H2O e le acque dell'oblio
 8875070083, 9788875070083

Citation preview

I 'interno di questo libro è stampato su carta riciclata: nessun albero è stato abbattuto per fabbricarlo

Ivan Illich si autodefinisce un «filosofo itinerante». Attualmente è ospite del pro­ gramma sulla scienza, la tecnologia e la società all’Università della Pennsylvania. Attraverso le sue analisi dei bisogni e delle istituzioni moderne quali l’educazione, la medicina, il trasporto, il lavoro e la donna ha orientato una riflessione che oggi ispira una vasta area del pensiero verde. Durante l’ultimo decennio ha ripreso lo studio della storia medievale, nella cui prospettiva esamina il sorgere delle ovvietà del nostro tempo.

Ivan Illich

li,«)

e le acque dell’oblio U n’inchiesta sul mutamento delle nostre percezioni dello spazio urbano e delle acque che lo ripuliscono

macrc/0dizon

'l'itolo originale dell’opera: H20 and thè Waters of Forgetfulness

Copyright gentilmente concesso da Ivan Illich

traduzione di Valeria Milanesio Copertina di Walter Oglino Coordinamento editoriale ;i cura dello studio di editing di Pierangelo Bassignana, c.so Mediterraneo, 68 - 10129 Torino - tei. 011/599252 Stampa A.C. Grafiche - Cerbara di Città di Castello (PG)

© 1988 Macro Edizioni loc. Preggio, 176 - 06060 Umbertide (PG) ISBN 88-7507-008-3

Indice

Nota dell’editore .................................................................................... Premessa ...................................................................... . ........................ Ringraziamenti ......................................................................................... Un lago comunale a Dallas .................................................................. Il nudo nella tinozza ............................................................................ La storicità della «roba» ...................................................................... L’acqua in quanto «roba» ........................................... ........................ Spazio abitativo: né nido né garage ................................................... La creazione rituale dello spazio .......................................................... Lo spazio materno di Platone .............................................................. Lo spazio spianato dal bulldozer .......................................................... Lo spazio in-scindibile e l’incubo ........................................................ Spazio interno ed «esterno» ................................................................ Le acque elusive .................................................................................... La divisione delle acque ................................. \ .................................. La duplice natura dell’acqua: purezza e pulizia ................................. Le acque del Lete che lava ................................. ................................ Il laghetto dove si riflette Mnemosine ............................................... L’acquedotto e l’alfabeto prosciugano Mnemosine ........................... Gli impianti idrici in-scindibili di Roma ..................................... .. Harvey inventa la circolazione ............................................................ La sporcizia delle città ......................................................... L’esalazione delle città .......................................................................... L’odore dei morti ................................................................................... L’utopia di una città in o d o re ............................................................, Le esalazioni dovute a fughe di gas ................................................... Defecazione e privacy ............................................................................ Gli osmologi scoprono l’odore di razza e di classe ....................... Il naso istruito: vergogna e imbarazzo ........................................... .. . Il profumo e l’addomesticamentodell’esalazione ................................. Si adotta l’acqua per il gabinetto ........................................................ Gli escrementi parigini: un fertile concime ....................................... Le inquinanti fognature di Londra ............................ Gli impianti idrici scrosciano nelle case degli americani ................... Il WC unifica la cultura statunitense ................................................. Il ricupero della «roba» ........................................................................ Bibliografia .............................................................................................

7 9 11 13 13 15 17 19 23 26 28 30 32 33 34 36 38 40 42 43 46 51 53 55 56 59 62 63 65 66 68 70 72 73 76 77 79

Nota dell’editore

Quando molti anni fa mi «entusiasmai» alla lettura di Nemesi medica e degli altri «classici» di Illich, certamente non immaginavo che un giorno egli mi avrebbe affidato la pubblicazione di una delle sue opere. Cercai di mettermi in contatto con Ivan Illich alcuni anni fa; volevo sapere, per il mio lavoro di diffusione dell’editoria ecologica, perché non era più possibile trovare i suoi libri più conosciuti: sono ormai esauriti da anni e senza alcuna prospettiva di essere ristampati. Fu così che, quando incontrai Wolfang Sachs a Città di Castello, si riparlò di questo e, in attesa di una soluzione, Illich ci propose di stampare la versione italiana di H20 and thè Waters of Forgetfulness. Accettammo senza incertezze in quanto questo libro si inseriva perfet­ tamente nel nostro programma editoriale: — come le altre opere di Illich, è un testo che analizza le origini della nostra crisi, cercando di risalire alle cause più remote; — è complementare all’altro nostro libro di Marco Barberi sulla storia e la tecnica delle fognature biologiche, completandolo relativamente ad aspetti storici, filosofici e culturali; — come il testo di Barberi (realizzato insieme all’associazione AAM Terra Nuova), è il risultato della collaborazione con una struttura che persegue i nostri fini. L’entusiasmo con cui gli amici della Fiera delle utopie concrete accol­ sero l’offerta e quello di Enrico Chiesa, che ha voluto anche aiutarci finan­ ziariamente, ci hanno imposto una corsa eccitante per riuscire ad avere il libro pronto in tempo per l’inaugurazione della Fiera. Ringraziamo Valeria Milanesio per la passione e l’impegno con cui ha affrontato un testo sicuramente complesso e particolare, ottenendo una tra­ duzione egregia. Ringraziamo Pierangelo Bassignana e la sua équipe per la competenza con cui svolgono il loro prezioso e «sommerso» lavoro di editing: ancora una volta in tempi strettissimi hanno trasformato una pila di fogli dattiloscritti in un libro di cui lascio al lettore valutare la qualità editoriale.

8

I v a n I l l ic h

Per noi questo testo costituisce un punto di partenza per un rapporto di collaborazione: — con persone e gruppi che condividono le analisi e le proposte di cui Illich è portatore; — con le associazioni e gli enti interessati a questo genere di proposte cul­ turali; — con la Fiera delle utopie concrete, il Comitato consultivo europeo e il Comitato locale, per dare continuità all’intervento editoriale sui temi stu­ diati sia attraverso la pubblicazione di libri, manuali, bibliografie, sia rea­ lizzando esposizioni di opere italiane e straniere; — con Ivan Illich per rendere di nuovo disponibili per i lettori italiani le sue opere più note, proseguire la pubblicazione degli inediti, pianificare la sua presenza culturale in Italia. Ringraziamo fin d’ora quanti vorranno comunicare con noi. L’Editore

Premessa

P resto E m pedocle p o tre b b e d iv en ta re il p a tro n o degli eco­ logisti. Il parallelo è so rp re n d e n te : p ro p rio quegli a sp etti della n a tu ra che oggi gli ecologisti si tro v a n o a do v er d ife n d e re , egli li aveva già identificati, all’inizio della filosofia occidentale, come gli e lem en ti fo n d am e n ta li del m ondo. P e r lui il cosm o è co sti­ tu ito da acqua, te rra , aria e fuoco, e sono q u e sti q u a ttro ele­ m en ti che in u ltim a ista n z a uniscono la gran d io sa ed in tric a ta m o ltep licità dei fen o m en i n a tu ra li. N o n sta forse succedendo oggi che, p ro p rio q u an d o i q u a ttro e lem en ti vengono co n tin u am en te esp o sti al pericolo di av v elenam ento, ci accorgiam o di s b a tte re il naso c o n tro q u e sta an tica verità? S o lta n to so tto la m inaccia dell’au to d istru z io n e scopriam o di nuovo i q u a ttro ele­ m en ti com e fo n ti di v ita , fa tto che E m pedocle aveva già e n u n ­ ciato senza l ’aiu to d i q u e sta lezione. L a «F iera delle u to p ie concrete» è d e d ic a ta nei prim i anni a questi q u attro elem enti. C om e prim a cosa si m etteranno a nudo i diversi giri viziosi nei quali procede, in m odo a p p a re n te m e n te in eso rab ile, la deg rad azio n e degli e lem en ti vitali. Si tr a tta poi di p re se n ta re p ro g e tti e strateg ie per la loro rigen erazio n e, co­ m e vengono già p ro p o ste da in iziativ e di base, dalla scienza al­ te rn a tiv a , m a anche da am m in istrazio n i o in d u strie . E d in fin e si tr a tta di celebrare i q u a ttro e lem en ti in quella fu n zio n e che essi h a n n o av u to n e ll’a rte , nei sogni, nella m itologia e nella li­ turgia: l’essere cioè sorgenti di vita per l ’im m aginazione um ana. La tra d u z io n e italian a di q u esto lib ro esce in occasine d e l­ la prim a F iera delle u to p ie c o n crete, che h a com e tito lo A cqua. Cloaca, risorsa, meravìglia. R ingraziam o Iv a n Illich che ha d a to il consenso a q u e sta ed izio n e e che h a c o n d o tto il pu b b lico del­ la F iera a ttra v e rso u n viaggio nella sto ria d e ll’im m aginario del-

Ill

I van In i. n

l'acqua. Tutti noi crediamo con certezza di sapere cos'è l'acqua; ma ecco che Illich ci m ostra come la natura dell'acqua rappresenti una creazione sociale che ha più a che fare con le nostre azioni ed ispirazioni piuttosto che con dei dati fisici o chimici. Ben lontano dall'accettare come scontata la "naturale bellezza" o l'"utilità" dell'acqua, invita il lettore ad una sorta di scavi archeologici nella memo­ ria collettiva per sbalordirlo attraverso la scoperta della precarietà di ciò che comunemente si ritiene ovvio. Illich, che ha insegnato a molti di noi che cosa significa sottoporre le istituzioni della civiltà industriale (scuola, medicina, traffico, lavoro) ad una analisi radicale, dalla fine degli anni set­ tanta ha concentrato tutti i suoi sforzi per portare a galla e rendere leggibi­ li concezioni della realtà in cui queste istituzioni affondano le loro radici. Il suo saggio sull'acqua rappresenta una parta di questo lavoro di scavo nella storia della mentalità occidentale.

Wolfgang Sachs (Comitato Consultivo Europeo)

00 00

Ringraziamenti

N el maggio del 1984 Gali Thomas ed i suoi colleghi mi invitarono a Dallas per una breve conferenza. Promisi di correggere il mio mano­ scritto per pubblicarlo e questo libro ne è il risultato. Esso non si basa comunque direttamente su quella conferenza, ma piuttosto su una ver­ sione tedesca di questa, che Ruth Kriss-Rettenbeck ha preparato. Solo in u n ’altra lingua ed attraverso le domande che lei mi poneva sono giun­ to a realizzare il potenziale insito nel mio testo originale. Sono grato al Dallas Institute o f Humanities and Culture per aver stampato le bozze originali di questo libro in tempo per un seminario sulle Euristiche sto­ riche delle immagini del corpo, che allora stavo conducendo insieme a Barbara Duden. Susan H unt ha curato la revisione del mio testo riga per riga e Beverly H all mi ha ospitato ed aiutato mentre correggevo il manoscritto finale. Ringrazio Scott e Susan Dupree, che sono riusciti a fotocomporre un libro a partire da un manoscritto che sembrava una co­ perta rattoppata. Ciò che il lettore riuscirà a trovare in queste pagine è letteralmente un «saggio», un tentativo: un testo pieno di chiose, improvvisi cambiamenti e note marginali, che ho aggiunto nel corso di innumerevo­ li conversazioni.

2o E LE ACQUE DELL’OBLIO h

Un lago comunale a Dallas Mi risulta che a Dallas negli ultimi settan t’anni diversi gruppi di cittadini abbiano sollecitato la costruzione di un lago in mezzo alla città. Allbnizio del secolo un progetto del genere non sarebbe stato molto difficile da realizzare; oggi ha assunto proporzioni tali da di­ ventare u n ’impresa quantom eno stravagante. Nel 1984 un altro gruppo ancora di esperti si è domandato quanto questo progetto fosse tecnicamente realizzabile e quanto fosse social­ mente accettabile sommergere una dozzina di isolati nel pieno cen­ tro della città. I sostenitori del progetto si aspettavano che il lago potesse «irrigare» affari e fantasia, tasse e svago; chi si opponeva con­ siderava la proposta u n ’indebita appropriazione elitistica dei fondi pubblici. Tra i molti argomenti sollevati, discussi e caldeggiati in settan­ t ’anni, ne predomina uno. Sia chi era a favore del lago, sia chi ne era contrario in fondo pensava che la bellezza naturale di una massa d ’acqua sarebbe stata moralmente benefica per la vita cittadina di Dallas.

Il nudo nella tinozza La saggezza popolare ritiene che l’acqua possieda una «naturale bellezza» e che questa bellezza possa avere u n ’influenza sul morale cittadino. Tale concetto però non sempre è stato espresso apertamente. Se provate comunque a farvi gioco della convinzione che una massa d ’acqua al centro di una città possieda qualcosa di magico, tu tti rea-

M

I v a n I l l ic h

gi scono come se aveste raccontato una storiella spinta. Q uesto per­ ché l’acqua, che è sempre stata percepita come l’elemento femminile tIella natura, nel diciannovesimo secolo è stata collegata a una nuova immagine «igienica» della donna, che era di per sé una creazione del­ l’epoca vittoriana. Solo alla fine del diciannovesimo secolo la nudità femminile, come simbolo culturale, è stata associata all’acqua di ru­ binetto della stanza da bagno. La prossimità di schiuma e nudo nel bagno hanno addomesticato sia l’acqua che la carne. L’acqua diven­ ne quella «roba» che circola attraverso gli impianti idraulici delle ca­ se ed il nudo divenne il simbolo di una nuova fantasia di intimità sessuale definita dalla sfera domestica recentem ente creata. L ’evoluzione dei sottili legami tra acqua e nudo si possono os­ servare, in tu tta la loro complessità, nei dipinti di quel periodo. Il pittore sente sempre meno la necessità di giustificare il nudo presen­ tandolo in term ini religiosi o mitologici: mostrandola come «bagnan­ te», ha la possibilità di fondere donna e acqua come parti della «na­ tura». Solo un genio straordinario come Courbet avrebbe potuto di­ pingere felicemente La sorgente [o «Bagnante vista di schiena» N.d.T.], presentando una donna dall’incredibile specificità, del tu tto priva di consapevolezza, ma che lascia esplicitamente trasparire la propria car­ nalità. Per il pittore comune, il fatto di associare la carne all’acqua serviva a rendere il corpo femminile innocuo. Prima, durante la lun­ ga vita di Ingres, il term ine nudo era diventato sinonimo di bagno turco. Poi Degas, quando stava ormai invecchiando, aveva riempito il proprio studio di tinozze, vasche e catinelle, tra cui collocare le sue modelle. I suoi pastelli costituiscono una fonte storica sul bagno do­ mestico alla fine del diciannovesimo secolo. Non è tanto il nudo che dipinge, quanto l’atteggiamento concentrato della donna, tu tta in­ tenta nel rapporto tra il suo corpo e l’acqua con cui si lava l.

