Guerra segreta nell'Antica Roma

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Guerra segreta nell'Antica Roma

Table of contents :
Ringraziamenti
Prefazione
Premessa
Cronologia
Abbreviazioni
Parte Prima - La Repubblica
Introduzione - Lo spionaggio di ieri e di oggi
I - Credere negli Dèi, ma non senza verificare
II - Roma conquista l'Italia: come e perchè
III - Le spie di Annibale
IV - Diplomatici, mercanti, messaggeri, clienti, spie
V - Gli errori si pagano a caro prezzo: Crasso ed i Parti
VI - Cesare in Britannia
VII - Giulio Cesare e la fine della Repubblica di Roma
Parte Seconda - L'Impero
VIII - La rivoluzione di Augusto: le comunicazioni e la sicurezza interna
IX - I servizi d'informazione militare a Roma
X - La Clades Variana: il fallimento dei sistemi di spionaggio nella selva di Teutoburgo
XI - Sistemi di trasmissione e segnalazione
XII - I servizi segreti di Roma
XIII - Il Grande Fratello ti guarda
XIV - Epilogo
Bibliografia scelta
Indice dei nomi
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Guerra segreta nell'antica Roma

Traduzione Rossana Macuz Varrocchi

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Titolo originale : lntelligence Activities in Ancient Rome Trust in the Gods, but Verify FrankCass London and New York, 2005

© 2008, Libreria Editrice Goriziana Corso Verdi, 67 Gorizia www.leg.it [email protected] Tutti i diritti riservati

Grafica Ferruccio Montanari

Layoutfotografico Marina Ghenda

Impaginazione Enter, Marano Lagunare (Ud)

Stampa Tipografia Sartor, Pordenone ISBN

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Le spie di Annibale

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Vincere la battaglia e perdere la guerra(67)

Il genio di Annibale come generale è innegabile , e fu in buona parte dovuto all ' efficace impiego delle fonti di informazione di cui disponeva. Egli portò la manovra tattica del campo di battaglia ad un livello superio­ re , aggiungendo , per di più , l 'effetto sorpresa . Nessun altro comandante della storia antica seppe fondere i due elementi con altrettanta intelligen­ za . Questa combinazione esclusiva fu il segno caratteristico di Annibale , l 'elemento che contraddistinse il suo stile di generale(68) . Ma nulla di tut­ to ciò sarebbe stato possibile se non ci fossero state a disposizione infor­ mazioni affidabili . Nel terzo secolo prima di Cristo la raccolta di informa­ zioni era indubbiamente ancora rudimentale , ma Annibale seppe compensare le lacune tecnologiche con la fantasia e l ' astuzia . Le vittorie che egli riportò e che condussero Roma sull 'orlo del collasso - fisico , eco­ nomico, politico e morale - furono il prodotto di una tempestiva raccolta di informazioni sul nemico , sulla sua posizione , sulle sue intenzioni e pos­ sibilità. Non essendoci giunti documenti punici , non siamo in grado di di­ re esattamente com ' era organizzata la rete spionistica, ma dagli autori la­ tini sappiamo che essa lo aiutò efficacemente a diversi livelli . I suoi sistemi di segnalazione e ripetizione servirono a mantenere i contatti fra i quartieri generali in campo e la capitale . Per le comunicazioni clandestine usò con maestria segnali e simboli segreti , e spesso ingannò il nemico con sigilli e documenti falsificati . Anche il controspionaggio di Annibale era straordinario. I Romani erano sempre all 'oscuro dei suoi movimenti , ed egli riusciva a far credere loro di essere in un posto di verso da quello in cui in effetti si trovava. La sua guerra psicologica non dava tregua ed i suoi stratagemmi lasciavano sempre il nemico confuso e frustrato . Per un comandante le informazioni segrete sono decisive innanzi tutto per minimizzare il rischio di esser colti di sorpresa, ed al tempo stes­ so per trarre il massimo beneficio dalla sorpresa del nemico . L' altra im­ portante funzione dell ' intelligence è permettere il miglior uso possibile delle proprie risorse , sfruttando l ' opportunità di valutare i punti di forza del nemico , le sue debolezze ed i suoi obiettivi . I successi di Annibale di­ mostrano che egli aveva compreso profondamente questi concetti . Le informazioni segrete gli consentirono di stabilire quando e dove avrebbe potuto lanciare con successo la propria campagna contro un avversario numericamente superiore , in casa dell' avversario stesso . In tutte le batta­ glie combattute in Italia, Annibale si trovò sempre in minoranza numeri-

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ca, a volte addirittura in rapporto di uno a dieci . Egli contava sui suoi esploratori a cavallo per reperire nuove fonti di arruolamento per il suo esercito mercenario , e per localizzare terreni di battaglia in cui avrebbe goduto almeno un vantaggio di posizione . L' abilità di Annibale fa sem­ brare facile l ' imboscata del Lago Trasimeno , al punto che dimentichia­ mo come di fatto un tranello di quella portata sia un evento pressoché ir­ ripetibile in una guerra . Persino la manovra di Canne , eseguita davanti agli occhi del nemico , fu poco più di un ' immensa trappola(69) . Annibale contò sulla velocità , tenne per sé l ' iniziativa e mobilitò una gran varietà di espedienti spionistici per conseguire obiettivi di portata limitata . I Ro­ mani , dal canto loro , si trovavano nella situazione paradossale di essere strategicamente sulle difensive , ma tatticamente alla perenne ricerca del­ l ' elusivo esercito di Annibale . Anche se i Romani avessero avuto capa­ cità spionistiche paragonabili a quelle dei Cartaginesi , Annibale avrebbe goduto comunque di un vantaggio operativo simile a quello che la guer­ riglia vanta - oggi come in passato - rispetto ad un esercito regolare . I guerriglieri , però , non vincono la guerra , a meno che l ' esercito regolare contro cui combattono non commetta un errore madornale o perda la sua base politica. L' efficacia del rapporto di Annibale con lo spionaggio fu in parte do­ vuta al suo talento specifico , in parte rifletteva il sistema cartaginese in generale . Furono i tratti della sua personalità , più di qualsiasi altro ele­ mento , a conferire alla Seconda Guerra Punica le sue note epiche . "L' a­ deguatezza delle informazioni che un comandante ha a sua disposizione è direttamente proporzionale al suo interesse per quelle informazioni e ali 'uso che egli ne fa"(1°) . Annibale aveva una straordinaria attitudine al comando , ma doveva guidare un esercito mercenario fra pericoli e scon­ fitte . Non sorprende , pertanto , che integrasse l ' esercito mercenario con un eccellente apparato spionistico . Ci voleva un altro individualista , qual era appunto Scipione , per copiare l ' esempio di Annibale e metterlo in pratica al servizio di Roma . Ciò che i Romani appresero da Annibale fu che un generale esperto e responsabile semplicemente non si addentra in una regione di cui non sa quasi niente senza essersi prima procurato det­ tagliate informazioni geografiche , politiche e militariC ' ) . Annibale non permise mai che il nemico lo tenesse bloccato a lungo , non sprecò mai i suoi uomini in scontri inutili , non si limitò mai ad aprirsi rozzamente una via d'uscita dalle situazioni difficili , ma si tenne sempre aperte tutte le opzioni disponibili .

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I suoi avversari nella Seconda Guerra Punica avevano una percezio­ ne molto diversa dell ' utilità delle informazioni segrete . All ' inizio della guerra Roma praticamente non si servì di nessun sistema di spionaggio ; non sorprende , pertanto , che l ' impegno bellico dei Romani fosse costel­ lato di errori di informazione e disastri militariC2) . Solo la scarsità di informazioni segrete può spiegare come mai i Romani caddero tanto spesso e facilmente nelle trappole di Annibale e come mai essi stessi ne tesero così poche ai Cartagines i . Bisogna riconoscere che fino al tempo di Scipione i Romani fecero ben poco ricorso agli strumenti di cui co­ munque disponevano , vale a dire esploratori , navi vedetta , guide e unità di ricognizioneC') , ed anche quando li impiegarono il risultato fu a volte insignificante . L' osservazione personale può essere utile , ma per un capo è spesso pericolosa. Un esempio purtroppo notorio di ciò si ebbe nel 208 a .C . , quando i due consoli M. Claudio Marcello e T. Quinzio Crispino de­ cisero di esplorare da soli una collina che si trovava di faccia al campo di Annibale vicino a Venosa. Erano scortati solo da duecento e venti cava­ lieri . Le vedette cartaginesi li localizzarono immediatamente , ed i guer­ rieri numidici tesero loro un' imboscata . La loro scorta fu messa in fuga, Marcello fu ucciso subito , mentre Crispino riuscì a fuggire , ma morì po­ chi giorni dopo in seguito alle ferite riportate . Un 'esplorazione dilettan­ tesca si era trasformata in uno scontro ed era costata ai Romani la vita di entrambi i suoi comandanti supremi . E l ' assedio a Salapia fallìC4) . Un fattore che certo non favoriva lo sviluppo coerente dei servizi se­ greti a Roma era la rotazione annuale delle massime cariche della città . Praticamente ogni anno partivano da Roma comandanti nuovi che avreb­ bero dovuto imparare da zero a controllare le operazioni segrete , specie se avevano scarsa esperienza militare . Annibale , invece , era stato capo dei suoi servizi informativi per ben quattordici anni . Quanto a stile di co­ mando , è interessante notare che Scipione si distingue come eccezione fra i comandanti dell' esercito romano del terzo secolo avanti Cristo : è una personalità fortemente individualista in una s ocietà ancora abituata all ' azione prevalentemente corporativa . Alla fine , tuttavia, Scipione ri­ sultò vincitore perché aveva un esercito migliore , non perché avesse ca­ pacità personali superiori . Abbiamo citato nelle pagine precedenti l ' abitudine dei Romani di fare affidamento sui propri alleati come fonti di informazione . Roma de­ legava ad altri la funzione di occhi ed orecchi . Roma apprese le gesta di Annibale in Spagna negli anni intorno al 240 a .C . , prima della Seconda

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Guerra Punica , dalla sua alleata SaguntoC5) . Durante quella guerra, Sci­ pione nel 208 a.C . informò il Senato che Asdrubale aveva lasciato l ' Ita­ lia, ma furono i Massilioti , alleati di Roma , a confermare che egli aveva passato i Pirenei e stava reclutando truppe in GalliaC6) . Ed ancora aveva­ no quel ruolo di occhi ed orecchi dei Romani cinquant' anni dopo , quan­ do nel l 54 a.C . lanciarono l ' allarme delle incursioni dei LiguriC7) . Il me­ todo funzionava bene finché gli alleati erano fedeli . Se decidevano di cambiare campo , però , i Romani si trovavano senza un importante stru­ mento di informazione . Eppure : visto che aveva un sistema informativo eccellente , perché Annibale perse la guerra? Perse perché i vantaggi politici e strategici erano intrinsecamente a favore di Roma . Annibale fu sconfitto , e pesan­ temente , sul piano strategico . Capacità quali l ' intelligenza tattica, l ' a­ scendente nel l ' esercizio del comando e l ' efficacia nella raccolta delle informazioni non erano sufficienti per battere i Romani . Annibale non aveva sufficienti informazioni strategiche , in altre parole non aveva la guerra sotto controllo . La sua idea di portare la guerra in Italia era giusta come piano d ' azione , ma non poteva compensare la superiorità di Roma in mare o la superiorità numerica del suo esercito , non poteva neutraliz­ zare la lealtà degl i alleati di Roma , e la loro capacità di impedire ai rinforzi di raggiungere Annibale; non poteva, infine , tener conto della controffensiva di Scipione . Nemmeno il miglior servizio segreto avreb­ be potuto prevedere in anticipo tutto ciò . Quando fu evidente che gli obiettivi più ambiziosi del suo piano d ' invasione originario non sareb­ bero stati raggiunti , e quando fallirono i successivi tentativi di aprire un nuovo fronte per circondare Roma, Annibale si trovò ad un punto mor­ to . Annibale perse il suo vantaggio strategico quando il teatro d ' azione si spostò in Spagna ed in SiciliaCR) . Cartagine nel suo complesso non aveva un obiettivo politico particolare , a parte il ristabilire lo status quo ante bellum. Annibale non combatteva per occupare l ' Italia, ma per ri­ stabilire una condizione di pace che riportasse sotto il controllo cartagi­ nese la S icilia, la Spagna, la Sardegna e la Corsica . Un elemento fonda­ mentale della strategia di Annibale era inserire un cuneo fra Roma ed i suoi alleati , ma non aveva nulla da offrire loro in sostituzione di Roma , solo la "liberazione"C9) . L' astuzia piena di inventiva di Annibale indubbiamente contribuisce ad attirargli l ' ammirazione degli uomini d ' armi e degli storici . La sua pa­ dronanza delle arti tattiche - non esclusi ruses de guerre quali gli attacchi

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di sorpresa da parte di truppe mimetizzate - molto spesso mette in evi­ denza l ' ottusità dei comandanti romani , e non sorprende , pertanto , che i Romani reagissero accusando la perfidia punica . Quanto a far uso della perfidia, i Romani non erano del tutto innocenti . Se il concetto di fides aveva un grande valore di propaganda, ed era lo slogan che descriveva la reputazione dei Romani come alleati , esso non era, per contro , un ideale tale da impedire ai Romani di fare a loro volta il doppio gioco . La storia riporta che i Romani ricorsero con continuità , anche se non spessissimo , ad operazioni segrete se le ritenevano necessarie . Il fatto che Roma non sfruttasse le sue capacità di spionaggio non aveva nulla a che vedere con "scrupoli morali" sulle regole della guerra , ma dipendeva esclusivamen­ te da una certa ortodossia di pensiero e alla mancanza di una grande vi­ sione , o di capacità di pianificare a lungo termine nel l ' àmbito spionisti­ co . L' attacco di sorpresa mosso contro Nuova Cartagine nel 2 1 0 a.C . , e l ' azione che culminò con l ' incendio degli accampamenti dei Cartaginesi e dei N umidi nel 203 a.C . , dimostrano come la tattica dei Romani si fos­ se fatta più sofisticata con Scipione(B0) . Dopo la Seconda Guerra Punica Annibale continuò ad escogitare stratagemmi , sempre nuovi e creativi , che aiutarono a invertire le sorti delle battaglie . Basti citare un episodio : lasciata Cartagine , Annibale of­ frì i suoi servigi a Prusia I , re di B itinia. Nella guerra fra la Bitinia e Per­ gamo , di gran lunga più forte , Prusia chiese ad Annibale di escogitare qualcosa che sconcertasse il suo potente avversario in una battaglia nava­ le . Prevedendo che l ' equipaggio non sarebbe stato vestito in quanto i re­ matori di solito vogavano ignudi , Annibale riempì dei vasi di coccio di serpenti velenosi e li lanciò contro le navi nemiche . Quando queste "bombe" esplosero , l ' equipaggio scalzo , in preda al panico , saltò in ma­ re per sfuggire ai serpenti . Vinsero i B itini . Anche con la morte Annibale negò a Roma ogni soddisfazione . Nel 1 83 a .C . , diciannove anni dopo Zama , il Senato di Roma decretò che An­ nibale non poteva più rimanere in circolazione . Gli agenti di Roma lo rin­ tracciarono in Bitinia e circondarono la sua villa, con l ' intenzione o di uc­ ciderlo o di catturarlo vivo e portarlo a Roma come personaggio centrale del corteo trionfale . Il fatto che i Romani si preoccupassero di dare la cac­ cia ad un uomo ormai sessantaquattrenne , arrivando fino ad un' oscura città sul lago di Marmara dimostra che egli era ancora un simbolo impor­ tante se non addirittura una vera e propria minaccia . I Romani non avreb­ bero avuto pace finché Annibale fosse stato in vita . Si dice che le sue ul-

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time parole furono: "Liberiamo i Romani dalla loro lunga ansia, visto che non riescono ad aspettare la morte di un vecchio"(B' ) . Quando i soldati ro­ mani entrarono nella villa lo trovarono morto: suicida . Ancora una volta, anche se per l ' ultima, aveva preceduto di un passo i suoi nemici .

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NOTE (')

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J .F. Lazenby, Hannibal 's War (Norman , Oklahoma: University of Oklahoma Press , 1 988) contiene u n a bibliografia aggiornata . J . Peddie, Hannibal 's War (Phoenix Mill: Sutton , 1 997) . L'unica eccezione è in R. M. Sheldon , "Hannibal 's Spies" in lnternational Journal oflntelligence and Counterintelligence l , 3 ( 1 987), pag . 53-70 .

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Dvornik , Origins of lntelligence pag . 54. Erodoto 4 . 1 96 descrive come i Cartaginesi richiamassero la popolazione locale, Africani occidentali , con segnali di fumo, e poi ritornassero alle loro navi , mentre gli indigeni restavano ad esaminare la mercanzia lasciata sulla spiaggia. Dvornik , Origins of lntelligence , pag . 54.

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Strabone 3 .5 . I l . Cicerone , De Le g. 2 .95; De . Off. 1 . 1 50 . Si noti che l ' accusa di perfidia viene dai Ro­ mani che avevano violato i patti di lealtà nei confronti di Messana , che avevano ag­ gredito a tradimento la Sardegna e la Corsica, che con l ' inganno avevano oltraggio­ samente disarmato Cartagine prima della fine della Terza Guerra Punica , e che avevano una pessima fama per come avevano gestito la guerra e le relazioni diplo­ matiche in Spagna . Polibio 1 . 1 9 .6 . Giustino 2 1 .6.5 attribuisce l ' invenzione ad Amilcare Barca, mentre Polinneo 2 .20

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I ' attribuisce a Demarato . Si vedano i commenti di Dvornik, Origins of lntelligence, pag . 57 . Polibio , I .24.5 . Ibidem 1 .57 . 3 nella traduzione di W.R . Paton per Loeb Classica! Library. Si ritiene che alle vittorie navali di Roma in quel conflitto contribuirono in modo de­ terminante l ' ingegneria navale dei Roman i , ed in particolare l ' invenzione del cor­ vus , l ' innovativo dispositivo di abbordaggio: W.L.Rodgers , Greek and Roman Na­ val Warfare (Annapolis: N ava! Institute Press , I 986) , pag . 275-6; H .T. Wallinga, The Boarding Bridge of the Romans (Groningen: J .B . Wolters , 1 956) . Altri esperti affermano che il corvus era più pericoloso per chi Io usava che per il nemico assali­ to, e quindi costituiva più un rischio che un beneficio , perché rendeva la nave insta­ bile in alto mare , condannando i Romani alla sconfitta e a gravi perdite nelle batta­ glie navali che seguivano . C .G . Starr, A History of the Ancient World (Oxford : Oxford University Press , 1 98 3 ), pag . 48 1 . Un esempio di come il comportamento dei Romani potesse alla fine determinare la vittoria è riportato da G. K. Tipps , "The Battle of Ecnomus" , Historia, 34 ( 1 985) , pag . 432-65 . La complicità dei Cartaginesi in questa insurrezione è documentata in Orosio 4 . 1 2 . 1 e i n Zonaras 8 . 1 8 . Poli bio 3 . 1 5 . 1 1 - 1 3 ; Appiano 6 .2 . 1 0 , 7 . 1 .3 . Liv io 22 . 1 9 .6-8 nella traduzione di B .O . Foster per Loeb Classica! Library. Plinio il Vecchio , HN 35 .48 . 1 69 nella traduzione di H . Rackham per Loeb Classica! Library. L'espressione "le torri di vedetta di Annibale" non significa che si tratti di torri costruite dai Cartagines i . Lungo la costa spagnola, come del resto in molti altri luogh i , c 'erano postazioni di osservazione sulle alture ben prima de l i ' arrivo di An-

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nibale . A proposito dell 'identificazione di questi specifici posti di vedetta si legga­ no R .C . Sanchez , "La Segunda Guerra Punica en la Bética" , Habis 6 ( 1 975) , pag . 2 1 5 , cita J . Bernier e J . Fortea, Recintos Yforti.ficaciones ibéricos en la Bética (Sa­ Iamanca, 1 970) . In merito al cosiddetto trattato del l ' Ebro si veda Lazenby, Hannibal 's War, pag . 223. Per quanto riguarda le cause della guerra, si veda invece J. Rich , "The Origins of the Second Punic War" in T. Cornell , B . Rankov e P. Sabi n , The Second Punic War: A Reappraisal (Londra: lnstitute of Ciassical Studies , 1 996) , pag . 1 -37 , in cui si os1 serva che ci sono almeno 33 studi importanti su l i ' argomento. Sul ruolo di Roma , Cartagine e Marsiglia nella questione di Sagunto si legga A .E . Asti n "Saguntum a nd the Origins o f the Second Punic War" , Latomus 2 6 ( 1 967) , pag . 577-96, con bibliografia antecedente. Li v io 2 1 .9 nella traduzione di B .O . Foster per Loeb Classica! Library. A Cartagine c ' era una piccola fazione ostile alla famiglia dei B arca . Questa fazione era contraria alla guerra ed era favorevole alla consegna di Annibale ai Roman i . S i legga i l discorso d i Anno in L iv io 2 1 . 1 0 .4- 1 3 . lbid . 2 1 .2 1 . 1 -2 . E .T. Salmon , "The Strategy of the Second Punic War" G&R 7 ( 1 960) , pag . 1 35 ipo­ tizza che i Romani fossero consapevoli de li' intenzione di Annibale di invadere l ' I­ talia via terra, e sostiene che la loro visione strategica non poteva essere così debo­ le. È innegabile , tuttavia, che non avevano organizzato nessuna misura difensiva in vista di quell ' invasione , e sembra anzi che l ' arrivo di Annibale li avesse precipitati nel panico totale . Essi pensavano che il teatro della guerra sarebbe stato limitato al­ la Spagna ed al Nord Africa, dove appunto era stato inviato il grosso delle forze ar­ mate romane . Polibio 3 .6 1 -62 e Walbank , Commentary, vol . l , pag . 396 . Lazenby, Hannibal 's War, pag . 50 afferma: "Sembrerebbe che i Romani non sapessero nulla di questo piano" . E. Kam , Surprise Attack (Cambridge , MA: Harvard University Press , 1 98 8 ) , pag . 7 evidenzia che nella maggioranza dei casi le vittime di un attacco a sorpresa non ignorano la presenza di un pericolo o l 'esistenza di una minaccia potenziale , ma ten­ dono a credere che quel potenziale attacco sia in realtà improbabile . Anche se i Ro­ mani non escludevano la possibilità di un attacco via terra, comunque , quando esso si verificò essi , si lasciarono cogliere impreparati . Livio 2 1 .23 .4-6. A proposito delle difficoltà logistiche dell' attraversare le Alpi con uomini ed elefanti si legga J .F. Shean "Hannibal 's Mules: The Logistical Limitations of Hannibal 's Arrny and the Battle of Cannae" , Historia , 45 ( 1 996) , pag . 1 67-75 . Livio 2 1 .20 .2-5 . lbid . 2 1 .2 1 . 1 . Poli bio 3 .43 .6; Li v io 2 1 .27 .7 . Polibio 3 .44-45 . Austin e Rankov, Exploratio, pag . 5 3 . L'area comprendeva il territorio degli lnsubri , la cui capitale era Milano , e quello dei Galli Boi, con capitale in Bologna. Annibale si era messo in contatto con queste tribù già prima di iniziare la campagna. Non si sa se gli agenti si divisero per copri­ re tutto il territorio ; comunque , secondo Polibio , fecero ritorno a Cartagena insie­ me . Polibio 3 .34.4-7 .

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A proposito della battaglia sul Ticino si leggano Polibio 3 .65-66 e Walbank , Com­ mentary, vol . l , pag . 399 con bibliografia; Livio 2 1 .46-48; Zonaras 8 .23 ; Appiano , Hann . , 5 ; Lazenby, Hannibal's War, pag . 53-4. I rifornimenti di Annibale migliora­ rono moltissimo dopo questa battaglia; si veda anche Shean , "Hannibal 's Mules" , pag . 1 79 . Secondo Polibio 3 .67 . 1 -7 , 200 cavalieri e 2 .000 fanti celtici disertarono dopo aver decapitato alcuni Romani . I Cenoman i , tuttavia, rimasero fedeli ai Romani ed altre tribù cercarono di mantenersi neutrali . Secondo Polibio 3 .68 .8 i Celti diedero rifor­ nimenti ad Annibale, mentre in 3 .69 .5 lo stesso Polibio racconta che i Celti tra il Trebbia ed il Po si allearono con Annibale , salvo poi andare a negoziare con i Ro­ mani dopo le incursioni del Cartaginese . Poli bio 3 .8 1 .2: "È infatti inutile negare che sia sciocco ed ignorante chiunque pen­ si che per un generale ci sia qualcosa più importante delle idee e del carattere del suo nemico", traduzione di W.R . Patton per Loeb Classica! Library. Si vedano i motivi di Sempronio , P. Scipione e Annibale in Livio 2 1 .48-53 ; Polibio 3 .70-74; Walbank, Commentary, vol . l , pag . 403-4 . B .S . Strauss e J. Ober, The Anatomy of Error. Ancient Military Disasters and their Lessonsfor Mode m Strategists (New York: St. Martin's Press , 1 990) , pag . 1 45 . L'altro console, Gneo Servilio, si portò in posizione di difesa sull' Adriatico , presso Ariminum (Rimini) , per intercettare le forze di Annibale se avessero deciso di scen­ dere verso Sud lungo la costa orientale della Penisola. Alla fine Annibale optò per un' altra strada: Poli bio 3 .77 . 1 . Secondo Livio 22.2 . 1 , invece , in quel periodo Servi­ lio era a Roma, intento a reclutare altri soldati . Walbank, Commentary, vol . l , pag . 4 1 0 , calcola quanti potessero essere i soldati di Roma. Li vi o 22 .7 .2, rifacendosi a Fabius Pictor, cita 1 5 .000 morti , 1 0 .000 dispersi in Etru­ ria e 2 .500 Cartaginesi caduti . Secondo Poli bio 3 .84.7 , i prigionieri furono 1 5 .000 ed Cartaginesi caduti 1 .500 . Si veda anche Lazenby, Hannibal 's War, pag . 67 . Shean , "Hannibal 's Mules" , pag . l 8 1 -2 . Li vi o 22 .23 . Le informazioni sulla proprietà delle terre erano fomite dai disertori di Roma . Probabilmente Coriolano adottò lo stesso stratagemma per creare malanimo fra patrizi e plebei: Livio 2 .39.6. Plutarco, Fabius Maximus , 6; Walbank , Commentary vol . l , pag . 424, ritiene che questo sia un "aneddoto di nessun peso" ; Livio 22 . 1 3 . Li v io 22 . 1 5- 1 7 ; Plutarco, Fabius Maximus 6; Poli bio 3 .93-94; Walbank, Commen­ tary , vol . l , pag . 429-30; Sililius Italicus , Punica 7 .3 1 1 e se g . ; Lazenby, Hannibal 's War, pag . 70. A proposito di questo episodio e di altri fenomeni strani delle imprese di Annibale , si veda A. Dawson , "Hannibal and Chemical Warfare" , CJ 6 3 ( 1 967) , pag . 1 1 7-25 . Si veda Shean , "Hannibal 's Mules" , pag . 1 8 1 -5 i n merito a l bisogno di Annibale di spostarsi per trovare approvvigionamenti per il suo esercito . L iv i o 22 .28 . 1 sostiene che Annibale ricevette informazioni non solo dalle sue spie , ma anche dai disertori . Plutarco si limita a dire "Annibale teneva l ' occhio vigile su tutto" . Fa bio Massimo 1 1 . Livio 22.33 . 1 Polibio 3 . 1 1 1 e seg . ; Livio 22 .47-49 . R .E . Dupuy e T.N . Dupuy, The Encyclopedia of Military History (New York Harper & Row, 1 986) , 2" edizione , pag . 66 , afferma-

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no che questa battaglia ha fornito agli studiosi di storia militare un "simbolo di per­ fezione tattica" . Walbank, Commentary, vol . l , pag . 435-49 .

