione onomatopeica di POXeÉw cfr. anche Sch. E ad E 402. 13 Cfr. Zon. 1470; Ap. Soph. 122, 27 (TlVÈS" oùv EL TTOV ciTTÒ TOV ÒpOVElV (JVVEETaL Èpq8ElV. Va però osservato che l'òpEX8ElV del testo dello scolio è un emendamento di Ziegler, perché il codice (K) presenta ÈpEX8ElV (con ulteriore confusione!). Effettivamente in Theocr. XI 43 alcuni mss. presentano Èpq8ElV. La medesima confusione, per cui si legge una v.l. Èpq8El, si trova in Ap. Rh. I 275 (nei codd. G e D); solo Ap. Rh. II 49 è unanimemente trasmesso con la lezione Òpq8El. Anche in Opp. HaI. II 583 è attestata una v.l. ÈpEX8El in alcuni co-

dici; cfr. Fajen, ad loc. 32 Invece Eust. 1285, 60 (ad \jI 30) cita Opp. HaI. II 583 (la cui lezione corretta è Òpq8El) con la lezione "Kpa8[TJ 8É ol Ev80v òpÉx8n", da un inattestato *òpÉX8w pari a ÈpÉX8w; a riguardo cfr. supra p. 478, n. 21. 33 CosÌ la vulgata, lezione adottata concordemente dagli editori: cfr. Ludwich, Allen, Leaf, Mazon, Van Thiel, West, ad \jI 30. Il verso, inoltre, non risulta corredato di 8llTÀii o altro segno critico. 34 Sch. P ad E 83 a (Hrd., II 142, 24) ÈpÉX8wv, w, KaTÉa8wv. 8iiÀov ilÈ ÈK Tol) "viia 80TlV l8uvn Èpq80IlÉlfTlv aVÉIlOlGl" (\jI317) P. 35 Sch. A ad N 809 a (Hrd., II 88, 22) (llaKpà) ~l~aa8wv: Tupavv[wv (fr. 32 P. = 35 H.) lTEpLGlTq., OÙX uylW,· 6 yàp xapaKTIJp ~apElav TaGlV alTaLTEl, ElTE alTò TOl) ~l~W ~l~a8w yEvOIlÉvOU Tol) p~llaTo" lTEpllTÀEovaaavTo, TOl) a, W, c/>TJGl '11 >,E, IIoerELoaov ym110XE, TaùTa KÉÀEUE· / oElÀat TOl OElÀwv yE Kal Èyyum ÈyyuaaerSm. / TTWS iìv ÈYw erE 8ÉOl>'l >,ET' aSavaTolerl SE Ol CJlV, / E'( KEV "APllS OLXOl TO XpÉOS wl OECJ>'òv ùÀuças;" ["Non darmi di questi ordini, Poseidone che cingi la terra, / misera garanzia è garantire per i miseri. / Come potrei costringerti di fronte agli dei immortali / se Ares fuggisse, sottraendosi al risarcimento e alle catene?"]. Cfr. la parafrasi di Eust. 1599, 65 (ad S 352). 3 Identiche sono la glossa di EGen., di EM e di ESym. e Mg. Gr. (che omettono solo la menzione di Aristarco) e la parte iniziale di Sch. HMQTV ad S 352 (:= Sch. D ad S 352 b, Asulanus, 54v); l'edizione di Asulanus presenta anche un altro scolio al passo (contrassegnato con la lettera "a", per distinguerlo da quello edito anche da Dindorf e segnalato con "b"). 491

Fragmenta quae ad Odysseam spectant retta,4 si ritrova anche nelle fonti antiche, che glossano il verbo con 8wIJ-EvW / 8w1-lÉw.5