1 Franco RUSSOLI contrassegna i disegni a pastello di nudi eseguiti tra il 1878 e il 1890 dal numero 867 al 957 e dal 990 al 1054. Huysmans accusò Degas di odio sdegnoso nei con­ fronti del corpo femminile, quando un certo numero di tali pastelli fu esibito all ultima esposi­ zione impressionista del 1886. Proprio come le sue precedenti ballerine, queste donne che fan­ no il bagno, che si lavano, che si asciugano o che si pettinano sono rappresentate nel momento in cui un movimento difficile ha raggiunto un equilibrio instabile. In Degas si sviluppa un rapporto nuovo tra il nudo ed il suo sfondo. M entre Rembrandt collo­ ca la sua «Susannah» in un paesaggio che prolunga sia spazialmente che emotivamente i senti­ menti di una fanciulla spaventata e Manet, sovvertendo deliberatamente questo modello pone la sua ninfa sorpresa a contrasto di uno sfondo studiatamente discontinuo rispetto ad essa (ve­ di KRAUSS, 1967), in Degas la tinozza e l’asciugamano, e il sapone e l’acqua che toccano la

H 20

e

LE ACQUE DELL'OBLIO

15

La mescolanza di acqua di città e nudo è parte di un tabù creato per proteggere il simbolismo dell’uso dell’acqua pubblica, impeden­ do che venga analizzato razionalmente. Dovremmo ad esempio di­ scutere molto apertam ente la nostra scelta dell’architetto che rivesti­ rà magnificamente quella roba che scorre attraverso le tubature di Dallas. Ci sentiamo liberi di criticare il modo in cui la m etterà in mo­ stra, in cui la farà danzare o luccicare. Ma non ci sentiamo liberi di discutere la naturale bellezza dell’acqua stessa perché sappiamo, an­ che se non riusciamo ad ammetterlo, che questa «roba» è scarico di gabinetti riciclato.

La storicità della «roba» Voglio m ettere in discussione la bellezza intrinseca dell’H 20 , poiché l’Istituto di discipline classiche e cultura di Dallas ha offerto di dare il proprio efficace contributo alla, controversia sul lago citta­ dino. Siamo stati invitati a discutere di «acqua e sogni» nella misura in cui questi ultimi contribuiscono a «far funzionare la città». Il tema di questa conferenza è stato tratto dal titolo di un libro appena tra ­ dotto e pubblicato dai membri dell’Istituto. Acqua e sogni fu scritto q u a ra n tan n i fa da G aston Bachelard 2. Appartiene a una serie di saggi in cui l’autore analizza il modo in cui immaginiamo la materia, questa «roba» a cui la nostra immaginazione dà contorno e forma. Seguirò il modo di far ricerca di Bachelard, facendo una distinzione tra la «roba» e la sua forma e rifletterò sul legame che l’immaginazio-

sua pelle, sono al centro dell’attenzione della donna che fa il bagno. Degas riduce gli oggetti al minimo indispensabile, per sottolineare che questo contatto tra nudo ed acqua avviene al­ l’interno della sfera domestica. La carnagione dipinta dalle sue pennellate riproduce fedelmen­ te la qualità della superficie dell’acqua. «Le donne che dipingo sono persone semplici, discrete, completamente assorbite dalla cura del loro corpo», annotava nel suo diario. Le sue donne che fanno il bagno sono prese dalia cura della loro nudità, proprio come Degas pare esserlo dalla propria tecnica. Secondo Eldon N . VAN LiERE, «L’immagine della donna che fa il bagno fornisce la vicenda nell’ambito di una vicenda della pittura francese del diciannovesimo secolo», un dramma in­ terno alla storia dell’arte, ma in consonanza con i temi principali di questa storia. Per Courbet cfr. FARWELL. 2 Gaston BACHELARD, Water and Dreams (Acqua e sogni). Seguo il traduttore di HUS­ SERL nello scegliere il termine inglese stuff («roba»), sebbene io non gli attribuisca lo stesso senso epistemologico che lì gli viene dato.

16

I v a n I l l ic h

ne crea tra due tipi di «roba» di cui la città è fatta: lo spazio urbano e l’acqua di città. Il rapporto che intercorre tra acqua e spazio può essere esplora­ to su due piani diversi. Il primo riguarda la forma. A questo livello il confronto si accentra sulle caratteristiche estetiche comuni che l’im­ maginazione di un periodo ha attribuito all’acqua di città e allo spa­ zio urbano. Un contributo dell’epoca allo stile della loro percezione e rappresentazione è al centro di questo approccio alla poesia o alla pittura, alla scultura o ai sogni. La domanda è: «Come ha usato o rap­ presentato l’acqua l’arte barocca?». L ’acqua di per sé, a questo pri­ mo livello, non ha storia; sin «dall’inizio, quando la terra era una massa senza forma e vuota», l’acqua era H 20 . Secondo quest’ipotesi le stov rie sulla creazione di tu tto il mondo parlano dell’origine della stessa «roba», dal momento che la «roba» come tale è astorica. Non intendo indagare sull’acqua a questo modo, e neppure, per quanto riguarda ciò, sullo spazio o sul legame immaginario che li uni­ sce 3. Sin dall’inizio rifiuterò di amm ettere che tutte le acque si pos­ sano ridurre alla formula H 20 . N on tratterò lo spazio cittadino co­ me se potesse esser universalmente definito in term ini di coordinate cartesiane o di criteri di censimento. Perché non solo il modo in cui u n ’epoca tratta acqua e spazio ha una storia: proprio le sostanze a cui l’immaginazione dà forma, e di conseguenza a cui dà espliciti si­ gnificati, sono esse stesse fino ad un certo punto delle creazioni sociali. Voglio indagare sulla storicità della materia, sul senso che l’im­ maginazione di u n ’epoca ha dato alla tela su cui essa dipinge le sue immagini, al silenzio di una stanza in cui essa proietta la sua musica, allo spazio che riempie con l’atmosfera che essa può gustare od odo­ rare 4. J L’idea che 1) l’acqua, l’aria ed i luoghi siano concepiti dal creatore per l’uomo e che 2) essi siano in correlazione con ogni cultura e che codeterminino la sua unicità storica, secon­ do Glacken ha dominato tutte le società preindustriali. Verso la fine del diciassettesimo secolo si comincia a considerare l’uomo come agente geografico, e solo durante l’ultima parte del veniesimo secolo la percezione sociale del paesaggio da parte di una data epoca è arrivato ad essere inteso come una forma sociale che non riflette soltanto lo stile della società, ma che rafforza e modella il suo senso della realtà. L’argomento è sottilmente e vigorosamente formulato da I'AIikk a i ii 1 < stato recentemente illustrato in modo brillante da STAFFORD ed anche da JOR l»AN( IVA.

1 Andié M ai uaiix, in La tcntation de l'Occident, parla in questo senso: «Avete distin....... II "........... in sentimenti e le loro cause più comuni; ma vedete, in quello che chiamate voe/", •|0 pierre Patte era un architetto e un uomo che si era fatto da solo. Per un periodo fu disegnatore delle illustrazioni per l’enciclopedia di Diderot e fu coinvolto in una intermina­ bile battaglia legale con il suo datore di lavoro. Salvò il Pantheon di Parigi dal crollo. I suoi

H 20 E LE ACQUE DELL’OBLIO

51

Nel 1842 Sir Edw in Chadwick, ex assistente letterario di Jere­ my Bentham e più tardi membro della reale commissione per le leggi di assistenza ai poveri, presentò un rapporto sulle condizioni sanita­ rie della popolazione lavorativa in G ran Bretagna. Lewis M umford lo ha chiamato il «classico resoconto di orrori paleotecnici». Nel suo rapporto Chadwick immaginò la nuova città come un corpo sociale attraverso il quale l’acqua doveva circolare incessantemente, lascian­ dola di nuovo come acqua di fogna. L’acqua avrebbe dovuto «circo­ lare» senza interruzione attraverso la città lavandola del suo sudore, dei suoi escrementi e dei suoi rifiuti. Più in fretta questa scorre, me­ no ristagnano le zone che riproducono la pestilenza congenita e più sana sarà la città. Senza acqua che circola continuam ente attraverso la città, convogliata dentro di essa e nuovamente incanalata fuori, lo spazio interno immaginato da Chadwick può solo ristagnare e marcire. Gli scritti di Chadwick furono pubblicati col titolo La salute delle nazioni durante la commemorazione centenaria di Adam Smith. C o­ me il corpo umano individuale ed il corpo sociale, anche la città veni­ va ora descritta come una rete di tubi. Più veloce è il flusso e maggio­ ri saranno la ricchezza, la salute e l’igiene della città. Proprio come Harvey aveva ridefinito il corpo ipotizzando la circolazione del san­ gue, così Chadwick ridefinì la città «scoprendo» il suo bisogno di es­ sere continuam ente lavata.

La sporcizia delle città Q uando Aristotele fissò le regole per situare una città, voleva che le strade fossero aperte alla luce del sole e al soffio dei venti. L ’e­ sistenza di lamentele sul fatto che le città possano diventare dei luo­ ghi sudici, risale all’antichità. stravaganti piani per dotare Parigi di acqua e fognature (Sur la distrìbution vicieuse des villes, da p. 28 in Mémoire sur les objects les plus importants de l ’arcbitecture, Paris 1769), secondo J. Rykwert sono spesso dimenticati. Per altri che diedero suggerimenti per il miglioramento della distribuzione delle acque a Parigi, vedi R o c h e , pp. 385-391. Non di meno, sembra es­ sere fuori di dubbio che l’ideologia delle acque circolanti sia stata formulata effettivamente per la prima volta da Chadwick. Per la sua biografia vedi DlCKINSON e BEGUIN. L’unica im­ portante monografia su tutta la storia dell’acqua nell’Europa occidentale è quella di Robinson, il migliore storico sull’argomento. Più della metà del libro riguarda il diciannovesimo secolo.

52

I v a n I l l ic h

A Roma speciali magistrati sedevano sotto i loro ombrelloni in un angolo del Foro per giudicare le lamentele di passanti insozzati dal contenuto dei vasi da notte. D urante tu tta l’antichità classica, a partire dal palazzo di Cnosso (1500 a.C.), le abitazioni dei ricchi avevano talvolta una stanza apposita per il sollievo corporale. A Ro­ ma le famiglie patrizie avevano uno schiavo che aveva lo speciale com­ pito di svuotare i pitali. La maggior parte delle case non aveva un posto specifico per il sollievo corporale. Come le fognature sotto l’a­ gorà di Atene, le fognature sotto i fori imperiali ed i posti a paga­ m ento in latrine di marmo erano lim itati ad aree della città ricoperte di marmo. Le ordinanze romane richiedevano che nelle abitazioni po­ polari a due piani ci fosse un buco in fondo alle scale, altrim enti la strada era considerata il luogo adatto per questi scarichi. Le città me­ dioevali venivano ripulite dai maiali. Ci rimangono dozzine di ordi­ nanze che regolano il diritto degli abitanti dei borghi di possedere questi animali e di nutrirli con i rifiuti pubblici. In Spagna e nelle aree islamiche corvi, nibbi e persino avvoltoi erano protetti come spazzini sacri. Tali usanze cambiarono sostanzialmente durante l’epoca barocca. Solo durante gli ultimi anni del regno di Luigi XIV venne emessa un ’ordinanza che rendeva la rimozione delle materie fecali dai corridoi del palazzo di Versailles una procedura settimanale. Sotto le finestre del ministro delle finanze vennero macellati per decenni dei maiali e il loro sangue raggrumato incrostava le pareti del palaz­ zo. Le concerie funzionavano dentro la città, anche se il loro puzzo nella valle di Ghinnom divenne il simbolo dell’inferno (Geenna) nel­ la Gerusalemme antica. U n’indagine effettuata a M adrid nel 1772 rivelò che nel palazzo reale non c’era neanche una latrina. Tali con­ dizioni cittadine millenarie prevalevano a Londra quando Harvey an­ nunciò la sua scoperta dèlia circolazione del sangue 31. Solo dopo il grande incendio di Londra del 1660 e dopo la morte di Harvey, furo­ no sistemati degli «immondezzai» nei crocicchi delle strade di Lon­ dra per contenere i rifiuti ed in ogni rione fu incaricato un addetto onorario per controllare i «raccoglitori» — uomini*e donne disposti

31 Per una introduzione generale alla storia del miglioramento delle condizioni igieni­ che, vedi RAWLINSON ed anche K e n n a r d . G ay è aneddotico e non documentato. Per Londra nel tardo periodo medioevale sono riportati diversi fatti sulla pulizia delle strade e sulla tecnica di costruzione dei pozzi neri in SABINE 1934, 1937. Per le condizioni igieniche delle strade di Parigi LABANDE è pieno di dettagli, GAIFFE antiquato e divertente.

H 20 E LE ACQUE DELL’OBLIO

53

a pagare per il privilegio di ripulire le strade, per poi vendere i rifiu­ ti, traendone un profitto. Nel 1817 il potere di questi spazzini e rac­ coglitori fu codificato dal London Metropolitan Paving Act, che rim a­ se in vigore fino al 1855. A rrivati a questa data, le case delle persone agiate a Londra di solito avevano un gabinetto, il cui contenuto veni­ va portato via diverse volte la settimana. Ma per la gran parte di Lon­ dra la raccolta degli escrementi dalle strade rimase sporadica. Alla fi­ ne del diciannovesimo secolo era sentita come una interferenza nelle ore di punta. Solo nel 1891 il Consiglio della Contea di Londra sta­ bilì che la pulizia dei gabinetti d ’estate doveva essere lim itata alle ore tra le 4 e le 10. E del tu tto evidente che per tu tto il corso della storia le città sono sempre state dei posti puzzolenti.