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Si disse che con gli anelli dei Romani delle classi più abbienti si riempissero tre stai; Li vi o 23 . 1 2 . 1 . Il numero di vittime è riportato da Poli bio 3 . 1 1 7 .4 ; Livio 22 .49 , 22.59 .5 , 60 . 1 4 , 25 .6 . 1 3 ; Eutropio 3 . 1 0; Appiano 7 .4 .25 ; Plutarco, Fabius Maximus 1 6 e Quintiliano 8 .6 .26. A proposito delle incongruenze fra quanto riportato dai va­ ri autori si veda P.A . Brunt, /talian Manpower (Oxford: Clarendon Press 1 97 1 ) , p . 4 1 9; B .O . Foster nel l 'edizione Loeb Classica! Library delle opere di Livio , pag . 362-3; H . Delbriick , History of the Art of War (Westport, CT: Greenwood Press 1 975), vol . l , pag . 325-3 1 ; Lazenby, Hannibal 's War, pag . 84-5 . Arp i , Salapia , Aecae e Herdonea si consegnarono subito dopo la battaglia di Canne . Anche la maggioranza delle tribù sannitiche , con l 'eccezione dei Pentri , affidarono le proprie sorti ad Annibale . Lazenby, Hannibal 's War, pag . 89; Peddie , Hannibal 's War, pag . 1 05-6; A . Goldsworthy, Cannae (Londra: Casse! , 200 1 ) , pag . 1 62-3 . Livio , 23 .24. 1 1 - 1 3 lbid . 22.5 1 .4 , nella traduzione di B .O . Foster per Loeb Classica) Library. Ci sono molti storici che credono che ciò sarebbe stato possibile . Shean "Hannibal 's Mules", pag . 1 59 , 1 84-5 , ritiene che si tratti di una tradizione storica, iniziata forse da Livio stesso . L' ipotesi che Annibale fosse messo in difficoltà dali' ostilità del governo di Cartagi­ ne è da sempre oggetto di controversia. Si veda, a proposito delle due parti contrap­ poste , Peddie , Hannibal 's War , pag . 1 9 1 -2 , "contro" B .D . Hoyos , "Hannibal , What Kind of Genius?" , Greece and Rome , 30,2 ( 1 983) pag . 1 7 1 -80 . Che Annibale abbia sottovalutato l ' importanza delle forze navali? D . Proctor, Han­ nibal 's March on History (Oxford: Clarendon Press , 1 97 1 ) , pag . 49-5 1 e Lazenby, Hannibal 's War, pag . 89; B. Rankov, "The Second Punic War at Sea" , in T.J . Cor­ nel l , B . Rankov e P. Sabin , The Second Punic War. A Reappraisal (Londra: Institu­ te of C!assical Studies, 1 996) , pag . 49-56 . Shean , "Hannibal 's Mules" , pag . 1 66-7 . Secondo Livio 26.9 .6 il messaggero corse da Fregellae a Roma percorrendo circa 60 miglia in un giorno ed una notte . Anche Poli bio 9 .6 . 1 -3 racconta quanto fosse im­ provvisa ed inaspettata la comparsa di Annibale alle porte di Roma; Lazenby, Han­ nibal 's War , pag. 1 22 . Li vi o 27 .27 .3 . Poli bio 8 .24-3 3 , Lazenby, Hannibal 's War, pag. I I I ; Walban k , Commentary, vol . 2 , pag . 1 05-6. Poli bio 7 .9 riferisce i termini dell 'accordo; Walbank , Commentary, vol . 2, pag . 42 e se g . ; Li v io 23 .33 ; Appiano , Mac. 1 . Livio 23.33; Appiano , Mac. 1 .2-3; Zonaras 9 .4 .2-3 ; Lazenby, Hannibal 's War, pag . 1 59 . Plutarco, Fabius Maximus 1 9; Livio 27 . 1 6 . 1 2- 1 6; Polibio 1 0 .3 3 .8 ; Walbank , Commentary, vol . 2, pag . 244-5 ; Lazenby, Hannibal 's War, pag . 1 76 . Li v io 24 .46 .3 il sistema consisteva in segnali con squilli di tromba. lbid . 27 .28; Plutarco, Marcellus 9 .4; Lazenby, Hannibal 's War , pag . 1 79 . Scipione non ebbe mai una carica superiore a quella di curulis aedilis . Gli fu confe­ rito ! ' imperium pro consule mentre era in Spagna come privato cittadino . Norma!-

Le spie di Annibale

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mente tale autorità era riservata ad un console o ad un pretore al termine del loro mandato . Lazenby, Hannibal 's War, pag . 1 32-3 . Poli bio 1 0 .2 e se g . Lazenby, Hannibal 's War, pag . 1 34-6 . H .H . Scullard , Scipio Africanus: Soldier and Politician (lthaca, NY: Comell Uni­ versity Press, 1 970) , pag . 74; Livio 26 .45-47 . Polibio 1 1 .23-24 Lazenby, Hannibal 's War, pag . 1 83 ipotizza che le lettere contenessero informazio­ ni fuorvianti finalizzate a confondere i Roman i . Se ciò fosse vero , i messaggeri non conoscevano il contenuto delle missive o il loro scopo, perché non si sarebbero la­ sciati torturare . Li vi o 27 .43 . 1 -4 ritiene che il messaggio non fosse fuorviante . Alcuni storici romani trovano il comportamento di Scipione sconveniente . Livio 30 .4-6; Polibio 1 4. 1 . 1 3 ; Lazenby, Hannibal 's War, pag . 206-7 . Poli bio 1 5 .5 . 1 - 1 1 ; Livio 30 .29 . 3 ; Appiano , Lib . 3 9 . Poli bio 1 5 .5 .4-7 . Spesso questa storia non viene presa in considerazione perché as­ somiglia troppo a quanto fecero Serse (Erodoto 7 . 1 46 .7) e Lavinio (Dionigi di Ali­ camasso 19 . I l ) che trattavano le spie allo stesso modo . Walbank, Commentary, vol . 2, pag . 450 , fa notare che Scipione avrebbe potuto conoscere quei precedenti , ed aver deciso di adottare una tattica simile . Zonaras 8 .3 .6; Eutropio 2 . 1 1 ; Frontino 4.7 .7 ; Lazenby , Hannibal 's War, pag . 2 1 9 accetta l ' episodio. Li vi o 30 .29 .4 , invece , afferma che le spie catturate informarono dell ' arrivo di Massinissa. B .S . Strauss e J. Ober, The Anatomy ofError. Ancient Military Disasters and their Lessonsfor Modem Strategists (New York: St. Martin ; s Press , 1 990) , pag . 1 33-6 1 . G . de Beer, Hannibal (New York: Vicking Press , 1 969) pag . 1 99 ; E. May, G .P. Stad­ ler e J .F. Votaw, Ancient and Medieval Warfare (Wayne, NJ : Avery Publishing Group, 1 984) , pag . 56; Lazenby, Hannibal 's War, pag . 257 . Lazenby, "Was Maharbal Right?" in Comell , Rankov e Sabin , The Second Punic War. A Reappraisal. Pag .40 . I . Heymont, Combat Intelligence in Modern Warfare , (Harrisburg , PA: Military Service Publishing , 1 960) , pag . 2-3 . Austin e Rankov, Exploratio , pag . 1 3 ; Poli bio 3 .48; Vegezio 3 .6 . Uno studio recente considera: "Dal punto di vista tattico , durante la Seconda Guer­ ra Punica l ' uso dell 'esplorazione fu molto scarso o addirittura nullo fino all ' avven­ to di Scipione l ' Africano , e fino a quando altri comandanti romani cominciarono a trarre insegnamento dalle dolorosissime esperienze inflitte loro da Annibale" . Au­ stin e Rankov, Exploratio, pag . I O . A proposito delle attività delle navi da ricognizione romane e marsigliesi (specula­ torae naves) si veda Livio 3 . 1 0 .6 e 3 . 1 0 . 1 3 ; Austin e Rankov, Exploratio, pag . I O con riferimento a Cesare . Brizzi , / Sistemi, capitolo l , attribuisce questo fatto all ' at­ teggiamento dei Romani nei confronti dello spionaggio in generale, ma la sua inter­ pretazione non trova molto consenso . Si veda la recensione dell'opera di Brizzi da parte di J. Briscoe su Journal of Roman Studies , 73 ( 1 98 3 ), pag . 205 . Polibio 1 0 .32. 1 -6 arriva ad ammettere: "Marcello fu causa della sua stessa disgra­ zia . . . comportandosi non già da generale ma da semplicione" , traduzione di W.R . Paton per Loeb Classica! Library ; il suo commento discorda da quello di Livio 27 .26 .7 e se g. Si leggano anche Valeria Massimo 1 .6-9; Plutarco, Marcellus 29; Ap-

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Guerra segreta nell 'antica Roma

piano, Hannibalic War 50; Austin e Rankov, Exploratio, pag . 63-4; Lazenby, Han­ nibal 's War, pag . 1 78 . Polibio 3 . 1 5 . 1 -2 . Zonaras 9 .8 ; Livio 27 .36 . 1 -2 . Austin e Rankov, Exploratio, pag . 90 . Poli bio 3 3 .8 . 1 -2; Austin e Rankov, Exploratio, pag . 90 . Si ritiene in generale che Annibale considerasse la Spagna come un mezzo per con­ seguire il suo scopo che era la conquista dell' Italia, mentre per il Senato cartagine­ se la Spagna era il vero e proprio fine . Sarebbe dunque questa divergenza strategica - e non già la pura e semplice gelosia nei confronti della famiglia dei Barca - alla base di quella rottura fatale che costò a Cartagine la sconfitta in guerra. Lazenby, Hannibal 's War, pag . 8 8 . B .D. Hoyos , "Hannibal . What Kind of Genius?" , G&R 30 ( 1 98 3 ) , pag . 1 7 1 -80 esprime un' opinione controcorrente , non riscontrando fatti che dimostrino che Annibale ed il suo lavoro venivano sabotati da un governo cartagi­

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nese ostile, attribuisce interamente ad Annibale la responsabilità delle sue scelte strategiche . Livio 30.30 .25 . In 23 .5 . 1 3 racconta che lo stesso Varro cercò di convincere Capua a rimanere fedele a Roma, per evitare che l ' Italia diventasse "una provincia dei Nu­ midi e dei Mori". Si leggano al proposito i commenti di J. Boardman et al . in The Oxford History of the Classica[ World (Oxford: Oxford University Press , 1 986) , pag . 408 . Cfr. nota 6 qui sopra. H .V. Canter, "The Character of Hannibal " , Classica[ lo urna l

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24 ( 1 929) , pag . 564-77 . Livio 39 .5 1 .9 .

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IV

DIPLOMATICI, MERCANTI, MESSAGGERI, CLIENTI, SPIE: "GLI OCCHI E LE ORECCHIE" DEI ROMANI IN ORIENTE

Quando stipulò la pace con Cartagine nel 20 1 a.C . , si sarebbe potuto pensare che Roma fosse pronta per un lungo periodo di pace , senza gran­ di impegni internazionali . Vaste zone dell 'Italia erano state devastate du­ rante la guerra con Annibale , ed ora era necessario riorganizzarle; anche il popolo romano era esausto dopo quel lungo conflitto . Invece , fu pro­ prio in quel momento che il governo di Roma decise di lasciarsi coinvol­ gere in una serie di guerre in Oriente . Combattendo contro Annibale , i Romani avevano imparato molte lezioni , non ultima l ' importanza, sul campo di battaglia , di disporre d ' informazioni tattiche . Scipione stesso sarebbe stato il primo a ricono­ scere d ' esser debitore ad Annibale della tattica che dispiegò nella batta­ glia di Zama. Nel sistema politico di Roma ed in quello militare , tuttavia, non si verificarono cambiamenti organizzati vi che facilitassero la raccol­ ta d ' informazioni . Non fu istituito formalmente un servizio segreto: ep­ pure i Romani balzarono al centro del maelstrom politico del mondo el­ lenistico . Più che mai i Romani avrebbero avuto bisogno d ' informazioni segrete per affrontare le trattative delicate e complesse che i loro contatti avrebbero richiesto . Una lunga serie di conflitti in Oriente avrebbe dato loro l ' opportunità di studiare e di copiare le tattiche spionistiche applica­ te dai re orientali . Stranamente , negli ultimi anni della repubblica, Roma copiò ben poco . I Romani continuarono a ricorrere ai loro mezzi tradizio­ nali di raccolta delle informazioni : inviati , mercanti , alleati . L' intelligen­ ce militare dei Romani consisteva in missioni di ricognizione in campo , in una certa attività di raccolta clandestina, e nei collegamenti con gli eserciti alleati . Tutto ciò veniva integrato da quattro categorie di fonti ci­ vili d ' informazione: i diplomatici , i commercianti , i messaggeri e le spie : gli occhi e le orecchie dei Romani all 'estero . Erano forse soluzioni primi­ tive , ma si trattava di tutto ciò che Roma aveva a disposizione per affron­ tare le esigenze di un nascente impero mondiale .

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I diplomatici

Come Eric h Gruen spiega in modo assai convincente nella sua pode­ rosa opera su Roma ed il mondo ellenistico , i Romani non possedevano nulla di paragonabile ad un corpo diplomatico( � ) . Non incaricavano loro rappresentanti permanenti nei paesi stranieri , e non avevano specialisti d ' affari esteri in patria. Anzi , fino alla fine del secondo secolo avanti Cri­ sto , non stabilirono nemmeno delle forze d ' occupazione in Oriente . Co­ mandanti ed ufficiali facevano i loro viaggi d' ordinanza , ma non si fer­ mavano per costituire una presenza stabile . Il governo non aveva né diplomatici professionisti , né soldati professionisti . Con un sistema del genere non potevano esserci rappresentanze diplomatiche all ' estero che svolgessero una politica estera coerente ed unitaria e che raccogliessero informazioni per il governo di Roma(2) . Mentre i Greci erano abituati alla manovra politica continua e ali ' u­ so della diplomazia come arma, i Romani erano ancora impreparati ai giochi sottili della politica internazionale . La guerra contro Pirro (280 278 a .C .) fu il primo contatto fra Roma ed una potenza orientale , e giovò ad allargare gli orizzonti politici e culturali del l ' Urbe . Nei primi decenni del secondo secolo avanti Cristo i Romani cominciarono a conoscere lo stile di diplomazia del mondo ellenistico , quando gli stati greci cercaro­ no di accaparrarsi l ' aiuto romano per la difesa dei loro interessi , per le lo­ ro politiche e per le loro guerre . Dapprima si avventurarono nella diplo­ mazia greca senza troppa attenzione . Sembrava ignorassero certe regole basilari , come la cortesia di inviare delle contro-ambasciate , cosa che spesso mancarono di fareC) . Non ci sono testimonianze , inoltre , che avessero familiarità con l ' uso diplomatico dello scambio di doni fra capi di stato . Viene spesso citata la storia secondo cui , quando l ' ambasciata romana giunse in Egitto , gli inviati dovettero chiedere una delibera spe­ ciale del Senato per poter accettare un dono dal re Tolomeo Filadelfo(4) . Sembra , infine , che i Romani non sapessero come funzionavano arbitra­ ti e sentenze nelle dispute internazionali(S) . Una delle ragioni per cui la conquista dell' Oriente da parte di Roma nel secondo secolo avanti Cristo corrispose ad un periodo di grande fre­ nesia in politica estera fu che raramente , all 'epoca, i Romani annetteva­ no i territori conquistati(6) . Prima e dopo le grandi vittorie militari , le am­ basciate affluivano numerose a Roma ed il Senato emanava decreti specifici per ciascuno stato estero . Come fonte di informazione o come

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strumento diplomatico , queste ambasciate offrivano materiale di qualità diversa, a seconda della provincia. Quando il Senato era particolarmente interessato ad una questione , si dedicava con grande energia ad istruire le missioni e ad incoraggiare l ' opera degli inviati . Se i politici di maggior ri­ lievo riscontravano che una certa area non era significativa per Roma , i loro inviati venivano sottoposti ad una banale intervista di routine e quin­ di licenziati . I libri che Polibio dedica alle campagne d ' Oriente sono col­ mi di episodi in cui gli inviati greci mentono senza difficoltà al Senato di Roma, segno che il Senato poteva commettere errori a causa della sua di­ sinformazione . L' espansione romana in Oriente presto assunse uno schema ben pre­ ciso . Una certa fazione si rivolgeva a Roma per aiuto , venivano inviate delle ambasciate ed emesso un giudizio . Quando non si riusciva a giun­ gere ad un accordo amichevole , a volte Roma mandava dei soldati , i col­ pevoli venivano puniti , e Roma si ritirava fino ad essere chiamata un ' al­ tra volta a giudicare un' altra diatribaC) . Che fosse efficace o no , queste ambasciate erano lo strumento principale di cui Roma disponeva per ri­ solvere i problemi in terra straniera . Era un metodo rudimentale , ma, se applicato con vigore , serviva bene allo scopo . Il Senato inviava piccole missioni di inchiesta o delegazioni di consiglieri , composte di solito da tre o cinque senatori di diversa esperienza e preparazione ; le missioni viaggiavano per mare e non avevano scorta militare(R) . Questi personag­ gi erano i soli agenti di Roma all 'estero e, decisamente , non erano di stan­ za permanente . Le ambasciate erano missioni temporanee , inviate quan­ do se ne presentava l ' occasione . Partivano per conferire con sovrani i cui inviati avevano già fatto visita a Roma per sollecitare un intervento . A volte , ma più raramente , una missione investigativa partiva per iniziativa diretta del Senato , e non in risposta ad una richiesta esterna. Gli inviati ro­ mani venivano di volta in volta istruiti ad ammonire , consigliare , arbitra­ re dispute , controllare relazioni , o semplicemente a indagare su un certo fatto o "guardarsi intorno" . Quest' attività si svolgeva per lo più alla luce del sole , ma poteva ac­ cadere che una delle parti coinvolte facesse pervenire clandestinamente agli inviati romani qualche notizia in più . Non sappiamo quante persone formassero il seguito degli ambasciatori , e queste probabilmente non avevano altro da fare che gironzolare mentre gli inviati attendevano alle loro faccende diplomatiche . Indubbiamente , coloro che ricevevano que­ sti "diplomatici" non potevano non convincersi che uno degli scopi delle

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loro missioni fosse quello di spiare . Polibio definisce Tiberio Gracco ed altri ispettori inviati in Oriente nel 1 66 a.C . con l ' appellativo di katasko­ poi , che potremmo tradurre come "spie" o "agenti indagatori" . Etichette a parte , tuttavia, queste spie erano piuttosto ingenue e facile oggetto di manipolazione da parte dei loro ospiti . Antioco IV fu così accorto e cor­ tese nei loro confronti che , invece di raccogliere informazioni di concre­ to interesse , tornarono in patria con notizie unanimemente entusiastiche delle intenzioni amichevoli che egli aveva verso di Roma . Polibio giun­ ge alla conclusione che Gracco si era lasciato ingannare dalla calorosa accoglienza di Antioco . In tal caso è giusto dubitare della competenza di­ plomatica e spionistica di Gracco(9) . Lo storico Diodoro conferma che la vera politica di Antioco era diversa da quella che ostentava, e di fatto era profondamente ostile ai Romani( ' 0) . I diplomatici di ogni tipo , fossero Romani inviati presso stati stranie­ ri , o stranieri in missione a Roma , erano comunque sacri ed inviolabili. Maltrattare un diplomatico era cosa sacrilega, una profanazione del ri­ to( ' ' ) . Le multe che i Romani chiedevano per il maltrattamento dei loro inviati erano pesanti . Se uno stato si sentiva spiato dai Roman i , tuttavia, non esitava a prendere contromisure . E , a torto o ragione , i diplomatici romani potevano esser scambiati per spie ovunque andassero . Genthiu s , re dell ' Illiria, mise gli inviati romani i n ceppi accusandoli d i spionaggio; e non mancano altri casi di diplomatici romani sospettati , arrestati e con­ dannati a morte per ragioni di spionaggio . Anche i mercanti erano espo­ sti allo stesso trattamento . Appiano riferisce senza mezzi termini che gli inviati di Roma presso Antioco dicevano di voler riconciliare Antioco stesso con Tolomeo , ma di fatto avevano istruzione di investigare sui pia­ ni del re e controllare il più possibile le sue mosse( ' 2) . I Romani stessi la­ mentavano che la politica internazionale stava degenerando . Si misero a confronto le trattative dei Romani con Perseo nel 1 72 a.C . con la diplo­ mazia romana antica, "onesta" e non ingannevole: chiaro segno di come stesse ammorbidendosi il concetto di moralità della repubblica( '3 ) . Di fat­ to , tuttavia, era la politica internazionale che stava diventando più com­ plessa e sofisticata , e c ' era maggior propensione all ' uso di metodi clan­ destini . Se le ambasciate romane , con la loro struttura elementare , non erano capaci di raccogliere tutte le informazioni che servivano a Roma, è anche vero che il Senato non aveva grandi capacità di analisi . Per dimensioni , struttura, procedure operative , esso non era idoneo a formulare politiche

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di lungo termine , semplici o complesse che fossero , ed ancor meno era idoneo a metterle in pratica in modo mirato , efficace e coerente con una certa continuità temporale( l4) . La stessa lentezza delle comunicazioni scoraggiava i Romani dali' intraprendere lunghe trattative con contropar­ ti lontane: il sistema delle ambasciate è un 'espressione di questa lentez­ za. In certe precise occasioni nel corso dell ' anno , tuttavia, il Senato do­ veva prendere delle decisioni veloci . Per esempio , il mese di febbraio era dedicato ali ' audizione degli ambasciatori stranieri che potevano essere significati vi per l ' assegnazione degli incarichi ai comandanti provincia­ li(l5) . Le limitate risorse militari di Roma potevano essere ripartite in mo­ do ottimale se i senatori potevano conoscere in anticipo com 'era la situa­ zione nelle regioni che venivano a chiedere attenzione . Ambasciate e senatori anziani con esperienza nell' àmbito della politica estera univano le loro competenze per formulare ciò che speravano sarebbero state deci­ sioni sagge . I senatori romani che fungevano da diplomatici non si "specializza­ rono" in questioni ellenistiche , né svilupparono competenze specifiche per la politica orientale( l6) . I Romani avevano una certa avversione nei confronti della specializzazione professionale , e questo valeva anche per la diplomazia. Il Senato di Roma, orgoglioso della sua identità corporati­ va e geloso dei successi individuali , non incoraggiava lo sviluppo di cor­ porazioni di esperti . I senatori non volevano trovarsi con le mani legate e dipendere da un piccolo gruppo titolare di conoscenze specialistiche( l7) . A causa di questa mentalità, la politica romana in Oriente - ed anche al­ trove - mancò spesso di continuità e di metodo . Nel migliore dei casi i Romani raccoglievano "impressioni frammentarie" delle situazioni. La supervisione che i Romani potevano esercitare su queste politiche era li­ mitata dalla fragilità della struttura istituzionale della missione diploma­ tica. Non era una struttura permanente , né capillare , non aveva una base territoriale e nemmeno una rete esecutiva. I Romani continuavano a spe­ rare che , in caso di vera crisi , gli inviati sarebbero stati capaci di dimo­ strare che il Senato faceva sul serio , e di ottenere quindi obbedienza e pronta esecuzione delle politiche romane , senza dover far intervenire le forze armate . Se il Senato ed i suoi inviati lasciavano che gli eventi in una certa area seguissero il loro corso , o intervenivano solo brevemente e in modo superficiale , era un segnale del fatto che il Senato in genere , e so­ prattutto i suoi membri più anziani che avevano facoltà di iniziativa , non attribuivano priorità agli interessi romani in quella specifica regione . In

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effetti , le ambasciate inviate in luoghi di secondaria importanza voleva­ no essere , probabilmente , solo gesti simbolici , da cui non ci si aspettava­ no effetti pratici immediati .