Tuttavia intendere le parole di Efesto nel senso letterale di "come potrei legarti ... ?" aveva creato problemi agli antichi. Non sembrava conveniente che Efesto si rivolgesse a Poseidone in questi termini, minacciandolo di serbargli lo stesso trattamento inflitto al seduttore della propria moglie. Si erano dunque tentate altre soluzioni, testimoniate dagli scoli al passo e dagli etimologici. Alcuni intendevano 8ÉOLI-lL nel senso di EUp[UKOLiJ-L, KamÀal-l~civOLI-lL (cfr. EGen., ESym., Mg. Gr., EM 256, 22, Sch. HMQTV ad e 352; Porfirio in Sch. BH ad e 351). Ritenevano dunque che il verso significasse: "come potrò trovarti tra gli altri dei immortali, se Ares scappa?", quasi che Efesto volesse dire che, una volta perduto il controllo su Ares, gli sarebbe stato impossibile recuperare anche il potente Poseidone, che ne era il garante. 6 Per giustificare la loro interpretazione questi esegeti facevano riferimento al passo parallelo di v 407: Odisseo è appena sbarcato a Itaca e Atena, che gli è venuta incontro con le sembianze di un giovane pastore, una volta svelatasi all' eroe, lo consiglia sul da farsi; Odisseo deve innanzitutto andare a cercare Eumeo: "8ijELS" TOV yE uVEum", "lo troverai tra le scrofe", lo informa la dea. In questo verso tuttavia il verbo usato non è 8Éw, ma 8ijw, "incontrerò", "troverò", forma di presente con valore di futuro? Si è ipotizzato che una simile interpretazione anche per e 352 avesse implicato un intervento sul testo, con la sostituzione di 8ÉOLI-lL con 8ijOLI-lL, ottativo da 8ijw.8

Un problema in parte simile si pone nel caso dell' analisi di Aristarco. Nello scolio a e 352 si legge: ò 8È 'Ap[umpxoS", 1TCDS" uV EVeVVOLI-lL, ypciOpELTal habet w 4546 TtvÈS IlÈv 8là TOU l ypaOU: KpLOS riìs Kal Oùpavou TIaLs. eÉÀOUGl 8È aÙTòv TlÌv 8laKplETm TT]V 8Là Tiìs EL 8[c/>80yyov) e ne elencava una serie: Xios, KlOS Tios, TIlos, etc. 5 Pertanto la grafia corretta per il nome del Titano era KP[ OL: e non KPE[ OL:.6 Si poneva ora il problema dell' accento. Erodiano sceglieva di leggere Kp'ios properispomeno in modo da distinguerlo dal nome comune che indica il "montone" (cfr. EGen.: ... Trp01TEpLCJTréiTm 8È TrpÒS ÙVTL8WCJTOÀlÌv TO'ù KpLOS TO'ù TrpOCJll'YOpLKO'ù),7 che era ossitono: KpLOS. 8 La possibilità di confusione tra il nome proprio e quello comune dovuta alla grafia identica KP[ OL:9 era inoltre rafforzata dalla circostanza che anche per KpLOS gli esegeti antichi, tra cui Erodiano stesso, avanzavano le medesime proposte etimologiche.1 o 4 Non è quindi corretto il testo edito da Gaisford in EM 539, 20, che legge KEKplllCJlv oìhwS' AÉyECJ6m, 'ApLCJTaPXOS' oÈ TÒV olV. E'lll o' Civ l-liiAAov (; Tà OÉPI-lUTU ÈCJ8LWV ÈTUI-lWTEpOV oìhw wAouj.lEvoS'. Ol!TWS' E1JpOV ELs TÒ 'PllTOPlKòv AEçlK6v. KUL Èv aAAOlS' T1Ìv ÈTul-loAoyLuv 'TTupà TÒ EOW, ECJW' (; 'TTUpUKElj.lEVOS' ~CJI-lm, TÒ TpLTOV TWV 'TTUBllTlKWV ~CJTm, WL ovol-lU Plll-lUTlKÒV 1ÌCJTT1S', Ò ÈCJ6LWV, à' OD vfìCJTlS, Ò ÈCJTEPllI-lÉvOS' Tol) ÈCJ6LElV. KUL wl-lllCJTT]S KUL OEPl-lllCJnlS', (; oÉPI-lUTa ÈCJ8LWV. 2 EGen. constitui ex A (101v-l02r) et B (76v) 2-3 ODTWS ÀÉyw8aL Dm. B 4 ÉTvl.U,'nEPOV scripsi: ÉTOlIH,'nEPOV A: ÉTvlloTEPOV B 6 TWV TTa9T]TlKwv Dm. A I ~(JTaL B: i)'JTaL A I PTlllaTlKòV Dm. A