L ’esalazione delle città Ciò nonostante la percezione della città come un posto che de­ v ’essere continuamente lavato è di origine recente. Si fa strada al tempo dell’Illuminismo. La spiegazione che viene più spesso data per que­ sta continua pulizia non è l’aspetto, offensivo per la vista, delle im ­ mondizie o dei resti che la gente lascia cadere in strada, ma i cattivi odori ed i loro pericoli. La città è all’improvviso percepita come un posto dal puzzo pestilenziale. Per la prima volta nella storia, fa la sua comparsa l’utopia della città inodore. Questa nuova avversione per una caratteristica tradizionale dello spazio cittadino, non sembra tanto dovuta all’intensa saturazione di odori, quanto ad una trasform azio­ ne della percezione olfattiva. La storia della percezione sensoriale non è del tutto nuova. I lin­ guisti si sono occupati della mutevole semantica dei colori, gli storici dell’arte, dello stile con cui le diverse epoche vedono la realtà. Ma solo di recente qualche storico ha cominciato a prestare una maggio­ re attenzione all’evoluzione del senso dell’olfatto. Fu Robert Mandrou ad insistere per primo, nel 1961, sulla supremazia del tatto, del­ l’udito e dell’olfatto nelle culture europee premoderne. Le percezio­ ni sensoriali complesse non visive lasciarono solo lentam ente posto al predominio illuministico dell’occhio, che noi ora consideriamo scon­ tato quando «descriviamo» una persona o un posto. Quando Ronsard o Rabelais baciavano le labbra della loro amata, sostenevano di trar-

54

I v a n I l l ic h

re piacere dal gusto e dall’olfatto, a cui d ’altronde potevano solo al­ ludere. Persino lo scrittore del diciannovesimo secolo non descrive ancora il corpo amato; eventualmente l’editore inserisce nel testo un’ac­ quafòrte che illustra la scena, u n ’acquafòrte che, durante la prima parte del secolo di fatto nasconde tu tto quello che è individuale, per­ sonale, «toccante» nella scena descritta dall’autore. Ma m entre è fa­ cile seguire storicam ente l’abilità di poeti e romanzieri di percepire e quindi di descrivere la carne e il paesaggio nella loro unicità, è mol­ to più difficile fare affermazioni sulla percezione degli odori nel pas­ sato. Riuscire a scrivere su questa passata percezione degli odori, sa­ rebbe la massima realizzazione per uno storico, perché gli odori non lasciano nessuna traccia concreta che serva da paragone alla loro per­ cezione. Quando lo storico descrive in che modo odorava il passato, è dipendente dalla propria fonte per sapere cosa c’era lì e com’era percepito. Lo stesso avviene quando si interessa degli odori percepiti da amanti o di quelli che perm ettono ai medici di riconoscere le con­ dizioni dell’ammalato o di quelli con cui diavoli o santi riempiono gli spazi entro cui essi dimorano 32. Ricordo ancora l’odore tradizio­ nale delle città. Per una ventina d ’anni ho passato gran parte del mio tempo nel­ le bidonvilles di città come Rio de Janeiro e Lima, Karachi e Benares. M i ci è voluto molto tempo per superare la mia innata repulsione per l’odore di feci e di urina stagnante che, con impercettibili varianti nazionali, fa puzzare allo stesso modo le baraccopoli di tu tte le città industriali prive di fognature. Questo odore è la caratteristica del primo stadio industriale; è il puzzo di uno spazio abitativo che ha comincia­ to a im putridire perché minacciato dall’imm inente inserim ento nel

32 II tanfo che uccide sul colpo non una, ma diverse persone non è qualcosa di nuovo alla metà del diciottesimo secolo. Ci sono molti precedenti racconti di peccatori uccisi sul col­ po nel momento in cui sentono il puzzo del diavolo. Quello che è nuovo, è il rapporto tra il tanfo di corpi in putrefazione e l’effetto fisico che ne deriva. Vedi FoiZ IL e A r i ÈS. Durante tutto il Medioevo il senso dell’olfatto apriva le porte di paradiso e inferno. Testimo­ nianze sull’«odore di santità» percepito dopo anni da migliaia di visitatori presso la tomba di un santo, sono assai comuni. DEONNA documenta parecchie centinaia di casi. LOHMEYER, N e STLE e ZlEGLER mettono questa esperienza in relazione ai testi biblici. Durante il dodicesimo secolo il particolare odore dei resti dei santi era preso come una prova dell’autenticità di tali reliquie. Ci possono difficilmente essere dei dubbi sulla generale compartecipazione su larga scala a questa esperienza. La percezione dello spazio e delle sue caratteristiche tram ite il senso dell’olfatto era considerata scontata da parte dei poeti del tempo. Vedi H a h n («Duftraum») e RUBERG da p. 8 9 . Una bella introduzione al significato dato agli odori si trova in O h l y . Vedi anche LADENDORF.

H 20 E LE ACQUE DELL’OBLIO

55

sistema igienico delle città moderne. È diverso dall’atmosfera locale di una città ancora tradizionale. U n’atmosfera tradizionale si integra con lo spazio abitativo; secondo la medicina tradizionale la gente de­ perisce se si sente disgustata e respinta dall’esalazione di un nuovo posto in cui è costretta a vivere. La sensibilità ad una esalazione ed il fatto di tollerarla sono i requisiti necessari per sentire il piacere di essere ospiti. M olta gente oggi non riesce più ad immaginare la varie­ tà geografica che un tempo si poteva percepire con il naso. Perché tu tto il mondo è arrivato ad avere sempre di più lo stesso odore: gli odori di benzina, detersivi, impianti idraulici e cibi di cattiva qualità si fondono nello smog cattolico della nostra epoca. Dove questo smog si mescola con il putridum e dell’atmosfera tradizionale, come lungo il Rimac che trasporta le acque di scolo di Lima nel Pacifico, ho im­ parato a riconoscere l’odore dello sviluppo. E là che sono diventato sensibile alla differenza tra l’inquina­ m ento industriale e la densa atmosfera della Parigi tra Luigi XIV e Luigi XVI. Per descriverla dovrò attingere quasi totalmente da Corbin.

L ’odore dei morti La gente allora non solo si alleggeriva l’intestino, come cosa del tutto naturale, contro il muro di ogni abitazione o chiesa; il tanfo proveniente da tombe poco profonde era una prova che i morti erano presenti all’interno delle mura. Q uesta densa esalazione era talm en­ te data per scontata che di rado viene menzionata nelle fonti con­ temporanee. L ’universale noncuranza olfattiva venne meno quando un ristretto numero di cittadini perse la propria tolleranza per l’odo­ re dei cadaveri. Sin dal Medioevo i cadaveri del clero e dei benefat­ tori erano stati sepolti vicino all’altare ed i procedimenti con cui ve­ nivano aperti e chiusi questi sarcofaghi dentro le chiese non cambia­ rono attraverso i secoli. All’inizio del diciottesimo secolo però, il lo­ ro miasma divenne ripugnante. Nel 1737 il parlamento francese in­ caricò una commissione di studiare il pericolo che la sepoltura all’in­ terno delle chiese presentava per la salute pubblica. La presenza dei m orti venne all’improvviso percepita come un pericolo fisico per i vivi. Vennero architettati argomenti filosofici per provare che la se­ poltura all’interno delle chiese era contro natura. Un certo abate di

56

I v a n I l l ic h

Lione, Charles Gabriel Porée, bibliotecario di Fénelon, dimostrò in un libro riedito diverse volte che, da un punto di vista giuridico, i m orti avevano diritto a riposare fuori dalle mura. Nella sua m onu­ mentale storia degli atteggiam enti nei confronti della m orte in Occi­ dente a partire dal Medioevo, Philippe Ariès ha dim ostrato che que­ sta nuova schizzinosità nei confronti dei cadaveri era dovuta ad una altrettanto nuova riluttanza ad affrontare la morte. Da quel momen­ to in poi i vivi si rifiutavano di dividere il loro spazio con i morti. Chiedevano una discriminazione speciale tra corpi viventi e cadaveri proprio al tempo in cui l’interno del corpo umano vivente stava co­ minciando ad essere visto come una macchina i cui elementi veniva­ no «preparati» per essere esaminati. Come gli organi, i m orti diven­ nero più visibili e meno terrificanti; divennero anche progressivamente più disgustosi e fisicamente pericolosi per i vivi. Argomentazioni fi­ losofiche e giuridiche che chiedevano la loro esclusione dallo spazio abitativo si fecero strada, avvalorate da testim onianze riferite sulla minaccia mortale delle loro esalazioni. Corbin enumera diversi casi di m orte collettiva tra membri di congregazioni religiose verificatisi proprio nel momento in cui, durante un rito funebre, ci fu una fuga di esalazioni mefitiche da una tomba aperta. Le sepolture all’interno delle chiese da allora in poi divennero rare — sempre più un privile­ gio di vescovi, eroi e persone del genere. I cimiteri furono trasferiti fuori dalle città. Anche se nel 1760 il cimitero degli Innocenti veniva ancora usato per feste durante il pomeriggio e per amori illeciti la notte, venne chiuso nel 1780 su richiesta dei vicini, proprio perché protestavano per le esalazioni provenienti dai corpi in decomposizio­ ne. Anche se la presenza dei m orti all’interno della città infastidiva ugualmente ricchi e poveri alla fine dell 'ancien régime, ci vollero qua­ si due secoli per educare le classi più umili a provare nausea per l’o­ dore di merda. L 'u to p ia di una città inodore Sia i corpi vivi che quelli morti emanano delle esalazioni. Q ue­ st’esalazione occupa spazio e dà al corpo una presenza oltre i confini della sua pelle. Si mescola con l’esalazione di altre persone; senza per­ dere la propria personalità, si fonde nell’atmosfera di uno spazio par­ ticolare. L ’odore è una traccia che l’abitare lascia nell’ambiente. Per

H 20

e

LE ACQUE DELL'OBLIO

57

quanto passeggera possa essere l’esalazione di ogni persona, l’atm o­ sfera di un dato spazio ha una sua specie di permanenza, paragonabi­ le allo stile architettonico caratteristico di un quartiere. Questa esa­ lazione, quando è percepita dal naso rivela le proprietà non dim en­ sionali di un dato spazio; esattam ente come gli occhi percepiscono altezza e profondità ed i piedi misurano la distanza, il naso percepi­ sce la qualità di un interno 33.

33 Emanare un odore fa altrettanto parte di una personalità quanto gettare un’ombra, produrre un’immagine allo specchio o lasciar tracce sul terreno; in questi modi l’«esalazione» diventa percettibile. Le persone si riconoscono tra loro fiutando da dove provengono: «Gli scozzesi hanno un naso eccellente per fiutare i loro compaesani» (OED, 1756). Ci si basa in­ nanzitutto sul fiuto per fare delle differenze tra individui: «Quel che un uomo non riesce a fiutare, lo può intuire» (Re Lear 1, v. 23: 1605). Ma «puoi fiutare facilmente un topo di fogna» sebbene «dove tutti puzzano, non si sente la puzza di nessuno». Il proverbio latino «mulier tum bene olet ubi nihil olet» citato da Plauto è stato tradotto in vari modi: nel 1529 come «Una donna ha sempre l’odore migliore, quando non ha nessun odore» e nel 1621 da Burton come: «Una donna odora nel modo migliore quando non ha nessun profumo». Durante questo periodo il termine «profumo» ha cambiato significato. Giunto all’inglese come un «odore» ema­ nato dall’incenso o da altre sostanze che bruciano, al tempo di Burton aveva preso il significa­ to di «essenza» (Vedi anche TlLLY, nos. S 558 e R 31 e F. WlLSON, il termine smeli). Durante il secondo decennio del diciannovesimo secolo, la mancanza di «esalazione» diventa un nuovo motivo dominante in letteratura, che si può facilmente rintracciare data l’influenza che ha avuto il Peter Schlemil di A.V. Chamisso, che vende la propria ombra al diavolo in cam­ bio della ricchezza. Perdere o vendere la propria «anima» era un tema assai conosciuto a quel tempo, ma narrando in nuova versione il racconto popolare ed insistendo sulla perdita di qual­ cosa di visibile ed osservabile, Chamisso creò una vera e propria scuola. Nel 1815 E.T.A. Hoffmann raccontò la storia di un giovane cui l’immagine allo specchio venne tolta da una meretri­ ce e da un misterioso medico. L’eroe di W . Hauff del 1828, scambia il proprio cuore con una pietra contraffatta per salvarsi dalla bancarotta. Verso la fine del secolo degli eroi avevano venduto «sonno», «appetito», «no­ me», «giovinezza» e «ricordi» (per i particolari vedi LUDWIG 1920 e 1921). L’ombra ha sempre fatto parte dell’intera personalità (Bàchtol 9, Nachtrag 126-142). Solo quando un greco diventava pieno di luce alla presenza di Zeus o quando un iraniano diventava santo, perdevano la loro ombra. Secondo i racconti irlandesi, se l’ombra di una persona viene bucata, questa muore (Stith -Thompson, D 2061.2.2.1). Per gli ebrei un fantasma si può riconoscere dalla mancanza di ombra (ivi, G 302.4.4), e infatti si dice che non lasci impronte con i piedi (ivi, E 421.2). Lo scambio con cui l’apprendista d’alchimia cede la propria ombra al suo mae­ stro il diavolo come un compenso, è un tema che compare solo nel diciottesimo secolo. L’om­ bra rimane secondaria nelle fiabe e nella letteratura popolare (Franz 1983). Nelle fiabe ognuno è sempre l’ombra di tutti gli altri (24,31). L’idea dell’ombra (o, per quel che riguarda questa questione, dell’immagine che si rispecchia o dell’atto di ricordare) come una merce che si può vendere, è un nuovo e importante tema che in Chamisso compare con possessivo individualismo. Si adatta bene al periodo durante il quale l’«odore», l’esalazione e l’«economia morale» della gente (E.P. Thompson) venivano loro portate via. Infine la profumeria divenne il simbolo dell’esalazione industrializzata; il supermercato del fa­ scino e delle essenze prodotte in massa per una popolazione deodorata. La gente che strofina energicamente via in modo ossessivo la propria esalazione, può sceglierne e prenderne una mi­ gliore lì in quel negozio. Musil (v. 7, p. 895) ha creato un’immagine profetica: «La colpa di Schlemil sta nella sua natura borghese, nel suo rifiutarsi di ammettere di aver perso la propria ombra, nella sua incapacità di fare di questo qualcosa di geniale».