Mercanti

Dopo la conquista dell ' Oriente , le possibilità di raccogliere informa­ zioni segrete presso fonti civili migliorarono sensibilmente . Le terre con­ quistate ben presto brulicarono di mercanti romani , di speculatori fondia­ ri , di esattori fiscali , di agenti dei grandi magnati della finanza romana . Questi personaggi avevano tutto l ' interesse a tenersi aggiornati i n merito alla situazione politica del luogo in cui risiedevano , ed a riferire alle op­ portune autorità provinciali qualsiasi evoluzione minacciosa. In precedenza , i publicani o esattori delle tasse erano stati incaricati del servizio di commissariato per la Seconda Guerra Punica, ed avevano fornito l ' appoggio logistico e l ' organizzazione che avevano permesso la vittoria delle legioni romane( ' H ) . Passati più di cinquant' anni , i publicani si erano trasferiti ad Oriente per raccogliere i tributi dell ' Asia e delle al­ tre province oriental i . Essi avevano anche altri compiti : far fruttare le rendite dei terreni di proprietà dello stato , sfruttare le miniere , riscuotere i diritti portuali . Per quanto i titolari delle società di riscossione avessero sede a Roma o comunque in Italia, impiegavano degli ltalici per gestire le attività localmente , nelle diverse province{ '9) . La classe più numerosa di Italici residenti ali ' estero era quella degli uomini d ' affari o "negotiato­ res"(20) , presenti un po ' ovunque : in Grecia e nelle isole dell ' Egeo , nella parte occidentale deli ' Asia Minore e, sebbene meno numerosi , anche nel Vicino Oriente , in Siria ed in Egitto(21 ) . Iscrizioni ritrovate qua e là testi­ moniano la presenza di Italici nelle terre dell ' impero ellenistico già ali ' i­ nizio ed a metà del terzo secolo avanti Cristo . È evidente che si trattava di uomini d ' affari con interessi precipuamente economici , ma erano anche delle produttive fonti di informazioni . I negotiatores non lavoravano per il governo e non sottostavano ad un controllo ufficiale . La ricchezza generata dal loro lavoro , tuttavia, e la pressione che potevano esercitare sul governo non erano da sottovaluta­ re . Quando Cartagine e Corinto furono distrutte nel l 46 a.C . , i bottini di guerra permisero l ' accumulo di ricchezze ancora più vaste , ed il Mediter­ raneo si aprì più che mai alla navigazione mercantile . I negotiatores ita-

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lici stabilirono le loro sedi nel porto libero di Delo (Cartina n . 1 4) la cui importanza era destinata ad aumentare nei decenni successivi . I senatori cominciarono a riflettere seriamente su come Roma potesse sfruttare al meglio le crescenti opportunità economiche del momento . Era indispen­ sabile disporre di una rete di soci , contatti , succursali che doveva essere messa a punto con grande attenzione e sistematicità per garantire il suc­ cesso degli affari(22) . Ai funzionari romani non sfuggiva il fatto che la stessa rete poteva anche fornire informazioni sullo stato degli affari inter­ nazional i . Un esempio interessante: nelle commedie plautine del secon­ do secolo avanti Cristo , i publicani vengono rappresentati intenti a spia­ re nella corrispondenza di personaggi appena rientrati dali' estero(23) . Abbiamo prove di un gran incremento dell ' attività imprenditoriale e della migrazione di Italici in Oriente(24) . La grande espansione commer­ ciale e bancaria, ed il più intenso traffico privato diretto verso il mondo ellenistico portò davvero a Roma una maggior quantità di informazioni utili perché il senato potesse formulare la sua politica orientale? Questi personaggi formarono mai una lobby ? I senatori romani non decidevano politiche in risposta alle pressioni delle comunità imprenditoriali; al con­ trario , poteva succedere che il Senato si trovasse in confl itto con finanzie­ ri , prestatori di denaro e appaltatori . Ci sono documenti che riferi scono come il Senato prendesse provvedimenti severi contro le pratiche usura­ rie e cercasse di eliminare gli strozzini(25) . Quando , tuttavia, gli impren­ ditori romani o italiani all ' estero o in provincia si organizzavano ed agi­ vano per l ' interesse comune , riuscivano ad influenzare il governo di Roma . In due passaggi Cicerone afferma che Roma più d' una volta sce­ se in guerra per conto dei suoi mercanti e dei suoi navigatori(26) . Proba­ bilmente , però , questa non fu mai la ragione principale dei loro interven­ ti(27) . Il governo romano , in altre parole , non si sarebbe messo in moto solo per difendere degli interessi commerciali , ma una questione come l ' interferenza con le sue rotte di navigazione , a prescindere dalla conco­ mitanza di altri motivi , poteva giustificare un intervento immediato come accadde nel caso dei pirati illirici(28) . I mercanti , se avevano lo status di cittadino romano , a volte presumevano ingenuamente che la loro cittadi­ nanza romana fosse di per sé garanzia di protezione , ed in effetti fu spes­ so così . Nel 240 a .C . , circa 500 mercanti - partiti dall' Italia con riforni­ menti per i mercenari che si erano ribellati perché Cartagine alla fine della Prima Guerra Punica non li aveva pagati - furono catturati ed impri­ gionati dai Cartaginesi . Una missione inviata da Roma negoziò brillante-

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mente il rilascio dei cinquecento in cambio di 3 .000 Cartaginesi tuttora prigionieri di Roma, per il cui riscatto Cartagine non avrebbe avuto risor­ se sufficienti(29) . Questo episodio dimostra che il Senato era a volte di­ sposto a proteggere Romani che avevano attività commerciali all 'estero . Senza addentrarci in una discussione minuziosa dei motivi economici dell ' imperialismo romano , dobbiamo tener presente che negli anni suc­ cessivi alla conquista dell' Oriente la politica estera romana fu sempre più soggetta ali ' influenza delle classi danarose , ma non senatoriali . Gli abitanti delle province , inoltre , sapevano che i mercanti romani potevano servire il loro governo come spie . In epoche precedenti , i Ro­ mani che venivano a comperare grano dalle tribù del l ' Italia meridionale e della Sicilia erano sospettati di spionaggio , e pertanto trattati con gran­ de ostilità dalle popolazioni locali , al punto di sentirsi in pericolo di vita . Racconta Dionigi d' Alicarnasso: ... quelli che erano stati inviati nell ' A gr� Pontino rischiarono di essere messi a morte come spie dai Volsci che davano ascolto alle accuse degli esuli roman i . Riuscirono a salvarsi grazie allo zelante aiuto dei loro amici personali in quella regione , e ritornarono a Roma senza aver fatto nulla. Lo stesso fato toccò a co­ loro che erano stati inviati a Cuma('") .

I Cartaginesi sospettarono sempre che l ' attivi tà dei mercanti romani nel Mediterraneo comprendesse la raccolta di informazioni economiche , con la possibilità di guadagnare in aggiunta anche notizie politiche e mi­ litari . Nei loro trattati con Roma , prima delle guerre Puniche , pertanto , i Cartaginesi cercarono di contrastare , o quanto meno di contenere questo rischio . Racconta Polibio che gli accordi prevedevano clausole per cui una compravendita "dovrà avvenire alla presenza di un araldo o di un no­ taio , ed il prezzo del bene venduto a quella del funzionario sarà garantito al venditore dallo stato se la vendita avverrà in Libia o in Sardegna"(' 1 ) . I mercanti romani non erano ammessi oltre Capo Bello, in Libia . L' inten­ to di questi trattati era , presumibilmente , creare uno strumento economi­ co per disciplinare l ' interscambio internazionale e la navigazione mer­ cantile , ma non è azzardato ritenere che coloro che negoziarono i trattati sapessero bene che i mercanti ed i navigatori avevano buone probabilità di procurarsi informazioni segrete . Il secondo trattato era ancora più esplicito: "nessun Romano . . . potrà commerciare o fondare una città in Libia o in Sardegna, o trattenersi in un porto libico o sardo più a lungo di quanto necessario per procurarsi rifornimenti o riparare la sua nave . Se vi

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sarà portato da fatica o maltempo , dovrà ripartire entro cinque giorni . Nella provincia cartaginese di Sicilia e a Cartagine potrà fare e vendere tutto ciò che è consentito ad un cittadino . Un Cartaginese a Roma potrà fare altrettanto" . La formulazione dell' accordo è interessante perché se ne deduce che i Cartaginesi riuscirono ad impedire che i Romani invias­ sero i loro agenti in certi territori punici , assicurando al tempo stesso agli agenti cartaginesi libero accesso ai mercati romani(32) . Che i commercianti romani residenti , a prescindere dalle loro atti­ vità spionistiche , fossero spesso in pericolo emerge dal racconto di Sal­ lustio sulla Guerra Giugurtina ( 1 1 1 - 1 05 a. C .) . Il ribelle numi dico era sempre pronto a massacrare in modo indiscriminato i mercanti italiani su cui trovava armiC3) . Non sorprende , dunque , che una politica dura nei confronti di Giugurta riscuotesse vasto appoggio popolare , e questo sen­ timento si manifestava chiaramente nell' atteggiamento dei negotiatores in Africa e dei loro amici e sostenitori a Roma . Questo sentimento pub­ blico fu determinante nell 'elezione di Mario al consolato , perché portas­ se a termine la guerra e decidesse una politica romana per la NumidiaC4) . Ad Oriente , le attività commerciali erano la conseguenza immediata del­ l ' occupazione militare . In Grecia, i soldati di servizio nel corpo di spedi­ zione romano avevano già iniziato qualche piccolo commercio mentre erano fermi nei quartieri invernali dopo la Seconda Guerra di Macedonia (200- 1 97 a .C .) e dopo la guerra contro Antioco ( 1 92- 1 89 a .C .)C5) . Negli anni 1 83- 1 82 , gli Achei temevano che i mercanti italiani potessero ven­ dere grano e armi ai loro nemiciC6) . Il coinvolgimento politico e militare nelle faccende dell ' Oriente mise Roma in competizione con potenze che avevano già sviluppato formidabili metodi spionistici . Verso il 90 a .C . troviamo il peggior ne­ mico di Roma in Oriente , Mitridate VI re del Ponto , intento a contrasta­ re con considerevole successo le conquiste romane in Asia. Fedele alle pratiche del Medio Oriente , egli si affidava sia ali ' efficacia delle sue for­ ze armate , sia alla competenza del suo servizio segreto . Possiamo spie­ gare il fatto che egli fosse sempre ben informato della situazione politi­ ca nella capitale romana solo ammettendo che egli avesse agenti nel l ' Urbe stessa e nelle province . Sappiamo , per esempio , che apprese della rivolta di Sartoria dai pirati che battevano il mare al largo della co­ sta della Cilicia e che erano in contatto con luiC7) . M itridate avvicinò Sartoria offrendogli un' alleanza contro il partito al potere in Roma, e ne seguì una vivace corrispondenzaC8) . Nella seconda orazione contro Ver-

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re , Cicerone spiega come funzionava questo scambio epistolare . La sto­ ria riguarda Verre , uno dei più corrotti funzionari che Roma abbia avu­ to , che estorse a Mileto non solo merci preziose e feste costose , ma an­ che una delle loro migliori navi da guerra , requisendola formalmente con il pretesto che serviva per un viaggio ufficiale (Mileto era famosa per la solidità e la velocità delle sue navi) . Quando arrivò a Mindo , inve­ ce di rimandare indietro la nave , Verre ordinò ai marinai di tornare in pa­ tria via terra , e vendette la nave a due informatori incaricati da Mitrida­ te di portare messaggi in SpagnaC9) . Nel suo racconto della guerra tra Roma e Mitridate , Appiano rileva che il re usava spesso segnali di fuoco ed avamposti per trasmettere a di­ stanza informazioni segrete sul movimento delle truppe nemiche(4°) . Nulla meglio dei massacri di mercanti romani o degli altri cittadini ro­ mani entrati in Asia Minore per affari testimonia come Mitridate eserci­ tasse un controllo perfetto sulla sua efficientissima rete di spionaggio . Mitridate sapeva bene che fra i Romani c ' erano discordie continue e che era scoppiata una guerra civile , e poté programmare bene il momento del massacro , essendo a conoscenza non solo delle attività dei mercanti romani nel suo paese , ma anche del l ' antipatia che avevano riscosso presso la popolazione locale . Riuscì a liberarsi in un sol giorno di quel­ la "quinta colonna" che , fingendo amicizia, stava forse inviando infor­ mazioni a Roma per sabotare il suo piano . Appiano descrive gli ordini segreti del re abbastanza dettagliatamente : Mitridate . . . scrisse in segreto a tutti i suoi satrapi e governatori delle città che di lì a trenta giorni avrebbero dovuto assalire tutti i Romani ed ltalici presenti nel­ le loro città , le loro mogli , i loro figli ed i loro liberti italici di nascita . Avrebbe­ ro dovuto ucciderli e lasciare all ' aperto i loro corpi insepolti . . . Minacciò di pu­ nire chi avesse sepolto i morti o nascosto i vivi , e promise premi ai delatori e a chi avesse ucciso le persone che si fossero nascoste . Agli schiavi che avessero tradito ed ucciso il padrone promise la libertà , ai debitori che avessero fatto al­ trettanto con i loro creditori promise la remissione di metà del debito . M itrida­ te inviò questi ordini segreti a tutte le città contemporaneamente . Quando giun­ se il giorno prefissato , in tutta l ' Asia si verificarono orrori di ogni tipoC ' ) .

Nell ' 8 8 a.C . , dunque , molte città dell 'Asia Minore furono teatro di scene terribili . Si parlò di 80 .000 Romani morti , ma probabilmente la ci­ fra è esagerata(42) . Nel 66 a.C . dopo un' annosa guerra in Asia Minore ed alterne vicen­ de , i Romani chiesero che l ' eliminazione di Mitridate venisse affidata a

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Pompeo , nuovo astro del firmamento politico e militare di Roma . Su que­ sto argomento Cicerone pronunciò in Senato la famosa orazione sull ' ele­ zione di Gneo Pompeo , e vi descrisse il massacro con parole che tradisco­ no l ' ammirazione di Roma per l ' efficienza dell' opera di Mitridate e per la preparazione che ne era stata il presupposto . Dovete cancellare l ' onta subita nella Guerra M itridatica, la macchia che si è fis­ sata profondamente ed ha lasciato u n ' i mpronta nel nome dei Roman i , macchia dovuta al fatto che colui che in un solo giorno , con un solo ordine ed una sola lettera marchiò tutti i cittadini romani in tutta l ' Asia, sparsi com ' erano nelle sue numerose città , condannandoli al massacro ed al macello, non solo non ha mai subìto un castigo degno della sua malvagità, ma oggi , passati ventitré anni , è ancora re , e regna e non si contenta di starsene nascosto nel Ponto o nei recessi della Cappadocia, ma cerca di emergere dal suo regno ereditario e d i essere an­ noverato fra i grandi , alla luce del sole del l ' Asia(") .

Quest' orazione è interessante anche perché ci parla della capacità di Roma di procurarsi informazioni a danno di Mitridate . Nel suo capitolo precedente , Cicerone osserva che il massacro di tanti mercanti ed agenti romani non aveva dissuaso altri dall ' avventurarsi in una terra considera­ ta allora favolosamente ricca . I Romani avevano appena riconquistato al­ cune province asiatiche , e subito torme di mercanti , speculatori e pubbli­ cani vi si erano insediati . Costoro raccogl ievano per conto proprio informazioni sulle mosse di Mitridate che in quel momento era alleato del re di Armenia, Tigranes . E poiché ciò favoriva il loro stesso interesse , trovavano i mezzi per far pervenire le notizie anche a Roma . In molte le t­ tere ai loro rappresentanti privati ed ai senatori urgevano affinché fosse­ ro prese misure decise(44) . Cicerone racconta che ogni giorno arrivavano lettere dall' Asia dirette ai suoi buoni amici , i cavalieri romani , che erano preoccupati per i loro beni personali e per le grandi somme che avevano investito negli appalti d ' impostae5) . E prosegue riferendo le notizie tra­ smesse dall ' Asia dagli agenti degli speculatori finanziari romani e dai pubblicani . Tutte queste informazioni arrivavano a Roma per mezzo de­ gli agenti dei publicani stessi o di corrieri privati . In alcune sue lettere personali Cicerone vanta l ' affidabil ità della sua posta privata . Quando si era trovato egli stesso in Asia Minore in qualità di proconsole della Ciii­ eia, aveva raccomandato all ' amico Attico di usare i corrieri privati degli esattori per mandargli le notizie politiche da Roma(46) . Ovviamente , l' ef­ ficienza della trasmissione non è garanzia della qualità dei contenuti , spe-

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cie se le fonti erano i pubblicani , ma non abbiamo modo di sapere come Cicerone - o chiunque altro - valutasse ciò che leggeva. Le lettere che Cicerone inviò agli amici nel periodo in cui si trovava ad amministrare la Cilicia forniscono un chiaro ritratto delle fonti infor­ mative a disposizione dei governatori provinciali . Particolarmente inte­ ressante è la prima lettera del quindicesimo libro , in cui Cicerone avvisa gli amici , i consoli ed il Senato che la Cilicia e la Siria erano in pericolo perché i Parti sembravano pronti ad invadere il territorio romano(47) . Le informazioni segrete più degne di credito erano quelle trasmesse dagli al­ leati di Roma, perché i loro interessi nazionali sarebbero stati messi a re­ pentaglio da un ' invasione di truppe nemiche . Come duecento anni pri­ ma , Roma dipendeva ancora passivamente dalle informazioni fornite , a titolo gratuito e volontario , dai suoi alleati . Nel caso di Cicerone , le fonti erano Antioco , re di Commagene , il distretto neli ' estremo Nord- Est del­ la Siria , e re Deiotaro , il più importante capo delle tribù celtiche che ave­ vano invaso l ' Asia Minore nel terzo secolo avanti Cristo(48) . Il re era sta­ to di prezioso aiuto ai Romani durante le Guerre Mitridatiche , e continuò anche successivamente ad essere uno degli agenti di Roma più produtti­ vi . Dopo la liquidazione di Mitridate da parte di Pompeo nel 66 a.C . , i ser­ vigi di Deiotaro furono ricompensati con concessioni territoriali e con il titolo di re dell' Armenia Minore . Continuò a fornire informazioni , que­ sta volta sui Parti , durante il proconsolato di Cicerone in Cilicia . Le attività di intelligence dei Romani , dunque , soprattutto durante le Guerre Mitridatiche , erano finanziate da cittadini privati che dimostrava­ no di essere , almeno in questo rispetto , ali ' avanguardia rispetto al loro go­ verno . Con i loro mezzi e di loro iniziativa, proteggevano i propri interes­ si personali e quelli dello stato , che non necessariamente coincidevano . A volte lo facevano a rischio della propria vita. È utile osservare che questi cittadini privati - mercanti , finanzieri , coloni - intercedendo spesso pres­ so Roma, cercarono e riuscirono ad indurre il Senato a prendere importan­ ti decisioni politiche . Come appare evidente dall' orazione di Cicerone a favore del comando militare di Pompeo in Asia , si deve alle lettere ed alle informazioni inviate dagli agenti segreti che si erano auto-nominati in Asia Minore se alla fine si decise di mandare Pompeo in Asia, se Mitrida­ te fu sconfitto , e se il potere di Roma poté stabilirsi saldamente in Asia Mi­ nore e di qui espandersi in Armenia, Siria, Palestina ed Egitto .

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Messaggeri

Dopo i diplomatici ed i mercanti , un terzo canale per la trasmissione delle informazione era quello dei messaggeri . Durante tutto il corso del­ la sua storia, la repubblica Romana si servì di tre tipi di messaggeri . Il mezzo di trasporto dipendeva di volta in volta dallo stato sociale della persona che inviava il messaggio . Se un generale in campo voleva far pervenire una notizia di grande importanza al senato , assegnava il com­ pito ad un soldato a cavallo , di solito uno speculator. L' incombenza pote­ va, in alternativa, essere affidata ad un attendente personale del l ' ufficia­ le o ad un suo schiavo , e questo si verificava soprattutto nei momenti più difficili , quando si riteneva opportuno utilizzare corrieri personali per as­ sicurarsi la riservatezza del servizio(49) . I magistrati , a Roma , usavano i tabellarii(511) , che erano liberti o schiavi impiegati come corrieri . Questi non vanno confusi con i tabellarii dei publicani, i cui portalettere eserci­ tavano anche la funzione dei moderni esattoriC ' ) . Questi ultimi spesso portavano la corrispondenza di personaggi importanti e, per ridurre i co­ sti del servizio , accadeva di frequente che alcuni amici s i servissero del­ lo stesso corriereC2) . A volte , i cittadini romani eminenti , quando partiva­ no per l ' estero , autorizzavano una persona di fiducia a Roma ad inoltrare la loro corrispondenza . I magistrati delle province , infine , avevano un servizio speciale , gli statores , incaricati del trasporto delle lettere ufficia­ li con informazioni destinate al Senato ed ai magistrati che si trovavano nella capitaleC3) . Sappiamo pochissimo delle loro funzioni specifiche o di come assolvessero i loro compiti , ma dalle lettere che Cicerone scrive dalla Cilicia si intuisce che essi stavano in viaggio per molto tempo . Un governatore poteva avere a disposizione numerosi statores. In mancanza di un servizio postale o di trasporto organizzato dallo stato , quando dove­ vano percorrere lunghe distanze gli statores erano costretti ad attendere un mezzo di trasporto adeguato , o in alternativa a requisirne uno come potevano . Anche i governatori , del resto , avevano le stesse difficoltà di trasporto quando si recavano nelle loro province o tornavano indietro . I portalettere , fossero essi al servizio dello stato o di un privato , era­ no per lo più schiavi , e nei primi secoli della repubblica il loro lavoro era considerato con un certo disprezzo , come lavoro non dignitoso o addirit­ tura degradante . I membri delle comunità italiche che avevano dato aiuto ad Annibale durante la sua campagna in Italia furono costretti , a titolo di punizione , a servire come corrieri per i magistrati romani che si recavano

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nelle province('4) . Si parla i n particolare dei Bruzi , dei Lucani , dei Picen­ tini di Salerno , in Campania, e si dice esplicitamente che c ' era la volontà di umiliarl i , perché costringerli al servizio di corriere significava degra­ darli rispetto al servizio militare in cui erano prima di ribellarsi(55) . Il ser­ vizio postale sembrerebbe un corollario naturale del sistema stradale ben organizzato che ebbe un ruolo chiave nella conquista dell' Italia. Sembre­ rebbe addirittura implicito che una buona rete stradale non debba essere concepita solo per il transito delle truppe , ma anche per la circolazione delle informazioni più varie e per altri traffici . Eppure , alla fine della Se­ conda Guerra Punica, il mestiere di trasmettere informazioni era valutato così poco che la mansione di tabellarius veniva imposta come condanna. Per ironia della storia, nell ' ultimo secolo della repubblica, aumentò sen­ sibilmente il bisogno di disporre di molti messaggeri per gestire le comu­ nicazioni fra Roma e la Sicilia, ed è interessante osservare che mentre Ro­ ma continuava a sottovalutare questo servizio , Annibale , già un secolo prima , aveva attribuito grande importanza alla sua rete di corrieri . Nel tempo l ' atteggiamento negativo nei confronti dei messaggeri cambiò . Man mano che ci si rese conto del ruolo centrale delle comuni­ cazioni , lo status sociale di questa classe particolare della funzione pub­ blica migliorò . Seppure lentamente , ci si accorse che commissioni di fi­ ducia non potevano essere assegnate a persone ostili o poco accorte . Un buon tabellarius aveva bisogno sia di resistenza fisica, sia di un certo li­ vello di qualità morali ed intellettuali , e quindi , alla fine , questa profes­ sione divenne prerogativa di schiavi o liberti appartenenti a popoli che i Romani stimavano intelligenti : Fenici , Greci , Illirici e Galli('6) . I Roma­ ni si resero progressivamente conto che l ' esito di un ' impresa cruciale , fosse essa politica o militare , poteva spesso dipendere dali ' intelligenza con cui il corriere assolveva la sua missione . La professionalità dei cor­ rieri crebbe , ed abbiamo ragione di credere che indossassero addirittura un ' uniforme('7) . Lo deduciamo da una lettera di Cicerone('8) in cui egli si riferisce ai corrieri con il termine petaseti, corrispondente latino del gre­ co pterophoroi che significa "portatori di piume" , che potrebbe significa­ re che essi indossavano un copricapo piumato identificandosi con il dio Ermes , messaggero degli dei . Un messo capace , in condizioni ottimali , poteva viaggiare a notevo­ le velocità. Da vari riferimenti che troviamo nella corrispondenza di Ci­ cerone , che spesso cita le date in cui le lettere furono scritte e ricevute , de­ duciamo che un tabellarius privato poteva tenere un ritmo medio

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giornaliero di 37-47 miglia (60-75 chilometri )( 59) . I tabellarii di stato e gli statores delle province avevano probabilmente prestazioni simili . Uno dei limiti che rallentava gli spostamenti dei messaggeri di servizio statale era la loro dipendenza dall' antiquato sistema che prevedeva che requisissero i cavalli e gli altri beni loro necessari nelle città che attraversavano . Gli stati assoggettati e gli alleati avevano l ' obbligo di fornire quest' appoggio logistico , mentre i privati cittadini non potevano valersene senza una spe­ ciale autorizzazione . Catone , in una lettera in cui descrive il proprio lavo­ ro di pretore in Sardegna, dichiara di non aver mai autorizzato i suoi ami­ ci a requisire cavalli per scopi personali(60) . L' affermazione implica che la procedura non solo era in uso , ma se ne abusava anche , quando i funzio­ nari della repubblica requisivano cavalli per i viaggi privati o commercia­ li dei loro amici . Per la trasmissione delle informazioni , invece , il sistema era non solo troppo lento , ma anche oneroso per le città e le province ob­ bligate a fornirlo , soprattutto quando i vari amministratori ed i loro soci lo sfruttavano a scopo di lucro personale . Livio racconta le origini di questa pratica, e come l ' impegno fosse sempre più pesante , sia per le province che per gli alleati . Cita come cla­ moroso esempio di abuso il caso del console Postumio che si infuriò con la popolazione di Preneste , città alleata , perché non faceva nulla per faci­ litare una sua visita privata alla città, nel 1 78 a .C . : avrebbe preteso che il magistrato gli andasse incontro , gli organizzasse vitto e alloggio a spese della città , e gli mettesse a disposizione le bestie da soma necessarie al momento della partenza . Sebbene Livio concluda dichiarando che "pri­ ma di questo console , nessuno aveva mai creato simili problemi e spese agli alleati"(6 1 ) , sappiamo che ciò non è vero . Numerose altre fonti indi­ cano che gli alleati erano costretti a finanziare il transito dei magistrati ro­ mani , a fornire loro i beni ed i servizi che essi ritenevano necessari duran­ te il viaggio , e ad assistere i portalettere di passaggio . L' abuso di queste convenzioni aveva già raggiunto una portata notevole quando il Senato decise di attribuire ad alcuni suoi membri il privilegio di legatio libera , ovvero di "ambasceria gratuita" , che consentiva loro di requisire agli al­ leati tutto ciò di cui avevano bisogno per i loro viaggi , ufficiali o privati . Quest' uso repubblicano sarebbe rimasto alla base di abusi maggiori du­ rante l ' impero . Nei negoziati diplomatici in Oriente , il Senato di Roma ebbe molte occasioni per rendersi conto di quanto fosse inadeguata l ' organizzazione dei viaggi . Le ambasciate perdevano tempo prezioso per procurarsi i