lO

ESym. OEPI-lllCJnlS': AUCJLUS' (fr. 104 S.) I-lÈv TÒV CJKwAllKa llCJlv oìhwS' AÉyECJ6m, 'ApLCJTaPXOS' oÈ TÒV OlV. E'Lll o' Civ l-liiAAov Tà OÉPI-lUTU ÈCJ8LElV ÈTUI-lWTEpOV. oìhws EDpOV ElS TÒ AEçlK6v. 'TTupà TÒ EOW, ECJW' Ò 'TTUpUKElI-lEVOS ~W, ~CJI-lm TÒ 'TTUBllTlKÒV ~CJTUl. KUL OVOI-lU 1ÌCJTllS, Ò ÈCJ6LWV, à' oD vfìCJTlS, Ò ÈCJTEPlll-lÉvoS TOl) ÈCJ6LElV. WL wl-lllCJTT]S' WL OEPI-lllCJTlls. 8 ESym. constitui ex E (43r) et F (63v) 9 Tà E: TÒ F lO 6 TTapaKELWVOS F: Dm. E 11 ~(JllaL Tò TTa8TlTlKÒV ~(JTaL F: ~(JKa (sic) ~(JTaL E

15

Mg. Gr. OEPl-lllCJnlS': AUCJLUS' (fr. 104 S.) I-lÈv TÒV CJKwAllKU oìhwS' llCJL ÀÉYECJ6m, 'ApLCJTaPXOS' oÈ TÒV olV. E'lll o' Civ l-liiAAov Tà OÉPI-lUTU ÈCJ6LElV ÈTUI-lWTEpOV. oìhwS' EDpOV ElS' TÒ AEçlK6v. 'TTupà TÒ EOW, ECJW' Ò 'TTUpUKElj.lEVOS ~KU, Ò 'TTUBllTlKÒS' ~CJI-lm, ~CJm, ~CJTUl. à' oD OVOI-lU 1ÌCJTllS', Ò ÈCJ6LWV, Èç OD vfìCJTls, Ò ÈCJTEPllI-lÉVOS' Tol) ÈCJ6LElV. KUL OEPl-lllCJTT]S' WL wl-lllCJTllS'. 13 Mg. Gr. constitui ex C (56r) et V (59r) I le. 8EPIlTloTTls: ÉTTl OKWÀTlKOS in mg. add. C I La TIapa~oÀlK6v: 149 Emppl\>LaTa GT]>LavTLKa: 284 Emppl\>LaTa aUaGT]>LaVTLKa: 284 ÈpLÙTllfwTLKa, (auv8ELo,): 270 '1 aKLo,: 99; 100; 101 e n. 20; 208; 318; 513, n. 12; 514; cfr. anche '1 LùVLKGì, '1 a,: 73; 351 '1 LùVLKLO,: 243, n. 18; cfr. anche '1 aKLo,

n.4;35~n.28;435;438,n.25;481,n.

33;552

'1 WVLKWTEPO" -a, -ov: 208 KUPLOV (ovo>La): 128, n. 15; 314, n. 2; 459 e n. 5 WTaÀlltPl,: 83, n. 26; 200 e n. 7; 201; 202 vÉa 'ATel,: 73; 75, n. 15; 76, n. 16; 471, n. 11 VELùTEPLK6,: 378 VELOTEPOl: 89; 114 e n. 13; 170; 285 e nn. 13. 14. 15;288;303;312;364;375;376;386; 415;478;480 10;552 '0>LllPLKlÌ auv1jeEla: 267; 287 '0>LllPLK6v: 261; 269 '0>LllPLKGì,: 471 e n. 11; 514 '0>LllPLKWTEpov: 136; 288; 395 "0>LllPOV Eç '0>Ll\pou aaq,llvlCELv: 122; 160; 500 TIaÀmà 'ATel,: 73 e n. 5; 75, n. 15; 76, n. 16; 165; 177; 271; 351; 471, n. 11 ò~EÀ6,:228,n.

TIapaywyl\: 510 e n. 33 TIapa8oaL,: 41-46 (T. 2); 60; 210 e n. 21; 221 e

8l TIÀf) TIEplE