58

I v a n I l l ic h

D urante il diciottesimo secolo divenne intollerabile lasciare che i m orti trasm ettessero le loro esalazioni alla città. I m orti vennero esclusi dalla città o i loro corpi vennero rinchiusi in m onumenti a te­ nuta d ’aria che celebravano il modo igienico di sbarazzarsene di cui Pére Lachaise diventò il simbolo a Parigi. Nel processo di allontana­ m ento, i m orti vennero anche stranam ente trasformati in «resti di persone che sono esistite», soggetti per la storia moderna — ma non più per il mito. Essendo stati privati della possibilità di dividere lo spazio con i vivi, la loro «esistenza» diventò una pura finzione e le loro reliquie diventarono cadaveri di cui sbarazzarsi. In questo processo la società occidentale è diventata la prima a fare a meno dei suoi morti. Il diciannovesimo secolo assegnò un compito ben più arduo ai deodoranti. Dopo che i morti furono tolti di mezzo fu intrapreso l’ar­ duo tentativo di deodorare i vivi svestendoli della loro esalazione. Q uesto tentativo di deodorare un utopico spazio cittadino, dovreb­ be esser visto come un aspetto del tentativo architettonico di «sgom­ berare» uno spazio cittadino per la costruzione di una capitale mo­ derna. Può essere interpretato come la repressione di persone puzzo­ lenti che uniscono le loro separate esalazioni per creare una folla puz­ zolente di gente ordinaria. La loro «comune» esalazione deve esser dissolta per fare spazio ad una nuova città attraverso cui, individui chiaram ente delineati, possono circólare con libertà illimitata. Per il naso una città senza esalazioni è letteralmente un «nessun posto», una u-topia. Lo sgombero dello spazio cittadino coincide con un nuovo sta­ dio della professionalizzazione degli architetti. La loro professione si occupava prim a della costruzione di palazzi, piazze, fontane, mura cittadine e forse di ponti o canali. O ra veniva dato loro il potere di condannare lo spazio abitativo e di trasform arlo in un parcheggio per la gente. Osservando il caso dell’insediamento peruviano tre n t’anni fa, John Turner ha descritto che cosa succede quando l’abitare da parte della gente è trasform ato in un alloggiare per la gente. L ’abitare da un ’attività è convertito in un prodotto di prima necessità. Questa tra­ sformazione esige che il compiere attività abitative diventi impossi­ bile, in modo che le persone diventino docili residenti addomestica­ ti, all’interno di ripari che essi affittano o comprano. Ognuno ora ha bisogno di un indirizzo in una strada con un numero di casa (e in

H 20

e

LE ACQUE DELL’OBLIO

59

alcuni casi con anche un numero di appartam ento). La gente ha perso l’esalazione che ai vecchi tempi perm etteva al posto in cui si trovava di essere fiutato. Quando l’idea della nuova città fatta di residenti, cominciò ad affacciarsi nelle m enti dei capi dell’Illumi­ nismo, ogni cosa che sapeva di qualità nello spazio arrivò ad esse­ re riprovevole. Lo spazio dovette essere privato della sua esalazione una volta che l’esalazione venne identificata con il puzzo. Diversam ente dall’architetto che costruiva un palazzo per assecondare l’esa­ lazione del suo ricco cliente, il nuovo architetto costruiva un riparo per un non ancora identificato residente che si supponeva fosse inodore.

Le esalazioni dovute a fughe di gas I più franchi appartenenti a quell’élite che, intorno al 1750 richiamò l’attenzione sui pericoli dei miasmi delle città, non erano comunque architetti, ma studiosi di pneumatica — la disciplina spe­ cializzata nello studio di respiro, spiriti o arie. Il term ine «gas» esisteva già, ma non era ancora in uso. Sarebbe servito a poco per questa ricerca perché, per l’alchimista J.B. van Helm ont che per primo lo mise per iscritto, era una traduzione (secondo la fonetica olandese) di quel «caos» che Paracelso aveva inteso come termine comune agli «elementi», nella misura in cui questi sono spazi abi­ tativi degli spiriti degli elementi. Non è facile per una persona del ventesimo secolo immaginare l’impotenza di uno scienziato della prima m età del diciottesim o secolo, m entre cerca di analizzare quel­ lo che noi normalmente conosciamo come lo «stato gassoso». Gli strum enti per lo studio di sostanze volatili a quel tempo erano an­ cora rudim entali. Il ricercatore doveva contare soprattutto sul pro­ prio naso. La combustione non era ancora considerata un processo di ossi­ dazione, ma si pensava fosse una cessione all’aria di «flogisto» dal corpo che bruciava. Questo flogisto che veniva liberato dalla fiamma nello spazio era considerato — in parte per ragioni teologiche irrisolte — un «tipo di terra grassa». All’interno di questo contesto di im potenti incertezze, è comprensibile che sia intervenuta la fantasia nello stu-

60

I v a n I l l ic h

dio degli «odori». Il senso dell’olfatto era il solo mezzo per identifi­ care i miasmi delle città 34. Gli osmologi (studiosi degli odori) collezionarono «arie» e m ate­ rie puzzolenti in bottiglie ben chiuse con un tappo di sughero e para­ gonarono poi le loro conclusioni aprendole in un tempo successivo come se avessero a che fare con vini di annata. D urante la seconda parte del diciottesim o secolo vennero pub­ blicati una dozzina di tra tta ti sugli odori di Parigi. Questi si occupa­ no della classificazione degli odori, che coincide con gli stadi di de­ composizione di un cadavere, con i sette punti che emanano cattivo odore, localizzati tra la sommità del capo e gli interstizi tra le dita dei piedi, con la distinzione tra il sano forte odore del letame e degli escrementi umani e le putride e pericolose emanazioni della decom­ posizione. Un trattato calcola persino il peso per persona del sudore degli abitanti delle città e dell’inquinam ento che questo produce. In quasi 34 «Gas»: parlando dei quattro elementi, Paracelso per designarli usò il termine «caos», come lo spazio adatto per qualsiasi cosa si trovi inclusa in essi allo stato naturale: «I piccoli uomini della montagna possiedono la terra come il loro caos; dunque per loro è soltanto un’aria e non terra com’è per noi. Perciò è naturale che loro vedono attraverso la terra come noi attra­ verso l’aria... Per le ondine l’acqua è il caos; ora per esse l’acqua non ostacola il sole; proprio come noi abbiamo la luce del sole attraverso l’aria, così esse ce l’hanno attraverso l’acqua... e così le masse vulcaniche ce l’hanno attraverso il fuoco...» (Paracelso, Ed. B l a se r , 20). Al­ trove spiega che «la terra non è qualcosa di più del solo caos di questi piccoli uomini di monta­ gna... visto che loro lo attraversano, attraverso catene o roccia, come un fantasma... così come noi siamo poco ostacolati nel procedere attraverso l’aria» (Paracelso, Werke, J. Huser: Basilea 1590, 54). La pronuncia latina di «caos» dà a «c» (x in greco) lo stesso suono gutturale che «c» ha in tedesco e «g» in olandese. J.B. van Helmont scelse di sillabare il termine di Paracelso secondo la pronuncià olandese. Ne risultò un termine la cui originaria connessione con il lin­ guaggio ed i concetti alchemici, venne a poco a poco dimenticata. Di conseguenza, siamo incli­ ni a fraintendere che cosa si intende per il lavoro in questi antichi contesti storici. L’azione di ottenere questo «spirito» o gas dalla materia era per van Helmont una spiritualizzazione della materia. Concepire il gas come forma della materia contribuì così all’idea della circolazio­ ne della materia. A lungo confinata ad un uso tecnico (Kruenitz 1779), la parola «gas», secon­ do W ieland (T. Merkur 1,75) era ancora sconosciuta in Germania nel 1784. Quello stesso an­ no Minckelaars raccomandava l’illuminazione a gas, ma l’enciclopedista tedesco Adelung si oppose all’uso di questa parola: «La parola è barbara e oscura... i nostri naturalisti hanno bisogno di trovare un termine più conveniente, che sia meno legato all’alchimia» (dopo Truebner WB 2, 425 cit.). Il primo uso in francese lo troviamo nel Thesaurus de la Langue Française-. Benjamin Constant, Journaux, 1804, 20: «I chimici antichi chiamarono gli spiriti aeriformi o gas, poiché non aveva­ no ancora scoperto l’arte di raccogliere o di fissare gli spiritus silvestres, gli spiriti selvatici e si rifiutavano di avere a che fare in qualche modo con essi» Brillat-Savarin (Physique du Goût, 1825,42) vide nel nuovo concetto una minaccia alla sua teoria del gusto raffinato: «Il corpo gustoso è soltanto apprezzato per il suo succo e non per il gas profumato che da esso emana» (dalla stessa fonte). Goethe, Faust, 11,4, v. 10084: «L’inferno si gonfiò di puzzo e di acido solforico, che liberò un gas. Continuò a diventare immenso». Questa dolorosa ricerca del con­ cetto di «gas» riflette i simultanei tentativi di materializzare gli odori.

H 20

e

LE ACQUE DELL’OBLIO

61

ogni libro su questo argomento, l’autore aggiunge u n ’amara lam ente­ la sulla generale insensibilità pubblica per i pericoli delle arie cattive che ha scoperto e descritto. Verso la fine del diciottesimo secolo questa avanguardia di «ideo­ logi del deodorante» provoca un cambiamento degli atteggiamenti so­ ciali verso i rifiuti corporali. L ’udienza del re en selle per chi era par­ ticolarmente privilegiato, era cessata due generazioni prima. Verso la metà del secolo cacare divenne, per la prima volta nella storia, un’at­ tività sessuale specifica: vennero predisposti gabinetti separati per uo­ mini e donne, ma solo in speciali occasioni. Alla fine del secolo M a­ ria A ntonietta fece installare una porta per rendere privata la pro­ pria defecazione. L ’atto si trasforma in una funzione intima. Dopo che il processo è stato allontanato dalla vista — se non dal naso — in questa maniera, anche il suo prodotto viene messo fuori portata. Defecare e urinare vengono nascosti nel gabinetto. Durante le guer­ re napoleoniche, le latrine delle classi elevate francesi ed inglesi pre­ sero direzioni diverse. In Francia le sedie ornate, che nel diciottesi­ mo secolo facevano parte del mobilio del boudoir vengono trasferite in speciali gabinetti; continuano ad essere regolarmente pulite da do­ mestici e di conseguenza la loro presenza nelle abitazioni delle classi elevate si nota ora meno facilmente. A partire dalla fine del diciotte­ simo secolo, le classi inglesi più elevate adottarono il W C. General­ m ente era in un armadio chiuso e collegato da un tubo non ventilato con un pozzo nero in cantina. L ’involontario arretram ento che que­ sto progresso nell’igiene produsse, fu la saturazione delle case di cit­ tà inglesi con un nuovo tipo di gas, prodotto da stadi di decomposi­ zione più avanzati. M entre gli inglesi si abituarono ad esso come al­ l’esalazione propria delle élites, i visitatori stranieri durante tu tto il secolo commentarono questo particolare fenomeno senza comunque riconoscerne l’origine tecnica.

62

I v a n I l l ic h

Defecazione e «privacy» Si scoperse che non solo gli escrementi emanano cattivi odori, ma anche il corpo. La biancheria intima, che fino a quel tempo era servita a tenere calda una persona o a renderla attraente, cominciò ad esser messa in relazione con l’eliminazione del sudore. Le classi elevate cominciarono ad usarla ed a lavarla più spesso e in Francia il «bidet» diventò di moda. Le lenzuola ed il loro regolare bucato ac­ quistarono una nuova im portanza e fu attribuito un significato mo­ rale e salutare al fatto di dormire tra le lenzuola nel proprio letto. Ai ragazzi erano vietate le coperte pesanti perché accumulano l’ema­ nazione del corpo e portano a polluzioni notturne. Nel 1780 l’H ótel de Dieu stabilì che ogni persona ricoverata in quell’ospedale doveva per l’avvenire esser messa in un letto separato, ma questo ideale igie­ nico non fu applicato nella maggior parte degli ospedali se non dopo il Congresso di Vienna. Il 15 novembre 1793 la convenzione rivolu­ zionaria dichiarò solennemente il diritto di ciascuno al proprio letto, come uno dei diritti dell’uomo. Ogni cittadino ha il diritto di e sse r. circondato da una zona cuscinetto, che lo protegge dall’emanazione degli altri, conservandosi la sua per sé. Il letto, il gabinetto e la tom ­ ba privati diventano i requisiti della dignità di un cittadino. Per assi­ curare almeno uno di questi ad ognuno e risparmiare al cittadino po­ vero per lo meno l’orrore di essere sepolto in una fossa comune, al volgere del secolo sorsero aH’improvviso delle istituzioni benefiche. Parallelamente alla privatizzazione del sollievo corporale e al ten­ tativo di sopprimere le esalazioni della gente, riducendo ognuno ad un punto privo di odore nel nuovo spazio civico, venne intrapresa la pulizia di tu tta la città. I primi posti ad attirare l’attenzione dei riform atori, furono le prigioni e i manicomi, con il loro sudiciume che arrivava fino al ginocchio, il cui puzzo si poteva sentire persino da lontano. Chi attendeva di esser giudicato, chi era frustato o por­ tato via, chi era rinchiuso per un periodo di tempo — tu tti i crimina­ li, i trovatelli ed i m atti — erano gettati dentro tu tti insieme e l’alto tasso di m ortalità verso la metà del secolo era attribuito all’intollera­ bile atmosfera del posto. Il ventilatore era appena stato inventato per essere usato a bordo delle navi e il primo ad essere installato a terra, fu usato per dare una ventata d ’aria fresca in quelle sezioni delle pri­ gioni dove ospiti innocenti venivano tenuti. L ’aria per i prigionieri

H 20

e

LE ACQUE DELL’OBLIO

63

sembrava essere uno spinoso problema per l’amministrazione, per cui diverse città tra le Alpi e i Paesi Bassi adottarono l’idea di un certo Dr. Berne, che consentiva alla gestione pubblica di abbinare la rimo­ zione degli escrementi dalle strade col far prender aria ai prigionieri. La nuova macchina costruita a questo scopo era un carro trascinato da uomini incatenati, cui erano attaccate delle donne per mezzo di cinghie più leggere che consentivano loro dei liberi movimenti sul sel­ ciato, da cui raccoglievano escrementi notturni, animali m orti ed al­ tri rifuti. Questo carro si potè usare specialmente in quelle parti del­ la città che, per analogia con il corpo umano, erano notoriam ente i punti puzzolenti della città.