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mezzi di trasporto ed i rifornimenti , e spesso arrivavano in grave ritardo . I viaggi , inoltre , erano resi difficoltosi da problemi scontati come il catti­ vo tempo o qualche disastro naturale . Due eventi nel corso della guerra contro Perseo evidenziano quanto potesse essere lenta la comunicazione ufficiale . Nel marzo del 1 68 a.C . il Senato attendeva con ansia il ritorno di una delegazione romana recatasi in Macedonia . Molte cose dipende­ vano dalle informazioni che essa avrebbe riportato . Ma la navigazione di rientro degli inviati fu rallentata da venti di burrasca che li costrinsero a ripiegare su Dyrrachium (Durazzo); e quando finalmente riuscirono ad approdare a Brundisium (Brindisi) , sulla costa sud-orientale dell' Italia, ci misero ben otto giorni per arrivare fino a Roma, ovvero per un viaggio che ne avrebbe normalmente richiesti cinque(62) . Il secondo caso riguar­ da la delegazione ufficiale che recava la notizia della vittoria di Pidna, ri­ portata nel settembre dello stesso anno . Agli inviati ci vollero tre settima­ ne per percorrere la strada dalla Macedonia a Roma: si tenga conto , a titolo di paragone , che la notizia ufficiosa· aveva raggiunto Roma in soli dodici giorni , con una velocità considerata da primato rispetto a quella con cui viaggiavano in media le informazioni(61) . Ancora più straordina­ rio è il fatto che la notizia era giunta in Africa prima che a Roma(64) : ciò ci è noto perché Roma aveva ricevuto la notizia da pochi giorni quando arrivò il figlio di Massinissa, re di Numidia ed alleato di Roma , per reca­ re ai Romani le congratulazioni di suo padre . Massinissa aveva fatto per­ venire la notizia al figlio con un messaggero speciale , che aveva ragg iun­ to il giovane proprio mentre stava imbarcandosi alla volta di Roma . Ancora una volta , i Nordafricani si dimostrarono superiori ai Romani in tema di comunicazioni , ed ancora una volta l ' episodio evidenzia che le ambasciate romane erano troppo lente ed inefficienti come corrieri . Un altro fattore che rallentava i messaggeri romani era la mancanza, lungo le strade , di dispositivi adeguati per agevolare il viaggio . I Romani costruivano le strade pensando alla velocità di movimento dei loro solda­ ti , ma non necessariamente preoccupandosi dei messaggeri , per quanto anch ' essi fossero importanti per l ' amministrazione dello stato e traspor­ tassero informazioni cruciali per la sicurezza delle province(65) . È diffici­ le dare una spiegazione storica al tardivo ed improvviso sviluppo del si­ stema stradale di Roma . È stato fatto un confronto con il ritardo con cui Roma adottò la moneta coniata, all ' inizio del terzo secolo avanti Cristo , e con la costruzione della sua flotta negli anni 26 1 -260 a .C .(66) . Quelle in­ novazioni si verificarono quando l ' improvvisa espansione della potenza

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romana in Italia cominciò a richiedere idee nuove per risolvere proble­ matiche che prima non si erano poste; non deve quindi sorprendere se Roma cominciò a pianificare e a costruire le sue strade in quel periodo . Le guerre d ' Oriente , poi , permisero un impressionante aumento della ric­ chezza pubblica nella prima metà del secondo secolo , che trova riflesso nei programmi degli anni 1 74 e 1 23 a.C . , nonché nel rifacimento della Via Latina e della Via Aurelia . Ma di un sistema di trasmissione delle informazioni lungo quelle strade ancora non si parlava. L' assenza di un sistema postale e di trasporto ai tempi della repubbli­ ca di Roma è un tema che ha lasciato perplessi molti storici . Nella lette­ ratura latina non se ne fa menzione , e quando Svetonio racconta l ' istitu­ zione della posta imperiale da parte di Augusto , ne parla come se si trattasse del lancio di una grande innovazione dell ' amministrazione pub­ blica dell ' Urbe(67) . I vari riferimenti casuali che troviamo nelle lettere di Cicerone evidenziano che a quel tempo i funzionari di stato non avevano a disposizione un servizio postale govemativo(68) . La sola prova del l ' esi­ stenza di una parvenza di servizio postale nel secondo secolo è un ' iscri­ zione in cui la parola tabellarios è abbinata alla parola miliarios , con il si­ gnificato di "pietra miliare" . Lo studioso A .M . Ramsay ritiene che ciò vada interpretato come "messaggero"(69) , e giunge alla conclusione che l ' iscrizione conferma Strabone il quale affermava che le tribù del l ' Italia meridionale erano adibite alla funzione di tabellarii. Il console che ave­ va fatto costruire la strada l ' aveva messa a disposizione anche dei mes­ saggeri che viaggiavano tra la Sicilia e Roma . I tabellarii , comunque , co­ me la strada stessa, rispondevano a esigenze militari . L' interpretazione di Ramsay, tuttavia, è controversa , poiché i tabellarii dell 'iscrizione po­ trebbero essere semplicemente un vecchio tipo di pietra miliare , a forma di tavoletta - tabula - simile alle pietre che si vedono ogni cento metri sulle strade della Francia modemaCI) . Altri hanno interpretato tali pietre come blocchi per aiutare i cavalieri a montare a cavalloC 1 ) . Coloro che costruirono le prime strade non pretesero - né potevano permetterselo di riportare ad ogni miglio un ' iscrizione completa con il loro nome , no­ me della gens e magistratura di appartenenza . Molto probabilmente la pietra miliare registrava solo la distanza in migliaC2) . Le iscrizioni più complesse cui ci si sarebbe abituati in epoche successive entrarono in uso corrente verosimilmente nel secondo secolo avanti Cristo(1-l ) . Di conse­ guenza miliari i e tabellarii non erano altro che le pietre miliari di vecchio e di nuovo tipo . Successivamente , quando tutte le pietre miliari divenne-

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ro tabellarii che riportavano il nome completo e la carica di chi aveva fat­ to realizzare la strada, il termine moderno venne abbandonato e rimase in vigore quello antico, miliarius , a designare tutte le pietre miliariC4) . Poi­ ché quest ' iscrizione è l ' unica prova del l ' esistenza di un sistema postale a Roma, tuttavia, il caso rimane aperto . Studiando più da vicino il sistema romano di raccolta e trasmissione delle informazioni si osserva che , curiosamente , esso ignorava sia la realtà politica sia quella militareC5) . Ancor più curioso può sembrare il fatto che ciò rispondeva probabilmente ad una scelta deliberata. I Roma­ ni istruiti , e soprattutto quelli che avevano viaggiato , non potevano non sapere che altrove nel mondo antico esistevano da tempo servizi postali ed informativi , e che funzionavano beneC6) . Roma aveva semplicemente deciso di non copiare i modelli orientali con strade di proprietà dello sta­ to integrate da una rete di messaggerie , sistemi di trasporto , e controllo della sicurezza del traffico e delle comunicazioni.

Clientelae

Aggiungiamo qualche considerazione su un istituto molto noto e molto controverso delle relazioni fra Roma e gli stranieri : la clientela , il rapporto clientelare . Grandi personaggi della scena romana come Flami­ nino e gli Scipioni patrocinarono singole famiglie o interi stati stranieri . Come politici esecutivi , questi personaggi si valevano dei loro legami personali per promuovere la supremazia di Roma nel Mediterraneo . Il possedere contatti utili conferiva ai nobili romani potere sia nella politi­ ca interna sia in quella estera. Nella sua qualità di patrono , il nobile ave­ va il dovere di facilitare le relazioni diplomatiche fra Roma e lo stato cliente . Quando una missione all ' estero richiedeva un certo tatto politico , era normale che il Senato l ' affidasse ad una persona che avesse molti contatti local i , conoscenza ed esperienza del luogo e quindi risorse per procurarsi le informazioni necessarieC7) . Per quanto questi contatti esteri fossero un canale di informazione , non potevano sostituire la presenza di Romani in loco . Poiché , dopo tutto , erano degli stranieri , c 'era sempre il rischio che anteponessero il proprio interesse a quello di Roma. Flaminino usò la sua auctoritas per controlla­ re i Greci , ma non mancò di protestare quando essi non lo consultaronoC8) . Un altro esempio , anche più drammatico, è dato da Giugurta che sfruttò

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tutte le sue conoscenze a Roma mentre organizzava i suoi piani contro Ro­ ma stessaC9) . Un' attività spionistica, ufficiale o privata, che si affidi a de­ gli stranieri è, a dir poco , fondata su fragili basi . Può funzionare in tempo di pace , ma in tempo di guerra può essere pericolosa. La natura capillare della clientela fu di enorme importanza per la continuità del potere di Roma attraverso generazioni di sperimentazione politica ed amministrativa. Alla fine , però , Roma preferì la forza all ' ami­ cizia . Come disse Emst Badian , i Romani preferirono credere alla forza che non agli effetti di un beneficium(80) . Avere amici all 'estero era utile , ma avere Romani addetti alla raccolta operativa di informazioni militari e civili era molto più sicuro .

Gli occhi e le orecchie di Roma

Prima delle Guerre Puniche , le principali fonti di informazione del Senato erano stati gli stretti legami fra il Senato stesso e le classi domi­ nanti di tutte le città d ' Italia. Quando gli interessi regionali si spostarono , cambiarono anche obiettivi ed esigenze , e Roma cominciò a cercare di ottenere informazioni dagli stati greci , attraverso vari canali . Rendendo­ si presto conto che le informazioni fomite spontaneamente da governi e sovrani stranieri , anche amici , non sempre erano attendibili, il Senato co­ minciò a fare crescente affidamento sui suoi legati e sulle sue missioni, aspettandosi che tornassero in patria in tempo e con notizie utili . I Roma­ ni avevano sempre più bisogno di fonti stabili ed affidabili, e di sviluppa­ re la capacità di analizzare le informazioni e agire di conseguenza. Giun­ se quindi propizia la grande espansione commerciale all 'estero , perché offrì una soluzione , o quanto meno consentì di muovere un passo nella giusta direzione . C ' era a disposizione una ricca gamma di strumenti informativi , ben localizzata e opportunamente diffusa in un gran numero di stati : erano gli imprenditori privati , gli speculatori finanziari , gli espor­ tatori , i mercanti , gli appaltatori d ' imposta . Ancora per un certo tempo la raccolta di informazioni all ' estero ri­ mase un insieme incoerente di attività non coordinate , svolte da fonti di­ sparate . Diplomatici , commercianti , messaggeri , clienti che si dedicava­ no anche allo spionaggio non erano soggetti al controllo di un' autorità centrale a Roma . Per quanto Roma coltivasse queste fonti in momenti ed in luoghi diversi e con scopi diversi , esse rappresentavano l ' intero poten-

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ziale di informazione indipendente di cui Roma poteva disporre ali ' este­ ro . Insieme alle informazioni segrete che comunque affluivano dagli sta­ ti alleati , questi individui pubblici e privati costituivano i servizi segreti di Roma sulla scena internazionale . I modelli orientali di servizi spioni­ stici statali , sviluppatisi n eli ' àmbito di regimi dispotici , erano troppo ra­ dicali , troppo totalitari , troppo estranei alla psicologia romana. Anche se Roma stava per diventare la capitale di un impero , sarebbe rimasta fede­ le a certi ideali repubblicani ancora per generazioni . L' idea di creare un istituto nuovo che desse coerenza a tutte le attività informative si sarebbe profilata appena ai tempi delle prime imprese di Cesare e, successiva­ mente , durante il principato di Ottaviano Augusto .

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Gruen , Hellenistic World. Ibid . pag . 203 e seg . L'ambasciata di Apollonia, dopo il 270 a .C . ; ne parlano Livio , Per. 1 5 , e Zonaras 8 .7 .3 . A proposito dei primi contatti diplomatici di Roma con la Grecia si veda Po­ li bio 2 . 1 2 .7 ; Gruen , Hellenistic World, pag . 437-70 . Dionigi di Alicamasso 20 . 1 4 . l ; Zonaras 8 .6 . I l . Gruen , Hellenistic World, cap . 3, evidenzia bene quanto Roma fosse inesperta in questo campo . Le opinioni degli storici divergono in merito alla riluttanza di Roma di trasformare gli stati orientali sconfitti in province presidiate da una guarnigione romana. Gruen, Hellenistic World, pag . 287 cita Veyne , "Y-a-t-il eu un impérialisme romain?" , pag . 804- 1 7 ; Harris, War and lmperialism , pag . 1 - 1 5 . Gruen , Hellenistic World, pag . 1 26-3 1 . Livio 42.37 . 1 racconta che gli emissari inviati in Grecia dopo la dichiarazione di guerra partirono con una scorta di 200 fanti ciascuno . I legati erano accompagnati da quinqueremes, Livio 44 .29 . 1 e Poli bio 3 3 . 1 1 .6 . Poli bio 30.27 . 1 -2 e 30 .30 .7-8 . Il ritratto di diplomatico un po' na ifche Polibio offre di Gracco è contestato da Walbank, Commentary, vol . 3 , pag . 454 , che dubita che Gracco fosse un sempliciotto ed Antioco machiavellico come sembrerebbero nel te­ sto di Polibio . Diodoro , 3 1 . 1 7 ; 3 1 .2 8 . I Romani ritenevano che il proprio status facesse parte dello jus gentium . T.R .S . Broughton , "Mistreatment of Foreign Le gates and Fetial Priests : Three Roman Ca­ ses" , Phoenix 61 ( 1 987) , pag . 50 . Appiano, Syr. 2 e anche Syr. 9 . Li v io 42 .47 . 1 -9 ; Polibio 1 3 .3 . Il passo potrebbe essere anche espressione dell ' anti­ patia personale di Poli bio per uno degli inviati , Q. Marcio Filippo . Astio , Politics and Policies, pag . 1 5 . Eckstein, Senate and Generai, introduzione , pag . xviii-xx. Sherwin-White , Roman Foreign Policy in the East, pag . 3 Si veda soprattutto Gruen , Hellenistic World, pag . 244-9 . Brizzi riscontra questo problema in l Sistemi, pag . 258-67 , anche se ne fraintende la soluzione , ritenendo che consista in un aumento del numero degli "esperti" . E. Badian , Publicans and Sinners (Ithaca, NY: Cornell University Press , 1 97 2 ) , in particolare le pag . 27-30: mette a confronto la loro organizzazione ai tempi della Se­ conda Guerra Punica con l ' esercito di Alessandro che riuscì a v i ncere un impero con il più rudimentale dei sistemi di approvvigionamento e di comu nicazion e . Per quan­ to riguarda le operazioni segrete di Alessandro si legga D. Engels , "Alexander 's In­ telligence System" , CQ 30 ( 1 980) , pag . 327-40; D . Engels , Alexander the Great and the Logistics of the Macedonian Army (Berkeley, CA: University of California Press, 1 980) , cap . l Erano mancipes (appaltatori) , praedes (mallevadori) e socii (soci degli appaltatori) : Brunt, ltalian Manpower, pag . 209 . Non vanno confusi con i l ceto medio mercanti-

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le di Roma, H . Hill , Roman Middle Class in the Republican Period (Westport, CT: Greenwood Press , 1 974) . In Oriente prima di Augusto non furono fondate colonie, ed i residenti italici erano per lo più prestatori di denaro che acquisivano le loro proprietà precludendo al de­ bitore la cancellazione del l ' ipoteca. Per la differenza di status sociale di negotiato­ res, mercatores etc . si veda J .H . d' Arms , Commerce and Social Standing in Ancient Rome (Cambridge , MA: Harvard University Press , 1 98 1 ) , pag . 1 - 1 1 . J . Hatzfield, Les Trafiquants italiens dans l 'orient héllenique (Paris: E. de Boccard , 1 9 1 9) , pag . 5 1 , 1 42-7 . In Gruen, Hellenistic World, pag . 299-308 le famiglie che avevano interessi all 'estero. Plauto , Trinumus 794 . Si veda soprattutto Gruen , Hellenistic World, pag . 299-305 . Ibid . , "Private Gain and Public Interest" , pag . 299-308 con esempi . Cicerone , Il Verr. 5 . 1 49 , De . Gn . Pompeo 1 1 . Harris , War and /mperialism , pag . I 00- 1 . Polibio 2.8 .2-4; Livio 40 .42 . 1 -5 ; Harris , War and lmperialism , pag . 1 95-7; Gruen , Hellenistic World, pag . 359-62 . Poli bio 1 .83 .7 - 1 1 . Dionigi di Alicarnasso 7 .2 , in parte confermato da Li vi o 2 .34. Polibio 3 .228 , nella traduzione di W.R . Paton per Loeb Classica! Library; Harris, War and lmperialism, pag . 59 Poli bio 3 .24.4; Harris , War and lmperialism, pag . 5 9 . Roma aveva privato Cartagi­ ne di buona parte dei suoi territori . I Romani erano ammessi nella Sicilia cartagine­ se e nella stessa Cartagine solo con permessi specifici . Non si dice nulla di preciso degli altri territori romani . Sallustio, Bello Jugurthino, pag . 26 . Harris , War and lmperialism, pag . 97- 8 . Livio , 33 .29 , 42 .32. Non sappiamo se questi commercianti/militari italiani erano di origine romana o appartenevano alle popolazioni alleate , e del resto ciò non è parti­ colarmente importante. Polibio 23 .9 e 1 2 . Si deduce ciò da un passo di Plutarco, in Sertorius 23 : "I naviganti provenienti da Occidente avevano riempito il regno del Ponto tanto con racconti su di lui (Serto­ rio) , quanto di merci straniere" , nella traduzione inglese di Bernadette Perrin per Loeb Classica! Library. Nemmeno Sertorio era inesperto di spionaggio. Ali ' inizio della sua carriera, mentre era in guerra contro i Teutoni , si era messo a "spiare i nemici"; racconta Plutarco , Sertorius 3: "Vestito con i costumi dei Celti e fatte proprie le espressioni tipiche di quella lingua per poter sostenere un minimo di conversazione , si mescolò fra i Bar­ bari; appreso quanto gli poteva interessare, tornò a riferirlo a Mario" , traduzione in­ glese di Bernadette Perrin per Loeb Classica! Library. Probabilmente era una prati­ ca tanto inusi.Jale fra i Romani che egli ricevette persino un riconoscimento al valore . Cicerone , // Verr. 86-7 .

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Appiano 1 2 .26 .79 . Appiano 1 2 .22 e Cicerone , De lmp . Pompei 7 . Brunt, ltalian Manpower, 224-7 presenta dei dati quantitativ i , ma si astiene dal fa­ re stime . Altri hanno raccontato il massacro: Val . Max . 9 .2 ; Cicerone , De . lmp . Gn . Pompei 3 .7 ; Vel i . Pat. 2 . 1 8 . 1 -2 ; Tacito , Annales , 4 . 1 4; Appiano , Myth , 22-23; Floro 1 .40 .7 ; Cassio Dione frammento 1 0 1 . 1 e 1 09 . 8 ; Eutropio 4 .5 .2; Orosio 6 . 2 .2 e Ago­ stino Civ. Dei . 3 .22. Cicerone , On the Appointment ofGnaeus Pompeius (De Imp . Gn . Pompei) nella traduzione inglese di Yonge per Perseus , cap . 3 , pag . 7 . Dvornik, Origins of Intelligence Services , pag . 7 8 . Cicerone, On the Appointment ofGnaeus Pompeius (De lmp . Gn . Pompei) cap . 3 . Cicerone , Lettere ad Attico , 5 . 1 5 . Cicerone , Lettere dalla Cilicia1, 1 5 . 1 . Cicerone , Lettere agli amici, 1 5 . 1 . A proposito delle lettere recapitate dagli attendenti personali si legga Cicerone , Let­ tere ad Attico 5 .4 . 1 , lettera cons egnata dal suo segretario Tullio. A proposito delle lettere private affidate ai mercanti , invece , si legga Plauto , Miles Gloriosus, 1 3 1 . Livio 45 . 1 .6 racconta di un tabellarius che arriva dalla Macedonia con un dispaccio avvolto in foglie d ' alloro . Cicerone , Lettere ad Attico 5 . 1 5 .3 raccomanda ad Attico di fargl i avere la sua corri­ spondenza per mezzo dei tabellariis publicanorum, cioè per mezzo di fattorini de­ gli esattori delle tasse . Cicerone , Lettere agli amici 1 0 .2 1 , riferisce che Lepido , go­ vernatore della Spagna Superiore e della Spagna Narbonense nel 43 , fece recapitare un' importante missiva a Planco , governatore della Gallia, per mezzo del suo stator. Esempi di tabellarii privati per il trasporto della corrispondenza si trovano in Cice­ rone , Orazioni contro Verre 3 . 1 83 , Cicerone , Lettere agli amici 1 2 . 1 2 . 1 , 1 4 .2 2 , 1 5 . 1 7 .l e Cicerone , Filippiche 2 .77. Bernhard Kiibler, "Statores" , R-E, vol . 3, A. col . 2228-9 . Strabone , Geografia 5 .4 . 1 3 . Aulio Gellio, Notti Attiche 1 0 .3 . 1 9 . J .P.V.D. Balsdon , Romans and Aliens (Londra: Duckworth , 1 979) , pag . 59-7 1 . Dvornik, Origins of lntelligence Services, pag . 73 . Cicerone , Lettere agli amici 1 5 . 1 7 . l , e Plutarco, Otho 4 raccontano che c ' era un flusso continuo di pterophoroi, corrieri veloci, che portavano notizie. Dvornik, Origins of lntelligence Services, pag . 73 . Si veda anche L. Casson , Travel in the Ancient World (Londra: Allen & Unwin , 1 974) , pag . 1 88 . Catone , Frag . II . Livio 42 . 1 . lbid . , 44 . 1 9 .20 . lbid . , 45 . l , 44 .45 .3 . lbid . , 45 . 1 3 . 1 7 . Giuseppe Flavio , BJ 3 .6 .2, a proposito della spedizione di Vespasiano in Galilea nel 67 d .C . , racconta che i genieri del l 'esercito romano dovevano "costruire la strada in modo che fosse piana e rettilinea , e se c 'erano asperità o punti difficili da superare , il terreno doveva essere spianato , e se c ' erano boschi che impedivano il passaggio

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essi dovevano essere abbattuti , perché l 'esercito non trovasse difficoltà e non si stancasse durante la marcia" , dalla traduzione inglese di William Whiston (Filadel­ fia: John Winston & Co . , 1 856) . Si veda anche R .J . Forbes, Ancient Roads (Amster­ dam: North Holland Publishing , 1 964) , pag . 1 22 . T.P. Wiseman , "Roman Republican Road Building" , PBSR 25 ( 1 970) , pag . 1 44 . Svetonio , Div. Aug . 49 . Cicerone , Lettere agli amici 1 1 . 1 9 , 1 0 .2 1 , 2 . 1 7 . A . M . Ramsay, "A Roman Postal Service Under the Republic" , Journal of Roman Studies I O ( 1 920) , pp . 79-86. La pietra con l ' i scrizione proviene dalla strada fra Ca­ pua e Reggio, ed è nota come la pietra miliare di Polilio Lena, console nel 1 32 a.C. Si tratta di una tavoletta in pietra calcarea con un elogium in latino arcaico: CIL 1 2 .638= 1 0 .6950 . R. Chevallier, Roman Roads (Berkeley, CA: University of California Press , 1 976) , pag . 43 . Plutarco, Gaius Gracchus 7 .2 . E.g. CIL 1 0 .6848 , 6857, 6860 . Sono analoghe alle pietre miliari che Plutarco descri­ ve lungo le strade di C. Gracco. Sembra voler intendere che furono introdotte allo­ ra per la prima volta. Plutarco, Gaius Gracchus 7 .2 . Wiseman , "Roman Republican Road Building" , pag . 1 5 1 , soprattutto n . 232. Ibid . A proposito della debolezza del l ' apparato statale di Roma e della generale passività del governo romano si legga A . M . Eckstein , "Two Interpretations of Ceasar" , AlAH 9 ,2 ( 1 984) , pag . 1 43-4, e A . M . Eckstein , Senate and General, pag . xxi i . Il sistema postale dei Persian i , per esempio , è descritto da Senofonte e da Erodoto. Dvornik, Origins of lntelligence Services , pag . 23-3 5 . E. Badian , Foreign Clientelae (Oxford: Clarendon Press , 1 95 8 ) , pag . 1 54-67 . Livio 36.3 1 e seg . E. Badian , Foreign Clientelae, cap . 9, pag . 1 92-5 . Ibid . pag . 1 64.

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GLI ERRORI SI PAGANO A CARO PREZZO : CRASSO ED I PARTI

Le informazioni si raccolgono per consentire ai comandanti di pren­ dere decisioni militari sagge , e quindi vincere le battaglie e le guerre . Se i comandanti non si procurano dati completi e precisi , e non agiscono di conseguenza , si espongono spontaneamente alla propria rovina. Lo sto­ rico greco Poli bio è molto chiaro : un generale davvero esperto e respon­ sabile non si avventura in una regione della quale è pressoché totalmente ignorante , senza essersi prima procurato approfondite informazioni geo­ grafiche , politiche e militari( ' ) . Uno dei problemi più seri d i Roma al tempo della repubblica fu i l ca­ rattere quasi dilettantesco di alcuni comandanti . I Romani non facevano distinzione fra carriera nell ' amministrazione civile e carriera militare . Ogni anno venivano eletti due consoli , e la loro competenza militare di­ pendeva dall ' interesse personale del candidato . A volte eleggevano un comandante che aveva fatto esperienza in campo , ma a volte il neo-eletto non aveva altra esperienza militare che un viaggio all ' estero in veste di le­ gato(2) . Per quanto Li v io nel nono libro dichiari che alcuni generali roma­ ni potevano reggere facilmente il confronto con Alessandro , il comandan­ te romano medio non era un capo innovativo , e nonostante questo poteva trovarsi a guidare campagne militari di vasta portata . Due esempi ben no­ ti , Crasso e Cesare , bastano per capire come la disponibilità di buone informazioni fosse essenziale tanto per il comandante competente quan­ to per quello inesperto , e come , nonostante le loro innate attitudini milita­ ri in campo , potevano trovarsi in gravi difficoltà se arrischiavano una scorciatoia quando si trattava di procurarsi dati affidabili ed adeguati . Non so se ci sia uno storico che nella trattazione dei generali romani affiancherebbe Caio Giulio Cesare a Marco Licinio Crasso: Cesare è fa­ moso per le sue vittorie spettacolari , Crasso per le sue spettacolari scon­ fitte . Eppure , le vicende di entrambi dimostrano quanto sia difficile la po­ sizione di un capo militare quando gli mancano informazioni di qualità . Crasso non era un comandante del tutto incompetente: in fin dei conti

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aveva salvato Roma dal disastro della ribellione guidata da Spartaco, e go­ deva di stima sufficiente per meritare di diventare governatore di Siria(3) . Non era nemmeno diverso da tanti altri generali romani . Ma come tanti al­ tri generali dello stesso tipo tendeva a commettere due gravi errori tattici . Primo , credeva che portando l 'esercito sul campo di battaglia, l 'esercito avrebbe fatto il resto , e che il risultato sarebbe stata la vittoria per Roma. Secondo , cercando la grande vittoria , e la gloria che la doveva accompa­ gnare , sottovalutava il nemico e non si preoccupava di procurarsi i dati e le informazioni che gli avrebbero permesso di misurare meglio le forze e le intenzioni dell' avversario . Come Cesare in Britannia, lasciò che l ' am­ bizione prevalesse sul buon senso . Ma per Crasso l 'errore fu fatale .