G li osmologi scoprono l ’odore di razza e di classe L ’odore cominciava ora a diventare specifico di una classe so­ ciale. Studenti in medicina osservarono che i poveri sono quelle per­ sone che puzzano in modo particolarm ente intenso e che, per di più, non sanno di puzzare. Ufficiali delle colonie e missionari fecero giun­ gere in patria la notizia che i selvaggi avevano un odore diverso da quello degli europei. Samoiedi, negri e otten to tti potevano essere ri­ conosciuti dal loro odore razziale, che non cambia né con la dieta né con frequenti lavaggi. L’avanzamento sociale arrivò a identificarsi con una maggiore pulizia. Uno poteva arrivare a far parte di una classe più elevata solo liberandosi dall’odore del corpo ed assicurandosi che nessun odore potesse impregnare la sua casa. L ’acqua diventò il de­ tersivo dell’odore. A ttraverso la storia la frequenza del contatto della pelle umana con l’acqua ha subito ampie variazioni da cultura a cultura. Sino agli anni ’30 in molte zone della Francia e dell’Inghilterra la pelle della maggior parte dei bambini veniva accuratamente protetta dall’acqua e pulita solo con un fazzoletto inumidito con lo sputo della madre. In molte zone più di metà della popolazione moriva senza aver mai fatto un bagno. Venivano lavati quando nascevano e di nuovo dopo la morte. In altre culture il bagno settimanale, rimanere nel vapore, sudare e raschiare via il sudiciume dalle pelle erano d ’obbligo. Solo durante il diciannovesimo secolo il sapone può essere asso­ ciato alla pulizia del corpo. Prima, un sapone molto duro era un pre-

64

I v a n I l l ic h

zioso cosmetico e una pasta di potassa fatta in casa veniva usata solo per i tessuti. Il sapone è il primo prodotto industriale a creare una propria richiesta e ad impegnare il sistema scolastico come agente pub­ blicitario. Lo sviluppo sociale fino aH’ultimo periodo del ventesimo secolo è rimasto associato ad acqua e sapone 35. Lentam ente, in diversi decenni e per differenti livelli di red­ dito, l’educazione ha form ato il nuovo senso di un pulito indivi­ dualismo. Il nuovo individuo si sente costretto a vivere in uno spa­ zio senza qualità e si aspetta che chiunque altro rimanga nei limi­ ti della propria pelle. Impara a provare vergogna quando la sua esalazione viene notata. E imbarazzato al pensiero che si possano fiutare le sue origini ed è disgustato dagli altri se puzzano. La ver­ gogna di esser fiutati, l’imbarazzo di venire da un ambiente male­ odorante ed una nuova propensione a sentirsi offesi dal cattivo odore — tu tte queste cose prese insieme — collocano il cittadino in un nuovo tipo di spazio.

La rimozione dell’unto dalla pelle con il sapone sembra esser stata sconosciuta ai ro­ mani. In Europa fino al diciassettesimo secolo rimase una pratica eseguita su consiglio del me­ dico. Plinio (Hist. Nat. 28, 191) riferisce che i germani usavano tingersi i capelli di rosso per spaventare i nemici in battaglia. Durante il Medioevo il sapone era largamente usato per fare il bucato. Le tre tradizionali attività artigianali che dipendevano dalla potassa e dalla soda era­ no in genere legate: fabbricare il vetro, tingere e far bollire il sapone. Naturalmente la bollitu­ ra del sapone poteva avvenire solo quando i grassi non consumati come cibo erano disponibili. Saponette dure di sapone profumato a base di olive, importate dal sud dell’Europa, sono state un lusso sin dal quattordicesimo secolo. Durante il diciottesimo secolo, la caccia alla balena e la richiesta di sapone si incrementavano reciprocamente. Il sapone diventò più economico e le saponette più comuni. Solo dopo il 1780 la saponificazione venng spiegata scientificamen­ te. Questo rese possibile calcolare la quantità degli ingredienti necessari più precisamente e di produrre sapone su larga scala. Ancora quarant’anni e l’applicazione del procedimento di Leblanc alla fabbricazione industriale del sapone, portò al primo riconoscimento pubblico dei pericoli ambientali rappresentati dall’industria chimica: grosse quantità di gas di cloruro di idro­ geno venivano prodotte e disperse nell’aria attraverso alte ciminiere. Ne derivò una diffusa devastazione della vegetazione e persino delle risorse forestali. Nel 1828 fu intrapresa la prima causa legale contro la fabbrica di cui il Sig. Gamble era socio, per ottenere una protezione contro il danno ambientale. Alla fine del secolo il cloruro di idrogeno trovò un impiego indu­ striale non solo per candeggiare, ma anche per la clorurazione dell’acqua potabile.

H 20 E LE ACQUE DELL'OBLIO

65

Il naso istruito: vergogna e imbarazzo Dalla repressione sociale dell’odore 36 derivano tre atteggiamen­ ti convergenti. Uno è la vergona. Secondo N orbert Elias la vergogna che rende civili può essere intesa come un abituale timore che pro­ viamo per l’umiliante disprezzo che ci viene dalla nostra mancanza di pulizia. Siccome la persona che si vergogna a questo modo non ha giustificazioni possibili nell’imporre la propria maleodorante presen­ za agli altri, la collera che prova gli si rivolta contro; è ormai troppo tardi per lavarsi, per cui arrossisce. Il secondo è l’imbarazzo. L ’im­ barazzo è diverso dalla vergogna; è il pungolo della propria consape­ volezza per un ambiente passato sporco, macchiato o insudiciato, su­ scitato dal fatto di avvertire l’odore di u n ’altra persona del proprio ambiente che, anche lei, osa avventurarsi nello spazio inodore della città. Terzo, la vergogna si combina con il timore dell’imbarazzo, per cui si sviluppa una nuova sensibilità olfattiva; proprio come ogni in­ dividuo si mantiene saldamente rinchiuso in sé stesso, la sua schizzinosità, ora civilizzata, lo mantiene al di fuori della sfera privata del­ l’altra gente. Ognuno diventa per gli altri una puzzola.

36 Nell’analizzare la parola inglese smeli, si deve ricordare che ci sono molte lin­ gue — mi limito al gruppo delle lingue indogermaniche — in cui certi significati che in inglese sono solo impliciti, sono invece del tutto espliciti. In inglese il mio senso dell’olfatto mi per­ mette di 5melling thè smeli o f a rose that smells. In italiano ci sono due verbi diversi: «sento la rosa che odora». In serbo-croato i sostantivi hanno radici differenti: la rosa emana un dolce miris o vonj. Ma quello che io sento è njuh o osjet. La maggior parte dei termini per «profuma­ to» sono derivati da parole che hanno a che vedere con l’odore, talvolta con un prefisso che significa «buono» o «dolce», ma sono molto più spesso basati su di una restrizione di smeli, odore, dandogli il significato di «buon odore». Per «cattivo odore» esistono chiaramente due formazioni diverse: quelle che derivano da «profumato» con un prefisso che significa «cattivo» e quelle che hanno un esplicito significato di «puzzo», «marcio», «putrefazione». Le parole che descrivono gli «odori» e il «profumo» implicano un forte significato emotivo, sentito in minor grado nelle parole che indicano il «sapore» e quasi niente in quelle che si riferiscono agli altri sensi (vedi Buck, cap. 15, nos. 15.21-26). Ci manca una classificazione indipendente degli odori analoga a quella del sapore (dolce, amaro, salato) o della vista (colori, forme), come fa già nota­ re Aristotele nel De Anima (2.9). Non ci possiamo spiegare reciprocamente che cosa odoriamo, se non per analogia con un altro senso o indicando l’oggetto che odoriamo. Siamo costretti a fare una distinzione tra «buono» e «cattivo», che segnano gli estremi di un continuo. Ci man­ cano le parole per definire la parte centrale dello spettro, la percezione continua dell’esalazio­ ne all’interno della quale ci muoviamo. Questa percezione continua dello spazio attraverso il naso — non dimensionale, complessa e profondamente orientante — non dev’esser stata avvertita né come un puzzo né come una fragranza. Il tedesco antico aveva tre volte più parole del tedesco moderno per «fragranza». Sono convinto che il crescente monopolio della dimensionalità cartesiana sulla percezione sen­ soriale dello spazio abbia indebolito o estinto il senso dell’esalazione.

66

I v a n I l l ic h

Il profumo e Vaddomesticamento dell 1esalazione In questo nuovo spazio privo di qualità, popolato da sfere erm e­ tiche di privacy inodore, il profumo acquista un nuovo significato. Quando il gentiluomo arriva a casa e si toglie il soprabito, immagina di entrare in una sfera domestica impregnata della personale fragran­ za della sua donna. I profumi diventano degli eccitanti sessuali. Il profumo fornisce ora in modo artificiale delle caratteristiche sessuali secondarie al nuovo corpo «umano», completamente spogliato della propria esalazione. Come molte altre caratteristiche — ad esempio il lavoro, la salute, la cultura — anche l’odore a partire da questo mo­ mento è concepito come una qualità astratta, «naturalmente» pola­ rizzata in un tipo maschile e uno femminile di odore: lei profuma di viole e di rose e lui di cuoio e di tabacco 37. Il profumo è il prodotto di u n ’epoca, quanto a significato, ma anche per com’è composto; il profumo è roba vecchia, ma la storia moderna dei profumi come articolo di moda è cominciata quando Ca37 Nel 1984 ho avuto diverse opportunità di discutere argomenti di pubblico interesse legati alla storicità dell’odore. Ogni volta almeno una persona ha richiamato la mia attenzione sul fatto che, così facendo, stavo reprimendo e sublimando un «evento» verificatosi in tempi preistorici. Infallibilmente la conversazione si è spostata su Sigmund FREUD, Il disagio della civiltà ed altri saggi, Boringhieri 1971, p. 235: «Dopo che l’uomo delle origini ebbe scoperto che dipendeva dalle sue mani — ciò va inteso letteralmente — migliorare la propria sorte sulla terra col lavoro, non potè più essergli indifferente se un altro lavorasse con lui o contro di lui... Ancora prima, nell’epoca remotissima in cui era simile alle scimmie, l’uomo aveva preso l’abitudine di formare le famiglie: i membri della famiglia lo aiutarono verosimilmente per pri­ mi nel lavoro. Presumibilmente la fondazione della famiglia si collegò col fatto che il bisogno di soddisfacimento genitale cessò di comportarsi come un ospite che arriva all’improvviso e, dopo che se ne è andato non dà più notizie di sé per molto tempo e prese invece dimora come inquilino permanente. Quando ciò avvenne, il maschio ebbe un motivo per tenere presso di sé la femmina o più generalmente l’oggetto sessuale...». Vedi anche la nota a piè di pagina di questo brano: «La periodicità organica del processo sessuale innegabilmente si è conservata, ma il suo influsso sull’eccitamento sessuale psichico si è piuttosto rovesciato nel contrario. Questo cambiamento si connette soprattutto con la diminuzione degli stimoli olfattivi, per mezzo dei quali il processo mestruale agiva sulla psiche maschile... Il tabù della mestruazione deriva da questa “ rimozione organica” come difesa contro una fase evolutiva superata; tutte le altre mo­ tivazioni sono probabilmente di natura secondaria... La diminuzione degli stimoli olfattivi, sembra la conseguenza dell’alzarsi degli uomini da terra, dell’assunzione dell’andatura eretta, che rese visibili e bisognosi di difesa i genitali finallora nascosti e provocò così la vergogna». Tali brani scelti da Freud hanno profondamente influenzato molte persone che hanno riflettu­ to sulla storia dell’olfatto. Le persone dell’inizio del ventesimo secolo non riuscivano a chiarir­ si il perché di un tale cambiamento. Vedi Jacques GuiLLERME (1977). Molte persone si rifiu­ tano semplicemente di riconoscere che un odore forte, per lo meno in Francia, era associato nel diciottesimo secolo ad una buona salute. Vedi T huillier (1968, 1977). Una pelle grassa, soprattutto nei bambini, era ritenuta una protezione contro le malattie. I bagni caldi erano associati al piacere sensuale ed al peccato. La «polarizzazione» del profumo è un fenomeno borghese del diciannovesimo secolo.

H 20 E LE ACQUE DELL’OBLIO

67

terina de’ Medici arrivò a Parigi con un profumiere al suo seguito. Réné de Florence mise su un negozio sul Pont du Change e si fece presto una grossa clientela. Usando per lo più sostanze note da centi­ naia di anni, ruppe con la tradizione: si specializzò nella preparazio­ ne di miscugli personalizzati. Poi, sotto Luigi XIV, la fragranza co­ minciò ad essere dettata dalla moda stagionale più che esser scelta in base al gusto personale. Ogni nuova stagione di corte imponeva una nuova fragranza. Vennero spese somme enormi per accelerare il succedersi delle tendenze, ognuna delle quali rendeva di moda un nuo­ vo profumo. La stragrande maggioranza delle sostanze usate era di derivazione animale: ambra grigia, muschio, zibetto ed altre secre­ zioni dei genitali dei roditori. Comunque per un periodo sotto M aria A ntonietta la moda cambiò, favorendo olii più leggeri estratti da so­ stanze vegetali; ma Napoleone, da buon parvenu, ripristinò alla corte l’odore di ghiandole animali. Solo dopo il Congresso di Vienna i fio­ ri, soprattutto nelle acque da toeletta, giunsero a dominare il «salon». L ’atmosfera della borghesia romantica odorava in modo totalm ente contrastante con la corte. La signora di un certo livello cominciò a lavarsi con sapone profum ato e a migliorare il proprio senso persona­ le dell’odore, spruzzandosi di fragranze vegetali. Queste sono molto più aeree e stuzzicanti. Sono «leggere» e vanno riapplicate di frequente; esse rimangono nell’atmosfera della casa e sono un simbolo di abbon­ dante consumo 38. All’Emilio di Rousseau viene insegnato che «la fragranza non dà mai quanto ti fa sperare». Al tempo di Napoleone III l’uso degli estratti di ghiandole sessuali in voga prima, era diventato un segno di scostumatezza. Così intorno alla metà del diciannovesimo secolo Sulle tecniche di preparazione dei profumi nell’antichità vedi Forbes (1965), che riporta commenti a testi di Teofrasto, Dioscoride e Plinio. La considerazione accordata agli odori nella poesia antica è esaminata da LlLJA e DETIENNE. Le tecniche di preparazione dei profumi cambiarono durante la prima metà del diciannovesimo secolo, ma non altrettanto la teoria sull’esperienza sensoriale che il loro uso comporta. Vedi il Larousse voi. 12, alla voce Parfum (pubblicato nel 1876!). «E la fragranza che fuoriesce da un corpo un gas impercettibile e imponderabile o piuttosto un’azione dinamica che raggiunge il nervo dell’olfatto? Qualcosa di simile alla luce che agisce sulla retina dell’occhio e del suono sul senso dell’udito? Un ricer­ catore paziente ha dimostrato matematicamente che un pacchetto di muschio lasciato giacere in uno spazio largo trenta metri per ventiquattro ore, perde 57 particelle senza la minima dimi­ nuzione di peso. Uno studioso propose la teoria che concepiva le fragranze come vibrazioni che sollecitano il sistema nervoso allo stesso modo dei colori ed è piuttosto legittimo supporre che certi corpi emettano onde di odori, come i diamanti emanano onde di luce o le arpe onde di suoni. Con una fantastica velocità, queste vagues d ’odeurs viaggiano a grandi distanze e pro­ babilmente hanno un valore nutritivo».

68

I v a n I l l ic h

i ricchi sono sempre profum ati in modo leggero, le classi medie sono ben pulite e il deodorare le impoverite masse è diventato un fondamentale traguardo nelle campagne degli educatori e della polizia medica.

Si adotta l ’acqua per il gabinetto Gli antichi profumi hanno fatto parte di una «toilette» quando la parola non aveva nessun legame con l’acqua. Il term ine «toilette» nel diciottesimo secolo si riferiva al pettinarsi, al rim ettersi in ordi­ ne, m ettersi cipria e cosmetici profum ati, vestirsi ed infine, come ul­ tima fase della «toilette», ricevere visite nel «boudoir». La «toilette» era idrofobica, non era in nessun modo legata all’acqua corrente. Con il consenso dei medici l’acqua era considerata poco salutare per la pelle. Se entrava a far parte della «toilette» era per inumidire un asciuga­ mano. Quando i mori, gli ebrei o i finlandesi fecero conoscere all’E u­ ropa i bagni pubblici, questi erano innanzitutto usati per promuove­ re la salute, non per migliorare l’aspetto. Il lavarsi frequentem ente con l’acqua non divenne parte della toilette prima del diciannovesi­ mo secolo. Intorno al terzo decennio del secolo, il term ine prese il significato di lavare con una spugna un corpo nudo, che era sempre stato rappresentato come quello di una donna. Di decennio in decen­ nio la quantità di acqua usata per questo aumentò. La toilette arrivò a significare il bagno in una tinozza. Degli im prenditori locali comin­ ciarono ad affittare bacini di rame per questo uso. Poi, intorno al 1880, la produzione industriale di vernici a smalto sostituì il costoso rame con recipienti di ferro o di zinco e questo rese la tinozza accessibile alle famiglie modeste. Più tardi, la doccia sostituì la tinozza. L’installazione di una stanza da «bagno» nell’appartam ento riu­ nì tre attività precedentem ente diverse: fare il bagno, pulire il corpo, e vestirsi per il giorno e la notte. Divenne il posto dove c’è il gabinet­ to e dove gli uomini si fanno la barba anziché venir rasati dal barbie­ re. La «toilette» si appartò dietro a porte chiuse a chiave. O ra impli­ ca il fluire dell’acqua del rubinetto che trasporta schiuma di sapone ed escrementi nelle fognature. La vera e propria stanza da bagno non fu inventata da un mo­ m ento all’altro. Q uando M.lle Dechamps, una cantante d ’opera, ri-

H 20

e

LE ACQUE DELL'OBLIO

69

tornando a Parigi da Londra intorno al 1750 si fece installare due gabinetti separati con le pareti ricoperte di specchi, uno per il rubi­ netto ed uno per il lavandino, divenne la favola della città. Cento anni dopo la stanza da bagno era ancora una rarità e chi se la poteva perm ettere sistemava il gabinetto, il rubinetto e il guardaroba in tre stanzini separati. Ancora cento anni e una su ogni tre/cinque stanze urbane, è un gabinetto 39. Se Pierre Patte, il primo architetto ad aver disegnato un sistema (mai costruito) di fognature moderne per Parigi nel 1769, dovesse fare ai suoi clienti un resoconto sulla configurazione di una città con­ temporanea, dovrebbe dire che i suoi successori l’hanno costruita in­ torno a stanze da bagno e parcheggi, adattando ad essi la circolazio­ ne dell’acqua dei rubinetti e quella del traffico. E significativo che il posto in cui il corpo moderno si inte­ gra con la circolazione delle acque cittadine, si chiama stanza da «ba­ gno» 40. Q uesto term ine non compare nella prima edizione dell’Oxford English Dictionary; è citato per la prima volta nel Supplemento (1972) ed il suo uso iniziale è fatto risalire al 1880. La scelta di que­ sto term ine indica che l’identificazione di natura e nudo che Ingres, Courbet, Corot e Renoir avevano rappresentato come un qualcosa che avviene dentro a dei fiumi, sotto delle cascate o in un hamam* orientale, in realtà si verificava nell’intim ità della toilette.

39 «Toilette» originariamente significava (quattordicesimo secolo) il pezzo di stoffa in cui gli artigiani conservavano i loro arnesi; in seguito (sedicesimo secolo) il pezzo di stoffa in cui spazzola e pettine venivano riposti; più tardi ancora (diciassettesimo secolo) il loro uso, ma anche l’azione di spiegare i vestiti e di indossarli. 40 Una storia del significato attribuito al fare il bagno nella storia occidentale non è stata scritta. Un accenno al tema è stato inevitabilmente fatto in tutti i trattati storici sul bat­ tesimo. Sull’atteggiamento dei primi cristiani sui bagni, vedi JÜTHNER; per il Medioevo VoGÜÉ (1100-1103) riporta dei testi. Il fare il bagno per la propria salute e il proprio piacere scom­ pare in molte zone dell’Europa con la Riforma. THORNDIKE elenca, con i commenti inglesi, la più antica letteratura tedesca sulla balneologia: fare il bagno per ragioni mediche. WRIGHT è di gran lunga quello che offre i più leggibili resoconti popolari sulla installazione di stanze da bagno, ma è lacunoso quanto a riferimenti documentati. La prima parte del libro è fuor­ viarne, poiché l’autore trae delle conclusioni su comportamenti che suppone comuni, dimenti­ cando però che gli strani congegni che sono sopravvissuti potrebbero esser l’eccezione più che scoperte rappresentative. Per la storia della «stanza da bagno» verso la fine del diciannovesimo secolo, è informativo e del tutto degno di fede. SCOTT dà informazioni sulla scoperta del ma­ re come un posto dove fare il bagno durante il diciannovesimo secolo. Così nel testo: bagno turco [N .d.T J.

70

I v a n I l l ic h

G li escrementi parigini: un fertile concime L ’uso dell’acqua per la pulizia del corpo e l’uso dell’acqua per la «toilette» di spazi urbani sono strettam ente collegati, ma non pro­ cedono di pari passo in tu tte le nazioni moderne. Parigi non seguì mai l’esempio di Londra. Una relazione del 1835 delYInstitutde France respingeva la proposta di adottare il W C e di convogliare gli escre­ m enti nella Senna. La decisione non era m otivata né da sentimenti antibritannici, né da una qualche preoccupazione per il fiume, ma dal calcolo dell’enorme valore economico che sarebbe stato drenato via insieme agli escrementi di cavalli e persone. V ent’anni dopo, gli edi­ tori del «Journal of M odern Chemistry» presero nuovamente posi­ zione contro un tale «misfatto pubblico». Alla metà del secolo scor­ so, un sesto di tu tta l’area di Parigi produceva 50 kg di insalata, fru t­ ta e verdura fresche per persona, più del tasso di consumo pro-capite del 1980. Per ogni ettaro di Marais* 6,5 persone erano impiegate a tempo pieno sia per coltivare gli orti che per raccogliere gli escrementi ed un numero ancora maggiore di persone si occupava delle vendite. Per una quarantina d ’anni venne prodotto sufficiente «concime» per espandere l’area di coltivazione del 6% ogni anno. Le tecniche di col­ tivazione raggiunsero il massimo della sofisticazione negli anni intor­ no al 1880: continue semine interstagionali o in successione diedero sino a 6 e mai meno di 3 raccolti l’anno. La produzione invernale fu resa possibile dalla fermentazione del letame delle stalle sotto cam­ pane di vetro, su speciali stuoie di paglia e grazie a muri alti circa due m etri, che circondavano le piccole fattorie all’interno della città. Il fatto che Kropotkin avesse dichiarato nel 1899 che Parigi poteva rifornire Londra di verdure fresche, non era per niente assurda. E siccome tale sistema produceva anche più terreno concimato in su­ perficie di quanto potesse essere usato per la coltivazione all’interno della città, se l’humus di Parigi fosse stato disponibile per l’esporta­ zione, venne allora fatta la proposta di farlo raccogliere dalle strade da vecchi pensionati e di usare le nuove ferrovie per arricchire la cam­ pagna di questo prodotto cittadino. Persino dopo che i primi due acquedotti moderni furono com­ pletati — uno lungo 81 km nel 1865 e un altro di 106 km nel 1871 Zona paludosa [N.d.T.].

H 20 E LE ACQUE DELL’OBLIO

71

— Tuso dell’acqua per convogliare gli escrementi rimase una rara ec­ cezione 41. Verso il 1875 due ideologie nazionali sul valore delle fognature si fronteggiarono sui due lati della Manica. Victor Hugo diede espres­ sione letteraria alla posizione francese. Nei capitoli sulle viscere del­ la città, in Les Misérables [I miserabili], la città di Parigi risulta affet­ ta da una incurabile costipazione. «Non ci sono dubbi,» egli dice, «che le fognature di Parigi siano state per millenni la m alattia della città, la ferita aperta che marcisce nel suo fondo e che fa parte della vera natura di una città»: «l’égout et le vice que la ville a dans son sang»*. Ogni tentativo di accrescere l ’immonda materia che è ammucchiata negli scarichi sotterranei, potrebbe solo accrescere gli inimmaginabi­ li orrori della cloaca della città. Come testimonianza di una fantasia di costipazione cosmica, que­ sti capitoli sono un capolavoro artistico. Ma i riferim enti che in essi vengono fatti agli orrori delle fognature medioevali non devono esse­ re presi come u n ’informazione storica. Nella Parigi del dodicesimo secolo ogni padrone di casa conservava l’acqua da bere in un «tino» o serbatoio aperto, che veniva riempito da un portatore d ’acqua pa­ gato con due secchi di legno che questi trasportava per mezzo di una «grouge»; siccome la maggior parte dei pozzi davano acqua salmastra, l’acqua da bere veniva trasportata dalla Senna. D urante il tredicesi­ mo secolo, quando Parigi era circondata da mura, quattro fontane

41 Per conoscere come si svolgeva la vita pratica quotidiana a Parigi vedi FARGE 1979 e 1982. L’acqua veniva trasportata da fontane o venduta da ambulanti. Durante la metà del diciannovesimo secolo, i lavatoi pubblici in ogni quartiere vennero modernizzati e ricoperti da tettoie pensili; questi erano 37 nel 1848, 126 nel 1860 e 422 intorno al 1886. Sulla contro­ versia pubblica sulle fognature vedi Saddy, JACQUEMET e GuiLLERME. Per le fonti e la lette­ ratura minore sulla coltivazione degli orti cittadini a Parigi vedi STANHILL. Per la storia del­ l’uso dell’acqua in una regione della Francia vedi THUILLIER 1968, 1969. Per le contrastanti ideologie, BEGUIN. Sull’utopia di una città inodore vedi G leichman. Secondo Roche , tra il 1700 e il 1789 la quantità di acqua che raggiungeva Parigi tramite tubature raddoppiò, ma il consumo familiare non aumentò in modo considerevole. La popolazione era aumentata, ma le fontane monumentali nei giardini del Lussemburgo e delle Tuileries la inghiottivano tutta. Roche calcola che per gli 800.000 abitanti di Parigi del 1789 fossero disponibili 300 tinozze in bagni pubblici, 200 secchi da affittare e tu tt’al più 1000 tinozze in case private. Verso la ' fine del secolo il timore per l’inquinamento delle acque cresce. Muller afferma che dal 1780 al 1789 l’acqua imbottigliata diventò di moda. Alla fine dell’Impero 50 uffici reali in tutta la Francia controllavano la sua distribuzione. L’ap­ provazione e la diagnosi dell’acqua giusta per ogni cliente divenne una nuova attività praticata da esperti. A Parigi venivano venduti 22 tipi di acqua, a LiQne solo 17. Il costo per pinta — una grossa bottiglia — corrispondeva alla paga quotidiana di un lavoratore. In francese nel testo, «la fogna e il vizio che la città ha nel suo sangue» [N.d.T.].

72

I v a n I l l ic h

pubbliche venivano alimentate da un vecchio acquedotto. Di fogna­ ture sottoterra manco a parlarne. La «grande fognatura» cui un do­ cumento del 1412 si riferisce, era il ruscello di M enilm ontant lungo il quale non vennero costruiti dei muri fino al 1740 e che non venne ricoperto che una generazione dopo. La terra lungo le sue rive, appe­ na fuori le mura della città, era la migliore per coltivare gli orti. A partire dal dodicesimo secolo, l’arcivescovo di Parigi e i canonici di N otre Dame coltivavano lì la loro verdura. Nel diciassettesimo seco­ lo questo ruscello alimentò il rigoglioso Folie-Regnault, luogo prefe­ rito per le feste in giardino dalla gente molto ricca. Sia la realtà fisica che il topos letterario di acque nere che intersecano il sottosuolo di una città, sono delle creazioni del diciannovesimo secolo. Chiaramente la raffigurazione fantastica riflette la nuova visione anatomica delle viscere del corpo.

L e inquinanti fognature di Londra Dall’altra parte del canale, il contrastante punto di vista sul va­ lore delle fognature venne espresso nel 1871 dal Principe di Galles prima di diventare Re Edoardo VII. Se non fosse stato il principe ereditario, disse, la sua nuova passione sarebbe stata quella di poter diventare un idraulico. Per capire questa entusiastica adesione all’in­ gegneria idraulica, bisogna ricordare che tra 1848 e il 1855 erano state istituite non meno di sei commissioni parlam entari per il migliora­ m ento delle fognature di Londra; ma nonostante tali tentativi la si­ tuazione divenne insostenibile. Le rive del Tamigi tra il ponte di W a­ terloo e quello di W estm inster si ricoprirono di un denso accumulo di fango fetido e sgradevole, che rimaneva scoperto durante la bassa marea. Nel 1849 e di nuovo nel 1853-54 delle epidemie di colera asia­ tico tolsero la vita a qualcosa come ventimila persone. In piena epi­ demia il Parlamento promulgò una nuova e più severa legge, che rese più efficiente il sistema per asportare gli escrementi notturni prodot­ ti dalle masse di Londra. Ma il nuovo inquinamento del Tamigi non era solo e in primo luogo provocato da queste. Era dovuto alle classi più agiate, che avevano installato i W C, che si erano rapidamente moltiplicati a Londra, in parte per lo status sociale che conferivano a chi li aveva in casa. Secondo un ’ordinanza il loro contenuto doveva finire in pozzi neri sotto gli immobili dei proprietari, ma nonostante

H 20

e

LE ACQUE DELL’OBLIO

73

il veto un crescente numero di pozzi neri venne collegato alle fogna­ ture principali. Tali fognature alla metà del secolo erano per lo più vecchi corsi d ’acqua, lungo i quali correvano dei muri, ma che non erano coperti nel tratto in cui scorrevano aH’interno della città. Ven­ ta n n i più tardi gli ingegneri inglesi si stavano dando orgogliosamen­ te da fare per migliorare le condizioni sanitarie di Londra, senza do­ ver m ettere il W C fuori legge. Essi diventarono i leaders mondiali nel calcolo, disegno, costruzione, manutenzione e ventilazione di fo­ gnature per una popolazione il cui consumo d ’acqua prò capite aveva raggiunto livelli che Parigi avrebbe uguagliato solo due generazioni dopo. Il futuro Edoardo V II non faceva che esprimere pubblicamen­ te la sua ammirazione per l’avanzata tecnologia del suo tempo.