I pacifici Parti

Crasso non aveva assolutamente nessun motivo particolare per inva­ dere la Parthia. A quell 'epoca la politica estera dei Parti era sostanzial­ mente pacifica . Fu Roma ad iniziare le ostilità , con gli accordi e le azioni di Pompeo Magno . Pompeo aveva firmato un trattato con Fraate , re dei Parti , che assicurava la neutralità dei Parti nel conflitto fra Roma e Mitri­ date , e forse fissava nel fiume Eufrate la linea di confine fra le aree di in­ fluenza di Roma e dei Parti(4) . Ma man mano che il tempo passava, l ' in­ gerenza politica di Roma si faceva sempre più pesante . Pompeo violò il trattato che lui stesso aveva firmato , occupò le province occidentali della Parthia e cominciò a tramare con dei principi vassalli locali . Quando Fraate rivendicò il rispetto del confine sull ' Eufrate , con tono arrogante e minaccioso Pompeo rispose che avrebbe rispettato la frontiera che pare­ va giusta a lui . I Romani non avevano ancora fatto programmi per un ' in­ vasione su larga scala della Parthia, ma superata la minaccia di Mitrida­ te , Pompeo non vedeva motivo per fare concessioni ai Parti il cui aiuto , ormai , non era più necessario . Si dava il via ad un periodo di guerra fra le due potenze . Aulo Gabinio , proconsole in S iria , diede il suo contributo al deterio­ rarsi delle relazioni appoggiando un ribelle che avanzava pretese sul tro­ no di Parthia. Nel 58 o 57 a.C . re Fraate era stato assassinato dai figli Oro­ de e Mitridate . Poi i due parricidi avevano litigato , e Mitridate si era rifugiato in Siria convincendo Gabinio , governatore romano , ad aiutarlo a riprendersi il trono(S) . Gabinio organizzò una spedizione che giunse fi-

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no all ' Eufrate e qui si fermò perché Tolomeo IX Aulete gli stava offren­ do ancora più denaro in cambio di sostegno nella conquista del trono egi­ ziano . Mitridate rimase per un po ' con i Romani , ma quando capì che non avrebbe ottenuto molto da loro , ritornò in Parthia e preparò una rivolta. Fu sconfitto e giustiziato da Orode II , che nel 55 a.C . era dunque unico so­ vrano della Parthia. Quando Crasso si presentò sulla scena, le relazioni fra i Parti e Roma erano ad un punto morto(6) .

I Romani invadono i Parti

La nomina di Crasso a governatore della Siria continuava, dunque , una linea politica aggressiva nei confronti della Parthia, e preparava il terreno per uno dei peggiori - e meno comprensibili - disastri militari della storia di Roma . Invidioso del prestigio guadagnato da Pompeo in Oriente e da Cesare in Gallia, Crasso infranse l ' accordo di cauta non-bel­ ligeranza con i Parti e, senza cerimonie , invase il loro territorioC) . Era un comportamento abbastanza tipico dei comandanti romani alla fine della repubblica: l ' avidità o la gloria in guerra sembravano loro ragioni suffi­ cienti per intraprendere una campagna in terra straniera . L' attacco ingiu­ stificato contro i Parti non piacque ai Romani(8) , ma nonostante l 'opposi­ zione Crasso ottenne 40 .000 uomini e partì da Roma il 13 novembre del 55 a.C . Plutarco racconta che le maledizioni del tribuno Ezio Capito , ca­ po del partito contrario alla guerra , lo inseguirono fino all 'imbarco , nel porto di Brindisi(9) . Altri terribili segni gli sarebbero giunti prima e du­ rante la campagna( l0) . Prima della spedizione non erano state raccolte molte informazioni preparatorie , ed ora si ignoravano anche i moniti de­ gli dei . Marciando via terra , Crasso arrivò in Siria nell ' aprile o nel mag­ gio del 54, e diede il cambio a Gabinio . Considerata anche la guarnigio­ ne siriana , Crasso si trovava a disporre di un esercito di sette legioni cui andavano ad aggiungersi le forze a cavallo offerte dagli alleati di Roma: Abgaro di Osdroena , il principe arabo Alchaudonio , Artavasde della Grande Armenia. Da costoro , però , veniva un aiuto poco affidabile e di dubbia qualità. Alchaudonio si dichiarò quasi subito amico dei Parti , mentre Abgaro fece il doppio gioco : fingeva di stare dalla parte di Cras­ so , ma andava a fare la spia ai Parti( l ' ) . Crasso , dunque , arrivò con u n esercito ali ' altezza della missione , ma senza solide informazioni strategiche . Sapeva poco della Parthia e il suo

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errore più grave fu di non preoccuparsi di conoscere il nemico . Pensò che i Parti fossero uguali agli Armeni e, fuorviato dalle precedenti vittorie ro­ mane , già pregustava la sua corona d ' alloro . Non si può nemmeno dire che gli sarebbe stato difficile informarsi : Lucullo , Gabinio , Pompeo ave­ vano condotto campagne in Parthia poco tempo prima, e sarebbero stati in grado di fornire dati di ogni tipo sulla topografia della regione , sulla consistenza dei suoi eserciti , sul tipo di armi di cui disponevano , sulle condizioni meteorologiche , ed anche sulla bellicosità della popolazione locale . Ma Crasso ignorò l ' importanza di questi fattori , ed organizzò la sua campagna contro un avversario formidabile senza sapere quasi nulla di lui . Fu solo per gratificare la sua brama di gloria militare che Crasso sfruttò la sua posizione per attaccare quello che Cicerone descrive come il più pacifico dei popoli( i 2) . Un solo cruccio lo angustiava: una vittoria troppo facile poteva sminuire la sua gloria. Dal punto di vista tattico , la situazione era un po ' migliore perché gli ufficiali suoi sottoposti si aggiornavano durante l ' avanzata . Quando le truppe romane attraversarono l ' Eufrate ed entrarono in Mesopotamia, mandarono in avanscoperta degli esploratori a cavallo (prodromoi) a pre­ parare la strada. Trascorsero il primo anno in operazioni di scarso rilievo e dubbia utilità . Per l ' inverno Crasso si acquartierò in Siria ed attese d ' es­ ser raggiunto dal figlio che era stato in Gallia con Cesare . Plutarco lo cri­ tica perché non faceva regolari chiamate all ' appello e non organizzava gare d ' atletica per i suoi uomini( 13) . Avrebbe dovuto dare priorità alla rac­ colta di informazioni sulla forza dei Parti , sui loro schieramenti e le loro armi: invece si preoccupò soltanto del danaro che poteva ricavare dalle varie città, e trascurò la disciplina. La sola resistenza che i Romani incontrarono fu quella del satrapo parto Silace , ma anche le sue schiere cedettero quando il loro comandan­ te fu ferito . Le città greche della Siria , compresa Nicephorium , passaro­ no dalla parte dei Romani , mentre Silace si rifugiò da Orode , re dei Parti , per raccontargli come si era svolto il primo scontro con i Roman i . Le for­ ze parti che disponibili in quel momento non erano sufficienti per resiste­ re più a lungo . Crasso , però , non cavalcò il suo successo iniziale e , man­ cando di cogl iere l ' attimo propizio , non inseguì fino in fondo il suo obiettivo che era Seleucia sul Tigri . Decise anche di non svernare in una posizione più avanzata , che gli avrebbe permesso di controllare la situa­ zione intorno a sé , ma ritornò ai suoi quartieri invernali in S iria( l4) . Al tempo della prima campagna di Crasso , Orode era ancora in lite con il fra-

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tello Mitridate per il trono del padre che avevano ucciso , e Crasso avreb­ be avuto buon gioco ad approfittare del conflitto fra i due fratelli . Invece si ritirò per l ' inverno , lasciando ad Orode le risorse per liberarsi di Mitri­ date e il tempo per prepararsi ad affrontare i Romani( l 5) . I Parti , nel frattempo , osservavano i movimenti dei Romani con at­ tenzione . Orode sembrava aggiornato su ciò che accadeva sulla scena po­ litica di Roma, e pare che avesse motivo di credere che Crasso gli stava facendo guerra di sua iniziativa personale . Non possiamo essere d ' accor­ do con Diane quando afferma che i Parti non si aspettavano un attacco da parte di Roma( l6) . Orode sapeva cosa stava succedendo , ma fin tanto che il suo trono era incerto , a meno di un' emergenza , era stato riluttante a ra­ dunare i nobili perché temeva che , insieme , volessero cospirare per desti­ tuirlo. Crasso aveva incontrato scarsa resistenza solo perché i Parti ave­ vano un esercito permanente di piccole dimensioni , e ci voleva loro un po' di tempo per mobilitare le riserve . Quando Crasso sospese l ' azione e tornò in Siria per l ' inverno , Orode mandò due generali a disturbare le guarnigioni di Crasso nei villaggi che i Romani avevano appena occupa­ to , e da parte sua continuò i preparativi per le battaglie che ci sarebbero state . Inviati di Orode fecero visita a Crasso in Siria probabilmente all ' in i­ zio della primavera del 53 a.C .( 17): volevano sapere il perché di quell' in­ vasione ingiustificata . Se la guerra era stata dichiarata senza il consenso del popolo romano (come essi avevano saputo dalle loro spie) , i Parti sa­ rebbero stati clementi ed avrebbero graziato l ' anziano Crasso . Se invece l ' attacco era stato formalmente autorizzato , allora la guerra sarebbe an­ data avanti senza tregua né trattati . Se il contenuto del messaggio di Oro­ de a Crasso ci è stato tramandato correttamente , esso conferma che i Par­ ti avevano degli informatori attraverso i quali seguivano ciò che accadeva a Roma( '8) . Senza fonti , di qualunque tipo , nella capitale stra­ niera , i Parti non avrebbero potuto infatti porsi il dubbio se la campagna di Crasso aveva i crismi dell' ufficialità o era, invece , un' impresa privata come tante altre avventure militari del tempo . È interessante costatare che Orode dà l ' impressione di esser abbastanza convinto che si tratti di quest' ultima tipologia, ma si astenga dal dirlo in modo categorico e pre­ ferisca porre la questione in forma di domanda a Crasso . Se ipotizziamo che i Parti non si convinsero in modo definitivo che la spedizione di Cras­ so era una faccenda privata , forse alla radice del loro dubbio era il fatto che le fonti di cui disponevano a Roma non erano in posizione sufficien-

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temente buona da garantirsi accesso illimitato a tutte le informazioni di rilievo . Se invece l ' offerta condizionata di Orode voleva aprire a Crasso una via d ' uscita diplomatica e permettere ai Parti di perseguire una poli­ tica di contenimento , l ' iniziativa fallì(l9) . La proposta fece infuriare Cras­ so . Disse che avrebbe risposto ad Orode a Seleucia, quando i Romani avrebbero conquistato la capitale dei Parti : al che uno degli inviati di Orode , Vagise , alzò la mano ed indicando il palmo disse : "Cresceranno i peli su questo palmo prima che tu possa vedere Seleucia"(2°) . Crasso commise tm altro errore quando rifiutò di dar ascolto a re Ar­ tavasde , che era venuto in suo aiuto con 6 .000 uomini e lo esortava ad in­ vadere la Parthia passando dall ' Armenia (Cartina n. 1 5)(2 1 ) . Crasso de­ clinò l ' invito spiegando che aveva già stabilito delle guarnigioni nelle regioni conquistate l ' estate precedente , e scegliendo una rotta d' invasio­ ne diversa avrebbe dovuto lasciare indietro parte dei suoi uomini . Non poteva che seguire l ' itinerario deciso originariamente . L' offerta di Arta­ vasde era saggia , perché il territorio montuoso dell ' Armenia avrebbe si­ curamente frustrato ogni tentativo di controffensiva della cavalleria par­ tica. Del resto , accettare la proposta di Artavasde avrebbe vincolato Crasso ad una rotta attraverso terre più lontane , incuneando un alleato in­ certo fra lui e la sua base . La decisione costò a Crasso l ' aiuto di Artava­ sde che , vedendo rifiutati i suoi consigli , se ne andò . Probabilmente Cras­ so contava che Artavasde avrebbe assolto comunque i suoi impegni di alleato di Roma , e di sicuro lo pensava Orode che continuò ad organizza­ re le sue forze su entrambi i fronti . Anzi , decise di condurre personalmen­ te l ' offensiva sul fronte armeno , lasciando il suo generale Surena a difen­ dere la Mesopotamia contro Crasso(22) . Crasso attraversò l ' Eufrate a Zeugma e lanciò la sua offensiva prin­ cipale con un esercito di 42 .000 uomini , di cui 4 .000 cavalieri ed altret­ tanti fanti con armi leggere . Di fronte aveva Surena, l ' uomo più impor­ tante di Parthia dopo il re , personaggio di grandi ricchezze e vasto seguito , servito da un esercito personale di cavalieri con armatura di fer­ ro - i cosiddetti cataphracti - e di cavalleggeri per un totale di l O .000 uo­ mini(23) . Poiché gli arcieri potevano portare con sé un numero limitato di frecce , Surena aveva organizzato un convoglio di cammelli per traspor­ tare una riserva enorme di dardi(24) , e qui si capisce su quale aspetto , pri­ ma di Carra , il mondo occidentale aveva sottovalutato tanto grossolana­ mente il potenziale delle armi e della tattica dei Parti . In Occidente , gli arcieri a cavallo non contavano molto , anche se a volte si ricorreva agl i

Gli errori si pagano a caro prezzo: Crasso ed i Parti

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Cartina n . l5 - Armenia e Parthia.

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arcieri cretesi mercenari . Storici romani come Giustino riferiscono che i Parti non erano in grado di combattere battaglie di lungo respiro , e fino al­ la battaglia di Carra , in effetti , i Romani continuarono a credere che i Par­ ti avrebbero esaurito rapidamente la loro scorta di frecce(25) . Ciò farebbe pensare che gli ufficiali romani non avessero idea del sistema di riforni­ mento di S urena , o che , sapendo la verità , avessero taciuto per non avvi­ lire il morale dei loro soldati . Se è vero che il comando romano ignorava le potenzialità dei Parti , fu decisamente una grave carenza del sistema informativo , tanto più imperdonabile in quanto le informazioni erano fa­ cilmente reperibil i . Mentre l ' esercito di Crasso svernava in Siria, infatti , dei testimoni erano fuggiti dalle città in cui erano state insediate le guar­ nigioni durante la prima campagna di Mesopotamia , nel 54 a .C . , ed ave­ vano descritto la superiorità degli arcieri a cavallo dei Parti . Cassio ed al­ tri ufficiali avevano cercato di convincere Crasso a rivedere l ' intero progetto(26) , ma Crasso non aveva dato loro ascolto . Poiché non tenne conto nemmeno delle caratteristiche del terreno desertico e del clima , si può concludere che in termini di intelligence il fallimento fu totale . I Romani non trascuravano le missioni di ricognizione . Saggiamen­ te , Cassio propose che l 'esercito romano sostasse in uno dei villaggi di guarnigione , mentre degli esploratori andavano in perlustrazione a rac­ cogliere informazioni sul l ' entità delle forze nemiche . Gli esploratori tro­ varono una pista che si allontanava dal fiume verso Est , e ciò venne inter­ pretato come indicazione che il nemico era fuggito . Cras so doveva decidere se seguire la rotta prevista in origine , o tagliare bruscamente at­ traverso il paese all ' inseguimento dei Parti che si presumevano in fuga . Tramanda Plutarco che mentre Crasso rifletteva come muoversi, Abgaro di Osdroena giunse a portargli la notizia che i Parti si stavano ritirando con tutte le loro masserizie ed avevano , per giunta , lasciato solo due uffi­ ciali subordinati a coprire la loro fuga. Ansioso di dare la caccia a quello che credeva un nemico in fuga, Crasso accettò l ' offerta di Abgaro di gui­ dare l ' esercito di Roma . Senza verificare ciò che gli veniva raccontato , Crasso lasciò che l ' entusiasmo ottenebrasse la sua capacità di giudizio , e si mise subito in marcia attraverso la Mesopotamia . Gli storici romani etichettano Abgaro come traditore , perché con l ' inganno indusse Crasso ad abbandonare la sua rotta sicura lungo il fiume , e lo portò nel deserto dove le truppe sarebbero state disorientate e quindi vulnerabili all ' attac­ co della cavalleria. Con il pretesto di andare a spiare i Parti , sembra che Abgaro abbia incontrato Surena informandolo dei movimenti dei Roma-

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ni(27) . Certo è che quando ebbe condotto i Romani nelle immediate vici­ nanze del grosso dell'esercito partico e la battaglia fu imminente , egli trovò una scusa per allontanarsi . S e Abgaro fornì deliberatamente informa_?:ioni sbagliate , i l suo truc­ co riuscì , ma non possiamo esser certi che egli fosse un traditore(28) . In realtà , forse egli semplicemente guidò i Romani lungo un ' antica pista araba, una tipica pista per carovane di mercanti , disseminata di oasi e pic­ coli insediamenti dove i carovanieri trovavano i rifornimenti per sé ed i · loro cammelli . Questa via, in particolare , aveva un tratto desertico e ci volevano un giorno e mezzo per arrivare al fiume Belikh(29) . I soldati pro­ testavano per la dura marcia cui erano costretti e Abgaro rispondeva con giustificato sarcasmo: "Credevate di marciare attraverso la Campania, con le sue fontane , i suoi ruscell i , le sue fronde , i suoi bagni . . . e le sue ta­ verne? Questo è il confine fra l ' Assiria e l ' Arabia ! "C0) . Le truppe , stan­ che , assetate ed affamate , arrivarono al fiume Belikh poco sotto Carra il 6 maggio 53 a .C .C 1 ) . A Carra gli esploratori informarono Crasso che Su­ rena era vicino: avevano visto le tracce di molti cavalli che si allontana­ vano dai Romani , ma non avevano incontrato soldati(32) . Cassio e gli uf­ ficiali subordinati consigliarono Crasso di costruire un accampamento fortificato da cui continuare a fare , in sicurezza, delle sortite di ricogni­ zione , oppure di proseguire la marcia lungo il Belikh verso Seleucia, sfruttando il fiume stesso per proteggere il fianco destro dell 'esercito e per garantirsi la possibilità di approvvigionamento via acquaC') . Crasso rifiutò . Volle avanzare quasi immediatamente , senza lasciare ai suoi uo­ mini il tempo di sfamarsi e dissetarsi , nemmeno stando schierati . Si era messo in marcia verso Sud quando arrivarono gli esploratori ad avvisare che i Parti si stavano avvicinando . La cavalleria alleata disertò subito . Crasso avrebbe dovuto trovare una posizione svantaggiosa per il ne­ mico , in cui intrappolare i Parti e costringerli a combattere . Non sappia­ mo se egli se ne rese conto . Sembra che egli abbia creduto che potesse es­ sere sufficiente(34) un ' operazione di inseguimento e uccisione del nemico , secondo gli schemi convenzionali di battaglia dei Romani . Or­ mai aveva scovato i Parti , doveva solo sconfigger! i .

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La battaglia di Carra

Mentre i Parti si avvicinavano , i primi Romani si prepararono ad avanzare verso la battaglia su una lunga linea, ma poi passarono ad una formazione quadrata . Potenza e dimensione dell' esercito partico erano un' incognita . Il corpo principale era nascosto dietro l ' avanguardia, ed i catafratti avevano celato la loro armatura sotto delle pelli(35) . Ad un certo segnale si liberarono di quella copertura mimetica e, mentre il sole si ri­ verberava sui loro elmetti di acciaio "margiano" , andarono all ' attacco contro i Romani(36) . Crasso fu circondato quasi subito , ed a quel punto non ci volle molto ai Romani per capire quale danno gli arcieri parti era­ no in grado di infliggere . I loro archi avevano una gittata più lunga di quelli in dotazione ai Romani, e le loro frecce avevano maggior penetra­ zione e riuscivano a passare oltre l ' armatura dei nemici(l7) . La formazio­ ne compatta dei Romani , inoltre , li rendeva particolarmente vulnerabili allo sbarramento di frecce dei Parti , ed un contrattacco non aveva senso in quanto i Parti semplicemente si ritiravano continuando a lanciare , da cavallo , il loro famoso "colpo partico" ali ' indietro . Un secondo inganno dei Parti era destinato a causare ai Romani un altro disastro . Crasso aveva ordinato al figlio Publio di condurre la carica mentre il nemico stava attaccando e cercando di accerchiare l ' ala guida­ ta da Publio per prenderlo alle spalle . Publio caricò , ed i Parti finsero una ritirata , ma era uno stratagemma per indurre il giovane Crasso ad inse­ guirli e ad allontanarsi dal corpo principale dell' esercito romano . Quan­ do Publio fu sufficientemente lontano , i Parti si volsero verso di lui e lo circondarono . Quasi tutto il suo esercito fu sterminato ; ai pochi soldati sopravvissuti rimase solo la resa. La maggioranza degli ufficiali chiese la morte al proprio porta-scudo , altri si suicidarono . I Parti decapitarono Publio , e, infilata la sua testa su una lancia, ripartirono ali ' attacco . Nono­ stante'le gravi perdite dovute alla pioggia di frecce , la formazione roma­ na resistette finché la sera portò un momento di calma. Passato il momen­ to di massima tensione , Crasso crollò , e furono i suoi luogotenenti Ottavi o e Cassio a dover dare l ' ordine di ritirata . L' esercito cercò di fug­ gire in silenzio , ma i Parti furono messi in allarme dalle grida di lamento dei 4 .000 Romani che giacevano feriti e si rendevano conto che sarebbe­ ro stati abbandonati . I Parti non erano molto abituati al combattimento notturno , e quindi non ostacolarono la ritirata di Crasso . Ali ' alba la mag­ gioranza dei sopravvissuti si era rinchiusa dentro le mura di Carra . I Par-

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ti trascorsero la giornata a catturare ed uccidere i Romani feriti o sbanda­ ti , comprese le quattro coorti del legato Vargunteio che erano rimaste se­ parate dal corpo principalee8) . Quando le spie dei Parti ebbero la certezza che Crasso ed i suoi uffi­ ciali si trovavano all ' interno di C arra , parte dell' esercito p artico circondò la città . Il luogo non poteva offrire ai Romani grande protezione o sicu­ rezza: non c ' erano possibilità di rifornimento locale , ed in Siria non c ' e­ rano più soldati romani che potessero venire in soccorso . Durante la not­ te Crasso si ritirò verso Sinnaca, una città sulle colline pedemontane dell ' Armenia, contando di sottrarre quel che restava del suo esercito alla cavalleria partica. Ancora una volta il controspionaggio romano commi­ se un errore , e Crasso scelse come guida una spia partica di nome An dro� macoe9) . Durante la notte Andromaco guidò i Romani avanti e indietro fra le colline , con lo scopo di stancare gli uomini , rallentame la marcia e perdere tempo , in modo che all ' alba i Parti potessero raggiungerli . I Par­ ti furono generosi nel compensare il suo lavoro . Il tema della guida che inganna deliberatamente e subdolamente il comandante romano è una scusa usata di frequente per giustificare un disastro militare . C ' è , tuttavia", motivo di domandarsi perché mai i Romani continuassero ad affidarsi al­ le guide locali, e sembrassero sempre privi di informazioni geografiche adeguate prima di impegnarsi nella conquista di terre straniere(40) . Otta­ vio , luogotenente di Crasso , ebbe un servizio migliore dalle sue guide , e riuscì a portare i suoi 5 .000 uomini in salvo a Sinnaca dove si fermò ad at­ tendere Crasso. Quando Crasso finalmente apparve in cima ad una colli­ na con solo quattro coorti e circondato dai nemici , Ottavio sortì in aiuto . Surena voleva catturare Crasso vivo e temeva che i Romani potesse­ ro ancora fuggire , visto che la notte stava scendendo e che le colline era­ no vicine ; propose quindi di discutere una tregua e una linea d ' azione si­ cura . Innanzi tutto preparò il terreno con dati fuorvianti . Lasciò liberi alcuni prigionieri romani a cui aveva deliberatamente dato la possibilità di sentire una conversazione in cui si parlava di clemenza per Crasso e desiderio di pace . I Parti smisero di combattere , e Surena salì sulla colli :. na per offrire a Crasso un transito sicuro ed un trattato di pace . Crasso so­ spettò l ' inganno , per quanto gli studiosi abbiano a lungo dibattuto sulla possibile sincerità dell ' offerta dei Partj(41 ) . In ogni caso , Crasso accettò le condizioni di Surena . I due comandanti si incontrarono , ed ognuno era accompagnato da un ugual numero di uomini . Poiché i Parti erano arri va­ ti a cavallo , ed i Romani a piedi , Surena ordinò un cavallo per Crasso , af-

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fermando che il trattato doveva essere firmato sulla frontiera segnata dal­ l ' Eufrate . Ottavio ed alcuni altri ufficiali che avevano seguito Crasso , quando videro il cavallo temettero che i Parti intendessero rapirlo . Ci fu un tafferuglio durante il quale tutti i Romani furono colpiti , e nella con­ fusione fu ucciso anche Crasso . Nessuno potrà mai dire con certezza co­ me davvero morì . È incontestabile che la battaglia di Carra fu una delle sconfitte più umilianti subite dall ' esercito romano in tutta la sua storia. Dei 44 .000 uo­ mini di Crasso , solo 1 0 .000 tornarono in Siria, altri 1 0 .000 furono fatti prigionieri e trasferiti a Marginia (Merv) , a proteggere la frontiera della Parthia. Gli altri 24 .000 perironoe2) . Si racconta che Surena organizzò a Seleucia un trionfo-farsa , nel quale un prigioniero romano di nome C . Pacciano , che assomigliava molto a Crasso , fu travestito da donna e salu­ tato come Imperator per derisione . La testa e la mano destra di Crasso fu­ rono recise e mandate ad Orode , mentre il resto del corpo fu lasciato in­ sepoltoe3) . Come insulto finale , dell ' oro fuso fu fatto colare nella gola del morto , a simboleggiare il fatto che la sete di ricchezze era stata causa di una grande rovina(44) . Le cause della sconfitta dipesero più da Crasso che da Cassio o dagli altri alti ufficiali . Crasso era un generale romano abbastanza tipico della sua epoca. Era sufficientemente coraggioso , ostinato , normalmente com­ petente , e convenzionale . Credeva che se il comandante portava le legio­ ni davanti al nemico , le legioni avrebbero saputo fare il resto . Ebbe la sfortuna di incontrare , quando era già avanti negli anni , un comandante nemico che possedeva la capacità di visione che a lui mancava. Invec­ chiando , voleva far meglio dei suoi concorrenti più giovan i , e commise così una serie di errori militari proprio nel momento in cui meno poteva permetterselie5) . Non essendosi procurato dati su cui fondare le sue decisioni , Crasso non aveva idea di ciò che avrebbe potuto trovare sul campo . Quando fu di fronte al nemico , era già troppo tardi . Avrebbe avuto la possibilità di rac­ cogliere ed analizzare un patrimonio di informazioni ben più ampio di quelle che evidentemente prese in considerazione ; quanto meno avrebbe potuto consultare i suoi ufficiali per verificare cosa sapevano loro . Si po­ trebbe obiettare che l ' omissione più grave , in termini di informazione , fu quella di non aver saputo valersi degli strumenti che pure erano disponi­ bili. Per esempio c ' erano moltissimi Greci che conoscevano bene il terri­ torio , ma Crasso ignorò totalmente quelle fonti preziose . Crasso , suo fi-

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glio Publio e più di metà del suo esercito caddero sulle sabbie della Parthia, vittime non tanto degli arcieri e dei carnefici partici , quanto del­ l ' incontrollata ambizione ed avidità di Crasso , e della sua fretta . Delle informazioni ben organizzate cosa avrebbero potuto insegnar­ gli? Che i Parti , primo popolo della storia conosciuta, avevano messo a punto un esercito addestrato per un servizio professionale , attrezzato con armi di lunga gittata, e capace di portarsi appresso una gran quantità di munizioni in caso di combattimenti prolungati . Anche questo , tuttavia, non sarebbe stato sufficiente per sconfiggere i Romani. Si considera l ' ab­ binamento di cavalleria pesante e arcieri a cavallo una tappa rivoluziona­ ria della guerra antica, e si è spesso ritenuto che sia stato proprio l ' insieme di questi due elementi a sancire la sconfitta di Crasso . In realtà, il mito del­ la superiorità dell 'esercito dei Parti nacque a Carrae6) . La disfatta non era inevitabile . L' esercito romano rifugiatosi a Carra era ancora tre volte più grande di quello partico . Se i Romani avessero usato le loro risorse di ri­ cognizione e non si fossero lasciati ingannare dai Parti , avrebbero potuto avere la meglio . Lo storico W.W. Tam crede addirittura che nemmeno Ce­ sare , se si fosse trovato al posto di Crasso con una cavalleria non più nu­ merosa di quella, avrebbe avuto grandi speranzee7) . I Parti , comunque , non erano superiori né per numero né per virtù militare , ed altri coman­ danti romani , più tardi , trovarono modo di sconfiggerli . A Carra, sempli­ cemente , i Parti sapevano cosa aspettarsi ed astutamente attirarono i Ro­ mani in posizioni sfavorevoli. Informazioni affidabili , sorpresa e velocità diedero ai Parti vantaggio rispetto ad un esercito enormemente più vasto . Anche le armi a lunga gittata e la disponibilità di munizioni , del re­ sto , non furono davvero una rivoluzione dell' antico modo di guerreggia­ re . L' anno successivo Surena fu giustiziato e la sua organizzazione si sbandò . I Romani misero a punto le loro armi a lunga gittata , e quando Antonio invase la Parthia diciassette anni più tardi , era accompagnato da frombolieri le cui armi lanciavano proiettili di piombo che arrivavano ben più lontano delle frecce partiche . Carra aveva rivelato ai Romani la debolezza delle loro legioni di fronte agli attacchi di cavalleria, ed al tem­ po stesso l 'esigenza di potenziare la cavalleria romana che era stata tra­ scurata sin dai tempi delle riforme militari di Mario circa cinquant' anni prima(48) . Carra avrebbe anche dovuto scolpire nella mente dei Romani che era importante informarsi e agire tenendo conto delle nozioni raccol­ te . Invece , l ' invincibilità delle legioni ·continuò ad essere un articolo di fede , un dogma che per molto tempo ancora avrebbe impedito l' istituzio-

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ne di una vera cavalleria romana e di un vero braccio spionistico . Si trat­ tava della resistenza al cambiamento tipica di un popolo che in passato era stato ripagato bene dal proprio orgoglio e dalla fiducia in se stesso . Ma negli ultimi anni della repubblica i comandanti anziani , dotati di enorme potere individuale, stavano coinvolgendo Roma in uno scontro di volontà e di autorità tipico dei governi decadenti . L' inefficienza che ne derivava si manifestò , fra l ' altro , nel sistema di raccolta delle informa­ zioni che a livello nazionale restava frammentario ed inefficace . Se Ce­ sare riuscì nella conquista della Gallia, Pompeo in quella del l ' Oriente ed Ottaviano in quella dell ' Egitto , molto fu dovuto al fatto che questi co­ mandanti avevano una rete privata di spie che li aiutò , fra l ' altro , anche durante le guerre civili . La Parthia, a differenza di Roma, era una monarchia vagamente feu­ dale , che , per quanto fosse essa stessa preda di una giusta dose di lotte in­ testine , poteva perseguire una politica più semplice e più coerente . I Par­ ti combattevano su un territorio che conoscevano , e le loro spie l i tenevano aggiornati in merito a l tipo , a l numero e d alla posizione d e l ne­ mico . Finché aveva potuto , Orode aveva cercato di minimizzare l ' in­ fluenza negativa che i comandanti romani stavano esercitando sulle sue relazioni con Roma, che in passato erano state serene . Quando i suoi sfor­ zi si rivelarono inutili, egli passò al contrattacco contro i Romani , ed eb­ be la meglio . L' aver il confine lungo l ' Eufrate , e le frontiere protette con­ tro eventuali attacchi nemici era tutto ciò cui aspirava la politica estera dei Parti , sostanzialmente non aggressiva; la morte di Crasso cambiò la situazione in modo drastico . Roma si trovò costretta a vendicare questo terribile colpo sferrato al suo prestigio , e solo una guerra vittoriosa con­ tro quel nemico poteva sanare l ' onta . La sconfitta imponeva una risposta , ed un secolo più tardi Lucano ancora lamentava che Roma era impegna­ ta in guerre civili mentre "lo spettro di Crasso ancora si aggira invendica­ to"e9) . La sconfitta dei Romani aveva avuto un grande impatto politico . L' insuccesso di Crasso aveva posto i Parti sullo stesso piano di Roma , o addirittura più in alto , nell 'opinione dei popoli dal Mediterraneo all ' In­ do(50) . Questa circostanza avrebbe influenzato per decenni la politica di Roma nei confronti dei Parti , che furono , pertanto , costretti a rinunciare al loro atteggiamento pacifico ed a passare all ' offensiva. I Romani non smisero mai di inseguire la chimera partica(S ' ) . Dai Parti e d a Carra Roma avrebbe potuto imparare molto a proposi­ to di spionaggio , specie in un momento in cui stava preparando nuove

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campagne in Oriente . L' ultimo messaggio di Crasso ai suoi ufficiali esprimeva bene la lealtà sua e del suo esercito , ed è al tempo stesso una sintesi efficace della vulnerabilità dei Romani all ' inganno: "Se torne­ rete salvi in patria , raccontate al mondo che Crasso è caduto perché in­ gannato dal nemico , non perché consegnato al nemico dai suoi concit­ tadini" (52) .

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Poli bio 3 .48; Vegezio 3 .6 n e scrivono molto dopo Cesare; Austin e Rankov, Explo­ ratio , pag . 1 3 . Si leggano le considerazioni di Gruen in Hellenistic World, pag . 23 1 : "I comandan­ ti e gli alti ufficiali di Roma accedevano alle loro posizioni attraverso l 'elezione a magistrato: era una questione politica, di prestigio e di legami familiari . La cono­ scenza di un certo teatro di guerra , o di un popolo straniero erano tenute in poco con­ to , e prese in considerazione solo di rado" . Continua: "Un comandante saggio , ov­ viamente , cercava di farsi consigliare da uomini competenti di questioni militari . Erano competenze dello stato maggiore , non requisiti del l ' imperator. Anche colo­ ro che erano giunti al vertice , tuttavia, erano in mano al destino" . Anche la proroga del mandato era poco frequente , perché in tanti ambivano alla gloria militare . R .M . Sheldon , "The Spartacus Rebellion : A Roman Intelligence Failure?" , lnter­ national Journal of lntelligence and Counterintelligence, 6, l ( 1 993), pag . 69-84 . L'accordo con i Parti , suggellato dal foedus o patto di amicitia , fu stipulato nel 66 a.C. Floro 1 .40 .3 1 Foedus; Ampelius 3 1 . 1 ; Amicitia in Giustino 42.4.6; Li v io Per . 1 00 . Si veda anche Cassio Dione 36 .45 .3 e 5 1 . 1 . Orosio 6 . 1 3 .2 fa pensare all ' esi­ stenza di un accordo relativo al confine lungo l ' Eufrate , mentre implicitamente Flo­ ro 1 .46 .4 lo nega . Cassio Dione 36.3 . 1 e seg .; Appiano , Mithr. 1 3 .87 . C .R . Whit­ taker, Frontiers of the Roman Empire (Baltimore , MD: Johns Hopkins University Press , 1 994) pag . 5 3 . Dalle monete sembra confermato che dopo l ' assassinio del padre , il trono andò al fratello maggiore , Mitridate III . Il suo comportamento, però , fu talmente riprovevo­ le che la nobiltà lo cacciò, affidando il regno a Orode . N .C . Debevoise , A Politica! ' History ofParthia (Westport, CT: Greenwood Press , 1 968), pag . 76, n. 23 . Cassio Dione 37 .5 . 1 -7 .5 . La motivazione più spesso indicata dagli autori antichi è l ' avidità. Plutarco, Cras­ sus 1 .2 .2- 8 ; 1 4 .4; Appiano , B C 2 . 1 8 ; Velleio Patercolo 2 .46 .3 ; Floro 1 .46.2; Plinio , HN 3 3 . 1 34: "e non sarebbe stato pago finché non avesse usurpato tutto l ' oro dei Par­ ti" , dalla traduzione inglese di H . Rackham per Loeb Classica! Library. Seneca , Quaestiones Natura/es 5 . 1 8 . 1 0 . C i ò permise di attribuire tutta la colpa a Crasso co­ me uomo , e di non evidenziare le carenze del l 'esercito romano. Per le motivazioni economiche si veda P. Giles , "Rome an d the Far East in 53 se" , Proceedings of the Roman Philological Society l ( 1 929) , pag . 1 -4; D. Magie , "Roman Policy in Arme­ nia and Transcaucasia" , Annua! Report of the American Historical Association l ( 1 9 1 9) , pag . 297 . Il popolo romano era contrariato perché si reclutavano uomini per una guerra con­ siderata ingiusta , illegittima e finalizzata solo ad arricchire Crasso . P1utarco , Pom­ peius 52; Velleio Patercolo 2 .46 .2; Li vi o, Epit. 1 05 ; Plutarco , Crassus 1 6 .3 : "Si co­ stituì un partito assai numeroso contrario a muovere guerra contro un popolo che non aveva fatto alcun torto allo stato , e che allo stato era legato da un trattato", dal­ la traduzione inglese di Bemadotte Perrin per Loeb Classica! Library. Appiano , BC 2 . 1 8 fa capire che le intenzioni di Crasso erano note già prima che egli partisse da Roma . Floro 1 .46 .2: "L'avidità del console Crasso, che bramava l ' oro dei Parti ,

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sfidò gli uomini e gli dei", dalla traduzione inglese di E .S . Forster per Loeb Classi­ ca) Library. Plutarco, Crassus 1 6 . Alcuni anni più tardi , il censore del l ' anno 50 a .C . , Appio Claudio il Bello , che era anche un augure , accusò Ateio di aver falsificato gli auspi­ ci e di aver attirato così una grande calamità sul popolo romano. È poco credibile che la maledizione facesse parte dell ' opposizione di Atei o. A . D . Simpson , "The De­ parture of Crassus for Parthia" , TAPA 69 ( 1 93 8 } , pag . 532-4 1 fl leva che la storia di Crasso fu colorita di aneddoti a causa della confusione fra i consoli Crasso Mucia­ no e Crasso Divers , ed i tribuni Atinio e Atei o . Cicerone , De Div. 1 . 1 6 .29 afferma che la disfatta di Carra fu la conseguenza del ri­ fiuto di Crasso di prendere in considerazione la comunicazione formale di auspici sfavorevol i . B .A. Marshall , Crassus . A Politica/ Biography (Amsterdam: Hakkert, 1 976) , pag . 1 50- 1 riferisce quali furono i segnali infausti . Diane 40 . 1 7- 1 8 . Dione 40 .20. Marshall , Crassus, pag . 1 44-6 , afferma che i disordini in Parthia costituivano una minaccia per gli interessi di Roma nella regione , e cita Festa 1 7 e Zosimo 3 .23 .3 , en­ trambi commentatori tardi ed entrambi poco precisi . È incontestabile che i Parti era­ no un popolo pacifico e probabilmente avrebbero potuto continuare ad esserlo. Ta­ cito , Germania 37 considera i Parti avversari molto meno preoccupanti dei Germani liberi . Plutarco, Crassus 1 7 . Si veda anche W.W. Tam , "Invasion of Crassus", CAH, vol . 9 , pag . 606 . Cassio Diane 40 . 1 3 .4; Plutarco, Crassus 1 7 .4-5 ; M . Gelzer, "Marcus Licinius Cras­ sus" , R-E, 1 3 .232 ipotizza che la cavalleria di Crasso fosse a malapena sufficiente per i compiti di ricognizione . Si veda anche E . S . Gruen , "Crassus" , AJAH 2 ( 1 977} , pag . 1 25 . Plutarc o , Crassus 1 7 .8 ; Cassio Diane 40 . 1 3 .4 ; G . Rawlinson , The Sixth Great Orientai Monarchy (Londra: Longman Green & Co . , 1 873), pag . 1 5 1 Cassio Dione 40 . 1 2 . Plutarco, Crassus 1 8 . 1 , racconta come Crasso radunasse i suoi uomini dai quartieri invernali . Cassio D ione 40 . 1 6 . 1 ; Floro 1 .46 .4 afferma che l ' ambasceria lo raggiun­ se a Nicephorium , quindi ciò accadde sicuramente nella campagna del 54 a .C . In merito alla superiorità dello spionaggio partico si legga Debevoise , Politica/ Hi­ story of Parthia, pag . 8 2 . A . Keavney, "The King and the War Lords: Romano-Parthian Relations circa 64-53 BC" , AJPh 1 03 ( 1 982) , pag . 425 . Cassio Diane 40 . 1 6 . 1 -3 , traduzione di Earnest Cary per Loeb Classica) Library. Si veda anche Plutarco , Crassus 1 8 . Plutarco, Crassus 1 9 . 1 -2 . Oltre ai 6 .000 cavalieri che aveva con sé , sembra che gli fossero stati offerti altri 1 0 .000 cavalieri con armatura pesante , e 30 .000 fanti . Sopravvive solo il titolo ereditario , Suren, ma non il vero nome del vincitore di Carra . A .D .H . B ivar, "The Politica) History of Iran Under the Arsacids" , in The Cambridge History ofIran (Cambridge: Cambridge University Press , 1 968-9 1 } , vol . 3 , pag . 50 . Con l 'eccezione di Velleio Patercolo (2.46) , la maggioranza degli autori romani non attribuisce ai Parti un grande esercito . Plutarco, Crassus 20 , parla di 7 legioni con

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4 .000 cavalli ed altrettanti uomini con armatura leggera. Floro 1 .46 .2 parla di undi­ ci legioni; Appiano , Beli. Civ. 2 . 1 8 racconta di 1 00 .000 uomini. Secondo la stima di Rawlinson , The Sixth Great Orientai Monarchy, pag . 55 e seg . le legioni contavano 3 5 .000 uomini , e di 35 .000 unità parla anche P.M . Sykes , History of Persia (New York: Routlegde , 1 969} , vol . l , pag . 347 ; mentre calcola 28 .000 uomini W.W. Tarn in CAH, vol . 9 , pag . 608 . Plutarco , Crassus 2 1 .6 riferisce che la carovana di Surena comprendeva ben 1 .000 cammell i . Si veda W.W. Tarn , Hellenistic Military and Naval Developments (New York: Biblo & Tannen , 1 966} , pag . 1 60- 1 . In merito all ' uso degli archi da parte dei Parti si veda A .D .H . Bi var, "Cavalry Equipment and Tactics on Euphrates" , DOP 26 ( 1 976} , pag . 27 1 -9 1 . Giustino 4 1 .2 . 8 . Plutarco, Crassus 1 8 .3-4; secondo A . Garzetti , "M . Licinio Crasso" , Athenaeum n .s . , 22-2 ( 1 944/45) pag . 43 , questi due episodi fanno pensare che Cassio non fosse del tutto devoto al suo comandante ed alla sua missione; tale mancanza di lealtà sa­ rebbe da attribuirsi al fatto che Cassio era un avversario politico . Plutarco , dal can­ to suo , ritrae Cassio con caratteri contrastanti con l 'esitazione e l ' irrazionalità di Crasso . F.E . Adcock , Marcus Crassus, Millionaire (Cambridge: Heffer, 1 966) , pag . 59 ipotizza che l ' immagine positiva che Plutarco offre di Cassio sia dovuta al fatto che Plutarco utilizzò come fonte Q. Dellio che fu agli ordini di Cassio più tardi ed ebbe modo di apprendere la sua versione degli eventi. Le fonti citano anche altri traditori . Floro parla di un esule siriano , Mazara, che in­ gannò Crasso inducendolo a uscire allo scoperto. Floro 1 .46 .6-7 ; Festo , Brè v . 1 7 se­ gue la storia di Floro . J .W. Eadie, The Breviarum of Festus (Londra: Athlone Press , 1 967) , pag . 1 32 . Abgaro era stato amico di Pompeo , e doveva a lui la sua posizione di re cliente . È poco probabile che Abgaro pensasse di tradire l ' alleanza con Roma che lo proteg­ geva da una possibile usurpazione per mano dei Parti . È possibile che egli abbia per­ so il suo regno in seguito alla disfatta di Carra . Se era passato a fianco dei Parti , per­ ché non fu risparmiato? Marshall , Crassus , pag . 1 5 5 . Tarn , CAH, vol . 9 , pag . 608 , identifica la citazione contenuta in Plutarco, Crassus 22 con la strada descritta da Strabone - 1 6 .748 . Plutarco, Crassus 22 .5 , traduzione d i Bemadotte Perrin per Loeb Classica! Library. Il sito è la città chiamata Haran nel Vecchio Testamento e nelle lettere di Mari . Era un importante capoluogo di provincia, un centro di intensi scambi commercial i , nonché una città fortificata dell 'impero assiro . Plutarco, Crassus 20 . 1 evidentemente si riferisce agli exploratores, cioè a quegli elementi della cavalleria che venivano mandati in ricognizione . Ibid . , 20 . Charles Fair, From the Jaws of Victory (New York: S imon and Schuster, 1 97 1 ) , pag . 37 . Charles Fair, From the Jaws of Victory, pag . 36. Plutarco, Crassus 23 .6; Cassio Dione 40 .2 1 .2. I catafratti erano probabilmente uomini reclutati nella tribù dei Saka, lungo la fron­ tiera orientale della Parthia. A .D .H . Bivar, "The Politica) History of lran Under the Arsacids", in Cambridge History of Iran, vol. 3, pag . 5 3 .

Gli errori si pagano a caro prezzo: Crasso ed i Parti

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Plutarco, Crassus 24.4; Cassio Dione 40 .22.4; M .A .R. Colledge , The Parthians , (Londra: Thames & Hudson , 1 967) , pag . 40; J .C . Coulston , "Roman , Parthian and Sassanian Tactical Developments" in P. Freeman e D. Kennedy, The Defense ofthe Roman and Byzantine East (Oxford: Oxford University Press , 1 986) , pag . 59-75 . Plutarco , Crassus 27 ; Cassio Dione 40 .25 . Plutarco, Crassus 29 .2-6 . Si osservi che in Parthia sia la spedizione di Crasso sia quella di Antonio si conclu­ sero con un insuccesso perché entrambi portarono armate enormi in un territorio che conoscevano a mala pena e senza una preparazione adeguata. Si leggano in pro­ posito Isaac , Limits of Empire, pag . 403 , e, più di recente , S . Mattern , Rome and the Enemy. lmperial Strategy in the Principale (Berkeley, CA: University of California Press , 1 999) , pag . 66-9 . Plutarco, Crassus 3 1 .2-3 afferma che Mitridate si presentò personalmente da Cras­ so per invitarlo. ç assio Dione 40 .26 . 1 -3 dice , invece , che Mitridate gli mandò un' ambasceria con l ' invito . Aggiunge anche che Crasso accettò l ' abboccamento solo per timore che accadesse qualcosa ai suoi uomin i . Plutarco, Crassus 3 1 .4-6; Floro 1 .46 .9; Cassio Dione 40 .26 .2-27 .2; Livio , Per. 1 06; Orosio , 6 . 1 3 .4 . Tarn ritie­ ne che si fosse accorto del l ' inganno, CAH, vol . 9, pag . 6 1 1 . Plinio , HN 6 .47 . Plutarco, Crasso 3 1 .6-7; 32 . 1 -2 ; Floro 1 .46 . 1 0 . Tal uni affermano che il suo corpo fu lasciato insepolto . Seneca, Controversiae 2 . 1 .7 ; Lucano 8 .394 e seg .; Valerio Massi­ mo 1 .6 . 1 1 ; Ovidio , Ars Amandi 1 . 1 80 afferma che entrambi i Crasso furono sepolti . Cassio Dio ne 40 .27 .3 . Plutarco, Crasso 1 7 .3; Cassio Dione 40 . 1 2 .27 . L' idea era condivisa da Cicerone , Lettere agli amici 9 .25 . 1 , ancora alcuni anni do­ po la disfatta di Carra . J .W. Eadie , "The Development of Roman Mailed Cavalry", Journal of Roman Studies 57 ( 1 967), pag . 1 64 , osserva che furono la finta dei Parti e gli errori tattici dei Romani che decisero le sorti della battaglia e la sconfitta dei Roman i , non già la superiorità tecnologica dei catafratti . Si legga anche E. Gabba, "Sulle influenze reciproche degli ordinamenti militari dei Parti e dei Romani", Per la storia dell 'esercito romano in età imperiale (Bologna: Patron , 1 974) . Tarn , Hellenistic and Naval Developments, pag . 9 1 . Eadie , "The Development of Roman Mailed Cavalry", pag . 1 64 . Qualche anno pri­ ma della disfatta di Carra, Giulio Cesare aveva aggiunto alle sue legioni in Gallia degli equites gallici e germanic i , e degli arcieri cretesi e numidici . Durante la guer­ ra civile, inoltre , introdusse unità miste di equites e antesignani (élite della fanteria) che schierò per affrontare la cavalleria di Pompeo . t successori di Cesare , tuttavia, preferirono fare a meno degli antesignani e si affidarono totalmente alle unità ausi­ liarie di equites per respingere gli attacchi della cavalleria avversaria. R. Ghirsh­ man , lranfrom the Earliest Times to the lslamic Conquest (Harmondsworth: Pen­ guin , 1 954) , pag . 252; E .L: Wheeler, "Why the Roman Can 't Defeat the Parthians: Julius Africanus and the Strategy of Magic", Roman Frontier Studies 1 995 (Oxbow Monograph 9 1 , 1 997) , pag . 575-9 . Lucano , Pharsalia 1 .2- 1 2 nella traduzione inglese di J .D. Duff per Loeb Classica) Library.

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Cassio Dione 40 . 1 4 .3: "Alla fine [i Parti] acquisirono tanta gloria e potere da dichia­ rare guerra persino ai Roman i , e da essere considerati, da allora sino ai nostri gior­ ni, ali' altezza dei Romani stessi ." Dalla traduzione inglese di Earnest Cary per Loeb Classica! Library. Plinio , HN 5 .88 (25 ) ; Giustino 4 1 . 1 . 1 ; Erodiano 4 . 1 0 . :A proposi­ to delle implicazioni di tutto ciò per gli Ebrei si legga Debevoise , Political History

of Parthia , pag . 93-5 . Bivar, "Politica! History of lran", pag . 5 5 . A . M . Ward , Marcus Crassus and the late Roman Republic (Columbia, MO: Univer­ sity of Missouri Press , 1 977) , p. 280 . Plutarco, Crassus 30.5 , nella traduzione inglese di Bemadotte Perrin per Loeb Clas­ sica! Li brary.

VI

CESARE IN BRITANNIAC)

Anche un comandante straordinario come Cesare poteva trovarsi in una posizione insostenibile per mancanza d ' informazioni precise e tem­ pestive sulla regione che intendeva invadere . Per chiarire quest' argomen­ to , in questo capitolo prenderemo in esame le due campagne di Cesare in Britannia nel 55 e 54 a.C . Per quanto , alla fine , i Romani abbiano avuto la meglio , nessuna delle due campagne fu un successo clamoroso , ed in più di un 'occasione Cesare ed i suoi uomini furono in pericolo a causa della loro disinformazione . Entrambe le campagne sono state presentate come sortite ricognitive: in realtà, se quello era lo scopo , il loro valore fu mode­ sto , e se , invece , il fine era la conquista, il successo non fu grande . Cesare aveva probabilmente più d ' un motivo per cercare di invade­ re la Britannia, ma la ragione militare immediata che egli adduce nei Commentarii era la sicurezza. Si sapeva che la Britannia aveva inviato truppe a sostegno dei Galli in guerra con i Romani , e che in Britannia si erano rifugiati , dopo la sconfitta, alcuni capi della resistenza gallica(2) . Per il suo pubblico , Cesare tende ad esagerare il pericolo rappresentato da Britanni , ed afferma, addirittura , che la Britannia rischiava di diventa­ re la base da cui agenti , e persino eserciti , potevano entrare in Gallia e fo­ mentare la rivolta contro i Romani in quelle terre . In realtà, la scusa della sicurezza è poco convincente , perché i Romani controllavano il canale della Manica ed era poco probabile , quindi , che i Britanni potessero in­ tervenire in Gal liaC) . È più probabile che Cesare inseguisse il miraggio di un bottino , di un territorio sostanzialmente sconosciuto , della grande fama che gli sarebbe derivata dalla conquistae) . Come disse ironicamen­ te T. Rice Holmes , Cesare "in Britannia sperava di far ben più che copri­ re le spese"C) . Se l ' invasione del Kent , nel 54 a.C . , mirava alla conquista, perché Cesare cambiò idea dopo appena sette settimane di permanenza , e partì per non farvi mai più ritorno? La spedizione aveva suscitato gran­ di aspettative a Roma , e la notizia dell ' insuccesso fu accolta con profon­ da delusione(6) .