G li impianti idrici scrosciano nelle case degli americani Negli Stati U niti la storia degli impianti idrici del diciannovesi­ mo secolo è stata probabilmente meno influenzata da atteggiamenti tradizionali nei confronti dell’acqua 42. La maggior parte delle città furono costituite da persone provenienti da molti paesi europei, ognuna delle quali portava con sé un proprio atteggiamento nei confronti dei bagni pubblici, della socievolezza nelle latrine e della pulizia. Sino all’inizio del diciannovesimo secolo tu tte le città degli Stati Uniti at­ tingevano l’acqua da fonti locali: pozzi, cisterne, sorgenti e fiumi; da 4 a 12 litri circa d ’acqua per persona al giorno venivano in genere consumati per bere, cucinare e fare il bucato. Strutture d ’insediamento molto estese incoraggiarono gli stabilimenti che usavano acqua a fini di produzione, a trasferirsi fuori città. A differenza delle città euro­ pee del tempo, la maggioranza delle città statunitensi erano costruite in legno. I grossi incendi di inizio secolo portarono a richiedere che l’acqua venisse impiegata per la lotta contro il fuoco. Intorno al 1860 furono costruiti 140 impianti idrici. Innovazio­ ni tecniche facilitarono tali progetti. Dal tempo dei romani, gli ac-

42 Oltre all’introduzione alle tecnologie post-medioevali relative al rifornimento d ’ac­ qua in K ennard , R awlinson e D aumas, per gli Stati Uniti consulta Blake sulla storia so­ ciale dell’acqua sulla costa orientale. T arr è una preziosa introduzione alla storia sociale delle fognature negli Stati Uniti. Sull’impatto dell’acqua sulle famiglie vedi STRASSER e V an der R yn . Sull’origine dell’ideologia per la quale la difesa antibatterica è diventata una linea poli­ tica negli Stati Uniti, vedi T emkin .

74

I v a n I l l ic h

quedotti dovevano essere elevati quando attraversavano delle valli. Le città degli Stati U niti che costruirono im pianti idrici durante l’ul­ tim o quarto del diciannovesimo secolo non dovettero subire più per molto questo condizionamento. Erano ora disponibili nuove resistenti tubature in ferro; queste potevano sopportare alte pressioni e quindi seguire la linea naturale del terreno. Le città americane che costrui­ rono degli im pianti idrici col principale scopo di com battere gli in­ cendi, si occuparono sin dall’inizio del problema della pressione del­ l’acqua e dato che le nuove tubature in ferro potevano sopportare una pressione maggiore, questo rese logico distribuire l’acqua diret­ tam ente alle case. Q uando l’acqua di rubinetto raggiunse le famiglie, il coefficiente di consumo dell’acqua aumentò da 20 a 60, il che si­ gnifica che si passò da 113 a 378 litri al giorno e questa diventò la quantità media di consumo 43. Le case super lavate acquisirono una posizione dom inante tra i simboli della cultura americana. La quanti­ tà d ’acqua trasportata dalle tubature raggiunse di nuovo i livelli prò capite di Roma, ma la distribuzione negli Stati U niti era incompara­ bilm ente più democratica. Q uesta nuova abbondanza serviva in lar­ ga parte per il trasporto dei rifiuti. Al tem po della G uerra Civile le città con più di 100.000 abitanti avevano degli impianti idrici. Per la fine del secolo erano in funzione circa 3.000 im pianti idrici, che rifornivano la maggior parte delle città con una popolazione di 2300 abitanti o più. Ma questo non signfica che l’acqua arrivasse direttam ente a molte case. Abbiamo dei dati per M uncie, nell’Indiana. Nel 43 Durante il diciannovesimo secolo lo status sociale diventa progressivamente legato alla pulizia. Nel corso della storia in molte società, alcuni outsiders sono stati evitati come in­ toccabili a causa dell’impurità che potevano comunicare; durante il diciannovesimo secolo le classi più umili cominciarono ad esser viste non come impure ma come sporche. I romanzi di Balzac sono una ricca fonte di documentazione su questa transizione; vedi PFEIFFER. Il «forte e selvatico odore dei contadini» diventò insopportabile per il naso raffinato di una signora. Le signore raffinate irradiavano «l’affascinante profumo della borghesia». Le classi ben pulite e istruite sono consapevoli dell’odore di corruzione dei livelli inferiori; vedi P errot . La pro­ stituta per analogia con le fogne libera la casa per bene da forme disturbanti di lussuria maschi­ le. Salire la scala sociale significa diventare puliti e vivere in una casa pulita decentemente. Ma in Europa, specialmente sul continente, l’accento è soprattutto posto sullo spolverare ed il pulire a fondo l’interno della casa. Per la Svizzera, vedi H eller . In America l’intera casa, la propria come quella degli altri, è diventata un unico simbolo culturale dominante. CoilN analizza quello che la gente dice della casa e che cosa essi ammirano della casa e parla della casa come di uno specchio in cui essi vedono riflessi i valori della loro cultura. Intorno al volge­ re del secolo negli Stati Uniti la pulizia mise in ombra tutti gli altri requisiti per una casa desi­ derabile. Diventando pulite, le minoranze potevano emergere e dissolversi nel flusso della cul­ tura dominante. Per questo vedi anche G. WRIGHT. Riflessioni sul significato della pulizia nel diciannovesimo secolo si possono trovare in ENZERSBERGER.

H 20

e

LE ACQUE DELL'OBLIO

75

1890 da 1/5 ad 1/8 delle famiglie di Muncie, aveva un qualche acces­ so all’acqua corrente, forse un idrante in cortile o un rubinetto nel­ l’acquaio di ferro fuori dalla porta. La maggioranza pompava l ’acqua da pozzi nel recinto dietro casa. All’inizio della G uerra Civile, gabi­ netti o vasche da bagno erano considerati un lusso notevole. Il dipar­ tim ento delle acque faceva pagare una tassa in più a chi aveva case con questi servizi. Nel 1893, 4/5 degli abitanti di Baltimora si pote­ vano servire di un solo gabinetto esterno; a New York quasi la metà degli abitanti aveva un gabinetto in casa. Nel 1866 solo 1/8 di tu tta Chicago era servita da fognature. Acqua e liquidi sporchi erano in genere trasportati dalle donne. Soltanto dopo la prima G uerra M on­ diale i bagni smisero di essere un lusso. Nei quattro anni dal 1921 al 1924, questi raddoppiarono in tu tti gli Stati Uniti. U n’inchiesta nazionale alla fine degli anni ’20 rilevò che il 71% delle famiglie ur­ bane e il 33% di quelle rurali avevano installato dei gabinetti nelle loro case. L’acqua serviva ora soprattutto a lavare, pulire e sciacqua­ re 44. Dapprim a quest’acqua di scarico era convogliata in pozzi neri e nei sotterranei sotto le latrine. Intorno al 1880 questo provocò un evento senza precedenti nelle città statunitensi: ovunque i pozzi neri straripavano, il suolo circostante non poteva più assorbire l’acqua. Il governo di Rhode Island identificò il principale problema di salute nel fatto che i residenti avessero fatto entrare nelle loro abitazioni più acqua di quanta ne potesse uscire. Benjamin Lee, segretario per la salute in Pensilvania, ammonì che «le abbondanti forniture d ’ac­ qua costituiscono un mezzo per diffondere un pericoloso inquinamento su aree immense e pregiudicano la salute pubblica».

44

L’informazione è di Strasser, op.cit. Il cambiamento è riflesso nel linguaggio: MENC-

KEN, The American Language, Supplement I, 639-641. Intorno al 1870 il termine «latrina» scompare. Compaiono toilet, retiring room, washroom, comfort station. Pissoir è ancora indecen­ te negli Stati Uniti, raro in Inghilterra e chiamato vespasienne in Francia. Powder room fu forse creato da qualche colto proprietario di bar clandestino per designare la ritirata per le signore. Altre parole: restroom, dressing room, ladies room, cloak room, lavatory. L ’O ED fa risalire «toi­ let» al 1819 nella sezione sugli USA.

76

I v a n I l l ic h

Il W C unifica la cultura statunitense Il sistema economico che era alla base della circolazione dell’ac­ qua diventò evidente 45. Sia nella gestione pubblica che in quella pri­ vata, si è scoperto che molte volte costa di più sbarazzarsi di una gran quantità d ’acqua che non farla arrivare nel posto stesso. Q uesta spro­ porzione aumentò ancora di più quando molte grosse città decisero di unire le fogne di scarico con le canalizzazioni per l’acqua piovana. Q uesta decisione implicò la costruzione di fognature potenzialm ente capaci di trasportare fuori città una quantità d ’acqua molto maggio­ re di quanta non ne fosse trasportata dentro, con un certo margine d ’errore, di modo che il contenuto delle fogne non dilagasse per stra­ de non destinate a questo scopo quando una forte pioggia occasiona­ le sommergesse le fognature al di là della capacità utilizzabile. Un secondo fattore non previsto aumentò il costo delle fognatu­ re. Gli ingegneri avevano contato sullo sfaldamento e la dispersione dei rifiuti in masse d ’acqua naturali come se in questo modo li potes­ sero far sparire completamente. Realizzarono solo lentam ente che la stessa ideologia gabinetto-dipendente che produceva stagni artificia­ li intorno ai pozzi neri vicini alle abitazioni, inquinava anche i fiumi e portava ricordi dalle città a m onte verso gli impianti idrici a valle. Verso la fine del secolo la diffusione di u n ’infezione causata dalle fe­ ci tram ite l’acqua di rubinetto divenne comune. La circolazione del­ l’acqua divenne un fattore fondamentale nella diffusione della ma­ lattia. Gli ingegneri si trovavano di fronte alla scelta di applicare le loro sempre lim itate risorse o al trattam ento del contenuto delle fo­ gne prima della loro eliminazione o al trattam ento delle forniture d ’ac­ qua. D urante la prima metà di questo secolo, scelsero di sterilizzare le forniture d ’acqua, ricorrendo persino a sistemi di filtraggio ed a

45 «La città di Leonia rifa se stessa tutti i giorni... Sui marciapiedi, avviluppati in tersi sacchi di plastica, i resti della Leonia d ’ieri aspettano il carro dello spazzaturaio... Dove porti­ no ogni giorno il loro carico gli spazzaturai nessuno se lo chiede: fuori della città, certo; ma ogni anno la città si espande... È una fortezza di rimasugli indistruttibili che circonda Leonia, la sovrasta da ogni lato come un acrocoro di montagne. Il risultato è questo: che più Leonia espelle roba, più ne accumula; le squame del suo passato si saldano in una corazza che non si può togliere; rinnovandosi ogni giorno la città conserva tutta se stessa nella sola forma definitiva...». I. CALVINO, Le città contìnue, in Le città invisi­ bili, pp. 119-120.

H 20

e

LE ACQUE DELL’OBLIO

77

trattam enti chimici, soprattutto con cloro, che sono diventati sem­ pre più costosi. Una delle ragioni per cui scelsero la «purificazione dell’acqua» era probabilmente dovuta alla presa che le scoperte del Dr. Koch ave­ vano avuto sulla fantasia degli elettori alla fine del secolo scorso. Le sue teorie sulla batteriologia tendevano a sostituire la vecchia teoria delle emanazioni provenienti dal sudiciume, che corrompono, con una nuova teoria dei batteri che sembrava spiegare la comparsa di m alat­ tie specifiche. Anziché il contatto con arie viziate, la cosa da evitare l’invasione del corpo da parte dei microbi. I cittadini esigevano so­ prattu tto di esser riforniti di «acqua da bere priva di germi» quando aprivano i loro rubinetti. D urante la prima metà del ventesimo seco­ lo diverse generazioni di americani impararono ad evitare di bere ac­ qua che non fosse dichiarata potabile o imbottigliata. Fare il bagno in ruscelli non disinfettati col cloro e bere da fontane la cui acqua non fosse stata analizzata, divenne per molti un ricordo del tempo in cui da ragazzi erano negli «scouts» o il ricordo di un romantico passato.

Il ricupero della «roba» D urante la seconda metà del ventesimo secolo, quel che usciva dal rubinetto smise di essere inodore. Il suo contenuto di nuove e impreviste sostanze inquinanti divenne noto. M olta gente non la la­ sciava bere ai suoi bambini. La trasformazione dell’H 20 in un liqui­ do che pulisce era completa. Nell’immaginazione del ventesimo se­ colo l’acqua ha perso il potere di comunicare col contatto la sua pu­ rezza profondam ente intim a ed il suo potere mistico di lavare via la macchia spirituale. E diventata un detergente industriale e tecnico, tem uto sia co­ me roba velenosa che come corrosivo per la pelle. D urante gli ultimi anni della presidenza Carter, il trattam ento e la raccolta del contenu­ to delle fognature è diventata la spesa maggiore prevista dai governi locali per gli anni ’80. Solo l’istruzione costa di più ai contribuenti. L ’acqua nel corso della storia è stata percepita come la roba che irradia purezza: l’H 20 è la nuova roba dalla cui purificazione dipen­ de ora la sopravvivenza umana. H 20 e acqua sono diventate anta-

78

I v a n I l l ic h

goniste: l’H 20 è una creazione sociale dei tempi moderni, una risor­ sa che è scarsa e che richiede una gestione tecnica. E un fluido che ha perso il potere di rispecchiare l’acqua dei sogni. Il bambino di cit­ tà non ha nessuna possibilità di entrare in contatto con dell’acqua viva. L ’acqua non può più essere guardata, può solo essere immagi­ nata, riflettendo su di una goccia occasionale o su di u n ’umile poz­ zanghera. Credo che queste riflessioni possano avere un qualche peso sulla decisione di costruire o meno un lago comunale a Dallas.