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L'obiettivo

Gli abitanti dell' isola che Cesare aveva sognato di invadere non era­ no pochi e non erano barbari . Nel primo secolo avanti Cristo , la Britannia era abitata da popoli del l ' Età del Ferro che avevano stretti legami con le tribù galliche che si trovavano al di là della ManicaC) . I commerci erano fiorenti , la popolazione abbastanza numerosa, ed almeno sette diverse tribù britanniche avevano una loro moneta. Le motivazioni economiche addotte da Cesare per conquistare la Britannia potevano essere giustifica­ te , dal momento che le tribù della Britannia sud-occidentale e del Galles controllavano un bacino minerario piuttosto ricco , con giacimenti di sta­ gno e miniere di rame(R) . Era difficile saperne di più . I mercanti romani e greci erano sbarcati sulle coste dell 'isola molte volte , ma, a meno di qual­ che rara eccezione , non si erano mai avventurati ali ' interno e non sapeva­ no molto delle sue risorse naturali . I mercanti gallici ed i B ritanni cattu­ rati , ovviamente , erano restii a fornire ai Romani molte informazioni , e se proprio erano costretti a parlare , i loro racconti erano piuttosto impreci­ si(9) . È plausibile che gli uomini di Cesare fossero in ansia perché non sa­ pevano nulla della Britannia. Circa un secolo più tardi gli uomini di Clau­ dio giunsero quasi ad ammutinarsi perché "i soldati erano indignati al pensiero di una campagna oltre i confini del mondo conosciuto"( 10) . E ciò avveniva nel 43 d .C . , ben dopo i Commentarii di Cesare . Probabilmente Cesare pensò che valeva la pena fare una ricognizione dell ' isola, anche solo per avere dei dati di prima mano sul territorio e sulla popolazione . Se poi avesse appurato che l ' isola era di facile conquista, tanto meglio .

Riflessioni sui preparativi

La prima cosa di cui Cesare avrebbe dovuto accorgersi era che f B ri­ tanni sapevano che i Romani stavano arrivando . Fra le loro fonti di infor­ mazione c ' erano i mercanti che attraversavano la Manica e portavano ai capi britanni notizie sui preparati vi dei Romani. Alcuni profughi galli che avevano conosciuto i Romani sul campo di battaglia convinsero i capi britanni a mandare degli emissari a Cesare per persuaderlo della loro buona disposizione . In risposta , un alleato di Roma , Commio , re degli Atrebati , si recò in B ritanni a a nome di Cesare e ordinò alle tribù locali di sottomettersi a Cesare quando fosse arrivato(! 1 ) . Quasi certamente , l ' in-

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tenzione era attirare dalla parte di Roma altre tribù ed assicurarsi così rifornimenti e sicurezza nel transito attraverso regioni diverse . L' assetto confuso del sistema informativo di Cesare appare evidente fin dal suo ri­ corso a Commio come inviato . Gli Atrebati potevano avere un po ' di ascendente sulle tribù che si trovavano nella parte sud-orientale della Britannia, ma la loro area di maggior influenza era molto più ad occiden­ te di quella che Cesare aveva in mente di invadere . Commio fu arrestato dai capi tribù del Kent appena sbarcato( 1 2) . L'ouverture diplomatica di Cesare , dunque , fu un fiasco . Il primo , serio tentativo di Cesare di raccogliere informazioni consi­ stette nell ' invio di un tribuno , Caio Volusseno , in ricognizione lungo la costa della Britannia con una nave da guerra: doveva individuare , per os­ servazione diretta , un punto d ' attracco adeguato . Volusseno trascorse cinque giorni lungo la costa meridionale. Indubbiamente qualunque dato avesse riportato sulle maree , sul tempo , sulle condizioni di navigazione sarebbe stato utile . Non sarebbe invece riuscito a raccogliere dati sui Bri­ tanni , sulle loro attività e sulle loro risorse , perché , di fatto , non scese mai a terra. Cesare commentò ironicamente che Volusseno aveva imparato "tutto ciò che poteva apprendere un ufficiale che non aveva il coraggio di scendere dalla sua nave e di affidarsi alla rude popolazione locale"( 13). La grande lacuna , tuttavia, si avvertì proprio a proposito dei punti di attrac­ co o di ancoraggio , delle maree nel Canale della Manica, e delle condi­ zioni meteorologiche . In particolare sappiamo , a posteriori , che la man­ cata localizzazione del porto di Richborough fu la grave svista che decise le sorti dell' intera spedizione . Cesare , a sua volta, commise l ' errore di credere che Volusseno fosse comunque tornato con informazioni suffi­ cienti per affrontare la campagna .

Lo sgombero del Canale della Manica

I Veneti della Bretagna si erano sottomessi a Cesare nel 57 a.C . , ma all ' inizio del 56 a .C . , apprendendo che Cesare stava per invadere la Bri­ tannia e temendo di perdere il monopolio delle relazioni commerciali con la regione sud-occidentale dell ' isola( 14) , si ribellarono . La rivolta diede a Cesare una scusa per una spedizione in Britannia che fosse al tempo stes­ so punitiva ed esplorativa. Prima di intraprendere una campagna anfibia , però , era necessario assicurarsi la supremazia navale , cosa che non sareb-

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be stata facile , dal momento che i Veneti disponevano di una flotta ben più numerosa di quella romana , ed i loro marinai , presumibilmente , ave­ vano molta più familiarità con le maree ed il tempo nella Manica. Sulla frastagliata costa britannica c ' erano innumerevoli basi , utili per le navi dei Veneti , ma difficilmente accessibili per i Romc:tni . I Veneti , comun­ que , fecero il gioco di Cesare ed affrontarono la sua flotta per primi . Ce­ sare racconta che le m ivi dei Veneti erano molto più alte di quelle roma­ ne , ed era impossibile colpirle con proiettili o andare all ' arrembaggio , anche se i Romani avevano aggiunto delle torrette ai propri vascelli( l 5) . Erano anche di costruzione troppo robusta per risentire di uno sperona­ mento . Comunque , le navi a remi dei Romani , leggere e manovriere , si diressero al cuore della flotta gallica; con ganci acuminati infilati in cima a lunghi pali i Romani tagliarono le drizze che tenevano i pennoni legati agli alberi , distruggendo così vele e manovre delle navi nemiche , e con­ quistandosi la possibilità di andare ali ' arrembaggio . Alcune navi venete , illese , cercarono di allontanarsi , ma il vento diminuì , ed i Romani riusci­ rono ad attaccare anche quelle( l6) . La vittoria romana fu totale . Distrutta la flotta dei Veneti , Cesare liquidò la nobiltà catturata e vendette gli altri come schiavi . Da quel momento in poi i rapporti commerciali fra Breta­ gna e la parte meridionale della Britannia sarebbero cambiati in modo ir­ reversibile , ed avrebbero seguito uno schema completamente diverso . Ripulita la Manica dalle navi nemiche , e reso edotto dalle ricognizioni di Volusseno , Cesare era pronto per lanciare il suo attacco .

L'imbarco

Le dimensioni contenute della forza di spedizione di Cesare confer­ mano , secondo la maggioranza degli storici , che questa "invasione" era davvero una missione ricognitiva su scala un po ' maggiore . Cesare deci­ se di portare con sé solo due legioni , la Settima e la Decima , per un tota­ le di circa l O .000 uomini , che fece imbarcare su alcune delle navi venete appena catturate . Era tanto per un ' operazione di ricognizione , ma troppo poco per una vera invasione . Potremmo chiederci se Cesare commise semplicemente un errore di valutazione , e calcolò male l ' entità delle for­ ze di cui avrebbe avuto bisogno . Le legioni furono inviate a Portus ltius (che si ritiene fos se Boulo­ gne) dove erano raccolti ottanta mezzi per il trasporto della fanteria( l7) ,

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mentre diciotto navi per il trasporto della cavalleria erano pronte a Portus Ulterior (forse Ambleteuse) otto miglia più a Nord , dove appunto si do­ veva imbarcare la cavalleria (Cartina n. 1 6)('8) . Il grosso del l ' esercito ro­ mano rimaneva in Gallia al comando dei generali Sabino e Cotta , mentre P. Sulpicio Rufo doveva vigilare sulle strutture di Portus Itius(l9) . Final­ mente , poco dopo la mezzanotte del 25 agosto 55 a .C . , le forze guidate da Cesare salparono le ancore e presero il largo . Con le informazioni che avevano raccolto sulla situazione confusa che regnava in Gallia, ed alla vista delle modeste dimensioni della forza di spedizione di Cesare , molto probabilmente i capi-tribù della Britannia si divertirono , ben sapendo di essere in grado di arruolare un esercito molto più grande di quello che sarebbe stato necessario per scaraventare i Romani in mare prima ancora che mettessero piede sull ' isola . Fiducio­ si , quindi , rimasero in cima alla scogliera ad aspettare che i Romani sbar­ cassero .

L'arrivo

Cesare riferisce che alle nove del mattino del giorno successivo , 26 agosto , le navi gettarono l ' àncora proprio sotto le candide scogliere di Dover. Migliaia di guerrieri delle tribù britanniche del Sud , allarmati dal­ le loro sentinelle costiere , si erano allineati in cima alle falesie , perfetta­ mente armati , pronti a scagliare le loro armi contro le spiagge sottostan­ ti . Cesare stesso riassunse il suo errore in poche , efficaci parole : "era evidente che non era il posto giusto per tentare lo sbarco"(2°) . Superato lo sconcerto di questa prima sorpresa, chiamò sulla sua galera il suo Stato Maggiore ed i comandanti anziani per concertare come fosse possibile sbarcare 1 0 .000 uomini su un approdo ostile , a tiro di un esercito locale pronto e ben armato . La conquista e la difesa di una testa di ponte , inol­ tre , sarebbero state operazioni affidate esclusivamente alla fanteria, in quanto - seconda sorp�;esa - le navi con la cavalleria non erano arrivate . Le diciotto navi con la cavalleria a bordo , infatti , non erano riuscite a sfruttare la marea della sera del 25 agosto , e , partite con la marea del mat­ tino del 26 , si erano imbattute in un vento sfavorevole che le stava sospin­ gendo indietro , verso il continente . Cesare ignorava l ' andamento delle condizioni atmosferiche nella Manica e non aveva esperienza di guerra anfibia: la combinazione di queste due lacune causò l ' interruzione delle

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TRINOVANTES CATUVELLAUNI

Wheathampste�d

Oceano Atlantico

Cartina n . l6 - Le campagne di Cesare in Britannia

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linee di comunicazione e di trasporto fra le truppe romane in Britannia e quelle in Gallia(Z' ) . Poiché la sua cavalleria non arrivava, Cesare fu co­ stretto a sbarcare senza . A consulta con i suoi ufficiali , Cesare distribuì le informazioni fomi­ te da Volusseno e annunciò che lo sbarco sarebbe avvenuto sulle spiagge a Nord-Est (probabilmente nelle moderne località di Walmer e Deal) . La necessità di dare nuovi ordini conferma che c ' era stato un cambiamento nei piani operati vi . Alle 3 .30 del pomeriggio , quando venti e maree furo­ no favorevoli per l ' approdo , Cesare diede l ' ordine di levare le ancore : le navi risalirono la Manica per circa sette miglia e quindi accostarono , pro­ babilmente a Walmer(22) . Le imponenti forze di difesa, composte per lo più da cavalli e carri da guerra, si erano incamminate lentamente lungo la cresta della scogliera , seguendo il movimento delle navi: quando ebbero certezza del luogo di sbarco si affrettarono a scendere verso le spiagge . Quando Cesare fu pronto allo sbarco, la marea era scesa e ciò impediva alle galere e alle navi da trasporto di avvicinarsi agli scogli a causa della deriva . Ciò significava che i soldati sarebbero dovuti scendere in acqua e percorrere i circa 200 metri che li separavano dalla terra ferma sotto la pioggia di frecce dei guerrieri britannici . Questa prospettiva rese i solda­ ti romani esitanti . Nell' emergenza, Cesare diede un' ulteriore prova della sua genialità . Per allentare la pressione , ordinò di portare le navi in secca sulla destra del nemico e di disturbare il nemico dal basso verso l ' alto con tutto ciò che gli arcieri avevano a disposizione : frecce , fionde ed artiglie­ ria . Vedendo che i fanti erano ancora esitanti , il porta-stendardo della De­ cima Legione urlò: "Soldati , saltate se non volete consegnare la vostra aquila al nemico ! Io farò il mio dovere per la mia patria ed il mio genera­ le" e saltò fuori bordo stringendo l ' asta con l ' insegna della legione(23) . In­ coraggiati , gli uomini della sua nave lo seguirono , imitati da quelli degli altri vascelli . Nemmeno questa mossa eroica , tuttavia, ebbe il successo che 'avrebbe meritato . Gli uomini non riuscirono a schierarsi subito in formazione , ed i Britanni ne approfittarono per circondarli mentre stava­ no ancora sbarcando a piccoli gruppi . Cesare riuscì a riprendere control­ lo della situazione imbarcando uomini sulle lance a remi e sulle barche da esplorazione , ed inviandole nei punti in cui c ' era bisogno di rinforzi . Quando finalmente le legioni riuscirono a ricomporsi in formazione , an­ darono alla carica e misero subito in rotta i Britanni . Fu la prima occasio­ ne in cui l ' assenza della cavalleria pesò . Cesare non riuscì a trasformare questo successo in una vera e propria vittoria(24) . Alle 7 della sera, co-

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munque , la testa di ponte era assicurata . Le tribù del Kent chiesero la pa­ ce ed accettarono di consegnare a Cesare gli ostaggi , compreso Commio ed i trenta uomini del suo seguito . Senza cavalleria, Cesare non poteva continuare l ' inseguimento dei Britanni , né avventurarsi nella campagna circostante per ulteriori rico­ gnizioni. Il giorno successivo , tuttavia, delle vele si profilarono all ' oriz­ zonte : i diciotto vascelli con la cavalleria potevano finalmente ricongiun­ gersi al grosso dell ' esercito romano . Ma le loro travers ie non erano ancora finite . Nel pomeriggio le navi stavano avvicinandosi alla costa quando un groppo di vento si alzò improvviso a Nord-Est, sbandando le pesanti navi prima che potessero approdare . Poiché Cesare non aveva portato in secco i suoi vascelli , le ancore ararono e le navi furono sbattu­ te sulla riva. Dodici andarono distrutte , e moltissime altre furono grave­ mente danneggiate . Alcuni vascelli riuscirono a tornare senza danno ad Ambleteuse , ed altri furono dispersi dal vento nella Manica(25) . Il campo fu sul punto di cadere nel panico , e per Cesare fu certamente un disastro: non solo i Romani avevano perso i preziosi rinforzi della cavalleria, ma erano anche rimasti senza mezzi di trasporto . Non avrebbero potuto pro­ seguire le ricognizioni , ma avrebbero dovuto mettersi a riparare le navi . Erano nuovamente vulnerabili alle forze britanniche , che infatti ritorna­ rono all ' attacco . In quelle condizioni di immobilità , le prospettive della forza di spe­ dizione romana erano tetre . L' esercito romano in Britannia consisteva in un piccolo contingente di uomini affamati , senza rifornimenti , arenati su una spiaggia ostile , privi di vesti e di equipaggiamento per una lunga campagna invernale . Non avevano attrezzature per riparare le navi dan­ neggiate o ricostruirle , né altre imbarcazioni per sostituirle ; non c ' erano riserve da richiamare se i Britanni fossero passati pesantemente alla con­ troffensiva . I Britanni approfittarono della propria fortuna e si mobilita­ rono nuovamente : questa volta , però , non si concentrarono su un attacco in forze contro i Romani , ma preferirono la guerriglia. Con le loro azioni di disturbo contro i foraggieri , le pattuglie e le sentinelle , i B ritanni con­ tavano di impedire alle legioni di procurarsi rifornimenti e di ridurle così alla fame con una lunga guerra d ' attrito . Non facendo ricognizioni , i Romani non sapevano cosa stava succe­ dendo intorno a loro . Fu per questo che quando Cesare inviò la Settima Legione a prendere del grano nei campi circostanti , gli ufficiali di servi­ zio non si fecero precedere da esploratori . I soldati stessi misero da parte

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le armi e partirono muniti solo di falcetto . La cavalleria che poteva ve­ gliare su di loro si e sauri va nei trenta uomini di Commi o. Sembra che fos­ se stata trascurata l ' ordinaria precauzione di tenere pronta in armi parte delle coorti(26) . All' improvviso i carri da guerra e la cavalleria nemica emersero dalla boscaglia circostante e si abbatterono sui falciatori spar­ pagliati ed inermi. Solo l ' intervento di Cesare e dei suoi soldati impedì la strage . I Britanni tentarono ancora un audace attacco frontale contro il cam­ po romano , ma fallirono e dovettero inviare degli emissari a chiedere un accordo di pace . Questo successo arrivò nel momento giusto per Cesare , perché poté lasciare la Britannia senza perdere la faccia . La stagione , in­ fatti , era ormai avanzata e con le sue navi danneggiate non poteva rinvia­ re ulteriormente la partenza . Prese un numero di ostaggi doppio rispetto al consueto e portò tutti a bordo delle navi che i suoi uomini erano riusci­ ti a rimettere in condizioni di tenere il mare . Salpò alla volta della Gallia appena in tempo prima che la stagione peggiorasse definitivamente . Fi­ niva così la campagna di ricognizione del 55 a.C . Per Cesare era stata una grande delusione(27) . Gli obiettivi che s i era prefisso non erano stati raggiunti , ed intraprendendo un ' impresa così az­ zardata egli aveva dato prova di una, per lui atipica , mancanza di visione . Aveva riservato troppo poco tempo ai preparativi , e la carenza di infor­ mazioni era stata deplorevole . L'eccessivo pescaggio delle navi da tra­ sporto aveva comportato perdite che si sarebbero potute evitare . Non avendo imbarcato rifornimenti , Cesare aveva esposto la Settima Legio ne al rischio di una sconfitta tragica , e l ' imprevista assenza della cavalleria aveva reso impossibile l ' attività di ricognizione del paese , mortificando l 'effetto della vittoria finale . Tutto il suo lavoro si era ridotto a qualche scontro con le tribù meridionali , facendo persino sorgere dei dubbi sulla sua competenza di comandante . La fazione politica che in Senato faceva capo a Pompeo e Crasso l ' avrebbe criticato subito per aver intrapreso l ' invasione della Britannia, un ' isola ostile , in una stagione così avanzata . Potevano , addirittura , mettere in discussione la legalità dell ' iniziativa, dal momento che la Britannia non rientrava nella provincia di sua com­ petenza, la Gallia Transalpina. Se i Romani fossero stati sconfitti , gli av­ versari l ' avrebbero accusato di non aver previsto una forza sufficiente­ mente numerosa, con attrezzature e rifornimenti adeguati per una vera e propria campagna. Cesare non aveva nemmeno pensato alla sicurezza della sua flotta che avrebbe navigato in una stagione di tempo instabile .

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Nel complesso , non poteva che aspettarsi una reprimenda per aver con­ cepito un piano frettoloso , reso ancora più debole dalla mancanza di informazioni adeguate . Sapendo che quest ' operazione poteva costargli il comando della Gallia, Cesare gonfiò la sua "conquista" della Britannia, ottenendo con la propaganda ciò che aveva perso sul campo . A Roma , il Senato votò una festa straordinaria di ringraziamento che durò ben quindici giorni(28) . Ci si può chiedere se tale voto di fiducia sia stato ispirato dai suoi sostenito­ ri o dai suoi avversari . Il Senato , infatti , con l ' espressione della sua ap­ provazione , aveva deciso anche di affidare a Cesare l ' incarico di una nuova spedizione su ampia scala l ' anno successivo : i nemici di Cesare potevano sperare che in questo modo la sua carriera sarebbe naufragata del tutto(29) . A prescindere da ciò che era riuscito a far credere al Senato , restava il fatto che dalla sua spedizione ricognitiva Cesare aveva ricavato molto poco . L' intenzione punitiva dell ' invasione che egli aveva evidenziato come suo scopo principale non aveva avuto seguito . Non c ' era nessun tangibile vantaggio militare , non c ' era bottino e c ' erano pochissimi ostaggi . Infatti solo due tribù consegnarono gli ostaggi convenuti , le altre non mandarono nessuno('0) . Della costa britannica non si venne a sapere nulla che non fosse già noto ai mercanti della Manica; e la mancata rac­ colta di informazioni sui porti fu sorprendente in un uomo i cui prepara­ tivi di ricognizione erano di solito efficientissimi . Il cuore della Britannia e le sue ricchezze minerarie restavano un mistero , e come gli eventi del 54 a.C . avrebbero dimostrato di lì a poco , Cesare non aveva ancora in­ contrato la più potente delle tribù meridionali dell ' isola. A parte la fama di essere sbarcato con l ' esercito su un ' isola di cui si sapeva poco , e della cui esistenza molti ancora dubitavano , Cesare aveva ricavato ben poco dalla sua impresa. Persino Cassio Dione scrisse che "si ritirò a mani vuo­ te''C 1 ) . Cesare era determinato a tornare in Britannia, e questa volta sareb­ be partito per un ' invasione in grande stile , con forze sufficienti a conqui­ stare l ' isola intera: almeno il triplo del la volta precedente , e con un equipaggiamento ben più completo . La campagna del 5 5 a.C . aveva mac­ chiato la sua reputazione di militare , ed egli era deciso a cancellare quel­ la macchia prima che un altro anno fosse trascorso .

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L'invasione del 54 a.C .

Nel l ' estate dell ' anno successivo Cesare aveva un esercito molto più potente pronto ad invadere la B ritannia. Questa volta aveva preso tutte le precauzioni per assicurare il successo della missione . Non sarebbe stata, come l ' anno precedente , una frettolosa iniziativa del l ' ultimo momento . Aveva disposto che nella primavera del 54 a.C . dovevano essere pronte 600 navi da trasporto di nuovo modello in aggiunta alle quasi duecento usate l ' anno prima, e ventotto galere da combattimento . La flotta avreb­ be trasportato cinque legioni , 2 .000 cavalieri , cavalli ed una gran quan­ tità di bagaglio . La forte presenza della cavalleria sarebbe servita a neu­ tralizzare la minaccia rappresentata dai carri da guerra dei Britanni . Il nuovo esercito era concepito per attaccare e portare fino in fondo il successo della missione . Le seicento navi da trasporto erano state co­ struite in base a specifiche dettate da Cesare stesso(32) . Il bordo libero era più basso di quello in uso nel Mediterraneo , secondo un concetto scelto da Cesare per tener conto dell' andamento delle maree locali e delle onde costiere che nella Manica erano più corte(33) . Lo scafo , nel punto di lar­ ghezza massima , era più ampio per consentire di imbarcare più carico , compresi gli animali da soma ed i cavalli per la cavalleria. I nuovi vascel­ li erano armati di vele e dotati di remi , visto che il bordo libero ribassato facilitava l ' opera dei rematori , aumentando al massimo il potenziale di propulsioneC4) . Nel complesso l ' esercito d ' invasione contava 30 .000 uomini . Non era, come l ' anno precedente , una spedizione di esploratori . Era una forza d' invasione vera e propria , e sulla Manica non si sarebbe più vista una flotta di dimensioni simili fino al 1 944 . Era senza dubbio l ' e­ sercito più numeroso che Roma avesse mai mandato per mare oltre i con­ fini del suo territorio . L a flotta si raccolse a Portus ltius . Per esser sicuro che l a sua assen­ za non incoraggiasse rivolte in Gallia, Cesare raccolse i potenziali capi gallici e li imbarcò con sé come ostaggi . L' esercito romano in Gallia fu affidato al comando di Tito Labieno , con tre legioni e duemila cavalieri a protezione del porto in cui Cesare sarebbe sbarcato al suo ritorno . Labie­ no avrebbe dovuto provvedere anche a mandare a Cesare rifornimenti di grano se la campagna avesse dovuto protrarsi a lungo , o se i Romani non avessero potuto approvvigionarsi sull ' isola. Più di tutto , comunque , do­ veva controllare che i Galli stessero tranquilli . Cesare era convinto di aver provveduto a tutto .

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Al tramonto del 6 luglio del 54 a .C . i legionari e gli animali salirono sulle navi da carico , mentre arcieri , frombolieri ed artiglieri salivano sul­ le galereC5) . Ottocento navi levarono le ancore e salparono con la marea calante , mentre un leggero vento da Sud-Ovest accompagnava la loro tra­ versata di 30 miglia verso la B ritannia. Intorno a mezzanotte il vento calò , ed i rematori cominciarono a lottare contro le correnti per mantene­ re la rotta. Verso mezzogiorno del giorno successivo , ? luglio , arrivarono senza difficoltà alla spiaggia fra Deal e Sandwich che durante l ' incursio­ ne dell ' anno precedente avevano individuato come la più idonea allo sbarco . Vedendo avvicinare un'armada di quelle dimensioni , i Britanni , allarmati , pensarono bene di non attendere sulla spiaggia, e di portarsi al sicuro in posizioni più elevateC6) . Cesare mandò subito in giro dei drappelli di esploratori , ed alcuni tornarono presto con dei Britanni prigionieri che raccontarono a Cesare che un grande esercito locale si era concentrato sulle spiagge , ma poi , ve­ dendo le dimensioni della flotta romana, si era ritirato nel l ' interno del paese e si era nascostoC7) . A metà giornata lo sbarco era completo . Fu predisposto un accampamento lungo la costa al comando di Quinto Atrio cui furono assegnate dieci coorti di legionari e 300 cavalieri per la difesa della flotta e del campo . Cesare non diede istruzioni precise per protegge­ re le navi dagli elementi naturali . Le imbarcazioni rimasero alla fonda , si­ lenziose e vulnerabili agli infidi venti meridionali che presto avrebbero cominciato a soffiare . I capitani ed i piloti non avevano familiarità con quei venti che ancora una volta sarebbero stati fatali per la loro flotta d ' in­ vasione . L' errore del 5 5 a.C . stava per ripetersi nel 54 a.C .