H 20 E LE ACQUE DELL'OBLIO

79

Bibliografia*

Alexander, Samuel. 1966. Space, time and deity. 2 voll. New York: Dover Publications. Aptorowitzer, O. 1928. Die Paradiesesflüsse des Kurans. Monatsschrift für Geschichte und Wissenschaft des Judentums 12, n.s. 36:151-155. Ardener, Shirley (cur.). 1981. Women and space: Ground rules and social maps. London: St. Martin’s Press. Ariès, Philippe. 1980. L ’uomo e la morte dal Medioevo a oggi. Trad. M. Ga­ rin. Roma-Bari: Laterza (edizione originale: Paiis 1977). Aron, Jean Paul. 1967. Essai sur la sensibilité alimentaire à Paris au XIXe siècle. Cahiers des Annales 25. Paris: Armand Colin. Bachelard, Gaston. 1942. L ’eau et les rêves. Paris: Corti. Id. 19842. La poetica dello spazio. Bari: Dedalo (edizione originale: Paris 1957). Bächtold-Stäubli, H. 1936. Handwörterbuch des deutschen Aberglaubens. Ber­ lin: DeGryter. Barret, C.K. 1962. The Gospel according to St. John. London: SPCK. Béguin, F. 1977. Les machines anglaises du confort. La Recherche 29: 155-186. Behm, Johannes. 1969. s.v. Koilia. Grande lessico del Nuovo Testamento. Cur. G. Kittel - G. Fredrich. Ed. it. cur. F. Montagnini - G. Scarpat - O. Sof­ fritti. Vol. 5. Brescia: Paideia, 663-671 (edizione originale: Stuttgart 1938). Beigrand, E. 1872-1875. Les aqueducts romains. 5 voll. Paris.

* T utti i testi (libri e riviste) indicati in questa bibliografia si trovano nelle migliori librerie oppure possono essere richiesti ai distributori regionali MACRO o alla sede centrale - Loc. Treggio, 176 - 06060 Umbertide (PG) - tei. 075/9304167.

80

I v a n I l l ic h

Benveniste, Emile. 19812. Il vocabolario delle istituzioni indoeuropee. 2 voli. Torino: Einaudi (edizione originale: Paris 1969). Bertier, A.G. 1921-1922. Le mécanisme cartésien et la physiologie au XVIIe siècle. Isis 7:21-58. Beylebyl, J J. 1974. The growth of Harvey’s «de Motu Cordis». Bulletin of the History of Medicine 47:427-470. Bidez, Joseph - Cumont, F. [1938] 1973. Les Mages hellénisés. 2 voll. Paris. Blake, Nelson M. 1956. Water for the cities: A history of the urban supply problem in the USA. Syracuse: Syracuse University Press. Blaser, Robert. 1960. Theophrastus von Hohenheim, genannt Paracelsus. Li­ ber de Nymphis, Sylphis, Pygmaeis et Salamandris et de ceteris spiritibus. Bern: Franke (di Paracelso in italiano: 1982. Scritti alchemici e magici. Genova: Phoneix; s.d. Trattato delle tre prime essenze. Genova: Phoenix). Boccaccio, Giovanni. 1951. Genealogiae deorum gentilium libri. Cur. V. Po­ ma. Bari: Laterza. Boisemard, M.E. 1958. De son ventre couleront des fleuves d’eau. Revue Biblique 65:523-546. Id. 1959. De son ventre couleront des fleuves d’eau: Les citations targumiques dans le quatrième évangile. Revue Biblique 66:374-378. Bollnow, Otto. 19712. Mensch und Raum. Stuttgart: Kohlhammer. Bonaparte, Marie. 1946. The legend of the unfathomable waters. American Imago. 20-31. Bonnet, H. 1925. Die Symbolik der Reinigung im aegyptischen Kult. Ange­ los 1:103-121. Borie, Jean. 1973. Le tyran timide: Le naturalisme de la femme au XIXe sie­ de. Paris: Klincksieck. Borzsak, I. 1951-1952. Aquis submersus. Acta Antiquae Academiae Scentiarum Hungaricae, Budapest 1:200-224. Bossel, Hartmut (cur.). 1982. Wasser: wie ein Element verschmutz und verschewender wird. Frankfurt: Fisher Alternative. Boughali, Mohammed. 1974. La Représentation de l’espace chez les maroquins illetrés: Mythes et traditions orale. Paris: Anthropos. Braun, F.M. 1949. L’eau et l’Esprit. Revue Thomiste 49:5-30. Brown, Raymond E. 1979. Giovanni: Commento al Vangelo spirituale. Cur. A. Sorsaja. 2 voll. Assisi: Cittadella (edizione originale: New York 1966). Brunot, Ferdinand. 1966. Historie de la langue française des origines à nos jours. Vol. 6, parte 1. Paris: Armand Colin, 176 ss.

H20 E LE ACQUE DELL’OBLIO

81

Buck, C.D. 1949. A dictionary of selected synonyms in the principal Indoeuropean languages. Chicago: University of Chicago Press. Budge Wallis. [1909] 1980. The liturgy of funerary offerings: The Egyptian texts with English translation. Ristampa. New York: Arno Press. Buffet, B. - Evrard, R. 1950. L ’eau potable à travers les ages. Liège. Cabrol, F. 1926. Eau: usage de l’eau dans la liturgie. Eau bénite. DACL 4:1680-1690. Caillois, R. 1938. Le mythe et l'homme. Paris: Gallimard. Calvino, Italo. 1972. Le città invisibili. Torino: Einaudi. Cayrol, Jean. 1968. De l’espace humain. Paris: Seuil. Chadwick, Edwin. 1987. The health of nations. 2 voll. Cur. R.W. Richard­ son. London. Chaunu, Pierre. 1983. La durata, lo spazio e I'uomo nell’epoca modema. La storia come scienza sociale. Napoli: Liguori (edizione originale: Paris 1974). Vedi cap. 2. Choay, Francis. 1974. La ville et le domain bâti comme corps dans les tex­ tes des architects théoriciens de la première renaissance italienne. Nouvelle Revue de Psychanalyse 9:229-254. Clark, Kenneth. [1950] 1970. The nude: A study in ideal form. Ristampa. London: Penguin. Id. 1980. Feminine Beauty. London: Nicholson and Windenfeld. Cohn, Jan. 1979. The palace and the poorhouse: The American house as a cul­ tural symbol. Lansing: Michigan State University. Corbin, Alain. 1982. Le miasme et la jonquille: L ’odorat et l’imaginaire social au XVIIIe - XIXe siècles. Paris: Aubier. Corbin, Henri. 1977. Imago templi face aux normes prophanes. In Eranos Jahrbüch-1974. Leiden: E. J. Brill. . Dange, Sadashiva Ambadas. 1979. Sexual symbolism from Vedic ritual. New Delhi: Ajanta Publications. Danielou, J. 1958. Le symbolisme de l’eau vive. Revue des sciences religieu­ ses 32:335-346. Daumas, Maurice (cur.). 1968. Historié générale des techniques. Vol. 3. Pa­ ris: Presses Universitaires de France. Degas, Edgar. 1970. L ’opera compléta. Cur. F. Russoli - F. Minervino. Mi­ lano: Rizzoli.

82

I v a n I l l ic h

Delcourt, Marie. 1964. Pyross et Pyrrha: Recherches sur les valeurs du feu dans les légendes helléniques. Paris: Belles Lettres. Deonna, W. 1939. Croyances antiques et modernes: l’odeur suave des dieux et des élus. Genava 11:161-262. Raccolta esaustiva di fonti e riferimenti. Desaivre, Leo. 1898. Le mythe de la mère Lusine: Etude critique et biblio­ graphique. Mémoires de la Société de Statistique. Sciences, Lettres et Arts du département des Deux-Sèvres 20. Detienne, Marcel. 1975. 1 giardini di Adone. Torino: Einaudi (edizione ori­ ginale: Paris 1972). Deubner, L. 1942. Oedipusprobleme. Abhandlungen der Akademie der Wis­ senschaften zu Berlin 4. Dickinson, Henry W. 1959. The water supply of greater London. London: Newcome Society. Dockes, Pierre. 1971. Lo spazio nel pensiero economico dal XVI al XVII se­ colo. Trad. M. de Stéfanis. Milano: Feltrinelli (edizione originale: Paris 1969). Dodd, C.H. s.d. L ’interpretazione del quarto vangelo. Cur. A. Ornella. Bre­ scia: Paideia (edizione originale: Cambridge 1954). Dodds, E.R. 1983.1greci e l’irrazionale. Firenze: La Nuova Italia (edizione originale: Berkeley 1951). Duden, Barbara. 1984. Fluss und Verstockung: Praxis Johannes Storch. Tech­ nische Universität, West Berlin (tesi). Durckheim, Émile. 19823. Le forme elementari della vita religiosa. Milano: Comunità (edizione originale: Paris 1960). Eliade, Mircea. 1984. Trattato di storia delle religioni. Torino: Boringhieri (edizione originale: Paris 1964). Elias, Norbert. 1982. La civiltà delle buone maniere. Trad. G. Panzieri. Bo­ logna: Il Mulino (edizione originale: Munich 1960). Eliot, T.S. 1970. La riunione di famiglia. Trad. S. Lorati. In Le opere. Tori­ no: UTET, 483-569. Enzersberger, Christian. 1973. Sullo sporco. Milano: Feltrinelli (edizione originale: Munich 1968). Ernout, Alfred - Meillet, Antoine. 1967. Dictionnaire étymologique de la lan­ gue latine: histoire des mots. Paris: Klincksieck. Fabricant, C. 1979. Binding and dressing nature’s loose tresses: The ideo­ logy of Augustan landscape design. Studies in eighteenth-century culture 8.

H 20 E LE ACQUE DELL'OBLIO

83

Farge, Arlette. 1979. Vivre dans les rues à Paris au XIXe siècle. Paris: Gal­ limard. Id. 1983. L’espace parisien au XVIIIe siècle. Ethnologie Française 3. Farwell, Béatrice. 1972. Courbet’s «Baigneuses» and the rhetorical femini­ ne image. Art News Annual 38: 65-79. Faure, A. 1978. Classe malpropre, classe dangereuse? Quelques remarques à propos des chiffonniers parisiens au XIXe siècle. L ’haleine des faubourgs. Ville, habitat et santé au XIXe siècle. Fontenay-sous-Bois: Recherche. Filliozat, Jean. 1969. Le temps et l’espace dans les conceptions du monde indien. Revue de Synthèse 90. Id. [1947] 1974. Laghu Prabandhan: Choix d ’articles d ’indologie. Ristampa. Leiden: E.J. Brill, 212-232. Finer, S.E. 1907. The life and times of Sir Edwin Chadwick. London: Methuen. Flourens, P. 1954. Historic de la découverte de la circulation du sang. Paris (ristampa anastatica Sala Bolognese: Forni). Foizil, M. 1974. Les attitudes devant la mort au XVIIIe siècle: sépultures et suppressions des sépultures dans le cimitière des Saints Innocents. Revue Historique 51:303-330. Forbes, R.J. 1964. Water supply. Studies in Ancient Technology 1:149-194. Leiden: E.J. Brill. Id. 1965. Cosmetic and perfumes in antiquity. Studies in Ancient Technolo­ gy 3:1-50. Leiden: E.J. Brill. Foucault, Michel, 1978. La parola e le cose. Milano: Rizzoli (edizione origi­ nale: Paris 1966). Franz, Marie-Louise von. 1983. Shadow and evil in fairy tales. Dallas: Spring Publications. Frazer, J.G. 1983. La paura dei morti nelle religioni primitive. Milano: Lon­ ganesi (edizione originale: London 1933). Freud, Sigmund. 1978. Il disagio della civiltà. In Opere. Cur. P. C. Musatti. Voi. 10. Torino: Boringhieri, 557 ss. Frisch, O.R. 1957. Parity is not conserved, a new twist in physics? Univer­ sities Quarterly 2:235-244. Frobenius, Leo. 1978. Storia delle civiltà africane. Trad. C. Bovero. Torino: Boringhieri (edizione originale: Zürich 1933). Frontin, Sextus Julius. 1961. Les aqueducs de la ville de Rome. Trad. P. Gri­ mai. Paris: Belles Lettres. Fustel de Coulanges Numa, Denis. 1982. La città antica. Cur. G. Pasquali. Firenze: Sansoni (edizione originale: Paris 1869).

84

I v a n I l l ic h

Gaiffe, F. A. 1924. L ’envers du Grand Siècle: Etude historique et anecdotique. Paris: Albin Michel. Gaillard, Jean. 1960. s.v. Eau. Dictionnaire de Spiritualité. Tomo 4, parte 1. Paris: Beauchesne. Gay, Harold Fansworth. 1940. Sewage in ancient and medieval times. Se­ wage Work Journal 12:939-948. Giedion, Siegfried. 1967. L ’era della meccanizzazione. Trad. M. Labo. Mi­ lano: Feltrinelli (edizione originale: New York 1948). Ginzberg, Louis. 1968. The legends of the Jews. Philadelphia: Jewish Publi­ cation Society of America. Glacken, Clarence J. 1967. Traces on the Rhodian shore: Nature and culture in western thought from ancient times to the end o f the eighteenth century. Ber­ keley: University of California Press. Gleichmann, P.R. 1982. Des villes propres et sans odeurs. Urbi. 88-100. Goppelt, Leonard. 1969. s.v. Hydor. Theologisches Wörterbuch zum Neues Testament. Cur. G. Kittel - G. Friedrich. Vol. 8. Stuttgart: W. Kohlham­ mer, 313-333. Graham, V.E. 1959. Water imagery and symbolism in Proust. Romanic Re­ view 50:118-128. Grandqvist, Hilma. 1965. Muslim death and burial. Commentationes Humaniorum Litterarum. 1-128. Greverus, Ina Maria. 1972. Der territoriale Mensch. Ein literaturanthropolo­ gischer Versuch zum Heimatphaenomen. Frankfurt am Mainz: Athenaeum. Griaule, Marcel. 1978. Dio d’acqua. Milano: Bompiani (edizione originale: Paris 1966). Guillerme, A. s.d. Quelques problèmes d’eau dans les villes du bassin parisien au Moyen Age. 2 voll. Ecole des Hautes Etudes de Sciences Sociales, Paris (tesi). Guillerme, Jacques. 1977. Le malsain et l’économie de la nature. XVIIle Siè­ cle 9. Hahn, Ingrid. 1963. Raum und Landschaft in Gottfrieds Tristan. Ein Bei­ trag zur Werkdeutung. Medium Aevum 3. Haight, Elizabeth Hazelton. 1958. The symbolism of the house-door in clas­ sical poetry. New York: Longmans Green. Heller, G. 1979. «Propre en ordre». Habitation et vie domestique 1850-1930. L ’exemple Vaudois. Lausanne: Editions en Bas. Hopkins, E. Washburn. 19752. Epic Mythology. Benares: Motilal.

H 2 o E LE ACQUE Dl l I