L'inseguimento

Cesare bramava uno scontro con i Britanni . Probabilmente si era procurato informazioni per mezzo di un drappello di cavalieri mandato in ricognizione nel pomeriggio . Probabilmente aveva creduto alle indica­ zioni date dai prigionieri sulla posizione delle forze britanniche , anche se era un azzardo avventurarsi in un paese ostile e sconosciuto nelle ore not­ turne sulla base di informazioni non verificate . Forse non gli balenò il pensiero che rischiava di portare i suoi uomini in un' imboscata ben orga­ nizzata dai Britanni ; o forse aveva avuto la possibilità di accertare la po­ sizione del nemico e noi non ne siamo al corrente . Verso mezzanotte , co-

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munque , Cesare e il grosso del suo esercito si misero in marcia verso il fiume Stour, distante circa 1 2 miglia dall' accampamento costruito sulla costa . All ' alba dell ' 8 luglio i Romani incontrarono soldati britannici presso un guado sullo StourC8) , ci fu uno scontro breve , che si risolse an­ cor prima che facesse giorno , ed i Romani non ebbero perdite . Disperse­ ro senza difficoltà i Britanni che si rifugiarono in collina nel forte di B ig­ bury (Cartina n . 1 6) , una struttura circondata da terrapieni e fossati . Intanto gli esploratori romani scoprivano che forze nemiche consistenti si erano ritirate a circa un miglio e mezzo dal guadoC9) . Poiché catturare il forte era una semplice operazione da genieri , i Romani lo presero facil­ mente . Gli uomini della Settima Legione accumularono terra contro le difese e fissandosi gli scudi sul capo nella classica formazione della testu­ do (testuggine) assalirono il forte che conquistarono riportando solo po­ che vittime . Il g iorno successivo Cesare inviò tre colonne di cavalleria al­ l ' inseguimento dei fuggitivi . Cesare aveva appena conseguito la sua vittoria che si profilarono nuovamente problemi meteorologici . Dal campo costiero di Deal , infat­ ti , arri varono dei messaggeri con l ' infausta notizia che durante la notte un forte vento da levante aveva sferzato la costa, le ancore avevano arato causando la collisione dei vascelli . La costa era cosparsa di navi sbattute sulla spiaggia, ed almeno quaranta erano ridotte a relitti . Le veloci colon­ ne di Cesare furono subito richiamate ed egli ordinò la ritirata generale verso la costa . Per la seconda volta in due anni , le intemperie si erano ab­ battute fatalmente sulla forza da sbarco . Non solo Cesare aveva subìto un disastro identico a quello dell' anno prima , ma aveva fatto costruire la maggioranza delle sue navi in modo da evitare che ciò avvenisse(40) . Un maggior approfondimento delle caratteristiche geografiche del posto avrebbe potuto stornare il pericolo . Se Cesare avesse allungato il suo rag­ gio di esplorazione di poche miglia lungo la costa , avrebbe scoperto un porto protetto , Richborough , il sito in cui i Romani sbarcheranno per in­ vadere la Britannia nel 47 d .C . (Cartina n. 1 6) . È plausibile che Volusse­ no non abbia visto Richborough , ma è strano che esso sia sfuggito alle pattuglie mandate in perlustrazione dopo lo sbarco . E poiché nella secon­ da spedizione Cesare aveva con sé la cavalleria, il non aver allargato il raggio di ricognizione fu un errore imperdonabile(4 1 ) . La negligenza con cui Cesare s i espose al rischio d i ripetere i l disa­ stro del 55 a.C . è di difficile comprensione . T. Rice Holmes sostiene che nel 55 a.C . la flotta di Cesare era ancorata al largo delle colline di Walmer,

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mentre nel 54 a.C . era stato scelto l ' approdo a Sandwich dove l ' ancorag­ gio è molto più sicuro: più protetto , con un fondale più resistente ed ac­ que meno profonde , dove le navi spinte a riva sulla sabbia avrebbero ri­ sentito meno che sulle spiagge sassose di Deal . Se ciò fosse vero , le diverse caratteristiche delle due zone di ancoraggio scuserebbero Cesare per la scelta fatta nel 54 a.C . È strano , però , che Cesare non ne parli . Tut­ to ciò che egli scrive a sua difesa , con parole pressoché identiche a quel­ le usate per descrivere la spiaggia su cui andò in frantumi la sua flotta l ' anno precedente , è che egli gettò l ' ancora lungo una costa dolce ed aperta . La sola differenza sarebbe che nel 55 a.C . le navi da guerra erano state portate in secca, l ' anno dopo erano state lasciate all ' ancora come i mezzi da trasporto . In altre parole , nell ' ansia di incontrare i Britanni , Ce­ sare mancò di dare priorità alla sicurezza della sua flotta . Fa molto pensa­ re , infine , il fatto che i suoi informatori , anche dopo il secondo naufragio , non rivelarono che lì vicino ci sarebbe stato il tranquillo porto di Richbo­ rough . Né va escluso un altro elemento: Cesare era un giocatore d' azzar­ do , e troppo spesso faceva affidamento sulla buona sorte . Probabilmente contava di terrorizzare a tal punto il nemico da "farlo fuori in un batter d ' occhio"(42) . Invece dovette far i conti con i risultati delle proprie deci­ sioni frettolose . L' esame delle navi abbattutesi sulla spiaggia costatò che quaranta erano danneggiate in modo irreparabile . Cesare fece allora ciò che non aveva fatto allo sbarco: prese la precauzione di portare tutte le navi a ter­ ra e di proteggerle con una struttura fortificata . Ordinò la costruzione di un fortino di terra ali ' interno del quale si potesse mettere al riparo l ' inte­ ra flotta di 760 navi . Queste navi avrebbero dovuto essere riparate con tutte le risorse possibili . Erano stati portati dalla Gallia dei carpentieri che , lavorando giorno e notte a turni , ebbero bisogno di ben dieci giorni per riparare tutto il naviglio . Contemporaneamente venne inviato un messaggero a Labieno con istruzioni affinché facesse costruire quante più navi poteva con i mezzi a sua disposizione(43) . Il 1 9 luglio la flotta era stata risistemata a sufficienza perché Cesare potesse concentrarsi nuovamente sui Britanni . Rimise le sue truppe in marcia verso l ' interno dell' isola, ma nel frattempo la situazione politica era molto cambiata . In quella pausa di dieci giorni , rendendosi conto che i Romani erano in ritirata , accantonarono le loro faide tribali ed elessero come capo comune Cassivellauno . Capo della tribù dei Catuvellauni , lo­ calizzati sulla riva settentrionale del Tamigi , fino ad allora Cassivellauno

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era stato in guerra con la maggioranza delle altre tribù britanniche . Ora lo stato generale di allarme aveva indotto le altre tribù ad affidare a lui , il più famoso guerriero di Britannia, il comando supremo . L' esercito dei Britanni , ricomposto e rinforzato sotto il comando di Cassivellauno , incontrò nuovamente i Romani al guado dello Stour. I Britanni usavano carri da guerra trainati da due cavalli , a bordo dei quali stavano il pilota ed un guerriero; questi da lontano lanciava i giavellotti e poi smontava per combattere corpo a corpo come un fante . Il combatti­ mento fu aspro: alla fine i Romani, essendo riusciti a respingere i Britan­ ni , si misero all ' inseguimento di Cassivellauno in direzione del Tamigi . Nel terreno boscoso a Nord del fiume , Cassivellauno passò alle tattiche da guerriglia che , come in altre occasioni , si dimostrarono capaci di met­ tere in difficoltà i soldati romani(44) . A più riprese i suoi carri e la sua ca­ valleria attaccarono l ' avanguardia romana, e poi la retroguardia, e poi i fianchi ed i drappelli di esploratori . In continuazione i Romani dovevano fermarsi , difendersi e respingere l ' attacco , e poi ripartire . A volte , dopo aver cacciato indietro i Britanni , i sottufficiali permettevano ai soldati di andare all ' inseguimento nella foresta , ma sempre con esiti infausti . L' im­ pazienza di inseguire il nemico , senza preoccuparsi di conoscere il terre­ no , costò molte , inutili vittime . Persino alla sera di un faticoso giorno di marcia, quando i Romani si fermavano per allestire un campo fortificato , i guerrieri britannici continuavano a farsi avanti improvvisamente per at­ taccare i soldati romani che facevano la guardia alle squadre intente al la­ voro . Il costo umano dell ' operazione stava diventando altissimo , e Cesa­ re se ne rendeva conto . I soldati romani rastrellarono la campagna circostante alla ricerca di Cassivellauno , approfittando della marcia per foraggiare , razziare e met­ tere a fuoco i villaggi contadini . Cassivellauno rispose con la tattica del­ la terra bruciata , allontanando uomini e bestiame dalla strada lungo la quale stava avanzando l 'esercito romano . La sua azione era totale , al pun­ to che la cavalleria gallica di Roma era costretta a rimanere vicina al cor­ po principale dell'esercito , lasciando che il legionari facessero quello che potevano , in termini di foraggio e di distruzione , nel corso della loro gior­ nata di marcia. Nel frattempo , per quanto i Romani avessero riportato solo modesti successi , cominciarono ad apparire al campo di Cesare emissari di cinque tribù britanniche con proposte di pace(45) . Avevano la sensazione che Cassivellauno avesse ingaggiato una battaglia persa, e quindi la tempo-

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ranea tregua fra tribù stava entrando in crisi(46) . Essi furono d ' aiuto per Cesare , dandogli notizie importantissime sui movimenti del capo ribelle , rivelandogli dove era la sua fortezza segreta , collocata in posizione stra­ tegica tra bosco e palude , non lontana dal campo di Cesare(47) . Nulla illu­ stra l ' efficacia del controspionaggio dei Britanni meglio del fatto che era­ no riusciti ad impedire che i Romani scoprissero il loro quartiere generale . Se Cassivellauno avesse lasciato che i Romani catturassero an­ che pochi dei suoi sudditi , non sarebbe stato possibile tenere a lungo il se­ greto . Ma egli era riuscito a isolare la sua gente dai Romani. I Romani inseguirono Cassivellauno fino al Tamigi , dove trovarono il grande esercito locale schierato in formazione sulla riva opposta del fiume . I punti di guado erano due , ma solo uno di essi era sicuro . Grazie alle tempestive informazioni ricevute dai disertori , Cesare decise di attra­ versare a Brentford , e questa scelta evitò che ci fossero nuove , inutili per­ dite nelle sue file(48) . Anche quel guado , tuttavia, non era esente da peri­ coli . I Britanni avevano conficcato nel fondo del fiume una linea di pali acuminati che rimanevano sotto il pelo dell ' acqua . Essi avrebbero potu­ to provocare un grave danno , soprattutto alla cavalleria, se Cesare non fosse stato avvisato in tempo: da chi , non sappiamo . Ad ogni buon conto passarono prima la cavalleria e, subito appresso , la fanteria(49) . (È curio­ so notare che Cesare non ci dice come la cavalleria gestì la barriera di pic­ che nascosta sott' acqua) . Era la fine di luglio o l ' inizio d ' agosto quando i soldati roman i , aper­ tasi la strada attraverso boschi e paludi , si trovarono di fronte alla mirabi­ le fortificazione collinare di Wheathampstead (Cartina n. 1 6)(5°) . I Roma­ ni assalirono il forte con successo , e Cassivellauno , la sua famiglia e molti difensori fuggirono nella confusione . Facendo di necessità virtù , Cassivellauno probabilmente fece credere a Cesare che questa vittoria fosse più decisiva di quanto era in realtà . Il contingente del Kent sparì al­ l' improvviso , forse spargendo di proposito la voce - falsa - che Cassi vel­ launo li aveva lasciati allo sbando . Non sappiamo come fecero circolare la voce , ma riuscirono nel loro intento . Cesare ammette di aver creduto a questa voce , perché non si sarebbe mai spinto nel cuore del paese sapen­ do di avere alle spalle l ' esercito nemico intatto . Eppure fu solo quattro giorni più tardi , quando l ' esercito romano era già lontano , che le truppe del Kent si sentirono forti a sufficienza per attaccare il campo base roma­ no a Dea! , e la sua guarnigione . Si mandò precipitosamente a chiamare Cesare .

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L' attacco fu respinto e Cesare non fa molti commenti sul pericolo scampato dalla sua base navale . Probabilmente , però , prese la cosa più seriamente di quanto ammetta(5 1 ) . In quel momento , infatti , era attaccato , e poco dopo decise di partire . Egli ci racconta che in realtà aveva deciso di ritornare in Gallia da tempo , già prima che i Britanni facessero le loro aperture di pace , ed adduce due motivi: l ' approssimarsi del l 'equinozio ed i disordini che turbavano la Gallia. Nessuna delle due scuse è davvero sincera . Cesare aveva portato con sé scorte a sufficienza per svernare in B ritannia, quindi il tempo nella Manica era irrilevante . Quanto alla Gal­ lia, quando vi arrivò era talmente tranquilla che poté inviare i suoi uomi­ ni ai quartieri invernali . Si è ipotizzato , addirittura , che Commio abbia fatto da intermediario e che le prime proposte di pace siano in realtà par­ tite dal campo romano(52) . Le condizioni di resa che Cesare negoziò con i Britanni furono molto blande , e ciò , una volta in più , induce a pensare che Cesare volesse proprio sbrogliarsi da una situazione critica. A Deal Cesare scoprì che dei sessanta vascelli chiesti a Labieno ne erano arrivati solo alcuni. Furono quindi necessari due viaggi per traghet­ tare tutti sul Continente prima che arrivasse l ' autunno . C ' erano a bordo _ anche prigionieri britannici che sarebbero stati venduti come schiavi per finanziare l ' impresa . Cesare continuò a pensare ad un' altra invasione per completare la conquista dell' isola e per stabilire una guarnigione romana permanente , ma finalmente la crisi in Gallia scoppiò , e mise la parola fi­ ne ai suoi piani . Nella primavera del 53 a .C . un ' insurrezione di Galli gui­ dati da Indutiomaro portò alla sconfitta di tre legioni di Cesare . Quando Indutiomaro morì , nel 52 a. C . , prese il suo posto Vercingetorige e da quel momento , per ben tre anni , la Gallia fu tormentata da una serie di guerre feroci che tennero Cesare ed i suoi uomini sotto una fortissima pressione . Alla fine la resistenza dei Galli fu spezzata , ma Cesare non tornò più in B ritannia. Sarebbero passati novantasette anni prima che le legioni roma­ ne riattraversassero la Manica con l ' imperatore Claudio che diede inizio alla conquista nel 43 d .C .

Fu un successo o u n fallimento?

I Commentarii de Bello Gallico scritti da Cesare stesso rappresenta­ no uno dei racconti più efficaci e dettagliati che si conoscano di una cam­ pagna militare dell' antichità . Ebbene , quello che egli ci narra è un risul-

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tato fallimentare . Lo studio analitico della campagna di Britannia, non ci presenta Cesare come generale perfetto , quello lodato da storici come Mommsen , Froude , Rich Holmes, Dodge , White o Last(53) , ma ci rivela piuttosto un demagogo ambizioso , più vicino a quello descritto da Fuller: "un generale che non solo sapeva vincere brillanti vittorie , ma sapeva commettere anche errori madornali" , errori così costosi per lui stesso che metà delle sue campagne non servirono altro che a districarsi dalle con­ seguenze dei suoi stessi sbagliC4) . Un generale che passa metà di una guerra a tirarsi fuori dai guai causati dagli errori del nemico può anche es­ sere un buon generale; ma uno che deve tirarsi fuori dai guai dovuti ai suoi stessi errori è decisamente un cattivo generale , quand ' anche si di­ strichi con soluzioni brillanti . È chiaro che gli errori madornali sono do­ vuti ali ' inadeguatezza del l ' intelligence . Ciò che ricaviamo dai commen­ tarii è che non sapremo mai esattamente cosa successe in Britannia: certo è che se quanto Cesare ci racconta è il meglio che riuscì a rimediare per abbellire il proprio operato , la realtà deve esser stata ben modesta. Nel valutare le prestazioni di Cesare dobbiamo porci tre domande . Quali erano le sue intenzioni? S i documentò a sufficienza per poterle realizzare? Riuscì a conseguire i suoi obiettivi e, se no , perché no? Già la risposta al primo quesito è decisiva per poter dire che le sue escursio­ ni furono delle brillanti operazioni militari , oppure delle follie che lo portarono in un territorio inesplorato di cui non sapeva praticamente nulla . La maggior parte degli storici descrive la spedizione del 55 a .C . co­ me un' operazione ricognitiva in forze , intrapresa semplicemente per co­ noscere l ' isola più da vicino , e quella del 54 a .C . come un attacco anfibio. Se la seconda incursione intendeva essere "un ' azione di polizia" come scrive Kahn , possiamo dire che realizzò il suo scopo(55) . Cesare infatti spaventò le tribù dell' isola dissuadendole dall ' aiutare le insurrezioni nel vicino continente , o dall' accogliere Galli ribelli ; in più , aprì la strada del­ la Britannia ai mercanti italici . Se questo era tutto ciò che egli si era pre­ fisso , lo ottenne . Adottare questa interpretazione , tuttavia, significa pren­ dere Cesare alla lettera , cosa imprudente sapendo che egli era abilissimo a farsi propaganda . Possiamo credere che egli abbia trasportato oltre la Manica 30 .000 uomini per un risultato così insignificante? Come scrive un altro autore: "La dichiarazione di Cesare che sua intenzione era la ri­ cognizione e non la conquista dell' isola . . . ha il suono limpido del l ' auto­ giustificazione"(56) .

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Malcolm Todd , al contrario , è convinto che Cesare volesse conquista­ re la Britannia come aveva conquistato la Gallia(57) , e se non fosse stato chiamato altrove sarebbe riuscito nel suo intento , anche se fossero state ne­ cessarie molte altre spedizioni ancora. La ricognizione armata del 55 a.C . fu subito seguita d a una spedizione i n grande stile , finalizzata alla conqui­ sta più estesa possibile . Todd è probabilmente nel giusto quando dice che le ragioni che spinsero Cesare in Britannia erano simili a quelle che lo porta­ rono a invadere la Gallia nel 5 8 a.C . La sua ambizione non era stata appa­ gata del tutto dalla conquista della Gallia, e oltre la Manica si offriva, remo­ to e accattivante , un altro bottino di guerra. Un forte motivo economico è plausibile , ma in un racconto scritto al tempo di Cesare non avrebbe retto il paragone con il motivo della gloria personale . Se questa interpretazione è corretta, l ' avventura in Britannia è inscindibile dalle altre grandi imprese di Cesare nell'Europa Occidentale . Fu semplicemente un 'occasione in più per conquistare e trarre profitto . Possiamo anche ipotizzare che Roma si aspettasse da lui la conquista e l' occupazione(58) , ma egli non le realizzò . A dire il vero , un primo passo verso l ' amministrazione diretta della parte me­ ridionale dell ' isola fu fatto , ma non si poteva esigere tasse dalla Britannia senza un governo locale , e Cesare non riuscì a lasciare un esercito sull ' iso­ la. Senza conquista non poteva esserci una nuova provincia. Avrebbe dun­ que potuto dire "veni, vidi" , ma non avrebbe potuto concludere con "vici." Se, come Todd ed altri sostengono , lo scopo era la conquista , en­ trambe le spedizioni fecero fiasco(59) . Se l ' incursione del 55 a.C . doveva servire a raccogliere informazioni sui porti della costa sud-orientale del­ la Britannia in preparazione dell ' assalto vero e proprio , fu decisamente un fallimento(60) . Persino Cesare si rese conto di aver sbagliato di grosso . Lo stesso tono apologetico che serpeggia in più punti nel racconto di en­ trambe le campagne tradisce che Cesare non aveva la coscienza a po­ sto(6 1 ) . Si aspettava di essere rimproverato per aver intrapreso le due ope­ razioni su scala così limitata ed a stagione così avanzata , anzi forse si aspettava un rimprovero anche per il solo fatto di aver tentato . Probabil­ mente riteneva che sarebbe stato criticato perché , dopo lo sbarco del 54 a .C . , non predispose nulla per proteggere la sua flotta dalla burrasca in quel periodo del l ' anno . Poteva aspettarsi critiche per non aver portato sufficienti rifornimenti , in termini sia di vettovaglie , sia di materiale per riparare le navi in caso di incidenti . Nessuno di questi rimproveri sareb­ be confutabile , e molti fattori fanno pensare che dietro tutti questi proble­ mi ci fosse il vuoto di informazione :

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Il primo difetto di conoscenza consiste nel fatto che egli non sapeva che trasportare un esercito in B ritannia era un ' impresa pericolosa se non si era scelto un porto riparato per mettere al sicuro i vascelli . Se avesse capito che un oceano non è uguale al Mediterraneo , non sarebbe mai partito nella tarda estate del 55 a .C . , o avrebbe insistito per garantirsi un approdo protetto o per avere una flotta di riserva, o per avere entrambe le cose . Quello che sorprende ancora di più è che le disavventure del 5 5 a.C . non g l i insegnarono nulla, a l punto che ripeté l ' errore un anno più tardi(62) . Se la prima spedizione doveva servire a Cesare come ricognizione , per raccogliere dati per la seconda spedizione , cosa possiamo dire che imparò? Non imparò come una flotta possa navigare verso la Britannia e sostarvi in condizioni di sicurezza fino al momento di ripartire . A quan­ to pare , non imparò nulla nemmeno a proposito della geografia dell ' iso­ la e delle sue risorse naturali . Imparò poco delle risorse militari che i B ri­ tanni potevano mettere in campo contro di lui , dal momento che venne a contatto solo con alcune tribù del Kent orientale(63) . R .G . Collingwood osserva: "Non possiamo credere che le informazioni che Cesare raccol­ se durante la sua prima ricognizione potessero soddisfare le sue aspetta­ tive , o che fossero tanto preziose da giustificare il costo ed il rischio del­ la missione"(64) . Indubbiamente Cesare ricavò anche notizie utili sui Britanni. Scoprì che , a differenza dei Galli dell'epoca, i Britanni usavano il carro da guer­ ra e poté vedere di persona come lo guidavano . Egli ci descrive questa tat­ tica con molti dettagli e loda sia l ' abilità con cui il nemico li gestiva, sia l ' efficacia del mezzo in combattimento . Le sue osservazioni , tuttavia, non gli bastarono a superare il problema tattico che i carri rappresentava­ no per i Romani , ovvero l ' inseguimento . Nel 55 a.C . Cesare non aveva con sé la sua cavalleria, ma disponeva solo delle trenta guardie di Com­ mio . Quando l ' anno successi vo procedette all ' invasione , inoltre , come la maggioranza dei comandanti romani portò con sé una cavalleria sottodi­ mensionata , e quindi il nemico sulle sue bighe poteva sempre fuggire se falliva l ' attacco(65) . L' aspetto ironico di tutta la vicenda è che la Britannia era assoluta­ mente alla portata della conquista di Cesare . Se solo egli si fosse docu­ mentato meglio prima di partire , non fosse stato precipitoso , e fosse arri­ vato con uomini e approvvigionamenti in quantità adeguata , avrebbe avuto la possibilità di giungere fino al Tamigi e di colpire le tribù britan-

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niche prima che esse avessero il tempo di organizzarsi . Invece i suoi con­ trattempi diedero ai Britanni il tempo di mettere da parte le loro discordie e formare un ' alleanza contro di lui . Fu un' alleanza di breve durata, ma sufficiente a fargli perdere tempo e slancio e, alla fine , a fargli rinunciare ad una clamorosa conquista. Il progetto più ambizioso della sua carriera era sfumato in un fallimento ed in una delusione . Cesare aveva perso una campagna ed un anno di tempo prezioso , e questo fu un colpo pesante per la sua carriera che fino a quel momento era stata fondata sulla certezza della vittoria e della continua espansione di Roma . Spinto dal i ' impazien­ za, dalla brama di successi spettacolari e dali ' avidità di bottino non vide i propri limiti e si precipitò ciecamente in una situazione ingovemabile . Non è chiaro se egli si rese conto di aver fatto il passo più lungo del­ la gamba . Se non lo capì allora , lo capì di lì a poco in Gallia(66) . Dal mo­ mento che non lasciò una guarnigione in Britannia , il patto con Cassivel­ launo non aveva valore , al punto che , probabilmente , questi non versò mai alcun tributo(67) . A Cesare venne quindi rinfacciato di essere stato il primo generale romano a metter piede in una terra lontana e sconosciuta senza un valore politico , strategico od economico per Roma . Quel che è peggio , il prezzo di questa "fama" fu una lunga assenza dalla Gallia che diede allo scontento locale che da tempo sobbolliva la possibilità di cre­ scere fino ad esplodere in una ribellione che rischiò di cancellare tutte le sue glorie passate(68) . Per molti aspetti , i veri vincitori furono i Britanni . Se dal punto di vista militare ebbero la meglio i Romani , dal punto di vi­ sta economico si può dire che ebbe la meglio il controspionaggio dei Bri­ tanni che riuscirono a mantenere segrete le ricchezze e le risorse naturali dell ' isola. Se i Romani avessero conosciuto e valutato quel potenziale , probabilmente avrebbero avuto ben altro impulso a tentare la conquista . Cesare non imparò nulla delle miniere britanniche di piombo argentifero e di rame , delle risorse aurifere nella parte occidentale dell' isola (in Gal­ les) , né del suo ferro . E per quanto si dica che i Romani fossero a cono­ scenza dei giacimenti di stagno della Britannia, e delle relative rotte com­ merciali , Cesare non ne scoprì la consistenza , né ne conquistò il sito(69) . Analogamente non scoprì nulla dell ' agricoltura al di fuori dell' area visi­ tata , nulla delle arti della filatura e tessitura, della produzione di cerami­ che e della lavorazione del ferro diffuse su tutta l ' isola . Nei cento anni che seguirono , a Roma si continuò a pensare che la Britannia non sareb­ be stata un' aggiunta redditizia alle province romaneC0) . Nacquero , co­ munque , dei rapporti commerciali stabili ; una delle tribù più numerose

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Guerra segreta nell 'antica Roma

della Britannia meridionale , quella dei Trinobanti dell ' Essex , beneficiò molto del patronato di Cesare , e nel periodo immediatamente successivo alle spedizioni buona parte del commercio destinato oltre Manica attra­ versava il loro territorio . Forse Cesare concesse loro un monopolio in cambio della posizione filo-romana che essi avevano assunto . È un dato di fatto che nei novantanove anni successivi i capi dei Trinobanti diven­ nero molto ricchi e poterono acquistare articoli di lusso provenienti da Roma, come vino , porcellane raffinate ed argenteriaC1 ) . Per usare l ' espressione d i Peter Salway, Cesare fu "un opportunista tattico"(72) . Come tale , contava molto sulla sua proverbiale fortuna. Ma se la buona sorte avesse cambiato strada, l ' esito sarebbe stato disastroso . Se la burrasca fosse stata più violenta, se non la minoranza bensì la mag­ gioranza dei suoi vascelli avesse fatto naufragio , se i Britanni fossero sta­ ti più decisi nel respingere i foraggieri romani, o se i Britanni avessero ra­ dunato una flotta sufficientemente forte da mettere in crisi le navi romane sulla via del ritorno , per Cesare sarebbe stata davvero una catastrofe . Ce­ sare , come altri comandanti , si prendeva la sua dose di rischio calcolato . È innegabile che sapeva districarsi da pericoli che per comandanti di mi­ nor talento sarebbero stati fatali . Tuttavia, se non fosse stato per la sua freddezza e per la sua rigorosa capacità di giudizio tattico , la sua carriera sarebbe terminata ingloriosamente sulla costa del Kent . Non aveva tenu­ to conto dell' importanza dell'esser ben informato , e il prezzo di questa trascuratezza fu il mancato raggiungimento dei suoi obiettivi , ed il ri­ schio di perdere alcune delle unità migliori dell ' esercito di Roma . r